Dell'amore e di altri crimini

di lady dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Dal punto di vista di John ***
Capitolo 3: *** La verità ti fa male ***
Capitolo 4: *** Rivelazioni inaspettate ***
Capitolo 5: *** A Baker Street ***
Capitolo 6: *** La soluzione dell'enigma ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***


Dell'amore e di altri crimini.
Capitolo I

 
 
Lo sai che questa volta è diverso.
Mary.
La sposerà.
E tu resterai solo.
Solo con il teschio. E la sua camera vuota.
 
Devi parlargli.
Non puoi aspettare il giorno del matrimonio.
 
Non vuoi vederlo andare via, uscire irrimediabilmente dalla quotidianità di quei giorni che si susseguono confusionari o lentissimi nella tua vita, accumunati dal massimo comun divisore della ormai indispensabile presenza di John.
 
Non puoi lasciarlo andare.
Non vuoi lasciarlo andare.
Ma che gli puoi dire?
Una cosa del genere in un messaggio non ci può stare.
O si?
 
***
 
Non puoi sposarla. SH
 
Ma di che parli?
 
Mary. SH
 
Che ne sai?
 
Ce l’hai scritto in faccia che glielo chiederai tra non molto. SH
 
Ah sì?
 
Sì. SH
 
E perché non dovrei?
 
Perché no. SH
 
Che razza di risposta è?
 
Non è la persona giusta, John. SH
 
Non avrai indagato su di lei…
 
Non è questo. SH
 
Mi spieghi che ti è successo?
 
No. SH
 
Dove stai?
 
A casa. SH

Io sto uscendo dal Barts adesso… pranziamo insieme da Angelo?
 
Non vedi Mary? SH
 
No, mica sto sempre con lei…
 
Non si direbbe SH
 
Non sarai mica geloso…
 
Bozze:
Sì.
Purtroppo si.
Non posso sopportarlo, ma si.
Non ti interessa.
Se tu non fossi ottusamene convinto di essere etero te ne saresti già accorto.
 
Scherzo.
 
Riconosco l’ironia anche se adopero solo il sarcasmo SH
 
***
 
- Insomma, cos’è questa storia di Mary? - ti chiede John a pranzo, subito dopo aver ordinato da mangiare e averti costretto a fare altrettanto.
 
- Ti ho già espresso il mio parere. Non mi ripeterò. - rispondi, deciso a non addentrati più nell’argomento.
 
Cosa che invece John non sembra intenzionato a fare: - E invece si perché non ci ho capito niente. - insiste.
 
Lo guardi negli occhi, domandandoti come, ricambiando il tuo sguardo, possa essere tanto distratto da non capire. Contieni l’irritazione. Ti imponi di assumere il tono di voce che riserveresti per l’esposizione della risoluzione di un caso che John non riesce ad afferrare.
 
- Non è poi così difficile da capire: ti ho detto semplicemente che non è la persona giusta per te.
 
John alza gli occhi al cielo. Sempre tanto più teatrale di te per quanto riguarda l’ovvio.
 
- Ma perché? - e inizi a leggere esasperazione nei suoi occhi.
 
- Perché non lo è, John, ti devi fidare del mio sesto senso.
 
- Tu non hai sesto senso. Hai prove che si incastrano nel cervello. - e suona quasi come un rimprovero.
 
E tutto questo, tanto ridicolo ed assurdo da poter tranquillamente finire nel copione di una fiction di quart’ordine, inizia ad infastidire anche te: - Non ho prove questa volta, altrimenti non esiterei ad esportele.
 
Infatti se sapessi che Mary avesse un altro ci metteresti poco più di cinque minuti ad esporgli tutto per poi lanciarti in qualche assurda danza tribale per festeggiare l’uscita di scena di Mary. Oddio, forse non andrebbe proprio così. Uno: perché tu non balli danze tribali, due: perché, incredibile ma vero, avresti più tatto di così e non ti basterebbero cinque minuti per dare una tale comunicazione a John… quanto meno dieci!
 
- Io sono contento che tu ti preoccupi per me, ma no… non ti devi preoccupare su Mary. È semplicemente perfetta. - ti espone John, sfoderando una delle espressioni più felicemente ebeti del suo repertorio.
 
- La perfezione non esiste. - ti limiti a controbattere.
 
- Quanto sei pesante, Sherlock…
 
- È umana, ha sicuramente dei difetti. - liquidi, prendendotela con te stesso perché non sei ancora riuscito a scovargliene qualcuno di terribile che possa spingere John a lasciarla.
 
John scuote amorevolmente il capo: - Tu hai dei difetti senza neanche essere umano… non sei propriamente la persona più adatta a parlare.
 
- Io ho il diritto di parlare.
 
- Ok, ma per l’amor del cielo, devi parlare sul serio, non puoi lasciarmi così senza spiegazioni. - dice, abbandonandosi completamente allo schienale della sedia.
 
- Neanche tu non puoi lasciarmi così... - sussurri, tra te e te.
 
- Eh?
 
- Niente. - mugugni, a denti stretti, sperando che davvero John non abbia sentito.
 
- Quindi? - incalza.
 
Sospiri, maledicendoti in qualche stanza del tuo palazzo mentale per il passo falso di prima, mentre dici:
 
- Quindi io ci penserei bene prima di impegnare tutta la vita con una persona.
 
- Ci ho pensato, Sherlock, io con lei sono felice, lei… Lo sai, è inutile che te lo ripeta ancora.
 
E questo è troppo.
 
- John, non sei lucido, non ti rendi conto di quello che fai! - gli dici, con un tono di voce troppo alto.
 
- Non sarò completamente lucido, ma non fino al punto di non avere coscienza delle mie azioni.
 
- Fai come ti pare. - liquidi, indirizzando il tuo sguardo al tavolo oltre John.
 
- Cos’è che stai cercando di dirmi, Sherlock? - ti domanda, sforzandosi di essere conciliante.
 
Prendi fiato.
 
- Che secondo me stai facendo una cazzata. La più grande della tua vita…
 
- Il fatto che tu non creda nei sentimenti e men che meno nel matrimonio, non vuol dire che non debba crederci neppure io. - controbatte, cercando di restare calmo.
 
- Non c’entra niente con quello che penso del matrimonio. -  ribatti, prontamente, deciso a far passare sotto silenzio i tuoi sentimenti. Non è il caso di mettere altra carne al fuoco, specie visto che potrebbe bruciarsi da un momento all’altro senza che tu te ne accorga.
- Non ho obiezioni sul passato di Mary. - continui, imponendoti la calma -  Non ho trovato niente sul suo conto, per ora. Ma… ti renderà infelice, John.
 
- Ma perché?
 
- Perché soffocherai la tua natura per assicurarle una vita normale, che lei troverà appena passabile…
 
John sorride, convinto evidentemente che le tue supposizioni non siano fondate.
 
- Non succederà. Io continuerò a fare quello che facevo prima.
 
- Ah si? Anche quando Mary rimarrà incinta tu sarai disposto a rischiare la vita per il gusto dell’adrenalina in circolo? Per inseguire un serial killer da consegnare a Lestrade? La tua zoppia tornerà, John, perché ti rinchiuderai al Barts, per mantenere la famiglia farai straordinari su straordinari. - esponi, il respiro accelerato, la voce che combatte per non incrinarsi.
 
- È questo che temi? - chiede John, bonario, sfiorandoti la mano perché tu alzi lo sguardo che avevi abbassato a studiare la tovaglia.
 
- Cosa? - domandi a tua volta, ritirando a malincuore la mano e alzando gli occhi.
 
- Temi che non avrò più tempo per te?
 
Ne sei praticamente sicuro, non c’è da interrogarsi o porsi chissà che domande.
È scontato.
Ti imponi autocontrollo per l’ennesima volta nel corso della discussione.
 
- Oggettivamente cambierà tutto, non potrai impedirlo tu, figurati se potrò fare qualcosa io. Te lo dico adesso così da non dover rendere le cose difficili dopo.
 
John sorride.
 
- Non cambierà niente tra noi, Sherlock.
 
- Si che cambierà John, cambierà tutto, definitivamente. - presagisci, lapidario.
 
- Ma perché?
 
- Perché si, John. Ma è meglio così, fidati. - rispondi, allontanando la sedia dal tavolo ed alzandoti in piedi.
 
- Sherlock, ma dove…? - chiede John, intuendo che sei intenzionato ad andartene.
 
- Non ho fame. Ho un caso da seguire.
 
Lui fa cenno di volersi alzare. - Vengo con te?
 
- No, mangia pure, poi fai mettere sul conto di Mycroft. - ordini.
 
E sparisci dal locale.
Solo in mezzo a tutta quella gente che affolla Londra.
 
 
Non hai un caso.
Ovvio.
John avrebbe dovuto accorgersene.
Correrti dietro, chiederti spiegazioni.
 
E invece niente, se ne sta lì nel ristorante, a passare lo sguardo incredulo dalla tua sedia vuota alla vetrata del locale da cui ti vede andare via, a passo risoluto.
Ma non così tanto come dovrebbe essere.
Ma non se ne accorge.
Disgraziatamente non se ne accorge.
 
Lo sai.
Lo sapevi.
Avresti dovuto essere preparato a questo.
 
E invece, disgraziatamente, non sai come comportarti: non vuoi scardinare la vita di John, rivelandogli i tuoi veri sentimenti per lui né sei disposto a guadarlo in silenzio mentre si rovina la vita.
 
Eppure…
Come un lampo, la domanda più importante.
Per chi lo fai, Sherlock?
 
Per lui, davvero per lui, perché possa essere felice? Perché non si accontenti di una vaga e instabile sensazione di benessere e possa scegliere di vivere, veramente ed intensamente, come si confà ad un ex medico militare, a un detective e blogger, a John Watson, alla vera natura di cui è custode?
 
Oppure lo fai per te? Per soddisfare il tuo costante bisogno di attenzioni, di un pubblico adorante, di qualcuno che si preoccupi se vivi o muori, che ti curi quando hai la febbre?
 
Non lo fai forse solo per paura di quella solitudine che è stata la tua unica amica per anni, in cui ti sei crogiolato come se fosse un letto caldo, il corpo ansante di un amante, una notte d’inverno, di pioggia?
 
Non lo fai forse perché sei geloso di quella tacita felicità che John vive con Mary? La sua capacità di gioire di cose futili e banali di cui tu non ti accontenteresti mai?
 
Lo fai per te o per lui, Sherlock?
 
Disgraziatamente questa domanda pretende una risposta.
E al più presto…
 
 
Angolo autrice:
salve! E dopo aver tastato il terreno con delle one shot, ho deciso di cimentarmi con una long!
Vi dico subito che ho una bozza complessiva di tutta la storia,  quindi penso che non sarà un problema aggiornare una volta ogni 7- 10 giorni (salvo imprevisti)…
Va detto che la storia non tiene conto né dell’ultima puntata della seconda stagione né delle sue conseguenze (quindi sostanzialmente la terza stagione).
Come in molti avranno capito, il titolo è palesemente (e reverenzialmente) ispirato a “dell’amore e di altri demoni”, il capolavoro di Marquez.
 
Beh, detto questo, spero che la storia possa piacervi!
Attendo i vostri commenti, se vi andrà di condividerli :)
 
Alla prossima settimana
lady dreamer.

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Capitolo 2
*** Dal punto di vista di John ***


 
Dell'amore e di altri crimini.
Capitolo II
 
 
 
Non capisci il comportamento di Sherlock.
Perché si comporta in questo modo?
Quei messaggi? Quelle parole a pranzo?
Quella sua fuga imprevista?
Un caso? Davvero si tratta di un caso?
 
Perché allora non ti ha portato con sé? Non ti ha chiesto un parere?
Non ti ha esposto brillantemente e con la sua solita saccenteria le varie ipotesi - fiume concernenti il caso da risolvere?
Caso, poi…  che caso?
 
Non te l’ha detto.  Non ti ha detto niente.
Non è la prima volta, ma è infinitamente raro. E vuol dire che c’è qualcosa di strano.
 
Che abbia scoperto qualcosa di ambiguo su Mary?
Un altro matrimonio finito male, cartelle cliniche che prognosticano un male incurabile o una depressione cronica?
Scuoti la testa perché inizi a dubitare della sincerità di Mary.
Cosa mai potrebbe nasconderti bella, tenera, sincera, amabile Mary?
La tua Mary?
 
È il comportamento di Sherlock quello strano che deve essere analizzato.
È quello il comportamento che devi cercare di spiegare.
Da un po’ sembra strano.
Non si comporta come sempre.
 
Beh, continua ad ostinarsi a non ascoltarti quando gli esterni le tue preoccupazioni circa il suo comportamento irresponsabile se rischia di farsi ammazzare, passa interi giorni senza mangiare, continua ad attaccare foto di cadaveri e contatti e post it sulla parete del salotto, nonostante i rimproveri della signora Hudson.
 
Eppure…
 
Ha ripreso a fumare.
Specie quando non ci sei.
Quando esci con Mary, se rimani a dormire a casa sua.
E tornando a camminare al suo fianco il giorno dopo senti che l’odore del cappotto di Sherlock ha un velato retrogusto di fumo.
Hai provato a chiedergli spiegazioni l’altro giorno ma non ti ha portato a molto.
 
***
 
- Ma hai ripreso a fumare?
 
- E quindi? - domanda Sherlock a sua volta, rivolgendoti uno sguardo di sufficienza.
 
- Non avevi risolto con i cerotti?
 
- No. - strafottente.
 
Lo sai che insistere è inutile, ma… - Ma ti fa male. - ripeti, per la milionesima volta.
 
- Non mi serve vivere un giorno in più se non posso neanche concedermi una sigaretta.
 
E questi discorsi li odi. - Come amico e come medico devo…
 
- Ok. Ho afferrato il concetto.
 
Scuoti la testa irritato - Non riesco a capire come il tuo cervello geniale non capisca che…
 
- Non sarebbe la prima cosa che non riesci a capire… - e il sarcasmo sembra stranamente sopito.
 
- Dovrei offendermi?
 
- Puoi farne a meno? -risponde Sherlock, facendoti notare che - Il nostro uomo uscirà dal 154 tra massimo cinque minuti ed è armato, non puoi permetterti di essere arrabbiato
 
- Potrei mollarti qui con lui e chi si è visto si è visto.
 
- Sì, certo, e io mi sposo la signora Hudson. - è la sua sprezzante replica.
 
- Vuoi sposare la signora Hudson? È questo quello che volevi dirmi? - scherzi, ridendo.
 
- No. Decisamente no. - e il suo sguardo si fa inspiegabilmente cupo.
 
***
 
Perché quel “non sarebbe la prima cosa che non riesci a capire”?
Ammesso che la memoria non ti inganni…
Strano.
 
Beh, non è strano che Sherlock viaggi per associazione di idee e risolva casi impossibili in tempi assolutamente brevi - certo, non è normale, ma di certo non strano - e che tu faccia la figura del decerebrato al suo confronto, ma non è colpa tua - ti hanno e ti sei sempre considerato intelligente - ma sua, è troppo dannatamente intelligente perché chiunque possa reggere il confronto.
 
Che ci sia qualcosa che Sherlock ti nasconde?
Ma cosa?
E perché?
 
Moriarty lo fa impensierire più del solito?
Mycroft gli sta addosso per qualche faccenda governativa in cui non vorrebbe essere invischiato?
La signora o il signor Holmes non stanno bene?
 
Non li hai mai conosciuti gli Holmes. Ma ti basta vivere con Sherlock ed essere rapito saltuariamente da Mycroft per fare il pieno di Holmes per tutta la vita.
 
E se si trattasse di un problema di cuore?
In fondo, anche Sherlock ha un cuore.
E anche degli impulsi.
Impulsi sessuali. Come tutti.
Normale.
 
Fa strano immaginare Sherlock che riesce ad abbandonarsi al piacere. Fa strano immaginare Sherlock in una qualunque situazione da cui sia esclusa o che esclude l’azione di analizzare, razionalizzare, pensare.
 
Eppure… Sherlock è umano.
Eppure.
Sherlock. È. Sherlock.
Chi mai potrebbe smuovergli qualcosa dentro al punto da turbarlo così?
Certo… Irene.
 
Come hai fatto a non pensarci prima?
Sicuramente c’entra lei.
Te l’ha detto che non è morta.
E hai visto come la guardava. Come le lanciava occhiate furtive non visto.
Come accennava sorrisi inquietantemente seducenti.
 
Sherlock non avrebbe problemi a sedurre le donne se solo volesse… ha un fascino nascosto che non vuole quasi mai adoperare e per questo un po’ impolverato, ma se facesse pratica sarebbero tutte - anche la Donovan, nonostante tutto - ai suoi piedi.
 
Irene.
Mica una qualsiasi.
La Donna.
La chiamava così.
La Donna.
La guardava ammaliato, sebbene ostentasse indifferenza.
Una delle poche persone che riesce a tenergli testa, cosa che a te riesce sempre più di rado.
 
Sembra che Sherlock voglia chiudersi a riccio, schierare gli aculei contro di te e non dirti quale sia il reale problema.
 
È inutilmente preoccupato per la tua storia con Mary.
È preoccupato.
E non si tratta di se stesso né di un caso.
È già strano in effetti.
Ma non è poi così strano preoccuparsi per gli amici. Anche se ti chiami Sherlock Holmes.
 
E se Sherlock nascondesse un infelice passato sentimentale che si è sempre ostinato a celare?
Un matrimonio infelice?
Una storia all’inizio bella e perfetta come quella tra te e Mary che poi…?
 
Ma in fondo chi non ha mai vissuto una storia del genere?
Anche a te è successo più di una volta…
… ma non è il caso di Mary.
 
Mary è Mary.
Non fa parte di categorie già note.
Non conduce a strade già esplorate.
Mary è la familiare novità.
È la promessa di una quotidianità normale.
 
Sherlock è la promessa che anche oggi rischierai come minimo di metterti in guai seri, al massimo di farti ammazzare…
 
E se si trattasse di Molly?
Molly è infatuata di lui da tempo immemore. Da quando l’hai conosciuta.
 
Ma Sherlock…
Sherlock non si metterebbe mai con Molly.
Non si fidanzerebbe mai con nessuno in realtà, il pensiero di matrimonio / convivenza gli fa alzare le sopracciglia, oppure gli suscita il riso. Sherlock che vive con un’altra persona che non sia tu… beh, voi non è che convivete, voi co - vivete, è diverso.
 
Non state mica insieme, tu e Sherlock.
All’inizio tutti vi scambiavano per una coppia, come se due amici non potessero vivere insieme.
Che poi allora non lo conoscevi nemmeno…
 
***
 
Nell’ottocento senza dubbio non avevano di questi problemi.
Due uomini potevano vivere sotto lo stesso tetto senza che nessuno pensasse che fossero una coppia.
E invece no, sembra proprio che oggi, escluse le convivenze forzate al college, non sia proprio possibile non incappare in fraintendimenti.
 
La padrona di casa, Mrs. Hudson, ha cercato di farvi capire in ogni modo che per lei non ci sono affatto problemi ad affittarvi l’appartamento anche se state insieme, insistendo sul fatto che non è necessario fingere che servano davvero due camere da letto. A nulla sono valse le tue proteste più o meno tacite per farle capire che no, tu e quel mister Holmes non state insieme né starete mai insieme.
 
Tu e un altro uomo?
Ma per carità, questa sì che è un’idea bislacca… non hai mai provato attrazione per un individuo del tuo stesso sesso, figurarsi per quello spilungone che trova divertente dissezionare cadaveri e parla con un teschio che al confronto persino Amleto era più in sé. Scuoti leggermente la testa.
 
Senza contare che non sai quasi nulla di lui.
 
Appassionato di chimica e di indagini, sembra che abbia scarse nozioni di quella cultura generale che non serve a risolvere casi di omicidio, ma ad intrattenere quelle conversazioni pseudo intellettuali che tu personalmente adoperi per fare colpo sulle donne.
 
Tende a correre da una parte all’altra di Londra a bordo di taxi che sembra non abbia alcun problema a permettersi, veste sempre in modo impeccabilmente elegante, ha un fratello con un ruolo minore nel governo che ostenta il suo potere appena può, sembra immune alle buone maniere che ritiene superflue (quasi tutte in realtà), avverte il senso di stanchezza e di fame con molta meno assiduità di una persona normale, alterna momenti di massima eccitazione in cui zampetta qua e la senza risparmiarsi, a giorni di silenzio ed apatia.
 
Fa uso di cerotti alla nicotina. Di droga, occasionalmente.
Ciononostante non ti sembra un tipo particolarmente pericoloso, anzi ti diverti quasi a stagli dietro a rincorrere indizi e prove di colpevolezza o innocenza.
 
Ti distrae dai tuoi pensieri. Troppi. Troppo cupi. Dominati ancora troppo dai ricordi dell’Afghanistan, sebbene la tua analista continui a dire che è tutto estremamente normale.
 
Ma resta sostanzialmente uno sconosciuto.
 
Uno sconosciuto piovuto dal cielo per salvarti dalla tristezza di quell’appartamentino squallido in periferia.
Uno sconosciuto piovuto dal cielo per farti ammettere che la tua zoppia è psicosomatica.
Uno sconosciuto che cambierà la tua vita in modi che non riesci ancora ad immaginare.
Uno sconosciuto che ha già cambiato la tua vita.
Questa non sarà l’ultima volta che ammazzi qualcuno per salvare Sherlock Holmes…
e non è ancora tuo amico…
 
***
 
In effetti è stato un azzardo andare a vivere con Sherlock.
Ma non ti sei pentito di averlo fatto.
Se c’è una cosa che ti frena di andare a vivere da Mary è proprio questo, lasciare Sherlock da solo.
Non sai se riusciresti a sopportarlo…
 
Pensi a questo, mentre ti dirigi a piedi verso Baker Street, escogitando qualcosa per costringere Sherlock a dirti davvero quello che gli frulla per la testa e smetterla di farti fare la figura dell’idiota. O peggio, dell’insensibile.
 
 
Angolo autrice:
 
salve, è con grande soddisfazione che posto il secondo capitolo della storia.
Eh lo so, è un po’ un capitolo di transizione, con il punto di vista di John sullo strano comportamento di Sherlock… ma nel prossimo capitolo, non temete, ci sarà un nuovo confronto tra i due... chissà se John riuscirà a far vuotare il sacco a Sherlock… mah, vedremo!
 
Ringrazio molto le cinque ragazze che hanno messo la storia tra le seguite, è un piacere sapere di aver interessato qualcuno con questa storia che io ho scritto principalmente per me.
 
Un ringraziamento particolare va indubbiamente alla cara marig28_libra che ha letto e recensito, come sempre :)
 
Spero di leggere i commenti anche di qualcun altro, se vuole.
 
Alla prossima settimana!
 
lady dreamer.

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Capitolo 3
*** La verità ti fa male ***


Dell'amore e di altri crimini.
Capitolo III
 
 
 
 
- Sherlock - chiama, entrando in casa.
 
Non gli rispondi. Non gli rispondi mai appena ti chiama. Capirebbe troppo facilmente che ci tieni a lui. E non puoi sbandierare i tuoi sentimenti in questo modo così plateale e scontato.
 
Per non dire poi che John potrebbe non capirlo e fraintendere la tua implicita dichiarazione con una nuova tendenza alla buona educazione o un principio di tumore al cervello.
 
Scuoti la testa, mentre John ha chiamato il tuo nome un’altra volta.
 
- Sono qua. - dici, entrando in salotto.
 
Trovi John seduto sulla sua poltrona rossa, che finge di interessarsi ad un giornale, mentre maschera male la sua irritazione per il tuo comportamento: - Ah Sherlock, ci sei, pensavo che fossi a risolvere il tuo caso. - esordisce, rivolgendoti a stento lo sguardo.
 
- Il caso era banale, l’ho risolto con poco. - fingi, sedendoti sulla tua poltrona nera.
 
- Lestrade non c’entrava immagino. Greg mi ha detto pochi minuti fa che non aveva indagini per te oggi.
 
Ma bene, vuole giocare al detective con te.
Accenni un sorriso che probabilmente John non coglierà affatto.
 
Lo hai influenzato in questi anni. C’è una scintilla di te in lui, ora.
E questo ti consola. E ti fa accennare quel sorriso che stronchi subito.
Fuori luogo.
 
- Non ho mai detto che c’entrasse Lestrade. - rispondi alla sua velata accusa con il tuo solito tono di voce, quello che rifili ad Anderson quando si fa ingannare da un omicidio mascherato grossolanamente da suicidio o a Mycroft quando vuole convincerti ad andare a trovare i vostri genitori insieme e tu gli fai notare che ovviamente né tu né lui ne avete davvero il tempo o la necessità.
 
- Per chi allora? - John sembra non voglia farsi scoraggiare.
 
- Era un caso mio - liquidi - personale. - ed è anche vero. Hai impiegato questo tempo a cercare di toglierti John dalla testa e rassegnarti che è solo una cosa passeggera e che se lui vuole sposarsi Mary a te non importa più del passato dei cadaveri che dissezioni per gli esperimenti.
 
- Mycroft? - domanda, fingendo di prestare ancora attenzione al giornale.
 
- No. Avrei detto affari di stato, non caso personale.
 
- In effetti. - conviene. Non aggiunge altro.
 
Forse l’interrogatorio è finito…
 
- Non mi hai risposto.  -  insiste, chiudendo il giornale.
…forse no.
 
- Non rispondo al settanta per cento delle tue domande. - fai notare e, non intenzionato ad andare oltre, porti le mani giunte sotto al mento, nella posizione da meditazione.
 
- Ma oggi non devi… - comincia, ma non gli dai il tempo di continuare.
 
- L’ho già fatto… - controbatti stancamente, chiudendo gli occhi e sperando che questo possa bastare a chiudere definitamente la conversazione.
 
- Mi. Devi. Spiegare.
 
- Non so cosa spiegarti. - liquidi, restando fermo e immobile.
 
- Perché ti comporti in modo strano e perché non vuoi spiegarmi perché…
 
- Troppi perché nella stessa frase. - lo rimproveri.
 
- Troppa saccenteria, Sherlock. È troppo anche per me. - e sfodera il suo tono semi-incazzato migliore.
 
Apri gli occhi e abbandoni le mani sui braccioli della poltrona. - Non posso dirti la verità John.
 
- Non capisco perché.
 
- È meglio che… - esordisci, ma John non ti fa finire la tua ennesima scusa.
 
- No. Ora parli. Mi spieghi perché sei strano. Mi spieghi perché continui a non rispondermi. Perché scappi. Perché non mi chiedi più sempre di aiutarti nei casi. Perché non mangi. Perché hai ripreso a fumare. Perché non vuoi che io sposi Mary…
 
- Non lo vuoi sapere davvero John. - dici, esasperato a tua volta, indirizzandogli uno sguardo gelido e triste allo stesso tempo.
 
- Lo decido io cosa voglio sapere e cosa no! E cazzo voglio sapere perché ti comporti così, è abbastanza chiaro? - sbotta, il busto ormai staccato dallo schienale della poltrona e proteso verso di te.
 
- È fin troppo banale… - liquidi.
 
- Per me no. Non ti capisco.
 
- Questo è il motivo per non dirtelo. Perché non lo capisci da solo.
 
- Ma cosa cazzo devo capire?
 
E sei stufo di andare avanti in questa discussione. Tanto vale dirglielo e dimostrargli, come premio di consolazione, che era proprio vero che non lo voleva sapere.
 
- Che sono innamorato di te, John, e non da ora, da prima di Mary. - dici, tutto d’un fiato, guardandolo negli occhi, con un coraggio che non credevi di possedere ma che ora tanto vale ostentare.
 
- Eh, cosa? - sembra non capire. Ha lo sguardo perso, la fronte corrugata, sembra sbiancato,  ma forse è solo l’impressione. Ecco, non avresti dovuto dirglielo. Adesso arriva il bello.
 
- Non sono disposto a ripeterlo.
 
- Stai scherzando? - domanda. Ha sentito fin troppo bene, come avevi supposto. E ti sembra quasi di vederli gli ingranaggi del suo cervello che si muovono frenetici alla ricerca di una soluzione più o meno logica.
 
Più meno che più. Non scherzeresti mai su una cosa del genere. E l’ha vista la tua faccia seria, ha visto la tua urgenza di impedirgli di sposare Mary e la tua conseguente reticenza a spiegargliene la causa. Anche un bambino, anche Lestrade, avrebbe capito che non stai scherzando.
 
- Vorrei poter dire di aver scherzando… Ma io non ti mento mai, John, al massimo ometto.
 
- Tu…? - sembra non aver afferrato.
 
- Al massimo ometto. - ripeti.
 
- No. Non questo. Quello di prima.
 
- Non ti mento. - ripeti di nuovo.
 
- No, quello di prima. - e anche questa te l’aspettavi.
 
- Non te lo ripeto. - ammetti, stancamente.
 
- Tu…?
 
- Non lo ripeto - ti alzi e te ne vai. Ti dirigi in camera, ti rendi conto che questo non potrà ostacolare John a seguirti, così fai marcia indietro, torni in salotto, prendi il cappotto al volo dall’appendiabiti e ti chiudi velocemente la porta di casa alle spalle.
 
***
 
Merda.
E adesso?
 
Alzi gli occhi a studiare la porta di casa chiusa da Sherlock circa venti minuti fa.
Per questi venti minuti sei sicuro di aver pensato di tutto, ma non sai perché quando prendi nuovamente coscienza del tuo corpo ti sembra di aver spento l’interruttore del cervello per tutto il tempo trascorso.
 
Sherlock. Ha detto che… e se n’è andato.
 
Senza ripetere. Senza spiegare.
Senza aspettare una tua reazione.
 
Che poi se avesse voluto vedere una reazione vera, tipo che tu dicessi qualcosa con un minimo di senso, avrebbe dovuto aspettare questi venti minuti. E Sherlock odia spettare. Lo annoia.
 
Ma il problema adesso non è Sherlock.
Sei tu.
 
Perché la cosa ti turba tanto?
Perché del resto non dovrebbe turbarti?
 
Il tuo miglior amico ha appena detto - appena, venti minuti sono venti minuti - che è innamorato di te.
Non ti ha detto di essere infatuato.
Non ha detto di essere attratto.
Non ha detto altro che “sono innamorato di te, John, e non da ora, da prima di Mary.”
 
Tre bombe ad orologeria.
Esplose addosso a te, sotto i tuoi occhi, nel tuo cervello. Tutte insieme.
 
Non da ora
Da prima di Mary
E la prima e la più terribile.
Sono innamorato di te John
 
Il tuo migliore amico, un uomo, un affascinante e geniale uomo, ma dannatamente uomo e dannatamente amico, è non infatuato, non attratto, ma innamorato di te.
E non da ora. Da prima di Mary.”
 
Ecco perché.
Perché il dissenso sul matrimonio.
 
Perché Mary è tutto quello che lui non sarà mai.
Perché Mary ha tutto ciò che lui non avrà mai.
 
Svegliarsi al tuo fianco ogni mattina, oppure abbracciata a te.
Sherlock che immagina di essere al suo posto.
Sherlock che immagina di dormire abbracciato a te.
 
La sua testa sul tuo petto. O viceversa.
La tua testa sul suo petto.
La dolce setosità delle lenzuola che avvolgono i vostri corpi nudi o vestiti…
Nudi. Probabilmente nudi.
 
Perché?
Perché sei…? Come sei…? Arrivato a tutto questo?
 
Associazione di idee. Semplice associazione di idee. Può capitare.
 
Ma “non da ora. Da prima di Mary” vuol dire che Sherlock ha taciuto. Per molto, forse moltissimo tempo.
Forse fin dall’inizio.
 
No. Dall’inizio no.
Ma comunque da prima di Mary.
 
Eppure hai avuto altre donne prima di lei.
Ma lui tranquillo… tranquillo per quanto può esserlo Sherlock.
Evidentemente non costruivano un pericolo per la vostra vita a Baker Street.
 
Così non ha parlato.
Non ha detto niente che potesse tradire i suoi sentimenti.
Temeva di perderti, ma non così tanto.
Aveva la situazione in pugno.
 
Poi Mary.
Che sgretola le tue incertezze.
Che sgretola le sue certezze.
 
Comunque non avresti doluto lasciarlo andare via così.
È stata un’idea, anzi un’assenza di idee, collettiva e balorda dei neuroni del tuo cervello.
Prendi il giubbotto dell’appendiabiti e le chiavi ed esci di casa. Per correre dietro a Sherlock.
Per quanto può servire venti minuti dopo.
 
***
 
Sei un idiota.
Un perfetto idiota.
Come cavolo t’è venuto in mente di dirglielo? Che cosa pensavi di ottenere?
Che ti dicesse che non avrebbe sposato Mary, anzi che l’avrebbe lasciata, che sareste stati voi due, insieme, per sempre, perché anche lui…
 
Patetico.
Stupida anche la tua fuga, la seconda in una giornata. Non puoi continuare a fuggire da John.
Sono mesi che cerchi di scacciarlo dai tuoi pensieri. Dai tuoi sogni. Dalle tue fantasie erotiche.
Senza riuscirci.
 
Sono mesi che cerchi di nascondergli quella verità che hai temuto potesse leggerti in faccia per tutto questo tempo.  Quella verità che oggi non sei riuscito più a nascondergli.
Gli hai detto tutto.
 
E lui è sbiancato. Non riusciva a crederci.
Non riusciva a capacitarsi più del fatto che tu, un altro uomo, o che tu, suo migliore amico, fossi innamorato di lui, il tuo coinquilino, assistente investigativo e blogger?
Mistero insoluto.
 
Cammini per strada.
Non sai dove stai andando.
Cammini e basta.
Vedi il parco, lì vicino.
 
Ma sì, forse è il caso di sedersi. È tutto il giorno che scappi da John. Vuoi una pausa.
Poi magari scopri che c’è un delitto al parco. Anche un bimbo che ha squartato un’anatra del laghetto per far spaventare gli altri bambini andrebbe bene. Purché ti distragga.
 
Ti siedi su una panchina.
Non ci sono delitti.
Solo mamme che guardano i bimbi giocare, gente che porta a spasso il cane, roba del genere.
Poco interessante.
 
Così guardi un punto fisso davanti a te.
Pensi a fare ordine nel tuo palazzo mentale.
Trovare i ricordi, le fantasie e cancellarle, una volta per tutte.
 
Senti che il cellulare squilla nella tasca del cappotto.
Forse è Lestrade per un caso.
 
Chiamata in corso da: John.
 
E certo. Questa te la dovevi aspettare, grande detective.
Anche se non prova per te niente più che affetto non ti abbandona.
È questo il bello di John.
 
Insomma… Sarebbe stato meglio se… scuoti la testa.
Non si può avere tutto.
 
Ma non gli rispondi.
Per dirgli cosa, poi?
 
Gli manderai un messaggio, quando il telefono smetterà di squillare. O aspetterai che sia lui a farlo.
Decisamente meglio.
 
 
Perché non rispondi?
 
Perché non mi piacciono le telefonate. SH
 
A me non piacciono le tue fughe rocambolesche.
 
Dovresti esserci abituato. SH
 
Dovresti smetterla.
 
Che mi volevi dire John? SH
 
Dove sei?
 
Non importa. SH
 
Dimmi dove sei se no me lo faccio dire da Mycroft.
 
Regents Park SH
 
E che ci fai tu in un parco?
 
Penso. SH
 
Ti posso raggiungere?
 
So che lo farai anche senza il mio permesso, quindi… SH
 
Arrivo.
 
***
 
Imbarazzo.
Imbarazzo nell’aria.
 
Tangibile. Impalpabile. Ingombrante.
Esasperante.
Vostro.
 
Causa delle vostre azioni.
Del suo ostinato tacere, del tuo ostinato non vedere.
E adesso dovete fare i conti con le conseguenze.
 
- Sherlock. - chiami. Anche se sei seduto su quella panchina da più di cinque minuti.
 
Cinque minuti di silenzio, che lui continua a non interrompere.
 
Ti fai coraggio. Evidentemente Sherlock sente di aver parlato pure troppo. Tocca a te dire qualcosa. Anche se non sai bene cosa e come dirlo.
 
Così inizi, sperando di non sbagliare:- Io non ti giudico diverso da mezz’ora fa quando non lo sapevo. Tu sei una delle persone più importanti della mia vita, io…
 
Sherlock distoglie i suoi occhi chiari da te e fissa lo sguardo sull’albero di fronte alla panchina, combatte per non tormentarsi le mani. Maschera l’imbarazzo con il sarcasmo: - Hai usato questa mezz’ora per scriverti il discorso?
 
- No. - ammetti. Ed è vero. Hai avuto il cervello svuotato. Inabile a formulare un discorso di senso compiuto e soprattutto a ricordarselo.
 
- Infatti, si vede. - dice, guardandoti di nuovo in faccia.
 
- Insomma, Sherlock, mi fai parlare?
 
Si mette le mani nelle tasche del cappotto. - Volevo risparmiarti… - esordisce.
 
Ma non gli fai terminare la frase: - Non puoi buttare la bomba e poi non voler sentire il rumore dello schianto.
 
Sherlock si sforza di non far trapelare emozioni dallo sguardo che ti rivolge, e tu intuisci solo la delusione e l’amarezza che lui non ostenta neanche in un momento come questo, mentre dice:- Lo schianto l’ho avvertito fin troppo nitidamente, prima. La tua faccia.
 
- Io… non… non me l’aspettavo. Non puoi biasimarmi.
 
- Io non ti biasimo. - sussurra, e vedi nel suo sguardo un sorta di tenerezza sommersa. Come hai fatto a non accorgertene prima?
 
- Resta che non avrei dovuto parlarti. Adesso le cose tra noi precipiteranno sicuramente… non potrai sopportare che… - non ha la forza di ammetterlo di nuovo e passa avanti - andrai a vivere da Mary… Hai già fatto la valigia? - incalza.
 
- No. Non l’ho fatta.
 
- È solo questione di tempo.
 
Purtroppo lo sai anche tu. Ma non è questo il momento di dargli ragione.
 
- Non ti lascio, Sherlock. - scandisci.
 
- Perché? - chiede, quasi stupito del fatto che tu controbatta su qualcosa che lui ha decretato vera.
 
Gli indirizzi uno sguardo esasperato che lo esorta, tuo malgrado, ad argomentare.
- Non hai nessuna ragione per restare ad affrontare il silenzio che si creerà tra di noi. La vedo già la tua paura che io possa starci male per tutto quello che fai e non fai. Non vedremo più film stupidi sul divano perché avrai il terrore che addormentandoti potresti appoggiarti a me e che io possa fraintendere. Non sopporterai di andare a cena e di essere scambiati per una coppia, e dopo la prima volta in cui arrossirai dalla punta dei capelli a quella dei piedi, deciderai che ordinerai solo il take away. E lo stesso gesto di portarmi il the la mattina in pigiama diventerà inconcepibile. Ti sentirai soffocare negli angusti nascondigli in cui aspettiamo che il criminale da catturare esca allo scoperto… non sarà più la nostra vita, John. Sarà la nostra vita epurata da tutto quello che la rendeva speciale e se tu non puoi sopportarlo, ebbene, sono io che non ce la faccio.
 
Cazzo. Ha esposto tutto quello che tu hai pensato ma che ora dovresti disgraziatamente fingere di non aver pensato. Ne sarai capace?
 
- Non è così, Sherlock. - obietti, a voce troppo bassa per poter essere convincente.
 
- Ah no? - e immagini che dietro quel tono di sfida ci sia la speranza, per una volta, di essersi sbagliato.
 
- No. - negare non serve. Lo sai benissimo che per lui sei un libro aperto. - Non posso negare di non aver pensato a queste cose, vagamente, ma indiscutibilmente, ma… - vedi lo sguardo di Sherlock incupirsi - Ma non me ne frega niente. - tenti di recuperare - Io non ti posso lasciare, Sherlock. Non posso lasciarti in mezzo a questa tempesta e abbandonare la nave e chi s’è visto, s’è visto. Tu mi hai salvato la vita, Sherlock!
 
- Anche tu. Siamo pari. Non farti scrupoli.
 
- Non sono scrupoli, Sherlock, è riconoscenza, amicizia, non ti posso lasciare.
 
- Non voglio la tua pietà. - dice, sprezzante, guardandoti dritto negli occhi.
 
Reggi lo sguardo. - Non merito il tuo disprezzo.
 
- Hai ragione. Scusami. - sussurra, come fa sempre quando è costretto a delle concessioni. E abbassa gli occhi. E se non fosse Sherlock Holmes vedresti un’ammissione di sconfitta, di resa in questo gesto. Ma è Sherlock Holmes e niente può sconfiggerlo, e men che meno tu, l’ordinarissimo John Watson.
O almeno lo speri.
 
Scusami.” Echeggia per alcuni secondi il suono della sua ultima parola.
E fissi la sua faccia, il suo sguardo solitamente tagliente, le sue sopracciglia di solito corrugate, inarcate ad esprimere tutto il suo disappunto… ora tutto incupito, serio.
 
- È ovvio che accetto le tue scuse. - gli dici, con tono rassicurante. E lo abbracci.
 
Lo abbracci senza pensarci.
Senza preoccuparti.
Senza riflettere sulla convenienza di quel gesto.
E al diavolo tutto. Non è importante.
 
Solo Sherlock.
Sherlock che ha bisogno di te.
Che non abbandonerai perché disgraziatamente ha avuto la brillante idea di innamorarsi proprio di te.
 
Anche se la domanda te la poni, te la sei posta mentre lo raggiungevi, e te la porrai forse per tutta la vita… ma perché con tutte le persone che esistono sulla faccia della terra doveva innamorarsi proprio di te?
 
***
 
John che ti abbraccia.
Vorresti registrare tutto perché la razionale ed esasperante consapevolezza che questi momenti, mai troppo frequenti, adesso saranno sempre più rari, sovrasta la sensazione di benessere che ti pervade completamente il corpo e l’anima.
 
L’odore di John.
Il suo cuore che batte forte, puoi sentirlo, o magari, lo immagini solo, oppure è il tuo che batte per due.
Il calore del suo corpo premuto contro il tuo in quest’abbraccio insperato.
John.
 
Benedetto John, perché mi fai questo?
 
Vorresti chiederglielo, ma ti limiti a pensarlo.
Ti scosti per primo dall’abbraccio.
Meglio sapere quando avrà termine la beatitudine che non precipitare nell’abisso del tartaro senza preavviso.
 
Ti fai sfuggire un:- Grazie. - di cui ti penti subito.
 
- Di cosa? - fa lui.
 
- Di non essere corso via a gambe levate.
 
- Non mi chiamo Sherlock Holmes. - scherza.
 
- Tanto meglio. È molto più utile un John Watson che un secondo Sherlock Holmes. - affermi, cercando di stemperare la tensione che si è creata tra voi oggi.
 
John corruga involontariamente la fronte: - È un complimento?
 
- No, è una costatazione. - rispondi.
 
E ne sei fin troppo convinto.
 
A cosa ti sono servite le tue brillanti facoltà mentali se non sono sufficienti a conquistare l’uomo che ami?
 
 
Angolo autrice:
salve! Parto col dire che avrei dovuto postare questo capitolo domani, ma non sarò a casa per tutta la giornata, quindi ho deciso di aggiornare oggi.
 
Ringrazio tutte le dodici persone che seguono la storia, non mi aspettavo un numero così alto nel giro di poco tempo. Un ringraziamento speciale va a chi ha anche recensito, avere un parere con cui confrontarsi è sempre positivo.
 
Ma veniamo al nostro capitolo di oggi, cosa ne pensate?
 
A me personalmente questo capitolo piace molto perché finalmente ci sono i pov alternati di Sherlock e John. Forse John avrebbe dovuto dimostrarsi un po’ più sconvolto e meno disponibile al confronto, forse non avrebbe dovuto abbracciare Sherlock con quello che gli aveva detto ma… no, secondo me John non può smettere di voler bene a Sherlock perché ha ammesso di amarlo.
Spero che abbiate apprezzato!
 
Alla settimana prossima :)
 
lady dreamer.

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Capitolo 4
*** Rivelazioni inaspettate ***


Dell’amore e di altri crimini
Capitolo IV
 
 
- Mary, oggi è successa una cosa assurda - le dici, tornando a casa per cena. E appena prendi consapevolezza di aver iniziato il discorso che hai iniziato, vorresti tanto poter tornare indietro, riavvolgere il nastro e non dirle niente. Ma ormai…
 
Lei fa capolino in salotto, asciugandosi le mani su di uno strofinaccio:- Ah, si? Cosa?
 
- Sherlock… - esordisci.
 
- Ah beh, era prevedibile che c’entrasse lui… - dice, dopo averti baciato sulla bocca. Radiosa, ingenua, come sempre. Lei una cosa del genere di certo non se la sarebbe mai aspettata. Non che tu avresti potuto prevederlo, però…
 
- Sherlock si è innamorato… - dici, sedendoti in cucina.
 
- Sherlock? - fa Mary, armeggiando ai fornelli, per poi girarsi dopo aver aggiunto una manciata di sale in una padella in cui cucina qualcosa che, indipendentemente dalla sua bontà, tu non avrai voglia di mangiare.
 - E di chi? - aggiunge, incredula.
 
 Ti studi la punta delle scarpe, prima di alzare nuovamente gli occhi a Mary.
Ma continui a tacere.
 
- Si tratta di Molly? - ti chiede, aprendo la credenza per prendere i piatti.
 
Scuoti la testa, amareggiato. - No, non è una donna.
 
Mary si volta, ti guarda negli occhi, si prende un attimo prima di chiedere:
 
- Sherlock è gay?
 
Alzi le spalle. - Sì.
 
- Ah. - e poggia i piatti sul tavolo - E di chi si tratta?
 
Studi per un attimo la tovaglia a righe bianche e blu su cui Mary sta apparecchiando e sussurri, non sai se a te stesso o a lei: - Non ci posso ancora credere…
 
- No, dimmi che non è Lestrade… - ipotizza, accennando un sorriso.
 
- No, non è Greg, ci mancherebbe altro… - ti affretti a replicare, pensando che se tutta questa storia non ti riguardasse ci sarebbe da ridere.
 
- Ma chi è allora? - insiste Mary, ormai seduta di fronte a te a tavola.
 
Sospirando, ammetti: - Victor Trevon.
 
- E chi è?
 
- Vorrei tanto saperlo.
 
***
 
Dai la buonanotte a Mary e ti rigiri dall’altra parte del letto. Sono passati esattamente quattro mesi e quattro giorni da quando Sherlock ti ha ammesso di essere innamorato di te, due mesi e venti giorni da quando hai concordato con Sherlock che sarebbe stato meglio per entrambi che tu andassi a vivere da Mary, due mesi e diciotto giorni da quando ci sei andato a vivere davvero, sei ore e mezza da quando hai scoperto che a Baker Street c’è un nuovo, ingombrante inquilino.
 
Sei ore e mezza da quando hai detto addio alla tua sanità mentale.
 
***
 
- Ho deciso di convivere con Victor. - ti dice Sherlock, con la sua consueta nonchalance, dopo aver finito di ispezionare un cadavere ed esposto con l’altrettanto solita saccenteria a Lestrade e ad Anderson tutte le sue opinioni a riguardo, senza esimersi di far notare come le loro supposizioni fossero assolutamente infondate.
 
Tu, con la mente ancora occupata dal volto sfigurato del cadavere e le facce sbigottite degli agenti di Scotland Yard, cogli quello che Sherlock dice, ma ti crogioli nella speranza di non aver capito bene.
 
 - Eh? Cosa? - domandi, mentre lasciate l’appartamento.
 
Sherlock ripete, con il tono di un maestro che rispiega ad un alunno distratto, né più né meno :
- Victor si trasferisce oggi al 221 B di Baker Street.
 
Ti frullano in testa troppe domande, ma non puoi esimerti dal porre quella principale, che più di tutte lampeggia luminosa nel tuo cervello: - Ma chi è Victor?
 
- Victor Trevon, ti avrò sicuramente già parlato di lui, andavamo al college insieme. - e spiega l’ovvio, sornione, con le mani in tasca, mentre continua a camminare al tuo fianco.
 
 - Beh - devi ammettere che la cosa non è poi strana - hai fatto bene a trovare qualcuno con cui dividere l’affitto…
 
Sherlock volta lo sguardo a spiegarti:- Non divideremo solo l’affitto…
 
E nei suoi occhi intravedi un velo di malizia che prima non c’era mai stato. Ma fingi di non vederlo, sperando che il dubbio che inizia confusamente a prendere corpo nella tua testa venga smentito con forza.
 
- Beh certo, anche le spese per le bollette, eccetera… - borbotti, a bassa voce.
 
- Io e Victor stiamo insieme, John.
 
- Eh? - questa non è la smentita che ti aspettavi.
 
- Stiamo insieme. Si chiama relazione erotico sentimentale.
 
- Che cosa? - non puoi capacitarti che Sherlock…
 
Lo scruti attentamente, sperando che sia tutto un enorme fraintendimento.
 
E Sherlock, per fugare ogni dubbio, gettandoti inspiegabilmente nell’angoscia, ammette, iniziando a spazientirsi della tua reazione: - Ci vado a letto, ma penso che non sia solo attrazione fisica.
 
- Ah. - ti limiti a sussurrare.
 
- Qualche problema?
 
- No, figurati - deglutisci a vuoto, hai la salivazione azzerata - Sei libero di fare quel che vuoi del tuo cuore e… - combatti per non abbassare lo sguardo - beh, di tutto il resto.
 
Sherlock continua a camminare, guardando nuovamente dritto davanti a sé. - Naturalmente.
 
- Naturalmente. - ripeti.
 
***
 
 
E niente ti sembra meno naturale di questo.
Sherlock e questo Victor.
 
Victor Trevon, già il nome non ti piace.
Lui, a Baker Street, a casa tua, in camera tua.
O peggio in camera “sua”. Di Sherlock.
Scuoti il capo per scacciare pensieri inquietantemente realistici.
 
Ti volti verso Mary.
Non provi alcun desiderio di fare l’amore con lei.
Non sai perché.
Forse è lo shock.
Si, è sicuramente lo shock di immaginare Sherlock e questo Trevon in un groviglio di corpi sudati ed ebbri di piacere, a casa tua. Con la signora Hudson che a causa loro non riuscirà a dormire.
 
Ma in fondo, a te non dovrebbe interessare.
Tu sei felice e contento, vivi con Mary, hai un lavoro che ti piace, continui ad aiutare Sherlock nelle indagini, va tutto bene.
 
Andava tutto bene.
Adesso c’è Victor.
 
Non c’è niente che vada bene, in realtà.
Il lavoro al Barts lo mal sopporti, i casi per cui Sherlock ti chiede aiuto non sono molti, le occasioni in cui lo vedi non per i casi sono ridottissime, non riesci a smettere di pensare al 221 B di Baker Street come casa tua e l’appartamento di Mary come l’appartamento di Mary.
Ed è tutto dannatamente inquietante.
 
Non ti sembra di avere in mano le redini della tua vita.
Va da sola, dove vuole.
E tu cerchi di starle dietro, a fatica ci riesci, per certi versi, ogni tanto.
È tutto un macello. E non sai spiegarti perché.
E non vuoi spiegarti perché.
 
****
 
Hai detto a John che Victor viene a vivere con te.
Gli hai visto in faccia un’espressione incredula, stupita… sconvolta.
Forse non avresti dovuto dirglielo. Non così.
 
****
 
John, tutto bene? SH
 
Perché sei ancora sveglio?
 
Poi aggiungi: Non rispondere. Non lo voglio sapere.
 
Non è quello che pensi. Sto facendo un esperimento. SH
 
E Victor?
 
Dorme. Sono le due del mattino. SH
 
Come sapevi che non dormivo?
 
Lo immaginavo. Quando mi hai detto che eri innamorato di Mary io non ho dormito. SH
 
Poi aggiunge: Scusa, in effetti era un po’ diverso. SH
 
Non è che non dormo per te e Victor. Ho tanti pensieri in testa.
 
Tipo? SH
 
Ma niente. Problemi a lavoro.
 
Problemi con Mary. SH
 
No.
 
Sì. Non mi hai mai risposto ad un messaggio a quest’ora. SH
 
Non ha mai avuto senso mandarci messaggi a quest’ora, fino a due mesi fa vivevamo insieme. Ti bastava bussare alla porta.
 
Ti manca Baker Street? SH
 
Un po’. Mi devo ancora abituare. Che esperimento fai?
 
Non lo vuoi sapere davvero, fidati. SH
 
Povera signora Hudson, non oso immaginare le condizioni pietose della cucina…
 
Non c’entra la cucina. SH
 
Non rispondi. Non sai più cosa dirgli.
 
Comunque da quando ho rincontrato Victor ho smesso di fumare. Ne sarai contento. SH
 
Certo. Per la tua salute.
 
A che pensi? SH
 
Di solito a te non servono queste domande, me lo leggi in faccia e basta.
 
Attraverso il cellulare non sono capace. SH
 
Penso che le nostre vite sono cambiate in così poco tempo.
 
È vero. Sono cambiate. SH
 
Adesso ti aiuterà Victor con le indagini?
 
No. Come aiutante e blogger sei insostituibile. SH
 
Sospiri prima di rendertene conto.
 
Domani ho la giornata libera…
 
Lo so. SH
 
Se hai un caso chiamami.
 
Non dovevi accompagnare Mary a fare spese? SH
 
Merda. È vero. Ma non ci pensi proprio a buttare via il tempo così, vuoi indietro un po’ di quell’adrenalina in circolo che prima era il tuo pane quotidiano.
 
No, ci va con le amiche.
 
Ok. Speriamo che succeda qualcosa allora. SH
 
 
- John, che fai? - ti domanda Mary, con la voce impastata di sonno, notando, nel girarsi dalla tua parte, che hai il cellulare in mano.
 
- Niente, amore, controllavo l’ora, dormi. - la rassicuri, vergognandoti come un ladro.
 
 
Aspetto notizie. Buonanotte.
 
Buonanotte John. SH
 
 
E vorresti tanto sentire il suono della sua voce, la porta della stanza cigolare perché viene richiusa alle tue o sue spalle, l’assenza di rumori, la quiete, la vostra concitata quiete di Baker Street.
Quiete buttata nel secchio.
 
Sono solo autosuggestioni.
Pensieri assonnati e confusi.
Senza valore.
Dormi, John, il sonno forse spazzerà via queste idee che mal sopporti.
Forse.
 
****
 
- Sherlock, ma sei sveglio? - chiede Victor, dall’altra stanza, la luce sul suo comodino spenta da un pezzo.
 
- No, sto dormendo. - ironizzi.
 
- Dormi in salotto? - chiede.
 
- No, arrivo a letto…
 
 
Ti alzi dalla poltrona di John.
Il suo odore non c’è più sulla stoffa rossa.
Né sul cuscino ricamato dalla signora Hudson.
Spegni la luce.
 
Al buio lui c’è ancora.
Sulla sua poltrona.
Nel tuo cuore.
Ma non lo puoi ammettere.
 
Non dormirai stanotte.
 
 
 
Angolo autrice:
salve! Ed eccoci qui al quarto capitolo!
 
Esordisco ringraziando come sempre tutti quelli che seguono o hanno messo tra i preferiti la storia! e soprattutto chi ha recensito! Sono contenta che apprezziate!
 
Ma veniamo  al capitolo di oggi…
 
Che ne dite? Vi aspettavate la comparsa di Victor Trevon?
 
Specifico che dove trovate “****” non è per sbaglio, ne ho messi quattro per evidenziare il cambiamento di POV, visto che “***” l’avevo già messo per distaccare i vari momenti della giornata e il flashback, temevo di non essere sufficientemente chiara… e poi ho messo in corsivo sia il flashback che i messaggi che Sherlock e John si scambiano, spero di non aver creato confusione.
 
Per il resto, beh, aspetto i vostri commenti! Se volete…
 
Alla prossima :)
 

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Capitolo 5
*** A Baker Street ***


Dell’amore e di altri crimini
Capitolo V
 

 
È passato un mese da quando Sherlock ha annunciato che vive con quel tizio ed è esattamente un mese da quando l’immagine di Sherlock e di questo fantomatico Victor ti ossessiona. Così scarichi parte dei tuoi dubbi - guai ad ammettere coscientemente l’altra parte - su Molly.
 
- Ma tu l’hai incontrato questo Trevon? - ti chiede, uscendo dalla mensa dei dipendenti del Barts.
 
- No, non ancora. - mugugni. Tu gliel’hai presentata Mary, lui invece niente, questo Trevon non accenna a fartelo conoscere. Ma è meglio non pensarci. - E tu?
 
- No e penso che sia l’ultima persona a cui voglia presentarlo… - ammette, sorridendo nervosamente.
 
- Molly, io non sono tranquillo… - confessi, scuotendo leggermente il capo.
 
- È normale, ma… insomma, Sherlock è un adulto. Ha deciso lui di aprirgli le porte di Baker Street, nessuno riuscirebbe a costringerlo a fare qualcosa che non gli va di fare…
 
Sorridi.
Di norma è vero. Ma non sempre…
 
 
- Ma si parla del giorno di Natale, Sherlock! Natale! Mai sentito parlare? - sbotti.
 
- Non sei divertente. - risponde, serio ed imbronciato.
 
- Tu invece sei pesante!
 
- Pensante al massimo…
 
- Sei la persona più scontrosa che conosca! A tutti piace il Natale…
 
- A me non piace il Natale. Non succede mai niente di interessante il 24 e il 25 dicembre… - afferma, serissimo.
 
- Non è vero, Sherlock, c’è un sacco di gente che è felice, ti sembra poco? - cerchi di farlo ragionare.
 
- Io non sono felice solo perché della gente noiosa che non conosco è felice.
 
Logica ferrea, ma irritante. - Ma anch’io sono felice a Natale! - obietti.
 
- E quindi?
 
- E quindi non ti permetterò di rovinare tutto. Organizzerò una festa. - proponi, determinato a non farti rovinare le feste da Sherlock.
 
- Non pensarci nemmeno. Non qui a casa, almeno.
 
- E dove scusa, al Barts? - ironizzi.
 
Peccato che lui ti prenda sul serio: - È un’idea… così non sarò costretto a sentire il vostro frastuono…
 
E pur non volendo alzi la voce:- Tu sarai costretto a sentirlo, sarai proprio qui in mezzo al frastuono!
 
- Non riuscirai a convincermi neanche per tutto l’oro del mondo. - risponde, incrociando le braccia.
 
- Vedremo. - lo sfidi.
 
- Vedremo! - controbatte, piccato.
 
 
Natale.
 
Lestrade si avvicina a te, dopo aver preso un bicchiere di prosecco dal tavolo del rinfresco che avete allestito in salotto: - Come hai convinto Sherlock a venire alla festa?
 
Accenni un sorriso:- Gli ho detto che se veniva di sua spontanea volontà non invitavo Mycroft…
 
Greg si volta verso la finestra:- E allora che ci fa quella macchina nera sotto casa?
 
- Penso che aspetti te. - ammetti.
 
- Me?
 
- Uhm… si… non chiedermi perché. Non sto scrivendo io questa fan fiction…
 
 
E mentre ci pensi una lacrima combatte per uscire a bagnarti la guancia destra e gocciolare giù fino al mento, ammesso che ne abbia la forza.
Ma la fermi. Riesci a trattenerla, anche a costo di avere un occhio fastidiosamente lucido e umido.
 
- John, tutto bene? - ti domanda Molly.
 
- Sì, tutto bene. - sussurri, prima di uscire dal Barts e andartene.
 
***
 
Non dovresti andare a Baker Street.
E soprattutto non dovresti andarci correndo, con quel martellante pensiero in testa che ti ordina di buttare tutto per aria, di dire a Sherlock che questo Victor Trevon, chiunque egli sia, non fa per lui, che lo allontanerà inevitabilmente da te, e sarà la rovina, per tutti e due.
 
Non riesci ancora a dare un nome a quella confusione di emozioni e sensazioni che si affannano a complicarti la vita. E neanche ci provi perché questo comporterebbe nella tua mentalità medio borghese una consapevolezza troppo pesante per essere accettata da un giorno all’altro.
 
Eppure, dentro di te già intuivi, già sapevi, che Mary era un errore, che andare a vivere da lei era solo un motivo per non ammettere che Sherlock non era solo il brillante coinquilino rompiscatole, ma… qualcosa di cui non puoi fare a meno.
 
Buona perifrasi, dottor Watson, ma non pensi che sia un pochino riduttivo per ingabbiare le tue notti insonni, il tuo rimpianto di Baker Street, i tuoi desideri inconfessabili riguardo Sherlock?
Riduttivo è dire poco.
 
Ma allora… perché ti trovi in questa situazione assurda, John?
 
Perché quando Sherlock ti ha rivelato, mesi fa, di essere innamorato di te non hai colto l’occasione al volo?
 
Perché hai avuto bisogno di traslocare, stare via quattro mesi, iniziare a non sopportare Mary, scoprire che Sherlock ha un altro e iniziare ad odiare Victor Trevon per accorgerti che i tuoi sentimenti per Sherlock sono quel guazzabuglio assurdo e dolcissimo che ti smuove qualcosa dentro ogni volta che pensi a lui?
Ed eccoti davanti al numero 221 B di Baker Street.
 
Suoni al campanello.
 
Potresti aprire con le chiavi che hai in tasca, ma… potrebbe non essere il momento opportuno per piombare in salotto.
 
Realizzi che tu davanti a quel portone non dovresti esserci.
 
Che cavolo stai facendo, John?
 
Non hai il tempo di risponderti.
 
La porta si apre… ma non è Sherlock ad aprirla.
 
- Devi essere John!
 
E realizzi che quello deve essere Victor.
 
Quell’uomo alto sicuramente dieci, quindici centimetri più di te, con i capelli neri, un po’ lunghi, spettinati al punto giusto per non farlo apparire pretensioso, gli occhi verdi, chiari, penetranti. Fisico asciutto e tonico, abbigliamento curato ed elegante, sguardo sveglio e intelligente dietro quegli occhialetti da intellettuale.
 
Ecco, questo qui si che può stare con Sherlock Holmes, non tu, il goffo, bassino, tranquillo e non particolarmente arguto John Watson.
 
E realizzi che vorresti non esserci mai tornato a Baker Street.
 
- Sono io, sì… Tu sei…
 
Non ti fa terminare la frase. - Victor Trevon… - dice, porgendoti la mano che stringi, con imbarazzo.
 
- Vuoi entrare? - chiede.
 
- In realtà volevo parlare con Sherlock.
 
- Entra allora, sta facendo la doccia, ma finirà da un momento all’altro.
 
E questo vorrebbe dire Sherlock in accappatoio in giro per casa.
No, grazie. Non è proprio il caso.
 
- Veramente io… Avrei… ho… ho fretta, quindi, magari puoi dirgli che sono passato. - borbotti, visibilmente imbarazzato.
 
- Ok, come vuoi. Ma non posso garantirti che ti richiami, sai com’è fatto…
 
Annuisci, mezzo sorriso di circostanza.
Certo che lo sai com’è fatto. E sicuramente meglio di lui.
 
- Ciao allora - mugugni, prima di sparire.
 
- A presto, torno quando vuoi. - gli senti dire ipocritamente mentre fuggi letteralmente via da Baker Street, imboccando la prima traversa che trovi e maledicendoti per la tua sciocca trovata.
 
***
 
Hai sentito il suono del campanello.
Hai chiuso il getto dell’acqua della doccia.
 
Sei uscito dalla cabina.
Hai infilato l’accappatoio.
 
Hai alzato la maniglia della porta cercando di fare il minor rumore possibile.
Sei stato dietro la porta socchiusa per tutto il tempo in cui John - riconosci la sua voce anche a distanza - ha parlato con Victor. Troppo poco - riconosci il suo imbarazzo anche a distanza - perché tu potessi comparire coerentemente in salotto.
 
Esci dal bagno poco dopo che Victor ha chiuso la porta di casa.
Lui ti indirizza uno sguardo accigliato.
 
- Quando gli dirai la verità?
 
- Non so se se lo merita…
 
- E tu ti meriti questa menzogna?
 
Abbassi lo sguardo. - Forse sì.
 
- E invece no, parlagli. Al più presto.
 
 
 
Angolo autrice:
 
salve! Eccoci al quinto capitolo! John prende quasi coscienza di quello che prova, Sherlock deve dire una difficile verità a John… di cosa si tratta? Sono aperte le scommesse!
 
Il Victor Trevon che avete visto ha solo il nome del personaggio di Conan Doyle perché non ho mai letto il racconto in cui compare e visto che nella serie della BBC non appare, ho deciso di descriverlo sia fisicamente che psicologicamente come meglio si adattava alla mia storia.
 
Ringrazio tutti i miei lettori, spero che la storia continui a piacervi. I pareri sono sempre bene accetti :)
 
Vi aspetto la settimana prossima con il sesto ed ultimo capitolo!
 
lady dreamer.
 

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Capitolo 6
*** La soluzione dell'enigma ***


Dell'amore e di altri crimini.
Capitolo VI
 
 
Il cellulare vibra nella tasca dei jeans.
Potrebbe essere Mary. Potrebbe essere Harry…. Ma speri ardentemente che sia…
 
Perché non hai aspettato? SH
 
Eccolo qua, Sherlock. Non osavi sperare che ti scrivesse così in fretta.
Ma questo non vuol dire che tu voglia rispondergli.
Non dopo quello che ti ha fatto. Che tu non ti meritavi.
 
Anche se, insomma, questo teatrino l’hai iniziato tu fidanzandoti con Mary e poi andando a vivere con lei. Lui ha solo agito di conseguenza, cosa volevi che facesse? Volevi che rimanesse per sempre fedele al ricordo di un amore a cui entrambi non avevate avuto il coraggio di dare una possibilità di nascere?
 
Avevo da fare.
 
Non avevi da fare, altrimenti non avresti risposto. SH
 
Il solito Sherlock. Saccente, insopportabile. Ma che disgraziatamente ti manca. Come ogni cosa di lui.  Chiudi gli occhi.
 
E vedi le vostre corse in taxi per battere sul tempo Moriarty, i suoi commenti acidi su Anderson ad Anderson, il suo trattare male Molly salvo poi preoccuparsi per la sua incolumità, le sue occhiatacce gelide a Mycroft e le occhiatacce gelide di Mycroft a lui, i suoi schifosi esperimenti in putrefazione nel frigorifero.
Rimpiangi anche queste cose.
 
Perché poi lo ricordi cedere allo sfinimento di notti e notti insonni per risolvere quel caso - insolubile per chiunque altro - addormentandosi in salotto, la testa affondata sullo schienale della poltrona, i suoi capelli ricci che gli ricadono sugli occhi chiusi senza che lui si preoccupi di spostarli. La sua inconsapevole dolcezza mentre dorme. Quella volta che non solo si è ricordato che giorno facessi gli anni, ma che ti ha anche comprato un regalo.
 
Apri gli occhi.
Non puoi cancellare Sherlock dalla tua vita perché ha trovato qualcun altro con cui dividere quei momenti che, anche se non riuscivi ad ammetterlo, erano la parte migliore della tua vita da due anni a questa parte… Così gli rispondi.
 
Cosa vuoi Sherlock?
 
Tu cosa volevi? SH
 
Parlarti. Ma non ha più importanza.
 
Non puoi dirgli quello che volevi dirgli. Non dopo aver conosciuto Victor. E anche se non l’avessi visto, insomma, già sapevi che era un azzardo, un proposito che non stava né in cielo né in terra. Se Sherlock ha mai provato qualcosa per te, è stato solo per un po’, per sbaglio, perché eri sempre in giro per casa ed eri l’unica persona gentile che gli dimostrasse un po’ di affetto. Non era innamorato di te, amava di te solo l’illusione che avresti potuto riempire quel vuoto che sentiva nel suo cuore e nella sua vita.
 
Anch’io voglio parlarti, ma è importante. SH
 
Non hai da fare con Victor?
 
Ci vediamo o no, John?
 
Non si è firmato. Sherlock si firma sempre. Perché…?
 
Non ti sei firmato.
 
È ovvio che sono io. SH
 
Deglutisci a vuoto prima di digitare sul telefono:
 
Tu eri tanto impaziente di mandare quel messaggio da inviarlo senza siglarlo?
 
Non giocare al detective. SH
 
Così parlò Sherlock Holmes.
 
Appunto. SH
 
Non è che….? No. Non può essere. Ma se Sherlock vuole dirti qualcosa, vuole anche solo vederti, tu ci stai. Anche se non transigi sulla tua volontà di non dirgli assolutamente niente di quello che volevi dirgli… rivelargli pateticamente i tuoi sentimenti è fuori discussione.
 
Ma poi… non è quello che ha fatto lui mesi fa? Non ha dato in pasto al tuo sbigottimento quel sentimento che vergognoso gli ardeva nel petto? Non ha lasciato a te la possibilità di giudicare il da farsi?
 
Lui, Sherlock Holmes, quel pazzo esaltato che piuttosto che ammettere che Lestrade riesce a risolvere un caso prima di lui non dorme e non mangia per giorni… E tu, medico militare, tanti anni di missione in Afghanistan, hai paura dei tuoi sentimenti? Non hai il coraggio di dichiararti? Hai paura di un rifiuto? Tu che di storie ne hai avute…
 
E lui, inesperto com’era, come dev’essersi sentito davanti al tuo affettuoso rifiuto? Come dev’essersi sentito quando l’hai abbracciato, dicendogli che non l’amavi ma sareste rimasti comunque amici, mentre dentro di te speravi ardentemente che fosse solo un brutto sogno? Vergognati, John Watson.
 
E anche per tutto questo non puoi non vedere Sherlock.
 
Comunque sì.
 
Dove? SH
 
Come fai a sapere a cosa mi riferivo?
 
Ti ho chiesto se ci vedevamo, aspettavo una risposta con un sì o con un no, era ovvio. SH
 
Da Angelo?
 
Da Angelo tra un quarto d’ora. SH
 
Non ce la faccio in un quarto d’ora.
 
Prendi un taxi. SH
 
Che mi devi dire Sherlock?
 
Prendi un taxi. SH
 
 
***
 
Entri nel ristorante. A quest’ora fanno servizio caffetteria, ma non c’è quasi nessuno.
Lui è già seduto, vicino alla porta a vetri, al vostro tavolo. E te ne vorresti andare. Ma non puoi.
 
- Cosa mi devi dire, Sherlock? - chiedi, appena siete abbastanza vicini da non dover urlare perché lui possa sentire quello che dici.
 
- Siediti.
 
- Sono stanco di tutto questo. Tu non puoi continuare a scombussolare la mia vita in questa maniera.
 
- Anch’io sono stanco, John. Sono stanco di ripetere cose ovvie. - dice, facendoti ancora segno di sederti.
 
Gli obbedisci solo per non dare spettacolo. - Che per me evidentemente non sono ovvie.
 
Sherlock continua a guardarti fisso negli occhi come ha fatto da quando hai messo piede nel locale.
Avverti il sottofondo delle conversazioni o del silenzio agli altri tavoli. Ma non dici niente. Non sai cosa dire.
Sherlock abbassa gli occhi sulla tovaglia a righe. Fa tamburellare le dita sul tavolo, riproducendo forse il suono di una delle sue composizioni per violino preferite. Non sai se interpretarlo come un segno di nervosismo o di calma. Non sai dire.
 
I vostri sguardi si incontrano di nuovo.
 
- I miei sentimenti per te non sono cambiati. - afferma.
 
Buio totale nel tuo cervello. Tutto questo non ha senso. Non ha assolutamente un briciolo di senso…. Però…
 
- Ma tu… Victor?
 
- Lascia stare Victor… - e la sua voce ha quasi la sfumatura di un ordine - Mary? - chiede.
 
Alzi le spalle, a liquidare il problema:- Mary  mi ha lasciato la settimana scorsa. - ammetti.
 
Sherlock corruga la fronte candida. - Come mai? - indaga.
 
Deglutisci. Distogli lo sguardo. Formuli e riformuli il pensiero nella tua testa.
 
- Ho detto il tuo nome…
 
Sherlock non sembra tanto convinto della tua argomentazione, chi sa che sta pensando, mentre chiede:
- È così grave?
 
Avresti dovuto inventarti qualcosa, non dirgli la verità. Non avresti dovuto…. E adesso? Ormai…
 
 
Ti prendi un momento per respirare. Cerchi una perifrasi.
 
-… in un momento in cui non avrei dovuto dirlo. - dici, tutto d’un fiato.
 
Sherlock pensa un attimo, poi sembra aver capito… - Intendi…?
 
- Hai capito. È inutile che ti metti a fare domande.
 
Gli sfugge un sorriso mentre tu combatti per non arrossire.
 
- E da allora dove dormi?
 
- Sul divano di Greg.
 
- Lestrade?
 
- Sì. - quanti altri Greg conoscete?
 
- Dev’essere inquietante… - ipotizza, serissimo.
 
- Perché? - adesso sei tu quello che non capisce di che si sta parlando.
 
- Non riceve visite di mio fratello nel cuore della notte?
 
Sobbalzi sulla sedia. - Ma che… No! Certo che no!
 
Sherlock porta una mano sotto al mento, meditando su questa tua presunta rivelazione: - Uhm… strano.
 
Ma dannazione non è questa la cosa strana…
Per quanto possa essere inquietante la prospettiva che Mycroft Holmes si intrufolasse in casa di Lestrade in piena notte per intrattenersi con lui mentre tu ingenuamente dormivi sul divano, niente è più strano del fatto che Sherlock abbia appena - insomma, da qualche minuto - ammesso che quello che provava per te non è cambiato, che ancora lui… Santo Cielo, non può essere.
 
Ed è ancora più assurdo che l’abbia detto così, quasi come se fosse scontato, del tuo normale. E che tu, nonostante adesso, a distanza di qualche minuto, ti interroghi sul fatto che sia normale o meno, ma che prima, quando te l’ha detto, non ti sei fatto poi tante domande, non te n’è fregato niente, l’hai quasi, inconsciamente assecondato nel ritenere la sua sconvolgente dichiarazione una cosa che poi tanto sconvolgente non è, se ti ha fatto ammettere, del resto, dopo pochissimo, che tu, John Hamish Watson, sei talmente ossessionato da lui, un uomo, santo Cielo, e il tuo migliore amico, che tu e Mary vi siete lasciati perché mentre facevi sesso con lei, il tuo inconscio, sebbene non avesse alcun senso, ti ha fatto immaginare per un attimo di fare l’amore con lui, e sussurrato il suo nome. Sherlock. Il tuo Sherlock.  
 
Ma la tua razionalità non è ancora andata del tuo a farsi friggere.
- Ma Victor? - domandi ancora.
 
Sherlock alza le spalle, come se anche questo fosse banale: - Victor se n’è andato. Era solo di passaggio a Londra. Aspettava il passaporto per il Canada, gliel’hanno consegnato stamattina. Quando sei venuto a casa stava facendo le valigie.
 
- Quindi posso tornare a Baker Street?
 
- Devi.
 
***
 
- Io… non… è la prima volta… con un uomo…
 
- Anche per me… - sussurra, mentre quelle stesse labbra incontrano le tue, in un bacio che fondamentalmente dovrebbe sembrarti strano - è il tuo migliore amico! - ma che al momento non ha altro affetto che lasciarti senza fiato.
 
Eppure, ci metti un po’ è vero, ma focalizzi la tua attenzione su quello che ha detto…
 
- E Trevon?
 
- Non c’è stato niente. - ammette, come se anche questo fosse scontato.
 
- Che cosa?! - e non sai se essere contento oppure arrabbiarti perché questo vorrebbe dire…
 
- Non c’è mai stato niente. - ripete, restando ad un centimetro da te - Era ovvio che era tutto inventato per farti ingelosire. - e quell’ “ovvio” ti fa saltare i nervi. Ma mica poi tanto…
 
- Io dovrei andarmene urlando che mi hai ingannato. - sussurri, anche se non ce la fai ad essere arrabbiato. È perfettamente da Sherlock. Avresti quasi dovuto aspettartelo. E poi… insomma… non stavate facendo altro?
 
- Non lo farai davvero. - sussurra lui, con la sua voce irritantemente suadente.
 
- Ah si cosa te lo fa intuire? - ribatti, non vuoi dargliela vinta così facilmente. O si?
 
- Davvero c’è bisogno che stai qui a perdere tempo a fare l’elenco? - ti sussurra baciandoti il collo e iniziando a sbottonare i bottoni della camicia.
 
Senti che i pantaloni iniziano a farsi troppo stretti.
 
- No. Non davvero…
 
***
 
- John?
 
Smetti di fissare il soffitto e incontri con lo sguardo lo sguardo poco stravolto di Sherlock.
 
- Perché non l’abbiamo mai fatto prima? - domanda, con la candidità che userebbe se stesse parlando di cucinare dolci o sezionare cadaveri in salotto.
 
- Non so neanche perché l’abbiamo fatto adesso. - ammetti.
 
- Pentito? - chiede, pronto ad alzarsi dal letto per sparire per sempre se tu lo chiedessi.
 
- No. - e sorridi della prontezza della tua risposta. - Ma tu mi devi delle spiegazioni.
 
- Te le ho già date. - si lamenta, affondando la faccia nel cuscino.
 
- Non proprio.
 
Lui non reagisce.
 
- Ti ordino di parlare se no mi alzo e me ne vado.
 
- Non lo farai davvero. - dice, alzando gli occhi su di te per condizionarti.
 
- Non voglio farlo davvero, ma non costringermi a prenderlo seriamente in considerazione.
 
Sherlock si mette a sedere e aggiusta il cuscino dietro la schiena, preparandosi a quella che intuisce una lunga discussione: - Non stavo davvero con Victor. Ho solo finto per farti ingelosire.
 
- Tu mi hai mentito! Mi avevi promesso che non mi avresti mai mentito!
 
- No. Ho solo detto che non ti avevo mai mentito. Fino ad allora. Non ho promesso un bel niente.
 
- E poi… ma tu che ne sapevi che sarei stato geloso?
 
- Non per certo. Era un esperimento. Se ti ingelosivi, forse avresti potuto… insomma… ricambiarmi.
 
- Non sarebbe stato più facile parlare?
 
- No. Ti ho parlato cinque mesi fa e tu sei andato lo stesso a vivere con Mary.
 
Rasenti l’esasperazione: - Me l’hai detto tu di andarmene.
 
- Solo perché tu non te ne andavi perché temevi che io pensassi che te ne andavi perché io ti avevo ammesso i miei sentimenti…
 
Scuoti la testa: - Capisci troppe cose.
 
- Non avevo capito che Mary ti avesse lasciato. Ma non avevi l’aria di uno che è stato abbandonato… - dice, quasi a giustificarsi per non averlo intuito.
 
- Ma tu non sei scosso minimamente da quello che abbiamo fatto? - domandi.
 
Ci pensa un attimo: - Non più di tanto.
 
- Ok.
 
- Tu sei scosso.
 
- Sì.
 
- Non era una domanda.
 
- Lo so. - e sorridi - Ma non tanto per quello che abbiamo fatto, anche, ma per le conseguenze… - esiti, è tutto così strano, così nuovo… - che dobbiamo fare adesso? Stiamo insieme?
 
Sherlock forse non se l’aspettava una domanda così schietta. - Se ti va. - sussurra, alzando le spalle e sorridendoti.
 
Non era forse quello che volevi da quando te ne sei andato, anche se non avevi ancora coscientemente capito che dannazione, era vero, lo amavi già, anche se non sapevi?
 
- Torno a vivere qua. - decreti.
 
- Sì. - fa Sherlock, accoccolandosi sul tuo petto.
 
- E…?
 
- E avremo indietro la nostra vita di prima. - sussurra, come se anche lui non avesse aspettato altro.
 
Ma tu stenti ancora a crederci: - Avremo indietro la nostra vita di prima?
 
- Certo… beh, magari sarà anche meglio… - ipotizza, timidamente.
 
E ti devi arrendere all’evidenza: - Pare che io non volessi altro da tempo…
 
- Sono contento che sei tornato. - sussurra Sherlock.
 
- Sono contento che non te sei mai davvero andato. - ammetti.
 
E le vostre labbra si cercano ancora una volta, e si trovano, ancora una volta.
Ormai non è più un sacrilegio baciarsi, amarsi, viversi…
 
E ha un sapore infinitamente dolce la sua bocca sulla tua perché adesso sai che è questo il vostro lieto fine.
Che nessuna Mary, che nessun Victor ha avuto davvero la forza di separarvi.
 
Sherlock si riaccoccola su di te, ti dorme addosso per un po’, mentre tu, figuriamoci se riusciresti a dormire dopo tutto quello che è successo…
 
Poi si sveglia, si scosta, quasi vergognandosi di… tutto. Di essersi esposto tanto, aver detto, aver fatto…
 
Poi dice: - Ti offendi se invece di restare qua a… non so esattamente che si fa dopo aver… insomma, qualsiasi cosa di faccia in questi casi…
 
- Continua.
 
- Insomma, se chiamo Lestrade per vedere se ha un caso… - sbuffi appena dice Lestrade e poi caso, ma… - da affidarci?
 
E beatamente, incoscientemente, stupidamente, sorridi.
 
- Va bene. - acconsenti.
 
Ci sarai anche tu. Al suo fianco. A rischiare la vita per niente.
No. A rischiare la vita per lui.
 
Ma è la tua vita, è la vostra vita.
Sarà assurda, tremenda, con alti e bassi, bellissima, sempre di corsa, sempre a cercare di smussare gli angoli, sempre a cercare di far coincidere le tessere del puzzle. Del vostro puzzle.
 
E se anche in alcuni punti sarà un po’ sbilenco, sfocato, non perfettamente ordinario… chi se ne frega.
 
Anche se fino a cinque mesi fa avresti etichettato questi pensieri come assurdi e impossibili, ma soprattutto impossibili da pensare, ora ti sembra la cosa più naturale del mondo non solo pensarlo, ma anche sperare che si realizzino.
 
****
 
Ce l’hai fatta, Sherlock.
 
John non ha sposato Mary.
 
È tornato a Baker Street.
 
Hai un caso da risolvere.
 
Ci manca solo una partita a scacchi con Moriarty per… no. Per una volta non servono i folli piani di quello psicopatico che cerca di farti fuori per sentirti vivo.
 
Il tuo sguardo accarezza la figura di John che cammina al tuo fianco verso casa.
 
Solo John.
 
Non hai bisogno di nessun altro per provare una buona volta ad essere felice…
 
E magari, per una buona volta, riuscirci.
 
 
 
The end.
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
salve! Scusate, avrei dovuto postare il capitolo ieri, ma per cause di forza maggiore non ho potuto farlo….
Ebbene, siamo giunti all’ultimo capitolo di questa storia….
Che ne dite? Vi aspettavate che finisse così?
 
Lo so, forse mi sono liberata in un modo un po’ semplicistico di Mary però... Non avevo altra scelta.
Quanto a Victor, beh anche in questo caso forse l’ho fatta un po’ troppo facile… Però… insomma, questo l’avevo programmato dall’inizio.
 
Spero che abbiate apprezzato!
 
A me è piaciuto molto scrivere questa storia e sono stata molto contenta dei risultati che ho avuto su efp… insomma, non avevo mai avuto 24 persone che seguono una mia storia! E per me è già un traguardo!
 
Ringrazio tanto tutti quelli che appunto hanno messo la storia tra le seguite-ricordate-preferite e chi ha recensito! Grazie quindi a marig28_libra che si sorbisce le mie storie in qualunque fandom traslochi, grazie a wwvaleww per il suo commento entusiasta al capitolo 2 (spero che il seguito non ti abbia deluso) grazie a aderlock i cui bei commenti mi hanno sempre fatto tanto piacere, e poi…. Immancabile il mio ringraziamento a Bleu Lady e fiamminga, le mie fide compagne di scleri su questa serie tv.
Grazie anche a chi non ha recensito, ma ha letto la storia con piacere.
Grazie a tutti insomma….
Spero di non avervi annoiato.
E di tornare presto su questi schermi con una nuova ff!
 
A presto :)
 
lady dreamer.

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