Loro, anime da ardere

di Allyn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - L'incontro ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Di ricordi, di dolori, di follie e di insane proposte ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Insieme nella solitudine ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Di momentanee follie e ospiti notturni ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Opportunità ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Confusione ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - L'incontro ***


Loro, anime da ardere

Avvertimenti: la presente storia ha un contenuto non adatto ad un pubblico non maturo.

Presenza di violenza, sesso, droga (non credo rock and roll), prostituzione, tematiche non facili.

Capitolo 1

L'incontro

*°*°*°*°*

Gaara era magro, con le guance incavate e gli occhi cerchiati di nero. Occhiaie indelebili frutto dell'abuso e della mancanza. Gaara non dormiva, Gaara non viveva, ma sentiva troppo, e il troppo faceva male, allora avrebbe preferito non sentir niente. Con i capelli infuocati e l'anima già spenta, diciassette anni di orrore, due di strada; qualcosa in giro, nel sangue, su per il naso, sulle gengive che bruciavano, qualsiasi cosa per non pensare, per non dormire, per non esistere o per esistere troppo in un solo fugace istante di oblio.

*°*°*°*°*

Naruto non avrebbe voluto, tutto era iniziato come uno scherzo, "puttan tour" avevano urlato gli amici, Kiba, e poi quell'altro cretino con le sopracciglia folte.

"No"

"Andate voi"

"Mi rifiuto"

Ora era in quell'auto, con il finestrino abbassato, due ragazze da marciapiede e gli occhi verde banconota a fissarlo, divertite.

"Tutti e tre insieme o uno alla volta?" L'avevano chiesto come si chiede l'orario del tram.

Naruto aveva affondato il piede sull'acceleratore e aveva imprecato, con Kiba ubriaco che rideva e Lee che tamburellava la sua ansia sul cruscotto.

"Prima o poi dovrai fermarti"

"Questa sembra carina"

"Culo da favola"

Aveva inchiodato in un parcheggio, mollato le chiavi sul sedile e fatto ciao ciao con la mano.

"Finite il vostro tour, io torno a casa con il notturno" La lingua stretta tra i denti e le mani serrate in due pugni tesi.

Si era arreso, allontanandosi nel buio, ascoltando il motore dell'auto fuggire via sotto il cielo senza stelle e la luce artificiale dei lampioni.

La fermata era lontana, troppo. Gli facevano male i piedi, se sua madre fosse stata viva gli avrebbe detto di gettare quelle All star consumate nel primo cestino e proseguire scalzo; ma sua madre non c'era, e non c'era neppure suo padre, non c'era proprio nessuno a controllare il suo letto vuoto, a rimproverarlo, a strepitare al cellulare per riaverlo a casa.

Naruto era solo, in tutti i sensi, nel mondo, a piedi, sperduto nel bel mezzo del niente.

Ottocento metri di asfalto e imprecazioni, poi lo vide, sotto la pensilina della fermata, steso sulla panchina di legno, guardava in alto.

Un assassino, un delinquente, un ragazzo come lui vittima di un "puttan tour" finito male, un drogato...

Non osò avvicinarsi, ma l'altro alzò il capo e lo guardò.

Due occhi chiarissimi, allucinati eppure stanchi, cerchiati da due profonde occhiaie.

"Che guardi?!" Urlò il tizio, prima di scoppiare a ridere.

Naruto si voltò, cercando una presenza amica alle spalle, il niente lo perseguitava.

"Dico a te, coglione, vuoi rogne?!"Il tizio sulla panchina si tirò in piedi e lo fissò con i denti scoperti dalle labbra sottili e screpolate.

Naruto alzò le mani, indeciso sul darsela a gambe o scontrarsi con il tipo.

"Morirò stasera, dopo un "puttan tour" fallito, senza aver neanche scopato" Pensò.

"Che cazzo alzi le braccia?" Il tizio si fermò di colpo di fronte al ragazzo, si liberò del cappuccio nero, scoprendo una chioma rosso fuoco.

"Il portafogli è nella tasca dei jeans, a destra" Disse calmo Naruto, fissandolo negli occhi.

Il rosso sbuffò annoiato, poi con un movimento lentissimo fece cenno di no con la testa, si avvicinò e tastò le tasche dei jeans di Naruto fino a trovare il portafogli nero.

Lo aprì, estrasse le banconote e lo restituì al proprietario.

"Grazie" Disse.

"Ora puoi abbassarle, coglione"

Naruto portò le braccia lungo i fianchi e lo fissò sbigottito, di ladri che ringraziano non ne aveva mai visti in giro.

Era giovane, mal tenuto, con il viso troppo magro e una cicatrice sulla fronte, uno zigomo gonfio, gli occhi chiarissimi, insolitamente belli e selvatici. Un animale mai addestrato, selvatico e pericoloso.

"Finiamo questa folle serata come merita di esser finita...facciamoci uccidere" Pensò.

"Chi sei?" La voce gli uscì debole, ma l'altro lo sentì lo stesso.

"Gaara" Borbottò tornando a sedersi in attesa del bus o d'altro, con gli occhi verso l'alto e un mozzicone di sigaretta tra le labbra.

"Gaara che se non si fa muore" Scoppiò a ridere.

"Grazie dei soldi, non me ne avevano mai regalati" E rise ancora.

"Ah, di niente"

"Vieni a sederti, coglione"

Sì, era il ladro più gentile che Naruto avesse mai incontrato.

Nonostante le norme di sicurezza mentali gli dicessero di fuggire il corpo si mosse, una parte di lui era sicura che quel ragazzo non gli avrebbe fatto alcun male, l’altra andava tremante verso l’ignoto. Dopotutto cosa aveva da perdere, la sua vita aveva preso una piega sbagliata fin dall’inizio. La morte prematura dei genitori, l’affido ad uno zio sempre in viaggio per lavoro, l’incapacità mentale di applicarsi in qualsiasi cosa fosse utile per entrare nel mondo del lavoro, nella società,  per incastrarsi perfettamente nell’esistenza placida degli uomini. E poi c’era quella cosa...

"Vai a scuola?" Gli chiese Gaara, tirando dalla sigaretta.

Naruto annuì.

"Un coglione istruito" Rise

"Che ci fai qui a quest'ora?"

"Cercavo puttane" Più sinceri di così.

"Ne hai trovate?" Gaara si alzò e gli si parò davanti.

"Sì"

"Ma?" Gaara lo esortò a parlare.

"Le donne non mi piacciono" Naruto confessò così, ad uno sconosciuto, probabilmente un ladro strafatto, un assassino, un disadattato, uno psicopatico. Se proprio doveva morire voleva farlo togliendosi quell'enorme peso di dosso.

Gaara gettò quel che rimaneva della sigaretta a terra, poi la spense con il piede.

"Potevi dirlo prima che ti svuotassi il portafogli, te l'avrei succhiato anche per poco..." E sorrise.

 

*°*°*°*°*

Allynchannel torna!

Allora, lo so, è una follia, ma io non ho sonno e per la testa mi frullava questa da tempo...non è semplice, da leggere, da scrivere, da portare avanti, perché è cattiva, perché non è da ragazzini, perché fa male...

Droga, violenza, tristezza, dolore, sesso, prostituzione...non è ambizioso, è cattivo e basta, e squallido e doloroso. Gaara in un mondo alternativo a volte lo immagino così, ai margini, ai confini di un’esistenza che l’ha reso mostro, con un Naruto smarrito in cerca di pace e armonia, pronto a salvare chiunque, un po’ per bontà e un po’ per salvare anche se stesso.

Inizia così questa storia, con due ragazzi ai margini.

Spero non turbi nessuno, non offenda. Prendete questa fic, comunque, con leggerezza, scrivere su EFP è privo di ambizione e di quella serietà che si attribuisce ai racconti di genere e ai romanzi...perciò spero mi perdonerete errori e imprecisioni.

Un bacio a tutti...

Allyn è cupa stasera, ma vi augura buonanotte.

Ps: la long “ma il sesso è così importante” è WORK IN PROGRESS! <3 non dimenticatemi! Almeno lì sono tutti più o meno allegri <3 Sasuke soprattutto ahaha <3

Pps, credo che questa storia sarà una NaruGaaraNaru, sono ancora indecisa sulla SasuNaruSasu a metà dello svolgimento.

Beh, come sempre si accettano consigli e idee

Fatemi sapere! <3

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Di ricordi, di dolori, di follie e di insane proposte ***


Capitolo 2

Di ricordi, di dolori, di follie e di insane proposte

 

Avvertimenti: la seguente fan fiction contiene argomenti non adatti ad un pubblico non maturo, presenza di tematiche delicate, violenza, linguaggio scurrile, prostituzione, droga, sesso e quant’altro. (No, il rock and roll ancora no XD)

 

La prima volta che qualcuno gli aveva fatto un pompino risaliva alla seconda liceo.

Seduto sulle panche fredde dello spogliatoio della scuola, con i calzoncini abbassati fino alle caviglie e le mani infilate in una massa di lisci capelli neri.

Sasuke Uchiha lo aveva guardato negli occhi per tutto il tempo, poi si era staccato da lui con un ghigno divertito.

“Finisci di succhiartelo da solo se ci riesci, frocio”

Si era passato la manica della felpa sulle labbra sottili ed era uscito dalla stanza ridendo.

Naruto aveva fissato la porta chiusa davanti a sé, l’erezione ancora dura tra le gambe.

*°*°*°*°*

Seduto sul sedile sporco del bus guardava fuori dal finestrino, palazzi come denti di cemento, alberi senza foglie, il cielo ancora scuro, nessuna stella, solo il bagliore arancione dei lampioni e poi gli occhi di Gaara.

Ce li aveva ancora in testa, un pensiero morboso ed incredibilmente vivido, lo tormentava. Le labbra, il ghigno spavaldo, i capelli in fiamme.

“Te l’avrei succhiato anche per poco”

Come un mantra, quella frase e il tono che aveva usato gli stavano spaccando il cervello.

Il notturno era arrivato poco dopo e lui ci era salito al volo, voleva fuggire, da quell’estraneo, dai suoi occhi cerchiati, dalla quasi disperazione di quell’offerta.

Naruto lo sapeva, le parole di Gaara non erano uno scherzo.

*°*°*°*°*

“Te la sei fatta sotto!” Kiba rideva sbattendo entrambi i pugni sul banco, facendo un tale casino che mezza classe si era voltata per guardarlo.

“E tu avrai preso la sifilide”

“Sei scappato come un vigliacco! Cos’è, non avevi le palle?”

“Finiscila! Dato che nessuna qui a scuola te la dava sei finito a puttane, Inuzuka!”

Kiba digrignò i denti. “Vai ad ammazzarti di seghe in bagno, Naruto!” Lo sbeffeggiò con più cattiveria.

“State buoni, sono solo le otto, avete tutta la mattina per uccidervi” Lee si interpose tra loro, una pila di fotocopie sotto il braccio, le enormi sopracciglia corrugate in un’espressione stanca.

Un borbottio indistinto, le ragazze cominciarono a sparlare sottovoce, qualcuna ridacchiava, altre si mangiavano le mani dall’invidia. Sasuke Uchiha entrò in classe seguito dalla sua ragazza, Sakura Haruno, una tipa silenziosa con gli occhi verdi puntati sempre o sul pavimento o sul fidanzato.

“Tanto se la scopa e poi la molla”

“Beata lei”

“E’ solo una troietta vestita da verginella”

Sakura le sentiva, parlavano troppo forte, lo facevano di proposito. Le ignorò e proseguì verso il banco di fianco a quello di Sasuke che si sedette a sua volta.

Naruto lo guardò con la coda dell’occhio, indugiò sui capelli corvini, la piccola crocchia disordinata con cui li aveva legati sulla nuca, le iridi scurissime, il collo candido. Non riuscì a trattenersi dal pensarlo: Sasuke era il ragazzo più bello che avesse mai conosciuto, e anche il più stronzo, e sì, come quelle ragazze si era ritrovato a pensare tutte quelle cattiverie su Sakura, poi però si era sentito un cretino, ma soprattutto un frocio.

Non rimanevano da soli da qualche mese, da quando era sbucata lei, così paziente da sopportare il caratteraccio di lui, così stupida da tollerare la sua ipocrisia, così...

Naruto era arrabbiato.

Aveva sempre creduto, in cuor suo, che Sasuke fosse come lui, e che come lui se ne vergognasse troppo per venire allo scoperto...gliel’aveva succhiato in bagno, dopotutto aveva il diritto di pensarlo. Si erano anche baciati un paio di volte, più che baciati si erano divorati, morsi, pugni, lingua, saliva e sudore, Sasuke baciava con la foga di chi lotta, di chi odia, Naruto l’aveva lasciato fare, con le farfalle nello stomaco e un palo di ciliegio nei pantaloni.

Non c’era niente che potesse fare, niente che potesse reclamare.

Sasuke aveva fatto la sua scelta, Naruto avrebbe dovuto rispettarla e dimenticare.

*°*°*°*°*

Sapeva benissimo che quella era una follia.

Sapeva benissimo che una persona sana di mente non avrebbe mai agito in quel modo.

Ormai era lì, con le mani ben strette attorno al volante, un velo di sudore sulla fronte e la strada  davanti a sé.

Una prostituta dal sesso piuttosto ambiguo costeggiava il marciapiede, tacco troppo alto e gonna troppo corta, gambe muscolose. Naruto ignorò i suoi sorrisi e la superò.

Cercava altro quella notte.

Cercava lui.

Sapeva che trovarlo sarebbe stato impossibile, ma qualcosa gli diceva che Gaara frequentava spesso quelle vie, con il volto nascosto dal cappuccio scuro, protetto dalle luci arancioni dei lampioni.

Il suo orologio segnava le due inoltrate, martedì notte, compito di letteratura fissato alle undici, nessuno che potesse sgridarlo.

Naruto si fermò ad una stazione di servizio, pisciò dietro una vecchia auto messa in vendita e poi pianse.

C’era odore di altro piscio oltre al suo, c’era odore di alcol, di benzina, di vomito. C’erano cicche vecchie quanto la sua vicina di casa,  un preservativo usato e lattine così accartocciate da ricordargli come si sentiva dentro.

Uno schifo.

Di notte, in un luogo poco raccomandabile, senza nessuno che gli guardasse le spalle, senza nessuno che potesse impedirgli di trovarsi lì.

Si sentiva dannatamente solo...e folle.

Solo in quella casa piena di echi, solo in quella camera senza foto, solo a scuola, solo di fronte all’ipocrisia di Sasuke, di fronte ai baci che Sakura gli rubava durante la ricreazione.

Solo, alla ricerca di un fantasma fuori di testa, dai capelli rossi e l’aria da delinquente.

Cosa gli era saltato in mente? Cosa pensava di trovare? Chi pensava di trovare?

Si asciugò gli occhi con la manica della giacca e sputò a terra con rabbia.

“’Fanculo tutto!” Gridò. “’Fanculo questa vita di merda, ‘fanculo me e tutti i miei cazzo di problemi!”

Si voltò per tornare all’auto, ma una voce lo sorprese ancor prima che potesse mettere a fuoco la figura scura dalla quale proveniva.

“Beh, io me la passo male, ma tu parli da solo, non stai tanto bene, amico”

Gaara sorrise, una sigaretta gli penzolava dalle labbra, aveva uno zigomo sanguinante e un occhio completamente pesto.

“Che caz-“ Naruto si bloccò di colpo e lo fissò.

Come si era ridotto in quel modo?

“Non lo vuoi realmente sapere” Gaara rispose alla sua domanda muta, poi tirò una boccata più avida. Il biondo guardò la piccola brace rossa illuminarsi, la cenere cadere sull’asfalto umido. Si chiese come fosse possibile, lo aveva trovato.

Si avvicinò senza timore, conciato in quel modo non pareva poi così minaccioso.

“Hai qualche spicciolo?” Buttò la sigaretta a terra. “Davvero, non ho più niente, facciamo come l’altra volta? Mi regali qualcosa?” E rise, poi tossì e sputò a terra. Naruto lo ascoltava quasi incantato, riusciva a suonare spavaldo nonostante l’aria malconcia e il sangue rappreso sul viso palesemente troppo pallido, sentiva dolore, ne era certo.

“Chi ti ha conciato così?” Gli domandò.

Gaara alzò le spalle in un gesto infantile, poi tornò serio: “Davvero, se andiamo dietro l’angolo te lo succhio per poco”

E Naruto ne ebbe ancora una volta la certezza, non stava scherzando.

Improvvisò: “E se ti chiedessi di farti scopare? Per quanto me lo daresti il culo?”

Gaara rimase per un attimo in silenzio, fissò il ragazzo negli occhi, poi scoppiò a ridere.

“Qualche giorno fa tremavi dalla paura, ed ora eccoti qui, navigato frequentatore di marciapiedi”

Il biondo allargò le braccia in un gesto plateale, poi attese la mossa dell’avversario.

“Quanto hai nel portafogli?”

*°*°*°*°*

Nel portafogli non aveva molto, a parte la tessera della mensa e la carta d’identità gli rimanevano davvero pochi spiccioli e qualche banconota di poco conto.

Gaara però era seduto sul sedile del passeggero, non si era allacciato la cintura, guardava dritto davanti a sé, pareva stanco.

“Non ho tutta la notte, deciditi!” Sbuffò spazientito.

Naruto lo guardò con la coda dell’occhio. Si era tirato giù il cappuccio, scoprendo i corti capelli rossi, aveva del sangue anche sulla fronte, ematomi vari sulle braccia e un’escoriazione sul collo.

“Davvero, perché sei in queste condizioni?”

“Tu, mi hai pagato per farti raccontare roba o per scopare? Deciditi, merda!” Sembrava nervoso, si appallottolò su se stesso stringendosi l’addome e respirando forte.

“Ehi, stai bene?” Naruto frenò.

“Adesso passa. Trova un posto appartato, imbecille, prima facciamo meglio è, non manca molto all’alba, i vecchi poi hanno sonno e tornano a letto” Borbottò Gaara, la sua voce roca tradiva il dolore che stava provando.

“Che?”

“Se tu sei disposto a pagarmi, allora lo faranno anche quei vecchi froci. Ho bisogno di soldi” Gli spiegò velocemente, quasi parlasse ad un bambino troppo stupido per capire.

Fece per continuare, ma si interruppe, un’altra fitta lo aveva costretto a stringersi ancor di più le braccia attorno al corpo.

“Tu hai bisogno di un medico” Gli occhi di Naruto si fecero gentili. Gaara lo guardò con rabbia, poi tra i denti sussurrò: “Io non ho bisogno di nessuno, adesso fermati da qualche parte e scopami”.

 

*°*°*°**°

Due costole fratturate, organi interni illesi, scongiurato trauma cranico, numerosi ematomi e contusioni, ferite varie, prognosi favorevole, trenta giorni di riposo.

Naruto gli riassunse il referto con un sorriso soddisfatto.

“Sei sano come un pesce, ti hanno fatto anche tutti gli esami ematochimici”

“Fortuna che non hanno fatto i tossicologici” Grugnì Gaara sottovoce.

Il sangue rappreso sulla felpa nera formava strani continenti a cui Naruto non sapeva dare un nome, i capelli erano tutti scompigliati, ancora più rossi sotto la luce al neon dell’atrio dell’ospedale, gli occhi cerchiati e gonfi, un paio di punti sotto allo zigomo e una fasciatura attorno alla testa.

“Chi ti ha pestato?” Domandò il biondo, stiracchiandosi su una sedia piuttosto scomoda.

“Gli amici di un tizio, ho fatto un casino con la roba, ho intascato troppo” Confessò il rosso.

“Ah...e ora?”

“E ora...e ora non ho più un cazzo, ok? Non posso tornare in quella sottospecie di buco dove dormivamo tutti insieme, mi spaccherebbero il culo. Poi arrivi tu a incasinare tutto...non avevo niente, avrei potuto farmi qualche soldo stanotte...ma no! Tu i cavoli tuoi non sai farteli e mi porti qui, a perder tempo”

Pareva seriamente arrabbiato, eppure stanco, come se potesse crollare addormentato da un momento all’altro.

Così, senza quella luce arancione, senza il cappuccio e l’aria da duro, Gaara gli sembrò quello che in realtà era davvero, un ragazzo, troppo giovane e troppo solo.

“Vieni da me” Follia pura. Erano le sei del mattino, alle undici aveva un compito di lettere, avrebbe dovuto dormire, prepararsi, non chiedere a quel tizio di soggiornare a casa sua.

Cosa gli era saltato in mente?

 

Note: ed eccoci qui, secondo capitolo...prima di tutto ringrazio chi ha lasciato una recensione e chi  continuerà a seguire la storia, nonostante questa non sia una sasunarusasu centric (anche se la coppia è comunque presente, e non ho ancora deciso per il finale). L’argomento so che non è facile, perciò ripeto, perdonatemi per eventuali errori o altro. Il tipo di narrazione non vuole essere pesante o altro, preferirei che scorresse in modo veloce, smorzando ogni tanto la tensione tra i pg, ma allo stesso tempo senza ignorare la gravità delle varie situazioni (aiuto, ce la faremo? XD)

Ne succederanno delle belle da ora in poi, ma anche “delle difficili”...perciò, per chi avrà la voglia di continuare a leggere dico grazie, e spero buona lettura.

Vi aspetto!! <3

Un bacione,

Allyn

Per il NaruSasuNaru centric spulciate pure tra altre mie fic :P (e sì, sono una loro fan sfegatata, senza dimenticarmi però del HashiMadaHashi)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Insieme nella solitudine ***


Capitolo 3

Insieme nella solitudine

Avvertimenti: come sempre, lettura non indicata a chi odia l’utilizzo di un linguaggio scurrile, tematiche forti, sesso, droga e rock and roll, no quello non c’è…

 

Non si era addormentato sul banco, si era limitato a fissare il testo del compito con sguardo vacuo e indifferente.

Un’ora e mezza dopo era passato dal piccolo negozio sotto casa, aveva comprato spaghetti di soia, brodo vegetale, qualche carota e del pesce surgelato.

Aveva salito le scale di corsa, si era fatto cadere le chiavi di mano un paio di volte prima di centrare la toppa.

“Sono a casa” Naruto si sentiva un po’ stupido ad annunciarlo così, dopo anni di solitudine avvertire qualcuno della sua presenza gli pareva strano.

Un mugolio giunse dal divano.

“Stai ancora dormendo?!” Esclamò gettando la busta della spesa e lo zaino sopra il piccolissimo tavolo della cucina.

“Tu, puttana irriconoscente, alzati!” Tirò via la coperta di pile dal ragazzo, che si rannicchiò in posizione fetale e grugnì qualcosa, probabilmente un insulto al quale seguì una risata.

“Come mi hai chiamato?” E scoppiò a ridere di nuovo. “Ah, fa male” Aggiunse Gaara.

 “E’ perché hai due costole rotte, imbecille. La testa?” Chiese Naruto con premura, guardandolo alzarsi dal divano.

“Beh, fa più male di quella volta in cui mi sono fatto di...”

“Non continuare...” Lo pregò il biondo, tornando ai pensili della cucina.

“Perché l’hai fatto? I tuoi non ti uccideranno?” Chiese Gaara raggiungendolo. Zoppicava.

“No, non credo”

“Non voglio rogne, se arrivano e sparano urla ovunque sono cazzi tuoi” Afferrò una carota dal tavolo e cominciò a giocarci.

“Naruto...” Lo chiamò.

Il biondo si voltò, brandiva una padella enorme nella mano destra e un mestolo nella sinistra.

Gaara aveva preso a leccare la carota in un modo che a Naruto parve...no, osceno non era la parola adatta, il rosso lo guardava dritto negli occhi, e nonostante volesse ostentare sicurezza, le sue iridi parevano velate di una tristezza vecchissima.

“O la rimetti sul tavolo o la peli, scegli” Disse Uzumaki, cercando di ignorare l’erezione compressa dai pantaloni della divisa scolastica.

“Oppure potremmo giocarci” Gaara si passò la carota vicino alle labbra dischiuse.

“Non devi sdebitarti in nessun modo, lo faccio con piacere” Rispose Naruto, voltandosi di nuovo, poggiando la padella sui fornelli e cominciando a pulire il resto delle verdure.

Gaara lasciò cadere la carota sul tavolo e filò in bagno sbuffando.

*°*°*°*°*

“Era una vita che non guardavo la Tv”  Sedeva sul tappeto, la tuta di Naruto gli stava decisamente troppo larga con quei polsi esili e le gambe magre.

“Dio, ma dove vivevi?” Chiese Naruto fissandogli le spalle ossute e la chioma in fiamme.

“Dove non vivevo, vorrai dire. Mica tutti hanno una vita facile come la tua, una bella casa, genitori, amici, scuola...ci si arrangia come si può” Gaara si portò alle labbra un biscotto.

“Sì, ci si arrangia come si può” Gli fece eco Naruto.

“Dai, cosa vuoi in cambio?” Questa volta gli occhi chiari del ragazzo parvero farsi di ghiaccio, era serio. “Mi hai praticamente salvato il culo da un massacro, quei tizi mi avrebbero pesato ancora, devi volere qualcosa in cambio, per forza!”

Naruto gli sorrise, incrociò le braccia e lo guardò quasi divertito. Cominciava a capire. Il mondo di Gaara si basava su dinamiche ben precise, sopravvivere, barattare, fuggire dai pericoli, sopportare il dolore e andare avanti.

“Quanti anni hai?” Chiese il biondo.

“Eh? Ma sei fuori? Che te ne frega...dai, mi spoglio” Diede le spalle alla Tv e si sfilò felpa e maglietta.

Era magrissimo, la pelle chiara screziata da ecchimosi, ferite, qualche vecchia cicatrice, eppure era armonioso, proporzionato.

Naruto deglutì a vuoto, poi ripeté la domanda: “Gaara, quanti anni hai?”

Gaara sbuffò un “abbastanza”, poi gattonò fino a ritrovarsi con il viso tra le gambe di Naruto, che sedeva immobile sul divano.

“Abbastanza sarebbe a dire?” Chiese ancora, cercando di indovinare nella sua testa: sedici, diciassette, diciotto...

“Abbastanza per fare questo”.

Gaara gli mise una mano sull’addome, scendendo con le dita ossute fino sotto l’elastico del pigiama, incontrando il vincolo dei boxer e massaggiando la sagoma di un’erezione dura, innegabile.

Sorrise vittorioso.

“Non negarlo, una parte di te chiede qualcosa in cambio del servizio offerto. Il ruolo del buon samaritano non ti si addice”

Naruto strinse i denti e cercò di allontanarlo, senza riuscirci, la volontà delle sue mani era debole, gli occhi e le dita di Gaara lo avevano stregato.

“Quanti anni hai?” Si forzò di chiedere ancora, come se quella domanda innocente potesse salvarlo dal movimento della mano dell’altro, dalla sua carne ora esposta all’aria tiepida della stanza.

“Tu, Naruto, quanti anni hai?” Chiese Gaara prima di leccarlo dalla punta fino alla base, baciando solo con le labbra la pelle tesa e calda.

“Diciotto”

“Allora avremmo potuto frequentare la stessa scuola, essere compagni, essere amici, se le nostre vite non fossero state tanto diverse” Sussurrò, prima di aprire la bocca e chiudere gli occhi.

Naruto non lo toccò mai, non gli infilò mai le dita tra le ciocche corte e scomposte, quasi potessero davvero bruciare come il colore lasciava intendere. Aveva paura, tremava dentro, godeva e si sentiva in colpa allo stesso tempo.

Non avrebbe voluto e avrebbe voluto, e sapeva dentro di sé che l’aveva desiderato fin dal momento in cui quelle labbra l’avevano proposto.

La prima volta che Sasuke glielo aveva preso in bocca si era sentito al settimo cielo, vincitore tra tutti i vincitori, per poi cadere sconfitto dal suo sguardo, dal suo deriderlo.

Adesso era diverso, Gaara muoveva la testa lentamente, scendeva e risaliva con le labbra seguendo un ritmo tutto suo, sballato, con le mani a sfiorargli ogni tanto l’interno delle cosce, ad afferrare, a carezzare, con una sorta di gratitudine, ripagava la gentilezza di Naruto nell’unico modo che conosceva, vendendosi.

“Smettila...” Balbettò Naruto, arpionando con le dita un cuscino.

“Gaara ti prego...smettila”

Il rosso si staccò da lui e lo guardò con aria interrogativa.

“Non ti piace?” Chiese.

“A te piace farlo?” Chiese di rimando Naruto, tra l’interdetto e l’arrabbiato.

Il rosso gli poggiò le mani sulle ginocchia, lo guardò, cercò qualcosa nel suo viso che Naruto non riuscì a capire, poi, prima di riabbassare la testa, sottovoce, disse: “Vieni quando vuoi”.

*°*°*°*°*

Naruto non riusciva a dormire, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva le labbra sporche di Gaara, la sua lingua rossa uscire, sfiorare i denti e poi leccare.

Non sarebbe dovuta andare così, lui avrebbe dovuto aiutarlo, non usarlo.

Erano soli entrambi, dopotutto, anche se Gaara lo ignorava. Naruto avrebbe voluto curare ogni sua ferita, e tramite quella guarigione curare se stesso. Sì, forse lo stava usando, ma in un modo nobile, che avrebbe giovato ad entrambi, che avrebbe fatto sentire lui un po’ meno solo e un po’ meno sbagliato e che forse avrebbe salvato Gaara da quella strada che lo voleva con le ossa spezzate e l’anima venduta.

*°*°*°*°*

 

Gaara mi ha fatto quasi tenerezza in questo capitolo, il suo tentativo di sdebitarsi è paradossalmente innocente, per uno che conosce solo quella moneta di scambio…ahhh, scusate l’attimo di riflessione. Povero Naruto, sì, il buon samaritano corrotto…

Allora, questo da cui scrivo è un pc precario…a breve Allynchannel tornerà a trasmettere le regole…intanto ecco il terzo capitolo di questa fic, che beh, spero vi piaccia, anche se la tematica non è tra le più leggere. Come sempre vi mando un bacio <3

Spero di leggere i vostri commenti, o di raccogliere i pomodori che mi lancerete.

Gaara intraprendente eh? Sasuke non sarà da meno nel prossimo capitolo, con le dovute differenze caratteriali…

Povero Naruto, non dico altro.

Alla prossima! Vi aspetto

Ps: grazie a chi ha avuto la voglia di commentare e mettere questa storia tra le seguite/preferite/ricordate

Allyn

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Di momentanee follie e ospiti notturni ***


Capitolo 4

Di momentanee follie e ospiti notturni

Avvertimenti: come sempre, ma senza il rock and roll!

Dopo quell’episodio Naruto si era imposto di non rimanere nella stessa stanza con l’ospite per un tempo che non superasse la mezz’ora, i giusti minuti per mangiare e scambiarsi un saluto.

Il rosso dormiva per la maggior parte del tempo, quasi dovesse ricaricare le batterie, o recuperare giorni di sonno perduto.

A Naruto andava bene, con le palpebre abbassate Gaara era innocuo, per se stesso e per lui.

“I tuoi sono in vacanza?” Chiese il rosso una sera, sfogliando il volantino del supermercato.

Il biondo non aveva risposto, gli aveva lanciato il telecomando della tv, aveva sorriso, poi era andato a letto.

Quella mattina spense la sveglia e sbadigliò un paio di volte prima di ciabattare fino alla cucina e chiedere: “Latte o spremuta?”

Nessuna risposta.

Bussò alla porta del minuscolo bagno che si aprì cigolando.

Nessuno.

“Gaara!” Chiamò.

Sparito, evaporato, con lui anche la felpa nera che aveva portato in lavanderia qualche giorno prima.

Si diede del deficiente, anzi, del colossale deficiente.

Avrebbe dovuto aspettarselo, certi animali non sono fatti per vivere in cattività, ed un gatto randagio come Gaara non poteva di certo rimanere incollato al suo divano per sempre.

Eppure quei pochi giorni erano stati in un certo modo luminosi, pieni di una speranza che sì, doveva ammetterlo, gli aveva lasciato in bocca il sapore di un’illusione a cui non voleva dare nomi.

*°*°*°*°*

“Naruto”

Il professor Kakashi lo richiamò alla cattedra poco dopo il termine della lezione.

“Hai praticamente lasciato il compito in bianco. Che ti passa per la testa? Il nichilismo più estremo? Una forma di protesta?”

Naruto aveva capitò metà delle parole fuoriuscite dalle labbra del professore, un po’ perché questo nascondeva mezzo volto sotto una sciarpa invernale, un po’ perché non lo stava realmente ascoltando.

“E’ successo qualcosa? Non sei riuscito ad avere gli appunti…spiegami, per favore”

Un sospiro, una risatina e poi una voce alle sue spalle. Sasuke non era uscito dalla classe dopo il suono della campanella, fissava il professore e il biondo con la medesima espressione divertita.

“E’ semplicemente scemo! Nessun mistero”

Naruto si voltò e lo guardò in cagnesco.

“Uchiha, finiscila e vai a casa” La voce di Kakashi si fece più ferma

Lui raccolse la tracolla, salutò con un gesto della mano pallida e uscì nel corridoio.

“Non stavo molto bene” Si giustificò allora Naruto

Il professor Hatake gli restituì il compito e “Vieni interrogato la prossima settimana” disse congedandolo con uno sbadiglio.

Naruto uscì dalla classe senza sbattere la porta, anche se sinceramente ne avrebbe avuto bisogno.

Sasuke lo aveva aspettato, l’aria da stronzo, i capelli legati sulla nuca e il solito sorrisetto da schiaffi.

“Hai intenzione di ripetere l’anno, testa-quadra?”

“Hai intenzione di rompere il cazzo, Uchiha?”

Naruto prese a camminare spedito verso l’uscita, ma l’altro lo seguiva senza fatica.

“Addirittura in bianco? Stai proprio regredendo a livello di analfabeta?” Lo derise ancora.

Naruto uscì nel cortile, questa volta sbattendosi la porta alle spalle, Sasuke sembrava non volerlo lasciare in pace. Era passato da ignorarlo completamente ad infastidirlo nel modo più infantile ed ossessivo, quale incoerenza.

“Hatake è anche troppo buono con quelli come te”

Uzumaki si voltò, gli occhi azzurri lucidi di rabbia.

“Mi spieghi che cazzo vuoi?!” Stava gridando; un paio di ragazzette si voltarono per guardarli.

Sasuke incrociò le braccia e sospirò.

“Ricordarti che sei un fallito”

Naruto lasciò cadere lo zaino a terra e afferrò il compagno per il colletto della camicia.

“Ti manca il mio uccello Sasuke? E’ per questo che fai così lo stronzo?”

“Con che coraggio! Tu, che la notte continui a farti le seghe pensandom…”

Un pugno in pieno volto.

Naruto mollò la presa e lasciò che Sasuke sputasse a terra dolorante.

“Sei impazzito?” Aveva sibilato riprendendo fiato.

“Sì, sono stanco Sasuke, deciditi…”

Ormai si conoscevano da troppo tempo perché Naruto non capisse che tutta quella cattiveria era frutto di un disagio; Uchiha aveva un problema, ma non sapeva come gestirlo, allora infieriva su di lui, come se vederlo soffrire potesse farlo star meglio.

Raccolse lo zaino e si avviò verso casa.

Sasuke lo seguì in silenzio, tastandosi di tanto in tanto il labbro gonfio.

Per tutto il tragitto Naruto guardò davanti a sé, in testa aveva ancora il ricordo ormai usurato di quel giorno negli spogliatoi.

*°*°*°*°*

“Mettici questo” Naruto gli lanciò una busta di piselli surgelati.

Sasuke l’afferrò al volo e se la poggiò sul viso.

“Esageri sempre, ti stavo solo infastidendo”

Borbottava, seduto sul divano, con la testa reclinata all’indietro e i capelli neri liberi dall’elastico.

“Hai sbagliato giornata”

Il biondo si tolse la giacca e lo raggiunse. “Dio come sono stanco” Allargò le labbra in uno sbadiglio e si prese la testa tra le mani.

“Haruno?” Chiese poi, con lo stomaco leggermente sottosopra.

“Niente di che, sotto la gonna è come le altre”

“Cosa credevi nascondesse?! Coglione”

Risero entrambi, ma senza leggerezza.

Naruto allungò una mano verso il suo viso, Sasuke spostò la confezione di piselli per lasciarsi toccare dalle dita ruvide del biondo.

“Ti fa male?”

“Sicuramente non è piacevole”

Non disse mi dispiace, sfiorò la pelle arrossata con i polpastrelli, fissò gli occhi in quelli neri di Sasuke.

Dov’era finito il suo sorrisetto da schiaffi?

Si baciarono, e quando Naruto provò a ficcargli la lingua in bocca Sasuke lo morse, lo allontanò afferrandolo per il collo, per poi ritirarlo a sé e baciarlo ancora.

Finirono per toccarsi come due ragazzini impazienti, l’uno con le mani nei pantaloni dell’altro. Senza grazia e senza tante cerimonie, fino a sporcarsi la divisa blu della scuola.

“Merda” Imprecò Sasuke, guardandosi il cavallo dei pantaloni.

Naruto rise, poi si accasciò con la testa sul bracciolo del divano.

“Vattene a casa Sasuke, senti se Sakura ti lecca via quella macchia” Si sentiva cattivo, e più arrabbiato di prima.

Uchiha lo mandò a quel paese, raccolse la propria tracolla, gli tirò in faccia la busta dei piselli surgelati e se ne andò, sorrideva.

Cos’era stato?

Una pazzia momentanea, il desiderio represso e sopito, soddisfatto in pochi minuti.

Un ragazzo troppo debole per ammettere di preferire i maschi e un altro troppo innamorato per difendersi dalla sofferenza di un sicuro abbandono.

Naruto gettò i pantaloni nel lavandino, si spogliò completamente e si infilò sotto la doccia.

Lasciò che l’acqua gli bagnasse i capelli, gli lavasse via dalla pelle il sudore dell’orgasmo e la sensazione delle dita sottili di Sasuke.

Non lo poteva avere, avrebbe dovuto accontentarsi di quegli sporadici momenti, di lucciole destinate a brillare per pochi istanti nel buio della loro relazione.

Codardia? Cattiveria? O forse Sasuke stava solo giocando, come aveva sempre fatto con tutti,  con quelle sua bella bocca da beffardo.

Eppure nella sua testa quella bocca era piena e sporca, come tutte le bugie che gli aveva sempre raccontato.

Si riscoprì ingordo, con la mano stretta a pugno attorno ad un’erezione di nuovo esigente. Immagini sovrapposte, labbra sottili, ma capelli rosso fuoco, occhiaie. Venne contro le piastrelle della doccia. Il getto d’acqua cancellò via il colare denso di un’omosessualità mai dichiarata al mondo, firmando in modo effimero una realtà che Naruto aveva deciso di accettare.

*°*°*°*°*

Quando bussò alla sua porta la sveglia segnava le tre meno un quarto.

Era notte fonda, il vento e la pioggia scuotevano gli avvolgibili, Naruto aveva ancora sonno, ma i colpi alla porta si fecero più insistenti, così si avvolse in una coperta e ciabattò fuori dalla camera.

“Chi è?”

La voce impastata e il cuore in allerta.

“Io”

Naruto aprì. Il visitatore aveva il labbro sanguinante, un braccio nascosto sotto la giacca e gli occhi rossi.

“Gaara”

“Visto? Ho pensato a te” Biascicò il rosso, sedendosi sul pavimento dell’ingresso, mentre Naruto richiudeva la porta.

“Madre Natura mi ha lavato” Stava ridendo, zuppo fino al midollo; si ravvivò i capelli all’indietro poi rise ancora. “Mi hanno preso alle spalle, bastardi” tossì un po’ di sangue sulla manica della giacca verde e si sdraiò a terra.

Naruto sospirò esasperato, si chinò sul ragazzo e lo schiaffeggiò sulle guance.

“Apri gli occhi, cretino”

“Sono strafatto, mi hanno pestato, dammi tregua” Ribatté lui rimanendo disteso.

Pareva divertito da tutta la situazione, conciato in quel modo nessuno sarebbe stato così allegro.

“Che diavolo hai combinato?” Naruto si mise seduto al suo fianco, cos’altro poteva fare?

Gaara allungò il braccio sano verso l’alto, fece cenno di afferrare qualcosa di lontano ed invisibile.

“Ho provato…” Sorrideva in modo triste “Poi è arrivato lui, ne aveva un po’ di più, gli era avanzata… Un prezzo così! Praticamente regalata. Loro mi hanno preso, volevano i soldi della vecchia partita, non avevo uno spicciolo, ero fatto, ok? Ero fatto…”

Parlava trascinando un po’ le parole, e in certi momenti sembrava sul punto di piangere, ma Naruto non ci badò, lo lasciò parlare per molti minuti, forse per un’ora o più. Perse il senso del tempo, mentre la voce roca di lui copriva il ticchettare della pioggia contro i vetri. Gaara gli raccontò di un fratello più grande che in strada tutti conoscevano come “il burattinaio”, gli raccontò delle sue prime commissioni, di quando le sue mani erano troppo piccole per stringere pacchetti dal contenuto sconosciuto. C’erano stati uomini di cui ricordava solo l’odore di marcio, con le mani sporche e soldi stropicciati da offrirgli. Spacciare quella roba alla fine era diventato facile, dipenderne forse ancora di più.

Si addormentarono entrambi sul pavimento bagnato, mentre la pioggia e il vento cessavano pian piano di infuriare.

 

 

Sono contenta che a qualcuno piaccia questa storia, ebbene sì, un momento NaruSasuNaru :3 come poteva mancare? Io a Gaara non so se avrei aperto la porta con tanta facilità, ma Naruto è buono, troppo.

In ogni caso il rosso è tornato all’assalto, un po’ malconcio, un po’ devastato nel fisico e nell’anima. A volte combattere i propri demoni in solitudine non significa riuscire a sconfiggerli, a volte bisogna chiedere aiuto. Ma Gaara è testardo, davvero.

Povero Naruto, ancora una volta.

Spero di leggere i vostri commenti, sono il carburante per continuare a scrivere su EFP <3

GRAZIE DAVVERO

ALLYN

PS: regola dell’altra long quasi pronta!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Opportunità ***


Capitolo 5

Opportunità

*°*°*°*°*

Avvertimenti: no, il rock and roll non c’è ancora, ma il resto rimane! NC 17 just in case!

Quando Naruto si svegliò Gaara dormiva ancora. Respirava piano, rannicchiato in posizione fetale, avvolto nella giacca ancora umida di pioggia.

Così, perso nell’incoscienza del sonno, gli sembrò un bambino, il ragazzino che era in realtà, diciassette, diciotto anni appena.

Gli sfiorò i capelli con la punta delle dita, percorrendo la confusione morbida di ciocche asciugate all’aria; rosse come fiamme, ribelli come il fuoco.

Gaara era vero, con tutti i suoi problemi, e alla luce del mattino, tutte le parole che erano uscite dalle sue labbra, assunsero l’orrenda forma delle verità che Naruto non aveva voluto concepire.

Lo chiamò, e solo dopo tre o quattro tentativi Gaara aprì gli occhi.

“Io…”Borbottò “Cazzo” concluse guardandosi intorno stupito. Si tirò a sedere mordendosi le labbra per il dolore al braccio.

“E’ rotto?” Chiese Naruto indicandolo.

“Mi sono svegliato ora, non so neppure perché sono qui, ‘cazzo ne so se è rotto?”

Si sfilò la giacca ed esaminò l’arto “Nah, tutto intero” Sorrise, con il mento incrostato di sangue, poi rovistò nelle tasche della giacca, fino a tirare fuori un pacchetto di sigarette e un accendino.

“Non volevo piombare a casa tua, probabilmente era di strada” Si giustificò mentre teneva stretta tra le labbra la sigaretta appena accesa.

“Come fai a ridurti così?” Naruto lo guardò dal basso verso l’alto, per poi inchiodare lo sguardo strafottente di chi se ne infischia delle regole.

“Così come? Dai, sai che so sdebitarmi” Rispose ammiccante.

“Ma ti senti? Ti sei visto?”

Gaara fece le spallucce, poi tirò forte dalla sigarette e soffiò il fumo dritto in faccia al padrone di casa.

“L’ultima volta mi sei venuto in bocca, non mi sembra che ti sia dispiaciuto”

Naruto avrebbe voluto dargli un pugno, ma si limitò a digrignare i denti.

“Bussi alla porta di casa mia nel cuore della notte, strafatto e sanguinante…”

“Sei stato tu ad aprirmi” Gaara sostenne lo sguardo infuriato del biondo.

“Cosa avrei dovuto fare? Lasciarti fuori dalla porta?”

“Io avrei fatto così”

Naruto dovette attingere a tutta la sua pazienza per non buttarlo fuori di casa a calci, inspirò profondamente, ripensando che dopotutto non erano così diversi, erano entrambi soli, si erano arrangiati. Erano sopravvissuti.

“Perché sei sparito?” Domandò.

“Non riesco a stare troppo a lungo nello stesso posto”

“Ti ho aperto casa mia perché tu non tornassi in strada”

“Qui non ho quello di cui ho bisogno” E Naruto capì che alludeva alla droga.

“Dovresti smettere”

Un’altra risata, Gaara spense la sigaretta sul pavimento e guardò il biondo.

“Non giocare con me al salvatore, prima che tu riesca a salvarmi è più facile che io ti trascini all’inferno”

Si alzò in piedi, si scosse la cenere dalla giacca, si ravvivò i corti capelli rossi all’indietro e raggiunse la porta.

“Non sto giocando Gaara, ti sto solo offrendo un’opportunità, puoi vivere in modo diverso, se vuoi” Naruto gli aveva afferrato un polso per trattenerlo. Gaara non aveva capito niente, non aveva capito che lui non stava cercando di salvarlo, stava cercando di salvare se stesso dalla solitudine e dallo sconforto.

“Sai cosa, Naruto? E’ facile giocare al buon samaritano nelle tue condizioni. Lo fai per noia? Dimmi, mamma e papà ti hanno già comprato tutto quello che desideravi? Ti annoi?”

Sasuke sapeva essere cattivo, lo faceva consapevolmente, per irritarlo, Gaara invece non sapeva la verità, quindi poteva esser giustificato, eppure Naruto reagì comunque in modo violento.

Un pugno ben assestato, poi il senso di colpa, dopotutto l’altro era già ferito, dopotutto l’altro non sapeva, dopotutto…Perché era così importante, perché per lui era così essenziale?

“I miei sono morti!” Gridò il biondo, crollando in ginocchio accanto a Gaara.

Il rosso si tenne l’addome e dopo un paio di insulti sussurrati tra i denti scoppiò a ridere.

*°*°*°*°*

Gaara aveva la sigaretta stretta tra le labbra e gli occhi color acquamarina fissi sulle mani di Naruto. Avvolto in un accappatoio arancione e seduto sul copri-tavoletta del cesso del continuò a sbuffare frasi sconnesse, per poi esordire con: “Potresti avere un futuro da infermiera” mentre l’altro gli disinfettava un brutto taglio sul braccio.

“Divertente” Il biondo era troppo concentrato sulla ferita per preoccuparsi delle frecciatine che Gaara gli lanciava ogni tanto.

Lo fasciò ben stretto, poi guardò la sua opera con soddisfazione.

“Bene, passiamo alla gamba”

Gaara roteò gli occhi, poi sorrise malizioso, si aprì l’accappatoio, lasciando che Naruto lo guardasse.

“D-dov’è l’altro taglio?”

“Sulla coscia, in alto” Gaara gettò la testa all’indietro, tirò avidamente dalla sigaretta e sbuffò verso il soffitto, mentre le mani di Naruto armeggiavano delicate sulla sua pelle.

“Se ti faccio male avvertimi” Gli disse il biondo, pensando che per medicare quella ferita non era necessario spogliarsi così, qualcosa gli suggeriva che Gaara lo aveva fatto di proposito, per provocarlo.

“Metto un cerotto” Lo avvisò.

Gaara lo fissava, sentiva i suoi occhi scaltri addosso, trafiggerlo come due lame.

“Lo sai cosa facevano le infermiere ai soldati feriti per sollevargli il morale?”

“Smettila, Gaara” Lo ammonì Naruto.

Il rosso pareva di buonumore perché rise dell’imbarazzo del padrone di casa.

“Grazie” Sussurrò poi, alzandosi in piedi e lasciando cadere l’accappatoio arancione sulle piastrelle.

Naruto si forzò di non guardare.

“I vestiti, te li ho lasciati in camera” Gli disse, contando le gocce d’acqua sul pavimento.

“Non credo di avene bisogno, adesso”

La voce roca di Gaara gli riempiva la testa e i pantaloni, sarebbe bastato alzare gli occhi, guardarlo, toccarlo.

“In questa casa non si gira nudi” Lo ammonì.

“E perché mai? Siamo nati nudi, almeno in casa dovremmo poterci sentire a nostro agio” Sorrideva, e Naruto se ne accorse, lo poteva leggere nel tono della sua voce.

Alzò gli occhi e lo guardò.

Nudo e pallido, in modo diverso da Sasuke,  Gaara era privo di quella finezza elegante, ma più asciutto, elementare, con le ossa de bacino che sporgevano sotto la pelle tirata e candida, screziata da tutti i minuscoli segni delle cicatrici passate. Era bello, di una perfezione grezza, e nella splendente giovinezza del suo corpo Naruto poteva leggere i giorni in cui aveva mangiato meno, o quelli in cui aveva fumato troppo, sul profilo delle sue costole rivedeva le nottate passate a perdere il senno per vagare in luoghi senza forma e colore, dove tutto sembrava migliore.

Naruto indugiò sul suo collo, sui segni ancora scuri di dita che lo avevano afferrato con troppa forza, sulle ecchimosi sullo sterno e sulle braccia, sui cerotti appena messi, sul petto magro e quei capezzoli rossi e rotondi. Scoprì un tatuaggio sul fianco, nero brillante, uno strano ideogramma che si perdeva tra i ricci rossi del pube.

Naruto chiuse gli occhi di scatto, si sentì colpevole, meschino.

Gaara gli aveva offerto nuovamente il suo corpo, e lui ne aveva nuovamente approfittato, anche se solo con gli occhi.

“Naruto?” Lo chiamò.“Puoi toccarmi”.

“Come?” Chiese il biondo avvicinandosi e posando le dita sull’ombelico di Gaara, “Come uno di quei vecchi che ti pagano?”

Gaara prese la mano di Naruto e se la portò tra le gambe.

“Toccami”

Naruto ritrasse la mano, “Non così” pensò.

Gaara alzò entrambe le braccia in aria e sospirò, poi parlò al soffitto come se vi fosse stato un interlocutore invisibile: “Da frocio ad eterosessuale, a volte si convertono!”

Lui sorrise e scosse la testa “Vai a vestirti”. Gaara uscì dal bagno e chiuse la porta lasciandolo da solo.

Per Naruto chiudere la porta a chiave e masturbarsi sotto la doccia fu quasi d’obbligo

Quando uscì dal bagno era stanco e dolorante, aver dormito sul pavimento con Gaara non era stata di certo un’idea grandiosa per le sue articolazioni.

Lo trovò steso sul divano, con indosso una sua maglietta e un paio di pantaloncini.

“Ehi bello, ci hai messo un’ora!” Esclamò battendosi l’indice sul polso magro dove avrebbe dovuto trovarsi un ipotetico orologio.

Naruto sbuffò e si sedette vicino a lui.

“E’ domenica, che ne dici di uscire?” Chiese poi, di rimanere in casa con quella mina vagante dai capelli rossi proprio non se ne parlava.

“Uscire? E per andare dove? Fuori piove”

Gaara non aveva tutti i torti.

“Naruto, come sono morti i tuoi?” Chiese poi il ragazzo, fissando lo schermo della tv.

“Incidente stradale”

“Li ricordi?”

“Poco, troppo poco. E i tuoi?” Naruto lo guardò, ma Gaara continuò a fissare lo schermo cambiando canale.

“Sono l’ultimo di tre fratelli, mia madre è morta per colpa mia. Parto complicato”

Prima coltellata.

“E i tuoi fratelli dove sono?” Gaara si voltò.

“Ci misero tutti e tre in uno di quei centri, sai, tipo quelli che si vedono in tv. Mia sorella era la più grande, se ne andò presto, incontrò un tizio che la portò via da quella merda di posto, avrei fatto lo stesso. Io e mio fratello ce la siamo cavata”

“E tuo padre?” Chiese Naruto.

“Mmmh, boh?! Magari mia madre era una puttana!” Scoppiò a ridere.

“Non dovresti parlarne così”

“Neanche l’ho conosciuta”

“Kankuro non ha mai voluto dirmi niente di lei, gliel’ho portata via, eppure si è sempre occupato di me”

“Il burattinaio?”

Gaara sgranò gli occhi: “Lo conosci? Hai comprato qualcosa da lui?”

Naruto fece cenno di no con la testa “Ieri ne hai parlato per un po’”.

Il rosso abbassò lo sguardo sui tasti del telecomando.

“Con la scuola come hai fatto?”

“Obbligatoria fino ai sedici anni, al centro hanno rotto fino all’ultimo giorno prima del mio compleanno” Sorrise leggermente “Non mi è mai piaciuta”

“Non hai intenzione di finire le superiori?”

Gaara alzò le spalle e scrollò la testa. “Chi ne ha bisogno? Kankuro se l’è cavata lo stesso”

“Spaccia”

“E allora? Qualcuno dovrà pur farlo, altrimenti quelli della tua amata scuola da chi la comprano la roba?”

Le follie di Gaara potevano anche seguire una certa logica, ma Naruto proprio non riusciva a concepire come si potesse cadere così in basso.

“Devi riprendere gli studi” Esordì. “Poi potrai trovarti un lavoro, guadagnare e…”

“Naruto” Gaara spense la tv. “Non provare a salvarmi dall’inferno, quelli come me sono già bruciati”.

“Non è vero!”

“Per te è facile dirlo, i tuoi ti hanno lasciato questa casa, qualcuno si sarà preso cura di te…”

Naruto ripensò al vecchio zio eremita, l’uomo con i capelli lunghi e bianchi che ogni anno tornava da uno dei suoi lunghi viaggi per portargli qualche strana cianfrusaglia, ricordò lui e le telefonate notturne, ricordò il maestro Iruka, l’uomo che alle elementari lo portava sempre a mangiare fuori, che ogni tanto, nonostante ormai fossero passati molti anni, si ripresentava alla sua porta con un invito per un pranzo assieme.

Lui, al contrario di Gaara aveva avuto qualcuno, le pareti luminose di una casa, e non quelle sterili di un centro sociale.

“E all’inferno con te, cosa potrei fare?” Chiese, gli tremavano le labbra, Gaara era vicinissimo, con gli occhi chiari puntati nei suoi.

“Bruceresti” Gli rispose. Poi lo baciò.

Labbra contro labbra, una danza lentissima. Gaara baciava scivolando dolcemente, dita tra i capelli, sul collo. Baciava con una consapevolezza diversa da quella di Sasuke, toccava senza foga, un paradosso, lui che si vendeva con la facilità di un saluto per un po’ di soldi, lui che non esitava, lui che sfidava la sorte, la legge, la vita.

Gaara lo baciò inizialmente con una gentilezza che sembrava non appartenergli, si portò le mani di Naruto sul petto, le guidò sotto la maglietta, sul profilo magro delle costole, tra i peli ricci e rossi del pube.

Naruto si ritrovò a boccheggiare nel bacio, sentendo l’erezione dura e inaspettata dell’altro tra le dita.

“Cosa vuoi?” Sussurrò sulla sua bocca dischiusa. Sentì le labbra di Gaara tirarsi in un sorriso. Non aprì gli occhi, mentre il rosso portò le dita sul suo addome.

“Bruciare” Rispose, colmando la piccola distanza tra le loro lingue, invadendogli la bocca, questa volta con foga.

*°*°*°*°*

[Sasuke]

Le teneva i capelli chiari stretti in un pugno, voleva vederla bene, abbassarsi tra le sue gambe, aprire le piccole labbra color ciliegia, succhiare per lui.

Lei gli avrebbe fatto di tutto, e si sarebbe fatta fare di tutto, come qualsiasi altra ragazza con cui era stato.

Non si fece schifo, quando strinse la presa e la spinse con forza verso il basso, per sentire di più le pareti della sua bocca avvolgerlo, caldissime.

Non gli piaceva, non gli piaceva perché non sapeva farlo, non gli piaceva perché quel giorno non ne aveva voglia, ma lei lo aveva guardato con i suoi occhioni verdi come a dire “non mi vuoi più?”. A lui era venuto a mente Naruto, allora si era seduto sulla sedia girevole di camera sua e si era sganciato i pantaloni.

Lei era dolce e disponibile, con la gonna a quadri dell’istituto che le arrivava poco sotto il ginocchio, come le brave ragazze. Eppure si era fatta toccare, prendere, comandare dagli occhi di lui.

Non l’aveva sfidato come faceva Naruto, non l’aveva preso a pugni quando faceva lo stronzo, e lui, lo stronzo, lo faceva spesso.

“Sakura” La chiamò, lei alzò gli occhi e lo guardò.

“Basta” Disse.

Lei annuì e si staccò pulendosi le labbra con la manica della camicetta.

“Non ti piaceva?” Chiese ingenuamente. Odiava quella devozione, quello sguardo innamorato, dolcissimo.

Le portò le mani al viso e si sporse per baciarla, un bacio velocissimo che la lasciò con le labbra dischiuse, inappagate; poi le sganciò i primi due bottoni della divisa scolastica, benedicendo per un attimo quel seno scarso, il petto androgino.

Si sentì sbagliato, e allora si fece schifo, immaginò un altro corpo, così diverso da quello sottile ed armonioso di lei.

“Sasuke…vuoi? Io ti voglio?” Biascicò lei, emozionata, felice.

Sasuke avrebbe voluto comportarsi da brava persona, riagganciarle quei due bottoni color perla, darle un bacio in fronte e augurarle di trovare un bravo ragazzo da amare e da cui lasciarsi amare, fare tanti bei bambini e Amen.

E invece Sasuke non sapeva e non voleva comportarsi da brava persona, si sentiva arrabbiato e preso in giro, dalla vita, dal mondo.

Lui non voleva essere come l’altro, non voleva essere l’ennesimo errore, l’ennesima vergogna.

Si chiese se fosse possibile, due su due in una sola famiglia.

Forse erano i loro geni ad essere malati?

Sentì il cuore accelerargli, la colpa offuscargli i pensieri.

“Sas…”Lui la zittì con un altro bacio, le morse il collo, si portò le mani di lei addosso. Voleva essere normale.

Lei ansimò nel bacio, assecondò le dita di lui, lasciò che gli sfilasse gli slip.

“Prendimi” Gli disse. Fu quel sorriso di donna, furono i suoi occhi enormi e pieni di desiderio a far intaccare il motore.

Naruto non avrebbe mai detto così, non sarebbe mai stato tanto arrendevole, avrebbe combattuto per avere la supremazia…ma Naruto era un maschio e a lui i maschi non piacevano, non dovevano piacere.

La trascinò sul letto e la baciò con rabbia, sperando che non parlasse più, ma lei continuava a gemere il suo nome, a dischiudere le labbra a non essere Naruto.

La portò sotto di sé, la voltò di spalle, le baciò la schiena e il collo, le alzò la gonna sopra i fianchi e sorrise, pensando che senza vederle il viso le cose andavano meglio.

La sentì borbottare qualcosa, forse insicura.

“Ti voglio pendere così, va bene? Ti voglio così…” Le sussurrò all’orecchio, pianissimo.

Allora lei annuì, premendo le labbra sul cuscino, ansimando un sì sottovoce, piegando le ginocchia contro il materasso.

La toccò con le dita e immaginò di toccare l’altro, forse con poca grazia, forse le fece male, ma mentre le stringeva i fianchi e si spingeva dentro di lei pensò a Naruto, piegato sotto di lui su quel materasso, allora gli bastarono pochi colpi, per venire.

 

*°*°*°*°*

 

 

 

NOTE: ok, lo sapete, è negli avvertimenti, questa fic non è buona con i pg, non è comica, anche se a tratti si cerca di scucire qualche sorriso. Naruto, Sasuke, Gaara, Sakura stessa…sono tutte anime da ardere, sono tutti bruciati, o lì per diventarlo, persone un po’ alla deriva, un po’ deboli, o ostentatamente forti. Io spero di non deludervi, di non esser troppo cruda, o troppo…non so, insomma... sarà che oggi sono particolarmente emotiva e…sì, mi sono accorta che per quanto lo spolverino rosa sia odiato da tutti non è un pg così negativo da meritarsi tutta ‘sta stronzaggine, però arrabbiatevi con Sasuke, che forse qui è abbastanza stronzo da sembrare IC ahahah scusate, smetto…Sakura comunque non è stupida, sa benissimo che una parte di Sasuke non la vuole, ma lei lo ama, si illude che lui ricambi, si illude che tutto possa funzionare bene, in futuro. E Gaara…non aggiungo altro, povero dolce gatto randagio.

Insomma, qui non ho mai scritto molto, ma oggi mi sentivo di…insomma, tentativi di comunicazione.

Un bacio, spero tanto di leggere le vostre recensioni, i vostri commenti e spero che questa storia continui a piacervi.

Ps: la regola è quasi pronta! Domani saremo Online! <3

Allyn

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Confusione ***


Qualche tempo fa ho ricevuto acluni messaggi su efp, vi leggo ancora, spesso mi commuovo di fronte alle vostre parole, non sapete quanto vorrei tornare a scrivere come un tempo,  ma sono come dire...bloccata? Ho trovato tra le vecchie cartelle un pezzo del capitolo 6 e qualche appunto su come sarebbe dovuta finire questa storia, così come quella delle regole https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2334994 che tanti di voi recensivano e amavano...spero, spero davvero di tornare a produrre qualcosa che possa emozionare ancora, spero di tornare a leggere le vostre bellissime e numerose recensioni e spero davvero di poter portare a termine queste due vecchie Long fic con le giuste premure che meritavano.
mi mancate,
tanto.
A.

 



Capitolo 6

Confusione


 

*°*°*°*°*

[Sasuke]

Itachi era sempre stato il figlio perfetto, il fratello da ammirare, il ragazzo gentile dagli occhi troppo dolci e i capelli troppo lunghi.

Sasuke aveva corso a perdifiato, con le sue gambe magre e veloci da undicenne.

Avrebbe voluto sorprenderlo, infilarsi di soppiatto nel corridoio di casa, appostarsi come un ninja dietro la sua porta e gridare “Bu!”.

Era certo che Itachi avrebbe urlato dallo spavento, forse avrebbe perfino fatto volare in aria tutti i suoi appunti, assorto nel silenzio della casa vuota sarebbe stato ancora più vulnerabile.

Sasuke si appostò dietro la porta, sentì il legno fresco sotto le dita, e poi rumori, respiri, sospiri, risate trattenute.

Sasuke era ancora un bambino quando li vide, e come bambino non capì tutto, vide e basta, vide e nascose nella parte più profonda del suo cuore.

Stupore, curiosità, paura.

Con l’occhio che quasi si fondeva al buco della serratura, “Spione” continuava a ripetersi, mentre il battito di chi scopre un segreto andava inondandogli le orecchie, non abbastanza per coprire quelle due voci così familiari.

Itachi rideva, Shisui, suo cugino, loro cugino, lo baciava.

Sulla bocca.

Sul collo.

Sulla pancia piatta e nuda.

Perché?

Perché lo stavano facendo?

Quelle erano le cose che facevano uomini e donne nei film in tarda serata, quando suo padre lo mandava a letto e borbottava qualcosa di incomprensibile del tipo “questi film andrebbero censurati. Pudore, gente, pudore!”.

Ma Itachi, per quanto avesse i capelli lunghi, non era una donna. Eppure Shisui lo accarezzava con dolcezza, poi posava la fronte contro il suo petto e sospirava, pareva triste.

“Non avrei dovuto” E lo sfiorava con le dita.

“Prima o poi l’avrei fatto io” Itachi gli aveva preso il viso tra le mani.

“E’ sbagliato, siamo sbagliati insieme”


 

Passò un anno da quell’episodio che Sasuke aveva tentato disperatamente di rimuovere dalla propria mente.

Arrivarono le grida furibonde di suo padre, poi il pianto silenzioso di sua madre e gli occhi neri e tristi di Itachi.

“So bene di avervi deluso, ma questa è la realtà dei fatti” erano state alcune delle parole che ricordava.

“Mi piacciono gli uomini” altre parole, le più importanti.

A Sasuke era tornato in mente, vivido come una fotografia a colori, il ricordo del corpo di Shisui sopra quello magro e asciutto di Itachi, le loro labbra, la loro pelle ugualmente pallida.

“Perché è sbagliato?”Fu la domanda che lo tormentò per giorni.


 

*°*°*°*°*


 

[Naruto]

“Bruciare”

Dopo quella parola tutto aveva preso fuoco.

Le dita di Naruto parevano scottare su quella pelle pallida, Gaara respirava piano, poi forte, poi ancora piano e l’altro lo guardava, immobile. Ricordava di aver percorso i metri che li separavano dal letto senza mai staccare le labbra da quelle del rosso, ricordava le loro lingue lottare, far pace, lottare ancora, ricordava i denti che cozzavano dolorosamente, e il ringhio trattenuto in gola, quando l’altro gli aveva affondato le dita tra i capelli tirandoli un poco.

Era stato Gaara a infilargli il preservativo, l’unico che aveva trovato nel cassetto, l’unico di una confezione che Naruto aveva quasi finito masturbandosi da solo, sperando un giorno di poter trascinare su quel letto Sasuke.

Illuso.

Ora però, steso sulle sue lenzuola, con le gambe leggermente divaricate, il respiro affannato e gli occhi spalancati c’era Gaara, e c’era la sua mano destra che gli stringeva l’erezione.

“Allora...” Ansimò il ragazzo sotto di lui, impaziente.

Naruto voleva. Sapeva di volerlo, sapeva di voler colmare quei pochissimi centimetri che li dividevano, sapeva di voler entrare in quel corpo magro e bello, sapeva di volerlo scopare, eppure non riusciva a muoversi. I muscoli, le ossa, le mani, tutto gli sembrava aver mutato peso, esser divenuto pietra.

C’era qualcosa che non andava, qualcosa che gli ticchettava in testa, come l’annuncio tragico di una bomba nascosta.

Gaara era nudo, disponibile, pronto, con il ricordo quasi graffiante delle sue dita invadenti dentro, eppure…

Nella sua testa un continuo turbinare di immagini, sensi di colpa, paure.

Sasuke.

Lo amava? Si amavano? C’era davvero qualcosa tra loro? Nei sorrisi strafottenti, in quei momenti di passione incontenibile? Eppure con Sakura sicuramente non si era fatto troppi scrupoli, non aveva indugiato, non aveva pensato “non voglio tradire Naruto”. Che sciocchezze gli andava suggerendo quella sua testa sconclusionata?! Di lui, Sasuke, non ricordava neppure il nome, mentre scopava, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa.

Si era preso la verginità di Sakura il giorno stesso in cui si era dichiarata, nel bagno del terzo piano, durante l’ora d’arte; mentre il professore illustrava il Barocco, lui le alzava la gonna, le scostava gli slip e la penetrava con uno di quei profilattici che regalavano in infermeria. Lee, barricato in bagno per uno dei suoi momenti di lotta e sconfitta con il lattosio, li aveva visti, aveva visto i movimenti bruschi di lui, quella decina di colpi rapidi, aveva sentito la cerniera dei pantaloni di Sasuke richiudersi poco dopo, e poi, da uno spiraglio tra il legno della porta e lo stipite ecco il volto di Sakura, rosso, le sua mani incerte, mentre si abbassava la gonna sulle cosce pallide chiedendo: “ora stiamo insieme, vero?” Lee Lo aveva raccontato agli altri; “Uchiha è una bestia” aveva sussurrato triste

A Naruto girava la testa, non riusciva a capire se stesso, figuriamoci quella testa di cazzo di Sasuke, e poi, oltre al problema Uchiha, permaneva quel senso di inadeguatezza e giudizio che gli piombava addosso quando si trovava di fronte a Gaara. Lo voleva o lo stava solo assecondando? Quanti uomini aveva ringraziato così, con il corpo? Quante volte lo aveva fatto solo per avere qualcosa in cambio? Gli piaceva davvero? Aveva mai avuto la possibilità di poter scegliere?

 

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