Loro, anime da ardere di Allyn (/viewuser.php?uid=294111)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - L'incontro ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Di ricordi, di dolori, di follie e di insane proposte ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Insieme nella solitudine ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Di momentanee follie e ospiti notturni ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Opportunità ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Confusione ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 - L'incontro ***
Loro, anime da
ardere
Avvertimenti:
la
presente storia ha un contenuto non adatto ad un pubblico non maturo.
Presenza
di violenza,
sesso, droga (non credo rock and roll), prostituzione, tematiche non
facili.
Capitolo 1
L'incontro
*°*°*°*°*
Gaara
era magro, con le
guance incavate e gli occhi cerchiati di nero. Occhiaie indelebili
frutto
dell'abuso e della mancanza. Gaara non dormiva, Gaara non viveva, ma
sentiva
troppo, e il troppo faceva male, allora avrebbe preferito non sentir
niente. Con
i capelli infuocati e l'anima già spenta, diciassette anni
di orrore, due di
strada; qualcosa in giro, nel sangue, su per il naso, sulle gengive che
bruciavano, qualsiasi cosa per non pensare, per non dormire, per non
esistere o
per esistere troppo in un solo fugace istante di oblio.
*°*°*°*°*
Naruto non
avrebbe voluto, tutto era iniziato come uno
scherzo, "puttan tour" avevano urlato gli amici, Kiba, e poi
quell'altro cretino con le sopracciglia folte.
"No"
"Andate voi"
"Mi rifiuto"
Ora era in
quell'auto, con il finestrino abbassato, due
ragazze da marciapiede e gli occhi verde banconota a fissarlo,
divertite.
"Tutti e tre
insieme o uno alla volta?" L'avevano
chiesto come si chiede l'orario del tram.
Naruto aveva
affondato il piede sull'acceleratore e aveva
imprecato, con Kiba ubriaco che rideva e Lee che tamburellava la sua
ansia sul
cruscotto.
"Prima o poi
dovrai fermarti"
"Questa sembra
carina"
"Culo da favola"
Aveva inchiodato
in un parcheggio, mollato le chiavi sul
sedile e fatto ciao ciao con la mano.
"Finite il
vostro tour, io torno a casa con il
notturno" La lingua stretta tra i denti e le mani serrate in due pugni
tesi.
Si era arreso,
allontanandosi nel buio, ascoltando il motore
dell'auto fuggire via sotto il cielo senza stelle e la luce artificiale
dei lampioni.
La fermata era
lontana, troppo. Gli facevano male i piedi, se
sua madre fosse stata viva gli avrebbe detto di gettare quelle All star
consumate nel primo cestino e proseguire scalzo; ma sua madre non
c'era, e non
c'era neppure suo padre, non c'era proprio nessuno a controllare il suo
letto
vuoto, a rimproverarlo, a strepitare al cellulare per riaverlo a casa.
Naruto era solo,
in tutti i sensi, nel mondo, a piedi,
sperduto nel bel mezzo del niente.
Ottocento metri
di asfalto e imprecazioni, poi lo vide, sotto
la pensilina della fermata, steso sulla panchina di legno, guardava in
alto.
Un assassino, un
delinquente, un ragazzo come lui vittima di
un "puttan tour" finito male, un drogato...
Non
osò avvicinarsi, ma l'altro alzò il capo e lo
guardò.
Due occhi
chiarissimi, allucinati eppure stanchi, cerchiati
da due profonde occhiaie.
"Che guardi?!"
Urlò il tizio, prima di scoppiare a
ridere.
Naruto si
voltò, cercando una presenza amica alle spalle, il
niente lo perseguitava.
"Dico a te,
coglione, vuoi rogne?!"Il tizio sulla
panchina si tirò in piedi e lo fissò con i denti
scoperti dalle labbra sottili
e screpolate.
Naruto
alzò le mani, indeciso sul darsela a gambe o
scontrarsi con il tipo.
"Morirò
stasera, dopo un "puttan tour"
fallito, senza aver neanche scopato" Pensò.
"Che cazzo alzi
le braccia?" Il tizio si fermò di
colpo di fronte al ragazzo, si liberò del cappuccio nero,
scoprendo una chioma
rosso fuoco.
"Il portafogli
è nella tasca dei jeans, a destra"
Disse calmo Naruto, fissandolo negli occhi.
Il rosso
sbuffò annoiato, poi con un movimento lentissimo
fece cenno di no con la testa, si avvicinò e
tastò le tasche dei jeans di
Naruto fino a trovare il portafogli nero.
Lo
aprì, estrasse le banconote e lo restituì al
proprietario.
"Grazie" Disse.
"Ora puoi
abbassarle, coglione"
Naruto
portò le braccia lungo i fianchi e lo fissò
sbigottito, di ladri che ringraziano non ne aveva mai visti in giro.
Era giovane, mal
tenuto, con il viso troppo magro e una
cicatrice sulla fronte, uno zigomo gonfio, gli occhi chiarissimi,
insolitamente
belli e selvatici. Un animale mai addestrato, selvatico e pericoloso.
"Finiamo questa
folle serata come merita di esser
finita...facciamoci uccidere" Pensò.
"Chi sei?" La
voce gli uscì debole, ma l'altro lo
sentì lo stesso.
"Gaara"
Borbottò tornando a sedersi in attesa del
bus o d'altro, con gli occhi verso l'alto e un mozzicone di sigaretta
tra le
labbra.
"Gaara che se
non si fa muore" Scoppiò a ridere.
"Grazie dei
soldi, non me ne avevano mai regalati"
E rise ancora.
"Ah, di niente"
"Vieni a
sederti, coglione"
Sì,
era il ladro più gentile che Naruto avesse mai
incontrato.
Nonostante le
norme di sicurezza mentali gli dicessero di
fuggire il corpo si mosse, una parte di lui era sicura che quel ragazzo
non gli
avrebbe fatto alcun male, l’altra andava tremante verso
l’ignoto. Dopotutto
cosa aveva da perdere, la sua vita aveva preso una piega sbagliata fin
dall’inizio.
La morte prematura dei genitori, l’affido ad uno zio sempre
in viaggio per
lavoro, l’incapacità mentale di applicarsi in
qualsiasi cosa fosse utile per
entrare nel mondo del lavoro, nella società,
per incastrarsi perfettamente nell’esistenza
placida degli uomini. E poi
c’era quella cosa...
"Vai a scuola?"
Gli chiese Gaara, tirando dalla
sigaretta.
Naruto
annuì.
"Un coglione
istruito" Rise
"Che ci fai qui
a quest'ora?"
"Cercavo
puttane" Più sinceri di così.
"Ne hai
trovate?" Gaara si alzò e gli si parò
davanti.
"Sì"
"Ma?" Gaara lo
esortò a parlare.
"Le donne non mi
piacciono" Naruto confessò così,
ad uno sconosciuto, probabilmente un ladro strafatto, un assassino, un
disadattato, uno psicopatico. Se proprio doveva morire voleva farlo
togliendosi
quell'enorme peso di dosso.
Gaara
gettò quel che rimaneva della sigaretta a terra, poi la
spense con il piede.
"Potevi dirlo
prima che ti svuotassi il portafogli, te
l'avrei succhiato anche per poco..." E sorrise.
*°*°*°*°*
Allynchannel torna!
Allora, lo so, è una follia, ma io non
ho sonno e per la testa mi
frullava questa da tempo...non è semplice, da leggere, da
scrivere, da portare
avanti, perché è cattiva, perché non
è da ragazzini, perché fa male...
Droga, violenza, tristezza, dolore, sesso,
prostituzione...non è
ambizioso, è cattivo e basta, e squallido e doloroso. Gaara
in un mondo
alternativo a volte lo immagino così, ai margini, ai confini
di un’esistenza
che l’ha reso mostro, con un Naruto smarrito in cerca di pace
e armonia, pronto
a salvare chiunque, un po’ per bontà e un
po’ per salvare anche se stesso.
Inizia così questa storia, con due
ragazzi ai margini.
Spero non turbi nessuno, non offenda. Prendete
questa fic, comunque,
con leggerezza, scrivere su EFP è privo di ambizione e di
quella serietà che si
attribuisce ai racconti di genere e ai romanzi...perciò
spero mi perdonerete
errori e imprecisioni.
Un bacio a tutti...
Allyn è cupa stasera, ma vi augura
buonanotte.
Ps: la long “ma il sesso è
così importante” è WORK IN PROGRESS!
<3
non dimenticatemi! Almeno lì sono tutti più o
meno allegri <3 Sasuke
soprattutto ahaha <3
Pps, credo che questa storia sarà una
NaruGaaraNaru, sono ancora indecisa
sulla SasuNaruSasu a metà dello svolgimento.
Beh, come sempre si accettano consigli e idee
Fatemi sapere! <3
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 - Di ricordi, di dolori, di follie e di insane proposte ***
Capitolo 2
Di ricordi, di
dolori,
di follie e di insane proposte
Avvertimenti: la seguente fan fiction contiene
argomenti non adatti ad
un pubblico non maturo, presenza di tematiche delicate, violenza,
linguaggio
scurrile, prostituzione, droga, sesso e quant’altro. (No, il
rock and roll ancora
no XD)
La prima volta
che qualcuno gli aveva fatto un pompino
risaliva alla seconda liceo.
Seduto sulle
panche fredde dello spogliatoio della scuola,
con i calzoncini abbassati fino alle caviglie e le mani infilate in una
massa
di lisci capelli neri.
Sasuke Uchiha lo
aveva guardato negli occhi per tutto il
tempo, poi si era staccato da lui con un ghigno divertito.
“Finisci
di succhiartelo da solo se ci riesci, frocio”
Si era passato
la manica della felpa sulle labbra sottili ed era
uscito dalla stanza ridendo.
Naruto aveva
fissato la porta chiusa davanti a sé, l’erezione
ancora dura tra le gambe.
*°*°*°*°*
Seduto sul
sedile sporco del bus guardava fuori dal
finestrino, palazzi come denti di cemento, alberi senza foglie, il
cielo ancora
scuro, nessuna stella, solo il bagliore arancione dei lampioni e poi
gli occhi
di Gaara.
Ce li aveva
ancora in testa, un pensiero morboso ed
incredibilmente vivido, lo tormentava. Le labbra, il ghigno spavaldo, i
capelli
in fiamme.
“Te
l’avrei succhiato
anche per poco”
Come un mantra,
quella frase e il tono che aveva usato gli
stavano spaccando il cervello.
Il notturno era
arrivato poco dopo e lui ci era salito al
volo, voleva fuggire, da quell’estraneo, dai suoi occhi
cerchiati, dalla quasi
disperazione di quell’offerta.
Naruto lo
sapeva, le parole di Gaara non erano uno scherzo.
*°*°*°*°*
“Te la
sei fatta sotto!” Kiba rideva sbattendo entrambi i
pugni sul banco, facendo un tale casino che mezza classe si era voltata
per
guardarlo.
“E tu
avrai preso la sifilide”
“Sei
scappato come un vigliacco! Cos’è, non avevi le
palle?”
“Finiscila!
Dato che nessuna qui a scuola te la dava sei
finito a puttane, Inuzuka!”
Kiba
digrignò i denti. “Vai ad ammazzarti di seghe in
bagno,
Naruto!” Lo sbeffeggiò con più
cattiveria.
“State
buoni, sono solo le otto, avete tutta la mattina per
uccidervi” Lee si interpose tra loro, una pila di fotocopie
sotto il braccio,
le enormi sopracciglia corrugate in un’espressione stanca.
Un borbottio
indistinto, le ragazze cominciarono a sparlare
sottovoce, qualcuna ridacchiava, altre si mangiavano le mani
dall’invidia. Sasuke
Uchiha entrò in classe seguito dalla sua ragazza, Sakura
Haruno, una tipa
silenziosa con gli occhi verdi puntati sempre o sul pavimento o sul
fidanzato.
“Tanto
se la scopa e poi la molla”
“Beata
lei”
“E’
solo una troietta vestita da verginella”
Sakura le
sentiva, parlavano troppo forte, lo facevano di
proposito. Le ignorò e proseguì verso il banco di
fianco a quello di Sasuke che
si sedette a sua volta.
Naruto lo
guardò con la coda dell’occhio, indugiò
sui capelli
corvini, la piccola crocchia disordinata con cui li aveva legati sulla
nuca, le
iridi scurissime, il collo candido. Non riuscì a trattenersi
dal pensarlo:
Sasuke era il ragazzo più bello che avesse mai conosciuto, e
anche il più
stronzo, e sì, come quelle ragazze si era ritrovato a
pensare tutte quelle
cattiverie su Sakura, poi però si era sentito un cretino, ma
soprattutto un
frocio.
Non rimanevano
da soli da qualche mese, da quando era sbucata
lei, così paziente da sopportare il caratteraccio di lui,
così stupida da
tollerare la sua ipocrisia, così...
Naruto era
arrabbiato.
Aveva sempre
creduto, in cuor suo, che Sasuke fosse come lui,
e che come lui se ne vergognasse troppo per venire allo
scoperto...gliel’aveva
succhiato in bagno, dopotutto aveva il diritto di pensarlo. Si erano
anche
baciati un paio di volte, più che baciati si erano divorati,
morsi, pugni,
lingua, saliva e sudore, Sasuke baciava con la foga di chi lotta, di
chi odia,
Naruto l’aveva lasciato fare, con le farfalle nello stomaco e
un palo di
ciliegio nei pantaloni.
Non
c’era niente che potesse fare, niente che potesse
reclamare.
Sasuke aveva
fatto la sua scelta, Naruto avrebbe dovuto
rispettarla e dimenticare.
*°*°*°*°*
Sapeva benissimo
che quella era una follia.
Sapeva benissimo
che una persona sana di mente non avrebbe
mai agito in quel modo.
Ormai era
lì, con le mani ben strette attorno al volante, un
velo di sudore sulla fronte e la strada
davanti a sé.
Una prostituta
dal sesso piuttosto ambiguo costeggiava il
marciapiede, tacco troppo alto e gonna troppo corta, gambe muscolose.
Naruto
ignorò i suoi sorrisi e la superò.
Cercava altro
quella notte.
Cercava lui.
Sapeva che
trovarlo sarebbe stato impossibile, ma qualcosa
gli diceva che Gaara frequentava spesso quelle vie, con il volto
nascosto dal
cappuccio scuro, protetto dalle luci arancioni dei lampioni.
Il suo orologio
segnava le due inoltrate, martedì notte,
compito di letteratura fissato alle undici, nessuno che potesse
sgridarlo.
Naruto si
fermò ad una stazione di servizio, pisciò dietro
una vecchia auto messa in vendita e poi pianse.
C’era
odore di altro piscio oltre al suo, c’era odore di
alcol, di benzina, di vomito. C’erano cicche vecchie quanto
la sua vicina di
casa, un
preservativo usato e lattine
così accartocciate da ricordargli come si sentiva dentro.
Uno schifo.
Di notte, in un
luogo poco raccomandabile, senza nessuno che
gli guardasse le spalle, senza nessuno che potesse impedirgli di
trovarsi lì.
Si sentiva
dannatamente solo...e folle.
Solo in quella
casa piena di echi, solo in quella camera
senza foto, solo a scuola, solo di fronte all’ipocrisia di
Sasuke, di fronte ai
baci che Sakura gli rubava durante la ricreazione.
Solo, alla
ricerca di un fantasma fuori di testa, dai capelli
rossi e l’aria da delinquente.
Cosa gli era
saltato in mente? Cosa pensava di trovare? Chi
pensava di trovare?
Si
asciugò gli occhi con la manica della giacca e
sputò a
terra con rabbia.
“’Fanculo
tutto!” Gridò. “’Fanculo
questa vita di merda,
‘fanculo me e tutti i miei cazzo di problemi!”
Si
voltò per tornare all’auto, ma una voce lo
sorprese ancor
prima che potesse mettere a fuoco la figura scura dalla quale proveniva.
“Beh,
io me la passo male, ma tu parli da solo, non stai
tanto bene, amico”
Gaara sorrise,
una sigaretta gli penzolava dalle labbra,
aveva uno zigomo sanguinante e un occhio completamente pesto.
“Che
caz-“ Naruto si bloccò di colpo e lo
fissò.
Come si era
ridotto in quel modo?
“Non
lo vuoi realmente sapere” Gaara rispose alla sua domanda
muta, poi tirò una boccata più avida. Il biondo
guardò la piccola brace rossa
illuminarsi, la cenere cadere sull’asfalto umido. Si chiese
come fosse
possibile, lo aveva trovato.
Si
avvicinò senza timore, conciato in quel modo non pareva
poi così minaccioso.
“Hai
qualche spicciolo?” Buttò la sigaretta a terra.
“Davvero, non ho più niente, facciamo come
l’altra volta? Mi regali qualcosa?”
E rise, poi tossì e sputò a terra. Naruto lo
ascoltava quasi incantato, riusciva
a suonare spavaldo nonostante l’aria malconcia e il sangue
rappreso sul viso
palesemente troppo pallido, sentiva dolore, ne era certo.
“Chi
ti ha conciato così?” Gli domandò.
Gaara
alzò le spalle in un gesto infantile, poi tornò
serio:
“Davvero, se andiamo dietro l’angolo te lo succhio
per poco”
E Naruto ne ebbe
ancora una volta la certezza, non stava
scherzando.
Improvvisò:
“E se ti chiedessi di farti scopare? Per quanto
me lo daresti il culo?”
Gaara rimase per
un attimo in silenzio, fissò il ragazzo negli
occhi, poi scoppiò a ridere.
“Qualche
giorno fa tremavi dalla paura, ed ora eccoti qui,
navigato frequentatore di marciapiedi”
Il biondo
allargò le braccia in un gesto plateale, poi attese
la mossa dell’avversario.
“Quanto
hai nel portafogli?”
*°*°*°*°*
Nel portafogli
non aveva molto, a parte la tessera della mensa e la carta
d’identità gli rimanevano davvero pochi spiccioli
e qualche banconota di poco
conto.
Gaara
però era seduto sul sedile del passeggero, non si era
allacciato la cintura, guardava dritto davanti a sé, pareva
stanco.
“Non
ho tutta la notte, deciditi!” Sbuffò spazientito.
Naruto lo
guardò con la coda dell’occhio. Si era tirato
giù
il cappuccio, scoprendo i corti capelli rossi, aveva del sangue anche
sulla
fronte, ematomi vari sulle braccia e un’escoriazione sul
collo.
“Davvero,
perché sei in queste condizioni?”
“Tu,
mi hai pagato per farti raccontare roba o per scopare?
Deciditi, merda!” Sembrava nervoso, si
appallottolò su se stesso stringendosi
l’addome e respirando forte.
“Ehi,
stai bene?” Naruto frenò.
“Adesso
passa. Trova un posto appartato, imbecille, prima
facciamo meglio è, non manca molto all’alba, i
vecchi poi hanno sonno e tornano
a letto” Borbottò Gaara, la sua voce roca tradiva
il dolore che stava provando.
“Che?”
“Se tu
sei disposto a pagarmi, allora lo faranno anche quei
vecchi froci. Ho bisogno di soldi” Gli spiegò
velocemente, quasi parlasse ad un
bambino troppo stupido per capire.
Fece per
continuare, ma si interruppe, un’altra fitta lo
aveva costretto a stringersi ancor di più le braccia attorno
al corpo.
“Tu
hai bisogno di un medico” Gli occhi di Naruto si fecero
gentili. Gaara lo guardò con rabbia, poi tra i denti
sussurrò: “Io non ho
bisogno di nessuno, adesso fermati da qualche parte e
scopami”.
*°*°*°**°
Due costole
fratturate, organi interni illesi, scongiurato
trauma cranico, numerosi ematomi e contusioni, ferite varie, prognosi
favorevole, trenta giorni di riposo.
Naruto gli
riassunse il referto con un sorriso soddisfatto.
“Sei
sano come un pesce, ti hanno fatto anche tutti gli esami
ematochimici”
“Fortuna
che non hanno fatto i tossicologici” Grugnì Gaara
sottovoce.
Il sangue
rappreso sulla felpa nera formava strani continenti
a cui Naruto non sapeva dare un nome, i capelli erano tutti
scompigliati,
ancora più rossi sotto la luce al neon dell’atrio
dell’ospedale, gli occhi
cerchiati e gonfi, un paio di punti sotto allo zigomo e una fasciatura
attorno
alla testa.
“Chi
ti ha pestato?” Domandò il biondo, stiracchiandosi
su
una sedia piuttosto scomoda.
“Gli
amici di un tizio, ho fatto un casino con la roba, ho intascato
troppo” Confessò il rosso.
“Ah...e
ora?”
“E
ora...e ora non ho più un cazzo, ok? Non posso tornare in
quella sottospecie di buco dove dormivamo tutti insieme, mi
spaccherebbero il
culo. Poi arrivi tu a incasinare tutto...non avevo niente, avrei potuto
farmi
qualche soldo stanotte...ma no! Tu i cavoli tuoi non sai farteli e mi
porti
qui, a perder tempo”
Pareva
seriamente arrabbiato, eppure stanco, come se potesse
crollare addormentato da un momento all’altro.
Così,
senza quella luce arancione, senza il cappuccio e
l’aria da duro, Gaara gli sembrò quello che in
realtà era davvero, un ragazzo,
troppo giovane e troppo solo.
“Vieni
da me” Follia pura. Erano le sei del mattino, alle
undici aveva un compito di lettere, avrebbe dovuto dormire, prepararsi,
non
chiedere a quel tizio di soggiornare a casa sua.
Cosa gli era
saltato in mente?
Note:
ed eccoci qui,
secondo capitolo...prima di tutto ringrazio chi ha lasciato una
recensione e
chi continuerà
a seguire la storia,
nonostante questa non sia una sasunarusasu centric (anche se la coppia
è comunque
presente, e non ho ancora deciso per il finale). L’argomento
so che non è
facile, perciò ripeto, perdonatemi per eventuali errori o
altro. Il tipo di
narrazione non vuole essere pesante o altro, preferirei che scorresse
in modo
veloce, smorzando ogni tanto la tensione tra i pg, ma allo stesso tempo
senza
ignorare la gravità delle varie situazioni (aiuto, ce la
faremo? XD)
Ne
succederanno delle
belle da ora in poi, ma anche “delle
difficili”...perciò, per chi avrà la
voglia di continuare a leggere dico grazie, e spero buona lettura.
Vi
aspetto!! <3
Un
bacione,
Allyn
Per
il NaruSasuNaru
centric spulciate pure tra altre mie fic :P (e sì, sono una
loro fan sfegatata,
senza dimenticarmi però del HashiMadaHashi)
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 - Insieme nella solitudine ***
Capitolo 3
Insieme nella
solitudine
Avvertimenti:
come sempre,
lettura non indicata a chi odia l’utilizzo di un linguaggio
scurrile, tematiche
forti, sesso, droga e rock and roll, no quello non
c’è…
Non si era
addormentato sul banco, si era limitato a fissare
il testo del compito con sguardo vacuo e indifferente.
Un’ora
e mezza dopo era passato dal piccolo negozio sotto
casa, aveva comprato spaghetti di soia, brodo vegetale, qualche carota
e del
pesce surgelato.
Aveva salito le
scale di corsa, si era fatto cadere le chiavi
di mano un paio di volte prima di centrare la toppa.
“Sono
a casa” Naruto si sentiva un po’ stupido ad
annunciarlo
così, dopo anni di solitudine avvertire qualcuno della sua
presenza gli pareva
strano.
Un mugolio
giunse dal divano.
“Stai
ancora dormendo?!” Esclamò gettando la busta della
spesa e lo zaino sopra il piccolissimo tavolo della cucina.
“Tu,
puttana irriconoscente, alzati!” Tirò via la
coperta di
pile dal ragazzo, che si rannicchiò in posizione fetale e
grugnì qualcosa,
probabilmente un insulto al quale seguì una risata.
“Come
mi hai chiamato?” E scoppiò a ridere di nuovo.
“Ah, fa
male” Aggiunse Gaara.
“E’
perché hai due
costole rotte, imbecille. La testa?” Chiese Naruto con
premura, guardandolo
alzarsi dal divano.
“Beh,
fa più male di quella volta in cui mi sono fatto
di...”
“Non
continuare...” Lo pregò il biondo, tornando ai
pensili
della cucina.
“Perché
l’hai fatto? I tuoi non ti uccideranno?” Chiese
Gaara
raggiungendolo. Zoppicava.
“No,
non credo”
“Non
voglio rogne, se arrivano e sparano urla ovunque sono
cazzi tuoi” Afferrò una carota dal tavolo e
cominciò a giocarci.
“Naruto...”
Lo chiamò.
Il biondo si
voltò, brandiva una padella enorme nella mano
destra e un mestolo nella sinistra.
Gaara aveva
preso a leccare la carota in un modo che a Naruto
parve...no, osceno non era la parola adatta, il rosso lo guardava
dritto negli
occhi, e nonostante volesse ostentare sicurezza, le sue iridi parevano
velate
di una tristezza vecchissima.
“O la
rimetti sul tavolo o la peli, scegli” Disse Uzumaki,
cercando di ignorare l’erezione compressa dai pantaloni della
divisa
scolastica.
“Oppure
potremmo giocarci” Gaara si passò la carota vicino
alle labbra dischiuse.
“Non
devi sdebitarti in nessun modo, lo faccio con piacere”
Rispose Naruto, voltandosi di nuovo, poggiando la padella sui fornelli
e
cominciando a pulire il resto delle verdure.
Gaara
lasciò cadere la carota sul tavolo e filò in
bagno
sbuffando.
*°*°*°*°*
“Era
una vita che non guardavo la Tv”
Sedeva sul tappeto, la tuta di Naruto gli stava
decisamente troppo larga con quei polsi esili e le gambe magre.
“Dio,
ma dove vivevi?” Chiese Naruto fissandogli le spalle
ossute e la chioma in fiamme.
“Dove
non vivevo, vorrai dire. Mica tutti hanno una vita
facile come la tua, una bella casa, genitori, amici, scuola...ci si
arrangia
come si può” Gaara si portò alle labbra
un biscotto.
“Sì,
ci si arrangia come si può” Gli fece eco Naruto.
“Dai,
cosa vuoi in cambio?” Questa volta gli occhi chiari del
ragazzo parvero farsi di ghiaccio, era serio. “Mi hai
praticamente salvato il
culo da un massacro, quei tizi mi avrebbero pesato ancora, devi volere
qualcosa
in cambio, per forza!”
Naruto gli
sorrise, incrociò le braccia e lo guardò quasi
divertito. Cominciava a capire. Il mondo di Gaara si basava su
dinamiche ben
precise, sopravvivere, barattare, fuggire dai pericoli, sopportare il
dolore e
andare avanti.
“Quanti
anni hai?” Chiese il biondo.
“Eh?
Ma sei fuori? Che te ne frega...dai, mi spoglio” Diede
le spalle alla Tv e si sfilò felpa e maglietta.
Era magrissimo,
la pelle chiara screziata da ecchimosi,
ferite, qualche vecchia cicatrice, eppure era armonioso, proporzionato.
Naruto
deglutì a vuoto, poi ripeté la domanda:
“Gaara, quanti
anni hai?”
Gaara
sbuffò un “abbastanza”, poi
gattonò fino a ritrovarsi
con il viso tra le gambe di Naruto, che sedeva immobile sul divano.
“Abbastanza
sarebbe a dire?” Chiese ancora, cercando di
indovinare nella sua testa: sedici, diciassette, diciotto...
“Abbastanza
per fare questo”.
Gaara gli mise
una mano sull’addome, scendendo con le dita
ossute fino sotto l’elastico del pigiama, incontrando il
vincolo dei boxer e
massaggiando la sagoma di un’erezione dura, innegabile.
Sorrise
vittorioso.
“Non
negarlo, una parte di te chiede qualcosa in cambio del
servizio offerto. Il ruolo del buon samaritano non ti si
addice”
Naruto strinse i
denti e cercò di allontanarlo, senza
riuscirci, la volontà delle sue mani era debole, gli occhi e
le dita di Gaara
lo avevano stregato.
“Quanti
anni hai?” Si forzò di chiedere ancora, come se
quella domanda innocente potesse salvarlo dal movimento della mano
dell’altro,
dalla sua carne ora esposta all’aria tiepida della stanza.
“Tu,
Naruto, quanti anni hai?” Chiese Gaara prima di leccarlo
dalla punta fino alla base, baciando solo con le labbra la pelle tesa e
calda.
“Diciotto”
“Allora
avremmo potuto frequentare la stessa scuola, essere
compagni, essere amici, se le nostre vite non fossero state tanto
diverse”
Sussurrò, prima di aprire la bocca e chiudere gli occhi.
Naruto non lo
toccò mai, non gli infilò mai le dita tra le
ciocche corte e scomposte, quasi potessero davvero bruciare come il
colore
lasciava intendere. Aveva paura, tremava dentro, godeva e si sentiva in
colpa
allo stesso tempo.
Non avrebbe
voluto e avrebbe voluto, e sapeva dentro di sé
che l’aveva desiderato fin dal momento in cui quelle labbra
l’avevano proposto.
La prima volta
che Sasuke glielo aveva preso in bocca si era
sentito al settimo cielo, vincitore tra tutti i vincitori, per poi
cadere
sconfitto dal suo sguardo, dal suo deriderlo.
Adesso era
diverso, Gaara muoveva la testa lentamente,
scendeva e risaliva con le labbra seguendo un ritmo tutto suo,
sballato, con le
mani a sfiorargli ogni tanto l’interno delle cosce, ad
afferrare, a carezzare,
con una sorta di gratitudine, ripagava la gentilezza di Naruto
nell’unico modo
che conosceva, vendendosi.
“Smettila...”
Balbettò Naruto, arpionando con le dita un
cuscino.
“Gaara
ti prego...smettila”
Il rosso si
staccò da lui e lo guardò con aria interrogativa.
“Non
ti piace?” Chiese.
“A te
piace farlo?” Chiese di rimando Naruto, tra
l’interdetto e l’arrabbiato.
Il rosso gli
poggiò le mani sulle ginocchia, lo guardò,
cercò
qualcosa nel suo viso che Naruto non riuscì a capire, poi,
prima di riabbassare
la testa, sottovoce, disse: “Vieni quando vuoi”.
*°*°*°*°*
Naruto non
riusciva a dormire, ogni volta che chiudeva gli
occhi rivedeva le labbra sporche di Gaara, la sua lingua rossa uscire,
sfiorare
i denti e poi leccare.
Non sarebbe
dovuta andare così, lui avrebbe dovuto aiutarlo,
non usarlo.
Erano soli
entrambi, dopotutto, anche se Gaara lo ignorava.
Naruto avrebbe voluto curare ogni sua ferita, e tramite quella
guarigione
curare se stesso. Sì, forse lo stava usando, ma in un modo
nobile, che avrebbe
giovato ad entrambi, che avrebbe fatto sentire lui un po’
meno solo e un po’
meno sbagliato e che forse avrebbe salvato Gaara da quella strada che
lo voleva
con le ossa spezzate e l’anima venduta.
*°*°*°*°*
Gaara
mi ha fatto quasi
tenerezza in questo capitolo, il suo tentativo di sdebitarsi
è paradossalmente
innocente, per uno che conosce solo quella moneta di
scambio…ahhh, scusate l’attimo
di riflessione. Povero Naruto, sì, il buon samaritano
corrotto…
Allora,
questo da cui
scrivo è un pc precario…a breve Allynchannel
tornerà a trasmettere le regole…intanto
ecco il terzo capitolo di questa fic, che beh, spero vi piaccia, anche
se la
tematica non è tra le più leggere. Come sempre vi
mando un bacio <3
Spero
di leggere i
vostri commenti, o di raccogliere i pomodori che mi lancerete.
Gaara
intraprendente
eh? Sasuke non sarà da meno nel prossimo capitolo, con le
dovute differenze
caratteriali…
Povero
Naruto, non dico
altro.
Alla
prossima! Vi
aspetto
Ps:
grazie a chi ha
avuto la voglia di commentare e mettere questa storia tra le
seguite/preferite/ricordate
Allyn
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 - Di momentanee follie e ospiti notturni ***
Capitolo 4
Di momentanee
follie e
ospiti notturni
Avvertimenti:
come sempre, ma senza
il rock and roll!
Dopo
quell’episodio Naruto si era imposto di non rimanere
nella stessa stanza con l’ospite per un tempo che non
superasse la mezz’ora, i
giusti minuti per mangiare e scambiarsi un saluto.
Il rosso dormiva
per la maggior parte del tempo, quasi
dovesse ricaricare le batterie, o recuperare giorni di sonno perduto.
A Naruto andava
bene, con le palpebre abbassate Gaara era
innocuo, per se stesso e per lui.
“I
tuoi sono in vacanza?” Chiese il rosso una sera,
sfogliando il volantino del supermercato.
Il biondo non
aveva risposto, gli aveva lanciato il
telecomando della tv, aveva sorriso, poi era andato a letto.
Quella mattina
spense la sveglia e sbadigliò un paio di volte
prima di ciabattare fino alla cucina e chiedere: “Latte o
spremuta?”
Nessuna risposta.
Bussò
alla porta del minuscolo bagno che si aprì cigolando.
Nessuno.
“Gaara!”
Chiamò.
Sparito,
evaporato, con lui anche la felpa nera che aveva
portato in lavanderia qualche giorno prima.
Si diede del
deficiente, anzi, del colossale deficiente.
Avrebbe dovuto
aspettarselo, certi animali non sono fatti per
vivere in cattività, ed un gatto randagio come Gaara non
poteva di certo rimanere
incollato al suo divano per sempre.
Eppure quei
pochi giorni erano stati in un certo modo
luminosi, pieni di una speranza che sì, doveva ammetterlo,
gli aveva lasciato
in bocca il sapore di un’illusione a cui non voleva dare nomi.
*°*°*°*°*
“Naruto”
Il professor
Kakashi lo richiamò alla cattedra poco dopo il
termine della lezione.
“Hai
praticamente lasciato il compito in bianco. Che ti passa
per la testa? Il nichilismo più estremo? Una forma di
protesta?”
Naruto aveva
capitò metà delle parole fuoriuscite dalle
labbra del professore, un po’ perché questo
nascondeva mezzo volto sotto una
sciarpa invernale, un po’ perché non lo stava
realmente ascoltando.
“E’
successo qualcosa? Non sei riuscito ad avere gli
appunti…spiegami, per favore”
Un sospiro, una
risatina e poi una voce alle sue spalle.
Sasuke non era uscito dalla classe dopo il suono della campanella,
fissava il
professore e il biondo con la medesima espressione divertita.
“E’
semplicemente scemo! Nessun mistero”
Naruto si
voltò e lo guardò in cagnesco.
“Uchiha,
finiscila e vai a casa” La voce di Kakashi si fece
più ferma
Lui raccolse la
tracolla, salutò con un gesto della mano
pallida e uscì nel corridoio.
“Non
stavo molto bene” Si giustificò allora Naruto
Il professor
Hatake gli restituì il compito e “Vieni
interrogato la prossima settimana” disse congedandolo con uno
sbadiglio.
Naruto
uscì dalla classe senza sbattere la porta, anche se
sinceramente ne avrebbe avuto bisogno.
Sasuke lo aveva
aspettato, l’aria da stronzo, i capelli
legati sulla nuca e il solito sorrisetto da schiaffi.
“Hai
intenzione di ripetere l’anno, testa-quadra?”
“Hai
intenzione di rompere il cazzo, Uchiha?”
Naruto prese a
camminare spedito verso l’uscita, ma l’altro
lo seguiva senza fatica.
“Addirittura
in bianco? Stai proprio regredendo a livello di
analfabeta?” Lo derise ancora.
Naruto
uscì nel cortile, questa volta sbattendosi la porta
alle spalle, Sasuke sembrava non volerlo lasciare in pace. Era passato
da
ignorarlo completamente ad infastidirlo nel modo più
infantile ed ossessivo,
quale incoerenza.
“Hatake
è anche troppo buono con quelli come te”
Uzumaki si
voltò, gli occhi azzurri lucidi di rabbia.
“Mi
spieghi che cazzo vuoi?!” Stava gridando; un paio di
ragazzette si voltarono per guardarli.
Sasuke
incrociò le braccia e sospirò.
“Ricordarti
che sei un fallito”
Naruto
lasciò cadere lo zaino a terra e afferrò il
compagno
per il colletto della camicia.
“Ti
manca il mio uccello Sasuke? E’ per questo che fai
così
lo stronzo?”
“Con
che coraggio! Tu, che la notte continui a farti le seghe
pensandom…”
Un pugno in
pieno volto.
Naruto
mollò la presa e lasciò che Sasuke sputasse a
terra
dolorante.
“Sei
impazzito?” Aveva sibilato riprendendo fiato.
“Sì,
sono stanco Sasuke, deciditi…”
Ormai si
conoscevano da troppo tempo perché Naruto non
capisse che tutta quella cattiveria era frutto di un disagio; Uchiha
aveva un
problema, ma non sapeva come gestirlo, allora infieriva su di lui, come
se
vederlo soffrire potesse farlo star meglio.
Raccolse lo
zaino e si avviò verso casa.
Sasuke lo
seguì in silenzio, tastandosi di tanto in tanto il
labbro gonfio.
Per tutto il
tragitto Naruto guardò davanti a sé, in testa
aveva ancora il ricordo ormai usurato di quel giorno negli spogliatoi.
*°*°*°*°*
“Mettici
questo” Naruto gli lanciò una busta di piselli
surgelati.
Sasuke
l’afferrò al volo e se la poggiò sul
viso.
“Esageri
sempre, ti stavo solo infastidendo”
Borbottava,
seduto sul divano, con la testa reclinata
all’indietro e i capelli neri liberi dall’elastico.
“Hai
sbagliato giornata”
Il biondo si
tolse la giacca e lo raggiunse. “Dio come sono
stanco” Allargò le labbra in uno sbadiglio e si
prese la testa tra le mani.
“Haruno?”
Chiese poi, con lo stomaco leggermente sottosopra.
“Niente
di che, sotto la gonna è come le altre”
“Cosa
credevi nascondesse?! Coglione”
Risero entrambi,
ma senza leggerezza.
Naruto
allungò una mano verso il suo viso, Sasuke spostò
la
confezione di piselli per lasciarsi toccare dalle dita ruvide del
biondo.
“Ti fa
male?”
“Sicuramente
non è piacevole”
Non disse mi
dispiace, sfiorò la pelle arrossata con i
polpastrelli, fissò gli occhi in quelli neri di Sasuke.
Dov’era
finito il suo sorrisetto da schiaffi?
Si baciarono, e
quando Naruto provò a ficcargli la lingua in
bocca Sasuke lo morse, lo allontanò afferrandolo per il
collo, per poi
ritirarlo a sé e baciarlo ancora.
Finirono per
toccarsi come due ragazzini impazienti, l’uno
con le mani nei pantaloni dell’altro. Senza grazia e senza
tante cerimonie,
fino a sporcarsi la divisa blu della scuola.
“Merda”
Imprecò Sasuke, guardandosi il cavallo dei pantaloni.
Naruto rise, poi
si accasciò con la testa sul bracciolo del
divano.
“Vattene
a casa Sasuke, senti se Sakura ti lecca via quella
macchia” Si sentiva cattivo, e più arrabbiato di
prima.
Uchiha lo
mandò a quel paese, raccolse la propria tracolla,
gli tirò in faccia la busta dei piselli surgelati e se ne
andò, sorrideva.
Cos’era
stato?
Una pazzia
momentanea, il desiderio represso e sopito,
soddisfatto in pochi minuti.
Un ragazzo
troppo debole per ammettere di preferire i maschi
e un altro troppo innamorato per difendersi dalla sofferenza di un
sicuro
abbandono.
Naruto
gettò i pantaloni nel lavandino, si spogliò
completamente e si infilò sotto la doccia.
Lasciò
che l’acqua gli bagnasse i capelli, gli lavasse via
dalla pelle il sudore dell’orgasmo e la sensazione delle dita
sottili di
Sasuke.
Non lo poteva
avere, avrebbe dovuto accontentarsi di quegli
sporadici momenti, di lucciole destinate a brillare per pochi istanti
nel buio
della loro relazione.
Codardia?
Cattiveria? O forse Sasuke stava solo giocando,
come aveva sempre fatto con tutti,
con
quelle sua bella bocca da beffardo.
Eppure nella sua
testa quella bocca era piena e sporca, come
tutte le bugie che gli aveva sempre raccontato.
Si
riscoprì ingordo, con la mano stretta a pugno attorno ad
un’erezione di nuovo esigente. Immagini sovrapposte, labbra
sottili, ma capelli
rosso fuoco, occhiaie. Venne contro le piastrelle della doccia. Il
getto
d’acqua cancellò via il colare denso di
un’omosessualità mai dichiarata al
mondo, firmando in modo effimero una realtà che Naruto aveva
deciso di
accettare.
*°*°*°*°*
Quando
bussò alla sua porta la sveglia segnava le tre meno un
quarto.
Era notte fonda,
il vento e la pioggia scuotevano gli
avvolgibili, Naruto aveva ancora sonno, ma i colpi alla porta si fecero
più
insistenti, così si avvolse in una coperta e
ciabattò fuori dalla camera.
“Chi
è?”
La voce
impastata e il cuore in allerta.
“Io”
Naruto
aprì. Il visitatore aveva il labbro sanguinante, un
braccio nascosto sotto la giacca e gli occhi rossi.
“Gaara”
“Visto?
Ho pensato a te” Biascicò il rosso, sedendosi sul
pavimento dell’ingresso, mentre Naruto richiudeva la porta.
“Madre
Natura mi ha lavato” Stava ridendo, zuppo fino al
midollo; si ravvivò i capelli all’indietro poi
rise ancora. “Mi hanno preso
alle spalle, bastardi” tossì un po’ di
sangue sulla manica della giacca verde e
si sdraiò a terra.
Naruto
sospirò esasperato, si chinò sul ragazzo e lo
schiaffeggiò sulle guance.
“Apri
gli occhi, cretino”
“Sono
strafatto, mi hanno pestato, dammi tregua” Ribatté
lui
rimanendo disteso.
Pareva divertito
da tutta la situazione, conciato in quel
modo nessuno sarebbe stato così allegro.
“Che
diavolo hai combinato?” Naruto si mise seduto al suo
fianco, cos’altro poteva fare?
Gaara
allungò il braccio sano verso l’alto, fece cenno
di
afferrare qualcosa di lontano ed invisibile.
“Ho
provato…” Sorrideva in modo triste “Poi
è arrivato lui,
ne aveva un po’ di più, gli era
avanzata… Un prezzo così! Praticamente
regalata. Loro mi hanno preso, volevano i soldi della vecchia partita,
non
avevo uno spicciolo, ero fatto, ok? Ero fatto…”
Parlava
trascinando un po’ le parole, e in certi momenti
sembrava sul punto di piangere, ma Naruto non ci badò, lo
lasciò parlare per
molti minuti, forse per un’ora o più. Perse il
senso del tempo, mentre la voce
roca di lui copriva il ticchettare della pioggia contro i vetri. Gaara
gli
raccontò di un fratello più grande che in strada
tutti conoscevano come “il
burattinaio”, gli raccontò delle sue prime
commissioni, di quando le sue mani
erano troppo piccole per stringere pacchetti dal contenuto sconosciuto.
C’erano
stati uomini di cui ricordava solo l’odore di marcio, con le
mani sporche e
soldi stropicciati da offrirgli. Spacciare quella roba alla fine era
diventato
facile, dipenderne forse ancora di più.
Si
addormentarono entrambi sul pavimento bagnato, mentre la
pioggia e il vento cessavano pian piano di infuriare.
Sono
contenta che a
qualcuno piaccia questa storia, ebbene sì, un momento
NaruSasuNaru :3 come
poteva mancare? Io a Gaara non so se avrei aperto la porta con tanta
facilità,
ma Naruto è buono, troppo.
In
ogni caso il rosso è
tornato all’assalto, un po’ malconcio, un
po’ devastato nel fisico e nell’anima.
A volte combattere i propri demoni in solitudine non significa riuscire
a
sconfiggerli, a volte bisogna chiedere aiuto. Ma Gaara è
testardo, davvero.
Povero
Naruto, ancora
una volta.
Spero
di leggere i
vostri commenti, sono il carburante per continuare a scrivere su EFP
<3
GRAZIE
DAVVERO
ALLYN
PS:
regola dell’altra
long quasi pronta!
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 - Opportunità ***
Capitolo 5
Opportunità
*°*°*°*°*
Avvertimenti:
no, il rock and roll
non c’è ancora, ma il resto rimane! NC 17 just in
case!
Quando Naruto si
svegliò Gaara dormiva ancora. Respirava
piano, rannicchiato in posizione fetale, avvolto nella giacca ancora
umida di
pioggia.
Così,
perso nell’incoscienza del sonno, gli sembrò un
bambino, il ragazzino che era in realtà, diciassette,
diciotto anni appena.
Gli
sfiorò i capelli con la punta delle dita, percorrendo la
confusione morbida di ciocche asciugate all’aria; rosse come
fiamme, ribelli
come il fuoco.
Gaara era vero,
con tutti i suoi problemi, e alla luce del
mattino, tutte le parole che erano uscite dalle sue labbra, assunsero
l’orrenda
forma delle verità che Naruto non aveva voluto concepire.
Lo
chiamò, e solo dopo tre o quattro tentativi Gaara
aprì gli
occhi.
“Io…”Borbottò
“Cazzo” concluse guardandosi intorno stupito.
Si tirò a sedere mordendosi le labbra per il dolore al
braccio.
“E’
rotto?” Chiese Naruto indicandolo.
“Mi
sono svegliato ora, non so neppure perché sono qui,
‘cazzo
ne so se è rotto?”
Si
sfilò la giacca ed esaminò l’arto
“Nah, tutto intero”
Sorrise, con il mento incrostato di sangue, poi rovistò
nelle tasche della
giacca, fino a tirare fuori un pacchetto di sigarette e un accendino.
“Non
volevo piombare a casa tua, probabilmente era di strada”
Si giustificò mentre teneva stretta tra le labbra la
sigaretta appena accesa.
“Come
fai a ridurti così?” Naruto lo guardò
dal basso verso
l’alto, per poi inchiodare lo sguardo strafottente di chi se
ne infischia delle
regole.
“Così
come? Dai, sai che so sdebitarmi” Rispose ammiccante.
“Ma ti
senti? Ti sei visto?”
Gaara fece le
spallucce, poi tirò forte dalla sigarette e
soffiò il fumo dritto in faccia al padrone di casa.
“L’ultima
volta mi sei venuto in bocca, non mi sembra che ti
sia dispiaciuto”
Naruto avrebbe
voluto dargli un pugno, ma si limitò a
digrignare i denti.
“Bussi
alla porta di casa mia nel cuore della notte,
strafatto e sanguinante…”
“Sei
stato tu ad aprirmi” Gaara sostenne lo sguardo infuriato
del biondo.
“Cosa
avrei dovuto fare? Lasciarti fuori dalla porta?”
“Io
avrei fatto così”
Naruto dovette
attingere a tutta la sua pazienza per non
buttarlo fuori di casa a calci, inspirò profondamente,
ripensando che dopotutto
non erano così diversi, erano entrambi soli, si erano
arrangiati. Erano
sopravvissuti.
“Perché
sei sparito?” Domandò.
“Non
riesco a stare troppo a lungo nello stesso posto”
“Ti ho
aperto casa mia perché tu non tornassi in strada”
“Qui
non ho quello di cui ho bisogno” E Naruto capì che
alludeva alla droga.
“Dovresti
smettere”
Un’altra
risata, Gaara spense la sigaretta sul pavimento e
guardò il biondo.
“Non
giocare con me al salvatore, prima che tu riesca a salvarmi
è più facile che io ti trascini
all’inferno”
Si
alzò in piedi, si scosse la cenere dalla giacca, si
ravvivò
i corti capelli rossi all’indietro e raggiunse la porta.
“Non
sto giocando Gaara, ti sto solo offrendo
un’opportunità,
puoi vivere in modo diverso, se vuoi” Naruto gli aveva
afferrato un polso per
trattenerlo. Gaara non aveva capito niente, non aveva capito che lui
non stava
cercando di salvarlo, stava cercando di salvare se stesso dalla
solitudine e
dallo sconforto.
“Sai
cosa, Naruto? E’ facile giocare al buon samaritano nelle
tue condizioni. Lo fai per noia? Dimmi, mamma e papà ti
hanno già comprato tutto
quello che desideravi? Ti annoi?”
Sasuke sapeva
essere cattivo, lo faceva consapevolmente, per
irritarlo, Gaara invece non sapeva la verità, quindi poteva
esser giustificato,
eppure Naruto reagì comunque in modo violento.
Un pugno ben
assestato, poi il senso di colpa, dopotutto
l’altro era già ferito, dopotutto
l’altro non sapeva, dopotutto…Perché
era così
importante, perché per lui era così essenziale?
“I
miei sono morti!” Gridò il biondo, crollando in
ginocchio
accanto a Gaara.
Il rosso si
tenne l’addome e dopo un paio di insulti
sussurrati tra i denti scoppiò a ridere.
*°*°*°*°*
Gaara aveva la
sigaretta stretta tra le labbra e gli occhi
color acquamarina fissi sulle mani di Naruto. Avvolto in un accappatoio
arancione e seduto sul copri-tavoletta del cesso del
continuò a sbuffare frasi
sconnesse, per poi esordire con: “Potresti avere un futuro da
infermiera”
mentre l’altro gli disinfettava un brutto taglio sul braccio.
“Divertente”
Il biondo era troppo concentrato sulla ferita
per preoccuparsi delle frecciatine che Gaara gli lanciava ogni tanto.
Lo
fasciò ben stretto, poi guardò la sua opera con
soddisfazione.
“Bene,
passiamo alla gamba”
Gaara
roteò gli occhi, poi sorrise malizioso, si aprì
l’accappatoio, lasciando che Naruto lo guardasse.
“D-dov’è
l’altro taglio?”
“Sulla
coscia, in alto” Gaara gettò la testa
all’indietro,
tirò avidamente dalla sigaretta e sbuffò verso il
soffitto, mentre le mani di
Naruto armeggiavano delicate sulla sua pelle.
“Se ti
faccio male avvertimi” Gli disse il biondo, pensando
che per medicare quella ferita non era necessario spogliarsi
così, qualcosa gli
suggeriva che Gaara lo aveva fatto di proposito, per provocarlo.
“Metto
un cerotto” Lo avvisò.
Gaara lo
fissava, sentiva i suoi occhi scaltri addosso,
trafiggerlo come due lame.
“Lo
sai cosa facevano le infermiere ai soldati feriti per
sollevargli il morale?”
“Smettila,
Gaara” Lo ammonì Naruto.
Il rosso pareva
di buonumore perché rise dell’imbarazzo del
padrone di casa.
“Grazie”
Sussurrò poi, alzandosi in piedi e lasciando cadere
l’accappatoio arancione sulle piastrelle.
Naruto si
forzò di non guardare.
“I
vestiti, te li ho lasciati in camera” Gli disse, contando
le gocce d’acqua sul pavimento.
“Non
credo di avene bisogno, adesso”
La voce roca di
Gaara gli riempiva la testa e i pantaloni,
sarebbe bastato alzare gli occhi, guardarlo, toccarlo.
“In
questa casa non si gira nudi” Lo ammonì.
“E
perché mai? Siamo nati nudi, almeno in casa dovremmo
poterci sentire a nostro agio” Sorrideva, e Naruto se ne
accorse, lo poteva
leggere nel tono della sua voce.
Alzò
gli occhi e lo guardò.
Nudo e pallido,
in modo diverso da Sasuke, Gaara
era privo di quella finezza elegante,
ma più asciutto, elementare, con le ossa de bacino che
sporgevano sotto la
pelle tirata e candida, screziata da tutti i minuscoli segni delle
cicatrici
passate. Era bello, di una perfezione grezza, e nella splendente
giovinezza del
suo corpo Naruto poteva leggere i giorni in cui aveva mangiato meno, o
quelli
in cui aveva fumato troppo, sul profilo delle sue costole rivedeva le
nottate
passate a perdere il senno per vagare in luoghi senza forma e colore,
dove
tutto sembrava migliore.
Naruto
indugiò sul suo collo, sui segni ancora scuri di dita
che lo avevano afferrato con troppa forza, sulle ecchimosi sullo sterno
e sulle
braccia, sui cerotti appena messi, sul petto magro e quei capezzoli
rossi e
rotondi. Scoprì un tatuaggio sul fianco, nero brillante, uno
strano ideogramma
che si perdeva tra i ricci rossi del pube.
Naruto chiuse
gli occhi di scatto, si sentì colpevole, meschino.
Gaara gli aveva
offerto nuovamente il suo corpo, e lui ne
aveva nuovamente approfittato, anche se solo con gli occhi.
“Naruto?”
Lo chiamò.“Puoi toccarmi”.
“Come?”
Chiese il biondo avvicinandosi e posando le dita
sull’ombelico di Gaara, “Come uno di quei vecchi
che ti pagano?”
Gaara prese la
mano di Naruto e se la portò tra le gambe.
“Toccami”
Naruto ritrasse
la mano, “Non così” pensò.
Gaara
alzò entrambe le braccia in aria e sospirò, poi
parlò
al soffitto come se vi fosse stato un interlocutore invisibile:
“Da frocio ad
eterosessuale, a volte si convertono!”
Lui sorrise e
scosse la testa “Vai a vestirti”. Gaara
uscì
dal bagno e chiuse la porta lasciandolo da solo.
Per Naruto
chiudere la porta a chiave e masturbarsi sotto la
doccia fu quasi d’obbligo
Quando
uscì dal bagno era stanco e dolorante, aver dormito
sul pavimento con Gaara non era stata di certo un’idea
grandiosa per le sue
articolazioni.
Lo
trovò steso sul divano, con indosso una sua maglietta e un
paio di pantaloncini.
“Ehi
bello, ci hai messo un’ora!” Esclamò
battendosi l’indice
sul polso magro dove avrebbe dovuto trovarsi un ipotetico orologio.
Naruto
sbuffò e si sedette vicino a lui.
“E’
domenica, che ne dici di uscire?” Chiese poi, di rimanere
in casa con quella mina vagante dai capelli rossi proprio non se ne
parlava.
“Uscire?
E per andare dove? Fuori piove”
Gaara non aveva
tutti i torti.
“Naruto,
come sono morti i tuoi?” Chiese poi il ragazzo,
fissando lo schermo della tv.
“Incidente
stradale”
“Li
ricordi?”
“Poco,
troppo poco. E i tuoi?” Naruto lo guardò, ma Gaara
continuò a fissare lo schermo cambiando canale.
“Sono
l’ultimo di tre fratelli, mia madre è morta per
colpa
mia. Parto complicato”
Prima coltellata.
“E i
tuoi fratelli dove sono?” Gaara si voltò.
“Ci
misero tutti e tre in uno di quei centri, sai, tipo
quelli che si vedono in tv. Mia sorella era la più grande,
se ne andò presto,
incontrò un tizio che la portò via da quella
merda di posto, avrei fatto lo
stesso. Io e mio fratello ce la siamo cavata”
“E tuo
padre?” Chiese Naruto.
“Mmmh,
boh?! Magari mia madre era una puttana!” Scoppiò a
ridere.
“Non
dovresti parlarne così”
“Neanche
l’ho conosciuta”
“Kankuro
non ha mai voluto dirmi niente di lei, gliel’ho
portata via, eppure si è sempre occupato di me”
“Il
burattinaio?”
Gaara
sgranò gli occhi: “Lo conosci? Hai comprato
qualcosa da
lui?”
Naruto fece
cenno di no con la testa “Ieri ne hai parlato per
un po’”.
Il rosso
abbassò lo sguardo sui tasti del telecomando.
“Con
la scuola come hai fatto?”
“Obbligatoria
fino ai sedici anni, al centro hanno rotto fino
all’ultimo giorno prima del mio compleanno” Sorrise
leggermente “Non mi è mai
piaciuta”
“Non
hai intenzione di finire le superiori?”
Gaara
alzò le spalle e scrollò la testa. “Chi
ne ha bisogno?
Kankuro se l’è cavata lo stesso”
“Spaccia”
“E
allora? Qualcuno dovrà pur farlo, altrimenti quelli della
tua amata scuola da chi la comprano la roba?”
Le follie di
Gaara potevano anche seguire una certa logica,
ma Naruto proprio non riusciva a concepire come si potesse cadere
così in
basso.
“Devi
riprendere gli studi” Esordì. “Poi
potrai trovarti un
lavoro, guadagnare e…”
“Naruto”
Gaara spense la tv. “Non provare a salvarmi
dall’inferno, quelli come me sono già
bruciati”.
“Non
è vero!”
“Per
te è facile dirlo, i tuoi ti hanno lasciato questa casa,
qualcuno si sarà preso cura di te…”
Naruto
ripensò al vecchio zio eremita, l’uomo con i
capelli
lunghi e bianchi che ogni anno tornava da uno dei suoi lunghi viaggi
per
portargli qualche strana cianfrusaglia, ricordò lui e le
telefonate notturne,
ricordò il maestro Iruka, l’uomo che alle
elementari lo portava sempre a
mangiare fuori, che ogni tanto, nonostante ormai fossero passati molti
anni, si
ripresentava alla sua porta con un invito per un pranzo assieme.
Lui, al
contrario di Gaara aveva avuto qualcuno, le pareti
luminose di una casa, e non quelle sterili di un centro sociale.
“E
all’inferno con te, cosa potrei fare?” Chiese, gli
tremavano le labbra, Gaara era vicinissimo, con gli occhi chiari
puntati nei
suoi.
“Bruceresti”
Gli rispose. Poi lo baciò.
Labbra contro
labbra, una danza lentissima. Gaara baciava
scivolando dolcemente, dita tra i capelli, sul collo. Baciava con una
consapevolezza diversa da quella di Sasuke, toccava senza foga, un
paradosso,
lui che si vendeva con la facilità di un saluto per un
po’ di soldi, lui che
non esitava, lui che sfidava la sorte, la legge, la vita.
Gaara lo
baciò inizialmente con una gentilezza che sembrava
non appartenergli, si portò le mani di Naruto sul petto, le
guidò sotto la
maglietta, sul profilo magro delle costole, tra i peli ricci e rossi
del pube.
Naruto si
ritrovò a boccheggiare nel bacio, sentendo
l’erezione dura e inaspettata dell’altro tra le
dita.
“Cosa
vuoi?” Sussurrò sulla sua bocca dischiusa.
Sentì le
labbra di Gaara tirarsi in un sorriso. Non aprì gli occhi,
mentre il rosso
portò le dita sul suo addome.
“Bruciare”
Rispose, colmando la piccola distanza tra le loro
lingue, invadendogli la bocca, questa volta con foga.
*°*°*°*°*
[Sasuke]
Le teneva i
capelli chiari stretti in un pugno, voleva
vederla bene, abbassarsi tra le sue gambe, aprire le piccole labbra
color
ciliegia, succhiare per lui.
Lei gli avrebbe
fatto di tutto, e si sarebbe fatta fare di
tutto, come qualsiasi altra ragazza con cui era stato.
Non si fece
schifo, quando strinse la presa e la spinse con
forza verso il basso, per sentire di più le pareti della sua
bocca avvolgerlo,
caldissime.
Non gli piaceva,
non gli piaceva perché non sapeva farlo, non
gli piaceva perché quel giorno non ne aveva voglia, ma lei
lo aveva guardato
con i suoi occhioni verdi come a
dire
“non mi vuoi più?”. A lui era venuto a
mente Naruto, allora si era seduto sulla
sedia girevole di camera sua e si era sganciato i pantaloni.
Lei era dolce e
disponibile, con la gonna a quadri
dell’istituto che le arrivava poco sotto il ginocchio, come
le brave ragazze.
Eppure si era fatta toccare, prendere, comandare dagli occhi di lui.
Non
l’aveva sfidato come faceva Naruto, non l’aveva
preso a
pugni quando faceva lo stronzo, e lui, lo stronzo, lo faceva spesso.
“Sakura”
La chiamò, lei alzò gli occhi e lo
guardò.
“Basta”
Disse.
Lei
annuì e si staccò pulendosi le labbra con la
manica della
camicetta.
“Non
ti piaceva?” Chiese ingenuamente. Odiava quella
devozione, quello sguardo innamorato, dolcissimo.
Le
portò le mani al viso e si sporse per baciarla, un bacio
velocissimo che la lasciò con le labbra dischiuse,
inappagate; poi le sganciò i
primi due bottoni della divisa scolastica, benedicendo per un attimo
quel seno
scarso, il petto androgino.
Si
sentì sbagliato, e allora si fece schifo,
immaginò un
altro corpo, così diverso da quello sottile ed armonioso di
lei.
“Sasuke…vuoi?
Io ti voglio?” Biascicò lei, emozionata,
felice.
Sasuke avrebbe
voluto comportarsi da brava persona,
riagganciarle quei due bottoni color perla, darle un bacio in fronte e
augurarle di trovare un bravo ragazzo da amare e da cui lasciarsi
amare, fare
tanti bei bambini e Amen.
E invece Sasuke
non sapeva e non voleva comportarsi da brava
persona, si sentiva arrabbiato e preso in giro, dalla vita, dal mondo.
Lui non voleva
essere come l’altro, non voleva essere
l’ennesimo errore, l’ennesima vergogna.
Si chiese se
fosse possibile, due su due in una sola
famiglia.
Forse erano i
loro geni ad essere malati?
Sentì
il cuore accelerargli, la colpa offuscargli i pensieri.
“Sas…”Lui
la zittì con un altro bacio, le morse il collo, si
portò le mani di lei addosso. Voleva essere normale.
Lei
ansimò nel bacio, assecondò le dita di lui,
lasciò che
gli sfilasse gli slip.
“Prendimi”
Gli disse. Fu quel sorriso di donna, furono i suoi
occhi enormi e pieni di desiderio a far intaccare il motore.
Naruto non
avrebbe mai detto così, non sarebbe mai stato
tanto arrendevole, avrebbe combattuto per avere la
supremazia…ma Naruto era un
maschio e a lui i maschi non piacevano, non dovevano piacere.
La
trascinò sul letto e la baciò con rabbia,
sperando che non
parlasse più, ma lei continuava a gemere il suo nome, a
dischiudere le labbra a
non essere Naruto.
La
portò sotto di sé, la voltò di spalle,
le baciò la schiena
e il collo, le alzò la gonna sopra i fianchi e sorrise,
pensando che senza
vederle il viso le cose andavano meglio.
La
sentì borbottare qualcosa, forse insicura.
“Ti
voglio pendere così, va bene? Ti voglio
così…” Le
sussurrò all’orecchio, pianissimo.
Allora lei
annuì, premendo le labbra sul cuscino, ansimando
un sì sottovoce, piegando le ginocchia contro il materasso.
La
toccò con le dita e immaginò di toccare
l’altro, forse con
poca grazia, forse le fece male, ma mentre le stringeva i fianchi e si
spingeva
dentro di lei pensò a Naruto, piegato sotto di lui su quel
materasso, allora
gli bastarono pochi colpi, per venire.
*°*°*°*°*
NOTE: ok, lo
sapete, è negli avvertimenti, questa fic non è
buona con i pg, non è comica, anche se a tratti si cerca di
scucire qualche
sorriso. Naruto, Sasuke, Gaara, Sakura stessa…sono tutte
anime da ardere, sono
tutti bruciati, o lì per diventarlo, persone un
po’ alla deriva, un po’ deboli,
o ostentatamente forti. Io spero di non deludervi, di non esser troppo
cruda, o
troppo…non so, insomma... sarà che oggi sono
particolarmente emotiva e…sì, mi
sono accorta che per quanto lo spolverino rosa sia odiato da tutti non
è un pg
così negativo da meritarsi tutta ‘sta
stronzaggine, però arrabbiatevi con
Sasuke, che forse qui è abbastanza stronzo da sembrare IC
ahahah scusate, smetto…Sakura
comunque non è stupida, sa benissimo che una parte di Sasuke
non la vuole, ma
lei lo ama, si illude che lui ricambi, si illude che tutto possa
funzionare
bene, in futuro. E Gaara…non aggiungo altro, povero dolce
gatto randagio.
Insomma, qui non
ho mai scritto molto, ma oggi mi sentivo di…insomma,
tentativi di comunicazione.
Un bacio, spero
tanto di leggere le vostre recensioni, i
vostri commenti e spero che questa storia continui a piacervi.
Ps: la regola
è quasi pronta! Domani saremo Online! <3
Allyn
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 - Confusione ***
Qualche tempo fa ho ricevuto acluni messaggi su efp, vi leggo ancora, spesso mi commuovo di fronte alle vostre parole, non sapete quanto vorrei tornare a scrivere come un tempo, ma sono come dire...bloccata? Ho trovato tra le vecchie cartelle un pezzo del capitolo 6 e qualche appunto su come sarebbe dovuta finire questa storia, così come quella delle regole https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2334994 che tanti di voi recensivano e amavano...spero, spero davvero di tornare a produrre qualcosa che possa emozionare ancora, spero di tornare a leggere le vostre bellissime e numerose recensioni e spero davvero di poter portare a termine queste due vecchie Long fic con le giuste premure che meritavano.
mi mancate,
tanto.
A.
Capitolo 6
Confusione
*°*°*°*°*
[Sasuke]
Itachi era sempre stato il figlio perfetto, il fratello da ammirare, il ragazzo gentile dagli occhi troppo dolci e i capelli troppo lunghi.
Sasuke aveva corso a perdifiato, con le sue gambe magre e veloci da undicenne.
Avrebbe voluto sorprenderlo, infilarsi di soppiatto nel corridoio di casa, appostarsi come un ninja dietro la sua porta e gridare “Bu!”.
Era certo che Itachi avrebbe urlato dallo spavento, forse avrebbe perfino fatto volare in aria tutti i suoi appunti, assorto nel silenzio della casa vuota sarebbe stato ancora più vulnerabile.
Sasuke si appostò dietro la porta, sentì il legno fresco sotto le dita, e poi rumori, respiri, sospiri, risate trattenute.
Sasuke era ancora un bambino quando li vide, e come bambino non capì tutto, vide e basta, vide e nascose nella parte più profonda del suo cuore.
Stupore, curiosità, paura.
Con l’occhio che quasi si fondeva al buco della serratura, “Spione” continuava a ripetersi, mentre il battito di chi scopre un segreto andava inondandogli le orecchie, non abbastanza per coprire quelle due voci così familiari.
Itachi rideva, Shisui, suo cugino, loro cugino, lo baciava.
Sulla bocca.
Sul collo.
Sulla pancia piatta e nuda.
Perché?
Perché lo stavano facendo?
Quelle erano le cose che facevano uomini e donne nei film in tarda serata, quando suo padre lo mandava a letto e borbottava qualcosa di incomprensibile del tipo “questi film andrebbero censurati. Pudore, gente, pudore!”.
Ma Itachi, per quanto avesse i capelli lunghi, non era una donna. Eppure Shisui lo accarezzava con dolcezza, poi posava la fronte contro il suo petto e sospirava, pareva triste.
“Non avrei dovuto” E lo sfiorava con le dita.
“Prima o poi l’avrei fatto io” Itachi gli aveva preso il viso tra le mani.
“E’ sbagliato, siamo sbagliati insieme”
Passò un anno da quell’episodio che Sasuke aveva tentato disperatamente di rimuovere dalla propria mente.
Arrivarono le grida furibonde di suo padre, poi il pianto silenzioso di sua madre e gli occhi neri e tristi di Itachi.
“So bene di avervi deluso, ma questa è la realtà dei fatti” erano state alcune delle parole che ricordava.
“Mi piacciono gli uomini” altre parole, le più importanti.
A Sasuke era tornato in mente, vivido come una fotografia a colori, il ricordo del corpo di Shisui sopra quello magro e asciutto di Itachi, le loro labbra, la loro pelle ugualmente pallida.
“Perché è sbagliato?”Fu la domanda che lo tormentò per giorni.
*°*°*°*°*
[Naruto]
“Bruciare”
Dopo quella parola tutto aveva preso fuoco.
Le dita di Naruto parevano scottare su quella pelle pallida, Gaara respirava piano, poi forte, poi ancora piano e l’altro lo guardava, immobile. Ricordava di aver percorso i metri che li separavano dal letto senza mai staccare le labbra da quelle del rosso, ricordava le loro lingue lottare, far pace, lottare ancora, ricordava i denti che cozzavano dolorosamente, e il ringhio trattenuto in gola, quando l’altro gli aveva affondato le dita tra i capelli tirandoli un poco.
Era stato Gaara a infilargli il preservativo, l’unico che aveva trovato nel cassetto, l’unico di una confezione che Naruto aveva quasi finito masturbandosi da solo, sperando un giorno di poter trascinare su quel letto Sasuke.
Illuso.
Ora però, steso sulle sue lenzuola, con le gambe leggermente divaricate, il respiro affannato e gli occhi spalancati c’era Gaara, e c’era la sua mano destra che gli stringeva l’erezione.
“Allora...” Ansimò il ragazzo sotto di lui, impaziente.
Naruto voleva. Sapeva di volerlo, sapeva di voler colmare quei pochissimi centimetri che li dividevano, sapeva di voler entrare in quel corpo magro e bello, sapeva di volerlo scopare, eppure non riusciva a muoversi. I muscoli, le ossa, le mani, tutto gli sembrava aver mutato peso, esser divenuto pietra.
C’era qualcosa che non andava, qualcosa che gli ticchettava in testa, come l’annuncio tragico di una bomba nascosta.
Gaara era nudo, disponibile, pronto, con il ricordo quasi graffiante delle sue dita invadenti dentro, eppure…
Nella sua testa un continuo turbinare di immagini, sensi di colpa, paure.
Sasuke.
Lo amava? Si amavano? C’era davvero qualcosa tra loro? Nei sorrisi strafottenti, in quei momenti di passione incontenibile? Eppure con Sakura sicuramente non si era fatto troppi scrupoli, non aveva indugiato, non aveva pensato “non voglio tradire Naruto”. Che sciocchezze gli andava suggerendo quella sua testa sconclusionata?! Di lui, Sasuke, non ricordava neppure il nome, mentre scopava, ci avrebbe scommesso qualsiasi cosa.
Si era preso la verginità di Sakura il giorno stesso in cui si era dichiarata, nel bagno del terzo piano, durante l’ora d’arte; mentre il professore illustrava il Barocco, lui le alzava la gonna, le scostava gli slip e la penetrava con uno di quei profilattici che regalavano in infermeria. Lee, barricato in bagno per uno dei suoi momenti di lotta e sconfitta con il lattosio, li aveva visti, aveva visto i movimenti bruschi di lui, quella decina di colpi rapidi, aveva sentito la cerniera dei pantaloni di Sasuke richiudersi poco dopo, e poi, da uno spiraglio tra il legno della porta e lo stipite ecco il volto di Sakura, rosso, le sua mani incerte, mentre si abbassava la gonna sulle cosce pallide chiedendo: “ora stiamo insieme, vero?” Lee Lo aveva raccontato agli altri; “Uchiha è una bestia” aveva sussurrato triste
A Naruto girava la testa, non riusciva a capire se stesso, figuriamoci quella testa di cazzo di Sasuke, e poi, oltre al problema Uchiha, permaneva quel senso di inadeguatezza e giudizio che gli piombava addosso quando si trovava di fronte a Gaara. Lo voleva o lo stava solo assecondando? Quanti uomini aveva ringraziato così, con il corpo? Quante volte lo aveva fatto solo per avere qualcosa in cambio? Gli piaceva davvero? Aveva mai avuto la possibilità di poter scegliere?
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