La variabile del rapporto di coppia

di pandanto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


«Sheldon, non andrò a farti una bevanda calda», esclamò Leonard visibilmente seccato, «Sei ben capace di prepararne una da solo!».

«Ma tu sei più vicino alla cucina!», ribatté l'amico voltando leggermente la testa verso sinistra per essere più udibile, mentre fissava lo schermo del pc.

«Sheldon, sono in bagno», disse l'altro, con voce sarcastica.

Sul monitor apparve l'avviso di chiamata di Skype. "Amy Farrah-Fowler".

«Ciao, Sheldon!».

«Oh, ciao Amy! D'accordo, siamo apposto con i convenevoli, perché mi contatti?». Il volto della donna si fece velatamente corrucciato, ma poi si distese dopo un profondo sospiro.

«Beh, ecco... Volevo invitarti a fare una leggera riflessione su quello che è accaduto, diciamo, più o meno una settimana fa...». La sua voce tremava un po', temeva che il suo fidanzato la facesse piombare in uno stato di tensione per l'argomento che si accingevano a trattare.

«Beh, sono successe tante cose il mese scorso, potresti essere più chiara?».

Amy fece un sospiro, seccata. «San Valentino?».

L'uomo distese le labbra in un sorriso tranquillizzato. «Ah, capito!Sì, beh, effettivamente è stato bravo a suonare il banjo distraendoci dall'assenza di quel dito...».
«Sheldon», lo interruppe bruscamente, «intendevo il nostro bacio. È possibile che non ti sia rimasto nulla di quel momento?».

Sheldon aggrottò la fronte e strinse fra loro le labbra, fissando per un momento un punto indefinito della scrivania.

«Beh, non so cosa risponderti. È stato, come dire, strano. Non avevo mai provato nessuna sensazione anche lontanamente vicina a quella, è stato piacevole, ma ciò non cambia la nostra situazione. Ho apprezzato il sapore delle tue labbra e ho avuto l'istinto -ah, come detesto questa parola- di stringerti i fianchi, ma il fatto che lo abbia trovato strano non implica necessariamente che non mi sia piaciuto o che non abbia intenzione di riproporre una situazione simile in futuro.»

La donna ebbe un mini infarto.

"Riproporre una situazione simile in futuro". Allora poteva baciarlo ancora!

Lei tirò un sospiro di sollievo.

«Posso chiederti di venire a trovarmi? Non per forza adesso, semplicemente quando avrai del tempo libero e ne avrai voglia...». Il fisico ci pensò su, rispondendole di sì.

«Beh, potrei venire anche adesso». Amy sorrise.

Ce la posso fare.

Toc. Toc. Toc. Amy! Toc. Toc. Toc. Amy! Toc. Toc. Toc. Amy!

La neurobiologa aprì la porta e lo accolse con un sorriso. Aveva i capelli raccolti in uno chignon improvvisato e indossava solo biancheria intima ed una vestaglia dalla quale si intravedevano le gambe magre e bianche. «Prego, accomodati. Una tazza di tè?».

«Ti ringrazio, Amy, ma non ce n'è bisogno. Come mai mi hai chiesto di venire a trovarti?».

La donna, che gli dava le spalle, sospirò piano, per poi rispondergli che si sentiva sola e che apprezzava la sua presenza.

«Oh, va bene. Di solito gli altri detestano rimanere soli con me», osservò triste.

Lo guardò con dolcezza e si mise seduta sui polpacci accanto a lui. «Non li capisco proprio, sai? La mia vita verte attorno al tuo genio, non so proprio cosa farei senza di te». La voce si era ridotta ad un sussurro.

«Oh, Amy, tu sì che sai come lusingarmi!»

Lei sorrise.

«Sul serio. Sei il mio universo, Sheldon». Abbassò lo sguardo e sospirò.

«Il tuo universo? Spiegati meglio, come potrei essere io il sistema in cui vivi se la nostra esistenza si svolge nello stesso luogo?».

La donna fece un risolino addolcito. «La mia vita da quando ti ho conosciuto è completamente cambiata. Prima di te non avevo mai avuto un legame così forte con nessuno, non avevo bevuto, non avevo avuto amici, non mi ero mai innamorata. Credimi. Le mie giornate sono scandite dalla tua presenza, le ore con te non sono mai abbastanza. Modifichi la mia percezione del tempo e dello spazio, ne detti le leggi. Ed è bellissimo».

La guardava, scrutandone il tremore. Mai aveva sentito dire simili frasi, per di più rivolte a lui. Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma non riusciva a parlare. Qualcosa era cambiato. Non si sapeva spiegare il perché, ma anche per lui era lo stesso. La sua vita era diversa, forse migliore.

«Non so cosa dire». Le labbra schiuse, cariche d'attesa.

«Non ce n'è bisogno», sorrise lei. «Mi puoi abbracciare?».

Lui si avvicinò e mise il braccio destro sullo schienale, invitandola con un cenno della testa. Lei scivolò col capo sul suo petto, il volto verso l'alto per poter ammirare il suo mento liscio. Sheldon prese ad accarezzarle meccanicamente la mano sinistra. Il suo petto si muoveva silenziosamente.

Restarono così per un tempo indefinito, riempiendo il nulla della stanza con i loro respiri.

«Amy?».

«Dimmi».

«È strano?».

«Cosa?».

«Sto bene immerso in questo silenzio. È normale?».

«Sì», rispose lei, «è normale. Sento il tuo respiro parlare».

«E cosa dice?».

«Dice tante cose... Ma soprattutto che è tardi e che devi andare a dormire». L'orologio segnava le 11.

«So che non vuoi che me ne vada».

«Davvero? Come?».

«Me l'ha detto il tuo respiro».

Amy sorrise.

«Domani è domenica. Ti andrebbe di passare la notte qui?».

Sheldon la osservò attentamente, sospirò e le chiese: «Con cosa dormirò? Non ho un pigiama appresso e non credo che tu ne abbia uno».

«Beh... Puoi dormire anche senza, le coperte sono calde, posso restare senza anch'io ...» La voce le si strozzò in gola, l'attesa della risposta la stava elettrizzando.

Gli occhi azzurri fissavano lo stipite della porta che portava alla zona notte.

«Promettimi che farai del tuo meglio perché io mi senta a mio agio».

Lei sobbalzò felice e gli fece un cenno positivo con la testa. Si alzò e con il palmo rivolto verso l'alto indico la stanza.

«Vado a fare una doccia, tu vai a metterti comodo», disse sorridendo dolcemente.

Sheldon entrò nella stanza buia chiudendosi dietro la porta ed espirò profondamente. Fece correre la mano su e giù per il muro in cerca dell'interruttore, mentre guardava la luce aranciata dei lampioni vicini illuminare debolmente la parte inferiore del letto.

Trovato il pulsante accese la luce e si sedette su di una sedia per togliersi le scarpe. L'immagine di sé quasi nudo in un letto altrui lo imbarazzava tanto da fargli avvertire una fastidiosa sensazione nello stomaco. Si sfilò con accortezza i pantaloni e la T-Shirt di Lanterna Verde, piegò con cura i vestiti e li lasciò appesi sullo schienale.

Mentre sentiva lo scrosciare dell'acqua diminuire nella stanza adiacente, si infilò sotto le coperte in cerca di una posizione in cui dormire. Sentì dei passi avvicinarsi alla porta e chiuse gli occhi.

Amy abbassò la maniglia e spinse la porta. Lo sguardo cadde dapprima sulla sedia e quindi sull'uomo steso nel suo letto che sembrava aver paura di qualcosa.

«Stai dormendo?».

«No, sono sveglio, non ti guardo per rispetto del tuo corpo», sibilò convinto. La donna accese l'abat-jour e spense la luce, scivolò accanto a lui con l'accortezza di non avere alcun contatto fisico e si stese su di un lato dandogli le spalle.

«Buonanotte Sheldon».

«Buonanotte Amy».

Presero ad ascoltare ognuno il respiro dell'altro che si affievoliva e mentre il sonno li chiamava a sé non un bacio, non una carezza. Fuori il rumore delle auto ignorava tanto sommesso silenzio, perdendosi fra i vicoli della città.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


«Non dimentichi qualcosa?».

Lui si era avvicinato e con inaspettata naturalezza le aveva preso la mano e l'aveva baciata, per poi mormorare qualcosa sui led del controller della PS4. Poi se n'era andato con nonchalance e lei era rimasta con gli occhi sognanti mentre lo guardava allontanarsi, quei brividi ancora le percorrevano le braccia e la schiena.

 

Sheldon si stese nel suo letto nella consueta posizione rigida e chiuse gli occhi. La città fuori ancora vibrava tra clacson e moto ruggenti, lui l'ascoltava e pensava. Lei e quel lungo bacio erano rimasti scolpiti nella sua memoria come tutti i secondi della sua vita, ma era diverso. Le labbra sottili pulsavano leggermente, avevano memoria tattile, le mani vibranti volevano stringere qualcosa. Mentre dormiva la bocca si schiuse leggermente, stava parlando nel sonno.

 

Due corpi vicini, mano nella mano, fra le coperte calde. Un lungo bacio.

 

Sheldon, avrai mai intenzione di intraprendere una relazione fisica con Amy?

 

Non è da escludere.

 

«Buongiorno, Leonard», bofonchiò avvicinandosi all'angolo cottura.

«Buongiorno, Sheldon, tutto bene?». Aveva un sorriso beffardo stampato sul volto, aspettava l'occasione per fare una battuta col doppio senso.

«Sì, sto bene», rispose. Guardò l'amico fisso negli occhi e chiese:«Perché mi guardi così?».

Leonard mise le braccia composte e fece spallucce, poi si sedette sulla poltrona. «Oh, niente, è solo che stanotte ti ho sentito parlare», mormorò trattenendo la risata.

«Leonard, io non parlo nel sonno», ribatté Sheldon secco.

«Ah davvero? Perché le registrazioni sul mio iPhone dicono il contrario!», esclamò ridacchiando.

Sheldon spalancò gli occhi e diresse lo sguardo prima verso il suo coinquilino e quindi verso al telefono.

 

“Amy...Amy...dove vai, ti voglio baciare”. Leonard gettò la testa indietro e lo imitò sollevando le mani in aria e fingendo di toccare qualcosa. L'altro sbarrò gli occhi e impallidì.

«Leonard, andiamo a lavoro», mormorò stizzito.

 

«Oh, eccolo che arriva!». Howard si schiarì la voce, stese le braccia sul tavolo chiudendo i pugni e come al suo solito scrollò le spalle e distese le labbra in un sorriso falsato. «Sheldon, ma buongiorno!», gracchiò l'ingegnere spostando lo sguardo al suo vassoio.

«Salve...», mormorò Sheldon sedendosi accanto a Rajesh.

Leonard mandò giù un boccone cercando di non ridere, mentre calava uno strano silenzio fra loro.

«Non hai nulla da raccontare? Solitamente ci tormenti con le tue nozioni noiose da saputello», esordì Raj, che lo guardava sorridendo a labbra strette.

Cooper calò le palpebre guardandolo di sottecchi, alzò il sopracciglio destro e ribatté:«In primo luogo, cerco semplicemente di rendere le nostre conversazioni più costruttive; inoltre il problema non è mio, siete voi che volete che io non parli, non è così? Ah, comunque, Leonard, avrei un elenco di frasi dette da te nel sonno e da sveglio svariate volte più interessanti di ciò che hai sentito da me. È così strano che io pronunci frasi del genere?».

Un corale "Sì" si elevò dai tre amici.

«Forse è perché siamo abituati a punzecchiarci a vicenda e per una volta che anche tu dimostri di non essere un automa senza emozioni cerchiamo di ridere un po'! Pensa a quando mi prendi in giro perché non ho un dottorato, si fa per scherzare!», esclamò Howard avvicinandosi in diagonale e gesticolando.

«Oh, ma io non scherzo sulla questione del dottorato», sottolineò Sheldon sorridendo.

Leonard roteò gli occhi e sospirò scuotendo la testa.

 

Qualcuno bussò alla porta. Leonard urlò "Arrivo subito" e andò ad aprire.

«Oh, c-ciao Amy!», esclamò. La donna aveva uno sguardo non del tutto contento. «Lui dov'è?».

«Si è chiuso in camera, non ha accettato di scherzare sul fatto di averti nominato nel sonno...».

Amy spalancò gli occhi. «Cosa?».

«Sì! Scusa, non te l'ha detto?».

«Sapevo che lo avevate preso in giro, ma non il perché...wow...».

Lei iniziò a tremare. Ringraziò Leonard e andò verso la stanza del fidanzato.

 

Bussò con delicatezza e sussurrò:«Sheldon, sono io, posso entrare?». Lui rispose con un mugolio.

Era steso su un fianco, con la mano sinistra sotto al capo.

«Posso sedermi?», chiese dolcemente. In risposta ebbe solo un cenno con la testa.

«Ascolta, Leonard mi ha detto tutto. È una cosa dolcissima». Prese coraggio e si stese accanto a lui.

«Alzati, vieni sotto le coperte», mormorò. Era una situazione quasi surreale.

Amy sorrise. «Siamo di nuovo a letto insieme. Facciamo progressi».

«Non so neanche come si faccia a dormire insieme ad un'altra persona. Come la gente normale, intendo», sussurrò.

«Stendi il braccio sinistro e ci appoggerò la testa». Lui obbedì e lei si fece più vicina. Piegò il suo braccio destro appoggiandolo al petto e con la mano sinistra gli accarezzò il fianco. Vedendo che lui non si opponeva si avvicinò al suo volto finché i loro nasi non si incrociarono e col dito medio si insinuò fra un lembo di pantaloni e la pelle. Qualcosa nell'espressione era diversa, ma non in senso negativo. Anche lui aveva chiuso gli occhi.

«Ti dà fastidio?», gli chiese.

«No. Io mi fido di te». La sua voce, fattasi più roca nel sussurro, trasudava dolcezza.

L'indice audace di lei si unì al medio e scese a toccare i boxer, poi insieme scorsero sino al bottone centrale.

Lui trattenne il respiro per un secondo, poi sentì il tessuto dei pantaloni tornare a contatto con la sua pelle.

«Non farò niente, sta' tranquillo», sussurrò sorridendo Amy. «So che è troppo presto per te».

Si abbracciarono e si guardarono negli occhi. Le palpebre calarono. Restarono così per momenti quasi eterni, si addormentarono con le labbra distese in un sorriso.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Leonard si alzò dal letto e andò in bagno. Arrivato davanti alla porta vide delle strane ombre muoversi avanti e indietro, così bussò e trasalì quando a rispondergli fu una voce femminile.

«Oh, perdonami Amy», balbettò, «ci metti molto?».

«No, tranquillizzati, ho finito!», esclamò la donna prima di uscire. Aveva addosso l'accappatoio di Sheldon e i capelli raccolti in un asciugamano a mo' di turbante, con le ciabatte di Sheldon e aveva usato il dentifricio di Sheldon.

"Bene, siete diventati intimi", pensò Leonard, mentre invece le mostrava un sorriso stiracchiato.

Ora lei doveva vestirsi, ma dove? Davanti a Sheldon? Se si fosse svegliato, sarebbe successo il pandemonio.

Aprì l'armadio e trovò una scatola con sopra il suo nome, in cui erano conservati alcuni articoli d'intimo femminile. Si voltò a guardarlo e sorrise. "Certo che pensi proprio a tutto". Si vestì frettolosamente, mentre guardava l'orologio avvicinarsi all'ora in cui di norma lui si svegliava.

"E ora che mi metto?".

Scrutò gli abiti nello scompartimento inferiore. "Non posso prendere e indossare qualcosa dal suo guardaroba senza chiedere, mi vaporizzerebbe".

«Mh... Buongiorno, Amy...». L'uomo si alzò a sedere e la vide avvolta nell'accappatoio.

«Sheldon... Cosa mi metto? I miei abiti sono da lavare», chiese con una nota di paura nella voce.

Lui chiuse gli occhi e inspirò profondamente, come se stesse per dire qualcosa si estremamente forte per lui. «Scegli quello che vuoi».

 

«Amy, hai fame?» chiese Leonard quando la vide fare capolino dal corridoio. Aveva raccolto i capelli in uno chignon morbido e indossava solo una camicia azzurra a scacchi che, essendo della taglia di Sheldon, le andava leggermente larga e le copriva completamente il sedere. Portava poi dei boxer neri a mo' di pantaloncini e dei calzini lunghi fin sotto alle ginocchia.

«Sì, grazie», mormorò. Sheldon stava già guardando Doctor Who. Dopo che ebbe fatto colazione velocemente, andò a sedersi accanto a lui passando da dietro il divano per non sentirlo sbraitare e si mise con la schiena dritta, con le gambe sul cuscino del divano aperte e

piegate e i piedi che si univano. Si fingeva interessata e stava in silenzio, mentre Leonard la osservava con curiosità.

Bussarono alla porta.

«Ehi, buongiorno amore!». Si baciarono velocemente, poi però Penny intravide una Amy piuttosto diversa dal solito e guardò Leonard interrogativa. "Ha dormito qui", rispose col labiale. Lei fece cenno di aver capito, poi gli chiese di andare con lei a casa sua.

 

"Bene, siamo soli", pensò Amy. Si girò per osservarlo, i raggi del mattino gli illuminavano il profilo in modo angelico, la luce filtrava dagli occhi chiari.

«Cos'ho di strano?», chiese Sheldon quando l'episodio fu terminato. Lei abbassò lo sguardo sul suo collo e mormorò con voce roca:«Sei bellissimo. Non c'è nulla che possa trovare strano in te».

«Beh, grazie cara», disse sorridendo. «Sai, quella camicia su di te provoca un'illusione ottica che fa sembrare le tue gambe più lunghe».

Arrossì al pensiero che lui avesse guardato più in giù degli occhi.

«Davvero?Wow...».

***

«Bernadette, cosa c'è che non va?». Il ragazzo le si avvicinò con calma, strofinando la mano contro la sua e sedendosi al suo fianco.

«Howie... Ti devo dire una cosa importante. Spero solo che tu ne sarai entusiasta quanto lo sono io». Accennò un sorriso, sospirò e afferrò la sua mano per poi metterla sulla sua pancia.

 

«Oddio, Bernie, è meraviglioso!», esclamò Penny dopo che la coppia aveva reso noto al gruppo il grande evento.

Amy, dopo averla abbracciata, si voltò verso Sheldon, che probabilmente stava rivivendo nella sua mente il parto di Missy. «Dai, non ci pensare», gli sussurrò. Aveva le pupille ristrette come se non si sentisse bene. Quell'episodio lo aveva davvero scosso.

"Ora è certo che non avremo mai rapporti sessuali", pensò.

 

«Ora mettiti a dormire, domani mattina ti aspetta un bel po' di lavoro»,gli intimò con dolcezza mentre lo accompagnava alla stanza. Entrarono insieme, lui si mise a letto e lei gli rimboccò le coperte. Fece per andarsene, ma lui la implorò di restare ancora un po' e la invitò a sedersi.

«Volevo dirti una cosa. Anni fa, quando presentai per la prima volta la casa a Leonard, gli dissi che qui, in questa stanza, era vietato l'accesso agli esseri umani. Men che meno al letto. Poi sei arrivata tu. Sei irrotta nella mia vita, nella mia stanza e nel mio letto. E fra le mie labbra». Si interruppe, rise guardando la sua espressione emozionata e si avvicinò di più al suo volto.

«Dio, non riesco a dirlo, mi fa strano anche fare pensieri simili». Lei era sempre più confusa.

«Giuro che un giorno irromperò fra le tue labbra. Intendilo come meglio credi». Le prese la testa, la attirò a sé e le diede un lungo bacio. Tremava lui, lei aveva voglia di afferrarlo per i fianchi e buttarselo addosso. Nella staticità di quel silenzioso amore si scontravano i cuori con le gabbie toraciche, quasi a voler scappare da quel corpo per incontrare quello dell'altro. Si allontanarono di malavoglia, si diedero la buonanotte. Lei si chiuse dietro la porta e guardò in alto, poi sorrise. Andò verso l'ingresso e quando fu fuori espirò profondamente.

"Ti amo, Sheldon".

________________________________________________«♥» nda

Sono ben consapevole del fatto che i personaggi siano un po' troppo inverosimili, ma sto cercando di mostrare un'evoluzione a livello di consapevolezza dei propri sentimenti che certo non avviene dall'oggi al domani; eppure nella surreale dimensione in cui questi due personaggi si sono mossi la riflessione a sfondo ambiguo è frutto forse di quell'esplosione che avviene quando c'è troppa repressione, troppa paura: si affidano a confessioni pronunciate con parole improvvise, scappate senza nemmeno avere il tempo di riflettere, ma loro non ne sono sconvolti. Si capiscono. C'è una segreta intesa fra loro, qualcosa che ai nostri occhi può sembrare imbarazzante, ma il mistero che avvolge questi due è fatto di condivisione della stessa mancanza di esperienza e della stessa paura di sbagliare: così, quando Sheldon si dimostra nella sua componente più irrazionale, Amy lo accoglie, lo accetta per quello che è, e viceversa.

Spero davvero che sia stato di vostro gradimento!
P.S.: Se anche voi avete scritto Fan Fiction, fatemelo sapere:)

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


«Amy? Amy!». Una voce nota soffiava un monito addolcito mentre una mano le scrollava la spalla con delicatezza. Lei emise un mugolio, poi aprì gli occhi. 

«Oh, sei tu», sussurrò sorridendo. Allungò la mano per cercare gli occhiali, ma poi lui glieli inforcò e quindi fece scorrere i pollici lungo le guance ora più rosse. Prima che lei si alzasse a sedere, lui la sovrastò e restò a due millimetri dalle sue labbra.  

«Dato che sono in cerca di un nuovo campo di ricerca ma al momento ho tanto tempo libero ho pensato di venire a trovarti oggi che  comincia la tua settimana di ferie». Mentre parlava le sfiorava continuamente le labbra, senza però toccarle del tutto. Dagli occhi azzurri filtrava la luce fioca del sole, trapassava l'iride e si rifletteva dall'altra parte dell'occhio.  

«È un bellissimo gesto da parte tua», fu tutto quel che le venne in mente. Le aveva persino portato la colazione a letto. 

Lui si risollevò e le baciò la punta del naso.  

«Dai, su! Fuori dal letto, oggi è una giornata speciale», esclamò l'uomo che ormai aveva varcato la porta della camera. In cuor suo, nonostante la sensazione di romanticismo forzato che gli gravava sullo stomaco, sapeva che c'era una motivazione più forte che lo spingeva a tanto.  

Lei. 

 

Passarono la mattinata a parlare del più e del meno, guardando documentari e discutendo della sua carriera. Amy conosceva quell'espressione dietro la quale lui cercava di celare qualche importante rivelazione o sorpresa, ma oggi la tensione si percepiva dalla tonalità della voce che a intervalli regolari balzava ad acuti involontari accompagnati da brividi di freddo. 

"Tu non me la racconti giusta". 

Il suo sguardo le urlava che non poteva sapere cosa significasse per lui mantenere un segreto che tra l'altro si era autoimposto. Ma ne valeva la pena. 

 

Erano le quattro del pomeriggio. Si sedettero sul divano, lui la guardò e disse:«Ora devo andare. Questa sera ti porto fuori a cena». Le accarezzò la guancia, scostò i capelli  e le diede un bacio nella zona della pelle sotto all'orecchio. «Le stelle cadranno ai tuoi piedi per l'invidia». 

«Questa te l'ha detta Raj», rise. 

 

«Oh, ragazza mia, stai benissimo!». Penny guardava l'amica agghindata per la festa: indossava un abito verde acqua leggermente scollato e lungo fin sopra al ginocchio, con un lungo pezzo di stoffa che finiva con un fiocco sotto al seno, con le ballerine in una tonalità più scura e i capelli raccolti in uno chignon basso.  

«Dove vi incontrerete?», chiese Bernadette, un po' stranita dalla situazione. 

«Mi viene a prendere lui, probabilmente andremo con la mia macchina», disse alzando gli occhi al cielo e sorridendo. 

Si congedarono in fretta e lei rimase  ad aspettare sul divano, fremiti di esaltazione e impazienza la invadevano. 

Toc Toc Toc Amy! 

Toc Toc Toc Amy! 

Toc Toc Toc Amy! 

Gli aprì con un sorriso a trentadue denti. Lui aveva un aspetto curato, con uno dei suoi smoking migliori. Sheldon la guardò, ma non si baciarono. Scesero le scale silenziosamente, poi le prese la mano e iniziarono a camminare. 

La portò in un ristorante, mangiarono e parlarono, lei sempre più interrogativa. Mentre Amy non guardava, Sheldon diresse lo sguardo al bar di fronte e sorrise. 

 

«Attraversiamo», le disse. 

 

Ed Amy capì. Si fece più vicina. I loro volti erano illuminati dalle luci delle insegne. 

«Oggi è l'anniversario del nostro primo incontro, qui, in questo bar. A quest'ora, alle 22.08 mi inviasti una e-mail chiedendomi a quale materia di studio avrei dedicato il mio tempo se non avessi mai scelto di diventare un fisico teorico. Io, adesso, chiedo una cosa a te: dove sarei io senza di te adesso? La mia vita diviene sempre più completa ogni giorno in cui ci sei tu. Non riesco ad immaginarmi senza te». 

Per un attimo le mancò la terra da sotto i piedi, poi però si fece forza e prese coraggio. Lo afferrò per la cravatta attirandolo a sé e lo avvicinò fino a quando non si sfiorarono i nasi.   

«Di sicuro qualcun altro al posto mio ti sarebbe saltato addosso, tesoro»,mormorò Amy. Lasciò andare la cravatta e si avvinghiò al suo collo dolcemente, accorciando le distanze quanto più possibile. Con le proprie labbra schiuse le sue, poi gli diede piccoli morsi sul labbro inferiore senza fargli del male. L'uomo sentì il basso ventre infiammarsi, il suo corpo era un misto di sensazioni che arrivavano affollate e contorte. Le prese la testa fra le mani, massaggiandole i capelli, baciandola con tutta la dolcezza di cui era capace, respirando dalla sua bocca dolce del drink che aveva bevuto prima.  

Sheldon si ritrasse lentamente, guardando in alto. «Sta per piovere». Non avevano né ombrelli né un riparo, tutti i negozi ormai avevano chiuso. L'aria si fece più umida, le prime gocce iniziarono a toccare il terreno e loro imboccarono una scorciatoia piombata nel blackout. Mentre si dirigevano a casa di lei la pioggia si fece più fitta, inzuppando i loro vestiti. Dopo una corsa giunsero davanti all'ingresso del condominio ed entrarono. Presero l'ascensore e si guardarono in silenzio, sorridendo.  

«Sei davvero attraente con i capelli bagnati». Lui arrossì. 

Arrivarono in casa e restarono paralizzati per un secondo. Avrebbero dovuto lavarsi e cambiarsi entrambi, ma non avevano la minima idea del perché sembrava così strano ritrovarsi in una situazione simile.  

«Senti, Sheldon...», iniziò lei, prendendo un profondo respiro, «In camera ho abiti della tua taglia, li ho presi qualche giorno fa mentre facevo shopping...». La guardava in modo indecifrabile, forse anche per la fastidiosa sensazione dei vestiti bagnati che si asciugano sulla pelle che al chiuso si riscalda. «Comunque, se non ti crea problemi, proporrei di...fare un bagno insieme». Concluse la frase tutto d'un fiato, con l'espressione speranzosa ed una serie di brividi tra emozione e freddo. 

Sheldon ci pensò su un bel po', colto dalla timidezza di mostrarsi nudo davanti ad una donna. Sicuramente non avrebbe immaginato che una scena del genere si sarebbe proposta a distanza di soli quattro anni, ma la persona che gli chiedeva una -seppur strana e improvvisa- apertura ad un'esperienza nuova per entrambi era la sua fidanzata, l'unica per la quale avrebbe fatto di tutto, e tutto ciò non lo rendeva tanto imbarazzato. Chiuse gli occhi per un secondo quasi infinito, sospirò e si tolse la giacca. «Va bene».  

Si chiusero a chiave in bagno. Erano così incuriositi dalla novità di tutta questa anormalità che si guardarono e risero per un po'. Si sfilarono via gli indumenti fradici e restarono in intimo. Lui riempì la vasca, quando fu pronta si sedettero entrambi sul bordo. Dopo un respiro profondo, Amy abbassò le spalline del reggiseno e quindi lo sganciò con una mano, mentre con l'altra lo manteneva fermo. Lo lasciò cadere sul pavimento, poi si guardarono negli occhi. «Entriamo nella vasca e ci sfiliamo via le mutande, così non avremo problemi, sei d'accordo?». L'altro annuì, e così fecero. 

Erano uno di fronte all'altro, la schiuma nascondeva alla vista i corpi che incominciavano a riscaldarsi. Lei si spalmò sulla testa lo shampoo e raggruppò tutti i capellì, lavandoli con cura, cosa che fece anche lui. Quando la donna ebbe preso il flacone del bagnoschiuma, Sheldon le prese la mano dolcemente. «Voglio lavarti io». 

Si posizionò con la schiena rivolta verso di lui. Sentì delle mani percorrerle le braccia, poi le spalle, sempre più giù, a volte con massaggi, mentre avvertiva un respiro caldo all'altezza del collo. Le dita risalirono i fianchi, per poi muoversi sulla pancia e gradualmente raggiungere il seno. Il suo respiro si fece leggermente più pesante mentre sentiva quelle mani su di sé. Sheldon la fece appoggiare al suo petto, teneva gli occhi chiusi e si lasciava condurre dalle curve che facevano scivolare ovunque le sue falangi affusolate. Le prese le mani, poi facendosi trasportare dalla direzione in cui erano piegate giunse al suo interno coscia e risalì lentamente.  

 

Quando ebbero finito di lavarsi, avvolti negli accappatoi, si diressero in camera. Amy si pettinò i capelli, poi andò a dormire. Sheldon rimase sveglio a guardarla, finché Morfeo non chiamò a sé anche lui. 

________________________________________________«♥» nda 

 

Ho voluto esagerare, lo ammetto, ma volevo qualcosa di più. La descrizione è volutamente vagheggiante perché il rating non permette di andare oltre e poi … viva la fantasia! 

Spero che sia stato di vostro gradimento. 

P.s.: Se anche voi scrivete fan fiction, segnalatelo! Leggo tutto :) 
 

Aggiornerò presto. 

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Le ragazze avevano deciso di passare una serata diversa, lontane dai rispettivi fidanzati. Amy aveva presentato Emily alle amiche e insieme avevano convenuto che invitarla ad uscire con loro sarebbe stata un’ottima idea. Mentre passeggiavano al calar del sole su marciapiedi che cominciavano a popolarsi, Penny scorse un bar in fondo alla strada che aveva tutta l’aria di essere elegante e carino.
«“La Môme Piaf”? Ho già sentito un nome simile…», osservò Amy, guardando la scritta rossa che campeggiava sopra alla porta d’ingresso.
«Sono le 19.28. Entriamo?», chiese Bernadette mentre guardava lo schermo del suo smartphone. Le altre annuirono e si diressero all’entrata.

Il locale era arredato in gusto anni ’40, con tavolini rotondi e sedie le cui gambe erano rigonfie nella parte superiore e si incurvavano verso l’interno nella parte inferiore. Le pareti erano color amaranto, con delle lampade a muro a rendere l’atmosfera più sofisticata. Sulla sinistra c’era un bancone bar, sulla destra, dietro un separé, c’era una cucina che prendeva le ordinazioni della gente seduta ai tavoli. Di fronte si ergeva un piccolo palco verso il quale erano puntati due grandi riflettori e su cui spiccava il grande pianoforte nero.
Presero posto vicino al bancone bar –per la gioia di Penny- e mentre decidevano cosa ordinare nel locale entrò un cospicuo numero di clienti -  dall’aspetto parevano essere abituali – che si sedettero quanto più vicini possibile al palchetto.

Passarono mezz’ora a chiacchierare a bassa voce e ad ammirare gli arredamenti, poi arrivarono le ordinazioni. Sul palco salì un ragazzo vestito elegantemente, diede un’occhiata nervosa e fugace alla clientela e si sedette per suonare. L’atmosfera si fece ancora più piacevole, con questa musica che certo riportava a scene di vecchi film.
«Sto amando questo posto», esclamò Emily, «atmosfera fantastica, cibo ottimo, magari dovremmo prendere qualcosa da bere».
«Sono d’accordo», Penny scattò in piedi e sorridendo andarono verso al bar.
 
Il mormorio nella stanza si fece sempre più silenzioso, mentre un ragazzo saliva con una fisarmonica e si sedeva vicino al pianoforte. Una donna, salì anch'essa, con indosso un lungo vestito nero con le maniche corte arricciate un po' sotto le spalle. La pelle candida sembrava illuminarsi e riflettere la luce bianca, erano ben distinguibili solo le labbra scarlatte.
Il pianista e il fisarmonicista presero a suonare mentre lei, con gli occhi chiusi, si dondolava sul posto e piegava le dita, ondeggiava le braccia. Prese un sospiro ed iniziò a cantare.

Amy sentì un brivido emozionato percorrerle la schiena. La potenza e la musicalità di quella voce quasi la commuovevano. La canzone era in francese ma, nonostante non ne comprendesse il testo, la gestualità e i toni le ispiravano ora gioia, ora tristezza. Si voltò a guardare le altre. Bernadette era come ipnotizzata, Emily dondolava appena la testa seguendo il ritmo e Penny la fissava con gli occhi lucidi.

“ L´homme qu´elle m´avait donné
Et que je n´ai jamais
Retrouvé”*


Un applauso commosso si levò dalla clientela e anche le quattro donne sentirono di partecipare.
Amy stava ancora fantasticando sulla canzone e ballava sul marciapiede mentre le amiche la guardavano ridendo. Arrivate davanti all'incrocio si congedarono, si ripromessero di passare un'altra serata simile a quella e andarono ognuna a casa propria.

Amy inserì le chiavi dentro la serratura ma prima che potesse aprire la porta si rese conto che qualcuno stava respirando dall'altra parte.
Dapprima riconobbe il respiro di Sheldon e ciò la rese felice; dopo, però, una volta entrata in casa, una stretta al cuore: era in lacrime sul suo divano, con le mani congiunte in mezzo alle gambe aperte. Si precipitò ad abbracciarlo. «Cos'è successo?».
«Arthur...», singhiozzò. «Non c’è più». Si avvicinò, si voltò a guardarla con gli occhi gonfi e crollò sul suo petto.
Amy si intristì e lo strinse forte a sé, mentre il pianto dell’uomo le inondava il cardigan. Gli accarezzò la schiena per confortarlo, non aveva parole. Vedere il suo Sheldon mostrare la parte più fragile di sé, lui che sembrava così forte, e lei così impotente la faceva sentire ancora peggio.

Dopo qualche minuto smise di piangere e la guardò con un’espressione stanca. «Mi dispiace per averti rovinato la serata», mormorò con voce nasale. Lei sorrise.
«Io voglio esserci per te. Non credere mai che starti vicino quando stai male mi dia fastidio, perché sei tutto per me e se tu soffri, soffro anch’io. Il fatto che tu sia qui con me adesso mi rende felice. Anche se irrompere in casa mia quando non ci sono non è proprio la migliore delle azioni da compiere quando hai bisogno di conforto», concluse, e Sheldon fece un risolino naturale e dolce. «Grazie, Amy Farrah-Fowler».

«Sono le 22.38. Ti riporto a casa?», gli chiese. Lui annuì e si infilò il cappotto e la tracolla. Scesero ed entrarono in macchina.
Durante il tragitto furono silenziosi. Quando furono arrivati a destinazione lei si accostò, spense la macchina e lo guardò intensamente negli occhi. «Vuoi che ti accompagni fino al letto, vero?». Lui annuì con convinzione e sorrise.

Sheldon si stese nel letto e si fece rimboccare le coperte. Amy gli scoccò un bacio sulla guancia e gliela accarezzò.
«Semmai avrai un problema, un dubbio o semplicemente vorrai un pretesto per uscire di casa, ci sarò sempre. Ho paura di perderti e lo sai. Quindi, ti prego, giurami di non andartene mai».
Lui sospirò. «Tu intanto tienimi nel cuore».
 

 
________________________________________________«♥» nda

*Edith Piaf – La foule (www.youtube.com/watch?v=Fgn8gZHJZzA‎)
Voglio fare alcune premesse:
1.La canzone, che nel capitolo in sé sembra avulsa dal contesto, sarà più comprensibile nel prossimo;
2. L' “Arthur” di cui parla Sheldon – se non avete letto gli spoiler – è Bob Newhart, che nell’episodio 7x22 passa a miglior vita.
Questo capitolo mi è piaciuto particolarmente perché nonostante sia più breve è forse più intimo degli altri a livello emotivo. L’ultima battuta di Sheldon è vagheggiante perché (maledetta me che vado a leggere gli spoiler) è una promessa che avrebbe dovuto rompere in seguito. Non voglio anticipare nulla, spero solo che vi sia piaciuto e che sia riuscita a renderlo apprezzabile anche da voi!
Aggiorno appena posso.
P.s.: Grazie per le recensioni! Mi rendete così felice ♥

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Tutto lentamente si evolve, a volte nemmeno ci facciamo caso; eppure, quando le evoluzioni si fanno più veloci e più violente, qualcosa in noi cambia: gli avvenimenti si ammassano, diventano sempre più invadenti e ci fanno venir voglia di lasciare tutto e andare via.

 

Nell’ultimo mese Sheldon aveva abbandonato la sua ricerca e ora cercava di convincere il rettore a concedergli la possibilità di cambiare settore, ma non gli era stata concessa.

“Dottor Cooper, sono spiacente, ma la questione è critica a livello economico. La nostra università non si può permettere repentini scambi da un settore all’altro, l’ammontare del denaro investito nella sua ricerca non è rimborsabile. Viviamo in una situazione di crisi economica mondiale e la sua richiesta non può essere accolta. Mi dispiace.”

Aveva avuto una discussione con Amy, il che lo faceva sentire ancora più a disagio. Penny e Leonard stavano per sposarsi e lo avevano annunciato pubblicamente; lo avevano anche invitato a vivere a casa di Penny così che loro potessero vivere nell’appartamento 4A da soli e ne era ancora più triste. Il negozio di fumetti di Stuart era andato in fiamme e ora aveva perso uno dei pochi luoghi in cui si poteva trastullare e alienare.

Una sera si chiuse nella sua stanza e si chiuse a chiave, si sedette poi sul letto e iniziò a piangere. La sua vita aveva perso significato. Ogni certezza era svanita. Il suo mondo era crollato e lo lasciava senza protezioni, mentre attorno nessuno si accorgeva di nulla. Si stese e guardò il soffitto mentre le lacrime scendevano verso le orecchie, dandogli una sensazione fastidiosa. Poi nel silenzio sentì il ronzio delle sue orecchie farsi più forte per lo sforzo del pianto. All’improvviso, mentre si allungava per prendere dei fazzoletti, guardò la sua collezione di fumetti e fece una smorfia tra il sorriso e la voglia di continuare a piangere.

“La mia vita è in pezzi”, pensò. “Non ho nulla da perdere. Ho bisogno di cambiare aria e di staccarmi dal passato”.

Si alzò in piedi e si diresse verso l’armadio. Una volta aperto, si fece coraggio e prese il borsone delle emergenze, uscì dalla stanza e si infilò il cappotto.

"Devo trovare la mia strada”.

Leonard andò per aprire la porta d’ingresso ma notò che era stata chiusa a chiave. Chiese a Penny la chiave d’emergenza ed entrò in casa. Qualcosa era diverso: le luci erano spente, sull’appendiabiti non c’era il giubbino di Sheldon e il pc rosso non era più sulla scrivania. “Sarà uscito”, pensò, e si sedette sul divano.
 
«Sheldon, ma che stai facendo?», strillò l’uomo occhialuto. L’altro, impassibile, lo guardò e con sommessa calma gli disse che voleva cambiare vita. Parlarono finché tutti non se ne ebbero fatta una ragione.

«Mi mancherai».

«Lo so».


 
Amy sedeva sul divano, fissava Leonard priva di espressione.

«Perché lo hai lasciato andare?».

Uscì da quella casa con la voglia di sbattere la porta che le ribolliva nelle vene. Loro, quelli che li avevano uniti, adesso li dividevano.

«È  colpa sua, di Leonard, quel… quel…». Tanto era la rabbia che non riusciva a trovare un insulto adatto da urlare dentro al veicolo per riferirsi all’amico. Andò correndo in camera e si lasciò cadere sul letto, piangendo ininterrottamente. Nella sua mente balenò l’immagine di lui, il suo sorriso, e poi una voce in sottofondo cantava di un amore strappato via, proprio quella canzone che aveva sentito in quel locale qualche sera prima quando era uscita con le altre. Continuava a pensare che fosse stata colpa loro, che avrebbero dovuto fermarlo e che la sua vita ora aveva perso il suo senso. Stremata, si addormentò, la testa le scoppiava, le guance si asciugarono lentamente. Aveva una forte fitta all’altezza del cuore.
 

La mattina dopo, quando i raggi del sole raggiunsero il suo viso, sentì il telefono squillare una, due, tre volte, ma non rispose, convinta che fosse stata Penny a chiamarla. Quando però le chiamate si fecero più insistenti prese il telefono e, senza neanche controllare il mittente, rispose con un secco e acido “Che c’è?”.

«Ehi».

La donna perse un battito. Quella voce, come per miracolo, le risollevò il morale.

«Sheldon», sussurrò lei, la voce soffocata dall’emozione.

«Mi dispiace, non dovevo sparire così. Voglio solo che tu sappia che sto bene e che non devi imputare la colpa che a me. Non avrei mai desistito dal perseguire la decisione a cui sono giunto in questi ultimi giorni. Leonard non poteva fare nulla, nemmeno Penny, e nemmeno tu. Starò via per un po’, ma tornerò, giuro. Non ti ho abbandonata. Ho pensato a te dal primo momento in cui ho messo piede fuori di casa. Ti chiamerò quando vuoi, sarò sempre qui ad ascoltarti. Mi manchi tantissimo, ma non potrò essere lì con te che fra qualche…».

«Qualche…?».

«…Beh, non lo so».

«Come fai a non saperlo?». Respirò profondamente, in attesa.

«Amy, non ne ho la più pallida idea. Ho bisogno di riscattarmi da una vita di rinunce e di asservimento agli altri… devo allontanarmi dal condizionamento al quale sono costretto da quando ho scoperto cosa siano le convenzioni sociali. È difficile. Voglio essere libero».

La dottoressa pensò più volte di ribattere ma alla fine si limitò a chiedergli di vedersi. E lui, dal profondo del suo cuore, pescò la frase più stupida che, a suo avviso, un uomo potesse dire per confortare qualcuno.

«Chiudi gli occhi e pensa a me. Mi vedi?».

Amy sprofondò sotto alle coperte. «Sì, ti vedo».

«Anch’io ho gli occhi chiusi. Ho tenuto gli occhi chiusi tutta la notte per fingere che tu fossi qui con me. Che cosa stupida…».

«Ma no, è… è bellissimo!», esclamò lei, balbettando un po’.

«Ehi, devo chiudere. Il mio treno è arrivato. Alla prossima, Amy Farrah-Fowler. Mi aspetterai?».

«Sì», disse sorridendo.

Appoggiò il telefono sul comodino e andò a gustarsi i suoi ultimi giorni di ferie.


Pensava ancora a quel “qualche”. Ci pensava mentre chiedeva scusa a Leonard, mentre cucinava, mentre era insieme agli altri e sedeva accanto al posto vuoto.

«Chissà cosa starà facendo», esordì nel silenzio Raj. Si rattristarono e presero a fissare ognuno il proprio cibo.

«Mi manca», sussurrò Howard.

Leonard scattò in piedi e lasciò il pasto sul tavolino. Prese il giubbotto e uscì.

«Dove stai andando?», chiese Penny.

«Vado a riprendere il mio migliore amico».

Si guardarono l’un l’altro.

«Beh, che stiamo aspettando?», chiese Bernadette, «Forza! Raj, Howard, noi andiamo insieme! Voi altre signorinelle andate con Leonard!».

Amy balzò in piedi e andò ad abbracciare il fisico.

«Grazie».

«Guarda che lo faccio per tutti quanti, mica solo per te!», esclamò e le fece l’occhiolino. «Dai, andiamo».

 
 ________________________________________________«♥» nda
 
Ehilà! Sono terribilmente in ritardo ma ho avuto un sacco di cose da fare. Detto sinceramente, quando nella scena finale della 7x24 (quella in cui Amy prende a cuscinate Leonard) hanno messo le risatine della folla io mi sono sentita estremamente triste. Non faceva ridere per nulla a mio avviso.
Critiche a parte, spero vi sia piaciuto!
Aggiornerò appena posso!

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Mentre scendevano le scale in tutta fretta, Amy chiese con la voce affannata: «Ma dove stiamo andando di preciso?».
Leonard si fermò per risponderle e le chiese sarcasticamente: «Sul serio? Dove vuoi che sia andato un uomo che a malapena sa andare in giro da solo e che sta cercando conforto?». Le tre donne lo guardarono accigliate. Lui alzò gli occhi al cielo.
«Sveglia! È andato in Texas, da sua madre!». Un coro di “oh” seguì la sua rivelazione. Era più che ovvio ora che ci pensavano su. Ogni qual volta che Sheldon aveva avuto un problema era sempre scappato per andare a casa per parlare con sua madre e, nonostante l’immensa difficoltà nel conciliare le loro posizioni, si sentiva sempre a suo agio con lei.

Si misero in macchina, Bernadette dietro di loro per seguirli, e cominciarono quel lungo viaggio. Si fermarono solo una volta per sgranchirsi le gambe ma poi continuarono imperterriti.


«Sheldon?». Mary esitò prima di aprire la porta. Un mugolio acconsenziente la invitò ad entrare. Il figlio era nella sua solita posizione, disteso su un fianco con la mano sotto la testa e dando le spalle alla porta.

«Che c’è?».

La donna sospirò profondamente. «Tesoro, capisco perfettamente quanto sia difficile per te affrontare i problemi, ma ciò non significa che tu ti debba arrendere. È un brutto periodo ma non puoi abbatterti così! Sei un bambino prodigio per me e so che, qualunque cosa accada, tu riuscirai a tirarti fuori da questo tunnel e ritroverai la luce…». Non finì la frase che lui le si era già buttato addosso per abbracciarla.
Sorrise e se lo strinse fra le braccia.

«Va tutto bene».


«Oh no». Leonard accostò lentamente. «Cosa c’è che non va?», chiese Emily. «È successo qualcosa al motore?».

«No, no…guardate dietro». Quando si voltarono per guardare non c’era nulla. Non c’era nulla! Avevano perso Bernadette e gli altri per strada.

«Oh merda!», esclamò Penny. «3 chiamate perse! Ora li chiamo… Dio, ma come abbiamo fatto a non accorgercene?!». Si passò le mani fra i capelli, scese dalla vettura e cominciò a camminare avanti e indietro finché Howard non rispose al telefono.

«Oh mio dio, Penny! Siamo fermi da mezz’ora, la macchina ha qualcosa che non va ma non siamo in grado di aggiustarla!». L’uomo spiegò dove si trovassero e Penny terminò la chiamata con un breve “Arriviamo subito”. Montò in macchina e tornarono indietro di cinque kilometri.

La donna fece per andarsene, quando luì esordì con un
«Mamma?».

Lei si voltò. «Dimmi».

«Ti ricordi di Amy?».

Sorrise. Non le aveva chiesto qualcosa di strambo come al suo solito, ma era una frase semplicissima. “Quella ragazza lo ha cambiato”, pensò. «Certo che me ne ricordo».

«Pensi che io la meriti una persona così? In questo periodo mi sono reso conto del male che le ho fatto e di quanto abbia fatto lei per me e per sopportarmi. Le voglio bene, ma non quanto ne voglia agli altri… è diverso. Quando me ne sono andato, sono stato male al pensiero di averla lasciata sola, così l’ho chiamata. Sono così confuso… Da una parte voglio capire cosa voglio e stare lontano da tutti, ma da un’altra lei mi manca terribilmente. Cosa devo fare?».

Lo guardò con dolcezza. Aveva gli occhi umidi.

«Non devo essere io a dirtelo». Mary gli sorrise ancora una volta e chiuse la porta.


«Cosa facciamo adesso? Sono già le 10, non arriveremo mai in tempo!», esclamò Raj. Tutti presero a lamentarsi e a cercare una soluzione.

«Fermi tutti!». Amy prese il cellulare. «Sheldon mi sta chiamando».

Gli amici sgranarono gli occhi. «Metti il vivavoce, non parleremo», sussurrò Leonard.

«Pronto?».

«Ciao, Amy. Disturbo?».

«Oh, no, tranquillo. Dimmi pure».

«Stavo pensando che… io sia stato troppo avventato nel decidere di abbandonare tutto. Stamattina ho letto un articolo che riportava degli aspetti della teoria delle stringhe che non erano mai stati considerati e che mi hanno ispirato molto. E poi…». Nell’aria si percepiva una grande tensione.

«Non riesco a stare senza di te. Voglio tornare a casa».

Gli altri scoppiarono in un urlo da stadio.

Sheldon sgranò gli occhi e fissò il telefono interrogativo.

«Tu resta lì, stiamo venendo a prenderti, bello!», strillò Leonard.

 
________________________________________________«♥» nda
Ammetto di essermi divertita molto a scrivere questo capitolo, non solo per gli imprevisti e la confessione di Sheldon, ma anche perché non essendo ancora iniziata l'ottava stagione ho molta più libertà e posso dare più sfogo alla mia fantasia. Vi è piaciuto? E' una reazione verosimile quella dei ragazzi?

Spero di aggiornare il più presto possibile!

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