Dodici anni dopo.

di Meme__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Veleno di bambino immortale. ***
Capitolo 3: *** Lucas ***
Capitolo 4: *** Gli sgraditi ospiti. ***
Capitolo 5: *** Proposte ***
Capitolo 6: *** Quiz ***
Capitolo 7: *** Quattro anni prima... ***
Capitolo 8: *** Famiglia ***
Capitolo 9: *** Priorità. ***
Capitolo 10: *** Viaggi ***
Capitolo 11: *** Partenze e visioni. ***
Capitolo 12: *** Parigi ***
Capitolo 13: *** Arrivi ***
Capitolo 14: *** Arrivi, tanti arrivi. ***
Capitolo 15: *** Intraprendenza e musica Italiana ***
Capitolo 16: *** Tour Eiffel. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Dodici anni dopo...
-Prologo.
Acqua.
Semplice acqua.
Quella che vorrei scorresse sulle mie guance rigandone il manto freddo.
Questo sono le mie giornate da quando Renèe se n’è andata.
Da quando Edward se n’è andato.
Da quando Charlie se n’è andato.
Da quando sono stata lasciata sola in questa casa.
La scuola non mi ricordo dove sia.
Angela, Ben, Eric, Mike, non ricordo i loro, ormai, vecchi volti.
 
TOC TOC
 
Sento un rumore, un fastidioso rumore.
È talmente tanto tempo che sono rannicchiata da sentire i piedi intorpiditi, ma so che devo alzarmi. Almeno per poter bruciare le ultime speranze.
Riesco a trovare la forza per alzarmi da questo vecchio divano, tanto odiato, perché custodisce l’ultimo doloroso ricordo del mio papà.
 
TOC TOC
 
Il suono è forte, insistente.
Non mi piace, è troppo forte.
Mi alzo, controvoglia, e cerco la strada per la porta. Il pavimento freddo mi accompagna alla porta, passando davanti al piano. Un’altra goccia d’acqua vorrebbe rigarmi la guancia. Cerco di camminare fin quando ciò che sento mi blocca.
 
<< Ti prego Bella, apri. Ho bisogno di te.>>

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Capitolo 2
*** Veleno di bambino immortale. ***


Dodici anni dopo...
-Veleno di bambino immortale

Ormai era un mese che Charlie era a letto, con tutti quei tubicini; non sapevo che fare.
Aspettare la sua morte mi sembrava ingiusto.
Più volte Carlisle mi aveva spiegato che non potevo far nulla.
Più volte Carlisle lo aveva avvisato delle sue condizioni, ma in mia presenza minimizzava il tutto con un “Basta un pò di riposo” o “Non ti preoccupare: è l’età”. Era vero. Ormai i suoi settant’anni si facevano sentire, e con tre infarti ad appesantirgli il cuore non andava avanti facilmente. Gli stavo accanto facilmente. Ormai il suo sangue non mi faceva più nessun effetto. Di ritorno da Darthmouth, come già deciso, mi trasformai: dopo dodici felici anni ormai Charlie mi aveva accettata. Dovevo usare sempre delle lentine, che avevo trovato color cioccolato, ma almeno gli potevo stare accanto. Ero stata una neonata modello e ora sapevo stare fra gli umani quasi meglio di quando lo ero anch'io. La mia immacolata seconda vita non aveva una goccia di sangue umano a schernirla. Neanche quando la rabbia mi accecò dopo la morte di Renèe feci del male a qualcuno.
Mi aveva lasciata tre anni prima. Aveva terminato la sua spensierata esistenza a causa di un incendio. Un maledetto incendio. Mi calmava solo il fatto che non avrei potuto salvarla, anche volendo.
Niente mi feriva, tranne il fuoco: era letale!
E quindi non avrei potuto salvarla dall'incendio che colpì la sua bella Jacksonville. Phil ci lasciò insieme a lei. Spero siano felici ancora, almeno lassù.
Un lungo bip interruppe il flusso dei miei pensieri seguito, dopo qualche secondo, dallo scalpitare di un cuore.
Ne avevo sentito solo uno così veloce: il cuore in trasformazione di Lucas. Ma Charlie no, non poteva.
Jazz mi fu accanto poco dopo, con Carlisle. Il terrore nel suo sguardo non poteva significare... no, Charlie no!
“Carlisle fermalo! Non può trasformarsi!”
“Tesoro, devo…”
“Fallo! Tutto ma non la trasformazione! Non soffrirà come me solo perché non posso separarmene”
“Calma, dai. Vedrai che ce la farà.” disse Jazz prima che una nube di tranquillità mi accerchiasse. Ma la rabbia e il terrore erano troppo forti.
“No Jazz, non so stare calma. Ferma il processo Carlisle!” ordinai, a malincuore, al Carlisle-medico. Non riuscivo ad essere maleducata con Carlisle, ma quella volta il bon-ton poteva tacere.
“Morirà Bella.”
“Morirà comunque”
“Bella, io non uccido le persone.”
“Ecco, quindi tu lo salvi. Sai, meglio di me, che nessuno è mai stato trasformato a settant’anni; ora non m’interessa se non è successo per volere, ma tu blocchi questa cosa!” ripetei urlando.
Carlisle, con lo sguardo basso, staccò tutti i tubicini.
Il cuore rallentò fino a perdersi, e con un ultimo battito si fermò. La paura che aprisse i suoi occhi cremisi mi bloccò il respiro e mi formò un nodo alla gola. Le lacrime trasparenti si fermarono agli occhi.
Carlisle controllò il battito, le pupille, e giunture, e infine le cicatrici. Quelle tre cicatrici inflittegli il mese prima erano divenute blu.
Il palmo di Jasper sul mio ventre, mentre mi abbracciava da dietro, interruppe i ricordi e una calma contraddittoria mi invase. Volevo calmarmi. Gli lasciai un bacio sulla guancia come ringraziamento.
Un nuovo battito si diffuse nell'aria.
“E che diamine!-imprecai, mentre sentivo la calma far posto alla rabbia –Non può essere! Carlisle il veleno di un bambino immortale è così insistente?” chiesi con amaro sarcasmo.
“Non so. Quelli che Jane trasforma di solito si uniscono all’esercito dei Volturi, credo.” rispose con calma.
“E ora che facciamo?” urlai.
“Tesoro, calmati. Non puoi far ciò. Vediamo cosa succede al termine del processo.” Rispose Jasper con la solita calma, che ora trovavo fuori posto.
“No, Bella, l’odio no! È tuo padre, diamine!” si alterò Jasper. 
“Scusa, amore. Ok, aspettiamo il termine della trasformazione. Tu mi resti accanto, vero?” chiesi, timorosa della sua risposta negativa. 
“Certo che sì! Non potrei lasciarti, lo sai.” affermò amorevole. Non lo merito, ne sono sicura. Io, donna egoista e cattiva, non merito un uomo così buono e comprensivo.
“E sai anche che non sei inadatta a me, ma che sono io che non ti merito vero?” era anche empatico, lui.
“Certo che lo so. Non lo capisco ma lo so.” sussurrai sul suo collo niveo, dove lasciai un bacio. 
 
Restammo lì per quelli che sembrarono giorni.
Al suo risveglio, Charlie ci guardò con i suoi immutati occhi color cioccolato e ci sorrise.
Confusa osservai Carlisle che sorrideva, con lo sguardo vigile. Era in modalità-medico.
Prese un pezzo di vetro dallo specchio rotto e lo passò sulla pelle di Charlie, e con un gemito – non capii da chi provenisse, forse da me – vedemmo del sangue uscire dalla ferita.
“Ma allora…”iniziai confusa.
“I bambini immortali non possono trasformare gli umani.- concluse il medico-Dovrò riferirlo ad Aro; è un mese che è in pensiero. Neanche quando vivevamo insieme, mi parlava così spesso.” costatò.
Charlie lo ascoltò attentamente mentre tamponava le poche gocce fuoriuscite.
“La ragazzina dagli occhi rossi è un bambino immortale?” chiese placido.
Guardai Jasper, che a sua volta fissava l’umano, confuso almeno quanto me.
“Sì” fu la risposta altrettanto calma di Carlisle.
“Quindi io non sono come voi?”
“No. Hai ancora il sangue che scorre nelle vene. Prova a mangiare questo.” consigliò porgendogli la bistecca alla Swan, cucinata poco prima.
La assaggiò, e poi con occhi raggianti mi guardò: “Ti sei superata. È buonissima.”
“È umano! Oh papà!” esclamai abbracciandolo.
“Calma piccola. Vorrai tenermi con te ancora per un po’ prima di lasciarmi senza fiato spero.”
“Oh, certo che ti vorrò ancora” confermai strofinando il viso sulla sua camicia.
I due vampiri uscirono lasciandoci soli.
“Ok. Allora, parliamo!” esclamò sorridente, notando l’uscita silenziosa degli uomini. Il suo volto rugoso, ormai, esprimeva una confusa felicità. Ora non avevamo segreti.
“Cosa ricordi?”


Salve! Alcune mi conoscono (poche) altre no; ora mi presento. Io sono Carmela, per Efp e gli amici Memè. Adoro i libri e sono letteralmente impazzita per i bronzei capelli dell'Edward Mayeriano. 
Comuqnue non disdegno i classici (inflittimi dalla prof, ma che nella maggior parte dei casi leggo di buon grado). 
Adoro scrivere. 
Questa storia è nata durante l'ora di matematica, ripetendo le disequazioni. Infatti non so come possa esserne uscita una così bella storia. *-* Come avrete notato sono una fan delle 'Bella-Jasper' che trovo meravigliose. Chiudo ringraziando i 70 angeli che hanno letto lo scorso capitolo e fabyp, fay90, kikacullen, MissKelly, spidermapi, Orsacchiotta Potta Potta e Camilla L che hanno recensito e messo fra le seguite la storia, solo con il piccolo prologo. Spero di non deludervi. 
Bacioni Meme__<3 
Questo è il capitolo con i dialoghi. Scusatemi per ciò che ho combinato, ma come avrete notato è la mia prima fan-fic. Comunque vorrei precisare, che anche se, io amo le Bella-Jasper non è detto che questa lo sia. *-* Lo scoprirete solo leggendo xD :)
P.s: aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 3
*** Lucas ***


Dodici anni dopo...
-Lucas
 
“... ricordo che questa massa nera si spostava, e di aver scorto il viso di Edward ed Alice fra le mantelle -aggiunse con un’occhiata indagatrice- e poi in un battito di ciglia due pupille rosse mi occuparono tutta la visuale. E poi ricordo solo il nero: tutto era nero. Tutto, fino a poco fa.”concluse.
Ricordava la scoperta della mia caccia.
Ricordava Jazz che entrava dalla porta-finestra di casa Cullen, di certo non camminando.
Ricordava Jane che lo attaccava.
Ma a parte il dolore iniziale in tre diversi punti, non aveva sofferto. Non aveva provato dolore. Non era un vampiro.
Mi sorrise accortosi del mio sollievo; poi tossì.
La sua mano si macchiò. Carlisle entrò e in meno di un secondo Charlie era attaccato a quei tubicini. Di nuovo. Non riuscivo a guardarlo.
Uscii dalla camera di Charlie. Uscii da casa Swan. Corsi fin dentro la foresta. Finsi di non notare Jasper alle mie spalle fin quando mi sedetti sulla radice sporgente di un albero secolare della foresta.
“Non può andare avanti così. Non riesco a guardarlo così. - confessai – E’ inutile. Terminerà nel dolore, e non può. Lui non ha fatto niente di male. Non è colpa sua se sua figlia si è innamorata di un vampiro. E se non tutti i vampiri sono come quelli di cui s’innamora la figlia. E la figlia stessa. Non è colpa sua se Stoker fa credere che sia tutta una fantasia. Diamine, no. Non è colpa sua!” conclusi, fra quelli che avrebbero dovuto essere singhiozzi.
Non disse nulla. Mi abbracciò e rimanemmo così per quelle che parvero ore. Poi si alzò e mi riportò, sempre nel suo abbraccio, in casa.
Con un sospiro entrai nella familiare camera, ma rimasi sconcertata.
Non c’era nulla.
Il letto era stato rifatto, i macchinari spenti e accantonati.
Di Carlisle o Charlie nemmeno l’ombra.
Guardai confusa Jazz che mi restituì lo stesso sguardo. Il terrore illuminava i nostri occhi. Poi con un’improvvisa consapevolezza lo trascinai verso casa Cullen. Un cattivo presagio ci accompagnò fino a trovare il loro odore ricongiungersi con noi poco lontano dalla radura di casa Cullen.
Parole concitate giungevano da dentro casa.
“Come lo diremo a lei? Non si aspetta ciò... in fondo si è appena svegliato.”sussurrava Carlisle.
“Tesoro se non te la senti posso dirglielo io… tu non ne hai colpa.”lo tranquillizzava Esme.
“Ma che diami…”imprecai prima di essere zittita da Jazz.
“Entriamo con calma e vediamo cos’è questa notiziona.” Esclamò, e mi calmai. Come sempre le sue parole avevano l’effetto di una camomilla.
Entrammo in silenzio, come se aspettassimo un duro colpo. Carlisle mi guardò compassionevole, e poi disse ciò che mai mi sarò aspettato: “Ha finito di soffrire. Se n’è andato lontano dai tuoi occhi per non vederti soffrire.”
Il mio urlo e la mia fuga dovevano esprimere dolore all’ennesima potenza, perché né Carlisle né Esme né Jasper mi seguirono.
Mi fermai, credo, ai confini con il Canada. Non ero pratica della foresta. Non molto.
Mi fermai perché annusai la scia di un vampiro. Di un vampiro che era a caccia. Di un vampiro a caccia nella foresta. Di un vampiro a caccia di animali. Due nomi risuonarono nella mia mente.
Edward.
Alice.
Chissà perché ogni volta che sentivo una scia semi-familiare mi illudevo che potessero essere loro.
Determinata a ritrovare la mia ultima ancora di salvezza seguii la scia fino a scontrarmi con un forte odore di sangue di cervo.
Un ragazzo ne stava dissanguando uno, credo l’ultimo del branco.
Aveva una chioma bionda, e un fisico alto e asciutto. Lo conoscevo.
“Lucas!” urlai fiondandomi fra le sue braccia quando si rialzò.
“Bella! Da quanto tempo. Era mia intenzione ritornare a far visita al mio creatore. Ma tu… che ci fai in Canada?”
La motivazione della mia fuga mi colpì, uccidendo il mio entusiasmo per l’amico ritrovato, e mi ritrovai a piangere lacrime d’aria tra le braccia del giovane.
“Ehi, ehi, ehi… tranquilla. Ora ci sono io.” Sussurrava mentre mi accarezzava i capelli e la schiena.
Appena fui più calma gli spiegai ciò che era successo, della quasi-trasformazione di Charlie, e della sua morte. Ammetterlo ad alta voce, era peggiore di sentirlo sottinteso in una frase smozzicata di Carlisle.
Annuì ma ciò che chiese dopo mi rilasciò senza fiato. “E Edward come sta? È tanto che non si fa vedere.” Chiese inconsapevole della mia reazione.
Risposi con un: “Torniamo da Carlisle” appena sussurrato e lo trascinai via. Lo trascinai di nuovo a Forks.

Ok. Non mi aspetto che recensiate, ma se proprio volete farlo ne sarei mooolto felice. Scusate se è molto breve, ma è perchè il più lungo sarà il prossimo che arriva entro stasera o domani. 
Bacioni, Meme__<3
p.s:aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto

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Capitolo 4
*** Gli sgraditi ospiti. ***


Dodici anni dopo...
-Gli sgraditi ospiti
 
“Lucas, tesoro, da quanto tempo!” esclamò Esme, visto il mio “ospite”.
“Esme! Quanto mi sei mancata!” rispose gioioso il ragazzo.
Esme e Rosalie indossavano dei tubini neri, mentre i ragazzi avevano dei semplici abiti classici.
Jasper appena mi vide, mi accolse fra le sue braccia.
“Scusami, scusami, scusami…”continuai a sussurrargli.
“ Non ti preoccupare. Nessuno più ti lascerà.” mi tranquillizzava.
“Avete già…”
“Non preoccuparti, ci siamo occupati di tutto; il funerale avverrà fra un’ora. Eravamo indecisi se venire a cercarti…” M’informò cauta Rosalie.
“Non farlo più sorellina, capito? Io, noi- si corresse guardandosi attorno- non ti lasceremo. Mai” confessò Emmett.
“Grazie orso!”
La sua risata mi ridestò, e grazie a Rosalie ed Esme, dopo pochi minuti, indossavo anch’io il mio tubino nero con una giacca.
Spiegarono tutto a Lucas.
Mentre scendevo dalle scale però la sua domanda mi bloccò.
“Ma il mio creatore dov’è?”
Edward creò Lucas. L’aveva salvato mentre giravamo l’Africa.
Una notte l’avevamo trovato a terra, quasi senza vita. Edward non aveva titubato e l’aveva subito trasformato. In fondo, era come Carlisle: un cuore buono.
Mi bloccai a quella consapevolezza che in un paio di minuti era stato capace di cancellare.
L’immagine di Edward che passa dalla parte dei Volturi, interruppe prepotentemente.
Girava le spalle a Carlisle, a Esme, ai Cullen. A me.
Un’altra immagine interruppe il flusso di pensieri.
Alice con lo sguardo vuoto e freddo che ci comunicava di dover raggiungere Edward.
Era successo quasi quattro anni prima.
Carlisle nel frattempo aveva già raccontato a Lucas l’indispensabile, e gli aveva anche dato un vestito nero.
Feci finta di non aver sentito nulla, e ci avviamo verso il funerale.
Non notai la gente che mi porgeva le condoglianze. Finsi di essere impassibile a tutti i ‘mi dispiace’. Il mio sguardo era fisso sul volto di mio padre.
 
Erano passati alcuni giorni dal funerale. Mi ero ripresa. Grazie a Lucas e Jasper sembravano passati mesi. Stavamo cacciando. Il cervo di Lucas sembrava ancora vivo quando lo prese.
Io e Jasper una volta finito lo aspettammo dietro ad un albero. Mi stava raccontando un aneddoto della sua vita con Maria, quando un nuovo odore ci raggiunse. Nuovo, per modo di dire. Non lo sentivamo da molto tempo. Quasi quattro anni. Erano due scie.
Io e Jasper cominciammo a seguirle e prima di rendercene conto ci trovammo in una radura. In quella radura. La confusione di Jasper era palese quasi quanto la mia. Ci guardammo fin quando una voce ci fece scattare.
“Benvenuti. Che piacere rincontrarvi! È da molto che non ci vediamo. Forse troppo, non vi pare?” la flebile voce di Aro inondò il bosco. Ero sicura che anche Lucas l’avesse sentita. Sperai che anche Lucas l’avesse sentita. “Carlisle, amico mio. Da quanto tempo non ci incontriamo? Quasi quattro anni, vero?” la voce di Aro si ridusse ad un sussurro.
Non avevo visto Carlisle entrare nella radura con Esme al suo fianco, anticipati da Emmett e Rosalie.
“Aro, scusa le mie parole, ma il tuo arrivo è del tutto sgradito.”
“Oh, non riesco a capire le tue ragioni, mio caro.” Esclamò addolorato l’antico vampiro.
“Mi hai tolto due figli, tramutandoli in mostri. Ti basta, mio caro?” la voce di Carlisle era prima amara, poi sarcastica.
“Ma noi questo siamo, mostri” sussurrò l’ultima parola dandole un suono gutturale.
“Non loro. Non Edward o Alice. E tu lo sapevi. Non erano capaci di far del male.” Quasi urlai la mia rabbia.
“Ne sei sicura, Isabella?” mi guardava fisso negli occhi, mentre con due dita faceva cenno a qualcuno dietro di lui di farsi avanti.
Quattro mantelle emergono dai venti vampiri alle spalle dei tre re.
“Parla, o mio re!” non poteva essere la sua voce. La sua voce melodiosa fece scivolare quelle parole come la più dolce delle poesie. La sua mano era intrecciata a quella di una donna. Il volto di quest’ultima era nascosto da un cappuccio grigio scuro.
Sentivo diversi ringhi alle mie spalle.
Jasper tenne la mia mano come si tiene un’ancora: per star fermo, per cercare un contatto, per trarne conforto; Lucas tenne l’altra mia mano, in modo possessivo, come a far ricordare all’uomo nella mantella la mia appartenenza; Emmett da dietro mi stringeva la vita con talmente tanta forza, che se fossi stata ancora umana, sicuramente non sarei stata intera; Rosalie ed Esme erano inorridite; ma sconosciuto fu l’ultimo ringhio: quello di Carlisle, credevo non avesse mai ringhiato in vita sua. Ma in quel momento lo stava facendo. La visione di ciò che era diventato quello che era stato suo fratello, il suo primo figlio, lo fece ringhiare dall’orrore.
Ma il peggio ancora non era ancora arrivato. La mantella che cela il suo volto comincia a calare indietro. Oramai il suo volto era allo scoperto. Il suo bellissimo volto. Quel volto che popolava i miei pensieri, ancora dopo quattro lunghi anni. I suoi occhi si aprono in uno scatto. Degli ardenti occhi cremisi mi scrutano. Inorridita arretrai, e con me, tutti coloro che mi si erano aggrappati. Gli occhi si soffermarono più del dovuto, forse, sulle mani che mi stringevano. Strinsi le mani di Jazz e Lucas, e poi le portai sul ventre, in una goffa carezza alle mani di Emmett, che aveva poggiato il capo sulla mia spalla.
Sentivo la mano di Jazz stringermi molto più del normale, e mi costrinsi a girare il volto, e concedere il mio sguardo all’altra coppia avanzata.
Coppia assortita molto male, avrei detto. Due mantelle grigio scuro si tenevano per mano. La prima molto bassa e minuta. La seconda grande ed imponente. Non poteva essere…
“Alice…”sussurrò inconsapevolmente Jasper al mio fianco.
“Vedo che il sangue che gira da queste parti vi rallenta molto.” Esclamò annoiato Marcus.
“Scusatemi, o loro re, se siamo lenti a voler capire che ci avete portato via la parte più importante delle nostre vite e l’avete trasformata in sconosciuta!” urlai sarcastica. Era la fine, lo sentivo. Non mi sarei trattenuta molto.
“La prego Isabella di non rivolgersi così al mio re, mai più.” Il tono malevolo con cui la leggera voce cristallina mi colpì fu la goccia che scatenò la tempesta.

 Ho tre cose importanti da dirvi:
  1. scusatemi per l'orribile ritardo, vi avevo promesso il capitolo per Mercoledì, ma non sono riuscita a postare:(
  2. ho notato che siete tutte convinte che la storia sia una Jazz/Bella, ma con sincerità, non lo so neanche io; non so se vi è mai capitato, ma è la storia che prende me, che con carta e penna a disposizione scrivo tutto ciò che mi racconta, quindi non so come o dove tutto ciò ci porterà.
  3. Vi ringrazio infinitamente per l'opera che fate. ringrazio  alice91,  anna71, carlie_smile,CheyenneB , elilanza & lenny87Nadia1992 ,  Frego e  dany60  che hanno messo fra le seguitee recensito <3


    Grazie alle lettrici silenziose e chi non ho nominato. Non voglio dire quando arriverà il prossimo capitolo, ma sicuramente entro venerdì :) Bacioni, Meme_<3
     p.s: aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 5
*** Proposte ***


Dodici anni dopo...
-Proposta.
 
Il volto di Alice mi fece rabbrividire. I suoi corvini capelli erano stirati e tirati indietro e legati in un mini-codino, ma la cosa più spaventosa erano gli occhi. Così simili a quelli di Aro, Caius e Marcus. A quelli di Jane e Alec. A quelli di Edward. Inconsapevolmente rabbrividii facendo ghignare i sovrani.
“Isabella, non sapevo che dei semplici occhi cremisi ti spaventassero.”
“Sai, Aro, non sei divertente. Sai benissimo che non ho paura degli occhi cremisi.”
“E di cosa hai paura, sentiamo”
“Temo ciò che i nostri familiari sono diventati. Loro non sono mai stati dei mostri. Come me, Carlisle, Esme, Jasper, Lucas, Emmett e Rosalie. Come il clan di Denali. Noi non siamo dei mostri” enfatizzai le ultime parole, mentre con un ampio gesto della mano indicavo i miei familiari e con un cenno del capo sfioravo l’orecchio a Emm.
“L’ho sempre detto che sei una forte, ma non credevo che ti scaldassi per così poco” esclamò Felix. Ero sorpresa, ma non dalla potenza della sua voce. No, già l’avevo sentita da vampira e non mi faceva alcun effetto. No, a sconvolgermi era da dove la sentivo arrivare. Sperai di sbagliarmi, ma il tremore della mano del mio migliore amico mi scoraggiò. I mantelli della coppia cascarono a terra e mostrarono Alice e Felix. La figura di Alice mi bloccò. Era magra e trascurata. Profonde occhiaie solcavano il suo bel viso. Gli occhi cremisi tutto sommato, erano la cosa meno spaventosa della nuova Alice.
Ad un movimento dall’altra parte della radura mi voltai lo sguardo insieme al resto della famiglia. Anche le mantelle di Edward e della donna al suo fianco cascarono, e l’immagine che mi si parò davanti non mi piacque per niente.
La donna che prima stava al suo fianco, ora stava per tendere il braccio attorno alle spalle di Edward. Lei stava per perderlo, quel braccio. Non m’interessava che se ne fosse andato e mi avesse abbandonata. Non m’interessava che non si fosse fatto sentire negli ultimi anni. Era comunque, sempre il mio Edward. Mio. Di nessun’altra.
Mi acquattai ringhiando pronta a scattare per eliminare quel braccio. Stavo per spiccare il balzo quando cinque paia di possenti braccia mi bloccarono, offuscandomi la vista.
“Isabella, mi stupisci. Ti consideravo la degna figlia di Carlisle, e poi, per gelosia, ti dimostri pronta a scatenare una guerra… no, questo non è da te…” la voce delusa di Aro mi stupì, ma il mio ringhio non si fermò.
“Sto bene, lasciatemi” quasi urlai.
Tutte le braccia mi lasciarono tranne un paio. Riconobbi il suo odore solo dopo che tutti se ne furono andati. Non mi volle lasciare, e ricambiai il suo abbraccio. Quanto mi era mancato il suo profumo, le sue braccia a stringermi, i suoi baci sulla mia fronte.
“Ed... Edwa... Edward…” sussurrai debolmente fra le sue braccia.
“Bella… luce dei miei occhi” sussurrò talmente piano che dubitai del mio super-udito.
I suoi occhi erano lucidi nei miei, uno specchio dei miei. Credevo fossero tornati dell’oro liquido che li aveva caratterizzati sempre, anche quel giorno a mensa.
< Edward Cullen ti sta fissando > le parole di Jessica si ripeterono nella mia mente come un’eco lontana.
Quei sussurri rimasero tra noi. Come il nostro abbraccio, come il nostro sfioramento di labbra. Prima che lo schiarimento di voce di Aro mi portasse via lui, mi portasse via tutto.
Mi occorsero un paio di secondi per ritornare alla facciata fredda di poco prima e riprendere il discorso iniziale.
“Che ci fate qua?” ringhiai rivolta ad Aro.
“Calma Bella, Aro parlerà, non ti scaldare” cercò di tranquillizzarmi la voce di Carlisle.
Non potevo disubbidirgli, quindi buona buona tornai nella mia posizione iniziale, rivolgendo uno sguardo di scuse ai miei protettori. Sì, i miei protettori. Le ultime ancore di salvezza. Le ultime persone che sarebbero rimaste al mio fianco. Perché quel ragazzo dagli occhi cremisi se ne sarebbe andato, loro no. Sarebbero rimasti al mio fianco, come già una volta avevano fatto.
“Così rispondi al tuo creatore, Isabella? – parlò l’uomo - In realtà, amici miei, volevo invitarvi a Volterra, per porgerti le nostre condoglianze, cara, ma ero sicuro che non avreste accettato, così sono venuto da te.” Tentò di calmarci.
“No, sul serio, volevo sapere cosa realmente vi spinge qui.” rispose sarcastico e calmo il vampiro biondo.
“Ebbene, Carlisle, io credo che nella tua famiglia abbia ancora qualcosa che io voglio ardentemente. - iniziò guardandomi- Ma per una promessa fatta qualche anno fa non posso averlo, allora, ho pensato che non obbligherò nessuno a venire con me, come avevo promesso, ma metterò l’oggetto del mio desiderio davanti ad una scelta.” Mi guardò intensamente prima di essere raggiunto da altre tre guardie che identificai come i gemelli Alec e Jane e il segugio Demetri. Questi ultimi gli porsero la mano, e uno ad uno Aro esaminò tutte e tre le menti prima di esclamare rivolto a me: ”Isabella, preferiresti raggiungere con me Volterra, o vedere perire tutti i tuoi cari?” ghignò sadico.
“MAI! Sai che non ci riusciresti!” risposi prendendo immediatamente ad allargare lo scudo. Avvolsi completamente la mia famiglia, compresi Alice e Edward. Sapevo che non avrebbe rinunciato a torturarli se avesse voluto. Strinsi forte la mano a Lucas per intimargli di estendere anche il suo. Il mio avrebbe protetto le menti, il suo i corpi. Eravamo una bella coppia, sia in attacco che in difesa Un ringhio familiare si diffuse per la radura.
“Avevi promesso che non le avresti fatto niente, se io fossi venuto con te! Anche Alice mi ha segiuto, ti abbiamo regalato completamente le nostre vite, e così ci ricambi?” la voce arrabbiata di Edward risuonò alle mie orecchie. Sapevo che non mi avrebbe mai abbandonato per un capriccio. L’aveva obbligato quel lurido figlio di…
“Dannazione, solo così raggiungi i tuoi scopi, eh Aro? Solo obbligando la gente. Come avevi fatto già con me. Come avevi proposto a Jasper e Lucas. Ma questa volta non voglio combattere, sai che con i nostri scudi non ce la faresti.”
“Oh Dio Isabella, quanto la fai tragica. Voglio te, nella mia guardia. Non saresti felice di stare con Edward per sempre?” propose l’uomo.
“Certo, quando Edward ritornerà, perché ora niente lo terrà lì con te, vero Edward?” lo guardai speranzosa.

Ciao ragazze e ragazzi! Come promesso, ho postato, visto? *-* Comunque ora mi sorge un dubbio, e quindi apriamo una sorta di sondaggio:
‘Vorreste un Pov Edward per chiarirvi le idee o continuiamo con il pov Bella?’
Aspetto riposte Eh? Quindi mi raccomando recensite!! *-*
Ringrazio tutte le ragazze che Leggono e recensiscono, che Leggono e aggiungono ai preferiti, seguiti e da ricordare, e le tantissime lettrici silenziose. Veramente Grazie di cuore.
Bacioni, Meme__<3

p.s: aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 6
*** Quiz ***


Dodici anni dopo...
-Quiz

 
Un ringhio ci fece zittire. Fu un ringhio breve, ma potente.
Guardai con stupore la giovane ragazza che prima era accanto ad Edward, quella a cui volevo mutilare il braccio. Era alta e la bellezza tipica dei vampiri era abbagliante su quel corpo. La mano di Lucas strinse più forte la mia. La sua ferrea presa mi fece notare che gli altri non si erano più avvicinati dopo Edward. Strinsi la mano del ragazzo e mi appoggiai al suo fianco, improvvisamente stanca di tutto quello che stava succedendo. Non potevo però abbandonare il mio posto, stavo aspettando una risposta da Edward.
“Chelsea come osi ringhiare in mia presenza?” la ammonì Aro.
“Scusi, mio re, non era mia intenzione, ma sa, meglio di me, che il mio Edward non potrebbe mai restare per sempre con lei. Neanche se lei entrasse nella guardia, quindi non vedo perché perdere tempo in proposte inutili.”concluse la donna che stava per perdere gli arti, e, ora, non solo quelli.
“Lui non è il tuo Edward. Lui non sarà mai tuo. Non azzardarti a ripeterlo.”sibilai in preda ad un misto d’ira e gelosia.
Le braccia di Lucas che prima mi abbracciavano in quel momento mi stavano trattenendo. E fu un bene per quella ragazza, altrimenti si sarebbe trovata cenere, prima di poter dire una sola frase in cui avrebbe insinuato che Edward fosse suo.
“Edward. È. Mio!” conclusi in un altro sibilo.
“E chi ti dice ciò?” chiese quell’oca, cercando di avvicinarsi di nuovo al ragazzo, che nel frattempo era stato immobilizzato da Felix mentre stava per attaccare Aro, e ora, insieme a lui, seguiva attentamente la vicenda.
“Lo so. Chiedimi qualsiasi cosa. Lo conosco molto più di te. E lui sicuramente preferisce me a te, stupida oca.”proposi in un sibilo.
“Bene, accetto. Sapete, adoro le sfide.” Irruppe Aro. “ Io chiederò e se Bella risponderà correttamente a più domande, lascerò Edward. Altrimenti resterà con me, e verrete anche tu e il giovane al tuo fianco.” Propose con entusiasmo.
Sentii Jasper vibrare al mio fianco.
“E Alice?” chiesi
“Oh, perché dovrei separarmene? Adoro così tanto il suo dono.” Lo guardai ed avvolsi il mio scudo attorno a lui. Sapevo che sarebbe riuscire a vedere solo ciò che io avessi voluto mostrargli. L’immagine mia con una mantella nera irruppe nella sua mente, come nella mia. “Eccellente proposta Isabella.” Esclamò. Il ringhio basso di Edward proruppe nuovamente nella radura.
“Allora Edward è nato a, Chelsea?” lo ignorò Aro e si rivolse all’oca.
“Ehm…”esitò.
“Bella?”
“Chicago, 1901” risposi sicura.
“Perfetto. Da chi e perché è stato trasformato?” si rivolse nuovamente alla ragazza, forse sperando in una risposta quasi convincente.
“Da Carlisle, per un’epidemia.” Rispose cercando di infondere sicurezza.
“Epidemia di?”
“Ehm… non lo so”rispose la ragazza.
“Spagnola”risposi con sicurezza.
“Brava, Isabella-sorrise-Il suo cognome umano?” Si rivolse a me.
“Masen.”
“Nome completo, Chelsea?”
“Edward Masen Cullen.” Ostentò sicurezza.
“Hai qualcosa da aggiungere Isabella?”
“Anthony. Edward Anthony Masen Cullen.” Risposi convinta.
“Esatto.” La mano di Lucas sfiorava la mia schiena nel goffo tentativo di aiutarmi, anche se non ne avevo bisogno. La ragazza aveva sbagliato ad affermare di conoscere Edward meglio di me, la doveva pagare. L’Isabella vendicativa, assopita da un po’ di anni, si stava divertendo alla vista della confusione sul volto della ragazza.
“Ora… il nome di suo padre, Chelsea?”
“Edward!”trillò.
“E sua madre?”
“Elizabeth!”rispose ancora una volta.
Ero scioccata, non sapeva per quale motivo stava per morire, ma conosceva i suoi genitori. Poi ricordai che Aro, aveva una sorta di schedario in cui racchiudeva i dati ‘umani’ delle sue guardie. Era convinta l’ochetta di poter conoscere Edward solo da quei pochi dati.
“Oh, ottimo Chelsea. Ora vi dovrei porre la domanda di spareggio, dato che siete pari.” Con quelle ultime domande si era rimessa in pari la giovane. Non sapeva chi aveva contro. “Uhm. Giovane Edward porgimi la tua mano.” Edward rispose ai comandi del suo re. “Interessante. – cinguettò – di cosa si è nutrito negli ultimi anni Edward, Isabella?”
Oh, questa non era una domanda equa. Fissai i suoi occhi cremisi e risposi un tremolante "sangue umano".
“Quali umani, Isabella?”
Scossi il capo negando. Non potevo, né volevo, sapere che Edward si era nutrito di innocenti.
“Chelsea?”
“Perlopiù persone da punire, mio re.”
“E anche?” continuò imperterrito.
“Ragazzi usciti dalle prigioni. Quelli che custodivamo per i neonati.”un sorriso vittorioso si dipinse sul volto della ragazza.
Non volli più ascoltare quelle parole e scappai, per l’ennesima volta, dalla nuova realtà di Edward. Anche Carlisle scappò. Impotente mentre gli riferivano una cosa che odiava, la morte degli innocenti.
Scappammo insieme fino a casa Cullen, e solo dopo essermi rifugiata nella nostra vecchia camera scoppiai in singhiozzi. E mi accorsi troppo tardi che anche Lucas mi aveva seguito.

Allora, il pov Edward arriverà entro stasera, con questo capitolo corretto, dato che non l'ho riletto e non è stato corretto, quindi.
Bacioni, e grazie mille per l'appoggio ai 300 che continuano a leggere *-*
 Bacioni, Meme__<3
p.s: aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 7
*** Quattro anni prima... ***


 
Dodici anni prima...
-Quattro anni prima...
 
Pov.Edward
Eravamo giunti nella radura, dove la visione di Alice ci aveva avvisati che sarebbero arrivati. Volevano solo controllare che Bella non fosse più umana, ora che eravamo sposati. Bella lo era e questo non avrebbe fatto sicuramente felice Aro, appena arrivato, davanti a dodici mantelle grigio scuro, nella radura.
“Carlisle, amico mio. Che piacere rivederti! Quanto tempo sarà passato? Un secolo, forse?”sorrise Aro, avvicinatosi a Carlisle, stringendogli la mano.
“Aro, che piacere! Sarei stato felice di incontrarti in luoghi migliori-iniziò mio padre- vedi vorrei spiegarti in una circostanza più consona un problema che abbiamo avuto.”
“Lei è ancora umana.” sibilò Jane.
Le menti coperte da quelle mantelle grigio scuro erano confuse e… affamate. Tutti stavano pensando di attaccare Bella.
“Aro, dì ai tuoi seguaci di calmarsi. Come detto da mio padre vi spiegheremo tutto. Prego, seguitemi a casa Cullen.” Invitai lo stuolo di mantelle.
Presi Bella fra le mie braccia, lei si strinse nel mio abbraccio e cominciai a correre. 
Preceduto da Carlisle entrai in casa, con Bella ancora attaccata alla mia schiena.
“Bella, amore –sussurrai- siamo arrivati.” Lei mi guardò, si accorse di essere già entrata, e con le guance infuocate, si accomodò fra le mie braccia, sull’immacolato divano di Esme.
“Spiegaci, Carlisle, amico mio.” Iniziò Aro.
“Allora, -interloquii al posto di mio padre- come sai, tutti noi Cullen ci teniamo ad avere un certo tasso di cultura, e come ricorderai, non volevo negare a Bella nessuna esperienza umana, perciò dopo il nostro matrimonio, ho convinto Bella a seguire alcuni corsi a Darthmouth. Bella si è davvero appassionata ai corsi, che segue ancora con profitto, e non mi sembrava giusto interromperla, solo per fare una cosa, che si sarebbe potuta posticipare.” Conclusi sotto lo sguardo infuriato di Jane, le occhiate curiose del resto della guardia, e un’ammonizione da parte di Aro.
 Sai che non può restare così. Visto il pensiero, gli porsi la mano.
“Oh, mio caro, hai ragione. Non fa male a nessuno, se rimane così ancora per un po’.” Esclamò mentre guardava  le immagini dei nostri amati viaggi, immagini di come si rapportava con gli altri vampiri, e anche come i nomadi con dei poteri che avevamo incontrato, non l’avessero minimamente scalfita. “Se poi sarà ancor più felice, non vedo dov’è il problema”
“Il problema, mio re, sta nel fatto che stiamo infrangendo una delle nostre più importanti regole. Cosa ne sarebbe della dignità dei Volturi se si sapesse?” interruppe Jane.
“Jane, tesoro, sai che non possiamo andare contro un volere di Carlisle, come già ti ho spiegato, vero?”
“E perché?” domandò innocente. Nello stesso momento cercò di infliggere un flusso di dolore a Carlisle, che prontamente, infierì su di me, che m’interposi fra i due.
“No.” L’urlo di Bella si diffuse nella stanza, e Jane si bloccò, e con un sorriso angelico provò a farlo a lei, che prontamente corse verso di me, cercando di darmi forza. Mi fece rialzare, facendomi sedere sul divano.
“Non farlo più. Non a lui, diamine. -imprecò Bella- Ce l’hai con me, veditela con me. I Cullen non ne hanno colpe.” Nuovamente un flusso di dolore partì da quel sorrise angelico, ma Bella non accusò nulla.
“Sai che quel trucchetto con me non funziona.” Le sorrise.
Tutto successe in un attimo. Jane si avventò su Bella, riuscendo solo a sfiorarla, ma la vista del sangue era stato un richiamo troppo forte per Aro, che all'improvviso si era trovato con il viso premuto nel collo della mia Bella. Lo presi con decisione e lo scaraventai molti metri oltre la vetrata. Rapii Bella e la portai lontano, nella nostra casetta incantata. Quella che, poi capii, sarebbe diventata la tomba di Isabella Marie Swan Cullen. Le sue guance non sarebbe più state irradiate dal rossore, non avrebbe più potuto provare timidezza, non sarebbe più stata impacciata. Sarebbe stata fredda e immortale.

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Capitolo 8
*** Famiglia ***


Dodici anni dopo...
-Famiglia.

 
Passarono i minuti, le ore, i giorni, forse, i mesi.
Sulla camicia azzurrina di Lucas si persero tutte le mie lacrime asciutte. Mi bloccai solo quando una frase del ragazzo mi fece sussultare: “Forza, Bella, smettila di fare così. Anche Jasper sta male, ma tu sei la forza della famiglia. Bella, non puoi abbatterti così” sospirò sconsolato.
Contro le sue previsioni, annuii. “Sapevo mi consideraste così, ma non ci credevo. Insomma, sono quella che soffre di più…”
“…e lo nasconde meglio”concluse. “Bella, non servono i nostri poteri per accorgersi dell’affetto che provi per me e Jazz. Anche noi ti vogliamo molto bene. Anzi, è riduttivo dire che ti vogliamo molto bene, quando sai che per noi sei molto di più.” potei scorgere una nota di adorazione nei suoi occhi, ma la mia timidezza mi convinse di aver frainteso. “Forse è giunto il momento.”disse con aria solenne. “Bella, cosa sai di me?”
“Non molto.” Ammisi “Lui, non mi disse molto all’epoca, forse perché credeva di sapere troppo. Aveva sempre paura di dire più di ciò che gli altri volessero.” Ricordai con un sorriso amaro."So, però, che nei primi tempi la tua mente chiacchierava molto. Riuscivi a causare un'emicrania a un immortale." conclusi ridendo. Anche lui si unì a me, poi si schiarì la voce e le diede un'inlessione seria, prima di cominciare a raccontare: “Bene, allora è giunto il momento che ti parli di me. Io sono Lucas Luis Leroy. Come si vede dal mio accento, sono francese. Ho ventun’anni. Avevo quattro sorelle che amavo follemente, ma due di loro erano gravemente malate, e mi abbandonarono, quando ero appena adolescente. Le altre due erano entrambi più piccole di me. Una di loro, Marie, era anch’essa gravemente malata. Non ricordo di cosa, so solo che un giorno, tornando a casa mi dissero che non c’era più. Non ebbi tempo di disperarmi, ci pensò mia madre, allora io dovetti occuparmi dell’ultima e più piccola sorella rimastami. Avevo appena diciassette anni, quando rimanemmo solo io e mia sorella. Mia madre, ancora depressa per la morte della sua terza figlia, si gettò sotto a un treno ma questo Genevieve non lo sapeva. Oramai era diventato il mio unico motivo di vivere. Quella piccolina me ne aveva fatte passare tante.” Sorrise ai tempi andati “Un giorno, decidemmo di fare un controllo, sai, quei controlli del sangue che si fanno per accontentare i medici. Io avevo diciannove anni, Genevieve solo otto. Scoprimmo una grave forma di malattia degenerativa che aveva la piccola. La portai nei migliori centri medici dell’Europa, ma nulla arrestò quell’inferno e lei si spense a soli dieci anni. Non potetti neanche salutarla, non mi permisero di guardarla un'ultima volta. A ventun’anni volevo diventare un medico, ma non potevo esserlo, secondo me, senza aver visto le vere malattie degenerative quali fossero. Decisi di andare alla ricerca della malaria, che, come sicuramente saprai, mi stava uccidendo. Sicuramente penserai, che storia tragica che ha questo piccolo ragazzetto, ma purtroppo, non sono riuscito in nulla nella vita, e credevo, che almeno aiutare altre vite, avrebbe stemperato il rimorso per non aver potuto salvare mia sorella. Tuttavia una volta ammalatomi, credevo che sarebbe stato meglio morire. Non sapevo che avrei potuto sperare in una famiglia come la nostra.” concluse in un sussurro.
L’abbracciai, senza sapere cosa dire. Davvero ‘quel ragazzetto’ ne aveva passate troppe per soli ventun’anni.
“Sai con la capacità 'dei legami', come dici tu, che mi ritrovo voi, tu e Jazz, mi date un senso di grande pace e tranquillità, proprio come se fossimo una vera famiglia. So che preferireste i ‘fuggitivi’, ma insieme, tutt’e due, siete niente male” concluse. Sorrisi alle sue costatazioni: lo scudo fisico di Lucas gli permetteva di scoprire i legami che univano le persone sotto la sua protezione.
“Sai, in questo momento nessun ‘fuggitivo’ riuscirebbe a portarmi lontano da te. Sei una delle persone più importanti, per me.” sussurrai sulla sua spalla.
“Ragazzi, posso?”Jazz interruppe la risposta di Lucas, che mi lanciò un occhiolino. Entrò nella stanza, con gli occhi lucidi, come sull’orlo delle lacrime. Sapevo che per i vampiri fosse il massimo concesso.
“Entra.” lo invitai sorridente.
“Mi avete lasciato solo, e ho avuto modo di riflettere” costatò.
“Allora dicci, su cosa hai riflettuto?” lo incitati.
“Voglio solo voi. Voi siete la mia famiglia. Non ho bisogno di nessun altro.” Ci confidò.
“Oh, tesoro. Sai che noi ti amiamo come se fossi la persona più importante di questo mondo, è per questo, vero?” domandai divertita.
“Certo che sì. Allora perché vorrei voi? Non capisci nulla, Isabella, io vi voglio solo perché mi amate.” rispose ironico, con fare snob.
 
“Allora, dato che vi amo, ma quando scherzate così non vi sopporto proprio, vorrei proporre una cosa.”
“Dimmi tutto, amore.” Risposi, per stuzzicare Jazz, che mi pizzicò il fianco. Era geloso quando davo il suo nomignolo a Lucas.
“Abbraccio?” propose.
“Abbraccio!” acconsentimmo all’unisono io e Jazz.
Era vero, al momento non avrei desiderato altro che loro due. Proprio come se fossero la mia Famiglia.

Come va ragazze?
Allora, dato che oggi è la vigilia, e sono molto molto contenta, ho deciso di aggiornare oggi, ma vorrei definire una cosa: aggiornerò solo il venerdì da ora. Vorrei dirlo anche a voi, così mi convinco che devo pubblicare, altrimenti lo dimentico facilmente.
Comunque, prima di salutarvi per avvicinarmi alla tavola con il Cenone (per il semplice atto di presenza, dato che sicuramente non mangerò), vorrei invitare le duecento persone che leggono a recensire, perché mi farebbe piacere un’opinione, anche una volta ogni cent’anni, perchè mi piacerebe sapere cosa ne pensate, anche se dovete insultarmi.(xD)
Vi saluto, con i più sinceri auguri di un buon Natale!
*-* Bacioni, Meme <3

p.s: aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 9
*** Priorità. ***


Dodici anni dopo...
-Priorità.

 
Lucas se ne andò per parlare con 'la sua adorata Esme', lasciando me e Jasper da soli.
Si stese sul letto e io mi accoccolai sul suo petto.
"Sai -interruppe il silenzio- non ho capito molto di ciò che è successo... intendo lì, nella radura"
"Aro, lo ha minacciato. Li ha minacciati. Mi avrebbe fatto del male, se non avessero ceduto." sospirai. "In questo momento ho paura solo per Lucas. Nessuno potrebbe salvarlo, ma lo stesso Aro non perderebbe la speranza di ricattarlo per averlo con sè. Io non voglio gli accada niente. E' fragile, è un ragazzino. Non può essere..." venni interrotta da un gran frastuono proviente dal piano inferiore. Guardai confusa Jazz, che alzò le spalle. 
"Mai un attimo di pace, amore mio." sussurrò lanciandomi un occhiolino.
Arrivammo al piano di sotto mentre un urlo investiva la casa.
"Cosa, diamine fate a Lucas? Smettila Emm, ti prego." ero inorridita, ma in qualche maniera dovevo farli smettere. Vedevo il braccio di Lucas correre per la stanza fino a schiantarsi con la vetrata. Non seguii più il suo viaggio. Mi avventai su Emm, mentre Jazz cercava di prendermi. Non ci riuscì, mentre io strappavo il busto di Lucas dalle braccia della bestia. 
"Cosa, dannazione vi passa per la mente? Voglio saperlo, ora!" urlai rabbiosa.
"Bella, ha insultato Rose." si giustificò Emmett.
Rimasi intontita il tempo necessario a Lucas per ricomporsi:"Spiegami questa storia Lucas,ora." sibilo. Fu un flebile sussurro, ma mi sentì più che bene.
"Vedi, il gorilla stava parlando di Aro, e che vorrebbe che... ' i fuggitivi ' tornassero, e io ho detto che non volevo, e stavo per andarmene, ma lui mi ha afferrato e ha sibitato un arrabbiato 'perchè?' e io gli ho risposto che se...- era imbarazzato, lo sentivo, ma ero troppo confusa e furiosa per avvicinarmi- loro tornassero, voi non mi vorreste più, mi abbandonereste, per andare da loro,-confessò triste- ma lui ha cominciato a deridermi e chiamarmi 'cucciolo Swan' e non ci ho visto più e gli ho detto che anche lui si fa comandare da Rose ma non si lamenta. Ha cercato di controbattere, ma non c'è riuscito e mi ha attaccato." non gli dispiaceva di aver attaccato Emmett. Al contrario, era molto imbarazzato e triste per la sua confessione.
Guardai storto lo scimmione mentre mi avvicinavo al ragazzo.
"Ehi, vieni con me." lo incitai. Mi guardò negli occhi e annuì, mettendomi una mano sul volto: mi mostrò tutti i nostri momenti più belli, come foto, in un collage enorme. Uno sguardo di venerazione gli riempì gli occhi mentre lo osservavo. Era una muta preghiera la sua. Urlava 'non lasciarmi'. Il suo tacito dono, valeva più di mille parole.
Corremmo fino al nostro albero, la quercia secolare accanto alla casetta. La casetta nella quale non entravo da quando lui se n'era andato. Non potevo pensarci ora. Ora la mia priorità era Lucas.
"Sai, Lucas, non ti abbandonerei mai. Ne stavo parlando con Jazz un attimo prima che tu ti facessi spezzare da Emm- gli lanciai un'occhiata ammonitrice-, non sono sicura che Aro ti lasci perdere, ma nel tuo caso, non ha altri da ricattare che te, e io non voglio che tu ti lasci condurre in Italia, anche se ti verrei a prendere, ignorando tutti coloro che sicuramente mi fermeranno. Non posso assicurarti che sarai con me per sempre, perchè sicuramente troverai la tua compagna, e la tua felicità, ma posso assicurarti che sarai per sempre dentro di me. Ormai sei diventato fondamentale, quindi non pensare mai che io voglia Edward più di te, perchè quando Edward tornerà, lui non saprà cosa ho passato io, mentre questo piccolo ventunenne sfigato, sì." conclusi sorridendo.
Mi guardò. Era indeciso fra l'attaccarmi scherzosamente per averlo chiamato sfigato, o abbracciarmi per la dolcezza che ho usato, alla fine optò per un abbraccio, mentre sussurrava all'orecchio: "io non sono sfigato, e il fato che si era accanito."
Restammo abbracciati per un tempo infinito. I nostri inutili respiri rimbombavano nella monotona ma sempre brulicante vita della foresta. Volevo poter fare di più per lui, volevo non dovermi staccare da questo splendido abbraccio... volevo... volevo...
"Vorrei che quest'attimo durasse per sempre, e che tu non finisca, come al solito, a singhiozzare, di notte. Vorrei che tu assaggiassi un puma. Vorrei poterti tenere con me, per sempre." sussurrò al mio orecchio.
"Sai, non assaggierei mai un puma. Non sanno correre veloce come un Lucas impaurito da una Bella allegra." sorrisi sulle sue spalle, mentre si allontanava.
"Bella cosa vuoi fare?" chiese terrorizzato. L'utima volta che gli sorrisi così, arrivammo in Canada, perchè mi aveva detto che ero << L'unica vampira grassa al mondo >>.
"Io? Niente!" affermai innocente. Volevo stemprare la tensione, e ci riuscii alla grande.
"Guarda che dovrei essere io quello arrabbiato. Mi hai chiamato ventunenne sfigato. "  disse fingendosi indignato.
"Ah sì? E io dovrei avere paura di uno scricciolo?" lo sbeffegiai.
"Come? Io non sono uno scricciolo!-ormai era quasi arrabbiato- comincia a correre Bella!"
"Che paura!" lo prendevo ancora in giro, mentre correvo verso casa Cullen. 
Passammo accanto alla casetta, e un nuovo profumo mi inondò. Non potevo crederci, non poteva essere tornato. Mi accorsi di essermi bloccata solo quando Lucas ringhiò alle mie spalle.
"E' entrato qui. " ora era seriamente arrabbiato.
Entrò nella casetta, mentre io, con lo scudo, cercavo la mente che mi interessava. E... non la trovai.
"Non c'è più Lucas.-costatai triste, per poi riprendere fingendomi allegra-Sù, torniamo indietro."
Uscì senza chiudere la porta, e a me faceva troppo male il mio morto cuore per avvicinarmi.
"Per favore, chiudi la porta." lo ammonii.
"A cos'eravamo?" gli chiesi appena chiusa la porta.
"Stavi correndo verso casa e io ti rincorrevo per avermi dato dello sfigato."mi riprese.
"Giusto! Quindi mi dai tre secondi di anticipo?" chiesi riprendendo l'allegria che sapeva donarmi il giovane.
"Ok. Uno...Due..."iniziò ad inseguirmi.
"Non vale. Avevi detto tre!" lo ripresi.
"Tu avevi detto tre!"rispose. 
Sentivo il vento scivolarmi addosso e plasmare il largo abito bianco che indossavo come se fosse una seconda pelle. Correre nel nuovo corpo mi era sempre piaciuto. Adoravo correre saltando da albero ad albero sulle spalle di...
Sentivo il respiro nervoso di Jasper, che ci aspettava come al solito sulla grande vetrata. Ormai si era abituato ai nostri 'scambi di idee'.
"Jazz salvami tu!" urlai appena saltato il fiume, fiondandomi tra le sue braccia.
Il ringhio di Lucas si diffose alle mie spalle.
"Ti sei salvata solo perchè c'era Jasper, altrimenti..."
"Altrimenti non saresti riuscito a prendermi, perchè corro molto più veloce di te!" cantilenai come una bimba delle elementari.
"Ah sì? Ridillo se hai il coraggio." mi sfidò mentre le sue mani cominciarono a percorrere i miei fianchi, l'addome e il collo.
"No...no...smettila-cercai di calmarlo mentre venivo scossa da continui singulti di riso- smettila...Jazz non... non mettertici ... anche...tu" non la smettevano e io continuavo ad essere scossa dalle risate. Se avessi avuto bisogno di respirare sarei morta asfissiata da un pezzo.
Non avrei desiderato nulla di più. Ormai loro erano la mia priorità.

Ciao ragazze! Vorrei ringraziare le Duecento e più persone che continuano a leggere la storia e le 31 che l'hanno messa fra le preferite, le seguite e da riordare.
Vorrei ringraziare Lorelai97 che continua a recensire i capitoli, e invitarvi a recensire, perchè mi piacerebbe conoscere i vostri pensieri e opinioni.
Comunque, ho postato oggi, perchè non so se domani posso, quindi, bacioni. Meme_<3
p.s: aggiornamento del 10/02/12:capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 10
*** Viaggi ***


Dodici anni dopo...
-Viaggi.

 
Dopo un'infinità di tempo mi lasciarono e mi abbandonai fra le braccia di Jazz, che dolcemente mi riportò sul nostro letto.Nostro,perchè dopo i primi due anni la famiglia ci obbligò a trovarci dei compagni per toglierci dalla semidepressione che ci aveva colto, e più per farli contenti, che per vero bisogno, decidemmo di condividere la camera. Così la sera, quando non cacciavamo, ci sdraiavamo sul letto e parlavamo. Ci conoscemmo meglio a vicenda, e ormai era più che un fratello.
Mi poggiò sul letto, e poi si stese al mio fianco.
"Allora, cosa dicevamo, prima che Emm mutilasse il ragazzo?"chiese.
"Ti parlavo della mia paura. Perchè non potrei mai sopravvivere se Lucas se ne andasse. Non potrei, sarei sola. Ormai è parte di me."sussurrai le mie paure al suo petto, mentre un nodo si formava alla gola.
"Ehi, Bella, calma. Respira." anche se non ne avevo bisogno il consiglio di Jasper mi aiutò. Aveva capito che la respirazione era un toccasana per i miei nervi.
"Ok. Ok."
"Lui non se ne andrà e tu non lo lascerai. Sai benissimo cosa sei per lui. Sei l'occasione delle 'coccole mancate'." Carlisle diceva che io ero l'occasione di Lucas per farsi coccolare. Sua madre era depressa quando lui doveva essere coccolato e ha dovuto sopportare troppo dolore. Solo ora avevo capito quel piccolo ometto cosa aveva passato.
Sorrisi. Mi piaceva sentirmi definire così."Lo so che non hai mai pensato ad avere un figlio, ma pensaci: tu per Lucas sei una madre, e nessun figlio potrebbe allontanarsi per molto dalla madre."
"E' vero, ma un giorno si stancherà di essere vegliato, troverà un compagna e se ne andrà." mugugnai. Il pensiero che andasse via negli ultimi tempi non mi andava tanto a genio.
"Lui non se ne andrà, Bella, anzi ti tartasserà all'infinito per essere coccolato."continuò
"Un ventiduenne che si lascia coccolare da una quasi ventenne. Ah, mia madre si rivolterebbe nella tomba."aggiunse poi.
"Povera signora Withlock. Non dovremmo mai farla rigirare nella tomba." sorrisi maliziosa.
"Forse se io, piccola ragazzina appena ventenne, coccolassi un ventenne ultracentenario..."continuai.
"Piccola strega ma cosa combini? Possibile che non tu non riesca a dare un'intonazione seria alla tua voce per più di dodici minuti? O ti deprimi o diventi una gatta... Come devo fare con te?"chiese retorico.
"Be', io un'idea ce l'avrei..."risposi. La malizia ormai era un dato di fatto.
Salii a cavalcioni su di lui e mi abbassai lentamente sul suo viso per poi accostarmi alle sue labbra sfiorandole con le mie mentre sentivo qualcosa sfiorare il mio interno coscia.
"Allora non sono la sola eccitata qui..."lo accusai
"E' ovvio che se fai così io non posso che..."venne interrotto da qualcuno che bussò alla porta. Mi sdraiai su di lui posando il capo sulla sua spalla, e mentre stringevo le gambe sentendolo gemere, lui prendeva il lenzuolo per coprirci. Se fosse stato Carlisle sarebbe stato molto contento di noi. Peccato che ad affacciarsi sia stata la testolina bionda del ragazzino di casa, che senza neanche attendere un permesso venne e si stese accanto a Jasper, tirandomi per un braccio, affinchè mi avvicinassi a lui. Mi lasciai cadere stringendo un'ultima volta le gambe, mentre un ultimo gemito lasciava le labbra di Jasper. Quanto avrei voluto...
"Bella!" strepitò Lucas, irritato dal mio temporeggiamento.
"Dimmi, tesoro."
"Oh, ehm... come va?" sembrava in imbarazzo.
"Amore,-questa parola mi costò un pizzico nel fianco-sai che non devi imbarazzarti con me, vero?" gli chiesi.
"Certo, certo..." sembrava ancora indeciso.
"A meno che tu non mi vogli parlare delle tue prodezze da camera da letto, sono tutta orecchi" lo spronai.
"Bhe, ecco...-fece un respiro profondo e coninuò- io voglio... voglio... voglio tornare in Francia. Voglio tornarci con te. Con voi." La sua proposta mi lasciò sbalordita.
"Tesoro, perchè vuoi farci venire con te?"
"Perchè... Perchè... sono uno stupido."dichiarò con un sorriso amaro.
"Ehi, Lucas, guardami bene. Non ho detto che non vogliamo venirci. Non ho detto che sei uno stupido. Voglio solo sapere perchè ci vuoi con te in un momento così...ehm...come dire... intimo, familiare, ecco."dissi per calmarlo.
Mi guardò e poi rispose:" Ecco, proprio perchè è una cosa familiare. Voglio condividerla con la mia famiglia. Con quello che considero un fratello e quella che è la mia seconda madre."
I miei occhi si riempirono di lacrime, mentre lui imbarazzatissimo giocava con una ciocca dei miei capelli.
"Sai, non ho mai voluto figli. Ero una ragazza innamorata, mi bastava lui,- le mie parole erano spontanee e leggere- ma da quando ti conosco, mi sento più... come dire... responsabile. Cioè, mi sento in ansia se non so dove sei, sono felice della tua felicità, sono triste per la tua malinconia... Non posso esserci senza te."conclusi abbracciandolo.
"Quindi verrai con me in Francia?" richiese speranzoso. Jasper ridacchiò. Ma come, gli avevo fatto quella confessione e lui se ne riesce con la Francia?
"Ok,ok. Andremo in Francia, vero Jazz?"
"E io che c'entro?"rispose sentedosi chiamato ingiustamente in causa.
"Ma come, il fratello maggiore non partecipa a quest'esperienza di vita familiare?"feci scuotendo il capo.
"Come puoi negare a questo faccino triste qualcosa?"riprese Lucas, mettendo il broncio.
"Come puoi negare a questi faccini tristi qualcosa?" corressi io, imitando il biondo.
"Come posso resistervi? Venite qui..."cedette Jazz accogliendoci fra le sue braccia.
Quando ci staccammo il primo a proferire parola fu Lucas:"Allora io vado a preparare le valigie! Chiederò a Esme e Rose!A dopo!" si liquidò eccitato. Credetti fossero state poche le occasioni per lui di viaggiare per il proprio piacere.
"A cos'eravamo rimasti?"chiese malizioso Jasper.L'eccitazione traspariva da ogni singola sillaba.
"A me qui-ripresi salendo su di lui- con le grambe qui-strinsi nuovamente le gambe sul suo membro- poggiata così- strusciai il mio seno sul suo petto, entrambi coperti, mentre lui rabbrividiva al contatto- con le labbra qui" e ricominciò la danza.
Quando ci concedevamo momenti simili non arrivavamo mai a qualcosa simile al sesso.  ci stuzzicavamo vicendevolmente fino a quando uno dei due non veniva. Non avevamo neanche toccato, mai il corpo nudo dell'altro. Finivamo sempre in intimo, a farci le coccole. Eravamo come due ragazzini: curiosi, attenti, vogliosi di sfiorare l'altro, ma che hanno paura di andare oltre. Noi non avevamo paura, sempliemente non volevamo andare oltre. Eravamo soddisfatti, ci bastava esere così. Eravamo una sorta di coccolamici.
"Sai, ho avuto un idea" cominciò.
"Che idea?"
"Ho pensato che dalla Francia potremmo passare per l'Ita..."
"No, non mettermi in testa idee che non realizzeremo. Sai meglio di me che Alice vedrebbe tutto, Aro scoprirebbe tutto, e ci troveremmo a Volterra senza poter fare ciò che avremmo dovuto, anzi implicati a rimanerci in quel posto squallido. E io ci rimarrei male, sarei delusa." conclusi, smorzando le sue speranze... credevo.
"Non ci rimarresti male. Hai capito anche tu che Alice ed Edward non vogliono rimanere lì, quindi Alice non vedrà null..."
"No, -lo interruppi nuovamente-finiremmo come l'ultima volta, che Felix ti ha quasi rotto l'osso del collo e io ho dovuto riportarti sulle spalle a nuoto. E ti posso assicurare che attraversare l'Oceano con un immortale sulle spalle è fastidiosissimo."conclusi.
"No, smettila  di essere così negativa Bella. E non interrompermi di nuovo; ora fammi parlare, diamine!- si passò una mano fra i capelli e riprese-Allora dato che Alice vuole tornare, a quanto ho visto, noi possiamo decidere se essere tanto stupidi da farci scoprire o meno. Ascolta me..."

Salve, gente!
So che avrei dovuto postare venerdì, ma Costantino e Diocleziano mi hanno rapita. Se non sapete chi sono, beati voi xD
Comunque spero che il capitolo vi piaccia, non è il mio migliore, ma aspetto un vostro giudizio.
Ringrazio gli angeli che continuano a mettere tra le preferite/seguite/da ricordare, e Gio che continua a recensire. Grazie <3
Bacioni, Meme_<3
p.s: aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 11
*** Partenze e visioni. ***


Dodici anni dopo...
-Partenze e visioni.
"Emm lasciami, o l'aereo parte senza di me!" Era dalla prima chiamata dell'aereo che mi stringeva, non ne potevo più.
"Ok ok, però prometti di chiamare tutti i giorni, almeno due volte al giorno. E poi attenta al sole, la Francia è piena di sole." si raccomandò.
Sbuffai guardando implorante Jasper e Lucas.
"Emmett, neanche Esme si è raccomandata così tanto, quindi perchè non la smetti? Bella ti truciderà dalla noia!"lo schernì Lucas.
"Senti bambino, fai il bravo, ok? E non far disperare la mia Bellina. E poi sono solo preoccupato, me lo concedi?" sbuffò Emmett diretto al ragazzo.
"Dai Emm, cosa mai potrebbe succedere in una Parigi piovosa? E poi Lucas non mi fa disperare, è solo iperattivo." La linguaccia che fino a un secondo prima il ragazzo stava mostrando al mio interlocutore si trasformò in un adorabile broncio.
Abbracciai Emmett, l'unico a volerci accompagnare ad ogni costo all'aereoporto, contravvenendo ai provvedimenti di Carlisle, che non voleva tragiche scene d'addio, e prendendo le mani dei ragazzi mi avviai. 
"Ti voglio bene, Emm. Qualunque cosa succeda." il mio bisbiglio agli umani poteva sembrare diretto ai miei accompagnatori, ma ero sicura che Emm avesse sentito. Infatti sentii il suo sguardo confuso sulla schiena, fin quando, consegnando i biglietti alla hostess, mi voltai verso di lui, che capì le mie intenzioni.
"No, Bella, non da sola. Non di nuovo." bisbigliò.
"Non sono sola."risposi stringendo le mani dei miei amici, come ad indicare che loro erano con me. Jazz sorrise. Lucas ghignò.
"Ti voglio bene, Bella. E non ti succederà nulla, perchè verrò anch'io." mi lanciò un occhiolino e sfuggì da quel luogo affollato, mentre un gemito sfuggiva dalle mie labbra. Non potevo metterli in pericolo ancora.
"Non ti preoccupare Bella. Non succederà nulla. Noi faremo solo la nostra proposta."mi rincuorò Jazz, mentre salivamo nell'aereo.
E il mio pensiero volò immediatamente a Volterra.
 
 
Nel frattempo a Volterra...
"Oh, Alice, mostrami ciò che vedi." Gemetti. Non poteva mostrarglielo, ma soprattutto loro non potevano provarci ancora. Lanciai un'occhiata a Renata, in una muta richiesta di protezione. Eravamo diventati amici, e lei aveva capito dalla mia storia quanto amavo quella ragazza. Quanto amavo la mia ragazza. Sì, perchè anche se ora tutti credevano che io stessi con Chelsea, il mio pensiero viveva ancora a Forks, in quella casetta nel bosco che poco prima di andare via ero passato a visitare. La nostra casetta. 
Dal giorno successivo alla trasformazione di Bella, Aro, cominciò a presentarsi spesso, con la scusa di essere il creatore di Bella. Perchè pensava che essendo il suo veleno a scorrere in Bella, potesse avanzare la pretesa di portarsela via, in Italia. Allora noi ci rifugiavamo lì, dove nascondevo Bella dalle mie paure.
Inizialmente fui disgustato da lui e dai suoi pensieri; ma quando questi diventarono vere e proprie aspirazioni, decisi di dover fare qualcosa per proteggere la donna della mia vita. E la mia proposta ebbe catastrofiche reazioni. 
Lo sguardo addolorato di Aro mi distolse dai miei pensieri, e vidi Renata che sfiorava la mantella di Alice nel tentativo di vietare la visione dell'immediato futuro ad Aro.
Non doveva vedere che mancava una settimana all'ennesimo tentativo di Bella.
Non doveva vedere che Bella non sarebbe arrivata da sola.
Non doveva vedere tutte le coincidenze che avrebbero spianato la strada a Bella.
"Alice, Alice, Alice,-mormorò- perchè non mi mostri il glorioso futuro della nostra famiglia?" volontariamente calcò l'aggettivo nostra e Alice rabbrividì.
"Oh, mio signore, non è nulla - mormorò Alice- probabilmente non la vede perchè è Bella. Ha deciso di cambiare il suo guardaroba. Sa, io ero molto legata a queste sciocchezze, prima di venire qui..."le sue ultime quattro parole furono un sussurro appena udibile dalle mie orecchie, e sicuramente Aro non le aveva comprese.
"Oh-Aro era scioccato- va...va bene, piccola Alice. Puoi andare."
"Grazie, signore." si liquidò e fuggì. Chiesi ad Aro il permesso di seguirla, e mi fu accordato.
La seguii fino ad arrivare alle pendici di un colle. Un colle fiorentino, coperto dagli ulivi secolari, uno dei quali ci nascondeva al sole, bramoso di farci splendere.
"Credi lo faranno davvero? Credi ci riusciranno stavolta?" chiese improvvisamente animata da nuove speranze.
"Be', hai visto la cosa meglio di me. Le coincidenze che spianeranno la loro strada saranno davvero fortunate. Forse, Carlisle aveva ragione. Gli amici restano tali anche dopo quattrocento anni." commentai.
"Sì, ma le amazzoni potrebbero non venire, e Maggie voler evitare lo scontro." la mia sorellina, un tempo sempre positiva e allegra, ormai vedeva tutto nero.
"Ehi, guardami Alice: ce la faranno, sono forti degli scudi, possono ripararsi da tutta la guardia, e sono forti degli attacchi, possono sorprendere tutti solo grazie a Benjamin... che sicuramente verrebbe, perchè è molto legato a Bella, e le vuole bene." la interruppi ancora prima di cominciare.
"O-Ok, mi fido di loro, è che mi manca la famiglia, la mia famiglia."sospirò triste.
Non vedevo un sorriso illuminarle il volto da quel lontano ottobre di quattro anni fa...
"Torniamo prima che ci costringano a... cenare fuori." la esortai.
Corremmo, incrociando delle mucche al pascolo. Da quand'eravamo qui era l'unico pasto vegetariano che potevamo avere. Nel centro Italia non c'erano cervi o puma.
Arrivammo sul tardi a corte, ma prima di entrare un'ennesima visione disturbò la nostra entrata: Jasper, Lucas e Bella entravano nelle mura di Volterra, accompagnati da un'abnorme schiera di vampiri dagli occhi cremisi.

Salve! Allora ho capito che l'ultimo capitolo non vi è piaciuto, spero di rimediare con questo.
Anyway, le cose cominciano a farsi movimentate, e credo manchi poco alla fine; forse cinque capitoli.
Be', mi aspetto una recensioncina, anche piccola piccola. Bacioni, Meme_<3
p.s: aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 12
*** Parigi ***


Dodici anni dopo...
-Parigi.

 
Arrivati al Charles De Gaulle il nervosismo che Lucas aveva cercato di nascondere riaffiorò prepotente. 
E se non ci fosse più nulla? chiese timoroso. “E se avessero eliminato il palazzo? In fondo manco da qui da… anni! Sicuramente non ci sarà nulla e avremmo attraversato il globo per nulla, nulla!ripeté.
Guardami Lucas, guardami e dimmi: ti ho mai mentito?” chiesi lasciandolo confuso e perplesso.
N-no, ma che centra?” rispose confuso.
“Allora mi credi se ti dico che andrà tutto bene?”
“No, non riesco a crederci. Non può essere ancora tutto lì, sarebbe inutile e… doloroso” concluse soffiando via l’ultima parola.
"Tesoro, il dolore serve a crescere; non potrai lasciarti il passato alle spalle se non lo affronti. Tutti i fantasmi torneranno a bussare alla tua porta e a riempirti di colpi allo stomaco, senza darti tregua. La tua anima sarà per sempre infastidita dalla presenza di qualcosa che non hai affrontato, ma io ci tengo a te, e perciò ora mi dai la mano e vieni con me." conclusi guardandolo negli occhi. 
Sembrava indeciso, tentennò, ma alla fine strinse la mia mano e soffiò un flebile “Grazie”.
"Aspetta un attimo." Recuperai le valigie affidandole a Jasper, e gli presi la mano "Prima di tutto: dove andiamo?"
"Boulevard de Grenelle, 79. Abitavamo al quarto piano." disse deciso, ma con lo sguardo vacuo.
Gli strinsi di più la mano. Non volevo essere invadente, ma volevo fargli sentire a mia presenza. Capì il mio tentativo e sorrise.
Jasper fermò un taxi e ci fece salire.
"Nous pouvons apporter à le Boulevard de Grenelle 79?" chiese Lucas."à travers les plus belles routes" Non capivo molto il francese, ma mi fu ovvia la prima parte della richiesta.
"Oh, mais certainement monsieur." rispose gentile l'uomo. 
Inizialmente non feci molto caso a ciò che mi passava accanto, parlavo con Lucas dei suoi ricordi: "Dai, Lucas, ce la farai. Tutto sarà come lo ricordi. Vuoi parlarmi di ciò che ti mette paura?” chiesi insicura. Non sapevo se ne avrebbe voluto parlare.
“Genevieve era una bimba così solare e carismatica. Ogni persona che la vedeva non poteva fare a meno di sorriderle e farle le coccole. Le persone che incontravamo quando passeggiavamo per Champ-de-Mars la guardavano con occhi adoranti per poi accarezzarle i capelli, o qualche vecchietta coraggiosa le schioccava anche un bacio sulla guancia. Sai, è dove si trova la Tour Eiffel, ed era vicino casa, quindi il pomeriggio, o la mattina quando non aveva scuola, me la caricavo in spalle e mi trasformavo nel suo ‘cheval blanc’. Mi tirava i capelli come fossero redini e urlava ‘Galopant!’ facendo girare tutti coloro che si trovavano sulla nostra strada. Anche i medici erano sempre dolci e gentili con lei. Le regalavano sempre dolci e orsacchiotti. Il suo letto ne era sommerso. A dieci anni poteva essere considerata la bambina più bella di tutta Parigi. I suoi boccoli parevano d’oro tanto che erano lucenti. Marie diceva che avevano luce propria. -sorrideva mentre ricordava quei dettagli- Gli occhi erano come piccole perle di giada. Verdi, brillanti e vispi. Giuro di non ricordare mai un attimo di tristezza che li avesse inumiditi… ma poi passò l’estate, l’autunno e lei si aggravò, e i medici non potevano fare nulla per lei. La rinchiusero in una stanza bianca e non la vidi più. Ho paura che sia arrabbiata con me. Io le ho sempre voluto bene, non posso credere che in un qualche universo superiore lei mi possa odiare. Io non potrei sopportarlo. Già mi odio abbastanza per non aver potuto salvarla.”concluse sospirando.
“Credi nel paradiso, Lucas?” gli chiesi cauta.
“Ehm… be’… sì.” Rispose pensieroso.
“Allora devi credere che lei ti guardi da lassù e sia con tua madre e le tue sorelle, ad aspettare un giorno migliore in cui potrà tornare al tuo fianco. Lei è l’angelo più bello che si trovi lassù, e trovo inutile che tu ti rimproveri. Loro ti ameranno sempre, come ti amiamo noi.” Lo guardai, e non so bene cosa vide, ma i suoi occhi divennero umidi e mi abbracciò stretta.
“Grazie, mamma.” Mi disse, e io mi sciolsi.
“Oh, Lucas.” esclamai singhiozzando. Jazz che fino ad ora era rimasto in disparte si unì all’abbraccio sussurrando: “Ci siamo noi ora.”
 Tornai a guardare meravigliata ciò che mi circondava uando scendendo dall’Autoroute du Nord ci addentrammo nel Boulevard Ney. Inizialmente era costeggiata da molti palazzi e pochi alberi, ma questi aumentavano e diminuivano, a seconda se il boulevard fosse più o meno grande. Osservai l’enorme sala congressi, l’étoile Charles de Gaulle, attraversammo e costeggiammo la Senna, fin quando, allontanandoci dalla Senna, la vidi: la grande, enorme e bellissima Tour Eiffel era accanto a me. Era davvero spettacolare. Solo pensare a come era possibile creare una cosa tanto grande mi faceva vorticare la mia immortale testa. Poi ci addentrammo in un altro boulevard, dove gli alberi erano davvero tantissimi, ma a parte questo mi parve uguale agli altri, anche se capii che non lo era. Lo sentivo da come aumentava il nervosismo di Lucas al mio fianco. Lo sentivo da come stringeva la mia mano tra le sue dita. Lo capii finalmente quando l'autista ci fece scendere e Jasper pagò. Lo capii dallo sguardo vacuo di Lucas, forse perso nei ricordi.
"Questa era casa mia- sussurrò alzando lo sguardo- Vivevo lì con mamma e Genevieve. Vieni" Prese la mia mano e mi trascinò all'interno del palazzo, quasi correndo per le scale fino a fermarsi davanti a una porta. Sembrava vecchia, ma capii fosse lo stile francese. Una frase antica risuonò alle mie orecchie << In Europa il vecchio è di moda! >> urlava Alice ogni volta che pianificavamo un viaggio in Europa. E mai come quel momento fui sicura delle mie azioni.
Lucas entrò. La porta era quasi spalancata, anche se la casa sembrava essere in disuso da anni. Nessun segno di vita recente si affacciava davanti a noi. L’ingresso era formato da un largo corridoio con le pareti chiare, adatte alle tonalità del legno come il mobile basso con rifiniture d’oro, presente dietro alla porta. Davanti a noi si parava un arco con una tenda blu, che mi impediva la visuale.
Con la mano salda nella mia continuò a camminare, oltrepassando alcune porte senza farci granché caso. Queste erano schizzate di colori, come se ci fosse stata una guerra con la pittura. Poi, dopo l’ennesimo arco si fermò, chiuse gli occhi, respirò l’aria e sussurrò un flebile “Genevieve…”. 
Quando aprì gli occhi e la porta si spalancò accanto a me, facendomi sussultare e lanciare un urlo di spavento. Jasper, che nel frattempo, come me, era stato in silenzio e alle spalle di Lucas, mi prese fra le braccia.
“Tu…tu…”

Salve gente!
Mi scuso immensamente per il ritardo (il periodo fine quadrimestrale è orrendo) e spero che qualcuno ancora segua questa storia, anche se mi pare improbabile. Ringrazio infinitamente Ginabeth che si è appena aggiunta alle recensitrici della storia.
Non ho molto da dire, se non che ringrazio le 1008 persone che hanno visitato il prologo. Grazie 100800 volte! *---*
 Il prossimo capitolo arriverà molto presto;)

Bacioni, Meme_<3
p.s:aggiornamento del 10/02/12: capitolo revisionato e corretto.

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Capitolo 13
*** Arrivi ***


«C'è qualcuno?» chiese la piccola autrice, imitando una famosa particella di sodio.
Salve, Angeli.
Allora per quelli che di voi ci sono ancora, annuncio felicemente che torno ad aggiornare(!), anche se mi piacerebbe avereun po' più di collaborazione da parte vostra: una recensioncina o anche solo un mp con scritto "a storia fa schifo!", almeno significa che avrete un consiglio da darmi, anche solo per dire "Ritirati!" (Don't worry, per mp potete dirlo!). Allora ho avuto un'idea che vi propongo: e se aprissi un gruppo Facebook, qualcuno/a di voi parteciperebbe? Ho anche un account Twitter e Msn (chi non ce l'ha?!) se a qualcuno/a interessasse. Posterei piccoli spoiler, le trame delle storie che ho in cantiere e cose simili. Vi piacerebbe?  Ok, vi lascio al capitolo, ma mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate! 
Enjoy it:)
p.s: qualcuna di voi è capace a fare un banner/copertina per la storia? Io ne ho fatto uno, ma è orrendo e non so neanche postarlo (._.'' sono un'impedita con i vari codici e poi si blocca sempre: questa, se riesce, è l'ottava volta che provo a pubblicare). Fatevi avanti belle/i graficanti! *-*

 
Dodici anni dopo...
12. Arrivi


«Tu...tu...chi sei? che ci fai qui? chi ti ha fatto entrare?» strepitò Lucas contro la nuova, inopportuna, visita al suo passato. 
Mi voltai di scatto e i ricordi offuscarono per un attimo la mia mente alla visione di quelle membra stirate. Le lunghe trecce nere, le lunghe braccia nere, il lungo viso con lungo naso, le lunghe gambe. Il completo di pelle. L'odore di foresta pluviale. 
«Zafrina...» mormorai, persa nell'idillio di quella massa boscosa. «Zafrina!» urlai stavolta. «Jazz c'è Zafrina!»
«Ciao tesoro come stai?» sussurrò abbracciandomi la donna.
«Io bene, e tu? dove hai lasciato Kachiri e Senna? Perchè non sono con te?» mormorai. Poi mi resi conto, veramente, di ciò che avevo accanto e le chiesi: «Cosa ci fai qui, Zafrina?»
«Tutto a tempo debito. Comunque io sto bene! Ehi, biondo, come va?» Si rivolse a Jazz.
«Potrebbe andare meglio, ma non ci lamentiamo» rispose il mio amico.
Tornai sui miei passi stringendomi al mio migliore amico, poi mi accorsi di Lucas ancora immobile a fissarci. A fissarmi. Subito mi avvicinai a lui e prendendogli le mani fra le mie gli dissi cauta: «Amore, lei è Zafrina una... nostra cara amica. Sinceramente non so che ci faccia qui, ma ti posso assicurare che non è cattiva». 
Poi mi rivolsi alla donna e aggiunsi: «Lui è Lucas... mio f-nostro caro amico» mi corressi. 
«Oh, è un gran piacere conoscerti. Ho sentito parlare di te» mormorò l'africana. 
«C-come hai sentito parlare di lui?» sussurrai confusa.
«Tutto a tempo debito» rispose, agitando una mano come se fosse una cosa da poco conto. Dannazione, aveva attraversato il globo, lasciato la sua foresta, il suo continente, raggiungendo la Francia, e non voleva dirmi il perchè... cosa nascondeva?
«Con nostra, intendi anche dei fuggitivi?» chiese Lucas.
«Sì, anche loro le conoscevano. Soprattutto loro» risposi cauta.
Il ragazzo annuì e mi strinse la mano, eliminando definitivamente la sua staticità.
«Zafrina, per curiosità, quando sarebbe questo tempo debito?» domandai, confusa dal suo esitare. Di solito non parlava molto, ma era assai esaustiva.
«Usciamo?» rispose improvvisamente inquieta.
«S-sì. Lucas ci porti in qualche bel posto?» chiesi al mio Cicerone.
«Certo, mamma» rispose, e io mi sciolsi sorridendo stupidamente inebetita.
«Jazz che ne dici di iniziare a scendere con Zafrina?» accennai al mio amico. Lui annuì e trascinò la donna oltre la tenda, non prima però che mi sfuggisse l'espressione confusa e curiosa di lei. Forse non capiva il mamma di Lucas. «Vuoi vedere mia sorella?» Il ragazzo mi distolse da quei pensieri.
«Certo che sì» Sorrisi amorevole. Mi prese una mano e mi trascinò per tutto il corridoio, attraversando numerosi archi e tende, fino a fermarsi in una stanza che valutai essere il soggiorno. Quella casa era davvero enorme, a dispetto di come sembrava da fuori. Le pareti erano dipinte in un pallido e scolorito rosa, con il punto in cui si incontra il soffitto curvato da una strana forma di gesso: damascata, quasi gotica, esageratamente bombata, ma che, invece di stonare, dava alla stanza una parvenza di familiarità. Lucas mi trascinò attraverso la stanza, oltrepassando i divani e il tavolino, e la vetrina dove in bella mostra si esibiva un servizio di bicchieri di Boemia. Alzai gli occhi dal suo sguardo lucido e mi imbattei in una cornice antica, bombata come il gesso sul soffitto. La foto era ingiallita dal tempo e il vetro opaco per la polvere. Tuttavia la bellezza di quella bambina era accecante. Noi immortali non badiamo alla polvere, vediamo benissimo, ma non riuscii a frenare la mano, che inconsapevolmente sfiorò  con le dita il freddo vetro, eliminando la parte di quella patina che copriva il bellissimo volto. 
«La conosco» sussurrai altrettanto inconsapevolmente.
Era vero, era come se la conoscessi da una vita. Il sorriso di quella bambina era un ricordo lontano, di una vita fa. 
«Eravamo in Germania. Era un pomeriggio nuvoloso, in cui Edward aveva deciso di portarmi in giro per negozi. Uscimmo da quella sartoria con un regalo per Alice: avevano quel vestito blu che ancora non era riuscita a comprare, quello lungo fino al ginocchio con un fiocco che lo stringeva sul seno, rendendolo perfetto per lei; lo avrebbe adorato. Mi voltai e rimasi incantata: degli splendidi boccoli biondi ondeggiavano sotto il cielo scuro di Berlino. Appartenevano ad una splendida bambina, che mi nascondeva il volto, alta fino al gomito del suo accompagnatore. Inconsapevolmente mi avvicinai e sfiorai quell'oro causando un sussulto alla padroncina che si scostò e si voltò: aveva splendidi occhi verdi, guance paffute e un adorabile nasino alla francese. Il tutto era però rovinato da goccioline salate che scorrevano liberamente sulle gote della bambina, rigandone il manto arrossato.
« Perchè piangi piccolina?» chiesi nella speranza che capisse l'inglese.
«Je voleux le chocolat» piagnucolò in francese, indicando una tavoletta in vetrina.
«Oh, mais allors tu es français?» chiesi sperando di indirizzare altrove l'interesse della bimba.
 «Oui, et toi?» disse asciugandosi con il dorso della mano le guance umide e tirando su con il naso.
Tirai leggermente la mano di Edward, che, capendomi, mi tese un fazzoletto di lino ricamato a mano da Esme.
«Prends, ma petit. Et je suis americain» affermai porgendoglielo.
«Merci» esclamò sorridendo. Tirai ancora la mano di Edward, lui capì cosa volevo ed entrò nel negozio.
«Alors, comment tu t’appelles?» chiesi ancora intrattenendola.
Prima si asciugò le guance, poi si soffiò il naso, poi mi porse il fazzoletto e infine parlò: «Je suis... Oh, le chocolat! Lu' le chocolat!». Battè le piccole mani paffute, mentre mio marito usciva dalla cioccolateria con la famosa tavoletta. Gentilmente gliela porse ed esclamò: «Pour une splendide fille»
Le sorrise e non mi stupii del rossore che imporporò le guance della bambina.
«Merci, merci beacoup» E rise ancora e ancora, fin quando il suo accompagnatore non si abbassò per intimarle di calmarsi. Poi la prese e la pose sulle sue spalle, mentre le apriva la confezione. 
«Merci, merci beacoup, se mi lasciate il vostro numero vi ripagherò appena possibile» mormorò in inglese...»
« «Oh, non preoccuparti. Ciao piccolina» La ragazza scompigliò i capelli di Genevieve e le lanciò un sorriso, prima di afferrare la mano del suo accompagnatore e incamminarsi verso il lato opposto della strada. Genevieve cercò in tutti i modi di scoprire il nome della "belle fille", ma non la incontrammo più» m'interruppe terminando la descrizione di quel ricordo. Eravamo stati a Berlino nel nostro famoso viaggio per il mondo; appena dopo aver visitato Londra.
«Ecco dove ti avevo visto. —mormorai stringendogli il braccio. Mi girai e lo abbracciai.— Ti capisco, Lucas, ti capisco»
Restammo abbracciati per un'infinità di tempo, ognuno perso nei propri ricordi, poi Lucas mi alzò in aria, prendendomi di peso, e mi caricò sulla sua schiena.
«Andiamo a recuperare i fuggitivi!» esclamò, e imitando un cavallo, trottò fino all'uscita. La mia risata risuonava limpida fino alla strada, dove arrivammo dopo qualche minuto.
Il cielo coperto di nubi ci favorì nell'arrivare, ancora come destriero e cavaliere, fino alla caffetteria dove Jazz e Zafrina si erano accomodati. Il locale era quasi deserto, e non mi stupii del fatto, era presto e pioveva. I francesi preferivano altre attività che girare all'aperto sotto la pioggia.
«Ehi! Non me la maltrattare, francesino!» Jazz prese bonariamente in giro Lucas, prendendomi dalle spalle del ragazzo e accomodandomi sulle sue gambe. Mi sentivo un giocattolino, ma stavo bene fra quei due; mi sentivo amata.
«Allora cosa mi raccontate?» esclamò la nostra ospite, lanciandomi un'eloquente occhiata.
«Prima tu. Credo che il tempo debito sia arrivato» risposi interrogativa.
«Be', credo tu abbia ragione. Come dicevo a Jazz, Alice ci ha chiamato diverse volte in questi anni, —iniziò facendomi sussultare. Aveva chiamato loro, non noi.— e perciò siamo a conoscenza della situazione. L'ultima sua chiamata però è stata molto strana» spiegò.
«Stiamo parlando di Alice...» borbottai all'orecchio di Jazz, accoccolandomi meglio sulla sua spalla. Jazz rise sommessamente, prima di fare cenno a Zafrina di poter continuare.
«Dicevo, lei ci ha chiesto di riunire quanti più amici possibili per raggiungere la Francia, dove avremmo trovato voi che ci avreste spiegato tutto. —concluse— In realtà mi ha solo accennato al fatto che ti avremmo trovata con un figlio. Chi sei ragazzo?»
«Zafrina, se permetti te lo presento io. Non mi sento di raccontarti la sua storia, ma posso dirti che come per Edward, Rosalie, Emmett ed Esme, anche lui è stato salvato. Stava per morire in una zona periferica della tua amata foresta. Ed... sì, be', lui l'ha salvato, e ora sono lieta di presentarti Lucas Luis Leroy, meglio noto come Lucas, mio figlio.» dissi orgogliosa. Lui mi strinse la mano e mi abbracciò.
«T-Tuo figlio? Tu non eri quella "ho solo diciotto anni"?» chiese sbigottita.
«Be', dieci anni fa. Ora sono una ventiseienne-immortale ho bisogno di qualcosa di stabile, fisso. Lui non se ne andrà» affermai con voce tremante.
«Mai» puntualizzò tagliente Lucas.
«M-ma tu sai che lui l'ha fatto solo per... Oh no, non lo sai» rettifficò velocemente.
«Cosa? Cosa non so? Parlate, cazzo!» mi scaldai. Non erano da me quelle esternazioni volgari, ma la situazione mi aveva innervosito. Non poteva essere che nessuno volesse parlare, dannazione!
«Non ti arrabbiare tesoro, te ne parlerà lui» si difese Zafrina.
«Lui... lui... lui... lui se n'è andato! Io vado per riprendermi Alice! Lui ha fatto la sua scelta» decretai.
«Ma noi ci crediamo...» fece sarcastico Lucas, guadagnandosi un buffetto sulla nuca.
«Smettila! —sbuffai— È così, non ammetto repliche.»
«Su, calma» soffiò flebilmente Jasper sul mio collo, sfiorando il mio addome con la mano. Mi riaccoccolai sulla sua spalla, lasciandogli un bacio sul collo. 
«Grazie» Fu la mia altrettanto flebile risposta che solo lui sentì.
«Ok, dopo le discussioni familiari, mi spiegate il piano?» chiese Zafrina, ancora una volta.
«Non c'è nessun piano, ci sono io che vado a Volterra per una proposta ad Aro. Nessuna strategia, nessun attacco a sorpresa. Solo una normale discussione, non mi piacciono i film d'azione» risposi pacata.
«Oh sì, certo. E a Benjamin io che dico?» mi chiese retorica.
«Che gli voglio tanto bene, ma che deve tornare nella sua piramide.» risposi ancora.
«Anche io ti voglio bene, ma ciò non vuol dire che ti rispedisco nella tua nuvola.» Rise una voce alle mie spalle. Non avevo dato importanza alla campanella che annunciava l'entrata di un nuovo cliente, che non c'entrava nulla a quell'ora.
«B-Benjamin...» mormorai prima di voltarmi. Il luminoso sorriso del mio egiziano preferito mi stravolse, prima di stritolarmi con la sua ferrea presa attorno i miei fianchi.
«Bella! —esclamò felice— Da quanto tempo... Quanto mi sei mancata»
Ci separammo dopo numerosi colpi di tosse alle nostre spalle.
«Ora sei più forte, posso tenerti stretta!» esclamò ancora, lanciandomi un occhiolino.
«Tia, tesoro!» esclamai abbracciando anche lei.
«Ok, ora ci siamo salutati, potete andare»
«Ehi! Non ho lasciato il caldo di casa mia per essere cacciato appena aver toccato la Francia. Ora che Amun se n'è andato, lasciami godere la mia libertà!» rispose invece quel testardo ragazzino.
«Amun? Che fine ha fatto?»
«Oh be', quella che meritava» ghignò.
«C-Cosa gli hai fatto?» domandai ancora.
«Niente Bella, l'ho solo abbandonato. Non ne potevo più. Avevi ragione, era davvero insopportabile, non so come ho potuto farlo per tutti questi secoli» rispose, facendomi espirare rumorosamente. Quell'assurdo vizio era tanto inutile quanto gratificante, perchè tutti alzarono un sopracciglio a quella mia uscita e io non potei che riderne.
Poi tornai al mio posto fra le braccia di Jazz, indicando delle sedie agli ultimi arrivati.
«Dov'è Kachiri?» chiesi a loro.
«In Irlanda» rispose tranquilla Tia, come se stesse discutendo delle condizioni meteorologiche.
«Cosa?» strepitai, trattenendo a stento un urlo. «Maggie, Liam e Siobhan devono starne fuori. Anzi, anche voi dovete andarvene. Anche tu Zafrina, inutile che muovi quella mano per eludere il mio discorso. Dovete andare. Non farò morire voi per salvare me» 
«Tu non morirai. Noi non moriremo, ok? Smettila di dire queste cose, mi fai accapponare la pelle. —strepitò Jazz. Mi prese il volto tra le mani e continuò— Io non potrei farcela senza di te. Tu non morirai, non mi abbandonerai anche tu. E poi chi darebbe la sua dose di coccole a Lucas? Io non le so fare»
Tutti risero sommessamente all'ultima aggiunta di Jasper, detta per togliere importanza a quella dichiarazione; anch'io sorrisi, ma quelle parole rimasero impresse nella mia mente.
«E poi, ora che hai trovato un figlio te ne vuoi andare? Non mi abbandonerai, non ci abbandonerai!»
Non risposi a quelle dichiarazioni, non era il momento opportuno. Avrei potuto replicare con parole scaturite solo dall'ansia e dalla certezza di non riuscire a tornare più a Forks.
«Siamo in Francia, ragazzi, cosa sono questi musi lunghi?» esclamò una gioiosa voce appena entrata.


___
Aperte le scommesse: a chi appartiene la gioiosa voce finale?

Bacioni, Meme__<3

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Capitolo 14
*** Arrivi, tanti arrivi. ***


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Dodici anni dopo
- Arrivi, tanti arrivi.
Pensai a migliaia di insulti da rivolgere a quei quattro individui che si apprestavano a entrare nel locale, ma alla vista di Esme con gli occhi lucidi non resistetti e abbandonai alla mia impresa.
«Emmett, ma quanto sei divertente! Noi stiamo giusto facendo una partita a carte, vero ragazzi?— esclamai sarcastica.—Ok, tornando a noi: come siete arrivati qui?»
«Hai davvero una bella casa, Lucas!» rispose Rosalie annusando l'aria.
«G-Grazie.» Non so perchè, ma la bionda aveva sempre intimorito il ragazzo, che ora si apprestava a prendermi tra le braccia per posarmi delicatamente sulle sue gambe e stringermi la vita, poggiandosi sulla mia spalla: cercava conforto, piccolo!
«Hei, Lucas, Rosalie non mangia nessuno... credo —esclamò Carlisle vedendo in difficoltà il ragazzo.— Su, raccontantemi il piano!»
«Ancora? Non c'è nessun piano! Ci siete voi che tornate in Africa/America, e io che vado in Italia».
«Noi che andiamo in Italia!» sottolineò Lucas facendomi scuotere il capo.
«Certo, certo!» acconsentii in automatico mentre Esme e Carlisle prendevano posto di fronte a noi ed Emmett e Rosalie accanto a Jasper.
«Chi è che va in Italia senza di me?» chiese una voce nuova. Oh no, loro no!
«Siobhan, Liam, Maggie, Senna, Kachiri, che piacere!» salutò Carlisle entusiasta.
«Oh, il piacere è tutto tuo!» scherzò Siobhan.
«C'è posto per noi?» Ancora? Era ancora rimasto qualche amico di Carlisle a casa propria in Europa? Nel mondo?
«Garrett! Amico, da quanto tempo non ci vediamo?» "Evviva, Emmett! Che gioia!" pensai sarcastica.
«Emm! Da un secolo, direi!» Ridacchiò.
«Bella! Che fai non saluti?» Nuova voce, nuovo personaggio, nuova mente da difendere.
«Che Dio ce ne scampi, Tanya!» salutai la bionda, seguita da Carmen, Kate, Irina ed Eleazar.
«Ok, ora chi manca? Così li aspetto e poi vi prenoto un volo tutti insieme!» esclamai sarcastica.
«Per dove?» si entusiasmò Maggie.
«Per andare a-»
«Bella! Sei una donna di famiglia!» mi riprese Jazz.
«Sì, certo certo. Ma voi sicuri di non volerci andare?»
«Ma dove?» richiese l'innocente bambina facendo scoppiare in una grassa risati tutti i vampiri.
«Niente, Maggie, niente. Forse tra un po' d'anni...»
«Non deridere la piccola, orso!» sgridai Emmett.
«Ok, ok. Ditemi chi posso prendere in giro senza che lei mi picchi, ve ne prego!» supplicò.
«Ora basta ragazzi, parliamo di cose serie!» ci interruppe Carlisle.
«Il volo che dovrete prendere?»
«In cui ci sarai anche tu, Bella?»
«No, voi prenderete un aereo!»
«...per l'Italia, e ci poserà a Firenze. Obiezioni?»
«Andremo tutti con un aereo di linea?» chiese Garrett.
«No, andremo con l'aereo della famiglia Cullen» rispose pacato Carlisle.
«Abbiamo un aereo di famiglia? Cos'altro mi nascondete?» sussurrò al mio orecchio Lucas.
«Tesoro, conosci appena una minuscola parte dei possedimenti Cullen» La muta O che si distese sulle sue labbra mi fece capire che aveva afferrato il concetto.
«Io non salirò su quell'aereo. —affermai— Voi invece farete rotta a casa, immediatamente. E non voglio proteste, Carlisle, voglio solo parlare con Aro».
«Bella, non accetterò altre proposte simili. Tu devi essere protetta. Noi siamo tanti da poter proteggere tutti senza alcun ferito».
«Scherzi? Non rischierò di perdere nessuno!»
«Noi non ti vogliamo perdere, Bella. Smettila! —mi sgrida Carlisle per l'utima volta prima di rivolgersi a Maggie— Sì, cara?»
«Io voglio vedere Parigi!» cantilena lei.
«E Parigi sia!»


~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Salve! Allora, inizio con le mie scuse... Ritardo per parecchi motivi, ma soprattutto perché Wordpad mi dà problemi >.<
Poi... volevo ringraziare tutte coloro che hanno aggiunto la storia alle tre liste (Preferiti, Seguite e Da Ricordare)... *-* Siete meravigliose!
Ringraziare le ultime aggiunte alle recensitrici,  jess chan   e   federobi .  
Avete visto la copertina? *-* Sono incapace ancora con Gimp, ma mi sento tutta realizzata per essere riuscita a farlo *-* Commentate, consigliatemi, fatene una che metterò... Siateci (?) Cioè, siate presenti! xD
E  prima di salutarvi vi avverto: ora che è finita la scuola mi avrete spesso fra i piedi...xD

Bacioni, Meme_<3
 P.s: Dimenticavo: il capitolo è corto perché il prossimo, che doveva essere il continuo di questo, è davvero lungo, e arriverà tra poco;)
E poi, per ringraziare chi recensirà invierò un piccolo spoiler. :)

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Capitolo 15
*** Intraprendenza e musica Italiana ***


14
Dodici anni dopo...
-Intraprendenza e musica Italiana
Maggie osservava stupita la Place du Tertre, dispensando «Bonjour, mon ami» a destra e a manca.
Lucas aveva deciso di iniziare da lontano, quindi evitando la metro ci eravamo avviati verso la piazza più popolata di Parigi che aveva stupito la ragazzina.
Un sorriso stupito si stagliava sulle mie labbra, mentre a braccetto con i miei uomini passeggiavamo per la piazza.
Un ragazzo dal sorriso contagioso ci fermò. Aveva sottobraccio un blocco da disegno e fra le dita un carboncino.
«Oh, sì, ho sempre voluto un disegno! Voglio un disegno! Siobhan, voglio un disegno!» s'intestardì la giovane.
«Oh oui, belle dame. —Ci provò il giovane— un grand tableau en tant que sujet» concluse arrossendo.
«Bella, vieni con me!» ordinò la piccola
«Oh, no Maggie. Bella sarà disegnata con noi» Gli occhi del ragazzo si illuminarono alla prospettiva di fare più di un disegno.
«Che bella idea! Siobhan, Liam, venite! Facciamolo insieme!» Con uno sbuffo entrambi raggiunsero la giovane alzando gli occhi al cielo, da dietro i griffati occhiali da sole.
Mentre gli occhi del giovane si stringevano per la concentrazione, io, Lucas e Jasper ci sedemmo a un tavolo poco lontano. Il resto della comitiva girovagava fra le bancarelle.
Un ragazzo, pochi tavoli più avanti, mi osservava insistentemente. Gli feci un occhiolino e lui arrossì, voltandosi nuovamente verso la sua interlocutrice.
Risi sotto gli sguardi torvi dei miei uomini.
«Smettila, mamma. Quel povero ragazzo rischia di perdere la testa» fece il più piccolo.
«Letteralmente parlando» continuò il secondo.
«Dai! Stavo scherzando. Sembra che vi piaccia vedermi depressa e triste» commentai.
«Mamy non è così, lo sai. Solo che mi fa strano vederti così...»
«Intraprendente»
«Esatto, Jazz. Vedo che la pensi come me»
«Siete due rompiscatole» sbuffai.
«... ma ci ami per questo!» esultò Lucas, mentre Jasper mi attirava a sè, guadagnandosi un'occhiataccia dal bellimbusto di prima. Poi si soffermò ad osservarli e capii dalla sua espressione che la sua autostima avrebbe subito un esagerato calo.
«Povero ragazzo, ha perso tutta la sua autostima» ridacchiai.
«Meglio per lui girarti a largo. Tu sei solo mi-nostra» si corresse a tempo Jazz.
«Quanto vi amo!» esclamai abbracciandoli entrambi, per poi sfiorare le mie labbra con la guancia di Lucas e successivamente con quelle di Jasper, staccandomene con un sonoro schiocco che ci fece scoppiare in una grande risata.
«È il vostro turno!» cantilenò Maggie mentre ammirava divertita il capolavoro raffigurante il suo clan.
Lentemente ci avvicinammo al giovane che ci disse in perfetto inglese: «Anche voi siete irlandesi?»
 «No, noi siamo americani.»
«Oh, anche io! Da dove venite?»
«Forks, Washington.»
«Io sono nato e vissuto a Phoenix, fino a qualche anno fa.»
«Ma davvero? —feci stupita— Mia ma... Ho vissuto lì per un po'.» Jasper mi strinse più forte a sè.
«Che zona?»
«Vicino la scuola di danza» mormorai.
«Sì, certo! Io vivevo vicino la spiaggia»
«Ah, sì!»
Dopo pochi minuti di silenzio il ragazzo ci pose il nostro disegno. Restai stupefatta dalla sua maestria.Ci aveva rappresentato esattamente come la gente ci vedeva: due ragazzi bellissimi che stringevano tra le braccia una ragazza bella quasi quanto loro. Un tratto, però, mi colpì particolarmente: gli occhi della ragazza splendevano; non so se fosse stata solo una mia impressione, ma in quegli occhi c'era una piccola scintilla.

Passammo la giornata come dei turisti. Vidi l'Opéra, place Vendome, le Jardin des Tuileries.
Nel primo pomeriggio entrammo nel Louvre. Mi strinsi fra le braccia di Lucas e Jasper e iniziammo a osservare quei quadri: Risorgimento e Neoclassicismo, donne seminude e Guerre Mondiali, la Gioconda e la Guernica si incrociavano incessantemente in quei corridoi.
Io, che guardavo quel museo per la prima volta, ero stupita, meravigliata. Lucas e Jazz, che sicuramente già l'avevano visitato, osservavano con occhio critico i quadri esponendomi le situazioni in cui erano stati creati.
Andammo poi al quartiere Marais, vedemmo la place du Vosges, l'Ile Saint-Louis e Notre Dame.
Era gigantesca. Immaginavo che da una delle torri spuntasse un gobbo cantante. Esponendo il mio pensiero ai ragazzi Lucas mi guardò storto.
«Sì, certo. Poi viene Peter Pan e ti porta sull'isola che non c'è» ridacchiò.
«Certo che sì, insieme a Wendi e Trilly!»
«...e Bambi, non dimentichiamo il cerbiatto!» aggiunse Jasper.
«...e Cucciolo, Brontolo, Pisolo, Eolo, Mammolo, Dotto e Gongolo!» confermai convinta, sorridendo divertita.
«...e non dimentichiamo la mela!» Sorrise Lucas mentre ci allontavamo dalla piazza dov'era situata la chiesa.
«Mi prendete sempre in giro!» sbuffai allontanandomi.
«"Ma dove vai? Ma dove vai? Tanto oramai sei mia!"» canticchiò Lucas in italiano.
«Ehi, guarda che ho imparato l'italiano. Anche se questa canzone non la conoscevo».
«Quale conosci?» mi chiese curioso.
«Dovrei mettermi a cantare nel bel mezzo di Parigi?»
«Certo che sì. Vuoi un palco?» Sono convinta che i miei occhi brillarono, ma poi si spensero pensando che ero un po' timida per permettermi un conerto su un palco francese.
«No, no. Allora, fammi pensare...—mormorai— ne conosco alcune vecchie, di tipo una decina di anni fa, quando la visitammo...»
«Quale quale quale?» Si fece irrequieto.
«Allora: "Sai, la gente è strana, prima si odia e poi si ama... cambia idea improvvisamente, na na na na na na —mormorai non ricordando le parole e provocando i loro sorrisini divertiti— Tu, tu che sei diverso! Almeno tu, nell'universo! Un punto, sai, che non ruota mai intorno a me, un sole che splende per me soltanto, come un diamante in mezzo al cuore". E poi so anche: "Nel blu, dipinto di blu. Felice di stare lassù. E volavo, volavo felice più in alto del sole e ancora più blu. Mentre il mondo, pian piano spariva, pian piano laggiù. E una musica dolce suonava soltanto per me..." E: "Cammini piano per non far rumore, ti addormenti di sera e ti risvegli col sole. Sei chiara come un'alba, sei fresca come l'aria. Diventi rossa se qualcuno ti guarda e sei fantastica quando sei assorta, nei tuoi problemi, nei tuoi pensieri. Ti vesti svogliatamente, non metti mai niente che possa attirare attenclizione, un particolare, solo per farti guardare. E con la faccia pulita cammini per strada mangiando una mela coi libri di scuola. Ti piace studiare, non te ne devi vergognare. E quando mi guardi con quegli occhi grandi, forse un po' troppo sinceri, si vede quello che pensi, quello che sogni.... Qualche volta fai pensieri strani, con una mano, una mano ti sfiori, tu sola dentro la stanza, e tutto il mondo fuori"» conclusi il mio concerto con l'assolo di un'immaginaria chitarra com'era nella canzone originale, quella canzone... un applauso partì davanti a me e in quel momento mi accorsi di aver chiuso gli occhi li riaprii e vidi che alla mia, già grande, famiglia si erano aggiunte molto persone. Avrei voluto sprofondare. Sicuramente sarei arrossita, un po' di tempo fa.
Invece, m'inchinai davanti al mio pubblico mormorando «Merçi, merçi beacoup!»
«La mia Bellina è anche una splendida cantante!» tuonò Emm stritolandomi nel suo abbraccio.
«Sì, certo, come no!»
«Amore, sei stata fantastica!» si complimentò Jazz.
«Già, mamy, magnifica!»
«Sono diventata Beyoncè e non me ne sono accorta!» feci sarcastica, abbracciandoli insieme a Emmet. Ci staccammo solo sentendo un click, proveniente dalle mie spalle.
«Scusate, eravate così carini!» si giustificò la piccola Maggie. Mi strinsi al fianco di mio figlio e continuammo a camminare, elencando le canzoni italiane che conoscevamo, ridendo alle spalle di Jazz quando stonavamo di proposito e ghignando di fronte a Emmet, che ci guardava stralunati, non capendo nulla.
Invece, m'inchinai davanti al mio pubblico mormorando «Merçi, merçi beacoup!»
«La mia Bellina è anche una splendida cantante!» tuonò Emm stritolandomi nel suo abbraccio.
«Sì, certo, come no!»
«Amore, sei stata fantastica!» si complimentò Jazz.
«Già, mamy, magnifica!»
«Sono diventata Beyoncè e non me ne sono accorta!» feci sarcastica, abbracciandoli insieme a Emmet. Ci staccammo solo sentendo un click, proveniente dalle mie spalle.
«Scusate, eravate così carini!» si giustificò la piccola Maggie. Mi strinsi al fianco di mio figlio e continuammo a camminare, elencando le canzoni italiane che conoscevamo, ridendo alle spalle di Jazz quando stonavamo di proposito e ghignando di fronte a Emmet, che ci guardava stralunati, non capendo nulla.

*——*
Salve! Avevo detto che sarei tornata in fretta eh?
Scusatemi :siprostra: non avrei dovuto, lo so. La settimana scorsa è stata un danno, questa appena passata è stata piena di problemie corse per fare in fretta... uff, non ne posso più! Ora, l'aggiornamento verrà a Luglio, perché la settimana prossima non ci sono, parto! Qualcuna è di Ischia? *-*
Non aggiungo altro, se non i crediti delle canzoni:
- Ti rendo e ti porto via, Vasco Rossi;
- Almeno tu nell'universo, Mia Martini;
- Nel blu dipinto di blu, Domenico Modugno;
- Albachiara, Vasco Rossi;
(Ho messo solo i cantanti, perché mettere anche gli autori sarebbe stata una lunga questione...)

Bacioni, Meme_<3

p.s: Io adoro Vasco *-* E voi? Qual'è il vostro cantante preferito?

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Capitolo 16
*** Tour Eiffel. ***


Dodici anni dopo.
Capitolo 16
Le Tour Eiffel.


«Starete in albergo anche voi?» chiesi a Carlisle, Siobhan, Benjamin ed Eleazar.
Erano ormai le dieci di sera e avevamo girato in lungo e in largo la città. Non che fossimo stanchi, solo che, come d'abitudine, la notte era fatta per le coccole e per le chiacchierate sottovoce. Noi Cullen, almeno, facevamo così.
«Sì, noi andremo al solito hotel» rispose Ben, mentre gli irlandesi e i canadesi annuivano.
«Noi staremo in una casa appena fuori città. Voi verrete con noi?» chiese gentile Carlisle.
Lucas mi strinse un fianco. Lo guardai e capii che aveva altri progetti.
«Vedremo dove il nostro Cicerone vorrà portarci!» risposi con un'alzata di spalle. «Jazz, vuoi andare con loro?»
«Già vuoi liberarti di me?» fece divertito.
«Neanche per sogno» soffiai sulle sue labbra facendo in modo che solo lui sentisse. Di conseguenza al mio tono, e per la felicità di Carlisle ed Esme, mi stampò un bacio. 
«Perfetto allora buonanotte a tutti!» esclamò.
«Buonanotte.» dissi abbracciando Ben «Grazie per essere qui. Ti voglio bene».
«Grazie, Titì» continuai abbracciando la ragazza.
Abbracciai tutti mormorando ringraziamenti e infine strinsi Emmett mormorando: «Grazie, orso».
«Bellina, ci sarò sempre a proteggerti, ricordalo. Sarò sempre qui per te» mormorò ricambiando il mio abbraccio. Poi mi lasciò stampandomi un bacio in fronte.
«Finito di strapazzare la mia Bella?» borbottò Lucas mentre Esme lo lasciava andare. 
«Cucciolo, abbassa la cresta. È pur sempre la mia Bellina!» controbattè Emmett.
«È mia madre!» fece ovvio il primo.
«Oh, e che cavolo, dovete litigare per ogni singola idiozia? Ora chiedetevi scusa e andiamo che è tardi» ordinai guardandoli con rimprovero.
«Scusa, Emm» sbuffò il ragazzo.
«Scusa, Luke!» esclamò l'altro.
«E brava, la mia Bella» mormorò Jazz abbracciandomi da dietro.
«Lo so, lo so, sono diventata una grande!» mi vantai. Dalle mie spalle partì una pernacchia.
«Scusati immediatamente con me, Ben!»
Questi borbottò un «accidenti!» prima di scusarsi con tono ironico. 
«Perfetto! Prima che mi penta delle mie scelte, andate pure!» mormorai. In pochi secondi fummo circondati dal vuoto.
«Allora, parigino, che facciamo?» chiesi mentre Lucas mi abbracciava.
Jasper si staccò leggermente, girandosi verso la Senna, che scorreva lentamente alle mie spalle. Lasciava nell'aria un leggero fruscio monotono che avrebbe indotto facilmente al sonno delle persone normali. Una ninna nanna dolce e soffusa, fatta di zampilli leggeri e brevi dislivelli, fatta di note profonde e dilungate che risuonavano nella notte francese... Note che portavano alla memoria un'altra ninna nanna, vecchia ma che mi trascinava con sè altri ricordi...
«Cosa c'è, tesoro?» chiese Jazz, sicuramente accortosi del mio stato malinconico. Alzai il capo e mi voltai, posando le mani sulla sua nuca e la testa sul suo petto. 
«Non ti manca mai?» chiesi, cosciente che sapesse a chi mi riferivo. Poi, allo sguardo triste di Lucas mi affrettai a chiarire «Voi siete magnifici, non fraintendetemi, ma c'è sempre la malinconia di una vita non vissuta, di quella vita che tanto ho desiderato, che mi è passata così velocemente tra le mani da non riuscire ad afferrarla. Il rimorso di non essere riuscita a salvarlo, di essere fuggita da lui. Io devo salvarlo, Jazz, glielo devo. Lui mi ha salvata da una vita vuota. Guardatemi, cosa sarei senza di voi? Cosa sarei diventata?» mormorai con un groppo alla gola. «Avrei sposato Mike Newton e avrei passato la vita in quel negozio sportivo. Invece sono a Parigi, con delle persone meravigliose. Glielo devo, devo salvarlo».
«Anche a me manca tanto. Ho passato con lei cinquant'anni. Lei mi ha salvato da un'esistenza che non avrei mai voluto. Lei mi ha aiutato e sostenuto sempre. Anche in quel maledetto tredici settembre.» Sorrisi comprensiva «Glielo devo, devo salvarla.» Sorrise anche lui, ripetendo le mie parole.
«Io non li conoscevo molto, non avevo questo gran rapporto, ma so cosa vuol dire perdere qualcuno di caro e se c'è un modo per non farvi soffrire come ho sofferto io, vi aiuterò! Fosse l'ultima cosa che faccio!» esclamò Lucas, dalle mie spalle. 
Li abbraciai entrambi. «Siete degli angeli. Siete i miei angeli.»
I ragazzi sorrisero e mi baciarono le guancie.
«Ora, finite le smancerie, vi porto nel posto più caratteristico della città!» esclamò Lucas alzandosi e portandomi con sé, stretta al suo petto. Sorrisi, grata. Non ero ancora tipo da dimostrazioni di affetto in ogni dove, ma con quello sfogo volevo fargli capire che il mio non era un colpo di testa: io dovevo salvare Edward. 
Appena riappoggiai i piedi a terra tornai tra le braccia di Jasper. 
«Grazie» mormorai baciandolo. 
«Ci saremo sempre, Bella. Non sei mai sola».
«Okay, okay, ora andiamo!» esclamò Lucas prendendomi sulle spalle. 
Risi forte mentre urlavo: «Forza, destriero, governiamo la notte di questa città!»
Ridendo ci avviammo sotto la torre Eiffel. «Vi sfido. A chi arriva primo sulla piattaforma in alto!» esclamò. «Uno...» Mi lanciò uno sguardo di sfida. «Due...» Il suo piedi si allugò sul basamento di ferro. «Tre!» urlò mentre partiva. Saltava da un ferro all'altro. Una volta capito il movimento mi avviai al suo seguito, con Jasper accanto.
«Sei un baro, Luke! Sei partito prima!» piagnucolai cercando di raggiungerlo. Arrivammo e superammo il piano del ristorante, a quell'ora deserto.
«Sì, certo! Intanto non riesci a raggiunger... Ehi, non è giusto!» Ero salita sulle spalle di Jasper, che era molto più veloce di me. E anhe di Lucas a quanto pareva.
«Sì, certo! Intanto non riesci a raggiungermi!» gli feci eco.
Corremmo fino alla piattaforma che supportava la punta e arrivammo per primi.
«Siamo grandi, Jazz!» Risi dandogli il cinque.
«Puoi dirlo forte!»
«Ehy, non vale! Anche io sulle spalle di Jazz sarei arrivato prima» borbottò Lucas.
Gli feci una linguaccia prima di guardarmi intorno. 
Parigi era ai nostri piedi. 
Vedevo chiaramente tutti i puntini luminosi che rappresentavano i lampioni, gli alberi che costeggiavano i boulevards, il verde di tutti quei parchi che, da quell'insolito punto di vista, diventavano un solo nitido dipinto pieno di sfumature. Era la notte di una città che riposa, la notte dei lavoratori stanchi, la notte degli immortali suonatori di violino. 
Una melodia iniziò a vibrare nell'aria: un giovane stava chiedendo alla sua ragazza di sposarla. Lei piangeva a dirotto mentre lui si inginocchiava ai suoi piedi e faceva una dolce dichiarazione, che suonava ancor più dolce alle mie orecchie in quella strana lingua strascicata.
Quanto avrei desiderato una cosa del genere anche io. Io non avevo avuto una richiesta romantica: avevo avuto un bizzarro compromesso. A pensarci dopo tutti quegli anni, me ne pentivo amaramente. 
Non era stata una cosa arrivata spontaneamente, col tempo, con dolcezza. Era stata una cosa buttata lì, merce di scambio per ottenere l'eternità. Guardava con triste rimpianto i due, se avessi potuto avrei pianto anch'io. 
Non appena la coppia si allontanò, stretta in un dolce abbraccio al chiar di luna, Lucas con un abile salto scese dalla torre e contrattò con uno di quei violinisti in basso. Quando risalì, nascosto dalle ombre della notte, quell'uomo era inginocchiato come davanti una divinità.
Si fermò e iniziò a suonare un valzer, di quelli che si sentivano nei film con le principesse a quei grandi balli in abito da sera.
«Mi concede questo ballo, signora?» chiese Jasper inchinandosi davanti a me e porgendomi la mano. Annuii, con un groppo alla gola. Iniziammo a volteggiare a ritmo dell'archetto del ragazzo. 
Mi strinse forte tra le sue braccia: «Sei importante, Bella. Non dubitarne mai» mormorò mentre poggiavo il capo sulla sua spalla. 
«No, non lo farò. Ma tu... tu mi resti accanto, vero? Resti vicino a me, non te ne vai, non mi abbandoni, vero? Anche se non sono perfetta e non so comportarmi come dovrei, vero?» I miei dubbi salirono a galla e non riuscii a frenare l'ondata di rassicurazioni che chiedevo.
«Ehy, ehy, ehy, calma, ok? Sono con te, sempre. Sarò con te per sempre» mormorò al mio orecchio mentre continuavamo a girare.
Dopo un attimo infinito di quel tempo immortale, senza che me ne accorgessi, ci accostammo a Lucas che si scambiò di posto con Jasper. Neanche una nota di quel valzer si perse nella notte parigina durante quel velocissimo scambio.
«Màmàn,» mi sussurrò «lo sai che ti voglio bene?»
«Te ne voglio anch'io, piccolo» risposi passandogli una mano tra i capelli.
Sbuffò e mi abbracciò più stretta. «Cosa succede, tesoro?»
«È che... okay, mi sento stupido.» Rise. «Màmàn, secondo te... uhm...» tentennò stringendosi di più a me. «Scndtepacciameg?» soffiò talmente veloce che le lettere si accavallarono tra loro formando nuove, sconosciute parole. Dovetti trattenere le risate, mentre gli accarezzavo i soffici capelli sulla nuca. Avevo già capito dove sarebbe finito il discorso. 
«Cos'hai detto, ma petit?» lo presi in giro.
«Secondo te, piaccio a... Maggie?» Sorrisi dolcemente.
«Perché non lo chiedi a lei? Mi hanno detto che dice sempre la verità.»
Luke fece una finta risata. «Davvero divertente, Bella.» Mi dedicò un'occhiata torva. «Devo dirlo a lei?»
«Secondo me sì. In fondo cos'hai da perderci? Magari invitala a cena! Siamo a Parigi una delle città più romantiche al mondo!» Luke annuì.
«Appena tutta questa storia sarà finita lo farò...» Deglutii a disagio, affondando il naso nel suo collo.
«Ti voglio bene, piccolo. Credimi. Non sai quanto vorrei poter spedirvi tutti a casa... a calci dove non batte il sole.» Rise leggermente divertito mentre il suono del violino si affievoliva.
«Non ci riuscirai, ci teniamo a te, ti seguiremmo in capo al mondo» borbottò.
«Esatto, finto biondo!» esclamò Jazz raggiungendoli. «Ora, baldo giovine, che facciamo?»
«Aspettate, riporto questo al signore giù!» In pochi attimi era andato e tornato.
«E ora?» chiese il ragazzo.
«Restiamo qui...» proposi. «È così tranquillo e pacifico.»
«Per me va bene» mormorò Jazz sedendosi sul bordo della piattaforma. Lo seguii poco dopo con Lucas, sedendomi alla sua destra con il ragazzo accanto.
E, aspettammo l'alba, stretti sulla Tour Eiffel.


____________________________
Non è un miraggio, sono davvero tornata.
Oddio, tornata, non vi prometto niente, se mi conoscete da un po' saprete già che non riesco ad essere puntuale. In questi due anni (due anni?!) ho lavorato, ho scritto varie altre storie, ma questa, la mia prima vera fan fiction, mi è rimasta sempre nel cuore e, se c'è ancora qualche animuccia interessata a leggere il finale... be', presto sarà qui.
Quindi, fatevi sentire, altrimenti è del tutto inutile. Grazie del supporto dimostrato, soprattutto a Chocolate
 (che nel frattempo è diventata Joan Douglas) e a Jess Chan .
A presto, spero. Memè 

 

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