Le Catene di Venere di vennalyrion96 (/viewuser.php?uid=422851)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Un'anima rovinosa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Quando ci si sente campioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - A cosa può portare un incontro ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Maschere di ferro e i mille volti della malinconia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Primo giorno di lavoro ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Dove sei? ***
Capitolo 1 *** Prologo - Un'anima rovinosa ***
∞
Le Catene di Venere ∞
Prologo
Un’anima
rovinosa
L’aria
fredda di campagna inondava
ininterrottamente con le sue spire violente l’erba alta. I
soffi continui del
vento autunnale strappavano con veemenza le foglie ormai secche delle
querce e
gli aghi pungenti dei pini. Il granoturco proveniente dai campi non
poteva non
rimanere coinvolto in quella spirale di vento continua che oramai stava
prendendo
sempre più piede nei primi giorni d’ottobre,
quando il cielo è completamente
oscurato da grandi nuvole grigiastre. Ai margini dei vasti campi,
lontani
qualche centinaio di chilometri dalla città di Heartland
City, si trovavano
diverse abitazioni, costituite per la maggior parte da villette
appartenenti
alla classe ricca, e da maestose cascine abitate da borghesi di
campagna, i
quali lavoravano parsimoniosamente svolgendo lavori modesti. Poche
erano le
famiglie appartenenti a quella classe sociale rimasti ancora legati
alla vita
della campagna; dato che molti di essi si trasferivano, come giusto che
sia,
nelle grandi città, soprattutto nella famosa e grandiosa
Heartland City, dove
c’era più possibilità di praticare il
proprio lavoro.
Al
centro dell’amplissimo territorio
rurale circondato da una strada asfaltata, si trovava una cascina molto
più
grande delle altre. Quest’ultima apparteneva alla famiglia
Lyken,
conosciutissima da quelle parti.
Arnold
Lyken, il patriarca della
famiglia, era un borghese di modeste origini, che in quel periodo era
spesso
assente da casa per lavoro. La sua professione di orologiaio gli ha
sempre dato
soddisfazione non solo per via della sua straordinaria
abilità nel mestiere e
per il suo piacere nel maneggiare quei piccoli e utili oggetti
meccanici, ma
soprattutto perché gli garantiva la resa di un buono
stipendio per un completo
mantenimento della sua famiglia.
Quel
giorno, lui dovette tornare a
casa prima del previsto, precisamente verso le otto di sera, quando le
tenebre
cominciavano man mano a discendere sulla terra.
L’uomo
era avvolto in un lungo
cappotto marroncino e il suo capo circondato da un cappuccio stretto e
scomodo,
ma che gli consentiva almeno di non subire almeno in parte, i capricci
del
vento serale.
A
fatica l’uomo si dirigeva verso
l’ingresso della sua cascina e un grande tormento lo
assalì non appena
oltrepassò la cancellata.
-Accidenti!
Ho dimenticato di
comprare quel nuovo abito alla mia figliola. Mi sa che dovrò
vedermela con lei
per l’ennesima volta- si lamentò il signor Lyken.
A
lui tuttavia non importò tutto
ciò. La fretta di tornare a casa non gli aveva dato il tempo
di fermarsi al
negozio vicino alla sua bottega per comprare quel benedetto vestito che
la sua
primogenita desiderava ardentemente avere.
Giunto
alla porta d’ingresso della
casa, una donna abbastanza giovane lo fece entrare. Era Miranda, sua
moglie.
Una brava signora, clemente e gentile ma molto ingenua, forse troppo.
Era
vestita con un lungo abito bianco di pizzo immacolato e i suoi capelli
castano
scuro erano legati in uno chignon elegante. La sua prima espressione
non appena
vide il marito fu di pura inquietudine.
-Caro!
Stai bene? Come mai sei
tornato così presto?- domandò lei ansiosa.
Arnold
si sedette cautamente sulla
poltrona in pelle del salotto, accanto al caminetto. Prima di
risponderle,
allungò le braccia lungo il fuoco, cercando di riscaldare il
più possibile le
sue mani completamente gelate.
-Miranda,
c’è stato un furto nelle
vicinanze della mia bottega e mi hanno avvertito di chiuderla prima per
evitare
un’aggressione da parte dei ladri. Dicono che siano molto
violenti, e meglio
tenersi pronti a tutto-
-Come?
O mio Dio, speriamo almeno
che non derubino anche nella nostra unica fonte di…-
-Non
preoccuparti, se ciò dovesse
accadere, non esiterò a cambiare mestiere. Sai bene che io
so fare qualunque
tipo di lavoro manuale”-la interruppe lui.
-Papà!
Bentornato!-
Una
voce dal piano di sopra attirò
l’attenzione della coppia: era un ragazzo giovane, magrolino,
sui quindici
anni, dal volto coperto di lentiggini e dai capelli castani. La sua
aria vivace
non esitò a rendere felice il proprio padre, il quale lo
abbracciò non appena
gli fu vicino.
-Ikida!
Ragazzo mio! Com’è andata
oggi ai campi? Ti sei divertito con Pitt?-
Il
ragazzo annui.
-Tantissimo!
Abbiamo inseguito due
lepri, sai? Ne avevo quasi catturata una, ma un ramo mi ha sbarrato la
strada e
l’ho perso di vista!- disse Ikida facendo il broncio, ma il
padre lo consolò.
-Oh,
non preoccuparti, vedrai che un
giorno riuscirai a catturarne uno! Come sta tua sorella?-
-Beh,
lei è su, se vuoi la chiamo…-
Miranda
ricominciò a parlare. –Caro,
nostra figlia sarà molto delusa del fatto che tu non gli
abbia comprato quel
vestito che le avevi promesso-
L’uomo
ritornò serio ed esasperato
delle richieste della figlia viziata, alzò la voce:
-Credimi
ho cercato di
accontentarla, ma sono dovuto andare di fretta e allora non ho potuto!-
Una
voce femminile a un certo punto
interruppe quell’atmosfera serena nel salotto e una ragazza
irruppe bruscamente
nella stanza.
Era
molto carina. I suoi capelli
lunghi e neri le arrivavano fino al fondoschiena e i suoi occhi
azzurrini
scrutavano il padre minacciosamente. Arnold rimase tuttavia estasiato
alla sua
vista e le si avvicinò.
-Angelina!
Figliola! Che piacere
vederti!- esclamò abbracciandola.
Lei
però non dimostrava alcun
piacere né affetto in quel caldo gesto paterno e si
allontanò a braccia tese.
-Il
mio vestito dov’è?- domandò
tagliente.
La
madre intervenne.
-Suvvia,
Angelina! Non essere così
brusca e maleducata con tuo padre!-
-Vedi,
cara, ho avuto un problema e
di conseguenza non ho potuto accontentarti. Magari te lo
prenderò la settimana
prossima- mormorò il padre cercando di non far infuriare
troppo la figlia.
-Come?
Io lo volevo per oggi! Domani
e la settimana prossima i negozi sono chiusi, ricordi? Sei uno stupido,
papà!
Stupido!- urlò lei, senza portare un minimo di rispetto.
Fu
allora che il fratello minore
parlò e decise di prendere le difese di Arnold.
-Angelina,
ma come osi parlare così
a nostro padre? Sei impazzita?-
-Taci,
nanerottolo! Io stasera non
cenerò con voi, soprattutto di fianco a te, papà!
E dato che tu non mantieni
mai le promesse mi comprerò da sola il vestito, sia ben
chiaro!- continuò la
giovane, che sempre più presa dalla disperazione,
cominciò a dimenarsi e a
gridare.
-Smettila
Angelina! E’ un ordine!-
ruggì il padre, che ormai imbestialito, le
afferrò le spalle per tenerla ferma.
-Lasciami!
Senti mamma, stasera non
ceno con voi, voglio restare da sola, chiaro?- concluse dopo essersi
liberata
della presa di Arnold. Poi si diresse verso le scale che
l’avrebbero condotta
nella sua stanza, davanti agli occhi attoniti della madre e del
fratello.
-Angelina,
aspetta!- gridò Ikida,
che però fu fermato dal padre stesso che disse: -Lasciala
stare, non ne vale la
pena. La metterò in castigo, stavolta però per un
periodo più prolungato!
Quella ragazza mi fa impazzire!-
-Non
sarebbe meglio se andassi a
parlarle un po’ per tranquillizzarla?- chiese dolcemente la
moglie,
preoccupatissima per la situazione.
-No.
Senti Miranda, è meglio se
stasera noi tre mangiamo da soli, cosicché lei possa
riflettere sul suo
comportamento disdicevole!-
(Angelina’s
Pov)
-Vivo
in campagna come una
poveraccia, non fa per me, dannazione! Mio padre è un
idiota, mia madre anche e
mio fratello è un perfetto imbecille! Ah, come deve essere
bello vivere ad
Heartland City, lì la vita sarà sicuramente
migliore di questo porcile! Voglio
anche trovare un lavoro laggiù, come fanno tutti! Io sono
Angelina e da stasera
non resterò più sotto l'autorità dei
miei genitori! Questa è una
promessa! -
Angolino
dell'autrice:
Ciao
a tutti! Questa è la prima
storia che pubblico, quindi vogliate perdonarmi per non essere stata
così brava
nei dialoghi tra famigliari! xD Ringrazio moltissimo Sognatrice Felice
e
PuffballOtaGirl per avermi sostenuta in questo
“esperimento” :D Ci tengo a
sottolineare, che io ad aggiornare sono molto lenta e ho bisogno sempre
di
tempo per controllare ciò che scrivo, visto appunto il mio
essere principiante
. Niente, spero (almeno) di avervi interessato e che la storia vi
piaccia! J
Alla prossima!
vennalyrion96
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 1 - Quando ci si sente campioni ***
Capitolo
1
Quando
ci si sente campioni
Ad
Heartland City ormai stava
calando il tramonto. Il cielo era dipinto dai colori più
tenui, così delicati
da far apparire lo scenario come l’imitazione di un imponente
dipinto
paesaggistico. Nonostante ciò, il sole non aveva ancora
cessato di emettere il
suo bagliore, tanto che quel momento della giornata pareva ancora
essere pieno
pomeriggio, quando gruppi di giovani ragazzi e ragazze erano ancora a
gironzolare in pieno centro per incontrarsi, mangiare tutti insieme,
fare
compere o, come spesso accadeva, per duellare.
Proprio
così.
Tutti
gli adolescenti possedevano un
deck con cui gareggiare. Persino i bimbi più inesperti, che
magari non avevano
la benché minima idea di cosa fosse una carta Magia,
s’interessavano fin da
subito e supplicavano genitori (specialmente padri) o altri parenti di
fare
loro da maestri. Del resto, chi poteva essere più esperto di
un membro della
famiglia a cui erano stati insegnati i trucchi del mestiere molti anni
prima?
Uno
di questi ragazzi, che col
passare del tempo era riuscito a raggiungere una popolarità
di estremo livello
nella città, soprattutto fra i suoi coetanei, fu il giovane
IV.
Considerato
un idolo e una figura
fondamentale tra tutti i giovani duellanti, IV era riuscito ad
aggiudicarsi i
premi di maggior valore e prestigio, battendo avversari di ogni genere.
Nel
corso della sua carriera, infatti, ebbe modo non solo di mostrare a
tutti il
suo valore nei normali duelli di strada cercando di raccogliere
più carte
Numero possibile, ma anche di partecipare a campionati di livello
mondiale,
aggiudicandosi sempre e comunque il primo posto in classifica. Il podio
ormai sembrava
spettargli sempre di diritto, come se in ogni battaglia, tutti fossero
della
convinzione che sia lui il vincitore, tanta era la loro abitudine nel
vederlo
stendere come cimici i suoi temibili avversari.
Non
esisteva un numero definito e
preciso dei duellanti che invano avevano tentato di imitarlo, magari
cercando
disperatamente di prevedere le sue mosse nel momento in cui lui
terminava i
suoi turni.
Nulla
da fare.
IV
riusciva sempre e comunque ad
avere la meglio.
E
che i duelli siano normali, che
siano internazionali… a lui non importava un bel niente, per
la verità.
Una
cosa sola gli pulsava nella
mente, un solo obiettivo gli dava l’ulteriore spinta per
andare sempre avanti e
migliorare giorno per giorno: umiliare chi affrontava, a prescindere da
tutto
il resto.
IV,
infatti, amava mostrare la sua
bravura al pubblico, facendo credere a tutti che l’avversario
sia come un
perdente, un miserabile dilettante che doveva pentirsi di averlo voluto
sfidare.
La
reazione del pubblico era, di
solito, di compiacimento vista l’eccellente
abilità del loro idolo, ma lasciava
in loro un’impronta di profondo dubbio. In effetti, IV non si
comportava così
al di fuori del gioco: al contrario, lui si atteggiava sempre da
gentiluomo,
specialmente nei confronti di giovani ragazze, sue fan incallite, che
non
vedevano l’ora di cogliere la prima occasione per vederlo
gareggiare nel bel
mezzo dell’arena o di avere un suo autografo.
Oh,
il fanservice! Quale fierezza
gli si leggeva negli occhi ogni volta che maneggiava la penna e
lasciava il
proprio nome ai suoi fans!
Questo
era forse più entusiasmante
dei duelli stessi!
Accontentare
i fans, in fin dei
conti, era la sua seconda gioia: si sentiva più fiero di
quanto non lo sia mai
stato nella vita, specialmente con le fanciulle, con cui si comportava
sempre
da nobile signore.
Così
facendo però, cosa poteva
ottenere, se non le loro turbolente attenzioni?
Nell’ormai
tardo pomeriggio di
quella giornata d’autunno non poteva esserci momento migliore
di fare un bel
fanservice, ragion per cui IV aveva deciso di restare ancora un
po’ in
compagnia di giovani ragazze all’interno di un immenso stadio
nel bel centro
della città. Lì poco tempo prima si era tenuto un
duello entusiasmante tra lui
e un omone dai muscoli super gonfiati, che avendo perso
l’incontro, ne uscì più
infuriato che mai. Pareva, infatti, che quel tizio l’avesse
sfidato più di una
volta, e tutte le volte non aveva fatto altro che subire aspre
sconfitte da
parte del celeberrimo IV. Motivo della sua rabbia era anche dovuto alla
crudeltà del suo rivale, che aveva continuato ad attaccarlo
nonostante gli
avesse già azzerato i life points.
Mentre
il gigante si dirigeva verso
l’uscita, con il volto che rivelava in maniera sempre
più accentuata la sua
ira, IV nel frattempo si era seduto sulla scalinata dello stadio
circondato
dalle quindici ragazze che avevano assistito ininterrottamente al
duello. Molte
di esse erano agitatissime e porgevano al ragazzo molte domande, oppure
sventolavano carta e penna nell’attesa di ricevere un
autografo.
-Signorine,
un po’ alla volta! Ho
tutto il tempo da dedicarvi, non c’è bisogno che
spingiate- disse IV
all’improvviso, con il solito sorrisetto smagliante e
pronunciato.
A
quel punto tutte si calmarono e la
prima della fila parlò.
-IV,
come ti senti dopo questo
duello? Suppongo che ora tu sia stanco!-
Lui
alzò gli occhi al cielo e
rispose apertamente: -Eh care, dovete sapere che essere un campione
comporta
molti sacrifici. La stanchezza ormai è per me
un’abitudine. Tuttavia devo
ammettere che sono stato abbastanza in gamba, quel tipo era tosto, non
trovate?-
Una
ragazza esclamò: -Oh sì, per un
attimo ho creduto che ti batesse! Ma IV non perde mai,
perché lui è il nostro
campione, vero ragazze?-
-Sì!
Ha ragione! IV, sei il
migliore!- urlarono di nuovo in coro le ragazze.
IV
si sentiva più importante che
mai, così si alzò in piedi,
s’inchinò e mormorò nel bel mezzo della
fola: -Oh,
siete sempre così gentili, vi ringrazio di cuore, siete
favolose!-
Dopo
aver subito un’altra sclerata
da parte delle fans, firmato autografi e aver ricevuto il permesso di
poter
fare una foto insieme a lui, finalmente il sole si era deciso a
tramontare.
-Peccato,
fanciulle… ormai è sera e
io devo fare ritorno alla mia dimora- si scusò IV alzando lo
sguardo verso il
cielo, ormai quasi oscurato.
-Oh
no! Ma perché il tempo è passato
così in fretta? Ad ogni modo parteciperai al torneo della
settimana prossima,
vero?- chiese imbronciata una ragazza bionda, seguita da tutte le altre.
-Naturalmente!
State tranquille, per
voi ci sarò sempre, belle signorine! La prossima volta
assisterete a qualcosa
di ancora più epico di oggi, ve lo prometto-
Tutte
loro, felici più che mai, si
diressero verso l’uscita zampettando lungo la scalinata e
ringraziando IV della
sua disponibilità.
Pochi
minuti dopo, IV si ritrovò
solo e nel giro di pochi minuti, si ritrovò a fare i conti
con la propria
vanità e si piego su se stesso, scoppiando a ridere.
-Ahahahahah,
sono invincibile! Dopo
che sarò tornato a casa, Tron mi dovrà baciare i
piedi, perché oggi l’ho
accontentato meglio delle altre volte! Ne va della mia gloria,
ahahahah!-
Poi,
a fatica, si ricompose e si
incamminò per uscire dallo stadio. L’aria
diventava sempre più fredda e la sua
voglia di rifugiarsi al calduccio era cresciuta man mano, facendo anche
sì che
lui acceleri il passo.
Ad
un tratto, però, qualcosa nel
fondo lo incuriosì.
Allungò
la testa per vedere meglio.
Era
un’ombra.
C’era
qualcuno. Non era solo,
quindi.
IV
si domandò subito chi fosse ed urlò:
-Chi
è là? Fatti vedere! Senti,
chiunque tu sia, sappi che non ho più voglia di duellare!-
La
figura misteriosa, udendo quelle
parole, si fece avanti.
Era
una ragazza dagli occhi azzurri
come il ghiaccio, dai i capelli nero corvino, dalla corporatura minuta
e lo
sguardo limpido.
IV
ne rimase colpito. Non aveva mai
visto una simile creatura.
Incuriosito
e al tempo stesso,
estasiato, le disse: -Ciao! Sei una mia fan per caso? Guarda che se
è così, il
tempo per te lo dedicherò volentieri-
Lei
sorrise e aggiunse con voce
calda e suadente: -Ciao! Come va? No, non lo sono, però ho
già sentito parlare
di te. Dalle mie parti non si è soliti a discutere di duelli
o robe simili,
però io ho l’orecchio sempre aperto per queste
cose. Tu sei il famoso IV, dico
bene?-
IV,
sempre più affascinato, le si
avvicinò: -Esatto, hai indovinato, cara. E tu …
come ti chiami?-
Lei
alzò gli occhi su di lui e
usando sempre un tono di voce basso, rispose: -Io mi chiamo Angelina,
è un
piacere incontrarti, IV-
Angolino
dell’autrice:
Rieccomi
qui con un nuovo capitolo!
Come avrete visto, mi sono focalizzata moltissimo sul personaggio di
IV, dal
momento che tutto inizierà dal suo incontro con
Angelina… Vogliate perdonarmi
se vi ho fatto attendere, ma come ben sapete, gli impegni mi uccidono e
alcuni
mi arrivano inaspettatamente, per cui delle volte faccio
promesse di
aggiornamento, che poi non mantengo! D: Non uccidetemi, please... (Mi
riferisco
soprattutto a Puff e Sognatrice, a cui voglio molto bene!) Oggi per me
sono
iniziate le vacanze di Pasqua e quindi penso di aggiornare
più spesso J
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se volete lasciate una
recensione,
sono ben accette anche le critiche! :D Vi ringrazio ancora per il
sostegno e vi
auguro una buona Pasqua!
vennalyrion96
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 2 - A cosa può portare un incontro ***
Capitolo
2
A
cosa può portare un incontro
-Angelina…
ma che bel nome, ti si
addice proprio, sai?- disse IV più sardonico, mentre
l’espressione della
ragazza diventava sempre più vispa ed allegra.
-Oh,
ti ringrazio IV. Mi lusingano i
tuoi complimenti, sai?-
-Carissima,
il mio incontro con te
non può che mettere in luce la verità quando
parlo di donne! Ora se permetti,
potrei avere l’onore di chiederti da dove vieni, Angelina?-
domandò soavemente
il ragazzo con un leggero inchino.
Nella
prima parte del discorso di
IV, Angelina era scoppiata in una risatina poi però, alla
sua domanda riguardo
alla propria provenienza, il suo volto assunse un colorito sempre
più pallido,
tanto da rattristirsi tutto d’un colpo. A quel punto, lei
abbassò la testa e i
suoi occhi azzurri incrociarono il pavimento asfaltato
dell’entrata dello
stadio.
-Beh,
devi sapere che io vengo da
molto lontano, da Gardeyard, un piccolo paese di campagna a
centocinquanta
chilometri da Heartland City- parlò lei, rivolgendo lo
sguardo al di fuori
dello stadio, contemplando i grandi edifici del centro città.
-In
effetti, non ne ho mai sentito
parlare. Io da bambino ci sono stato spesso in campagna, ma
Gardeyard… non mi
sembra di esserci mai stato- affermò IV, poggiando indice e
medio della mano
destra sul mento.
-Ad
ogni modo, Angelina, qual buon
vento ti ha spinto fino a qui? Voglio dire, una ragazza come te,
così carina e
beneducata e con così tanti bagagli appresso…-
continuò, osservando con
malizioso interesse sia lei sia la gran quantità di borse
che portava con sé.
Angelina
assunse un’espressione
neutra, quasi scocciata, ma restò comunque sincera nelle sue
parole.
-Gardeyard,
esteticamente, è un bel
paese: ci sono così tanti animali, è pieno di
fiori nei campi e il cibo è
ottimo… Però, sarò sincera,
è di una noia mortale… Non ci sono tanti ragazzi
nei dintorni e andare a scuola equivale a passare sette ore della
giornata
all’inferno vero e proprio! I professori sono veramente
intolleranti e via
discorrendo…-
IV
comprese a fondo alcune delle
motivazioni che avevano spinto la ragazza ad abbandonare la sua casa,
ma
restava ancora dubbioso e la trovava ancora fin troppo vaga nelle sue
risposte.
A
questo proposito, decise di
saperne di più e continuò a porle ulteriori
domande.
-Quindi,
eri stanca dell’ambiente
tetro in cui ti trovavi, giusto?-
Angelina
sospirò.
-Sì.
In più non riuscivo a trovare
un lavoro laggiù. Sono abile in tutti i lavori domestici: so
pulire, so
cucinare, so stirare… Ma dove abitavo io, nessuno aveva
bisogno di una
cameriera, vista la nostra povertà-.
IV
la guardò storto. Non riusciva a
credere a quello che gli stava raccontando.
-Poverina…
Quindi ti sei diretta ad
Heartland City con lo scopo non solo di allontanarti dalla tua dura
vita, ma
vuoi pure trovare un lavoro… Quanto ti capisco, mia cara-
disse IV, poggiandole
una mano sulla spalla sinistra.
Nel
frattempo, una serie di lunghi
pensieri gli faceva provare una grande compassione per quella ragazza
così
bella ma sola e indifesa.
Con
un lieve movimento, IV le scostò
una cioccia di capelli dall’occhio destro e la
osservò attentamente.
Poi
le rivolse un sorrisetto
sardonico e sussurrò: -Angelina, io ti posso aiutare, sai?
Sono abbastanza
ricco e famoso da avere assoluta necessità di una brava
cameriera nella mia
“accogliente” dimora. Se lo desideri, puoi
trasformare la mia casa nel tuo
rifugio permanente. A me farebbe molto piacere, e sono sicuro che la
mia
famiglia non sarà contraria-
A
quelle parole, Angelina sbarrò gli
occhi e si allontanò bruscamente da IV. Le gambe le
tremavano, le braccia si
immobilizzarono insieme al resto del torace.
-C…cosa?
Dici davvero, IV? Lo
faresti per me? Non è uno scherzo, vero?-
balbettò Angelina, sempre presa da un
moto di estrema incredulità.
Il
giovane duellante, vedendo la
risposta ridicola della ragazza, scoppiò a ridere.
-Ahahahah,
mia cara Angelina! Ma
cosa ti fa pensare che io ti stia mentendo?- continuò IV,
avvicinandosi ancora
a lei.
-Io,
beh, non è che non ti creda,
più che altro io…-
-Ho
capito, non te l’aspettavi, non
è così?- la interruppe lui, afferrandole il mento
dolcemente.
-Esatto.
Insomma, hai così tante
ammiratrici, eppure non ne hai mai scelta nessuna a vivere a casa tua;
è un
buon motivo per giustificare il mio stupore!- ammise Angelina con un
sorriso
malizioso.
IV
si grattò un attimo la testa
prima di risponderle soddisfatto e felice: -Hai ragione, ma incontrare
una
ragazza così intelligente non mi capita certo tutti i
giorni! E poi,
ammettiamolo: quelle ragazze non sono altro che una parte del mio
gruppetto di
fan incalliti che non vedono l’ora di assistere al mio
fanservice. Immaginati,
quanto sono sciocche! Ahahah-
Angelina
incrociò le braccia e
osservò: -Certo che essere famoso ti costa parecchia fatica,
e compreso che
devi sopportare tutte loro, non ne dubito-
Ad
un certo punto, IV interruppe la
frase, per poi afferrarla per il busto.
-
Non temere, Angelina, tu sei
diversa e mi stai molto simpatica, sai? Anzi, già che sono
qui, che ne dici se
stasera facciamo un bel giro prima di arrivare a casa mia?- propose il
ragazzo
in un tono particolarmente suadente, come se il suo fosse un invito per
un
appuntamento romantico.
Angelina
strinse forte la gonna e
felice esclamò: -Oh, ma che onore! Ne sarei molto felice!
Sai quanto vorrei rilassarmi
dopo aver intrapreso questo lungo viaggio!-
Fu
allora che entrambi si misero in
cammino, diretti verso la fermata dell’autobus poco distante.
Nonostante
faticasse a sollevare i
bagagli di Angelina, IV non esitava a darle una mano e per tutta la
durata del
viaggio, non avevano fatto altro che parlare insieme: discutevano su
argomenti
più vasti; IV per esempio, le raccontava le innumerevoli ed
epiche vincite ai
duelli, specialmente contro chi riteneva più debole.
Angelina, al contrario,
era colei che faceva più osservazioni e più
commenti riguardo le faccende
personali di lui. Stranamente, infatti, lei era solita, anche durante
il giro
in centro città, a parlare pochissimo di sé,
della vita che aveva trascorso in
campagna, della sua famiglia… Tutto ciò era
ancora rimasto un enigma e IV, pur
di saperne di più, talvolta era costretto a girarci intorno
pur di avere una
valida risposta da parte di Angelina.
Tuttavia,
a IV non sembrava poi un
grave problema: del resto, cosa poteva esserci di più
piacevole e divertente
della compagnia di una ragazza così interessante? Insomma,
cosa poteva volere
di più il grande IV?
La
loro presenza attirava
l’attenzione di moltissima gente: uomini, donne, ragazzi e
ragazze e persino
bambini aumentavano man mano di numero e li osservavano con vivo
interesse.
Angelina
era più tranquilla che mai
e all’interno dei vari negozi, si comportava benissimo,
faceva sempre bella
figura e si sentiva sempre più fortunata a stare al fianco
di una tale
celebrità. Tuttavia, anche IV non poteva sentirsi da meno:
quell’incontro
avrebbe segnato per sempre la sua esistenza, e non si sarebbe mai e poi
mai
lasciato andare una creatura come lei, che non vedeva l’ora
di presentare alla
propria famiglia.
“Da
adesso in poi benedirò il
destino per averci fatto incontrare” pensava lui mentre la
osservava durante la
lunga camminata.
Dopo
tre lunghe ore, finalmente
arrivò il momento per IV di tornare a casa.
Ovviamente,
già prevedeva le
eventuali reazioni dei parenti, ma in fondo, cosa ne importava?
Ormai
era deciso, lei sarebbe
rimasta lì, con loro e con lui, per sempre.
Erano
le 21.30 quando i due giunsero
alla cancellata di un imponente e macabro palazzo gotico.
Angelina
allungò il collo sempre più
vicino al cancello e osservò curiosa le mura della casa di
IV.
-E
cosi, questa sarebbe casa tua?-
domandò mettendo le mani in tasca.
-Proprio
così, mia cara. Io mi
auguro che il nuovo ambiente sia di tuo gradimento- disse IV suonando
il
campanello.
-Pensi
che piacerò alla tua
famiglia? Da quanto mi hai detto prima tuo padre, è un
tantino particolare. Sei
sicuro che non gli arrecherò disturbo?-
Il
cancello ad un certo punto si
aprì lentamente con un sonoro cigolio da brivido.
-Sarò
sincero con te: sebbene io sia
suo figlio, non sono mai riuscito ad andare molto d’accordo
con lui e fatico ad
ambientarmi nella mia casa e passarci molto tempo. Per questo cerco
sempre di
uscire il più possibile-
-Vuoi
dire che non la prenderà bene
quando gli dirai che sarò la nuova cameriera?-
Vedendola
preoccupata, IV sorrise:
-Angelina,
non temere, lui non se
l’è mai presa con chi non si intromette nelle
nostre faccende quindi non ti
mangia mica. Tanto fra poco lo conoscerai di persona-
Dopo
che il cancello fu finalmente
aperto, i due si diressero verso la grande porta d’ingresso.
-E’
il momento- annunciò IV, non
appena poggiò la mano sulla maniglia.
Angolino
dell’autrice:
Sera
a tutti! ^_^ Questo capitolo è
stato scritto d’un lampo, quindi sarà molto facile
per voi trovare qualche errorino…
Chiedo scusa per questo, il fatto è che questi giorni sono
in preda ad un’ansia
incredibile: ho una tesina da esporre martedì e fra una
settimana o poco più ho
un esame importantissimo di francese D: Tuttavia, mi ero ripromessa di
aggiornare comunque, dal momento che ne sono passati di giorni dalla
data
dell’ultimo aggiornamento D:D: Ringrazio moltissimo
coloro che seguono la
mia storia e mi sopportano J
(Sognatrice Felice, PuffballOtaGirl, Yulin, sakura
yamamori, ZuccheroFilato1999) Inoltre, do’ il caloroso
benvenuto a
Poke_ZexalGirl8 :D Con questo, ho detto tutto e ci becchiamo al
prossimo
capitolo, ragazzi!
vennalyrion96
N.B:
Gardeyard
(il piccolo paese di
campagna dove Angelina viveva) l’ho inventato io! xD
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 3 - Maschere di ferro e i mille volti della malinconia ***
Capitolo
3
Maschere
di ferro e i mille volti della malinconia
L’enorme
portone della casa di IV si
aprì con un cigolio frastornante e cupo, presentando agli
occhi del ragazzo e
di Angelina un macabro e lunghissimo corridoio, illuminato in parte
dalla luce
tenue delle ampie finestre colorate, proprio come un rosone di una
chiesa
gotica. Il pavimento di marmo era lucidissimo ed era coperto da un
tappetto
particolarmente pregiato e curato in ogni dettaglio.
Intorno
a loro, vi era la presenza
di numerosi oggetti che gente comune non poteva certo permettersi di
avere.
Data la loro bellezza e rifinitura, era ovvio che tutta
quell’oggettistica
appartenesse ad una famiglia ricca e nobile come quella del celebre IV,
il
quale però non sembrava curarsi minimamente delle cose che
gli stavano intorno…
Infatti, Angelina notò, come prima cosa, che il ragazzo
stava lentamente
cambiando espressione, passando da pura spensieratezza e fierezza, ad
un misto
di inquietudine e tormento. Di certo, lei ormai aveva compreso il reale
motivo
di questo cambiamento da parte di lui, ma era rimasta ancora
sconcertata da
come il ragazzo aveva descritto caratterialmente il proprio padre:
eccentrico,
rompiscatole, crudele, infantile, senza pietà per coloro che
gli si opponevano,
ogni tanto (ma raramente) compassionevole...
“Insomma,
una perfezione di padre!
In fondo, mica è tanto diverso dal mio” pensava
ironicamente Angelina durante
la camminata.
Nonostante
lo avesse descritto così
negativamente, IV aveva assicurato ad Angelina di non preoccuparsi dal
momento
che sapeva che il padrone di casa non si sarebbe comportato da emerito
antipatico con la nuova cameriera.
Mentre
i due camminavano
silenziosamente, ad un tratto si sentì da lontano, lungo la
fine del corridoio
un rumore assordante che ricordava tanto quei classici suoni a tutto
volume che
si sentivano nei cinema.
-Ma
che succede IV?- chiese Angelina
curiosa.
IV,
senza voltarsi nella sua
direzione, rispose con aria infastidita: -No, niente, è mio
padre che si da’
alla pazza gioia come al solito-
-Come
sarebbe? Ma allora è vero che
lui un tipetto alquanto allegro!- affermò lei con aria molto
divertita. Invece
IV non si divertiva per niente, anzi, sembrava molto irritato dalla
situazione
e dibatté le considerazioni di Angelina dicendo: -Allegro
quando gli fa comodo!
Sapessi quanto mi tocca sopportarlo ogni giorno! Tu sei fortunata,
almeno farai
il tuo lavoro in casa e ti occuperai di ciò che
sarà utile per noi… Ma io e i
miei fratelli… -
-IV,
è pur sempre tuo padre. Cerca
di trattenerti… vedrai che un giorno lui cambierà
atteggiamento dopo che avrà
capito la tua reale natura- lo incoraggiò lei con un largo
sorriso.
-Grazie
Angelina- rispose lui,
avvicinandosi alla porta che l’avrebbe condotto nella famosa
stanza di Tron e
spingendo la maniglia…
Una
risata maligna e insopportabile
si espandeva e rimbombava assieme ai suoni della televisione in tutta
la
stanza.
Angelina
entrò molto lentamente
poggiando due piedi sull’uscio della porta per poi dirigersi,
insieme a IV,
verso due singolari personaggi che stavano entrambi guardando la TV.
Uno di
loro era in piedi, alto, e con dei lunghissimi capelli argentati che
cadevano
fluttuosi coprendo tutto il retro del corpo, comprese le gambe.
L’altro
era seduto su un’imponente
sedia di tessuto la cui altezza non permetteva una buona vista della
persona in
questione. Però una cosa era certa: la voce che continuava a
ridacchiare era
sicuramente la sua visto che si percepiva benissimo
dall’altra parte della
sedia.
Ciò
che invece si presentava sullo
schermo gigantesco era l’unico elemento comico e divertente
che Angelina aveva
visto finora all’interno dell’abitazione: i cartoni
animati.
-Tron
ha dei gusti particolari,
cerca di perdonarlo- le sussurrò all’orecchio IV
che ad un certo punto iniziò
ad alzare la voce nel tentativo di farsi sentire dai presenti.
-Eccomi
qui Tron-
A
quel punto, la voce infantile e
canzonatoria di Tron si fermò e il volume della televisione
si abbassò
automaticamente.
Il
ragazzo alto si voltò, mostrando
uno sguardo particolarmente malinconico e serio.
-IV,
finalmente sei tornato. E’ da
un po’ che Tron ti aspetta-
IV
si scusò fin da subito, vedendo
l’atteggiamento chiaramente autoritario del fratello
maggiore.
-Scusami
V ma…-
V
ribatté, senza lasciarlo finire:
-La
prossima volta, vedi di avvisare
nel caso dovessi fare tardi. Ci siamo capiti?-
-Mi
dispiace, ma io veramente volevo
parlare con Tron. Potresti andare per favore?- chiese, badando bene di
scandire
e moderare le parole per evitare di entrare in conflitto con lui.
-Eh
no, caro IV, non si trattano
così i propri fratelli- disse la misteriosa e minacciosa
voce del padrone di
casa, che ad un tratto sì alzò bruscamente dalla
sedia e si diresse verso i due
figli…
Angelina
s’inquietò non appena la
figura di Tron, ridotta ai minimi termini, si fece sempre
più visibile.
-Oddio…-
sussurrò lei, sbarrando gli
occhi.
Lo
guardò intensamente e finalmente,
dopo tanto tempo, fu in grado di descriverlo: era
dell’aspetto di un bambino di
circa dieci anni, dai lunghi capelli biondi legati in una treccia che
scendeva
lungo la spalla destra, con indosso un elegante soprabito azzurro sopra
una
camicia bianca in stile borghese, i pantaloni candidi e piccole scarpe
marroncino ai piedi.
Ma
il dettaglio forse più cruciale
di quel personaggio così strano e al tempo stesso
misterioso, era ben altro: la
sua faccia.
Proprio
così.
Il
volto di Tron non era
paragonabile a quello di nessun’altra persona che Angelina
aveva avuto modo di
conoscere in tutta la sua vita.
La
maschera di ferro che il bambino
indossava gli conferiva un’aria particolarmente inquietante e
minacciosa. Solo
un occhio ambrato era visibile, l’altro invece era
stranamente coperto da una
lente rossa posta sulla maschera stessa.
Angelina
era sconvolta ed
esterrefatta. Il senso di inquietudine si concretizzò sempre
di più e la
ragazza non poteva fare a meno di negare quanto potesse essere strano
l’ambiente di quella casa, visto che era comandata a spada
tratta da un simile
soldo di cacio!
Di
certo Angelina era sicura che
d’ora in avanti avrebbe condotto una vita nettamente
più movimentata rispetto a
quella in campagna, così decise di mostrarsi fiera di
sé di fronte al suo
padrone, il quale continuava a fissarla interrogandosi su chi potesse
essere
quella ragazza che il figlio aveva portato a casa.
Fu
in quel momento che lui parlò a
lei per la prima volta.
-Tu
chi saresti, signorina?-
Angelina
inghiottì un po’ di saliva
prima di rispondergli e poi, fingendo una lieve tosse:
-Ehm
ehm… Io mi chiamo Angelina,
signore-
Lui
reclinò la testa e chiese
gentilmente:
-Da
dove vieni?-
-Io
beh…-
IV
li interruppe momentaneamente:
-Tron, devi sapere che lei è abbastanza chiusa…
L’ho trovata per strada, mentre
facevo il mio fanservice. Non sapeva dove andare quindi d’ora
in poi vivrà qui
con noi-
V,
che stava assistendo al dialogo
silenziosamente, iniziò a parlare, ma con tono ancora
più deciso di prima.
-Non
prendere decisioni affrettate,
IV. Lascia che Tron ponga le sue domande invece di continuare ad
interrompere
come al solito-
IV
borbottò qualcosa tra sé a sé,
poi si mise da parte, senza però cambiare idea sulla sua
decisione.
-Ok,
vedo che siamo alle solite come
sempre- affermò, lamentandosi del comportamento irrisorio
del padre e quello, a
parer suo, detestabile del fratello maggiore.
-Vengo
da Gardeyard, signore…-
Tron
riconobbe il luogo campagnolo
in cui la ragazza aveva vissuto fino a quel momento e
attribuì subito quei
posti al lugubre vero e proprio, poco adatti al mestiere che la ragazza
voleva
intraprendere. Tron, sebbene poco necessitato dell’aiuto di
una cameriera,
trovò comodo l’idea di averne una proprio in casa
sua visto che oramai il vero
e proprio compito della famiglia era la loro vendetta nei confronti del
Dr.
Faker e che quindi c’era poco tempo da dedicare ad altre cose
più spicciole.
Quindi
dopo averci riflettuto su, V
e Tron finalmente decisero: lei sarebbe rimasta con loro a patto che
mantenesse
assoluta obbedienza a tutti i membri della famiglia Arclight,
soprattutto Tron,
naturalmente.
Angelina,
felicissima, abbracciò IV.
-D’ora
in poi ci sarò io a tirarti
su il morale… Se avrai bisogno di aiuto non esitare a
chiederlo e mi raccomando
fammi sempre sapere che tipo di torta piace a tuo padre,
cosicché io possa
preparargliela, ok?-
-D’accordo
cara, sei la benvenuta in
casa Arclight!- esclamò lui, esaltando dalla gioia.
Poi
continuò -Comunque sia, domani
ti presenterò una persona che adesso purtroppo
sarà già a letto visto che va
sempre a dormire presto-
Detto
ciò, ad Angelina venne in
mente di controllare l’orologio e notò appunto che
erano le 23.50 circa…
-Oddio,
quanto è tardi, sarà meglio
che vada a letto anch’io o inizierò a lavorare
malissimo domani- esclamò lei,
iniziando ad accelerare il passo verso la sua stanza da letto.
-Ma
comunque chi vorresti
presentarmi domani?” chiese poi, maliziosa.
IV
aggrottò le sopracciglia e
rispose: -Mio fratello III, il piccolo della famiglia-
Angolino
dell’autrice:
Sì
lo so, lo so… molte di voi adesso
avranno una voglia matta di uccidermi per aver osato stare ferma un
MESE senza
continuare! Vogliate perdonarmi per questo, ma il fatto è
che a scuola mi
stanno letteralmente distruggendo e in questo periodo sono strapiena di
verifiche o interrogazioni. Spero che allungando un pochino il
capitolo, abbia
fatto meno errori rispetto ai primi capitoli. Siete tutti fantastici,
soprattutto chi ha avuto la pazienza di attendere cosi tanto il
proseguimento
di questa storia ^^ Vi voglio bene raga e ci becchiamo al prossimo
capitolo ^^
Bye!
vennalyrion96
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Capitolo 5 *** Capitolo 4 - Primo giorno di lavoro ***
Capitolo 4
-
Primo giorno di
lavoro
Due grandi
occhi chiusi e insonnoliti sbucarono lentamente dalle fresche e bianche
lenzuola di un grande letto a baldacchino.
Dalle due
piccole finestre della stanza erano riflessi i fiochi raggi di luce del
sole di
primo mattino che illuminavano completamente un volto grazioso ancora
immerso
in un sonno lungo e profondo.
Una folta
cascata di capelli nero corvino separava nettamente la testa della
ragazza
addormentata dal morbido e imbottito cuscino rosa pesca e un corpo
esile e
snello si affacciava affaticato al limpido sorgere del sole.
Quest’ultimo
sembrava limitarsi alla semplice contemplazione del soggetto sdraiato
su quel
letto, piuttosto che iniziare a offrire, come ogni giorno, luce a tutta
la
stanza.
Lentamente e
affannosamente, Angelina si rigirò fra le coperte, cercando
di evitare il più
possibile i faticosi ed insistenti raggi solari, che ormai le avevano
colpito
direttamente le pigre palpebre.
Avvolse le
braccia sottili attorno al cuscino e pian pianino, la ragazza
aprì gli occhi. A
causa del troppo sonno, però, la sua vista era ancora
parecchio annebbiata e la
sua testa pulsava, come ad incitarla a restare a letto ancora per un
po’.
Le ci
vollero alcuni secondi per poter mettere a fuoco gli oggetti che stava
osservando, in particolare quelli poggiati sull’elegante e
minuscolo comodino
in legno alla sua destra: un abat-jour stranamente spenta, una piccola
sveglia,
una boccetta di profumo, una collanina d’argento, dei
fazzoletti…
Tutta roba
che di certo non le apparteneva, ma di cui non aveva fatto caso la sera
precedente probabilmente perché era talmente stanca da
essersi letteralmente
lasciata trascinare dalle braccia di Morfeo senza avere la
possibilità di poter
vedere nient’altro, se non le placide e soffici coperte di
quel letto ben
rifatto.
La ragazza
puntò da subito l’attenzione sulla sveglia e
allungò un braccio per afferrarla.
Controllando
l’orario, notò, in tutta sorpresa, che erano le
7.25.
Angelina
portò il palmo della mano sulla fronte e sbarrò
immediatamente gli occhi che
poco prima non si decidevano di aprirsi, per costatare quanto potesse
essere
stata stupida a non essersi alzata venticinque minuti prima!
IV, infatti,
le aveva avvisato dello strampalato e insostenibile comportamento di
suo padre
nel caso la sua colazione non le fosse servita almeno alle otto circa
del
mattino.
E non si
doveva trattare semplicemente di un pasto comune: Tron, infatti,
prediligeva un
servizio completo, una colazione impeccabile e unica che in
trentacinque minuti
sarebbe stato difficilissimo preparare!
Angelina
cadde subito nel panico.
-La
colazione deve essere pronta per le otto…
Sarà meglio che mi muova, o Tron mi farà un nodo
alla gola!- disse, agitando le
gambe tra le lenzuola e alzandosi dal letto a velocità
supersonica.
Per prima
cosa si guardò intorno, cercando la sua divisa da lavoro e
iniziando a frugare nell’armadio
alla sua destra.
Gli
attaccapanni appesi al suo interno reggevano vestiti stravaganti
colorati e già
stirati, come camicie e minigonne di jeans, pantaloni di seta lunghi,
maglie a
maniche lunghe scollate…
Ad Angelina
piaceva molto quel genere di cose ma in quel momento il tempo a
disposizione
per provare tutto non ce n’era perché doveva
affrettarsi a trovare la sua
divisa.
-Ma
dov’è,
insomma?- si lamentò lei a bassa voce per non arrecare
disturbo già a partire
dal suo primo giorno di lavoro.
Poi
voltò lo
sguardo sulla poltroncina di fronte al letto e notò, che
oltre ai tanti capi di
abbigliamento che IV le aveva offerto, c’era anche una divisa
bianca e nera,
quella che cercava.
-Oh, eccola!
Bene! Adesso mi vesto, spero solo che sia della mia misura, altrimenti
sono nei
guai!- costatò lei, togliendosi il pigiama e afferrando la
veste infilandosela
con rapidità.
Era
comodissima, per fortuna.
Poi
aprì di
nuovo l’armadio sulla cui porta era attaccato uno specchio
lungo tutta la
superficie.
Si
guardò
incredula dalla sua stessa bellezza.
-Però,
in
questa famiglia hanno dei buoni gusti- affermò Angelina tra
sé a sé, mentre si
rigirava su sé stessa per ammirare il suo look da cameriera
umile ma attraente.
Nella casa
di campagna, non le avrebbero certo permesso di lavorare con una divisa
di quel
genere: per i suoi genitori, infatti, vestirsi troppo attillati non era
mai
stato un buon esempio da parte di una ragazza e questo infastidiva non
poco la
giovane Angelina, che nel frattempo cercava di togliersi dalla testa il
passato
per guardare al presente.
Più
frenetica che mai, prese da uno dei cassetti del comodino una spazzola
e si
pettinò i lunghi capelli con cura, facendo attenzione ai
nodi e cercando di
apparire il
più carina possibile.
Quando ebbe
terminato, tirò un lungo sospiro di sollievo e
uscì di corsa dalla stanza.
Ciò
che le
si presentò fu tutt’altro che piacevole.
Difatti, non
appena aveva messo piede fuori dalla camera, si rese conto di essersi
già
smarrita nel bel mezzo di un lunghissimo corridoio che conduceva in
chissà
quale parte della casa.
La sua
reazione fu di sgomento oltre che di fastidio.
-Oh no, e
adesso dove devo andare? Io non ho la benché minima idea di
dove si trovi la
cucina. Ora mi toccherà perdere tempo a cercarla e di
conseguenza, fare tardi
la colazione per la famiglia- si lamentò lei a bassissima
voce, girando la
testa qua e là disorientata e confusa.
-Anzi, prima
di andare in cucina, mi conviene andare in bagno dato che ho la faccia
sporca e
decisamente poco gradevole- decise Angelina dopo aver dato un ultimo
sguardo al
suo viso in un piccolo specchio appeso nel corridoio.
Prima di
ritrarsi dal suo stesso riflesso, però, Angelina si accorse
di un altro giovane
volto dietro di lei, virile, gelido e molto serio che
l’osservava.
La ragazza
lanciò un piccolo grido e si girò di scatto verso
la statuaria e imponente
figura del primogenito di Tron.
-Oh, scusi,
non sapevo che lei fosse sveglio. Ha bisogno di qualcosa?- chiese lei
tentando
in tutti i modi di non cadere vittima dello sguardo impenetrabile di lui
che la
metteva notevolmente in imbarazzo.
-Io credo
invece che sia tu quella più bisognosa in questo momento-
affermò lui, sempre
mantenendo quella postura raffinata e perfetta.
Angelina
concordò con lui facendogli un sorriso e mettendosi una mano
nei capelli.
-Beh,
sì, in
effetti, è la prima volta che mi trovo a lavorare in un
luogo così vasto e
sinceramente non so ancora bene dove si trovino le varie
stanze…-
V fece
qualche passo in avanti verso di lei, facendola impallidire a
dismisura.
-Non
preoccuparti, è comprensibile che tu ti senta disorientata.
Ti guiderò io per
il momento- annunciò V.
-La
ringrazio molto per l’aiuto. Io adesso però vorrei
andare in bagno, mi potrebbe
dire dove si trova?-
Angelina non
vedeva l’ora di togliersi di dosso lo sguardo glaciale e
misterioso del giovane
V che le indicò solennemente la quarta porta a destra nel
corridoio.
Entrò
chiudendo la porta a chiave e scivolò per terra finendo
seduta sul freddo
pavimento in marmo del maestoso bagno.
La nuova
arrivata sorrise avida e ripensò ai rigidi occhi blu di V
che l’avevano inquietata
tantissimo, ma di cui era stranamente molto attratta.
La
raffinatezza, l’eleganza e la diffidenza di V
l’avevano lasciata di stucco
perché tutte queste caratteristiche non facevano parte
assolutamente del
carattere di IV!
“A
dire il
vero quel bel fusto di V non sembra neanche suo fratello. E’
così freddo, come
se non provasse emozioni. Un esemplare unico e raro. Come faccio a non
rimanerne affascinata?” rifletté lei dopo essersi
alzata per dirigersi verso il
lavabo.
Si
sciacquò la
faccia accuratamente con acqua gelata e poi afferrò
dolcemente un asciugamano e
con questo si tamponò la pelle del viso.
Si
osservò
nuovamente allo specchio e sorrise in modo sadico.
“Non
ha
nemmeno l’aria di un uomo interessato ad avere una relazione.
Che peccato,
sarebbe bello poter sfoggiare il mio fascino per farlo cascare ai miei
piedi”
concluse lei con un’espressione delusa.
Trasportata
da seducenti emozioni, la ragazza uscì finalmente dal bagno
e vide V in piedi
qualche metro più avanti che l’aspettava.
-Eccomi, ho
finito- comunicò Angelina al figlio del suo padrone che nel
frattempo si stava
accarezzando la lunga chioma argentata con aria inquieta.
-Perfetto.
Ora seguimi, ti porterò in cucina- disse V, voltandosi dalla
parte opposta e
riprendendo il cammino accompagnato dalla nuova cameriera.
Quest’ultima
lo seguiva in silenzio e per tutta la durata della camminata, lei non
faceva
altro che osservare ininterrottamente i lunghi e flessuosi capelli del
ragazzo
con desiderio. Non aveva mai visto una tale preziosità e col
passare del tempo,
le veniva sempre più un’irresistibile voglia di
sfiorarne alcune ciocche con
una mano per poi assaporare il loro profumo, rimettendo in circolo
l’azione
devastante dei neuroni nel suo corpo scosso da una fatale attrazione
per quel
ragazzo così diverso dall’esilarante fratello
minore IV e dal bambinesco padre
Tron.
V, accortosi
delle strane occhiate che la ragazza gli rivolgeva, si girò
e domandò
incuriosito: -C’è qualcosa che non va?-
Lei scosse
la testa.
-Oh no,
niente di che. Mi stavo solo domandando… ecco…-
-Che cosa?-
interruppe lui, volendo già entrare nel nocciolo della
questione.
Angelina
aveva pochissimo tempo per riflettere su una scusa fattibile per
giustificarsi,
tant’è che rigirò le proprie dita, si
morse il labbro e guardò
vagamente per terra.
Poi
rialzò
la testa e rispose:
-Ecco…
come
dicevo, mi stavo solo chiedendo come sarà suo fratello
III… Ieri sera IV non ha
avuto il tempo di parlarmene…-
V, dopo aver
accertato il dubbio della ragazza, assunse la posizione di prima e
ritornò a
camminare scendendo al piano inferiore tramite dei ripidi scalini in
marmo.
-Capisco.
Non temere Angelina, lo conoscerai tra poco- affermò con la
sua solita
freddezza.
Lei
però era
molto più curiosa di quanto apparisse, così pose
ulteriori domande.
-Mi scusi se
mi intrometto, V, ma mi dica… Com’è
III? Di sicuro è molto educato e ligio alle
regole, dal momento che ieri, per esempio, era tardi e lui era
già a dormire…-
-Non hai
tutti i torti. III è un ragazzo sensibile, perciò
vedi di comportarti di
conseguenza. Comunque sia, non ho intenzione di dirti altro. Come ti ho
già
detto, fra pochissimo lo conoscerai di persona. Guarda, siamo
arrivati…-
annunciò V entrando nell’immenso soggiorno e
indicando con l’indice una porta
già spalancata sul fondo che conduceva ad un altro corridoio.
Stranamente
Tron non si era ancora fatto vivo, ma Angelina fu comunque scossa dalla
preoccupazione dato che ormai erano già le otto in punto e
la colazione non era
ancora stata preparata.
Angelina si
mise a fianco di V e lo seguì fino all’entrata
della maestosa cucina.
-Wow! Che
meraviglia!- esclamò lei entusiasta mentre girovagava
davanti ai fornelli e ai
vari cassetti e credenze.
V le rivolse
un piccolo sorriso.
-Spero che abbia
capito la strada. Ad ogni modo, non preoccuparti per la colazione. Oggi
è il
tuo primo giorno di lavoro e Tron mi ha incaricato di comunicarti che
puoi
iniziare anche adesso a prepararla, non c’è
fretta. Da domani in poi, però,
inizierai ad alzarti almeno un’ora prima, chiaro?-
Angelina
annuì.
-Non si
preoccupi. Adesso mi è un po’ più
chiaro il percorso. Col tempo, imparerò anche
a orientarmi nelle altre parti della casa. Per adesso, può
bastare. La
ringrazio molto per l’aiuto-
V
abbassò la
testa e uscì dalla cucina.
-Non
c’è di
che. Del resto sei appena arrivata. Se dovessi avere bisogno, non
esitare a
rivolgerti a me, mi raccomando. Io vado da Tron, quando avrai finito,
raggiungici-
-Va bene
signore-
Finalmente
sola, Angelina si guardò intorno e vide, come prima cosa,
una credenza in alto
piena zeppa di tazze di porcellana, piattini e servizi da tè
da far invidia a
chiunque.
La ragazza,
con l’aiuto di una sedia, aprì la credenza e
cominciò a contare:
-Allora,
preparerò il tè per Tron, per IV, per quello
splendore di V e per III… In tutto
sono quattro tazze. Bene!-
Con cautela,
prese quattro tazze e i rispettivi piattini poco alla volta e li
appoggiò tutti
sul vassoio d’argento sopra il tavolo al centro della cucina.
Poi
aprì un
cassetto accanto al
frigorifero e trovò
quattro cucchiaini che posò a fianco di ciascun piattino,
seguiti da dei
piccoli tovaglioli, dei biscottini ai cereali, marmellata
all’albicocca e
croissants vuoti o al cioccolato.
Successivamente,
prese una teiera sulla quale preparare l’infuso. Dopo un
quarto d’ora di lavoro,
la colazione per la famiglia fu finalmente pronta e Angelina
afferrò soddisfatta
il vassoio e si avviò verso il salone, dove intanto era
incominciato un baccano
assurdo: TV a tutto volume come la sera precedente, risate a tutto
spiano di
Tron…
Angelina
scoppiò a ridere.
-A quanto
pare Tron è di buon umore perfino alle 8 e un quarto di
mattina. Caspita,
allora IV aveva ragione riguardo suo padre!-
Ad un certo
punto, mentre lei rideva a più non posso, uno spintone la
colse di sorpresa e
la fece quasi cadere per terra insieme al servizio da tè.
-Ma che
diavolo…
Ehi, attento a dove mette i piedi, mi ha quasi fatto rovesciare la
colazione!-
gridò lei infuriata.
-Oh, mi
scusi, signorina, mi sono inciampato per la fretta. Si è
fatta male?-
Una voce
dolce e gentile colse la sua attenzione e Angelina, presa dalla rabbia,
si
voltò per vedere il profilo di un giovane ragazzo dagli
occhi verde smeraldo
che la fissava mortificato e dispiaciuto.
L’aura
di
rabbia che Angelina aveva appresso svanì d’un
colpo, lasciando posto ad una
magica sensazione di armonia nel suo cuore.
Quell’esile
corporatura magrolina, quei morbidi capelli color confetto e
quell’atteggiamento
educato la fecero subito intuire di che persona si trattasse.
Lei sorrise
maliziosa.
-No, tutto a
posto, sono io che mi devo scusare… Non avrei dovuto urlarle
in quel modo-
Il ragazzino
si meravigliò e sbarrò gli occhi.
-Non si
preoccupi, signorina. Sono io che sono molto sbadato- concluse lui
divertito e
arrossato.
-Possiamo
esserlo tutti nella vita. Una volta ogni tanto, può
accadere- continuò
Angelina, anch’ella molto rallegrata per la situazione.
Entrambi si
scambiarono uno sguardo d’intesa e lui, con gentilezza
allungò la mano per
stringergliela e timidamente, si presentò:
-Ad ogni
modo, io mi chiamo III, signorina…-
-…Angelina-
lo interruppe lei con un sorriso a trentadue denti.
-Ok, piacere,
Angelina. Vedo che è lei la nuova cameriera-
affermò III, sempre con un
dolcissimo sorriso stampato sul suo candido viso.
-Esatto. Suo
fratello IV mi ha trovato per strada ed è stato
così gentile a portarmi qui. Tuttavia
questa casa è così grande, penso che mi ci
vorrà del tempo prima che possa
orientarmi come si deve-
-Non si
preoccupi, Angelina. In questo l’aiuterò io-
propose III con le gote sempre più
arrossate per l’imbarazzo. Lui non aveva mai parlato
apertamente con una
ragazza prima d’ora… Le uniche con cui aveva
stretto una tenera amicizia erano
state solo alcune bambine dell’orfanotrofio dove aveva
trascorso, allora col
nome di Michael Arclight, il periodo tra l’infanzia e
l’adolescenza, più
precisamente a partire dai dieci anni di età fino ai
quattordici anni, ovvero nell’anno
in cui suo padre era ritornato dopo il tradimento di Faker.
Michael era
sempre stato un ragazzino molto timido e impacciato e contrariamente al
fratello IV, allora Thomas Arclight, il successo con le ragazze non era
il suo
punto forte e la sua tenera ingenuità lo aveva portato pian
piano alla
solitudine.
Per questo, III
era felice di aver conosciuto una ragazza così solare ed
intelligente come
Angelina e non vedeva l’ora di stringere amicizia con lei.
-Grazie, caro
III lei è così gentile e premuroso. Possiamo
darci del “tu”?- domandò
felicissima rimettendo in piedi alcune tazze vuote che erano cadute
dopo
essersi schiantata contro il ragazzino.
-Ma certo,
Angelina.
Mi fa davvero piacere sapere che noi due siamo diventati amici. Che ne
dici se
andassimo insieme in salotto e ti facessi accomodare insieme alla mia
famiglia?-
-Oh, tu mi
stai viziando troppo, III. Non credo che a Tron o a V faccia piacere.
In fondo,
sono solo una cameriera e niente di più- disse umilmente
Angelina, sempre più
colpita dal caldo affetto che gli dava il giovane III, nonostante si
fossero
conosciuti da pochi minuti.
-Lascia
almeno che ti aiuti con questo vassoio pesante- ribadì III
prendendo la teiera
piena di tè fumante per alleggerire il contenuto del vassoio.
-Sei
così
gentile, ti ringrazio, III-
-Figurati-
Entrambi si
lanciarono tenere occhiate e si diressero insieme nel grande salone,
contenti ed
estasiati.
Angolino
dell’autrice:
Ciao a tutti
e bentornati! :D Molti di voi avranno sicuramente dovuto affrontare gli
esami
questo mese, ragion per cui ho deciso di dedicarmi a questa storia un
po’ meno
del previsto. Come sono andati? Spero bene a tutti voi! :)
Anch’io sono stata
molto impegnata, e per chi magari attendeva con ansia il nuovo
capitolo, chiedo
umilmente scusa, come sempre… Come vi è sembrato
l’incontro di Angelina e III?
Io penso di averlo reso il più semplice possibile, senza
focalizzarmi troppo
sul loro lato psicologico… Semai l’ho fatto per
quanto riguarda l’attrazione iniziale
della protagonista per il gelido V xD In generale, il capitolo non
è un granché,
ma spero che vi sia piaciuto comunque, anche perché
è il più importante per capire
il seguito della fic! :) Come al solito, ringrazio e mando un abbraccio
a tutti
coloro che mi sostengono, mi mandano recensioni o leggono soltanto.
Veramente,
per me è un’emozione senza confini :D
A presto con
un nuovo chappy!
vennalyrion96
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 5 - Dove sei? ***
Capitolo 5
-
Dove sei?
-Angelina…-
La voce
disperata e squillante di un docile ragazzino stava ormai perdendo
intensità
dopo aver quasi passato due giorni interi a far irruzione nelle
orecchie dei
curiosi e aver disturbato al tempo stesso tutti gli abitanti della
piccola
cittadina di Gardeyard.
Al solo
pensare di aver corso così ininterrottamente e a perdifiato
per le vie delle
strade di campagna alla ricerca della sorella, il figlio minore del
signor
Lyken si sentiva distrutto molto più di quanto avesse mai
immaginato.
Diversa era
la sua situazione nei momenti di svago: per lui giocare in luoghi tanto
vasti
era diventata un’abitudine e i segni di stanchezza gli erano
sempre stati
lontani. Inseguire le lepri, ad esempio, era una sua passione sin da
piccolo e
l’idea di poter mettere in moto le sue esili gambe era sempre
stato un modo per
poter fuggire diverse ore dalla triste realtà che aveva da
sempre tormentato la
sua famiglia: le continue assenze del padre da casa,
l’ingenuità e l’apparente
stupidità della madre e, cosa ancora peggiore, i capricci
insopportabili di
Angelina.
Il piccolo
Ikida aveva da sempre sperato in una vita diversa, fatta di amore,
comprensione
e felicità tra tutti. I suoi amici erano gli unici a farlo
trascorrere il tempo
divertendosi e organizzando battaglie a spade di legno, lanciando sassi
con le
fionde, giocando a calcetto…
Tutto il
contrario avveniva invece con la sorella maggiore la quale
né si era mai
occupata di lui a dovere, né lo aveva mai aiutato per i
compiti a casa.
Quando
entrambi i loro genitori dovevano, per esempio, assentarsi da casa per
qualche
motivo burocratico o lavorativo, per Ikida iniziava il vero e proprio
inferno.
Angelina,
infatti, non lo aveva mai fatto uscire con gli amici e lo aveva sempre
costretto a giocare con lei a dama o a scacchi e talvolta anche a Duel
Monster.
Di quest’ultimo, lei non aveva mai imparato bene le regole,
ma negli altri due
si era cimentata diverse volte e Ikida era stato stupito delle sue
abilità
strategiche in gioco al punto che lui stesso era arrivato spesso a
pensare che
lei barasse o studiasse trucchetti a scuola.
Un altro
problema che infliggeva per parecchio tempo la vita del più
piccolo membro
della famiglia Lyken era il fatto che lui e Angelina litigassero in
continuazione e che si lanciassero insulti ininterrottamente come un
disco
rotto.
E non si era
mai trattato di litigi spiccioli e banali, come potrebbe avvenire
normalmente
tra fratelli. La loro situazione, contrariamente a molti altri
ragazzini, era
sempre stata fuori controllo e Ikida, nella maggior parte dei casi, era
sempre
la vittima.
Litigi per
strada, in casa, in giardino… praticamente ogni luogo in cui
ci fosse la
presenza di Angelina si poteva benissimo trasformare in un campo minato
per la
proliferazione delle tensioni e di conseguenza, la nascita di una lite
che a
lungo andare sarebbe diventata sempre più accesa.
“Dannatissima
sorellona…”
Eppure,
nonostante tutte le difficoltà di comprensione, il cattivo
rapporto fraterno,
le diversità di carattere… lui adesso la stava
cercando dappertutto.
La cercava
senza freni e più preoccupato che mai.
L’improvvisa
sparizione di Angelina lo aveva allarmato ancor prima dei genitori, i
quali non
si erano neppure accorti che la ragazza fosse fuggita due notti prima e
che non
fosse più tornata a casa.
Si ricordava
bene di quella sera, quando lei aveva fatto una scenata
perché il padre non le
aveva acquistato il vestito tanto desiderato e si era diretta furiosa
nella sua
stanza da letto.
A partire da
allora Ikida non l’aveva più vista e nemmeno
incrociata la mattina dopo per
andare in bagno.
Il sospetto
che Angelina fosse scappata gli era ormai evidente e nonostante lei gli
avesse
sempre vietato categoricamente di entrare in camera sua, il ragazzo
aveva
bussato e non aveva ricevuto una risposta. Colto da un moto incessante
di
preoccupazione, aveva aperto la porta e di Angelina, nessuna traccia.
Dopo aver
avvertito i genitori, Ikida era corso alla porta di casa per uscire a
cercarla
e aveva iniziato la sua corsa contro il tempo.
Aveva
chiesto informazioni ai passanti e ai vicini di casa, si era inoltrato
nel
bosco più vicino… eppure, nessun segno di
Angelina.
Non
ricordava quante volte avesse gridato il suo nome, a quanto avesse
trovato
incomprensibile un simile gesto da parte di lei…
Ikida,
deluso e scoraggiato in mezzo ad una desolata strada asfaltata,
chinò la testa
e un ciuffo di capelli castano scuro si piazzò davanti ai
suoi occhi bagnati di
lacrime.
-Oh,
Angie…
sorellona mia… Quanto darei per sapere dove sei in questo
momento… Ti sto
cercando da due giorni e adesso sono stanco. Sarà meglio che
torni a casa-
sussurrò lui tra sé a sé.
Triste e
sconsolato, il ragazzino mise le mani sulla tasca della salopette e a
passi
lenti e affaticati, si diresse a casa.
Suonò
il
campanello e dopo pochi secondi la porta si aprì e una mano
lo invitò
premurosamente ad entrare.
-Figliolo,
sei tutto congelato. Vieni che ho acceso il caminetto-
esclamò Miranda non
appena toccò il volto stanco di Ikida.
-Mamma…
lei
è sparita…-
disse ansimando il
quindicenne, mentre veniva trascinato in salotto dalla madre.
-Stai
tranquillo. Hai fatto del tuo meglio per
cercare di trovarla. Adesso riposati, figlio mio- lo
confortò lei
accarezzandogli la spalla e facendolo sedere sul divano.
Arnold era
in piedi con il gomito poggiato sullo scaffale della finestra
lì vicina e
osservava impotente il paesaggio.
-Papà,
ho
chiesto informazioni a tutti i passanti ma nessuno l’ha
vista… Sono perfino
andato a casa di Luke* e nemmeno lui ha idea di dove sia andata.
Credimi, ho
fatto di tutto per…-
Senza
voltarsi verso il figlio, lo interruppe: -Ikida… sei stato
in gamba. Hai anche
faticato troppo per tua sorella. Adesso però tocca a me e a
tua madre andare a
cercarla…-
Miranda si
avvicinò a lui dubbiosa.
-Caro, ma
noi non abbiamo idea di dove poter iniziare le ricerche. Gardeyard
è un paese
piccolo e Ikida ci ha dato la conferma che lei non si trova qui. Non
pensi che
potrebbe essere a casa di una sua amica? Magari non ce l’ha
detto per paura che
noi non la lasciassimo-
-No, non
credo. Prima di tutto se lei andasse da qualche parte per
più di un giorno, lei
ha il dovere di avvisarci prima e poi chi lo dice che sia scappata da
un’amica?
Nostra figlia ultimamente si è spinta troppo
oltre…-
Miranda
incrociò
le braccia ansiosa.
-Hai
ragione, caro. Io però sono convinta che lei non possa
essere andata troppo
lontano… Angelina avrà un pessimo carattere, ma
non può essere arrivata ad
allontanarsi così tanto da casa-
Il pendolo
rintoccò le otto e un quarto del mattino.
Arnold
sospirò affannosamente si rivolse al figlio e prese una pipa
dal taschino della
giacca, la accese e la portò in bocca, cercando di mantenere
il più possibile
la calma.
-Ad ogni
modo, noi allargheremo le nostre ricerche a partire da oggi, questo
è poco ma
sicuro. Ascoltami Ikida. Tu adesso riposa tranquillamente,
più tardi ti porterò
a casa di Luke- affermò Arnold deciso.
Ikida si
alzò di scatto dal divano.
-Perché,
papà? Luke non farebbe altro che tormentarmi su questa
faccenda. E’ disperato
per Angelina più di noi tre!- esclamò.
-No,
figliolo. Te l’ho già detto: hai fatto fin troppo.
E non preoccuparti per
quando andrai da Luke, suo padre è d’accordo che
tu stia con loro per alcuni
giorni, almeno fino a quando io e tua madre non torneremo a casa con
tua
sorella-
-Sì,
ma… Vi
ho già detto che qui a Gardeyard non
c’è- affermò Ikida grattandosi la mano
dal
nervosismo.
Il padre lo
accarezzò teneramente, seguito dalla moglie.
-Ti
crediamo, figlio mio. Ma non temere, io e tua madre sappiamo
già dove andremo a
cercare Angelina-
-E dove?-
chiese il ragazzino sempre più ansioso.
Arnold lo
guardò seriamente e rispose:
-Andremo ad
Heartland City, figlio mio. E’ una megalopoli nella quale non
mi sono mai
addentrato, molti miei coetanei si sono trasferiti laggiù e
la maggior parte di
loro afferma che è una città in cui è
estremamente facile perdere
l’orientamento e di cui non si è mai visto il
creatore. Non so come mai, ma
conoscendo tua sorella, sono convinto che si sia diretta là
per combinare
chissà cosa. E noi la dobbiamo trovare ad ogni costo-
Ikida,
sfinito, si tolse le scarpe e sdraiò sul divano.
-Ho capito,
papà. Allora più tardi mi sveglierete e mi
porterete da Luke, vero?-
Miranda lo
coprì con alcune coperte e gli baciò una guancia.
-Sì,
Ikida.
Adesso pensa solo a riposarti. Ti prometto che io e tuo padre faremo di
tutto
per riportare qui Angelina-
-Grazie
mamma-
La donna
sorrise e si allontanò col marito per dirigersi in cucina e
decidere sul da
farsi.
L’oscurità
avvolse la stanza e Ikida, ormai troppo stanco per reggersi in piedi,
si
addormentò.
Angolino
dell’autrice:
Salve! :D
Sono ritornata per un nuovo capitolo, stavolta alquanto particolare,
perché
narra ciò che avviene nel paese di origine di Angelina nel
medesimo arco di
tempo del capitolo precedente :)
Spero che
abbiate apprezzato questo capitolo, non è eccezionale, ma mi
auguro che vi sia
piaciuto lo stesso :D
Buona serata
e a presto con un nuovo chappy, ragazzi!
vennalyrion96
*Noticina/Curiosità:
Luke Jinshu è un ragazzo di vent’anni, vicino di
casa di Angelina. Suo padre è
un contadino abbastanza ricco e vorrebbe che il figlio trovasse una
fidanzata
degna di lui. Ciò non è molto semplice,
perché Luke è un po’ bruttino e molto
timido (praticamente non ci sa fare assolutamente con le ragazze xD).
Suo
fratello minore Pitt è un grande amico di Ikida, e questo fa
sì che Luke
allacci ancora di più i suoi rapporti con la famiglia Lyken.
Lui è perdutamente
innamorato di Angelina ma naturalmente lui non ha il coraggio di
rivelarsi, pur
cercando di darle dei segnali comportandosi in maniera gentile e
cordiale.
Angelina, al contrario, lo ritiene noioso e poco interessante,
perciò lui non
rientra tra i suoi interessi xD
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