Le Catene di Venere

di vennalyrion96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Un'anima rovinosa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Quando ci si sente campioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - A cosa può portare un incontro ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Maschere di ferro e i mille volti della malinconia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Primo giorno di lavoro ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Dove sei? ***



Capitolo 1
*** Prologo - Un'anima rovinosa ***


Le Catene di Venere

 

Prologo

 

Un’anima rovinosa

 


L’aria fredda di campagna inondava ininterrottamente con le sue spire violente l’erba alta. I soffi continui del vento autunnale strappavano con veemenza le foglie ormai secche delle querce e gli aghi pungenti dei pini. Il granoturco proveniente dai campi non poteva non rimanere coinvolto in quella spirale di vento continua che oramai stava prendendo sempre più piede nei primi giorni d’ottobre, quando il cielo è completamente oscurato da grandi nuvole grigiastre. Ai margini dei vasti campi, lontani qualche centinaio di chilometri dalla città di Heartland City, si trovavano diverse abitazioni, costituite per la maggior parte da villette appartenenti alla classe ricca, e da maestose cascine abitate da borghesi di campagna, i quali lavoravano parsimoniosamente svolgendo lavori modesti. Poche erano le famiglie appartenenti a quella classe sociale rimasti ancora legati alla vita della campagna; dato che molti di essi si trasferivano, come giusto che sia, nelle grandi città, soprattutto nella famosa e grandiosa Heartland City, dove c’era più possibilità di praticare il proprio lavoro.

Al centro dell’amplissimo territorio rurale circondato da una strada asfaltata, si trovava una cascina molto più grande delle altre. Quest’ultima apparteneva alla famiglia Lyken, conosciutissima da quelle parti.

Arnold Lyken, il patriarca della famiglia, era un borghese di modeste origini, che in quel periodo era spesso assente da casa per lavoro. La sua professione di orologiaio gli ha sempre dato soddisfazione non solo per via della sua straordinaria abilità nel mestiere e per il suo piacere nel maneggiare quei piccoli e utili oggetti meccanici, ma soprattutto perché gli garantiva la resa di un buono stipendio per un completo mantenimento della sua famiglia.

Quel giorno, lui dovette tornare a casa prima del previsto, precisamente verso le otto di sera, quando le tenebre cominciavano man mano a discendere sulla terra.

L’uomo era avvolto in un lungo cappotto marroncino e il suo capo circondato da un cappuccio stretto e scomodo, ma che gli consentiva almeno di non subire almeno in parte, i capricci del vento serale.

A fatica l’uomo si dirigeva verso l’ingresso della sua cascina e un grande tormento lo assalì non appena oltrepassò la cancellata.

-Accidenti! Ho dimenticato di comprare quel nuovo abito alla mia figliola. Mi sa che dovrò vedermela con lei per l’ennesima volta- si lamentò il signor Lyken.

A lui tuttavia non importò tutto ciò. La fretta di tornare a casa non gli aveva dato il tempo di fermarsi al negozio vicino alla sua bottega per comprare quel benedetto vestito che la sua primogenita desiderava ardentemente avere.

Giunto alla porta d’ingresso della casa, una donna abbastanza giovane lo fece entrare. Era Miranda, sua moglie. Una brava signora, clemente e gentile ma molto ingenua, forse troppo. Era vestita con un lungo abito bianco di pizzo immacolato e i suoi capelli castano scuro erano legati in uno chignon elegante. La sua prima espressione non appena vide il marito fu di pura inquietudine.

-Caro! Stai bene? Come mai sei tornato così presto?- domandò lei ansiosa.

Arnold si sedette cautamente sulla poltrona in pelle del salotto, accanto al caminetto. Prima di risponderle, allungò le braccia lungo il fuoco, cercando di riscaldare il più possibile le sue mani completamente gelate.

-Miranda, c’è stato un furto nelle vicinanze della mia bottega e mi hanno avvertito di chiuderla prima per evitare un’aggressione da parte dei ladri. Dicono che siano molto violenti, e meglio tenersi pronti a tutto-

-Come? O mio Dio, speriamo almeno che non derubino anche nella nostra unica fonte di…-

-Non preoccuparti, se ciò dovesse accadere, non esiterò a cambiare mestiere. Sai bene che io so fare qualunque tipo di lavoro manuale”-la interruppe lui.

-Papà! Bentornato!-

Una voce dal piano di sopra attirò l’attenzione della coppia: era un ragazzo giovane, magrolino, sui quindici anni, dal volto coperto di lentiggini e dai capelli castani. La sua aria vivace non esitò a rendere felice il proprio padre, il quale lo abbracciò non appena gli fu vicino.

-Ikida! Ragazzo mio! Com’è andata oggi ai campi? Ti sei divertito con Pitt?-

Il ragazzo annui.

-Tantissimo! Abbiamo inseguito due lepri, sai? Ne avevo quasi catturata una, ma un ramo mi ha sbarrato la strada e l’ho perso di vista!- disse Ikida facendo il broncio, ma il padre lo consolò.

-Oh, non preoccuparti, vedrai che un giorno riuscirai a catturarne uno! Come sta tua sorella?-

-Beh, lei è su, se vuoi la chiamo…-

Miranda ricominciò a parlare. –Caro, nostra figlia sarà molto delusa del fatto che tu non gli abbia comprato quel vestito che le avevi promesso-

L’uomo ritornò serio ed esasperato delle richieste della figlia viziata, alzò la voce:

-Credimi ho cercato di accontentarla, ma sono dovuto andare di fretta e allora non ho potuto!-

Una voce femminile a un certo punto interruppe quell’atmosfera serena nel salotto e una ragazza irruppe bruscamente nella stanza.

Era molto carina. I suoi capelli lunghi e neri le arrivavano fino al fondoschiena e i suoi occhi azzurrini scrutavano il padre minacciosamente. Arnold rimase tuttavia estasiato alla sua vista e le si avvicinò.

-Angelina! Figliola! Che piacere vederti!- esclamò abbracciandola.

Lei però non dimostrava alcun piacere né affetto in quel caldo gesto paterno e si allontanò a braccia tese.

-Il mio vestito dov’è?- domandò tagliente.

La madre intervenne.

-Suvvia, Angelina! Non essere così brusca e maleducata con tuo padre!-

-Vedi, cara, ho avuto un problema e di conseguenza non ho potuto accontentarti. Magari te lo prenderò la settimana prossima- mormorò il padre cercando di non far infuriare troppo la figlia.

-Come? Io lo volevo per oggi! Domani e la settimana prossima i negozi sono chiusi, ricordi? Sei uno stupido, papà! Stupido!- urlò lei, senza portare un minimo di rispetto.

Fu allora che il fratello minore parlò e decise di prendere le difese di Arnold.

-Angelina, ma come osi parlare così a nostro padre? Sei impazzita?-

-Taci, nanerottolo! Io stasera non cenerò con voi, soprattutto di fianco a te, papà! E dato che tu non mantieni mai le promesse mi comprerò da sola il vestito, sia ben chiaro!- continuò la giovane, che sempre più presa dalla disperazione, cominciò a dimenarsi e a gridare.

-Smettila Angelina! E’ un ordine!- ruggì il padre, che ormai imbestialito, le afferrò le spalle per tenerla ferma.

-Lasciami! Senti mamma, stasera non ceno con voi, voglio restare da sola, chiaro?- concluse dopo essersi liberata della presa di Arnold. Poi si diresse verso le scale che l’avrebbero condotta nella sua stanza, davanti agli occhi attoniti della madre e del fratello.

-Angelina, aspetta!- gridò Ikida, che però fu fermato dal padre stesso che disse: -Lasciala stare, non ne vale la pena. La metterò in castigo, stavolta però per un periodo più prolungato! Quella ragazza mi fa impazzire!-

-Non sarebbe meglio se andassi a parlarle un po’ per tranquillizzarla?- chiese dolcemente la moglie, preoccupatissima per la situazione.

-No. Senti Miranda, è meglio se stasera noi tre mangiamo da soli, cosicché lei possa riflettere sul suo comportamento disdicevole!-

(Angelina’s Pov)

-Vivo in campagna come una poveraccia, non fa per me, dannazione! Mio padre è un idiota, mia madre anche e mio fratello è un perfetto imbecille! Ah, come deve essere bello vivere ad Heartland City, lì la vita sarà sicuramente migliore di questo porcile! Voglio anche trovare un lavoro laggiù, come fanno tutti! Io sono Angelina e da stasera non resterò più sotto l'autorità dei miei genitori!  Questa è una promessa! -

Angolino dell'autrice:

Ciao a tutti! Questa è la prima storia che pubblico, quindi vogliate perdonarmi per non essere stata così brava nei dialoghi tra famigliari! xD Ringrazio moltissimo Sognatrice Felice e PuffballOtaGirl per avermi sostenuta in questo “esperimento” :D Ci tengo a sottolineare, che io ad aggiornare sono molto lenta e ho bisogno sempre di tempo per controllare ciò che scrivo, visto appunto il mio essere principiante . Niente, spero (almeno) di avervi interessato e che la storia vi piaccia! J Alla prossima!

vennalyrion96

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Quando ci si sente campioni ***


Capitolo 1

 

Quando ci si sente campioni


Ad Heartland City ormai stava calando il tramonto. Il cielo era dipinto dai colori più tenui, così delicati da far apparire lo scenario come l’imitazione di un imponente dipinto paesaggistico. Nonostante ciò, il sole non aveva ancora cessato di emettere il suo bagliore, tanto che quel momento della giornata pareva ancora essere pieno pomeriggio, quando gruppi di giovani ragazzi e ragazze erano ancora a gironzolare in pieno centro per incontrarsi, mangiare tutti insieme, fare compere o, come spesso accadeva, per duellare.

Proprio così.

Tutti gli adolescenti possedevano un deck con cui gareggiare. Persino i bimbi più inesperti, che magari non avevano la benché minima idea di cosa fosse una carta Magia, s’interessavano fin da subito e supplicavano genitori (specialmente padri) o altri parenti di fare loro da maestri. Del resto, chi poteva essere più esperto di un membro della famiglia a cui erano stati insegnati i trucchi del mestiere molti anni prima?

Uno di questi ragazzi, che col passare del tempo era riuscito a raggiungere una popolarità di estremo livello nella città, soprattutto fra i suoi coetanei, fu il giovane IV.

Considerato un idolo e una figura fondamentale tra tutti i giovani duellanti, IV era riuscito ad aggiudicarsi i premi di maggior valore e prestigio, battendo avversari di ogni genere. Nel corso della sua carriera, infatti, ebbe modo non solo di mostrare a tutti il suo valore nei normali duelli di strada cercando di raccogliere più carte Numero possibile, ma anche di partecipare a campionati di livello mondiale, aggiudicandosi sempre e comunque il primo posto in classifica. Il podio ormai sembrava spettargli sempre di diritto, come se in ogni battaglia, tutti fossero della convinzione che sia lui il vincitore, tanta era la loro abitudine nel vederlo stendere come cimici i suoi temibili avversari.

Non esisteva un numero definito e preciso dei duellanti che invano avevano tentato di imitarlo, magari cercando disperatamente di prevedere le sue mosse nel momento in cui lui terminava i suoi turni.

Nulla da fare.

IV riusciva sempre e comunque ad avere la meglio.

E che i duelli siano normali, che siano internazionali… a lui non importava un bel niente, per la verità.

Una cosa sola gli pulsava nella mente, un solo obiettivo gli dava l’ulteriore spinta per andare sempre avanti e migliorare giorno per giorno: umiliare chi affrontava, a prescindere da tutto il resto.

IV, infatti, amava mostrare la sua bravura al pubblico, facendo credere a tutti che l’avversario sia come un perdente, un miserabile dilettante che doveva pentirsi di averlo voluto sfidare.

La reazione del pubblico era, di solito, di compiacimento vista l’eccellente abilità del loro idolo, ma lasciava in loro un’impronta di profondo dubbio. In effetti, IV non si comportava così al di fuori del gioco: al contrario, lui si atteggiava sempre da gentiluomo, specialmente nei confronti di giovani ragazze, sue fan incallite, che non vedevano l’ora di cogliere la prima occasione per vederlo gareggiare nel bel mezzo dell’arena o di avere un suo autografo.

Oh, il fanservice! Quale fierezza gli si leggeva negli occhi ogni volta che maneggiava la penna e lasciava il proprio nome ai suoi fans!

Questo era forse più entusiasmante dei duelli stessi!

Accontentare i fans, in fin dei conti, era la sua seconda gioia: si sentiva più fiero di quanto non lo sia mai stato nella vita, specialmente con le fanciulle, con cui si comportava sempre da nobile signore.

Così facendo però, cosa poteva ottenere, se non le loro turbolente attenzioni?

Nell’ormai tardo pomeriggio di quella giornata d’autunno non poteva esserci momento migliore di fare un bel fanservice, ragion per cui IV aveva deciso di restare ancora un po’ in compagnia di giovani ragazze all’interno di un immenso stadio nel bel centro della città. Lì poco tempo prima si era tenuto un duello entusiasmante tra lui e un omone dai muscoli super gonfiati, che avendo perso l’incontro, ne uscì più infuriato che mai. Pareva, infatti, che quel tizio l’avesse sfidato più di una volta, e tutte le volte non aveva fatto altro che subire aspre sconfitte da parte del celeberrimo IV. Motivo della sua rabbia era anche dovuto alla crudeltà del suo rivale, che aveva continuato ad attaccarlo nonostante gli avesse già azzerato i life points.

Mentre il gigante si dirigeva verso l’uscita, con il volto che rivelava in maniera sempre più accentuata la sua ira, IV nel frattempo si era seduto sulla scalinata dello stadio circondato dalle quindici ragazze che avevano assistito ininterrottamente al duello. Molte di esse erano agitatissime e porgevano al ragazzo molte domande, oppure sventolavano carta e penna nell’attesa di ricevere un autografo.

-Signorine, un po’ alla volta! Ho tutto il tempo da dedicarvi, non c’è bisogno che spingiate- disse IV all’improvviso, con il solito sorrisetto smagliante e pronunciato.

A quel punto tutte si calmarono e la prima della fila parlò.

-IV, come ti senti dopo questo duello? Suppongo che ora tu sia stanco!-

Lui alzò gli occhi al cielo e rispose apertamente: -Eh care, dovete sapere che essere un campione comporta molti sacrifici. La stanchezza ormai è per me un’abitudine. Tuttavia devo ammettere che sono stato abbastanza in gamba, quel tipo era tosto, non trovate?-

Una ragazza esclamò: -Oh sì, per un attimo ho creduto che ti batesse! Ma IV non perde mai, perché lui è il nostro campione, vero ragazze?-

-Sì! Ha ragione! IV, sei il migliore!- urlarono di nuovo in coro le ragazze.

IV si sentiva più importante che mai, così si alzò in piedi, s’inchinò e mormorò nel bel mezzo della fola: -Oh, siete sempre così gentili, vi ringrazio di cuore, siete favolose!-

Dopo aver subito un’altra sclerata da parte delle fans, firmato autografi e aver ricevuto il permesso di poter fare una foto insieme a lui, finalmente il sole si era deciso a tramontare.

-Peccato, fanciulle… ormai è sera e io devo fare ritorno alla mia dimora- si scusò IV alzando lo sguardo verso il cielo, ormai quasi oscurato.

-Oh no! Ma perché il tempo è passato così in fretta? Ad ogni modo parteciperai al torneo della settimana prossima, vero?- chiese imbronciata una ragazza bionda, seguita da tutte le altre.

-Naturalmente! State tranquille, per voi ci sarò sempre, belle signorine! La prossima volta assisterete a qualcosa di ancora più epico di oggi, ve lo prometto-

Tutte loro, felici più che mai, si diressero verso l’uscita zampettando lungo la scalinata e ringraziando IV della sua disponibilità.

Pochi minuti dopo, IV si ritrovò solo e nel giro di pochi minuti, si ritrovò a fare i conti con la propria vanità e si piego su se stesso, scoppiando a ridere.

-Ahahahahah, sono invincibile! Dopo che sarò tornato a casa, Tron mi dovrà baciare i piedi, perché oggi l’ho accontentato meglio delle altre volte! Ne va della mia gloria, ahahahah!-

Poi, a fatica, si ricompose e si incamminò per uscire dallo stadio. L’aria diventava sempre più fredda e la sua voglia di rifugiarsi al calduccio era cresciuta man mano, facendo anche sì che lui acceleri il passo.

Ad un tratto, però, qualcosa nel fondo lo incuriosì.

Allungò la testa per vedere meglio.

Era un’ombra.

C’era qualcuno. Non era solo, quindi.

IV si domandò subito chi fosse ed urlò:

-Chi è là? Fatti vedere! Senti, chiunque tu sia, sappi che non ho più voglia di duellare!-

La figura misteriosa, udendo quelle parole, si fece avanti.

Era una ragazza dagli occhi azzurri come il ghiaccio, dai i capelli nero corvino, dalla corporatura minuta e lo sguardo limpido.

IV ne rimase colpito. Non aveva mai visto una simile creatura.

Incuriosito e al tempo stesso, estasiato, le disse: -Ciao! Sei una mia fan per caso? Guarda che se è così, il tempo per te lo dedicherò volentieri-

Lei sorrise e aggiunse con voce calda e suadente: -Ciao! Come va? No, non lo sono, però ho già sentito parlare di te. Dalle mie parti non si è soliti a discutere di duelli o robe simili, però io ho l’orecchio sempre aperto per queste cose. Tu sei il famoso IV, dico bene?-

IV, sempre più affascinato, le si avvicinò: -Esatto, hai indovinato, cara. E tu … come ti chiami?-

Lei alzò gli occhi su di lui e usando sempre un tono di voce basso, rispose: -Io mi chiamo Angelina, è un piacere incontrarti, IV-

Angolino dell’autrice:

Rieccomi qui con un nuovo capitolo! Come avrete visto, mi sono focalizzata moltissimo sul personaggio di IV, dal momento che tutto inizierà dal suo incontro con Angelina… Vogliate perdonarmi se vi ho fatto attendere, ma come ben sapete, gli impegni mi uccidono e alcuni mi arrivano inaspettatamente, per cui  delle volte faccio promesse di aggiornamento, che poi non mantengo! D: Non uccidetemi, please... (Mi riferisco soprattutto a Puff e Sognatrice, a cui voglio molto bene!) Oggi per me sono iniziate le vacanze di Pasqua e quindi penso di aggiornare più spesso J Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, se volete lasciate una recensione, sono ben accette anche le critiche! :D Vi ringrazio ancora per il sostegno e vi auguro una buona Pasqua!

vennalyrion96

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - A cosa può portare un incontro ***


Capitolo 2

 

A cosa può portare un incontro

 

-Angelina… ma che bel nome, ti si addice proprio, sai?- disse IV più sardonico, mentre l’espressione della ragazza diventava sempre più vispa ed allegra.

-Oh, ti ringrazio IV. Mi lusingano i tuoi complimenti, sai?-

-Carissima, il mio incontro con te non può che mettere in luce la verità quando parlo di donne! Ora se permetti, potrei avere l’onore di chiederti da dove vieni, Angelina?- domandò soavemente il ragazzo con un leggero inchino.

Nella prima parte del discorso di IV, Angelina era scoppiata in una risatina poi però, alla sua domanda riguardo alla propria provenienza, il suo volto assunse un colorito sempre più pallido, tanto da rattristirsi tutto d’un colpo. A quel punto, lei abbassò la testa e i suoi occhi azzurri incrociarono il pavimento asfaltato dell’entrata dello stadio.

-Beh, devi sapere che io vengo da molto lontano, da Gardeyard, un piccolo paese di campagna a centocinquanta chilometri da Heartland City- parlò lei, rivolgendo lo sguardo al di fuori dello stadio, contemplando i grandi edifici del centro città.

-In effetti, non ne ho mai sentito parlare. Io da bambino ci sono stato spesso in campagna, ma Gardeyard… non mi sembra di esserci mai stato- affermò IV, poggiando indice e medio della mano destra sul mento.

-Ad ogni modo, Angelina, qual buon vento ti ha spinto fino a qui? Voglio dire, una ragazza come te, così carina e beneducata e con così tanti bagagli appresso…- continuò, osservando con malizioso interesse sia lei sia la gran quantità di borse che portava con sé.

Angelina assunse un’espressione neutra, quasi scocciata, ma restò comunque sincera nelle sue parole.

-Gardeyard, esteticamente, è un bel paese: ci sono così tanti animali, è pieno di fiori nei campi e il cibo è ottimo… Però, sarò sincera, è di una noia mortale… Non ci sono tanti ragazzi nei dintorni e andare a scuola equivale a passare sette ore della giornata all’inferno vero e proprio! I professori sono veramente intolleranti e via discorrendo…-

IV comprese a fondo alcune delle motivazioni che avevano spinto la ragazza ad abbandonare la sua casa, ma restava ancora dubbioso e la trovava ancora fin troppo vaga nelle sue risposte.

A questo proposito, decise di saperne di più e continuò a porle ulteriori domande.

-Quindi, eri stanca dell’ambiente tetro in cui ti trovavi, giusto?-

Angelina sospirò.

-Sì. In più non riuscivo a trovare un lavoro laggiù. Sono abile in tutti i lavori domestici: so pulire, so cucinare, so stirare… Ma dove abitavo io, nessuno aveva bisogno di una cameriera, vista la nostra povertà-.

IV la guardò storto. Non riusciva a credere a quello che gli stava raccontando.

-Poverina… Quindi ti sei diretta ad Heartland City con lo scopo non solo di allontanarti dalla tua dura vita, ma vuoi pure trovare un lavoro… Quanto ti capisco, mia cara- disse IV, poggiandole una mano sulla spalla sinistra.

Nel frattempo, una serie di lunghi pensieri gli faceva provare una grande compassione per quella ragazza così bella ma sola e indifesa.

Con un lieve movimento, IV le scostò una cioccia di capelli dall’occhio destro e la osservò attentamente.

Poi le rivolse un sorrisetto sardonico e sussurrò: -Angelina, io ti posso aiutare, sai? Sono abbastanza ricco e famoso da avere assoluta necessità di una brava cameriera nella mia “accogliente” dimora. Se lo desideri, puoi trasformare la mia casa nel tuo rifugio permanente. A me farebbe molto piacere, e sono sicuro che la mia famiglia non sarà contraria-

A quelle parole, Angelina sbarrò gli occhi e si allontanò bruscamente da IV. Le gambe le tremavano, le braccia si immobilizzarono insieme al resto del torace.

-C…cosa? Dici davvero, IV? Lo faresti per me? Non è uno scherzo, vero?- balbettò Angelina, sempre presa da un moto di estrema incredulità.

Il giovane duellante, vedendo la risposta ridicola della ragazza, scoppiò a ridere.

-Ahahahah, mia cara Angelina! Ma cosa ti fa pensare che io ti stia mentendo?- continuò IV, avvicinandosi ancora a lei.

-Io, beh, non è che non ti creda, più che altro io…-

-Ho capito, non te l’aspettavi, non è così?- la interruppe lui, afferrandole il mento dolcemente.

-Esatto. Insomma, hai così tante ammiratrici, eppure non ne hai mai scelta nessuna a vivere a casa tua; è un buon motivo per giustificare il mio stupore!- ammise Angelina con un sorriso malizioso.

IV si grattò un attimo la testa prima di risponderle soddisfatto e felice: -Hai ragione, ma incontrare una ragazza così intelligente non mi capita certo tutti i giorni! E poi, ammettiamolo: quelle ragazze non sono altro che una parte del mio gruppetto di fan incalliti che non vedono l’ora di assistere al mio fanservice. Immaginati, quanto sono sciocche! Ahahah-

Angelina incrociò le braccia e osservò: -Certo che essere famoso ti costa parecchia fatica, e compreso che devi sopportare tutte loro, non ne dubito-

Ad un certo punto, IV interruppe la frase, per poi afferrarla per il busto.

- Non temere, Angelina, tu sei diversa e mi stai molto simpatica, sai? Anzi, già che sono qui, che ne dici se stasera facciamo un bel giro prima di arrivare a casa mia?- propose il ragazzo in un tono particolarmente suadente, come se il suo fosse un invito per un appuntamento romantico.

Angelina strinse forte la gonna e felice esclamò: -Oh, ma che onore! Ne sarei molto felice! Sai quanto vorrei rilassarmi dopo aver intrapreso questo lungo viaggio!-

Fu allora che entrambi si misero in cammino, diretti verso la fermata dell’autobus poco distante.

Nonostante faticasse a sollevare i bagagli di Angelina, IV non esitava a darle una mano e per tutta la durata del viaggio, non avevano fatto altro che parlare insieme: discutevano su argomenti più vasti; IV per esempio, le raccontava le innumerevoli ed epiche vincite ai duelli, specialmente contro chi riteneva più debole. Angelina, al contrario, era colei che faceva più osservazioni e più commenti riguardo le faccende personali di lui. Stranamente, infatti, lei era solita, anche durante il giro in centro città, a parlare pochissimo di sé, della vita che aveva trascorso in campagna, della sua famiglia… Tutto ciò era ancora rimasto un enigma e IV, pur di saperne di più, talvolta era costretto a girarci intorno pur di avere una valida risposta da parte di Angelina.

Tuttavia, a IV non sembrava poi un grave problema: del resto, cosa poteva esserci di più piacevole e divertente della compagnia di una ragazza così interessante? Insomma, cosa poteva volere di più il grande IV?

La loro presenza attirava l’attenzione di moltissima gente: uomini, donne, ragazzi e ragazze e persino bambini aumentavano man mano di numero e li osservavano con vivo interesse.

Angelina era più tranquilla che mai e all’interno dei vari negozi, si comportava benissimo, faceva sempre bella figura e si sentiva sempre più fortunata a stare al fianco di una tale celebrità. Tuttavia, anche IV non poteva sentirsi da meno: quell’incontro avrebbe segnato per sempre la sua esistenza, e non si sarebbe mai e poi mai lasciato andare una creatura come lei, che non vedeva l’ora di presentare alla propria famiglia.

“Da adesso in poi benedirò il destino per averci fatto incontrare” pensava lui mentre la osservava durante la lunga camminata.

Dopo tre lunghe ore, finalmente arrivò il momento per IV di tornare a casa.

Ovviamente, già prevedeva le eventuali reazioni dei parenti, ma in fondo, cosa ne importava?

Ormai era deciso, lei sarebbe rimasta lì, con loro e con lui, per sempre.

Erano le 21.30 quando i due giunsero alla cancellata di un imponente e macabro palazzo gotico.

Angelina allungò il collo sempre più vicino al cancello e osservò curiosa le mura della casa di IV.

-E cosi, questa sarebbe casa tua?- domandò mettendo le mani in tasca.

-Proprio così, mia cara. Io mi auguro che il nuovo ambiente sia di tuo gradimento- disse IV suonando il campanello.

-Pensi che piacerò alla tua famiglia? Da quanto mi hai detto prima tuo padre, è un tantino particolare. Sei sicuro che non gli arrecherò disturbo?-

Il cancello ad un certo punto si aprì lentamente con un sonoro cigolio da brivido.

-Sarò sincero con te: sebbene io sia suo figlio, non sono mai riuscito ad andare molto d’accordo con lui e fatico ad ambientarmi nella mia casa e passarci molto tempo. Per questo cerco sempre di uscire il più possibile-

-Vuoi dire che non la prenderà bene quando gli dirai che sarò la nuova cameriera?-

Vedendola preoccupata, IV sorrise:

-Angelina, non temere, lui non se l’è mai presa con chi non si intromette nelle nostre faccende quindi non ti mangia mica. Tanto fra poco lo conoscerai di persona-

Dopo che il cancello fu finalmente aperto, i due si diressero verso la grande porta d’ingresso.

-E’ il momento- annunciò IV, non appena poggiò la mano sulla maniglia.

 

Angolino dell’autrice:

Sera a tutti! ^_^ Questo capitolo è stato scritto d’un lampo, quindi sarà molto facile per voi trovare qualche errorino… Chiedo scusa per questo, il fatto è che questi giorni sono in preda ad un’ansia incredibile: ho una tesina da esporre martedì e fra una settimana o poco più ho un esame importantissimo di francese D: Tuttavia, mi ero ripromessa di aggiornare comunque, dal momento che ne sono passati di giorni dalla data dell’ultimo aggiornamento D:D:  Ringrazio moltissimo coloro che seguono la mia storia e mi sopportano J (Sognatrice Felice, PuffballOtaGirl, Yulin, sakura yamamori, ZuccheroFilato1999) Inoltre, do’ il caloroso benvenuto a Poke_ZexalGirl8 :D Con questo, ho detto tutto e ci becchiamo al prossimo capitolo, ragazzi!

vennalyrion96

N.B:

Gardeyard (il piccolo paese di campagna dove Angelina viveva) l’ho inventato io! xD

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Maschere di ferro e i mille volti della malinconia ***


Capitolo 3

 

Maschere di ferro e i mille volti della malinconia

 

L’enorme portone della casa di IV si aprì con un cigolio frastornante e cupo, presentando agli occhi del ragazzo e di Angelina un macabro e lunghissimo corridoio, illuminato in parte dalla luce tenue delle ampie finestre colorate, proprio come un rosone di una chiesa gotica. Il pavimento di marmo era lucidissimo ed era coperto da un tappetto particolarmente pregiato e curato in ogni dettaglio.

Intorno a loro, vi era la presenza di numerosi oggetti che gente comune non poteva certo permettersi di avere. Data la loro bellezza e rifinitura, era ovvio che tutta quell’oggettistica appartenesse ad una famiglia ricca e nobile come quella del celebre IV, il quale però non sembrava curarsi minimamente delle cose che gli stavano intorno… Infatti, Angelina notò, come prima cosa, che il ragazzo stava lentamente cambiando espressione, passando da pura spensieratezza e fierezza, ad un misto di inquietudine e tormento. Di certo, lei ormai aveva compreso il reale motivo di questo cambiamento da parte di lui, ma era rimasta ancora sconcertata da come il ragazzo aveva descritto caratterialmente il proprio padre: eccentrico, rompiscatole, crudele, infantile, senza pietà per coloro che gli si opponevano, ogni tanto (ma raramente) compassionevole...

“Insomma, una perfezione di padre! In fondo, mica è tanto diverso dal mio” pensava ironicamente Angelina durante la camminata.

Nonostante lo avesse descritto così negativamente, IV aveva assicurato ad Angelina di non preoccuparsi dal momento che sapeva che il padrone di casa non si sarebbe comportato da emerito antipatico con la nuova cameriera.

Mentre i due camminavano silenziosamente, ad un tratto si sentì da lontano, lungo la fine del corridoio un rumore assordante che ricordava tanto quei classici suoni a tutto volume che si sentivano nei cinema.

-Ma che succede IV?- chiese Angelina curiosa.

IV, senza voltarsi nella sua direzione, rispose con aria infastidita: -No, niente, è mio padre che si da’ alla pazza gioia come al solito-

-Come sarebbe? Ma allora è vero che lui un tipetto alquanto allegro!- affermò lei con aria molto divertita. Invece IV non si divertiva per niente, anzi, sembrava molto irritato dalla situazione e dibatté le considerazioni di Angelina dicendo: -Allegro quando gli fa comodo! Sapessi quanto mi tocca sopportarlo ogni giorno! Tu sei fortunata, almeno farai il tuo lavoro in casa e ti occuperai di ciò che sarà utile per noi… Ma io e i miei fratelli… -

-IV, è pur sempre tuo padre. Cerca di trattenerti… vedrai che un giorno lui cambierà atteggiamento dopo che avrà capito la tua reale natura- lo incoraggiò lei con un largo sorriso.

-Grazie Angelina- rispose lui, avvicinandosi alla porta che l’avrebbe condotto nella famosa stanza di Tron e spingendo la maniglia…

Una risata maligna e insopportabile si espandeva e rimbombava assieme ai suoni della televisione in tutta la stanza.

Angelina entrò molto lentamente poggiando due piedi sull’uscio della porta per poi dirigersi, insieme a IV, verso due singolari personaggi che stavano entrambi guardando la TV. Uno di loro era in piedi, alto, e con dei lunghissimi capelli argentati che cadevano fluttuosi coprendo tutto il retro del corpo, comprese le gambe.

L’altro era seduto su un’imponente sedia di tessuto la cui altezza non permetteva una buona vista della persona in questione. Però una cosa era certa: la voce che continuava a ridacchiare era sicuramente la sua visto che si percepiva benissimo dall’altra parte della sedia.

Ciò che invece si presentava sullo schermo gigantesco era l’unico elemento comico e divertente che Angelina aveva visto finora all’interno dell’abitazione: i cartoni animati.

-Tron ha dei gusti particolari, cerca di perdonarlo- le sussurrò all’orecchio IV che ad un certo punto iniziò ad alzare la voce nel tentativo di farsi sentire dai presenti.

-Eccomi qui Tron-

A quel punto, la voce infantile e canzonatoria di Tron si fermò e il volume della televisione si abbassò automaticamente.

Il ragazzo alto si voltò, mostrando uno sguardo particolarmente malinconico e serio.

-IV, finalmente sei tornato. E’ da un po’ che Tron ti aspetta-

IV si scusò fin da subito, vedendo l’atteggiamento chiaramente autoritario del fratello maggiore.

-Scusami V ma…-

V ribatté, senza lasciarlo finire:

-La prossima volta, vedi di avvisare nel caso dovessi fare tardi. Ci siamo capiti?-

-Mi dispiace, ma io veramente volevo parlare con Tron. Potresti andare per favore?- chiese, badando bene di scandire e moderare le parole per evitare di entrare in conflitto con lui.

-Eh no, caro IV, non si trattano così i propri fratelli- disse la misteriosa e minacciosa voce del padrone di casa, che ad un tratto sì alzò bruscamente dalla sedia e si diresse verso i due figli…

Angelina s’inquietò non appena la figura di Tron, ridotta ai minimi termini, si fece sempre più visibile.

-Oddio…- sussurrò lei, sbarrando gli occhi.

Lo guardò intensamente e finalmente, dopo tanto tempo, fu in grado di descriverlo: era dell’aspetto di un bambino di circa dieci anni, dai lunghi capelli biondi legati in una treccia che scendeva lungo la spalla destra, con indosso un elegante soprabito azzurro sopra una camicia bianca in stile borghese, i pantaloni candidi e piccole scarpe marroncino ai piedi.

Ma il dettaglio forse più cruciale di quel personaggio così strano e al tempo stesso misterioso, era ben altro: la sua faccia.

Proprio così.

Il volto di Tron non era paragonabile a quello di nessun’altra persona che Angelina aveva avuto modo di conoscere in tutta la sua vita.

La maschera di ferro che il bambino indossava gli conferiva un’aria particolarmente inquietante e minacciosa. Solo un occhio ambrato era visibile, l’altro invece era stranamente coperto da una lente rossa posta sulla maschera stessa.

Angelina era sconvolta ed esterrefatta. Il senso di inquietudine si concretizzò sempre di più e la ragazza non poteva fare a meno di negare quanto potesse essere strano l’ambiente di quella casa, visto che era comandata a spada tratta da un simile soldo di cacio!

Di certo Angelina era sicura che d’ora in avanti avrebbe condotto una vita nettamente più movimentata rispetto a quella in campagna, così decise di mostrarsi fiera di sé di fronte al suo padrone, il quale continuava a fissarla interrogandosi su chi potesse essere quella ragazza che il figlio aveva portato a casa.

Fu in quel momento che lui parlò a lei per la prima volta.

-Tu chi saresti, signorina?-

Angelina inghiottì un po’ di saliva prima di rispondergli e poi, fingendo una lieve tosse:

-Ehm ehm… Io mi chiamo Angelina, signore-

Lui reclinò la testa e chiese gentilmente:

-Da dove vieni?-

-Io beh…-

IV li interruppe momentaneamente: -Tron, devi sapere che lei è abbastanza chiusa… L’ho trovata per strada, mentre facevo il mio fanservice. Non sapeva dove andare quindi d’ora in poi vivrà qui con noi-

V, che stava assistendo al dialogo silenziosamente, iniziò a parlare, ma con tono ancora più deciso di prima.

-Non prendere decisioni affrettate, IV. Lascia che Tron ponga le sue domande invece di continuare ad interrompere come al solito-

IV borbottò qualcosa tra sé a sé, poi si mise da parte, senza però cambiare idea sulla sua decisione.

-Ok, vedo che siamo alle solite come sempre- affermò, lamentandosi del comportamento irrisorio del padre e quello, a parer suo, detestabile del fratello maggiore.

-Vengo da Gardeyard, signore…-

Tron riconobbe il luogo campagnolo in cui la ragazza aveva vissuto fino a quel momento e attribuì subito quei posti al lugubre vero e proprio, poco adatti al mestiere che la ragazza voleva intraprendere. Tron, sebbene poco necessitato dell’aiuto di una cameriera, trovò comodo l’idea di averne una proprio in casa sua visto che oramai il vero e proprio compito della famiglia era la loro vendetta nei confronti del Dr. Faker e che quindi c’era poco tempo da dedicare ad altre cose più spicciole.

Quindi dopo averci riflettuto su, V e Tron finalmente decisero: lei sarebbe rimasta con loro a patto che mantenesse assoluta obbedienza a tutti i membri della famiglia Arclight, soprattutto Tron, naturalmente.

Angelina, felicissima, abbracciò IV.

-D’ora in poi ci sarò io a tirarti su il morale… Se avrai bisogno di aiuto non esitare a chiederlo e mi raccomando fammi sempre sapere che tipo di torta piace a tuo padre, cosicché io possa preparargliela, ok?-

-D’accordo cara, sei la benvenuta in casa Arclight!- esclamò lui, esaltando dalla gioia.

Poi continuò -Comunque sia, domani ti presenterò una persona che adesso purtroppo sarà già a letto visto che va sempre a dormire presto-

Detto ciò, ad Angelina venne in mente di controllare l’orologio e notò appunto che erano le 23.50 circa…

-Oddio, quanto è tardi, sarà meglio che vada a letto anch’io o inizierò a lavorare malissimo domani- esclamò lei, iniziando ad accelerare il passo verso la sua stanza da letto.

-Ma comunque chi vorresti presentarmi domani?” chiese poi, maliziosa.

IV aggrottò le sopracciglia e rispose: -Mio fratello III, il piccolo della famiglia-

 

Angolino dell’autrice:

Sì lo so, lo so… molte di voi adesso avranno una voglia matta di uccidermi per aver osato stare ferma un MESE senza continuare! Vogliate perdonarmi per questo, ma il fatto è che a scuola mi stanno letteralmente distruggendo e in questo periodo sono strapiena di verifiche o interrogazioni. Spero che allungando un pochino il capitolo, abbia fatto meno errori rispetto ai primi capitoli. Siete tutti fantastici, soprattutto chi ha avuto la pazienza di attendere cosi tanto il proseguimento di questa storia ^^ Vi voglio bene raga e ci becchiamo al prossimo capitolo ^^

Bye!

vennalyrion96

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Primo giorno di lavoro ***


Capitolo 4

-

Primo giorno di lavoro

 

Due grandi occhi chiusi e insonnoliti sbucarono lentamente dalle fresche e bianche lenzuola di un grande letto a baldacchino.

Dalle due piccole finestre della stanza erano riflessi i fiochi raggi di luce del sole di primo mattino che illuminavano completamente un volto grazioso ancora immerso in un sonno lungo e profondo.

Una folta cascata di capelli nero corvino separava nettamente la testa della ragazza addormentata dal morbido e imbottito cuscino rosa pesca e un corpo esile e snello si affacciava affaticato al limpido sorgere del sole. Quest’ultimo sembrava limitarsi alla semplice contemplazione del soggetto sdraiato su quel letto, piuttosto che iniziare a offrire, come ogni giorno, luce a tutta la stanza.

Lentamente e affannosamente, Angelina si rigirò fra le coperte, cercando di evitare il più possibile i faticosi ed insistenti raggi solari, che ormai le avevano colpito direttamente le pigre palpebre.

Avvolse le braccia sottili attorno al cuscino e pian pianino, la ragazza aprì gli occhi. A causa del troppo sonno, però, la sua vista era ancora parecchio annebbiata e la sua testa pulsava, come ad incitarla a restare a letto ancora per un po’.

Le ci vollero alcuni secondi per poter mettere a fuoco gli oggetti che stava osservando, in particolare quelli poggiati sull’elegante e minuscolo comodino in legno alla sua destra: un abat-jour stranamente spenta, una piccola sveglia, una boccetta di profumo, una collanina d’argento, dei fazzoletti…

Tutta roba che di certo non le apparteneva, ma di cui non aveva fatto caso la sera precedente probabilmente perché era talmente stanca da essersi letteralmente lasciata trascinare dalle braccia di Morfeo senza avere la possibilità di poter vedere nient’altro, se non le placide e soffici coperte di quel letto ben rifatto.

La ragazza puntò da subito l’attenzione sulla sveglia e allungò un braccio per afferrarla.

Controllando l’orario, notò, in tutta sorpresa, che erano le 7.25.

Angelina portò il palmo della mano sulla fronte e sbarrò immediatamente gli occhi che poco prima non si decidevano di aprirsi, per costatare quanto potesse essere stata stupida a non essersi alzata venticinque minuti prima!

IV, infatti, le aveva avvisato dello strampalato e insostenibile comportamento di suo padre nel caso la sua colazione non le fosse servita almeno alle otto circa del mattino.

E non si doveva trattare semplicemente di un pasto comune: Tron, infatti, prediligeva un servizio completo, una colazione impeccabile e unica che in trentacinque minuti sarebbe stato difficilissimo preparare!

Angelina cadde subito nel panico.

 -La colazione deve essere pronta per le otto… Sarà meglio che mi muova, o Tron mi farà un nodo alla gola!- disse, agitando le gambe tra le lenzuola e alzandosi dal letto a velocità supersonica.

Per prima cosa si guardò intorno, cercando la sua divisa da lavoro e iniziando a frugare nell’armadio alla sua destra.

Gli attaccapanni appesi al suo interno reggevano vestiti stravaganti colorati e già stirati, come camicie e minigonne di jeans, pantaloni di seta lunghi, maglie a maniche lunghe scollate…

Ad Angelina piaceva molto quel genere di cose ma in quel momento il tempo a disposizione per provare tutto non ce n’era perché doveva affrettarsi a trovare la sua divisa.

-Ma dov’è, insomma?- si lamentò lei a bassa voce per non arrecare disturbo già a partire dal suo primo giorno di lavoro.

Poi voltò lo sguardo sulla poltroncina di fronte al letto e notò, che oltre ai tanti capi di abbigliamento che IV le aveva offerto, c’era anche una divisa bianca e nera, quella che cercava.

-Oh, eccola! Bene! Adesso mi vesto, spero solo che sia della mia misura, altrimenti sono nei guai!- costatò lei, togliendosi il pigiama e afferrando la veste infilandosela con rapidità.

Era comodissima, per fortuna.

Poi aprì di nuovo l’armadio sulla cui porta era attaccato uno specchio lungo tutta la superficie.

Si guardò incredula dalla sua stessa bellezza.

-Però, in questa famiglia hanno dei buoni gusti- affermò Angelina tra sé a sé, mentre si rigirava su sé stessa per ammirare il suo look da cameriera umile ma attraente.

Nella casa di campagna, non le avrebbero certo permesso di lavorare con una divisa di quel genere: per i suoi genitori, infatti, vestirsi troppo attillati non era mai stato un buon esempio da parte di una ragazza e questo infastidiva non poco la giovane Angelina, che nel frattempo cercava di togliersi dalla testa il passato per guardare al presente.

Più frenetica che mai, prese da uno dei cassetti del comodino una spazzola e si pettinò i lunghi capelli con cura, facendo attenzione ai nodi e cercando di apparire  il più carina possibile.

Quando ebbe terminato, tirò un lungo sospiro di sollievo e uscì di corsa dalla stanza.

Ciò che le si presentò fu tutt’altro che piacevole.

Difatti, non appena aveva messo piede fuori dalla camera, si rese conto di essersi già smarrita nel bel mezzo di un lunghissimo corridoio che conduceva in chissà quale parte della casa.

La sua reazione fu di sgomento oltre che di fastidio.

-Oh no, e adesso dove devo andare? Io non ho la benché minima idea di dove si trovi la cucina. Ora mi toccherà perdere tempo a cercarla e di conseguenza, fare tardi la colazione per la famiglia- si lamentò lei a bassissima voce, girando la testa qua e là disorientata e confusa.

-Anzi, prima di andare in cucina, mi conviene andare in bagno dato che ho la faccia sporca e decisamente poco gradevole- decise Angelina dopo aver dato un ultimo sguardo al suo viso in un piccolo specchio appeso nel corridoio.

Prima di ritrarsi dal suo stesso riflesso, però, Angelina si accorse di un altro giovane volto dietro di lei, virile, gelido e molto serio che l’osservava.

La ragazza lanciò un piccolo grido e si girò di scatto verso la statuaria e imponente figura del primogenito di Tron.

-Oh, scusi, non sapevo che lei fosse sveglio. Ha bisogno di qualcosa?- chiese lei tentando in tutti i modi di non cadere vittima dello sguardo impenetrabile di lui che la metteva notevolmente in imbarazzo.

-Io credo invece che sia tu quella più bisognosa in questo momento- affermò lui, sempre mantenendo quella postura raffinata e perfetta.

Angelina concordò con lui facendogli un sorriso e mettendosi una mano nei capelli.

-Beh, sì, in effetti, è la prima volta che mi trovo a lavorare in un luogo così vasto e sinceramente non so ancora bene dove si trovino le varie stanze…-

V fece qualche passo in avanti verso di lei, facendola impallidire a dismisura.

-Non preoccuparti, è comprensibile che tu ti senta disorientata. Ti guiderò io per il momento- annunciò V.

-La ringrazio molto per l’aiuto. Io adesso però vorrei andare in bagno, mi potrebbe dire dove si trova?-

Angelina non vedeva l’ora di togliersi di dosso lo sguardo glaciale e misterioso del giovane V che le indicò solennemente la quarta porta a destra nel corridoio.

Entrò chiudendo la porta a chiave e scivolò per terra finendo seduta sul freddo pavimento in marmo del maestoso bagno.

La nuova arrivata sorrise avida e ripensò ai rigidi occhi blu di V che l’avevano inquietata tantissimo, ma di cui era stranamente molto attratta.

La raffinatezza, l’eleganza e la diffidenza di V l’avevano lasciata di stucco perché tutte queste caratteristiche non facevano parte assolutamente del carattere di IV!

“A dire il vero quel bel fusto di V non sembra neanche suo fratello. E’ così freddo, come se non provasse emozioni. Un esemplare unico e raro. Come faccio a non rimanerne affascinata?” rifletté lei dopo essersi alzata per dirigersi verso il lavabo.

Si sciacquò la faccia accuratamente con acqua gelata e poi afferrò dolcemente un asciugamano e con questo si tamponò la pelle del viso.

Si osservò nuovamente allo specchio e sorrise in modo sadico.

“Non ha nemmeno l’aria di un uomo interessato ad avere una relazione. Che peccato, sarebbe bello poter sfoggiare il mio fascino per farlo cascare ai miei piedi” concluse lei con un’espressione delusa.

Trasportata da seducenti emozioni, la ragazza uscì finalmente dal bagno e vide V in piedi qualche metro più avanti che l’aspettava.

-Eccomi, ho finito- comunicò Angelina al figlio del suo padrone che nel frattempo si stava accarezzando la lunga chioma argentata con aria inquieta.

-Perfetto. Ora seguimi, ti porterò in cucina- disse V, voltandosi dalla parte opposta e riprendendo il cammino accompagnato dalla nuova cameriera.

Quest’ultima lo seguiva in silenzio e per tutta la durata della camminata, lei non faceva altro che osservare ininterrottamente i lunghi e flessuosi capelli del ragazzo con desiderio. Non aveva mai visto una tale preziosità e col passare del tempo, le veniva sempre più un’irresistibile voglia di sfiorarne alcune ciocche con una mano per poi assaporare il loro profumo, rimettendo in circolo l’azione devastante dei neuroni nel suo corpo scosso da una fatale attrazione per quel ragazzo così diverso dall’esilarante fratello minore IV e dal bambinesco padre Tron.

V, accortosi delle strane occhiate che la ragazza gli rivolgeva, si girò e domandò incuriosito: -C’è qualcosa che non va?-

Lei scosse la testa.

-Oh no, niente di che. Mi stavo solo domandando… ecco…-

-Che cosa?- interruppe lui, volendo già entrare nel nocciolo della questione.

Angelina aveva pochissimo tempo per riflettere su una scusa fattibile per giustificarsi, tant’è che rigirò le proprie dita, si morse il labbro e  guardò vagamente per terra.

Poi rialzò la testa e rispose:

-Ecco… come dicevo, mi stavo solo chiedendo come sarà suo fratello III… Ieri sera IV non ha avuto il tempo di parlarmene…-

V, dopo aver accertato il dubbio della ragazza, assunse la posizione di prima e ritornò a camminare scendendo al piano inferiore tramite dei ripidi scalini in marmo.

-Capisco. Non temere Angelina, lo conoscerai tra poco- affermò con la sua solita freddezza.

Lei però era molto più curiosa di quanto apparisse, così pose ulteriori domande.

-Mi scusi se mi intrometto, V, ma mi dica… Com’è III? Di sicuro è molto educato e ligio alle regole, dal momento che ieri, per esempio, era tardi e lui era già a dormire…-

-Non hai tutti i torti. III è un ragazzo sensibile, perciò vedi di comportarti di conseguenza. Comunque sia, non ho intenzione di dirti altro. Come ti ho già detto, fra pochissimo lo conoscerai di persona. Guarda, siamo arrivati…- annunciò V entrando nell’immenso soggiorno e indicando con l’indice una porta già spalancata sul fondo che conduceva ad un altro corridoio.

Stranamente Tron non si era ancora fatto vivo, ma Angelina fu comunque scossa dalla preoccupazione dato che ormai erano già le otto in punto e la colazione non era ancora stata preparata.

Angelina si mise a fianco di V e lo seguì fino all’entrata della maestosa cucina.

-Wow! Che meraviglia!- esclamò lei entusiasta mentre girovagava davanti ai fornelli e ai vari cassetti e credenze.

V le rivolse un piccolo sorriso.

-Spero che abbia capito la strada. Ad ogni modo, non preoccuparti per la colazione. Oggi è il tuo primo giorno di lavoro e Tron mi ha incaricato di comunicarti che puoi iniziare anche adesso a prepararla, non c’è fretta. Da domani in poi, però, inizierai ad alzarti almeno un’ora prima, chiaro?-

Angelina annuì.

-Non si preoccupi. Adesso mi è un po’ più chiaro il percorso. Col tempo, imparerò anche a orientarmi nelle altre parti della casa. Per adesso, può bastare. La ringrazio molto per l’aiuto-

V abbassò la testa e uscì dalla cucina.

-Non c’è di che. Del resto sei appena arrivata. Se dovessi avere bisogno, non esitare a rivolgerti a me, mi raccomando. Io vado da Tron, quando avrai finito, raggiungici-

-Va bene signore-

Finalmente sola, Angelina si guardò intorno e vide, come prima cosa, una credenza in alto piena zeppa di tazze di porcellana, piattini e servizi da tè da far invidia a chiunque.

La ragazza, con l’aiuto di una sedia, aprì la credenza e cominciò a contare:

-Allora, preparerò il tè per Tron, per IV, per quello splendore di V e per III… In tutto sono quattro tazze. Bene!-

Con cautela, prese quattro tazze e i rispettivi piattini poco alla volta e li appoggiò tutti sul vassoio d’argento sopra il tavolo al centro della cucina.

Poi aprì un cassetto  accanto al frigorifero e trovò quattro cucchiaini che posò a fianco di ciascun piattino, seguiti da dei piccoli tovaglioli, dei biscottini ai cereali, marmellata all’albicocca e croissants vuoti o al cioccolato.

Successivamente, prese una teiera sulla quale preparare l’infuso. Dopo un quarto d’ora di lavoro, la colazione per la famiglia fu finalmente pronta e Angelina afferrò soddisfatta il vassoio e si avviò verso il salone, dove intanto era incominciato un baccano assurdo: TV a tutto volume come la sera precedente, risate a tutto spiano di Tron…

Angelina scoppiò a ridere.

-A quanto pare Tron è di buon umore perfino alle 8 e un quarto di mattina. Caspita, allora IV aveva ragione riguardo suo padre!-

Ad un certo punto, mentre lei rideva a più non posso, uno spintone la colse di sorpresa e la fece quasi cadere per terra insieme al servizio da tè.

-Ma che diavolo… Ehi, attento a dove mette i piedi, mi ha quasi fatto rovesciare la colazione!- gridò lei infuriata.

-Oh, mi scusi, signorina, mi sono inciampato per la fretta. Si è fatta male?-

Una voce dolce e gentile colse la sua attenzione e Angelina, presa dalla rabbia, si voltò per vedere il profilo di un giovane ragazzo dagli occhi verde smeraldo che la fissava mortificato e dispiaciuto.

L’aura di rabbia che Angelina aveva appresso svanì d’un colpo, lasciando posto ad una magica sensazione di armonia nel suo cuore.

Quell’esile corporatura magrolina, quei morbidi capelli color confetto e quell’atteggiamento educato la fecero subito intuire di che persona si trattasse.

Lei sorrise maliziosa.

-No, tutto a posto, sono io che mi devo scusare… Non avrei dovuto urlarle in quel modo-

Il ragazzino si meravigliò e sbarrò gli occhi.

-Non si preoccupi, signorina. Sono io che sono molto sbadato- concluse lui divertito e arrossato.

-Possiamo esserlo tutti nella vita. Una volta ogni tanto, può accadere- continuò Angelina, anch’ella molto rallegrata per la situazione.

Entrambi si scambiarono uno sguardo d’intesa e lui, con gentilezza allungò la mano per stringergliela e timidamente, si presentò:

-Ad ogni modo, io mi chiamo III, signorina…-

-…Angelina- lo interruppe lei con un sorriso a trentadue denti.

-Ok, piacere, Angelina. Vedo che è lei la nuova cameriera- affermò III, sempre con un dolcissimo sorriso stampato sul suo candido viso.

-Esatto. Suo fratello IV mi ha trovato per strada ed è stato così gentile a portarmi qui. Tuttavia questa casa è così grande, penso che mi ci vorrà del tempo prima che possa orientarmi come si deve-

-Non si preoccupi, Angelina. In questo l’aiuterò io- propose III con le gote sempre più arrossate per l’imbarazzo. Lui non aveva mai parlato apertamente con una ragazza prima d’ora… Le uniche con cui aveva stretto una tenera amicizia erano state solo alcune bambine dell’orfanotrofio dove aveva trascorso, allora col nome di Michael Arclight, il periodo tra l’infanzia e l’adolescenza, più precisamente a partire dai dieci anni di età fino ai quattordici anni, ovvero nell’anno in cui suo padre era ritornato dopo il tradimento di Faker.

Michael era sempre stato un ragazzino molto timido e impacciato e contrariamente al fratello IV, allora Thomas Arclight, il successo con le ragazze non era il suo punto forte e la sua tenera ingenuità lo aveva portato pian piano alla solitudine.

Per questo, III era felice di aver conosciuto una ragazza così solare ed intelligente come Angelina e non vedeva l’ora di stringere amicizia con lei.

-Grazie, caro III lei è così gentile e premuroso. Possiamo darci del “tu”?- domandò felicissima rimettendo in piedi alcune tazze vuote che erano cadute dopo essersi schiantata contro il ragazzino.

-Ma certo, Angelina. Mi fa davvero piacere sapere che noi due siamo diventati amici. Che ne dici se andassimo insieme in salotto e ti facessi accomodare insieme alla mia famiglia?-

-Oh, tu mi stai viziando troppo, III. Non credo che a Tron o a V faccia piacere. In fondo, sono solo una cameriera e niente di più- disse umilmente Angelina, sempre più colpita dal caldo affetto che gli dava il giovane III, nonostante si fossero conosciuti da pochi minuti.

-Lascia almeno che ti aiuti con questo vassoio pesante- ribadì III prendendo la teiera piena di tè fumante per alleggerire il contenuto del vassoio.

-Sei così gentile, ti ringrazio, III-

-Figurati-

Entrambi si lanciarono tenere occhiate e si diressero insieme nel grande salone, contenti ed estasiati.

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti e bentornati! :D Molti di voi avranno sicuramente dovuto affrontare gli esami questo mese, ragion per cui ho deciso di dedicarmi a questa storia un po’ meno del previsto. Come sono andati? Spero bene a tutti voi! :) Anch’io sono stata molto impegnata, e per chi magari attendeva con ansia il nuovo capitolo, chiedo umilmente scusa, come sempre… Come vi è sembrato l’incontro di Angelina e III? Io penso di averlo reso il più semplice possibile, senza focalizzarmi troppo sul loro lato psicologico… Semai l’ho fatto per quanto riguarda l’attrazione iniziale della protagonista per il gelido V xD In generale, il capitolo non è un granché, ma spero che vi sia piaciuto comunque, anche perché è il più importante per capire il seguito della fic! :) Come al solito, ringrazio e mando un abbraccio a tutti coloro che mi sostengono, mi mandano recensioni o leggono soltanto. Veramente, per me è un’emozione senza confini :D

A presto con un nuovo chappy!

vennalyrion96

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Dove sei? ***


Capitolo 5

-

Dove sei?

 

-Angelina…-

La voce disperata e squillante di un docile ragazzino stava ormai perdendo intensità dopo aver quasi passato due giorni interi a far irruzione nelle orecchie dei curiosi e aver disturbato al tempo stesso tutti gli abitanti della piccola cittadina di Gardeyard.

Al solo pensare di aver corso così ininterrottamente e a perdifiato per le vie delle strade di campagna alla ricerca della sorella, il figlio minore del signor Lyken si sentiva distrutto molto più di quanto avesse mai immaginato.

Diversa era la sua situazione nei momenti di svago: per lui giocare in luoghi tanto vasti era diventata un’abitudine e i segni di stanchezza gli erano sempre stati lontani. Inseguire le lepri, ad esempio, era una sua passione sin da piccolo e l’idea di poter mettere in moto le sue esili gambe era sempre stato un modo per poter fuggire diverse ore dalla triste realtà che aveva da sempre tormentato la sua famiglia: le continue assenze del padre da casa, l’ingenuità e l’apparente stupidità della madre e, cosa ancora peggiore, i capricci insopportabili di Angelina.

Il piccolo Ikida aveva da sempre sperato in una vita diversa, fatta di amore, comprensione e felicità tra tutti. I suoi amici erano gli unici a farlo trascorrere il tempo divertendosi e organizzando battaglie a spade di legno, lanciando sassi con le fionde, giocando a calcetto…

Tutto il contrario avveniva invece con la sorella maggiore la quale né si era mai occupata di lui a dovere, né lo aveva mai aiutato per i compiti a casa.

Quando entrambi i loro genitori dovevano, per esempio, assentarsi da casa per qualche motivo burocratico o lavorativo, per Ikida iniziava il vero e proprio inferno.

Angelina, infatti, non lo aveva mai fatto uscire con gli amici e lo aveva sempre costretto a giocare con lei a dama o a scacchi e talvolta anche a Duel Monster. Di quest’ultimo, lei non aveva mai imparato bene le regole, ma negli altri due si era cimentata diverse volte e Ikida era stato stupito delle sue abilità strategiche in gioco al punto che lui stesso era arrivato spesso a pensare che lei barasse o studiasse trucchetti a scuola.

Un altro problema che infliggeva per parecchio tempo la vita del più piccolo membro della famiglia Lyken era il fatto che lui e Angelina litigassero in continuazione e che si lanciassero insulti ininterrottamente come un disco rotto.

E non si era mai trattato di litigi spiccioli e banali, come potrebbe avvenire normalmente tra fratelli. La loro situazione, contrariamente a molti altri ragazzini, era sempre stata fuori controllo e Ikida, nella maggior parte dei casi, era sempre la vittima.

Litigi per strada, in casa, in giardino… praticamente ogni luogo in cui ci fosse la presenza di Angelina si poteva benissimo trasformare in un campo minato per la proliferazione delle tensioni e di conseguenza, la nascita di una lite che a lungo andare sarebbe diventata sempre più accesa.

“Dannatissima sorellona…”

Eppure, nonostante tutte le difficoltà di comprensione, il cattivo rapporto fraterno, le diversità di carattere… lui adesso la stava cercando dappertutto.

La cercava senza freni e più preoccupato che mai.

L’improvvisa sparizione di Angelina lo aveva allarmato ancor prima dei genitori, i quali non si erano neppure accorti che la ragazza fosse fuggita due notti prima e che non fosse più tornata a casa.

Si ricordava bene di quella sera, quando lei aveva fatto una scenata perché il padre non le aveva acquistato il vestito tanto desiderato e si era diretta furiosa nella sua stanza da letto.

A partire da allora Ikida non l’aveva più vista e nemmeno incrociata la mattina dopo per andare in bagno.

Il sospetto che Angelina fosse scappata gli era ormai evidente e nonostante lei gli avesse sempre vietato categoricamente di entrare in camera sua, il ragazzo aveva bussato e non aveva ricevuto una risposta. Colto da un moto incessante di preoccupazione, aveva aperto la porta e di Angelina, nessuna traccia.

Dopo aver avvertito i genitori, Ikida era corso alla porta di casa per uscire a cercarla e aveva iniziato la sua corsa contro il tempo.

Aveva chiesto informazioni ai passanti e ai vicini di casa, si era inoltrato nel bosco più vicino… eppure, nessun segno di Angelina.

Non ricordava quante volte avesse gridato il suo nome, a quanto avesse trovato incomprensibile un simile gesto da parte di lei…

Ikida, deluso e scoraggiato in mezzo ad una desolata strada asfaltata, chinò la testa e un ciuffo di capelli castano scuro si piazzò davanti ai suoi occhi bagnati di lacrime.

-Oh, Angie… sorellona mia… Quanto darei per sapere dove sei in questo momento… Ti sto cercando da due giorni e adesso sono stanco. Sarà meglio che torni a casa- sussurrò lui tra sé a sé.

Triste e sconsolato, il ragazzino mise le mani sulla tasca della salopette e a passi lenti e affaticati, si diresse a casa.

Suonò il campanello e dopo pochi secondi la porta si aprì e una mano lo invitò premurosamente ad entrare.

-Figliolo, sei tutto congelato. Vieni che ho acceso il caminetto- esclamò Miranda non appena toccò il volto stanco di Ikida.

-Mamma… lei è sparita…-  disse ansimando il quindicenne, mentre veniva trascinato in salotto dalla madre.

 -Stai tranquillo. Hai fatto del tuo meglio per cercare di trovarla. Adesso riposati, figlio mio- lo confortò lei accarezzandogli la spalla e facendolo sedere sul divano.

Arnold era in piedi con il gomito poggiato sullo scaffale della finestra lì vicina e osservava impotente il paesaggio.

-Papà, ho chiesto informazioni a tutti i passanti ma nessuno l’ha vista… Sono perfino andato a casa di Luke* e nemmeno lui ha idea di dove sia andata. Credimi, ho fatto di tutto per…-

Senza voltarsi verso il figlio, lo interruppe: -Ikida… sei stato in gamba. Hai anche faticato troppo per tua sorella. Adesso però tocca a me e a tua madre andare a cercarla…-

Miranda si avvicinò a lui dubbiosa.

-Caro, ma noi non abbiamo idea di dove poter iniziare le ricerche. Gardeyard è un paese piccolo e Ikida ci ha dato la conferma che lei non si trova qui. Non pensi che potrebbe essere a casa di una sua amica? Magari non ce l’ha detto per paura che noi non la lasciassimo-

-No, non credo. Prima di tutto se lei andasse da qualche parte per più di un giorno, lei ha il dovere di avvisarci prima e poi chi lo dice che sia scappata da un’amica? Nostra figlia ultimamente si è spinta troppo oltre…-

Miranda incrociò le braccia ansiosa.

-Hai ragione, caro. Io però sono convinta che lei non possa essere andata troppo lontano… Angelina avrà un pessimo carattere, ma non può essere arrivata ad allontanarsi così tanto da casa-

Il pendolo rintoccò le otto e un quarto del mattino.

Arnold sospirò affannosamente si rivolse al figlio e prese una pipa dal taschino della giacca, la accese e la portò in bocca, cercando di mantenere il più possibile la calma.

-Ad ogni modo, noi allargheremo le nostre ricerche a partire da oggi, questo è poco ma sicuro. Ascoltami Ikida. Tu adesso riposa tranquillamente, più tardi ti porterò a casa di Luke- affermò Arnold deciso.

Ikida si alzò di scatto dal divano.

-Perché, papà? Luke non farebbe altro che tormentarmi su questa faccenda. E’ disperato per Angelina più di noi tre!- esclamò.

-No, figliolo. Te l’ho già detto: hai fatto fin troppo. E non preoccuparti per quando andrai da Luke, suo padre è d’accordo che tu stia con loro per alcuni giorni, almeno fino a quando io e tua madre non torneremo a casa con tua sorella-

-Sì, ma… Vi ho già detto che qui a Gardeyard non c’è- affermò Ikida grattandosi la mano dal nervosismo.

Il padre lo accarezzò teneramente, seguito dalla moglie.

-Ti crediamo, figlio mio. Ma non temere, io e tua madre sappiamo già dove andremo a cercare Angelina-

-E dove?- chiese il ragazzino sempre più ansioso.

Arnold lo guardò seriamente e rispose:

-Andremo ad Heartland City, figlio mio. E’ una megalopoli nella quale non mi sono mai addentrato, molti miei coetanei si sono trasferiti laggiù e la maggior parte di loro afferma che è una città in cui è estremamente facile perdere l’orientamento e di cui non si è mai visto il creatore. Non so come mai, ma conoscendo tua sorella, sono convinto che si sia diretta là per combinare chissà cosa. E noi la dobbiamo trovare ad ogni costo-

Ikida, sfinito, si tolse le scarpe e sdraiò sul divano.

-Ho capito, papà. Allora più tardi mi sveglierete e mi porterete da Luke, vero?-

Miranda lo coprì con alcune coperte e gli baciò una guancia.

-Sì, Ikida. Adesso pensa solo a riposarti. Ti prometto che io e tuo padre faremo di tutto per riportare qui Angelina-

-Grazie mamma-

La donna sorrise e si allontanò col marito per dirigersi in cucina e decidere sul da farsi.

L’oscurità avvolse la stanza e Ikida, ormai troppo stanco per reggersi in piedi, si addormentò.

Angolino dell’autrice:

Salve! :D Sono ritornata per un nuovo capitolo, stavolta alquanto particolare, perché narra ciò che avviene nel paese di origine di Angelina nel medesimo arco di tempo del capitolo precedente :)

Spero che abbiate apprezzato questo capitolo, non è eccezionale, ma mi auguro che vi sia piaciuto lo stesso :D

Buona serata e a presto con un nuovo chappy, ragazzi!

vennalyrion96

 

*Noticina/Curiosità: Luke Jinshu è un ragazzo di vent’anni, vicino di casa di Angelina. Suo padre è un contadino abbastanza ricco e vorrebbe che il figlio trovasse una fidanzata degna di lui. Ciò non è molto semplice, perché Luke è un po’ bruttino e molto timido (praticamente non ci sa fare assolutamente con le ragazze xD). Suo fratello minore Pitt è un grande amico di Ikida, e questo fa sì che Luke allacci ancora di più i suoi rapporti con la famiglia Lyken. Lui è perdutamente innamorato di Angelina ma naturalmente lui non ha il coraggio di rivelarsi, pur cercando di darle dei segnali comportandosi in maniera gentile e cordiale. Angelina, al contrario, lo ritiene noioso e poco interessante, perciò lui non rientra tra i suoi interessi xD

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