The burning end

di quod
(/viewuser.php?uid=688168)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The lightly burial ***
Capitolo 2: *** Checking story/weapons ***
Capitolo 3: *** Little preparation ***



Capitolo 1
*** The lightly burial ***


Finalmente, dopo aver lottato contro un'orda di statue sputafuoco e una bestia a forma di imbuto dai molti occhi e dalla bocca posta in alto, il Prescelto, nonostante fosse un pò ammaccato e si fosse bruciacchiato un lembo dell'armatura, decise che si poteva permettere di rinfoderare lo spadone. Non sentiva nessun altro rumore che non fosse quello dei suoi passi e il debole eco di questi, che si rinfrangeva su quelle vuote pareti di pietra grezza, in mezzo a tutto quel mare di lava. «Lost Izalith... che posto di merda» pensò Valgt, il Prescelto. Ma non riuscì a finire di formulare la frase che un rumore lieve di passi precedette una sfera rossa scagliata verso la sua direzione. Grazie ai riflessi acuminati dai mille pericoli che aveva passato, riuscì a rotolare prontamente di lato, schivando così l'esplosione creatasi quando la sfera aveva toccato terra, e a sfoderare lo spadone e ad alzare davanti a se il nero scudo che aveva sottratto tempo addietro al cadavere di un Cavaliere Nero. Da dietro il suo scudo cercò febbrilmente con gli occhi la fonte del pericolo, e la vide: una figura incappucciata in un mantello blu, con il braccio destro teso verso di lui. Si accorse subito del perchè di quella strana posa: l'enorma sfera di fuoco era in volo verso di lui. Non potè altro che ripararsi dietro allo scudo e resistere alla terribile deflagrazione che ne seguì. Contro le sue stesse previsioni, Valgt riuscì a resistere in piedi all'urto, e subito corse verso la figura, che distava una cinquantina di metri da lui. Corse con quasi tutta la forza rimastagli nel corpo, e nel mentre una sfera, stavolta più piccola, si accingeva a colpirlo, rotolò nella direzione del piromante. Era arrivato praticamente ai suoi piedi, e decise di approfittarne: nel rialzarsi, con la sua fida Claymore vibrò un colpo letale dal basso verso l'alto. Il colpo ebbe effetto. La figura, con la scura veste stracciata, stramazzò a terra, rivelando un corpo di donna. Valgt tuttavia sapeva che cadere in quel dannato mondo non significava necessariamente la morte, e con la lama disegnò in aria una terribile mezzaluna diretta al collo della piromante. Il sangue schizzò nell'aria e la donna ebbe un spasmo. Era tutto finito. Valgt cadde sulle ginocchia, stremato dal peso delle recenti battaglie. Estrasse la fiaschetta verde dalla piccola borsa che teneva sulla schiena, e ne bevve con avidità un sorso. La scarsa bevuta era bastata: sentì le forze tornargli nel corpo, e ristorato si alzò in piedi. Il cadavere della piromante giaceva inerte alla sua sinistra. Poggiò il bel spadone per terra, stavolta con i sensi bene all'erta, e cominciò a frugare sul cadavere. Conosceva bene le proprietà di quel mantello: l'orlo dorato di quel tessuto pesante e ruvido tradiva l'enorme capacità di resistenza ai colpi magici, ed era pure altamente ignifugo. Ma ormai era solo un grosso straccio, nessuno avrebbe più potuto servirsene a causa dello strappo che percorreva l'intera superfice. Valgt si morse le labbra alla vista del corpo sotto la veste. Già ogni volta che gli toccava frugare un cadavere (cosa che accadeva spesso) si sentiva un sacrilego, adesso che il cadavere in questione era quello di una donna si sentiva ancora peggio, alla stregua di un necrofilo. Allontanò quei pensieri, inutili nel mondo nel mondo in cui era, e visto che davanti il corpo non aveva rilevato nessuna sorpresa di valore, a parte dei candidi seni che il sangue macchiava, lo girò dall'altra parte, sulla schiena. Aveva visto giusto: sotto la veste giaceva un catalizzatore eburneo, che al tocco gli trasmise una sensazione di... antichità, come se, toccando quel catalizzatore, avesse preso in mano l'unica testimonianza di un mondo che ora non c'era più. Probabilmente per un mago quel catalizzatore aveva immenso valore, ma lui era un uomo che si affidava alla spada e a qualche miracolo: non faceva per lui. Appoggiò il catalizzatore su un muro, e quindi ricompose alla meglio il cadavere, e prese una decisione: gli avrebbe dato un degno funerale. Il tutto sommato bel corpo di donna che teneva tra le braccia emanava una magica aura di eternità, e probabilmente era veramente un incantesimo a lui sconosciuto a non aver permesso l'invecchiamento di quella donna che, era pronto a scommettere, aveva centinaia, forse migliaia di anni. Senza saperlo, aveva visto quasi giusto. Non era un semplice incantesimo ad aver conservato la giovinezza in quel corpo, ma qualcosa di ben più antico e potente. Ma lui ignorava ciò. Con il corpo tra le braccia fece lentamente a ritroso la strada che aveva percorso per arrivare fino a quel punto, fino a che non tornò a quello che lui chiamava lago di lava. Valgt appoggiò il corpo a terra, la lava incandescente a nemmeno un metro da lui. Tolse la superba veste al corpo, e delicatamente, come a volersi irrazionalmente scusare di averla uccisa, prima le gambe, poi il resto del corpo posizionò sulla lava. Subito il fuoco cominciò a lambire la carne di quell'antico essere. Valgt si alzò in piedi, e sciolse nell'aria rovente un canto sacro che narrava di una principessa amata da tutti.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Checking story/weapons ***


Perchè dare onore al cadavere di un nemico? In quel momento, mentre stava finendo di cantare l'ultima quartina, non seppe darsi una risposta. «Quand'è stata l'ultima volta che ho visto un essere umano?» si chiese Valgt, e ripercorse mentalmente i giorni passati. «Se escludiamo la sorella di Queelag... l'ultimo vero essere umano che ho visto... è stato... 3, 4 mesi fa? Cazzo, nemmeno mi ricordo quanto tempo fa ho visto... qualcuno.» Si sedette sull'orlo del lago a fissare la lava che ormai stava per inghiottire le ossa della donna. Il viaggio di Valgt era cominciato quasi un anno prima. Ironicamente, Valgt, pur essendo il Prescelto, aveva incontrato altri Prescelti, con cui aveva condiviso piccoli pezzi del viaggio e combattuto per poco insieme. Ma finora, ben pochi erano rimasti in vita. Tarkas, il cavaliere dalla nera armatura di Berenike, era morto goffamente davanti ai suoi occhi per una caduta. Leeroy, dopo che lo aveva aiutato contro il negromante illusionista, era impazzito ed era toccato a Valgt fermarlo. Il cadavere di Beatrice era stato ritrovato nella Valle dei Draghi («Che poi, Seath non li aveva massacrati tutti? Come cazzo si spiegano allora i draghi non morti, i draghetti blu spara-fulmini e il drago deforme nelle profondità? Non solo traditore, ma pure incapace, quella fatina del cazzo.»). Lautrec, quel figlio di puttana... meglio non parlarne. A conti fatti, rimanevano solo altre due, tre persone su contare, sempre sperando che fossero ancora in vita. Fece il punto della situazione. Per dimostrare che era il Prescelto aveva dovuto suonare le due campane, e in questo modo la Fortezza di Sen si era aperta. Dopo la Fortezza era stato trasportato ad Anor Londo, la città degli dei. Là aveva dovuto lottare contro uno dei quattro cavalieri di Lord Gwyn, e se non fosse morto sarebbe arrivato al cospetto di un dio. Combattendo fianco a fianco con il suo prode amico Solaire, era riuscito ad avere, non senza difficoltà, la meglio, ed era stato ammesso al cospetto della Dea amata da tutti: Gwynevere. Lei gli aveva donato un potere divino e gli aveva ulteriormente spiegato la sua missione. Se Valgt voleva prevenire lo spegnimento della Fiamma, doveva sconfiggere Lord Gwyn in persona, ormai vuoto. Ma per arrivare a Gwyn, doveva sbloccare la Fornace della Prima Fiamma, e per farlo doveva recuperare l'anima di Gwyn. Piccolo problema: il Lord l'aveva frantumata in quattro parti e data ai suoi quattro compagni. Ergo Valgt, come se il pericolo di diventare vuoto da un momento all'altro non fosse già un pericolo imponente, doveva sconfiggere quattro mostri che da soli avevano distrutto orde di draghi. In qualche modo, era riuscito a sconfiggerne già tre, e ora ne mancava uno. Anzi, una: la Culla del Caos. Era per questo che era a Lost Izalith, la Città delle Fiamme. Quando Valgt si riscosse dai suoi cupi pensieri, della donna rimaneva ormai solo qualche pezzo della veste. Si fece forza, si alzò in piedi e lentamente ritornò a passi pesanti nel crocevia dove aveva incontrato la piromante. La solitudine e il silenzio che regnavano intorno a lui lo distruggevano psicologicamente, e mentre stava per giungere nel posto di prima si rese conto del perchè aveva dato gli onori alla donna: Valgt era, da mesi, solo contro un'orda variegata di creature ostili che lo volevano morto per motivi ignoti. Se la piromante non lo avesse attaccato a vista, chissà, magari avrebbero potuto perfino unire le loro spade, contro la solitudine prima che contro la Culla del Caos. Ma ormai era andata così. Arrivato al crocevia di strade di pietra, si accorse che il muro di nebbia era lì, e non se ne era accorto se non adesso. «Nelle Antiche Leggende la nebbia era un avvertimento degli dei ai viandanti affinchè facessero attenzione ai pericoli di un particolare luogo. Sarebbe veramente uno scherzo di cattivo gusto se queste nebbie avessero lo stesso scopo.» E tutto in effetti dava a pensare che fosse così: questa nebbia "solida" era bianca e leggera, in compenso non faceva passare nulla attraverso, che fossero colpi di spada, magia o frecce. L'unico modo di attraversarla, come aveva imparato, era toccarla con una mano e avere la ferma volontà di andare dall'altra parte. Questo talvolta lo portava ad incontri indesiderati, altre volte lo portava in luoghi "sicuri". O perlomeno, ciò che voleva fargli la pelle non era alto dieci metri. Quando stava per toccare la nebbia si fermò, le dita a mezzo centimetro di distanza. Sicuramente là dentro c'era la Culla, madre di tutti i demoni, e lui non aveva controllato lo stato del suo equipaggiamento. «Grave errore.» Memore della fine meschina in cui erano incappati alcuni suoi compagni, a causa dell'arma che nel momento del pericolo si era spezzata, trasse da una taschina al sicuro dentro l'armatura un piccolo contenitore di ferro grezzo. Sciolse i lacci che assicuravano la chiusura della preziosa scatolina, e aprì il coperchio. Della preziosa polvere riparante ne rimanevano tre, quattro pizzichi al massimo. Pregando il Sole che il suo equipaggiamento non avesse subito grossi danni, prima controllò lo stato dello scudo nero, ma era fortunatamente tutto a posto. Quindi, poggiato lo scudo a terra, ma vicino a sè («Non vorrei mai essere colto di nuovo impreparato nel caso ci fosse un'altra "sorpresina".»), sguainò il suo fido spadone dal fodero che teneva sulla schiena. Passando il pollice sull'intera lunghezza della lama, gli occhi attenti ad ogni minima incrinatura, Valgt con piacere notò che la precedente lotta con le statue sputafuoco aveva causato solo dei graffi superficiali e una leggera smussatura in alcuni punti del filo. Si poteva permettere, per questa volta, di risparmiare la polvere riparante (che tra le altre cose costava una spaventosa cifra di anime). Non poteva però sottrarsi alla riaffilatura della lama.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Little preparation ***


Rimise quindi la preziosa scatola nella taschina nascosta dell'armatura e dalla piccola borsa che teneva sulla parte bassa della schiena ne trasse la cote. Come sempre la osservò nel tentativo di capire se si era consumata, e come sempre potè tirare un sospiro di sollievo. Non sapeva di cosa diavolo era fatta quella cote: il mercante nel borgo gli aveva detto solo che era "di materiale naturale al 100%" e che "sarebbe durata letteralmente in eterno". Se riguardo la durata quel mercante pareva avesse ragione, Valgt si chiedeva ancora oggi di cosa fosse fatta. Dopo un anno di utilizzo l'unica cosa che era cambiata era il suo colore, che da un nero pece si era scolorito in un più anonimo grigetto. E questo era l'unico indizio di un qualche tipo di usura. Sicuramente quella pietra grigia era incantata, ma istintivamente Valgt riteneva che ci fosse qualcosa di più "oscuro" sotto. Non si fece altre domande e cominciò ad affilare il suo spadone con movimenti sicuri e precisi. Ecco, l'unica cosa che Valgt poteva recriminare a quella pietruzza era lo stridio insopportabile che nasceva quando affilava le sue armi. Sembrava un lamento, ed era non poco snervante. Dopo che Valgt ebbe finito di rendere di nuovo affilato il suo spadone, lo roteò in aria per osservare la gloriosa lama in tutto il suo splendore. La luce soffusa della lava faceva apparira la spada di un color rosso metallico, e più lo spadone danzava nell'aria più sembrava ricoperto di fiamme. Soddisfatto del suo lavoro, Valgt rimise nel fodero sulla schiena la fida Claymore. Impugnò nella mano sinistra lo scudo nero, e abbassò la calotta facciale del suo elmo. Ora era pronto. Scrutò il crocevia formato da quattro strade. Una era quella da dove era venuto, il prolungamento di questa era la strada in cui aveva combattuto con la piromante, la strada alla sua sinistra portava alla nebbia. Rimaneva inesplorata la strada alla sua destra. Conscio che non era ancora pronto psicologicamente per lo scontro contro il possessore di un frammento dell'anima del Lord, ritenne l'esplorare la via rimasta una decisione decisamente migliore. Quindi, i sensi sempre all'erta, si incamminò.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2625515