Upside Down

di Wits
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bad News ***
Capitolo 2: *** A fateful meeting ***



Capitolo 1
*** Bad News ***


Upside Down ~ 01

01 - Bad News


Quella stanza d’ospedale puzzava tremendamente, o almeno più di quanto ci si aspettasse dalla sala d’attesa del reparto di ginecologia del San Mungo. Insomma, possibile che in un ospedale pieno di maghi nessuno avesse un momento libero per fare un incantesimo che rendesse l’aria respirabile?
Sì certo, come se gli interessasse davvero. In realtà quella era l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi per non pensare al risultato degli esami di Astoria, sua moglie.
Si erano sposati tre anni prima e da sei mesi avevano deciso di provare ad avere un figlio, senza però ottenere risultati.
Narcissa poi, intromettendosi più discretamente del solito, aveva suggerito loro di fare i test necessari.
Il problema, a quanto era venuto fuori dagli esami, non riguardava Draco e, da quando l’avevano saputo, Astoria aveva iniziato a comportarsi in modo diverso, strano. Sembrava sempre in ansia – questo non l’aveva sorpreso molto – e chiedeva scusa per ogni minima cosa, fatto che dopo qualche tempo divenne insopportabile per il giovane Malfoy.
Di Astoria, infatti, aveva sempre apprezzato il suo essere rispettosa, ma non al punto da farsi mettere i piedi in testa.
« Malfoy? »
Una voce femminile e acuta lo riportò alla realtà, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Draco fu il primo ad alzarsi, non ne poteva davvero più di quell’attesa, d’altronde lui non era mai stato un tipo paziente; Astoria prese un respiro profondo, socchiudendo gli occhi, e dopo qualche istante seguì il marito e la dottoressa all’interno dell’ufficio di quest’ultima.
Quella donna era il medico di fiducia di Narcissa ed era anche quello che ora avrebbe rivelato loro il risultato dell’esame che avrebbe cambiato una parte importante delle loro vite.
La dottoressa chiuse la porta e andò a sedersi di fronte ad Astoria, l’unica che aveva preso posto sulle sedie davanti alla scrivania. Draco rimase in piedi, sinceramente troppo nervoso per sedersi e, anche se dalla sua espressione non trapelava nulla, Astoria dovette intuirlo poiché non disse nulla.
La donna di mezz’età davanti a loro guardò prima l’uno poi l’altra e disse: « Mi dispiace signora Greengrass, lei è sterile. ». Le sue parole sembrarono rimbombare nella stanza e per un breve momento i coniugi Malfoy smisero di respirare. « Non potrà mai avere figli »
Dopo qualche attimo, concessogli per assorbire e rielaborare la notizia, riprese a parlare. « A meno che… beh ci sarebbe un incantesimo, ma è doloroso e molto, molto rischioso… »
Astoria alzò il capo di scatto e fece per accettare la proposta, ma Draco fu più veloce. Le mise una mano sulla spalla, attirando la sua attenzione, e con lo sguardo fisso sul medico scosse la testa. « No. » Era perentorio.
Durante gli anni da studente aveva commesso abbastanza errori da bastargli per l’intera vita, o almeno ora la vedeva così, e non avrebbe permesso a qualcuno dei suoi cari di soffrire ancora, che fosse Voldemort a spaventare i suoi genitori o una semplice dottoressa che proponeva un modo alternativo per concepire.
« Capisco » La donna annuì comprensiva, « Ci sono comunque altri modi per avere figli, l’utero in affitto ad esempio, l’adozione… ».
Astoria abbassò lo sguardo sulle mani appoggiate in grembo e prese un altro respiro profondo. Sapere di non poter avere figli non era affatto come decidere di non averne e ora iniziava a pentirsi di quando da piccola aveva snobbato quell’idea… o magari sarebbe stato meno doloroso se avesse continuato a farlo fino ad ora.
« Ci penseremo » Sforzò un sorriso e dopo alcuni convenevoli filò fuori dall’ufficio, Draco dietro di lei. Doveva uscire dall’ospedale, aveva bisogno di aria fresca, iniziava a sentirsi male.
Era passata quasi mezz’ora da quando avevano varcato la porta dell’edificio ed erano usciti. Il sole illuminava a tratti la panchina su cui erano seduti e l’unico rumore fra loro era il fruscio delle foglie dell’albero lì accanto.
Draco non aveva intenzione di spiccicare parola, da un lato perché non sapeva cosa dire, dall’altro perché era consapevole che comunque Astoria non lo avrebbe ascoltato. Era quasi certo di poter sentire gli ingranaggi del cervello della moglie che lavoravano febbrilmente e che di sicuro avrebbero sovrastato la sua voce, almeno per lei.
Effettivamente Astoria era assorta nei suoi pensieri, o meglio era focalizzata su un’unica idea che faticava a mandare giù.

Non posso avere figli, era come scritto a caratteri cubitali nella sua mente e lei si sentiva incapace di distogliere lo sguardo da quelle parole. Stava stringendo talmente tanto le mani intorno alla prima trave di legno della panchina che le nocche erano sbiancate e iniziavano a farle male le dita.
« Ria » La voce di Draco le arrivò come un suono ovattato, distante. « Vado a prendere un caffè »
La donna annuì meccanicamente e non distolse lo sguardo dal punto indefinito che stava fissando neanche quando la figura del marito le passò davanti.
Draco non era mai stato altruista e Astoria lo sapeva, ma sapeva anche meglio che suo marito non sarebbe stato capace di comprendere il suo dolore in quel momento, non a pieno. Quindi capiva perfettamente il motivo per cui cercava di allontanarsi.
Il biondo al momento stava girando per il parco di fronte all’ospedale, alla ricerca di un bar o un chiosco o qualsiasi altro locale dove avrebbero potuto preparargli un caffè. Mentre camminava non poté fare a meno di pensare a quanto potesse essere salutare, per una donna che ha appena saputo di non poter avere figli, sentire le urla dei bambini che giocavano. Probabilmente non molto.
« Cosa posso portarle? »
La voce fintamente gentile di un dipendente del chiosco, davanti al quale si era fermato, attirò la sua attenzione.
« Un caffè. » Il suo tono non era affatto altrettanto gentile, ma il cameriere sembrò non dargli peso e, dopo aver annuito, incantò con un colpo di bacchetta una macchinetta del caffè nel retro.
Per un momento a Draco tornarono in mente i pomeriggi trascorsi ad Hogsmeade, più precisamente ai Tre Manici di Scopa; i suoi anni scolastici non erano stati i più belli, soprattutto perché i suoi pensieri si dividevano fra quello che ora era il fantomatico Salvatore del Mondo Magico e l’ex Signore Oscuro, ma prendere una Burrobirra con i suoi compagni era sempre abbastanza piacevole.
Quella era stata la sua bevanda preferita, la bevanda preferita di un ragazzino immaturo che non aveva idea di quanto si sarebbe pentito della strada che aveva intrapreso, fino a quando non aveva scoperto il caffè.
« Ecco a lei » L’uomo dietro al bancone interruppe di nuovo il flusso dei suoi pensieri, ma fu un’altra voce ad attirare la sua attenzione, questa femminile e decisamente più distante.
« Ti avevo detto di non allontanarti! » Vicino alle altalene, una donna stava riprendendo severamente un bambino, ma quest’ultimo aveva lo sguardo puntato su Draco o, per meglio dire, sul suo braccio.
Il biondo abbassò il capo, notando solo in quel momento che la manica della camicia si era alzata e che ora si poteva intravedere benissimo almeno metà del marchio nero.
Abbassò, con uno strattone secco, la manica e tornò a guardare il bambino. Lui continuava a fissarlo, ma Draco nei suoi occhi non leggeva altro che curiosità, a differenza di ciò che trovava sempre in quelli dei suoi coetanei o di chiunque capisse cosa quel marchio simboleggiasse o almeno credesse di farlo. Nessuno, nessuno che non lo avesse inciso a vita sulla propria pelle, poteva sapere cosa realmente significasse.
« Dai vieni, è ora di rientrare… se la metà delle volte mi ascoltassi, saresti un bambino adorabile Scorpius. » La stessa donna poi sospirò e prese per mano il bimbo, allontanandosi.
Lo sguardo del Malfoy si soffermò per un attimo sul cartellino che la donna portava al collo, ma che al momento si trovava dietro la sua schiena. Era un’assistente sociale.
« Signore? Tutto bene? »
Draco si girò verso il cameriere con un’occhiata confusa, come se non ricordasse affatto della sua presenza ed era quasi certamente così. « Sì, sì, quant’è? » Replicò senza tentare di nascondere il tono vagamente irritato e stanco. Non sopportava chi interrompeva i suoi pensieri troppe volte e quel tipo l’aveva già fatto troppe volte.
« Uhm… un eur– due falci. » Quell’uomo doveva essere un nato-babbano o mezzosangue, o chissà magari era solo abituato ad avere clienti babbani. Forse qualche anno addietro gli sarebbe importato di più, ma al momento Draco non poteva prestargli meno attenzione e poi aveva la testa altrove.
Lasciò un galeone sul bancone e si allontanò, ignorando le fievoli proteste del cameriere. Quando arrivò davanti alla panchina dove Astoria era seduta, nell’esatta posizione in cui l’aveva lasciata, c’era solo una domanda che gli vorticava nella mente. Rimase per un momento in piedi, immobile e, solo quando la moglie diede segno di aver notato la sua presenza, prese posto accanto a lei.
« Ria »
« Mh? » Sembrava decisamente più ricettiva di come l’aveva lasciata una buona decina di minuti addietro.
Forse non era il momento più adatto per fare dell’ironia, ma Draco non poté proprio trattenersi. « Possiamo sempre adottare. »


Angolino di _Dreams:

Hoooooooooooola~
Qui è Dreams che vi parla (non l'avreste mai detto, no) ^u^
E' da un sacco che non pubblico niente *Soffia via la polvere* Mh forse è per questo che sono nervosa... no okay lo sarei in ogni caso (?)
Comunque sia questa storia la scrivo insieme a Meoy, la mia cara partner in crimes (??) - o anche quella che mi ha costretta a pubblicare la storia sul mio account e.e
Abbiamo già scritto altre storie insieme, anche se non sono mai andate a buon fine... sta volta speriamo bene perché questa ci piace particolarmente u.u
Il prossimo capitolo sarà scritto da Meoy e quello dopo ancora da me, insomma un po’ per uno non fa male a nessuno (dovrei smetterla di scrivere idiozie, già…)
Speriamo che come primo capitolo vi sia piaciuto e che magari vi invoglierà a leggere anche i prossimi :3 Ringraziamo in anticipo tutti coloro che leggeranno (*Vede rotolare una balla di fieno* …) e che recensiranno (*Ne rotolano altre dieci* …) <3
Ci si rivede al terzo capitolo ^o^
_Dreams

P.S. Avevo dimenticato di aggiungere un collegamento al nickname dell'altra scrittrice, ma ora c'è quindi se avete tempo date un'occhiata alle sue storie perché scrive davvero bene! :3


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Capitolo 2
*** A fateful meeting ***


Upside down 2

02 - A fateful meeting

Luna si mise seduta sul davanzale della finestra, appoggiando delicatamente la schiena al muro e il felefono all’orecchio.
« Mh… che ne dici di un articolo sui Korrigans? »
La voce annoiata proveniente dall’apparecchiatura le rispose con un ‘no’ strascicato.
« Che peccato, sono spiritelli adorabili. Anche se un po’ troppo golosi di mirtilli… quella volta in Siberia mi hanno rubato tutte le scorte. » La ragazza s’imbronciò al solo ricordo, rivolgendo lo sguardo al di là della vetrata, verso il paesaggio innevato che si estendeva fuori da casa sua; in effetti, era passato molto tempo da quella scampagnata, considerando che il calendario segnava il dieci di Dicembre.                                                                                                                         
« Ma non avevi detto di non essere riuscita a trovarli? », ora il tono di voce si era fatto più interessato.
« Ed è così! Io non li ho trovati, sono stati loro a trovare me, Ginny. »
L’interlocutrice, dall’altro lato della cornetta, fece un respiro profondo e lo ributtò fuori, sinceramente felice per l’amica di non essere lì in carne ossa a guardarla male. « Qualche altra idea? »
Luna sfogliò con occhio attento i documenti e le schede che teneva sparsi sulle sue gambe, ritrovandosi a pensare quanto duro e difficile fosse il lavoro di giornalista. « Ho scritto di come cambierà il mondo quando il Sole morirà e non ci sarà più abbastanza luce, calore per la vita babbana… »
« Lievemente inquietante… ma potrebbe rivelarsi un argomento interessante. »
« …E di come i Vampiri, senza il loro più grande, antico nemico, ci conquisteranno tutti, sopprimendo il Ministero! »
« Ritiro tutto. » Ginny fece una smorfia, incapace di scegliere una via di mezzo tra l’essere divertita o infastidita dalle teorie bislacche della bionda. Chissà cosa la fermava dal premere il tasto rosso del cellulare… « Luna, non devi scrivere di ciò che piace a te, ma di ciò che piace agli altri. Altrimenti come farai a— » La Weasley, al sentire il rumore di cocci per terra, allontanò l’orecchio dal telefono e assunse un’espressione preoccupata, chiedendosi quali guai avesse ora combinato l’amica. « Tutto okay? »
La Corvonero, grigia in volto, annuì timidamente; allungando la gamba, per errore, aveva fatto cadere la foto incorniciata di suo padre e sua madre ai tempi di Hogwarts e ora si trovava piegata sul pavimento, pieno di schegge di vetro, con l’intenzione di ricostruirla. « Mi è scivolata dalle mani una tazza di latte al fiordaliso, sai, il mio energizzante… »
« Ah-ah. » fece Ginny, poco convinta.
« Comunque mi sto impegnando. » continuò Luna, prendendo coraggio e rivolgendo un’ultima, malinconica occhiata al ritratto dei suoi genitori, le labbra piccole e rosse erano strette in un sorriso. « Anche se non sembra probabile, un giorno vi farò tutti fieri di me. Quindi… »                     
Il campanello suonò all’improvviso, interrompendo quell’atmosfera dolce e rassicurante creatasi tra le due. La Grifondoro, che stava sorridendo, venne deconcentrata dal “verso seduttivo di un pavone durante il periodo d’accoppiamento” — così Luna definiva il suono del citofono —  e riprese la conversazione, domandandosi chi fosse venuta a trovarla a quell’ora: « Quindi ti lascerò in pace, capito. Hai ospiti? »
« Solo la signora Lumiére con i suoi cuccioli di Schiopodo Sparacoda. Oggi mi accompagnerà ad un suo spettacolo esclusivo.»
La Corvonero sistemò il felefono tra la spalla destra e il collo, per poi sbrigarsi a raccogliere i pezzi e posarli sul tavolino, rischiando più volte di ferirsi le dita, allungate e candide. Forse ci avrebbe pensato un altro giorno a ricomporre la cornice...                   
« Aspetta, non intenderai mica intervistarla per il Cavillo » Ginny era sconvolta; Luna le aveva appena promesso che si sarebbe comportata con serietà e dedizione.
« In realtà ci stavo andando solo per divertirmi ma è un’ottima idea, adesso che ci penso! Ginny, sei un mammifero geniale! » Luna era su di giri.
« Ma io... »
« Devo andare, non posso farla aspettare. Ci sentiamo più tardi. »
La ragazza, indecisa su quale fosse il modo giusto per spegnere quell’affascinante aggeggio babbano, altresì detto telefono, corse in direzione della porta e lanciò l’oggetto nella sua boccia di Kappa rari — se Ginny fosse stata ancora in linea, la sua risposta sarebbe stata un “blob blob” scioccato. Poi salutò la signora Lumiére, le strinse il braccio disponibile e, dopo varie formalità, si smaterializzarono verso il luogo dell’esibizione, una casa famiglia immersa nel verde poco fuori Londra.
« Tempo di vestire i miei piccoletti! » la donna di mezz’età indicò gli abiti di scena rosa glitterati che spuntavano dalla valigia di marca, non solo riconoscibile per le dimensioni ma anche per le iniziali dorate M.C. che componevano elegantemente il nome della compagnia, “Magic Circus”. « Lei può aspettare qui in salone, che ne dice? Anche il direttore è d’accordo. »
« Dico che è perfetto, signora. » Luna sembrava estasiata. Non era mai stata in una casa famiglia prima d’ora, quindi aveva dovuto immaginare la scena, ma, trovandosi lì in carne ossa, notò come la descrizione nella sua testa e quella della realtà coincidessero abbastanza. Beh… tranne per l’assenza di rumore, fatto molto insolito per un edificio che ospitava bambini vivaci e iperattivi di tutte le età. « Come mai è così...? »
« Silenzioso? Oh, la maggior parte dei ragazzi è andata ad una gita organizzata dal direttore per “rinforzare i legami”. Credo che ci siano bisogno anche di cose di questo tipo quando, di punto in bianco, si viene catapultati in un ambiente sconosciuto, insieme a persone che non assomiglieranno mai ai tuoi veri genitori... »
Luna tacque, posando delicatamente il palmo della mano sulla parete spoglia, come se, dopo quell’affermazione, riuscisse chiaramente a avvertire la tristezza, l’avvilimento, di cui essa era pregna; avrebbe voluto eliminare quei sentimenti, come si eliminano di solito la polvere e lo sporco, eppure, quando ritrasse il braccio, sentì, in qualche modo, d'esser stata contagiata anche lei. « La famiglia è molto importante, non è vero? Anche quando i tuoi genitori non sono più con te, ti senti, in qualche modo... » Lo sguardo di Luna era perso, rivolto ad un punto indefinito dell'intonaco rosa.  « ... responsabile per loro. »
La donna sorrise mesta alla gabbia d'acciaio, poco lontano dal bagaglio per terra e quindi dai piedi della bionda.
« Non si finisce mai di preoccuparsi della propria famiglia, signorina, mai; che essa sia formata da consanguinei o dolci animaletti. » La Corvonero ebbe la conferma di ciò che ella intendesse, ricollegandosi all'occhiata amorevole precedentemente lanciata alla custodia. « Comunque, alcuni bambini hanno deciso di non partecipare al viaggio e sono rimasti qui, a svolgere l’attività alternativa con me... quindi, suppongo si stiano nascondendo nelle loro camerette. »
La ragazza si accontentò di quella spiegazione a grandi linee, non volendo approfittare troppo del tempo e della gentilezza di Ms. Lumiére. Poi, seguendo le indicazioni che le aveva precedentemente dato, prese un'altra strada e continuò a camminare sempre dritta, fino ad arrivare davanti una porta imponente, in legno pregiato, sopra cui la targhetta recitava queste parole: “Salone. Vietato entrare con i vestiti bagnati e/o le scarpe infangate. La pulizia prima di tutto”.
Era decisamente il luogo giusto.
Luna, già in posizione d’entrare, strinse la maniglia dorata, sebbene si sentisse la coscienza sporca per il nascondere tutto e di più nelle sue tasche. Girò incerta il pomello, e quando sentì due voci canzonatorie al di là della soglia, improvvisamente lo lasciò andare, la porta aperta d'un terzo — abbastanza spazio per sbirciare.
« Quanto sei noioso! E puzzi di libri! Cos'è che stai leggendo, eh? "La strega Sara e l'unicorno volante"? Bleah! Sei una femmina per caso? »
« Secondo me lo è, guardagli i capelli! Biondi e lisci come spaghetti... ehi, Scorpiuccina, vuoi un fiocco per i capelli? »
« Sì però se lo vuoi non chiederlo a noi! Noi non siamo femminucce come te! »  
Luna sbatté più volte le ciglia, trovandosi in disaccordo dall'angolo in cui si era accovacciata; quei bulletti insensibili di sei, sette anni all'incirca, sarebbero stati splendidi con degli abiti femminili addosso. Anzi, a dirla tutta, niente l'avrebbe fatta dubitare che, prima di questa vita e quell'altra ancora trascorsa da insetti, fossero stati delle petulanti marmocchie con la passione del fuxia!
E il bambino maltrattato... Luna cercò di spingere la porta mezz'aperta il più piano possibile, così da intravedere da uno spiraglio più grande anche la sua figura, ma non c'era niente da fare; doveva accontentarsi di una visuale parziale, a meno che non avesse deciso di entrare a testa alta, fare la persona adulta e tirare nervosamente per le orecchie quei due spacconi che lo infastidivano.                        
"Immagino che, per dargli una bella lezione, debba fare una sola cosa". Estrasse la bacchetta dal dietro dell'orecchio e, con il pensiero fisso che tra poco sarebbe diventata l'eroe, la salvatrice di quello sconosciuto — un po' come Ginny lo era stata per lei —, la puntò verso i due insettini reincarnati. Non era di sicuro la scelta più saggia, anzi, era stupida e infantile; ma Luna voleva far reagire quella 'Scorpiuccina', maschio o femmina che fosse, con una risata o anche una rabbia esagerata. In quel momento, infatti, la sua testolina era stata scambiata per una superficie rimbalzante e la bottiglia d'acqua, nelle mani del bullo più forte e in carne, faceva su e giù al ritmo degli sghignazzi trionfanti del suo amico.                                                                                                                                                                                                          
Luna sperò di ricordarsi bene l'incantesimo: « Rossetto, riccioli d'oro, che la delicatezza sia il tuo nuovo tesoro! »
Fu il tempo di un nanosecondo. Un raggio rosato — proveniente dal nulla, apparentemente — colpì i due soggetti, provocando al loro corpo movimenti e gesti convulsi, neanche avessero infilato due dita nella presa della corrente. I capelli presero a crescere, così come le loro ciglia, e anche i vestiti assunsero aspetti diversi, lasciando scoperta un sacco di pelle: i pantaloncini Adidas vennero sostituiti da gonne a balze e perlinate, le magliette madide di sudore da top brillantinati, mentre i berretti da diademi a forma di cuore. Inutile dire che la Corvonero dovette trattenersi faticosamente dal commentare, tanto che ammirava quell'outfit.
Il fuxia era proprio il loro colore!
« Ma cosa? Che ci hai fat— »  esclamò il primo rivolto non a Luna, ma alla loro vittima, interrompendosi quasi subito al sentir della propria voce acuta e stridente, poco adatta al corpo d'un ragazzino. Si guardò sconvolto le mani, le unghie rigorosamente smaltate e le dita piene di anelli delle principesse, per poi portarsele alla gola e urlare: « Te la faremo pagare, idiota femminuccia! »
« Già, femminuccia! Non muoverti da lì perché stiamo venendo a picchiarti! » gli diede corda l'altro, aprendo il palmo di una mano e stringendo a pugno l'altra, facendole incontrare. Sebbene quel particolare richiamo di guerra fosse stato accompagnato dal rumore di braccialetti ai polsi, Luna si sentì molto preoccupata e non riuscì ad evitare di sudare freddo: lei non voleva questo, assolutamente. Forse era stata un po' avventata e non aveva calcolato tutti i rischi — il 97% per la precisione —, ma desiderava solo aiutare, non peggiorare le cose.
Era arrivato il momento di uscire da lì e...
« Meglio di no. »
La bionda si bloccò di colpo, ancora all'ombra della porta. Non sapeva se era stato il dubbio che l'avessero scoperta o lo stupore di aver sentito per la prima volta il bimbo parlare, ma ora il suo corpo era incatenato al pavimento, attratto inspiegabilmente da una forza invisibile e più potente di quella di gravità.
« Eh?! Cos'hai detto?! » i due digrignarono i denti.
« Ho detto "Meglio di no". Se doveste picchiarmi, io dovrei fare lo stesso… e tutti sappiamo che le donne non si toccano neanche con un dito. »
I ragazzi aggrottarono le sopracciglia, rossi dalla rabbia ma, allo stesso tempo, troppo umiliati per poter gridare e inveire contro di lui.
Avevano perso e dovevano accettarlo, adesso che gli rimaneva un po' di dignità e ignoravano i tasti nascosti del diadema sopra la loro testa. « Non finisce qua, Scorpius! Ne andremo a parlare con gli altri e vedrai poi come sarai messo! »
Ma Scorpius — così si chiamava quel bambino? che nome strano... —  era a malapena scalfito dalle loro minacce. Susseguirono alcuni secondi di silenzio, in cui le Sorelle Stravagarie più giovani, nuovo soprannome coniato da Luna, fissarono in cagnesco la loro vittima e poi persero interesse, cambiando stanza ed uscendo per un altro varco, ancora borbottando e inciampando sui loro tacchi a spillo.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Sarebbe stato imbarazzante farsi beccare da due ragazze più carine di lei... e nell'immaginarlo, ridacchiò ancora, rallegrandosi per la gran scelta dell'incantesimo. "Chissà cosa starà facendo in questo momento Scorpius, gliel'ha proprio fatta vedere…", si domandò Luna, ritornando alla sua posizione originale, gli occhi azzurri rivolti verso il centro della stanza. Peccato, però, che non si aspettava di trovare un altro paio di iridi chiare ricambiare la sua attenzione, ed ebbe un sussulto improvviso, notando come, al contrario del suo sguardo curioso e ingenuo, quello del bambino — capelli biondi spettinati, giacca e pantaloni in jeans più grandi della sua taglia, quasi da caderci dentro — fosse severo e rimproverevole.
« Ooops. »

 

***

 

« Mi dispiace averti messo nei pasticci. »
Scorpius ignorò bellamente le scuse della ragazza, troppo occupato a svitare il tappo della Nutella per concentrarsi a parlare e a giocare con lei, facendola sentire ancora più in colpa.
L'altra, dal canto suo, liberò il vasetto dalla presa del biondo e lo aprì senza problemi, guidata dalla pazza idea che, in questo modo, il rispetto del bimbo nei suoi confronti sarebbe aumentato — anziché diminuito, com'era appena successo.
« …Che cosa stai facendo? »
Luna rabbrividì al tono freddo e astioso con cui le si era appena rivolto, osservando tristemente come quelle caratteristiche non fossero proprie d'un… quattrenne? o cinquenne? « Ti stavo aiutando! Come poco fa » e, nel dire ciò, salì con un balzo sul tavolo, nonostante ci fossero ben tre sedie libere, per non soffocare Scorpius con il troppo calore umano. « Parlerò io con il direttore, così non avrai nessuna punizione. »
Il bambino, per quanto volesse credere a quell'idea, cercò di mostrarsi piuttosto scettico, come se l'argomento non lo toccasse più di tanto. Aveva imparato a non fidarsi degli adulti tanto tempo fa, specialmente i fuori di testa che si divertivano a cambiare il sesso della gente.
« Non importa, ok? Mi hai già fatto un favore per perdonarti. »
« Ah, intendi rubare la chiave della cucina da sopra la mensola perché tu eri troppo basso per riuscirci? »
Scorpius, più infastidito che mai da quell'assunzione senza malizia, riafferrò dalle mani della Corvonero il barattolo di Nutella, per poi conficcarci dentro il cucchiaio e portarselo immediatamente alla bocca. « Eshattamente... » le rispose con acidità, ingozzandosi di crema al cioccolato, non preoccupandosi di essere davanti a una sconosciuta e seguire le regole del bon ton. « Shono tropo basho... »
Luna fece un sorriso a trentadue denti, incrociando le gambe e dedicando tutta la sua attenzione al piccoletto. All'inizio l'aveva un po' spaventata con il suo comportamento ostile e sospettoso, ma poi era giunta alla conclusione che Scorpius non dovesse considerare facile relazionarsi con gli estranei o, in generale, con i sette miliardi di persone al mondo, un po' come lei.
« Sei anche molto simpatico, però. Chissà perché persone come te vengono tormentate così tanto. »
Il bimbo sbatté con forza il barattolo semi-vuoto sulla superficie legnosa, non sopportando come le sue mani, il suo alito e addirittura i suoi vestiti, puzzassero di crema alla gianduia. Improvvisamente gli era passata la fame, anzi, si sentiva lo stomaco talmente pieno che avrebbe giurato di star per vomitare: « Che domanda idiota.  Sono orfano, non ho genitori. Sono il bersaglio ideale. Fuori di qui, non c'è nessuno che si interessi a me. »
La ragazza lo squadrò dalla testa ai piedi, diffidente.
« Non è vero. »
« E tu che ne s—? »
Scorpius fu interrotto da un suono squillante e fastidioso che sembrava penetrargli nelle orecchie, molto probabilmente la suoneria di qualche sveglia. Volse gli occhi azzurri verso la fonte di tutto quel chiasso, che riconobbe essere l'orologio da polso di quella strana signora, e rimase zitto, illudendosi che, in questo modo, senza parlarle o darle spunti di conversazione, se ne sarebbe andata al più presto.
« Oh, è tempo dello spettacolo della signora Lumière. Vieni con me? » la Corvonero scese allegramente dal tavolo, posizionandosi davanti all'invitato e offrendogli una mano libera con tanta spontaneità che, al confronto, Scorpius parve paralizzarsi.
Fu un vero dispiacere, quindi, per lei, vedere quella mano penzolare e senza nessuno che la afferrasse, il sorriso — prima luminoso e radiante — che, mano a mano, si faceva sempre più piccolo, fino a sparire e nascondersi in un solco. « Capisco… vorrà dire che riprenderemo il discorso in futuro… o magari anche no; sai, spero proprio di non rivederti mai più. »
Scorpius assunse un’espressione stranita, talmente concentrato a ragionare su quella frase che, prima o poi, gli sarebbe spuntato un punto interrogativo a lato della testolina bionda.
« Voglio dire » Luna continuò,  sistemandosi sulla spalle la borsa a tracolla e raggiungendo a passo felpato l'uscita dalla cucina, per poi girarsi un'ultima volta e sbattere dolcemente le ciglia come un cerbiatto  — questa volta non in fase di riproduzione —, lo sguardo sognante verso il bambino. « Se così fosse, saprei che ti trovi con una bravissima, bellissima famiglia, che organizza picnic ogni domenica.  Ma mi raccomando, fai attenzione ai Korrigans: potrebbero mangiarsi tutte le torte di mirtilli che hai… »

 

Angolino di Meoy:

Bonjour! Qui è Meoy che parla :3
Questo capitolo è stato un parto trigemellare. Ho dovuto riscriverlo un sacco di volte ;__; Ma alla fine ne sono uscita, per fortuna, sebbene pensassi non avrei mai più rivisto la luce. (Non ti perdonerò mai, Computer, per avermi mangiato il file. MAI)
Come penso abbiate notato, i primi due capitoli con i POV di Draco e Luna sono serviti un po' d'introduzione. Dal terzo in poi, i due finalmente si incontreranno! (Credo. Devo discutere con la mia partner in crime a proposito)
Comunque, ciò di cui sono sicura, è che ritornerà Scorpius e mi gaserò come un riccio (cit.) La storia si movimenterà un po' a partire da adesso quindi, beh, continuate a stare con noi! Alla prossima puntata! *Ammicca ai telespettatori*

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