Looking for an happy ending.

di michiamanomar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio. ***
Capitolo 2: *** Wendy. ***
Capitolo 3: *** Jack. ***
Capitolo 4: *** Un arrivo inaspettato. ***
Capitolo 5: *** Il rito del pozzo. ***
Capitolo 6: *** Il rito del pozzo (parte II) ***
Capitolo 7: *** La confessione. ***
Capitolo 8: *** Peter Pan. ***
Capitolo 9: *** La missione. ***
Capitolo 10: *** La fata madrina. ***
Capitolo 11: *** Il frutto del vero amore. ***
Capitolo 12: *** Il ritorno di una vecchia fiamma ***
Capitolo 13: *** Il ragazzo della foresta ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio. ***



Guardai dritto davanti a me,c'era il mare,una distesa enorme di acqua. Ero su una nave in legno,una di quelle antiche. Un uomo basso,dalla barba bianca,maglia a righe azzurre e bianche,occhiali ed uno strano cappellino rosso urlava ai braccianti di continuare a remare e loro obbedivano. Non sapevo dove fossi ma quel posto aveva un'aria familiare,c'ero già stata eppure non sapevo orientarmi perfettamente. Ero in un angolo della nave,vicino all'albero maestro. Mi avrebbero scoperta. L'istinto mi diceva di scappare e nascondermi ma qualcosa mi tratteneva,in cuor mio sapevo che quello era il mio posto.
« E tu chi sei?» mi domandò una voce sconosciuta. Mi sentì invadere dal terrore,mi voltai e vidi un ragazzo. La maglia riportava gli stessi motivi dell'uomo dalla barba,aveva una benda nera sull'occhio sinistro,l'altro era azzurro come quella che stava davanti a me. I capelli erano corvini e portava un cappello nero di quelli che avevo visti disegnati nei libri per bambini,quelli che solitamente indossavano i pirati. Il pantalone era lungo fino al ginocchio ed era nero e le scarpe a punta,lucide. Portava un piccolo orecchino sull'orecchio destro.
Mi rifece la domanda. Non sapevo cosa fare,non mi restava altra possibilità che rispondere. Avevo la gola secca e la voce era tremante quando pronunciai il mio nome « Emma. »
« Ti ha mandata lui? Sei una delle sue bambine sperdute? » chiese il ragazzo ed io lo guardai perplessa. Bambine sperdute? Cosa stava dicendo quel ragazzo e perchè era vestito in quel modo? 
« Rispondi! » urlò. Io indietreggiai,spaventata.
« Non so cosa dirti, io non conosco il lui di cui stai parlando.»
« Facciamo così,provo a rifarti la domanda. Ti ha mandata Peter Pan? » A sentire quel nome scoppiai a ridere. Lui mi fissò intensamente per tutta la durata della mia risata,probabilmente mi credeva pazza. Quindi questo ragazzo-pirata credeva che io fossi Wendy? Era uscito di senno forse?
« Visto che con le buone non vuoi capirlo dovrò chiamare mio padre.» Si voltò verso la poppa della nave ed urlò un nome: Uncino. Un uomo dai capelli neri,gli occhi marroni con qualche riflesso verde,il naso aquilino,barba e baffi corvini e la bocca sottile si stava avvicinando. Una delle sue gambe era di legno e contava sull'altra per camminare. Aveva una benda nera sull'occhio,così come il ragazzo. Quest'ultimo domandò cosa ne dovessero fare di me. Uncino fece un passo verso di me e mi scrutò. Prese una lente per osservarmi meglio. Sentì il suo respiro accanto al mio, cercai di trattenere la paura, mi ripetei che era solo un sogno,che non potevano farmi male eppure sembrava tutto così vero. 
«Ci potrebbe essere utile,Jack. Portala dentro e trattala bene,potrebbe essere la nostra spia.» asserì l'uomo.
«Cosa?» strillai,in preda al panico. «Voi non potete portarmi da nessuna parte,domani inizia la scuola.» Loro scoppiarono a ridere,come se avessi appena raccontato chissà quale divertente barzelletta. 
«Potresti cominciare a piacermi,ragazzina.» affermò lo strano personaggio dalla gamba di legno poi tirò via con la mano destra il guanto che aveva sulla sinistra e allora me ne accorsi. Avvicinò l'uncino che aveva al posto di quella al mio viso e lo accarezzò lentamente con esso. «Ma sarà meglio che ascolti il mio figlioccio,adesso o farai una brutta fine.» 
Mi guardai intorno. Il suo figlioccio? Da quando Uncino aveva un figlio?Questo non era scritto sui libri di favole che mi aveva letto mio padre quando ero bambina. 
Vedendomi confusa,Uncino indicò il ragazzo di prima. Ricordai il nome: Jack. Fu lui a prendermi per il braccio e trascinarmi in una stanzetta che stava sulla nave. L'interno era migliore di quello che mi aspettassi: a terra il pavimento era di legno,i muri erano in rosso e c'era un disegno di qualcuno che riconobbi a prima vista, Peter Pan, poi un divano intonato ai muri ed un letto matrimoniale. Jack mi fece sedere su una poltrona rivestita d'oro e mi legò le mani ai braccioli.
«Chi dorme qui?» chiesi. 
«Io.» rispose.
«Quindi tu saresti il figlio di Capitan Uncino?» ribattei. 
«Esattamente.»
«Nei libri Uncino non ha alcun figlio.»
«Libri? Ci sono libri riguardo Uncino?» domandò curioso. Si sedette su una poltrona di fronte a me e si tirò le gambe verso il petto. Io annuì. Mi chiese di narrargli cosa ci fosse scritto e proprio quando stavo per cominciare sobbalzai. Il sole mi illuminava il viso e l'aria era calda,avevo la fronte imperlata di sudore. Guardai l'orologio,erano appena le sei ma temevo di riaddormentarmi. 
Il sogno di quella notte era stato parecchio strano. Mi avviai verso il bagno ed accesi la luce,aspettai che mio padre si alzasse ma poi mi ricordai che non c'era nessuno lì con me. Ero in una nuova città,in una delle scuole più costose ma ero sola. 
Mio padre mi aveva pagato quella piccola ma accogliente stanza di un albergo,mi aveva dato tutta la fiducia possibile e poi mi aveva fatta partire. Non ero stata io a chiedergli di andarmene,semplicemente era successo che una notte avevo fatto un altro di questi strani sogni,lui mi aveva sentito strillare ed era accorso da me.
Quando gli avevo raccontato cosa era successo ricordo di aver letto nei suoi occhi il terrore. Aveva finto un sorriso ed il giorno dopo mi aveva detto che era il momento di andarsene,che dovevo staccarmi un po' da lui. Avevamo trovato presto questa casetta e mi aveva mandata qui a passare l'estate in una scuola-campo estivo. Quel giorno avrei dovuto cominciare.
La notte prima,quando ero arrivata,non avevo neppure disfatto le valigie. 
Feci una doccia veloce poi mi vestì. Indossai una maglia in pizzo bianca,jeans e converse, spazzolai i capelli poi mi feci un bel sorriso allo specchio. 
Sapevo che c'era qualcosa che aveva spinto mio padre a mandarmi via,avevamo avuto un rapporto speciale da sempre. Aveva provato a fare sempre del suo meglio per colmare il vuoto che mia madre aveva lasciato con la sua morte, si era impegnato al massimo per non farmi mancare mai nulla. Faceva il vigile del fuoco e,durante le notti,pur di non lasciarmi da sola mi portava con se. Era l'unico vero amore della mia vita e vederlo parlare così mi aveva un po' scossa. 
«Io sono Emma.» dissi al mio riflesso ma mi sembrò un po' insicura come presentazione. Aggiunsi un altro strato di mascara agli occhi e ripetei la stessa frase. 
Indossai il giubotto blu,mi guardai intorno,presi la valigia e poi uscì dalla stanza. Quel sogno aveva rappresentato solo l'inizio della mia avventura. Un nuovo inizio per una nuova vita.

 

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Capitolo 2
*** Wendy. ***


 
2.
Wendy

Bussai alla porta più volte fino a quando una voce femminile non mi diede il permesso di entrare. Una donna dai capelli castani e gli occhi del medesimo colore sfoderò un grosso sorriso poi chiese il mio nome. Ce la potevo fare,l'avevo ripetuto tante volte davanti allo specchio. Provai a dirlo,così come l'avevo detto l'ultima volta davanti al mio riflesso ma la mia voce sembrava diversa. Le cose non riescono sempre come le avevamo preparate, era l'esempio perfetto. 
«Bene Emma. Io sono Margaret e gestisco il campo. Tuo padre ed io eravamo amici al liceo quindi,quando mi ha chiamata,mi è bastato poco per trovarti un posto.» La simpatia della donna scomparve in un attimo quando i suoi occhi si illuminarono al pronunciare il nome di mio padre. Probabilmente era una delle ragazzine che impazzivano dietro di lui da giovane. Ricordai per un attimo il giorno in cui mi raccontò del suo primo incontro con mia madre. Disse che era bellissima,che il mondo sembrò fermarsi quando la vide. «L'amore è il sentimento che muove il mondo.» soleva ripetere. Margaret aprì un grosso cassettone e tirò fuori una chiave legata ad un quadratino di metallo con sopra un numero: 5.
«La disposizione delle camere è casuali,dovrai condividerla con un ragazza. Le attività che offriamo sono diverse e ognuna molto divertente. Sicuramente non ti annoierai.» Mi porse un fogliettino fucsia con una lista di possibilità poi mi fece l'occhiolino. La ringraziai ed uscì dall'ufficio.
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Il campo estivo si articolava seguendo una strada principale che si divideva in tre strade principali. Su quella a destra c'erano le stanze femminili,a sinistra quelle maschili ed al centro c'era il bosco. Il bosco presentava un limite,segnato con una staccionata in legno che nessuno aveva mai superato o,almeno,quei pochi che l'avevano fatto non erano mai più ritornati. La leggenda diceva che oltre la staccionata c'era una realtà diversa ma Margaret aveva sempre smentito tutto dando la colpa alla fantasia dei bambini.
Raggiunsi la mia camera ed usai la chiave per aprire la porta. Dovetti forzarla un po' inizialmente,probabilmente quella stanza non era stata aperta da molto. Entrai e scorsi una ragazzina che stava leggendo,stesa sul letto. Quando mi vide entrare scostò il libro da davanti agli occhi e fu allora che notai i suoi incredibili occhi blu ed i capelli nocciola. Le guance erano rosate e le labbra carnose. Indossava un top azzurro semplice ed un pantaloncino,ai piedi solo un paio di calzini bianchi. Sobbalzò alla mia vista. Si sedette e si sistemò il top che era salito,scoprendole l'ombelico. 
«Ciao, io sono Wendy e tu sei?» domandò,sfoderando un grosso sorriso. Era bellissima ma di una bellezza particolare,diversa. Non era il colore degli occhi a renderli meravigliosi ma,piuttosto,la dolcezza che trasmettevano. 
«Io sono Emma.» mi presentai,ancora col fiatone. Feci un ultimo sforzo,presi la valigia e la appoggiai sul letto. La camera disponeva di due letti differenti con due piccoli armadi. Le pareti erano verdi e c'era una grossa finestra sul lato sinistro. 
«Quanto resti?» Wendy fu schietta e leggevo la speranza nel suo sguardo. Notando l'aggressività con cui aveva posto la domanda,provò a riformularla. «Ecco,mi chiedevo quanto tempo trascorrerai qui al campo. Io vengo qui ogni anno ma ogni compagna di stanza non dura mai più di una settimana,il tempo di affezionarsi e poi devono andare via. E' come una maledizione,come se dovessi essere abbandonata da ognuno perchè in una delle mie vite precedenti ho abbandonato una persona.» 
«Resto fino alla fine dell'estate.» risposi,cortese. Lei mise un dito sopra al mento poi si gettò sul letto e guardò il soffitto. 
«Credi nelle vite precedenti?» chiese.
«In che senso?»
«Io penso che ognuno di noi abbia più vite ed in ognuna di esse si rifletta qualcosa che abbiamo imparato in quella precedente. O si riflette,per esempio,una punizione.» Scoppiai a ridere poi quando capì che era seria mi ricomposi. Le dissi che credevo nelle vite precedenti e che,per ogni punizione,c'era sempre un rimedio.
«Sono destinata ad essere sola,forse,fino a quando non ritroverò 'la mia persona'.» 
«La tua persona?»
«Si,vedi esiste una persona che è in grado di salvarti. Si tratta del vero amore,la magia più potente che esista. C'è scritto anche in questo libro.» Indicò il libro che teneva tra le mani. Mi avvicinai e mi sieddi accanto a lei. «Anche in questo libro c'è una Wendy,lei non riesce a trovare  la felicità fino a quando non arriva Peter.»  Mi guardò intensamente negli occhi poi disse «Io sono sicura che un giorno Peter arriverà ed io sarò libera dalla maledizione. Non sarò più sola. » I suoi occhi si gonfiarono di lacrime ed una le rigò il volto. La abbracciai. Non importava da quanto tempo la conoscevo,quella ragazza già mi piaceva.
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Trascorsi tutto il pomeriggio a parlare con Wendy. Le raccontai della mia famiglia e lei della sua. Proveniva da una famiglia di avvocati,sua madre era sempre impegnata così come suo padre e spesso le capitava di rimanere a casa con i suoi fratelli.
Tom era tondo ed amava il colore arancione. Era stato adottato,aveva gli occhi a mandorla ed un colorito giallastro. Aiden,invece,era la sua sorellina minore. Amava il rosa,aveva i capelli biondi e lunghi,la frangetta e gli occhi azzurri. Quando Aiden aveva tre anni le fece la promessa che avrebbe bevuto con lei,ogni pomeriggio,il the insieme ai loro peluche. La donna della famiglia che preferiva era sua nonna: una donna simpatica ed energica dai capelli bianchi e  la pelle segnata dal tempo. Quando Wendy mi domandò di mia madre le risposi che era morta. Si scusò ed io ribattei che non stavo male. Non si poteva stare male per una persona che non si era mai conosciuta. Sentivo solo un grosso vuoto al cuore che cercavo di colmare distraendomi. Non avevo molti amici nella vecchia città per questo adoravo leggere e scrivere,mi aiutava a dimenticare. Mia madre era morta dandomi alla luce e non avevo mai capito davvero se mio padre mi odiasse per questo. Se il mio pensiero era corretto,non lo dava a vedere. 
Wendy rispose che mio padre non mi odiava. L'amore di un genitore è immutabile ed imperituro. Quando sentì queste parole mi rallegrai e la sera,quando mi addormentai,lo feci col sorriso stampato sulle labbra perchè avevo trovato qualcuno.
Ora io e Wendy potevamo essere sole insieme. 
   


                  
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Ecco qui il secondo capitolo di "Looking for an happy ending". Mi sto divertendo tantissimo a scriverlo e spero tanto che vi stiate appassionando. 
In questo capitolo Emma,la protagonista,incontra una delle sue future fondamentali aiutanti:Wendy. La giovane è però soggetta ad una maledizione,è abbandonata da tutti poichè,in passato,ha abbandonato qualcuno.
Cosa succederà lo scoprirete solo continuando a leggere.
A presto e fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni su! 
-M.

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Capitolo 3
*** Jack. ***


3.
Jack


 
Feci un lungo e profondo respiro. Fu come se avessi trattenuto il fiato fino a quel momento. Ero di nuovo in quel mondo che avevo sognato l'altra notte e c'era,ancora una volta,il ragazzo dagli occhi azzurri ed i capelli corvini davanti a me.
«Allora cosa scrivono di noi?» chiese,insistente. Ricordai di avergli detto che avevo letto di Uncino e della sua ciurma in un libro.
«Nei libri che ho letto Uncino è il più temuto nemico di Peter Pan. Peter è innamorato di Wendy e la porta nell'Isola che non c'è per farle fare da madre ai bambini sperduti ma se ne innamora anche perdutamente. Uncino odia Peter perché grazie a lui ha perso la gamba che è stata divorata da un coccodrillo. Il pirata è cattivo ed assetato di potere ed è accompagnato,sempre,dal suo migliore amico Spugna.» 
Jack parve impressionato da quelle parole. 
«Sono tutte menzogne.» asserì,offeso. Mi spiegò che,da quando Wendy era ritornata sulla Terra grazie alla fata madrina,Peter era impazzito ed aveva cominciato a fare prigionieri i bambini. Prometteva loro la felicità,una casa e tanto cibo e li portava seguendo il percorso 'seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino'. 
Non sapevo cosa dire. Mi sembrava impossibile che i ruoli si fossero rovesciati. Ora era l'eroe a dover essere fermato.
«Come fai a sapere di Wendy,se non hai mai letto il libro?» domandai.
«La risposta é semplice,dolcezza. Lui era il mio migliore amico.» Lo guardai sbalordita. Un pirata era il migliore amico di Peter Pan? 
«Quando arrivò su quest'isola era solo. Era scappato di casa,una casa lontana,secondo quanto diceva. Lo trovai vicino all'albero maestro,lì dove ho trovato anche te. Era sconvolto,tremava ed era debole. Lo aiutai poi lo nascosi. Ad Uncino non piacciono gli intrusi sulla nave,ogni persona che proviene dall'esterno potrebbe costituire una minaccia per lui e così successe con Peter. 
Un giorno,mentre stavamo parlando nella mia camera,Uncino entrò e ci sorprese. Si arrabbiò moltissimo,mi prese per il braccio e violentemente mi trascinò all'albero maestro dove mi legò. Mi inflisse numerose frustate fino a quando non arrivò Peter a salvarmi. Urlò un 'No!' deciso. Lo guardai negli occhi,brillava una luce che non avevo mai visto. Era rabbia. Una rabbia repressa da tempo poi mi ricordai il motivo che aveva spinto il mio amico a scappare. Mi aveva raccontato,durante il tempo trascorso insieme,che suo padre era un uomo malvagio ed impulsivo. Non riusciva mai a controllare la rabbia e lo picchiava continuamente. Alla vista del sangue che sgorgava dalle ferite sulla mia schiena non riuscì più a controllarsi. Rubò la spada dal fodero di uno dei pirati della ciurma e la puntò contro Uncino. Lui gli rise in faccia. Fece un applauso e lui lo guardò,il fiato corto e la fronte imperlata di sudore. Fu allora che mio padre si complimentò con lui per il suo coraggio e gli propose di far parte dei suoi uomini.
'Giammai.' rispose Peter. Uncino era sconvolto,nessuno aveva mai rifiutato di far parte della sua ciurma. Gli chiese cosa avrebbe fatto,
'Troverò l'amore.' affermò lui. Tutti risero fragorosamente tranne me. Pan spiegò che avevo letto molto di questo sentimento,che avrebbe portato l'amore nell'isola ed avrebbe rovesciato il potere. Il dominio di Uncino aveva i giorni contati quindi mi si avvicinò e sciolse i nodi,sotto gli occhi degli altri. Lo credevano pazzo ma io mi fidavo di lui. Mio padre si è perso quando mia madre è andata via. » 
«So cosa significa perdere un genitore. » Lui scosse la testa. 
«Non è morta.» chiarì.  «Mia madre è la regina. Quando conquistò il potere chiese a mio padre di seguirla ma lui scelse la sua vita e non si pentì mai più tanto di una scelta. Dal giorno in cui lei partì,lui cambiò.» 
La mia curiosità continuava a crescere ma in quel momento sentì una voce provenire dall'alto. La riconobbi. Era Wendy.
«E' lei.» disse Jack. «Questa è la voce di Wendy.» aggiunse.
Poi mi svegliai.​

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Capitolo 4
*** Un arrivo inaspettato. ***


4.
Un arrivo inaspettato


 

La guardai attentamente poi ricordai di nuovo l'ultima frase di Jack prima che il sogno terminasse. 
La voce di Wendy,l'aveva riconosciuta. La maledizione. Tutto tornava.
«Aspetta ma cosa stai blaterando,Emma? È solo un sogno,un altro stupido sogno. Jack non esiste. Non tutto deve avere un senso.» dissi tra me e me.
Wendy mi chiese se mi sentissi bene. Ero tutta sudata ed avevo il fiatone. Sussurrai un leggero 'sì'. Lei si avvicinò a me ed io indietreggiai,me ne accorsi subito. Le feci spazio sul letto.
«Cosa hai sognato?» domandò,schietta. La conoscevo da poco ma già sapeva riconoscere quando fingevo. Pensai a cosa sarebbe successo se le avessi raccontato tutto. Mi avrebbe creduta pazza ed avrei perso un'amica.
«Io non sono ancora pronta a dirtelo.» sussurrai con un filo di voce,ancora tremante.
Lei si sedette accanto a me e mi abbracciò. Non disse nulla ma è come se avesse capito tutto.
Si staccò dall'abbraccio e mi rivolse un enorme sorriso. 
«Ho una proposta per te. Prepariamoci,usciamo e divertiamoci. Che ne dici?» annuì. Le mie labbra si schiusero in una mezzaluna all'insù poi mi alzai.

 
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Dopo mezz'ora eravamo pronte. Avevamo entrambe fatto la doccia. Wendy indossava un top color carne ed un pantaloncino in jeans con croci marroncine mentre io ne portavo uno nero con una camicetta bianca. Le chiesi cosa potevamo fare e lei rispose che potevamo cominciare seguendo un corso sui funghi. Adorava raccogliere i funghi ma non poteva mai mangiarli poiché suo padre era allergico. 
Pensai che fosse interessante quindi la seguì. Percorremmo la strada centrale e raggiungemmo una grande piazza popolata da un formicaio di ragazzi e ragazze di età compresa dai sei ai venti anni.
Notai un ragazzo dalla pelle scura ed i capelli neri che mi fece l'occhiolino. Arrossii. Non ero abituata a quelle attenzioni. Wendy lo notò quindi mi prese la mano e mi trascinò via.
«Devi fare attenzione. Qui ci sono ragazzi di tutte le età ed alcuni non puntano esattamente all'amore.» Si toccò il mento con un dito,lo faceva sempre quando stava per avere un'idea geniale.
«Hai bisogno di presentarti. Lo farai stasera,al pozzo.» La guardai confusa. Mi spiegò che era una specie di rituale. Ogni nuova persona per essere accettata all'interno del campo doveva presentarsi davanti al pozzo. Ci si riuniva quando tutti gli accompagnatori erano andati a dormire davanti ad un pozzo che stava nella piazza. Si diceva che le sue acque fossero magiche poi ci si presentava e,a volte,si doveva superare una prova. Mi parlò anche di una ragazza che dovette correre per venti volte per tutto il campo. Impiegò tutta la notte e il mattino dopo non facevano altro che parlare di lei. Le dissi che era un'ingiustizia e lei rispose che era necessario.
Trascorremmo la mattinata ad imparare a distinguere i funghi velenosi come la falloidea da quelli commestibili come la ressula virescens. 
A pranzo Wendy mi chiese se mi fossi divertita e le risposi che era stato bello. Mi abbracciò ancora una volta.
«Sono felice.» disse e non potei fare a meno di sorridere.
—————————
 
Il pomeriggio il capo scout decise di dividerci in coppie per farci raccogliere i funghi,secondo quello che avevamo imparato. Naturalmente io scelsi di stare con Wendy,essendo l'unica che conoscevo.
«Finalmente hai trovato qualcuna come te,Wendy.» affermò una bionda formosa. Due ragazze dai capelli ricci,gemelle,risero con lei.
Mi avvicinai a Wendy e le strinsi il braccio. 
«Ignorale.» le dissi. Lei sbuffò,fremente di rabbia. Mi voltai e feci per andarmene.
«Cosa succede nullità? Non hai nulla da dire?» chiese di nuovo la ragazza.
«È che non spreco fiato per qualcuno che non lo merita.» risposi. Tutti mi fissarono,come se fossi un alieno. Riconoscevo il tipo: alta,bionda,formosa,popolare. I ragazzi facevano la fila per lei e le ragazze provavano ad imitarla. Capii che nessuno aveva mai provato a risponderle,avevano tutti paura di lei. Mi ero appena guadagnata l'odio della gente ma non mi importava perché quella ero io e non sarei cambiata per piacere alla gente.
Il capo scout ci interruppe. 
«Mai superare la rete ed attenzione ai funghi. La coppia che ne porterà di più vincerà un piccolo premio.» ci informò. La tutta-tette mi fulminò con lo sguardo. Voleva vendetta ma non le avrei concesso di vincere.
Io e Wendy ci avviammo verso sinistra. C'erano diversi tipi di alberi. Alcuni erano segnati da iniziali di nomi,forse di innamorati. Notai che alcune scritte erano cancellate con irregolari croci,derivanti probabilmente dalla rabbia di giovani dai cuori spezzati. Mi colpì particolarmente uno,era molto alto. Fu vicino ad esso che raccolsi i primi tre funghi. Wendy non aveva parlato sin da quando l'avevo difesa.
«Questi sono commestibili?» le chiesi,tentando di dare inizio ad una conversazione. 
«Non l'aveva mai fatto nessuno. Nessuno mi aveva mai difesa perché sanno tutti che non bisogna mettersi contro Claire.»
«Non ho paura di lei.» affermai,turbata dalla paura che infiammava gli occhi della mia amica.
«E perché mai?» Wendy ci riflettè un attimo. 
«E' da sempre stato così. Lei è la regina di questo campo,non puoi schierarti contro lei. Ti renderà la vita impossibile.» Raccolsi un altro fungo e lo riposi nel cestino di legno.
«Non mi succederà nulla. Le cose cambieranno,Wendy. È una promessa.» 
«Solo... Non farti male. Sei l'unica amica che abbia mai avuto. L'unica che non se n'è ancora andata.» I suoi occhi si riempirono di lacrime. «Non ancora.» aggiunse.
«Non vado da nessuna parte. Resto qui,te lo prometto.» Lei mi mise le mani al collo e appoggiò la testa sulla mia spalla. Mi strinse forte.
«Adesso però dobbiamo andare. Dobbiamo vincere.»
«Propongo di dividerci.» disse.
Io annuii. Ci dividemmo,ognuna con i  propri cestini per addentrarci in quell'ignota distesa di verde.

—————————

Doveva essere passata almeno un'ora quando sentì le foglie scricchiolare dietro di me. Due mani mi sfiorarono le spalle. Trattenni il fiato e chiusi gli occhi. Sentì il terrore invadermi il cuore e l'unica cosa a cui riuscì a pensare fu il volto di Jack,il ragazzo che avevo sognato.
«Sei tu.» discorse una voce maschile. Mi voltai piano per poter vedere il volto poi lo riconobbi. Era lui,in carne ed ossa. Mi sembrò impossibile. Viveva nei miei sogni,come poteva essersi materializzato nella realtà. Non esisteva. Mi diedi un pizzicotto per poter controllare di essere sveglia.
«Jack.Sei tu.» Lui si guardò le mani e si sfiorò il corpo. 
«Sono vivo. Non credevo di poter mai resistere a quel portale.» 
«Non riesco a seguirti. Cosa ci fai tu qui? Non appartieni a questo mondo,devi andartene.» Mi sembrò persino strano che quelle parole uscissero dalla mia bocca. 
Fissai il ragazzo che mi ritrovavo davanti agli occhi. Era in parte diverso da quello dei miei sogni: non indossava una benda nera sugli occhi o abiti da pirata ma un jeans ed una t-shirt nera.
Fu allora che sentì una voce conosciuta. Wendy mi stava chiamando ed urlava dove fossi. Sembrava preoccupata.
«Devo andare.» dissi a Jack. Provai ad incamminarmi ma lui mi prese il braccio e mi bloccò.
«Non puoi.» Mi guardò coi suoi occhi azzurri quanto il mare. 
«Tu,tu non esisti. Questa è solo immaginazione.» 
«Questa non è immaginazione,Emma. È tutto reale,io sono reale.» Scossi la testa,stavo impazzendo. La solitudine mi stava facendo perdere la testa. 
«No,non è vero.» strillai e corsi via.

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Capitolo 5
*** Il rito del pozzo. ***


5.
Il rito del pozzo





Trovai presto la mia amica,mi corse incontro. Reggeva tra le mani un cesto pieno zeppo di funghi. Finsi di stare bene e ci avviammo verso la piazza. C'erano già due erano coppie,probabilmente si erano ritirate dalla competizione. 
Guardai l'orologio al polso: erano le sei. Era la scadenza per portare i cesti. Vidi arrivare Holland,seguita dalle gemelle. Un ragazzo tutto muscoli e poco cervello le portava il cestino. 
«Probabilmente non potrà rovinarsi le unghie» pensai tra me e me e le rivolsi una smorfia. Lei si voltò,offesa poi si passò le dita tra i lunghi capelli biondi arrotolandoli e guardando verso sinistra. Mi ci volle un attimo a riconoscerlo. Era Jack.
Holland lo stava fissando. Era la sua nuova preda ma il ragazzo dai capelli corvini non si stava avvicinando a lei,piuttosto a me.
Agguantò la mia mano e la strinse. Mi sentì pervadere da un brivido che attraversò la mia schiena. Avvicinò la bocca al mio orecchio e sussurrò con voce flebile «Riesci a sentire la mia mano?Sono reale,Emma.» 
Holland stava fissando le nostre dita incrociate. Notandolo,mi staccai e mi allontanai,confondendomi tra i ragazzi che giungevano da ogni parte del bosco.
«Chi è?» domandò Wendy,seguendomi. Non le risposi fino a quando non fummo abbastanza lontane. 
L'uomo che ci aveva insegnato a distinguere i funghi arrivò. Si girò la visiera del cappellino color verde militare all'indietro poi diede uno sguardo veloce ai cesti. Sembrò essere abbastanza soddisfatto. Ci ordinò di formare una fila.
Ogni cestino fu analizzato, i funghi contati. Valevano solo quelli commestibili,se ce n'era anche solo uno velenoso si era eliminati dalla competizione. 
Furono eliminate sette coppie su dodici. Quelle che restavano eravano,con mio stupore,Holland e le gemelle. C'erano anche due sorelle dalla pelle scura e gli occhi a mandorla. Indossavano entrambe una salopette in jeans ed erano affiancate da due ragazzi che portavano con se un pesante libro di scienze,riguardante le piante. Gli altri concorrenti erano una ragazza dai capelli lunghi neri affiancata da quello che,con tutta probabilità,era il suo ragazzo, un bambino dai capelli biondi ed una bambina dal vestitino rosa. Per essere resistiti fino alla fine dovevano essere molto intelligenti. Infine,c'era Jack con una ragazza dai capelli rossi. Mi fece uno strano effetto vederli l'uno accanto all'altra e mi morsi il labbro,infastidita. 
Quando tutti i cestini furono controllati fu stilata una classifica. 
All'ultimo posto c'erano gli innamorati, il penultimo era occupato dalle sorelle, seguivano i bambini,Jack e la ragazza dai capelli rossi. Mancavamo noi ed Holland.
«Il premio va a» Ci fu un attimo di tensione, Wendy strinse la mia mano. La sua era sudata dall'agitazione. «La ragazza nuova e Wendy.»  
Holland urlò che era un'ingiustizia. Le gemelle la seguirono. Una di loro mi si avvicinò ribandendo che sarebbe stata l'ultima volta poi fu chiamata dall'altra e sgattaiolò via.
«Ho un nome.» dissi all'uomo col cappellino. «Sono Emma.»
«Proverò a ricordarlo.» rispose lui,ignorandomi. 
«E' impossibile non farlo.» concluse Jack. La ragazza dai capelli rossi gli diede una gomitata poi se ne andarono insieme.

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Giunse la sera e,con essa,il momento del rito. La mia amica indossò un jeans aderente ed una camicetta bianca. Concluse l'outfit con un paio di stivali marroni.
Io guardai l'armadio,confusa. Non riuscivo a concentrarmi sugli abiti, continuavo a vedere davanti ai miei occhi la scena della giovane rossa che se ne andava con Jack. Cosa stavano facendo,in questo momento,mentre io sceglievo l'abito? 
Scossi la testa. «Non mi importa. Stasera c'è il rituale e devo restare concentrata. Dipende tutto da stanotte, tutta la mia estate dipende da una semplice presentazione. In fondo cos'è una presentazione? Devo solo dire il mio nome e qualcosa sul mio conto. L'avrò fatto già mille volte (davanti allo specchio però).» 
«Sai già cosa indosserai?» la dolcezza della voce della mia compagna di stanza interruppe i miei pensieri. Scossi la testa in segno di no. Lei si avvicinò al mio armadio,frugò tra gli abiti e,ad ognuno,si fermò un secondo a riflettere. Se l'abito le piaceva riceveva un gioioso 'sì',se non le piaceva passava avanti,schioccando la lingua in segno di disapprovazione. 
Mi sedetti sul letto,aspettando la sua scelta. Quando lo trovò fu una festa. Cominciò a saltellare,come una bambina.
«Sembri una bambina che ha appena trovato il suo nuovo giocattolo!» esclamai,ridendo per la reazione della mia amica. Lei smise di saltare e mi porse l'abito scelto. 
«Crescere è una trappola.» Quelle parole furono come un tuffo al cuore. Erano le stesse che aveva pronunciato Peter Pan nel suo libro. Non volevo pensarci,almeno per quella sera.
Guardai il vestito. Era un vestitino blu,lo scollo a cuore e qualche brillantino sul davanti. Lo indossai e ci abbinai un paio di scarpette. Pettinai i capelli e li arricciai poi lasciai che Wendy mi truccasse un po'. Stese una crema colorata su tutto il viso,spennellò sulle gote della polvere rosa,applicò l'eyeliner,mascara e concluse il tutto con un rossetto rosso che tamponò per schiarire. 
Mi guardai allo specchio. Quasi non mi riconoscevo. Era passato così poco tempo eppure sentivo di star intraprendendo una strada differente, qualcosa in me stava cambiando.

 

Ciao,questa è la prima parte del quinto capitolo. Quasi non sembra vero essere già a questo capitolo. 
Stiamo per entrare nel vivo della storia. Tra poco,infatti,la nostra protagonista scoprirà la verità sul suo destino e su se stessa!
Fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni!
-M.


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Capitolo 6
*** Il rito del pozzo (parte II) ***


6.
Il rito del pozzo (parte II)



 
Quando raggiungemmo il pozzo erano le undici e un quarto. Guardai l'orologio e mi ripromisi di non farlo più fino al termine della serata. Si prospettava una lunga notte.
Il ragazzo dalla pelle scura che avevo visto quella mattina accesa un fuoco con della legna che altri avevano raccolto. 
Wendy andò alla ricerca di qualcosa da mangiare ed io la aspettai accanto al pozzo. Mi affacciai per vedere quanto fosse profondo e qualcuno mi afferrò per i fianchi.
«Potresti farti male.» sussurrò una voce al mio orecchio. Non era Jack,ne ero sicura. Spostai le mani e guardai il volto del ragazzo. 
«Chi sei?» domandai. 
«Bel caratterino.» disse lui. Aveva i capelli biondi e gli occhi verdi acqua nei quali si rifletteva la luce proveniente dal fuoco. «Sono James.» si presentò. Non mi sembrava cattivo quindi gli rivolsi un sorriso. Aggiunse che non necessitavo di presentazioni,tutto il campo mi conosceva come «la ragazza che aveva avuto il coraggio di rispondere ad Holland». Mi venne da ridere. Quella gente aveva paura di una bionda con più tette che cervello? 
«Stasera hai la presentazione,vero?» Annuì. «Non devi avere paura. Se vuoi,potrei sedermi accanto a te e farti compagnia.» 
Le sue labbra si sollevarono all'insù ma prima che potessi rispondere qualcuno ci interruppe. 
«Mi dispiace,James ma Emma è con me.» disse Jack. Indossava una camicia bianca ed un jeans e fu strano vederlo in quei panni. Il ragazzo dagli occhi verde acqua mi chiese se fosse la verità,feci cenno di no col capo. Lui fece per prendermi la mano ma Jack lo bloccò. 
«Ho detto che è con me.» 
«Datti una calmata,amico.» 
«Meglio che tu vada via,principino.» sottolineò l'ultima parola con forza. Principino? Non sapeva trovare un'offesa migliore? 
«Cosa vuoi,Jack?» chiesi,dura.
«Ho bisogno di parlarti.» affermò.
«Io non voglio. Tu mi farai impazzire. Non mi seguire,per favore.» 
«Devo seguirti. Ho bisogno di parlarti,Emma. Ho bisogno che tu mi ascolti.» 
Mi aveva quasi convinta quando un ragazzo urlò: «Che abbia inizio il rituale del pozzo.»  Corsi verso il fuoco e cercai Wendy con lo sguardo. La trovai e la raggiunsi.
«Sei pronta?» mi domandò. Le risposi che ero pronta. Furono chiamati ad uno ad uno tutti i nuovi arrivati. Eravamo in cinque divisi in due giorni: la prima era una ragazza dai tratti orientali ed i capelli neri raccolti in una coda. Si presentò. Il suo nome era Yuki.
«Significa neve,in giapponese.» specificò. Non aggiunse molto,probabilmente era molto timida quindi si risedette.
Il secondo era il ragazzo che mi si era avvicinato prima. 
«Sono James. Vengo da New York.» 
Mentre si stava per rimettere al proprio posto Holland urlò «Sei single?» Mi faceva ancora più pena dopo quella domanda. 
«Sì. Sto aspettando una principessa da salvare.» Mi guardò ed ammiccò. Osservai di sfuggita Jack che inorridì a quel gesto. 
Io ero l'ultima e quello era il mio momento. Mi alzai e mi sentì osservata,sistemai il vestito cercando di non farmi notare. 
Tutti mi fissavano intensamente. Non avrei potuto scegliere giorno peggiore per farmi odiare da Holland.
«Io sono Emma.» Silenzio di tomba,potevo sentire i grilli. Dovevo fare qualcosa. Fissai Wendy,disperata poi feci un respiro profondo. Dovevo solo essere me stessa,potevo riuscirci. «Sono Emma e penso che questo posto è una merda. Cioè l'unica cosa giusta che riesco a trovare è la mia compagna di stanza. Si,sono nuova. Questo non significa che devo essere denigrata per tutta l'estate. Vengo da un paesino,non da grandi città come James. Mi piace leggere e scrivere ed adoro ascoltare la musica a notte fonda,quando non riesco a dormire. Sono fatta così e non trovo un solo motivo per cui dovrei presentarmi in modo diverso da come sono realmente.» 
Percorsi ad uno ad uno i volti dei presenti. Erano impressionati. Avevo lasciato il segno. Vedendo che l'attenzione era concentrata su di me e non su di se,Holland interruppe il silenzio con uno squillante «E adesso le prove!» 
Le prove potevano essere scelte solo dai veterani cioè da chi faceva parte del campo da più almeno un anno. 
Sapevo cosa voleva fare. Non potevo essere ricordata così,doveva buttarmi fango addosso. 
Una delle gemelle prese la parola,probabilmente sotto suggerimento di Holland e propose un bacio tra Holland e James. Lui accettò immediatamente. Si avvicinò a lei,le afferrò il capo e la baciò delicatamente,sotto gli occhi dei presenti. Ero colpita. Non ci sarei mai riuscita. Non avrei mai potuto baciare qualcuno sotto gli occhi di tutti. 
Terminato il bacio Holland sfoderò uno dei suoi sguardi da conquista,James tornò a sedersi e la ragazza dai capelli biondi osservò i miei occhi da cui trapelava agitazione. 
«Ho una prova per Emma. Un bacio.»
Ero senza parole. Dovevo baciare qualcuno. Ok,lo ammetto. Non avevo mai baciato nessuno quindi quella prova mi faceva agitare. Avevo conservato quel passo per qualcuno di davvero importante e non volevo che andasse sprecato a causa di un capriccio di Holland ma,se non lo avessi fatto,sarei stata esclusa tutta l'estate. Wendy mi strinse la mano. Sapeva cosa sentivo dentro. Ero un buco nero, un vortice di emozioni. Non sapevo cosa fare,cosa dire fino a quando la rabbia esplose in un «Accetto.» 
Lo sguardo della mia amica era preoccupato,strinse la mano ancora più forte. La lasciai e mi alzai in piedi.
Holland non si aspettava quella risposta ma sfoderò un altro asso nella manica. L'unica persona che non avrei voluto baciare,tra tutte,fu la prescelta. 
«Lui.» disse indicando il ragazzo dai capelli corvini che avevo incontrato nei miei sogni. Jack si alzò in piedi. 
Si avvicinò a me lentamente,con passo sicuro. Il mio cuore batteva all'impazzata,come se avessi un tamburo nel cuore che continuare a fare un rumore assordante. Non sapevo cosa fare,non sapevo come cominciare.
Jack avvicinò le labbra al mio orecchio e sussurrò «Ti dimostrerò che sono reale,Emma.» 
Sussultai. La prova. Per questo si era alzato senza ripensamenti. Sapeva che gli avrei creduto perchè avrei sentito le sue labbra sulle mie. Mi tremavano le ginocchia. Chiusi gli occhi, lui mise le sue mani nei miei capelli e mi trascinò a se.
Dovetti alzarmi in punta di piedi per arrivare alle sue labbra,essendo più alto di qualche centimetro.
Quindi,mi baciò. Uno di quei baci simili alle tempeste. Le sue labbra si abbatterono sulle mie e sentì un mare dentro,un'enorme confusione,una sensazione nuova. Sentì l'amore e non avevo mai creduto così bello. Avevo letto spesso di questo sentimento ma nessuna di quelle parole si avvicinava,anche minimamente,a quello che sentivo in quel momento. Era un qualcosa di nuovo,di inspiegabile. Qualcosa che le toglieva il fiato e mi faceva venire voglia di correre tra i prati ed urlare la mia gioia ma che,allo stesso tempo,mi tratteneva lì,tra le sue braccia con la paura che finisse tutto.
Quando sentì una delle gemelle pronunciare la parola «Fine.» supplicai dentro di me che Jack non si staccasse ma lui lo fece.
Mi guardai intorno. Qualcuno applaudì,un ragazzo fischio,Holland mi fulminò con lo sguardo.
Ci ero riuscita ed ora tutto appariva differente.
Jack mi aveva baciata e quel bacio era stato reale. 
Lui era reale.
Noi lo eravamo.





 
Continua la storia di "Looking for an happy ending"! 
In questo capitolo troviamo la nostra protagonista,l'intrepida Emma,alle prese con una delle sue paure più grandi: l'amore.
Aspetto vosti giudizi.<3

-M.

 

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Capitolo 7
*** La confessione. ***


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7.
La confessione




Erano mezzanotte e quarantacinque minuti quando la presentazione finì. Avevamo mangiato,bevuto. Qualche veterano si era ubriacato,anzi quasi tutti i veterani lo avevano fatto. Jack mi aveva guardato tutto il tempo mentre James aveva provato ad iniziare una conversazione con me.
Avrei voluto tanto parlare con lui,discutere dei suoi progetti di entrare a medicina ad Harvard ma il mio sguardo capitava sempre sul ragazzo dagli occhi azzurri. 
Era come se mi aspettasse e la mia mente era rimasta bloccata a quel momento,quel bacio che mi aveva tolto il fiato.
«Sei stata coraggiosa a baciare quello.» affermò il ragazzo di New York.
«Si chiama Jack.» mi trovai a correggerlo immediatamente,come offesa. Capì di aver tastato un territorio pericoloso e fece immediatamente retromarcia provando a cambiare argomento.
Continuava a parlare ma le sue parole non mi tangevano minimamente. 
«Ci sei?» chiese,prendendomi la mano. Jack quasi scattò in piedi. Ritirai di scatto la mano.
«Mi dispiace. Devo andare.» dissi. 
«Posso riaccompagnarti in camera,se vuoi. Possiamo parlare durante la strada,se ti da fastidio questo posto ma soprattutto certe persone.» Il suo sguardo ricadde su Jack che era ritornato impassibile. Scossi la testa,gli spiegai che volevo solo tornare in camera e fare quattro passi da sola.
Mi alzai ed aggiustai l'abito. 
«E' stato bello conoscerti,Emma. Spero di rivederti presto.» 
«Ci incontreremo domani,James.»
«Lo spero ma non ne sono sicuro.»  Non mi concentrai troppo su quelle parole, l'immagine delle labbra del pirata sulle mie mi confondeva troppo. Lo superai e mi avviai verso la stanza con la mente ed il cuore in subbuglio. 
Come mi aspettavo,mi seguì. Anche Wendy lo notò ma non venne. La vidi parlare con Yuki e non ebbi il coraggio di chiederle di accompagnarmi. Ci stava riuscendo,si stava avvicinando a qualcuno senza la paura che questo scomparisse. L'ultima immagine di quel rito che vidi fu Holland che si avvicinava a James e cominciava ad arrotolare i capelli tra le dita,dicendo frasi forse già ripetute a troppi ragazzi per fare colpo. L'aria,che prima era calda ed accogliente,adesso era gelida. La temperatura era calata vorticosamente. 
«Aspetta,Emma! Fermati!» ordinò Jack. In risposta,io affrettai il passo. Lui corse dietro di me e gli ci volle poco a raggiungermi.
Mi bloccò il braccio. Provai a scappare a destra ma si spostò,così fece a sinistra. Pensai ad una soluzione: aveva le gambe aperte. Forse potevo passare,mentre stavo per farlo lui mi prese in braccio e mi posò su una delle sue spalle.
Notai allora il muscolo e rimasi impressionata. 
«Se non vuoi ascoltarmi,dovrò agire con le brutte maniere.» 
Mi dimenai come una pazza fino a quando non fui esausta. Raggiungemmo la mia camera e fu allora che mi posò a terra.
«Apri.» disse.
«Perchè?» ribattei,ingiuriata.
«Senti,mi dispiace. Mi dispiace di aver ricorso ad un bacio come prova,so che era importante,so che non dovevo farlo ma tu non mi credevi e mi sono buttato d'istinto.»
Feci un respiro profondo per riprendere la calma. Presi le chiavi da un sacchetto azzurro che avevo infilato in una tasca del vestito ed aprì la porta. Fu strano quando gli chiesi di entrare, lui accettò per niente imbarazzato.
Mi sedetti sul letto con un cuscino appoggiato sul ventre. Lui si sistemò all'angolo opposto. Cercai le parole giuste per spiegargli.
«Il problema non è stato il bacio ma il fatto che fosse il primo. L'avevo conservato per qualcuno di davvero speciale e tu,tu non lo sapevi ma ecco...»  Mi prese la mano e mi guardò con gli occhi più sinceri che avessi mai visto. Si scusò ancora una volta.
Scossi la testa e finsi un sorriso. Ormai era andata,non potevo farci nulla. 
«Dovevi parlarmi.» 
«Sì,ho molte cose da dirti.» 
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Jack sbuffò ed io scoppiai a ridere. Il destino voleva proprio impedirgli di parlarmi. Aprì. Era Wendy. Quando vide il ragazzo dai capelli corvini sul mio letto mi guardò,sorpresa.
«Interrompo qualcosa?» domandò,imbarazzata. Risi ancora più forte ed anche Jack lo fece. Divenni rossa dalla vergogna. La mia compagna di stanza ci guardava come se fossimo impazziti entrambi. 
«Me ne stavo andando.» concluse lui. 
«Ci vediamo.» gli dissi,tenendogli la porta aperta.
«Nei tuoi sogni.» aggiunse. Ed era vero, l'avrei incontrato proprio quella notte. 

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«Ora tu mi spieghi tutto. Cosa cavolo ti sta succedendo? Prima ti trovo imperlata di sudore,fai incubi in continuazione poi all'improvviso ti attacchi a questo ragazzo,come se già lo conoscessi e non mi dici nulla ed ora ti trovo nella camera con lui.» Era rossa di rabbia ma io non potei fare a meno di sorridere. Capii che era il momento. Sentii dentro di me che potevo fidarmi di Wendy e non sapevo cosa sarebbe successo quella notte,se l'avessi più rivista dopo la chiacchierata con il pirata. La invitai a sedersi. 
«Sto per raccontarti qualcosa che ti porterà a credermi pazza.» 
«Già penso che tu lo sia.» ribattè.
Le raccontai che era cominciato tutto al compimento dei miei sedici anni. « Era una calda sera di primavera, il nove giugno. La torta che aveva comperato mio padre,ricordo che era una millefoglie a fragole e crema. Ricordo tutto di quella sera,ogni minimo particolare.  Eravamo solo io e mio padre a festeggiare,non avevo molti amici. La gente che conoscevo solitamente scompariva dopo poco tempo. 
«Esprimi un desiderio.» disse mio padre,sorridente. Reggeva tra le mani un pacchettino regalo che continuava a rotolare dall'ansia. «Non so se ti piacerà ma sappi che ti proteggerà sempre. Ovunque andrai,se lo indosserai io sarò lì con te e niente potrà ferirti.» 
Strinsi il ciondolo che avevo al collo. C'era una piccola stessa in oro bianco che vi pendeva.
Scossi la testa e ripresi il racconto. 
«Prima che tu possa soffiare,Emma,c'è qualcosa che devo dirti. Al compimento dei tuoi sedici anni ogni cosa cambierà,ricordati di non perdere mai la tua stella guida,di non perdere mai la vera te stessa e di lottare sempre per ciò che desideri. Sono fiero di te.» Una lacrima gli rigò il viso. Non l'avevo mai visto piangere e fu un tuffo al cuore vedere quella piccola gocciolina d'acqua ed emozioni scendere dal suo occhio sinistro. L'abbracciai forte poi soffiai sull'unica candelina che stava sulla piccola torta. Non avevo bisogno di nient'altro. Mio padre era tutto per me. Aveva sempre lottato per darmi tutto,per compensare il vuoto che aveva lasciato la mamma.
Ma quella notte,dopo aver soffiato quell'unica candelina rosa dalle righette bianche tutto cambiò. Quella stessa notte cominciarono i sogni,sogni in cui mi ritrovavo a vagare in mondi lontani dalla realtà. Il primo mondo che ho esplorato è stato quello di Peter Pan. Ci sono rimasta per mesi,mi trovavo su un'isola a vagare senza una meta alla ricerca di non so cosa ed è andata avanti così per un mese fino a quando non sono arrivata qui. Qui qualcosa è cambiato. Ho incontrato te e tutto è sembrato avere un senso. 
La notte prima dell'inizio del campo estivo ho dormito in una stanza di hotel. Ho sognato di trovarmi sulla nave di Uncino ed è lì che ho conosciuto quel ragazzo che ora hai visto uscire dalla stanza. Lui è il figlio di Uncino,l'ho incontrato nei miei sogni ed oggi l'ho ritrovato in questo mondo e non mi sembrava possibile. Mi ha raccontato della vera storia di Peter Pan che,da quando è stato abbandonato dalla sua Wendy,non riesce più a darsi pace e continua a ricercarla e a portare bambini sull'Isola che non c'è. Mi ha detto che doveva parlarmi ma ho continuato ad evitarlo per tutta la giornata fino a quando non mi ha baciato ed ho realizzato che era reale. Ora dice di dovermi parlare e probabilmente,lo incontrerò stanotte.  Vedi,io ho sempre rinnegato tutto ma forse c'è davvero un senso in tutto questo. C'è un collegamento,c'è un motivo per cui mio padre,da un giorno all'altro,mi ha mandato fuori di casa in una località sconosciuta. C'è un motivo per cui io ho incontrato proprio te,Wendy. C'è un motivo se tutte le persone che incontri ti abbandonano,forse sei stata tu ad abbandonare per prima, forse sei tu la Wendy che Peter sta cercando.» 
Mi accorsi in quel momento che aveva parlato per tutto quel tempo senza ricevere una risposta. Notai lo sguardo perso di Wendy e le strinsi la mano.
«Mi dispiace. Ho parlato troppo,scusa.»
«No!» esclamò. «Se davvero io sono la Wendy di cui tu stai parlando,se davvero sono condannata ad un'esistenza infelice devi fare qualcosa.»
«Tu non credi che io sia pazza?» domandai,con gli occhi pieni di speranza. Avevo temuto sin dall'inizio di perderla,invece mi credeva. 
«No,Emma. Io ti credo. Come potrei non crederti? Sei l'unica che ha ascoltato le mie idiozzie senza criticarmi,sei rimasta,nonostante tutto.» Mi brillarono gli occhi di gioia ma questa scomparve quando Wendy disse « Voglio venire con te,Emma. Portami sull'Isola che non c'è.» 


 

NOTE D'AUTORE.
Eccomi qui,mi sto impegnando davvero tanto per scrivere questo libro. Spero che vi stia piacendo.
Wendy alle prese con un possibile ritorno all'Isola che non c'è. Cosa farà Emma? 
Lo scoprirete solo continuando a leggere. Aspetto le vostre recensioni. Scrivetemi tutto:errori,commenti positivi o negativi che siano,consigli,prospettive su come potrebbe continuare la storia! 
Tanti tanti baci.<3
-M.

 

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Capitolo 8
*** Peter Pan. ***


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8.
Peter Pan




Ero di nuovo su quell'isola. Mi ero persa ancora una volta.
Non ero arrivata sulla nave da Jack, era come se qualcosa me lo impedisse. Ripensai alla discussione avuta con Wendy prima di addormentarmi,ai suoi occhi pieni di speranza e di disperazione e alla mia promessa.  Dovevo dirlo al pirata e trovare una soluzione. Quando tutto mi sembrò perduto urlai il suo nome. Non c'era tempo da perdere e poco mi importava se tutta l'isola mi avrebbe sentito. Mi sedetti alla riva del mare,aspettando soccorsi e guardai le onde del mare bagnare la sabbia ed i miei piedi. Raccolsi una conchiglia e la avvicinai all'orecchio così da poter sentire il suono di queste.
«Chi sei?» chiese una voce alle mie spalle. La confrontai con quella di Jack,nella mia mente ma non vi trovai corrispondenza. Mi girai di scatto. 
Un ragazzo dai capelli nocciola e gli occhi marroni mi fissava intensamente. Indossava un pantalone verde,leggermente gonfio sulle ginocchia ed una t-shirt aderente dallo scollo a 'v'. Il cappellino verde chiaro che gli penzolava sul capo e le scarpe a punta mi fecero intuire chi fosse. Non aveva bisogno di presentazioni. Era lui. 
«Peter Pan.» dissi.
«In persona.» rispose,mettendosi sull'attenti. Fece una smorfia poi mi ripropose la stessa domanda. Mi presentai. 
Mi chiese cosa ci facessi lì e gli risposi che non ne avevo idea. Continuò ad interrogarmi su come fossi giunta sull'isola.
«Nei miei sogni. Semplicemente,mi addormento e mi ritrovo qui.» 
«Io uso le stelle. Seconda stella a destra poi dritto fino al mattino.» Si avvicinò cauto a me,come se temesse che cominciassi ad urlare. Non lo feci. Si sedette alla mia destra e porto le gambe al petto. 
Tese una mano verso la mia e la prese. Notò le mie unghie mangiucchiate poi analizzò i capelli. Con un dito li arrotolò,così come faceva Holland per conquistare un ragazzo. 
«Sei una ragazza.» asserì. Un lieve sorriso mi illuminò il viso. «Non ci sono molte ragazze da queste parti. L'ultima se n'è andata un po' di tempo fa,diceva di aver bisogno di crescere.» 
«Conosco la tua storia.» risposi. Lui abbassò lo sguardo e prese a disegnare con le dita strani simboli sulla sabbia. Ad ogni onda che passava,corrucciava la fronte deluso perchè l'acqua aveva cancellato il suo disegno. 
«Quindi tu semplicemente sogni di essere qui e ti ritrovi?»
«In realtà,è molto più complicato. E' dal compimento dei sedici anni che ho cominciato a fare questi strani incubi che ora comincio a comprendere.» 
Guardai il mare e cercai con gli occhi la nave di Jack ma non la vidi,nemmeno l'ombra in lontananza. Peter lo notò. 
«Aspetti qualcuno?» chiese. 
«Aspetto Jack.» 
All'udire quel nome sobbalzò ed indietreggiò. Immaginai quanti ricordi gli fossero giunti alla mente,in quel momento. La sua promessa di trovare l'amore,la volta in cui l'aveva salvato sulla nave,quando l'altro l'aveva salvato a sua volta. 
«Cosa ti ha raccontato di me?» domandò. La sua voce era piena di collera. 
«Che sei in attesa di qualcuno.» mi limitai a dire,tralasciando la parte riguardante i bambini sperduti. La sua fronte si distese,alzò le spalle e sorrise. Era davvero bellissimo,con i suoi riccioli nocciola e gli occhi in cui si poteva leggere una continua lotta con se. Il suo corpo lo spingeva a crescere mentre la sua mente lo costringeva ad essere bambino. Era una condanna,una tortura che doveva subire ogni giorno.
«Si chiamava Wendy.» interruppe lui. «Ed era bellissima. La incontrai in un giorno di inverno,sua madre era partita per lavoro così come suo padre. Sono entrambi avvocati e sono sempre molto impegnati. Mi affacciai alla sua finestra e la intravidi che giocava con i suoi fratelli.»
«Poi entrasti e la facesti volare via con te.» conclusi,frettolosa io. Lui scosse la testa in segno di disapprovazione.
«La osservai ogni giorno per un anno. Me ne innamorai ogni notte di più. La vedevo pettinarsi i lunghi capelli nocciola e pennellarsi le guance con una strana polvere rosa. Pensavo che non ne avesse bisogno, era bellissima anche al naturale,con indosso solo il pigiama. Una sera,l'ennesima,mentre dava il bacio della buona notte ai suoi fratelli e gli rimboccava le coperte mi sporsi di più e lei mi notò. Corse alla finestra ed io mi nascosi sul cornicione. Ordinai a Trilli di non fare rumore ma lei mi fece un dispetto: odiava Wendy perchè,da quando me n'ero innamorato,dedicavo più attenzioni all'umana che alla fata quindi volò nella stanza,aggredendola. La afferrai e la nascosi in un cassetto ma proprio mentre stavo per richiuderlo,mi voltai e notai l'espressione di Wendy quando si accorse che i miei piedi non toccavano terra. Sbiancò e cadde a terra.» Peter scoppiò in una fragorosa risata. Davanti a se poteva vedere l'intera scena e parlare di Wendy lo aiutava a tenerla sempre accanto a se. Quello che provava era amore. Avrei tanto voluto sapere come ci si sentiva. Com'era avere le farfalle che ti ronzavano per lo stomaco e non ti lasciavano tregua,la bocca asciutta,le parole bloccate tra le labbra. 
«La aiutai e quando si svegliò mi trovò accanto a lei. Avevo dormito di lato,appoggiando il viso su un braccio così da farmi più piccolo e lasciarle una parte più grande del letto. Fu allora che proposi di provare la magia,chiesi aiuto a Trilli e le insegnai a volare. Bastava pensare qualcosa che ti rendeva felice,un po' di polvere di fata che era necessaria solo le prime volte e poi si prendeva il volo. La portai qui.» 
«Conosce il resto della storia.»  troncò Jack,alle nostre spalle. «L'ha letta su una dei suoi stupidi libri.» aggiunse.
«Jack!» esclamai mentre un sorriso idiota si stampava sul mio viso. Peter balzò in piedi e mise le mani sul fianchi.
«Jack.» 
«Peter.»
Temei il peggio ma i due si avvicinarono. Si guardarono un attimo poi si abbracciarono.
«Mi sei mancato,amico mio.» disse il pirata.
«Anche tu,pirata fallito.» rise l'altro. Jack stava per presentarci ma lo fermai dicendogli di aver già fatto la conoscenza di Peter. Non sembrava essere cambiato nulla,come se il ragazzo dai capelli corvini avesse dimenticato quello che era successo quella notte. Il bacio non aveva avuto alcun valore,per lui.
«Meglio così.» dissi tra me e me. In realtà mi dispiacque un po',sentì come una fitta al cuore. La delusione lo pervase. Non era valso nulla,il primo bacio non aveva avuto alcun senso.
Provai ad ignorare i miei sentimenti per un attimo ed interruppi la conversazione tra i due amici di vecchia data.
«Ho bisogno di parlarti,Jack. Wendy mi ha chiesto di ritornare.» Peter mi fissò,sconvolto. Strinse forte il mio polso,quasi a farmi male. 
«La mia Wendy?» chiese.

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Capitolo 9
*** La missione. ***


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9.
La missione




Mi resi conto di non aver potuto scegliere momento peggiore quando Peter mi supplicò di dirgli dove fosse la sua amata. Jack cercò di calmarlo con alcune rassicurazioni ma,quando capì che anche il suo migliore amico conosceva il luogo dove si trovava,si infuriò ancora di più. Cominciò a spirgerlo via e a tirare pugni alla rinfusa. Jack lo lasciò fare,così da farlo sfogare ma non lo colpì neppure una volta. 
Peter aveva perso l'allenamento. Non era mai stato un ottimo combattente ma,sicuramente,era furbissimo. Eppure,quando si ama si perde la ragione quindi la furbizia era andata a farsi fottere. 
«Basta!» urlai. Peter si fermò,rivolse il suo sguardo verso di me.
«Dov'è Wendy?» mi chiese.
«La porterò qui ma ora devi andare via,devo restare con Jack,dobbiamo parlare e trovare un modo e non ci riusciamo quando ci sei tu qui che ci assilli.» 
«Mi dispiace.» si scusò. Si rese conto di quanto avesse perso la testa negli ultimi minuti ed abbassò lo sguardo,per vergogna. Jack gli posò una mano sulla spalla.
«La riporteremo qui,amico.» lo rassicurò. Peter accennò un leggero sorriso,non alzò gli occhi. I suoi piedi si alzarono da terra e volò via. Gli sentì dire un ultimo «Arrivederci,Emma.» prima di scomparire tra le nuvole. 
Jack mi guardò,arrabbiato più che mai.
«Non potevi scegliere momento peggiore!» mi rimproverò.
« Mi dispiace,ok? Ci sono cose giuste e cose sbagliate ed io voglio sempre fare quella giusta. Mi faccio tanti problemi per riuscirci ma,quando vuoi il giusto,lo sbagliato è sempre accanto a te che ti condiziona e così finisci per fare cose sbagliate.
Il problema vero non è questo,il problema è che forse la cosa giusta non è quella che ti sembra più razionale. Forse,la cosa giusta è quella che ti rende felice. E non riguarda solo la mia felicità,Jack. Non riguarda noi. Riguarda Wendy che è soggetta ad un sortilegio secondo cui ogni person che incontra la abbandona in poco e Peter che ha perso la ragione per amore.»
Gli occhi del pirata si accesero in una fiamma ardente. Era furioso. 
«Non capisci?» urlò. «Wendy non ricorda più Peter. Non lo ama! Ha perso ogni ricordo di lui quando ha raggiunto l'altro mondo. Sai cosa significherebbe per Peter rivedere la sua amata ed accorgersi che lei,ormai,non sa più nemmeno chi è?»
Provai a guardare la situazione da quella prospettiva. Avevo combinato un grosso casino. Volevo solo aggiustare le cose mentre,invece,le avevo peggiorate. Jack fece un lungo respiro poi si calmò. Mise le mani sulle mie spalle e le scrollò.
«E' per questo motivo che volevo parlarti. Dovevo dirti del sortilegio.» Cominciò a narrare di una strega,sua madre,che aveva lanciato un sortilegio sul mondo delle favole quando Uncino aveva rifiutato di seguirla. Se lei non avrebbe potuto amare,nessuno l'avrebbe più potuto fare. 
Quindi Wendy,che amava alla follia Peter,fu travolta dall'improvviso bisogno di crescere ed andare via. Raggiunse la Terra,attraversò il portale che la strega aveva creato per spedire parte dei personaggi nel mondo reale e dimenticò tutto.
«Tu lo hai sempre saputo.» affermai.
«E mi ha distrutto ogni giorno sapere la verità ma non potergli mai dire nulla. E' il mio migliore amico,Emma. Credi che sia stato facile?» Scossi la testa e per la prima volta riuscì a capire davvero Jack. L'avevo sottovalutato. Avevo creduto fosse il solito presuntuoso ma non era così. Era un ragazzo che aveva sofferto ed aveva sopportato il peso del suo mondo che gli crollava addosso. 
«Cosa è successo agli altri?» domandai.
«Alcuni sono arrivati sulla terra,altri sono rimasti qui. La regina ha separato ogni singola coppia,ha rotto la felicità di tutti cancellando dai cuori di quelli che spediva sulla Terra ogni traccia che li potesse riportare a questo mondo.»
«Perchè tu ricordi?»
«Io sono suo figlio. Vuole solo proteggermi,per questo non ha permesso che il mio nome o la mia esistenza fosse narrata in qualcuno dei libri del vostro mondo.»
Capii che era il momento di fargli qualche domanda così lo invitai a sedersi accanto a me sulla sabbia calda.
«Come hai raggiunto la Terra,stanotte?» 
«Il portale è rimasto aperto,dopo l'incantesimo. Con le dovute precauzioni,si può attraversare per arrivare al vostro mondo. Non posso continuare a farlo però,altrimenti i miei ricordi cominceranno a diventare una massa informe di informazioni.»
«Hai riconosciuto qualcuno di questo posto da dove vengo io?»
«James, lui è il principe azzurro. E' stato separato dalla sua Biancaneve che,adesso,è commemorata dai nani dopo aver mangiato la mela avvelenata. Nessuno l'ha ancora risvegliata.»
Ricordai James, il ragazzo di New York che aveva baciato Holland. Lui era il principe azzurro. Si spiegavano allora i suoi modi cordiali ed il suo bisogno di attaccarsi a me. Era solo. 
Quindi non era di New York,era solo una storia inventata e non voleva iscriversi a medicina ad Harvard.
«Yuki è Mulan. Il suo amato è partito per la guerra ed ora si è infortunato la gamba. Ha trovato accoglienza presso la casa della nonna della giovane e la aspetta ogni giorno con il drago Mushu,ormai impazzito e denigrato dagli spiriti. Per ora non ho riconosciuto nessun altro,tranne,naturalmente,Wendy. Lei è inconfondibile. La sua aria innocente ed i suoi occhioni da cerbiatta,è impossibile scambiarla per un'altra persino in un altro mondo.» Sorrisi a quella descrizione. La mia compagna di stanza era la donna amata da Peter Pan. Non era sola. Aveva qualcuno che aveva trascorso la propria vita alla sua ricerca.
«A cosa ti servo io?» domandai,infine. Era quella la questione principale. Io non ero una principessa, non avevo doti speciali allora perchè ero stata scelta? Perchè Jack aveva rivelato quelle cose a me? Chi ero io davvero?
«Sei l'unica che mi può aiutare a riportare tutti in questo mondo,trovare una soluzione per farli ricordare e richiudere il portale così da creare un confine.» 
«Come posso io? Sono solo una ragazza che proviene da ... da un paesino.» 
«Da dove vieni?» incalzò lui. Provai a ricordarlo. Dove ero nata,cosa avevo fatto ma era come se ci fosse un vuoto nella mia memoria. Avevo vissuto fino a quel momento come in attesa, i giorni erano trascorsi e non avevo realizzato che io ero sempre ferma. Ripetè la domanda.
«Io non lo so!» esclamai. Non lo sapevo, non sapevo chi ero. Non l'avevo mai saputo. 
«Io so chi sei,Emma. Sei più speciale di quanto tu creda.»
Dai miei occhi sgorgò una lacrima di disperazione. 
Jack si avvicinò al mio viso e lo sollevò,delicatamente,con una mano ed asciugò la mia lacrima. Il suo sguardo mostrò una tenerezza inaspettata.
«E' tempo di conoscere tua madre,Emma.»  disse,con voce tenera.Restai di stucco a quelle parole. 
«Mia madre è morta tempo fa.» ribadì.
«Chi te l'ha detto?» 
«Mio padre.» risposi.
«Bene,ti ha mentito. Tua madre è più vicina a te di quanto tu possa credere.» 
«Ma questo è impossibile.»
«Quante cose che ti stanno succedendo sono impossibili? Hai incontrato i personaggi delle favole,oltrepassato il confine dei due mondi e persino baciato un pirata. Ormai non dovresti più temere nulla.» Aveva ragione eppure tremavo a quel pensiero.
Avevo paura di cosa aspettarmi. Qual era la motivazione che aveva spinto mia madre ad abbandonarmi? Non ero abbastanza bella,abbastanza gentile? Ero un errore,una delusione? La curiosità cresceva in me mentre mi incamminavo con il pirata dagli occhi azzurri verso una destinazione ignota.






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Capitolo 10
*** La fata madrina. ***


10.
La fata madrina





Durai il viaggio non parlammo molto. Il silenzio rendeva quella situazione ancora più terrificante. 
«Perchè adesso?» interruppi,curiosa.
«Non lo so di preciso ma ti spiegherà tutto lei. Dovrebbe essere qualcosa legata all'età, un'età adatta per viaggiare.» 
Capii che l'unica che avrebbe potuto sciogliere tutti i miei dubbi era la donna che avevo,da sempre,creduto morta.

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Camminammo a lungo fino a quando non raggiungemmo uno strano prato. Le piante erano alte almeno cinque metri,guardai il cielo ma lo trovai coperto da grandi fiori colorati. I loro petali erano mossi dal vento e cadeva una leggera pioggia di brillantini. Notai che,anche se mi colpiva,la mia pelle non risultava bagnata. Era una pioggia magica. 
«Siamo arrivati.» disse Jack. Guardai davanti a me. Sentì una fitta allo stomaco,non avevo mai avuto tanta paura come allora. «Come avrebbero tutti se stessero per incontrare la madre che hanno creduto morta per sedici anni,Emma» pensai.
Tutto quel tempo,sedici candeline spente. 
Avevo creduto di essere sola per tutto quel tempo,di poter affrontare tutto ma non mi ero mai resa conto che qualcuno mi proteggeva dall'alto,che si preoccupava di contare i giorni che passavano prima che avessi potuto riincontrarla.
 Ero felice,si,ma allo stesso tempo sentivo scorrere dentro le vene la rabbia. Lei c'era sempre stata ma non aveva mai dato un solo segno della sua esistenza. 
«Questo è il rifugio delle fate.» mi spiegò Jack.
«Perchè la pioggia non mi bagna,pirata?» chiesi.
«E' magica. Si tratta di un incantesimo fatto da tua madre per proteggere le altre fate dagli attacchi. Nessuno può attraversare quelle piante,se non è stato invitato da una fata.»
«Quindi tu non sei mai entrato?»
«Non ho mai potuto ma tu si. Sei tu quella che cerca,Emma.»
Mia madre era una fata. Quante cose stavo scoprendo in quei giorni,quella nebbia che oscurava il mio cuore stava scomparendo,pian piano. Jack mi guardò e riuscì a leggergli dentro. Era questo che mi colpiva di lui. Non lo conoscevo da troppo,lo sapevo ma,anche senza che pronunciassi una parola,riusciva a comprendermi perfettamente. Sapeva sempre cosa fare,cosa dire. 
Mi prese la mano e camminammo fino a quando non ci imbattemmo in una fata. Il suo abito era gonfio,di un rosa chiaro con una cinta gialla, i capelli ricci e marroni e le sue ali zeppe di brillantini. Quando mi vide sobbalzò. Mi aveva riconosciuta. 
«E' qui! E' qui!» urlò. Una miriade di fate accorsero intorno a me e al pirata dagli occhi azzurri. Una delle fate indicò lui e chiese chi fosse e come fosse riuscito ad entrare. Gli strinsi più forte la mano. Un'altra notò quel gesto e sussurrò alla sua amica che forse eravamo una coppia. Sorrisi.
In molte storie avevo letto delle fate che fossero chiacchierone e che amassero divertirsi. 
«Non vi farà del male. E' con me.» 
Jack sorrise,tranquillo con al solito. Fece un piccolo inchino,in segno di rispetto.
«Io sono Jack,signore.» disse,col suo fare da pirata affascinante. Gli occhi delle fate si illuminarono. Lo amavano di già.
«Sapete dove possiamo trovare lei?» 
«E' nel castello,in vostra attesa principessa.» 
L'ultima parola mi colpì profondamente. Principessa. Pensai avesse sbagliato e provai a rimanere concentrata sull'obiettivo mentre salutavamo con una mano le fate curiose. Notai una robusta con un vestito giallo che faceva giri su se stessa per l'emozione di aver conosciuto un pirata. Una minuta,con le trecce ci indicò la strada per il castello. 
Quando fummo dinanzi all'imponente edificio azzurro mi bloccai un attimo.
«Sei pronta?» chiese Jack.
«Ho sempre pensato che fosse morta quindi adesso non cosa fare,capisci? Arrivo in quel campo e la mia vita cambia,tutto sembra assumere,improvvisamente, un senso. E mi accorgo di aver vissuto fino a questo momento come in una bolla,intrappolata dalle mie convinzione.» Lo guardai intensamente « Mi ha abbandonata,Jack. Mi ha esclusa dalla sua vita per sedici lunghi anni. Un tempo in cui ho creduto che mio padre sarebbe stato l'unico che non mi avrebbe mai mentito,ho creduto di essere sola. Era come se non riuscissi mai a legare con nessuno,qualcosa respingeva le persone,le induceva ad andare via. Sono stanca,ok? Voglio solo piangere ma non sono brava con le lacrime,le ho sempre trattenute fingendo di essere forte per mio padre mentre adesso capisco che è stato il primo a mentirmi. Io,non credo di potercela fare.» 
Le parole fuori uscirono dalle mie labbra come un fiume, non riuscì a trattenerle. Avevo paura,ne avevo sempre avuta ma l'avevo sempre nascosta e soffrivo. Era come se fossi colpita continuamente da una serie di spade che mi trafiggevano il corpo creando ferite su cui il passato continuava a gettare sale.
Jack mi prese per le spalle e mi scrollò. Mi fissò intensamente coi suoi occhioni azzurro mare.
«Sei una delle persone più forti che abbia mai conosciuto,Emma. Abbiamo parlato più volte di quelle che ricordi,ti conosco meglio di quanto credi e so che sei fantastica,che ce la puoi fare. Questa è solo la prima delle sfide che dovrai affrontare e,credimi,ho tanta paura quanto te perchè lei ha dato a me il compito di accompagnarti quindi,quando stai per crollare,pensa che ci sono io,che sono la tua ancora e che non me ne vado.» 
Quelle parole furono necessarie. Attraversammo il grande atrio e salimmo la scalinata di cristallo che stava al centro della stanza e che si divideva in due parti. Una fata si materializzò alle nostre spalle chiedendoci chi cercassimo.
«Lei.» fu la secca risposta del pirata. La creatura magica intuì subito. 
«Dovete andare a sinistra,salite tutte le scale e troverete un'enorme porta dorata. Quando la vedrete,saprete di essere giunti a destinazione.»
Seguimmo le indicazioni e,alla vista della porta,non ci pensai troppo su prima di girare la maniglia. 
Una stanza enorme si presentò davanti ai miei occhi: il pavimento era a scacchi di tonalità diverse di azzurro,c'era un orologio dorato sulla parete sinistra ed una grande finestra a destra. Due sedie di quelle che avevo visto nei film dove solitamente si sedevano i re, in fondo, su una c'era seduta una minuta donna dai capelli nocciola e gli occhi verdi e riccioli lunghi fino alla schiena. Indossava un abito intonato alla stanza,scarpette di cristallo ed una coroncina completava il tutto. La donna schioccò le dita ed un enorme tappeto rosso si materializzò davanti a noi.
«Benvenuta,principessa.» disse,sorridendo.



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Capitolo 11
*** Il frutto del vero amore. ***


11.
Il frutto del vero amore





C'è un momento in cui realizzi che la tua vita sta per cambiare. E' un attimo,il tempo di un respiro e tutto,intorno a te,prende una piega differente.
 Adattarsi è la prima regola per sopravvivere. Ecco come mi trovavo in quella situazione,di fronte a quella donna sorridente e cordiale:mi stavo adattando alla situazione. 
Durante il viaggio avevo pensato a molte domande da porle quando mi sarei trovata di fronte a lei ma ora sentivo solo la gola secca,le parole bloccate. C'erano troppe cose da chiedere e la paura superava la voce.
«Perchè io?» pensai.
«So cosa vuoi chiedermi» disse la donna riccioluta. Lo sguardo della fata madrina cadde sulla mia mano,intrecciata a quella di Jack. «Non ti farò del male, puoi lasciarlo andare.»
Scossi la testa quando sentì la presa del pirata farsi più debole. 
«Ne ho bisogno.» risposi poi posi la mia domanda.
«Sei mia figlia,prole di un umano e di una fata. Ci sono tante cose da spiegare,sarà meglio mostrartele.» La fata scese dal trono e si avvicinò a me e Jack. Mi chiese se avessi voluto che il mio compagno di viaggio venisse con noi. 
Ricordai una frase che mi aveva detto durante il viaggio. Ci trovavamo sulla spiaggia,aveva raccolto un po' di sabbia asciutta in mano e l'aveva lasciata volare via.
«Hai paura?» mi aveva chiesto.
«Troppa.» 
«Io non me ne vado,Emma. Sono qui e non me ne vado,se non ci sei tu. Rimarremo insieme.» 
«Me lo prometti?»
«Insieme,in ogni viaggio. Non ti abbandonerò mai,Em.» Poi aveva messo le mani nelle tasche dell'abito nero ed aveva estratto un ciondolo dal quale pendeva una piccola perla.
«Aprila.» ordinò. La aprii e notai una sua piccola foto in bianco e nero e dall'altro lato,vuoto.
«Io tornerò sempre. Quando ti senti persa sappi che sto per arrivare.» Una lacrima mi rigò il viso. Non ero più sola,ormai.
C'era Jack con me ed ero così felice che avrei potuto urlarlo all'intera isola. La chiamavano l'Isola che non c'è ma esisteva eccome,bastava crederci ed era lì davanti ai tuoi occhi. Era un luogo meraviglioso,una nuova casa.
«Grazie.» sussurrai «Ma perchè è vuoto qui?» chiesi.
«E' un ciondolo che mi regalò mia madre,ti proteggerà. Sinceramente,non so bene come funzioni ma so che ti proteggerà e mi importa questo» disse con voce distaccata prima di prendere un'altra manciata di sabbia «Puoi togliere quella foto,se vuoi. Mi parlò poco di questo oggetto ma una leggenda dice che,se inserirai una tua immagine nell'altro vetro,la persona rappresentata all'altro lato potrà sempre essere con te,in un modo o nell'altro.» 
Sembrò divenire tutto ad un tratto freddo. Mi guardò e notò la lacrima. 
«Dobbiamo andare.» disse ed io accennai un sorriso. Era sempre così,quando stava abbattendo quel muro che ci separava riusciva ad accorgersene sempre prima di farlo e tornava indietro. 
Guardai la fata madrina e poi il pirata.
«Insieme,in ogni viaggio. Non lo abbandonerò mai.» 
Avvertì il suo sguardo turbato quando riconobbe le parole. Chiudemmo gli occhi,così come ci ordinò l'essere magico ed un enorme nube bianca apparì attorno a noi. Li aprì,forse troppo presto e ne rimasi accecata per un attimo. L'aria era fredda ed i nostri abiti svolazzavano. Jack si contorceva,sofferente. 
Qualcosa non andava e continuavo a chiedermi cosa stesse succedendo. 
«Cosa succede?» urlai a squarciagola alla vista di Jack,stremato.
«I ricordi. Un'arma letale.» rispose lei poi guardò il ragazzo che le stava accanto «Sta ricordando» affermò.
Quella nube durò per poco ma quegli istanti sembrarono eterni.
« Dove stiamo andando?»  chiesi.
« Un luogo che ti permetterà di comprendere chi sei.» 
Chi ero. Era una domanda che mi ero posta a lungo ma all'improvviso non sembrava importarmi. Tutto ciò che riuscivo a percepire erano gli urli del pirata. Urla straziate,grondanti di dolore. Un dolore che fino a quel momento si era nascosto dietro due meravigliosi occhi azzurri.
Non sapevo cosa fare,per riuscire a porre fine a quella sofferenza. L'istinto ebbe la meglio. Allungai il braccio e gli strinsi la mano. Lui sospirò ed io sorrisi.
« Emma» sussurrò.
« Sono qui»  risposi « È solo un sogno» aggiunsi.
Aprì di scatto gli occhi e mi guardò,turbato. Il turbine intorno a noi cessò e sfiorammo terra. La fata madrina si guardò intorno,conosceva quel posto. 
« Grazie.»  disse,accennando un sorriso. « Sembrava tutto così reale.» 
« Perché lo era.» si intromise la donna in azzurro «Spesso questi turbini sono capaci di sbloccare alcuni ricordi che la mente o certe persone hanno oscurato.» 
« Lei mi ha fatto dimenticare.» La voce di Jack era rotta,quasi stesse per piangere ma sapevo non l'avrebbe fatto. Sarebbe rimasto forte e concentrato.
« Cosa hai visto?»  Scosse la testa.
« Niente di importante» rispose,accennando un sorriso palesemente falso.
« Bene,siamo pronti»  annunciò la fata.
« Dove siamo?» domandai.
« Nei miei ricordi»  fu la risposta di quella che avrebbe dovuto essere mia madre.
_________________________

Il luogo dove ci trovavamo non aveva nulla a che fare con la magia. Assomigliava alla città in cui ero abituata a vivere ma era più vecchia. Un suono assordante proveniente da un altro campanile richiamò la nostra attenzione. La donna ci spiegò che nessuno era capace di vederci e che poteva fare tutto ma che,ogni cosa che si cambia nel passato,ha una ripercussione nel futuro. 
Ci incamminammo verso una grande piazza. C'era una piccola fontana e molta gente riunita davanti ad un improvvisato palco scenico. Una donna dai capelli nocciola vi salì sopra e prese la parola. 
« Dobbiamo essere pronti a combattere!»  esclamò « Il male incomberà presto,la regina giungerà anche da noi.»  
A quell'appellativo Jack sembrò sussultare. La regina era sua madre,quello che stava accadendo era datato dopo la salita al trono della donna che gli aveva dato vita. 
All'improvviso notai un particolare: dietro il gonfio vestito color panna ed il pesante giaccone di lana marrone,intrecciato c'era nascosto un pancione. La donna stava per dare alla luce un bambino.
Sentimmo la folla acclamarla poi un uomo le corse incontro ed allungò la mano per aiutarla a scendere. Impiegai poco a riconoscerlo,era lui,era mio padre. 
Mio padre le stampò un bacio sulle labbra e lei sorrise.
Lui appoggiò la mano sul suo pancione. 
« Dovresti confessarlo a tua madre»  sussurrò. L'espressione della donna mutò. Era preoccupata.
« È vietato,William. Lo sai bene. Io sono una fata,tu sei un uomo. Non sarebbe dovuto nascere quello che proviamo tra di noi.» 
« Amore»  la corresse,immediatamente.
« Ma quando ti ho visto è stato come se il mondo si fosse fermato e questa creatura» si guardò la pancia « deve essere protetta. Non voglio che diventi una fata,che sia costretta a separarsi dalla sua famiglia per seguire un duro addestramento. Io voglio solo che sia felice.» 
« E lo sarà,te lo prometto.» 
Il sogno si interruppe all'improvviso. Cominciammo a girare su noi stessi,in preda allo stesso vortice ma questa volta durò pochi secondi poi riatterrammo.
Eravamo in un ricordo diverso,riuscivo a percepirlo dall'aria. Non si respirava più la felicità ma tutto ciò che sentivo giungere ai miei polmoni era tristezza. Quel posto mi era familiare. Ci trovavamo in una casetta in mattoni rossastri. C'era un solo grande letto e sopra,distesa e sofferente c'era la donna del ricordo precedente. Questa volta urlava dal dolore. Sembrava confusa e disperata.
« Dobbiamo proteggerla»  diceva mentre un nano con gli occhiali tondi le ordinava di spingere.
«Devi salvarti.»  la supplicava mio padre « Io non potrei farcela senza di te. Come farò a crescerla?» 
Il dottore chiese un'ultima spinta. Ancora un ultimo urlo poi si udì un pianto. 
« È una bambina.»  Sussurrò tenendo tra le braccia una neonata dai folti capelli da cui grondava sangue. Gli occhi della donna si inzupparono di lacrime. Prese la piccola un attimo tra le braccia e la strinse a se,come se quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista. 
Si lasciò andare ad un attimo di debolezza.
« Ciao,io sono la tua mamma»  mormorò. Le sue dita si intrecciarono a quelle della piccola che le strinse forte in mignolo. 
« Dobbiamo farlo.» Riprese. Guardò l'uomo vestito di un pantalone nero largo ed una camicia consumata. Lui non ci pensò un attimo e corse via.
Quando ritornò,portava con se una culla in legno. 
« L'avremmo voluta tenere lì,William. Ma lei la vuole e sai che riesce sempre a ottenere quello che desidera.» 
« Dove andrà la piccola?Cosa succederà a te quando farai l'incantesimo di protezione?» 
Il nano deglutì. Sapeva bene cosa sarebbe successo alla donna.
Mio padre ripeté la domanda,alzando la voce.
« La piccola sarà trasportata in un nuovo mondo dove potrà avere la possibilità di vivere. Al compimento dei sedici anni comincerà a ricordare ma tutto dipenderà solo da lei. Voglio che abbia la possibilità di scegliere,Will. Ma sai bene che avrà bisogno di una guida,non puoi restare con me.»  
« Non posso abbandonarti alla tua sorte!» esclamò l'altro, come offeso da quelle parole. Il solo pensiero di lasciarla andare lo inorridiva. La amava,riuscivo a vederlo da lontano. 
« Creerò un portale che riuscirà a portarti via di qui,la piccola giungerà in un luogo sicuro e tu la raggiungerai»  Tossì «Questo è il nostro lieto fine. Lei è il nostro lieto fine.» Indicò la creatura ancora piena di sangue che teneva appoggiata a se.
Mosse una mano e lei si sollevò dalle sue braccia. Il sangue scomparve delicatamente sulle coperte di cotone. 
« Come si chiamerà?»  Domandò all'uomo. « Voglio saperlo prima di lasciarla andare» aggiunse.
« Come abbiamo deciso.»  Rispose lui.
« Emma.»  Il nome pronunciato dalla donna fu come un tuffo al cuore. Quella bambina ero io. Mio padre mi poggiò nella culla e lei fece un ultimo incantesimo.
Attorno alla culla apparve una bolla brillantata e lucente.
«Addio,Emma.» Sussurrò lei «Ti aspetterò» 
Poi cadde,senza vita,sul letto. 
L'uomo le corse incontro e cadde sulle ginocchia. Piangeva. Era disperato. Avrei voluto fare qualcosa,dirgli che sarei tornata. Volevo scriverglielo su un foglio e farglielo trovare ma ricordai ciò che aveva detto la fata madrina:ogni cosa che succede nel passato si ripercuote nel futuro. 
Poi William saltò. Un grande sorriso si schiuse tra le sue labbra. 
«C'è un modo: il bacio del vero amore!» Esclamò,guardando il nano che non mi parve convinto,probabilmente sapeva già cosa sarebbe successo.Mio padre baciò la donna dai capelli nocciola una volta.
La guardò. Non era successo nulla. Ci provò ancora e ancora e ogni volta controllava che gli occhi di quella si fossero aperti ma non accadeva mai.
« Perché non si sveglia?»  Domandò,disperato.
« Ci sono principesse destinate a rimanere dormienti,William.» fu la risposta del nano.
Allora lui realizzò. Era morta. Era andata. Il suo amore,il suo lieto fine.
Quell'espressione mi colpì. Ricordai il mio compleanno quando,prima di andare a dormire,mio padre mi aveva ripetuto che io ero il suo lieto fine. Mi era sembrata una cosa dolcissima ma non avrei mai creduto potesse significare tanto.
In quel momento la porta della casa in mattoni rossastri si aprì,spinta da una forza magica.
Una donna dai lunghi capelli corvini legati in un alta coda e gli occhi del medesimo colore entrò. Il suo vestito era nero come la notte e lungo,il viso armonioso e le labbra rosso fuoco. Un neo sulla destra,accanto alle labbra contornava il tutto.
Camminava con passo sicuro e dalla sua voce si evinceva la sua determinazione.
« Voglio la bambina.» affermò. L'uomo non rispose,saltò sul letto e strinse a se la donna il cui colorito ormai era bianco latte. « È morta?»  Chiese prima di realizzare ciò che era accaduto poi scoppiò in un ghigno.
Il nano indietreggiò. 
« Dov'è la bambina,nano?»  Domandò come aria minacciosa.
« Non riuscireste mai a prenderla,sua maestà,anche se ve lo dicessi.» 
Quella era la regina. La regina malvagia. Guardai Jack,immobile davanti a quelle immagini che si manifestavano davanti a noi.
«Parla o ucciderò tutti i tuoi amici.» 
«Perché vi interessa tanto,Margaret?»  la interruppe mio padre.
«Perché è il frutto dell'amore tra una fata e un umano,un caso raro. Possiede due nature ed è troppo rischioso che viva. Un amore,inoltre,che sarebbe dovuto spettare a me.»
«Non puoi vendicarti con mia figlia perché non ti ho amata!» Urlò.
« Non voglio ucciderla,William. Sarebbe troppo facile. Io voglio renderla la mia erede.» Lo corresse. 
Delle urla partirono dalla culla che stava nascosta dentro ad una piccola cabina in legno. Alla regina bastò un gesto per trovarla. Le si avvicinò e provò a prendere tra le braccia la piccola.
William non poteva muoversi a causa di un incantesimo di paralisi.
La regina provò ancora e ancora,fallendo ogni volta. Poi lanciò un incantesimo,la sentì sforzarsi per abbattere quella protezione. I mattoni rossi si alzarono tutti,le cose nella stanza cominciarono a volteggiare,confuse.
« Mamma.»  Guardai il bambino dagli occhi azzurri che stava sulla soglia della porta. L'incantesimo cessò e tutto cadde a terra. 
« Ti avevo detto di aspettarmi in carrozza,Jack.» 
« Non farlo,è solo una bambina come me.»  Sussurrò lui. Indossava un piccolo gilet grigio,camicia bianca,scarpe lucide e pantaloni coordinati a righe bianche.
« Ma potrebbe farci del male,amore» spiegò la donna,avvicinandosi al bambino con aria comprensiva. Lui scosse la testa poi guardò la culla. Aprì la bocca,sconvolto ma allo stesso tempo felice. La regina si voltò.
« Dove è andata a finire?»  Gridò,arrabbiata.
« È in un posto sicuro.»  Rispose mio padre,ora libero da quell'incantesimo.
« La troverò.»  Lo sguardo minaccioso della donna incuteva timore. Strinse la mano del piccolo. « Fosse l'ultima cosa che dovessi fare io ucciderò quella bambina.» 
« Emma troverà un modo.» le urlò dietro « L'amore trova sempre un modo.» Sussurrò poi sorrise.
Realizzai in quel momento. Guardai Jack.
« Grazie.»  Mormorai.
« E di cosa?» 
« Mi hai salvata.» 





NOTE D'AUTORE:
Si,lo so. E' tanto tanto tempo che non riesco a scrivere ed ora volete picchiarmi ma vi prego risparmiatemi perchè ho tante cose ancora da raccontarvi.
In questo capitolo troviamo una digressione sulla nascita di Emma ed il primo vero ed inconsapevole incontro tra Emma e Jack.
Vi aspetto nel prossimo capitolo e ricordate che,come dice William,l'amore trova sempre un modo.
-Mar;


Ecco una breve anticipazione di come troveremo Emma nei prossimi capitoli.
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Capitolo 12
*** Il ritorno di una vecchia fiamma ***


 

12.

La visita



 


La suoneria del mio cellulare mi fece sussultare.
Afferrai l'aggeggio elettronico e una fitta invase il mio stomaco.
Cosa avrei dovuto dirgli? Che ero entrata nel suo vecchio mondo? Chissà se ancora ne ricordava l'esistenza. Avrei versato solo del sale sulla ferita,parlandogliene.
Mi ripromisi di non farlo e risposi.
"Papà" dissi,disinvolta. La voce che proveniva dal cellulare non era la stessa dell'uomo che avevo lasciato prima di partire. Mio padre era un uomo tranquillo e pacifico ma il tono che usava,adesso,trasmetteva preoccupazione. C'era qualcosa che lo turbava ed ero intenzionata a sapere cosa.
"Emma!" Esclamò come se fossero anni che non parlavamo "Non mi hai chiamato ed ero preoccupato." 
Certo per questo era ansioso,come avevo fatto a non capirlo? Quell'isola mi stava facendo impazzire. Era come se avesse accresciuto il mio senso di sopravvivenza: percepivo pericolo,ovunque. Mi chiese come stessi e risposi che ero felice perché finalmente avevo trovato un'amica.
"Wendy" precisai. Lui sospirò di sollievo.
"Ne sono contento. Quindi non è successo nulla di nuovo? Nulla che tu abbia voglia di raccontarmi?" Ci pensai un attimo su. Se mi aveva fatto quella domanda ci doveva essere una ragione. Sapeva. Ricordava. Ne fui lieta.
"Sai bene cosa sta succedendo,papà. Ho conosciuto mia madre."
"Mi dispiace."
Due parole. Dieci lettere che mi colpirono profondamente. 
"Avrei voluto dirti tutto ma non ho mai potuto. L'incantesimo fatto dalla regina Margaret mi impediva di rivelare tutto fino a quando non fossi stata tu a scoprirlo."
"La regina può arrivare sulla Terra?"
"Purtroppo si ma i suoi poteri sono minori qui. Questo non le ha impedito di farmi una visita circa tre giorni fa." Urlai dal terrore. La regina era arrivata sulla terra ed aveva minacciato mio padre. Gli chiesi di raccontarmi cosa gli aveva detto. 
Mi spiegò tutto nei minimi particolari. 
Ricordava ogni singola frase,ogni movimento.

In pratica la regina era arrivata a casa nostra in un pomeriggio soleggiato,vestita in bianco coi capelli raccolti in uno chignon ed un trucco leggero. Si era presentata a mio padre come la nuova vicina di casa ma,non appena le aveva stretto la mano,aveva ricordato tutto nei singoli particolari.
"Ti sono mancata,William?"
Gli aveva detto,mostrando un sorriso malizioso. 
"Non mi mancheresti neppure se riuscissi ad incantarmi con uno dei tuoi trucchetti."
"Oh,William. Mi spezzi il cuore. Avevo pensato che potremmo ricominciare da capo."
Era entrata nella sala da pranzo e si era seduta sul divanetto color panna,incrociando le gambe.
"Sembra quasi che tu sia solo. Dov'è tua figlia? Emma si chiamava. Proprio come la nonna,vero?"
"Sai benissimo dove si trova. Lontana da te." Lei era scoppiata a ridere. Aveva affermato che sapeva benissimo dove fossi ma che pensava di potermi attirare in un amichevole incontro di famiglia. Mio padre le aveva risposto che sarebbe stato impossibile. Lui non avrebbe mai collaborato. 
"So bene che non collaborerai ma,dato che sono buona,ti concederò una scelta. Hai due opzioni,guarda un po' che ironia vero? Avevi due opzioni anche quando quella stupida fata giunse nella nostra casa. Quella misera abitazione dove vivevamo prima che sposassi un re. Un uomo ancora più ingenuo: sono state sufficienti due parole a fargli bere una bevanda avvelenata così che mi lasciasse tutto il regno."
"Eppure sei qui."
"Ebbene,William,dicono che ci si possa innamorare davvero più di una volta. Tu sei stato il mio primo amore,Uncino il secondo. Ma non sono qui per amore,sono qui per vendicarmi del vuoto che hai lasciato nel mio cuore." Il suo sguardo era minaccioso e oscuro. Come se,dietro quelle due grandi iridi azzurre ci fosse un'anima nera. Una che aveva perso tutto ma,soprattutto,la speranza. La speranza di un lieto fine. "Puoi scegliere di invitare tua figlia qui così che finalmente possa conoscerla e darle ciò che merita o puoi rivelarle tutto ma questo ti costerà la vita. Una volta che le avrai narrato del nostro incontro,infatti,l'oscurità invaderà la tua anima prosciugando tutta la tua energia vitale e,ancora peggio,quando morirai sarai il mio tenero "amico accondiscendente". Mio,per sempre." Aveva schioccato le dita ed era scomparsa in un fumo grigio e puzzolente. 

Ragionai un attimo sull'ultima parte del racconto.
Mio padre mi aveva detto tutto. 
"Non avresti dovuto farlo!" Lo sgridai. Le lacrime mi gonfiarono gli occhi.
"Dovevo,Emma. Sei tutto ciò che mi rimane. Sei tu il mio lieto fine."
Lo sentì urlare. Quel verso fu straziante. Sapevo esattamente cosa stava succendo.
Erano le tenebre che si stavano infiltrando nella sua anima e che,in poco tempo,gli avrebbero prosciugato tutta l'energia vitale.
Sarebbe morto e sarebbe stata solo colpa mia.

 

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Si,lo so. E' una vita che non pubblico qualcosa e vorreste strangolarmi ma sono stata super impegnata con la scuola.
Da oggi in poi cercherò di pubblicare con più costanza. Intanto,godetevi questo nuovo capitolo!
-M.

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Capitolo 13
*** Il ragazzo della foresta ***


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13.
Il ragazzo della foresta



Quando incontrai Wendy,a colazione i miei occhi erano rossi da quanto avevo pianto.
La ragazza mi abbracciò forte. 
"Cosa è successo?"
"Mio padre" singhiozzai "sta morendo a causa mia" le lacrime mi facevano respirare male,le persone ci guardavano. Il principe azzurro si avvicinò a me e mi chiese come mi sentissi. Mi porse un fazzoletto di carta profumato di violetta. Tentai di sorridergli ma fallì. 
Lui asciugò una lacrima dal mio viso rosso e mi rivolse un'espressione di tenerezza. 
"Non preoccuparti. Passerà tutto." Sussurrò. Wendy gli si presentò. 
Era tutto sbagliato. Loro si conoscevano. Loro erano delle favole mentre io ero solo una ragazza senza madre. La bionda formosa del rito del pozzo mi si avvicinò:
"Hai perso la scarpetta,tesoro?" Domandò. Era così acida ma fu con quelle parole che realizzai.
Era Cenerentola. La ragazza che faceva da cameriera per delle sorelle capricciose ed una matrigna odiosa ora sembrava essersi trasformata in loro.
Qualcuno afferrò la mia mano e la strinse. Riconobbi quella stretta in un attimo. Jack. Cosa ci faceva lui lì? Mi voltai di scatto e lui mi sorrise.
"Sono qui,principessa." Mi portò via con se,sotto gli occhi dei miei amici. Non appena fummo abbastanza lontani scossi il braccio,ribellandomi a quella stretta. Non volevo che Jack mi toccasse,non volevo che il sangue del sangue di quella regina mi sfiorasse.
Avevo i nervi a fior di pelle e negli occhi la tristezza era stata sostituita dalla rabbia. Sono una di quelle persone che,quando è arrabbiata,non lo è con una persona sola ma col mondo intero. Mi viene naturale rovinare le cose. È come una tendenza non so se mia o della vita in generale. Fatto sta che,quando sembra che le cose stiano per migliorare,arriva sempre l'imprevisto che manda tutto a puttane. 
"Lasciami andare." Il pirata era intelligente,fin troppo da non capire il motivo per cui,improvvisamente,lo allontanassi.
"Io non sono lei,Emma. Ti puoi fidare di me." Mi fissava come se gli facessi pietà,come se fossi io quella che stava dando di matto senza motivo. Come faceva a non arrivarci?
"Mio padre sta morendo perché tua madre è una stronza." Mi sfuggì.
"Almeno mia madre non mi ha abbandonato cancellandomi ogni ricordo e facendomi sentire un' orfana per tutta la vita." Scattai. Fu quella parola: orfana. Mi fece male. Gli tirai uno schiaffo dritto sulla guancia sinistra che divenne rossa dal colpo.
Scoppiai a piangere e non parlai. Lo guardai un attimo poi corsi via a nascondermi nell'unico posto in cui sapevo che nessuno sarebbe venuto a prendermi:il bosco.
Sentì Jack rincorrermi e gridarmi di perdonarlo ma non mi importava. Quando la voce fu abbastanza fioca rallentai il passo. 
Ero alla piazza principale quando entrai nel luogo da cui tutti pensavano non ci fosse ritorno.

 
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Mio padre e io facevamo un gioco,quando ero più piccola. Mi bendava gli occhi con uno straccio da cucina in modo che potessi vedere solo buio e poi mi domandava "Di cosa hai paura,Em?"
Solo adesso notavo che non avevo paura di nulla perché c'era lui accanto a me. Come avrei fatto senza l'uomo della mia vita? 
Mi sentivo una stupida: mi ero addentrata nel bosco fitto e tetro senza conoscere la via del ritorno ma ciò che mi consolava era sapere che a nessuno importava realmente. Nessuno avrebbe cominciato a cercarmi. Vagabondavo calpestando foglie che scricchiolavano ad ogni mio passo. 
Riconobbi alcuni dei funghi che avevamo raccolto qualche giorno prima durante la gara. Adesso sapevo perfettamente quali avrebbero potuto avvelenarmi. Pensai di raccoglierne qualcuno ma abbandonai subito l'idea.
Fu quando il sole stava cominciando a tramontare che sentì le foglie sgretolarsi sotto i piedi di qualcun altro. Mi fermai subito. Mi voltai lentamente ed osservai il ragazzo che mi ritrovavo davanti agli occhi. 
Era quasi completamente nudo se non per una specie di mini pantaloncino marrone in pelle che lo copriva,i capelli lunghi fino a sopra le spalle,marroni,lisci e crespi e gli occhi verde chiaro. Le mani sporche di terreno così come il resto del corpo.
"Chi sei?" Domandò,senza presentarsi.
"Emma." Lui ripetè quel nome. Notai che non era in piedi in posizione eretta la si reggeva sulle braccia e le gambe un po' come una scimmia.
"Tu chi sei?" Si morse le labbra sottili prima di rispondere "Il mio nome è Tarzan."
Come poteva Tarzan trovarsi nel mondo reale? L'unica risposta plausibile era che il confine si stava indebolendo sempre di più e ciò significava che i personaggi delle favole sarebbero stati presto tutti catapultati sulla Terra perdendo,così,la possibilità di avere un lieto fine. 
Lui si avvicinò furtivamente a me ed annusò la mia mano. Disse di non aver mai sentito un profumo così bello ed io gli sorrisi. La prese e mi condusse più lontano poi mi invitò a salire sul l'albero. Gli spiegai che non avevo idea di come ci si arrampicasse ma rispose che avrebbe potuto insegnarmelo.
In fondo era semplice. Dovevo sicuramente migliorare l'equilibrio dato che,prima di raggiungere il primo ramo,ero caduta circa tre volte. Ci accampammo lì.
"Cosa ci fai qui?" Chiesi,facendo dondolare le gambe all'aria.
"La regina ormai ha troppo potere ed è arrivata nel mio regno. Sapevo della tua missione dato che non si parla di altro in tutti i inondi così ho invocato la fata madrina. Lei mi ha detto che per realizzare l'incantesimo necessitavi di alcuni oggetti e tra questi ho riconosciuto la collana della foresta." Si tolse una collana fatta di triangolini di ossa. Mi spiegò che le leggende narravano che in quella collana fosse contenuta la forza della foresta e che gli fu donata da Kala,mia madre. 
"È una scimmia molto amorevole e mi ha fatto sempre sentire a casa" aggiunse. Era lui,davvero. Era stato cresciuto in una foresta,era stato abbandonato dai genitori. 
Afferrai il ciondolo e gli rivolsi un sorriso. Lo ringraziai. Gli chiedi da quanto tempo vivesse in quel pericoloso bosco e rispose che aveva perso il conto dei giorni ma il tempo era come fermo e nulla mutava. L'altro giorno,però,aveva intravisto qualcosa mentre se ne stava a perdere tempo arrampicato ad un ramo. Aveva visto lei e gli era bastato un non nulla per riconoscerla. 
Era la regina cattiva che parlava con una bionda formosa e le stringeva la mano. Si dilungò nella descrizione ed un numero maggiore di particolari fu sufficiente a farmi identificare la ragazza di cui parlava: Holland. 
Ma cosa ci faceva con la regina? Come faceva a ricordarsene e come poteva essere ancora viva,dopo esserle stata accanto? 
Aveva origliato la conversazione. Avevano discorso riguardo una serie di rapimenti.
"Stai facendo un buon lavoro" aveva detto Margaret.
"Ricorda la promessa." aveva risposto Holland.
Una promessa. Ogni cosa aveva un prezzo,naturalmente ma cosa le aveva promesso di tanto importante da valere un tradimento? 
Guardai Tarzan. Sapevo che era in pericolo in quella foresta. Dovevo pensare ad un soluzione velocemente. Portarlo con me,questa era la soluzione. Dovevo farlo integrare con il resto della comunità. 
Rigirai il ciondolo tra le mani e lo fissai intensamente.
"C'è un motivo se mi hai aiutato,scommetto." 
Lo guardai dritto nei profondi occhi verde chiaro. 
Ero brava a riconoscere gli occhi di chi era stato abbandonato,di chi aveva perso qualcuno. C'era quel vuoto,solitamente. Quel vuoto che ti permetteva di osservare il cuore con un solo sguardo ma nei suoi non c'era quello. Negli occhi del ragazzo c'era speranza. 
Ero confusa. Come fa una persona che ha perso tutto a sperare in qualcosa?
"Non sono stato completamente abbandonato. Mia madre è scappata via con un altro uomo ma mio padre è ancora vivo ed è tenuto prigioniero nel castello della regina. Voglio entrarvi e liberarlo."
"Sai bene che non è possibile." Cercai di dissuaderlo da quella folle idea ma lui mi strinse le mani e le guidò verso il suo petto,in corrispondenza del cuore.
"Lo senti?" Lo sentivo. Quell'organo batteva forte,così forte da poter percepire ciò che provava. "Sto aspettando di vedere mio padre da troppo e tu sei la mia unica speranza. Ti prego,Emma. Non abbandonarmi."
Il mio di organo batteva all'impazzata adesso. Sarei potuta rimanere esattamente in quel punto con la mano sul cuore di quel ragazzo per ore.
"Troveremo una soluzione." Dissi,mostrando un'inaspettata sicurezza.
Lui mi saltò addosso abbracciandomi.
"Sapevo che potevo fidarmi di te. Sapevo che saresti stata il mio lieto fine."
A quelle parole sussultai. Mio padre mi chiamava così. 
Appena lasciò la presa mi allontanai e lo guardai da capo a piedi.
"Dovremmo trovarsi dei vestiti,se dovrai rimanere qui." 
Scoppiammo a ridere,stranamente spensierati.



 

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