Long Live The King

di jadestark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO.
 
Anne fissava le mura fredde della Torre Nord. Era rinchiusa lì da giorni. Ormai non ricordava nemmeno più la sensazione che si prova quando il sole ti sfiora la pelle, o il fresco dell'acqua del lago che amava così tanto. Ma era certamente meglio stare lì piuttosto che essere costretta a vedere tutti i giorni suo fratello maggiore Andrew distruggere tutto ciò che era rimasto della Francia.
Suo fratello non stava bene, da molto tempo ormai.
La sete di potere si era impadronita della sua mente troppo debole e Anne sospettava che fosse stato lui ad avvelenare suo padre.
La ragazza non riusciva ancora a pensare alla morte di suo padre senza piangere, era passato più di un anno ormai ma lui le mancava terribilmente. Loro due erano sempre stati così legati e lei gli voleva tantissimo bene, era il padre migliore del mondo, sempre così dolce e comprensivo. Lei era la sua principessina.
In poco tempo si era ritrovata senza un padre e senza una madre, Elizabeth, regina d'Inghilterra e sua lontana cugina, aveva imprigionato sua madre Mary poco dopo la morte di Francis e nessuno sapeva se lei fosse ancora viva, ma a nessuno interessava veramente. Erano tutti troppo preoccupati che Andrew sperperasse le ultime ricchezze del paese per curarsi davvero di sua madre, ormai regina vedova, se ancora in vita.
Anne avrebbe solo voluto riavere indietro i suoi genitori e la sua vecchia vita, e aveva giurato che, appena ne avesse avuto la possibilità, avrebbe reso loro giustizia. Odiava così tanto il fratello da aver deciso che sarebbe anche potuta arrivare ad ucciderlo. Andrew aveva paura di lei, temeva che la sorella l'avrebbe punito per il dolore che le aveva arrecato, motivo per il quale adesso lei si ritrovava imprigionata nella Torre principale del castello.
Anne era forte, determinata e coraggiosa. Era una minaccia, e Andrew eliminava tutte le minacce che potessero annientarlo. Lei si chiedeva come mai non l'avesse ancora uccisa o spedita dall'altra parte del mondo, ma in realtà conosceva la risposta. Probabilmente voleva tenerla vicina perchè nella sua mente contorta Andrew era innamorato di lei. Non riusciva a dormire durante la notte, già una volta lui era entrato nelle sue camere cercando di approfittare di lei, e adesso non c'erano guardie a proteggerla, o almeno guardie che obbedissero a qualcuno che non fosse re Andrew.
Un demone si era impossessato di lui, suo fratello era morto e Anne doveva accettarlo.
I suoi altri fratelli, Madeleine e James, erano fortunatamente sposati e lontani dalla corte di Francia. Madeleine viveva in Italia dal ramo De' Medici della famiglia ed aveva una bambina. James aveva sposato una duchessa spagnola e viveva a Madrid. Non li vedeva da prima della morte di suo padre.
Si sentiva così sola tra quelle mura, aveva solo quindici anni e già desiderava di morire pur di non dover vivere a quel modo il resto dei suoi giorni.
Un cigolio nel silenzio della sera la distolse da questi pensieri e sua nonna, Catherine, si affacciò alla porta, ansimando.
"Veloce, Anne, scappa. Ho corrotto una guardia. Abbiamo solo pochi minuti prima che Andrew se ne accorga"
Anne non se lo fece ripetere due volte, abbracciò brevemente la nonna, che la strinse a sè piangendo, e corse via senza una parola. Loro due erano tutto ciò che era rimasto della loro famiglia, si erano fatte forza a vicenda negli ultimi mesi di agonia, non c'era bisogno di spiegazioni e lunghi discorsi fra di loro. Catherine avrebbe dato la vita per la nipote e Anne sapeva che dal canto suo avrebbe dovuto fare il possibile per salvarsi e per sistemare le cose, qualcuno doveva mettere fine a quello scempio.
Stava calando la sera, quindi la ragazza riuscì a passare abbastanza inosservata. Percorse le segrete fino all'uscita che dava sulle stalle e poi si immerse nel bosco che tutti chiamavano "La foresta di sangue", non più ormai per i riti pagani che avevano un tempo luogo tra i suoi alberi, ma perchè adesso il re amava decapitare lui stesso chi gli disobbediva e poi attaccare le teste dei malcapitati ai rami, lasciandole gocciolare, come monito per gli altri sudditi ribelli.
Anne corse per diversi minuti, quando individuò una piccola apertura nelle rocce della montagna. Era stanca e avrebbe desiderato riposarsi qualche minuto, pensò di nascondersi in quelle rocce. Ma era tutto molto strano: il luogo, l'atmosfera, i rumori. Un tenue bagliore emanava da quell'anfratto, una specie di... luce viola? Si avvicinò incuriosita, infilò la testa tra i massi e mosse un passo verso l'interno. Qualcosa di indefinito la spinse a terra, togliendole il respiro, e lei iniziò a vorticare nel vuoto, ma non sentiva dolore. C'era solo silenzio e ombre turbinanti.
Con uno schianto finì contro una parete fredda, era pieno giorno e la luce forte le fece chiudere gli occhi per qualche secondo. Quando li riaprì si trovò in un corridoio dall'aria familiare. Sembrava proprio la vecchia zona del castello dove sua madre risiedeva prima di sposarsi. Ma quell'ala era disabitata da anni e in condizioni decisamente peggiori.
Anne era confusa, cosa diavolo stava succedendo?!
"...questo sarebbe il momento in cui mi dichiarerei tuo. Solo tuo"
"E io sono tua, davvero"
Quelle voci quasi sussurrate che provenivano da dietro l'angolo erano familiari, Anne le conosceva anche troppo bene... non era possibile. Non poteva essere vero.
"E una volta fatto questo, probabilmente ti inviterei alla Festa del Raccolto"
"E io probabilmente accetterei"
"E io probabilmente cercherei di baciarti"
"E io probabilmente non te lo permetterei... all'inizio"
Anne si diede un morso sul braccio, forse si era addormentata e stava sognando, ma ottenne solo un piccolo segno sulla pelle.
Quelli non potevano essere sua madre e suo padre.

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


CAPITOLO I.
 

Anne non ci mise molto tempo a capire cosa era successo: quella era casa sua, ma in realtà non lo era ancora. Per qualche strano motivo a lei sconosciuto, stava vivendo indietro nel tempo, quando lei ancora non era neppure nata.
Fece velocemente due calcoli e decretò che era il 1557, esattamente ventidue anni prima del suo presente.
Sua madre e suo padre erano in vita, avevano pressappoco l'età che aveva lei adesso, nessuno dei suoi fratelli era ancora nato. Questa consapevolezza le mise i brividi, ma allo stesso tempo si sentì invasa dall'adrenalina: avrebbe potuto parlare di nuovo con loro, sentire un'altra volta il profumo di sua madre, la sua voce. Ma nessuno di loro sapeva della sua esistenza, e assolutamente non avrebbero dovuto saperlo. Si sarebbero spaventati e, soprattutto, Anne avrebbe potuto alterare il futuro, creando chissà quale scompiglio astrale.
La ragazza ci pensò su un momento. Forse era questa la ragione di ciò che stava accadendo. Forse lei doveva davvero cambiare la storia. Sicuramente ne aveva l'occasione, perchè non sfruttarla?
In un lampo decise il da farsi: avrebbe impedito ai suoi genitori di sposarsi. Andrew non sarebbe nato, non avrebbe mai ucciso suo padre e Mary non avrebbe rivendicato il trono d'Inghilterra, evitando quindi di mettersi contro alla cugina Elisabeth.
Ma come poteva lei, senza alcun potere, modificare il corso degli eventi? Da quello che aveva visto, Mary e Francis erano già innamorati e probabilmente le nozze erano già state fissate.
Ma a questo avrebbe pensato dopo. Per adesso le serviva una nuova identità.
La sua mente passò in rassegna diverse opzioni e alla fine decise che si sarebbe finta la figlia di un ricco mercante, mandata in visita alla Corte per conto di suo padre. Sperando che la copertura avrebbe retto. Dopotutto Anne era una ragazza sveglia, imparava in fretta ed era capace di adattarsi velocemente alle situazioni, aveva ereditato lo spirito di improvvisazione da sua nonna Catherine.
Un rumore di passi in avvicinamento la riportò alla realtà. Non poteva nascondersi. Non poteva scappare. Era in trappola.
"Oh salve, non credo di avervi mai visto"
Anne si ritrovò di fronte l'espressione sorpresa del Delfino di Francia, accompagnata da un sorriso a lei molto familiare. Suo padre le aveva appena rivolto la parola.
"Ehm... sono appena arrivata"
"Ma io conosco tutte le nobili ragazze di questo castello e sono sicuro che nessuno ci abbia mai presentati. Piacere di conoscervi, io sono Francis. Saprete sicuramente il resto"
Anne ebbe la netta impressione che suo padre stesse flirtando con lei, le uniche volte in cui gli aveva visto sfoderare quel cipiglio arrogante era con Mary, e solo di rado di fronte a lei e ai suoi fratelli.
Anne non si era mai sentita così a disagio.
"Ehm, veramente no. Vengo da molto lontano, so soltanto che devo andare a parlare con la regina Catherine. Sapete dove posso trovarla?"
"Quindi voi non sapete chi sono io?" Francis ridacchiò.
"Beh, me lo avete appena detto, il vostro nome è Francis. Io sono... sono Anne"
"Benvenuta alla corte di Francia, Anne. Farò in modo che la vostra permanenza qua sia di vostro gradimento. Trovate mia madre nella sala da ricevimento"
"Vostra... madre?" Anne finse di essere sorpresa della notizia.
Francis le sorrise brevemente, poi le prese la mano lasciandovi un bacio leggero.
"Spero di vedervi in giro"
Quando finalmente suo padre girò l'angolo, Anne riprese finalmente a respirare.
Francis, suo padre, l'uomo che aveva sempre chiamato "papà", ci aveva appena provato con lei, sua figlia, e sicuramente avrebbe continuato a provarci. Era tutto davvero troppo assurdo. Però, la ragazza capiva perchè sua madre si fosse innamorata di lui all'istante, fin da quando erano bambini: era davvero un ragazzo affascinante.
Anne cercò di non pensarci mentre raggiungeva rapidamente la sala da ricevimento, per incontrare sua nonna.

 
***
 

Catherine stava parlando con un uomo, probabilmente Nostradamus, quando Anne venne annunciata. L'indovino di Corte era morto prima della sua nascita, colpito dalla tubercolosi, perciò lei poteva soltanto sospettare che fosse lui, ma gli abiti che indossava e il modo di parlare con la regina rendevano le probabilità molto alte.
Appena la vide, Nostradamus aggrottò la fronte e il suo sguardo si perse nel vuoto per qualche istante. Poi scrollò brevemente la testa e si congedò da Catherine. Anne pensò di aggiungere una chiacchierata con lui alla lista delle cose da fare.
Si avvicinò ai divanetti al centro della sala.
"Vostra Maestà, chiedo umilmente di essere accolta qui. Sono la figlia di Sir Linus, famoso per i suoi commerci con l'Oriente. Mio padre mi raggiungerà a breve, se voi lo permetterete"
Catherine la squadrò senza ritegno per qualche secondo.
"Non conosco vostro padre"
Anne non stava respirando, pregava che Catherine abboccasse.
"Ma dopotutto non mi occupo di commercio. Benvenuta, potrete sistemarvi nella parte del castello destinata agli ospiti. Una delle mie guardie vi accompagnerà"
La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Era andata.
"Avete qualcosa di familiare, siete imparentata con gli Stuart di Scozia? I De Guise di Francia?"
Anne deglutì, cercando di rimanere nella parte. Sua nonna era sveglia, molto sveglia. Ingannarla non sarebbe stato per niente facile.
"Non che io sappia, Maestà"
Catherine annuì, poco convinta, facendole cenno di congedarsi. Anne si inchinò brevemente e uscì dalla stanza.
Una guardia reale la scortò in un'ala del palazzo che lei conosceva benissimo, molto vicina alle camere degli scozzesi, inclusa sua madre. Non avendo bagagli nè abiti, ci mise poco a sistemarsi. Disse alle ragazze della servitù che i suoi averi sarebbero arrivati a breve insieme a suo padre, perciò le vennero prese le misure affinchè le sarte potessero cucire un paio di abiti semplici per lei.
Finalmente sola, Anne si mise a pensare al piano da attuare.
Non poteva agire su Francis, c'era il rischio di mandare un messaggio inopportuno e comunque non avrebbe concluso niente su quel fronte senza entrare nella sua camera da letto. Quel pensiero la fece rabbrividire.
Quindi doveva lavorarsi sua madre. Per poter avere un'influenza sulle decisioni di Mary, avrebbe dovuto entrare in contatto con lei, diventare sua amica. Dopotutto avevano la stessa età e Anne conosceva il modo di pensare di sua madre, forse meglio di chiunque altro. Era la donna che l'aveva cresciuta e amata più di ogni altro. Dai suoi racconti, sapeva che le era mancata un'amica durante la giovinezza, le sue dame non potevano essere davvero sue pari perchè erano anche sue suddite, quindi Anne sperava di far leva su questo aspetto e instaurare un rapporto di fiducia con Mary.
Ma come dissuaderla dallo sposare l'uomo che amava e che, apparentemente, era in grado di regalarle stabilità e sicurezze per sè e per il suo popolo?
Qualcuno bussò alla porta e, senza aspettare una sua risposta, la aprì. La regina di Francia, pallida e seria, entrò a passo spedito in camera sua.
"Nostradamus ha avuto una visione, e lui non sbaglia mai. Tu non sei chi dici di essere, Anne"
Quindi era come pensava: Nostradamus aveva capito tutto e l'aveva raccontato a sua nonna. Ormai era stata scoperta, non aveva senso negare l'evidenza. Inoltre, avere Catherine come appoggio non sarebbe stato per niente male.
"Hai ragione, nonna"
Catherine impallidì ancora di più, Anne si domandò quanto una persona potesse impallidire senza che il sangue smettesse di affluirle al cervello, facendola svenire.
"Quindi è tutto vero, vieni dal futuro"
La ragazza annuì.
Passò qualche secondo di silenzio, durante il quale le due si fissarono immobili. Poi Catherine sospirò e andò a sedersi sul letto a baldacchino, di fronte alla nipote.
"Raccontami tutto"
 
Un'ora dopo, Anne stava ancora raccontando a sua nonna di come fosse arrivata nel passato e degli avvenimenti del futuro. Le spiegò i suoi piani per cambiare le cose e Catherine la ascoltò in silenzio finchè non finì. Poi stette con lo sguardo assente per qualche secondo, e Anne si rese conto che la nonna stava riflettendo sulle notizie appena apprese, quindi la lasciò metabolizzare in pace.
Alla fine la donna la guardò negli occhi con risolutezza e le espose i suoi pensieri.
"Dobbiamo annullare il matrimonio. Non permetterò che mio figlio muoia e che gli succeda un re dispotico e pazzo. Se prima potevamo sospettare che la rivendicazione dell'Inghilterra potesse non andare a buon fine, adesso lo sappiamo per certo. Mary, tua madre, è quasi mia figlia, non posso rischiare anche la sua morte" Catherine sospirò "Penserò io a convincere tuo nonno. Tu dovrai occuparti di tua madre: sii sua amica, parlale male di Francis, fai tutto il possibile. Non avremo successo se non intacchiamo il loro affetto l'uno per l'altra"
Anne annuì, consapevole dell'arduo compito che le spettava.
Catherine si alzò, depositando un bacio sulla fronte della ragazza.
"Non raccontare questa storia a nessun altro, intesi?"
"Certo, nonna. Sono felice di rivederti e che tu sia dalla mia parte anche questa volta"
"E io sono felice di conoscerti, piccola" la donna esitò un momento "Sai che, se avremo successo, tu non nascerai mai, vero?"
Anne lo sapeva benissimo, ma era determinata ad andare fino in fondo a qualunque costo.
"Lo so"
"Poche persone hanno il tuo coraggio, davvero poche"
Con queste ultime parole, la regina di Francia la congedò, lasciandola a riflettere su quanto fosse bello aver finalmente trovato un'alleata. 

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


CAPITOLO II.
 


Era già pomeriggio inoltrato e quella sera avrebbero avuto luogo i festeggiamenti per la Festa del Raccolto, Anne era sicura che Francis e Mary si riferissero a quella festa in particolare quando parlavano in corridoio, sicuri di non essere a portata di orecchie indiscrete. Occasione migliore per fare la conoscenza di Mary non poteva presentarsi. La ragazza era in fibrillazione, il cuore le martellava nel petto mentre si preparava davanti allo specchio.
Avrebbe parlato con sua madre, dopo così tanto tempo! Non le importava che lei non la conoscesse, o di dover fingere di essere un'altra persona. Le sarebbe piaciuta? Chissà se, non sapendo di essere sua madre, Mary le avrebbe voluto bene lo stesso. La mente di Anne era un turbinio di pensieri di questo tipo. Fissò i suoi occhi allo specchio: erano identici a quelli di Francis. I capelli, invece, ondulati e morbidi come quelli della madre, ma rossi come sua nonna Catherine. La ragazza sperava che nessuno avrebbe fatto caso a queste somiglianze, in fondo era una ragazza come tante, non troppo appariscente ma abbastanza carina da considerarsi "normale".
Una delle ragazze della servitù bussò alla porta, annunciando che era ora di scendere nella Sala del Trono, dove si sarebbe tenuto il buffet al cospetto della famiglia reale. Anne fece un respiro profondo, lanciando un ultimo sguardo al suo riflesso, e si alzò, sentendo le gambe tremarle leggermente.
 
La sala era gremita di persone, molte delle quali le erano familiari, solo molto più giovani. Scorse i riccioli biondi di Francis in lontananza, che parlava con Sebastian, suo zio e figlio illegittimo del re Henry. Mary, invece, si stava servendo dal tavolo imbandito, assieme alle sue dame di compagnia. Decise di prendere il coraggio a due mani e rompere il ghiaccio, quando vide su di sè gli occhi penetranti di Nostradamus, che appena si accorse di essere stato notato dalla ragazza, abbassò lo sguardo e andò a sedersi in un angolo. Anne decise di non farci caso, almeno per il momento. Una conversazione con Nostradamus non era esattamente in cima ai suoi pensieri.
Finalmente raggiunse Mary Stuart, che sembrava estremamente annoiata dai discorsi sulla moda che stavano avendo luogo tra le sue dame. Anne si inchinò per nascondere l'agitazione e quando rialzò la testa incrociò gli occhi scuri di sua madre, e il cuore riprese a martellare come se volesse uscirle dal petto.
"Vostra Maestà, è un piacere per me fare la vostra conoscenza. Spero di non disturbarvi, sono arrivata proprio oggi al castello e a dire il vero non conosco nessuno. Ho pensato di venire a presentarmi, se me lo permetterete"
Aveva aggiunto molte riverenze inusuali per lei, non aveva mai parlato così a sua madre. Mary le sorrise e le prese le mani affettuosamente. Quel contatto così dolce rischiò di far traboccare le lacrime che la ragazza tratteneva a stento. Le ricacciò via con determinazione.
"Certamente, sedetevi con noi. Una delle mie ragazze, Mary, stava giusto parlando di cappelli, se vi interessa l'argomento"
"Di nastri per capelli, in realtà" rispose la ragazza, evidentemente scocciata dal poco interesse che la conversazione suscitava nella sua regina.
"Sì, esatto. Nastri, che argomento interessantissimo" Mary fece roteare gli occhi al cielo, in modo che solo Anne potesse vedere, poi si rivolse nuovamente a lei "Allora, come vi chiamate?"
"Anne, Vostra Grazia"
"Oh suvvia, chiamatemi Mary, per piacere. Non siamo in Scozia e a me non piacciono le formalità"
Era vero, sua madre aveva sempre detestato le buone maniere e l'eccessivo (e spesso finto) rispetto che le persone le riservavano.
"Queste sono le mie dame di compagnia, si chiamano tutte Mary, come me. Che coincidenza, vero?"
Anne ridacchiò nel sentire queste parole, e Mary a stento si trattenne dal ridere pure lei. Poi, dopo aver bevuto un sorso di vino, si rivolse nuovamente, ed esclusivamente, a lei, lasciando le altre a discutere del nuovo colore primaverile: "Quindi siete arrivata oggi? Da dove venite?"
"Mio padre commercia con l'Oriente, siamo originari della Bulgaria"
"Oh, ed è un bel posto dove vivere?"
"Preferisco la Francia, Vostr... Mary"
"Anche io preferisco la Francia alla Scozia, fa così freddo lassù. Ci siete mai stata?"
"Una volta, mi ci portò mia madre con i miei fratelli"
"Vostra madre è qui con voi?"
Anne rise dentro di sè per l'ironia della situazione, ma cercò di rimanere nella parte.
"No, purtroppo mia madre è morta e i miei fratelli maggiori sono tutti sposati. Siamo solo io e mio padre"
"Oh, scusate l'invadenza. Mi dispiace tanto"
Mary sembrava davvero dispiaciuta e Anne, per mantenere la conversazione su un piano più leggero, cambiò subito argomento.
"Se non sono inopportuna, è tutta la sera che il principe Francis vi tiene gli occhi addosso"
Forse aveva azzardato troppo, ma d'altronde era lì per un motivo e non poteva lasciarsi sfuggire questa occasione.
Le guance di Mary si tinsero di rosso, era la prima volta che Anne la vedeva arrossire.
"Sì, beh, ci sposeremo il mese prossimo"
Ma non aggiunse altro, perciò Anne pensò di andare per gradi nell'affrontare quell'argomento, prima avrebbe dovuto guadagnarsi ancora un po' della sua fiducia.
Continuarono a discorrere del castello, dell'infanzia di Mary, della Scozia, fino a quando il quartetto d'archi intonò l'inizio di un brano da ballo e i ragazzi si rivolsero alle ragazze per invitarle a ballare. Francis si congedò dal fratello e avanzò verso di loro. I suoi occhi inchiodati a quelli di Mary. Quando le fu di fronte le fece un leggero inchino, prendendole la mano destra.
"Mi concedete questo ballo, Vostra Maestà?"
La sua voce era più profonda del solito e tra i due la tensione era palpabile.
Mary annuì, e Francis fece per condurla sulla pista da ballo, non prima però di aver scoccato una breve ma intensa occhiata anche ad Anne, che abbassò subito lo sguardo, rimproverandosi di non averlo fatto prima.
Per qualche secondo, la ragazza osservò i suoi genitori ballare, quando fu interrotta da un'altra voce familiare.
"Vi andrebbe di ballare con me?"
Anne si voltò di scatto e si ritrovò davanti suo zio Sebastian, non ancora ventenne.
Felice di rivederlo, sorrise e annuì, mentre lui aveva già iniziato a condurla al centro della sala.
"Anne, giusto? Tutto il castello parla del vostro arrivo. Non sono molti i divertimenti qui se non lo spettegolare sulle più piccole novità" le chiese mentre l'attirava a sè seguendo i passi prestabiliti di quella danza.
"Esattamente, sono arrivata giusto oggi, ma non credo di sapere il vostro nome, signore"
"Sebastian, molti mi chiamano Bash. E se te lo stessi chiedendo, mio padre è il re ma mia madre non è la regina"
"Oh" Anne cercò di fingersi sorpresa.
"Avete qualcosa di familiare... vi ho vista parlare con Mary Stuart, siete imparentate forse?"
"Oh no, stavamo solo conversando. Ci facevamo compagnia a vicenda"
Bash annuì pensieroso, poi intrecciò le braccia con quelle di Anne e la ragazza assecondò i suoi movimenti, permettendogli di farle fare una giravolta che la fece finire tra le braccia del cavaliere successivo. Aveva dimenticato questa parte della danza. Ovviamente si ritrovava tra le braccia di Francis.
"Ecco che ci incontriamo di nuovo" le disse lui sorridendole con spavalderia "vedo che mio fratello vi ha già presa di mira"
"Sciocchezze, stavamo solo ballando"
"Come mai siete nervosa? Vi metto a disagio?"
Anne sentì lo sguardo di Mary addosso e cercò in tutti i modi di non incrociare gli occhi della madre. La cosa peggiore che potesse accadere era che lei si ingelosisse, mandando all'aria tutto il piano di Anne per conquistarsi la sua fiducia.
Suo padre era sempre il solito, quindici anni o quaranta. Doveva sempre fare il cascamorto.
"No, Vostra Grazia. Sto benissimo, grazie"
Francis alzò un sopracciglio, non se la stava bevendo.
Un'altra giravolta e Anne cambiò nuovamente cavaliere. Si ritrovò davanti uno sconosciuto e un'espressione sorpresa le si dipinse sul volto.
"Che bello quando una ragazza ti accoglie con una faccia spaventata come la vostra" il ragazzo ridacchiò "ma posso capire che il tempismo non è a mio favore: dopo il Delfino di Francia chiunque risulterebbe sminuito!"
Anne si sarebbe auto-schiaffeggiata se avesse potuto, purtroppo non riusciva mai a mascherare a dovere il suo stato d'animo e detestava quell'aspetto di sè.
"Assolutamente no. E' che non vi conosco, sono appena arrivata, non conosco molte persone. Scusatemi"
"Nessun problema, stavo scherzando"
Il ragazzo le sorrise e solo allora Anne si rese conto che era davvero carino. Dei riccioli castani tagliati non troppo corti gli davano un'aria simpatica e gli incorniciavano il viso, sul quale spiccavano due occhi verdi e brillanti. Ma scacciò quel pensiero prima ancora che prendesse forma.
"Mi chiamo Greg. Gregory, in realtà, ma detesto il mio nome per intero, è da vecchi. Era di mio nonno, a dire il vero. Posso sapere il vostro?"
"Sono Anne"
Greg continuava a fissarla in modo strano. Non sapendo come allentare la tensione, Anne iniziò a straparlare, nel tentativo di riempire di parole quel silenzio imbarazzante.
"Mio padre commercia con l'Oriente, sono stata mandata qui in sua vece finchè non mi raggiunge. Spero che arrivi presto, ha tutta la mia roba con sè e non credo di essere simpatica alla regina"
"Oh, nessuno le è simpatico, fidatevi. Io invece sono semplicemente figlio di un consigliere di re Henry, sono alla Corte di Francia per pura fortuna"
Anne notò un'ombra passare sugli occhi verdi del ragazzo e si sorprese a pensare che avrebbe voluto saperne di più: di lui, della sua vita, conoscerlo. Troppo presto arrivò il momento di cambiare partner, Greg la fece volteggiare e lei finì accoppiata ad un uomo attempato e cicciottello, che passò tutto il tempo a cercare di palpeggiarla. Fortunatamente la musica cessò, i cavalieri si inchinarono alle loro dame e ognuno tornò al proprio posto.
Anne non sapeva se sedersi di nuovo vicino a Mary oppure passare il resto della serata a fare "vita di società" per ammazzare il tempo, quando fu proprio Mary ad avvicinarla.
"Non avevo capito che conosceste la famiglia reale"
"Ho incontrato Francis stamattina, mi ha gentilmente indicato dove trovare la regina, niente di più"
"Oh"
Mary si accigliò, anche se cercava di nasconderlo. Non erano ancora sposati ed era meglio che le persone non sapessero che loro erano intimi: la faccenda della paternità dei figli e tutto il resto. Per lei era tutto molto assurdo, ma purtroppo la sua posizione sociale non le permetteva molte libertà. Giravano ancora pettegolezzi sulla loro gita notturna al villaggio di qualche settimana prima. L'episodio non aveva avuto ancora modo di ripetersi, e Mary si ritrovò a sorridere, perchè lei invece non vedeva l'ora che si ripetesse. Ma scacciò questo pensiero che la faceva sempre arrossire, la ragazza nuova sembrava simpatica e non doveva avere l'impressione che lei fosse gelosa, benchè non potesse evitare di esserlo. Sapeva che Francis non l'avrebbe tradita, ma non le piaceva che troppe ragazze gli girassero attorno.
Cercò di rimediare alla sua scortesia di prima, in fondo Irina non era responsabile delle attenzioni di Francis e se invece lo fosse stata, era sempre meglio tenere i nemici più vicini degli amici stessi.
"Domani io e le ragazze faremo un picnic sul lago. Potreste unirvi a noi se ne avete voglia, sembra che ci sarà bel tempo e potremo giocare con la palla. Non lasciatemi in balia di cappelli e merletti!"
Anne accettò volentieri l'invito, l'idea di passare un pomeriggio con la madre la entusiasmava moltissimo, inoltre avrebbe avuto l'occasione di parlarle di nuovo.
I suoi pensieri furono interrotti da una delle ragazze che esclamò: "Oh, guardate! Il dolce! Ci sono anche le meringhe a forma di fragola!"
Anne e Mary si guardarono, cercando di trattenersi dal riderle in faccia.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


CAPITOLO III.
 


Anne quella mattina era di buon umore, aveva dormito bene e a lungo e al risveglio si era sentita piena di energia. Le era stata portata la colazione che lei aveva velocemente divorato, aveva sempre un grande appetito appena sveglia. In quei pochi giorni aveva ripreso  un po' del peso perso durante la prigionia e finalmente si riconosceva allo specchio come la ragazza che era sempre stata.
Mentre si dirigeva verso il salottino destinato a Mary e alle sue ragazze, incrociò diverse persone conosciute la sera prima al banchetto, e le salutò una per una con un sorriso smagliante stampato in faccia. Sprizzava letteralmente gioia di vivere da tutti i pori.
Svoltato l'angolo del cortile interno, vide Gregory, il ragazzo con il quale aveva ballato la sera precedente, che parlava animatamente con un coetaneo. Non volendo interromperli, fece finta di niente e continuò a camminare.
Appena lui la vide accennò un sorriso impercettibile, congedandosi dal suo interlocutore. Con passo svelto le si affiancò.
"Buongiorno, Anne. Siete bellissima stamattina"
Anne arrossì a quel complimento e mormorò un "Grazie" molto timido e impacciato. Anche Greg cercò di nascondere il leggero imbarazzo abbassando lo sguardo sui propri stivali.
"Non sono sicuro se debba o meno rivolgermi a voi con il titolo di 'Lady', in verità"
"Oh non importa" rispose lei "Chiamatemi soltanto Anne"
"D'accordo, Anne. Posso accompagnarvi dovunque stiate andando?"
"Certamente, sono diretta da Mary Stuart: sono stata invitata ad un picnic nel parco"
Greg annuì e continuò a guardarsi gli stivali mentre camminava. Un silenzio imbarazzante calò sui due, fino a quando Anne decise di rompere il ghiaccio.
"Stanno addobbando il castello con dei fiori? C'è forse una ricorrenza della quale sono all'oscuro?"
"Beh, è strano che ne siate all'oscuro, visto che sembrate così in confidenza con Mary Stuart" ma vedendo che Anne non capiva, Greg continuò a spiegarle "Catherine sta scegliendo i fiori per il matrimonio, e ogni settimana fa addobbare i corridoi con composizioni sempre diverse perchè è ancora indecisa. Che spreco, eh?"
Effettivamente, pensò Anne, ci sarebbe potuta arrivare. Improvvisamente si sentì una stupida per aver fatto quella domanda, e si domandò cosa Greg potesse pensare di lei adesso.
"Quali sono i vostri fiori preferiti?" le chiese il ragazzo dolcemente.
Anne scosse la testa decisa "Non posso dirvelo, è uno dei miei segreti"
"Mmh, dovrò scoprirlo in un altro modo allora"
Anne fece spallucce con indifferenza, fingendo che la cosa non le importasse ma in modo abbastanza accentuato da far capire a Greg che stava scherzando. Lui ridacchiò, mostrandole dei denti bianchi e perfetti. Le piaceva tutto di lui: il suo aspetto, il modo di ridere, il tono di voce. Perfino la camminata. Tutto ciò che aveva visto fin'ora le suscitava interesse e le faceva venir voglia di passare del tempo con lui.
Avevano quasi raggiunto la loro meta, quando Greg le si rivolse nuovamente.
"Beh, siamo arrivati. Le ragazze vi staranno aspettando, quindi non vi rubo altro tempo. Io sono sempre qui, in giro ma sempre nei dintorni, come vi dicevo ieri non me ne andrò tanto presto, e spero che non lo facciate nemmeno voi, quindi penso che ci incroceremo ogni tanto"
Alzò lo sguardo su di lei e Anne sentì di nuovo le guance tingersi di rosso, gli sorrise impacciata e gli rispose: "Mi farebbe piacere rivedervi nuovamente"
Di più non riuscì a dire, ma tanto bastò a far spuntare un sorriso spontaneo sul volto del suo interlocutore, che le prese la mano lasciandovi un leggero bacio e congedandosi con un: "Vi auguro di trascorrere un sereno pomeriggio".
Anne lo guardò allontanarsi. Sì, le piaceva molto il suo modo di camminare.

 
***
 

Le ragazze non erano ancora pronte quando la domestica fece accomodare Anne nel salottino. La ragazza si guardò intorno, indecisa su dove sedersi, quando sentì dei passi leggeri arrivarle alle spalle. Si voltò e vide Mary venirle incontro sorridendo. Le sorrise a sua volta.
"Buongiorno! Scusate per l'attesa, ma le ragazze ci stanno mettendo un po' più del dovuto. A quanto pare il fratello di una di loro arriverà probabilmente oggi al castello e lei crede di non avere abiti adatti a riceverlo. Ma dopotutto è solo suo fratello! Io non la capisco"
Mary si lasciò cadere su uno dei divanetti sospirando, poi le fece cenno di sedersi. Anne si accomodò accanto alla madre, che accarezzò interessata la stoffa della gonna del suo vestito.
"I miei abiti sono in viaggio con mio padre, le sarte me ne hanno cuciti due per i primi giorni" spiegò Anne.
"Posso prestarvi qualcuno dei miei, se volete. Ne ho veramente tantissimi, molti non li ho nemmeno mai indossati!"
"Oh, non preoccupatevi. Attenderò"
"Sciocchezze! Domani ve ne farò recapitare qualcuno. Deciso"
Anne stava ringraziando Mary per la gentilezza che le riservava, quando le ragazze irruppero nel salotto chiacchierando freneticamente.
"Pensi che Hugh sia cambiato dall'anno scorso?" domandò la prima.
"Certo, stupida, ovvio che è cambiato" le rispose acida la seconda.
La sorella dell'interessato (Anne dedusse che lo fosse dalle parole che la ragazza rivolse poco dopo alle altre tre) intervenne a placare le acque: "Ragazze, mio fratello non è un santo, non sperate che si ricordi di voi, probabilmente non vi rivolgerà nemmeno la parola!"
"Di me si ricorderà di certo"
"Oh, anche di me"
"Sciocchezze, con me ha ballato una volta"
La quarta scrollò la testa, lasciandole a battibeccare, e andò a salutare Anne.
"Scusate se vi abbiamo fatto attendere, è stata tutta colpa mia"
"Nessun problema" rispose Anne "Non ho per niente fretta"
Il gruppetto si incamminò verso il giardino, chiacchierando di questo sconosciuto ragazzo, decantato come uno dei più belli mai visti. Anne non sapeva come entrare nella conversazione, quindi ascoltò in silenzio le altre parlare tra di loro. Mary intervenne di tanto in tanto, ma anche lei non disse molto durante il tragitto fino all'angolo di prato che avrebbe ospitato il loro picnic.
Arrivate in riva al lago, le ragazze si sistemarono e iniziarono a mangiare, attingendo dai cestini di vimini portati dalla servitù. C'era di tutto: panini bianchi al latte, formaggi, frutta di stagione, ravanelli. Mary aveva anche fatto preparare dei tortini alla carota, li adorava. Anne si ricordò di tutte le volte in cui Francis, dopo una litigata o quando gli affari "da re" lo tenevano lontano dalla moglie, aveva portato a Mary uno di quei tortini pacificatori. Ripensando a questi ricordi felici Anne fu invasa dalla nostalgia, ma non era il caso di mettersi a piangere proprio in quel momento. Quindi ingoiò ogni pensiero malinconico e si concentrò anche lei, come le altre ragazze, sul picnic.
Non aveva parlato molto fino ad allora, quindi una delle ragazze, che Anne sapeva essere Judith, ma chiamata "Mary", come d'altronde anche le altre, cercò di metterla al corrente dell'argomento di conversazione, che ovviamente era sempre il famoso Hugh.
"Anne, probabilmente vi state annoiando a sentirci blaterare di cose che non conoscete. Lasciate che vi spieghi: Hugh è mio fratello maggiore, le ragazze lo conoscono perchè viene spesso alla Corte di Francia e sta volentieri in nostra compagnia"
"Vedessi quanto è bello, Anne!" aggiunse una delle altre tre, con sguardo sognante.
Anne alzò le sopracciglia, sorpresa, ma anche divertita, da tanta sfacciataggine. Doveva essere una caratteristica degli scozzesi.
"E arriverà oggi?" chiese lei.
"Probabilmente sì. Mio padre mi ha inviato una lettera dove diceva che lo avrebbe mandato a discutere con il re per delle faccende di terre e possedimenti, io non me ne intendo molto." Judith fece spallucce "Comunque, vi consiglio di stare alla larga da lui. Non si può dire che sia un gentiluomo..."
"Oh, ma io ieri l'ho vista flirtare con Greg! Sapete che Greg è uno dei più ambiti? Un tempo sarei stata gelosa del suo interesse per voi!" intervenne un'altra.
Anne decise di distinguerle, oltre a Judith, come: "la bionda", "la mora" e "quella alta".
Abbassò lo sguardo sul panino che stava mangiando, imbarazzata.
"Abbiamo soltanto parlato..." mormorò.
"Dai su!" questa volta fu quella alta a incitarla a parlare "Raccontateci! A noi non sarà permesso prendere marito fino al matrimonio di Mary. Fateci contente!"
Anne sbuffò, con finto disinteresse.
"D'accordo, ma alla condizione che d'ora in poi ci daremo tutte del tu"
Le altre annuirono, compresa Mary.
Anne fece un respiro profondo e raccontò quel poco che era successo alle ragazze, che l'ascoltarono come dei bambini ascoltano un cantastorie. Quando ebbe finito fu sommersa da una valanga di opinioni diverse su cosa avrebbe o non avrebbe dovuto fare. Non aveva mai avuto una conversazione del genere con delle sue coetanee e non aveva idea che potesse essere così divertente.
Anche Mary partecipò un po' alla decisione del "cosa avrebbe dovuto fare Anne", ma poi si stancò e rimase in silenzio fino a che la bionda portò la conversazione su di lei e Francis.
"Mary, tu non sei su di giri per il tuo matrimonio, invece? Non hai paura?"
"Perchè dovrei averne paura?" rispose Mary ridendo.
"Perchè dovrai... beh..."
"Oh" Mary divenne del colore delle fragole che stava mangiando "No, ehm... non ho paura"
"Ma loro si amano già, è ovvio che non abbia paura!" ribatté la mora.
"NON AVRETE FORSE...?!" continuò la bionda, che evidentemente era la più impertinente e petulante.
"Certo che no!" Mary fece una faccia tra l'inorridito e l'imbarazzato. Fu allora che Anne si rese conto che stava mentendo.
Fu come un fulmine a ciel sereno: tutto il suo piano non aveva più senso adesso. Capì la cruda verità che Andrew non era affatto nato prematuro, era semplicemente stato concepito prima. Non c'era modo di evitare la sua nascita quindi, matrimonio o non matrimonio. Era un disastro.
Nessuno si rese fortunatamente conto dei pensieri di Anne, perchè erano tutte troppo prese dal "cosa avrebbe dovuto fare Mary". Dal canto suo, Anne elaborò un nuovo piano, che però avrebbe necessitato l'intervento di Nostradamus e le sue pozioni, sperando che avesse quella giusta per i suoi scopi.
Vedendo che Mary si stava scocciando di essere al centro dell'attenzione, decise di intervenire proponendo una partita a carte. L'idea fu accolta con entusiasmo, e questa attività le tenne occupate per un'altra oretta, fino a quando qualcuno le interruppe bruscamente.
"Ciao, sorellina!"
Judith sussultò per lo spavento. Concentrate com'erano sul loro gioco, nessuna si era accorta dello sconosciuto che era arrivato di soppiatto alle spalle di Judith.
Anne dovette ammettere che effettivamente era davvero molto bello. Aveva i capelli chiari, a metà tra il castano e il biondo e gli occhi azzurri, alto, non troppo robusto, i lineamenti del viso che parevano dipinti. Era molto affascinante. Le altre, compresa Mary, rimasero a fissarlo mezze imbambolate mentre Judith si alzava per abbracciare il fratello che, una volta scioltosi dall'abbraccio, rivolse la sua attenzione al gruppetto.
"Ciao anche a voi, signorine" le fissò una ad una, fermandosi su Anne, che si sentì avvampare ma sostenne lo sguardo.
"Lei non la conosco" disse indicandola con un cenno della testa.
Judith aveva ragione sul suo non essere un gentleman, dunque.
"Sono Anne"
"Ti ho forse chiesto come ti chiami?"
Anne alzò un sopracciglio per la sgarbatezza di quella frase e aprì la bocca per ribattere, ma era così offesa che non ci riuscì. Hugh sembrava ignaro di essere stato maleducato, probabilmente questo era il modo abituale con il quale si rivolgeva alle persone.
Quella alta intercettò lo sguardo sbigottito di Anne e scosse la testa, come per farle capire che quella era ordinaria amministrazione.
Mentre i due fratelli chiacchieravano, Anne cercò di calmarsi fissando sua madre, che inaspettatamente continuava a lanciare sguardi di sottecchi a Hugh.
Stava iniziando a calare il sole, quindi il gruppetto raccolse le proprie cose e cominciò ad avviarsi verso il castello, con le quattro Mary che gironzolavano attorno a Hugh, il quale non le degnava di un solo sguardo e rispondeva soltanto alle domande di Judith riguardo la loro famiglia.
Mary, vedendo che Anne c'era rimasta un po' male, cercò di confortarla: "Non prendertela per lui, fa sempre così"
"Prima o poi gli si ritorcerà contro"
Mary annuì cingendole le spalle: "Non sarà bello per sempre, dopotutto!"
Anne alzò un sopracciglio, rispondendo all'abbraccio di Mary, e prima che potesse rendersi conto di ciò che stava dicendo, confidò alla madre: "Greg è bello, ed è anche molto gentile, invece"
Mary le sorrise e le sussurrò nell'orecchio: "Anche Francis"
Poi si staccò da lei, come se ciò che aveva appena detto fosse la cosa più normale del mondo.  

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


CAPITOLO IV.
 


Era quasi buio ormai, le giornate cominciavano ad accorciarsi e l'autunno stava arrivando nel Nord della Francia. Anne aveva trascorso tutta la seconda parte del pomeriggio pensando a cosa dire a Catherine. Come avrebbe fatto a dirle che Mary era già incinta? Avrebbero dovuto elaborare un nuovo piano.
Almeno non era da sola, c'era sua nonna a darle una mano.
La guardia a cui Anne aveva chiesto di farsi annunciare ritornò da lei, facendole cenno di entrare.
"Prego, Lady Anne, la regina Catherine ha acconsentito a ricevervi"
La ragazza oltrepassò la soglia ritrovandosi nelle camere di Catherine. Erano diverse da come le ricordava: invecchiando la nonna aveva acquisito un gusto tutto nuovo, meno ricco e sfarzoso e più semplice, ma comunque molto raffinato.
Catherine la attendeva di fronte al suo specchio, intenta a sistemarsi i capelli per la notte. Anne si sedette sul divanetto senza essere invitata a farlo. La nonna si voltò a guardarla.
"Cosa c'è tesoro? Perchè hai voluto parlarmi con tutta questa urgenza?"
Anne si guardò le mani sudate, cercando di ordinare alle dita di smettere di contorcersi e attorcigliarsi fra di loro.
"Ho scoperto oggi pomeriggio che... che potrebbe essere troppo tardi"
Catherine corrugò la fronte: "Cosa intendi con 'troppo tardi'?"
Anne prese un lungo respiro per farsi coraggio: prima lo avrebbe detto, meglio sarebbe stato.
"Mary potrebbe già essere incinta di Andrew. Anzi lo è quasi sicuramente. Andrew nacque prematuro, secondo la versione ufficiale della storia. In realtà credo che fosse semplicemente stato concepito prima..."
"Hai delle prove di ciò che stai dicendo?" Catherine diventò improvvisamente molto pallida.
"Solo una conferma, da parte del mio istinto, che mia madre stia mentendo"
La regina la guardò a lungo prima di parlare: "Credo che nessuno possa conoscerla meglio di te, quindi ti credo. Dobbiamo cambiare strategia"
"Potremmo chiedere a Nostradamus? Magari ha qualche pozione che le faccia perdere il bambino..."
Catherine la fissò meravigliata e Anne credette di leggere una punta d'orgoglio nel suo sguardo.
"E' una buonissima idea" disse, poi si diresse alla porta e ordinò a una delle guardie di chiamare il veggente di Corte. La guardia partì immediatamente.
"Potremmo semplicemente dimostrare che Mary non è più vergine, magari sarà sufficiente ad annullare il matrimonio" continuò la nonna, parlando più a se stessa che alla nipote.
Anne scosse la testa: "Andrew nascerebbe comunque, dobbiamo impedirlo"
Catherine annuì: "Vorrei riuscire a trovare un altro modo..."
"Lo so. Lo so. Anche io. Ma avrà altri figli. Avrà me"
La donna si avvicinò ad Anne e l'abbracciò, tenendola stretta.
"Hai ragione. Saranno felici lo stesso. Lo saranno di più"
Nel frattempo, la guardia era tornata, recando con sè Nostradamus, il quale fissò prima Anne, trapassandola col suo sguardo indagatore, e poi Catherine, in cerca di spiegazioni dalla sua regina.
"Nostradamus, vieni. Siediti. Abbiamo bisogno di sapere se puoi aiutarci"
"Sempre a vostra disposizione, Maestà"
"Tra le tue pozioni, ne hai una che provochi un aborto?"
Nostradamus non sembrava sorpreso, probabilmente Catherine si rivolgeva spesso a lui con richieste del genere.
"Sì, un preparato a base di prezzemolo..."
"OTTIMO!" esultò Catherine, ma Nostradamus le fece cenno di calmarsi: "La persona che assumerà quel preparato abortirà, ma dovete sapere che le conseguenze saranno drastiche: non potrà mai più concepire"
La verità piombò su Catherine e Anne come uno schiaffo inaspettato. La ragazza scosse la testa in direzione della nonna, non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere a sua madre. Catherine capì e annuì nella sua direzione: "La terremo come ultima opzione"
"E quali altre opzioni abbiamo?!" Anne era sul punto di crollare.
"Lo daremo via quando nascerà, insinueremo il dubbio che sia un figlio bastardo e Mary dovrà acconsentire a nasconderlo" Catherine riflettè un secondo "Dobbiamo fare in modo che Francis metta in dubbio la paternità del figlio"
Anne ripensò agli sguardi che Mary aveva lanciato a Hugh durante quel pomeriggio, ed ebbe un'idea.
"So cosa fare, so chi convincere a farlo"
Catherine annuì brevemente, cingendole le spalle con le mani e senza chiederle ulteriori spiegazioni: "Spero che tu ci riesca, e il prima possibile, altrimenti dovremo fare nell'altro modo"
Anne si congedò da entrambi e, appena fuori dalle camere della regina, iniziò a correre in direzione di quelle scozzesi.


 
***

 
 
Arrivò trafelata nell'ala del castello destinata agli ospiti scozzesi, guardandosi attorno spaesata: non aveva idea di quale fosse la camera di Hugh. Non c'erano guardie, nessuno a cui chiedere. Anne si fece coraggio e bussò ad una porta a caso, pochi secondi dopo si ritrovò davanti uno sconosciuto dai capelli scuri.
"Cercate qualcuno?" le disse il ragazzo, piuttosto scocciato di essere stato disturbato a quell'ora. Delle risate femminili provenienti dall'interno della camera fecero pensare ad Anne che forse aveva interrotto qualcosa.
"Quale di queste è la camera di Hugh?" chiese la ragazza in modo piuttosto diretto, non le sembrava il momento di mettersi a fare troppe moine. Lui le fece un cenno con la testa in direzione della porta di fronte.
"Grazie"
La porta le venne chiusa in faccia. Beh, forse Hugh non era l'unico maleducato tra i suoi amici scozzesi. Percorse i pochi metri che la separavano dalla porta in questione e fece per bussare, ma prima che riuscisse a posare le nocche sul legno, questa venne spalancata e Anne si trovò di fronte Francis.
I due si fissarono per qualche secondo, entrambi sorpresi della presenza dell'altro, finchè Francis sembrò aver messo a fuoco la situazione: "Non avevo capito che stessi aspettando qualcuno, me ne sarei andato prima" disse, rivolto verso l'interno della camera.
Anne sbuffò: "Non avevo avvertito che sarei arrivata"
"Uh, un'urgenza improvvisa?" le rispose Francis, facendole l'occhiolino.
La ragazza scoppiò a ridere. Avrebbe dovuto sentirsi offesa, ma in realtà era solo molto divertita dall'assurdità di quell'affermazione, ma soprattutto dalla bocca di chi era uscita.
"Sì, come no. Posso entrare?"
"Certo" annuì Francis sbrigativo "Me ne stavo andando. Ti lascio in ottima compagnia, amico mio" e dopo aver detto ciò superò Anne, con l'intenzione di andarsene, senza stare però molto attento a non sfiorarla, come invece avrebbe dovuto. Anne alzò gli occhi al cielo, spinse la porta ed entrò, senza assicurarsi se Hugh fosse presentabile, cosa che infatti non era. Aveva indosso solo i pantaloni, a quanto pare si stava facendo la barba e non riteneva opportuno vestirsi di fronte a lei.
"Ciao" le disse, continuando a radersi come se nulla fosse.
"Ciao..." rispose Anne, fissandogli la schiena in attesa che si vestisse. Hugh, sentendosi osservato, si voltò e alzò un sopracciglio in direzione della ragazza.
"Che c'è?"
"Vestiti!"
"Oh ma cosa vuoi, sono in camera mia, sto come voglio"
"Sai una cosa? Non me ne importa niente. Ho bisogno di chiederti se puoi fare una cosa per me"
"Ragazza, io non sono nemmeno sicuro di chi tu sia, perchè dovrei farti favori?
"Perchè ti pagherei"
Hugh ridacchiò divertito: "Ho moltissimo denaro"
"Ti prego, almeno ascolta quello che ho da dirti!" Anne era esasperata, non aveva mai conosciuto qualcuno più antipatico e menefreghista di lui in vita sua.
Hugh si sciacquò il viso nella tinozza e nel farlo si piegò in avanti, mettendo in movimento i muscoli tonici della schiena appena sotto la pelle. Anne cercò di concentrarsi su qualcos'altro.
Dopo essersi asciugato il viso, buttò a terra l'asciugamano e avanzò verso di lei, coi capelli spettinati e ancora qualche goccia d'acqua sul collo.
"Adesso puoi vestirti, per favore?"
"Mi sembrava che tu ti stessi godendo lo spettacolo. Sicura che vuoi che mi vesta?" le disse con un sorriso beffardo stampato in faccia.
Anne annuì, ma non riuscì a evitare di arrossire un po'.
Hugh, sbuffando, prese una camicia e se la infilò in modo molto teatrale.
"Non ho tutto il tempo del mondo. Cosa vuoi da me?"
"Ho bisogno che tu... tu e Mary dovreste... insomma lei deve, deve... prima del matrimonio lei deve..."
Hugh le sorrise in modo molto falso: "Spero di aver capito male" e dicendo questo si avviò verso la porta, facendole cenno di andarsene.
"Aspetta!"
"No, ragazza. Non farò una cosa del genere alla mia regina. Non la farei a nessuna donna, a dire il vero"
"Guarda che non ti sto chiedendo di violentarla, solo di portartela a letto!"
"E' uguale, non uso il letto come arma"
Anne non l'avrebbe mai detto: quel ragazzo aveva dei principi morali. Era sorpresa ma anche infuriata con lui.
"Sei proprio inutile" gli disse in un sibilo, avviandosi verso l'uscita.
Hugh chiuse immediatamente la porta, che aveva aperto per farla uscire, e le si parò davanti. Anne indietreggiò ma lui le andò dietro, finchè lei non si trovò con le spalle al muro e quindi dovette fermarsi.
"Prego, signorina?"
"S-scusami..."
"Vieni qui, in camera mia, senza preavviso. Mi chiedi di fare una cosa orribile e se rifiuto mi insulti? Come ti permetti?"
"Beh, tu non sei un grande esempio di educazione, comunque"
"Continui ad insultarmi?! Stai scherzando col fuoco" Hugh sogghignò, fissandola negli occhi. Anne sostenne lo sguardo, nonostante avesse i battiti accelerati per la collera e per la paura.
"Lasciami andare"
"No"
"Ho detto: lasciami andare!"
Gli occhi di Hugh ridotti a due fessure: lo aveva fatto arrabbiare.
Si staccò da lei rapidamente, lasciandola libera di andarsene. Anne si sistemò il vestito spiegazzato senza guardarlo in faccia e fece per avviarsi verso la porta, quando lui la fermò, prendendola per un braccio.
"Aspetta. Perchè vorresti fare una cosa del genere ad un'amica?" le chiese.
"Non sono affari tuoi"
"Lo sono, in effetti, visto che mi hai coinvolto"
Anne strattonò via il braccio dalla sua presa, facendosi male.
"Fai finta che questa conversazione non abbia mai avuto luogo"
"E rieccola, a darmi ordini"
Anne scosse la testa, non ne poteva veramente più. Afferrò la maniglia e, senza salutare, aprì la porta e uscì da quella stanza infernale.
 

Non poteva credere di essere stata trattata in quel modo. Chi si credeva di essere? Non era nessuno, e se voleva insultarlo, beh, poteva farlo. Che se ne andasse il prima possibile, non sopportava nemmeno il pensiero di doverlo incontrare nuovamente, nemmeno per sbaglio. Parlare così a una ragazza come lei! Trattenerla al muro senza permetterle di andarsene! Ma l'avevano educato i lupi?! Eppure sua sorella era gentile e carina. Probabilmente era lui a non essere una brava persona. Quanto lo detestava! Quanto!
Furibonda, tornò a passo svelto verso la sua stanza, senza nemmeno provare a calmarsi. Ma a metà del tragitto iniziò a pensare alle conseguenze di ciò che era appena avvenuto, ovvero che Hugh si era rifiutato di aiutarla, il che implicava l'uso della pozione. Anne cercò nella sua mente di individuare qualcuno che potesse fare ciò che lei aveva appena chiesto al ragazzo, ma non le venne in mente nessuno. Inoltre, non capiva perchè lui si fosse rifiutato di farlo: non aveva mai mostrato interesse per nessuno a parte se stesso. Forse c'entrava l'amicizia con Francis? Dopotutto suo padre era in camera di Hugh a tarda sera. Probabilmente si raccontavano anche delle loro avventure notturne. Anne rabbrividì al solo pensiero.
Giunta alla sua camera, fece per spingere la porta ed entrare, quando notò qualcosa sulla soglia: qualcuno aveva lasciato un tulipano rosso reciso, accompagnato da un biglietto. Anne raccolse il fiore da terra, guardandosi attorno. Il corridoio era vuoto. Lentamente, aprì il foglio piegato, e vi lesse le poche parole scritte in bella calligrafia: "E' questo il vostro preferito? G."
Non lo era, ma quel gesto così dolce la fece sorridere. Entrò in camera e versò un po' d'acqua in un bicchiere, infilandoci poi il tulipano. Rilesse nuovamente il biglietto, poi lo richiuse e lo ripose sul comodino, pensando a come avrebbe fatto l'indomani a dire a Greg che i tulipani non erano i suoi fiori preferiti. Ma una cosa era certa: quel gioco con lui le piaceva molto.

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


                                                             




CAPITOLO V.

 


Il sole del mattino d'autunno illuminava già le mura del castello quando Anne uscì dalle sue stanze diretta a quelle di Greg. Era nervosa e le batteva forte il cuore, non le era mai successo di sentirsi in quel modo per un ragazzo prima di allora. Velocemente raggiunse la sua meta e, dopo aver preso un respiro profondo, bussò alla porta in legno massiccio. Nessuno rispose. Bussò ancora. Calma piatta. Stava per andarsene quando passò di lì un servitore che, vedendola spaesata, le disse: "Cercate Lord Gregory, milady?"
"Veramente sì..."
"E' stato svegliato all'alba stamattina, il suo cavallo si è ferito durante la notte. Credo sia ancora giù alle scuderie"
"Oh, grazie mille, siete stato molto gentile ad informarmi" Anne fece per andarsene, ma all'ultimo momento si voltò e chiese: "Pensate che possa arrecargli disturbo?"
"Certo che no, milady! Parla in continuazione di voi, sarà contento di avervi vicina, presumo"
La ragazza lo ringraziò di nuovo e si avviò di passo svelto verso i recinti dei cavalli, sperando che niente di grave fosse successo all'animale di Greg.
 
Una volta arrivata vide tre uomini chini su un cavallo disteso, riconobbe lo stalliere, Greg e con loro c'era anche Nostradamus, intento a curare l'animale. Non sapeva bene cosa dire o fare, quando Greg si voltò e la vide, le sorrise e venne verso di lei. Quando le fu vicino Anne notò che aveva un'aria molto stanca e afflitta, e sperò che la situazione non fosse troppo grave.
"Ehi, cosa ci fate qui?" le chiese con un tono di voce molto dolce.
"Ero venuta in camera vostra e mi è stato detto delle condizioni del vostro cavallo. Si riprenderà? E' grave?"
Anne era sinceramente preoccupata, lui se ne accorse e le raccontò l'accaduto: un cinghiale si era intrufolato di notte nel box di Kongo, il cavallo, e l'aveva ferito ad una zampa. L'animale non camminava ma non sembrava avere niente di rotto, quindi probabilmente si sarebbe rimesso, se la ferita non si fosse infettata. Nostradamus stava giusto provvedendo a fasciarla e cospargerla di unguenti antisettici.
"Ma come mai eravate venuta a cercarmi? Volevate dirmi qualcosa?" azzardò Greg, che sapeva benissimo il perchè lei lo avesse cercato quella mattina.
Anne arrossì un po': "Volevo ringraziarvi per il fiore"
Anche Greg arrossì e spostò lo sguardo a terra: "Quindi... ho indovinato?"
La ragazza scosse la testa, guardandolo questa volta. Greg annuì deluso, sperava di aver fatto centro al primo tentativo. Anne se ne accorse e, forse mossa dalla storia del cavallo o forse soltanto perchè non ragionò molto su quello che stava facendo, si alzò in punta di piedi e lasciò un leggero bacio sulla guancia del ragazzo, che rimase impietrito da quel gesto.
Nessuno dei due sapeva cosa dire o fare, quindi Anne se ne uscì con un: "Ci vediamo in giro", prima di girare sui tacchi e tornare verso il castello, senza sapere se pentirsi o essere contenta di quello che aveva appena fatto.
 
Senza una meta precisa, Anne si ritrovò a vagare per il castello. Benchè ancora elettrizzata per quel bacio veloce e spontaneo, cominciava a chiedersi se non avesse sbagliato ad agire d'impulso, ma dopotutto Greg le piaceva e lei sembrava piacere a lui, non ci sarebbe stato niente di male nel cominciare a frequentarsi, inoltre non sapeva ancora come fare per tornare al suo presente e nemmeno quanto tempo avrebbe impiegato a scoprirlo.
Mentre girovagava con questi pensieri in testa, si ritrovò in quella che veniva chiamata "infermeria", dove alloggiava e lavorava Nostradamus. Anne decise di cogliere l'occasione al volo e parlare con lui degli ultimi sviluppi.
Entrò senza bussare e si ritrovò davanti sua nonna.
"Anne, ti stavamo mandando a chiamare. Come è andata ieri?"
La ragazza scosse la testa, fissandosi l'orlo del vestito. Catherine capì al volo, senza bisogno di ulteriori spiegazioni.
"Nostradamus, avremo bisogno della tua pozione"
L'uomo si inchinò brevemente in direzione della regina e iniziò ad armeggiare tra gli scaffali, finchè ne estrasse una boccetta in vetro contenente un liquido verde scuro.
"Ecco, estratto di prezzemolo. Il sapore è molto forte, forse solo il vino rosso riesce a mascherarlo" disse lui.
Anne prese la boccetta dalle sue mani, pensando a come somministrarla alla madre. Intervenne Catherine a chiarirle il da farsi: "Fai dei biscotti, tesoro, e portaglieli in regalo. Vorrà condividerli con te e allora le drogherai il bicchiere di vino"
Anne detestava dover fare qualcosa del genere, ma sapeva di essere l'unica che avrebbe potuto farla: Mary non si fidava di Catherine e nessun'altro avrebbe dovuto sapere del loro piano. Mise quindi la pozione in tasca e si diresse verso l'uscita, ma una mano della nonna arrivò a fermarla.
"Mi dispiace che sia tu a doverlo fare, so che è una cosa orribile. Sei così giovane, ma presto capirai che per fare un'omelette bisogna rompere qualche uovo, e imparerai a conviverci. Ti renderà più forte"
"Spero solo di non diventare una persona senza cuore"
Catherine la strinse a sè: "Questo non potrà mai accadere"
"Chissà come sarà cambiato il mondo quando tornerò..." ma, subito dopo aver pronunciato queste parole, Anne si rese conto dell'assurdità della faccenda. Cercò lo sguardo di Nostradamus, staccandosi da Catherine: "Se Mary prenderà la pozione, io non nascerò"
Nostradamus annuì solenne.
"Quindi se non sarò mai nata, scomparirò dalla faccia della Terra?"
"No" rispose lui "non nascerai nel futuro, ma in questo presente continuerai a vivere"
Come aveva fatto a non pensarci prima? Era così ovvio. Non sarebbe mai potuta tornare a casa.
Ma voleva davvero tornarci? Nel passato, aveva tutta la sua famiglia, anche se nessuno la riconosceva per quello che era. Nel futuro, cosa aveva? Un fratello pazzo e una fredda torre dove dormire. Forse rimanere là era un'occasione da non lasciarsi sfuggire.


 
***
 


La luna splendeva piena in cielo, erano da poco passate le undici di sera quando Mary sgattaiolò fuori dalla propria camera per andare a bussare piano ad una porta a lei molto familiare, benchè non le fosse mai stato permesso di varcarla.
Le guardie avevano appena finito il loro turno, quindi non c'era nessuno che potesse vederla. Sentì dei passi provenire dall'interno della camera e un secondo dopo si ritrovò davanti Francis in tenuta da notte. Non gli permise nemmeno di pronunciare una sillaba: in una frazione di secondo era incollata a lui e lo stava già spingendo verso l'interno e chiudendo la porta.
Appena ebbe realizzato cosa stava succedendo, Francis si staccò dalle labbra di lei tentando un: "Non possiamo! Le guardie..." ma Mary lo zittì di nuovo con un altro bacio, ancora più passionale del precedente. Non erano stati più soli dopo quella volta al villaggio e a Mary lui mancava come l'aria. Probabilmente la mancanza era reciproca perchè anche Francis alla fine cedette e iniziò a ricambiare il bacio di lei con altrettanto trasporto.
Mary iniziò a baciargli il collo e l'incavo della clavicola, mentre gli sfilava la camicia. Lui in risposta le accarezzò la testa, scostandola da sè e girandola per slacciarle il corpetto. Mentre armeggiava con i lacci, continuò a darle dei baci leggeri sulla schiena e sul retro del collo fino all'orecchio. Mary si liberò velocemente del vestito ormai aperto, con l'intenzione di spingere Francis sul letto, ma lui fu più veloce, bloccandola al muro e riprendendo a baciarla da dove aveva lasciato. Dopo qualche secondo, lei gli tirò su la testa e i due si scambiarono un intenso sguardo carico di mille emozioni diverse ma amalgamate tra di loro talmente tanto da risultare irriconoscibili singolarmente. Guidò la testa di lui verso le proprie labbra, e questa volta fu lui a spingerla verso il letto, prendendole poi le mani, una volta distesa, e bloccandogliele sopra la testa, per poterla baciare dove e come voleva. Mary lo lasciò fare e lo interruppe soltanto per sussurrargli: "Mi sei mancato così tanto". Francis sfiorò il naso di lei con il suo, rispondendole col tono di voce più dolce del mondo: "Anche tu. Ho pensato a te ogni giorno" un bacio leggero sulle sue labbra per poi continuare "Non so come ho fatto a resistere così a lungo". Mary gli sorrise, liberando le braccia dalla sua presa e riappropriandosi della libertà di toccarlo a sua volta.
 
Francis si svegliò per primo il mattino dopo. La luce filtrava dai vetri delle finestre e illuminava il cuscino sul quale era appoggiata la testa di Mary, ancora avvolta dal sonno. Fece per alzarsi, ma il fruscio delle lenzuola svegliò l'altra inquilina del letto in legno massiccio che quella notte aveva ospitato due occupanti. Mary aprì piano gli occhi ma li richiuse subito, accecata dalla luce diretta proprio contro la sua faccia. Francis allora le andò vicino e le diede un bacio leggero sulla guancia, posizionandosi in modo da coprire i raggi del sole che le davano fastidio. Lei alzò lo sguardo ancora mezzo addormentato su di lui e con l'indice andò ad accarezzargli il torace nel centro esatto di esso, proprio sopra lo sterno.
"Sai, c'è una cosa che devo dirti"
Francis assunse un cipiglio accigliato: "Cosa?"
"Sai noi... beh, dall'ultima volta è passato del tempo e... e io non..."
"Mary, parla" Francis aveva già capito in realtà, ma non voleva azzardarsi a crederci.
"Io credo di essere incinta, ecco" Mary quasi lo urlò e Francis le mise d'istinto una mano sulla bocca e le fece segno di tacere. Ma subito dopo sulla sua faccia spuntò un sorriso che gridava felicità a squarciagola.
"Quanto ne sei sicura?"
"Non lo so... non ne posso parlare con nessuno. Ho un ritardo di soli dieci giorni, quindi probabilmente non è nient..." ma Francis la zittì di nuovo, stavolta con un bacio, prima che potesse finire di parlare.
"Quindi non ne siamo abbastanza sicuri" le disse staccandosi un momento da lei "Penso che sia meglio insistere, allora" ricominciò a baciarla per poi fermarsi di nuovo "Non credi?". Mary scoppiò a ridere e gli annuì di rimando, prendendogli la testa fra le mani e guidandola verso di lei.


 
***
 


Greg stava tornando al castello dopo aver assistito il suo cavallo per tutto il giorno, era già buio e lui non aveva ancora cenato. Svoltato l'angolo che conduceva all'ala Est, si trovò di fronte una scena alla quale avrebbe preferito non assistere: Bash si stava praticamente mangiando la faccia di una ragazza che a Greg sembrava essere una delle dame di compagnia di Mary Stuart. I due non avevano notato la sua presenza quindi il ragazzo si schiarì la voce un paio di volte. Bash si voltò immediatamente e si staccò dalla ragazza, dicendole qualcosa all'orecchio che Greg non riuscì ad afferrare, ma la vide annuire e correre via rassettandosi il vestito.
"Scusa l'interruzione, amico"
"Ah figurati, il rischio di essere scoperti rende il tutto molto più eccitante!" Bash sottolineò la frase con un occhiolino, e Greg arrossì immediatamente: non era abituato nè a fare nè a parlare di cose del genere.
"Ma dimmi" continuò Sebastian "Ti ho visto in giro con la ragazza nuova, hai qualcosa da raccontarmi?"
Greg divenne ancora più rosso e scosse deciso la testa. Bash, che conosceva l'amico, gli diede un pugno sulla spalla.
"Ahi!"
"Parla!"
"Ok! Sto cercando di indovinare quali siano i suoi fiori preferiti, ma per adesso non ci sono riuscito"
"...e?" Bash continuò ad incalzarlo.
"...e stamattina mi ha ringraziato dandomi un bacio sulla guancia" Greg avrebbe voluto sotterrarsi.
Bash scoppiò a ridere: "Ma va benissimo allora! Lei è una ragazza perbene, devi andarci piano"
"Lo so... lo sto facendo"
"Che fiori le hai portato?" chiese Bash.
"Un tulipano"
Sebastian ci pensò su un momento: "Perchè non provi con le rose? A tutti piacciono le rose. Rosse. Certamente rosse" gli sganciò un altro occhiolino circondandogli le spalle con un braccio.
"Ok" rispose rassegnato Greg.
"Lei mi piace, sai? Vi vedo bene insieme. Ma adesso mangiamo qualcosa, che Kongo è in buone mani" e, detto questo, trascinò Greg in cucina, a vedere se potevano racimolare un po' di selvaggina avanzata.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


                                                                      




CAPITOLO VI.



 
Con il cestino colmo di biscotti in una mano e una bottiglia di vino dolce nell'altra, Anne bussò alla porta che conduceva alle stanze scozzesi. Aveva impiegato tutto il pomeriggio precedente a preparare gli shortbread da portare in dono a Mary.
Quando era bambina, lei e sua madre erano solite prepararli ogni tanto, nonostante ci fossero cuoche e pasticcere in abbondanza al castello. Mary era felice di insegnare alla figlia qualcosa della cultura scozzese, benchè anche lei non avesse vissuto mai in Scozia, anzi, forse proprio per questo motivo entrambe avevano bisogno di sentire le proprie origini vicine, inoltre adoravano passare del tempo insieme. Negli anni li avevano preparati così tante volte che Anne era diventata bravissima, perciò quando dovette pensare a quali biscotti preparare non le venne in mente nient'altro che quelli.
Ad aprire la porta venne Mary in persona.
"Anne! Che bello rivederti! Vieni, entra" e si scostò di lato per farla passare.
"Ieri pomeriggio mi stavo annoiando e quindi mi sono messa a cucinare. Ho fatto troppi biscotti e ho deciso di portarne qualcuno a te e alle ragazze"
Gli occhi di Mary si illuminarono per la sorpresa: "Oh! Ma che pensiero dolce! Aspetta allora, vado a chiamare le altre e li mangiamo tutte insieme. Non abbiamo ancora fatto colazione, oggi ci siamo alzate tardi"
Detto questo, scomparve per poi ricomparire dopo pochi minuti con tutta la comitiva. Anche le ragazze ringraziarono infinitamente Anne per la gentilezza e si sedettero sui divani del salotto. Lei annunciò di aver portato anche del vino e si mise a versarlo nei bicchieri, ignorando le proteste di Mary che non voleva che lei si disturbasse così tanto. Anne preparò i bicchieri di spalle, correggendone solo uno con il contenuto della boccetta nascosta in una tasca della gonna. Poi porse quel calice a Mary e distribuì gli altri in giro, prendendone uno anche per sè. Bevve per prima, in modo che fosse fugato ogni pensiero negativo, dopotutto Mary era costantemente minacciata dagli inglesi e chiunque poteva essere comprato. Dopo che Anne ebbe bevuto, lo fecero anche le altre e quella bionda, che era anche la più cicciottella, iniziò a fare domande sui biscotti in questione: "Che tipo di leccornia ci hai preparato, Anne?"
"Sono shortbread, ho pensato che qualcosa del vostro paese avrebbe potuto farvi piacere"
"Oh! Shortbread! Quanto tempo che non ne mangiavo! Quasi non li riconoscevo!" esclamò Judith, afferrandone uno. Questo ruppe il ghiaccio e tutte iniziarono ad attingere dal cestino al centro del tavolo.
I complimenti arrivarono da tutte, soprattutto da Mary, che affermò di non averne mai mangiati di più buoni ("certo" pensò Anne "è la tua ricetta", ma tenne questi pensieri per sè), e la lodò soprattutto per essere riuscita a cucinarli pur non essendo mai stata in Scozia.
La mattinata proseguì in questo modo, chiacchierando e ridendo tra un biscotto e l'altro. Mary bevve quasi tutto il calice di vino offertole, ma si limitò a uno soltanto, mentre le altre continuarono ad attingere dalla bottiglia finchè non fu vuota. Anne lesse questo comportamento come la prova che Mary fosse consapevole di essere incinta.
Quando tornò nelle sue stanze a ora di pranzo, nonostante fosse stata ripetutamente invitata a rimanere, si sdraiò sul letto senza nemmeno togliersi le scarpe e iniziò a piangere, cercando di soffocare i singhiozzi nel cuscino. Quello che aveva appena fatto era una cosa orribile, anche se era l'unica soluzione possibile per il bene di tutti, soprattutto di sua madre stessa, ma non avrebbe comunque mai potuto perdonarselo e Anne sapeva che questa colpa sarebbe rimasta con lei come un fardello per tutta la vita.

 
***
 

Mary si svegliò nel cuore della notte, la pancia le doleva e, quando fece per alzarsi, sentì le lenzuola bagnate. Si scoprì, afferrò la candela e avvicinandola vide una macchia di sangue che si estendeva per gran parte del letto. Altro sangue continuava a uscirle ad ogni minimo movimento e lei si portò una mano alla bocca per cercare di soffocare i singhiozzi e le lacrime. Le era bastato un attimo per capire cos'era successo, ma non riusciva a pensare lucidamente, nè a smettere di piangere. Avrebbe voluto chiamare qualcuno, ma nessuno sapeva della sua gravidanza, nè avrebbero dovuto sospettarlo. Chiedere aiuto alle ragazze era fuori discussione, non erano capaci di mantenere un segreto. La domestica avrebbe sicuramente spettegolato in giro, quindi anche quella non era un'opzione. L'unica altra persona che le venne in mente fu Anne: benchè non la conoscesse bene, sentiva di potersi fidare di lei. Quando l'emorragia sembrò essersi arrestata, Mary, senza nemmeno ripulirsi troppo, uscì dalla stanza attraverso i tunnel segreti che collegavano varie parti del castello tra di loro e giunse in una camera vuota vicina a quella di Anne. La attraversò e andò a svegliare la ragazza, ancora piangendo. Anne si sentì scuotere per le spalle e aprì gli occhi, ancora mezza addormentata.
"Ch-che è. Ma cos... Mary? Che è successo?"
Subito dopo aver pronunciato quelle parole mise a fuoco la situazione, ma lasciò comunque che Mary le spiegasse, fra le lacrime e i singhiozzi, cosa era accaduto.
"Vieni" la prese per mano, facendola scendere dal suo letto "Andiamo a dare una pulita prima che faccia giorno"
Mary si lasciò condurre di nuovo in camera sua e insieme tolsero le lenzuola imbrattate per sostituirle con delle nuove. Anne fece cambiare la camicia da notte a Mary e raccolse tutti i panni sporchi pensando a come sbarazzarsene. Decise che l'opzione migliore sarebbe stata quella di bruciarli, e si promise di affidare l'onere a Nostradamus, l'indomani.
Mary, come era comprensibile, era ancora sotto shock: aveva smesso di piangere ma i suoi occhi erano spenti e stava seduta sul letto, immobile, senza aprire bocca. Anne non poteva sopportare di vederla in quello stato, soprattutto perchè sapeva di esserne lei la causa. Si avvicinò a lei, decretando, con un tono che non ammetteva repliche: "Mettiamoci a dormire, non ti lascio da sola stanotte" e detto questo si infilò sotto le lenzuola pulite, seguita a ruota da Mary che non fece obiezioni.
Quando Anne pensò che si fosse finalmente addormentata, Mary disse sottovoce: "Pensi che potrò avere altri bambini?". Anne si morse il labbro nell'oscurità, cercando la forza per mentirle nuovamente: "Certo, certo. Questa è una cosa che capita spesso alle donne. Dormi adesso". Mary le si accoccolò vicino e sussurrò un "grazie" assonnato poco prima di addormentarsi. Anne la seguì a ruota pochi minuti dopo: era quasi l'alba ed entrambe erano stremate.
 
Il mattino seguente Anne si svegliò per prima, il sole era già alto e se lei fosse rimasta troppo a lungo in quelle stanze qualcuno della servitù se ne sarebbe accorto e si sarebbe insospettito, così si alzò, stando attenta a non svegliare Mary, e fece per andarsene attraverso il corridoio segreto, ma poi tornò indietro e si chinò su di lei, lasciandole piano un bacio sulla fronte. Lei non si mosse e Anne si avviò verso camera di Francis, decisa a riferirgli l'accaduto.
 
Quando arrivò da Francis, lo trovò già in piedi e sorpreso di vederla uscire dal passaggio segreto che sbucava nella sua camera. Anne gli spiegò velocemente cosa era successo la notte precedente e lo pregò di stare vicino a Mary. Non fece in tempo a finire la frase che Francis stava già uscendo per andare dalla sua futura moglie: Anne non l'aveva mai visto così preoccupato in vita sua. La ringraziò per essere stata accanto a Mary quando aveva bisogno di lei e le suggerì di tornare nella propria camera attraverso i corridoi segreti, mentre lui avrebbe preso la porta principale. Si salutarono e Anne fece come le era stato detto. Quando si ritrovò in camera notò che il letto non era ancora stato rifatto: nessuno era quindi al corrente della sua fuga notturna. Bene. Un problema in meno di cui occuparsi. Decise che sarebbe stato meglio lavarsi e vestirsi, e così fece.
Si era appena buttata sul letto, con l'intenzione di riappisolarsi un po', quando sentì bussare piano alla porta. Non avendo domestici al suo servizio, si alzò e andò ad aprire. Quello che si trovò davanti fu un Greg sorridente con una rosa rossa tra le mani. Anne non riuscì a nascondere la sorpresa e Greg ne fu lieto.
"Allora? Indovinato?" le chiese speranzoso.
"Sì e no"
Greg non capì subito che cosa lei intendesse, quindi Anne cercò di spiegarsi meglio: "Il fiore è giusto, ma è il colore ad essere sbagliato"
"Oh, quindi è una mezza vittoria?"
Anne annuì sorridendo: "Mi piacciono solo in due colori: uno è questo e l'altro è il mio preferito"
"Che fortuna" azzardò Greg "Io l'avevo scelta soprattutto per il messaggio..." ma non riuscì a evitare di arrossire per la sua stessa audacia, quindi abbassò lo sguardo  nel tentativo di nascondere la sua vergogna.
Anne era ben consapevole del significato delle rose rosse nel linguaggio dei fiori e la confessione del ragazzo la spinse a fare qualcosa che altrimenti, forse, non avrebbe osato fare. Gli si avvicinò, prendendo il fiore dalle sue mani e posandolo sul comodino lì accanto, ma poi si spinse ancora più vicino a lui, arrivando a pochi centimetri dal suo naso. Lì si fermò, indugiando con lo sguardo sulle sue labbra un secondo di troppo: fu lui a spingersi verso di lei e colmare la breve distanza fra di loro. Posò le labbra su quelle di Anne, dapprima dolcemente, saggiando il terreno, poi lasciandosi andare e attirandola a sè. Le mani di Anne salirono dietro la nuca di lui, avvicinando ancora di più la testa di lui alla propria. Greg la spinse dentro e chiuse la porta. Lei gli si avvicinò nuovamente, stavolta con più confidenza e determinazione, lo spinse contro il legno della porta e dischiuse appena le labbra, permettendo alla lingua di lui di farsi spazio e trovare quella di lei. Era una sensazione strana, pensò, non aveva mai baciato nessuno a quel modo prima di allora e avrebbe dovuto sentirsi a disagio o fuori posto, ma così non era. Sentiva che tutto quello che stava accadendo era perfettamente naturale e, soprattutto, molto piacevole. Si sorprese a volerne sempre di più. Erano avvinghiati: le mani di lui sulla schiena di lei, quelle di lei aggrappate ai capelli di lui. Finchè Anne si staccò bruscamente, mettendo un metro di distanza tra di loro. Greg fece un'espressione interrogativa, pensando di aver sbagliato qualcosa.
"Cosa succede?" le chiese.
Anne scosse la testa, portandosi una mano alle labbra: "Non posso farlo... io... non possiamo continuare"
Greg capì subito cosa lei intendesse e le si avvicinò di nuovo, cingendole la vita con le braccia: "Lo so, tranquilla. Le mie aspettative non sono mai state così alte. Sono perfettamente consapevole che le lady come te devono conservarsi fino al matrimonio"
Anne arrossì leggermente, annuendo.
"Però potrei chiederti in moglie prima di quanto pensi" concluse.
Anne alzò di nuovo lo sguardo su di lui e, non sapendo cosa ribattere, gli stampò un leggero bacio sulle labbra, prima di spingerlo verso la porta con un: "Devi andartene prima che qualcuno ti scopra!". Greg, controvoglia, aprì la porta e uscì, senza rendersi conto che Hugh stava passando di lì proprio in quel momento. Il ragazzo scoccò un'occhiata stupita alla schiena di Greg e ancora più stupita alla faccia di Anne, che divenne presto del colore di una fragola matura. Ma Hugh aveva appena cominciato a divertirsi con lei e non aveva nessuna intenzione di finirla lì, quindi, senza essere invitato, entrò nella camera della ragazza.
"Cosa fai?! Esci subito!"
"Nemmeno per sogno. Chi era quello?"
"Nessuno. Vattene. Fai finta di non aver visto nulla"
"Ma ho visto qualcosa" ribattè lui.
Anne esasperata, cercò di supplicarlo: "Ti prego, ti scongiuro. Non raccontarlo a nessuno"
Hugh ci pensò su un momento: "In cambio, però, voglio che tu mi dica perchè mi hai chiesto di fare quella cosa, l'altro giorno"
"Non se ne parla"
"Bene" disse Hugh "Chissà quanto la regina sarà contenta di sapere che non sei così casta e pura come sembri" e fece per andarsene, ma Anne gli bloccò il braccio.
"No! Aspetta! Va bene" acconsentì "Cosa vuoi sapere di preciso?"
"Perchè volevi che mi portassi a letto la promessa sposa di uno dei miei migliori amici, nonchè regina di Scozia e per giunta tua amica?" le chiese, incrociando le braccia sul petto e inchiodando gli occhi azzurri in quelli di lei.
Anne, controvoglia, gli raccontò tutto. Non c'era modo di spiegare quella faccenda senza metterlo al corrente anche di tutto il resto, soprattutto perchè Hugh era troppo sveglio per non fare le domande giuste. Anne sperò che lui mantenesse il segreto: non si fidava per niente di Hugh, ma questa volta non aveva scelta. Lui ascoltò tutto il racconto con vivo interesse e Anne cercò di essere il più sintetica possibile.
"Quindi tu non sei ancora nata?" le chiese alla fine, ma più che altro lo stava domandando a se stesso per metabolizzare la notizia.
"Sì. Ti prego, non raccontare questa storia a nessuno!"
"E chi mi crederebbe? Io stesso fatico a crederci!"
In effetti, era piuttosto difficile accettare che una situazione del genere fosse reale.
"Chi ne è al corrente?" le chiese poi.
"Soltanto noi, Catherine e Nostradamus"
Hugh annuì: "Beh, mi dispiace non esserti stato d'aiuto quando me lo hai chiesto"
"Avresti fatto ciò che ti chiedevo se avessi saputo le motivazioni?"
"No" le rispose "Mi dispiace"
Anne fece spallucce: "Non importa, capisco perchè non avresti potuto. Anche se non avrei mai pensato che tu fossi una brava persona, sotto sotto. Pensavo non avessi scrupoli di nessun genere"
Hugh fu sorpreso di sentirsi affrontare in quel modo, e gli ci volle qualche secondo per ribattere, offeso: "Non dovresti giudicare le persone senza conoscerle, sai?
"Di solito non mi sbaglio, però"
"Questa volta sì. E visto che sono uno dei pochi che sa questa storia, potresti in futuro aver bisogno di me e io potrei anche aiutarti, magari"
Anne, non sapendo che cosa aggiungere, chiese nuovamente conferma del suo silenzio: "Dirai a qualcuno di me e Greg?"
"Ah, si chiama Greg?"
"Sì" gli disse lei, incitandolo con gli occhi a darle una risposta "Allora?"
"No, stai tranquilla. Mantengo sempre la mia parola"
"Bene"
"Non dirò a nessuno che ti sei portata a letto Greg" aggiunse velocemente.
Anne arrossì violentemente: "Cosa?! No! Ehi! Non è mai successa una cosa del genere!"
"Come no, certo" le rispose facendole l'occhiolino.
"Ci siamo solo... baciati un po'" Anne non sapeva bene perchè gli stesse dicendo tutto questo, visto che lui aveva promesso di non dire niente a nessuno, ma a quanto pare Hugh era bravissimo a tirarle fuori notizie che lei non avrebbe mai voluto dargli.
"Se non ci ha nemmeno provato, lascialo perdere"
"Non voglio parlarne con te!" gli urlò in faccia.
"Ma se il letto è disfatto! Anne, non negare l'evidenza"
Un po' stupita del fatto che lui si ricordasse il suo nome, visto che l'ultima volta che si erano visti aveva lasciato intendere di non ricordarsi di lei, decise di dargliela vinta, tanto era inutile discutere con un soggetto del genere: "Ah senti, credi a quel che vuoi. Non mi interessa, non so nemmeno perchè ne stiamo discutendo. Non è successo e basta"
Hugh ridacchiò: "Okay, okay. Non è successo... oggi. Ma magari ieri..."
Anne gli lanciò dietro un cuscino, diventando rossa in viso di nuovo: "Non l'ho mai fatto, okay? Volevi che lo dicessi ad alta voce?!"
"Esatto" le rispose Hugh, ridacchiando soddisfatto e schivando un secondo cuscino diretto sul suo naso "Ah e, per la cronaca, io sono disponibile se tu volessi fare pratica"
"Vattene" Anne lo spinse verso la porta.
"Guarda che so come non farti rimanere incinta" continuò lui, divertendosi un mondo a prendersi gioco di lei a quel modo.
"Dovrei essere davvero disperata per venire da te"
"Chi disprezza compra, milady"
"Ho detto vattene!" e così dicendo lo buttò letteralmente fuori dalla sua camera e gli chiuse la porta in faccia, sicura che il pensiero non le avrebbe mai e poi mai attraversato la mente.

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


                                                                  




CAPITOLO VII.

 


Mancava pochissimo al matrimonio di Mary e Francis e Anne era sempre più elettrizzata. Aveva immaginato per tutta la vita come sarebbe stato assistere alle nozze dei suoi genitori, vedere sua madre indossare il vestito bianco che così spesso le aveva chiesto di mostrarle, il suo primo ballo con Francis da marito e moglie. Anne vedeva questa occasione come un dono del cielo, ora che le cose erano finalmente sistemate e lei aveva accettato l'idea di dover rimanere per sempre in quell'epoca.
Catherine aveva organizzato un banchetto per far sì che tutti i cavalieri invitassero le loro dame ad accompagnarli al matrimonio reale. Anne vide Greg all'altro capo del tavolo e decise di fargli una "sorpresa". Si avvicinò a lui silenziosamente e alle spalle, in modo che lui non potesse vederla nè sentirla, e prima che lui potesse rendersi conto gli disse in un orecchio: "Vieni al matrimonio con me?".
Greg riconobbe la voce e si voltò indignato: "Avrei dovuto chiedertelo io".
"Ma l'ho fatto prima io"
"Non è così che si fa"
Anne fece spallucce: "Non m'importa"
Greg scosse la testa, alzando gli occhi al cielo: "Come devo fare con te?"
"Dì di sì" rispose lei, fissandolo negli occhi con tutta la dolcezza che aveva nel cuore.
Greg annuì: "Sì, certo che voglio venire al matrimonio con te"
Anne gli prese la mano, stringendola dentro la sua. Avrebbe tanto voluto dargli un bacio, ma ovviamente non poteva. Non ancora, almeno.
"Ma non posso" aggiunse il ragazzo.
Anne aggrottò la fronte, sorpresa.
"Non posso perchè non sarò qui" continuò Greg "Mio padre vuole che vada con lui in viaggio d'affari, dice che devo imparare a gestire i soldi di famiglia. Partiremo domattina presto" le prese il viso tra le mani "Ma non ti permetto di andarci da sola, okay?"
"Certo che ci andrò da sola, se non posso andarci con te" ribattè lei.
"Non proibirti di divertirti, promettimelo"
"No"
"Anne"
"Okay, okay. Mi divertirò, te lo prometto"
Greg sorrise contento di questa piccola vittoria: "Adesso vieni con me, balliamo. Non potrò vederti per due mesi, voglio ricordarmi questa serata"
"COSA?!" esclamò Anne, a voce decisamente troppo alta "Due mesi?!". Greg annuì: "Non urlare" e prendendole la mano la condusse verso il centro della sala e iniziò a ballare con lei, ancora sconvolta e irritata da quella notizia. Ma presto la rabbia si tramutò in tristezza: "Sei crudele".
"Non è colpa mia. Pensi che se potessi scegliere sacrificherei due mesi di tempo che invece potrei passare con te?" ma vedendo che non era convinta continuò "Non c'è nient'altro che vorrei al mondo, credimi".
Anne si staccò leggermente dalla sua spalla per guardarlo negli occhi e senza rendersene conto le sue labbra erano già partite a cercare quelle del ragazzo, che prontamente le fermò con un dito: "No".
Anne sbuffò.
"Sai che non possiamo, Anne"
"Lo so, lo so. Non l'ho fatto apposta"
Greg le strinse un po' di più la schiena, desiderando che tutta quella gente sparisse per poter restare da solo con lei.
 
La mattina seguente, appena poco dopo l'alba, Anne fu svegliata da qualcuno che bussava alla porta. Ancora mezza addormentata si alzò e andò a vedere chi era. Aprendo la porta si ritrovò davanti Greg, vestito e pronto per il viaggio.
"Sei ancora più bella appena sveglia"
Anne accolse quel complimento mugolando e ributtandosi sul letto, da vera signorina nobile. Sentì Greg ridacchiare avvicinandosi al letto.
"Posso?" le chiese.
Anne annuì ad occhi chiusi.
"Ho solo qualche minuto per salutarti" le disse mentre si sdraiava vicino a lei. Anne gli si accoccolò accanto e lui le cinse le spalle e la testa con un braccio, dandole un bacio sulla testa.
"Sposami"
Anne si svegliò di botto. Spalancò gli occhi, fissandolo: "Che?!"
"Sposami" ripetè lui "Quando tornerò dall'Italia"
Non stava scherzando, affatto. Ma c'era qualcosa che le impediva di accettare la sua proposta, anche se Anne non sapeva ancora cosa.
"Ti darò una risposta quando tornerai, allora" gli disse.
Greg alzò gli occhi al cielo: "Mi stai punendo, non è vero?"
Anne annuì leggermente, sghignazzando. Un secondo dopo si ritrovò inchiodata al letto, con Greg sopra di lei che le teneva ferme le braccia: "Devo convincerti?"
"Forse" gli rispose lei.
Greg, senza lasciarle libere le mani, iniziò a baciarla, dolcemente. Poi scese a baciarle il collo fino alla clavicola, dove si fermò, temendo di andare troppo oltre.
"Voglio sposarti così tanto" le sussurrò sulle labbra.
"Oh, non è sposarmi che vuoi" gli rispose lei, sempre sussurrando e muovendosi leggermente per posizionarsi più comodamente sotto di lui.
Greg le lanciò un'occhiataccia: "Beh, è vero anche questo"
"Vedi che ho ragione"
"Smetti di torturarmi e dimmi di sì"
"Dovrai aspettare" Anne non aveva nessuna intenzione di cedere.
Greg, approfittando di ogni minuto a sua disposizione, riprese a baciarla, liberandole le mani, che Anne spostò immediatamente sulla sua schiena, sotto la camicia di Greg. Questo contatto lo fece sussultare: non si aspettava un'audacia del genere, ma soprattutto non si aspettava che le mani di Anne continuassero a muoversi, raggiungendo il suo petto, le sue spalle e infine il suo collo, che la ragazza iniziò a baciare lentamente.
Per Greg era decisamente troppo, quindi la fermò: "Smettila, o non riuscirò più a fermarmi"
"D'accordo" Anne si fermò a malincuore "Scusa"
Greg si alzò, avviandosi verso la porta, ma prima di aprirla si girò verso di lei, facendole cenno di raggiungerlo. Quando gli fu vicina lui la attirò a sè e le diede un tenero bacio sulla guancia, abbracciandola subito dopo. Non dissero una parola, si lasciarono così, l'uno nelle braccia dell'altra.

 
***
 

La cerimonia era appena finita, i due sposi si erano scambiati le promesse davanti a Dio e adesso stavano ballando al centro della pista. Anne li fissava con un bicchiere di Champagne  in mano e un sorriso ebete stampato sulla faccia. Alla fine aveva deciso di andare al matrimonio da sola, altrimenti avrebbe avuto la sensazione di tradire Greg, anche se loro due non erano marito e moglie, non ancora almeno. E poi, con chi altri avrebbe potuto andarci?
Sentì qualcuno schiarirsi la voce a pochi metri da lei e un secondo dopo Hugh le si affiancò: "Sei venuta da sola, una bella ragazza come te è sprecata senza un cavaliere"
"Non sono merce in vendita, Hugh"
"Oh, lo so. Lo so benissimo"
Anne non capì esattamente quello che lui voleva dire, ma lasciò perdere, non aveva voglia di discutere con lui.
"Balla con me" le propose lui.
"Hai già una dama: tua sorella. Balla con lei"
Hugh sbuffò: "Smettila, vieni"
"No, per favore. Sono... impegnata"
Hugh sembrò sorpreso: "Ma lui non c'è adesso"
Anne per tutta risposta fece spallucce, senza voltarsi a guardarlo.
"Mmh, dovrò fare a modo mio allora" e detto questo si allontanò. Pochi secondi dopo l'orchestra iniziò a suonare un pezzo da ballare in gruppo: Anne non poteva rifiutare di ballarlo, soprattutto perchè Mary le stava facendo cenno di andare da lei.
Astuto. Molto astuto.
Guardò in direzione di Hugh, con gli occhi ridotti a due fessure. Lui le rispose alzando il calice di vino verso di lei e bevendolo tutto d'un sorso, prima di avviarsi anche lui al centro della sala.
Tutti i partecipanti erano ai loro posti quando la musica partì. Quel ballo prevedeva che ogni dama fosse casualmente abbinata a un cavaliere per tutta la durata della musica, e ovviamente Hugh aveva fatto in modo di trovarsi accoppiato con lei. Anne si inchinò a lui, come di rito, e poi le loro mani si unirono seguendo i passi di danza prestabiliti.
"Ottengo sempre quello che voglio, signorina" le sussurrò lui quando le loro teste si avvicinarono. Anne gli rispose con una smorfia, cercando di non guardarlo negli occhi.
"Non mi dire che sei totalmente immune al mio fascino, perchè non ci crederei" continuò lui. La ragazza seguitò a far finta di non starlo a sentire. Hugh quindi decise che avrebbe dovuto adottare un'altra tattica: quando arrivò il momento in cui i cavalieri avrebbero dovuto sollevare da terra le ragazze, facendo fare loro un giro in aria, Hugh le cinse la vita piuttosto in alto, verso il torace, e la spinse verso l'alto, la fece roteare e nel rimetterla giù esitò una frazione di secondo in più del dovuto, facendo sì che i loro nasi quasi si sfiorassero e lo sguardo che le lanciò avrebbe fatto sciogliere un ghiacciaio in pochi secondi. Anne non ne fu immune e Hugh se ne accorse: "Vedi? Non lo sei". Non sapendo cosa ribattere, Anne stette in silenzio, con i battiti accelerati e il fiato corto, cercando di nascondere le sue sensazioni.
Continuarono a ballare, lei cercando di mostrarsi tranquilla e disinvolta e lui gongolante per averla smascherata.
La musica cessò, le coppie si inchinarono e si prepararono al ballo successivo, che stava già iniziando. Anne invece si allontanò velocemente, dopo aver scoccato un'occhiataccia al suo accompagnatore indesiderato, furiosa con lui ma soprattutto con se stessa.
Hugh la lasciò andare senza insistere: sapeva benissimo di aver già cambiato abbastanza le carte in tavola per quella sera.

 
***
 

Mary si sciolse dall'abbraccio della figlia, per poi avviarsi verso la carrozza che avrebbe portato lei e Francis a Notre Dame e poi in viaggio di nozze in tutta la Francia. Judith e le altre ragazze sarebbero andate con lei, per continuare a servirla in quei mesi lontana da casa. Così Anne sarebbe rimasta sola alla corte di Francia, anche se solo per poco.
Mentre la carrozza si allontanava, Anne si concesse un paio di lacrime di felicità. Hugh le si avvicinò prima che potesse asciugarle col dorso della mano. Ma invece di prenderla in giro, come si aspettava avrebbe fatto, cercò la mano di lei con la sua e la strinse. Era l'unico che sapeva come stavano veramente le cose e l'unico che potesse veramente capire. Le loro dita si intrecciarono e i loro occhi si trovarono. Poi lui ruppe il silenzio: "Presto partirò per la Scozia, ci sono degli affari che devo sistemare, e la regina Mary vuole che tu venga con me"
"Come?!"
"Ha detto che non hai mai visto la Scozia e che ti piacerebbe andarci..."
"Sì" ribattè lei lasciando la mano di lui "Ma non con te"
"Oh, mi hai ferito profondamente" le disse, prendendosi gioco di lei "Ti annoieresti a morte qua. Da sola"
"Ho mia nonna"
"Ma che bella compagnia" Hugh scosse la testa, per poi tornare a guardarla, più dolcemente questa volta "Senti, decidi tu. Vieni soltanto se ne hai voglia. Io sarò felice di avere un po' di compagnia, ma non voglio certo costringerti. Mary è la mia regina, non la tua"
Anne annuì, senza dire niente. Il ragazzo continuò a fissarla.
"Smettila di fissarmi"
"Devi darmi una risposta"
"Adesso?!"
"Sarebbe ottimo, sì"
Sbuffò, non voleva dargli questa soddisfazione.
"Anne"
"Va bene, va bene. Il tempo di preparare i bagagli, ok?"
Hugh sorrise sornione, facendole un leggero inchino e dileguandosi, da manipolatore quale era.
Fino a qualche mese prima l'idea di portarsi dietro una ragazza nei suoi viaggi sarebbe stata per lui abominevole. Per giunta una ragazza che non si era e non si sarebbe facilmente portato a letto. Ma questa ragazza era diversa, non reagiva nè si comportava come tutte le altre. Lei era interessante e divertente, a suo modo. Gli teneva testa e fingeva che lui le fosse indifferente, quando invece era talmente evidente il contrario. Era speciale, sentiva di volerla proteggere e per la prima volta nella sua vita avrebbe voluto che lei lo conoscesse per quello che era veramente, perchè forse solo lei al mondo avrebbe potuto accettarlo così com'era.
Hugh si rivolse al suo cocchiere: "Partiamo in due, prepara la carrozza grande"
"Certo, mio signore"

 


 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


                                                      




CAPITOLO VIII.



 
"Scala reale!"
"Non è possibile, Anne. Tanta fortuna non può racchiudersi in una sola persona. Non ci gioco più con te"
"Lord Hugh che si dà per vinto così facilmente?! Questa dovevo ancora sentirla"
Hugh lanciò le sue carte sul tavolo della cabina. La nave sarebbe salpata a momenti ormai.
"Faremmo prima ad attraversarla a nuoto la Manica, se questi non si decidono a partire"
"Oh piantala di lamentarti. E' tutto il viaggio che ti lamenti. Sei piuttosto insopportabile"
"Se lo pensassi davvero non saresti venuta, sbaglio? Non sbaglio. E adesso vado ad accelerare la partenza perchè stare nella stessa stanza con te mi sta facendo venire il mal di mare"
Anne sbuffò, rimettendo a posto le carte: "Mi devi in totale..." controllò un taccuino sul tavolo "...cinque monete d'argento, due prosciutti, tre metri di seta e sei panini al cioccolato"
Hugh fece finta di non sentirla e si incamminò verso il ponte della nave. Anne era simpatica, ma stare con lei ventiquattro ore al giorno cominciava a pesargli.
"Vengo con te, aspettami"
"Non se ne parla"
"Dai, mi annoio qua sotto"
Il ragazzo le fece cenno di muoversi, sbuffando.
Il ponte era affollato di marinai e passeggeri, il sole era alto e tirava una brezza leggera. Hugh intravide il capitano e si avviò nella sua direzione, deciso a parlargli, non notando quindi due marinai che lanciavano occhiate poco raccomandabili in direzione della sua accompagnatrice.
Anne si accorse di quello che stava succedendo solo quando la circondarono.
"Bella signorina, vieni con noi sottocoperta" disse il primo, afferrandola per un braccio.
"Lasciami subito"
Anne cercò di divincolarsi ma il secondo le bloccò l'altro braccio e iniziò a spingerla, guardandosi intorno per assicurarsi di non essere visto.
"LASCIATEMI!"
Hugh si voltò di scatto, e con lui il capitano
"Zitta, bambolina"
Neanche il tempo di finire di sghignazzare che il marinaio si ritrovò senza uno dei denti davanti: Hugh gli aveva sferrato un pugno in piena faccia, afferrando contemporaneamente Anne e stringendola a sè.
Il secondo uomo cercò di colpirlo a sua volta ma il capitano lo fermò spintonandolo: "Tornate a lavorare, idioti!"
I due si dileguarono, lanciando occhiate di odio verso Hugh, che stava ancora ansimando di collera.
"Hugh, lasciami adesso. Non riesco a respirare"
Si accorse di stringerla troppo forte, così la lasciò andare, senza guardarla.
"Mi scuso per il comportamento dei miei uomini, state sicuri che pagheranno per questo: perderanno il lavoro e li costringerò a scendere dalla nave. Nel frattempo però vi consiglio di stare in guardia e a voi, signorina, di non allontanarvi mai da sola. Non sbarcheremo prima di una settimana e i marinai non sono uomini troppo cortesi"
Anne annuì, ancora scossa per quello che era appena successo.
"Vieni, torniamo in cabina" le disse Hugh, spingendola piano sottocoperta. Anne lo lasciò fare e quando furono al sicuro le mise le mani sulle spalle e le chiese: "Stai bene?". La ragazza annuì, quindi lui si voltò e andò a sdraiarsi sulla brandina. Dopo qualche secondo Anne lo seguì, sedendosi accanto a lui.
"Grazie per quello che hai fatto"
"Sono stato uno stupido, non avrei dovuto lasciarti sola. Sai cosa ti avrebbero fatto?"
"Lo so, per questo ti ringrazio. Non eri tenuto a proteggermi"
"Beh, mi andava di prendere a pugni qualcuno, mi stavo annoiando"
Hugh non vide Anne sorridere, stava fissando una ragnatela sul soffitto. Non la vide neppure avvicinarsi a lui e lasciargli un bacio leggero sulla guancia. I suoi capelli gli sfiorarono il collo, facendogli il solletico.
"Sono in debito con te" gli sussurrò mentre si allontanava da lui. Poi andò a sedersi al tavolo, mischiando le carte e disponendole per fare un solitario.

 
***

 
"Questa città è così bella!"
"Con te lo è ancora di più, Mary"
Mentre lei era affascinata da tutto ciò che vedeva, Francis aveva occhi solo per sua moglie. Se fosse dipeso da lui non sarebbero mai usciti dalle loro camere. Invece non facevano altro che girare e girare e girare in carrozza tutto il giorno.
Mary gli sorrise e gli si avvicinò per dargli un bacio, incurante del fatto che il cocchiere fosse a pochi metri da loro.
"Andiamo sul battello?"
"Si chiama bateaux-mouche"
"Non fare il saputello con me, Francis"
"Io faccio quello che voglio, donna. E voglio tornare in camera"
Mary scosse la testa: "Non sono mai stata a Parigi e non mi farò certo sfuggire quest'occasione. Voglio vedere il più possibile. Andremo in camera quando dovremo dormire"
Francis assunse un'espressione contrariata: "Dormire?!"
"Sì, beh, tra le altre cose" Mary ridacchiò "Ma tutto dipende dal giro sul battello, ovviamente".
Francis la fissò per un secondo con gli occhi ridotti a due fessure, decidendo cosa fare. Mary aveva la capacità di fargli fare sempre quello che lei voleva, e senza nemmeno sforzarsi troppo. Lui non riusciva proprio a dirle di no e lei lo sapeva benissimo. Dopo aver lasciato trascorrere una giusta quantità di tempo tenendola in sospeso, si rivolse al cocchiere che li stava portando in giro per la città: "Cambio di programma, andiamo in battello"
Mary sorrise gongolando: "Ottima scelta"
"Questa è coercizione" si lamentò Francis.
"Un pochino, forse"
Francis sbuffò, contrariato.
Mary lo conosceva troppo bene per non divertirsi un po' prendendosi gioco di lui e le piaceva avere questo tipo di confidenza con suo marito, ma sapeva anche che Francis aveva bisogno di conferme e soprattutto aveva bisogno di sentirla vicina. Quindi gli prese il viso tra le mani e gli diede un leggero bacio sulla guancia.
"Io ti amo, lo sai" gli sussurrò all'orecchio. Francis le accarezzò la mano per qualche secondo, prima di tirarla verso di sè, obbligandola a salirgli sulle ginocchia.
"FRANCIS!" esclamò lei.
"Shh..." le appoggiò l'indice sulle labbra, facendole segno di non fare rumore "Anche io ti amo". Poi la attirò a sè, baciandola sulle labbra, dove un secondo prima aveva appoggiato il dito.
 

 
***

 
"Così tu abiti qui?"
Hugh annuì, scendendo dalla carrozza e tendendole la mano per aiutarla: "Mentre tu ti riposi io sbrigherò delle faccende al castello. Bernard resterà con te, se vorrai farti portare a fare un giro per Edimburgo"
"Non posso venire con te?"
"Vorresti venire al castello? Ma parleremo solo di affari, ti annoieresti"
Anne ci pensò su un secondo: "Va bene, schiaccerò un pisolino fino al tuo ritorno"
"Non ci metterò molto, vedrai" Hugh le fece l'occhiolino prima di affidarla a una delle domestiche, con le istruzioni su dove sistemarla, poi salì nuovamente sulla carrozza, diretto al castello di Edimburgo.
Anne sistemò tutte le sue cose nella vecchia stanza di Judith, dove la ragazza viveva quando veniva a far visita alla sua famiglia. Se non aveva capito male dalle poche parole che Hugh aveva speso per spiegarle, quella era la casa dei loro genitori, lasciata a entrambi i figli quando loro avevano deciso di andare a stare in campagna. Essendo Judith sempre vissuta alla corte di Francia, fin da piccola, quella casa era a disposizione di Hugh, ma sua sorella aveva ancora la sua stanza dove alloggiare quando le veniva permesso di recarsi a casa per vedere il fratello, al quale era molto legata. Non era una casa molto grande, sufficiente per due persone e ben arredata, collocata nel centro di Edimburgo e rivolta verso il castello, così imponente che sembrava dominare tutta la città.
Anne sentiva già di adorare questa città, che il castello rendeva imponente e maestosa, mentre le strade del centro erano invece piuttosto piccole e strette. La ragazza sperava di poter visitare il castello durante il suo soggiorno, là dentro c'erano le radici della sua famiglia, e Hugh lo sapeva.
Stremata dalla fatica del viaggio, si tolse gli stivali, si accoccolò sul letto e si addormentò senza nemmeno fare in tempo a spogliarsi.
 
Quando riaprì gli occhi la luce era molto diversa: più bassa, attenuata e arancione. Aveva dormito fino al tramonto. Alzò la testa e si accorse di non essere sola. Hugh era sdraiato accanto a lei e fissava il soffitto con le braccia sotto la testa.
"Buonasera, dormigliona"
"Che ore sono?" gli chiese lei, posando di nuovo la testa sul cuscino e coprendosi la faccia con la coperta. Poi si accorse che qualcosa non quadrava: "Ehi ma questa coperta da dove viene?"
"Da quell'armadio. Stavi gelando"
"Mi hai coperta tu?"
Hugh non rispose, continuando a scrutare il soffitto. Anne si chiese cosa ci fosse per lui di tanto attraente nei soffitti.
"Sono le sei, per la cronaca" le disse dopo un po'.
"Ho dormito tutto il giorno?"
Finalmente si girò a guardarla: "Sì"
"Tu quando sei tornato?"
"Un paio d'ore fa, circa"
"Quindi sei qui da due ore?!" esclamò Anne.
"Definisci 'qui'"
"In camera mia"
"Forse"
Anne stette in silenzio, non sapendo cosa rispondere e nemmeno cosa pensare del comportamento di quel ragazzo, così diverso dall'idea che aveva di lui all'inizio.
"Mangiamo?" gli chiese infine.
"Hai fame?" le rispose lui, guardandola di nuovo, ma stavolta con uno sguardo diverso dal solito: più tenero e dolce. Anne annuì e Hugh si alzò dal letto: "Quando sei pronta, chiedi alla domestica di accompagnarti in sala da pranzo. Faccio preparare il porridge e ti aspetto di sotto".

 
***

 
Dopo una settimana, Anne poteva dire di aver girato tutta la città. Aveva preso dei vestiti, accessori, regali per sua nonna, Mary e le ragazze. Frequentato pasticcerie e comprato qualche bottiglia dei migliori scotch. Il suo accompagnatore era occupato per molte ore al giorno e la lasciava in compagnia della servitù, con la quale la ragazza aveva già fatto amicizia.
Una mattina, a colazione, Hugh le annunciò che avrebbe avuto la giornata libera e le chiese cosa le sarebbe andato di fare. Lei gli disse che avrebbe voluto vedere il castello, così lui acconsentì e fece preparare i cavalli.
Insieme salirono la collina dove era situato il castello, lasciando i cavalli alle cure dello stalliere e visitando la sede del potere scozzese a piedi. Hugh era molto ben conosciuto in quei luoghi e nessuno fece domande al suo passaggio.
Videro tutte le parti visitabili, lui fu molto paziente, dicendole tutto ciò che sapeva delle varie stanze che si presentavano loro davanti, finchè non si ritrovarono davanti ad una porta di legno massiccio, chiusa a chiave.
"Ho una sorpresa per te" le annunciò.
Anne lo osservò con circospezione: "Ah sì?"
"E' una bella sorpresa, te l'assicuro" e così dicendo estrasse una chiave dalla tasca e aprì la porta. La stanza che si rivelò ad Anne era relativamente piccola, chiaramente arredata per un bambino. C'erano un piccolo letto, dei giocattoli, libri di favole e gessetti per disegnare. E una quantità esorbitante di bambole.
"Nessuno è più entrato qui dentro da quando Mary ha lasciato la Scozia, a parte la servitù per pulirla ogni tanto"
Anne lo fissò a bocca aperta: "Questa è la camera di Mary?!"
Hugh annuì, felice di essere riuscito a sorprenderla.
"Posso camminarci?" chiese lei.
"Puoi anche prendere qualche bambola, se vuoi. La gente non ci entra perchè non gli interessa la vecchia camera della regina e qui di certo non mancano le stanze. Fa come se fossi a casa tua" poi fece una pausa "beh, in effetti è casa tua".
Anne iniziò a girovagare per quei pochi metri quadrati, osservando tutto e toccando ogni giocattolo, le sembrava impossibile essere lì. Hugh si tenne lontano, lasciandole il suo spazio e limitandosi a guardarla, fino a che lei non gli chiese di avvicinarsi, mostrandogli un orsacchiotto giallo con dei bottoni al posto degli occhi e un fiocco viola sulla pancia.
"Vuoi tenere questo?"
Anne annuì: "Era il preferito di mia madre, voglio riportarglielo"
Hugh se lo rigirò tra le mani per qualche secondo, per poi restituirglielo.
"Dobbiamo andare adesso" le disse, voltandosi verso la porta, ma Anne gli bloccò il braccio: "Aspetta. Grazie per... questo. E' una delle cose più dolci che qualcuno abbia mai fatto per me"
"Sì ma adesso non esagerare però, eh"
Anne fece spallucce: "Beh, lo sei"
"Che cosa?"
"Dolce"
"Me ne vado"
Anne scoppiò a ridere, cercando di tenere il passo: Hugh stava praticamente correndo.
"Oh, ma io ti accetto per quello che sei!" gli disse, prendendolo in giro.
"Smettila subito" ma vedendo che Anne continuava a sghignazzare si bloccò di colpo, spingendola verso il muro più vicino "Smettila subito o mi costringerai a dimostrarti quanto NON sono dolce e gentile con le donne". Anne, purtroppo, non riusciva a prenderlo sul serio, ma cercò di annuire mascherando il suo divertimento. Hugh sembrò accettare questa resa, o forse decise solo di accontentarsi e lasciar perdere. Dopotutto Anne non aveva tutti i torti.

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


CAPITOLO IX.



Quella notte Anne non riusciva proprio a chiudere occhio. Sarebbero partiti l'indomani e lei avrebbe dovuto essere ansiosa di rivedere Greg, invece non faceva altro che pensare a tutte le cose carine che Hugh aveva fatto per lei e a come aveva potuto sbagliarsi così tanto sul suo conto.
Si girò sull'altro fianco, forzandosi a pensare alla sua famiglia: Mary, Francis, la nonna... Niente da fare, dopo pochi minuti Hugh si fece spazio di nuovo nella sua testa, sgomitando per cercare la sua attenzione.
Si alzò dal letto. Non aveva programmato niente, seguiva il suo istinto e agiva d'impulso. Infilò le pantofole e la vestaglia leggera e si diresse in camera del ragazzo. Aprì la porta senza bussare e lo trovò disteso nel letto, addormentato. Decise che si stava comportando da stupida e fece per andarsene, ma la voce di lui la bloccò: "Che ci fai qui? Che ore sono?".
"Niente, torna a dormire" disse, mordendosi il labbro.
"Anne, parla piano, sveglierai le domestiche. Vieni qua" Hugh si alzò a sedere sul letto, facendole cenno di raggiungerlo. Era troppo tardi per fuggire e lei era troppo stanca per combattere, quindi si sedette accanto a lui, e questa vicinanza così intima la fece sentire a disagio.
"Adesso dimmi cosa c'è" le disse stropicciandosi gli occhi, era molto tenero appena sveglio.
"Non riuscivo a dormire per colpa tua, quindi ho pensato di venire qua a dirti di uscire dalla mia testa"
Hugh rimase sorpreso per un secondo, soltanto un secondo.
"Stavi pensando a me?" le chiese sussurrando.
Anne non rispose, i battiti accelerati. Si alzò dal letto.
"Aspetta! Dove vai? Ferma!" lui la seguì e le bloccò il braccio, poi scese piano a sfiorarle le dita. Anne sentì le farfalle nello stomaco quando col pollice lui le solleticò il palmo della mano. Si girò verso di lui, senza lasciare la sua mano e se lo ritrovò a pochi centimetri dalla faccia. Sentì le sue mani salire ad afferrarle dolcemente il viso e le sue labbra arrivare a circondare le sue. Il tempo si congelò. Potevano essere le 2, le 4, mattina, poco importava. Anne si avvicinò a Hugh come se fosse attratta da una calamita, circondandogli il collo con le braccia, mentre lui scendeva a cingerle i fianchi, attirandola a sè. Dischiuse le labbra permettendogli di farsi spazio e incontrare la sua lingua. Hugh la prese in braccio portandola fino al letto, Anne ci si distese attirandolo a sè. Lui le baciò le labbra, la guancia, la pelle sotto l'orecchio, sotto la mandibola, al centro del collo tra le clavicole.
"Sei sicura, Anne?" le chiese lui, prima di continuare.
Anne non rispose, ma gli slacciò la camicia e gliela tirò via dalla testa, alzandosi a sedere mentre lui era in ginocchio sul letto in modo da potergli baciare la pancia, il torace in mezzo allo sterno, il collo... soggiornò parecchio sul collo perchè le piaceva un sacco l'intimità che regalavano questi pochi centimetri di pelle, e si rese conto che piaceva anche a lui. Quando arrivò a baciargli le labbra lui aveva uno sguardo diverso, più profondo e primordiale. Si baciarono in modo molto più passionale e Hugh sfilò la camicia da notte di Anne senza che lei quasi se ne accorgesse. La spinse di nuovo sul letto, pelle contro pelle. Hugh profumava di buono e Anne si sorprese a volerne sempre di più. Le mani di lui si muovevano su ogni centimetro della sua pelle, provocandole brividi che partivano da un punto imprecisato in mezzo alla pancia e si propagavano ovunque. Le mani presero a scendere fino a che trovarono ciò che cercavano. Anne lo lasciò fare, attirandolo di nuovo a sè per baciargli le labbra. Erano entrambi completamente nudi. Hugh si staccò da lei per un attimo per guardarla negli occhi, come a chiedere il permesso. Ma non lo disse, la guardò soltanto. Lei capì e gli rispose annuendo: "Lo voglio anche io". Una mano di lui era posata sulla parte laterale della sua pancia e col pollice disegnava dei semicerchi. Hugh, prima di parlare, le diede due piccoli baci sulla pancia, vicino alle sue dita. Poi tornò su da lei: "Okay" le sussurrò, entrando piano dentro di lei.
 
 
***
 
 
"Che massacro" disse il Capitano della nave che aveva ritrovato i resti distrutti del vascello.
"Sì, un vero scempio" rispose il Commodoro.
"Dove era diretta questa nave?"
"Italia, Capitano"
"C'era anche un ragazzo tra i civili, leggo. E suo padre. Probabilmente il suo primo viaggio in mare. Beh, speriamo per lui che sia stato il mare a prenderselo, e non quei pirati maledetti"
"Dio lo abbia in misericordia"
"Stasera renderemo al mare i cadaveri di questa povera gente, Commodoro. E comunichiamo alla Corte di Francia la perdita del ragazzo e di suo padre"
"Sarà fatto, signore"

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Capitolo 11
*** Capitolo X ***


CAPITOLO X.
 



Anne aprì gli occhi per prima. Il freddo pungente del mattino scozzese le solleticava il naso ma il calore dolce del corpo accanto a lei le faceva venire voglia di non uscire mai più da quel letto. Alzò la testa dal cuscino per guardare Hugh: era ancora addormentato tra le sue braccia. Gli posò un bacio leggero in mezzo alla schiena, svegliandolo.
"Scusa, non volevo svegliarti" gli sussurrò vicino all'orecchio destro. Hugh le prese la mano, ancora mezzo addormentato, e la tirò verso di sè, facendosi abbracciare in modo più stretto da lei. Anne posò la testa sulla sua schiena, strofinando il naso e la guancia contro la sua pelle.
"Non vuoi proprio lasciarmi dormire allora!" bofonchiò lui in risposta, girandosi sull'altro fianco in modo da poterla guardare.
"Che ho fatto adesso?"
"Niente, sono io che non riesco a riaddormentarmi se so che tu sei sveglia, nel mio letto e senza vestiti"
Anne si avvicinò a lui, baciandogli le labbra, ma ritraendosi un secondo dopo.
"Ehi ma è tardissimo! Dobbiamo preparare le valige e i cavalli e poi dobbiamo partire! Oddio, non ce la faremo mai, perderemo la nave"
"Calmati" ma Anne stava già sgusciando fuori dal letto e Hugh dovette afferrarla e schiacciarla contro il materasso.
"Cosa stai facendo?! E' tardissimo" disse lei cercando di divincolarsi. Hugh le bloccò le mani e iniziò a baciarla sul collo.
"Dai Hugh, non abbiamo tempo per questo adesso..." provò a dire, ma aveva già perso quasi tutta la sua forza di volontà. Non riusciva a respirare con lui così vicino, figuriamoci a pensare o a combattere.
"Va bene, okay. Cinque minuti"
 

 
***

 
Mary aprì gli occhi per prima. Il freddo pungente del mattino parigino le solleticava il naso ma il calore dolce del corpo accanto a lei le faceva venire voglia di non uscire mai più da quel letto. Alzò la testa dal cuscino per guardare Francis: era ancora addormentato tra le sue braccia. Gli posò un bacio leggero in mezzo alla fronte, svegliandolo.
"Scusa, non volevo svegliarti" gli sussurrò a pochi centimetri dalla sua pelle. Lui la strinse più forte.
"Ho paura, Francis" lui alzò la testa, guardandola negli occhi.
"Di cosa hai paura?"
"Ho paura che non avremo dei figli, ho paura di non riuscire a darti degli eredi e una regina che non produce degli eredi è inutile" gli disse quasi piangendo.
Francis si alzò leggermente, accarezzandole i capelli e posando la mano sulla sua guancia: "Tesoro, devi stare tranquilla. Abbiamo tutto il tempo del mondo. Quello che ti è successo è abbastanza comune, non è detto che continuerà a succederti"
Mary cercò di ricacciare le lacrime che stavano facendo capolino, ma non ci riuscì. Francis se ne accorse e la strinse a sè.
"Non mi interessa se non avremo dei figli"
"Non mentirmi, certo che ti interessa!" sbottò lei.
"Okay, d'accordo, mi interessa. Ma mi interessi di più tu. Non scambierei niente con te, nemmeno per la possibilità di dieci eredi maschi"
Mary alzò la testa per incontrare i suoi occhi: "Parli sul serio?"
"Certo" le diede un leggero bacio sulle labbra "e poi mia madre sa crearli gli eredi, sai?"
Mary scoppiò a ridere: "Smettila!"
"Possiamo prendere un bambino abbandonato e dichiararlo nostro, nessuno metterà in dubbio la nostra parola. Saremo re e regina di Francia"
"E Scozia"
"E Scozia" ammise Francis.
"E Inghilterra" continuò Mary.
Francis la guardò in modo interrogativo: "E Inghilterra?"
Mary annuì: "E' quello che voglio fare"
"Ho promesso di appoggiarti qualunque siano le tue scelte e intendo mantenere la mia parola fino alla fine dei miei giorni" le disse Francis, improvvisamente molto serio. Mary lo guardò per alcuni secondi, o forse per un'eternità, realizzando quanto profondamente lo amasse, fino a che lui sorrise malizioso e parlò di nuovo: "Però adesso non smetteremo di provare a fare dei bambini, vero?" le disse, inchiodandola al letto e iniziando a baciarle il collo.
"Non potrei vivere senza di te, lo sai?" gli disse lei dolcemente, strofinando la fronte sulla sua.
"Non dovrai farlo"
"Mi spaventa aver così tanto bisogno di te. Perchè io ho bisogno di te quanto ho bisogno di respirare" Mary parlava sul serio, non si era mai sentita così completa e felice e temeva che tutto questo un giorno le sarebbe stato portato via senza chiederle il permesso.
"Sarò sempre al tuo fianco, Mary. Te lo prometto"
Mary gli prese il viso tra le mani, cercando di dimostrargli col corpo quello che sentiva con l'anima.
 

 
***

 
Hugh si era appena addormentato di fianco a lei, cullato dal dondolio ritmato dei cavalli al trotto. Erano in viaggio da quasi due ore e mancava ancora molto per raggiungere la nave che li avrebbe portati di nuovo in Francia. Anne non riusciva a smettere di guardarlo dormire, era così dolce e tenero e presto si ritrovò ad analizzare i suoi sentimenti. Quello che provava per lui era affetto o qualcosa di più? Anche per Greg provava affetto, molto affetto, e sentiva anche la sua mancanza, adesso che ci pensava. Ma con lui non si era spinta tanto oltre, non aveva rischiato così tanto. Cosa l'aveva spinta ad abbandonarsi in quel modo a Hugh? Anne aveva tutte le risposte a queste domande, doveva solo accettarle. Ma il viaggio era ancora molto lungo e lei aveva tempo di riflettere prima di ritrovarsi a dover fare una scelta, una di quelle scelte che, nel bene e nel male, segnano il corso della vita.

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Capitolo 12
*** Capitolo XI ***


CAPITOLO XI.



 
Quando la carrozza li condusse fuori dalla boscaglia, un castello immenso si stagliò all'orizzonte. La corte di Francia. Le era mancata così tanto.
"Togliti quel sorriso ebete dalla faccia, Annie" questo gli fece guadagnare un pugno sulla spalla "Ahi!".
"Lasciami essere felice di essere tornata a casa!"
Hugh sospirò: "Come dovremo comportarci quando saremo lì?"
"Cosa intendi?"
"Devo fingere che non sia successo niente?"
Anne lo guardò, sorpresa: "No..."
"Bene. Perchè non so se riuscirei a rinunciare a te" le disse sorridendo. Lei gli sorrise a sua volta: "Solo... non pubblicizziamo troppo la cosa, okay? Devo prima chiudere con delle persone".
"Intendi Greg" la voce di lui impercettibilmente più acuta.
Anne annuì: "Non essere arrabbiato con me"
"Non lo sono" Hugh le prese una mano tra le sue "Mi dispiace soltanto che lui ci fosse prima di me. E' irrazionale e stupido e egoista da parte mia, lo so. Ma non posso farci niente".
"Ma io ho scelto te"
 
La carrozza si fermò, una piccola folla si era radunata ad accoglierli. Hugh scese per primo e tese la mano verso Anne, che la prese permettendogli di aiutarla a scendere. Catherine De'Medici, regina di Francia le venne incontro, stringendola in un abbraccio materno. Quando gli occhi della ragazza incontrarono quelli della nonna si accorse dell'ombra di tristezza che aleggiava su di essi, e il suo sorriso si spense. Qualcosa di brutto era accaduto.
"Vieni con me, tesoro. Dobbiamo parlare"
Catherine la condusse in disparte, lontana da orecchie indiscrete.
"Che è successo, nonna?" le chiese preoccupata.
"Si tratta di Greg e di suo padre"
 

 
***

 
Una piccola e semplice lapide, ecco cosa le restava. Il suo corpo non era nemmeno sepolto lì ma disperso in mezzo al mare, cibo per i pesci. Anne sentì gli occhi bruciare, ma non riuscì a piangere. Erano giorni che piangeva, forse aveva finito tutte le lacrime. Sentiva un vuoto dentro di sè e un gran senso di colpa. In quei giorni aveva pensato a lungo alle ultime parole che si erano detti ma non era riuscita a ricordarle. Ricordava solo di non avergli dato una risposta quando avrebbe potuto, e adesso era troppo tardi.
Posò la rosa bianca vicino alla lapide, una rosa antica appena recisa. Il suo fiore preferito.
Una pioggia leggera cominciò a cadere dal cielo, ma lei non si mosse. Aveva freddo e i capelli stavano cominciando a inzupparsi ma non se ne andò.
Qualcuno le arrivò alle spalle, coprendola con una coperta. Disse qualcosa ma lei non stava ascoltando, sentiva solo il martellare delle gocce d'acqua sulla fredda pietra.
"Anne, ti ammalerai, vieni con me, dai" Hugh cercò di farla ragionare, come faceva da giorni ormai. Non riusciva a sopportare di vederla così triste.
Meccanicamente, Anne si alzò e si lasciò condurre al riparo. Hugh le aveva lasciato il tempo di metabolizzare quello che era accaduto senza fare domande, ma essendo comunque sempre presente per lei, e lei gliene era grata, anche se non glielo aveva dimostrato come si deve.
La portò vicino al fuoco, in camera sua: "Stai qui, okay? Devi asciugarti. Ti porto qualcosa da mangiare"
"Aspetta" Anne si alzò e gli andò incontro. Lui la guardò perplesso e immobile, non sapendo cosa avesse intenzione di fare, fino a che lei non gli circondò il collo con le braccia, incollando il suo corpo a quello di lui.
"Oh tesoro, ci sono qua io" le sussurrò piano e lei riprese a piangere, calde e silenziose lacrime scesero a inzuppare la camicia di lui.
 




DUE ANNI DOPO.

"Ti ricordi quando ci siamo conosciute?" chiese Mary.
Anne annuì, sorridendo: "Sembra una vita fa".
"Lo è" continuò la regina di Francia e Scozia "Guardaci adesso: entrambe sposate e tu hai anche una bambina!".
Anne sorrise a sua madre, ma notò un'ombra triste negli occhi di lei. Avrebbe tanto voluto raccontarle la verità ma non poteva farlo. Aveva fatto quello che aveva fatto perchè doveva, e ancora si sentiva in colpa. Pensò che si sarebbe sentita in colpa per sempre, era il suo fardello.
"Anche tu presto avrai dei figli, vedrai"
Mary annuì meccanicamente: "Non sono preoccupata per questo... o meglio, lo sono, certo, ma in questi giorni è Francis a preoccuparmi. Non si sente bene, ha la febbre e i dottori non capiscono cosa abbia".
Anne non sapeva cosa risponderle, questi eventi non erano accaduti nel suo futuro, aveva alterato così tanto il corso della storia che tutto era cambiato: "Tranquilla, Mary. Si rimetterà. Sarà solo una banale influenza, tutto qui".
Mary le sorrise, prendendole la mano tra le sue: "Sì, hai ragione. Non devo preoccuparmi, si rimetterà presto".

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