Un ritorno inaspettato

di MiaBlack
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tu non sei qui... ***
Capitolo 2: *** pensieri liberi ***
Capitolo 3: *** Letterem litigate e inviti a cena ***
Capitolo 4: *** cena ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 diari ***
Capitolo 6: *** il mio Eroe ***



Capitolo 1
*** Tu non sei qui... ***


Foglietto illustrativo:
 
La storia è tutta raccontata in prima persona da Felicity, quindi… Mi sono divertita male e intendo veramente male, nello scrivere i suoi pensieri “a ruota libera” ^-^ mentre scrivevo questa la mia mente ha tirato fuori altre due idee per nuove storie… quindi probabilmente più avanti le cose che ho detto qua si trasformeranno in storie a se. ^.^ contente? Se continuo vi sotterro con le mie storie…
Non scapperete vero?
 
 
Un ritorno inaspettato
 
Mi stiracchio.
Un'altra interminabile giornata è finita, okay non proprio finita visto che ora devo andare alla vecchia fonderia per cercare le tracce di qualche pazzo che vuole distruggere Starling city, io mi chiedo: ma perché non la smettono? Voglio dire ora che c’è Arrow che sgomina uno dopo l’altro i piani di tutti i cattivi, perché nuovi cattivi compaiono? Io se fossi in loro starei a casa stesa sul divano con un bel tea caldo. Forse è per questo che non sarò mai un genio del male, mi manca il desiderio di predominio sul resto del mondo.
Mi alzo dalla mia oggi scomodissima sedia, e mi avvicino verso la finestra per osservare cosa accade fuori, il traffico è in fermento, quasi tutti devono essere usciti dal loro posto di lavoro e si staranno dirigendo verso casa dove sicuramente ci sarà qualcuno ad aspettarli, un po’ li invidio, vorrei anche io tornare a casa e trovare qualcuno che mi aspetti, magari che nel frattempo mi prepari qualcosa da mangiare e che poi mi faccia un massaggio. Okay, sto chiedendo troppo, ma già che sono a sognare il principe azzurro fatemelo sognare bene.
I miei occhi vagano per la strada sotto di me come alla ricerca di qualcosa che non so nemmeno io, stanotte ho fatto un brutto sogno o almeno credo, visto che mi sono svegliata senza ricordare cosa avessi sognato, però mi ha lasciato una brutta sensazione e anche se sto provando ad ignorarla è tutto il giorno che sono tesa e ora ne accuso i postumi: le spalle mi fanno male e anche il collo, mi sento come dopo uno degli allenamenti con Diggle a pezzi fisicamente ed emotivamente.
Continuo a fissare fuori, le persone che passano davanti al grattacielo sembrano dei puntini visti da qua, non c’è niente di diverso dal solito, tutto è esattamente come ogni giorno, gente che va, gente che arriva, eppure niente è mai uguale, niente è mai statico, tutto cambia e si muove. Solo io forse rimango immobile ad aspettare qualcosa che non arriverà mai.
-FELICITY! – sobbalzo spaventata e mi volto, dietro di me ci sono Oliver e Diggle che mi guardano curiosi, quando sono usciti dall’ufficio? Non li avevo proprio sentiti.
-COSA? Ehmmm come? – li guardo cercando di riprendere il controllo, sono decisamente nervosa.
-Stai bene? – mi chiede sospettoso Oliver, adoro quando è così apprensivo nei miei confronti.
-Certo che sto bene.. Non si vede? Perfettamente! – l’ultima parola mi esce più acuta del resto della frase, sembro strafatta. Oliver continua a guardarmi curioso, Dig si accorge della tazza posata sul tavolo, il liquido sta ancora fumando segno che è ancora caldo, ma la tazza è quasi completamente vuota.
-Quante tazze di caffè hai bevuto? – mi domanda Dig passando lo sguardo da me alla tazza.
-Una… - si una dozzina come minimo. Mi continuano a guardare scettici, e beh, credo di poterli capire se non mi credono, tra l’inquietudine che mi ha lasciato il sogno e l’eccesso di caffeina sono nervosa e schizzo per un nonnulla.
-Lasciamo stare… Felicity, è ora di andare… - guardo l’orologio e sorrido è già ora di andare a casa, casa, parolona è ora di andare alla fonderia.
-Uhm bene. -
-Ci vediamo dopo… - annuisco e li guardo allontanarsi, Oliver si volta per controllarmi, come se non fossi in grado di chiudere un pc e mettermi il cappotto senza rischiare la vita o di distruggere qualcosa.
 
Finalmente esco dalla Queen Consolidated, il sole sta tramontando il cielo è leggermente tinto di rosso. Prendo un profondo respiro e punto verso le gradinate, devo imbucare delle lettere importanti e poi potrò andare a prendere la mia auto e andarmene da qui, la fonderia mi aspetta.
Sono appena sul primo gradino, mi fermo, c’è qualcosa che non va, sarà per lo stato di tensione in cui sono stata tutto il giorno, sarà perché sono stanca, sarà che sono donna e quindi possiedo il famoso sesto senso, ma mi sento osservata, mi guardo attorno e lo vedo: fermo sul marciapiede dall’altra parte della strada c’è un uomo che mi fissa. Non mi sto sbagliando sta fissando proprio me, socchiudo appena gli occhi e cerco di guardarlo meglio: capelli castani, occhi celesti, sorride, un sorriso dolce, quasi famigliare che fa riaffiorare qualcosa alla memoria. NO! Sbarro gli occhi e faccio un passo indietro per aumentare la distanza tra noi, come se un intera strada non fosse abbastanza, lui ha visto che l’ho visto, il suo sorriso sparisce e fa per attraversare la strada, sta puntando verso di me. No, no! Che io sia dannata se aspetterò che mi raggiunga. Mi volto e vedo Oliver accanto alla sua auto.
-OLIVER! – urlò scendendo rapidamente i gradini cercando di non ammazzarmi. Si volta e mi guarda, non credo si aspettasse il mio strillo, lo raggiungo.
-Che succede? – mi domanda accigliandosi.
-Niente e che… mi date un passaggio.. io… - e vai col balbettio! Ci mancava solo questa, lo guardo quasi disperata, mi apre la portiera, l’uomo ha appena finito di attraversare la strada, ma ormai è tardi, salgo e Oliver mi segue dopo pochissimo. La portiera di chiude, mi volto è arrivato quasi all’auto, ma è troppo tardi Diggle parte e lui diventa solo un puntino lontano che si confonde in mezzo alla folla. Che diavolo ci faceva lui qui? No, non era lui, era solo uno che gli somigliava. Tutta colpa del mio sogno e del caffè.
-Ehy? – sobbalzo quando sento la mano di Oliver posarsi sul mio braccio, oggi morirò d’infarto se non mi do una calmata.
-Tutto bene Felicity? – anche Dig mi sta guardando attraverso lo specchietto retrovisore, annuisco.
-Si certo. – la voce esce con uno squittio acuto che mi regala altri sguardi sospettosi.
-Fermiamoci a mangiare, magari qualcosa di solido le fa passare l’effetto della caffeina. – Oliver sospira come rassegnato alle mie stramberie.
-Okay. Cosa vuoi mangiare Felicity? – fame? Chi è che a fame qui, io non di certo, lo stomaco mi si è chiuso in una morsa e al solo pensiero di mettere qualcosa in bocca mi fa venire la nausea. Decisamente non ho fame.
-Io… ecco…. E’ uguale… – dico alla fine, inutile non ne esco quando Oliver si impunta su qualcosa non lo smuovi, in questi casi è meglio accontentarlo.
-Belly burger? – annuisco indifferente, mi volto per guardarmi indietro, come se lui potesse essere dietro di me a guardarmi, era a piedi, fermo sul ciglio del marciapiede, non c’è nessuna possibilità che mi abbia seguito, eppure non posso fare a meno di controllare.
 
 
continua...
 
Eccomi tornata! vi piace come primo capitolo?
TUtta la storia è vista da Felicity e vi posso garantire che ci sarà da ridere! ^.^
 
Fatemi sapere un bacione
Mia

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Capitolo 2
*** pensieri liberi ***


Non voglio abituarvi male come con l’altra storia, questa volta ci sarà un solo capitolo alla settimana, ma oggi è un giorno speciale quindi devo per forza pubblicare. Che giorno è? Beh ve lo dico subito tanti e tanti anni fa mia mamma mi stava mettendo al mondo... Si avete capito bene OGGI E’ IL MIO COMPLEANNO! Mio e della mia migliore amica Fede, quindi per fare un regalo a ME e a LEI ecco il secondo capitolo, noi poi ci vediamo MARTEDI’ con la “programmazione” regolare!
 
 
Capitolo 2
 
 
***
 
Ecco un'altra giornata iniziata male. No, no, male è un piccolo eufemismo per descrivere come è iniziata questa giornata e non sto scherzando. Sono sveglia da, un’ora? Dai diciamo un’ora e mezzo, minuto più minuto meno. Mi sono alzata per scoprire che la caldaia del mio palazzo è rotta quindi niente acqua calda, che porta a niente doccia. Ripiego così su un caffè per svegliarmi, anche se dopo ieri dovrei non berne per qualche giorno, giusto per purificarmi. Ero ferma a sorseggiare il mio caffè quando l’orologio alla parete mi fa notare che è ora che mi sbrighi o arriverò in ritardo, ho notato che se esco di casa anche solo cinque minuti dopo il traffico diventa infernale, e qui mi si è accesa la lampadina, ho lasciato la macchina nei parcheggio della Queen Consolidated, quindi sono a piedi e sono in ritardassimo.
 
La metropolitana mi lascia relativamente vicino, controllo l’orologio posso farcela a non arrivare mostruosamente tardi, arrivo alle scalinate, sono quasi salva.
-Felicity… - mi fermo con un piede su un gradino e l’altro ancora sul marciapiede, mi volto lentamente, pregando di essermi sbagliata e invece no. Ancora l’uomo di ieri.
-Ciao. – mi dice titubante, lo fisso, il mio cuore è in subbuglio, paura, affetto, dolore… provo così tante cose diverse tutte insieme che non riesco a decidermi se sono felice oppure no di vederlo qui davanti a me.
-Possiamo parlare? – mi chiede, io continuo a rimanere in silenzio, non ho ancora emesso una sola parola, lui vuole parlare con me? E di cosa? Non abbiamo niente da dirci.
-No. Non abbiamo niente da dirci. – ecco finalmente le parole escono dalla mia bocca. Accusa il colpo, l’ho ferito, mi dispiace, no, non devo, lui ha fatto di peggio con me, perché dovrei sentirmi in colpa se non ci voglio parlare, doveva pensarci prima di fare quello che ha fatto.
-Aspetta tesoro, lasciami spiegare. Una cena? Ti prego concedimi una cena. –
-No. Sono impegnata. – mi volto e cerco di concentrarmi sui gradini davanti a me, ci manca solo che cada rovinosamente a terra e poi ho veramente completato la mia mattinata.
-Ti prego, un caffè allora? – entro senza rispondergli, ma chi pensa si essere, non può comparire davanti al mio posto di lavoro e pretendere che io fermi la mia vita per lui. Lui non è nessuno per me.
Arrivo in ufficio e Oliver è già arrivato, tutti sono già arrivati, manco solo io. Beh per una volta non muore nessuno. Poso le miei cose e poi mi fermo un attimo davanti alla vetrata, mi avvicino e guardo verso il basso per vedere se lui è sempre lì, come se da quest’altezza potessi veramente riconoscere le perone che passano sotto di noi. Scuoto la testa, sto impazzendo, devo mettermi a lavoro. Prendo il tablet e mi appresto a dare gli impegni di oggi a Oliver.
Entro nell’ufficio del mio capo, ho lo sguardo basso e traffico con il tablet che oggi non è intenzionato a collaborare, rivoglio carta e penna, okay dopo questa penso di essermi giocata la mia sanità mentale, io, un genio dell’informatica, laureata al MIT, voglio carta e penna.
Sospiro per fermare il fiume di pensieri che deriveranno da questo mio pensiero sconcertante, nel frattempo sono arrivata davanti a Oliver senza dire nemmeno buongiorno.
-Eccomi, scusate il ritardo. – sicuramente era meglio un buongiorno, ma ormai.
Finalmente alzo lo sguardo dal tablet che sono riuscita a far partire, miracolo, no, non è un miracolo è solo uno stupidissimo tablet, non è difficile farlo partire almeno non dovrebbe esserlo per me, che so hackerare i sistemi di sicurezza del FBI, chissà se sarei tanto brava a penetrare anche al pentagono, potrei provare, ma poi cosa ne ricaverei? No, l’idea di finire a Guantanamo bay non è elettrizzante, anche se Oliver mi ha assicurato che non ci mandano le bionde, ma visto che in teoria sono mora.
-Felicity? – ops. Forse avrei bisogno di due giorni di vacanza, anche tre. Facciamo una settimana e chiudiamo il discorso.
-Ehm, come scusa? – ho due paia di occhi puntati su di me che mi scrutano attentamente.
-Felicity…- socchiude gli occhi e mi scruta con attenzione, credo che stia valutando l’idea di spedirmi all’istituto di salute mentale, meglio non dargli tempo di porre domande alle quali non voglio rispondere.
-Ti dico i tuoi impegni. Allora…. – snocciolo uno dopo l’altro i suoi impegni. Elencati tutti mi fermo e alzo lo sguardo, si è appoggiato alla spalliera della sedia, mi guarda con le braccia incrociate, sopracciglio alzato e mezzo sorriso sulle labbra, quelle bellissime e sensuali labbra che bacerei e mordicchierei dalla mattina alla sera… NO! Tre, due, uno. Okay.
-Felic…. – prova ad iniziare.
-OLIVER! – Dio santifichi Isabel Rochev, okay, forse santificarla è un po’ eccessivo, ma ha interrotto Oliver e so già che non sarei stata in grado di evitare di rispondergli, quindi mentre loro discutono, dell’ennesima sua assenza alla riunione della sera prima, io sgattaiolo fuori dall’ufficio e mi metto a lavoro. Liberarmi di Oliver è stato facile, diciamo relativamente facile, ma liberarmi di Dig non lo sarà altrettanto.
-Allora? – appunto, Dig è uscito dall’ufficio, quando quella iena di Isabel si mette a strillare restare nella stessa stanza con lei mette a dura prova i timpani.
-Allora cosa? – un tempo ero più brava a poker, dovrei tornare alla bisca clandestina, magari potrei mettere da parte un po’ di soldi mentre rimetto in forma la mia faccia da poker.
-Che ti succede? Sei strana, assente e oggi addirittura sei in ritardo. E’ Oliver quello in ritardo non tu. –
-Capita di fare tardi. –
-Centra Oliver? – mi chiede preoccupato, sbuffo, non sono così dipendente da Oliver, okay che mi piace, beh inutile negarlo possiedo due occhi funzionanti e per questo non mi sfugge il fatto che si dannatamente attraente soprattutto quando si allena senza maglia, cavolo quegli addominali scatenano la mia fantasia. Tre. Due. Uno. Okay, ma questo non vuol dire che il mio comportamento dipenda da lui.
-Non tutta la mia vita gira attorno ad Oliver, ho una vita privata anche io. – rispondo, afferro alcune carte e mi alzo dalla scrivania, devo andare a portare questi documenti in archivio, mi incammino e trovo Oliver fermo sulla porta dell’ufficio che mi guarda, non riesco a decifrare la sua espressione, sorpresa? Dolore? Mi fermo un secondo poi punto verso l’ascensore e scendo agli archivi. Che fosse veramente dolore quello che ho letto nei suoi occhi? Ma poi dolore per cosa? Non ho detto niente di male, ho detto solo la verità, lui ha saputo ferirmi molte più volte e molto più profondamente.
Le porte dell’ascensore si aprono e io arrivo agli archivi, sorrido, questo posto mi ricorda vagamente il piano informatico, mi sento a casa. Entro nella stanza sorridente, alla scrivania non c’è nessuno, strano, solitamente c’è sempre qualcuno. Mi guardo attorno ma a parte una serie infinita di scaffali strapieni di scatole e documenti non vedo nessuno.
-Felicity Smoak! Cosa porta la nostra piccola Fel ai livelli bassi? – mi volto cercando di capire da dove proviene la voce, poi finalmente lo individuo, appoggiato ad uno scaffale c’è Jeshon che mi sorride.
-Ti ho portato questi sono da archiviare. -
-La strega ha dato il suo benestare? – mi domanda prendendo i fogli e controllando se ci sono entrambe le firme, per tutta l’azienda c’è un certo malcontento, tutti odiano Isabel, non piace, anche perché l’idea della donna era di spezzettarci e di venderci a varie industrie quindi il nostro odio per lei è ben giustificato.
-Si ha firmato la strega. E anche Mr Queen. – rispondo, anche Oliver non è proprio visto di buon occhio, almeno non da tutti, se né andato quando avevamo bisogno di lui, va beh che poi è tornato e si sta impegnando, ma ancora non tutti si fidano.
-Il grande Queen ha trovato un modo per liberarci dalla scomoda presenza della strega? O passa le sue serate a sperperare i nostri soldi a poker? – mi chiede Jeshon, applicando il timbro sulla prima pagina.
-Non passa le sue notti a giocare a poker è completamente incapace a bleffare. - ridacchiamo insieme.
-Beh allora perché non lo sfidi? Magari gli freghi un po’ di soldi. –
-Non credo si farà fregare. –
-Proponigli uno strip poker, non si tirerà certo indietro. -
-Come se fosse interessato a vedermi svestita. – ruoto gli occhi esasperata, ma comunque ridacchio all’idea di incastrare Oliver ad una partita di strip poker, contando le carte lo porterei in mutande in meno di cinque mani, e poi le mani so io dove gliele metterei. Dannazione ancora. No, Felicity, NO! Riprendi il controllo.
-Piccola e ingenua Felicity. Se Mr Queen non apprezza quello che ha è solo perché è viziato. Io giocherei volentieri a strip poker con te e non solo a quello. – il sorriso allusivo mi fa scoppiare a ridere, se non fosse che Jeshon di bello ha solo il nome, forse potevo anche prendere in considerazione le sue parole, ma beh non è così. Saluto e me ne vado, ho il mio attico che mi aspetta.

Continua


Lo so è corto ma scappo a lavoro quindi accontentatevi del regalo e se avete vohlia fatami gli auguri!! ^_^
Un BACIO
MIA

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Capitolo 3
*** Letterem litigate e inviti a cena ***


Capitolo 3
 
 
Per il resto della mattinata non ho tempo per pensare a i mie drammi sono troppo occupata a trascrivere i bilanci che Oliver mi ha posato sulla scrivania dopo avermi guardata attentamente come se potessi impazzire da un momento all’altro.
-Signorina Smoak! – Isabel esce a passo marziale dal suo officio, odio questa donna, la richiesta per la sua santificazione è già stata ritirata. Prendo un profondo respiro e alzo la testa pronta a sentire qualche lamentala sul mio conto.
-Si? – devo stare calma, qualunque cosa uscirà dalla sua bocca non avrà il potere di irritarmi.
-Ieri mi ero raccomandata di spedire quelle lettere, lo ha fatto. – le lettere, dannazione l’ho dimenticato. Sbarro gli occhi, come ho fatto a dimenticarmi, me l’avrà detto ottocento volte ieri, ah già, stavo per imbucarle quando ho incrociato lui. Le lettere sono state l’ultimo dei miei pensieri.
-Me ne sono dimenticata. – balbetto, mi chiedo perché nel ventunesimo secolo con l’avvento di internet delle e-mail e di tutte queste invenzioni tecnologiche dobbiamo ancora usare la posta.
-Se ne è dimenticata? – il suo sguardo è furioso e la posso comprendere, erano urgenti, visto che la sua segretaria doveva spedirle quasi una settimana fa, ma non può prendersela con me.
-Lei è un incapace… - ecco che le sue solite dolci parole nei miei confronti escono ancora una volta dalla sua bocca, ma oggi non è proprio la giornata giusta, non sono abbastanza paziente, né di buon umore per accusare tutte le sue offese in silenzio.
-Si ho detto che me ne sono dimenticata: a lei non succede mai? Capita! Come capita di arrivare tardi un giorno a lavoro. Sono cose che succedono dannazione! Non c’è bisogno di sbraitare come un ossessa! Se erano così urgenti poteva mandare la sua segretaria, ops! La sua segretaria è una settimana che se ne dimentica. – rispondo alzandomi in piedi e sbattendo le mani sulla scrivania, decisamente oggi non è la giornata giusta per farmi arrabbiare.
-Non le permetto di rispondermi in questo modo. -
-E io non le permetto di trattarmi in questo modo! – ribatto è una guerra che non ho intenzione di perdere. Afferro la borsa dove dentro ci sono ancora le lettere e faccio il giro della scrivania.
-Bene se sono così urgenti vado a spedirle. Almeno chiuderà quella stramaledetta bocca e smetterà di starnazzare come una gallina a cui stanno tirando il collo. – punto dritta verso l’ascensore, nella mia uscita pseudo trionfale mi scontro con Oliver, che deve essere uscito dall’ufficio mentre io e Isabel ci stavamo urlando contro, non mi fermo supero anche Oliver ed entro in ascensore, sento Isabel rivolgersi a Oliver dicendo che sono matta, le porte si chiudono e la soave voce di Isabel cessa di arrivare alle mie orecchie.
 
***
 
Ho finalmente spedito quelle stramaledette lettere, guardo l’orologio è tardi, ci ho messo tutta la mia pausa pranzo per farlo, sono davanti alla Queen consolidated a domandarmi se salire o meno: avrò ancora un posto di lavoro? Dopo la sfuriata con Isabel credo proprio di no, anche Oliver dovrà abbassare la testa e licenziarmi dopo questa mia bravata. Ho voglia di un tea, un caffè, di un hot dog, ho voglia di mettere qualcosa nello stomaco è da ieri sera che non mangio.
-Tieni. – un bicchiere di caffè entra nel mio campo visivo. Mi volto: lui è di nuovo davanti a me e mi porge il bicchiere, guardo il bicchiere e poi lui.
-Prendilo, hai la faccia di una persona che ha disperatamente bisogno di un caffè. – dice facendo un sorriso, allungo la mano e prendo il bicchiere, il contenitore caldo riscalda la mia mano in modo piacevole.
-Grazie. – non ho più la forza di scappare, l’unico modo per liberarmi di lui sembra che sia ascoltare quello che ha da dire.
-Felicity, so che mi odi, ma ti prego ascoltami. –
-Se ti ascolto, poi te ne andrai? – chiedo senza guardarlo, ho un nodo alla gola, mi sento in colpa per questa frase, ma ho bisogno di sapere che non sto combattendo una guerra contro i mulini a vento, se io lo ascolto voglio essere io a decidere, per una volta voglio essere io ad avere l’ultima parola.
-Se tu lo vorrai si. - finalmente, finalmente avrò io l’ultima parola.
-Allora ti ascolterò. –
-Grazie, grazie… Stasera io e te, a cena fuori? Ti va? Così ti racconto e tu mi racconti qualcosa di te, abbiamo così tanto tempo da recuperare. –
-Certo… questo è il mio numero, prenota da qualche parte e poi fammi sapere. - gli do il mio numero e mi allontano.
-Grazie tesoro a dopo. – sono in mezzo alla strada, mi fermo e mi volto per guardarlo andare via.
-Il fatto che io venga a cena con te, non vuol dire che io crederò a tutto quello che mi dirai, papà. – si ferma e si volta verso di me, annuisce.
-Capisco, ma almeno posso provare a raccontarti la mia versione. – poi riprende la sua strada felice. Mio padre è tornato, dopo quasi venti anni è tornato, dopo aver abbandonato me e mia madre, non credo che una cena basterà per poterlo perdonare, ma almeno mi libererò della sua presenza indesiderata, ora ho un altro problema: il mio lavoro.
 
Salgo fino all’attico, stranamente c’è una calma irreale. Lancio uno sguardo verso l’ufficio di Isabel e lo trovo vuoto, un problema in meno, non devo preoccuparmi di lei, poso la mia roba alla scrivania e poi mi volto verso l’ufficio di Oliver.
Oliver e Dig sono entrambi dentro e mi guardano, non stanno parlando mi stanno solo guardando come si guarda una persona che sta diventando pazza, qualcuno se non sbaglio disse che la pazzia è ereditaria, quindi non mi stupirei se mi rinchiudessero in un manicomio visto i precedenti nella mia famiglia.
Oliver mi fa segno di entrare e io eseguo, perfetto, licenziata in: tre, due, uno…
-Siediti. – mi indica la poltrona davanti a lui, ma io la ignoro, non ho voglia di sedermi, guardo prima Dig e poi torno a guardare Oliver, se vuole licenziarmi che lo faccia senza tanti giri di parole.
-Devo liberare la mia scrivania? – la mia voce stupisce anche me, è completamente inespressiva, rimango li impalata in piedi e attendo che Oliver si decida a darmi una risposta, sbuffa.
-Certo che no. - sono quasi delusa, non che stia morendo dalla voglia di trovarmi disoccupata, ma me l’aspettavo, invece ancora una volta Oliver mi ha parato il culo con la sua socia, chissà perché lo fa, forse ha uno spirito da crocerossina, non ce lo vedo bene Oliver vestito da crocerossina.
-Ora per favore, ti siedi un attimo? – insiste lui, sbuffo e lo accontento, mi accomodo sulla poltrona nera e lo guardo attendendo che sia lui a parlare, non sarò io a parlare per prima, mi mordo la lingua giusto per essere sicura che non si muova per conto suo.
-Come stai? – mi chiede, alzo un sopracciglio, è serio? Mi sta chiedendo come sto?
-Comoda. – rispondo, Dig sghignazza, mentre Oliver rotea gli occhi esasperato.
-Sono contento che tu stia comoda, ora mi puoi dire che ti succede? – strano non si è arrabbiato, solitamente si scoccia alle mie pessime battute.
-E non dire… -
-Niente… - diciamo in coro. Ci guardiamo un attimo e alla fine cedo.
-Mi sono dimenticata di spedire quelle dannate lettere e Isabel ne ha fatto una questione di stato. Capita a tutti di dimenticarsi le cose. – sbotto arrabbiata incrociando le braccia al petto, non capisco il motivo di questo interrogatorio.
-Okay, lo sappiamo tutti che Isabel non è un tipo facile da gestire, ma non… tu non hai mai reagito così… quindi ci chiedevamo se fosse successo qualcosa che non sappiamo. –
-Non è successo niente. Oliver, stiamo insieme praticamente tutto il giorno, la mattina qui e la sera alla fonderia, ci salutiamo solo per andare a letto e quando torno a casa ti garantisco che me ne vado a letto. Quindi a meno che io non abbia litigato con il mio cuscino, cosa dovrebbe essermi successo? – sostengo il suo sguardo, non mi piace mentire a Oliver o a Dig, ma non ho voglia di parlare di mio padre né con lui né con chiunque altro, almeno fino a che non mi avrà detto cosa vuole da me.
Il cellulare si mette a suonare e lo sfilo dalla tasca del vestito, guardo lo schermo, non conosco il numero, faccio segno di aspettare un minuto e rispondo.
-Pronto? – sento del rumore, ma nessuna voce, mi acciglio e rimango in ascolto.
“Pronto? Tesoro, sono papà.” Ah già, mi ero dimenticata di aver dato il mio numero a quell’uomo.
-Ciao, dimmi. – non sono particolarmente felice di questa conversazione.
“Ti disturbo? Volevo dirti che ho prenotato il ristorante per stasera.” Fantastico non ne ho per niente voglia.
-Sto lavorando, quindi… Puoi arrivare al dunque? – mi lecco le labbra impaziente, Oliver socchiude gli occhi e mi fissa curioso, credo che darebbe tutto quello che ha per sapere con chi sono al telefono e cosa mi stanno dicendo. No, forse esagero, non valgo tanto.
Mi dice il nome del ristorante e l’orario.
-Bene, a dopo. –
“Non vedo l’ora che sia stasera…” lui è tutto emozionato per questa cena, a me invece non interessa minimamente, chiudo la chiamata e metto via il cellulare.
Oliver continua a guardarmi aspettando che io dica qualcosa, ma non ricordo cosa ci stavamo dicendo prima che mio padre mi chiamasse.
-Hai impegni per stasera? – mi chiede Diggle.
-Ho una cena. –
-Mah… - stasera Oliver voleva andare a fare un giro in The Glades, non che per fare quello abbia bisogno di me, ma lo rassicuro.
-Non ti preoccupare, non si protrarrà a lungo, appena ho finito verrò alla fonderia. –
 
Passo il resto del pomeriggio con Oliver a lavorare. O meglio io lavoro, Oliver ha passato tutto il tempo a guardarmi come se dovessi andare via di testa da un momento all’altro.
 
***
Continua…
 
Si lo so qualcuno aveva indovinato chi era l’uomo misterioso! Scontato? Forse. Ma alla fine a noi che interessa se è un po’ scontato? Tanto quello che ho in mente di far succedere non lo sapete quindi! xD
Ringrazio tutti per gli auguri, penso che sia stato il secondo regalo più bello che ho ricevuto per il mio compleanno! Il che non è male guadagnare il secondo posto ^.^
Un bacione a MARTEDI’!!!
Mia

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Capitolo 4
*** cena ***


Capitolo 4
 
Sono seduta in macchina a poca distanza dal ristorante, vedo mio padre fermo davanti all’entrata, devo trovare il coraggio e scendere da questa macchina e andare da lui, prima lo farò prima finirà tutto questo casino.
Scendo dall’auto e mi sistemo la gonna del vestito, per questa cena ho indossato l’abito più bello e costoso che ho nell’armadio, non voglio farmi bella per lui, voglio solo fargli vedere che anche senza di lui io sono diventata una donna di successo e appagata, non voglio fargli vedere che la sua scomparsa mi ha distrutto rendendomi terrorizzata dall’idea di perdere altre persone nella mia vita.
 
-Felicity! – sorride radioso nel vedermi, mentre mi squadra dalla testa ai piedi, il vestito è lungo, mi scivola morbido addosso e mi evidenzia il fisico, ma la cosa più bella è che mi lascia completamente scoperta la schiena.
-Scusa il ritardo, mi hanno trattenuto a lavoro. – è un enorme bugia ma non importa.
-Vieni entriamo. –
Il ristorante che ha scelto è bellissimo, non ci sono mai stata, ma lo conosco per la fama.
L’interno è sofisticato e chic, per fortuna mi sono messa questo vestito altrimenti avrei fatto una figuraccia, una ragazza ci accompagna al tavolo e noi ci accomodiamo, rimaniamo in silenzio, se non interrompo questo silenzio non sarà servito a niente accettare questa uscita.
-Allora, di cosa volevi parlarmi? – lo incalzo, lui mi guarda disorientato, non credo si aspettasse un attacco diretto.
-Beh ecco… io, volevo vederti e spiegarti… –
-Bene, mi stai vedendo e ora spiega quello che devi. –
-Lo so che sei arrabbiata con me, io non so cosa ti abbia detto tua madre, ma io… - lo interrompo.
-La mamma mi ha detto che un giorno te ne sei andato e non hai voluto più saperne né di lei né di me. Avevi bisogno di liberarti di noi, che per te eravamo un peso che ti stava trascinando a fondo. Sei uscito di casa e non sei più tornato, non una lettera, non una cartolina, niente. - io ero a scuola quando lui se né andato, quando tornai trovai mia madre stesa a letto.
-Io non ho abbandonato te, io, non potevo farcela con tua madre. – mi spiega.
-Cosa aveva la mamma? –
-Felicity, tua madre stava male e si rifiutava di farsi aiutare, se non me ne fossi andato avrebbe fatto impazzire anche me. -
-E a me non ci hai pensato? Avevo sei anni, mi hai lasciato lì con una donna che ritenevi pazza. - che uomo è? Che accidenti di uomo ha sposato mia madre, lei che è stato il pilastro della mia vita, che nonostante tutto mi ha dato stabilità e sicurezza, ha sposato quest’uomo che è completamente privo di spina dorsale.
-Non è così, ho provato a portarti via con me, ma… Tu non sai, la famiglia di tua madre non me l’ha permesso. - lo guardo senza capire, che diavolo vuol dire che la famiglia di mia madre non glielo ha permesso? Non ha senso.
-Cosa c’entrano i nonni? La mamma e i nonni non si parlavano da anni. – non so cosa sia successo di preciso, so che la famiglia di mia madre era ricca, certo non ai livelli di Oliver, ma comunque era benestante, ma per non so quale motivo mia madre troncò ogni rapporto con loro prima che io nascessi, dopo che mio padre se ne fu andato provarono a riappacificare i rapporti, ma mia madre non ne volle sapere, infine sono morti.
-I tuoi nonni non hanno mai visto di buon occhio il nostro matrimonio e quando tua madre decise di sposarmi ugualmente la diseredarono. -
-Tutto questo non ha assolutamente senso te ne rendi conto? – no, non posso credere a quello che mi sta dicendo.
-Ascoltami, io volevo portarti via quando tua madre iniziò a manifestare i primi sintomi, ma i tuoi nonni dissero che avrebbero messo la cosa in mano agli avvocati e loro erano ricchi, si potevano permettere i migliori avvocati del paese, io ero solo un impiegato e non potevo certo pagare fior di milioni per gli avvocati, pensai che se me ne fossi andato tua madre sarebbe tornata a casa e tu saresti stata cresciuta insieme a tua madre dai tuoi nonni, non credevo che non l’avrebbero riaccolta in casa. Se l’avessi saputo avrei combattuto per te. - mi prende la mano e me la stringe, che mi stia dicendo la verità? Che le cose siano andate realmente così? Non ho nessuno a cui chiedere conferma.
-Mi credi? - mi sta praticamente pregando, sembra disperato, così speranzoso che io gli creda, ma non lo so, ho bisogno di rifletterci.
-Mi è sempre stato detto che mi avevi abbandonato. – ripeto, mi aggrappo a questa cosa, in ogni momento mia madre mi diceva quanto quest’uomo fosse una nullità, eppure ora lui mi sta dicendo che non è così.
-Non è vero. Credimi. -
-Io… Non lo so. Non posso crederti così. -
-Lo capisco, ma dammi una possibilità, ora che sei grande, dammi la possibilità di conoscerti e di farmi conoscere. Questo è per te. – posa un pacchetto sul tavolo e io lo apro dentro c’è una collana con uno smeraldo.
-E’ bellissimo. –
-Hai sempre avuto una passione per il verde, fin da piccola. – arrossisco a questa frase che sia per questo mio debole per il verde che mi sono innamorata di Oliver…
Oliver.
Dannazione che ora sono? Guardo l’orologio, sono le dieci è tardissimo dovevo andare alla fonderia. Per fortuna la cena è ormai finita è il momento di chiudere questa cosa ho bisogno di tempo per elaborare queste informazioni e decidere cosa voglio fare.
Ci alziamo e usciamo.
-Io rimango in città per un'altra settimana, se vuoi possiamo vederci, mi racconti quello che fai, sono molto curioso. – che male può farmi conoscere un po’ di più quest’uomo, male che vada gli dico che non lo voglio più vedere.
-Si, va bene, mi farebbe piacere rivederti. – piacere, forse mi sono allargata troppo, eppure c’è qualcosa sotto che non riesco a capire.
-Domani a pranzo? – annuisco e poi ci salutiamo.
 
Maledizione è tardissimo, ho guidato come una pazza fino alla vecchia fonderia, parcheggiata nella solita stradina lontana dal locale c’è la macchina di Dig, segno che almeno lui è ancora qui, la moto che solitamente usa Oliver non si vede da nessuna parte, forse è ancora fuori in missione, oppure ha deciso di rimandare ed è venuto qua con Diggle. Digito rapida il codice ed entro, mi trovo sulle scale, sento le voci di Dig e di Oliver discutere di qualcosa.
-Dannazione! – è Oliver a imprecare non che sia una novità questa, scendo le scale con attenzione non vorrei inciampare sulla gonna dell’abito e farmi tutti i gradini rotolando, sarebbe un entrata a effetto, ma non voglio sperimentarla.
-Non sono Felicity, non mi riesce. – mi acciglio, che diavolo stanno cercando di fare e poi perché sono al mio pc, il computer manda un suono acuto, povero piccolo si lamenta.
-Che accidenti state facendo al mio pc? – chiedo fermandomi a metà scale, quei due me lo rompono, già me lo immagino, tanta fatica per sistemarlo, una sera in mano a loro è come buttarlo sotto uno schiacciasassi.
I due sobbalzano non devono avermi sentito arrivare, si voltano e rimangono a bocca aperta mentre io riprendo a scendere le scale rapidamente.
-Allora? – Dig si alza dalla mia sedia e io prendo il mio posto, guardando prima Diggle e poi Oliver che continua a fissarmi con la bocca leggermente aperta.
-Stavamo provando ad entrare nelle telecamere di sicurezza… - mi spiega Dig, Oliver ancora non ha ripreso l’uso della parola, chissà cosa gli è preso, poso il cellulare accanto al computer e inizio a digitare i codici per decodificare le protezioni dell’impianto di sicurezza, per fortuna non sono programmi sofisticati, qualunque cosa stia cercando di penetrare ha una protezione bassa e ci riesco subito. Lo schermo si divide in sei piccoli schermi che mostrano diversi corridoi.
-Ecco fatto, cosa volete vedere? – chiedo.
-Due ore fa qualcuno è entrato. – niente di più semplice, in un attimo trovo i file salvati e ne faccio una copia, porto il filmato sul secondo schermo e lo mando indietro di due ore, si intravede un uomo che cerca di forzare la porta, ma senza successo, poi scappa, come ladro è decisamente scarso, chissà perché Oliver si sia interessato a lui.
-Dove sei stata? – mi chiede Oliver, sento il suo sguardo scorrermi addosso, mentre io continuo il mio lavoro, cerco di ingrandire le immagini e di vedere se riesco a estrapolare un volto da questo video, ma il tutto è troppo scuro perché ce la possa fare.
-A cena fuori. – rispondo, il mio cellulare vibra e gli butto un occhio, il numero è di mio padre, leggo il messaggio: “Grazie per la bellissima serata. Ti voglio bene. A domani.” Lo lascio li ora ho altro da fare.
-Non gli rispondi? –
-Ho da fare. – non ho voglia di rispondergli, devo ancora elaborare le informazioni che mio padre mi ha dato, dovrei parlare con mia madre e sentire cosa mi dice, ma ora non posso chiamarla è troppo tardi, speriamo che domani sia una giornata buona e possa rispondermi.
-Ti sei divertita? Sembra che sia stata una serata importante. – continua Oliver, ma io gli chiedo cosa fa quando esce con le sue donne? Perché deve farmi il terzo grado?
-Era una cena, bel posto, buon cibo... La compagnia non male. – rispondo pesando bene le parole.
-Ci sarà una seconda uscita? –
-Si. E forse anche una terza e una quarta. Ma non vedo cosa te ne posso fregare a te Oliver. – sibilo infastidita, colpendo con forza la tastiera. Mi fermo, che diavolo ho detto? Ma cosa mi prende? Perché scoppio con Oliver?
-Scusa… Non volevo dirlo, è che... Ho mal di testa… Mi dispiace Oliver. – lo guardo, decisamente rifarmela con lui non è la soluzione giusta per risolvere i miei problemi. Mi guarda, non sembra arrabbiato, ha la stessa espressione che aveva oggi a lavoro, sembra ferito, ma è impossibile, Oliver Queen non può essere ferito, con le parole almeno. Ma che sto dicendo certo che può essere ferito e io lo so perfettamente, quando Tommy gli diceva che era un assassino ne soffriva. Mi alzo e mi fermo davanti a lui.
-Oliver, mi dispiace veramente, io… Sono solo stanca. – mi sorride, non sembra più ferito ora.
-Forse ti meriti una vacanza. -
-Vacanza, si… Mare… voglio andare al mare. – esclamo, una settimana su una spiaggia a cuocere al sole e a bere drink in noci di cocco con ombrellini colorati.
-Non sono un amante del mare. – scoppio a ridere, al diavolo, lo abbraccio e appoggio la testa sulla sua spalla, percepisco i suoi muscolo irrigidirsi e poi rilassarsi, le sue braccia mi avvolgono, Dio quanto sto bene in questo istante, ti prego tempo fermati così. Alla fine sciolgo l’abbraccio, evito i suoi occhi sono decisamente in imbarazzo, mi rimetto seduta continuando a non guardare nessuno dei due.
-Comunque, cosa stavate cercando? – chiedo riportando l’attenzione sullo schermo del computer.
-Per stasera lasciamo stare. Siamo tutti stanchi, andiamo a casa. - Oliver mi posa la mano sulla spalla è sempre così carino, dannazione!
-No, va beh, non sono così stanca. – lo rassicuro.
-No, a letto. - se lui ci venisse con me ci andrei di corsa! Oddio basta, Felicity sei patetica, dacci un taglio. Mi prende le mani e mi tira mettendomi in piedi.
-Okay. - le sue mani sono ancora intrecciate con le mie è una bella sensazione, non che sia la prima volta che ci teniamo per mano, ma c’è qualcosa di diverso, la sua mano è grande, calda e ha dei piccoli calli. Con coraggio sciolgo la presa sulla sua mano, per quanto mi piaccia è meglio evitare, Oliver stringe la presa e io alzo lo sguardo per poterlo guardare negli occhi.
-Sai vero che mi puoi dire tutto… Qualunque cosa, puoi sempre contare su di me… su di noi. -
-Lo so, ma non c’è nulla da dire. – finalmente libero la mano, credo di essere diventata rossa come un pomodoro, raccatto la mia roba e mi defilo, voglio andarmene a letto.
 
Continua
 

Ammetto.....

MI STAVO DIMENTICANDO DI AGGIORNARE!! ma perdonatemi è colpa del caldo mi da alla testa e poi in questi giorni sono stata presente col contagoccie! infatti non ho risposto nemmeno a tutte le recensioni! vi chiedo scusa ma sono anche oggi di corsa quindi voi intanto commentate io prometto di rispondere (prima o poi)
un bacione ditemi un po' cosa ne pensate! Vi è piaciuto l'abbraccio??? ^.^
Mia

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Capitolo 5
*** capitolo 5 diari ***


Capitolo 5

***

Altra giornata di lavoro, oggi non sono arrivata tardi per fortuna, Isabel mi guarda con odio, ma ormai non ci faccio più caso, non so cosa si siano detti lei e Oliver ieri, ma qualunque cosa sia mi va bene visto che io vengo lasciata stare.
Mi guardo attorno non c’è nessuno, Oliver e la strega sono chiusi in ufficio a discutere di non so cosa, Dig è in ufficio con loro, non c’è nessuno a portata di orecchio e quindi ne approfitto, devo chiamare mia madre. Compongo il numero e attendo che qualcuno mi risponda.
“Clinica Marsers buon giorno…” mi rispondono.
-Buongiorno, sono Felicity Smoak… -
“Signorina Smoak, buongiorno…” ecco, ora c’è la solita trafila di convenevoli che volevo evitare, ho fretta, qualcuno potrebbe sbucare da un momento all’altro e non voglio che ascoltino, la mia conversazione.
-Dottoressa, avrei bisogno di parlare con mia madre è possibile?- dico di getto interrompendola, mia madre è malata, è schizofrenica. Non so quando sono apparsi i primi sintomi, ero troppo piccola, ma ripensandoci forse sono comparsi con l’abbandono di mio padre, passava intere giornate a letto e molte volte si dimenticava le cose più semplici come venirmi a prendere a scuola o altre cose del genere, inizialmente pensavo fosse depressione, che stesse male per via di mio padre, ma ora, dopo quello che lui mi ha detto, non sono più così sicura, forse era già malata allora e io non lo sapevo.
“Non so, non sta molto bene…” lo sapevo la mia solita fortuna.
-Vorrei provarci lo stesso se non le dispiace.- alla fine riesco a convincere la dottoressa a lasciarmi parlare con mia madre, spero che sia in un momento si.
-Mamma? Sono Felicity, come stai? –
“Oh, bambina mia… Quanto mi manchi.” per fortuna è una giornata si, mi ha riconosciuto. Cerco di parlare del più e del meno per un po’ le chiedo come sta e tutte le altre cose, non voglio sconvolgerla più del dovuto.
-Mamma ascoltami, ieri ho incontrato una persona… - inizio esitante, la sento distante un po’ disorientata, devo sbrigarmi.
“Che persona? Ti ha fatto del male?”
-No mamma, almeno non ora. Ho incontrato papà. – ammetto.
“Cosa? Dove? Non ti fidare di lui è il diavolo! Ci ha abbandonate! Demonio!”
-Ascolta, mamma, lui mi ha detto che voleva che tu ti facessi aiutare, che eri malata.. è vero? Vi siete lasciati per questo?- ti prego mamma di, di si. Dimmi che non mi ha mentito.
-Ti prego, se è così non mi arrabbierò, ma dimmi la verità!-
“Demonio… è il demonio! Satana, brucerà all’inferno con Satana!” ecco è partita, lo so che non è carino da dire, ma è così, mia madre ha un delirio religioso, il che è strano visto che nella sua vita non è mai stata una persona religiosa.
-Ti prego concentrati. Sono io Felicity.-
“Non credergli… Satana è il più abile dei bugiardi. Ti inganna per ottenere qualcosa… Satana.” Alla fine la dottoressa le toglie il telefono non è stata una telefonata molto produttiva.
“Signorina Smoak?”
-Sono qui, mi dispiace averla fatta agitare…- sospiro frustrata, non ho ottenuto nulla.
“Non si preoccupi. Mi dispiace che non sia riuscita a ottenere le risposte che voleva…” Oliver esce dall’ufficio con Dig, stanno parlottando e puntano dritto verso me. Dannazione.
-Non si preoccupi, senta ora devo tornare a lavoro. Mi scusi ancora. Arrivederci.- chiudo appena in tempo, Oliver e Dig si fermano davanti a me.
-Felicity, ci prenoti un tavolo al ristorante? – annuisco, Oliver, Isabel e il nuovo potenziale investitore tutti a pranzo fuori, guardo l’orologio speriamo di trovare un tavolo, anche se a Oliver Queen nessuno dice di no.
-Lo faccio subito.- sto per prendere il telefono quando questo squilla.
-Si? –
“Ciao Felicity!” la vocina allegra al telefono mi fa sorridere, è la ragazza giù alla reception.
-Dimmi tutto?-
“Occupata con il grande capo?”
-Eh già, è successo qualcosa?-
“C’è una persona che ti cerca…”
-Moro, occhi azzurri?- chiedo, che domanda stupida ovvio che è lui, è quasi l’ora della mia pausa pranzo quindi deve essere per forza lui.
“Sei veggente? Comunque si, devo farlo salire?” Dio mi scampi da questa ipotesi.
-No! Digli che arrivo tra poco. Grazie.- ci manca solo che mio padre salga e si incontri con Oliver poi non sarei veramente capace di tenere tutto questo segreto.
-Ci sono problemi? – mi domanda Oliver, il suo sguardo ha il potere di leggermi dentro.
-Nessuno. Ora chiamo.-
Dieci minuti dopo, ho prenotato e mi affaccio in ufficio e comunico loro l’orario e il nome del ristorante. Faccio segno ad Oliver che vado a pranzo e scappo prima che lui mi possa fermare, non voglio far incontrare i due.
All’ingresso saluto Leila la ragazza che mi ha chiamato per avvertirmi dell’arrivo di mio padre, quella mi sorride in risposta e mi indica la direzione dove si trova il mio appuntamento.
Lo vedo confabulare al telefono, non mi sembra una conversazione molto tranquilla, come mi vede inizia a parlare a raffica e chiude rapidamente. Mi sorride è a disagio chissà con chi stava parlando.
-Eccomi scusa, una cosa urgente. –
-Ma ora sei tutta mia no? –
-Si! Allora andiamo. – mi passa un braccio attorno alla vita e mi accompagna verso la porta, mentre esco sento nel corridoio la voce di Isabel. Il gruppetto è appena sceso, mi volto e incrocio lo sguardo di Oliver che guarda nella mia direzione, mi volto e accelero il passo uscendo dall’edificio.

Il pranzo è stato piacevole, niente di sofisticato come ieri sera, un semplice hamburger in un ristorante vicino all’ufficio. Ho parlato più che altro io e di quello che ho fatto da quando lui se ne andato, la vita con la mamma, la scuola, l’ammissione al Mit, e poi il mio lavoro, sembrava molto interessato al mio lavoro, mi ha chiesto del mio capo, spero di essere stata abbastanza brava da nascondere la mia cotta mostruosa per Oliver. Al contrario lui non mi ha detto niente della sua vita, ma non importa ci saranno altre occasioni, voleva vedermi anche stasera, ma stasera devo lavorare con Oliver a quei video, non so cosa si aspetti di trovare, ma oggi proprio non posso non andare alla fonderia.
Sono tornata in ufficio e mi fermo accigliata, sulla mia scrivania ci sono delle rose rosse. Sono più che convinta che non c’erano prima quando sono andata a pranzo, come sono arrivate?
-Ehy, a quanto pare hai un ammiratore segreto. – Dig compare da qualche parte alle mie spalle, non è divertente, chi mi potrebbe mai mandare delle rose rosse? Guardo Diggle lui è divertito per non so bene quale ragione.
-Di chi stai parlando? – gli chiedo avvicinandomi alla mia scrivania e deponendo tutta la mia roba.
-Dell’uomo con cui ti abbiamo visto uscire abbracciata. – mi fermo e lo guardo, abbiamo, plurale, lui e chi? Mi volto verso Oliver che è seduto nel suo ufficio e mi guarda attentamente, poi sposta lo sguardo su qualcosa accanto a me, i fiori.
-E quindi?- chiedo indifferente, almeno cerco di essere indifferente, tra i fiori c’è una busta con un biglietto, la prendo curiosa di vedere cosa ci sia scritto.

Un piccolo pensiero, per farti capire quanto io tenga a te.
Un bacione
Tuo padre

Come ho fatto a non pensare a lui, ieri la collana, oggi le rose, se questo è la sua tattica perché io lo perdoni si sbaglia, ancora non mi fido di lui, c’è qualcosa che mi impedisce di credergli veramente. Mi siedo giocherellando con il pezzetto di carta. Un uomo che compra l’affetto di una persona con i regali non è un uomo, sono i gesti che lo rendono tale.
-Allora è lui? – insiste Dig, passo il dito sul vaso, accarezzo la superficie liscia e fredda della porcellana. Non mi piacciono, mi irritano, non li voglio sulla mia scrivania, tenerli qui sarebbe come se io l’avessi realmente perdonato e ancora non sono convinta. Il cellulare squilla è lui, sicuramente vorrà sapere se sono arrivati e se mi piacciono.
-Pronto. –
“Ti piacciono?” prevedibile, che dovrei dirgli, i fiori sono bellissimi, peccato che sia il significato ad essere sbagliato. Io non provo nulla per lui.
-Sono belli. Grazie.- atona, la mia voce è atona anche alle mie stesse orecchie, se mi fosse morto il gatto sarei più allegra di così.
“Sono contento. Sto cercando di farmi perdonare…” perdonare che parola strana e piena di significati, per chiedere perdono prima di tutto si dovrebbe chiedere scusa e lui non l’ha mai fatto, dovrebbe sforzarsi di creare qualcosa senza comprarmi, non ho otto anni, non ho bisogno di regali..
-Sono veramente belli.-  Le mie dita scivolano sul vaso è un attimo, il vaso ondeggia pericolosamente e sbilanciato dal peso dei fiori si rovescia all’indietro, non l’ho fatto di proposito, non era mia intenzione far cadere il vaso, ma anche se vedo tutta la scena al rallentatore non faccio nulla per fermarlo. Il vaso scivola dal tavolo e cade dentro al cestino che è accanto alla mia scrivania, beh senza volerlo hanno fatto la fine che dovevano. Strappo il biglietto e lascio che anche lui vada a fare compagnia ai fiori.
-Ora devo lavorare. Ci sentiamo. – voglio chiudere questa maledetta conversazione.
“Stasera non puoi proprio?” tenta di nuovo, non ho voglia di vederlo credo che per due soli giorni sia satura della sua presenza.
-Stasera devo lavorare. Buona giornata – alzo gli occhi dal cestino dove i fiori fanno capolino e guardo Dig che mi guarda sorpreso dal mio gesto, anche Oliver mi sta guadando e non capisce il mio comportamento. Chiudo la chiamata e accendo il mio pc pronta ad un pomeriggio di lavoro.

***
Mi sono trattenuta a lavoro un po’ più del solito, giusto per completare le ultime cose prima del fine settimana, così lunedì quella strega non avrà niente da urlarmi contro.
Arrivo al covo e ancora non c’è nessuno, buono posso lavorare tranquillamente su quei video senza avere il fiato di Oliver sul mio collo. Il fiato di Oliver sul mio collo? Non sarebbe male se fosse in un altro tipo di situazione. Dio. Devo trovarmi un uomo altrimenti finirò veramente per fare qualche cazzata.
-Felicity… - ecco come non detto.
-Ehy! – saluto senza voltarmi.
-Che ci fai già qui? – indico lo schermo senza smettere di lavorare.
-Hai trovato qualcosa. –
-Non ancora. – mentre parliamo mi si è avvicinato e si è posizionato dietro di me sento il suo respiro caldo contro il mio collo e questo mi provoca dei brividi lungo la colonna vertebrale, rabbrividisco e lui se ne accorge.
-Hai freddo? – mi chiede. No stupido essere con un cromosama Y! Sono solo sessualmente frustrata dal mio capo sexy che non mi considera, mentre io vorrei usare questa scrivania come base per del sesso sfrenato. Ovviamente niente di tutto questo esce dalla mia bocca.
-No, sto bene. – lo sento muoversi dietro di me, ma non mi volto, se mi giro noterà che ho le guancie rosse, tutta colpa dei miei pensieri, devo realmente trovarmi un ragazzo. Presa dai miei deliri non mi rendo conto che Oliver si è tolto il giubbotto di pelle e me lo ha appoggiato sulle spalle.
-Oliver. – ma si è già allontanato e si sta togliendo la maglia per iniziare i suoi allenamenti, sono momenti come questi che mandano all’aria tutti i miei buoni propositi di non fantasticare su di lui. Per momenti non intendo il fatto che si sia tolto la maglia, intendo il gesto di darmi il suo giubbotto, sia chiaro, ma comunque anche vederlo senza maglia non aiuta, no decisamente no, un giorno su quegli addominali spalmerò della nutella… Tre. Due. Uno. Ho un lavoro che mi aspetta, allora dicevo, computer. Si computer vediamo.
Arriva anche Diggle, il quale cerca di convincermi a riprendere gli allenamenti di autodifesa, ma non ci penso neanche, a salvarmi arriva il mio cellulare.
-Salvata! – esclama mentre prendo il telefono, non controllo nemmeno chi è visto che sto facendo la linguaccia a John ridacchiando.
“Signorina Smoak.” Il sorriso mi si congela sul volto, questa è la voce della dottoressa della clinica dove è mia madre.
-Si? È successo qualcosa? – mi volto per controllare l’orologio, sono le nove di sera, non è mai successo che mi chiamassero a quest’ora, okay è successo una sola volta, mia madre in un momento veramente no aveva tentato di scappare e si era fatta male in modo serio, quindi capirete se sto praticamente tremando per questa telefonata.
“No, stia tranquilla, è tutto a posto, sua madre sta bene.”
-Meno male. – sospiro di sollievo e torno ad appoggiarmi alla sedia più rilassata.
“La chiamo perché dopo la sua telefonata sua madre ha continuato a parlare, inizialmente non sembrava niente di diverso dal solito, ma la cosa mi ha incuriosita, così ho provato a parlarle.” Ha provato a parlarle? Quindi si doveva essere calma, questa cosa mi sta incuriosendo.
-E cosa le ha detto? – ascolto attentamente il racconto della dottoressa, mentre gioco con la sedia girando su me stessa, è una cosa infantile, ma mi aiuta a pensare.
“Ripeteva che satana era vicino a lei, che doveva stare attenta. Che era in pericolo…” Satana vicino a me? Okay che lavorando per Arrow di gente che sembra il diavolo ne vedo tanta, ma lei come fa a saperlo?
“Poi diceva che sicuramente voleva qualcosa da lei, che aveva già provato a usarla, ma che l’avevano protetta.” Okay, mi sono ufficialmente persa in questo discorso, io non sarà una dottoressa, ma se una persona mi fa questo discorso io aumenterei i farmaci.
-Ma questo non ha senso, voglio dire è collegato a…-
“Nel suo delirio era molto lucida, per questo mi sono permessa di chiamarla. Continuava a ripetere che l’aveva provato a portarla via da lei, che l’aveva venduta. So che tutto questo non ha senso, ma era diverso dai soliti deliri causati dalla schizofrenia,  rispondeva alle domande in modo coerente.”
-Quindi secondo lei quello che diceva deve avere senso, voglio dire non è inventato. –
“Ha parlato di diari e di lettere. Diceva che la verità stava tutta li.” Diari? Lettere? Satana? Usarmi? Ma che accidenti, io un filo logico in tutto questo non ce lo vedo.
“la sua telefonata l’ha molto scossa è stata tutto il giorno in pensiero per lei. Beh mi dispiace averla disturbata, ma credevo che potesse aiutarla.”
-La ringrazio molto per avermi chiamata, ora come ora, non saprei, non riesco a capire cosa intenda, ma ci penserò e vedrò se riesco a decifrare quello che ha detto.- in fondo è di questo che si tratta, decifrare il suo modo di parlare. Ci salutiamo e chiudo la chiamata. Due paia di occhi mi fissano curiosi, alle loro orecchie deve essere suonata strana questa conversazione, ma non mi interessa.
-Problemi? – mi chiede Oliver appeso come un pipistrello a una delle travi del soffitto, ogni volta che lo vedo la su mi chiedo come accidenti abbia fatto ad arrivarci e soprattutto come fa a scendere senza rompersi l’osso del collo, però da questa posizione ho una panoramica del suo fondoschiena e vi assicuro che è un panorama niente male.
-No nessuno. Torna pure ad allenarti tranquillamente! –
-Ciao a tutti! – Roy entra nel covo e ci saluta allegramente è un pezzetto che non passa da queste parti Thea lo ha tenuto occupato con il club, a quanto pare mentre la fidanzata è a sostenere la madre in uno dei suoi comizi lui ne ha approfittato per venire ad allenarsi un po’.

Qui tutti si allenano, mentre io aspetto che il computer finisca di sistemare il video mi sono messa a scrivere sul mio diario, è un piccolo vizio che ho da quando sono piccola e ancora non ho perso, anche perché vista la malattia che ha mia madre c’è la possibilità che io perda i miei ricordi.
-Non ho mai capito una cosa di voi donne. – esclama Roy guardandomi, smetto di scrivere e lo guardo curiosa.
-Cosa?-
-La vostra mania di tenere un diario, perché tenete un diario? – mi chiede credo che sia una domanda che si fanno tutti gli uomini.
-Per non dimenticare… - questa risposta mi riporta alla mente qualcosa, mi suonano famigliari, infine eccoli i ricordi:

ho si e no dieci anni e sono appena tornata da scuola, la casa è buia, tutte le finestre sono chiuse e le tende sono tirate per non far entrare la luce.
-Mamma? – la cerco in cucina e in salotto, ma di lei non c’è traccia, sbuffo e punto verso la sua camera da letto e la trovo è stesa sotto le coperte con il diario appoggiato sul materasso e la penna in mano, sta scrivendo il suo diario.
-Mamma! Perché è tutto chiuso? È primavera fuori c’è il sole, fai entrare un po’ d’aria! – salto sul letto sorridendole, è pallida, non sembra star bene, da quando papà ci ha lasciato sta quasi sempre a letto a scrivere.
-Amore, che ci fai qua?-
-Ti sei dimenticata di venirmi a prendere. – le spigo sbuffando, non è la prima volta che succede, e proprio per questo ho il permesso di tornare a casa da sola.
-Mi dispiace tesoro, vieni qua.-
-Dovresti alzarti, il medico dice che dovresti uscire, andiamo a fare una passeggiata.-
-Non ora amore, devo finire di scrivere una cosa… - la guardo mentre la penna torna verso la pagina e inizia a tracciare parole che non riesco a vedere, non ho mai letto i suoi diari, mi piace rispettare la privaci.
-Mamma, perché tieni un diario? – questo suo vizio non l’ho mai capito, non vedo perché scrivere quello che mi accade, lo posso ricordare.
-Perché non dimenticare… dopo un po’ i ricordi spariscono, i dettagli si perdono e non ricordi più le cose con chiarezza, mentre se le scrivi, quando poi andrai a leggerle ricorderai tutti i dettagli. –
-Mamma, non ricordi?-
-Certo che ricordo, ma se ti chiedessi cosa hai fatto questo giorno due anni fa, tu lo ricordi? – ci penso su, no decisamente non ricordo, due anni fa è tanto tempo come faccio a ricordare così lontano. Scuoto la testa.
-Tieni un diario sempre, ti sarà molto utile. –


Quel pomeriggio uscimmo e io comprai il mio primo diario, da allora lo tengo regolarmente, alcuni giorni sono più vuoti, altri sono ricchi di dettagli, ma ogni giorno scrivo qualcosa, per ricordare quello che ho fatto e cosa mi è successo.
-…Dimenticare cosa?-  è sempre Roy che mi parla, ma la mia mente è partita ancora una volta seguendo il suo fiume di pensieri.
-..Diari, lettere…Ma certo! – come ho fatto a non pensarci, tutti i diari di mia madre e le lettere. Quando è andata in clinica mi ha chiesto di tenere i suoi diari e altra roba, mi ha pregato di non buttare via niente e io l’ho accontentata, era una scatola, un po’ ingombrante ma decisamente piccola per contenere la vita di una persona. Mi alzo e punto dritta verso Roy.
-Sei un genio! Grazie! – gli do un bacio sulla fronte, prima di tornare indietro alla mia postazione e afferrare le chiavi di casa e della macchina.
-Felicity? –
-Devo fare una cosa, ci vediamo dopo… Forse. Qui va da solo, quando si ferma è pronto. Dove diavolo ho infilato le chiavi? – cerco in borsa senza successo, anche le tasche del giubbotto sono vuote.
-Eccole! – le trovo sul tavolo e le prendo insieme al cellulare e poi scappo via, come ho fatto a non pensarci subito, mia madre scriveva tutto, da qualche parte in quei diari ci deve essere anche quello che è successo con mio padre.
-Aspetta, che succede? – Oliver mi ferma sulle scale preoccupato dal mio comportamento, quando avrò sistemato tutto forse sarà il caso che gli racconti tutto altrimenti penserà veramente che sto impazzendo.
-Ti vieto di dire niente! – mi guarda male, e io mi fermo con la bocca mezza aperta, cavolo stavo proprio per dire niente, uffy.
-Devo andare a casa, te lo spiego dopo. Scusa. – mi libero dalla sua presa e scappo verso il mio appartamento a tutta velocità.
Sono andata via dal covo così di fretta che non ho presso nemmeno il giubbotto e la borsa, ormai li recupererò dopo o domani.

Continua...

eccomi qua!
che dite si sta facendo un po' più interessante la situazione?
^.^ un  bacione a presto...
Solo due recensioni? ç.ç come mai???
va beh un baciooo a martedì
Mia

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Capitolo 6
*** il mio Eroe ***


Capitolo 6

Entro in casa e punto dritta verso la mia camera, la scatola con tutta la roba di mia madre è infondo alla mia cabina armadio.
Trovo immediatamente la scatola e inizio a cercare freneticamente il diario giusto, i diari sono tutti identici, colore, forma. Ma per fortuna sulla prima pagina c’è scritto con la calligrafia elegante di mia madre l’anno e poi, sono tutti in ordine. Con rapidità arrivo all’anno in cui mio padre ci ha lasciato.
Sfoglio freneticamente le pagine del diario fino ad arrivare al giorno che mi serve:

Se ne andato. Thomas se ne andato, mi ha abbandonato. Non ho parole per quello che è successo. L'ho visto fare i bagagli, mi ha detto che si era stancato di me, che io ero un peso morto. La cosa che mi ha fatto più male è che finalmente lo ha ammesso. Mi ha sposato solo per i soldi della mia famiglia, ma visto che loro non sono intenzionati a riallacciare alcun rapporto con noi, nemmeno per Felicity. Io a lui non gli servo, mi ha abbandonato, anzi ci ha abbandonato, come farò a spiegare alla mia piccola Felicity che suo padre non le ha mai veramente voluto bene, ma che la vedeva come un mezzo per avere i soldi dei miei genitori. No, non glielo dirò mai. Mai, Felicity non dovrà mai venirlo a sapere.

Oggi è arrivata una lettera da mio padre, altro dolore. non credo che potrò andare avanti così, sento il mondo cadermi addosso, ma devo rimettermi in piedi, devo trovare la forza, se non per me, per Felicity, anche oggi mi sono dimenticata di andarla a prendere, la scuola mi ha chiamato, ha chiamato. Se continuo così chiameranno gli assistenti sociali e scopriranno che non sono in grado nemmeno di occuparmi di me stessa, sento la malattia arrivare e mischiarsi con la depressione in cui sono caduta da quando Thomas se ne andato.
Ah si dicevo di mio padre, mi ha mandato una lettera. Thomas li ha ricattati, è andato da loro e gli ha minacci di portarmi via la bambina se non gli avessero dato i soldi che voleva. Thomas non è mai stato una brava persona, ma ero così innamorata da non rendermi conto in cosa era immischiato:  gioco d’azzardo. Ha perso tutti i nostri soldi per quel maledetto poker.


Smetto di leggere, mi fa schifo, ho la nausea. Ha minacciato i miei nonni per i soldi. Non ci credo. Non ci posso credere.
Dei rumori provenienti dal corridoio mi riscuotono dal mio stato di shock, come minimo è Oliver che è venuto a controllare cosa mi sia successo. Sento le lacrime salirmi agli occhi, sono così delusa e arrabbiata.
Sulla soglia del salotto mi blocco, non è Oliver, in casa mia ci sono tre uomini che stanno parlando tra loro, uno sembra molto arrabbiato e sta minacciando un quarto uomo: mio padre.
-Che succede qui? Chi siete voi! – esclamo tutti si voltano verso di me, Thomas sbianca quando mi vede.
-Tu.. Tu non dovresti essere qui. – sembra sorpreso e spaventato dalla mia presenza.
-Oh, tu devi essere la figlia.- annuisco, stringendo la presa sul diario.
-Si, ma non per scelta. – sibilo con rancore. Lo odio.
-Vedo che nemmeno lei ti ama. –
-Che diavolo volete. – chiedo.
-Vedi, tuo padre mi deve dei soldi, sai non è bravo a poker. – mi spiega, non credevo che potesse succedere, l’odio che provo per lui aumenta, è tornato da me solo per prendermi altri soldi, che schifo di persona.
-Non è un problema mio. –
-Oh, invece è un problema tuo, vedi. Quando eri piccola, tuo padre ti ha ceduto a noi. Poi ha trovato i soldi e ti ha riscattato, ma il contratto rimane. Tu ci appartieni. – lo guardo con orrore. Mi ha venduto? Questo non fa solo schifo. Fa orrore.
-Quindi ora dovrei pagare te, devi darci i soldi che tuo padre ha perso. –
-Io…- indietreggio, spaventata, i due uomini che fino ad ora erano rimasti fermi mi si avvicinano minacciosi, più che due uomini mi sembrano due armadi. Devo inventarmi qualcosa e anche velocemente. Prendo il cellulare dalla tasca e premo il tasto di chiamata rapida, Oliver ti prego, rispondi. Rimetto il cellulare in tasca e mi muovo cercando di non farmi prendere. Tiro il diario colpendone uno in viso, mossa sbagliata, questo lo fa arrabbiare ancora di più. Ora sono immobilizzata con le braccia piegate dolorosamente dietro la schiena.
-Allora Felicity, o collabori e ci dai i soldi che ci deve, oppure beh, prenderemo quello che ci deve in un altro modo. La mano che inizialmente era sul mio viso scivola lungo la mia gola e arriva fino al mio seno lasciato scoperto dalla scollatura.
-Non ho tutti quei soldi!- poco ma sicuro, lavorerò anche per un multimilionario ma io ho uno stipendio normale.
-Beh il tuo capo sicuramente si… Thomas dice che sei abile con i computer e vista la tua posizione sono sicuro che hai tutti i codici per entrare nei conti del signor Queen, non è vero?- vogliono che io prenda i soldi dal conto di Oliver? Ma sono completamente pazzi?
-Se ne accorgerà e mi licenzierà!- urlo, non ho intenzione di fare una cosa del genere. Mi afferra per i capelli e mi tira, fa male, dannazione se fa male, poi mi tira uno schiaffo è così un gesto così improvviso che nemmeno lo vedo arrivare, sento solo la guancia bruciare per il colpo.
-Hai cambiato idea? –
-Va bene! – urlo, al diavolo, spero che Oliver stia ascoltando.
-Ma non posso farlo da qui, dobbiamo andare alla Queen consolidated. – sospiro rassegnata, potrei farlo anche da qui, ma se Oliver sta ascoltando almeno ha il tempo per arrivare e fermarmi prima che possa svuotargli il conto in banca.
-Perfetto, vedi con le buone maniere si ottiene tutto. Andiamo. – vengo spinta fuori in malo modo rischio anche di cadere rovinosamente a terra, ma uno dei due energumeni mi tiene saldamente impedendomi di scappare e di cascare a terra.


Il viaggio da casa mia fino alla Queen consolidated è breve, mio padre cerca di parlarmi ma io lo zittisco, non voglio sapere niente, non mi interessa, una volta sistemata questa cosa voglio che sparisca dalla mia vita per sempre.
Tutto il palazzo è al buio solo la scritta in alto emana luce. Non c’è nessuno. Spero che Oliver sia già arrivato.
Vengo tirata fuori dall’auto e spinta verso l’ingresso, con le mani tremanti apro la porta e digito il codice per disattivare l’allarme. Saliamo con l’ascensore fino all’attico, non c’è assolutamente nessuno, tutto è silenzioso e lo ammetto la cosa è un po’ inquietante. Finalmente arriviamo in cima e io mi fermo prendendo un respiro profondo.
-Forza sbrigati! – mi spingono e questa volta cado a terra, le mie ginocchia producono un rumore sordo che rimbomba per gli uffici quando si scontrano contro il freddo marmo del pavimento.
-E alzati, sei proprio imbranata. – vengo tirata ancora una volta e mi rimetto in piedi, mi guardo attorno sperando di intravedere la presenza di Oliver, ma di lui non c’è traccia, l'idea che lui non sia ancora arrivato mi spaventa, ma poi scorgo un piccola freccia nascosta che mi indica l’ufficio di Oliver. Lui è qui!
-Dobbiamo usare l’ufficio di Mr Queen.- spiego entrando nell’ufficio e accomodandomi alla scrivania lasciando indietro il gruppo di rapitori.
I quattro sono ancora tutti sulla porta, aspetto con ansia una mossa di Oliver, so che è qui, anche se non ho idea di dove sia, improvvisamente una freccia scagliata da non so dove passa davanti ai quattro.
-Che succede? E lui chi è? – sorrido finalmente si è mostrato.
-Arrow!- è Thomas a riconoscerlo e lo guarda tra orrore e spavento, mentre io sorrido: è venuto a salvarmi.
-Muovetevi prendetelo! – i due bestioni si buttano contro Oliver il quale senza nessun problema schiva ogni singolo colpo, quei due non possono niente contro i lui. Infatti in poche mosse i due finiscono a terra. Sto per esultare, ma qualcuno mi prende da dietro, ero così concentrata a guardare il combattimento che non mi ero accorta che quel pazzo del capo era arrivato fino a me e ora mi punta la freccia, che deve aver raccattato da terra, alla gola.
-Fermo o l’ammazzo! – ecco, com’è che questa situazione ha un che di deja vu? Ah già, ricorda la situazione con il conte, anche se in quel caso puntata al mio collo avevo una siringa piena di vertigo. Arrow alza l’arco pronto a scoccare le sue frecce, non voglio, non voglio che uccida di nuovo per colpa mia.
-Aspetta! Non lo uccidere. Non ne vale la pena.-  lo vedo tentennare, ma vengo strattonata per stare zitta e la freccia si fa pericolosamente vicina.
-Abbassa l’arco o la tua giovane amica si ritroverà con un buco in gola. – questa scena mi fa venire i brividi, ma che mente perversa ha quest’uomo? Oliver abbassa l’arco, indeciso su cosa fare. Prendo un respiro profondo e faccio una cosa che non ho mai fatto, assesto una gomitata nelle costole con tutta la forza che ho. L’uomo mi lascia e io scivolo a terra, mentre Oliver scocca un paio di frecce.
-Ehy! – mi si avvicina per assicurarmi che io stia bene.
-Sto bene. – gli dico, lo guardo negli occhi da sotto il cappuccio ha un espressione così preoccupata.
-L’hai…- mi volto e vedo che l’uomo è ancora vivo, ha un freccia infilata nella spalla e una in una gamba, niente di mortale.
-Tesoro.- ah già c’è anche lui, mi ero dimenticata della sua presenza.
-Non ti avvicinare. Vattene. – si blocca sul posto freddato dal tono della mia voce.
-Tesoro.-
-NO! Vattene, sei tornato solo perché avevi bisogno. Non ti voglio vedere. So la verità. Tu mi hai usato per avere i soldi dei nonni. Mi fai schifo. Vattene e non disturbarti a tornare. – se ne va come un cane, mogio e depresso. Non mi interessa non mi fa pena, non provo niente. Anzi una cosa la provo, pace, finalmente mi sento tranquilla, quella brutta sensazione che ho avuto fino ad ora se ne andata.
-Feli…- Oliver continua a guardarmi preoccupato e indeciso su cosa fare.
-Sto bene, davvero. – mi aiuta ad alzarmi e mi abbraccia.
-Andiamo via di qua? – lui annuisce, ma dobbiamo aspettare l’agente Lance. Almeno io devo aspettarlo.
-Ci vediamo tra poco. – annuisco, mentre lui se ne va a cambiarsi, tra poco tornerà in veste di Oliver Queen. Intanto chiamo Lance e gli dico di venire.
Gli spiego la situazione e rilascio la mia deposizione, Oliver è arrivato qualche minuto dopo Lance insieme a Dig entrambi mi stanno accanto ascoltano la mia deposizione senza dire una sola parola.
-Se è tutto accompagnerei la signorina Smoak a casa. – dice Oliver, passandomi una mano intorno alla vita, sono così stanca che lo lascio fare. Lance annuisce e noi ce ne andiamo.
 
In macchina da soli mi appoggio a Oliver in cerca di conforto e protezione.
-Grazie. – dico sospirando.
-Non c’è bisogno che mi ringrazi, eri in pericolo. –
-Non è per quello. So che se sono nei guai tu verrai sempre ad aiutarmi. Sei un eroe e gli eroi salvano gli impiastri come me che si mettono nei casini.- sorrido, più che un eroe sto descrivendo il principe azzurro, lui sarebbe un principe verde e invece di viaggiare in groppa ad un cavallo viaggia in sella ad una motocicletta, ma resta pur sempre un principe-eroe.
-E per cosa mi ringrazi allora? –
-Per non averlo ucciso. Se l’avessi fatto, mi sarei sentita tremendamente in colpa. Se i miei stupidi problemi ti avessero costretto ad uccidere, io non me lo sarei mai perdonato. – non voglio che uccida, non per me, non voglio che io sia la fonte del suo comportamento sbagliato.
-Se l’avessi ucciso se lo sarebbe meritato. –
-No. Non mi interessa quanto può aver sbagliato, anche se mi avesse fatto male, tu non devi uccidere, non per me. Non lo accetto.- so che capisce quello che dico e lo deduco dal fatto che mi sta stringendo a lui, appoggio la testa al suo petto e chiudo gli occhi.
-Ci vuoi spiegare cosa è successo?- forse è il caso.
-Mio padre, l’uomo che se ne andato è mio padre. – ammetto, racconto tutta la storia con gli occhi chiusi, sono stanca voglio riposarmi un po’, ma soprattutto non voglio vedere i loro sguardi di pietà.
-E’ tornato perché doveva una grossa somma di denaro a quell’uomo e voleva che io saldassi il suo debito. L’aveva già fatto, quando ero piccola mi aveva  ceduto per azzerare i debiti. Per fortuna i miei nonni hanno pagato e io sono rimasta con mia madre, mentre lui se ne andato, i miei nonni avrebbero pagato solo se lui se ne fosse andato senza più tornare, senza avvallare pretese su di me e sull’eredità. E così ha fatto, ha preso i soldi e se ne andato senza più tornare. –
-E’ per questo che in questi giorni eri così strana? –
-Lui è comparso dal nulla, lo vedevo ovunque e… non lo so, mi rendeva inquieta… - ammetto, struscio il viso contro il sua camicia e respiro profondamente.
-Oliver…. –
-Dimmi… -
-Ho sonno… - lo sento sorridere tra i miei capelli, la sua mano scivola sulla mia schiena, in un movimento lento.
-Dormi, ti proteggo io.-
-Grazie… -
il mondo si fa meno definito fino a diventare completamente nero. Non ho più paura, non ora che sono tra le braccia del mio eroe.

FINE!

Okay, lo so non è il finale che tutti vi aspettavate, ma quando l’ho iniziata non era stato mai messo in conto che sarebbe finita con loro che si mettevano insieme o che finivano a letto o che si baciavano. No la storia è nata per rimanere fedele al telefilm, anche perché una qualunque cosa sopra citata sarebbe stata una forzatura inserirla.
Ma comunque è stata simpatica scriverla! Mi sono venute in mente altre idee!!! xD

Spero vi sia piaciuta!

GRAZIE A TUTTI QUELLI CHE HANNO RECENSITO E CHE L'HANNO INSERITA TRA LE PREFERITE; RICORDATE; SEGUITE!!
GRAZIE A TUTTI!!!

un bacio a presto

MiaBLack

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