Blue Moon (titolo provvisorio)

di BellDarkoNovak
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il pub ***
Capitolo 2: *** Il Caso ***
Capitolo 3: *** Ali ***
Capitolo 4: *** Famiglia ***



Capitolo 1
*** Il pub ***


Il Pub

Castiel sorrise, guardando il disegno sul foglio che aveva di fronte. Ritraeva un angelo: era come rannicchiato, con il volto coperto dalle braccia e le ali spalancate. Ogni muscolo era ben definito, ogni ombra, ogni minimo particolare.
Si guardò le mani sporcate dal carboncino e si alzò, posando il foglio sul tavolino di vetro: Andò in bagno e le lavò nel lavello, facendo scorrere l'acqua sulla pelle, senza sapone, infondo non serviva, bastarono due carezze e il nero era già sparito, facendo finalmente vedere la pelle delle mani di Castiel: un po' abbronzata e non troppo invecchiata dal tempo. Aveva solo trentasette anni, dopotutto.
Guardò l'orologio del soggiorno e sospirò: doveva andare a lavorare. Odiava il suo lavoro. Era un semplice barista/cameriere del pub Blue Moon. Non gli dispiaceva lavorare il giorno, quando entravano solo vecchietti, gruppetti di ragazzini, coppiette e genitori con i propri figli. Ma la sera, circa dalle otto fino alle undici (orario di chiusura) odiava quel posto, soprattutto per la clientela: alcolizzati, criminali e pervertiti. Lui era spesso preso di mira, essendo un bell'uomo. Chiuse gli occhi, calmandosi. Poco dopo era già per strada, a piedi, visto che il pub era a poche miglia da lì.
Appena arrivato salutò Fred, cameriere anche lui, e andò nel retro per mettersi il grembiule nero con la scritta "Blue Moon" sopra. Andò al bancone e guardò l'orologio, erano le 20:30, questo voleva dire ancora due ore e mezza di Inferno, prima di andare al sicuro a casa sua.
Entrò il primo cliente, che dopo due cicchetti era già con la testa poggiata sul bancone a ridacchiare. Dopo qualche minuto entrò un uomo sui vent'anni, con un giubbotto di pelle un po' largo per lui, seguito a ruota da un ragazzo, anche lui sui vent'anni, molto più alto di lui. Si sedettero ad un tavolino e Castiel li raggiunse subito, con in mano una biro ed un block notes.
-Volete ordinare qualcosa?- Chiese distrattamente. Il più basso di loro lo guardò svogliatamente ed ordinò due birre. Castiel annuì -Da mangiare? Niente?-.
Il più alto, quello con i capelli lunghi, disse quasi timidamente -Io prendo un hamburger normale e...- guardò l'altro -..tu Dean? Non vuoi nulla?-
-Sì, un hamburger anche io, però doppio- rispose. Castiel annuì di nuovo e annotò tutto sul block notes. Andò al bancone e passò il fogliettino al cuoco attraverso una finestrella dietro di lui. Non fece nemmeno tempo a girarsi che un uomo, sicuramente ubriaco, fece rovesciare la birra su un tavolino e iniziò a imprecare malamente, attirando l'attenzione di Dean e dell'amico. Castiel sospirò, prendendo velocemente uno straccio e correndo dall'uomo, cominciando a calmarlo: -Earl, vai a casa, sei ubriaco-. Questo gli assestò un pugno bello tosto alla guancia, facendolo cadere sul tavolino sporco di birra e, successivamente al suolo.
-Faccio il cazzo che mi pare!- Gridò l'ubriaco, sedendosi di nuovo alla sedia mentre il povero cameriere si stava alzando, massaggiandosi la guancia. -Pulisci 'sta merda! E poi portami un'altra birra!- esclamò l'uomo e Castiel dovette obbedire. Aveva una gran voglia di menarlo a sangue, ma lo avrebbero licenziato.
I due ragazzi lo guardavano ancora, colpiti dal suo autocontrollo. Castiel intanto aveva già finito di pulire e portò un boccale di birra, con del leggero sonnifero, al cliente maleducato. I poliziotti stessi lo avevano raccomandato di fare così con i clienti ubriachi più cruenti. Dopo circa cinque minuti, l'uomo stava già dormento beato, appoggiato sul tavolino.
Castiel portò finalmente le birre e gli hamburger ai due ragazzi, scusandosi per il ritardo.
-Tranquillo, ehm...- quello più alto si sporse, come a chiedere implicitamente il nome del cameriere -Castiel- rispose quello.
-Castiel?- Chiede Dean, alzando un sopracciglio -Castiel Novak per caso?- Castiel annuì, un po' sorpreso del fatto che lo conoscessero. Subito dopo però impallidì. Entrò un gruppo di ragazzi, fra cui quello a cui qualche giorno prima aveva tirato un pugno dopo che questo lo aveva palpato. Li fissò con occhi leggermente più aperti del normale e indietreggiò di qualche passo.
-Tutto bene?- Chiese il più alto, quando uno del gruppetto di bulli chiamò Castiel, per ordinare le solite birre.
-Scusatemi- disse Castiel ai due, per congedarsi e raggiungere di malavoglia i bulletti. -Cosa posso portarvi?- chiese, fissandoli.
-Cinque birre e un bacio, cameriere- disse uno. Castiel suffò e portò loro le cinque birre. Uno dei ragazzi lo prese per il polso -E il mio bacio?- chiese, con finto tono da santarellino, stringendo la presa. -Lasciami andare, stronzo- disse calmo Castiel.
Intanto Dean li fissava con la coda dell'occhio, mentre parlava con il fratello del caso di quel giorno.
Castiel si liberò strattonando un paio di volte il braccio e andando stizzito da Fred. -Fred, vado nel magazzino a prendere le birre, qui son finite- disse, per poi andare nel retro.
Dean notò che il ragazzo che importunava Castiel, si era alzato e stava seguendo Castiel nel retro. All'inizio finse di non sapere cosa stava per accadere a quel cameriere calmo e pacato, ma subito dopo si alzò, posando il panino. Sam smise di parlare, chiedendogli dove andasse, ma non ricevette risposta.
Dean entrò nel magazzino e vide Castiel spinto contro il muro, con un coltello che gli sfiorava la stoffa nera sulla schiena. Il ragazzo si girò e puntò l'arma a Dean -Non ci dai nemmeno il tempo di spogliarci, che sgarbato- esclamò, ghignando. Dean non ci pensò due volte, che aveva già bloccato il giovane al muro, piegandogli in modo innaturale il braccio, dietro la schiena e facendogli perdere la presa del coltello. -Ora ascoltami bene- sussurrò al suo orecchio -Ora esci di qui, paghi le cinque birre e tu e il tuo gruppetto ve ne andate, lasciando in pace Castiel. Ci siamo intesi?- lo lasciò andare solo dopo che lo vide annuire. Questo corse fuori, intimando gli altri di seguirlo fuori dal locale.
Tutto ciò accadde sotto gli occhi di Castiel, allontanato dal muro. Si stava abbracciando da solo, tremando leggermente. Dean si voltò verso di lui e Castiel sussurrò un ringraziamento.
-Tranquillo, amico- rispose Dean, accompagnandolo al bancone. Fred accorse subito, minacciando di morte i bulletti, subito dopo aver saputo cosa fosse accaduto al suo amico.
Castiel guardò l'ora, erano le 23:10. Per fortuna poteva tornare subito a casa. Dean e Sam si offrirono di accompagnarlo, visto che al solo pensiero che ci fosse il gruppetto di bastardi ad aspettarlo, aveva iniziato a tremare come un ossesso.

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Capitolo 2
*** Il Caso ***


Il Caso
 
I sedili posteriori dell'auto di Dean erano abbastanza comodi. Castiel aveva ammirato l'auto dei due: una Chevrolet Impala del '67.
-Quindi dove abiti?- chiese Dean, guardando nello specchietto retrovisore, per guardare negli occhi Castiel.
-Aspetta- disse concentrato, guardando la strada -Ora gira a destra, la mia casa è in un condominio, in quella via- aggiunse poi alla frase in sospeso di prima, indicando la strada con un dito. Sam alzò un sopracciglio e guardò Dean di sottecchi, sospirò. Dean parve leggergli nella mente e annuì leggermente, per poi parcheggiare davanti alla porta rossa.
I fratelli uscirono dall'auto, rendendo Castiel un po' nervoso, visto che ne bastava uno per farlo scendere.
-Castiel- iniziò Sam, prendendo un qualcosa dalla giacca, -possiamo farti qualche domanda?- disse, mostrando un distintivo dell'FBI. Castiel impallidì un attimo, guardò Dean avvicinarsi e mettersi al fianco di Sam, dopo aver chiuso la macchina; anche lui aveva un distintivo in mano. Inspirò ed espirò lentamente, scrutando i due distintivi. Annuì -Certo che potete. Prego salite.- Prima di aprire la porta, guardò se le luci di casa sua fossero accese.
No, spente.
Presero l'ascensore per arrivare al quarto piano. Prima di entrare, Castiel controllò alcune cose, facendo scambiare ai fratelli Winchester uno sguardo stranito: Castiel controllò la maniglia, tirandola verso l'alto e sospirò, poi aprì piano la porta dopo averla aperta e prese un foglietto da sotto di essa. Si tranquillizzò molto ed entrò in soggiorno.
-Prego, posate tutto sul divano, o sulla poltrona- disse, accomodandosi.
-Cosa controllavi prima?- chiese Dean con un'espressione quasi derisoria in volto.
-Se qualcuno fosse entrato in casa: la maniglia, se si abbassa di qualche centimetro, rimane così, e se qualcuno si fosse introdotto, sarebbe ritornata alla normale posizione orizzontale. Il foglietto è per sicurezza- spiegò, sorridendo alla fine della frase.
Sam alzò le sopracciglia e piegò le labbra all'ingiù, facendo un piccolo cenno con la testa -Non male- commentò. Dean non disse nulla. Aggrottò le sopracciglia e si sedette sulla poltrona di fronte al divano. Tirò fuori dal giubbotto in pelle la foto di un uomo sui trent'anni. Aveva i capelli biondi a spazzola, un po' spettinati, occhi blu scolorito, un bel po' di rughe d'emozione sul volto e una sciarpetta al collo.
-Quest'uomo era un suo parente?- Chiese Dean, osservando ogni singolo movimento di Castiel.
-Sì. E'..- Si bloccò, sospirando, poi si corresse, abbassando lo sguardo leggermente -Era mio fratello-
-Sai per caso dov'era quando... beh, quando è morto?- chiese Sam, cercando di fare le domande con molto tatto, senza rattristare troppo Castiel.
-Nel suo appartamento, qui a fianco.- Fece un cenno con la testa. -Quella sera saremmo dovuti andare dal nostro fratello maggiore per festeggiare il compleanno della figlia, ma non rispondeva. Quindi entrai e lo trovai lì...- si portò una mano al volto, trattenendo le lacrime al solo ricordo di quella scena -Accoltellato sul pavimento, con il sangue sparso attorno a lui a formare un... disegno strano- disse quasi con disprezzo.
Dean si avvicinò con il busto -Disegno?- chiese -Quale disegno?-
-Il sangue formava delle ali spalancate che partivano dalla sua schiena- rispose prontamente Castiel -Erano enormi e... e ricoprivano quasi tutto il pavimento della stanza. I mobili erano addossati alle pareti-
-Non hai sentito rumori strani? Spostamento di mobili, per l'appunto?- chiese Sam, seriamente preoccupato. Una creatura che disegnava ali alle sue vittime? Cosa? Non aveva mai sentito parlare di un qualcosa del genere, anche se si poteva trattare di un fantasma molto bravo nel toccare gli oggetti. Certo, poteva anche trattarsi di un serial killer che mirava ai trent'enni della zona.
-No, nessun rumore.- Ed ecco che l'ipotesi del serial killer comincia a scendere -I muri qui sono molto sottili. In poche parole lo sentivo camminare anche mentre ero sotto la doccia.- L'ipotesi del serial killer finì dritta dritta nel cestino. -Per questo mi preoccupai quando non sentivo più rumori da circa venti minuti- disse Castiel, con una freddezza innata. Diventava così quando soffriva. Freddo e distaccato.
-Venti minuti?-
-Esatto. Lo avevo chiamato venti minuti prima, gridando attraverso il muro, chiedendo se fosse pronto e mi rispose di sì. Poi più nulla-
-Beh- proruppe Dean, alzandosi dalla poltrona, facendo leva sulle ginocchia. Castiel si alzò subito dopo. -Grazie per il tuo tempo, Castiel- disse, porgendogli la mano, questo la strinse senza troppa energia. -Di nulla, agenti.-
Sorrise e li accompagnò alla porta.
Quando uscirono, Castiel li seguì con lo sguardo, dalla finestra. Cercò di non farsi notare, per non sembrare un pervertito. Erano molto carini quei due, su questo non c'era alcun dubbio. Ridacchiò, ripensando ai loro distintivi. Ovviamente falsi.

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Capitolo 3
*** Ali ***


Ali

Il giorno dopo Castiel si svegliò sul divano, deve essersi addormentato mentre guardava la televisione su uno dei suoi canali preferiti, dove trasmettevano film, per la maggior parte d'orrore, riguardanti il mondo sovrannaturale. Sospirò, spegnendo la tv proprio quando mostrarono un licantropo trasformarsi.
Si stiracchiò, massaggiandosi la schiena dolorante per la scomodità del divano, e si alzò, notando di avere due messaggi in segreteria. Cliccò il pulsante rosso lampeggiante del telefono fisso sul comodino a fianco del sofà e ascoltò la voce di Fred dirgli di non andare al lavoro per quel giorno. Castiel sorrise, sollevato dal poter stare una giornata a casa, specie dopo quello che era accaduto il giorno prima.
Il secondo messaggio fece scivolare dalle sue labbra il sorriso, sostituendolo con una smorfia di disappunto. La voce di Anna oramai gli dava solo fastidio. Nonostante tutto continuava a provarci con Castiel, convinta che Castiel stia passando solo un momento "mi piacciono gli uomini" e poi rinsavirà.
L'uomo scosse la testa, cancellando i messaggi con il tasto apposito e dirigendosi verso la piccola cucina, per scaldarsi un po' di latte.
Non sapendo che fare, cominciò a fissare il latte sul fornello, essendo curioso sulla diceria che 'se fissi l'aqcua in pentola, essa non bollirà'. Dovrebbe essere la stessa cosa per il latte, essendo entrambi liquidi, no?
Sospirò di nuovo, prendendo il pentolino con il latte e versandolo nella tazza. Allungò la mano per spegnere il gas con la manovella, ma un colpo alla porta lo fece sobbalzare dallo spavento, e la mano finì dritta dritta sulle fiamme. Castiel ritrasse la mano d'istinto, portandola al petto e spegnendo il fornello con la mano sana. Aprì velocemente il rubinetto e mise la mano sotto l'acqua fredda, sentendo ancora dei colpi alla porta.
"Un attimo!" si ritrovò a gridare, guardando apprensivo la pelle rossa staccarsi leggermente. Avvolse la mano in uno straccio umido e chiuse il rubinetto, dirigendosi verso la porta.
La aprì e fisso i due agenti del giorno prima sorridergli e salutarlo con un cenno del capo e della mano.
"Di nuovo voi due? Avete scoperto qualcosa riguardo Balthazar?" chiese, premendo la mano ferita al petto.
"Che ti è successo?" Chiese Dean, accennando alla mano.
"Mi avete spaventato e mi sono bruciato la mano con il fornello, niente di che" disse e si spostò dall'uscio della porta per fargli entrare. Dean si sedette sulla poltrona e Sam si affiancò a lui, rimanendo in piedi. "A dire il vero volevamo fare qualche domanda riguardo la tua famiglia, se a te va bene" disse Sam, passando il palmo della mano sulla giacca, sistemandola.
"Certo, ditemi pure" Castiel si accomodò sul divano, accavallando le gambe.
"Volevamo sapere, innanzi tutto, qualcuno potrebbe avercela con la tua famiglia o con tuo fratello?" chiese, passandosi una mano fra i capelli.
"Beh, mio fratello... come dire, con la sua personalità, dava fastidio a molti" ammise Castiel, poi abbassò lo sguardo "ma non credevo che... insomma".
Castiel aveva il viso completamente inespressivo, solo la voce cedeva in qualche punto, facendo notare la sua tristezza.
Dean lo fissava, lo studiava. Quel comportamento era davvero strano. Aveva appena perso il fratello e non faceva una piega, parlandone. Castiel era quasi anomalo.
"Quando hai trovato tuo fratello, hai notato per caso cose strane? Odori strani?" Chiese Sam, ottenendo l'attenzione di Dean, che si sistemò sulla poltrona, poggiando gli avambracci sulle ginocchia.
"No, beh, nessun odore" rispose Castiel alzando lo sguardo verso i due fratelli e alzando il sopracciglio destro. "C'era una strana sostanza nera, vicino al suo corpo. Era veramente appiccicosa". Fece una smorfia di disgusto e i due agenti annuirono, guardandosi.
Si alzarono nello stesso istante, seguiti da Castiel, che, come il giorno prima, li accompagnò alla porta e li fece uscire. Attese qualche secondo, per sentire i due mormorare "Secondo te è un fantasma?"
"Quasi sicuramente sì"
Castiel aggrottò la fronte e chiuse definitivamente la porta. Andò in soggiorno e si sedette sulla sedia davanti alla sua sottospecie di scrivania, dove qualche volta si sedeva a disegnare. Il legno nero del tavolo gli ricordava la sua vecchia casa, la sua famiglia riunita sotto lo stesso tetto. Sospirò e cominciò a disegnare un altro angelo, sdraiato di profilo e rannicchiato, quasi volesse proteggersi dalla vista di Castiel. Disegnò le ali candide, ma mentre stava rifinendo alcune piume, premette troppo la matita e la grafite si spezzò, lasciando Castiel fra le lacrime.
Appoggiò la testa sul disegno e pianse, pianse tutta la notte.

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Capitolo 4
*** Famiglia ***


Famiglia

Castiel aprì gli occhi e si ritrovò a fissare la sua televisione al contrario. Aggrottò le sopracciglia e solo dopo qualche secondo si accorse di essere praticamente seduto al sottosopra sul divano. Aveva le gambe praticamente all'aria, appoggiate allo schienale e la testa ciondolava giù dal sofà. Appena si alzò gli venne un leggero capogiro e si sedette di nuovo, questa volta nel verso giusto. Sbadigliò, stranamente stanco, e andò a lavarsi le mani non appena il giramento di testa finì. Sono passati due giorni senza andare a lavorare, quindi decise di darsi una sbrigata e indossare la camicia nera da lavoro, insieme ad un paio di jeans normali e un paio di converse nere. Prese le chiavi di casa ed uscì. Aprì la bocca, come se volesse dire qualcosa a qualcuno, un saluto magari, ma quel qualcuno non c'era più.
Ogni mattina era così.
Sospirò e scese le scale quasi correndo e facendo un cenno ad un uomo sulla quarantina che abitava al piano sotto di lui. Era inquietante per certi versi: ad esempio il suo sorriso, calmo e sarcastico, era quasi demoniaco. Giravano voci che fosse uscito dal carcere da qualche anno, ci era finito per aver torturato dei poveretti che facevano gli sbruffoni davanti a casa sua.
Inquietante. Davvero molto inquietante.
Anche solo il suo aspetto fisico lo era, ossuto e malconcio.
Questo ricambiò il saluto con un cenno della mano -Hey Castiel, condoglianze- disse. Per un momento gli sembrò che fossero dette con tono divertito. Un leggero brivido gli percorse la schiena e scese le scale più velocemente.
Una volta fuori dal palazzo, fece un lungo sospiro. Ha tutta l'aria di essere un assassino. E se avesse ucciso lui quegli uomini? Oh mio Dio, e se avesse ucciso lui Balth? Evitò un attacco di panico e si avviò a passo svelto verso il Blue Moon. Salutò Fred con un cenno della mano ed un leggero sorriso, per poi andare nel magazzino, mettersi il grembiule nero e prendere alcune birre, per poi sistemarle un paio sul bancone e il resto nel frigo sottostante.
Non ci volle molto che il pub si riempì di ragazzini, donne e qualche autista che passava di lì. Un uomo sulla quarantina si avvicinò al tavolo che Castiel stava ripulendo con uno straccio, imprecando sottovoce: odiava i clienti ingrati che lasciavano pezzi di cibo sul tavolino. L'uomo chiese solo dove si trovasse il bagno. Castiel glielo indicò gentilmente e tornò ai lavori di pulizia, prendendo il vassoio con i bicchieri usati e portandolo dietro al bancone, dove iniziò a pulirli.
Passò Fred dietro di lui, canticchiando una canzoncina che fece salire i nervi a Castiel, difatti, questo si girò e mise una mano sulla bocca di Fred.
-Smetti di cantare quella canzone. E' deprimente- minacciò Cas, fissandolo. Fred si levò la mano dell'amico dal volto e alzò le sopracciglia, come per capire cosa lo turbasse.
-Sono i Beatles, come fanno ad essere deprimenti? E poi Twis- Castiel mise di nuovo la mano sulla bocca di Fred, intimandolo di non osare a dire quel titolo.
Levò lentamente la mano, assottigliando gli occhi e tornando a lavare i bicchieri, lasciando Fred imbambolato a decidere quale altra canzone potesse canticchiare al posto di quella. A volte non capiva l'amico, non capiva i suoi comportamenti, ma poco gli importava, Castiel è quel tipo di ragazzo che, se gli stai troppo tempo vicino, ti viene voglia di avvolgerlo in una coperta, farlo sedere in braccio a te e leggergli favole della buona notte per tutta la sera.
Alzò lo sguardo, quando vide una mano poggiarsi sul bancone di fronte a lui.
-Un bicchiere di Whiskey- disse Dean, sedendosi su una delle sedie.
-Arriva subito- rispose Castiel. Prese un piccolo quadrato di stoffa e lo mise davanti a Dean, ci poggiò sopra un bicchiere, si allontanò un momento per prendere la bottiglia di Whiskey dietro di lui e versò due dita della bevanda alcolica nel bicchiere. Dean lo prese e lo sorseggiò, guardandosi attorno.
-Bevi sul lavoro?- chiese Castiel, ritornando a pulire i bicchieri con uno straccio umido.
-Sta continuando le indagini il mio collega, a dire la verità, io sono in pausa- disse con tono quasi esausto e arrogante, senza realmente volerlo. Magari aveva lavorato troppo le sere precedenti, facendo ricerche riguardanti l'assassino di suo fratello Balthazar.
-Trovato nulla? O sei venuto a bere perchè questo sarà l'ennesimo caso in cui la polizia si arrende?- chiese, fermando i movimenti delle mani, ma non alzando lo sguardo dalle stoviglie.
Dean fermò il bicchiere a mezz'aria e aggrottò le sopracciglia, fissandolo. -Cosa intendi dire?- chiese, poggiando il bicchiere.
-Non è la prima serie di omicidi in questa città. Anni fa sono morte circa tre persone e non gli è fregato nulla a nessuno- la voce di Castiel si indurì, dicendo quella frase. Si fermò qualche minuto a fissare le proprie mani, contraendo la mascella. Dean annuì semplicemente, ricordando di aver letto sul giornale di quel caso, ma lui e Sam preferirono lasciarlo ad altri cacciatori.
-E' morto qualcuno che conoscevi?-
-Mio padre e un mio fratello. Sembra che qualcuno ce l'abbia con la mia famiglia- tentò un sorriso, ritornando a sfregare leggermente lo straccio umido all'interno del bicchiere.
-Mi dispiace, un po' ti capisco, anche io ho perso mio padre- Dean si sentì in dovere di consolare quell'uomo: aveva perso il padre e non uno, ma bensì due fratelli, forse uccisi dallo stesso mostro. Non gli faceva pena, ma si sentiva in dovere di consolarlo lo stesso.
-Non mi manca, a dire il vero.-
La loro discussione venne interrotta da un altro uomo, che saltò sul bancone e scivolò dall'altra parte, per poi abbracciare Castiel, lasciando Dean leggermente perplesso.
-Cassie!- disse lo sconosciuto, stritolandolo.
-Gabe, non respiro- rispose Castiel, non ricambiando l'abbraccio. Questo lo lasciò e si girò verso Dean, allungando la mano verso di lui. -Piacere, sono Gabriel, uno dei tanti fratelli di Cassie, tu sei il suo ragazzo? Ti sei sistemato bene, fratellino!- disse ridendo, facendo arrossire le guance e le punte delle orecchie di Castiel. Dean tossì, alzando le sopracciglia.
-Sono un'agente dell'FBI e sto lavorando al caso degli omicidi in città- rispose, quasi in modo superiore, e Gabriel annuì semplicemente.
-Ho sentito che parlavate di paparino- disse il rosso.
-Vi dispiace se mi raccontate che tipo era vostro padre?-
-A cosa serve saperlo?- chiese Castiel, guardandolo negli occhi. Non che avesse qualcosa da nascondere riguardo quell'uomo, ma non era molto felice di dover ricordare il proprio padre.
-Sto semplicemente facendo il mio lavoro- aggiunse Dean, con tono di sfida. A Castiel venne l'impulso di cacciarlo via a pedate. Non era dell'FBI, lo aveva capito da un bel pezzo ormai, quindi perchè continuare con quella farsa?
Gabriel si rabbuiò leggermente -La famiglia dei Novak è famosa da queste parti: tutti i figli di quell'uomo hanno una madre diversa. Cassie era l'ultimo arrivato, piccolino- disse, prendendo fra l'indice e il pollice una guancia di Castiel e tirandola leggermente. Gabriel tentò di mettere affetto in quella parola, ma la voce rimase piatta.
-Woh, E in quanti sareste in famiglia?- chiese Dean. Gabriel si portò una mano alla fronte e cominciò a fare i nomi dei propri fratelli, contando con le dita.
-Beh, io, Castiel, Balthazar, Anael*, Michael, Lucifer, Uriel, Ezekiel e Raphael. Che bella famigliola numerosa, eh?- disse poi, ghignando nella sua direzione.
Dean rimase stupito.
Castiel sospirò, allontanando Gabriel -Esci di qui, non puoi stare. Se il capo ti becca dietro al bancone, ci rimetto io- disse, tornando a guardare quei beneamati bicchieri. Gabriel sbuffò e scivolò di nuovo sul bancone, scavalcandolo.
-Sei noioso Cassie, certe volte dovresti smettere di seguire le regole. Dai! Divertiti un po'!- disse, appoggiandosi al bancone con gli avambracci e sporgendosi in avanti.
-Sto lavorando Gabe, smettila di importunarmi- rispose Castiel, riprendendo a pulire.
Dean sorrise, rivedendo nell'affetto fraterno fra i due, quello fra lui e Sam. Si alzò, lasciando un paio di banconote sul bancone. Castiel alzò lo sguardo, senza smettere di lavare -Offre la casa, è il minimo che posso fare per rendere grazie ai vostri sforzi di cercare chi ha ucciso mio fratello-
Dean annuì, riprendendo le banconote e ringraziandolo. Si avviò all'uscita, sotto lo sguardo di Castiel e qualche donna prosperosa in cerca di compagnia per la notte.
Gabriel diede un colpetto alla spalla di Castiel, facendogli quasi cadere il bicchiere di mano. Basta, ormai era sicuro che non sarebbe riuscito a lavarli quei dannati bicchieri. Li rimise nel lavabo e li lasciò lì.
-Carino davvero, non trovi?- chiese Gabriel, dando un altro colpetto alla spalla di Cas.
-Gabe, no. Non ricominciare.-
-Ma io voglio solo trovare la persona giusta per il mio fratellino più piccolo! Per colpa dei tuoi gusti ho dovuto dimezzare la lista-
Cas si limitò a roteare gli occhi e a servire due clienti, senza degnare di uno sguardo Gabriel, portando al loro tavolo un cheesburger e un frappè alla fragola.
-Buon appetito- disse, rivolgendosi all'uomo e alla figlia, seduti a quel tavolo. L'uomo gli lanciò un'occhiataccia, intimandolo di non rivolgere loro la parola. Castiel annuì leggermente, andandosene con lo sguardo basso. Odiava le persone del genere.
Fred andò da lui e gli poggiò una mano sulla spalla -Hey, fregatene. Vai a riposare nel magazzino, il capo è andato a farsi i cavoli suoi. Ci penso io qui, è praticamente vuoto- gli fece l'occhiolino e Castiel lo ringraziò, lui si che era un vero amico.
Andò nel magazzino e si sedette sul pavimento di piastrelle bianche, appoggiandosi al muro grigio e passandosi una mano sulla fronte. Forse era più stanco di quanto credeva, forse no, ma entro qualche minuto, si addormentò.

 
Nota:
Innanzitutto volevo ringraziare chi ancora segue la mia storia, e scusarmi per tutto il tempo che ci metto per scrivere e pubblicare un misero capitolo. Come promesso a Stay_In_My_Arms il capitolo è visibilmente più lungo.
*Anael= E' il nome "angelico" di Anna, per chi non si ricorda. Ci tenevo a informarvi del perchè ci metto davvero tanto ad aggiornare:
1. Ho cambiato il mio corso di studio e devo riprendere tutte le materie che ho saltato in un anno.
2. Soffro di schizofrenia, per cui a volte, o non sono dell'umore di scrivere, o sono a fare visite mediche a destra e a manca.
3. Sono svogliata come un comodino. Ci provo a scrivere, ma appena poggio le dita sulla tastiera, comincio a fare altro.

Chiedo scusa per tutti questi problemi e tenterò di aggiornare il più infretta possibile. Grazie del vostro tempo speso a leggere questa piccola nota.

Ringrazio:
Stay_In_My_Arms
Ciuffettina

DEStiel__009
per aver recensito la storia.

DEStiel__009
Vane483

per aver messo la storia fra le preferite

SPN angel black wings
Stay_In_My_Arms
Yami Hihara

per aver messo la storia fra le ricordate

e tutte le quindici persone che hanno messo la storia fra le seguite.

 

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