Un sogno, un segreto e mille lacrime

di GloriaBanks
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° Capitolo ***



Capitolo 1
*** 1° Capitolo ***


Il mio nome è Rebecca. Sono al secondo anno di liceo e vivo in California, a Los Angeles. A scuola purtroppo non sono quella solita ragazza reputata perfetta, solare e simpatica. Non sono quel tipo di persona che tutti vorrebbero avere come amica.

Credo che le uniche cose positive di me, siano i miei capelli rossi e i miei occhi color mare. Il rosso fuoco ricorda l’amore, la rabbia e molti altri forti sentimenti. Rosso. Rosso come il sole di mattina. Il verde acqua, invece, rappresenta la tranquillità; il silenzio, la natura e il mare.

Ho un segreto però: la tristezza. Ormai fa parte della mia vita. È quel sentimento che non mi abbandonerà mai.

Giustamente, dato che ho un segreto, ho anche un sogno…

Vorrei essere accettata per quello che sono; vorrei avere dei veri amici. Forse non riesco a socializzare con gli altri, perché ho paura. Paura che mi giudichino per la mia malattia… Già, sono malata.

Non sono sicura che si possa chiamare veramente “malattia”… Molte volte mi aiuta a non pensare ai miei problemi.

D’estate però è un suicidio. Non posso mettermi le magliette a maniche corte, se no la gente si accorgerebbe dei segni presenti nel mio avambraccio. Quei segni che mi incido ogni volta che non riesco a sopportare e non riesco a tenere tutta la tristezza dentro di me.

Vorrei soltanto qualcuno che mi capisse, che mi ascoltasse o che riuscisse ad aiutarmi; ma nessuno ne è disposto, o meglio, nessuno ci ha mai provato. Sono sola.

Molti, anche senza conoscermi, dicono che sono troppo piccola per provare certi sentimenti. Mi dicono che sono “strana”… Io però trovo che la stranezza sia simile all’originalità e quindi spesso lo prendo come un complimento; ma probabilmente io e i miei compagni non diamo lo stesso significato alle parole.

 

 Ci sono soltanto due cose nella mia vita che mi fanno sentire bene: la musica e Caitlynn, la mia unica amica.

Ce ne sarebbe anche un’altra di persona che mi fa stare bene, ma non sempre: a volte mi fa soffrire. Lui è Jake, soprannominato J.

J è quel ragazzo che ogni volta che si avvicina, mi fa battere forte il cuore. Quello che appena mi rivolge parola, mi fa diventare tutta rossa. Quello che solo con un ‘ciao’ mi manda in fibrillazione. È quasi perfetto; il suo unico difetto è essere così desiderato da potersi permettere di credersi il re del mondo.

 

J è il solito “fighetto” onorato da tutto quanto il college. È capace di conquistare qualsiasi ragazza, compresa me che non sono una dai gusti molto facili.

Lui deve sempre stare al centro dell’attenzione, è un “montato”. Sinceramente non riesco più a capire se lo amo o lo odio. Forse entrambi, non lo so…

In questi giorni mi parla spesso; non sono sicura se è perché si sta prendendo gioco di me o perché gli piaccio veramente. Io gli parlerei anche, ma prima voglio scoprire se è davvero interessato o no. Non vorrei mai essere presa in giro da quello lì.

Quando mi parla però è così carino…

Se per caso è tutta una finta, devo dire che è un ottimo attore: sa sempre come comportarsi in qualsiasi situazione gli capiti.

 

Quando J esprime le sue idee, nessuno ribatte, è così e basta. A volte, infatti mi sento una “ribelle” proprio perché sono solo io quella che gli risponde male. Ma cosa potrei dire? «Ciao J, vuoi essere il mio fidanzato?»!!!??? Noo! Non posso fare certe figure davanti a lui e a tutta la scuola, mi riderebbero in faccia. Già non ho una bella reputazione, se in più ci mettessimo questo…

 

Caitlynn purtroppo non viene nella mia stessa scuola ed è da una settimana che non la vedo perché venerdì scorso ho preso due insufficienze e i miei genitori non mi lasceranno uscire per una settimana o più: dipende da come gli va.

Quando mi arrabbio con loro, cerco sempre di tenere il muso per tutto il giorno per farli sentire in colpa; ma appena entro in casa fingendo di essere ancora arrabbiata e sbattendo lo zaino per terra, mi viene sempre da ridere. Non so bene il perché ma non riesco a stare così seria con loro: è impossibile.

 

Ci sono certi giorni in cui la tristezza mi mangia viva, e altri in cui potrebbe ovviamente andare meglio, ma non mi lamento. Quando ho voglia di piangere prendo il mio MP3 con le cuffiette e mi immergo nei miei pensieri: immagino come sarebbe bella la mia vita se fossi qualcuno di importante per le persone. Vorrei riuscire a fare felice la gente e farla sorridere.

So come ci si sente quando non c’è nessuno che ti aiuta. So cosa si prova quando si dice di avere un vuoto dentro e non si sa mai come colmarlo;  è una cosa che non auguro a nessuno.

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Capitolo 2
*** 2° Capitolo ***


Sono all’intervallo e vedo che J si avvicina a me.

«Ciao Rebecca. Volevo chiederti come mai mi tratti sempre così: mi ignori e mi rispondi male» mi chiede con una faccia triste.

«Forse perché non vorrei essere presa in giro da uno come te.»

«Ma cosa stai dicendo? Non è affatto vero! Se vuoi da ora in poi proverò ad essere più gentile con te…» si giustifica.

«Si, ok.» gli rispondo con aria non interessata.

Non so se credergli o meno, vedremo.

 

 Questa giornata è stata molto noiosa a parte quando J è venuto a parlarmi.

Per fortuna nessuno mi toglie la possibilità di parlare al telefono con Cait. Lei sa sempre come farmi ridere, ma mi aiuta solo in quel momento; già subito dopo che chiudo la chiamata con lei, l’allegria sparisce e la tristezza prende di nuovo il sopravvento.

Quando sto così, mangio; mangio tutto quello che mi capita davanti, il bello è che non ingrasso. Purtroppo i miei compagni dicono spesso che sono troppo magra e quando vorrebbero che io mi arrabbiassi, esagerano e mi chiamano “anoressica”; peccato che loro non sappiano neanche il significato di questo termine, perché da quello che so, l’anoressia è una malattia mentale e non ha niente a che fare con me.

 

Finalmente i miei mi hanno dato il permesso di uscire, ed oggi andrò a trovare Cait. Mi manca molto e non vedo l’ora che siano le 15.00, perché proprio a quell’ora ci dovremmo incontrare.

Camminando per la strada che porta alla piazza principale, incrocio Jake. È bellissimo, e soprattutto è sempre sorridente. Non è da solo, sta giocando a calcio con i suoi amici.

Mentre cerco di ignorare il fatto che sia così vicino a me, sento un colpo e mi ritrovo a terra. Solo dopo qualche istante realizzo che una palla da calcio mi ha buttato al suolo: che vergogna! Non uscirò mai più per il resto della mia vita.

Passati pochi secondi mi tiro su con nonchalance e mi appoggio con le braccia sul fango, ma non importa perché mi accorgo che davanti a me c’è J che mi guarda in modo divertito, ma allo stesso tempo confuso, mentre io sprofondo nella terra bagnata con le mani.

 

Non so se aprire bocca o meno. Naahh, è meglio stare qua zitti, e fissarci per un’intera giornata. Forse J mi ha letto nel pensiero e per evitare questo grande imbarazzo, mentre i suoi amici ridono, tenta di iniziare una conversazione con me.

«È tutto okay?» mi chiede.

Io gli rispondo muovendo la testa e accennandogli un “sì”.

Mi porge la sua mano in avanti per aiutarmi a rialzare ma gli faccio capire chiaramente che la mia mano è piena di fango.

«Non importa…» dice sorridendo.

«Grazie.»

Mi alzo e mi avvio alla fontana del parco per ripulirmi, ma non appena mi incammino J vuole aggiungere qualcosa.

«Ahh! Rebecca!!»
«Si?!» mi giro di scatto con una faccia stupita aspettandomi chissà che cosa.

«Ci vediamo a scuola!»

Ovviamente non poteva mancare il suo atteggiamento da casca morto e mi fa pure l’occhiolino. Io annuisco, sorrido forzatamente e me ne vado.

«Pfff, che cafone: non si è nemmeno scusato!!» penso; e senza farlo apposta lo dico ad alta voce. Spero che non mi abbia sentita, perché in fondo non è stato poi così scortese con me. L’unica domanda che mi pongo è: mi ha aiutata per deridermi davanti a tutti o per un valido motivo?

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Capitolo 3
*** 3° Capitolo ***


Sono a mensa, e dato che non c’erano più posti liberi, mi hanno messa nel tavolo di J e i suoi amici. Non parlo…

«Come mai sei sempre così triste?» mi chiede J.

«A te di sicuro non lo racconto.»

«Ma dai, perché?!» insiste.

«Perché tu non sei nessuno per me!!» gli rispondo bruscamente, e lui se ne va zitto.

La bugia più falsa che abbia mai detto.

Mi sento un vuoto dentro, non so con che cosa colmarlo, e succede un’altra volta: mi incido una riga sul braccio: almeno, essa, mi potrà aiutare a non pensare a tutto il resto.

 

È martedì mattina.

Mentre faccio colazione mi viene in mente ciò che era successo ieri.

Ho capito, ho capito tutto!!!

Ho ripensato a tutte le parole che J mi aveva detto il giorno prima.

Quelle parole piene di interesse… E io che credevo mi stesse prendendo in giro! Lui voleva soltanto farmi sorridere. Vuole che io sia felice. Vuole vedermi ridere e scherzare: cosa che faccio raramente.

Sperò che sia veramente così come ho detto io, lo spero con tutto il cuore. Ho bisogno di lui.

Non so più come parlargli, però. Non so se essere gentile o se ignorarlo come ho sempre fatto. Ho paura che non mi rivolgerà più la parola. Me lo sento: questa è la fine. La fine di un amore impossibile. La fine di tutto…

E di chi è la colpa? Soltanto mia e della mia stupida boccaccia che parla troppo. Non penso prima di dire delle cose, le dico e basta.

Non voglio perdere J.

Il fatto è che ho di nuovo fallito, per l’ennesima volta.

I miei compagni mi odiano, e ora capisco il perché: inizio ad odiare anche io me stessa. Io non voglio essere quella che sono. L’unica cosa che voglia è essere perfetta per J e stare con lui.

 

 Ormai è venerdì e in questi giorni, Jake, non mi degna di uno sguardo e mi ignora completamente. Non posso resistere ancora per molto in questa situazione. Voglio parlargli ma ho veramente paura. Paura della sua risposta… Non voglio un rifiuto, se succedesse sarei persa. Non lo sopporterei. Questa volta sarebbe davvero finita lì. Non lo posso permette!

Prendo coraggio, faccio un grande sospiro e vado in cortile.

«Hey Jake!»

«Ciao…» mi dice con una faccia triste. «Mi dispiace, ho saputo…» aggiunge.

Nel frattempo che penso a cosa possa essere successo se ne va. Non capisco e non so davvero che pensare, sono un po’ preoccupata ma non ci faccio molto caso all’inizio.

 

 

Suonata la campanella vado a casa, mangio un panino al volo e m’incammino verso l’abitazione di Caitlynn. Suono il campanello e dalla porta principale esce una signora molto famigliare ma che non riesco a riconoscere.

Ha gli occhi scuri, gonfi e i capelli neri che le coprono il viso. Si riesce a intravedere il trucco sciolto dal pianto, credo; e le sue lacrime che scendono giù come piccole goccioline su un vetro.

È la mamma di Cait: Laura.

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Capitolo 4
*** 4° Capitolo ***


E dopo pochi secondi mi annuncia la verità più triste di questo mondo.

«Caitlynn è morta.» me lo rivela con un filo di voce smorzato.

Mi viene un groppo alla gola.

Non riesco a parlare; mi si riempiono gli occhi di lacrime. Speravo che scherzasse, ma non è così: lo capisco dal pianto di Laura.

Il mondo mi è crollato addosso.

Non ho coraggio di chiederle come fosse successo; o forse non ho il coraggio di sapere come la mia migliore amica fosse morta. Non sono pronta per sapere certe cose…

Come farò? Senza lei che mi ha sempre sostenuta; senza quella persona che mi ha aiutata ogni volta che avevo bisogno… Insomma, senza Cait.

 

 

È passata una settimana dal giorno più brutto della mia vita. Senza Caitlynn non riesco a fare niente: non esco più e non vado più a scuola.

Mia mamma però mi ha convinta e tra sette giorni proverò a ritornarci, ma non sono molto sicura di questa scelta.

Quando andrò di nuovo a scuola dovrò mettercela tutta per studiare e stare al passo dei miei compagni con il programma.

È da dieci giorni che non faccio niente e che non vedo amici o parenti oltre a mia madre che ogni tanto mi porta qualcosa da mangiare, senza alcun successo.

È ora di finirla. Sto troppo male a stare qui chiusa in camera. Vorrei distrarmi un po’ e magari uscire di casa. In questo momento ho bisogno di J più che mai.

 

Ho deciso: domani andrò a scuola.

Voglio superare questa sofferenza, voglio reagire e non stare in casa a deprimermi; non posso buttarmi giù per qualsiasi cosa: alla fine la vita è bella, devo pensarla in questo modo, è l’unica via d’uscita. La vita va avanti e noi non possiamo fermarci… Anche se sarà dura voglio cambiare, e lo farò.

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Capitolo 5
*** 5° Capitolo ***


Entro a scuola e vedo Jake che mi aspetta vicino al mio armadietto; è così serio…

Senza Caitlynn accanto a me non mi sento sicura e avrei soltanto voglia di piangere e J lo nota subito.

«Hey!» mi dice.

«Ciao!!» gli rispondo cercando di sorridere dopo aver fatto un grande sospiro per cercare di togliermi questa strana nostalgia dalle spalle.

E dopo anni sento quelle parole che avrei voluto sentire già da molto tempo.

«Rebecca, tu mi piaci...» mi confessa J.

Non so cosa fare: se mettermi a ridere, a piangere o qualcos’altro. Vorrei che ripetesse quella frase un altro milione di volte: mi fa stare così bene…

«Come??» gli chiedo per poter riascoltare quell’insieme di parole che unite formano una melodia per le mie orecchie.

«Ti amo.» Dice imbarazzato

Queste due parole le preferisco ancora di più. Vorrei poterle sentire ogni volta che sto male per riuscire a sorridere, e in questo periodo mi servono più di qualsiasi altra cosa al mondo.

«…Anche io…» gli dico sorridendo.

Dopo pochi istanti mi accorgo di avere le lacrime che scivolano sulle mie guance per l’emozione, così scappo e mi rifugio nel bagno della scuola.

Cait da lassù è riuscita ad aiutarmi: mi ha dato il coraggio di confessargli che lo amo. Forse mi sbagliavo; in questa situazione Cait riuscirà a starmi più vicina. Dopo la sua morte ho voglia di vivere. Non voglio che la mia vita finisca così come quella di Cait, senza neanche avere realizzato qualcosa che da sempre ho desiderato.

Mi asciugo le lacrime, mi sistemo i capelli e ritorno dove prima c’era J, ma non lo vedo.

Cerco il suo sguardo fra i tanti ragazzi presenti ma non ce n’è traccia.

 

Prendo dall’armadietto i libri necessari per la lezione successiva e proprio quando lo chiudo per poi girarmi, intenzionata ad avviarmi alla mia classe, mi ritrovo Jake davanti.

Siamo così vicini che riesco a sentire il forte rumore del suo respiro. Dopo averlo fissato negli occhi per qualche secondo, sposto lo sguardo e noto che tutti erano ormai entrati in classe e siamo rimasti solo noi due.

J mi consegna una rosa rossa profumata senza aggiungere altro. Nemmeno io parlo, così divento tutta rossa; J mi sorride, mi guarda attentamente con uno sguardo indecifrabile e se ne va.

Io rimango lì ferma, e non riesco a capire se sia successo veramente o no; poi però mi accorgo di avere la sua rosa in mano, e allora realizzo che è accaduto realmente.

Entro in classe immersa nei miei pensieri e per tutta la lezione penso a quello che ci siamo detti. Non riesco ancora a crederci, è un sogno!

Jake che dice di amarmi e subito dopo mi regala una rosa?!

Siamo sicuri che il posto dove sono ora non si chiama paradiso e che non sono morta??!

Sembra così surreale…

 

Per la prima volta in tutta la mia vita mi sento bene: amata e desiderata, ma non da una persona qualsiasi, da quella che ho sempre voluto accanto.

Vorrei poter provare questa sensazione ogni volta che voglio. Lo amo così tanto, da star male. Non vedo l’ora di poter rivedere Jake, ne ho bisogno.

Quando dico di amare qualcosa o qualcuno lo dico perché è vero. Sinceramente non sono tante le cose che amo nella mia vita, ma J sì, ne fa parte.

Da quando l’ho conosciuto ho capito il vero senso di amare.

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Capitolo 6
*** 6° Capitolo ***


Mi sono appena svegliata, sono le 7.00 e come ogni volta leggo il quotidiano prima di andare a scuola. Fra i tanti articoli riguardanti la mia città mi cade l’attenzione su uno in particolare; il titolo è “Ragazza uccisa in metropolitana”.

Quel pezzo parlava di Caitlynn e della sua morte.

Respiro profondamente e mi accorgo che le mie guance sono già sommerse dalle lacrime.

Inizio a leggere…

L’articolo non è molto chiaro: spiega che non è stato ancora scoperto se Caitlynn è stata spinta sotto la metropolitana, se lei stessa si sia buttata oppure se è stato tutto quanto un incidente. Che rabbia! In pratica mi ritrovo nella stessa identica situazione di prima. Non posso crederci. Finalmente mi sentivo pronta per sapere la verità e invece…

L’unica persona che mi potrebbe tirar su di morale è Jake. Ho così voglia di stare con lui che ho finalmente trovato il coraggio di parlargli.

Prendo il telefono e compongo il suo numero che conosco a memoria. Dopo due squilli mi risponde.

«Pronto?»

«Ciao Jake!»

«Chi parla???» chiede incuriosito.

«Ah, giusto; che stupida… Sono Rebecca.»

«Hey splendore!»

Per fortuna J non può vedermi in questo momento perché dopo quella bellissima frase sono diventata rossa come un peperone. Insomma, oh mio Dio, sto parlando con Jake!!

«Ah ah… Beh, volevo chiederti se ci possiamo vedere oggi pomeriggio…» gli confesso.

«Oh, emmh, oggi avrei l’allenamento di calcio ma per te posso fare un’eccezione.»

E io ovviamente arrossisco un’altra volta.

«Oh grazie: che dolce. Ho davvero bisogno di te… Va bene se ci vediamo al bar?»

«Certo! Beh allora ciao, ci vediamo dopo!»

«Ciao Jake… Grazie!» e riaggancio.

Una parte del mio sogno si è finalmente riuscita a realizzare; o meglio, io sono riuscita a realizzarla. Per la prima volta mi sento fiera di me stessa.

 

Non mangio niente perché sono così ansiosa che non ho fame.

Mi preparo, mi metto un filo di trucco e vado. Mi sento pronta per potergli parlare seriamente. Appena esco dalla porta di casa la prima cosa che noto è il sole caldo che mi accarezza delicatamente la pelle.

Arrivo fino allo stradino che porta al bar e vedo Jake.

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Capitolo 7
*** 7° Capitolo ***


Inizio a correre perché la voglia di abbracciarlo diventa sempre più forte. Anche lui si affretta e non appena arriviamo l’uno davanti all’altra lui allarga le braccia e mi stringe contro il suo petto.

 

«Vorresti essere mia per sempre?» mi chiede con tanta dolcezza.

«Solo se tu lo vuoi…»

«Con grande piacere!» mi risponde.

 

Questo è l’inizio della mia vita. Proprio come in un film, quello che è successo fin’ora è stato soltanto il prologo di una storia fantastica:

 

La Mia Storia con Jake.

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