Tutto ciò che volevate sapere su Harry Potter (e non avete mai osato chiedere)

di Dk86
(/viewuser.php?uid=3561)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo - Chi ben comincia è a metà dell'opera ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo - I guai arrivano sempre a gruppi da tre ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo - Le persone che cambiano all'improvviso nascondono sempre qualcosa ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo - Chi ben comincia è a metà dell'opera ***


Benvenuti a "Tutto quello che volevate sapere su Harry Potter (e non avete mai osato chiedere)"! E' lo scrittore di questa storia che vi parla.
In due parole: qual è il senso della pagliacciata che segue? Nessuno, in effetti. Lo scopo è soltanto quello di ironizzare su quelle che sono le più comuni "stranezze" e "perversioni" del fandom potteriano.
Come potete notare dal titolo, si inizia con le Mary Sue, ma presto le tematiche si espanderanno... Non ho ancora deciso fino a che punto, e comunque tutto verrà fatto con intento puramente parodistico, ma per il momento metto un rating giallo, poi vedrò se eventualmente alzarlo ad arancione.
Non ho altro da aggiungere, perlomeno non senza il mio avvocato presente. Vi lascio alla storia, spero vi diverta leggerla come io mi sono divertito a scriverla (ovvero per niente)!
Ah, precisazione importantissima! Ringrazio e dedico questa storia all'utente Pendragon: senza di lei e la sua "Just a Mary Sue" questa storia non esisterebbe.
Perciò, prendetevela con lei.







CAPITOLO PRIMO - CHI BEN COMINCIA E' A META' DELL'OPERA



“Benvenuti ancora una volta ad Hogwarts, miei cari ragazzi”. Il discorso di introduzione di Albus Silente aveva avuto un attacco dei più classici, e…
“In effetti mi chiedo perché ogni tanto non introduca qualche variazione. Voglio dire, le capacità dialettiche del preside sono fuori discussione, quindi perché non ne approfitta?”, commentò Hermione, seduta al tavolo dei Grifondoro, incrociando le braccia al petto.
Ehm… sì, certo. Comunque sia, ricordando alla signorina Granger che possibilmente non dovrebbe intervenire durante la parte di storia dedicata alla narrazione ma limitarsi alla sua parte di dialogo…
“E perché non dovrei, sentiamo?”, strepitò la ragazza, con un tono di voce un po’ troppo alto “C’è forse una motivazione scritta da qualche parte ad impedirmelo, eh? Perché se è così gradirei vederla!”.
Ron ed Harry fissarono l’amica con occhi sgranati, cosa che più in generale fece anche il resto della sala, visto che Hermione si era messa a gridare durante il discorso di Silente contro qualcuno che apparentemente solo lei vedeva.
“Signorina Granger, si sente bene?”, domandò il preside, fissandola con sguardo poco convinto.
La Grifondoro si accorse che gli sguardi di più di quattrocento persone erano fissi su di lei e sembrò ritrovare un contegno, oltre ovviamente ad arrossire in maniera estremamente violenta.
“No, no… t-tutto benissimo…”, balbettò lei, prima di riaccomodarsi cercando in ogni modo di farsi piccola piccola.
Dopo l’importuna interruzione, il discorso del preside Silente poté…
“Dopo facciamo i conti”, mormorò Hermione in tono pieno di rancore.
D’accordo, quando avremo finito qui ci sarà tempo per sistemare questi problemi, ma ora è il caso che la vicenda prosegua…
“Bene, ragazzi”, riprese intanto Albus Silente, che aveva approfittato della pausa per pulire le lenti a mezzaluna dei suoi occhiali usando il tovagliolo di Vitious. “Abbiamo effettuato lo Smistamento e abbiamo consumato una cena deliziosa… Ahimé, e io che pensavo di mettermi a dieta proprio a cominciare da stasera! Minerva, secondo te quante calorie avrò ingerito?”.
Occhiataccia assassina da parte della McGranitt.
“Ma non è il momento di preoccuparsi della linea, questo!”, continuò il preside. “Devo invece introdurre alcune studentesse appena trasferitesi…”.
“Obiezione, Vostro Onore!”, una giovane donna con i capelli castani e una minigonna che non lasciava molto spazio all’immaginazione si alzò di scatto dal posto di fianco a Ginny. “Secondo il codice di Hogwarts eventuali studenti provenienti da altre scuole vanno presentati insieme ai nuovi iscritti del primo anno!”.
“Obiezione respinta, avvocato McBeal: io sono il preside, quindi posso concedermi uno strappo alla regola se lo ritengo opportuno”, rispose Silente con un sorriso bonario.
“Chi è quella tizia?”, domandò Harry a Ron, accennando con il mento alla donna che si stava risedendo.
“E’ l’avvocatessa che Ginny ha assunto per proteggersi dalle accuse che le sono state rivolte di essere una… donna scarlatta. Millicent Bulstrode si è già beccata duemila Galeoni di ammenda per diffamazione, questa McBeal è una tipa tosta…”, rispose l’altro, che sembrava quanto mai concentrato sulla scarsità di indumenti che affliggeva la parte inferiore del corpo della donna.
“Signor Weasley, vuole per caso che la denunci per molestie sessuali?”, chiese quella, intercettando lo sguardo del ragazzo. Ron si affrettò a distogliere gli occhi.
“Scusa, ma… Queste accuse a Ginny dovrebbero averle fatte durante il nostro sesto anno, giusto? Dopo che ha mollato Michael Corner per mettersi con Dean e poi ha mollato Dean per mettersi con me, o qualcosa del genere, giusto?”.
“Sì, e allora?”.
“E allora questo significa che noi adesso stiamo frequentando il settimo anno, giusto?”.
“Sì, e allora?”.
“E allora questo vuol dire che Silente, dovrebbe essere, sai… morto”.
“Sì, e allora?”.
“E allora come diavolo fa in questo momento ad essere al tavolo degli insegnanti a fare il suo solito pallosissimo discorso di inizio anno?”.
“Harry, ti ho sentito”, intervenne Silente.
Ron allungò una fraterna pacca sulla spalla ad Harry, ma calcolò male la forza impressa e l’amico finì con la faccia dentro ad una porzione di budino di lamponi. “Non capisco perché ti fai tutti questi problemi!”, disse, mentre Harry si ripuliva la faccia dall’appiccicaticcio fluido rossastro con un lembo della tovaglia. “Siamo in una fanfiction demenziale: se inizi a preoccuparti di cose senza importanza come queste rischi di perderti i momenti in cui si deve ridere”.
“Trovo delizioso questo tipo di espediente metanarrativo”, confidò Draco senza un motivo apparente a Tiger e Goyle. I suoi sgherri, convinti che “espediente” e “metanarrativo” fossero i nomi di due dolci a base di pan di Spagna, annuirono con vigore alle sue parole.
“Comunque sia, sono lieto di presentarvi tre studentesse la cui presenza spero allieterà il nostro anno qui ad Hogwarts”. Silente, un po’ stufo dei continui contrattempi, aveva deciso che era meglio dare un taglio agli inutili preamboli ed arrivare subito al succo del discorso. “Ed ecco qui la prima di loro: date il benvenuto alla signorina Elizabeth Dakota Paris Buffy Summer Claire Brooke McMalahandersen!”.
Le grandi porte in fondo alla sala si spalancarono; nello stesso momento le luci si abbassarono parecchio e dei faretti luminosi puntarono in direzione della nuova arrivata. Questo ovviamente se nella Sala Grande di Hogwarts ci fossero stati dei riflettori.
Dato che però non c’erano, semplicemente le luci si abbassarono parecchio.
Comunque non c’era bisogno delle candele per vedere la nuova arrivata, dato che essa brillava al buio come se avesse ingoiato del plutonio. I suoi lineamenti erano talmente perfetti da sembrare il sogno proibito di qualunque chirurgo plastico, il suo incedere aveva un che di regale e i suoi lunghi capelli biondi erano così accuratamente acconciati da essere davvero noiosi da descrivere.
E puzzava parecchio di pesce. Nasello, con ogni probabilità.
La ragazza si avvicinò al tavolo dei professori, calamitando gli sguardi (e le narici) di tutti i presenti in sala; infine si fermò proprio di fronte a Silente, che con un gesto della bacchetta aveva riportato le luci ad un livello ottimale; l’inquietante luminescenza di Elizabeth Dakota eccetera eccetera era perciò scomparsa.
“La nostra Elizabeth Dakota Paris Buf…”, iniziò il preside, solo per essere interrotto nuovamente dalla nuova arrivata.
“La prego, mi chiami semplicemente Mary”, disse lei, con una voce che avrebbe fatto rodere il fegato ad uno stormo di usignoli. Due terzi dei cuori dei ragazzi in sala ormai portavano inciso in loro l’immagine dello stupendo volto di lei, ed erano in preda al più cieco degli amori.
Quattro quinti circa dei presenti invece tenevano in via precauzionale l’indice e il pollice stretti ai lati del naso.
“Mary? Ma non è un diminutivo di nessuno dei tuoi nomi, o sbaglio?”, domandò la McGranitt, che in maniera un po’ più diplomatica si era portata alle narici un fazzoletto intriso di essenza alla lavanda.
“Certo che no”, rispose l’altra in tono cortesemente altezzoso “Sta per ‘meravigliosa’, ovviamente”.
“Già, avrei dovuto immaginarlo”, replicò la vicepreside con l’aria di chi ha appena trovato un verme in una caldarrosta.
“Dunque, dovete sapere che la nostra Mary viene dalla scuola di magia Britney Spears di Hollywood Alta, dove ha studiato materie un po’ diverse da quelle che noi studiamo qui ad Hogwarts, fra cui Incantesimi Glamour, Trasfigurazione Fashion e Storia del Make-Up, quindi spero che la aiuterete ad ambientarsi qui nella nostra scuola!”, disse Silente, con l’aria di chi si sta convincendo con tutto se stesso di non possedere il senso dell’olfatto.
“Oh, non credo che ce ne sarà bisogno!”, replicò Mary, giuliva.
Il professor Piton aveva l’espressione di chi avrebbe fatto volentieri a meno della propria faccia.
“Inoltre Mary è per metà Veela e per metà Sirena”, il preside terminò così la presentazione della ragazza, che si stava già guardando intorno probabilmente alla ricerca di prede appetibili fra gli studenti maschili.
“Già, direi che è una cosa che si nota!”, esclamò Seamus Finnigan, facendosi sentire in tutta la sala.
Mary sembrò imbarazzata. “Oh, scusate tanto! Ogni tanto mi capita di distrarmi…”, disse a mo’ di scusa. Pochi istanti dopo, il suo odore da banco del pesce era diventato profumo di Elisir di Rocchetta Arancia e Biancospino.
“Bene, Mary, ora accomodati qui al tavolo per qualche istante, mentre introduco le altre studentesse!”, spiegò Silente, indicando con un gesto piuttosto eloquente lo scranno di Piton. Il quale cercò di provare una nuova tecnica omicida basata solamente sullo sguardo, senza però riuscire nel suo intento. La nuova arrivata si sedette al suo posto, non senza però aver scoccato un’occhiata di quella che assomigliava in maniera preoccupante ad approvazione in direzione dell’unticcio insegnante.
“La seconda nuova arrivata è una nostra conterranea, che purtroppo non ha mai potuto frequentare la scuola per problemi personali. Ella è infatti la figlia segreta di Voldemort”, mormorio di terrore in tutta la sala, “ma data la mia politica secondo cui nessuno può essere escluso dall’apprendimento, a patto che desideri impegnarsi”, mormorio di dubbio in tutta la sala, “e dato anche il cospicuo finanziamento fornitoci dal Ministero in quanto stiamo ospitando un’allieva potenzialmente pericolosa”, mormorio di aspettativa in tutta la sala, “quest’anno potremo organizzare un altro Ballo del Ceppo!”, mormorio di approvazione in tutta la sala. “E vi prometto che scorreranno fiumi di Whisky Incendiario Ogden Stravecchio!”. Schiarimento di gola da parte della McGranitt. “Ehm, volevo dire… ruscelli?”. Altro schiarimento di gola. “Beh, vedremo di organizzarci a riguardo più avanti. Ma ora ecco qui la signorina Riddle! Angela, per favore, vieni avanti!”.
Le porte della Sala Grande si aprirono. Anzi, si sarebbero aperte, ma erano già spalancate da prima, quando Mary era entrata, quindi non c’era affatto bisogno di farlo.
Ciononostante esse si aprirono lo stesso.
La ragazza che fece il suo ingresso nella sala era alta, pallida, con sottili occhi rossi e lunghi capelli neri; in pratica era ciò che Voldemort sarebbe stato se fosse diventato una diciassettenne dal fascino ambiguo e con una seconda di reggiseno.
Mentre la ragazza percorreva il corridoio costituito dalle tavolate di Corvonero e Grifondoro, Harry provò una fitta; non alla cicatrice, però… Circa una novantina di centimetri più in basso.
Mentre uno scandalizzato professor Vitious veniva privato della sua sedia per fare posto ad Angela, il preside riprese a parlare. “Ecco, Angela… non sembri essere una tipa di molte parole, vero?”.
La ragazza lo fissò alzando un lungo sopracciglio, sottile e perfettamente disegnato.
“D’accordo, direi che è tutto chiaro”, convenne Silente, non si sa bene a che cosa. Angela, da par suo, si voltò verso la tavolata dei Grifondoro puntando il suo sguardo vermiglio dritto su Harry, che avvertì un’altra fitta. Era una sensazione che non aveva mai provato prima, così intensa, così…
“E ora, ultima ma non meno importante, ecco a voi l’ultima nuova studentessa, che invece proviene dall’Italia! Nonostante ciò ha chiare origini inglesi, come dimostra il fatto che essa è la gemella perduta di Harry Potter…”.
“Eh?” Harry era sì distratto, ma non tanto da lasciarsi sfuggire le parole “gemella” e “Potter” usate nella stessa frase. Un mormorio di dubbio… no, un momento, è un tipo di mormorio che abbiamo già usato… diciamo un mormorio di curiosità malcelata si diffuse in tutta la sala. Il Grifondoro si alzò in piedi, le braccia tese lungo il corpo, i pugni chiusi. “Io avrei una gemella? E perché nessuno mi ha mai detto nulla?”, chiese, la voce che gli vibrava di rabbia. Perlomeno, finché Angela non lo fissò di nuovo e l’ennesima fitta al basso ventre non lo costrinse a sedersi.
“Nonché…”, Silente, in vena di rivelazioni scioccanti, non si era nemmeno accorto del fatto che Harry gli avesse urlato contro, “… la zia di Draco Malfoy!”.
Questa volta ad alzarsi in piedi fu il Serpeverde. “Che? Io sarei nipote di quella piattola di Potter?”, domandò, scandalizzato. Pansy pensò bene di fingere di svenire per completare il quadretto.
“No, solo lei è tua zia. Harry no”, spiegò il preside, come se la cosa fosse di per sé ovvia.
“Ma questo non è possibile”, commentò Hermione al tavolo dei Grifondoro. “Se loro sono gemelli, e lei è zia di Malfoy, allora anche Harry deve esserlo!”.
Ron emise un colpo di tosse che suonava molto come “fanfiction demenziale”.
“Oh, Ron, non puoi giustificare tutto con quello!”, ribatté l’amica. “Io propenderei piuttosto per ‘incapacità autoriale’!”.
“Vuole che gli facciamo causa?”, domandò la sempre zelante McBeal. “Potrei riuscire a scucirgli tanto di quel denaro da fargli provare un brivido di terrore ogni volta che vedrà una penna a sfera o la tastiera di un computer per tutto il resto della sua vita”.
“Nah, non vorrei arrivare a tanto”, spiegò Hermione, scuotendo la testa. “Prima vediamo come si evolve la situazione”.
Proprio in quell'attimo, come se fosse balzata fuori dalla più vicina caraffa di Succo di Zucca, una ragazza saltò addosso ad Harry, con un sorriso che avrebbe fatto fulminare per l'invidia qualsiasi lampadina. Si trattava di una versione femminile e molto più carina del suo gemello: niente capelli disordinati, ma anzi lisci e perfettamente curati, niente ginocchiette ossute, niente faccia da cretino, niente denti sporgenti...
"Ehi!" intervenne Harry in tono offeso "Passino le ginocchiette ossute e magari anche la faccia da cretino, ma i denti sporgenti sono una prerogativa di Hermione, non mia!".
"Erano, prego" lo corresse gelida l'amica "Ti pregherei vivamente di rileggere il quarto libro, nel caso non te lo ricordassi più".
"E non basterebbe guardarti in faccia, scusa?" domandò Ron perplesso.
Hermione ci pensò su per un attimo. "Sì, mi sembra un'opzione piuttosto sensata" convenne alla fine.
Comunque, tornando alla nuova arrivata… Beh, era una ragazza meravigliosa, esattamente come le altre due. E la cosa in effetti non colpiva particolarmente, considerando che pochi minuti prima nella sala aveva già fatto il suo ingresso una coppia di bellezze.
Indubbiamente, se la gemella di Harry avesse avuto qualche neo, o un dente un po’ storto, o si fosse mangiata le unghie sarebbe stata più interessante; ma era praticamente perfetta quanto Mary ed Angela.
Noiosa, in qualche modo.
“Io non sarò bellissima, ma almeno ho un mio fascino e sono interessante” disse Pansy Parkinson, nonostante nessuno le avesse chiesto nulla e fosse almeno in linea teorica svenuta.
“Oh, Harry, sono strafelicissima di vederti!” berciava intanto la nuova arrivata, attaccata al collo del gemello come un koala su un albero di eucalipto “I miei genitori adottivi italiani sono le persone più buone del mondo, ma sapevo che il mio posto sarebbe stato accanto a te! Ovviamente saremo nella stessa casa, e faremo tutto quanto insieme!”.
“Ti conviene lasciarlo, credo che stia diventando cianotico” osservò con noncuranza Ginny, che stava giocherellando con uno stuzzicadenti senza prestare particolare attenzione a ciò che le stava attorno.
Nel frattempo dal tavolo dei Corvonero si era alzata una ragazza bionda, con occhi grigi sporgenti e una collana di tappi di Burrobirra appesi al collo. Particolari questi che non erano visibili, dato che erano coperti da un grosso lenzuolo con due piccoli buchi rotondi ritagliati alla bell'e meglio.
“Anche voi sentite quella voce?”, domandò Luna in tono spettrale - come d’altronde le si conveniva, essendo appunto vestita da spettro - avvicinandosi ad Harry ed Hermione.
“Sì”, rispose Hermione, facendo spallucce. "E' quell'incapace dell'autore che ci siamo beccati questa volta. Io l'avevo detto a Joanne: ‘Metti il veto sulle fanfiction, che se no poi mi ritrovo, chessò? Ad un'orgia nella Sala Comune dei Serpeverde senza nemmeno sapere come ci sono finita’. Ma pensi che quella donna mi dia retta? E quindi guarda un po' come ci siamo ridotti!".
“Io quelle voci non le sento”, fece presente Neville un po' timidamente, come se avesse paura di disturbare.
Luna gli si avvicinò, ondeggiando il lenzuolo. “Certo, Neville, perché questa è magiaaaaaa...”, e cominciò a descrivere con le mani ampi cerchi intorno al volto del ragazzo, accompagnando il tutto con borbottii agghiaccianti di vario genere.
“Già, ehm… Luna?”, disse lui, guardandosi intorno come in cerca di conferme. “Non so se te lo ricordi, ma qui siamo tutti maghi o streghe”.
“Tranne Gazza”, aggiunse Ernie, un secondo prima di essere colpito alla fronte da una paletta per la polvere in acciaio cromato del peso di diciassette chili e seicento grammi, lanciata da non si sa bene chi.
“Oh, mio Dio!”. Lo strillo spaccatimpani di Pansy Parkinson risuonò nella sala. “Un assassinio!”. Poi la ragazza svenne.
“Ma tu mica eri già svenuta?” si informò Blaise Zabini, seduto accanto a lei.
La ragazza aprì un occhio. “Ma quella era una finta. Stavolta è vero”.
“Oh”.
Improvvisamente la Sala si riempì di una canzone rock anni ’70 uscita da chissà dove mentre Silente, accompagnato dalla McGranitt, da Piton e da Vitious, si avvicinava al corpo di Ernie riverso sul tavolo reggendo un enorme borsone molto simile a quello di Mary Poppins. “Questo è un classico caso di omicidio preterintenzionale”, affermò il preside, chinandosi sullo sventurato Tassorosso… che aprì gli occhi ed emise un mugolio di dolore.
“Dobbiamo recuperare le prove prima che scompaiano”, continuò Silente, mentre tutti lo fissavano con aria perplessa (o quasi tutti: l’avvocatessa McBeal prendeva appunti, Pansy era ancora svenuta e Gazza stranamente non era presente); consegnò la borsa alla McGranitt e le disse: “Catherine, prendi il coso che rileva le impronte digitali”.
“Catherine?”. La professoressa McGranitt aggrottò la fronte. “Coso?”. La professoressa McGranitt aggrottò ancora di più la fronte. “Impronte digitali?”. La fronte della professoressa McGranitt era aggrottata in un modo che andava contro qualsiasi legge fisica, logica e fisionomica.
“Warrick, hai portato le bustine trasparenti?”, domandò Silente, come se la vicepreside non avesse aperto bocca, meno che mai aggrottato la fronte.
“No, le ha Pomona, come al solito”, squittì l’insegnante di Incantesimi. Al tavolo dei professori, la Sprite stava sventolando nella loro direzione dei sacchetti di plastica a chiusura ermetica contenenti della polverina bianca alquanto sospetta.
“Oh, molto buono a sapersi!”, osservò Albus, mentre Ernie, borbottando uno “sto bene, sto bene…” si rimetteva seduto al suo posto massaggiandosi la fronte segnata da una vistosa ecchimosi.
“Professor Silente, con tutto il rispetto…”, il tono di voce di Severus Piton era al di là della scocciatura.
L’adorabile vecchietto si voltò verso di lui, sorridendo. Dietro di lui, la McGranitt sembrava avere qualche problema a disinarcare le sopracciglia. “Qualcosa non va, Sara?”.
Piton fece un’espressione che solitamente riservava a pochi eletti all’interno della scuola, ovvero al novanta percento circa dei suoi studenti. “S-sara?”, borbottò, la furia mal trattenuta. “Oh, questo è davvero troppo!”. Con larghi passi ed opportuni svolazzamenti di mantello nero si avvicinò al tavolo Grifondoro, e per la precisione alla zona in cui si trovava Harry; il quale ebbe una fitta per il terrore, anche se alla narice destra e non alla cicatrice.
Dopo aver scostato in malo modo Luna – la quale si guardò intorno perplessa e borbottò: “Strano, mi sarebbe dovuto passare attraverso… Mi sa che anche questo lenzuolo è difettoso, proprio come gli altri…” – il professore di Pozioni prese una delle mani di Harry (inalberando un’espressione di disgusto evidente) e una delle mani della sua gemella, le accostò e chiese al ragazzo: “La vuoi?”.
“No!”, esclamò inorridito Harry.
“Lo vuoi?”, domandò Piton alla ragazza, come se il suo studente meno preferito non avesse affatto aperto bocca. “Sì!”, gridò lei in tono di giubilo. Un coretto composto da Lavanda Brown e dalle gemelle Patil intonò un Alleluia dietro i due.
“Allora vi dichiaro fratello e sorella, e tanti saluti a tutti!”, borbottò Piton, voltandosi in uno svolazzo di mantello e dirigendosi fuori dalla Sala Grande. Alcuni Tassorosso, in seguito interrogati a riguardo, giurarono di averlo sentito borbottare: “Anche perché s’è fatta una certa e sennò mi perdo gli episodi di Grey’s Anatomy…”.
“Harry, credo che adesso dovresti lanciare il bouquet…”, suggerì Ron, annuendo con aria convinta.
“Ma quale bouquet?”, domandò Harry disperato. Si accorse di stringere ancora la mano della sua gemella e si affrettò a lasciarla, come se avesse accarezzato un lumacone particolarmente bavoso. “E… Luna, ma che accidenti credi di fare con quelli?”.
La ragazza, ancora avvolta nel suo lenzuolo da fantasma, reggeva sottobraccio due grossi cocomeri. “So che in occasioni come queste di solito si tira il riso, ma purtroppo al momento non ne ho… Che dici, potrebbero andare bene lo stesso?”.
“Sentite, ragazzi, apprezzo i vostri sforzi, ma davvero, non è…”, iniziò Harry, ma il suo sguardo venne di nuovo calamitato da quello scarlatto di Angela, che era ancora seduta nella stessa identica posizione da che si era accomodata, e si limitava a dardeggiare la sala con i suoi occhi infuocati. Il ragazzo si portò una mano all’inguine, reprimendo a fatica un gemito.
“Ma che fai?”, esclamò inorridita Hermione, scostandosi dall’amico. “Harry, ma ti sembrano il luogo ed il momento per fare certe sconcezze?”.
“N-non è colpa mia…”, tentò di spiegare lui, emettendo poi un altro mugolio. “Non… Non riesco a trattenermi…”. Le sopracciglia di Angela si sollevarono in maniera impercettibile, e la sensazione aumentò d’intensità. “Ahh… Ahhh…”.
“Potter, insomma!”, intervenne scandalizzata la McGranitt, ripensando che ai tempi della sua giovinezza – quando le cinture di castità erano di gran moda presso i giovani – cose simili non sarebbero mai potute accadere.
“Davvero, non… Non ci posso fare niente…”. Harry aveva le lacrime agli occhi. Sentendo il proprio corpo farsi sempre più rigido e debole, scivolò giù dalla panca e rotolò sul pavimento, fra lo sgomento generale. Gli occhi di Angela erano sempre fissi su di lui, ed il ragazzo non poté più trattenersi, quando la sensazione dentro di lui esplose. “CHE DOLORE PAZZESCOOOOO!”, gridò, mentre tremende fitte gli martoriavano il basso ventre.
“Ah”, borbottò Hermione, fissando il suo migliore amico agonizzare sul pavimento in pietra della Sala Grande. “Quindi non è quello che pensavamo…”.
“Peccato”, disse la McBeal con aria afflitta. “Stava per scattare una denuncia per atti osceni in luogo pubblico…”.
“Su, su, non faccia così, non sempre la vita va come vogliamo...”, tentò di consolarla Neville, dandole delle amichevoli bottarelle sulla schiena.
“ E io sarei svenuta inutilmente un’altra volta?”, chiese la voce di Pansy Parkinson da sotto una panca.
“Ehm… Sentite, ragazzi?”, fece eco Ron, guardandosi intorno. “Sono io l’unico a pensare che dovremmo fare qualcosa per lui, invece che starcene qui a parlare?”.
Nella Sala Grande si diffuse un’altra volta della musica, stavolta un motivo carico di tensione. Silente, vestito con un camice verde, spingeva una barella uscita fuori da chissà dove. “Forza, dottoressa Lewis, si muova a caricare il paziente in barella! Questo è un classico caso di appendicite preterintenzionale, dobbiamo intervenire finché siamo ancora in tempo!”, disse lui in tono imperioso rivolto alla McGranitt.
Questa volta l’insegnante di Trasfigurazione non obiettò alla bizzarria del suo superiore. Balbettò un: “S-sì…” poco convinto ed agitò la sua bacchetta, facendo veleggiare Harry a mezz’aria e posandolo poi con maestria sul lettino mobile.
“Bene, e ora si parte!”, annunciò il preside con tono giulivo. “Si tenga forte, signor paziente!”. E detto ciò, Silente iniziò a correre spingendo il lettino con una vitalità invidiabile per un centocinquantenne teoricamente pure morto.
“Preside, rallenti!”, esclamò la McGranitt, lanciandosi al suo inseguimento. “Non le fa bene tutto quello sforzo, alla sua età!”.
“Ehi, il regolamento di Hogwarts vieta di correre a quel modo all’interno dell’edificio scolastico!”, protestò la McBeal, nonostante anche lei fosse scattata in piedi e si stesse esibendo in una serie di falcate degne di un centometrista, nonostante i tacchi e la minigonna. “E poi ce l’ha la patente per quella barella?”.
“Aspettami, fratellino mio adorato!”, la sorella di Harry si era alzata in piedi di scatto, ed ora stava tallonando l’avvocatessa. “Saremo uniti anche nella morte!”.
“Ehi, io sono ancora vivo…”, si poté udire a malapena una voce alzarsi dalla barella, mentre varcava le grandi porte che davano sulla Sala d’ingresso di Hogwarts.
Con l’uscita del gruppetto, sui presenti calò qualche attimo di silenzio. Al tavolo dei Grifondoro, i ragazzi si guardarono negli occhi gli uni con gli altri.
“Che dite, andiamo a dormire?”, propose Neville alla fine.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo secondo - I guai arrivano sempre a gruppi da tre ***


CAPITOLO SECONDO – I GUAI ARRIVANO SEMPRE IN GRUPPI DA TRE



“Buongiorno, miei carissimi studenti!”, esclamò Silente, ritrovando gli alunni di Hogwarts per la colazione del giorno successivo.
“Ehi, ma perché tutti i capitoli di questa fanfiction devono iniziare con un discorso del preside, si può sapere?”, domandò Harry, vestito in vestaglia e pantofole, seduto al tavolo dei Grifondoro e piuttosto pimpante nonostante avesse subito un’operazione di appendicectomia solo poche ore prima.
“Perché l’autore mi ha autorizzato a fare il riassunto delle puntate precedenti, ecco perché”, spiegò il professore, sorridendo in modo amabile. “Ora, tutti voi presenti in sala, prestate attenzione allo schermo alle mie spalle”, e l’anziano uomo indicò un enorme telone bianco simile a quelli usati nei cinema Babbani. Le tende alle finestre si tirarono automaticamente, e nella Sala Grande scese il buio. “Grazie ad una nuova tecnologia, chiamata 'diapositive', potremo vedere che cos'è successo nello scorso capitolo".
Sullo schermo iniziarono ad apparire delle immagini, per la precisione un alquanto datato conto alla rovescia in bianco e nero. "Ecco che arriva il due!", annunciò Silente. La prima diapositiva era costituita da una foto di gruppo: per la precisione, mostrava le tre nuove arrivate ad Hogwarts, ovvero Mary, Angela e la gemella di Harry Potter (nonché, ricordiamo, anche zia di Draco Malfoy), in posa insieme al corpo docente della scuola di magia. L'unico a sorridere, oltre alle tre - o meglio, a due di loro. Quello di Angela al massimo si poteva considerare un ghigno piuttosto ambiguo - era Silente; Piton aveva la sua solita aria schifata dal mondo, Vitious pareva in preda ad un acuto attacco di vertigini, e la McGranitt sembrava avere appena scoperto che qualcuno aveva vomitato nel suo cappello. E Mary le stava facendo le corna.
"A proposito, si può sapere dove sono finite quelle tre tizie?", domandò Justin Finch-Fletchley.
"Beh, com'era ovvio le abbiamo assegnate alla loro casa di appartenenza creata per l'occasione, ovvero Drago BiondoPlatino. Il che vuol dire che potranno dormire nel letto di chi vorranno per tutto il tempo che vorranno".
Nella semi oscurità, si sentì un rumore metallico come di una daikatana vorpal +3 che veniva sguainata dalle parti dell'insegnante di Trasfigurazione.
"Eddai, Minerva, scherzavo...", borbottò il preside. "Possibile che nessuno qui capisca gli scherzi? Mah... Comunque, forse è meglio se ripartiamo da poco più indietro nel tempo, così da permettere anche ai lettori meno attenti di non perdersi nemmeno un passaggio. Filius, cambia diapositiva!".
La seconda fotografia mostrava un neonato dai capelli arruffati, completamente nudo.
"Questo è Harry, all'età di tre giorni", spiegò Silente. "Notate le dimensioni pressoché infime dei suoi... uhm, gioielli di famiglia".
"Ehi, si era detto niente battute volgari o sbaglio?", Harry, avvolto in una vestaglia rossa, si alzò in piedi e batté scandalizzato un pugno sul tavolo. "E poi vorrei proprio vedere quanto era lungo il suo, a tre giorni!".
Gli occhi del preside scintillarono nella penombra. "Non sfidare la fortuna, giovane Potter", mormorò, in una discreta imitazione del tono dell'Imperatore Palpatine.
"Certo che Harry si è rimesso davvero in fretta, eh?", disse Hermione a Ron.
"Piuttosto, non siamo andati un po' troppo indietro?", osservò Ginny.
"Oh, signorina Weasley, non mi dica che non è contenta di vedere almeno una volta l'affarino del suo fidanzato!", la rimbeccò Silente.
"Mi sembra ovvio che non l'ha visto, questa è una serie di libri per tutti, non possono esserci cose come scene erotiche oppure personaggi sessualmente diversi", disse Harry, annuendo con aria saccente.
"Beh, a questo rimediano le fanfiction, di solito", aggiunse Ron. "Vi ricordate quella volta che Piton è rimasto incinto?".
"Grazie, Weasley, mi hai rovinato i mesi di terapia per cercare di dimenticare l'esperienza", una voce lugubre si levò dal tavolo degli insegnanti.
"Suvvia, Severus, non credo che l'abbia fatto apposta", fece il preside, giulivo. "A proposito, come sta Severus jr?".
"Bene, grazie", rispose Piton, sfoggiando un insolito istinto paterno (o forse era più appropriato dire “materno”). "Gli stanno spuntando i capelli; dovrebbe vedere come sono carini, tutti belli unti...".
"Non sarebbe il caso di tornare alle diapositive?", esclamò Hermione, accigliandosi (anche se nell'oscurità non la vide nessuno).
"Sì, signorina Granger, ha ragione come al solito", disse Silente. "Filius, per favore, salta alla trentotto".
Dopo un paio di ticchettii, apparve la foto di un tramonto girata al contrario. E mossa. E con almeno tre dita davanti all’obiettivo. E in bianco e nero, anche se le altre diapositive erano a colori.
"No, non è questa, qui era quando provavo a vedere cosa succedeva se davo la macchina in mano ad Hagrid".
La foto successiva rappresentava Voldemort, con indosso un accappatoio verde e una cuffia da bagno sulla testa; teneva una papera di gomma in mano e con l'altra fingeva di parlare al telefono reggendo una banana.
"E questa quando è stata scattata?", domandò la McGranitt.
"Ma dai che c'eri anche tu, Minerva!", rispose Silente, tutto giulivo. "E' stata quella festa qualche anno fa, quando Pomona aveva appena raccolto l'erbetta speciale della serra Sei... Non te lo ricordi Lucius che imitava Celestina Warbeck con il boa di struzzo e l'abito di paillettes?".
"Questa è diffamazione!", gridò Draco dal tavolo dei Serpeverde. "Mio padre non farebbe mai una cosa del genere!".
"Perché, secondo te Severus da chi è stato messo incinto?", disse il Preside.
"Albus, la prego...", si lamentò Piton.
"Comunque", riprese Silente. "Questo è il nemico che Harry deve affrontare. Vi assicuro che senza paperella è molto più temibile".
"E tutto questo che c'entra con le tre nuove arrivate?", domandò una delle gemelle Patil. Non si sa quale delle due, anche perché a nessuno fregava comunque di distinguerle.
Silente riaccese le luci con un gesto della mano e la fissò. "Assolutamente niente", rispose in tono basito. "Non è che devono per forza essere collegate, siamo in una mediocre fanfiction demenziale, mica in un romanzo di Agatha Christie".
Ron, al sentire quel nome, alzò la mano sventolandola selvaggiamente. "Lo so io, lo so io! Il colpevole è il professor Plum nella serra con la chiave inglese!".
Hermione gli diede uno scappellotto. "Scemo, quello è Cluedo!".
"Ahia, ma sei cretina?", replicò lui. "Guarda che se continui a comportarti così non troverai nessun uomo che ti sposi!".
"Veramente l'ho già trovato!", rispose lei, incrociando le braccia.
Ron arrossì selvaggiamente, gli occhi larghi come piattini da caffé. "E chi sarebbe?", ringhiò.
Harry gli sventolò sotto il naso una copia de "I doni della morte". "Scusa, ma questo tu non l'hai letto? Sei tu, idiota!".
Lui fissò i due amici, prima uno e poi l'altra. "Davvero?", borbottò infine.


Il livello di odio di Hermione per le tre nuove arrivate raggiunse durante le lezioni di quella mattina livelli mai registrati prima (perlomeno secondo l'Odiometro di Silente, sistemato nel suo ufficio fra il Pessimebattutemetro e l'Apparecchio Conta-scaccolamenti, quest’ultimo di solito tenuto sempre disattivato perché molto sensibile).
E in effetti Mary, Angela e la gemella di Harry si dimostrarono senz'ombra di dubbio fra le migliori studentesse che la scuola avesse mai visto, se non le più brave.
A lezione di Erbologia, Mary non soltanto rinvasò alla perfezione la sua mandragola, ma le insegnò portamento, dizione, e le fece prendere una laurea in scienze della comunicazione senza ricorrere al Cepu. La professoressa Sprite applaudì, le lacrime agli occhi.
"Ma piuttosto, perché stiamo ancora facendo le mandragole se non siamo più al secondo anno?", domandò Neville, ma nessuno lo ascoltò. Soprattutto perché tutti indossavano i paraorecchie.
Nell'aula di Pozioni, Angela riuscì a creare un elisir in grado di garantire la pace nel mondo usando mezza lattina di Coca-Cola, due chiodi di garofano e delle forbici dalla punta arrotondata. Hermione, da sopra il suo calderone, fissava la rivale con aria di puro odio: a lei era servita una lattina intera.
Durante la lezione di Trasfigurazione, la gemella di Harry materializzò il Belgio.
“Non-è-possibile”, ringhiò l’ex-numero uno del suo anno una volta che fu tornata in Sala Comune in compagnia di Harry e Ron. Dalla sua testa venivano degli inquietanti rumori metallici e dalle orecchie le usciva un sottile filo di fumo. “E’-illogico-io-sono-la-migliore-krrt-krrt-krrt”. Improvvisamente, la testa le iniziò a tremare con violenza, gli occhi rovesciati all’indietro a mostrare il bianco e una minuscola scritta: “Garanzia valida fino al 2012”.
“Qualcuno ha una scopa, per caso?”, domandò Ron con aria rassegnata. Un primino gliene tese una. “Scusa, Herm, ma quando fai così è l’unica”, disse, calando la saggina con violenza sulla testa della ragazza. Dalla sua testa venne un ‘click’; smise di agitarsi come un’epilettica e le pupille riapparvero, anche se avevano un’espressione vacua e spenta; dopo qualche secondo, però, la vita ritornò sul suo volto, e la ragazza si girò verso gli amici ed esclamò in tono allegro: “Che stavamo dicendo, ragazzi?”.
“Stavamo parlando di quanto sono brave le nuove arrivate…”, iniziò a dire Harry, prima di beccarsi anche lui una scopettata.
“Ma sei scemo?”, lo rimbeccò Ron. “Guarda che poi questa ricomincia!”.
“Ricomincio a fare cosa?”, domandò la ragazza. Stava sorridendo, e il suo tono era normalissimo, ma sulla fronte le pulsava una vena enorme.
“Ehm, Hermione… La tua fronte…”, mormorò Harry, puntando un indice.
“Oh, no, le vanno di nuovo a fuoco i capelli”. Ron si diede una pacca sulla faccia, mentre dalla folta e disordinata chioma della ragazza iniziava a levarsi un odore di bruciato. “Ehi, tu, non è che hai un vaso di fiori a portata di mano?”, disse, rivolgendosi al primino di prima. Questi, un grosso gatto blu su due zampe con un enorme testa tonda senza orecchie visibili, spalancò il piccolo sportello che aveva sulla pancia e ne estrasse una grossa brocca di cristallo piena di giunchiglie. “Ecco qua”.
“Grazie, Doraemon”, disse Ron, rovesciando un paio di litri d’acqua addosso ad Hermione, senza che lei facesse una piega.
“Prego”, rispose lui. “Hai per caso visto Nobita, in giro?”.
“Chi, quel ragazzino che sembra Harry ma ancora più sfigato?”.
“Ehi, non è vero!”, protestò il felino azzurro. “Harry è molto più sfigato!”.
“Ma lo sai che hai ragione?”, esclamò Ron. “Ahahahahahahahahah!”.
“Ahahahahahahahah!”.
“Ahahahahahahahah!”.
“Ahahahahahahahah!”.
“Ahahahahahahahah!”.
“Aahahah… BOOM!”.
Le matte risate dei due vennero interrotte quando Doraemon esplose.
“Ahahahahah… eh?”, fece Ron, fissando perplesso il piccolo cratere fumante che il gatto robot aveva lasciato. “Che è successo?”.
“Eh, poverino, doveva essere difettoso…”, rispose Harry, rimettendosi la bacchetta magica in tasca. “Piuttosto, sarà un bel casino togliere tutti quegli ingranaggi piantati sul soffitto, eh?”.
“Download aggiornamento completato”, si intromise Hermione con voce metallica. Poi, con un tono molto più normale, aggiunse: “Bene, ho deciso che cosa posso fare per battere quelle tre fastidiose so-tutto-io!”.
“Senti chi parla…”, disse Ron a bassa voce.
Un braccio di Hermione scattò fulmineo, e una mano implacabile si strinse intorno alla gola del ragazzo, sollevandolo da terra di almeno venti centimetri. “STO PARLANDO IO, VA BENE?”, disse, con una voce tanto profonda da fare sembrare quella della Caverna delle Meraviglie di Aladdin un miagolio soffocato. Le sue iridi erano diventate gialle con screziature rosse, e le pupille erano verticali e sottili.
Ron rispose diventando viola.
La ragazza tornò di nuovo normale, anche se continuava a tenere sospeso Ron. “Che cosa stavo dicendo?”, chiese sorridendo ad Harry.
Quest’ultimo staccò a fatica gli occhi dal suo migliore amico che si agitava in preda a convulsioni, il volto ormai nero. “Ehm… che quelle tre sono delle so-tutto-io e che hai trovato il modo per batterle”.
“Ah, giusto!”, disse lei, schioccando le dita della mano libera. “Sarà sufficiente continuare a studiare anche di notte. Cosa volete che sia per una studentessa come me perdere sette o otto ore di sonno?”. Finalmente rimise a terra il sestogenito Weasley, che si accasciò sulla moquette bruciacchiata dalla deflagrazione di Doraemon. “Ron, ti vedo davvero molto sciupato… Forse dovresti mangiare un po’ più di verdura, eh?”, e dopo questo ultimo commento, Hermione si diresse verso l’ala femminile del dormitorio, canticchiando un motivetto le cui parole suonavano all’incirca come ‘Morte alle nuove arrivate’.
“Tutto a posto, laggiù?”, domandò Harry, abbassando lo sguardo sulla forma scomposta che era Ron.
“Sì, sì, tranquillo… Mia madre ogni tanto ci va giù molto più pesante, ci sono abituato”, gorgogliò l’altro, rialzandosi faticosamente in piedi.
“Ma si può sapere che le è preso?”.
“Sai, Hermione è così… Quando si sente in competizione dentro di lei scatta qualcosa…”.
“Più che scattare mi sembrava quasi un crash di sistema…”, osservò Harry, tirando un calcio ad uno dei rimasugli della divisa di Doraemon.
“Che hai detto?”.
“No, no, lascia perdere… Piuttosto, che cavolo ci faceva Doraemon fra i primini?”.
“E che ne so io?”, disse Ron, facendo spallucce. “Magari ce l’hanno affiancato gli sponsor come guest star; dato che è un personaggio molto amato dai bambini nella fascia compresa fra i sei e i dieci anni, avranno pensato che era una buona strategia per attirare un pubblico più giovane”.
“Ma questa fanfiction ha rating giallo, i bimbi così piccoli non possono leggerla!”, obiettò Harry. “E ora Doraemon è pure morto, come facciamo se c’erano dei seienni alla lettura? Rimarranno sconvolti a vita!”.
“Oh, ti stupiresti di quanto sono adulti i bambini di oggi!”, rispose Ron, annuendo con aria saccente. “Quanto al resto… Beh, questa è un’opera di fantasia, nessuno muore davvero… Guarda Sirius, dopo che nel quinto libro è uscito di scena ha trovato un ottimo lavoro come pianta da appartamento”, e detto questo accennò ad un angolo della Sala Comune.
Sirius stava in piedi in un grosso vaso, con la terra che gli arrivava agli stinchi e due rami spelacchiati di ficus nelle mani strette a pugno. Dato che ovviamente le piante non parlano si limitò ad alzare il pollice in direzione dei due.
“In effetti così si spiega perché Silente è ancora qui”, disse Harry convinto.


Nel frattempo, nei sotterranei del castello di Hogwarts, una terribile tragedia stava per consumarsi…
Beh, non proprio. Però detto così fa molto più figo.
“Professor Piton, avrei qualcosa da domandarle riguardo alla lezione di oggi…”, disse Mary nel tono di voce più suadente che le riuscì, entrando nell’ufficio del professore di Pozioni sito nei sotterranei.
“Mi domando cosa voglia sapere, visto che purtroppo nella sua pozione non c’era nemmeno un errore”, rispose lui nel suo consueto tono trasudante simpatia. Sollevò la testa dai compiti degli studenti contrassegnati tutti da delle “T” tracciate in grafia affilata e rimase per un attimo interdetto. “Signorina McMalahandersen, mi spiega che ci fa in giro per il castello con quella vestaglia succinta?”.
In effetti lo straccetto rosa che Piton aveva non proprio correttamente definito “vestaglia” non faceva molti sforzi per coprire la sua proprietaria. “Ecco… Il fatto è che non riuscivo a dormire…”, disse lei.
“Certo che non ci riusciva, sono le cinque del pomeriggio!”, gli rispose lui.
Mary sobbalzò, evidentemente presa in contropiede. Cavolo, è più furbo di quanto pensassi, si disse. Ma riuscirò nel mio intento, costi quel che costi! “Quello che intendevo dire è che… Beh, avevo piuttosto caldo, e…”.
“Sta di fatto che non è consentito agli studenti indossare qualcosa che non sia la divisa scolastica”, le rispose Piton. “Vuole che tolga dei punti alla sua casa?”.
“Ma questa è la mia divisa!”, protestò Mary in tono accorato.
Questa volta fu il turno del professore di sussultare. “Sul serio?”, domandò.
La ragazza lo fissò con aria ferita. “Vuol dire che non se n’è accorto, oggi a lezione?”, pigolò sull’orlo delle lacrime.
“E si può sapere piuttosto perché le viene permesso di vestire con abiti tanto vergognosamente succinti in una scuola dalla tradizione millenaria come la nostra?”.
“Beh, secondo il Regolamento di Hogwarts 4.0 appena aggiornato dal preside Silente, agli studenti della casa Drago BiondoPlatino è concesso indossare qualsiasi vestito essi vogliano. Inoltre la divisa di questa scuola non valorizza affatto i miei seni fermi e rotondi, non lo trova anche lei?”. E detto ciò la ragazza iniziò a palpeggiarsi il petto per dare una dimostrazione pratica.
“Sì, come le pare, come le pare”, borbottò Piton, cercando di nascondersi dietro un compito in classe. La pelle del suo viso aveva lo stesso colore di un foratino.
“Inoltre questo è un modello originale di Dolce e Babbana!”, spiegò Mary con orgoglio.
Il docente di Pozioni scoppiò improvvisamente a ridere: “Lo sa che mi è venuta in mente una cosa buffissima? Se prova a scrivere Babbano in Word il correttore automatico lo cambia in ‘Gabbano’!”.
“Già!”, rispose Mary. “E scrivendo ‘Rowling’ viene fuori Bowling!”.
“AHAHAHAHAHAHAHAH!”.
“AHAHAHAHAHAHAHAH!”.
“AHAHAHAHAHAHAHAH!”.
“AHAHAHAHAHAHAHAH!”.
“D’accordo, ora basta. Venti punti in meno a Drago BiondoPlatino per avermi fatto perdere inutilmente tempo”.
“Ma se ha cominciato lei!”. Mary si fregò gli avambracci nudi e rabbrividì. “Certo che fa freddo qui sotto”.
“Non aveva appena detto di avere caldo?”.
“Mentivo”.
“Ah”.
“E poi è umido!”.
“Già”.
“Ma gronda di umido!”.
“Ottimo per la muffa del gorgonzola”, rispose Piton accennando ad un vassoio posto sulla sua scrivania, dove fette di formaggio stagionato spandevano in giro per la stanza odori piuttosto diversi da quelli di un mazzo di fiori di campo. “Vuole favorire?”.
Mary aveva assunto una delicata tonalità verde vescica. “No, grazie, faccio volentieri a meno”.
“Io invece uno spuntino di metà pomeriggio lo farei volentieri…”, mormorò il professore. Si alzò in piedi e si avvicinò ad uno degli scaffali alle sue spalle, colmi di barattoli in cui galleggiavano in una soluzione giallognola degli esseri bianchicci dalla forma contorta.
Dopo attenta selezione ne prese uno e lo portò sulla cattedra.
No, non vorrà mica…, pensò Mary inorridita.
Piton si sedette ed estrasse dal cassetto un tagliere e un coltello. Poi aprì il barattolo canticchiando, ci tuffò la mano, prese il cadaverino pallido – alla ragazza sembrò che si agitasse ancora e la colazione di sei mesi prima venne a bussarle timidamente all’esofago – e lo posò sul tagliere. “E’ sicura di non volerne un po’?”.
Mary era bianca come una risma di foglio A4 della Fabriano. Si era perfino dimenticata di controllare l’odore corporeo e stava emettendo un raffinato bouquet di rombo e dentice. “N-no… Ho g-g-già mangiato…”, riuscì a mormorare.
Il professore mozzò un tentacolo o qualcosa di simile alla creatura, che emise una specie di singulto stridulo, e se lo infilò in bocca come se fosse un salatino. “Non faccia complimenti, eh. Tanto poi ricresce”.
Prima che Piton avesse avuto il tempo di terminare l’ultima parola, Mary era già corsa via, una mano sullo stomaco e una sulla bocca. Questa volta la mia missione è fallita, ma la prossima volta riuscirò nel mio intento!, pensò, mentre correva alla ricerca del bagno più vicino.
Il docente di Pozioni staccò un altro tentacolo o quello che era e se lo mangiò con gusto. Ributtò la creaturina nel liquido giallo e mise il barattolo al suo posto, quindi si avvicinò alla porta che dava sulla sua stanza personale e la aprì. “La presenza importuna se n’è andata”, disse.
In un angolo, accanto ad un lettino, una figura avvolta dalle ombre disse: “Bene. Il piccolo Severus dorme che è una meraviglia”.
“Grazie per l’aiuto che mi stai dando con lui, crescere un bambino da solo è così difficile…”, rispose Piton, sospirando. Il ruolo di padre single non gli si addiceva molto, soprattutto perché a conti fatti il bambino lo aveva… ehm, “partorito” lui, ma ci metteva del suo meglio.
“Non c’è problema. D’altronde, io sono il suo…”. La figura, mentre parlava, fece un passo in avanti. Prima di uscire dalle ombre, però, il tempo si congelò.


“Chi sarà il nuovo personaggio? E quale sarà il suo ruolo? Che cosa voleva ottenere Mary? Riuscirà Hermione a battere le nuove arrivate nello studio? E perché se Angela è la figlia segreta di Lord Voldemort tutti quanti lo sanno? Continuate a seguirci e lo scoprirete!”.
Davanti all'immagine del personaggio misterioso nella stanza di Piton era comparso Silente con in mano un microfono. All'improvviso Harry entrò in scena.
"Aspetti, non me lo dica", fece il ragazzo. "L'autore le ha anche dato il permesso per fare l'anticipazione delle puntate successive?".
"Mi sembra ovvio", rispose il preside, sfoderando un sorriso a ottantasette denti.
"Piuttosto, non vi sembra che la storia stia perdendo quel poco di senso che aveva nel primo capitolo?", domandò Hermione, raggiungendo i due insieme a Ron.
"Non mi sembra qualcosa di così sconvolgente", le disse lui. "Siamo in una fanfiction demenziale, è ovvio che il livello di stupidità cresca in maniera esponenziale...".
"Sarà, ma io non sono convinta", rispose lei.
"Ma tu non dovevi studiare per battere le tre nuove arrivate?", chiese Harry.
"Cavolo, è vero!", esclamò lei, prima di correre via.
"E io quando entro in scena?", domandò Voldemort in tono lagnoso, sbucando da destra. Indossava una vestaglia a colori vivaci e aveva in testa un parrucchino che gli conferiva un'aria sbarazzina. "Sono stufo di stare tutto il giorno chiuso nella mia roulotte!".
Silente sorrise di nuovo. "C'è ancora tempo, Tom... C'è ancora tempo...".










Ed eccoci alla fine del secondo capitolo! Le anticipazioni le ha già fatte Silente, quindi non è che a me rimanga chissà quale lavoro da fare...
Approfitto dello spazio per ringraziare Puccalove90, LysnadraBlack, Meme91, Mewlulu, Harrytat e Fede3333 per esservi sparate tutta questa sbobba e avere avuto anche la voglia di commentare. Dovrebbero darvi un premio, altro che agli atleti olimpici!
Per rispondere alla domanda di Meme: no, il nome Angela non è affatto casuale... L'ho scelto proprio per il motivo che citi tu. Infatti nella mia prima fanfiction pubblicata qui su EFP c'è la figlia segreta di Voldemort e si chiama proprio Ange, ehm... Dimentichiamo l'imbarazzante passato (non che il mio presente sia molto più brillante, visto che scrivo roba del genere, ma non importa!).

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo terzo - Le persone che cambiano all'improvviso nascondono sempre qualcosa ***


CAPITOLO TERZO – LE PERSONE CHE CAMBIANO ALL’IMPROVVISO NASCONDONO SEMPRE QUALCOSA

 

 

“Sono inquadrato?”. Silente, con il microfono del capitolo precedente in mano e vestito con una tunica rossa, aveva un’aria alquanto nervosa. Dietro di lui, indaffarati di fronte ad una porta di legno, si agitavano un paio di pompieri ed un poliziotto. “D’accordo, partiamo…”.

L’anziano signore prese un respiro profondo, rivolse un sorriso direttamente in camera ed iniziò a parlare in tono professionale. “Siamo di fronte alla porta della casa dove pare ci sia una vecchina che deve avere un problema. I vicini…”. In quel momento uno dei pompieri tirò una solenne martellata alla porta, e Silente cacciò un urlo voltandosi verso la fonte del casino. Il legno ovviamente era andato in pezzi, ed oltre la soglia c’era il buio… E Harry, in piedi con le braccia incrociate e l’aria parecchio assonnata.

“Si può sapere che vi prende?”, domandò il ragazzo soffocando uno sbadiglio. “Vi sembra il caso di fare tutto ‘sto rumore alle tre del mattino?”.

Silente sembrava alquanto perplesso. “Ma come… La vecchina…”.

“Chi, la tizia pazza con la camicia da notte sporca di sangue che insegue la gente facendo versi a caso?”, domandò Harry. “Non è qua, di solito a quest’ora è in giro per i corridoi del sesto piano…”.

Nel frattempo, anche gli altri occupanti del dormitorio maschile del settimo anno di Grifondoro si erano svegliati. “Ehi, si può sapere che succede?”, chiese Ron.

“Che figata, sono in tivù!”, esclamò Seamus, balzando improvvisamente davanti a Silente. “Ciao mamma, guarda, sono in tivù!”.

Il preside puntò il microfono contro il ragazzo e gli lanciò uno Schiantesimo. Seamus crollò sulla moquette con espressione beata.

“Perché l’ha fatto?”, domandò Dean scandalizzato.

“Ehm… Non era abbastanza fotogenico”, disse Silente.

“A questo punto se qui non c’è più bisogno di noi, ce ne andremmo anche…”, disse uno dei pompieri, fissando non molto convinto i resti della porta e gli studenti che fino a poco prima si trovavano dietro di essa.

“Sì, sì, bravi, sapete dove si trova l’uscita, vero?”, rispose lui con un gran sorriso.

“Strano, Neville non si è neppure svegliato…”, osservò Ron grattandosi la testa.

“A dire il vero non stavamo neppure dormendo”, disse una voce inequivocabilmente femminile dall’interno della stanza. Pochi secondi dopo, sulla soglia si affacciarono Neville, tutto rosso in viso e parecchio spettinato, e l’avvocatessa McBeal, che indossava una camicia da notte che faceva sembrare la succinta vestaglia indossata da Mary nello scorso capitolo un abito da puritana.

“M-m-m-ma… Ma quindi v-voi…”, balbettò Ron, indicando prima l’uno e poi l’altra.

“Com’è successo?”, domandò Dean.

“Gli uomini teneri e un po’ impacciati mi piacciono da impazzire”, confessò l’avvocatessa McBeal, dando un bacio a Neville sulla guancia. Il ragazzo divenne viola acceso.

“A dire il vero, vedendo il suo telefilm, si potrebbe pensare che lei non disdegni qualunque tipo di uomo, ma soprassediamo”, osservò Silente.

“Scusi, ma lei in quanto preside non ha nulla da dire?”, chiese Ron scandalizzato.

L’anziano uomo sorrise di nuovo. “Evviva l’amore?”.

 

 

“Evviva l’amore un corno!”, esclamò Hermione, seduta al tavolo dei Grifondoro per la colazione.

Harry e Ron, seduti davanti a lei, si guardarono intorno con aria alquanto sconvolta. “Incredibile, eppure fino ad un attimo fa era notte ed eravamo in pigiama!”, disse il Bambino Sopravvissuto.

“Potenza dei cambi di scena”, rispose l’altro. Accanto a lui, con la faccia in una scodella, c’era Seamus, che nessuno si era preoccupato di risvegliare.

“Piuttosto, Hermione, come fai a sapere che cosa è successo nel nostro dormitorio?”, domandò Harry.

Lei lo fissò, aggrottando la fronte. “Grazie alle telecamere di sorveglianza, che diamine!”.

“T-telecamere di sorveglianza?”, ripeté lui. “E dove le avresti piazzate?”.

“Oh, un po’ dappertutto”, fece lei con noncuranza, prima di girarsi verso Neville. “E tu… Che sarebbero questi comportamenti sconvenienti, eh? Anche tu, Ginny, potresti tenere un po’ a freno il tuo avvocato! Si può sapere dov’è andata adesso?”.

“Ha detto che doveva sistemarsi il trucco ed è andata in bagno”, rispose Neville.

“Signorina Granger, agitarsi tanto di prima mattina non le farà bene”, osservò Silente in tono bonario dal tavolo dei professori.

Lei, per tutta risposta, si voltò verso il preside come una furia. Mancavano solo i serpenti al posto dei capelli e, forse, uno sfondo con delle fiamme e qualche urlo straziante giusto per gradire. “Anche lei dovrebbe vergognarsi, sa? Come fa a tollerare cose turche di questo tipo all’interno di un prodotto destinato all’infanzia, eh? E poi non è possibile che girasse per il castello con una cinepresa, le apparecchiature Babbane non dovrebbero funzionare all’interno del perimetro di Hogwarts!”.

“Ma infatti non era una vera cinepresa, era solo una scatola delle scarpe su cui avevo fatto due buchi”, ribatté l’altro.

“E l’operatore?”.

“Due elfi domestici uno sulle spalle dell’altro con addosso un cappotto”.

“Ah”.

“Senti, ma…”, domandò Ron ad Harry. “Se le apparecchiature Babbane non funzionano, com’è possibile che lei abbia delle telecamere di sorveglianza?”.

La testa di Hermione ruotò di centottanta gradi senza che le sue spalle o il suo busto si spostassero con lei. “Perché le ho installate io, semplice”. Da un attimo con l’altro la faccia della ragazza si coprì di rughe e pustole come uno dei vampiri di Buffy, e quando riaprì bocca la sua voce era diventata gracchiante e maligna. “C’è tua madre qui insieme a noi, Weasley. La vuoi salutare?”.

Ron alzò gli occhi al soffitto. “Di nuovo…”, borbottò, prima di chinarsi a guardare sotto il tavolo. Vicino ai suoi piedi c’era Molly Weasley, che stava strofinando il pavimento con uno straccio. “Mamma, si può sapere che ci fai ancora qui?”.

Lei sollevò lo sguardo. “Oh, ciao Ron. Sai, gli elfi domestici non fanno così bravi come la maggior parte della gente pensa… Non vedi quante gomme da masticare sono appiccicate qui sotto?”.

“In ogni caso”, domandò Hermione, che ora era tornata normale. “Chi era la vecchia pazza di cui parlavate ieri sera?”.

“Quella che guida il carrello dei dolci sull’Espresso, anno dopo anno”, rispose Harry. “Poverina, è giusto che anche lei abbia un po’ di svago quando non lavora, no?”.

Hermione annuì. “Direi che è giustissimo. E questo spiega i corpi dei due pompieri e del poliziotto orribilmente mutilati nel corridoio del sesto piano”. La ragazza si alzò ed afferrò la borsa appoggiata accanto a lei. “Forza, ora, dobbiamo andare a lezione”.

“E di che cosa?”, si informò Ron.

Hermione alzò le spalle. “Una a caso. Tanto anche se non frequento sono sicura di prendere il massimo dei voti”.

Il trio si mise in marcia, salendo e scendendo un po’ di scale pencolanti, scavalcando le transenne della polizia al sesto piano che circondavano tre cadaveri che nessuno ancora si era premurato di portare via, lottando contro entità mostruose e puzzolenti provenienti dagli abissi infernali e tutte le altre cose che gli studenti di Hogwarts fanno abitualmente quando vanno a lezione. Ad un certo punto scorsero un uomo che indossava un cappotto viola dall’aria alquanto pacchiana e con i capelli malamente tinti di una sfumatura di verde scialbo scrivere qualcosa su un muro; incuriositi, si avvicinarono, e il figuro si voltò verso di loro: aveva il volto impiastricciato di bianco e rosso, in una grottesca parodia di sorriso, anche se sotto il cerone erano ben visibili due lunghe cicatrici ai lati della bocca. L’uomo sogghignò, fece una parodia di inchino, e senza proferire verbo si allontanò lungo il corridoio.

“Chi sarebbe quel tizio?”, domandò Ron.

“Il nuovo professore di Difesa Contro le Arti Oscure”, sospirò Hermione accanto a lui. Sembrava stranamente deliziata dall’aver visto il losco figuro. “E’ così misterioso e affascinante, e nessuno sa il suo vero nome!”.

“E quelle cicatrici?”, chiese di rimando Harry.

La ragazza scosse la testa. “Pare se le sia procurate durante un torneo di carte dei Pokémon finito in tragedia…”.

“Ehi, guardate che cos’ha scritto sulla parete!”, esclamò Ron, gli occhi levati verso l’alto.

Harry si avvicinò al muro, stringendo gli occhi in una smorfia da miope… O meglio, da più miope di quanto già non fosse. “Cavolo, certo che è un messaggio a lettere molto piccole…”.

Questo è un Mattone™. Si prega di non esporre il Mattone™ alla luce solare diretta o a fonti di calore.

Il Mattone™ non è adatto ai bambini al di sotto dei 36 mesi in quanto contiene piccole parti che potrebbero essere ingoiate o aspirate. Riporre in un luogo sicuro dopo l’uso.

Si prega di non rimuovere il Mattone™ dalla parete, per non causare il crollo della stessa.

“E’ incredibile quante cose ci possano stare scritte su un mattone”, disse Ron.

“Un Mattone™, prego”, lo corresse Harry.

“Veramente credo che il professore abbia scritto quell’enorme frase in vernice rossa così sospettosamente simile a sangue, sapete?”, fece Hermione. Gli altri due spostarono gli occhi.

 

W H Y   S O   S E R I O U S ?

 

“Ron, ti conviene tapparti le orecchie”, disse Hermione, premendo gli indici fin quasi sui timpani. “Fra tre… Due… Uno…”.

“BWAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”. Il pianto disperato di Harry pareva un convegno di sirene per ambulanza. “SIRIUS E’ MOOOOORTO, E NON TORNERA’ MAI PIUUUUUUUUUUUUUUUUU’! BWAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”.

“E basta, aspirante dislessico che non sei altro!”, gli gridò di rimando Hermione, ancora con le orecchie ben tappate. “C’è scritto ‘Serious’, non vedi? Mica Sirius”.

Harry, che continuava ad ululare come una mandria di rinoceronti in preda ad una colite fulminante, rilesse di nuovo la scritta fra le lacrime copiose. “Ah, è vero”, disse poi, in tono perfettamente normale.

La ragazza scosse la testa. “Beh, questo se non altro vale come punto in più per la lista”, e dopo quest’enigmatica osservazione estrasse dalla sua borsa una penna e un rotolo di pergamena, sul quale tracciò un rapido segno.

“Che cos’è?”, domandò Ron, affacciandosi dietro le spalle dell’amica. “Fai vedere, fai vedere!”.

“Ah, adesso sai leggere?”, fece lei, punta sul vivo. “Quando invece dovevi fare i compiti di Astronomia però dicevi il contrario!”.

“I guaritori del San Mungo lo chiamano analfabetismo selettivo, hanno detto che dovrebbe passare prima dei vent’anni”, rispose lui. “Dai, dai, facci dare un’occhiata!”.
“E va bene…”.

Il foglio di pergamena era intitolato “Beceri mezzucci per tentare di risollevare una fanfiction da quattro soldi”. Seguiva una lista di frasi, alcune già spuntate:

X         Presenza di guest stars

X         Nuovi personaggi

X         Citazioni da opere più famose

X         Ricordo di personaggi scomparsi buttato sul patetico

-         Assassinio

-         Ritorno di un vecchio personaggio

-         Amore proibito

-         Catastrofe naturale

-         Numero musicale

-         Plot twist dozzinale

-         “E’ stato tutto un sogno”

-         Massi rotolanti

-         “Luke, io sono tuo padre”

“Voglio vedere se l’autore riuscirà a cadere così in basso”, si giustificò Hermione, arrotolando la pergamena e infilandosela di nuovo in tasca.

“Comunque, sia, Harry”, disse Ron. “Sirius non è mica morto… L’hai concimato giusto stamattina, non ricordi?”.

Il viso di Harry si illuminò, come se avesse appena udito un messaggio divino. “E’ vero!”, esclamò. “Me ne dimentico sempre perché Sirius è talmente bravo, a fare la pianta… Pensate che mi ha raccontato che quando era all’asilo per piccoli Serpeverde per le recite di Natale gli facevano sempre interpretare l’abete!”.

“Un ruolo di grande responsabilità, insomma”, affermò Ron. Sembrava davvero convinto della cosa.

“E ora”, disse Hermione, voltandosi direttamente verso la telecamera. “Sta per arrivare una scena molto importante ai fini della trama. Mi raccomando, se dovete andare in bagno aspettate, altrimenti poi non venite a lamentarvi se non capite quello che succederà fra qualche capitolo!”

“Ehi! Perché quella telecamera funziona?”, chiese Harry.

“Semplice”, rispose la ragazza. “Anche questa l’ho montata io”.

 

 

La scena si è spostata su un castello, appoggiato in maniera precaria sul ciglio di una rupe. Sappiamo che è il castello di Voldemort – o comunque quantomeno di un Signore Oscuro che si rispetti – perché l’atmosfera è pesante e oscura, sullo sfondo cadono fulmini a caso pur non essendoci l’ombra di un temporale e stormi di pipistrelli si staccano ogni tanto dalle torri più alte e svolazzano qua e là con acuti stridii. Alle tre e mezza del pomeriggio.

Nella Sala del Trono di Voldemort, i Mangiamorte erano riuniti in attesa del loro signore e padrone, e parlottavano fra loro a gruppetti in tono imbarazzato; in effetti c’era qualcosa di diverso, in loro: indossavano come sempre i loro mantelli neri d’ordinanza, e i loro volti erano coperti da maschere… Che però decisamente NON erano quelle di ordinanza.

“Davvero, bisogna fare qualcosa”, disse Lucius, i cui lunghi capelli biondi spuntavano da dietro una maschera da hockey. “Potevo sopportare la settimana dei mantelli casual, in fondo credo che vestirsi sempre e solo di nero ti sbatta un po’ troppo, ma questo?”.

“Almeno a te ne è capitata una decente!”, si lamentò Dolohov, il cui volto era coperto dalla faccia di Pippo. “Io non ho alcuna credibilità, conciato così!”.

Il capofamiglia Malfoy rabbrividì sotto il mantello. “Nessuno ha qualche idea?”.

“E a che servirebbe?”. La voce di Bellatrix, che sembrava prossima alle lacrime, usciva dal sorriso ebete del Teletubbie blu. “Le abbiamo provate tutte, ma non c’è stato verso! Non è più il fiero Signore Oscuro che era una volta, e io… e io… non lo riconosco più!”. E la donna si abbracciò singhiozzante contro il marito – che aveva una maschera da regina Elisabetta – che le diede qualche timida pacchetta sulla schiena, per tentare di consolarla.

In quel momento la porta della Sala del Trono si spalancò, e Voldemort fece il suo ingresso, tallonato a poca distanza da Codaliscia. Forse nemmeno Silente, la sua nemesi, sarebbe riuscito a riconoscerlo: oltre al parrucchino e alla vestaglia sgargiante con cui si era presentato nel precedente capitolo indossava un paio di occhiali da sole da tamarro – che in qualche modo riuscivano a rimanergli aderenti al viso nonostante l’evidente mancanza di un setto nasale – e delle ciabatte di plastica decorate a fiori. Codaliscia portava una maschera da Topolino sul volto, il che aveva un suo assurdo e perverso senso.

Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato percorse l’intera sala, si arrampicò sul suo trono e osservò i suoi servitori con espressione soddisfatta. “Yo! Bella, fratelli, come butta?”, esordì.

Un mormorio incerto serpeggiò per la sala. Nott, dietro la sua maschera da presidente Bush, si lasciò andare a qualche colpetto di tosse catarroso prima di farsi avanti. “Magnificamente, mio Signore e Padrone, ma…”.

“Oh, suvvia, tralasciamo queste inutili formalità, Wilbur”, lo interruppe l’altro, la bocca priva di labbra arricciata nel sorriso più solare possibile; il risultato avrebbe fatto impallidire un’eclisse totale. “Chiamami pure… Voldy”. Tuoni e fulmini in sottofondo.

Il brusio nella sala aumentò di volume. “Ha d-d-detto ‘Voldy’?”. “Ma che cavolo di nome è Wilbur?”. “Posso andare al bagno?”. “No, Goyle, aspetta la fine della riunione”.

Il tremito tipico di Nott aumentò in misura esponenziale: sembrava una canna di bambù con la faccia di Bush travolta da un improvviso monsone. “C-c-c-certo, mio Sign… cioè, volevo dire, Voldy”.

“E come mai sei così rigido, Wilb? Suvvia, dai uno scossone a quelle vecchie ossicine artritiche che ti ritrovi!”, continuò a pungolarlo il Signore Oscuro, tamburellando le dita le une contro le altre in un gesto che avrebbe fatto l’orgoglio di Montgomery Burns. “E’ vero, solo il vostro capo, ma non per questo dovete dimostrare tutta questa reverenza. Vorrei che pensaste a me come… a un amico, diciamo così”.

Questo fu decisamente troppo per i nervi della povera Bellatrix, già duramente provati dalle precedenti settimane: lanciò un ululato che tramortì un paio dei pipistrelli che abitavano sul soffitto della sala del trono e puntò un dito tremante in direzione di Voldemort. “Che cosa ne hai fatto del Signore Oscuro?”, intonò, in un tono carico di drammaticità che era purtroppo in parte rovinato dal fatto che quelle parole uscivano dalla bocca di Tinky Winky.

Voldemort si lasciò sfuggire una risatina. “Ma Bella, che dici? Sono sempre io! Ho solo voluto dare una rinnovatina al mio stile, tutto qua”.

La donna si strappò la ridicola maschera dalla faccia e la gettò a terra con stizza. “Questo lo chiami un rinnovamento di stile? E il Marchio Nero sostituito con un unicorno rosa? Anche quello è un rinnovamento di stile? E anche il fatto che durante l’ultima missione invece di uccidere tutti quei Babbani abbiamo solo fatto loro ‘BU!’? Eh? Eh? Eh?”. Poi Bellatrix si accasciò a terra in un misero fagottino frignante.

Voldemort si sporse in avanti per scrutare meglio la situazione. Sembrava preoccupato, ma la mancanza di sopracciglia non aiutava a capire quale fosse il suo stato d’animo. “Oh, poverina. Rodolphus, perché non porti tua moglie a sdraiarti un attimo e a farle bere qualcosa di caldo? La stanza per gli ospiti con la carta da parati a fiori è libera”.

Questo non fece che far aumentare di volume il pianto della Mangiamorte. Il marito, borbottando scuse a mezza bocca, prese in braccio la moglie e si diede alla fuga il più rapidamente possibile.

Un paio d’ore dopo, Bellatrix sembrava essersi ripresa (anche se la vista della tappezzeria a ranuncoli le aveva provocato un tremendo sfogo sulla pelle); riusciva a camminare, anche se sostenuta dal marito, e uscì dalla stanza, per trovarsi davanti Lucius e Nott.

“Eccoti”, esordì il capofamiglia Malfoy. “Cercavamo giusto voi”.

La donna era dello stesso colore di uno strato di intonaco. “Che… che cosa ha fatto… quello?”.

Nott rabbrividì di nuovo. “Ci ha detto che… ci ha detto che… No, non ce la faccio, Malfoy, diglielo tu”.

Lucius deglutì pesantemente. “Ha detto che vuole…”. L’uomo si guardò intorno, alla ricerca di orecchi indiscreti, poi continuò, a voce molto più bassa. “…iscriversi a Facebook”.

Bellatrix sembrò sul punto di svenire, ma riuscì a rimanere cosciente. “Dobbiamo capire cosa gli è successo”, mormorò, la voce che sembrava provenire da dietro una pietra tombale. “Non… non è possibile che sia sotto un Imperius, vero?”.

“Il Signore Oscuro? Ma non scherziamo!”, intervenne Nott. “Se un cambiamento è avvenuto, dev’essere avvenuto dentro di lui”.

“Beh, allora pensiamo a cosa gli è successo in quest’ultimo periodo, prima che diventasse… insomma, com’è adesso”, rispose la donna.

Sui quattro calò il silenzio per qualche secondo. Quasi si poteva sentire il rumore dei demonietti all’interno dei loro cervelli che si affannavano intorno a dei minuscoli schedari alla ricerca dell’informazione cruciale. “Mmh… Non saprei proprio”, fece Nott, dopo un minuto buono. “Non mi viene in mente niente…”.

“Già”, concordò Lucius con non poco sconforto. “In fondo non è capitato nulla di rilevante, in questi mesi.  E’ giusto venuta fuori quella faccenda della…”. Il volto dell’uomo si contorse in un’espressione di orrore. “…figlia”.

Gli occhi cerchiati di Bellatrix si dilatarono. “Vuoi dire che il Signore Oscuro si è trasformato in un miscuglio fra un finto giovane in crisi di mezza età e un omosessuale stereotipato è dovuto al fatto di avere scoperto di avere una prole?”.

Lucius fece spallucce. “Non mi viene in mente altro. D’altronde è comprensibile che una situazione del genere possa sconvolgere a questo punto una persona, mi ricordo che quando io scoprii che Cissa era incinta mi sentii…”.

“Non gliene frega a nessuno di come ti sei sentito”, lo bloccò Bellatrix. La donna sembrava aver ritrovato la folle e bruciante determinazione che la contraddistingueva. “Ora come ora, c’è soltanto una cosa che dobbiamo fare. Immagino non ci sia bisogno di dirvi qual è”.

Rodolphus borbottò qualcosa di incomprensibile. Sua moglie, però, si voltò per fulminarlo con un’occhiata. “Ma no, idiota! E poi non puoi fare quella cosa con una papera e un tubo di gomma!” (Lucius e Nott si scambiarono un’occhiata perplessa) “Ciò che intendevo è molto più semplice”. La donna si schiarì la voce e si chinò in avanti, con aria da complottista. “Per il bene del Signore Oscuro… dobbiamo uccidere Angela Riddle”.

 

 

“E, uhm… E’ stata una scena interessante. Penso”. Ron sembrava perplesso. “Ma come cavolo era vestito Voi-Sapete-Chi? E che sarebbe questo ‘Facebook’?”.

Hermione scosse la testa. “Credimi, non vuoi sapere la risposta a questa domanda; una simile conoscenza sarebbe letale per il tuo semplice cervello umano”.

“Oh…”.

“Piuttosto”, intervenne Harry. “Com’è possibile che da Hogwarts siamo riusciti a vedere una cosa accaduta a migliaia di miglia da qui?”.

“L’ho detto ad inizio capitolo”, rispose Ron, soddisfatto per una volta di essere riuscito a spiegare qualcosa prima che lo facesse Hermione. “Potenza dei cambi di scena”.

“Però, un attimo”, continuò Harry. “Hermione, avevi detto che ciò che abbiamo visto sarebbe stato importante, no?”.

“Sì, è quello che ho detto”.

“Ma noi sapevamo già che Angela è la figlia di Voldemort! E anche i lettori, visto che ne abbiamo parlato nel capitolo uno! Quindi di fatto era una scena inutile!”.

Gli occhi di Hermione si accesero come due lampadine da 220 watt. E con “si accesero” si intende che emisero due fasci gemelli di luce. “Ehi, è vero!”, esclamò. “Perché non ci ho pensato da sola? Questa scena è stata solo un inutile riempitivo!”.

“Herm, credo che ci sia ancora qualcosa che non va nei tuoi circuiti…”, mormorò Harry, facendo un passo indietro per buona misura: se la ragazza avesse minacciato di esplodere o simili, di certo non avrebbe esitato a mettersi in salvo. “Forse è meglio che tu vada, sì, insomma, da Madama Chips. L’altra volta, dopo che ti ha picchiato in testa con quel vaso da notte è tornato tutto a posto, no?”.

Lei si voltò verso di lui, rischiando di accecarlo. “Ma scherzi? Non ho certo tempo per andare in infermeria! Adesso torno in Sala Comune a scrivere una lettera di protesta contro quell’imbecille dell’autore, e poi in Biblioteca a studiare, visto che non posso certo farmi mettere sotto da quelle tre sciacquette di Drago BiondoPlatino. A dopo, schiappe!”. E Hermione si lanciò in una corsa sfrenata verso le scale, i fasci di luce proiettati dai suoi occhi che sfrecciavano qua e là su pavimento e pareti.

I due ragazzi rimasero zitti per un paio di minuti, dopo che la ragazza fu scomparsa dietro l’angolo del corridoio. “Ehm… E noi, che facciamo?”, domandò alla fine Ron a Harry.

L’altro si voltò lentamente. L’espressione sul suo volto pallido era sconvolta. “Credo… credo che andrò a dare un po’ d’acqua a Sirius. Sai, non vorrei che si seccasse…”.

 

 

 

 

Ok… L’avete voluto? Bene, eccovi il terzo capitolo! Con… un paio di anni di ritardo, ma che importa?XD

Ringrazio, uhm… Tutte le persone che hanno recensito in questo periodo. Spero che questo capitolo vi abbia strappato qualche risata! Ovviamente non garantisco nessuna regolarità per i prossimi capitoli, potrebbero anche passare altri due anni prima del quarto! (ride malignamente) La storia, in totale, dovrebbe essere sugli otto capitoli, comunque.

Ok, credo di avere finito. Anche io, come voi, spero passi un po’ meno fra il terzo e il quarto capitolo…

Davide

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=263226