i was born to love you

di __PandaCloe__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** trasloco ***
Capitolo 2: *** aeroplano di carta ***
Capitolo 3: *** camera da musica ***
Capitolo 4: *** Scegliere ***
Capitolo 5: *** the McGail's pub ***
Capitolo 6: *** piccole rivolte ***
Capitolo 7: *** il ken appeso ***



Capitolo 1
*** trasloco ***


I WAS BORN TO LOVE YOU
CAPITOLO 1 - TRASLOCO

Conrad Wilson era un uomo  slanciato, sulla cinquantina, occhi scuri e capelli brizzolati. La mattina del 25 gennaio, come sempre, si svegliò presto e fece colazione. Dopo essersi lavato e vestito percorse il corridoio fino alla stanza di suoi tre figli: Carlos di 20 anni, Josh di 18 e Anne di 16. Entrò nella loro stanza e spalancò le finestre. "Sveglia! Forza, tutti giù dal letto!". Urlò strappando ai ragazzi i lenzuoli e i cuscini.
"Dai... pa'...altri due minuti..." lo supplicò con la voce impastata Josh mentre la sorella si contorceva cercando di coprirsi con il lenzuolo scomparso e il fratello maggiore dormiva ancora russando .
"Muovete il culo. Andate a fare colazione, vestitevi, disfate i letti, finite di imballare le vostre cose e poi aiutatemi a mettere via gli strumenti. Il camion che ho noleggiato arriverà alle 11:00." I tre eseguirono gli ordini del padre e dopo aver finito di inscatolare tutti i loro averi. Raggiunsero Conrad e Greta nella 'camera da musica' ( la camera un tempo destinata ad Anne che suo padre aveva insonorizzato con i cartoni delle uova e dove aveva posto tutti i suoi strumenti).  
Greta Wilson, madre dei tre fratelli, era una amabile donna di circa 45 anni. Occhi grigi e capelli ricci e scuri, proprio come i suoi adorati figli. Era l'opposto di suo marito. Dolce e comprensiva, non alzava mai la voce e i suoi gesti erano tanto aggraziati da farla sembrare estremamente fragile. Era una ex ballerina e proprio grazie al suo lavoro aveva conosciuto Conrad, un noto musicologo. Con le gravidanze però aveva deciso di lasciare il suo ruolo da prima ballerina dell' opera di Sidney e lavorare per un' agenzia immobiliare.
I tre poveri fratelli Wilson rimasero un ora intera a imballare tutto.
"Mi sta quasi passando la voglia di traslocare" scherzò il maggiore. Anne e Josh si guardarono intorno e scoppiarono a ridere.
"Okay, ritiro tutto! " aggiunse poi ridendo a sua volta.
I Wilson infatti cambiavano finalmente casa grazie ad una promozione di Greta con un notevole incremento della busta paga e al nuovo incarico di Conrad, scrivere una rubrica su un importante  mensile di musica australiano. 
In realtà si sarebbero spostati solo di poche traverse restando nella loro quartiere, ma la nuova casa era a due piani, cinque stanze da letto, tre bagni e una spaziosa zona giorno. 
Alle 11:00 in punto arrivò il camion con un paio di fattorini che aiutarono la famiglia a caricare mobili e scatoloni. Alle 16:30 la nuova casa era arredata e la maggior parte degli oggetto era stato disimballato. Anne sedeva sul divanetto a bovindo e guardava la sua nuova camera. Si chiedeva se sarebbe riuscita a dormire senza il russare di Carlos e Josh che solfeggiava  nel sonno le note di chissà quale sonata di Bach. Al solo pensiero delle notti passare in camera con i fratelli per sedici anni le venne da ridere.
Anne era una ragazza alta e dal fisico asciutto, capelli ricci di un castano scuro,gli occhi neri e profondi come pozzi e la pelle color caramello come quella di suo padre. Grazie a lui aveva imparato a suonare violoncello, pianoforte e arpa, oltre ad aver preso lezioni di canto per tutta la vita. Di nascosto poi aveva imparato a suonare il basso elettrico da autodidatta. Era 'un vero prodigio' come diceva suo padre. Era un tipo un po' ribelle, solare e parecchio imbranato ( non riusciva a stare cinque minuti senza far male accidentalmente a sé stessa o ad altri oppure senza rompere qualcosa). Era una ragazza molto intelligente e sveglia, amante dei cani: soprattutto del suo amato Macbeth, un enorme leonberger che in quel momento russava rumorosamente vicino ai suoi piedi. 'Il problema  di dormire senza Carlos la' ho risolto.' Pensò ridendo tra sé e sé.
L'indomani mattina tutta la famiglia riprese l'opera di sistemazione della casa che si protrasse fino a pomeriggio inoltrato. Stanca dell' aria frenetica che si respirava nella nella' abitazione, Anne decise di portare Macbeth a fare una passeggiata nella nuova strada. Dopo circa una mezz'ora di camminata la ragazza decise di tornare verso casa. A due villette dalla sua sentì una forte musica provenire da un garage. 
La porta aperta e la sua irrefrenabile curiosità la spinsero ad entrare con il suo molosso al seguito. Appena entrata vide quattro ragazzi, tre le sembrava di averli già incontrati. La musica si fermò e il ragazzo dai capelli strani le chiese: " E tu chi sei?"

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Capitolo 2
*** aeroplano di carta ***


I WAS BORN TO LOVE YOU

CAPITOLO 2
 AEREOPLANO DI CARTA
 
Il ragazzo con i capelli strani chiese “ E tu chi sei?”. Anne tentò di rispondere e scusarsi ma dalla sua bocca uscirono solo strani versi che fecero solo aumentare il suo imbarazzo finché la ragazza non uscì indietreggiando dal garage per poi correre seguita dal cane fino a casa sua.
 
Per la vergogna prese la drastica decisione di non uscire di casa fino al giorno d’ inizio della scuola, l’ 1 febbraio. ‘E se dovessi incontrarli? Non se ne parla, resto chiusa in casa in casa piuttosto. Ma io quei tre li ho già visti da qualche parte …’ Mentre cercava di ricordare Carlos entrò bussando nella sua stanza: “ Ehi,noi facciamo un minuetto in giardino, vieni?”. I Wilson erano fatti così: per loro la musica era tutto. Vivevano di musica: se ne nutrivano, la respiravano, era la loro fonte di sostentamento, era il rifugio dai problemi e dalla vita frenetica: minuetti, sonate, concerti per pianoforte e archi diventavano luoghi in cui perdersi in balia delle note. La mente volava sul pentagramma e le dita su tastiere e corde.
 
Anne prese il violoncello e raggiunse i fratelli sotto il grande albero che ombreggiava il prato curato. Sistemarono sedie e leggii e cominciarono. La musica dolce del terzetto d’ archi si levò nella calda giornata di fine gennaio. Le loro dita suonavano in perfetta armonia dopo anni di prove e sudore. Tornò loro alla mente  il ricordo delle bacchettate sulle mani quando sbagliavano il tempo, le note e le entrate al pianoforte e le grida di Conrad durante i lunghi pomeriggi nella camera da musica nella vecchia casa.
La musica rallegrò gli animi di tutto il vicinato che godendosi l’ultima settimana di vacanza prendeva il sole e si rilassava in giardino. Fu così che i Wilson si fecero conoscere in tutto il quartiere.
 
Qualche giorno dopo arrivò il primo giorno di scuola. Anne si recò al liceo accompagnata dai fratelli che più tardi si sarebbero recati alla Sidney University. Scesa dalla macchina varcò la soglia del cancello e andò alla ricerca dei suoi amici nell’ atrio.
“ Anne! Siamo qui!” la chiamò Maddalena abbracciata a Cameron.
 “Maddy! Mamma quanto mi sei mancata!” Si salutarono con affetto dopo due mesi di lontananza.
“Alistar è andato al bar della scuola con Jenn. Farai meglio ad andare se non vuoi che quella troietta ti freghi il ragazzo il primo giorno.” Disse l’ amica indicandole la direzione con un movimento del capo.
Anne si inoltrò nella folla di studenti che affollavano l’atrio. Entrò nel bar e corse incontro al suo adorato Alistar. Sottolineo l’ aggettivo perche Anne non amava assolutamente Alis, diciamo che ci stava insieme ormai per abitudine. Lui la prese in baraccio e la baciò dolcemente. Jenn era accanto a loro con i suoi capelli biondo tinto e le lenti a contatto azzurre. Era proprio Jenn la motivazione delle azioni di Anne, doveva marcare il territorio. Normalmente no si sarebbe andare in effusioni troppo ostentate in pubblico e, oltretutto, odiava i baci di Alistar: a detta sua ci metteva troppa saliva e le sue labbra erano da ‘femminuccia’. Ovviamente nei limiti possibili. Alistar era un ragazzone alto, moro, muscoloso e con poco cervello. Capitano della squadra di calcio della scuola, come ogni fiction adolescenziale che si rispetti, e gran rubacuori.
Dopo che lui la fece scendere, lei salutò con un accenno di sorriso tirato la biondina che rispose allo stesso modo. Preso per mano il suo ragazzo uscì facendosi strada tra gli alunni del liceo. Raggiunsero Maddalena, Cameron e gli altri e cominciarono a chiacchierare aspettando la campanella che sarebbe suonata di lì a pochi minuti.
Con la schiena appoggiata al petto di Alistar, Anne parlava vivacemente esprimendo tutta la serenità di quel momento con la sua risata cristallina. Fu proprio allora che li vide. I tre ragazzi del garage parlavano tra loro e quando quello con i capelli castani la vide diede un colpo di gomito al biondino. Tutti e tre si girarono a guardarla e la salutarono con un sorriso e una mano alzata. Anne si sentì morire e involontariamente aumentò la pressione delle dita sulle braccia di Alis che le cingevano le spalle. Alistar non si accorse di nulla troppo distratto dalla risatina stridula di Jenn e delle altre ragazze che gli ronzavano sempre intorno. La la prima campanella suonò.
 
 Anne e Maddalena si avviarono verso la segreteria facendosi strada tra gli alunni. Superata la massa di ragazzi cominciarono a raccontarsi cosa avevano fatto durante le vacanze di Natale, che, tenendo conto delle stagioni nell' emisfero australe, erano anche quelle estive. 
"Che hai fatto in questi due mesi?" Chiese la prima.
"Niente di che - rispose l,'amica - siamo andati in Portogallo da mia nonna. Tu invece?" 
"Non un granché. Ho suonato quasi tutto il tempo. Ah! Ti ho detto che ci siamo trasferiti?"
"Davvero? Finalmente! Allora oggi pomeriggio passo da te così mi fai vedere."
"Si, ci vediamo davanti alla vecchia casa alle 17.00"
"Ok, e che non diventino le 17.30" aggiunse Mad guardando male Anne che aveva la brutta abitudine di non rendersi conto del tempo che passa più velocemente di quanto ci si accorga.
Una volta arrivate la segretaria, una anziana zitella con la faccia da rospo e la voce sgradevole come il suono delle unghie  passare su una lavagna, rese loro gli orari delle lezioni: tutte le ore in comune tranne biologia e inglese.
Si diressero ai loro armadietti e presero le uniformi per l’ora di ginnastica.
In palestra continuarono la loro conversazione.
"E con Cameron come va?" Chiese Anne.
"Mah, non so. Insomma, non è più come alla' inizio. Capisci che intendo?”
“ Capisco benissimo. Con Alistar sto bene, ma è vero che stiamo insieme da tre anni. E poi se la fa con tutte e io non ce la faccio più.”
“E invece il problema di Cameron è proprio che non ha occhi che per me. Questo complica tutto: se lo lasciassi ci starebbe malissimo e non vorrei mai che soffrisse…”
Mentre parlavano si avvicinò il professore: il temibile mr. Hoffmann.
La sua voce tuonò rimbombando in tutta la palestra richiamando le due allieve agli esercizi alla spalliera.
 
Due ore dopo Anne si ritrovava a correre nei corridoi vuoti per raggiungere l’ aula di biologia. Spalancò la porta.
“scusate il ritardo!” disse affannata alla prof e all’ intera classe ammutolita.
“Wilson, sempre la solita! – esclamò mrs. Joanson ormai abituata ai continui ritardi della ragazza.- pensavo che almeno il primo giorno saresti arrivata in orario alle mie lezioni. Va’ a sederti e continuiamo la lezione.”
“Prof non succederà più glielo assic…”
L’ insegnante la interruppe lievemente spazientita: “Non dirlo neanche. Sappiamo tutti che succederà eccome.”
 
Circa un quarto d’ora dopo vide arrivare sul suo  banco un aeroplano di carta. Lo aprì e lesse: Guarda alla tua destra.
Si girò e rimase pietrificata alla vista del biondino che la salutava. Continuò a leggere la lettera: Mi chiamo Luke, vieni domani alle 18.00 al garage dove ci hai visti suonare l’altra settimana.
Si rigirò verso Luke con un espressione interrogativa e lui le rispose con un occhiolino. 
“Wilson! Potresti gentilmente ripetere ciò che ho appena detto?” chiese mrs. Joanson, la quale si era accorta della distrazione di Anne
“In biologia prende il nome di metafase il secondo stadio della mitosi, il processo tramite il quale una cellula eucariota si divide in due cellule figlie. Durante questa fase, i cromosomi raggiungono il massimo grado di condensazione e si allineano lungo il piano equatoriale della cellula.” Citò testualmente Anne.
Seguire due conversazioni o leggere due pagine contemporaneamente era una dei vantaggi di aver studiato musica per tutta la vita. Suo padre diceva sempre: “In orchestra bisogna avere tre occhi e tre orecchie! Un’ occhio puntato sullo spartito, uno sul direttore e un’ altro sul nostro strumento. Così come le orecchie: una ascolta solo il nostro suono, uno quello dello strumento che ci sta accanto e un altro quello dell’ intera orchestra!”
Mai come in quel momento ringraziò il cielo degli insegnamenti di Conrad.
 
Pochi minuti dopo suonò la campanella che avvertiva gli alunni dell’ ora di pranzo.
Anne andò al suo armadietto dove trovò Mad che riponeva i libri.
Insieme si diressero alla mensa e Anne raccontò all’ amica ciò che era successo.
“ Ci devi andare!” esclamò Maddalena.
“Ma non se parla! Non li conosco nemmeno.” Ribadì l’ altra allarmata.
“E allora? Devi fare un po’ di opere di buon vicinato. Dai…”
In mensa si sedettero al solito tavolo con il solito gruppo:Alistar, Cameron, Jenn, Robby e Gregory.
“Ne riparliamo oggi Pomeriggio ok? -rispose Anne - Ora fammi mangiare in santa pace.”


Angolo Autrice:
Ciao Pandini miei (?),
Mi scuso per non aver scritto nel mia angolo nello scorso capitolo. In questo cominciamo a conoscere meglio la nostra protagonista, la sua faigla e i suoi amici. Non voglio dilungarmi a farvi sapere cosa ne penso ma spero vivamente lo facciate voi :* VI PREGO RECENSITEEE!
Unica cosa: non mi piace molto il titolo che si dovrebbe capire un po' più in là nella storia. Voi che ne pensate? Avete altre idee? Fatemelo sapere. Ringrazio coloro che hanno messo la storia tra le preferite, da ricordare e seguite. Devo andare che mi si sta spegnendo il comuter !!
Baci a tutte 
- Anna


 

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Capitolo 3
*** camera da musica ***


 

CAPITOLO 3
CAMERA DA MUSICA
 
 
Quel pomeriggio Maddalena arrivò puntuale al vecchio civico dei Wilson ma di Anne nemmeno l’ ombra. Si presentò correndo alle 17.25
“ Scusa, scusa, scusa, scusa!” disse gettandosi ai piedi di Mad che la attendeva con le braccia conserte sotto il seno.
 
Anne condusse l’ amica fino alla nuova dimora.
“È stupenda!” esclamò questa alla vista della villetta.
“Dai vieni a vedere la MIA camera.”
“Sul serio? Hai finalmente una camera tua?”
Le due amiche varcarono la soglia e Macbeth corse loro incontro per poi schiacciare con tutta la sua mole la povera padrona. Solo dopo aver lavato la faccia di Anne con quella che le sembrò tutta la saliva che avesse in corpo, degno di una scodinzolata Maddalena.
Le ragazze andarono in cucina dove trovarono la signora Wilson seduta all'isola che lavorava al computer.
"Maddalena! È un sacco di tempo che non ti vedo. Come stai?" Disse lei baciando in fronte la ragazza ormai diventata una di famiglia.
"Bene Greta, e tu?" 
"Non male. Hai visto che bella casa nuova? Finalmente ora ognuno ha la sua stanza.”
“E la camera da musica?” chiese Maddalena preoccupata che, per la mancanza di spazio Conrad non fosse riuscito ad allestirla anche nella nuova casa.
 Aveva sempre amato quella stanza di casa Wilson dove aveva passato ore ad ascoltare Anne o Josh, quando stavano ancora insieme, suonare. Oh, quanto le sarebbe piaciuto saper suonare bene uno strumento come loro e quella stupida Anne si lamentava sempre per i troppi esercizi che il padre le dava da svolgere. Dovette trattenersi più di una volta dall’ urlarle quanto fosse fortunata. Josh, invece, aveva sempre inteso questo suo desiderio sin da quando erano bambini e giocavano insieme con il Lego tutti i pomeriggi; così, quando si erano fidanzati,lui le aveva insegnato le basi del pianoforte proprio in quella stanza.
 
** FRAMMENTO DI CONVERSAZIONE FRA DUE INNAMORATI **
IN UNA CAMERA DA MUSICA
“Dai, riprova.” La incita lui.
“No, faccio schifo!” Risponde lei avvilita.
“Non è vero! Su, non fare così… - Il ragazzo si avvicina vedendola piangere e si siede sul panchetto del piano con lei - ti prometto che un giorno faremo un meraviglioso concerto insieme: tu al piano e io al violino.”
Poi un bacio dolce di amore … interrotto da una sorella che non sa bussare.
 
“Vieni Mad, te la faccio vedere.” Risponde Anne al posto della madre.
Le ragazze salirono le scale per poi entrare senza bussare, come era solita fare  la piccola di casa Wilson, nella stanza da musica. All’ interno Josh suonava il violino con una tale passione che Maddalena sentì le gambe cedere sotto il peso del suo corpo. Lui non si accorse di nulla tanto preso dal pezzo che ormai eseguiva alla perfezione anche ad occhi chiusi
Le dita della mano sinistra si muovevano veloci sulla tastiera ceca, la mano destra maneggiava abilmente l’archetto sfiorando appena le corde e facendo uscire quello che a lei parve il più bel suono mai udito. Il busto e la testa si muovevano accompagnando il ritmo; il viso prima si contraeva posi si distendeva seguendo la melodia e le emozioni che essa trasmetteva.
Le due rimasero a guardare senza fiatare per dieci minuti buoni, estasiate dalle note che aleggiavano nell’ aria. Josh concluse il brano aprendo solo allora gli occhi e vedendole.
“Anne! Quando imparerai a bussare?!”
“Scusa, ma Mad voleva vedere la sala nuova.”
“Sai che diavolo me ne può fregare. Stavo provando per il prossimo concerto!!” Quelle parole ferirono Maddalena più di quanto lei non volesse ammettere a sé stessa. Non poteva soffrire per lui dopo tutto…
“Mamma!!” Le voci dei due fratelli risuonarono all’unisono riportandola tra loro.
Greta utilizzò la sua solita tecnica per risolvere i litigi tra i figli: li ignorava e lasciava che se la sbrigassero da soli, il 99% delle volte le acque si calmavano e la discussione diventava storia vecchia, l’ 1% delle volte però era costretta ad intervenire dividendo i diretti interessati affinché non arrivassero ad alzare le mani. Quella volta rientrava in quest’ ultima categoria. Maddalena ci era piuttosto abituata.
Approfittò di quel momento per osservare la stanza. Non aveva affatto l’ aspetto rustico che aveva nella vecchia casa: i cartoni delle uova erano stati sostituiti da una gommapiuma grigia chiara che insonorizzava completamente la stanza, il pianoforte verticale alloggiava nell’ angolo infondo, in quello vicino alla porta c’ era una scrivania elegante con un archivio dentro il quale venivano conservati gli spartiti in ordine alfabetico dell’ autore e non vi era alcuna finestra o fonte di luce naturale. Ogni strumento era riposto con cura fuori dalla propria custodia (questo grazie ad un condizionatore e a un deumidificatore che rendevano le condizioni dell’ aria perfette per la conservazione del legno).
“Adesso basta! - Urlò Greta infastidita – Ognuno nelle proprie stanze! Filate!”
Anne e Josh presero direzioni diverse lasciando Maddalena di fronte alla porta della sala da musica. Guardò il suo ex allontanarsi senza nemmeno rivolgerle uno sguardo. Si girò verso l’ amica e la raggiunse. Nella stanza di Anne ripresero il discorso di quella mattina.
“Non ci posso andare!”
“Devi. Su, fallo per me…” la supplicava l’ altra facendo gli occhi dolci.
“Sì, mi presento lì e dico: ‘ciao sono quella che è piombata qui dentro la settimana scorsa, volevate vedermi?’”
“Sarebbe un’ idea. Oppure potresti dire: ‘Ciao, sono Anne Wilson’ Stop. Non serve dire altro: se ti hanno invitata ci sarà un perché e allora te lo spiegheranno. Potresti portare anche Macbeth – Il cane abbaiò fuori dalla porta sentendo il suo nome – Ecco, vedi. Vuole venire pure lui.”
“E se venissi tu con me?”
“Ma figurati! Hai detto che è una band, centrerà sicuramente la musica e io non so né suonare né cantare.”
“Si ma faresti sostegno morale!”
“Sembreresti una cretina che si porta sempre l’amichetta appresso.”
 
Intanto nella stanza infondo al corridoio Josh stava sdraiato sul letto con una vecchia foto tra le mani. Una ragazza con i capelli biondo cenere, gli occhi verde scuro tendente al castano e le labbra rosse lo stringeva circondandogli le spalle da dietro, sorridendo all’ obbiettivo con lui.
‘Maddalena, perché ti ho asciato andare…’ Pensò Josh ricordando tutte le volte che aveva posato sopra le sue labbra su quelle di lei, tutte le volte che erano andati a fare shopping insieme perché lei si era intestardita a dargli uno stile più “underground”, tutte onde che avevano cavalcato insieme con la tavola da surf, e alla loro prima volta... Doveva distrarsi. Scese le scale, prese il giubbotto e le chiavi della macchina e uscì senza una meta precisa.
 
 Al suo ritorno, due ore più tardi, Maddalena stava uscendo dalla porta d’ingresso diretta a casa sua,piuttosto lontana. Si incrociarono sul vialetto senza nemmeno salutarsi, ma Josh non resistette.
“Vuoi un passaggio?” le chiese con tono apprensivo.
“Non voglio niente da te.” Rispose lei guardandosi le scarpe da ginnastica logore.
“E io non voglio che tu faccia tutta quella strada da sola. Sta per fare buio.”
“Me la so cavare egregiamente da sola. Ricordi? Lo hai detto tu.”
“Mi dispiace.”
Senza aggiungere altro salirono entrambi sull’ auto. Arrivati a casa di lei restarono in macchina davanti al vialetto a chiacchierare.
“Io… ancora non capisco perché tu mi abbia lasciata.” Disse lei con gli occhi lucidi.
“Non lo so neppure io… sono stato stupido. Ero geloso di tutti quei ragazzi che ti guardavano e ho pensato il peggio.”
“Ma tu dovevi avere fiducia in me! Io ti ho sempre detto chi ti amavo e che ero fortunata ad averti tutto per me, ti ho dato tutto. Cos’ altro dovevo fare per fartelo capire?!”
“Mad sono mesi che cerco di convincermi che non provo più nulla per te, ma è inutile. Ti amo.” Disse Josh avvicinando il viso a quello della ragazza.
“Si…bhe… è troppo tardi. Ora c’è Cameron che mi rende felice.” Concluse lei uscendo dall’ abitacolo e sbattendo lo sportello. Entrata in casa corse in camera sua e si sedette dietro il letto ad una piazza e mezzo a piangere. Perché doveva essere tutto così complicato? Perché lei doveva essere così complicata?
 
Il giorno dopo all’ ora stabilita Anne si presentò al civico 31, vide la porta del garage aperta ed entrò. I quattro ragazzi la aspettavano seduti comodamente su un divano sgangherato.
“Visto? È venuta!” Disse il biondino che le aveva lanciato il messaggio in classe. Come si chiamava? Luke forse?
Quello che ricordava essere il batterista tirò fuori una banconota dalla tasca e da depose sbuffando nella mano di Luke.
“Ciao, sono Michael! Loro sono Calum, Ashton e Luke lo conosci già.” Si presentò il ragazzo con i cappelli strani indicando il moro, il batterista e … Luke.
“Ciao, mi chiamo Anne Wilson” disse lei seguendo il consiglio dell’ amica ma sentendosi una completa idiota.
“Si, lo sappiamo. Conosciamo sempre il nome delle nostre vittime…” Disse con voce profonda Calum avvicinandosi con fare minaccioso.
“Cal, piantala.” Lo riprese Ashton.
“E dai,si scherza” rispose lui sbuffando.
“ Comunque, perché sono qui?” chiese la ragazza.
“L’altro giorno mia madre ha invitato a casa tua madre, sai per conoscere i nuovi vicini, e hanno cominciato a chiacchierare. Allora mamma le ha chiesto se avesse sentito quella musica classica che si è sentita giorni fa, e lei ha risposto che erano stati i suoi figli, si è scusata per il disturbo recato al vicinato e ha detto che non sarebbe più successo. Mamma ha subito detto che non c’erano problemi, che i suoi figli erano bravissimi, che le sarebbe piaciuto molto riascoltarli, ed è andata avanti ad elogiarvi per un bel po’. Quando ha finito di parlare mia madre, la tua ha cominciato a parlare di te e i tuoi fratelli. Allora io mi trovavo per caso in cucina e ho ascoltato un pezzo di conversazione. Mentre la signora Wilson parlava di tutte le cose che sai fare, di quanto sei bella eccetera – Anne arrossì visibilmente – ho pensato: ‘ Perché non le facciamo fare un provino per farla suonare con noi?”
“Non è vero ci ha costretti tua mamma.”
“Zitto Cal! – Disse senza distogliere lo sguardo dal viso di Anne che lo guardava perplessa, non sicura di essere riuscita a seguire tutta la storia – allora?” disse poi tornando ad interessarsi a  lei.
“Ehm, io…io non so nemmeno che musica suonate.” Rispose lei confusa.
“Nessun problema. Ragazzi in posizione!” annunciò Luke prendendo una chitarra e posizionandosi davanti al microfono posto sull’ asta,
lo stesso fece Michael, Calum prese il basso e Ashton di sedette alla batteria con le bacchette in mano.
Cominciarono a suonare una canzone che Anne non conosceva, ma subito notò degli errori ne modo di suonare di Cal. Così quando la canzone finì le “gentilmente” glieli fece notare.
“Dovresti piegare di più il polso, cerca di avvicinare le dita alla linea che divide un tasto dall’ altro così i suoni vengono più puliti, si è po’ scordata la quarta corda…”
“Oh, ma tu non eri violoncellista, arpista o quello che sei?” rispose lui offeso.
“Cercavo solo di darti dei consigli, e comunque ho imparato anche a suonare il basso da sola.” Disse lei con un pizzico di orgoglio.
“Beh noi abbiamo già un bassista, sono io!”
“Cercavo solo di darti un consiglio! Se vuoi rimanere un ignorante fai pure, io volevo solo di aiutarti!”
“I tuoi consigli tieniteli per te!!”
“Bene!” urlò spazientita lei.
“Bene!!” lui alzo ancora di più la voce.
“Basta!” Sentenziarono gli altri tre.
“Ragazzi cerchiamo di andare tutti d’accordo.” Disse Ashton cercando di riconciliare i due.
“Comunque, Cal placati: noi non cerchiamo un bassista. Certo magari quando canti tu Anne potrebbe fare il basso come quando canto io è Michael a fare la prima chitarra e viceversa. Per il momento ci serve un tastierista. Allora Anne vuoi entrare nel gruppo?” Chiese Luke a nome di tutti (eccetto Calum).
 
 
 
Angolo autrice:
Salve a tutti! Finalmente sono riuscita a finire e postare questo capitolo. Ammetto che ho avuto qualche problema con la parte che riguarda Mad e Josh. Che ve ne pare? Dite la verità: non ve lo aspettavate, eh?
A me sinceramente come coppia piacciono moltissimo *.*
Cal e Anne invece non si stanno per niente simpatici, ma gli altri tre sono davvero carini con lei.
Una cosa che ho notato è che in questo capitolo Anne viene dipinta come la stronza di turno: il modo in cui irrompe nel flashback di Maddalena e come puntualizza sugli errori di Calum… Fatto sta che non era assolutamente intenzione farlo L
Mi farebbe molto piacere sapere se la storia vi piace, fi fa schifo, se è la cosa più brutta che abbiate mai letto, ecc.
 
Vorrei ringraziare Harryhugsme per il fantastico banner, __OffTheChain per essere stata così gentile con me, poi XDSummeXD che ha inserito la storia tra le preferite, asia_2000 che l’ ha inserita tra le ricordate ed in fine Ali ostuni, Scarred_ e _MissNothing_ che la seguono.
Bacioni
Anna
 
(Anne e Anne … solo una coincidenza? O.o)

 

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Capitolo 4
*** Scegliere ***


 


CAPITOLO 4
SCEGLIERE
 “Allora, ti va di unirti alla band?” Chiese Luke.
“ io davvero... io non so. Mi date un po' di tempo per pensarci?” Rispose Anne titubante.
I quattro ragazzi la guardarono straniti forse già convinti di ricevere una risposta positiva.
Uscì frettolosamente dal garage senza nemmeno aspettare una risposta e giunse a casa sua. Chiusa la porta vi si appoggiò e si maledisse per essersene andata via in quel modo. Sorrise però al pensiero che ogni volta che metteva piede lì andava via sempre in quel modo. Stava diventando un abitudine.
 
 
 “Tesoro sei già a casa?, dove sei stata?” Chiese Greta sentendo la porta d'ingresso sbattere.
“Ero da Mad a studiare.” Mentì.
Anne raggiunse la madre in cucina che si accingeva a preparare la cena per tutta la famiglia. Come attratti da una strana forza che li richiamava tutte le sere alla stessa ora nella stessa stanza della casa, arrivarono anche Josh e Carlos.
“Ciao Anne, dov'eri?” Chiese il maggiore sedendosi ad uno degli sgabelli intorno all' isola della cucina.
“Da Maddalena.” Rispose lei scocciata. 
Il viso di Josh si rabbuiò, come ogni volta che sentiva quel nome.
“E non c'era il tuo Alis? Voi che state sempre appiccicati a limonare.” La sfotté Carlos.
“No, non c'era. E comunque non stiamo sempre appiccicati!” Rispose Anne offesa.
“Come va con Alistar?” Chiese Greta.
Anne non tollerava quel tipo di domande indiscrete. Non era il tipo che spifferava i cazzi suoi a destra e a manca, men che meno ne parlava con sua madre o con i fratelli. Aveva portato il suo ragazzo a casa un anno e mezzo prima solo perché glielo aveva ordinato suo padre. Ovviamente si era discusso, urlato anche, ma come al solito Conrad aveva avuto la meglio e il pomeriggio dopo si era presentata a casa con un ragazzone alto e moro che era subito piaciuto ai signori Wilson, ma non molto ai fratelli maggiori. I due, che lo conoscevano bene poiché frequentava il loro liceo, avevano subito capito che nonostante le apparenze non era propriamente un bravo ragazzo, ma vedendo la sorelle così perdutamente innamorata avevano deciso di non dirle niente e controllarla a distanza.
“Come dovrebbe andare? Bene, come al solito!” Rispose la ragazza con tono stizzito e uscendo a grandi passi diretta alla sua camera.
“Scusa!”sussurrò la mamma alzando gli occhi al cielo. "E tu Josh? Hai più parlato con Maddalena?" Interrogò il figlio minore.
“Mamma, ma i fatti tuoi mai eh?” E uscì anche lui sbattendo la porta d' ingresso.
“Ma che ho detto?” si chiese lei, basita dalla reazione del figlio.
“Lascia perdere ma'. Questi ragazzi d'oggi...” la consolò l' ultimo rimasto versandosi del latte in un bicchiere.
“Ah tesoro, e tu quando recuperi quell' esame dell' anno scorso?” Si rivolse al maggiore.
“Uffa, non mi mettere pressione!” Si lamentò lui andando in salotto e accendendo la TV. 
Greta rimase interdetta dalla rapidità in cui la cucina si era svuotata e tra un "mah..." e l'  altro continuò a preparare la cena.
 
 
Il giorno dopo a scuola Anne si confrontò con la sua migliore amica a proposito del pomeriggio precedente.
“E loro che hanno detto?” Chiese quest'ultima.
“Che potevo pensarci...o almeno credo”
“Come credi? Te lo hanno detto si o no?”
“Non lo so, sono andata via. ma credo di si, insomma, sono stati loro a chiamarmi.”
“No, tu sei strana, parecchio anche!”
“Uffa... insomma,che gli rispondo?”
“Non ne ho idea! Non posso sempre prendere le decisioni per te!” Concluse girando i tacchi . Lei aveva già parecchi problemi tra Cameron e Josh. In più se le avesse dato un consiglio sbagliato Anne sarebbe stata capace di rinfacciarglielo per tutta la vita dicendole che le aveva rovinato l'esistenza. 
La piccola Wilson capì che quella volta se la sarebbe sbrigata da sola. 
Non le piaceva prendere decisioni. Pensava sempre che qualunque cosa avesse scelto le si sarebbe ritorto contro. Persino decidere  cosa indossare la mattina a  scuola diventava questione di vita o di morte. Maddalena invece prendeva sempre la strada migliore e  tutte le mattine era bellissima e raggiante con i capi 'giusti' indosso.
Si, 'Scegliere ' era decisamente la parola che le piaceva meno in tutto il vocabolario. 'Armonia' era senza dubbio quello che le piaceva di più: oltre ad un significato musicale (e già questo le sarebbe bastato) infatti, trasmetteva un profondo senso di pace e serenità. Due cose di cui Anne Wilson, in quel periodo, sentiva molto nostalgia.  
Cosa avrebbe scelto quella volta? Avrebbe deciso di entrare in quella band oppure no? Era davvero troppo per lei. Era sul punto di urlare in mezzo al corridoio. Nell'ora di inglese  decise di stilare una lista dei pro e dei contro della situazione.
 
PRO: 
CONTRO: i miei mi ucciderebbero; 
non capisco niente di pop; 
mio padre mi ucciderebbe.
 

Non le veniva altro in mente. Le serviva una boccata di aria fresca. Mise il foglio in tasca e chiese alla prof di andare in bagno. Si appoggiò agli armadietti freddi nel  corridoio e si rigirò il pezzo di carta strappato dal quaderno tra le mani. Era sul punto di prendere una decisione quando qualcuno le fece cambiare idea. Calum Hood, ecco chi era quel qualcuno. Le si avvicinò senza salutarla, con lo sguardo strafottente e con le mani nelle tasche dei jeans. La sovrastò con la sua altezza e si curvò su di lei. Anne abbassò il capo. Calum vide il foglietto e glielo strappò di mano. Lo lesse velocemente e poi lo  accartocciò buttandolo a terra. 
“Lascia perdere piccola Mozart, non è roba per te. Torna ai tuoi minuetti”. Soffiò lui a pochi centimetri dal suo viso.
Anne alzò lo sguardo e sfidandolo disse: "hai solo paura che io sia più brava di te, vero Hood? " “Davvero, la cosa non ti riguarda. Stanne fuori.”
“Tu devi avere qualche carenza di affetto o roba del genere.” Rispose lei cercando di dare una spiegazione al comportamento del ragazzo. Davvero non capiva come lui fosse tanto scortese con lei. Ok, forse non era stata molto carina quando aveva criticato il so modo di suonare, ma non le sembrava il caso di comportarsi così.
“Guarda che nessuno di voleva nel gruppo. È stata la mamma di Mike a costringerci. Noi stavamo benissimo senza di te!” Se ne andò senza aggiungere altro. Quella frase le fece male, molto male. Troppo male. Ma non poteva dargliela vinta. Se era una guerra che Calum voleva, lei gliela avrebbe offerta su un piatto d’argento.
 
PRO:
CONTRO: i miei mi ucciderebbero;
non ci capisco niente di pop;
mio padre mi ucciderebbe.

GLIELA FACCIO VEDERE IO A QUEL HOOD!
 

Forse non voleva davvero, forse voleva fare qualcosa di azzardato, forse voleva solo essere un po' più coraggiosa, un po' più come Maddalena... e dimostrare a Calum che si sbagliava.
Probabilmente fu solo per questo che all' ora di pranzo, dopo aver preso il vassoio non si sedette al suo solito tavolo, ma puntò ad uno in fondo alla mensa . 
“Quando sono le prossime prove?” Chiese sedendosi con i tre ragazzi del gruppo che frequentavano la sua stessa scuola. 
Calum la guardò torvo. Luke rispose cortesemente:" Domani alla stessa ora.”
“Grazie.- dopo un momento di pausa aggiunse - vi dispiace se mangio qui con voi?”
 
 
Alla' uscita si ritrovarono vicino al cancello. Dopo poco arrivò Alistar che la abbracciò da dietro. Anne si girò fissandolo negli occhi e accennò un sorriso tirato.
“Hey”la salutò lui ricambiando lo sguardo e baciandola di fronte a tutti. Sta volta era stato lui a marcare il territorio.
“Ciao.” Rispose quando le loro labbra si furono staccate. Odiava quel tipo di cose in pubblico. Provò a rigirarsi nel tentativo di portare avanti il discorso che aveva cominciato con i tre ragazzi, ma lui non glielo permise.
“è tutto il giorno che mi eviti. Non vuoi state un po' con me?- poi si avvicinò all' orecchio e disse con un tono di voce abbastanza alto affinché tutto il gruppo sentisse - stasera ho casa libera. Vieni da me alle nove.” Se i baci le davano fastidio quel tipo di frasi la faceva andare in bestia.
Luke, Calum e Michael imbarazzati spostarono lo sguardo alle sneakers consumate. Anne lo spinse via da se con forza.
“Idiota!”  Si girò e fece per attraversare la strada e raggiungere l’autobus che la avrebbe riportata a casa, quando Alistar la bloccò stringendole un polso e la attirò a sé con forza.
“Ho detto alle 9 a casa mia!”Rispose lui innervosito.
“E io ti ho sentito benissimo. Tu ascolta questo: vai a farti fottere e sparisci dalla mia vita!” Disse Anne stringendo la mascella, come faceva quando cercava di non lasciarsi prendere dall' ira.
“Cosa vuoi dire?” Replicò lui disorientato.
“ mi hai capito benissimo. È finita!” Urlò facendo girare l' intero corpo studentesco.
Alistar non poteva certo tollerare una cosa di quel genere, aveva una reputazione da difendere lui. Bloccò la ragazza afferrandole una spalla e quando lei fece per girarsi alzò una mano pronta ad abbattersi sul viso di lei. Ma Calum inavvertitamente prese il polso alzato di Alis e glielo rigirò dietro la schiena, stringendo tanto forte che il capitano della squadra di calcio cedette inginocchiandosi sul cemento del marciapiede.
“Non ci provare neanche stronzo. Se la tocchi giuro che ti taglio le mani, se provi a guardarla ti cavo gli occhi, e solo pensi di rivolgerle la parola ti mozzo la lingua. Chiaro?” Sussurrò all'  orecchio del 'poveretto' che rispose annuedo mentre il volto si contorceva in una smorfia di dolore. Hood lasciò la presa e la sua vittima si portò il braccio al petto gemendo. Intorno a loro si era formata una folla che guardava la scena in silenzio. Michael e Luke si resero utili cacciando la calca di guardoni.
“Cosa avete da guardare?” Gridò uno.
“Tornate ai fatti vostri!” Fece l’ altro.
E così fecero.
Anne era rimasta a guardare con la bocca aperta tutta la scena. Guardava Cameron che aiutava il suo ex a rialzarsi, tanto per accentuare i panni della vittima che aveva egregiamente indossato. Distolse lo sguardo in cerca di Calum. Avrebbe voluto ringraziarlo, ma questo era già andato via assieme agli altri due.
“Anne stai bene?” Maddalena si era avvicinata allarmata. 
“No...cioè sì. Ho lasciato Alistar, ma credo che Calum si sia messo nei guai.”Disse lei ancora fissando lo stesso punto del marciapiede dove si era accasciato il ragazzo.
 
 
Le preoccupazioni di Anne si rivelarono presto fondate. Il giorno dopo, prima che suonasse la campanella, Calum e Alistar vennero chiamati dalla preside. 
Durante la pausa pranzo Anne e Mad si sedettero al tavolo con i tre ragazzi. 
“Grazie Hood.”Disse la prima al diretto interessato che le sedeva accanto a cui rivolse un sorriso appena accennato.
“Figurati.” Rispose lui con il volto scuro e continuando a giocherellare con il cibo  che aveva nel piatto senza alcuna voglia di mangiarlo. 
“Ma che ti prende?”chiese lei preoccupata.
“La preside ci ha convocato nel suo ufficio sta mattina.”
“Cosa?” Fecero gli altri in coro
“A quanto pare i genitori del tuo amichetto erano decisi a sporgere denuncia, ma la direttrice li ha convinti a non farlo promettendo però che sarei stato sospeso per un giorno.” Spiegò il moro mogio."Ovviamente questo influirà sul mio voto finale dell' anno e potrò dire addio alla borsa di studio."
“Ma non può farlo! Eravamo fuori dal cancello quando è successo!” Si intromise Maddalena che assumeva sempre il ruolo di avvocato delle cause perse.
 “Sì, ma sempre meglio una sospensione che una denuncia.” Affermò Michael posando una mano sulla spalla dell’amico sempre pronto a consolarlo.
“Ma adesso come lo dico ai miei?”rispose l’altro con la testa fra le mani.
 
 
Angolo autrice:
Scusatemi, ma questo capitolo è stato un parto! Lo so che è molto corto,ma non sapevo più che metterci L proprio perché ci ho messo un sacco spero vi piaccia altrettanto <3. Per un po’ ho avuto un blocco, ma l’ispirazione mi è tornata il 28, al concerto! È stato pazzesco! Auguro a tutte le directioner e al fandom dei 5SOS (non so come si chiami) di andarci. Talmente bello che io e le mie amiche abbiamo provato a prendere i biglietti a tipo 20 euro per il 29, ma a quel prezzo nessuno ce li voleva vendere .
Tornando a noi: Anne si è finalmente decisa a entrare nel gruppo. Ash in questo capitolo non appare per niente, ma come voi brave fan sapete, non frequentava la stessa scuola degli altri tre. A proposito di fandom , io conosco i 5SOS da relativamente poco quindi mi scuso in anticipo per eventuali errori cronologici. Alcuni saranno voluti, come la probabile eliminazione del take me home tour dei 1D (i miei amorucci), comunque nulla di definitivo. Ma altri saranno puramente errori di pigrizia o causati dall’ ignoranza. Mi trovo in difficoltà però con età e date riguardo ai 5 secondi (che finalmente sono davvero 5) quindi se qualcuna di voi è disposta ad aiutarmi scrivetemi un messaggio privato che sarò ben lieta di leggere.
 Altra cosa fantastica! Anne ha finalmente mollato quel cafone di Alistar!! E voi che ne pensate della relazione di  amore-odio con Cal? Fatemelo sapere con una bella recensione a cui risponderò senz’ altro ;)
Ringrazio tutte coloro che seguono la storia, sia quelle che esprimono il loro parere, sia le lettrici silenziose. Non devo dimenticare la mia amica Ali ostuni che mi ha aiutato a chiarirmi le idee su questo capitolo e sulla storia in generale .*
Bacioni
Anna <3
 
 P.S. importante!! Martedì 8 parto per un viaggio in Inghilterra quindi MOLTO, MOLTO PROBABILMENTE non potrò aggiornare. Perciò siate molto clementi perché da qui al prossimo capitolo potrebbe passare un po’ di tempo.
 
Vi lascio con qualche immagine dei protagonisti  di questo capitolo:
 Calum

 
 
Anne (interpretata dalla bellissima Nina Dobrev)

 

 
Alistar

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Capitolo 5
*** the McGail's pub ***







CAPITOLO 5
  THE McGAIL’S PUB
 
 
Si fermò un momento con la mano sul pomello della porta di' ingresso, fece un grande respiro ed entrò. Sebbene piedi pesavano come macigni, riuscì a trascinarsi in salotto.
"Ciao ma'." Disse chinandosi su sua madre, seduta sul divano, per darle un bacio sulla guancia.
"Calum, tesoro, com'è andata la scuola?" 
Strinse i pugni per poi mollarli subito dopo aver sospirato sonoramente.
" ecco, ti devo parlare"
"Calum! Come hai potuto! Quei soldi della borsa di studio ci servono!" La signora Hood aveva preso la notizia proprio come suo figlio si sarebbe aspettato: male, molto male.
"Mamma, lo so, mi dispiace, ma dovevo aiutarla! Quello psicopatico voleva picchiarla!" I due discutevano in piedi. "Cosa dovevo fare? Lasciare che alzasse mani su di lei?"
"Calum... so che lo hai fatto in buona fede, ma ciò non toglie che hai picchiato un tuo compagno. Io e tuo padre, ti abbiamo sempre insegnato a ripudiare la violenza."
"tecnicamente non l’ho picchiato ma solo immobilizzato, e poi non mi avete sempre detto di aiutare il prossimo?" Disse lui cercando di 'pararsi il culo'. La situazione si faceva difficile.
"Calum non cercare di girare la frittata! – fece una lunga pausa sospirando- Tua sorella non ci ha mai dato di questi problemi... comunque sia, non mi lasci altra scelta che parlarne con tuo padre e trovare la punizione adatta."
"No, no ti prego non dirlo a papà. Ti prego. Farò qualsiasi cosa, ma non dirglielo. Rimedierò al mio errore. Te lo giuro mamma, troverò quei soldi." Il ragazzo si era inginocchiato ai piedi della donna.
"Calum, non so se sia una buona idea..."
"Ma sì, io troverò i soldi entro la fine dell' anno e papà non verrà a sapere di niente."
"Va bene... prendila come la tua punizione."
"Mamma sei il mio angelo! Ti amo. Grazie!" Si gettò su di lei abbracciandola. Prese lo zaino e lo skate e si avviò verso la sua camera. Ma la madre lo fermò. "Oh Calum... ovviamente niente internet per due mesi."
"Ovviamente" rispose lui con il suo solito sorrisetto strafottente.
 
Quel pomeriggio alle 18:00 in punto Anne si presentò al garage di casa Clifford
" hey! Cosa ci fai lì fuori?" Le chiese questo invitandola ad entrare.
"Aspettavo che arrivassero gli altri." Rispose timidamente osservando per la prima volta gli interni.
"Ah figurati, arrivano sempre tutti in ritardo. Fai come fosse casa tua. Ormai sei nel gruppo quindi fai parte della famiglia." Le mise un braccio intorno alle spalle e le sorrise. Le fece vedere dove riponevano gli strumenti, accordatori, i jack e cose varie.
"Se vuoi puoi lasciare il tuo basso qui.  Aspetta che ti vado a prendere la pianola."
"Oh OK.." solo che lei non aveva un basso elettrico. Si era sempre esercitata con il suo violoncello. Mentre Michael era al piano superiore, tornò a casa sua, chiuse il violoncello che con molta fantasia aveva chiamato Cello, nella sua custodia e se lo mise in spalla. 
Era ormai davanti al garage quando arrivarono Ashton e Luke sulle loro biciclette.
"Ciao! Come te la passi?" La salutò affettuosamente il primo.
"Bene grazie" rispose sorridendo lei rassicurata dalla' espansività  del ragazzo.
"Che hai sulle spalle?" Domandò Luke mentre entravano,  incuriosito dalla grande custodia gialla 
"Oh, ehm... questo è Cello." Rispose lei lievemente in imbarazzo.
Intanto Mike era tornato con la pianola sotto il braccio e incuriosito si era avvicinato. 
"Cello?" disse.
"Si, Cello!" Posata la custodia con uno scatto aprì i ganci estraendo lo strumento." Il mio violoncello." Sorrise.
"Non hai un basso elettrico?" Chiese Luke.
"No, ho deciso a suo tempo di non comprarlo. Non potevo correre il risciò di essere scoperta."
"Non ti seguo..." Ashton confuso si grattava il capo.
"I miei genitori ci hanno sempre proibito di ascoltare qualsiasi genere musicale che non fosse musica classica. Ma ovviamente quando ero fuori con gli amici mi è sempre capitato di ascoltare il pop, anche se non mi sono mai interessata più di tanto. L 'anno scorso invece ho scoperto i Queen e mi sono innamorata della loro musica. Poi ho cominciato ad ascoltare sempre più il rock e ho provato a strimpellare qualcosa, ma sempre di nascosto."
"Sul serio tuo padre vuole che ascolti solo musica classica?” chiese stupito Luke.
“sul serio hai scoperto i Queen solo l’anno scorso?” chiese ancora più basito Ashton, il rockettaro del gruppo.
"Sì, vedi, i miei sono un po’ all’antica.”Anne rise nervosamente torturandosi il labbro inferiore.
“ti va di farci sentire qualcosa?” chiese Michael.
Anne annuì e sorrise. Non si sentiva affatto in imbarazzo, d'altronde si esibiva al’’auditorium una volta al mese da quando aveva sei anni. Prese l' archetto, si sedette sullo sgabello più vicino e dopo un momento di concentrazione cominciò a suonare. Un ritmo allegro aleggiò nella stanza e pian piano sfumò verso note sempre più tristi. Alla fine del pezzo regnava il silenzio, un silenzio profondo che  quel garage forse non aveva mai conosciuto.
Fu a quel punto che Calum entrò corredo con lo skateboard sotto un braccio.
"Calum hai fatto 40 minuti di ritardo!" Lo rimproverò Michael riprendendo la parola per primo.
"Scusate ragazzi, torno ora dal McGail's  pub." Disse affannato.
"E che ci facevi lì?" domandò Luke corrucciando la fronte.
" Ragazzi, ho una proposta indecente da farvi." Li guardò con il suo sguardo ammiccante.
I quattro si guardarono con sguardo dubbioso.
"Spara."sentenziò infine Ashton.
"Oggi ho parlato con mamma a riguardo alla 'rissa' dell'altro giorno. "
"Bhe?” chiese Luke che non stava più nella pelle.
"Cosa sei, una pecora?- scherzò guardandolo storto, per poi continuare -"Allora stavo dicendo: ne ho parlato con mamma e siamo arrivati alla conclusione che se riesco a trovare i soldi entro la fine dell' anno non lo dirà a papà."
"E noi che centriamo ?" Chiese confuso Michael. 
"Un attimo! Allora io ho pensato: siccome io degli ami stupendi che non mi lascerebbero mai da solo ad affrontare questa grande sfida, perché non coinvolgerli? E quindi sono andato al McGail's e, reggetevi perché ciò che sto per dirvi vi scoccherà, vogliono che suoniamo venerdì prossimo e se gli piacciamo ci prenderanno come band fissa!"
Gioia. Tanta, tantissima gioia si catapultò su Calum sottoforma di tre adolescenti maschi di corporatura media.
"Ma io non sono pronta." Anne interruppe quel momento con la violenza di un uragano.
Calum sembrò ricordarsi solo allora della sua mite presenza. 
"Non ti preoccupare, per venerdì sarai più che pronta!" Subito Ash le fu accanto.
Luke prese la sua chitarra e la dispose orizzontalmente di fronte alla ragazza . Poi posando la mano sinistra sullo strumento citò solennemente:"prometti di impegnarti nello studio della musica rock, di venire a tutte le prove e di impegnarti a fondo nel cazzeggio estremo con i tuoi compagni di band che da oggi in poi saranno la tua seconda famiglia?"
Anne posò la sua mano sinistra e guardando uno per uno i ragazzi negli occhi promise a loro, a sé stessa e al mondo.
"Allora, cominciamo! Ash alla batteria, Cal al basso, Anne alle tastiere, Luke alla voce e io alla chitarra. Tutti pronti? Cominciamo!" Michael si calò perfettamente nelle vesti di leader. 
Anne timidamente alzò la mano per fare una domanda: "Ehm... Mike, precisamente cosa dovremmo iniziare?"
"Giusto... cosa dobbiamo suonare venerdì?" Rimugginò Calum.  
"Non pensate che ci serva un nome?" Chiese Luke.
"Sì, ne ho in mente di fichissimi: i sanguinari, i vendicatori..." rispose convito Calum.
"Già, e perché non i fantastici 4." Ironizzò Anne.
"Perché siamo cinque!" Replicò ingenuamente l'altro.
"Cretino, ti stavo prendendo in giro." Ribattè l’altra.
"Sei la solita guastafeste!" urlò lui.
"E tu il solito stupido che non capisce l’ironia." Disse lei incrociando le braccia.
"Scemo più scema..." Ashton sospirò.
"Carino! Ma dovrebbe essere 'scemi più scema' " Esclamò Calum pensando che fosse una proposta per il nome della band
"Cosa?" Ashton non pensava che il suo amico fosse davvero così scemo.
"Ah....hey!" Esclamò Calum dopo aver capito l'insulto.
Dopo qualche ora Anne tornò a casa. Aperta la porta d'ingresso scopri di essere sola. Si tolse le sneakers logore senza nemmeno usare le mani e andò in cucina a prepararsi la cena quando squillò il telefono di casa.
"Pronto?" Disse alzando la cornetta.
"Salve, chiamo dal conservatorio di Sidney. Chi parla?" Rispose la voce nasale della segretaria che dopo tanti anni conosceva bene. Il sangue gelò improvvisamente nelle vene e il cuore perse uno, due o forse tre battiti.
"Sono la signora Wilson. Mi dica."  Mentì spudoratamente cercando di imitare la voce di Greta.
"Volevo solo informarla che sua figlia non è venuta alla lezione di pianoforte questo pomeriggio."
"Oh sì, mi scuso se non abbiamo avvisato in anticipo ma Anne oggi non si è sentita molto bene e ho preferito che rimanesse in casa."
"Va bene, scusi il disturbo."
"Si figuri, arrivederci." Attaccò. Si buttò sul grande divano e ringraziò tutti i santi del paradiso di essere capitata in casa giusto in tempo. Al solo pensiero che non fosse stata lei a ricevere la chiamata si sentì svenire.
 
Il giorno dopo a scuola prima della campanella Anne, Calum, Luke e Michael si riunirono vicino al cancello riprendendo la discussione della sera precedente.
“siamo una rock band giusto? Allora ci serve un nome molto rock!” disse Luke.
“ok, ma quale? Calum, sei tu quello che ha sempre tante idee.” Cercò di incitarlo Michael.
“Eppure sta volta non ne ho. Ci ho pensato tutta la notte!”
“deve essere un nome che ci rappresenti. Tipo… Sidney!” propose Anne.
“Nah! È orrendo!” protestò Calum.
Furono interrotti da quell’ orrendo suono che è il trillìo  fastidioso della prima campanella, forse peggiore di tutte le altre che la seguono nel corso della giornata.
Si dovettero dividere con la promessa di pensarci su e riparlarne a pranzo.
E anche il pranzo arrivò a suon di stomachi vuoti e chiacchiericcio, sebbene il secondo coprisse di gran lunga il primo. Risate, imprechi di tanto in tanto qualche singhiozzo a causa di chissà che disgrazia come storie d’amore finite male o compiti in classe andati male che portarono i diretti interessati a dire solo una cosa: “quest’anno la scuola è iniziata proprio male!” e a non vedere il bene in cui queste catastrofi possono evolversi: nuove storie d’amore, nuove amicizie, vecchi amori diventare nuove amicizie e vecchie amicizie diventare novi amori. Come vedete le relazioni umane contano molto. Per i brutti voti invece non ci si può fare niente, quelli sono brutti e tali rimangono … ameno che il prof non ti metta in un gruppo di studio dove si potrebbero incontrare nuove persone, con le quali nasceranno nuove amicizie e che magari si trasformeranno in qualcosa di più …
I quattro ragazzi più la loro fedele amica, più che altro fedele ad Anne, Maddalena si rincontrarono. Finito il pasto, però,ancora una volta senza un nome, si lasciarono, tornando alle proprie lezioni.
 
Quel mercoledì pomeriggio e tutto il giovedì passarono in quello che parve un secondo e il venerdì arrivò mandando  nel panico i componenti della band che ancora non avevano un nome.
Nel garage la discussione principale era sempre la stessa.
“e di Bromance che ne dite?” chiese Michael.
“Sembra un nome da bimbe minchia Mike!” rispose disgustata Anne.
“Ciao a tutti!”  salutò raggiante Ashton.
“come mai così di buon umore? Non sembri preoccupato né per sta sera né per il nome.”
“Nome? ma se lo abbiamo già trovato?” ribadì Ashton con calma.
“Vedi, Bromance piace anche a lui!” esultò Michael.
“No Bromance fa schifo! Parlo di quello che ho trovato io.” Il batterista sembra più confuso dei compagni.
“Ash… quale nome?” gli altri quatto si guardarono confusi.
“State dicendo che Mercoledì non ve l’ho detto? Mi è venuta l’idea durante l’ora di matematica.”
“Ashton giuro che ti ammazzo! Noi ci abbiamo pensato per tre giorni e tu due giorni fa lo avevi già trovato?!” Luke alzò la voce maledicendo l’amico.
“Stendiamo un velo, anzi uno strato di cemento armato pietoso e dicci questo nome che hai trovato.” Anne represse tutta la violenza che stava per fuoriuscire e placò gli animi degli altri.
“5 Second Of Summer! Ho già disegnato il logo.”
“è stupendo!”
“strepitoso!”
“Semplice ma d’effetto!” Esultarono Anne,  Calum e Luke.
“Non mi piace. Bromance è migliore.” Si lamentò Michael ostinatamente.
“Mikey basta!” Calum mollò uno schiaffo sulla nuca dell’ amico.
“Che aspettiamo? Forza 5 Second of Summer, sta sera ci attende il McGail’s Pub!” Li incitò Luke.

 
ANGOLO AUTRICE:
mi dispiace per l’enorme ritardo, un po’ per pigrizia, un po’ per impegni vari e un po’ perche ho avuto un terribile blocco mi ci è voluto un sacco per scrivere questo capitolo, che a dir la verità trovo un po’ noioso. Comunque la storia intera si dividerà in tre parti e sono impaziente di arrivare alla seconda quindi questa prima parte durerà massimo altri due capitoli. SONO CONTENTA!! Sono contenta perché è la seconda parte la più importante e finalmente ci sono quasi arrivata! Sono molto dipiaciuta che il banner si veda male, ma cercherò di risolvere la cosa al più presto. Comunque fatemi sapere che ne pensate e non fatevi remore a darmi dei consigli che sono sempre accetti!
Bacioni xxx
Anna.


so che non c'entra nulla con il capitolo ma ecco a voi Josh Wilson (bello lui!)

 

questa invece è Maddalena:



Anne







 
 

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Capitolo 6
*** piccole rivolte ***


 
 


CAPITOLO 6
PICCOLE RIVOLTE

 
Venerdì, ore 19.00
I 5 Seconds of summer  arrivarono al McGail’ s pub con circa tre quarti d’ora di anticipo. Anne continuava a ripetersi perché stesse facendo una pazzia simile. Le erano sempre bastati il conservatorio e la scuola. Continuò a ripetersi il fine delle sue azioni come una nenia: aveva paura di scordarlo. E comunque era arrivata ad un punto di non ritorno. Non poteva abbandonare tutto ora che era così vicina a… vicina a cosa? D’un tratto le sue mani smisero di imitare i movimenti sulla tastiera e capì che lei non centrava nulla con quei ragazzi. Loro avevano sempre sognato tutto questo, lei no. Sentì l’ impulso ad alzarsi e andarsene, ma Luke la bloccò appena in tempo chiedendole di aiutarlo a collegare li strumenti agli amplificatori. Salirono sul palco chiuso dal logoro sipario color prugna. Anne accostò l’orecchio al tessuto pesante e polveroso. Il brusio dall’altra parte la fece immobilizzare: voci, tante voci, e tintinnii di bicchieri. Le parve il suono più bello che avesse mai sentito.
“ Sta lontana dal sipario. Cerca di distaccarti dal pubblico il più possibile” Un uomo sulla quarantina le si avvicinò.
Anne si allontanò spaventata dalla sua apparizione improvvisa.
“ Sta tranquilla, non voglio farti niente. Sono Alex McGail”  tese la mano e Anne la stinse non riuscendo a dire nulla. Lo fissava con la bocca aperta poi un vento immobile la schiaffeggiò svegliandola dopo circa mezzo minuto di silenzio catatonico.
“Oh, si mi scusi. Sono A-Anne Wilson”  balbettò. Non aveva mai avuto problemi di timidezza. Forse perché non aveva mai visto occhi così chiari in vita sua. Due pezzi di ghiaccio così ridenti non pensava neppure che potessero esistere. Incutevano timore e rassicurazione allo stesso tempo. Questo duplice effetto la disorientava “volevo ringraziarla per questa opportunità.”
Ora lo sapeva: il segreto era guardagli un  sopracciglio. Non avrebbe dovuto, in questo modo, guardarlo nelle iridi trasparenti ma nemmeno distogliere lo sguardo dal suo viso rischiando di risultare sgarbata.
“Figurati – ripose Il signor McGail – mi auguro che facciate un buon effetto a me e il pubblico. Qui la gente e molto esigente in fatto di musica. Ora è meglio che vi prepariate” disse indirizzando il suo sguardo verso i ragazzi che accordavano chitarre e basso in un angolo del palco. Anne si girò a guardarli e quando si rivolse di nuovo verso l’uomo questo era sparito nel modo in cui era apparso: così all’improvviso che la ragazza pensò di averlo sognato.
Tutti e 5 si misero in posizione e dopo che il signor McGail li ebbe presentati si aprì il sipario. Prima che si spegnessero le luci sul palco intravide vicino al bancone Maddalena insieme a Josh e Carlos. Le bastò un oro sorriso ad annullare tutti i sui dubbi.
     Un mese dopo i 5 Seconds Of Summer avevano spettacolo fosso tutti i venerdì. I cinque ragazzi furono costretti a moltiplicare le prove estendendole a quasi tutti i pomeriggi. Finalmente Anne si sentiva parte di qualcosa di speciale. Ma ciò che faceva in quel garage e al McGail’s andavano contro al volere dei suoi genitori, ai quali non aveva avuto il coraggio di rivelare tutto. Purtroppo aveva anche dovuto saltare parecchie lezioni al conservatorio e sapeva bene che la scusa di andare a studiare da Maddalena non avrebbe retto a lungo.
Quel giorno a scuola Anne ne ebbe la prova. Mentre parlava con i quattro ragazzi all’ingresso dell’edificio Maddalena le si avvicinò. “possiamo parlare un secondo?” le chiese prendendole un braccio con delicatezza.
Anne guardò gli altri per poi risponderle: “Certo.”
Le due si allontanarono dalla massa.
“Anne, che ci prende?”
“Di che parli?”
“Parlo del fatto che ci stiamo allontanando molto negli ultimi tempi. Tu stai sempre o a casa di Michael o al pub. E parlo anche del fatto che non  ne hai ancora parlato con i tuoi. Non potrò coprirti in eterno! Tua madre chiama a casa mia tutti i pomeriggi e io devo sempre inventarmi nuove scuse e sai bene che odio mentire. Per non parlare del conservatorio…” Maddalena cominciava a infervorarsi sull’argomento.
“Non sei mia madre, ok? non devi dirmi cosa devo o non devo fare. Se non ti va di coprirmi non farlo, ma pensavo che tra amiche ci si aiutasse. A quanto pare noi non lo siamo più.”
“Ma smettila, ci conosciamo da quando siamo nate praticamente.” Sbuffò l’altra alzando gli occhi al celo.
“E allora cosa vuoi?- Sbottò Anne - Mad, finalmente sento di appartenere a qualcosa, qualcosa che ho contribuito a formare.”
“E il terzetto d’archi Wilson, il comitato studentesco e  la nostra amicizia? Non fai parte anche di quello?! Anne sono molto felice che tu abbia trovato questo gruppo ma ricordati che esiste un mondo al di fuori dei ‘5SoS’.” Disse mimando le virgolette con le dita.
Maddalena si girò ondeggiando i lunghi capelli biondi e entrando nell’ edificio mano nella mano al suo nuovo ragazzo.
     Quel pomeriggio Anne era più che decisa a raccontare tutto ai suoi genitori. Le parole della sua amica, o ex amica (non aveva ancora capito la posizione presa da lei e Maddalena quella mattina), l’avevano fatta riflettere. Non poteva nascondersi per sempre ed era meglio dire la verità prima di rovinare altri rapporti. Arrivata sul vialetto di casa prese le chiavi, le inserì nella toppa e girò e fece il tutto con una lentezza estenuante. Appena aprì la porta Macbeth arrivò di corsa scodinzolando e abbaiando.
“shhh! Stupido Mac stai zitto!” lo sgridò cercando di fare meno rumore possibile mettendosi un indice davanti alle labbra. Al gesto l’enorme cane si acquattò e dopo qualche guaito il silenzio  tornò in casa Wilson. Anne si tolse le scarpe si diresse in punta di piedi in camera sua. Era quasi arrivata alla porta infondo al corridoio quando la possente voce di suo padre non la fermò.
“Dove credi di andare.” Nn c’era nulla di interrogativo in quella domanda.
“Ciao papi, stavo andando in ca…” rimase immobile con la mano sulla maniglia e lo zaino nell’altra.
“Ah, mi ero illuso che stessi andando in conservatorio.” Anne si pietrificò. Dal tono del padre, completamente fermo e privo di emozioni, capì che sapeva tutto. Imprecò sottovoce e si girò lentamente.
“è più di un mese che non vai a lezione. Perché.” Ancora una volta quella fu del tutto un affermazione.
“Papà, te ne avrei parlato oggi lo giuro. Io non voglio più andare in conservatorio, voglio sperimentare altri generi musicali.”
“Non te ne basta una? Ma tu non ti accontenti mai vero?Hai sempre avuto gli occhi più grandi della pancia.” Disse alzando leggermente il tono di voce.
“No! Ti sbagli! Non capisci mai niente!” Da piccola le avevano dato della cicciona talmente tante volte che la sola parola ‘pancia’ la facevano andare in bestia.
“Anne non ti rivolgere a tuo padre in quel modo!” Greta uscì dalla camera padronale affiancando suo marito.
“Ti abbiamo sempre concesso tutto. Il tuo unico obbligo era rispettare i tuoi impegni e non lo hai fatto.
Hai abusato della nostra fiducia e ora l’ hai persa.” Continuò la donna con voce ferma e un tono poco superiore ad un sussurro.
“Grazie al cazzo! Non mi avete mai lasciato un giorno libero. Ho passato tutti i pomeriggi chiusa in quel buco fatiscente a suonare e a prendermi bacchettate sulle mani!” Anne scoppiò non appena Greta smise di parlare. Conrad spazientito alzò una mano in aria che si abbatté un nano secondo dopo sul viso della figlia lasciandole l’ impronta di cinque dita sulla gota sinistra. Anne per un secondo non capì che cosa fosse accaduto, poi provò una fitta lancinante alla guancia e la copri con una mano mentre la vista veniva annebbiata dalle lacrime salate. Si girò di scatto facendo vorticare la chioma riccia e sbatté tanto forte la porta da creare una piccola crepa nello stipite.
“E oggi pomeriggio ti accompagno personalmente a lezione di canto!” urlò il padre dall’altra parte della porta.
Anne scaraventò lo zaino nell’angolo più distante e si buttò sul letto soffocando le grida di rabbia con il cuscino più vicino. Continuò a piangere finché le palpebre divennero macigni e non sprofondò in un sonno inquieto.
     Dopo circa un’ora la porta si aprì e Anne fu svegliata dal cigolio. Carlos entrò con una tazza di tè fumante in mano e si sedette sul letto accanto a lei. Anne si girò sul fianco e si puntellò con il gomito per guardare suo fratello in faccia e il viso si contrasse di nuovo in una smorfia, ma dagli occhi non uscì niente. Si tirò a sedere e si aggrappò alla t-shirt di Carlos affondando il viso nelle sue spalle larghe e il suo corpo fu scosso in una serie di singhiozzi asciutti.
“Ti ho portato del tè, pensavo fossi ormai disidratata.”
“E a quanto pare avevi ragione” Disse sedendosi accanto a lui. Della sua voce ormai non ce n’era più traccia e il risultato fu un’emissione di fiato alquanto inquietante. Si crogiolò nel pensiero che quello fosse un dispetto perfetto per Conrad e per la sua insegnante di canto e prese in mano la tazza bollente e bevve a piccoli sorsi soffiando sul liquido ambrato e di tanto in tantò poggiò il naso al bordo della ceramica inalando i vapori di quell’ambrosia. Il suo tè preferito: Earl Gray al bergamotto senza né zucchero, né limone, né niente. Semplice e naturale.
“Sai che ti stimo tanto, vero?” parlò all’ improvviso il più grande dei Wilson. Lei in risposta scosse il capo e posò nuovamente il naso al bordo.
“Io e Joshie non avremmo mai avuto il coraggio che hai avuto ad affrontare papà. Noi siamo dalla tua” le confidò accarezzandole il capo. “Non sai quante volte ho pensato di lasciare la musica.”
“Ma come, tu che sei un pianista formidabile e ti sei iscritto anche a scienze del suono? Davvero?” chiese stupita avendo riacquistato un filo di voce grazie al tè.
Carlos annuì. “Ho sempre odiato la musica. Per colpa sua non ho quasi mai avuto una vita sociale. Comunque tu e la tua band siete davvero bravi.” Disse cambiando discorso.
“Dì un po’, come avete fatto a sapere che suonavamo quella sera?” Chiese sua sorelle prendendo l’ultimo sorso e svuotando la tazza.
“Mi ha chiamato Maddalena. Sinceramente non pensavo nemmeno che avesse il mio numero. Ha detto specificamente di portare Josh” disse ammiccando ad Anne che abbassò lo sguardo sulle sua mani al nome della ragazza.
“Non voglio smettere di suonare con quei ragazzi, Carl.”
“Perché dovresti?”
“Papà e mamma” spiegò semplicemente lei.
“Oh insomma Annie! Fregatene. Non lasciarti frenare da loro, vai in quel pub sta sera e spacca il mondo” La sgridò infervorandosi Carlos e lasciandola da sola nella sua stanza. Come fare… Anne prese il cellulare e scrisse un SMS a Maddalena.
Ho detto tutto ai miei e sono nei casini. Ti prego aiutami L
Anne xx.
Dopo qualche secondo le arrivò la risposta.
Hai fatto la cosa giusta. Non ti preoccupare, la tua Mad ti salverà ;)
Maddalena xx.
 
Angolo autrice:
Innanzitutto vorrei scusarmi se questo capitolo è più corto del solito o  se ci dovessero essere incongruenze o errori grammaticali, ma ho auto molta fretta nel farlo. Mi scuso davvero per la mia lunga assenza ma sono contenta che mi abbiate aspettato. È un capitolo molto importate e forse finito
un po’ a … per ragioni sopra citate L
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite, ricordate ecc. e sopratutto coloro che si fanno sentire lasciandomi bellissime recensioni. Se qualcosa non dovesse essere chiaro o altro non fatevi remore a contattarmi. Ora sono davvero in ritardo quindi vi lascio :*
Anna
 

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Capitolo 7
*** il ken appeso ***





CAPITOLO 7
IL KEN APPESO
 
 
Dubitava che quella volta Maddalena sarebbe riuscita tirarla fuori dai casini, ma sapere di averla vicina le dava coraggio. Decise comunque di andare a lezione di canto quel pomeriggio e riprendere la discussione il giorno seguente.
 Si spogliò e andò nel bagno accanto alla porta della sua stanza. Girare nuda per casa non era mai stato un problema. Si tolse il trucco sciolto e si rilassò sotto il getto di acqua bollente chiudendo gli occhi gonfi per il pianto. Per un istante le sembrò che tutti problemi non esistessero: niente genitori, niente conservatorio e niente 5 Seconds Of Summer. E un secondo dopo eccoli là, dietro le sue palpebre pesanti, che le martellavano le tempie. Le venne voglia di urlare ma si trattenne distraendosi con il solito trucco: non aveva mai capito se infilzarsi i polpastrelli con l’unghia del pollice si potesse considerare una forma di autolesionismo, ma, poiché la sola parola le provocava dolore e le faceva venire in mente il sangue e a lei non piace né uno né l’altro, aveva deciso di no. Tant’era però che i suoi polpastrelli erano tutti segnati da solchi viola e rossi e questo non giovava alla sua carriera musicale perché a volte era costretta a fermare le sue prove per il dolore e questo le costava bacchettate sulle mani ben più dolorose.
Quando udì suo padre urlare il suo nome in lontananza si decise ad uscire dalla doccia. Si preparò con estrema lentezza quasi come se l’esasperazione del padre fosse una infima forma di vendetta. Quando scese in salotto Conrad aveva già il cappotto, Greta non si girò nemmeno a guardarla, ma continuò a lavorare al computer seduta al grande tavolo della sala da pranzo, e Josh le lanciò dal divano un’ occhiata del tutto priva di espressione. Perché era così distante ultimamente? Possibile che in così poco tempo fosse cambiato tanto da non rivolgerle quasi la parola? Oltretutto Carlos era appena uscito. Era completamente sola in quella stanza. Strinse istintivamente il cellulare per sentirsi più vicina a Maddalena ed uscì con suo padre.
Il viaggio in macchina le sembrò lunghissimo, forse lo fu, e il conservatorio, un enorme edificio tutt’altro che fatiscente (come lo aveva descritto lei quel pomeriggio), le sembrò più inospitale del solito. I due Wilson entrarono e varcarono la soglia insieme, uno affianco all’altro la loro somiglianza era maggiormente evidente. Anne era un perfetto connubio delle fisionomie dei genitori. La carnagione olivastra e il sorriso, non perfetto, ma luminoso e radioso, di Conrad che lui mostrava molto raramente e gli occhi profondi,i ricci scuri e il naso dritto di Greta si sposavano sul suo viso. Non si era mai reputata una bella ragazza, ma per qualche motivo a lei oscuro a scuola riceveva una certa attenzione dai ragazzi.
La stessa segretaria che aveva chiamato varie volte a casa sua a causa delle assenze di Anne uscì dalla segreteria e salutò con riverenza Conrad dedicando a sua figlia solo un occhiataccia pari in sgradevolezza alla sua voce. I due percorsero i corridoi fino all’ aula 16 dove li attendeva l’insegnate di canto che seguiva la ragazza dall’ età di sei anni.
Genevieve Durand era più che una zitella 60enne, una sfera con una testa, due gambe e due braccia prosciuttesche agghindata con fiocchi e merletti. La “Scrofa”, come la definiva Anne per via della fisionomia e della spiccata passione del rosa in tutte le sue nuance possibili, e la sua allieva non erano mai andate troppo d’accordo principalmente a causa della severità e della mentalità della prima e dell’insolenza della seconda che non si era mai limitata a eseguire gli esercizi senza nemmeno un commento o una contestazione.
“Buonasera signor Wilson!- squittì Genevieve nascondendo frettolosamente nel cassetto una barretta di cioccolato fondente 50% - Anne” salutò l’altra con un occhiata simile a quella della segretaria.
“Buonasera a lei signorina Durand e ci scusi per il ritardo.”
“Si figuri, questo è nulla confrontato con l’assenteismo di Anne in questo mese” ribatté subito lei con un sorriso troppo zuccheroso per i guasti di Anne.
“Già… sono qui proprio per questo: ho accompagnato personalmente mia figlia perché non venga nuovamente meno a questo impegno” rispose Conrad  profondamente imbarazzato e guardando Anne nel modo in cui quel giorno tutti parevano guardarla. Questa per la prima volta sposò lo sguardo  dall’ insegnate che fissava con severità e la mascella contratta e, incrociati gli occhi del padre, chinò il capo.
Conrad fece per uscire dopo aver salutato garbatamente Genevieve che lo fermò invitandolo a rimanere per un colloquio “Anne potresti aspettare fuori mentre parlo con tuo padre?” Domanda retorica. Anna odiava quel tipo di domande Se sai già la risposta a che serve chiedere? Pensava ogni volta. Si alzò con un sospiro dallo sgabello del pianoforte su cui si era seduta e uscì stando attenta a non chiudere completamente la porta dell’ aula insonorizzata numero 16.
Si appostò appoggiata al muro vicino allo spiraglio e tese l’ orecchio.
“mi dica tutto signorina.” Sentì la voce profonda di suo padre.
“Beh… ecco.. vede, non so come dirglielo.” Balbettò la Scrofa per poi continuare dando l’impressione che avesse scritto il suo discordo da tempo e lo avesse provato più volte – io credo che, nonostante tutti questi anni e tutti gli esercizi da me impartiti, la voce della ragazza non sia adatta al canto: è troppo sporca e graffiata, non potrà mai avere una…”
“Sai che non si origliano le conversazioni altrui?” una voce la colse di sorpresa. Si girò di scatto spaventata e vide Leroy, il suo maestro di violoncello da una vita.
“Oddio! Mi hai fatto venire un infarto. E comunque sparlano di me là dentro quindi ho tutto il diritto di origliare”
“Uhm… hai proprio le palle girate oggi eh?” il tipo di rapporto che aveva con Leroy era totalmente diverso da quello con  la Durand.
“Per mia fortuna non le ho le palle” gli rispose sfacciatamente con un sorriso sghembo.
“Già, non sai quanto ti invidio!” Anne rise alla risposta esplicita accompagnata dal solito occhiolino complice. “è un po’ di tempo che non ti fai vedere da queste parti Cello” disse chiamandola con lo stesso banale appellativo del suo strumento e si avviarono insieme verso la caffetteria non lontana.
“Ho avuto le mie buone ragioni.”
“A sì? E, sentiamo, cosa è tanto importante da farti mancare il nostro appuntamento del tè?”
“Una band Leroy! È pazzesco, questi ragazzi sono simpaticissimi e…”
“E sono carini?” chiese Leroy interessato.
“Sono troppo piccoli per te!”
“Ah e così vuoi tenerteli tutti per te eh? Ok non mi immischio nei tuoi affari di cuore” si arrese alzando entrambe le mani.
“Smettila! Volevo dire che mi trovo davvero bene a suonare con loro.” Anne alzò gli occhi al cielo. Poi cominciò a raccontare tutto quello che era accaduto nell’ ultimo mese: la rottura con Alistair, il McGail’s pub, Maddalena fino ad arrivare a ciò che aveva sentito pochi minuti prima.
“Quella stramaledetta scrofa!” esclamò lui con voce acuta mentre Anne si metteva in bocca un bignè al cioccolato e lo mandava giù con un sorso di tè bollente.
“E che ci vuoi fare. Evidentemente è vero che non so cantare, certo che avrebbe potuto dirmelo 10 anni fa e risparmiarmi la tortura di vederla ogni settimana.”
“Che puttana. Davvero una zoccola! Nessuno può criticare Cello a parte me!” Esclamò ancora facendo girare tutti i presenti.
“Lee stai un po’ zitto!- gli disse sussurrando con un indice davanti alla bocca- Mi devi aiutare. Sta sera devo suonare al McGail’s.”
“Caspiterina! – Anne sorrise all’improvviso cambio di registro- Non ti rimane che scappare di casa.” Affermò con ovvietà dopo averci pensato per una decina di secondi.
“Solitamente è l’adolescente che vuole scappare e allora il suo insegnate preferito, un uomo maturo e coscienzioso, lo dissuade dalla sua folle idea” commentò Anne sognando l’aitante docente che l’avrebbe salvata.
“Non darmi del vecchio e poi non sono mai stato un tipo coscienzioso, io.”
Ma lei non lo ascoltò e continuò a cercare una via d’uscita.
“E se invece mi accompagnassi tu? Diciamo ai miei che vuoi portarmi ad un concerto e invece mi accompagni al pub. Dio mio, sono un fottuto genio!” disse Anne eccitata all’ idea.
“si, e che concerto? I tuoi lo vorranno sapere, tuo padre non è uno che si raggira facilmente”
Anne scrutò la bacheca degli annunci.
“Quello! Concerto di clarinetto e arpa:  abbastanza noioso da piacere ai miei e se piace ai  miei mi manderanno sicuramente.”
“Ok- sbuffò Leroy - Anche se il mio programma di sta sera comprendeva coccole sul divano con Simon.”
“Simon? Ma non si chiamava Harnold?” Chiese storcendo il naso.
“Con Harnold ho chiuso da più di due settimane! Simon l’ho conosciuto al gay pride l’anno scorso e finalmente la settimana scorsa l’ho liberato dalla friendzone mia cara omofoba del cazzo che non sei altro.” Le raccontò apostrofandola a causa della smorfia che non era passata inosservata.
“Io omofoba? Ma se ti sopporto da tutto questo tempo!”                                                                    
Si avviarono entrambi davanti all’ aula 16. Il loro assortimento era abbastanza anomalo, lei una bellezza classica, forse troppo per i canoni moderni, e lui poco più alto di lei, abbronzato, biondo con un ciuffo che cambiava colore ogni settimana sempre abbinato agli outfit anomali ma sempre straordinariamente eleganti che indossava e una serie di collanine appese al collo da cui non si separava nemmeno quando faceva la doccia (tutti regali dei suoi ex, diceva): di certo Leroy non sarebbe mai passato inosservato. Era un ragazzo altruista e diretto ed erano in pochi a non conoscerlo e non volergli bene al conservatorio. Una di questi poche persone era proprio Genevieve che aborriva tutto ciò che andasse contro la sua amata chiesa cattolica in particolar modo i gay e gli aborti di cui per fortuna non avrebbe mai avuto bisogno. Anne ricordò quando, all’ età di sette anni,  le chiese ingenuamente perché avesse appeso un Ken al muro e lei aveva dato inizio ad una serie di lezioni di catechismo: era cominciato così il breve periodo profondamente religioso di Anne che terminò nel momento in cui un’ adirata Greta era andata a parlare con la signora e aveva minacciato di farla licenziare. Probabilmente fu quello l’ inizio della antipatia tra Anne e Genevieve che perdurò fino al giorno in questione.
Anne e Leroy giunsero davanti alla porta nel momento esatto in cui Conrad e l’insegnate uscirono. Entrambi squadrarono il ragazzo dal suo fez cremisi da cui usciva un ciuffo del medesimo colore che si protendeva verso l’alto, fissarono il suo cappotto nero con ricami arabeschi rossi fino ad arrivare agli stivaletti a punta di vernice nera.
“Buonasera signor Wilson. Genevieve” Sorrise ad entrambi con una naturalezza e una contagiosità che Anne rivide in un'unica persona dopo di lui in tutta la sua vita.
“Salve signor Gorel.” Rispose freddo l’altro evidentemente in possesso di un vaccino.
“La prego, mi dia del tu” riprovò Leroy.
“Preferisco mantenere le distanze se permette” disse Conrad glaciale.
“Come desidera” Lee non demorse e ritentò di perforare la cortina di ghiaccio con il suo meraviglioso sorriso.
Conrad lo squadrò nuovamente poi presa sua figlia tornò a casa senza nemmeno darle il tempo di salutare il maestro.
Durante il viaggio di ritorno il clima nell’ abitacolo dell’ auto fu lo stesso di quello dell’andata. Dopo circa 10 minuti di silenzio Conrad parlò: “Mi hai tanto deluso Anne.”
La ragazza di tutta risposta alzò gli occhi al cielo e si girò dall’altra parte guardando fuori dal finestrino. Il buio cominciava a calare e ad avvolgere Sidney.
“Cazzate” disse poco dopo quasi sussurrando.
“Cosa? Ma come ti permetti?” nonostante il tono Conrad sentì perfettamente e alzò la voce.
“Stai dicendo cazzate e lo sai anche tu. La Durand ti ha fatto il lavaggio del cervello. Come posso averti deluso per una cosa che non dipende da me? È forse colpa mia se non so cantare? Perché è questo che ti a detto vero? Che sono inascoltabile. Non sai quante volte me lo ha detto infilzandomi il diaframma con le unghie per far uscire più voce. Ma sono stata zitta è ho sopportato” spiegò alzando leggermente il tono.
“Perché è quello che hai sempre voluto fare.” La interruppe lui convinto.
“No, è sempre quello che hai voluto tu. Ho sopportato per paura della tua reazione. Come fai ad essere sorpreso che ti abbia mentito per tutto un mese? Se te lo avessi detto…” l’atmosfera si stava scaldando. Anne urlava gesticolando.
“se me lo avessi detto ne avremmo discusso.” Anche Conrad cominciò ad agitarsi.
“Non c’è proprio nulla da discutere. Voglio sperimentare nuovi generi ed è una scelta che spetta a me e me soltanto.”
“Sappi che non approvo comunque.”
“Non mi serve la tua approvazione.”
“bene!”
“Bene!” i due aprirono li sportelli e li richiusero sbattendoli e si diressero a passo spedito verso la grande casa.
Entrando uno dopo l’altro presero direzioni opposte: l’una diretta in camera, l’altro nella camera da musica a finire un’ articolo per il settimanale su cui scriveva.
Greta si alzò dal divano nel salotto e si diresse dal secondo. Appoggiata allo stipite e le mani nelle tasche della vestaglia disse: “Cosa è successo?”
Suo marito alzò sguardo dai fogli che teneva in mano, si tolse gli occhiali da lettura e si massaggiò l’attaccatura del naso. Greta entrò nella stanza e gli si sedette in braccio, lui poggiò il capo sul suo petto e le raccontò le vicende del pomeriggio.
“Conrad non so che dire. Forse abbiamo sbagliato tutto  dall’ inizio, siamo stati troppo rigidi.”
“Ma Josh e Carlos non si sono mai lamentati, loro non hanno mai avuto problemi.”
“Loro non sono Anne tesoro.” Prese ad accarezzare i suoi capelli brizzolati e lui mugugnò godendosi quel dolce trattamento.
“Cosa consigli di fare?” chiese Conrad dopo un po’.
“Mentre eravate ho parlato con Joshie. Ha detto che Anne e i suoi amici suonano sta sera, potremmo andare a sentirli.”
“Dio mio Greta, mi sanguineranno le orecchie” si lamentò lui ancora con gli occhi chiusi.
“Almeno provaci Conrad! È pur sempre tua figlia!” Sbottò lei alzandosi e uscendo e lui restò a guardare il punto in cui era sparita. Macbeth si affacciò alla porta, abbaiò e poi entrò si stese sul divanetto di fronte alla scrivania con aria mogia probabilmente perché la sua padrona lo aveva chiuso fuori dalla stanza sbattendogli la porta in faccia.
“Menomale che ci sei tu Mac”sospirò Conrad, ma si dovette ricredere presto perché appena il cane sentì la voce di Greta che lo chiamava per la sua cena filò via più o meno silenziosamente, come era arrivato.
 
Anne infondo al corridoio messaggiava simultaneamente al telefono con Maddalena e Leroy.
Ashton la chiamò nel bel mezzo della conversazione.
-Hey bellissima! Dove sei?-
-Ash! Sono appena tornata al conservatorio, sta sera ti racconto.-
-Sta sera tra quanto sarebbe? Ti stiamo aspettando.- Anne guardò l’orologio del cellulare: 19:50
Si cambiò alla velocità della luce e chiamò Maddalena.
-Maddy!-
-oh Scema! Allora? Mi stavi dicendo?-
- Ti stavo dicendo che è tardi e devo riuscire ad andare al pub. -
-Non dovevi andare al concerto con Lee?-
-No, non regge come scusa anche perché chiederebbero troppo a riguardo e io sono in ritardo.-
-Porta fuori il cane: funziona sempre.-  Rispose dopo averci pensato due secondi.
-Ok, grazie Mad. Ci vediamo lì-
- Sì … e tuo fratello viene?- chiese imbarazzata l’altra.
-Se sa che ci sei tu sicuramente, Mad devo andare davvero.- E le attaccò in faccia poco carinamente.
Prese la prima giacca dall’armadio e si precipitò giù dalle scale chiamando il cane che la seguì senza batter ciglio. Urlò un “Porto Mac fuori” e lanciò un occhiata al fratello il quale recepì tutti i messaggi che celava e uscì con lei prendendo le chiavi della macchina.
I due arrivarono al McGail’s in men che non si dica e Anne entrò dal retro lasciando Josh con il cane che raggiunsero Carlos e Maddalena al solito tavolo del venerdì.
“Oddio ragazzi scusate il ritardo è stata una giornata terribile” Spiegò senza prendere aria a Michael, Luke, Ashton, Calum e Alex.
“Ok, non ti preoccupare, vi esibite tra cinque minuti. Ora calmati e concentrati” La rassicurò l’ultimo posandole una mano sul capo e andando nella sala.
Lo sguardo di Anne era talmente carico di tensione che non ci fu nemmeno bisogno di chiedere e tutti e quattro la abbracciarono.
“Non piangere che poi sembri un panda” scherzò Luke dandole un bacio sulla guancia e andando ad accordare il suo strumento.
“Non penso che potrei, oggi ho finito le riserve di lecrime.”
Nei cinque minuti che seguirono ognuno stette in silenzio quasi religioso, come facevano prima di ogni esibizione, chi ripassando mentalmente le parti, chi sparandosi gli AC/DC nelle orecchie e chi, Anne, ascoltando una sinfonia di Beethoven al massimo volume.
Dopodiché Alex venne a chiamarli. I cinque si riunirono e mettendo le braccia attorno al collo del vicino formarono un cerchio.
“Ragazzi sta sera spacchiamo! È la nostra serata, me lo sento. Mettiamocela tutta e facciamogli vedere di che roba siamo fatti” li incitò Calum. Era come se ognuno di loro quella sera avesse qualcosa per cui combattere e qualcosa da dimostrare a qualcuno. Salirono sul palco chiuso dal sipario color prugna e ebbero solo il tempo di fare un profondo respiro prima che questo si aprisse. Le luci spente in sala le permisero di vedere solo i volti delle persone ai primi tavoli e tra questi non ne riconobbe nemmeno uno: questo la deluse e rassicurò allo stesso tempo. Suonò in uno stato di semicoscienza, le dita si muovevano sula tastiera in modo autonomo e il suo sguardo si spostò dai ragazzi al pubblico un paio di volte prima che Ashton dalla sua batteria le sorridesse nella pausa da una semiminima, tempo più che sufficiente a contagiarla: una curva bianca si aprì sul suo volto e cominciò a scatenarsi come gli altri compagni picchiando i tasti bianchi e neri con foga scaricando tutte le tensioni che aveva in corpo. Avrebbe dovuto chiedere a Conrad del suo famoso vaccino.
 

 
Alla fine dell’ esibizione scesero dal paco tra gli applausi e parecchio sudati.
-Credo sia stata la migliore l’ esibizione di sempre- esultò Michael prendendo in braccio Anne che si avvinghiò al suo collo ridendo come una forsennata. Tra il riso e l’ euforia generale Alex arrivò congratulandosi e con alle calcagna un ragazzo castano con due occhi azzurro mare e i lineamenti leggermente femminili, dietro di lui una ragazza castana con un sorriso che ad Anne sembrò falso e tirato con forza.
 

 

 
Angolo autrice:
mi dispiace tantissimo per aver fatto passare così tanto tempo, per cominciare questo capitolo ci ho messo un sacco e dopo un certo punto, circa una settimana fa, mi è venuto tutto di getto. Mi piace davvero tanto e spero che piaccia anche a voi *.*
Leroy è il mio nuovo personaggio preferito per motivi che penso vi siano chiari (per il suo personaggio ho preso ISPIRAZIONE,e ci tengo a sottolinearlo da Sam Calfin che è troppo cucciolo e ha proprio il genere di sorriso che cercavo simile a quello di Ashton).
La Durand è un misto della Umbridge  e della mia professoressa delle medie che ho odiato fino alla nausea. Ci tengo a scusarmi se sono stata troppo eplicita parlando della religione di Genevieve e sottolineo che non volevo offendere nessuno, ma se questo vi ha in qualche modo turbati non dispensatevi dal farmelo notare, magari senza l’ausilio di epiteti offensivi e insulti a qualcuno dei miei parenti.
Chi saranno mai,invece, quei due ragazzi che arrivano con alex alla fine del capitolo?
Fatemi sapere le vostre ipotesi J  e fatemi sapere se il capitolo fa schifo, vomitare o peggio.
Bacioni
Anna
 
Ho trovato un altro personaggio che potrebbe rappresentare molto bene Anne: Alicia Keys. In realtà è un misto tra lei e la Dobrev :/ Comunque sia eccola qui *o*

       

 

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