My Immortal

di evilbellatrix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** These wounds won't seem to heal (introduttivo) ***
Capitolo 2: *** Forgive me ***
Capitolo 3: *** Your star ***



Capitolo 1
*** These wounds won't seem to heal (introduttivo) ***


My Immortal
Amanda Burton

I capitolo (introduttivo)
These wounds won't seem to heal

Il sole stava calando sui giardini di Hogwarts. Il cielo aveva assunto una gradazione rossastra mentre la luce calava, dietro l’orizzonte. Sulle sponde del Lago Nero regnava la tranquillità, nella quale facevano breccia soltanto i discontinui gridi di un’aquila, che fiera se ne stava sulla quercia più maestosa della sponda del lago.
Una giovane dai lunghi boccoli corvini si avvicinò alla sponda del lago, chinandosi per sfiorare l’acqua scura con i polpastrelli delle lunghe dita affusolate. Indossava la divisa della scuola, sulla quale spiccava lo stemma verde e argento della casata di Serpeverde. Quella giovane ero io.
Il mio nome è Amanda Burton e quella che sto per raccontarvi è la mia storia, la storia che mi vide coinvolta durante il mio sesto anno di scuola magica e che mi lacerò il cuore. Quella ferita non riuscì a rimarginarsi, nonostante ormai ne siano passati di anni. Nonostante io mi sia fatta una mia vita, nonostante mi sia realizzata a livello lavorativo e a livello affettivo. Ma l’amore che riesco a donare oggi è compromesso dall’amore che mi venne strappato nella primavera dei miei sedici anni.
Il sole era scomparso dalla mia vista e stava lasciando spazio al buio che, incurante, inghiottiva il rosso del cielo. Uno spicchio di luna si faceva sempre meno timido, alto nel cielo di quella notte di aprile. Non c’era nemmeno una nuvola, il cielo stellato sarebbe stato un ottimo intrattenimento, da lì a poco. Sedetti contro una roccia, una roccia liscia e di grandi dimensioni che non riusciva però a coprirmi completamente da seduta. Dal margine più alto di pietra, sbucava fuori qualche centimetro della mia folta chioma corvina. Nonostante il buio stesse avanzando, la lucentezza dei miei capelli riusciva a risplendere grazie ai sempre più chiari raggi di luna. E qualcuno la notò.
Maledico quel giorno. Maledico quella notte e maledico quella luna.
Il buio prese possesso del cielo scozzese. Le stelle erano sparse su quel manto blu, luminose più del solito. Un grande spicchio di luna dominava il centro del cielo stellato, rendendo chiaro e argenteo ogni frammento che componeva la sponda del lago. L’aria era fresca, non eccessivamente per una sera d’inizio aprile. Mi tenevo coperta dal mio mantello di ciniglia nero, non quello in dotazione dalla scuola. Era un regalo di mia madre, l’aveva fatto tessere a mano da un’anziana sarta Irlandese, la migliore dell’isola a sua detta. Ero molto affezionata a quel mantello e non me ne separavo mai. Ma in quella primavera fui costretta a farlo, mio malgrado.
Sentì dei passi dietro di me. Dei passi lenti, calmi. Passi che poggiavano morbidi sul manto d’erba verde del vasto giardino di Hogwarts. Qualcuno si avvicinava a me. Non sapevo che quell’incontro avrebbe cambiato la mia vita. Non potevo immaginare che quell’incontro si sarebbe poi evoluto in una storia d’amore straziante. Non credevo di poter arrivare a tanto, nonostante la mia natura.

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Capitolo 2
*** Forgive me ***


My Immortal
Amanda Burton

II capitolo
Forgive me

I passi calmi, lenti e morbidi furono accompagnati da una voce che si addiceva loro alla perfezione. Una voce calda, una voce rassicurante. Il ragazzo si avvicinò alle mie spalle, sedendosi sulla roccia, con le gambe alla mia destra. Io ero seduta sull’erba quando alzai lo sguardo verso di lui, che mi parlò per la prima volta.
"E’ davvero una splendida serata, non trovi?" mi chiese, sfoggiando il sorriso più bello che io avessi mai avuto il piacere di ammirare nella mia vita. I denti bianchi e perfetti risplendevano di luce propria, aiutati da una sfumatura cristallina donata loro dalla luna alta nel cielo. Rimasi a fissarlo per qualche istante, abbagliata da quel suo sorriso magnetico che spiccava sulla sua pelle olivastra.
Presi il fiato che mi era mancato in quell’attimo e gli sorrisi a mia volta. Il mio sorriso non era di certo bello quanto il suo, sfiguravo a dir poco.
"Incantevole" risposi al Corvonero dal sorriso d’avorio, che sostava sulla pietra sulla quale ero poggiata, e guardava a tratti il Lago e a tratti me.
Cosa l’aveva spinto ad avvicinarsi a me e cosa lo spingeva ora a parlarmi non mi era chiaro. Ero una delle ragazze più riservata della scuola e non mi ero mai messa in mostra. Il mio profondo orgoglio mi impediva di comportarmi come il resto delle ragazzine. Ma lui mi aveva notata, sotto i raggi di luna.
Il giovane Corvonero si alzò dal posto su cui era stato seduto per qualche istante, sedendo accanto a me, sul prato. Era notevolmente più alto di me, circa una dozzina di centimetri. I suoi capelli lisci e scuri riflettevano la luce emanata dal cielo quanto i miei, ma ai miei occhi risultavano estremamente più fascinosi. I suoi occhi verde smeraldo mi fissavano, profondi ed ipnotici.
"La Luna è splendida questa sera" disse, alzando le due gemme incastonate sul suo volto scolpito al cielo, poggiando la schiena contro la roccia liscia.
Mi limitai ad acconsentire con un cenno della testa, senza aggiungere altro. La Luna esercitava un fascino particolare su di me, mi attraeva come nulla al mondo. Ma, nel profondo, mi incuteva timore.
"Ti ho notata, sai" mi disse dopo qualche istante di imbarazzante silenzio, allungando la sua mano sull’erba, sfiorando la mia con una delicatezza aliena.
"Sono nella tua stessa classe di Trasfigurazione, ho notato con quanta attenzione segui gli insegnamenti della professoressa McGrannitt. Ho ascoltato con profondo interesse le tue argute risposte. Mi hanno affascinato la tua voce bassa e il tuo sguardo, del quale degnavi solamente l’insegnante e i tuoi libri" concluse in questo modo il suo discorso, pronunciando le parole lentamente, senza accennare ad un minimo di imbarazzo, ostentando una calma disumana. Non sarei mai riuscita a dire quelle cose a nessuno, con quella calma e con quella voce per nulla tremante.
"Non pensavo che qualcuno potesse osservarmi con tanta scrupolosità e tanto interesse" dissi, piegando leggermente la testa verso le ginocchia, socchiudendo i miei occhi cerulei.
"La Trasfigurazione mi è sempre interessata. Sono profondamente affascinata da come gli oggetti riescano a mutare forma e dimensione e poi tornare quelli di sempre" gli spiegai poi, imitandolo nel poggiare completamente la schiena contro la pietra ruvida, puntando lo sguardo verso l’orizzonte, mentre sentivo il suo insistere su di me.
Ero finita a Serpeverde per il mio sangue nobile, per il mio orgoglio e per la mia ambizione. Non ero cattiva, non miravo a grandi trionfi che implicavano il sacrificio di altre vite. Io non avrei mai voluto che una vita umana finisse in frantumi. Di certo, inoltre, non ero spavalda. Non ero molto socievole e non ero aperta nei confronti degli altri. Non avevo mai avuto un’amica vera, o un suo corrispondente nell’altro sesso. Avevo tenuto sempre i miei problemi per me, parlandone di rado con mia madre via gufo. La mia unica valvola di sfogo era lo studio. Mi impegnavo anima e corpo per riuscire a realizzarmi a livello intellettivo. Ma la solitudine mi pesava e di certo non poco. Quell’incontro mi salvò dal baratro, per poi rigettarmi lì dentro appena poté.
Passammo lì la serata, indicando le stelle a vicenda, spiegandone la leggenda ed il significato del nome. Restammo lì ad osservare quel cielo che era spettatore del nascere del nostro amore. Lui mi stringeva la mano. L’aveva presa senza che io me ne accorgessi, con i suoi movimenti lenti ma decisi. La notte passò in quel modo, passò vedendoci stretti, spalla contro spalla, con gli occhi sognanti e le menti offuscate da quel sentimento che lentamente avrebbe preso possesso di noi, tenendo in pugno i nostri cuori.
Quello era l’inizio della mia storia con Jacob. Se fossi venuta a conoscenza dell’esito tramite la Divinazione non gli avrei mai neanche rivolto la parola, privandomi, mio malgrado, di quei mesi intensi che vivemmo. Di quelle forti emozioni che riuscì a donarmi in così poco tempo . Dell’amore che mi insegnò a vivere. Ma purtroppo non ho mai creduto nella Divinazione.
Se puoi, ovunque tu ora sia, perdonami.

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Capitolo 3
*** Your star ***


My Immortal
Amanda Burton

III capitolo
Your star

Io e lui fummo amici prima di amarci. Lui fu il mio primo vero amico e confidente. Lui sapeva capirmi, lui sapeva come parlarmi, lui sapeva come farmi ragionare. Lui sapeva sorridere, lui sapeva farmi emozionare, lui sapeva farmi soffermare su particolari che non avevo mai notato. Lui sapeva rendermi una persona migliore.
Le mie e le sue giornate, ormai, erano le nostre. Ci incontravamo per studiare, per parlare, per guardare le stelle come la prima sera in cui ci incontrammo. Parlavamo delle nostre famiglie, dei nostri problemi, dei nostri sogni.
Lui era il discendente di una nobile famiglia scozzese. Suo nonno, Carl Stevens, era stato Ministro della Magia. Suo padre, Jonhatan Stevens, era uno tra gli uomini più importanti a livello internazionale. Collaborava con i Ministeri Magici di tutto il mondo, svolgendo funzioni diplomatiche. La sua famiglia era una delle più rispettabili. Una delle più prestigiose. Ma lui non si sentiva all’altezza delle aspettative dei suoi parenti: troppe pressioni, troppe strade che gli venivano imposte giorno dopo giorno. Diceva di aver trovato in me il suo rifugio. Diceva che con me si sentiva davvero a suo agio, diceva che con me poteva smettere di fingere di essere felice. Diceva che con me era felice davvero.
Lui sognava di studiare le stelle. Ne parlava con così tanta cura, con così tanta sapienza e padronanza, che era difficile non capire quanto amasse osservare il cielo. Sognava di prendere un MAGO in Astrologia e di intraprendere le sue ricerche, con me al suo fianco. Diceva che ero la sua stella guida. Diceva che nei miei occhi vedeva più stelle di quante ne avesse mai ammirate nel cielo. Diceva che nei miei occhi cerulei vedeva una speranza per un futuro migliore di quello che convenzionalmente gli veniva imposto da suo padre.
Il nostro primo bacio si consumò una settimana dopo il nostro primo incontro.
Il cielo era limpido, pieno di stelle, esattamente come la prima sera. Quelle stelle da cui lui era tanto affascinato fecero da testimoni al nostro primo segno di passione, insieme a quella mezza Luna che splendeva bianca.
Eravamo poggiati contro la nostra roccia, sulla sponda del Lago. Il livello dell’acqua si era alzato, arrivava quasi a bagnarci i piedi. L’aria non era poi tanto fredda, rispetto alla media stagionale. Il mantello che mia madre mi aveva regalato lo tenevo sulle ginocchia, appena coperte da una gonna antracite.
Avevo il suo braccio intorno al collo, fermo sulle mie spalle. Mi incuteva sicurezza, mi faceva sentire protetta. Sentivo il suo respiro caldo tra i miei capelli. Lentamente, posai la mia mano sulla sua, che se ne stava poggiata accanto alle mie gambe, sull’erba umida.
Lo sentivo vicino come non avevo mai sentito nessuno. Sapevo in cuor mio che ne ero innamorata, sapevo di amare i suoi modi. Sapevo di amare i suoi sogni, le sue dolci speranze. Sapevo di amare la sua voce, i suoi occhi, il suo sorriso. Sapevo di amare il suo strano modo di camminare, così lento ma deciso. Sapevo di amare la sua calma riflessiva, sapevo di amare il suo modo di ragionare. Sapevo di amare le sue idee, le sue convinzioni. Sapevo di amarlo.
Lui si girò verso di me, con lo sguardo più dolce che mi avesse mai rivolto. I suoi occhi verde intenso mi mozzarono per la seconda volta il fiato.
Non sarebbero servite parole, il contatto fisico sarebbe venuto da sé. Sentivo che le mie labbra reclamavano le sue. Sentivo che era l’unica cosa che desideravo.
Ma lui mi spiazzò con le sue parole. Mi spiazzò con quella dichiarazione che in cuor mio già avevo percepito, ma che solo in quell’istante realizzai. Realizzai quanto potessi essere fortunata e mi chiesi cosa avessi fatto per meritare tanto. Ma la vita è ingiusta: ti apre le porte del paradiso, per poi richiudertele di fretta in faccia.
Sei la cosa migliore che la vita mi abbia offerto. Sei la famiglia che ho sempre desiderato di avere, sei l’amica che ho sempre sperato di incontrare. Sei la musica che ha rapito il mio cuore, sei la stella che brilla ferma e incontrastata nella mia mente. Sei l’unica cosa a cui non potrei mai rinunciare nella mia vita” mi disse, guardandomi dritta negli occhi, ormai bagnati. Mi aveva commosso, era arrivato dritto al mio cuore con le parole più belle e dolci che avessi mai udito. Per lui ero una famiglia, ero un’amica. Ero qualcosa che non ero mai stata per nessuno.
Con estrema naturalezza piegò il suo volto sul mio, sfiorandomi la bocca con le sue dolci labbra rosee. Fu il primo bacio che ricevetti. Fu dolce, delicato. Fu manovrato da un sentimento unico, l’unico vero amore che vissi. Era tutto così innocente, era tutto così perfetto. Mi tenne tra le sue braccia quella notte. Ero inerme, avevo toccato il cielo con un dito. Avevo raggiunto quelle stelle che lui amava così tanto.
Chissà se ora sei lassù. Chissà se ora puoi vederli ancora, quei tuoi amati punti di luce. Chissà se ora sei uno di loro.

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