Le mie odiose, incostanti ed eccentriche personalità!

di kirlia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un ultimatum. ***
Capitolo 2: *** Piani malefici nei sogni di un innocente. ***
Capitolo 3: *** Manitoba Smith, ecco il piano. ***
Capitolo 4: *** Lacrime di ballerine notturne. ***
Capitolo 5: *** Questi ricordi non sono miei! ***
Capitolo 6: *** Risse di prima mattina. ***
Capitolo 7: *** Catalogando le personalità multiple. ***
Capitolo 8: *** Promesse in riva al mare. ***
Capitolo 9: *** Noi non giudichiamo dalle apparenze. ***
Capitolo 10: *** I nostri sguardi sfuggenti. ***
Capitolo 11: *** Decisioni sofferte. ***
Capitolo 12: *** Quanto siete gelosi, ragazzi! ***
Capitolo 13: *** Se solo fossimo stati più chiari. ***
Capitolo 14: *** Avventurati in sentieri inesplorati! ***
Capitolo 15: *** Tra complotti e giochi di ballerine innevate. ***
Capitolo 16: *** Ti fidi di me? ***
Capitolo 17: *** Sussurri dietro le quinte. ***
Capitolo 18: *** Riconciliazioni e addestramenti mal riusciti. ***
Capitolo 19: *** Grandi rivelazioni. ***
Capitolo 20: *** Tra dolci marmellate e infiniti amori. ***
Capitolo 21: *** Un piano nel piano ***
Capitolo 22: *** Non posso permettere che ti facciano del male! ***
Capitolo 23: *** Tutto è bene... ***
Capitolo 24: *** ... Quel che... ***
Capitolo 25: *** ... Finisce bene! ***
Capitolo 26: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Un ultimatum. ***


Le mie odiose, incostanti ed eccentriche personalità!
 

Capitolo 1. Un ultimatum.

{Mike.

L’aria si fece improvvisamente fredda, nel buio della notte.
Rabbrividii e mi strinsi nella coperta pesante, sperando che il silenzio e il gelo
 notturno di Wawanakwa riuscisse a schiarirmi le idee.
Cosa dovevo fare? La situazione sembrava peggiorare ogni giorno di più, ogni
 istante di più… e Zoey, quella dolce e simpatica ragazza dai capelli rossi e con
 quel sorriso così tenero, sembrava allontanarsi da me, sembrava fare un passo
 indietro ogni volta che loro, quelle odiose, incostanti ed eccentriche personalità
 facevano capolino e venivano a rovinarmi la giornata.
Eppure il medico mi aveva detto che stavo migliorando, che cominciavo a
 controllarle meglio, a domarle e sopprimerle nella mia mente.
Ma dopo tutto ciò che era successo , non potevo che pensare che quello stupido
 psichiatra mi avesse mentito: gli sembrava forse che fossi riuscito a nascondere
 le doti da ginnasta di Svetlana? O l’aria da bullo che aveva attirato così tanto
 l’attenzione di Anne Maria?
Sospirai al pensiero del suo sguardo, lo sguardo accusatorio e un po’ triste di
 quella ragazza dai capelli rossi che non riusciva a capire come mai stessi
 baciando la truzza. Beh, non riuscivo a capirlo nemmeno io.
Ma di una cosa ero certo. Non avrei più mentito, né a Zoey, né a tutti gli altri.
Non avrei più detto che mi stavo esercitando nelle mie parti da attore, avrei
 rivelato a tutti la ver…
Proprio in quel momento Vito prese il sopravvento sulla mia mente, e con la
 sua aria arrogante commentò :«Certo, sfigato, va’ a dire alla tua rossa di dover
 condividere il tuo corpo con altre tre anime, e vedrai come ti si getterà tra le
 braccia!» lo scacciai con forza dalla mia mente, tornando ad essere Mike con
 un sospiro affannato.
Per un attimo ignorai il suo commento maligno, ma poi mi fermai quasi a
 riflettere sulle sue parole. In effetti, non si poteva dire che avesse torto. Tutti
 sarebbero scappati a gambe levate quando avrei rivelato loro il mio piccolo
segreto… persino lei, persino Zoey se ne sarebbe andata, con un misto di disgusto
 e compassione nello sguardo. Riuscivo anche ad immaginare la scena.
«Zoey è una ragazza zenzibile, Mike. Vedrai che capirà.» intervenne Svetlana
 con il suo inconfondibile accento russo, prendendo il mio posto e ammirandosi
 nello specchio di acqua scura del molo della vergogna, prima di fare una giravolta
 e un salto che mi portò vicino alla casetta delle Larve Mutanti.
Con un gesto della mano, la invitai a mettere da parte la sua coscienza per
 tornare alla mia riflessione interiore. Potevo davvero rivelare a tutti il mio
 problema? No, Vito aveva ragione… Non potevo farlo.
Ma non potevo nemmeno lasciare che Zoey si allontanasse da me solo perché ero
 stato così idiota da deluderla… era un conflitto che non riuscivo a risolvere.
Eppure una soluzione doveva esserci, anzi una soluzione c’era, ed era per certi
 versi così semplice…
«Starai scherzando giovanotto? Noi non possiamo andarcene, siamo parte di te.
 Ah! Ai miei tempi un giovane non sarebbe stato mai così irrispettoso da pensare
 di poter cacciare via un anziano…» ribatté Chester, con la sua solita predica
 sull’insolenza dei giovani.
Ma non c’era altra soluzione se non questa: loro dovevano andarsene. Perché
 non riuscivano ad essere più altruisti e lasciarmi andare? Ero pur sempre io la
 personalità dominante in quel corpo.
Entrai nella baracca e mi guardai nello specchio che tenevo sotto il cuscino, che
 utilizzavo per osservarmi e ricordare che quello che era riflesso non era Chester,
 né Vito, né Svetlana. Quel ragazzo dagli occhi scuri e dalla carnagione olivastra,
 quello era Mike. Io.
E loro, le mie altre personalità dovevano andarsene.
Vi darò un ultimatum, dissi nella mia mente, rivolgendomi alle altre anime che
 sentivo fluttuare in un posto impreciso dentro di me, avete un giorno per andarvene.
 Vi tollererò soltanto un singolo faticoso giorno… Domani a mezzanotte ve ne andrete.

Conclusi con sicurezza la mia affermazione, che suonava un po’ come una minaccia,
 e mi misi di nuovo a letto, chiudendo gli occhi con un sorriso compiaciuto.
 Non mi curai delle proteste dei miei compagni di mente, che tentavano di
 dissuadermi, cercavano di convincermi che la mia fosse un’idea sciocca, e che non
 potevo davvero credere di poterli annullare.
Nemmeno io ne ero del tutto certo, ma in un modo o nell’altro ci sarei riuscito…
In un modo o nell’altro, domani notte, quando avrei chiuso gli occhi, mi sarei
 addormentato con la consapevolezza di essere finalmente solo Mike.



Beh, che dire, spero vi piaccia questo primo capitolo :)
Aspetto i vostri commenti per sapere se la mia idea vi sembra interessante!

Baci, kirlia <3

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Capitolo 2
*** Piani malefici nei sogni di un innocente. ***


Capitolo 2. Piani malefici nei sogni di un innocente.


{Svetlana.

Finalmente Mike dormiva, finalmente il sonno lo stava cullando cancellando, almeno per il
momento, le sue sofferenze e i suoi piani per il giorno seguente.
Sedendomi sul pavimento di un palco montato nel bel mezzo di una valle verdeggiante, mi resi
conto che i sogni di quel ragazzo non erano mai stati così verdi di speranza. Già, forse era la prima
volta che lo vedevo così felice.
Mi mordicchiai un’unghia tinta di un bel rosso vermiglio, prima di guardarmi intorno, battendo le
ciglia e ammirando il sogno di questa notte. Dovevo ammetterlo: l’aspettativa di essere cancellata,
di non esistere più mi aveva spaventata davvero. Non avevo mai visto Mike così deciso prima
d’ora.
Mi alzai in piedi, e con un salto che parve molto un passo di danza scesi giù dal palco.
Chester era seduto su una panchina di pietra posta proprio sotto una vecchia quercia che
probabilmente era più giovane di lui. Gli sorrisi con gentilezza, anche se di certo lui non avrebbe
riservato un sorriso ad una “giovane” come me.
«Chezter, dobbiamo fare qualcoza. Non possiamo ignorare la realtà… il noztro Mike vuole
eliminarci.» mi soffermai sull’ultima parola, sperando che riuscisse a capire quanto ero spaventata
e quanto in effetti fosse reale il fatto che, la notte seguente, non ci saremmo più visti sotto quella
quercia.
Il vecchietto parve non sentirmi. Okay, sapevo che era vecchio, ma finora non aveva mai avuto
problemi d’udito… o forse voleva davvero ignorare la realtà e far finta che il nostro ragazzo non ci
avesse detto niente?
Mi sedetti sulla panchina accanto a lui, stringendo meglio i nodi delle scarpette da ballo a punta.
Era un’attività che riusciva a distrarmi, a non farmi pensare a ciò che sarebbe successo di lì ad un
giorno.
Perché forse io ero l’unica che credeva che le minacce non sarebbero state vane? Non vedevo Vito
da nessuna parte, né ci tenevo, ma supposi che dovessimo parlare.
«Ehi bellezza, mi spalmeresti un po’ di crema solare sulle spalle? Non vorrei che questo sole
accecante rovini la mia bella pelle abbronzata.» esordì Vito, comparendo all’improvviso dietro di
me e porgendomi un flacone di crema.
Lo presi con una smorfia, per poi alzarmi in piedi, mettere le mani sui fianchi e commentare: «E
allora? A nezzuno qui importa che Mike abbia intenzione di ucciderci?»
Chester e Vito si lanciarono un’occhiata d’intesa, poi il giovane sfrontato si riavviò i capelli e si
stese sulla panchina a prendere il sole, mentre il vecchietto tornò a guardare un punto imprecisato
nel cielo, ricordando i bei vecchi tempi andati.
Sospirai frustrata. Perché sembrava sempre che solo io prendessi i problemi del nostro ragazzo sul
serio, mentre loro se ne stavano tranquillamente comodi ad aspettare?
Battei i piedi a terra come una bambina viziata nel tentativo di attirare la loro attenzione, facendo
ondeggiare il velo rosa del tutù su e giù come una nuvola scossa da un vento improvviso.
A volte, essere l’unica ragazza del quartetto mi metteva in crisi. Nessuno sembrava ascoltare i miei
problemi, che in effetti erano i nostri problemi. Ma stavolta sarebbero stati costretti ad ascoltare!
«Volete darmi azcolto una buona volta?! Rischiamo di non ezzerci più domani, e voi ve ne state lì a
prendere il zole!» strillai, e finalmente mi concessero la loro attenzione: Chester mi guardò con il
suo occhio buono mentre si carezzava la barba, Vito si sdraiò su un fianco osservandomi con un
sorriso smagliante da seduttore.
Mi passai una mano tra i capelli stretti in uno chignon, guardandoli con aria torva e aspettando che
qualcuno dicesse qualcosa, una qualsiasi cosa.
Finalmente Vito, indossando un paio di occhiali da sole dalle lenti scure, decide di esprimere le
proprie considerazioni a riguardo. «Sta’ calma, principessa, non c’è niente di cui preoccuparsi.
Quell’idiota non riuscirà a farci fuori. Insomma, guardami, come potrebbe voler liberarsi di un figo
come me?»
Mi sorrise sfacciato, mentre si spalmava della crema solare addosso. Il mio sguardo si fece più
ostile mentre mi rendevo conto che lui non aveva la minima intenzione di svanire.
Sarebbe riuscito a combattere la volontà di Mike, che era comunque la più forte tra di noi? Non ne
ero affatto certa.
Chester invece continuava a fissare un punto imprecisato sopra di me, quasi non si trovasse fra noi
al momento, quasi come se stesse pregando.
«Il ragazzo è solo alterato. Ai miei tempi nessuno si sarebbe rivolto così a un suo avo! Si calmerà e
si scuserà con noi. Non devi preoccuparti, ragazzina» ammiccò con l’opaco occhio scuro che gli
faceva ancora vedere la luce del giorno, tentando di tranquillizzarmi.
Eppure, malgrado il loro atteggiamento, io non ero affatto tranquilla.
Intanto le due personalità di fronte a me si fissavano in modo strano, quasi stessero confabulando
qualcosa, quasi avessero escogitato un piano…
«Che intenzioni avete, voi due? Mi nascondete forse qualcoza?» li fissai curiosa e anche un po’
infastidita. Non mi piaceva essere ignorata, né esclusa quando decidevano qualcosa di cui Mike
non era a conoscenza. Di solito questi piani finivano sempre male, visto che le loro intenzioni non
erano mai buone.
Entrambi si voltarono a fissarmi con un sorriso enigmatico, poi con un cenno mi invitarono ad
avvicinarmi, come se qualcuno lì potesse origliare la nostra conversazione.
«Non lasceremo che Mike ci faccia fuori, bambola…» disse Vito, prima di espormi il loro malefico
piano.



Beh, che dire?
Ho postato questo nuovo capitolo pur essendo costretta dal nuovo episodio di oggi ad un cambiamento di
rotta nella mia idea per questa fic. L’avete vista, la nuova personalità di Mike?
Quella specie di Indiana Jones?
Non l’ho ancora aggiunta qui perché non sono tanto certa di renderla al meglio, probabilmente però farà la
sua comparsa nei prossimi capitoli. ;)
Oh, a proposito: ho voluto interpretare Svetlana in questo modo, anche se nel reality non viene
approfondita, e potrebbe essere considerata non IC… Sta a voi decidere!

A presto, attendo i vostri consigli/commenti! <3

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Capitolo 3
*** Manitoba Smith, ecco il piano. ***


Capitolo 3. Manitoba Smith, ecco il piano.


{Mike.

 
Mi ero svegliato con il suono gentile degli uccellini mutanti dell’isola che cinguettavano fra gli alberi.
Strano, di solito i risvegli qui a Wawanakwa erano tutto tranne che gentili, ma forse oggi era il mio
giorno fortunato! Insomma, era il mio ultimo giorno da Mike lo strambo, quello che recitava
continuamente le diverse parti della sua commedia, lasciando gli altri confusi dal suo comportamento.
Mi sentivo piuttosto soddisfatto, anche se in effetti un dubbio fece capolino in quella bella giornata…
Come avrei fatto a liberarmi di loro? Avevo convissuto con le mie personalità per anni ed anni,
abituandomi in qualche modo alla loro presenza, anche affezionandomi, ma questo non l’avrei mai
ammesso di fronte a loro.
Ignorai la mia domanda interiore, e decisi di cominciare tranquillamente quella mattina.
Dopo essermi vestito, raggiunsi i miei compagni di squadra in mensa, dove Chef stava servendo la
solita sbobba mattutina. Rabbrividii di disgusto al solo pensiero di dover mangiare quella roba, ma
mi costrinsi a sorridere e prendere la mia razione.
Le Larve Mutanti avevano preso posto al tavolo, e Zoey stava chiacchierando con Cameron su una
questione che non riuscii a sentire, visto che una valanga abbronzata e che profumava terribilmente
di lacca per capelli mi travolse.
Oh, Anne Maria, perché dovevi prenderti una cotta per Vito? Non bastavano già tutti i problemi che
lui e gli altri mi davano giorno dopo giorno?
«Buongiorno, bel fusto!» trillò eccitata, stringendomi in un abbraccio soffocante. Io non mi mossi
di un millimetro, aspettando pazientemente che mi liberasse, e lanciai uno sguardo di scuse verso
la ragazza dai capelli rossi che, con un’occhiata un po’ triste e un po’ arrabbiata, scosse la testa
e si voltò dall’altra parte, senza più guardarmi.
Fui quasi tentato di chiamarla, di supplicarla di non guardarmi in quel modo, perché mi faceva
soffrire così tanto… Nel frattempo la ragazza dai capelli cotonati fece spallucce e si allontanò
da me con un’occhiata torva, rendendosi probabilmente conto che quello che aveva di fronte al
momento non era Vito.
Sospirai di sollievo. Almeno per ora mi ero liberato di lei, anche se sarebbe tornata a tormentarmi
al momento giusto, purtroppo.
Mi sedetti anch’io sulla panca, proprio di fronte a Zoey, e la salutai. Cercai di essere amichevole e
tranquillo, come se non fosse successo niente di grave, ma probabilmente la offesi ancora di più.
«Ciao Zoey. Bella giornata oggi?» mi costrinsi a sorridere.
Lei, dopo avermi lanciato un’occhiata contrariata, abbassò lo sguardo sulla colazione e non rispose.
Dovevo averla davvero ferita con il mio comportamento. Anzi, in effetti, era tutta colpa di Vito…
Ehi, demente, non è mica colpa mia se la tua pupa non è da sballo quanto Anne Maria! commentò
la personalità che detestavo di più, rimanendo però al suo posto dentro la mia testa. Che stessero
già cominciando ad imparare la lezione, reprimendo la loro voglia di uscire e creare scompiglio?
Forse, mi dissi con un sorriso compiaciuto, ero riuscito a convincerli!
«Sembri allegro, Mike. È successo qualcosa di bello?» chiese Cam, scrutandomi curioso.
Avevo notato che spesso, dietro quel paio di lenti spesse, si nascondeva uno sguardo interessato.
Parlavo, ovviamente, di uno “strano” interesse: mi guardava come se fossi una cavia da laboratorio!
Tutto ciò era inquietante, a dire il vero, ma ero abituato ad occhiate del genere. Purtroppo, anche
cercando in tutti i modi di sopprimerli, i miei personaggi si facevano notare.
«Se quei labbroni rifatti della truzza possono considerarsi belli…» mugugnò a bassa voce Zoey,
ma non abbastanza piano da non farsi sentire dai presenti, e soprattutto da me.
Il modo in cui mi stava trattando mi spezzava il cuore. Quella ragazza, così dolce e aggraziata, era
sparita per lasciare spazio ad una crudeltà che non credevo di meritare. Perché mi parlava così?
Sospirai, abbandonando del tutto quella felicità che sembrava avermi pervaso quella mattina, e
fissai il piatto pieno di qualcosa di indefinibile che, di sicuro, era stato geneticamente modificato.


{Svetlana.

«Quindi sarebbe quezto il vostro piano?» commentai non del tutto convinta, osservando il “piano”.
Si trattava di un ragazzo, più o meno dell’età di Mike – o forse un po’ più adulto – dai capelli
scompigliati coperti da un cappello da cowboy. Credevo di non averlo mai visto, prima d’ora, ma
Chester affermava che era sempre stato qui, anche se non aveva ancora avuto la forza di emergere.
«Salve, Sheila! Mi chiamo Manitoba Smith» disse lui, con un intrigante accento che, supponevo,
fosse australiano. La sua espressione mi diceva che si trattava decisamente di una personalità
fastidiosa, ma non quanto mi aspettassi.
Insomma, credevano davvero di poter sconfiggere la volontà del nostro Mike soltanto grazie ad
un tipo eccentrico che credeva di essere il miglior esploratore del mondo?
«Cos’è quello sguardo, ragazzina? Ai miei tempi la gente per bene non fissava in quel modo. Ah!»
si lamentò Chester, come al solito. Forse non si aspettava che reagissi con tanto dubbio a quello
che lui e Vito credevano essere un piano perfetto. Ma, insomma, non si poteva dire che quel tipo
irradiasse fiducia.
Sarebbe solo stato l’ennesimo problema che avremmo causato a Mike, rendendoci ancora più
odiosi ai suoi occhi. Sapevo che non importava nulla di tutto ciò alle altre due personalità, ma io,
a differenza loro, volevo bene al nostro ragazzo: lo consideravo quasi un fratellino, e mi sentivo
in dovere di aiutarlo, quando si trovava in difficoltà davanti ad un ostacolo che io potevo superare.
«Non penso che quezto sia il modo migliore di affrontare la zituazione, sapete?» risposi finalmente,
guardando prima il vecchietto centenario davanti a me, e poi spostando lo sguardo verso il
palestrato dall’abbronzatura perfetta.
Quest’ultimo mi guardò con aria saccente.
«Ehi, dolcezza, non ci interessa cosa “pensi”. E poi non hai capito proprio nulla, il cowboy qui è
solo una distrazione per quell’idiota.» commentò, per poi tornare a guardarsi le unghie con fare
interessato.
La mancanza di gentilezza di Vito mi dava sui nervi, ma non era questo il momento opportuno
per fargli notare che l’idiota qui dentro era di certo lui. Non se volevo evitare una rissa che avrebbe
fatto perdere ancora di più la concentrazione a Mike, che al momento era davvero giù di morale a
causa del comportamento della sua amata Zoey.
«E allora? Qual è il vero piano, mio caro paleztrato?» chiesi scocciata. Non riuscivo mai ad avere
una conversazione gradevole con Chester, figuriamoci con l’italo americano convinto di essere un figo.
Incrociai le braccia e lasciai che una scarpetta da ballo battesse impazientemente sul pavimento.
«Ascoltami bene, bambolina. Distrarremo lo sfigato e poi, quando meno se lo aspetta, lo attaccheremo.
Prenderemo possesso del corpo di quel perdente e ce lo divideremo!» ghignò soddisfatto della sua
malefica idea.
Allora era questo quello che volevano davvero! Volevano sottomettere la coscienza di Mike alla nostra
e essere finalmente parte della realtà per tutto il tempo che desideravano.
Dovevo ammettere che, per quanto volessi bene al nostro alter ego, mi sarebbe piaciuto essere finalmente
una ragazza vera! Avere una vita e poterla vivere con una normale adolescente… Ballare sui palchi di
tutto il mondo! Sarebbe stato un sogno.
Ma non potevo fare questo a Mike. No, davvero, non potevo.
Però non potevo permettere che le altre personalità sapessero che non ero d’accordo, quindi annuii.
«Contate pure zu di me!»


Di certo vi starete chiedendo "Ma chi è questa qui?". Beh, sono una che non compare più nel fandom da
almeno un paio d'anni ç_ç Avevo lasciato questa fanfiction a metà, perché per svariati motivi avevo perso
totalmente l'ispirazione e la voglia di continuarla. 
Diciamo che adesso, grazie alla nuova serie All Stars, ho rivalutato l'idea e mi sono rimessa all'opera. 
Ovviamente, i fatti citati si svolgono ne La Vendetta dell'Isola e - come potrete notare in futuro - cercherò di
incastrarli perfettamente tra le varie puntate. Questa, in particolare, si può leggere come una pre-episodio 7, 
in cui farà la sua comparsa Manitoba! 
Spero che sarete interessati, ci terrei a sentire il vostro giudizio :) 
Kirlia <3

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Capitolo 4
*** Lacrime di ballerine notturne. ***


Capitolo 4. Lacrime di ballerine notturne.


{Mike.

Se c’era una cosa che di certo non mi aspettavo, era una nuova personalità.
Manitoba Smith, un avventuriero capace di trovare tracce anche dove non ce n’erano.
Un donnaiolo che aveva innervosito Zoey ancora più di quanto lo era già.
Cosa mi stava succedendo?! Più desideravo che quei personaggi sparissero dalla mia
mente, più questi sembravano moltiplicarsi ed assumere tutte le sfaccettature possibili
che mi avrebbero portato alla rovina.
Mi sedetti sul terreno polveroso appena fuori dalla casetta delle Larve, con la testa fra
le mani, incapace di capire come fare a liberarmi di loro.
«Perché non volete andarvene?» gemetti frustato, mentre il sole tramontava allungando
le ombre oscure degli alberi di Wawanakwa.
Quel giorno ci eravamo salvati per miracolo dal rischio di morire a causa delle scorie
nucleari che Chris si era divertito a farci distruggere con degli esplosivi. E io non ricordavo
quasi niente di ciò che era successo lì dentro, a causa di quello stupido di un cowboy!
Potevo aver detto di tutto a quella ragazza dai capelli rossi che mi piaceva tanto, potevo
averla ferita ancor più di quanto già avevo fatto.
Eppure, per fortuna, mi era sembrata riconoscente a fine giornata, dopo che ero riuscito
a salvarla da quella marmotta mutante. Certo, se non fosse stato per Brick saremmo morti
tutti lì dentro…
«Questo perché sei un pappamolla! Moriresti all’istante senza il nostro aiuto, perdente!»
commentò improvvisamente Vito, prendendo il sopravvento su di me per un istante.
Tentai in tutti i modi di riemergere e ci riuscii con un sospiro strozzato.
Non potevo dire che avesse torto. Spesso mi avvalevo dell’aiuto delle mie personalità
alternative per superare delle prove che il semplice Mike non sarebbe riuscito a vincere.
Ma questo non giustificava la loro presenza qui con me.
«Ma io non vi voglio! Vivrei meglio senza di voi.» risposi sbuffando. Mi resi improvvisamente
conto che, se qualcuno mi avesse visto in quel momento, avrebbe pensato che stessi parlando
da solo, e mi avrebbe preso per uno schizzato. Beh, ma in fondo, io stavo davvero parlando
da solo.
«Mi spezzi il cuore con quezte parole…» intervenne Svetlana, singhiozzando improvvisamente.
Una lacrima mi solcò il viso e mi resi conto che, per lei, doveva essere davvero dura sentirsi
dire queste cose. In fondo, non se le meritava: se c’era uno di loro che non mi infastidiva
molto, quella era la ginnasta olimpionica russa.
Non mi permise di riprendere il controllo, mentre si rannicchiava su se stessa e cominciava a
piangere silenziosamente. La osservai dal mio subconscio, mentre cercava di dare un senso
al perché non la volessi più con me. Non credevo che fosse così sensibile.
Svet, scusami. Non volevo dire così, io… cercai di giustificarmi con lei, che però mi interruppe
improvvisamente.
«Niet. So coza intendevi dire e… hai ragione. Chi ziamo noi per distruggere la tua vita?»
sussurrò, per poi lasciarmi riemergere. Sprofondò nella mia mente, tornando ad essere
solo una presenza silenziosa.
Mi ritrovai con le ginocchia strette al petto, e con il cuore che batteva dolorosamente. Cercai
di cancellare le lacrime che mi avevano bagnato le guance, e di riprendermi del tutto.
Era già una decisione difficile, quella di mandarli via. In effetti, erano pur sempre una parte
di me che avevo intenzione di cancellare. Ma la ballerina rendeva questa situazione ancora
peggiore: cercava in tutti i modi di impietosirmi, di chiedermi di lasciarli stare, puntando
sul fatto che ci fossimo ormai affezionati gli uni agli altri.
Beh, questo poteva valere per lei, ma non di certo per Vito.

Fu in quel momento che mi accorsi che qualcuno ci stava spiando nell’ombra, e quel qualcuno
si rivelò essere Cameron. Mi lanciò un’occhiata di scuse, come se fosse dispiaciuto del fatto
che stava ascoltando la nostra conversazione.
Oh no! E se avesse sentito Svetlana parlare? Da quanto tempo era lì a guardarmi?
Mentre mi facevo tutte queste domande sperando di non agitarmi troppo – perché Chester
era sempre in agguato – il piccoletto si decise a parlare.
«Mike, ehm, sei affetto da un disturbo di personalità multipla?» chiese, e dal suo sguardo
mi resi conto che voleva essere il più cauto possibile sull’argomento.
Sentii che il mio cuore perdeva qualche battito. Se Cam lo sapeva, forse lo sapeva anche
Zoey e il resto dei concorrenti. E cosa avrebbero pensato di me se non che ero un matto?
«Cosa? Chi te lo ha detto?» chiesi nervoso, sperando che stesse scherzando. No, davvero,
come aveva capito che avevo questo problema?
«Sedici anni in una bolla e si diventa intuitivi.» commentò, come se fosse quella la cosa
più ovvia del mondo. Voleva forse dire che l’aveva capito da solo? Ma questo significava
che anche gli altri dovevano aver notato qualcosa!
Prima che riuscissi a chiedergli chi altri sapesse della mia condizione, lui continuò.
« Perché ti ostini a nasconderlo? Ti potrei aiutare a controllarlo» disse tranquillamente.
Non potei fremere di eccitazione alle sue parole. Lui voleva aiutarmi! Non voleva mettermi
da parte, non voleva guardarmi con disgusto considerandomi “Mike lo strambo” come
da sempre tutti facevano. Lui era… gentile.
«Davvero?» chiesi emozionato, con un tono che indicava chiaramente che sarebbe stato
un sogno essere aiutato a sopprimere la presenza dei miei personaggi. Magari finalmente
avevo trovato la soluzione!
Probabilmente non sarei riuscito a cacciare via i miei alter ego entro mezzanotte, come
avevo previsto, ma comunque presto se ne sarebbero andati via definitivamente! Mi fidavo
di Cam, era davvero un buon amico, e se diceva di potermi aiutare doveva essere vero.
«Certo. Ma mi devi prima dare una mano con Scott, non mi fido di quel tipo.» commentò,
ma io non lo ascoltai nemmeno. Scott era un problema secondario rispetto a... beh, Vito,
Chester e Svetlana. Per non dimenticare quel Manitoba Smith!
Lo abbracciai fin quasi a stritolarlo, talmente ero felice all’idea di avere finalmente un
valido aiuto.
«Oh amico sei un mito! Grazie, grazie, grazie!»
Magari Zoey non avrebbe mai saputo delle mie personalità! Magari le avrei cancellate del
tutto prima che si rendesse conto della loro presenza. E avrebbe pensato soltanto che mi
ero stufato di esercitarmi nelle imitazioni teatrali.
« È un piacere aiutarti» disse lui con voce strozzata, ma io non mi curai assolutamente
del rischio di fargli male. Ero decisamente felice!


Quella sera fu Brick a prendere il volo con la catapulta della vergogna, ma quello che mi
stupii fu che anche Anne Maria aveva deciso di andarsene: credeva che quel grosso
zircone che Ezekiel gli aveva regalato fosse un diamante, e per questo si era ritirata
dalla competizione.
Beh, di certo quello era stato un grosso colpo per Vito, che aveva cominciato ad imprecare
come il peggiore degli scaricatori di porto, e ad urlare per cercare di richiamare l’attenzione
della sua bella e chiederle di rimanere. Avevo dovuto costringermi a tenerlo a bada anche
quando aveva deciso di prendere a pugni Chris per averla lanciata via, ed era stata una
vera e propria sofferenza.
Ecco perché avevo deciso di andare a riposare presto e ricaricarmi per la prossima sfida
che mi avrebbe atteso, che di sicuro sarebbe stata ancora più terribile delle precedenti.
Ero piuttosto tranquillo, e avevo dimenticato l’ultimatum che avevo dato alle mie personalità,
perché avrei dovuto aspettare ancora alcuni giorni in cui io e Cameron avremmo lavorato
insieme per mandarle via.
Giovanotto! Non puoi cacciarci, che fine ha fatto il rispetto per gli anziani?! commentava
ancora infastidito Chester, nella mia mente, ma io continuai ad ignorarlo senza problemi.
Mi sdraiai su quel letto scomodissimo, che sembrava essere fatto di pietra, e presi ancora
una volta lo specchio che tenevo nascosto lì: Mike, ci sarebbe stato solo Mike. Dovevo
avere fede, mancava poco.


{Svetlana.

Mike era andato a dormire, e finalmente potevo approfittare dei suoi momenti di
incoscienza per prendere possesso del suo corpo.
Aprii i miei occhi, che erano di un bel castano scuro nel corpo del mio “ospite” – anche
se le mie vere iridi erano azzurro cielo – e mi guardai intorno. Non capitava spesso che
decidessi di fare una gita all’esterno quando il ragazzo dormiva, ma quella notte sentivo
che avevo proprio bisogno di prendere aria e allontanarmi dalle altre personalità.
Avevano idee malsane su come liberarsi di Mike, e io ero spaventata e contrariata da
tutto ciò. Non mi piaceva affatto il piano che avevano ipotizzato, ma non potevo darlo a
vedere.
«Chissà coza mi avrebbero fatto ze avessi detto loro che non ero d’accordo.» commentai,
rabbrividendo leggermente nell’aria fresca dell’isola. Vito e Chester potevano essere
piuttosto violenti, a volte, e non ero sicura di potermi fidare nemmeno di quel Manitoba.
 Ero uscita all’esterno della capanna, e mi stavo esercitando in alcune pose e volteggi da
ginnastica sugli scalini davanti alla porta. Ero agile e leggera come una piuma, e sapevo
che non avrei disturbato nessuno dei campeggiatori. O almeno, così credevo.
«M-Mike…? Che ci fai qui fuori?» chiese una voce. Per la paura di questa presenza
improvvisa, caddi all’indietro mentre stavo in equilibrio su una gamba sola.
Chiusi gli occhi, aspettando l’impatto con il terreno, che però non arrivò mai. Mi ritrovai,
invece, poggiata su qualcosa di estremamente soffice. Ma cosa…?
Le mie palpebre si aprirono lentamente e, attraverso le lunghe ciglia, riconobbi la figura
di uno dei compagni di squadra di Mike, Cameron. Che era anche uno dei suoi migliori
amici di sempre. E io, in quel momento, mi trovavo tra le sue braccia magre.
«Oh! Io non volevo, scuzami!» dissi subito, alzandomi e allontanandomi da lui. Non che
fossi così timida, normalmente, ma avevo sentito che era proprio quel ragazzino ad
aiutare il mio alter ego a liberarsi di me.
Questo era decisamente uno dei motivi per cui non volevo averci nulla a che fare.
 Allo stesso tempo, però, ero imbarazzata. Non mi capitava tutti i giorni di sbagliare
un passo di danza e, soprattutto, non mi capitava mai di cadere tra le braccia di
un uo… ragazzo.
«Svetlana!» esclamò lui, probabilmente riconoscendomi dal mio marcato accento.
Era strano il modo in cui le sue labbra pronunciavano il mio nome, o forse
semplicemente nessuno mi chiamava mai, e per questo mi sembrava strano.
Prese un blocco per appunti da non sapevo dove e cominciò a scribacchiare qualcosa.
Non avevo la minima idea di cosa stesse facendo, e mi ritrovai a fissarlo immobile,
incapace di fare niente.
Lui continuò a scrivere finché, alzando lo sguardo, non si accorse che lo stavo
osservando in silenzio. Non che pretendessi esattamente una spiegazione, ma
non mi piaceva l’idea di essere studiata come una cavia da laboratorio. Non era
neanche gentile da parte sua.
«Oh! Cioè io… sai non credevo che tu… che voi prendeste il controllo di Mike anche
durante la notte.» commentò, come per scusarsi, e posò al suo posto il foglio che
stava compilando. Mi guardò attraverso quegli occhiali tondi, e stavolta vidi in
lui non solo curiosità, ma anche voglia di parlare. Di cosa poteva parlare con una
come me?
«Non lo faccio zpesso. Anzi non lo faccio mai, è la prima volta che Svetlana appare
di notte.» mentii, cominciando a parlare in terza persona, come a volte mi capitava.
Non lo facevo di proposito, succedeva quando ero nervosa perché mi dovevo esibire
o quando mi trovavo in situazioni stressanti. E questo era decisamente un brutto
momento.
Se Cameron avesse fatto sapere alla mia personalità dominante che me ne andavo
in giro di notte ad allenarmi, sarei stata cancellata dalla sua mente al più presto
possibile. Ecco perché avevo risposto in quel modo, nascondendo le mie attività
notturne.
Lui sbarrò gli occhi, rendendosi conto di qualcosa che a me, evidentemente, sfuggiva.
Poi portò le mani davanti a sé, in un gesto di scuse.
«No, no! Non devi avere paura di me, volevo solo parlarti.» disse con un tono stupito,
come se non si aspettasse che qualcuno potesse avere paura di lui. Beh,se dovevo
essere sincera, non rischiavo mica che mi picchiasse, o qualcosa del genere: era
talmente mingherlino! Ma il terrore che avevo di lui, nasceva dal fatto che aveva
un’intelligenza molto sviluppata, magari un’intelligenza che lo avrebbe portato ad
eliminarmi. Ad eliminarci tutti.
«S-Svetlana non ha paura di nulla. Non ha paura del ragazzino che vuole aiutare Mike
a zbarazzarsi delle zue personalità.» commentai, rendendomi conto solo dopo di ciò
che stavo dicendo. Ah! Come mi era venuto in mente? Stupida, stupida ginnasta russa!
Avevo quasi deciso di tornarmene nel subconscio, imbarazzata e confusa, lasciando
al mio alter ego le redini, quando il ragazzino rispose.
«Cosa? No, io non voglio eliminarvi! Cioè, voglio solo che Mike abbia un po’ di controllo…»
cercò di spiegarsi, sedendosi su uno scalino e facendomi cenno, per invitarmi a farlo
a mia volta.
Rimasi lì in piedi, indecisa su come comportarmi, prima di arrendermi e sedermi accanto
a lui. In fondo, non mi costava nulla ascoltarlo, e poi avrei riportato il corpo del mio
“ospite” a letto e lo avrei aiutato a riaddormentarsi.
«Controllo, dici? Forze non zai che lui intende sopprimerci del tutto.» ribattei, prima
di mordicchiarmi un’unghia nervosamente. Certo, non erano le mie unghie laccate di
fresco, ma andavano bene comunque.
Cameron mi guardò preoccupato, poi mi prese le mani e le strinse nelle sue. Immaginai
che fossero davvero le mie mani, piccole e pallide, e non quelle di Mike, ad essere
strette nelle sue, e mi ritrovai a pensare che fosse una sensazione piacevole.
«Non credo che possa farlo. Sai, voi siete parte di lui e non potrete mai andarvene
definitivamente.» confermò. Mi sentii improvvisamente pervasa da un sollievo, come
se un macigno che non sapevo di portare fosse scomparso all’improvviso, lasciandomi
una sensazione di totale leggerezza.
«Davvero? Oh, sono cozì felice!» strillai, totalmente emozionata dalla notizia. In un
moto di allegria, strinsi il ragazzo tra le braccia, e continuai a strillare «Grazie, grazie,
grazie!»
Non sapevo che Mike avesse reagito esattamente allo stesso modo all’idea di poterci
togliere di mezzo. 


Eccomi qui di nuovo ad infastidirmi con le mie idee malsane. Allora, innanzitutto ho alcuni
spiegazioni da dare:
1. Non ho niente contro gli scaricatori di porto, per carità, quello che ho usato è solo un 
modo di dire;
2. Come avrete notato il dialogo fra Cam e Mike è esattamente quello dell'episodio 6,
appena prima della cerimonia di eliminazione. Spero che non vi infastidisca la citazione, 
ma in questo caso ero costretta a farla;
3. Se state davvero leggendo questa schifezza, sappiate che potete trattenervi ancora 
per un po' dal rispolverare Youtube e vedere l'episodio 7, perché ci saranno dei capitoli 
tra questo e quello. 
4. Boh, nient'altro XD Qualsiasi cosa pensiate, siete liberi di recensire se vi va. 

Ho finito :D Spero che vi piacerà! 
A presto! 
Kirlia <3

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Capitolo 5
*** Questi ricordi non sono miei! ***


Capitolo 5. Questi ricordi non sono miei!


{Mike.

La mattina dopo, mi svegliai a causa dei un topo radioattivo che aveva cercato di colpirmi
sparando raggi laser dagli occhi. Ma davvero permettevano a Chris McLean di usare quell’isola
come set di un reality? Non riuscivo ancora a capire dove trovasse le autorizzazioni.
Di certo, non era stato uno dei miei risvegli migliori, ma almeno le mie personalità non si erano
ancora fatte vive.
Ci cercavi, sfigato? Tranquillo idiota, non andiamo da nessuna parte! commentò proprio in quel
momento l’alter ego che decisamente odiavo di più. Vito, in quei giorni, sembrava non essere
capace di smettere di riempirmi di insulti del tutto gratuitamente. Chissà, forse si era davvero
innamorato di Anne Maria, e la sua assenza lo metteva a disagio… Naah! Non era da lui,
sicuramente si sarebbe trovato un’altra “pupa” nel giro di mezzo secondo.
Certo, se non fossimo confinati in questo schifo di posto! aggiunse lui, quasi a voler confermare
la mia teoria. Beh, avrebbe dovuto resistere ancora alcune settimane, il tempo di vincere il milione
di dollari. Oppure sarebbe sparito prima, grazie a Cam. Probabilmente questa era l’alternativa che
mi piaceva di più.
Ragazzino! Attento a quello che pensi! si intromise Chester, borbottando di prima mattina.
Sorrisi divertito dalla sua reazione, e aspettai che anche Svetlana mi rispondesse a tono. Mi stupii
di sentire la mia mente silenziosa. Dov’era la sua acuta voce da donna? Il suo curioso accento russo?
Sheila è molto stanca, dopo il suo incontro amoroso… alluse Manitoba, sorprendendomi. Incontro
amoroso? Ma cosa…?
In effetti mi sentivo piuttosto indolenzito, come se avessi corso tutta la notte o se mi fossi esercitato
nel contorsionismo. Che la ginnasta si fosse approfittata del mio sonno per allenarsi? E con chi si
era incontrata?
Trasmisi quelle domande al mio subconscio, ma nessuno dei miei personaggi ebbe voglia di parlare.
Mi sembrò quasi che volessero nascondermi di proposito l’identità della persona che aveva incontrato
la mia unica personalità donna, e mi spaventai. Non è che avevo baciato un ragazzo, vero?
Cioè… a me piaceva solo Zoey!
Mentre rimuginavo su tutto ciò, apparve proprio la bella ragazza a cui stavo pensando.
«Buongiorno, dormiglione! Sono già tutti a fare colazione, ti va di accompagnarmi?» mi invitò,
sorridente, con quel suo viso che sembrava irradiare luce. Oh, era talmente carina!
Mi ero innamorato di lei nello stesso istante in cui l’avevo vista, con quel suo fiore tra i capelli e i codini
rossi, con quello sguardo così ammaliante! No, non avrei mai perso quella ragazza, ad ogni costo.
Dimenticando la conversazione avuta con le mie altre identità, e prendendo Zoey per mano, cancellai
dalla mia mente l’idea di svegliare Svetlana per chiederle del suo misterioso appuntamento.

«Sai, è stato davvero fantastico quello che hai fatto per me e Cam, ieri! Cioè, se non fosse stato per te
saremmo stati divorati da quella talpa gigante!» disse entusiasta la rossa, mentre prendeva la sua
razione di… qualcosa di indefinibilmente grigio e si sedeva al suo posto accanto al resto delle Larve Mutanti.
Cam commentò subito a sua volta.
«In realtà si trattava di una marmotta mutante. Una Marmota Fraviventris, per l’esattezza.» disse,
spingendosi gli occhiali lucidi sul naso.
Ebbi improvvisamente un fremito, come se una parte di me fosse curiosa di osservare i gesti di
Cameron, di vedere come si comportava e cosa mangiava e cosa diceva. Scacciai quella sensazione
e mi voltai per sorridere a Zoey, ma dentro di me mi chiedevo cosa mi prendesse.
«Ma il concetto è lo stesso, sei stato grande!» aggiunse ancora, per poi prendere un cucchiaio di
“colazione” e portarselo alla bocca. Rischiò, ovviamente, di soffocare.
Sentii quasi il bisogno di andare ad aiutarlo, ma mi dissi che ce l’avrebbe fatta da solo. In fondo, tutti
avevamo sofferto la sensazione di strozzarci con il cibo di Chef.
Sorrisi soddisfatto per il modo in cui i miei amici mi guardavano con ammirazione. Ero davvero orgoglioso
e, soprattutto, lo sguardo di Zoey mi diceva che mi considerava in qualche modo il suo eroe. Forse le
cose si stavano già aggiustando tra noi!
«Chissà cosa ci riserverà la prossima sfida di Chris… Non ci si può fidare di quel tipo, metterebbe a rischio
anche le nostre vite!» disse improvvisamente la ragazza, riflettendo ad alta voce con uno sguardo un po’
preoccupato.
Cercava in tutti i modi di evitare di ingoiare quel cibo disgustoso, giocherellando con il cucchiaio ma senza
prendere un boccone. Beh, mi dissi, neanche io ho voglia di morire avvelenato.
Spingendo da una parte la scodella ancora piena, cercai di essere positivo sulla questione.
«Tranquilla. Di qualsiasi cosa si tratti la affronteremo insieme.» sorrisi, prendendole poi le mani in segno di
incoraggiamento.
Nello stesso istante in cui lo feci, ebbi una sorta di dejà-vu: avevo già visto delle mani stringersi in quel modo,
delle mani piccole e chiare come quelle di Zoey, in quelle di un ragazzo dalla pelle scura.
Uh? Ma questo ricordo… era mio? Non mi veniva in mente nessun’altra occasione in cui avevo stretto delle
mani femminili, se non quelle della rossa. E le mani dell’uomo non sembravano nemmeno esattamente le mie,
a meno che non fossero state quelle super abbronzate di Vito.
Decisi che, probabilmente, si trattava di un suo ricordo, anche se non ne ero affatto certo: quel bullo
difficilmente avrebbe compiuto un gesto così gentile nei confronti di una ragazza. Le sue maniere erano molto
più rozze di così.
Ehi! Guarda che io so come trattare una pupa, idiota! confermò i miei pensieri lui. Sì, come no, sapeva di
certo comportarsi da gentiluomo. Allo stesso tempo, però, non mi disse che quel dejà-vu apparteneva a lui.
Beh, non potevo soffermarmi troppo a pensarci, anche perché in quel momento i miei amici mi stavano fissando.
«Mike? A cosa stai pensando, in modo così intenso?» chiese Zoey, scrutandomi con curiosità. Ecco, infatti:
quando cominciavo a conversare con le mie personalità tendevo ad estraniarmi dal mondo. Come se non
fossi già abbastanza strambo.
«A nulla! Cioè, stavo cercando di immaginare la prossima prova a cui verremo sottoposti. Ma andrà tutto
bene.» risposi in fretta, ignorando le loro occhiate.
Poi mi alzai dalla panca e feci cenno a Cameron di seguirmi.
Dovevo assolutamente cominciare a disfarmi delle mie personalità. Non avevo idea di cosa volesse fare per
rendermi capace di controllarle, ma credevo che questo avrebbe richiesto una sorta di addestramento. Che
avrei iniziato appena possibile!
«Ehi, ragazzi, dove andate? Posso venire con voi?» chiese di nuovo la ragazza con i codini, cercando di seguirci
a sua volta.
La scusa qualsiasi che dovetti inventare per impedirle di venire con noi la deluse. Notai subito nel suoi occhi
quella scintilla che diceva che continuava a non fidarsi di me.
Dannate personalità!

«Che succede, Mike? Mi sembri allarmato…» chiese Cam, appena fuori dalla porta della sala mensa.
Non sapevo se fosse il caso o no di raccontargli dell’impressione che quel ricordo non mio mi aveva fatto,
ma avevo avuto bisogno di uscire da quella stanza soffocante all’istante.
Avevo avuto paura, e questa era la prima volta, che i personaggi nella mia testa cominciassero ad essere
più forti di me. La mia coscienza era sempre stata quella dominante, tanto che i miei pensieri restavano
miei e i miei ricordi non venivano mai alterati o sostituiti da quelli degli altri. Ma cosa pensare di quel dejà-vu?
«Sai che puoi parlarmene. Perché siamo amici, giusto?»aggiunse ancora l’occhialuto.
Sapevo che per lui la mia amicizia significava tanto. Dopo aver vissuto sedici anni in una bolla, trovarsi
ad affrontare il mondo senza un amico era terribile. Certo, non tanto quanto perderli a causa di certe
identità matte che continuano a parlarti nella mente, ma sapevo cosa significava.
Ecco perché decisi di dirglielo.
«Ho appena subito un ricordo non mio. Credo fosse di Vito. Non era mai successo prima d’ora…» risposi
alle sue domande con un leggero tremore. Non volevo ammettere di essere spaventato, ma era chiaro
che al mio corpo non importassero le mie intenzioni.
«D-Davvero? Questo è interessante.» commentò, prendendo il suo affezionato blocco per appunti e
cominciando a scrivere qualcosa.
Doveva essere qualcosa di del tutto inaspettato anche per lui, perché la penna si muoveva come presa
da una frenesia improvvisa su quel foglio, ed era calato uno strano silenzio.
Anche questo è già successo… mi disse qualcuno, ma non era nessuna delle mie personalità. Era un
altro ricordo che era rimasto impresso nel mio corpo, ma che io non riconoscevo.
«Sta succedendo ancora!» gemetti, frustato, ma non abbastanza da richiamare il vecchio Chester
«Devi farlo smettere, Cam!»
Mi portai una mano alla testa, tra i capelli, cercando di bloccare ogni pensiero che non credevo
appartenesse a me.
«Calmati, Mike. Prima di cominciare a controllare le tue personalità, devo osservarti ancora, in modo da
riuscire a capire quali sono i meccanismi che riescono a fare scattare il cambiamento.» affermò il ragazzo
bolla, con un atteggiamento professionale.
Bene. Allora era questo che dovevo fare: aspettare ancora. Come se non avessi già aspettato abbastanza
in questi sedici anni! Ma non potevo dire questo a Cam, che stava già facendo lo sforzo di aiutarmi.
In fondo, nessun dottore era mai stato capace di fare qualcosa per me, e finalmente lui mi si presentava
con una vera opportunità.
Dovevo affidarmi a lui, era l’unico modo.


E rieccomi con un nuovo capitolo, che spero sia gradito! Si tratta solo di un capitolo di passaggio, più o meno.
Non mi pare di avere considerazioni da fare, quest'oggi, tranne forse... ADORO EVIL MIKE! 
Okay, basta adesso vado! 
A presto, 
Kirlia <3

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Capitolo 6
*** Risse di prima mattina. ***


Capitolo 6. Risse di prima mattina.

{Svetlana.

Appena aprii gli occhi quella mattina, nel subconscio di Mike, fui aggredita dalla furia
cieca dei miei “coinquilini”.
«Allora è questo il tuo piano, pupa?! Vuoi mandare tutto all’aria, eh!» mi urlò Vito, come
una furia, prendendomi per le fragili spalle candide con quelle sue enormi mani abbronzate
e scuotendomi come se volesse farmi vomitare l’anima.
Lo guardai ad occhi sbarrati, terrorizzata, non sapendo che cosa aspettarmi da lui e non
riuscendo a dire nemmeno una parola. Che cosa avevo fatto per meritarmi un trattamento
del genere?
Come se non bastasse, Chester arrivò scuotendo il bastone e sbraitando qualcosa su
come le mocciose fossero solo delle stupide al giorno d’oggi.
Improvvisamente del tutto sveglia, cercai di liberarmi dalla sua presa e di reagire.
«Ma di coza stai parlando, Vito? Io non ho fatto proprio nulla!» strillai, spingendolo via e
cadendo inevitabilmente a terra. Il mio tutù si era tutto stropicciato, e le mie scarpette da
ballo si erano sporcate di polvere. Mi voltai per fulminarli e ritrovai di fronte a me le due
personalità, che mi guardavano in modo odioso.
Non riuscivo a capire cosa non andasse: era vero che non ero d’accordo con il loro stupido
piano ma non avevo detto o fatto niente per intralciarli. Anche perché adesso, grazie a
Cameron, sapevo che qualsiasi tentativo fatto da Mike non ci avrebbe mai eliminato del tutto.
Quindi perché avrei dovuto subire le loro urla di rabbia?
«Lo sai bene cosa hai fatto, ragazzina!» mi rimproverò il vecchietto, mulinando ancora il
bastone come un forsennato. Io, dal mio canto, ancora non capivo a cosa si riferissero.
Me n’ero stata per conto mio tutto il tempo, e avevo lasciato che si organizzassero come
meglio credevano. Li avevo persino lasciati aiutare Manitoba Smith a farsi largo nella mente
del nostro ragazzo!
A proposito, dov’era quell’avventuriero?
«Calmatevi, adesso. Non è colpa di Sheila se è successo tutto questo.» commentò l’identità
a cui stavo pensando, spuntando praticamente dal nulla, per poi porgermi la mano e aiutarmi
ad alzarmi.
«Signori, non è questo il modo di trattare una donzella.» aggiunse, con un’occhiataccia alle
personalità che mi avevano aggredito.
Vito non sembrò affatto gradire la sua presenza, e gli rifilò un pugno sul naso, che fece
barcollare il mio unico aiutante. Io non riuscii a trattenere un urletto strozzato. Non riuscivo
proprio a capire perché si stessero comportando così, ma cominciavo a preoccuparmi.
Doveva essere davvero successo qualcosa per far diventare l’italo americano così rissoso.
«Sta’ zitto, Indiana Jones. È anche colpa tua se ci troviamo in questo casino!» lo aggredì
ancora, con uno spintone.
Basta, non ne potevo più di vederli litigare.
Spinsi Vito da una parte e Manitoba dall’altra, sperando di non aver bisogno di bloccare anche
Chester. Mi misi in mezzo e strillai «Adesso bazta! Ragazzi, volete spiegarmi coz’è accaduto
di tanto grave?»
Tutti rimasero improvvisamente in silenzio, e si guardarono l’un l’altro confusi. Qualcosa mi
diceva che non si erano resi conto che evidentemente non sapevo di cosa stessero parlando.
Erano talmente stati presi dal gridarsi contro da non accorgersi che io ero all’oscuro di tutto.
Si guardarono i piedi per un attimo, come fossero diventati timidi.
Io, invece, incrociai le braccia e cominciai a battere nervosamente la punta di gesso della mia
scarpetta da ballo sul terreno. Alzai un sopracciglio aspettando la loro spiegazione per quel
litigio. E speravo che a Mike non fosse venuta un’emicrania.
Finalmente Chester si decise a parlare.
«Hai mandato dei tuoi ricordi nella mente di quel moccioso!» mi rimproverò, mentre un tic gli
prendeva il suo unico occhio buono, che cominciava a battere ossessivamente. Speravo solo
che non gli venisse una sorta di infarto.  
Tralasciando lo stato di salute di quel vecchio, mi chiedevo quali ricordi avessi fatto rivivere a
Mike e, soprattutto, non trovavo che ci fosse nulla di male. Mi sarei scusata con lui al più
presto per averlo reso partecipe dei miei pensieri senza volerlo.
Eppure qualcosa mi diceva che avevo fatto qualcosa di quasi illegale, e mi innervosii.
«Svetlana non crede che zia cozì terribile…» commentai, rendendomi conto di essere
spaventata dalla situazione.
Vito sbuffò, evidentemente infastidito.
«E quel geniaccio di cowboy non ha fatto altro che aumentare i suoi sospetti. Grazie, idiota!»
sbottò, con un’occhiataccia a Manitoba, che prese il cappello che aveva in testa tra le mani
e cominciò a torturarlo e a spiegazzarlo. Doveva sentirsi in colpa, qualsiasi cosa avesse fatto
per rovinare ancora di più il piano, a quanto pare ci era riuscito.
Prima che riuscissi a chiedere più informazioni e a capire seriamente quali fossero le
conseguenze del “disastro” che avevo combinato, sentimmo la voce di Mike risuonare tutto
intorno a noi.
«Fate silenzio! Mi fate venire il mal di testa…» gemette, e tutte le personalità, compresa me,
si zittirono improvvisamente.
Speravamo tutti che il ragazzo non avesse capito nulla della nostra conversazione e, a
quanto pareva, fu così. Non chiese di cosa stessimo parlando.
Fu a quel punto che Vito si portò l’indice e il medio agli occhi, per poi indicarmi con uno
sguardo truce.
Rabbrividii, rendendomi conto che con quel gesto mi aveva appena detto “Ti tengo d’occhio,
bellezza.”


{Vito.

Stavamo camminando in uno dei percorsi disegnati dalla mente di quel matto, allontanandoci
gli uni dagli altri. Volevo solo restare solo, ma sembrava che qualcuno non avesse intenzione
di mollarmi.
«Come puoi biasimare Sheila? In fondo, anche tu gli hai dato problemi con quella Anne Maria…»
cominciò quel demente di Manitoba che, a quanto pare, non era capace di stare zitto e farsi
gli affari suoi.
Strinsi i pugni ma mantenni le braccia lungo i fianchi, cercando un motivo nella mia testa per
cui non dovevo riempirlo di botte seduta stante.
Sopportare quel vecchiaccio di Chester e quella svitata di Svetlana era già abbastanza, per un
povero diavolo come me. Chi avrebbe saputo che quell’australiano da strapazzo sarebbe stato
ancora più irritante di quei due messi insieme?
«E poi ti stai comportando come una femminuccia! Non è finita, abbiamo ancora una possibilità…»
continuò imperterrito il suo discorso con quello stupido accento.
Decisamente lo odiavo a morte. Non solo non era stato capace di distrarre a dovere quell’idiota
che comandava il mio corpo, ma addirittura credeva di potermi dare lezioni di vita su come comportarmi?!
In quel momento mandai a quel paese tutte quelle voci nella mia testa che mi dicevano di calmarmi
e lo presi per il colletto della camicia, fissandolo dritto negli occhi.
«Ascoltami bene, stupido cowboy. Anne Maria è solo una bambolina come tante altre.» dissi,
facendogli capire che non me ne importava un fico secco di lei e dei suoi capelli cotonati.
Non era colpa mia se Mike non era capace di controllarsi e lasciava che mi approfittassi della
situazione. Che c’era di male a volersi divertire con una pupa, una volta ogni tanto?
Ma per quella ballerina non era esattamente la stessa cosa, e sapevo che avrebbe potuto mandare
tutto all’aria con quella sua testolina sognante.
« Se il mio piano salta per colpa di quella dannata ginnasta e delle tue allusioni, sappi che non la
passerai liscia. Intesi?» ringhiai, stringendo ancora per bene la presa. Non scherzavo mai, io.
«Ho capito, ho capito!» gracchiò, non riuscendo quasi a respirare. Con un sorriso malefico lo
lasciai finalmente andare.
Bene, speravo che avesse finalmente compreso il messaggio.
Qui il capo sono io e si fa tutto a modo mio.


Eccovi qui un capitolo piuttosto breve, a cui ne seguirà uno in cui - finalmente! - potremo rivedere
Cam e Svetlana insieme *_* 
Questa parte della storia mi serviva per far capire che, chiaramente, le altre personalità si 
sono accorte del vago interesse della ballerina verso il ragazzo bolla. Anzi, in realtà se ne 
sono rese conto più loro che Svetlana XD Ma presto se ne accorgerà! 
Secondo voi ho saputo interpretare bene Vito? Sapete, è un po' complicato per me.
Sono contentissima di aver avuto recensioni positive da nuove lettrici *_* E spero di riceverne 
ancora e ancora! 
Che altro dirvi? 
Oh, sì! Avete visto l'ultimo episodio? Il caro Malevolent One è sempre più intrigante. Però mi 
sarebbe piaciuto poter rivedere anche le altre personalità di Mike... 

Beh, per oggi basta!
Spero che vi piacerà, fatemi sapere! 
Un bacio, 
Kirlia <3

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Capitolo 7
*** Catalogando le personalità multiple. ***


Capitolo 7. Catalogando le personalità multiple.


{Cameron

Nei giorni successivi, mi occupai di osservare attentamente e decodificare il comportamento di
Mike e delle sue personalità multiple.
Capire cosa causava la “trasformazione” non era sempre facile, ma per fortuna sembrava che
i vari personaggi tendessero a manifestarsi spesso, quindi mi era bastato solo seguirlo durante
i suoi spostamenti e osservare attentamente i suoi gesti.

Il primo che riuscii a vedere fu anche quello che dava più fastidio a Zoey e al resto della compagnia.
Quella mattina eravamo andati alle docce comuni per cercare di darci una pulita: vivere per sedici
anni rinchiusi dentro una bolla mi aveva reso estremamente germofobico, ma questo valeva anche
per tutti gli altri concorrenti. Tranne per Scott, che sembrava vivere bene nella sporcizia e nella
polvere dell’isola di Wawanakwa.
Mentre aspettavo il mio turno per rinfrescarmi, Mike entrò nella doccia con una cuffia per capelli e
un accappatoio. Mi sembrava che non ci fosse niente di strano in tutto ciò, almeno finché non lo
sentii inspirare profondamente e poi cominciare a cantare, con un tono di voce che non era il suo.
«Su le mani, su le mani. Su, su, su le mani! Yo!» esordì.
Ed ecco che era spuntato fuori Vito. Il suo meccanismo era stato facile da comprendere, anche
perché lo avevo osservato abbastanza in precedenza: ogni volta che si toglieva la camicia, faceva
la sua comparsa il ragazzo di Anne Maria.

In un’altra occasione, una in cui non avrei dovuto essere presente, riuscii a vedere Chester.
Alle prime ore del pomeriggio, Mike aveva appuntamento con Zoey in riva al mare. Il mio amico mi
aveva chiesto di non seguirlo per quel giorno, in modo da poter restare da solo con la ragazza che
voleva conquistare e magari riuscire a farla passare dalla nostra parte per eliminare la minaccia di
Scott.
Io gli avevo assicurato che me ne sarei stato per conto mio ad analizzare i dati in mio possesso,
ma poi non avevo resistito. Una sorta di sesto senso mi diceva che non avrei dovuto perdere quella
possibilità, soprattutto perché, quando doveva incontrarsi con la rossa, Mike diventava piuttosto
nervoso e tendeva a creare disastri. E in questi disastri, le sue personalità avevano sempre un ruolo
di spicco.
Lo trovai mentre stava camminando tranquillamente sulla spiaggia, con aria sognante, e sogghignai.
Probabilmente stava pensando alla sua amata.
Stavo per andarmene, rendendomi conto che il mio istinto forse aveva sbagliato, quando lui colpì per
sbaglio una pietra sporgente tra la sabbia.
Subito inspirò pesantemente, e io capii subito di averci visto giusto. 
«Dannati mocciosi che lasciano sassi ovunque, dovunque e comunque!» sbottò, con un tono e
un’espressione che lo facevano somigliare molto a un vecchietto. Frustato, colpì con un calcio la
roccia, riuscendo solo a farsi più male.
«Stradannati!» continuò nervosamente.
Conclusi che quando si sentiva frustato, Mike si trasformava in Chester.

Quella più difficile da riconoscere fu Svetlana poiché, quando non dovevamo affrontare le nostre
sfide, non c’erano condizioni per cui dovesse spuntare.
«Svet è l’unica che cerca di aiutarmi. Quando mi trovo di fronte ad un ostacolo che non riesco a
superare, appare lei.» commentò Mike, quando gli chiesi come far manifestare quella identità che
mancava all’appello.
Avevo cercato più volte di richiamarla, utilizzando la frase di presentazione che aveva funzionato
una volta, quella riguardante la “pluricampionessa russa”, ma per qualche motivo sembrava che
non avesse voglia di farsi viva. Forse si rendeva conto che non c’era nessuna prova per lei, o forse
semplicemente avevo sbagliato a classificare in quel modo i suoi comportamenti.
«Ultimamente, è estremamente silenziosa. Non so cosa le sia preso.» disse pensieroso Mike,
quando cercai di insistere in tutti i modi per capire come fare a vederla.
Ricordavo ancora il momento, alcuni notti prima, in cui l’avevo per un attimo scambiata per Mike.
L’avevo spaventata, e la cosa mi aveva estremamente stupito. La ginnasta olimpionica sembrava
avere un carattere per certi versi molto simile a quello del vero padrone del suo corpo: sembrava
gentile, forse un po’ timida, ma tutto sommato amichevole.
Probabilmente si trattava dell’unica personalità che valesse qualcosa, escludendo Mike ovviamente.
Era stato piuttosto emozionante per me, che mi divertivo a studiare quel raro caso di disturbo
dissociativo di identità, poter fare due chiacchiere con lei.
Mi era sembrata piuttosto turbata all’idea che il mio amico volesse liberarsi di lei, e forse anche
offesa. Doveva essere molto affezionata a lui, anche se non si poteva certo dire lo stesso di Vito
o Chester. Ma se davvero gli voleva bene…
«Ci sono!» esclamai all’improvviso. Certo, si trattava di un’idea un po’ bizzarra… e piuttosto
spaventosa. Ma se era l’unico modo per vedere Svetlana, l’avrei fatto.
«Potremmo andare nel bosco e cercare uno di quegli animali mutanti. Se Svetlana ti vedrà in
pericolo non potrà fare a meno di comparire.» spiegai con aria saggia al ragazzo di fronte a me,
che in quel momento consideravo una specie di cavia.
Lui sembrò esitare per un po’, e dovetti argomentare la mia soluzione spiegando che l’unico
modo per capire come controllare le sue personalità era osservarle tutte all’opera. Dopo almeno
un paio d’ore di discussione, giungemmo ad un accordo.
Ci saremmo inoltrati tra gli alberi durante il giorno – perché, di notte, tutto era molto più
spaventoso – e non saremmo andati in cerca di un mostro troppo difficile da combattere. Beh,
ero decisamente convinto che Svetlana ci avrebbe aiutati, ma era meglio non tentare troppo
la sorte, quindi gli diedi subito ragione.


{Svetlana.

Me ne ero rimasta seduta nel mio cantuccio per alcuni giorni, senza dire una parola.
Non ero nemmeno sicura di stare respirando.
Che sciocca! Io non avevo bisogno di respirare… Lo faceva già Mike per me.
Beh, tralasciando questi pensieri, non avevo avuto voglia di ascoltare cosa facessero le altre
personalità, né di stare attenta a come stessero andando le cose al proprietario del corpo che
mi ospitava. Non che fossi depressa o mi fossi spaventata per le minacce che mi avevano fatto
Vito e gli altri, ma mi ero ripromessa di non intromettermi più nella vita di Mike, soprattutto
facendogli vedere ricordi e provare sensazioni che non gli appartenevano.
Mi sentivo piuttosto in colpa a riguardo, per due motivi. Primo, perché quei pensieri non erano
affar suo, e preferivo tenerli per me. Secondo, perché tutto sommato non volevo distruggere le
speranze degli altri riguardo i loro “piani”. Potevo tranquillamente dire di non volere liti con dei
“coinquilini” che sarei stata costretta a sopportare per sempre.
Beh, non esattamente per sempre, ma finché Mike sarebbe stato in vita.
Questo mi faceva pensare a… No! Non dovevo riflettere su queste cose.
A volte, cercavo di immaginare la mia vita, se avessi avuto un corpo tutto mio: sarei stata la
più famosa atleta del mondo, mi sarebbe stato concesso di andare dove mi pareva e piaceva.
Magari avrei anche avuto una relazione con qualcuno, mi sarei sposata e avrei avuto tanti bei
bambini.
Certo, avevo una fervida fantasia, ma sapevo anche essere realista: io non avrei mai avuto
nessuna di quelle cose. Il mio destino era rimanere qui, parte della coscienza di un ragazzo
che si era spezzata in tante parti differenti già in giovane età, per il resto della mia esistenza.
Non potevo aspirare a niente di diverso rispetto a quello che già avevo. L’unica cosa che
potessi sperare, era che non venissero create altre personalità da sopportare.
Ridacchiai leggermente, pensando alla prospettiva di altri pazzi personaggi che giravano per
questa mente già abbastanza piena. Sarebbe stato davvero divertente, dopotutto. Chissà
cosa si sarebbe inventato Mike la prossima volta.
«Cam, sei proprio sicuro di quello che stiamo facendo?» esclamò in quel momento l’identità
più forte, facendo rimbombare le sue parole fra le pareti della sua testa.
L’avevo ignorato totalmente per un paio di giorni, ma improvvisamente decisi di essere
interessata a quello che stava facendo. C’era anche Cameron con lui, a quanto pareva, ed
ero curiosa.
Quel ragazzino, che prima mi era sembrato una minaccia, adesso aveva preso nel mio cuore
il posto di un amico. Di certo, erano state le sue parole di qualche giorno prima a farmi
cambiare opinione su di lui.
«Ma certo. Stai pure tranquillo, lei non permetterà che ci succeda qualcosa.» commentò il
ragazzo bolla, e io venni presa da una strana inquietudine.
Chi era la lei di cui stavano parlando? Si trattava forse di Zoey?
Ma la ragazza dai capelli rossi non mi sembrava capace di essere pericolosa, né di poter
proteggere qualcuno, in caso di bisogno. Parlavano forse di un’altra ragazza?
Che legame aveva con loro?
Non ebbi il tempo di farmi altre domande, quanto vidi comparire davanti a loro un enorme
scarafaggio dagli occhi rossi. Era persino più alto di Mike! Doveva essere geneticamente
modificato.
E, in quel momento, mi resi conto che stavo tremando dalla paura. Quel coso avrebbe fatto
del male ai miei due ragazzi! Avrebbe potuto benissimo divorarli!
Aveva dei grossi artigli al posto delle normali zampette da insetto, e delle zanne che erano
decisamente più grandi del normale. Quella creatura si mosse verso di loro con un sibilo
agghiacciante, decisa ad attaccare.
«Cavolo, quella cosa ci ucciderà!» disse ancora il mio alter ego, facendo un passo indietro.
Fu in quel momento che presi la decisione di dimenticare il mio isolamento e fare la mia comparsa.

Presi immediatamente il posto di Mike, senza che la sua coscienza opponesse resistenza,
ed evitai con agilità un copertone con cui il mostro aveva tentato di colpirmi.
«Ma Svetlana vi zalverà!» strillai, cercando di darmi forza e maledicendomi per aver cominciato
a parlare in terza persona. Mi spostai con grazia per non essere colpita da un altro oggetto
non chiaramente identificato, ma di certo pericoloso, per poi prendere per mano il ragazzino
con gli occhiali, che in quel momento sembrava paralizzato dalla paura.
Me lo caricai in spalla, poi feci una giravolta, un altro salto, e mi dileguai.
Come al solito, avevo salvato la situazione grazie alle mie doti di ginnasta in un attimo.
Comunque, sentendo ancora in lontananza i sibili di quell’orribile creatura – nella mia madre
patria Russia non avevo mai visto una cosa del genere! – continuai a correre finché non fui
sicura di essere in totale sicurezza.
Arrivata ad una radura, finalmente lasciai andare Cameron.
«Avresti potuto cercare un modo migliore per richiamare la mia attenzione, da?» gli feci notare,
mettendo le mani sui fianchi e guardandolo con aria di rimprovero.
Lui ridacchiò nervosamente, aggiustandosi gli occhiali che si spostati dalla loro posizione.
Poi mi guardò con aria… affascinata? Non capivo a cosa stesse pensando.
«Scusa, Svetlana. In realtà ho cercato di chiamarti più volte, ma non mi hai dato ascolto. È
per questo che sono passato ad una “terapia d’urto”, diciamo.» si scusò lui, mentre prendeva
dalla tasca il solito blocco che avevo visto la volta prima e scriveva una cosa velocemente.
Mi guardò imbarazzato, per poi rimettere a posto il taccuino. Ero molto curiosa di sapere se
stesse scrivendo qualcosa su di me, ma non volevo sembrare troppo invadente.
«Ztai ancora aiutando Mike a tenerci zotto controllo?» chiesi, alzando un sopracciglio come
se lo stessi criticando. In realtà sapevo che stava solo facendo un favore alla mia personalità
dominante e gli ero grata. Se fosse riuscito a trattenere un po’ di più Vito sarebbe stato di certo
meglio per tutti.
«Esattamente. Ho già cominciato a catalogare i vostri comportamenti e sto cercando di trovare
una soluzione al probl…» si interruppe, probabilmente rendendosi conto di stare per insultarmi.
Mi stava definendo un “problema”, e non era una cosa molto gentile da parte sua, ma ero abituata
ed essere considerata sotto questo aspetto e non mi dava più tanto fastidio.
Tentando di distrarmi dall’ultima frase che aveva pronunciato, fece un passo in direzione
dell’accampamento, e mi invitò a seguirlo.
«Che ne dici di tornare alle casette? Nel frattempo, se non ti dispiace, vorrei chiederti alcune cose.»
mi sorrise amichevolmente e io sentii qualcosa stringersi nel mio stomaco.
Non sapevo cosa fosse quella sensazione che stavo provando ed ero a conoscenza del fatto che
avrei dovuto fare ritorno nel mio subconscio appena possibile, ma, per qualche motivo, sentivo
una strana voglia di restare ancora un po’ all’aria aperta.
Volevo godere di quei minuti che raramente mi erano concessi e volevo parlare un po’ con il
ragazzo bolla.
Annuii felicemente e lo seguii.


Sono tornata mooolto velocemente questa volta, perché volevo farmi perdonare per la brevità dello
scorso capitolo. 
Allora, innanzitutto vi ricordo che questa storia è una missing moments, e in particolare 
per una piena comprensione di questo capitolo dovete guardare l'episodio 8 (ve l'ho ripetuto 
centinaia di volte, lo so XD). 
Poiii volevo ringraziarvi perché con i vostri commenti siete veramente dolcissime *_* 
Infine volevo augurarvi buon week-end e avvisarvi che dalla prossima settimana ricomincio a 
frequentare l'università (tutti: una studentessa universitaria che scrive su ATR? Seriously?!) 
Sì, sono vecchia XD Comunque era per dirvi che gli aggiornamenti potrebbero ritardare, vista 
la mancanza di tempo ^^'' 
E basta, per oggi non ho altro da dire!

Un bacione a tutti! 
Kirlia <3

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Capitolo 8
*** Promesse in riva al mare. ***


Capitolo 8. Promesse in riva al mare.


{Svetlana.

«Posso zapere coza scrivi di continuo in quel tuo ноутбук, Cameron?» chiesi, sperando
di non infastidirlo con le mie domande.
Mi godevo l’aria naturale e selvaggia di quel posto come non avevo mai fatto in vita mia.
Non capitava spesso che Mike mi facesse prendere il sopravvento quando ci trovavamo in
mezzo alla natura, perché non c’erano ostacoli per me. Più che altro, i luoghi che avevo
visitato erano palestre scolastiche o sale da ballo, dove ero riuscita a vincere tutte le
medaglie e i premi possibili. Infatti la cameretta del mio alter ego, a casa, era piena delle
mie coppe e coccarde.
«Cosa? Mi dispiace, conosco l’inglese, il francese e un po’ di spagnolo. Ma non ho ancora
avuto il piacere di studiare la lingua russa.» commentò lui, guardandomi con aria di scuse.
Oh, conosceva ben tre lingue! Doveva essere davvero un ragazzo studioso, questo amico
di Mike.
Ero davvero felice che finalmente il proprietario del nostro corpo avesse un vero amico accanto
a lui: gentile, calmo e altruista, a lui non importava del nostro segreto, anzi cercava in tutti
i modi di aiutarci.
«Intendevo quel taccuino. Zembra essere importante per te.» gli indicai l’oggetto che teneva
tra le mani, e lui subito capì a cosa mi riferissi.
«Appunto tutti i fatti che mi sembrano interessanti. Per esempio, ho scritto molto su di voi.»
disse con aria da studioso.
E in quel momento decisi di essere davvero curiosa di sapere cosa avesse scritto su di me.
Insomma, nessuno mi aveva mai osservato attentamente prima d’ora, e alle altre personalità
importava poco di me… volevo conoscere i pensieri di qualcuno sulla vera Svetlana.
«Per esempio, cosa hai scritto zu di me?» chiesi, citando la sua frase precedente e rimanendo
sul vago per cercare di non sembrare interessata quanto ero in realtà.
«S-su di te? Ehm…» si grattò la nuca con la matita che stringeva in pugno. Era evidentemente
imbarazzato e forse mi sbagliavo, ma l’avevo visto arrossire.
Avevo forse detto qualcosa di strano?
Feci finta di non fare caso alla sua reazione e aspettai tranquillamente che continuasse a parlare.
Evitai, comunque, di fargli pressione: forse non gli andava di parlarmi dei suoi studi, o forse non
volevo davvero sapere cosa aveva percepito di me. Avevo paura che dicesse qualcosa di cattivo.
«Ho scritto che sei di certo la personalità p-più atletica e a-amichevole e…» si interruppe,
deglutendo rumorosamente. Sembrava che la situazione lo mettesse a disagio, ma non capivo
perché.
Io, dal mio canto, mi sentivo lusingata da ciò che aveva appuntato, ma ero anche piuttosto delusa…
Sembrava proprio che Cameron non avesse capito un bel niente su di me, tranne le cose che tutti
riuscivano a vedere: la regina olimpionica della ginnastica.
«E…?» lo invitai a continuare.
Lui scosse la testa, come se fosse confuso.
«Nient’altro. Non mi sembra che ci fossero altri elementi degni di nota, sai.» commentò.
E fu a quel punto che mi sentii tremendamente ferita, delusa dal fatto che nemmeno quel ragazzino
fosse riuscito a conoscermi davvero. Però… perché mi importava così tanto che sapesse? Perché
avevo riposto così tante speranze su Cameron?
«Oh… beh, capizco.» sussurrai. Poi rimasi in silenzio, mentre decidevo di lasciare campo libero a
Mike e alle sue faccende.
Appena prima che potessi farlo, il ragazzo accanto a me parlò di nuovo.
«Non intendevo minimizzare la tua essenza, Svetlana. È solo che non ti conosco ancora bene.»
spiegò, lanciandomi un’occhiata che sembrava volermi invitare a fare il prossimo passo.
Voleva forse dire che gli sarebbe piaciuto conoscermi meglio?
Me? Una delle personalità del suo migliore amico?
Questo mi stupiva davvero, ma mi faceva anche sentire in qualche modo bene. Accettata. Ed era
una sensazione piuttosto strana.
Adesso non montarti la testa, principessina delle fate. Fa’ in fretta e vedi di tornare qui. disse
all’improvviso Vito, intromettendosi in una situazione a cui non credevo stesse dando importanza.
Dobbiamo farti una bella ramanzina, mocciosa! aggiunse Chester, scontroso come sempre.
Ma cosa volevano? Stavo forse infrangendo una delle loro regole o stavo rovinando il piano?
Non credevo proprio, quindi ignorai del tutto i loro commenti  e tornai ad occuparmi del presente.
Vidi improvvisamente il ragazzo bolla fissarmi con aria sospetta.
«Stai discutendo con le altre personalità multiple?» si informò, con quello sguardo che, come al
solito, mi faceva sentire terribilmente un esperimento scientifico. Mi appuntai mentalmente di fargli
notare questo suo comportamento, in seguito.
Fui molto stupita dal fatto che fosse in grado di accorgersi se stavo avendo una conversazione
mentale con le mie altre identità.
«Da. Come hai fatto a rendertene conto?» chiesi, curiosa di capire come facesse. Doveva averci
osservato davvero bene. Tutto ciò era leggermente inquietante.
«Sia tu che Mike sembrate fissare un punto davanti a voi con sguardo vacuo, quando succede.»
mi spiegò, mostrandomi poi una pagina del suo blocco per appunti, che parlava proprio di questo
strano comportamento.
Oh, non mi ero mai accorta di questo. Ma se Cameron lo affermava, di certo aveva ragione. Mi
fidavo molto di lui, e sapevo che non tralasciava nemmeno i dettagli insignificanti.
«Cosa ti hanno detto?» chiese poi.
Questo doveva essere davvero un elemento importante per la sua ricerca: me lo dicevano i suoi
occhi che brillavano di una strana luce che presi ad identificare come “sete di conoscenza”.
«Che non li infastidisce il fatto che io stia parlando con te.» buttai lì, decidendo di non parlargli
del piano che le personalità stavano architettando contro Mike.
Per quanto credessi che quel ragazzino fosse una persona affidabile, non potevo prevedere quale
sarebbe stata la sua reazione. E se avesse trovato un modo per farci sparire totalmente dalla
mente del nostro alter ego?
Se si fosse reso conto che potevamo essere una minaccia per la vita del suo amico, forse non
mi avrebbe trattato con tutta quella gentilezza.
Bugiarda! gridarono subito i personaggi nella mia testa, cercando in tutti i modi di trascinarmi
di nuovo nel subconscio. Ma tenni duro e mantenni la mia coscienza nella realtà.
«Oh! Bene. Ti piacerebbe fare una passeggiata sulla spiaggia?» mi invitò, e io sentii qualcosa
torcersi nel mio stomaco in modo vagamente piacevole.
Era una sensazione che non avevo mai provato prima, che mi fece sentire bene e male allo
stesso tempo, e sorrisi con una sorta di imbarazzo.
Io, Svetlana, pluricampionessa russa di volteggio e prima ballerina, nervosa per un semplice invito
senza pretese? Non riuscivo nemmeno a riconoscermi. Cosa mi stava succedendo?
Ah! Io lo so, Sheila. La verità è che… cominciò Manitoba con aria saccente, prima che una
voce molto minacciosa irrompesse di nuovo nella mente, con il suo accento da New Jersey.
Cosa ti avevo detto, svitato di un cowboy?! tuonò Vito, rabbioso come non mai. Non capivo
proprio quale fosse il problema, ma a quanto pare la situazione lo infastidiva. E soprattutto,
sembrava avercela a morte con l’avventuriero australiano.
Fate silenzio! strillai, con la mia voce acuta da soprano, cercando in tutti i modi di concentrarmi
sul presente. Non volevo che Cameron credeva che fossimo un gruppo di sfigat… Oh, giusto.
Lui lo sapeva già.
«Ma certo. Per Svetlana zarebbe un piacere.» risposi, emozionandomi.
Ed ecco che come una stupida avevo ricominciato a parlare in terza persona.
Volevo proprio capire quale fosse il mio problema. Appena avrei avuto un minuto libero, avrei
sopportato le avance di Manitoba Smith e gli avrei chiesto di spiegarmi cosa intendesse prima.
Chissà? Magari poteva illuminarmi su tutta la faccenda.
Nel frattempo, mi sarei goduta la vista del mare in compagnia del migliore amico di Mike.


{Cameron.

Svetlana sembrava essere davvero una personalità piacevole.
In un primo momento, credevo che fosse solo una buona arma per Mike, specialmente nei
momenti in cui la sua normale agilità non bastava per superare una sfida, ma avevo rivisto
il mio giudizio.
Quella non era semplicemente una “parte” della coscienza del mio amico, bensì era una
creatura del tutto differente: aveva emozioni e sentimenti propri.
Imparare a conoscerla si stava rivelando davvero un’esperienza interessante: adorava la
ginnastica e la danza, e bastava cominciare un discorso di questo tipo per non farla più
smettere di parlare. Ma la sua personalità non finiva lì. Le piaceva l’arte, la letteratura e, a
quanto pareva, anche l’aria aperta.
«Non capita zpesso che Mike mi lasci rilassare in questo modo. È bello poter passare del
tempo fuori dalla zua tezta.» commentò tranquillamente, come se stesse parlando del più
e del meno.
Raggiungemmo una zona ricca di scogli e massi che spuntavano qui e lì sulla sabbia dorata,
e lei cominciò ad eseguire dei agili movimenti che la facevano saltare da uno all’altro.
Mi fermai ad osservarla mentre si esercitava.
Salto. Candela. Capriola. Ruota. Volteggio. Salto.
Sembrava leggera come una farfalla, sembrava volare. Quell’abilità non poteva essere stata
coltivata nel tempo, doveva essere proprio innata e, osservando la scarsa agilità di Mike, mi
resi conto che si trattava di una caratteristica tutta della ragazza.
Beh, non ero certo di poterla definire una ragazza, in realtà…
«Quanti anni hai, Svetlana?» chiesi, dando voce ai miei pensieri senza rendermene conto. La
mia curiosità accademica superava di gran lunga il tatto, e me ne resi conto quando la vidi
cambiare espressione.
Sul suo viso passarono diversi sentimenti contrastanti, ma non riuscii esattamente a capire
cosa stesse pensando.
«In realtà, è una domanda molto vaga, zai? Sono due mesi più giovane di Mike, ze è questo
che intendevi. Se invece la domanda riguardava la mia presenza nella zua mente, ne ho zolo otto.»
rispose, prima di cominciare a guardare il mare, mentre la luce del tramonto si rifletteva nei suoi
grandi occhi castani.
Che risposta era quella che mi aveva appena dato?
Inizialmente non ne capii il senso, poi compresi.
Ma certo! La ballerina voleva dire che aveva l’aspetto di una sedicenne, ma in realtà erano
passati solo otto anni dal momento in cui la mente del mio amico si era scissa, creando quella
nuova identità. Era piuttosto interessante, per cui decisi di appuntarmelo.
Subito la sentii ridere.
«Zcrivi sul tuo blocco la mia età? Non vorrei essere zcortese, ma a cosa potrebbe servirti?» chiese
divertita. Io alzai gli occhi, incontrando il viso di lei a pochi centimetri di distanza.
Deglutii nervosamente, quando il suo sguardo incontrò il mio. Sentii che le guance mi pizzicavano
per un leggero rossore che, speravo, la mia pelle scura avrebbe coperto.
Lei, a sua volta, sembrò imbarazzata dalla nostra inconsueta vicinanza, e si ritrasse. Le sue ciglia
lunghe batterono un paio di volte, prima che posasse lo sguardo altrove.
Cos’era quella sensazione? In sedici anni dentro la mia bolla non l’avevo mai sentita.
«Io… ehm. A niente, hai proprio ragione.» sussurrai, non riuscendo a dire niente di sensato.
Era strano, ma in quel momento quello sguardo aveva totalmente inibito la mia capacità di ragionare.
Lei sembrò avere voglia di cambiare subito argomento, perché improvvisamente disse: «Devi stare
attento a Mike. Non voglio che la sua relazione con Zoey sia rovinata dalla nostra presenza.»
Prese un respiro, prima di voltarsi ad incatenare di nuovo lo sguardo castano di lei al mio. Nei
suoi occhi potevo vedere una determinazione che il mio amico non aveva mai avuto: anche questa
era una caratteristica che apparteneva soltanto a Svetlana.
«Promettimi che lo terrai d’occhio. Io arriverò solo se strettamente necessario, ma il mio istinto
mi dice che la prova di domani sarà dura.» aggiunse poi, prima di mordicchiarsi nervosamente il
labbro inferiore.
In quel momento mi resi conto davvero di quanto affetto nutrisse per il suo alter ego: per lei, Mike
non era solo una personalità tra le tante che vivevano in quel corpo, ma un vero e proprio amico.
Un fratello di cui si sarebbe presa cura a tutti i costi.
Anche al costo di svanire del tutto per permettergli di vivere una serena vita con Zoey? mi ritrovai
a pensare.
Questa domanda interiore mi fece molto male, e mi ritrovai ad ammettere qualcosa di cui non ero
certo di essere felice.
Volevo bene a quella ballerina – non a Mike, ma a lei – e non avrei sopportato l’idea di non rivederla
comparire mai più.
Mentre aprivo bocca per risponderle, sentimmo una voce avvicinarsi a noi, una corsa attutita dalla
sabbia della spiaggia. Ci voltammo subito entrambi a vedere di chi si trattasse.
«Ehi, Mike, Cameron! Dove andate?» stava chiedendo la rossa che tanto piaceva al mio migliore
amico, mentre si sbracciava per attirare la nostra attenzione.
Si fermò accanto a noi, con il fiatone, prima di sorriderci e chiedere: «Che cosa state facendo,
ragazzi?»
«Beh, io e Svetlana stavamo solo…» cominciai, mentre mi voltavo verso la ginnasta, ma dovetti
interrompermi.
Le lunghe ciglia e il lucidalabbra rosso vermiglio erano scomparsi da quel volto, lasciando solo
un adolescente dall’aria sognante.
Mike stava fissando la ragazza che gli piaceva tanto, senza curarsi minimamente di me, e senza
avermi dato modo di salutare la sua alter ego. O forse, era semplicemente lei che si era ritratta,
di fronte alla Zoey tanto desiderata dall’amico.
Sì, doveva essere così.
E mentre i due ragazzi si allontanavano mano nella mano, lasciandomi da solo alle mie riflessioni,
non potei non ripensare ancora alla nostra conversazione, a quegli occhi e a quell’anima da
donna che vivevano nel corpo del mio migliore amico e a cui mi sentivo tanto affine, e poche
parole mi sfuggirono come un sussurro dalle labbra.
«Te lo prometto, Svet


Ed eccomi qui tornata per un altro capitoletto! 
Devo ammettere che in questo capitolo Zoey mi è piuttosto antipatica.
No, vabbè! Come vedete ho "scongelato" uno dei capitoli che avevo già scritto in precedenza, ma
non ho avuto modo di rileggerlo, quindi ditemi se ci sono eventuali errori, così posso correggerli. 
Per il resto...? 
Beh, che dirvi? Ancora il prossimo capitolo non riguarderà la sfida in cui Dakota diventerà 
Dakotazoyd (tanto per capirci) perché ci sarà un ulteriore capitolo sui pensieri di Cam e Svet 
riguardo la loro "amicizia". Poi finalmente ci dovrebbe essere quel dannato episodio 8 che mi 
sta facendo semi impazzire o.o 
Ah, informazione inutile: la parte iniziale in cui Svet parla dei trofei in camera di Mike non è inventata:
se guardate il video di presentazione in cui Mike si proponeva come partecipante di A Tutto Reality
potrete vederli sullo sfondo. 
Vi piace la piega che sta prendendo la storia? Oppure no? Sto interpretando bene i personaggi? 
Insomma, fatemi sapere. Sapete che ci tengo u.u 

Un bacione carissime/i! 
Kirlia <3

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Capitolo 9
*** Noi non giudichiamo dalle apparenze. ***


Capitolo 9. Noi non giudichiamo dalle apparenze.


{Cameron.

Quella sera ci fu offerta una cena piuttosto insolita.
Raramente Chef si metteva ai fornelli per preparare qualcosa di vagamente digeribile,
e questa era una vera novità per i campeggiatori di Wawanakwa. Vedevo Lightning mangiare
come se non avesse mai visto cibo in vita sua – o come se gli fosse stato detto che quello
era un piatto stracolmo di proteine. Ma non era il solo: tutti sembravano concentrati
sull’ingurgitare quelle che sembravano essere delle… polpette?
Quando mi avvicinai al bancone dove veniva servita la cena, mi pentii dei miei vaghi pensieri
sul mangiare finalmente qualcosa di commestibile.
«Eew… che roba è?» chiesi disgustato, osservando l’ammasso di spaghetti, salsa di pomodoro
e qualcosa che somigliava a delle polpette, misto a piume colorate di dubbia provenienza.
«Buttolini di tacchino, buon sonnellino!» intonò Chef divertito, prima di bloccarsi improvvisamente,
come se avesse detto qualcosa di troppo. Sbarrò gli occhi mentre teneva ancora il mestolo a mezz’aria.
Io lo guardai indeciso mentre lui cercava di dire «… Buo-buon appetito.»
Chissà cosa frullava nella mente del malvagio amico del conduttore del reality?
Decisi di non darci troppo peso, mentre mi sedevo proprio di fianco alla mia nuova compagna di
squadra. Dakota Milton, un tempo grande ereditiera molto famosa e continuamente inseguita dai
paparazzi, adesso ex concorrente, ex assistente e di nuovo concorrente di questo programma,
cercava di ignorare il perpetuo scintillio della sua testa completamente calva alla luce delle lampade
della stanza.
Dovevo ammettere che mi dispiaceva un po’ per la sua condizione: nessuno si meriterebbe mai un
trattamento del genere, soprattutto una ragazza!
Una ragazza…  Mi ritrovai, senza rendermene conto, a fissare Mike, tenendo in mano una forchettata
di spaghetti, cercando di immaginare lui, anzi Svetlana, senza capelli in testa. Supposi che la
campionessa russa avrebbe dato di matto se la sua bella chioma bionda – perché sì, mi aveva rivelato
che in realtà il suo vero aspetto era molto diverso da quello che dimostrava sotto le sembianze del
suo alter ego – fosse stata rovinata da una radiazione.
Sorrisi leggermente, per poi vedere il mio migliore amico voltarsi e guardarmi con aria interrogativa.
Distolsi immediatamente lo sguardo, concentrandomi sulla cena e cercando di ignorare il calore che
mi imporporava le guance.
Mi sentivo molto imbarazzato all’idea che Mike scoprisse che stavo fantasticando su una delle sue
personalità. Soprattutto, non ero sicuro del perché lo stessi facendo: io e la ballerina avevamo soltanto
stretto amicizia, e questo non doveva essere un motivo così terribile da farmi sentire a disagio davanti a lui.
O forse, c’era qualcosa di più…?
«Ebbene sì, cara Zoey. Non lo sapevi?» mi distrasse dai miei pensieri Dakota, mentre indicava con la
forchetta Jo, della squadra avversaria.
Decisi di interessarmi alla discussione, giusto per non ricadere in strane discussioni mentali.
«Che cosa non sapeva?» chiesi, mentre mi aggiustavo gli occhiali con una mano e mettevo un boccone
in bocca con l’altra. Subito ebbi voglia di vomitare e una smorfia si disegnò sul mio volto. Era davvero così
difficile cucinare del cibo decente, una volta ogni tanto?
Mandai giù a forza la pasta, mentre la ragazza mi rispondeva.
«Ma di Jo e Brick, ovviamente! Tutti sanno che lei aveva una cotta per il soldato… anche se poi lo ha
eliminato per i suoi interessi. Anche perché è ovvio che, con l’aspetto che si ritrova, non abbia fatto colpo
sul ragazzone» commentò lei entusiasta, mentre spettegolava su un eventuale flirt avvenuto tra i concorrenti
dei Ratti Tossici.
Davvero Jo era attratta da Brick? Non mi sembrava di aver visto nessun atteggiamento particolare nei
confronti del ragazzo. Ma, in fondo, che potevo saperne io? Ero solo uno sfilatino.
Mi sentii in dovere di replicare l’ultima affermazione che Dakota aveva fatto.
«Non credo che l’aspetto esteriore sia così importante, quando si parla di amore» le dissi, prima di
inghiottire un altro assaggio di “buttolini”.
Incontrai subito l’approvazione di Zoey, che annuiva convinta per la mia affermazione. Anche secondo
lei, quindi, non era ciò che si vedeva all’esterno a contare davvero.
La ex bionda non mi sembrò per niente d’accordo.
«Oh, come fai a dire una cosa del genere?» replicò, alzando le braccia e gesticolando «Probabilmente
perché, visto che hai vissuto in una bolla per tutta la vita, non sai proprio niente sull’amore.»
Alzai lo sguardo, incrociando con ostilità quello della velina.
Chi le diceva che io non sapessi niente su questi sentimenti? Certo, era vero che ero stato un po’
isolato dal mondo in tutti questi anni, ma avevo letto molti libri famosi sull’argomento, come Romeo e
Giulietta, e avevo visto film come Titanic!
Avevo anche io la mia cultura sull’amore, anche se era ovviamente diversa dalla sua, e se dicevo che
non era l’aspetto a contare avevo le mie ragioni.
«Non essere cattiva, Dakota» commentò Zoey, per cercare di calmare le acque, «Io penso che Cam
abbia ragione!»
«E io penso che lui dica così perché non è stato mai innamorato di nessuno.» rispose alla rossa, per
poi guardarmi con aria di sfida.
Cosa voleva che dicessi adesso? Che aveva ragione? Che in sedici anni non avevo mai avuto nemmeno
l’occasione di parlare ad una ragazza, visto che ero stato rinchiuso in quella sfera di plastica che mi
teneva al sicuro?
Era ovvio  che era così. Però era anche vero che quello che dicevo aveva un suo fondamento.
Io ero certo che non si dovesse giudicare nessuno dalle apparenze. E ne ero certo perché…
Mi voltai in direzione di Mike, cercando di ritrovare nei suoi occhi castani quelle espressioni e quegli
sguardi dolci che non gli appartenevano, che erano proprietà di un’altra creatura, una che non si poteva
giudicare dall’apparenza.
Svetlana.
Io non conoscevo il suo vero aspetto, eppure sapevo che dentro di sé era certamente bellissima.
Arrossii leggermente, rendendomi conto che fare discorsi del genere mi avrebbe solo portato ad essere
preso per uno schizzato, e che di certo non potevo svelare che l’unica ragazza a cui la mia mente si
era volta quando avevo pensato ad una possibile “cotta” era anche quella che di certo non avrei mai potuto
avere.


{Svetlana.

Inutile dire che, appena feci ritorno nella mente di Mike quella sera, fui letteralmente assalita dalle
altre personalità.
«Ragazzina, non credere di passarla liscia, sai? Ah! Ai miei tempi le ragazze per bene stavano a
casa a filare la lana, non in giro a fare smancerie con dei mocciosi!» mi rimproverò Chester, tentando
di colpirmi leggermente con il suo bastone.
Evitai agilmente l’attacco, per ritrovarmi nelle braccia di Manitoba, che era comparso dietro di me come 
un’ombra. Non mi ero completamente accorta della sua presenza.
Con un respiro mozzato, mi liberai dalla sua presa, per ritrovarmi di fronte a tutte e tre le personalità
maschili che condividevano quel corpo con me e Mike.
«Non capizco di cosa tu stia parlando, Chezter.» commentai, cercando di allontanarmi da tutti quei
ragazzi che mi guardavano con una certa ostilità.
Vito, più di tutti, sembrava molto arrabbiato. Non avevo mai visto un’espressione del genere sul suo
viso: era terrificante.
Non riuscivo proprio a capire cosa stessi facendo di così sbagliato per meritarmi quel trattamento.
Insomma, ero rimasta fuori a rilassarmi un po’ più del dovuto, ma anche il ragazzo del New Jersey lo
faceva spesso, per divertirsi insieme a quella testa cotonata di Anne Maria.
Non era giusto che anche io facessi le mie conoscenze? Perché non potevo restare un po’ tranquilla
a parlare con Cam? Era un così caro ragazzo…
«Senti, principessina. Abbiamo sopportato i tuoi flirt perché un po’ ci dispiaceva che tu non facessi
vita sociale, ma adesso basta! Stai andando troppo oltre, pupa. Vuoi che quell’idiota di Mike ci
cancelli prima di riuscire ad attuare il piano?» abbaiò Vito, stringendo i pugni in un modo che mi parve
piuttosto pericoloso.
Non si sarebbe azzardato davvero a picchiare una ragazza, giusto?
Non c’era una sorta di codice tra i ragazzacci della sua specie? Oh, ma forse non valeva per lui!
Tremai leggermente, cercando di metabolizzare ciò che mi stava dicendo, anche se tremavo dalla paura.
Di solito ero molto più coraggiosa di così, ma ultimamente mi ero ritrovata a preoccuparmi quando
le altre personalità mi sgridavano a quel modo, e avevo paura di contraddirle.
Improvvisamente compresi ciò che mi aveva detto e lo fissai con sguardo confuso.
«A cosa ti riferisci ezattamente? Io non ho avuto nessun flirt…» sussurrai, mentre incrociavo i suoi
occhi castani con i miei di un puro azzurro chiaro.
Flirt? Ma di cosa stava parlando?
Insomma, lui e Mike si divertivano con Zoey e Anne Maria. Persino Manitoba ogni tanto cercava di
abbordare qualche ragazza con le sue avance, ma io non avevo mai fatto niente del genere.
Non mi aspettavo che qualcuno si interessasse ad una ragazza nel corpo di un uomo, non era una
cosa esattamente normale.
«Vito, vuoi calmarti? Non lo vedi? Sheila non aveva intenzione di ammaliare nessuno. È stato solo
un caso che quel ragazzino…» cercò di difendermi l’australiano, mettendosi davanti a me con fare
protettivo.
Mi ero accorta, dalla rissa dell’ultima volta, che cercava sempre di prendere le mie parti nelle
discussioni. Eppure anche lui faceva parte di quello stupido piano ideato dalle personalità per togliere
di mezzo Mike. Era strano che mi difendesse.
Comunque, in quel momento era utile avere qualcuno che mi appoggiasse, quindi non feci una piega.
Non finché non capii a chi si riferissero e interrompessi il suo discorso.
«Coza? Davvero state parlando di Cam? Oh, ma lui è zolo un mio caro amico!» risposi stupita.
Non riuscivo proprio a credere che le altre personalità avessero scambiato la mia amicizia con
Cameron per una cotta. Insomma, lui era molto gentile e carino con me, sembrava essere la prima
persona da tanto tempo che si interessava a me. Beh, se dovevo essere sincera, era l’unica persona
che si fosse mai interessata a me.
Era amichevole  ed altruista, e non negavo che i suoi inviti a passeggiare sulla spiaggia e tutte
quelle domande sulla vera Svetlana non mi facessero piacere. Ma io non ero innamorata di lui… giusto?
«Ah no? Dimmi un po’, bambolina, non mi risulta che tu chiami quel cowboy “Manny”, o quell’idiota
“Mikey”… Eppure chiami “Cam” quel tuo amico che dovrebbe chiamarsi “Cameron”. Non è così?»
sbraitò ancora Vito, puntandomi contro un dito abbronzato e accusatorio come se fosse un’arma.
Anzi, probabilmente se l’avesse avuto, mi avrebbe puntato un coltello allo stesso modo.
Rimasi senza parole.
Di certo quella non era una prova abbastanza valida da indicare che fossi cotta di quel ragazzo,
ma dovevo ammettere che aveva le sue ragioni.
Non avevo mai chiamato nessuno con un soprannome prima d’ora. Nemmeno Mike, che era come
un fratello per me, aveva mai avuto un diminutivo che indicasse l’importanza che aveva nel mio cuore.
Eppure mi era sembrato così naturale cominciare a chiamare il ragazzo bolla semplicemente “Cam”,
come se fosse la persona a cui mi fossi sentita più affine in tutti i miei otto anni di vita.
«Quezto non è un motivo abbastanza valido per inzinuare che ci sia qualcosa tra me e lui.» risposi,
ignorando tutti i miei dubbi sulla faccenda e incrociando le braccia.
Forse non ero ancora certa di ciò che provavo per il ragazzo bolla, ma di sicuro dovevo convincere le
altre personalità del fatto che non lo amassi. E se avessi messo a rischio la sua incolumità?
Cosa sarebbe successo se Vito lo avesse minacciato? Cameron era così piccolo e indifeso, e
avevo paura che si spezzasse in un attimo.
«Lo è abbastanza in fatto che tu abbia mandato dei ricordi nella mente di quel giovinastro che ci
comanda? Ti faccio notare, ragazzina, che riguardavano tutti quel moccioso!» commentò Chester,
burbero come sempre, fissandomi con l’unico occhio funzionante.
Quello sguardo accusatorio, se possibile, mi fece riflettere molto di più rispetto alle minacce di Vito.
Non potevo negare che il vecchietto avesse ragione: non avevo mai avuto il “potere” di inviare alla
mente di Mike i miei ricordi, i miei pensieri e le mie emozioni, eppure sembrava che ne fossi stata
capace improvvisamente. Ma ciò che riuscivo a trasmettergli erano solo immagini dei momenti
che avevo passato  con Cameron.
Questo significava che, dentro di me, ero consapevole di aver riservato un posto speciale nel mio
cuore per lui? Era così?
Io mi sto innamorando di Cam? mi chiesi, ma quella frase aveva più il suono di un’affermazione
che di una domanda. E io non riuscivo a capacitarmene, né ad accettarlo.
«… Sheila?» mi sentii chiamare, chiaramente da Manitoba Smith che, in quel momento, mi stava
fissando con un’espressione a metà tra il confuso e il preoccupato.
Oh! Quanto tempo ero rimasta in silenzio, rimuginando su quei sentimenti che non credevo essere
capace di comprendere?
Mi resi conto che tutti mi stavano guardando in modo curioso, come se si aspettassero che
rispondessi ad una qualche domanda che, evidentemente, non avevo sentito.
«Coza c’è?»  chiesi, cercando di capire perché le tre personalità mi stessero fissando a quel modo.
Vito alzò le mani in un gesto insoddisfatto, poi sbuffando e indicandomi, disse «È totalmente andata!»
Lo affermò come a spiegare che ormai non c’era più niente da fare per me, come se fossi totalmente
cotta del ragazzo bolla.
Non potei fare a meno di arrossire alle sue parole, osservando poi la reazione esasperata dei miei
tre “coinquilini” che scossero la testa.
Non riuscivo a capire.
Possibile che solo io non mi fossi ancora accorta dell’attrazione che provavo per Cam?
Lui, quel ragazzino così gracile e per niente portato per la ginnastica, poteva davvero essere la scelta
fatta dal mio cuore?
Certo che sì, mi dissi, perché quello che mi attrae di lui non è affatto il suo aspetto fisico, ma la sua
dolcezza, la sua gentilezza nei miei confronti. La sua determinazione nel conoscermi e sapere di più
di me.

Ma avrei mai avuto una possibilità con lui, anche se ne fossi stata innamorata?
No. Perché io, pur avendo il cuore di una donna, dimostravo il corpo di un ragazzo sedicenne.


Sono tornata! 
Oh, ragazze, oggi voglio dire quando vi adoro (perché mi sento in vena di tenerezze) e quindi voglio 
ringraziare le mie fedeli e carinissime Francy, Moony e Yulin che non fanno mancare mai le loro 
meravigliose recensioni. Siete dolcissime <3 
Poi vi faccio ovviamente notare che la frase iniziale di Chester non è altro che la citazione di una
recensione di una delle suddette meraviglie di ragazze - avevo detto che l'avrei inserita da qualche
parte!
Poi infine spero che il capitolo sia di vostro gradimento e che una certa persona non tagli la testa a 
Vito per essersela presa di nuovo con Svetlana (sì, Francy, mi riferisco a TE!) 
Aspetto i vostri pensieri sui nuovi avvenimenti, e nel frattempo vi mando un bacio!

Kirlia <3

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Capitolo 10
*** I nostri sguardi sfuggenti. ***


Capitolo 10. I nostri sguardi sfuggenti.

{Svetlana.


Il giorno dopo, la sfida si rivelò persino più insidiosa di quanto mi fossi aspettata.
Non ero mai stata attenta ai movimenti di Mike come allora, ma non ero l’unica:
anche le altre personalità prestavano molta attenzione alla competizione, pronte
ad uscire fuori appena ci fosse stata una possibilità per loro.
Seduti al centro della mente del nostro ragazzo, guardavamo le scene come se
ci trovassimo al cinema.
Non avevamo più scambiato molte parole, da quando c’era stata quell’ultima
discussione in cui mi avevano accusato di provare qualcosa per Cam: avevo chiarito
di non essere innamorata di lui e avrei fatto di tutto per dimostrarlo agli alter ego.
Vito però non sembrava affatto convinto dalle mie parole, motivo per cui continuava
a tenermi il fiato sul collo, pronto ad osservare ogni mia reazione. Si era persino
seduto accanto a me, lanciandomi una di quelle sue occhiate che mi aveva subito
infastidito, e spalmandosi della crema solare sui pettorali.
«Buongiorno, Sheila! Posso avere l’onore di sedermi accanto ad una bella donzella
come te?» mi chiese in quel momento Manitoba, dopo aver fatto un breve viaggio
all’esterno, giusto il tempo di riferire le stesse avance a Zoey.
Non mi offesi: in fondo, tutti sapevano quanto piacesse all’avventuriero “provarci” con
tutte le ragazze che si trovava di fronte. Con un sorriso, gli feci cenno di accomodarsi
tra me e Vito, utilizzandolo come una sorta di barriera ai suoi sguardi scontrosi.
«Sai, Sheila? Sembra che il tuo amato sia davvero furbo. Ha ricacciato indietro la
mia coscienza in un attimo, togliendomi il cappello!» mi sussurrò all’orecchio,
facendomi vagamente arrossire.
Manitoba era l’unico che sembrava appoggiarmi, ma anche lui, come tutti, era convinto
che tra me e Cameron ci fosse qualcosa. Non glielo rimproverai, non perché avesse ragione,
ma perché avevo bisogno di lui: era l’unico che poteva aiutarmi contro Chester e Vito! Inoltre,
era piuttosto gentile, cosa che non si poteva di certo affermare per le altre personalità.
«Da. Cam... Cioè, Cameron ha avuto modo di ztudiarci. Za cosa fare per cacciarci via.»
gli risposi, per poi mordicchiarmi il labbro inferiore per riflesso. Mi fidavo molto del ragazzo
bolla, ma avevo tanta paura che cambiasse idea su di me e cercasse di reprimermi, come
stava facendo con le altre personalità.
«”Cam”… eh?» commentò lui, alzando un sopracciglio come a voler dire che lui la sapeva
lunga su questa storia, ma con qualcosa nello sguardo di vagamente triste. Io sospirai.
Beh, nel caso in cui quel giorno avrei dovuto salvare Mike, avrei anche fatto in modo di ignorare
totalmente il ragazzo bolla. Non volevo che i miei alter ego si convincessero ancora di più che
io e lui fossimo innamorati.
In silenzio, continuai a seguire l’evolversi della sfida.


{Cameron.

La sfida di oggi non era in sé troppo pericolosa, se si considerava che avere Dakota dalla nostra
parte era un grande vantaggio. Insomma, parlavamo di una mutazione evolutiva straordinaria!
La biondina tanto sfacciata e piena di sé di ieri sera si era trasformata in una sorta di creatura alta
almeno tre volte me e molto più potente, tanto da poter tenere a bada quel coccodrillo che aveva
tentato di attaccarci.
No, non era quella la sfida che avevo dovuto affrontare. Mi era toccato qualcosa di molto più difficile,
quel giorno: dovevo occuparmi del problema di Mike, e fare di tutto per nasconderlo a Zoey.
Questo era davvero difficile, visto che ultimamente le personalità sembravano fare capolino in ogni
momento più inopportuno. Non le avevo mai viste riaffiorare tanto, che si stessero in qualche modo
rafforzando?
Avrei dovuto chiederlo a Svetlana, invece di passare tutto il pomeriggio insieme a lei a chiacchierare
del più e del meno… anche se non ne ero affatto pentito.
Come aveva promesso, non si era fatta viva durante la sfida, almeno fino a quel momento.
Dovevo ammettere che un po’ mi dispiaceva, visto che era l’unica tra loro a poter essere utile, e
quella con cui avevo maggiore confidenza. Mi piaceva la sua compagnia, e magari Mike avrebbe
potuto darle il permesso di venire fuori di tanto in tanto… Oh! Ma cosa stavo pensando? Stavo forse
valutando l’idea di sostituire il mio migliore amico con la ragazza che – forse – mi piaceva?
Era davvero difficile da credere.
Scossi la testa, cercando di ignorare quei pensieri e concentrandomi sui miei passi.
Ci stavamo addentrando in una palude che proprio non mi piaceva e dovevo stare attento all’eventuale
presenza di  strane creature immerse nell’acqua fangosa.
«Onestamente, Zoey. C’è qualcosa di Scott che non mi convince.» disse improvvisamente Mike,
mentre lanciava un’occhiata torva al nostro compagno di squadra.
Anche io non mi fidavo molto di lui, ecco perché decisi di aggiungere il mio punto di vista.
«Venderebbe anche sua madre per arrivare primo.» dissi, appena prima di vedere Zoey salire senza
rendersene conto sulla schiena di un gigantesco coccodrillo mutante, mentre cercava di giustificare Scott.
Il mostro la fece cadere in acqua, prima di tentare di avventarsi su di noi. Si trattava certamente di
una delle creature più spaventose che fossero state create da quel disastro ambientale che Chris si
limitava a chiamare Wawanakwa.
Cercammo di evitare la sua traiettoria, e fu allora che vidi una grossa mangrovia che si ergeva sulle
acque torbide della palude.
«Saliamo su quell’albero!» dissi, indicandolo ai miei compagni di squadra e arrancando faticosamente
verso la nostra unica salvezza. Solo quella pianta era abbastanza alta da proteggerci dal coccodrillo.
Scott prese subito posto su un grosso ramo, senza curarsi del fatto che stessi cercando in tutti i modi
di arrampicarmi e senza aiutarmi affatto.
Notai che anche Mike sembrava in difficoltà, mentre cercava di tirarsi su grazie ad una liana.
Oh no! Svetlana mi aveva detto di aiutarlo e io gli avevo promesso che l’avrei tenuto d’occhio! Ma cosa
potevo fare adesso, se nemmeno io ero capace di mettermi in salvo?
«Presto, sta arrivando!» strillò Zoey, mentre aspettava che il suo “quasi-ragazzo”  si arrampicasse e poi
la aiutasse a salire.
L’alligatore nel frattempo si avvicinava, scivolando sull’acqua con un ringhio terrificante.
«Ci sto provando!» rispose il mio migliore amico, muovendo le gambe nel vuoto e senza riuscire
nell’intento di risalire lungo l’albero.
Fu in quel momento che la sentii arrivare.

Fu come se riuscissi ad avvertire improvvisamente la sua presenza, con una piacevole sensazione
che mi faceva rabbrividire. Mi sentii improvvisamente al sicuro e protetto, mentre l’orribile sfondo
lugubre e verde della palude prendeva una strana sfumatura rosa ai miei occhi.
La personalità che più preferivo di Mike si manifestò, con le sue belle lunghe ciglia e il rossetto
vermiglio che la caratterizzava, proprio nel momento in cui lui ne aveva più bisogno. Proprio come
mi aveva detto.
«Tranquilli, ragazzi! Ci penza Svetlana!» commentò la ginnasta russa, prima di compiere una delle
sue acrobazie e saltare leggiadra sul ramo, al sicuro dalle grinfie di quel mostro.
La osservai in silenzio, stupendomi di quanto fosse leggiadra – quasi una farfalla, anzi una Danaus
Plexippus
! – e leggera.
Subito cercai il suo sguardo, perché per qualche motivo sentivo il bisogno di annegare il quei
bellissimi occhi castani, ma rimasi deluso. Svetlana non mi concesse nemmeno un’occhiata,
nemmeno un attimo di quella sensazione così strana eppure così bella che avevo provato quando
ci eravamo trovati a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altra, sulla spiaggia.
La mia espressione si fece improvvisamente preoccupata: che fosse tanto arrabbiata con me da
far finta che non esistessi? Che mi stesse ignorando di proposito per non aver onorato la promessa
che le avevo fatto?
Mi mordicchiai il labbro inferiore, osservandola mentre le sue braccia si alzavano formando due
archi sopra la testa nella terza posizione del balletto classico e mentre diceva soddisfatta «Ah!
Forma perfetta!»
Perché, Svet? Perché non ti volti a guardarmi?
Io credevo che fossimo… che fossimo… Amici? Non ero certo che questo fosse il termine adatto
per definire la nostra relazione. Forse mi ero solo illuso di essere importante per lei?
Questi erano i pensieri che mi occupavano la mente, almeno finché Zoey non strillò di nuovo con la
sua voce acuta, spezzando l’incantesimo e con esso la presenza della ginnasta.
«Zoey! Vieni, prendi la mia mano!» chiamò Mike, sporgendosi in modo da poter aiutare la sua rossa.
E Svet era svanita così, all’improvviso, proprio come era successo l’ultima volta, sulla spiaggia…
Che lo facesse di proposito? Oppure si trattava di un meccanismo della mente del mio amico per
riprendere il controllo ogni volta che Zoey chiedeva il suo aiuto?
Ma certo! Doveva essere così!

La sfida era conclusa, e mi sentivo ancora tormentato dallo sguardo vago e sfuggente di Svetlana.
Era strano, per me, essere ossessionato da una cosa del genere: di solito cercavo di interessarmi
a cose importanti per la mia cultura, come la scienza, la letteratura… Non le ragazze, insomma.
Ma mi sentivo un vuoto dentro, mentre ripensavo al modo in cui la ballerina mi aveva ignorato. Era
come se si fosse dimenticata dei bei momenti che avevamo passato insieme, era come se mi avesse
rifiutato la sua amicizia. Era tanto terribile, quello che avevo fatto?
In fondo, non la conoscevo ancora bene come avrei voluto. Magari, per lei, il fatto che io non abbia
avuto la possibilità di aiutare Mike era da considerare un affronto, un tradimento…
« Mike dice che ti è molto riconoscente per l’aiuto che gli dai con il suo problema.» mi rivelò
improvvisamente Scott, strappandomi dai miei pensieri.
Ancora sconvolto per l’atteggiamento scostante con cui ero stato trattato, non mi accorsi di ciò che
stavo dicendo finché non fu troppo tardi.
«Problema? Ti ha detto del disturbo della personalità multipla?» sussurrai, confuso. Credevo che io
e Mike fossimo d’accordo sul fatto che Scott non era una persona di cui potersi fidare. Allora perché
gli aveva rivelato la sua condizione mentale?
«No, ma l’hai appena fatto tu!» rispose il ragazzo dai capelli rossi, prima di ridere malvagiamente
e allontanarsi, lasciandomi lì.
Oh no, avevo appena fatto la spia! Avevo rivelato il segreto del mio migliore amico, che razza di amico
dovrei essere?
Forse aveva ragione Svet a non guardarmi più negli occhi… pensai affranto, per poi ritirarmi nella mia
casetta e nascondermi all’interno del mio sacco a pelo.
Avrei capito solo dopo che Mike non era l’unico che avevo messo in pericolo con la mia rivelazione.


Sono tornata! 
Scusate questo capitolo che, lo so, è quasi improponibile. Tutto completamente basato sull'episodio 8, 
ma avevo avvertito che - purtroppo - sarebbe arrivato. Beh, eccolo qui. 
Sopportatelo, il prossimo sarà molto più interessante. Ma soprattutto lo sarà il dodicesimo, a mio parere, 
che ho finito di scrivere or ora! 
Che cosa dovrei dire di questo capitolo? Allora: 
- La Danaus Plexippus non è altro che la farfalla Monarca, la preferita di Cameron. Più di una volta l'ha 
nominata durante il reality; 
- Ho eliminato tutte le scene non strettamente necessarie per la trama, quindi vedrete dei punti in cui la 
narrazione salta. Per avere un quadro completo degli eventi, prego rivedere l'episodio 8. Per esempio 
l'allusione di Manitoba al fatto che gli abbia "tolto il cappello" non è stata descritta, ma è una scena del 
suddetto episodio. 
Okay, mi pare che ci siamo! Spero che l'incastro che ho creato tra la mia trama e gli episodi in questo
capitolo sia credibile, fatemi sapere! 
Sono sempre così contenta di ricevere le vostre recensioni, ma soprattutto non mi sono accorta di avere 
nuova gente tra le seguite e le preferite... grazie ragazzi! 

Alla prossima, 
Kirlia <3

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Capitolo 11
*** Decisioni sofferte. ***


Capitolo 11. Decisioni sofferte.


{Mike.

Quella sera, mi ritrovai di nuovo fuori dalla casetta delle Larve, a guardare il cielo.
La sfida era stata difficile, ma lo era stato di più cercare di tenere a bada le mie personalità multiple.
Cameron aveva fatto di tutto per cercare di farmi restare in me per la maggior parte del tempo, ma
loro non sembravano essere capaci di rassegnarsi.
Perché non volevano decidersi ad andarsene come avevo chiesto loro un paio di settimane fa? In fondo,
che vita era, la loro?
Sempre chiusi dentro la mia testa, con la sola occasione di uscire quando io facevo una determinata
azione o perdevo il controllo. Non potevano rassegnarsi all’evidenza che ero io la personalità dominante?
«Beh, non sarà sempre così, idiota!» mi rispose Vito, che di certo era quello che sopportavo meno.
Si prese il mio corpo per poi guardare in direzione del cielo. Subito fece una smorfia disgustata.
«Dove diavolo è il sole? Non lo sa che non può assentarsi quando Vito è in giro?» commentò infastidito.
Poi, probabilmente perché non aveva nulla da fare o perché non trovava Anne Maria da nessuna parte,
decise di restituirmi il timone.
Presi fiato profondamente, per poi passarmi una mano tra i capelli, fino ad allora gellati all’indietro.
Ah! Ecco che cosa intendevo. Loro non avevano nessuno scopo nella vita, tranne quello di tormentarmi.
Perché non decidevano di andarsene e lasciarmi conquistare Zoey in pace?
Quella ragazza non si fidava più di me! Andava sempre peggio… adesso Scott era più affidabile, ai suoi
occhi.
Scott! Che ci nascondeva la statuetta dell’immunità e aveva eliminato moltissimi concorrenti grazie alla
sua astuzia. Sapevamo tutti che i prossimi obiettivi saremmo stati io o Cam…
«Cam?!» uno strillo strozzato proruppe dalla mia gola, ma non mi apparteneva. Svetlana aveva preso
improvvisamente il controllo, e sentivo che i suoi occhi – cioè i miei – diventavano lucidi, come se volesse
piangere.
«Non può eliminare lui, da? Non ha fatto niente di male…» sussurrò la mia unica personalità donna,
prima di passarsi una mano sugli occhi, impiastricciandosi il viso di mascara.
Si sedette su un gradino, guardando il terreno silenziosamente e riflettendo su qualcosa che le sembrava
molto importante.
Ma cosa le succede? chiesi, più a me che alle altre personalità. Non era mai capitato che le altre soffrissero
in questo modo. Di solito erano esuberanti – anche troppo – e mi mettevano in un mare di guai, ma non
si comportavano in questo modo.
Sheila è turbata… rispose sottovoce Manitoba, attraverso l’inconscio, senza uscire fuori dalla mia mente
e lasciando che fosse la ragazza a gestire il nostro corpo.
Sembrava essere cambiato radicalmente, in questo momento: non più l’avventuriero presuntuoso e sfacciato
che avevo visto in quei giorni, bensì un ragazzo gentile e comprensivo.
Che tutte le mie identità alternative stessero cambiando carattere? Come mai?
«Ehi, Mike? Che ci fai qui fuori?» una voce mi chiamò. Svetlana si voltò appena in tempo per riconoscere
Zoey e lasciarmi campo libero.
Sorrisi alla ragazza dei miei sogni e la invitai ad avvicinarsi. I suoi deliziosi capelli rossi erano sciolti e le
sfioravano le spalle coperte da un pigiama rosa. Oh, quanto era bella!
Rimasi lì come un ebete, senza riuscire a dirle una parola, almeno finché lei non si avvicinò a me e cambiò
espressione.
«Oh! Stavi piangendo! Cosa ti rattrista?» sussurrò, per poi passarmi una mano sulla guancia, che mi resi
conto essere ancora umida di lacrime. Svetlana doveva proprio essersi lasciata andare, anche se non capivo
esattamente cosa la affliggesse.
«N-non è niente… è solo…» cercai di inventare una scusa improvvisata, ma tutto ciò che mi veniva in mente
era la strana reazione della mia personalità femminile alla possibile esclusione di Cameron.
«Ma questo è… mascara?» si chiese la ragazza, guardandosi le dita impiastricciate di trucco nero. Preso dal
panico mi passai velocemente le mani sulle gote per eliminare i residui delle lacrime inchiostrate della ballerina.
Anche quando non lo volevano, i miei personaggi mi mettevano comunque in situazioni imbarazzanti!
«No, cioè… sì. Sai, mi esercitavo.» buttai lì la prima cosa che mi venne in mente, ma me ne pentii subito dopo:
sapevo quanto Zoey fosse infastidita dai miei cosiddetti “personaggi” e ora li tiravo in ballo anche se non erano
comparsi davanti a lei. Forse non erano loro ad allontanare la ragazza da me, ma io stesso!
«Giusto. Come va con le tue doti di attore?» chiese lei, cercando di risultare cortese, ma con un tono di voce ed
un’espressione che la dicevano lunga sui suoi veri pensieri a riguardo. Se c’era una cosa che di certo non apprezzava
di me, erano le mie multiple identità.
«Beh… credo proprio che mollerò i miei personaggi, sai sto migliorando e non…» cominciai per poi interrompermi.
I miei occhi furono attraversati da flash, come dei deja-vù, e vidi alcune immagini susseguirsi davanti a me.

«Sto migliorando, non credi?» dissi, ridendo leggermente e facendo una giravolta.
Avevo imparato come bilanciarmi perfettamente anche sulla punta di una roccia, e questo perché ero un’atleta nata!
«Sai? In realtà non è che riesca a vedere poi molti miglioramenti.» rispose lui, con quel tono di voce che utilizzava
quando osservava il mondo con rigore scientifico. Mi voltai verso di lui, mettendo le mani sui fianchi ed alzando un
sopracciglio.
Chi credeva di essere per dirmi che non ero in grado di superare i miei limiti? E poi, pensavo che gli piacesse l’arte
e il balletto. Ammettevo di essermi accorta che mi lanciava degli strani sguardi incuriositi quando mi esercitavo nei
passi di danza.
«Coza vorresti dire, Cam?» chiesi, con una sorta di minaccia giocosa nella voce. Ormai avevo imparato a capire che
non mirava mai a ferirmi davvero, anche se a volte le sue parole così schiette potevano risultare pungenti.
«Voglio solo dire che sei già perfetta così. Non vedo come tu possa migliorare la tua tecnica.» rispose, per poi
aggiustarsi gli occhiali sul naso e sfuggire al mio sguardo, un po’ imbarazzato dalle sue stesse parole.
Io, invece, arrossii lusingata.


«Mike? Mike…?» tornai alla realtà sentendo la voce di Zoey che mi chiamava.
Che cosa era stato? Avevo di nuovo visto dei ricordi che evidentemente non erano miei?
Questi ricordi sembravano essere di Svetlana, e lei era stata insieme a Cameron in spiaggia? Non ricordavo nulla del
genere.
«Mike? Tutto bene…?» sussurrò ancora la ragazza, mettendomi una mano sulla spalla e guardandomi con
espressione confusa.
Immaginavo quanto doveva essere preoccupata dal mio comportamento: mi estraniavo dalla realtà improvvisamente,
senza alcun motivo; cominciavo a interpretare strani personaggi… Doveva essere davvero paziente, se ancora mi
sopportava e non mi prendeva per matto!
Mi sarebbe piaciuto molto soffermarmi a parlare un po’ con lei, ma dovevo risolvere questa situazione al più presto.
Sapevo che ci sarebbe restata male, se fossi scappato così, ma non avevo scelta.
«Io… mi sono appena ricordato di dover fare una certa cosa. Scusami, Zoey. Ci vediamo domani mattina!» dissi,
scusandomi con lei e poi andandomene via di corsa.
La sentii richiamarmi, dirmi di tornare indietro, ma la ignorai. Mi costò molto fare finta di non sentire quella ragazza
così dolce, ma dovevo assolutamente fare luce su questa situazione.

Continuai a camminare per un po’, prima di rendermi conto di non sapere dove stavo andando.
Mi ero allontanato di molto dalle casette dove alloggiavamo, raggiungendo una zona buia e solitaria vicino alla spiaggia.
Subito mi resi conto di aver sbagliato a distanziarmi così tanto dalla zona abitata. E se qualche animale mutante mi
avesse attaccato? Nessuno si sarebbe accorto della mia scomparsa prima di un po’ di tempo, e anche se ci fossero
delle telecamere nascoste dal reality, non ero certo di potermi fidare di Chris. Magari avrebbe lasciato che un
passerotto gigante mi divorasse perché faceva “ascolti”.
Feci per tornare indietro, ma poi mi fermai.
Ormai che ero solo, tanto valeva approfittare del momento e fare una seria chiacchierata con Svetlana.
Mi sedetti sulla sabbia che se di giorno era cocente, di notte diventava tremendamente fredda, e chiusi gli occhi.
«Svet? Credo di meritarmi una spiegazione.» dissi soltanto, per poi lasciare che le immagini dei suoi ricordi mi
scorressero nella mente di nuovo. Avevo capito solo in quel momento che anche gli altri deja-vù che avevo avuto
erano legati a lei, anche se li avevo erroneamente scambiati per quelli di Vito.
Ma se quelle pallide mani che avevo visto erano della ballerina, quelle più scure dovevano essere proprio di…
Aprii gli occhi improvvisamente, ma non erano più sotto il mio controllo. La ginnasta russa aveva deciso di farsi
avanti e parlare, finalmente.
«Oh, Mike. Mi dizpiace tanto… Io non volevo renderti partecipe dei miei penzieri, non l’ho fatto di proposito.»
sussurrò, con voce flebile e indecisa. Batté un paio di volte le lunghe ciglia, per poi guardarsi intorno e
aggiungere «Dove ziamo
Io sospirai, dal mio subconscio, e cercai di capirla.
Svetlana non era mai stata davvero fastidiosa, nei miei confronti. Certo, aveva grandi manie da prima ballerina 
e prendeva sempre il mio posto durante le sfide di atletica, ma poi restava nell’ombra, lasciando che io facessi
la mia vita. Non si intrometteva mai, non come facevano le altre personalità.
Se mi aveva dato dei fastidi con questi suoi ricordi, di certo non lo aveva fatto con l’intento di farmi preoccupare.
Doveva essere stata una cosa di cui non era cosciente.
Ma non erano i ricordi in sé a preoccuparmi, bensì il loro contenuto. Mi aveva fatto vivere delle emozioni che non
erano mie, ma che erano molto simili a quelle che provavo io in compagnia di Zoey.
Questo significava che lei…?
«Dove ziamo?» ripeté ancora lei, strappandomi ai miei pensieri contorti. Mi ritrovai a corrucciare il viso, infastidito
dal fatto che non stesse prendendo sul serio la questione. O forse stava cercando di sviarla?
Svet, sei innamorata di Cameron? chiesi dal mio subconscio, deciso a farla finita con i giri di parole.
Speravo con tutto me stesso che mi dicesse di no, che negasse e ridesse perché la mia mente aveva fantasticato
troppo.
Se mi avesse dato una risposta affermativa, sarebbe stato davvero un bel problema. Cam era il mio migliore amico,
e avrei dovuto allontanarlo da me per non rischiare di ferire Zoey. Non avrei potuto rischiare di offenderla di nuovo,
come già avevo fatto a causa di Vito, con Anne Maria.
Ma questo avrebbe significato spezzare quel rapporto di fiducia e amicizia che non avevo mai davvero creato con
nessuno, prima di lui. Lui era davvero un ottimo amico, e anche il primo che non mi considerasse uno schizzato.
«Coza? Io…! N-no, Mike. Come ti è venuto in mente?» rispose la mia identità, per poi sbuffare in una risatina isterica.
Sentivo che il suo – il mio – cuore stava battendo forte in quel momento, e mi resi conto di come mi stesse mentendo.
In quel momento sentii i sospiri simultanei di tutte le personalità lì insieme a me e mi incuriosii.
Ragazzi? Voi lo sapevate…? chiesi a Vito, Chester e Manitoba, che osservavano Svetlana camminare irrequieta
sulla spiaggia di Wawanakwa.
Ci fu un silenzio generale. Manitoba si voltò, dandomi la schiena e pronunciando alcune parole sottovoce, ma l’unica
cosa che riuscii a percepire fu un flebile “la mia Sheila”; Chester borbottò qualcosa riguardo gli ormoni e le cotte
adolescenziali… ma nessuno mi diede una risposta seria.
 Mi chiesi perché non si decidessero a rispondermi ma non ne ebbi il tempo di esprimere il mio quesito, poiché Vito
si decise a parlare.
Yo, amico. Certo che lo sapevamo! Ci chiedevamo quando ti saresti accorto della ragazzina. commentò spavaldamente
il ragazzo del New Jersey.
Dopo alcuni secondi, anche gli altri due risposero con frasi più o meno simili, riguardanti la ballerina innamorata.
Loro sapevano. E non mi avevano detto nulla!
Avevano nascosto i sentimenti di Svetlana sperando che non mi accorgessi di nulla e che potessero continuare a
giocare con il mio corpo come se fosse il loro, mettendomi in imbarazzo e portandomi via Zoey!
Questa situazione era diventata insostenibile!
Ripresi il controllo di me stesso e strinsi i pugni. Ero su tutte le furie ed ero totalmente stanco di loro: questa era
stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso!
Come alcune sere fa, tornai a dargli il mio ultimatum. Se non potevo più contare sull’appoggio di Cameron, soltanto
la mia volontà poteva essere talmente forte da scacciare via tutte le altre personalità.
«Ve lo dirò soltanto un’altra volta: non vi voglio più qui. Dovete andarvene, e alla svelta!»


{Manitoba.

Mike ci aveva ricacciato nel suo subconscio senza alcun riguardo.
Questa volta doveva davvero essere arrabbiato con noi: la rivelazione che non una, ma ben due delle sue
personalità si erano innamorate di persone al di fuori della sua Sheila l’aveva turbato.
Svetlana era tornata dentro la mente che condividevamo come casa quasi spinta da una forza invisibile, e io,
gentilmente, l’avevo sorretta prima che potesse cadere.
«Sheila, tutto bene?» chiesi, con il mio forte accento australiano, prima che lei si liberasse dalla mia presa e
facesse qualche passo indietro con i suoi piedini ornati da scarpette da ballo.
I suoi occhi azzurri erano sbarrati in un’espressione a metà fra la tristezza e la confusione, e mi resi conto che
doveva essere stata molto colpita dall’atteggiamento aggressivo che Mike le aveva riservato. Solitamente era
molto più gentile nei nostri confronti, specialmente verso la ballerina.
«No. Io zono… » cominciò lei, con un delizioso accento russo, prima che qualcuno dietro di me la interrompesse.
«Delusa? Stupita? Che cosa pensavi, principessa delle fiabe, eh? Che il tuo caro Mike sarebbe stato contento
di scoprire del tuo “amore” per quel quattrocchi?» continuò per lei Vito, con quel suo solito atteggiamento
presuntuoso e senza guardarla nemmeno negli occhi. Si dava un’occhiata distratta alle unghie.
Chester, accanto a lui e appoggiato pesantemente ad un bastone, faceva su e giù con la testa, come a voler dare
ragione all’italoamericano.
La ragazza aprì la bocca come per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Forse non sapeva cosa dire, e questo mi
dispiacque molto. Svetlana era cambiata molto da quando erano successe tutte quelle cose: da sveglia e
determinata era diventata molto più cauta e silenziosa. Temevo che questo fosse dovuto alla delusione avuta da
Mike o alle ripetute aggressioni di Vito che io avevo cercato di evitare.
«Hai visto che cosa può fare l’idiota, pupa. Ci ha ricacciato nella sua zucca matta in un attimo e, secondo me,
potrebbe farlo in modo definitivo se non ci ribelliamo e non prendiamo possesso del suo corpo.» continuò il palestrato,
stavolta rivolgendo il suo sguardo direttamente in quello celeste della mia cara Sheila. Cos… avevo appena detto “mia”?
«Signorina! Ai miei tempi la gente per bene si ribellava a queste ingiustizie!» rincarò la dose il vecchio,
distogliendomi dal pensiero inappropriato che avevo appena fatto.
Gli occhi di Svetlana  intanto vacillavano, indecisi su che decisione prendere.
Sapevo benissimo che lei era sempre stata molto reticente riguardo il “piano” di Vito, motivo per cui io l’avevo difesa
e avevo sopportato le minacce di morte di quella personalità. Ma quelle minacce, in realtà, puntavano più ad evitare
le mie allusioni alla relazione tra lei e Cameron.
Perché, allora, adesso Vito aveva rivelato a Mike dell’amore che scorreva tra i due? Non andava contro il suo stesso
piano? O forse…?
Ma certo! Voleva che la ginnasta fosse dalla sua parte, voleva che facesse anche lei davvero parte del piano. E,
osservando l’espressione di lei, mi resi conto che era riuscito a convincerla.
Svetlana sospirò, per poi abbassare lo sguardo e sussurrare.
«Da. Avete ragione voi… Cacceremo via Mike da questo corpo.»


Sono tornata! E questa volta sono stata piuttosto veloce visto che... beh, dovevo farmi perdonare 
per il capitolo precedente ^^''
Che cosa dirvi di questo? Di certo è un capitolo abbastanza incasinato, specialmente se non avete 
capito la nuova strategia di Vito, che è in poche parole questa: non potendo più tenere nascosta la
"faccenda" tra Svet e Cam, decide di portare del tutto la ballerina dalla sua parte facendo apparire 
Mike come una minaccia per la loro relazione. 
Manitoba è sempre di una dolcezza unica, non trovate? <3
Ma anche Cameron lo è <3 
Okay, avrete capito che non so decidermi fra i due, vero? XD 
Finalmente in questo capitolo è tornato il punto di vista di Mike, che mancava da un bel po', e anche 
Zoey. Ma lei in questa storia è davvero poco presente. E dire che all'inizio non l'avevo pensata per 
nulla così XD 
Vabbè... aspetto i vostri commenti! Adoro tutto ciò che mi dite sulla storia, lo apprezzo tantissimo *_* 

Svetlana: Anche a Svet piacciono le recenzioni, da!

Un bacione! 
Kirlia <3

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Capitolo 12
*** Quanto siete gelosi, ragazzi! ***


12. Quanto siete gelosi, ragazzi!


{Svetlana.

Quella notte, decisi di fare un’altra capatina all’esterno.
Non che non gradissi la compagnia di Manitoba – anche se spesso faceva strane allusioni ed era
leggermente maschilista, si era rivelato gentile nei miei confronti – ma avevo bisogno di restare da sola.
Gli avvenimenti di quella sera mi avevano spezzato il cuore: prima Mike scopriva dei miei strani
sentimenti verso Cam, poi ci cacciava nella sua testa come se ci odiasse davvero, e infine io accettavo
di collaborare seriamente al piano di Vito.
Roba da non crederci. Come avevo potuto accettare così, senza pensare alle conseguenze? Senza
pensare a Mike…?
No, stavo sbagliando. L’avevo sempre considerato il “nostro ragazzo”, credevo che noi dovessimo essere
dei fratelli per lui, degli angeli custodi che lo aiutassero a vivere la sua vita. Ma, adesso, non era più così.
Anche io volevo una vita, io volevo essere solo Svetlana, non una personalità all’interno della mente del
mio alter ego! E sarei riuscita a ritagliarmi uno spazio nel mondo, anche a costo di reprimere la coscienza
di quello che consideravo mio fratello.
Ero seduta sull’erba, al limitare del bosco che si trovava vicino alle casette, e cercavo di non pensare a nulla
tranne che alle stelle che potevo scorgere attraverso la chioma degli alberi.
Avevo bisogno di rilassarmi e riflettere un po’ su me stessa. Ma, soprattutto, dovevo decidere cosa fare con
la questione “C”.
Che cosa dire a Cam di tutto questo? Rivelargli che io e gli altri avevamo intenzione di sopprimere Mike?
Rivelargli che avevo accettato questo piano mostruoso per lui, per potergli stare vicino?
Questo avrebbe significato ammettere che provavo davvero qualcosa per lui…
Crack! Un ramoscello spezzato mi distolse dai miei pensieri e mi spinse a voltarmi verso la fonte del rumore.
C’era qualcuno, e quel qualcuno si stava avvicinando a me.
Di chi si trattava?
«Chi c’è? Cam, sei tu?» chiesi nervosa, cercando di scrutare attraverso il buio e i cespugli.
La figura che mi si parò davanti all’improvviso, però, non era certamente il ragazzo che speravo di incontrare:
non era basso e fragile come lui, non aveva quel delizioso colorito color caffè.
La persona che mi fissava con dei piccoli occhi neri era Scott.
Non sapevo molto di lui, se non che era uno dei peggiori nemici di Mike e che aveva intenzione di eliminare
dalla competizione lui e Cameron.
«È un piacere conoscerti, Svetlana.» disse, con un sorriso falso. Il modo in cui aveva scandito le sillabe del mio
nome mi faceva venire il voltastomaco. Era come se si stesse riferendo ad un disgustoso insetto da schiacciare,
con un tono molto diverso da quello che sentivo quando era Cam a pronunciare quella parola.
Ma non era questo il momento in cui pensare alla pronuncia.
Come faceva, quel viscido di Scott, a sapere di me? Stava forse tirando ad indovinare o sapeva davvero di non
trovarsi davanti a Mike in questo momento?
Aprii la bocca, cercando le parole e il tono giusto per fingere di essere il mio alter ego, ma non riuscii nemmeno
a fare un tentativo.
«Inutile mentire. So che sei tu, so che sei uno di quei personaggi che Mike tiene nella sua testolina pazza.»
aggiunse, come a voler eliminare qualsiasi mio dubbio sulla questione, prima di incrociare le braccia e fare
un passo avanti.
Io feci inavvertitamente un passo indietro, cercando di mantenere una certa distanza con lui, e cercando di
trovare nella mia mente qualcosa di giusto da dire in quel momento.
Sheila, sta’ calma e respira profondamente. sentii la voce di Manitoba rimbombare nella mia mente vuota di
parole, per cercare di rendermi tranquilla.
In realtà, in quel momento ero davvero a disagio. E spaventata.
Non mi ero mai sentita così in vita mia, ero sempre stata sicura di me stessa. Ma questo, forse, succedeva
perché ero sempre convinta che gli altri mi credessero Mike. Adesso non avevo più dalla mia parte quella
copertura, e mi sentivo solo una ragazza indifesa, al buio e sola, di fronte ad un ragazzo sconosciuto di
cui sapevo di non potermi fidare.
No, dovevo calmarmi. Respirare. Proprio come mi aveva detto l’australiano.
«Che coza vuoi?» riuscii a chiedere, con un tono non minaccioso come desideravo. Beh, almeno stavo
cercando di rimanere calma.
«Ah! Divertente. Lo sfigato mentale è anche capace di cambiare accento.» disse ridendo in modo fastidioso,
per poi fare ancora un passo avanti.
Io mi morsi il labbro e cercai ancora di mantenere la distanza tra di noi, facendo a mia volta un passo
indietro e poggiando la schiena su un albero, precludendomi ogni via di fuga dietro di me.
Guardai nella direzione in cui si trovavano le casette, ma riuscii soltanto a vedere una flebile luce in lontananza.
Eravamo soli, senza speranza che qualcuno ci trovasse qui. Che cosa voleva Scott da me?
«Svetlana si chiede coza vuoi, Zcott.» ripetei, cercando di risultare convincente ma facendo trapelare la mia
insicurezza nella terza persona che avevo usato per parlare. Quanto sei sciocca, ginnasta russa!
Lui prese in mano una sorta di coltello, fatto con un dente di squalo, da quel che mi sembrava di capire, e se lo
passò fra le mani.
Mi dissi che se stava cercando di intimorirmi, si sbagliava!
Alzai il mento e lo fissai con uno sguardo infastidito, poi feci un passo avanti, trovandomi poco distante da lui.
«Se zei venuto solo a darmi faztidio, ho di meglio da fare.» dissi, cercando di apparire scocciata, e cercai di
allontanarmi e dirigermi verso le casette.
Sentii una presa sul braccio e subito mi bloccai, trattenendo il respiro. I miei occhi erano sbarrati e un brivido
freddo mi percorreva la schiena.
«Non così in fretta, tesoro. Volevo parlarti del tuo amico Mike.» sussurrò, facendomi gelare il sangue. Perché
non mi lasciava andare via? Io volevo solo tornare alle casette, mettermi a letto e lasciare che fosse il mio alter
ego ad occuparsi di tutte queste macchinazioni da reality. Non ero fatta per queste cose, e avevo paura di
mettere in pericolo Mike dicendo qualcosa di sbagliato sul suo conto.
Mi voltai verso di lui con sguardo truce.
«Se hai qualcoza da dire a Mike, puoi parlarne con lui.» dissi, per poi liberarmi con uno strattone dalla sua presa.
Cercai di andarmene il più in fretta possibile, e l’avrei pure fatto, se lui non mi avesse ripreso e trascinato contro
l’albero, mettendosi poi di fronte a me.
Trattenni il fiato, spaventata, cercando di appiattirmi il più possibile contro l’albero per evitare di sfiorare quel
ragazzo dai capelli rossi, che mi teneva in trappola puntandomi contro quel dente di squalo. Sembrava molto
appuntito.
Sheila! strillò Manitoba, cercando di farsi spazio nel subconscio. Lasciami passare, mi occuperò io lui! Come osa?
«Sta’ calma, ballerina. Perché cerchi di scappare?» disse ancora Scott, ridendo. Probabilmente non aveva cattive
intenzioni, ma io ero ormai diventata così paranoica da essermi immobilizzata lì.
Sheila! Ritorna nella mente! mi richiamava la voce dell’avventuriero, ma io non riuscivo a fare nulla. Era come se
la paura inibisse qualsiasi possibilità delle altre personalità di riprendere il controllo.
«Non ci riezco!» risposi a Manitoba, ma le parole mi sfuggirono dalle labbra, finendo per fare parte della realtà.
Subito il rosso abbassò il pugnale, guardandomi con aria interrogativa.
«Ma di cosa stai parlando? Certo che Mike è proprio uno sfigato mentale, e tu più di lui.» rise ancora, per poi
puntarmi di nuovo il coltello contro.
Non capivo quale fosse il suo scopo, perché mi stava minacciando a quel modo? Io volevo solo essere lasciata
in pace per una sera!
«Vediamo fino a che punto posso indebolire Mike influenzando le sue personalità multiple…» commentò divertito,
mentre la punta del dente di squalo mi sfiorava il collo.
Oh! Era questo a cui mirava, quindi! Voleva spaventarmi per vedere quale effetto avrebbero avuto le mie
sensazioni impaurite sul mio alter ego. Se solo avesse saputo che le emozioni che ero in grado di trasmettergli
erano di tutt’altro tipo…!
Chiusi gli occhi, senza sapere dove quel ragazzo poteva arrivare per far del male a Mike, quando sentii una voce
diversa, più dolce e con una punta di paura, eppure coraggiosa.
«Lasciala stare, Scott!» disse Cam, che riconobbi subito.
Aprii gli occhi, trovandolo a fare da scudo tra me e il mio assalitore. Il mio… “amico” aveva spinto via Scott con
tutte le sue forze, facendogli fare un passo indietro, e poi mi aveva guardato con un mezzo sorriso.
Nello stesso momento in cui incrociai il suo sguardo, sentii una calma totale invadermi e un senso di sicurezza tale
che persi il controllo sul corpo di cui ero padrona in quel momento.


{Cameron.

Vedere Svetlana, quella creatura così dolce e spensierata, aggredita in quella maniera da Scott, mi aveva fatto
andare su tutte le furie.
Non mi capitava mai di arrabbiarmi, e l’unica volta in cui avevo sentito l’adrenalina attraversarmi a quel modo era
stato quando avevo cercato di difendermi da quel ragno gigantesco che poi si era rivelato essere Izzy.
Avevo agito senza nemmeno pensare, parandomi fra lei e lui e spingendolo via. Come aveva osato spaventarla?
Non sapevo quali fossero i suoi assurdi e subdoli piani, ma non volevo che la ginnasta ne facesse assolutamente parte!
Oh, se solo non gli avessi rivelato il problema di Mike, a quest’ora lei sarebbe stata al sicuro e non avrebbe subito
questi maltrattamenti… Era tutta colpa mia!
«Ehi, ehi! Non c’è bisogno di fare così. Io e Svetlana stavamo solo chiacchierando.» commentò il rosso, alzando le
braccia in segno e mostrando i palmi vuoti. Come se non mi fossi accorto del pugnale che le aveva puntato contro
e che adesso teneva nella tasca posteriore dei pantaloni!
Stavo per rispondere, quando un’altra persona si intromise nella conversazione.
«Ah! Chiacchierando, dici? Quello non era il modo di parlare con una donzella, capibara!» commentò Manitoba
Smith, che aveva prontamente preso il posto di Svetlana in quel corpo.
Rabbrividii leggermente per la strana sensazione che questo cambiamento mi aveva dato. A volte mi dimenticavo
che tutte quelle personalità condividevano un corpo solo, e che la ragazza che tanto mi piaceva aveva la stessa
faccia di altre quattro identità differenti.
Escludendo questa impressione, ero contento di avere al mio fianco un avventuriero esperto come lui: di certo
faceva molto più effetto di me, quando si trattava di intimidire Scott e dirgli di lasciare in pace la ballerina.
«Quanto siete gelosi, ragazzi! Non si possono nemmeno scambiare due parole con una donna che già partite
al salvataggio.» commentò il rosso, per poi giocherellare ancora un po’ con il dente di squalo e raccogliere un
ramo da intagliare.
«Beh, io me ne vado, prima che qualche squalo mutante venga a cercarmi nella notte. Ci vediamo domani!»
aggiunse, per poi avviarsi in direzione delle casette fischiettando.
Se ne andava così! Senza aggiungere altro. Aveva spaventato a morte Svetlana, e ne ero certo, per poi andarsene
come se non avesse fatto nulla di male.
Oh, se solo fossi stato meno mingherlino e più coraggioso l’avrei minacciato a dovere!
«Bisogna sempre essere attenti per la Sheila che si ama, sai?» commentò in quel momento la personalità di Mike
accanto a me, per poi raccogliere un pugno d’erba dal terreno ed annusarlo sapientemente. Lo gettò a terra
stizzito, segno che non aveva trovato tracce di qualcosa di interessante per le sue avventure.
La sua frase mi fece irrigidire. Cosa ne sapeva lui dei miei sentimenti per la ginnasta?
Scott mi aveva stupito, dicendo che entrambi eravamo “gelosi” di lei. Era così palese che fossi affezionato a
Svetlana? Ma, soprattutto, Manitoba aveva una cotta per lei?
Prima che potessi dire qualcosa di sensato, continuò a parlare, senza guardarmi negli occhi.
«Io non sono stato in grado di salvarla, anche se ero accanto a lei. Tu invece sì. Hai vinto, amico.» disse ancora
lui, prima di fare un gesto come se avesse un cappello immaginario e volesse chinarlo in avanti, in segno di rispetto.
Non riuscii a rispondere nemmeno questa volta alle sue parole, perché lui sospirò pesantemente e lasciò
nuovamente posto a Svetlana.
«Cam!» trillò lei, con quel suo accento così delizioso, per poi sorridermi emozionata.
Oh, finalmente incrociava di nuovo il mio sguardo…


Ed eccomi qui, tornata come sempre ad allietarvi con un nuovo capitolo, stavolta davvero davveeero particolare!
Non volevo assolutamente fare apparire Scott come un pervertito e, se non fosse chiaro, lo specifico: il suo intento
era solo quello di vedere se, spaventando Svet, i suoi sentimenti di paura si sarebbero riflessi su Mike - cosa che
non succederà, ovviamente, perché la personalità di Mike stava "dormendo" in quel momento.
Che altro...? 
Ah sì! Il "capibara" è un grosso roditore ed è il modo in cui Manny chiama Scott nella seconda puntata di All Stars.
Mi chiedevo cosa fosse e ho fatto una piccola ricerca. Non vedo grandi somiglianze tra Scott e questo animaletto
dolcissimo ma lo volevo citare XD 
Inoltre, volevo ringraziarvi perché nell'ultimo capitolo ho avuto ben SEI recensioni! Mi fate arrossire, ragazze <3
Le nuove "new entry" del gruppo (Miiho e W a tutto reality) sono dolcissime e spero di risentirle presto! Ma grazie
anche alle veterane (Yulin, Moony, Francy, Zoey e Gwen) che continuano a commentare la mia storia con assiduità *_*
Vi amo tutte! 
Ma infineeee... andiamo al nostro capitolo! Cioè, avete visto quant'è dolcioso Manitoba? Direte "peccato, sembra che si
sia arreso" ma vedrete che non sarà così! Anche Cam è un tesoro, però <3 
Okay basta, ho straparlato oggi! 

Un bacione e al prossimo capitolo! 
Kirlia <3

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Capitolo 13
*** Se solo fossimo stati più chiari. ***


Capitolo 13. Se solo fossimo stati più chiari.


{Cameron.

Mi ritrovai stretto nell’abbraccio di Svetlana, che saltellava emozionata.
Quasi non riuscivo a prendere aria per quanto mi stringeva, ma andava bene così. Ero felice che lei non fosse
arrabbiata con me, che mi stesse di nuovo trattando come uno dei suoi… amici? Sì, decisamente così.
Ma, soprattutto, ero felice di poter incrociare di nuovo i suoi bei occhi castani.
«Oh, Cam! Grazie per avermi zalvato! Quello Scott mi stava facendo venire i brividi…» sussurrò la ballerina, prima
di decidere di mettermi giù.
Sorrisi, leggermente imbarazzato dalla sua affettuosità.
Non mi era ancora chiaro cosa provassi per lei, ma la strana e piacevole sensazione, che mi contorceva lo stomaco
mentre lei mi ringraziava come se fossi il suo eroe, era un chiaro segno che la considerassi qualcosa di diverso da
una comune amica.
Erano gli ormoni? Avrei dovuto fare delle ricerche più approfondite, ma purtroppo avevo portato con me solo un
libro sulle farfalle, qui sull’isola.
«Non ci si può fidare di Scott.» sussurrai, per poi prendere la mano di Svetlana e stringerla nella mia con una forza
che non credevo di poter avere.
Il mio gesto catturò la sua attenzione in un attimo, e mi ritrovai a sprofondare in quello bellissimo sguardo che
riuscivo persino ad immaginare azzurro cielo come me l’aveva descritto.
«Svet… promettimi che non te ne andrai di nuovo in giro tutta sola nel bosco.» le dissi, con la speranza che accettasse.
Mi ero però dimenticato di essere stato io il primo a non mantenere la promessa che lei mi aveva chiesto di fare, e mi
sentii subito assalito dai sensi di colpa.
Lei annuì, chiudendo gli occhi per un attimo e poi riaprendoli, mettendo così in mostra le lunghe ciglia.
«Da. E lo farò, vizto che tu hai cercato di aiutare in tutti i modi Mike… come ti avevo chiezto
La sua espressione era sincera, e questo mi stupii.
«Ma io credevo che fossi arrabbiata con me…!» commentai, mentre i miei pensieri sfuggivano al mio controllo. Non
volevo farle capire quanto fossi stato deluso dalla sua reazione, ma proprio non avevo potuto fare a meno di dirlo.
Quando era comparsa e non mi aveva nemmeno guardato per un attimo, mi era crollato il mondo addosso. Era come
se nemmeno la mia bolla fosse stata capace di proteggermi dalla delusione del suo gesto. E dire che mi aveva protetto
da tutto in questi sedici anni!
Lei strinse la mia mano più forte e mi guardò in modo triste. Poi, quasi folgorata da un’idea, si guardò intorno come per
essere certa che non ci fosse nessuno, e si abbassò per raggiungere la mia altezza.
Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò alcune parole.
«Alle altre personalità non piace la nostra… “amicizia”. Ho dovuto fingere che non fossi importante per me, mi dizpiace
disse, facendomi arrossire quando le sue labbra sfiorarono leggermente la mia guancia.
La sua vicinanza mi aveva agitato tanto da comprendere a malapena le sue parole, tanto ero stato travolto dalle sensazioni.
Sentivo il sangue affluire alle guance e imporporarle sensibilmente, ma, per fortuna, la mia carnagione scura mi aiutava a
nascondere il rossore.
Fu solo dopo che si allontanò da me che ebbi modo di assimilare quello che mi aveva detto.
Le altre personalità non erano d’accordo con la nostra amicizia. Perché?
«Ma credevo che l’altro giorno, alla spiaggia, avessi detto che non fossero infastiditi dalla mia presenza.» risposi,
ricordando la conversazione che avevamo avuto solo pochi giorni prima.
Se la memoria non mi tradiva, Svetlana aveva proprio detto che per loro non era un problema che io parlassi con lei.
Avevano cambiato idea per qualche motivo?
«Ho mentito. A loro… non piaci, Cam.» sussurrò, imbarazzata. Si mordicchiò il labbro inferiore e distolse lo sguardo, con
atteggiamento colpevole.
La mia mente cominciò a riflettere. Cosa potevo aver fatto per meritarmi l’odio delle personalità all’interno della mente di
Mike?
Beh, di certo lo stavo aiutando in tutti i modi a controllarle, e con questo a sopprimerle, per certi versi. Ma avevo assicurato
alla ginnasta che, in ogni caso, non sarebbe stato possibile farle scomparire del tutto.
No, non poteva essere questo il motivo del loro odio.
Ma allora, cosa poteva essere?
Manitoba… rimembrò il mio subconscio.
Solo pochi minuti prima, l’avventuriero era stato piuttosto criptico nei miei confronti, ma le sue allusioni erano alquanto
chiare. Lui sapeva che io provavo qualcosa per la ballerina, aveva persino detto che era “la donna che amavo”… ma aveva
anche detto che lui non era stato in grado di proteggerla, e che quindi avevo vinto.
Questo voleva forse dire che mi odiava perché… perché anche lui era innamorato di Svetlana?
«Ma quezto non cambia quello che c’è fra noi!» si intromise lei nei miei pensieri, fissandomi con sguardo allarmato e alla
ricerca di una conferma.
E cosa c’è fra noi, Svet? mi chiesi, ma non riuscii ad avere la forza di dirlo davvero. Aveva già detto più volte che la nostra
era un’amicizia, anche se aveva usato un tono – volontariamente o no – piuttosto strano nel pronunciare quella parola.
Ma come dovevo interpretare quel suo modo di comportarsi? C’era forse una speranza che io piacessi a lei come lei
piaceva a me?
Era forse possibile che a lei, una ragazza così amichevole, determinata e così bella, piacesse un ragazzino basso e
impacciato come me?
No, non lo credevo possibile. Ecco perché mi preparai a risponderle in tono tranquillo.
Peccato che non sapevo che avrei rovinato tutto.


{Svetlana.

“Quello che c’è fra noi”. Come avrei potuto essere più chiara di così?
Non volevo che Cam scoprisse così i miei sentimenti verso di lui, volevo preparare un discorso, qualcosa che
esprimesse tutto quello che pensavo di lui… ma, soprattutto, era ancora troppo presto per parlargli di certe cose.
Lo ammettevo, Cameron mi piaceva molto e non avevo mai provato per nessuno quello che provavo in sua compagnia.
Mi sentivo apprezzata, ammirata. Mi sentivo bene. Ma, allo stesso tempo, non ero certa di poter definire “amore”
quello che sentivo. Forse era solo un’infatuazione, un’emozione nata per la prima volta ma destinata a spegnersi
velocemente… e io non volevo rischiare di sbagliare.
Ma ormai avevo rovinato tutto, con quella frase così palesemente legata al nostro rapporto, e sapevo che lui, essendo
intelligente, avrebbe colto l’allusione che si celava in quelle parole.
Col fiato sospeso, e mordicchiandomi le labbra, attesi il suo verdetto. Avevo notato un leggero cambiamento nei suoi
occhi, appena avevo pronunciato quelle parole, ma adesso era scomparso.
«Ma certo. Nessuno, nemmeno le tue altre personalità, potranno rovinare la nostra amicizia, Svet.»
Amicizia.
Amicizia?
Come poteva anche solo pensare di pronunciare quella parola, visto che io gli avevo praticamente rivelato i miei
sentimenti? O forse non ero stata così chiara come credevo?
No, credevo che il significato di una frase del genere fosse abbastanza ovvio.
Allora, mi dissi, c’era solo una spiegazione: Cameron aveva capito, ma non voleva che le cose tra noi prendessero
quel tipo di piega. Ecco perché mi aveva risposto in quel modo.
Per un attimo mi sentii ferita, offesa. Mi sentii rifiutata. Ma, in fondo, come potevo biasimarlo? Ero o non ero una
donna rinchiusa nel corpo di un uomo?
Per quanto lo desiderassi, questo non sarebbe mai cambiato. Non sarei mai stata la ragazza dalla pelle color latte
e i capelli biondi che Mike aveva immaginato nella sua mente quando mi aveva creato, non sarei mai stata libera di
avere la vita che avrei desiderato. E, soprattutto, mai un ragazzo mi avrebbe guardato come desideravo essere vista.
Lasciai improvvisamente le mani del ragazzo bolla davanti a me, come se scottassero. Mi voltai per non guardarlo in
faccia e per evitare che mi vedesse, mentre una lacrime calda e nera di eyeliner scivolava lungo la mia guancia.
«… Svetlana?» chiese lui, con voce indecisa, come se si chiedesse il perché della mia reazione. Come poteva non
comprendermi?
Avevo capito ciò che voleva dirmi, avevo capito che con le sue parole aveva rifiutato la mia proposta. Avevo sbagliato
tutto, ma questo non significava che adesso non ci stessi male.
«Io… non fa niente, Cameron. Devo aver ezagerato.» sussurrai, per poi passarmi una mano sulla guancia, per tentare
di cancellare la macchia lasciata dal trucco.
Cercai di essere sorridente e mi voltai di nuovo verso di lui. Sapevo benissimo che la mia falsa maschera di tranquillità
non avrebbe retto molto, ed era per questo che dovevo congedarmi ed andarmene alla svelta.
«Scuzami, ma adesso devo proprio andare. Mike ha bizogno di riposare.» sussurrai, per poi dirigermi verso la casa
delle Larve Mutanti.
In quel momento come non mai, desideravo rinchiudermi nella mente di Mike e uscire da lì il meno possibile.
«Aspetta, Svet! Dove vai?» sentivo ancora richiamare a gran voce Cameron.
Ma non mi fermai, continuai per la mia strada e, nello stesso momento in cui chiudevo la porta della camera, chiudevo
anche me stessa a tutta mandata nel subconscio dove ero stata creata e a cui appartenevo.


Alors... Ammetto che questo finora non è stato tra i miei capitoli migliori :( Ma, compatitemi, ho passato una settimana 
d'inferno all'università e non ho avuto neanche il tempo di respirare! Inoltre, sentivo quasi una specie di blocco dello 
scrittore ma oggi finalmente è un po' andato via. 
Che dire del capitolo? Semplicemente che sia Svetlana che Cameron sono due sciocchini: entrambi credono di non essere
"abbastanza" per l'altro, minando così al loro rapporto. Svetlana non crede possibile che Cameron ami una donna dentro
il corpo di un uomo. Cameron, invece, crede di non essere il prototipo di "uomo" che potrebbe piacere ad una campionessa
di ginnastica russa. Insomma, sono due stupidi XD 
Spero che la reazione di Svetlana non sia sembrata troppo uhm... esagerata. Io credo che lei sia molto impulsiva, a volte, e che
questo, unito alla sensazione di essere stata rifiutata, l'abbia fatta scappare. Ditemi voi, insomma ;) 
Altro...? 
Ah, sì! Avete visto che è tornata, nell'ultima puntata? *_* Adorabile! Stava lì a scolpire pesciolini nel burro ç_ç 
Sto scrivendo una cosina per festeggiare il suo ritorno, spero di poter postare presto! Di certo ci saranno accenni Manlana e 
spero che la leggerete :D 
Altra cosa: vi aspetta una sorpresa nei capitoli a venire! Ho commissionato una cosina ad una persona, e spero arrivi presto! 
Spero che vi piaccia! 
Dovevo dire qualcos'altro ma ho dimenticato, casomai editerò! 
Per ora vi saluto e vi dico che vi ADORO infinitamente per le vostre recensioni fantastiche *_* 

Un bacione e a presto, 
Kirlia <3

 

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Capitolo 14
*** Avventurati in sentieri inesplorati! ***


Capitolo 14. Avventurati in sentieri inesplorati!


{Manitoba.

Sentii un rumore rimbombare furiosamente sulle pareti della mente di Mike.
Il mio sguardo, fino a quel momento apatico e privo di interesse verso tutti, si fece improvvisamente attento.
«Che cosa è stato?» chiesi, alzando gli occhi in cerca della fonte di quel suono un po’ troppo forte per la
mente di un ragazzo che stava ancora dormendo.
«Ah! Ragazzino, credi di poter barare distraendomi con questi sciocchi trucchetti? Dannati mocciosi di oggi…»
commentò Chester, alzando le braccia verso di me e cercando di minacciarmi a gesti, mentre mi rifilava il solito
sermone che avevo già sentito migliaia di volte.
Io e il vecchio stavamo giocando a “Go Fish!”, un gioco di carte che Vito aveva cercato di insegnare a tutti i
componenti di quella mente un po’ fuori dal comune. I risultati, però, non erano stati quelli sperati: Chester
continuava a dimenticare le mosse da fare e, a causa della sua cecità, spesso confondeva i numeri sulle carte,
con il risultato di mandare all’aria l’intera partita; Svetlana, dal canto suo, continuava a dire “vai a pescare!” anziché
“pesca!” quando era richiesto dal gioco, e questo irritava parecchio l’italoamericano. Io, invece, non trovavo affatto
fastidioso il fatto che Sheila continuasse a sbagliare. La rendeva piuttosto tenera e infantile, ed era divertente
vederla lamentarsi quando perdeva una partita a carte, lei che era la grande campionessa russa…
No. No, Manitoba. Devi smetterla di pensare a quella ballerina. Non hai alcuna speranza con lei, specialmente non
ora che ti sei arreso all’evidenza che la sua storia con Cameron si stia evolvendo in qualcosa di…

Un altro tonfo interruppe i miei pensieri. Che cosa stava succedendo?
Mi alzai dal tavolo di fronte al dipinto di Mike, per scrutarmi intorno e cercare di rendermi conto della situazione.
Sembrava tutto piuttosto calmo, considerato che Vito quella sera aveva deciso di addormentarsi mentre faceva una
lampada – nella mente di questo ragazzo c’erano persino i centri estetici, sì – e che il vecchietto era piuttosto
concentrato nel cercare di leggere quale numero ci fosse sulla carta che teneva in mano.
«Dove vai, ragazzino? Non abbiamo ancora finito, qui!» tentò di richiamare la mia attenzione la personalità più anziana,
ma io la ignorai bellamente e mi incamminai verso quella che credevo essere la fonte del rumore.
Sospirai angosciato. Non che non fossi interessato – la mia natura di esploratore mi portava a scoprire avventure anche
in un rumore poco probabile – ma in realtà la mia vera intenzione era quella di distrarmi un po’ dalla realtà.
In fondo, quella era stata la notte peggiore della mia vita.
Per prima cosa, Svetlana era stata minacciata da quel capibara di Scott, che si era divertito a spaventarla tanto da non
permettermi di intervenire in tempo per salvarla. In secondo luogo, la mia bella – dovevo smetterla di definirla “mia”,
accidenti! – era stata tratta in salvo da quello che credeva essere il suo unico vero amore. E poi io, come un’idiota,
avevo deciso di lasciare che fosse sua.
Ma Cameron non meritava Sheila quanto me. Per quanto lui la apprezzasse, stesse cercando di conoscerla e di farle
notare l’affetto che provava per lei, non sapeva proprio nulla sul suo conto. Sapeva forse quanto le piacesse starsene su
quel palco in mezzo al prato verde che Mike aveva allestito per lei, a bearsi dei raggi di luce che investivano la sua pelle
pallida? Sapeva quanto potesse diventare irritabile quando le altre personalità non prendevano in considerazione i suoi
desideri di donna? Sapeva davvero quanto era bella, con quei suoi capelli biondi e i suoi occhi color cielo?
No. Lui non poteva sapere niente di tutto ciò, perché lui conosceva solo un lato della medaglia. Lui conosceva la Svetlana
che viveva all’esterno, per poco tempo, cercando in tutti i modi di fare il suo dovere e aiutare Mike... Ma non era cosciente
di chi fosse la ginnasta olimpionica quando si ritirava in quello che era davvero il suo mondo, cioè la mente del nostro
ragazzo.
Io avevo imparato a conoscerla: non ero lì da molto tempo, insieme alle altre personalità, ma avevo osservato la ballerina
esercitarsi nei suoi passi di danza per anni ed anni… quando ero ancora una delle entità minori presenti nella sua mente.
Ed era come se la vedessi da sempre, come se sapessi riconoscere ogni dettaglio di lei, del suo sorriso, del modo in cui
le sue labbra si muovevano mentre si esprimeva in quel suo delizioso accento russo…
Ancora un tonfo. Poi silenzio.
Restai impietrito sul posto, ad aspettarmi qualsiasi cosa. Come un vero Indiana Jones attesi di percepire qualcosa, con i
muscoli tesi, pronto a scappare. Quasi come se ci potesse essere una tigre di agguato.
Ma non erano i ruggiti di un felino quelli che sentii, bensì dei singhiozzi, talmente sommessi e silenziosi da non essere
quasi udibili. Io, però, avevo un fine udito da esploratore, e riuscivo a cogliere i segni di qualsiasi cosa.
Seguii la traccia di quei sospiri tristi fino a che non la trovai, seduta su quel palco dove l’avevo vista da sempre, mentre i
suoi piedi – adornati da scarpette da ballo rosa – dondolavano sul vuoto.
Sentii subito una morsa stringermi lo stomaco, e il desiderio di non vedere più quella creatura così fragile e bella in quello
stato mi sommerse. Perché, Sheila? Perché stai piangendo? Non sarà forse stato Cameron a renderti così infelice? E io
che credevo di averti lasciato in buone mani!

Svetlana piangeva sommessamente, nascondendo il viso tra le mani e cercando, probabilmente, di non farsi sentire da
nessuna delle altre personalità. Il che, mi dissi, doveva comprendere anche me.
Di certo non voleva che nessuno le si avvicinasse, voleva rimanere da sola sul pavimento di quel piccolo teatro che la
mente di Mike aveva allestito per lei. Era il suo luogo prediletto, in effetti.
Ma avrei mai potuto avere la forza di lasciarla lì, a disperarsi per qualcosa che avrei potuto evitare? Se solo fossi stato più
insistente e non avessi lasciato che Cameron la salvasse al posto mio…
«Sheila…» sussurrai, senza rendermene conto, e subito la vidi voltarsi verso di me e mi raggelai. I suoi occhi, che in quel
momento sembravano azzurri laghetti di montagna colmi di lacrime, incrociarono i miei, facendomi provare dentro sensazioni
molto simili quelle date dalle montagne russe.
Non ebbi la forza di dire altro, se non di avvicinarmi silenziosamente di qualche passo e desiderare con tutto me stesso
poter correre da lei e abbracciarla, consolarla… baciarla.
Ma non potevo.
Non avrebbe capito.
Lei intanto rimaneva immobile, mentre altre lacrime scivolavano lungo le guance pallide, e io provai la strana voglia di poter
sfiorare il suo viso e cancellare via quelle tracce umide dal suo volto.
Volevo solo vederla sorridere ancora, volteggiare aggraziatamente su quel pavimento di legno in modo leggero, etereo, come
solo lei sapeva fare.
Volevo vederla felice. Era solo questo che mi interessava: il suo sorriso avrebbe reso felice anche me, ed era questo a cui
avevo sempre mirato… anche se poteva significare doverla lasciare al ragazzo bolla.
Mi sedetti accanto a lei, senza dire una parola e cercando di costringermi a non stringerla tra le mie braccia. Fissavo il vuoto
davanti a me, supportandola come avevo sempre fatto, ma senza tentare nessun tipo di approccio con lei. L’avevo vista
troppo spesso sfuggire alle mie attenzioni e non mi andava di ripetere l’esperienza.
Però questa volta qualcosa era cambiato. Me ne resi conto nel momento in cui sentii la sua mano piccola e soffice sfiorare
la mia, alla ricerca di un contatto, alla ricerca di un conforto di cui aveva evidentemente bisogno.
Mi voltai appena in tempo per vedere Svetlana affondare il viso sul mio petto, mentre il suo respiro si spezzava in singhiozzi
così strazianti da far sciogliere il cuore. Rabbrividii leggermente per l’emozione, mentre le mie braccia si chiudevano intorno
a quel corpicino scosso dal pianto, mentre finalmente mi sentivo in grado di poterla proteggere e mi rendevo conto di avere
la possibilità di consolarla.
«Cos’è successo, Sheila? Perché stai piangendo?» sussurrai, il più piano possibile, quasi con la paura che questo fragile
momento tra di noi potesse spezzarsi improvvisamente e dissolversi così come si era creato.
Riuscii a malapena a percepire le parole di lei, interrotte a tratti dai sospiri e soffocati nella mia camicia a quadri.
«Cam, lui… Come potevo penzare di piacergli? Io… In fondo lo sapevo! Cosa potevo azpettarmi…?» gemette, marcando
ancor più il suo accento sulle quelle parole che le era difficile pronunciare. Il mio cuore di fronte a quella scena non poté
che battere sempre più forte: la rabbia mi faceva ribollire dentro, per ciò che quel ragazzino aveva fatto alla mia Svetlana,
e la tenerezza nei confronti di lei mi faceva desiderare di poterla cullare tra le mie braccia e coccolarla fino a farle capire
quanto Cameron si fosse sbagliato, come avesse perso un’opportunità unica nella sua vita.
Ma non potevo mostrare nessuna di queste due emozioni, quindi mi limitai a stringerla solo leggermente, per poi misurare
le mie parole.
«Sheila, sapevi anche tu quanto sarebbe stato difficile…» cominciai, per ritrovarmi a pochi centimetri dal naso il viso della
ragazza, contorto in una smorfia rabbiosa.
«Non dirmi “te l’avevo detto”, Manitoba! Non ho bizogno che me lo ricordi, da?!» strillò, puntandomi contro un dito, per poi
tornare a sciogliersi in lacrime. Con mio grande stupore, tornò a nascondere il volto tra le pieghe della mia camicia.
Io rimasi immobile. Dovevo immaginare che le sue reazioni sarebbero state piuttosto difficili da capire. Svetlana sapeva
esattamente quanto sarebbe stato difficile intrattenere una “relazione” al di fuori della mente di Mike, era a conoscenza
del rischio che stava affrontando e… aveva ragione. Io non avrei dovuto essere così crudele da ricordarlo. Eppure, non
sapevo cos’altro dire, come poterla rendere un po’ più serena.
Prima che potessi di nuovo aprire bocca, la ballerina ricominciò a parlare, tra i singhiozzi.
«Scuzami, Manny. Non dovrei prendermela con te… Tu mi sei zempre stato accanto.» disse lei, per poi alzare lo sguardo
verso di me e scrutarmi attraverso quelle iridi color cielo.
Io mi sentii improvvisamente avvampare, come se i suoi occhi avessero il potere di mandare scariche di fuoco, o come
se fossi stato avvolto da una fiamma eterna. Nel primo istante in cui ebbi questa sensazione, pensai che fosse dovuta
alla profondità del suo sguardo nei miei confronti, ma fu dopo qualche secondo che finalmente mi resi conto.
Manny.
Mi aveva chiamato “Manny”. Non Manitoba, come sempre.
E se c’era una cosa di cui ero certo, grazie ad una conversazione avuta da poco con Vito, era che Sheila non dava
soprannomi a nessuno… Escluso Cameron, il suo “cosiddetto” amore.
Adesso aveva assegnato un nomignolo a me. Cosa poteva significare questo?
Non farti strane idee, cowboy, commentò saggiamente la mia voce interiore, per cercare di rimettermi in riga. Non potevo
permettermi di fantasticare sulla possibilità che Svetlana provasse qualcosa per me, giusto?
«Non importa, Sheila. Una bella donzella come te può permettersi di dirmi qualsiasi cosa.» commentai, guardandola
con dolcezza.
Stai davvero flirtando con lei, Smith? chiese divertita la mia coscienza, e io mi ritrovai a mordermi il labbro inferiore,
quasi pentito. Ma, in fondo, cosa c’era di male? La ballerina sapeva quanto fossi pronto a provarci con le signore, e
non le erano mai dispiaciuti i miei commenti a volte oltre il limite. Sapeva che ero fatto così, e mi apprezzava comunque.
In ogni caso, l’unica bellezza con cui avrei mai voluto provarci davvero era lei, anche se di certo non lo sapeva.
Svetlana sorrise, per il mio complimento, e il vago rossore fu evidente sulle sue guance bianco latte. Io sorrisi a mia volta,
felice di poterla vedere lusingata e finalmente di nuovo felice. Sembrava che, in un modo o nell’altro, fossi riuscito a farla
riprendere un po’.
Ma quest’attimo di felicità si dissolse in un attimo, quando lei tornò ad abbassare lo sguardo tristemente. Poi la sentii di
nuovo sussurrare.
«Manny, credi che io zia brutta?» chiese, per poi lanciarmi un’occhiata quasi implorante.
E fu in quel momento che feci la cosa più stupida che avessi potuto scegliere di fare.
Scoppiai in mille risate, senza rendermi conto del suo sguardo stupito e ferito su di me, mentre cercavo di trattenere il
divertimento che sfuggiva al mio controllo.
Mi resi conto di quanto avevo sbagliato solo quando uno schiaffo mi colpì la guancia e lasciò un segno rosso lì dove
era passato.
«Come puoi essere cozì crudele?!» strillò, guardandomi ferocemente, un po’ come aveva fatto pochi minuti prima. Io mi
ripresi, e incrociai i suoi occhi che sembravano trasmettere una delusione terribile.
Solo in quel momento mi accorsi che la sua era stata una domanda seria.
Lo dovevo ammettere: non riuscivo davvero ad immaginare che lei potesse considerarsi brutta, per questo avevo pensato
che si trattasse di una battuta. Ma, adesso, dovevo rimediare al danno fatto.
Le presi le piccole mani e le strinsi tra le mie, sorridendo con dolcezza e tentando di sembrare convincente. Cercavo il
suo sguardo, ma lei era sfuggente, in un’espressione tra l’offeso e il preoccupato. Cosa potevo fare per attirare la sua
attenzione e farle capire perché avevo riso?
Sei o non sei un esploratore, Manitoba? Allora avventurati in un sentiero inesplorato! gridò la mia coscienza, stavolta
sembrando particolarmente a favore di un avvicinamento tra me e la ginnasta. Che si decidesse, una volta tanto!
Decisi comunque di seguire il suo consiglio: sfiorai il mento della ragazza di fronte a me con una mano, per poi invitarla
con un gesto gentile ad alzare lo sguardo sul mio.
Svetlana sbatté le lunghe ciglia per poi decidersi a fissarmi negli occhi. Io presi ancora un po’ di coraggio e le sistemai
dietro l’orecchio una ciocca di capelli biondi sfuggiti allo chignon.
Che bella sensazione, poterla toccare! La sua pelle era morbida e vellutata come immaginavo, i suoi capelli soffici…
«…Manny?» sussurrò lei, guardandomi con espressione indecifrabile. Cosa succedeva? Avevo passato il limite? Si era
accorta di quanto la guardassi con aria sognante in quel momento?
«Sheila, come puoi anche solo pensare di essere brutta? I tuoi capelli color dell’oro, i tuoi occhi belli come zaffiri e la
tua pelle candida non sono niente in confronto alla tua dolcezza, la tua determinazione, la tua gentilezza verso tutto e tutti.
Non ne hai idea, dell’effetto che puoi fare, Svet.»
Non mi ero accorto di cosa stavo facendo finché i nostri nasi non si sfiorarono leggermente. Mi ero avvicinato a lei,
involontariamente, attirato come un’ape dal miele, desideroso di poterla… baciare?
Anche lei sembrava stupita, quando si accorse dei nostri sguardi così vicini, del mio respiro tiepido e piacevole sulle sue
labbra. Arrossì e si ritirò, voltandosi in un’altra direzione.
Io sospirai, per poi aggiustarmi il cappello sulla fronte. Forse avevo un po’ tirato troppo la corda: avevo praticamente
dichiarato la mia attrazione verso di lei!
«Grazie, Manny.» sussurrò, per poi sbadigliare leggermente e aggiungere «Credo che Svetlana adesso andrà a riposarsi,
è stata una giornata lunga. Spokòinoi nòci
Mi ricordai solo in un secondo momento che in quell’attimo aveva parlato in terza persona, dimostrando tutto il suo
imbarazzo per quella situazione. Ma, in quell’istante, non avevo avuto il tempo di pensare a nulla.
Lei, infatti, si alzò, scuotendo leggermente il velo arricciato del suo tutù, per poi avvicinarsi a me.
Un bacio, leggero come ali di farfalla, mi sfiorò la guancia, prima che la ballerina si voltasse e si dirigesse verso la sua
camera nel grande palazzo che era la mente di Mike.
E io rimasi lì, con un’espressione da ebete, mentre portavo una mano alla guancia e toccavo con dolcezza il punto dove
quelle labbra mi avevano appena baciato.
«Buonanotte, Sheila.» risposi, per poi tirare le somme della giornata.
Svetlana mi aveva dato un nomignolo. Mi aveva abbracciato.
Mi aveva baciato la guancia con dolcezza.
Ritiravo tutto ciò che avevo detto: quella era stata di certo la notte migliore della mia vita.


Care lettrici mie! Eccomi ritornata con un nuovo capitolo, stavolta un po' più lungo del precendente. 
Ho solo una cosa da dire: SVET E MANNY SONO L'AMORE. 
Ma li avete visti? Seriamente? Sono di una dolcezza unica *___* Ma lascio a voi commentare XD
Per il resto: spero abbiate notato la citazione di Hunger Games "Non ne ha idea, dell'effetto che può fare." Io adoro HG, quindi 
sono stata felice di poterne citare una frase! 
Inoltre mi sono auto-citata, in una frase che ho ripreso da una delle mie vecchissime storie di quando ero ancora una giovane
matricola di EFP (ogni tanto mi piace ricordare i vecchi tempi!) cioè: "[...] abbracciarla, consolarla... baciarla. Ma non potevo, 
non avrebbe capito." 
"Go Fish!" è il gioco di carte a cui stavano giocando Vito, Chester e Svetlana nell'episodio 2 di TDAS (scusa Francy, spero non 
sarà un grave spoiler per te o.o) e la frase che sbagliava la nostra Svet quando giocava era nella versione originale "Go with the 
fishing!" spero che come traduzione vada bene. 
Che altro...? Ah sì! Avete visto TDAS? Svetlana che fa la linguaccia a Chester? XD Qualcosa di fantastico! 
Okay, basta spoiler ç_ç 

Alla prossima settimana con un nuovo episodio de LMOIEEP (certo che un titolo più corto me lo potevo cercare!) 
Un bacione a tutte e aspetto i vostri commenti! 
Kirlia <3


 

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Capitolo 15
*** Tra complotti e giochi di ballerine innevate. ***


Capitolo 15. Tra complotti e giochi di ballerine innevate.


{Cameron.

Non riuscivo a chiudere occhio.
Non dopo quello che era successo quella notte. Non dopo aver visto Svetlana correre via da me
in lacrime per qualcosa che evidentemente avevo fatto.
Mi rigirai nel mio sacco a pelo, cercando di prendere una posizione comoda per dormire, ma
nell’isola di Wawanakwa non era affatto semplice: strani rumori e versi di animali che non
sembravano per nulla innocui spezzavano il silenzio e non riuscivano a darmi pace.
In più, dormire nel letto a castello di fronte a Mike non era certo una consolazione. Non solo
perché era come dormire vicino alla ginnasta russa che tanto mi piaceva, ma soprattutto perché
non la smetteva un secondo di parlare nel sonno!
«Ehi, mocciosetto! La nostra partita non era ancora finita. Ai miei tempi…» blaterava quello che
riuscivo a riconoscere come Chester, mentre il braccio di Mike sporgeva dalle coperte e mulinava
come se tenesse in mano un bastone invisibile.
Un sospiro e il tono di voce del mio migliore amico cambiò ancora, diventando australiano.
«Lascia stare, dingo. Sono tornato, no? Adesso raccogli quelle carte da gioco.» commentò quello
che evidentemente era Manitoba, facendo come un gesto con un cappello immaginario.
Mi ritrovai a chiedermi cosa facessero le personalità di Mike, quando non erano impegnate ad
aiutarlo/distruggergli la vita. Come passavano il tempo? Evidentemente giocavano spesso a carte,
da quel che avevo potuto percepire dalle loro conversazioni.
Magari avrei potuto chiederlo a Svetl… No. Meglio cancellare questo ultimo pensiero, specialmente
ora che la ballerina non sembrava molto incline a parlarmi.
Ero quasi sul punto di voltarmi dall’altra parte e mettermi un cuscino sulla testa, nel tentativo di
ignorare gli sproloqui delle personalità, quando sentii una frase che mi fece drizzare le orecchie.
«Sei stato con la ragazzina, vero? Ah! Dannati mocciosi con le loro cotte adolescenziali! Ai miei tempi…»
aveva ricominciato con la solita predica il vecchio, ma il suo commento precedente mi aveva fatto gelare.
Cotte adolescenziali? Che si riferisse all’evidente cotta che l’avventuriero sembrava avere per Svetlana?
O forse parlava di lei? E se lei si fosse innamorata di Manitoba?
Avvertii qualcosa contorcersi dolorosamente nel mio stomaco, soprattutto quando sentii il seguente
commento della personalità che cominciavo ad odiare.
«Cosa? N-no, io, cioè… Ah! Vogliamo concludere questa partita o aspettare che i kookaburra
nidifichino?» rispose, ovviamente evitando la domanda che l’anziano gli aveva fatto.
Bastava analizzare il tremore nella sua voce per scoprire che le mie intuizioni erano esatte. Manitoba
aveva un debole per Svet, la mia Svet!
Per un attimo ebbi lo strano desiderio di prendere il mio grosso libro sulle farfalle e sbatterlo sulla
testa di Mike. Ma fu solo un momento, prima di rendermi conto che così non solo avrei danneggiato
il mio neo nemico, ma anche la mia stessa amata.
Beh, innamorarsi di una personalità e scoprire che un’altra delle identità che convivono con lei la ama
era piuttosto complicato da gestire. Mi sentivo di troppo, quasi un estraneo che voleva introdursi nel
complicato universo che era la mente del mio migliore amico. Eppure non volevo perdere la ballerina.
Sempre che non l’abbia mai persa… mi dissi, con una punta d’amarezza.
Cosa avevo sbagliato, quella notte, quando avevo parlato con lei?
Non riuscivo ancora a capire, ma i miei pensieri furono interrotti da altre discussioni provenienti dal
letto di fronte al mio.
«Ehi, yo! Smettetela con questi giochetti da bambocci. Dobbiamo parlare.» si intromise una voce dal
forte accento italiano che, di certo, apparteneva a Vito.
Se c’era una personalità che di certo odiavo, era lui. Mi sembrava quello più lontano dalla vera indole
di Mike. Beh, col senno di poi, mi sarei sbagliato…
Immaginai che gli altri alter ego si fossero avvicinati a lui per potergli parlare, ma chissà com’era vivere
all’interno di una mente? Che paesaggio c’era?
«Di cosa dobbiamo discutere, bulletto?» chiese Chester, mentre si portava una mano all’occhio ferito
e ce la strofinava sopra.
Mi chiedevo se Mike sapesse almeno qualcosa di ciò che facevano le sue personalità durante la notte,
e subito mi risposi di no. A quest’ora avrebbe dovuto sapere dei miei incontri con l’unica ragazza
della compagnia.
«Del piano, vecchiaccio! Il piano per prendere il controllo di questo corpo e far soccombere quell’idiota
di Mike!» rispose sgarbatamente l’abbronzato italoamericano.
In quel momento mi alzai repentinamente a sedere sul letto, fissando attentamente il  mio migliore amico.
Cosa?! Le personalità stavano architettando un modo per appropriarsi del corpo di Mike, bloccandolo
nel suo subconscio? Ma com’era possibile?
Improvvisamente mi resi conto del perché mi fosse sembrato che negli ultimi tempi la loro forza fosse
aumentata, di come per loro fosse diventato di colpo più facile fare capolino all’esterno in ogni
momento sbagliato.
In un modo o nell’altro, si stavano rafforzando, e avevano in mente di prendere totalmente il controllo.
Avrei dovuto riferirlo subito al mio amico! Avrei dovuto avvertirlo dell’ammutinamento che stavano
organizzando, in modo da essere pronto a contrattaccare.
Appena quella mattina si fosse svegliato, gli avrei fatto capire che si trovava in serio pericolo e poi…
«E la ragazzina? Non dovremmo dirle di questa riunione?» chiese ancora il vecchietto.
La risposta di Vito arrivò all’istante.
«Piedini di burro non deve sapere un accidenti di questa storia. Non è affidabile, sarà meglio che sia
il cowboy qui a consigliarle cosa fare. Sembra che “Sheila” si fidi molto di te, eh, ragazzo innamorato?»
Riuscivo quasi ad immaginare il bullo fare con le mani il gesto delle virgolette e poi indicare divertito
l’australiano.
Rilasciai improvvisamente un respiro che non mi ero accorto di stare trattenendo. Dovevo essere
molto teso, e i motivi erano due: avevo avuto per un attimo paura che le identità alternative
scoprissero che stavo origliando e ero preoccupato che Svetlana facesse parte di questo complotto.
A quanto pareva, non era così. La ballerina non era consapevole di ciò che stava succedendo, e ne
era complice solo perché Manitoba la convinceva a fare qualcosa per assecondare il piano.
Mi resi conto che l’avventuriero era evidentemente non solo il mio più grande nemico ma anche
un doppiogiochista. Da una parte, tramava per cacciare via Mike e, dall’altra, probabilmente
corteggiava Svetlana e la convinceva a fidarsi di lui.
Mi veniva da vomitare al solo pensiero dell’atteggiamento che aveva con lei, di certo molto simile
a quello che teneva nei confronti di Zoey. Sessista e convinto di essere un playboy.
Dovevo avvertire Svet e Mike di quello che stava succedendo, così tutto sarebbe stato risolto per
il meglio e…
Mi bloccai di scatto su quest’ultimo pensiero e scossi la testa.
No. Se Mike avesse saputo del piano, se la sarebbe presa anche con la ballerina. Lui non avrebbe
capito che lei era estranea alla faccenda, avrebbe pensato che ne facesse parte come tutti gli altri.
Non potevo permettermi di tradire questo segreto che avevo appena scoperto e distruggere
ancor più il rapporto che avevo con lei.
La giusta cosa da fare in quel momento era parlare a tu per tu con la ginnasta, farle capire cosa
stava succedendo e portarla dalla mia parte. Sì, avrei fatto così.


{Svetlana.

Quando quella mattina mi ero svegliata, una strana coltre di neve era caduta su tutto il paesaggio
circostante, creando un intenso bagliore bianco.
Per un attimo mi ero chiesta se si trattasse ancora di un sogno, ma era chiaro che – per qualche
assurdo motivo – a Mike quella mattina doveva essere venuta in mente la neve: strani fiocchi dalle
forme più svariate levitavano e scivolavano dolcemente verso il basso, poggiandosi sui pendii e
ricoprendo del tutto la grossa quercia e la panchina che piaceva tanto a Chester. La chioma
dell’albero in quel momento sembrava una grossa nuvola di cotone.
Quella situazione mi entusiasmò parecchio: non capitava spesso che fosse inverno dentro quella
mente, e sarebbe stato divertente anche vedere Vito disperato per la mancanza del sole accecante
sulla spiaggia.

La spiaggia?
Sorrisi, folgorata da un’idea, e mi tolsi le scarpette da ballo. Per quel giorno avrei indossato delle
calzature diverse.

Come avevo immaginato, l’acqua del misterioso mare nella mente di Mike si era tutta ghiacciata
a causa della nevicata.
Quale momento migliore per esercitarsi nel pattinaggio artistico?
Volteggiare scivolando sul ghiaccio perfettamente liscio mi faceva sentire libera e sospesa quasi in
una dimensione alternativa,  mi faceva dimenticare tutti i problemi e le questioni irrisolte che
occupavano i miei pensieri.
Chiusi gli occhi, eseguendo una perfetta piroetta e poi un piccolo salto, ignorando tutto il resto.
Sarebbe stato bello poter rimanere in quello stato di estasi per sempre, ma poi la realtà tornò a
bussare alla mia porta quando sentii una strana presenza dietro di me e un sospiro trattenuto,
come emozionato.
Aprii gli occhi e mi voltai, ritrovandomi di fronte Manitoba, che mi guardava con tanto d’occhi.
Mi mossi a disagio sul posto, cercando di non sembrare infastidita dallo sguardo che mi aveva
dato di nascosto, e sorrisi leggermente.
« Penzavo che sarebbe ztato interessante pattinare un po’.» commentai per prima, indecisa si
cosa dire e aggiustandomi frettolosamente le pieghe dell’abitino color lavanda che avevo indossato
per l’occasione. Non sapevo esattamente perché, ma volevo apparire in perfetta forma di fronte
all’avventuriero.
Lui sembrò quasi risvegliarsi da un sogno, mentre batteva le palpebre e finalmente mi guardava
sul serio negli occhi, per poi farmi uno di quei suoi sorrisi furbi che credeva facessero cadere le
ragazze ai suoi piedi.
«Buongiorno, Sheila! Il mio istinto di cacciatore mi aveva fatto capire subito che avrei potuto trovarti
in questo gelido deserto di ghiaccio.» rispose, mettendo in mostre le sue abilità di avventuriero
quale era.
Io alzai gli occhi al cielo, con un sorriso sincero sulle labbra. A volte Manny era proprio difficile da
capire: così ossessionato dalle esplorazioni, così interessato al pericolo… eppure gli volevo  bene.
Non era semplice ammetterlo, per me. Avevo sempre convissuto con Vito e Chester, ma il nostro
rapporto era più di reciproca sopportazione che di affetto. Da quando Manitoba era arrivato qui,
invece, tutto sembrava essere migliorato: avevo qualcuno con cui parlare davvero, quando c’era
un problema.
Lui c’era stato sempre, pronto a proteggermi e consolarmi, come aveva fatto la sera prima…
Già. Era stato piuttosto strano, in realtà, quello che era successo tra di noi. Avevo cercato il suo
contatto, avevo desiderato i suoi abbracci e il suo conforto. Era la prima volta che mi trovavo ad
avere così bisogno di un’altra persona, eppure mi ero sentita bene accanto a lui.
Tanto bene da avergli persino donato un bacio. Un bacio sulla guancia, casto di certo.
Ma una volta avevo sentito dire che un bacio sulla guancia poteva anche significare qualcosa di
più di un semplice gesto legato all’amicizia…
Ah niet! A cosa stavo pensando? Non ero ancora sicura dei sentimenti che provavo per Cameron
e mi ritrovavo a fantasticare su Manitoba? Sciocca ballerina russa!
«Sheila, devo parlarti di una cosa…» aveva detto il mio interlocutore, improvvisamente serio in volto.
E io mi ero subito raggelata. E se lui avesse interpretato male il mio gesto e in quel momento
volesse dirmi qualcosa? E se… mi rifiutasse anche lui?
Colta da un momento di panico lo presi per mano e lo trascinai verso di me, sulla lastra di ghiaccio,
in modo da distrarlo e fargli dimenticare qualsiasi cosa avesse intenzione di dire.
«Svetlana vuole portarti a pattinare! Zu, vieni!» dissi con voce terribilmente stridula e cominciando
a parlare in terza persona come un’idiota. Avevo davvero così paura di perdere anche lui da
improvvisare qualsiasi cosa.
L’australiano cercò di sfuggire alla mia presa e di tornare alla zona coperta di neve, ma i suoi
stivali da cowboy scivolarono e lui cadde, facendo perdere l’equilibrio anche a me, che mi ritrovai
sdraiata su di lui.
Potei notare un vago rossore apparire sulle sue guance chiare e far brillare i suoi occhi, prima
che mi rendessi conto anche io della situazione e mi ritirassi, liberandolo dal mio peso e
cercando di eludere il suo sguardo. Sapevo di essere arrossita anche io.
Ci fu un attimo di silenzio in cui entrambi ci fissammo confusi, non sapendo esattamente cosa
dire. Nella mia testa vorticavano scuse di tutti i generi, ma non riuscivo a dire nulla.
Poi entrambi scoppiammo a ridere, con una complicità che mi stupii e che allo stesso tempo mi
sembrò terribilmente spontanea. Mi sentii subito più leggera e felice e mi liberai di tutti i dubbi
che per un momento mi avevano assalito.
Sì, Manny aveva questo strano effetto su di me.
«Per tutti i capibara, Sheila! Che cosa ti è saltato in mente?» commentò lui, mentre raccoglieva il
fedora che gli era sfuggito nella caduta e se lo infilava in testa.
Subito io, senza quasi rendermene conto, gli tolsi di nuovo il cappello e me lo nascosi dietro la
schiena, con un’espressione giocosa. Lui mi dedicò uno sguardo interrogativo e io sorrisi.
Poi allungai la mano verso i suoi capelli e li accarezzai con la mia piccola mano guantata. Sembravano
soffici, anche se la mia impressione era attutita dal tessuto, ed erano di una bella tonalità color pane
che non si vedeva tutti i giorni.
«Perché nazcondi i tuoi capelli sotto quezto cappello, Manny? Sono così belli…» commentai, spinta
dall’istinto e dal desiderio che avevano quelle parole di sfuggire al mio controllo. Era come se avessi
bisogno di dire quelle cose e il mio cervello si rifiutasse di collaborare. Non gli importava che Manitoba
avrebbe potuto considerare i miei discorsi sotto diversi aspetti.
L’australiano di fronte a me aveva un’espressione criptica: cosa stava pensando mentre lasciava che
le mie dita scorressero fra i suoi capelli? Forse mi credeva strana e cercava solo di assecondarmi.
«Oh, beh. Io… sai, Indiana Jones, lo conosci?» chiese lui, inciampando e tentando di pronunciare
una frase di senso compiuto. Forse lo stavo imbarazzando davvero…
«Niet. Puoi parlarmi di lui?» risposi con un’altra domanda io, per poi incrociare le gambe sul ghiaccio
freddo tentando di ignorare il gelo. Ero così presa dalla conversazione da non rendermi nemmeno
conto che così avrei rischiato di prendermi un malanno.
Anche lui sembrava essersi dimenticato di dove eravamo e, con occhi che luccicavano di entusiasmo,
stava cominciando a raccontarmi del suo eroe e delle grandi avventure che aveva vissuto. Mi resi conto,
secondariamente, che Mike doveva aver ispirato la creazione della personalità di Manitoba proprio a
quel personaggio di cui stava parlando, come io ero nata dalla visione del balletto di una importante
etoile russa.
Immersa nella storia che l’australiano mi stava raccontando con grande emozione, quasi non mi
accorsi che qualcosa sembrava tirarmi via da quel luogo, come se fossi stata richiesta altrove, almeno
finché non cominciai a diventare semi trasparente.
«E poi finalmente trovò il famoso Tesoro dei… Sheila? Cosa succede?» chiese Manny, vedendomi
sparire e tentando di trattenermi lì con una mano. Io strinsi la sua ma mi resi conto di stare
diventando evanescente.
«Dev’essere Mike. Probabilmente ha bizogno di me.» sussurrai, stupita che l’alter ego avesse richiesto
la mia assistenza al di fuori delle sfide del reality. Di solito, si teneva volutamente lontano da ogni
stimolo che potesse richiamarmi alla luce; soprattutto in quel momento, visto che era molto
arrabbiato con me.
Mi alzai in piedi, pronta a fare la mia parte ogni volta che fosse stato necessario.
Manitoba tentò di richiamare ancora la mia attenzione.
«Sheila, aspetta! Devo parlarti di una cosa importantissima, prima che tu vada!» cominciò, ma io
lo interruppi con un gesto.
«Ne parleremo in un altro momento, Manny. Da?» risposi, sorridendo, per poi salutarlo con la
mano mentre una strana forza mi risucchiava e mi portava di nuovo al mondo esterno.

Aprii gli occhi sul mondo reale e mi guardai intorno.
Mi sarei aspettata di tutto: una montagna da scalare, una corsa ad ostacoli, persino uno scarafaggio
mutante. Ma non di certo che la mia “sfida” fosse lui. Non in quel momento, non in quel modo.
«Ciao, Svet. Dobbiamo parlare.» commentò Cameron, con un mezzo sorriso.
Ma la questione sembrava piuttosto seria.


Je suis tornata, carissime mie! Con un nuovo capitolo che ho finito in fretta e furia tipo cinque minuti fa, 
ma che mi piace abbastanza, devo dire XD
Svet e Manny sulla neve *-* Ma ve li immaginate? 
Okay, okay, lasciamo stare. Meglio che passi al punto informazioni per ora: 
- Allora, ad un certo punto ho fatto una vaga allusione a Mal, l'avete captata? Provate ad indovinare! 
- I kookaburra e ii dingo sono sotto il copyright di Moony, perché è stata lei la prima a citarli e io li ho 
leggermente "rubati". Spero non ti dispiaccia, cara! P.S.: Andate a leggere l'ultimo capitolo della sua 
raccolta perché è una Manlana ed è bellerrima *_* 
- Volete scoprire la faccia che Manny stava facendo prima che Svet si accorgesse del suo sguardo? 
Ecco, beh, diciamo che è questa. 
http://anchristdilover.deviantart.com/art/OH-SHEILA-291458712 (ditemi se si vede perché 
non posso controllare) Ovviamente non è mia l'immagine ma appartiene al suo autore eccetera eccetera.
Okay, penso di aver concluso anche per oggi! 
Che dirvi? Siete di una dolcezza assurda. Le vostre recensioni mi scaldano il cuore e non potrei proprio farne a meno *_* 
A prestissimo care! 
Kirlia <3

P.S.: Ma Svetlana che dice "Sooo romantical!" non è splendida? Il modo in cui difende Mike? Un mito <3

 

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Capitolo 16
*** Ti fidi di me? ***


Capitolo 16. Ti fidi di me?


{Mike.

Quel mattino mi ero svegliato con un forte mal di testa.
Insomma, scoprire che la personalità di cui mi fidavo di più aveva una cotta per il mio migliore
amico non era affatto piacevole.  Come non lo era venire a sapere che aveva tramato alle mie
spalle e vissuto una sorta di vita parallela alla mia mentre io ero addormentato.
Dovevo ammetterlo, non mi aspettavo questo da Svetlana. Per quanto tutte le personalità fossero
state sempre una sorta di spina nel fianco per me, lei era almeno lontanamente sopportabile.
Si era sempre limitata ad aiutarmi nelle sfide acrobatiche, senza tentare di rovinarmi la vita o
farmi fare brutte figure. Quello era stato compito di Chester, con i suoi commenti sgarbati, e
di Vito, con la sua ossessione per le ragazze e l’abbronzatura perfetta.
E invece venivo a sapere che proprio lei mi nascondeva una relazione segreta. E non con un
ragazzo qualunque… Cam! Il mio migliore amico! Come avrei potuto anche solo guardarlo in
faccia adesso? Oh, che imbarazzo…
A proposito di imbarazzo, fu la prima emozione che sentii appena aprii gli occhi nella casetta
delle Larve Mutanti: mi ero rigirato nel letto e avevo passato una mano sulle palpebre, cercando
di mettere a fuoco la stanza, quando mi ero ritrovato addosso lo sguardo di Cameron.
Era totalmente assorto, in silenzio, e mi fissava.
Tutto ciò era terribilmente inquietante, ma cercai di fare finta di niente.
In fondo, lui non sapeva che io sapevo che tra lui e la mia identità femminile c’era qualcosa.
«E-ehi, Cam. Buongiorno… Tutto bene?» chiesi in modo talmente insicuro da far notare subito
la mia diffidenza verso di lui. E visto che era un tipo sveglio – così tanto da riuscire a scoprire
il mio segreto – non sarebbe stato difficile per lui tirare le conclusioni.
Ma non riuscivo ad essere tranquillo! Insomma, quello sguardo poteva significare solo due cose:
o stava ancora studiando i miei comportamenti durante il sonno, cercando di scoprire di più
sulle mie personalità multiple, oppure stava fantasticando su Svetlana. Cioè su di me. Perché
in fondo lei era me, giusto? Oppure no? Non mi era mai stato chiaro…
«Oh! Buongiorno Mike!» rispose lui improvvisamente.
Sembrava quasi risvegliarsi da una trance e rischiò di cadere giù dal letto per la sorpresa.
Evidentemente, era sprofondato in chissà quali pensieri.
Che spero non includano Svetlana, commentai, ma soltanto nella mia mente.
Ah, lo spero anch’io… rispose al mio commento mentale Manitoba, ma non ebbi tempo di
chiedergli a cosa si riferisse, perché Cameron attirò di nuovo la mia attenzione sulla realtà.
«Come è andata la nottata? Cioè… riposato bene?» chiese ancora il mio amico, portandosi una
mano dietro la testa e grattandosi la nuca, come se fosse in imbarazzo.
Domanda strana, quella che mi aveva fatto. Cosa poteva significare? E se fosse stata una specie
di allusione a qualcosa che avevano condiviso insieme quei due questa notte?!
Ah, e io che mi preoccupavo di Anne Maria! Come potevo pensare che…?
«Bene. Benissimo.» risposi in modo vagamente irritato, per poi passarmi istintivamente una
mano su un polso.
Era stranamente dolorante, e mi chiesi come mai avevo quasi l’impressione che una mano mi
avesse stretto forte in braccio fino a farmi venire i lividi. Bah, probabilmente era solo la mente
che mi faceva dei brutti scherzi.
«Ora, se non ti dispiace, vado a cambiarmi. Vorrei passare un po’ di tempo con Zoey, quindi
faccio la doccia per primo…» dissi, cercando di evitare in tutti i modi di stare nelle vicinanze del
mio migliore amico.
Non sapevo se fossero sentimenti miei o no, ma volevo evitare a tutti i costi di restare solo con
Cameron. E se avesse tirato fuori la storia di Svetlana? Io volevo proprio dimenticarla e ignorare
qualsiasi cosa potesse essere successa tra di loro.
Sarebbe stato meglio, quindi, girare a largo.
«Aspetta, Mike!»
Stavo per aprire la porta e dirigermi in bagno, quando lui mi bloccò per un braccio, lo stesso che
prima mi doleva. Non potei fare a meno di mordicchiarmi il labbro e trattenere un gemito di dolore,
mentre mi massaggiavo il polso.
«Ah, cavolo. Devo aver preso una storta o qualcosa del genere. Questo polso mi fa davvero male…»
commentai, restando fermo sul posto e aspettando che il ragazzo bolla si spiegasse e mi facesse
capire perché mi aveva interrotto mentre stavo andando a prepararmi.
Lui adocchiò la mia mano, per poi sussurrare qualcosa come “dannato Scott”, di cui però non fui
sicuro. Che cosa c’entrava Scott in tutto questo? Non dovevo preoccuparmi mica che Svetlana
stesse giocando ad una sorta di triangolo amoroso, vero?
Yo, non sarebbe da escludere, idiota. “Piedini di burro” sa come attirare i ragazzi… ridacchiò Vito
nella mia mente, con quel suo fare arrogante, ma subito si zittì. E io non ebbi modo di chiedergli
di darmi una spiegazione sulle sue parole.
Sembrava che quel giorno alle personalità piacesse l’idea di stupirmi con frasi ad effetto senza
poi dirmi nient’altro. Ah, erano sempre così eccentriche…
«Dovevi dirmi qualcosa, Cam?» chiesi ancora, cercando di sfuggire in fretta e andare a dimenticarmi
di tutti i miei problemi insieme a Zoey.
«Ecco… sì! Beh, Mike, dovrei chiedere una cosa a una delle tue personalità, se non ti dispiace…»
disse lui, senza riuscire nemmeno a guardarmi negli occhi e raddrizzandosi gli occhiali, che dovevano
essersi spostati quando aveva quasi perso l’equilibrio sul letto a castello.
Io lo guardai in silenzio per un attimo, assottigliando lo sguardo, valutando se fosse il caso di
parlargli chiaro, e alla fine mi decisi.
«Fammi indovinare… Svetlana?» chiesi, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia con fare
infastidito.
La sua reazione fu subito chiara: Cameron ebbe quasi un infarto e arrossì leggermente, prima di
guardarmi di nuovo quasi con aria di scuse e parlare balbettando.
«Io… eh? C-come fai a sapere…? Oh! Ma n-non è come pensi!» cercò di spiegarsi lui, ma ebbe solo
l’effetto contrario su di me.
Aveva dimostrato, come la ballerina prima di lui, che appena si insinuava qualcosa su una loro
possibile relazione, entrambi cominciavano a balbettare e a negare come degli sciocchi. Questo
era un chiaro segno che qualcosa fra di loro c’era.
Ah, cavolo! Speravo solo che non si fossero baciati. Non ero di certo omofobo, io, ma a me piaceva
Zoey! Non sarebbe stato carino, nei suoi confronti, che avessi baciato un altro. E poi, la truzza
mi era già bastata.
Alzai una mano, come a fargli cenno di non cercare di dirmi altre bugie, e scossi la testa.
«Lascia stare, Cam. Va bene, ti lascerò parlare con lei, ma a una condizione: questa sarà l’ultima
volta che vi parlarete.»


{Svetlana.

Mi ero ritrovata di fronte a Cameron che, con uno sguardo molto diverso da quello che mi riservava
di solito, gentile e amichevole, mi fissava in modo gelido.
Non avevo idea di cosa volesse da me. Di cosa mi poteva voler parlare?
In fondo, era stato piuttosto chiaro, la sera precedente. Mi aveva rifiutata, mi aveva chiaramente
fatto capire che mi considerava solo un’amica e che voleva che rimanessi tale.
Tutto sommato, capivo il suo punto di vista; forse era la cosa giusta da fare. Ma non potevo
dimenticare come mi avessero ferito le sue parole.
Eppure, non riuscivo nemmeno ad ignorare il modo così gentile e tenero con cui Manitoba mi
aveva consolato per il modo in cui ero stata trattata.
Manny… no, adesso non era il momento di pensare a lui. Dovevo concentrarmi sul presente e
sulla realtà, cercando di capire cosa volesse da me il ragazzo bolla.
«Ciao, Cameron. Coza succede?» sussurrai, per poi guardarmi intorno.
La finestra accanto al letto di Mike era illuminata dalla luce del giorno, il che indicava che
probabilmente era ora di alzarsi, ma io indossavo ancora il comodo pigiama giallo che piaceva
tanto al mio alter ego.
Era ancora presto. Che Cam avesse riflettuto tutta la notte sul suo gesto per tornare sui suoi passi?
Non ero sicura di come avrei preso la cosa, se lui avesse avuto intenzione di scusarsi. Non mi ero
preparata ad un’eventualità del genere, tanto ero stata presa a pattinare sul ghiaccio.
«Devo avvisarti di una cosa molto importante. So che, per qualche motivo, tu sei arrabbiata con me,
ma fidati. Qualcuno sta tramando alle tue spalle.»mi disse lui, con un tono così serio da non farmi
dubitare nemmeno per un momento delle sue parole.
Ma cosa stava dicendo? Qualcuno tramava contro di me, sul serio?
Chi poteva mai essere?
In fondo, io non avevo nemici… io non ero neanche reale! La maggior parte delle persone, quando
ero all’esterno di questo corpo, credeva che io fossi Mike.
Quindi chi era che poteva odiarmi tanto da stare escogitando un modo per farmi del male?
Non volevo dire di non credere a Cam, ma di certo le sue parole risultavano piuttosto strane se
indirizzate a me. Forse si stava sbagliando, magari.
«Sei zicuro di quello che dici? Chi potrebbe volermi fare del male?» sussurrai, per poi sedermi ai piedi
del letto di Mike e cominciare a flettere una gamba intorpidita. Era da un po’ che non allenavo questo
corpo, e si cominciavano già a vedere i segni della mancanza di sport.
Il ragazzo dovette pensare che non lo stessi prendendo sul serio, perché si sedette accanto a me
e prese le mie mani fra le sue, cercando in tutti i modi di attirare la mia attenzione. 
«Svet, ascoltami. Ci sono persone in cui stai riponendo la tua fiducia che non se lo meritano.» cominciò
lui. Io, dopo aver cercato di trattenere il rossore che mi aveva imporporato le guance appena lui mi
aveva sfiorato, lo guardai nei grandi occhi castani.
Sembrava sincero come sempre, Cam, e non aveva motivo di mentirmi. Ma un brutto presentimento
si stava impossessando di me, nel momento in cui mi diceva che delle persone vicino a me erano
dei traditori. Che stesse parlando della mia stessa famiglia, che stesse parlando delle altre personalità
multiple?
Sheila, non stare ad ascoltarlo! Sono certo che qualunque cosa dirà sarà una bugia. Tu ti fidi di me,
ve
ro? si intrufolò improvvisamente Manitoba, rimescolando tutte le emozioni che stavo provando in
quel momento.
Le mani di Cameron nelle mie, la voce di Manny nella mia mente.
Mi sentivo come stordita, quasi incapace di decidere quale fosse il più importante fra i due. Non ero
capace di pensare razionalmente, di decidere chi ascoltare davvero.
«Ma di cosa ztate parlando?» sbottai improvvisamente, lasciando le mani del ragazzo davanti a me
e portandole fra i corti capelli scuri di Mike, mentre cercavo di riprendere il controllo dei miei pensieri.
Tenendo gli occhi chiusi, cercai di respirare profondamente per ritrovare la calma. Ma, a quanto
pareva, Cam aveva capito subito cosa stesse succedendo, soprattutto perché avevo parlato al plurale.
«Cos…? Manitoba! So che stai cercando di portarla dalla tua parte, ma non ce la farai! So a che gioco
stai giocando!» disse il ragazzo bolla, in quello che sembrava un impeto di coraggio non molto coerente
con il suo solito carattere molto timido e impacciato.
Si era alzato in piedi davanti a me, e mi puntava contro un dito in maniera un po’ minacciosa, per quanto
la sua stazza non gli consentisse di essere davvero pericoloso.
Manitoba, d’altra parte, si dibatteva ai margini della mente, cercando in tutti i modi di liberarsi senza
l’aiuto del fedora che di solito gli serviva per prendere il controllo.
Lasciami uscire! Me la vedrò io con questo kookaburra! Crede di poter convincere la mia Sheila…
continuava a urlare, facendomi venire un certo mal di testa e facendomi gradualmente perdere la
concezione della realtà.
Una piccola parte di me si rese conto che mi aveva appena definito “mia”, ma non era proprio il
momento adatto per mettersi a pensare a certe cose, non mentre, dopo alcuni minuti di lotta, riusciva
a scavalcarmi e a prendere il controllo del corpo di Mike.
«Non riuscirai a manipolare Sheila con i tuoi giochetti da genietto, dingo! Lei si fida di me!» ringhiò
l’avventuriero, mentre io crollavo di nuovo sulla neve fredda che si era ghiacciata sul pavimento
dell’inconscio del mio alter ego.
Guardavo la scena ad occhi spalancati, cercando in tutti i modi di richiamare l’attenzione di Manny in
modo che lui mi lasciasse parlare con Cameron. Non riuscivo a capire perché si stessero urlando contro
in questa maniera, ma a quanto pareva doveva esserci un motivo serio per questa scenata.
E io dovevo sapere di cosa si trattava, visto che ero al centro della questione.
Ragazzi! Ragazzi! Azcoltatemi, una buona volta! mi sbracciavo, ma sembrava che l’esploratore non
avesse proprio intenzione di lasciarmi parlare. Il suo senso di cavalleria a volte mi sembrava piuttosto
esagerato, come in questa situazione.
«Proprio tu parli di “manipolare”. Lo sa, Svetlana, che stai cercando di convincerla a supportare il
piano di Vito?» disse Cameron, cercando a sua volta di alzare la voce – con non poca difficoltà, visto
che si ritrovava un tono molto sottile e per niente adatto alle liti di questo genere.
Ma… aveva appena detto… che Manitoba cercava di farmi accettare il piano che prevedeva
l’annullamento di Mike? Sul serio?
Scivolai lentamente, ritrovandomi seduta sul manto di neve, mentre alcuni fiocchi cominciavano a cadere.
Erano silenziosi, tanto quanto me, che osservavo immobile lo scambio di battute tra quelle che consideravo
le persone più importanti della mia vita e che, in quel momento, si stavano dimostrando tutt’altro.
«Tu non sai niente!» rispose nervosamente l’australiano, per poi rivolgersi a me «Sheila, non dargli
ascolto. Sai che non ti farei mai una cosa del genere.»
«Svet, perché dovrei mentirti? Sai che puoi fidarti di me.» disse subito dopo il ragazzo bolla.
La mia mente era in totale subbuglio.
Non sapevo cosa credere, non sapevo a chi credere.
Entrambi per me rappresentavano delle certezze, delle persone su cui confidare in ogni momento.
E, in quel momento, uno dei due mi stava evidentemente mentendo. Ma chi?
Mi portai una mano in mezzo ai capelli biondi, che si erano scompigliati ed inumiditi a causa della
nevicata. Non sapevo a cosa credere, e i miei sentimenti contrastanti per quei ragazzi non aiutavano
di certo.
Di Cameron sapevo che era una persona affidabile, era il migliore amico di Mike e sapevo che lui
difficilmente lasciava che qualcuno gli fosse amico. Aveva sempre avuto paura della reazione della
gente al suo problema dissociativo d’identità.
Manitoba, d’altro canto, era sempre stato gentile e affettuoso con me. Sempre pronto a difendermi
di fronte agli altri abitanti di questa mente, sempre pronto a sostenermi. Volergli bene era semplice
come respirare.
Improvvisamente, mi sentii inondare da una rabbia nata dalla frustrazione per questa situazione ed
essa fu tanto forte da farmi ritornare alla realtà, relegando l’esploratore di nuovo all’interno del
paesaggio innevato.
Ritornai alla casetta delle Larve Mutanti con un sospiro profondo e guardai Cameron con uno sguardo
molto, molto diverso da quello che gli dedicavo di solito. Uno sguardo davvero inviperito.
Il mio istinto aveva deciso per me, e lo lasciai parlare.
«Adesso bazta! Dite che mi posso fidare di voi, ma come dovrei fare vizto che non mi date alcuna
spiegazione? Vi urlate contro come degli idioti senza darmi delle prove delle voztre parole! Coza
vi è successo? Perché zembrate odiarvi tanto?» strillai, mentre delle lacrime indesiderate si insinuavano
nei miei occhi. Lo odiavo, ma quando mi arrabbiavo avevo la lacrima facile. Specialmente quando in
ballo c’erano sentimenti come quelli che provavo per quei due ragazzi.
Ma dovevo far loro quelle domande, per cercare di capire.
E te lo chiedi pure, principessa delle fiabe?  intervenne il ragazzo del New Jersey, che evidentemente
aveva ascoltato tutta la conversazione e si stava divertendo un mondo a vederci litigare.
Vito, non è proprio il momento… gli intimai, nervosa, e lui ritornò al suo silenzio.
Cameron, davanti a me, sospirò pesantemente, prima di rivolgermi un’occhiata di scuse.
«Scusami, Svetlana. È solo che non sopporto l’idea che le altre personalità ti stiano sfruttando. E poi
non voglio che Mike ti consideri una traditrice, quando gli altri cercheranno di attaccarlo.» disse, per
poi tornare a sedersi sul letto di fronte al mio e fissare il pavimento, in silenzio.
Io non sapevo cosa dire.
Avevo più volte ammesso davanti alle altre identità di aver accettato il piano per sopprimere il nostro
alter ego, ma era a tutti chiaro che in realtà non fossi mai davvero d’accordo con loro. In fondo, io
volevo bene a Mike, anche se l’ultima volta che avevamo parlato non era stata piuttosto piacevole.
Non avrei voluto eliminarlo, anche se il mio desiderio di poter avere una vera vita nel mondo reale
era piuttosto forte.
Se davvero Cam aveva ragione, gli altri stavano cercando di manipolarmi in qualche modo, e io non
ne sapevo proprio niente.
Sheila, ti prego. Sai che non farei mai niente del genere. Sai che puoi avere piena fiducia in me, diceva
nel frattempo Manitoba, che si era rintanato di nuovo in un angolo della mente e mi guardava in modo
piuttosto tenero. Sembrava un cucciolo ferito.
E io non me la sentivo di dare torto a nessuno, ma neanche ragione. Qualcosa stava succedendo, e io
volevo capirlo bene prima di poterli giudicare.
In quel momento, decisi cosa era meglio fare.
«Bene. Cameron, grazie per l’avvertimento: cercherò di ztare attenta agli altri ragazzi in modo da capire
cosa ztiano facendo.» cominciai, guardandolo in modo passivo, senza far trasparire nessuna emozione
che potesse indicare che gli stessi credendo a discapito dell’altro.
Poi mi rivolsi a Manitoba.
Manny, voglio zapere tutto. Se vuoi che tra noi ci sia un rapporto zincero, non devi nascondermi nulla, da?
Lui annuì, per poi togliersi il cappello e farmi un inchino rispettoso. Ah, quando aveva quegli slanci di
cavalleria era piuttosto affascinante… Ma non era il momento di pensarci.
Tornai a osservare la realtà e vidi il ragazzino con gli occhiali che mi fissava irrequieto. Sembrava volermi
dire qualcosa, ma non era sicuro di poter parlare.
«Svet, sai che Mike è il mio migliore amico e la mia priorità. Se state cercando di prendere il controllo
del suo corpo è mia precisa responsabilità impedire che lo facciate.»
Il suo sguardo era piuttosto serio, segno che non stava scherzando.
Segno che, in ogni caso, avrebbe preferito proteggere Mike, invece che me. Segno che quello che mi
aveva detto ieri sera era ancora valido.
Se ne fosse stato capace, ci avrebbe anche eliminato del tutto? Non volevo nemmeno immaginare la
risposta a questa domanda.
«Da, Cameron. Lo zo.» dissi semplicemente.
Gli feci un cenno di saluto.
Poi lasciai a Mike il controllo del suo corpo e tornai a rifugiarmi nel suo subconscio.
Dovevo chiarire quella faccenda una volta per tutte.


Okay, okay! Sono arrivata! 
Lo so, sono in ritardo di un giorno, e voi siete super impazienti per il nuovo capitolo XD 
Se vi aspettavate qualcosa di fluffoso, mi dispiace avervi deluse. Ma, sapete, le vicende devono 
pur andare avanti... ed era ovvio che prima o poi Cam e Manny si sarebbero scontrati. Anche se
Svet non è stata abbastanza sveglia da capire che il vero motivo per cui si urlavano contro era lei 
(e Vito invece l'ha capito... questo la dice lunga su quanto sia sveglia la nostra ballerina riguardo 
certe faccende! XD). 
Se non è chiaro, vi spiego come si sono alternate le personalità al comando del corpo di Mike: 
Mike; Svetlana; Manitoba; Svetlana. Ma spero sia abbastanza chiaro. 
Ah, ovviamente sono contro l'omofobia, come anche Mike ha detto nel corso del capitolo, ma non
mi andava una CamxMike, capitemi ^^'' 
Che altro...? 
Giusto. L'episodio. L'avete visto, vero? Allora saprete sicuramente che in questi giorni sono stata 
in lutto totale. La mia disperazione è arrivata alle stelle. 
Ma non posso sbilanciarmi, perché alcune di voi non hanno seguito la serie in inglese e non voglio
esagerare con gli spoiler. Posso solo dirvi che ho scritto una one-shot a riguardo dove mi sfogo 
completamente e che vi ho dedicato, quindi se vi va fateci un saltino. 
Eccola: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2318282&i=1

Basta, anche per questa settimana ho finito XD 
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento! E vi ringrazio come sempre per le recensioni così 
numerose e piene di tanto love :D 
Un bacione, 
Kirlia <3

 

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Capitolo 17
*** Sussurri dietro le quinte. ***


Capitolo 17. Sussurri dietro le quinte.


{Svetlana.

Appena tornata nel paesaggio innevato in cui fino a poco tempo prima io e Manitoba ci stavamo
rilassando sul ghiaccio, gli lanciai uno sguardo così infuocato che avrebbe potuto sciogliere tutto.
Lui sembrava sulla difensiva, indeciso su cosa dire o fare, e si tolse il cappello per poi stringerlo
tra le mani con fare nervoso.
A quanto pareva, l’intuizione di Cameron non era stata sbagliata: qualcosa stava realmente
succedendo in quella mente e io ne ero completamente all’oscuro. Ma perché Manny, che era
praticamente il mio migliore amico, non mi aveva riferito niente? Era forse vero che anche lui
tramava contro di me?
Non riuscivo a crederci. Non Manny, non lui. Era diventato la persona su cui facevo più affidamento
e sarebbe stato davvero un grave colpo per me scoprire di aver riposto la mia fiducia nel ragazzo
sbagliato.
Restai in silenzio, attendendo che l’avventuriero parlasse per primo, ma lui, di solito così spavaldo
e coraggioso, si era ammutolito e non sembrava dar segno di voler cominciare a parlare.
Aveva paura. Era perché ciò che mi doveva dire era davvero terribile o perché era preoccupato da
quella che sarebbe stata la mia reazione? Non mi era chiaro.
«E allora? Mi merito una zpiegazione, Manitoba.» dissi, mettendomi le mani sui fianchi e cercando
di incrociare il suo caldo sguardo color nocciola con il mio, azzurro e freddo come il ghiaccio che
ci circondava.
Lui sospirò in modo irrequieto, per poi decidersi a guardarmi.
«Sheila, io non volevo nascondertelo…» cominciò, e io cambiai subito espressione alle sue parole,
alzando un sopracciglio.
Non voleva nascondermi cosa? Se non sapevo di cosa stava parlando era ovvio che me l’avesse
tenuto nascosto. Era piuttosto logico e se ne rese conto anche lui.
«Beh, sì. Te l’ho nascosto… ma avevo un buon motivo! Io… ah!» si interruppe ancora, senza essere
capace di portare a termine il discorso e torcendo rabbiosamente il suo fedora tra le mani.
Non l’avevo mai visto così nervoso e angosciato, e dovetti accettare il fatto che probabilmente era
davvero dispiaciuto per quello che aveva fatto, a prescindere da qualsiasi cosa fosse.
Sorrisi leggermente, mentre lui cercava in tutti i modi di mantenere la calma. Non riuscivo ad essere
arrabbiata con lui, non finché lo vedevo agitarsi a quel modo. Mi faceva tenerezza, con quei capelli
color pane arruffati sulla fronte, mentre perdeva totalmente la sua maschera di perfetto esploratore
donnaiolo e un po’ presuntuoso e diventava semplicemente il dolce ragazzo che mi ero abituata a
vedere in lui.
Poggiai una mano sulla sua e lui immediatamente si immobilizzò, lanciandomi un’occhiata un po’
speranzosa.
«Manny, calmati. Forze dovremmo andare a casa e zederci davanti ad una bella tazza di cioccolata
calda, da?» proposi, indicandogli la zona della mente di Mike dove si trovavano gli alloggi delle varie
personalità, che erano protetti dalla neve che scendeva senza sosta sul paesaggio.
Non avevo più voglia di stare lì a prendere freddo, e poi credevo che l’avventuriero si sarebbe rilassato
e messo a suo agio a casa, su un divano comodo, e mi avrebbe finalmente rivelato il motivo di quella
litigata mattutina con Cam.
Con mio grande stupore, però, lui scosse la testa e cominciò a parlare sottovoce.
«Non possiamo, Sheila! Se Vito scoprisse che ti sto rivelando questa cosa, mi incatenerebbe e mi
chiuderebbe in quel luogo oscuro insieme a lui.» disse, per poi rabbrividire al solo pensiero di
ritrovarsi solo insieme a lui. Il malvagio, l’innominabile personalità di Mike che tutti tenevamo a
distanza e di cui raramente parlavamo. Ma quello non era il momento di pensare a quella minaccia
che, dopotutto, era anni che non si ripresentava.
Era meglio concentrarsi sul presente.
Annuii in risposta alle parole di Manitoba, per poi prenderlo per mano e trascinarlo silenziosamente
attraverso la valle imbiancata. Se Vito non doveva sentire nulla, era meglio mettere più distanza
possibile fra lui e noi, e il modo migliore per farlo era rifugiarsi in uno di quei luoghi che lui odiava
frequentare.
Come ad esempio il mio palco.

Una volta raggiunto il mio luogo preferito, mi fermai solo per un attimo a fissare le tende rosse
diventate bianche. Il posto dove adoravo esibirmi era diventato splendido, praticamente un paradiso
invernale. Mi sarebbe piaciuto tanto poter dimenticare la situazione e lasciarmi andare al mio hobby
preferito: la danza classica.
Eppure, mi dissi, non c’era tempo da perdere.
Trascinai il mio accompagnatore sul retro, esattamente dentro una piccola stanzetta dove tenevo i
miei tutù di riserva e alcune scarpette mezze rovinate, oltre che lo stereo la cui musica mi faceva da
base durante gli allenamenti.
Lui sembrò titubante, mentre entrava nello spazio angusto e si metteva tra del tulle rosa e un
appendiabiti su cui si trovava il mio meraviglioso abito per la famosa “morte del cigno”. Era piuttosto
fuori luogo, mi ritrovai a pensare, mentre mi sfuggiva un sorriso. Più che fuori luogo, sembrava proprio
buffo!
Dopo un attimo in cui mi guardai intorno cercando di essere certa che nessuno ci avesse seguito, lo
seguii all’interno e mi chiusi la porta alle spalle, restando nel buio più totale.
«Ehm, Sheila? Un po’ di luce, una torcia?» chiese lui, da qualche parte davanti a me, e io risi leggermente,
quasi dimenticandomi del motivo per cui eravamo lì. Stare insieme all’esploratore mi divertiva, anche
quando avrei dovuto essere arrabbiata con lui. Era come se fosse la mia personale fonte di felicità.
Mi sporsi per cercare la lampada ad olio che tenevo su una mensola, sapendo esattamente dove cercare,
ma mi resi subito conto che era troppo lontana da me e cercai di sporgermi per raggiungerla.
Sentivo la presenza di Manny da qualche parte davanti a me, ma mi resi conto di dove si trovasse solo
quando riuscii ad accendere la lampada.
Il viso del ragazzo era solo a pochi centimetri dal mio, i nostri occhi si scrutavano a vicenda. Sentivo il
suo respiro caldo sulle mie labbra rosee e subito al pensiero della nostra vicinanza arrossii.
Arretrai improvvisamente per istinto, a disagio per averlo messo in quella situazione imbarazzante,
inciampando sul filo dello stereo e perdendo l’equilibrio. L’impatto che mi aspettavo dopo la caduta, però,
non arrivò mai.
Il mio migliore amico, infatti, mi aveva preso per i fianchi, rimettendomi in piedi e evitando che battessi la
testa contro il muro dietro di me.
«Tutto bene?» sussurrò lui, con un mezzo sorriso, le sue mani ancora sui miei fianchi bruciavano come se
fossero carboni ardenti. E le mie gote erano rosse e accaldate allo stesso modo.
«S-Svetlana sta benissimo, spasibo.» ringraziai io, gentilmente, ma scostandomi il più possibile da lui per
quanto mi fosse permesso dal piccolo spazio dove ci trovavamo. Il mio imbarazzo era chiaramente dimostrato
dal fatto che avessi cominciato a parlare in terza persona, e mi mordicchiai il labbro inferiore leggermente
frustrata dal modo in cui palesemente dimostravo il mio disagio.
Lui, a sua volta, sembrò improvvisamente rendersi conto di ciò che stava facendo e riportò le mani lungo i
fianchi. Non ne ero certa, ma credevo di aver visto un delicato rossore farsi spazio sulle sue guance abbronzate.
«Di niente, Sheila… » sussurrò, per poi guardarsi intorno incuriosito. Non doveva succedergli tutti i giorni di
trovarsi attorniato da abiti da danza. E non gli avevo mai chiesto cosa ne pensava del balletto… prima o poi
l’avrei fatto, ma quello non era il momento.
«Andiamo al zodo, Manny. Dimmi che coza sta architettando Vito quezta volta, per favore.» dissi improvvisamente,
per cambiare argomento e dimenticare il piccolo incidente che avevamo avuto.
Lui sembrò di nuovo in colpa mentre cercava di spiegarsi, ma questa volta tentò di essere chiaro.
«Ecco… Quel capibara di Vito credeva che, visto che lui non riusciva a convincerti, dovessi essere io a portarti
dalla nostra parte.» cominciò lui, per poi guardarmi con i grandi occhioni marroni pieni di scuse non dette.
Io assottigliai lo sguardo, un po’ infastidita dalla scoperta. Quel fissato con l’abbronzatura privo di cervello di
Vito credeva di potermi persuadere a partecipare al suo piano per distruggere Mike attraverso Manny? Non
pensava che mi sarei accorta se l’avventuriero avesse tentato di farmi fare qualcosa contro la personalità
principale di quel corpo?
E poi io, più di una volta, avevo detto di aver accettato il piano, anche se poi non avevo fatto niente per metterlo
in atto. Quindi perché adesso tramavano contro di me? Dopotutto, ero loro alleata! Anche se non avevo fatto
nulla per dimostrarlo.
Aprii la bocca per protestare, ma, una volta cominciato, sembrava che il ragazzo di fronte a me non fosse
più stato capace di fermarsi, come se le parole venissero fuori una dopo l’altra senza il suo consenso.
«Lui credeva che io avessi un forte ascendente su di te, e quindi…» diceva, ma a quel punto io riuscii ad
interromperlo, sbarrando gli occhi e alzando una mano, come se volessi fermare quella valanga di parole con
il mio gesto.
«Coza? Perché credeva che tu fossi la perzona adatta a convincermi?» chiesi, non riuscendo a capire quale fosse
la logica che aveva usato l’alter ego del New Jersey. Non che avesse esattamente una logica.
Lui si interruppe, poi abbassò lo sguardo sul pavimento e cominciò a fissare intensamente la punta del suo
stivale sinistro.
Sussurrò qualcosa, in un tono di voce così basso e balbettante che per me fu davvero impossibile riuscire a
capire che cosa stesse dicendo. Mi avvicinai leggermente a lui – sempre ad una distanza ragionevole, ovviamente –
per poi sfiorare il suo mento con le mie dita sottili ed invitarlo a guardarmi negli occhi.
Lui si decise ad alzare lo sguardo, mentre l’ombra del cappello lasciava il suo viso e rivelava un vago rossore sulle
guance. Allora prima non l’avevo immaginato!
Stupita dalla sua espressione, soprattutto perché sembrava essere emozionato e in procinto di dirmi qualcosa di
importante, gli chiesi di ripetere.
Dopo un po’ di esitazione, lui cambiò atteggiamento radicalmente: sembrò tornare ad indossare la sua maschera
da esploratore donnaiolo che si ritrovava e mi sorrise in modo malizioso.
«Quel kookaburra crede che tu provi qualcosa per me, Sheila. Tu cosa ne pensi?» chiese, quasi come se stesse
flirtando con me.
Io sbarrai gli occhi e ripresi immediatamente la posizione di prima. Lo sapevo che Manitoba era fatto così, ma ero
talmente abituata a vedere un’altra faccia di lui che quasi mi stupivo, quando cominciava a provarci in modo così
spavaldo. Credevo che l’atteggiamento che avesse verso di me fosse diverso, più gentile, che mi dedicasse
attenzioni in un altro modo perché non mi considerava una delle sue “tentate conquiste”.
«Coza? Ma Vito s-sa che Svetlana ha un debole per Cam…» sussurrai senza pensarci troppo su, ma per spezzare
allo stesso tempo il tentativo del cowboy di fronte a me che, improvvisamente come l’aveva indossata, tolse di
nuovo la sua maschera.
«Oh no…» gemette leggermente, gli occhi di nuovo lucidi come prima ma molto, molto tristi «… Cioè, certo.
Chissà cosa deve aver pensato Vito, vero? È proprio uno stupido.»
Rise leggermente, ma era come se sorridesse solo con le labbra e non con gli occhi. Non era per niente felice,
in quel momento, e io non mi rendevo conto del perché. Forse perché non avevo ceduto alle sue avance? Ma lui
sapeva che non avevano mai avuto effetto su di me… Non quel tipo di tentativi così palesi e fastidiosi, almeno.
Non negavo, comunque, che c’erano dei momenti in cui avevo sentito una forte attrazione per Manny. Quando
mi aveva consolato, per esempio, l’avevo sentito così vicino a me da avere persino il coraggio di regalargli un
bacio; quando eravamo caduti sul ghiaccio e avevamo riso sinceramente, e non come stava facendo lui adesso.
Pensai a quando l’avevo sentito gridare “la mia Sheila” contro Cam, solo poco tempo prima, e come un brivido
mi aveva percorso mentre lo diceva. Mi venne in mente come, ogni volta che mi dedicava quel nomignolo,
Sheila
, mi batteva forte il cuore.
Dovevo ammetterlo, per me Manitoba non era del tutto indifferente.
Questo, comunque, non giustificava il suo strano comportamento.
Aprii di nuovo bocca per commentare, ma lui mi interruppe, senza permettermi di esprimere i miei pensieri.
«In ogni caso, sappi che non avevo alcuna intenzione di eseguire gli ordini di Vito. Non ti farei mai questo, Sheila.
Ma dovevo fingere di essere d’accordo con lui, o ti avrebbe costretto a forza. Ed è mio compito proteggere la
donzella che am… ammiro.» mi spiegò, calcando molto sull’ultima parola, come se anche lui dovesse convincersi
di quello che aveva detto.
Avevo notato una certa esitazione nell’ultima frase che aveva detto, come se si fosse trattenuto dal rivelare qualcosa
di più, ma mi aveva comunque colpito.
Secondo il suo codice d’onore, era suo preciso dovere proteggermi dai malvagi che avevano tramato contro di me,
come un cavaliere senza macchia che proteggeva la sua bella.
Mi vennero in mente tante di quelle fiabe che Mike aveva letto da bambino, prima che succedesse Tutto Il Male
che aveva condotto alla creazione delle personalità, quando aveva ancora un’infanzia felice. Molte di queste
raccontavano di bellissime principesse salvate da audaci cavalieri, che le proteggevano da terribili draghi e poi
fuggivano con loro in groppa ad uno splendente cavallo bianco verso il loro “per sempre felici e contenti”.
Immaginai me e Manitoba in questa situazione, una coroncina sui miei capelli biondi e un elmo sulla testa di lui,
sfrecciando via nello sfondo innevato, e sorrisi. Non era per niente male come idea, in effetti… Ah! Ma cosa stavo
pensando? Stavo davvero fantasticando su me e lui insieme?
Non avevo appena accennato al mio debole per Cameron? Ah, non avevo proprio le idee chiare, al momento…
«E, per quanto mi costi ammetterlo, anche il tuo caro Cameron sta cercando di proteggerti.» concluse lui, a denti
stretti, come se quest’affermazione gli costasse una gran fatica.
Avevo capito che c’era un forte attrito fra di loro e, anche se non ero certa del perché, ero sicura che riguardasse me.
Mi rendevo conto solo adesso di aver creduto ad entrambi quando mi avevano detto di fidarmi di loro. La verità è
che avevo visto subito nei loro occhi la sincerità, la volontà di evitare che qualcuno mi facesse del male, e solo
ora capivo che l’intento di entrambi era quello di proteggermi, anche se ognuno a modo loro.
«Dobbiamo andare a dire a Vito che non deve credere di potermi manipolare alle mie zpalle.» commentai, pronta
a fare una bella predica all’italoamericano. Da quanto in qua credeva che fosse così semplice avere come alleata
la più grande ginnasta russa?
«No! Per favore, Sheila! Lui non deve sapere niente di tutto ciò. Potrebbe farti del male, potrebbe cercare di
annullare anche te, oltre che Mike. Non posso permettere che tu scompaia… morirei anch’io.» disse lui, con la
voce piena di angoscia, mentre prendeva le mie piccole mani tra le sue e mi guardava negli occhi in modo così
profondo da farmi rabbrividire. Non di paura, di certo, né di disgusto.
Era una sensazione molto piacevole, molto più intensa di quella che avevo provato quando era stato il ragazzo
bolla a stringere le mie mani fra le sue.
Lui non voleva vivere senza di me, così aveva detto. E io mi resi conto che, pur essendo stata parte di questa
mente per molto tempo prima che arrivasse lui, non avrei più potuto fare a meno della sua presenza. Cosa
sarebbe stato questo posto senza la luce e la felicità che lui sembrava irradiare in me?
«Da, Manny. Ti prometto che non dirò nulla e fingerò di ezeguire gli ordini che Vito mi indicherà attraverso te.
Nemmeno io voglio mettere a rizchio la tua vita.»
Lo vidi sorridere, questa volta con un sorriso sincero che dimostrava una grande felicità e non potei fare a
meno di sorridere a mia volta. Era così che mi piaceva vederlo: allegro, lieto di poter condividere con me le
sue sensazioni.
In uno strano moto di coraggio, molto simile a quello che avevo avuto la prima volta, mi alzai sulle punte
delle mie scarpette da ballo e mi sporsi verso di lui, sfiorando la sua guancia con le mie labbra.
Poi tornai a guardarlo, un po’ emozionata, e sussurrai alcune parole.
«Grazie. Per tutto quello che fai per me, perché mi conzideri una persona da proteggere. Io… ti voglio bene,
Manny.» dissi, sforzandomi di non parlare in terza persona, ma rendendomi conto che non era affatto
necessario. Quelle erano parole sincere, che venivano dal mio cuore, e lasciarle fluire attraverso le mie
labbra non era affatto imbarazzante. Era leggero e naturale, quasi come il rapporto che c’era tra me e
l’avventuriero.
Lui mi dedicò uno sguardo dolce, mentre mi carezzava una guancia con la mano calda.
«Non potrei farne a meno. Tu sei la persona più importante per me, Svet.» rispose in un sussurro anche lui.
Io poggiai una mano sulla sua, che ancora era sul mio viso, e desiderai di poter fermare il tempo: volevo
rimanere lì per sempre.
Insieme a Manny, uno vicino all’altra, in una spirale di piacevoli sensazioni che sembravano non finire mai.
Ma il momento perfetto passò, e con esso arrivò l’imbarazzo.
Mi allontanai gentilmente da lui, per poi aprire la porta della piccola stanzetta e correre via nella neve. Faceva
piuttosto freddo, adesso, e sarebbe stato meglio raggiungere la grande casa dove vivevamo per poter stare
un po’ al calduccio.
Mi voltai dopo alcuni passi, vedendo l’esploratore ancora fermo sullo stipite della porta, probabilmente stupito
dal mio improvviso cambio di umore, e risi divertita.
«Che fai lì impalato, Manny? Non vorrai che la ragazza che intendi proteggere diventi una bella ztatua di
ghiaccio!» dissi, facendo una giravolta e ridendo ancora di più mentre un vago rossore si insinuava sul suo viso.
Tutte quelle dichiarazioni d’affetto non dovevano essere di norma, per lui che era un sedicente donnaiolo – ma
a questo punto credevo che fosse solo una sorta di maschera che nascondeva il vero lui – e sicuramente in quel
momento si stava chiedendo perché era arrivato a tanto. Ma ero sicura che tutto quello che mi aveva detto fosse
sincero, ed ero tranquilla e rilassata.
Lui sorrise spavaldamente, per poi incamminarsi, lasciando profonde orme sul manto bianco e avvicinandosi a me.
«Certo che no!  Come potrei rischiare che accada, Sheila? È compito mio portarti in salvo!» disse ridendo, per poi
stupirmi prendendomi in braccio come se fossi un sacco di patate e portandomi via verso casa nostra.
Io risi a mia volta, cercando di liberarmi dalla sua presa ma sapevo già che non mi avrebbe mollato nemmeno per
un attimo. Lasciai quindi che mi trasportasse via.
Nel frattempo, non potrei fare a meno di riflettere. C’erano delle conclusioni a cui ero arrivata quel giorno, grazie
alle discussioni che avevo avuto.
Per quanto Cam mi avesse rifiutato, continuava a volermi bene.
Per quanto Manitoba a volte avesse degli strani atteggiamenti, continuava ad essere la persona più vicina a me.
Ma c’era una differenza tra i due: mentre il primo avrebbe sempre messo al primo posto Mike, il secondo mi
avrebbe sempre considerata la cosa più importante.
La persona che intendeva proteggere ero io.


Perdono, perdono! Pietà! D:
Lo so, due giorni di ritardo. Ma voi davvero non sapete quante scadenze mi hanno dato i prof prima delle vacanze. 
Devo consegnare milioni di lavori e sono indietro... però non potevo lasciarvi senza il capitolo settimanale ;) 
Cosa dire? Questo capitolo è decisamente Manlana *_* Mi chiedevo però se non fosse troppo mieloso, che ne dite? 
(Cosa che non c'entra nulla: su Rai1 stanno trasmettendo un programma di cucina in cui usano la farina manitoba 0!
Ma mi sa che quando il mio pc si deciderà a pubblicare questo capitolo sarà già finito...)
Oggi faccio due liste alla maniera di Courtney XD

Lista delle citazioni: 
- A un certo punto si parla di un certo malvagio nascosto nella parte più oscura della mente di Mike... indovinate di
chi parlo? 
- La frase grandiosa “Io ti am… ammiro” è ovviamente una citazione de La principessa e il ranocchio. Perché io adoro
la Disney e dovevo inserirla da qualche parte XD 
- "Tutto il Male" è un'espressione della saga Millennium (per intenderci, Uomini che odiano le donne) libro intrigante
che sto leggendo. Questa frase indica il trauma infantile subito da Mike, che approfondirò in un'altra fanfiction che
sto scrivendo (e che penso pubblicherò durante le vacanze, stay tuned!) 

Lista delle pubblicità (perché oggi voglio pubblicizzarvi!): 
- The Wrecking Final della carissima Ricchie, perché è un finale molto più bello di quello che ci hanno "donato"
gli autori di All Stars. C'è della Manlana anche qui, ed è molto legata a questa fic quindi ve la consiglio!
- The Xmas Present di Moony, perché mi ha dedicato il primo capitolo ed è di una dolcezza Manlanosa bellissima *_*

E poi, prossimamente su questi schermi: 
- The darker side of us, che sarà pubblicata prossimamente ed è stata scritta da moi e Ricchie, si tratta di una Commal, 
con qualche accenno di Manlana!
- Una Gwameron ancora senza nome che io e Zoey stiamo scrivendo e che sarà dolcissima *_*

Vabbè, chiudo qui perché se no l'angolo autrice diventa più grande della storia stessa.
Ultima cosa: lo sapete che vi adoro, vero? *_*
Kirlia <3

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Capitolo 18
*** Riconciliazioni e addestramenti mal riusciti. ***


Capitolo 18. Riconciliazioni e addestramenti mal riusciti.
 


{Mike.

«Ehi, Zoey! Dove stai andando?» chiesi ad alta voce, mentre raggiungevo a grandi passi la ragazza dei miei sogni.
Lei si voltò, incrociando il mio guardo con i suoi occhi color nocciola così grandi e dolci, e mi sorrise amichevole
come sempre. Oh, come faceva ad essere così gentile con me dopo tutto quello che io - anzi, le mie eccentriche
personalità
- le avevamo fatto?
La adoravo anche per questo, anche perché sembrava essere tremendamente pronta a perdonare ogni mia mossa
sbagliata. Ma c'erano tanti altri motivi per cui credevo che fosse proprio la ragazza adatta a me.
«Oh, sei tu! Beh, stavo semplicemente andando a fare due passi... ti va di venire con me?» mi invitò lei, mentre i
suoi codini rossi venivano mossi da una leggera brezza, rendendola se possibile ancora più bella.
Annuii e ci incamminammo insieme, in un piccolo sentiero nella boscaglia non troppo lontano dalla spiaggia.
Mentre passeggiavamo io restai in silenzio, indeciso su cosa dire e su cosa pensare.
Era passato esattamente un giorno da quando Svetlana e Cameron avevano avuto il loro ultimo incontro insieme
ed ero certo che non si fossero più parlati, visto che non avevo perso il controllo nemmeno una volta da allora.
Eppure non ero affatto tranquillo.
Avevo notato subito lo sguardo per nulla soddisfatto del mio migliore amico, quando ero tornato a riprendere il
controllo e mi ero ritrovato seduto sul mio letto, con un forte mal di testa in arrivo.
E un'emicrania forte come quella poteva significare solo una cosa: la loro ultima discussione non era di certo stata
piacevole, e nemmeno indolore.
Questo mi aveva fatto riflettere molto sulla questione, creandomi dubbi che prima non avevo mai avuto sulla
natura del mio disturbo.
E se Svet e Cam fossero anime gemelle? E se io stessi impedendo in qualche modo la loro felicità, separandoli
per sempre?
Mi sentivo il dittatore di quella mente, che impediva a un'entità così leggera e effimera come la ballerina russa
di manifestare i suoi sentimenti e di realizzare i suoi sogni.
Adesso non esageriamo, amico. Non è poi così terribile... sussurrò Manitoba nella mia mente, sorprendendomi.
Sembrava quasi che a lui andasse bene l'idea che quei due fossero separati. Forse perché lui la pensava come me?
Perché ero io quello che doveva governare questa mente?
Non fraintendermi, dingo. Noi ci meritiamo il controllo quanto te, disse ancora lui.
Questo suo ultimo commento mi lasciò interdetto. Se lui, come tutti gli altri, lottava per poter venire fuori e
rovinarmi la vita, perché era d'accordo con me sul fatto di poter separare la ballerina dal mio unico amico? Doveva
avere un secondo fine.
Quell'insinuazione cadde però nel vuoto, perché l'avventuriero rimase in silenzio e io fui distratto da cosa più
importanti, ovvero la bellissima ragazza che mi era a fianco.
«A cosa stai pensando così intensamente, Mike? Mi sembri distratto.» commentò, probabilmente per rompere il
ghiaccio e dare il via ad una conversazione.
Io mi sentii subito uno sciocco per averla ignorata e essermi immerso in quei pensieri così ingarbugliati che mi
soffocavano. Odiavo dimenticare la realtà a causa del mio subconscio popolato da altre personalità. Dovevo
concentrarmi di più sul presente!
«A niente, Zoey, niente di importante.» risposi, facendo un gesto con la mano come a voler scacciare via tutti
i miei problemi.
Lei sorrise leggermente, mentre continuava a camminare accanto a me, godendosi l'aria aperta di Wawanakwa.
Era meravigliosa e... io non la meritavo.
Già, l'avevo capito solo adesso ma io non meritavo Zoey. Lei era così dolce e gentile e io l'avevo già ferita una
volta, quando Vito aveva baciato Anne Maria. Cosa sarebbe successo se l'avessi per qualche motivo rivista e non
fossi stato in grado di trattenere la mia personalità italoamericana? O se Svetlana avesse improvvisamente
deciso di imporsi, baciando Cameron? O se Manitoba avesse trovato una ragazza che gli piaceva e l'avesse
corteggiata davanti a lei?
Dubito che questo succederà, sussurrò ancora lui, come un'eco nella mia mente.
Non riuscivo a capire a cosa si riferisse, mentre rideva leggermente e mi lasciava di nuovo solo nella mia mente,
senza dare un perché alle sue battute.
Prima o poi avrei dovuto chiedergli qualcosa di più. In fondo lo conoscevo ancora poco.
Ma questo non era il momento di pensare a lui.
Non potevo più rischiare di fare soffrire la ragazza dai capelli rossi, e l'unico modo per farlo era rivelarle tutto.
Sì. Avevo deciso, avrei detto a Zoey la verità sul mio problema, e l'avrei fatto adesso!
In un moto di coraggio che speravo non svanisse troppo in fretta, mi fermai improvvisamente, e lei si girò verso
di me, guardandomi con aria interrogativa.
«Ehi, tutto bene?» chiese, mentre il suo sorriso cominciava a sfumare.
Forse pensava che avessi di nuovo ricominciato a comportarmi come Vito o come Chester. Probabilmente mi
credeva un totale sfigato mentale, sì. Forse non avrei dovuto dirle niente.
Ma, se dovevo essere sincero, ormai che avevo cominciato non potevo tirarmi indietro. Sarei arrivato fino in fondo
a quella storia, sperando che lei dopo non sarebbe scappata via urlando.
«Zoey. Devo dirti una cosa importante.» cominciai, mordicchiandomi le labbra nervosamente.
Lei mi guardò negli occhi, come per valutare se parlassi sul serio, poi annuii e rispose tranquilla.
«Dimmi pure, Mike.»
Era arrivato il momento. Chiusi gli occhi per un attimo, concentrandomi e preparandomi a quella che poteva
essere la sua reazione.
Spesso avevo provato a parlare del mio problema ad altre persone, ma avevo trovato in loro solo disprezzo e
rifiuto. Se Zoey avesse reagito così l'avrei capita, anche se di certo sarei stato molto ferito. CI tenevo davvero
a lei, e avrei fatto di tutto per non allontanarla da me.
Ma poi ricordai una cosa che solo poco tempo prima un'altra ragazza molto speciale per me aveva detto: Zoey
è una ragazza
zenzibile, Mike. Vedrai che capirà.
Svetlana aveva sempre creduto in me e nella mia storia.
E fu lei a darmi la forza per aprire bocca e cominciare a parlare.
«Ecco, la verità è che io sono...» stavo dicendo tutto d'un fiato, prima che i passi di qualcuno mi interrompessero.
La piccola figura di Cameron correva verso di noi, così veloce come non avrei mai immaginato. Certo, non era
molto bravo a destreggiarsi tra i rami e i cespugli del sentiero, e quando arrivò vicino a noi aveva un fiatone
talmente pesante che per un attimo mi preoccupai che svenisse di fronte a noi.
Gocce di sudore gli imperlavano la fronte scura, segno che quella corsa doveva averlo davvero sfiancato. Beh,
non c'era da stupirsi, visto che si trattava del ragazzo bolla.
Rimasi in silenzio, guardandolo e scambiandomi un'occhiata dubbiosa con la ragazza, poi aspettai che
riprendesse fiato e riuscisse a parlare.
Nel frattempo mi chiedevo se Svetlana fosse stata in ascolto, in quel momento, visto che c'era il suo... Ah! Non
sapevo nemmeno come definirlo.
Sheila non c'è, era piuttosto stanca ieri, commentò ancora l'esploratore, che sembrava piuttosto soddisfatto
dalle sue parole. Sembrava che oggi non volesse lasciarmi in pace e che gli piacesse dire la sua su ogni
questione che riguardasse Svetlana o Cameron. Piuttosto strano.
«Mike! Dobbiamo parlare di una cosa.» disse nel frattempo il mio migliore amico, ancora provato dalla corsa
ma finalmente in grado di pronunciare qualche parola.
Io lo guardai piuttosto infastidito e cominciai a gesticolare come a volergli fare capire che non era esattamente
il momento opportuno per parlare.
«Adesso, Cam? Non possiamo pensarci dopo? Sai, Zoey e io...» gli spiegai, ma non mi diede tempo di completare
la frase, tirandomi per una manica come a volermi portare con sé.
Io tentai di oppormi alla sua presa ma lui sembrava piuttosto deciso. Mi lanciò un'occhiata indecifrabile
attraverso gli spessi occhiali da vista mentre pronunciava le parole che mi avrebbero costretto ad abbandonare
la ragazza per l'ennesima volta.
«Mi dispiace, ma si tratta di una questione riguardante i tuoi, beh, personaggi


{Cameron.

«Eddai, Cam! Ti sembrava proprio il momento di venire ad interrompermi? Proprio ora che mi ero deciso
a parlare seriamente con Zoey!» disse Mike, evidentemente scocciato dal mio arrivo in mezzo alla foresta.
Ci eravamo rifugiati nella casetta delle Larve e, visto che Scott non c'era, quello era il momento migliore
per parlargli della mia strategia senza essere disturbati da nessuno.
Non si trattava ovviamente di una strategia per eliminare gli altri concorrenti o per essere avvantaggiati
durante le sfide del reality, ma di una cosa un po' più personale.
«Mi dispiace, ma si tratta davvero di una cosa importante.» cercai di fargli capire, ma la sua espressione
mi diceva che non era affatto convinto dalle mie parole.
Mi resi conto di avere analizzato in modo giusto l'inclinazione delle sue sopracciglia che gli dava un'aria
a metà fra il fastidio e la preoccupazione, quando parlò di nuovo.
«Se vuoi parlare con Svetlana sappi che quello che ti ho detto ieri è ancora valido. Non posso permettere
questa cosa tra voi due e...» cominciò, prima che io arrossissi e cercassi in qualche modo di interrompere
quel discorso che sarebbe diventato davvero imbarazzante.
Cioè, parlare con Mike di Svet per me era quasi come parlare con il padre della mia eventuale ragazza, o
forse con il fratello, e non era affatto piacevole. E allo stesso momento era quasi come ammettere di
essere attratto dal mio migliore amico perché non dimenticavo certo che loro condividevano lo stesso corpo.
Insomma, non era proprio il caso di parlare della mia "relazione" con lui. E poi non c'era niente tra me e
lei. Anzi, cominciavo a capire che lei sembrava essere attratta da Manitoba...
«No! Non c'entra assolutamente niente con lei.» dissi, per poi aggiustarmi gli occhiali sul naso, evitando
volutamente di incrociare il suo sguardo.
Dire che ciò che stavo facendo non c'entrasse proprio nulla con Svet era una bugia: in realtà il mio
obiettivo era molto vicino a lei. Però non potevo rivelarlo a Mike, o avrebbe pensato che qualsiasi cosa stessi
facendo, era per legarmi ancora di più alla ballerina.
Alzai lo sguardo su di lui, e lo vidi fissarmi con un briciolo di dubbio e molta curiosità. Chissà cosa si
aspettava che dicessi?
«È necessario che tu impari a controllare i tuoi alter ego, Mike. Mi sono accorto che ultimamente
stanno davvero prendendo piede e osservando i loro comportamenti...» cominciai, prendendo il mio
blocco per appunti tra le mani e leggendo tutto ciò che avevo annotato sulle sue identità alternative.
Ci sarebbero state davvero milioni di osservazioni da fare, visto che il mio migliore amico era davvero
un oggetto di studio interessante.
Prima che potessi andare avanti con la mia relazione sull'analisi che avevo fatto del suo disturbo, lui mi
rispose così sarcasticamente da stupirmi.
«Beh, devo dire che le hai osservate davvero bene le mie personalità multiple, Cam.» mi interruppe con
uno strano sorriso.
Io per un attimo rimasi in silenzio, indeciso su come rispondere. Non capivo perché fosse così insistente.
Non avevo alcuna intenzione di parlare con lui di quello che era successo tra me e la ginnasta russa che
abitava nella sua testa, ed era assurdo che lui non si arrendesse all'idea che stavo facendo di tutto per
dimenticarmi di lei.
Perché era quello il mio scopo: dimenticarla.
Era ovvio che non avrebbe mai funzionato tra noi, non finché lei fosse stata solo una parte della mente
del mio migliore amico. Per quanto fosse bella e dolce si trattava di una storia impossibile, e io avevo
sempre dato la precedenza alla ragione rispetto all'intuito.
Questo era il motivo per cui quelle allusioni di Mike mi innervosivano parecchio, specialmente perché
quando faceva così aveva un'espressione che lo faceva somigliare molto a Manitoba Smith. E io non
nutrivo un grande affetto per quell'australiano, visto che non potevo tenerlo d'occhio mentre si trovava
insieme a lei nel subconscio.
Quest'ultimo pensiero mi fece arrabbiare, e la mia risposta fu piuttosto secca e nervosa.
«Vuoi smetterla? Sto solo cercando di aiutarti. Alludere continuamente a Svetlana non ti aiuterà ad
assumere il controllo e ti assicuro che ne hai bisogno, se vuoi avere una possibilità con Zoey!»
Il mio tono di voce si era alzato di parecchio rispetto al solito, con un non sapevo che di stridulo che
mi faceva apparire un po' disperato. Dovette essere questo ad attirare l'attenzione del ragazzo di fronte
a me, che sospirò e finalmente sembrò tornare se stesso.
Si sedette sul letto di fronte a me e mi guardò con aria seria.
«Hai ragione, scusami. È solo che tutta questa storia dei personaggi mi sta stancando. Zoey non si
fida più di me, Scott da qualche giorno mi guarda in modo strano e tu... beh, fai amicizia con le mie
personalità quando dovresti aiutarmi a liberarmi di loro.» sospirò ancora, nascondendo il viso tra le
mani in un attimo di sconforto.
Io non potei fare a meno di sorridere e di darmi dello stupido. Non avrei dovuto gridare contro Mike.
Lui era il mio primo amico, eppure era anche una delle persone più fragili che avessi mai conosciuto,
e dovevo capire tutti i problemi che doveva avere in quel momento. Io non gli ero stato di certo d'aiuto,
dimenticando il mio ruolo e facendo conoscenza con Svetlana.
Era lui quello di cui mi dovevo occupare, e l'avrei fatto subito, prima che Vito e gli altri prendessero
il sopravvento su di lui trasformandolo in un ragazzo per nulla gentile e amichevole come lui.
Mi sedetti accanto a lui e gli poggiai una mano sulla spalla.
«Ehi, noi siamo amici, vero?» gli chiesi, sperando che non negasse. Non ci avevo mai pensato, ma se
lui non mi volesse più come amico, dopo ciò che gli avevo fatto?
Magari credeva che l'avessi pugnalato alle spalle, magari...
«Certo che lo siamo, Cam.» disse lui, poggiando le mani sulle ginocchia e guardandomi con un mezzo
sorriso.
Quell'espressione mi fece subito sentire meglio, motivo per cui passai subito alla frase successiva.
«Allora devi ascoltarmi. Cercherò di insegnarti a resistere alle tue personalità, e spero che basti per
impedire che...» stavo dicendo, ma mi interruppi subito.
Magari tra me e la ballerina non poteva esserci nulla, ma dovevo ammettere di tenerci ancora a lei.
Non avrei mai accettato il fatto di fare la spia su una cosa del genere, e l'avrei protetta finché avrei potuto.
Quindi non potevo dire nulla a Mike sul piano delle personalità che avevo origliato durante il suo sonno.
Alzandomi in piedi e prendendo in mano il mio enorme libro sulle farfalle, lo alzai con grande sforzo
sopra la mia testa.
Lui mi guardava con aria interrogativa mentre pronunciavo queste uniche parole.
«Beh, cominciamo.»
E lasciai andare il grosso tomo sul suo piede sinistro.

La mia terapia d'urto non aveva dato grande segno di fuzionare, quando Chester si era manifestato e
aveva cominciato a maledirmi per avergli lanciato contro quel libro, ma dopo poco tempo la strategia
cominciò a funzionare.
Avevo fatto lo sgambetto a Mike e gli avevo lanciato contro vari tipi di oggetti, fra cui una forchetta che
per poco non gli ferì un occhio. Eppure il vecchietto restò nella sua testa, per quanto lui dovesse sforzarsi
molto per tenerlo a bada.
Mi resi conto che molto lentamente stavamo facendo dei progressi, e questo mi diede il coraggio di
chiedergli se voleva provare qualcosa di diverso.
«Magari potrei prendere una radio dalla grande casa dove abita Chris e vedere di trovare della musica
classica per attirare Svet.» proposi, senza rendermi quasi conto di quello che stavo dicendo.
Già, perché mentre analizzavo un caso dimenticavo totalmente il resto del mondo e per me in quell'istante
Svetlana era tornata ad essere solo una tra le tante personalità di Mike.
Ma lui si irrigidì subito e mi guardò con aria vagamente sospetta.
«Preferirei di no, tendo ad essere di parola e non accetto in ogni caso un vostro incontro, nemmeno
per questo tipo di cose. E poi so che a lei non farebbe piacere sapere che stiamo lavorando per tenerla
sotto controllo... che ne dici di Manitoba?» propose il mio migliore amico, nonché cavia di laboratorio.
E io mi trovai subito in disaccordo con lui.
Quello Smith proprio non mi convinceva. Avrebbe anche potuto negare all'infinito il suo coinvolgimento
nel piano per attaccare Mike, ma io ero certo che non fosse uno dei buoni. Stava confondendo le idee a
Svetlana, con quella sua aria da cavaliere donnaiolo, e questo faceva nascere in me sentimenti piuttosto
discordanti che culminavano nella rabbia.
Non mi andava proprio di vederlo.
E decisi di proporre qualcosa di cui mi sarei pentito molto in seguito.
«Perché non Vito, invece? Credo che dovremmo cominciare da quelli più difficili da tenere a bada, in
questo modo per gli altri sarà una passeggiata.» dissi, ma non ero certo che l'espressione sul mio viso
dicesse che ero convnto.
Mike però alzò le spalle, semplicemente, prima di togliersi la maglietta e restare a petto nudo.
Ci volle solo un attimo perché la personalità del New Jersey si manifestasse, con un sorriso sfrontato e
presuntuoso e guardandosi intorno come se non sapesse dove si trovasse.
«Yo, che cos'è 'sta baracca? Dov'è quella pupa? Anne Maria!» cominciò a urlare come un matto,
incamminandosi verso l'uscita della casetta.
Oh, no! Non potevo permettere che se ne andasse in giro per il campo! Per quanto la ragazza che stava
cercando non fosse più in gioco, la sua sola presenza tendeva ad infastidire Zoey, e io non potevo mettere
Mike ancora nei guai.
Ecco perché mi fiondai davanti alla porta, bloccando il passo dell'italoamericano, che sembrò accorgersi
di me solo in quel momento e mi guardò con l'aria più tonta e vuota che avessi mai visto.
Non era certo una delle personalità più intelligenti, ma di questo me ne ero già accorto. Mi chiedevo però
come fosse riuscito a ideare il piano di Mike. Forse aveva ricevuto l'aiuto di qualcuno, nella gestione della
"rivolta" che stava architettando? Ma chi?
«Ehi, quattrocchi, togliti di mezzo! Non vedi che Vito deve andare a prendere un po' di sole?» disse un po'
infastidito, per poi spingermi via con uno spintone che mi fece cadere a terra.
Mi rialzai subito, dolorante ma ancora pronto a tener testa a quell'identità sgradevole.
Prima che potesse uscire, lo tirai dentro con tutta la forza che avevo e richiusi la porta. Solo dopo un
attimo mi resi conto che non avrei dovuto farlo, quando il mio sguardo incontrò il suo.
Non avresti dovuto farlo, dannato secchione! Non credere che il fatto di essere il ragazzo di quella svitata
di piedini di burro significhi che non posso prenderti a pugni!» mi minacciò, prima di fiondarsi contro di me
e prendermi per il collo della maglia, tirandomi su finché solo le punte dei miei piedi toccarono a terra.
Non riuscivo quasi a respirare e lo fissavo preoccupato mentre lui mi guardava con aria scocciata e allo
stesso tempo infastidita.
Volevo dirgli qualcosa, qualsiasi cosa purché mi lasciasse in pace. Avrei anche accettato che facesse un
giro fuori e che poi tornasse lì. Cioè, in fondo Zoey era così abituata alla presenza di Vito che non ne
avrebbe fatto un dramma, no?
Mi resi conto di essere probabilmente diventato paonazzo, mentre lui si guardava le unghie in modo annoiato.
«Bah, non capisco proprio cosa ci abbia trovato la principessina delle fate in te. Menomale che ha cambiato
idea...» commentò. Un sorriso compiaciuto gli spuntò sulle labbra, quando vide la mia espressione turbata.
Cambiato idea? Cioè, voleva dire che Svet era davvero innamorata di me e che adesso aveva scelto qualcun
altro! E io sapevo esattamente chi era, quel qualcun altro.
In quel momento il bullo mi lasciò andare, facendomi cadere malamente a terra. I miei occhiali si scheggiarono
nell'impatto a terra e io non riuscii più a vedere granché bene. Vedevo solo la sagoma indistinta del mio
migliore amico che mi dava un calcio, come per spostarmi dalla sua traiettoria, e che si dirigeva di nuovo
verso la porta.
No! Non poteva andare!
Un'idea mi balenò in testa, un'idea geniale ma che mi avrebbe portato ulteriori problemi.
Mi resi conto, mio malgrado, di non potere fare altrimenti, mentre prendevo una ciotola per la colazione
che era rimasta lì quella mattina e la mettevo capovolta sulla testa di Mike.
Speravo solo che funzionasse.


Sono tornataa!
Ecco qui un capitolo dove Svetlana è nell'aria ma non c'è! Probabilmente è la prima volta che accade, se
si esclude il primo capitolo della fanfiction.
Ma vi assicuro che non succederà più. Comunque, spero che anche in assenza di vera e propria
Manlana il capitolo vi sia sembrato interessante.
Spero che abbiate capito che la scodella che Cam ha messo in testa a Mike avrà lo stesso ruolo di un
cappello, e quindi richiamerà all'ordine l'identità più odiata dal nostro ragazzo bolla... Manny! *_*
Eh già, nel prossimo capitolo avranno un discussione, quei due!
Spero che vi sia piaciuto anche l'accenno di Zoke che ho voluto inserire, anche se in fondo Zoey avrà
avuto sì e no due battute XD
Che dirvi? Pubblicità!

-
Until the last, della Miiha Miiho, è il nuovo racconto che ha scritto dopo la sua oneshot che è stata una
delle mie prime letture, quando sono tornata in questo fandom *_* Tanta Zoke e tanta Manlana!

Oggi non ho altro da segnalarvi :D
Quindi chiudo dicendovi che siete dolciosamente dolciose e vi faccio i miei auguri di Buon Natale!
Anche se può darsi che pubblicherò qualche regalino per voi in questi giorni, quindi attenti alle novità del
fandom!

Tanti bacioni e una pioggia di regali per voi!
Kirlia <3



 

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Capitolo 19
*** Grandi rivelazioni. ***


Capitolo 19. Grandi rivelazioni.


{Manitoba.

Aprii gli occhi sulla realtà con un profondo sospiro e mi guardai intorno, confuso. 
Non mi aspettavo di essere in qualche modo "evocato", non mentre mi gustavo la scena di quel dingo di Vito che picchiava quel
kookaburra di Cameron. Lo sapevo: questi non erano pensieri adatti ad un giovane e coraggioso esploratore come me, ma che
potevo farci? 
Sia l'italoamericano che il ragazzo bolla non erano esattamente mie amici, ognuno per un motivo diverso, e vederli litigare faceva
nascere in cuor mio una sensazione di soddisfazione che non riuscivo ad ignorare. Soprattutto perché sapevo chi sarebbe stato
in svantaggio in quella rissa. 
Oh, se Sheila avesse potuto leggere nella mia mente, di certo non mi avrebbe più rivolto la parola... 
Scossi la testa, cercando di dimenticare quei discorsi mentali, e un rivolo di qualcosa di umido e viscido scivolò sulla mia fronte.
Subito, da perfetto avventuriero, ne presi una goccia con l'indice, per poi portarmelo alla bocca. Una smorfia disgustata si dipinse
sul mio volto. 
Bah, cos'era quella? Una sorta di colazione velenosa a base di avena? 
Mi poggiai una mano sulla testa, scoprendo che il mio "cappello" in quell'occasione non era altro che una specie di scodella sporca.
Il mio istinto fu subito quello di toglierla, ma sapevo che facendo così sarei immediatamente tornato nella mente di Mike. 
Ecco perché mi voltai semplicemente in direzione del ragazzino che mi fissava, con sguardo indecifrabile. 
«Devo ammetterlo. Sei stato piuttosto furbo a fermare quel capibara chiamando me.» 
Lui raddrizzò i grossi occhiali sul naso e io notai che si erano scheggiati a causa di qualche impatto avuto nello scontro. Non mi
dispiaceva affatto. 
«Non ho avuto scelta. Vito sa essere piuttosto aggressivo.» commentò, con aria saccente e rassettando gli abiti che si erano
evidentemente sgualciti. 
Inarcai un sopracciglio, guardandolo con aria un po' irritata. Cosa voleva dire, con quella frase? Credeva forse che io non potessi
essere aggressivo allo stesso modo, se solo l'avessi voluto, soprattutto quando usava quel tono con me? 
Era davvero poco sveglio se pensava che io fossi solo un mansueto...
Interruppi improvvisamente il mio ragionamento, rendendomi conto che in realtà il ragazzo era piuttosto sveglio. 
Le sue sottili insinuazioni non potevano avere riscontro in me. E perché? Perché io dovevo rendere conto a Svetlana. Ma certo! 
Per Sheila, Cameron era intoccabile. Lo amava, o almeno così mi aveva fatto capire più e più volte quando avevo cercato di starle
vicino, di esprimere i miei sentimenti verso di lei. Quindi, se solo avessi alzato un dito su di lui, di certo la nostra amicizia si sarebbe
conclusa in un attimo. 
Non potevo permetterlo. 
Decisi di fare buon viso a cattivo gioco e di ignorare le sue insinuazioni sul fatto che "non avesse scelta". Come se per me fosse un
piacere rivedere il mio rivale in amore!
«Che cosa stai cercando di fare, Cameron? Sabotare il piano non sarà così semplice come credi.» dissi, incrociando le braccia sul
petto per ignorare in tutti i modi l'istinto che mi portava a togliere quella sudicia tazza da sopra i miei capelli - no, i capelli di Mike. 
La mia intenzione non era ovviamente quella di apparire come qualcuno che appoggiava l'ammutinamento che Vito stava progettando,
ma non potendo rivelare i miei veri pensieri sulla faccenda speravo di poterlo scoraggiare. A me interessava solo che lui stesse lontano
da Mike, e quindi anche da tutti noi. Inclusa Sheila. Soprattutto lei.
«Stai quindi affermando di essere d'accordo nel distruggere Mike?» si informò il mio interlocutore, fissandomi con aria indagatrice. 
Cos'era, quello sguardo? Credeva forse di potermi strappare una confessione, in modo da poter poi correre dalla mia ballerina
confermandole che ero un solo un perfido manipolatore? 
Non gli avrei di certo dato questo piacere. 
Aprii la bocca per rispondere ma mi interruppi appena in tempo per riflettere: se avessi negato, di fronte a Cameron, di certo anche Vito
avrebbe sentito. E lui non doveva sapere che in realtà ero intenzionato a non appoggiarlo in quella pazzia: non potevo correre il rischio
di essere messo a tacere, tornando ad essere una delle personalità nascoste nel subconscio, com'ero stato fino a poco tempo prima.
Non ora che finalmente ero riuscito a costruire un solido rapporto con Svetlana. 
D'altro canto, però, non potevo dire al kookaburra di fronte a me di voler eliminare il suo migliore amico.
Quindi decisi di essere semplicemente criptico. 
«Non ho detto questo. Volevo solo avvisarti che non riuscirai a tenerci sotto controllo. Siamo forti, anche se non quanto colui che ci
governa.» E quindi dovresti arrenderti e lasciarci in pace subito, questo era quello che intendevo dire. 
Speravo che capisse il messaggio e lasciasse perdere quell'assurda idea di aiutare Mike a tenerci al guinzaglio. 
Non ci sarebbe mai riuscito, in ogni caso, se anche noi non l'avessimo voluto. Avremmo avuto una forza di volontà tale da poterci
imporre, se avessimo voluto, se solo fossimo riusciti ad accumulare un'energia tale da poter "uscire nel mondo reale" a nostro
piacimento. 
Con mio grande stupore, Cameron alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa e guardandomi come se fossi un idiota. Cosa stava
pensando, in quella sua testolina, che lo faceva sorridere tanto a quel modo? 
«Vedo che cerchi di sviare la domanda. Perché ti ostini a nasconderlo? Hai paura che lei lo venga a sapere?» chiese, lasciandomi
per un attimo in silenzio e a corto di parole. 
Era ancora convinto che io stessi in qualche modo persuadendo  Sheila a credermi. Pensava che stessi fingendo, come un dannato
doppiogiochista, e che lei non sapesse nulla di tutto ciò. 
Peccato che in questo caso si sbagliasse. 
Esultando nella mia mente per la piccola vittoria che stavo per prendermi su quel ragazzino, lo guardai in modo furbo e risposi.
«Ah! I veri uomini non hanno paura di nulla. E come tale io non devo preoccuparmi... anche perché la mia Sheila sa già tutto.» 
Calcai volutamente sul "mia" e ne fui felice, soprattutto quando lo vidi assumere un'espressione sconvolta sul viso diventato
improvvisamente pallido. 
Finalmente avevo messo le cose in chiaro, con quel capibara: una volta avevo accettato di rinunciare ai sentimenti che provavo per
la ballerina russa per concederla a lui, ma non l'avrei più fatto mai più. 
Lei era mia. 
Non la consideravo un oggetto, ovviamente, né un trofeo da mettere in mostra, ma di certo avevo sviluppato verso Svetlana un
amore così forte da non essere più in grado di lasciarla andare. 
Avevo bisogno di lei, e avrei lottato per averla. 


{Svetlana. 

Avevo dormito fino a tardi, quella mattina. 
Ero piuttosto sfinita, dopo tutte quelle  giravolte nella neve e quelle discussioni sulla fiducia che avevo avuto con i due contendenti
del mio cuore. Perché, beh, ormai era chiaro: non potevo più negare di provare un'attrazione verso due persone diverse...
completamente diverse! 
Cameron era stato di certo il primo che aveva fatto palpitare il mio cuore. Le sue attenzioni, il modo in cui per primo aveva cercato
di conoscermi e di scovare qualcosa in me che non fosse "parte di Mike", i suoi gesti gentili. Mi aveva emozionato e lusingato, ma
allo stesso tempo mi aveva rifiutata, mettendo al primo posto il suo migliore amico. 
Scossi la testa, rifugiandomi sotto le tiepide coperte rosa del mio letto, cercando di dimenticare il modo in cui spesso mi aveva fatto
soffrire. Per quanto lui mi considerasse un'amica, spesso mi aveva ricordato indirettamente che io ero solo una personalità, con
meno importanza rispetto a Mike. E mi aveva ferito molto. 
Era in quella sofferenza che era arrivato Manny. 
Sorrisi come una ragazzina invaghita del suo attore preferito, pensando a lui. 
Così affascinante, attraente e forte, era venuto in mio soccorso come un perfetto principe delle fiabe, sempre pronto a salvarmi e a
starmi vicino. Il modo in cui mi guardava mi faceva arrossire e il modo in cui mi chiamava, "Sheila", mi riempiva il cuore di una strana
sensazione piacevole che non sapevo identificare. 
E il solo pensiero mi portava a desiderare di vederlo. 
Mi alzai, improvvisamente piena di energie, e camminai a passo di danza fino al mio armadio guardaroba. Sentivo il desiderio di farmi
bella, quella mattina, anche se non ero del tutto sicura del perché. Ma una vaga idea ce l'avevo, ad essere sincera.
Dopo aver pettinato la mia fluente chioma biondo chiaro in una coda alta e aver scelto una gonna nera che ritenevo abbastanza carina,
abbinandola ad una canotta bianca, mi decisi finalmente ad uscire nell'atrio della mente di Mike per fare colazione. 
Non ebbi nemmeno tempo di decidere cosa mangiare, poiché mi imbattei in Vito, seduto su un immenso sofà rosso, che mangiucchiava
pop corn e rideva come uno stupido. 
Stava fissando attentamente uno di quegli "schermi" che di tanto in tanto apparivano in questo luogo e che rivelavano cosa succedeva
all'esterno. 
«Yo, piedini di burro, vieni qui. Non puoi perderti questa scena!» richiamò la mia attenzione, vedendomi arrivare, e mi fece cenno di
sedermi accanto a lui. 
Non che ci tenessi molto a condividere con lui qualsiasi cosa stesse facendo, ma non vedevo Manitoba da nessuna parte e - ripensando
a quello che mi aveva detto sul "fingere" di andare d'accordo con l'italoamericano - mi dissi che era meglio assecondarlo. 
Presi posto anch'io sul divano, cercando di capire cosa stesse succedendo nella realtà al di fuori dell'inconscio del nostro ragazzo. 
Non fui stupita di vedere Cam: sapevo che era il migliore amico di Mike e che passava molto tempo con lui. Fui però sorpresa
dall'espressione che aveva in viso. Sembrava avere uno sguardo accusatorio e anche un po' irritato; i suoi vestiti erano sgualciti come
se fosse stato centrifugato da una lavatrice. 
«Coz'è successo, Vito?» mi informai, non riuscendo quasi a stare seduta per la curiosità. Quelle occhiate che il ragazzo bolla stava
lanciando nella nostra direzione non erano le solite che riservava a Mike. 
«Il quattrocchi ha cercato di tenermi a bada, ma nessuno può dire a Vito quello che deve fare! Gli ho dato una bella lezione!» disse
la personalità alternativa accanto a me, per poi fare sfoggio dei suoi muscoli. 
Resosi conto per l'ennesima volta che con me tutte quelle dimostrazioni di forza mascolina erano inutili, mi lanciò un'occhiata
distratta, che poi divenne improvvisamente curiosa. Mi fissò per un attimo, per poi dirmi ghignando «Yo, regina dello zucchero,
cos'è quello? Se vuoi essere sexy, devi impegnarti un po' di più... ma apprezzo il tentativo.»
Mi fece l'occhiolino, mentre io gli lanciai un'occhiataccia. Non era mica per lui che mi ero fatta bella. Anzi, non ero nemmeno sicura
del perché l'avevo fatto. O forse... sì? Ah! Non era il momento di pensarci. 
«Ah! Lascia ztare quezte sciocchezze.» cominciai, per zittirlo su quella faccenda inutile, poi decisi di cercare di capire qualcosa di più
sulla vera questione. 
Perché Cameron era arrabbiato? Perché vedevo comparire un livido violaceo sul suo collo?
«Coza hai fatto a Cam? Perché l'hai picchiato?» ringhiai nervosa. 
Non riuscivo a comprendere perché quei due si fossero incontrati, né cosa avesse scatenato lo scontro. Era evidente che vivevano
in due mondi completamente separati, ma nemmeno Vito - per quanto a volte fosse aggressivo e manesco - decideva di prendere
a pugni un ragazzino che quasi non conosceva senza motivo.
L'alter ego non rispose, continuando a fissare lo schermo con vago interesse, e io stavo per richiamarlo per costringerlo a darmi
una risposta, almeno finché non sentii le parole pronunciate da Cameron. 
«Vedo che cerchi di sviare la domanda. Perché ti ostini a nasconderlo? Hai paura che lei lo venga a sapere?» aveva chiesto. 
Io mi ero immediatamente sentita confusa dalla situazione: di chi stava parlando, quando si riferiva ad una "lei"? Stavano forse
discutendo per l'ennesima volta sull'eventualità di rivelare a Zoey la verità sul problema dissociativo di Mike? 
Credevo fosse chiaro che il nostro ragazzo non avrebbe parlato di noi alla fanciulla dai capelli rossi, almeno non finché non
sarebbe stato capace di sopprimerci, come ci aveva intimato solo poche settimane prima. 
«Parlano di Zoey?» chiesi ancora all'identità alternativa accanto a me, che stavolta si degnò di rispondermi. 
«Di certo parlano di una mozzarella come lei.» commentò il mio interlocutore, con un sorriso sarcastico nella mia direzione. Mi
chiedevo perché quel giorno non avesse intenzione di darmi una spiegazione diretta: cos'era, una nuova moda del New Jersey? 
Incrociai le braccia, mettendomi più comoda sul divano e attendendo di vedere cosa succedeva. 
Ora toccava a Mike rispondere, ma la voce che sentii aveva un accento totalmente diverso. 
Un accento che conoscevo benissimo.
«Ah! I veri uomini non hanno paura di nulla. E come tale io non devo preoccuparmi... anche perché la mia Sheila sa già tutto.» 
Manitoba. Era lui quello che si trovava fuori, al comando del nostro corpo. Perché Vito non me l'aveva detto subito? 
Adesso si spiegava tutto: il disprezzo sul viso di Cameron, quelle parole così acide che non potevano essere riferite a Mike... ma
che potevano benissimo essere rivolte all'avventuriero. Perché loro si odiavano, e io adesso cominciavo a intravedere la verità.
Loro si odiavano a causa mia. 
«Certo, lei sa tutto. Intendi dire tutte le storielle che hai inventato per portarla dalla tua parte!» disse il ragazzo bolla, con voce
stridula, puntando un dito verso di me, cioè verso l'esploratore che adesso era al comando. 
Mi ritrovai a mangiucchiarmi le unghie, in preda ad un'ondata di ansia. Quella non era altro che la replica, o bensì il seguito,
della discussione piuttosto accesa che i due avevano avuto solo il giorno prima. E non sapevo come sarebbe andata a finire. 
C'era solo una domanda che continuava a vorticare nella mia mente: intervenire e calmare gli animi o lasciare che fossero loro
a trovare un accordo? Un accordo su cosa, poi? 
«Tu non sai qual è la verità, dingo!» ringhiò Manny, mentre la sua voce irata si diffondeva in tutto il subconscio di Mike e mi
sfiorava le spalle facendomi venire i brividi. 
Il mio australiano, di solito così gentile ed educato, era improvvisamente diventato come uno di quei puma che mi raccontava
di aver cacciato alcune volte: freddo e letale. Quel tono, per me, era nuovo. Sembrava che non avesse intenzione di cedere
sulla questione, volendo tracciare in modo chiaro e netto il proprio territorio. 
«La verità è che stai manipolando Svet, abbagliandola con milioni di complimenti e confondendola!» strillò ancora il ragazzino
con gli occhiali, facendo un passo avanti e tentando in tutti i modi di apparire minaccioso e coraggioso come non lo era mai stato. 
Sapevo benissimo che per Cam non doveva essere semplice comportarsi in questo modo, lui che aveva sempre avuto
un'esistenza pacifica e perfetta in una bolla, almeno fino a poco tempo prima. 
Ma quelle che mi stupirono furono le sue parole. Sosteneva che Manny mi stesse manipolando a suo piacimento grazie al
suo fascino. E io? Ero d'accordo? 
No. Non riuscivo a vedere il mio avventuriero come un malvagio calcolatore, intenzionato solo a sfruttare le mie abilità per i
suoi scopi. E poi, mi aveva rivelato che stava fingendo per tenere buono Vito, e io gli credevo. E sapevo che la mia fiducia non
poteva essere mal riposta.
«Proprio tu parli di confondere? Credi che sia stato giusto illudere la mia Sheila con mille attenzioni per poi rifiutarla
improvvisamente? Sai come ha sofferto?» rispose l'avventuriero. 
Avrei dovuto sentirmi ferita, ripensando al modo in cui Cameron mi aveva chiaramente fatto capire di considerarmi solo un'amica,
ma la verità è che il mio cervello sembrava essersi bloccato solo su tre parole. Parole che, mi resi conto, avevo cominciato a sentire
spesso, con mio grande stupore. 
La mia Sheila. 
Manny continuava a rispondere così, considerandomi sua, proteggendomi come sempre aveva fatto, ma con un ardore che non
avevo mai visto. Come un principe che proteggeva la fanciulla che amava. 
Il ragazzo bolla di fronte a lui era - se consentito dalla sua carnagione scura - impallidito. Nei suoi occhi si era insinuata quello che
potevo definire come paura, preoccupazione, rimorso. 
Sembrava dimostrare dei sensi di colpa, mentre si mordicchiava il labbro inferiore e guardava Manitoba dritto negli occhi, con le
lenti che nascondevano solo leggermente il suo sguardo. 
«Svet... ha sofferto? A causa mia?» sussurrò. 
Improvvisamente, sia nel mondo esterno che nel subconscio di Mike ci fu silenzio. Una strana tensione che mi faceva venire quasi
voglia di piangere si era sparsa in quel luogo, rendendo ogni parola pesante e ricca di dolore. 
Era una situazione che di certo a Vito non piaceva, infatti si alzò e si portò via i popcorn. Con la coda dell'occhio lo vidi entrare nella
stanza dove si trovava la lampada abbronzante, e mi resi conto che stava andando a fare qualcosa che di certo era molto più
interessante per lui. 
Ero rimasta sola, seduta su un enorme sofà che mi sembrava tremendamente vuoto e freddo, ed ero in attesa di ciò che avrebbe
risposto Manitoba. 
Non sarei mai intervenuta a questo punto. 
«Era distrutta, a causa tua. Solo io sono riuscito a confortarla e a farla dimenticare. Sei ancora convinto che io sia solo un manipolatore,
Cameron?» disse l'esploratore, con un tono di voce molto diverso da quello che aveva utilizzato fino a quel momento. 
Non desiderava urlargli contro il suo ruolo in quella faccenda, ma solamente farlo riflettere su ciò che mi aveva fatto, cosciente o
incosciente della cosa. 
Mi resi improvvisamente conto che Manny aveva appena ripetuto le stesse parole che io mi ero detta solo poco fa, sotto le coperte. 
Lui era arrivato e aveva lenito il mio dolore. Aveva curato le ferite di una primo amore con dolcezza e gentilezza, con costanza.
Mi era stato accanto. 
Ed era diventato importante per me. 
Dovevo ammetterlo, Cameron era stato il mio primo amore. 
Ma Manitoba sarebbe stato l'ultimo.
Sorrisi e, con una consapevolezza finalmente raggiunta, mi accinsi ad ascoltare le ultime parole dell'avventuriero. Cam non riusciva
a dire nulla, ancora stupito dalla rivelazione di Manny. 
«Non permetterò più che tu la ferisca. Io la amo.» sussurrò, così piano che quasi mi chiesi se era stata la mia mente ad inventare tutto.
Ma il viso del ragazzino con gli occhiali mi diceva che non mi ero sbagliata. 
Lui mi amava. 
Manitoba mi amava. 
E io? 
Sì. Lo amavo anch'io. 



Ci siamo, ragazze, ci siamoooo! 
Finalmente quei due hanno chiarito i sentimenti che provano l'uno verso l'altra! Peccato che non si stessero parlando, quando l'hanno fatto. 
Ma questo può significare solo una cosa, no? Il prossimo sarà il capitolo EPIC in cui i due... 

Svetlana: Kirlia, non zpoilerare
Manitoba: Già, Sheila. Devi lasciarle con fiato sospeso!
Giusto, carissimi amori miei <3 
Beh, che dirvi? Spero che il capitolo vi sia piaciuto, io ce l'ho messa tutta ma con le vacanze sono stata parecchio impegnata e distratta (e dire
che dovevo riposarmi!) e non so cosa sia venuto fuori. Ditemi voi, e siate spietate *_* 
Oh, oh! Ecco, dovevo farvi vedere una cosa:
questa è come immagino io Svetlana, e anche gli abiti sono quelli che ho descritto. Non è uno 
splendore? *_* 
Inoltre volevo chiedervi una cosina. Vorrei il vostro parere sul titolo che ho dato alla serie che comprende questa e altre due storie sulla Manlana. 
Io ho messo "Manlana is the way!", ma non ne sono convinta. Quindi potete suggerirmi le vostre idee? Apprezzerò tantissimo! :D 
Per quest'oggi ho finito, mi pare, e vi posso salutare e augurare happy new year! 

Un bacio, 
Kirlia <3


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Capitolo 20
*** Tra dolci marmellate e infiniti amori. ***


20. Tra dolci marmellate e infiniti amori.
 

{Svetlana.

Dovevo dirglielo.
Sì.
Dovevo aspettare che tornasse, poi corrergli incontro e abbracciarlo forte.
Avrei dovuto dirgli qualcosa di romantico, o forse sarebbe bastato un “Ti amo anch’io, Manny”. Ma ne sarei stata capace?
Probabilmente no.
La situazione mi imbarazzava, anche se ovviamente in modo positivo, e in quel momento ero indecisa su come comportarmi.
Potevo davvero avvicinarmi a lui con un sorrisone e dirgli semplicemente che avevo dimenticato Cameron e che finalmente
mi ero resa conto di quali erano i miei sentimenti per lui? Sarei stata credibile?
Camminavo avanti e indietro davanti a quel grande sofà su cui avevo avuto solo da pochi minuti la mia rivelazione e non
avevo idea di cosa fare.
Magari avrei dovuto aspettare che fosse lui stesso a dichiararsi, ma sarei stata capace di fingere di non sapere niente sui suoi
sentimenti? Sarebbe stato scorretto, visto che lui non sapeva che io sapevo… Ah!
Mi fermai improvvisamente a metà passo, rischiando quasi di inciampare.
No, non era questo il modo giusto per affrontare la cosa.
Dovevo smettere di lambiccarmi il cervello con tutte quelle preoccupazioni che non mi avrebbero portato a nulla di buono. In
fondo, non rischiavo mica di essere rifiutata da lui, se gli avessi aperto il mio cuore: aveva già ammesso di amarmi!
Quindi adesso dovevo solo trovare il modo giusto di dirgli che lo amavo anche io e tutto sarebbe stato finalmente perfetto!
Ma cosa potevo inventarmi…?
«Ehi, mocciosetta! Sono finiti quei biscotti che ti ostini a prepararmi, quelli senza zucchero per il mio diabete.» disse
improvvisamente Chester, spuntando dal nulla e facendomi trasalire.
Mi punzecchiò con la punta del bastone, mentre con l’altro braccio dalla pelle incartapecorita mi indicava la direzione della
cucina.
Io alzai gli occhi al cielo, con un sorriso divertito sulle labbra.
Da quando Chester aveva cominciato ad avere problemi con il cibo zuccherato, ero solita preparargli dei biscotti molto leggeri
e salutari – anche vegani, perché io lo ero – e, per quanto lui facesse finta di trovarli orribili, a volte veniva da me con la richiesta
di averne degli altri. Persino lui doveva ammettere  che una ragazzina giovane come me era capace di cucinare delle ottime
pietanze per lui.
Vedendo che non gli davo risposta, il vecchietto cominciò ad innervosirsi e a strizzare il suo occhio buono come se fosse stato
colpito da un tic improvviso.
«Ai miei tempi le ragazzine non erano così degeneri da dimenticarsi di cucinare… e da non rispondere e portare rispetto agli
anziani!» continuò a lamentarsi senza sosta, almeno finché io non fui colpita da una straordinaria idea all’improvviso che mi
riempì talmente tanto di entusiasmo da spingermi ad abbracciarlo.
Oh! Era il modo perfetto per affrontare quel delicato argomento con Manny!
«Chezter, sei un genio! Spasibo, mi hai dato l’idea giuzta! E ti preparerò valanghe di bizcotti!» trillai emozionata, stringendolo
ancora solo per qualche attimo, finché lui non cominciò a dimenarsi infastidito.
Beh, certo, una ragazzina come me non poteva essere così disinibita da abbracciare un signore di una certa età come lui senza
alcun permesso…
Prima di poterlo sentire ancora rimproverarmi per il mio comportamento impertinente gli feci un rapido cenno di saluto e me
ne andai via, saltellando il preda all’eccitazione.
Preparare delle prelibatezze per Manny mi sembrava proprio l’idea giusta per addolcirlo e dichiarargli il mio affetto nei suoi
confronti.


{Manitoba.

Avevo lasciato di nuovo il controllo a Mike, non appena mi ero reso conto di ciò che avevo detto.
Avevo ammesso finalmente i miei sentimenti per Sheila, ma l’avevo decisamente fatto di fronte alla persona sbagliata. Certo, non
che vedere l’espressione sconfitta di quel kookaburra di Cameron non mi avesse dato una grande soddisfazione, ma non era a
lui che dovevo confessare i miei sentimenti.
Dovevo dirlo a Svet. Dovevo averne il coraggio, perché non potevo più tenermi quel peso dentro… ma la sola idea che lei mi
potesse ancora dire di avere ancora dei sentimenti per Cameron mi angustiava.
Era successo troppe volte che mi avesse ferito, con quelle sue dichiarazioni, anche se di certo non se n’era accorta. Lei mi
considerava il suo migliore amico ed essendo tale credeva di potermi parlare con tranquillità di ciò che provava per il ragazzo bolla.
E di certo la nostra amicizia sarebbe stata spezzata da una mia eventuale dichiarazione.
Mi aggiustai il cappello sulla testa, non appena fui tornato nella mente di Mike, e mi dissi che in fondo forse era stato meglio che
fosse stato il mio rivale in amore a sentire la mia confessione.
Non volevo mettere a rischio il rapporto che c’era tra me e Sheila.
Feci un mezzo sorriso a me stesso quando mi resi conto però di non poter fare a meno della sua presenza, e mi avviai tra le colline
verdi che oggi erano il paesaggio scelto dal padrone di questa mente.
Il primo posto dove mi venne in mente di cercarla fu il suo palco preferito, ma mi resi conto già da lontano che non sentendo musica,
né la sua deliziosa voce dall’accento russo contare i passi, non si stava allenando lì.
Decisi quindi di andare verso le nostre dimore: forse non si era ancora svegliata da molto e stava ancora facendo colazione. Mi
sembrava che fosse piuttosto stanca il giorno prima e magari stava riposando.

Non appena aprii la porta d’ingresso della nostra grande casa, sentii un leggero e invitante profumo investirmi come un’onda fragrante.
Non avevo bisogno di utilizzare le mie grandi doti da avventuriero per sapere che di certo qualcuno stava preparando qualcosa di
buono, qualcosa che mi faceva venire l’acquolina in bocca. E bastava un po’ di logica per capire che non si trattava di Vito – che viveva
praticamente di pizza surgelata – né di Chester. L’unica possibilità che rimaneva era quindi che si trattasse della dolce fanciulla che
andavo cercando.
Presi un profondo respiro e camminai a passo svelto verso la cucina.
Era un luogo che non frequentavo spesso, visto che io preferivo procurarmi da solo da mangiare grazie a piccole e ingegnose trappole
che solo un esploratore esperto come il sottoscritto sapeva posizionare nell’esatto punto in cui un animale aveva lasciato una piccola
traccia sul terreno, quindi non ero sicuro di cosa avrei trovato.
Quando entrai nella stanza mi resi conto che non avrei mai potuto immaginare nulla di simile.
La cucina era piccola e raccolta, con un tavolo tondo al centro intorno al quale erano posizionate sei sedie: una di legno, che sembrava
quasi cadere a pezzi per quanto era vecchia e malandata, una di cui non si poteva vedere il colore originale, visto che era stata coperta
da graffiti di ogni genere, una di un bel rosa luccicante e adornata da nastrini in tono, una verde e marrone – la mia – e in mezzo a queste
si ergeva un’alta poltrona blu, che aveva un’aria importante. Inoltre c’era un’altra sedia, messa da parte in un angolino buio, nera e piena
di polvere e ragnatele, che nessuno evidentemente usava da un bel po’.
Ma non era questo quello a cui mi riferivo. Il ripiano del tavolo era coperto da vassoi su vassoi di biscotti, farciti con ogni sorta di
marmellata esistente sul pianeta, e tutti a forma di cuore.
Era uno spettacolo piuttosto insolito, in quella mente, e solo dopo aver lanciato un’occhiata fugace a tutte quelle prelibatezze mi decidi
ad alzare lo sguardo sulla vera meraviglia.
Sheila teneva in mano un vassoio, con dei biscotti ancora crudi, ed era in procinto di metterli nel forno. Portava un abito molto diverso
dal solito tutù da ballerina, che la faceva sembrare ancora più bella, e sopra quello un grembiulino rosa.
I suoi occhi scintillavano come se fosse in preda ad una strana emozione e uno sbuffo di farina sulla guancia non le dava affatto un
aspetto trasandato. Era semplicemente perfetta.
Mi accorsi che la stavo fissando da decisamente troppo tempo quando lei tossicchio leggermente e rise, per poi posare il vassoio sul
ripiano della cucina.
«Buongiorno, Manny! Mi rendo conto che quezto deve sembrare piuttozto assurdo…» esclamò, indicando con un elegante gesto del
braccio l’enorme quantità di biscotti che aveva preparato.
«In realtà volevo zolo prepararne un po’, ma zai… uno tira l’altro…» aggiunse, per poi togliersi i guanti da forno e alzare le spalle come
se non sapesse come spiegarsi.
Sembrava piuttosto allegra, come se fosse successa la cosa che più desiderava, e i suoi occhi sprizzavano felicità. Che cosa le era
successo di così emozionante?
Io mi toccai la punta del cappello in gesto di saluto e poi presi posto sulla mia sedia verde. La guardai con una grande curiosità.
«Ti vedo allegra, Sheila. C’è qualcosa che dovrei sapere?» dissi, poggiando un gomito sul tavolo e poggiando il mento sulla mano
con sguardo spavaldo.
Sapevo che i miei sguardi da rubacuori solitamente non suscitavano in lei nessuna emozione, se non un leggero imbarazzo che mi
divertiva, ma in quel momento la sua reazione fu diversa.
Lei rise e si portò le mani alle guance candide, che in quel momento erano diventate rosee, e poi si voltò dandomi la schiena, quasi
come a voler celare la sua espressione.
Un campanello d’allarme suonò nella mia mente e io mi resi conto che era la stessa sensazione che provavo quando sapevo di aver
fatto colpo su una Sheila.
Ma Svetlana non era una ragazza qualunque e non avevo mai avuto quel tipo di sesto senso con lei: di solito riusciva sempre a stupirmi
e non si comportava come tutte quelle altre che avevo ammaliato e sedotto. E di cui non mi importava niente.
Lei era diversa.
Eppure ora si stava comportando esattamente allo stesso modo di quelle… perché?
«N-Niet… Oh! Da, qualcoza ci sarebbe, ma…» balbettò, in un sussurro che quasi non riuscii a percepire, prima che lei prendesse un
grosso sospiro e si voltasse, di nuovo normale come prima. Beh, se normale si potevano considerare i suoi occhi così lucidi di
emozione e il sorriso che non scompariva dal suo viso.
Di certo doveva essere successo qualcosa di splendido in mia assenza.
Venni colto da un’improvvisa idea e cominciai a rabbuiarmi. Quanto tempo era passato da quando io ero tornato nel subconscio a
quando avevo trovato lei qui in cucina?
Si trattava forse di abbastanza tempo da consentirle di andare e venire dal mondo esterno?
E se Cameron avesse agito mentre io ero distratto? E se… l’avesse baciata, cercando di strapparla di nuovo a me?
Questo avrebbe giustificato la sua aria felice e anche tutti quei biscotti a forma di cuore che continuava a sfornare come se non ci
fosse un domani. Ah! Era davvero accaduto?
Avevo fatto di tutto per lei, persino confessare il mio amore al mio rivale, e lei se ne stava tranquilla e felice perché aveva conquistato
il suo Cam?
Ma questo… semplicemente non era giusto!
«Coza ti prende, Manny? Sembri arrabbiato.» chiese lei, avvicinandosi a me con lo sguardo improvvisamente preoccupato e privato da
quella luce. Si era accorta che mi aveva ferito?
«Ti ha baciato, non è vero? Dannato capibara…» mugugnai senza volerlo, e mi bloccai per guardare in faccia la mia Sheila.
Lei non dava segno di aver capito e mi guardava come se non avesse sentito nulla. Oh, fortunatamente avevo parlato così piano da
non averle fatto capire cosa stessi dicendo.
Indeciso su come affrontare la questione, feci un’altra domanda.
«Hai parlato con Cameron oggi, Sheila?» chiesi, incrociando le braccia e studiandola con sguardo indagatore. Lei mi guardò come se
non capisse dove volessi arrivare con quella domanda, poi rispose.
«Certo che no! Mike ha proibito qualziazi contatto fra noi, dimentichi?» mi rispose, per poi portarsi una mano alla testa e sciogliere
il nastrino che teneva stretti i capelli.
Una chioma di lunghi capelli biondi ricadde incorniciandole il volto e mettendo ancor più in risalto i suoi occhi azzurro cielo. Uh, lei
era così… attraente, oggi. Sembrava quasi che stesse cercando in tutti i modi di attirare la mia attenzione.
Ma non era così, giusto? Probabilmente mi stavo inventando tutto.
Le feci un cenno d’assenso silenzioso e lei mi sorrise, per poi sentire il trillare del forno ed andare a prendere un vassoio pieno di
morbidi biscotti coperti di marmellata alle ciliegie ancora caldi. Li mise in un piattino decorato e me li portò, come a volermeli offrire.
Io feci una smorfia: odiavo i carboidrati, anche se avevano un profumo così invitante.
«Non… non ti piacciono, Manny?» mi chiese lei, con uno sguardo che mi spezzò il cuore. Sembrava quasi che li avesse preparati tutti
solo per me, e se li avessi rifiutati l’avrei profondamente ferita.
Non riuscendo a dirle di no, ne presi uno e lo studiai attentamente.
Era un cuore perfetto, ricoperto da luccicante marmellata rossa. Sembrava una di quelle cose sdolcinate che alle ragazze piace fare
per i loro fidanzati per San Valentino…
Lanciai un’occhiata interrogativa a Sheila, chiedendomi cosa le stesse passando per la testa.
Poteva essere un caso, il fatto che nello stesso giorno in cui io decidevo di confessare i miei sentimenti per lei, lei decideva di
preparare valanghe di biscotti con simboli così palesemente romantici?
«Se non ti va, non sei coztretto a mangiarli.» sussurrò ancora, vedendomi così indeciso all’idea di assaggiare quel dolce che aveva
fatto con le sue mani.
No, non potevo deluderla così.
Costringendomi ad andare contro i miei principi, diedi un morso al biscotto. Il sapore della pasta non era granché, ma probabilmente
quello era solo il mio punto di vista, mentre la marmellata era dolce e speziata, con un profumo e un sapore così particolare che
non avevo ancora mai provato.
In generale, non era affatto male.
«Davvero buoni, Sheila.» dissi con un mezzo sorriso, per non deludere le sue aspettative.
Sembrava così ansiosa di ricevere il responso che quando lo ebbe piroettò leggiadramente come solo lei sapeva fare e si gettò su
di me, abbracciandomi stretto.
«Oh! Grazie, grazie.» trillò emozionata. Io rimasi paralizzato per un attimo.
Essere improvvisamente tenuto fra le braccia da lei, respirare il suo profumo, era una cosa così particolare che non riuscivo a
muovermi di un millimetro.
Lei rimase così solo per qualche secondo, prima di rendersi probabilmente conto di cosa stava facendo e riscuotersi, tornando ad
allontanarsi da me.
Tossicchiò un attimo, poi arrossendo sussurrò «Sai? Li ho fatti appozta per te, Manny.»
Il mio cuore perse un battito. Cosa? Li aveva davvero fatti… per me?
E io che stavo quasi per rifiutarli! Svet si era così impegnata in cucina, non sapendo che io non apprezzavo i carboidrati, e aveva
preparato dei biscotti per me. Perché?
Il mio viso dovette riflettere tutte quelle domande, perché lei si sedette accanto a me, sulla sua sedia rosa, e mi fissò con i suoi bei
occhi chiari. Sembrava ansiosa di rivelarmi qualcosa di importante.
«Io ti volevo ringraziare. Per tutto quello che fai per me, per essermi zempre vicino… per i sentimenti che ci legano.» disse, con
una voce che sembrava diventare sempre più flebile man mano che proseguiva nel suo discorso.
Sembrava imbarazzata, forse preoccupata dalla reazione che io avrei potuto avere a questo suo slancio di affetto nei miei confronti.
Io invece sorrisi, lusingato dalle sue parole e dal fatto che mi considerasse così importante per lei.
Poggiai una delle mie grandi e forti mani sulla sua, così piccola e bianca, e lei subito distolse lo sguardo dal mio, con un’ombra
rosea sulle guance.
Questo suo comportamento così timido mi stava confondendo: capivo che voleva dimostrarmi il suo affetto, ma più volte era stata
capace di farlo senza andare in paranoia come stava facendo in quell’esatto momento. Mi chiedevo cosa fosse cambiato, cosa l’avesse
fatta diventare improvvisamente sfuggente.
I sentimenti che ci legano.
Mi soffermai su quelle parole un istante di più. L’aveva forse detto con una strana inclinazione di voce? Voleva forse dirmi che c’era
qualcosa più dell’amicizia tra di noi? No, stavo solo sognando…
«Sheila…» cominciai, volendola mettere a suo agio, magari con una battuta o cambiando argomento.
Lei però mi interruppe subito e strinse la mia mano forte nella sua.
«Niet. Lasciami parlare, devo dirlo! In quezto periodo ci sei sempre stato per me, e io devo averti ferito zpesso senza nemmeno
rendermene conto, almeno fino a poco tempo fa…» continuò, stavolta con voce molto sicura e più alta.
Cosa stava dicendo? Sembrava quasi che fosse stata capace di leggermi nella mente. Solo poco prima avevo pensato a quanto i suoi
commenti su Cameron mi ferissero, e ora lei diceva così?
Io, comunque, scossi la testa. Non volevo che lei credesse di avermi fatto del male, preferivo che lei mi considerasse un buon amico
con cui poter parlare di tutto.
Non la interruppi, quando lei continuò.
«Non negarlo, Manny! Tutti quei miei incontri con Cam, che tu sopportavi senza battere ciglio, anche se…» si mordicchiò il labbro
inferiore, lasciando in sospeso la frase.
Aveva uno sguardo crucciato, come se le cose non stessero andando come voleva. La sentii persino mormorare qualcosa come
«Ah! Non era cozì che dovevo dire…»
Stava cercando di dirmi qualcosa e non riusciva a spiegarsi bene. Me la immaginai davanti uno specchio a provare quelle parole
milioni di volte e non potei fare a meno di sorridere.
Le sfiorai una guancia con le dita, delicatamente, per cercare di farle dimenticare tutti quei problemi che si stava creando inutilmente.
Sapeva che poteva dirmi tutto, che l’avrei ascoltata fino alla fine, anche se avesse continuato a girarci intorno per l’eternità. Lei mi
guardò e sembrò finalmente convincersi.
Prese un enorme respiro e poi lasciò andare il segreto che stava trattenendo ormai a stento.
«Io… eh… Ho zentito quello che hai detto a Cameron prima.» disse tutto d’un fiato, per poi fissarmi con aria di scuse. Le sue gote
erano diventate definitivamente di un bel rosso vermiglio.
Il mio sorriso sparì improvvisamente e io rimasi immobile, come se mi fossi congelato lì in quel momento.
Oh, no.
Questo non me lo aspettavo di certo.
Tutto ma non questo, tutto ma non questo, per favore!
Lei sapeva. Lei sapeva quanto la amavo.
E adesso il nostro rapporto non sarebbe più stato lo stesso. Cosa avrei fatto?
Lei si sarebbe di certo allontanata da me, con la scusa di non volermi più ferire, e io… non potevo vivere in quella mente lontano da lei!
Questo spiegava tutto: il suo imbarazzo, il fatto che mi stesse chiedendo scusa per avermi sempre parlato del ragazzo bolla, il fatto
che mi avesse preparato quei biscotti.
Erano tutti modi di scusarsi e di farmi capire che non provava lo stesso nei miei confronti.
I sentimenti che ci legano. Era a questo che si riferiva!
«Svet, io…» cominciai, ma lei non aveva intenzione di lasciarmi spazio in quella discussione e ricominciò a parlare a ruota libera.
Era come se non riuscisse a fermarsi e gettasse fuori tutti quei pensieri che aveva tenuto per sé per davvero troppo tempo.
«Scuzami davvero tanto, Manny! Non era assolutamente mia intenzione venire a zaperlo così. Però per certi versi è stato illuminante,
da? Non riuzcivo a far luce suoi miei sentimenti per te e le tue parole hanno finalmente dato un senso a tutto quell’affetto che provo
per te, che è diverzo da quello che provo per Cameron…» si fermò per riprendere fiato, mentre io cercavo di dare un significato a tutto
quel fiume di parole dall’accento particolare.
Capivo benissimo che cercava in tutti i modi di spiegarsi al meglio ma non doveva essere facile visto che tentava di essere delicata in
modo da non ferirmi.
Cercando di interpretare i suoi pensieri, riuscii ad inserirmi nel suo monologo prima che ricominciasse a parlare.
«Cioè, vorresti dire che l’affetto che provi per me non potrà superare quello che provi per Cameron?» sussurrai, con sguardo rabbuiato
e nessuna voglia di tenere ancora stretta la mano nella sua. Adoravo Sheila, ma quella discussione mi stava facendo davvero male.
Se solo avessi tenuto la mia boccaccia chiusa e non avessi rivelato a quel kookaburra i miei sentimenti per lei, non l’avrebbe mai scoperto.
Ora invece mi trovavo a dover sopportare una situazione scomoda come quella.
Sembrò quasi che le comparisse in fronte un punto interrogativo gigante e uno sguardo confuso le passò negli occhi cerulei. Poi rise
leggermente e mi rispose.
«Coza? Oh, ma coza hai capito, Manny? Ho fatto tutto questo» si interruppe per indicarmi l’incredibile quantità di biscotti a forma di cuore,
che si trovavano sul tavolo e sui piani della cucina, per poi aggiungere «per te e solo per te!»
Io, che ancora mi ostinavo a ignorare quella vocina che esultava nella mia mente e cercavo di trovare una spiegazione più logica, mi dissi
che voleva soltanto dimostrarmi che mi voleva bene come ad un migliore amico e che era questo che voleva dimostrarmi con tutti quei dolci.
Quindi feci una domanda piuttosto stupida, col senno di poi.
«Per scusarti?» chiesi, intendendo che intendesse scusarsi perché amava Cameron più di me.
Lei scosse la testa con un sorriso, poi alzò gli occhi. Sembrava quasi esasperata.
Si avvicinò a me, tenendo la mia mano stretta nella sua, e mi inchiodò con quel suo bellissimo sguardo.
«No, sciocco avventuriero.» sussurrò, improvvisamente seria.
Non mi resi conto di quello che stava facendo finché le sue labbra, che sapevano di quella marmellata rossa e speziata che tanto mi era
piaciuta nei suoi dolci, non si poggiarono sulle mie.
Rimasi stupito solo per un attimo, mentre la sensazione così morbida e invitante che mi stava trasmettendo non mi costrinse a dimenticare
per sempre tutti quei problemi che mi ero creato. Quelle catene mentali che per tanto tempo mi avevano trattenuto da lei si spezzarono del
tutto e mi lasciarono la libertà che avevo tanto desiderato.
Le mie mani la strinsero e la avvicinarono a me, le sue labbra erano così perfette da sembrare create proprio per combaciare con le mie.
Mi lasciai cullare da quell’emozione che per tanto tempo avevo cercato in altre ma che infine avevo trovato solo in lei.
Lei era la mia Sheila.
Ci separammo, e finalmente lei sussurrò le parole che per tanto tempo avevo sperato che dicesse e che lei non era più riuscita a trattenere.
«Per dimostrarti che ti amo anch’io.»


***

«E comunque, volevo solo dirti che io odio i carboidrati.» ghignai poco tempo dopo, mentre lei sfornava l’ennesima teglia piena di biscotti.
Si voltò verso di me con sguardo glaciale, e per poco non ebbi paura che mi lanciasse contro l’intero vassoio rovente che si ritrovava tra le mani.
Prese un grosso respiro e mi lanciò un’occhiata furiosa.
«Avresti potuto farmelo zapere prima, “capibara”!» mi strillò contro, con un sorriso giocoso, cercando di copiare il mio accento australiano.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai a lei, per poi schioccarle un dolce bacio sulle labbra imbronciate.
«Mi “dizpiace”, Sheila!» risposi.
Non la biasimai quando mi lanciò contro uno dei suoi guanti da forno rosa.


Ce l'hanno fatta, finalmente! Dopo venti patiti capitoli, Manny e Svet si sono baciati *_* 
Sono piuttosto contenta di com'è andata fra loro, che ne dite? Mi è piaciuto molto il modo in cui Svetlana ha deciso di affrontare l'argomento
e la dolcezza di Manny è sempre meravigliosa. 
Beh, lascerò i commenti a voi!
Spero che sappiate che le "preferenze alimentari" di questi due amori sono canon. Ne parla Mike in una delle prime puntate di All-Stars, quando
deve mangiare un grande pancake: "Svetlana è vegetariana, Vito è totalmente carnivoro, Manitoba odia i carboidrati e Chester si lamenta dello 
sciroppo d'acero"
Che altro...? 
Oh, beh, ovviamente come avrete intuito ci stiamo avvicinando alla fine della storia. Prevedo non più di tre capitoli, dopo di che dovremo dire 
addio alla nostra LMOIEEP :( Ma ovviamente li ritroveremo in qualche altra fanfiction, perché non si può assolutamente smettere di scrivere su 
di loro!
Vi auguro una buona fine delle vacanze (durate troppo poco!) e vi lascio con un bacio!
Spero di sentirvi in tante *_* 
Kirlia <3

 

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Capitolo 21
*** Un piano nel piano ***


Capitolo 21. Un piano nel piano.


{Mike.

Lo specchio nel bagno che la produzione del reality ci aveva fornito era sudicio e malandato, eppure riusciva comunque
a mostrare il riflesso di un ragazzo alto, dalla pelle olivastra e i capelli che sfidavano la gravità.
I grandi occhi marroni riflettevano una certa inquietudine.
Sì, quel giorno ero piuttosto nervoso. Non che non mi fossi ormai abituato alle sfide sempre più dure di Chris – anche
se non potevo mai immaginare a cosa sarei andato incontro! – ma sentivo che qualcosa non andava per il verso giusto.
Eppure avevo affrontato e superato tutti gli ostacoli di quest’isola.
Eppure avevo appianato tutte quelle divergenze che si erano formate tra me e Cam, e insieme eravamo persino riusciti
a capire come tenere a bada le mie personalità. Quasi tutte.
Ma in realtà c’era un problema che non ero ancora riuscito a risolvere: Zoey. Quella bella ragazza dai codini rossi che
mi aveva fatto palpitare il cuore dal primo sguardo che le avevo lanciato sulla barca, che avevo creduto quasi di poter
raggiungere, ma che a poco a poco, a causa mia e dei miei eccentrici personaggi, si era fatta sempre più lontana. Era
tutto perduto?
L’idea che non avessi più una possibilità con lei mi faceva odiare sempre più la mia situazione. Perché non potevo essere
un ragazzo normale come tutti gli altri? Perché tutte quelle voci urlavano nella mia testa e da anni mi creavano guai
su guai con i quali confrontarmi?
Continuare a farti domande zu domande non ti aiuterà, Mike… sussurrò una voce che non sentivo da un po’. Svetlana
non aveva più osato farsi viva da quando avevo scoperto il suo rapporto con Cameron, e adesso il suo tono era flebile
e indeciso, come se non fosse sicura di avere il permesso di parlare.
Mi sentii vagamente in colpa per come l’avevo trattata l’ultima volta, anche perché lei era quella che mi aveva sempre
appoggiato di più e l’avevo sempre sentita come una sorella. Ecco perché allo stesso tempo il suo tradimento mi aveva
ferito così tanto; non mi aspettavo che fosse proprio lei ad avere una vita parallela alle mie spalle!
Ma non era quello il momento di rimuginare su quegli accadimenti, visto che avevo vietato qualsiasi contatto fra il mio
migliore amico e la ballerina e contavo sul fatto che mi avrebbero dato ascolto.
«Svet, non so davvero cosa fare. Non puoi negare che Zoey si sia allontanata da me per colpa vostra… Potreste non
interferire, almeno per oggi?» chiesi, per poi portarmi le mani sul volto e sospirare.
Era assurdo che la stessi praticamente supplicando di non prendere possesso del mio corpo, ma avevo provato di tutto:
meditazione, sedute dallo psicologo, persino ipnosi, e non ero riuscito a liberarmi di loro. Quindi forse avrei semplicemente
potuto chiedere un po’ di spazio.
La ginnasta russa sospirò nel mio subconscio, prima di rispondere.
Non posso parlare a nome degli altri, tranne Manny, forze. Ma ti prometto che io non ti dizturberò, oggi, disse
solennemente, alleggerendo solo parzialmente quel peso che mi opprimeva.
Nonostante questo sorrisi sinceramente, sapendo che il rischio che un’altra personalità prendesse il sopravvento si era
ridotto di molto. Se fossi stato abbastanza attento a non farmi del male e a non angosciarmi, oltre che a non strapparmi
di dosso la maglietta, sarei stato in grado di tenerli tutti sotto controllo.
E magari Zoey ci avrebbe ripensato su di me e avrebbe deciso di concedermi un po’ della sua preziosa fiducia.
«Grazie, Svet. Non sai quanto io apprezzi questo tuo gesto.» stavo dicendo rivolgendomi allo specchio, proprio un attimo
prima di accorgermi dell’ombra di qualcuno dietro di me, sullo stipite della porta d’ingresso dei bagni.
Un brivido non mio mi scivolò fastidiosamente lungo la spina dorsale, e stavo quasi per chiedere a Svetlana cosa le
prendesse, quando mi resi conto di chi fosse.
Scott mi fissava con un sorrisetto sarcastico, le spalle appoggiate al muro e le braccia incrociate sul petto.
Avevo aperto bocca per chiedergli cosa avesse da guardare, scocciato del suo sguardo e del tutto convinto che stesse
cercando di manipolare Zoey, quando una sorta di sirena aveva richiamato l’attenzione di tutti all’esterno.
Superando il rosso e affrettandomi verso le casette, scoprii che Chris ci aspettava per invitarci a prendere parte alla
nuova sfida che si sarebbe svolta quel giorno.
Non prima ovviamente di distruggere la baracca delle Larve e di avvisare tutti i concorrenti che le squadre erano
ufficialmente sciolte.


{Cameron.

Quel giorno non ero decisamente dell’umore adatto alla sfida.
Non dopo che Manitoba Smith, quell’odioso avventuriero che era parte del particolare cervello di Mike, aveva ammesso
davanti a me di amare Svetlana. Quella scoperta, che avevo cercato di ignorare, per quanto ne fossi sotto sotto
consapevole, mi bruciava dentro.
Dovevo ammetterlo, la ballerina mi aveva colpito fin dalle prime parole che ci eravamo scambiati, con quella sua gentilezza
e leggiadria innata, ma mi ero subito reso conto che non poteva esserci alcuna speranza per il nostro rapporto.
Lei, in realtà, non era altro che una scheggia della mente del mio migliore amico che si era staccata da lui… ma che non
avrebbe mai potuto essere davvero divisa da lui.
E io avrei dovuto essere felice che avesse trovato la sua anima gemella in un contesto in cui potevano vivere insieme senza
alcun problema. Eppure, dentro di me, urlavo. Perché lei era la prima ragazza che mi aveva fatto battere il cuore, e l’avevo
persa prima che fossi riuscito davvero ad afferrare la sua essenza eterea.
Proprio per questo mi ero ripromesso di non far patire a Mike una sensazione di sconfitta simile alla mia, e avrei fatto di
tutto affinché lui e Zoey avessero avuto una possibilità.
Chris ci aveva appena spiegato in cosa consisteva la sfida di quel giorno e poi era volato via, lasciandoci lì a deciderci sul
da farsi. Io mi ero subito avvicinato a Jo: lei era una concorrente forte, e magari si sarebbe resa conto che un alleato con
una mente acuta come la mia le sarebbe stato utile.
Peccato però che la pensava diversamente, preferendo al cervello i muscoli di Lightning. Pazienza.
Mike, nel frattempo, cercava di fare il carino con la ragazza dai capelli rossi, che sembrava stare bene in sua compagnia.
Non ero però l’unico ad essersi accorto di loro.
«Ah! Guarda che storia. L’uomo delle personalità che fa il casanova. Che sfigato mentale!» commentò ad alta voce Scott,
proprio con lo scopo di farsi sentire dagli altri.
Oh no! Ero stato un idiota a lasciarmi sfuggire un segreto del genere, e adesso non avevo proprio idea di cosa avrebbe
fatto il rosso per dare fastidio al mio amico! Non gli era già bastato terrorizzare Svetlana, solo pochi giorni prima?
Avevo proprio paura di quello che si sarebbe inventato, la prossima volta. E poi non volevo proprio che parlasse a voce così
alta, col rischio che Zoey sentisse quello che stava dicendo.
«Scott! Non parlare del problema di Mike con gli altri, è una cosa che deve rimanere segreta Ci lavoro da quando me l’ha
confessato. Adesso riesce a controllarlo» gli spiegai, sperando che capisse.
«Ah, ne sei certo?»
Vedendo però il suo sguardo per niente convinto, un preoccupante dubbio si insinuò nella mia mente ragionevole: e se avesse
tentato di nuovo di prendersela con Svetlana? Era ovvio che, fra le personalità, lei fosse la più fragile e facilmente attaccabile.
E a Scott non sarebbe importato di prendersela con una ragazza – lo aveva già ampiamente dimostrato – quindi lei sarebbe
stata un facile bersaglio.
Se volevo che lui facesse del male alla ragazza che, nonostante tutto, era la mia prima cotta? Certo che no. L’avrei protetta
come meglio avrei potuto. Quindi dissi la prima cosa che mi passò per la testa per cercare di condurlo verso un’altra direzione.
«Sì! Anche se fa ancora fatica. Quando resta a petto nudo spunta Vito, ma… Ma tu non dire niente, per favore!» lo pregai,
cercando di essere abbastanza convincente.
Certo, avrei potuto indirizzarlo verso Chester, ma non avrebbe avuto nessun fascino su di lui. Avrei potuto parlargli di Manitoba,
ma il solo pensiero di nominarlo mi dava una disgustosa sensazione allo stomaco. Ecco perché avevo puntato su Vito,
rendendomi conto solo dopo che sarebbe stato facile manipolarlo, per una serpe come Scott.
«Tranquillo, Bolla, io non faccio la spia. Quello è il tuo mestiere!» commentò, per poi punzecchiarmi con un dito.
Tutto ciò mi portò a provare un grandissimo senso di colpa, che mi sarei trascinato dietro per il resto della giornata, purtroppo.

Chris chi aveva appena indicato i punti che avremmo dovuto imbrattare con lo spray per vincere la gara di quel giorno,
quando avevo visto Scott avvicinarsi con un sorriso inquietante al mio migliore amico.
Aveva poggiato un braccio sulle sue spalle, quasi a voler fare l’amicone con lui, e le parole che aveva pronunciato mi erano
suonate all’orecchio quasi come una condanna a morte.
«Facciamo un accordo: tu mi aiuterai a vincere la sfida di oggi e io non dirò a Zoey la verità su tutti quei personaggi che ti
porti nella zucca.»
Lo sguardo negli occhi di Mike fu chiaro: era totalmente nel panico. Lo sarei stato anche io, al suo posto! Insomma, si trattava
di una minaccia davvero terribile. Come avrebbe reagito la ragazza, se il rosso le avesse confessato il grande segreto che il
mio unico amico custodiva gelosamente?
«E tu come fai a saperlo?!» rispose infatti, con voce allarmata.
Al che io non potei che dirgli, senza avvicinarmi troppo per paura che si arrabbiasse troppo con me –  avevo già tradito la sua
fiducia una volta – solo una parola piena di rammarico «Scusami!»
Speravo solo che non mi odiasse di nuovo come aveva già dimostrato di saper fare.


{Svetlana.

Ero entrata nella sala comune della nostra casa nel subconscio facendo piroette e canticchiando una filastrocca russa.
Oh, non potevo farci niente! Ero talmente felice e tutto mi sembrava improvvisamente così splendente e rosa! Mai mi
ero sentita leggera e spensierata come quel giorno: sembrava quasi che prima non avessi quasi ragione per vivere, e che
ora quella ragione fosse arrivata a rendermi finalmente completa.
Le altre personalità erano sedute sul grande divano rosso al centro della stanza, tutte intente a fissare un grande schermo
che rivelava ciò che stava succedendo all’esterno.
Mi chiesi come mai erano così concentrate sulla realtà e mi stupii quando mi resi conto di essermi completamente
dimenticata che quello era il giorno della sfida. Oh, ero così presa da me stessa che mi ero scordata di Mike!
Arrivai al divano accelerando il passo, e il suono delle mie scarpette da ballo spinse una testa adornata da un cappello beige
a voltarsi nella mia direzione. Sul viso di Manny si era fatto strada un sorriso sincero che mi trasmetteva una tale tenerezza
da farmi battere il cuore quasi come il giorno prima, quando gli avevo finalmente rivelato i miei sentimenti per lui.
Si alzò in piedi e, senza alcun tipo di indecisione – a differenza mia, che ero piuttosto impacciata a volte! – si avvicinò a me
e mi schioccò un bacio entusiasta sulle labbra coperte da un rossetto rosso vermiglio.
«Buongiorno, mia cara Sheila!» mi salutò l’australiano, con un sorrisone che doveva proprio essere il riflesso del mio. I suoi
occhi mi dicevano che anche lui provava una felicità dirompente quella mattina. E come biasimarlo?
«Buongiorno, Manny! Non trovi che oggi zia una zplendida giornata?» trillai estasiata, prima rispondere al suo bacio con un
altro, rimanendo solo qualche secondo in più a contatto con le sue labbra morbide.
Quel mio gesto scatenò i commenti infastiditi degli altri coinquilini di quella mente: Chester borbottò indispettito qualcosa
su quanto fossimo disinibiti a mostrare tutte quelle dimostrazioni d’affetto in pubblico, mentre Vito su portò un dito alla
bocca, facendo segno di vomitare.
Quando entrambi ci sedemmo sul divano, uno accanto all’altro, stringendoci per una mano, l’italoamericano si dovette
sentire in dovere di fare un commento acido.
«Era ora! Persino le pietre sapevano ormai che ti piaceva piedini di burro, cowboy!»
Manitoba però non gli rispose, limitandosi a lanciare un’occhiata minacciosa a lui e poi una più dolce a me, mentre mi sfiorava
la guancia con una delle sue mani abbronzate. Io arrossii, emozionata. Oh, mai avrei creduto di poter avere la fortuna di
trovare un ragazzo come lui, in un posto che condividevo da anni solo con un vecchietto e un ragazzaccio del New Jersey!
Vedendo che né io né il ragazzo accanto a me accennavamo a rispondergli, continuando a lanciarci a vicenda occhiate d’amore
che forse a lui potevano sembrare piuttosto melense, Vito si alzò in piedi con un grugnito per nulla elegante, mettendosi di
fronte a noi e dando le spalle allo schermo che stavamo cercando di guardare e incrociando le braccia.
Scrutandolo mi resi conto che probabilmente cercava di apparire il duro e il capo di tutti noi, e sperai proprio di sbagliarmi
su ciò che stava per dire.
«Yo, ragazzi, date ascolto a Vito. Dico che è arrivato il momento di riprenderci il corpo di quello sfigato!» esclamò, fissandoci
tutti negli occhi per poi perdere totalmente la concentrazione e cominciare a fissarsi distrattamente le unghie.
Io trattenni il respiro. Mi tornò in mente il fatidico piano che aveva ideato. Voleva davvero mettere in pratica il suo assurdo
ammutinamento? Per quanto ancora avrei dovuto fingere di essere d’accordo con lui?
Lanciai un’occhiata piena di disagio all’australiano, che si strinse nelle spalle senza sapere cosa dirmi. Lui voleva che fingessi,
per proteggermi, ma io non ero convinta che quello fosse il modo giusto di affrontare la cosa. Soprattutto quando avevo
appena promesso a Mike che non gli avrei dato fastidio quel giorno. Ecco perché mi alzai in piedi, cercando di apparire più
alta e minacciosa – per quanto l’italoamericano fosse decisamente più alto di me – e mi misi le mani sui fianchi.
«Non zono d’accordo. Mike non si merita quezto… Non credi di avergli creato già abbastanza problemi, Vito?» dichiarai,
per poi voltarmi verso le altre due personalità ancora sedute.
Chester mi guardava, ma non ero certa che il suo occhio buono mettesse davvero a fuoco la mia figura. Speravo solo che
il suo udito fosse ancora in grado di darmi ascolto.
Manitoba invece mi guardava preoccupato. Sapevo che era d’accordo con me nel non voler fare del male al padrone di
questo corpo, ma probabilmente non era sicuro di come avrebbe reagito il bullo. Non era di lui che aveva paura, ovvio, ma
c’era un’altra persona, in quella mente, che era nascosta nell’ombra ma costituiva una vera e propria minaccia… e qualcosa
mi diceva che Vito si era proprio alleato con lui. Nessun altro avrebbe potuto ideare un piano come quello, se non lui.
Tuttavia, quello sguardo turbato mutò in rabbia, quando la personalità accanto a me mi prese malamente per un polso e
mi strattonò verso il divano.
«Amico, tieni a freno la tua donna! Non vorrei che si facesse accidentalmente del male…» ghignò divertito, mentre Manny
si alzava in piedi e si metteva tra me e lui, lanciandogli un’occhiata di fuoco.
Riuscii a liberarmi della sua presa e cominciai a massaggiarmi il polso, mantenendo uno sguardo duro nei miei occhi azzurri.
«Non osare toccarla, capibara!» ringhiò il mio protettore, dando uno spintone a Vito.
Io presi posto al suo fianco e strillai infastidita «E io dico quello che mi pare e piace, ztupido
Lui alzò le mani come a volersi arrendere e fece un passo indietro, sorridendo con aria saccente. Mi resi conto immediatamente
che quello sguardo non era proprio da lui: era sempre stato un tipo dall’espressione vuota, dedito solo allo sballo in discoteca
e alle ragazze ricoperte di autoabbronzante. Cos’era ora quello sguardo vagamente intelligente nei suoi occhi?
Anche Manitoba dovette notarlo, perché fece a sua volta un passo indietro, prendendomi poi con la mano e costringendomi
ad arretrare a mia volta. Non disse nulla.
«Yo, fate come volete, sfigati. Non sarò io a costringervi a ribellarvi… ma sappiate che lui sta per tornare. E quando gli
racconterò del vostro tradimento…!» minacciò l’italoamericano.
Entrambi ci congelammo all’istante sul posto, non sapendo come reagire a quelle parole.
Cosa? Vito stava davvero dicendo che lui, il più malvagio di tutti noi, stava tornando? Che quel piano era opera sua e che se
ci fossimo dimostrati contrari ci avrebbe schiacciati?
Gli occhi castani dell’australiano incontrarono i miei, allarmati. Valutava cosa fosse meglio fare, immaginavo, ma essere
coraggiosi in quel caso sarebbe stato semplicemente da sciocchi: non potevano confrontarci con Mal, con la personalità più
malefica, tanto crudele da aver persino fatto finire Mike in riformatorio per qualche tempo. E dovevo ammetterlo, quello era
stato uno dei momenti peggiori della mia esistenza…
Con un brivido e un sospiro dispiaciuto mi arresi all’evidenza.
Non avevamo scelta. Avremmo dovuto fingere di voler sopprimere Mike.

«Sheila, sei proprio sicura che non ci sia modo di sconfiggere questa minaccia? Ah! Se avessi saputo che quel kookaburra era
alleato con il malvagio non avrei mai acconsentito in principio…» commentò Manny, chiudendo la porta della palestra dietro
di sé, mentre io saltavo agilmente sulla trave da ginnastica artistica e allargavo le braccia, per mantenere l’equilibrio.
Ci eravamo volutamente allontanati dalla sala comune con la scusa di voler stare un po’ insieme, ma le nostre occhiate piene
di turbamento chiarivano i nostri reali pensieri. Eravamo entrambi preoccupati per Mike, nostro malgrado, e avevamo bisogno
di tempo per accettare l’idea di dover fingere davanti a lui di tradirlo. Ci dispiaceva non poterlo proteggere, ma adesso che ci
eravamo finalmente trovati, io e Manny avevamo a cuore la nostra reciproca sicurezza… e non l’avremmo messa a repentaglio
nemmeno per il padrone di quella mente. Sì, probabilmente eravamo molto egoisti, ma non riuscivamo a farne a meno.
Feci una giravolta, senza vacillare nemmeno per un attimo.
«Oh Manny, tu non zai com’è fatto. È… davvero un moztro. Un essere orribile.» rabbrividii, prima di saltare giù dalla trave e
avvicinarmi a lui di qualche passo.
Mi mordicchiai indecisa il labbro inferiore, mentre altre parole mi sfuggivano, senza essere davvero controllate dalla mia coscienza.
«Ma promettimi che non dirai mai più una coza del genere. Se tu non ti fossi alleato con Vito, a quezt’ora io non ti avrei mai
conosciuto…» sussurrai, mentre sul mio viso si formava un timido sorriso e in un eccesso di coraggio sfioravo una delle sue
mani con la mia.
Prendendo al volo l’occasione, Manitoba la prese, e le nostre dita si intrecciarono in una presa salda, tiepida e rassicurante.
Io sentii il sangue affluire ancor più alle mie guance chiare, e immaginai di essere diventata rosa come la marmellata di fragole
che solo il giorno prima avevo così amorevolmente spalmato sui biscotti che avevo preparato per lui. Oh, era così strano e
piacevole, allo stesso momento, poterlo sentire vicino senza paura che i suoi sentimenti per me siano diversi da quelli che
immaginavo… lui adesso era il mio… ragazzo? La sola parola mi faceva ridacchiare come una ragazzina.
Distolsi lo sguardo dal suo, imbarazzata, e lui mi sfiorò il mento con le dita, spingendomi a incatenare ancora i nostri occhi.
«Hai ragione, Svet. Per quanto io sia giunto con cattive intenzioni, non potrei mai pentirmi della mia scelta. Non quando questa
mi ha portato finalmente a conoscere la mia Sheila.»  commentò, per poi avvicinare il suo viso al mio fino a sfiorare le mie
labbra con le sue.
Il mio cuore fece un triplo salto mortale di gioia, così lieto di tutte quelle attenzioni che il mio cavaliere mi dedicava. Non
potevo trovare un ragazzo migliore di lui, non in questa mente e nemmeno nel resto del mondo!
Avrei voluto restare lì con lui per sempre, dimenticandomi di tutto quello che succedeva intorno a noi… ma non era proprio
quello il momento di lasciarsi andare, non finché tutta quella faccenda non si fosse risolta.
Mi allontanai mal volentieri dalle labbra di Manitoba, mentre nella mia espressione tornava a regnare la preoccupazione.
«Che coza faremo, adesso?» mormorai, portandomi dietro un orecchio una ciocca bionda che doveva essere sfuggita allo chignon.
L’avventuriero sospirò, guardando intorno come se si aspettasse che qualcuno stesse origliando la nostra conversazione.
E non aveva torto, era possibile che succedesse!
Il suo sguardo diventò solenne, mentre esprimeva il proprio punto di vista sulla questione così spinosa.
«Non possiamo tirarci più indietro. Combatteremo per prendere il controllo di Mike, picchieremo più forte degli altri… e quando
vinceremo, restituiremo subito il corpo al suo legittimo proprietario.»
Strinse le mie mani fra le sue, e io capii subito che lo avrei seguito ciecamente.
«Sarà come un piano in un piano.»
Annuii. Era l’unica soluzione possibile per aiutare il nostro ragazzo.


Angolo di Kirlia: 
Ma quanto mi è mancato scrivere e dedicarmi a questa storia? Non smetterò mai di dirlo :)
Buongiorno a tutti e a tutte, se qualcuno qui è ancora interessato alla mia fanfiction. Innanzitutto devo ovviamente scusarmi per il 
mio orribile ritardo, davvero! Sono mesi che tutti attendete un misero aggiornamento (tutta colpa della sessione d'esame!), e adesso
vi ritrovate qui un capitolo che è ovviamente ripreso dall'episodio 9, quindi per nulla originale... ç_ç
Come vi avevo anticipato alla fine dello scorso capitolo, la storia si avvia alla conclusione, ma ancora ci sono degli avvenimenti molto 
importanti che bisogna attenzionare, primo fra tutti Mal. 
Eh sì, suppongo che nessuno si aspettava che lo nominassi direttamente, a questo punto, ma ho voluto inserirlo come un'anteprima di 
quello che succederà poi da All Stars. Perché, diciamocelo, non è che Vito sia poi capace di creare un piano malvagio... non è 
abbastanza intelligente XD Lo rivedremo nel prossimo capitolo! 
Che altro...? Oh, sì! Volevo ringraziare voi tutti che mi avete spronato a continuare, con delle belle recensioni "a sorpresa" che proprio
non mi aspettavo :D 
Spero che almeno alcuni dei miei lettori torneranno ç_ç 

Svetlana: Lo zpero anch'io! 
Manitoba: Anch'io, Sheila

Nell'attesa di scoprire se questa storia viene ancora seguita, vi mando i miei saluti! 
Un bacione, 
Kirlia <3


 

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Capitolo 22
*** Non posso permettere che ti facciano del male! ***


Capitolo 22. Non posso permettere che ti facciano del male!


{Mike.

La sfida non poteva andare peggio di così!
Non solo Scott sapeva del mio segreto, delle mie incostanti personalità, ma aveva addirittura pensato di sfruttare
questo suo vantaggio ricattandomi. Se non lo avessi aiutato a vincere la competizione di quel giorno, avrebbe rivelato
a Zoey il mio problema.
E io non volevo proprio che venisse a saperlo da lui! Che cosa avrebbe pensato, se l’avesse scoperto così, all’improvviso?
Di certo non avrebbe sentito ragioni e mi avrebbe allontanato, come tutti avevano sempre fatto durante la mia vita.
Ah! Era un dilemma che non ero riuscito a risolvere, ecco perché mi ero ritrovato prima a cercare la chiave del go-kart
per lui, e poi a trascinarlo in giro per l’isola alla ricerca dei punti da imbrattare con lo spray.
Ero appena arrivato al primo traguardo, lasciando il mio segno come una V, e non avevo potuto fare a meno di notare
l’opera d’arte che Cameron stava disegnando sulla roccia.
Era di certo fantastica, ma… beh?
«Wow, Cam, non dovevi per forza…» cominciai, mentre il clacson di Scott cercava di richiamare la mia attenzione.
Il ragazzo bolla, nel frattempo, sembrava non avermi sentito e continuava a realizzare il suo disegno, incurante della gara.
È proprio un dingo, commentò nella mia mente Manitoba, e potevo percepire in lui un certo fastidio nei confronti del
mio migliore amico.
Manny! Lo riprese subito la ballerina russa, e scoprii che la sua reazione non mi stupiva affatto. Avevo di certo vietato
ogni contatto fra lei e Cameron, ma non potevo far sparire in un attimo l’attrazione reciproca che provavano: era per
questo che in quel momento lei lo difendeva dall’avventuriero? Perché aveva dei sentimenti per lui?
Cosa, Sheila? Vorresti dire che non si sta comportando da sciocco, perdendo tempo senza proseguire con la gara?
Commentò ancora l’australiano, con un tono di voce curioso. Percepivo in lui una punta di sarcasmo, disgusto e pentimento
allo stesso tempo, oltre che una nota di affetto che non riuscivo a decifrare.
Quello strano comportamento mi fece sospettare che stesse succedendo qualcosa all’interno della mia mente, qualcosa
di cui non ero a conoscenza, e il mio sospetto fu ancora più confermato dalla domanda con cui rispose Svetlana.
Sei gelozo di Cameron…? Chiese, ridacchiando, e io avvertii le mie guance quasi arrossire di stupore, riflesso di quelle
di Manitoba.
Oh, cavolo. Che cosa stava succedendo lì dentro, mentre io qui cercavo di continuare la sfida del reality? Perché mi sembrava
improvvisamente che troppi segreti mi fossero celati dalla mia stessa mente, che troppi problemi fossero sul punto di esplodere?
Ma non era quello il momento di pensare a questo! Dovevo concentrarmi sulla realtà.
… E la realtà non era altro che il clacson di Scott che continuava a risuonare nelle mie orecchie, ricordandomi il ricatto che
stavo subendo e la paura di poter perdere Zoey, se non mi fossi mosso alla svelta.
Ecco perché lasciai Cam alla sua opera d’arte e mi rimisi al volante del go-kart, mentre cercavo di ignorare una sorta di
malumore che sembrava appropriarsi sempre più di me.

{Vito.

Il cowboy e piedini di burro se n’erano andati da un po’, e avevano una faccia decisamente sconvolta!
Certo, nessuno tra loro si aspettava che il grande Vito si fosse alleato con il più malvagio in circolazione nella mente di quello
sfigato. Era stata una sorpresa per loro, e avevo subito notato la paura farsi largo nei loro occhi… ah! Che scemi a pensare
che fossi l’unico a voler prendere il controllo di questo corpo.
Che poi se per loro faceva lo stesso, allora quel corpo me lo prendevo io: pupe e discoteca tutte le sere, yo! L’importante era
che finalmente Mike si togliesse di mezzo.
Io e il vecchio eravamo rimasti sul grande divano della sala comune, a osservare quello che succedeva fuori da questa prigione,
ma ci eravamo accorti che era una noia mortale.
Quel demente che si proclamava padrone del nostro corpo non era nemmeno capace di prendere a pugni un ragazzaccio dai
capelli rossi e liberarsi di quel ricatto. Se ci fossi stato il al posto suo lo avrei già riempito di botte… e ci avrebbe ripensato due
volte prima di minacciare di nuovo Vito.
«Dannato moccioso, ai miei tempi io non avrei mai ceduto a un ricatto del genere! Avrei combattuto con le unghie e con i denti
per liberarmi di quel ragazzino!» commentò Chester, per poi alzarsi e reggersi su un bastone rinsecchito.
Fece per andarsene, e io chiesi sovrappensiero, guardandomi le unghie «Yo, dove stai andando?»
Lui cominciò a incamminarsi borbottando verso la cucina.
«A prendere un po’ di biscotti che quella stupida ragazzina innamorata ha preparato ieri. Ne ha fatti di quintali… che spreco!
Ai miei tempi…» ricominciò, e a quel punto io smisi di ascoltarlo e ripresi a guardare lo schermo.
Mi ero accorto anche io di quello che era successo ieri: in realtà, anche se ero andato via prima che quel cowboy da strapazzo
dichiarasse al quattrocchi di amare quella svampita di Svetlana, ero rimasto a origliare dietro l’angolo. Non perché mi
interessassero i pettegolezzi, ovvio, ma perché di solito quella mente era così noiosa che persino gli affari di cuore di quei due
idioti costituivano un bel diversivo per distruggere la monotona routine.
Quindi avevo continuato a seguire con curiosità la situazione, scoprendo come la regina dello zucchero avesse deciso di
dimostrare il suo affetto sfornando una quantità assurda di dolci. Ero rimasto a sentire solo finché non avevano finalmente
trovato il coraggio di ammettere di piacersi, poi mi ero dileguato quando li avevo visti baciarsi… Quei due erano così dannatamente
mielosi da darmi la nausea.
Anche oggi, quando li avevo visti, avevo provato uno strana sensazione di fastidio allo stomaco, e mi ero detto e ridetto che si
trattava di nausea per i loro comportamenti che avrebbero rischiato di farmi vomitare. E poi, continuavo a non capire Manitoba:
come poteva solo essere attratto da quella ballerina da quattro soldi? Insomma, le mancava totalmente quell’aria sexy che mi
piaceva tanto, e quel modo di ancheggiare, così dannatamente attraente che ero riuscito solo a vedere in Anne Maria.
Oh, Anne… Aspetta. Ma perché mi ritrovavo a pensare proprio a lei, in questo momento?
Scossi la testa, per poi alzarmi e affondare le mani nelle tasche dei jeans. Abbandonai velocemente la “casa” dove io e gli altri
strambi personaggi vivevamo, per incamminarmi nella direzione che nessuno di loro prendeva ormai da molto tempo.
C’era un luogo oscuro, in questo subconscio, un luogo buio e carico di sentimenti negativi che aleggiavano intorno a me mentre
seguivo il sentiero che mi avrebbe portato a lui. Lo avevo intrapreso per la prima volta poche settimane prima, in un periodo così
bello della mia esistenza, eppure brutto allo stesso momento.
Per la prima volta, infatti, avevo incontrato la pupa giusta per me. La sua pelle era color caramello, coperta da una tintarella
perfetta; i capelli perfettamente acconciati e così spruzzati di lacca da far girare la testa. Anne Maria era decisamente la bambola
dei miei sogni.
Nello stesso istante in cui l’avevo conosciuta, però, mi ero reso conto che quella storia non sarebbe andata a buon fine: a quello
sfigato che governava la nostra mente la truzza non piaceva, preferiva di gran lunga quella ragazzina dai capelli rosso fuoco, la
pelle così bianca da rischiare di accecare qualcuno, il temperamento troppo pacato e noioso per uno come me. E Mike non mi
avrebbe permesso di andarmene in giro nel mondo reale per passare del tempo con la mia ragazza.
Una rabbia cieca si era impossessata di me, ed era a quel punto che avevo deciso di fare quello che né Chester né Svetlana
avrebbero mai fatto: contrattare con il Maligno.
C’era stato solo un incontro tra noi, ma adesso sentivo che era necessario parlargli di nuovo, per definire meglio i termini del
nostro accordo: ci saremmo divisi equamente quel corpo, così avevamo deciso, ma non ero sicuro di potermi fidare di lui.
Entrambi eravamo dei ragazzacci, questo era vero, ma in lui c’era qualcosa di completamente oscuro che in me mancava… Non
c’era da fidarsi.
Arrivai al luogo più buio del subconscio, e lo trovai lì dove l’avevo lasciato.
«Vedo che sei tornato. Cosa c’è, il piano non sta procedendo come previsto? Mike sta opponendo resistenza?» ringhiò una voce
nell’ombra.
Mal era chiuso in una gabbia dalla sbarre d’acciaio, le catene erano tutte intorno a lui e erano state agganciate ai polsi e alle
caviglie. Lo sfigato che ci governava non aveva badato a spese con lui, non voleva che sfuggisse al suo controllo, e lo aveva
rinchiuso lì a doppia mandata.
Eppure lo sguardo della personalità di fronte a me non era quella di un prigioniero, stanco di essere rinchiuso, ma soprattutto
non era lo sguardo di una persona che si era arresa. Il malefico aveva continuato a sperare per anni che la giusta occasione
arrivasse, senza perdere la speranza di potersi vendicare su Mike, e io gli avevo appena dato quella possibilità.
«Naaah, quel babbeo non ha speranze contro di noi. È solo che ho dovuto minacciare la coppietta felice, oggi, e gli ho dovuto
rivelare del tuo coinvolgimento, amico. Spero non ti dispiaccia.» commentai distrattamente, facendo spallucce e guardandomi
intorno.
Quel posto non mi piaceva, avrei fatto meglio ad andarmene al più presto e a rifugiarmi nell’assolata spiaggia che la mente
di Mike aveva realizzato apposta per me. Ma ormai che ero lì dovevo concludere quella conversazione.
Mi costrinsi a rimanere immobile, in una posizione rilassata.
Il malvagio, nel frattempo, si era alzato in piedi, trascinandosi dietro le catene, e si era avvicinato alle sbarre, guardandomi
con un occhio circondato da occhiaie scure attraverso lo spiraglio tra di esse.
«Oh, e sei venuto a confessarmi il tuo errore temendo la mia vendetta?» rise sommessamente, in un modo davvero inquietante.
«Sta’ pure tranquillo. È un bene che quella ballerina l’abbia saputo: sono certo che si renderà conto da sola che le conviene
stare dalla mia parte, se non vuole cessare di esistere. E l’esploratore la seguirà.» aggiunse, per poi osservarsi intensamente
il polso sinistro.
Improvvisamente la serratura che legava la sua mano scattò, e le catene ricaddero a terra. Mal si passò una mano sul polso
libero ghignando, e io mi congelai sul posto.
Quell’improvvisa libertà poteva significare solo una cosa – persino io, che non ero mai stato una cima a scuola, me ne resi
conto.  Mike stava perdendo il controllo sulla sua mente: dovevamo essere riusciti finalmente a indebolirlo così tanto da
consentire al malefico di liberarsi dalla sua prigionia che durava ormai da molti anni, da quando aveva fatto un gesto talmente
orribile da farci finire tutti in riformatorio.
Dovevo essere felice che finalmente l’idiota stesse cedendo, ma in realtà qualcosa mi rendeva inquieto e sapevo esattamente
cosa, anzi chi. L’esperienza mi aveva insegnato a non fidarmi della personalità più oscura di quella mente, e forse avrei fatto
bene a tornare indietro sui miei passi e lasciar perdere l’idea di diventare l’identità principale… Ah!
Yo, ma cosa stavo pensando?! Mi ero forse dimenticato che anche io, come Mal, ero imprigionato lì dentro da anni?! Che le
esperienze che vivevo all’esterno, nella realtà, non erano altro che ore d’aria che venivano date una volta ogni tanto a un
carcerato? Mi ero scordato che quella bella pupa sexy era lì fuori ad aspettarmi?!
No. Non avrei perso la mia occasione. Vito sarebbe riemerso e si sarebbe preso la sua libertà!
Proprio in quel momento sentii quasi una forte folata di vento trascinarmi via e mi guardai le mani, che stavano diventando
evanescenti. Era chiaro che stessi per tornare alla realtà.
Oh, sì! Badabing baby!


{Svetlana.

Chiarito il nostro “piano nel piano”, io e Manny eravamo tornati nella sala comune.
Il divano adesso era vuoto, quindi a quanto pareva sia Chester che Vito avevano trovato di meglio da fare che guardare la
sfida che in quel momento Mike stava affrontando.
Beh, mi dissi, forse era meglio così: meno si fossero interessati a lui e meno avrebbero avuto il desiderio di uscire a creargli
problemi proprio in un momento sbagliato come quello. O almeno era quello che credevo.
«Accomodati pure, Sheila. Io vado in cucina a prendere alcuni di quei biscotti che ieri ti sono venuti tanto bene.» commentò
il mio accompagnatore, sfiorandomi una spalla e allontanandosi verso la porta sulla destra.
«Coza? Ma se tu odi i carboidrati, Manny!» commentai con una risatina, ricordando la conversazione che avevamo avuto il
giorno prima, prima di sedermi in un angolo del divano dal tessuto rosso.
Lui mi aveva fatto un cenno con il cappello, quasi a farmi capire che per me avrebbe fatto qualsiasi cosa, persino mangiare
dei biscotti, e era sparito oltre l’uscio.
Rimasta da sola nella sala, decisi di prendere una posizione più comoda e mi sedetti a gambe incrociate tra i cuscini, con
gli occhi fissi sul grande schermo tv che rifletteva ciò che stava succedendo nel mondo reale.
All’inizio non capii perché Mike stesse seguendo quell’odioso Scott così tranquillamente su per la montagna, almeno finché
non mi resi conto che non si trattava affatto del nostro ragazzo, bensì di Vito.
Improvvisamente tutte le speranze che mi avevano fatto forza fino a pochi istanti prima, si sgretolarono dentro di me: ecco
perché il divano era vuoto, ecco perché c’era un assurdo silenzio dentro quella mente al momento!
Vito aveva già messo in atto il suo piano, proprio mentre noi eravamo intenti a trovare un modo per aggirarlo, e nessuno
si era accorto di niente. E adesso potevo solo stare lì e guardare, sperando che Mike fosse abbastanza forte da opporsi a lui,
da cacciarlo via prima che potesse prendere del tutto il sopravvento. Eppure sapevo già che si trattava solo di una vana
speranza: persino io da qualche giorno a quella parte mi sentivo più forte, più in grado di appropriarmi di quel corpo quando
volevo senza dover rendere conto a nessuno.
La verità era che Mike si stava indebolendo e io non ero in grado di fare nulla per impedirlo.
«Dov’è che hai detto di aver visto Anne Maria, amico?» stava chiedendo Vito, continuando a guidare il go-kart su per il monte,
e io avevo quasi voglia di schiaffeggiarlo per la sua stupidità. Tutti gli avevamo detto che la sua “ragazza” era stata eliminata
dalla competizione settimane fa e lui si ostinava ancora a credere che fosse nascosta da qualche parte nei dintorni dell’isola,
e che un giro nel bosco gli sarebbe bastato per ritrovarla.
«Raggiungi la cima, amico. Lei è lassù.» rispose Scott, un ghigno cattivo sulle labbra. Ah! Era chiaro che stesse mentendo, ma
il palestrato doveva essere così accecato dall’idea di rivedere quella testa cotonata da non rendersi conto di nulla… Nemmeno
di stare seguendo le indicazioni di quel dannato ragazzo che mi aveva spaventato a morte solo pochi giorni prima.
Proprio mentre stavo per alzarmi per andare ad avvertire Manny del problema, lui riaprì la porta della cucina e rientrò nella sala
grande, trascinandosi dietro un borbottante Chester.
Gli lanciai un’occhiata interrogativa, a cui lui rispose immediatamente con un sorriso divertito.
«Sai, Sheila? Ho trovato questo vecchietto qui in cucina a trangugiare tutti i tuoi adorabili biscotti.» disse, indicando poi con
un cenno della testa la personalità più anziana che si appoggiava pesantemente al suo bastone e mi lanciava un’occhiataccia.
Oh, sapevo già cosa significava: stava per arrivare uno dei suoi soliti sermoni.
«Ragazzina! Ai miei tempi il cibo non si sprecava in questo modo! La gente per bene faticava dall’alba al tramonto per procurarsi
il pane. Ah, le ragazze d’oggi…» cominciò, mentre si carezzava la barba bianca con una mano. Osservandolo, mi accorsi che in
realtà stava cercando di distrarmi per scuotersi di dosso le briciole impiastricciate di marmellata rossa che erano ovviamente ciò
che rimaneva di quel “cibo sprecato”, come lo chiamava lui.
Sia io che Manitoba ci eravamo accorti della cosa, infatti incrociammo i nostri sguardi e scoppiammo in una risata divertita.
Peccato che durò solo un secondo, visto che mi tornò immediatamente in mente ciò che stava facendo Vito, e dovevo
assolutamente avvisare gli altri.
L’avventuriero notò subito il cambiamento nella mia espressione e si avvicinò, preoccupato.
«Che cos’è successo?» mi chiese, con un tono di voce che tradiva la sua ansia.
«È Vito, lui ha…» cominciai, prima di venire interrotta.
Un terremoto fortissimo scosse le fondamenta di quella mente, le pareti e il pavimento vibravano e tutto intorno a noi si mosse,
spinto da una forza invisibile. Dovetti stringere i denti per mantenere l’equilibrio e la calma, quando a Chester scivolò via il bastone
e mi avvicinai in un attimo per sorreggerlo, per non farlo cadere.
Un vento tempestoso cominciò improvvisamente a soffiare, così forte da sciogliere persino i miei capelli, che cominciarono a volare
tutto intorno a me, coprendomi talvolta il viso. Manitoba dovette premersi una mano sulla testa, per non lasciare volare via il suo
adorato fedora.
«Coza sta succedendo, Manny?!» strillai oltre il vento, cercando di non cadere e di non farmi trascinare via dalla tempesta che si
era improvvisamente impadronita del subconscio. I suoi occhi erano sbarrati in un’espressione turbata, riflesso dei miei.
Sentivo che stava per succedere qualcosa di terribile, e non mi sbagliavo affatto.
«È il segnale, sciocchi mocciosi! Il piano è finalmente andato in porto!» commentò Chester, con delle parole che quasi non riuscivo
ad afferrare oltre il sibilo del vento.
Quel commento mi spinse a incontrare di nuovo lo sguardo del mio esploratore, la cui espressione era diventata seria e pronta
all’attacco. Mi fece un cenno affermativo, come per ricordarmi quale fosse il nostro vero piano e spingermi a proseguire con il
nostro accordo.
Chiusi gli occhi per un attimo, mentre cercavo di fare ordine nei miei pensieri. Fare del male a Mike. Io avrei dovuto fargli del male,
molto più degli altri per poter vincere e restituirgli poi la sua libertà… ma ne sarei stata capace? Lui, in fondo, era come un fratello
per me, un fratellino che il destino mi aveva chiesto di proteggere per l’eternità. Cosa avrebbe pensato di me? Sarei stata per lui
una delusione, solo un’altra delle sue personalità che egoisticamente pretendeva di appropriarsi di quello che in realtà era il suo corpo.
Ma lo sapevo, non avevo scelta.
All’improvviso la tempesta e il terremoto cessarono, e io aprii gli occhi.
Mike era lì di fronte a noi.


{Mike.

La testa mi faceva malissimo, come se avessi preso un colpo di pala sulla nuca.
E forse era davvero successo? Non ne ero certo.
Aprii gli occhi, confuso, e mi guardai intorno. Una grandissima sala dalle pareti rosa, decorate da simboli che le facevano
sembrare fatte di materia celebrale; un grande divano rosso posizionato proprio di fronte a uno schermo gigante, attraverso
cui potevo intravedere la cima del Monte Chrismore, l’ultima tappa di quella gara.
Ma io non ero lì, io ero all’interno di qualcosa che non riuscivo a definire… e una voce! Una voce mi chiamava. Era la dolcissima
voce di Zoey, che in quel momento mi sembrava così allarmata!
«Zoey?» chiamai, ma mi resi conto che lei non era lì con me. Lei mi chiamava attraverso quello schermo, ma non si trovava in
quello strano posto dove ero finito.
«Dove mi trovo?» chiesi ancora, guardandomi intorno sconcertato.
Un’ombra si stagliò dietro di me, e io mi voltai subito con gli occhi sbarrati, trovandomi di fronte un ragazzone dalla pelle molto
più abbronzata della mia, le spalle larghe e i grossi muscoli scolpiti dell’addome erano in bella mostra, visto che era a petto nudo.
I capelli erano pettinati all’indietro.
Il suo sguardo arrogante eppure per nulla intelligente mi fece capire che quello che avevo davanti era il vero aspetto di Vito.
E questo mio pensiero fu affermato dalle parole che mi dedicò immediatamente.
«Ehi, yo, sei dentro la tua zucca matta!» mi informò, con il suo accento del New Jersey, indicando la testa con un gesto, per farmi
capire meglio il concetto.
Subito dietro di lui notai una figura bassa e ingobbita dal tempo, appoggiata a un bastone e con una barba bianca. L’occhio buono
di Chester mi mise a fuoco prima di rivolgersi all’italoamericano.
«Si chiama subconscio, testa di salame!» si lamentò come al solito.
Io rimasi paralizzato sul posto, non sapendo bene cosa pensare. Quelle persone davanti a me non erano altro che le mie odiose,
incostanti ed eccentriche personalità!
E, secondo loro, io ero entrato nel subconscio, il luogo dove loro vivevano e passavano il tempo quando non erano in grado di
prendere il controllo del mio corpo. Era un posto destinato solo a loro, ma io perché ero lì?
Oh, no. Avevo la sensazione che stesse per succedere qualcosa di davvero, davvero tremendo.
Tornai a guardare le personalità, che nel frattempo si erano voltate e stavano guardando con aspettativa qualcosa oltre la mia
spalla destra. Sentii un’altra presenza dietro di me e mi voltai giusto in tempo per incontrare un paio di brillanti occhi azzurri.
Una ragazza dai lunghi capelli biondo chiaro, la pelle pallida e le labbra rosse come ciliegie mi lanciò uno sguardo indeciso. Per
un attimo la guardai con confusione, non riuscendo a riconoscere in lei nessuna delle mie personalità, poi guardai i suoi abiti.
Indossava un tutù rosa e portava delle scarpette da ballo; il suo portamento era leggiadro e sembrava delicata come una farfalla.
Mi vergognai di non aver riconosciuto Svetlana ad una prima occhiata, ma non potevo immaginare che fosse una così bella ragazza,
oltre che buona e gentile.
Quel mio giudizio su di lei cambiò radicalmente, però, quando il suo sguardo teso e preoccupato mutò: la sua espressione si indurì
e lei si portò le mani ai fianchi. Tossicchiò per cercare di darsi un’aria importante.
«È arrivato il momento di farti vedere chi comanda, da!» disse con aria saccente, facendomi venire un brivido di terrore.
Se persino lei mi stava trattando in quel modo poteva significare solo una cosa… le mie personalità mi stavano per attaccare!
Cercai di arretrare, per allontanarmi da loro, ma improvvisamente avvertii qualcosa che si stringeva intorno a me come una morsa,
bloccandomi ogni via di fuga. Guardai le mie braccia, e le vidi bloccata da una spessa corda che poteva appartenere solo a uno di loro.
«Oui! Il moscerino mi è d’intralcio con le signore!» esordì Manitoba, tenendo ben salda la presa, senza alcuna intenzione di lasciarmi
andare.
Aveva i capelli di un castano chiaro, degli stivali da cowboy e il suo immancabile fedora sulla testa, il suo tratto più riconoscibile.
Ma quello che mi stupii di lui furono gli occhi: erano una tonalità nocciola e color cioccolato allo stesso tempo e io li immaginavo
totalmente fieri e sicuri di se stessi… eppure non era così. Vedevo nel profondo del suo sguardo che era preoccupato, quasi vacillava,
e lanciava strane occhiate a Svetlana, come per chiederle se si stava comportando nel modo giusto.
Mi tornarono in mente le parole che lei mi aveva detto quella mattina: “Non posso parlare a nome degli altri, tranne Manny, forze.
Ma ti prometto che io non ti
dizturberò, oggi”e mi resi conto di quanto suonassero false in questo momento. Aveva giocato con
me per anni! Chissà quanto avevano dovuto deridermi su quel divano, ogni qual volta mi facevano fare una figuraccia davanti alla
gente, ogni volta in cui mettevano a dura prova il legame che avevo cercato di creare con Zoey!
La rabbia si impossessò di me, mentre decidevo che quella situazione avrebbe dovuto concludersi, proprio in quel momento.
Nessuno di loro era mai stato mio amico, nessuno, e tutti l’avrebbero pagata cara!
«D’intralcio?! Ma siete voi che mi state comandando da anni! È l’ora della rivincita.» dissi, ma prima che potessi anche solo cercare
di liberarmi da quelle corde che mi tenevano bloccate, qualcuno mi si lanciò contro con tutto il suo peso.
Oh, cavolo… avevo dimenticato quanto a Vito piacessero le risse come quella!
E senza la sua forza, né l’agilità della mia personalità femminile, avevo poche possibilità di vincere quello scontro.
Improvvisamente tutti mi si gettarono addosso, chi picchiandomi con un pugno che sembrava fatto di ferro, chi con un bastone
di legno che mi batteva costantemente su un fianco.
Con uno strattone mi liberai dalle corde con cui Manitoba mi aveva immobilizzato e avevo tentato di strisciare via, sperando
che nella confusione la mia assenza non si notasse, ma proprio in quel momento qualcosa si gettò dall’alto su di me, con una
tale grazia da non sembrare nemmeno intenzionata a farmi del male.
Svetlana aveva fermato la mia fuga bloccandomi con tutto il suo peso che, pur non essendo eccessivo, mi impediva i movimenti.
Cercai di girarmi, di liberare un braccio per spingerla via da me, ma lei sembrava non voler mollare la presa.
Che cosa stava facendo?! Doveva lasciarmi andare! Si era dimenticata tutto quello che avevamo passato insieme, il modo in cui
mi aveva sempre aiutato nelle situazioni piacevoli, la possibilità che le avevo sempre concesso di partecipare a tutte le gare di
atletica che aveva desiderato. Avevo persino allestito nella mia stanza delle mensole con tutti i suoi trofei, per farle capire quanto
lei era importante per me!
«Cosa fai?! Credevo che fossimo amici!» cercai di dirle con un tono aggressivo, ma la mia voce suonò più come una supplica.
I suoi occhi azzurri incontrarono i miei, e io li vidi colmi di lacrime che tentava di ricacciare indietro, mentre cercava in tutti i modi
di non mollare la presa su di me.
«Mi dizpiace, Mike! Non posso permettere che ti facciano del male!» sussurrò sottovoce, la voce strozzata come se stesse realmente
soffrendo per quello che stava succedendo.
Veramente li stai aiutando! Avrei voluto dirle, ma mi resi improvvisamente conto che quella non era la verità: lo vedevo nei suoi occhi
e lo percepivo nei suoi gesti. Era vero che non mi dava la possibilità di scappare via dallo scontro, eppure allo stesso tempo… lei
mi stava facendo da scudo!
Non me n’ero quasi reso conto, ma non stavo più subendo le percosse di Vito, perché l’idiota era così preso dal colpire da non rendersi
conto che anziché me stava ferendo lei, nella confusione della lotta.
Io non me n’ero accorto, ma qualcun altro invece sì.
«Sheila, spostati da lì!» commentò l’avventuriero, ai margini dello scontro, senza davvero prendere parte alla lotta. Fui consapevole
anche di quello: lui non mi stava attaccando, o comunque non lo stava facendo come avrebbe dovuto. I suoi calci erano flaccidi,
privi di forza, e privi dell’intenzione che vedevo chiara in Vito e Chester.
«No, Manny! Queztoquezto è sbagliato!» gemette lei, guardandolo con una determinazione e una sicurezza tale da immobilizzare
l’avventuriero sul posto.
«Levati di mezzo, piedini di burro!» ringhiò Vito in quello stesso istante, spingendola via e tornando a picchiarmi. Lei gridò piano
per la spinta violenta e Manitoba fu subito al suo fianco. Mentre subito ancora le percosse d i quel bullo non potei fare a meno di
guardarli: le mie due personalità si scambiavano occhiate così affettuose, così… amorevoli! Doveva esserci qualcosa fra quei due,
ma non era quello che mi interessava al momento.
Con la consapevolezza di stare per svenire, mi resi conto che avrei desiderato anch’io sguardi del genere, da una ragazza dai capelli
rossi che in quel momento sentivo quasi chiamarmi.
«Mike? Mike? Mike
Aprii gli occhi improvvisamente, sentendomi scorrere dentro un’adrenalina e un’energia tale da spingere via tutte quelle personalità
che mi attorniavano e mi attaccavano.
«Adesso mi sono stancato!» dissi con sicurezza e una rabbia così forte da non sentire neanche mia. Non sapevo che quell’ira stesse
nutrendo un’altra personalità, una che restava celata nell’ombra e ghignava divertita dello sciocco tentativo delle mie identità multiple.
A quel mostro non importava che il piano non andasse come previsto, a lui importava solo di assorbire la mia forza e riuscire a
liberarsi dalle catene che da anni mi impegnavo a rinforzare su di lui. Ma questo, io, non potevo saperlo.
Ecco perché piantai un pugno sul muso di Vito, che stava cercando di attaccarmi da dietro, e tuonai, in modo che fosse chiaro a tutti
coloro che si trovavano lì di fronte a me «Assumerò il controllo, a partire da adesso!»
Forte di una forza non del tutto mia, lo scontro fu breve ma intenso.
Presi per prima di mira Vito che, già sfinito dalla lotta, non fu una difficile preda per la mia furia. Il bersaglio successivo fu Chester,
che tentò di farmi la predica sul fatto di far del male a delle persone più anziane di lui, ma io non lo stetti a sentire e gli tolsi il
bastone, facendogli perdere l’equilibrio. Cadde accanto al bullo.
Il prossimo era Manitoba, che mi guardava con un’occhiata preoccupata e alzava le mani davanti a lui, in segno di resa. Ma io non
avevo intenzione di accettare le sue scuse: mi aveva attaccato, come tutti gli altri! E aveva intralciato la mia fuga legandomi con la
sua corda.
Prima che però potessi fargli qualcosa, la ragazza dai capelli biondi si mise davanti a lui, facendogli da scudo come prima aveva
fatto con me.
«Niet! Mike, cosa ti zta succedendo? Io e Manny siamo tuoi amici, ti abbiamo difeso!» strillò Svetlana, cercando di farmi ragionare.
L’avevo sempre ascoltata, era vero, ma in quest’occasione non potevo. Aveva torto, aveva del tutto torto!
«Non è vero! Svet, solo tu mi hai protetto, ma lui mi avrebbe attaccato se non fosse per te.» commentai rabbiosamente, indicando
poi il cowboy, che nel frattempo mi lanciava un’occhiata scettica.
La ragazza batté le lunghe ciglia scure e mi fissò corrugando le sopracciglia, come se non sapesse a come rispondere a quella mia
accusa. Vidi i suoi occhi velarsi di lacrime e il suo labbro inferiore tremare leggermente.
«Non potevamo fare altrimenti! Lui ci stava osservando…» disse, abbassando la voce nell’ultima frase e guardandosi intorno con
fare circospetto, quasi avesse paura che qualcuno la stesse spiando da dietro l’angolo.
Una parte della mia coscienza mi disse di notare il suo comportamento, mi invitò a rendermi conto che probabilmente c’era un
motivo più profondo dietro quell’attacco delle mie personalità… ma un’altra parte di me, più aggressiva e meno ragionevole – che
non credevo nemmeno di possedere – prese il sopravvento.
«Non mi importa!» gridai, per poi sferrare un pugno in direzione della mia personalità australiana.
Peccato, però, che all’ultimo secondo non mi accorsi di un lampo biondo, un viso che si metteva in mezzo tra me e la mia vittima,
un paio di occhi color cielo dalla determinazione infinita, che non avrebbero permesso che si facesse del male al suo compagno.
Le mie nocche colpirono la pelle chiara e delicata di Svetlana, che venne spinta all’indietro e cadde a terra con un tonfo.
Tutto sembrò rallentare per un attimo, mentre la vedevo accasciarsi su un fianco, perdendo improvvisamente i sensi e tutta quella
leggiadria che la contraddistingueva. Era svenuta. Svet, l’unica amica che avessi davvero avuto in quella mente, colei che consideravo
al pari di una sorella, adesso era a terra con un grosso livido scuro che cominciava ad apparire sulla sua guancia rosea.
Stavo quasi per soccorrerla, quando qualcuno mi prese per il collo della maglia azzurra e mi guardò con fare rabbioso.
«Come hai osato toccarla, capibara!» ringhiò Manitoba, prima di cominciare a scaricare la sua rabbia su di me.

{Mal.

Oh, io stentavo a crederci.
Quegli idioti che pensavano di potersi definire coinquilini della mia mente avevano miseramente fallito anche questa volta. E dire
che avevo spiegato a quel decerebrato di Vito il piano più e più volte, e alla fine mi ero convinto che avesse capito almeno nelle
linee basilari un complotto che era piuttosto semplice da architettare!
Avrebbe convinto con l’inganno tutte le personalità a ribellarsi e tutti si sarebbero scagliati contro quel santarellino di Mike, che
sarebbe affondato come un relitto, dandomi nuovamente la libertà e restituendomi il mio corpo.
Ma no! Quelle creaturine inutili non erano riuscite nemmeno in quello!
A causa di quella ballerina e del suo stupido cowboy avevo perso un’opportunità unica di riprendermi ciò che era mio. Eppure, non
ero per nulla preoccupato. Già, perché un malvagio come me non poteva non avere un piano di riserva, molto più subdolo e contorto
di quello che avevo commissionato alle altre identità alternative.
Avevo instillato la rabbia nel cuore di Mike, solo una goccia della mia forza, ma è bastata per trasformare quel dolce ragazzo con
gli occhi da strambo in una macchina da guerra. E avevo riassorbito da lui quell’energia, triplicata, in modo da essere quasi pronto
alla mia rinascita.
Sì, sarei risorto dalle mie ceneri come una fenice che si libera tra le fiamme dell’inferno…
«Fatto, così va meglio. Da oggi il cervello è sotto una nuova gestione, la mia!» sentenziò il santarellino, prima di fare il suo ritorno
nella realtà.
La mia risata demoniaca si sparse nel suo subconscio; tutte le personalità ancora svenute sul pavimento.
Oh, mio caro Mike, non esultare.
Non sai cosa ti aspetta…



Angolo dell'autrice-che-si-sente-in-colpa: 
Sì, mi sento in colpa davvero XD 
Non per un ritardo, non perché il capitolo è corto (anzi, è il più lungo finora!)... Ma perché sono stata sempre così attenta, ho
seguito alla lettera gli episodi del reality senza modificarne mai niente! E invece in questo capitolo non ho potuto fare a meno
di fare un cambiamento piuttosto importante. 
Svetlana protegge Mike, sì. Perché, ammettiamolo, sarebbe stata molto OOC se l'avesse attaccato e, anche se aveva promesso
di fingere, non me la sono proprio sentita di fargli picchiare quello che lei considera il suo "fratellino". Ecco perché ho voluto fare
questa modifica, che è ovviamente incoerente con ciò che potete vedere nell'episodio nove. 
Spero che la cosa non sia troppo orribile ç_ç Cioè, mi perdonerete per questa licenza poetica che mi sono voluta prendere, vero?
Potrebbe essere tutta colpa di Chris, in fondo è lui che ha trasmesso il reality in tv mostrando quelle scene nella mente di Mike
(che poi come avrà fatto? Bah...) e potrebbe aver fatto delle "modifiche" per far sembrare tutto più cruento. Su, ha una sua logica! 

Manitoba: Sheila, smetti di trovare delle scuse... 
Non sono delle scuse! Uhm, forse sì. 
Mal: Ma vogliamo parlare un po' di me?! 
Giusto! Ho voluto "regalare" una particina a Mal, come vi è sembrato? Abbastanza IC? 
E Vito? Anche lui ha avuto un po' di spazio in questo capitolo. Diciamo che ho fatto un po' un misto di punti di vista XD 
Vabbè, vi lascio che questo angolo sta diventando decisamente un poema. 
Alla prossima settimana con LMOIEEP! Non mancate *_* 

Un bacione, 
Kirlia <3

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Capitolo 23
*** Tutto è bene... ***


Capitolo 23. Tutto è bene…


{Mike.

Era vero, quel giorno ero stato eliminato dalla competizione. Tutta colpa di Scott, ovviamente, immaginavo
che mi avrebbe buttato fuori: adesso che tutti sapevano delle mie personalità multiple non aveva nessun
modo di ricattarmi e sarebbe stato in svantaggio rispetto all’alleanza formata da me, Zoey e Cameron.
Ma non importava.
Ero riuscito ad avere la ragazza dei miei sogni e lei mi aveva accettato completamente! Non le importava
delle mie identità alternative, gli piacevo e questo era quello che contava.
Oh, non avrei potuto essere più felice di così…
Beh, tranne che per un dettaglio, e nemmeno tanto marginale.


{Svetlana.

«Yo, cowboy, quando pensi che si sveglierà?» chiese una voce familiare dall’accento del New Jersey.
Mi sembrava di riconoscerla, certo, ma la coscienza era appena tornata in me e non riuscivo ancora a
mettere ordine nei miei pensieri. 
Di solito, quando era ora di alzarsi, io ero già in piedi tutta pimpante e pronta per cominciare una nuova
giornata piena di intensi allenamenti in palestra e di prove di balletto. Invece in quel momento non riuscivo
a rendermi conto di dove mi trovavo. Sentivo sotto di me la morbidezza del materasso e dei cuscini, le
lenzuola leggere mi sfioravano il corpo e sapevo che mi avvolgevano completamente, eppure… eppure non
ricordavo quando ero andata a dormire.
Sentivo che c’era un buco, nella mia memoria, e ogni qual volta tentavo di scoprire cosa fosse successo in
quell’arco di tempo che mi mancava, un dolore acuto alla testa mi dissuadeva dal mio intento.
Cercai di aprire gli occhi, ma mi accorsi nell’istante stesso in cui ci provai, che non ero in grado di farlo. Le
mie palpebre erano stranamente pesanti, così tanto che non ero capace di sollevarle per svegliarmi del tutto.
Forse avrei dovuto farmi prendere dal panico, ma in realtà non ero certa di cosa avrei dovuto fare. Che cosa
mi era successo?
E poi cos’era quello strano odore pungente che mi faceva pulsare forte le tempie?
Mi ricordava molto i disinfettanti che la madre di Mike mi passava sulle ferite quando mi facevo del male
durante una delle mie esibizioni, ma non ricordavo di essermi ferita per sbaglio.
«Non saprei, Vito… Chester?! Cosa stai facendo?!» rispose una voce dal tono caldo e affidabile, una voce
che conoscevo benissimo.
Il mio cuore reagì subito alla presenza di quella persona nella mia stanza, lo sentii rimbombare nel petto
quasi tentasse di uscire fuori per abbracciare di sua spontanea volontà il possessore di quella voce così dolce.
Visto che gli occhi non sembravano darmi ascolto, tentai con la voce. Scoprii ben presto che non riuscivo a
aprire la bocca, che mi sentivo la lingua quasi incollata al palato e che nemmeno un suono riusciva ad
attraversare la mia gola. Cominciai a preoccuparmi un po’.
Perché non riuscivo a parlare…?
«Un secchio di acqua gelida è il modo migliore di farla tornare cosciente, giovanotto impertinente! Ai miei
tempi era così che si faceva.» sbottò ancora la ruvida voce di Chester. Sì, era lui quello che stava parlando,
l’anziano signore che insieme a me e ad altre personalità condivideva quella mente.
La lucidità sembrò tornare all’istante e con essa la consapevolezza di chi ero e di dove mi trovavo.
Ero Svetlana, la campionessa russa, ed ero nella mente di Mike da quando riuscissi a ricordare.
«No, no, aspetta! Non mi sembra il caso…» sentii ancora quella voce dal delizioso accento australiano e alcuni
rumori, come se qualcuno si stesse muovendo non molto lontano da me. Finalmente la mente mi si schiarii
del tutto e l’intorpidimento che avevo sentito fino a quel momento svanì: Manitoba era lì!
E io volevo aprire gli occhi per potere incontrare i suoi, così caldi e color cioccolato, e l’avrei fatto ad ogni costo.
La mia forza di volontà vinse l’iniziale riluttanza dei miei sensi e finalmente riuscii ad alzare le palpebre per
mettere a fuoco il soffitto rosa della mia cameretta.
«Man… Manny?» sussurrai, le labbra che sembravano finalmente ascoltare i miei ordini.
Notai che alcune figure mi attorniavano e mi guardavano con un non sapevo che di preoccupato nelle loro
espressioni. Persino Vito, pur mantenendo il suo sguardo presuntuoso, lasciava intravedere nelle sue iridi un
insolito turbamento.
Ma non era il suo volto quello che cercavo, bensì un altro, dai lineamenti che amavo.
«Svet! Sheila, ti sei svegliata, finalmente.» disse Manny, prendendo una delle mie piccole mani rosee tra le sue,
più grandi e accoglienti.
Feci per voltare la testa verso di lui e sorridere, quando fui colpita da una fitta lancinante alla parte destra del
volto, che si propagò rapidamente su quasi tutto il viso e parte del collo. Emisi un gemito e mi morsi le labbra
per non fare il modo che si trasformasse in un grido, ma subito mi pentii di aver cercato di non urlare. Il mio
labbro inferiore era gonfio e dolorante e appena tentai di sfiorarlo con i denti un’altra ondata di dolore mi trafisse
il viso.
Per un attimo vidi tutto bianco e credetti di aver perso persino la vista e sentii alcune voci intimarmi di stare giù,
a riposo, senza sforzarmi inutilmente. Alcune mani mi spinsero leggermente verso il letto e io mi appoggiai
cercando di ignorare il dolore.
Quando esso cominciò a calmarsi, diventando solo un lieve formicolio di sottofondo, mi resi conto che era a
causa di quell’intorpidimento che non ero riuscita a svegliarmi in fretta come avrei voluto, prima. Improvvisamente
i miei occhi furono di nuovo capaci di vedere e notai di nuovo le personalità alternative fissarmi con una punta di
preoccupazione.
Stavolta, quando le mani di Manitoba sfiorarono di nuovo le mie, attirando la mia attenzione, feci in modo di
spostare solo lo sguardo su di lui, rimanendo immobile.
«Coza mi è successo?» sussurrai, tentando di tenere a freno il tremolio nella mia voce, che però riuscii comunque
a farsi largo nella mia gola e a farmi apparire come una bambina spaventata.
Avrei preferito evitare di scoppiare a piangere, anche se era chiaro che qualcosa in me non andasse, ma non
riuscivo a reprimere la paura che mi stava portando al panico più totale.
Vito, che aveva cominciato a disinteressarsi da me per guardarsi le unghie, mi lanciò un’occhiata e poi fischiò stupito.
«Forte! Mike deve avere un gancio destro mica male, per averla non solo messa KO, ma averle fatto avere un’amnse…
un’amens...» cercò di dire, ma a quanto pareva quella parola che aveva in mente era troppo complicata per un
palestrato tutto muscoli e niente cervello come lui.
Manitoba, infatti, sospirò e scosse la testa.
«Un’amnesia. No, credo che Sheila debba solo schiarirsi le idee, vero?» commentò, parlando inizialmente con Vito
ma senza lasciare mai il mio sguardo.
Io battei le palpebre un paio di volte e fissai per un attimo senza capire. Cos’era che avevo dimenticato?
Cos’era successo nel periodo di tempo tra il momento in cui io e Manny eravamo usciti dalla palestra, fieri del nostro
piano nel piano, e quel momento, in cui mi trovavo distesa a letto piena di strani dolori al viso?
Mi ricordavo di essermi seduta sul divano, di aver aspettato che il mio ragazzo tornasse. C’era stato una specie di
terremoto, ora che ci pensavo, e un forte vento che mi aveva quasi trascinato via. Avevo chiuso gli occhi per un
momento per la paura, poi li avevo riaperti e poi… e poi…
E poi mi ero ritrovata davanti un ragazzo rannicchiato su se stesso, dai capelli neri e la pelle piacevolmente abbronzata,
un ragazzo a cui ero affezionata.
«Mike!» esclamai, alzandomi a sedere e ignorando le proteste del mio fianco destro dolorante.
Mi tornò in mente tutto: il modo in cui era comparso nel subconscio, cosa mai successa prima; il nostro attacco, a
cui io non avevo avuto il cuore di partecipare. Il momento in cui mi ero accorta che una rabbia non appartenente a
quel ragazzo che consideravo mio fratello si era impadronita di lui; lo sguardo pieno di odio che aveva lanciato al mio
Manny.
E, soprattutto, ricordavo gli occhi privi di alcuna bontà di Mike, mentre portava indietro il braccio e serrava la mano
in un pugno, mentre mirava al mio ragazzo. Mi ero frapposta tra i due, questo era il mio ultimo ricordo… Poi tutto
era diventato buio.
Fu a quel punto che cominciai a capire cosa poteva essermi successo, e speravo proprio di sbagliarmi.
Alzai il braccio e mi sfiorai lievemente la parte sinistra del volto. Trovai la pelle tirata, sensibile e dolorante. La mia
guancia era gonfia, troppo gonfia rispetto alla normale curva dello zigomo che ero solita sentire sotto le dita; le
labbra sembravano avere una forma diversa da quelle che ricordavo.
Oh, niet.
«Portami lo zpecchio che c’è sulla mia scrivania, Manny.» dissi semplicemente, lo sguardo vacuo davanti a me.
«Sheila, non c’è bisogno che…» cominciò lui, e io riuscii a intravedere benissimo la preoccupazione che gli segnava
il volto. Non fece nessun movimento che mi indicasse che aveva intenzione di alzarsi dalla sedia che aveva posizionato
accanto al mio letto per andare alla mia postazione di trucco, dove tenevo anche un piccolo specchio da viaggio.
Questo suo comportamento per me voleva dire solo che la situazione era talmente grave da non volermi sconvolgere
ulteriormente.
Ma io ero molto determinata e non avrei lasciato che mi nascondesse la verità.
«Voglio vedere coz’è successo alla mia faccia, Manitoba!» dissi a voce più alta, quasi con rabbia, anche se non volevo
proprio indirizzarla verso di lui. Era più una frustrazione che nasceva dalla mia paura. In che condizioni poteva essere
il mio volto?
E se fosse stato sfigurato in modo permanente? E se non fossi mai più tornata quella di prima?
E se fossi diventata… un mostro?!
Le lacrime fecero capolino e non ebbi modo di fermarle, mentre rigavano le mie guance e mi provocavano uno strano
pizzicore.
«Sheila, sappi che…» cominciò di nuovo l’australiano, cercando di attirare la mia attenzione e io scossi la testa,
provocandomi un’intensa ondata di dolore che partiva dal collo e raggiungeva la parte inferiore del mio occhio sinistro.
Continuai a fissare davanti a me, singhiozzando leggermente ma senza avere il coraggio di guardarlo in faccia. Chissà
quanto dovevo essere diventata orribile, chissà cosa pensava lui di me adesso!
«Ah! Smettila e accontentala, giovanotto.» borbottò Chester, seduto sulla mia sedia a dondolo e con un secchio pieno
d’acqua ancora accanto a sé. A quanto pareva la sua minaccia di prima non era campata in aria.
«Già, Indiana Jones, meglio non fare aspettare la principessa delle fiabe. È un suo diritto vedere in che stato quel
demente di Mike l’ha ridotta!» ghignò Vito, evidentemente divertito dalla situazione. Aveva più di un motivo per essere
divertito, lui: sicuramente esultava per ciò che mi era capitato a causa del mio tradimento del loro piano; inoltre
probabilmente l’idea di me e Manny che discutevamo doveva essere di grande intrattenimento per lui.
A quel punto l’avventuriero, arresosi all’idea, si alzò per andare a prendere lo strumento di cui avevo bisogno. Era uno
di quegli specchi antichi, il mio, con una cornice dorata che attorniava lo specchio ovale e un manico dello stesso
materiale intarsiato alla base. Me lo consegnò con uno sguardo che mi sembrò intriso di una tale pietà da farmi rabbrividire.
Lui non voleva che mi vedessi, non voleva che scoprissi cosa mi aveva fatto quello che avevo sempre considerato un
fratello da proteggere e che ora mi si era rivoltato contro. Eppure quel suo desiderio di nascondermi la realtà mi faceva
quasi impazzire dalla curiosità, una curiosità malsana, ovviamente, ma che mi faceva fremere.
Fissai il retro dello specchio ancora con un sospiro, prima di puntarlo nella mia direzione e scoprire finalmente cosa ne
era stato di me.
Trovai a guardarmi nel riflesso un paio di occhioni azzurri più grandi del solito, stupiti e confusi allo stesso tempo,
incorniciati dai miei capelli biondo chiaro. La parte destra del viso era il perfetto ovale dalla pelle d’alabastro che ero
abituata a vedere sempre, non sembrava essere cambiato affatto… ma non era quella la zona del mio volto su cui avevo
puntato lo sguardo.
Tutta la parte sinistra, dal mento allo zigomo, sembrava essere stata stravolta da non sapevo quale calamità: un livido
violaceo correva su tutta la guancia, formando una scia di un colore così diverso dal mio incarnato da farmi quasi male
agli occhi. Era gonfio ed era chiaro, anche solo guardandolo, che faceva piuttosto male. Anche parte delle labbra non
aveva la solita delicata curva alla quale ero abituata, ma sembrava aver deviato per farmi apparire quasi imbronciata.
Restai in silenzio troppo a lungo a contemplarmi, probabilmente, così persa nel mio aspetto da non essermi nemmeno
accorta delle lacrime salate che scorrevano sulle mie guance e che la mano gentile di Manitoba sfiorava la mia nel tentare
di distogliermi da quella visione terribile.
Vidi le sue labbra muoversi, ma per un attimo non sentii alcun suono, finché non mi fui ripresa un po’ dallo shock.
«Non angosciarti, non è così grave come sembra. Sono certo che passerà presto.» mi confortò, con un leggero sorriso
d’incoraggiamento, e io non seppi cosa rispondere.
Mi limitai ad alzare le spalle, indecisa. La verità è che non ero sicura di potermi fidare del suo giudizio e forse quello
scempio non sarebbe mai svanito dalla mia faccia. Oh, che ne sarebbe stata della mia carriera di ballerina?
Sciocca ginnasta russa… Non ci sarà nessuna carriera nella tua “vita”, soprattutto se Mike non ti permetterà più di
uscire!
mi disse una vocina nella mia mente che doveva essere la mia coscienza. Aveva ragione, per un attimo avevo
dimenticato che lì dentro io ero solo una personalità come le altre, senza una vita reale.
«Yo, un’alzata di spalle? È così che reagisci al casino che quel demente ti ha combinato?» commentò in quel momento
Vito, che sembrava aver perso quel barlume di preoccupazione che aveva nei miei confronti per tornare al suo
caratteristico carattere presuntuoso.
Aveva poggiato le spalle alla parete rosa della mia camera e, dovevo ammetterlo, sembrava piuttosto fuori luogo lì
dentro. Eppure non dava segno di alcun disagio, anzi il suo sguardo sembrava combattivo mentre parlava.
«Cioè, praticamente è tutta colpa tua, piedini di burro. Te lo meriti, considerato il modo in cui ci hai traditi tutti…»
cominciò, per poi lanciarmi un’occhiata di scherno. Io non risposi alla sua provocazione e questo lo spinse a continuare.
«Però, ehi, dovremmo ribellarci ancora! Se facciamo tutti squadra contro lo sfigato, Vito è sicuro di poterlo riempire
di botte a dovere!»
«Questo non è il momento, dingo.» lo zittì l’australiano, prima di rivolgersi di nuovo a me con un sorriso vagamente
intriso di pietà. Forse avrei dovuto arrabbiarmi per il modo in cui mi guardava, ma la verità era che vedevo nei suoi
occhi più una grande dose di amore che una piccola scintilla di compassione nei miei confronti. E quel grande amore
bastava a colmare tutta la mia preoccupazione per il viso sfigurato.
Ma a proposito di Mike… avrei dovuto comportarmi con lui come suggeriva Vito? In fondo, mi aveva fatto del male
anche se io l’avevo protetto. Ma non l’aveva fatto di proposito.
Insomma, sarei riuscita a tenergli il broncio?
E poi, proprio in quel momento, mi chiamò.


{Mike.

Mi avevano lanciato con la Catapulta della Vergogna prima che le mie labbra avessero potuto sfiorare quelle di Zoey.
Accidenti! Se solo fossi stato più svelto anche di un solo secondo… Ma, in fondo, non importava. Ero davvero felice
di aver chiarito le cose con lei ed ero certo che avrei avuto moltissimi altri momenti da condividere con lei non appena
ci fossimo rivisti. Fino a quel momento avrei fatto il tifo per la sua vittoria o per quella di Cam.
Ero atterrato sull’acqua, a largo di un’isola su cui si stagliava quello che sembrava un grande hotel di lusso sulla spiaggia.
Doveva essere la Spiaggia dei Perdenti, quella che avevo visto in televisione e che sapevo contenere tutti i lussi più
sfrenati esistenti. Mi sarebbe bastato solo raggiungerla per potermi finalmente rilassare e godermi il mio premio di
consolazione.
Cominciai quindi a nuotare nella direzione dell’isola, pieno di buoni propositi, con delle potenti bracciate.
… Ma presto mi resi conto che la mia meta era decisamente molto più lontana di quanto mi sembrasse ad occhio. Io
non ero un tipo molto allenato e questo, unito al fatto che le onde sembravano spingermi nella direzione opposta a
quella che avevo intrapreso, aveva cominciato a farmi venire il fiatone dopo soli dieci minuti di nuoto.
«Così non va» dissi tra me, aspettandomi di sentire subito i commenti delle personalità multiple a cui ero abituato.
La mia mente rimase però in un religioso silenzio.
Ragazzi…? chiesi ancora rivolgendomi direttamente a loro, supponendo che fossero solo distratti ma che il mio
incoraggiamento li spingesse a commentare la mia forma fisica per niente decente. Ma non successe nulla.
Mi mordicchiai il labbro, mentre una certa tensione si faceva largo in me e sentivo un vago senso di sprofondamento.
Non era che avessi ignorato tutto quello che era successo nella mia mente solo da poche ore, era solo che… beh, mi
ero goduto appieno quella vittoria su di loro e mi ero dedicato per un po’ alla mia vita vera. In realtà, però, avevo dei
grandi sensi di colpa nei loro confronti e non avevo idea di cosa mi fosse successo dentro quella mente. Quella grande
rabbia che mi era montata dentro non mi apparteneva e non sapevo perché fossi stato così violento con loro.
Certo, magari se lo meritavano ma… non tutti. Non lei.
E in quel momento mi sentivo così male al solo pensiero di doverla richiamare solo per sfruttarla, per chiederle di usare
le sue capacità fisiche per aiutarmi a raggiungere l’isola. Ma non sapevo cosa altro fare!
«Svet…?» chiamai ad alta voce, consapevole che comunque nessuno mi avrebbe sentito in mezzo all’oceano.
Persi un battito nell’ascoltare di nuovo il silenzio dall’altra parte, poi una voce flebile parlò.
Da, Mike? rispose lei, con un tono così sommesso che le avevo sentito usare solo quando avevo scoperto di lei e Cam.
Ma in questo momento sapevo di essere io quello in torto. E pure torto marcio. Come avevo potuto colpirla? Ancora
non me ne capacitavo.
«Senti, io…» cominciai, prima che un’altra voce si aggiungesse alla conversazione mentale, facendomi quasi scoppiare
un mal di testa colossale.
No, moscerino! Non le chiederai ancora di aiutarti. Come hai potuto toccare la mia Sheila?! Lei… è così fragile e tu…
non hai saputo fa
re altro che sfruttarla a tuo vantaggio in tutti questi anni!, ringhiò Manitoba Smith, facendosi largo
dentro di me quasi volesse prendere il controllo.
Io rimasi completamente in silenzio, senza nulla da dire. Non potevo che ammettere che aveva ragione.
Avevo odiato le mie personalità per tutti quegli anni in cui mi avevano perseguitato, avevo sempre desiderato che mi
lasciassero in pace e le uniche volte in cui le avevo accettato erano quelle in cui potevo in qualche modo usare le loro
capacità.
Però…
Sospirai profondamente, scuotendo la testa e chiudendo gli occhi, come se volessi guardare dentro di me.
Un’immagine mi si presentò davanti: Manitoba che faceva da scudo fra me e Svetlana. Lei, molto più piccola e innocente
di come ricordavo di averla vista l’ultima volta, mi fissava da dietro la sua spalla con un’espressione avvilita e gli occhi
lucidi. Il suo viso era in ombra, eppure riuscii a vedere tra i suoi capelli biondi la guancia gonfia e dal colore violaceo.
«Quello… è colpa mia?!» mi stupii, e nella mia voce sentii un tremito che era del tutto sincero. Davvero, non mi aspettavo
di averle fatto così male e adesso mi sentivo uno schifo.
Picchiare una ragazza, soprattutto una che mi ha sempre fatto da sorella maggiore e che ho sempre stimato molto, non
era una delle azioni di cui andavo più fiero.
«Già! È tutta colpa tua, kookaburra! E adesso arrangiati, trova da solo una soluzione per il tuo problema, perché noi…»
aveva ricominciato l’avventuriero, ma la mano piccola e rosea che Svetlana le aveva appoggiato sulla spalla aveva avuto
l’effetto di interromperlo subito.
«Niet. Calmati, Manny. Lasciami parlare da zola con Mike, per favore.»
Lui le lanciò un’occhiata incerta. Probabilmente non era nel suo codice da cowboy lasciare una fanciulla indifesa in balia
del suo aggressore. Pensare a me come aggressore mi faceva venire i brividi, ma era questo che ero stato, in effetti.
«Ne sei certa, Sheila
Lei annuì con aria solenne e lui si limitò a togliersi il cappello, come a fare un gesto di cortesia nei suoi confronti, come
se volesse dirle “come desideri”. I loro sorrisi si incrociarono e poi lui si voltò verso di me.
La sua espressione era terribilmente minacciosa.
Si avvicinò a me e poi disse, a bassa voce in modo da non farsi sentire dalla ballerina: «Se solo ti azzardi a sfiorarla con
un solo dito, moscerino, sappi che…»
Alzai le mani e arretrai di un passo in segno di pace, per fargli capire che avevo capito l’antifona e che non avevo intenzione
di fare del nuovo del male a Svetlana. A quel punto lui annuì, ma la sua espressione non mutò, anzi al massimo si indurì,
poi lui scomparve nella mia mente, lasciandomi da solo con la ginnasta russa.
Un silenzio pieno di tensione calò tra di noi. Cosa potevo dirle? Qual era la cosa giusta da dirle in questo momento? Forse
avrei dovuto semplicemente scusarmi, eppure delle sterili scuse non mi sembravano il modo corretto di approcciarmi con
lei. Dopotutto, io le volevo bene… lei non era solo un bambino che avevo fatto cadere per sbaglio all’asilo e che adesso
mi guardava col broncio.
Lei era… era parte di me! Eppure non era me. Insomma, era complicato.
Mi avvicinai a lei nel limbo mentale, sfiorando con una mano la sua guancia malridotta e lei alzò il suo sguardo azzurro
cielo su di me.
Quell’occhiata mi spinse ad aprire la bocca per dire qualcosa, ma non avevo idea di cosa, quindi improvvisai sul momento,
balbettando.
«Uhm, sembra… fare molto male» commentai e subito dopo avrei voluto darmi una manata in faccia. Che idiota! Ma certo
che le faceva male, e sicuramente anche più di quanto potessi immaginare.
Lei abbozzò quello che doveva essere un sorriso, ma che sembrava solo una smorfia contorta a causa delle labbra rigonfie
in modo innaturale.
Si scostò una ciocca di capelli biondi dal viso, quasi volesse farmi vedere meglio il danno che avevo fatto al suo viso di
porcellana, poi parlò a sua volta.
«Zono davvero felice che tu abbia finalmente confessato a Zoey tutto. Di noi, di quello che provi per lei…» commentò,
cambiando completamente argomento.
Rimasi basito per un attimo. Non mi aspettavo che si congratulasse con me, specialmente non dopo tutto quello che era
successo. Anche se avevo sempre saputo che faceva il tifo per me e che aveva sempre sperato che riuscissi a rivelare tutto
alla ragazza dei miei sogni.
Arrossii leggermente pensando alla rossa e poi tornai a guardare mia “sorella”: erano completamente diverse, lei e Zoey,
dai capelli agli occhi, dalla forma del viso al modo di battere le ciglia… eppure in quel momento le trovavo piuttosto simili.
Entrambe sempre al mio fianco, sempre pronte a prendere le mie difese e a schierarsi dalla mia parte anche nei momenti
più difficili. Entrambe mi avevano sempre aiutato… anche quando avevo avuto torto, ed era capitato spesso ultimamente.
Ma Zoey mi aveva perdonato tutto, aveva capito il mio problema e il perché non gliel’avessi confessato e mi aveva accettato
per quello che ero. E Svetlana? Lei avrebbe fatto lo stesso?
Non potei fare a meno di scrutarla di sottecchi, mentre giocherellava con un nastrino del suo tutù azzurro come se fosse
nervosa. Forse aveva paura di me.
«Svet, io… Mi dispiace da morire, credimi…» riuscii a scusarmi, finalmente, anche se non ero convinto che nemmeno le
mie scuse più sincere potessero bastare per spezzare quella tensione che c’era fra noi.
Forse non si sarebbe mai più fidata di me, forse non mi avrebbe più parlato da quel momento in poi e si sarebbe nascosta
in uno degli angoli più bui della mia mente per non farsi trovare mai più.
E in quel momento mi resi conto che non volevo perderla. Anche se era una delle mie personalità, anche se avrei dovuto
desiderare che scomparisse per sempre dalla mia mente, io in realtà le volevo bene.
Pieno di quei pensieri così contrastanti, alzai lo sguardo di nuovo verso di lei.
Aveva le lacrime agli occhi, che adesso sembravano due laghetti azzurri e acquosi, e tremava leggermente. Mi guardò solo
per un attimo, sbattendo le ciglia con forza quasi per vedermi meglio, poi allargò le braccia e si gettò su di me in un
abbraccio dolce e rassicurante, proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento.
La sentii singhiozzare leggermente, eppure tra i singhiozzi sentivo anche delle risatine confortanti, e capii che lei mi avrebbe
perdonato. Proprio come Zoey. Perché entrambe erano buone e mi avrebbero sempre capito.
«Oh, Mike! Sono cozì contenta che tu ce l’abbia fatta!» sciolse l’abbraccio per potermi guardare negli occhi, adesso pieni di
una serena felicità.
«Ma… il tuo viso…» dissi, stupito del suo comportamento. Come poteva essersi dimenticata di quello che le avevo fatto?
Come poteva trattarmi come un fratello?
«Lascia ztare quello. Passerà… e io ti capizco, sul serio. Noi siamo una parte di te che non avrezti dovuto avere. Ziamo
d’intralcio e non avremmo dovuto complottare contro di te» commentò, poi si avvicinò e mi prese a braccetto, come se
volesse che la scortassi da qualche parte.
Io mi incamminai in una direzione a caso dentro quella mente che mi sembrava tutta uguale, ma lei sembrava stare
seguendo un percorso preciso.
Camminammo per un bel pezzo e nessuno dei due disse una parola. Era stato un modo per noi di digerire entrambe le
offese e di metabolizzare le scuse, per tornare ad essere amici come prima.
Poi a un certo punto lei cominciò a canticchiare.
La guardai saltellare leggermente e poi guardarmi con un sorrisetto complice. Io non dissi niente, perché proprio non
avevo idea di cosa stesse passando per la mente di quella ragazza bionda.
«Allora… Raccontami coza hai detto a Zoey per conquistarla!» commentò sogghignando, e io sentii il mio volto andare
in fiamme.
Ah, cavolo, era così imbarazzante parlare di quello con lei! Sembrava quasi che lo stessi per confessare alla mia mamma.
Restai in silenzio senza avere idea di cosa dire, mentre la vedevo fare su e giù con le sue sopracciglia bionde quasi volesse
incoraggiarmi a parlare. Ma quelli erano discorsi da ragazze, e io non mi sentivo davvero in grado si parlare di quella cosa
con lei!
Mi mordicchiai il labbro indeciso, guardandomi intorno in cerca di un’idea. E poi una lampadina si accese nella mia testa.
Lanciai un’occhiata a Svetlana, che mi guardava in attesa, sapendo che l’avrei completamente spiazzata.
«Allora… Tu e Manitoba, eh?»
Mi bastò vedere la sua espressione spiazzata e il rossore sulla sue guance per scoppiare in una risata.
E mentre lei sorrideva e mi dava un colpetto sul braccio, quasi fosse stata infastidita dalla domanda, seppi che finalmente
tutto era andato per il verso giusto.



Angolo dell'autrice-in-ritardo: 
Et voilà, eccomi qua cari lettori! 
Lo so, sono in ritardo di una settimana, ma come ho scritto nella mia pagina - sempre che qualcuno la guardi - ho avuto varie 
problematiche per cui non ho potuto proprio completare il capitolo in tempo. 
Maaa adesso passiamo alla storia in sé. Come avete potuto constatare, Svetlana (povero angelo!) è stata picchiata abbastanza
forte da Mike, tanto da avere avuto una leggera amnesia e di aver contratto un grosso livido sulla guancia. Esagerato? Ditemi
voi! Io volevo proprio farla una scena così, quindi sono contenta *_* 
Manny la amerebbe anche se le fosse spuntato un corno in mezzo alla fronte e lei sembra averlo capito, dopo un po'. E le 
altre personalità - meno Mal - erano tutte un po' preoccupate per lei... a modo loro. 
Non linciate Mike per aver fatto del male a Svet, per favore, è tutta colpa di Mal e lo sapete u.u E la povera Svet non riesce a 
tenergli il broncio neanche per un millisecondo... è troppo dolce e buona, questa ragazza ç_ç 
Vabbè, sto parlando a vanvera per riempire le note, questa volta XD 
Vi dico la vera cosa fantastica di questo capitolo: la mia dolcissima Miiho ha fatto un disegno sugli avvenimenti dello scorso
capitolo e allora ve lo volevo fare vedere perché lo trovo fantastico *_* Eccolo: 

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E ora ditelo tutti: BRAVISSIMA MIIHO è SPETTACOLARE! <3

Bene, finalmente vi lascio e torno a quello che avrei dovuto fare oggi, cioè studiare ç_ç
Una cascata di uova di cioccolato (Buona Pasqua!), 
Kirlia <3

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Capitolo 24
*** ... Quel che... ***


Capitolo 24. ... Quel che...


{Mike.


Quando riaprii gli occhi sulla realtà mi ritrovai sulla spiaggia dell’Isola dei Perdenti, sano e salvo e per
nulla consapevole della nuotata che avevo dovuto fare per arrivare lì.
Sospirai di sollievo per un attimo, mandando un ringraziamento mentale a Svetlana per avermi aiutato
nella mia  impresa senza che me ne fossi reso conto, poi sorrisi.
Ero libero! Finalmente libero da tutti quei problemi che mi avevano oppresso in tutte quelle settimane
sull’isola, finalmente libero dal peso che tutti quei segreti mi arrecavano.
Adesso avrei potuto camminare come un vincitore su quella spiaggia, avrei potuto andare avanti a testa
alta sapendo di essere stato sincero con tutto il mondo, in quanto praticamente tutti avevano visto la
mia dichiarazione in tv. Uh… chissà che ne pensava mia madre del fatto che avessi svelato la mia
condizione a tutti?
Proprio mentre divagavo facendomi queste domande strane, vidi delle figure avvicinarsi di corsa a me.
Erano i concorrenti eliminati dal reality e sembravano tutti molto felici di vedermi.
«Ben arrivato, soldato!» mi accolse Brick, seguito da Sam, Dakotazoyd e tutti gli altri.
«Mi dispiace che Scott abbia eliminato anche te…» commentò con la sua voce vellutata Dawn, spuntando
come un folletto da dietro la stazza enorme di B.
Io li salutai tutti con calore, felice di vedere che stavano bene e non solo.
Se mi trattavano tutti con questa gentilezza, significava che avevano accettato la mia situazione, in
quanto sicuramente tutti loro avevano visto l’ultimo episodio andato in onda e di conseguenza avevano
scoperto delle mie personalità.
Non ne sembravano preoccupati, né sconvolti. Al contrario mi trattavano come se fossi una persona
normale ed era una sensazione fantastica!
«Oooh! Vito tesoruccio, ce ne hai messo di tempo!» strillò in quel momento l’unica vocetta che non
avevo voglia di sentire. Un tornado di abbronzatura finta e capelli cotonati e pieni di lacca si avvicinò
di corsa a me, guardandomi con un paio di occhioni truccatissimi e sbattendo le lunghe ciglia.
Feci un passo indietro d’istinto, senza sapere come reagire all’esaltata Anne Maria che aspettava solo
che dicessi una parola per saltarmi addosso. Ah, cavolo…
Anne! Lasciami uscire, idiota! sentii la voce stranamente emozionata di Vito urlare nella mia testa.
Dovetti stringere i denti per mantenere il controllo su di lui e oppormi alla sua forza, che non avevo
mai sentito più forte di così.
Vito, quezto non è il momento giuzto. Qui, davanti a tutti gli amici di Mike… commentò a sua volta
Svetlana, sussurrando pazientemente, e immaginai che stesse cercando in tutti i modi di convincerlo
almeno a temporeggiare.
Io scossi semplicemente la testa.
No. Non potevo lasciare che “parlasse” con lei. Che cosa avrebbe pensato Zoey di me se avessi lasciato
che quella cosa tra Vito e Anne Maria andasse avanti? Insomma, avevo spezzato il legame tra la mia
personalità donna e Cameron e l’avrei rifatto anche con quei due.
Eppure mi sentivo un po’ in colpa. Insomma, io e  l’italoamericano non eravamo mai andati molto
d’accordo, a dire il vero, ma questo non significava che non mi dispiacesse distruggere tutte le sue
speranze riguardo alla truzza.
In quel momento sentii una presenza dietro di me e mi accorsi di Dawn che mi guardava con quella
sua strana espressione da ragazza-sulle-nuvole.
«Anne Maria non accetta il fatto che Vito sia solo una delle tue personalità. Lo vedo nella sua aura…
e credo che dovreste chiarire» commentò sottovoce, come se volesse farmi una semplice confidenza,
ma mettendomi in realtà al corrente della situazione.
Io annuii e poi lasciai che i ragazzi mi accompagnassero verso l’hotel dove dovevamo alloggiare,
ansiosi di mostrarmi tutto quello sfrenato lusso in cui avremo vissuto ancora per alcune settimane.
Erano tutti rilassati e finalmente non vedevo più in loro la scintilla di sfida che si era creata naturalmente
durante la competizione. Eravamo tutti diventati amici, tutti tranne…
Mi voltai ancora verso di lei e notai che mi stava fissando con il broncio. Ebbi un brivido di disagio.
Anne Maria sapeva, eppure non si arrendeva al fatto che quella tra lui e il mio alter ego fosse una storia
impossibile. Già, avrei dovuto accettare il consiglio di Dawn e parlare con lei, ma avrei dovuto farlo in
privato.

{Manitoba.

«Tutto ‘sta storia è semplicemente ingiusta!» ringhiò ancora una volta Vito, calciando la sgangheratissima
sedia di Chester, che rotolò contro il muro della cucina e si ruppe in mille pezzi.
Il vecchietto in questione, per fortuna, era ancora addormentato nella sua stanza e non avrebbe scoperto
subito che quel “dannato moccioso” aveva distrutto la sua adorata sedia dal gusto antico.
Sentii un sospiro e mi voltai verso Svetlana, che scuoteva la testa affranta e mi lanciava un’occhiata implorante.
Voleva che facessi qualcosa, ma cosa potevo fare per fermare la furia di quel ragazzone palestrato, che in
realtà voleva solo il permesso di uscire per un po’ a parlare con la sua… uh… “ragazza”?
Anche se Anne Maria non mi piaceva affatto – non avevo idea di cosa ci trovasse Vito in lei, io l’avevo
allontanata subito quando l’avevo incontrata nella miniera – capivo cosa significava essere costretti a stare
lontani dalla propria Sheila.
Io avevo subito una tortura simile a questa, quando Svet sembrava essersi innamorata di Cameron, e non
volevo proprio ripensarci. In quel periodo mi sembrava talmente vicina da poterla sfiorare, eppure allo stesso
tempo stavo per lasciarmela sfuggire per uno stupido codice d’onore che ero convinto di dover seguire. E se
il kookaburra non le avesse spezzato il cuore, probabilmente l’avrei persa per sempre.
Il solo pensiero di lei nelle braccia di un altro mi dava il voltastomaco, ma non era proprio quello il momento
di pensare a problemi che, in fondo, erano già stati superati da tempo.
«Vito, azcolta, io capisco davvero il tuo punto di vizta…» cominciò la ragazza accanto a me, probabilmente
vedendo che non avevo intenzione di dire nulla. La verità era che anche se mi aveva chiesto con gli occhi di
fare qualcosa, non sapevo proprio come consolare l’italoamericano. Non eravamo amici – anzi, l’avevo temuto
in passato – e adesso dirgli qualcosa per farlo sentire meglio mi sembrava strano.
La vidi avvicinarsi a lui, forse con l’intento di abbracciarlo o qualcosa del genere, ma lui la spinse via con forza,
facendola barcollare. Mi avvicinai di qualche passo, infastidito da quell’atteggiamento che aveva con la mia Sheila,
ma notai subito lei farmi cenno di restare indietro.
A quanto sembrava voleva occuparsi lei della situazione e io l’avrei lasciata fare fin tanto che fosse rimasta al
sicuro. Ma di quel dingo palestrato non ci si poteva fidare e sarei rimasto nei paraggi a sorvegliarla…
Nel frattempo il ragazzo in questione aveva tirato un pugno contro il frigorifero, lasciando un segno profondo
sulla superficie dell’elettrodomestico, poi si era nuovamente voltato verso Svetlana.
«Tu mi capisci?! Tu non sai proprio un ca**o, piedini di burro!» ringhiò, avvicinandosi pericolosamente a lei, con
i pugni serrati.
A quel punto non resistetti più alla tentazione di mettermi tra quei due, la tensione era ormai a livelli stratosferici
e la mia ballerina era ancora convalescente da quella brutta rissa che le aveva lasciato un livido violaceo sullo zigomo.
Non potevo permettere che venisse trattata ancora così.
«Adesso basta, kookaburra. Cerca di darti una calmata» gli intimai, stringendo tra le mani il mio lazo. Se avesse fatto
una mossa lo avrei intrappolato tra le spire della mia corda, ma speravo di non dover arrivare a tanto.
Una mano delicata sfiorò la mia spalla, e la mia attenzione fu subito attirata dalla mia donzella, anche se i miei occhi
non lasciarono mai quelli dell’italoamericano.
«Niet, Manny.  Sono zicura che Vito non voglia farmi nulla… È solo nervozo» commentò, e io riuscii a sentire il sorriso
rassicurante nelle sue parole, anche se non potevo vederlo.
Mi scostai leggermente per lasciare che i due si trovassero di nuovo uno di fronte all’altro. Svet continuava a sorridere,
anche se il suo interlocutore la fissava con un’espressione scontrosa in volto… Invidiavo davvero il modo in cui
sembrava reggere al suo sguardo, totalmente serena.
Si scostò una ciocca di capelli biondo chiaro che le era ricaduta sulla guancia, per poi sospirare leggermente e
ricominciare a parlare.
«Come dicevo, io capisco davvero coza stai provando… Devo ricordarti della faccenda tra me e Cam? Era ezattamente
la stessa zituazione» commentò lei, con voce flebile, per poi lanciarmi un’occhiata di scuse.
Io feci un mezzo sorriso vagamente triste. Non potevo far finta che tutta quella storia tra lei e Cameron non fosse mai
successa, ma non potevo negare che il solo pensiero di quei due mi ferisse profondamente. Non mi piaceva molto
ricordare quel periodo.
Vito non sembrò affatto consolato da quelle parole della ginnasta russa, anzi alzò ancor di più la voce.
«Yo, ma in fondo tu hai risolto! Adesso hai il tuo bel Indiana Jones di riserva! Ma io che scelta ho?!» disse, stavolta con
un briciolo di sentimento che riuscivo quasi a riconoscere come disperazione. Ma non era quell’emozione ad avermi
toccato in quel momento, bensì l’insinuazione che Svetlana mi avesse scelto solo perché non aveva potuto avere il
ragazzo bolla.
Sentii quasi il sangue congelarsi nelle mie vene dopo aver sentito quella frase, i battiti del mio cuore sembravano
essersi interrotti mentre mi voltavo lentamente verso la mia Sheila; una domanda negli occhi.
Ero davvero quello, per lei? Soltanto un ripiego? Mi aveva usato per dimenticarsi dell’amico di Mike come in un malsano
“chiodo schiaccia chiodo”?
La vidi fissarmi sconvolta, pallida, e non sapevo quale espressione leggere nei suoi occhi. Senso di colpa? Tristezza?
Verità…?
No. Quella che vidi nascere nel suo viso fu un’emozione totalmente diversa, fu la rabbia.
«Non dire mai più una coza del genere! Come osi inzinuare che io abbia scelto di stare con Manny solo per non aver
potuto avere Cameron?! Io lo amo. È vero che è arrivato proprio quando la mia vecchia ztoria è capitolata, ma lui è
l’unico che mi abbia mai capita sul zerio. È dolce, gentile e sempre comprensivo con me e io non potrei deziderare
nulla di meglio che lui, capito? Non ero nemmeno zicura di quello che provavo per Cam, ma sono certa che quello
che provo per Manitoba sia amore» disse tutto d’un fiato, per poi voltarsi verso di me e sorridermi con dolcezza.
«Sì, io ti amo sul zerio» concluse, per poi prendermi per mano. Le nostre dita si intrecciarono in una presa salda, forte
come l’amore che condividevamo.
Lasciai andare con sollievo il respiro che non mi ero accorto di stare trattenendo e carezzai la guancia ferita della mia
Svetlana con delicatezza, sorridendole. Se prima avevo avuto un dubbio, ora si era completamente dissolto.
«Idioti…» sbuffò Vito, spezzando quell’atmosfera e facendoci ricordare che nella stanza c’era anche lui.
Svetlana mi lasciò per avvicinarsi a lui con sguardo determinato, come se volesse sfidarlo. Restai a guardare senza avere
idea di cosa avesse intenzione di fare.
Si fermò proprio davanti a lui e, anche se aveva una figura minuta, incuteva comunque timore e rispetto.
«Sai che ti dico, Vito?!» cominciò, puntandogli un dito contro, come se gli stesse per fare una ramanzina che non
sarebbe finita nemmeno fra un secolo.
Proprio in quel momento la porta della cucina si aprì, rivelando un semi-addormentato Chester dallo sguardo infastidito,
probabilmente a causa della discussione a voce decisamente alta tra le altre due personalità – anzi, mi stupivo che Mike
non ci avesse ancora rimproverato di avergli fatto venire un’emicrania!
Il vecchio si guardò intorno e proprio in quel momento mi ricordai della sua sedia di legno, che avrei dovuto aggiustare
prima che si svegliasse. Non ebbi nemmeno il tempo di nasconderla, perché la vide e cominciò a lamentarsi come al solito,
tenendosi appoggiato al bastone.
«Dannati ragazzini! Non avete nessun rispetto per noi anziani, nessuno! Ai miei tempi mai nessuno si sarebbe azzardato
a distruggere la mia poltrona…!» cominciò, ma il suo discorso fu totalmente ignorato nello stesso momento in cui una
voce particolare si insinuò tramite le orecchie di Mike all’interno del suo subconscio, e fu immediatamente riconosciuta
da tutti.
Soprattutto da Vito.

{Mike.

«Eddai Vito amoruccio, dammi una possibilità!» si lamentava Anne Maria con voce piagnucolosa, aggrappandosi al
mio braccio quasi fossi la sua unica ancora di salvezza.
Ero riuscito ad evitarla per tutta la giornata e avevo ignorato anche tutte le lamentele che venivano da dentro la mia
testa e che indicavano che anche il mio alter ego italoamericano aveva voglia di incontrare la truzza.
Il problema era che io non volevo nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se li avessi lasciati fare. Magari si
sarebbero baciati, ed ero certo che Chris avesse messo delle telecamere anche qui nell’Isola dei Perdenti… se Zoey
fosse venuta a conoscenza di tutto questo, magari ci avrebbe persino ripensato su ciò che mi aveva detto prima che
la catapulta mi lanciasse via da lei e dal reality.
Non potevo permetterlo, non dopo tutta la fatica che avevo fatto per conquistare la sua fiducia.
«Ti ho detto che sono Mike, perché non vuoi capire?» le avevo risposto con un tono quasi più piagnucoloso del suo.
Non poteva lasciarmi in pace e basta?
Eppure, come mi aveva detto Dawn, anche lei aveva visto l’episodio in cui avevo ammesso di essere affetto da un
disturbo dissociativo d’identità. Ed era chiaro che ero io la personalità originaria, quindi… beh, doveva arrendersi
all’idea!
«Ma io non voglio parlare con te, io voglio il mio Vituccio!» replicò ancora lei, prendendomi poi per il tessuto della
maglietta azzurra e strattonandola. A quanto pareva aveva capito quale era il metodo per attirare l’attenzione del
suo uomo, ma non potevo permetterle di togliermi la maglietta, quindi arretrai liberandomi della sua presa.
Lasciami parlare con lei, scemo! commentò in quel momento proprio il diretto interessato, che doveva essersi
accorto della presenza di Anne Maria.
Cominciò a fare pressione dall’interno della mia mente per trovare un varco e prendere il controllo, mentre allo
stesso tempo la sua “ragazza” continuava a blaterare dall’esterno e a tirarmi la maglietta con lo scopo di
strapparmela via di dosso.
«Voglio vedere il mio Vito!»
Togliti di mezzo! Anne!
Mi sentivo soffocare da quei due e un sentimento di disagio crebbe talmente in me da farmi scoppiare un mal di
testa colossale. La mia pazienza si esaurì e io sbottai, spingendo via la ragazza del New Jersey e mettendo a tacere
la mia personalità.
«Adesso basta! Smettetela! No, Anne Maria, non puoi parlare con Vito, perché sono io il capo qui. No, Vito, non
ti lascerò uscire per rovinare ancora le cose tra me e Zoey. Quindi… dimenticatevi l’uno dell’altro, perché non vi
rivedrete mai più!» gridai a entrambi, prendendomi la testa tra le mani e cercando di tenere a bada la personalità,
che improvvisamente sembrò bloccarsi e zittirsi del tutto.
Allo stesso modo, anche la truzza si fermò e mi lanciò uno sguardo ferito, mentre le lacrime cominciavano ad
addensarsi e a rotolare giù per le guance abbronzate, che si macchiarono immediatamente di rivoli di mascara
nero e ombretto viola. Sembrava una specie di panda disperato.
Mi mordicchiai il labbro e la guardai sentendomi in colpa. Sembrava che ci fosse rimasta davvero male e, in effetti,
forse ero stato troppo duro con lei. E anche con Vito, che non sembrava avere intenzione di dirmi altro e si limitava
a proferire imprecazioni sottovoce.
Restai in silenzio per alcuni minuti, lasciando che il peso si spostasse da un piede all’altro, indeciso. Nel frattempo
i singhiozzi della ragazza accanto a me non sembravano aver fine e lo stomaco mi si annodava sempre di più.
Avevo sbagliato?
Mike… posso parlarti per un attimo? mi chiese proprio in quel momento Manitoba. Uh, che cosa voleva lui in quella
situazione? Non credevo che fosse esperto in queste cose. Mi sarei aspettato che fosse stata Svetlana a mettersi in
mezzo… invece se ne stava in silenzio accanto al suo avventuriero, riuscivo a percepirla.
Cosa c’è? chiesi, un misto di dubbio e curiosità per quello che stava per dirmi. Non sapevo cosa aspettarmi.
È solo che, sai, Sheila è stata molto ferita quando non le hai più permesso di vedere quel kookab… cioè, Cameron. Io
c
redo che non dovresti fare lo stesso sbaglio con Vito; lascia almeno che si dicano addio, mi consigliò in modo molto
saggio.
Io rimasi senza parole, perché proprio non mi aspettavo da lui un commento del genere. Insomma, stava persino
difendendo la relazione tra Cam e Svetlana, che era la sua ragazza! Ci voleva molto coraggio per fare un’affermazione
del genere.
Eppure aveva ragione: non era stato bello il modo in cui avevo fatto troncare il mio migliore amico e la mia personalità,
e non potevo rifare lo stesso errore anche in quel momento.
No, avrei lasciato che quei due si parlassero per l’ultima volta.
Vito, lo chiamai, stammi a sentire. Se provi a baciarla non vedrai mai più la luce del giorno…
Ho capito! disse lui, nella voce potevo già sentire una certa eccitazione per quello che stava per succedere.
No, ascoltami bene. Se Zoey dovesse scoprire che avete fatto qualcosa… continuai, cercando di fargli capire ciò che
poteva e non poteva fare. Avevo paura che non mi stesse davvero ascoltando e che una volta uscito avrebbe fatto
tutto quello che gli pareva.
Ho detto che ho capito, sfigato! ringhiò, adesso totalmente impaziente di uscire.
Io sospirai e chiusi gli occhi per un secondo, pregando di non stare facendo la scelta sbagliata.
«Okay» sussurrai, attirando l’attenzione della ragazza di fronte a me, che mi lanciò uno sguardo interrogativo.
Poi mi tolsi la maglietta.

{Vito.

Grazie all’intervento del cowboy da strapazzo ero riuscito ad ottenere un paio di minuti insieme ad Anne.
Odiavo ammetterlo, ma gli dovevo un favore, sia a lui che alla regina dello zucchero. In fondo, se non fosse stato per
loro lo sfigato non mi avrebbe mai permesso di parlare con la mia pupa.
E dire che nessuno sapeva che in realtà avevo accettato quel piano che Mal aveva architettato solo per poter avere il
controllo di questo corpo e stare con lei. Ma sarebbe stato meglio non dirlo, perché… beh, io ero un ragazzaccio, e i
duri come me non potevano mostrare debolezze come quelle.
Comunque, dovetti aspettare solo alcuni secondi, prima di prendere un grosso respiro e sentire di essere tornato al
mondo reale. Una brezza leggera mi solleticava gli addominali scolpiti e scoperti alla luce della luna. Peccato che non
ci fosse il sole, ne avrei approfittato per dare un senso alla mia tintarella.
E, a proposito di tintarella, quella bella pupa dalla pelle caramellata era proprio lì davanti a me e mi guardava con un
paio di occhioni lucidi pieni di aspettativa.
«Vituccio…? Sei tu?» chiese, ancora vagamente piagnucolante.
Dovetti trattenere la voglia che avevo di lanciarmi verso di lei e baciarla con foga come avrei voluto, solo perché avevo
promesso a quello sfigato che avrei fatto il bravo e, insomma, non ci tenevo mica a restare rinchiuso in quella prigione
che era la sua testa per il resto dei miei giorni!
Quindi mi limitai a fare un passo in avanti, facendole un sorriso sghembo che – ne ero sicuro – trovasse dannatamente sexy.
«Sono proprio io, bellezza» risposi, un po’ a disagio.
Cavolo, non era da me essere così nervoso, ma cosa potevo fare se non avevo il permesso di baciarla e passare le mie
mani tra i suoi rigidi capelli fissati dalla lacca?
Devi zemplicemente rilassati e parlare con lei in modo zincero, mi invitò la ballerina russa, ficcanaso come al solito. Che
ne sapeva lei di quello che dovevo o non dovevo fare?
Sospirai con ansia. Beh, è che in realtà non ero mica bravo con le parole. Non sapevo cosa dire e avrei preferito di gran
lunga andare con lei in un centro estetico a prendere il sole su un lettino abbronzante. Senza dovermi sentire in dovere
di mettere in piedi una discussione, cioè. Magari nemmeno a lei piaceva parlare, anzi ne ero sicuro.
Sarebbe stato meglio se ci fossimo incontrati in discoteca, dove la musica era troppo alta per parlare. Ci saremmo
guardati e avremmo ballato e bevuto insieme…
Non farti troppi problemi, dingo.
Adesso ci si metteva anche quell’Indiana Jones da quattro soldi!
Nel frattempo, mi ero così estraniato dal mondo esterno – cioè, avevo cinque minuti di libertà e mi mettevo a discutere
con quegli idioti con cui passavo tutte le giornate? – da non essermi quasi nemmeno accorto del gridolino di gioia che
era sfuggito dalle labbra rosa acceso della mia bambola.
Si era lanciata verso di me mentre ero ancora distratto, per poi cingermi il collo con le braccia e catturare le mie labbra in
un profondo bacio passionale.
Assaporai quel bacio solo per alcuni secondi, chiudendo gli occhi e dimenticando che era proprio quello che non avrei
dovuto fare, prima che le voci delle personalità mi sfondassero quasi il cervello nel cercare di farmi rinsavire.
Vito! Ricordati di quello che ti ha detto Mike!
Dannati ragazzacci, nessun rispetto!
Smettila, cosa
penzerà Zoey scoprendo quezta cosa?
Spinsi via Anne, allontanandola da me e prendendo un grosso respiro. Mi passai una mano fra i capelli lisciati dal gel e
poi tornai a incontrare lo sguardo della mia ragazza.
Lei, intanto, aveva messo il broncio e il suo labbro inferiore tremava come se fosse stata distrutta dal mio rifiuto.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma non avevo idea di cosa avrei detto. Ripensando al consiglio che mi aveva dato la
ballerina, decisi di lasciare che le parole fluissero liberamente.
«E-ehi, Anne…  senti. Io penso che dovremmo rompere» commentai, sentendomi addosso un macigno. Cavolo, non
pensavo che sarebbe stato così difficile mollare quella pupa.
Lei mi fissò con occhi spalancati pieni di stupore, come se non si aspettasse che dicessi una cosa del genere. Credeva
che me ne sarei fregato di Mike come avevo sempre fatto, che mi dimenticassi di lui e mi dedicassi solo alla mia esistenza.
Ma questa volta ero costretto, non avrei potuto fare altrimenti.
«Rompere? Ma cosa dici, Vito tesoruccio?» gemette, per poi cercare di avvicinarsi di nuovo a me e catturarmi in un nuovo bacio.
Ma io – pur sentendo quasi una coltellata trafiggermi – arretrai evitando il suo abbraccio, lasciandola senza fiato. Abbassai
lo sguardo e mi fissai le unghie come se non me ne importasse niente di lei.
Cioè, un ragazzone come me, ammirato da un sacco di belle pupe, doveva sapere come scaricarne una, ma in realtà…
beh, l’idiota interrompeva sempre le mie storie e non avevo avuto mai l’occasione di lasciare una delle mie ragazze.
«È troppo complicato da spiegare ma… noi non possiamo stare insieme. Fine della storia» borbottai, lanciandole poi
un’occhiata di sbieco.
Il suo sguardo si era indurito e le lacrime non scorrevano più giù per le sue guance. Mi guardava semplicemente come se
mi odiasse e io mi sentii quasi offeso. Eddai, non doveva essere difficile capire che lo facevo perché non avevo altra scelta!
Poteva almeno cercare di capirmi!
«È per quella rossa senza il senso della moda? Lo stai facendo per lei?» ringhiò, stringendo tra le mani una delle sue
bombolette spray come se la volesse stritolare. Speravo non stesse immaginando che quello fosse il mio collo, ma ne
dubitavo altamente.
Comunque mi decisi a fare cenno di no con la testa. Non sapevo più cosa dire e non mi veniva in mente una scusa
decente per poter spiegare la mia improvvisa decisione di mollarla.
Lei mi fissò ancora un attimo con disprezzo, prima di darmi le spalle e andarsene impettita, come se non avesse
nient’altro da dirmi.
Mi sentii un vero schifo a lasciarla andare così, quindi mi feci avanti e la fermai stringendole un polso, sperando di avere
ancora la possibilità di parlare un attimo con lei, di chiarire che il realtà io la trovavo ancora sexy e tremendamente attraente,
ma che quella scelta non dipendeva da me.
«A-aspetta, Anne…» la richiamai, passandomi poi la lingua sulle labbra secche, cercando di trovare un modo per esprimermi
a dovere. Le parole non riuscivano però a formarsi nella mia testa, o comunque non ci riuscirono abbastanza in tempo.
Lei si voltò lanciandomi un’occhiata glaciale, una di quelle che avrebbe decisamente potuto uccidermi, se gli sguardi
potessero uccidere. Prese la lacca che stringeva tra le mani e me la lanciò contro, beccandomi in fronte.
Io mollai la presa per massaggiarmi la testa e riuscii solo a vederla ancheggiare mentre si allontanava velocemente da me
e mi gridava da sopra la spalla solo un paio di parole.
«Va’ all’inferno!» 



Angolo di Kirlia:
Vabbè. Questo capitolo, come tanti altri, non l'avevo programmato. Semplicemente è venuto fuori da solo, così, mentre
le mie mani e il mio cervello non erano collegati. 
Avevo già in mente di dedicare un po' di spazio alla vicenda di Vito e Anne Maria, perché - come alcuni mi hanno detto -
è stato sbagliato da parte degli autori non attenzionare meglio il loro rapporto e come è finito (perché si suppone che sia
finito, visto che da All Stars Vito non ha accennato alla truzza nemmeno una volta!). 
Uh, insomma, alla fine il capitolo è venuto lunghissimo, quindi da "... Quel che finisce bene" il titolo è diventato solo
"... Quel che..." perché l'ultima parte della frase andrà nel prossimo. 
Che dirvi...? Ci ho messo della Manlana qua e là perché ovviamente ci sta sempre XD e inoltre ho voluto nominare anche
Dawn perché mi piace *_* E anche per un altro motivo che vi spiego subito... 
Allora, ho in mente una nuova fic. Sì, sul serio. Anche se avevo detto che volevo prendermi un periodo di pausa. Quindi
ditemi se la gradireste! Sarebbe una Zoke, principalmente, ma anche una Manlana e una Annito... e sarebbe una AU.
Ci provo per la prima volta! 
Però non voglio anticiparvi niente, ma secondo me sarebbe un'idea carina quindi ditemi se eventualmente vi interesserebbe
un'altra mia storia su questi argomenti (o magari ne avete piene le scatole, perché in questo periodo ci sono troppe fic
su Mike & Co.). Insomma, ditemelo XD 

Adesso vado, spero che il capitolo vi sia piaciuto! Nel prossimo vedremo - finalmente! - la fine di questa vicenda ç_ç 
Una cascata di baci per voi, 
Kirlia <3

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Capitolo 25
*** ... Finisce bene! ***


25. … Finisce bene!


{Mike.

Finalmente la finale de La Vendetta dell’Isola era arrivata.
Quella mattina mi ero svegliato presto, l’ansia mi attanagliava dentro. Ce l’avrebbe fatta Cam a vincere? Lui aveva
una mente geniale, questo era vero, però… beh, Lightning era un avversario difficile da sconfiggere.
Sarebbe stata una sfida muscoli contro cervello, ma speravo proprio che Chris una volta tanto non li avrebbe messi
di fronte a una battaglia fisica.
Beh, ovviamente mi sbagliavo di grosso.
«Il Chrisseo? Mi sembra un po’ ingiusto mettere Cameron di fronte a questa situazione!» si lamentò Zoey al mio
fianco, riflettendo i miei pensieri.
Alcuni assistenti del programma ci avevano riportati tutti a Wawanakwa per assistere alla finale e, quando ci eravamo
ritrovati di fronte a quella fatiscente copia del Colosseo, non avevamo potuto trattenere il nostro sconforto. C’era
una speranza che il nostro piccolo amico sopravvivesse? Oppure dovevamo già condannarlo a una fine dolorosa?
Ah, zmettila… così mi preoccupi… commentò la vocina nervosa di Svetlana dentro la mia testa, e io mi ritrovai a
chiedermi se ancora provasse qualcosa per il ragazzo bolla o magari quella sua ansia fosse solo dovuta a un semplice
affetto amichevole.
Non ha speranze, il capibara, borbottò Manitoba al suo fianco, con le braccia incrociate e l’accenno di un broncio
sulle labbra.
Non fare il gelozo, Manny! ridacchiò la ballerina, prima di schioccargli un sonoro bacio sulle labbra.
Alzando gli occhi al cielo e stavo quasi per urlare loro “trovatevi una stanza!”, quando la ragazza dai capelli rossi
accanto a me mi prese per mano e mi trascinò dentro la struttura di legno e lamine d’acciaio.
Quel tocco era capace di cancellare tutto quello che succedeva nel mio inconscio, dimenticarlo per concentrarmi su
quella che era la vera realtà, sul mio presente. Anzi, lei era il mio presente.
Prendemmo posto in alto, nell’ultima gradinata, sperando di essere abbastanza lontani da eventuali problemi che
sarebbero potuti sorgere durante la gara. Tipo qualche mostro mutante, insomma.
«Sta’ tranquilla, sono certo che Cam se la caverà. Lui è in gamba!» cercai di rassicurarla e lei mi sorrise, ma il suo
sorriso non mi sembrava ancora convinto. In effetti, neanche io ero sereno e non vedevo l’ora che quella finale finisse.
D’altra parte, la fine di quell’avventura significava anche che tutti ce ne saremmo andati da lì per tornare nelle nostre
città, e non ero certo che l’idea mi piacesse. Io abitavo in un quartiere della periferia di Ottawa, mentre Zoey stava a
Toronto. Ci sarebbero stati più di 300 chilometri di distanza tra me e lei e speravo proprio di poterla andare a trovare
spesso… La paura che una relazione a distanza tra noi non avrebbe funzionato era davvero tanta.
Yo, ma lo sai che anche Anne sta nel nostro buco di città? si insinuò nel mio discorso mentale Vito, che sembrava
ancora non essersi arreso all’evidenza che tra lui e la truzza fosse finita. Dovevo ammettere che mi era dispiaciuto un
po’ il modo in cui quei due avevano rotto, anche se era inevitabile, ma non dovevo dargli speranze.
Smettila, Vito. E poi lei non ne vuole più sapere di te, o sbaglio? dissi, pentendomi all’istante per essere sembrato così
scortese. In realtà era che non mi andava proprio di parlare di Anne Maria quando stavo accanto alla mia ragazza. E non
mi piaceva nemmeno pensare alla distanza che ci avrebbe separato una volta che fossimo tornati a casa.
Scossi la testa cercando di togliermi quelle preoccupazioni dalla testa per dedicarmi alla gara. In quel momento, infatti,
le telecamere si erano accese rivelando che eravamo in onda e Chris McLean aveva fatto il suo ingresso nel Colosseo.
Quel giorno sembrava raggiante e io sapevo esattamente che cosa significava quell’espressione che aveva in volto:
doveva aver ideato una sfida particolarmente cruenta.
Subito un brivido freddo mi percorse e dovette essere notato da Zoey, perché riprese di nuovo la mia mano per rassicurarmi.
Io le sorrisi con dolcezza, per farle capire quanto le fossi grato.
Vedemmo i due contendenti farsi avanti nell’arena: Lightning sembrava raggiante e assolutamente sicuro della sua vittoria
imminente, mentre Cam… beh… lui sembrava Cam. Totalmente insicuro e, lo capivo dal suo sguardo, anche terrorizzato
dall’idea di affrontare un bestione come quello. Non che non lo capissi… anche io di fronte a un tipo palestrato avrei vacillato.
Non ero un tipo allenato.
Quezto non è vero! trillò la ragazza nella mia mente, smentendomi immediatamente.
Già, scemo, io faccio pesi tutto il giorno, rincarò la dose Vito.
E io mi arrampico su per le montagne, moscerino! concluse Manitoba Smith, quasi a volermi fare capire che in realtà solo
una minima parte delle coscienze di questo corpo non si davano all’atletica. Ah! Adesso ci mancava solo che anche Chester…
Io ero un soldato nella Grande Guerra, moccioso. Quindi ero di certo più in forma di te, ai miei tempi!
Ecco, perfetto, adesso tutti avevano detto la loro.
Trattenni l’istinto di mettermi la testa tra le mani, quasi a volerli comprimere nel mio cervello, solo per non far preoccupare
Zoey. A proposito di lei, mi ero appena accorto che mi fissava con sguardo curioso.
Le lanciai uno sguardo interrogativo, ma lei si limitò a scuotere la testa con fare divertito e a si concentrò di nuovo sulla gara.
Feci lo stesso e rimasi a bocca aperta quando vidi Cameron chiuso in un’armatura degna di Iron Man.

{Svetlana.

Cameron aveva trionfato.
Con ovvie difficoltà, certo, e diciamo pure che era stato proprio un colpo di fortuna che ce l’avesse fatta contro quel tipo
tutto muscoli e niente cervello. Però io ero sempre stata convinta che avesse una buona possibilità di vincere, grazie al suo
intelletto, e non mi ero sbagliata.
Ero molto orgogliosa di lui, davvero tanto… come amica, ovviamente.
E mi sarebbe piaciuto poter essere lì insieme a lui per fargli i miei più sinceri complimenti e per poterlo abbracciare. Avevo
avuto il permesso da Mike di potergli parlare, visto che a Vito era stata data la possibilità di vedere Anne Maria, ma avevo
deciso di non approfittare di questa occasione, per più di un motivo.
Innanzitutto non ero ancora certa di poterlo guardare in faccia con tranquillità – in fondo era passato ancora troppo poco
tempo da quando c’era stata quella rottura fra noi, e ci voleva tempo per guarire dalle proprie ferite. E poi non volevo che
si faceva delle false speranze: fra noi non poteva esserci altro che un rapporto di amicizia.
Inoltre, motivo più importante di tutti, non volevo che Manny potesse in qualche modo dubitare del mio completo amore per
lui. L’avevo visto, solo pochi giorni prima, mentre l’insinuazione di Vito si faceva strada dentro di lui, instillando un atroce
dubbio sulla vera natura dei miei sentimenti. Sapevo che per un attimo, anche solo per un istante, aveva creduto di essere
semplicemente la seconda scelta, e questo mi aveva spezzato il cuore. Non avrei mai voluto vederlo in una situazione del
genere, e questo non era proprio il momento per ricreare ancora in lui quella preoccupazione.
Ero stata piuttosto chiara con lui e con me stessa: io amavo solo lui.
Questo comunque non significava che non volessi in qualche modo congratularmi con Cam per la vittoria e dirgli addio come
anche all’altra personalità era stato consentito di fare.
Ecco perché ero scesa con un aggraziato salto all’indietro dalle parallele su cui mi stavo esercitando – era sempre un buon
modo per riflettere – e avevo lasciato la palestra con una particolare determinazione. Avevo avuto un’idea interessante per
trasmettere i miei pensieri a Cameron senza doverlo incontrare di persona e senza dover chiedere a Mike di parlare per me,
se non in minima parte.
Era necessario, infatti, che lui mi consentisse di usare il suo corpo solo per un po’. Non potevo aspettare che si facesse sera,
quindi avrei dovuto chiedergli il permesso di uscire… anche a costo di disturbarlo.
Chiusi gli occhi e mi misi in contatto con la coscienza del proprietario di quella mente: lo trovai seduto su un divanetto dello
yacht che lo stava riportando sulla terra ferma, in compagnia di Zoey. Oh, quanto mi dispiaceva spezzare quell’atmosfera
magnifica fra quei due… Erano così teneri insieme!
«Mike? Potrezti lasciarmi uscire per un po’, da?» chiesi a bassa voce, un po’ in imbarazzo per l’interruzione.
La risposta di lui arrivò dopo un attimo di teso silenzio.
Proprio adesso, Svet? Non puoi aspettare di tornare a Ottawa…? Sai, vorrei passare più tempo possibile con Zoey.
Il suo tono non era esattamente infastidito, né esasperato, ma sembrava comunque non gradire l’idea di sprecare dei minuti
preziosi insieme alla sua ragazza per concederli a me. Io battei un piede fasciato da una scarpetta a terra, come una bambina
viziata.
«Oh, ti prego! È davvero importante per me…» gemetti e sporsi il labbro, cercando in tutti i modi di convincerlo a cedere.
Lo sentii sospirare e spiegare alla sua ragazza che doveva assentarsi per un attimo, al che lei non sembrò preoccupata e
gli disse che si sarebbero rivisti di lì a poco. Wow, doveva proprio essere innamorata di Mike per accettare di così buon
grado i nostri “cambiamenti”.
Il ragazzo si rivolse ancora una volta a me.
Mi raccomando, non spaventare Zoey e trattala bene… Ci tengo molto a lei.
Io ridacchiai leggermente e alzai il pollice in sua direzione nel segno di un “okay”.
«Zta’ pure tranquillo!»
Poi mi lasciò prendere il controllo.

Aprii gli occhi sulla realtà con un grosso sospiro, proprio come al solito, e mi accorsi immediatamente di quanto mi fosse
mancato il mondo esterno: lì l’aria era davvero aria e la luce illuminava davvero tutto ciò che c’era intorno a me. Dentro la
mente che era la mia casa si stava bene, certo, ma in realtà era tutta un’invenzione nata dalla fantasia di Mike.
Sfiorai la stoffa ruvida del sofà e sospirai di piacere. Quelle erano sensazioni vere, sensazioni che potevo provare solo una
volta ogni tanto…
Persa in quei pensieri, quasi non mi accorsi dello sguardo intimidito e decisamente curioso della ragazza dai codini rossi
accanto a me, che mi fissava. Io battei le lunghe ciglia un paio di volte prima di metterla a fuoco davvero e sorriderle gentilmente.
«Uh, sei… Svetlana, giusto?» chiese, probabilmente spinta dal mio comportamento amichevole.
Chissà, magari per un attimo aveva avuto paura che spuntasse Vito, o Manitoba. Sì, ero a conoscenza del fatto che ci avesse
provato con lei e… no, non mi andava bene. Però ci ero passata sopra perché sapevo che ogni tanto si divertiva a comportarsi
così per farmi ingelosire e non volevo che pensasse di esserci riuscito. Ero orgogliosa, io!
Comunque tutto ciò non influiva assolutamente sull’idea che mi ero fatta della nuova ragazza di Mike.
«Da, e tu sei Zoey? Mike mi ha tanto parlato di te, zono felice di conoscerti!» esordii, per poi sporgermi a stringerla in un
abbraccio entusiasta. Forse un po’ troppo, perché la sentii irrigidirsi e decisi di allontanarmi con un sorrisetto di scuse.
La vidi rilassarsi immediatamente, probabilmente quando si rese davvero conto di cosa avevo appena detto.
«Mike ti ha parlato di me?» mi chiese con un leggero rossore sulle guance.
Mi sentii improvvisamente pervadere da una strana sensazione: era come se stessi spettegolando con un’amica su storie di
ragazzi, ed era una cosa che non avevo mai fatto in vita mia! Cioè, Mike non aveva mai avuto una conoscenza femminile
con cui rapportarmi, prima di adesso.
Ridacchiando le risposi.
«Oh, da! In effetti parla di te di continuo!»
Ed era vero! Tutti avevamo visto le nuvole dei sogni di Mike popolarsi del viso di quella ragazza che ora mi ritrovavo di fronte
e tutti eravamo stati testimoni di quanto lui avesse lottato per lei. Inoltre, ero la confidente ufficiale del padrone di quella
mente e lui si dilettava nel raccontarmi continuamente di quanto lei fosse fantastica… e io lo sopportavo solo per avere la
possibilità di parlare a mia volta del mio avventuriero preferito.
Lei si era fissata meglio il fiore tra i capelli, quasi a voler evitare una risposta imbarazzata, poi tornò a guardarmi.
«Beh? Sei qui per qualche motivo o…?» mi chiese, ricordandomi improvvisamente che non ero lì per fare conoscenza con
Zoey – anche se mi avrebbe fatto piacere conoscerla meglio in seguito.
«Sì! Anzi, sai, dovrei proprio… per caso hai carta e penna?»

Era vero, avevo promesso a Mike di non rubargli molto tempo.
Ma la verità era che non riuscivo a mettere giù due parole che avessero un minimo senso compiuto insieme!
Già, avevo deciso di scrivere a Cameron una lettera. Mi sembrava il modo giusto di parlare con lui senza doverlo vedere in
prima persona e… beh, credevo che non sarebbe stato difficile cimentarmi in un’impresa del genere.
Era stato dopo che Zoey mi aveva consegnato un foglio e una penna che mi ero resa conto di non sapere davvero cosa scrivere.
Non potevo semplicemente dire “Ciao Cam, sono contenta per la tua vittoria!” o “Ehi Cameron, tanti auguri!”, insomma, non
era esattamente da me.
Inoltre non era proprio l’idea che avevo avuto in origine: volevo qualcosa che non fosse romantico, eppure che fosse allo stesso
tempo pieno di quel sentimento amichevole che avrei per sempre provato per lui. Sì, mi rendevo conto che non sapevo nemmeno
spiegare cosa volessi ottenere davvero da quella lettera.
Nel frattempo la nave si avvicinava sempre più alla sua destinazione e il mio tempo si stava esaurendo sempre più velocemente…
Perché non riuscivo a scrivere nulla?!
Presi di nuovo la penna in mano e ne poggiai la punta su un nuovo foglio, decisa a scrivere qualcosa, qualsiasi cosa.

Carissimo…

No, non andava bene. Era troppo affettuoso, decisamente troppo!
Accartocciai il foglio e lo buttai nel cestino, dove rimbalzò tra altre palline di carta che avevo sprecato nell’ultimo quarto d’ora.
Sbuffai esasperata, passando una mano fra i corti capelli castani di Mike, e stavo proprio per arrendermi all’idea che non avrei
scritto una parola, quando una voce si fece spazio nella mia mente.
Sheila, va tutto bene?
Manny! Mi ero quasi dimenticata di aver lasciato il subconscio senza dirgli nulla, senza avvisarlo delle mie intenzioni.
Probabilmente in quel momento si stava chiedendo cosa stessi facendo fuori, visto che non stavo aiutando Mike in una sfida
di atletica o qualcosa del genere.
Adesso mi sentivo vagamente in colpa, anche se sapevo di non stare facendo nulla di male.
Beh, io… oh, Manny! Non so nemmeno io cosa zto facendo. Volevo zcrivere una lettera a Cameron, ma la verità è che non
riesco a mettere giù niente di sensato.

Tutti quei pensieri che stavo trattenendo erano sgorgati improvvisamente e avevano investito il mio avventuriero come una
valanga. E io mi ero subito mordicchiata il labbro, chiedendomi se avessi dovuto pentirmi di quella scelta.
Magari avrebbe pensato che lui per me non conta niente.
Magari avrebbe avuto di nuovo quei dubbi…
Il silenzio tra noi si protrasse per alcuni minuti, e stavo quasi per tornare dentro la mente di Mike per parlare a quattr’occhi
con lui, quando finalmente mi giunse una risposta.
Devi soltanto seguire il tuo istinto, Svet. Lui ti guiderà nella direzione giusta.
La sua voce sembrava decisa, per nulla titubante e intrisa di preoccupazione come me l’ero immaginata. Certo, sentivo una
punta di gelosia nelle sue parole, quasi impercepibile, ma per il resto sembrava tranquillo e totalmente pieno di fiducia nei
miei confronti.
Aveva accettato ciò che c’era stato tra me e il ragazzo bolla, e probabilmente quello avrebbe chiuso tutta la faccenda. Stava
bene anche a lui.
Sospirai, ancora non del tutto convinta, e lui aggiunse alcune parole che riuscirono finalmente a farmi fare chiarezza sulle
mie intenzioni.
Tu hai un gran cuore, Sheila. Lascia che sia lui a parlare per te.
Le mie labbra – anzi, quelle di Mike – si piegarono improvvisamente in un sorriso.
Aveva ragione! Non dovevo concentrarmi troppo: fino a quel momento avevo lasciato che fosse la mia testa a decidere,
preoccupandosi solo di quello che avrebbe potuto ferire Cameron o meno. Invece avrei lasciato che fosse il cuore a parlare
per me.
Presi la penna e cominciai a scrivere.

{Cameron.

Non mi sarei mai aspettato la vittoria!
Non che avessi poca fiducia nelle mie capacità, ma diciamo che ero già pronto a rientrare nella tanto amata bolla dove avevo
vissuto per sedici anni. In fondo si stava anche bene, lì dentro.
Però dovevo ammettere che l’esperienza di Wawanakwa mi aveva cambiato, e in meglio! Ero riuscito a sconfiggere molte delle
mie fobie e avevo fatto cose che non avevo mai nemmeno pensato di poter fare. Insomma, quest’isola mi aveva cresciuto, da
molti punti di vista…
I miei occhi avevano scrutato Mike mille volte, durante quella sfida, alla ricerca di un baluginio, di qualcosa che mi indicasse
che anche qualcun altro, qualcuno che era parte del mio migliore amico e allo stesso tempo ne era completamente distaccata,
stesse svegliando su di me.
Sì, era vero: non mi ero ancora dimenticato di Svetlana.
Era chiaro, ormai, che lei non avesse più intenzione, né modo di vedermi, visto che Mike aveva vietato i contatti tra noi  per
non distruggere la relazione con Zoey. Ma allo stesso tempo, sembrava che lei si fosse completamente dimenticata di me.
Dovevo ammettere che il suo comportamento mi aveva ferito.
Lei era stata così importante, per me. Era stata la prima ragazza con cui ero davvero entrato in confidenza, e i sentimenti che
provavo per lei erano molto più profondi di quelli amichevoli che mi sarei aspettato. Eppure l’avevo rinnegata per Mike, per
non fargli un torto, e lei non aveva avuto più il coraggio di parlare con me.
E lo sapevo, sì, che adesso c’era qualcosa tra lei e Manitoba. E per quanto fossi felice per lei, non potevo negare di odiare quel
cowboy. Era un’emozione giustificabile, no?
«Cameron, la tua aura sembra decisamente grigia… su cosa stai rimuginando?» una voce pacata e gentile interruppe il silenzio
e tutti i miei pensieri, facendomi sobbalzare.
Mi voltai di scatto verso la persona in questione, che mi guardava nel suo solito modo misterioso e leggermente inquietante.
Ma sapevo che non c’era nulla da temere con lei.
«Dawn! Mi hai sorpreso» dissi solamente, passandomi una mano sulla nuca e ridacchiando, un po’ nervoso per la sua presenza.
Riusciva a mettermi in soggezione, con quelle sue strane occhiate.
Restai in silenzio, aspettandomi che mi dicesse qualcosa, ma lei non disse altro e continuò a fissarmi come carica di aspettativa.
Solo dopo qualche minuto mi resi conto che non avevo ancora risposto alla sua domanda.
«Oh, ti chiedevi a cosa pensavo? Beh, nulla di importante…» sussurrai, per poi darle le spalle e appoggiarmi alla ringhiera dello
yacht. L’aria era frizzante e mi concentrai sulle onde che la nave formava al suo passaggio.
La spuma marina creava un scia, un segno che sembrava scomparire solo dopo molto tempo… proprio come non mi sarei
dimenticato facilmente di lei.
«Era importante, non la dimenticherai in fretta.»
Dawn si era avvicinata, sfiorando i tubi d’acciaio della ringhiera con le sottili dita chiare, e sembrava quasi fluttuasse. Quella
ragazza aveva qualcosa di etereo e magico… qualcosa di decisamente strano. In più, aveva appena letto i miei pensieri!
Rabbrividii, ma cercai di non darlo a vedere, e mi limitai a drizzarmi meglio gli occhiali sul naso, senza guardarla.
«C-come fai a saperlo?» la mia voce tremò, rivelando che ero stato davvero colpito da quella sua affermazione. Era sempre
così: quando si trattava di Svetlana, non riuscivo a riflettere in modo sensato e a comportarmi in modo sensato.
La ragazza sospirò, lasciando che la brezza solleticasse i suoi lunghi capelli biondi, poi fissò lo sguardo sul mio e disse
semplicemente cinque parole.
«Lo leggo nei tuoi occhi.»
Io restai a guardarla senza sapere cosa dire.
Dovevo lasciarmi andare e confidarmi con qualcuno su tutto ciò che stavo provando? Dovevo restare zitto e sorridere
semplicemente per la vittoria che mi ero appena conquistato, lasciando che la gloria e la fama che avrebbero seguito
seppellissero tutti i miei sentimenti per la ballerina intrappolata nella mente del mio migliore amico?
Era così difficile, così ingiusto, anche.
Mentre ero ancora lì, a bocca aperta senza sapere cosa dire, qualcuno arrivò dietro di noi e interruppe quello scambio che,
mi accorsi solo in quel momento, era davvero confidenziale.
Ci voltammo entrambi verso il nuovo arrivato, che non era altri che Mike.
Dovetti reprimere un brivido che mi era corso lungo la schiena proprio in quel momento, mentre lui ci guardava in modo
interrogativo alternativamente, come se stesse valutando la situazione.
«Ehi… ho interrotto qualcosa, ragazzi?»  chiese allora, vagamente imbarazzato.
Io scossi la testa con vigore, come a voler negare l’intera conversazione che avevo avuto con Raggio di Luna, e mi avvicinai
a lui con fare amichevole.
«Certo che no, Mike. Dovevi dirmi qualcosa?»
Lui allora si infilò una mano nella tasca dei jeans, per poi tirarne fuori un foglio di carta stropicciato e ornato da una
calligrafia elegante e piena di riccioli. Uhm, decisamente non era la sua scrittura, ma avevo una vaga idea di chi fosse
l’autrice di quella cosa.
«Beh, non sono esattamente io a doverti dire qualcosa» commentò, prima di porgermi il foglietto, che si rivelò essere una lettera.
Il mio cuore perse un battito. Svet.
Mi aveva scritto una lettera.


Caro Cameron,
come stai? Sono certa che a quest’ora starai festeggiando la vittoria circondato da tutti i tuoi amici!
Ti ho scritto questa lettera proprio per questo, per farti i miei più sinceri complimenti. Non avrei potuto sperare in
un vincitore migliore di te, per questa competizione. Ti meriti proprio la vittoria.
Sai, Cam? Sembra che Mike mi abbia perdonata per… beh, quello che è successo tra di noi. Mi ha persino detto che
avrei potuto parlare con te, se lo avessi desiderato.
Io ho preferito, però, mandarti questa lettera. Forse non ho più il coraggio di guardarti negli occhi, non so, o forse
semplicemente credo che sia meglio così per entrambi.
Non dovrei dirtelo, lo so, ma sono felice adesso. Manitoba mi tratta davvero come una regina, è sempre qui accanto
a me e mi riempie di attenzioni; non avrei potuto desiderare di meglio!
Già, probabilmente questo ti ferirà.
Sono un’idiota a raccontarti della mia felicità, ma dovevo farlo, dovevo scriverti per salutarti definitivamente. Era il
mio cuore a desiderarlo, e mi sono decisa a dargli ascolto, per una volta.
Prima di lasciarti, però, devo dirti una cosa, è molto importante per me.
Cam… un giorno sono sicura che troverai qualcuno che ti apprezzerà molto più di quanto io avrei mai potuto fare.
Sarà una ragazza dolce, comprensiva, amante dell’arte e della letteratura. Sarà buona con te e ti farà sentire il ragazzo
più fortunato della terra.
Potrà essere al tuo fianco ventiquattro ore su ventiquattro e sarà bellissima, così bella che chiunque ti invidierà per
averla conquistata. Cam, so quanto mi volevi bene, quanto hai cercato di proteggermi con tutte le tue forze, e sai
anche tu quanto ti ho voluto bene. Sei stato il primo a farmi sentire unica, a farmi capire che io non sono solo una
scheggia nel subconscio di un ragazzo che ha avuto tanti problemi nella sua esistenza. Non lo dimenticherò.
Sai che per me sei e resterai sempre una persona importante.
Sarai un amico su cui io e Mike potremo contare sempre, ne sono certa.
Spero solo che, quando ripenserai a me, se mai lo farai, riuscirai a sorridere come io sto facendo adesso, lasciando
che ricordi che abbiamo condiviso siano motivo di serenità.

Un abbraccio,
Svet.



Angolo di Kirlia: 
Ed eccoci all'ultimo capitolo. Come potete vedere, la fic non è ancora completa in quanto manca l'epilogo *tutti si 
lamentano del vizio di Kirlia di allungare le storie all'infinito* ç_ç
Ma tranquilli: l'ho già scritto, quindi non dovrete attendere all'infinito, come è successo con questo. 
Mi scuso profondamente per il ritardo, come al solito, ma capitemi, è un periodo difficile e pieno di impegni per me, non
riesco a stare dietro a tutto! :( 
Forse questo capitolo non vi sarà sembrato fantastico - lo ammetto, non è un granché - ma l'epilogo secondo me vi
piacerà da morire *_* 
Che dire? In questo pezzo ho voluto dedicarmi alla "conclusione" definitiva della Camlana, perché mi sembrava che fosse
rimasta un po' in aria, così, senza una vera e propria conclusione che secondo me ci voleva. Perché sì, perché anche se
Cam non sta simpatico a nessuno doveva avere il suo spazio, in quanto uno dei personaggi principali della prima parte
della storia. E io ci tengo a fare le cose per bene XD 
Vabbè, per oggi non ho altro da dire tranne... controllate in questi  giorni! Vi ritroverete finalmente l'epilogo *_* 
E... grazie per le recensioni, siete sempre così tenerelli! Vi adoro <3 Anche nella nuova storia, Beauty and the Freak, ho
avuto moltissimi commenti positivi e ne sono stata strafelice! 

Un bacione a tutti, 
Kirlia <3

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Capitolo 26
*** Epilogo ***


Epilogo.


Blaineley era emozionata all’ennesima potenza.
Tutti i concorrenti dell’ultima edizione di A Tutto Reality erano lì, di fronte a lei, pronti per essere intervistati nel suo
fantastico programma: A Caccia di Celebrità.
E lei sarebbe stata su tutti i giornali per un po’ di tempo, grazie a questa puntata che le avrebbe donato proprio tutta
la visibilità che aveva sempre agognato!
Se c’era poi qualcuno a cui proprio aveva voglia di fare delle domande, quello era Mike, l’Alter Ego. E in particolare
voleva dei dettagli davvero succulenti sulla faccenda delle sue personalità, che stavano spopolando sul web!
«Dicci tutto, Mike! Vogliamo un commento su Chester, Svetlana, Vito e Manitoba. Sai, le tue odiose, incostanti ed
eccentriche personalità sono le preferite del pubblico!» trillò eccitata.
Il ragazzo tossicchiò, vagamente imbarazzato da tutta quell’attenzione che il suo problema aveva attirato. Lui era sempre
stato molto reticente a parlarne, a causa del timore che la gente cominciasse ad additarlo e a chiamarlo “schizzato”.
Invece sembrava che le persone da casa si fossero sentite vicine a lui e che lo avessero apprezzato davvero molto nelle
sue performance. Peccato che lui non fosse un attore, per nulla, e che le sue identità alternative non fossero decisamente
sotto il suo controllo. 
Comunque, avrebbe fatto bene a sbrigare in fretta quella faccenda, per poter tornare alla sua tranquilla vita di Ottawa.
«Beh, che dire…» il ragazzo cercò le parole giuste, indeciso su cosa rivelare.
Niente che fosse troppo compromettente, di certo.
La presentatrice bionda lo guardava, carica di aspettativa, e lui si rese conto che probabilmente anche il pubblico da casa
stava attendendo quella risposta come lei. Era una strana sensazione!
«Chester, lui è un tipo piuttosto difficile da accontentare. Figurati, non ha nemmeno un colore preferito!» cominciò, e un
sorriso gli increspò le labbra, suo malgrado. Per quanto a volte non sopportasse le prediche di quel vecchietto, non poteva
negare di trovarlo divertente. Era come un nonno scorbutico, per lui.
Il sorriso della conduttrice vacillò, probabilmente non aveva intenzione di parlare di Chester, ma di qualche personalità
decisamente più interessante.
«Certo. Ma parlami di Vito! Il triangolo – anzi, quadrangolo – che si è creato in questa stagione tra te, Vito, Zoey e Anne
Maria è stato al centro dei pettegolezzi del pubblico per settimane! Raccontaci qualcosa di lui» lo invitò, con uno sguardo
famelico.
Ecco, pensò Mike, era questo lo scoop che voleva. Ovviamente la sua personalità italo americana non aveva potuto evitare
di metterlo in una cattiva luce, e tutto per attirare l’attenzione su di lui.
Eppure poteva dire di volere bene anche a lui… in un certo senso, insomma.
Decise comunque di non dire niente riguardo alla situazione spiacevole che il suo alter ego aveva creato, soprattutto per
non ricordare al diretto interessato che ormai la sua storia con la truzza era chiusa. Ripiegò su qualcosa di diverso.
«Vito. Lui è più di quello che avete visto in tv: adora le auto e ha lavorato spesso con mio zio Vinnie. Lui è un meccanico,
si occupa di aggiustare vecchie auto» disse, sapendo che suo zio sarebbe stato felicissimo di essere stato nominato in tv.
Erano entrambi dei tipi egocentrici, avrebbero goduto di quel quarto d’ora di notorietà.
Poi, però, prima che Blaineley potesse concentrarsi di più sulla relazione che si era creata all’interno del programma,
passò ad un’altra personalità.
Una che lo aveva salvato più volte, quella a cui era più affezionato. Colei che considerava una sorella.
«Svetlana, lei è speciale. Le piacciono molto i film d’amore e le piacciono molto i cibi che la mantengono in perfetta forma»
si trattenne dall’affermare in pubblico quanto la volesse bene solo per non creare gelosie negli altri componenti del gruppo
nella sua mente.
Anche se, in effetti, non li sentiva attenti a quella conversazione. Era come se fossero impegnati in qualcosa di molto più
importante.
Beh, meglio così, non avrebbero interrotto la sua intervista mettendolo in situazioni scomode. Li avrebbe lasciati ai loro
“impegni”.
La presentatrice cambiò argomento con un gesto della mano. Probabilmente la mia personalità donna non aveva creato
così tanto scalpore del pubblico da concederle qualche parola in più.
Si sedette più vicina a lui sul divanetto, quasi a volergli fare una confidenza, poi guardò verso la telecamera strizzando
un occhio con fare seducente.
«E adesso dicci di Manitoba. Inutile dire che ha conquistato tutto il pubblico femminile di A Tutto Reality!» disse sogghignando.
E a quel punto il ragazzo si aspettò che Svetlana spuntasse per darle un pugno in faccia. Insomma, non era così gelosa,
forse, ma avrebbe dovuto quanto meno reagire a una provocazione del genere.
Invece… silenzio.
Ancora nulla dalla sua mente.
Mike cominciò a preoccuparsi: perché le sue personalità, che di solito erano così ficcanaso, tacevano completamente? Non se
n’erano mica andate, giusto?
Tutto quel silenzio nella sua testa lo rendeva tremendamente spaesato.
Blaineley, nel frattempo, aveva avvicinato il microfono, in attesa della risposta che gli avrebbe procurato decisamente un milione
di ascolti. L’ex-concorrente aprì la bocca, ma nessuna parola venne fuori.
In realtà conosceva Manitoba da solo poche settimane, non aveva proprio fatto conoscenza con lui e non gli veniva in  mente
nessun aneddoto da raccontare. Cosa poteva dire?
Fu a quel punto che decise di concentrarsi di più, lasciando che la sua coscienza fosse risucchiata all’interno della sua mente:
per dare una risposta a quella domanda avrebbe dovuto chiedere proprio all’avventuriero, e nel frattempo avrebbe capito cosa
stavano facendo di così interessante.

Il ragazzo aprì gli occhi, ritrovandosi nello spazio incontrastato che era la sua mente, ma non sembrò riconoscerlo. Tutto era
splendente: la luce si irradiava su una distesa di erba verde che sembrava non finire mai, gli uccellini – sicuramente frutto della
sua fantasia – canticchiavano come se fosse una giornata di primavera.
Mike si alzò in piedi, passandosi distrattamente una mano sulle maniche della giacca che non si era accorto di stare indossare.
Aspetta… una giacca?
Si guardò: indossava uno smoking, un abito piuttosto elegante rispetto al completo casual che aveva in quel momento nella
realtà, e si chiese come mai. Che stava succedendo in quella mente di cui lui non era a conoscenza? Che cosa stavano combinando
quei quattro durante la sua assenza?
Fu proprio in quel momento, mentre si faceva queste domande, che una mano si posò sulla sua spalla, richiamandolo, e lui si
voltò lentamente.
La visione che si trovò davanti lo lasciò a bocca aperta: una ragazza bellissima, dai lunghi capelli biondi acconciati in uno chignon
basso e adornati da un piccolo fiore rosa, era di fronte a lui.
Mike trattenne il fiato, osservando il principesco abito bianco che la ragazza indossava, un abito che più che per una ballerina
sembrava adatto a… una sposa!
«Svet, ma cosa…?» furono le uniche cose che riuscì a dire, prima che lei lo prendesse per un braccio e lo trascinasse in una direzione
sconosciuta.
«Era ora che arrivassi, Mike! Ztavamo aspettando solo te per cominciare» esordì la ragazza, con un tono di voce visibilmente
emozionato e una camminata svelta e impaziente.
Il sorrisone che aveva sulle labbra tinte di un bel color ciliegia non sfuggì al padrone di quella mente: la ginnasta russa era davvero
raggiante. Ma stava davvero per…?
«Cominciare cosa, esattamente?» chiese lui, per fare in modo di eliminare ogni suo dubbio. Aveva un sospetto su quello che stava
per succedere, ma probabilmente pensava che quella possibilità fosse assurda e davvero davvero impossibile.
Eppure il vestito della ragazza non lasciava spazio a dubbi.
Svetlana si fermò, guardandolo come se non si fosse resa conto che lui non sapeva davvero niente di quello che stava per accadere.
Ma dov’era stato in tutti quei giorni in cui aveva dovuto occuparsi dei preparativi, in cui aveva persino chiesto un’opinione a Zoey
su quale dovesse essere il vestito adatto per lei?
Insomma, poteva davvero essere all’oscuro di tutto?
«Ma il mio matrimonio, è ovvio, da! E tu devi accompagnarmi all’altare! Manny è lì ad azpettarmi da ore per colpa del tuo ritardo»
ribatté, per poi riprenderlo per una mano, trascinandolo su per la collina dove si stagliava un’enorme quercia dalle fronde verdi e lucenti.
Mike spalancò gli occhi a quelle parole. Allora aveva capito bene: quelle sue due personalità non solo si amavano – cosa abbastanza
curiosa, si doveva ammettere – ma avevano persino intenzione di sposarsi!
E lui avrebbe dovuto accompagnare quella che solo pochi minuti prima aveva definito sua sorella. Oh mamma, era decisamente…
nervoso!
In cima alla collina si trovava un bellissimo arco di rose bianche e rosse, sotto il quale si trovavano Chester, che a quanto sembrava
avrebbe dovuto officiare alla cerimonia, e Manitoba, in uno smoking bianco e un elegante cappello in tinta. Vito era poco distante,
seduto su una panchina di pietra con aria annoiata. Appena li vide arrivare, premette un tasto sulla radio che si era portato dietro.
Proprio mentre Mike osservava lo sguardo emozionato e nervoso dell’esploratore australiano, una musica nuziale si diffuse nell’atmosfera
e la sposa lo prese a braccetto, muovendosi poi velocemente verso l’altare.
Il padrone di quella mente era ancora stordito, quando aveva lasciato Svetlana e si era andato a sedere accanto a Vito. Non poteva
credere ai suoi occhi.
«Ragazzini! Siamo qui riuniti oggi per unire questi due mocciosi nel sacro vincolo…» cominciò Chester, cambiando decisamente il
tono solenne che avrebbe dovuto avere quella cerimonia.
Non ebbe comunque nemmeno il tempo di completare la frase, che Vito si alzò in piedi sbuffando.
«Yo, vecchio, salta tutta la tiritera e vai al punto!»
I quasi-sposi, anziché arrabbiarsi per quella affermazione, sorrisero e fecero cenno all’anziano di passare direttamente al fulcro
di quell’evento.
«Ragazzaccio impertinente…» commentò Chester, prima di fissare la coppia di fronte a lui che aspettava chiaramente il suo benestare.
«E voi due, cosa avete da guardare? Scambiatevi queste promesse e finiamola qui!» borbottò ancora, prima di fare un passo indietro
e lasciare la giusta intimità ai due ragazzi.
Solo allora Svetlana alzò davvero lo sguardo ad incontrare quello del ragazzo che stava per dichiarare suo marito, e un nodo alla
gola sembrò quasi volerle bloccare il respiro. Non sapeva cosa dire, non aveva pianificato nessun discorso per quel giorno: ogni
cosa che aveva pensato non le sembrava giusta, non le sembrava abbastanza per descrivere tutto quello che provava per il suo
avventuriero, il suo Manny, che ora era lì di fronte a lei e attendeva le sue parole.
Socchiuse le labbra, ma non ne sfuggì nessun suono.
Per un attimo si disse che non ne sarebbe stata capace, che sarebbe stato meglio scambiarsi lì gli anelli e subito, senza bisogno
di tante cerimonie… ma poi rifletté.
E si ricordò di quel consiglio che proprio lui gli aveva dato poco tempo fa, un consiglio che poteva valere anche in quel momento
e in molti in avvenire.
Tu hai un gran cuore, Sheila. Lascia che sia lui a parlare per te.
Sì, era quello che doveva fare.
«Manny…» sussurrò, la voce incrinata da un’emozione di cui non riusciva a liberarsi «… sai? Ricordo ancora il giorno in cui ci
ziamo conosciuti la prima volta. Tu sembravi talmente sicuro, talmente pieno di te che mai avrei creduto che avrezti potuto
posare lo sguardo su di me. Eri zpavaldo e coraggioso, eppure allo stesso tempo gentile e dolce, davvero dolce. Mi sei stato
accanto nei momenti più bui, e ho imparato presto ad avere bizogno della tua presenza, a desiderare di poterti avere vicino,
di poterti sfiorare…» sussurrò, alzando poi una mano guantata di bianco che carezzò dolcemente la guancia del suo amato.
Lui sorrise in quel modo che la ballerina considerava così bello, e poggiò una mano sulla sua, quasi a voler sentire meglio il
calore del suo palmo sulla pelle.
«Io… sono zolo una personalità, e in quanto tale mai avrei pensato di poter essere davvero felice, mai avrei penzato di poter
trovare l’amore. Eppure ho trovato te, e mai avrei potuto deziderare qualcosa di meglio.»
L’australiano si schiarì la voce, sapendo di non essere per nulla capace di trovare frasi più giuste di quelle che lei aveva già detto.
Ma c’era qualcosa che nessuno, nemmeno lei sapeva, e quello era il momento di rivelarlo.
«Sheila, tu mi hai incantato dalla prima volta in cui ti ho vista. Ti ho vista danzare su quel palco, leggiadra come una farfalla
e leggera come una piuma… meravigliosa.»
L’espressione di Svetlana fu di chiara sorpresa: non aveva alcuna idea di quell’incontro, non poteva averla. Allora Manitoba
non era altro che una personalità secondaria, esistente ma non del tutto formata nella mente di Mike, e la ballerina non era
in grado di vedere i “fantasmi” delle identità che non erano ancora diventate veri e propri alter ego.
«In quel momento non ero ancora nessuno, io, ma mi ero ripromesso una cosa: se mai Mike fosse riuscito a crearmi davvero,
non avrei perso l’occasione di conoscerti. Desideravo così tanto parlarti, così tanto poter toccare i tuoi capelli biondi e le tue
morbide labbra…» si interruppe solo un attimo, chiedendosi se stesse andando troppo oltre. Ma tutti sembravano ascoltare
in rispettoso silenzio, e la sua Sheila lo guardava con grandi occhioni lucidi.
E, in effetti, nemmeno lui poteva negarlo: l’emozione del momento l’aveva sopraffatto.
«Ho dovuto lottare per averti, Svet, ho dovuto proteggerti da mille e mille pericoli, ma non mi pentirò mai di averlo fatto.
Perché è questa la mia avventura, tu sei la mia unica e vera avventura
La forte e determinata ginnasta olimpionica sorrise tra le lacrime che erano infine sfuggite al suo controllo, a quelle ultime parole.
Il suo ragazzo, il suo Manny. Mai avrebbe potuto desiderare qualcosa di più, aveva detto, ed era vero.
Lui gli aveva spiegato qual era il vero amore, e lei lo avrebbe amato per sempre.
«Ti amo, Manny.»
«Ti amo, Svet.»
Le loro labbra si incontrarono e Mike si alzò subito preso dalla foga di applaudire per quell’unione che, pur essendo strana e
persino impossibile, era la più bella che avesse mai visto.
Non poteva essere più felice di così, e si accorse presto che Chester applaudiva a sua volta e che persino Vito sembrava essersi
commosso per quell’evento così straordinario e romantico, tanto da non riuscire a nascondere gli occhi lucidi.
Il ragazzo dalle personalità si avvicinò alla coppia per fargli i propri auguri, ma prima che riuscisse ad abbracciare i novelli sposi
sentì qualcosa risucchiarlo via, trascinarlo lontano da quei prati e da quella vecchia quercia.
Chiuse gli occhi per riflesso e trattenne il respiro.

«Allora, dicci!» trillò ancora Blaineley.
Mike si guardò intorno, rendendosi conto di essere tornato nella realtà. Il pubblico attendeva le sue parole, sperando di scoprire
qualcosa di entusiasmante. Ma lui era ancora talmente sconvolto che le uniche cose che riuscì a dire furono.
«Manitoba… lui è sposato!»
E allora un coro di delusione si diffuse tra le donne sugli spalti.


 
Fine.

 
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Angolo di Kirlia: 
Ed eccoci arrivati alla fine. 
Wow, ragazzi, era da secoli che non finivo una long. Per me è un grande traguardo e sono felice di aver messo la parola fine a
questa storia, che era cominciata nel lontano 2012 e si conclude solo adesso. E soprattutto è stato per me un grande onore avere
un tale riscontro nella mia storia: mai avevo sfiorato questi numeri in fatto di recensioni, e sono davvero felicissima che molti di
voi l'abbiano letta con molto interesse e abbiano aspettato i capitoli con tanta pazienza! 
Che dirvi? Senza di voi non ce l'avrei mai fatta e non mi dimenticherò mai del vostro appoggio. 
Vi ringrazio tantissimo, tutti, da coloro che non hanno perso mai occasione di commentare a chi ha soltanto letto. Grazie! *_* 
Io sono cresciuta grazie a voi e anche la storia si è evoluta insieme a me. Non ci credete? Vi svelerò alcune cose che potrebbero
lasciarvi a bocca aperta: 
1) Questa storia era nata come una Zoke, con la Camlana come coppia secondaria. Beh, non è andata come previsto...
2) In questa fiction Manitoba non doveva nemmeno esistere. Cavolo... non sarebbe stata per nulla la stessa cosa! 
3) La storia doveva finire con un "esperimento scientifico" in cui le varie personalità venivano "liberate" dal corpo di Mike per vivere
una propria vita nella realtà. Questo avrebbe consentito la Camlana XD 
4) Non doveva essere più lunga di 15 capitoli. Non è andata come previsto XD 
E ci sarebbero anche tante e tante altre cose da dire, ma ormai si sono perse nell'oblio della mia mente. 
Eppure sono così felice di come sia venuta fuori, alla fine. Non potrei essere più felice! 

Che fare, che fare... dirvi addio è così difficile! 
Mi ero talmente abituata alla vostra presenza che pensare di non poter parlare più con alcuni di voi mi spezza il cuore :( Ma
purtroppo è così che deve andare... 
Beh! Sono certa che ci potremo rivedere in altre storie, e spero davvero di risentirvi! 
Adesso basta con la tristezza, vi dico solo che questo "percorso" che ho fatto è stato fantastico e che vi ringrazio ancora per tutto! 
Un bacione enorme a tutti voi, 
Kirlia <3

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