Heartstrings di Dryas (/viewuser.php?uid=48167)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***
Capitolo 1 *** Intro ***
-nik del
forum: Dryas.
-nik di EFP: Dryas
-Avvertimenti:
tematiche delicate
-Pacchetto scelto:
pacchetto Rosso (cuore-sangue-Hinata-drammatico)
-Citazione: solitudine
(Non sei solo in questo mondo ma siamo due, insieme, e io so chi sei
tu." Gibran Khalil)
HEARTSTRINGS
Intro
Hinata
cercò di nascondersi dietro l’alta figura di suo
padre. Spostò gli occhi a terra e li mantenne fissi,
spalancati, con il terrore a macchiare la loro purezza. Si trattenne
dal portarsi le mani alla testa, per non sentire più le
grida di dolore di Neji. A ogni frustata il suo corpo si contraeva in
uno spasmo, distorcendo il suo viso in una maschera di sofferenza. Il
suo sangue si alzava nell’aria in piccole gocce, trascinato
dalla violenza della frusta, e macchiava il cortile di villa Hyuga,
dove da bambini avevano passato intere giornate a giocare.
-E’
sufficiente.- La voce di suo padre tuonò grave e il suono
secco cessò. Neji aveva le mani legate a una delle travi del
porticato e si era abbandonato a quel sostegno con tutto il suo peso.
Rivoli rossi scendevano dai suoi polsi lungo le braccia e la schiena
non aveva più un lembo di pelle integra. Hinata si trattenne
dal correre in suo aiuto. Rimase a guardare mentre lo slegavano e lo
portavano via, incapace di muovere un solo muscolo.
-Questo è
quello che succede ai traditori- continuò Hiashi, portandosi
avanti di qualche passo e rivolgendosi ai membri del clan Hyuga accorsi
per assistere alla punizione di Neji. –Spero di essere stato
chiaro.-
Mentre parlava, Hinata
notò che il suo abito era cosparso da una pioggia di macchie
scure. Il sangue di Neji aveva raggiunto anche il nuovo Hokage di
Konoha, tra le cui mani c’era la frusta che poco prima aveva
flagellato la schiena di suo nipote. Aveva uno sguardo severo e
austero, come sempre, ma ora era attraversato da un lampo di crudele
follia.
Hinata
indietreggiò impaurita: si ricordò di avere
quegli stessi occhi, di essere sangue del suo sangue.
Aspettò che il discorso finisse senza ascoltarne una parola;
rimase paralizzata dal pensiero di avere dentro di sé la
stessa follia di suo padre e si mosse solo quando lo fecero anche le
persone accanto a lei.
Si
allontanò dal cortile con passo veloce: quel peso, che da
settimane aveva sul petto, stava per soffocarla. Raggiunse le sue
stanze e, dopo aver chiuso il fusuma dietro di sé, si
lasciò cadere a terra.
Piegò il
collo in avanti, lasciando che lacrime calde cadessero sulle assi di
legno del pavimento, ma quando la sua vista ritornò nitida
capì di non sentirsi meglio. Con un urlo strozzato si rimise
in piedi e cominciò a slacciare il kimono. Le sue dita
tremavano in modo così incontrollabile che fu costretta a
strapparlo. Lasciò a terra, come un cadavere dilaniato, la
seta che poco prima la avvolgeva con morbidezza.
Era macchiata di
sangue.
Buongiorno a tutti, cari
lettori!
Spero che l’intro abbia attirato un po’ la vostra
attenzione, il primo capitolo seguirà a breve. Questa
sarà una long fic, di dieci capitoli, piuttosto drammatica,
con al centro il personaggio di Hinata. Non sono una fanatica della
coppia Hinata-Naruto, ma ho già scritto di loro (tanto,
tanto tempo fa) e, ovviamente, mi piace (altrimenti dieci
capitoli col cavolo che saltavano fuori :P). Spero di trovare la vostra
approvazione, specialmente di chi è invece fanatico di
questa coppia, e per ogni dubbio/chiarimento/domanda/critica sono a
vostra disposizione!
Preciso che compariranno anche personaggi come: Kiba, Ino,
Shikamaru e Akamaru!
Infine, ne approfitto per ringraziare Tomoko-chan per il
fantastico contest che ha riacceso l'ispirazione! Vada come vada, io
sono già contenta di questo.
A
presto,
Dryas
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Capitolo 2 *** Capitolo Uno ***
Capitolo Uno
L’unica
colpa di Neji era di essere il nipote di Hiashi Hyuga. Era arrivato a
pensare che sarebbe stato meglio se suo zio l’avesse ucciso
vent’anni prima insieme a suo padre e a sua madre, invece di
crescerlo come suo schiavo.
Erano passate due
settimane da quando l’aveva fustigato davanti
all’intero clan. Erano due settimane che non si metteva in
piedi. Aveva il collo rigido e gli arti indolenziti. Non ricordava
molto delle ore dopo l’accaduto, sapeva solo che se avesse
mosso un solo muscolo della schiena sarebbe svenuto di nuovo per il
dolore.
-Come ti senti?- la
voce dolce di Hinata lo sorprese. Aprì gli occhi e la
trovò inginocchiata accanto al suo futon, in una posa
perfetta. Troppo perfetta.
-Perché? Ti
interessa?- le domandò. La sua voce suonò rauca e
spenta, e Neji l’interpretò come
un’altra sconfitta.
-Certo, cugino-
rispose l’altra, la cui espressione si fece addolorata
–ho curato le tue ferite e ti ho vegliato per tutto il tempo
che ho potuto-
-Dovrei anche
ringraziarti?- questa volta la rabbia si fuse con il suo tono profondo
e grave. Se avesse potuto sarebbe già andato via da quella
stanza, lontano da lei, lontano da tutti.
-Mi dispiace-
Sopportò il
dolore che un cambio di posizione nella sua situazione comportava e le
diede spalle. Si trattenne dall’urlarle in faccia di
andarsene solo perché si trovava ancora sotto lo stesso
tetto di chi gli aveva inferto quelle ferite e voleva restare vivo, ma
aveva tutta l’intenzione di ignorarla.
-Farò
portare del brodo caldo. Buonanotte, cugino-
Hinata
uscì. Chinò il mento e sopirò.
Fissandosi i piedi, si incamminò verso le sue stanze. Il
sole stava tramontando e i suoi raggi primaverili,
dall’arancione intenso, stravolgevano l’aspetto di
villa Hyuga: in quel mare d’oro sembrava un posto magico. Si
fermò di fronte all’ingresso del piccolo giardino
interno. La luce sembrava liquida, setosa, e illuminava lo sconosciuto
di fronte a lei facendo brillare i suoi occhi blu. I suoi capelli,
invece, si fondevano con il giallo del sole.
Fermo, in una posa
rigida, la stava fissando come se fosse in attesa di una sua risposta,
con occhi profondi e grandi, circondato delle foglie cremisi di un
acero.
-Ah … -
allungò una mano verso di lei, ma erano troppo lontani per
potersi anche solo sfiorare. Hinata spostò lo sguardo sulle
sue dita, lunghe, rovinate ma sottili. Avevano cercato di toccarla, ma
sembravano aver perso il coraggio a mezzaria. Tornò a
guardarlo. Non poteva credere che fosse lui.
-Io … -
continuò, ma la voce venne meno di nuovo.
-Signorina Hinata- la
luce sfumò. Ora poteva vederlo bene, senza
quell’aura di magia ad avvolgerlo, e gli diede le spalle con
un movimento rapido ma elegante.
-Keyko, voglio
rimanere sola- disse. I suoi geta ticchettarono sul pavimento e si
fermarono di fronte alla domestica. Un passo in più e
avrebbe potuto vedere l’intruso nascosto tra i rami
dell’acero rosso.
-Ma è in
ritardo per la cena. Sa che suo padre odia aspettare-
-Solo cinque minuti-
ribatté Hinata con voce più ferma –e
questo lo prendo io. Puoi andare Keyko-
La domestica si
allontanò con passi veloci senza protestare. Hinata si
voltò e cominciò a camminare dalla parte opposta.
Lanciò solo un breve sguardo all’intruso, ora
quasi coperto dall’oscurità, e ritornò
nella stanza di Neji reggendo tra le mani un piatto di minestra.
-Grazie- le disse una
volta chiuso il fusuma alle loro spalle –mi hai salvato la
vita-
Hinata si
inginocchiò accanto al cugino, di nuovo addormentato, e
appoggiò il piatto a terra.
-Sei qui per portarlo
via?-
Era stato il suo unico
amico. Ed era quasi morto per quello.
-Sì- il
ragazzo rimase distante. -Tu sei la figlia di Hiashi?-
Non ricevette
risposta. Le dita delicate di Hinata sfiorarono il viso di Neji,
spostando una ciocca di capelli dai suoi occhi. Era la figlia del
più crudele degli uomini di Konoha, sì, e tutti
lo sapevano, non c’era bisogno di dirlo ad alta voce.
-Ha ancora bisogno di
cure- continuò, conscia del fatto che nessuno avrebbe voluto
trovarsi da solo insieme a lei -ha molte ferite profonde e
c’è bisogno di tempo perché guariscano-
-Non vuoi sapere chi
sono io?- chiese all’improvviso l’altro. Hinata si
rimise in piedi e si voltò verso di lui. Era di fronte a un
uomo che non apparteneva al suo clan, in una stanza buia, da sola. Non
arrivava nemmeno all’altezza delle sue spalle, ma non aveva
paura di lui. Era lui ad avere paura di lei, a causa del suo sangue.
- … Naruto
Uzumaki- rispose con voce flebile –del clan Uzumaki, Paese
del Vortice-
-Mi conosci?-
domandò allargando i grandi occhi blu.
-No, conosco solo il
tuo nome- continuò – … e ti ho visto
qualche volta insieme a Neji. Ora però dovresti andare, fra
poco accenderanno le lampade e un acero non riuscirà a
nasconderti-
-Non è
stata un’idea brillante- commentò
l’altro, abbozzando un sorriso.
Un sorriso che era
rivolto a lei.
I suoi occhi chiari,
agghiaccianti e spettrali, sembravano non spaventarlo. Nemmeno quando
si incontrarono con i suoi, il riflesso del mare, esitarono. Anzi,
continuarono a sorridere.
-Già-
rispose, per nulla turbata da quella sensazione di leggerezza che
provava nel trovarselo così vicino. A scuoterla fu il suo
allontanamento. Con cautela svegliò Neji, che subito lo
riconobbe, e gli disse di ingoiare una piccola pillola nera. Neji
chiuse di nuovo gli occhi e non fiatò quando Naruto lo
sollevò sulle spalle.
-Questa è
un’idea brillante- commentò Hinata. Senza un
anestetico le grida di dolore di Neji avrebbero echeggiato per tutti i
corridoi pieni di guardie di villa Hyuga.
-Già, ma
non è mia- rispose l’altro, continuando a
sorridere. Poi diventò serio. –Perché
lo fai?-
-Per salvargli la vita-
-Allora
perché non vieni anche tu?-
Hinata
spalancò gli occhi. Cercò di ricordare tutte le
regole che le avevano insegnato fin da bambina per trovare il modo di
restare calma. Riuscì a rimanere composta, con le mani
incrociate sule grembo, la postura eretta, ma non riuscì a
fermare il rossore che salì alle sue guance.
Abbassò gli occhi.
-No, il mio posto
è qui- gli rispose.
-Sei sicura?-
-Devo-
continuò, ma fu solo un debole sospiro.
-No che non devi-
ribatté l’altro, sorprendendola per la sicurezza
con cui le si rivolgeva. Sembrava che Naruto stesse dando voce a quei
pensieri che lei sotterrava non appena cercavano di emergere. E questo
la spaventava e rassicurava al tempo stesso. –Vieni con me-
Hinata rimase in
silenzio per qualche istante. Osservò la facilità
con cui reggeva il corpo di Neji e si rese conto che non avrebbe mai
potuto farlo. Non aveva nemmeno il coraggio di salvare se stessa, come
poteva essere degna di essere salvata?
-Portalo al sicuro e
nascondilo- gli disse poi –se lo trovano, per lui
è la fine-
Uscì dalla
stanza raccogliendo da terra il piatto di minestra. La
rovesciò vicino all’acero rosso in cui si era
nascosto Naruto, e con passo fermo si diresse verso la sala da pranzo.
Era la figlia di
Hiashi Hyuga, e la stavano aspettando.
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Capitolo 3 *** Capitolo Due ***
Capitolo Due
Era passata
una settimana da quando Neji era scappato. Non da solo, certo, e questo
aveva mandato su tutte le furie il nuovo Hokage di Konoha. Essere stato
ingannato sotto il tetto di casa sua era un’offesa senza
paragoni. Tutti i domestici furono interrogati e forzati a parlare, ma
né con le buone né con le cattive
riuscì a scoprire qualcosa.
Hinata rimase a
guardare in silenzio mentre la donna di mezza età, che da
quando era bambina le infilava le maniche del kimono, veniva portata
nell’ala proibita di villa Hyuga. Era un piccolo
distaccamento, lontano da occhi indiscreti e immerso tra gli alberi,
dove Hiashi invitava chiunque dubitasse di lui e lo convinceva a
cambiare idea. La mattina dopo le mani che l’aiutarono a
vestirsi erano bendate.
-Mi volevate vedere
padre?- domandò dopo essersi inginocchiata davanti a lui.
-Voglio farti qualche
domanda-
Hinata si chiese come
Naruto non fosse rimasto ripugnato dai suoi occhi. Lei, più
li vedeva attorno a sé, e più ne era disgustata;
ma nessuno sguardo era più orripilante di quello di suo
padre. –Hai visto qualcosa di strano la notte della fuga di
Neji?-
-No, padre- rispose e
fu sollevata quando sentì che le sue parole suonarono
sorprese.
-Non voglio dubitare
di te- rispose, infatti, Hiashi, convinto che il suo stupore fosse
dovuto alla sua mancanza di fiducia verso di lei. –Ma ho
saputo che andavi a trovare tuo cugino ogni giorno. Non hai notato
niente di strano?-
-No, Neji è
rimasto privo di sensi quasi per tutto il tempo- rispose e subito si
pentì delle sue parole.
-Quindi questo
conferma che è stato aiutato- desse alzandosi in piedi
–e conferma che non era solo nemmeno nello stupido tentativo
di organizzare una rivolta. Il suo compito era solo quello di reclutare
gli Hyuga, ma là fuori c’è qualcuno che
muove le redini di un’organizzazione più grande-
Hinata rimase in
silenzio. Dire qualcosa avrebbe solo potuto esporla al sospetto di suo
padre. Ascoltarlo senza fiatare era l’idea migliore, e lui
apprezzava chi non lo interrompeva.
-Perché
andavi da lui?- le chiese all’improvviso.
-Io … io
non riuscivo ad accettare che fosse un traditore- ripose.
-Hai il cuore troppo
tenero, te l’ho sempre detto- le disse con
severità –è ora che il tuo carattere
diventi più forte. Vieni con me-
Hinata lo
seguì fuori dalla stanza, fuori dai suoi appartamenti, fuori
da villa Hyuga. Le sue mani iniziarono a tremare alla vista
dell’ala proibita, ricevendo la conferma che suo padre voleva
rafforzare il suo carattere nel peggiore dei modi.
Entrando
sentì l’aria diventare più pesante e
uno strano odore si attaccò ai suoi vestiti. Una guardia
fece loro strada lungo il corridoio buio e stretto reggendo una torcia.
Le finestre erano state sbarrate con assi di legno e nemmeno un raggio
di luce riusciva a filtrare attraverso di esse. Lì dentro,
il giorno e la notte si confondevano.
-Eccolo qui-
esordì suo padre, strappando la torcia dalle mani della
guardia. Si erano fermati di fronte a una porta di metallo. La guardia
l’aveva aperta con una chiave arrugginita, facendo scattare
la serratura nello stesso istante in cui Hinata sentì il suo
cuore perdere un battito.
Non erano i suoi occhi.
-Kiba Inuzuka del Clan
Inuzuka- continuò Hiashi –trovato insieme a Neji
mentre cospirava contro di noi-
Non sapeva che Neji
non fosse solo la notte in cui era stato catturato, ma anche se
l’avesse saputo non avrebbe potuto fare nulla per quel
ragazzo ricoperto di sangue, steso a terra, apparentemente privo di
vita. Solo quando Hiashi si avvicinò e ordinò
alla guardia di sollevarlo vide che gli occhi sembravano chiusi solo
perché gonfi di lividi.
-Kiba
è deciso a non dire una parola- spiegò suo padre
–e sembra che non ci sia tortura che funzioni. Per ora almeno-
Hinata temette di
svenire quando vide le sue mani. Completamente sporche di sangue,
deformate per le fratture, non avevano più nemmeno
un’unghia. Quando tornò a guardarlo in viso,
notò che anche il prigioniero la stava guardando. Sulle sue
guance si potevano ancora vedere i segni rossi del suo clan, ma i
tratti animaleschi che caratterizzavano gli Inuzuka erano spariti. Di
essi rimaneva solo la pupilla, minuscola, più piccola del
normale. La pupilla di un lupo.
Urlò
insieme a lui quando la guardia gli tirò un pugno tra le
costole.
-Non ti devi
spaventare. Queste grida sono necessarie. Lui sa chi
c’è dietro il complotto di cui Neji faceva parte
e, siccome non ha voluto dirlo di sua spontanea volontà,
deve essere convinto. Capisci che bisogna farlo per proteggere la
nostra famiglia, non è vero?-
Hinata
spostò lentamente lo sguardo dal prigioniero a suo padre.
-Sì,
signore- rispose atona.
-Allora non ti
dispiace fargli sapere quanto desideri che la verità venga a
galla?-
Non rispose. Si
limitò ad avanzare mentre la guardia si faceva da parte. La
luce della torcia illuminava la stanza a sufficienza per permetterle di
individuare l’Inuzuka. Si reggeva a mala pena sulle sue
gambe, ma il suo sguardo era fermo. Esitò un solo istante,
quando vide il suo byakugan. Poi cadde a terra privo di sensi, senza
emettere un gemito.
-Bel colpo!-
commentò la guardia ridendo –è andato
giù come un sacco di patate!-
-Avrà
così paura di morire che, non appena si
sveglierà, avrà cambiato idea- le sue parole
suonarono fredde, lapidarie. Infilò le mani nelle larghe
maniche del kimono e si voltò verso suo padre.
Uscì dalla cella senza aspettarlo: il suo sguardo di
approvazione le concedeva il permesso di farlo.
Quando
tornò all’aria aperta fu tentata di inspirare
profondamente per scacciare lo sgradevole odore di quel posto, ma non
era sola.
-Dov’è
il mostro dell’Inuzuka?- chiese ad una delle guardie accanto
all’ingresso.
-Akamaru è
nel retro, signorina, legato e a digiuno-
-Fatemelo vedere-
La accompagnarono nel
cortile dell’edificio, circondato dagli alberi come se essi
stessi fossero le sbarre di una prigione. Un ringhio sommesso la fece
fermare. Legato con una catena di ferro, un enorme cane dal pelo bianco
mostrava i denti con aria minacciosa.
-Non si avvicini,
è molto pericoloso-
-Andate-
ordinò loro Hinata.
-Signorina
… -
-Ho detto andate- la
sua voce suono irremovibile. In pochi secondi si ritrovò
sola con un colosso pronto a saltarle al collo da un momento
all’altro. La bava cadeva a terra, creando una macchia scura,
e i denti affilati bene in vista la avvertivano che non era la
benvenuta. Se avesse potuto l’avrebbe sbranata.
Hinata estrasse le
mani del kimono e le fece scivolare lungo i fianchi. Accese il byakugan
e dopo qualche istante lanciò al cane un oggetto che
rimbalzò a terra. Lui smise di ringhiare e lo
annusò, poi lo prese tra i denti con una delicatezza
impressionante, ma mai quanto l’aria triste che assunse
quando si sdraiò accanto alla collana che fino a pochi
istanti prima era al collo del suo padrone.
Non aveva mai visto un
amore così sincero e Akamaru non le ringhiò
quando quella stessa notte andò a portargli del cibo.
Sotto le stelle,
rimase con lui fino all’alba.
Capitolo breve, di
collegamento, che spiega meglio la situazione e introduce i prossimi
capitoli. Sappiate che Naruto non è scomparso nel nulla ;-)
E per la prima volta da quando scrivo ho introdotto un personaggio per
me nuovo: Akamaru! Da non sottovalutare, a mio parere :)
Infine, preciso che si
tratta sempre del mondo ninja, quindi anche Hinata lo è,
come credo che da questo capitolo si sia capito. Naruto, invece, ha
fatto una figura di cacca nel primo, come _Shee mi ha fatto notare ahah!
Ringrazio tutti di
cuore per le tantissime recensioni! Mi avete fatto la pseudoscrittrice
più felice del mondo :D :D Grazie, grazie,
grazie!!
Spero di continuare a
ricevere il vostro supporto, per me è fondamentale.
Con affetto,
Dryas
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Capitolo 4 *** Capitolo Tre ***
Capitolo Tre
Hinata andò
tutti i giorni nell’ala proibita. Vide così tante
torture da arrivare a desiderare di morire. Per la sua codardia
meritava di essere al posto dei prigionieri che suo padre torturava
come se fosse un gioco. Il giorno in cui Naruto le aveva chiesto di
scappare insieme era ormai un ricordo infinitamente lontano. Non era
nemmeno più sicura che fosse davvero successo.
Di notte, invece,
andava da Akamaru. Non riusciva a chiudere occhio se non per pochi
minuti, poi gli incubi la colpivano con violenza. Aveva paura di
dormire, ma quando era vicina ad Akamaru e sentiva il calore del suo
corpo aveva la sensazione di essere protetta. Il “mostro
dell’Inuzuka”, però, a
quell’ora doveva essere morto di stenti. La sua estrema
resistenza veniva attribuita al forte attaccamento per il padrone, che
percepiva essere ancora vivo, ma Hinata sapeva che non aveva
più molto tempo prima che si accorgessero
dell’inganno.
Inoltre erano
settimane, forse un mese, che non metteva piede fuori da villa Hyuga.
Per proteggerla, suo padre l’aveva rilegata in casa e
costretta a condividere la sua crudeltà, ma ora che
l’allarme di una rivolta sembrava sfumato aveva riottenuto il
permesso di uscire una volta a settimana.
Non se lo fece
ripetere due volte.
Fu così
sollevata dal pensiero di potersi allontanare da quell’incubo
che dovette sforzarsi per apparire del tutto priva di sentimenti come
voleva suo padre. La meta che aveva scelto era un grande parco nel
centro di Konoha, dove i ciliegi erano in fiore proprio in quei giorni.
Andò a piedi; il suo seguito era rappresentato da due
domestiche e quattro guardie. Li costrinse a stare al suo rapido passo.
Non vedeva l’ora di potersi sedere sull’erba e
guardare i petali rosa appoggiarsi delicatamente sull’acqua
del lago. Quel lago dove era andata a giocare centinaia di volte con
Neji.
Più entrava
nel centro di Konoha, però, più notava che gli
sguardi dei suoi abitanti si posavano su di lei. Aveva sempre attirato
l’attenzione per il nome che portava, ma quella volta era
diverso. I bambini venivano nascosti in casa velocemente e nessuno
osava avvicinarsi a lei. Non avevano solo paura, erano terrorizzati.
Fu allora che lo
riconobbe; Naruto era nascosto in mezzo alla folla e camminava nella
sua stessa direzione. Vedere una faccia conosciuta la salvò
del bloccarsi in mezzo alla strada e scoppiare a piangere. Si
sforzò di andare avanti, sopportando quegli sguardi che le
facevano chiaramente capire di volerla vedere morta.
Raggiunse il parco e
fu felice che fosse deserto. Ordinò al suo seguito di
lasciarla sola. Per fortuna anche loro avevano abbastanza paura di lei
per non contraddirla, e con passo lento
s’incamminò tra i ciliegi in fiore.
-E’ vero
quello che dicono?- la voce di Naruto la sorprese alle spalle.
Voltandosi riconobbe il suo viso dai lineamenti quasi dolci, ma il suo
sguardo era più duro del marmo.
-Non so cosa dicano di
preciso- rispose dopo un attimo di esitazione, ma la sua voce
suonò troppo delicata, falsa.
-Che torturi la gente-
Naruto era stato
diretto, forse troppo. Hinata non riuscì più a
nascondere il suo dolore. Spostò lo sguardo, girandosi e
facendo oscillare i lunghi capelli neri. Alzò gli occhi al
cielo, nella speranza che le lacrime smettessero di scendere sulle sue
guance.
-E’ per
questo che mi guardano con tanto odio?- chiese.
-E per cosa se no?-
-Pensavo …
pensavo che il mio sangue bastasse- rispose –ma non era un
peso sufficiente-
-Non devi incolpare
nessun altro se non te stessa- le sue parole volevano ferirla, ma non
la sfiorarono neanche.
Hinata si
voltò verso di lui. Aveva ritrovato la calma, ma quegli
occhi blu la fecero tremare di nuovo. Perché tra tutti gli
sguardi di odio che aveva ricevuto quel giorno proprio i suoi avevano
la capacità di sconfiggerla?
-Sei qui per
uccidermi?- gli chiese.
-No- le rispose con
fatica –dovevo solo tenerti d’occhio e avvertire
Neji quando saresti stata vulnerabile-
-Quindi è
lui che ha il compito di uccidermi-
-Sì-
Hinata fu distratta da
una folata di vento. Le accarezzò i capelli e le
sfiorò le guance, riempiendole i polmoni del profumo dei
fiori primaverili. Aveva smesso di sperare che l’odore della
tortura venisse cancellato. Ormai lo sentiva anche quando non era
nell’ala proibita. Lo sentiva quando mangiava e la nausea la
costringeva a posare le bacchette. Era magra quasi quanto Akamaru, ma
nessuno se n’era accorto. I suoi preziosi e vivaci kimono
erano un nascondiglio perfetto.
-Naruto io
… - cercò di parlare, ma sembrava che rivolgergli
la parola fosse il compito più difficile di questo mondo. Si
accorse che l’opinione dell’unica persona che una
volta le aveva concesso il beneficio del dubbio contasse più
di qualsiasi altra, e non voleva che la sua codardia la rovinasse.
–Dovresti andartene, non è sicuro stare vicino a
me-
-Perché? Tu
sei pericolosa?- le domandò, quasi con cattiveria. Era
arrabbiato, lo vedeva, e lo capiva. Ebbe paura quando lo vide
avvicinarsi a grandi passi, gli occhi accessi e il viso teso.
–Pensavo che avessi un cuore, per quello che hai fatto per me
e per Neji, ma tu sei esattamente uguale a tuo padre-
-Naruto, allontanati
… - bisbigliò Hinata vedendo che le guardie
stavano tornando, ma la sua voce fu troppo debole. Quelle parole
sì che l’avevano ferita e il colpo le aveva tolto
il respiro. Per un attimo la sua vista si offuscò e non
riuscì a impedire che le guardie, due Hyuga del ramo
cadetto, sorprendessero Naruto alle spalle. Con pochi colpi ai centri
del chakra lo mandarono a terra.
-L’Hokage ti
punirà per aver minacciato sua figlia!- gridò una
delle due.
-Hiashi non
saprà niente di questa storia- ribatte lei, ritrovando voce
e fermezza –di lui me ne occuperò io-
Quelle poche e
semplici parole bastarono per convincerli. La sua fama di crudele
torturatrice che suo padre aveva creato era così radicata
che tornò a suo vantaggio. Fece in modo che nessuno si
accorgesse di Naruto e lo fece chiudere in una delle stanze nel suo
appartamento. La sigillò lei stessa per fare in modo che non
riuscisse a fuggire, e soprattutto che nessuno lo trovasse.
Poi andò a
cena con suo padre.
Prima di tutto, annuncio la
vittoria con la medaglia
d’argento per “Heartstrings”.
Sono ancora
emozionata! E in più è vincitrice dei premi Coppia Migliore e Migliore IC! Spero
che voi, lettori, siate d’accordo con la giudice Tomoko-chan
(meravigliosa!).
Io non posso far altro
che gioire e esultare come non mi accadeva da tempo! Ne sono proprio
fiera!
Ritornando al
capitolo, come promesso, Naruto non è scomparso nel nulla,
ma il suo incontro con Hinata non è stato dei più
rosei. Ora, però, vivono sotto lo stesso tetto (magra
consolazione)!
Spero che questo
capitolo vi abbia fatto emozionare almeno un po’. Io credo
che Hinata sia uno dei personaggi più forti tra tutti quelli
del manga, perché riesce a vincere le sue debolezze,
nonostante il suo carattere e nonostante sia (spesso) sola.
Un grazie infinito a
chi continua a seguirmi, commentando o anche solo leggendo, e ancor di
più a chi mi farà sapere il suo parere con una
recensione!
A presto,
Dryas
|
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Capitolo 5 *** Capitolo Quattro ***
Capitolo Quattro
Hinata non
trovò il coraggio di andare da Naruto. Sapeva che
l’avrebbe presa nel modo sbagliato, come un tradimento, e non
era sicura di riuscire a spiegare le sue ragioni, ma sapeva anche che
più aspettava più sarebbe stato difficile
convincerlo del contrario.
Quel giorno,
però, non aveva proprio la forza di affrontare il problema.
Mentre assisteva alla tortura di uomo accusato di cospirare contro
l’Hokage, quell’uomo era morto. Il sollievo che
aveva provato nel vederlo esalare il suo ultimo respiro le si era
ritorto contro e il senso di colpa per aver trovato conforto
nell’osservare i suoi occhi vitrei la travolse come una
valanga. Sotto tutta quella neve non riusciva più a
respirare.
Nemmeno il calore di
Akamaru quella notte riuscì a darle tregua e vagò
per villa Hyuga come uno spettro in cerca di pace. Si chiese come suo
padre potesse dormire sonni così tranquilli e
perché tutti coloro che erano suoi complici non erano
corrosi dal dolore come lei.
I piedi scalzi la
condussero alla fonte dei suoi incubi. Di notte l’ala
proibita era ancora più tetra e incombeva davanti a lei come
un mostro pronto a strapparle il cuore dal petto. Guardò le
due guardie alla porta e senza pensarci troppo accese il byakugan. Per
quanto suo padre si ostinasse a ripeterle che non era
all’altezza dei guerrieri del clan, Hinata sperava che gli
anni di allenamento le avessero insegnato qualcosa. Mandò a
terra le guardie senza difficoltà e senza che avessero la
possibilità di emettere alcun suono.
Era diventata
particolarmente brava in quello.
Entrò, e
con passo deciso scese le scale che portavano alle celle interrate.
Tremò rendendosi conto che era stata in ognuna di esse e
poteva associarle a un volto malformato dalla sofferenza, a un urlo
disperato, a una tortura.
-Sei sveglio?-
domandò, apparentemente al buio. Si era fermata davanti alla
sua porta e senza esitare aveva rotto il sigillo che la teneva chiusa.
Un segreto noto solo a pochi eletti degli Hyuga, tra cui lei, la figlia
dell’Hokage.
-Cosa vuoi?-
Le sembrò
di vedere un riflesso giallo in tutto quel nero, gli occhi ferini di un
animale selvatico che la scrutavano con diffidenza e paura. Accese il
byakugan, non aveva molto tempo.
-Portarti fuori da
qui-
Ruppe anche i sigilli
che legavano le catene alle caviglie di Kiba Inuzuka. Lui la
guardò come se l’animale selvatico fosse lei, e
quando la sua mano si tese per aiutarlo a rialzarsi sembrò
ringhiare. –Non voglio farti del male- continuò
–voglio farti scappare, ma dobbiamo fare in fretta-
-Perché
dovrei fidarmi di te?-
-Perché ti
ho fatto perdere i sensi quando avrei potuto seguire il consiglio di
mio padre- le sue parole suonarono dure. Non era mai stata
così decisa come in quel momento, ma la paura di essere
scoperta stava prendendo il sopravvento sul suo coraggio. Se non fosse
riuscita a convincerlo neanche in quel modo, avrebbe rinunciato.
-Dov’è
Akamaru?- le chiese invece, e Hinata sorrise.
Insieme
risalirono le scale e presto furono nel cortile sul retro. Akamaru
quasi strappò la catena dal muro quando riconobbe il suo
padrone. Gli saltò addosso, guaendo e scodinzolando. Kiba lo
abbracciò e accarezzò, sussurrandogli di fare
piano. Akamaru obbedì.
-Ora come facciamo ad
uscire da qui?- Hinata gli disse di seguirlo. Il giardino di villa
Hyuga aveva abbastanza alberi da permettere loro di nascondersi dai
comuni ninja, ma non dagli Hyuga. I loro occhi potevano vedere tutto.
L’unico modo per essere invisibili era avere una vista
migliore della loro. E Hinata l’aveva.
Schivò ogni
guardia che incontrarono, mentre sentiva la tensione accumularsi nei
muscoli; la precisione con cui doveva calcolare la distanza a cui lei
poteva vedere i nemici senza essere scoperta richiedeva una
concentrazione notevole. Riuscirono a raggiungere il muro di confine
del giardino e con un profondo sospiro osservò Kiba salirci
sopra. Le sue mani ferite lasciarono una traccia di sangue, ma non si
lamentò, anzi, le sorrise e la ringraziò di tutto
cuore.
-Dirò a
Neji che persona sei realmente- le disse –ehi, ma
perché non vieni con me?-
Akamaru
scodinzolò più forte.
Hinata scosse la
testa. La sua seconda opportunità di fuggire da
quell’incubo stava per sparire nella notte, come il fumo di
una candela che si dissolve nell’aria quando tutta la cera si
è consumata.
-Fate attenzione-
disse loro con premura e li osservò saltare al di
là del muro. Fu in quel momento che si rese conto di quanto
fosse stata imprudente. Tentò di gridare, ma era
già troppo tardi. Decine di guardie stavano venendo nella
sua direzione e sperò soltanto che anche Kiba si fosse
accorto della barriera che aveva appena attraversato. Capì
di sbagliarsi quando sentì l’ululato di Akamaru.
Era stato un attimo,
come una scossa elettrica attorno alla figura di Kiba. Una breve
corrente azzurra di chakra aveva avvertito che qualcuno aveva
oltrepassato i confini della casa dell’Hokage.
Hinata raggiunse il
suo appartamento senza riuscire a fermare le lacrime. Era riuscita a
non farsi scoprire, ma essere viva non alleviava il peso di avere sulla
coscienza anche la morte di Kiba e Akamaru.
S’infilò
sotto le coperte con la speranza che almeno fino alla mattina seguente
nessuno andasse a disturbarla. In quel modo avrebbe avuto tutto il
tempo per esaurire un'altra volta le lacrime e affrontare suo padre con
stoica freddezza.
Invece
sentì il ticchettio dei geta invadere il corridoio fuori
dalla sua camera. Nessuno venne a chiamarla, ma avrebbe preferito che
lo facessero. Si alzò di scatto, asciugandosi gli occhi con
le maniche e uscendo di corsa.
Quando raggiunse la
stanza in cui era nascosto Naruto suo padre stava rompendo
l’ultimo sigillo. Le guardie aprirono la porta e lo
trascinarono fuori facendolo inginocchiare davanti a lui. Il suo cuore
sembrò creparsi in modo irrimediabile.
Quella notte aveva
condannato a morte tre innocenti.
La
situazione comincia a smuoversi. Capitolo drammatico, lo comprendo,
spero non vi abbia nauseato!
Dal
prossimo vedremo cosa sceglierà di fare Hinata, se rimanere
all’ombra di suo padre e continuare ad assecondarlo nella sua
malvagità o scendere in campo. Dopotutto,
è Naruto quello che questa volta è stato
catturato. Il suo Naruto!
Ringrazio
per le recensioni dello scorso capitolo. Grazie davvero, spero che
anche questo capitolo sia all’altezza!
Alla
prossima,
Dryas
|
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Capitolo 6 *** Capitolo Cinque ***
Capitolo
Cinque
Hiashi era seduto sul
trono che aveva fatto costruire nella sala dei ricevimenti. Guardava
Hinata con sguardo gelido, mentre lei teneva la testa china e i lunghi
capelli nero corvino le ricadevano accanto alle guance, toccando terra.
Indosso aveva un semplice kimono bianco, che la rendeva ancora
più pallida di quanto non fosse già.
Naruto era trattenuto
da due guardie alla sua sinistra. Non aveva avuto il coraggio di
incontrare i suoi occhi. La notte prima aveva raggiunto suo padre, al
cui fianco c’era Hanabi, sua sorella minore, ma
l’ordine di portarlo via era già stato dato e le
sue vaghe spiegazioni su chi fosse non erano state sufficienti. Per
questo era stata convocata la mattina dopo davanti
all’Hokage.
-Hinata, mi hai molto
deluso- esordì –spero che tu abbia una valida
ragione per aver tenuto nascosto questo sconosciuto sotto il tetto di
tuo padre e dei tuoi antenati-
-Sì,
signore- rispose con voce flebile. Aveva passato tutta la notte a
formulare un discorso convincente e ora non riusciva nemmeno a dire una
parola.
-Allora?- il suo
interlocutore non era molto paziente.
-L’ho
incontrato due giorni fa al parco Inamoto- riuscì a dire,
forse troppo in fretta. Non era sicura che l’avesse sentita,
ma non ricevendo altri ammonimenti, continuò –mi
ha importunato e ho ritenuto necessario che meritasse una punizione-
Sentì le
catene ai polsi di Naruto tintinnare. Non voleva pensare a quanto la
odiasse in quel momento.
-E perché
non me ne hai parlato?- quella domanda era il vero ostacolo da
superare. Ciò che dava più fastidio ad Hiashi era
di non avere il controllo su tutto.
-Sei già
così impegnato- rispose –non volevo annoiarti con
un problema da poco. Il mio intento era di insegnargli le buone maniere
facendolo diventare il mio servitore, e mettendo in pratica quello che
tu mi hai insegnato-
Voleva vomitare.
Ringraziò di essere riuscita a dire ogni parola senza
interrompersi. Aveva passato ore a ripetere quella frase che le faceva
attorcigliare lo stomaco come se la stessero prendendo a pugni. Moriva
dalla voglia di vedere l’espressione sul volto di suo padre,
ma farlo avrebbe tradito la sua sicurezza.
-Sai cosa è
successo questa notte?- le domandò, cogliendola alla
sprovvista. Sapeva che con ogni probabilità avrebbe toccato
anche quell’argomento. Cercò con tutte le sue
forze di controllare i tremori che dalle sue mani si stavano
diffondendo a tutto il corpo.
-No- rispose. Nessuno
le aveva dato ancora spiegazioni ufficiali per
quell’incursione notturna nei suoi appartamenti.
-Kiba Inuzuka
è fuggito insieme al suo mostruoso animale- le
spiegò, facendole sperare che forse erano riusciti a
mettersi in salvo, –ma oltrepassando i confini hanno rotto
l’incantesimo di protezione che ho fatto mettere dopo la fuga
di Neji. L’Inuzuka è morto, ma la bestia
è riuscita a fuggire-
Akamaru era vivo.
Quella notizia riuscì a placare parte del suo malessere, ma
ancora non poteva permettersi il lusso di abbassare la guardia.
-Com’è
possibile?- chiese con tono scandalizzato –le guardie, i
sigilli … -
-Non ti viene in mente
nessuno che avrebbe potuto farlo?-
Il sangue le si
gelò nelle vene. Per un attimo temette che la stesse
accusando, ma poi un pensiero ancora più angosciante le fece
alzare il viso verso suo padre. –Neji-
Gli occhi di Hiashi
per un attimo brillarono di orgoglio. Era diventata esattamente come
voleva: intelligente, spietata e fredda. Hinata si rese conto che
quella era la prima volta che suo padre la apprezzava veramente e ne fu
disgustata. Odiava se stessa più di quanto Naruto odiasse
lei in quel momento.
-Pochi sono a
conoscenza delle tecniche segrete degli Hyuga, ma Neji potrebbe essere
riuscito a venirne a conoscenza con facilità-
spiegò –e ci ha traditi per la seconda volta-
Hinata rimase in
silenzio. Quella sua caratteristica, che ai tempi della scuola aveva
tanto odiato, ora tornava a suo vantaggio. Parlare poco era
l’unico modo per sopravvivere. –Ma-
continuò Hiashi –questo tipo non mi convince.
E’ un Uzumaki, lo sai?-
Hinata prese un
profondo respiro, ma esitò quando vide suo padre raggiungere
Naruto e mettersi di fronte a lui. I loro aspetti contrastavano
così tanto da confonderla. L’aura inquietante e al
tempo stesso pericolosa di suo padre urtava con l’energia di
Naruto, la sua vitalità e i suoi colori. Quando Hiashi gli
si avvicinò con aria disgustata non abbassò il
viso. –Potrebbe averti avvicinata appositamente per
infiltrarsi-
-Non è
nient’altro che un orfano, padre, privo di educazione e
troppo stupido per capire chi è che comanda- rispose tutto
d’un fiato.
Vide Naruto rivolgerle
uno sguardo pieno di disprezzo, e in quel momento desiderò
morire. Conosceva il suo carattere abbastanza bene per sapere che non
sarebbe riuscito a controllarsi ancora per molto. Sperò che
leggesse la preghiera nei suoi occhi e capisse che era dalla sua parte.
-Hai ragione- disse
infine Hiashi, dando le spalle al prigioniero e tornando a sedersi sul
suo trono. –E poi l’avevi sigillato per bene, non
avrebbe potuto fare nulla. E’ sicuramente estraneo alla
faccenda. Puoi farne quello che vuoi-
Hinata fece un inchino
e si rialzò in piedi. Uscendo fece segno alle guardie di
seguirla e tornò ai suoi appartamenti con la sensazione di
ricevere continui sguardi di odio da parte di Naruto.
Diede
l’ordine di rinchiuderlo di nuovo.
-Naruto … -
ebbe il coraggio di rivolgergli la parola solo dopo aver impartito
anche l’ultimo sigillo. Trovò più
difficile dire la verità a lui che una marea di bugie a suo
padre - … Spero tu capisca che l’ho fatto per
proteggerti-
-Ora non inventarti
scuse- disse con durezza –ho sentito bene le parole che hai
usato. Allora? Quando inizi a torturarmi? Sono il tuo schiavo adesso!-
-Ho dovuto dirlo- si
sbrigò a spiegare Hinata, avvicinandosi di qualche passo per
evitare che le loro voci si alzassero troppo. –Lui ti avrebbe
ucciso, non lo capisci?-
-Capisco solo
perché Neji ti odia tanto-
Hinata si
tirò indietro. Non aveva più la forza per
combattere un’altra battaglia. Aveva tempo per convincere
Naruto che erano dalla stessa parte e per il momento lui non era
disposto ad ascoltarla.
Uscì dalla
stanza senza salutarlo.
Uscì e
subito desiderò tornare indietro.
Se
pensavate che il livello massimo di depressione fosse ormai stato
raggiunto, vi siete sbagliati: non c’è limite!
Aggiornamento
rapidissimo perché non so quando potrò
riaggiornare. Presto risponderò anche alle recensioni del
capitolo quattro. Spero che qualcun altro abbia la bontà di
lasciarne una!
A
presto,
Dryas
|
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Capitolo 7 *** Capitolo Sei ***
Capitolo
Sei
Hinata
ordinò che Naruto si occupasse del giardino. Voleva che
fosse il più lontano possibile dagli occhi di suo padre,
così che in breve tempo si dimenticasse della sua esistenza.
In quel modo, forse, avrebbe potuto salvarlo.
Si preparò
a raggiungere l’ala proibita come ogni giorno, ma quella
mattina uscì dalla sua stanza prima del solito e senza
accompagnatori.
-Non sono stati troppo
severi con te, vero?- chiese a Naruto che, inginocchiato, lavorava la
terra sotto un’azalea. Per un attimo si fermò, ma
subito le sue mani ripresero a muoversi con ancor più
energia. –Spero solo che con il tempo capirai- aggiunse
Hinata con amarezza. L’emozione di gioia che aveva provato al
pensiero di poterlo rivedere si era trasformata in profonda tristezza
di fronte alla consapevolezza che lui non riusciva neanche a guardarla.
-Ne dubito- lo disse
sottovoce, ma fu sufficiente perché Hinata lo sentisse.
-Naruto io
… - stava per toccarlo. Stava per abbassarsi e mettere una
mano sulla sua spalla per convincerlo a voltarsi verso di lei, ma
dall’altra parte del giardino due occhi chiari, identici ai
suoi, la scrutavano con curiosità. Hanabi era distante
qualche decina di metri, esattamente di fronte a lei, appoggiata al
tronco di un salice piangente.
Hinata fece finta di
cogliere un fiore rosa dell’azalea.
-Ottimo lavoro- disse
con formalità. Poi si allontanò e solo in quel
momento Naruto alzò gli occhi, ma lei aveva già
spostato lo sguardo.
Hinata raggiunse sua
sorella stringendo il gambo del fiore tra le dita e glie lo porse. In
cambio ricevette un sorriso, uno di quelli Hyuga, fastidiosamente
forzato. Poi si mise accanto a lei ad osservare il giardino, splendido
e curato. Con attenzione evitò di guardare Naruto.
-Ci serviva un nuovo
giardiniere?- le chiese Hanabi senza mezzi termini.
-Uno in più
non farà male- rispose con distacco Hinata –non
dovresti essere alle tue lezioni?-
-E’ presto-
si sbrigò a dire, poi si voltò verso di lei.
–Non capisco- continuò –potevi farne
quello che volevi e hai scelto il giardino?-
-Mi piacciono i fiori-
rispose come se non fosse importante.
-Ma questi non sono i
metodi di nostro padre-
Hinata
guardò sua sorella dritta negli occhi e un brivido di paura
le corse lungo la schiena quando vide lo stesso riflesso di
crudeltà che c’era in quelli di Hiashi.
-Tu cosa ne sai dei
metodi di nostro padre?- le domandò con fermezza.
-Ha portato anche me,
una volta-
-Quando?-
-Prima che iniziasse a
portare te- lo disse quasi con risentimento. Hinata rimase in silenzio.
Sapeva della predilezione di suo padre verso Hanabi, ma rispetto a lei
rimaneva una bambina. Avevano cinque anni di differenza, ma era
già evidente quanto i loro caratteri fossero diversi.
Nonostante questo, Hinata aveva sempre sperato di poter instaurare con
sua sorella un rapporto che andasse oltre alla formalità. In
quel momento si chiese se non fosse troppo tardi.
-Ora scusami, ma sto
facendo tardi all’incontro con nostro padre-
-E io alle mie
lezioni- aggiunse l’altra –buona giornata, sorella-
Hinata si
avviò verso l’ala proibita e, oltre alla normale
angoscia che quasi le impediva di respirare, si aggiunse
un’altra preoccupazione: quella che Hanabi non si sarebbe
presto dimenticata di Naruto.
-Oggi andremo in
città- le comunicò suo padre una volta che
l’ebbe raggiunto –è il primo giorno
della semina e per tradizione l’Hokage è presente
all’uscita dei carri. Tu siederai accanto a me-
-Come desideri-
Hinata
abbassò il capo e lo seguì fino al calesse che li
avrebbe portati di fronte alla porta più grande di Konoha.
Fuori dalle mura che la proteggevano si estendevano ettari di terra
coltivati con frumento e grano. Sfamavano la città e per
questo l’intera popolazione si riuniva ogni anno per pregare
che le spighe crescessero forti e abbondanti. L’Hokage
presiedeva alla cerimonia insieme ai capi religiosi, ma da quando
Hiashi aveva dato inizio al suo dominio, la sua figura aveva assorbito
anche quella di guida spirituale. In altre parole, l’unica
persona importante sarebbe stata la sua.
Insieme si sedettero
su un palco di legno costruito per l’occasione, illuminato
dal piacevole sole primaverile. Di fronte a loro la porta era
già stata spalancata e lasciava intravedere il paesaggio
collinare ancora spoglio e grigio. In pochi mesi la terra scura sarebbe
diventata bionda e il vento avrebbe fatto ondeggiare le spighe come se
fossero stati i lunghi capelli di una donna. Intanto i contadini,
pronti ad uscire, si stavano radunando; i lunghi manici delle vanghe si
alzavano verso il cielo e le falci legate alla cintura dondolavano
piano. Hinata ebbe un brivido lungo la schiena pensando che, se si
fossero ribellati tutti insieme, avrebbero anche potuto uccidere
Hiashi, e si chiese perché nessuno, a parte lei, ci avesse
pensato. Se non fosse stata dalla parte sbagliata probabilmente sarebbe
stata la prima ad agire, ma il suo posto era accanto
all’Hokage, di cui condivideva la sorte.
-Oggi siamo qui per
chiedere agli dei di benedire la nostra terra- esordì suo
padre con voce tuonante –affinché i semi che oggi
spargerete si trasformino in forti germogli verdi. Preghiamo che
né la siccità né la grandine rovinino
il duro lavoro dei bravi uomini di Konoha-
Hinata capì
che tutta quella messa in scena serviva per ingraziarsi il ceto
più basso della popolazione. Se avesse avuto dalla sua parte
la massa, cosa avrebbero potuto fare poche famiglie di nobili?
Osservò la gioia negli occhi dei contadini quando furono
loro distribuiti nuovi attrezzi e animali da lavoro. Hiashi
accettò gli applausi con un lieve sorriso, così
delicato che non sembrò nemmeno finto. Doveva essersi
esercitato molto, oppure era semplicemente soddisfatto del suo lavoro,
e quello era un sorriso vero.
-Ora tocca a te-
Hinata non pensava di avere una parte nel suo spettacolo se non quella
della figlia obbediente e fedele, invece si ritrovò tra le
mani un cesto pieno di calzature. Gli uomini di suo padre la guidarono
verso un gruppo di donne che si erano radunate sotto il palco e gli
occhi di tutta la piazza le furono addosso. Il silenzio che
seguì fu ancora più spiacevole. Si poteva sentire
il rumore dei suoi passi sui gradini, mentre con il fiato sospeso si
avvicinava a una delle ragazze della folla. Sembrava la stesse
aspettando e fosse pronta a ricevere il suo dono. Un’altra
idea di suo padre, pensò.
-Affinché i
vostri piedi resistano alla durezza del clima- esclamò
l’Hokage un attimo prima che le sue braccia si allungassero
per offrire il cesto. Hinata sentì le sue parole, ma fu
distratta dall’aspetto della ragazza di fronte a lei: aveva
il sorriso più luminoso che avesse mai visto, folti capelli
dorati e occhi azzurri con lunghe ciglia nere a decorarli. Era
così bella da intimorirla. Anche lei allungò le
sue mani, che si posarono sul cesto e sfiorarono le sue. Poi la ragazza
chiuse gli occhi e si inginocchiò in un atto di
ringraziamento.
A quel punto il mondo
di Hinata divenne nero, e quando riacquistò i sensi si
ritrovò circondata dalle guardie di suo padre che la
tenevano inchiodata a terra. Un dolore lancinante all’addome
la fece gridare.
Capì di
essere ferita, ma non era l’unica.
Un brivido gelido le
corse lungo la schiena: anche suo padre era a terra.
Buonasera
a tutti, cari lettori!
Spero
che l’attesa del nuovo capitolo non vi abbia fatto scappare
tutti! Anche perché siamo a un punto di svolta: Hinata
è ferita, Hiashi anche e c’è questa
misteriosa ragazza dagli occhi blu. Quale sarà il loro
destino? (detto alla Neji).
Ok,
Naruto giardiniere non si vede tutti i giorni, ma magari
farà carriera :P
Anche
il prossimo capitolo non arriverà prima di dieci giorni
causa intenso studio.
Spero
comunque che questo vi sia piaciuto!
A
presto,
Dryas
|
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Capitolo 8 *** Capitolo Sette ***
Capitolo Sette
Hinata era stata
riportata nelle sue stanze dopo che un medico si era occupato delle sue
ferite. Non ricordava nulla, aveva perso i sensi pochi istanti dopo
aver visto il corpo di suo padre in un lago di sangue.
Nessuno,
però, rispondeva alle sue domande. Nessuno, in
realtà, le rivolgeva la parola. Sembrava che la tenessero
prigioniera nella sua stessa casa e non ne conosceva il motivo. Forse,
pensò, suo padre era davvero morto.
-Grazie- disse alla
domestica che le portò il pranzo, anche se sapeva che non
avrebbe ricevuto una risposta. –Posso uscire?-
continuò, ma venne ignorata.
Finì il suo
pranzo in silenzio.
Il pomeriggio
passò lento e pesante, e solo quando il sole fu ormai basso
Hinata provò ad alzarsi dal suo futon. La ferita
all’addome era profonda, ma non le aveva causato gravi danni.
Ogni giorno una donna entrava nella sua stanza, la spogliava e la
medicava. Tutto senza dirle chi e perché l’aveva
ferita. La forzata tranquillità di quei giorni le aveva dato
il vantaggio di una rapida guarigione e solo dei bruschi movimenti le
causavano dolore.
Con passi leggeri
raggiunse il fusuma, ma esitò. Non sapeva cosa avrebbe
trovato là fuori. Se suo padre era davvero morto allora era
probabile che presto lo sarebbe stata anche lei; se non lo era, il suo
destino sarebbe stato anche peggiore.
Ma in fondo lei voleva
fare solo una passeggiata. Uscì e non trovò
nessuno: il corridoio, oltre che silenzioso, era vuoto.
Deglutì e
avanzò.
Temendo che da un
momento all’altro gli uomini di suo padre comparissero a
fermarla, camminò sempre più svelta. Non si
aspettava, però, di trovare Hanabi sulla sua strada.
-Sorella, dove stai
andando?- le chiese, la voce ancora da bambina, ma estremamente
controllata. Alla sua sinistra iniziava il sentiero che portava nel
cuore più profondo del giardino.
-Hanabi-
sussurrò Hinata, fermandosi di colpo –che bello
vederti-
Era vero. Anche se non
era mai stato loro concesso di essere normali sorelle, il legame che le
univa andava oltre a tutti i divieti. Avevano lo stesso sangue e Hinata
non poteva provare indifferenza verso di lei.
-Non dovresti essere
qui-
-Perché?-
chiese Hinata, accorgendosi di come quella situazione fosse stata
logorante solo dopo aver parlato. Non sapeva per quanto avrebbe potuto
ancora resistere.
-Non posso dirtelo-
continuò Hanabi. Il suo viso rimase di pietra anche di
fronte all’espressione supplicante di sua sorella. Poi un
rumore improvviso fece voltare entrambe; riconobbero il suono secco di
un ramo che viene spezzato e quel ramo era tra le mani di Naruto.
Hinata spalancò gli occhi, mentre Hanabi tornò
presto a concentrarsi su di lei.
-Non ti è
concesso uscire dai tuoi appartamenti- continuò
–mi dispiace-
Anche Hinata si
voltò verso di lei: non credeva che quelle due parole
potessero essere pronunciate a villa Hyuga. Osservò meglio
sua sorella e si accorse di quanto fosse cresciuta in così
poco tempo. Ora le assomigliava molto, sia nel fisico esile sia nei
lineamenti sottili e dolci.
-Tu stai bene?- le
domandò. Hanabi annuì, ma non parlò
più. Rimase immobile, fissandola da lontano, gli occhi
chiari che brillavano nelle prime tenebre della notte. Hinata
lanciò un ultimo breve sguardo a Naruto prima di tornare
indietro.
Rimase sveglia a
lungo. Non faceva nulla da quasi dieci giorni e neanche la fatica di
muoversi con una ferita al fianco bastava più a farle
prendere sonno. Fissò il soffitto, pensando alle parole di
Hanabi, così controllate e posate, da vera Hyuga. Si chiese
perché, tra tutti, avessero mandato proprio lei.
-Hinata!- un sussurro
la sorprese nel cuore della notte. Apparteneva a una voce maschile,
un’inconfondibile voce maschile. –Sei sveglia?-
-Naruto?-
domandò all’oscurità.
-Vieni alla finestra!-
Hinata si mise in
piedi con rapidità, per quanto la ferita le permettesse.
Quando si affacciò, non immaginava di trovare il viso di
Naruto così vicino al suo. Arrossì. La luce della
luna era così forte da permetterle di notare la sfumatura di
azzurro nei suoi occhi e il biondo dei suoi capelli.
-Cosa …
cosa ci fai qui?- domandò confusa –se ti scoprono
… -
-Non
c’è nessuno, ho controllato- rispose subito
l’altro, che non si allontanò di un centimetro,
–e anche Hanabi se n’è andata. Vieni,
fai presto-
-Dove?-
-In giardino, non
è lì che volevi andare oggi?-
Hinata
sentì il suo cuore sussultare. Pensava di averlo perso.
Pensava di averlo anestetizzato abbastanza per non sentire
nient’altro per il resto della sua vita. E invece era bastato
un solo piccolo pensiero per risvegliarlo.
-Non … non
… -
-Avanti, ti aiuto io-
Naruto la interruppe. Voleva chiedergli se non avesse paura di lei, ma
la mano che le tendeva dava una risposta chiara e decisa. Scavalcare la
finestra fu faticoso e doloroso, ma cercò di nasconderlo.
Ebbe un brivido quando Naruto le circondò le spalle con un
braccio per accompagnarla a terra senza che facesse rumore, e senza che
si facesse male.
-Grazie- gli
sussurrò e in cambio ricevette un sorriso.
Non andarono molto
lontano, era troppo rischioso. Sotto la finestra di Hinata
c’era una panca e si sedettero lì, uno accanto
all’altro. Naruto sembrava aver perso la sua
loquacità e per qualche istante rimasero in silenzio, con il
suono delle cicale in sottofondo. Hinata sapeva bene cosa dire, ma non
trovò il coraggio di farlo. Voleva sapere perché
aveva smesso di detestarla, perché era l’unico a
rivolgerle la parola, perché si era seduto vicino a lei.
-Come ti senti?-
-Meglio, grazie-
rispose con cortesia, ma non aggiunse altro. Tornò a fissare
la lucciola solitaria che danzava vicino al cespuglio di camelie,
desiderando di prenderla tra le mani per guardarla da vicino.
-Lo sai
perché ti tengono rinchiusa?- le domandò Naruto,
con esitazione. Hinata lo guardò e dalla sua espressione
preoccupata capì di essere all’oscuro di un grande
segreto.
-No-
sospirò.
-Nessuno te
l’ha detto? Neanche tua sorella?-
Scosse la testa.
-Lo puoi fare tu?-
osò proporre, per poi allarmarsi –solo se questo
però non ti metterà nei guai-
Lo sguardo di Naruto
si indurì e Hinata temette di aver sbagliato a chiedere
tanto. Non era compito suo ed era egoista a chiedergli di rischiare
tanto per lei, la figlia di Hiashi, la più odiata nel Paese
del Fuoco.
-Quella mattina,
quando sei scesa dal palco per offrire un dono alle donne di Konoha-
esordì invece, con voce calma ma tesa –ricordi chi
avevi di fronte?-
-Una ragazza- rispose.
-E non l’hai
riconosciuta?-
Hinata si
fermò a pensare. Sentiva lo sguardo di Naruto su di
sé, e per un attimo fece fatica a concentrarsi, ma poi
all’improvviso le fu tutto chiaro.
-Era una Yamanaka-
rispose con un filo di voce, spalancando gli occhi e alzandosi in
piedi. Le loro mani si erano sfiorate quando le aveva passato il cesto
e da quel momento i ricordi si facevano confusi. Come aveva fatto a non
capirlo prima? Nessun altro clan aveva donne così belle.
–Cosa ho fatto?-
-Non sei stata tu,
è stata Ino-
-La conosci?-
domandò con sorpresa. Ora che la verità stava
venendo a galla, tremava al solo pensiero di aver commesso
l’omicidio di suo padre. Lo odiava, ma non sarebbe mai stata
capace di ucciderlo.
-Sì,
è dalla nostra parte- rispose Naruto. Hinata si chiese cosa
intendesse per “nostra”. Era inclusa anche lei? O
anche per lui era solo una pedina, esattamente come per suo padre? Solo
in quel momento si rese conto che lo scopo dell’agguato non
era solo di uccidere l’Hokage. Si portò una mano
al fianco ferito e si allontanò da Naruto: non aveva ancora
capito chi fosse veramente.
-Aspetta!- le
gridò, a voce così alta da essere pericoloso.
-L’ho
ucciso?- gli chiese prendendolo in contropiede. La mano di Naruto tesa
verso di lei per la seconda volta in pochi minuti, cadde lungo il suo
fianco. –No – continuò Hinata
–altrimenti non saresti qui a prenderti gioco di me-
Se ne andò,
lasciandolo solo in un giardino bianco e nero.
…
Sono curiosa di sapere cosa ne pensate di questo incontro furtivo tra
Hinata e Naruto. Naruto ha aperto gli occhi (nel peggiore dei modi) e
si fa avanti per farsi perdonare. Ma la reazione di Hinata? Ha fatto
bene a trattarlo in quel modo? Naruto sapeva del piano di Ino
(complimenti a chi ha indovinato XD), anche se non era nelle condizioni
di fare molto.
Spero
commenterete in tanti!
Buona
serata a tutti,
Dryas
|
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Capitolo 9 *** Capitolo Otto ***
Capitolo Otto
Non si era mai sentita
così sola. Vagava tra i corridoi di una villa maestosa e
spendente, ricca di oggetti di valore e rare antichità,
piena di domestici a sua completa disposizione. Era circondata dalla
sua famiglia, sangue del suo sangue, che si prendeva cura di lei.
Eppure non sentiva il calore del loro affetto quando le dicevano che
per il suo bene doveva rimanere nascosta. Non aveva provato
felicità quando suo padre l’aveva guardata con
orgoglio nell’ala proibita. Non aveva mai percepito
l’amore incondizionato di sua sorella nei piccoli gesti di
ogni giorno.
La felicità
era solo un ricordo, lontano, sbiadito, di un’altra vita, di
un altro tempo. Neji ora la voleva uccidere, ma lei non riusciva a
dimenticare quanto erano stati legati da bambini. Se l’avesse
fatto avrebbe perso ogni speranza e il suo cuore ferito avrebbe
lasciato il coma in cui era caduto per un destino peggiore.
-Non hai mangiato
niente neanche oggi-
Hanabi era
l’unica con cui poteva parlare, ma non aveva più
niente da dirle. Desiderò essere al suo posto, la figlia
prediletta a cui è risparmiato ogni tormento e ogni fatica,
invece che la figlia debole e deludente, incapace anche solo di alzare
gli occhi dai suoi piedi.
-Non puoi andare
avanti così- continuò –lasciarti morire
non è la soluzione-
-E qual è
allora?- chiese, spinta da un’improvvisa ondata di rabbia
–non posso uscire, non posso parlare, non posso fare niente.
So quello che ho fatto e so quello che mi aspetta, quindi
perché rimandare ancora il mio destino?-
-Lo sai?- sugli occhi
di Hanabi scese un’ombra scura –chi te
l’ha detto?-
-Ho ricordato- rispose
Hinata, usando le ultime forze per reggere il suo sguardo e mentire per
l’ultima volta. Scese il silenzio e per qualche istante
Hanabi sembrò sospettosa, ma poi fu lei ad abbassare il
viso. Divenne pensierosa e quando si alzò in piedi le
sfuggì un sospiro.
-Vieni con me- le
disse. Hinata la seguì e rimase sorpresa quando uscirono dai
suoi appartamenti. La sua confessione aveva fatto cambiare qualcosa, ma
ancora non sapeva se fosse un bene o un male. Cominciò ad
aver paura solo quando capì quale fosse la loro meta.
L’ala
proibita sembrava ancora più minacciosa e cupa, anche se
davanti all’ingresso c’era il viso più
bello che avesse mai visto. Naruto, con indosso una divisa, faceva da
guardia. Dopo quella notte in giardino non l’aveva
più visto.
-Seguici- gli
ordinò Hanabi senza neanche guardarlo.
Hinata
ascoltò i passi del ragazzo dietro di sé con il
cuore in gola. Non riusciva a spiegarsi perché fosse
lì e perché proprio a lui era toccato un compito
così crudele. Non aveva fatto abbastanza per proteggerlo da
suo padre?
-So che quello che
vedrai ti farà stare meglio- le disse Hanabi fermandosi di
fronte a una cella. Hinata ebbe i brividi; anche sua sorella pensava
che fosse una disumana e spietata torturatrice, e il suo stomaco
cominciò a contorcersi dolorosamente immaginando la violenza
della scena a cui stava per assistere. Hanabi ordinò a
Naruto di accendere una torcia e di aprire. Come sempre, ci fu il buio
ad accoglierli.
Sua sorella si
spostò per lasciare loro lo spazio per entrare e Hinata
sentì il suo corpo irrigidirsi. Lo stesso fece quello di
Naruto. A terra, in condizione inumane, era sdraiata Ino Yamanaka.
L’insolita posizione in cui era raggomitolata rese chiaro a
quali immense sofferenze doveva aver patito. Hinata provò
pietà per lei e rischiò di darlo a vedere quando
un singhiozzo rischiò di sfuggire dalle sue labbra. Lo
trasformò in un sospiro, ma il suo autocontrollo
già precario rischiò di andare in frantumi quando
si accorse che Naruto, invece, stava per crollare. La mano che reggeva
la torcia aveva una presa così stretta da rischiare di
stritolarla e tremava da capo a piedi. Ringraziò il cielo
che Hanabi non potesse vedere il suo viso, distorto in
un’espressione di rabbia e odio.
-Hai il permesso di
farle quello che desideri- la voce di Hanabi raggiunse entrambi come
un’ondata di vento gelido. Naruto si voltò verso
Hinata, supplicandola di avere pietà.
-Lasciaci sole-
sussurrò lei, senza spostare lo sguardo dal volto sofferente
del ragazzo.
-Non ho paura- rispose
Hanabi e questa volta Hinata si lasciò guidare dai suoi
sentimenti.
-Ho detto di
andartene- lo disse con ira, a stento controllata, un sentimento che
non era solita provare, ma che sempre più spesso la
sorprendeva con ondate aggressive. Funzionò e nella cella
rimasero solo in tre.
Naruto si precipito
verso Ino lasciando cadere a terra la torcia; le sollevò il
capo per cercare il suo volto angelico, ma Hinata sapeva che non
avrebbe più trovato lo stesso viso che conosceva. Lo
sentì piangere e chiamarla dolcemente, con la paura che non
si svegliasse più, ma quando aprì gli occhi la
sua gioia arrivò fino a lei e desiderò sparire.
Di nuovo era tutta colpa sua, e la ragazza indietreggiò
terrorizzata quando la riconobbe. Ancora più dolorosa fu la
reazione di Naruto: le si mise di fronte, proteggendola con il suo
corpo.
-Hinata, ti prego
… - sussurrò implorante.
-Non ho intenzione di
farle del male- rispose con tono controllato, ma dentro di lei urlava
-però devo chiederti di spostarti-
-No, non lo
farò-
Non si fidava di lei.
Nessuno lo avrebbe fatto.
-Voglio solo curarla-
cercò di convincerlo, ma l’espressione decisa di
Naruto non cambiò. Allora Hinata attivò il
byakugan e questo lo mise ancora più in allerta: era pronto
ad attaccarla. –Dammi il tuo kunai- gli chiese
–Hanabi sta tornando e devo fare in fretta-
-Hai detto che non le
avresti fatto del male-
Hinata
sospirò e con agilità raccolse la torcia da
terra. Usò le arti magiche e la trasformò in un
kunai, facendo scomparire l’unica fonte di luce che avevano.
Grazie ai suoi occhi poteva vedere Naruto agitarsi di fronte ad Ino, ma
non le fu difficile superarlo senza che se ne accorgesse. Si
abbassò verso la ragazza e vide che aveva molti punti del
chakra chiusi.
Dopo che
l’ebbe sentita sospirare si allontanò, anche per
evitare Naruto che, in quel modo, si era accorto
dell’inganno.
Mancava
un’ultima cosa da fare e un secondo prima che Hanabi
riaprisse la porta la torcia riprese a bruciare. A terra, attorno ad
Ino c’erano delle macchie di sangue, chiaro e brillante. La
ragazza giaceva immobile, priva di sensi e accanto a lei
c’era Hinata.
-Possiamo andare-
disse, infilando le mani nel kimono e dirigendosi verso la porta.
Hanabi sorrise, mentre Naruto sembrò inchiodato a terra.
-Allora? Ti muovi?-
con i suoi modi bruschi Hanabi era riuscita ad ottenere la sua
attenzione. Gli occhi blu, trasparenti come quelli di un bambino,
lasciavano trapelare tutto il suo smarrimento
-Non è
abituato- commentò Hinata, che non si fermò ad
aspettarlo, ma continuò a parlare con Hanabi come se non
esistesse. –Perché non lavora più nel
giardino? Non mi sembra molto portato per questo compito-
Naruto chiuse a chiave
la cella con un rumore sordo.
-Ha chiesto lui di
avere un ruolo più influente- spiegò
l’altra –anzi, voleva un lavoro dentro la casa, ma
si sa che gli Uzumaki sono tra i più maldestri al mondo. E
così è finito qui-
-E’ stato
nostro padre a ordinarlo?-
-No, io-
Hinata si
fermò appena fuori dall’ala proibita con Hanabi
proprio di fronte a lei. La superava ancora di molto in altezza, ma la
sensazione non era quella di avere di fronte una ragazza poco
più che bambina. I tratti ancora morbidi del suo viso
stonavano con l’impressionante freddezza dei suoi occhi.
-Sanguini- le disse,
indicando una macchia scura che si stava aprendo sulla manica del suo
kimono.
-Non è il
mio- rispose Hinata. Poi si inchinò per congedarsi e lo
stesso fece l’altra. Lasciò che i muscoli del
volto si rilassassero solo dopo che la porta della sua stanza fu alle
sue spalle. Si lasciò cadere a terra e alzò la
manica del kimono che ormai aveva cambiato colore. Il taglio sul suo
braccio perdeva molto sangue e con l’altra mano
cercò di curarlo il più in fretta possibile.
Quella cicatrice, a differenza di tutte le altre, avrebbe fatto fatica
a sparire dalla sua pelle perfettamente liscia e bianca.
-Hinata … -
Era stata
così concentrata a non perdere il controllo di fronte a sua
sorella che non si era accorta di essere stata seguita. Naruto la stava
guardando con gli occhi spalancati e sorpresi, come se non credesse a
quello che stava vedendo.
Come se la vedesse per
la prima volta.
Terzultimo capitolo.
Credo sia uno dei
più ricchi di suspance, forse uno dei più
drammatici, ma mi direte voi! Naruto è stato alzato di grado
(per caso?) ed è costretto a vivere sulla sua pelle quello a
cui Hinata è costretta a sopportare ogni giorno, mentre
Hanabi è sempre più enigmatica. E poi il gran
finale! Spero che quello che Hinata ha fatto a Ino sia chiaro, che il
suo sacrificio si capisca insomma!
Infine ringrazio tutti
per la pioggia di recensione a cui risponderò il prima
possibile! Grazie di cuore!
Dryas
|
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Capitolo 10 *** Capitolo Nove ***
Capitolo Nove
-Avresti dovuto
dirmelo-
La voce bassa e calma
di Naruto fu come un balsamo. Era troppo debole per impedire al suo
cuore di rimanere stregato da lui, così continuò
ad osservarlo con sguardo timido mentre le curava il braccio. La divisa
gli fasciava il corpo mettendo in risalto le spalle larghe e il fisico
atletico. Il suo viso, perfetto nei lineamenti, mascolino ma
così diverso da quello spigoloso e severo degli Hyuga, la
incantava come solo un tramonto sull’oceano poteva fare. Gli
occhi blu come il mare, i capelli biondi come il sole, la voce
piacevole come una brezza leggera. Tutto di Naruto era per lei la
perfezione. Il suo animo nobile e combattivo, il suo coraggio e la sua
determinazione erano il suo modello da così tanto tempo che
non ricordava più il momento esatto in cui si era innamorata
di lui.
-Come ti senti? Non
sono molto bravo in queste cose, io non … -
-Grazie, Naruto, sto
molto meglio- lo fermò, intenerita dalla sua preoccupazione
–ma ora dovresti andare-
-Non senza di te- le
rispose –ti uccideranno se rimani qui-
-E dove potrei andare?
Qui non mi amano, ma là fuori mi odiano- disse, mentre gli
occhi del ragazzo si velavano di tristezza. –Se me ne vado
ora, i sensi di colpa mi uccideranno prima degli uomini di mio padre.
Almeno qui posso essere di qualche aiuto, capisci?-
-Dissanguandoti ogni
volta che ti chiedono di torturare un prigioniero?-
l’asprezza con cui aveva posto la domanda la ferì.
–Scusa- aggiunse subito dopo, allungando una mano verso il
suo viso e impedendo che si abbassasse. –E’ solo
che non riesco ancora a credere a quello che hai fatto-
Il tocco delle sue
dita accese le sue guance. Non era mai stata così vicina a
un uomo, tano meno a quello che amava.
-Non sapevo che altro
fare- rispose piano –non mi posso fidare di nessuno e nessuno
al mondo si fiderebbe della figlia di Hiashi Hyuga. Sono completamente
sola, sola … -
-Signorina Hinata,
posso entrare?-
Una voce li sorprese
facendoli sussultare. Si guardarono negli occhi, allarmati, e si
allontanarono l’uno dall’altro come se si fossero
scottati. Hinata si schiarì la voce cercando di ritrovare
l’autocontrollo.
-Cosa succede?- chiese
con tono distaccato.
-E’ per suo
padre- le dissero –sta molto male-
Hinata
riuscì ad uscire dalla sua stanza senza che Naruto venisse
scoperto. Seguì la domestica fino alle stanze di suo padre,
austere e grigie come il suo aspetto. Il suo cuore aveva ripreso a
battere da poco e non ricordava che fosse così faticoso
controllarlo. Lo percepiva nel suo petto, regolare e forte,
così veloce da essere fastidioso, ma lo sentì
inciampare, perdendo dei battiti, quando si trovò di fronte
il viso pallido di Hiashi.
Dopo un attimo di
esitazione andò ad inginocchiarsi accanto a lui e gli
sfiorò la mano. Il medico cominciò a spiegarle la
situazione, ma tutto quello a cui Hinata riusciva a pensare era che non
avrebbe mai più rivisto i suoi occhi. Cominciò a
piangere, sommessamente come le era stato insegnato, e il medico smise
di parlare.
-Soffrirà
molto?- chiese.
-No, è
stato sedato-
Hinata
annuì. Neanche a suo padre riusciva ad augurare una morte
dolorosa. Nelle sue notti insonni e tormentate per trovare sollievo
immaginava di vederlo morire in uno dei tanti modi atroci a cui
l’aveva costretta ad assistere, ma ora che era sul suo letto
di morte desiderava soltanto che se ne andasse in fretta. Un singhiozzo
tradì il suo contegno: da quella notte sarebbe stata libera.
-Se
n’è andato- le parole del medico la scossero. Non
se n’era neanche accorta, ma guardandolo vide la
rigidità che lui le aveva insegnato a riconoscere nelle sue
vittime. Sospirò e si alzò in piedi.
-Hanabi- sua sorella
era sulla soglia della porta, in piedi, il viso rigato dalle lacrime.
Le corse in contro e l’abbracciò, sussurrandole
parole di conforto.
-Siamo solo io e te
ora- le disse, mentre abbracciate una all’altra lasciavano la
stanza. Poi, all’improvviso, la finestra a cui erano vicine
andò in frantumi e con un’esplosione assordante si
ritrovarono circondate dalle fiamme.
-Corri Hanabi!- le
gridò Hinata, ma sua sorella non si mosse. Sembrava
paralizzata, e guardava il fuoco che cresceva alto attorno a lei con
aria sconvolta. La luce le illuminava il volto impaurito da bambina, ma
poi successe una cosa che credeva impossibile: rivide gli occhi di suo
padre. La fissavano con lo stesso disgusto di sempre, con la stessa
malvagità e con la stessa superbia. Sentì il suo
cuore riconoscerli e fu ferito di nuovo, di più, ancora e
ancora, fino a quando una fitta lancinante la fece gemere.
-Sei stata tu-
sibilò Hanabi. Hinata sperò di essersi sbagliata
e deglutì. Era sua sorella, non suo padre.
-Cosa stai dicendo
Hanabi? Non vedi che dobbiamo andarcene da qui? Presto
crollerà tutto!- le disse con tono allarmato. Non sapeva
cosa stava succedendo, ma sapeva che sarebbero morte entrambe se non si
fossero allontanate da quell’inferno.
-Sei stata tu!-
Hinata urlò
quando si ritrovò scaraventata contro la parete alle sue
spalle. Hanabi si fece largo tra le fiamme e la raggiunse. Sembrava un
mostro e Hinata ne fu così sconvolta da non trovare la forza
di parlare.
-Mi credi
così stupida?- disse invece sua sorella -avevi i piedi
sporchi di terra la notte in cui l’Inuzuka è
scappato- continuò –e ho notato come ti sei
allarmata quando nostro padre ha scoperto l’Uzumaki nelle tue
stanze. Credevi di essere stata furba, non è vero?!-
L’attaccò.
Hinata ebbe almeno il sangue freddo di difendersi, nonostante non
riuscisse a credere a quello che le stava facendo. Una parte del
soffitto crollò ed entrambe si lanciarono a terra per
salvarsi. La prima a rimettersi in piedi, però, fu lei.
-Hanabi, non volevo
ingannarti- esordì con voce rotta dal dolore
–capisci che nostro padre mi avrebbe uccisa se avesse
scoperto cosa facevo? Dovevo salvarli, erano innocenti!-
-Tu eri sua figlia!-
gridò l’altra e il suo byakugan si accese
–dovevi essergli fedele e invece l’hai tradito, hai
tradito tutti noi!-
I colpi di Hanabi si
fecero più violenti. Hinata faticò a deviarli
sempre di più. Il digiuno che si era imposta nei giorni
precedenti le aveva tolto ogni energia. Riuscì a fermare il
colpo diretto al suo cuore solo per pochi centimetri.
-Era un uomo crudele-
disse, tenendo ferma la mano di Hanabi –faceva del male alle
persone-
-Tu l’hai
ucciso- sibilò l’altra.
-Sì-
rispose Hinata –sono state le mie mani a farlo-
-E anche la tua testa-
la smentì, e il suo sguardo si fece più duro
–ho visto che ti sei sacrificata per la Yamanaka oggi. Tu non
solo l’hai ucciso, ma hai anche tradito il tuo stesso sangue!-
La presa di Hinata si
fece più debole e le dita di Hanabi avanzarono verso il suo
petto. Hinata capì che sua sorella aveva deciso di
sbarazzarsi di lei ancora prima che la Yamanaka la costringesse ad
attaccare suo padre, e la disperazione che ne seguì fece
sì che la presa sulla mano che l’avrebbe uccisa si
sciogliesse.
Si accasciò
a terra, convinta che presto se ne sarebbe andata per sempre da
quell’incubo. Invece le dita di Hanabi la sfiorarono soltanto
e presto si ritrovò libera. Accanto a lei c’era
Naruto, mentre sua sorella giaceva a terra priva di sensi.
-Hinata- le
chiamò forte, con voce grave, che le vibrò lungo
la schiena. I suoi occhi profondi guardavano i suoi, che si persero
nell’oceano della sua anima. –Tu non sei sola-
continuò prendendole il viso tra le mani -ma siamo in due,
insieme. E io so chi sei tu-
La strinse a
sé avvolgendola con le sue braccia come se volesse
nasconderla dal mondo intero. Nascondendo il viso nella giacca di
Naruto pianse, di felicità e di tristezza. In quella presa
salda e sicura il cuore di Hinata riprese a vivere.
Aggiornamento
rapido!
Ringrazio
di tutto cuore chi ha recensito lo scorso capitolo e chi continua a
darmi il suo supporto anche solo leggendo. Ormai siamo agli sgoccioli,
il prossimo capitolo è l’ultimo!
Spero
che abbiate apprezzato anche il penultimo Hanabi finalmente si rivela
e Hiashi è morto e sepolto. E cosa mi dite di Naruto e
Hinata? Vi sono piaciuti?
Al
prossimo e ultimo capitolo,
Dryas
|
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Capitolo 11 *** Capitolo Dieci ***
Capitolo
Dieci
Naruto si
caricò in spalla Hanabi e insieme ad Hinata uscì
dal palazzo in fiamme. Villa Hyuga era stata rasa al suolo e ogni pezzo
che cadeva ridava nuova vita alla città di Konoha. Hiashi
Hyuga, che meno di un anno prima aveva preso il potere con un colpo di
stato, non esisteva più. L’intero clan era stato
sottomesso e, ironicamente, a capo di quella rivolta c’era un
altro Hyuga, Neji.
-Mi
ucciderà- sussurrò Hinata alla proposta di Naruto
di raggiungere gli altri compagni e quindi anche suo cugino.
-Gli diremo la
verità, gli diremo cosa hai fatto e vedrai che
sarà costretto a cambiare idea- la rassicurò,
andandole più vicino –nessuno potrebbe negare
quanto tu sia stata coraggiosa e forte. Nel caso, chiunque osi farlo,
dovrà vedersela con me!-
Hinata sorrise nel
vederlo gonfiare il petto e indicare se stesso con il pollice. Era
lì, insieme a lei. L’aveva amato di nascosto
così a lungo che a volte credeva di essere in uno dei suoi
tanti sogni ad occhi aperti. Ricordò lo sconforto che aveva
provato quando anche lui si era convinto che fosse realmente priva di
un cuore. In quel momento aveva capito che era la speranza a tenerla in
vita, e la sua più grande speranza era da sempre stata
Naruto.
-Ma come facciamo con
Hanabi?- chiese. Sua sorella era ancora priva di sensi e
ringraziò il cielo per questo. Infatti, nonostante fosse
poco più che una bambina, aveva dimostrato di essere
pericolosa, ma soprattutto le era ormai chiaro che la
crudeltà di Hiashi si era insinuata nel suo cuore.
-Per questo ho io la
soluzione- Naruto illuminò la notte con il suo sorriso, poi
si portò due dita alla bocca e fischiò. Poco dopo
una massa di pelo enorme le fu addosso, travolgendola con il suo
affetto incondizionato e una quantità esagerata di bava.
-Akamaru!-
esclamò Hinata, felice di rivederlo tanto quanto lo era lui.
Avevano trascorso insieme così tante notti solitarie e
desolate che le sembrava di non vederlo da una vita.
-Lui
porterà Hanabi in un posto sicuro- spiegò Naruto,
mentre Hinata continuava a coccolare il suo vecchio amico.
–La legherò in modo che non possa fuggire e
andremo a riprenderla dopo che avremo parlato con Neji-
-Sei sicuro che
funzionerà?- gli chiese, e Akamaru abbaiò
convinto.
Una volta messa al
sicuro sua sorella, Hinata tornò a concentrarsi sul vero
problema. Conosceva Neji abbastanza bene per sapere che non sarebbe
stato così semplice convincerlo, come credeva Naruto. Sapeva
che era stato lui ad attaccare villa Hyuga, probabilmente grazie
all’aiuto di un complice dentro la casa. Infatti, non appena
Hiashi aveva esalato l’ultimo respiro, le difese che aveva
eretto per proteggere la sua reggia erano svanite insieme a lui. Era
chiaro che Neji non si sarebbe fermato di fronte a niente, ma tuttavia
Hinata amava l’ottimismo che vedeva negli occhi di Naruto e
ne fu contagiata. Insieme si diressero verso il quartier generale dei
ribelli.
Non passeggiava da
sola per le strade di Konoha da anni e fu inebriata da quel senso di
libertà che forse non aveva mai provato davvero. Ancor
più sconvolgente fu quando Naruto la prese per mano,
guidandola per vicoli che non aveva mai attraversato. Da quel momento
non fece più caso alla strada, ma solo alle scosse che ogni
movimento, ogni sguardo, ogni carezza di Naruto provocavano al suo
cuore.
Ma nessuno dei due si
accorse che erano seguiti e fu troppo tardi quanto capirono di aver
abbassato la guardia troppo presto. Naruto fu colpito alle spalle e
mandato a terra, mentre Hinata fu immobilizzata e spinta contro il muro
di una casa.
-Neji- con voce
strozzata riuscì a chiamarlo. Dietro di lui
c’erano altre cinque ninja, tutti armati, e uno di loro, una
donna dai capelli rosa, corse verso Naruto.
-L’erba
cattiva non muore mai- Neji la salutò con voce
così bassa che solo lei riuscì sentirlo. La presa
attorno alle sue braccia si fece sempre più forte, e sempre
più dolorosa.
-Aspetta, fammi
parlare- gli disse, questa volta in tono supplichevole. Il byakugan di
suo cugino era già pronto ad entrare in azione.
-Per farmi abbindolare
come quell’idiota dell’Uzumaki?- le
domandò lapidario –mai. Ma una cosa te la
chiederò- continuò- dov’è
Hanabi?-
-Non sarò
la causa della morte di mia sorella.-
-Una più o
una in meno, che differenza fa per te?- le chiese, e la durezza delle
sue parole la colpì tanto da toglierle il fiato. Come poteva
crederla davvero capace di uccidere una persona, tanto più
se innocente, dopo tutto quello che avevano passato insieme?
L’aveva vista crescere, l’aveva vista diventare una
schiava esattamente come lui, eppure non capiva. La sua aria atterrita
lo fece sogghignare, ma dentro di sé Hinata ribolliva.
-Sai, quanto parli
così mi ricordi mio padre-
Neji
sbiancò e il suo sorriso sparì. Con uno
scattò spostò una mano dal suo avambraccio al suo
collo. E cominciò a stringere.
-Hai appena
pronunciato le tue ultime parole- sibilò.
-Tu hai il mio stesso
sangue- continuò Hinata, lo sguardo sicuro e fermo. Gli
occhi di Neji si spalancarono e la presa si fece più forte.
–Ed è lo stesso di Hiashi … -
Hinata
cominciò a piangere e la voce le morì in gola.
Ormai non aveva più fiato, l’aria non arrivava
più ai suoi polmoni. Stava soffocando. Guardò
Naruto in cerca di aiuto, ma era ancora steso a terra;
guardò gli altri ninja e ricevette solo altro odio, ma fu
dai loro occhi che riuscì ad accorgersi qualche istante
prima di Neji di quello che stava per succedere.
Akamaru
piombò addosso a Neji con tutto il suo peso, azzannando il
braccio che la stava uccidendo. Lo mandò a terra e gli si
mise sopra, mentre i suoi denti mirarono alla pelle bianca del suo
collo, ringhiando con aggressività. Hinata cadde a terra e
cercò di richiamarlo, ma la sua gola bruciava tanto da
impedirle quasi di riprendere a respirare. Vide Neji cercare di tenerlo
lontano con tutte le sue forze, mentre le pericolose fauci del cane
arrivarono a sfiorargli la gola. Poi, all’improvviso, Akamaru
emise un latrato di dolore e si accasciò a terra.
Hinata
guardò con gli occhi spalancati la macchia di sangue
allargarsi sempre di più sotto il suo corpo massiccio.
Nonostante il dolore, lo chiamò, ma il cane non si mosse.
Allora corse verso di lui e vide il kunai che Neji gli aveva piantato
nel cuore. Distrutta, si lasciò cadere a terra,
abbracciandolo con forza.
-Forse posso fare
qualcosa.- La ragazza con i capelli rosa l’aveva raggiunta e
con sguardo determinato cominciò a curare la ferita di
Akamaru.
-Ti prego …
- sussurrò, mentre stringeva il grande muso
dell’animale, ma lei scosse la testa e abbassò le
mani. Hinata affondò il viso nel suo pelo e
soffocò i singhiozzi del pianto.
-Neji, l’hai
ucciso-
Quelle parole non
uscirono dalla sua bocca, ma da quella del ninja medico.
-Mi ha aggredito-
ribatté l’altro, per nulla risentito.
-Akamaru ha scelto di
difendere lei e non te. Come te lo spieghi? C’è
qualcosa che devi dirci per caso?-
-Cosa vorresti dire?-
-Che forse dovremmo
rimandare questa faccenda a quando Naruto avrà ripreso i
sensi. Così potrai spiegarci anche perché
l’hai colpito alle spalle-
-Sakura, quella
è la figlia di Hiashi Hyuga- disse Neji alzando la voce
–e tu ti fai degli scrupoli solo perché un cane si
è messo in mezzo?-
Hinata alzò
lo sguardo. Suo cugino si sporgeva minaccioso verso la ragazza, la
quale, però, non era da meno e teneva alzata la testa con
una sicurezza eccezionale. I suoi occhi verdi stavano sfidando
apertamente quelli bianchi di Neji.
-Ho aiutato Kiba e
Akamaru a scappare- la voce flebile di Hinata richiamò
l’attenzione di entrambi, –e nel frattempo eravamo
diventati amici. Di notte gli portavo da mangiare e lui mi teneva
compagnia. Per questo mi ha salvata-
Sakura
tornò a voltarsi verso Neji con un sopracciglio alzato, ma
lui non ne volle sapere e cominciò a protestare. Non doveva
esserci alcuna pietà.
-Allora forse dovresti
sentire lei-
Un ragazzo alto e
magro, con i capelli raccolti in una coda disordinata, si fece strada
tra gli altri ninja presenti. Il suo braccio muscoloso reggeva il corpo
esile e piegato di Ino Yamanaka. Tutti i presenti le corsero in contro,
felici di vederla, ma fu Sakura quella più commossa. Si
propose di iniziare subito a curarla, ma Ino si oppose. I suoi occhi
azzurri cercarono quelli di Hinata e, accompagnata dal ragazzo, la
raggiunse. Quando le fu di fronte si lasciò cadere a terra,
accanto a lei, e l’abbracciò.
-Grazie- le
sussurrò piangendo.
-Le ha salvato la
vita- spiegò il ragazzo, guardando Neji negli occhi
–la torturatrice di Konoha usava il suo stesso sangue per far
credere di aver inflitto le peggiori sofferenze alle sue vittime. Poi
usava le tecniche Hyuga per togliere loro i sensi nel modo meno
traumatico possibile e completava l’opera. Ino è
solo l’ultima ad essere stata salvata in questo modo-
-Non è
possibile- sussurrò Neji con voce flebile. Finalmente nei
suoi occhi Hinata vide il dubbio, e ne approfittò per
rimettersi in piedi.
-Non mi hai lasciato
finire di parlare- gli disse dolcemente, attirando la sua attenzione
–noi due abbiamo lo stesso sangue di Hiashi, è
vero, ma il nostro cuore è diverso. Ti ricordi quante volte
da piccoli abbiamo progettato di unire la casata principale e il ramo
cadetto? Così avremmo potuto giocare insieme tutto il
giorno-
-Eravamo solo dei
bambini-
-Ma eravamo sinceri.
Tu non hai cambiato la tua idea, ma neanche io. Sono rimasta in quella
casa solo perché costretta, e ho cercato in ogni momento un
modo per poterti aiutare-
-Hai fatto credere che
fossi stato io a far scappare l’Inuzuka-
-Mi dispiace, ma
dovevo salvare Naruto … - il suo sguardo si
spostò sul suo volto pallido –ti chiedo solo di
lasciarmi libera come tu lo sei ora-
Quando Naruto
aprì gli occhi il sole era tramontato. Solo la luce flebile
di una candela illuminava la stanza e impiegò qualche
secondo per ricordare cosa fosse successo. Scattò in piedi,
imprecando, ma il gesto fu troppo brusco e fu seguito da fitte
lancinanti al capo, lì dove Neji l’aveva colpito.
Chiuse gli occhi in
attesa che il dolore scomparisse e quando li riaprì vide
Hinata addormentata accanto al suo futon. Un sospiro di sollievo
uscì dalle sue labbra, ma non fu sufficiente. Si
abbassò ad abbracciarla.
-Naruto … ?-
-Stai bene- disse,
stringendola a sé così forte da farle mancare il
respiro.
-Non
c’è più pericolo ora- rispose
l’altra –e Neji si scusa tanto-
-Si scusa un corno!
Appena mi capita tra le mani gli ritorno tutto quanto moltiplicato per
cento!-
Hinata rise. Non
sentiva la sua risata da così tanto tempo che ne aveva
dimenticato il suono. Continuò a ridere, insieme a Naruto,
la sua speranza, il suo futuro. Prima, quando pensava alla sua vita,
non vedeva nient’altro che oscurità. Ora vedeva
gli occhi blu di Naruto illuminati dalla luce del sole che tramonta, in
un mare d’oro, nascosto dietro un acero cremisi. La mano tesa
verso di lei era arrivata lì dove pensava che mai nessuno
sarebbe arrivato. Aveva toccato le corde del suo cuore, facendole
riprendere a suonare la loro melodia, e facendola tornare a vivere. Si
era fidato di lei, nonostante i pregiudizi, nonostante il suo
carattere, nonostante le difficoltà. Per lei, Naruto era la
prova che non bisogna mai smettere di sperare, e che anche quello che
ai nostri occhi sembra impossibile può trasformarsi in
realtà. Grazie a lui, era riuscita a superare i limiti che
da sola si era imposta, e finalmente non era più sola.
…
e con questo capitolo si conclude “Heartstrings”.
Spero
sia stato all’altezza delle vostre aspettative. Ovviamente un
tocco di drammaticità c’è sempre, ma
Hinata ha affrontato la sua battaglia con Neji a testa alta e con al
suo fianco Naruto (ovviamente anche stavolta ha fatto una figuraccia
XD). Se scriverò un’altra naruhina prometto che
Naruto sarà forte, aitante e furbo!
Ringrazio
di cuore i tanti che hanno recensito, aggiunto la storia nei preferiti,
scelte o ricordate. Grazie, grazie e ancora grazie!
Un pensiero va anche a Tomoko-chan, la bravissima giudice del contest.
A presto carissimi,
Dryas
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