Heartstrings

di Dryas
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo Nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo Dieci ***



Capitolo 1
*** Intro ***



-nik del forum: Dryas.
-nik di EFP: Dryas
-Avvertimenti: tematiche delicate
-Pacchetto scelto: pacchetto Rosso (cuore-sangue-Hinata-drammatico)
-Citazione: solitudine (Non sei solo in questo mondo ma siamo due, insieme, e io so chi sei tu." Gibran Khalil)




HEARTSTRINGS

 

 

Intro



Hinata cercò di nascondersi dietro l’alta figura di suo padre. Spostò gli occhi a terra e li mantenne fissi, spalancati, con il terrore a macchiare la loro purezza. Si trattenne dal portarsi le mani alla testa, per non sentire più le grida di dolore di Neji. A ogni frustata il suo corpo si contraeva in uno spasmo, distorcendo il suo viso in una maschera di sofferenza. Il suo sangue si alzava nell’aria in piccole gocce, trascinato dalla violenza della frusta, e macchiava il cortile di villa Hyuga, dove da bambini avevano passato intere giornate a giocare.
-E’ sufficiente.- La voce di suo padre tuonò grave e il suono secco cessò. Neji aveva le mani legate a una delle travi del porticato e si era abbandonato a quel sostegno con tutto il suo peso. Rivoli rossi scendevano dai suoi polsi lungo le braccia e la schiena non aveva più un lembo di pelle integra. Hinata si trattenne dal correre in suo aiuto. Rimase a guardare mentre lo slegavano e lo portavano via, incapace di muovere un solo muscolo.
-Questo è quello che succede ai traditori- continuò Hiashi, portandosi avanti di qualche passo e rivolgendosi ai membri del clan Hyuga accorsi per assistere alla punizione di Neji. –Spero di essere stato chiaro.-
Mentre parlava, Hinata notò che il suo abito era cosparso da una pioggia di macchie scure. Il sangue di Neji aveva raggiunto anche il nuovo Hokage di Konoha, tra le cui mani c’era la frusta che poco prima aveva flagellato la schiena di suo nipote. Aveva uno sguardo severo e austero, come sempre, ma ora era attraversato da un lampo di crudele follia.
Hinata indietreggiò impaurita: si ricordò di avere quegli stessi occhi, di essere sangue del suo sangue. Aspettò che il discorso finisse senza ascoltarne una parola; rimase paralizzata dal pensiero di avere dentro di sé la stessa follia di suo padre e si mosse solo quando lo fecero anche le persone accanto a lei.
Si allontanò dal cortile con passo veloce: quel peso, che da settimane aveva sul petto, stava per soffocarla. Raggiunse le sue stanze e, dopo aver chiuso il fusuma dietro di sé, si lasciò cadere a terra.
Piegò il collo in avanti, lasciando che lacrime calde cadessero sulle assi di legno del pavimento, ma quando la sua vista ritornò nitida capì di non sentirsi meglio. Con un urlo strozzato si rimise in piedi e cominciò a slacciare il kimono. Le sue dita tremavano in modo così incontrollabile che fu costretta a strapparlo. Lasciò a terra, come un cadavere dilaniato, la seta che poco prima la avvolgeva con morbidezza.
Era macchiata di sangue.








Buongiorno a tutti, cari lettori!
Spero che l’intro abbia attirato un po’ la vostra attenzione, il primo capitolo seguirà a breve. Questa sarà una long fic, di dieci capitoli, piuttosto drammatica, con al centro il personaggio di Hinata. Non sono una fanatica della coppia Hinata-Naruto, ma ho già scritto di loro (tanto, tanto tempo fa)  e, ovviamente, mi piace (altrimenti dieci capitoli col cavolo che saltavano fuori :P). Spero di trovare la vostra approvazione, specialmente di chi è invece fanatico di questa coppia, e per ogni dubbio/chiarimento/domanda/critica sono a vostra disposizione!


Preciso che compariranno anche personaggi come: Kiba, Ino, Shikamaru e Akamaru!


Infine, ne approfitto per ringraziare Tomoko-chan per il fantastico contest che ha riacceso l'ispirazione! Vada come vada, io sono già contenta di questo. 

A presto,

Dryas


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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***





Capitolo Uno







L’unica colpa di Neji era di essere il nipote di Hiashi Hyuga. Era arrivato a pensare che sarebbe stato meglio se suo zio l’avesse ucciso vent’anni prima insieme a suo padre e a sua madre, invece di crescerlo come suo schiavo.
Erano passate due settimane da quando l’aveva fustigato davanti all’intero clan. Erano due settimane che non si metteva in piedi. Aveva il collo rigido e gli arti indolenziti. Non ricordava molto delle ore dopo l’accaduto, sapeva solo che se avesse mosso un solo muscolo della schiena sarebbe svenuto di nuovo per il dolore.
-Come ti senti?- la voce dolce di Hinata lo sorprese. Aprì gli occhi e la trovò inginocchiata accanto al suo futon, in una posa perfetta. Troppo perfetta.
-Perché? Ti interessa?- le domandò. La sua voce suonò rauca e spenta, e Neji l’interpretò come un’altra sconfitta.
-Certo, cugino- rispose l’altra, la cui espressione si fece addolorata –ho curato le tue ferite e ti ho vegliato per tutto il tempo che ho potuto-  
-Dovrei anche ringraziarti?- questa volta la rabbia si fuse con il suo tono profondo e grave. Se avesse potuto sarebbe già andato via da quella stanza, lontano da lei, lontano da tutti.
-Mi dispiace-
Sopportò il dolore che un cambio di posizione nella sua situazione comportava e le diede spalle. Si trattenne dall’urlarle in faccia di andarsene solo perché si trovava ancora sotto lo stesso tetto di chi gli aveva inferto quelle ferite e voleva restare vivo, ma aveva tutta l’intenzione di ignorarla.
-Farò portare del brodo caldo. Buonanotte, cugino-
Hinata uscì. Chinò il mento e sopirò. Fissandosi i piedi, si incamminò verso le sue stanze. Il sole stava tramontando e i suoi raggi primaverili, dall’arancione intenso, stravolgevano l’aspetto di villa Hyuga: in quel mare d’oro sembrava un posto magico. Si fermò di fronte all’ingresso del piccolo giardino interno. La luce sembrava liquida, setosa, e illuminava lo sconosciuto di fronte a lei facendo brillare i suoi occhi blu. I suoi capelli, invece, si fondevano con il giallo del sole.
Fermo, in una posa rigida, la stava fissando come se fosse in attesa di una sua risposta, con occhi profondi e grandi, circondato delle foglie cremisi di un acero.
-Ah … - allungò una mano verso di lei, ma erano troppo lontani per potersi anche solo sfiorare. Hinata spostò lo sguardo sulle sue dita, lunghe, rovinate ma sottili. Avevano cercato di toccarla, ma sembravano aver perso il coraggio a mezzaria. Tornò a guardarlo. Non poteva credere che fosse lui.
-Io … - continuò, ma la voce venne meno di nuovo.
-Signorina Hinata- la luce sfumò. Ora poteva vederlo bene, senza quell’aura di magia ad avvolgerlo, e gli diede le spalle con un movimento rapido ma elegante.
-Keyko, voglio rimanere sola- disse. I suoi geta ticchettarono sul pavimento e si fermarono di fronte alla domestica. Un passo in più e avrebbe potuto vedere l’intruso nascosto tra i rami dell’acero rosso.
-Ma è in ritardo per la cena. Sa che suo padre odia aspettare-
-Solo cinque minuti- ribatté Hinata con voce più ferma –e questo lo prendo io. Puoi andare Keyko-
La domestica si allontanò con passi veloci senza protestare. Hinata si voltò e cominciò a camminare dalla parte opposta. Lanciò solo un breve sguardo all’intruso, ora quasi coperto dall’oscurità, e ritornò nella stanza di Neji reggendo tra le mani un piatto di minestra.
-Grazie- le disse una volta chiuso il fusuma alle loro spalle –mi hai salvato la vita-
Hinata si inginocchiò accanto al cugino, di nuovo addormentato, e appoggiò il piatto a terra.
-Sei qui per portarlo via?-
Era stato il suo unico amico. Ed era quasi morto per quello.
-Sì- il ragazzo rimase distante. -Tu sei la figlia di Hiashi?-
Non ricevette risposta. Le dita delicate di Hinata sfiorarono il viso di Neji, spostando una ciocca di capelli dai suoi occhi. Era la figlia del più crudele degli uomini di Konoha, sì, e tutti lo sapevano, non c’era bisogno di dirlo ad alta voce.
-Ha ancora bisogno di cure- continuò, conscia del fatto che nessuno avrebbe voluto trovarsi da solo insieme a lei -ha molte ferite profonde e c’è bisogno di tempo perché guariscano-
-Non vuoi sapere chi sono io?- chiese all’improvviso l’altro. Hinata si rimise in piedi e si voltò verso di lui. Era di fronte a un uomo che non apparteneva al suo clan, in una stanza buia, da sola. Non arrivava nemmeno all’altezza delle sue spalle, ma non aveva paura di lui. Era lui ad avere paura di lei, a causa del suo sangue.
- … Naruto Uzumaki- rispose con voce flebile –del clan Uzumaki, Paese del Vortice-
-Mi conosci?- domandò allargando i grandi occhi blu.
-No, conosco solo il tuo nome- continuò – … e ti ho visto qualche volta insieme a Neji. Ora però dovresti andare, fra poco accenderanno le lampade e un acero non riuscirà a nasconderti-
-Non è stata un’idea brillante- commentò l’altro, abbozzando un sorriso.
Un sorriso che era rivolto a lei.
I suoi occhi chiari, agghiaccianti e spettrali, sembravano non spaventarlo. Nemmeno quando si incontrarono con i suoi, il riflesso del mare, esitarono. Anzi, continuarono a sorridere.
-Già- rispose, per nulla turbata da quella sensazione di leggerezza che provava nel trovarselo così vicino. A scuoterla fu il suo allontanamento. Con cautela svegliò Neji, che subito lo riconobbe, e gli disse di ingoiare una piccola pillola nera. Neji chiuse di nuovo gli occhi e non fiatò quando Naruto lo sollevò sulle spalle.
-Questa è un’idea brillante- commentò Hinata. Senza un anestetico le grida di dolore di Neji avrebbero echeggiato per tutti i corridoi pieni di guardie di villa Hyuga.
-Già, ma non è mia- rispose l’altro, continuando a sorridere. Poi diventò serio. –Perché lo fai?-
-Per salvargli la vita-
-Allora perché non vieni anche tu?-
Hinata spalancò gli occhi. Cercò di ricordare tutte le regole che le avevano insegnato fin da bambina per trovare il modo di restare calma. Riuscì a rimanere composta, con le mani incrociate sule grembo, la postura eretta, ma non riuscì a fermare il rossore che salì alle sue guance. Abbassò gli occhi.
-No, il mio posto è qui- gli rispose.
-Sei sicura?-
-Devo- continuò, ma fu solo un debole sospiro.
-No che non devi- ribatté l’altro, sorprendendola per la sicurezza con cui le si rivolgeva. Sembrava che Naruto stesse dando voce a quei pensieri che lei sotterrava non appena cercavano di emergere. E questo la spaventava e rassicurava al tempo stesso. –Vieni con me-
Hinata rimase in silenzio per qualche istante. Osservò la facilità con cui reggeva il corpo di Neji e si rese conto che non avrebbe mai potuto farlo. Non aveva nemmeno il coraggio di salvare se stessa, come poteva essere degna di essere salvata?
-Portalo al sicuro e nascondilo- gli disse poi –se lo trovano, per lui è la fine-
Uscì dalla stanza raccogliendo da terra il piatto di minestra. La rovesciò vicino all’acero rosso in cui si era nascosto Naruto, e con passo fermo si diresse verso la sala da pranzo.
Era la figlia di Hiashi Hyuga, e la stavano aspettando.




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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***



Capitolo Due







Era passata una settimana da quando Neji era scappato. Non da solo, certo, e questo aveva mandato su tutte le furie il nuovo Hokage di Konoha. Essere stato ingannato sotto il tetto di casa sua era un’offesa senza paragoni. Tutti i domestici furono interrogati e forzati a parlare, ma né con le buone né con le cattive riuscì a scoprire qualcosa.
Hinata rimase a guardare in silenzio mentre la donna di mezza età, che da quando era bambina le infilava le maniche del kimono, veniva portata nell’ala proibita di villa Hyuga. Era un piccolo distaccamento, lontano da occhi indiscreti e immerso tra gli alberi, dove Hiashi invitava chiunque dubitasse di lui e lo convinceva a cambiare idea. La mattina dopo le mani che l’aiutarono a vestirsi erano bendate.
-Mi volevate vedere padre?- domandò dopo essersi inginocchiata davanti a lui.
-Voglio farti qualche domanda-  
Hinata si chiese come Naruto non fosse rimasto ripugnato dai suoi occhi. Lei, più li vedeva attorno a sé, e più ne era disgustata; ma nessuno sguardo era più orripilante di quello di suo padre. –Hai visto qualcosa di strano la notte della fuga di Neji?-
-No, padre- rispose e fu sollevata quando sentì che le sue parole suonarono sorprese.
-Non voglio dubitare di te- rispose, infatti, Hiashi, convinto che il suo stupore fosse dovuto alla sua mancanza di fiducia verso di lei. –Ma ho saputo che andavi a trovare tuo cugino ogni giorno. Non hai notato niente di strano?-
-No, Neji è rimasto privo di sensi quasi per tutto il tempo- rispose e subito si pentì delle sue parole.
-Quindi questo conferma che è stato aiutato- desse alzandosi in piedi –e conferma che non era solo nemmeno nello stupido tentativo di organizzare una rivolta. Il suo compito era solo quello di reclutare gli Hyuga, ma là fuori c’è qualcuno che muove le redini di un’organizzazione più grande-
Hinata rimase in silenzio. Dire qualcosa avrebbe solo potuto esporla al sospetto di suo padre. Ascoltarlo senza fiatare era l’idea migliore, e lui apprezzava chi non lo interrompeva.
-Perché andavi da lui?- le chiese all’improvviso.
-Io … io non riuscivo ad accettare che fosse un traditore- ripose.
-Hai il cuore troppo tenero, te l’ho sempre detto- le disse con severità –è ora che il tuo carattere diventi più forte. Vieni con me-
Hinata lo seguì fuori dalla stanza, fuori dai suoi appartamenti, fuori da villa Hyuga. Le sue mani iniziarono a tremare alla vista dell’ala proibita, ricevendo la conferma che suo padre voleva rafforzare il suo carattere nel peggiore dei modi.
Entrando sentì l’aria diventare più pesante e uno strano odore si attaccò ai suoi vestiti. Una guardia fece loro strada lungo il corridoio buio e stretto reggendo una torcia. Le finestre erano state sbarrate con assi di legno e nemmeno un raggio di luce riusciva a filtrare attraverso di esse. Lì dentro, il giorno e la notte si confondevano.
-Eccolo qui- esordì suo padre, strappando la torcia dalle mani della guardia. Si erano fermati di fronte a una porta di metallo. La guardia l’aveva aperta con una chiave arrugginita, facendo scattare la serratura nello stesso istante in cui Hinata sentì il suo cuore perdere un battito.
Non erano i suoi occhi.
-Kiba Inuzuka del Clan Inuzuka- continuò Hiashi –trovato insieme a Neji mentre cospirava contro di noi-
Non sapeva che Neji non fosse solo la notte in cui era stato catturato, ma anche se l’avesse saputo non avrebbe potuto fare nulla per quel ragazzo ricoperto di sangue, steso a terra, apparentemente privo di vita. Solo quando Hiashi si avvicinò e ordinò alla guardia di sollevarlo vide che gli occhi sembravano chiusi solo perché gonfi di lividi.
 -Kiba è deciso a non dire una parola- spiegò suo padre –e sembra che non ci sia tortura che funzioni. Per ora almeno-
Hinata temette di svenire quando vide le sue mani. Completamente sporche di sangue, deformate per le fratture, non avevano più nemmeno un’unghia. Quando tornò a guardarlo in viso, notò che anche il prigioniero la stava guardando. Sulle sue guance si potevano ancora vedere i segni rossi del suo clan, ma i tratti animaleschi che caratterizzavano gli Inuzuka erano spariti. Di essi rimaneva solo la pupilla, minuscola, più piccola del normale. La pupilla di un lupo.
Urlò insieme a lui quando la guardia gli tirò un pugno tra le costole.
-Non ti devi spaventare. Queste grida sono necessarie. Lui sa chi c’è dietro il complotto di cui Neji faceva parte e, siccome non ha voluto dirlo di sua spontanea volontà, deve essere convinto. Capisci che bisogna farlo per proteggere la nostra famiglia, non è vero?-
Hinata spostò lentamente lo sguardo dal prigioniero a suo padre.
-Sì, signore- rispose atona.
-Allora non ti dispiace fargli sapere quanto desideri che la verità venga a galla?-
Non rispose. Si limitò ad avanzare mentre la guardia si faceva da parte. La luce della torcia illuminava la stanza a sufficienza per permetterle di individuare l’Inuzuka. Si reggeva a mala pena sulle sue gambe, ma il suo sguardo era fermo. Esitò un solo istante, quando vide il suo byakugan. Poi cadde a terra privo di sensi, senza emettere un gemito.
-Bel colpo!- commentò la guardia ridendo –è andato giù come un sacco di patate!-
-Avrà così paura di morire che, non appena si sveglierà, avrà cambiato idea- le sue parole suonarono fredde, lapidarie. Infilò le mani nelle larghe maniche del kimono e si voltò verso suo padre. Uscì dalla cella senza aspettarlo: il suo sguardo di approvazione le concedeva il permesso di farlo.
Quando tornò all’aria aperta fu tentata di inspirare profondamente per scacciare lo sgradevole odore di quel posto, ma non era sola.
-Dov’è il mostro dell’Inuzuka?- chiese ad una delle guardie accanto all’ingresso.
-Akamaru è nel retro, signorina, legato e a digiuno-
-Fatemelo vedere-
La accompagnarono nel cortile dell’edificio, circondato dagli alberi come se essi stessi fossero le sbarre di una prigione. Un ringhio sommesso la fece fermare. Legato con una catena di ferro, un enorme cane dal pelo bianco mostrava i denti con aria minacciosa.
-Non si avvicini, è molto pericoloso-
-Andate- ordinò loro Hinata.
-Signorina … -
-Ho detto andate- la sua voce suono irremovibile. In pochi secondi si ritrovò sola con un colosso pronto a saltarle al collo da un momento all’altro. La bava cadeva a terra, creando una macchia scura, e i denti affilati bene in vista la avvertivano che non era la benvenuta. Se avesse potuto l’avrebbe sbranata.
Hinata estrasse le mani del kimono e le fece scivolare lungo i fianchi. Accese il byakugan e dopo qualche istante lanciò al cane un oggetto che rimbalzò a terra. Lui smise di ringhiare e lo annusò, poi lo prese tra i denti con una delicatezza impressionante, ma mai quanto l’aria triste che assunse quando si sdraiò accanto alla collana che fino a pochi istanti prima era al collo del suo padrone.
Non aveva mai visto un amore così sincero e Akamaru non le ringhiò quando quella stessa notte andò a portargli del cibo.  
Sotto le stelle, rimase con lui fino all’alba.












Capitolo breve, di collegamento, che spiega meglio la situazione e introduce i prossimi capitoli. Sappiate che Naruto non è scomparso nel nulla ;-) E per la prima volta da quando scrivo ho introdotto un personaggio per me nuovo: Akamaru! Da non sottovalutare, a mio parere :)
Infine, preciso che si tratta sempre del mondo ninja, quindi anche Hinata lo è, come credo che da questo capitolo si sia capito. Naruto, invece, ha fatto una figura di cacca nel primo, come _Shee mi ha fatto notare ahah!

Ringrazio tutti di cuore per le tantissime recensioni! Mi avete fatto la pseudoscrittrice più felice del mondo :D :D  Grazie, grazie, grazie!!
Spero di continuare a ricevere il vostro supporto, per me è fondamentale.

Con affetto,
Dryas




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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***



Capitolo Tre








Hinata andò tutti i giorni nell’ala proibita. Vide così tante torture da arrivare a desiderare di morire. Per la sua codardia meritava di essere al posto dei prigionieri che suo padre torturava come se fosse un gioco. Il giorno in cui Naruto le aveva chiesto di scappare insieme era ormai un ricordo infinitamente lontano. Non era nemmeno più sicura che fosse davvero successo.
Di notte, invece, andava da Akamaru. Non riusciva a chiudere occhio se non per pochi minuti, poi gli incubi la colpivano con violenza. Aveva paura di dormire, ma quando era vicina ad Akamaru e sentiva il calore del suo corpo aveva la sensazione di essere protetta. Il “mostro dell’Inuzuka”, però, a quell’ora doveva essere morto di stenti. La sua estrema resistenza veniva attribuita al forte attaccamento per il padrone, che percepiva essere ancora vivo, ma Hinata sapeva che non aveva più molto tempo prima che si accorgessero dell’inganno.
Inoltre erano settimane, forse un mese, che non metteva piede fuori da villa Hyuga. Per proteggerla, suo padre l’aveva rilegata in casa e costretta a condividere la sua crudeltà, ma ora che l’allarme di una rivolta sembrava sfumato aveva riottenuto il permesso di uscire una volta a settimana.
Non se lo fece ripetere due volte.
Fu così sollevata dal pensiero di potersi allontanare da quell’incubo che dovette sforzarsi per apparire del tutto priva di sentimenti come voleva suo padre. La meta che aveva scelto era un grande parco nel centro di Konoha, dove i ciliegi erano in fiore proprio in quei giorni. Andò a piedi; il suo seguito era rappresentato da due domestiche e quattro guardie. Li costrinse a stare al suo rapido passo. Non vedeva l’ora di potersi sedere sull’erba e guardare i petali rosa appoggiarsi delicatamente sull’acqua del lago. Quel lago dove era andata a giocare centinaia di volte con Neji.
Più entrava nel centro di Konoha, però, più notava che gli sguardi dei suoi abitanti si posavano su di lei. Aveva sempre attirato l’attenzione per il nome che portava, ma quella volta era diverso. I bambini venivano nascosti in casa velocemente e nessuno osava avvicinarsi a lei. Non avevano solo paura, erano terrorizzati.
Fu allora che lo riconobbe; Naruto era nascosto in mezzo alla folla e camminava nella sua stessa direzione. Vedere una faccia conosciuta la salvò del bloccarsi in mezzo alla strada e scoppiare a piangere. Si sforzò di andare avanti, sopportando quegli sguardi che le facevano chiaramente capire di volerla vedere morta.
Raggiunse il parco e fu felice che fosse deserto. Ordinò al suo seguito di lasciarla sola. Per fortuna anche loro avevano abbastanza paura di lei per non contraddirla, e con passo lento s’incamminò tra i ciliegi in fiore.
-E’ vero quello che dicono?- la voce di Naruto la sorprese alle spalle. Voltandosi riconobbe il suo viso dai lineamenti quasi dolci, ma il suo sguardo era più duro del marmo.
-Non so cosa dicano di preciso- rispose dopo un attimo di esitazione, ma la sua voce suonò troppo delicata, falsa.
-Che torturi la gente-
Naruto era stato diretto, forse troppo. Hinata non riuscì più a nascondere il suo dolore. Spostò lo sguardo, girandosi e facendo oscillare i lunghi capelli neri. Alzò gli occhi al cielo, nella speranza che le lacrime smettessero di scendere sulle sue guance.
-E’ per questo che mi guardano con tanto odio?- chiese.
-E per cosa se no?-
-Pensavo … pensavo che il mio sangue bastasse- rispose –ma non era un peso sufficiente-
-Non devi incolpare nessun altro se non te stessa- le sue parole volevano ferirla, ma non la sfiorarono neanche.
Hinata si voltò verso di lui. Aveva ritrovato la calma, ma quegli occhi blu la fecero tremare di nuovo. Perché tra tutti gli sguardi di odio che aveva ricevuto quel giorno proprio i suoi avevano la capacità di sconfiggerla?
-Sei qui per uccidermi?- gli chiese.
-No- le rispose con fatica –dovevo solo tenerti d’occhio e avvertire Neji quando saresti stata vulnerabile-
-Quindi è lui che ha il compito di uccidermi-
-Sì-
Hinata fu distratta da una folata di vento. Le accarezzò i capelli e le sfiorò le guance, riempiendole i polmoni del profumo dei fiori primaverili. Aveva smesso di sperare che l’odore della tortura venisse cancellato. Ormai lo sentiva anche quando non era nell’ala proibita. Lo sentiva quando mangiava e la nausea la costringeva a posare le bacchette. Era magra quasi quanto Akamaru, ma nessuno se n’era accorto. I suoi preziosi e vivaci kimono erano un nascondiglio perfetto.
-Naruto io … - cercò di parlare, ma sembrava che rivolgergli la parola fosse il compito più difficile di questo mondo. Si accorse che l’opinione dell’unica persona che una volta le aveva concesso il beneficio del dubbio contasse più di qualsiasi altra, e non voleva che la sua codardia la rovinasse. –Dovresti andartene, non è sicuro stare vicino a me-
-Perché? Tu sei pericolosa?- le domandò, quasi con cattiveria. Era arrabbiato, lo vedeva, e lo capiva. Ebbe paura quando lo vide avvicinarsi a grandi passi, gli occhi accessi e il viso teso. –Pensavo che avessi un cuore, per quello che hai fatto per me e per Neji, ma tu sei esattamente uguale a tuo padre-
-Naruto, allontanati … - bisbigliò Hinata vedendo che le guardie stavano tornando, ma la sua voce fu troppo debole. Quelle parole sì che l’avevano ferita e il colpo le aveva tolto il respiro. Per un attimo la sua vista si offuscò e non riuscì a impedire che le guardie, due Hyuga del ramo cadetto, sorprendessero Naruto alle spalle. Con pochi colpi ai centri del chakra lo mandarono a terra.
-L’Hokage ti punirà per aver minacciato sua figlia!- gridò una delle due.
-Hiashi non saprà niente di questa storia- ribatte lei, ritrovando voce e fermezza –di lui me ne occuperò io-
Quelle poche e semplici parole bastarono per convincerli. La sua fama di crudele torturatrice che suo padre aveva creato era così radicata che tornò a suo vantaggio. Fece in modo che nessuno si accorgesse di Naruto e lo fece chiudere in una delle stanze nel suo appartamento. La sigillò lei stessa per fare in modo che non riuscisse a fuggire, e soprattutto che nessuno lo trovasse.
Poi andò a cena con suo padre.








Prima di tutto, annuncio la vittoria con la medaglia d’argento per “Heartstrings”.
Sono ancora emozionata! E in più è vincitrice dei premi Coppia Migliore e Migliore IC! Spero che voi, lettori, siate d’accordo con la giudice Tomoko-chan (meravigliosa!).
Io non posso far altro che gioire e esultare come non mi accadeva da tempo! Ne sono proprio fiera!

Ritornando al capitolo, come promesso, Naruto non è scomparso nel nulla, ma il suo incontro con Hinata non è stato dei più rosei. Ora, però, vivono sotto lo stesso tetto (magra consolazione)!
Spero che questo capitolo vi abbia fatto emozionare almeno un po’. Io credo che Hinata sia uno dei personaggi più forti tra tutti quelli del manga, perché riesce a vincere le sue debolezze, nonostante il suo carattere e nonostante sia (spesso) sola.

Un grazie infinito a chi continua a seguirmi, commentando o anche solo leggendo, e ancor di più a chi mi farà sapere il suo parere con una recensione!
 
A presto,
Dryas

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***



Capitolo Quattro








Hinata non trovò il coraggio di andare da Naruto. Sapeva che l’avrebbe presa nel modo sbagliato, come un tradimento, e non era sicura di riuscire a spiegare le sue ragioni, ma sapeva anche che più aspettava più sarebbe stato difficile convincerlo del contrario.
Quel giorno, però, non aveva proprio la forza di affrontare il problema. Mentre assisteva alla tortura di uomo accusato di cospirare contro l’Hokage, quell’uomo era morto. Il sollievo che aveva provato nel vederlo esalare il suo ultimo respiro le si era ritorto contro e il senso di colpa per aver trovato conforto nell’osservare i suoi occhi vitrei la travolse come una valanga. Sotto tutta quella neve non riusciva più a respirare.
Nemmeno il calore di Akamaru quella notte riuscì a darle tregua e vagò per villa Hyuga come uno spettro in cerca di pace. Si chiese come suo padre potesse dormire sonni così tranquilli e perché tutti coloro che erano suoi complici non erano corrosi dal dolore come lei.
I piedi scalzi la condussero alla fonte dei suoi incubi. Di notte l’ala proibita era ancora più tetra e incombeva davanti a lei come un mostro pronto a strapparle il cuore dal petto. Guardò le due guardie alla porta e senza pensarci troppo accese il byakugan. Per quanto suo padre si ostinasse a ripeterle che non era all’altezza dei guerrieri del clan, Hinata sperava che gli anni di allenamento le avessero insegnato qualcosa. Mandò a terra le guardie senza difficoltà e senza che avessero la possibilità di emettere alcun suono.
Era diventata particolarmente brava in quello.
Entrò, e con passo deciso scese le scale che portavano alle celle interrate. Tremò rendendosi conto che era stata in ognuna di esse e poteva associarle a un volto malformato dalla sofferenza, a un urlo disperato, a una tortura.
-Sei sveglio?- domandò, apparentemente al buio. Si era fermata davanti alla sua porta e senza esitare aveva rotto il sigillo che la teneva chiusa. Un segreto noto solo a pochi eletti degli Hyuga, tra cui lei, la figlia dell’Hokage.
-Cosa vuoi?-
Le sembrò di vedere un riflesso giallo in tutto quel nero, gli occhi ferini di un animale selvatico che la scrutavano con diffidenza e paura. Accese il byakugan, non aveva molto tempo.
-Portarti fuori da qui-
Ruppe anche i sigilli che legavano le catene alle caviglie di Kiba Inuzuka. Lui la guardò come se l’animale selvatico fosse lei, e quando la sua mano si tese per aiutarlo a rialzarsi sembrò ringhiare. –Non voglio farti del male- continuò –voglio farti scappare, ma dobbiamo fare in fretta-
-Perché dovrei fidarmi di te?-
-Perché ti ho fatto perdere i sensi quando avrei potuto seguire il consiglio di mio padre- le sue parole suonarono dure. Non era mai stata così decisa come in quel momento, ma la paura di essere scoperta stava prendendo il sopravvento sul suo coraggio. Se non fosse riuscita a convincerlo neanche in quel modo, avrebbe rinunciato.
-Dov’è Akamaru?- le chiese invece, e Hinata sorrise.
 Insieme risalirono le scale e presto furono nel cortile sul retro. Akamaru quasi strappò la catena dal muro quando riconobbe il suo padrone. Gli saltò addosso, guaendo e scodinzolando. Kiba lo abbracciò e accarezzò, sussurrandogli di fare piano. Akamaru obbedì.
-Ora come facciamo ad uscire da qui?- Hinata gli disse di seguirlo. Il giardino di villa Hyuga aveva abbastanza alberi da permettere loro di nascondersi dai comuni ninja, ma non dagli Hyuga. I loro occhi potevano vedere tutto. L’unico modo per essere invisibili era avere una vista migliore della loro. E Hinata l’aveva.
Schivò ogni guardia che incontrarono, mentre sentiva la tensione accumularsi nei muscoli; la precisione con cui doveva calcolare la distanza a cui lei poteva vedere i nemici senza essere scoperta richiedeva una concentrazione notevole. Riuscirono a raggiungere il muro di confine del giardino e con un profondo sospiro osservò Kiba salirci sopra. Le sue mani ferite lasciarono una traccia di sangue, ma non si lamentò, anzi, le sorrise e la ringraziò di tutto cuore.
-Dirò a Neji che persona sei realmente- le disse –ehi, ma perché non vieni con me?-
Akamaru scodinzolò più forte.
Hinata scosse la testa. La sua seconda opportunità di fuggire da quell’incubo stava per sparire nella notte, come il fumo di una candela che si dissolve nell’aria quando tutta la cera si è consumata.
-Fate attenzione- disse loro con premura e li osservò saltare al di là del muro. Fu in quel momento che si rese conto di quanto fosse stata imprudente. Tentò di gridare, ma era già troppo tardi. Decine di guardie stavano venendo nella sua direzione e sperò soltanto che anche Kiba si fosse accorto della barriera che aveva appena attraversato. Capì di sbagliarsi quando sentì l’ululato di Akamaru.
Era stato un attimo, come una scossa elettrica attorno alla figura di Kiba. Una breve corrente azzurra di chakra aveva avvertito che qualcuno aveva oltrepassato i confini della casa dell’Hokage.  
Hinata raggiunse il suo appartamento senza riuscire a fermare le lacrime. Era riuscita a non farsi scoprire, ma essere viva non alleviava il peso di avere sulla coscienza anche la morte di Kiba e Akamaru.
S’infilò sotto le coperte con la speranza che almeno fino alla mattina seguente nessuno andasse a disturbarla. In quel modo avrebbe avuto tutto il tempo per esaurire un'altra volta le lacrime e affrontare suo padre con stoica freddezza.
Invece sentì il ticchettio dei geta invadere il corridoio fuori dalla sua camera. Nessuno venne a chiamarla, ma avrebbe preferito che lo facessero. Si alzò di scatto, asciugandosi gli occhi con le maniche e uscendo di corsa.
Quando raggiunse la stanza in cui era nascosto Naruto suo padre stava rompendo l’ultimo sigillo. Le guardie aprirono la porta e lo trascinarono fuori facendolo inginocchiare davanti a lui. Il suo cuore sembrò creparsi in modo irrimediabile.
Quella notte aveva condannato a morte tre innocenti.










La situazione comincia a smuoversi. Capitolo drammatico, lo comprendo, spero non vi abbia nauseato!
Dal prossimo vedremo cosa sceglierà di fare Hinata, se rimanere all’ombra di suo padre e continuare ad assecondarlo nella sua malvagità  o scendere in campo. Dopotutto, è Naruto quello che questa volta è stato catturato. Il suo Naruto!

Ringrazio per le recensioni dello scorso capitolo. Grazie davvero, spero che anche questo capitolo sia all’altezza!

Alla prossima,
Dryas



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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


Capitolo Cinque







Hiashi era seduto sul trono che aveva fatto costruire nella sala dei ricevimenti. Guardava Hinata con sguardo gelido, mentre lei teneva la testa china e i lunghi capelli nero corvino le ricadevano accanto alle guance, toccando terra. Indosso aveva un semplice kimono bianco, che la rendeva ancora più pallida di quanto non fosse già.
Naruto era trattenuto da due guardie alla sua sinistra. Non aveva avuto il coraggio di incontrare i suoi occhi. La notte prima aveva raggiunto suo padre, al cui fianco c’era Hanabi, sua sorella minore, ma l’ordine di portarlo via era già stato dato e le sue vaghe spiegazioni su chi fosse non erano state sufficienti. Per questo era stata convocata la mattina dopo davanti all’Hokage.
-Hinata, mi hai molto deluso- esordì –spero che tu abbia una valida ragione per aver tenuto nascosto questo sconosciuto sotto il tetto di tuo padre e dei tuoi antenati-
-Sì, signore- rispose con voce flebile. Aveva passato tutta la notte a formulare un discorso convincente e ora non riusciva nemmeno a dire una parola.
-Allora?- il suo interlocutore non era molto paziente.
-L’ho incontrato due giorni fa al parco Inamoto- riuscì a dire, forse troppo in fretta. Non era sicura che l’avesse sentita, ma non ricevendo altri ammonimenti, continuò –mi ha importunato e ho ritenuto necessario che meritasse una punizione-
Sentì le catene ai polsi di Naruto tintinnare. Non voleva pensare a quanto la odiasse in quel momento.
-E perché non me ne hai parlato?- quella domanda era il vero ostacolo da superare. Ciò che dava più fastidio ad Hiashi era di non avere il controllo su tutto.
-Sei già così impegnato- rispose –non volevo annoiarti con un problema da poco. Il mio intento era di insegnargli le buone maniere facendolo diventare il mio servitore, e mettendo in pratica quello che tu mi hai insegnato-
Voleva vomitare. Ringraziò di essere riuscita a dire ogni parola senza interrompersi. Aveva passato ore a ripetere quella frase che le faceva attorcigliare lo stomaco come se la stessero prendendo a pugni. Moriva dalla voglia di vedere l’espressione sul volto di suo padre, ma farlo avrebbe tradito la sua sicurezza.
-Sai cosa è successo questa notte?- le domandò, cogliendola alla sprovvista. Sapeva che con ogni probabilità avrebbe toccato anche quell’argomento. Cercò con tutte le sue forze di controllare i tremori che dalle sue mani si stavano diffondendo a tutto il corpo.
-No- rispose. Nessuno le aveva dato ancora spiegazioni ufficiali per quell’incursione notturna nei suoi appartamenti.
-Kiba Inuzuka è fuggito insieme al suo mostruoso animale- le spiegò, facendole sperare che forse erano riusciti a mettersi in salvo, –ma oltrepassando i confini hanno rotto l’incantesimo di protezione che ho fatto mettere dopo la fuga di Neji. L’Inuzuka è morto, ma la bestia è riuscita a fuggire-
Akamaru era vivo. Quella notizia riuscì a placare parte del suo malessere, ma ancora non poteva permettersi il lusso di abbassare la guardia.
-Com’è possibile?- chiese con tono scandalizzato –le guardie, i sigilli … -
-Non ti viene in mente nessuno che avrebbe potuto farlo?-
Il sangue le si gelò nelle vene. Per un attimo temette che la stesse accusando, ma poi un pensiero ancora più angosciante le fece alzare il viso verso suo padre. –Neji-
Gli occhi di Hiashi per un attimo brillarono di orgoglio. Era diventata esattamente come voleva: intelligente, spietata e fredda. Hinata si rese conto che quella era la prima volta che suo padre la apprezzava veramente e ne fu disgustata. Odiava se stessa più di quanto Naruto odiasse lei in quel momento.
-Pochi sono a conoscenza delle tecniche segrete degli Hyuga, ma Neji potrebbe essere riuscito a venirne a conoscenza con facilità- spiegò –e ci ha traditi per la seconda volta-
Hinata rimase in silenzio. Quella sua caratteristica, che ai tempi della scuola aveva tanto odiato, ora tornava a suo vantaggio. Parlare poco era l’unico modo per sopravvivere. –Ma- continuò Hiashi –questo tipo non mi convince. E’ un Uzumaki, lo sai?-
Hinata prese un profondo respiro, ma esitò quando vide suo padre raggiungere Naruto e mettersi di fronte a lui. I loro aspetti contrastavano così tanto da confonderla. L’aura inquietante e al tempo stesso pericolosa di suo padre urtava con l’energia di Naruto, la sua vitalità e i suoi colori. Quando Hiashi gli si avvicinò con aria disgustata non abbassò il viso. –Potrebbe averti avvicinata appositamente per infiltrarsi-
-Non è nient’altro che un orfano, padre, privo di educazione e troppo stupido per capire chi è che comanda- rispose tutto d’un fiato.
Vide Naruto rivolgerle uno sguardo pieno di disprezzo, e in quel momento desiderò morire. Conosceva il suo carattere abbastanza bene per sapere che non sarebbe riuscito a controllarsi ancora per molto. Sperò che leggesse la preghiera nei suoi occhi e capisse che era dalla sua parte.
-Hai ragione- disse infine Hiashi, dando le spalle al prigioniero e tornando a sedersi sul suo trono. –E poi l’avevi sigillato per bene, non avrebbe potuto fare nulla. E’ sicuramente estraneo alla faccenda. Puoi farne quello che vuoi-
Hinata fece un inchino e si rialzò in piedi. Uscendo fece segno alle guardie di seguirla e tornò ai suoi appartamenti con la sensazione di ricevere continui sguardi di odio da parte di Naruto.
Diede l’ordine di rinchiuderlo di nuovo.
-Naruto … - ebbe il coraggio di rivolgergli la parola solo dopo aver impartito anche l’ultimo sigillo. Trovò più difficile dire la verità a lui che una marea di bugie a suo padre - … Spero tu capisca che l’ho fatto per proteggerti-
-Ora non inventarti scuse- disse con durezza –ho sentito bene le parole che hai usato. Allora? Quando inizi a torturarmi? Sono il tuo schiavo adesso!-
-Ho dovuto dirlo- si sbrigò a spiegare Hinata, avvicinandosi di qualche passo per evitare che le loro voci si alzassero troppo. –Lui ti avrebbe ucciso, non lo capisci?-
-Capisco solo perché Neji ti odia tanto-
Hinata si tirò indietro. Non aveva più la forza per combattere un’altra battaglia. Aveva tempo per convincere Naruto che erano dalla stessa parte e per il momento lui non era disposto ad ascoltarla.
Uscì dalla stanza senza salutarlo.
Uscì e subito desiderò tornare indietro.








Se pensavate che il livello massimo di depressione fosse ormai stato raggiunto, vi siete sbagliati: non c’è limite!
Aggiornamento rapidissimo perché non so quando potrò riaggiornare. Presto risponderò anche alle recensioni del capitolo quattro. Spero che qualcun altro abbia la bontà di lasciarne una!
A presto,

Dryas


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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


Capitolo Sei








Hinata ordinò che Naruto si occupasse del giardino. Voleva che fosse il più lontano possibile dagli occhi di suo padre, così che in breve tempo si dimenticasse della sua esistenza. In quel modo, forse, avrebbe potuto salvarlo.
Si preparò a raggiungere l’ala proibita come ogni giorno, ma quella mattina uscì dalla sua stanza prima del solito e senza accompagnatori.
-Non sono stati troppo severi con te, vero?- chiese a Naruto che, inginocchiato, lavorava la terra sotto un’azalea. Per un attimo si fermò, ma subito le sue mani ripresero a muoversi con ancor più energia. –Spero solo che con il tempo capirai- aggiunse Hinata con amarezza. L’emozione di gioia che aveva provato al pensiero di poterlo rivedere si era trasformata in profonda tristezza di fronte alla consapevolezza che lui non riusciva neanche a guardarla.
-Ne dubito- lo disse sottovoce, ma fu sufficiente perché Hinata lo sentisse.
-Naruto io … - stava per toccarlo. Stava per abbassarsi e mettere una mano sulla sua spalla per convincerlo a voltarsi verso di lei, ma dall’altra parte del giardino due occhi chiari, identici ai suoi, la scrutavano con curiosità. Hanabi era distante qualche decina di metri, esattamente di fronte a lei, appoggiata al tronco di un salice piangente.
Hinata fece finta di cogliere un fiore rosa dell’azalea.
-Ottimo lavoro- disse con formalità. Poi si allontanò e solo in quel momento Naruto alzò gli occhi, ma lei aveva già spostato lo sguardo.
Hinata raggiunse sua sorella stringendo il gambo del fiore tra le dita e glie lo porse. In cambio ricevette un sorriso, uno di quelli Hyuga, fastidiosamente forzato. Poi si mise accanto a lei ad osservare il giardino, splendido e curato. Con attenzione evitò di guardare Naruto.
-Ci serviva un nuovo giardiniere?- le chiese Hanabi senza mezzi termini.
-Uno in più non farà male- rispose con distacco Hinata –non dovresti essere alle tue lezioni?-
-E’ presto- si sbrigò a dire, poi si voltò verso di lei. –Non capisco- continuò –potevi farne quello che volevi e hai scelto il giardino?-
-Mi piacciono i fiori- rispose come se non fosse importante.
-Ma questi non sono i metodi di nostro padre-
Hinata guardò sua sorella dritta negli occhi e un brivido di paura le corse lungo la schiena quando vide lo stesso riflesso di crudeltà che c’era in quelli di Hiashi.
-Tu cosa ne sai dei metodi di nostro padre?- le domandò con fermezza.
-Ha portato anche me, una volta-
-Quando?-
-Prima che iniziasse a portare te- lo disse quasi con risentimento. Hinata rimase in silenzio. Sapeva della predilezione di suo padre verso Hanabi, ma rispetto a lei rimaneva una bambina. Avevano cinque anni di differenza, ma era già evidente quanto i loro caratteri fossero diversi. Nonostante questo, Hinata aveva sempre sperato di poter instaurare con sua sorella un rapporto che andasse oltre alla formalità. In quel momento si chiese se non fosse troppo tardi.
-Ora scusami, ma sto facendo tardi all’incontro con nostro padre-
-E io alle mie lezioni- aggiunse l’altra –buona giornata, sorella-
Hinata si avviò verso l’ala proibita e, oltre alla normale angoscia che quasi le impediva di respirare, si aggiunse un’altra preoccupazione: quella che Hanabi non si sarebbe presto dimenticata di Naruto.
-Oggi andremo in città- le comunicò suo padre una volta che l’ebbe raggiunto –è il primo giorno della semina e per tradizione l’Hokage è presente all’uscita dei carri. Tu siederai accanto a me-
-Come desideri-
Hinata abbassò il capo e lo seguì fino al calesse che li avrebbe portati di fronte alla porta più grande di Konoha. Fuori dalle mura che la proteggevano si estendevano ettari di terra coltivati con frumento e grano. Sfamavano la città e per questo l’intera popolazione si riuniva ogni anno per pregare che le spighe crescessero forti e abbondanti. L’Hokage presiedeva alla cerimonia insieme ai capi religiosi, ma da quando Hiashi aveva dato inizio al suo dominio, la sua figura aveva assorbito anche quella di guida spirituale. In altre parole, l’unica persona importante sarebbe stata la sua.
Insieme si sedettero su un palco di legno costruito per l’occasione, illuminato dal piacevole sole primaverile. Di fronte a loro la porta era già stata spalancata e lasciava intravedere il paesaggio collinare ancora spoglio e grigio. In pochi mesi la terra scura sarebbe diventata bionda e il vento avrebbe fatto ondeggiare le spighe come se fossero stati i lunghi capelli di una donna. Intanto i contadini, pronti ad uscire, si stavano radunando; i lunghi manici delle vanghe si alzavano verso il cielo e le falci legate alla cintura dondolavano piano. Hinata ebbe un brivido lungo la schiena pensando che, se si fossero ribellati tutti insieme, avrebbero anche potuto uccidere Hiashi, e si chiese perché nessuno, a parte lei, ci avesse pensato. Se non fosse stata dalla parte sbagliata probabilmente sarebbe stata la prima ad agire, ma il suo posto era accanto all’Hokage, di cui condivideva la sorte.
-Oggi siamo qui per chiedere agli dei di benedire la nostra terra- esordì suo padre con voce tuonante –affinché i semi che oggi spargerete si trasformino in forti germogli verdi. Preghiamo che né la siccità né la grandine rovinino il duro lavoro dei bravi uomini di Konoha-
Hinata capì che tutta quella messa in scena serviva per ingraziarsi il ceto più basso della popolazione. Se avesse avuto dalla sua parte la massa, cosa avrebbero potuto fare poche famiglie di nobili? Osservò la gioia negli occhi dei contadini quando furono loro distribuiti nuovi attrezzi e animali da lavoro. Hiashi accettò gli applausi con un lieve sorriso, così delicato che non sembrò nemmeno finto. Doveva essersi esercitato molto, oppure era semplicemente soddisfatto del suo lavoro, e quello era un sorriso vero.
-Ora tocca a te- Hinata non pensava di avere una parte nel suo spettacolo se non quella della figlia obbediente e fedele, invece si ritrovò tra le mani un cesto pieno di calzature. Gli uomini di suo padre la guidarono verso un gruppo di donne che si erano radunate sotto il palco e gli occhi di tutta la piazza le furono addosso. Il silenzio che seguì fu ancora più spiacevole. Si poteva sentire il rumore dei suoi passi sui gradini, mentre con il fiato sospeso si avvicinava a una delle ragazze della folla. Sembrava la stesse aspettando e fosse pronta a ricevere il suo dono. Un’altra idea di suo padre, pensò.
-Affinché i vostri piedi resistano alla durezza del clima- esclamò l’Hokage un attimo prima che le sue braccia si allungassero per offrire il cesto. Hinata sentì le sue parole, ma fu distratta dall’aspetto della ragazza di fronte a lei: aveva il sorriso più luminoso che avesse mai visto, folti capelli dorati e occhi azzurri con lunghe ciglia nere a decorarli. Era così bella da intimorirla. Anche lei allungò le sue mani, che si posarono sul cesto e sfiorarono le sue. Poi la ragazza chiuse gli occhi e si inginocchiò in un atto di ringraziamento.
A quel punto il mondo di Hinata divenne nero, e quando riacquistò i sensi si ritrovò circondata dalle guardie di suo padre che la tenevano inchiodata a terra. Un dolore lancinante all’addome la fece gridare.
Capì di essere ferita, ma non era l’unica.
Un brivido gelido le corse lungo la schiena: anche suo padre era a terra.









Buonasera a tutti, cari lettori!
Spero che l’attesa del nuovo capitolo non vi abbia fatto scappare tutti! Anche perché siamo a un punto di svolta: Hinata è ferita, Hiashi anche e c’è questa misteriosa ragazza dagli occhi blu. Quale sarà il loro destino? (detto alla Neji).
Ok, Naruto giardiniere non si vede tutti i giorni, ma magari farà carriera :P

Anche il prossimo capitolo non arriverà prima di dieci giorni causa intenso studio.
Spero comunque che questo vi sia piaciuto!
A presto,
Dryas

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***



Capitolo Sette










Hinata era stata riportata nelle sue stanze dopo che un medico si era occupato delle sue ferite. Non ricordava nulla, aveva perso i sensi pochi istanti dopo aver visto il corpo di suo padre in un lago di sangue.
Nessuno, però, rispondeva alle sue domande. Nessuno, in realtà, le rivolgeva la parola. Sembrava che la tenessero prigioniera nella sua stessa casa e non ne conosceva il motivo. Forse, pensò, suo padre era davvero morto.
-Grazie- disse alla domestica che le portò il pranzo, anche se sapeva che non avrebbe ricevuto una risposta. –Posso uscire?- continuò, ma venne ignorata.
Finì il suo pranzo in silenzio.
Il pomeriggio passò lento e pesante, e solo quando il sole fu ormai basso Hinata provò ad alzarsi dal suo futon. La ferita all’addome era profonda, ma non le aveva causato gravi danni. Ogni giorno una donna entrava nella sua stanza, la spogliava e la medicava. Tutto senza dirle chi e perché l’aveva ferita. La forzata tranquillità di quei giorni le aveva dato il vantaggio di una rapida guarigione e solo dei bruschi movimenti le causavano dolore.
Con passi leggeri raggiunse il fusuma, ma esitò. Non sapeva cosa avrebbe trovato là fuori. Se suo padre era davvero morto allora era probabile che presto lo sarebbe stata anche lei; se non lo era, il suo destino sarebbe stato anche peggiore.
Ma in fondo lei voleva fare solo una passeggiata. Uscì e non trovò nessuno: il corridoio, oltre che silenzioso, era vuoto.
Deglutì e avanzò.
Temendo che da un momento all’altro gli uomini di suo padre comparissero a fermarla, camminò sempre più svelta. Non si aspettava, però, di trovare Hanabi sulla sua strada.
-Sorella, dove stai andando?- le chiese, la voce ancora da bambina, ma estremamente controllata. Alla sua sinistra iniziava il sentiero che portava nel cuore più profondo del giardino.
-Hanabi- sussurrò Hinata, fermandosi di colpo –che bello vederti-
Era vero. Anche se non era mai stato loro concesso di essere normali sorelle, il legame che le univa andava oltre a tutti i divieti. Avevano lo stesso sangue e Hinata non poteva provare indifferenza verso di lei.
-Non dovresti essere qui-
-Perché?- chiese Hinata, accorgendosi di come quella situazione fosse stata logorante solo dopo aver parlato. Non sapeva per quanto avrebbe potuto ancora resistere.
-Non posso dirtelo- continuò Hanabi. Il suo viso rimase di pietra anche di fronte all’espressione supplicante di sua sorella. Poi un rumore improvviso fece voltare entrambe; riconobbero il suono secco di un ramo che viene spezzato e quel ramo era tra le mani di Naruto. Hinata spalancò gli occhi, mentre Hanabi tornò presto a concentrarsi su di lei.
-Non ti è concesso uscire dai tuoi appartamenti- continuò –mi dispiace-
Anche Hinata si voltò verso di lei: non credeva che quelle due parole potessero essere pronunciate a villa Hyuga. Osservò meglio sua sorella e si accorse di quanto fosse cresciuta in così poco tempo. Ora le assomigliava molto, sia nel fisico esile sia nei lineamenti sottili e dolci.
-Tu stai bene?- le domandò. Hanabi annuì, ma non parlò più. Rimase immobile, fissandola da lontano, gli occhi chiari che brillavano nelle prime tenebre della notte. Hinata lanciò un ultimo breve sguardo a Naruto prima di tornare indietro.
Rimase sveglia a lungo. Non faceva nulla da quasi dieci giorni e neanche la fatica di muoversi con una ferita al fianco bastava più a farle prendere sonno. Fissò il soffitto, pensando alle parole di Hanabi, così controllate e posate, da vera Hyuga. Si chiese perché, tra tutti, avessero mandato proprio lei.
-Hinata!- un sussurro la sorprese nel cuore della notte. Apparteneva a una voce maschile, un’inconfondibile voce maschile. –Sei sveglia?-
-Naruto?- domandò all’oscurità.
-Vieni alla finestra!-
Hinata si mise in piedi con rapidità, per quanto la ferita le permettesse. Quando si affacciò, non immaginava di trovare il viso di Naruto così vicino al suo. Arrossì. La luce della luna era così forte da permetterle di notare la sfumatura di azzurro nei suoi occhi e il biondo dei suoi capelli.
-Cosa … cosa ci fai qui?- domandò confusa –se ti scoprono … -
-Non c’è nessuno, ho controllato- rispose subito l’altro, che non si allontanò di un centimetro, –e anche Hanabi se n’è andata. Vieni, fai presto-
-Dove?-
-In giardino, non è lì che volevi andare oggi?-
Hinata sentì il suo cuore sussultare. Pensava di averlo perso. Pensava di averlo anestetizzato abbastanza per non sentire nient’altro per il resto della sua vita. E invece era bastato un solo piccolo pensiero per risvegliarlo.
-Non … non … -
-Avanti, ti aiuto io- Naruto la interruppe. Voleva chiedergli se non avesse paura di lei, ma la mano che le tendeva dava una risposta chiara e decisa. Scavalcare la finestra fu faticoso e doloroso, ma cercò di nasconderlo. Ebbe un brivido quando Naruto le circondò le spalle con un braccio per accompagnarla a terra senza che facesse rumore, e senza che si facesse male.
-Grazie- gli sussurrò e in cambio ricevette un sorriso.
Non andarono molto lontano, era troppo rischioso. Sotto la finestra di Hinata c’era una panca e si sedettero lì, uno accanto all’altro. Naruto sembrava aver perso la sua loquacità e per qualche istante rimasero in silenzio, con il suono delle cicale in sottofondo. Hinata sapeva bene cosa dire, ma non trovò il coraggio di farlo. Voleva sapere perché aveva smesso di detestarla, perché era l’unico a rivolgerle la parola, perché si era seduto vicino a lei.
-Come ti senti?-
-Meglio, grazie- rispose con cortesia, ma non aggiunse altro. Tornò a fissare la lucciola solitaria che danzava vicino al cespuglio di camelie, desiderando di prenderla tra le mani per guardarla da vicino.
-Lo sai perché ti tengono rinchiusa?- le domandò Naruto, con esitazione. Hinata lo guardò e dalla sua espressione preoccupata capì di essere all’oscuro di un grande segreto.
-No- sospirò.
-Nessuno te l’ha detto? Neanche tua sorella?-  
Scosse la testa.
-Lo puoi fare tu?- osò proporre, per poi allarmarsi –solo se questo però non ti metterà nei guai-
Lo sguardo di Naruto si indurì e Hinata temette di aver sbagliato a chiedere tanto. Non era compito suo ed era egoista a chiedergli di rischiare tanto per lei, la figlia di Hiashi, la più odiata nel Paese del Fuoco.
-Quella mattina, quando sei scesa dal palco per offrire un dono alle donne di Konoha- esordì invece, con voce calma ma tesa –ricordi chi avevi di fronte?-
-Una ragazza- rispose.
-E non l’hai riconosciuta?-
Hinata si fermò a pensare. Sentiva lo sguardo di Naruto su di sé, e per un attimo fece fatica a concentrarsi, ma poi all’improvviso le fu tutto chiaro.
-Era una Yamanaka- rispose con un filo di voce, spalancando gli occhi e alzandosi in piedi. Le loro mani si erano sfiorate quando le aveva passato il cesto e da quel momento i ricordi si facevano confusi. Come aveva fatto a non capirlo prima? Nessun altro clan aveva donne così belle. –Cosa ho fatto?-
-Non sei stata tu, è stata Ino-
-La conosci?- domandò con sorpresa. Ora che la verità stava venendo a galla, tremava al solo pensiero di aver commesso l’omicidio di suo padre. Lo odiava, ma non sarebbe mai stata capace di ucciderlo.
-Sì, è dalla nostra parte- rispose Naruto. Hinata si chiese cosa intendesse per “nostra”. Era inclusa anche lei? O anche per lui era solo una pedina, esattamente come per suo padre? Solo in quel momento si rese conto che lo scopo dell’agguato non era solo di uccidere l’Hokage. Si portò una mano al fianco ferito e si allontanò da Naruto: non aveva ancora capito chi fosse veramente.
-Aspetta!- le gridò, a voce così alta da essere pericoloso.
-L’ho ucciso?- gli chiese prendendolo in contropiede. La mano di Naruto tesa verso di lei per la seconda volta in pochi minuti, cadde lungo il suo fianco. –No – continuò Hinata –altrimenti non saresti qui a prenderti gioco di me-
Se ne andò, lasciandolo solo in un giardino bianco e nero.







… Sono curiosa di sapere cosa ne pensate di questo incontro furtivo tra Hinata e Naruto. Naruto ha aperto gli occhi (nel peggiore dei modi) e si fa avanti per farsi perdonare. Ma la reazione di Hinata? Ha fatto bene a trattarlo in quel modo? Naruto sapeva del piano di Ino (complimenti a chi ha indovinato XD), anche se non era nelle condizioni di fare molto.

Spero commenterete in tanti!
Buona serata a tutti,
Dryas




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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***



Capitolo Otto









Non si era mai sentita così sola. Vagava tra i corridoi di una villa maestosa e spendente, ricca di oggetti di valore e rare antichità, piena di domestici a sua completa disposizione. Era circondata dalla sua famiglia, sangue del suo sangue, che si prendeva cura di lei. Eppure non sentiva il calore del loro affetto quando le dicevano che per il suo bene doveva rimanere nascosta. Non aveva provato felicità quando suo padre l’aveva guardata con orgoglio nell’ala proibita. Non aveva mai percepito l’amore incondizionato di sua sorella nei piccoli gesti di ogni giorno.
La felicità era solo un ricordo, lontano, sbiadito, di un’altra vita, di un altro tempo. Neji ora la voleva uccidere, ma lei non riusciva a dimenticare quanto erano stati legati da bambini. Se l’avesse fatto avrebbe perso ogni speranza e il suo cuore ferito avrebbe lasciato il coma in cui era caduto per un destino peggiore.
-Non hai mangiato niente neanche oggi-
Hanabi era l’unica con cui poteva parlare, ma non aveva più niente da dirle. Desiderò essere al suo posto, la figlia prediletta a cui è risparmiato ogni tormento e ogni fatica, invece che la figlia debole e deludente, incapace anche solo di alzare gli occhi dai suoi piedi.
-Non puoi andare avanti così- continuò –lasciarti morire non è la soluzione-
-E qual è allora?- chiese, spinta da un’improvvisa ondata di rabbia –non posso uscire, non posso parlare, non posso fare niente. So quello che ho fatto e so quello che mi aspetta, quindi perché rimandare ancora il mio destino?-
-Lo sai?- sugli occhi di Hanabi scese un’ombra scura –chi te l’ha detto?-
-Ho ricordato- rispose Hinata, usando le ultime forze per reggere il suo sguardo e mentire per l’ultima volta. Scese il silenzio e per qualche istante Hanabi sembrò sospettosa, ma poi fu lei ad abbassare il viso. Divenne pensierosa e quando si alzò in piedi le sfuggì un sospiro.
-Vieni con me- le disse. Hinata la seguì e rimase sorpresa quando uscirono dai suoi appartamenti. La sua confessione aveva fatto cambiare qualcosa, ma ancora non sapeva se fosse un bene o un male. Cominciò ad aver paura solo quando capì quale fosse la loro meta.
L’ala proibita sembrava ancora più minacciosa e cupa, anche se davanti all’ingresso c’era il viso più bello che avesse mai visto. Naruto, con indosso una divisa, faceva da guardia. Dopo quella notte in giardino non l’aveva più visto.
-Seguici- gli ordinò Hanabi senza neanche guardarlo.
Hinata ascoltò i passi del ragazzo dietro di sé con il cuore in gola. Non riusciva a spiegarsi perché fosse lì e perché proprio a lui era toccato un compito così crudele. Non aveva fatto abbastanza per proteggerlo da suo padre?
-So che quello che vedrai ti farà stare meglio- le disse Hanabi fermandosi di fronte a una cella. Hinata ebbe i brividi; anche sua sorella pensava che fosse una disumana e spietata torturatrice, e il suo stomaco cominciò a contorcersi dolorosamente immaginando la violenza della scena a cui stava per assistere. Hanabi ordinò a Naruto di accendere una torcia e di aprire. Come sempre, ci fu il buio ad accoglierli.
Sua sorella si spostò per lasciare loro lo spazio per entrare e Hinata sentì il suo corpo irrigidirsi. Lo stesso fece quello di Naruto. A terra, in condizione inumane, era sdraiata Ino Yamanaka. L’insolita posizione in cui era raggomitolata rese chiaro a quali immense sofferenze doveva aver patito. Hinata provò pietà per lei e rischiò di darlo a vedere quando un singhiozzo rischiò di sfuggire dalle sue labbra. Lo trasformò in un sospiro, ma il suo autocontrollo già precario rischiò di andare in frantumi quando si accorse che Naruto, invece, stava per crollare. La mano che reggeva la torcia aveva una presa così stretta da rischiare di stritolarla e tremava da capo a piedi. Ringraziò il cielo che Hanabi non potesse vedere il suo viso, distorto in un’espressione di rabbia e odio.
-Hai il permesso di farle quello che desideri- la voce di Hanabi raggiunse entrambi come un’ondata di vento gelido. Naruto si voltò verso Hinata, supplicandola di avere pietà.
-Lasciaci sole- sussurrò lei, senza spostare lo sguardo dal volto sofferente del ragazzo.
-Non ho paura- rispose Hanabi e questa volta Hinata si lasciò guidare dai suoi sentimenti.
-Ho detto di andartene- lo disse con ira, a stento controllata, un sentimento che non era solita provare, ma che sempre più spesso la sorprendeva con ondate aggressive. Funzionò e nella cella rimasero solo in tre.
Naruto si precipito verso Ino lasciando cadere a terra la torcia; le sollevò il capo per cercare il suo volto angelico, ma Hinata sapeva che non avrebbe più trovato lo stesso viso che conosceva. Lo sentì piangere e chiamarla dolcemente, con la paura che non si svegliasse più, ma quando aprì gli occhi la sua gioia arrivò fino a lei e desiderò sparire. Di nuovo era tutta colpa sua, e la ragazza indietreggiò terrorizzata quando la riconobbe. Ancora più dolorosa fu la reazione di Naruto: le si mise di fronte, proteggendola con il suo corpo.
-Hinata, ti prego … - sussurrò implorante.
-Non ho intenzione di farle del male- rispose con tono controllato, ma dentro di lei urlava -però devo chiederti di spostarti-
-No, non lo farò-
Non si fidava di lei. Nessuno lo avrebbe fatto.
-Voglio solo curarla- cercò di convincerlo, ma l’espressione decisa di Naruto non cambiò. Allora Hinata attivò il byakugan e questo lo mise ancora più in allerta: era pronto ad attaccarla. –Dammi il tuo kunai- gli chiese –Hanabi sta tornando e devo fare in fretta-
-Hai detto che non le avresti fatto del male-
Hinata sospirò e con agilità raccolse la torcia da terra. Usò le arti magiche e la trasformò in un kunai, facendo scomparire l’unica fonte di luce che avevano. Grazie ai suoi occhi poteva vedere Naruto agitarsi di fronte ad Ino, ma non le fu difficile superarlo senza che se ne accorgesse. Si abbassò verso la ragazza e vide che aveva molti punti del chakra chiusi.
Dopo che l’ebbe sentita sospirare si allontanò, anche per evitare Naruto che, in quel modo, si era accorto dell’inganno.
Mancava un’ultima cosa da fare e un secondo prima che Hanabi riaprisse la porta la torcia riprese a bruciare. A terra, attorno ad Ino c’erano delle macchie di sangue, chiaro e brillante. La ragazza giaceva immobile, priva di sensi e accanto a lei c’era Hinata.
-Possiamo andare- disse, infilando le mani nel kimono e dirigendosi verso la porta. Hanabi sorrise, mentre Naruto sembrò inchiodato a terra.
-Allora? Ti muovi?- con i suoi modi bruschi Hanabi era riuscita ad ottenere la sua attenzione. Gli occhi blu, trasparenti come quelli di un bambino, lasciavano trapelare tutto il suo smarrimento
-Non è abituato- commentò Hinata, che non si fermò ad aspettarlo, ma continuò a parlare con Hanabi come se non esistesse. –Perché non lavora più nel giardino? Non mi sembra molto portato per questo compito-
Naruto chiuse a chiave la cella con un rumore sordo.
-Ha chiesto lui di avere un ruolo più influente- spiegò l’altra –anzi, voleva un lavoro dentro la casa, ma si sa che gli Uzumaki sono tra i più maldestri al mondo. E così è finito qui-
-E’ stato nostro padre a ordinarlo?-
-No, io-
Hinata si fermò appena fuori dall’ala proibita con Hanabi proprio di fronte a lei. La superava ancora di molto in altezza, ma la sensazione non era quella di avere di fronte una ragazza poco più che bambina. I tratti ancora morbidi del suo viso stonavano con l’impressionante freddezza dei suoi occhi.
-Sanguini- le disse, indicando una macchia scura che si stava aprendo sulla manica del suo kimono.
-Non è il mio- rispose Hinata. Poi si inchinò per congedarsi e lo stesso fece l’altra. Lasciò che i muscoli del volto si rilassassero solo dopo che la porta della sua stanza fu alle sue spalle. Si lasciò cadere a terra e alzò la manica del kimono che ormai aveva cambiato colore. Il taglio sul suo braccio perdeva molto sangue e con l’altra mano cercò di curarlo il più in fretta possibile. Quella cicatrice, a differenza di tutte le altre, avrebbe fatto fatica a sparire dalla sua pelle perfettamente liscia e bianca.
-Hinata … -
Era stata così concentrata a non perdere il controllo di fronte a sua sorella che non si era accorta di essere stata seguita. Naruto la stava guardando con gli occhi spalancati e sorpresi, come se non credesse a quello che stava vedendo.
Come se la vedesse per la prima volta.








Terzultimo capitolo.
Credo sia uno dei più ricchi di suspance, forse uno dei più drammatici, ma mi direte voi! Naruto è stato alzato di grado (per caso?) ed è costretto a vivere sulla sua pelle quello a cui Hinata è costretta a sopportare ogni giorno, mentre Hanabi è sempre più enigmatica. E poi il gran finale! Spero che quello che Hinata ha fatto a Ino sia chiaro, che il suo sacrificio si capisca insomma!

Infine ringrazio tutti per la pioggia di recensione a cui risponderò il prima possibile! Grazie di cuore!

Dryas

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Capitolo 10
*** Capitolo Nove ***



Capitolo Nove










-Avresti dovuto dirmelo-
La voce bassa e calma di Naruto fu come un balsamo. Era troppo debole per impedire al suo cuore di rimanere stregato da lui, così continuò ad osservarlo con sguardo timido mentre le curava il braccio. La divisa gli fasciava il corpo mettendo in risalto le spalle larghe e il fisico atletico. Il suo viso, perfetto nei lineamenti, mascolino ma così diverso da quello spigoloso e severo degli Hyuga, la incantava come solo un tramonto sull’oceano poteva fare. Gli occhi blu come il mare, i capelli biondi come il sole, la voce piacevole come una brezza leggera. Tutto di Naruto era per lei la perfezione. Il suo animo nobile e combattivo, il suo coraggio e la sua determinazione erano il suo modello da così tanto tempo che non ricordava più il momento esatto in cui si era innamorata di lui.
-Come ti senti? Non sono molto bravo in queste cose, io non … -
-Grazie, Naruto, sto molto meglio- lo fermò, intenerita dalla sua preoccupazione –ma ora dovresti andare-
-Non senza di te- le rispose –ti uccideranno se rimani qui-
-E dove potrei andare? Qui non mi amano, ma là fuori mi odiano- disse, mentre gli occhi del ragazzo si velavano di tristezza. –Se me ne vado ora, i sensi di colpa mi uccideranno prima degli uomini di mio padre. Almeno qui posso essere di qualche aiuto, capisci?-
-Dissanguandoti ogni volta che ti chiedono di torturare un prigioniero?- l’asprezza con cui aveva posto la domanda la ferì. –Scusa- aggiunse subito dopo, allungando una mano verso il suo viso e impedendo che si abbassasse. –E’ solo che non riesco ancora a credere a quello che hai fatto-
Il tocco delle sue dita accese le sue guance. Non era mai stata così vicina a un uomo, tano meno a quello che amava.
-Non sapevo che altro fare- rispose piano –non mi posso fidare di nessuno e nessuno al mondo si fiderebbe della figlia di Hiashi Hyuga. Sono completamente sola, sola … -
-Signorina Hinata, posso entrare?-
Una voce li sorprese facendoli sussultare. Si guardarono negli occhi, allarmati, e si allontanarono l’uno dall’altro come se si fossero scottati. Hinata si schiarì la voce cercando di ritrovare l’autocontrollo.
-Cosa succede?- chiese con tono distaccato.  
-E’ per suo padre- le dissero –sta molto male-
Hinata riuscì ad uscire dalla sua stanza senza che Naruto venisse scoperto. Seguì la domestica fino alle stanze di suo padre, austere e grigie come il suo aspetto. Il suo cuore aveva ripreso a battere da poco e non ricordava che fosse così faticoso controllarlo. Lo percepiva nel suo petto, regolare e forte, così veloce da essere fastidioso, ma lo sentì inciampare, perdendo dei battiti, quando si trovò di fronte il viso pallido di Hiashi.
Dopo un attimo di esitazione andò ad inginocchiarsi accanto a lui e gli sfiorò la mano. Il medico cominciò a spiegarle la situazione, ma tutto quello a cui Hinata riusciva a pensare era che non avrebbe mai più rivisto i suoi occhi. Cominciò a piangere, sommessamente come le era stato insegnato, e il medico smise di parlare.  
-Soffrirà molto?- chiese.
-No, è stato sedato-
Hinata annuì. Neanche a suo padre riusciva ad augurare una morte dolorosa. Nelle sue notti insonni e tormentate per trovare sollievo immaginava di vederlo morire in uno dei tanti modi atroci a cui l’aveva costretta ad assistere, ma ora che era sul suo letto di morte desiderava soltanto che se ne andasse in fretta. Un singhiozzo tradì il suo contegno: da quella notte sarebbe stata libera.
-Se n’è andato- le parole del medico la scossero. Non se n’era neanche accorta, ma guardandolo vide la rigidità che lui le aveva insegnato a riconoscere nelle sue vittime. Sospirò e si alzò in piedi.
-Hanabi- sua sorella era sulla soglia della porta, in piedi, il viso rigato dalle lacrime. Le corse in contro e l’abbracciò, sussurrandole parole di conforto.
-Siamo solo io e te ora- le disse, mentre abbracciate una all’altra lasciavano la stanza. Poi, all’improvviso, la finestra a cui erano vicine andò in frantumi e con un’esplosione assordante si ritrovarono circondate dalle fiamme.
-Corri Hanabi!- le gridò Hinata, ma sua sorella non si mosse. Sembrava paralizzata, e guardava il fuoco che cresceva alto attorno a lei con aria sconvolta. La luce le illuminava il volto impaurito da bambina, ma poi successe una cosa che credeva impossibile: rivide gli occhi di suo padre. La fissavano con lo stesso disgusto di sempre, con la stessa malvagità e con la stessa superbia. Sentì il suo cuore riconoscerli e fu ferito di nuovo, di più, ancora e ancora, fino a quando una fitta lancinante la fece gemere.
-Sei stata tu- sibilò Hanabi. Hinata sperò di essersi sbagliata e deglutì. Era sua sorella, non suo padre.
-Cosa stai dicendo Hanabi? Non vedi che dobbiamo andarcene da qui? Presto crollerà tutto!- le disse con tono allarmato. Non sapeva cosa stava succedendo, ma sapeva che sarebbero morte entrambe se non si fossero allontanate da quell’inferno.
-Sei stata tu!-
Hinata urlò quando si ritrovò scaraventata contro la parete alle sue spalle. Hanabi si fece largo tra le fiamme e la raggiunse. Sembrava un mostro e Hinata ne fu così sconvolta da non trovare la forza di parlare.
-Mi credi così stupida?- disse invece sua sorella -avevi i piedi sporchi di terra la notte in cui l’Inuzuka è scappato- continuò –e ho notato come ti sei allarmata quando nostro padre ha scoperto l’Uzumaki nelle tue stanze. Credevi di essere stata furba, non è vero?!-
L’attaccò. Hinata ebbe almeno il sangue freddo di difendersi, nonostante non riuscisse a credere a quello che le stava facendo. Una parte del soffitto crollò ed entrambe si lanciarono a terra per salvarsi. La prima a rimettersi in piedi, però, fu lei.
-Hanabi, non volevo ingannarti- esordì con voce rotta dal dolore –capisci che nostro padre mi avrebbe uccisa se avesse scoperto cosa facevo? Dovevo salvarli, erano innocenti!-
-Tu eri sua figlia!- gridò l’altra e il suo byakugan si accese –dovevi essergli fedele e invece l’hai tradito, hai tradito tutti noi!-
I colpi di Hanabi si fecero più violenti. Hinata faticò a deviarli sempre di più. Il digiuno che si era imposta nei giorni precedenti le aveva tolto ogni energia. Riuscì a fermare il colpo diretto al suo cuore solo per pochi centimetri.
-Era un uomo crudele- disse, tenendo ferma la mano di Hanabi –faceva del male alle persone-
-Tu l’hai ucciso- sibilò l’altra.
-Sì- rispose Hinata –sono state le mie mani a farlo-
-E anche la tua testa- la smentì, e il suo sguardo si fece più duro –ho visto che ti sei sacrificata per la Yamanaka oggi. Tu non solo l’hai ucciso, ma hai anche tradito il tuo stesso sangue!-
La presa di Hinata si fece più debole e le dita di Hanabi avanzarono verso il suo petto. Hinata capì che sua sorella aveva deciso di sbarazzarsi di lei ancora prima che la Yamanaka la costringesse ad attaccare suo padre, e la disperazione che ne seguì fece sì che la presa sulla mano che l’avrebbe uccisa si sciogliesse.
Si accasciò a terra, convinta che presto se ne sarebbe andata per sempre da quell’incubo. Invece le dita di Hanabi la sfiorarono soltanto e presto si ritrovò libera. Accanto a lei c’era Naruto, mentre sua sorella giaceva a terra priva di sensi.
-Hinata- le chiamò forte, con voce grave, che le vibrò lungo la schiena. I suoi occhi profondi guardavano i suoi, che si persero nell’oceano della sua anima. –Tu non sei sola- continuò prendendole il viso tra le mani -ma siamo in due, insieme. E io so chi sei tu-
La strinse a sé avvolgendola con le sue braccia come se volesse nasconderla dal mondo intero. Nascondendo il viso nella giacca di Naruto pianse, di felicità e di tristezza. In quella presa salda e sicura il cuore di Hinata riprese a vivere.







Aggiornamento rapido!
Ringrazio di tutto cuore chi ha recensito lo scorso capitolo e chi continua a darmi il suo supporto anche solo leggendo. Ormai siamo agli sgoccioli, il prossimo capitolo è l’ultimo!
Spero che abbiate apprezzato anche il penultimo  Hanabi finalmente si rivela e Hiashi è morto e sepolto. E cosa mi dite di Naruto e Hinata? Vi sono piaciuti?
Al prossimo e ultimo capitolo,

Dryas

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Capitolo 11
*** Capitolo Dieci ***




Capitolo Dieci










Naruto si caricò in spalla Hanabi e insieme ad Hinata uscì dal palazzo in fiamme. Villa Hyuga era stata rasa al suolo e ogni pezzo che cadeva ridava nuova vita alla città di Konoha. Hiashi Hyuga, che meno di un anno prima aveva preso il potere con un colpo di stato, non esisteva più. L’intero clan era stato sottomesso e, ironicamente, a capo di quella rivolta c’era un altro Hyuga, Neji.
-Mi ucciderà- sussurrò Hinata alla proposta di Naruto di raggiungere gli altri compagni e quindi anche suo cugino.
-Gli diremo la verità, gli diremo cosa hai fatto e vedrai che sarà costretto a cambiare idea- la rassicurò, andandole più vicino –nessuno potrebbe negare quanto tu sia stata coraggiosa e forte. Nel caso, chiunque osi farlo, dovrà vedersela con me!-
Hinata sorrise nel vederlo gonfiare il petto e indicare se stesso con il pollice. Era lì, insieme a lei. L’aveva amato di nascosto così a lungo che a volte credeva di essere in uno dei suoi tanti sogni ad occhi aperti. Ricordò lo sconforto che aveva provato quando anche lui si era convinto che fosse realmente priva di un cuore. In quel momento aveva capito che era la speranza a tenerla in vita, e la sua più grande speranza era da sempre stata Naruto.
-Ma come facciamo con Hanabi?- chiese. Sua sorella era ancora priva di sensi e ringraziò il cielo per questo. Infatti, nonostante fosse poco più che una bambina, aveva dimostrato di essere pericolosa, ma soprattutto le era ormai chiaro che la crudeltà di Hiashi si era insinuata nel suo cuore.
-Per questo ho io la soluzione- Naruto illuminò la notte con il suo sorriso, poi si portò due dita alla bocca e fischiò. Poco dopo una massa di pelo enorme le fu addosso, travolgendola con il suo affetto incondizionato e una quantità esagerata di bava.
-Akamaru!- esclamò Hinata, felice di rivederlo tanto quanto lo era lui. Avevano trascorso insieme così tante notti solitarie e desolate che le sembrava di non vederlo da una vita.
-Lui porterà Hanabi in un posto sicuro- spiegò Naruto, mentre Hinata continuava a coccolare il suo vecchio amico. –La legherò in modo che non possa fuggire e andremo a riprenderla dopo che avremo parlato con Neji-
-Sei sicuro che funzionerà?- gli chiese, e Akamaru abbaiò convinto.
Una volta messa al sicuro sua sorella, Hinata tornò a concentrarsi sul vero problema. Conosceva Neji abbastanza bene per sapere che non sarebbe stato così semplice convincerlo, come credeva Naruto. Sapeva che era stato lui ad attaccare villa Hyuga, probabilmente grazie all’aiuto di un complice dentro la casa. Infatti, non appena Hiashi aveva esalato l’ultimo respiro, le difese che aveva eretto per proteggere la sua reggia erano svanite insieme a lui. Era chiaro che Neji non si sarebbe fermato di fronte a niente, ma tuttavia Hinata amava l’ottimismo che vedeva negli occhi di Naruto e ne fu contagiata. Insieme si diressero verso il quartier generale dei ribelli.
Non passeggiava da sola per le strade di Konoha da anni e fu inebriata da quel senso di libertà che forse non aveva mai provato davvero. Ancor più sconvolgente fu quando Naruto la prese per mano, guidandola per vicoli che non aveva mai attraversato. Da quel momento non fece più caso alla strada, ma solo alle scosse che ogni movimento, ogni sguardo, ogni carezza di Naruto provocavano al suo cuore.
Ma nessuno dei due si accorse che erano seguiti e fu troppo tardi quanto capirono di aver abbassato la guardia troppo presto. Naruto fu colpito alle spalle e mandato a terra, mentre Hinata fu immobilizzata e spinta contro il muro di una casa.
-Neji- con voce strozzata riuscì a chiamarlo. Dietro di lui c’erano altre cinque ninja, tutti armati, e uno di loro, una donna dai capelli rosa, corse verso Naruto.
-L’erba cattiva non muore mai- Neji la salutò con voce così bassa che solo lei riuscì sentirlo. La presa attorno alle sue braccia si fece sempre più forte, e sempre più dolorosa.
-Aspetta, fammi parlare- gli disse, questa volta in tono supplichevole. Il byakugan di suo cugino era già pronto ad entrare in azione.
-Per farmi abbindolare come quell’idiota dell’Uzumaki?- le domandò lapidario –mai. Ma una cosa te la chiederò- continuò- dov’è Hanabi?-
-Non sarò la causa della morte di mia sorella.-
-Una più o una in meno, che differenza fa per te?- le chiese, e la durezza delle sue parole la colpì tanto da toglierle il fiato. Come poteva crederla davvero capace di uccidere una persona, tanto più se innocente, dopo tutto quello che avevano passato insieme? L’aveva vista crescere, l’aveva vista diventare una schiava esattamente come lui, eppure non capiva. La sua aria atterrita lo fece sogghignare, ma dentro di sé Hinata ribolliva.
-Sai, quanto parli così mi ricordi mio padre-
Neji sbiancò e il suo sorriso sparì. Con uno scattò spostò una mano dal suo avambraccio al suo collo. E cominciò a stringere.
-Hai appena pronunciato le tue ultime parole- sibilò.
-Tu hai il mio stesso sangue- continuò Hinata, lo sguardo sicuro e fermo. Gli occhi di Neji si spalancarono e la presa si fece più forte. –Ed è lo stesso di Hiashi … -
Hinata cominciò a piangere e la voce le morì in gola. Ormai non aveva più fiato, l’aria non arrivava più ai suoi polmoni. Stava soffocando. Guardò Naruto in cerca di aiuto, ma era ancora steso a terra; guardò gli altri ninja e ricevette solo altro odio, ma fu dai loro occhi che riuscì ad accorgersi qualche istante prima di Neji di quello che stava per succedere.
Akamaru piombò addosso a Neji con tutto il suo peso, azzannando il braccio che la stava uccidendo. Lo mandò a terra e gli si mise sopra, mentre i suoi denti mirarono alla pelle bianca del suo collo, ringhiando con aggressività. Hinata cadde a terra e cercò di richiamarlo, ma la sua gola bruciava tanto da impedirle quasi di riprendere a respirare. Vide Neji cercare di tenerlo lontano con tutte le sue forze, mentre le pericolose fauci del cane arrivarono a sfiorargli la gola. Poi, all’improvviso, Akamaru emise un latrato di dolore e si accasciò a terra.
Hinata guardò con gli occhi spalancati la macchia di sangue allargarsi sempre di più sotto il suo corpo massiccio. Nonostante il dolore, lo chiamò, ma il cane non si mosse. Allora corse verso di lui e vide il kunai che Neji gli aveva piantato nel cuore. Distrutta, si lasciò cadere a terra, abbracciandolo con forza.
-Forse posso fare qualcosa.- La ragazza con i capelli rosa l’aveva raggiunta e con sguardo determinato cominciò a curare la ferita di Akamaru.
-Ti prego … - sussurrò, mentre stringeva il grande muso dell’animale, ma lei scosse la testa e abbassò le mani. Hinata affondò il viso nel suo pelo e soffocò i singhiozzi del pianto.
-Neji, l’hai ucciso-
Quelle parole non uscirono dalla sua bocca, ma da quella del ninja medico.
-Mi ha aggredito- ribatté l’altro, per nulla risentito.
-Akamaru ha scelto di difendere lei e non te. Come te lo spieghi? C’è qualcosa che devi dirci per caso?-
-Cosa vorresti dire?-
-Che forse dovremmo rimandare questa faccenda a quando Naruto avrà ripreso i sensi. Così potrai spiegarci anche perché l’hai colpito alle spalle-
-Sakura, quella è la figlia di Hiashi Hyuga- disse Neji alzando la voce –e tu ti fai degli scrupoli solo perché un cane si è messo in mezzo?-
Hinata alzò lo sguardo. Suo cugino si sporgeva minaccioso verso la ragazza, la quale, però, non era da meno e teneva alzata la testa con una sicurezza eccezionale. I suoi occhi verdi stavano sfidando apertamente quelli bianchi di Neji.
-Ho aiutato Kiba e Akamaru a scappare- la voce flebile di Hinata richiamò l’attenzione di entrambi, –e nel frattempo eravamo diventati amici. Di notte gli portavo da mangiare e lui mi teneva compagnia. Per questo mi ha salvata-
Sakura tornò a voltarsi verso Neji con un sopracciglio alzato, ma lui non ne volle sapere e cominciò a protestare. Non doveva esserci alcuna pietà.
-Allora forse dovresti sentire lei-
Un ragazzo alto e magro, con i capelli raccolti in una coda disordinata, si fece strada tra gli altri ninja presenti. Il suo braccio muscoloso reggeva il corpo esile e piegato di Ino Yamanaka. Tutti i presenti le corsero in contro, felici di vederla, ma fu Sakura quella più commossa. Si propose di iniziare subito a curarla, ma Ino si oppose. I suoi occhi azzurri cercarono quelli di Hinata e, accompagnata dal ragazzo, la raggiunse. Quando le fu di fronte si lasciò cadere a terra, accanto a lei, e l’abbracciò.
-Grazie- le sussurrò piangendo.
-Le ha salvato la vita- spiegò il ragazzo, guardando Neji negli occhi –la torturatrice di Konoha usava il suo stesso sangue per far credere di aver inflitto le peggiori sofferenze alle sue vittime. Poi usava le tecniche Hyuga per togliere loro i sensi nel modo meno traumatico possibile e completava l’opera. Ino è solo l’ultima ad essere stata salvata in questo modo-
-Non è possibile- sussurrò Neji con voce flebile. Finalmente nei suoi occhi Hinata vide il dubbio, e ne approfittò per rimettersi in piedi.
-Non mi hai lasciato finire di parlare- gli disse dolcemente, attirando la sua attenzione –noi due abbiamo lo stesso sangue di Hiashi, è vero, ma il nostro cuore è diverso. Ti ricordi quante volte da piccoli abbiamo progettato di unire la casata principale e il ramo cadetto? Così avremmo potuto giocare insieme tutto il giorno-
-Eravamo solo dei bambini-
-Ma eravamo sinceri. Tu non hai cambiato la tua idea, ma neanche io. Sono rimasta in quella casa solo perché costretta, e ho cercato in ogni momento un modo per poterti aiutare-
-Hai fatto credere che fossi stato io a far scappare l’Inuzuka-
-Mi dispiace, ma dovevo salvare Naruto … - il suo sguardo si spostò sul suo volto pallido –ti chiedo solo di lasciarmi libera come tu lo sei ora-
Quando Naruto aprì gli occhi il sole era tramontato. Solo la luce flebile di una candela illuminava la stanza e impiegò qualche secondo per ricordare cosa fosse successo. Scattò in piedi, imprecando, ma il gesto fu troppo brusco e fu seguito da fitte lancinanti al capo, lì dove Neji l’aveva colpito.
Chiuse gli occhi in attesa che il dolore scomparisse e quando li riaprì vide Hinata addormentata accanto al suo futon. Un sospiro di sollievo uscì dalle sue labbra, ma non fu sufficiente. Si abbassò ad abbracciarla.
-Naruto … ?-
-Stai bene- disse, stringendola a sé così forte da farle mancare il respiro.
-Non c’è più pericolo ora- rispose l’altra –e Neji si scusa tanto-
-Si scusa un corno! Appena mi capita tra le mani gli ritorno tutto quanto moltiplicato per cento!-
Hinata rise. Non sentiva la sua risata da così tanto tempo che ne aveva dimenticato il suono. Continuò a ridere, insieme a Naruto, la sua speranza, il suo futuro. Prima, quando pensava alla sua vita, non vedeva nient’altro che oscurità. Ora vedeva gli occhi blu di Naruto illuminati dalla luce del sole che tramonta, in un mare d’oro, nascosto dietro un acero cremisi. La mano tesa verso di lei era arrivata lì dove pensava che mai nessuno sarebbe arrivato. Aveva toccato le corde del suo cuore, facendole riprendere a suonare la loro melodia, e facendola tornare a vivere. Si era fidato di lei, nonostante i pregiudizi, nonostante il suo carattere, nonostante le difficoltà. Per lei, Naruto era la prova che non bisogna mai smettere di sperare, e che anche quello che ai nostri occhi sembra impossibile può trasformarsi in realtà. Grazie a lui, era riuscita a superare i limiti che da sola si era imposta, e finalmente non era più sola.











… e con questo capitolo si conclude “Heartstrings”.
Spero sia stato all’altezza delle vostre aspettative. Ovviamente un tocco di drammaticità c’è sempre, ma Hinata ha affrontato la sua battaglia con Neji a testa alta e con al suo fianco Naruto (ovviamente anche stavolta ha fatto una figuraccia XD). Se scriverò un’altra naruhina prometto che Naruto sarà forte, aitante e furbo!

Ringrazio di cuore i tanti che hanno recensito, aggiunto la storia nei preferiti, scelte o ricordate. Grazie, grazie e ancora grazie!
Un pensiero va anche a Tomoko-chan, la bravissima giudice del contest.
A presto carissimi,


Dryas

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