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di Miakuzz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Principio ***
Capitolo 2: *** Acqua ***



Capitolo 1
*** Principio ***


20 anni prima

Lucares camminava per i lunghi ccorridoi del suo palazzo di cristallo. La sua andatura sicura conferiva alla sua figura rispettabilità ma anche un che di sereno; il suo volto vecchio di cinque miliardi  di anni manteneva dei lineamenti da adolescente; i suoi occhi che avevano assistito a molte guerre conservavano il loro vivace colore argenteo. Il lungo mantello bianco svolazzava mentre costui arrivò alla porta : due grandi battenti bianchi impreziositi da ghirigori con pietre preziose. Lucares non dovette muovere un muscolo perchè alla sua presenza la porta si aprì da sola mostrando la grande sala circolare circondata dai troni dei guardiani suoi aiutanti. Nella sala c'era un forte chiacchiericcio che stava degenerando in una lotta: Fotìa  aveva alzato una mano facendo comparire una palla di fuoco  che saltellava sulle sue dita impaziente di essere scagliata, dall'altro lato  kyma era circondato da una pozzanghera d'acqua pronto a difendersi. All'entrata di Lucares tutti si zittorono e i due combattenti tornarono a sedersi sui propri troni. Un certo imbarazzo aleggiava nell'aria ma venne prontamente interrotto da Fytà.
" Amico mio, non voglio perdermi nei convenevoli, perciò ti chiedo per quale motivo ci hai convocato nella tua corte?"
Lucares guardò il vecchio amico  dal volto angelico. Il fisico era asciutto e snello, i capelli scompigliati erano del color del miele mentre gli occhi verdi ricordavano i germogli appena nati; il naso all'insù e le lentiggini gli conferivano un aria da folletto il tutto completato dalle orecchie leggermente appuntite e il sorriso di chi ha combinato un guaio; non dimostrava di avere più di quattordici anni nonostante  sapesse che l'amico fosse vecchio come il mondo. Il suo trono, più piccolo degli altri, era circondato dall'edera e da rose rosse come il sangue nate non appena il loro padrone si era seduto. Lucares sorrise, un sorriso luminoso come la luce del sole appena sorto.
"Hai ragione amico non perdiamoci nei convenevoli" Aprì le braccia come ad indicare ogni singolo guardiano.
"Vi ho riunito qui oggi per parlare di una questione di vitale importanza."  
"E cosa sarebbe più importante delle morti che sta provocando Kyma?" Lo interruppe la guardiana del fuoco, Fotìa. I suoi lunghi capelli biondi sprigionavano fiamme quando costei si muoveva, il lungo abito rosso aderiva perfettamente al corpo slanciato con la gonna circondata da fiamme innocue.  
"Sta zitta Fotìa a te non interessa niente della morte di gente innocente- Rispose una donna  dai lunghi capelli neri e il volto pallido come la neve. -A te brucia solo il fatto che Kyma abbia più potere"
"Cosa ne vuoi sapere tu Pàgos, neanche tu sopporti gli esseri umani, sbaglio o con le loro nuove tecnologie stanno distruggendo il tuo regno?"
La donna chiamata Pàgos ringhiò  per il mancato rispetto e fece apparire una lunga stalattite che scagliò contro Fòtia. La guardiana del fuoco alzò un muro di fiamme riducendo la lancia di ghiaccio a minuscoli frammenti.
"Ragazze smettetela- intervenne un giovane dai capelli neri e gli occhi blu come le profondità del mare- Ti ripeto Fòtia che non era mia intezione provocare un maremoto è la terra che scuote le mie acque"
Un ragazzo sulla ventina  e dai capelli biocastano come la sabbia si alzo dal suo trono e indico il moro. "Non dare la colpa a me kyma sono i nuovi mezzi degli umani che scuotono il mio regno"
Lucares guardava la scena senza proferire parola, un tempo tutti loro erano amici ma il doversi occupare del loro elemento gli aveva divisi e messi in contrasto.
"Smettetela adesso!- Irruppe un ragazzo dai capelli castano scuro e gli occhi grigi - Lucares stava parlando"
 "Grazie Aeras- Rispose il re della luce -Come vi dicevo vi devo parlare di una questione molto importante. Come sapete la terra si è formata cinque miliardi di anni orsono e noi con essa e abbiamo creato un mondo dove le persone potessero vivere, ma adesso quelle stesse genti che noi abbiamo portato alla conoscenza stanno distruggendo il nostro creato"
 "E come vorresti fermarli uccidendoli tutti?"La donna che aveva parlato aveva una corporatura magra  e filamenti di elettricità le impregnavano i capelli biondi.
"No Electro. Da che mondo è mondo le persone hanno raggiunto i loro scopi uccidendo e scatenando guerre e, per quanto noi siamo rispettosi di ciò che abbiamo creato, questi ideali sono diventati parte di noi. La mia idea è quella di scegliere dei prescelti. ragazzi di oggi che riusciranno a riordinare il mondo perchè spinti da ideali diversi dai nostri, loro cercheranno risposte che non comprendano nessun sacrificio. Doneremo loro i nostri poteri, li marchieremo e poi potremmo vedere il loro pogressi senza però influenzarli"
"Solo una domanda- Disse Fytà- Chi sceglierà questi prescelti?"
"Sarete voi stessi ha farlo"
"E chi terrà a bada tenebrax?" Chiese Vràchos, il guardiano della terra.
"Convincerò anche lei a scegliere un prescelto, e speriamo che costui o costei , se pur con le tenebre nel cuore ,collabori alla prosperità di questa terra"
"E chi insegerà il domineo ai ragazzi dopo che noi gli avremmo marchiati?"Domando Fòtia.
"Dopo aver scelto i ragazzi aspetteremo che maturino abbastanza prima di dar sfogo a i loro poteri e poi saranno loro stessi a dover imparare il prezzo che un domineo comporta. se non ci sono altre domande chi è d'accordo alzi la mano"
La sala si riempi di bisbigli e sussurri. Ogni guardiano si consultava per arrivare ad una soluzione concreta. Lucares aspettò con pazienza che tutti avessero scelto poi quando la sala tornò al silenzio aspettò l'esito. Fytà fu il primo ad alzare la mano  seguito poi da kyma, Electro,e Aeres, Gli altri abbassarono il capo.
"Bene il verdetto è stato decretato, miei cari guardiani scendete sulla terra e scegliete un prescelto con il cuore e non solo con la mente, poi senza più pesi godetevi gli ultimi vostri momenti"
Tutti annuirono e scomparvero: chi in una folata di vento, chi un muro di fiamme, chi con un colpo di fulmine, fin che in sala non rimase solo la figura esile di Fytà. Lui si avvicinò al re di luce e gli sorrise, un sorriso stanco di vivere.
"Ho ppoggiato la tua scelta perchè mi fido di te, ma sei sicuro che degli adolescenti riusciranno   a cambiare le sorti di questo mondo?"
Lucares lo guardò negli occhi. Insieme avevano passato dei bei momenti ed era giunto il momento di lasciarli andare.
"La speranza è l'ultima a morire" Disse soltanto.
Il guardiano della vita annuì e fece per andarsene ma venne fermato da lucares.
"Scegli bene mi raccomando, il tuo prescelto sarà molto importante per le sorti di questo mondo. Dovrà essere in grado di guidare i guardiani e di essere all'attezza per dominare il suo regno e in più dovrà rimanere vergine altrimenti  dovrà fare i conti con il peccato originale" 
Gli occhi dell'amico diventarono tristi.
"So cosa affronterà il mio discendente mi dispiace solo che gli verrà sottratta una delle cose più importanti del genere umano- Fytà si incamminò fino al suo trono poi si voltò di nuovo verso Lucares con uno sguardo ancor più cupo e triste  -L'amore" Disse con amarezza  prima di scomparire lasciando al suolo un tappeto di foglie secche. 

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Capitolo 2
*** Acqua ***


Oggi, 16 febbraio ,Santa Monica, California

Catia era distesa sulla sabbia bianca della battigia di Santa Monica.  Il sole tramontava all'orizzonte, colorando il cielo di sfumature violacee, mentre si rispecchiava sul velo trasparente del mare. Un leggero venticello le scompigliava i capelli e le spieghezzava i vestiti già umidi. L'odore salmastro e il rumore delle onde la rilassavano seppur lei provasse un forte rancore verso il mare, era stato proprio il mare a portarle per sempre via sua madre e d'allora aveva sempre provato un forte terrore verso quelle sue acque profonde e ignote. Ricordava i capelli biondi della madre e suoi occhi color cioccolato, ricordava le sue carezze e i suoi baci e quanto fosse armoniosa la sua risata,  ricordava con quanta prepotenza le nere acque dello stesso mare che in questo momento fissava con odio l'avessero presa e portata verso il basso e le avessero tolto l'ultimo respiro. Era difficile per lei anche solo vivere lì vicino e dover vedere ogni mattina, diretta a scuola, quelle sue acque all'apparenza limpide con gli occhi che le pizzicavano per il ricordo. Poteva non guardarla, poteva tornare a casa senza dare un minimo di importanza alla spiaggia e invece una parte di lei, forse quella più masochista, la spingeva a trovare serenità solo in quel luogo. Non si spiegava il perchè di ciò, per quanto soffrisse e la ferita di quel ricordo ricominciasse a sanguinare ogni volta niente riusciva a calmarla  più del rumore delle onde contro gli scogli di quella  battigia. Dalla morte della madre il padre era scomparso e l'affidamento della tutela di Catia, che allora aveva 10 anni, fu affidato a sua zia Agata. La zia non era certo il tipo di persona  che si poteva definire dolce e comprensiva, anzi non poteva essere più ottusa e irritante, Agata la odiava al tal punto di essersi rifiutata di trasferirsi nonostante fosse ben conscia di quanto quelle acque disturbassero l'emotività della nipote. L'unica persona che calmasse l'animo diCatia era la cugina Michelle di tredici anni, la ragazza a differenza della madre era molto dolce e pacata e non c'era giorno in cui non le offrisse una spalla sui cui piangere. Forse era solo per lei che Catia continuava a vivere, si perchè per lei questo mondo non aveva niente da offrirle, nessuno a scuola voleva socializzare con lei nessuno le aveva mai rivolto un sorriso dolce, nessuno apparte Michelle esprimeva affetto nei suoi confronti.
Catia prese il cellulare per guardare l'ora, rimase sorpresa di quanto fosse tardi, la zia l'avrebbe uccisa. Si alzo di fretta scrollandosi da dosso i granelli di sabbia e si rimise le converse azzurre,  solita com'era a lasciarsi i piedi nudi per sentire maggior contatto con la fredda spiaggia. Si incamminò a passo svelto, stringendosi nella camicetta leggera, il volto basso. Salì sull'asfalto  e si girò un ultima volta verso il mare mentre una lacrima le scivolò sul volto.
"Ciao mamma" Sussurrò per poi tornare sui suoi passi.
Più si avvicinava a casa e più percepiva  un brutto presentimento farsi strada nella sua mente e senza acorgersene cominciò a correre. La casa non distava molto dalla spiaggia, la separavano solo alcuni negozietti di souvenir o discount, ma più Catia correva più la sua meta le sembrava lontana. Non sapeva cosa la spingeva  a correre eppure quel presentimento era così forte, così vivo in lei tanto da farle male, ricordava dei dolori simili averla accolta minuti prima della morte della madre, li ricordava come una cicatrice sul corpo. Non stava succedendo veramente si disse ma perse ogni certezza arrivata al portico della sua abitazione. Alcune persone si erano radunate intorno alla piccola casetta a due piani in legno, tutti avevano un volto terrorizzato e parlavano tra loro. Catia sorpassò tutta la gente per poi rimanere pietrificata a quella vista. Il fumo si velava alto nel cielo mentre il rumore del legno bruciato e l'odore del fumo provenivano dall'interno della casa, ma ciò che più la turbò era la vista di quelle persone che non reagivano, non facevano niente per impedire che le fiamme spazzassero via l'unica sua famiglia per qunto imperfetta. Dov'erano i pompieri?Non c'era nessuno che facessee qualcosa? Rimase basita dalla immobilità della gente che la circondava,perchè non facevano niente? Perchè rimanevano fermi? All'interno di quella casa c'era sua zia e sua cugina, esseri umani, persone che vedevano tutto il giorno e che salutavano e con cui scambiavano parole eppure non muovevano un passo per aiutarli. Scosse la testa con foga e solo allora la gente si accorse di lei. La guardarono pensierosi come se avessero dato per scontato che lei stesse bruciando viva in quel momento e che la sua presenza fosse un miracolo. Qualcuno le si avvicinò poggiandole una mano sulla spalla, ma lei non voleva la compassione di nessuno, lei voleva Michelle, sua zia Agata,  non riusciva a dire addio ad altri componenti della sua vita e  senza pensarci si precipitò all'interno della casa. Si aspettava di sentire calore, di provare bruciore sulla pelle, ma tutto ciò che senti fu il fumo entrarle prepotentemente in gola e bruciarle i polmoni. Si portò un braccio sul naso per impedirsi di respirare quel veleno e cerco di aguzzare la vista in cerca di segni di vita. Si avviò per il corridoio guardandosi intorno e cercando di evitare i pezzi di legno che andavano a fuoco. Schivò per poco una trave che si staccò dal soffito e solo allora il suo sguardo venne catturato da una figura esanime sul pavimento di quella che un tempo era la cucina. I vestiti andavano a fuoco e la pelle era rossa e raggrinzita come fosse carta stropicciata, capì subito che si trattava della zia e a fatica trattenne un conato di vomito. Le dispiaceva, si Agata non era perfetta, ma era comunque sua zia e non poteva non provare  anche un briciolo di pietà a vedere il suo corpo in questo stato, una lacrima le scivolò sul volto sporco di fuliggine. Doveva trovare la cugina, forse lei era ancora viva, anche se le probabilità lasciavano a desiderare, non sapeva se avrebbe retto nel vedere la cugina nelle stesse condizioni, ma non avrebbe realizzato che fosse morta fin che non l'avrebbe vista. Cerco di calmarsi e di ricacciare indietro le lacrime e si decise a salire le scale, era una pessima idea e lei lo sapeva, le scale si sarebbero potute rompere ma niente le impediva di proseguire. Di sopra le fiamme sembravano più controllate, un chiaro segno  che l'incendio si fosse propagato dal piano di sotto.
" Michelle" Provò ad urlare per quanto le fosse possibile.
"Michelle" Pronunciò più forte con la voce roca.
Un singhiozzo provenì dalla stanza della cugina, Catia non aspetto altro, si mise a correre verso la fonte della voce ma si ritrovò un muro di fuoco davanti  alla porta. Alzò lo sguardo invocando ancora il nome della cugina e la vide rannicchiata tra il cassettone e l'armadio mentre si teneva un panno bagnato sulla bocca, i suoi occhi la imploravano di salvarla, poteva leggere il terrore di morire, di sentire il corpo bruciare o intossicarsi per via del fumo. Non voleva perdere anche Michelle, non poteva, le sarebbe crollato il mondo addosso e non sapeva se sarebbe riuscita a rialzarsi, forse ne sarebbe stata schiacciata. Non ci pensò due volte e si lanciò contro le fiamme. Sentì un bruciore sulla pelle e temeva che i lunghi capelli avrebberò preso fuoco ma miracolosamente ne uscì indenne. La cugina le si fiondò tra le braccia liberandosi del groppo in gola e bagnandole tutta la camicetta,Catia le accarezzo i capelli leggermente bruciacchiati e la condusse verso la porta, il fuoco che divampava però si intensificò constringendole ad arretrare per il forte calore che emanava. Più Catia lo guardava più pensava che quel fuoco avesse vita propria, che non volesse farla uscire . L'adrenalina che aveva in corpo la abbandonò facendola accasciare a terra con la cugina attaccata ad un braccio. Nella sua mente si faceva strada la certezza che non ne sarebbe uscita viva di lì e l'idea che con lei sarebbe morta la cugina la faceva sentire terribilmente in colpa, lei non meritava tutto questo, Michelle era un essere così puro e dolce che non avrebbe dovuto morire così brutalmente. la guardò negli occhi e come se la toccasse con le mani potè sentire la sua forza vitale scemare, spegnersi, la cugina teneva gli occhi sbarrati cercando di non chiuderli, ma il dolce sonno che la morte le offriva la stava tentando come un gioco perverso. Non poteva finire così continuava a ripetersi, ma più pronunciava quelle parole più le sentiva lontani e irrealizzabili. La paura le attanagliò le viscere e non potè trattenere un grido disperato per la crudeltà di quella sorte. Chiuse gli occhi accasciandosi contro il corpo esanime della cugina e solo allora lo sentì, era un rumore debole, appena percettibile, un rumore soave e ritmico, pensò al rumore delle tubature, pensò a come l'acqua scivolava in esse e come fosse piena di vita, ininterrotta, come il sangue delle sue vene, che continuava a darle vita e fu allora che senti una nuova enegia diffondersi in ogni singola parte del suo corpo, darle nuova forza. Spinta dall'istinto mosse una mano davanti a sè e senti l'acqua reagire a quel gesto, il getto aumentò  compatto costringendo le tubature a piegarsi davanti quella forza. Catia poteva vedere ogni movimento dell'acqua, sentirla parte del suo corpo, udirla scrosciare con preopotenza. I rubinetti dlla cucina e dei due bagni saltarono facendo uscire il liquido trasparente fuori in tutta la sua maestosità. Non riusciva a spiegarsi quel che aveva fatto ma l'importante ora era uscire di lì. L'acqua spegneva il fuoco sotto di se ma non bastava per spegnere l'incendio che dirompeva in tutta la casa. Catia si concentrò di più sul getto immaginandolo e plasmandolo in qualcosa di  più grande, più inarrestabile,  e così fece. Dall'acqua si levarono degli enormi tentacoli che attaccarono il fuoco come ad ingaggiare una lotta, una lotta con le spade: il fuoco era una sciabola pronta a  farla  in mille pezzi, ma l'acqua come uno stiletto si insinuava al suo interno colpendolo alla radice del suo potere. L'energia sprigionata era così forte, che la perdita così repentina fece barcollare Catia. Il fuoco era domato e la casa era così spoglia e grigia, tuti i ricordi distrutti, andati, così sarebbe stata d'ora in poi la vita di Catia,  grigia, sola e spoglia di tutto. La stanchezza ebbe la meglio e la ragazza svenne, l'ultimo rumore le sirene dei pompieri.

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