Ahe - 1 - Antieroico [da revisionare]

di Ghost Writer TNCS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. Un potere straordinario ***
Capitolo 3: *** 2. Uno scopo poco straordinario ***
Capitolo 4: *** 3. Una buona idea ***
Capitolo 5: *** 4. La cosa che mancava ***
Capitolo 6: *** 5. Le porte del crimine ***
Capitolo 7: *** 6. Traffico bestiale ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Era una tiepida mattina di fine estate e l’acqua della fontana scorreva limpida e cristallina. La lussuosa autovettura nera superò il cancello automatico e percorse il breve vialetto ghiaioso, quindi girò intorno alla vasca di marmo bianco e si fermò davanti all’ingresso della villa. La portiera posteriore si aprì e un giovane elfo scese dal veicolo rivolgendo il suo sguardo all’edificio. I corti capelli biondi erano ordinatamente pettinati all’indietro, indossava vestiti eleganti ma informali e al polso aveva un orologio dall’aria piuttosto costosa. Si tolse gli occhiali da sole e li infilò nel collo della maglietta, rivelando in questo modo due vivaci occhi verdi. A prima vista sembrava uno che non aveva problemi ad avere addosso gli sguardi altrui, anzi sembrava il tipo di persona in grado di sentirsi perfettamente a suo agio anche quando era al centro dell’attenzione.

Pochi istanti dopo il guidatore scese dalla costosa vettura. Anche lui era un elfo, ma decisamente più avanti con l’età: i suoi capelli avevano assunto una colorazione argentea e i lineamenti erano appesantiti dagli anni. Senza perdere tempo raggiunse il bagagliaio e tirò fuori uno zaino per porgerlo al ragazzo. «Signorino Mstislav, è sicuro di non avere bisogno di me?»

Il ragazzo si voltò verso di lui e prese il bagaglio. «Ma certo, Ingrid, tanto l’agenzia di collocamento ha detto che la nuova cameriera arriverà nel primo pomeriggio. Posso cavarmela.»

«Come desidera.» annuì il maggiordomo con un mezzo inchino «In tal caso la saluto. Sono sicuro che farà onore alla sua famiglia in università.»

«Farò del mio meglio.» gli promise il ragazzo «Grazie di tutto.»

L’elfo dai capelli argentei rivolse un ultimo saluto al suo padrone e poi risalì in macchina per lasciare la villa.

Il giovane si voltò nuovamente verso l’edificio. Certo, la sua famiglia ne possedeva di più grandi, ma dato che doveva abitarci solo lui, poteva accontentarsi.

Infilò la chiave nella toppa ed entrò. Il maestoso ingresso era arricchito da un preziosissimo lampadario che non gli era mai piaciuto, tuttavia sua madre non aveva nessuna intenzione di levarlo e avrebbe dovuto farci l’abitudine.

Salì le scale e si infilò nella stanza più vicina. Depose lo zaino di fianco al letto e lo aprì. Conteneva poca roba – un computer portatile, alcune memorie e un lettore di ebook – tutto il resto era già nella villa da qualche giorno.

Prese da una tasca dei pantaloni il suo smartphone per controllare l’ora. Era ancora preso per mangiare, tanto valeva fare un giro per la villa.

Il lussuoso edificio era più piccolo di quello dove aveva abitato fino a quel momento, tuttavia questo non voleva dire che avesse delle dimensioni ridotte. La pianta era stata pensata per richiamare la sagoma di un aquila con il muso e le ali rivolte verso il cancello, e la costruzione era stata divisa in tre blocchi: l’ala sinistra dell’immaginario rapace era stata edificata in cemento e mattoni, era divisa in due piani e rappresentava la zona abitativa, con le camere da letto, le cucine e i locali dedicati alla servitù; l’ala destra al contrario era in ferro e vetro ed era stata pensata per i ricevimenti o per le feste, era ad un solo piano e aveva un tetto trasparente molto suggestivo; il terzo blocco infine corrispondeva al corpo dell’aquila ed era stato costruito in cemento, con il piano terra che fungeva da ingresso mentre il secondo aveva una finestra continua sulla facciata frontale e poteva essere utilizzato come studio. Il blocco centrale disponeva anche di una spaziosa terrazza e ospitava la grande scala che collegava il primo piano al secondo. Naturalmente c’erano anche un ascensore e diverse rampe di servizio.

L’alloggio di Mstislav si trovava nell’ala sinistra – che in realtà arrivando dal cancello sarebbe stata sulla destra – e aveva delle ampie finestre che si affacciavano sulla fontana al centro del giardino.

Gli ci volle più tempo del previsto per fare il giro completo di tutta la villa, garage sotterraneo incluso, e passando dalle cucine un leggero brontolio gli giunse dallo stomaco. Per un attimo prese in considerazione l’idea di cucinare qualcosa, poi cancellò l’opzione. Innanzitutto non sapeva cucinare, e poi perché doveva prendersi la briga di farlo quando poteva farsi portare qualcosa a casa?

Cercò un fastfood nelle vicinanze che facesse un servizio da asporto, ordinò un menù e riprese il suo giro della villa.

Non si stupì di trovare tutto perfettamente in ordine. Ogni cosa era stata messa a posto, non c’era un solo granello di polvere in giro e la dispensa era stata rifornita. La servitù aveva fatto davvero un ottimo lavoro.

A proposito di servitù, era proprio curioso di conoscere la sua nuova cameriera. Aveva fatto richiesta all’agenzia di collocamento per una sola cameriera – finché abitava da solo era inutile avere troppa gente per casa – però la voleva “giovane, carina, diligente, disponibile e discreta”. Gli dispiaceva un po’ di non avere con sé Ingrid, che serviva la sua famiglia fin da prima che lui nascesse, ma d’altro canto il vecchio maggiordomo era da sempre il capo della servitù dei suoi genitori, quindi era giusto che restasse con loro.

Il fattorino del fastfood arrivò con grande puntualità, dopo mangiato calcolò di avere almeno un’ora prima dell’arrivo della nuova cameriera e quindi ne approfittò per accendere il computer e controllare la data e l’orario di inizio delle lezioni. I suoi genitori lo avevano mandato in una delle università più prestigiose del paese e gli avevano suggerito di seguire quasi tutti i corsi. Naturalmente il suggerimento non poteva essere ignorato.

Con grande impegno e senso del dovere si dedicò ad un videogioco di ambientazione futuristico-militare, quindi decise di fare un altro giro della villa per sgranchirsi le gambe. Quasi per caso si trovò nel lungo corridoio dell’ala sinistra dove da piccolo si divertiva a correre da una parte all’altra per poi scivolare sulle calze.

Sorrise.

Con un gesto solenne si tolse le pantofole e le gettò di lato, quindi cominciò a correre verso la finestra e subito dopo si lasciò scivolare. Grazie alla cera passata sul pavimento la stoffa dei calzini non oppose resistenza e sfrecciò senza sforzo fino alla fine del corridoio.

«Quanto mi mancava!»

Prese di nuovo la rincorsa nella direzione opposta e di nuovo si esibì in una lunga scivolata.

«Ooooh sì!»

Stava per correre nuovamente verso la finestra quando udì il suono dei videocitofoni. Andò a rispondere e rimase piacevolmente colpito dall’immagine che vide riprodotta sul piccolo schermo: finalmente era arrivata la nuova cameriera! Giovane era giovane e carina era carina, già due punti a suo favore, adesso non restava che vedere se era anche diligente, disponibile e discreta. Aprì il cancello e fece per dirigersi verso l’ingresso, ma si fermò.

«Ancora una scivolata!»

Prese una lunga rincorsa in modo da avere più slancio possibile e poi si lasciò scivolare sulle calze. Troppo tardi si accorse di avere sbagliato i calcoli: stava andando troppo veloce! Cercò di rallentare la sua corsa, ma era inutile: la cera sul pavimento lo faceva sfrecciare senza controllo. Urtò contro la finestra e il vetro andò in mille pezzi. Una pioggia di schegge si riversò all’esterno, e Mstislav con loro.

«No! No! No!»

Una paura folle esplose dentro di lui. Stava cadendo! Si sarebbe ammazzato!

Il terreno era sempre più vicino! Sempre più vicino!

Quando riaprì gli occhi il cuore gli martellava nel petto con tanta forza che sembrava sul punto di esplodere. Tutto il suo corpo tremava. Si guardò intorno. Era tutto sporco di terra e qua e là c’erano i pezzi del vetro della finestra. Si accorse di avere alcuni tagli sulle braccia, ma per il resto era… incolume?! Com’era possibile?!

Si guardò le mani e solo allora fece caso alla nebbiolina giallo limone che lo circondava. Provò a scacciarla, ma non ci riuscì. Era come se uscisse direttamente dal suo corpo. Ma adesso non aveva tempo di pensarci, doveva andare ad aprire alla nuova cameriera!

Corse scalzo sull’erba cercando di evitare altre scivolate e trovò la ragazza che stava aspettando davanti al portone.

Cercò di acquisire un aspetto presentabile e si schiarì la voce. «Emh, buongiorno.»

La giovane si voltò. Era un’elfa non particolarmente alta dal fisico minuto, i suoi capelli erano di un biondo leggermente più chiaro di quelli di Mstislav e li teneva raccolti in un’impeccabile crocchia grazie ad un semplice nastro indaco. Gli occhi blu notte, freddi ma eleganti, esprimevano calma e serietà, e gli zigomi avevano una graziosa sfumatura rosata molto femminile. Non indossava gioielli, portava solo un orologio di poco valore in finto oro bianco, per il resto le uniche cose che aveva con sé erano un trolley nero e una borsetta. «Buongiorno,» rispose con un leggero inchino «sono la nuova cameriera, mi chiamo Anastasia Denisov. Lei deve essere il signor Naresky.»

«Esattamente.»

La ragazza rimase in silenzio. Evidentemente non si aspettava che il suo datore di lavoro fosse un tipo che vagava scalzo per il giardino della sua villa con gli abiti sporchi di terra e le braccia piene di tagli. «Vuole che le medichi le ferite?»

L’elfo provò a giustificarsi: «No, no, sto bene, sto bene! Ecco, io… stavo facendo giardinaggio.» Accorgendosi dell’incongruenza della sua risposta, provò a precisare: «Giardinaggio estremo!»

La nuova cameriera non parve convinta.

«È uno sport duro…» si azzardò a dire Mstislav «Molto duro… troppo duro… Penso che smetterò.»

Anastasia Denisov si sforzò di annuire. «Capisco…»

«Oh, che maleducato! Entri, entri pure…» Mstislav provò ad aprire il portone e fu con malcelato disappunto che si accorse di essere rimasto chiuso fuori. «Mmh… Mi aspetti qui, torno subito.» E corse via.

La nuova cameriera annuì e in silenzio cominciò a considerare le altre proposte di lavoro che erano giunte all’agenzia di collocamento.

Mstislav continuò a ripetere la parola “maledizione” per tutto il tempo necessario ad andare dal portone della villa al punto in cui era caduto, e anche quando fu a destinazione non interruppe la sua litania. Doveva trovare una soluzione! Quella cameriera gli piaceva, non voleva che se ne andasse per colpa di quella situazione assurda!

Guardò la finestra rotta. Dunque, era caduto da sei metri di altezza, forse sette, eppure non si era fatto nulla… c’era qualcosa che non andava.

«E poi perché proprio oggi?!»

Tirò un pestone a terra e proprio in quel momento una leggera scossa di terremoto fece tremare il suolo. Cavolo, tutte a lui capitavano! O forse…

Guardò la finestra rotta e nella sua mente si fece largo un’idea molto stupida. Si passò la lingua sulle labbra con fare pensieroso. Si chinò all’indietro. «Questo è molto stupido, molto stupido, molto stupido…»

«Posso chiederle cosa è molto stupido?»

Mstislav si voltò di scatto e i suoi occhi verdi incrociarono quelli blu notte di Anastasia. Accorgendosi della sua posa equivoca, si affrettò a riprendere una postura più consona. Si schiarì la voce. «Niente. Assolutamente niente.»

«Capisco…» La ragazza rimase qualche istante in silenzio. «La prego di perdonare la mia indiscrezione, ma credo che lei stia fumando…»

L’elfo si accorse che le esalazioni giallo limone stavano di nuovo uscendo dal suo corpo e cercò di scacciarle, ma in vano. Rivolse alla giovane elfa uno sguardo a metà fra il rassegnato e l’afflitto. «Crede ci sia qualcosa che non va in me, non è vero?»

La risposta della ragazza fu un capolavoro diplomatico: «Non mi permetterei mai…»

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Capitolo 2
*** 1. Un potere straordinario ***


1. Un potere straordinario

Data: 4121 d.s., prima deca[1]
Luogo: pianeta Ashez, sistema Imydar

Mstislav sospirò tra sé. «Ok, adesso proverò a fare qualcosa di molto stupido, quindi… si potrebbe voltare?»

Anastasia riuscì a celare la sua diffidenza. «Come desidera.» Si mise di spalle e attese.

L’elfo tornò a osservare la finestra rotta e scosse il capo. Non avrebbe funzionato, non poteva funzionare, però c’era qualcosa dentro di lui che lo spingeva a provarci…

Si diede lo slancio con le braccia e con un balzo si trovò sul davanzale della finestra. Non riusciva a credere a quello che era appena successo, e quando sentì la forza di gravità, dovette aggrapparsi agli infissi per non cadere. Il gesto istintivo gli costò delle fitte ai palmi causate dagli affilati pezzi di vetro rimasti al loro posto, ma se non altro riuscì a rotolare all’interno della villa.

Si osservò le mani e vide dei rivoli di fumo giallo che uscivano dai profondi tagli insanguinati: nel giro di pochi istanti la pelle si era già rimarginata del tutto e il liquido rosso era tornato all’interno del corpo. Ora che ci faceva caso, anche i taglietti sulle braccia erano guariti.

Si sporse dalla finestra facendo attenzione a non tagliarsi di nuovo. «Vada al portone!» disse alla ragazza «Adesso le vengo ad aprire!»

L’elfa annuì e si incamminò con passo misurato.

Mstislav corse dall’altra parte del corridoio e recuperò le sue pantofole, quindi si involò giù per le scale e si trovò davanti all’ingresso. Si sentiva tutto teso e aveva il timore che aprendo la porta non avrebbe trovato nessuno. Se fosse stata una cameriera brutta non gliene sarebbe potuto importare di meno, però quelle giovani e carine non erano facili da trovare!

Aprì il portone e con suo grande sollievo trovò l’elfa che attendeva con pazienza di fianco al suo trolley.

«Eccomi. Prego, entri.»

«Permesso.» disse la ragazza mentre varcava la soglia. Gli interni eleganti e il prezioso lampadario la colpirono subito, tuttavia mantenne la sua espressione imperturbabile.

Mstislav chiuse il portone. «Le dirò la verità, per un attimo ho temuto che se ne sarebbe andata.»

«Non l’avrei mai fatto.» ribatté lei con voce misurata «Sarebbe stato scortese allontanarmi senza prima averglielo comunicato.» Rimase in silenzio, ma i suoi occhi blu notte erano molto eloquenti.

L’elfo sospirò. «Ok, non ho idea di cosa mi stia succedendo. Le assicuro che è la prima volta, e sono confuso esattamente quanto lei. Se vorrà rinunciare al lavoro, non avrò niente da biasimarle.»

Anastasia attese alcuni istanti prima di rispondere. «Beh, ammetto che non era così che mi ero immaginata il nostro primo incontro, tuttavia…» eseguì un misurato inchino «ho sempre sentito parlare molto bene di lei e della sua famiglia e sarei onorata di prestare servizio in questa villa.»

Il giovane sorrise quasi con gratitudine. «Anch’io sarei felice se accettasse di restare. Venga, le faccio fare un giro per la casa.»

«Mi saprebbe dire dove posso lasciare il trolley?»

«Beh, se vuole può anche lasciarlo qui, così le faccio vedere le stanze e poi decide quale usare.»

«Come desidera.» annuì l’elfa, quindi si tolse gli stivali e li depose con ordine di fianco al suo bagaglio.

«Qui dentro dovrebbero esserci delle pantofole, aspetti che guardo…» Il ragazzo aprì l’anta di un piccolo mobile posto a fianco all’ingresso e tirò fuori un paio di calzature uguali a quelle che portava anche lui.

Anastasia le indossò e poi si accodò a Mstislav. Il giovane le mostrò per prima cosa il blocco centrale della villa, quindi le fece fare un giro nell’ala destra, quella in ferro e vetro dedicata ai ricevimenti, e per ultima l’ala sinistra, quella in cemento e mattoni che costituiva la parte abitativa.

«Se per lei va bene, potrei prendere una delle stanze della servitù.» propose Anastasia una volta che ebbero terminato il giro.

«Sicura? Nelle stanze al piano di sopra sarai più comoda.» le fece notare Mstislav facendo riferimento ai locali più confortevoli dedicati ai membri della famiglia. «Ah, mi scusi, sono passato al tu.»

«Non fa niente, il tu va benissimo.» lo tranquillizzò la ragazza «E comunque credo sia più consono che resti al piano inferiore. Se non ha altre richieste, potrei cominciare a sistemare le mie cose.»

«Certo, fai pure con calma. Adesso vado a cambiarmi, se ti serve qualcosa sarò nel blocco centrale, oppure chiamami con uno dei videocitofoni.»

«Come desidera.» annuì l’elfa.

I due tornarono insieme all’ingresso e Anastasia prese il suo trolley, quindi si separarono. La ragazza imboccò il corridoio che conduceva ai locali del piano terra dell’ala sinistra, Mstislav invece salì la scala che portava al piano superiore e andò nella sua stanza per togliersi i vestiti ancora sporchi di terra. Indossò un completo pulito e poi si chiuse nello spazioso studio situato nel blocco centrale. Fino a quel momento si era sforzato di non pensarci, ma ora che era solo, il ricordo di quanto era successo tornò con prepotenza nella sua mente. Non aveva idea di quello che era successo e questo non faceva che aumentare la sua curiosità.

Si passò la lingua sulle labbra e con diffidenza aprì una mano. Provò a pensare intensamente a quello che desiderava e dopo alcuni secondi una scintilla giallo limone comparve sul suo palmo. Passarono alcuni istanti e cominciò ad aumentare di volume, tramutandosi in una sfera gialla e luminosa grande come un’arancia. «Uauh…»

Provò a passarla sull’altra mano e ci riuscì senza difficoltà. La fece saltare da un palmo all’altro e anche questo gli risultò estremamente naturale. La lanciò sul pavimento e un’esplosione improvvisa fece tremare l’intero blocco centrale. Pazzesco, quella sfera gialla aveva sfondato il pavimento e per poco non aveva raggiunto il piano inferiore! Magari una persona normale si sarebbe spaventata, ma lui no. Lo seccava un po’ di dover chiamare qualcuno per riparare il pavimento, ma cosa più importante aveva scoperto di possedere un potere assolutamente fuori dal comune! Era rimasto illeso dopo una caduta da sei metri, le sue ferite si rigeneravano in un attimo, poteva spiccare salti di svariati metri e per di più era in grado di creare sfere esplosive… Chissà cos’altro poteva fare? E non doveva dimenticarsi che era riuscito a trovare una cameriera giovane e carina che sembrava anche diligente, disponibile e discreta!

Sorrise. Le cose non potevano andare meglio!


***


Era primo mattino e Mstislav stava sonnecchiando nel suo letto quando Anastasia venne ad aprire le tende della stanza per fare entrare la luce del sole. Era passata quasi una settimana dal suo arrivo e fino a quel momento si era dimostrata impeccabile in ogni cosa. Come sempre indossava la divisa da cameriera e i capelli biondi erano raccolti in una pratica crocchia.

«Buongiorno, signore. Mi permetto di ricordarle che oggi iniziano i corsi all’università.»

Mstislav sbadigliò sonoramente. «Come fai a saperlo?»

«Sua madre è stata così gentile da inviarmi una mail in cui mi ha spiegato dei sui impegni e mi ha anche dato qualche consiglio su come comportarmi con lei.» rispose l’elfa «Ad esempio mi ha suggerito di non farla poltrire a letto.»

«Non devi mica fare tutto quello che ti dice mia madre.» le fece notare il ragazzo stropicciandosi gli occhi.

«Forse ha ragione, tuttavia sono del parere che sia buona norma alzarsi di buon ora, specie quando si hanno delle lezioni da seguire.»

Mstislav si tirò su riparandosi con un braccio dalla luce del sole. «Devo ricordarmi di cambiare stanza questa sera. Devo sceglierne una che dia sul tramonto…»

«Se lo desidera, posso trasferire le sue cose nella camera di fronte a questa.» si offrì Anastasia.

«Te ne sarei molto grato.» annuì l’elfo uscendo dal letto. Andò in bagno, quindi fece colazione e si vestì. Una volta pronto scese nel garage insieme ad Anastasia. Si era fatto portare nella villa sei veicoli, quindi aveva solo l’imbarazzo della scelta: c’erano tre auto sportive, di cui una fuoriserie e una decappottabile, un SUV, un fuoristrada e una moto.

Senza pensarci troppo scelse una delle sportive, la due posti nera non decappottabile. Era il modello meno costoso dei cinque a quattro ruote e non la utilizzava da un po’, quindi gli sembrava l’occasione giusta per farla uscire dal garage. E poi non gli andava di fare il pacchiano che arrivava con la fuoriserie già al primo giorno.

«Se devi andare in giro, prendine pure una.» disse ad Anastasia prima di salire sull’auto.

«Non posso, non ho la patente.» rispose lei «E comunque devo occuparmi della villa. Pensa di tornare per il pranzo?»

Mstislav ci pensò un attimo. «Credo di sì, caso mai ti mando un messaggio. Ci vediamo dopo allora.»

«Le auguro una buona giornata.» annuì la cameriera.

«Grazie, e buona giornata anche a te.»

L’elfo premette il pulsante di apertura sul telecomando della saracinesca, quindi rivolse un ultimo cenno di saluto ad Anastasia e imboccò la rampa che lo avrebbe portato al livello del giardino. Fece aprire il cancello automatizzato e poi si immise nel traffico. Aveva già fatto un paio di volte il tragitto villa-università per imparare la strada e quando arrivò a destinazione trovò subito un posto libero nel parcheggio della facoltà.

Seguì i cartelli sparsi qua e là e riuscì a raggiungere l’aula giusta senza problemi, quindi si sedette e attese con pazienza l’arrivo del docente.

Una volta cominciata la lezione cercò di seguire e di prendere qualche appunto, ma di tanto in tanto non riuscì a trattenersi dalla tentazione di fare ricorso ai suoi poteri. In quei giorni aveva imparato a conoscerli meglio e soprattutto a controllarli meglio, però allo stesso tempo aveva cominciato a sentirsi vagamente frustrato. Lui era in grado di fare cose straordinarie, ma l’unica che lo sapeva era Anastasia, e cosa ben peggiore non aveva modo di sfruttare la sua abilità.

Si era interrogato più volte se fosse una buona idea rivelare anche ad altri dei suoi poteri, ma in linea generale non gli sembrava molto saggio. Svelare agli altri i propri assi nella manica era sempre un rischio, e poi non gli andava a genio l’idea di diventare una cavia da laboratorio o di essere scambiato per un fenomeno da baraccone.

Un altro dilemma era l’uso che doveva fare dei suoi poteri. Avrebbe dovuto indossare un costume giallo limone con tanto di mantello per fare l’eroe prode e valoroso che aiutava gli innocenti e combatteva il crimine?

Un sorriso sprezzante gli incurvò le labbra al solo pensiero. Ovviamente no. Ormai aveva deciso, lui sarebbe diventato l’antieroe che faceva sempre quello che voleva e di cui tutti avevano paura. Ma doveva agire in maniera attenta o rischiava di finire nei guai. Innanzitutto gli serviva qualcosa per celare la sua identità. Una maschera sarebbe stata perfetta, ma doveva scegliere quella giusta…

Tirò fuori il suo smartphone e utilizzò la rete dati dell’università per cercarne una adatta ai suoi scopi. Doveva coprirgli completamente il volto, magari anche i capelli, però non doveva limitargli troppo la visuale. Navigando fra i vari siti trovò quello di un grosso centro commerciale che aveva messo in saldo le maschere avanzate dall’ultimo Festival della Paura. Fece scorrere le immagini disponibili e dopo averne scartate un paio ne scoprì una che faceva proprio al caso suo. Copriva completamente la testa, aveva delle lenti scure in corrispondenza degli occhi e rappresentava un teschio dai tratti diabolici che spalancava la bocca in un feroce sorriso.

Era perfetta!

Per quanto riguardava i vestiti, poteva indossare una classica tuta nera col cappuccio, guanti leggeri ma resistenti e scarpe da ginnastica. Preferiva puntare sulla mobilità più che sulla resistenza, tanto con i poteri che aveva sarebbe stato in grado di rigenerare anche il buco provocato da un proiettile… o per lo meno era quello che sperava.

E poi gli serviva un simbolo. Non aveva nessuna intenzione di indossare una ridicola calzamaglia, quindi aveva bisogno di qualcosa di semplice, ma allo stesso tempo originale che lo rappresentasse… E che fosse in grado di accomunare tutti i suoi futuri fan antieroici naturalmente.

Si mise a giocherellare con una penna nel tentativo di farsi venire un’idea e di colpo venne colto da un’illuminazione. Lasciò andare la penna e chiuse il pugno, quindi sollevò il medio e l’anulare. Ma certo! Quello sarebbe stato il suo gesto-simbolo! Era qualcosa che potevano fare tutti e poteva ripeterlo tutte le volte che voleva!

Bene, ora non gli restava che trovare un palcoscenico dove dare prova delle sue capacità… Ma sicuro! Una rapina in banca! Era il più classico dei crimini e in città c’erano un mucchio di banche importanti, avrebbe di sicuro guadagnato tutte le prime pagine! Prima però era meglio fare una prova con una piccola filiale, giusto per prenderci la mano…

Utilizzando nuovamente lo smartphone navigò tra i vari siti delle banche per informarsi sulla collocazione e sugli orari di chiusura delle filiali in città. Gliene serviva una piccola, possibilmente isolata e che chiudeva tardi. Ce n’erano diverse che soddisfavano tali requisiti e quando terminò l’ultima lezione, aveva già in mente un piano d’azione. Doveva solo fare un po’ di pratica per assicurarsi di essere in grado di fare alcune cose…


[1] La sigla d.s. indica la datazione spaziale (detta anche datazione standard). L’anno spaziale ha una durata di circa 1,12 anni terrestri e si divide in 10 mesi chiamati “deche”.
Le età vengono comunque indicate secondo la durata dell’anno terrestre.

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Capitolo 3
*** 2. Uno scopo poco straordinario ***


2. Uno scopo poco straordinario

«Vado a fare un giro.» fu la scusa che utilizzò con Anastasia per giustificare la sua uscita nella tarda serata «Non aspettarmi.»

Detto ciò fece aprire la saracinesca del garage e si allontanò dalla sua residenza con la sportiva nera. Aveva già indossato la tuta scura e anonima, gli mancavano solo i guanti e la maschera che aveva nascosto nello zaino posto sul sedile a fianco.

Guidò per tre quarti d’ora buoni e poi finalmente giudicò di trovarsi in una zona adatta per dare inizio al suo piano. Parcheggiò la sua auto, si tirò il cappuccio in testa e scese, quindi si allontanò con noncuranza portandosi dietro solo lo zaino. Dopo qualche minuto individuò una vecchia utilitaria parcheggiata in un vicolo e la giudicò perfetta per i suoi scopi. Diede un’occhiata in giro per assicurarsi che non ci fosse nessuno e poi si infilò i guanti per non rischiare di lasciare impronte digitali.

Appoggiò una mano sulla portiera. Si concentrò e attraverso il guanto fluì una lingua di fumo giallo limone che si insinuò nella serratura. Dopo alcuni istanti si udì uno scatto.

Sorrise. Stava rubando una macchina!

Salì a bordo e con lo stesso metodo mise in moto il veicolo. Aveva fatto pratica tutto il pomeriggio per riuscire ad utilizzare in quel modo i suoi poteri, ma la sensazione che percepì non aveva niente a che vedere con quella provata nel suo garage. Era a dir poco fantastica, il brivido di commettere un crimine era qualcosa di indescrivibile! Non si era mai sentito così vivo!

Premette dolcemente sull’acceleratore e lasciò il parcheggio. C’era pochissima gente in giro e nessuno fece caso a lui.

Una volta a destinazione, parcheggiò in una posizione strategica vicino all’ingresso e prestò attenzione a lasciare il muso verso la strada in modo da essere subito pronto a ripartire.

Prese un bel respiro e indossò la sua maschera con il teschio, quindi tirò nuovamente su il cappuccio e fece comparire una sorta di mitra giallo nella sua mano destra. Aveva provato e riprovato a farlo venire di un altro colore, ma evidentemente era in grado di creare solo cose di quel giallo limone che poco aveva da invidiare ad un evidenziatore. Beh, quello era l’ultimo dei suoi problemi.

Uscì dall’auto e con passo deciso raggiunse l’ingresso della banca. Mandò in frantumi un vetro della porta automatica e poi saltò dall’altra parte ignorando i cocci aguzzi sparsi ovunque.

«Provate a indovinare? Esatto, questa è una rapina!» Grazie ai suoi poteri era riuscito anche a falsare la sua voce, rendendola roca e spettrale.

Raggiunse lo sportello più vicino e si appoggiò al banco. Dall’altra parte del vetro sedeva un’elfa non più giovanissima, paffuta e molto truccata. «Ciao tesoro, sono qui per rubare la cosa più preziosa, indovina cos’è.» Attese qualche istante, quindi simulò il suono di un una campana. «Tempo scaduto!» Fece fuoco contro il vetro antiproiettile e quello andò in mille pezzi.

La commessa sgranò gli occhi e si coprì le orecchie urlando terrorizzata.

«La risposta esatta era: il tuo fascino ineguagliabile!»

Nella banca calò un silenzio di tomba e questo accentò il rumore soffocato che usciva dalla spaventosa maschera di Mstislav. «Pff… Scherzavo! Coraggio, apri subito la cassaforte!»

«Io… io non posso…» gemette l’elfa.

Mstislav si sporse in avanti. «Io dico che puoi.»

«La… la serratura è a tempo…»

Il rapinatore parve fermarsi a riflettere. «Mmh, dici? Poco male, in tal caso aprirò io. Sarebbe così gentile da mostrarmi la strada?»

La commessa venne scossa da un tremito nel vedere la canna del mitra puntata contro il suo naso e si affrettò a mostrargli la strada per la cassaforte.

Una volta a destinazione, Mstislav le fece cenno di allontanarsi. «Bene, ora puoi tornare a fare… quello che stavi facendo prima.»

L’elfa non se lo fece ripetere e corse a ripararsi dietro il banco.

Il rapinatore non ci fece caso e continuò ad osservare la cassaforte. Lanciò uno sguardo alla tastiera per digitare la combinazione, al vano per inserire la scheda elettronica e al lettore di impronte digitali, quindi li distrusse tutti e tre con una raffica del mitra. «Stupidi sistemi di sicurezza! Mmh, quale sarà la parola d’ordine…?» Si mise a rimuginare per alcuni secondi e poi di colpo gli venne un’illuminazione. «Apriti, sedano!»

Non accadde nulla.

Il rapinatore soffocò a fatica un moto di stizza.

«Apriti, carota! Zucchina! Cipolla!»

Mstislav diede fondo a tutte le sue conoscenze agricole, tuttavia nessun ortaggio sembrava in grado di smuovere la cocciuta porta blindata.

«Dannato mucchio di ferraglia!» imprecò tirando un calcio al pesante battente.

Una scossa di terremoto fece vibrare l’intero edificio e dei preoccupanti scricchiolii risuonarono sul soffitto e nelle pareti. L’imponente lastra metallica cominciò ad inclinarsi e con un botto assordante frantumò le piastrelle del pavimento.

«Si è aperta.» notò Mstislav, quasi stupito.

Senza perdere altro tempo, trasformò il mitra in una sorta di compatto aspirapolvere giallo, quindi corse all’interno della cassaforte. C’erano moltissime cassette di sicurezza e di sicuro non aveva il tempo di insultarle tutte per convincerle ad aprirsi, così decise di fare ricorso ad una tecnica meno diplomatica: tirò indietro la mano destra e di colpo la portò avanti schioccando le dita. Immediatamente tutte le serrature scoppiarono e le lastre metalliche che chiudevano le cassette saltarono via all’unisono, spargendo banconote in tutto il locale.

Il rapinatore sorrise sotto la maschera e cominciò ad aspirare tutto il denaro che gli capitava a tiro. Il sacco giallo cominciò a riempirsi e continuò ad allargarsi fino a quando la cassaforte non fu del tutto svuotata.

L’elfo lasciò dissolvere l’aspirapolvere e passò un dito guantato su un ripiano. «Meglio di un’impresa di pulizia.»

Senza perdere altro tempo si mise il sacco pieno di soldi in spalla e corse fuori. «È stato un piacere, siete un pubblico fantastico!»

Uscì sfruttando l’apertura che aveva prodotto poco prima, ma due pattuglie comparvero a sbarrargli la strada.

«Polizia, mani in alto!» gridò un agente puntandogli contro una pistola.

«Chi ti credi di essere?!» ribatté Mstislav in tono presuntuoso «Io faccio quello che mi pare!», e con la mano libera mostrò il suo gesto-simbolo del medio e dell’anulare.

I poliziotti rimasero un attimo interdetti e tanto bastò all’elfo per mettere in atto il suo piano di fuga: prese un bel respiro e poi buttò fuori tutta l’aria. Ma quella che usciva dalla sua maschera non era più aria: quello era un denso fumo giallognolo che si addensò intorno alle due volanti e bloccò completamente la visuale alle forze dell’ordine.

«Li ho fregati!» esclamò tutto contento mentre raggiungeva l’auto che aveva rubato poco prima.

Saltò a bordo e partì, infilandosi subito in un intricato dedalo di stradine per far perdere le sue tracce. Ben presto il rumore delle sirene della polizia si affievolì, e quando fu certo di non essere seguito, ridusse la velocità. Si tolse la maschera e prese un bel respiro. Era tutto sudato, ma era così contento che non gliene poteva importare di meno.

Dopo aver fatto un lungo giro tornò al punto in cui aveva rubato il veicolo e lo rimise nell’esatta posizione in cui l’aveva trovato. Trattenne a stento un’esultanza. Il piano stava andando bene, però non era ancora al sicuro.

Si rimise il cappuccio in testa, quindi compresse il sacco pieno di soldi e lo infilò nello zaino insieme alla maschera. Con passo svelto si allontanò e senza che nessuno lo vedesse, raggiunse la sua auto. Salì a bordo, quindi si allontanò senza fretta per fare rotta verso casa. Aveva una voglia matta di infilarsi nel garage per dare sfogo alla sua gioia, ma non poteva abbassare la guardia proprio in quel momento. Guidò con la massima prudenza e senza fretta raggiunse la sua villa. Fece aprire il cancello automatizzato e poi si infilò nel garage. Parcheggiò la sua auto e scese portandosi dietro lo zaino.

«Ce l’ho fatta!» esultò «Sono un mito!»

Tirò fuori il sacco e quello si gonfiò con uno schiocco allegro per riprendere le sue fattezze originali. Ora che nessuno poteva vederlo si concesse una danza tribale intorno al suo bottino per celebrare il suo successo. Non si era mai sentito così felice! I poteri che aveva scoperto di possedere erano qualcosa di assolutamente fantastico, lo facevano sentire invincibile! Gli bastava pensare una cosa e quella accadeva, era come se la sua abilità fosse di rendere reali i suoi desideri! Non era ancora riuscito a capire fino a che punto potesse spingersi, e questo non faceva che entusiasmarlo ancora di più!

«Bentornato a casa.»

Mstislav per poco non fece un salto fino al soffitto. Si voltò di scatto cercando di coprire col corpo la sua refurtiva. «Quale sacco pieno di soldi?!»

Il volto di Anastasia non tradì alcuna emozione. «Mi perdoni se ho contravvenuto alle sue disposizioni, tuttavia sua madre mi ha fatto esplicita richiesta di ricordarle che non può andare a letto troppo tardi se il giorno dopo ha lezione perché il suo rendimento ne risentirebbe.» Rimase un attimo in silenzio. «Vuole che metta via quel… sacco?»

«No!» rispose subito Mstislav, come se ne andasse della sua vita. «Eeh… no, grazie… Sarai stanca, hai lavorato tutto il giorno, perché non vai a riposare?» le suggerì prendendola per le spalle e facendola voltare «Adesso sistemo un paio di cose e poi vado subito a letto, promesso!»

«Lei non è un bravo bugiardo, vero?»

«In realtà io sono un ottimo bugiardo!» ribatté l’elfo in tono convinto «È colpa tua che mi prendi alla sprovvista! E comunque non ho nulla da nascondere.» Raggiunse il bottino della sua rapina e vi sedette sopra con fare soddisfatto. «Vedi? È una poltrona sacco. Mai sentito parlare di design moderno?»

La cameriera annuì lentamente. «Capisco… Vuole che ripongo quella poltrona sacco in uno sgabuzzino nascosto e magari anche poco accessibile?»

Mstislav fece finta di pensarci su con scrupolosa attenzione. «Te l’ho già detto che ammiro molto il tuo spirito d’iniziativa?»

«Credo che questa sia la prima volta.» rispose la cameriera «La ringrazio per il complimento.» aggiunse con un leggero inchino.

Tra i due si sollevò un velo di silenzio.

Mstislav si alzò e si mise di fronte ad Anastasia. Ogni traccia di umorismo era scomparsa dal suo volto. «Stai aspettando il momento buono per andare a chiamare la polizia o l’hai già fatto e stai cercando di tenermi occupato fino al loro arrivo?»

Anastasia non parve minimamente turbata dalla provocazione. «Ha per caso ucciso o causato lesioni di rilevante entità a qualcuno?»

«Ovviamente no. Non sono il tipo di persona che trae godimento dal dolore altrui.»

«In tal caso allora non intendo informare nessuno della sua… “impresa”. Non mi interessa se qualcuno rapina una banca, sono cose che succedono ogni giorno, e poi se la denunciassi avrei solo da perderci. Con ogni probabilità i suoi avvocati riuscirebbero a scagionarla da qualsiasi imputazione e a quel punto verrei licenziata, viceversa se l’accusa riuscisse a dimostrare le sue colpe lei verrebbe arrestato e io mi ritroverei senza lavoro. È nei miei interessi lasciare le cose come stanno, non le pare?»

Mstislav sorrise e sentì come se gli avessero tolto un grosso peso dallo stomaco. Quasi non riusciva a credere a ciò che aveva sentito, però non avrebbe potuto immaginare una spiegazione più soddisfacente. «È in momenti come questo che mi viene voglia di darti un aumento.»

«Un’idea interessante, adesso però nasconda la poltrona-sacco e vada letto.»

Il sorriso scomparve dal volto dell’elfo. «Ok, il momento non c’è più.»

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Capitolo 4
*** 3. Una buona idea ***


3. Una buona idea

Anastasia aprì le tende della camera e la luce del sole filtrò tiepida e soffusa attraverso l’ampia finestra. «Buongiorno signore.»

L’elfo emise un mugugno e affondò la testa nel cuscino. «Ma tu non dormi mai…?»

«Dormo il necessario.»

«Mmh… Prendi nota: devo far mettere la mia stanza nel garage…»

«Poi si lamenterebbe perché deve fare le scale di prima mattina.» obiettò la cameriera in tono rispettoso.

«Userei l’ascensore.» precisò il ragazzo sollevando un indice.

«Capisco.»

Mstislav si tirò su con fare assonnato. «Hanno parlato di me sui giornali?»

«A pagina 13 dell’inserto locale c’è un breve articolo che credo la riguardi.» confermò Anastasia porgendogli il tablet «“Un uomo mascherato rapina una banca e fugge con un gioco di prestigio”. Purtroppo non ci sono foto della sua “impresa”.»

L’elfo smise di colpo di stropicciarsi gli occhi e osservò adirato l’articolo. «Come sarebbe a dire “gioco di prestigio”?! La mia era una vera magia! Ma peggio ancora: perché solo a pagina 13?! Io dovrei essere in prima pagina! Vorrà dire che dovrò fare qualcosa di molto più malvagio… Qualche idea?»

«Potrebbe ostacolare le vecchiette mentre attraversano la strada.» gli suggerì la cameriera con espressione imperturbabile.

Mstislav sorrise malignamente all’idea. «Una proposta interessante, la terrò in considerazione.»

«Gradisce una tazza di marafé in più del solito?» domandò Anastasia.

«Sì, grazie, oggi ci vuole proprio.» annuì il giovane mentre usciva dal letto.

Le sostanze stimolanti contenute nella bevanda lo aiutarono a svegliarsi, facilitandogli non poco l’ardua impresa di convincersi a non bigiare l’università.

«Ci vediamo a pranzo.» si congedò prima di avviarsi verso il garage.

«Aspetti un secondo, per favore.» lo richiamò Anastasia.

Il ragazzo si fermò e la cameriera lo raggiunse. Gli slacciò il primo bottone della camicia e lo infilò nel buco giusto, quindi allacciò il secondo bottone che inizialmente era rimasto spaiato. Gli mise a posto il colletto e poi diede un rapido aggiustamento alla giacca.

Mstislav rimase immobile mentre la ragazza gli sistemava i vestiti e essendo così vicini sentì per la prima volta il suo profumo. Aveva una fragranza discreta ma molto gradevole e il suo volto delicato era molto grazioso. Ora che ci faceva caso i suoi tratti non erano quelli tipici della parte di continente in cui abitavano: che fosse straniera? Forse veniva dall’ovest…

«Ecco fatto. Le auguro una buona giornata.»

L’elfo si riscosse. «Sì, grazie. Buona giornata anche a te.» Corse giù per le scale e senza guardare prese delle chiavi. Erano quelle del SUV.

Salì sul veicolo e uscì dalla sua proprietà, percorse il primo tratto di strada senza trovare code, poi però incappò in alcuni rallentamenti e fu costretto a fermarsi più di una volta, con il risultato che quando raggiunse l’università, era in ritardo. Parcheggiò il SUV nel primo posto libero che trovò e poi si incamminò senza particolare fretta.

Una volta raggiunta l’aula si sedette in uno dei posti in fondo e pochi minuti dopo arrivò il professore, un elfo abbastanza avanti con gli anni dai capelli lisci e curati. Provò a seguire la lezione, ma l’impresa si rivelò alquanto ardua e dopo meno di dieci minuti fu costretto a capitolare.

Tutt’a un tratto si tirò una pacca sulla fronte. Come aveva fatto a non pensarci prima? C’era una cosa che mancava nella sua villa, quindi era suo dovere, in quanto padrone di casa, porre rimedio a questa assenza il prima possibile!

Prese il cellulare e cominciò a navigare tra i vari siti dedicati all’argomento di suo interesse per valutare i prodotti che venivano commercializzati e capire quale fosse la soluzione più adatta alle sue esigenze. La scelta non era facile, soprattutto considerando le dimensioni limitate dello schermo che aveva a disposizione, tuttavia non si perse d’animo: aveva rapinato una banca il giorno prima, fare due acquisti in rete non poteva essere un problema!


***


Una volta a casa, Anastasia lo accolse con la solita puntualità e lo informò che il pranzo sarebbe stato pronto a momenti.

«Ottimo, ti ringrazio.» rispose Mstislav con allegria.

«È di buon umore oggi.» notò l’elfa mentre risalivano dal garage.

«Mi sono accorto che in questa villa mancava una cosa e quindi ho fatto un paio di acquisti in rete durante le lezioni.»

«Col dovuto rispetto, non sarebbe più opportuno seguire le spiegazioni fintanto che è all’università?» gli fece notare Anastasia con la sua diligente compostezza.

«Io c’ho provato, però quando ho un’idea in testa, non riesco a pensare a nient’altro.» si difese l’elfo.

«Capisco… Non la trattengo oltre. La chiamerò appena sarà pronto il pranzo.»

Mstislav annuì e raggiunse la scala che portava al piano di sopra per cambiarsi e mettere giù lo zaino.

Dopo mangiato Anastasia sparecchiò la tavola e fece partire la lavastoviglie, quindi andò a controllare se il bucato che aveva steso si era già asciugato. Mstislav aveva detto che sarebbe andato a studiare, il che voleva dire che aveva intenzione di passare il pomeriggio davanti ai videogiochi.

La lavatrice-asciugatrice indicava che anche l’asciugatura era finita, così tirò fuori il ferro da stiro e si mise a stirare il bucato.

Mentre lavorava, lanciò uno sguardo fuori dalla finestra e notò Mstislav intento ad armeggiare con un secchio e alcuni oggetti vicino alla piscina posta nel giardino sul retro della villa. Non riuscì a capire cosa stesse facendo – la vasca era vuota quindi era improbabile che volesse fare una nuotata – in ogni caso ritenne non opportuno impicciarsi nei suoi affari e tornò a concentrarsi sugli abiti da stirare.

Pochi minuti dopo Mstislav si tirò su e tornò nella villa. Sembrava soddisfatto, di qualunque cosa si trattasse.

La cameriera aveva appena finito di stirare una maglietta quando udì un leggerissimo rumore. Senza farci caso piegò l’indumento e lo depose insieme agli altri, dopodiché andò a prendere un altro capo dalla lavatrice-asciugatrice. Un’altra maglietta di Mstislav. La depose sull’asse e la lisciò con cura utilizzando il ferro da stiro.

Un altro rumore appena percettibile.

La giovane non si fece distrarre e passò con cura la manica destra.

Una figura emerse all’improvviso da dietro lo stipite. «Uaaah!»

Chi era?! Un ladro?! Aveva una maschera spaventosa! Quel teschio sembrava uscito direttamente da un incubo! Poteva essere chiunque! Magari era armato!

La giovane non fece una piega, sollevò il ferro da stiro e nel silenzio sibilò un getto di vapore.

L’uomo mascherato si bloccò. «Oh, cavolo, cavolo, cavolo! Via! Via! Via! Speriamo che non me lo stiri dietro!»

Anastasia lo osservò correre via e interruppe il getto di vapore, quindi scosse mestamente il capo e riprese a stirare la manica sinistra.

L’individuo misterioso ricomparve poco dopo nel locale lavanderia. Sembrava piuttosto sconsolato. «Cos’ho sbagliato?»

«Ha fatto troppo rumore.» rispose la cameriera appoggiando il ferro e cominciando a piegare la maglietta.

Mstislav si portò una mano al mento. «Mmh, la prossima volta sarò più silenzioso… E la maschera? Non ti ha fatto paura?»

«Un po’ sì, ma solo la prima volta che l’ho vista.»

L’elfo se la tolse, rivelando così la sua espressione stupita. «Quand’è che l’hai vista? Non l’ho mai messa in casa e sui giornali non c’era nessuna foto…»

«È mio dovere tenere in ordine la sua stanza, il che comprende anche mettere a posto le maschere che lascia in giro.» gli fece notare la cameriera in tono rispettoso.

«Acuta osservazione.» riconobbe l’elfo «Cercherò di essere più ordinato.»

«Mi fa piacere sentirglielo dire.» annuì Anastasia mentre cominciava a stirare un paio di pantaloni neri. Erano gli stessi che Mstislav aveva utilizzato per la sua rapina in banca.

Il ragazzo si appoggiò allo stipite facendo roteare la maschera intorno alla mano. L’elfa sembrava completamente assorbita dal suo lavoro e l’espressione sul suo volto era concentrata, ma allo stesso tempo spensierata. «Non ti disturbo oltre. Penso che andrò in palestra per un’oretta.»

«Se vuole, le stiro la maglietta che porta di solito.» si offrì Anastasia.

«Oh, sì, grazie. Intanto vado a cambiarmi e a prendere le altre cose.» Si voltò e uscì dal locale lavanderia. Raggiunse la sua stanza e mise via la maschera, quindi si cambiò e prese la borsa che utilizzava abitualmente per andare in palestra. Tutto l’occorrente era già stato preparato dalla sua cameriera durante la mattina, restava da aggiungere solo la maglietta.

Scese le scale e ad attenderlo trovò la ragazza con in mano l’indumento mancante, stirato e piegato. La giovane lo infilò nella borsa e poi richiuse la cerniera lampo. «Ecco fatto. Vuole che le prepari qualcosa per quando sarà di ritorno?»

«No, questa volta no. La bottiglia dovrebbe bastare.»

La ragazza annuì. «Allora la saluto.»

Mstislav le rivolse un cenno della mano e si avviò verso il garage. «A dopo.»

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Capitolo 5
*** 4. La cosa che mancava ***


4. La cosa che mancava

Anastasia finì di pulire l’ultima finestra del blocco centrale e osservò con soddisfazione il risultato del suo lavoro. I vetri erano tutti perfettamente trasparenti e sugli infissi non si vedeva nemmeno una traccia di sporco.

Fece per andare a mettere via il panno e i prodotti utilizzati per la pulizia, ma si fermò. Mstislav aveva lasciato di nuovo la sua maschera in giro.

La prese e la osservò. Era stata realizzata per incutere paura e probabilmente il suo padrone l’aveva scelta proprio per questo, però le bastava sapere che era lui a indossarla e subito le appariva molto meno minacciosa. Era per questo che quando, quattro giorni prima, l’elfo aveva provato a spaventarla, lei non aveva fatto una piega.

Appoggiò un attimo a terra i vari detergenti e poi la portò nella stanza del suo padrone. La ripose con cura nel solito zaino, quindi tornò indietro per andare a riporre i detersivi e mise lo straccio tra le cose da lavare.

Stava tornando nella sua stanza per riposarsi un po’ quando i videocitofoni si misero a suonare. Raggiunse il più vicino e si trovò davanti un fattorino con in testa un berretto azzurro e rosso. «Buongiorno, desidera?»

«Buongiorno, lavoro per la Malea.» si presentò l’elfo «Io e il mio collega siamo qui per consegnare i prodotti richiesti dal signor Mstislav Naresky.»

«Ho capito, le apro immediatamente.» Anastasia premette il pulsante per il cancello automatizzato e mentre si dirigeva verso l’ingresso prese il suo cellulare.

Per fortuna Mstislav rispose quasi subito. «Ehi, ciao Anastasia. Che c’è?»

«Mi perdoni se la disturbo, ma è arrivato un fattorino della Malea per consegnare qualcosa a suo nome.»

«Ah, bene. È la cosa che mancava nella villa. Fallo mettere nell’ala destra per favore, quella in ferro e vetro, a ridosso del muro in comune con il blocco centrale.»

«Molto bene, scusi ancora per il disturbo.»

«Scusa tu che mi sono dimenticato di dirtelo prima. Ah, dai ai fattorini una mancia e non farmi passare per uno spilorcio.»

«Sarà mia premura farle fare bella figura.» gli garantì la cameriera.

«Non so come ringraziarti. Ciao Anastasia.»

«Buona giornata, signore.»

La cameriera mise via il cellulare e aprì il portone della villa. Il corriere della Malea aveva fermato il furgone davanti all’ingresso e il suo collega stava già andando ad aprire il vano di carico. La giovane si aspettava di vedere scaricare un pacco non più grande di una valigia, invece i due fattorini tirarono fuori un largo scatolone di almeno un metro per un metro e profondo all’incirca mezzo metro. Senza palesare il proprio stupore, la cameriera aprì anche il secondo battente del portone per favorire l’ingresso dei due lavoranti.

«Dove lo dobbiamo mettere?» domandò il fattorino che aveva riposto al videocitofono. Come il suo collega non era esageratamente robusto, ma in due riuscivano tranquillamente a trasportare il carico.

«Prego, da questa parte.» fece strada Anastasia dirigendosi verso l’ala destra dell’immaginario rapace.

I due corrieri la seguirono facendo attenzione a non far sbattere il pacco contro i muri o gli stipiti, e come da richiesta di Mstislav, lo depositarono vicino all’unica parete di tutta l’ala in ferro e vetro, quella a ridosso del blocco centrale. Tornarono al furgone e poi ripercorsero il medesimo tragitto portandosi dietro i loro attrezzi. Stesero una specie di coperta sul pavimento e poi aprirono lo scatolone. Contenevano quelli che avevano tutta l’aria di essere i pezzi di un lungo mobile di metallo.

Anastasia convenne che era il caso di farli lavorare in pace e si allontanò. «Per qualunque cosa, chiamatemi pure con uno dei videocitofoni, basta premere il pulsante con la cornetta.»

I due fattorini annuirono e si rimisero al lavoro.

Dopo circa tre quarti d’ora Anastasia tornò a vedere come precedeva il lavoro e lo trovò quasi ultimato. I due fattorini stavano sistemando con cura le ultime ante e con ogni probabilità avrebbero finito nel giro di qualche minuto. Il risultato era un mobile lungo due metri e mezzo, alto all’incirca un metro e profondo altrettanto. Una singolare particolarità era che i ripiani interni erano profondi appena una ventina di centimetri, e questo creava un ampio doppiofondo vuoto rinforzato da una serie di colonnine metalliche, come se il ripiano superiore servisse per sorreggere qualcosa di molto pesante.

Si stava chiedendo cosa fosse quel qualcosa quando i due lavoranti si allontanarono per raggiungere il loro furgone. Poco dopo tornarono sui loro passi e questa volta stavano trasportando un lungo scatolone che aveva grossomodo le stesse dimensioni del mobile.

I dubbi della ragazza a proposito del contenuto vennero presto risolti perché i due fattorini aprirono l’imballaggio e con grande cura tirarono fuori ciò che era stato riposto al suo interno. Si trattava di un grande acquario che rispecchiava con precisione le dimensioni del mobile metallico appena montato. Tre facce erano fatte di un vetro perfettamente trasparente, la quarta invece, quella a ridosso della parete, aveva una decalcomania che simulava un fondale. I due elfi posizionarono con attenzione la lunga vasca e la assicurarono alla parte superiore della base tramite alcune viti, quindi coprirono le teste di queste ultime con delle lunghe barre metalliche che uniformarono perfettamente la composizione.

«E con questo abbiamo finito.» annunciò uno dei fattorini facendo qualche passo indietro per osservare il risultato.

«Va bene la posizione?» chiese il suo collega.

«Sì, lì va benissimo, grazie.» annuì Anastasia.

«Bene, allora mettiamo via tutto e togliamo il disturbo.»

I due lavoranti raccolsero i loro attrezzi, riunirono i resti dell’imballaggio in una palla disomogenea e poi ripiegarono la coperta per rimettere tutto sul loro furgone.

«Il signor Naresky mi ha chiesto di darvi questi.» disse la cameriera porgendo alcune banconote.

I fattorini rimasero colpiti dalla quantità di denaro che il proprietario della villa era disposto a dare loro come mancia.

«Oh, è troppo…»

«Non si deve disturbare…»

«Non vi preoccupate, sono gli ordini del signore.» ribatté Anastasia.

I due si scambiarono uno sguardo e poi accettarono il denaro.

«Lo ringrazi tanto da parte nostra.»

«Arrivederci.»

La cameriera li accompagnò al portone e aprì il cancello automatico per permettere loro di lasciare la villa, quindi rientrò in casa. Andò a dare un’occhiata al lungo acquario appena sistemato e trovò che lo stile della base richiamava abbastanza l’architettura di quell’ala dell’edificio, però il fatto che fosse pieno stonava un po’. Forse Mstislav aveva pensato che in questo modo poteva riallacciarsi anche alla tecnica utilizzata per edificare il blocco centrale. In ogni caso era una composizione piuttosto gradevole, e poi i due fattorini avevano portato un po’ di sporco all’interno e nonostante l’utile accorgimento di stendere una coperta sul pavimento, era comunque il caso di passare l’aspirapolvere.

Meglio mettersi subito al lavoro.


***


Non appena fu di ritorno, Mstislav volle andare a vedere l’acquario che aveva ordinato.

«Ooh, proprio come me l’ero immaginato!» affermò in tono soddisfatto. Si voltò verso Anastasia. «Immagino ti starai chiedendo come mai l’ho comprato.»

«In realtà non mi sembra opportuno di impicciarmi nelle sue scelte per quanto riguarda l’arredamento…»

«Per due motivi.» la interruppe il ragazzo cogliendo l’occasione per esibire il suo simbolo del medio e dell’anulare «Primo: perché mi piacciono gli acquari e nella villa non ce n’era nessuno; secondo: perché la base ha un pratico doppio fondo nascosto grande praticamente come la vasca.»

La cameriera si fece pensierosa. «E vuole metterci quello che penso?»

L’elfo sorrise. «Dipende. Se stai pensando al contenuto di una poltrona sacco, allora direi di sì.»

«Ma non è rischioso? Forse sarebbe più indicato un luogo meno in vista…»

«Non ti preoccupare, è talmente in evidenza che nessuno penserebbe mai che sono lì.»

L’elfa assentì e nel silenzio che ne seguì, si udì il brontolio dello stomaco di Mstislav.

«Quando vuole il pranzo è pronto.» lo informò la cameriera cercando di celare un leggero sorriso.

Il ragazzo dissimulò il proprio imbarazzo. «Mi lavo le mani e arrivo.»


***


Una volta finito di mangiare, Mstislav andò a prendere le cose necessarie per allestire l’acquario che aveva comprato nei giorni precedenti e le portò tutte nell’ala di ferro e vetro nell’attesa che Anastasia finisse di sparecchiare.

Una volta che l’elfa l’ebbe raggiunto, cominciò finalmente a mettersi al lavoro.

«Hai mai avuto un acquario?» le domandò mentre stendeva uno strato di sabbia sul fondale.

Anastasia scosse il capo. «No, mai. Però li ho sempre trovati molto piacevoli.»

«A me piacciono tantissimo.» le rivelò il ragazzo tutto contento «Mi rilassano e poi sono anche decorativi. L’unico problema è che ci vuole una vita per farli partire…»

«Perché? Quanto ci vuole?»

«Beh, fai conto che alcuni dicono che ci vuole un mese da quando l’hai preparato a quando puoi mettere i pesci, altri consigliano di aspettare almeno un paio di mesi, poi ci sono quelli che dicono addirittura sei mesi, ma secondo me esagerano.»

Una volta che ebbe disposto ogni cosa all’interno dell’acquario, uscì dalla porta di vetro che conduceva sul giardino posteriore e tornò poco dopo con un lungo tubo.

«Lo potresti tenere nell’acquario.»

La ragazza annuì e fece come richiesto.

Il giovane tornò indietro e poco dopo un rivolo d’acqua cominciò a fluire attraverso il tubo e si riversò con delicatezza all’interno della vasca.

«Come va?» chiese Mstislav da fuori.

«Esce piano.»

Passarono pochi istanti e la pressione dell’acqua aumentò leggermente.

«Adesso?»

«Va bene. Può bastare.»

«Ok!»

L’elfo tornò indietro e diede il cambio ad Anastasia nel reggere il tubo. «Temevo che l’acqua della piscina non andasse bene per un acquario marino, invece ho controllato e non dovrebbe dare troppi problemi. Certo, dovrò aggiungere un po’ di sostanze per sistemare il pH, la salinità e cose varie, però quelle non sono un problema.»

Anastasia annuì. Dunque Mstislav stava controllando le caratteristiche dell’acqua quando l’aveva visto della finestra con il secchio e quegli strani oggetti. «Posso esserle d’aiuto in qualche modo?»

«Per adesso me la posso cavare da solo, grazie, però dopo se mi vai a chiudere il rubinetto mi faresti un favore.»

La ragazza annuì e si sedette su una delle poltrone per osservare la vasca che si riempiva. Nell’attesa i due chiacchierarono del più e del meno e, quando il livello dell’acqua cominciò ad avvicinarsi alla tacca che indicava la quantità consigliata, la giovane raggiunse il rubinetto a cui Mstislav aveva collegato il tubo.

«Chiudi un po’!»

La ragazza mosse il rubinetto in modo da ridurre il flusso dell’acqua.

Dopo alcuni secondi di nuovo l’elfo le chiese di ridurre la portata e lei eseguì.

«Ok, chiudi tutto!»

Anastasia girò a fondo il rubinetto e dall’altra parte Mstislav sollevò il tubo per evitare che l’acqua in eccesso uscisse. Facendo attenzione a non bagnare in giro, uscì nel giardino e poi svuotò il tubo all’interno della piscina.

Lasciò cadere la canna e poi tornò indietro insieme alla sua cameriera per osservare il risultato. Aggiunse i vari componenti chimici nelle quantità indicate e poi gli bastò attaccare la spina per far partire le pompe e lo schiumatoio. Mancavano ancora le rocce vive e ovviamente i pesci, ma quelli sarebbero venuti dopo.

«E anche questa è fatta!» commentò l’elfo in tono soddisfatto «Hai visto, Anastasia? Sono riuscito a fare tutto senza bagnare in giro!»

«Non avevo nessun dubbio a proposito.» rispose la ragazza.

Mstislav la osservò a metà fra l’ironico e il sospettoso. «Non riesco a capire se sei sincera, o se sei una bravissima bugiarda…»

L’elfa lasciò trapelare un lieve sorriso. «Mi scusi, ma adesso devo andare a controllare se la lavastoviglie ha finito.»

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Capitolo 6
*** 5. Le porte del crimine ***


5. Le porte del crimine

Mstislav era in università e stava facendo tutto il possibile per non seguire la lezione di statistica senza farsi notare. Nella sua mente continuava a ronzare un’idea e non riusciva a pensare ad altro: voleva fare qualcosa di eclatante e del tutto inaspettato per guadagnarsi la prima pagina sui giornali locali, ma non aveva idea di cosa fare. Una rapina in banca era qualcosa di troppo banale, doveva inventarsi qualcosa di nuovo che colpisse tutti, però non voleva nemmeno causare troppi danni…

D’un tratto venne colto dall’ispirazione. Ma certo, era geniale! Finalmente aveva trovato qualcosa che stuzzicava la parte più maliziosa della sua mente! Però non era qualcosa che poteva improvvisare su due piedi. Doveva fare pratica e, cosa più importante, doveva risolvere alcuni problemi logistici. In ogni caso era fiducioso: fino a quel momento i suoi poteri non lo avevano mai deluso e confidava di riuscire a risolvere qualsiasi problema.

Per tutta la durata delle lezioni non fece altro che studiare i vari dettagli del suo piano e in questo modo, quando arrivò a casa, aveva già un’idea chiara e definita di cosa doveva imparare a fare per rendere fattibile il suo progetto.

«Oggi è di buon umore.» notò Anastasia mentre mangiavano «Ha intenzione di comprare qualche altro oggetto di arredamento?»

«No, però ho trovato qualcosa che mi farà guadagnare la prima pagina dei giornali.» le spiegò il ragazzo con un sorrisetto.

«Spero che la sua idea non comporti eccessivi danni per la comunità.» commentò la cameriera in tono pacato.

«Non ti preoccupare, non intendo far saltare in aria un palazzo… sarebbe banale. Quello che ho in mente è qualcosa di assolutamente fuori dal comune e coinvolgerà direttamente moltissime persone senza però arrecare particolare danno a nessuno.» Prese una bella forchettata e masticò con gusto. «Fidati, tra qualche giorno tutti quanti parleranno di me.»

Anastasia preferì non imitare il comportamento dell’elfo e mandò giù il boccone prima parlare. «Non lo metto in dubbio.»

Una volta che ebbero finito di mangiare, il ragazzo si ritirò nel suo studio nel blocco centrale per prepararsi al suo nuovo colpo e la cameriera si preoccupò di sparecchiare. Una volta che ebbe rimesso tutto in ordine, anche lei lasciò la cucina e andò nella sua stanza. Prese il libro che era appoggiato sul suo comodino e si sedette sulla poltrona per cominciare la lettura. Era stato lo stesso Mstislav a consigliarle di staccare di tanto in tanto dal lavoro e di riposarsi un po’. “Se no poi mi fai sentire un perditempo che non fa nulla tutto il giorno!” aveva ironizzato.

In effetti l’elfo era abbastanza uno scansafatiche, ma se non altro era sempre di buon umore e non aveva abitudini stravaganti o manie particolari come a volte capitava ai ricchi… Certo, disponeva di poteri assolutamente fuori dal comune e si era messo in testa di usarli per soddisfare il suo bizzarro ego, ma per il resto era una persona normalissima e tutto sommato era piacevole abitare con lui. Si sentiva davvero fortunata di poter lavorare in casa sua.

Lesse con calma tre capitoli, quindi richiuse il libro. La lettura l’aveva ristorata ed era giunto il momento di rimettersi al lavoro.

Uscì dalla sua stanza e andò a prendere l’aspirapolvere, quindi riprese a pulire da dove si era interrotta quella mattina. Stava passando il corridoio al piano terra dell’ala sinistra quando Mstislav le andò incontro. «Hai visto per caso la mia pallina arancione?» le domandò appoggiandosi con una mano allo stipite di una porta «Quella con la faccia cattiva.»

«L’ho trovata questa mattina in un angolo dell’ingresso e ho pensato di metterla nella sua stanza. L’ho appoggiata su uno dei ripiani della libreria.»

L’elfo annuì. «Ok, grazie.» Il suo corpo parve smaterializzarsi con una serie di luccichii gialli e in un attimo scomparve.

Anastasia rimase un attimo immobile a fissare il vuoto, poi il rumore dell’aspirapolvere la riportò alla realtà. Evidentemente Mstislav aveva trovato un nuovo modo per sfruttare i suoi poteri.

Stava passando con cura vicino allo zoccolino quando sentì il rumore di qualcosa che rimbalzava sul pavimento. Si voltò e vide una pallina di gomma arancione che saltellava verso il muro per poi mettersi a rotolare pigramente. Sulla superficie sferica erano disegnati due triangoli neri e una linea a zigzag dello stesso colore in modo da dare l’idea di un volto malefico.

La ragazza spense l’aspirapolvere e poi raccolse la pallina. Era indubbiamente quella che Mstislav stava cercando.

Poco dopo sentì un rumore di passi e l’elfo la raggiunse tutto contento. «Ha funzionato!»

Anastasia gli lanciò la pallina e lui la prese al volo. «Mi congratulo con lei, anche se non ho ben capito cosa abbia funzionato.»

«Sono riuscito a creare dei portali con cui mi posso teletrasportare da un punto ad un altro, e a quanto pare posso usarlo anche per degli oggetti… Bene bene, un passo avanti per il mio prossimo colpo! Adesso devo capire per quanto restano attivi e quanti ne posso fare contemporaneamente…»

Il ragazzo si allontanò parlottando fra sé e la cameriera preferì non disturbarlo. Infondo anche Mstislav aveva le sue manie…


***


Quel fine settimana l’elfo si alzò stranamente presto e Anastasia si stupì di trovarlo in piedi solo un’ora dopo l’alba.

«Le preparo subito la colazione.» disse andando in cucina.

Mstislav la seguì e prese una merendina. In teoria sua madre aveva chiesto alla ragazza di fargli perdere quell’abitudine e di convincerlo che era meglio mangiare qualcosa di più salutare, tuttavia si erano messi d’accordo per mentire spudoratamente nel caso qualcuno si fosse fatto avanti con domande a tal proposito.

«Oggi devo fare un giro.» annunciò l’elfo in tono convinto «Credo che starò fuori tutta la mattina.»

«Capisco. Le preparo il pranzo per la solita ora?»

«Sì, grazie.» Prese un sorso dalla tazza di marafé per svegliarsi meglio e poi finì di mangiare la sua merendina.

«Desidera qualcosa di particolare da mangiare? Tanto devo comunque ordinare la spesa.»

Mstislav ci pensò su sorseggiando la sua bevanda calda. «Mmh… no, vedi tu.»

La ragazza annuì.

Una volta finita la colazione l’elfo andò a vestirsi e poi salutò Anastasia prima di dirigersi verso il parcheggio. Questa volta gli capitò la chiave della fuoriserie, ma preferì cambiare. Gli sarebbe piaciuto farci un giro, tuttavia per quello che aveva in mente era opportuno passare inosservato, e andare in giro con un veicolo particolare come quello non era l’ideale.

Stava decidendo se prendere la decappottabile o la moto quando gli venne in mente una cosa. Tornò di sopra e raggiunse la cucina. Anastasia stava impostando proprio in quel momento la lavastoviglie e solo dopo alcuni istanti si accorse di lui. «Ha bisogno di qualcosa?»

«Mi è venuto in mente che, da quando sei arrivata qui, non sei mai uscita dalla villa, o sbaglio?»

«Non sbaglia.» rispose la cameriera «Il fatto è che non sono una che esce molto, e poi dovevo sbrigare le faccende di casa.»

«Ti andrebbe di venire con me? Non fa bene stare troppo in casa.»

«Ne è sicuro? Temo che non sarei di grande compagnia…»

Il ragazzo scrollò le spalle. «Sempre meglio che andare da solo, no?»

«Capisco. Però come facciamo per il pranzo?»

«Ordineremo qualcosa.» rispose prontamente Mstislav.

«Se per lei va bene, allora non ho nulla da obiettare. Mi vado a cambiare e la raggiungo.»

«Ti aspetto in garage.»

L’elfo tornò di sotto e afferrò le chiavi della decappottabile. Si trattava di un veicolo grigio metallizzato e la bella giornata dopo tre giorni di pioggia sembrava invitarlo ad abbassare il tettuccio di tela.

Inserì la chiave e premette un pulsante, quindi un vano posto subito prima del piccolo bagagliaio si aprì e la capote andò a nascondersi in esso. Non sapeva quanto ci avrebbe messo Anastasia a prepararsi, quindi decise di aspettare a mettere in moto.

Stando alla diffusa opinione generale, le donne erano famose per impiegare cospicue dosi del loro tempo per la semplice azione di indossare un indumento, invece la ragazza comparve dopo appena qualche minuto. Indossava lo stesso vestito di quando era arrivata alla villa e Mstislav si stupì di pensare che si conoscevano da neanche un mese.

«Scusi se l’ho fatta aspettare, ma ho dovuto assicurarmi di chiudere le porte e le finestre.» spiegò la giovane mentre prendeva posto di fianco a lui.

«Non c’è problema, ne ho approfittato per piegare il tettuccio.» rispose Mstislav mentre metteva in moto.

I due si allacciarono le cinture di sicurezza e il ragazzo guidò il veicolo fuori dal garage, dopodiché si immise nel traffico con il cancello che si richiudeva alle loro spalle.

«Dove pensava di andare?» domandò Anastasia. Il vento le muoveva un po’ i ciuffi biondi e la sensazione della brezza frizzante che spirava sulla sua pelle era strana ma piacevole.

«Volevo fare un giro per il centro della città e passare per tutti i posti più importanti. Pensavo al teatro, poi anche la cattedrale, la Colonna Trajita, il palazzo del sindaco e le vie dei negozi più famosi…»

«Non credevo fosse un appassionato di questo genere di itinerari.» ammise la cameriera lasciando trapelare il suo stupore.

«Infatti non lo sono, mi servirà per il mio colpo da prima pagina.»

«Capisco.»

Mstislav si lasciò scappare un sorriso e mise la freccia per svoltare a destra. Il “capisco” era senza dubbio il termine che più rappresentava Anastasia: lei riusciva sempre a cogliere quello che gli passava per la testa e aveva un talento naturale per il suo mestiere. Non poteva desiderare una cameriera migliore.

Dopo una ventina di minuti, raggiunsero il loro primo obiettivo. Si trattava della Colonna Trajita, che come diceva il nome era una colonna eretta molti secoli prima dall’imperatore Trajito per celebrare un’importantissima vittoria sulle popolazioni dell’occidente. L’intera superficie era stata scolpita, e girandovi intorno era possibile seguire gli eventi che avevano preceduto la battaglia, gli scontri tra gli eroi più valorosi e alla fine era stata rappresentata anche la parata trionfale dell’imperatore Trajito, immortalato in una statua di rame che svettava proprio sulla sommità dell’alto monumento.

Mstislav parcheggiò e i due scesero per poterla guardare più da vicino.

Anastasia sembrava davvero affascinata da quell’antica opera d’arte che, nonostante i secoli, conservava ancora tutta la sua solenne grandiosità. Le sembrava incredibile che gli elfi di oltre un millennio prima fossero stati in grado di realizzare una scultura così meravigliosa, e invece la prova della loro perizia e delle loro capacità era proprio sotto i suoi occhi. Era qualcosa di meraviglioso.

«Non credevo ti piacesse l’arte antica.» commentò Mstislav comparendo al suo fianco.

«Ammiro molto le opere che i nostri antenati sono riusciti a realizzare, però, se devo essere sincera, non sono molto esperta…»

«Capisco.»

Lei gli rivolse uno sguardo obliquo che però non spense il suo sorriso. «A proposito, dov’era andato?»

«Dovevo fare una cosa.»

«Capisco.»

Questa volta fu l’elfo a sorridere.

«Immagino avrà molti altri posti da visitare.» fece la ragazza.

«Immagini bene.» confermò l’elfo «Vogliamo raggiungere il prossimo?»

Anastasia sorrise e annuì. «Certamente.»

Risalirono sulla decappottabile per raggiungere un altro punto del centro città, ma ad un tratto Mstislav decise di accostare e parcheggiò.

«Scusa un attimo, faccio una cosa velocissima e torno.» disse scendendo dal veicolo.

Anastasia annuì e lo vide allontanarsi verso un negozio a meno di dieci metri di distanza. Il ragazzo si fermò e si mise ad osservare ciò che era esposto in vetrina. Dalla sua posizione la cameriera non riuscì a vedere di cosa si trattasse e preferì non impicciarsi.

Come annunciato, Mstislav tornò indietro dopo neanche mezzo minuto e risalì in macchina. «Scusa per l’attesa, ora possiamo andare.»

L’elfa annuì e, quando passarono davanti al negozio, lanciò una rapida occhiata alla vetrina. Esponeva diversi cuccioli di mammiferi, pennuti e anche qualche rettile, quindi magari Mstislav voleva sapere se vendeva anche qualche pesce per il suo acquario.

La ragazza si voltò e il suo sguardo venne catturato dall’alta cattedrale che dominava la piazza verso cui si stavano dirigendo. Anche se cercava di non darlo troppo a vedere, era davvero felice che Mstislav le avesse chiesto di fare quel giro con lui e voleva godersi appieno quella mattinata libera.

Non voleva perdersi nemmeno un momento.

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Capitolo 7
*** 6. Traffico bestiale ***


6. Traffico bestiale

Quella sera Mstislav prese il suo zaino e si diresse in garage subito dopo cena. Salutò Anastasia dicendole di non aspettarlo sveglia e afferrò le chiavi della moto, si infilò il casco e poi lasciò la villa diretto verso la periferia. Sapeva che la sua meta non era molto vicina, quindi doveva sbrigarsi se voleva che tutto andasse secondo i suoi piani.

Grazie al navigatore non ebbe difficoltà a trovare la strada, e dopo poco meno di tre quarti d’ora di viaggio raggiunse il grande parcheggio di un supermercato dove parcheggiò la sua moto. Ripose il casco nell’apposito vano e poi si allontanò con lo zaino in spalla. Gli restava ancora un tratto di strada da fare a piedi, ma nel giro di dieci minuti raggiunse il suo obiettivo. Aveva approfittato di un passaggio poco illuminato per indossare la maschera e per tirare su il cappuccio, quindi non si curò di venire ripreso dalle telecamere di sicurezza. Con un balzo superò la cancellata che gli sbarrava il passaggio, ma ben presto un uomo della sorveglianza gli corse incontro intimandogli di fermarsi. Si trattava di un elfo cicciotto con una pistola nella fondina, ma Mstislav non si fece intimorire: con un’onda d’urto lo scaraventò a terra e tanto bastò per metterlo in fuga.

Bene, poteva tornare al suo colpo da prima pagina.

Continuò ad avanzare con passo deciso fino alla biglietteria, scavalcò agilmente i tornelli e poi si diresse verso una robusta staccionata di legno alta all’incirca un metro e trenta. Vi si appoggiò e osservò il branco di animali all’interno del recinto. Si trattava di creature simili a lama e i loro nasi si allungavano in delle buffe proboscidi lunghe una decina di centimetri. Erano l’ideale per cominciare il suo piano.

Saltò all’interno del recinto e si avvicinò agli animali. Sembravano alquanto assonnati e un paio di loro dovevano essere già addormentati, infatti non si girarono a guardarlo, come invece stavano facendo tutti gli altri.

Si avvicinò ancora di qualche passo e tre animali si alzarono in piedi. Uno in particolare gli si avvicinò con passo sicuro, fermandosi solo quando gli fu di fronte. L’elfo allungò una mano verso l’animale e gli toccò il collo peloso. Per alcuni istanti non accadde nulla, poi il corpo del quadrupede cominciò a diventare diafano fino a quando non si dissolse del tutto in un brillio di stelline gialle.

Il ragazzo sorrise compiaciuto. Stava andando tutto secondo i suoi piani, adesso però doveva usare qualche altro animale per aumentare l’effetto scenico.

Il recinto successivo custodiva delle creature che somigliavano a snelli bovini con tre corni sul capo e, al contrario dei lama con la proboscide, erano tutti attenti e guardinghi nei suoi confronti. Mstislav non si fece impressionare dalle punte aguzze sulle teste di quelle creature e saltò all’interno del recinto. Anche questa volta un esemplare gli si avvicinò e lui sfruttò uno dei portali che aveva distribuito nei punti più importanti della città durante il suo giro con Anastasia per teletrasportarlo.

Sfruttando la medesima tecnica sparpagliò animali per un buon quarto d’ora facendo attenzione a tenere il conto di quelli che aveva spedito e anche alle rispettive posizioni: non voleva correre il rischio di inviarne due nello stesso luogo, avrebbe disturbato il suo senso estetico, e soprattutto aveva in mente qualcosa di particolare per il gran finale.

Con la scioltezza di un veterano teletrasportò un paffuto animale che sembrava a metà fra un panda e un bradipo, e questi si dissolse in una nuvola di brillantini giallo fosforescente. Ormai gli restava un solo portale e sapeva esattamente per quale creatura doveva utilizzarlo.

Seguendo i cartelli attraversò quasi mezzo parco e finalmente raggiunse il grande recinto che gli interessava. Sembrava vuoto, ma gli bastò saltare all’interno che un leggero fruscio rivelò una presenza. Si udirono dei passi pesanti e poi una mastodontica creatura sbucò da una caverna artificiale. Aveva le dimensioni di un possente elefante, però era più simile ad un gorilla e disponeva di ben sei arti: quattro li utilizzava per camminare, i due superiori invece erano più lunghi ma anche decisamente più esili e gli servivano quasi esclusivamente per portare il cibo alla bocca. Si trattava di un maschio dal pelo immacolato ed era l’attrazione principale del parco.

Mstislav lo osservò con un misto di ammirazione e gioia, quindi spiccò un balzo e atterrò con sorprendente eleganza su una delle spalle del grosso animale. Il primate non parve nemmeno accorgersene e lo lasciò fare.

L’elfo si concesse un’esultanza interiore. «E adesso la mia spettacolare entrata in scena!»

I due corpi vennero avvolti dai luccichii gialli e, prima ancora di rendersene contro, il recinto del primate era scomparso, sostituito da una grande piazza su cui si affacciavano tutti gli edifici più importanti della città. Da una parte c’era il municipio con la sua facciata antica ma perfettamente conservata, di fronte ad esso era situato il Comando Centrale della polizia locale con alcune volanti parcheggiate, e sui lati si aprivano quattro larghi stradoni che si allungavano seguendo le linee immaginarie dei punti cardinali. Per strada c’erano diverse persone che passeggiavano tranquillamente nell’aria fresca della notte, ma appena videro comparire il possente animale, tutti quanti si allontanarono sbalorditi e anche i poliziotti in pausa abbandonarono le loro tazze fumanti per capire cosa stesse succedendo.

«Buonasera, signore e signori!» esclamò Mstislav, e la sua voce falsata risuonò potente in tutta la piazza.

Le sue parole, unite al vociare dei presenti, richiamarono ben presto l’attenzione della gente che passeggiava negli stradoni, e nel giro di pochi minuti, intorno a lui si radunò una discreta folla. Il ragazzo sentì i fremiti dell’emozione che gli attraversavano il corpo e il cuore che gli martellava in petto con forza inaudita. Era come se la sua cassa toracica faticasse a contenerlo da tanto grande era l’emozione che provava. Era tutto troppo bello! Si sentiva al centro del mondo!

«Ricordate questa maschera, perché d’ora in avanti sentirete parlare spesso di me! E ricordate questo gesto!» Allargò le braccia sollevando i medi e gli anulari. «Questo sarà il mio simbolo!»

La gente tirò fuori i telefoni e tutti quanti cominciarono a fotografarlo o a filmarlo. Fantastico, presto tutti quanti avrebbero saputo di lui!

«Ehi, tu! Scendi subito da… da quell’animale!» gli ordinò un poliziotto.

Mstislav si voltò, scrutandolo dall’alto. Dalla sua posizione si sentiva intoccabile, ma era meglio non forzare la mano per il momento. Avrebbe avuto tutto il tempo per dare prova delle sue straordinarie capacità.

«Mi spiace, ma temo di dovervi salutare!» annunciò in tono rammaricato «A presto!»

Diede una leggera pacca sul muso da gorilla del primate e poi il suo corpo si fece impalpabile, svanendo subito dopo con una serie di luccichii gialli.

La folla stava ancora vociferando di sorpresa quando l’elfo riapparve nel punto in cui, all’andata, si era fermato per indossare la maschera. Come previsto non c’era nessuno, così poté liberarsi del travestimento e lo nascose all’interno del suo zaino. Sentiva il freddo pungente della notte sul suo volto sudato, ma era così felice che niente avrebbe potuto incrinare il suo umore.

Tornò a passo svelto al parcheggio del supermercato e salì sulla moto. Indossò il casco e pagò il ticket per la sosta, quindi si allontanò senza fretta come se fosse una persona qualunque che stava rincasando dopo una giornata qualunque.

Una volta raggiunta la villa, si infilò subito nel garage e parcheggiò il veicolo. Scese e si tolse il casco, quindi rimase immobile alcuni istanti. Ancora non riusciva a crederci. Era stato tutto fantastico! Aveva ancora la pelle d’oca per quando aveva fatto il suo gesto del medio e dell’anulare davanti alla folla in piazza, e l’emozione che aveva sentito nel vedere le telecamere dei cellulari rivolte verso di lui era qualcosa di meraviglioso. Non si era mai sentito così bene, così appagato, così vivo!

«Ha avuto una serata proficua?»

Per poco il giovane non sobbalzò. Era stato così preso dalle sue fantasie che non si era nemmeno accorto che Anastasia era lì al suo fianco. Doveva fare qualcosa per risolvere tale problema, ma non era quello il momento.

«È stato fantastico!» esclamò al settimo cielo «Davvero fantastico! Non riesco a trovare un’altra parola per descriverlo!»

«Sono contenta per lei.»

La ragazza soffocò uno sbadiglio, ma Mstislav lo notò ugualmente. «Non avresti dovuto aspettarmi sveglia.»

«Invece sì. Non potevo andare a dormire mentre lei era in giro. E se avesse avuto bisogno di qualcosa?»

«Non devi farti tutti questi problemi.» ribatté l’elfo «Coraggio, andiamo a letto. Non vedo l’ora di leggere i giornali di domani!»

Anastasia sorrise, ma il ragazzo non si fece ingannare e intuì la stanchezza celata dalla sua espressione. Gli dispiaceva che fosse rimasta sveglia fino a quell’ora per aspettarlo e si ripromise di provvedere a ringraziarla in qualche modo.


***


Il mattino seguente la cameriera venne a svegliarlo che il sole era già alto e gli portò il tablet per permettergli di sfogliare subito le edizioni digitali dei giornali più importanti.

Mstislav la ringraziò e andò subito a guardare gli inserti locali.

«E andiamo! Prima pagina!» esclamò tutto contento «Anche questo! E pure questo! Mitico, ho fatto poker! Quattro prime pagine per un solo colpo! Te l’avevo detto che era una trovata geniale quella di sparpagliare animali per il cento della città!»

«Ho notato che, nonostante il trambusto, non ci sono stati incidenti e che gli animali si sono dimostrati stranamente tranquilli. È per caso merito suo?»

«Certo. Ti ricordi quando sono andato a vedere il negozio di animali? Volevo testare una tecnica ipnotica che costringeva gli animali ad eseguire i miei ordini, e come puoi vedere ha funzionato alla grande. Ah, quanto sono potente…»

«Immagino che adesso però la polizia intensificherà le indagini per scoprire la vera identità dell’uomo dietro a quella maschera.»

«La cosa non mi preoccupa, non risaliranno mai a me. E mal che vada, troverò un modo di procurarmi un alibi inattaccabile in modo da scagionare qualsiasi sospetto.»

«Mi fa piacere sentirglielo dire. Quando vuole, la colazione è pronta, le ho preparato una tazza di marafé in più del solito.»

Il ragazzo le sorrise con gratitudine. «Tempo di andare in bagno e arrivo.»

Anastasia annuì e uscì dalla stanza.

Mstislav saltò fuori dal letto e si stiracchiò. Andò alla finestra e si appoggiò al davanzale con lo sguardo rivolto al cielo limpido. Era davvero una magnifica giornata e si sentiva pieno di energie. Era tutto perfetto, l’unica cosa che lo disturbava era che non gli era venuto in mente di sfruttare gli animali per distrarre la polizia mentre lui derubava indisturbato una banca.

Con una scrollata di spalle si diresse verso il bagno. Pazienza, era solo il suo secondo colpo. Le sue prossime imprese sarebbero state molto più imprevedibili ed elaborate, poco ma sicuro!

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


Epilogo

Mstislav trasferì l’ultimo pesce dal sacchetto alla vasca e osservò con fare soddisfatto il risultato. Adesso l’acquario era arricchito da un piccolo branco di animali dai colori sgargianti che si muovevano curiosi attraverso le rocce, ispezionando il finto relitto adagiato sul fondale o nascondendosi fra le alghe. Si trattava di pesci pagnotta, creature tranquille e un po’ paffute che dovevano il nome proprio al loro carattere rilassato e alla forma un po’ tondeggiante del corpo. Mstislav li aveva sempre trovati simpatici e un po’ buffi, inoltre erano molto semplici da mantenere, quindi non era stato difficile sceglierli come primi inquilini della vasca.

«Ora sì che possiamo chiamarlo acquario!» esclamò il ragazzo tutto contento allontanandosi di qualche passo.

Anche Anastasia sembrava piacevolmente coinvolta dai nuovi arrivi e osservava con occhi curiosi gli spostamenti dei pesci. Fino a quel momento le era capitato di rado di vedere dal vivo degli acquari, e quello era indubbiamente il più bello di tutti.

«Dai, lasciamoli in pace per un po’.» suggerì l’elfo, e insieme uscirono dall’ala di ferro e vetro per raggiungere il giardino posteriore.

Mstislav si stravaccò su un divanetto e poi fece segno alla cameriera di fare altrettanto. La ragazza si sedette compostamente al suo fianco.

«Sai, sono proprio felice.» esordì il giovane, come se il suo atteggiamento non avesse evidenziato abbastanza il concetto, «Ho un mucchio di soldi, non devo lavorare, ho la cameriera migliore del mondo, sono in grado di fare cose incredibili e mi basta indossare una maschera per poter fare tutto quello che voglio. È tutto perfetto!» Si voltò verso Anastasia. «Cosa potrei fare per renderla migliore?»

La ragazza gli si avvicinò. «Se posso permettermi,» iniziò a bassa voce, come per non farsi sentire da orecchi indiscreti, «mi farebbe piacere se acquisisse l’abitudine di non lasciare in giro la biancheria sporca dopo aver fatto la doccia.»

Il volto di Mstislav si contorse in una smorfia colma di ironica sofferenza. Prese un bel respiro, come se le parole che stava per pronunciare gli richiedessero un grande sforzo fisico e psicologico: «Ci lavorerò su.»

La cameriera sorrise e annuì.

Il ragazzo osservò l’ampio giardino e solo allora fece caso al fatto che l’erba delle aiuole era stata tagliata con cura. Sul suo voltò si delineò un’espressione di soddisfatta gratitudine: Anastasia era davvero fenomenale.

Di colpo gli venne un’illuminazione e scattò in piedi. «Cavolo, ecco cosa mi manca!»

L’elfa lo guardò senza capire. «Cosa le manca?»

Mstislav si voltò verso di lei allargando le braccia. «Un nome da antieroe!»


Note dell’autore

Per i prossimi racconti della saga proporrò dei sondaggi che decideranno gli sviluppi della trama.

 

Se volete proporre un nome da antieroe per Mstislav, potete farlo in questo articolo.



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