Dietro gli occhi del mondo

di Shir
(/viewuser.php?uid=233040)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Datagate ***
Capitolo 2: *** Reazioni [Tomato Gang] ***
Capitolo 3: *** Reazioni[Nordici] ***
Capitolo 4: *** Reazioni (Tutti gli altri) ***



Capitolo 1
*** Datagate ***


Confusione. Nella sala dei meeting c’ era la solita, vecchia confusione di ogni volta.
Stavolta però c’ era un elemento che rendeva quel meeting diverso dagli altri: la tensione.
Tutti quanti, anche chi era sempre felice e spensierato nonostante le situazioni tragiche, erano tesi.
Per la prima volta ,in tutta la loro esistenza, le nazione si erano sentite in pericolo.
America fissava impotente la scena,mentre continuava a sudare freddo. Sapeva benissimo a chi avrebbero dato la colpa di quella situazione; e a pensarci tutta in fondo un po’ lo era.
Aveva lasciato che quella talpa, quell’ ex agente, rivelasse informazioni importanti del Data Gate. Aveva tentato in tutti modi di scovarlo e metterlo a tacere ma niente. Poi aveva rivelato quell’ informazione, la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Come al solito toccò a Germania l’ arduo compito di ristabilire l’ ordine, nonostante la sua apparente calma anche lui era turbato dalla situazione attuale.
America si sentiva farsi sempre più piccolo mentre tutti gli sguardi erano puntati su di lui. Erano sguardi accusatori, arrabbiati, impauriti, tesi … America sentì letteralmente il mondo contro di lui.
Si alzò in piedi, appoggiando le mani sul tavolo,  degluitì rumorosamente. Anche se incerto, prese parola:
-So che la situazione attuale non è delle migliori … - le loro espressioni non erano cambiate, si sentì  solo qualche mormorio zittito subito dallo sguardo intimidatorio di Germania.
-.. E so anche che non ci siamo mai trovati di fronte a una cosa del genere ma-
-Ti stai arrampicando sugli specchi Amerika.-
Alfred non aveva dubbi che sarebbe stato uno dei primi ad intervenire.
Quella voce profonda, dal tono infantile e nello stesso tempo severo lo aveva interrotto nel suo discorso, senza spiegarne la motivazione.
-Spiegati meglio … Russia.-
Ivan si elevò in tutta la sua stazza, prendendo l’ attenzione di tutti i presenti.
-E’ inutile che tenti di sistemarti con belle parole e sciocchezze varie come” restare uniti” e “tutto si aggiusterà”… Hai fregato il mondo più di un volta con la tua ipocrisia, ora non abbiamo tempo per altre bugie.-
Parole dure quelle del russo, ma non scoraggiano l’ americano.
-Non sto cercando di pararmi il culo, sto solo cercando di-
-Russia ha ragione.-
Quella frase arrivò come un martello pneumatico in funzione alle orecchie di Alfred.
Una voce senza emozioni, fredda e cinica. Una voce che da bambino gli cantava la ninna nanna, che lo rassicurava e che lo sgridava se necessario.
Le parole di Arthur lo colpirono come una pugnalata al cuore, mentre lo guardava incredulo.
-Insomma..- continuò l‘ Inglese – la CIA e FBI avevano schedati ognuno di noi nei sui database, c’ era di tutto, persino cosa mangiavamo e il nostro colore preferito, come credi che ora possiamo ancora crederti?-
-Mi associo ad Inghilterra.- anche Romano si unì al coro delle voci di protesta.
-Hai compromesso la nostra sicurezza, hai lasciato che il mondo sapesse di NOI! E ora questo come lo aggiusti? Cosa intendi fare?-
Prima che America avesse almeno il tempo di pensare ad una risposta Lovino riprese:
-Quando la notizia è stata rilasciata non ero nemmeno a casa. Mi sono ritrovato gli sguardi di tutti puntati su di me mentre andavo in Parlamento … Un uomo si è inginocchiato davanti a me e tirandomi i pantaloni mi ha supplicato di trovargli un lavoro! Tu non hai idea … Non hai idea dell’ impotenza che ho provato in quel momento!-
La bocca di America si aprì muta. Non gli veniva in mente niente da dire, i loro sguardi accusatori e il silenzio imbarazzante lo avevano bloccato.
A salvare Alfred fu un paio di boati improvvisi che colsero impreparati tutti i presenti in sala.
Il primo ed unica ad alzarsi fu Giappone, che si avvicinò alle finestre convinto che il rumore provenisse da lì.
Appena si affacciò impallidì all’ istante
-America-san … Giornalisti.-
Alfred serrò i pugni, erano in trappola. Non poteva andarsene di lì senza trovarsi di fronte alle telecamere.
Inghilterra in quel momento consumò tutta la pazienza che gli rimaneva, prese il telefono e digitò un numero.
-Sto chiamando l’ ambasciata inglese più vicina. Invito voi altri a fare altrettanto.-
In un men che non si dica quasi tutti avevano già preso in mano i propri telefoni per chiamare la propria ambasciata.
America rimase lì senza muovere un dito, si trovavano in un edificio di importanza nel suo paese. Non sapeva se chiamare la Casa Bianca e chiedere di farsi venire a prendere o scendere giù e affrontare quei report. Data la situazione scappare non era la cosa più intelligente, prima o poi li avrebbe dovuti affrontare.
-Io vado fuori.- dichiarò con convinzione e senza paura.
Nessun cambiamento.  Solo una frase detta in modo sprezzante da Russia:
-E’ il minimo.-
 
America scese nervosamente le scale dell’ edificio. Si chiese cosa avrebbero potuto mai domandargli i giornalisti, cosa avrebbero scritto su di lui, cosa avrebbero detto i TG nazionali e internazionali …
Ordinò agli uscieri di aprire il portone e di farsi affiancare due guardie del corpo per precauzione.
Appena si spalancò il portone un ondata di flash gli abbagliò gli occhi, altrettanti microfoni gli raggiunsero il volto. La presenza delle guardie del corpo fu quasi inutile, i giornalisti e i fotografi si fecero strada fino a lui. Iniziarono  quasi immediatamente a tempestarlo di domande; Alfred si guardava attorno frastornato e confuso, fino a che non giunse una domanda perfettamente chiara alle sue orecchie.
-Che cosa o chi siete voi esattamente?-
I microfoni e i registratori si fecero più vicini al suo voto, le telecamere erano tutte puntate su di lui.
Sorridendo con convinzione e orgoglio, Alfred rispose:
-Siamo i protettori della Terra.-
 
 
Angolino del WTF?!
Ok è un’ idea che mi è venuta non so da dove, però mi era sembrata carina. Vi dico solo che per ogni capitolo si parlerà di un gruppo di personaggi e delle loro reazioni …
Detto questo vi saluto e al prossimo capitolo :*
Se avete suggerimenti non abbiate paura. Una recensione anche piccola piccola sarebbe gradita.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Reazioni [Tomato Gang] ***


Spagna sedeva al tavolo, inquieto, guardava il contenuto della tazza di caffè caldo davanti a sé. Non aveva neppure voglia di berlo, solo l’odore gli dava il volta stomaco. Scostò indelicatamente la tazza di fronte a lui, buttando uno sguardo sull’ uomo seduto lì davanti.
Olanda continuava a fumare, immerso nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni. Gettò prima lo sguardo sulla tazza spostata dallo spagnolo, poi lo alzò incrociando gli occhi dell’iberico.
Antonio non resse il suo sguardo per molto, girò la testa quasi subito, stringendo i pugni.
Lars  continuava a fumare senza distogliere lo sguardo. Lo sguardo serio e penetrante di Olanda aveva sempre messo in soggezione il moro; forse perché c’era una punta di odio in quello sguardo.  Anche dopo secoli il suo odio rimaneva perpetuo, come una fiamma in continua alimentazione.
-Romano verrà?- La voce cupa e bassa di Lars ruppe il silenzio.
Antonio esitò prima di rispondere.
-Si, mi ha chiamato poco fa … Doveva discutere di un paio di cose insieme ai suoi capi .-
Tornò il silenzio fra i due. Non avevano intenzione di collaborare nemmeno in quel  momento di crisi.
 
Il silenzio fu nuovamente interrotto da Belgio, che aveva preparato altro caffè accompagnato da qualche biscottino. L’ olandese ne  prese una tazza, non mise troppo zucchero, a lui piaceva amaro.
E dopo ancora silenzio. Nessuno dei tre osava fiatare.
Se ne stavano seduti al tavolino a scambiarsi sguardi quasi inespressivi, sguardi di chi non sapeva che fare.
E in fondo un po’ di ragione l’avevano, insomma che potevano fare?
Ma quel silenzio… Quel silenzio era un qualcosa di insopportabile. Contribuiva a rendere l’atmosfera ancora più tesa  di quanto già lo fosse.
-Insomma basta! Ma che vi prende?-
Olanda e Spagna si girarono verso Belgio, la quale era in piedi con i palmi aperti sul tavolo.Spagna era piuttosto stupito della presa di posizione della belga, Olanda un po’ meno.
-Come potete starvene calmi senza fare niente?! C.I.A e F.B.I avevano ognuno di noi registrato nei loro database con ogni singolo minimo dato! Ciò vuol dire che ci spiavano e intercettavano le nostre telefonate. .. E chissà per quanto tempo ci hanno tenuti sotto controllo e potrebbero continuare a farlo anche ade-
Belle si fermò di colpo.
Il suo sguardo si spostò sul fratello, il quale le aveva preso di scatto una mano. Non capiva perché Lars l’avesse così bruscamente e cercava il perché nel suo sguardo.
-Belle, basta così… Siamo in una brutta situazione e lo sappiamo. Ma no non possiamo fare niente, decidono tutto i capi come è sempre stato… Non abbiamo potere, non ne abbiamo mai avuto.-
La belga sgranò gli occhi. No, non poteva averlo detto sul serio! Insomma non poteva arrendersi così! Suo fratello era un tipo che aveva sempre combattuto, se una cosa non gli andava bene la diceva, se un cambiamento non gli andava bene si opponeva; lui era sempre stato così. E allora perché adesso questo spirito combattivo mancava?
-Lars ha ragione, calmati e siediti.- Antonio lo disse quasi in un soffio. Era stanco anche lui di quella situazione.
Belle era sempre più sconvolta. Spagna era l’ultima persona dalla quale s aspettava una cosa simile.
-Antonio.. Anche tu?-
Belgio si lasciò cadere sulla sedia ancora sbigottita.
-Ragazzi, ma che vi prende?
Olanda riprese a bere il caffè come nulla fosse, nessuna emozione traspariva dal suo volto. Spagna invece  guardava la belga cercando di convincerla col suo sguardo.
-Non c è niente che possiamo fare… Né per noi né per gli altri.-
Da quel momento Belle non rivolse la parola a nessuno dei due, ne li guardò in faccia.
Per lei era come essere seduta da sola al quel tavolo, non riconosceva nessuno degli uomini che le sedevano accanto. Rimanne in balia del suo disagio finchè qualcuno bussò alla porta.
 
Antonio si alzò quasi di malavoglia, si diresse verso la porta con  passo lento e trasandato. Il suo atteggiamento non cambiò nemmeno quando aprì la porta e si ritrovò Romano davanti.
L’italiano si trovò abbastanza sbigottito di fronte  al comportamento di Spagna, poi concluse che la situazione era pesante per tutti.
Prese una sedia e si sedette al tavolo affianco a Spagna e Belgio, Olanda di fronte. Al contrario degli altri tre lui e aveva un sorriso soddisfatto sul volto.. E aveva un piano; un piano per rilanciare l economia del suo paese.
Nel vedere quell espressione sul suo volto gli altri tre lo guardarono quasi come fosse un alieno. D’altro canto Romano li guardava quasi divertito, no avevano idea di cosa aveva in mente.
Si alzò dalla sedia guardandoli uno ad uno convinto di ciò che stava per proporgli, gli atri continuavano a guardarlo confusi.
-Ragazzi…- iniziò convinto il suo discorso – Ho un piano per portare a nostro vantaggio questa situazione, ovviamente parlo di chi è in difficoltà economiche come  me.-
Spagna, sentendosi chiamato in causa, si mise composto sulla sedia, attento a ogni parola della nazione italica. Gli altri due continuarono a guardarlo senza capire, in fondo la crisi non li ha copiti in modo così devastante come ad altri.
-E come?- chiese Antonio senza muoversi dal suo posto.
Lovino sorrise, un sorriso furbo, di chi già se l’era cavata altre volte; ne aveva passate talmente tante che aveva imparato ad arrangiarsi.
 
-Denunciando la nostra situazione ai media.-
 
Angolino ino ino:
Perdonatemi.. perdonatemi per avervi fatto aspettare due mesi e per averlo scritto malissimo, ma ultimamente non ho voglia di scrivere e poi sto frequentando il corso di manga. Non ho nient’ altro da aggiungere, spero solo che nonostante tutto sia di vostro gradimento e che, se volete, mi lasciate una recensioncina.
Alla prossima
Shir

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Reazioni[Nordici] ***


La sveglia suonò le 7:30. Si alzò stropicciandosi un occhio e scese le scala di casa sua fermando una ciocca di capelli che si trovava davanti alla sua visuale  con un fermaglio. Fece come al solito colazione con biscotti al burro e una tazza piena di caffè, non troppo zuccherato. Come prevedeva la routine quotidiana ,dopo essere andato in bagno e aver fatto una doccia veloce, si vestì per andare a lavoro. Quella sembrava essere una giornata normale per Eirick Hansen, rappresentante della Norvegia, ma si rese conto non troppo presto che qualcosa non andava non appena mise piede fuori casa.
Mentre si dirigeva verso il suo parlamento attraversando Oslo, la sua capitale, osservò scocciato l’ambiente circostante e le strade piene di suoi connazionali e turisti. Eirick era una persona attenta e si rese conto subito di essere osservato. Avere gli sguardi della gente puntati su di sé era una cosa che infastidiva non poco il norvegese.                                                                                                                                                                         
La cosa iniziò a preoccuparlo quando dei turisti iniziarono a fotografarlo.                                                      
Velocizzò il passo e avanzò attraverso le strade della fredda Oslo, ma sempre più gente continuava a fissarlo.                                                                                                                                                                                       
Capì solo quando arrivò un messaggio al dal suo capo cosa c ‘era che non andava.
 
Erano passati due giorni da quella spiacevole mattinata e il norvegese non accennava a calmarsi o smettere di bere caffè. Si poteva dire che Eirick era una delle nazioni più infastidite dal fatto che tutto il mondo sapeva chi era e conosceva la sua faccia. Lanciò un occhiata nervosa agli altri quattro nordici seduti al suo stesso tavolo, poi tornò a concentrarsi sul suo terzo caffè di quel giorno.
-Che bel casino, eh?- esordì Tino guardandosi le mani appoggiate sul tavolo.
-Già…- rispose distratto il norvegese mentre sorseggiava il suo caffè. Sorprendentemente, anche lo svedese prese parola.
-E ora che si fa?- chiese Berwald guardando i presenti. Il suo sguardo si fermò si quello Islanda che aveva aperto bocca per rispondergli.
-Niente Svi.Non possiamo fare niente, in una situazione del genere siamo in balia degli eventi. Dobbiamo solo aspettare.-
-Aspettare cosa?-
L’attenzione di tutti si concentrò sul più apatico dei Nordici. Norvegia si rivolse a tutti i suoi fratelli, soprattutto a Islanda.
-Einar non possiamo aspettare. Proprio perché siamo in balia degli eventi dobbiamo reagire e fare qualcosa per noi, non come rappresentanti del proprio territorio, ma come persone, come esseri umani. Se qualche associazione terroristica o di qualsiasi altro tipo decidesse di fare un atto avverso contro un paese chi sarebbe l’obbiettivo più probabile se non noi? Quale modo più efficace di colpire un paese se non il singolo individuo che lo rappresenta interamente? Dobb-
-Cosa potremmo far allora per evitare tutto questo?- chiese lo svedese, poi senza nemmeno dargli il tempo di rispondere continuò.
-Dovremmo chiuderci e non uscire più? Oppure uscire solo per eventi importanti le poche volte che capitano? Non vedere solo il lato negativo delle cose.-
A quelle parole anche Tino decise che era arrivato il momento di parlare.
-Sono d’accordo con Routsi.Sei troppo pessimista.-
-Allora trovatemi i vantaggi di questa situazione, avanti!- controbbattè il norvegese.
Nella stanza calò il silenzio fino a che il maggiore dei Nordici non decise di rispondere.
-Ci sono Eirick, non tanto per noi ma ci sono.-  Danimarca catturò l’attenzione l’interesse di tutti i nordici. Era seduto a capotavola, il posto riservatogli ad ogni meeting nordico e riunioni familiari. Gli consentiva di avere una visuale di tutte le nazioni presenti e di conseguenze di essere visto da tutti più facilmente. Inoltre il posto a capotavola lo faceva sentire potente. Norvegia riteneva che quello fosse il motivo principale per il quale il loro caro fratello maggiore occupasse quel posto. Tesi mai smentita dal danese.
-Spiegati Dan.-
-Parlo per le nazioni più bisognose e in crisi. Magari non avranno più la loro segretezza e non potranno più uscire senza che la gente eviti di guardarli, ma se si mostrano simpatici agli occhi del mondo potrebbero alimentare il turismo nei loro paesi. Far capire al mondo che sono in difficoltà. Noi invece potremmo aiutare le nazioni più bisognose facendo una buona impressione all’opinione pubblica.-
A conti fatti Danimarca non aveva detto niente di sbagliato. Ma a Norvegia non stava bene il fatto di avere gli sguardi fissi di tutti appena metteva piede fuori casa. Era sempre stato un tipo che evitava di stare in mezzo alla gente e il contatto fisico. No, quella situazione non la digeriva per niente. Era più forte di lui, già sapeva che non avrebbe retto, senza contare dello stress che ne sarebbe derivato.
-Potrai dirmi quello che vuoi ma io non ci sto. Psicologicamente è troppo per me .-
-E’ frustrante anche per noi Nor cerca di capi-
-Capire cosa Danmark?! Tu sei il solo che sembra non aver capito. Ti pare normale saltare fuori la finestra dall’ edificio dove stavamo tenendo il meeting e correre come un pazzo per New York attirando ulteriormente l’attenzione dei giornalisti?!-
Il danese doveva riconoscere che a sua non era stata proprio una bella idea; anche se lo aveva fatto per sfuggire ai giornalisti ha avuto l effetto contrario. Oltre ad essersi guadagnato una prima pagina,con una sua foto mente saltava dall’ edificio, sul quotidiano più letto di tutta la sua nazione.  Però doveva ammettere ch era venuto bene.
-Eirick ora calmati, non è difficile solo per te. E ora smettila di bere caffè, sei alla quarta tazza.- Berwald intervenne per calmare il nervosismo di Norvegia, ormai schizzato alle stelle.
 
Dopo quel mezzo rimprovero il norvegese decise di sedersi, ma non smise di bere il suo caffè.
Quello che sarebbe venuto dopo sarebbe stato un periodo lungo, molto lungo, e difficile. E non era di certo una di quelle cose tipo  “l’unione fa la forza” che si vedono nei film di America.
No, non sarebbe stato affatto facile uscirne fuori, ne tanto meno abituarvisi.
L’unica cosa da fare in quel momento era aspettare il corso degli eventi come suggerito da Ice.
Perché in quel caso solo il tempo avrebbe mostrato lo sviluppo di quell’evento tanto inatteso quanto non voluto da nessuno
 
 
 
 
 
Angolino della sclerata:
Ok non ho scusanti lo so. Il fatto è che il mio computer fa schifo e quindi lo accendo raramente, di conseguenza mi scordo di aggiornare la storia. Perdonatemi faccio anche il liceo classico e mi bombardano di compiti(ora mi verranno indicati tremila errori di grammatica e mi chiederò che ci faccio al classico). Parlando del capitolo … fa schifo lo so ma il mio cervellino non riesce a lavorare e poi sono solo un insieme di reazioni, non si va di certo avanti con la storia. Quindi stavo pensando di fare almeno due gruppi per capitolo in modo da poter andare avanti prima. Detto questo se avete suggerimenti chiedete (a dire il vero è perché mi servono che non ho più idee), spero che il capitolo per quanto orribile sia stato di vostro gradimento e di farmi sapere che ne pensate tramite una recensioncina ina ina.
Allora a prossimo capitolo quando troverò il tempo e l’ispirazione
Shir

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Reazioni (Tutti gli altri) ***


-Raivis! Un'altra bottiglia! Ora~-
La voce del russo, delicata e infantile, raggiunse le orecchie di uno spaventatissimo Lettonia che, con la bottiglia di vodka stretta al petto, corse verso Ivan e posò la bottiglia sul tavolo. L'aura viola dell'imponente nazione per poco non sfondava il soffitto e gli altri due baltici osservavano la scena terrorizzati.
Non si poteva dire se era per il nervosismo o per la disperazione, Ivan iniziò a scolari la terza bottiglia di vodka come fosse acqua, sotto lo sguardo allibito degli altri. Mentre Raivis era impegnato a tremare come una foglia ed Eduard controllava sul suo smartphone le ultime novità, Toris non poteva fare altro che pensare a Polonia. Mentre sapeva che Bielorussia ed Ucraina avevano preferito rimanere protette nei loro paesi, non aveva alcuna notizia di Feliks.
Aveva persino provato a chiamare la sua segretaria ma non aveva saputo dirgli niente. Polonia era un tipo imprevedibile e in una situazione del genere non sapeva che aspettarsi. Insomma, Feliks era Feliks! E solo al pensiero che potesse fare qualcosa di avventato lo metteva in agitazione. Mentre il povero Lituania si torturava con i suoi pensieri e le sue preoccupazioni, Russia era già arrivato a metà bottiglia. Con fare soddisfatto, appoggiò la bottiglia sul tavolo, sospirando con le gote arrossate. Raivis si teneva in disparte nell'angolino, sapendo che non era sicuro stare vicino a Ivan quando era un po' brillo.
Russia prese in mano una delle due bottiglie vuote rigirandolsela tra le mani sotto lo sguardo sconcertato degli altri tre, i quali, ormai, non sapevano cosa aspettarsi da russo. Con uno scatto veloce, lanciò la bottiglia contro il muro, proprio sopra la testa del povero Lettonia, che nel frattempo aveva visto tutta la sua lunga esistenza passargli davanti. I frammenti della bottiglia si sparsero per la stanza, fortunatamente non ferendo nessuno dei presenti.
-Come vorrei che succedesse la stessa cosa alla testa di Amerika.-  disse semplicemente, monotono, come raramente i Baltici lo avevano sentito. Ma sapevano benissimo che era meglio stare lontano dalla nazione russa in quei momenti. Estonia continuava a scorrere le notizie sul cellulare, ricaricado varie volte le pagine e trovando miriadi di notizie, alcune anche visibilmente false. Una notizia, con video allegato, catturò particolarmente la sua attenzione; si affrettò a leggere preso dal panico, mentre iniziava a sudare freddo.
Toccò la spalla a Toris, passandogli il telefono. Gli occhi del lituano guizzavano come anguille da una parte all'altra dello schermo e, mano mano che leggeva, nella sua espressione si poteva intravedere lo sconcerto.
-Cosa crede di fare Polonia?-                                 
~~~
Nonostante fosse passata ormai una settimana, alcune nazioni erano ancora scosse e agitate. Qualcuno aveva preferito chiudersi in casa per conto proprio, come la maggiorparte degli asiatici, altri avevano deciso di riunirsi e parlare amorevolmente e pacificamente della loro situazione.
-Devo andare a comprare altro tea e non posso uscire!!!-
-Fratellino per l'amor del cielo cal-
-Sono calmissimo Scozia!-
-Mon Dieu, ci risiamo...-
-Tu sta zitto rana! E ritorna da dove sei venuto.-
Il calmo e pacifico Canada, ormai abituato a quella situazione, continuò a cucinare i suoi pancake come nulla fosse. Nella semplicità di quel gesto riusciva a rilassarsi ed a ricavare un po' di tempo per sé, per pensare ed analizzare nel complesso la loro situazione o, più semplicemente, avere un attimo di pace.
Tra un sospiro e l'altro prese lo sciroppo d'acero dalla dispensa; lo sguardo cadde sulla marca, di sicuro era di scarsa qualità ma sempre meglio di niente. Appena lo poggiò, sentì qualcuno alzarsi e prendere sia lo sciroppo che un piatto di pancake. La cosa fece storcere il naso al canadese.
-E se non fossero stati per te? Se li stavo preparando solo per me?-
Chiese sempre intento a cucinare altri pancake, voltato di spalle rispetto il suo interlocutore.
-...Scusa.-
rispose semplicemente quello, versandosi dello sciroppo d'acero. Mattew, ormai spazientito, si girò verso di lui irritato, ma soprattutto, stanco del suo atteggiamento.
-Sai solo fare questo America, chiedere scusa. Pensi solo a te stesso e a come far risaltare la tua immagine nel mondo, non hai altra preoccupazione. Quello che combina un guaio dietro l'altro sei tu! E cosa succede quando la gente te lo fa notare? Ops. Ma poteva capitare a chiunque. No Alfred, stavolta non te la cavi così.-
La nazione americana sapeva benissimo che lui aveva ragione, sapeva che ogni cosa detta era vera. Ma lui è l'America, non può mostrarsi debole di fronte a niente  e deve sempre andare avanti con la sua maschera di indifferenza, come ha sempre fatto.
-Prima o poi sarebbe accaduto lo stesso.-
Canada a quell'affermazione non si scompose, anche se la sua rabbia era crescente. Spense il fornello e si avvicinò al fratello con grandi falcate. Ora Alfred stava esagerando. Si fermò davanti a lui arrabbiato, talmente arrabbiato che non sapeva che dirgli. I loro sguardi si incrociarono per un breve istante, interrotto da una telefonata in arrivo. America d'altronde non aveva voglia di discutere con Canada, quindi colse l'occasione al volo per rispondere.
-Pronto?- Mattew del resto aveva voglia di sfogarsi su Alfred, lo osservò con le braccia conserte mentre parlava al telefono, ma si accorse che, mano mano, il volto di America sbiancava e il suo sguardo si incupiva. Ma la situazione cambiò subito quando Alfred scattò verso la televisione e l'accese. Quello che temeva era successo. Le nazioni in crisi avevano colto la palla al balzo.
~~
Germania riattaccò il telefono, posandolo sul tavolo, per poi sospirare sonoramente. Volse uno sguardo ai presenti, sentiva un'aria tesa nella stanza. Austria beveva il suo the, cercando di risultare il più calmo possibile, anche se il suo sguardo irritato tradiva ciò che voleva mostrare. Ungheria puliva convulsamente il piano cucina, come se stesse cercando di distrarsi e persino Prussia non le dava fastidio.
Suo fratello era molto più calmo del solito, silenzioso, mentre osservava lo schermo. Feliciano era seduto al centro della stanza, Giappone al suo fianco.
La nazione italiana osservava lo schermo, quasi scosso da quello a cui stava assistendo e il povero Giappone non sapeva che dire, non aveva parole per calmarlo. Ma probabilmente non c'erano. Tutti i canali trasmettevano la stessa cosa, cambiando ogni tanto località. In Spagna, in Polonia, in Italia e in molti altri Stati si erano levate urla di protesta e manifestazioni; in molti casi a capo di quella manifestazione c'era il rappresentante dello stato. A pensarci non era nemmeno tanto strano che Romano prendesse un iniziativa del genere, anche se lui era spesso troppo pigro per farlo.
C'erano giornalisti di tutti i quotidiani nazionali e di tutte le reti, gridava solo una cosa: voleva che quello situazione finisse. Veneziano pensò che fosse un grande colpo per le istituzioni, di certo loro si sarebbero mossi un po' con le leggi e avrebbero smesso di "mangiare" dalla banca dello stato.
Giappone dal canto suo non sapeva che fare oltre a stare vicino ad Italia, era l'unica nazione orientale che aveva deciso di non rinchiudersi in casa e riunirsi con gli amici di un tempo. Improvvisamente cambiarono località, mostrando stralci delle rivolte in Spagna, Grecia e Turchia. Anche loro avevano iniziato a muoversi, si domandava come stesse Grecia ultimamente, sapeva che non se la stava passando bene, Turchia stava meglio di Herakles, ma anche lui aveva i suoi problemi.
E non erano gli unici, molte altre nazioni avevano preso la situazione in mano e si erano ribellati, portando la loro situazione agli occhi del mondo. Che purtroppo non ne era all'oscuro, ma con quel gesto avevano dato importanza ai loro problemi ed era ora di ribaltare la situazione. Nessuno aveva voglia di parlare, la situazione era già delicata di per sé e parlare sembrava superfluo.
Nemmeno Prussia si era azzardato a fare battute sull'argomento, anche se non sembrava, aveva la maturità per capire quando non era opportuno scherzare. Germania pensò che fosse meglio così, ma vedere suo fratello così silenzioso lo preoccupava, lo aveva visto così sono in periodi di crisi, quando la guerra non era loro favorele. Squillò un telefono, la suoneria era strana e Germania avrebbe potuto giurare che fosse tedesco.
"Sie sind die essen und wir sind die ja-"
-Pronto?!-
Giappone si affrettò a rispondere, rosso in viso. Prussia si girò verso Italia trattenendo a stento le risate, mentre Feliciano cercava di dirgli con lo sguardo di non ridere, anche se era divertito quanto lui. Non passarono nemmeno dieci secondi che l'interlocutore attaccò, non lasciando il tempo di capire a nessuno chi fosse e facendo rimanere Giappone sconvolto.
-America-san...-
Esordì Kiku, lasciando capire chi lo avesse chiamato. Gli sguardi di tutti i presenti erano puntati su di lui, aspettavano solo che parlasse; poi, finalmente, prese un sospiro e disse tutto di un fiato:
-America-san vuole fare un'intervista!-




Angolo dell'autrice:
Non ci speravate più, dite la verità XD. Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto, ma sono stata impegnata con dei progetti durante l'anno e il computer si è rotto.
Sto scrivendo dal cellulare, quindi avvertitemi se il capitolo è editato male perché dal telefono non riesco a capire.
Comunque volevo spiegarvi un paio di cose. Per ovvi motivi, ho preferito non far interagire Russia ed Ucraina; se vi stavate chiedendo perché non c'era, bhe, questa è la risposta. Poi sì, è vero, non ho fatto tutti i gruppi e alcuni sono solo accennati.
Vi chiedo scusa, ma non trovavo più ispirazione, voglio finire questa storia e il prima possibile.
Per quanto riguarda Giappone... XD. Non lo so, volevo spezzare un po' la tensione.
Ok, vi chiedo solo un piacere, se avete domande in mente da porre ad America, vi supplico di scriverle nelle recensioni, perché io non ne ho la più pallida idea di cosa chiedergli XD
Detto questo, vi saluto e alla prossima.
Shir.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2638225