Vita di un Mostro

di flatwhat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il bambino mascherato ***
Capitolo 2: *** Le ore rosa ***
Capitolo 3: *** All'Opera ***
Capitolo 4: *** Fine del Mostro ***
Capitolo 5: *** Fine di Erik ***



Capitolo 1
*** Il bambino mascherato ***


Gioca da solo, il bambino mascherato, le poche volte che gli è permesso uscire di casa.
Corre in giro, ad inseguire il nulla.
Quando, una volta, ha provato a giocare con altri bambini, è finita male. Loro sono scappati in preda al terrore, e lui ha ricevuto uno scapaccione dalla mamma.
Esce di sera tardi, così non troverà altri bambini.
Corre, tutto da solo.
Cade e si fa male.
Ritorna a casa, mogio mogio. Per i bambini, il desiderio di coccole è naturale, e anche se lui non sa cosa voglia dire, lo stesso il suo istinto gli dice di approcciare la madre, di chiederle un bacio sulla bua per far passare tutto.
Lei gli molla un ceffone e gli tira la maschera che si era levato. Lo fa ogni volta, perché mai il bambino avrebbe dovuto credere che sarebbe stato diverso, stavolta?

Il bambino, una notte, decide di non tornare. La mamma non gli vuole bene, e il papà non l’ha mai visto. In ogni caso, non gli vorrebbe bene neanche lui. Lui è brutto, è un mostro. Si è visto qualche volta allo specchio e si è spaventato da solo. Suo padre potrebbe anche essere il diavolo in persona, per quanto ne sa. Solo il diavolo avrebbe potuto generare un figlio simile.

Cammina a lungo, senza una meta.
Un giorno, incappa in una carovana. Sono incuriositi dalla sua maschera, e quando lo convincono a togliersela, si spaventano. Ma non fuggono, ridono. Gli chiedono come si chiama. Il bambino non lo sa.
Lo convincono ad unirsi a loro. Sono uomini di spettacolo, dicono. Per un attimo, il bambino crede di aver trovato degli amici.

Il bambino si rende conto di essersi sbagliato. I suoi nuovi padroni lo trattano come trattano gli animali. Ma non troppo male, in fondo lui è la loro fortuna, la “Morte Vivente”. Se lo portano in giro per il mondo e lo esibiscono allo scherno e alle pedate della gente.
Il bambino si fascia le ferite e sopporta, perché sta imparando. Sta imparando a cantare, sta imparando tante altre cose. Magari, un giorno, lo stupore del pubblico sarà causato dalle sue doti e non dal suo volto.
E poi, sta vedendo tanti posti nuovi. Ne varrà la pena.

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Capitolo 2
*** Le ore rosa ***


Erik, di essere un mostro, lo aveva sempre saputo.
Mostro non solo nel volto, ma anche nell’anima. Un cervello che dispone di una diabolica intelligenza, l’abilità nel costruire veri e propri orrori, una coscienza che non si fa problemi a destinare qualcuno a una morte lenta e dolorosa.
Erik, in quanto mostro, non prova emozioni umane, per tutto questo. Prova solo un satanico divertimento.

Erik, in quanto mostro, non dovrebbe provare emozioni umane che non siano la gioia di vedere le sue vittime supplicare e la noia del tempo restante.
Quando vede la piccola sultana che adopera con maestria le tecniche mortali che lui le ha insegnato, le adopera su quelli che chiamava amici, Erik da principio non si accorge di provare qualcos’altro.
All’ennesimo cadavere ai piedi di lei, gli occhi sgranati e le mani per sempre chiuse dalla morte attorno al cappio Punjab, Erik prova vergogna. Si ammonisce da solo, Sciocco Erik, sei un mostro, non un uomo. La vergogna si assopisce e ritorna la noia.

Erik è un mostro e perciò mette a disposizione il suo tempo per torturare i malcapitati nella camera dei supplizi. Ecco, con questo strumento simula il ruggito di un leone. Ecco, così produce l’illusione di una pozza d’acqua. Erik è un mostro geniale e impiega i suoi talenti per fare impazzire la gente.
Ha solo un talento che, ogni tanto, lo illude ancora di essere un uomo: la musica.

Il ‘daroga’ è davvero uno sciocco.
Erik non può dire di non essere contento di vivere ancora. Non è per il piacere della vita, ma per la sete di conoscenza e il desiderio di gloria, che lui vive ancora. Troverà ciò di cui ha bisogno altrove.
Il ‘daroga’ resta uno sciocco, ad averlo risparmiato. Quando ci pensa, sorride alla stupidità di quell’uomo. Ora avrà certamente delle belle grane, per questa impudenza.
Erik è un mostro e non ha dubbi: fosse stato al posto del ‘daroga’, non avrebbe commesso lo stesso sbaglio.

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Capitolo 3
*** All'Opera ***


Erik è un mostro e si rimprovera del desiderio di avere una vita normale. Un uomo come lui non potrebbe mai averla. Si accontenta di vivere, come la creatura infernale che è, nei sotterranei dell’Opera che ha costruito. Nessun posto si addirebbe meglio a uno come lui.
Gironzola nell’oscurità e spia. Poiché è molto orgoglioso, anche vivendo nascosto non riesce a trattenersi dal manifestare la sua presenza agli imbecilli che stanno dirigendo il suo teatro.
Fa brutti scherzi, spesso e volentieri, e si diverte un mondo. Se non altro, si diverte senza che qualcuno muoia. Per il momento.
Lo chiamano il Fantasma dell’Opera, ora. Gli piace.

Nonostante non debba provare emozioni umane, Erik ha un certo apprezzamento per mamma Giry, la maschera del suo palco. La donna è ingenua e si è fatta facilmente convincere con promesse da quattro soldi, ma, tra tutti coloro che lavorano nell’Opera, è l’unica che non pronuncia il nome del Fantasma con paura, ma quasi con ammirazione.
Erik sa che non dovrebbe affezionarsi, lui, mostro. Ma lo stesso le lascia del denaro e dei regalini. Le piacciono i cioccolatini.
Che non si dica che il Fantasma dell’Opera è un maleducato.

Il ‘daroga’ si aggira da qualche tempo nei pressi del teatro, ed Erik si ritrova di nuovo a provare qualcosa che non si addice a un mostro come lui. La figura del Persiano gli provoca una certa… simpatia? Di certo dovuta al ricordo dei giorni passati. Il ‘daroga’ è comunque un uomo degno di rispetto, ed Erik gli concede il suo senza problemi.
Non per l’atto di avergli salvato la vita, no. Quello resta un’idiozia.

Erik è un mostro e non dovrebbe provare amore.
Eppure, quando sente la voce di Christine Daaé, l’angelica voce che gli fa credere per un attimo di aver lasciato le profondità dell’inferno, e di essere in Paradiso, non può impedire al suo cuore di battere come se fosse… un uomo. La guarda, da dietro lo specchio. Guarda i suoi capelli biondi, il modo in cui le sue labbra si muovono mentre canta, la piega triste dei suoi begli occhi. Il ricordo del padre sempre con sé. Desidera poter uscire dal suo nascondiglio, parlarle, forse anche sfiorarla, con le sue dita da scheletro, Povera bambina, non piangere più.
Ma Erik è un mostro, lo ha sempre saputo. E non può farci nulla.
“Sei l’Angelo della musica di mio padre?”, chiede lei, e l’orrendo volto di Erik si contorce in un terribile sorriso.
“Sì”.

Erik è un mostro. Ma con Christine, si sente umano.
Per la prima volta, dopo anni, piange. Osa provare pena e disgusto per sé stesso. Per l’uomo che sarebbe potuto essere. Per il mostro che è.

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Capitolo 4
*** Fine del Mostro ***


Erik è un mostro e non gli importa di far saltare in aria tutto.
Sa che senza l’amore di Christine non vivrebbe. Sa che, stando incatenata nel buio con lui, lei, angelo della luce, ne morirebbe. Vede la morte, negli occhi di lei.
Che sia. Se devono morire, andrà fino in fondo. Preparerà un requiem per tutti. Per loro, e per molti esponenti della razza umana.

Erik odia l’umanità, come tutti i mostri.
Anche se alcuni esponenti della razza umana sono esentati da questo odio, nessuno avrà scampo.
Mamma Giry, che parla sempre bene di lui, se avrà sfortuna, salterà in aria insieme a tutti gli altri.
Il ‘daroga’, per cui prova una strana simpatia, sta già agonizzando nella camera dei supplizi.
L’altro, il bamboccio che Christine ama, lui poteva morire tranquillamente già ore fa.
Christine stessa non avrà scampo. Dopotutto, ha già scelto la morte.
Che sia così. Erik si trascinerà innumerevoli cadaveri nella tomba. Per ripagare il mondo di tutto l’odio.
Giri lo scorpioni, o giri la cavalletta?

Non è morto nessuno.
Il ‘daroga’ è vivo. Raoul è vivo. Sono tutti vivi.
Anche Christine.
Erik è un mostro, eppure si sente umano con lei.
Si avvicina a lei, quasi timido. Lei gli sorride appena.
Un vecchio istinto che credeva di aver represso tanto tempo fa lo spinge a poggiare le scarne labbra sulla fronte di lei. Non sa perché lo fa. Ma Christine non si tira indietro, anzi… si lascia baciare… come se fosse normale-
Erik è un mostro, e i mostri non piangono. Non per queste cose, non così.
Erik ha già versato innumerevoli lacrime, ma mai, mai si è sentito così. Non sa nemmeno cosa prova. È… felice?
Le ginocchia gli hanno ceduto, si ritrova per terra a strisciare ai piedi di lei come fosse un cane. Tutto il corpo è sconvolto dai singhiozzi, e gli gira la testa.
Eppure, è felice. Un mostro come lui, che ha lasciato così tanto sangue dietro di sé da poterci annegare.
Un mostro come lui, che non ha mai ricevuto baci nemmeno da sua madre.
Felice.
Quando vede- sente- che anche il suo angelo piange, le sue lacrime che gli cadono sulla testa deforme, si toglie la maschera, per non perderne neanche una.
Lei, Christine, non si allontana alla vista del volto scoperto. Rimane a piangere su di lui, “Povero, sfortunato Erik”.
Erik rimane a guardarla, gli occhi d’oro stupefatti, il cuore traboccante di meraviglia e di amore, nel petto singhiozzante.

Quando Christine abbraccia il fidanzato, Erik li guarda con lo spettro della contentezza di prima, e con malinconia crescente.
Le ha dato il suo anello, è la promessa che lei tornerà, quando sarà morto. Lui, che ha giocato sempre con regole tutte sue, per la prima volta sente di star facendo la cosa ‘giusta’.
Il volto di lei si illumina di gioia, e stavolta è lui a venire baciato sulla fronte, come ringraziamento. Ancora una volta, scoppia in lacrime. Si sente un po’ patetico.
Christine se ne va, con gli occhi aridi, e lui piange.
Lui, il mostro.
L’angelo di Christine.

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Capitolo 5
*** Fine di Erik ***


La vita di Erik sta giungendo al termine.
Erik non è più un mostro, e si rende conto di aver avuto nel ‘daroga’ forse l’unico amico della sua vita. Di quegli amici che si trovano quando si cerca di uccidersi a vicenda.
Evidentemente non accade solo nei libri.
Per questo, gli fa visita, e lui lo accoglie come fosse una cosa normalissima.
Erik racconta l’accaduto, il bacio di Christine, e piange di nuovo. Curiosamente, anche il ‘daroga’ piange con lui, come fece Christine.

Il suo ‘Don Juan’ è terminato. Erik si può dire soddisfatto del risultato. Un mostro non avrebbe potuto comporre un finale simile.
Quando si corica, per l’ultima volta, nella bara che gli ha fatto da letto, è a Christine che pensa. E al pensiero di lei, sorride.
Sorridendo, il Fantasma dell’Opera muore.

Christine ha mantenuto la promessa e lo ha raggiunto.
Piange, abbracciando il suo corpo, il suo cadavere. Povera bimba, non piangere più.
Con lei, è venuto anche il visconte. Mh. Bel pensiero. Curioso che ci sia pietà nei suoi occhi…
C’è anche il ‘daroga’ e ha versato qualche lacrima anche lui. Il suo unico amico.
Erik si chiede se mamma Giry sarebbe venuta, se avesse saputo della sua morte. Forse.
Christine è inconsolabile, stretta al cadavere.
“Non dovevi morire così”, sussurra fra i singhiozzi. Stavolta, è lei che piange mentre lui è sereno. Forse aveva inteso la promessa in modo diverso, che Erik avrebbe vissuto ancora per tanti anni e che lei lo avrebbe seppellito, lei stessa vecchia e stanca.
Erik vorrebbe poterla toccare e dirle che non c’è bisogno che sia in pena, Erik è libero ora. È in pace. Ma le sue dita non la possono sfiorare.
Così, canta.
La sua voce non può raggiungerla, non ancora. Forse, un giorno lo farà.
Per allora, lui, l’angelo, continuerà a cantare.

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