Forgotten Petals

di Reykon23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Cornice ***
Capitolo 2: *** Quella Strada per Nerima ***
Capitolo 3: *** Palpito di Farfalla ***
Capitolo 4: *** Profumo di Passato ***
Capitolo 5: *** Qui dove batte il Cuore ***
Capitolo 6: *** Rabbia e Dolore ***
Capitolo 7: *** Maschere ***
Capitolo 8: *** Quando il Cielo non bastava ***
Capitolo 9: *** Con gli occhi, negli occhi ***
Capitolo 10: *** Presentimenti ***
Capitolo 11: *** Nubi all'Orizzonte ***
Capitolo 12: *** La Quiete Prima della Tempesta ***
Capitolo 13: *** Sussurri ***
Capitolo 14: *** Dilagare ***
Capitolo 15: *** Fuoco Freddo ***



Capitolo 1
*** La Cornice ***


Salve a tuttiii! Questa è la mia primissima fanfiction in assoluto, non sono entrato da molto in questo nuovo mondo, ma mi sono voluto cimentare in questa impresa spinto da tutte le storie che ho letto, specialmente su quello che è uno dei miei anime preferiti, Ranma...spero che la storia possa essere per tutti di vivo interesse e che possiate esprimere i vostri pensieri al riguardo...un saluto a tutti!


La fotografia è probabilmente fra tutte le forme d'arte la più accessibile e la più gratificante. Può registrare volti o avvenimenti oppure narrare una storia. Può sorprendere, divertire ed educare. Può cogliere, e comunicare, emozioni e documentare qualsiasi dettaglio con rapidità e precisione.
                                                                                                                                                                                                                                  John Hedgecoe

La Cornice



E’ così buffo a volte notare alcune cose che prima neanche scorgevi e a cui non facevi
completamente caso…..o addirittura vedere come queste esteriormente non sono cambiate affatto,
mentre dentro di te assumono in realtà un altro aspetto, un altro significato….
Appena ho aperto la porta della mia camera una forte e calda luce mi ha investito il viso e il corpo, segno che già il giorno si era inoltrato abbastanza e che l’estate ormai si stava impossessando del mondo
come avviene di consueto ogni anno…già, l’abitudine ci fa rendere scontati questi dettagli, ma io ormai non so più distinguere l’usuale dall’inusuale, dal giorno in cui la mia vita è cambiata di nuovo, ancora una volta, in modo negativo e forse anche definitivo…
Kasumi deve avermi già fatto il letto mentre mi ero andata a fare una doccia, trovo così dolce
la sua premura nei miei confronti e il fatto che voglia sempre aiutare senza ricevere nulla in cambio,
anche se io ce la sto mettendo tutta per far si che non sia così….c’è un fresco odore di pulito
che tutta la stanza emana, i libri messi sulla mensola in ordine quasi in modo meticoloso,
a lampada sempre lì ferma sulla scrivania senza un filo di polvere, l’armadio ben sistemato con tutti i vestiti
appena stirati e profumati, le tende sciolte e sventolate dalla fresca aria del mattino, che porta con sé
una brezza dolce e leggera che mi accarezza il viso e mi provoca un certo senso di serenità…. insomma tutto quel piccolo spazio potrebbe rappresentare la perfezione in persona per qualcuno che ci entri per la prima volta,
lo ribadisco a me stessa ogni qual volta che ammiro questo spettacolo semplice e confortevole,
eppure c’è qualcosa che non và…..
Lì, nell’angolo del comodino c’è qualcosa che invece non è stato toccato, mai spostato da nessuno, con il suo grigiore dovuto alla polvere che col tempo vi si è depositata sopra…Una cornice!
probabilmente per chiunque banale, ma per me rimane l’unica cosa che continuamente attrae
la mia attenzione e provoca un misto di sentimenti che spesso non mi so propria spiegare…
è incredibile come qualcosa di materiale e insignificante possa in realtà provocarti così tanta nostalgia dentro, e forse propria questa sembra aver rubato il mio sorriso tanto tempo fa….
il mio corpo sembra indugiare avvicinarsi a quell’oggetto, come quasi fosse qualcosa di alieno e sconosciuto che possa provocarmi dolore, ma io mi conosco bene, sono sempre stata masochista in queste cose, e
mi avvicino piano entrando nella piccola ombra creata dalla scrivania….non so quale forza mi spinga
e mi faccia agire, ma prendo in mano la cornice e la porto vicino al mio sguardo….una foto!
Quanto tempo era passato quando fu scattata…eravamo lì, tutti messi in posa dopo una delle
tante scatenate e felici giornate a mare, e se chiudo gli occhi ancora rivivo quei momenti meravigliosi
fatti di risate, litigi, incomprensioni, avventure….la mia posizione lì era quasi in disparte, e il mio viso
non sembrava tanto rivolto alla macchina fotografica, di più verso..qualcuno…i suoi occhi color del mare in tempesta sembrano fissarmi attraverso il vetro, sembra una cosa inverosimile, ma mi sento quasi in soggezione
a dover ricambiare quel contatto visivo….un sorriso di ironia spontaneamente nasce dalla mia bocca…è incredibile come non riesca a trovare ancora la forza di andare avanti, di rassegnarmi al mio presente e tagliare i fili col passato,
cerco di essere forte come ho sempre dimostrato, ma forse sono la più debole fra tutti…che vago ancora alla ricerca del suo sguardo fra la gente, fra le case del quartiere, vedere se è cambiato qualcosa in lui, qualcosa fra di noi….
poso di scatto la foto, tentando di ritrarmi via dai ricordi…comincio ad affacciarmi dalla finestra e dare
uno sguardo in giardino, ma la situazione non sembra che peggiorare….quanti scontri su quel prato,
su quello stagno, su quella veranda…quanti pomeriggi passati insieme a coltivare quel fiore che
è stato tagliato troppo presto….ogni minima cosa mi ricorda te, anche il solo movimento di un filo d’erba
mi fa venire in mente la tua immagine mentre combatti e ti alleni con instancabile dedizione….la mia mente vuole continuare imperterrita a galoppare per la strada dei ricordi, così amari e taglienti al loro passaggio, tale che solo il sonno sembra che possa alleviare tutto questo ciclone vorticoso di pensieri…nonostante tutto questo
le domande rimangono sempre le stesse..Dove sei Ranma?! Che fine hai fatto?! Ti rivedrò mai…?!
All’improvviso un luccichio attira la mia attenzione, spaventata mi giro istintivamente di scatto verso
il vetro della finestra e…….rimango a fissarlo, notando che c’era qualcosa che percorreva la mia guancia pallida...
Una lacrima 





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Capitolo 2
*** Quella Strada per Nerima ***


E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, ovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre alla follia ma una vita senza senso è la tortura dell'irrequietudine e del vano desiderio. (Edgar Lee Masters)




Quella Strada per Nerima...

Nulla sembrava essere cambiato dall’ultima volta che ero stata lì…le stesse strade grigie e silenziose, il placido ruscello che costeggiava tutto il quartiere, i parchi verdi e pieni delle risate gioiose e spensierate dei bambini prossimi a tornare dai genitori per la cena….il sole stava tramontando, creando un gioco di luci sullo specchio d’acqua che mi trovavo parallelo al mio percorso…finalmente ero tornata al posto che consideravo veramente “casa”…il rumore degli uccelli che piano tornavano ai nidi accompagnava la mia silenziosa camminata, prontamente osservata dagli ultimi raggi che stavano abbandonando il cielo per lasciare posto alle prime stelle della sera…uno spettacolo semplice forse, eppure sempre così affascinante…mi balenano in mente tanti ricordi e avventure del passato e che spesso riportano un po’ di felicità nel mio cuore ma, ormai, le strade per molte delle persone che conoscevo sono state separate dalla mia, e questo non debbo che accettarlo….tuttavia è spontaneo chiedersi ancora che fine abbiano fatto, che cosa stanno facendo ora, se è cambiato qualcosa nelle loro vite….beh dai, in fin dei conti sono solo passati 2 anni da quando avevo deciso di andarmene in cerca di fortuna, dopo essermi rassegnata al fatto che il mio destino non coincidesse…con il suo…con quel ragazzo così particolare e speciale, che già si distingueva dal resto del mondo per avere il suo caro e personale codino…..
Un senso di ansia stava cominciando a sorgere nel mio cuore, perché in verità non sapevo che aspettarmi da questo mio ritorno, forse dentro di me covavo la speranza che tutto magicamente tornasse come prima…prima che qualcun’altra lo portasse via da me…eppure è inutile che rimugino su queste cose, poiché sono stata io a decidere di andarmene e farmi la mia vita, anche se più o meno con scarsi risultati visto che sono tornata al punto di partenza, essendo purtroppo l’unico appiglio sicuro: Nerima! Un sobborgo così semplice e tranquillo, ma a volte anche caotico, dove comunque sia ho conosciuto tanta gente che, nel bene e nel male, mi ha lasciato qualcosa…
Credo che nonostante il tempo, dentro di me non sono cambiata per niente…forse si, sono maturata un po’ perché comunque l’età fa sempre una certa differenza, ma mi accorgo come, fermandomi davanti una vetrina, in realtà sono cambiata soprattutto esteriormente: ho acquisito qualche centimetro e, unito al fatto di avere comunque un fisico abbastanza asciutto, fa si che mi vedo molto slanciata e non passo certo inosservata tra le persone…i tratti del viso ora sono decisamente più calmi e rilassati di un tempo, che contornano i miei scuri occhi castani, in cui spesso rischio di perdermi da sola, e infine i capelli, un po’ schiariti a causa del sole, e ormai non più lunghi da coprirmi tutta la schiena…ormai arrivano alle spalle, e non sono più accompagnati dal solito fiocchetto bianco che usavo per legarli….la mia bocca è ferma in un mezzo sorriso pensando a tutte queste strambe considerazioni che faccio su me stessa, ma d’altronde queste ormai sono io, questa ormai è Ukyo Kuonji!
 
La notte era ormai giunta, probabilmente se mi fossi affrettata sarei arrivata prima a destinazione, ma finalmente eccomi qui…davanti al mio Locale! Fa un certo effetto trovarlo tutto buio e pieno di sbarre, come se per tutto questo tempo avesse protetto qualcosa di prezioso e di inestimabile valore, ma ora il mio unico pensiero è farlo tornare allo splendore di una volta, al ristorante di okonomiyaki più famoso di Tokio! L’unica cosa che non mi ha mai abbandonato è la mia abilità in cucina, la mia grande passione di creare qualcosa per la gente per cui essere ripagata anche con un solo sorriso..mi sento molto stanca a causa del viaggio, tuttavia voglio poter sistemare qualcosa prima di andare a dormire e riposare allontanando tutti i malanni provocati dal viaggio…sistemo i bagagli nell’ingresso e accarezzo con le dita il mio bancone pieno di polvere e fuliggine…quanti pomeriggi passati qui a cucinare per lui…per il mio Ranma! Eppure solo ora realizzo come in realtà veniva spesso non per farmi un piacere, ma solo per godere del mangiare…a volte non piacciamo alle persone per come siamo, ma per quello che facciamo…sicuramente si, sono stata una sua grande amica fin da piccola, ma nulla di più…ho tentato inutilmente di rubare il suo cuore, ma niente lo ha portato da me…i miei sentimenti li ho sepolti nel cuore che forte e deciso li ha incatenati con i migliori mezzi che aveva a disposizione….purtroppo non può fare la stessa cosa con i ricordi…maledetti ricordi! Questo tuffo nella memoria mi ha provocato un po’ di angoscia, sento la fronte sudata e il bisogno di prendere una boccata d’aria, così decido di uscire davanti la porta e godere un po’ la frescura della sera….eppure ancora non potevo sapere che proprio quella decisione avrebbe di nuovo cambiato la mia vita…..
 
La luce del lampione continuava a non funzionare bene, faceva continui lampeggi che provocavano coni d’ombra discontinui lungo la strada…sembrava non esserci nessuno in giro a quell’ora, sentivo giusto qualche abbaiare di cane in lontananza, quindi trovavo l’atmosfera abbastanza tesa e tetra…mi ero appoggiata con la schiena alla porta, sospirando e contemplando la luna crescente che si stagliava nel cielo scuro…creava una dolce luce chiara che amorevolmente mi accarezzava il viso, facendomi chiudere gli occhi…ero in pace assoluta col mondo che mi circondava, quando ad un tratto cominciai a sentire dei passi dal fondo del vicolo lì vicino….all’inizio erano udibili a mala pena, poi si fecero sempre più rumorosi finchè spuntò una figura all’angolo che si manteneva all’ombra….doveva essere qualcuno che tornava da lavorare, oppure qualche ubriacone che tardava ad andare a casa, quindi non diedi tanto peso alla cosa…tuttavia quella persona stava percorrendo il tratto che lo avrebbe portato al lato opposto della strada, e quindi sarebbe dovuta passare per forza davanti a me…decisi di rimanere lì ferma dove ero, tanto vale che mi toglievo il dubbio e poi non correvo nessun pericolo…sapevo benissimo come difendermi!
Ormai era arrivato quasi sotto al lampione fortemente indeciso se funzionare o meno dato che continuava la sua folle battaglia accendi-spegni...e appena passò sotto la luce…ebbi finalmente la rivelazione..…noooo! Non potevo crederci! Che buffo il destino! Sono appena arrivata a casa e chi è la prima persona che incontro?! All’inizio lo stupore mi aveva preso, lui stava continuando la sua camminata spedita, così decisi di alzarmi e rincorrerlo finchè ne avevo occasione.
< Mousse!!! > Urlai correndo, arrivando finalmente a fermarlo per la spalla.
Lui rimase lì per lì interdetto e stranito, si girò e, senza che mi stupissi affatto, aveva sempre lo stesso vizio di non mettersi mai gli occhiali, cosa che mi irritava alquanto!
< Scusa chi sei?! Ci conosciamo? > rispose stupito della mia chiamata.
< Idiota! Non sei cambiato per nulla! Prova a metterti le tue adorate lenti e magari qualcosa riuscirai a vederla > così estrasse prontamente la sua rotonda montatura che ho trovato sempre buffa e ridicola dalla manica e finalmente poté di nuovo vedere come era fatto veramente il mondo!
< Ohh ora va meglio…ehm scusa ma continuo a non capire…ci conosciamo?! >
In quel momento avrei spalancato la bocca, come poteva oltre ad aver perso la vista, anche la memoria?!? Poi però realizzai che in fondo quasi due anni erano passati e io comunque non sono rimasta proprio la stessa…
< Dai Mousse come sei esagerato, non mi riconosci?! Sono io, Ukyo! >
Una lampadina sembrò illuminarsi nella sua testa, come se si era destato da un sonno profondo che lo aveva fatto assopire per troppo tempo.
< Ukyo!!! Quanto tempo! Non ti avevo per niente riconosciuta! Ma sei davvero cambiata. Ormai capelli corti, ti trovo anche più magra mmh.. >
Sembrava che tentasse di scrutarmi e leggermi nei minimi dettagli osservandomi dalla testa ai piedi, e la cosa mi diede un pò fastidio, ma decisi di passarci sopra, poiché in parte era giustificato per la sua curiosità.
< Già, sono cambiate tante cose in questi mesi, una vita nuova, un look nuovo, anche se ora come vedi sto tornando alle origini > e dicendo questo indicai il mio negozio dietro di noi che era rimasto con una serranda semi aperta.
< Ah ecco! Ora ho capito la tua presenza qui, infatti ero rimasto a quando tu avevi deciso di partire lasciando di stucco a tutti, però ora mi fa piacere che tu sia tornata >
Lì per lì avremmo potuto parlare del più e del meno, ma si era insinuata l’idea irrefrenabile di chiedergli come andavano le cose lì a Nerima, come si stava svolgendo la vita…di certe persone.
< Beh come vedi sono arrivata da poco…tu invece che mi dici?! Come và la vita qui? Come stanno tutti? Shampoo, Obaba, Kuno…Ryoga! Chissà che fine ha fatto! E Akane e…Ranma?! >
Fu la cosa più sbagliata che potei dire!
Quasi come se avessi detto una bestemmia, lo sguardo di Mousse cambiò radicalmente e sembrò entrare in panico, apparve in lui una strana tristezza che non sapevo che il suo sguardo potesse esprimere….era quasi restio a parlare ormai, tuttavia il suo corpo rimase immobile, lo sguardo basso verso ai piedi, e di colpo decise di alzarlo per guardami diritto negli occhi.
< Da dove cominciare....Shampoo e Obaba ormai si sono trasferiti in cina dalla loro tribù e come sempre io li seguo fedelmente…certe cose non cambiano affatto! Ora sono qui perché devo prendere le ultime cose al nostro ex-locale e ritornare di nuovo da loro…tante altre cose invece sono cambiate tanto, e mi rendo conto che tu non sappia niente poiché…sono successi alcuni eventi dopo che tu te ne sei andata…. >
Qualcosa sembrò scattarmi dentro, come un fulmine! Cominciai ad avvertire paura dentro di me, la voce di Mousse sembrava un eco lontano che non faceva altro che mettere preoccupazione, tuttavia io dovevo rimanere ad ascoltarlo, dovevo sapere cosa mi ero persa nella mia assenza, cosa era successo alla realtà che conoscevo.
< Però…mi è davvero difficile parlartene…cavolo non sei rimasta in contatto con nessuno?! >
Ero stupita della sua domanda e l’unica cosa che potei fare era rispondere no con la testa, con uno sguardo indagatore e sospettoso, anche se tuttavia non ero preparata affatto a quello che mi stava per dire e che mi avrebbe scioccato.
< Dannazione Ukyo, non ci posso credere! Davvero non sai….chi è morto?! >
Il faro dietro di noi finalmente avevo smesso di mal funzionare…
aveva deciso di spegnersi definitivamente…..

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Capitolo 3
*** Palpito di Farfalla ***



Palpito di Farfalla


Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla provochi un uragano dall’altra parte del mondo.

           (The Butterfly Effect – Teoria del Caos)




Nuvole cupe e grigie avevano invaso ormai il cielo, cariche di tempesta e rancore verso il sole che tanto avevo bramato per tutto l’inverno…questo sicuramente era uno dei pochi e sporadici temporali estivi che si presentano a volte, pronti a squarciare l’azzurro del giorno e inondare tutte le strade, così fragili e inermi di fronte alla pioggia….le giornate di questo genere non mi sono mai piaciute, mi hanno sempre riempito di tristezza e malinconia a cui difficilmente il mio animo sa badare e sopportare…nonostante i miei fortuiti allenamenti per costruire la corazza interiore che mi ha sempre caratterizzato, di fronte a queste sciocchezze mi ritrovo sempre debole e comincio a subire tutto passivamente, senza riuscire a rispondere agli stimoli esterni…e decisamente è peggiorato questo mio lato del carattere, dentro di me sono rimasti pochi respiri di vita, una vita ora che non ho mai scelto, non sono riuscita ancora ad accettare da quando è successo….quello che ha sconvolte le esistenze di noi tutti…
Che stupida però! Qualsiasi discorso mi faccia o qualunque pensiero io realizzi, la mia testa va involontariamente sempre lì, così cerco di scacciare subito le riflessioni verso qualcos’altro…
L’aria sta portando con sé quell’odore che c’è poco prima che piove…è effettivamente una cosa che mi provoca piacere e felicità, e tutto è decisamente così contradditorio….
Affacciandomi dalla veranda noto come già qualche goccia stia cadendo sullo stagno, i pesci sembrano inquietarsi a causa di questo, li vedo fare continui movimenti e scatti di qua e di là, come in un perenne stato di nervosismo…mi sforzo ti non fissarli più, e dare uno sguardo invece al paesaggio circostante…il prato verde e profumato, i fiori dischiusi e appena sbocciati, le fronde degli alberi appena mosse impercettibilmente dal vento, è tutto così uguale nonostante il passare del tempo, e mentre è tutto così diverso…la tempesta che si sta per scatenare fuori non è niente se paragonato a quella che si svolge dentro di me…vorrei in questo momento provare qualsiasi cosa, percepire qualsiasi emozione, piuttosto che sentirmi come mi sento ora!!!
Quale potrebbe essere la medicina al mio male?! Rassegnazione? Indifferenza? Adattamento?
Nulla di tutto questo sembra potersi adeguare a me, io che sono sempre stata così viva e combattiva mentre adesso, così esanime e stanca….
Ma oggi è quel giorno della settimana, il giorno che dedico a una persona…speciale
Una di quelle persone che davvero mi ha sempre voluta bene per come ero fatta, che è stata un punto di riferimento, una colonna portante nella mia vita….e ora è arrivato il momento abituale di incontrarla ancora, non posso perdere questo appuntamento per me fondamentale….
Mi sono spostata all’ingresso, pronta ad indossare le scarpe e uscire per scappare da quella casa, dai brutti ricordi….una voce però mi blocca appena avevo aperto la porta.
< Akane, credi davvero che sia il caso di uscire con questo tempo?! Il Cielo non promette niente di buono, credo sia pericoloso andare fuori quando arrivano nuvole di quel genere… > e dicendo questo subito si sporse oltre la finestra, guardando preoccupata il mondo la fuori…
< Sta tranquilla Kasumi, non ci metterò molto, devo solo sbrigare una cosa…cercherò di fare il più presto possibile…>
< Va bene, non insisto, però mi raccomando stai attenta…e prendi l’ombrello! >
La sua voce in qualche modo riusciva a rassicurarmi e a togliermi un bel po’ di preoccupazioni…in fondo su di lei potevo sempre contare, è stata in qualsiasi occasione pronta ad aiutarmi e soccorrermi quando ne avevo bisogno…d’altronde lei era mia sorella! L’unica, insieme a Nabiki, che poteva capire cosa stavo provando…perché lei stava condividendo il mio stesso inferno….
 
 
Il cielo aveva deciso di dar inizio al suo sfogo finalmente, tuoni e fulmini in lontananza erano le uniche cose che rischiaravano per pochi secondi i nuvoloni neri e minacciosi che velocemente si abbattevano sulla città….le strade presto cominciarono a essere bagnate del tutto, e ogni cosa al mio passaggio sembrava risaltare alla mia vista: le persone intende a rincasare a casa e cercare il più presto possibile l’asciutto…i gatti che scappavano nei vicoli cercando un riparo momentaneo…i fili d’erba mossi e intorpiditi dal ticchettio delle gocce che imperterrite cadevano per dare inizio alla loro danza portatrice di vita…le foglie cadute per terra che ostacolavano il mio cammino appesantite dal troppo bagnato che le incollava all’asfalto…
L’ombrello era la mia unica protezione in quel momento, se fosse arrivata una vera e propria tempesta non avrei avuto modo di sfuggirvi in alcun modo, mi avrebbe portato letteralmente via…e forse non avrei posto nemmeno resistenza….
Aveva cominciato a piovere sempre più fitto, sempre più pesantemente, il che mi fece convincere di aumentare il passo, nonostante rischiassi di scivolare e cadere nelle tante pozzanghere che si erano create qua e là…ma in realtà per quanto riguarda questo non correvo pericoli, ormai conoscevo a memoria quel percorso, quella strada che percorrevo  per incontrarlo, per poterlo vedere ancora….
lui era sempre lì fermo ad aspettarmi, il posto e l’ora era fissato….era una routine a cui non riuscivo ad abituarmi ancora, ma mi serviva per poter andare avanti…
forse era tutto sbagliato, forse era tutto giusto, so solo per certo che mi sentivo felice esclusivamente nei sporadici momenti in cui confondevo la realtà col sogno….
E questo era uno di quegli istanti, mi nutriva solo il pensiero di camminare e andare da lui, tutto ciò riusciva a darmi uno strano sollievo…
La corsa sembra aver dato i suoi frutti…mi ritrovo già all’ingresso della mia destinazione…
non sembra esserci completamente nessuno in giro, è tutto così cupo e desolato e ciò mi provoca un senso di sconforto che mi atterra…ma decido di proseguire avanti, la mia missione deve concludersi….
Percorro piano il lungo sentiero che attraversa tanti prati e collinette, non mi capacito ancora che questo posto sia così grande, le prime volte infatti rischiavo sempre di perdermi….
la pioggia, che prima incessante aveva accompagnato il mio cammino, ora sembra essersi calmata e comincia a gocciolare sempre più piano...
Chiudo subito l’ombrello e, dando uno sguardo al cielo, noto come le nuvole abbiano deciso di allontanarsi e dare finalmente tregua alla terra…il sole sembra essere lontano lo stesso, ma non per questo mi rattristisco, e compio gli ultimi passi che mi dividono da lui….
 
Tutto ad un tratto qualcosa attira la mia attenzione e mi blocca per un attimo…
Come comparse dal nulla, due farfalle cominciano a svolazzarmi vicino, prima sembrano concentrate e ballare l’una con l’altra, subito dopo sembrano accorgersi della mia presenza e cominciano a compiere giri intorno a me, con i loro continui battiti d’ali…non riuscivo a studiarle bene, nemmeno a capire il loro comportamento, fatto sta che una di loro decise di posarsi sul dito della mano che avevo appena alzato…al mio tocco si tranquillizzò di colpo, e così potei notare come in realtà si trattasse di un tipo di farfalla che non avevo mai visto…il corpo e le antenne erano nere e scure come la pece, non si distinguevano gli occhi, forse era addirittura cieca…ma niente di più bello era comparabile alle sue ali…di un rosa-pesco che le faceva risaltare sul grigiore del paesaggio…
Su di esse vi erano strani disegni, somigliavano a petali di ciliegio…strana come cosa osservai.
L’altra farfalla furba era andata più avanti, proprio nel posto che segnava il mio arrivo….mi avvicinai finalmente e mi fermai….
 
 
Era lì davanti, fermo e immobile che mi fissava nella sua staticità, senza riuscire a esprimere alcuna emozione….non sapevo cosa dire e fare, c'era talmente tanta roba nella mia testa che il mondo fuori lo sentivo appena....passava come un'ombra, la vita era tutta nei miei pensieri…
Quello che pensavo sempre in quei momenti era come sarebbe stato il mio presente se non fosse successo tutto quello che è accaduto quasi 2 anni fa….se solo potessi cambiare il passato, tornare veloce e indietro con un solo schiocco, con un solo battito d’ali di farfalla…il loro palpito mi basterebbe a trovare sollievo…
E mentre mi rifugio in queste fantasie prive di logica e realtà, non mi rimane che fissare quella lapide, fredda come la mia anima, con quella foto e quella scritta incisa sulla pietra
come nel mio cuore:

Qui giace Soun Tendo, per sempre nel ricordo di tutti”

E restando lì immobile, non mi accorsi nemmeno che le farfalle come erano comparse erano sparite, volando via da me e dalla mia condanna, trasportate dal vento…..




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Capitolo 4
*** Profumo di Passato ***



Profumo di Passato



Un vecchio amore è come un granello di sabbia in un occhio: ci tormenta sempre….. (Voltaire)



 
< Accidenti Akane! Ma si può sapere che fine ha fatto la mia maglietta?!! >
Ormai era passata quasi mezzora che imprecavo in giro per tutta la casa alla ricerca di quel maledetto indumento! Forse avrei potuto benissimo mettermi qualcos’altro per uscire quel giorno, ma io sono sempre stata una testa dura, e quindi era una questione di principio risolvere l’arcano! Ricordo di averla vista l’ultima volta proprio addosso a mia sorella, quindi se per caso l’avesse persa, me l’avrebbe dovuta pagare con gli interessi!
Kasumi era impegnata con le solite faccende di casa e stava spazzando tranquillamente la veranda mentre osservava il mio nervosismo aumentare sempre di più; quel giorno dovevo sbrigare cose importantissime per l’università e non potevo propria crederci che stavo perdendo tempo per una miserabile maglietta. Risalì di nuovo le scale per arrivare in camera di Akane, e la trovai affaccendata a svuotare tutto il suo armadio, in un minuto aveva reso la sua camera a soqquadro, a quanto pare le mie intimidazioni stavano funzionando bene.
Ero appoggiata allo stipite della porta mentre osservavo ogni suo movimento: da un po’ di tempo era diversa dal solito, certo eravamo cambiati quasi tutti dalla morte di nostro padre, però lei ultimamente era diventata più pensierosa, più triste….Ormai parlavamo raramente, tra noi due non c’era il rapporto di una volta, sembrava quasi che lei volesse allontanare tutti, come se potesse avere un qualche veleno dentro di sé che potesse far del male.
Mi feci spazio fra le sue cose tutte lanciate per terra per arrivare a toccare la sua spalla.
< Sei a buon punto?! > le chiesi quasi timidamente, cosa che stupii persino me stessa.
< Sei arrivata al momento giusto….tieni qui! > e mi diede distrattamente l’agognato oggetto delle nostre ricerche.
< Ecco avevo ragione allora! Ce l’avevi tu, almeno la prossima volta sistemale al loro vero posto le cose mie che anche tu utilizzi > Non era in realtà un rimprovero, di più una raccomandazione che non aveva alcun fine negativo. Mio malgrado però lei sembrò prendersela, solo che non volle darlo a vedere, o per suo personale orgoglio o per non dare alcuna soddisfazione a me…
< Sta tranquilla…anzi credo che non avrò più bisogno di nulla da te… > si alzò da terra e se ne scese di sotto…dopo qualche minuto sentì la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi subito, stava uscendo anche lei evidentemente, e il più delle volte non diceva mai la sua meta…
Stava poco a casa ormai, il suo rifugio sembrava il mondo la fuori così vasto e sperduto, eppure potevo benissimo immaginava cosa cercava, anzi chi cercava….e sapeva bene che io e Kasumi non volevamo per niente che cercasse il responsabile della morte di nostro padre.
< Nabiki scendi un attimo! Visto che stai per uscire ho alcune commissioni da darti, non ti farò perdere troppo tempo > La voce di Kasumi sembrò ridestarmi da un sonno in cui ero discesa nel momento in cui Akane era uscita dalla stanza.
Eppure proprio il quel momento realizzai come mi sentivo perduta….stringevo tra le mani la maglietta un po’ stropicciata e ripensai alle parole che Akane mi disse poco fa…tra di noi qualcosa si era incrinato, non so dire quando tutto ebbe inizio; io, la ragazza più cinica e menefreghista che potesse esistere, a volte così fredda ed egoista, mi sentivo quasi ferita dal suo comportamento…il mio cuore a quanto pare si era troppo addolcito con gli anni, ora il mio unico pensiero non erano i soldi, ma l’affetto di mia sorella…una cosa che avevo paura di aver perso per sempre….
 

Non ce la facevo proprio più a rimanere chiusa fra quelle mura! Mi sentivo in gabbia, costretta a vivere una quotidianità che non mi apparteneva per niente e soprattutto mi sentivo tremendamente sola. Tutte le persone che conoscevo, tutte quelle a cui tenevo non erano più a portata di mano, il destino aveva fatto il suo corso: Kasumi era sempre lì per aiutarmi, ma non potevo certo tormentarla con tutti i miei problemi, Nabiki era diventata quasi una spina nel fianco, sempre indaffarata coi suoi impegni universitari e a cercare di leggermi dentro ogni volta che riuscivamo a parlare; Shampoo e Obaba ormai se ne erano andate e non erano più preoccupazione per nessuno; Mousse avevo saputo che era tornato da poco in città, sicuramente mi avrebbe fatto piacere incontrarlo per parlare un po’ come i vecchi tempi; Kuno si presentava di tanto in tanto a casa nostra, lui era l’unico che in questi anni non era cambiato per niente! E ogni volta un pugno che lo mandasse in alto nel cielo non mancava mai. Le sole persone che erano scomparse e con cui avevo perso definitivamente i contatti erano Ukyo e Ryoga…era strano come la loro sparizione coincidesse proprio col periodo in cui era successo tutto il pandemonio
riguardo la morte di mio padre.
Ma la persona che mi mancava più di tutti in assoluto era solo una, che occupava ogni mio pensiero di ogni singolo e maledetto giorno….e solo di lui avevo bisogno: Ranma.
Non so dire se lui centri veramente con tutta questa storia, tutti lo ritengono responsabile ma io non riesco a credere davvero che lui abbia potuto fare una cosa del genere.
Non posso evitare di trovare dentro di me sia l’affetto che sento per lui da sempre, sia l’odio che provo per essersene andato senza dire nulla, scappando via da tutto e da tutti, via da me…..
Adesso potrebbe darmi qualsiasi spiegazione, qualsiasi motivo per farmi avere almeno più chiara questa realtà, anche se fosse una bugia sarei disposta a credergli lo stesso,
basta che io possa rassegnarmi così da poterlo riavere di nuovo al mio fianco.
Tutti questi pensieri hanno tenuto occupata la mia mente per un bel po’, tanto che siccome mi ero messa a camminare prendendo strade che nemmeno conoscevo, svoltando a caso per i vicoli, ora nemmeno mi rendevo conto dove mi trovavo.
Ero tentata a fermare la prima persona che avrei incontrato per chiedere indicazioni ma mi vergognavo abbastanza a fare una cosa del genere…perdermi nel mio stesso quartiere, cosa c’era di più buffo?!?
In lontananza mi resi conto che c’era una strada un po’ più larga delle altre, probabilmente una delle principali della zona, poiché notavo come era anche la più curata, piena di aiuole, con una lunga fila di pali della luce, panchine dove sedersi, e quindi decisi di avviarmi verso quella direzione, magari questo avrebbe aiutato il mio senso dell’orientamento.
Un fresco venticello aveva iniziato a soffiare, la gonna che indossavo cominciò a sollevarsi più del dovuto, quindi dovetti trattenerla fra le mani durante il mio cammino, tuttavia la mia mente galoppava accompagnata dalla fantasia sulle nuvole del cielo.
Il peggior guaio che avevo in questo periodo è che mi distraevo continuamente, non riuscivo a rimanere concentrata su nulla per troppo tempo, ecco perché proprio mentre camminavo non mi ero resa conto di esser finita sull’asfalto dove correvano le automobili;
iniziai ad avviarmi verso le strisce pedonali per poter raggiungere l’altro lato della strada da cui avrei potuto avere una visuale migliore del paesaggio circostante, ma per un minuto rimasi bloccata lì sul marciapiede ad ammirare quello che mi avrebbe aspettato al di là: c’era un enorme parco che occupava la maggior parte di quell’isolato, era pieno di alberi sempreverdi che cercavano di sovrastare il muro di cinta che li chiudeva come in uno scrigno pieno di segreti; effettivamente non si poteva dire cos’altro ci fosse al suo interno, quindi la prima cosa che si impossessò di me fu la curiosità di andare a vedere di persona.
Attraversai decisa la strada e arrivai subito all’entrata: si trattava di un grosso cancello in ferro battuto nero, lasciato appena socchiuso dal custode, da cui partiva un lungo viale che si incrociava al centro con un altro dividendo il parco in quattro zone principali.
All’inizio pensai come potesse essere uno dei maggiori luoghi di svago per la gente e le famiglie, ma mi accorsi come in realtà era quasi del tutto vuoto, a parte qualche coppia che passeggiava e alcuni bambini che giocavano sul lato opposto con la sabbia; il resto del suolo era tutto occupato da un prato curato che insieme agli alberi sprigionava un atmosfera di benessere e pace con la natura, il verde era sicuramente il colore dell’anima di quel posto.
Respiravo a pieni polmoni l’aria carica di ossigeno e di un dolce profumo di fiori di campo, l’estate in qualche modo mi stava dando delle dolci sorprese che alleggerivano il mio cuore; tuttavia proprio mentre percorrevo quel lungo viale che non sapevo dove portava, potei notare particolari che solo nel mio passato riuscii a riscontrare.
I fiori, i profumi, le giostre, gli arbusti, la fontanella solitaria….ogni particolare lo ricollegavo al piccolo parco che stava vicino casa mia, quel posto che quasi consideravo mio e di Ranma;
lì ne sono successe tante di cose, in quel posto ho lasciato ogni tipo di ricordo, ma sicuramente il più bello che lo riguarda è stato durante quel Natale quando lui era scomparso tutto il giorno, per farsi trovare poi proprio lì, seduto tranquillo che mi aspettava per darmi i regali…
Quante emozioni potei provare quel giorno! Forse è solo quello che agogno più di qualsiasi altra cosa: sentire ancora quei sentimenti, avendo lui davanti che, nonostante la sua timidezza e arroganza, mi aveva fatto un po’ passare attraverso la sua corazza.
Questo parco però era diverso da quello, emanava qualcos’altro anche, qualcosa in più che mancava all’altro;
spezzai il mio percorso e intrapresi uno dei tanti piccoli sentieri che si dipartivano dal viale.
Guardavo come una bambina estasiata la natura che mi si presentava davanti, gli insetti che cercavano il nettare migliore, gli scoiattoli intenti a correre fra i rami gioiosi dell’aria estiva, le foglie che cadevano placidamente senza una traiettoria definita, eppure nonostante queste distrazioni mentre camminavo avevo una strana sensazione…non so…sentivo come se qualcuno mi stesse seguendo.
Infatti mi accorsi di strani movimenti che c’erano fra le fronde degli alberi, rumori di qualcuno che se ne stava nascosto per non farsi scoprire, cercando di mantenere l’andatura dei miei movimenti.
Cominciai a correre lentamente ma la sensazione di essere osservata non si dileguava per niente, in realtà con tutte le arti marziali che ho praticato avrei saputo stendere chiunque, però un po’ di paura la covavo dentro di me perché non sapevo chi o cosa volesse quel qualcuno da me.
Di colpo decisi di arrestarmi e girarmi dietro di botto, ma niente e nessuno c’era nella mia strada,
ma guarda caso i rumori che percepivo poco prima si bloccarono, e adesso solo il canto degli uccelli riuscivo a percepire.
Il mistero sembrava più infittirsi, avevo tanti pensieri e preoccupazioni in testa, ma qualcosa mi riuscii a distrarre da quella situazione: ero arrivata infatti sotto un grande e maestoso albero di ciliegio, la sua imponenza sovrastava la mia figura che si trovava sommersa dai suoi fitti rami in fiore…molti erano solo boccioli, altri si erano schiusi da poco, altri ancora spargevano i loro petali sul sentiero e sulle radici dove mi trovavo io; il tronco era pieno di nodi e venature che ne indicavano un età abbastanza avanzata, era unico nel suo genere e sicuramente era uno dei primi alberi che furono piantati nel parco.
Il sole contribuiva a fare un gioco di luci e ombre che mi investiva del tutto,
mentre lentamente i candidi petali rosa riscendevano su di me come una pioggia dolce e accogliente che può darti solo pace e nessun dolore.
Avevo chiuso gli occhi, tranquilla a godere anche dentro di me di quello spettacolo, ma all’improvviso….
un lampo! Un ricordo!

Aprì la mia vista al mondo e non potei evitare alla mia memoria di ritornare al giorno in cui avevo cucinato per Ranma, quei dolci alla ciliegia che avrebbero indicato chi fosse l’uomo della mia vita.
Il suo viso ne era pieno, non ho voluto ammetterlo a nessuno, nemmeno a me stessa, ma in quel momento avevo provato una felicità oltre ogni limite; ma tutto è andato storto, il destino mi ha diviso da lui e porto dentro un dolore che mi lacera sempre di più, sono sprofondata in un baratro senza uscita, pieno solo di perdizione.
Tutto questo non fa che riportarmi la tristezza nel cuore, mi sforzo per non cedere, ma non posso evitare di far scendere le lacrime, di far piangere ancora una volta i miei occhi….
Non ce la faccio più a rimanere lì sotto quell’albero, ho trovato ulteriore sofferenza venendo qui, l’istinto mi dice solo di scappare, scappare e scappare…correre via dai ricordi e da tutto!
Velocemente senza fermarmi faccio tutta la strada che avevo fatto prima, corro lungo il viale del parco senza dar peso agli sguardi dei passanti che mi guardano straniti, arrivo al cancello d’entrata e non riesco a fermarmi…fermarsi sarebbe cedere e perdere ancora un’altra battaglia.
L’incoscienza e la disperazione si sono ormai impossessati di me, non faccio nemmeno attenzione ad attraversare la strada, voglio solo tornare a casa e rinchiudermi in camera mia, buttarmi sul letto e trovare sollievo dal passato; e proprio mentre correvo sento un clacson, un rumore di frenata, due luci che mi vengono incontro, vicine, sempre più vicine….
Il mio cuore sembra fermarsi in quell'istante, mi trovo bloccata e sconvolta da quel momento che sta segnando la mia morte….è questo dunque il mio destino?!
Chiudo gli occhi di colpo, forse questo è l’unico modo con cui troverò la vera pace……

 
Qualcosa però sembra andare diversamente da quello che mi aspettavo, sento un veloce movimento vicino a me, qualcuno che mi prende all’improvviso fra le sue braccia, un vento che mi investe il viso e il corpo.
Realizzo ad un tratto che non sono più nel centro della strada, mi trovo sdraiata sul marciapiede e mi sento stretta a qualcuno; l’emozione e la paura mi avevano catturato, non avevano intenzione di dileguarsi da me e il mio corpo non seppe più reggere.
Così lentamente persi i sensi, cadendo nel buio più totale….l’ultima cosa che ricordai erano due profondi occhi blu, misteriosi e incostanti come il mare d’inverno.




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Capitolo 5
*** Qui dove batte il Cuore ***


Qui dove batte il Cuore

 
Il tuo cuore si trova là dove si trova il tuo tesoro. Ed è necessario che il tuo tesoro sia ritrovato affinché tutto ciò che hai scoperto durante il cammino possa avere un significato.               

Paulo Coelho



Ancora non riuscivo a credere a quello che mi era stato detto quella sera…
Lo shock era stato palpabile quanto il vento che si sente sul proprio viso, e non potei evitare di rimanere sconcertata da quello che Mousse era stato in grado di riferirmi.
La morte di Soun, la scomparsa di Ranma, la situazione della famiglia Tendo…quante cose erano cambiate, troppe forse! Non avrei mai creduto che al mio ritorno avrei trovato tutto ciò, quello che reputavo il mio unico e felice rifugio si era trasformato in qualcosa che non so neanche definire di preciso…mi sentivo come in un limbo, sospesa a mezz’aria senza sapere che fare.
Erano passati ormai 3 giorni da quando avvenne quella chiacchierata, in poco tempo avevo rimesso in sesto il locale, pulito da cima a fondo, senza scordare ovviamente qualche riparazione necessaria a causa dell’usura del tempo.
Probabilmente mi ero affogata in queste faccende per non pensare troppo a quello che era accaduto, ma appena riposavo era inevitabile che le riflessioni cadevano sulle persone a cui ero stata tanto legata; sentivo che dovevo fare qualcosa per loro, far capire che in qualche modo io sarei stata lì per loro ora che ero tornata definitivamente.
La mattina era iniziata col solito ritmo, frenetica e piena di energia per poter finalmente riaprire il locale, ormai era quasi tutto pronto, l’unica cosa che mi mancava erano tutti gli ingredienti in cucina, mi toccava fare una bella spesa, così partì con buste e ceste in mano verso il mercato, che distava abbastanza, pronta a intraprendere una strada irta di pericoli…si, ogni dettaglio che avrei incontrato mi avrebbe riportato alla memoria qualcosa del passato; può essere una così astratta essere anche così pericolosa?! Non mi domandavo altro in quei giorni, il dubbio stava governando la mia quotidianità. Nonostante pensai tutto ciò, mi ero completamente dimenticata che il mio percorso mi avrebbe costretto a passare davanti a una certa abitazione; ed era lì che mi trovavo adesso, ferma e statuaria ad osservare un enorme portone in legno con un’insegna di palestra di arti marziali…ero lì, in trappola, indecisa su cosa fare, davanti Casa Tendo.
La mia mente mi diceva di andarmene, continuare la mia strada, la mia vita, in tranquillità e senza più pensare a nient’altro, mentre il mio cuore controbatteva con più foga, ostinato a convincermi ad entrare e trovare le risposte che da tanto tempo cercavo.
Quanta confusione albergava dentro di me, ma basta! Istintivamente feci un passo avanti e con tutto il coraggio che potei avere in quel momento bussai forte al portone, sperando tuttavia che non ci fosse nessuno in casa.
Aspettai circa un minuto, la mia speranza quindi si stava realizzando, avevo già fatto qualche passo per andarmene, quando in lontananza sentii una porta aprirsi al di là del muro.
Un rumore di passi lenti e decisi si percepirono sempre più vicini, e parallelamente la mia ansia cresceva, come un condannato a morte, e finalmente quel portone in tutta la sua interezza cominciò ad aprirsi, svelando la figura di Kasumi.
< Ciao Ukyo! Ma quanto tempo! Sembra essere passata un’eternità dall’ultima volta che ti ho vista > la sua voce risuonò come una melodia alle mie orecchie, calda e confortevole, come l’unica cosa al mondo che con certezza non poteva farti del male.
< Kasumi! Mi fa tanto piacere trovarti in casa. Credevo non ci fosse nessuno.. >
Avevo davvero tanta fantasia a fare i discorsi! Che cavolo avevo detto?! Non riuscivo a sentire nemmeno me stessa, non sapevo perché mi trovavo lì, e soprattutto non sapevo cosa dire!
Mi ritrovai a sudare freddo e guardarmi circospetta, mi sentivo fuori luogo, ingrata per essere scomparsa dopo tutto quel tempo senza farmi viva. Kasumi sembrò accorgersi del mio disagio, e prontamente mi invitò dentro per bere una tazza di thè; non potei affatto rifiutare e così, poco convinta entrai in casa.
Dentro era rimasto tutto più o meno uguale, nemmeno un filo di polvere scalfiva le pareti o qualsiasi altro mobile presente, la sala che dava in veranda era il solito posto confortevole dove stare e parlare, così ci sedemmo lì a contemplare il giardino.
< Ecco a te > Kasumi mi passò il thè con estrema delicatezza, al tocco della tazza la mia mano percepì un dolce calore, che non mi infastidiva per nulla nonostante fosse piena estate.
< Raccontami tutto Ukyo. Cosa hai fatto in questi due anni? Quando sei tornata qui a Nerima? >
Dovevo aspettarmi domande del genere, solo che lì per lì avevo la testa pesante, troppi pensieri e preoccupazioni aleggiavano in quel momento.
Con tutta la calma che potei raccogliere gli spiegai tutta la mia situazione, cosa avevo fatto, dove ero andata, e il perché del mio ritorno. Cercavo di essere serena e naturale nella conversazione, finchè calò il silenzio in quella stanza e tutto sembrò ghiacciarsi.
Mi concentrai a osservare le foglie di thè che galleggiavano nel bollitore appoggiato sul tavolo, tuttavia mi sentivo alquanto osservata, e alzando lo sguardo notai che Kasumi mi fissava con uno strano guardo, dopodiché fece un'affermazione che mi spiazzò subito.
< Ukyo sento che però non sei passata qui per una..come dire..visita di cortesia. Non metto in dubbio la tua buona fede ovviamente, però percepisco che ci sono altre cose che…vorresti chiedermi…> Colpita e affondata! Non riuscivo a credere che fosse riuscita a leggermi dentro così bene, forse era diventata una grande lettrice di anime, un’abilità sviluppata nel corso dei suoi silenzi e della sua riservatezza; così, messa a spalle a muro, feci ciò che desideravo dal momento in cui avevo messo piede a Nerima.
< Ecco…io ho saputo quello che è successo circa 2 anni fa, ho parlato con Mousse l’altro sera; è scontato dire che mi dispiaccia davvero per tutto, e non voglio sembrare insensibile adesso, tuttavia l’unica domanda impellente che mi viene spontanea è: Dov’è Ranma?! >
Dopo le mie parole il suo sguardo non era cambiato per nulla. Non trapelava nessuna emozione, aveva una compostezza snervante che istigava la mia curiosità.
< Beh un dubbio più che ovvio da parte tua. Ma in questo caso la domanda giusta non credo sia “dove” ma “perché”…>
Non riuscivo a capire quello che voleva dirmi. Che cosa significava tutto questo?!
Era una situazione così complicata, così strana, cos’altro c’era dietro tutta questa faccenda?
< Come già sai Ranma è scomparso, ma c’è qualcosa di ben più profondo dietro…>
Ascoltai attentamente ogni parola che usciva dalla sua bocca. Quando finalmente finì, ricadde di nuovo il silenzio glaciale di prima, rotto solamente dal rumore della mia tazza che cadeva a terra, infrangendosi in mille pezzi.
 
 
Ombre scure, improvviso calore, freddo inaspettato, luce abbagliante….
Mi trovavo sospesa non so dove, provavo sensazioni strane e ambigue a cui non riuscivo ad opporre resistenza, mi sentivo come una barca alla deriva, in un oceano sconosciuto senza appigli né sicurezze. Era tuttavia come se pian piano stavo acquistando consapevolezza di tutto…sì, sentivo il sole che mi accarezzava la pelle, sentivo qualcuno che mi toccava la mano….forse stavo sognando prima, ora mi trovo nella dormiveglia, quando il cervello sta per svegliarsi mentre ancora il corpo rifiuta di muoversi.
Ma questo stato non poteva durare a lungo, giacché finalmente riuscì ad aprire gli occhi con tutta la forza di volontà che possedevo, e mi ritrovai confusa.
Spalancando la mia vista mi accorsi subito che non mi trovavo nella mia stanza, avevo davanti a me un soffitto fatto con fitte canne scure intrecciate fra loro che non permettevano il passaggio a nulla, forti nel proteggere dalle intemperie esterne; così di scatto alzai il busto e mi misi a sedere in quello che sembrava un futon abbastanza familiare…
Mi trovavo in una stanza semplice e modesta, poteva essere poco più grande della mia, tuttavia era spoglia, senza alcun mobile o oggetto in particolare, a parte un piccolo armadio a parete, un tavolino vecchio e malconcio rilegato in un angolo, e una specie di comò con tutti i cassetti semi aperti. Davanti a me avevo una finestra socchiusa fatta allo stesso modo del tetto, solo che vi erano molte fessure, il che permetteva alla luce del sole di filtrare dentro, creando un gioco di luci e ombre che devi avermi destato dal sonno. Lentamente decisi di alzarmi e affacciarmi per capire dove mi trovavo; spalancai entrambe le ante e mi accorsi che non ero più in città: avevo davanti a me tantissimi alberi, forse una foresta, oltre al quale non riuscivo a scorgere nient’altro.
Mi trovavo al primo piano di un’abitazione fatiscente al centro di una piccola radura piena di tronchi e strani attrezzi posati lì sull’erba fresca e verde.
Guardando il cielo calcolai che doveva essere pieno pomeriggio, anche se non potei capire per quante ore avevo dormito.
Cercai di fare mente locale e finalmente ricordai tutto! Ero al centro della strada, una macchina mi stava investendo, ero pronta a morire…ma qualcuno mi aveva salvata! Ma chi!? Ricordo solamente quegli occhi, quei due occhi blu che mi fissavano e penetravano, e poi fu tutto buio.
Decisi di uscire da lì per capire qualcosa di più di quel posto, e solo in quel momento mi accorsi che sopra uno di quei cassetti vicino a me c’era una foto girata, posata lì in mezzo ai vestiti.
Prontamente la presi e la girai, e con mio stupore scoprì chi era il soggetto: ero io.
Mi trovavo a scuola, con la mia divisa e la cartella in mano, sorridente e felice che guardavo al di là dell’orizzonte; potevo scommettere che quella era una delle tante foto che mi aveva scattato un tempo Nabiki e che metteva in vendita al primo offerente, ma perché si trovava proprio qui?!?
Uscì subito da quella stanza e mi trovai in un corridoio scuro, pieno di tante altre porte che forse nascondevano altre camere di quel genere, e scesi lentamente le scale che trovai alla mia sinistra.
Ora mi trovavo in un largo ingresso che potevo interpretare come una specie di cucina-soggiorno, con dei divani in stoffa posizionati in circolo, dei tavoli lunghi messi al centro con delle sedie sparpagliate, e una credenza grande piena di piatti da lavare.
Ma il mio sguardo si spostò verso l’unica persona che si trovava in quel luogo; c’era un uomo, messo di spalle, che guardava fuori attraverso la finestra, a braccia conserte, troppo impegnato a pensare per accorgersi della mia presenza, investito del tutto dalla luce del sole che non mi permetteva di scorgere altri dettagli.
In quel momento pensai che sarebbe stato il caso di scappare in silenzio, tornare subito a casa e dimenticare tutto quello che era successo, ma la mia speranza svanì subito, poiché nella mia sbadataggine feci rumore con la porta che cigolò rumorosamente, ridestando quella figura dal suo sonno, che si girò prontamente verso di me, e quando potei finalmente vederlo in faccia……..il mio cuore si fermò.
 

Fermo davanti a me c’era l’unica persona che avevo cercato tutto questo tempo, che mi tormentava nei sogni e nella realtà: c’era Ranma! Ma non era la stessa e identica persona che conoscevo, era cambiato qualcosa in lui che non so definire con esattezza.
Non avevo un semplice ragazzo sedicenne davanti a me come la prima volta che ci eravamo visti, si era trasformato in un uomo ormai, alto, muscoloso, bello….la sua chioma nera e fulgida era stata sfoltita, aveva i capelli più corti ma sempre accompagnati dall’immancabile codino intrecciato dietro la testa; i tratti del viso erano più maturi, una fronte piccola era solcata giusto da qualche ruga di sforzo, una leggera barbetta  gli contornava la mascella ferma e più appuntita, la bocca era semichiusa in un gesto di stupore misto a riservatezza e gli occhi….sempre più blu e maestosi come non lo erano mai stati che mi fissavano e mi studiavano nella loro potenza.
Il suo corpo era fermo senza che trapelava alcuna emozione, a differenza del mio, che sfuggì al mio controllo e cominciò a tremare e ad agire di sua spontanea volontà.
Non so quanti battiti avevo perso, sembrava che il cuore fosse scomparso per lasciare il posto a un vuoto assoluto, accompagnato  da una forte sensazione allo stomaco che scese fino ai piedi impedendomi qualsiasi reazione.
Ranma continuava a fissarmi finchè decise di compiere qualche passo verso di me; ed ecco che il mio istinto prese il sopravvento con tutta la sua rabbia: corsi verso di lui e gli tirai uno schiaffo in faccia con tutta la forza che avevo nella mano.
Rimase con il viso di profilo immobile, stupito della mia reazione, senza tuttavia battere alcun ciglio.
< Come hai potuto?! Come hai POTUTO?! >
Sapevo che con lui perdevo il controllo di me stessa, e non potei evitare di abbandonarmi alla collera e alle lacrime, che di nuovo inondarono i miei occhi, le mie guancie, come mai avevano fatto fino ad ora.
< Akane….> la sua voce era l’unica cosa che era rimasta uguale a prima, un suono che arrivava alle mie orecchie e che mi bloccava i respiri al petto.
Cominciò a girarmi la testa, mi sentivo come prima quando stavo per essere investita, e non riuscì a reggermi più in piedi.
Ma Ranma fu pronto e veloce e prendermi fra le sue braccia e portarmi sul divano vicino alla finestra. Quando mi adagiò tuttavia non allentò la presa su di me, stringendomi stretta al suo petto; forse credeva che così mi sarei tranquillizzata, ma in realtà non sapeva che stavo peggio.
Sentivo il suo calore, il suo profumo, la sua essenza…..ero inerme davanti a tutto questo, avrei potuto abbandonarmi a lui proprio in quel momento, desideravo solo non piangere più, l’unica cosa che volevo era riavere il mio cuore….avevo perso tutti i suoi battiti. Che fine avevano fatto?! La sapevo già la risposta: me li aveva rubati lui coi suoi occhi.
< Ti chiedo scusa….può sembrarti inverosimile da parte mia ma ti chiedo perdono….per tutto il male che ti ho fatto…>
Non potevo credere alle mie orecchie. Lì abbracciati e distesi su quel divano, Ranma per la prima volta nella sua vita mi chiedeva esplicitamente scusa per il suo comportamento. Non poteva essere vero, era un sogno, sicuramente un sogno bello come non mai.
< Perché te ne sei andato?! Cosa centri tu davvero con la morte di mio padre?! Tutti dicono la stessa cosa ma io non posso crederci. Ho sempre pensato che ci fosse stato dietro qualcos’altro, che la verità era un’altra…ti prego Ranma dimmela se esiste davvero…>
la mia rabbia si era sciolta nel momento in cui mi aveva stretta a sé, il mio unico pensiero ora era capire la realtà dei fatti, cosa era successo davvero 2 anni fa, perché lui era scappato…
< Io…ecco…vorrei tanto dirtela…> tentennava, non riusciva ad aprirsi e a esporsi con me, ecco qualcosa che non ero affatto cambiato in lui.
< Sono pronta a qualsiasi cosa > lui però non sembrava pensarla allo stesso modo.
< Va bene…forse è davvero arrivato il momento che tu sappia la verità… >
Di colpo però si sentirono strani rumori provenire dall’esterno, una serie di voci che arrivavano dal folto della foresta fuori e che si dirigevano verso la casa.
Ranma fu veloce, fece uno scatto felino alzandosi subito stringendomi ancora e di soppiatto uscimmo da una porta che dava sul retro.
Con forza ma anche delicatezza mi spinse alla parete e lui si appiattì insieme a me, facendo si che i nostri corpi aderissero perfettamente, muto e ascoltando quello che stava avvenendo dentro. Non mi ero mai trovata davvero così vicino a lui, i nostri visi erano a pochi centimetri, sentivo il suo respiro sulla mia fronte fredda che mi provocava scosse su tutta la schiena. Nel frattempo le voci si fecero sempre più distinte, tanto che ora quelle persone si trovavano nell’ingresso dove eravamo noi poco prima.
< Credevo sarebbero tornati più tardi. Dobbiamo andarcene da qui….>
La mia mano involontariamente si era poggiata al suo petto.
Se il mio cuore era scomparso e aveva perso i suoi battiti, il suo invece galoppava e tuonava, come i fulmini nella tempesta.






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Capitolo 6
*** Rabbia e Dolore ***



Rabbia e Dolore



Il mio destino è svegliarmi con rabbia ogni mattina, e andare a dormire alla sera ancor più arrabbiato. Tutto questo per cercare l'unica verità che sta al centro di ogni pagina di narrativa mai scritta: siamo tutti nella stessa pelle... ma per il tempo che ci vuole a leggere questi racconti ho solo la bocca..

  Harlan Ellison.

 



Era una mattina decisamente burrascosa.
Già erano passati 3 giorni che eravamo fermi qui, in questo maledetto hotel ad aspettare i nostri turni per le selezioni, e io non volevo altro che battermi e mettermi a confronto con qualsiasi avversario che mi sarebbe apparso davanti.
Ero però anche troppo irrequieto, mi ero stancato di aspettare e chi mi conosceva lo sapeva, la pazienza non era certo il mio forte! Già ero partito elettrico ed eccitato appena era arrivato l’invito a casa per il campionato mondiale di arti marziali, che quest’anno guarda caso si sarebbe tenuto proprio in Giappone, e la sola idea di dovermi trattenere ancora mi provocava notevole nervosismo!
Inoltre non mi aiutava affatto che mio padre, Soun, Akane e Nabiki avessero deciso di seguirmi per potermi assistere durante tutto l’arco della gara.
Ma la sorpresa più grande fu quella di trovare al mio arrivo  Ryoga e Mousse, che avevano ricevuto il medesimo invito. Daiiii, quei due erano delle schiappe a confronto me, sarebbero stati eliminati già nel corso dei primi turni, perché alla vittoria dovevo arrivare io e io solamente!
Non so cosa mi spingeva così tanto a vincere, forse l’orgoglio, fatto sta che avevo energie da vendere ed ero pronto a tutto.
Il conto alla rovescia ormai stava per finire, e quel pomeriggio finalmente avrei disputato le eliminatorie per passare agli ottavi di finale;  era arrivato l’ora del pranzo e tutti finalmente scendemmo nella sala e pregustare tanti buoni piatti prima della mia ovvia vittoria.
La scena che si presentava era sempre la stessa, come di consueto: Soun e Genma che si litigavano per ogni minima porzione che occupava il tavolo, Nabiki che mangiava silenziosamente e indifferente a tutto (anche se avrei giurato che stava architettando qualcosa), Ryoga e Mousse che discutevano animatamente su quale tecniche erano le migliori per poter battere velocemente un avversario, e poi Akane….il mio sguardo si era soffermato su di lei: composta e tranquilla si pregustava tutte questi avvenimenti provocandogli qualche sorriso fra un morso e un altro.
In quel momento però qualcosa la distrasse, e forse furono proprio i miei occhi, che infatti la stavano fissando; si girò di scatto verso di me e passarono 3 secondi, 3 eterni secondi in cui le nostre iridi sprofondarono l’una in quella dell’altra, era tutto così magico, così profondo….
< Beh?! Che c’è da fissare? > mi riscosse con la sua domanda più che ovvia, e al mio solito diedi velocemente la risposta più sbagliata.
< Ah no niente!! Mi domandavo solamente quando finivi di mangiare sennò quei fianchi così larghi non scompariranno mai > non ebbi nemmeno il tempo di girarmi con la testa che mi arrivò il tavolo vicino diritto nella testa, spaccandosi in due e creandomi un enorme bernoccolo proprio al centro, accompagnato dalle mie urla di dolore!
< Con permesso!!! > se ne andò subito dalla sala lasciando tutti gli altri basiti e me dolorante a terra che sbraitavo e inveivo contro tutti gli Dei.
< Sempre così manesca! Non cambierà proprio maiiii, accidenti! >
Forse era la nostra condanna…ogni volta che riuscivamo a trovare un contatto tra di noi, subito dopo non potevamo evitare di allontanarci, o per lo meno, mi rendevo conto che ero quasi sempre io a iniziare. Non sapevo nemmeno perché in quel momento facevo considerazioni di quel genere, sentivo che qualcosa dentro me stava cambiando, mi sentivo diverso….
Il dolore che provavo alla testa non aveva più importanza, il mio corpo stava dando più peso a una sensazione più forte, una sorta di sofferenza che dallo stomaco saliva piano…fino al cuore.
 

Bussai una, due, tre, quattro volte…Akane non voleva propria fiatare e manifestare la sua presenza in camera, chiusa nel suo orgoglio e nella sua presunzione.
< Akane muoviti apri! Voglio chiarire suvvia, non ti volevo far arrabbiare, sul serio >
Ora riuscivo a percepire perfettamente dei respiri da dietro la porta; a quanto pare si era appostata per captare la mia voce e decidere magari se aprire o meno.
< Ammetto di aver risposto male, sono nervoso per la gare, potresti essere più comprensiva diamine! > ecco che finalmente toccata nei suoi punti deboli si decise ad aprire una fessura dalla porta, pur tuttavia mantenendo il chiavistello inserito.
< Veramente sei così da quando ti conosco! Non credo ci centri tanto la gara visto che ti senti così superiore! E se io dovessi essere comprensiva, allora tu potresti essere più gentile! >
Il suo discorso in un certo senso non faceva una piega, ma non poteva averla vinta lei, non potevo lasciargli tanta soddisfazione.
< E ci credo! Trovo difficile che la gente riesca ad essere gentile con una racchia come te così violenta! >
Il suo viso diventò rosso di rabbia, ma la mia vista si concentrò ancora una volta su quei gli occhi, così castani e misteriosi. Questo contatto durò poco, poiché mi sbattè la porta in faccia, e ancora all’epoca non sapevo che sarebbe stato anche l’ultimo…..
All’improvviso venne Nabiki in corridoio sopraggiungendo vicino a me.
< Vedo che il litigio non ha fine….comunque c’è mio padre che ti sta cercando, dice che ti deve parlare…>
Abbattuto e poco convinto scesi un piano sotto per raggiungere la stanza dove dormiva Soun.
Lungo il mio cammino tuttavia cominciai a sentirmi strano…davvero strano!
Un nervoso che non avevo mai avuto prima cominciò ad albergarmi dentro provocandomi difficoltà anche solo a camminare; una rabbia furiosa mi spuntò dal nulla nel cuore senza motivo, senza niente che possa averla scatenata, sapevo solo che era lì ed era comparsa in un attimo.
Non stavo capendo cosa mi stava succedendo, mi sentivo ribollire come la lava, sentivo come se era entrato in me….qualcosa di malefico.
Cercai di mantenere la calma, pensai che questo era un brutto tiro che l’ansia voleva provocarmi e la mia incoscienza reagiva in questo modo, così con tutta la calma che era rimasta (semmai davvero c’era) bussai alla porta ed entrai appena ebbi risposta da Soun.
Diversamente dalla mia la sua stanza aveva dei grandi finestroni che catturavano la luce del primo pomeriggio; il letto in un angolo, 4 quadri appesi alla parete, un tappetto e un tavolinetto pieno di scartoffie: non era certo una camera da 5 stelle, però avevo lo stretto necessario.
Soun era affacciato con lo sguardo a guardare fuori, pensieroso e circospetto, e appena si girò verso di me notai come aveva il viso scavato, pieno di rughe e di stanchezza, come se fosse stato per un mese intero a lavorare senza mai riposarsi; lì sul posto quasi tentennava a stare in piedi.
< Ranma…scusa se ti ho disturbato…so che sei molto concentrato per le gare di oggi pomeriggio…>
Faticava perfino a respirare, ogni parola che pronunciava era uno sforzo immane per i suoi polmoni.
< ma…m-a c’era qualcosa…che vole-vo dir-ti…> non riusciva quasi più nemmeno a parlare, gli mancava il respiro e cominciò per giunta a tenersi il petto.
< Soun quale predica mi devi fare stavolta eh?! Dove sono i soliti lacrimoni? Lo so ho trattato male per l’ennesima volta Akane…ok ok..ma sono fatto così! E ribadisco sempre che siete stati voi a decidere del nostro fidanzamento del cavolo! >
A quanto pare però nemmeno io riuscivo a controllarmi, la rabbia che avevo sentito prima nel corridoio sembrare esplodermi da tutti i pori della pelle, avevo la mente accecata da un odio che non sapevo di poter provare nei confronti di quel rimprovero così inutile e insignificante.
< No…noo! Ti stai sbagli-and-o…non è per que-llo..> arrivarono i primi colpi di tosse, pesanti quanto l’atmosfera che si stava venendo a creare in quella stanza.
< Mi hai stancato Soun! Quando finirai di intrometterti in questo modo nelle nostre vite? Possibile che l’esagerazione non vuole propria andarsene dal tuo minuscolo cervello?? >
Feci ampi passi verso di lui finchè me lo ritrovai faccia a faccia, che mi guardava con sguardo semplice e supplichevole.
< Ran-maa…ti preg-go…ascoltamiii…c’è contro di te un compl-ott…> la tosse si fece sempre più roca e profonda, non riusciva più a respirare e si appoggiò con il braccio a me.
< Ora BASTA! Leva subito quelle mani addosso a me! >
Fu istintivo! Con forza abbastanza incontrollata, gli diedi uno spintone tale che lo scaraventai nella parete a destra, sbattendo con tutta la schiena con un contraccolpo che fece vibrare le intere pareti della camera. Subito dopo cadde a terra, con il busto appoggiato al muro e la testa sospesa in giù, esamine, senza proferire più parole.
Di colpo di nuovo qualcosa cambiò dentro di me, la rabbia e l’odio che avevo provato fino a un secondo prima erano svanite del tutto, lasciando il posto a un vuoto immane seguito da un’immensa preoccupazione e senso di colpo per quello che avevo detto e fatto.
< Soun! SOUN! > mi avvicinai a lui e cominciai a scuoterlo animatamente. Non dava nessuna reazione, nessun sintomo di vita. Mi apprestai a toccargli il polso e lì ebbi la macabra verità: non c’era battito, non c’era niente.
Il silenzio piombò intorno a me, guardai sconvolto il corpo di Soun immobile…lui era…era…era MORTO!
Il panico si impadronì di me, non potevo credere davvero a quello che avevo fatto! Non vedevo nessuna via d’uscita per me! Vedevo la vita che mi passava via velocemente, quello che le persone avrebbero detto, come mi ero macchiato l’anima in questo modo, come Akane avrebbe potuto vedermi….
Non pensai a nient’altro a quel punto, se non scappare, via, lontano…..dovevo calmarmi e cercare una spiegazione, una soluzione, un perdono! Che forse nemmeno Dio mi avrebbe potuto dare…
Così uscì subito dalla finestra e scesi di soppiatto in strada, confondendomi con la gente e la confusione che aspettava l’esito delle gare precedenti.
L’ultima cosa che sentii abbandonando quel luogo fu un urlo, proveniente da quella stanza maledetta….
 

Ripensai a tutto quello che era successo quel giorno. Ormai io e Akane eravamo arrivati sulle rive di un ruscello della foresta, avevamo lasciato la casa nella radura perché gli altri erano tornati troppo presto dannazione! Si stava dissetando poiché la paura e la stanchezza l’avevano provata molto, e mentre la guardavo bella e meravigliosa come sempre misi in moto la memoria riflettendo su quei fatti tanto misteriosi e chiari nello stesso tempo.
Akane non voleva altro che risposte, voleva capire che cosa era successo sul serio quando morì Soun, ma io non sapevo come parlarci…non dovevo, o forse di più non potevo….
Non potevo dirgli che avevo davvero ucciso suo padre….!





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Capitolo 7
*** Maschere ***



MASCHERE




Ogni falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po' di attenzione, a distinguerla dal volto.

Alexandre Dumas 

 
 
Che strano rivederla ancora una volta seduta lì, con quello sguardo assente e stupito.
Ero rientrata da poco a casa dopo aver sbrigato le solite cose alla facoltà, e devo dire che ho fatto bene a entrare dal retro in silenzio perché non mi aspettavo di trovare Ukyo in soggiorno che misteriosamente parlava con Kasumi.
Stavo per prendere le scale per salire di sopra quando sentii nella loro discussione un nome…anzi quel nome…Ranma! Da troppo tempo non lo sentivo più pronunciare da nessuno, e sentirlo adesso mi faceva uno strano effetto; arrivata a quel punto quindi la mia curiosità crebbe alle stelle, e piano piano mi avvicinai alla porta rimanendo nascosta, sforzando il mio udito e cercando di captare tutta la conversazione che era in atto in quell’istante.
Mmhh bene bene…ora era aggiornata sugli ultimi eventi! Ukyo era tornata da poco in città dopo il suo lungo viaggio, aveva deciso di riaprire il locale e cercava notizie dell’amore della sua vita. Guarda un po’ che caso, non c’è niente di cui stupirsi quando si tratta di lei, è fin troppo prevedibile. Ora Kasumi gli sta dicendo tutto, e questo la sta scioccando, infatti ha fatto cadere la tazza da thè rompendola in tanti pezzi; sicuramente non si aspettava questa notizia: Ranma non era semplicemente scomparso perché centrava qualcosa con la morte di mio padre, ma perché ne era lui il responsabile, era lui il vero assassino! Questo lei decisamente non se lo aspettava, ora la sentivo scusarsi e fare la finta dispiaciuta, ma in realtà sapevo che pensava solo al suo caro Ranma, che non poteva avere ucciso qualcuno, che doveva esserci qualcosa dietro ecc.ecc..
Non l’ho mai potuta tollerare Ukyo, sempre così egoista e irresponsabile, ogni volta pronta con una scusa per uscire pulita dalle situazione più brutte.
Subito dopo sentii Kasumi raccontargli pressappoco gli avvenimenti di quel giorno funesto al campionato mondiale di arti marziali, che effettivamente per Ranma non era mai cominciato.
Io nel frattempo mi ricordai l’ultima volta che lo vidi, lì nel corridoio dell’hotel, quando fui io stessa a mandarlo da mio padre, a mandarlo dalla sua preda; il resto della storia ormai lo sapevano quasi tutti, anche se ancora Akane non la voleva accettare del tutto, non voleva darsi pace e rassegnarsi alla realtà di questi fatti….e forse faceva bene: perché non tutta la verità era stata detta al mondo, e specialmente a lei….c’era qualcosa che era stato nascosto, una cosa che sapevo solo io e covavo dentro di me in segreto.
Salgo decisa di sopra in camera mia, mi ero stancata di stare ferma lì al buio e ascoltare di soppiatto quelle inutili chiacchiere, avevo la fronte sudata, forse i ricordi mi avevano provocato una scarica emotiva tale da farmi sentire troppo caldo.
Decisi di spalancare la finestra che solitamente chiudevo e sbarravo per custodire tutti i segreti della mia camera ma qualcosa non quadrava...
Certo, c’erano sempre i soliti fogli sulla scrivania, alcuni vestiti buttati a terra in fretta e furia, il letto disfatto con le lenzuola ripiegate tutte su se stesse, la macchina fotografica posata sulla mensola…tuttavia trovai un’anta socchiusa appena arrivai alla persiana, direi quasi appoggiata all’altra di proposito e questo non era possibile, ogni volta che uscivo chiudevo per bene tutte le serrature possibili.
Se fosse successa una cosa del genere in passato mi sarei quasi presa di panico facendomi le paranoie più assurde con tutto quello che accadeva in casa ogni giorno, e ora che ero più debole e inerme non provavo affatto timore, il sentimento che mi caratterizzava in tutto per tutto era solo la pura curiosità dell’ignoto.
Ma in quel momento avevo capito tutto, avevo capito cosa stava succedendo perché il destino stava facendo il suo corso; un sorriso mi comparve involontariamente, avevo sentito un scatto fulmineo che non so dire da dove avesse avuto origine, e realizzai che c’era qualcuno dietro di me, che per tutto il tempo si era nascosto e ora era venuto allo scoperto, mi stava fissando, avido di sapere qualcosa.
Lentamente mi girai, tutto ebbe una durata infinita, i pensieri nella mia testa cominciarono e confondersi insieme all’ansia che iniziava a provare il mio cuore, e finalmente i miei occhi si incontrarono con quelli del misterioso ladro, ma la mia espressione non cambiò per nulla mentre lo iniziai a studiare e guardare dopo questi 2 anni: scarpe vecchie e malconce, pantaloni sgualciti e sporchi, maglietta squarciata e consumata dal tempo, che nascondevano tuttavia un corpo forte e fresco di allenamento dato che ogni muscolo appariva teso e pronto a qualsiasi mia reazione; il viso magro e solcato dalla sofferenza e dal dolore, i capelli scompigliati e lasciati al vento che ricadevano sulla fronte coprendo in parte gli occhi, scuri e crudeli senza spiraglio di luce dentro.
Senza esitazione parlai io per prima.
< Salve….Ryoga! >


 
Era tutto ancora così strano.
Era passata circa una mezzoretta da quando avevamo lasciato la misteriosa casa della radura per l’arrivo di quelle oscure figure che erano subentrate e avevano preso possesso del posto, e ora io e Ranma ci trovavamo a vagare per i boschi, senza meta a mia apparenza.
Per tutto il tempo non seppi spiccicare una parola, avevo perso la capacità di parlare chiaramente nel momento in cui lui mi aveva stretto a se: solo in quel momento avevo capito davvero che lui era tornato, era lì con me, era reale come l’aria che respiravo, e altrettanto indispensabile.
Non sapevo dove mi stesse portando, il paesaggio appariva più o meno sempre lo stesso, fra alberi, cespugli, rovi, fiumiciattoli, tronchi caduti; non sapevo dire se fossi già stata in quella zona, ma probabilmente eravamo poco fuori Tokyo, visto che non potevo credere che Ranma sarebbe stato in grado di portarmi lontano.
Non riuscivo a mettere a posto i pensieri ed essere lucida, avevo un vortice nella testa che mi provocava disorientamento, il tutto contornato dalla forte emozione che mi provocava la sua forte e nel contempo delicata presa della sua mano sulla mia: era così tiepida, rassicurante, forse un po’ umida a causa del caldo estivo, ma non c’era cosa più bella che in quel momento poteva esserci.
Continuavamo a camminare con passo veloce, lui un po’ più avanti di me, e io che lo seguivo dietro sempre con le nostre mani strette l’una nell’altra, senza riuscire a guardalo in faccia e capire cosa stesse mai pensando; avevo tante cose da chiedergli, troppe! Ma il suo comportamento era misterioso e inflessibile, sembrava non volere prendere per niente l’argomento iniziato poco prima. Così con uno scatto veloce lo strattonai verso di me, fermandomi di colpo.
Si girò verso di me, guardandomi come se sapesse già cosa stessi per dire, come se fosse una sorta di condanna per lui.
< Ranma basta per favore….credo che sia arrivato il momento di parlare seriamente… >
Stavolta non mi avrebbe sorpresa in alcun modo, ero decisa e ferma nelle mie convinzioni, volevo solo sapere la pura verità.
Non rispose subito. Abbasso lo sguardo a terra, incapace di guardami negli occhi.
Tuttavia non sembrava abbastanza forte da riuscire ancora a nascondermi qualcosa, perché era quella l’impressione che mi aveva dato.
Lentamente cominciò a girarsi e camminare intorno a me, tirando qualche sassolino lontano senza proferire parole; subito dopo si sporse più in la, prendendo un sentiero che attraversava gli alberi.
Lo seguì, spostando tutti i rami che ostacolavano il mio percorso, finché riuscì finalmente a uscirne fuori: eravamo sulla sommità di una collina, vicino a uno strapiombo e sotto di noi poco lontano si stagliava Tokyo in tutta la sua maestosità.
Solo in quel momento mi accorsi che stava giungendo il tramonto, ero fuori da questa mattina e a casa si stavano sicuramente chiedendo che fine avessi fatto.
Ranma era lì fermo, con lo sguardo rivolto al cielo, impenetrabile come non mai.
< So cosa vuoi sapere…cosa vuoi chiedermi, ma non so se sarò davvero capace a dirti tutto quanto perché….perchè…>
Si bloccò. Come sempre non riusciva mai ad andare avanti ma io dovevo sapere, dovevo spronarlo.
< Ranma non puoi fare così dopo tutto questo tempo! Sei scomparso, mio padre è morto, la palestra è andata in rovina, tutti gli amici che avevo sono scomparsi, non mi è rimasto nulla…nulla! Non ti sei preoccupato per niente come potessi stare?! Hai messo come sempre al primo posto te stesso! Sei un egoista! > non seppi nemmeno io dove presi tutto il coraggio per sbattergli in faccia quello che pensavo, so solo che almeno lo risvegliai per avere una sua reazione.
< Non è vero! Io non ti ho mai abbandonata del tutto! In questi 2anni sono sempre stato vicino a te…anche se in modo indiretto. Quello che è successo oggi ne è la prova, ti ho seguita per tutto il tempo fino al parco e non appena avevo visto che stavano per investirti non ho esitato un secondo per salvarti…! >
In quell’istante sembrò agitarsi e questo lo portò a guardarmi. Quegli occhi….maledetti! perché mi stava guardando in quel modo?! Perché non riuscivo più a ragionare ogni volta che mi guardavano?! Erano una calamita, che mi attraevano facendomi dimenticare tutto quello che mi circondava.
Non potei evitare di abbassare lo sguardo. Lì fermi, ognuno a poca distanza dall’altro, eravamo chiusi nel nostro orgoglio e nel nostro involucro difensivo senza alcuna fenditura.
Eppure i suoi occhi erano l’unica cosa che, senza alcuno sforzo, lo attraversavano tranquillamente.
< Chi sono quelle persone che sono venute prima alla radura? > chiesi tutto ad un tratto, sperando almeno che qualche dubbio fosse almeno dissipato.
< Sono…diciamo, persone che mi hanno aiutato in questo arco di tempo…>
Dopo questa sua affermazioni i misteri sembravano solo più infittirsi e le domande nella mia testa aumentavano.
Lui sembrò accorgersene e prontamente continuò a parlare.
< Sono persone di cui mi posso fidare, solo che portandoti lì ho tradito la loro fiducia e una delle regole che mi sono state imposte, per questo dovevamo scappare…>
Il suo volto ora era tutto per il tramonto che era iniziato da qualche minuto. Il rosso caldo e scuro si mescolava con il giallo sbiadito del giorno, per contornare il resto della volta celeste di uno spettacolo pieno di raggi che pian piano si confondevano con il blu scuro che portava la sera d’estate. Quello fu uno dei momenti più particolari della mia vita, non per la bellezza in sé di quell’istante, ma perché lo stavo vivendo con la persona per me più importante, anche se effettivamente l’atmosfera romantica era del tutto assente.
Mi avvicinai cauta a lui, finchè gli toccai la spalla, al che lui sussultò, non aspettandosi quel mio gesto; mi portai di fianco a lui e mi sforzai di guardarlo diritto negli occhi per trasmettergli tutta la mia comprensione.
< Probabilmente non so cosa tu abbia passato in questi anni, non hai avuto nessuno su cui poter fare affidamento, sei scappato facendoti prendere dalla paura e dall’orgoglio….non pretendo di sapere tutto, ma voglia che tu mi dica una sola cosa perché solo così me ne potrò convincere sul serio…>
Sembrò che rimase col fiato sospeso, il suo corpo era immobile, il suo sguardo triste e malinconico, pronto a ricevere una delle più brutte condanne.
< Hai davvero ucciso mio padre…?! >
la mia voce tremò al solo riferire quelle parole, avevo paura della risposta, avevo paura della verità.
Ora non riuscivo più a vedere i suoi zaffiri luminosi, erano nascosti dalla frangia imperscrutabile perché la fronte si manteneva bassa.
Qualcuno avrebbe potuto benissimo piangere in quella situazione ma non lui, si contavano sulla dita della mano le volte in cui Ranma riuscì a piangere.
E mentre facevo queste considerazione ebbi la risposta tanta attesa in questi 2 anni.
< Si…sono stato io >
Il mondo mi crollò addosso, il mio sguardo impallidì sentendo quella risposta, gli occhi spalancati, la bocca socchiusa, i capelli baciati dal vento che cominciavano a confondersi con le mie prime lacrime inaspettate….
non sapevo cosa rispondergli, la verità era stata una lama così appuntita e dolorosa che non mi portava alcuna reazione se non scappare dalla causa di tutto.
Mi girai subito pronta a correre dalla parte opposta verso la città, ma sentì subito la sua mano prendermi il polso con forza.
< Ma non sono stato io intenzionalmente Akane! Penso ancora a quel giorno ma qualcosa non mi quadra, qualcuno mi ha soggiogato, mi ha teso un tranello! E ho bisogno di te per scoprire tutto questo >
Cosa stava mai dicendo?! Di che parlava? Lì per lì non avevo dato tanta attenzione a quello che aveva detto, strattonai con forza il braccio e mi liberai dalla sua presa.
E così iniziai a correre e correre, ancora una volta, come già feci quella mattina, in direzione casa, sopraffatta dalla sorpresa e dalla sofferenza.
scesi tutta la collina e mi ritrovai già fra le prime case del quartiere…con la coda dell’occhio vidi il profilo di Ranma rischiarato dall’ultimo raggio di tramonto, il suo viso in una smorfia di dolore e la sua guancia con un luccichio che la percorreva…..poteva essere….una lacrima…?!

 
 
< Nabiki, qual piacere! Finalmente ci rincontriamo… >
Il suo sguardo era freddo, i suoi occhi erano glaciali, non era lo stesso Ryoga che conoscevano tutti, la sua vera anima era venuta allo scoperto, e io ero sempre stata l’unica che se ne era accorta fin dall’inizio.
< Come mai ti fai vivo dopo tutto questo tempo?! >
Cercai di fare il suo stesso gioco, facendo l’impassibile e la menefreghista, cominciando a sistemare le cose che qua e la erano sparse per il pavimento.
< Beh diciamo che qualcosa mi ha richiamato qui a Nerima, qualcosa che tu dovresti conoscere bene…> Mi bloccai sentendo quelle parole. Messa in ginocchio alzai il mio sguardo verso di lui, che mi rispondeva con un ghigno beffardo, sicuro come colui che può avere tutto al mondo.
< Mmhh vediamo…e questo ti da il diritto di intrufolarti in camera mia?! > l’ironia era una mia forza che potevo sfruttare in quella conversazione a favore mio.
< Ho controllato già tutta la casa ma non ho trovato quello che cercavo; ritengo che sia arrivato il momento di riscuotere, ma prima volevo parlare con te >
< Parlare con me?! E di cosa? Io ormai non ho nulla a che fare con te >
Come si permetteva di fare così in casa mia! Stava riportando in vita una situazione più grande di me e lui messi insieme.
< Ho un debito nei tuoi confronti e non lascio mai le cose in sospeso. Se io otterrò quello che voglio, anche tu dovrai ottenere quello che volevi tempo fa >
Ora stava facendo un cerchio intorno a me, sempre con quel sorrisetto fastidioso che accresceva la collera dentro di me.
< Forse i miei interessi sono cambiati sai. Mi sono fatta una vita, le cose ormai qui si sono stabilizzate e non voglio che ancora una volta qualcuno le stravolga! >
presi la pila di libri ai piedi del letto e con noncuranza la buttai nel primo cassetto libero che trovai. Appena alzai lo sguardo vidi il mio riflesso sullo specchio lungo che era attaccato dietro la porta e mi soffermai a fissarlo.
< Sai Nabiki, certe cose sono inevitabili…specialmente se si commettono dei peccati per cui ancora non si sono pagate le conseguenze >
si era avvicinato pericolosamente a me, e con il suo naso mi sfiorò la guancia mentre io, bloccata e col fiato spezzato continuavo a guardare il mio riflesso.
< Parte di quelle conseguenze le ho già pagate…non c’è bisogno che tu mi ricorda tutto! >
< Si hai ragione ma ripeto, sono venuto solo per ricordarti che quello che abbiamo iniziato, dobbiamo finirlo, e ognuno deve dar conto ai propri scheletri nell’armadio, perché la maschera che portiamo ogni giorno non può proteggerci per sempre >
La sua mano mi stava sfiorando la spalla per scendere giù al petto, e il mio cuore cominciò a battere all’impazzata dalla paura.
< Rassegnati che alla fine, almeno io, otterrò quello che ho sempre desiderato!!! >
Di colpo la sua presenza scomparve da dietro me, mi girai di scatto e lo vidi appollaiato alla finestra spalancata.
< Cosa?! COSA?? > gridai in sua direzione con voce adirata.
< Io…voglio AKANE! > e svanì, confondendosi con le ombre della sera.





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Capitolo 8
*** Quando il Cielo non bastava ***



Quando il Cielo non bastava




L'anima precorre tempo e spazio, e non è come l'occhio, che crede cominci il cielo dove comincia l'orizzonte.

Ambrogio Bazzero

 
 

Le ore erano passate lentamente quella notte, quando tornai a casa.
Il mio letto aveva sofferto gli innumerevoli movimenti che avevo compiuto rigirandomi su me stessa continuamente, senza poter prendere sonno, e pensando solamente alla giornata che era trascorsa, agli eventi che erano successi, alla verità che era venuta a galla.
Ero convinta che una volta scoperta mi sarei messa in pace, rassegnata a questa realtà immutabile e libera di poter vivere tranquillamente le mie giornate.
Ma mi resi conto che non fu per niente così, stavo peggio di prima, perché ora il suo ricordo che in 2anni si era sbiadito, si era di nuovo colorito nella sua perfetta originalità;
la sua immagine presente nel mio cuore aveva riacquistato tutto il suo splendore e la sua luminosità non appena i miei occhi avevano incontrato i suoi, e ciò era qualcosa che non avevo previsto e che mi spaventava terribilmente.
Non mi sarei mai aspettata che l’incontro con Ranma avvenisse in questo modo, burrascoso e veloce; infatti come era iniziato, era già finito, nel peggiore dei modi tra l’altro.
Un turbinio di pensieri mi affollava la testa senza darmi tregua, dubbi su dubbi si accalcavano uno sopra l’altro, e non trovavo riposo da questo pandemonio.
Ormai era sorto il sole da circa un oretta, non ce la facevo più a rimanere stirata ad aspettare l’agognato sonno che non arrivava mai, così decisi di scendere in cucina e darmi sfogo sul cibo.
Kasumi ancora non era sveglia quindi non potevo aspettarmi di trovare qualche piatto prelibato già pronto, così mi limitai a spalmare un po’ di burro e miele su qualche toast lasciato nello scaffale, concentrandomi con tutte le mie forze sul coltello per spalmare, ma proprio lì sul metallo argentato mi compariva il suo riflesso; lo gettai a terra istintivamente spaventata, stava diventando un vero tormento tutta questa situazione.
Tuttavia non so perché in quel momento mi venne un lampo in mente: cosa aveva detto ieri Ranma?! Che non era stato esattamente lui a uccidere mio padre? Che c’era qualcos’altro dietro?!
Ora che ero più calma riflettevo meglio sulle sue parole; forse aveva detto tutto questo pensando di trattenermi e levarsi certe responsabilità, ma non potevo credere che anche con me potesse arrivare fino a questo punto.
Che dovevo fare allora? Credergli? E se era tutto un inganno?! E se invece era la pura verità?!
Ecco altre milioni di domande che mi calcavano in testa inesorabili, ma dovevo trovare delle risposte, lo esigeva il mio cuore.
E così passarono inesorabili già 2 giorni, rimanendo rinchiusa a casa senza saper cosa fare, prigioniera di me stessa e delle mie emozioni; la cosa che però mi martellava più di tutte dentro era solo una: dovevo necessariamente rivedere Ranma, parlare bene una volta per tutte di tutto quello che era successo, ma come fare?! Era impossibile ritrovare quella casa nel bosco, mi sarei perduta al suo interno, e di certo non potevo chiedere a qualcuno di accompagnarmi lì perché nessuno doveva assolutamente sapere nulla!
Quella mattina mi alzai mattiniera come stava capitando sempre in quella settimana, e camminando in giardino vidi la carpa che vivace e elettrica faceva alcuni saltelli fuori dall’acqua che rispecchiava l’alba chiara…..in realtà la superficie non era trasparente e uniforme, c’erano gli alberi del giardino che creavano già le prime ombre con le loro fronde.
Mi fermai ad osservare i migliaia di rami con le loro foglie lunghe e sottili, trasmettevano un dolce profumo che mi inebriava il naso e le membra.
In quel momento scattò qualcosa dentro di me, una scintilla, un idea!
Ora sapevo cosa fare….ora sapevo dove andare.



Cavolo sono sempre lo stesso! Non cambierò proprio mai.
Solo io potevo andare a sbattere contro l’unico palo della luce che c’era in strada nonostante avessi questa volta gli occhiali.
Ora sono tutti piegati, con i vetri in mille pezzi, un po’ sparsi per terra, e un po’ sui miei lunghi capelli, mentre la mia fronte è sormontata da un enorme bernoccolo; la gente mi prenderà in giro come sempre, non posso mai evitare di fare le mie belle figure!
Per fortuna ho sempre con me un altro paio di occhiali di ricambio, quindi almeno finora non dovrebbero esserci problemi per camminare, a meno che non mi distragga un’altra volta e inciampi in qualche fossa o direttamente nel fiume!
Diamine Shampoo mi ha riempito troppo di impegni, non smetterà proprio mai di darmi ordini. Fai questo, fai quello, prendi gli ingredienti, i bagagli….e lo fa per giunta dalla Cina!
Non mi so propria imporre, quando vedo il suo bel viso, i suoi dolci occhioni, mi tremano le gambe, perdo la facoltà di muovere il corpo secondo la mia volontà.
Cammino verso il ristorante affrettando il passo e incontrando qualche passante che probabilmente sta andando presto a lavoro, ma non ci faccio tanto caso, cerco di arrivare alla mia meta, anche se mi distrae qualche sassolino che lancio con i piedi qua e la….
Tanti pensieri non possono evitare di andare via da me, penso a lei, penso a me stesso, alla mia schiavitù: si perché sono schiavo del mio stesso cuore.
Faccio la cosa più sbagliata restando ancora insieme a lei, ma ho realizzato da tempo che lei è come una droga: so che fa male, ma non ne posso fare a meno…
Qualcosa però ulteriormente mi trascina via dalle mie riflessioni.
Sto ripassando di nuovo dal locale di Ukyo, ormai rimesso pienamente in sesto e pronto ad iniziare la sua attività.
Poverina, proprio io sono stato a dirle quelle brutte notizie sulla famiglia Tendo e su Ranma Saotome. Che ruolo ingrato mi è stato affidato!
Possibile che mai niente di buono mi accada? Devo essere proprio sfortunato dalla nascita.
Comincio a pensare che è inutile commiserarsi in questo modo, e che forse è meglio distrarsi con la gustosa cucina di Ukyo, così mi avvio diritto verso l’entrata per poter riempire lo stomaco e allontanare i pensieri.
All’improvviso però avverto una strana sensazione, qualcosa cominciava a non quadrare, i miei sensi da arti marziale sembravano attivarsi istintivamente; avevo percepito degli strani movimenti nell’aria, dietro di me, così con scatto fulmineo mi spostai e salì sui tetti perlustrando tutta la zona sottostante, ma niente, non c’era anima viva in strada.
Iniziai a percorrere tutte le case dall’alto, il sole aveva riscaldato così tanto l’aria che sembrava più pesante del cemento, e faticavo a respirare, ogni tetto sembrava lo stesso, non dava nessun segno di pericolo, eppure non riuscivo a togliermi uno strano presentimento.
Di colpo qualcosa sembrò passarmi vicino al viso con una velocità allucinante, mi fermai e tirai il viso all’insù e distinsi qualcosa….che dall’alto cadeva giù, sempre più giù, finchè si conficcò in mezzo ad alcune tegole davanti a me, sbarrandomi la strada.
Osservai l’oggetto e dopo qualche secondo capì cosa avevo davanti a me: un ombrello rosso.
Mi girai di scatto dietro, e alle mie spalle trovai il suo proprietario, niente meno che Ryoga, un combattente valido, ma che mai mi aveva saputo prendere alla sprovvista in questo modo.
Erano passati ben 2 anni dall’ultima volta che l’avevo visto, e non era la stessa persona, c’era qualcosa di diverso in lui, era cambiato, lo si poteva ben capire guardandolo in faccia.
< Ryoga…tu! Dopo tutto questo tempo ti presenti a me in questo modo?! > ero tra il perplesso e il guardingo, non sapevo sinceramente cosa aspettarmi, era la prima volta nella mia vita che mi trovavo spiazzato, tuttavia lui continuava a non battere ciglio.
< Oh beh Mousse non sapevo altri modi di palesarti la mia presenza. Comunque, lasciando i convenevoli, ho degli scopi da portare a termine…. E tu mi aiuterai >
Lo guardai stupito dopo l’ultima frase che pronunciò, che diavolo aveva in mente?! Mi sentivo immobile di fronte alla sua sfrontatezza e ai suoi occhi di ghiaccio, ogni centimetro del suo corpo esprimeva energia negativa che mi avvolgeva senza lasciarmi tregua.
< Coos-a?! Di che di-amiin-e stai par-rland-do?! > risposi con voce tremante e preoccupata.
< Ho una proposta…che non potrai rifiutare >
l’azzurro del cielo cominciava a sbiadire di fronte al sorriso maligno che li comparve sul viso.



Era tutto come la prima volta.
Una soave pioggia cominciava a scendermi sui capelli, sul corpo, sul viso, così candida e piacevole che sarei potuta rimanere lì ferma per ore e ore, a contemplare tutto questo.
Si, era ancora una volta sotto quell’albero, dentro quel grande e misterioso parco.
I petali di quel meraviglioso ciliegio scendevano e danzavano trasportati dalle brezza di quella mattina, era sempre una nuova sorpresa essere lì a guardare i nodosi ed estesi rami che arrivavano al cielo per poter carpire la luce del sole; mi chiedevo dove prendessero tutta quella forza, quel coraggio, ad arrivare così in alto e stendersi il più possibile.
Sembrava quasi che volessero sfidare la volta celeste, superarla in grandezza, nonostante partissero svantaggiati in partenza, e li invidiavo per questo, perché bramavo questa spinta vitale che avevo perso tanto tempo fa, quando da bambina ero sul serio convinta di poter fare tutto senza limiti, senza costrizioni, senza pensieri.
Tuttavia non ero andata in quel posto per dare sfogo alla mia immaginazione e al mio bisogno di libertà, ma per poter verificare se la mia intuizione sarebbe stata giusta; è qui che ufficialmente io e Ranma ci siamo incontrati, anche se effettivamente lui a quanto dice mi segue da parecchio tempo, e quindi è qui che avrei avuto più speranze di rincontrarlo, lontano da occhi indiscreti e dagli occhi della città.
Il terriccio tutto intorno era umido, probabilmente dovuto alla rugiada del mattino, e mi avvicinai al tronco che avevo davanti a me, sfiorando le sue numerose rughe, testimoni dei molti anni che aveva il ciliegio, e cominciai a percorrerle lentamente con il dito, sperando quasi che mi rivelassero qualcosa sul presente, sul passato, sul futuro…non so dire cosa volevo di più al mondo, ma sicuramente in quel momento speravo solo di rincontrare lui, il mio Ran…
D’improvviso sentii il rumore di un rametto spezzato dietro di me, tutte le mie funzioni vitali si bloccarono all’istante, catturate dall’ansia mista a curiosità.
Il silenzio era piombato subito dopo, gli animali sembravano ancora dormire nonostante il giorno fosse arrivato da un bel po’, si sentiva solo il vento che attraversava le fronde e accompagnava il battito del mio cuore.
Decisi finalmente di girarmi, e i miei occhi sprofondarono di nuovo nel blu.
Ranma era lì davanti a me fermo che mi fissava, il suo sguardo, le sue iridi mi avevano catturato come una falena viene attratta dalla luce.
Ogni cosa di lui mi risaltava alla vista, ogni muscolo, ogni vena, ogni respiro sembravano entrarmi dentro e unirsi a me…la mia esistenza dipendeva dalla sua.
Mi sentivo quasi in colpa per il comportamento che avevo avuto giorni fa durante quel tramonto, quando ebbi la rivelazione di tutto, solo che non mi potevo scusare per il rancore che tuttavia ancora provavo nei suoi confronti.
< Akane…> il suono della sua voce arrivò come una melodia, che rilassava i nervi e mi faceva vacillare lì sul posto.
< Sapevo di trovarti qui, o per lo meno ci speravo…>
La mia frase sembrò sorprenderlo e rassicurarlo allo stesso tempo, tanto che cominciò ad avvicinarsi, ma non verso di me, ma in direzione del ciliegio che avevo dietro.
< Davvero meraviglioso questo albero, non credi?! >
Accarezzò il suo tronco come feci io poco fa, studiandolo come se il suo sguardo ne potesse penetrare la dura corteccia.
Così mi affiancai a lui e gli tesi una mano al braccio; all’inizio non ebbe reazione, poi si decise a girarsi verso di me.
Ahh se potessi descrivere veramente le emozioni che provavo in quel momento.
Il cuore non smetteva di battere all’impazzata, ero sull’orlo di una crisi di esaurimento, e lo stomaco cominciava terribilmente a farmi male, come se una miriade di farfalle lo devastassero.
Poteva essere sul serio….amore?! In passato non mi ero mai soffermata più di tanto su queste emozioni ma ora era diverso, avevo rincontrato Ranma ed erano venute a galla di nuovo, solo che le vivevo in modo diverso, forse più consapevole, probabilmente perché ero diventata più grande e matura; e lo stesso identico discorso valeva per lui: era cambiato qualcosa nel suo carattere e nel suo approcciarsi con me.
< Si, penso sia bellissimo…>
< Mmh sai, potrebbe quasi diventare il “nostro” albero >
La sua affermazione mi lasciò interdetta. Ma riconobbi dopo che fu una delle cose più carine che mi abbia mai detto.
< Direi di si > Fu istintivo sorridere e volgere il viso in alto verso la chioma e il sole che mi abbagliava; quando lo riabbassai vidi che mi stava fissando.
< Sei davvero carina, quando sorridi >
Perché disse quella frase così all’improvviso?! La mia faccia divenne peggio di un pomodoro e una qualsiasi risposta mi morì in gola.
< Mi dispiace per l’altro giorno Akane…hai tutta la ragione del mondo per avercela con me, lo so benissimo, principalmente per questo sono scappato…>
il suo sguardo divenne colpevole, lo osservai attenta mentre continuava a parlare.
< Ma come già ti avevo accennato c’è qualcosa dietro a tutta questa storia, non ero in me quel giorno, qualcuno mi ha teso una trappola! Mi sentivo troppo strano, troppo arrabbiato, come non lo ero mai stato….quasi come se fossi…>
< Sotto incantesimo?! > completai la sua frase.
< Si, direi più o meno così…> cominciò a passeggiare lì sul posto, saltando qualche radice che spuntava dalla terra. Il cielo cominciava a farsi sempre più blu ora che il sole era alto, e i suoi occhi si confondevano con esso, o magari il cielo stesso aveva deciso di regalargli una parte di se e rappresentarla in quelle iridi maestose.
< Ecco perché ora che ci siamo ritrovati, io ho bisogno di te, del tuo aiuto, per scoprire la verità una volta per tutte…> la sua era una richiesta supplichevole, di un disperato quasi al patibolo, ma in effetti era proprio l’ultima cosa che avrei voluto da lui.
< Quindi…è solo per questo che oggi sei venuto qui?! > mi azzardai a dire tutto quello che la mia mente e il mio cuore pensavano all’unisono.
< Cosa intendi dire?! >
< Voglio dire che…ora che ci siamo ritrovati, tu vuoi riallacciare i rapporti con me solo ed esclusivamente per scoprire questo presunto complotto contro di te?! >
Le  mie parole lo coglievano di sorpresa ancora una volta, e sembrò avere paura a rispondermi.
< Beh, credo di si, anche se non ti sto capendo del tutto >
Ecco, avevo saputo finalmente quello che dovevo sapere, serrai i pugni e girai i tacchi verso la stradina che portava al cancello.
< Akane aspetta! Ma dove vaiii?! >
< Ci rincontreremo qui un’altra volta, ma ora devo proprio andare, ciao! >
Aumentai il passo per allontanarmi il più possibile e digerire la batosta che avevo ricevuto in quel momento.
Ma qualcosa mi bloccò, mi girai nervosamente a scaricargli tutte le parole cattive di questo mondo, ma due braccia mi cinsero la schiena, la mia testa si appoggiò al suo petto, e in pochi secondi capì che Ranma mi aveva stretta di nuovo a sé come quando mi salvò sulla strada.
Rimasi senza parole ancora una volta, il mondo la fuori era scomparso, eravamo rimasti solo io e lui lì abbracciati sotto quel ciliegio, mentre il cielo faceva ancora una volta testimone di tutto.
< So cosa volevi dire prima, ma credimi, ancora mi risulta difficile…esprimere ciò che ho dentro >
le mie guancie che si erano imporporate del tutto ora venivano rinfrescate….ma da cosa?!
Ah, erano lacrime. Maledetta me, perché sono così debole? Perché mi sento così inerme attorno al suo possente abbraccio?
< Mi dispiace se ti ho abbandonato Akane ma da oggi, voglio che cambi tutto…perché da adesso in poi non voglio che ci sia solo un io, un tu….ma un noi…>
Mi teneva ancora saldamente stretta mentre il mio pianto bagnava tutta la sua camicia.
I miei occhi non potevano guardarlo in faccia, ero solo in grado di osservare il cielo che si stagliava sopra di noi, e proprio in quel momento capì tutto: capì che io amavo realmente Ranma, vivevo del suo affetto, della sua esistenza…per la prima volta lo ammisi a me stessa e all’universo.
E la stessa cosa indirettamente l’aveva fatta lui, lì quando fermi e abbracciati eravamo baciati dai petali che scendevano lentamente, e avevamo cominciato a capire finalmente cos’era l’amore, quanto vero e coinvolgente poteva essere, e quanto fosse grande e sconfinato, tanto che il cosmo non poteva contenerlo….perchè appunto il cielo ormai non bastava, non bastava, non bastava…….








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Capitolo 9
*** Con gli occhi, negli occhi ***




Con gli Occhi, negli Occhi




Gli occhi molto belli sono insostenibili, ma non si può evitare di guardarli sempre…ci si affoga dentro, ci si perde, non si sa più dove si è.

Elias Canetti
 

 
 
Era tutto così complicato, inverosimile, incomprensibile;
Pericoloso, arduo, rischioso, inconcepibile….potrei trovare altri migliaia di aggettivi negativi per descrivere la situazione che si era creata da quando io e Ranma ci eravamo rincontrati e riuniti finalmente.
Eppure non potevo evitare di essere sovrastata da determinate emozioni di tutt’altra natura: speranza, coraggio, volontà, desiderio, amore….
Tutto era una continua scoperta, una ininterrotta camminata verso l’ignoto quando ero insieme a lui, non avevo nulla di programmato come invece ero solita far funzionare la mia vita prima, perché ora volevo solo essere libera di vivere ogni giorno…quasi come se fosse l’ultimo.
Non sapevo dire se tutto questo era giusto o sbagliato, sta di fatto che il mio cuore cominciò a battere con vigore, dopo tanto tempo, dal momento in cui cominciò tutto questo…
Si, perché ormai era passata quasi una settimana da quel fatidico giorno, e io e Ranma non facevamo che vederci ogni giorno, dandoci sempre appuntamento lì, sotto quell’albero, stessa ora e stesso posto, con il principale obiettivo di trovare il reale responsabile della morte di mio padre.
Avevamo passato ore intere alla ricerca di qualche notizia che potesse essere d’aiuto nella nostra ricerca, ripensando a qualche dettaglio che c’era sfuggito durante il campionato; e questo spiega infatti l’infinito cumulo di giornali che ormai si era creato sulla panchina, su cui anche oggi ci ritrovavamo a sedere, ispezionando tutti gli articoli risalenti all’epoca che potessero indirizzarci sulla giusta pista.
Oggi Ranma era particolarmente di buon umore, e ignoravo completamente il perché, visto che appena ci incontrammo si mise subito a scherzare sul mio abbigliamento, prendendomi in giro quasi come al solito, ma con una dolcezza che non credevo potesse appartenergli.
In effetti anch’io mi sentivo un po’ fuori luogo ma il caldo non dava per niente tregua: avevo un vestitino a gonna bianco, che mi arrivava sopra le ginocchia, mentre nella parte superiore era costituito da una specie di corpetto con delle bretelle fini; mi sembrava piuttosto anonimo, ma solo più tardi mi resi conto che attiravo l’attenzione di Ranma, il che mi doveva intimorire ma in realtà…mi fece quasi piacere.
< Mmmh questo mi può sembrare utile…è meglio conservarlo > iniziai con le forbici a ritagliare uno spazio del quotidiano che risaliva a 3giorni prima del torneo.
< Akane…ma come pensi possa esserci utile la campagna pubblicitaria di quel periodo?!?? >
Si era sporto dall’altra parte della panchina, all’apparenza sornione e indifferente, non ci aveva pensato due volte a controllare e giudicare cosa stavo ritagliando.
In effetti aveva ragione, avevo preso un sacco di articoli che non centravano completamente con quello che cercavamo! E mi lanciò uno sguardo che poteva tradursi in “abbiamo poco e niente nelle mani!”.
Mi sentii un poco colpevole, ma non riuscivo ad essere concentrata e lucida in sua presenza.
Forse inconsciamente non me ne importava niente di tutto questo, volevo solo rimanergli accanto, perché mi nutrivo delle sue parole, del suo respiro, dei suoi occhi….
Lui era il mio nutrimento, la mia cura, il mio sole…e non poteva essere altrimenti.
< Dai, è arrivato il momento di un po’ di pausa…>
Fece uno scatto in avanti mettendosi in piedi davanti a me, fissandomi e aspettando che lo raggiungessi.
Il mio sguardo dai giornali passarono a lui, e il mio cuore si bloccò ancora una volta.
Lì fermo, nella sua bellezza statuaria, risplendeva la sua chioma fulgida e nera, insieme alla camicia cinese bianca che copriva un corpo scolpito, e chissà cos’altro nascondeva…
Dannazione! Ma che pensieri stavo facendo???! Da quando ero così svergognata?
Arrosì all’istante, e purtroppo lui se ne accorse!
< Cosa c’è?! >
< Eeeeh Niente, niente! Scusami è che stanotte non ho dormito tanto…comunque che intenzioni hai?! >
< boh non saprei, in questi giorni non abbiamo fatto altro che cercare, cercare…anche se i risultati sono stati scarsi…> ora il suo viso si era rattristito, forse stava perdendo la speranza? Non poteva cedere, perchè io sarei andato dietro con lui.
< Non dobbiamo arrenderci, la meta sarà lontana, ma non impossibile >
Cercai di essere sincera e diretta, trasmettendogli tutta la positività che possedevo, ed ecco che come sempre mi spiazzò con una delle sue particolari frasi.
< Sei sempre più bella, quando sorridi >
Rimasi confusa e interdetta dalla sua affermazione…era davvero Ranma quello che mi diceva questo cose?! In passato si sarebbe piuttosto ucciso pur di non dire una cosa del genere…e ora invece avevo davanti a me qualcuno che non aveva più paura di esprimere quello che aveva dentro…ma poi subito dopo aggiunse qualcos’altro.
< Cioèèè…eeehm..nel senso che…non volevo dire..accidenti..volevo semplicemente essere carino>
Vedevo la spontaneità nei suoi occhi, il che poteva solo farmi piacere e sorridere ancora di più.
< Ora il resto del tempo voglio impiegarlo con te, per te..quindi dimmi tu >
< Dici sul serio!? Beh non so…cosa vuoi fare? >
< Dimmelo tu, oggi tocca a te decidere! >
Mi sembrano anche queste pretese così strane da parte sua, non sapevo minimamente che fare e dove andare, anche per paura che ci avrebbero visto e scoperto insieme, quando all’improvviso si accese una lampadina in me!
< Ho trovato! Voglio andare…in quella casa nel bosco, quella dove tu mi avevi portato dopo l’incidente >
Il suo viso si rabbuiò all’istante, come se non poteva credere a quello che avevo appena detto.
Ecco, ancora una volta qualcosa si frapponeva fra di noi, un muro invisibile che compariva quando meno ce lo aspettavamo, pronto ad ostacolarci nonostante tutte le difficoltà che già avevamo passato.
< C’è qualche problema? > chiesi gentilmente, inclinando la testa e guardandolo fisso.
< Beeh..mi sembra strana proprio questa tua richiesta…> ormai lo conoscevo bene e si vedeva che stava nascondendo qualcosa, e questo non poteva che spingermi ancora di più verso la decisione che avevo preso.
< Va bene..d’altronde ormai dovrò condividere con te tutto > e mi sorrise…la cosa più sbagliata che poteva fare! Cavolo mi sentivo male appena faceva qualcosa di carino nei miei confronti, mi sentivo quasi girare la testa, le gambe molli, ma soprattutto la cosa più fastidiosa era un nodo che si creava all’altezza dello stomaco…una sensazione così strana, era come stare nel paradiso e nell’inferno allo stesso tempo.
Così senza neanche potessi rispondergli mi prese per mano, e iniziammo a correre, uscendo per il parco e prendendo il viale opposto a casa mia.
Arrivammo ai piedi di una collina erbosa abbastanza ripida che a primo impatto non mi disse nulla, ma poi la riconobbi! Era quella dove avevo litigato con Ranma durante quel tramonto…un episodio che sicuramente non mi faceva piacere ricordare.
Per tutta la strada Ranma rimase in silenzio, la mia più grande voglia era sapere cosa pensasse, ma i miei pensieri erano troppo distratti dalla stretta che lui esercitava sulla mia mano: così stretta e delicata allo stesso tempo, come se mi volesse tenere per sé, solo per sé.
Attraversammo presto tutto l’intricato bosco per arrivare finalmente in quella radura ancora una volta: la casa era sempre lì, misteriosa e cupa, con le sue finestre sbarrate e gli attrezzi lasciati a casaccio sul prato.
< Ancora devo ben capire di che diamine di luogo si tratta >
Alla mia affermazione Ranma mi guardò e sorrise, forse faceva chissà quali mostri su cosa stavo pensando.
< Non crederai certo che durante tutto questo tempo abbia dormito per strada >
Felice e saltellante si avvicinò alla porta d’entrata e io lo seguì; ora che la vedevo meglio si trattava di una cosa abbastanza recente, ma che tuttavia non era stata curata per niente, molti pezzi traballavano e pendevano, e non dava certo aria di sicurezza.
< Ma cos’è allora?! Una locanda? Un’abitazione abbandonata? Non capisco >
< Non esattamente…diciamo che si tratta…di una scuola >
< Cosaaa?!? > mi stava prendendo in giro o era serio?! Come poteva esserci una scuola al centro del bosco? E poi perché mai doveva stare qua lui?
< Ehehe perché sei così sbalordita? >
< Tu tutto questo tempo saresti stato in una scuola?! A far che? Imparare le tabelline di nuovo? >
All’impatto reclinò la testa, sbalordito per quello che avevo detto, dopo di che scoppiò in una sonora risata che mi fece solo infuriare.
< Bah sei sempre il solito! >
Avevo girato i tacchi per andarmene, ma di nuovo provai all’improvviso la sensazione di prima, di forza, mista a dolcezza e calore; mi girai e vidi che di nuovo mi aveva preso la mano.
< Vogliamo entrare adesso?! > le sue parole mi trasmisero qualcosa di indescrivibile.
Se poco prima ero offesa, adesso non potevo fare altro che seguirlo perché ero schiava dei suoi movimenti, per non parlare della curiosità che ormai mi era cresciuta dentro.
Ed ecco che per la seconda volta mi ritrovai in quella cucina così disordinata e sporca che aveva fatto crescere in me tante domande; i piatti sparsi nel lavello e sul tavolo erano per la maggior parte impolverati, gli scaffali semiaperti nascondevano qualche ragnatela, la dispensa e il pavimento erano in uno stato davvero pessimo.
L’unica cosa ordinata di quella stanza erano le sedie messe a circolo, e il divano messo in un angolo dove Ranma mi abbracciò per la prima volta.
Presto salimmo le scale, percorremmo il corridoio, per poi rientrare in quella stanza che già conoscevo, quella dove mi ero risvegliata dopo l’incidente.
Sembrava essere sempre la stessa, effettivamente appariva come l’unica stanza pulita e ordinata di tutta la casa.
< Ma questa…è la tua stanza? > cercai il suo sguardo per avere una risposta esauriente da lui.
< Come sei perspicace Akane > ok ancora una volta mi prendeva in giro per una cosa abbastanza ovvia, sfoggiando quel sorriso che sapeva solo catturarmi.
Ci sedemmo sul letto, stanchi e provati per la lunga camminata.
In tutta la stanza c’era un dolce profumo di lavanda, probabilmente proveniva dai cespugli che avevo visto qui fuori e che la brezza del mattino trascinava dentro la casa, e questo mi provocò dei brividi involontari che mi aprirono tutti i sensi.
Ranma mi strinse di nuovo a sé, quasi come se volesse proteggermi da qualsiasi cosa poteva farmi del male.
Non poteva sapere che con ogni minimo gesto, anche solo col suo sorriso, già alleviava tutte le pene che in passato si erano radicate in me.
In questa posizione rimanemmo in silenzio, io con la testa appoggiata al suo petto, in direzione della finestra, e lui con il mento sulla mia fronte che guardava altrove.
Appena reclinai la testa e mi misi verso di lui, notai come il secondo bottone della camicia si era da solo slacciato.
Questo mi provocò una scarica di pensieri inimmaginabili, che aumentarono il rossore del mio viso e il battito del mio cuore.
Ma la cosa più orrenda era quella maledetta sensazione allo stomaco. Non riuscivo a controllarla o fermarla.
Il mio corpo non rispondeva piu alla mia volontà, sembrava pretendere qualcosa prestabilito dalla natura ma che la mia psiche ignorava completamente.
D’istinto infatti alzai la testa. Ranma sembrava essere in condizione perfino peggio delle mie.
Era come se dentro di lui vi era una battaglia interiore fra ciò che voleva, e ciò che invece doveva fare.
Capì questo da come mi stringeva, e da come cercava nel frattempo di evitare il mio sguardo.
Ma alla fine anche lui cedette a qualche sconosciuto istinto e abbassò il viso guardandomi.
Qualcosa esplose dentro di me, appena i miei occhi incontrarono i suoi.
L’uno era lo specchio dell’altro, senza pudore riuscivamo a leggere le nostre anime, e lì capì finalmente che qualcosa ci legava da sempre, e nonostante tutto quello che era successo non aveva potuto avere fine.
I suoi occhi erano dei brillanti nonostante fosse pieno giorno, sembravano sorridermi e appartenermi in tutto e per tutto; erano così scuri e profondi al centro che potevo sprofondarci e annegarmi con così soave piacere, mentre ai contorni dell’iride andavano a sfumare verso il cobalto, riuscendo a impreziosire ancora di piu quegli occhi già così belli.
Basta mi ero rassegnata! Ero diventata la sua schiava.
Ero la falena che veniva attratta dalla luce incandescente, sapevo che poteva essere pericolosa, ma non ne potevo fare a meno.
Passarono minuti, o forse ore, o addirittura millenni mentre rimanevamo fermi così, a fissarci l’uno nell’altro, senza proferire parola.
Finchè fu lui a rompere questo stato, perché il suo corpo cominciò a muoversi.
Le mani risalirono lungo la mia schiena per arrivare al collo, i nostri toraci aderirono sempre di più, mentre gli ormoni dentro di me cominciavano a impazzire.
E infine il suo viso…..si, si stava avvicinando.
Le sue palpebre cominciarono ad abbassarsi, nascondendo quel mare così dolce e inebriante, e per istinto anche le mie cedettero sotto il peso della passione.
Sentivo ormai il suo respiro su di me, sul mio viso, ora sulla mia bocca.
Stavo provando per la prima volta quella emozione che avevo bramato per così tanto tempo ma ne ero frastornata, anzi sovrastata.
Mancava ormai solo un centimetro per far si che le nostre bocche si unissero, si fondessero…
Sentì finalmente un tocco…le nostre labbra si erano sfiorate e….
< Ehiiii Ranma ma sai dove son….> la porta della camera era stata spalancata di botto, rivelando la figura di un uomo alto che ora era fermo lì, con la bocca spalancata che ci osservava dalla testa ai piedi.
< Oh..No! > riuscì ad esclamare solamente Ranma.
Dopo di che calò di nuovo il silenzio.
L’unica cosa che rimase sempre uguale fu il delicato profumo di lavanda.









Ok, sono in super ritardo nel pubblicare questo capitolo, purtroppo mi danno tanti impegni le lezioni all'università, ma comunque spero che continuerete a seguirmi...ringrazio a tutti per le recensioni e per i consigli, anche se non vi rispondo spesso, leggo sempre i commenti che mi lasciate e mi fanno davvero troppo piacere :) spero che vi siate goduti la lettura, ci vediamo al prossimo capitolo per la continua della storia.....un abbraccio a tutti!   REykon12*


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Capitolo 10
*** Presentimenti ***




PRESENTIMENTI



Sensazioni, sentimenti, intuiti, fantasie, tutte queste cose sono personali e, se non per simboli e di seconda mano, incomunicabili.

Aldous Huxley


 

Qualcosa stava cambiando…si, me lo sentivo.
Da qualche giorno a questa parte percepivo che l’aria stava mutando, come se qualcosa di antico e primordiale si era risvegliato per venire in superficie, ad allietare le esistenze di noi comuni mortali.
Ma nonostante questo non riuscivo a capire cosa potesse essere, mi sentivo disorientata e spaesata come una bambina appena entrata nel paese dei balocchi.
La mia vita è sempre stata piena di sicurezze, sapevo sempre cosa dovevo fare, e cosa si sarebbe verificato più in la, ma ora tutto questo mi sta destabilizzando in modo estenuante.
Guardo il cielo dalla veranda.
E’ cupo, nuvoloso, terso.
Questa estate è decisamente una delle più strane che ci siano mai state, troppo spesso stanno avvenendo temporali improvvisi e cambiamenti di temperatura fuori dal comune.
Il telegiornale prima ha dato l’allerta che si stavano avvicinando varie nubi che avrebbero portato piogge abbondati e venti forti per le prossime settimane.
Ma non è solo il meteo che sta sconvolgendo la mia indole.
Akane in queste ultime settimane è diventata diversa…sta nascondendo qualcosa, lo sento!
Le sue abitudini sono decisamente cambiate, ormai non fa più nemmeno colazione con me e Kasumi la mattina, il resto della giornata la passa fuori chissà dove, non apre mai un libro per prepararsi al rientro a scuola come era solita fare.
La cosa che più mi preoccupa tuttavia è il nostro rapporto, poichè il nostro amore-odio si è trasformato nel sentimento più pericoloso che esista: l’indifferenza.
Una volta ci stuzzicavamo continuamente, attaccando briga per qualsiasi cosa, litigando per qualunque sciocchezza che capitasse sotto mano, però si vedeva l’affetto che ci legava nonostante tutto, perché il nostro cuore batteva sulla stessa lunghezza d’onda.
Da quando è morto papà lei pian piano si è trasformata, e non ha cambiato solo se stessa, ma anche il rapporto che aveva con tutte le persone che la circondano.
Kasumi lascia sempre correre, optando per lasciarla stare tranquilla senza soffocarla troppo, ma io non riesco a essere passiva in questo modo, e continuo a covare dentro.
E adesso la situazione sembra pressoché peggiorata.
Chissà ora cosa sta facendo….Sarebbe bello rinchiudersi come un tempo in camera mia a parlare, ridere, tirare cuscini per le peripezie che succedevano ogni giorno. Ma tutto questo ormai appartiene al passato.
Cammino lungo il corridoio.
Le ante del legno sono sempre lucide e lustre, i mobili in ordine.
La cucina è un ambiente immacolato, con ogni cosa messa al suo posto.
La sala da pranzo è pulita e sistemata come sempre.
Mi siedo, poggiando i gomiti sul tavolo e lasciando riposare la testa. E’ pesante.
Guardando per terra noto una piccola macchiolina di sakè vicino al tappeto, testimone della visita di Ukyo.
Tutto è così morto, così grigio e incolore.
E tutto questo perché?! Per l’assenza di mio padre, del signor Genma, di Happosay, di Ranma, della vecchia Akane….
Cerco di fissarmi continuamente su questa giustificazione, ma nel mio cuore risale ancora una volta il senso di colpa. Sono io la responsabile di tutto.
Non posso evitare di pensare questo in fondo, dalla settimana di quel maledetto Campionato.
Le mie azioni di quel fatidico giorno hanno determinato questo futuro, cosa che nessuna sa, a parte il caro Ryoga che con il suo ritorno ha deciso di levare la polvere a tutte queste cose sepolte.
Ora ho solo paura.
Paura che il mio segreto venga rivelato, che tutti sappiano…che soprattutto Akane sappia…che io  sono stata sempre e solo innamorata di…..
 



Dopo questo ora si che posso dirlo.
Non riconosco più neanche me stesso!
Questa è la dimostrazione forse che la natura vince comunque sia sempre su tutto, anche sul debole animo umano. Eppure io credevo di averlo forte, di essermi rafforzato col tempo, ma quello che sto facendo dimostra totalmente il contrario.
Il calore mi ha avvolto da quando la tengo stretta a me; ogni suo minimo aspetto mi risalta alla vista, niente riesce a sfuggirmi di lei: la mia Akane.
I suoi capelli sono profumati. Mi portano una tranquillità e una sensazione favolosa che non provavo da così tanto tempo.
Il suo corpo così perfetto e desiderabile, che nessun uomo potrebbe mai respingere o rifiutare.
Come facevo anni prima a offenderla continuamente?! Era il mio meccanismo di difesa troppo difettoso?
Ora forse l’ho aggiustato, perché non riesco a offendere più una creatura del genere.
Siamo immobili da ormai troppo tempo. Sento che devo fare qualcosa.
Non sto più lì a pensare, il mio corpo reagisce senza dare troppe spiegazioni alla mente e comincio a spostarla affinchè mi guardi negli occhi.
Finalmente mi specchio nelle sue iridi profonde. E lì incontro l’Eternità.
Determinate parti del mio corpo sembrano esigere qualcosa di più del semplice sguardo, desiderano un contatto.
Così mi avvicino lentamente a lei, le do la possibilità che se non volesse si potrebbe spostare, ma lei non lo fa, resta lì immobile a fissarmi, quasi come se stesse pensando le mie medesime riflessioni.
Sento un brivido che le attraversa le spalle. Sento il suo respiro, il mio respiro, il nostro respiro….ecco, le nostre labbra finalmente hanno raggiunto il capolinea desiderato: si sono sfiorate, e lì il cuore si fermò….
< Ehiiii Ranma ma sai dove son….> la porta della camera viene aperta d’improvviso, sorprendendoci  proprio quando avevamo varcato il paradiso.
< Oh..no!> riesco solo ad esclamare.
Proprio ora dovevano tornare gli altri! E per giunta mi hanno sopreso con Akane. Sono nei guai.
Passano alcuni e interminabili secondi nei quali rimaniamo tutti immobili e fissarci l’un l’altro.
< Oooh..Oops..scusate! > e subito richiuse la porta la dietro di sé.
Akane si rivolse subito a me con sguardo interrogativo. Ora dovevo spiegargli un altro bel po’ di cose che avevo lasciato in sospeso.
< Dobbiamo andarcene! Ti riaccompagno in città senno passeremo degli enormi guai!>
< Ma chi era quell’uomo? Cosa sta accadendo Ranma?>
< Ti spiegherò tutto strada facendo, ora l’importante è portarti via da qui! >
Sul momento tutto quello che stava accadendo fra me e lei nella stanza era dimenticato, dovevo portarla fuori prima che la notizia si fosse sparsa fra tutti gli altri.
Uscimmo dalla mia stanza e scendemmo rapidamente le scale.
Non sembrava esserci anima viva.
Optai per la porta che dava dalla parte del bosco del ruscello visto che quella principale era sicuramente preseduta, mentre quella posteriore era sicuramente occupata da chi si stava sistemando dopo l’allenamento sulle montagne.
Dovevamo essere veloci e silenziosi, così attraversammo tutto il piano terreno finchè arrivammo alla piccola porticina: oltre vi era la libertà.
Sembrava quasi una fuga dalla prigione ma non potevo permettermi delle conseguenze che non desideravo affatto.
Apro la porta d’impeto senza dare troppo attenzione. La luce del sole ci avvolge ma tuttavia intravedo numerose ombre per terra.
Mi blocco all’improvviso. Alzo lo sguardo e vedo…tutti fermi davanti a me!!!
Tutti mi guardano con un viso cupo, serio, oscuro.
Sono spacciato! Ho trasgredito a una delle regole principali.
Sento la presenza di Akane accanto a me. Le nostre dita si sfiorano accidentalmente.
 

Ho il respiro spezzato.
Abbiamo percorso tutta la casa di corsa per scappare da quel posto così strano e misterioso, e ora Ranma e immobile, sembra bloccato dalla paura. Chi sono queste persone che ci osservano così? Cosa vogliono da noi due?
Sono tutti vestiti allo stesso modo, quasi come se…fossero degli atleti! Tuta, cintura, attrezzi…qualche tassello stavo cominciando a trovarlo.
Qualcuno ha una mazza nelle mani, alcuni invece degli strumenti appuntiti apparentemente pericolosi.
< Sono pronto a qualsiasi punizione, ma lasciate andare a lei…>
Ranma ruppe il silenzio con questa affermazione. Ora si che forse cominciavo ad avere paura.
c’era qualcosa di pericoloso che ormai percepivo nei visi di quelle figure.
Una di loro, la figura piu mastodontica, si avvicinò verso di noi ad ampi passi.
Arrivò di fronte a noi e all’improvviso alzò le braccia. Voleva combattere?! Stava sferrando un pugno potente? Non sapevo dirlo…capivo solo che Ranma non reagiva, o semplicemente non voleva.
Chiusi gli occhi d’istinto per non guardare la scena.
Sentìì un urlo!
< Noooooooo! > Gridai all’istante! Ma quello che visti mi lasciò totalmente…allibita!
Quell’uomo non stava picchiando Ranma ma…lo stava abbracciando!
Lo stesso Ranma fu stupito di quel gesto, partirono urla di acclamazione dal gruppo che era davanti a noi, che si avvicinò circondandoci.
Tutti cominciarono  a dare pacche a Ranma, che con faccia da ebete annuiva senza sapere cosa dire, poi l’attenzione si spostò tutto su di me.
< Ma guardate un po’…finalmente abbiamo l’onore di conoscere la tua famosa ragazza! >
esclamò uno del gruppo, un po’ basso ma non meno muscoloso degli altri.
< Certo che…Ranma cavolo non ci avevi detto che era così carina >
Io avvampai all’istante sentendo tutti gli sguardi e le considerazione rivolte a me, Ranma era nella confusione più totale, e forse ci stava capendo molto meno di me.
< Scusate ma…arrivati a questo punto vorrei capire tante cose…voi chi siete?! >
Mi ersi tra questa folla scalpitante, e subito rispose uno che si manteva vicino la casa.
< Ma come Ranma non ti ha detto niente?! È sempre il solito ehh! > e cominciò a ridere coinvolgendo tutti gli altri.
< Questa è…una scuola di arti marziali! >
Il mio sguardo stupefatto sembrò incalzare un racconto che mi avrebbe aperto molte porte per sapere il presente di Ranma.
< Il tuo caro fidanzatino è entrato a farne parte circa…mmhh due anni fa. Si è distinto subito fra tutti, divenendo uno dei migliori. Proprio per questo non lo sopporto! > e continuando sempre a ridere se lo stritolò forte tra le braccia, mentre Ranma si divincolava avvertendo un forte senso di vergogna.
Era una situazione così comica che coinvolsero anche me in questa atmosfera allegra.
< Daiii ora basta ragazzi! Mi avete colto di sorpresa! Non credevo aveste questa reazione. Io ho…ho..trasgredito a una delle regole fondamentali…come mai non siete arrabbiati?! >
< Ti riferisci al settimo punto del codice?! > rispose un altro del gruppo che si teneva  a distanza.
< Esattamente>  continuò Ranma.
< Di cosa parlate?! > intervenì io per soddisfare la mia curiosità.
< Ogni membro che entra a far parte della scuola deve rispettare un rigido codice di regole affinchè possa continuare a star qui…fra queste ce né una che vieta di portare qui altre persone fuori dal nostro ambiente perché destabilizzerebbe sia noi combattenti, sia la scuola stessa che perderebbe la sua segretezza>
Ora molte cose stavo cominciando a comprenderle nelle mia mente. Quello continuò aggiungendo.
< Ranma come al solito è corso a conclusioni affrettate! Sapevamo che era solo al mondo e quindi potevamo chiudere un occhio per lui! E chi se lo immaginava poi che fosse fidanzato!>
e un’altra risata collettiva coinvolse tutta la radura, che con approvazione condivideva ogni affermazione esplicata.
< Maledetti! Non mi avevate mai specificato questa cosa! E io mi ero dannato tanto la vita per non essere scoperto! >
< Esagerato dai Saotome! Almeno ora la verità è venuta a galla. Magari Akane potrà aiutarci cucinando la cena per la prossima “Giornata delle 3 gare” > e dicendo questo l’omone che si era avvicinato all’inizio guardò verso di me, e fece l’occhiolino.
Era una situazione così inverosimile e buffa, che ormai la paura che c’era prima era scomparsa ormai del tutto.
< Vieni Akane…lasciamoli perdere per ora, mi hanno dato sui nervi! > e così dicendo mi prese per mano e ci allontanammo verso il bosco, lasciando tutto il gruppo che continuò a guardarci ridendo.
< Mi raccomando…le precauzioni! > urlarono tutti in coro ironicamente.
Ovviamente il mio viso divenne rosso pomodoro, mentre quello di Ranma sul viola melanzana, non osò neanche rispondere, forse per la rabbia, o forse per la vergogna!
< davvero divertenti tutti questi fraintendimenti però ahah > mi affrettai a cambiare argomento camminando per sbloccare un po’ la situazione.
< Per favore…hanno fatto come al solito il loro teatrino! Ormai li conosco…certo che non credevo avrebbero reagito così> Ormai eravamo nel folto del bosco mentre ci allontanavamo dalla radura, e Ranma continuò a discutere sui suoi compagni, su come lo avevano accolto quando scappò dal campionato, e sulla loro vita quotidiana.
< E’ davvero interessante questa cosa. Quindi tu tutto questo tempo hai continuato ad allenarti insieme a loro…me lo sentivo che non ti saresti smentito, i miei presentimenti non sbagliano mai >
Ranma tuttavia non mi stava dando più attenzione. Era pensieroso.
< Ranma? Ranmaaa?! Ma mi ascolti?? >. Come destato da un sogno si risvegliò dal suo stato di catalessi e mi guardò negli occhi.
< Akane…a proposito dell’ultima cosa che ti hanno detto…riguardo quella cena da cucinare…>
< Mmmh si..cosa c’è?! >
< Sto pensando…alla cena del campionato, quella che abbiamo fatto tutti insieme…qualcuno aveva fatto particolari richieste? > non capì subito la sua domanda e lo scopo che vi era dietro; non avevo in mente neanche chiaro ogni minimo particolare di quel giorno, quindi stetti alcuni secondi a pensare a quei fatidici momenti.
< Tuo padre e Mousse non volevano il tacchino come secondo se non sbaglio…e così Nabiki era andata nelle cucine a dirglielo >
Lo sguardo di Ranma non cambiò per nulla, oscuro e impenetrabile com’era.
Mi girò le spalle.
< Ti accompagno a casa…vediamoci fra 3 giorni, stesso posto, stessa ora. Poi andrem…andremo..da..Ukyo >
Lo guardai a bocca aperta. Cosa diavolo farfugliava? Cosa centrava Ukyo con tutto il discorso e gli eventi che erano accaduti? La mia testa in un solo giorno aveva ricevuto così tante informazioni che forse non riuscivo a recepirne di nuove. Vivevo in un tornado: ecco cosa sentivo quando stavo con Ranma.
< Ma…ma perché?! Che intenzioni hai? E poi ukyo ormai non c’è più, è partita tant..>
< No ti sbagli, è tornata quasi 2settimane fa…>
Ukyo era tornata?! Quando aveva deciso il destino che succedesse tutto questo insieme?
< Andiamo, facciamo in fretta, prima che faccia buio…>
Senza che potessi proferire parola mi issò sulle sue possenti spalle e cominciò a grande velocità a scendere per i fianchi ripidi della montagna. Proprio quando stavamo per rompere reciprocamente le nostre corazze, se ne sono venute a creare delle altre…nuovi misteri stavano venendo a galla senza che potessi evitare di esserne travolta….un fiume in piena a cui non sapevamo sfuggire…era forse scritto che non dovevamo trovare la nostra felicità?! Ancora a quell’epoca niente potevo aspettarmi e immaginare.
Non potevo sapere neanche che nel frattempo a  Nerima una persona, con intenzioni crudeli, era appena arrivata davanti a una porta: il locale di Ukyo….! 







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Capitolo 11
*** Nubi all'Orizzonte ***


Nubi all'Orizzonte



Una macchia nera in mezzo al mare, dilaga, si spande e copre ogni raggio di felicità. Un buco nero nell'anima dell'oceano, ormai cosi tanto oscuro da portar con se tutto, speranze, gioie, fantasie e due semplici lacrime: una corre sul filo dell'emozione e del rimpianto, e l’altra viene trasportata nello stesso vortice. Vite trascorse correndo freneticamente, velocemente, tanto da non cogliere la voce ormai stanca di un bimbo, un tempo felice e oggi imprigionato.

 Anonimo


Era giunta ormai la sera quando finalmente l’ultimo cliente se ne andò.
Oggi era stata una giornata abbastanza stressante, tra il dover dare conto ai rifornitori per i prodotti e la gente che faceva innumerevoli richieste, ma almeno potevo dire comunque di essere soddisfatta per come ero ripartita.
La voce della mia riapertura si era sparsa in giro in fretta, e non poche persone mi avevano fatto visita per salutarmi o semplicemente vedere se la mia arte culinaria era sempre la stessa o addirittura migliorata.
Il mio lavoro in innumerevoli occasioni era stata la mia salvezza.
La mia scappatoia per allentare le tensioni, lenire il nervosismo, per pensare ad altro….
Mi sentivo il cuore leggero come non lo avevo da tantissimo tempo, e volevo continuare a tenere questo ritmo, per non ricadere nel mio stato d’animo depressivo che ultimamente mi caratterizzava.
Ovviamente queste e altre innumerevoli riflessioni le stavo compiendo mentre pulivo l’intera sala, e non facendo attenzione sbattei su un tavolo nel quale vi era una bottiglia d’acqua semi piena, che cadendo riversò tutto il suo contenuto a terra.
Mi accinsi subito a prendere il strofinaccio, per pulire ciò che avevo combinato.
Appena mi inginocchiai però mi bloccai: su quel piccolo specchio che si era creato vedevo la mia immagine riflessa…da essa non trapelava nessuna emozione.
O semplicemente ero io stessa che non recepivo niente di me; forse è questo che in realtà, dietro le quinte, mi affliggeva: chi ero in realtà io?! Cosa volevo davvero dalla vita?
Mi accorgevo sempre di più che non riuscivo a rispondere a queste domande.
Socchiusi gli occhi sperando di trovare qualche risposta nel buio del mio essere.
Erano  cambiate così tante cose in questi anni, ero stata con così tante persone in questi anni che ormai non sapevo chi ero davvero diventata, cosa mi aspettavo davvero dalla vita.
L’assenza di un vero centro di riferimento mi aveva destabilizzata fino ad arrivare quasi a un punto di non ritorno, e questo ormai non potevo più permetterlo…non potevo!!!
L’unica persona che aveva da sempre avuto quel ruolo nella mia esistenza era solamente Ranma, avevo bisogno di vederlo, di parlargli, di capire la verità.
Non so cosa potevo aspettarmi di preciso da un futuro incontro di lui…forse una volta visto mi sarei rassegnata alla realtà e sarei andata avanti per la mia strada…oppure…avrei potuto aiutarlo, confortarlo, stringerlo a me per pulire tutte le macchie che avevano corroso la sua anima.
Si, ne ero certa! Se solo me lo avesse chiesto, io sarei diventata la sua salvezza!
Lo strofinaccio che avevo usato per asciugare l’acqua ormai ero zuppo e sfregando non mi ero ancora resa conto che dovevo andarlo a cambiare; mi alzai e mi mossi per andare a prenderne uno nuovo al bancone.
Nel momento in cui mi abbassai per cercare la scatola che mi serviva sentì  all’improvviso un rumore, come di vetri rotti, che interruppe il silenzio nel quale era immersa l’intera stanza.
Mi alzai di scatto e perlustrai l’intera sala in cerca di una possibile fonte…ma niente tutto sembrava essere come lo avevo lasciato poco prima.
Pensai a questo punto che doveva essere successo qualcosa al piano di sopra, magari qualche ramo che aveva sbattuto contro la finestra…oppure gli spifferi del vento che avevano fatto cadere qualcosa di leggero dagli scaffali, dato che il meteo ribadiva in questi giorni dell’avvicinarsi di una delle rare tempeste tropicali estive.
Controllai le stanze una per una, ma niente nulla sembrava essere cambiato.
Nel momento in cui realizzai che forse mi ero solo immaginata tutto, ero appena tornata nella sala principale e…mi bloccai.
La porta d’entrata era semi-aperta, lasciando entrare un po’ di vento e pioggia che era cominciata a scendere dal cielo cupo e nuvoloso.
Ero sicura di averla chiusa e sprangata quando l’ultimo cliente era uscito, e quindi corsi subito a chiuderla, non pensando minimamente a quello che poteva accadere…
Non ebbi neanche il tempo di posare la mano sulla maniglia per chiudere che qualcosa dal nulla mi bloccò il corpo! Due braccia mi cinsero il busto e il collo mobilizzando con una forza immane che non sembrava neanche umana…mi divincolai con tutte le energie che avevo a disposizione ma tutto sembrò immediatamente inutile fin dall’inizio poiché era impossibile qualsiasi mia mossa…
La mie palette erano tutte sparse nel bancone e non riuscivo neanche ad avvicinarmi per afferrarle e scaraventarle contro il mio aggressore.
Tuttavia questo sembrò fare una mossa sbagliata che mi consentì di tirare una testata all’indietro per farlo cadere verso i tavoli ancora sporchi e disordinati.
Ma purtroppo non servì a niente, perché mi trascinò con sé facendomi sbattere contro le sedie e le varie vettovaglie che caddero  a terra versando il loro contenuto e rompendosi in tanti pezzi.
Paura, adrenalina, terrore, incoscienza….una marea di emozioni si impossessarono di me per salvarmi, per lottare a continuare una vita che avevo appena ricominciato, una vita che avevo progettato con tanti orizzonti…non poteva finire tutto così!
Feci l’ultima mossa tentato il tutto per tutto per scappare verso la porta, gridando con tutto il fiato che avevo in gola la mia disperazione…ma fu tutto inutile; la sua mano destra posò un panno bianco sulla mia faccia, all’altezza della bocca e del naso, impedendomi di respirare l’aria pura.
Mi resi conto che altro non si trattava che cloroformio.
Non potei più resistere….il mondo cominciò a vorticare intorno a me, e pian piano le forze restanti mi abbandonarono, lasciandomi frastornata e assopita….persi tutto, insieme all’ultimo barlume di speranza….dopodichè vi fu solo il nulla….
 
I giorni passarono in fretta nell’attesa che arrivasse di nuovo il momento in cui potevo rincontrare Ranma.
La mattina dell’agognato terzo giorno finalmente giunse, così mi preparai presto per andare come di consueto quello che ormai era diventato il nostro posto.
Ancora avevo tante domande in testa da rivolgere a Ranma sul suo comportamento del nostro  ultimo incontro quando lasciamo la casa del bosco dicendomi di dover andare a trovare Ukyo, tutto sembrava così strano ogni volta che stavo con lui: appena qualcosa andava bene, subito si ripresentavano mille altri problemi che ci sovrastavano…e pericolosamente potevano ancora una volta allontanarci, tutto ciò che insomma io non volevo più.
Poi tra l’altro arrivata a casa potei ben riflettere su quello che era accaduto quando eravamo nella sua stanza da soli…..non so se era stata l’atmosfera che si era creata, o qualche sconosciuto istinto che dormiente si era inesorabilmente risvegliato, ma non riuscivo a comprendere il comportamento che avevamo avuto sia io sia lui.
Ero entrata in un mondo sconosciuto fatto di calore e sensazioni straordinare che avevano conquistato sia la mia mente che il mio corpo, solo tra le sue braccia potevo assaporare un affetto che non avevo provato per nessun altro, solo che ancora non potevo davvero credere come tutto ciò potesse essere finalmente ricambiato anche da parte sua….il suo starmi accanto, il suo sguardo fisso, le sue labbra che si avvicinavano….mi stava sul serio baciando?! Mi stava desiderando?
Può davvero cambiare una persona in questo modo? Oppure semplicemente era diventato uno sconosciuto…di nuovo tutto da scoprire.
Appena stavo per uscire di casa la voce di Kasumi mi bloccò all’improvviso destandomi dai miei pensieri.
< Akane…esci già di buon mattino? >
< Sisi ho alcune cose da sbrigare,  credo che tornerò sul pomeriggio tardi >
< Mmh ultimamente ho notato che però stai uscendo molto spesso…>
Dovevo aspettarmelo. Le mie lunghe scappatelle apparentemente innocenti dovevano destare alcuni sospetti, specialmente in Kasumi a cui mai nulla era potuto sfuggire nonostante il suo silenzio e la sua riservatezza.
< Beh…non esageriamo, magari prima stavo preferibilmente a casa, ora preferisco stare all’aria aperta tra una commissione e un’altra…>
Come sempre ebbe uno sguardo indagatore ma comprensivo e non mi fece altre domande, se non che mi disse qualcosa che mi bloccò subito.
< Comunque l’altro giorno è passata Ukyo sai?! E’ tornata da poco in città…ti mandava a salutare.
La guardai curiosa. Allora lei era già venuta a casa mia! C’era qualche motivo dietro per la sua visita?!
E poi bisognava tenere conto delle affermazioni di Ranma prima che mi lasciasse e di andare al suo locale. Le cose sembravano essere collegate.
< Allora pensò che l’andrò a trovare al suo locale >.

Non ci volle molto prima che raggiunsi il tanto fatidico parco.
La strada e il sentiero ormai lo conoscevo a memoria, e finalmente raggiunsi la radura a cui tanto ero legata.
Era sempre uno spettacolo osservare la danza dei petali e delle foglie che scendevano ritmicamente dal cielo, portatrici di una pace a lungo agognata.
Il tempo oggi aveva deciso di dare una tregua apparente dalla pioggia e dal vento, ma nuvoloni nero continuavano a sovrastare il cosmo che circondava noi, poveri comuni mortali.
Osservando bene i rami sinuosi potei scorgere finalmente la figura di Ranma appollaita su uno di essi presumibilmente in attesa del mio arrivo.
Non ebbi neanche il tempo di parlare che lui si accorse della mia presenza, scese subito e arrivò davanti a me.
< Ciao..> sembrava una parola così fredda e priva di significato, ma nel momento in cui la disse sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori, di quelli che mi scombussolavano le sinapsi impendendomi di reagire a qualsiasi cosa. Perché aveva un così potente effetto su di me?! Quando glielo avevo ceduto questo potere?
< Ciao..>  sorrisi a mia volta cercando di ritornare a terra e non più tra le nubi danzanti con i loro fulmini.
Il suo sguardo però cambiò ben presto e si fece serio e cupo, i tratti marcati non stavano preannunciando nulla di buono.
< Oggi sono già passato da Ukyo per controllare se la trovavamo oggi al locale…quello che ho trovato era un po’ quello che mi aspettavo…siamo arrivati tardi >
Lo sguardai stupita senza proferire alcuna parola…che cosa mai era successo!?
< Ho trovato tutto il locale sotto sopra…tavoli e sedie a terra, alcuni piatti rotti a terra…la porta era chiusa ma senza serratura…sembra essere da giorni che si trova in questo stato.
Penso che purtroppo….qualcuno debba averla presa >.
< Presa? Nel senso che è stata rapita??! >
Ranma annui con la convinzione che molte volte lo caratterizzava.
Chi mai avrebbe potuto volere una cosa del genere? Rapire Ukyo per qualche oscuro motivo? Tutto era così inverosimile.
< Penso che lei sia coinvolta con quello che è successo a tuo padre il giorno del campionato…non so se ne è cosciente, volevo appunto domandargli alcune cose con te…per questo volevo andarci, anche se purtroppo qualcuno ci ha preceduto…qualcuno che non vuole che si sappia la verità…le mie ipotesi si stanno facendo sempre più veritiere>.
< Allora era questo che volevi dire l’altro giorno…ma chi mai può essere stato? chi si sta spingendo fino a questi livelli per ostacolarci?>
Ranma non seppe cosa rispondermi lì sul momento.
Le parole forse non sembravano servire, oppure erano inadatte per esprimere quello che aveva in testa.
Vide che il mio viso si era oscurato e cercò di confortarmi portandosi più vicino a me e poggiandomi una mano sul mio viso. Era così calda….
Nel momento in cui cercò di aprire bocca cominciarono a scendere prima piccole goccie, finchè dopo pochi secondi iniziò davvero a diluviare, come se il cielo si fosse deciso all’improvviso di aprire il rubinetto per scatenare la sua potenza.
< Svelta, andiamo! Prima che ci bagniamo tutti! >
< Dove dobbiamo andare adesso?! >
< Se non mi ricordo male i miei compagni ti avevano invitato ad assistere a qualcosa o no?! >
Correndo cercai di ricordare quella volta in cui parlai con i vari componenti della scuola…
Siiii, uno di loro mi aveva parlato di una specie di torneo, di gara che dovevano fare tutti.
< Avrai l’occasione di vedere come sono i veri combattenti…e così magari stando insieme potremmo capire cosa è successo davvero ad Ukyo>.
Così iniziammo a dirigersi verso il bosco cercando si sfuggire alla pioggia….
Nonostante tutto lungo la strada fummo davvero zuppi di acqua ma non mi importò, non mi importava del freddo che iniziava ad attanagliare il corpo, non mi importava del vento che ostacolava la nostra strada…
Avevo dalla mia parte il sole, che aveva abbandonato il posto dietro le nubi per venire qui accanto a me.
Lui era il calore….Ranma era il mio sole.






Dopo tanto tempo ho deciso di aggiungere questo capitolo in seguito un potente attacco ispiratore…
Mi dispiace aver abbandonato la storia e molti di quelli che la stavano seguendo, spero davvero di poterla ricoltivare e che possiate ritornare a leggermi e dirmi cosa ne pensate ancora una volta.
Un grande abbraccio a tutti.

Reykon °



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Capitolo 12
*** La Quiete Prima della Tempesta ***




 LA QUIETE PRIMA DELLA TEMPESTA
 

Se l’anima tua è un’onda tempestosa, non disperare che si franga nel buio per sempre.

Prima di rotolare agli scogli drizza la cresta possente, e più è furiosa, più è illuminata dai lampi dell’urgano.


Ambrogio Bazzero


Cammino imperterrito.
Il sudore mi lede ormai ogni centimetro del corpo per lo sforzo immane che faccio percorrendo ogni minimo sentiero, ogni nascosto anfratto, ogni centrimetro di questo intricato bosco da cui ormai non so più uscire.
Corro.
Corro spedito finchè il fiato riesce a permettermelo.
Le mie gambe hanno acquisito una loro volontà, sembrano sapere dove andare ma non dove cercare.
E questo perché non sono più io a controllarle. Non sono più io a governare la mia mente.
Io non sono più Mousse.
Non conosco il motivo di tutto quello che mi sta succedendo, sta di fatto che sono inerme di fronte a ciò che di lì a poco tempo accadrà.
E’ come se vedessi la mia vita dall’esterno in questo momento, vorrei poter fare qualcosa, cambiare gli eventi, ma non posso fare niente….non posso fare niente!!!!
Perché tutto questo?! Perché proprio a loro?
La pioggia che è cominciata a scendere blocca i miei movimenti e sono costretto a cercare una grotta in cui ripararmi, anche se non sono io a volerlo…già perché ormai qualcun altro mi sta controllando.
Quando ebbi quell’incontro sul tetto con Ryoga non mi sarei mai aspettato ciò che poi sarebbe accaduto.
Ero stato in grado di sconfiggermi in un secondo, e con altrettanta velocità mettermi K.O per poi risvegliarmi in un luogo oscuro.
Sembrava un posto fuori città che non faceva passare la luce del sole, solo pieno di celle buie che sembravano aver ospitato tanti prima di me.
Quando alzai lo sguardo verso la parete lo vidi, lui, occhi glaciali, sguardo oscuro come la notte tenebrosa prima di una battaglia, con il suo ghigno che non lasciava trasparire alcuna luce, alcun senso di bontà…
Non potei muovere alcun muscolo, non potei più controllare nessun pensiero e nessuna emozione perché mentre ero caduto nel sonno…si era impossessato di me.
Non so quale incantesimo o stratagemma aveva usato, sta di fatto che aveva annullato la mia volontà e la sua risata malefica testimoniava questa mia teoria.
Le domande che erano istintivamente nate dentro di me non poterono quindi avere nessuna risposta, ormai ero diventato una marionetta sotto il suo controllo, da utilizzare per chissà quali misteriosi obiettivi.
Ed ecco perché ora mi trovo qui a vagare per la montagna di Tokyo, mi aveva affidato un compito: trovare una casa in una radura che nessuno conosceva!
Lui non era il tipo perfetto per orientarsi nella foresta, ecco perché si era impossessato di me…aveva scaricato il barile sulle mie spalle.
In realtà il peso che avevo sul corpo ero un altro: una scatola.
Ne ignoravo il contenuto, ma dovevo consegnarla a Ranma.
Credevo che fosse scomparso da tempo ormai, invece vengo a scoprire che era sempre stato nei paraggi, protetto da un misterioso edificio che era sconosciuto a chiunque.
E allora Ryoga come sapeva tutto ciò?! Come era venuto a conoscenza di queste informazioni sprovviste però di molti dettagli?!
Troppe cose ormai non sapevo di tutta questa storia, ma poco importava….
Il mio corpo doveva seguire ciò che diceva il padrone, che non ero più io…
Adempiere al mio compito. Trovare la casa. Consegnare a Ranma.
E continuai a correre, correre, correre…..
 
 
La fitta coltre di nubi sembrò dare tregua dalla sua forza solo quando arrivamo proprio in vista della scuola nella radura.
Certo che anche se tiepidi e timidi raggi sembravano sgorgare dal cielo, nulla cambiava il fatto che io e Ranma eravamo bagnati dalla testa ai piedi, e avevamo bisogno al più presto di un cambio.
Appena fummo davanti la casa partì un coro di applausi e fischi dagli alberi che erano lì ai confini, e subito scoprimmo che non erano altro che tutti i compagni di Ranma che emergevano dalla coltre della foresta.
Vennero tutti in contro a noi come la prima volta che ci eravamo conosciuti, e tutti mi riservarono calorosi saluti e sorrisi che mi alleggerivano molto il cuore.
Sembravano tutti felici ogni volta che io e Ranma eravamo insieme…e questo mi provocava un certo imbarazzo.
< Non era meglio che stavate in un posto fresco e al chiuso per poter amoreggiare?! > disse uno di loro all’improvviso provocando una serie di risate collettive a cui io risposi con la mia solita faccia rossa, mentre Ranma gli tirò un tronco li vicino che il suo compagno, conscio delle sue capacità, schivò con non curanza all’ultimo secondo.
< Sta un po’ zitto tu! Sempre a farti gli affaracci degli altri! > dopo aver proferito una tale minaccia ( che non fece che rallegrare tutti i presenti ) ranma mi prese per mano e mi invitò ad entrare in casa.
Presto fummo in camera sua.
Una certa emozione mi salì al petto ripensando all’ultima volta in cui ero stata lì.
Ammettevo che quella camera e quel letto non facevano che mettermi ansia, paura….ma anche…desiderio.
Non so dire se Ranma pensava le stesse cose, comunque sia mi mise a sedere a forza guardandomi con una smorfia.
< Che c’è?! > esclamai all’improvviso.
< Ehm…i tuoi vestiti. Diciamo che la pioggia non aiuta a…beh, nasconderti..>
Non afferrai subito il senso della sua frase ma appena seguì il suo sguardo capì cosa voleva dire.
L’acqua che ci aveva praticamente immerso letteralmente aveva fatto si che la mia maglietta mi aderisse al corpo, mettendo in risalto le mie forme; istintivamente mi misi le mani al petto!
< Diamine!!! Dimmelo prima!> lo fulminai con tutto il disappunto che poteva esprimere il mio viso
< Non esagerare ora! Tranquilla non ci tenevo a vedere questo spettacolo…> disse con tanta tranquillità che non fece altro che farmi irritare ancora di più.
Ma dopo la sua affermazione non potei che constatare che la stessa cosa valeva anche per lui.
La canottiera che aveva addosso, essendo tutta bagnata, aderiva perfettamente anche sul suo corpo.
Ogni minimo muscolo era messo in risalto da quel tessuto che provocava un effetto quasi afrodisiaco sui miei sensi.
Ogni centimetro di pelle bagnata sembrava essere continuamente in tensione e in allerta tanto che ranma poteva benissimo essere paragonato a una di quelle statue greche che avevamo visto una volta al museo.
Ogni respiro spezzato che usciva dalla sua bocca faceva risalire e scendere il suo petto, così muscoloso e sviluppato. Se si considerava Ranma senza il suo cervello particolare, si poteva ben dire che fosse l’uomo perfetto.
Il mio sguardo fu tutto il tempo fisso su di lui mentre girava per la stanza in cerca di qualcosa.
Alla fine arrivò al casettone e tirò fuori due delle sue camicie, una la tirò verso me.
< Svelta cambiati, prima che ti prendi un malanno! >
< Cosa?!? Come pretendi che io mi cambi qua davan…> e mi  bloccai non appena lui si tolse la sua canottiera.
Lo avevo sempre visto finora con la sua riservatezza, e i suoi vestiti sempre puliti e profumati addosso.
Ma mai una delle mie fantasie poteva arrivare a quella che era la realtà.
Dopo anni vedevo di nuovo Ranma a petto nudo, ed era così cambiato, così diverso che un rossore dal viso si espanse ben presto in tutto il corpo mozzandomi ogni parola e respiro.
Come poteva essere così disinvolto davanti a me?!
Forse perché ormai pensava che eravamo una coppia…e solitamente due persone che si amano non si fanno problemi di questo genere…
O forse semplicemente perché era un zuccone e non aveva idea della sensibilità di una ragazza!
Nel momento in cui stava per indossare la camicia si fermò a guardarmi e notò lo stato di estasi in cui ero discesa quando si era spogliato.
< Qualcosa non va?! >
< No…ecco..vado un attimo al bagno.> e uscì dalla stanza senza neanche aspettare una sua possibile risposta.
Mi buttai letteralmente il viso nel lavandino bagnandolo completamente…il freddo che avevo prima aveva lasciato il posto a un calore particolare che invadeva ogni mia fibra e che non sembrava voler andarsene in alcun modo…
Cosa mi stava succedendo…?! Era solo l’inizio di qualcosa ben più grande.


Quando scesi all’ingresso lo trovai davanti alla porta.
Finalmente vestito, pensai nella mia testa….oppure preferivo guardarlo senza quei tessuti addosso!?
< Oggi inizia il torneo, finalmente! >
< Avevo intuito qualcosa…ma di cosa si tratta nello specifico?! >
< Beh praticamente ogni anno organizziamo un torneo che si dilunga per 3 giorni, nei quali vi sono 3 prove da fare per dimostrare i risultati appresi nel corso degli allenamenti >
Sembrava una cosa molto interessante, e anche importante perché lo leggevo negli occhi di Ranma, che avevano quel giorno una luce particolare.
Niente di lui ormai mi riusciva a sfuggire.
< E chi vince cosa riceve come premio? >
< In effetti non c’è un vero e proprio vincitore…c’è invece il “perdente”, quello che fa il punteggio più basso rispetto a tutti gli altri….e che sarà costretto a preparare la cena per tutti alla fine delle gare >
Rise di gusto dicendo quest ultima osservazione.
< E allora perché l’altra volta il tuo compagno l’ha detto a me di cucinare questa fantomatica cena? >
< Beh credo che appunto voleva togliersi il pensiero di cucinare cedendo il compito a te visto che è da 3 anni che continua a perdere! Ma io poi gliel’ho sconsigliato…solo io so come saresti in grado di avvelenare tutti qua con la tua arte culinaria! >
Stupito e Idiota come sempre.
Alzai subito una mano per tirargli un pugno diritto in faccia per fargli rimangiare quello che aveva detto, ma lui fu più veloce, e mi prese il polso a mezz’aria.
Mi guardò negli occhi e indossò quella maschera impenetrabile che non riusciva a trapelare nessuna emozione.
< Non sarai brava in cucina…ma sei brava a far qualcos altro…>
Quando lo disse la sua voce era ferma e seria come non lo era stata mai.
Il suo viso però non trasmetteva tristezza, rabbia o disappunto..anzi.
Un lieve sorriso contornò la sua bocca e la luce dei suoi occhi continuava ad essere più accecante, tanto da destabilizzarmi, che dovetti arretrare per appoggiarmi allo stipite. Lui seguì i miei movimenti e finì che solo pochi centimetri dividevano i nostri visi.
< In.. c-osa sar-ei brava allora…?> perché mi tremava la voce? Perché il cervello non riusciva ad agire adeguatamente alla situazione? Perché con lui non sapevo reagire, ma ero solo in suo potere?
Prese la mia mano d’impeto e se la portò al petto.
< A scaldare il mio cuore>
Spalancai gli occhi estasiata dalle sue parole.
Il Ranma del passato era stato sepolto da qualche parte nella foresta, perché non avrebbe mai detto una cosa del genere.
Il Ranma del presente era così diverso, maturo…e non faceva che stupirmi sempre di più.
Si era ricreata la situazione di quella volta della sua stanza.
Vidi di nuovo il suo viso avvicinarsi al mio lentamente.
E io cosa potevo fare?! Volente o nolente gli avrei dato qualsiasi cosa in quel momento…
Perché il corpo e tutto il mondo in questi attimi risponde sempre e solo all’irrazionalità.
Il cuore aveva preso il sopravvento sulla mia volontà.
E Ranma si era impadronito del mio di cuore…
E proprio quando il desiderio di rendere due in uno si stava per realizzare, come sempre qualcosa ci disturbò.
< Ranmaaaaa! Ma dove sei finito?? Sbrigatiii che la prima gara sta per cominciare! >
Dal folto del bosco venivano le voci concitate degli allievi della scuola che richiamavano Ranma nel vento, senza poter vedere in realtà cosa stava facendo lì davanti alla porta di casa.
L’atmosfera si era irrimediabilmente rotta, vidi la sua faccia allontanarsi da me, tirarmi una occhiata di delusione.
Il suo corpo si mosse per andare verso i suoi compagni.
< Andiamo, prima che tardiamo troppo >
Cominciò a incamminarsi verso la radura, lasciandomi me impalata davanti alla porta, senza forze per muovermi dato che tutte le energie erano state riservate per far correre il maledetto organo che mi batteva nel petto.
Perché doveva finire sempre così? Quando saremmo davvero andati oltre tutto questo?
Erano passati troppi pochi secondi affinchè la razionalità tornasse di nuovo padrona di me.
E quindi l’istinto fece la sua mossa.
Corsi velocemente verso di lui, afferrando il suo polso per farlo girare verso di me.
Il sole aveva creato un varco fra le nubi che illuminava solo il prato in cui eravamo.
Il vento soffiava pacato trasportando foglie e odori in tutta l’aria.
Gli animali correvano per i cespugli cercando un riparo per la pioggia che sarebbe ritornata.
Un fiore di ciliegio da qualche parte nel bosco era appena caduto a terra, terminando la sua piccola e bellissima esistenza.
Ed una coppia di innamorati finalmente per la prima volta provò l’ebbrezza di unire le proprie labbra,
le une con le altre.





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Capitolo 13
*** Sussurri ***





SUSSURRI

Come un sussurro, un battito d’ ali il pensiero tuo che s’ intreccia col mio;
come due mani che si sfiorano nell’ infinito ma che non si toccano mai.
Pensieri come essenze che parlano d’amore,quello etereo, non passionale, ma di un’ amore allo stato puro. E come una lacrima lascia la scia quando sul volto scivola lentamente, così sei tu che mi illumini il cammino, cossichè io non possa inciampare.

Anonimo

 


Ero senza energie.
La vista era completamente annebbiata da un oscurità tale che non riuscivo a percepire il resto del mio corpo.
Ero incatenata.
Sentivo qualcosa di pesante che mi teneva piantonata al pavimento, le mani immobili sul mio fianco bloccate da troppo tempo in quella posizione  tale che ormai non sapevo dire se i miei muscoli funzionavano ancora.
Respiravo a fatica.
La stanchezza si era impossessata della mia mente e del mio corpo e niente, neanche un miracolo poteva salvarmi.
Cosa era successo veramente?! Dove mi trovavo?
Ricordo solo che ero al locale…e si! Qualcuno mi aveva teso una trappola alle spalle!
Ero stata presa…la domanda ovvia però: da chi?!
L’aria era fredda, pesante, tetra…si mischiava con un atmosfera lugubre che in quel momento mi stava inghiottendo letteralmente.
I miei occhi mi permisero di vedere l’unica fonte di luce di quell’ambiente oscuro: una finestrella posta in alto dall’altra parte della stanza.
Era evidente che fosse giorno là fuori, eppure mi sentivo come se fossi stata trasportata in un altro mondo.
Mi guardai intorno e vidi pareti spoglie e rovinate dal tempo, alcune sedie accatastate in un angolo in modo disordinato, pezzi di intonaco sparsi qua e là che si confondevano con strati di polvere accumulata in giro.
Di colpo le mie riflessioni furono interrotte da un rumore sinistro, e mi girai verso la fonte.
Una porta cigolante si stava aprendo dalla parete posta sul mio lato, e ne emerse l’ultima persona che poteva aspettarmi al mondo.
< Ciao Ukyo! Come è stato il risveglio?! >.
Dall’alto del piedistallo della sua libertà, si stava ergendo davanti a me Ryoga.
Ma non era la stessa persona che mi ricordavo praticamente da sempre.
Aveva un aspetto orribile, mal curato, una voce fredda e pungente come la pioggia d’inverno, e i suoi occhi…non c’era modo di descriverli adeguatamente, trafiggevano il mio corpo come mille lame scagliate di sorpresa senza alcun modo per difendersi.
< TU! > lo guardai con tutto il disprezzo che potevo dimostrare in quel momento, ma questo non sembrò altro che farlo divertire, tale che emise una sonora risata che riecheggiò in quella stanza dimenticata dal mondo.
< Dai, calma mia cara, non vorrei che avessi qualche strana reazione, nelle condizioni in cui ti trovi potresti solo peggiorare le cose >.
Esclamato questo, si avvicinò a passo felpato verso di me, mantenendo le distanze e continuando a fissarmi imperterrito.
< Ti starai domandando perché ti abbia portato qui…lo so lo so..sono stato abbastanza brusco nell’invitarti in questo luogo, diciamo a “forza”>.
< A forza?!? L’ironia non serve a un bel niente, idiota che non sei altro! Che vuoi da me dopo tutto questo tempo? Che diavolo di intenzioni hai?!?>.
< Calma, calma! Non mi sembrano i modi che un ospite debba mostrare a casa degli altri! Suvvia tranquillizzati, dovrai stare qui per un po’… non ti farò del male, per ora…>
Iniziò a volteggiare per la stanza, cominciano a scrutare il soffitto, come se cercasse la risposta a un qualche quesito, dopodiché si fermò vicino alla finestra guardando la fuori.

< Che cosa?! Che stai dicendo?! Tu sei pazzo! >
La mia voce alta e squillante stonava decisamente con quella sua bassa e pacata, con una tale tranquillità che non faceva altro che aumentare la rabbia dentro di me.
< Forse neanche ne sei consapevole in realtà di quello che sai, ma hai delle informazioni che se sapute da altri, mi metterebbero i bastoni tra le ruote…>
Lo guardai attonita.
In quell’istante capì due cose: la prima che non era il vero Ryoga quello che avevo davanti; la seconda che, come in ogni occasione, in quella storia ci fosse di mezzo l’ultima persona che speravo…Ranma.
Combattere ormai sembrava inutile, mi chiusi in me stessa e in un mutismo che speravo portasse qualche reazione al mio rapitore così misterioso e crudele.
< Mi dispiace che ci sia andata di mezzo proprio tu, ma credimi è meglio che tu stia qui per il momento>.
Mi lanciò un sorriso disprezzante, e subito dopo si mosse verso la porta, richiudendola con un tonfo tale che fece tremare il soffitto.
Sospirai.
Cosa dovevo fare?! Non avevo via di fuga in quella condizione.
Mi potevo forse rassegnare? Non era nella mia natura.
Ma dovevo per forza realizzare che da oggi in poi quel luogo diroccato era diventato per me la cosa più orribile: la mia prigione.



Non c’erano parole.
Non c’erano pensieri.
Non c’erano emozioni.
Il mondo attorno a noi era scomparso, o semplicemente non era mai esistito.
Sentivo come se vibravo in aria, perché il confine tra la terra e il cielo si era annullato a sua volta.
Calore. Puro calore come non l’avevo sentito mai; ma non proveniva dall’esterno, da qualche fonte che riscaldava la mia pelle, veniva da dentro, da qualche parte sconosciuta del mio petto, e rapidamente si stava espandendo su tutto il mio corpo.
E qui la cosa più insensata: le mie gambe si facevano molli, leggiadre, e mentre tremavano come immerse nella gelide neve, eppure continuavo a sentire questa costante calura…questo tiepido tepore.
Ma ciò che c’era di più bello al mondo lo avevo appena assaggiato: le sue labbra.
Con lui era sempre stato come essere rinchiusi nella stessa stanza, divisi da fitte sbarre, che ci consentivano di vederci e scrutarci sempre senza mai poterci sfiorare.
Nella vita quotidiana e nelle arti marziali il tatto l’avevo sempre considerato il più inutile dei 5 sensi umani: la vista era fondamentale per vedere lo spazio, l’olfatto per percepire gli odori che si diffondono, l’udito per sentire i suoni che ti circondano, il gusto per capire ciò che assaggi e ingerisci.
Ma il tatto…lo avevo sempre accantonato a priori, e ora invece mi sembrava la cosa più fondamentale che ci fosse.
Le mie mani istintivamente si erano mosse dal suo braccio fino alla testa, per avvicinare sempre di più i nostri visi in una morsa inscindibile; le sue invece si erano ancorate ai miei fianchi come un’armatura aderente che mi avrebbe protetto da ogni pericolo.
Non eravamo mai stati così vicini come lo eravamo adesso.
I miei occhi si erano chiusi da soli, come se sapessero già che volevo godermi quel momento con tutta me stessa, senza che niente e nessuno potesse disturbare il nostro congiungerci.
L’unica cosa che sapevo era solo che c’era passione.
Ero stata invasa da sensazioni così straordinarie che mi facevano credere di essere un’altra persona.
Il bacio si fece più approfondito nel momento in cui Ranma cominciò a dischiudere le sue labbra, forzando leggermente le mie.
Come potevo non permetterglielo?! La razionalità aveva abbandonato quel luogo tanto tempo fa.
Le lingue allora cominciarono a fare la loro danza.
Una strana fame sembrò assalirci. Fame d’amore forse?!
Non so dirlo….era tutto così nuovo per me.
Ma stavo diventando consapevole che più cercavo di estinguerla, più si ingrandiva e non permetteva di saziarla mai.
Il mio cervello riceveva continue scariche elettriche.
Il sapore di Ranma era davvero indescrivibile, ma era come una droga senza cui ormai non potevo più vivere.
Non so dire quanto tempo passò….1 secondo?! O Forse 1000 anni….
Quando andammo verso gli altri camminavamo in modo impacciato e in imbarazzo, eppure notavo che c’era un sorriso nascosto in lui, che faceva germogliare in me la felicità allo stato puro.
Il mio corpo dovette resistere la lontananza di Ranma per i due giorni seguenti.
Le gare del torneo impegnavano tutto il gruppo dei combattenti compreso lui, e duravano l’intera giornata, cossichè ogni volta arrivavo la mattina per poi tornare la sera a casa, anche se stavo portando continui sospetti nella mente di Kasumi e Nabiki.
Il pomeriggio del terzo giorno finalmente era arrivata la finale, gli ultimi 4 contendenti si dovevano sfidare in mezzo al bosco, in una specie di ambiente scosceso, instabile e pieno di trappole.
tutti se la stavano cavando molto bene, notavo la bravura e la dedizione che ci mettevano tutti i componenti della scuola, e dentro di me continuavo a tifare per Ranma.
Uno degli 3 finalisti aveva usato una tecnica particolare che gli permetteva di dividere il terreno sotto di lui, cercando quindi di mettere in difficoltà Ranma, che prontamente saltò in aria per usare il suo contrattacco.
< Ti stai divertendo eh?! >
Uno dei combattenti usciti al primo giorno si avvicinò a me, prendendomi un po’ alla sprovvista e facendomi girare all’improvviso.
< Ahh beh si abbastanza…ammetto che molte cose sono a me sconosciute, ma siete tutti molto bravi >
< Si certo, chi più chi meno, anche se lo so che, da come lo guardi da quando abbiamo cominciato, speri che vinca il tuo caro innamorato > Dopo questa reazione mi strizzò l’occhio, e io mi girai indispettita per tutta questa noncuranza di sottolineare le cose.
In realtà questa cosa sembrò provocare più danno a Ranma che a me, perché con la coda dell’occhio vide quella specie di mini discussione e il mio fastidio, e questo lo distrasse per quei pochi secondi che consentirono al combattente che controllava l’acqua di scagliarli un’onda che lo centrò in pieno, e lo scaraventò dall’altra parte della radura.
Subito io insieme ad alcuni ci dirigemmo da lui per capire cosa si era fatto.
< Maledizione! Mi ha distratto quello lì che civettava con te!!! >
Aveva un piccolo bernoccolo dietro la testa, ma per il resto era intero.
Cominciammo a ridere tutti insieme, per la situazione buffa che si era creata, mi dispiaceva certo che Ranma fosse uscito in questo modo, però ero ancora più felice che lui fosse….geloso.
Alla fine il torneo si concluse con la vittoria del combattente della terra, e quella sera si preannunciavano grandi festeggiamenti alla scuola.




La radura come ogni anno era stata tutta addobbata e sistemata a pennello per festeggiare la conclusione del torneo.
Un altro anno buttato in fumo, dannazione!
Maledetto quell’idiota che ci provava con Akane! Anche se lei l’ha negato, qua vedo che tutti gli riservano occhiate fin troppo eloquenti!
Si era seduto ai bordi dello spiazzo su un tronco a rimirare lo spettacolo e godersi la frescura serale.
Il cielo non prometteva una bella notte, si vedevano nuvoloni cupi che creavano una barriera e che facevano presagire che non sarebbero stati clementi nel non far piovere come negli scorsi giorni.
Piccole lanterne erano state appese tutte intorno a creare un gioco di luci che animava l’atmosfera.
Vedevo tutti che si stavano accomodando ai tavoli pronti ad assaggiare le varie cibarie, tra cui alcune preparate dalla cuoca migliore del mondo: Akane!
Dovevo andare a prendere le tinozze sul retro della casa, pronte per far vomitare tutti gli intrepidi che avrebbero mangiato i suoi piatti.
E poi spuntò lei dalla porta.
Con il suo fare dolce e amichevole, portando alcuni piatti a tavola.
I suoi capelli mossi dal venticello trasportavano il suo profumo fino al mio naso, causandomi dei brividi lungo la schiena: non so dire se erano provocati dal freddo, o dalla sua essenza.
E in quel momento ripensai al bacio di 3giorni fa.
Era stato tutto così magico, un momento così unico nella sua semplicità.
Ma il guaio più grosso era proprio questo: era stato meraviglioso.
Perché non era successo mai prima? La vergogna si era impossessata sempre di me, ora invece non desideravo altro che averla accanto, riassaggiare le sue labbra, la sua bocca, toccare di nuovo il suo esile ma fantastico corpo.
E mentre facevo questi pensieri tra me e me trasalì nel vedere che qualcuno mi prese la mano.
Era l’oggetto del mio desiderio.
Mi sorrise.
< A che pensi?>
< Oh, a niente…riflettevo ancora come abbia fatto quell idiota debole a vincere!> mentì spudoratamente, ormai per me era acqua passata la sconfitta.
< Dai non starci a rimuginare, ti potrai rifare in altre occasioni…ora andiamo a festeggiare forza>.
Ci sedemmo tutti a tavola cominciando la grande festa.
Tutti mangiavano, bevevano, discutevano, scherzavano.
C’era un’aria di spensieratezza e tranquillità che per un po’ non fece pensare a nessuno dei propri problemi.
Finito il cenone tutti iniziarono a raccontare alcune storie buffe che crearono risate in tutta la radura, vedevo akane divertita e serena, il suo viso così splendido e lucente abbagliava chiunque fosse investito dalla sua luce.
Come prima, mi spostai più in là, di lato, vicino alla porta della scuola, seduto per terra a strappare i fili di erba che circondavano tutto il terreno.
Ero irrequieto.
Era nata una tempesta dal nulla dentro di me.
Sentivo che dovevo fare qualcosa…qualcosa per lei.
O forse ero semplicemente egoista, perché ciò che volevo era lei.
Ma come fare a riavvicinarla di nuovo e creare l’atmosfera giusta?
Ed eccola di nuovo che ritornava da me, a destabilizzarmi con la sua vicinanza.
Lei era la risposta, oltre che la domanda.
Si sedette accanto, appoggiando la testa sulla mia spalla.
< Sento che c’è qualcosa che non va…vuoi parlarne?>
Ormai era diventata una grande lettrice di anime…o forse riusciava a leggere soltanto la mia.
< No no…tranquilla è tutto apposto, sono solo così, un po strano stasera…>
Mi voltai leggermente verso di lei e notai che già aveva lo sguardo puntato su di me.
< Capisco…ma sai già che con me puoi parlare di qualsiasi cosa…niente può scandalizzarmi ormai> detto questo uscì un altro dei suoi sorrisi che mi scioglievano letteralmente.
La sua voce mi arrivava piano e distante nonostante fosse a pochi centimetri da me.
Non stavano semplicemente parlando….perchè quelle non erano parole buttate al vento, erano dei sussuri carichi di significato e mistero.
< Si lo so benissimo…ma sai certe cose…sono difficili da esternare>
Piccoli brividi risalivano dalle mie gambe e dalle mie braccia, e mio malgrado lei se ne accorse.
< Hai freddo? > mi disse.
< No…non esattamente…ho più che altro paura di agire>
Distese gli occhi, mostrando un certo stupore.
Si avvicinò ancora di più a me e il suo sussuro si sentì sempre più flebile e chiaro.
< io già ti ho dato un dito…sta a te cogliere con tutto te stesso tutta la mia mano…>
Ora ero io quello stupito. Preso alla sprovvista. Imbarazzato.
C’era un non so che di sensuale nella sua voce, nelle sue muovenze, nei suoi occhi.
Stavolta toccò a me seguire l’istinto.
La baciai.
Un altro bacio più bello e ancora più maestoso di quello dell’altra volta.
La mia mano si posò sulla sua guancia lievemente imporporata in modo che non potesse mai sfuggirmi.
Lei rispose alla mia voglia con tutta l’energia che aveva, tale che dopo un minuto dovette staccarsi per poter riprendere a respirare.
Le mie labbra cariche e gonfie erano pronte a serrarsi di nuovo su di lei, ma stavolta furono bloccate dal suo dito che si interpose tra di noi.
< Stavolta niente e nessuno ci dovrà interrompere>.
di colpo si staccò dal mio abbraccio e si alzò.
Si mise davanti la porta e mi lanciò uno sguardo.
Avevo capito ciò che intendeva.
Dopo di che si dileguò dentro.
Aspettai qualche minuto lì fermo e seduto a rimirare il cielo e i miei compagni che nel prato continuavano a parlare e ubriacarsi.
Finchè anche io mi alzai, e mi addentrai dentro casa.
Nessuno può sapere cosa accade nel resto del mondo quando non è presente a un evento.
Nessuno può essere consapevole delle reali emozioni che prova una persona.
Nessuno può restare fermo ad aspettare che la vita passi subito in fretta.
E nessuno era a conoscenza che a Nerima, nel monte che sovrastava la città, in una radura sperduta, vi era un grande edificio, al cui interno una porta era stata appena chiusa a chiave.






 

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Capitolo 14
*** Dilagare ***



DILAGARE


Giorni che sfiorano la vita, senza fermarsi a pensare…lentamente i secondi si accumulano nel piacere represso…frettolosamente il caos ora dilaga come marea incessante!
 
Grazia Bianco


NB: Volevo consigliarvi di ascoltare la canzone “Cut” dei Plumb
durante la lettura del capitolo, dato che mi ha ispirato nella sua stesura.
 


Il cielo aveva deciso.
Quella doveva essere la notte.
Quello era il momento adatto per cui iniziasse a scatenare tutta la sua potenza, contenuta tutto questo tempo.
I nuvoloni cupi che avevano attanagliato il paesaggio nel corso di questi giorni diedero inizio alla loro rivalsa, si era ribellati alla quiete pacata che chissà quale essere sovrannaturale gli aveva imposto, e finalmente davano il via al loro spettacolo.
Tutto cominciò pian piano, con qualche lieve lampo che serviva ad avvisare chiunque non fosse protetto a nascondersi, a trovare il più presto possibile un riparo da quello che stava per cominciare.
Dai lampi si passò ai tuoni, dai tuoni a veri e grandi saette, e finalmente arrivò: Pioggia.
Incessante, incostante, maestosa e ambigua.
Aveva un grande potere: portava la vita, ma poteva portare anche la morte.
Fitta, forte, fredda.
Ogni cosa presto fu bagnata, ogni oggetto o essere fu investito dal carico d’acqua che discendeva dall’alto.
Niente poteva sfuggire al suo passaggio, perché tutto veniva travolto da quella che si rivelò essere poi….
Tempesta!
Ma io non potevo sapere realmente cosa stava succedendo la fuori, potevo solo immaginare.
Avevo qualche percezione visiva e sonora che mi portavano alla mente queste immagini del mondo, ma in quel momento il mio corpo non era più in mio possesso…
Il cuore aveva appena preso le redini del mio involucro, volente o nolente che fossi stata.
Una porta chiusa, una stanza buia, un atmosfera irreale.
Io e Ranma uno di fronte l’altro che ci osservavamo, ci scrutavamo sperando di cogliere qualcosa di inaspettato dai nostri sguardi.
Gli occhi non potevano staccarsi tra loro, era come se vivessero di dipendenza reciproca, perché specchiandosi potevano riuscire a ritrovare se stessi.
Ma dov’era l’oceano in cui volevo immergermi?!
Il buio impediva di lanciarmi nel blu cobalto che amavo tanto.
Di colpo un lampo illuminò il cielo, e la sua luce entrò dalle piccole fessure delle persiane della finestra chiuse per evitare l’entrata della pioggia.
Ranma fu investito da questo veloce bagliore, e finalmente ebbi più chiara la sua figura.
I capelli smossi e consumati dalle movenze delle mie mani, il viso contratto in un’espressione di voglia e passione che non riusciva a nascondere, i muscoli del corpo tesi e pronti a compiere qualsiasi movimento fosse loro comandato.
Era più forte di me.
Non ce la facevo più, desideravo lui, bramavo il suo corpo, volevo la sua anima tutta per me.
Non c’erano bisogno delle parole per capire cosa pensavamo entrambi in quell’istante.
E i pensieri nella testa? Erano svaniti già da tempo, perché qualcosa di ben più potente e antico ci manovrava.
I nostri corpi aderirono tra loro, lì in piedi al centro di quella stanza oscura, e la danza tanto attesa cominciò.
Le nostre bocche si incastravano perfettamente tra loro, erano state create per unirsi, per dar scatto alle profonde emozioni che solo loro potevano donare.
Ecco come la prima volta che accadde di nuovo.
Il mondo scomparì dalla nostra vista, non esisteva più niente se non noi.
I respiri si confusero, le lingue si unirono sempre di più, i corpi iniziarono a sudare e a trasmettere quel calore che ben pochi possono provare.
Le mani di Ranma lentamente scivolarono verso le mie spalle.
Una bretellina del mio vestito era poco prima caduta da sola, rivelando la pelle del mio collo e del mio petto, e a lui non restò che completare l’opera facendo cadere anche l’altra.
Lentamente il mio abito scivolò via dal mio corpo, svelando tutta la mia figura calda e sinuosa.
Mai ero stata così chiara e limpida di fronte a qualcuno, non avevo barriere né per il corpo, né per il cuore.
 Sembrava che tutto avvenisse piano, meccanicamente, ma mi resi conto che anche la nostra dimensione temporale era cambiata, perché in realtà subito dopo anche Ranma cominciò a spogliarsi: la camicia sbottonata cadde a terra insieme al resto dei miei vestiti; c’era un non so che di sensuale in ogni gesto che veniva compiuto.
Ebbi davanti a me la visione utopica del corpo di Ranma, come fu quella volta quando ci cambiammo i vestiti bagnati: muscoli della braccia evidenti, torace largo e scolpito, addominali praticamente perfetti che rivelavano la prestanza del loro proprietario.
E qui successe: gli specchi dei nostri occhi si ruppero, la razionalità si dileguò!
Mi aggrappai a lui abbracciandolo e lo baciai con tutte l’energia che possedevo in corpo, Ranma rispondeva con sempre maggiore foga, tanto che di colpo mi spinse indietro sbattendomi sulla parete.
Mi avvinghiai con le gambe al suo bacino in segno di resa: ormai ero sua, o semplicemente lo ero sempre stata.
Ogni tocco tra di noi era una pura bruciatura, come lanciarsi al centro della lava di un vulcano, sentirne gli effetti ma esserne nel frattempo invulnerabili: e questo ci faceva spingere sempre oltre.
Con un’altra rapida mossa presto fummo stirati sul suo letto.
Le mie mani scivolavano lungo tutto il suo corpo bollente steso sopra di me e lasciavo loro il dominio di tutto; ero un’altra persona, ero diventata qualcuno che non conoscevo perché non avevo idea di nulla, soprattutto di quell’immediato futuro.
I pantaloni di Ranma scivolarono e caddero a terra insieme a quei fulmini che contornavano la terra là fuori, semmai eravamo ancora lì.
Perché io mi sentivo in un altro universo, nel mio paradiso sospesi insieme, sopra una nuvola, ma
al centro dell’inferno.
Le mani si strinsero sopra la mia testa mentre lui voracemente continuava a baciarmi, a divorarmi, più ne possedeva e più ne voleva, mentre ogni poro della pelle reagiva a qualsiasi tocco avvenisse.
Si ora lo sapevo: la tempesta vera non era quella là fuori, ma quella che stava avvenendo lì dentro.
Gli argini della paura, della vergogna, del passato, del dispiacere, della solitudine ormai avevano ceduto, si erano sgretolati nel momento in cui rividi i suoi occhi.
Dentro di me il fiume di emozioni che avevo sepolto per tanto tempo potevano finalmente scorrere di nuovo con tutta la loro potenza.
Amore, speranza, coraggio…ormai erano dilagati in me.
Dolore cominciai ad avvertire nel momento in cui Ranma fece la sua mossa.
Fu un esperienza traumatica e bellissima nello stesso tempo.
Nonostante avessimo perso il lume della ragione, mi guardò come per ricevere una conferma da me.
Come sempre si preoccupava, ero diventata la sua priorità finalmente.
E prontamente la mia risposta fu data, baciandolo intensamente.
I movimenti che all’inizio erano cauti e lenti si fecero sempre più veloci, sempre più voraci mentre la fame di noi aumentava.
Ranma poggiò le mani sul letto ai fianchi del mio collo mentre continuava con le sue mosse ad eccitarmi sempre di più con le spinte e portarmi al piacere assoluto.
Era anche questo l’amore?! Due corpi che si uniscono sono il preambolo o il completamento di tutto questo?
Carezze si alternavano a vere e propri graffi.
Segni che non volevo che guarissero, solo per testimoniare che ero diventata sua.
Respiri. Sussurri soffocati. Baci rubati.
Tutto era diventato spontaneo, la passione e il sudore ci avevano conquistato il corpo tanto che fummo storditi da così tanta emozione e fervore.
Chiunque in quel momento mi avrebbe potuto giudicare male, ma mi dispiace…
Potevo gridarlo al cosmo intero: avevo qualcuno da amare, avevo qualcuno da curare.
Era tutto così passionale…tutto così dolce e rude nello stesso momento; Ranma fu costretto a posarmi una mano sulla mia bocca per impedire alla mia voce di urlare la lussuria che mi stava trasmettendo.
Lì, nudi su quel letto diventammo un tutt’uno, dopo così tanto tempo e tanta sofferenza.
Gli affluenti si erano uniti in un'unica grande foce: il nuovo fiume poteva dilagare in noi.
E così il nostro amore si consumò in quella notte, come la cera di una candela che risplende per tanto tempo fino a giungere alla sua morte.
La tempesta del mio cuore era stata devastante e tumultuosa quanto quella la fuori.
Non so dire quanto tempo restammo avvinghiati e ad amarci su quel letto.
So solo che quando la stanchezza divenne la padrona, gli specchi dei nostri occhi si ricomposero.
Ci Fissammo. Il mio marrone e il suo blu si fusero per creare un nuovo colore.
Sorridemmo.
Cosa c’era di più bello al mondo se non essere lì, in quel singolo istante, insieme..?!




E mentre ci immergevamo l’uno nell’altro accadde l’inevitabile.
Un altro lampo la fuori. Una luce accecante proveniente dall’altro lato della casa.
E un botto.
Un rumore assordante di esplosione venne da fuori.
Ranma più in fretta che potè si rivestì, uscendo subito dalla stanza, gridandomi:
< Resta qui! Qualsiasi cosa accada non uscire per nessuna ragione al mondo! >
Il sogno di quella notte era stato consumato.
La realtà inesorabile si era di nuovo rivelata ostacolando il nostro presente…
Un lampo, un altro ancora e poi…silenzio.






 

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Capitolo 15
*** Fuoco Freddo ***



Fuoco Freddo



Il cuore vive finchè ha qualcosa da amare, così come il fuoco finchè ha qualcosa da bruciare.
Victor Hugo



Ero circondato.
Si, ero in trappola.
Come un esercito infinito che ormai è giunto per accerchiarti senza lasciarti via di scampo.
FUOCO.
L’ala sud-ovest dell’edificio della scuola era stata investita da un enorme esplosione che aveva dato via a un incendio, e questo si era presto propagato nei piani superiori.
Il fumo cominciava già a espandersi nel corridoio in cui stavo correndo alla ricerca dei miei compagni e per capire cos’era successo realmente.
Mi parai il braccio davanti alla bocca per evitare di respirare l’aria irrespirabile che già in parte era entrata nei miei polmoni, e avanzai verso l’unica porta spalancata vicino all’angolo del muro: lì si presentò lo scenario più terribile.
Davanti a me c’era letteralmente il vuoto, mi fermai appena in tempo prima che cascassi tre piani di sotto, accorgendomi che si era letteralmente creata una voragine in quella parte della casa ormai attanagliata dalle fiamme dirompenti.
Quello doveva essere probabilmente il luogo dove era avvenuta l’esplosione e da dove tutto si era scaturito.
Non potei resistere a lungo dato che il calore era troppo intenso, tale che la vista cominciò ad appannarsi moltiplicando le mie difficoltà in quella situazione.
Dalla finestra vicina sentìì le voci concitate dei ragazzi che dal prato si erano diretti ai piedi della struttura; scorsi che già alcuni si erano mossi con grosse tinozze d’acqua per buttarla sulle fiamme a pian terreno, altri invece sembravano nel panico e si mantenevano alla larga, altri ancora erano entrati dalla porta principale della parte opposta della casa, quella che aveva ricevuto meno danni, per cercare coloro che erano dentro la scuola…fra di loro c’era anche Akane…si, la mia akane, lasciata lì nella mia stanza…
Decisi di tornare indietro per prendere le scale e scendere ad aiutare tutti quanti per domare l’incendio.
Arrivato ormai sul prato fuori casa vidi quelli che erano alle prese con i secchi e mi mossi subito per intervenire, prendendone il più possibile per spegnere tutto quanto.
Nonostante la confusione che si era ormai creata chiesi a uno di loro se sapevano esattamente cosa era successo.
< Non ne abbiamo idea Ranma, dannazione! Quei pochi di noi che siamo rimasti qui nel cortile fuori tutta la notte non abbiamo percepito nulla! Eravamo quasi tutti assonnati dato che questo putiferio è iniziato non appena si è elevata l’alba! >
Parte delle fiamme si era propagata sulle chiome degli alberi più vicini, e quello destò la mia preoccupazione maggiore perché si rischiava che l’incendio si sarebbe propagato in tutta la foresta circostante! Decisi di intervenire lì insieme ad altri quattro di loro, e per fortuna riusciamo a spegnere quelle fiamme dato che nessuna pianta era al momento secca e quindi favorevole al fuoco.
Passarono circa due ore prima che le fiamme che ardevano in casa fossero del tutto debellate.
Tutti si sedettero stanchi ed esausti a terra, cercando di recuperare l’energia e il respiro che in tutto quel tempo era venuto a mancare, ma la mia attenzione non poteva concludersi lì perché dovevo ancora andare a recuperare Akane! Mi porsi per entrare dalla porta principale, quando all’improvviso mi sentì chiamare.
Mi girai ed era lei, che stava venendo dalla parte opposta della radura insieme ad alcuni dei miei compagni che erano rimasti lievemente feriti.
Corsi incontro a lei e feci l’unica cosa che mi sembrava più plausibile e spontanea: la strinsi forte a me.
Mi immersi di nuovo nei suoi capelli sentendo finalmente ancora una volta il suo profumo, il suo calore, il battito del cuore, e l’ansia che finora avevo covato fino ad allora potè dileguarsi.
Lei ricambiò l’abbraccio e capì come anche lei fosse stata preoccupata tutto quel tempo per me e per la mia incolumità.
< Ramna cosa è successo?! All’improvviso è esploso questo inferno…ho avuto paura per te, per tutti gli altri…se vi fosse successo qualcosa..tu stai b..>
Interruppe il suo discorso a causa della mia presa sempre più forte su di lei.
< Io l’unica paur…si paura che ho avuto è stata solo quella di perderti >
Si girò a guardarmi negli occhi, che d’improvviso divennero umidi…stavo scorgendo ancora una volta le sue lacrime?! Non volevo questo…no.
Non piangere akane, io voglio il tuo sorriso…si, il tuo splendido sorriso..
< Non dovevi avere paura…so badare a me stessa > e finalmente sorrise facendomi il regalo più bello.
Continuai a tenerla a me per qualche altro minuto finchè uno dei ragazzi corse verso di me chiamandomi allarmato.
< Ehiii Ranma, stavamo cercando se ci fosse ancora qualche fuoco acceso tra gli arbusti e..non ci crederai, ma abbiamo trovato un’anatra! >
Sul momento io e akane abbiamo avuto uno sguardo basito a tale notizia, non capendo come un animale del genere potesse essere finito qui proprio mentre era scoppiato un incendio, poi però akane strattonò il mio colletto portando il mio orecchio vicino alla sua bocca.
< Non credi che possa essere…?!>.
La guardai con fare interrogativo, e lei spazientita si rivolse al portatore della notizia.
< Tanto per curiosità…percaso l’avete trovata che indossava un paio di occhiali? >.
< Si! Cavolo come fai a saperlo???! >.
Akane rivolse il suo sguardo a me per ricevere una conferma, e in quel momento mi si accese finalmente una lampadina in testa.
< No! Non ci credo, può essere solo…>
correndo arrivammo subito al luogo del ritrovamento e finalmente potei vedere con i miei occhi quell’anatra bianca mezza spelacchiata, con alcune piume qua e la che circondavano il terreno, le punte delle ali presentavano qualche lieve segno di bruciatura, la testa era poggiata all’indietro insieme a quei curiosi e grossi occhiali, e infine la cosa più evidente di tutti è che era bagnata fracida.
< Ma perché è zuppa d’acqua?>
< Probabilmente deve essere caduta sull’anatra mentre cercavamo di spegnere il fuoco…> rispose uno dei miei compagni.
< Noto per giunta che è anche svenuta…guarda quel bernoccolo in testa! > si intromise akane indicando la testa dove vi era un evidente ferita.
< Prendetemi subito dell’acqua calda! > gridai a quelli che si stavano avvicinando e ubbidirono.
Non appena la buttai addosso all’anatra, accadde quello che io e akane già ci aspettavamo.
Davanti a noi si presentò la figura di Mousse, malconcia e messa male forse peggio di quando era anatra, che elevò un urlo che fece scappare tutti gli uccelli appostati nelle fronde degli alberi.
< AAAaahhhhh, troppo caldaaaaaaa! >.
< Tu cosa ci fai qui ehh??! >. Domandai subito rivolgendomi a lui, che si girò di scatto e rimase pietrificato.
le sue lenti rotte non nascosero i suoi occhi stanchi, ma nonostante tutto spalancati e fissi su di me, mentre il suo viso cominciò a mostrare seri problemi di squilibrio mentale perché le sopracciglia e le labbra sembravano avere vita autonoma; una serie di tic nervosi cominciarono a percorrergli il corpo, ma in tutto questo continuava a non proferire più alcuna parola.
Prontamente mi avvicinai a lui e lo acchiappai per il colletto pretendendo una risposta.
< Allora mousse!!! Cosa c’entri tu con tutto quello che è successo stamattina?? È evidente che sei in mezzo a questa faccenda!>
Cominciò a dimenarsi con quel poco di forza che gli era rimasta, ma io quasi senza sforzi riuscìì presto a bloccarlo.
Akane mi affiancò cercando di metter ordine in quella assurda situazione che si era creata, mentre la mia pazienza andava sempre più a scemare per dar conto a quell’idiota che tenevo bloccato sotto di me.
< I-o…n-on..poss-o..parlar…> riuscì mousse a proferire, come se ci fosse qualcosa che in realtà gli ostruiva la voce e il respiro.
< Parla! Ti conviene, siamo qui tutti esperti combattenti e non ci metteremo tanto a conciarti peggio di quanto sei ora! Perché hai fatto esplodere la scuola? Come sapevi dove si trovava??>.
La mia voce si fece sempre più alta e energica mentre tutti i miei compagni cominciarono a circondarci e creare un grosso cerchio tra di noi.
la sua voce si fece sempre fiù flebile e strozzata, era come se una qualche e sconosciuta forza gli impedisse di parlare.
< E’ solo l’inizi-o…lui….v-uole…quello che…gl-i era..stato..prom-esso…>.
Mi avvicinai al suo viso per poter ascoltare meglio le sue parole così confuse ma notai subito che stava chiudendo gli occhi e perdendo coscienza.
< Di cosa stai parlandoo?! Chi è questa persona? Centra con la scomparsa di Ukyo?!? PARLA! >.
Ma fu troppo tardi.
Cadde con la testa all’indietro e svenne, sopraffatto dalla stanchezza e dagli stenti.


 
Si era fatto già pomeriggio inoltrato, mentre tutti continuavano a sistemare le macerie di quella parte della casa devastata dall’incendio.
Ero stirato in mezzo alla radura per riposare un po’ e riflettere sugli eventi di quella giornata.
Cercava di fare luce su ogni minimo dettaglio che gli fosse sfuggito per capire questo nuovo mistero, ma avevo sempre più l’impressione che tutto quanto fosse collegato con me e la morte di soun…gli strani comportamenti al pranzo del tornero, il rapimento di ukyo, l’attacco di mousse….avevo la sensazione che ogni cosa fosse stata macchinata da qualcuno che si teneva dietro l’azione e guidava i fili di ogni evento, come ogni uomo ben capace sa fare con la propria marionetta…solo che questo gioco a me non piaceva..
Ancora una volta i miei pensieri furono interrotti da Akane che si mise accanto a me, stirandosi accanto.
< L’hanno portato nell’infermeria del primo piano…per fortuna non è stata colpita dalle fiamme..>.
Mi limitai ad annuire a questa informazione di poco interesse e continuai a guardare le nuvole che avevano perso il grigiore di ieri, e permettevano il passaggio di qualche raggio di sole.
. continuò akane, mentre i miei occhi erano fissi sul cielo, custode di tutti quei segreti.
< ti dispiacerebbe guardarmi quando ti parlo?!>. akane mi prese il mento e mi fece girare verso di lei.
Dannazione ebbi un improvvisa fitta al cuore.
I suoi occhi erano di nuovo immersi nei miei, e i miei nei suoi…un flash, un bagliore…e tutto quello che era successo la notte precedente tornò nella mia memoria.
Akane stava per dire qualcosa ma la zittì con il mio dito, dopodiché cominciai ad accarezzarle la guancia.
< voglio sapere come stai…> gli domandai istintivamente.
< Tranquillo, te l’ho detto, ero al sicuro stamat…>.
< Non stamattina! Intendo dire…dopo quello…che è successo…stanotte>.
i tratti del suo viso che erano contratti cominciarono a sciogliersi e ad addolcirsi, mentre gli zigomi cominciarono a tingersi di rosso regalandogli quella bellezza che solo lei poteva possedere.
< Beh….credo bene..>. fu la sua risposta che mi allarmò.
< come credi?!? Ti…ho..fatto male…?>.
le sue risposte furono sempre più enigmatiche.
< e allora qual è il problema?>.
< ecco…il problema forse è proprio questo…che sono stata troppo bene…è stato tutto così..inversosimile..>.
Quello che disse mi stupì, devo ammetterlo.
Però le mie paure continuarono a vorticare dentro il mio petto, a martellare a più non posso.
O forse era semplicemente il mio cuore.
d’altronde ormai non ne ero più in possesso. Lei se ne era impadronito da tanto tempo.
< Io…non so propria come esprimerti..quello che ho provato..>.
Il mio respiro stava per incontrare il suo, sentivo già il profumo del suo corpo che mi stava inonando ogni poro del corpo.
< Akane…io…>.
I suoi occhi dalla mia bocca si spostarono a incontrare i miei.
< ecco…io…si, io..ti..>. Non ce la facevo. Avrei tanto voluto urlargli quelle parole, era quello che sentivo, quello che c’era di più bello al mondo ma ero bloccato.
Continuammo a fissarci per qualche altro secondo ancora, finchè lei si avvicinò e mi baciò.
< Credo che per ora possa bastare così..> si limitò akane a dire subito dopo, mostrando un sorrisetto che sciolse un po’ l’ansia che sentivo dentro.
Restammo lì stirati con le mani intrecciate per non so quanto altro tempo.
Nella nostra vita tutto ero confuso, tutto era insicuro, tutto era dubbioso; ma entrambi possedevamo un’unica grande certezza: io amavo lei…e lei amava me.


 
 
Era ormai arrivato il tramonto quel giorno, quando qualcuno bussò alla porta.
Chi poteva essere?! Nessuno conosceva questo posto!
Mi appiatii alla parete dietro l’entrata mentre una strana figura si stava appropinquando a entrare dentro.
Subito con il mio scatto fulmineo la sorpresi da dietro e la bloccai subito, tenendola stretta a me, con il coltello puntato alla gola.
Ma con mia grande sorpresi mi accorsi della persona che avevo appena catturato.
< TU! Cosa ci fai qui, Nabiki?! >.
La seconda delle Tendo si era presentata a me del tutto inerme e disarmata, e dato che non aveva alcun modo di farmi del male, la lasciai subito.
< Davvero un bel benvenuto, sei sempre gentile, caro Ryoga>.
< Beh credo che ormai hai capito i miei metodi…> le risposi mentre afferravo la prima sedia che mi capitava.
< ma dimmi…a cosa devo la visita? Credevo di averti detto che sarei stato io a venire di nuovo da te…>.
< Ho pensato a quello che hai detto…a tutto quello che è successo al torneo… e forse possiamo trovare un punto d’incontro>. La sua espressione era come sempre impassibile e impenetrabile a qualsiasi emozione.
< ah davvero?! E che intenzioni avresti mia cara?>.
< Sappi intanto che non dimentico quello che è successo a mio padre! Quindi si fa a modo mio, e tra l’altro ho notato come i tuoi metodi siano troppo evidenti e infruttuosi.>
< ahhhh! E tu cosa ne sai?> strinsi i pugni per quelle libere offese che si era presa la libertà di rivolgermi.
Nabiki che aveva percorso la stanza studiandone ogni minimo particolare si fermò ad un tratto, e scattò lo sguardo verso di me, più seria che mai.
< Oh beh, “mio caro”, sei arrivato tardi…perché si sono già incontrati>.
Notizia più infausta non poteva arrivare alle mie orecchie.
< COSAAA?! Non è possibile!!! Non doveva andare così! >.
Mi alzai, scaraventando nella parete opposta la sedia, che ritornò a terra in mille pezzi, mentre Nabiki continuava a parlare senza essere minimamente toccata dalla cosa.
< Tranquillo. Immaginavo che il tuo “genialissimo” piano non prevedeva questo…ma se sono qui è appunto per darti il mio aiuto…>.
Mi calmai notando la semplice tranquillità del discorso di Nabiki, e fui disponibile allora ad ascoltarla.
< Bene bene bene…allora che ne dici di cominciare a parlarne?>. sogghignai e cominciai a ridere mentre mi dirigevo a chiudere la porta rimasta in precedenza aperta.
Nel contempo al piano di sotto, nella cantina, continuavano flebili e inascoltate le urla di Ukyo, prigioniera e abbandonata a quello che sembrava un destino senza futuro.








 

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