Epinephrine

di clodia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II Caccia ***
Capitolo 3: *** III Profumo ***



Capitolo 1
*** I ***


20/03

3 a.m. PARCHEGGIO ISOLATO

Una donna si ferma davanti ad un'automobile. Sta cercando qualcosa nella borsa da cui, dopo alcuni secondi, estrae una chiave che inserisce nella toppa.
Non riesce a girare la chiave che un uomo la afferra da dietro tappandole la bocca con una mano guantata. La donna agita gambe e braccia, cerca con tutte le sue forze di liberarsi, cerca di urlare. La presa dell’assalitore è troppo salda. Con un morso ferisce la mano dell'uomo che le tappava la bocca, urla! Purtroppo per lei l'ora tarda e il luogo isolato le impediscono di trovare l'agognato aiuto. L'uomo che indossa un passamontagna la chiude, in lacrime, nel baule di una berlina.
Dopo un tragitto dalla lunghezza indefinibile, la macchina si ferma e all'interno del bagagliaio un cellulare inizia a suonare. La donna lo lascia suonare a lungo, sino a che la suoneria non cessa. Dopo pochi secondi, il cellulare riprende a trillare.
-    P-pronto!?
-    L’ho vista piangere. – il tono della voce calda, dall'altro lato del telefono, sembra dispiaciuto. – Vicino al telefono ci deve essere una benda, la indossi.
Dall’altro capo del telefono non si sente risposta ma la donna rinchiusa esegue l'ordine senza tentennamenti. Il rapitore riattacca.

CLAC

Si apre il baule e la donna viene aiutata ad uscirne, non appena fuori inspira ed espira  a più riprese, rumorosamente.
-    Si lasci guidare da me.
Come pochi attimi prima, la donna fa esattamente ciò che le viene detto. Nel tragitto perde la cognizione del tempo, dello spazio; c'è solo quella mano, quella voce e null'altro.
-    Si sieda.
Per la prima volta la donna sembra non fidarsi, ma la presa dell’uomo sul polso si fa più salda e dolorosa e si lascia andare.
-    Ora si tolga la benda aprendo gli occhi a poco a poco, la luce potrebbe risultare accecante.

Non appena i suoi occhi le permettono di vedere con chiarezza, stordita si guarda attorno.
-    Mah…
È il ritratto della confusione.  
-    È casa mia.

Sul tavolo, vicino alla sedia, trova un biglietto:
“Ora tocca a lei!

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Capitolo 2
*** II Caccia ***


20/03

7.30 a.m.

-    Signorina Elizaveta, un uomo ha lasciato una busta per lei.
Il portiere ferma all’uscita di uno stabile la donna del baule.
-    Grazie. Mi potrebbe chiamare un taxi.
-    Certo, signorina.

Nell’attesa, la donna apre la busta, dentro c’è un foglio con un indirizzo.
-    È arrivato il taxi!
-    Bene. Buona giornata, signor Riggs.

Una volta preso posto sul cab, la signorina Elizaveta porge il biglietto all’autista.
-    Mi porti a questo indirizzo.

Il taxi si ferma davanti ad uno dei tanti grattacieli della città, un ammasso di ferro e vetro. Scesa dall'auto, la donna si dirige verso un bar proprio di fronte all’edificio.

-    Un espresso, per favore.
-    Arriva subito.


Attendendo la calda bevanda, osserva attentamente la costruzione indicata dal biglietto.

-    Imponente, vero? – così un attempato barista, porgendole il caffè, cerca di attaccare bottone.
-    Direi di sì. Sono uffici?
-    Sì ma solo fino al nono piano, i restanti livelli sono occupati da appartamenti.
-    Uhm?!
-    Non mi dica che ne è interessata. Non mi sembra adatta a quel tipo di casa.
-    Perché, scusi?
-    Ah, non la prenda come un’offesa perché non lo è. L’acquirente tipo di quel genere di alloggi è un uomo solo ossessionato dal lavoro che non riesce ad allontanarsi dalla city.
-    Sembra che lei conosca il tipo.
-    Ero uno di quelli, fino a che non ho riscoperto il piacere della vita. E per farlo ho dovuto rimetterci famiglia e salute.
-    Ah. – la donna più che a disagio, sembra infastidita dalla troppa confidenza  del vecchio.
-    Ma, ormai ne è passata di acqua sotto i ponti. Se vuole un consiglio, non si avvicini a quel tipo di persona.
-    Non ho mai accettato consigli, soprattutto dagli estranei. – Di fronte ad un inebetito barista la donna beve l’ultimo sorso di caffè. – Ah, ottima miscela! – Lascia sul bancone una banconota da 5 e si avvia verso l’uscita.
-    Il resto, signorina!?
-    Lo tenga pure, ne ha più bisogno lei. – il tutto sarebbe potuto passare anche per un bel gesto se Elizaveta non avesse utilizzato un tono così sgradevole.

All’entrata dell’edificio, vicino alla porta, la donna si sofferma a leggere la targa con incisi i nomi delle diverse società che lì hanno sede, quando un sorriso malizioso comparve sulle sue labbra.
-    Posso esserle d’aiuto? - La receptionist in un tailleur impeccabile la ferma all’entrata dell’edificio.
-    Sì, grazie. Dovrei incontrare il vicepresidente della COBS.
-    Non ho ricevuto alcuna comunicazione in merito.
-    La COBS è una grande società, la segretaria di turno si sarà dimenticata di notificarle l’appuntamento. Ormai, per occupare questi ruoli secondari, la bellezza è, a discapito della competenza, l’unico vero criterio di selezione. Ovviamente non mi riferisco a lei.   
-    Può essere successo di tutto, ma dato che non ho ricevuto nessuna comunicazione, la prego di non continuare a farmi perdere tempo e di uscire, grazie. – il modo peggiore per far fare a qualcuno ciò che si vuole, è insultarlo.
-    Potrebbe chiamare il signor Patterson, il vicepresidente della COBS.
-    Non ci è permesso disturbare gli alti dirigenti per motivi di così scarsa importanza.
-    Bene. – Elizaveta prende il cellulare e digita un numero. – John! Ciao, come stai? … Anch’io, grazie. … Eheh … Certo, volevo appunto parlare con te ma c’è una zelante receptionist che mi impedisce di salire. … Ok, certo. – Prende il telefono e lo porge alla donna dietro al bancone. – Vuole parlare con lei. – Un sorriso soddisfatto le illumina il volto alla vista dell’espressione finalmente dimessa e preoccupata dell’impiegata.

Dopo un breve scambio di battute, la receptionist chiude la conversazione e porgendole il cellulare dice:

-     La prego di scusarmi per il disguido. Il signor Patterson l’attende nel suo ufficio, al sesto piano.
-    Oh, non si preoccupi.






Per Meg89: Era voluto ma più che confusione, speravo di rendere un minimo di suspense. Temo di non esserci riuscita. Spero che questo nuovo capitolo sia più agevole alla lettura. I fatti verranno a galla a poco a poco. Grazie per la recensione e critica, è così che si comprendono i propri errori.

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Capitolo 3
*** III Profumo ***


La signorina Elizaveta preme il pulsante di chiamata dell’ascensore che prontamente si apre. Una volta dentro sembra indecisa su quale tasto premere poi, con decisione, schiaccia il numero 6.

BIP – Piano 6

La donna, uscendo dall’elevatore, incrocia un uomo. Avrebbe continuato ad ignorarlo se non fosse per un particolare, colto con la coda dell'occhio: la mano fasciata.
Passano alcuni secondi, in cui la sua mente elabora le immagini registrate … è l'uomo che l'ha "rapita"!
Quando se ne rende pienamente conto, le porte si sono già chiuse.
Si avventa sulla pulsantiera, premendo a ripetizione la chiamata.
-    Dai, dai …

BIP

Le porte si aprono.
Lui è appoggiato alla parete opposta.
Lei entra, ha il fiato corto che cerca di mascherare con il rumore dei propri tacchi.
Preme piano terra.
Quando le porte si chiudono, riprende a respirare con regolarità.
-    È stata molto veloce a trovarmi.
-    Sono sempre stata sfacciatamente fortunata ... Ha un profumo molto intenso.

-    Profumo? – la fronte è corrugata ma l'espressione è quasi divertita.
-    È un profumo squisito … sa di ...– la donna lo inspira a pieni polmoni, se ne riempie le narici – … è inebriante, penetrante ... dà alla testa.
-    Sono allergico ai profumi.
-    Uhm!
Preme stop sulla pulsantiera, si avvicina all’uomo.
-    Lei sa dove vivo. È entrato in casa mia, nella mia intimità. – il suo viso, ora, è a pochi centimetri dal suo interlocutore e la sua voce è bassa e suadente. – Voglio anch’io godere di questo privilegio. Voglio vedere le sue cose, toccare i suoi vestiti sparsi, sentire il suo odore mentre cerco, in ogni angolo, qualcosa che possa dirmi chi lei sia realmente, gustare il piacere di entrare nella sua intimità. – ogni sua parola sembra essere stata accuratamente pesata.
La bocca della donna ora è a un soffio da quella dell’uomo. Respirano l’uno il fiato dell’altra.
-    Non si è divertita a cercarmi? –
la sua voce è un sussurro caldo e roco. Il respiro sempre più affannoso.
-    Sì. – con un gesto secco preme il tasto di sblocco dell’ascensore e si stacca dal lui. Un brivido le percorre tutto il corpo.
-    11A. – La mano fasciata allenta in nodo alla cravatta.
-    Spero di non averle fatto troppo male. – lo sguardo dritto alla mano ed il tono falsamente preoccupato.
-    Non morirò per un morso di vipera.

Bip. La porta dell’ascensore si apre.

-    Bene … – fa per uscire dall’elevatore, poi di nuovo si volta verso di lui – Ah, spero non sarà il mio Dior ad ucciderla. È così buono. – aggiunge con un sorriso malizioso.
La donna ne esce immediatamente e si incammina con passo rapido all’uscita.
-    Il signor Patterson la stava cercando. Era preoccupato. – la receptionist la blocca ad un passo dall’uscita.
-    Gli dica che mi ero dimenticata di un impegno. – la voce scocciata non ammette repliche.
Uscita dall’edificio, Elizaveta cerca l’allergico con lo sguardo ... nulla.
-    Maledizione!

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