The future in our past

di _Alien_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Slice of (Malec) life ***
Capitolo 3: *** L'abito perfetto ***
Capitolo 4: *** Come back ***
Capitolo 5: *** Fantasmi e demoni ***
Capitolo 6: *** L'incontro ***
Capitolo 7: *** Un nuovo primo bacio ***
Capitolo 8: *** L'Idra ***
Capitolo 9: *** Lost ***
Capitolo 10: *** Di emergenze, matrimoni e... Magna?! ***
Capitolo 11: *** The Warlock ***
Capitolo 12: *** Fratture ***
Capitolo 13: *** Kitty Solo ***
Capitolo 14: *** My parabatai is better than yours ***
Capitolo 15: *** Le leggi dell'amore ***
Capitolo 16: *** L'incantesimo ***
Capitolo 17: *** Il Vermithrall ***
Capitolo 18: *** Speechless ***
Capitolo 19: *** Quello che non mi aspettavo ***
Capitolo 20: *** Adesso ho capito ***
Capitolo 21: *** L'evocazione ***
Capitolo 22: *** The (frozen) ring ***
Capitolo 23: *** Forever now ***
Capitolo 24: *** Epilogo ~ Viviamo e respiriamo parole ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PREMESSA: Non ho ancora letto COHF, aspetterò il 3 luglio *sigh*. In compenso oggi ho finito CP2 e ho subito cominciato di getto questa long fic. Per capire meglio la storia, vi invito a leggere le mie one shot "Venuti dal futuro" e "La Proposta", anche se non è fondamentale farlo. Detto ciò, buona lettura e fatemi sapere cosa ne pensate.

 
Prologo
 
Londra, 2014
Tessa aprì la porta ed entrò in casa canticchiando. Posò le chiavi sul mobile posto accanto alla soglia di casa e sorrise, vedendo suo marito James alle prese con il suo nuovo portatile, un Apple di ultima generazione. All’inizio non sembrava capirci molto, considerati i 130 anni rinchiuso nella Città di Ossa e completamente isolato dal mondo esterno, ma in breve tempo era riuscito a padroneggiare con destrezza quello strano aggeggio e in quel momento stava controllando la sua mail.
- Tessa? – la chiamò dolcemente – Tessa, sei tu?
Erano quasi le stesse parole che le aveva detto la prima volta che si erano incontrati, ma in quell’occasione Jem non aveva invocato la sua amata moglie. Il ricordo di quegli occhi blu, così intensi da sembrare viola, la sfiorò come una carezza. Il dolore per la perdita di Will sarebbe rimasto per sempre, lo sapeva, ma doveva imparare a conviverci. E adesso che aveva ritrovato Jem era tutto più facile.
- Sì, sono io. Ci sono novità? – ravvivandosi i lunghi capelli castani, Tessa raggiunse il marito, comodamente seduto sul divano del soggiorno. Gli si sedette accanto e gli baciò dolcemente la guancia, sbirciando lo schermo. I suoi occhi grigi si illuminarono, leggendo il mittente del nuovo messaggio di posta elettronica.
- Magnus! – esclamò felice – Che cosa dice, Jem?
- Ci invita al suo matrimonio. Leggi qui.
 
Cara Tessa, caro James,
è da molto tempo che non ci vediamo. Ho incontrato te, mia carissima amica, di sfuggita ad Idris, ma non abbiamo avuto modo di parlare con calma. Gli eventi che sono accaduti ormai sette anni fa sono stati incredibili, ma se non fosse successo nulla di tutte quelle cose, non avrei mai conosciuto il mio futuro marito. Si chiama Alexander, un nome meraviglioso, ma lui preferisce farsi chiamare Alec. Il suo secondo nome è Gideon, anche se lui discende da Gabriel e Cecily. Ebbene sì, è un Lightwood. Mi ricordo quando dissi, esattamente 130 anni fa, che i Lightwood si assomigliavano tutti. Bhe… forse è anche per questo che mi sono innamorato di lui. È diverso da chiunque altro io abbia mai conosciuto. È bello, intelligente, così incredibilmente puro e innocente, e darebbe la vita per coloro che ama. Oh, Jem, Tessa, lo adorerete. Ne sono sicuro. Con lui ci saranno anche sua sorella Isabelle Sophie, che porta al collo la collana di Cecily. E poi ci sono Jace Herondale e Clarissa Fairchild… che non sono poi così diversi dagli Herondale e dai Fairchild che avete conosciuto voi. Tutto questo preambolo per annunciarvi che io, Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn, sto per sposare il mio amato Alexander. Abbiamo fissato la data al 18 agosto, un mese prima del 25°compleanno del mio amore. Abbiamo dovuto aspettare un po’, il tempo necessario perché il Conclave analizzasse e approvasse la nostra richiesta di matrimonio, ma alla fine non ci sono stati problemi. Il mio Nephilim e i suoi sono stati annoverati tra i più valorosi sia nella Guerra Mortale contro Valentine Morgernstern sia nella Guerra Oscura contro suo figlio Jonathan Christopher, quindi a tutto il Consiglio è sembrato opportuno concedergli un premio. E poi il nuovo Inquisitore è Robert Lightwood, il padre di Alexander. Qualche favore doveva pur concedercelo! ;) So che mancano due mesi alle nozze, ma vorrei invitarvi qui, a New York, e farvi conoscere tutti quanti. Voglio presentarvi Alexander e voglio condividere con voi la mia gioia. Fatemi sapere e comunque vi auguro ogni bene.
Vostro
Magnus
P.S. So che Londra è una città piovosa e che vi portate sempre dietro un ombrello come buona abitudine, ma stavolta evitate di farlo. Il mio Alexander ha una strana fobia per gli ombrelli… non riesco a capire da dove possa essere derivata. Ho provato a fargliela passare con un incantesimo, ma il giorno dopo ha detto di aver sognato un’invasione di massa di ombrelli stile “La guerra dei mondi”. Finché non troverò un rimedio efficace, mantenetelo lontano da quegli aggeggi infernali.
 

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Capitolo 2
*** Slice of (Malec) life ***


Attenzione! In questo capitolo sono presenti degli spoiler di COHF. Preciso che io non ho letto il libro e che ho ricavato queste informazioni da Shadowhunters Wiki.
Lettore avvisato!
 
New York, 2014
- Per l’Angelo, Simon! Ci sei? Oggi sembri in un mondo tutto tuo! – sbottò Alec. Simon sgranò gli occhi castani e arrossì lievemente, era difficile far perdere la pazienza ad uno come Alec. Lui ci era appena riuscito. Ma d’altronde, chi non ce l’avrebbe fatta, dopo aver sbagliato anche i più banali esercizi?
- Scusami, è una giornata no. – balbettò mortificato.
- L’avevo notato. Ok, per oggi basta: aiutami a rimettere a posto l’attrezzatura, ho un appuntamento con Magnus e non voglio fare tardi.
- Ok. – annuì Simon. Alec sospirò lievemente, poi si avviò verso la parete opposta dell’armeria, dove c’erano i bersagli, e cominciò a raccogliere i coltelli da terra. Simon non era riuscito a centrare nessun bersaglio. Avendolo addestrato prevalentemente lui, si era stupito sinceramente della pessima prestazione di quel giorno. Da quando era Asceso, Simon si era sempre dimostrato un discreto Cacciatore. Stava riacquistando le conoscenze sul Mondo Invisibile, quelle che Asmodeus gli aveva portato via in cambio della vita di Magnus. Ma la teoria, in cui Simon stava acquisendo padronanza, era molto diversa dalla pratica. Tuttavia non era mai stato così pessimo nel lanciare coltelli e nel combattimento corpo a corpo come quel giorno. Un clangore improvviso lo fece riemergere dalle sue riflessioni di istruttore perplesso e si voltò.
- SIMON! – esclamò esasperato. Aveva fatto cadere un intera collezione di spade angeliche, sedici lame rarissime in tutto. Avrebbe sicuramente tardato all’appuntamento con Magnus e lo stregone non avrebbe gradito.
- Cavolo! Scusa, Alec! Non… non pensavo… io…
- Stai. Zitto. – ringhiò spazientito Alec – Credo sia il caso che tu vada, Lewis. Ora.
- Ok. Ci si vede. – Simon schizzò via dall’armeria. Quando Alec lo chiamava “Lewis”, strascicando la L e la S in quel modo, era il caso di scappare a gambe levate.
 
- Eccomi, sono a casa! Scusa, amore, quell’idiota di Simon oggi mi ha fatto impazzire … Magnus? Magnus, ci sei?
L’unica risposta che ricevette fu una rilassante canzone a basso volume che proveniva dal mega stereo. Alec sbuffò, scollandosi di dosso la giacca di pelle nera, e fece qualche passo nel loft. Charmain Meow gli corse incontro e si strusciò sulle sue gambe, felice di vederlo.
- Ehi, Presidente. – il Nephilim si chinò e accarezzò la schiena del gatto, che cominciò a fare le fusa – Dov’è il tuo padrone?
Il gatto lo guardò intensamente, poi si diresse in cucina. Lo Shadowhunter lo seguì prontamente. La luce nella stanza era soffusa e il tavolo era apparecchiato per due, con tanto di posate d’argento, piatti di porcellana e un piccolo vaso bianco con una rosa rossa. Sul frigo era stato attaccato un post it rosa, proprio accanto alla foto di Alec e Magnus sotto la Tour Eiffel, e il ragazzo riconobbe all’istante la calligrafia svolazzante del suo fidanzato.
Non ho idea di che fine tu abbia fatto. Magari avresti potuto avvisarmi che avresti tardato, non mi sarei sprecato nello scegliere la musica d’atmosfera, nell’apparecchiare la tavola per una cenetta romantica e nel cospargere il letto con petali di rosa! L’hai fatta grossa, Lightwood, e solo l’Angelo e Lilith sanno che cosa dovrai fare per farti perdonare!
M.
P.S. Sono uscito perché ero così arrabbiato con te che non ho nemmeno controllato chi mi avesse contattato per un incarico e ho accettato al volo… era una sirena. Prega perché questa qui abbia uno spiccato buon senso e che si differenzi dalle altre, perché altrimenti ti passi i prossimi due mesi sul divano.
Alec sospirò. Caro Simon pensò domani ti massacro di esercizi e dovrai implorare pietà. E poi ti faccio affrontare l’ira funesta del mio melodrammatico ragazzo.
Si rimboccò le maniche e cominciò a trafficare in cucina.
 
La serratura scattò e si udì un sonoro sospiro spazientito. Magnus strascicò i piedi, costretti in stivali neri con la zeppa, e starnutì. Era completamente zuppo, bagnato fradicio dalla testa ai piedi, e sentiva così freddo da battere i denti e tremare scompostamente. No, la sirena non aveva buon senso. Era più stupida di qualsiasi altro esemplare della sua specie avesse mai conosciuto. Così stupida da farlo accidentalmente cadere nell’East River. E così gli stivali nuovi, i pantaloni zebrati e la canotta giallo limone con le borchie sull’ampia scollatura erano completamente andati. Si era dimenticato di spegnere lo stereo, quando era uscito, e la musica infondeva ancora quel senso di relax per cui era stata composta. L’avrebbe spenta con un gesto infastidito, se le luci non si fossero di colpo abbassate.
- Alexander? – chiamò il suo ragazzo, usando un tono più brusco di quanto avesse voluto in realtà. Era ancora arrabbiato con lui e, dopo la faccenda della sirena, lo era ancora di più.
- Sono in cucina. – la voce profonda e dolce del Nephilim lo raggiunse, soffusa come la musica. Magnus si trascinò in cucina e vide la stanza illuminata dalle candele, con una fantastica cena all’italiana che lo chiamava, invitante. Due mani calde lo presero per i fianchi e lo stregone di ritrovò con la schiena premuta contro il petto asciutto di Alec.
- Sei completamente bagnato. – sussurrò Alec al suo orecchio – Lasciami indovinare: sirena stupida.
- Già. – Magnus si allontanò infastidito dall’abbraccio del ragazzo e si sedette scompostamente su una sedia, ignorando bellamente il glorioso piatto di spaghetti in salsa di pomodoro davanti a sé.
- Mi devi scusare, tesoro. Simon oggi aveva la testa fra le nuvole, non ne ha fatta una giusta, mi ha fatto penare e…
- Ormai passi più tempo con Simon invece che con me. – sbottò Magnus – Tua madre ti ha imposto la direzione dell’Istituto mentre lei è in India a “ritrovare se stessa” e tu ti sei sobbarcato anche l’addestramento di quel ragazzino perché “Isabelle non sta troppo bene, Clary sta ultimando l’addestramento e Jace… bhe, Jace non avrebbe la pazienza per farlo”. E io? Non hai più tempo per me? Ti sei già stancato di noi ancora prima di sposarci?
- Non dire così, Magnus, ti prego. È vero, in questo periodo sono stato molto impegnato, ma ti prometto che rimedierò. Te lo giuro sull’Angelo. – Alec si inginocchiò davanti al sul ragazzo e gli prese la mano sinistra fra le sue. Sull’anulare dello stregone faceva bella mostra di sé l’anello dei Lightwood, con le fiamme che sembravano guizzare nell’argento.
- Non fare promesse che non puoi mantenere, Alexander. – disse Magnus – Sono stanco, vado a dormire.
Sfilò le dita da quelle di Alec e si alzò, ma era così stanco che inciampò nei suoi stessi piedi e sarebbe caduto che il suo Nephilim non l’avesse afferrato.
- Ehi! – esclamò il ragazzo, accennando un sorriso – Fa’attenzione. Devi arrivare intero al nostro matrimonio, non voglio sposare solo metà del Sommo Stregone di Brooklyn.
Magnus gli avrebbe tranquillamente risposto con una battutina tagliente, magari scostandosi da lui e filando in camera, per poi lanciargli il cuscino in faccia come messaggio in codice della serie Stasera dormi sul divano. Ma c’erano quelle maledette iridi blu, non troppo profonde né sbiadite, che lo fissavano, piene di amore nei suoi confronti, di preoccupazione, di insicurezza.
- Ti sposerei anche se fossi su una sedia rotelle, bendato e con un braccio rotto. – si sentì dire con voce dolce. Alec sorrise, uno di quei sorrisi rari che gli illuminavano il volto e lo facevano sembrare ancora più bello di quanto già non fosse.
- Magnus, davvero, ti chiedo scusa se in questo periodo ti ho fatto sentire trascurato, ma sappi che tu sei la persona più importante della mia vita e…
-  Per Lilith, da quando sei così maledettamente sdolcinato? Mi si stanno cariando i denti! – gli occhi da gatto scintillarono come il sorriso che gli increspò le labbra – Mi piace quando fai il romantico, fiorellino.
- Magnus! – Alec rise, stringendo il suo stregone a sé – Ti amo tanto, lo sai?
- Aku juga sayang kamu. – mormorò Magnus – Ora però credo di aver bisogno di un bel bagno caldo… sto congelando…
- Vado a preparare la vasca…
- Ok. Però… non ho voglia di farmi il bagno da solo… - il tono sensuale e lo sguardo malizioso di Magnus fecero arrossire furiosamente Alec.
- Sei sempre il solito. – sorrise poi il Nephilim.
 
Carissimo Magnus,
siamo molto felici per te e il tuo fidanzato Alexander e ci hai incuriositi molto, parlandoci dei nuovi Lightwood, Herondale e Fairchild. Non è un problema se arriviamo fra due giorni, vero?
Con affetto e a presto,
Theresa e James Carstairs
P.S. Tranquillo, non porteremo con noi alcun ombrello. Se ben ricordo, New York può essere piuttosto afosa nel periodo estivo, perciò niente ombrelli.
 

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Capitolo 3
*** L'abito perfetto ***


- Magnus! – Isabelle sarebbe esplosa da un momento all’altro, Clary lo sentiva. La pelle del viso era diventata più rossa dei capelli della Fairchild e Clary cominciava a temere seriamente che l’altra ragazza avrebbe potuto sentirsi male. Certo, la sua reazione era comprensibile, visto che erano in quel negozio da circa QUATTRO ore e il futuro sposo stregone aveva provato dai duecento ai trecento abiti e nessuno tra questi gli era andato a genio perché “questo è troppo scialbo, quello è fuori moda, sto per sposarmi, questo qui è adatto ad un funerale!”e via dicendo. La povera sarta, la più famosa lì ad Idris, era così esasperata che gli aveva mostrato persino gli abiti da donna e la cosa più assurda era che Magnus aveva provato anche quelli con commenti del tipo “questo mi snellisce, ma il colore non mi dona” oppure “Per Lilith, Alec crederà che io sia diventato una balenottera azzurra con questo coso!”. Alla fine, Isabelle si era accasciata inerme su uno sgabello, distendendo le lunghissime gambe e sciogliendosi i capelli, che aveva raccolto in una coda alta. Clary le si era seduta accanto, aveva preso il suo album da disegno da cui non si separava mai e aveva cominciato a disegnare. Mentre Magnus continuava a sparare sentenze su ogni pezzo di stoffa lì dentro, la sarta si strappava i capelli dall’angoscia e Isabelle mandava lampi dagli occhi rivolti al futuro cognato, Clary lasciò vagare la mente e, senza nemmeno accorgersene, aveva disegnato uno schizzo. Il disegno raffigurava un uomo altissimo e magro, con i muscoli tonici appena accennati. Dalle dita lunghe e sottili, gli spuntavano delle scintille. E Clary l’aveva vestito con un abito sfarzoso, che nella sua mente era dorato. Ricordava un po’i modelli del ‘700, con quella lunga giacca che sfiorava i tacchi degli stivali, rifinita da elaborate spalline e bottoni scintillanti. Sotto la giacca c’era un’elegante e semplice camicia del medesimo colore e attorno al collo era annodato un foulard beige ricamato con ghirigori dorati. Infine i pantaloni chiari non facevano che conferire un’aria più luminosa al tutto, facendo risplendere la figura sulla carta come un piccolo sole. O almeno, questo era ciò che gli occhi verdi di Clary vedevano sul foglio. Non poteva portarsi in giro anche la scatola dei colori e così doveva accontentarsi di rendere l’effetto desiderato con l’ausilio di una semplice matita.
- Clary, ti prego, aiutami. – gemette Isabelle – Non capisco che cosa ci trovi mio fratello in un vanesio del genere.
- Ehi! Guarda che ti sento! – sbottò stizzito Magnus – Scusa se il giorno del nostro matrimonio voglio che tuo fratello mi trovi l’uomo più spettacolare dell’universo! Voglio solo il meglio per il mio fiorellino.
- Ma lui ti trova già spettacolare! – esclamò Izzy – E poi… aspetta, fiorellino?!
- Ehm… Magnus… - Clary si alzò dalla sedia e si avvicinò allo stregone, inclinando vertiginosamente la testa verso l’alto. Era abituata a parlare con gente molto più alta di lei: il suo ragazzo Jace e gli stessi fratelli Lightwood ne erano l’esempio lampante. Ma Magnus superava Alec di almeno una testa – in proporzione Clary era una formichina - e, vista dall’esterno, la scena sarebbe risultata comica se non esilarante: lo scricciolo e lo spilungone. Lo stregone spostò gli occhi da gatto dalle stoffe alla piccola Shadowhunter.
- Dimmi, Clary. – annuì interessato. La ragazza gli porse il blocco da disegno e si mordicchiò il labbro mentre Magnus esaminava il suo lavoro con un sopracciglio inarcato. Poi, esattamente cinque secondi dopo, i suoi occhi verde-dorati si spalancarono ed emise un gridolino di gioia.
- Per Lilith! Clarissa Fairchild, hai appena disegnato l’abito per il mio matrimonio!
 
- Grazie mille, Clarissa! Sei veramente brava, sai? Non ho mai visto un abito tanto bello! Ed è perfetto per me! Alec lo adorerà, mi adorerà!
Clary sorrise felice. Era contenta di aver soddisfatto Magnus. E in più, aveva salvavo anche i nervi di Izzy e della sarta. Infatti l’altra Nephilim, dietro di lei e Magnus, la guardava riconoscente. Si diressero nella piazza principale di Alicante, dove avevano appuntamento con Jace e Alec per tornare a New York tramite Portale. Quando passavano, la gente si voltava verso di loro, e non solo per via dei pantaloni leopardati e della maglietta arcobaleno di Magnus. Erano diventati famosi, degli eroi. Era stato preparato un arazzo in onore di Jace e Clary, che alla fine avevano sconfitto Jonathan, riportando l’equilibrio nel mondo. E poi, anche la Città di Vetro era in fibrillazione per il matrimonio tra uno degli stregoni più potenti del mondo e uno dei Cacciatori più valorosi di sempre. E sì, purtroppo c’era anche chi borbottava, perché Magnus e Alec erano due uomini. Ma per fortuna questa gente era così poca e nutriva così tanto timore nei confronti dei futuri sposi che preferiva parlottare tre sé e sé piuttosto che esternare il proprio disprezzo. I tre incontrarono i due parabatai intenti in un’accesa discussione.
- Spero proprio che tu stia scherzando, Jace.
- Sono serissimo.
- Cioè, fammi capire bene: io e Magnus non possiamo mangiare una banalissima anatra arrosto il giorno del matrimonio?
- Esatto.
- Nemmeno proporla nel menù?
- Quelle sono creature infernali. Ti ricordi quando avevamo dodici e tredici anni? Uno di quei mostri mi stava cavando un occhio col becco!
- E tu poi, non ho ancora capito perché, mi hai inseguito per tutto Central Park con un ombrello.
- Non è questo il punto, Alec!
- E allora quale sarebbe?
- Niente anatre!
- Ma Jace! È il mio matrimonio, non il tuo, se permetti! Magnus adora l’anatra arrosto!
- Ma io sono il tuo parabatai, nonché tuo testimone di nozze! Non puoi farmi questo!
- Ehm… ragazzi? – la voce di Clary interruppe la discussione. I due ragazzi si voltarono verso di lei.
- Qual è il problema? – Izzy si mise le mani sui fianchi, convinta ormai che quella era la giornata più lunga della sua vita.
- Le anatre. – scosse la testa Alec.
- Io adoro le anatre, soprattutto arrosto! – sorrise Magnus.
- Visto? Che ti dicevo? – Alec diede una leggera spallata al suo parabatai, che lo guardò con aria truce.
- Va bene, d’accordo. Ma lo faccio solo perché siete tu e Magnus!
 
Alec attraversò il Portale. Come al solito, sentì mancargli la terra sotto i piedi e gli si annodò lo stomaco, ma durò solo un attimo. In più, era concentrato sulla sua destinazione, l’Istituto di New York, e stringere la mano di Magnus lo aiutava sempre ad orientarsi una volta attraversato il Portale. Ma quella volta, successe qualcosa di strano. Udì distintamente uno scricchiolio flebile. Strinse più forte la mano dello stregone, improvvisamente nel panico. Il tunnel oscuro che attraversavano ogni volta tremò come scosso da un terremoto. Sentì l’urlo di sua sorella, un’esclamazione sorpresa di Jace. E poi cadde, colpendo col petto il terreno sottostante. Sollevò lentamente la testa, con fare circospetto, e si guardò attorno. Si trovava in una tenuta immersa nel verde, in un enorme giardino, immenso, ma trascurato. I rampicanti crescevano rigogliosi sulla facciata neoclassica della tenuta e gli alberi avevano bisogno di essere potati. Non sembrava esserci nessun altro. Alec si alzò in piedi e cominciò a correre attorno alla tenuta, alla ricerca dei suoi.
- Magnus! – invocò disperato – Magnus! Isabelle! Jace! Clary!
Nessuna risposta. Era solo. Si bloccò e crollò di nuovo sul selciato.
Dove diavolo mi trovo? pensò disperato. Sollevò lo sguardo, senza smettere di cercare i suoi compagni. Ma di loro non c’era nessuna traccia.
- C’è nessuno qui? – gemette. Strinse i denti e si rialzò di nuovo. Non era più il ragazzino timido di una volta. Era diventato un uomo forte, che aveva preso in mano il proprio destino. Non poteva scoraggiarsi, non poteva abbandonare Magnus e gli altri. Fece un rapido giro della tenuta, sguainando una spada angelica. L’unico rumore ad accompagnarlo era il lieve frusciare del vento tra le foglie degli alberi. Non abbassò comunque la guardia: aveva il presentimento che sarebbe potuto spuntare un demone da un momento all’altro. Continuò a camminare e a guardarsi intorno. E proprio quando un terribile verso acuto catturò la sua attenzione, il Portale lo risucchiò nuovamente via.

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Capitolo 4
*** Come back ***


Attenzione! In questo capitolo sono presenti degli spoiler di COHF. Preciso che io non ho letto il libro e che ho ricavato queste informazioni da Shadowhunters Wiki.
Lettore avvisato!

- Cosa cavolo è successo? – Clary si era ritrovata a terra, con la schiena contro il pavimento dell’Istituto. Jace l’aveva aiutata a rialzarsi. Accanto a loro c’erano degli stravolti Magnus e Isabelle. Ma la vera agitazione esplose quando si rese conto di una cosa.
- Dov’è Alec?
 

Tessa guardava fuori dal finestrino del taxi. Erano anni che non tornava a New York. Magnus l’aveva convinta a visitarla già una volta, negli anni 40’, poco prima della fine della guerra. Già da allora quella New York era diversa dalla sua. Nella Grande Mela odierna, poi, così grande, vivace e colorata, non era rimasto nulla di ciò che lei, zia Harriet e Nathaniel avevano conosciuto. Zia Harriet e Nate… una nuvola di tristezza le oscurò il sorrisetto che aveva sulle labbra da quando erano atterrati e Jem se ne accorse. Prese la sua mano fra le sue, cercando di attirare l’attenzione della moglie, e ci riuscì. Lei infatti si girò verso di lui e gli rivolse uno sguardo malinconico. Stava ricordando, Jem l’aveva capito. Anche a lui succedeva qualche volta di perdersi nei ricordi. Quando vivi così a lungo, la memoria si sovrappone alla realtà e fai fatica a distinguere ciò che è presente da ciò che è stato.
- Credi che Magnus sarà sorpreso di trovarci qui? In fondo, non ha risposto alla nostra mail. Forse non l’ha letta…
- Spero proprio di no. Voglio dire, potrebbe non essere un buon momento. – sospirò Tessa – Ma sono sicura che le mie siano solo ansie infondate. Giusto, Jem?
 

Non riusciva a respirare, la fronte era imperlata di sudore e le mani gli tremavano. Era esausto, da più di due ore cercava invano di localizzare Alec. Ma non poteva fermarsi. Non poteva perderlo. Riprese a pronunciare un’antica litania in greco antico, muovendo le braccia e le dita delle mani in gesti solenni e misurati. Sinuose fiamme azzurre incresparono l’aria e vi si cristallizzarono, immobili. La schiena dello stregone venne scossa da un violento spasmo. La sua magia e le sue forze lo stavano abbandonando, presto sarebbe svenuto. Strizzò gli occhi, cominciando a intravedere gli oggetti accanto a sé in maniera sfocata.
- Magnus, non ti reggi in piedi. – disse Jace, l’unico che si era rifiutato di allontanarsi dallo stregone mentre quest’ultimo faceva ogni sorta di incantesimo in una delle tante camere vuote dell’Istituto. Izzy aveva protestato, quello disperso era suo fratello, e Clary non voleva lasciare Jace, ma sia il Nascosto che il Nephilim erano stati irremovibili: Magnus era il solo che potesse ritrovare Alec e Jace era il suo parabatai. Avevano spostato insieme i mobili che adornavano la stanza e li avevano addossati ai muri, poi Magnus si era piazzato al centro della stanza e aveva provato davvero di tutto, tutto per trovare il suo Alec. Ma era come se fosse scomparso, inghiottito chissà dove da quel maledetto Portale.
- Sto bene. – gemette Magnus. Il senso di nausea si fece sempre più forte. Non poteva permettersi di svenire, doveva almeno completare quell’incantesimo.
- Jace? Me lo faresti un favore?
- Dimmi.
- Per favore, mi serve un po’della tua forza. Devo riuscire almeno a completare quest’incantesimo…
- Ok.
Lo Shadowhunter si avvicinò allo stregone. Non aveva idea di cosa significasse per il Nascosto “prendere la forza”, ma sapeva che un paio di volte Alec gliel’aveva donata di sua spontanea volontà. Lo stregone lo prese per mano e una tenue luce dorata avvolse le dita intrecciate dei due. Il chiarore aureo durò solo un paio di minuti, poi Magnus lasciò la mano di Jace.
- Allontanati. – gli ordinò perentorio. Jace si appiattì contro la parete, mentre Magnus riprendeva il controllo sulle fiamme cristallizzate in aria. Il fuoco blu guizzò e divampò nuovamente e Magnus lo attirò a sé, lasciandosi avvolgere. Chiuse gli occhi e si concentrò, una goccia di sudore che dalla tempia scivolava fino al collo con esasperante lentezza.
- Uagokai lon. Uagokai lonsotoru. Uagokai Alexander Gideon Lightwood gagapson. Uagokai, Asmodeus pagtarki!
Jace aveva poca familiarità col purgatico, ma capì ugualmente la litania di Magnus.
Cerca il disperso. Cercalo e portalo qui. Cerca Alexander Gideon Lightwood protettore di anime. Cerca, per il potere di Asmodeus!
Un Portale violaceo si spalancò all’improvviso nella stanza, scatenando una violenta corrente d’aria che scaraventò contro il muro il Nascosto. Magnus sbatté forte la spalla e cadde a terra senza fiato. Non era abituato al dolore fisico. Un’altra figura, proveniente dal Portale, fu scagliata contro la parete, atterrando accanto a Magnus. Jace si era aggrappato con forza al pomo del letto, accanto a lui. Magnus rantolò un lieve “chiuditi” prima che il Portale si richiudesse e lui svenisse.
 

L’infermeria era immersa in un silenzio sepolcrale. Alec stringeva forte la mano del suo Magnus, guardandolo dormire. L’aveva fatto tante volte, quasi ogni giorno, dato che lo stregone dormiva sempre fino a tardi, mentre lui era un tipo mattiniero. Ne ammirava sempre i raffinati lineamenti orientali, la pelle color caramello, le ciglia lunghe e scure che fremevano e il lieve alzarsi ed abbassarsi del petto. Ricordò anche quando, sette anni prima, i ruoli erano stati invertiti – causa il veleno del Demone Superiore Abbadon – ed era stato lo stesso Nephilim a trovarsi su quel letto, febbricitante. Sarebbe morto se non ci fosse stato Magnus. Gli scostò dolcemente una ciocca di capelli dal viso, che gli aveva fatto assumere una tenera smorfia infastidita. E mentre lo contemplava, ripensava anche alla conversazione avuta con gli altri, prima di essere lasciato solo col suo futuro marito.
C’erano davvero tutti: Clary, Jace, Izzy e persino Simon. Tutti volevano sapere cosa fosse successo e credevano che lui avesse la risposta. La verità era che non l’aveva. Non sapeva dove fosse finito, come vi ci fosse ritrovato, cosa fosse accaduto mentre attraversavano il Portale. Ricordava chiaramente il giardino della tenuta, ma non avrebbe saputo dire dove fosse esattamente quel luogo. Sapeva soltanto che, da quanto gli aveva detto Jace, Magnus non aveva risparmiato nessuna delle sue energie per riportarlo indietro.
Avrebbe continuato a rimuginare, perso nei suoi pensieri, se la mano che teneva fra le sue non avesse ricambiato la stretta.
- Alexander… - sussurrò Magnus. Lo Shadowhunter si sporse verso di lui e gli baciò dolcemente la fronte.
- Come stai? – gli accarezzò il viso, fissando quegli occhi da gatto che pian piano si stavano schiudendo.
- Mi sento come se un treno merci mi avesse investito. – ghignò l’altro – Sono conciato male, vero?
- No. Sei bellissimo come sempre. – Alec gli posò un lieve bacio sulle labbra.
- E tu sei assolutamente parziale.
- Mi definiscono innamorato, più che altro.
- Te l’ho già detto che adoro quando fai il romanticone?
- Magnus. – lo richiamò con serietà – Cosa è successo nel Portale?
- Non ne ho idea, zuccherino. – scosse piano la testa Magnus – Non mi è mai capitata una cosa simile. Ho conosciuto l’inventore dei Portali, Henry Branwell, e io stesso l’ho aiutato a costruirli. Il meccanismo è perfetto.
- Era perfetto, Magnus. Qualcosa si è inceppato. Un momento prima ero accanto a te, un momento dopo rotolavo in un giardino.
- Un giardino?
- Già. Sembrava abbandonato, le piante avevano bisogno di cure e…
- Bello, intelligente, tremendamente sexy e anche botanico. Come sono fortunato, ho incontrato proprio un bravo ragazzo! – ammiccò Magnus. Alec sospirò. Sapeva perché Magnus faceva così. Voleva dimostrargli che stava bene, che era abbastanza forte. Ma sapevano entrambi che le energie di Magnus non erano inesauribili. Così continuò ad accarezzargli il viso e a guardarlo con apprensione.
 - Va bene, avremo modo di riparlarne quando starai meglio. – lo baciò ancora sulle labbra – Ora riposati.
- E anche così premuroso. Quasi quasi le chiedo di sposarmi, signor Lightwood.
- L’ho battuta sul tempo, signor Bane. Sono stato io a farle la proposta, non se lo dimentichi.
- Mai.
 

Izzy era in camera sua e si pettinava i capelli, gesto che l’aveva sempre rilassata. Alec era tornato indietro, sano e salvo, grazie all’Angelo. E sempre e solo l’Angelo sapeva dove fosse finito e perché. Sbuffò, guardandosi allo specchio. Si era sempre considerata una ragazza bellissima, sensuale, perfetta. Poi era arrivata Clary, con la sua statura minuta e i suoi terribili capelli rossi, che era riuscita a conquistare un cuore di pietra come Jace, e le sue certezze erano crollate. E in quel momento, con le occhiaie e le rughe di preoccupazione che le solcavano il viso, si sentiva vecchia di almeno dieci anni. Qualcuno bussò alla porta, ma lei fece finta di nulla. Non aveva voglia di vedere nessuno. Era in quello stato di apatia da almeno sette anni. Sette anni in cui il ragazzo di cui era innamorata aveva fatto tanti progressi e aveva a poco a poco riscoperto il Mondo Invisibile, ma che non aveva ricordato più il loro amore reciproco. Forse ciò che c’era tra loro era stato così debole da non essere sopravvissuto. Di una cosa però lei era certa: Isabelle Sophie Lightwood non si sarebbe più innamorata. Aveva amato una sola volta, ma Simon non poteva ricordarlo. E lei ne era straziata ogni giorno di più.
- Izzy, sono io.
Quando parli del diavolo.
- Va’via, Simon.
- Ehm… Izzy? Ti prego, è importante.
Isabelle sbuffò e si odiò profondamente per il suo cuore tenero, mentre si alzava e apriva la porta. Un Simon alquanto traumatizzato dagli eventi la guardò intensamente, con quei bellissimi occhi castani che le facevano perdere la testa.
- Hanno suonato alla porta.
- E perché non hai aperto?
- Perché non ero sicuro di poterlo fare.
- Oh, spostati. – lo scansò bruscamente e si avviò verso l’ascensore. Lui la seguì e insieme raggiunsero il piano terra. Quando Isabelle aprì la porta, due figure, un ragazzo e una ragazza della loro età, le sorrisero.
- Salve, sono Tessa Gray e questo è mio marito James Carstairs. È un brutto momento?
 

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Capitolo 5
*** Fantasmi e demoni ***


Attenzione! In questo capitolo sono presenti degli spoiler di CP2. Lettore avvisato!
Londra, 1879
L’unico rumore che echeggiò sul selciato di Chiswick furono gli zoccoli di due cavalli, che avevano appena arrestato la loro folle corse. I due cavalieri scesero agilmente dai loro destrieri e si guardarono intorno, non senza poca malinconia. Il più alto e snello dei due, con dei folti capelli castani e gli sfavillanti occhi verdi, si incamminò verso uno dei molti sentieri del parco, ricoperto da foglie secche che nessuno si era premurato di togliere. Il più basso e muscoloso, i cui capelli invece erano color sabbia e gli occhi tra il verde e il grigio, lo seguì, posandogli una mano sulla spalla.
-  Gabriel, aspetta. – gli intimò – Sei sicuro di volerci andare?
- Sono sicuro, Gideon. – annuì risoluto l’altro – Sarai anche il mio fratello maggiore, ma non puoi proteggermi da questo. Non puoi proteggermi da nostro padre.
- Quella cosa che hai ucciso non era più nostro padre! – ribatté con forza Gideon, afferrando il fratello per la manica – Tu sei un uomo forte, uno Shadowhunter valoroso e hai accanto a te una ragazza meravigliosa. Insieme, sono sicuro che riusciremo a ristabilire il glorioso nome dei Lightwood…
- Non si tratta della nostra famiglia. Si tratta di me. – replicò Gabriel – Proprio perché ora sono in pace con me stesso e ho finalmente capito chi voglio essere, devo mettere la parola fine a questa storia. Ho tutta l’intenzione di restaurare sia il nostro nome sia questa dimora. Vorrei poterci vivere con Cecily e, un giorno, mentre lei e Sophie converseranno all’ombra del gazebo, i nostri figli, tuoi e miei, giocheranno insieme a quelli di Will e Tessa.
- Sarebbe bello. – annuì il maggiore, quasi immaginandosi la scena.
- E allora permettimi di farlo. Permettimi di affrontare i fantasmi del mio passato, per poter affrontare serenamente il presente e pensare al futuro.
Dopo un attimo di silenzio, i due fratelli Lightwood si abbracciarono, con il vento che sferzava i loro corpi. Poi Gabriel guardò risoluto Gideon e il maggiore non poté fare altro se non un cenno d’assenso, prima di vedere il suo fratellino girarsi e correre verso il giardino all’italiana.
 
- Perché non tornano? È da ore che sono lì. – Cecily faceva avanti e indietro nella sala d’addestramento, seguita dallo sguardo paziente di Sophie.
- Il tragitto da Londra a Chiswick è breve e Gabriel aveva detto che sarebbe stato qui prima di cena. – continuò la ragazza.
- Suvvia, Cecy. – Sophie le pose una mano sulla spalla – È con Gideon, è certamente al sicuro.
- E se compare qualche demone all’improvviso? Se fa del male a Gabe? Maledizione, se avessi insistito di più a quest’ora sarei con loro…
- Cecily, non puoi davvero essere preoccupata che un demone lo attacchi. Gabriel è un Cacciatore di demoni, non credo avrebbe problemi a difendersi da solo.
- Ma lui… lui ha così tanta paura di quello che troverà… Oh, Gabriel, rydych yn gwneud i mi damn1!
Sophie scosse la testa e le porse una spada angelica.
- Qui ci vuole una bella distrazione. – le strizzò l’occhio con fare cospiratorio – Se riesco a batterti, non udirò un’altra singola parola riguardo i nostri amati Lightwood fino a quando non torneranno…
Nel momento in cui le loro spade si incrociarono, dalla porta fece capolino un bimbo di nemmeno un anno, con una folta chioma di capelli rossi e luminosi occhi castani, a gattoni. Sia gli occhi scuri di Sophie che quelli azzurri di Cecily si illuminarono alla sua vista.
- Il piccolo Charles! – batté le mani Sophie, precipitandosi verso il bambino e prendendolo in braccio.
- Oh, pwy yw'r babi mwyaf prydferth yn y byd 2? – cinguettò Cecily in gallese. Sulla soglia della sala d’addestramento comparve Charlotte, accennando un lieve sorriso.
- Oh, Charlotte, col passare dei giorni questo bambino diventa sempre più bello! – esclamò estasiata Sophie, mentre Charles si attorcigliava uno dei riccioli scuri della ragazza attorno alle dita paffute.
- Spero che diventi anche un buon Cacciatore. Oppure un inventore geniale come Henry.
Sophie adagiò il pargoletto fra le braccia della madre e il bimbo mugolò felice, stringendosi al petto materno.
- È ora di dormire, piccola peste. – gli baciò la fronte Charlotte. Le tre donne si sorrisero teneramente, almeno finchè un Henry stravolto non irruppe nella stanza, trascinandosi agilmente sulla sedia a rotelle.
- Scusate l’incresciosa irruenza, ma ehm... abbiamo un problema.
- Che genere di problema? – inarcò un sopracciglio Charlotte.
- Demoni a Whitechapel. Demoni Eidolon. E uno di loro... dice di essere il padre di Tessa.
 
Dei grandi occhi grigi incontrarono quelli iniettati di sangue del Demone Superiore. Se qualcuno le avesse chiesto come fossero arrivati a quel punto, lei non era sicura che sarebbe stata in grado di ricostruire i fatti con precisione. Era con Will, con il suo fidanzato, e si stava godendo una passeggiata per le vie di Londra, quando all’improvviso quattro demoni li avevano accerchiati. Avevano l’aspetto di piccoli gargoyle squamosi, dalle ali ricurve sulla schiena irta di spuntoni. Will aveva sfoderato due lame angeliche, pronto a combattere. Tessa era addestrata, ormai era passato un anno da quando stava con i Cacciatori, ma l’impaccio delle gonne e del corpetto non le permetteva di muoversi. Tuttavia, proprio perchè erano di piccola statura, il Cacciatore non ebbe problemi ad eliminarli uno dopo l’altro. Alla fine ne rimase solo uno che, agonizzante, si rivolse a Tessa con un rantolo.
- Tuo padre ti reclama. Sarà qui a momenti e tu non potrai fare nulla per respingerlo. – poi la lama di Will gli aveva tranciato di netto la testa e il demone era ammutolito per sempre. Tessa aveva cominciato a tremare vistosamente e si era ritrovata stretta al petto di Will, aggrappandosi a lui come se fosse la sua ancora di salvezza.
- Mio padre... – aveva mormorato lei, incredula. Quando pensava a suo padre, immaginava il signor Gray, quell’uomo sempre imbronciato dai folti capelli castani. Ma ormai sapeva che quell’uomo burbero, ma dalla gentilezza nascosta, non era davvero suo padre.
- Non possiamo restare qui, è troppo pericoloso. – aveva detto Will – Ma è mai possibile che al giorno d’oggi un gentiluomo non può neanche passeggiare con la sua fidanzata senza essere attaccato da un branco di demoni impazziti? Che tempi!
Con quella affermazione, Will era riuscito a strappare un sorriso alla più che sconvolta Tessa, ma proprio in quel momento era comparso un uomo. Era molto alto, avvolto in un elegante cappotto scuro, un cilindro e un singolare bastone nero dal pomo intarsiato d’oro. Quando ebbe alzato lo sguardo, il sangue di Tessa si era congelato nelle vene. Le iridi del nuovo arrivato erano rosse, così vivide da emanare bagliori scarlatti sugli zigomi pronunciati. Attorno alle iridi, tante piccole vene rosse si diramavano sulla sclera, rendendo l’effetto ancora più inquietante. E Tessa, la coraggiosa mutaforma che per salvare coloro che amava si era trasformata in un angelo, era rimasta impietrita, a fissarlo negli occhi.
- Bene, bene. – il Demone Superiore schioccò la lingua, compiaciuto – Theresa Gray. Somigli moltissimo a tua madre.
- Spero di non somigliare affatto a te. – sibilò la ragazza, scostandosi leggermente da Will e assumendo un atteggiamento fiero, con la schiena ben dritta e gli occhi piantati in quelli del demone.
- E da dove credi che siano giunti i tuoi prodigiosi poteri? Io sono un Eidolon, la nostra abilità è quella di cambiare forma. Io e te non siamo poi così diversi...
- Io non sono un demone.
- In parte sì, mia cara. Ed è proprio per questa parte di te, seppur minuscola e rinnegata nei recessi più profondi del tuo animo, io ti reclamo.
Tessa sgranò gli occhi. Will si rese conto della gravità della situazione e si decise a mandare un messaggio di fuoco agli altri Cacciatori, prima di schiararsi di fronte alla ragazza e sguainare una spada angelica.
- In nome dell’Angelo, vattene adesso. E forse potrei decidere di non farti alcun male, ma solo perché sei il mio futuro suocero.
- E chi ti dice che io ti dia il permesso di sposare mia figlia? Lei non è destinata a stare con te o con nessun altro Cacciatore. Il suo posto è accanto a me.
- No! – urlò decisa Tessa – Non ti seguirò! Non andrò da nessuna parte con te!
- In nome dell’Edom e dei loro sovrani Asmodeus e Lilith, ragiona, mia piccola Theresa. Credi davvero che ti permetterei di legarti a un Cacciatore di demoni?
- Mia madre era una Cacciatrice!
- Non sapeva di esserlo. E tu non sei come lei.
- In parte sì. E in nome di questa parte, devi andartene immediatamente!
Tessa non poteva aspettare. Non poteva aspettare che Will trovasse il coraggio di attaccare il Demone, perché, nonostante tutto, sapeva che quello era il padre della ragazza che amava. E non poteva aspettare che arrivassero i rinforzi dall’Istituto. Così decise di fare da sola. Sguainò una delle spade angeliche nella cintura di Will e la fece mulinare, tagliando di netto un braccio al demone. La ragazza sentì un paio di stecche del corpetto rompersi e conficcarsi nella pelle, lasciandola senza fiato, mentre suo padre urlava di dolore. Ma il suo non era un urlo umano, era il rantolo che avrebbe potuto fare un drago in agonia.
- Theresa Gray, figlia di Elisabeth Starkweather e del Demone Superiore Rhefur, io ti maledico. Tutti coloro che oseranno toccarti, anche solo sfiorarti, moriranno in preda ad atroci sofferenze. Tutti quelli che parleranno con te non sopravivranno, a meno che non scorra del sangue demoniaco nelle loro vene. L’affetto che provano per te sarà la loro rovina.
E così dicendo, Rhefur svanì, lasciandosi dietro una scia di fumo, forse zolfo. Era tornato all’Inferno, dove presto, si disse Tessa, sarebbe finita anche lei.  


1Mi stai facendo dannare!
2Chi è il bambino più dolce del mondo?


 

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Capitolo 6
*** L'incontro ***


Attenzione! In questo capitolo sono presenti degli spoiler di COHF. Preciso che io non ho letto il libro e che ho ricavato queste informazioni da Shadowhunters Wiki.
Lettore avvisato!
  
New York, 2014
- Ce la fai ad alzarti?
- Credo di sì... – il Sommo Stregone di Brooklyn si puntellò sui gomiti e fece scivolare le gambe fuori dal letto con estrema lentezza. Posò i piedi nudi sul pavimento freddo e rabbrividì.
- Magnus, non sei costretto ad andartene, puoi restare qui tutto il tempo che vuoi. – Alec cercò di farlo desistere dall’impresa, temeva che potesse sentirsi male, ma lo stregone fece un cenno di diniego con la mano.
- Sono stato in questo letto troppo a lungo. Ho voglia di alzarmi. – sollevò lo sguardo per incontrare gli occhi blu dell’altro – Alexander, ti dispiacerebbe aiutarmi?
- Certo che no. – il Cacciatore ci chinò su di lui e gli prese delicatamente un braccio, facendoselo scivolare sulle spalle – Appoggiati a me.
- Ok. – Magnus inspirò profondamente ed espirò, poi si fece forza sulle gambe e si mise in piedi, poggiandosi ad Alec. La mano delle stregone si aggrappò con forza alla spalla del Nephilim mentre cercava di camminare.
- Sono stato sdraiato per circa due giorni e mi sento come se non camminassi da secoli. – sospirò teatralmente lo stregone – Sto proprio invecchiando, Alexander. Non credo ti convenga sposarmi.
- Ti dirò, ho un debole per i pluricentenari asiatici e ossessionati dal glitter.
- Ed è per questo che ti amo.
I due continuarono a trascinarsi, uno che sosteneva saldamente l’altro, mentre uscivano dall’infermeria e attraversavano il corridoio.
- Abbiamo visite. – gli sussurrò all’orecchio Alec, facendo un leggero cenno col capo – Qualcuno è venuto a trovarti.
Magnus aguzzò la vista. Davanti a sé, una ragazza sulla ventina gli sorrise. Avrebbe riconosciuta quei capelli castani e quegli occhi grigi dovunque. Sorrise a sua volta, lasciando che le sue labbra si schiudessero lentamente.
- Theresa Gray. – mormorò a bassa voce, ma lei parve sentirlo comunque.
- Magnus Bane. – Tessa si slanciò verso lo stregone. Quest’ultimo si scostò leggermente da Alec per poter abbracciare la sua vecchia amica. I due si strinsero amichevolmente, poi si scostarono, continuando a sorridersi.
- Quanto tempo è passato? – chiese Magnus, più a se stesso che alla ragazza.
- Non così tanto. A malapena sei o sette anni.
Magnus fece saettare lo sguardo tra lei e Alec, poi pose una mano alla base della schiena del ragazzo, che si era messo un po’in disparte.
- Tessa, permettimi di presentarti ufficialmente il mio ragazzo, Alexander Gideon Lightwood. Alec, tesoro, lei è Theresa Gray, compagna di mille avventure.
Lo stregone vide il viso del suo Alexander imporporarsi leggermente mentre Tessa si prese un momento per osservare il Lightwood tanto decantato dal suo amico, che non aveva avuto modo di conoscere prima, dato che era sempre rimasto al capezzale dello stregone. Aveva intrattenuto sempre un rapporto costante con quello strambo stregone, l’unico che l’avesse davvero capita quando Will era morto e che l’aveva fatta sentire un po’meglio. E, data la loro periodica corrispondenza, Tessa aveva appreso in tempi abbastanza rapidi che Alec Lightwood era fisicamente molto simile al suo amato Will Herondale. Ma Tessa proprio non riusciva a trovare alcuna somiglianza tra il suo defunto marito e il ragazzo un po’ricurvo su se stesso che le stava di fronte. Il corpo di Will non era stato così muscoloso, anche se l’altezza era più o meno la stessa. I capelli di Will erano stati sempre scompigliati, di un nero intenso, ma quelli di Alec erano così scuri da sembrare bluastri. E gli occhi di Will erano stati così profondi, di un unico blu violaceo, che non erano nemmeno lentamente simili a quelli di Alec, del colore di un mite cielo estivo. Sorrise incoraggiante e gli tese la mano.
- Ciao, Alexander. Finalmente ti conosco di persona. Magnus mi ha parlato molto di te.
Vide il giovane deglutire, emozionato, e poi stringere la sua mano. Nonostante tutto, la sua presa era forte e decisa.
- È un piacere conoscerti, Theresa…
- Oh, ti prego, chiamami Tessa.
- Ok. Sono davvero felice che tu sia potuta venire.
- Infatti, mi serviva proprio una testimone di nozze. – ammiccò Magnus – Fiorellino, tu hai il tuo parabatai, io la mia amica mutaforma. A ciascuno il suo.
- Immagino di sì. – il giovane Cacciatore sorrise lievemente e Tessa poté vedere in lui un pallido riflesso di Gideon Lightwood, sempre mite ed equilibrato. Il suo sorriso divenne più luminoso.
 
Qualche ora dopo erano tutti seduti nella sala da pranzo. In realtà, gli abitanti dell’Istituto non la usavano mai, preferivano mangiare direttamente in cucina, ma Magnus aveva fatto notare che Tessa e Jem provenivano da un’epoca diversa, in cui “il momento del pasto collettivo” – testuali parole dello stregone, con tanto di voce solenne – “era sia occasione di soddisfare il bisogno primario della fame sia un momento di condivisione delle proprie idee e delle proprie esperienze quotidiane”. E fu così che Alec si ritrovò accidentalmente a capotavola, con Magnus alla sua destra e Jace alla sua sinistra. Accanto a Jace c’erano Clary e Simon, accanto a Magnus invece sedevano Tessa e Jem e , esattamente di fronte ad Alec, troneggiava Isabelle.
- Bhe, direi che ci siamo tutti. – aveva constatato Magnus, per ovviare al silenzio imbarazzato ed imbarazzante che si era creato nella stanza. Schioccò le dita e la tavola si imbandì di antipasti.
- Buon appetito! – annunciò e Tessa non poté fare a meno di trattenere un sorriso. Per un paio di minuti, non si sentì che il tintinnio delle posate e qualche sporadica richiesta tipo “mi passi l’acqua?”, poi Simon decise di intraprendere una conversazione con Jem.
- Wow, non avrei mai pensato che un Fratello Silente potesse… bhe, ecco… comportarsi da persona normale.
Alec rischiò di strozzarsi con l’acqua che stava deglutendo.
Ma come fa quel ragazzo ad essere così stupido? pensò sconcertato. Guardò allarmato Magnus, che a sua volta guardava Jem, i cui angoli della bocca si allungarono in un sorriso cordiale.
- Grazie, Simon. Mi fa piacere sapere di non aver conservato quell’aria lugubre tipica dei miei ex confratelli. – con un movimento elegante, Jem infilzò il suo pasto con la forchetta – E per quanto riguarda te? Ti stai abituando alla vita da Cacciatore?
- Oh, sì. – Simon sorrise lievemente, un po’in imbarazzo – Voglio dire, ho degli ottimi istruttori. Alec e Izzy sono… bhe, sono bravi. Io sono ancora un po’… bhe, ecco, impacciato, ma mi sto impegnando. E poi fare il Cacciatore mi piace.
- Ne parli come se fosse uno stupido gioco di ruolo. – ribatté acida Isabelle, che stava accoltellando il contenuto del suo piatto neanche fosse stato un demone. Simon deglutì e si raccolse nelle spalle. Non voleva contrariare Isabelle, non voleva fare nulla per farla stare male. A lui Isabelle piaceva, e molto anche… forse se ne stava innamorando. Ma lei era sempre così maldisposta nei suoi confronti, così rigida. Come se lui l’avesse in qualche modo tradita.
- Non intendevo offenderti, scusa. – cercò di salvare il salvabile Simon, ma la Shadowhunter lo guardava in cagnesco. Si sentiva come se le avesse detto apertamente che era andato a spulciare in alcuni vecchi alberi genealogici in biblioteca e che aveva scoperto cose abbastanza strane sui Lightwood. Tipo che un certo Benedict era morto nel 1878 di sifilide demoniaca, contratta dopo “rapporti illeciti” con i demoni. Simon aveva una mezza idea di cosa fosse la sifilide, quindi aveva facilmente fatto due più due.
- Già, scusa. – sibilò risentita la ragazza. Posò le posate al piatto, poi emise un versetto stizzito e si alzò da tavola, furente, prima di attraversare la stanza con passo di marcia e sbattere la porta dietro di sé. Tutti i presenti rimasero impietriti, più di tutti Simon, che si sentì incredibilmente mortificato. Alec fece per alzarsi e inseguire la sorella, ma le dita di Magnus lo bloccarono. Avevano ospiti, sarebbe stato maleducato sparire così. Alec sospirò sconsolato e alquanto interdetto.
- Scusatela, vi prego. Non so cosa le sia preso. – disse, rivolgendosi a Tessa e Jem. I due si guardarono per un istante, poi sorrisero entrambi, come se non fosse successo nulla e il giovane Lightwood ne fu estremamente grato.
- Complimenti, Magnus. Hai scelto proprio bene il menù.
- Oh, grazie, Tessa. Il ristorante a cui ho fatto affidamento è molto rinomato. – le fece l’occhiolino Magnus e lei scosse la testa divertita. Era sempre il solito.
 
- Allora, ti sono piaciuti questi nuovi Shadowhunters? – chiese Tessa, spazzolandosi i capelli con vigore davanti allo specchio. Sentì Jem chiudere il rubinetto dell’acqua del lavandino e tornare nella stanza da letto dal bagno. Sbirciò la sua espressione nello specchio: era corrucciato, come se nella sua testa si stessero scontrando mille pensieri differenti.
- James? – lo chiamò. Lui sbatté le palpebre un paio di volte e ricambiò il suo sguardo nello specchio.
- Non saprei… quel giovane Asceso, Simon… è simpatico. La ragazza Lightwood è leggermente irascibile, non sai quanto mi ha ricordato Gabriel quando non c’era Cecily a contenerlo. E Alexander Gideon… bhe, ogni volta che lo guardo, rivedo William.
- Io li trovo molto diversi, fisicamente parlando. Per non parlare caratterialmente…
- Oh, sì. Lightwood mi pare estremamente introverso e timido, mi chiedo come faccia a stare con Magnus.
- Forse è proprio per questo che tra loro funziona, si compensano a vicenda. – Tessa si alzò e posò la spazzola sulla specchiera. Si diresse verso suo marito e intrecciò le sue dita a quelle di lui. L’ex Fratello Silente guardò le loro mani affascinato, poi le sollevò e baciò dolcemente quella della moglie.
- A volte mi chiedo se tutto questo non sia un sogno. – mormorò, attirando a sé Tessa.
- Cosa? – lei sciolse la stretta delle loro mani per abbracciare il corpo magro del marito.
- Io e te. Qui, adesso, insieme. Certe volte ho paura di svegliarmi e scoprire di essere ancora nella Città Silente. – Jem appoggiò il mento sulla testa di Tessa e sospirò – Ho aspettato così tanto per stare con te…
- James… - Tessa gli premette leggermente le mani sul petto, scostandolo quanto bastava per guardarlo negli occhi – La notte scorsa, quando Magnus era ancora incosciente, ho fatto un sogno strano. C’erano Cecily e Gabriel, Gideon e Sophie, Charlotte ed Henry… e poi compariva Will, che mi ripeteva “il Portale si sta chiudendo” e io allora guardavo nella direzione che mi indicava lui e vedevo un enorme portale da cui emergevano delle mani, e io mi sono sporta e ne ho afferrata una, ma quello che ho tirato fuori era un demone che mi attaccava e…
- Tessa. – lui le sollevò il viso e le asciugò le lacrime che erano cominciare a sgorgare furiosamente dagli occhi della ragazza, insieme al racconto concitato dell’ncubo – Va tutto bene, era solo un incubo.
- Jem? – lei si aggrappò a lui con forza, come se avesse paura di cadere – E se fosse più di un incubo? Ho paura che qualcuno si faccia male.
- Ora sei molto stanca. Il viaggio, l’indisposizione di Magnus e tutte questa facce nuove ti hanno scombussolata. Ma non temere, non può succedere niente di male. – Jem la strinse forte a sé – Ci sono qui io a proteggerti.
- Ok… - annuì Tessa – James?
- Sì?
- …Baciami.

NdA: Lo so, lo so, sono in mostruoso ritardo, ma ho avuto il blocco dello scrittore e non riuscivo ad andare avanti dopo la scena della cena... mi scuso anche per la brevità del capitolo, nonostante il consiglio di Chesy che mi sforzerò di seguire nei prossimi capitoli. Per la prossima settimana niente aggiornamenti, causa viaggio in Germania - torno giusto in tempo per CoHF ;) Detto ciò... I CONGEGNI INFERNALI TORNERANNO SEMPRE!!! #nosensetime #shippatemalec 

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Capitolo 7
*** Un nuovo primo bacio ***


Attenzione! In questo capitolo sono presenti degli spoiler di COHF (che ho finalmente letto) e di Clockwork Princess. Lettore avvisato!

A Chesy, che "mi osserva" e che ha ideato "Il mio Elemento sei tu". Ogni volta che leggo un nuovo capitolo vengo travolta dai feels!!!
 
Cara Isabelle,

non sono molto bravo in questo genere di cose. A dire il vero, non ho mai scritto una lettera – o forse l’ho fatto, ma non me lo ricordo. Comunque, non voglio perdermi in chiacchiere. Anzi, voglio andare dritto al punto. In questi sette anni, sono davvero impazzito con te: ci sono stati momenti in cui ho visto nei tuoi occhi una luce diversa, nuova, che mi faceva pensare che tu provassi qualcosa di forte per me; invece in quest’ultimo periodo – forse ho fatto qualcosa che non dovevo – mi sembra che tu mi odi. Quindi ti chiedo: perché? Perché mi odi? Io voglio capire, voglio potermi spiegare e scusarmi se ti ho in qualche modo ferita. Il fatto è che… tu mi piaci, Izzy. Anche quando fai la scontrosa. Anche quando mi urli contro. Solo… non escludermi dalla tua vita. Come ti dissi tempo fa, sto cercando di tornare ad essere quell’eroe che ti piaceva un tempo. Forse non ci riuscirò mai, ma… io, per come sono adesso, lo Shadowhunter Simon Lewis, posso affermare che, se pur con alti e (molto) bassi, sento di provare qualcosa che va oltre la semplice simpatia, per te. Sei speciale.
Confidando in una risposta non troppo rabbiosa
Simon
- Dici che va bene?
- Direi che adesso è perfetta. – annuì Clary – Semplice, ma significativa.
- Non hai idea di quanto ti sia grato. – sorrise lui, stringendo affettuosamente la mano della sua migliore amica. Poi il suo sguardo tornò ad incupirsi, denso d’ansia.
- E se poi mi rincorre per l’Istituto con la frusta?
- Mio Dio, Simon! – fece roteare gli occhi al cielo lei – Noi ragazze non siamo mostri assetati di sangue!
- Ma siete delle creature molto, molto strane!
- Ok, questo te lo concedo.
Nonostante avesse provato ad allentare la tensione, Simon restava sempre preoccupato. Clary gli strinse affettuosamente la spalla.
- Vedrai. Andrà tutto bene.
 
- Izzy…
- No, Alec, non è proprio il momento.
Era da un quarto d’ora che Alec cercava di far uscire Isabelle dalla sua stanza, ma lei non voleva saperne. Nemmeno lui però avrebbe desistito dalla sua posizione, non dopo la scenata della sorella a cena.
- Almeno mi spieghi cosa c’è che non va?
- Non c’è niente che non vada.
- Sappiamo tutti e due che non è vero. Apri la porta!
- No!
- Isabelle Sophie, apri questa dannata porta!
- Alexander Gideon, lasciami in pace!
Alec fece un verso non identificato, una specie di ringhio frustrato, e colpì non troppo dolcemente la porta della stanza di Izzy con la testa.
- Isabelle – mormorò stremato – ti supplico. Non farmi stare in ansia.
Alec fece appena in tempo a scostarsi dalla porta, quando lei comparve all’improvviso sulla soglia, gli occhi neri fiammeggianti.
- Va tutto bene, davvero.
- Che va tutto bene puoi dirlo a qualcun altro, a qualcuno che non ti conosce affatto, non a me.
- E sentiamo, cosa dovrebbe turbarmi tanto? - incrociò le braccia al petto lei, con aria di sfida.
- Uhm, fammi pensare. – borbottò sarcastico lui – Magari Simon?
Isabelle tentennò.
- Allora è lui il problema. – affermò con sicurezza Alec – Ma possibile che dopo sette anni le cose tra voi due non siano migliorate?
Izzy chiuse gli occhi e prese un respiro profondo. Quando sollevò di nuovo le palpebre, una lacrima le scivolò sulla guancia. Il cuore di Alec perse un battito, le sue iridi blu che si specchiavano in quelle nere della sorella e vi leggevano… dolore. Rassegnazione.
- Immagina che al posto di Simon ci sia Magnus. Immagina che lui sopravviva all’Edom, ma che non possa ricordarsi di te. Di te, del vostro amore, dei momenti condivisi insieme. Immagina che tu poi possa incontrarlo di nuovo, ma lui non ti riconosca. E poi immagina di essere costretto a vivere accanto a lui, giorno dopo giorno, continuando ad amarlo nonostante tutto, ma sapendo che lui non ti potrà più ricambiare, non come faceva prima. – fece un altro respiro profondo e dalle labbra le sfuggì un singhiozzo roco – Simon, il mio Simon, l’ho perso molto tempo fa. Per tutto questo tempo ho pensato, ho sperato che lui potesse ricordare, che potesse amarmi di nuovo. Ma non è mai successo.
Alec era rimasto senza parole. Era da quando erano piccoli che non vedeva piangere Isabelle. La cosa gli fece molto effetto. Le prese gentilmente la mano e la strinse a sé, più forte che poté. La ragazza rimase rigida per un momento, poi si abbandonò tra le braccia del fratello, scoppiando a piangere contro il suo petto. Alec la trascinò nella sua camera, chiuse la porta con una spallata e si sedette sul letto con la sua sorellina ancora aggrappata. Restarono abbracciati per un tempo che al maggiore dei Lightwood sembrò fin troppo breve, perché non era giusto che la sua sorellina si sobbarcasse un peso del genere. All’improvviso, lei si staccò da lui e si asciugò frettolosamente le lacrime con il dorso della mano, come se avesse paura di essere vista da qualcuno.
- Ti senti meglio? – le accarezzò il viso con le dita Alec. Lei annuì e cercò di abbozzare un sorriso, ma non le riuscì molto convincente. La guardò dritta negli occhi e prese fiato per parlare. Quella situazione gli ricordò quando, anni ed anni prima, lei gli aveva chiesto apertamente se lui era gay. Anche in quell’occasione si erano fissati attentamente, in silenzio. Ora Alec avrebbe fatto una domanda molto importante a sua sorella, una domanda di cui pensava di conoscere la risposta, ma voleva che fosse lei a confermarglielo.
- Isabelle, ti sei innamorata di Simon?
- Come se non fosse ovvio.
- Intendo… lo ami davvero?
Dopo un silenzio interminabile, lei distolse lo sguardo.
- Se lo dico a voce alta, sarà irrimediabilmente vero. Non potrò tornare indietro.
- Di cosa hai paura?
- Che succeda la stessa cosa che è successa a mamma e papà. Ma in fondo Simon non mi ama quindi…
- Sì, ma tu? Tu lo ami?
- Certo che lo amo, Alec. Lo amo.
E si accasciò nuovamente contro il petto del fratello, in lacrime.
 
Il mattino seguente, Isabelle si svegliò con gli occhi gonfi, la pelle così pallida da sembrare verdognola e un mal di testa allucinante. Si era addormentata tra le braccia di Alec e lui l’aveva adagiata sul letto, coprendola con le lenzuola fino alle orecchie e rimboccandole per bene. Sicuramente le aveva anche dato un bacio in fronte. Suo fratello sarebbe stato un ottimo padre, convenne lei. Era perfetto: dolce, premuroso e paziente, ma anche autorevole e determinato. E lei sarebbe stata la classica zia isterica e zitella. Si mise a sedere e notò un quadratino bianco vicino alla porta. Qualcuno aveva fatto scivolare un biglietto. Si alzò a fatica e raccolse il foglio. Una lettera.
 
La colazione era piuttosto silenziosa. Soltanto Jace e Jem chiacchieravano tra loro, sotto gli sguardi compiaciuti di Magnus e Tessa. Clary, Simon e Isabelle non erano ancora scesi, mentre Alec era completamente assorto nei suoi pensieri, concentrato sulla tazza di caffè che stava sorseggiando.
- Alexander. – lo scosse appena Magnus – Ti si fredda la colazione.
Alec sobbalzò sul posto, richiamando l’attenzione di Tessa.
- Ehm… oh. Giusto. – mormorò tra sé – Per l’Angelo…
Magnus stava per chiedergli cosa diavolo stesse succedendo, quando Isabelle entrò a passo di marcia nella stanza.
- DOV’È SIMON?! – strillò.
- Non qui. – rispose con il suo classico tono pacato Jem – Isabelle cara…
Lei uscì immediatamente, investendo in pieno Clary. La prese per le spalle e la sbatté al muro con violenza.
- ISABELLE! – sussultarono Jace e Alec in contemporanea.
- DOV’È SIMON? – urlò la Lightwood contro Clary. La rossa, sempre più confusa, balbettò un incerto “in camera sua”. L’altra la lasciò andare bruscamente e si catapultò nel corridoio correndo.
Forse lo rincorrerà davvero con la frusta pensò Clary, sconcertata
 
- SIMON LEWIS!
Simon aveva sinceramente paura di aprire la porta. Clary gli aveva assicurato che Isabelle non l’avrebbe rincorso per tutto l’Istituto con la frusta, ma ora era certo che la sua migliore amica si era sbagliata. E di grosso. Il tono degno di una serial killer professionista di Izzy lo aveva terrorizzato. Ma  in fondo era pur sempre uno Shadowhunter. Doveva essere coraggioso. Anche se stavolta non avrebbe affrontato un demone, bensì qualcosa di molto più letale: una ragazza infuriata. Aprì la porta, esitando e cercando qualcosa di intelligente da dire per calmare l’ira funesta della Cacciatrice, ma non ne ebbe il tempo. Lei gli si buttò addosso, schiacciandolo contro il pavimento.
- È vero che mi ami, Simon? – il suo tono di voce si era ridotto ad un sussurro. Lui deglutì.
- Bhe, mi piaci. Mi piaci molto.
Silenzio. Izzy lo scrutò come per capire se stesse mentendo, poi le sue labbra si incurvarono leggermente verso l’alto.
- Io ti amo, Simon Lewis. E se ho fatto la stronza con te…
- Tu hai fatto la stronza con me! – puntualizzò Simon.
- … è stato solo perché avevo paura che i tuoi sentimenti fossero scomparsi per sempre. Che tu non mi volessi più.
- Avresti potuto anche dirmelo prima, ci saremmo risparmiati queste cerimonie. – sorrise Simon – Sei una rubacuori, Isabelle Lightwood. Ti amo anch’io.
E sul freddo pavimento dell’Istituto di New York, due Nephilim si scambiarono un nuovo primo bacio.
 
 
Londra, 1879
Tessa piangeva, sola, nella sua stanza. Appena suo padre era tornato all’Inferno, Will si era avvicinato per controllare come stesse, ma appena l’aveva sfiorata, la sua pelle aveva letteralmente preso fuoco, provocandogli una dolorosissima ustione. Così a Tessa non era rimasto che guardarlo contorcersi dal dolore, girarsi e scappare via. Nonostante non fosse una Nephilim, la porta dell’Istituto si era aperta la suo tocco – probabilmente merito di Jessamine – e si era fiondata nella sua stanza, prima che qualcuno potesse intercettarla. Suo padre l’aveva appena condannata ad un’esistenza di solitudine. Proprio ora. Ora che le cose andavano finalmente per il verso giusto.
 
- Sto bene! – ringhiò Will, mentre Cecily gli fasciava la mano. Gli iratze di Charlotte avevano soltanto alleviato il dolore, ma l’ustione non era nemmeno sbiadita. Così il giovane Herondale sarebbe dovuto guarire alla maniera dei mondani. Sibilò quando la sorella gli sfiorò accidentalmente con un dito un punto sensibile della ferita.
- Scusa. – disse dispiaciuta – Will, è terribile. Davvero. Ma ci dovrà pur essere una soluzione!
- Se c’è, non l’ho ancora trovata. – scosse la testa lui. Mai come in quel momento sentiva la mancanza di Jem. Lui avrebbe saputo sicuramente cosa fare. Lui avrebbe saputo come proteggere Tessa.
- Ma deve esserci! – ripeté determinata Cecily – Se solo…
Non terminò mai quella frase. I fratelli Lightwood entrarono nell’infermeria, con dei ragazzi sulle spalle. Gabriel adagiò sul letto più vicino un ragazzo biondo, mentre Gideon depositò proprio accanto un ragazzo moro.
- GABRIEL LIGHTWOOD! – strillò Cecily, fiondandosi sul fidanzato – COSA DIAVOLO È SUCCESSO? Oggi è la giornata degli eventi catastrofici!
- Oh, Cecy! – mormorò lui – Non crederai mai a quello che sto per raccontarti.

NdA: Salve a tutti! Ebbene sì, Sizzy time! perchè se scrivo troppo Malec la gente potrebbe pensare che sono una pazza maniaca... effettivamente è così, però non è necessario che il mondo lo sappia ;) Ringrazio tantissimo chi recensisce e chi segue questa storia, che sta diventando sempre più complessa. Chi sono i due ragazzi che hanno trovato i Lightwood? Che cavolo è successo dopo il momento Sizzyy?
Alla prossima,
_Alien_
 

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Capitolo 8
*** L'Idra ***


Attenzione! In questo capitolo sono presenti degli spoiler di COHF (che ho finalmente letto) e di Clockwork Princess. Lettore avvisato!

Se a qualcuno può interessare, questo capitolo è stato ispirato dalle canzoni Everybody wants to rule the world di Lorde e Isolated System dei Muse. Inoltre il Codice di Cassie Clare e Joshua Lewis è stato di vitale importanza.

New York, 2014
Le urla di Isabelle erano cessate e tutti temevano il peggio. Clary era rimasta congelata sul posto, Isabelle non l’aveva mai trattata in quel modo, nemmeno quando non sapeva nulla sul Mondo Invisibile. Guardò il resto dei presenti: erano ammutoliti tutti quanti. La mascella di Alec stava per staccarsi, la mano di Magnus stritolava quella del fidanzato con violenza inaudita e gli occhi di Jace sarebbe presto caduti nel piatto, tanto erano fuori dalle orbite. Anche Tessa era piuttosto basita, una mano lievemente posata sulle labbra. Solo Jem sembrava aver mantenuto la calma. Infatti posò le posate ai lati del piatto e rivolse lo sguardo verso Clary.
- Avanti, manteniamo la calma, non c’è ragione di agitarsi tanto.
- Senza offesa, Jem – intervenne Jace – ma conosco Isabelle da quando avevo dieci anni. Non si è mai comportata in quel modo. Non è da lei.
- Sta attraversando un brutto periodo… - mormorò Alec, visibilmente preoccupato per lei.
- Questo non l’autorizza a trattare male me o Simon. – ribatté Clary – Se aveva bisogno di aiuto perché non ci ha detto nulla?
- Isabelle è una Lightwood, biscottino. I Lightwood sono orgogliosi. – spiegò semplicemente Magnus – E l’orgoglio impedisce di condividere i problemi.
- I Lightwood sono orgogliosi? Ma non ne stai per sposare uno? – borbottò Alec.
- Ok, ma… SIMON?
Simon e Izzy erano appena entrati nella sala da pranzo, mano nella mano, come se niente fosse. Simon sorrise alla sua migliore amica, mentre la ragazza accanto a lui si fissava la punta delle scarpe, in imbarazzo.
- Clary… - cominciò lei – Scusa, mi dispiace per prima. Non volevo farti male, davvero. E mi scuso anche tutti voi, quando sono contrariata tendo a perdere il controllo.
Clary guardò prima Simon, poi Izzy, di nuovo Simon, di nuovo Izzy. E poi si issò in punta di piedi e li abbracciò entrambi.
- Scuse accettate! – esclamò allegramente – Allora state di nuovo insieme! Sono così felice per voi!
E lo era per davvero, come lo erano Jace e Alec, che si alzarono rapidamente e si avvicinarono agli altri. Tessa sorrise e si sporse verso Magnus.
- Certo che qui non ti annoi mai, vero? – ammiccò.
- Oh, no. Puoi dirlo forte. – rispose lo stregone con un sorriso.
 
Se un tempo, quando era un “ingenuo” ragazzo di diciotto anni, aveva pensato che gestire un Istituto sarebbe stata la cosa più fantastica del mondo, ora si doveva ricredere. Non che non gli piacesse, ma suo padre non faceva altro che mandargli scartoffie su scartoffie, documenti, revisioni di patti e leggi varie. E in più doveva costantemente monitorare la situazione in città, verificare l’attività demoniaca, patteggiare con gli esponenti dei Nascosti della zona, senza contare le classiche pattuglie e missioni sul campo. Alec sbuffò, inforcando gli occhiali da lettura, e riprese a leggere una delle tante carte sulla sua scrivania, firmata da L’Inquisitore Robert Lightwood. Niente di straordinario. Il telefono accanto alla sua scrivania squillò e lui allungò svogliatamente un braccio per rispondere.
- Pronto?
- Alexander, sei tu?
- Sì, papà. Ciao. – Alec cercò di tenere un tono disinvolto, ma parlare con suo padre non lo faceva mai sentire a suo agio – Sei ad Idris oppure…?
- Sì, sono ad Idris, sto usando l’unico telefono della città. C’è un emergenza.
- Emergenza?
- Sì, una riunione straordinaria. Mi hai scritto che è stata registrata un’insolita attività demoniaca nel territorio di Central Park, vero?
- Sì, ma…
- C’è fibrillazione in tutti i territori gestiti dal Popolo Fatato, sospettiamo che i demoni stiano cercando di invadere il loro mondo per riversarsi nel nostro.
- Ma le difese…
- Ci stiamo lavorando. Tutto l’Istituto di New York è convocato ad Idris. E anche il Sommo Stregone di Brooklyn.
- Va bene, chiamerò Magnus appena potrò…
- Bene. A presto, figliolo.
Alec non riuscì ad aggiungere nulla perché Robert chiuse la comunicazione. Ripose il telefono e si adagiò contro la poltrona dall’alto schienale. Un tempo, quando era piccolo, si divertiva a sedersi su quella poltrona e a far penzolare i piedi, che non toccavano il pavimento. Si massaggiò le tempie e chiuse gli occhi. È proprio vero si disse Più si cresce, più le responsabilità aumentano.
 
Jace guardò con apprensione il Portale che Magnus aveva appena creato. L’ultima volta che tutti loro avevano attraversato un Portale, avevano perso Alec. E poi, anche mentre lo attraversava, Jace aveva percepito qualcosa che non andava. Si era sentito bloccato, non più libero di muoversi, di avanzare. Si era sentito come se fosse rimasto a metà di un ponte, con la meta davanti a sé, ma senza riuscire a raggiungerla.
- È proprio necessario? – chiese nuovamente – Dobbiamo assistere per forza a questa riunione?
- Mio padre non mi avrebbe mai chiamato personalmente, se non fosse importante. – replicò Alec – Dobbiamo andare. E poi… Jace, da quando hai paura di qualcosa?
- Non ho paura, sono solo preoccupato che il mio parabatai finisca di nuovo in un fantomatico giardino. Per non parlare di una possibile crisi isterica di Magnus. Quella sì, che sarebbe terrificante.
- Come sei spiritoso, Herondale. – borbottò sarcastico lo stregone – Questo tuo umorismo sagace mi uccide.
- Lo so, faccio questo effetto. – asserì Jace. Alec scosse la testa divertito. Quello era Jace. Non che anche lui non fosse inquieto nel dover attraversare un Portale, ma non avevano altra scelta. Isabelle, Clary e Simon erano già pronti, così come Tessa e Jem.
- Bene, direi che possiamo andare. – dichiarò.
- Aspetta! – lo bloccò Magnus – Mettiti questo.
Gli infilò un braccialetto al polso. Alec sollevò il braccio per studiarlo. Era estremamente semplice, di cuoio blu, con una piccola pietra grigia. Sollevò lo sguardo e vide che Magnus distribuiva a tutti quei braccialetti, tutti di colori diversi: dorato per Jace, verde per Clary, rosso per Tessa, argento per Jem, nero per Izzy e marrone per Simon. Infine, lui se ne infilò uno viola, ricoperto di glitter.
- A cosa serve? – chiese incuriosita Izzy, giocherellando con la pietra grigia del suo bracciale.
- Quella pietra è molto rara, si chiama quarzo micrato, derivato dall’adamas. È una pietra che consente di connettere le menti di due o più persone. Così sapremo sempre dove ci troviamo. – spiegò Magnus – E poi, solo in alcuni casi particolari, quando la connessione tra persone è molto forte, si riesce a comunicare con il pensiero.
- Come gli anelli delle fate. – disse Clary.
- Non proprio, il potere del quarzo è più potente. Ma basta chiacchiere. Ora possiamo andare. – le mani dei promessi sposi si incontrarono quasi per caso. Poco prima di attraversare il Portale, Alec avvicinò le labbra all’orecchio dell’altro.
- Perché il blu?
- Ho scelto dei colori che potessero in qualche modo rappresentarvi, senza fini magici. Il blu ti fa risaltare gli occhi. E tu sai quanto io adori i tuoi occhi. – ammiccò l’altro con un sorriso radioso.
- Oh… - ricambiò timidamente il sorriso il Cacciatore – Aku cinta kamu.
- Ti amo anch’io.
Tutti insieme attraversarono il Portale.
 
Lo sentì chiaramente. Un muro invisibile non gli permetteva di andare avanti, il ponte vacillava, facendogli perdere l’equilibrio.
- Jace! – lo chiamò Clary. Lui strinse la mano della sua ragazza più forte che poté accanto a sé trovò la mano di Alec. La afferrò e strinse anche quella. Dovevano restare uniti, non potevano perdere qualcun altro. Poi tutto cominciò a tremare. Izzy urlò, mollando la presa sulla catena umana che avevano formato. Jem allungò prontamente il suo bastone col pomo di giada e lei lo afferrò. Jace tirò un sospiro di sollievo. Troppo presto. Un vento violentissimo li sballottò dovunque. Strinse la presa su Clary e Alec, ma sentì che lei gli stava lentamente scivolando via dalle mani.
- Clary! – tentò di afferrarla, ma le folate di vento si facevano sempre più violente. Clary urlò, cercando di afferrarlo, ma il vento l’allontanò definitivamente da lui. Prima che potesse staccarsi da Alec per inseguirla, la vide letteralmente sparire, finita chissà dove. Si sentì fluttuare, l’unica certezza che aveva era la mano di Alec, senza però vederlo davvero. E poi, tutto finì.
 
Londra, 1879
Era passato solo un anno da quando quella tenuta era un piccolo paradiso. Ma Gabriel non riusciva più a vedere quel luogo felice della sua infanzia, quando lui e i suoi fratelli giocavano nei giardini di Chiswick. La natura aveva finito col divorare l’imponente casa in stile classico, i rampicanti crescevano rigogliosi lungo le pareti. Ma lui non era venuto lì per contemplare quella desolazione. Mancava poco, qualche passo forse. Ed eccoli lì, i giardini all’italiana. Eccolo lì, il punto in cui Benedict Lightwood, ormai ridotto ad un demone, aveva ucciso suo genero e combattuto contro i suoi stessi figli. Eccolo lì, il punto in cui Gabriel aveva messo fine alla vita del genitore, scoccando una freccia. Sentì i tremori che lo assalivano sempre quando pensava alla fine di suo padre assalirlo, mentre si avvicinava. Quasi vedeva l’enorme lombrico che era stato l’uomo che gli aveva dato la vita contorcersi e attaccare. Percepì distrattamente la presenza di Gideon dietro di lui e continuò ad avanzare. Doveva farlo. Per se stesso, per Cecily, per Gideon, per tutti coloro che amava. E, come gli avevano insegnato fin da piccolo, l’unico modo per scacciare un demone è affrontarlo. Suo padre ormai era morto, ma la sua presenza aleggiava su Gabriel come un fantasma in cerca di pace. E il giovane non riusciva più a vivere serenamente, come aveva intenzione di fare. Era sempre più convinto: per poter essere finalmente libero, doveva vedere di nuovo quel posto. Così suo padre sarebbe definitivamente uscito dalla sua vita.
Un fruscio lo distolse dai suoi pensieri. Si girò verso il fratello maggiore, i sensi all’erta.
- Hai sentito anche tu? – bisbigliò. Gideon annuì e serrò la mano sulla spalla del fratello minore.
- Ma che…? – sbottò Gabriel, ma Gideon gli fece segno di tacere e lo trascinò dietro ad un cespuglio. Si sporsero in avanti, circospetti, e il più grande pescò una piccola scatola scura dalla tasca. Premette un pulsante sulla scatola e l’apparecchio pulsò di luce rossa.
- Demoni in vista. – constatò.
- Sei sicuro che quel coso funzioni? – domandò scettico Gabriel.
- Il Sensore di Henry funziona perfettamente. Per l’Angelo, Gabe, guarda! – Gideon indicò davanti a sé e Gabriel si sporse ancora di più, dimenticandosi per un momento che il fratello aveva appena usato un soprannome che odiava. Un rumore assordante squarciò l’aria e un lampo di luce ferì gli occhi dei fratelli Lightwood. All’improvviso si aprì un Portale, scatenando una forte corrente d’aria e rigettando due figure. Poi, così come era apparso, scomparve in un battito di ciglia. Gideon tirò indietro Gabriel e si sporsero solo quanto bastava per spiare i movimenti delle due figure. Erano due ragazzi, più o meno sulla ventina. A giudicare dai marchi sulla loro pelle, dovevano essere Shadowhunters, anche se erano ruzzolati sullo sterrato non esattamente con grazia. Il ragazzo moro finì col viso rivolto al cielo, che preannunciava un temporale coi fiocchi, mentre quello biondo rimase steso prono. Quest’ultimo, però, si diede una spinta con le braccia verso l’alto, alzandosi in piedi e ritrovando l’equilibrio. Si mosse verso il compagno e gli tese la mano.
- Stai bene? – chiese, mentre l’altro si issava in piedi con il suo aiuto.
- Sì… cavolo, Jace. È successo di nuovo. – mormorò il moro, guardandosi attorno – E nello stesso posto.
- Questo è il giardino? – domandò il biondo, Jace, nome alquanto curioso – Non mi aspettavo un bosco incolto. E quella cos’è? Una tenuta?
- Sì. – annuì l’altro – Sembra tutto abbandonato.
- Alec, sicuro di non aver incrociato nessuno, l’altra volta? – domandò Jace.
- Ne sono certo. Se ci fosse stato qualcuno, me ne sarei accorto.
Nel frattempo, il Sensore tra le dita di Gideon continuava a pulsare e lui aveva dovuto abbassarsi e mettersi carponi per evitare che i due sconosciuti lo scorgessero. Gabriel invece continuava ad osservarli. Chi erano? Cosa volevano? Erano già stati lì prima d’ora, perché? Volevano trafugare qualcosa? Fece per voltarsi verso Gideon, ma un altro rumore, penetrante e stridulo, lo costrinse a continuare a guardare.
Alec si girò bruscamente verso il rumore, che aveva già sentito quando era stato lì per la prima volta, quando aveva anche fatto un giro attorno all’edificio. Ricordava di aver intravisto un laghetto. Era da lì che proveniva il rumore.
- Jace! – sfilò dalla cintura due spade angeliche e ne lanciò una all’altro ragazzo. Il biondo indirizzò lo sguardo verso l’orribile suono e spalancò gli occhi. Gabriel notò che li aveva dorati. Quelli dell’altro ragazzo sembravano più chiari, ma era troppo distante per verificarlo.
- Alec, dietro di te! – sussultò Jace. Ma era troppo tardi. Una testa squamosa, simile a quella di un serpente, calò sul Nephilim e delle fauci munite di denti da squalo lo afferrarono per il colletto della tenuta, sollevandolo in aria come se non pesasse nulla. Alec si lasciò sfuggire un gemito di sorpresa, mentre voltava il capo e incontrava un’altra testa di serpente, con una cresta verde scuro che gli incorniciava il collo. Un fruscio fece capire al Cacciatore che dietro di lui c’era un’altra testa, con tanto di lingua biforcuta che schioccava vicino al suo orecchio. Fissò la testa che aveva davanti a sé e notò che gli occhi del demone erano cechi, coperti da una sottile patina bianca. Un Idra. La creatura fu trafitta dalla spada di Jace e, per la sorpresa, il demone perse la presa su Alec, che cadde rovinosamente a terra. Jace fece roteare la spada e la conficcò di nuovo nel corpo tozzo del demone. Le tre teste dell’Idra, issate sui lunghi e rispettivi colli, scattarono verso di lui. Il Nephilim rotolò di lato e parò un paio di morsi, poi cercò di staccare almeno una testa.
- No, Jace! Se gliene tagli una, dal moncone ne cresceranno due! – lo avvisò Alec. Si rimise in piedi e sfoderò una spada angelica. Dopo averla evocata, si accostò al demone, che era impegnato a contrastare Jace. Ripassò velocemente ciò che aveva letto nel Codice riguardi agli Idra. Erano ciechi, quindi sfruttavano udito e olfatto, ma non ricordava quale fosse il loro punto debole. Scivolò accanto al suo parabatai e cominciò a menare fendenti verso le teste, che cercavano di morderli. Jace faceva affondare la sua arma nel corpo dello pseudo – rettile con forza, ma Alec sapeva che non era quello, il punto giusto da colpire. Serviva soltanto a far infuriare l’Idra più del dovuto. Infatti i versi del mostro erano aumentati per volume e intensità e i due Cacciatori ne erano storditi. All’improvviso, con uno slancio inaudito, Alec si aggrappò a uno dei colli del mostro e sollevò lo sguardo, verso l’incavo. Come sperava, la vena pulsante di icore era proprio lì. Cercò di arrampicarsi per colpirlo, ma il demone se lo scrollò via di dosso e lo fece volare di qualche metro.
- ALEC! – si girò di scatto Jace, correndo verso di lui. Il Lightwood si rimise in piedi, ma la testa gli girava. Si toccò la nuca e, quando ritrasse la mano, vide le dita macchiate di sangue.
- La vena, Jace! Sotto il collo! – urlò con tutto il fiato che aveva. Il demone direzionò le tre teste verso di lui. Jace salì agilmente sul dorso del demone e da lì si aggrappò al collo della testa centrale. Una delle teste cercava di mordere Jace, mentre il resto del corpo e la testa rimanente avanzavano minacciose verso Alec. Con un affondo, la seconda testa riuscì a schivare la lama di Jace e a morderlo. Il biondo urlò, ma non mollò la presa.
Gabriel non poteva più restare a guardare. Prima che Gideon riuscisse a fermarlo, schizzò fuori dal cespuglio, brandendo il suo fedele arco, da cui non si separava mai. Sfilò dalla faretra alle sue spalle una freccia e la incoccò. Davanti ai suoi occhi, nella sua immaginazione, l’Idra si trasformò in un lombrico gigantesco. Suo padre.
- NO! – gridò disperato. Mirò alla vena. E scoccò.
 
Una freccia sconosciuta, venuta da chissà dove, trafisse la vena della testa a cui era aggrappato Jace, mancando di qualche centimetro la sua mano. L’Idra emise un verso ancora più stridulo e gettò la testa all’indietro. Jace perse inevitabilmente l’equilibrio e cadde sbattendo forte la schiena. Rimase senza fiato. Il corpo del demone svanì come sabbia al vento. L’adrenalina defluì gradualmente dal suo sangue e gli lasciò la mente lucida, così da fare una stima dei danni. Sollevò il braccio e vide una mezzaluna frastagliata e sanguinolenta. Sperò che gli Idra non fossero velenosi. Fece per mettersi in piedi, ma si sentiva spossato, intontito. Sapeva di doversi alzare, di dover aiutare Alec, ma non ci riusciva. Così chiuse gli occhi e perse i sensi.
 
- Jace! Jace! – lo chiamò Alec, ma il suo parabatai non si muoveva. Cercò di mettersi in piedi, ma una volta trovato l’equilibrio le gambe cedettero di nuovo, facendolo cadere con le ginocchia contro lo sterrato. Probabilmente la ferita alla testa stava sanguinando, e molto. Troppo. I capogiri aumentavano ogni secondo. Vide una figura scura avvicinarsi a lui… e svenne.
 
Gabriel e Gideon schizzarono fuori dal loro nascondiglio e corsero verso i due ragazzi. Gabriel si inginocchiò accanto a Jace e  gli controllò il braccio.
- È ferito. – constatò – Ha bisogno di un qualcosa di più che un semplice iratze.
- Anche lui. – asserì Gideon, accovacciato accanto ad Alec – Ha una brutta ferita alla testa.
- Che facciamo? – chiese insicuro Gabriel. Gideon scambiò un’occhiata con il fratello, poi prese la mano sinistra del ragazzo moro e sussultò.
- Dobbiamo portarli all’Istituto. Immediatamente.
- Ma non li conosciamo neanche! Chi sono? Perché erano nella nostra tenuta? Perché…
- Lui è un Lightwood. – il maggiore gli mostrò l’anello al dito di Alec e gli occhi di Gabriel si spalancarono a dismisura. Controllò la mano sinistra di Jace e vide l’anello che portava al dito. Lo stemma raffigurava degli uccelli in volo.
- Herondale. – constatò – Sai, Gid, credo che dovremmo portarli all’Istituto.  

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Capitolo 9
*** Lost ***


Attenzione! In questo capitolo sono presenti degli spoiler di COHF (che ho finalmente letto) e di Clockwork Princess. Lettore avvisato!

Idris, 2014
Magnus si era sentito perso nel vuoto, come tutti gli altri. Non era riuscito a tenersi ancorato ad Alec ed era semplicemente scivolato via. Poi, all’improvviso, tutto era finito. Aveva sentito la schiena sbattere su una superficie dura, e altri tonfi sordi, corpi che cadevano. Girò la testa e vide Isabelle prona, con gli occhi chiusi, probabilmente svenuta. E accanto a lei, Simon, in ginocchio, si guardava attorno. Erano nella Sala degli Accordi. Dei passi concitati fecero preannunciare l’arrivo di qualcuno.
- Isabelle! – la voce era profonda, maschile. Dell’Inquisitore Robert Lightwood. Izzy non si mosse. Magnus si diede uno slancio con la schiena e si alzò in piedi, lentamente. Robert sorreggeva la testa della figlia, stringendola a sé, gli occhi blu scuro fuori dalle orbite per la preoccupazione.
- Cosa è successo? – l’Inquisitore sollevò lo sguardo sullo stregone. Magnus si guardò attorno. C’erano solo lui, Isabelle e Simon. Cercò di parlare in modo limpido e diretto, non voleva sembrare debole o ferito o sconvolto agli occhi del futuro suocero, ma non ci riuscì. Non quando si accorse di aver perso di nuovo il suo amore.
- Clary, Jace e… e Alec… sono scomparsi.
 
Londra, 1879     
Alexander… dove sei, amore? Alexander… ti prego, rispondi!
Era la voce di Magnus. La sentiva chiaramente nella sua testa, come se fosse stato accanto a lui. Era come quando parlava con i Fratelli Silenti, ma allo stesso tempo riusciva a vedere il suo ragazzo, il suo viso, le mani tra i capelli, le lacrime che scendevano copiose dagli occhi da gatto.
- Magnus… - soffiò impercettibilmente, dischiudendo appena le labbra. Voleva che lo sentisse, che smettesse di piangere – Non… non piangere.
- Alec? – quello non era Magnus, anche se aveva udito quella voce prima di allora. Ma non era la voce che voleva sentire. Lui voleva Magnus. Cercò di concentrarsi, di visualizzare Magnus chiaramente. Si concentrò interamente su di lui, non permettendo a nessun altro pensiero di invadere la sua mente. Sentì un leggero pizzicore al polso, dove c’era il braccialetto di Magnus. E lo chiamò.
Sto bene. Sto bene, Magnus. Ti amo.
Alexander! Ti amo anch’io! Dove sei, Alec? Vengo a prenderti! Alec?
Ma Magnus era troppo lontano. E lui era troppo stanco.
 
- Alec! Alexander! Per l’Angelo, svegliati! – Jace aveva deciso di passare alle maniere forti. Alec doveva svegliarsi, così avrebbero potuto trovare una soluzione. E soprattutto cercare di comunicare con gli altri – i braccialetti di Magnus servivano proprio a questo. Ma Alec non ne voleva sapere. Ogni tanto borbottava qualcosa che assomigliava vagamente a “Magnus”, ma non accennava ad aprire gli occhi. Sbuffò contrariato. Non che fosse sveglio da ore, anzi, ma il dolore al braccio – che era stato fasciato con cura – lo aveva inevitabilmente strappato dal mondo dei sogni. O meglio degli incubi, nei quali Clary scivolava via nel buio, via da lui. Scosse la testa, reprimendo quelle immagini. Doveva capire dove si trovava, dov’era Clary. Si alzò dal letto di Alec su cui si era seduto e strisciò fuori dalla porta. Un lungo corridoio portava alle varie stanze. Sulla parete di fronte a lui c’era un quadro: un angelo emerso da un lago, con una coppa e una spada tra le mani.
- Raziel! – esclamò.
- Ben detto.
Jace si girò di scatto, verso una voce che non aveva mai sentito prima. Un ragazzo sui vent’anni, appoggiato allo stipite di una delle tante porte, lo scrutava divertito. Era un Nephilim, le braccia leggermente scoperte e le mani coperte da cicatrici, tra cui una Mnemosyne. Non ne aveva mai vista una, del resto non ne aveva bisogno. Riusciva a ricordare Il paradiso perduto di Milton senza rune. Ma forse non è questo il momento di autocelebrarsi rifletté.
- Sono Jace Herondale. – si presentò. Era ovvio che quel giovane, chiunque egli fosse, conosceva il suo nome, data la sua fama ormai mondiale tra gli Shadowhunters. O almeno, Jace era convinto che fosse così. Infatti le sopracciglia scure dell’altro ragazzo si sollevarono e un sorrisino malcelato gli increspò le labbra.
- Non mi ricordo nessun parente che porti questo nome alquanto strambo. E, credetemi, sono piuttosto bravo nell’arte di rimembrare. – gli fece l’occhiolino l’altro, indicandosi la runa che aveva analizzato Jace poco prima.
- Parente? Non credo di averti mai visto… a dire il vero, pensavo di essere l’ultimo Herondale rimasto. – disse Jace, sempre più confuso – Chi sei tu?
L’altro fece qualche passo verso di lui, finché non si ritrovarono faccia a faccia. Jace si prese un momento per osservarlo, mentre si avvicinava. I capelli neri erano ondulati e si arricciavano attorno alle orecchie, mentre gli occhi erano di un blu così intenso da sembrare quasi viola. L’altro gli porse la mano, un sorriso cordiale a illuminargli il volto.
- William Owen Herondale. Piacere di conoscervi.  
Per la prima volta nella sua vita, Jace non aveva assolutamente idea di cosa dire.
- Ah, la mia testa… Jace, sei qui in giro? Ma che… - Alec fece capolino dalla porta. Lo sguardo di William Owen Herondale si spostò da l’uno all’altro.
- Toglietemi una curiosità. – disse, incrociando le braccia al petto – Voi due siete parabatai?
I due ragazzi interessati si guardarono per una frazione di secondo, poi Jace sembrò riprendersi e puntò i suoi occhi dorati in quelli blu scuro del presunto Herondale.
- Sì, siamo parabatai. A che gioco stai giocando? – si mise sulla difensiva – Non è possibile che ci sia un altro Herondale, mio padre è stato ucciso e mia madre si è suicidata. Sono stato cresciuto da Valentine Morgernstern, prima di venire affidato a Robert Lightwood. È così che è andata. È questa la mia storia. Non ci sono altri Herondale. Io sono l’ultimo.
William si accigliò, contrariato.
- Deduco che mi state dando del bugiardo, giovanotto, ma forse, tra i due, non sono io quello che mente.
- Non è vero…
- E poi dovreste dire al vostro parabatai di smetterla di fissarmi come se fossi uno spirito maligno.
Jace si girò verso Alec e vide che effettivamente stava fissando William piuttosto intensamente. Come se non si capacitasse che fosse lui.
- Conoscete Magnus Bane? – chiese. Solo in quel momento, il Nephilim biondo realizzò che i suoi interlocutori si davano del voi.
- Alec, non mi sembra il momento di tirare in ballo Magnus…
- Certo che lo conosco. A dire il vero, mi è stato di grande aiuto. Senza di lui, avrei dovuto rinunciare a molte cose. – rispose assorto William – Ha aiutato tutti noi: me, Tessa, Henry…
- Per l’Angelo. – sbiancò Alec all’improvviso – Tessa Gray ed Henry Branwell… Jace, non sta mentendo. Lui è davvero un Herondale.
- Stai scherzando? Tu l’hai mai visto? Che ti sta succedendo? – Jace gli posò una mano sulla spalla, avendo notato l’eccessivo pallore – Alexander, ti senti bene?
- JACE. – scandì Alec – La questione è grave. Molto grave. Ho capito dove siamo.
- Ah davvero? E dove?
- Londra. – rispose William perplesso – Questo è l’Istituto di Londra.
- Ma…
- Sì, Jace. – annuì con forza Alec – E… - si rivolse esitante a William – Che anno è?
- 1879.
I due parabatai ammutolirono.
 
New York, 2032
Clary sbatté le palpebre un paio di volte e tutto quello che vide era un cielo nero, con mille grattacieli a contornarlo. La schiena era premuta contro una superficie solida, ma soffice. Girò lentamente la testa e vide la sua mano immersa nell’erba.
Sono a Central Park si disse. Cercò di sollevarsi, ma le faceva male la testa. Non ricordava con esattezza cosa era successo. Scorse il braccialetto di Magnus al polso e ricordò. Ricordò il Portale, la stretta di Jace, quel vento malefico che l’aveva scaraventata via da lui. E ora era semplicemente lì, a Central Park. Si guardò attorno, almeno era a New York… ma era diversa. C’erano palazzi nuovi. Proprio lì, nei pressi dell’entrata del parco, c’era un grattacielo che non aveva mai visto, tutto in vetro, a forma di spirale. Spalancò gli occhi. Non era possibile. Era nata, cresciuta e vissuta da sempre in quella città, la conosceva troppo bene per notare un edificio solo in quel momento. E poi le vide. Due ragazze vestite di nero, minute e dalle folte chiome rosse, come la sua. Una di loro aveva gli occhi azzurri, come quelli di Luke. Valentina, la bambina che in un universo parallelo era sua sorella. L’altra invece aveva gli occhi dorati e sembrava più piccola dell’altra, non doveva avere più di sedici anni. Fu lei a notarla per prima. Si fermò, stringendo il polso dell’altra ragazza.
- Julie, cosa succede? – chiese Valentina. Poi la notò anche lei e si bloccò.
- Valentina. – rantolò Clary. Non era possibile. Era finita in un universo parallelo. Magnus non sarebbe mai riuscito a riportarla indietro.
- No. – scosse la testa lei, confusa – Io mi chiamo Amatis. Amatis Graymark.
- Amatis Graymark è morta. – commentò con voce incolore Clary – È morta davanti ai miei occhi…
- Forse ti riferisci alla sorella di mio padre. Lei è morta, venticinque anni fa.
- Venticinque anni fa? – esclamò incredula Clary – Ma… ma no… sono passati solo sette anni… non è possibile…
La ragazza dagli occhi dorati si fece avanti, senza alcun tentennamento. Compensava la bassa statura con il coraggio. Clary la guardò negli occhi, dorati come quelli del suo Jace. Anche i lineamenti spigolosi erano simili ai suoi, mitigati dai capelli che le scendevano arricciandosi sulle spalle. Erano più o meno alte uguali.
- Clarissa Fairchild. – la identificò la ragazza – Che ti è successo, mamma?

NdA: Salve a tutti! Come va? Scusate se il capitolo è un po'breve, ma ci tenevo a pubblicare prima di partire martedì, destinazione Londra. Starò via fino al 12 agosto e non credo avrò modo di lavorare sui nuovi capitoli, per cui portate pazienza. Inoltre ho appena notato che ci sono ben 30 persone che seguono questa storia, record per me! Quindi non posso fare altro che ringraziarvi di cuore, perchè mi sto impegnando molto per questa long.
Detto ciò, a presto!
_Alien_
 

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Capitolo 10
*** Di emergenze, matrimoni e... Magna?! ***


Londra, 1879
Jace non era un tipo che rimaneva senza parole, semmai il contrario. Aveva sempre la battuta pronta. Tuttavia in quel momento, con il suo parabatai a fianco, non aveva la minima idea di cosa dire, se non altro per sdrammatizzare. Tutti gli abitanti dell’Istituto di Londra – dell’anno 1879 – li fissavano incuriositi. Quella che doveva essere un riunione per decidere sul da farsi si stava trasformando in qualsiasi cosa implicasse il silenzio più assoluto e una curiosità bruciante. Guardò Alec, che era inevitabilmente arrossito e teneva il capo chino. Odiava stare al centro dell’attenzione, Jace lo sapeva bene. Per cui, era meglio calamitarla verso di sé, era bravo in questo.
- Sentite, sappiamo di essere favolosi ed aitanti, ma gradiremmo che voi ci aiutiate a tornare nel nostro tempo, se non vi dispiace. – disse ironicamente – Altrimenti potete restare a fissarci per l’eternità…
- Favoloso tu? – ridacchiò la ragazza accanto a William – soprannominato Will – incredibilmente simile a lui. Doveva essere sua sorella Cecily. L’altro ragazzo al suo fianco, alto e dai lineamenti affilati, trattenne una sorriso e guardò con affetto la fanciulla. Era lo stesso sguardo che Jace si sorprendeva a rivolgere a Clary, quando lei non guardava. Lo guardò meglio e riconobbe Gabriel, l’antenato diretto dei Lightwood che conosceva.
- Chi, se non io? – ribatté Jace, incrociando le braccia – Alec è d’accordo con me, vero?
Alec sollevò lo sguardo, gli occhi blu che lampeggiavano. Era lo stesso sguardo che lanciava a lui e a Isabelle quando li implorava di non fare cavolate.
- Direi che stiamo perdendo di vista il punto. – commentò.
- Sono d’accordo. – annuì un ragazzo biondo e robusto, necessariamente Gideon.
- Dunque, partiamo dall’inizio. Come siete capitati qui? – chiese pragmatica il Console Fairchild. Jace la guardò per un secondo. Era minuta, proprio come Clary. Ma lei, così come Jocelyn, dovevano aver ereditato i capelli rossi dal marito del Console, Henry Branwell, l’uomo accanto a lei. Prima che l’Herondale biondo potesse replicare con una battuta sagace da dire, Alec si lanciò nel racconto della sua prima volta nella tenuta dei Lightwood, quando vi era capitato completamente solo. Spiegò di come uno stregone molto potente, di cui non citò il nome, lo aveva riportato indietro, e di come lui e Jace si fossero persi nel Portale per Idris. Il Console li ascoltò attentamente poi interruppe bruscamente Alec. Sembrava che volesse trapassarlo con gli occhi.
- Nonostante il vostro caso sia… come posso dire? interessante, mi vedo costretta ad archiviarlo, almeno momentaneamente. Abbiamo un problema ben più serio e urgente…
- Come, scusi? – sbottò Jace – Noi dobbiamo tornare nel nostro tempo. Anche noi dobbiamo fronteggiare delle emergenze e non possiamo farlo da qui! Cosa cavolo c’è di più importante?
- La mia promessa sposa, ecco cosa. – replicò aspramente Will – Tessa è stata maledetta da un demone, lo stesso che l’ha generata, e le uniche persone che possono parlarle senza esserne danneggiate sono gli altri stregoni. Abbiamo convocato quello che noi riteniamo più potente e qualificato per questo compito. Se permettete, non abbiamo la minima idea di chi voi siate, non possiamo nemmeno dimostrare chi voi siate…
- Gli anelli. – constatò Henry, quasi assorto. Will sbuffò spazientito.
- Sì, ma chi ci dice che non li abbiano rubati? Andiamo, quello lì – disse indicando Jace – non assomiglia nemmeno lontanamente a me o a Cecily.
- Bhe, sono passate un po’di generazioni, abbi pazienza. – gli fece notare Jace – E comunque, io sono un Herondale. Il qui presente Alexander è un Lightwood. Fine della storia. Potete farci fare tutti i test che volete, la verità è questa. Del resto, non avrebbe senso affermare il contrario.
 - Non mi interessa chi diavolo siete! La nostra priorità è Tessa! – ringhiò Will – Di voi non mi importa! Di lei sì!
- Anche a me importa di Clary, mi importa di lei con tutto me stesso, ma non sono riuscito a salvarla! Mi è scivolata via dalle dita! Per mesi ho avuto il fuoco celeste nelle vene e sono riuscito a controllarlo, ma l’ho persa comunque e non so dove sia!
Jace, calmati!
La voce di Alec rimbombò nella sua testa. Jace lo guardò confuso e il compagno gli fece un rapido cenno verso il bracciale.
Loro non sanno niente di Clary, del fuoco celeste e della guerra. E noi non possiamo dare loro spiegazioni, sono cose che avverranno nel futuro e loro non possono conoscerle prima. Per cui adesso ti siedi, respiri e LASCI PARLARE ME per il resto della riunione, ok?
Jace fece come gli era stato ordinato e Alec si schiarì la voce. Sentì il viso andargli in fiamme, ma non poteva farsi prendere dal panico e dalla timidezza in quel momento. Come diceva sempre Magnus? Ah sì. Sii disinvolto.
- Premetto che noi abbiamo avuto modo di conoscere Tessa nel nostro tempo e ci dispiace davvero per lei. Però è di vitale importanza rimandarci nel 2014. Abbiamo delle missioni molto importanti e poi…
- Lui si sposa. – lo interruppe Jace.
Non ti avevo detto di stare zitto? lo rimproverò Alec col pensiero Non fare l’idiota!
- Ah davvero? Questa sì, che è bella! – borbottò Gabriel – Parlate tanto di emergenze e matrimoni, ma di fatto non ci avete spiegato un bel niente. Che tipo di emergenze si trattano? E tu, futuro Lightwood! Chi è la fortunata?
Per l’Angelo.
Alec, non ti agitare. Dì che si chiama… ehm… Magna.
Magna? Che razza di nome è Magna?
Il nome che probabilmente Magnus affibbierà a vostra figlia.
Piantala, Jace.
- Uhm… bhe, ecco, io… le cose sono un po’diverse, nel futuro. Ci sono nuove possibilità e… le persone possono anche scegliere altre strade…
- Ti dispiacerebbe spiegarti meglio? – domandò cortesemente Gideon.
- Già, non stiamo capendo nulla! – sbuffò Gabriel.
- Gabe, suvvia! Un po’di contegno! – lo rimproverò il fratello maggiore.
- Ma…
- Mi sposo con una persona molto importante. Il suo nome è…
- MAGNUS BANE! – una ragazza mora, con in braccio un bimbo di appena un anno, fece irruzione nella sala – Scusate la disdicevole interruzione, ma Magnus Bane è arrivato. Vuole vedere Tessa.
Jace si era stufato di rimanere senza parole, ma la situazione cominciava a farsi troppo strana. Guardò Alec in cerca di risposte, ma non ne trovò. Trovò soltanto un giovane uomo dallo sguardo più che mai confuso e ansioso e dalla carnagione fin troppo pallida.
 
Idris, 2014
- Grazie.
Era l’unica parola che era riuscita a fargli pronunciare, nel momento in cui gli aveva offerto una tazza di the. Catarina Loss conosceva ormai da secoli quell’eccentrico stregone indonesiano dagli occhi felini, ma non l’aveva mai visto così abbattuto, così sconfitto. Appena aveva saputo che Alec era scomparso di nuovo, si era precipitata ad Idris, convinta di poterlo aiutare. L’aveva trovato nella biblioteca, assorto nei suoi studi, l’espressione disperata mentre consultava ogni genere di manuale. La strega dalla pelle blu si sedette accanto a lui, posandogli una mano sulla schiena.
- Vedrai che ce la faremo. Ne sono certa.
Magnus si limitò ad annuire sconsolato, senza mai staccare gli occhi dal tomo che stava studiando. Dei passi affrettai, poi una porta spalancata. Questi i suoi che preannunciarono l’arrivo di Tessa.
- Mi avevano detto che eri qui. Oh ciao, Catarina, ci sei anche tu. – salutò Tessa – Oh Dio, Magnus…
Lui fece un cenno noncurante con la mano. Non voleva la compassione delle sue amiche. Voleva Alec. Alec, che arrossiva ad ogni complimento o battuta maliziosa. Alec, il suo porta – buste personale quando andava a fare shopping. Alec, un mezzo angelo che aveva deciso di mettere da parte il resto del mondo per stare con un mezzo demone. Deglutì rumorosamente per ricacciare indietro le lacrime e tornò a studiare il tomo. Catarina si allontanò da lui e fece un cenno a Tessa. Le due streghe si appartarono vicino alla finestra, tenendo sempre d’occhio Magnus.
- Come hai fatto a venire qui? Pensavo che l’Inquisitore avesse dato l’ordine di chiudere tutti i Portali. – chiese Catarina a Tessa.
- È vero. Io e Jem abbiamo avuto il permesso in extremis, forse perché lui è stato un Fratello Silente autorevole. O forse perché io sono una mezza Cacciatrice. Fatto sta che siamo qui. Credo che il nostro sia stato l’ultimo Portale autorizzato dal Conclave.
- Lilith, che disastro. Quello dei Portali è sempre stato un sistema affidabile, che sia gli stregoni che gli Shadowhunters hanno sempre gestito bene. Cosa è andato storto? – si mordicchiò il labbro inferiore Catarina.
- Credo sia quello che vuole scoprire Magnus. In fondo, è stato lui a creare i Portali, con l’aiuto di Henry. – le ricordò Tessa.
- È riuscito a usare il quarzo micrato con Alexander, ma è stata una comunicazione molto breve. Non ha idea di dove sia. Non riesco a farlo stare meglio in nessun modo. Eppure potrei aiutarlo, noi due potremmo…
- Sì, naturale. Io e te impiegheremo ogni energia per aiutarlo. Ma posso solo immaginare quanto stia soffrendo. – sospirò la mutaforma – Essere separati dalla persona che ami è qualcosa di terribile.
- Lo so bene. – annuì la strega blu – Tra me e il mio amore adesso c’è la morte, purtroppo. Ma sono certa che Alexander sia ancora con noi. Deve essere così o Magnus l’avrebbe percepito. Forse è solo… altrove.
Tessa la guardò spalancando gli occhi. Una lampadina si era appena accesa. Ma certo. Come aveva fatto a non pensarci prima? Alec e Jace erano altrove. Clary era altrove. Bisognava solo capire dove fosse, questo altrove. E soprattutto quando.
 
Qualcuno bussò alla porta. Isabelle, stretta nell’abbraccio di Simon, si alzò controvoglia in piedi. Si sentiva ancora spossata dopo il burrascoso viaggio nel Portale, ma stava meglio. Aprì la porta e trovò davanti a sé una donna di mezza età, molto simile a lei, ancora bella, ma c’erano alcune ciocche grigie tra i suoi capelli e i suoi occhi blu erano velati di sentimenti intensi e opprimenti. Come la preoccupazione.
- Mamma. – mormorò Isabelle. Si buttò tra le braccia di Maryse, stringendola più forte che poteva per non farla più andare via. Maryse ricambiò la stretta con la stessa intensità, accarezzando i capelli della figlia dolcemente e sussurrando il suo nome come un mantra fondamentale.
- Isabelle… la mia bellissima principessa… piccola mia…
- Mamma, sono così felice di vederti. – si staccò da lei soltanto per vederla in viso. Aveva delle rughe attorno agli occhi e agli angoli della bocca, ma conservava sempre il fascino da femme fatale che aveva trasmesso anche alla figlia.
- Oh, Isabelle. – le accarezzò il viso la madre – Ho appena saputo… quello che è successo ai tuoi fratelli.
La ragazza annuì gravemente.
- Se succede qualcosa ad Alec o a Jace… -  abbassò bruscamente lo sguardo la ragazza, lasciando che una cortina di capelli le nascondesse il viso. Simon si alzò e istintivamente posò una mano sulla spalla della sua Nephilim.
- Anch’io sono preoccupato. Abbiamo perso le tracce anche di Clary. Ma vedrai che li troveremo. L’altra volta, Alec è mancato a malapena mezza giornata…
- Magnus ha detto che non può usare l’incantesimo dell’altra volta qui ad Idris perché è ad alto contenuto di energie demoniache. Sta cercando un altro modo per portali indietro. Spero ci riesca… - mormorò Izzy.
- Certo che ci riuscirà. – Maryse attirò nuovamente la figlia a sé e lanciò un’occhiata a Simon, della serie Perché non vai a farti un giro?
Simon capì l’antifona e, dopo aver posato un lieve bacio sulla guancia della sua ragazza, uscì. Madre e figlia si tennero strette, scivolando lungo la parete e sedendosi per terra. E rimasero così, abbracciate, senza parlare, come mai avevano fatto prima di allora.
 
Londra, 1879
In questo mondo ci sono solo degli esseri che sono al di sopra delle leggi, delle condanne e delle maledizioni: i fantasmi.
Tessa udì la voce di Jessamine forte e chiara nella sua testa. Ed eccola lì, seduta di fronte a lei. Sembrava proprio lei, in carne ed ossa, con la differenza che la sua presenza era meno solida, come se Tessa la scorgesse da un vetro appannato.
- Jessamine. – mormorò tra le lacrime – Jessie, ti prego. Se conosci una cura…
Il fantasma scosse la testa.
Mi dispiace tanto, Tessa. Credimi, se sapessi come spezzare la maledizione, te lo direi all’istante. Come ho giurato nel momento della mia dipartita, chiunque si trovi sotto questo tetto deve essere al sicuro. Vorrei poterti aiutare…
- Ma non puoi. - la strega completò la frase nel più profondo sconforto – E adesso? Cosa faccio? Come farò a stare con Will, con Jem, con tutti? Finirò davvero così sola come ha detto quel demone?
Non darti per vinta. Questa non è la Tessa che conosco. La Tessa che ho avuto il privilegio di incontrare non si sarebbe mai arresa, avrebbe lottato finché avesse potuto. Combatti, Tessa. Non scoraggiarti.
- Non voglio arrendermi, non lo farò. Ma non so nemmeno come combattere. Non c’è niente in cui mi possa trasformare per contrastare questa disgrazia.
Non devi trasformarti in nessuno. Sei tu la padrona del tuo destino, non la maledizione. E non sarai da sola. Il tuo Will ha chiamato Magnus Bane, lui saprà aiutarti. Ce la farai, Theresa Gray.
Il sangue demoniaco ti ha donato i poteri magici. Quello angelico ti ha donato la purezza per sconfiggere il male. Sei stata aggredita, ma ora sta a te decidere: o ti lasci annegare nei dubbi o ti alzi e continui a lottare. A te la scelta.

NdA: Hey guys! Buon Ferragosto, anche se con un giorno di ritardo ;) Allora, ho deciso di non mettere più lo Spoiler Allert, credo che ormai tutti abbiate capito che la storia fa riferimento ai libri di tutta la saga... comuuuunque sono stata sul Blackfriars Bridge, e oltre ai feels sono stata colta da ispirazione fulminante. L'unico motivo per cui non ho aggiornato subito, appena tornata, è stata la Tokio Hotel TV. Stanno tornando, ragazzi. Stanno tornando per davvero!!!! - anche se a nessuno interessa, lo so lo so.
Bhe, vi saluto!
_Alien_
 

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Capitolo 11
*** The Warlock ***


Ovviamente pioveva, se lo sarebbe dovuto aspettare. Era tornato a Londra, per Lilith, e chi meglio di lui sapeva quanto quella fosse la città più piovosa del pianeta? Sbuffò. Non gli piacevano la pioggia e il cattivo tempo in generale. Diede una scrollata ai capelli, lunghi e raccolti in una coda bassa, e rimase in attesa. Will Herondale gli aveva spedito un messaggio di fuoco che riguardava Tessa e una maledizione e lui aveva intuito quanto la sua presenza fosse fondamentale per risolvere il problema. Sospirò. Va bene, voleva aiutare Tessa, per davvero - in fondo era una strega ancora inesperta – ma non poteva fare a meno di ricascarci di nuovo, di ricascare nelle trame degli Shadowhunters. Era più forte di lui, i Cacciatori lo affascinavano, lo attraevano. Tutto in loro richiamava la sua attenzione: le rune, il coraggio estremo, le tradizioni, l’ostinazione. Scosse la testa, rassegnato. Era destinato a rimanere per sempre intrigato da quelle creature dal potere angelico.
La porta si aprì di nuovo e Sophie Collins vi fece capolino, con il piccolo Charles in braccio. Il bambino si sporse incuriosito verso di lui e poi rabbrividì spaventato, aggrappandosi al collo di Sophie e piagnucolando. Capì subito il motivo del turbamento del piccolo. Era colpa del suo tratto distintivo da stregone, del suo marchio demoniaco. Era colpa dei suoi occhi da gatto.
- Magnus Bane. – lo accolse Sophie con un lieve inchino – L’Enclave di Londra è pronto a ricevervi.
- Grazie, signorina Collins. – ricambiò l’inchino Magnus. Seguì silenziosamente l’ex governante, mentre il bimbo si azzardava a lanciargli qualche timorosa occhiata.
- Credevo che il Console Fairchild e la sua famiglia si fossero trasferiti ad Idris. Formalmente è Will il nuovo capo di questo Istituto. – mormorò Magnus.
- È così. Charlotte, Henry e Charles dovrebbero essere ad Idris, ma hanno deciso di restare ancora un po’, il tempo necessario per istruire Will sul da farsi. – rispose Sophie – Oh, perdonate il bambino. È ancora piccolo, non aveva mai visto uno stregone prima d’ora…
- Non crucciatevi inutilmente, signorina Collins. Non è il primo bambino che faccio involontariamente spaventare. Ci ho fatto l’abitudine.
Mordendosi il labbro inferiore per l’imbarazzo, Sophie sopraggiunse davanti alla porta della biblioteca, dove sapeva che tutti gli abitanti dell’Istituto erano riuniti… assieme ad altri due intrusi.
- Quella di Tessa non è l’unica emergenza al momento. – spiegò Sophie – Vedete, di recente sono sopraggiunti dei giovanotti piuttosto strani che affermano di venire dal futuro… 2014, se non erro.
- Devono essere davvero strani, allora. La Terra girerà ancora, nel 2014? – chiese sinceramente sconcertato lo stregone.
- Suppongo che, a parte voi, non ci sarà nessuno di noi a constatarlo. – concluse con un’alzata di spalle la Cacciatrice. Poi aprì le porte e tutti i presenti si focalizzarono su di lui.
 
- Magnus, finalmente sei arrivato! – balzò in piedi Will, sinceramente contento di vederlo. I due si strinsero amichevolmente la mano, mentre gli occhi dello stregone saettavano da una parte all’altra della stanza, in cerca dei cosiddetti “venuti dal futuro”. Poi li notò. Erano due giovani, uno biondo e l’altro moro, seduti proprio al centro della scena. Quello biondo alzò prontamente lo sguardo verso di lui – aveva gli occhi dorati – e diede una leggera gomitata al compagno, bisbigliandogli qualcosa. L’altro sembrò non reagire e rimase a testa bassa, i ciuffi neri che gli andavano a nascondere il viso.
- Oh, loro sono i nostri… ehm… ospiti. Jace Herondale e Alexander Lightwood.
Il ragazzo moro sollevò la testa di qualche centimetro, ma per Magnus fu sufficiente. Riuscì a scorgere benissimo la bellezza da cammeo del viso, il pelle nivea, i capelli ebano e soprattutto gli occhi blu. Non di un celeste sbiadito, né tendenti al grigio come quelli di Tessa o violacei come quelli di Will e Cecily. Semplicemente blu. Avrebbe mai smesso di amare la combinazione “capelli neri, occhi blu”? Probabilmente no. Il ragazzo lo fissò e Magnus poté leggere in quello sguardo una sorta di gioia trattenuta, un desiderio malcelato, dei sentimenti animatisi soltanto con la sua presenza. E la purezza di quelle emozioni era così autentica che fu lo stregone stesso a dover distogliere lo sguardo per paura di essere travolto. Il Cacciatore avvampò, la sua faccia prese letteralmente fuoco, e abbassò nuovamente la testa, in imbarazzo.
- Magnus, ehi! Come te la passi? – sorrise il biondo – Ci incontreremo più avanti, nel futuro. Mi adorerai.
- Jace, taci. – lo rimbrottò il magnetico e rossissimo ragazzo moro.
- Tranquillo, Alec, io e Magnus saremo migliori amici…
- JACE. PER. FAVORE.
- Ok, ok. – Jace tacque, sotto lo sguardo infuocato di Alec.
- Posso chiedere come avete fatto a finire qui? E come mai... – domandò incuriosito Magnus, ma Will lo interruppe, infastidito.
- Non sono loro la priorità. Devi andare da Tessa.
Così il futuro Sommo Stregone di Brooklyn venne trascinato via, lontano dal suo futuro marito.
 
Toc toc.
- Chi è? – la voce di Tessa, nonostante il grande sforzo di volontà, era flebile e tremante.
- Theresa Gray. – echeggiò una profonda voce maschile, con un accento particolare, che rendeva di poco più prolisse le vocali – Sono un vecchio amico.
- Magnus! – la porta della camera si aprì e l’eccentrico stregone apparve in tutta la sua magnificenza. E per “magnificenza”, applicata ad un soggetto del genere, si intendeva un cappotto arancione, una camicia tutta fronzoli azzurra, un pendente di perle e degli improbabili pantaloni di velluto color malva.
- Il solo ed unico. – sorrise lui, chiudendosi la porta alle spalle – Ho sentito dire che avevi bisogno di una persona con sangue demoniaco e dato che passavo da queste parti…
- Oh, Magnus… grazie per essere venuto, davvero. Al momento, sei l’unica persona con cui io possa parlare, perché se provassi a farlo con qualcun altro...
- Non capirebbe?
- Lo ucciderei.
E cominciò a raccontare del suo incontro con Rhefur, il demone superiore che le aveva dato la vita, e di come lui l’avesse maledetta, condannandola alla solitudine per l’eternità.
- Ti sei accertata che la tua sia una vera maledizione? Potrebbe essere fittizia come quella di Will…
- Quando Will ha provato a toccarmi, l’ho ustionato. – Tessa si coprì il viso con le mani – Cosa devo fare? Se c’è effettivamente qualcosa da fare.
- Certo che c’è! Tessa, il demone sta cercando di portarti dalla sua parte. È qualcosa che cercherà di fare sempre, per sempre. I nostri genitori infernali cercano sempre di reclamarci, di corromperci. E ci sono stregoni che si sono arresi, altri che hanno continuato a respingerli.
- Come te?
- Come me, sì. Mio padre non si darà mai per vinto, sono sicuro aspetti il giorno in cui scenderò nell’Inferno e gli chiederò asilo. Cosa che ovviamente non avverrà mai.
I due stregoni rimasero un istante in silenzio, guardandosi negli occhi. Tessa poi distolse lo sguardo e si mordicchiò il labbro inferiore con nervosismo.
- Esiste una cura? Intendo… mio padre potrebbe togliermi la maledizione?
- Tuo padre vuole qualcosa da te. Hai detto che ti reclamava esplicitamente, no?
- Sì, ma io non voglio scendere negli Inferi. Non voglio unirmi a lui.
- E non lo farai. A questo punto, direi che c’è solo una soluzione.
- E sarebbe?
- Dobbiamo costringere il demone a lasciarti andare.
 
- Magnus?
- No, non sbirciare!
- … ok.
Il ragazzo dagli occhi blu, Alec, rimase seduto su uno sgabello. Aveva un abbigliamento strano non perché egocentrico, ma moderno. Degli strani pantaloni blu, di un tessuto ruvido ed elastico, gli fasciavano le gambe lunghe e muscolose. Un maglione nero, largo e sformato gli avvolgeva il busto e le braccia, non rendendo assolutamente giustizia al corpo statuario che sicuramente aveva. Dall’espressione decisamente stanca, doveva stare aspettando qualcuno da molto tempo, a braccia conserte e col piede che batteva nervosamente contro il pavimento. Fissava con insistenza una tendina davanti a lui, come se vi fosse celato un tesoro preziosissimo.
- Per l’Angelo, Magnus, quanto ci metti?
- Te l’ho già detto che adoro quell’esclamazione terribilmente caratteristica? – mormorò una voce dietro la tendina.
- Svariate volte – sbuffò il Nephilim – Ti prego…
- Dillo.
Alec si guardò intorno, le guance che si imporporavano inesorabilmente.
- No.
- Andiamo, pasticcino, dillo! Lo sai che adoro quando mi chiami così!
- Ti chiamo così quando siamo in privato. – borbottò di rimando Alec – Dai, è imbarazzante.
- Se me lo dici adesso, questo è l’ultimo completo che mi provo.
Gli occhi blu di Alec brillarono di gioia.
- L’ultimo in assoluto?
- Mh-mh. E poi torniamo di corsa a casa. Voglio una delle tue fantastiche torte. Però prima devi dirmelo.
- Ok, se questo è l’ultimo… vieni fuori, cuoricino mio!
- Aw, come sei tenero, Alexander! Vengo subito fuori!
La tendina venne scostata di scatto. Un uomo alto, dai capelli sistemati in alte guglie nere, lo salutò con la mano completamente ingioiellata, facendosi ammirare nel suo dolcevita blu elettrico e nei suoi pantaloni verde mela, con tanto di bretelle dorate e cascanti.
- Allora, come sto? – chiese l’aspirante modello.
- Ugh… ehm… sì, cioè… sei… voglio dire, stai molto… bene… - balbettò Alec fissando la figura davanti a sé.
- Stai dicendo che sono bellissimo? – ammiccò malizioso l’altro. Chiuse la tendina dietro di sé e andò ad adagiarsi con eleganza sulle gambe del Cacciatore.
- Sai di esserlo. – il viso del Nephilim non sarebbe potuto essere così rosso. L’altro ridacchiò.
- Lo so, ma voglio che sia tu a dirmelo. – sussurrò e gli lasciò un piccolo bacio dietro l’orecchio. Alec sospirò.
- Sei bellissimo. – mormorò prendendo il viso dell’altro fra le dita – Ora possiamo andare a casa?
Lo stregone si umettò le labbra, poi sorrise malizioso.
- Se sei così impaziente…
Le loro labbra erano vicinissime, così vicine che per Magnus era un vero peccato che non si scontrassero. Così baciò il suo Lightwood, bel consapevole che nessun altro gli avrebbe dato l’amore che gli donava Alec. E lui non avrebbe più donato il suo, di amore, a nessuno se non ad Alexander Gideon Lightwood.
 
 
Magnus si svegliò di soprassalto, le coperte gli avvolgevano le gambe come un bozzolo. Ispirò dal naso ed espirò dalla bocca, il cuore che gli batteva a mille. Cosa significava quel sogno? Dov’era ambientato? E soprattutto perché lui baciava quel Lightwood ? Scosse la testa, intontito dal sogno. Non l’avrebbe mai ammesso, ma era stato bello. Bello, eccitante, felice. Mentre sognava, si era sentito per davvero felice. Come se avesse vissuto quell’esperienza con quella persona. Lo stregone si prese la testa fra le mani, sempre più confuso. Il Lightwood venuto dal futuro gli aveva da subito fatto uno strano effetto, lo aveva quasi ipnotizzato, non riusciva a toglierselo dalla testa. Eppure quel ragazzo non aveva niente di speciale – a parte gli occhi. O forse aveva qualcosa che gli altri Shadowhunters non avevano? Magnus fece un verso stizzito. Si stava facendo dei complessi per un ragazzino che sarebbe sparito non appena il caso di Tessa fosse stato risolto. Perché poi non l’avrebbe più rivisto, giusto? Giusto?

NdA: Salve a tutti! Questo capitolo è tutto dal punto di vista di Magnus nel passato. Il capitolo è breve perchè il prossimo sarà più lungo del normale e ci saranno nuovi personaggi - anche se una di loro l'abbiamo già incontrata prima...
A presto,
_Alien_

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Capitolo 12
*** Fratture ***



Idris, 2014
Niente. Era questo ciò che Isabelle e Simon sentivano di poter fare per i loro amici dispersi. Niente. Era questo ciò che Magnus era riuscito a trovare per riportarli indietro. Niente. Erano queste le informazioni che tutti avevano di loro, a quanto pare il quarzo micrato aveva funzionato una volta sola. Per quante volte cercassero di chiamare Clary, Jace e Alec, la risposta che ricevevano era sempre la stessa: niente. Come se fossero stati spazzati via dalla faccia della Terra.
Magnus, Isabelle e Simon erano insieme, in quel momento, seduti sul pontile. Davanti a loro, il lago Lynn risplendeva dei giochi di luce del sole al tramonto. Era uno spettacolo bellissimo, perché l’acqua si tingeva di mille colori irreali, che si mischiavano seguendo il flusso della corrente. La meraviglia di quella magia naturale cozzava terribilmente con le emozioni assolutamente negative dei tre spettatori. Izzy, seduta in mezzo ai due ragazzi, aveva la testa posata sulla spalla di Simon, le dita intrecciate, ma  non poteva fare a meno di lanciare occhiate allo stregone, che fissava l’orizzonte davanti a sé. Era vero, lei aveva perso i suoi fratelli e un’amica speciale, ma almeno aveva Simon al suo fianco, a sostenerla. Invece Magnus si sentiva completamente perso senza Alec. La ragazza si immaginò al posto dello stregone: in procinto di sposarsi, con un fidanzato inghiottito da un Portale, senza alcun rimedio per rintracciarlo. Si sentì stringere il cuore, non avrebbe sopportato tutta quell’angoscia. Tuttavia, sapeva che loro tre non potevano restare ad osservare il lago per sempre. Tutt’altro. Si sarebbero dovuti alzare, prima o poi, e avrebbero dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa. Anche soltanto discutere sul da farsi era sempre meglio di niente. Così si raddrizzò e si alzò in piedi un unico movimento aggraziato. Simon la guardò interrogativo, Magnus non reagì in alcun modo.
- Dovremmo organizzare una riunione straordinaria del Consiglio per decidere cosa fare. Non ci sono in ballo soltanto le vite di Alec, Jace e Clary. C’è anche la questione dei demoni.
- C’è sempre la questione dei demoni, Izzy. – puntualizzò Simon – Sai com’è, noi li cacciamo…
- Intendo i demoni che vogliono infiltrarsi nel Regno delle Fate. Niente  esclude che le due cose siano collegate. Dobbiamo indagare. – concluse la giovane. Simon si alzò in piedi, affiancandosi a lei.
- Magnus. – lo chiamò dolcemente Isabelle – Magnus, andiamo.
Lo stregone non rispose. Da parte sua non c’era nessun tipo di reazione, come se il suo cervello si fosse spento. La ragazza si chinò nuovamente con un sospiro e gli posò la mano sulla spalla.
- Anche io sto soffrendo. Alec è mio fratello maggiore, il mio punto di riferimento, la persona su cui posso sempre contare. Lui ha sempre protetto sia me che Jace. E non vorrebbe che tu ti arrendessi così.
- Tu non capisci. – mormorò Magnus, senza distogliere lo sguardo dal lago.
- Aiutami a capire, allora. Cos’è che ti turba tanto?
- Tu non capisci. Non puoi, non… - la sua voce si spezzò. Si portò il viso tra le mani e scoppiò in singhiozzi scomposti, senza che i due Shadowhunters potessero fare niente per consolarlo.
- Ragazzi.
I due giovani si voltarono verso la voce. Tessa era in piedi, con indosso un vestito beige di un’altra epoca, i capelli raccolti in un’acconciatura semplice ma sofisticata.
- Ragazzi. – ripeté con voce gentile, ma al tempo stesso ferma – Lasciateci soli, per favore. Andate a convocare la riunione del Consiglio, mi sembra un’idea più che ottima.
Isabelle e Simon si scambiarono un’occhiata e poi annuirono. Mentre si allontanavano dal pontile con passo spedito, Isabelle lanciò un ultimo sguardo allo stregone. Le dispiaceva davvero per lui, ma le sue parole e il suo pianto l’avevano lasciata interdetta. Cosa lei, una Cacciatrice che aveva combattuto in ben due guerre consecutive, non avrebbe dovuto capire sulla perdita delle persone care?
 
- Ehi.
Non senza difficoltà per via del vestito, la strega si lasciò cadere sul pontile accanto all’amico. Cominciò ad accarezzargli la schiena, con gesti delicati, come aveva fatto in passato con James e Lucie, e come di recente aveva ripreso a fare con il piccolo William. Aveva affidato il figlio suo e di Jem alle cure dell’Istituto di Londra, entrambi avevano ritenuto non fosse il caso portare un bambino di cinque anni in giro per Portali. Non avrebbe mai pensato di aver fatto la scelta più saggia.
- Dimmi cosa ti affligge, Magnus. Vedrai, poi ti sentirai meglio.
Magnus pianse ancora un po’, poi i singhiozzi cessarono. Si asciugò scompostamente le lacrime, sbavandosi il trucco. Tessa attese che lui parlasse, le mani poggiate in grembo. E infine successe.
- Ho fallito. – sussurrò appena Magnus – Ho fallito, Tessa. Lui ha affrontato l’Edom e mio padre per salvarmi, era disposto a morire con me. E io non riesco nemmeno a trovarlo. L’ho perso per sempre!
- L’hai perso se smetti di cercarlo. – la mezza Cacciatrice intrecciò le dita con quella di Magnus, mentre l’altra mano gli sollevava il mento – Magnus Bane, Sommo Stregone di Brooklyn. Non dimenticarti chi sei. Non dimenticarti di chi si è innamorato Alexander.
- Ma i miei poteri, le mie conoscenze… non mi servono a nulla se non riesco a trovarlo. Ho provato di tutto, anche l’incantesimo dell’ultima volta. Non hanno alcun effetto.
- E il quarzo micrato? Catarina ha detto che con Alexander ha funzionato, una volta.
- Ci ho riprovato. Lui non risponde. Probabilmente non mi sente neanche.
- O forse ti sente e non riesce a risponderti…
- Forse. Sta di fatto che non abbiamo assolutamente idea di dove siano lui o Jace o Clary.
Tessa fissò intensamente l’amico e sciolse l’intreccio delle loro dita, tormentandosi le mani in grembo. Non sapeva se la sua deduzione fosse corretta, ma un tentativo andava fatto.
- Magnus… io credo che la domanda da porci non sia soltanto dove, ma anche quando.
Lui la guardò interdetto, non aveva mai pensato a quell’ipotesi.
- Tu credi che ci sia stata una frattura spazio-temporale?
- Più o meno. Sarebbe il motivo per cui è quasi impossibile mettersi in contatto con loro. Anche se fossero su un’isola deserta dall’altra parte del mondo, riusciremmo a contattarli in modo relativamente facile. Invece sono come scomparsi nel nulla. Quindi magari è vero, sono scomparsi e sono finiti in un’altra dimensione temporale. Nel Labirinto a Spirale c’erano dei racconti specifici… se vuoi, posso verificare.
- Quindi mi stai dicendo che Alexander potrebbe essere ovunque, nel passato o nel futuro?
- Credo proprio di sì.
 
Londra, 1879
I rituali di evocazione demoniaca non erano tutti uguali. C’erano quelli semplici, per demoni minori, e quelli complessi, per i Demoni Superiori, che richiedevano la massima concentrazione. Magnus aveva molta esperienza nel settore, gli Shadowhunters lo contattavano continuamente per quel genere di cose. E inoltre lui si era cimentato nell’evocazione di uno dei nove principi dell’Inferno, Asmodeus, nonché suo padre. Non era stato un incontro padre-figlio piacevole, ma d’altronde non avrebbe potuto essere il contrario, dato che un demone non può essere certo considerato un papà modello. Finì di tracciare i simboli sul pavimento e, una volta completato il pentagramma, si apprestò a leggere la formula da L’antologia dell’evocazione: Guida pratica su come evocare un demone ed uscirne vivi. Tessa attendeva pazientemente in un angolo della stanza, tremando come una foglia. Conoscere il suo vero padre era stata una delle esperienze più inquietanti della sua vita e non avrebbe mai voluto incontrarlo di nuovo, ma doveva. Non poteva più sopportare la maledizione. Magnus si tolse la giacca con gesto teatrale e si piantò bene per terra, le gambe divaricate, rigorosamente fuori dal cerchio magico. Cominciò a mormorare delle litanie in quello che doveva essere latino e dalla mano che non reggeva il tomo, ma era dritta davanti a sé, scaturirono delle scintille azzurre. Le fiamme delle candele poste ai bordi del pentagramma crepitarono e si sollevarono verso il soffitto, cambiando colore dal rosso al blu intenso. Tessa si rannicchiò ancora di più nel suo angolino, le fiamme che si riflettevano nei suoi occhi grigi, e urlò quando un raggio nero esplose al centro del cerchio. Si materializzò dal nulla una figura, un uomo alto, ben vestito, con un elegante bastone da passeggio. Sollevò la testa e i suoi occhi rossi incrociarono quelli della strega.
- Theresa, mia cara. Sei pronta a seguirmi?
 
Londra, 2014
- Come sarebbe a dire che mia figlia è scomparsa? E soprattutto perché lo vengo a sapere solo ora? – Jocelyn non era mai stata più furiosa. La giovane Shadowhunter, di appena vent’anni, portò i palmi davanti al busto, come per proteggersi.
- Mi dispiace, signora Graymark. La comunicazione ci è appena arrivata da Alicante.
- Ma come è possibile? Come è successo?
- Non è ancora chiaro, non mi è stato possibile chiedere ulteriori informazioni, come ben sa ad Idris c’è un solo telefono…
- Oh, no. Questo non possono farlo. Io ho il diritto di sapere cosa diavolo è successo a Clarissa!
- Mi dispiace davvero, ma io non posso fare niente.
- Mamma? – una testolina rossa fece capolino dalla porta. Jocelyn si costrinse a rilassare il viso, non voleva che Amatis la vedesse spaventata, era ancora troppo piccola per capire.
Nonostante Clary si fosse offerta per prendersi cura di Amatis, Luke e Jocelyn avevano preferito portarla con loro a Londra, dove erano richiesti per risolvere delle incombenze diplomatiche tra il clan di vampiri della zona e quello di licantropi. Jocelyn era ormai convinta che, dopo Valentine e Sebastian, non ci sarebbero più stati scontri apocalittici o situazioni mortali, in cui ovviamente sarebbe stata coinvolta Clarissa. Ma a quanto pare si sbagliava.
- Tesoro mio, vieni qui. – stese le braccia verso la bambina. Lei sorrise e si slanciò verso la madre, abbracciandola stretta. Poi sollevò lo sguardo, i grandi occhi azzurri vivaci e curiosi.
- Mamma, tutto ok? Ho sentito che è successo qualcosa a Clary.
Jocelyn fece una smorfia.
- No, amore, è tutto a posto. Vai a chiamare papà, per favore.
- Va bene.
Amatis si staccò da Jocelyn e corse via per il corridoio, facendo svolazzare le treccine rosse. La donna sospirò inquieta.
- Scusami, Katherine. È solo che… ne abbiamo già passate, di disavventure. Soprattutto Clary, per via di suo padre e suo fratello. E non voglio che soffra ancora.
- Non si preoccupi, signora Graymark. – la ragazza si scostò la frangetta nera dagli occhi, rivelando due gemme verde smeraldo contornate di eye-liner scuro.
- Sai, non credevo che i Lovelace fossero rimasti a Londra.
- Infatti i miei genitori ora sono a Firenze, mamma è di quelle parti e io sono nata lì. Sono venuta a Londra solo di recente. Mi hanno detto che qui abita lo spirito di una mia antenata… Jessamine, se non ricordo male.
- Oh, interessante.
- Mamma!
Amatis stringeva forte la mano del suo papà, che la guardava con affetto. Luke la prese in braccio e la fece volteggiare, mentre la piccola rideva divertita. Dietro di loro c’era un altro bambino: era magro, alto per la sua età, con i capelli castani e lisci come seta e gli occhi neri e dalla forma lievemente allungata. Il bambino si affiancò a Katherine mentre la famiglia Graymark si riuniva.
- Hai saputo? – bisbigliò Jocelyn al marito, in modo da non farsi sentire da Amatis. Luke scosse la testa.
- Clary è scomparsa.
Ci volle un grande sforzo di volontà da parte di Luke per evitare di perdere la presa su Amatis.
- In che senso?
- Non lo so. Katherine non ha potuto chiedere ulteriori spiegazioni.
- Katy? – la voce del bambino attirò l’attenzione della Nephilim.
- Dimmi, Will.
- I miei genitori hanno già chiamato? Mi avevano detto che stavano a New York per un po’ e poi mi sarebbero venuti a prendere per il matrimonio di Magnus Bane. – spiegò Will – Non è che si sono dimenticati di me?
- Oh, no, Will. Non potrebbero mai dimenticarsi di te. – gli accarezzò i capelli la ragazza – Sta’ tranquillo, andrà tutto bene.
- Katherine… - cominciò Jocelyn, ma venne interrotta dalla diretta interessata.
- Oh, la prego, mi chiami Katy.
- Va bene. Katy, c’è un modo che non sia il Portale per arrivare ad Idris?
Katy storse le labbra e scosse la testa.
- Non credo. Però dovreste parlare con il Sommo Stregone di Londra. Si chiama Stefani Geminy, è piuttosto potente.
- Non è la strega che ha preso il posto di Ragnor Fell? – chiese incuriosito Luke.
- È lei, sì. Fell l’ha praticamente cresciuta.
- Ok, allora…
- Aspettate. – Katy fischiò forte, portandosi due dita alle labbra. Will ridacchiò divertito e aspettò di vedere la reazione che si aspettava la giovane. Due ragazzi alti e muscolosi si precipitarono lungo la rampa di scale e saltarono agilmente gli ultimi gradini. Si muovevano all’unisono e avevano gli stessi lineamenti delicati del viso e gli stessi occhi color castano chiaro, per cui dovevano essere gemelli. Uno aveva i capelli lunghi e biondi, con vari piercing alle orecchie, al naso, al labbro inferiore e al sopracciglio; l’altro portava i capelli raccolti in numerose treccine nere tenute dietro le spalle da una fascia che gli copriva la fronte.
- Jocelyn, Lucian, Amatis e William – annunciò Katy con tono solenne – Loro sono Bill e Tom Lightwood.
- Piacere di conoscervi. – sorrise il biondo – Venite da New York, non è vero? Lì abitano i nostri cugini Alec e Isabelle, è da anni che non ci vediamo.
- Ci hanno invitato al matrimonio di Alec. – affermò il moro – Ma Katy, come mai ci hai chiamati? Ci stavamo allenando.
- Dovreste accompagnare i Greymark da Lady Geminy.
- Lady Geminy? Quella è pazza! – esclamò il moro – Bill, dì qualcosa, per favore.
- È il nostro dovere, Tom. – si strinse nelle spalle Bill – Andiamo, è un incarico come un altro…
Tom sbuffò sonoramente, ma sapeva di non potersi sottrarre.
- D’accordo. Quando dobbiamo andare da Lady Svitata?
- Ora, se possibile. – intervenne Jocelyn – La questione è piuttosto urgente.
Tom sospirò pesantemente. Bill sorrise agli ospiti e diede un paio di pacche sulla spalla al fratello per incoraggiarlo.
- Allora andiamo!
- Andiamo...

NdA: Salve a tutti! Ok, ok, lo so, sono una pazza furiosa ossessionata dai Tokio Hotel, ma così tanto da far diventare i gemelli Kaulitz dei Lightwood..... mein Engel! Comuuunque spero che questo sclero non vi dispiaccia. E' solo che in CoHF Alec nomina dei presunti cugini Lightwood che non vede da molto tempo e quindi... ok, vi lascio!
A presto,
_Alien_

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Capitolo 13
*** Kitty Solo ***


New York, 2032
- Questa è la tua stanza. – disse Julie, indicandole col mento la porta aperta – Se hai problemi di ogni tipo chiama me o Amatis.
- Ok, grazie. – annuì Clary. Entrò nella stanza, ma non riconobbe l’arredamento dell’Istituto. Le ante dell’armadio erano specchi, la finestra era grande, il letto basso e ampio. Clary si guardò attorno, spaesata, e poi girò verso quella che un giorno sarebbe stata figlia sua e di Jace. Ancora non riusciva a crederci.
- Julie. – la chiamò. La ragazza puntò i suoi enormi occhi dorati, gli occhi di Jace, nei suoi.
- Posso chiederti come mai porti questo nome?
La ragazza, che fino ad allora era rimasta in tensione, rilasciò un po’ il fiato che aveva trattenuto.
- Oh, bhe… è una storia lunga. Non credo ti vada di sentirla… - mormorò, aggiustandosi un ricciolo rosso dietro l’orecchio.
- Invece mi piacerebbe. – ribatté Clary, appoggiandosi ad un tavolino di vetro dietro di lei.
- Ecco… tu e papà avete avuto un altro figlio, prima di me… mio fratello maggiore, Jonathan Lucian. Lui è sempre stato un tipo ribelle, impulsivo, a cui non piace che a gente gli dica cosa fare. Ehm… Lui non era molto contento del mio arrivo, in fondo aveva solo due anni, e così cominciò ad assillare te e papà che voleva scegliere lui il mio nome. Tu preferivi qualcosa come Eleanor o Phoebe, papà invece optava per Celine o Drusilla…
- Drusilla? Oh mio Dio, non ti avrei mai chiamata Drusilla, per nulla al mondo! – esclamò indignata Clary. Certo che Jace aveva pessimi gusti in fatto di nomi!
- Papà ha detto la stessa cosa di Phoebe. – un sorriso si fece strada sul viso tanto simile a Jace di Julie – Quindi è stato John a darmi il nome, alla fine. Julie era il nome di una Shadowhunter morta durante la Guerra Oscura. È diventata famosa perché è riuscita a difendere da sola un gruppo di quindici bambini durante l’attacco delle fate e a portarli in salvo nella Sala degli Accordi, prima di soccombere. John è rimasto colpito da questa storia e così propose il nome Julie. E tu e papà avete accettato.
Clary rimase senza parole. Julie fece di nuovo un sorriso timido.
- Aspetta qui. Voglio farti vedere una cosa. – disse prima di uscire dalla stanza. Clary si accomodò sul letto, di spalle alla finestra. Julie fu di ritorno poco dopo, tra le mani aveva una cornice molto grande. Evidentemente la foto che conteneva era molto estesa.
- Questa è la nostra famiglia. – mormorò porgendole la foto e sedendosi accanto a lei. Clary la prese con le dita che tremavano. C’erano davvero un sacco di persone. Lei, con i muscoli un po’ più sviluppati. Jace, con il pizzo dorato sul mento macchiato di qualche chiazza d’argento. Simon, con una folta barba scura. Isabelle, sempre affascinante e con un’unica striatura di grigio tra i capelli neri. Alec, gli occhi ancora luminosissimi e i capelli sale e pepe. Magnus, l’unico a non essere cambiato, almeno fisicamente. E poi c’erano delle facce nuove. Un ragazzo dai capelli così chiari da sembrare bianchi e gli occhi verdi. Jonathan. Ecco perché l’aveva chiamato così. Era molto simile a quello che sarebbe potuto essere suo fratello. Accanto a lui c’era Julie, la più minuta del gruppo.
- Questo qui è Maxwell, per tutti Max. È il primogenito di zia Izzy e zio Simon. – spiegò Julie, indicando un ragazzo alto e magro, i tratti aristocratici e gli occhi di Isabelle, ma i riccioli castani di Simon.
- Lei è Aura. La sua storia è un po’complicata e lei non vorrebbe che te ne parlassi, per cui cerco di fartela breve. Zio Alec e zio Magnus la trovarono proprio fuori dalla porta dell’Istituto, il giorno in cui nacqui io. Infatti festeggiamo il nostro compleanno insieme. – stavolta indicò una ragazza alta, le punte dei capelli neri tinte di blu elettrico, gli occhi blu a mandorla e un paio di enormi ali bluastre da pipistrello sulla schiena.
- Questo qui è suo fratello Raphael, di un anno più piccolo. È il più dotato fra noi, nonostante sia così giovane. Ha il dono dell’Angelo, come papà. – e le mostrò un ragazzo dalla pelle ambrata e gli occhi verdi.
- E poi loro sono i piccoli della famiglia. Rebecca ha dodici anni, ha da poco ricevuto i primi marchi. E poi c’è Jordan, sei anni, nessuno si aspettava il suo arrivo. Ha colto zia Izzy e zio Simon impreparati. – ridacchiò Julie mentre gli occhi di Clary si concentravano sui due ragazzini della scena. Rebecca era identica ad Isabelle, anche se gli occhi e un paio di lentiggini sulle guancie erano di Simon. E Jordan assomigliava spaventosamente a Max, il fratellino defunto di Alec e Isabelle, con gli stessi riccioli castani e gli occhi grigi.
- Chissà da dove ha ereditato questi occhi… - commentò Clary, assorta.
- Zio Magnus dice che alcuni spiriti degli Shadowhunters scelgono di proteggere un bambino per tutto il corso della sua vita. Probabilmente zio Max ha deciso di vegliare su Jordie. È una bella cosa.
Per qualche ragione, Clary si commosse.
- Siete così belli… - sussurrò con voce spezzata – Non posso credere che un giorno avrò questa famiglia. Tu hai sedici anni, vero?
- Sì. E anche Aura. – annuì Julie.
- Oh… ma dove sono tutti gli altri? Io dove sono? E Jace? E mio figlio Jonathan?
- I miei genitori e gli zii sono ad Idris per la riunione annuale del Consiglio. Anche John è andato con loro, ormai ha diciotto anni. Siamo rimasti io, Aura, Raf, Max, Becky e Jordie. Aura e Raf vivono a Brooklyn, ma quando i loro genitori non ci sono preferiscono stare qui con noi. Aura non ha potuto fare a meno di portarsi da casa Kitty Solo…
- Kitty Solo?
- È il suo gattino, ha pochi mesi.
- Oh… e per quanto riguarda Amatis?
- Lei e William Carstairs sono i nostri istruttori, ma non vivono in pianta stabile qui. Nonna e nonno vivono ad Idris, mentre zia Amy e Will devono ancora decidere dove trasferirsi… stanno insieme da un po’di tempo, c’è sempre stato del tenero fra loro…
- William Carstairs?
- Il figlio di Tessa Gray e Jem Carstairs, il fratello maggiore del ragazzo di John.
- John è fidanzato?
- Già, con Ezra…
- Ed è felice?
- Molto.
- Bene… e tu? Tu hai già trovato qualcuno?
Julie arrossì violentemente.
- Bhe, io ho conosciuto Derek McKenzie, un bambino scambiato da piccolo dalle fate… un ragazzo – fata, come lo ha soprannominato Aura.
- E ti piace?
- Tanto. Solo che non so come dirglielo… e non so se lui ricambia.
Clary sorrise e si azzardò ad accarezzarle una guancia. Julie si irrigidì.
- In amore vince chi fugge, ma non troppo. Fagli capire che sei interessata, ma non stargli incollata tutto il tempo. – le consigliò. La Nephilim dagli occhi dorati annuì.
- Ok, ehm… come ho già detto, se hai bisogno di qualcosa, chiamami.
Si alzò dal letto, impacciata. Aveva il suo stesso corpo minuto, come Amatis. Fece per uscire, ma si bloccò sulla soglia.
- Mam- Clarissa?
- Dimmi.
- Grazie.
- Per cosa? – chiese confusa.
- Per avermi ascoltata. Come fai sempre. – ed uscì definitivamente, lasciandosi dietro una sempre più confusa Cacciatrice diventata leggenda.
 
Si era addormentata. Non sapeva per quanto tempo avesse dormito, né quali sogni avesse fatto. A svegliarla era stato un vocio sommesso, ma concitato, poco lontano dalla sua porta. Si alzò a fatica e dischiuse la porta quel tanto che bastava per scorgere due figure. Una era Julie, l’altra era la ragazza dalle ali blu, la figlia adottiva di Alec e Magnus.
- Non credo proprio che sia tua madre, Julie. Andiamo, dice di venire dal passato?! – stava gesticolando la ragazza dagli occhi blu, a mandorla – Come possiamo fidarci di lei?
- È lei, Aura, ne sono sicura. Come parla, come si muove, le cose che dice… solo mamma farebbe così. – ribatté la rossa. Aura scosse la testa.
- Ma non può essere… cioè, è impossibile!
- Sono tante le cose impossibili che accadono ogni giorno nel nostro mondo, lo sai.
- Lo so. – sospirò Aura – Io sono fra queste. Ma non possiamo dirle nulla. Né su di me, né su Derek, né sulla Guerra Celeste. Quello che sa è già abbastanza. Se le dicessimo di più, non sappiamo quali ripercussioni avrà sul flusso spazio-temporale…
- Ok, ok. Non le dirò niente. Comunque non sarà lei la principale protagonista di ciò che è successo… puoi crederci? È passato solo un mese.
- Già. Un mese fa Alicante era sull’orlo del baratro e io ero rinchiusa nella Città Silente. Fortuna che le cose si siano risolte…
Un miagolio richiamò l’attenzione di Clary. Proprio davanti alla sua porta c’era un gattino. Era piccolo, non doveva avere più di tre mesi, completamente nero. C’erano solo due note di colore: il bianco della punta della coda e il blu degli occhi. Istintivamente Clary spalancò la porta e il gattino si avvicinò ancora di più, guardandola incuriosito. Poi si strusciò contro i suoi piedi, facendo le fusa. Clary si inginocchiò e gli accarezzò la schiena dolcemente, tutto in quella creaturina ispirava tenerezza.
- Kitty Solo!
Il gattino sollevò la testa in direzione di Aura. In un istante lasciò perdere Clary, fece un balzo e si ritrovò tra le braccia della ragazza. Quella che, a giudicare dalle ali, doveva essere una strega, la guardò con quegli occhi blu terribilmente penetranti, della stessa sfumatura di quelli di Alec. Per una frazione di secondo, le sembrò che le pupille della strega si restringessero e diventassero verticali. Sicuramente suggestione. Gli occhi blu di Aura incontrarono quelli altrettanto blu di Kitty Solo.
- È davvero lei?
Clary rimase interdetta. Stava parlando con un gatto? Gli stava domandando se la rossa che aveva di fronte fosse davvero Clarissa Fairchild – pardon, Herondale?
Il gattino miagolò e la sua padrona annuì pensierosa. Strinse al petto il gatto e tornò a fissare Clary, stavolta più rilassata.
- Bhe, questo è davvero strano. – mormorò, portandosi una ciocca di capelli corvini dietro l’orecchio – Suppongo che ci vogliano delle presentazioni. Io sono Aura.
La strega tese timidamente la mano e Clary gliela strinse. La Cacciatrice le rivolse un piccolo sorriso. Guardandola meglio, si accorse dell’eye-liner glitterato che le contornava gli occhi, dei vari anelli alle dita, della camicetta fucsia, la fibbia della cintura a forma di stella tempestata di glitter, la gonna a balze celeste. Lo stile era indubbiamente quello di Magnus, ma c’era una certa maniera sommessa di interagire che rispecchiava il modo di fare di Alec.
Lo sguardo di Clary cercò la chioma rosso fuoco o gli occhi dorati di Julie, ma di sua figlia non c’era traccia.
- Julie è andata nella sala addestramento, le ho chiesto di riunire tutti quanti. – Aura le aveva letto nel pensiero. Clary sbatté le palpebre un paio di volte.
- Come hai fatto a...?
- Tu e Julie vi assomigliate. Certo, la volta in cui ho dovuto tirarla giù dal lampadario papà mi ha detto che aveva lo stesso carattere di zio Jace, ma è stato molto tempo fa. Avevamo solo otto anni. – ridacchiò – Potresti seguirmi, per favore? Ti faccio conoscere il resto della combriccola.
- Oh, certo. – annuì la Nephilim. Le due si incamminarono in silenzio, cominciando a percorrere un lungo tratto del corridoio. Clary abbassò lo sguardo sulla mano destra di Aura, quella che incessantemente accarezzava Kitty Solo, e notò una runa tra il pollice e l’indice della ragazza. Era una runa che non aveva mai visto prima, una specie di infinito, con una delle due estremità lasciata aperta. Le linee nere poi si diramavano più in là, fin quasi al palmo della mano, e poi terminavano bruscamente.
- Questa è la runa dell’adelfìa, che significa “fratellanza” in greco antico. È un po’come il rito dei parabatai, solo che in questo caso si unisce la vita di un Cacciatore a quella di un Nascosto. – spiegò Aura, che doveva aver notato la sua curiosità.
- A chi ti sei legata? – chiese Clary.
- A Julie. Giusto per rinnovare il legame tra Herondale e Lightwood. – sorrise la strega – Lei è la mia migliore amica, ne abbiamo passate tante insieme. Non riesco ad immaginare una persona migliore come mia adelfè.
- Tu e lei non…
- Oh, no. Lei è interessata a Derek, il ragazzo – fata, e io esco con un vampiro.
- Ah. Immagino che Alec non ne sia molto entusiasta.
- Affatto. Lui è il classico padre iperprotettivo e apprensivo. Magnus invece è più, come dire, disponibile. È stato lui a fare a me e a Raf il discorso dell’ape e del fiore e di quando certe volte l’ape vuole stare con un’altra ape. Ma neanche lui è stato troppo contento di sapermi in compagnia di un vampiro. Suppongo sia influenzato da esperienze personali…
- Direi di sì. Camille metteva i brividi.
- Già.
Clary guardò la strega, sconcertata. Camille era stata uccisa da Maureen anni e anni prima che Aura nascesse. Come faceva a conoscerla? Forse Magnus ne aveva parlato ai suoi figli, ma da come le aveva risposto, Aura doveva averla conosciuta di persona. La giovane si era evidentemente accorta di aver fatto un passo falso e per il resto del tragitto non disse una parola.
Quando giunsero alla sala addestramento, Clary fu accolta da un mormorio non troppo sommesso. Appena i ragazzi si accorsero di lei, smisero subito di parlare. Julie si avvicinò a lei e le si piazzò a sinistra, perché alla sua destra c’era Aura. Solo allora, dato che sapeva dove guardare, Clary notò la runa dell’adelfìa sul palmo sinistro di sua figlia, mentre sul dorso c’era la runa della Vista. Era mancina come Jace.
- Ragazzi, lei è Clarissa. – annunciò Julie – A questo punto, vorrei che vi presentaste ufficialmente tutti quanti. Poi ci riuniremo e assieme a lei elaboreremo un piano. Tutti d’accordo?
I ragazzi annuirono. Il più altro tra loro, Max, si fece avanti per primo.
- Io sono Maxwell Gabriel Lightwood. Mi piacciono i fumetti e la musica grunge. – disse con un sorriso, lo stesso che le avrebbe rivolto Simon. Clary ricambiò il sorriso. Il ragazzo affianco a Max decise di prendere la parola.
- Mi chiamo Raphael Ragnor Lightwood. Ehm… odio il glitter.
- E stare al centro dell’attenzione. – completò per lui Aura. Il ragazzo sbuffò, ma rivolse alla strega uno sguardo complice. Era carino, con la pelle ambrata e gli occhi verdi e luminosi. La Cacciatrice venuta dal passato si stupì scorgendo delle venature dorate all’interno dell’iride quando la luce lo colpiva direttamente.
- Quindi ora tocca a me. – affermò con decisione una vocina femminile alle spalle di Maxwell. La ragazzina identica ad Isabelle e il bambino uguale a Max si erano nascosti dietro le gambe del fratello maggiore e fecero capolino nello stesso momento. La ragazzina si portò al fianco del fratello, incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio con atteggiamento da vera dura.
- Io sono Rebecca Maryse Lightwood e quello lì è il mio fratellino Jordan Timothy.
- Potevo presentarmi anche da solo. – puntualizzò con un sospiro il più piccolo della famiglia. La sua voce era ancora più esile di quella di sua sorella.
- Tanto per completare il giro, il mio nome completo sarebbe Aura Cecily Lightwood. Pardon, Bane-Lightwood.
- E io sono Julie Charlotte Herondale. Per dare un taglio a tutta questa monotonia di Lightwood.
Clary si stava giusto chiedendo se Julie avesse ereditato il leggendario umorismo degli Herondale. Evidentemente sì.
 
- Non so cosa ne pensiate voi, ragazzi, ma in quanto membro del Conclave di New York più anziano…
- Max, hai diciassette anni. – gli ricordò Aura – Non sei esattamente il più anziano. Quel posto spetta a mio padre Magnus, che ha ben quattrocento anni.
- Intendo attualmente. – specificò Max – Comunque ritengo sia il caso di richiamare i nostri genitori e John. Non è una situazione che siamo in grado di gestire.
- Dopo tutto quello che è successo negli ultimi sei mesi, direi che possiamo gestire qualunque tipo di situazione. – mormorò Julie più a se stessa che all’assemblea. Inutile dire che Clary era sempre più curiosa di sapere cosa fosse successo. Aveva capito soltanto che ci andava di mezzo Aura, il famoso Derek e una battaglia ad Idris. Avrebbe cercato di chiedere spiegazioni a Julie più tardi. Erano tutti seduti in cerchio, nella sala addestramento, e stavano discutendo da dieci minuti se richiamare o meno gli adulti dell’Istituto a New York. Clary si sentiva un po’ a disagio, era evidente che non aveva alcuna possibilità di essere inclusa in quel gruppo di ragazzi così familiari ma al tempo stesso estranei. Si immaginò Jocelyn che pretendeva di partecipare a un uscita a sei, con lei, Jace, Simon, Magnus e i Lightwood. Non sarebbe stato esattamente carino, per il semplice motivo che c’era un salto generazionale notevole. E nonostante Clary avesse solo ventidue anni, si rendeva conto di essere comunque vista come la quarantenne che quei ragazzi erano abituati a conoscere.
- Io direi di capire anzitutto la causa del problema. Clarissa, come sei finita qui? – domandò Aura.
- Non ne ho idea. Abbiamo avuto dei problemi con i Portali e… bho, io sono finita qui. Probabilmente anche altri del gruppo saranno dispersi…
- Chi viaggiava con te? – intervenne Raphael.
- Il nostro solito gruppo. Alec e Magnus, Jace e io, Isabelle e Simon. Eravamo stati convocati ad Idris dall’Inquisitore, dovevamo andarci per forza.
- E non c’è nessun altro, a parte te? – chiese Max.
- No, almeno credo. Io mi sono risvegliata da sola. Poi ho incontrato Julie e…
- Amatis! – Julie si alzò in piedi mentre due figure entravano nella stanza. Amatis era minuta, i capelli rossi raccolti in una coda alta e gli occhi azzurri velati di preoccupazione. Stringeva la mano del ragazzo al suo fianco, alto e magro, dai lineamenti delicati, i capelli castani e lisci e gli occhi neri, leggermente allungati. Sia il suo sguardo che quello della Graymark si soffermò su Clary.
- Clarissa, loro sono Amatis Graymark e William Carstairs. – fece brevemente le presentazioni Julie – Ragazzi, stavamo giusto decidendo che cosa fare.
- Mi pare ovvio. Dobbiamo avvisare non solo il resto di noi a New York, ma anche tutto il Conclave. Questa è una faccenda seria. – disse Amatis, poi si rivolse a Clary – Da quale anno vieni, precisamente?
- 2014.
- Allora andremo ad Idris e chiederemo a Magnus di rispedirti da dove sei venuta. Non c’è altro modo. – concluse Amatis – Non capisco cosa ci sia da discutere.
- Ma Amatis, se il problema fosse solo rispedirla nel passato, l’avremmo già fatto. – intervenne Aura – Il punto è come. I Portali sono studiati in modo tale da avere una sola direzione temporale. Quella di Clarissa non è uguale alla nostra, per cui dovremmo sconvolgere l’equilibrio dei Portali per farla tornare indietro. Non sono sicura che mio padre…
- Se tuo padre non ne sarà in grado, troveremo un altro stregone. Comunque non è il momento di discutere, non più. Dobbiamo andare ad Idris. Ora. – Amatis era categorica.
- Se partiamo tutti, lasceremo l’Istituto incustodito. Qualcuno deve restare per forza. – fece notare Raf.
- Resto io. – parlò per la prima volta William.
- Ok, resto anch’io. Così voi due cuccioli non verrete sballottati da una parte all’altra del pianeta. – disse Max rivolgendosi ai fratellini. Jordan mise il broncio mentre Becky diventava tutta rossa.
- Ma io voglio venire con voi! Ormai sono una Shadowhunter a tutti gli effetti, guarda! – strepitò, mostrando la runa della Vista sulla mano destra – Dovete portarmi con voi!
- Rebecca, ti prego, non fare la bambina. – la rimproverò Max – Allora è tutto deciso…
- Non credo proprio. – si intromise Julie – Amatis, perché tutta questa fretta? Non mi sembra il caso di agire in modo così avventato e precipitoso.
- Io ho la responsabilità su tutti voi. Vi devo ricordare che, quando gli altri adulti non ci sono, sono io il capo di questo Istituto? – sbottò la rossa – Non posso permettere che succedano altri casini come quelli degli ultimi mesi. Per cui prima ci liberiamo di lei, meglio è.
Clary rimase interdetta. Quindi lei era solo uno dei tanti casini? Non si sarebbe mai aspettata che sua sorella potesse dire una cosa del genere. Non sarebbero andate molto d’accordo nel futuro, ne era certa. Nonostante tutto, però, aveva ragione. Non aveva senso restare in una dimensione che non era la sua. Quindi decise di intervenire.
- Sono d’accordo con Amatis. Non posso restare qui e credo che Magnus saprà trovare una soluzione al problema. Per quanto mi riguarda, sono pronta ad andare ad Idris.
- Oh! – si lasciò sfuggire Julie, evidentemente sorpresa. Aura scosse la testa e sospirò, poi si alzò in piedi. Kitty Solo, che fino ad allora era rimasto sul suo grembo, balzò per terra e continuò ad orbitare attorno alla sua padrona.
- Immagino che allora vi serva un Portale. – disse la strega, facendo scrocchiare le dita.
- Decisamente. – annuì Julie.
Anche Raphael si alzò e bisbigliò qualche parola all’orecchio della sorella, che annuì con un sorriso. Ci volle un po’ prima che un ampio Portale blu cobalto venisse creato nel centro della sala addestramenti e nel frattempo Julie e Raphael prepararono due zaini con armi di vario genere. Clary notò che sotto le maniche lunghe del maglione di Raf, si intravedeva la punta di un pugnale. Ebbe qualche attimo di panico davanti al Portale, temeva di perdersi di nuovo, e si girò verso Julie.
- Potresti… potresti prendermi per mano?
La ragazza la guardò come se le avesse chiesto informazioni sull’ingresso all’Inferno più vicino, ma non esitò a porgerle la mano. Clary strinse la mano di sua figlia, poi chiuse gli occhi e saltò nel Portale.

NdA: Preferita da 13, seguita da 42 e ricordata da 4.... e in più ben 18 recensioni (ringrazio Chesy, Misaki Ayuzawa, Clary F, Moony01, ambra irene e Aryelle per questo)!!! Mai avrei pensato di raggiungere questi risultati, per cui vi ringrazio tantissimo e ringrazio anche i lettori silenziosi, non avete idea di quanto questo mi incoraggi ad andare avanti! Mi sono divertita da morire a scrivere questo capitolo e vorrei fare una piccola serie sulla "nuova generazione" di Shadowhunters, così da conoscere meglio John, Julie, Aura e gli altri. Che ne pensate? Fatemi sapere e grazie ancora!!!
A presto,
_Alien_
P.S. c'è qualcuno esperto di immagini ed edit vari? Mi piacerebbe fare qualcosa per questa fanfic, ma io sono una totale imbranata in queste cose...... qualcuno sarebbe così gentile da aiutarmi?

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Capitolo 14
*** My parabatai is better than yours ***


Londra, 1879
Se c’era una cosa che Will Herondale odiava era aspettare. Dal piano di sopra, dove si era rifugiata Tessa da quando la maledizione l’aveva colpita, si sentivano dei rumori inquietanti, come scoppi improvvisi o crepitii di fiamme. Gideon, appoggiato al muro a braccia conserte, osservava senza commentare l’andirivieni dell’Herondale. Sapeva che prima o poi Will sarebbe riuscito a scavare un solco abbastanza profondo sul pavimento, a furia di andare avanti e indietro, ma non se la sentiva di intervenire. In fondo, si ripeteva fra sé, se fosse capitato qualcosa di male a Sophie e lui non avesse potuto fare nulla per aiutarla, sarebbe impazzito. Will si stava sorprendentemente limitando ad accanirsi sul pavimento. All’improvviso, proprio nel bel mezzo dei pensieri di Gideon, Will si fermò, le dita intrecciate nervosamente le une alle altre dietro la schiena.
- Questa è un’emergenza. – disse, come se stesse per iniziare una narrazione epica. Gideon inarcò un sopracciglio. Un secondo dopo, un rombo assordante, simile a quello di un tuono, invase tutto l’Istituto. Will e Gideon si guardarono attorno spaesati, poi fissarono con apprensione le scale che conducevano ai piani superiori. Will fece per slanciarsi verso le scale e raggiungere Tessa, ma il Lightwood lo fermò, afferrandogli saldamente la spalla.
- Non compiere gesti avventati, William.
- Ma Tessa… !
- C’è Magnus con lei. Sta’tranquillo, è in buone mani.
Will gemette di frustrazione. Si ritrasse dal tocco di Gideon e si scostò stizzito un ciuffo di capelli dagli occhi. Il blu delle iridi ricordava quello di un mare in tempesta.
- Devo chiamare Jem.
- Cosa? – la voce di Gideon venne fuori più acuta di un’ottava – Ma non puoi! Lui non può lasciare la Città Silente senza un motivo valido.
- Tessa è un motivo più che valido. James è l’unico che forse può davvero fare qualcosa. – ribatté con forza l’Herondale.
- Anche se ora è un Fratello Silente, Jem rimane comunque un Figlio dell’Angelo. Da quello che ho capito, solo chi ha sangue demoniaco può interagire con Tessa. Quindi anche James sarebbe impotente.
Will ammutolì.
- Forse non voglio che venga solo per Tessa. – mormorò il Cacciatore – Voglio che venga perché io ho bisogno di lui. È il mio parabatai
Gideon non sapeva cosa dire. Non era esattamente bravo con le parole. Avrebbe tanto voluto consolare Will, ma non aveva la minima idea di come fare. A salvarlo giusto in tempo, giunse Jace. La cosa però non fece che irritare ancora di più l’Herondale dagli occhi blu.
- Ebbene? – sibilò infatti con stizza. Jace ricambiò il suo sguardo gelido.
- Cosa? Adesso non si può neanche camminare per il corridoio? – replicò il biondo.
- Dunque, io… io vado a chiamare Fratello Zaccaria. Will… per favore. – lo supplicò con lo sguardo Gideon. Poi, impaziente di scrollarsi la tensione che solo due Herondale inferociti l’uno contro l’altro potevano scatenare, si dileguò. In certe situazioni, soltanto i parabatai potevano far rinsavire i contendenti. Come in quel momento. Jace e Will si squadrarono a vicenda, senza muovere un muscolo, semplicemente non staccavano neanche per un istante gli occhi dall’altro.
- Nel caso non l’avessi ancora capito, non sono venuto qui per caso. – si decise a parlare Jace.
- E allora saresti così gentile da illuminarmi sul motivo della tua presenza qui? – ribatté piccato Will.
- Io e Alec vorremo accedere alla Sezione Ombra della biblioteca.
- Cosa?! E come potremmo noi far accedere dei perfetti sconosciuti ad un luogo così importante come la Sezione Ombra? – sbottò Will – Tu e Alec potete anche scordarvelo.
- Parliamoci chiaro. Non so che cavolo di problema tu abbia con me, ma non m’importa. Puoi tranquillamente continuare a odiarmi e a darmi dell’impostore. Però non puoi costringermi a rimanere qui, in questa epoca, soltanto perché non mi sopporti.
- E tu non puoi pretendere che io ti creda. È una storia decisamente troppo assurda, la tua. E in più non ci avete detto niente sulla vostra epoca, sulla vostra vita nel futuro. A parte gli anelli, non abbiamo nessuna prova che tu e il tuo parabatai siate chi dite di essere.
A questo punto, Will fece qualcosa che Jace non si sarebbe mai aspettato: cominciò a sbottonarsi la camicia, lentamente, e poi la sfilò via dal corpo con un movimento  fluido, gettandola per terra. Jace sgranò gli occhi.
- Capisco che la mia bellezza sia leggendaria e ti faccia andare fuori di testa, ma comprendimi: sono fidanzato e non mai provato nessuna attrazione per un uomo. E poi siamo imparentati, non sarebbe incesto? Credimi, io pensavo di essermi innamorato di mia sorella e non è stato molto piacevole.
- Puoi tacere per un istante? – strillò esasperato il moro – Per l’Angelo, sembri una vecchietta bisbetica e petulante. E non preoccuparti, non attenterò in alcun modo alla tua virtù, anche perché quella peluria gialla che hai in testa non può essere considerata “bellezza”. Quanto all’essere parenti… - si picchiettò con l’indice la spalla - … dimostramelo.
Jace capì subito cosa volesse dire. Con un movimento agile, si sfilò a sua volta la camicia e la gettò in un angolo, mostrando la spalla sinistra all’antenato.
- Ecco qui. – mormorò trionfante – Ce l’ho anch’io. Come tutti gli Herondale.
La stella sulla spalla di Jace, identica alla sua, turbò non poco Will. Quando l’aveva casualmente scoperta, si era precipitato da Magnus per chiedere cosa significasse. Lui aveva risposto che probabilmente era il segno che un angelo avrebbe vegliato su di lui e sulla sua famiglia per sempre, anche sulle generazioni future. Quindi era naturale che la stella sarebbe stata tramandata ad ogni membro della famiglia dopo di lui. Trasalì e indietreggiò tanto da sbattere la schiena contro il muro. Ma no, non era possibile. Non poteva crederci. Era sicuramente un impostore, ne era certo. Non c’era niente, nei lineamenti di Jace, che gli ricordasse vagamente se stesso, Ella o Cecily, e i secoli che doveva esserci tra i due non contavano. C’era sempre qualche caratteristica che passava da una generazione all’altra. Per esempio il presunto Lightwood aveva un modo di contrarre la mascella che era uguale a quello di Gabriel e Gideon. Ma in Jace non riconosceva niente degli Herondale. Ok, aveva senso dell’umorismo, ma… no. Jace non era un Herondale. Non lo era e basta.
- Uno squallido tatuaggio, come quello che ho io.
- Hai un tatuaggio? – chiese sinceramente sorpreso Jace.
- Sì, un drago gallese dove non batte mai il sole. Vuoi vedere?
- No.
- Bene.
- Bene.
Silenzio imbarazzante. Will cominciò a rimirarsi le unghie mentre Jace si schiariva la voce.
- Io e Alec abbiamo davvero bisogno di visitare la Sezione Ombra della biblioteca.
- L’hai già detto. – sbuffò il moro.
- Se lo ripeto ci sarà un motivo.
- Sei estremamente irritante.
- In genere la gente usa altri aggettivi in “–ante” per riferirsi a me. Sfolgorante. Sfavillante. Aitante. Strabiliante…
- Ho capito il concetto.
- Allora avrai capito anche che, se non mi vuoi più tra i piedi, devi permettermi di visitare la Sezione Ombra. È una cosa che non puoi evitare.
- Non mi fido di te, biondino. Pensavo che ormai l’avessi capito.
- E io preferirei essere dovunque piuttosto che stare qui a discutere con te, moretto. Ma non ne posso fare a meno. Nel futuro c’è gente che ha bisogno di me e Alec.
- Per esempio? Prima hai nominato una fidanzata… - disse Will. Voleva proprio vedere cosa gli avrebbe raccontato il biondo. Jace fu preso in contropiede e tentennò per istante. Will avrebbe preso quell’esitazione per attimo di confusione, avrebbe pensato che probabilmente Jace non aveva davvero una fidanzata. Non poteva sapere che invece ogni volta che Jace pensava a Clary, rivedeva davanti a sé l’immagine di lei sballottata via nel buio.
- Sì. Si chiama Clarissa. – rispose nonostante le brutte immagini nella tua testa. Stava parlando pur sempre di Clary, la donna che amava.
- È una Shadowhunter?
- È una Fairchild.
- Per l’Angelo, mi imparenterò con Charlotte ed Henry! – esclamò Will – Dimmi, ci saranno molti membri della famiglia a di nome Buford?
- Non ne ho idea. Non credo che a Clary piaccia il nome Buford.
- A chi piace? A parte Henry, ovviamente.
- Com’è che siamo finiti a parlare di Buford?
- La tua promessa è una Fairchild. – per poco Jace non gli scoppiò a ridere in faccia nel sentire la parola promessa. Già si vedeva la sua Clary incastrata in qualche abito antico, che storceva il naso e sbuffava, dicendo che il vestito era troppo lungo per una nana come lei, senza rendersi conto che lei era perfetta così com’era.
- Direi piuttosto la mia ragazza, non abbiamo mai parlato di matrimonio, almeno non seriamente.
- Come prego?
- Sai, le cose nel futuro funzionano in modo diverso.
- Ma il tuo parabatai sta per sposarsi!
- La situazione di Alec è diversa. – eccome se lo era. Alec, in confronto a Magnus, aveva i giorni contati. Era ovvio che volesse trascorrere più tempo possibile con la persona che amava.
- Perché?
- Bhe… diciamo che tu e lui avete qualcosa in comune.
- Anche la sua fidanzata è una strega? Come si chiama? Forse Magnus la conosce?
- Eh, sì, direi che la conosce piuttosto bene.
- Chi è?
ArgomentoDiCuiAlecMiHaVietatoEspressamenteDiParlare in avvicinamento!
- Il punto non è con chi esce Alec, Mister HoUnDragoGalleseTatuatoSulDidietro. – sviò abilmente il discorso Jace.
- E allora qual è? La tua ragazza Clarissa? – replicò sarcastico Will.
- In parte. Per tornare da lei devo assolutamente entrare nella Sezione Ombra. Per favore, William. Se non altro, te lo chiedo come favore personale.
- Non posso e non voglio farlo. Per accedere a quella sezione devi avere delle motivazioni più che valide, molti di quei volumi riguardano la magia nera. – incrociò le braccia Will. Non importava cosa avesse detto il biondo, la sua Clarissa magari esisteva davvero, ma lui non era un Herondale. Era pronto a scommetterci.
- Ti prego, Will. Ti prego.
L’aveva costretto ad implorare, il bastardo. Ma non si sarebbe arreso. La Sezione Ombra della biblioteca dell’Istituto londinese era sempre stata famosa per il suo ricco assortimento di volumi di magia nera e non. Lì sicuramente avrebbero trovato qualcosa di utile. Ma per accedervi ci voleva l’apposita Chiave, che solo il capo dell’Istituto aveva. E Jace stava implorando il suddetto tipo. Per se stesso, per Alec e il suo matrimonio, per Clary e il resto della famiglia. Will ispirò ed espirò sonoramente, stringendosi le braccia al petto.
- Prova a metterti nei miei panni! – sbottò – Non posso consegnare la Chiave al primo che capita!
- Ma io sono un Herondale!
- No, non lo sei! Per quanto mi riguarda, sei un impostore!
- Ah sì?
- Sì.
- Bhe… allora se non potrò avere la Chiave con le buone… la dovrò ottenere con le cattive.
 
Aprì gli occhi quando i primi raggi del sole filtrarono dalle persiane. Sbatté un paio di volte le palpebre e poi abbassò lo sguardo, un sorriso gli nacque spontaneo sulle labbra. Magnus dormiva abbracciato a lui, la testa nell’incavo del suo collo e la mano posata morbidamente sul suo petto. Alec sospirò, odiava doverlo lasciare, avrebbe voluto restare accanto a lui e guardarlo dormire, aspettando il suo risveglio, ma sapeva perfettamente quali erano i suoi doveri. Lentamente si districò dall’abbraccio del suo ragazzo e si alzò in piedi. Raccolse i vestiti che la sera prima entrambi non si erano preoccupati di sistemare, presi da tutt’altre attività, e li ripose nell’armadio. Dopo una doccia veloce, si vestì in tutta fretta, indossando la divisa da Shadowhunter. Stava finendo di allacciarsi gli stivali, quando sentì un gemito sommesso.
- Dove stai andando? – domandò Magnus con la voce impastata dal sonno. Dopo che Alec era sgusciato via dal letto, lui si era sdraiato a pancia in su, una mano sugli occhi per evitare il contatto con la luce.
- All’Istituto. – rispose Alec, avvicinandosi di nuovo al letto. Si chinò su Magnus e gli lasciò un lieve bacio sulle labbra – Scusami se ti ho svegliato.
- Non andartene. – le braccia dello stregone si avvolsero attorno al suo collo, stringendolo di nuovo a sé – Resta con me.
- Lo sai che non posso. Scusami.
- Alexander…
- Ci vediamo stasera. Ti amo tanto. – lo baciò di nuovo – Adesso torna a dormire.
- Ti amo anch’io, Alec. Non fare tardi. – sussurrò Magnus, prima di chiudere di nuovo gli occhi.
 
- Alec?
Aprì gli occhi, ma accanto a sé non c’era il suo ragazzo. Si era appisolato in biblioteca, seduto su una poltrona, mentre leggeva una vecchia edizione del Codice, sperando di trovare qualcosa che lo aiutasse a tornare nel suo tempo. Sfortunatamente, non aveva ancora trovato nulla che facesse al caso suo. Con Jace, però, aveva convenuto di cercare nella mitica Sezione Ombra, una delle due cose per cui l’Istituto di Londra era sempre stato famoso. La seconda era ovviamente lo spirito che proteggeva l’edificio. Sospirò, chiudendo il volume sulle sue ginocchia. Il tempo di un respiro e la porta della biblioteca si aprì con un tonfo. Due figure alte e snelle corsero veloci verso di lui.
- Alec! – strillò una voce femminile, appartenente a Cecily – Alec, per favore, vieni con noi!
- Che succede? – balzò in piedi lo Shadowhunter.
- Si tratta di Will. – disse Gabriel, accanto a lei. Alec non reagì in alcun modo, non vedeva come la questione potesse coinvolgerlo.
- Si tratta di Will e di Jace. – specificò Cecily – Si stanno picchiando!
Alec boccheggiò e gli tornò in mente la conversazione con il parabatai avvenuta solo qualche ora prima.
- Sei sicuro di volerlo fare? Non mi sembra che tra te e Will corra buon sangue.
- Corre necessariamente buon sangue, Alec. Lui è qualcosa come il mio bis-bis-bis-bis nonno.
- Hai capito cosa voglio dire. Ogni volta che vi parlate vorreste scannarvi a vicenda, l’abbiamo notato tutti quanti!
- Tranquillo, siamo tutti e due Herondale. Ci intenderemo.  E poi conosci la mia incredibile capacità oratoria. Entro stasera avremo quella Chiave fra le mani.
- Lo spero. Ti supplico, Jace. Non fare cazzate.
- Ehi, ti ho detto di stare tranquillo! So quello che faccio!
- Ma è un idiota! – sbottò prendendosi il viso fra le mani e sospirando – Per l’Angelo.
E senza nemmeno aspettare Cecily e Gabriel, si catapultò nel corridoio.
 
Quando alla fine riuscì a trovarli, era decisamente un momento importante del combattimento. I due ragazzi stavano uno davanti all’altro, in posizione di combattimento, a torso nudo. Sulla pelle di entrambi erano comparse lesioni di vario genere: Jace aveva un livido sullo zigomo mentre il braccio di Will era segnato da varie unghiate. Alec si portò le mani ai capelli e li tirò indietro, gli occhi azzurri sgranati.
- JACE, CHE CAZZO STAI FACENDO!? – strillò, la voce ridicolmente più alta del normale, di almeno sedici ottave. Ma Jace non girò nemmeno la testa. Serrò il pugno e colpì la gola di Will con tutta la forza che aveva. Il moro indietreggiò tossendo, ma poi si scagliò a peso morto contro il biondo. Ruzzolarono insieme per terra, continuando a menare calci e pugni.
- JACE!!! – urlò di nuovo Alec e stavolta non rimase a guardare. Si buttò per terra anche lui e cercò di dividere i due contendenti, ma Jace lo allontanò con una gomitata.
- Stanne fuori, Alec. – sibilò appena prima di sferrare una ginocchiata nello stomaco dell’avversario. Il colpo andò a segno, ma l’antenato di Jace si riprese subito, si alzò arpionando per le spalle il biondo e lo gettò violentemente a terra.
Fu allora che, dietro di lui, Alec sentì dei passi leggeri, appena strascicati. I passi di un Fratello Silente. Si voltò giusto per vedere Fratello Zaccaria raggiungere i due combattenti e stringere con decisione la spalla di Will. L’Herondale smise immediatamente di muoversi e spinse Jace lontano da sé.
Riprenditi, William. Non è questo il momento di perdere la testa. Tessa ha bisogno di te.
La voce di Zaccaria rimbombò nelle loro teste come se avesse parlato ad alta voce in una stanza vuota. Il labbro inferiore di Will tremò leggermente mentre la sua mano raggiungeva quella del parabatai.
- Sei venuto… - sussurrò.
Mi hai chiamato.
Alec aiutò Jace a rimettersi in piedi. Ora aveva anche un occhio tumefatto. Alec e Zaccaria si guardarono per un istante, poi presero i rispettivi Herondale e li trascinarono nelle loro camere.
 
- Grazie per essere venuto…
Come ti sei conciato, Will? Come sei arrivato a questo?
Will sospirò, mentre Jem – o meglio, Fratello Zaccaria gli tracciava un iratze sulla schiena. Le contusioni dovute allo scontro con Jace si stavano rimarginando molto più lentamente del normale. Sibilò, mentre l’effetto intorpidente della runa raggiungeva le zone colpite.
- È tutta colpa di quel biondino, di quell’impostore. – ringhiò. Quella frase fu la premessa al racconto dettagliato e forse un po’deformato dal suo punto di vista dell’arrivo inaspettato di Alec e Jace. Il Fratello Silente accanto a lui si limitava a muovere lo stilo sulla pelle dell’amico, ascoltando attentamente ogni parola e tracciando con attenzione le rune di guarigione. Quando Will ebbe finito la sua storia e si fu sfogato, Zaccaria congiunse le mani davanti al viso e chiuse gli occhi, come se stesse meditando.
Quale motivo avrebbe questo Jace di affermare di essere un Herondale? Le famiglie di Shadowhunters sono così tante…
- È comunque un bugiardo. E lui e il suo amichetto adesso esigono anche la Chiave della Sezione Ombra!
… Io credo che stiano dicendo la verità.
Il moro rimase senza fiato.
- Cosa? – scattò in piedi, incredulo – Tu… tu non mi credi?
Non ho detto questo, William. È solo che… non so come spiegartelo. Da quando sono entrato nella Fratellanza, ho acquisito delle nuove capacità, cose che gli altri Nephilim non possono comprendere. Ho avuto modo di esaminare le loro auree durante quello spiacevole inconveniente…
- Auree? – inarcò un sopracciglio Will, confuso. Non ne aveva mai sentito parlare.
Ognuno di noi possiede un’aura, un’espansione della propria anima percepibile anche all’esterno. Io ho percepito quella di Jace: c’è un fuoco che divampa dentro di lui, molto simile al tuo.
- Fuoco? Scusa, Jem, non credo di capirci nulla di queste cose.
Sotto il cappuccio, Will giurò di poter scorgere una smorfia che sarebbe stata un sorriso, se le labbra del parabatai non fossero state cucite.
Oh, non preoccuparti per questo. Non è necessario che tu comprenda questo genere di cose. Ciò che è importante ora è aiutare Tessa. E soprattutto ritengo sia opportuno da parte tua chiedere scusa a Jace.
- T-tu sei sicuro che dica la verità? – chiese incerto Will.
Sì. Lo sono.
Will annuì, anche se ancora riluttante.
- Allora… allora ti credo. Mi fido di te.
Anche Fratello Zaccaria annuì. Tese il braccio, forse con l’intento di stringere la spalla di Will, ma si ritrasse quasi subito.
Ora devo andare.
- Ma Jem! Non puoi andartene ora! Che ne sarà di Tessa? Che ne sarà di me?
Tessa è in ottime mani, Magnus Bane saprà aiutarla al meglio. E tu, Will, sei abbastanza forte da continuare senza di me.
Jem gli diede le spalle e stava già strisciando via, verso la porta, quando Will parlò:
- Tu sei il mio parabatai, Jem. Sei il mio migliore amico, mio fratello… ho bisogno di te.
Il Fratello si girò verso di lui, gli occhi nascosti dal cappuccio del mantello.
James Carstairs non tornerà mai più, William. Il tuo parabatai, il tuo migliore amico, tuo fratello se ne è andato per sempre. Ormai io sono questo. Sono un Silente. Sono Fratello Zaccaria. Ma una cosa posso assicurartela: anche per lui tu eri molto importante, l’unico a cui avrebbe mai affidato Tessa.
- Ora stai mentendo. Tu tieni ancora a me e a Tessa. Tu ci ami ancora.
James vi ama ancora. E lo farà per sempre.
 
- Non mi piace dirti certe cose, Jace, lo sai, ma certe volte sei un tale coglione…
- Ok, Alec, va bene. Sarà la centesima volta che me lo dici.
- No. Prima ti ho detto quanto fossi incosciente, sconsiderato, idiota e cretino. Non ti avevo ancora dato del coglione.
- Oh, ora sì che la mia vita è completa! Alec mi ha dato del coglione! Morirò finalmente in pace!
- Deficiente…
Alec si era categoricamente rifiutato di tracciare un iratze per l’occhio di Jace, ma non se l’era sentita di ignorare completamente la contusione. Così stava delicatamente tamponando l’occhio del parabatai con un impacco freddo, sorbendosi i sibili e i gemiti di dolore dell’altro con glaciale disinteresse. O almeno, questa era la facciata che si era imposto per punire psicologicamente Jace.
- Mi dispiace, ok? Ascolta, io ho provato a parlargli, davvero, ma lui non voleva saperne di darci la Chiave…
- Così tu l’hai preso a pugni. Adesso ci darà la Chiave sicuramente. – sbuffò Alec.
- Scusami. È che ha tirato in ballo Clary e io… io non ci ho visto più. Lo sai come sono fatt-AHI! – gemettè Jace – Fai piano, per favore.
- Te lo sei meritato. – commentò serafico Alec – E comunque Clary non è una buona ragione per picchiare un tuo antenato.
- Tu hai ucciso Meliorn perché aveva rapito Magnus. – gli ricordò Jace.
- Non credo proprio che Clary sia nell’Edom, in fin di vita e con un padre demone desideroso di ucciderla. E comunque non nominare Magnus, non qui. Loro non devono sapere…
- Credo che a questo punto non credo farebbe molta differenza. Tu e Magnus vi sposerete e allora? Che…?
- Che problema c’è? C’è che se lo diciamo, Magnus potrebbe prendere scelte diverse. In questo momento potrei non piacergli e così, chessò, lui potrebbe decidere di vivere da eremita sull’Himalaya. Così non conoscerebbe più Jocelyn, non bloccherebbe più i poteri di Clary, non darebbe più una festa per il Presidente Miao, non… non mi incontrerebbe più. -  la voce di Alec si spezzò. Non ci aveva mai pensato prima, ma cosa ne sarebbe stato di lui, se non avesse mai incontrato Magnus? Probabilmente sarebbe rimasto per sempre solo, convinto di essere innamorato di Jace e di essere sbagliato, contro natura.
- Detto fra noi, non credo che la vita da eremita faccia per Magnus. E comunque va bene, non diremo niente di voi due. – l’Herondale aveva visto subito il radicale cambio d’umore del parabatai, così strinse saldamente la mano attorno al ginocchio dell’altro – Sarò anche un coglione, ma non spiffererei mai i segreti del mio migliore amico ai quattro venti.
Alec accennò un sorriso.
- Sono comunque arrabbiato con te. - disse, ma nella sua voce c’era una punta di divertimento – Ma d’altronde credo che me lo sarei dovuto aspettare, no? Voglio dire, tu e Will non potete proprio sopportarvi.
- No, infatti. Però mi dispiace davvero, Alec. Ho fatto un casino.
- Come se non ne facessi mai. Ora sarà molto difficile ottenere quella Chiave, ma dobbiamo provarci. Non vedo altro modo per tornare nel nostro tempo.
- Ma il quarzo laccato? A cosa serve?
- Micrato, Jace. Magnus ce l’ha dato per comunicare fra noi. Tre me e te funziona, l’hai notato anche tu, ma non riesco a parlare con lui o con nessun altro. E come se non riuscissi a connettermi alle loro menti. È frustrante. – scosse la testa Alec – Forse nella Sezione Ombra troveremo qualcosa… deve esserci qualcosa.
- E se non trovassimo nulla o decidessero di non farci entrare? – domandò esitante Jace. Alec lo guardò negli occhi, blu nell’oro, e sospirò.
- Troveremo qualcos’altro. – rispose. Jace capì che in realtà, se non avessero trovato ciò che cercavano, non avrebbero avuto altre possibilità. Non sarebbero riusciti a tornare indietro. Sarebbero rimasti bloccati per sempre. Rabbrividì all’idea di restare nel passato, senza Clary. No, non era proprio possibile.
- Ok, allora… che si fa adesso?
- Chiedi scusa a Will.
- Ma… ?!
- Poche storie, Herondale. Possibilmente evita di usare il tuo sottile sarcasmo mentre ti scusi con lui.
- Come vuoi, Lightwood.
- Ehm-ehm.
I due ragazzi si voltarono verso la porta, dove era appena comparso Will, a braccia conserte. Alec fece saettare lo sguardo da Will a Jace, rivolgendo a quest’ultimo un’occhiata eloquente. Jace sospirò, si alzò in piedi e si diresse verso il suo antenato. Dopo essersi guardati negli occhi per alcuni secondi – in cui Alec temette seriamente che si saltassero di nuovo addosso – presero contemporaneamente fiato per parlare.
- Scusa. – dissero all’unisono.
Per poco Alec non si lasciò sfuggire una risatina.
- Ascolta – esordì Will – io potrei, ecco… potrei essermi fatto un’idea sbagliata su di te e sul tuo amico… io ho deciso di crederti, Jace Herondale.
Gli occhi dorati dell’altro minacciavano di rotolare via dalle orbite, tanto erano sgranati.
- Cosa? Ma tu avevi detto che…
- Lo so cosa ho detto. Ma le cose sono cambiate. Una persona mi ha aperto gli occhi. – le dita di Will rovistarono nelle tasche dei pantaloni, tirando fuori una piccola chiave d’ottone – Questa è la Chiave della Sezione Ombra. Cercate di trattarla bene.
Jace non reagì, rimase semplicemente a fissarlo, così Alec si alzò a sua volta e lasciò che la Chiave gli cadesse sul palmo della mano.
- Grazie. – disse Alec, accennando un sorriso. Jace mugolò qualcosa di indefinito.
- Prego. – sorrise a sua volta Will, lanciando un ultimo sguardo a Jace e uscendo dalla stanza.
- Quel tizio è strano. – commentò il biondo – Fino a qualche ora fa mi avrebbe ucciso a mani nude, ora invece vuole diventare il mio migliore amico!
- Credimi, neanche io so cosa pensare. Però adesso abbiamo la Chiave. – gli occhi di Alec scintillarono mentre teneva in mano il piccolo oggettino – Iniziamo subito a cercare.
E mentre i due uscivano dalla stanza e si avviavano verso la biblioteca, l’unico pensiero fisso di Alec era: Magnus, sto arrivando.

NdA: immagine ispiratrice del capitolo: http://www.bing.com/images/search?q=jace+will+herondale&FORM=HDRSC2#view=detail&id=1686C685C3462FA1DDBAB2DBE467DA5D9BEC4539&selectedIndex=17
Sì, appena ho visto questa fan art di Cassandra Jean, mi è venuta l'ispirazione :) Le cose si fanno sempre più complicate BTA!!! Ma forse ora è il caso di trovare una soluzione...
Ringrazio tantissimo Amy_demigod per la recensione, quello era un capitolo a cui tenevo particolarmente :)
Detto questo, al prossimo week-end e il 7 ottobre esce Kings of Suburbia, scusate fandom sbagliato
_Alien_

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Capitolo 15
*** Le leggi dell'amore ***


Idris, 2014
La Sala degli Accordi si stava riempiendo a vista d’occhio, tanto che, se non fosse stata accanto a Simon, probabilmente si sarebbe persa in quel mare di corpi. Strinse le mano del ragazzo con forza, mentre entrambi si facevano strada tra la moltitudine di Shadowhunters e Nascosti, in cerca di un posto a sedere.
- Isabelle! Simon! – si sentirono chiamare. Maryse agitava un braccio per farsi vedere e i due giovani, con grande fatica, la raggiunsero e presero posto accanto a lei.
- Come mai tutta questa gente? – chiese incuriosito Simon – È impossibile usare i Portali, come hanno fatto ad arrivare qui per la riunione?
- I Portali non sono l’unico modo per viaggiare. Sicuramente è il metodo più pratico e veloce, ma non l’unico. – spiegò Maryse – E poi, da quando la Guerra Oscura è finita, c’è stata una migrazione di massa verso Idris, l’unico posto al mondo dove è piuttosto improbabile che i demoni possano attaccare.
- Improbabile, non impossibile. – mormorò Izzy. Un paio di occhi grigi, nascosti da lenti spesse, le attraversarono la mente. Se Alicante fosse davvero stata una città anti-demone, Max sarebbe stato ancora vivo. Anche gli occhi azzurri di Maryse si oscurarono di un dolore indicibile. Si girò verso la figlia e le accarezzò il viso.
- Niente è impossibile, tesoro. E l’unica cosa che si può fare in certe situazione è sperare per il meglio.
In quel momento, entrò Magnus, con Tessa al suo fianco. Rispetto al giorno prima, quando si era sciolto in lacrime sulle rive del lago, sembrava stare leggermente meglio. Ma Isabelle non l’aveva mai visto monocromatico. Pantaloni neri senza un briciolo di glitter, camicia nera senza alcun tipo di lustrino, stivali neri lucidi e capelli liberi dal gel, che ricadevano morbidamente sulle spalle. Sul viso non c’era traccia di trucco, anche se un po’di correttore per le occhiaie che gli scavavano il viso non avrebbe fatto male. E le labbra, prive del lipgloss glitterato, erano curvate all’ingiù. Tessa, in jeans e maglietta, gli strinse il braccio in un gesto incoraggiante, mentre lui faceva una smorfia che voleva essere un sorriso. Poi i due stregoni si separarono e Magnus scivolò silenziosamente al suo posto di rappresentante dei Figli di Lilith. Isabelle sospirò, non l’aveva mai visto così abbattuto. Notò con la coda dell’occhio che anche sua madre stava fissando lo stregone con una certa apprensione. Fece per chiederle perché, ma fu allora che il mormorio della sala si interruppe bruscamente. Il Console Penhallow e l’Inquisitore Lightwood entrarono solennemente e si sistemarono ai loro posti, al centro della sala.
- Figli dell’Angelo, della Luna, della Notte, di Lilith e del Popolo Fatato! – proclamò il Console – Da questo momento, la riunione richiesta da Isabelle Sophie Lightwod ha inizio.
 
Londra, 2014
- Guarda, papi! Sembra di stare a New York! Ci sono tante persone e tantissime luci! – gli occhi azzurri di Amatis brillavano per lo stupore. Luke accennò un sorriso alla figlia, ma non gli sfuggì il sospiro stanco di Jocelyn.
- Ehm… sappiamo che Piccadilly Circus di venerdì sera non è il massimo della tranquillità, ma Lady Svit-ehm, Lady Geminy abita qui vicino. – disse mortificato Bill, correggendosi prima di chiamare il Sommo Stregone di Londra con il suo soprannome.
- Bando agli indugi. – affermò in maniera piuttosto teatrale Tom – Andiamo.
Ma nessuno riuscì a muovere un passo, prima che il cellulare di Bill trillasse: Somewhere in town, we don’t know where we are!
Già si ritrovò a pensare Jocelyn Chissà dove ci stanno portando, questi due…
- Pronto? – rispose Bill, passandosi una mano tra i lunghi capelli per tirarli indietro – Oh, Katy! Cos-come è scomparso? Ma… cerca meglio, in fondo ha solo cinque anni. È troppo piccolo per…
- Ehi, Bill! – una vocina richiamò la sua attenzione. Will aveva stretto le piccole dita attorno ai pantaloni della sua tenuta e li stava strattonando per farsi notare. Sorrise non appena gli occhi castano chiaro di Bill incontrarono i suoi, molto più scuri.
- Mein Engel! – schizzò in aria il biondo, tradendo la sua effettiva nazionalità – Was machst du hier?
- Bill, was passiert? – chiese Tom preoccupato. Jocelyn ricordò vagamente che il fratello di Robert Lightwood, Tristan, aveva sposato una Shadowhunter tedesca e si era trasferito a Berlino. I due gemelli dovevano essere nati lì. Peccato che non capisse una parola di tedesco. Luke inarcò un sopracciglio, mentre le piccole labbra rosa di Amatis assunsero la forma di una O perfetta. Quando il ragazzo con le treccine vide il piccolo Will, trasalì.
- Aber du… - boccheggiò.
- Ja, ich weiß… - concordò il fratello.
- Ragazzi, se parlate in tedesco non capiamo niente. – sbuffò il bambino, aggrottando la fronte. I gemelli sembrarono riscuotersi.
- Cosa ci fai tu qui?! Stai facendo morire di paura Katy! Perché sei scappato? – strillò Bill.
- Sei scappato? – ripeté incredulo Tom.
- Sì. – incrociò le braccia al petto Will – Voglio tornare dalla mia mamma e dal mio papà. Voglio sapere perché non mi chiamano!
- Ma William! – sospirò Bill – I tuoi genitori stanno bene, non si sono dimenticati di te! È solo che… ora è difficile comunicare con loro.
- Lo so. – ribatté il piccolo Carstairs – È proprio per questo che voglio venire con voi. Ho sentito Katy che parlava a telefono con il suo amico Julian, mamma e papà sono ad Idris!
- Will! Non si origliano le telefonate! – si mise le mani sui fianchi Bill.
- Oh, taci, Bibi. Questo è l’ultimo dei nostri problemi. Adesso tu vieni con me e ti riporto all’Istituto. Bill, tu vai da Lady Geminy. – Tom fece per chinarsi e prendere in braccio il bambino, quando Will cominciò a ululare disperato. Almeno un quarto delle persone che affollavano la piazza si girò verso di lui. Una donna in equilibrio su dei vertiginosi tacchi lanciò un’occhiataccia a Tom, mentre una comitiva di giovani smise di chiacchierare per focalizzarsi indignati su di lui.
- Buahhhh!!! Voglio la mia mamma! Portatemi dalla mia mamma! – singhiozzò Will sempre più forte. Jocelyn e Luke si guardarono rapidamente intorno. Presto o tardi avrebbero attirato l’attenzione della polizia e allora sarebbero stati guai. Così la Cacciatrice si inginocchiò e sorrise rassicurante al piccolo Carstairs, accarezzandogli una guancia.
- No, tesoro, non piangere. Va tutto bene. Rivedrai presto la tua mamma…
- Se vengo con voi, sì! Non voglio tornare all’Istituto, voglio mamma e papà!
- Ma William, il viaggio è troppo lungo e pericoloso per te! – intervenne Bill.
- Amatis ha la mia età e verrà con voi! – fece notare Will.
- Amatis è con i suoi genitori! – borbottò Tom – Mein Engel, ich will keine Kinder…
- Non mi farete cambiare idea! Io verrò con voi, umh! – concluse mettendo su un broncio colossale, le lacrime che ancora gli rigavano le guancie.
- Papi, mi metti giù? – bisbigliò Amatis all’orecchio di Luke.
- Ok, ma non allontanarti. – si raccomandò e la bambina annuì. Una volta con i piedini per terra, la piccola pel di carota si avvicinò a Will e gli sorrise.
- Secondo me hai ragione tu. – affermò. Si girò verso i suoi genitori e i gemelli Lightwood con il mento sollevato e il sopracciglio inarcato – Secondo me ha ragione lui.
Will sorrise appena in direzione della rossa.
- Amatis… - mormorò Jocelyn, ma lei la interruppe.
- Se fossi io al posto di Will, vorrei tanto tornare da te e da papà, mamma. – inclinò leggermente la testa di lato – Perché lui non può?
- Perché i suoi genitori non sanno nulla, tesoro. – spiegò pazientemente Luke – Non possiamo andare contro la loro volontà, se loro non vogliono che Will stia ad Idris.
- La cosa più preoccupante è come Lady Svit- cioè, Lady Geminy vuole farci arrivare ad Idris. Potrebbe essere pericoloso. – disse Bill – Non possiamo mettere a rischio la tua vita senza che ci siano i tuoi genitori a custodirti.
- Ma non sappiamo ancora cosa abbia in mente Lady Gemini. – rimuginò ad alta voce Jocelyn – Quindi… facciamo così. Se l’unico modo per raggiungere Idris è troppo pericoloso, allora lasceremo sia Amatis che Will qui a Londra. Altrimenti potranno venire con noi.
- Sì! Verrò con voi! – esultò Will, saltellando dalla gioia.
- Ok, ma comunque, anche se la strada per Idris si rivelerà tranquilla, avviseremo i signori Carstairs. Devono sapere dov’è Will. – asserì Tom.
- Affare fatto. Ora andiamo! – batté le mani Will. Poi si girò verso Amatis e le fece l’occhiolino, sillabando un muto “Grazie”. Amatis ridacchiò e il suo viso si imporporò leggermente. Mentre camminavano, con una mano si strinse al suo papà, ma l’altra si intrecciò a quella di Will, così da non perderlo tra la folla.
 
Idris, 2014
- Posso prendere la parola? – si alzò in piedi Lily, la rappresentante dei vampiri. Jia le diede il proprio consenso e Lily cominciò la sua arringa. Izzy sospirò. Era da quasi mezz’ora che discutevano, ma ancora non si era giunti a niente. Non sperava di poter trovare una soluzione per rintracciare Alec, Jace e Clary, ma almeno contava di decidere una mossa successiva, qualcosa da fare…
- … per questo io credo che sia inutile e dispendioso continuare le ricerche. Alexander, Jace e Clarissa sono perduti per sempre. Dovremmo focalizzare i nostri problemi su altro, come per esempio…
- STA’ZITTA, SUCCHISANGUE!
Lily ammutolì e puntò il suo sguardo verso chi aveva urlato. Isabelle spalancò gli occhi, Simon la bocca. Non potevano crederci, nessuno poteva. Nemmeno la stessa Lily.
- Magnus, che ti prende? – domandò confusa. Magnus Bane era sempre stato l’emblema della diplomazia, quello che creava compromessi e accordi, che metteva d’accordo le parti. Non aveva mai alimentato i conflitti. Ed invece, in quel momento, era in piedi, il busto proteso in avanti, le dita che scavavano rabbiose nei braccioli dello scranno, gli occhi spiritati.
- Non possiamo interrompere le ricerche! Ci sono quasi, mi manca poco per capire come rintracciarli! Vi prego, non possiamo abbandonarli! – la disperazione nella sua voce era più che evidente. Maryse si portò una mano alla bocca, gli occhi lucidi. Cercò con lo sguardo il suo ex marito. Non sarebbe intervenuto, lo sapeva, si sarebbe limitato a fissare lo stregone, le labbra contratte in una linea sottile.
- Magnus, sono a conoscenza della tua relazione con il giovane Lightwood, ma… - sospirò Lily, come se stesse ragionando con un bambino, ma l’occhiata assassina che le lanciò lo stregone la mise a tacere.
- Tu non sai un bel niente. – sibilò, gli occhi da gatto fiammeggianti – Ce l’ho quasi fatta, te l’ho detto. Tessa Gray e Catarina Loss mi hanno dato una mano. Abbiamo messo a punto un sistema di localizzazione nuovo, dobbiamo solo testarlo.
- Oh, bhe, in questo caso, allora… - la vampira fece un gesto noncurante con la mano, intimorita dalla reazione del figlio di Lilith. Magnus distese i muscoli e tornò a sedersi, apparentemente tranquillo, ma pronto a scattare al minimo impulso.
- Hai davvero trovato un modo per rintracciarli? – chiese speranzosa Isabelle. Magnus annuì, ma si morse il labbro con nervosismo. Le aspettative di Isabelle vacillarono.
- In realtà… mi serve ancora un po’di tempo. – ammise – Ma ci sto lavorando.
- Ci stai lavorando. – Maryse trasalì. Robert aveva parlato, gli occhi blu che scrutavano con saccenza il futuro genero – È da giorni che dici sempre la stessa cosa, ma non mi sembra che i miei figli e Clary siano qui. Oppure sbaglio? E inoltre – aggiunse, interrompendo la replica di Magnus – questa non è l’unica emergenza. Abbiamo inviato alcuni Shadowhunters nelle zone interessate dall’attività demoniaca, vicine ai territori del Popolo Fatato. Ho qui il rapporto di uno di loro, Horace Nightshade. Qui dice che c’è un solo demone che vuole invadere il nostro mondo. Il suo nome è…
- Scusate?
Tutti si girarono verso la porta. Un ragazzo alto, dai folti capelli neri, faceva capolino dalla porta.
- Tiberius! – esclamò Jia – Cosa stai facendo?
- Chiedo perdono per l’interruzione, ma… c’è una telefonata per Theresa e James Carstairs.
I due diretti interessati si guardarono straniti.
- Da parte di chi? – chiese Jem.
- William Jonah Carstairs, ehm, vostro figlio.
I due coniugi sgusciarono immediatamente via dai loro posti e si catapultarono verso la porta. Mormorarono un “con permesso” frettoloso, poi uscirono. Ty Blackthorn fece un lieve cenno col capo, prima di ritrarsi e chiudere la porta.
- Dicevo – riprese Robert, come se non fosse successo nulla – che c’è un solo demone che vuole invaderci. E il suo nome è Rhefur.
 
Londra, 2014
Né Jocelyn né Luke sapevano bene cosa aspettarsi dal Sommo Stregone di Londra. Nelle loro menti comparivano lo scintillante Magnus Bane, l’altruista Catarina Loss, il pragmatico Ragnor Fell e determinata Tessa Gray. Non esisteva uno stregone che assomigliasse ad un altro, in nessun caso. Bill e Tom, in testa al gruppo, svoltarono in un vicolo sulla sinistra della piazza gremita di gente e bombardata dalle luci dei megaschermi. Decisamente l’atmosfera era più tranquilla. Jocelyn affrettò il passo e si affiancò ai gemelli Lightwood.
- Prima, nella piazza - disse curiosa – la gente poteva vedervi. Non vi siete resi invisibili?
- Oh, no. Non lo facciamo quasi mai. Non serve. – fece spallucce Bill.
- Qui, a Londra, la gente non si stupisce di nulla. – aggiunse serafico Tom. Jocelyn annuì, pensierosa. I due ragazzi imboccarono un’altra strada laterale, sulla destra, e sbucarono in una zona di palazzi alti e stretti. Dopo qualche altro passo, i gemelli si fermarono. Il palazzo era semplice, color giallo tenue, le imposte di un verde brillante. Niente di speciale, insomma. Tom raggiunse il campanello d’ottone, con tanto di targhetta dorata Geminy - Nelrosh. Schiacciò il pulsante e poco dopo una voce gracchiò dal citofono.
- Sì? – chiese semplicemente la voce, profonda e femminile.
- Lady Geminy? Sono Tom Lightwood. Sono qui da parte dell’Enclave…
- Di venerdì sera? – la voce non sembrava irritata, solo sorpresa.
- È un’emergenza, signora.
- Oh. Allora va bene.
La porta si aprì con un cigolio, rivelando la sagoma di una donna. Non era esattamente alta, ma era formosa, il corpo fasciato da uno stretto e lungo tubino nero. I vaporosi capelli biondi erano sciolti sulle spalle, in netto contrasto con il nero dell’abito e dell’ombretto e le lunghe ciglia scure celavano dei grandi occhi verdi. Le labbra della donna, dipinte di un rosso intenso, si curvarono in un sorriso.
- Ma guarda chi si rivede! Bill e Tom Lightwood! – ammiccò in direzione dei gemelli.
- Buona sera, Lady Geminy. Ci scusiamo per l’orario e il giorno insolito, ma abbiamo bisogno del suo aiuto. – spiegò con solennità Bill.
- Taylor non sarà troppo contento, ma come posso tirarmi indietro? – chiese retoricamente la strega. Spalancò l’uscio e fece un ampio gesto della mano.
- Prego. Siete i benvenuti nella mia umile dimora.
L’intero gruppo entrò. La casa era un tripudio d’arredo ultra moderno, bianco e nero, un ambiente semplice e raffinato. In quello che doveva essere il salotto, l’unica stanza visibile anche dall’anticamera, un uomo sui trenta reggeva un bicchiere di vino, gli occhi celesti fissi sul fuoco scoppiettante del caminetto.
- Non credo di aver mai avuto il piacere di conoscere i vostri compagni. – la strega indicò con un cenno del capo le persone alle spalle dei Lightwood.
- Salve, io sono Jocelyn Greymark e loro sono mio marito Luke, mia figlia Amatis e William Carstairs. – rispose prontamente la donna. Lady Geminy sorrise ai bambini e li salutò con la mano, poi strinse la mano ai due adulti.
- Sono deliziata. – mormorò – Taylor, tesoro, vieni a conoscere i nostri ospiti.
Il giovane posò il bicchiere sul tavolino di vetro davanti a lui e si alzò. Mentre si avvicinava, Jocelyn scorse nei suoi occhi i tipici riflessi dorati dei lupi mannari.
Nelrosh pensò tra sé Jocelyn Ma certo. Lui è il capo branco di Londra.
- Garroway! – esclamò infatti Taylor, sorridendo a Luke – Come te la passi, amico?
- Non c’è male. – rispose con un sorriso il marito della Cacciatrice. Amatis fissava la strega, cercando il suo marchio distintivo, ma non riusciva a trovarlo. Diede una leggera gomitata a Will.
- Secondo te che marchio ha? – domandò.
- Non lo so. Forse… - stava ipotizzando il bambino, quando la strega sorrise e fece loro l’occhiolino.
- Basta chiedere, ragazzi.
Sollevò appena il vestito, che arrivava ai piedi, e i bambini non poterono fare a meno di spalancare occhi e bocca. I piedi della donna erano verdi, squamosi e palmati, simili a zampe di rana. Probabilmente anche il resto delle gambe era così, dato che le squame si diramavano oltre la caviglia.
- Suppongo che siate qui per un motivo. – disse poi, rivolgendosi agli adulti – Per quale scopo devo offrire i miei servigi?
Bill stava per aprire la bocca, ma Lady Geminy lo bloccò con cenno della mano.
- Non centra la questione dei Portali, vero? Perché in quel caso, c’è solo una cosa da fare.
- Cioè?
 
Idris, 2014
- Per Lilith… - ansimò per l’ennesima volta Magnus. Si era rosicchiato le unghie fino a mordere la carne, tanto era nervoso. E impaurito. Aveva troppa paura che l’incantesimo non funzionasse.
- Sta’tranquillo, Magnus. Andrà tutto bene. – gli accarezzò la schiena Tessa, con fare materno.
- Non avevamo messo in conto questa ipotesi! Andiamo, Tessa, chi si offrirà mai per una cosa del genere? È una missione suicida. – gemette lo stregone. La mutaforma si morse il labbro inferiore.
- Guarda il lato positivo. – disse – Se non funziona, verranno rimandati indietro. Sfrutteranno la stessa energia che ho usato io quando mi sono accorta che qualcosa non andava nel Portale che ha inghiottito il tuo Alec e i suoi amici. Ricordati che io e Jem siamo riusciti a tornare indietro, a New York.
- Il mio Alec… Dio, Tessa. Mi manca così tanto. – abbassò lo sguardo lui – Spero soltanto che stia bene. Se gli fosse successo qualcosa…
- Lo scopriremo presto. Però per controllare l’incantesimo ci vogliono almeno quattro stregoni. Calcolando me, te e Catarina… ne manca uno. Tu conosci qualcuno che ci possa aiutare?
- Nessuno oserà andare contro le leggi del Conclave… - scosse la testa Magnus. Poi, nei suoi guizzò un lampo d’energia. Un’illuminazione.
- Qualcuno c’è. – affermò – E non potrà dirmi di no.
 
- Non esiste.
- Oh, ti prego, Ron! Non puoi dirmi di no! Non dopo tutto quello che ho fatto per te! – piagnucolò Magnus. Il suo collega stregone si girò verso di lui. I colori predominanti in Ron Weasley erano il bianco della pelle e il rosso dei capelli, delle lentiggini sul viso, degli occhi e delle unghie. Era un po’inquietante, a dire la verità. Ma Magnus, secoli e secoli prima, lo aveva aiutato a salvare la donna che amava, una strega come loro, Hermione Granger. Ora Ron avrebbe restituito il favore.
- Magnus, hai idea di cosa mi stai chiedendo? Di infrangere le leggi del Conclave… i Nephilim potrebbero uccidermi!
- Non sono così spietati e poi io voglio salvare tre di loro.
- Magnus, non voglio essere coinvolto nelle faccende dei Nephilim.
- Almeno consideralo come favore personale!
- No. Mi dispiace.
Magnus fissò gli occhi rossi di Ron, indeciso se incenerirlo o annegarlo con un ancora appesa alle caviglie.
- Ascoltami bene, Weasley. Io non voglio andare contro il Conclave per puro spirito di ribellione. Io devo salvare il mio fidanzato, il suo parabatai e la piccola Clary Fairchild. Ho chiesto a te di aiutarmi perché sai cosa significa essere separati con la forza dalla persona che si ama. Io amo Alec con tutto me stesso, forse più di quanto tu ami Hermione, e lo riporterò qui da me, con o senza il tuo aiuto. Quindi non venirmi a parlare di leggi, perché quelle che seguirò io non sono dettate dal Conclave, non sono leggi scritte, sono dettate dal mio cuore.
- Non ti facevo così sentimentale, Bane. – sospirò Ron – E va bene, va bene. Ti aiuterò. Ma solo perché ti devo un favore.

NdA: Per l'Angelo, i miei lettori sono fa-vo-lo-si! Ringrazio Chesy, saretta98SS, Marty060201 e RaluRalu per le recensioni, che sono sempre molto, molto incoraggianti. E' bellissimo vedere che il mio impegno è apprezzato. Vi voglio bene. Come credo di aver già detto, ma lo ripeto, aggiornerò nel week end, ma non posso promettervi di essere costante per vari impegni (conosciuti come "scuola"). Io mi impegnerò con tutta me stessa, davvero, affinchè ci siano almeno due capitoli nuovi ogni mese. Spero sarete abbastanza pazienti.
A presto,
_Alien_

 

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Capitolo 16
*** L'incantesimo ***


Idris, 2014
- Pronto? – Tessa si era letteralmente appesa alla cornetta del telefono, ansiosa di sentire la vocina del suo piccolo.
- Mamma! – esclamò Will. Tessa sorrise raggiante.
- Angelo mio, ciao! Come stai? È successo qualcosa? – chiese apprensiva. Jem le teneva la mano sulla spalla, protendendosi verso il telefono per sentire la voce del figlio.
- Tutto a posto. Tu e papà siete a Idris, vero?
- Sì, ma… tu come fai a saperlo?
- Lunga storia. Senti, mamma, ho chiamato per dirti che sto per raggiungere te e papà. Siccome i Portali sono chiusi, userò un’altra strada…
- Come? Ma tesoro, non puoi viaggiare da solo!
- Mamma! – sbuffò il bambino spazientito – Non sono da solo. Starò insieme ai signori Greymark e alla loro figlia Amatis. E poi ci sono anche Bill e Tom.
- Ma come pensate di raggiungerci?
- … Lady Svitata ha parlato di qualcosa che gira…
- Lady Geminy ha intenzione di usare la Gabbia-Trottola?!
- Ah, sì, ecco come si chiamava! Proprio quella!
 
- Ma non si era parlato di sistema di localizzazione? Se Izzy va nel Portale, cosa cavolo dovremmo localizzare? – Simon era in piedi, accanto a Isabelle, al centro di un quadrato disegnato sul terreno. Ai quattro lati del poligono, c’erano i quattro stregoni che avrebbero compiuto l’incantesimo ideato dal Sommo Stregone di Brooklyn.
- Magnus ha dovuto dire così, altrimenti mio padre si sarebbe potuto insospettire. – spiegò Isabelle. Era un po’timorosa, aveva paura di perdersi nel Portale, ma Tessa le aveva spiegato come fare a tornare indietro se le cose si fossero complicate. Bastava sfruttare una corrente, una di quelle folate di vento che li aveva divisi l’ultima volta. In realtà, l’obiettivo di Isabelle era preciso. Secondo Magnus, lei era l’unica a poter trovare Alec, dato che c’era quello che lo stregone aveva definito “richiamo del sangue”. Secondo lui, infatti, Isabelle sarebbe finita nello stesso posto in cui c’era Alec perché le correnti del Portale l’avrebbero trasportata nei pressi di qualcuno col suo stesso sangue. Così aveva scovato dalla Città di Diamante una pietra rossa simile a quella che la ragazza portava al collo, convinto che quel materiale speciale fosse ben più potente del quarzo micrato. Izzy sperava solo che avesse ragione.  
- Ragazzi, non siete costretti a farlo… - Magnus puntò lo sguardo sulla sorella del suo ragazzo. Gli occhi neri di Isabelle brillarono di una luce risoluta, le labbra arricciate in un lieve sorriso. Doveva farlo, nonostante i dubbi. Alec l’avrebbe fatto.
- Tranquillo, Magnus. L’hai detto anche tu: nel caso le cose andassero male, devo solo tirarmi indietro.
Sei una Shadowhunter pensò con apprensione lo stregone E voi non vi tirate mai indietro.
- Quindi… lei viene mandata nel Portale, poi viene attirata nello stesso posto dove si trova Alec per il richiamo del sangue e comunicheremo attraverso il ciondolo… ma poi? Come tornano indietro? – chiese confuso Simon.
- Il ciondolo dovrebbe riuscire a creare una connessione più forte, tale da tirare indietro Isabelle e chiunque le sia vicino. È un esperimento, ma dobbiamo tentare… - mormorò l’uomo dagli occhi da gatto.
Isabelle strinse forte la mano di Simon e, dopo un breve scambio di sguardi, lei fece un cenno d’assenso.
- Ok. Siamo pronti.
Magnus, Catarina, Tessa e Ron si posizionarono ai lati del quadrato che racchiudeva i due Nephilim. Cominciarono a recitare sempre più velocemente sempre la stessa litania, le lingue che emettevano i suoni di un fuoco scoppiettante. Isabelle stritolò ancora di più la mano di Simon e lui l’attirò a sé, abbracciandola.
- Ti amo. – le sussurrò all’orecchio.
- Ti amo anch’io. – bisbigliò lei di rimando, poi lo spinse via, fuori dal quadrato magico. Un fascio di luce azzurra fendette l’aria, allargandosi e aprendosi a ventaglio. Era appena nato un Portale clandestino. Senza pensarci due volte, la Cacciatrice si buttò nel Portale, mentre i quattro stregoni continuavano a mormorare in quella lingua sconosciuta.

Londra, 1879
- Alec?
La testa del Cacciatore scattò verso l’alto, distogliendo lo sguardo dalla pagina del libro. Lo stregone davanti a lui aveva una mano poggiata su un fianco, mentre l’altra stringeva una scatolina fra le dita.
- Perché hai fatto forgiare un altro anello Lightwood? Non hai già il tuo?
Le guancie di Alec si imporporarono. Non aveva programmato l’evento in quel modo. Magnus non avrebbe dovuto trovare l’anello. Eppure l’aveva nascosto bene!
- Ehm… bhe, il mio si è scheggiato…
- È fatto d’argento misto ad adamas. Per cui ritengo improbabile il fatto che possa scheggiarsi. – inarcò un sopracciglio il suo interlocutore – Perché mi stai mentendo? Non ti fidi di me?
- No! Cioè, certo, come puoi pensare il contrario?! Ovvio che mi fido di te! – Alec si sfilò gli occhiali da lettura – anche se sapeva di acquisire un certo fascino quando li indossava – e si alzò in piedi, accantonando definitivamente il libro.
- E allora cosa sta succedendo? – incrociò le braccia al petto l’altro. Alec puntò il suo sguardo a terra. Decisamente non era come aveva programmato. Era tutto così poco romantico! Avrebbe voluto che quello, per Magnus, diventasse un ricordo speciale. Ma ormai lo aveva scoperto. Tanto valeva svelargli tutto.
- Ho fatto forgiare il nuovo anello perché intendevo donare il mio a qualcun altro. – disse. Non aveva il coraggio di sollevare lo sguardo. Magnus gli prese il mento con due dita e lo costrinse a fissarlo negli occhi. E le parole scapparono dalle labbra di alec come se fossero sempre state lì, come se il Nephilim avesse preparato un discorso degno dell’eloquenza di Jace. Ed invece quello che parlava era solo e soltanto il suo cuore.
- Doveva essere una sorpresa, ma ora mi vedo costretto a dirtelo. Io ti amo, Magnus Bane. Non è una novità per te, lo so, ma voglio che tu lo sappia. Voglio ripeterlo ogni giorno della mia vita, voglio darti tutto me stesso, voglio farti conoscere i miei pregi e i miei difetti, le mie paure, le mie insicurezze e voglio il tuo aiuto per superare le difficoltà. Voglio affrontare i pregiudizi insieme a te, voglio che chi ci vuole male veda quanto ci amiamo, voglio proteggerti, difenderti, voglio invecchiare e morire accanto a te. E poi, quando me ne sarò andato non per mia scelta, ma perché la morte mi reclamerà, voglio che l’ultima cosa che mai vedrò siano i tuoi occhi e voglio anche che tu non dimentichi mai di me. Per cui, adesso, te lo chiedo ufficialmente.
Si inginocchiò davanti a lui e si sfilò l’anello dal dito. Era un po’consunto dall’uso, ma le fiamme guizzavano ancora vivaci nell’argento.
- Magnus Bane, vorresti concedermi lo straordinario onore di diventare mio marito?
Lo stregone non proferì parola, ma cominciò a piangere, un sorriso stampato sul viso.
- Per Lilith, sì!  
 
- Magnus?
Aprì gli occhi non appena Tessa lo chiamò. Dopo l’incantesimo si erano addormentati entrambi, esausti, Tessa nel suo letto e Magnus sulla poltroncina lì vicino. Mentre aiutava Tessa ad alzarsi, non riusciva a cancellare dalla propria mente l’immagine del presunto Lightwood dagli occhi blu che gli chiedeva di sposarlo. Un calore familiare e piacevole gli strinse il cuore, ma poi scacciò via il pensiero. Non lo conosceva nemmeno. E poi era un mortale, un Nephilim! Non c’è futuro per uno Shadowhunter che si trastulla con gli stregoni…
 
Idris, 2014
Simon aveva chiuso gli occhi, un po’ per la forte luce emanata dal Portale, un po’ per non vedere Isabelle saltare verso l’ignoto. Quando li riaprì, Magnus aveva gli occhi chiusi e le mani congiunte davanti al volto. Tra le dita stringeva una specie di rosario a cui era attaccata una pietra rossa, dello stesso materiale di quella del ciondolo di Isabelle.
- E adesso? - balbettò Simon, la testa che gli girava vorticosamente. Una mano si posò gentile sulla sua spalla.
- Tranquillo, Simon. Non l’abbiamo persa. Magnus ha trovato un modo di mantenere i contatti con lei. – spiegò Tessa.
- Il quarzo micrato può contrastare la distanza spaziale, non quella temporale. – affermò Ron – Così Magnus ha vincolato le due pietre rosse forgiate nella Città di Diamante, quella di Isabelle Lightwood e quella che adesso lui ha in mano. La troveremo.
- Li troveremo tutti. – concluse con un sospiro Catarina. Magnus non proferì parola. E rimase immobile, mentre i suoi colleghi se ne andavano. Simon era indeciso sul da farsi. Se Magnus era davvero l’unico che poteva comunicare con Isabelle, allora doveva restare.
- Vai a casa, Simon. – ordinò invece Magnus.
- Ma io… Izzy…
- Sta’tranquillo. Fidati di me, per favore.
Il Cacciatore annuì. Si fidava di lui. E così, con l’ansia che cresceva ogni secondo di più, si allontanò dall’insolitamente taciturno Sommo Stregone di Brooklyn.
 
Londra, 1879
Tessa uscì tremante dalla sua stanza, sorretta da Magnus. Era pallida, le labbra violacee e i capelli spettinati, ma gli occhi brillavano.
- Non saprò mai come ringraziarti per quello che hai fatto, Magnus… mi hai liberata… - balbettò, ancora provata.
- No, Tessa. Ti sei liberata da sola. Hai visto? Hai fatto tutto tu. Sei molto più forte di quanto pensi. – disse Magnus, sorreggendola mentre scendevano le scale.
- Posso chiederti un ulteriore favore, anche se credo di abusare della tua pazienza?
- Oh, ma per favore. – scacciò con un gesto della mano la mortificazione di lei – Certo, dimmi pure.
- Mi accompagneresti da Will? È sicuramente in biblioteca. Voglio abbracciarlo…
- Come desideri.
 
Will aveva acconsentito a dare loro la Chiave, ma aveva preteso di essere presente durante le loro ricerche e Alec aveva deciso di accettare prima che Jace cominciasse a protestare. Il giovane Lightwood si era immaginato una Sezione Ombra, appunto, buia, con delle lampade ad olio che emanavano bagliori giallastri sulle pagine dei libri. Invece era uguale al resto della biblioteca, una semplice forte di frassino la divideva dagli altri reparti. Una volta entrato lì dentro, si era sorpreso per l’immensa quantità di libri che c’erano. Forse una differenza tra quella Sezione e il resto c’era. I tomi avevano copertine rilegate in pelli particolari, alcune scintillanti, altre provenienti da qualche strano animale esotico. La maggior parte dei titoli erano in oro, argento, adamas e altri metalli preziosi. Sicuramente lì c’era quello che cercavano. Il punto era che Alec non aveva la più pallida idea di cosa dovesse cercare di preciso e soprattutto dove avrebbe dovuto guardare. Qualcuno bussò alla porta e interruppe i suoi pensieri. Will la aprì e si ritrovò davanti Tessa. I due si guardarono negli occhi un solo istante, prima di saltarsi addosso reciprocamente e di stringersi forte l’una all’altro. Lei scoppiò a piangere, abbracciandolo stretto.
- Credevo che non sarei più riuscita a farlo…
- Oh Tess. Tessa. La mia Tessa… - mormorava come un mantra Will, affondando il viso nell’incavo del suo collo.
- È permesso? – domandò qualcuno dietro la coppia. Il cuore di Alec fece un triplo salto mortale carpiato. Magnus entrò nella stanza con i suoi agili ed eleganti movimenti felini, gli occhi da gatto che scintillavano. Era contento per la sua amica, Alec avrebbe potuto giurarci, ma una sorta di malinconia gli velava lo sguardo. Era lo stesso sguardo che aveva Alec quando fissava Clary e Jace, subito dopo che la rossa aveva scoperto l’esistenza del Mondo Invisibile. In quel periodo era convinto di amare Jace e provava gelosia, ma anche qualcos’altro. Anche lui aveva desiderato tanto che qualcuno non si limitasse a guardarlo, ma ad ammirarlo, come il suo parabatai faceva con Clary. Poi si era convinto che magari nessuno lo ammirava proprio perché non c’era niente di speciale, in uno come lui, che non si metteva mai in mostra. E poi era arrivato Magnus, l’arcobaleno del suo mondo nero.
Lo stregone, sentendosi osservato, lanciò un’occhiata seccata al Lightwood, ma appena i suoi occhi si allacciarono a quelli blu dell’altro, il fastidio che aveva provato per l’essere stato fissata troppo a lungo svanì. Cosa diavolo avesse quel ragazzo di diverso, non avrebbe saputo dirlo. Sapeva solo che c’era una strana forza soprannaturale che lo calamitava verso quel Nephilim.
- Ehm, ok, va bene. Alec? Noi avremmo qualcosa da cercare…  - si schiarì la voce Jace. Alec sbatté un paio di volte le palpebre e si girò verso il biondo, annuendo.
- Hai ragione. – convenne, poi spostò lo sguardo verso Will e Tessa, che non avevano ancora smesso di stringersi forte. Sapeva di aver bisogno di aiuto per trovare ciò che stava cercando, ma non se la sentiva di interrompere quel momento così intimo. Magnus sembrò notare la sua incertezza.
- Cosa stavate cercando, esattamente? Posso rendermi utile?
Prima che Alec potesse negare, dato che si sentiva a disagio con quel Magnus che non lo riconosceva, Will sorrise riconoscente allo stregone.
- Ehm… - Jace guardò il parabatai per cercare conferma e, quando la trovò, riprese a parlare senza esitazione – Certo. Ci servirebbe una mano, in effetti.
- Se non vi dispiace, io e Tessa andiamo. Magnus… - Will consegnò all’amico la Chiave della Sezione Ombra – So che li lascio in buone mani.
Jace poté giurare di sentire un Tienili d’occhio appena sussurrato, poi la coppia uscì e chiuse la porta.
- Bene. – si passò una mano tra i capelli Alec, i nervi a fior di pelle – Al lavoro.
 
Erano passate un paio d’ore e i tre ragazzi non avevano ancora cavato il ragno dal buco. Magnus era stato d’aiuto nelle ricerche, ma Jace poteva vedere come il suo parabatai reagiva ogni volta che lo stregone faceva qualcosa. Ad un certo punto, si erano divisi nelle ricerche, consultando tra diversi scaffali, e Alec aveva accidentalmente fatto cadere metà dei libri. Sbuffando, si era piegato a raccogliere i volumi, facendo attenzione a riporli al posto giusto. Gli restava da raccogliere l’ultimo libro e la sua mano ne sfiorò un’altra, calda e color caramello. Il Lightwood deglutì.
- Credo che tu abbia appena trovato ciò che stavamo cercando. – sentenziò Magnus, sfilandogli il libro dalle dita. Si raddrizzarono nello stesso momento e l’arciere non poté fare a meno di arrossire. Stava per dire qualcosa, la prima cavolata che gli passava per la testa, perché il suo cervello aveva deciso di disconnettersi momentaneamente, quando un boato assordante fece tremare l’Istituto dalle fondamenta. Magnus perse l’equilibrio e cadde all’indietro, prendendo la presa sul tomo. Aveva già chiuso gli occhi, aspettandosi di impattare presto contro il pavimento, ma tutto quello che sentì fu una presa gentile, ma ferma, attorno alla schiena. Quando aprì gli occhi, incontrò quelli azzurri del Cacciatore, che lo stringeva a sé.
- Alec! Magnus! Presto, venite… ma che…?! – Jace inarcò un sopracciglio. Alec arrossì violentemente e aiutò Magnus a rimettersi in piedi, per poi ritrarsi da lui come se scottasse.
- Che succede? – chiese, guardando dovunque tranne che verso Magnus.
- Non lo so! Andiamo a vedere!
E senza aggiungere altro i tre si catapultarono fuori.
Il libro che avrebbe potuto aiutarli giaceva sul pavimento, dimenticato.

NdA: Per l'Angelo, 5 recensioni per un solo capitolo!!! Ommioddio grazie a Chesy, saretta98SS, Raluralu, Amy_demigod e Marty060201. Siete fantastiche. Vi prego di avere pazienza, propabilmente aggiornerò tra due settimane, ma se potrò farlo prima sarò contenta di farvi una sorpresa :D
A presto,
_Alien_
 

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Capitolo 17
*** Il Vermithrall ***


Sbatté la schiena contro una superficie dura e l’impatto la lasciò senza fiato, un rombo assordante le risuonò nelle orecchie. Non fece in tempo nemmeno a capire dove fosse, perché sentì un formicolio sospetto alla gamba destra. Aprì gli occhi e urlò spontaneamente. Una creatura le stava davanti: il corpo era da umanoide, ma tremolava a causa dei tanti piccoli vermi di cui era fatto. Isabelle agì da perfetta Shadowhunter. Sferrò un poderoso calcio al demone e scartò di lato. Un forte capogiro la stordì per un istante, quel tanto che bastava al demone per azzerare la distanza tra loro. Izzy si scostò ancora e fece schioccare la sua frusta, che era sempre stata arrotolata attorno al suo polso a mo’di bracciale. Diede un colpo deciso al demone, che si disgregò per poi ricomporsi con un viscido schiocco.
Vermithrall fece mente locale Cosa so sui Vermithrall? Ma perché non stavo mai attenta in classe quando Hodge spiegava? Ah già, Alec mi passava sempre gli appunti…
Cominciò a correre verso il demone, frustandolo nuovamente e con più forza, ma non faceva altro che scomporlo. Poi i vermi si ricongiungevano fra loro e l’umanoide tornava come prima. La Cacciatrice grugnì di frustrazione, non aveva davvero idea di cosa fare. Così corse via, nella direzione opposta al Vermithrall, sperando di capire almeno dove si trovava. Si rese conto di non essere invisibile, perché i mondani si giravano a guardarla… ma che cavolo…? Perché le donne indossano quei vestiti lunghi, con tutti i merletti e il pizzo? E gli uomini? Che razza di completi sono? Ehi, ma che città è questa?
Si fermò per riprendere fiato e vide il Big Ben stagliarsi di fronte a lei, sullo sfondo di un cielo grigio. Sono a Londra. Sentì dei passi viscosi dietro di lei e riprese a correre, andando completamente alla cieca, il ciondolo che aveva al collo pulsava sempre di più. Isabelle riuscì a percepire il ritmo della pulsazioni, che cambiavano ritmo a seconda della direzione che prendeva, e decise di seguire quella strana indicazione. Se sentiva il battito del ciondolo aumentare, prendeva quella strada. Ogni tanto si voltava indietro e vedeva sempre il demone che la inseguiva e che i mondani ignoravano bellamente. Quando vide la porta dell’Istituto, si aggrappò con forza al campanello. Anche se odiava ammetterlo, aveva bisogno di aiuto. Aveva bisogno dei suoi fratelli, di Simon, Clary e Magnus. Il Vermithrall emise un verso gutturale, prima di allungare il braccio fatto di vermi. Izzy riuscì a staccarlo dal resto del corpo con la frusta, ma ancora una volta i vermi ritornarono al loro posto. Non ce l’avrebbe fatta, lo sapeva. E allora perché si ostinava a combattere?
 
Il campanello dell’Istituto rimbombò con tale forza da svegliare Charles, che scoppiò in un pianto disperato. Charlotte lo prese in braccio e lo cullò, guardandosi attorno allarmata.
-  Henry, prendi il bambino! – strillò, adagiando il piccolo piangente sulle ginocchia del marito.
- Lottie, dove…?
- Non c’è tempo! Prima il boato, poi uno Shadowhunter che chiede di entrare. Devo andare.
La Cacciatrice si catapultò nel corridoio e vide che anche Will, Tessa, Magnus e i due tizi venuti dal futuro si precipitavano nella sua stessa direzione. Non fece nemmeno in tempo a realizzare che Tessa stava bene perché vide Will spalancare la porta dell’Istituto. E vide una ragazza alta e spanciata che cercava di scacciare a frustate quello che doveva essere un Vermithrall.
- ISABELLE?! – esclamò il presunto Lightwood dagli occhi azzurri. La ragazza si voltò verso di lui e Charlotte vide distintamente due cose scintillare: gli occhi neri di lei e il ciondolo rosso che portava al collo. Il ciondolo di Cecily.
- ALEC! – lo chiamò lei, ma quell’attimo di distrazione le costò caro. Il demone si disgregò in due figure più piccole, una delle quali aggirò la giovane e la assalì alle spalle. Charlotte stava per correre dentro l’Istituto per rimediare qualcosa di adatto contro il Vermithrall, quando il presunto Lightwood si lanciò verso di lei. Da quello che poteva constatare, la sua unica arma era un coltello, sfilato agilmente dallo stivale. L’Herondale che gli faceva da parabatai lo seguì a ruota, agile come un gatto. Alec si buttò letteralmente addosso ad una delle figure, quella davanti alla ragazza, e cominciò a calare il coltello alla cieca, il modo migliore per farla infuriare. Jace si occupò dell’altra, sferrandogli dei colpi a mani nude per fare indietreggiare l’altra figura. L’entità attaccata da Alec ringhiò sonoramente e cominciò ad avvolgere il Cacciatore con miriadi di vermi, che sembravano non finire mai. Alec urlò sorpreso e cercò di scartare di lato, ma i vermi gli si erano infiltrati dappertutto, anche sotto i vestiti. Un dolore lancinante lo assalì, simile a quello di una seria ustione, e lo fece urlare.
- ALEC! NO! – la Cacciatrice dalla chioma corvina andò in suo soccorso, ma il demone attaccò anche lei e dovette indietreggiare per evitare di entrare in diretto contatto con i vermi. Fu allora che delle scintille blu avvolsero le due figure, facendole crepitare e poi esplodere in mille frammenti. L’esplosione ebbe un impatto fortissimo e fece volare per qualche metro Jace e la giovane, mentre Alec continuava a contorcersi dal dolore. Anche Charlotte, Tessa e Will erano caduti all’indietro. L’unico che era in piedi, con la mano tesa in avanti, era Magnus, gli occhi felini puntati sul ragazzo agonizzante. Corse verso di lui, gettandosi per terra e cercando di fermare gli spasmi dell’altro semplicemente appoggiandogli i palmi sul petto. Un alone azzurrino si diffuse dalle dita dello stregone al corpo del Cacciatore e ben presto Alec sentì le fitte di dolore svanire e i vermi strisciare via da lui per poi dissolversi come sabbia al vento. Ma sapeva che quegli essere infernali erano riusciti a scavare dentro di lui, probabilmente danneggiandolo irreparabilmente. Si sentiva indebolito, spossato dal dolore residuo. E l’ultima cosa che vide, prima di perdere i sensi, furono degli occhi da gatto riempirsi di lacrime.
 
Idris, 2014
- Oddio, no! NO! – Magnus crollò per terra, la collana con la pietra rossa scivolò via dalle sue dita e cadde con lui. Si coprì il viso con le mani e percepì la pelle impregnarsi di acqua salata che usciva copiosa dai suoi occhi. Aveva visto tutto. Isabelle, una Londra che non esisteva più, Charlotte, Will e Tessa, Jace, Alec. Alec che cercava di salvare Isabelle. Alec che si sacrificava per lei. Alec che veniva ferito e che urlava. E poi aveva visto se stesso eliminare il demone e curare superficialmente le lesioni sul suo corpo. Sperò con tutto il cuore che quel Magnus che non ricordava nemmeno più di essere stato avrebbe potuto aiutare l’amore della sua vita, perché altrimenti non avrebbe avuto altra scelta. Altrimenti sarebbe andato nel passato lui stesso.
 
Londra, 1879
- Alec? Alec, svegliati, ti prego. Ti prego, fratellone…
Era da anni che non lo chiamava così. Più o meno da quando era nato Max e lei si era fissata di essere ormai diventata una “signorina”, come si era definita lei stessa. Socchiuse gli occhi e la vide, pallida e stanca, ma viva. Cercò di abbozzare un sorriso, non voleva farla preoccupare più del dovuto.
- Izzy. – disse semplicemente, ma la sorella percepì tutto l’amore che c’era in quello stupido nomignolo – Izzy… stai bene?
- Non sono io quella che si è beccata delle ustioni da Vermithrall. – gli accarezzò la fronte lei – Come ti senti?
- Dolorante. È stato Magnus a curarmi?
- Lui ha curato le ferite più superficiali. Poi abbiamo contattato un Fratello Silente…
- Zaccaria.
- Proprio lui. – annuì – Mi pare di aver capito che fosse il parabatai di William Herondale… ma non era innamorato di Tessa?
 
- Shhh! – la zittì il fratello – Potrebbero sentirti!
 
Magnus si bloccò sulla soglia. Era venuto a sincerarsi delle condizioni del presunto Lightwood, sperando di trovarlo da solo. Ma c’era quella ragazza, lì con lui, che si era qualificata come Isabelle Lightwood, nonché sorella del ferito. Si assomigliavano fisicamente, ora che ci pensava, ma Isabelle non aveva gli sconvolgenti occhi blu del fratello, ma nero ebano. C’era solo una famiglia di Shadowhunters il cui contrassegno erano quegli occhi così neri ed erano i Morgenstern. Forse i Lightwood si sarebbero imparentati con loro, nel futuro, ma al momento non gli interessava. Da quando erano arrivati, i due Shadowhunters del futuro non avevano voluto rivelare niente della loro epoca, ma Magnus era maledettamente curioso. Cosa c’era di così indicibile? Ci sarebbero stati così tanti cambiamenti, nel futuro?
- Quindi non hai ancora parlato con Mag…
- Isabelle!
- Non hai ancora parlato con lui?
- No. Cioè, ci ho scambiato qualche parola. Ma non posso certo parlargli di determinate cose. In fondo, se ci pensi bene, lui non è la persona che amo, almeno non ancora. Ci sono tante cose che devono ancora succedere nella sua vita, tante esperienze, tanti altri amori prima di me… l’uomo che amo e quello stregone che mi ha salvato sono due persone diverse, per quanto mi riguarda… ma aspetta, tu non mi hai ancora raccontato come sei finita qui.
- L’ho raccontato a Jace. È stata un’idea di M… volevo dire, del tuo ragazzo. Ha passato ore ed ore chiuso in biblioteca con Tessa e Catarina, voleva trovare una connessione tra noi e voi…
- Ma lui come sta?
- Come vuoi che stia, Alec? Il suo fidanzato, che avrebbe dovuto sposare fra due mesi, è perso chissà dove. Sta malissimo. Siamo stati tutti in pensiero per te, Jace e Clary.
- Clary? – il tono del Lightwood era piuttosto sorpreso – Pensavamo fosse con voi.
- No. Non è finita qui insieme a voi?
- No. Del resto, non era qui quando sei arrivata…
- Credevo fosse da qualche parte, di pattuglia…
- Scusatemi.
I due fratelli si voltarono verso lo stregone, che aveva ascoltato ogni singola parola. Un vassoio con delle strano boccette colorate era elegantemente appoggiato sulle sue mani.
- Prego. – mormorò Isabelle, allontanandosi dal capezzale del fratello, non prima di avergli lanciato un’occhiata eloquente. Alec arrossì e abbassò lo sguardo.
- Jace ti sta aspettando in salotto. L’ho aiutato a cercare un volume e vorrebbe mostrartelo. – continuò Magnus, fissando Alec con una certa insistenza. Isabelle deglutì.
- Uhm. Ok. Vado. Ci vediamo dopo. – salutò il fratello con un cenno della mano e uscì frettolosamente dalla stanza. E i due ragazzi rimasero soli.
 
Idris, 2014
- MAGNUS BANE!
Il Sommo Stregone di Brooklyn si era appisolato nel suo appartamento ad Idris, sopraffatto dalla stanchezza, ed era così intontito da non accorgersi che qualcuno aveva appena sfondato la porta e raggiunto di corsa il salotto, per poi afferrarlo per la collottola.
- TU, INUTILE STREGONE DA STRAPAZZO! PRIMA PERDI MIO FIGLIO E JACE, POI SPEDISCI MIA FIGLIA CHISSÀ DOVE! CHE RAZZA DI PERSONA SEI? PERCHÉ PROPRIO LA MIA FAMIGLIA? PERCHÉ PROPRIO MIO FIGLIO? CHE COSA GLI HAI FATTO?
- Per l’Angelo, Robert, mettilo giù!
Magnus non riusciva a respirare e i suoi piedi non toccavano terra, la presa attorno al collo si faceva sempre più salda.
- MA NON CAPISCI, MARYSE? È COLPA SUA SE NON ABBIAMO ASSOLUTAMENTE IDEA DI DOVE SIANO ALEC, ISABELLE E JACE! ABBIAMO GIÀ PERSO MAX, NON PERDERÒ ANCHE LORO!
- Lascialo stare! – Maryse gli diede un forte scossone e Robert perse la presa, facendo cadere Magnus a terra. Lo stregone però non toccò mai il pavimento, perché l’Inquisitore lo prese per le spalle e lo guardò dritto negli occhi. Erano blu, come quelli di Alec, ma decisamente più scuri e minacciosi.
- Non credere che te la farò passare liscia, stregone. – sibilò – Ti farò processare e marcirai per sempre nelle celle della Città Silente, è una promessa!
Lo spinse via da sé, come se il corpo dell’altro scottasse, e lasciò l’edificio. Magnus era confuso e attonito, il collo e le spalle pulsavano di dolore. Si abbracciò abbassando lo sguardo, trovando i suoi stivali neri molto interessanti. Maryse sospirò.
- Mi dispiace così tanto, Magnus. Perdonalo, è sempre stato un tipo impulsivo… Magnus?
- Ha ragione. È colpa mia. Se avessi fatto più attenzione, non avremmo perso nessuno. Non avrei perso Alec. – le spalle doloranti guizzarono in un singhiozzo – Alec… oddio, Alec…
Si portò le mani al viso per nascondere le lacrime e diede le spalle alla Cacciatrice. Si aspettava che lei se ne andasse, seguendo magari il suo ex marito, ma non lo fece. Timidamente, si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla schiena con fare materno, anche se impacciato.
- So che lo ami quanto lo amo io. – disse accarezzandolo – Non temere, Isabelle li troverà tutti e tre. Ne sono certa.
- Mi dispiace di non poter fare di più…
- Hai già fatto tantissimo. Magnus… ehi. – lui si girò verso la donna e si asciugò frettolosamente le lacrime. Ultimamente piangeva un po’troppo spesso.
- Ho un piano. – annunciò lei, pragmatica – Io e Simon cercheremo di fermare Robert, non possiamo permettere che ti denunci al Conclave…
- Perché?
- Perché sarebbero capaci di qualsiasi cosa, anche di toglierti il titolo di Sommo Stregone. O peggio. Magari i tuoi poteri.
- E forse anche Alec.
- Già. Quindi noi ci occuperemo di Robert, tu e gli altri continuate a seguire i dispersi. Sei riuscito a comunicare con Izzy?
- Le mie energie si stanno esaurendo, per questo non sono riuscito a parlarle. Ma l’ho vista. So dov’è, e soprattutto quando. Continuerò a seguirla appena starò un po’ meglio.
- Ok. – Maryse fece per uscire, ma si bloccò sulla soglia - Magnus… scusa ancora. E grazie per tutto quello che stai facendo.
- Prego.
Mentre la Nephilim se ne andava, la mente di Magnus fu attraversata dal sogno che stava facendo prima di essere svegliato da Robert. Era strano, c’era anche Alec… ma non era come se lo sarebbe immaginato…
 
- Amore?
- Sì?
- Mi fai un po’di coccole prima di dormire?
Alec sorrise, stringendo forte a sé il suo Magnus. Lui si sistemò per bene tra le sue braccia e posò la testa sul suo petto. Fuori c’era un temporale coi fiocchi, ripieno di tuoni e fulmini. Magnus si leccò le labbra e sporse la testa verso l’alto, cercando la bocca di Alec. Quando la trovò, la attaccò con foga, come non faceva da tempo. Spinse sotto di sé il suo fiorellino e cominciò ad accarezzarlo ovunque, soffermandosi sulle sue braccia scolpite e sul petto poderoso. Sentì Alec sospirare, mentre torturava un lembo della maglia del pigiama del suo amante – pardon, marito – e lo sollevava per sfiorare la pelle nuda…
- Papà?
I due adulti si staccarono immediatamente e Magnus rotolò accanto ad Alec. Una bambina faceva capolino dalla porta, intimorita da tutto il frastuono proveniente da fuori.
- Aura, tesoro. – le sorrise Alec – Che succede?
- I tuoni… non riesco a dormire. – si morse le piccole labbra lei, fissando i genitori con quelle iridi azzurre che avevano subito conquistato entrambi, incastonate in occhi dal taglio orientale – Posso dormire con voi? Solo per stanotte.
- Vieni qui, principessa. – le porse la mano Magnus e lei l’afferrò. Lo abbracciò forte, constatando quanto il suo papà glitterato fosse caldo. Chiuse gli occhi e si godette quella sensazione di sicurezza che solo i suoi papà le davano.
- Però così non vale! Voglio venire anch’io!
Un bambino dagli occhi verdi, poco più basso della sorellina, mise il broncio.
- Chi l’ha detto che non puoi stare qui con noi? – Alec si batté un paio di volte sulle ginocchia – Avanti, campione! Fatti sotto!
- Ehi, niente giochi da Cacciatore di demoni nella stanza da letto, grazie! – trillò Magnus, frenando padre e figlio, in procinto di lanciarsi in una lotta epica – in cui ovviamente avrebbe vinto il bambino.
- Raffi, stai con noi, però dobbiamo dormire! – puntualizzò Aura, le piccole ali blu che sbattevano lievemente sulla schiena.
- Tua sorella ha ragione, Raphael. Le donne hanno sempre ragione. – affermò solennemente Magnus – Ora tutti a nanna! Anche tu, papà Alec.
Alec rise: - Ok, ok, papà Magnus. Ai suoi ordini.
Mai un letto a due piazze era stato così accogliente per una famiglia di quattro persone.

NdA: Sopresa! Aggiornamento con una settimana di anticipo! Ve lo siete meritato ;) Ringrazio tantissimo Chesy, Amy_demigod e Marty060201 per le recensioni e tutti quelli che hanno messo nelle preferite, ricordate e seguite questa storia. E ovviamente ringrazio molto anche i lettori silenziosi, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, accetto ogni tipo di suggerimento :)
A presto,
_Alien_

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Capitolo 18
*** Speechless ***


Londra, 1879
- Devo cambiare la fasciature o c’è il rischio che le ferite si infettino.
Alec annuì, gli occhi rivolti all’interessantissimo soffitto. Magnus inarcò un sopracciglio, perplesso, poi posò il vassoio sul comodino e si sistemò accanto ad Alec. Mentre lo stregone trafficava con le boccette colorate, lo Shadowhunter si era appena reso conto di avere il busto, le braccia e le gambe avvolti da bende che dovevano essere state bianche, ora macchiate di pus e sangue. Fortunatamente indossava ancora i boxer, altrimenti sarebbe sprofondato sotto terra di una decina di chilometri. Magnus spalmò un composto color oro su alcun bende, poi le posò nel vassoio e avvicinò le dita al collo di Alec, dove lentamente srotolò la stoffa. Il Lightwood chiuse gli occhi, percependo il suo viso andare in fiamme e le mani gentili di Magnus sfiorarlo. L’avrebbe praticamente visto nudo. Ok, aveva i boxer, ma era pur sempre molto, molto scoperto. La prima volta che si era fatto vedere così, quasi completamente svestito, Magnus lo aveva abbracciato e gli aveva sussurrato quanto lo trovasse bello. E all’improvviso tutto l’imbarazzo era sparito e Alec si era sentito davvero apprezzato ed amato. Quando l’ultimo pezzo di stoffa ebbe abbandonato le sue caviglie, aprì gli occhi e vide Magnus prendere le bende che aveva precedente imbevuto.
- Incredibile. – disse, mentre posava la prima benda nuova sul corpo segnato dalle cicatrici e dalle bruciature dell’altro.
- Cosa? – si azzardò a chiedere Alec.
- Il fatto che un Lightwood abbia gli occhi azzurri. Sicuro di non essere un Herondale?
- Oh, no, Jace è l’ultimo Herondale.
- Capisco. Effettivamente è lui quello che ha il senso dell’umorismo più spiccato, anche se personalmente credo che l’ironia sottile sia la più efficace.
Alec accennò un leggerissimo sorriso, che però non sfuggì allo stregone. Si morse il labbro, scegliendo accuratamente le parole per estorcere al Nephilim qualche informazione sul futuro. Era troppo curioso. E poi era la prova del nove per capire una volta per tutte se tutta la storia della venuta dal futuro fosse vera.
- Effettivamente non assomigli affatto a nessuno Shadowhunter che abbia mai conosciuto…
- Uhm…
- Cosa?
- Niente.
Magnus non poteva saperlo, ma quella conversazione Alec l’aveva già vissuta. L’avevano già vissuta. Ma era tutto diverso: l’epoca, il luogo, la società, loro stessi. E Alec percepiva quanto fosse sbagliato che stesse avvenendo in quel momento.
- Comunque puoi stare tranquillo, le lesioni sono già in via di guarigione. I Fratelli Silenti hanno fatto un buon lavoro. E, modestamente, anch’io. – ammiccò l’uomo dagli occhi da gatto, ma Alec si era irrigidito completamente, mascella serrata e muscoli contratti. Era così teso che anche i pugni, quasi di riflesso, si erano chiusi. Magnus serrò le labbra.
Stupidi Shadowhunters. Pensano di essere migliori di chiunque altro.
Magnus però non sapeva nemmeno che Alec ormai aveva imparato a leggere il suo viso e i suoi occhi, in cui era appena passato un lampo di stizza mista a delusione.
- Grazie.
- Per cosa? – borbottò l’altro, che stava finendo di sistemare le bende attorno alle gambe del Cacciatore.
- Non eri tenuto a salvarmi, eppure l’hai fatto. Te ne sono molto grato. Senza di te probabilmente sarei morto, so che le ustioni da Vermithrall possono essere letali…
- Taci. – sibilò irritato Magnus – Non cercare di indorare la pillola. Tu pensi che io ti debba curare per forza, che la mia magia sia un tuo diritto. Tutti i Cacciatori lo pensano.
- Non potrei mai pensarlo! – ribatté il Nephilim, che si issò a fatica con le braccia, mettendosi seduto – Non mi devi nulla, Magnus. Per questo ti sto ringraziando.
- Allora le possibilità sono due: o sei pazzo oppure ti stai prendendo gioco di me. Nel primo caso, non posso fare altro che compatirti, ma nel secondo devi avere davvero del fegato per metterti contro di me.
- Non volevo farti arrabbiare. Scusami. – disse Alec. Nonostante lo stregone si sforzasse di trovare la menzogna, in quelle iridi azzurre non c’era altro che sincerità. E purezza. Cose estremamente rare in uno della sua specie, se non utopie.
- Scuse accettate. Ho finito. Prego. – buttò alla rinfusa le bende in eccesso sul vassoio, lo prese e uscì dalla stanza a passo spedito. Alec si lasciò scivolare di nuovo sul materasso, passandosi le mani tra i capelli e tirandoli nervosamente.
 
Luogo imprecisato, 2014
Era da ore che camminavano, ma quelle tenebre avvolgevano costantemente la distesa di rocce che stavano attraversando.
- Non preoccupatevi, ci siamo quasi. – assicurò Lady Geminy, che aveva abbandonato il tubino nero per dei comodi pantaloni a zampa d’elefante – che nascondevano le gambe squamose e i piedi palmati – e una T-Shirt fucsia con un logo Starbucks in negativo. Era in testa al gruppo, mano nella mano con Taylor. Dietro di loro, Luke e Jocelyn con Will e Amatis e, a chiudere il gruppo, i gemelli Lightwood. Bill aveva provveduto a portare una balestra con sé, che stringeva con decisione fra le braccia. Tom invece aveva optato per delle semplici spade angeliche, allacciate alla sua cintura.
- Mamma, perché non siamo ancora arrivati? – chiese Amatis.
- Andiamo, tesoro, resisti ancora un po’. Hai sentito anche tu cosa ha detto Lady Geminy. Siamo quasi arrivati.
- Però è da tanto tempo che camminiamo…
- Sei stanca? – le chiese Luke accennando un sorriso. Amatis annuì e il licantropo si chinò e la prese in braccio con lieve sospiro. Will, accanto a Jocelyn, non faceva una piega e continuava a camminare impettito, calpestando l’impervio terreno sassoso quasi con rabbia. La situazione, seppur complicata, era anche tenera, perché in fondo Will era solo un bambino che voleva tornare dai suoi genitori.
- Ci siamo! – esclamò la strega e agitò una mano. Lei e Taylor erano di fronte all’ingresso di una grotta, dove si intravedevano nelle luci pulsanti di vari colori. Amatis si strinse di più al suo papà, intimorita.
- Dove stiamo andando, papi? Cosa sono quelle luci?
- Non preoccuparti, tesoro. Finché ci siamo io e la mamma, niente e nessuno ti farà del male. – nonostante le parole dolci del padre, la bambina non mollava la presa su di lui, abbracciandolo stretto e fissando con apprensione la grotta. Anche Will si era leggermente fatto da parte, dietro Jocelyn, mordendosi le labbra con nervosismo.
- Tranquilli, è solo un camuffamento. Dentro è tutto illuminato. – assicurò la strega. Ma Amatis aveva comunque paura, così, quando attraversarono la soglia della grotta, chiuse gli occhi. Li riaprì quando sentì dei versi di stupore attorno a lei. E vide dei cristalli blu e verdi incastonati nella roccia che facevano risplendere ogni cosa. Era uno spettacolo bellissimo. Sfortunatamente non potevano restare lì a contemplare quella meraviglia e Lady Geminy li guidò in fondo alla grotta. Un’immensa costruzione di cristalli, simile ad una gabbia, troneggiava nella stanza in fondo al corridoio che avevano preso.
- Ascoltatemi! Tenetevi al corrimano e non mollatelo mai. Per nessuna ragione. E consiglio a chi è debole di stomaco di chiudere gli occhi, il viaggio sarà molto turbolento. – spiegò la strega. Tutti annuirono. Entrarono nella gabbia e Bill fu il primo a catapultarsi sul corrimano. Tom sospirò rassegnato, si sistemò vicino al gemello e gli strinse la mano. Bill gli sorrise riconoscente. Anche gli altri si sistemarono, Will e Amatis in braccio a Luke e Jocelyn. Infine Taylor mise le braccia ai lati del corpo di Lady Geminy, in modo da abbracciarla. Lei gli posò un piccolo bacio sulle labbra, poi cominciò a mormorare una litania. Bill serrò gli occhi. E il mondo cominciò a girare.
 
Idris, 2014
- Robert! Robert, aspetti! – l’Inquisitore Lightwood stava redigendo una denuncia formale ai danni di Magnus Bane, quando venne interrotto dall’Asceso. A quanto pare l’ex Diurno che usciva con sua figlia aveva qualcosa da dirgli.
- Cosa c’è, Leward?
- Lewis. – corresse lui – La prego, non denunci Magnus Bane. Potrebbe aver capito come portarli a casa…
- Maryse ti ha detto tutto, vero?
- La prego, signore. Magnus è l’unico che può portare indietro i suoi figli e Clary. Lo faccia per loro.
- È proprio per loro che devo prendere provvedimenti. Magnus Bane ha cincischiato per tutto questo tempo. Si è rinchiuso in biblioteca, ma a quanto pare non ha trovato nulla. O forse non ha voluto trovare nulla. Chi ci dice che non sia stato lui a evocare Rhefur?
- Cosa? Magnus non lo farebbe mai! Non potrebbe mai fare del male ad Alec e agli altri! La prego, Robert, deve capirlo!
- Per te sono l’Inquisitore Lightwood, Lerrys.
- Lewis. Non può farlo. Non posso permetterglielo!
- Ah sì? E cosa farai per impedirmelo?
- Questo.
Usci dalla stanza e chiuse la porta con forza. Poi estrasse il suo stilo e tracciò una runa di nuova generazione, inventata da Clary. Una Runa di Sbarramento.
- Ma che…? Lopard? LOPARD? Fammi uscire! Denuncerò anche te! Ehi? Ragazzo, fammi uscire immediatamente! Perché i miei figli frequentano dei pazzi? AIUTO! AIUTO!
Simon si morse il labbro, passandosi una mano tra i riccioli e tirandoli leggermente. Poi tracciò velocemente una Runa del Silenzio, ma i colpi alla porta dell’Inquisitore rimbombavano ancora forti e chiari.
- Andiamo, ragazzi. Fate in fretta.
 
- MAGNUS!
La voce di Tessa riecheggiò nella biblioteca. Catarina, Ron e Magnus stavano analizzando alcuni testi, mentre il Sommo Stregone di Brooklyn stringeva ancora tra le dita la collana con la pietra rossa. Vedeva Isabelle, a tratti sfocati, accanto ad un ragazzo biondo – con ogni probabilità Jace. Ma non aveva ancora visto Alec e questo lo angosciava più di qualsiasi altra cosa. I tre stregoni si voltarono verso la loro collega, che correva trafelata verso di loro. Magnus non aveva mai visto la sua amica così sconvolta, pallida, gli occhi grigi spalancati. E soprattutto colmi di terrore.
- Perché nessuno mi ha detto prima che un demone sta manipolando i Portali?
- Non eri alla riunione con Jem? – chiese Magnus, cercando in qualche modo di calmarla.
- Sì, ma poi, come ricorderai, ha chiamato Will e io e Jem ci siamo precipitati fuori… Magnus, non hai fatto nessun collegamento, vero?
Lo stregone guardò l’amica perplesso.
- Il demone responsabile della scomparsa del tuo ragazzo è Rhefur, un Demone Superiore. Mio padre.

Somewhere in time, we don't know where we are...
Salve a tutti! Credo di poter postare ogni sabato, anche se non ne sono certissima, ci proverò comunque ;) Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono e recensiscono, come Marty060201, Chesy, Amy_demigod e saretta98SS e i nuovi arrivati Spady96, fede150701love e _Michela_parabatai
A presto e Kings of Suburbia è finalmente uscito!!!!!
_Alien_

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Capitolo 19
*** Quello che non mi aspettavo ***


Londra, 1879
- Fossi in te, non mi metterei in piedi così presto. Sei stato ferito da un Vermithrall, Alec! Devi riposarti come si deve! – cercò di farlo desistere Jace, ma il parabatai era irremovibile. Appoggiandosi al biondo, Alec si alzò in piedi. Nel complesso si sentiva bene, anche se percepiva ancora un lieve bruciore nelle porzioni di pelle corrose dal Vermithrall.
- Dai, Jace, sto bene. E poi abbiamo delle faccende da sbrigare, non voglio passare tutto il tempo a letto.
- Ok, ok, se lo dici tu… - scosse la testa l’altro.
- Lo dico io. – ribatté con decisione il moro. Quell’atteggiamento di Jace lo infastidiva. Stava bene, per davvero. Almeno fisicamente.
- D’accordo, non ti arrabbiare. – alzò le mani Jace, sorpreso dalla reazione di Alec.
- Sono tranquillissimo.
- Sicuro? – inarcò un sopracciglio l’Herondale.
- Certo. – annuì il Lightwood, poi sospirò affranto - Voglio sono tornare a casa.
- Ma cosa è successo tra te e Magnus?
- Abbiamo parlato. Per l’Angelo, Jace. È stato così… non so come spiegarlo. Lui non mi conosce. Non mi conosce. Invece io lo conosco… - la voce si abbassò drasticamente – Io lo amo. E fa così male. – si morse il labbro con violenza, tanto da sentire il sapore del sangue. Ogni volta che vedeva Magnus, avrebbe voluto abbracciarlo, baciarlo, sposarlo seduta stante e non lasciarlo mai più. Ma poi ricordava a se stesso che quello davanti a lui non era il Magnus che aveva salvato dall’Edom, perché non esisteva ancora. Ma l’aspetto era sempre quello. Lui era sempre stupendo, con quella pelle caramello e gli occhi da gatto, quel fascino così esotico e misterioso, quell’intelligenza ed eloquenza acute che riuscivano a farlo ridere e stare bene… gemette sconsolato. Jace gli posò una mano sulla spalla, scuotendolo appena per fargli forza.
- Coraggio, Alec. Forse io e Izzy abbiamo trovato qualcosa. – anche se era da troppo tempo che trovavano qualcosa che poi non era nulla.
- Ok… - Alec si trascinò in corridoio, seguendo riluttante il parabatai.  Entrambi erano ignari  del loro ascoltatore, i cui occhi da gatto scintillavano di stupore.
 
Idris, 2014
- Lewin! Lewin, giuro che appena esco di qui ti uccido con le mie stesse mani! Apri questa dannata porta.
- Mi chiamo Lewis, signor Lightwood.
- Me ne ricorderò quando ti farò imprigionare nella Città Silente!
- Non imprigionerai proprio nessuno. – Simon sospirò di sollievo quando udì la voce di Maryse – Robert, comportati da persona responsabile, almeno per una volta. Magnus Bane è la nostra unica speranza…
- Magnus Bane è un ciarlatano che ha corrotto nostro figlio. E tu glielo hai lasciato fare!
- Magnus Bane ha reso felice Alec, è questo ciò che conta. A me non interessa se nostro figlio vuole stare con un uomo o con una donna, voglio solo che stia bene.
- Non è questo il punto, Maryse. Avrei preferito di gran lunga che Alec si innamorasse di uno Shadowhunter come lui, non di un Figlio di Lilith!
- Non puoi pretendere questo, Robert. Non si decide chi amare. Lo si fa e basta. Dovresti saperlo meglio di me.
Simon non avrebbe voluto assistere a quella conversazione, ne percepiva l’intimità. Non poteva vedere la reazione di Robert a quelle parole, ma vide gli occhi chiari di Maryse velarsi leggermente. In quella donna rivedeva Isabelle, madre e figlia erano molto simili, anche se Izzy certe volte aveva l’impulsività del padre. Izzy… dove sei?
- Maryse! Simon!
I due Cacciatori videro Magnus e Tessa affrettarsi nella loro direzione.
- Il demone dei Portali è Rhefur, vero? – chiese conferma Tessa.
- Sì, e ne potremmo parlare in modo più approfondito, se solo mi lasciaste uscire! – sbottò Robert, colpendo la porto con un pugno.
- Prima devi promettere che non denuncerai Magnus. – gli rispose Maryse.
- Non c’è tempo per questo. – li interruppe concitato lo stregone – Rhefur è già venuto qui, sulla Terra, nel 1879. Ha provato a reclamare Tessa, l’ha persino maledetta, ma con il mio aiuto è riuscita a scacciarlo indietro. Stranamente ho un ricordo molto vago di questa storia…
- Anch’io. Ricordo nitidamente soltanto l’incantesimo, non quello che successe dopo… immagino succeda questo, quando si vive troppo a lungo. – concordò Tessa, la voce velata di malinconia.
- Il punto, comunque, è che ho capito come stanno le cose…
- Finalmente. – sbuffò Robert.
- Non possiamo riportare indietro nessuno finché Rhefur controllerà i Portali. Bisogna eliminarlo. Soltanto allora potremo pensare ad Alec e agli altri. – spiegò Magnus – Ho già elaborato un piano.
- E sarebbe? – chiese curiosa Maryse.
- Io e Tessa evocheremo il demone e lo scacceremo una volta per tutte. In quel momento, l’equilibrio dei Portali dovrebbe ristabilirsi autonomamente e i nostri dispersi tornerebbero automaticamente indietro. Se anche così non fosse, sarebbe molto più facile rintracciarli e portarli a casa.
- Chi ci assicura che questo non sarà l’ennesimo piano fallimentare? – grugnì Robert. Maryse stava per rispondere, ma Magnus la precedette.
- Se dovessi fallire, mi autodenuncerò al Conclave e potrai arrestarmi. Io non opporrò nessuna resistenza, anche se preferirei la morte piuttosto che una vita immortale senza Alexander. Ma immagino sarà una punizione più che adeguata per averlo perso. – poi si rivolse a Simon – Avanti, liberalo.
- Ma…? – provò a protestare l’altro, ma l’occhiata che lo stregone gli lanciò non lasciò spazio ad ambiguità. Così non gli restò altro da fare se non cancellare la Runa di Sbarramento. Robert spalancò la porta e gonfiò il  petto, aumentando considerevolmente la sua altezza. Magnus riusciva perfettamente a guardarlo negli occhi, erano sullo stesso livello, e gli porse la mano, per una volta priva di gioielli. l’Inquisitore la fissò con apprensione, come se temesse una qualche ritorsione da parte dell’altro. Ma poi si decise a stringerla, suggellando il patto. Fu in quel momento che una vocina interruppe il momento quasi solenne, facendo perdere un battito al cuore di Tessa.
- Mamma?
- William!?
- Mamma! – il bambino corse da lei velocissimo, per quanto gli consentissero le sue esili gambe. Tessa si chinò e lo abbracciò stretto, prendendolo in braccio. Mamma e figlio restarono così, abbracciati, mentre Maryse li guardava commossa, sola con i suoi ricordi. Perché non avrebbe mai dimenticato i tempi in cui leggeva le favole con il suo primogenito, suo figlio adottivo si appendeva alle travi facendo le linguacce, la sua unica figlia femmina se ne stava buona mentre lei le pettinava i capelli e il piccolo di famiglia aveva compiuto i primi passi. Max. Il bambino che non sarebbe mai cresciuto. Trattenne a stento un singhiozzo. Il suo piccolino avrebbe avuto sedici anni. Scosse la testa, scacciando via quei pensieri. Nessuno avrebbe potuto riportare indietro il suo bambino. Per questo dava tanta fiducia a Magnus: aveva visto gli occhi dello stregone illuminarsi ogni volta che Alec entrava nella stanza o anche solo veniva menzionato nel discorso. Per amor suo, trascorreva molto tempo anche con Jace e Izzy, e aveva visto crescere Clary. Sapeva che avrebbe fatto di tutto per aiutarli. E sperava ci riuscisse.
 
Nonostante quel ciondolo non si abbinasse per niente alla sua carnagione, Magnus lo portava sempre con sé, tra le dita o appeso al collo. Il giorno dopo avrebbe evocato assieme a Tessa il demone e aveva bisogno di tutta l’energia possibile, ma prima voleva vedere Alec. Strinse il ciondolo più forte che poté e serrò gli occhi. Ciò che vide poi, non riuscì mai a elaborarlo razionalmente, perché era una scena troppo assurda.
 
Londra, 1879
- Niente nemmeno qui. – Isabelle chiuse il libraccio davanti a sé, sbuffando. Era l’ennesimo volume della Sezione Ombra che consultava, eppure nessuno di loro era riuscito a trovare qualcosa di utile. Alec aveva deciso di ispezionare ancora la biblioteca, mentre lei e Jace lavoravano con i libri in camera. In quei tomi c’era di tutto, ogni argomento mai trattato, ma evidentemente i viaggi nel tempo non erano stati molto frequenti… Un tonfo la fece sobbalzare. Uscì dalla sua stanza e si affacciò con uno scatto nel corridoio. Il rumore proveniva dalla stanza di Jace. Corse verso la porta e la aprì con una spallata. Aveva lasciato la frusta e il pugnale in camera, ma avrebbe saputo difendersi anche a mani nude. Jace aveva il braccio interamente fuori dalla finestra, le schegge di vetro che gli entravano nella pelle.
- JACE! – strillò Isabelle – Ma allora quello di rompere le finestre è un vizio!
- Quello di rompere le finestre per Clary è un vizio. – borbottò lui, sibilando per il dolore. Ritrasse la mano sanguinante e se la premette al busto, macchiando la camiciaa di liquido denso e scarlatto.
- Ti prego, fammi un iratze. Non voglio guarire alla maniera mondana.
- Prima devo toglierti le schegge dalla mano… ma perché l’hai fatto? – gli prese la mano ferita lei, togliendosi la forcina dai capelli e usandola per togliere il vetro dalla pelle, con un leggero sussulto del ragazzo ogni volta che le schegge abbandonavano la carne.
- Clary. Non so dove sia. Non è nel presente, non è nemmeno qui, nel passato… dove è finita? Come ho potuto lasciarla andare così? – gemette lui.
- Per l’Angelo, mi sembri Magnus in quest’ultimo periodo. È quello che si colpevolizza di più per la scomparsa di Alec. Il punto è che la disperazione non risolve nulla, Jace. Sono sicura che la troveremo… ecco, ora posso farti l’iratze.
Tracciata la runa, Isabelle rimediò delle bende e fasciò la mano del fratello, poi gli strinse la spalla con forza.
- Vado a cercare Alec. Tu, nel frattempo, calmati. Ne parleremo tutti insieme.
 
- Alec Lightwood?
Il giovane era chino sull’ennesimo volume incomprensibile, quando Magnus catturò la sua attenzione. Sollevò la testa e incontrò gli occhi verde-dorati dell’altro. Deglutì e sfilò gli occhiali da lettura gentilmente offerti da Herny Branwell.
- Sì?
- Io e te ci incontreremo mai, nel futuro?
In circostanze diverse, non avrebbe mai posto direttamente quella domanda, ma la conversazione che aveva origliato in precedenza non gli aveva lasciato alternative. Le guance di Alec si imporporarono nel giro di quindici secondi mentre annuiva. Magnus inarcò un sopracciglio.
- Mmm… e in quali circostanze, se posso chiedere?
- Ad una festa.
- Oh… e dimmi: tra me e te ci sarà mai qualcosa?
- Scusami, Magnus, ma non posso parlarne.
- Tu mi ami?
Alec boccheggiò. Non aveva idea di cosa rispondere. Da un lato avrebbe voluto dirgli la verità, ma sapeva anche che, così facendo, avrebbe rischiato di compromettere l’equilibrio spazio-temporale. Non sono cose che impari a scuola, ma diciamo che, se hai un cervello funzionante, fai due più due.
- Io non…
- L’ho capito subito, che tu eri diverso dagli altri. Solo che non ho ancora capito in che modo. – Magnus cominciò a camminare verso Alec, gli occhi che scintillavano di una strana luce maliziosa. Alec percepiva il suo corpo reagire, ma era ancora padrone di se stesso. Quello non era il suo Magnus, quindi, se fosse successo qualcosa, lo avrebbe in qualche modo tradito. E lui non l’avrebbe mai fatto.
- Non puoi ancora capirlo. Deve passare del tempo. Tutto questo è sbagliato! – ad ogni passo di Magnus, Alec indietreggiava. Si sentiva in trappola, ma non aveva nessun nascondiglio dove rifugiarsi. Doveva affrontarlo.
- Avanti, Alexander. C’è qualcuno che ti aspetta, nel futuro? Sono io?
- No, non sei tu. Te l’ho detto, certe cose non ti sono ancora successe, io non sono nemmeno nato! E nemmeno i miei genitori, i miei nonni… non è ancora il momento!
- Bhe, peccato. Perché io ti voglio adesso. – la schiena di Alec sbatté contro il muro, alla sua destra c’era la finestra, alla sua sinistra una libreria. Era in trappola. Magnus gli si parò davanti, posando le braccia ai lati della sua testa.
- Lasciami stare. – protestò Alec, cercando di scrollarsi lo stregone di dosso, ma l’altro era irremovibile. Avvicinò il viso al suo, verde-oro nell’azzurro.
- Voglio solo provare una cosa… voglio capire… - le loro labbra si incontrarono. E Alec lo spinse via.
- NO! NON POSSO! NON SONO COME MIO PADRE! NON TRADIRÒ IL MIO FIDANZATO! IO AMO LUI, NON TE! – prese un respiro profondo e riprese con più calma – Ti amerò, un giorno. Ma non adesso.
- Bene. – sibilò Magnus – Allora spero riuscirai a tornare indietro. Ma lo farai senza il mio aiuto. Rifiutare me, Magnus Bane! Ecco perché sei così diverso: sei più idiota di quanto pensassi!
Uscì a passo di marcia, lasciandosi dietro uno Shadowhunter sconvolto, nonché futuro marito.

Somewhere in time, we don't know where we are...
Prima dei ringraziamenti vorrei chiarire una cosa. In questo capitolo potreste notare l'OOCismo (neologismo!) di Magnus. Vi chiedo di lasciarmelo passare, almeno per stavolta, perchè è funzionale al prossimo capitolo. Detto questo, ringrazio tutti quelli che leggono, seguono e recensiscono come Marty060201, Amy_demigod e Chesy.
A sabato prossimo!
_Alien_

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Capitolo 20
*** Adesso ho capito ***


- Alec, dove ti eri cacciato? Io e Jace ci stavamo… Alec? – Isabelle vide suo fratello letteralmente abbandonato su una sedia, in biblioteca. Era seduto vicino al tavolo, il busto in avanti e i gomiti poggiati sulle gambe, la testa tra le mani.
- Ho combinato un bel casino. – mormorò il giovane.
- Cosa hai fatto? – si avvicinò la sorella, preoccupata, posandogli una mano sulla spalla.
- Io… gliel’ho detto, Izzy. E lui non ha capito. Non ci aiuterà. – il tono di voce del maggiore dei Lightwood era monotono, spento. Come se avesse smesso di combattere.
- Ma… perché? Non è possibile, lui deve aiutarci! Se non altro per te.
- È proprio questo il punto. Non farà più niente per me. Mai più. Mi odierà.
- Cosa stai dicendo? Magnus non potrebbe mai odiarti!
- Per l’Angelo, ho rovinato tutto! Mi dispiace, Iz, mi dispiace davvero.
- Non devi scusarti con me, né con nessun altro. Va bene, vorrà dire che ce la caveremo da soli…
- Isabelle. – la chiamò lui con voce grave – Noi non possiamo “cavarcela da soli”. Abbiamo bisogno di aiuto, quanto meno di uno stregone. L’unico che avrebbe potuto aiutarci ci ha appena voltato le spalle. Ed è tutta colpa mia.
 
Idris, 2014
- La Gabbia-Trottola era bellissima, mamma, tutta fatta di cristalli! E quando siamo arrivati nella Piazza dell’Angelo, Bill si è sentito malissimo e Tom l’ha dovuto accompagnare alla Basiliade… mi dispiace per lui, mi sta simpatico. E anche Tom. E anche Lady Svitata e Taylor. E Amatis, Jocelyn e Luke. Mi sono proprio divertito!
- Va bene, tesoro, ora però devi dormire. – sorrise dolcemente Tessa, rimboccando le coperte del figlio. Sia lei che Jem erano stati molto preoccupati per le sorti del figlio e non avevano avuto davvero idea di come fare a recuperarlo da Londra… finché lui non era riuscito a tornare da solo. Ed era super eccitato, desideroso di raccontare l’avventura appena vissuta ai suoi genitori. Jem l’aveva ascoltato per ore e l’aveva aiutato in almeno cinquecento disegni, prima che il bambino cominciasse a sbadigliare. Ma anche se le sue palpebre si stavano lentamente abbassando, aveva ancora voglia di parlare e di stare con Tessa e Jem.
- Mamma, tu e papà mi siete mancati tanto… - disse sbadigliando.
- William, devi mettere la mano davanti alla bocca, quando sbadigli. Lo sai. – gli scompigliò i capelli lei – Sei una piccola peste.
- Non sono piccolo!
- No. – sospirò Tessa – Adesso però devi dormire. Domani mi racconterai tutto il resto, d’accordo? Ora chiudi gli occhi e…
- Tessa? C’è Magnus che vuole parlarti. – bussò lievemente alla porta Jem.
- Papà? Mi leggi una favola? – cantilenò Will.  Tessa si alzò, mentre Jem prendeva il suo posto accanto al bimbo e recuperava un libro di favole sul suo comodino.
- Allora, c’era una volta…
 
- Magnus, cosa succede? Come mai sei qui, a quest’ora? – Tessa si strinse nel suo scialle di lana verde acqua, porgendo una tazza di the all’amico – Dovresti riposare, domani sarà una giornata stancante.
- Ho visto Alec. – affermò Magnus, le dita strette attorno al ciondolo rosso. Tessa spalancò gli occhi.
- Oh… sta bene?
- Credo che il me stesso del passato abbia provato ad adescarlo. Ero io, ma non ero io… è difficile da spiegare. Fatto sta che lui mi ha rifiutato.
- Uhm… Magnus, perdonami, ma non capisco come potrei aiutarti…
- Vorrei soltanto parlare. Tessa, tu mi conosci da molto, moltissimo tempo. Un tempo ero una persona diversa. Dopo Camille, per un po’di tempo ho desiderato soltanto avventure senza implicazioni.
- Come con Woosley.
- Esatto. – annuì Magnus, bevendo un sorso di the – Poi però sono cambiato, tu lo sai. Lo sai. Io… io non sono più quella persona. Da quando ho incontrato Alec, poi, ho rimesso in discussione tutto. Perché l’amore è anche questo, no? Essere in grado di prendere le proprie certezze e buttarle fuori dalla finestra, per costruirne altre. Ovviamente ci sono delle parti di me che non cambieranno mai, per esempio il mio fantastico stile. Ma, se ripenso al passato, mi sembra di vedere un film in cui c’è una persona che mi assomiglia molto, ma che non sono io. E poi penso al presente, penso al mio ragazzo, a tutte le persone che ho conosciuto in quest’ultimo periodo e agli amici che mi sono sempre stati accanto… la mia vita è stata straordinaria e imprevedibile, proprio come la volevo. Ciò che non mi ero reso conto di volere era della semplice e pura felicità. E solo adesso ho potuto darle un nome. Alexander.
- Magnus… - Tessa aveva lasciato perdere il the già mentre Magnus parlava. Non avrebbe potuto comunque reggere la tazza, dato che le sue mani erano troppo impegnate ad asciugare le lacrime che le scendevano copiose dagli occhi.
- Tessa, scusami. Non volevo intristirti. È solo che… dovevo condividere questi pensieri con qualcuno. Ciò che ho visto mi ha turbato. Non voglio che Alec pensi che io, in passato, ero solo un approfittatore senza cuore. Mi dispiace che lui abbia visto quel lato di me che non esiste più…
- L’avrebbe saputo comunque. – la strega gli prese la mano, quella che stringeva la pietra rossa – Mi hai detto che lui ha letto alcuni degli episodi salienti della tua vita, vero?
- Sì.
- E non è fuggito, no?
- No.
- Allora c’è un’unica spiegazione.
Magnus si sporse verso l’amica, desideroso di ascoltare. Lei sorrise appena e scosse la testa, si sentiva come se stesse parlando con il piccolo Will.
- Lui ti ama. Niente e nessuno, nemmeno tu, cambierà ciò che Alexander prova per te. Per cui sta’tranquillo. Domani sarà di nuovo a casa.
- Lo spero.
 
Londra, 1879
Quando erano bambini, Alec e Isabelle si divertivano a giocare insieme. Alec aveva amato la lettura fin da subito, mentre Izzy preferiva impiastricciarsi il viso con i trucchi di sua madre. Poi, era arrivato Jace. E lui aveva architettato le più grandi battaglie epiche della storia, usando delle semplici spade di legno. Era stato così che Isabelle aveva scoperto la frusta: srotolando il nastro che le legava i capelli e usandolo per far inciampare Jace. E Alec aveva imparato a usare l’arco proprio perché i suoi fratelli l’avevano incoraggiato a farlo. In quel momento, però, non stavano giocando. Quello non era affatto un gioco. Era la realtà, la vita reale, l’ennesimo problema che dovevano risolvere, con l’unica consolazione di essere insieme. Ed erano così, in quel momento. Insieme, nella biblioteca, chiusi a chiave. Jace stringeva al petto la mano fasciata, Alec si era appoggiato con le braccia al tavolo, Isabelle era seduta di fronte ai fratelli a braccia conserte. Se ne stavano così, in silenzio. Il maggiore aveva appena finito di raccontare cosa era successo con Magnus.  Jace chiuse gli occhi per un istante, fece un respiro profondo e li riaprì, una luce ardente brillava nelle iridi come se avesse ancora il fuoco celeste in corpo.
- È fatta. Alec, non possiamo tornare indietro per correggere l’errore.
- Lo so. – annuì il parabatai. Si slanciò indietro e si avvicinò alla finestra, guardando quella Londra antica che aveva ormai cessato di esistere da tempo, eppure era lì, davanti a lui, viva più che mai.
- Noi non dovremmo essere qui. – mormorò – Non sapete cosa darei per riportare almeno voi indietro. Ma Magnus non vi aiuterebbe comunque, perché siete legati a me. Mi dispiace…
- È inutile piangersi addosso. – lo interruppe la sorella – Noi andremo via di qui insieme. Tu, io e Jace. Credi davvero che noi ti lasceremmo qui? E che mi dici del tuo ragazzo, quello che si sta distruggendo pur di trovarti? Non puoi fargli questo.
- Isabelle ha ragione. – asserì Jace – Non colpevolizzarti, non serve. Adesso fermiamoci un attimo a riflettere, ok? Siamo tre teste, possiamo pur farcela a trovare una soluzione…
- Come la fai complicata. – sbuffò Isabelle – È ovvio che c’è solo una cosa che possiamo fare: convincere Magnus ad aiutarci.
- Ah! E come? Credi che se io gli parlassi lui semplicemente direbbe “Oh, certo, Alec, tutto quello che vuoi!”? – sbottò Alec, lanciando un’occhiataccia alla ragazza – Ormai dovresti sapere come è fatto.
- Lo so, ma tu lo conosci meglio. E lui… andiamo, fratellone! Non dirmi che non ti sei accorto di come ti guarda!
- Ha ragione, sai? – annuì Jace – L’hai già stregato.
- Come no?! – scosse la testa Alec.
- Fai almeno un tentativo. Tentar non nuoce, no? Se non dovesse funzionare, ci inventeremo qualcos’altro. Andiamo, Alec! – si alzò in piedi Isabelle – Se vuoi davvero aiutarci, devi farlo.
Alec fece saettare lo sguardo da Jace a Izzy. Avevano ragione. Forse il problema non era la loro idea quanto lui stesso. Forse aveva solo paura  di affrontare Magnus. Ma aveva un debito con i suoi fratelli: aveva combinato lui quel casino e lui l’avrebbe risolto.
- D’accordo, lo farò.
 
- Malec.
La parola scivolò fuori dalle sue labbra con naturalezza, come se fosse abituato a pronunciarla tutti i giorni. Gli era venuta in mente così, mentre Rose e Jack si libravano sulla prua del Titanic sul piccolo schermo del loro salotto. Alec, che sonnecchiava sulla sua spalla, sollevò la testa, incuriosito.
- Come? – chiese intontito.
- Malec. È la nostra ship.
- La nostra che?
- Sono i nostri nomi insieme, l’uno nell’altro. Magnus e Alec. Malec. Non è bellissimo, come suono? Mah-lek. – lo stregone fece schioccare la lingua, accompagnando il suono – Che ne pensi?
- Umph…
- Non ti ho chiesto una trattazione dettagliata. Solo un tuo parere. – lo prese in giro, accarezzandogli i capelli.
- Uhmmm… - mugolò Alec, chiudendo gli occhi e abbandonando la testa sulla spalla di Magnus – Non saprei… vuoi dire che tutte le coppie del mondo fanno questa cosa del nome unico?
- Solo le più fighe. Vedi i Brajolina, per esempio. Oppure… i Clace. I Sizzy. Le Heline. Ehm… i Jessa… i Lukelyn…
- Non ci sto capendo niente. – rise Alec, vedendo il suo fidanzato che si sforzava per davvero di trovare i nomi ad ogni coppia.
- Alec. – Magnus guardò lo Shadowhunter dritto negli occhi, serio come non era mai stato – Tu li vorresti dei figli?
- CHE?! – gli occhi di Alec stavano per rotolare fuori dalle orbite – COSA? Cioè… io non… tu e io… ma siamo due maschi, come…? Chi di noi due…?
- Alec, non ho nessuna intenzione di portare in grembo tuo figlio, stai tranquillo. Pensavo solo che sarebbe carino chiamare un nostro ipotetico figlio adottato Malec. Sarebbe molto romantico.
- E se fosse una bambina?
- Sparkle.
- Oh, no, Sommo Stregone di Brooklyn, non ti lascerò chiamare i nostri figli Malec e Sparkle. Malec potrebbe anche passare, ma Sparkle… - alzò gli occhi al cielo Alec.
- A me sembra un nome molto carino, per una bambina. Tu cosa avevi in mente?
- Marybelle.
- … Non avrai unito il nome di tua madre a quello di tua sorella, vero?
- Semplicemente mi piace come nome.
- Ah… - i due protagonisti del film, intanto, si tenevano abbracciati sulla prua della nave, mentre il sole tramontava all’orizzonte, l’aura di luce che scemava…
- Ci ho ripensato. – disse Magnus, gli occhi fissi sullo schermo – Mi piace il nome Aura.
- Bhe… è un nome molto bello. Piace anche a me. – ammise Alec, guardando di sottecchi il suo ragazzo – Magnus, non mi hai appena chiesto se voglio adottare dei bambini, vero?
- La mia intenzione era quella, ma se non vuoi…
- Lo vorrei. Tanto. Con te. Voglio dire, avere una famiglia con te… sarebbe meraviglioso. – gli accarezzò una guancia e Magnus tornò a rivolgersi a lui.
- Allora si può considerare l’idea, per un prossimo futuro?
- Sì, si può. Ti amo.
- Oh, Alexander. Ti amo anch’io.
 
- Magnus? Magnus Bane?
Magnus aprì gli occhi di scatto, svegliandosi di soprassalto. Il libro che aveva sulle ginocchia cadde sul pavimento con un tonfo sordo. Sbuffando, si alzò dalla poltrona e raccolse il libro, poi aprì la porta.
- Cosa vuoi ancora? – sibilò contrariato.
- Volevo… volevo chiederti scusa per ciò che è successo… ti prego, ci serve il tuo aiuto…
- Servo solo a quello, per voi Shadowhunters, lo so.
- No! Non è vero, tu per me sei importante.
Alec non si rese subito conto di ciò che aveva appena detto, ma quando realizzò, arrossì violentemente e abbassò lo sguardo.
- Se non vuoi farlo per me, pensa ai miei fratelli. Per favore. Inoltre, anche se non lo dà a vedere, Jace è sempre più agitato perché non sa dove sia Clary. E Isabelle… bhe, anche lei ha qualcuno che l’aspetta a casa. Noi qui siamo solo d’intralcio, siamo solo ostacoli, tutti quanti vogliono mandarci via il prima possibile e…
Non finì mai quella frase. Magnus l’aveva attirato a sé e lo stava baciando con passione, dischiudendogli le labbra con la lingua. Alec era così sorpreso che non si ribellò alla dolce invasione, ma l’accolse ed entrò a sua volta nella bocca dello stregone. Sapeva che ciò che stava facendo era ingiusto, aveva appena commesso lo stesso errore del padre, eppure quello era Magnus: la sua pelle, il suo sapore, il suo profumo. Magnus lo lasciò andare lentamente, premendogli le mani sul petto muscoloso. Alec fece quasi un balzo all’indietro, finendo contro il muro opposto.
- Ora so perché. – sorrise compiaciuto Magnus.
- Eh? – balbettò Alec, sfiorandosi le labbra con le dita.
- So perché ti sceglierò, un giorno. Non è solo per i tuoi occhi. Tu sei… puro. Innocente. Dolce. Mi piaci.
- Oh…
- Per pietà, non assordarmi con le tue chiacchiere. – ammiccò lo stregone – Puoi contare su di me, Nephilim. – e così dicendo, scivolò di nuovo nella sua camera, chiudendo la porta dietro di sé.

Somewhere in time, we don't know where we are...
Ed ecco la famosa spiegazione all'OOCismo di Magnus... spero me la lasciate passare.... per favore *vocina da bimba e occhi da cucciolo* Ok, dopo ciò..... 6 recensioni. SEI RECENSIONI. Voi.Volete. Uccidermi. Mai nella vita mi sarei aspettata di ricevere sei recensioni per un capitolo.... vi giuro, quando ho realizzato, stavo morendo di gioia. Per questo i ringraziamenti a Marty060201, alessandra200218, Spady96, annabeth lightwood, Amy_demigod e Chesy sono d'obbligo. E poi ovviamente grazie  a tutti quelli che leggono, seguono, mettono tra le preferite e le ricordate.... tutti. Vi annunciò che il prossimo capitolo è IL capitolo. Quello dell'evocazione *zan zan zaaaaan* Nell'attesa di sabato prossimo, proprio per ringraziarvi di tutto il sostegno, vi posto un piccolo spinnet ;)

- Clary, sei tu?!
- AH! – urlò la rossa – SÌ, MAGNUS, SONO IO! HO LA TESTA IN FIAMME!
- Calmati. Respira profondamente.
- Papà, le scosse non funzionano…
- Allora proviamo con questo.

A presto,
_Alien_
 

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Capitolo 21
*** L'evocazione ***


Idris, 2014
Era tutto pronto. Ron aveva appena finito di tracciare il pentacolo, alle cui punte c’erano Catarina, Magnus, Tessa e Lady Geminy. Fuori dal pentacolo, c’era un manipolo di Shadowhunter, volutamente richiesti dal Sommo Stregone di Brooklyn: Simon, Robert, Maryse, Jocelyn, Jem, Bill, Tom e altri Nephilim pronti ad intervenire, nel caso Rhefur fosse stato ingestibile per gli stregoni. Anche se non lo dimostrava apertamente, Magnus percepiva il nervosismo e il terrore di Tessa. Le era bastato affrontare il padre già una volta, non avrebbe certo voluto ripetere l’esperienza, e Magnus poteva capirla. Anche lui aveva visto Asmodeus solo due volte e nessuna delle due occasioni era stata piacevole. Ma stavolta era una questione di vita o di morte. Perché non c’erano in gioco solo le vite dell’uomo che amava e dei suoi amici, ma anche il destino dei Nephilim. Solo l’Angelo sapeva quali sarebbero state le conseguenze di un mondo senza Portali. La battaglia contro i demoni sarebbe stata molto più complicata, se non impossibile. Dovevano farcela. Si avvicinò a Tessa e le accarezzò il braccio.
- Tranquilla, andrà tutto bene. – disse, per rassicurare se stesso e lei.
- Sì. Ho salutato Will, l’ho affidato a Luke, almeno starà con Amatis. – gli occhi grigi della strega saettarono veloci verso Jem – Ho paura di non rivederlo più. E se il demone riuscisse a fare ciò in cui ha fallito in passato? Perderei tutto…
- Non devi pensarlo, Tessa. L’hai già fatto una volta, lo rifarai ancora. Ti aiuteremo. – la rassicurò Magnus – Sei più forte di quanto pensi.
Tessa sorrise lievemente, poi guardò dritta di fronte a sé, sollevando i palmi delle mani.
- Cominciamo. Sono pronta. – dichiarò. Gli stregoni si posizionarono ai lati del pentacolo mentre Tessa si piazzava proprio al centro. Sapeva di essere vulnerabile, in quella posizione, ma doveva irradiare il massimo dell’energia, se voleva sconfiggere Rhefur, e quel punto era abbastanza vicino al centro della stella, dove sarebbe comparso il demone. Dalle sue dita scaturirono delle scintille azzurre, che conversero in un unico punto davanti a lei. Anche gli altri quattro stregoni fecero convergere le loro energie in quel punto e un boato assordante fece indietreggiare gli Shadowhunter. Tessa abbassò una mano, sfilando un pugnale dai jeans e premendo la lama contro il palmo. Alcune gocce di sangue caddero sul terreno.
- Io, Theresa Gray, invoco te, Rhefur, dagli abissi di Pandemonium. Vieni a me, poiché io te lo comando, io, che sono la tua progenie, nata da te e da una Figlia dell’Angelo. Io, qui, adesso, ti invoco!
Un rivolo di denso fumo nero cominciò a fuoriuscire dal terreno, mischiandosi al sangue della strega in raccapriccianti grumi, che ribollivano come lava in un vulcano. I grumi si contorcevano a scatti, allungandosi e restringendosi in tante forme diverse, finché la melma scura non si attorcigliò su se stessa e si sollevò, per poi assumere una forma umana. Era un uomo alto, con un lungo cappotto nero, gli occhi rossi, completamente zuppo di sangue, tanto che gli abiti gocciolavano come una ferita aperta. Una visione raccapricciante, che fece tremare Tessa.
- Figlia mia. Non sai da quanto tempo aspettavo questo momento. – la voce del demone era melmosa come il miscuglio di terra e sangue da cui era venuto.
- Stai zitto. – strillò lei, visibilmente tesa – Cosa vuoi ancora da me? Perché perseguiti i Figli dell’Angelo?
- Perché è l’unico modo che ho per rivederti. Mi mancavi. – il demone ghignò, i denti da squalo.
- Tu non hai alcun diritto su di me, non hai il diritto di vedermi! Lasciami in pace! – la voce della mutaforma tremò visibilmente.
- Bhe, ora sono qui. Vieni con me, cara. Tu mi appartieni. – tese un lungo braccio – Non sei degna di loro. Possiedi un potere immenso, il potere degli Eidolon. Quando ho accettato l’accordo delle fate, loro mi avevano promesso che poi, alla morte di Mortmain, saresti stata mia. È venuto il momento di onorare il patto.
- Io non sono mai appartenuta ai Nephilim, alle fate, a Mortmain e mai apparterrò a te. Io appartengo a me stessa e basta. Lascia in pace me e questo mondo, smettila di infestare i Portali. Non voglio mai più rivederti. – mentre parlava, Tessa aveva ripreso un po’ di coraggio. Non l’avrebbe data vinta a quel mostro. Rhefur rise, gettando indietro la testa.
- Il gioco dei Portali, che cosa spassosa! È stato divertente spedire quei ragazzini dovunque! La figlia di Valentine è finita nel futuro, mentre il biondino arrogante, la mocciosa piagnucolante e il frocetto stanno facendo un bel giretto nel passato! – Tessa percepì l’energia di Magnus attorno a lei farsi più tremula, scossa dalla rabbia. Simon invece si era limitato a sguainare una spada angelica.
- Stai giocando con la vita di quei ragazzi per che cosa? – chiese sollevando il mento in aria di sfida.
- Mi sembra ovvio cara. Vieni con me e loro torneranno a casa, sani e salvi. – incrociò le braccia il demone – O forse vuoi che muoiano? Quando sono arrivati a destinazione, ho mandato loro una piccola sopresa… un comitato di benvenuto, se così si può dire. Peccato non essere riuscito a farlo con la piccola pel di carota! Mi sarebbe piaciuto vederla all’opera con un Raum o qualcosa del genere.
- Smettila! Riportali indietro! Non cederò a questo ricatto, brutto schifoso!
- Grazie del complimento. E ora basta chiacchiere! Vieni con me! – il demone serrò il pugno e Tessa si sentì strattonare in avanti, verso di lui. Non fece nemmeno in tempo a capire cosa successe poi, perché la sua magia agì in completa autonomia dalla sua volontà.
- NO! – si ritrovò a gridare e sollevò le braccia. Buttò la testa all’indietro, lanciando un urlo acuto.  Due raggi azzurri partirono dalle sue dita, diradandosi verso il cielo. Magnus direzionò la sua magia nello stesso punto, così come gli altri stregoni. Una nebbia azzurra scese dall’alto e avvolse il demone, poi si addensò e cominciò a spingerlo verso il basso. Il demone urlò, un suono completamente non umano, la nebbia che si infiltrava tra le cellule del corpo e lo disgregava in tanti brandelli scuri. I versi del demone raggiunsero il culmine quanto Tessa intensificò il raggio. Pensò ai Will e Jem della sua vita. Pensò a Magnus, Catarina, Ragnor, i suoi amici nello spazio e nel tempo. E pensò a se stessa e la sua energia crebbe drasticamente, non lasciando scampo a Rhefur. I brandelli neri del demone fluirono verso la luce e sparirono con degli scoppiettii inquietanti. All’improvviso la luce si spense e Tessa svenne, mentre Magnus si accasciò al suolo, stremato. Alzò lo sguardo, sperando di veder succedere qualcosa, di vedere Alec. Ma non accadde nulla.
Aveva fallito.
 
Londra, 1879
- Mi arrendo. – sospirò Magnus – Nella Sezione Ombra non c’è nulla che possa aiutarvi. Abbiamo cercato per giorni! Mi dispiace, ma non posso fare più nulla.
- Non è possibile, questa è una biblioteca antichissima! Ci deve essere qualcosa, qualsiasi cosa, anche solo un paragrafo sui viaggi nel tempo! – strepitò Isabelle.
- Non può finire così. – mormorò Jace, scuotendo la testa – Non possiamo arrenderci! Mentre i suoi fratelli protestavano, Alec chiuse gli occhi e si portò le mani al viso. Non c’era più niente da fare. Nemmeno Magnus sapeva come aiutarli. Era tutto inutile.
- Smettetela di urlare. Mi farete esplodere la testa. – disse con voce incolore il maggiore. La sorella lo fissò incredula.
- Ti prego, Alec! Non darti per vinto! Noi ce la faremo, noi…
- Basta, Iz. Sono stanco. – si alzò in piedi lui. Guardò il suo migliore amico, sua sorella, quello che sarebbe stato il suo ragazzo e sentì una stretta al cuore. Non era riuscito a proteggerli, a salvarli.
Aveva fallito.
E fu in quel momento che un’improvvisa fitta alla testa lo travolse con tanta violenza da farlo urlare e cadere per terra.
- ALEC! – gridarono in coro gli altri tre presenti, ma nessuno di loro riuscì ad andare in suo soccorso, perché anche Jace si accasciò a terra con un grido, seguito alcuni secondi dopo da Isabelle. Lo stregone rimase impietrito, non aveva mai visto una cosa del genere. I tre Shadowhunters si contorcevano per terra, assumendo strane posizioni in preda al dolore. La ragazza gridava e stringeva la testa tra le mani, come se temesse che sarebbe potuta esplodere. Il biondo era il più rumoroso e inquieto, si agitava come un anguilla tanto da urtare la libreria e far cadere qualche libro. Invece Alec emetteva soltanto qualche sporadico sibilo o gemito. E poi un’intensa luce blu diruppe prepotente nella biblioteca, trascinando i tre Nephilim con sé… e poi buio.
 
Idris, 2032
Se New York le era sembrata diversa, Clary poteva affermare di non riconoscere più Alicante. C’erano ancora gli edifici che ricordava, ma non avrebbe mai immaginato di scorgere tra quelle casette degli enormi palazzi dello stesso materiale delle torri anti-demoni – come fatti di vetro. E poi c’era la novità più assoluta: il treno, che collegava il Lago Lynn alla città. Il viaggio era stato piuttosto turbolento, ma guardandosi intorno aveva visto Julie e gli altri apprezzarlo… tutti tranne Amatis, che l’aveva fissata per tutto il viaggio. In quel momento erano nella Piazza dell’Angelo e procedevano a passo di marcia verso la Sala degli Accordi. Fu in quel momento che la sentì: una fitta alla testa, come se qualcuno le avesse infilato una lama rovente nel cervello. Gridò e cadde a terra, in preda alle convulsioni. Un’intensa luce azzurra le ferì gli occhi e dal gorgoglio che udì capì che quello davanti a lei era un Portale. Nel frattempo, Aura si era inginocchiata accanto a lei e intravide delle scintille scaturire dalle sue mani. Sentì delle piccole scosse elettriche attraversarle tutto il corpo, ma il dolore non se ne andava.
- Raf, vai a chiamare papà! Presto!
- Non ce n’è bisogno, eccolo lì! Papà!
Clary gemette e continuò ad agitarsi per il dolore insopportabile finché dei familiari occhi felini non raggiunsero il suo campo visivo.
- Clary, sei tu?!
- AH! – urlò la rossa – SÌ, MAGNUS, SONO IO! HO LA TESTA IN FIAMME!
- Calmati. Respira profondamente.
- Papà, le scosse non funzionano…
- Allora proviamo con questo.
Clary si sentì pervadere da uno strano calore, che le scorreva lento lungo le vene. Il dolore alla testa si attenuò leggermente, ma non scomparve. Ciò le permise però di seguire lucidamente la conversazione.
- È una fortuna che William mi abbia mandato un messaggio di fuoco. Ho già capito cosa sta succedendo…
- Cosa? – stavolta fu Julie a parlare, la voce carica di preoccupazione – Cosa sta succedendo? Perché mamma sta male?
- Perché lo squilibrio del flusso spazio-temporale è stato sistemato. Lei è naturalmente attratta verso il luogo e il tempo a cui appartiene. Prima di lasciarla andare, però, devo fare una cosa… Clary, puoi sentirmi? – Magnus le girò il viso, in modo da potersi guardare negli occhi. Era lo stesso Magnus che aveva conosciuto lei, anche se si era fatto crescere un po’di barba, nel vano tentativo di sembrare più grande per non far sentire a disagio Alec. Annuì, ma percepiva i muscoli intorpiditi e la testa che pulsava ancora.
- Ci sono altri qui con te? – le chiese lo stregone.
- Nel Portale c’erano Jace… Izzy, Simon… tu e Alec… Jem e Tessa… - enumerò la Fairchild a fatica – Ma nessuno è qui con me.
- Questo non vuol dire che non siano dispersi. Stanno per tornare anche loro. – asserì lo stregone – Ma prima devo risolvere una questione…
Il Sommo Stregone di Brooklyn posò un indice sulla fronte di Clary e cominciò a mormorare una nenia a mezza voce, agitando l’altra mano, da cui sprizzavano scintille. E Clary vide il nuovo mondo che aveva conosciuto e le nuove persone che aveva incontrato annebbiarsi sempre di più, fino a sparire.
- Se tutto va bene, funzionerà anche con gli altri. – disse Magnus – Nessuno di voi ricorderà nulla, non importa in quale posto siate stati.
- Ma perché? – chiese Julie.
- È giusto così, per tutti. Appena Clary varcherà il Portale, il mio incantesimo si attiverà. Nessuno, nel passato, presente o futuro, ricorderà il minimo cambiamento dovuto al flusso temporale. Significa che se, per esempio, avessi incontrato Alec prima del tempo previsto, non lo ricorderei. È l’unico modo per preservare l’equilibrio. – poi lo stregone si rivolse verso Clary – Che altro dirti, biscottino? Buon ritorno a casa. Ti aspettano tante altre sfide, ma vedrai che arriveranno anche tante gioie. Ci vediamo presto.
Così la sospinse dolcemente verso il Portale. E lei vi cadde dentro.
 
Luogo imprecisato, tempo imprecisato
Caos. Tutto girava. Non era stato così, l’ultima volta. C’era stato movimento, un vento inarrestabile, ma stavolta si stava scatenando un vero e proprio uragano. Jace non riusciva a controllare il suo corpo, sballottato dovunque in quello spazio nero, immenso. Ed era solo. Non sentiva Alec o Izzy, non osava sperare di percepire Clary. E poi accadde: le immagini della Londra vittoriana, di Will Herondale e degli altri abitanti dell’Istituto del 1879 cominciarono a vacillare nella sua mente, fino a eclissarsi lentamente. Provò a trattenerli, era pur sempre stata un’esperienza che non voleva dimenticare, ma non ci riuscì e li vide scivolare via dalla sua mente. Nel giro di qualche minuto, o forse ora o anno, non avrebbe saputo dirlo con certezza, tutto era sparito e non ricordava più dove fosse stato. E tutto smise di girare e cadde, sbattendo il petto contro una superficie dura.
 
Idris, 2014
Quattro corpi rotolarono per terra, urtando violentemente contro il pavimento. Magnus rimase impietrito, in ginocchio, con i pugni serrati, mentre una dei quattro si alzava in piedi, guardandosi spaesata. Bassa statura, capelli rossi, occhi verdi, pelle chiara, lentiggini. No. Non poteva crederci. Era Clarissa. Era lei, che si chinava sul ragazzo biondo, che aveva appena aperto gli occhi. Jace. E i due ragazzi accanto a lui… Isabelle e Alexander. Alexander.
- Alexander. ALEXANDER!
Il suo grido ruppe il silenzio attonito che era calato, nonostante la Piazza dell’Angelo fosse abbastanza gremita. Lo stregone scattò in avanti, incespicando, e corse da Alec trovando una forza che non aveva mai saputo di avere. Si gettò accanto a lui, prendendogli il viso tra le dita come se stesse maneggiando della porcellana. Alec aveva gli occhi chiusi, un labbro spaccato probabilmente a causa della caduta. Le palpebre tremolarono leggermente, prima di scoprire le sconvolgenti iridi blu che non avrebbero mai stancato lo stregone.
- Mag… Magnus… - balbettò. E il peso che aveva oppresso il cuore del Figlio di Lilith fino a quel momento sparì, come se non fosse mai esistito. Alec era lì, stava bene. Era riuscito a salvarlo.
- Magnus, non piangere… - aggrottò la fronte il Cacciatore, sollevando un braccio e sfiorando con le dita il viso bagnato dello Stregone. Magnus rise, chinandosi su di lui e passandogli un dito sulle labbra. Dopo un lieve scintillio, la sua bocca era di nuovo integra, da baciare. E così fece Magnus, senza aspettare nemmeno un secondo di più. Fu il bacio più lungo, dolce e intenso che si fossero mai scambiati. Era uno di quei baci capace di dire tutto quello che c’è da dire senza parlare. Era un insieme di Ti amo e Aku cinta kamu e Mi sei mancato troppo e Non lasciarmi mai più. Quando si separarono e Alec riaprì gli occhi, vide il resto del mondo. Si alzò in piedi a fatica e fu abbracciato da Maryse con un impeto che mai avrebbe associato a sua madre. Anche lei piangeva, stringendolo forte.
- Per l’Angelo, Alexander! Per l’Angelo! – mormorò sconclusionatamente – Sei tornato a casa!
- Sì. – annuì lui, abbracciandola forte – Sono tornato a casa.
 
Era stata la prima ad alzarsi in piedi e aveva visto Magnus e Tessa per primi, poi sua madre, Luke e la sua sorellina. Poi si era girata e aveva visto Jace accanto a lei. Si era inginocchiata accanto a lui, accarezzandogli i capelli, e lui aveva aperto gli occhi, si era alzato e l’aveva stretta a sé, premendola contro di sé.
- Clary, Clary, Clary… - mormorava come un mantra – Credevo di averti persa…
- Non ti libererai così facilmente di me, Herondale. – ammiccò lei con un lieve sorriso.
- Bene. Perché ho intenzione di averti tra i piedi per molto, molto tempo. – sorrise Jace e la baciò dolcemente. Quando si staccò da lui, vide la piccola Amatis farsi largo tra la folla. Appena raggiunse la sorella maggiore, si aggrappò alle sue gambe.
- Clary!
- Amy! – la rossa si chinò e prese in braccio la sorellina, le braccia paffute della bambina che le cingevano il collo.
- Sapevo che saresti tornata. Ti voglio bene.
- Anch’io ti voglio bene. – le accarezzò i capelli Clary. Poi Amatis fissò i suoi occhioni azzurri in quelli verdi della sorella maggiore e domandò:
- Dove sei stata?
Clary prese fiato per parlare, ma non rispose. Non poteva. Perché non lo ricordava più.

Somewhere in time, we don't know where we are...
Sorpresa! Dato che è Halloween, ho pensato di aggiornare con un giorno d'anticipo, contente? Dovevo trovare un modo per dirvi quanto vi sono grata, dopo altre 6 recensioni... ancora non ci credo che sono così tante.... ringrazio Marty060201, Grell_Death che segue da sempre, annabeth lightwood, saretta98SS, Amy_demygod e Chesy che hanno recensito e tutti gli altri che leggono e seguono. Stiamo arrivando alla fine della storia, ho già preparato un mini-discorso finale in cui puntualizzerò alcune cose. Detto questo, auguro buon Halloween a tutti!
A presto,
_Alien_

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Capitolo 22
*** The (frozen) ring ***


New York, 17 agosto 2014, ore 19.45
Isabelle aprì la porta della camera del fratello maggiore. Alec aveva deciso di passare la sua ultima notte da celibe all’Istituto, anche perché Magnus avrebbe partecipato ad una mega festa organizzata da Catarina e l’arciere non aveva davvero voglia della confusione dei party degli stregoni, gli bastava passare ancora un po’di tempo con la sua famiglia. Alec chiuse il libro che stava leggendo, posando gli occhiali da lettura sul comodino, e invitandola a sedersi sul letto, accanto a lui. Lei si accomodò e gli prese la mano.
- Domani ti sposi. – constatò, le labbra che si allargavano spontaneamente in un sorriso. Alec la imitò e il sorriso era a dir poco luminoso.
- Già. Puoi crederci? Io no, davvero. Se mai qualcuno mi avesse detto che un giorno mi sarei sposato con l’uomo dei miei sogni, gli avrei riso in faccia. Per l’Angelo, Izzy. Non riesco ancora a capacitarmi…
- Sono felicissima per te. Ma io sono nervosissima! Voglio dire, sono la tua testimone, devo essere impeccabile domani.
- Anch’io sono nervoso, ma la mia ansia è motivata. Sai com’è, io sono lo sposo…
- Qualcuno ha parlato di ansia? – fece capolino Jace, entrando mano nella mano con la sua ragazza.
- Ehi, Clary! Non pensavo ti fermassi anche tu stasera! – la salutò Alec.
- Jace ha detto che bisognava festeggiare un addio al celibato coi fiocchi. – ammiccò la rossa – Pronti ad iniziare?
- Cosa avete in mente? – chiese perplesso Alec. Era stato molto chiaro, niente festa assurde, con spogliarellisti e ubriacature leggendarie. Ci teneva a ricordare quella notte molto bene e non aveva bisogno di fare follie per riuscirci. Izzy tirò fuori il cellulare, massaggiando freneticamente, finché uno sbuffo blu fece comparire una TV al plasma davanti a loro, completo di cinque pacchi mega-maxi di pop corn e almeno una ventina di DVD tra cui scegliere.
- Ehi! Sono arrivato tardi? – disse Simon mentre entrava anche lui. Alec era sempre più stupito.
- Oh, no, tesoro, vieni pure. – sorrise Isabelle – Magnus ci ha appena inviato il materiale.
- Magnus?! Ma lui… io… cosa…?
- Ci teneva a partecipare, ma noi glielo abbiamo proibito. Che addio al celibato sarebbe, altrimenti? Tanto domani starete incollati l’uno all’altro tutto il tempo! – ghignò Jace.
- Ne riparliamo quando ci sarai tu al posto mio, Herondale. – sorrise a sua volta Alec.
- Ohhh, punto nell’orgoglio! – lo prese in giro Simon, dando una gomitata al biondo. Jace sbuffò, alzando gli occhi al cielo, mentre Izzy ridacchiava divertita e Clary aveva uno strano sguardo vacuo, perso chissà dove. Scosse la testa vigorosamente, facendo oscillare la folta chioma rossa.
- Cavolo. – borbottò – Per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare nulla. Sono stata nel futuro e non ricordo niente! Che palle!
- Magnus dice che è meglio così. – la consolò Alec – Non avremmo più avuto il gusto di vivere. E poi non sei la sola, anche noi abbiamo dimenticato tutto del passato, persino Magnus, che ci guardava tramite il ciondolo rosso. Che strano…
- Ehi, sento le rotelle del tuo cervello cigolare! – Isabelle passò un braccio attorno alle spalle del fratello maggiore e si rivolse al suo ragazzo – Allora, mio amato nerd. Quale film ci consigli?
- Io voglio vedere A Nightmare before Christmas! – disse subito Clary.
- Non vedo film di Tim Burton… - disse Simon, assorto com’era nel contemplare i DVD – Però ci sono dei grandi classici: Kill Bill, Mamma Mia!, E.T., Titanic
- Titanic è il film preferito di Magnus. – mormorò con un sospiro il futuro sposo. Isabelle sbuffò e lo guardò male.
- Sei proprio innamorato perso, fratellone.
- Già. – annuì lui sorridendo lievemente – Comunque vorrei vedere qualcosa di intenso. Qualcosa che mi faccia ricordare per sempre questa serata.
Un sorriso diabolico si dipinse sul viso di Jace, prendendo un DVD con su scritto The Ring a caratteri cubitali.
- Non ho idea di cosa sia, ma mi piace. – ghignò il biondo.
- È un film horror. – precisò Clary – Uno dei più famosi. È… bhe, quello fa davvero paura. Non l’ho mai visto, però…
- E allora The Ring sia! – annuì Alec. Fecero partire il DVD, aprirono le confezioni di pop corn e puntarono gli occhi sullo schermo.
 
Ore 02.15
Una lieve vibrazione lo strappò dal mondo dei sogni. Aprì gli occhi e brandì il telefono, senza nemmeno guardare chi fosse.
- Pronto?
- Amore mio.
- Magnus! – Alec si era svegliato completamente, si mise seduto e accese la luce del lume sul comodino – Ehi. Come è andata la festa?
- Bene, direi. Catarina mi ha portato in una discoteca fantastica, c’era glitter dovunque! Era il paradiso… ma sarebbe stato ancora più perfetto, se ci fossi stato tu.
- Sai che non mi sarebbe piaciuto. Non sono un tipo da discoteca. A proposito, grazie per la TV e i pop corn.
- Prego. Che film avete visto?
- The Ring e Frozen.
- Un horror alternato a un cartone Disney?
- Buffo, vero? Ci serviva qualcosa che smorzasse la tensione.
- Immagino… apri la finestra. – sussurrò Magnus con voce suadente. Alec inarcò un sopracciglio, perplesso.
- Come, scusa?
- Apri la finestra. Affacciati.
Alec si alzò con ancora il telefono attaccato all’orecchio. Aprì la finestra e si affacciò. Un certo stregone di sua conoscenza proprio sotto la sua finestra e gli sorrideva con quella sua aria maliziosa che lo faceva impazzire. Poi fece un salto e si sollevò in aria come se volasse, avvolto da mille scintille blu, arrivando esattamente all’altezza di Alec.
- Mi fai entrare? – domandò, gli occhi da gatto che scintillavano nel buio. Alec si riscosse da quella visione e gli tese la mano, che lo stregone afferrò. Così Magnus si lasciò scivolare dentro la stanza, attirando poi il Nephilim a sé, e gli prese il viso tra le mani.
- Sorpresa! – esclamò, lasciandogli un piccolo bacio sulle labbra – Ti sono mancato?
- Molto. A dir la verità, speravo che passassi a trovarmi. È stato bello trascorrere una serata con i miei fratelli, Clary e Simon, però l’atmosfera in casa nostra è un’altra cosa. – ammise Alec, arrossendo notevolmente – Quando ci sei tu è un’altra cosa.
- Oh, Alexander. – lo stregone accostò la fronte a quella del Cacciatore – Quasi non ci credo che tra poche ore ci sposeremo.
- Neanche io. – sorrise Alec – Tra poco sarai un Lightwood. Nel tuo diario c’è scritto che la mia non è mai stata una famiglia a te simpatica. Riuscirai a convivere con questa consapevolezza?
- Sono cambiate molte cose da quando ci sei tu. Credo che il nome Lightwood non mi sorprenda più così tanto. Se devo essere sincero, è tutto ciò che voglio. – chiuse gli occhi – Magnus Lightwood. Per Lilith, mi suona così strano.
- Mai come Alexander Bane. Quello sì che è strano. – ridacchiò Alec – Per l’Angelo, mi sento così felice. È incredibile.
- Tutte queste chiacchiere e mi sono dimenticato del motivo principale per cui sono qui. – Magnus si allontanò da Alec, ma non slegò l’intreccio delle loro mani, portandosele al petto, in modo che il suo ragazzo percepisse il suo battito cardiaco.
- Cosa c’è, Magnus? – domandò Alec, un po’stranito da quel comportamento.
- Sai, ho riflettuto su una cosa. – cominciò Magnus – Tu mi hai regalato l’anello dei Lightwood quando mi hai chiesto di sposarti, ma io non ti ho donato nulla, se non il mio cuore… Dio, che frase scontata! Ok, ricomincio. Dunque, ho riflettuto sul fatto che io non ti ho mai regalato niente, almeno di fisico… ok, questo mi dà molto di doppio senso. D’accordo, daccapo. Allora, tu mi ha regalato un anello, io no e quindi…
- Dove vuoi arrivare?
- Tieni.
La mano sinistra dello stregone si liberò dalla stretta di Alec per dirigersi verso la tasca dei pantaloni ed estrarne una scatolina, che porse all’altro. Il ragazzo la prese e la aprì. Dentro c’era un anello d’oro bianco molto semplice e spesso, con incastonata al centro uno zaffiro. All’interno dell’anello, Alec scorse due lettere elegantemente cesellate, intrecciate fra loro: una M e una A. Le loro iniziali. Il Cacciatore boccheggiò incantato.
- È bellissimo. – commentò infine e Magnus sospirò di sollievo.
- Temevo potesse non piacerti. L’ho fatto fare apposta per te.
- Davvero?
- Certo. Volevo che anche tu avessi un anello di fidanzamento, anche se mi rendo conto di aver aspettato un po’troppo a dartelo. È solo che mi sembrava più romantico dartelo adesso…
- Lo è. È perfetto. – Alec si infilò l’anello al dito, sopra quello dei Lightwood, e abbracciò stretto Magnus – Ti amo.
- Ti amo anch’io. – ricambiò la stretta lo stregone – E presto lo saprà tutto il mondo.
- Poi dici che sono io, quello sdolcinato. – ridacchiò Alec.
- Quando ci vuole, ci vuole. – sorrise Magnus. Alec ricambiò il sorriso, poi abbassò lo sguardo pensieroso.
- Sei sicuro di volerlo fare?
- Cosa? Sposarti? Ormai non c’è più niente che tu possa fare, per farmi cambiare idea.
- Ne sono felice, ma non mi riferivo soltanto a questo, e lo sai.
Magnus rimase interdetto per qualche secondo, poi un lampo di consapevolezza gli attraversò gli  occhi.
- Oh. Quello.
- Già. Magnus… Clary ha passato gli ultimi due mesi a perfezionare la runa, ma potrebbe non essere ancora perfetta. Potresti farti male. A me non importa usare le rune per suggellare la nostra unione a questo prezzo. Non posso permettere che ti accada qualcosa.
- Biscottino ci sa fare con le rune. Mi fido di lei. – il sorriso malizioso ritornò sul volto del Nascosto, accarezzando la guancia del compagno – Vedrai, domani sarà tutto perfetto.
In realtà Magnus era a dir poco terrorizzato. Clary l’aveva già avvisato, la runa non l’avrebbe ucciso, ma comunque avrebbe potuto causargli dolore. E se c’era una cosa che voleva evitare il giorno del suo matrimonio, era proprio un momento di sofferenza. Eppure voleva farlo, perché sapeva quanto Alec ci tenesse, nonostante l’avesse appena negato. Magnus sapeva perfettamente di aver legato il proprio destino a quello di uno Shadowhunter, che, in quanto tale, voleva onorare delle tradizioni secolari. E lui non gli avrebbe negato quel diritto, anche perché aveva da tempo promesso a se stesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per l’altro, perché Alexander non aveva tempo da perdere. Loro non potevano sprecare nemmeno un’occasione. Così mascherò ancora una volta il suo timore e sfiorò le labbra di Alec con le sue.
- Sarà meglio che vada. Devo dormire un po’, altrimenti domani sembrerò uno zombie e non  voglio certo apparire così davanti a mio marito. – ammiccò. Alec rise e annuì e lo lasciò andare lentamente. Magnus si arrampicò non senza fatica sul davanzale della finestra, acquattandosi come un gatto.
- Ci vediamo tra poco, fiorellino.
- Ciao.
Alec si prese un colpo quando vide il suo amato saltare fuori dalla finestra e non poté fare a meno di sporgersi per controllare che stesse bene, ma lui era già sparito in un vortice di fiammelle blu. Così tutto quello che poté fare fu tornare a dormire. Chiuse gli occhi con un sorriso sulle labbra.
 
Ore 3.30
- … Alec? Sono Jace. Sei sveglio?
Non ci credo pensò il giovane, infastidito. Era passata più o meno un’ora da quando Magnus se n’era andato e stava sognando. Si trascinò fuori dal letto e aprì la porta con un grugnito.
- Che vuoi?
- Posso parlarti? Ti prego. È importante. – gli occhi di Jace brillavano nel buio e Alec era davvero troppo intontito dal sonno per intuire qualcosa da quel luccichio insolito. Gli fece un cenno con la testa di entrare e i due parabatai rimasero in silenzio per un istante.
- Deve essere davvero importante se mi svegli alle… - Alec controllò l’ora dal telefono – le tre del mattino?!
- Scusami, è solo che… devo proprio chiedertelo. Adesso o mai più. – quell’affermazione così assoluta fece svegliare completamente il moro.
- Jace, cosa è successo? – chiese preoccupato.
- Nulla, tranquillo. Io… - Jace cominciò a passeggiare per la stanza, artigliandosi i capelli con le mani. Chiuse gli occhi, inspirò, espirò e riaprì gli occhi.
- Voglio chiedere a Clary di sposarmi.
Alec spalancò la bocca.
- Come, scusa?
- Hai capito. – il biondo si girò di nuovo verso il parabatai – Che ne pensi? È una buona idea? Dici che... sì, insomma… potrei chiederle una cosa del genere?
Alec incrociò le braccia al petto, pensieroso.
- Perché non dovresti chiederle di sposarti? Clary è perfetta per te, vi siete sempre completati a vicenda, non vi siete mai allontanati nonostante tutto. Quali sarebbero i tuoi dubbi?
- E se lei non accettasse? – Alec poteva giurare di non aver mai visto Jace così incerto, il labbro morso a sangue – Non l’ho mai vista troppo entusiasta all’idea del matrimonio.
- Nessuno lo è, se non lo riguarda in prima persona. Posso dire di parlare per esperienza. – sorrise lievemente Alec – Non avrei mai pensato di sposarmi, un giorno. E neppure Magnus. Eppure eccoci qua. Quando si incontra una persona speciale, vorresti passare con lei il resto della vita. E vorresti che il resto della vita cominci il più presto possibile.
- Wow, Alec, complimenti per la poesia! – sorrise l’Herondale.
- La finisci di fare il deficiente, Jace? Per una volta che una mia citazione è memorabile… - sbuffò il Lightwood – Sei sempre il solito…
- Ok, ok. Quindi dici che ne vale la pena? – Jace ritornò subito serio e stavolta Alec si accorse di quanto l’amico fosse nervoso. Lo guardò con affetto, più da fratello maggiore che da migliore amico.
- Jace Herondale. – disse con voce solenne - Ami Clarissa Adele Fairchild?
- Certo! Mi sembra ovvio, a questo punto! – gli occhi dorati del ragazzo si sgranarono a dismisura. Dopo tutto quello che avevano passato, come poteva non amarla?
- E allora ne vale la pena. Ne varrà sempre la vena. – Alec strinse la spalla dell’amico con un gesto fraterno – E ora posso tornare a dormire? Vorrei evitare di avere delle occhiaie spaventose.
- Non sia mai che lo sposo abbia le occhiaie per colpa del testimone. – ridacchiò il biondo – Allora io vado. Grazie, amico.
- Prego.
 
Ore 8.45
- Alexander?
- Mamma, ti prego, altri cinque minuti…
- Alexander, devi alzarti. Non puoi fare tardi al tuo matrimonio.
Alec spalancò gli occhi. I raggi del sole filtravano dalle tende, illuminando debolmente la stanza. Si girò verso sua madre, seduta accanto a lui. Maryse gli sorrise accarezzandogli i capelli.
- Buongiorno, tesoro mio. Oggi è il grande giorno.
- È vero. – sorrise lui, mettendosi seduto. Si stropicciò gli occhi e sentì sua madre alzarsi dal letto e aprire l’armadio.
- I tuoi fratelli si stanno già preparando. Isabelle è sveglia dalle sei! Non ho idea di cosa stia facendo… - Maryse pescò dall’armadio una gruccia a cui era appeso l’abito. Aveva sempre guardato con soggezione quel costume nero su cui erano incise delle rune d’oro. Gli sembrava così strano indossarlo! Eppure stava per farlo… stava per sposarsi.
- Bene. Ora ti lascio. Preparati e poi… fammi vedere come ti sta il completo. – Maryse fece una piccola pausa, prima di abbracciare il figlio – Sono così fiera di te. Oh, Alexander, il mio bambino… come sei cresciuto…
- Mamma, conserva le lacrime per dopo. – sorrise Alec, ricambiando l’abbraccio. Dopo avergli lasciato un’ultima carezza al viso, la donna uscì dalla stanza. Alec guardò ancora l’abito, poi si diresse in bagno per una doccia. Le ultime ore da celibe stavano per terminare.
 
Ore 10.25
- Buongiorno a tutti! – salutò Simon, insolitamente elegante nel suo smoking scuro.
- Ciao! – il ragazzo fu accolto dalle braccia di Isabelle e si strinse forte a lei, stando attento a non sgualcire il vestito. Quando si separarono, Simon rimase senza fiato. La sua ragazza indossava un bellissimo abito fucsia, dal corsetto a cuore e la gonna a balze, che evidenziava le lunghe gambe coperte di rune. Non indossava il ciondolo rosso dei Lightwood, bensì una collana di quarzi rosa. Era così insolito vederla con quel colore, eppure le donava molto.
- Sei splendida. – commentò il ragazzo, accarezzandole la guancia. Lei sorrise radiosa e lo prese per mano.
- Anche tu sei favoloso. Vieni, siamo tutti pronti. Manca solo Alec!
I due ragazzi raggiunsero gli altri nella sala da pranzo. C’erano davvero tutti. Salutò Clary, avvolta in un bel tubino lungo, color verde acqua, e i capelli raccolti in uno chignon sbarazzino. Accanto a lei, Jace faceva la sua figura nel completo grigio perla. E poi c’erano Jocelyn nel suo abito verde bosco, Luke con lo smoking e il papillon a scacchi, Amatis in un adorabile vestitino azzurro, Maryse avvolta da un sobrio vestito blu notte e Robert, piuttosto teso nel completo che sembrava troppo stretto per un uomo imponente come lui. Mancavano all’appello Jem, Tessa e il piccolo Will, ma Simon sospettava che loro fossero con l’altro sposo.
- Wow, quello che vedo è gel? Ti sei impegnato parecchio! – ammiccò Clary, notando che i ricci dell’amico erano stati domati, almeno in parte.
- Sì, bhe, è pur sempre il matrimonio di due dei miei amici, non volevo fare brutta figura!
- Non potresti mai, tesoro. Io adoro i tuoi ricci. – gli sorrise Izzy. Simon ricambiò a sua volta il sorriso e si sentì un lieve sbuffo.
- Prendetevi una stanza! – ghignò malefico Jace, subito rabbonito da una gomitata scherzosa di Clary. E poi si sentirono dei passi lenti e incerti, poi la porta della stanza si aprì.
Alec indossava il completo del matrimonio, quello che in genere gli Shadowhunters uomini si facevano fare su misura per le nozze. Era un tipo di abito molto particolare, disponibile solo ad Idris, poiché sul tessuto nero erano ricamate con fili d’oro varie rune propiziatorie, come quella dell’unione e dell’amore. E Alec splendeva proprio come quelle rune. Non sorrideva, ma era visibilmente emozionato, gli occhi blu che brillavano. Maryse si portò davanti alla bocca, anche i suoi luccicavano, ma per le lacrime. Si precipitò dal figlio e lo abbracciò di nuovo, scoppiando in lacrime.
- Il mio bambino si sposa! – singhiozzò – Solo ieri ti leggevo le favole prima di dormire…
- Mamma, non mi sono ancora sposato. – sorrise lievemente lo sposo, prendendo la madre per le spalle e allontanandola gentilmente da lui. Poi, rivolgendosi agli altri, chiese:
- Allora, come sto?
- Sei uno schianto, fratellone. – si congratulò Isabelle, avvicinandosi a sua volta a lui  e alla madre.
- Sposino, direi che è ora di andare. – sorrise Jace. Simon era consapevole di non essere nella sua famiglia d’origine, eppure si sentiva a casa. L’atmosfera della stanza era gioiosa e serena, tutti erano felici e pieni di aspettativa. L’unico punto freddo era Robert, che se ne stava in disparte, fissando il figlio maggiore venire accolto da tutti i presenti. 
- Hai ragione, Jace. Andiamo.

Somwhere in time, we don't know where we are...
Come avrete potuto notare, l'angst è finito!!! *stappa bottiglia di champante* (no, non ho scritto male, è la ship "champagne-spumante"... ormai shippo qualsiasi cosa.... aiutatemi........) Ora si assiste al famoso matrimonio :) Vi annunciò già che l'ambientazione è stata già usata in moltissime altre fic e non voglio copiare nessuno, è solo che ho sempre immaginato un matrimonio Malec all'aperto... ma ho già detto troppo. Ringrazio annabeth lightwood, Marty060201, Chesy e Amy_demigod che hanno recensito e tutti quelli che leggono e seguono.
A presto,
_Alien_

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Capitolo 23
*** Forever now ***


Ore 12.00
- Wow, Mag. Nonostante ti piaccia metterti ogni santo giorno vagonate di glitter, non credo di averti mai visto così splendente. – sorrise Catarina. Lo sposo accennò un sorriso, ma si sentiva teso come una corda di violino. Non aveva idea di come fronteggiare quelle emozioni contrastanti: intensa felicità e ansia facevano a pugni nel suo stomaco, causandogli crampi.
- Ehi, rilassati! Non stai andando al patibolo! – lo prese in giro l’amica, dandogli una spallata.
- No, ma non mi sono mai sentito così in quattrocento anni. Per Lilith…
- Magnus? Siamo Tessa e Will. Possiamo entrare?
- Certo.
La strega indossava un lungo abito viola stile impero, mentre Will, tra le sue braccia, sfoggiava un’elegante mini smoking chiaro, con tanto di cravatta. Sembrava molto orgoglioso del suo outfit.
- Magnus, sono arrivati tutti quanti. – annunciò Tessa – I Fratelli Silenti sono pronti. È ora.
Magnus annuì e deglutì, emozionatissimo. Si guardò al piccolo specchio, posto in un angolo della stanza. Non riusciva a prenderlo tutto, i piedi costretti negli stivali erano fuori dall’immagine riflessa, ma ciò che vedeva non era niente male. Sperava solo che Alec avrebbe apprezzato. Fece un respiro profondo, poi un altro, infine si girò verso le sue amiche e il piccolo Shadowhunter.
- Magnus, sei brillante come una stella! – disse il bambino con un sorriso sincero. Lo stregone sorrise al piccolo e gli lasciò una carezza sulla guancia.
- Grazie, William. – poi, si aggiustò la lunga giacca e drizzò la schiena, in una posa altezzosa e regale – Bene. Si va in scena.
 
Inizialmente, la cerimonia si sarebbe dovuta svolgere ad Idris, ma poi gli sposi avevano cambiato idea all’ultimo minuto. Alec aveva proposto a Magnus di sposarsi proprio lì, a New York, perché era in quella città che era cominciato tutto. Lì si erano incontrati alla festa per il Presidente Miao, lì si erano scambiati il primo bacio, lì c’erano tutti i loro ricordi. Così lo stregone aveva subito avuto le idee chiare, la location che aveva in mente sarebbe piaciuta molto al suo Nephilim. E ora gli invitati erano tutti lì, sotto il grande gazebo bianco, nel cuore di Central Park, che per quel giorno era stato chiuso ai mondani. Lo sposo figlio di Lilith e le due testimoni – più Will – uscirono dalla piccola tenda che avevano allestito come guardaroba, molto comoda, perché all’esterno sembrava davvero angusta, ma all’interno era immensa. Tessa e Catarina, con un semplice abito bianco come i suoi capelli, raggiunsero gli altri invitati. La mutaforma prese posto accanto al marito e Will si catapultò sulle gambe del padre. Poi, arrivarono gli Shadowhunters newyorkesi. Clary, Jace, Simon, Jocelyn, Luke, Amatis, Maryse e Robert si sistemarono velocemente ai loro posti e il chiacchiericcio degli ospiti si andò lentamente scemando. Magnus era rimasto vicino alla tenda-guardaroba, ma, quando vide Alec, fu quasi ipnotizzato e si mosse in automatico verso di lui, scivolandogli accanto. Alec si accorse di lui solo quando gli fu accanto e le loro dita si intrecciarono. Girò subito la testa e rimase folgorato. I raggi del sole brillavano sulla lunga giacca dorata di Magnus e si rifletteva sui fili dorati del foulard. Non aveva un briciolo di glitter tra i capelli o sugli occhi. Era semplicemente bellissimo. Nessuno dei due parlò, si guardarono soltanto. Poi entrambi si voltarono verso il Fratello Silente e si diressero verso di lui, in silenzio. Si sedettero su delle panche davanti a lui, e con loro il resto degli invitati. Alec sentiva già Maryse singhiozzare.
Oggi siamo qui riuniti per unire queste due anime. Il Figlio dell’Angelo Alexander Gideon Lightwood ha deciso di legare la sua vita a quella del Figlio di Lilith Magnus Bane. La loro unione ha superato prove impossibili, ha sfidato le convenzioni, ha messo a tacere i pregiudizi. E ora il loro legame diventa ufficiale, indissolubile. Per cui ora gli sposi pronunceranno le promesse di matrimonio, scambiandosi le rune.
Magnus deglutì. Il momento che tanto temeva era arrivato. Clary si alzò in piedi e timidamente si avvicinò ai due sposi, porgendo al Nephilim un foglio di carta. La runa dell’Unione era molto simile a quella tradizionale, con qualche minima modifica. L’aveva vista tante volte, nell’arco di quei due mesi, e aveva imparato a tracciarla con lo stilo. Sapeva che avrebbe dovuto disegnarla sul braccio e sul petto di Alec, in corrispondenza del cuore. E Alec avrebbe dovuto fare lo stesso con lui. Magnus era così concentrato sul foglio di carta da non essersi accorto che Clary era tornata al suo posto. Invece Jace e Isabelle avevano affiancato Alec, mentre Tessa e Catarina erano scivolate accanto a lui. 
- Tutto bene? – gli sussurrò Alec – Non sei obbligato a farlo, lo sai.
E stava quasi per rinunciare. Non voleva farsi male. Ma poi scosse la testa: doveva farlo per lui. Non avrebbero avuto un’altra occasione. Così immerse lo sguardo in quello del suo sposo e annuì.
- Comincia tu.
Lo Shadowhunter si morse il labbro, poi prese lo stilo dalle mani di Jace e lo impugnò saldamente.
- Ponimi come sigillo sul tuo braccio, come sigillo sul tuo cuore. Perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione. – pronunciò solennemente. Magnus gli porse il braccio, scoprendo la pelle, e Alec tracciò la runa senza ulteriori indugi. Un lieve pizzicore solleticò il braccio dello stregone, ma era sopportabile. Si aspettava molto, molto peggio. Poi venne la parte del cuore. Non c’era bisogno di sbottonare la camicia, Alec glielo aveva già spiegato, così si limitò a strizzare gli occhi mentre il raggio caldo dello stilo gli incideva la pelle in modo permanente. La mano del Nephilim era veloce e sicura, salda attorno allo stilo. Un bruciore intenso fece trattenere il respiro a Magnus, poi sentì la mano di Tessa che gli dava un discreto colpetto sulla schiena, come a incoraggiarlo. Fece un bel respiro profondo e poi riaprì gli occhi e sorrise allo sposo, che lo guardava un po’insicuro e preoccupato. Quando l’altro si fu accertato che stesse bene, gli porse lo stilo. Magnus non aveva molta dimestichezza con quello strumento, ma si era esercitato abbastanza. Non poteva sbagliare.
- Ponimi come sigillo sul tuo braccio, come sigillo sul tuo cuore. Perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione.
La sua mano fu meno salda e sicura, ma il risultato fu più che soddisfacente. Affidò lo stilo a Tessa e impaziente cercò le mani dell’altro, stringendole forte. Le rune sembravano pulsare sulla sua pelle, ma quella sensazione non lo distolse dall’oceano negli occhi dell’altro.
Ed ora, per il potere conferitomi dalla Fratellanza, dichiaro queste due anime unite per sempre nel nome dell’Angelo.
Poi il Fratello Silente si girò verso Alec.
Puoi baciare lo sposo.
Ma prima che il Lightwood potesse fare qualsiasi cosa, Magnus lo assalì letteralmente, prendendogli il viso tra le mani e baciandolo con trasporto. Arrossì lievemente, ma poi strinse a sé lo stregone. Aveva tutto il diritto di farlo, perché quel maniaco del glitter incrocio tra una pantera e un elfo demente era appena diventato suo marito.
 
- Wow, il lupo ci sta dando dentro con quella consolle! – esclamò una voce familiare. Alec, che stava salutando pazientemente tutti dopo la cerimonia, si voltò e vide due ragazzi dai lineamenti identici.
- Bill! Tom! – sorrise ai cugini – Speravo davvero che ce l’avreste fatta a venire.
- Come potevamo mancare? – sorrise a sua volta Bill – Auguroni, cugino! Viel Glück!
- Grazie.
- Tuo marito ha davvero stile! – aggiunse sempre il Lightwood biondo – Dove ha preso quell’abito? Voglio il nome dello stilista!
- Non ne ho idea. – ammise Alec – Però te lo farò sapere.
- Grande. Bhe, andiamo a ballare. Bibi, komm!
- Ich komm, Tomi!
Vide i suoi cugini scatenarsi nelle danze con due Shadowhunters italiane, ma loro non erano gli unici a scatenarsi in pista. Vide anche Simon e Isabelle, Jace e Clary, Lady Geminy e Taylor…
- Marito, ti va di ballare? – sussurrò una voce suadente al suo orecchio.
- Non perdi occasione di chiamarmi così, vero?
- Per nulla al mondo. – sorrise Magnus, reso ancora più splendente dall’abito.
- Dove l’hai preso? – chiese Alec, indicando proprio il completo – Mio cugino Bill lo adora. Vorrebbe conoscere lo stilista.
- L’ha disegnato Clary.
- Bhe, allora complimenti, Clary. Perché mio marito non è mai stato così fantastico.
- Non ti allargare, Shadowhunter. Io ho il marito più meraviglioso dell’universo.
I due scoppiarono a ridere, abbracciandosi.
- Balliamo? – chiese lo stregone speranzoso.
- Sai che sono una frana, ma… ok. – acconsentì Alec. Non ci sapeva proprio fare in pista da ballo e in più si vergognava da morire, ma era il minimo che potesse fare, dopo che Magnus aveva accettato le rune. Così si lasciò guidare in pista, aspettandosi di dover provare a ballare su una delle musiche tecno di Bat, ma il DJ fermò la musica e parlò al microfono:
- Gente, voglio un mega applauso per i nostri sposi, Magnus Bane e Alexander Lightwood!
Uno scroscio di applausi accolse i due in pista. Magnus sorrise radioso e salutò con la mano libera - neanche fosse stato una celebrità di Hollywood - mentre con l’altra stringeva a sé il marito, che si limitava a sorridere timidamente.
- Ora facciamo una pausa, ma tranquilli, perché ci saranno Jace Herondale e James Carstairs a dilettarvi con piano e violino! – Alec dubitava altamente che Bat usasse mai il verbo “dilettarsi” nella vita quotidiana, ma fu felice del cambio di sound. Vide il suo parabatai sedersi al piano e l’ex Fratello Silente sistemare il violino tra spalla e mento. Si sentì stringere più forte e osservò Magnus portare la propria mano sul suo fianco. La mano di Alec che non stringeva quella del marito era invece misteriosamente finita sul braccio dello stregone. Lo Shadowhunter si sentì avvampare.
- Non so ballare… - mormorò sommessamente.
- Cosa vuoi che importi? Oggi è il nostro giorno, Alexander. – Magnus avvicinò il viso a quello del compagno – Oggi ci siamo solo io e te.
Jace cominciò a suonare, mentre Jem lo seguiva in qualche accordo. Magnus si mosse verso destra, poi verso sinistra, seguendo il ritmo della musica, e Alec lo seguì. Il suo sguardo saettava un po’dovunque: gli invitati attorno a loro, Jace e Jem che suonavano, sua madre e Isabelle nell’angolo e suo padre, in disparte. Gli si strinse il cuore. Magnus gli aveva detto ciò che era successo mentre lui era disperso e avevano finito per litigare di nuovo, molto aspramente, senza aver ancora avuto la possibilità di chiarirsi.
- Guardami, Alexander. Ho fatto così tanti sforzi per farmi ammirare da te! – lo richiamò lo stregone. Alec arrossì, ma sorrise.
- Io ti ammiro tutti i giorni, Magnus. E continuerò a farlo finché il mio cuore batterà.
- Sarò ripetitivo, ma adoro quando mi dici queste cose. – ammiccò Magnus, strappando una risatina ad Alec.
- Dico solo ciò che penso.
- Lo so bene, fiorellino.
La musica continuò per un tempo infinito, in cui i due sposi non si separarono mai. Non dissero più nulla, ma continuarono a guardarsi negli occhi. Quando la musica finì, tutti quanti applaudirono. Alec accarezzò il viso di Magnus dolcemente e lo attirò a sé, baciandolo con infinita tenerezza. L’applauso si fece più forte.
 
- Clary? – la ragazza dai capelli rossi, che stava parlando con Simon, si girò verso il suo ragazzo. Jace sorrideva, ma aveva una strana luce inquieta negli occhi.
- Dimmi, Jace.
- Ehm, vorrei parlarti. In privato. – si sporse verso Simon – Scusa, amico, te la rubo solo un istante.
- Oh, tranquillo, anch’io devo cercare la mia ragazza. L’ultima volta che l’ho vista parlava con Magnus… - e così dicendo sparì tra la folla, alla ricerca di Isabelle. Jace perse per mano Clary e la portò in disparte, abbandonando la radura in cui si stava tenendo il ricevimento e portandola nel bosco.
- Jace, dove stiamo andando? Sai, è complicato passeggiare per i boschi con un vestito lungo e i tacchi alti…
- Aspetta e vedrai. – lui aveva un tono di voce esitante e la sua stretta attorno alla mano di lei si fece più forte. Clary lo fissò interdetta, ma continuò a seguirlo. Poi, in un punto a caso, Jace si fermò di colpo e lasciò la mano della Nephilim. Si girò verso di lei e la fissò negli occhi.
- Clarissa Adele Faichild. La prima volta che ti ho vista, mi sei sembrata uno scricciolo indifeso, che avrei difeso rischiando tutto. Ma tu non sei indifesa. Sei la persona più forte, coraggiosa e testarda che io abbia mai conosciuto…
- Che mi dici di te? – lo interruppe lei con un sorriso – Jace, sono contenta di sentirti dire queste cose, ma avresti potuto dirmele anche al ricevimento, tra poco cominceranno a servire le portate e tu dovrai fare il discorso…
- Ho svegliato Alec alle tre di stanotte per questo. Quindi adesso stai zitta e ascoltami. Lui sa tutto. – affermò Jace con forza, poi le prese la mano sinistra, quella su cui l’anello d’argento con delle ali di fata faceva bella mostra di sé. Sollevò lo sguardo e vide l’anello dei Morgenstern appeso ad una sottile catenina, che arrivava allo sterno.
- Ho sentito che certe volte preferisci farti chiamare Fray, non Fairchild. – disse lui con apparente noncuranza.
- Solo Simon mi chiama così, ormai. Però quel nome mi dà una certa sicurezza… Ma Jace, che hai?
- Ti ho detto di ascoltarmi… ti piacerebbe avere un altro nome da Shadowhunter?
Clary spalancò la bocca e gli occhi verdi.
- Oddio, non mi stai chiedendo quello che penso. No, non ci credo. Jace, non… oddio.
- Ti piacerebbe essere la signora Herondale? – Jace inarcò il sopracciglio e fece quel sorrisetto strafottente che Clary adorava perché poteva intravedere il dente lievemente scheggiato, a ricordarle che lui non era davvero un angelo e dunque poteva raggiungerlo.
- Oh, Jace… - boccheggiò.
- Vuoi sposarmi?
- SÌ! – strillò lei, buttandogli le braccia al collo – Sì, sì, sì, sì, sì!
 Lui la sollevò e la fece volteggiare un paio di volte, ridendo. Poi la mise giù e la baciò dolcemente. Lei interruppe il bacio e il suo sguardo saettò sulla mano sinistra di Jace.
- Voglio il mio anello. – ordinò perentoria.
- Sembri Isabelle, quando fai così!
- Dai, Jace!
- Ok, ok. – si sfilò l’anello degli Herondale e glielo mise al dito, mentre lei fece lo stesso con lui dopo essersi tolta quello dei Fairchild.
- L’amor che move il sole e l’altre stelle. – mormorò il biondo, emozionato – Ti amo. E questo non cambierà mai.
- Mai. – annuì lei – Ti amo anch’io.
 
Tornarono un attimo prima che Alec mandasse una squadra di ricerca a stanarli. Tuttavia, quando vide l’anello al dito di Clary, non poté fare a meno di sorridere.
- Sai – sussurrò al marito, seduto accanto a lui – Credo che preso qualcuno ci ruberà la scena.
- Perché? – chiese perplesso lo stregone – Si sposa qualcun’altro?
- Oh sì. – Alec indicò con lo sguardo i due Shadowhunters, che si erano appena seduti al loro tavolo con Luke, Jocelyn e Amatis.
- Bhe, era ora! – esclamò Magnus con un sorriso – Comunque è ora del discorso.
- Vero. Bisogna farlo adesso, altrimenti poi tutti presteranno più attenzione al cibo che alle parole. – convenne Alec. Magnus si alzò in piedi e batté lievemente il coltello contro un calice di vetro.
- Un attimo di attenzione! – proclamò – Credo sia giunto il momento che uno dei testimoni faccia il discorso! Jace, a te!
- Ehm ehm – si schiarì la voce il biondo – Bhe, per l’Angelo. Alec, finalmente hai messo la testa a posto! Avreste dovuto vederlo, era davvero uno scapestrato prima di incontrare Magnus. Sempre in giro a fumare marijuana e bere superalcolici…
- JACE! – strillò Alec – Che cavolo stai dicendo?
- Scherzavo, scherzavo! Volevo dare un tono melodrammatico, ma evidentemente non posso. Ok, ricomincio. La verità è che Alec era davvero una noia mortale, prima di incontrare Magnus. Il più delle volte se ne stava solo soletto in biblioteca o nella sua stanza a leggere, oppure ad allenarsi con l’arco nella sala d’addestramento. E, bhe, lui non è come me e Isabelle. Lui è quello intelligente, quello che ci protegge sempre, che ci difende dai demoni e da tutto, in generale. Solo che… credo che fosse un po’confuso sui suoi sentimenti e su ciò che voleva davvero. Poi siamo andati ad una festa di quell’egocentrico del Sommo Stregone di Brooklyn, e non certo per divertirci. E lì si sono incontrati. Alec non è uno a cui piace parlare di cose private, neanche con chi gli sta vicino, quindi non abbiamo passato ore e ore a parlare di Magnus – anche perché sarebbe stato imbarazzante, credo, confrontare la mia nanetta rossa con quello spilungone glitterato. – si girò verso Clary e le fece l’occhiolino – Scherzo, tesoro. Ti amo. Comunque, dicevo… Alec non è mai stato un gran chiacchierone e io non so granché della sua relazione con Magnus. Ma ormai lo conosco da anni, è il mio migliore amico, il mio parabatai, quello che mi fa ragionare prima di commettere qualche sciocchezza. E so che aveva bisogno di uno come Magnus per stare davvero bene. Certe volte, mio caro Alec, sei come una tartaruga: appena vedi l’ignoto, di nascondi nel tuo guscio. Ma hai trovato una persona che è riuscita a tirare fuori il meglio di te. Perché da quando stai con Magnus, sorridi più spesso, scherzi di più con noi e vivi meglio. La tua felicità è anche la mia. Per cui… per favore, Magnus, trattalo bene. – Jace sollevò il bicchiere e brindò agli sposi – Ad Alec e Magnus!
- Grazie, Jace. – sorrise lo sposo Nephilim, sforzandosi di trattenere le lacrime. Jace ci aveva sempre saputo fare con le parole.
- Bene. – annuì Magnus, stringendo la mano del marito – Direi che possiamo cominciare a…
- Scusate. Avrei qualcosa da dire.
Tutti si voltarono verso Robert Lightwood. Magnus fissò intensamente quell’uomo che lo aveva minacciato più volte mentre Alec era disperso, quello che forse era riuscito a riappacificarsi col figlio, ma non con il futuro genero. Alec rimase a bocca aperta.
- Papà, cosa…?
- Per favore, Alexander. Adesso o mai più. – l’Inquisitore si alzò in piedi e si schiarì la gola – Non vi aspettate un discorso epocale come quello di Jace. Se devo essere sincero, il mio non è nemmeno un discorso. Voglio solo chiedere scusa. Negli ultimi mesi mi sono comportato molto male con entrambi: ho incolpato Magnus di cose di cui non era assolutamente responsabile e non sono mai riuscito a chiarirmi del tutto con te, Alec. Per cui… mi dispiace. Davvero, io… io sono molto felice di vedervi insieme. Io so che sarete felici. – lo sguardo dell’uomo si posò sullo stregone, come a chiedere conferma di ciò che aveva detto. Magnus annuì.
- Non voglio tediarvi ancora, un’ultima cosa e poi ritorneremo ai dovuti festeggiamenti. Alec, sono fiero dell’uomo che sei diventato. E Magnus… sei la persona giusta per lui. Vi posso augurare solo il meglio. – sollevò il suo calice, come aveva fatto Jace in precedenza e lo innalzò con un lievissimo sorriso – Ad Alec e Magnus.
Tutti quanti brindarono e bevvero alla salute dei due sposi, che erano rimasti paralizzati dalle parole di Robert. Tuttavia, Alec non poté fare a meno di rovolgere un piccolo sorriso al genitore. Era contento che avesse detto quelle cose, a lui e a Magnus. Non l’aveva mai fatto e quel piccolo gesto inaspettato aveva reso ancora più bella una giornata già perfetta.
 
- Amo. Questa. Torta. È fantastica! Cavolo, sembra fatta dagli angeli! – esclamò Simon, assaporando il delizioso pezzo di dolce al cioccolato, con crema alla vaniglia.
- Guarda che qui possono prenderti sul serio e allora Alec e Magnus dovranno spiegare un bel po’di cose. – ridacchiò Jace, affondando la forchetta nel suo pezzo di torta – Ciò non toglie però che è davvero ottima.
- Ma guardateli! – cinguettò Clary – Non sono bellissimi?
La rossa stava guardando i due sposi ballare un lento, una canzone mondana fortemente chiesta da Magnus, I just call to say I love you di Stevie Wonder. Magnus stringeva forte a sé il marito, sussurrandogli qualcosa di tanto in tanto e facendolo ridere. Clary sorrise e si voltò verso Jace.
- Credo dovremmo annunciarlo. – disse semplicemente.
- Sai, credevo avresti rifiutato. In genere, non sei mai stata una ragazza con l’ossessione del matrimonio… - Jace le avvolse un braccio attorno alle spalle. Simon li guardò interrogativo. In quel momento li raggiunse Isabelle, prendendolo per mano.
- Non ho mai visto mio fratello così felice e questa festa è moooolto ben riuscita. – sorrise, poi notò lo sguardo sconvolto del suo ragazzo.
- No. Non mi direte davvero che… O mio Dio, voi due vi sposate!
Simon non si era evidentemente reso conto di aver urlato a tutti gli invitati quella frase a dir poco compromettente. Jace deglutì, temeva una possibile ira di Jocelyn, mentre Clary si coprì il viso con le mani, diventando più rossa dei suoi capelli. Alec e Magnus si voltarono verso di loro, poi lo Shadowhunter scoppiò a ridere.
- Bhe, auguri, ragazzi! – sorrise malizioso Magnus – Tanto prima o poi l’avremmo saputo comunque.
- Io sono il tuo testimone, ok? Così farò un discorso che non dimenticherai… - ghignò Alec.
Jace rise, ma prese molto sul serio le parole di Alec. Che cavolo avrebbe potuto dire?
Ora sì che ho paura.

Somewhere in time, we don't know where we are...
SORPRESA!!! Per l'uscita de "Le cronache di Magnus Bane" ecco a voi il capitolo del matrimonio in anticipo! Ringrazio come sempre Marty060201, Chesy e annabeth lightwood che hanno recensito e a cui risponderò a breve. Ci rivediamo per l'epilogo!
A presto,
_Alien_

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Capitolo 24
*** Epilogo ~ Viviamo e respiriamo parole ***


Epilogo
Quando vedo l’allodoletta muovere
La suite era enorme e raffinata, come la città dove si trovava l’hotel in cui i due novelli sposi avrebbero trascorso la prima notte di nozze. Parigi per loro aveva un significato importante: era stata la prima tappa del loro viaggio attorno al mondo, la prima volta in cui si erano amati dandosi completamente l’uno all’altro. Era giusto che la loro prima notte da sposati fosse trascorsa lì. Alec lasciò le valigie accanto alla porta, mentre Magnus rovistava freneticamente nella borsa.
- Ehm, amore? Credo di aver perso la chiave della stanza. – mormorò.
- Ma… ma come hai fatto? – lo guardò incredulo Alec – Ce l’hanno appena data! Fino a cinque secondi fa era nella tua mano!
- Ti suggerirei di controllare nella tua mano, amore mio. – ammiccò Magnus. Alec lo guardò stranito e sollevò la mano. Un secondo prima non c’era niente, un secondo dopo la chiave magnetica giaceva tra le sue mani.
- Ma che cavolo…
- Alexander. – la chiave cadde dalle sue dita. Magnus l’aveva preso tra le braccia, lasciando una lieve scia di baci dal collo fino alla pelle sensibile dietro l’orecchio. Lo Shadowhunter ricambiò l’abbraccio, infilando le dita sotto la camicia dello stregone. Non indossavano più gli abiti della cerimonia, ma Magnus aveva optato comunque per un look elegante, con camicia nera e pantaloni bianchi. Se Magnus era nero e bianco, Alec era blu come i suoi occhi, maglioncino azzurro e jeans.
- Non… non hai bisogno di questi giochetti con me, sai che mi avrai comunque. – sussurrò il Nephilim, portando le mani sul petto dell’altro e cominciando a sbottonare lentamente la camicia.
- Lo so, ma mi piace stuzzicarti. – ridacchiò Magnus. Prima di sfilargli l’indumento dalle braccia, Alec  passò un dito sulla runa sopra al cuore dello stregone.
- Ti fa male? – gli chiese apprensivo. Magnus premette la mano del marito sulla runa, in corrispondenza del cuore.
- No. – scosse la testa, poi sorrise - Non ho più avuto potere su me stesso né sono stato più mio dal momento in cui mi ha lasciato guardare nei suoi occhi, in uno specchio che mi piace molto. Specchio, da quando mi sono guardato in te mi hanno ucciso i sospiri dal fondo dell’animo, e mi sono perduto così come fece il bel Narciso nella fonte.
- Da quando sei appassionato di poesia provenzale? – chiese Alec inarcando un sopracciglio.
- Non mi piace affatto, nonostante i considerevoli riferimenti sessuali presenti. Però ogni volta che leggo quei versi, penso a te. Ai tuoi occhi. – accarezzò una guancia di Alec – Ti amo così tanto, Alexander Gideon Lightwood. E lo farò per sempre.
- Anch’io ti amo. Per sempre. – e lo baciò con trasporto.
 
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
Pioveva. Eppure Tessa non si fermò. Continuò a camminare, l’ombrello stretto in pugno, avvolta nel suo impermeabile. In lontananza, vide il Fratello Silente che aveva richiesto per poter scendere nella loro Città. Il Silente la condusse in quel luogo silenzioso, poi la lasciò sola. Tessa avanzò verso la sezione dedicata agli Herondale e posò una mano su uno scomparto ben preciso. William Owen Herondale. Sospirò e chiuse gli occhi, lasciando che le lacrime scorressero libere sul suo viso. Le sembrò di percepire uno sbuffo d’aria fredda sul viso, così insospettita aprì gli occhi. Davanti a lei c’era lui, William, identico alla prima volta in cui si erano incontrati e lei gli aveva lanciato un vaso contro. La strega boccheggiò fissando il defunto marito.
- O mio Dio, sei davvero tu…
Non avere paura, Tessa.
Nonostante fosse un fantasma, la donna giurò di aver visto un sorrisetto strafottente su quelle labbra eteree. Non c’erano dubbi, era proprio lui.
- Will…
Tess. il suo sguardo era dolce Era da tanto che volevo parlarti, ma non era mai il momento giusto. Non mi apparivi mai serena. Adesso invece percepisco la tua gioia. D’altronde, con Jem accanto, non potrebbe essere altrimenti.
- Sai di Jem? Di Jace Herondale? Chi te l’ha detto?
Il nostro Fratello Silente preferito. ammiccò Will Jem mi ha sempre fatto visita, per tutti questi anni, come te. È venuto a trovarmi due giorni fa e abbiamo parlato un po’…
- Lui non mi detto nulla. – affermò sorpresa Tessa. Non era da Jem nascondere qualcosa.
Gliel’ho chiesto io.  asserì Will Io, te e lui siamo sempre stati legati. Il mio amore per te e per lui, il suo per me e te, il tuo per entrambi… è qualcosa che non si spezzerà mai, neanche quando la Terra verrà spazzata via. Devo essere sincero con te, tesoro mio. Ho la facoltà di vedere ciò che è stato, che è e che sarà. Presto, prima di quanto immagini, accadranno delle cose. Alcune persone che credevi scomparse per sempre ritorneranno, alcuni avvenimenti si ripeteranno, ma la fiamma sarà nuova. La fiamma sarà nuova.
Tessa annuì, stampandosi bene nella mente quelle parole. Intuiva solo vagamente la loro importanza. Il fantasma di Will sorrise ancora, allungando lo spettrale braccio. La strega chiuse gli occhi e sentì delle dita inconsistenti sfiorarle il viso. Quando riaprì gli occhi, Will era sparito. Ma quell’ultima frase, no.
La fiamma sarà nuova.
 
Warrior
Non avrebbe saputo dire da quanto tempo era lì, appoggiata allo stipite della porta. Ma non riusciva a staccarsi da lì. Jace faceva scorrere le dita sul pianoforte, producendo una melodia piuttosto decisa, infondendo forza ogni volta che premeva un tasto. Clary sapeva di non essere portata per la musica, non aveva la pazienza necessaria per imparare a suonare uno strumento, per non parlare del canto… era più stonata di una campana. Le sue dita erano fatte per disegnare e impugnare stili e spade angeliche, non per suonare. Ma adorava comunque la musica. Jace smise di suonare e si voltò verso di lei con un sorriso. Fece posto accanto a lui e batté la mano sulla panca. Clary accolse il suo invito e si lasciò stringere da lui.
- Tua madre ti ha già ucciso? – chiese il biondo, giocherellando con una ciocca rosso fuoco di lei.
- No… mi ha solo chiesto se ne sono sicura. – rispose lei, accoccolandosi contro il corpo di Jace.
- E tu cosa hai risposto? – domandò lui, esitante.
- Le ho detto che niente potrebbe separarmi da te, tanto vale ufficializzare la cosa.
- Giusto. – annuì Jace – Ho sentito Alec, di recente. Lui e Magnus stanno per partire per Tokyo. Sono felice per lui e per Magnus.
- Anch’io. Però io non voglio un viaggio attorno al mondo. – asserì Clary, scostandosi da Jace – O meglio, voglio viaggiare, ma c’è un posto ben preciso dove voglio andare.
- Ah sì? E dove?
- Dovunque sei tu.
 
Louder than Love
Il parco era super affollato, ma a nessuno dei due importava. Si tenevano semplicemente per mano, e si sorridevano di tanto in tanto. Isabelle adorava quei momenti, in cui poteva essere una semplice ragazza con il suo fidanzato. Niente demoni, leggi supreme, doveri improrogabili. In quel momento c’erano solo loro due, Isabelle e Simon, Izzy e Sim – gli aveva già trovato un nomignolo. Si disgustava da sola, per quanto certe volte fosse sdolcinata. Però le piaceva esserlo, perché le piaceva il sorriso dolce che si formava sulle labbra di Simon ogni volta che lo faceva. E anche lui cercava di stupirla sempre, facendole trovare un mazzo di rose davanti alla porta o invitandola a passeggiare per il parco, come in quel momento. Ma sapeva che quella non era la sua vita. Lei non era una ragazza qualunque. Lei era una Shadowhunter, una Lightwood. E infatti il suo cellulare trillò.
- Pronto?
- Isabelle, sono io.
- Mamma, dimmi.
- Emergenza Drevak sulla 42esima. Ho bisogno di te e Simon in quella zona.
La ragazza sospirò pesantemente. Simon le strinse più forte la mano e le sorrise incoraggiante. Lei ricambiò il sorriso e tornò a rivolgersi alla madre.
- Ok. Arriviamo.
Un volta chiusa la comunicazione, Izzy riferì ciò che avrebbero dovuto fare. Simon sbuffò, ma non protestò più di tanto.
- Ci conviene andare, allora. Dobbiamo preparare l’attrezzatura e poi arrivare alla 42esima…
- Sì, lo so. – sospirò lei. Lui le accarezzò il viso dolcemente.
- Ehi. Siamo insieme, non importa nient’altro.
- So anche questo. – abbassò lo sguardo lei – È solo che… certe volte vorrei solo essere una mondana e basta.
- Oh, no. Non saresti più la mia Izzy. – le sollevò il mento lui, in modo che potessero guardarsi negli occhi – La mia guerriera, che con la sua frusta uccide un nemico dopo l’altro, quella che ama in silenzio, ma lo fa con passione. Non saresti la mia rubacuori.
- E noi non saremmo qui, adesso. Hai ragione. – gli lasciò un leggero bacio a fior di labbra – Ora andiamo. Abbiamo un paio di demoni da uccidere.
 
Siamo entrati nell’adolescenza quando…
- Ehi. Finalmente ti ho trovata.
Aura guardava fuori dalla finestra, immersa totalmente nei suoi pensieri. Erano successe tante cose, in quegli ultimi mesi. Era cambiato tutto. Ma c’erano cose che, ne era certa, mai sarebbero cambiate. Come il fatto che non importava dove lei sparisse, la sua adelfè l’avrebbe sempre trovata. Si girò verso di lei. Julie aveva le braccia conserte, il corpo minuto per una volta non fasciato dalla tenuta nera dei Nephilim. Indossava invece un paio di jeans, delle All Star molto vintage e una maglietta rossa come i suoi ricci.
- Ehi. – mormorò Aura – Cosa è successo?
- Nulla. Semplicemente non riuscivo più a trovare la mia migliore amica. – la rossa fece un passo verso di lei – Credo non succederà nulla, almeno per un po’.
- Lo spero. – sospirò la strega – Quando eravamo piccole non dovevamo preoccuparci di tutte queste variabili. Guardavo i miei genitori e vedevo solo un papà forte e capace di proteggermi da qualsiasi cosa e un papà con la passione per i glitter e che sapeva raccontare le storie più belle. Era tutto semplice. Non avevo paura di niente. Non mi sono nemmeno resa conto di quando tutto è cambiato.
- Credo che le cose siano cominciate a cambiare quando siamo cresciute. È una cosa normale, Aura. Non devi avere paura. – Julie posò una mano sulla spalla di Aura – Non posso credere che una combattente come te dica certe cose.
- Anche i guerrieri hanno bisogno di riposo. E poi, dopo le guerre, si torna sempre in qualche modo sconfitti. Io mi sento… debole. Non so perché.
- Sei stanca. Ma tranquilla, come ti ho detto, staremo sicuramente tranquilli per un po’. Ti fidi di me?
- Certo.
- Allora credimi. Il mondo non avrà sempre bisogno di noi per essere salvato, giusto?
Aura annuì. Ma non era così sicura.
 
Fine.
 
Somewhere in time, we don’t know where we are… NOTE FINALI
Questa storia è nata per caso, da una OS che ho pubblicato per il semplice gusto di farlo, Venuti dal futuro. Quella piccola OS ha ricevuto 9 recensioni e molti mi hanno suggerito di ampliare la storia in una long. Ero molto scettica, all’inizio, non sono mai riuscita a completare una storia di un certo numero di capitoli. Però poi mi sono detta “Perché no?” e ho cominciato. E ora siamo qui, e ho finito. Non posso davvero crederci. Per questo epilogo, ho voluto fare un piccolo esperimento. Ho posto come titolo di ogni sezione dei brani/canzoni che mi hanno ispirata o che comunque mi piacciono molto. La lista completa è:
- Quando vedo l’allodoletta muovere di Bernart de Ventadorn
- Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale di Eugenio Montale
- Warrior di Beth Crowley
- Louder than Love dei Tokio Hotel (non potevo non metterli :P)
- Siamo entrati nell’adolescenza quando… di Natalia Ginzburg (questo è il titolo del brano che c’è sulla mia antologia delle medie, ho letto questa parte del romanzo anni fa e non ricordo dove sia il suddetto libro, per cui non posso dirvi con esattezza da dove sia tratto)
Spero che abbiate apprezzato questa piccola creatura, che mi mancherà. Spero che mi abbiate lasciato passare gli OOCismi vari, gli erroracci e le contraddizioni. Spero insomma che questa fic vi abbia lasciato qualcosa, anche un motivo per cui sorridere o riflettere.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, seguito e recensito come annabeth lightwood, 03Ben05, Marty060201, saretta98SS, Amy_demigod e Chesy. Grazie a tutti, ragazzi, davvero, perché senza di voi non sarei riuscita a farcela. Mi dispiace solo che questa esperienza sia giunta al termine e che sia stata oscurata da un plagio – spero l’abbiate notato anche voi. Non citerò né il nome dell’autore/trice, né della fic in questione, ma converrete con me che le trame sono molto simili tra loro, anche troppo. Mi dispiace perché in questa storia ci ho messo tutta me stessa. Almeno so che il mio lavoro non è stato vano, e proprio grazie a voi.
Progetti futuri? C’è in cantiere una trilogia: Figlia dell’Angelo, Figlia del Demone, Figlia del Caos. In queste fic i protagonisti saranno la nuova generazione, cioè Aura & co. Per ridurre il più possibile il margine d’errore e rivedere meglio la storia, voglio prendermi un po’ di tempo per lavorarci. Probabilmente le pubblicherò quando ne avrò già pronta una buona metà. Ma, tranquilli, ogni tanto pubblicherò qualche OS, giusto per farvi capire che non sono morta ;) Detto questo, Ave atque Vale. Vi voglio bene.
A presto,
_Alien_  
 

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