Family di Ship_COFFE_Bar (/viewuser.php?uid=570917)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo ***
Capitolo 2: *** Secondo: ***
Capitolo 3: *** Terzo: ***
Capitolo 1 *** Primo ***
Primo: "I've found my family"
Tony si stava annoiando, e la cosa era più che tragica.
Solo, seduto scompostamente sul divano, le bottiglie e gli alcolici requisiti da un
certo biondo novantenne, senza alcuna possibilità di divertimento, dato che le sue
armature le aveva mandate a farsi benedire e nessun super cattivo si era fatto
sentire negli ultimi mesi, in più, fuori pioveva a dirotto, e Tony si chiese se lassù,
qualche dio di sua conoscenza non stesse combinando casini.
Sospirò, gettando la testa all'indietro -Che noia!- dichiarò, il silenzio della torre gli
rispose con una leggera eco.
Nemmeno Jarvis poteva aiutarlo, dato che l'aveva spento per ripararne alcuni
circuiti ormai andati da anni.
Insomma, il genio, filantropo, playboy, multimiliardario non ché supereroe, se ne
stava tutto solo nella sua torre di metallo e vetro, aspettando il ritorno del già citato
biondo novantenne.
-Steve, dove diavolo sei finito?- mormorò, incrociando le braccia al petto, mentre
fuori un altro scroscio di pioggia investiva New York.
Guardò l'orologio sopra il banco (dolorosamente vuoto) degli alcolici, le lancette
scure indicavano le cinque e mezza.
Steve era uscito alle quattro e diciassette minuti (non sapeva perché avesse
ricordato così bene quell'orario) dicendo che doveva andare...un momento, non gli
aveva detto dove stava andando!
Si alzò da divano di scatto, dandosi dello stupido per non essersene accorto prima.
"Torno tra un po', tu non toccare quelle bottiglie, chiaro?" Aveva detto, sorridendo,
prima di chiudersi la porta alle spalle.
Era stato scorretto. Aveva usato quel suo sorriso da santarellino, quello che faceva
sempre dopo che avevano fatto sesso, quando Tony gli faceva delle osservazioni
sarcastiche o diceva qualche volgarità.
Non importava quante cazzate facesse o combinasse, Steve gli sorrideva sempre,
scuotendo la testa e volgendo gli occhi al cielo.
E Tony quel sorriso lo trovava estremamente irritante e adorabile allo stesso tempo.
-Tra un po'... Ma quando?- chiese, osservando l'orologio con le sopracciglia
aggrottate.
Sospirò, passandosi una mano sul viso. Forse era solo paranoico, probabilmente
nulla di tutto quello che credeva era vero.
Sperò che non lo fosse.
Però, pensandoci, molte storie finivano a quel modo, aveva visto uno o due film con
scene simili.
Una giornata qualunque, lui ad un certo punto le diceva "Tesoro, vado a comprare
un pacchetto di sigarette" e lei annuiva, continuando a guardare la televisione,
assorta.
Passavano le ore. Lui non tornava, lei preoccupata scendeva a vedere, e scopriva
che dal tabaccaio a prender le sigarette, lui non c'era mai andato.
Rabbrividì, mordendosi con forza il labbro inferiore, mentre sentiva qualcosa
pizzicare agli angoli degli occhi.
No, non poteva essere così.
Andiamo, Steve era pur sempre Steve! Capitan Perfettino, Mr. Patriota, non avrebbe
mai fatto una cosa del genere.
Non l'avrebbe mai abbandonato a quel modo.
Era impossibile, punto, semplicemente no.
Prese a camminare in cerchio intorno al divano, assorto nei suoi ragionamenti,
-E se si fosse stancato? Se si fosse stancato...di me?- chiese ancora, e il silenzio
della Stark Tower fu quanto di meno rassicurante avesse mai sentito.
Si lasciò cadere sul divano, la testa fra le mani, mentre le lacrime cominciavano ad
offuscargli la vista.
No, non avrebbe sopportato un altro abbandono, non dopo Pepper.
In quel momento si sentiva molto simile a Loki, era forse lo stesso senso di
abbandono del dio, quello che gli stava lentamente stringendo il cuore in una morsa
crudele?
Quando ormai il suo respiro era quasi del tutto spezzato dai singhiozzi, le porte
dell'ascensore si aprirono con un leggero "ding".
Tony rimase immobile, guardando il pavimento, trattenendo il fiato, fino a quando
non sentì pronunciare il suo nome.
-Tony? Scusa per il ritardo...Tony?- un sorriso leggero increspò le labbra del moro,
che alzatosi in piedi, si voltò, con l'intento di abbracciare Steve, scusarsi per quello
che aveva pensato e dirgli che lo amava, che lo amava più di ogni altra cosa al
mondo.
Ma qualcosa lo bloccò.
Steve lo guardava, preoccupato, mentre tra le braccia coperte dal pesante
cappotto, teneva stretto un bambino.
Un bambino.
Tony si passò una mano sugli occhi e sulle guance eliminando le lacrime,
sentendosi scrutato dagli occhi marroni del bambino.
Occhi profondi, liquidi, che avevano visto troppo dolore per la loro giovane età.
Stark non capì mai perché, ma amò da subito quel piccolo angioletto, così
adorabilmente chiuso nel suo silenzio, le labbra piegate all'ingiù, i capelli castano
chiaro spettinati.
Tuttavia, rimase del tutto stupito, quando il Capitano poggiò il bambino a terra,
sorridendogli leggermente, prendendolo per mano e dicendogli, con quel suo modo
di sorridere:
-Si chiama Peter- Tony si avvicinò, inginocchiandosi accanto a Peter, che si
nascose dietro ad una gamba di Steve.
Avevano parlato del fatto di adottare un figlio, ma non avevano mai stabilito che
l'avrebbero effettivamente fatto, non così presto.
Il moro allungò una mano, poggiandola sulla testa del bambino, spettinandogli i
capelli.
Con una risata cristallina Peter si staccò da Steve, afferrandogli la mano e cercando
di cacciarlo via, mentre le labbra si incurvavano a formare un piccolo sorriso.
Tony non si accorse nemmeno di aver incominciato a ridere, e ridere, e ridere, fino
a che non si trovò a rincorrere Peter, che scappava anche lui fra le risate, tenendosi
il pancino.
Alla fine lo raggiunse, prendendolo imbraccio e lo guardandolo negli occhi.
-Ehy- disse -Ehy- rispose Peter, sgambettando,
-Io mi chiamo Tony- lo informò, facendolo saltellare in aria, mentre un'altra risata
sfuggiva al bambino.
-Io mi chiamo Peter...- lo salutò il piccolo, afferrandogli le guance con le manine
paffute.
-Tu sei il mio nuovo papà?- chiese, pieno di ingenua gioia infantile.
Il moro sorrise, assottigliando le palpebre, stringendo fra le braccia quel piccolo
angioletto.
-Sì- mormorò, mentre da sopra alla spalla di Peter guardò Steve, che se n'era
rimasto vicino all'ascensore tutto il tempo, guardandoli giocare.
Di sicuro ne avrebbero parlato, perché si trattava pur sempre di un bambino, e Tony
non sapeva se era poi così pronto alle responsabilità che comporta il diventare
padre.
Ma per quel momento, Steve sorrideva, in quel modo che Tony trovava
assolutamente adorabile e irritante, e tutto, tutto sembrava esattamente così come
doveva essere, tutto era perfetto.
Più tardi, messo a letto il piccolo Peter, e aver fatto una lunga chiacchierata con il
biondo, Tony, riflettendoci, capì che quel giorno non aveva avuto solo la conferma
che Steve sarebbe stato per sempre al suo fianco, ma aveva trovato qualcosa di
molto più importante.
Aveva trovato la sua famiglia.
...Angolo dell'assassina /autrice...
Ok, sto sul serio iniziando troppo cose, ma tranquilli, questa serie di
one shot non sarà lunga, tre capitoli, più o meno, quindi non vi tormenterò a lungo.
Detto ciò, se siete arrivati fin qui, vi meritate come sempre i biscotti, ma dato che
oggi avevo una fame da lupi, me li sono mangiati tutti io, quindi, niente premio.
Spero che vi sia piaciuta e seguirete questa piccola serie, fatemi sapere cosa ne pensate nelle recensioni!
Un saluto
Im a Murder girl
P.S: lo so, Tony è terribilmente OOC, mi spiace |
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Capitolo 2 *** Secondo: ***
Secondo: Blue/Red eyes
Faceva un freddo cane, si sentiva tremare le ossa, come se il ghiaccio gli fosse
penetrato fin nel corpo.
Tuttavia si riscosse quando un lamento più forte degli altri lo attirò da dentro alla
grotta.
Si affrettò, sentendolo chiamare il suo nome con quel filo di voce che gli rimaneva,
mentre fuori infuriava la tempesta di neve.
-Loki- quando gli si inginocchiò accanto, il moro si teneva stomaco, il viso contorto
dal dolore e il corpo preso da violenti spasmi
Thor lo osservò, stringendolo fra le braccia.
Tutto quel freddo lo aveva fatto tornare alla sua forma Jotun, e questo non lo
aiutava con la sensazione ghiacciata che sentiva fin nelle ossa.
Ma avrebbe resistito, per lui, per loro.
Gli passò una mano sul ventre gonfio, accarezzandolo, nel tentativo di dargli un po'
di sollievo.
-Calmo, stai calmo- gli sussurrò ad un orecchio, posandogli poi le labbra sulla
tempia.
Lo sentì singhiozzare il suo nome un'altra volta, -Ho paura- lo strinse di più, facendo
aderire la schiena scossa dai singulti al petto.
-Shh- lo cullò, accarezzandogli la pancia, mentre sentiva i suoi lamenti affievolirsi un
poco.
Una sferzata di vento gelido entrò nella grotta, spegnendo le fiamme del piccolo
fuoco, e raffreddando di più Thor.
-Dannazione- disse fra i denti, mentre altre contrazioni scuotevano il corpo del
moro.
-Thor, sta...-il moro inarcò la schiena, urlando di dolore.
L'altro lo strinse di più fra le braccia, tenendogli ferme le gambe che il moro aveva
incominciato a muovere scompostamente.
Il freddo era talmente forte che anche la mente si stava via via congelando, insieme
ai ricordi e ai pensieri.
Thor si chiese cosa avrebbe mai potuto riscaldarlo adesso, se non la persona che
stringeva in quel momento fra le braccia.
Faceva male. Ma una male davvero insopportabile.
E la cosa più brutta era che non lo sentiva, o meglio, non lo provava, ma le urla e i
gemiti di dolore gli colpivano il cuore come stilettate.
E non poteva fare nulla se non esserci.
Esser lì, a cercare di dargli un po' di coraggio, ma in effetti, si rese conto che Loki
non aveva bisogno del suo coraggio, ne di quello di nessun altro.
Loki ne aveva già abbastanza per sé.
Perché aveva sempre avuto coraggio, quel piccolo scricciolo, e no, non smetterà
mai di considerarlo tale, perché Loki sarà sempre uno scricciolo tremante e indifeso
ai suoi occhi, come la prima volta che l'aveva stretto fra le braccia.
Ma aveva sempre avuto coraggio, e tanto, anche.
Dietro quegli occhi verdissimi, tanto belli da assomigliare a quelli di vetro di una
bambola, bruciava continuamente un fuoco, in perenne contrasto con la realtà del
suo essere.
E nonostante le urla, il dolore, il freddo pungente e quasi ustionante, essere lì gli
dava uno strano senso di felicità.
Quando arrivarono le prime spinte, non se ne accorse nemmeno, continuando a
mormorargli frasi all'orecchio.
Promesse, speranze per il futuro, frasi d'amore talmente dolci che si vergognava lui
stesso di quello che diceva.
Quando poi, il dolore fu finito, quando altre grida acute invasero la grotta,
superando il rumore della tempesta di neve, dichiarando al mondo che lei (perché
era una lei) c'era e "ora prova a togliermi di torno" sembrava di dire.
La prima volta che l'aveva tenuta in braccio, Thor non poteva credere che fosse
così leggera.
Aveva paura si spezzasse, poi però, guardando in quegli occhi azzurri simili ai suoi,
aveva pensato che fosse la seconda persona più bella dei nove regni.
Loki l'aveva stretta fra le braccia, e la bambina era tornata alla sua forma originale,
gli occhietti erano diventati rossi e guizzavano nel buio della caverna da una parte
all'altra.
Aveva mormorato un nome, prima di addormentarsi sfinito, un soffio di vento che si
perse quasi subito nell'aria.
-Lena- la bimba aveva guardato il genitore, sentendogli pronunciare il nome, quasi
sapesse già che era il suo.
Thor li aveva avvolti entrambi nel mantello, coprendoli alla bell'e meglio e
stringendoli a se.
Ora avrebbero dovuto pensare a come andare avanti, più precisamente a dove
andare avanti.
La risposta venne da sola, senza che capisse perché: la Stark Tower.
Sorrise, immaginandosi la faccia che avrebbe fatto l'uomo di metallo vedendoli
arrivare con una neonata al seguito.
Sarebbe stato divertente, vederlo strabuzzare gli occhi mandando giù un bicchiere
di qualche strano alcolico midgardiano, tanto per smaltire la bella notizia.
La tempesta fuori dalla grotta continuava ad infuriare, ma non gli importava più,
perché aveva smesso di provare freddo, da quando aveva incontrato lo sguardo
della bambina.
-Lena- pronunciò il nome e la caverna gli restituì il suo eco, la bimba lo fissava, le
palpebre che calavano sugli occhioni.
Le accarezzò il ciuffo di capelli, che solo ora comprendeva essere di un castano
venato d'oro, come un tronco di quercia illuminato dai raggi del sole.
A quell'immagine gli venne in mente l'estate e osservando Lena capì che era anche
quello.
Sarebbe stata l'estate che avrebbe sciolto ogni cuore, ne era sicuro.
E sarebbe stata anche un gran ruffiana, era sicuro anche di questo.
Ma in fondo, cosa importava, ora che aveva la sua famiglia?
...Angolo autrice/assassina...
Immaginino si capisca che non tengo conto dei vari altri film, no?
Comunque, non mi sento particolarmente soddisfatta del capitolo, ma è la terza volta che lo riscrivo, quindi...giudicate voi.
Comunque, mi scuso per il ritardo ma ho avuto alcuni problemino tecnici e non riuscivo ad aggiornare.
Voglie ringraziare: she_s_a_rebel e frostgiant, che hanno recensito, ma anche
Fallen angel 4 love, Mumma e yumiko06 che hanno messo la storia fra le seguite, grazie!
Un saluto
Im a Murder girl |
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Capitolo 3 *** Terzo: ***
Lo so, è piccola e insulsa, ma non ho potuto fare di meglio, sorry.
Terzo: My love
L'aria era fresca sulla pelle, il vento le smuoveva i boccoli rossi, agitandoli appena.
-Uffa, non ci riesco!-
-Sì invece, dai che ci stavi riuscendo- sorride, guardando l'ennesima freccia che
parte storta, colpendo un albero due metri dietro al bersaglio.
Emily sbuffa, mentre Clint le arruffa i capelli ramati, continuando a ripeterle di
riprovare.
E ci riprova, la piccola grande Emily, stavolta concentrata, le dice il padre, non farti
distrarre da nulla, prosegue, allontanandosi di qualche passo così da lasciarle
spazio
Natasha la vede prendere aria nel suo piccolo petto, gonfiando le guance, mentre i
muscoli si tendono e le labbra sbiancano dalla forza con cui le stringe.
Passarono pochi secondi, prima che Emily scoccasse la freccia, e quasi non le
sembrò vero quando la vide dritta piantata al centro del bersaglio, che si agitava
leggermente per la forza dell'impatto.
Esultò, alzando l'arco al cielo, mentre Clint la prendeva in braccio, facendola ridere.
Natasha guardava la piccola Emily, con la sua luce forte e determinata, che
imparava a tirare con l'arco, insieme a Clint.
Non le importava più di nulla, nemmeno di star pensando cose sdolcinate o
romantiche.
Non importava più di nulla, oltre a loro.
...
Non ho idea di quante parole siano.
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