The Boy Who Waited - Too Late

di xMoonyx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part 1 ***
Capitolo 2: *** Part 2 ***
Capitolo 3: *** Part 3 ***
Capitolo 4: *** Part 4 ***
Capitolo 5: *** Part 5 ***
Capitolo 6: *** Part 6 - THE END ***



Capitolo 1
*** Part 1 ***


The Boy Who Waited - Too Late Fandom: Supernatural, like always
Titolo: The boy who waited - Too late [Doctor Who ci ha messo lo zampino, ispirandomi >.>]
Pairing: Destiel 
Personaggi: Dean, Sam, Castiel, Gadreel. Solo citati: Abaddon, Metatron, Crowley e Jessica (il mio pc non me ne fa selezionare più di uno, perdono)
Rating: Arancio
Capitoli: Cinque, teoricamente. Forse sei (come possibile epilogo) dipenderà dalla vostra reazione. Ora non posso parlare per evitare spoiler, ma poi capirete XD
Genere: (il mio computer non me ne fa selezionare più di uno, vedi sopra) Fluff, e poi Angst, angst e ancora angst [ho detto Angst? In caso ve lo ripeto: angst]. No, davvero, è la storia più triste che io abbia mai scritto, mi dispiace davvero dovervela sottoporre. Allo stesso tempo ci tengo davvero tanto a questo esperimento.
Comunque, siete avvertiti: forse vi farà piangere. Forse. Dipende dalla vostra forza, la scelta sta a voi.
Avvertimenti: What If
Contesto: post finale nona stagione (anche se ho immaginato un finale diverso... non so a questo punto se poterla definire una AU O.o)
Riassunto: La guerra è finita. Con un unico portale difettoso a collegare i loro mondi, Dean e Castiel riusciranno a vedersi di sfuggita solo per pochi istanti, prima che scada il tempo loro concesso.
E quando Cas tornerà le volte successive, capirà che il tempo non scorre alla stessa velocità, tra Paradiso e Terra.
Se solo si potesse ricucire il portale...
---
Dean è sempre stato abbandonato nella sua vita: prima sua madre, poi suo padre, poi Sam, e adesso anche Castiel.
Ma questa volta è diverso.
Questa volta Castiel ha promesso. E quindi Dean lo aspetterà.
Ma fino a quando una promessa può rimanere tale prima di tramutarsi in illusione?

Banner: Ne ho preparato uno per capitolo, spero che vi piacciano ^^
Note: Vi avevo promesso delle storielle allegre e felici e invece tra quella della volta scorsa e questa non so davvero come farmi perdonare.
Ma quando l'ispirazione arriva bisogna coglierla al balzo [?]
Innanzitutto, ho scritto i primi capitoli almeno tre mesi fa. ERGO NON AVEVO IDEA DI COME SAREBBE FINITA LA NONA STAGIONE. Questa era solo la mia idea. Sarò breve: l'ispirazione mi è venuta guardando distrattamente un servizio su rai 2 che parlava di un vecchietto ultra-centenario tutto arzillo e vivace. Il commentatore disse "probabilmente ha un angelo sulla spalla" and here we go.
Per il titolo, invece, e un po' il theme di tutta la storia, diciamo che l'idea l'ho avuta da una puntata di Doctor Who. Tutto il resto è dolore T_T
NO OKAY DAI SCHERZO.
Cioè ci sono molte parti dolciose, e altre che vi faranno venir voglia di cavarvi il cuore dal petto, ma poi... vabbè non faccio spoiler :P
Note al quadrato: Non sono solita scrivere storie così deprimenti. Forse è ancora il trauma post Twist and Shout. Forse la mia anima è stata ferita troppo a fondo e cerca un modo per vendicarsi, non saprei stabilirlo. Ammetto che in alcune parti è stato parecchio difficile dover scrivere, proprio per il livello emotivo (il capitolo 4, per esempio, ma vabè). Alcuni miei amici mi definiscono una scrittrice sadica che ama far soffrire i suoi personaggi [sbagliano, in realtà amo far soffrire i lettori u.ù] ma strapazzare tanto i miei personaggi preferiti non è AFFATTO PIACEVOLE. Diffidate da chi vi dice il contrario. Vi parlo col cuore in mano, mi dispiace per voi e per loro ç_ç Ma questa roba andava scritta.
Morale: che significa sta robina qua? Non è una favola di Esopo [cit. tutti]
Ebbene sì. Cioè non nel senso che è una favola... *heavy breathing* Okay, per farla breve, non è assolutamente un tentativo di superbia o altre cazzate del genere, solo che a fondo di questa storia c'è un significato. Penso che ogni storia deve avere un significato e far riflettere.
Io mi auguro di esserci riuscita, ma magari non sarà così. Me lo direte voi, si spera ^^
Disclaimer: I personaggi {purtroppo} non mi appartengono, anche perchè se fosse così mi avrebbero già torturato per quello che gli faccio passare. Non che Jeremy sia più gentile, eh. insomma questi poveri crasti non si salvano con nessuno, l'abbiamo capito.
Spero di averli comunque mantenuti IC, che come ormai sapete se mi conoscete è il mio obiettivo principale xD Detto ciò -ho parlato anche troppo- vi lascio alla storia ^^


Soundtracks che ho ascoltato scrivendo il capitolo (vi consiglio di farle caricare entrambe e poi far partire la seconda quando finisce la prima)
1. https://www.youtube.com/watch?v=2H1wBoLw484 (fino a 3.50, ovvero Nine e Ten soli <3)
2. https://www.youtube.com/watch?v=9BuPBQXTcMk

The Boy who Waited

Too late




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Abaddon giaceva in maniera scomposta nel terreno fangoso. La pioggia era aumentata d'intensità: tingeva tutto di una sfumatura opaca, come un velo di foschia.
Dean estrasse la first balde dal cuore della demone, lasciando scorrere il sangue tra i denti della lama, poi alzò lo sguardo.
Sam si rimise in piedi, togliendosi il corpo di Crowley di dosso, anche lui senza vita.
Si guardarono.
La pioggia batteva sulle loro teste, incollando i capelli alla fronte e i vestiti sul corpo.
«E' finita?» chiese Sam, producendo una nuvoletta di vapore.
I capelli infangati, gli abiti strappati e insanguinati, due tagli sulla guancia.
Dean ne aveva uno sul sopracciglio destro, l'altro nell'angolo della bocca. Per il resto, non era messo meglio.
«Credo di sì...»
Ci fu un fruscio d'ali. Un attimo dopo, Castiel era apparso dietro di loro.
«Cas!» lo salutò Sam senza fiato. Dean si voltò per incontrare i suoi occhi: Castiel indossava ancora il trench lurido e viscido di sangue.
«Sei vivo...» lo accolse Dean con un filo di voce.
La lama di Caino scivolò dalle sue dita.
Cas accennò un sorriso, ma rischiò di afflosciarsi. Era devastato.
Dean accelerò il passo. La pioggia intensificò. Gli ruscellava sulle spalle e gli batteva il volto.
«Cas!»
Abbracciò stretto l'amico, come a non volerlo più lasciare.
Per la prima volta, Cas ricambiò l'abbraccio, con un sospiro, affondando le dita nella giacca di pelle di Dean.
Sapeva di cuoio e pioggia e qualcosa di buono.
Oltre che di sangue... ma la pioggia avrebbe portato via anche quello.
Dean sciolse l'abbraccio e lo guardò, come alla ricerca di ferire mortali, mentre Sam, zoppicando e tenendosi un braccio rotto, affiancava il fratello.
«Cos'è successo?»
«Gadreel...» iniziò Castiel, ma non terminò la frase.
«E' morto?» domandò Sam, cauto.
Cas sospirò. Poi scosse la testa. Una folata di vento gli gonfiò il trench. «Si è arreso.»
Dean guardò prima l'angelo, poi il fratello. Poi soffiò una risata.
Castiel non l'aveva mai visto così felice da tempo.
«Allora è finita?» chiese ancora Sam. «Davvero finita?»
«Sì, Sam...» rispose Dean, che sembrava sul punto di piangere di gioia. «Ce l'abbiamo fatta fratellino... abbiamo vinto.»
«Non ancora.»
Castiel era felice. Avevano vinto... ma c'era ancora qualcosa che doveva fare.
Qualcuno che doveva trovare.
«Cas... è finita» replicò Dean, quasi a volerlo convincere.
Castiel lo guardò.
Un lampo lo illuminò.
«Metatron.»
Il tuono fece eco alle sue parole.
Dean spalancò gli occhi, drizzandosi sulla schiena, mentre Sam alzava il capo, attento.
«Dov'è quel figlio di puttana? E'... ancora vivo?»
«Non per molto» rispose Castiel, determinato. Diede loro le spalle, pronto ad andarsene, quando Dean rischiò di inciampare sul fango per raggiungerlo.
Gli afferrò il polso, voltandolo.
«Vuoi affrontarlo... da solo?»
«Tutti lo vogliono morto, in Paradiso. Ma devo sistemare le cose... e voglio essere io a ucciderlo.»
«Cas...» iniziò Sam «Lo sai che la via della vendetta non porta a nulla di buo-»
«Devo farlo» Cas strattonò il braccio dalla presa di Dean, che restò in silenzio.
«Devo andare» reiterò ancora, deciso. Gli occhi di Dean brillavano. La felicità di prima sembrava essere evaporata, veloce come era arrivata.
Cas si sentì in colpa.
«Mi dispiace.»
«No, va bene» disse Dean. La voce gli tremava.
Castiel si sentì ancora più in colpa.
«Dean... ascolta...»
«Ho detto che va bene» ripetè Dean. Ma niente andava bene, Cas poteva leggerglielo negli occhi. Perfino Sam l'aveva capito.
«Cas... se uccidi Metatron... significa che chiuderai il Paradiso, giusto?»
Dean trattenne il respiro: Sam gli aveva rubato le parole di bocca.
Cas non rispose subito.
La verità era che non lo sapeva. Non aveva idea di quello che sarebbe successo. Ma non c'era tempo di parlarne adesso... ogni secondo che passava Metatron era più lontano dall'essere catturato.
E alla fine... Dean e Sam erano vivi. Bastava questo. A Castiel bastava questo.
«Devo andare» ribadì.
«Cas...» piagnucolò Dean, ma l'angelo alzò una mano per toccargli la spalla.
«Dean, qualsiasi cosa succeda... tornerò.»
Dean aprì la bocca: gli tremavano le labbra.
«Ma...»
«Tornerò. Promesso.»
Dean lo fissò negli occhi e annuì, e Cas si sentì come se qualcuno l'avesse liberato di un peso. Fece una smorfia che doveva essere un sorriso, poi rivolse un cenno di saluto a Sam.
«Ci vediamo, allora.»
«Cas, un momento, ma se non dovesse funziona-...»
Castiel era sparito.
Dean riabbassò la mano, con un improvviso senso di freddo.
«Non ti ho neanche detto addio...» sussurrò all'aria, mentre la pioggia e il vento lo scuotevano.
Rimase a fissare il punto in cui Castiel si trovava fino ad un attimo prima, per un tempo imprecisato, finché Sam non gli toccò la spalla.
Ma Dean era come anestetizzato. Non sentiva più nulla.
Sam gli scosse piano il braccio.
«Dean...? Dean...! Dobbiamo andare...»
Dean si limitò a ruotare il collo verso di lui, senza la forza di parlare.
«E' tutto okay» lo rassicurò Sam, con la sua classica espressione gentile. «Andrà tutto bene. Tornerà. Ha promesso che tornerà, e gli angeli mantengono le promesse.»
Dean si morse l'interno della guancia.
«Abbiamo ancora delle cose da fare» Sam gli lasciò il braccio e gli fece cenno di seguirlo. «Andiamo, Dean.»
Dean si voltò a guardare un'ultima volta lì dove Castiel era sparito. La pioggia gli si infilava tra i capelli e sotto i vestiti, facendolo rabbrividire.
Infine annuì, e sospirò.
E seguì Sam, in silenzio.





Quando Castiel tornò sulla Terra per la seconda volta, Dean era intento a cacciare un branco di vampiri.
O meglio, stava per farsi decapitare dall'alpha, prima che Cas intervenisse tirando indietro la testa del malcapitato succhiasangue, ed iniettandogli luce angelica. Un attimo dopo gli occhi del vampiro andarono a fuoco, e carbonizzato dall'interno ricadde a terra.
Quando ciò accadde, nella visuale di Castiel apparve Dean: un Dean poco più pulito dell'ultima volta, ma con i segni della caccia addosso.
Un labbro spaccato con un rivolo di sangue che gli gocciolava sul mento, un occhio nero, un taglio sul collo.
Ma quando lo riconobbe, parve essersi dimenticato di aver quasi incontrato la morte.
«Cas!»
Castiel gli sorrise.
«Ciao Dean.»
Dean però non scoppiò a ridere, come l'ultima volta. E non lo abbracciò di slancio.
Invece, assunse la sua espressione più arrabbiata, con gli occhi ridotti a due fessure, e un guizzo sul labbro superiore.
«Ah, "ciao Dean", eh?» lo aggredì, come un cane a cui hanno pestato la coda.
Castiel si sentì in imbarazzo e avvertì un senso di deja vue.
Dove aveva già vissuto questa scena?
«Si dice ancora così, no?»
«Vaffanculo» ribattè Dean, rosso di rabbia.
Cas reclinò la testa. «Credevo saresti stato felice di vedermi.»
«Lo credevo anche io...» Dean strinse i pugni. «Allora, come va con Metatron?»
Castiel batté le palpebre, sorpreso dal repentino cambiamento.
«Non sei felice di vedermi?»
Qualcosa gli pizzicò il petto. Non seppe dire cosa, ma non era piacevole.
«Cazzo, Castiel, rispondi!»
Cas non era abituato ad essere chiamato col nome completo. Non da Dean, almeno.
Si chiese che cosa avesse fatto di sbagliato.
«Dean, non capisco...»
«Rispondi, dannazione! Hai ucciso o no Metatron?»
«S---sì...» rispose Cas, ancora perplesso. Prese un grande respiro. Dean era sempre lo stesso, ma in un certo modo diverso.
«Sì, l'ho ucciso. Appena sono salito in Paradiso... ci è voluto un po', ma alla fine l'abbiamo trovato. Poi sono rimasto lì per riorganizzare tutto.»
«Ah» Dean annuì, partecipe. «Certo, sei rimasto lì. Invece di avvertire me e Sam, sei rimasto lì.»
«Erano rimasti senza un leader Dean, non avevo altra scelta!» spiegò Cas allargando le braccia. «Ma sono venuto quanto prima.»
«Quanto prima, ah?» Dean rise.
Ma non c'era allegria nella sua voce.
Cas non capiva.
«Dean...»
«Sono passati cinque anni, Cas!»
Il cuore dell'angelo fece un saltello. Cinque anni?
No.
Non era possibile.
Gli sembrava di aver salutato Dean appena tre giorni prima... come diavolo...?
«Forse il tempo in paradiso e qui non scorre alla stessa maniera...» si giustificò Cas, cercando di capire.
«Beh, grande scoperta!»
Cas rialzò gli occhi su Dean.
Cinque anni...
Ora che ci faceva caso c'era qualcosa di impercettibilmente diverso in Dean. Non avrebbe saputo dire cosa. Forse gli occhi erano più cupi, o le ombre sotto di essi più definite, o il taglio delle labbra più deciso.
«Mi dispiace» e lo intendeva davvero.
«Dean, non volevo... te lo giuro. Non so come sia potuto succedere...»
Dean rise ancora. E ancora una volta il sorriso non raggiunse gli occhi. «Beh, Metatron deve aver incasinato un bel po' di cose, allora...»
Anche la voce, ora che notava, era più cupa.
«Dean...»
«Va bene, non importa» insistette Dean, alzando la testa e mordendosi le labbra. «Ti ho solo pregato per mesi, ogni notte...»
«Non ti ho sentito, scusa... se avessi saputo...»
«Va bene. Va tutto bene, Cas, okay. Ho capito.»
Cas voleva davvero che Dean lo perdonasse. Cercò la sua spalla con una mano. «Te lo giuro, se fosse dipeso da me...»
«Ti ho detto che va bene!» Dean si tolse la mano di Cas dalla spalla, poi gli diede una pacca sul petto e si girò, pulendosi la bocca insanguinata con una mano.
«Anzi mi sono trattenuto dal darti un pugno in faccia. Ma solo perché sono troppo stanco, sappilo.»
Accelerando la camminata per raggiungerlo, Cas lo vide avvicinarsi all'Impala: a differenza del proprietario, la macchina era identica a come la ricordava.
Forse solo un po' più sporca, e sopra i copertoni un po' incrostata di fango.
«Vedo che continui a cacciare...» commentò Cas mentre Dean spariva col busto dentro il portabagagli, su cui faceva ancora bella mostra di sé il pentacolo disegnato.
Anche se non serviva più a nulla ora che avevano chiuso le porte dell'Inferno.
«Già» biascicò Dean. Quando riemerse, reggeva in mano due birre. Ne porse una a Cas, poi stappò la sua e ne ingollò un lungo sorso.
Castiel si ritrovò a fissare il suo pomo d'Adamo, quasi ipnotizzato.
Quando Dean si scollò dalla bottiglia e sospirò, Castiel si costrinse a distogliere lo sguardo e a prendere un sorso della sua.
La birra aveva il tipico sapore amaro e un po' acre, ma era buona tutto sommato. Gli ricordava Dean... sapeva di casa.
«E così, di nuovo invischiato nei complotti tra le nuvole, eh?»
Castiel annuì, poi decise di metterglisi al fianco, e si appoggiò anche lui con la schiena sull'Impala: davanti a loro, poco oltre, vi erano i cadaveri dei vampiri immersi in un lago di sangue.
Cas si fermò un attimo di più a guardare Dean: le sue ciglia erano ancora lunghe come le ricordava. Gli occhi di quel verde che non esisteva nemmeno nei giardini dell'Eden. E le lentiggini erano ancora lì.
Dean si accorse del suo sguardo e gli rivolse un'occhiata curiosa, con un mezzo sorrisetto.
Cas abbassò la testa, in imbarazzo.
«Emh... allora... dov'è Sam?» chiese per cambiare argomento.
Dean annuì come se stesse ricordando qualcosa di bello, poi sorrise tra sé e sé. «Eheh, si fa la bella vita Sammy» e buttò giù un altro sorso.
«Che vuol dire?» domandò Castiel, vagamente preoccupato all'idea che in quegli ultimi cinque anni Sam potesse essere morto. Avvertì una stretta allo stomaco.
«Sam ha lasciato la caccia... voglio dire, senza demoni è tutta un'altra roba, sai? Molte meno rogne di sicuro, ma comunque tutti gli altri bastardi mutanti sono ancora in giro, e qualcuno deve pur farli fuori, no?»
«E così tu hai continuato...»
«Certo! E' il mio lavoro, è... la mia vita, del resto» era sua impressione o c'era una sfumatura di amarezza? Dean prese un altro sorso di birra e Cas strinse le dita sulla sua bottiglia.
«Dean... mi dispiace.»
«E di cosa? A me piace quello che faccio. Non ho mai conosciuto altro» girò il volto verso di lui, uno sguardo dolce e rassicurante «E' a questo che appartengo, Cas. Come... come tu appartieni al paradiso.»
Fece un sorriso, ma i suoi occhi adesso sembravano così incupiti... Cas voleva dire qualcos'altro ma Dean lo interruppe.
«Sam sta bene... è a casa adesso. Nella sua casa, intendo.»
«Vi siete separati?» Cas quasi non poteva credere alle sue orecchie.
«Era inevitabile» replicò Dean «Si è fidanzato.»
Cas ci mise un attimo di troppo per realizzarlo. Quando riportò gli occhi su Dean, con la bocca aperta, quello sorrise incoraggiante.
«Non ci credo!» Cas si ritrovò quasi a ridere. Finalmente una bella notizia.
«E'... è molto bello.»
«Si chiama Adrianne. E' molto sexy, dovresti vederla... assomiglia molto a Jessica.»
Cas corrugò la fronte. «Chi è Jessica?»
Dean mosse una mano come per scacciare una mosca molesta. «Oh, scusa, dimenticavo che non l'hai mai conosciuta... comunque aspetta di vederla, è proprio una bambolina.»
E fu come se qualcuno avesse pugnalato Cas.
Dean era così felice, e Sam doveva esserlo pure, e Cas stava per spezzare l'idillio.
«Dean...»
«Oh e credo che... credo che si sposeranno, Cas» Dean adesso lo guardava, come un bambino entusiasta. «Ti rendi conto? Il mio fratellino si sposa! Incredibile.»
Rise, e Castiel avrebbe voluto imitarlo. Forse sarebbe passato da Sam per congratularsi, più tardi.
Dean sospirò ancora ridendo tra sé e sé, poi finì la sua birra.
Cas, invece, non riusciva più a bere un sorso.
Dean lo notò.
«Eih che ti prende? Tutto bene?»
«Dean...» Cas gli restituì la birra, e Dean lo guardò come se non lo riconoscesse.
«Non la vuoi?»
«No, è che...»
«Non ti piace?»
«Dean...»
«Scusa» Dean lo fissò ancora, più pallido di prima.
Lo guardava in una maniera così terrorizzata che Cas si sarebbe pugnalato, piuttosto che dire quello che stava per dire.
«Sono sceso solo per... per comunicarti cosa era successo con Metatron. Ma non posso restare molto.»
«Ah» rispose Dean, con una voce forse troppo acuta.
«E' che da quando ha fatto quell'incantesimo, il Paradiso non funziona più come prima... non si può restare troppo a lungo fuori... o rischi di non poterci rientrare più.»
«Oh» commentò Dean.
Si guardarono in silenzio per attimi che parvero secoli... come in passato.
Il tempo stringeva.
«Quanto puoi stare?»
«Non molto» rispose Cas, con una smorfia. Dean annuì, poi abbassò gli occhi.
«Dean...»
«Va bene, allora... è un addio?»
«No!» Cas si mosse forse troppo velocemente. La birra in mano a Dean cadde e si frantumò ai loro piedi, spargendo cocci di vetro ovunque.
«Oh scusa, io... non volevo» disse Cas, mentre Dean si abbassava.
«No, colpa mia, non ho una presa solida e...»
Dean iniziò a raccogliere i cocci, poi si tagliò con uno di loro e gemette un'imprecazione.
«Dean...»
Cas si accucciò davanti a lui per aiutarlo, e allungò la mano per curare quella dell'amico, ma l'altro gliela cacciò via.
«So farlo da solo! Non preoccuparti... sistemo tutto, e...»
Gli tremava la voce, e Cas capì subito che qualcosa non andava.
«Dean...»
«Ti prego smettila di ripeterlo!» Dean alzò la testa: il volto era arrossato, gli occhi pieni di lacrime.
Cas ebbe un tuffo al cuore.
«Dean...?»
«Ti ho detto di...» fu colto da una specie di singhiozzo. Abbassò di nuovo la testa per non farsi vedere e si asciugò le lacrime, velocemente.
«Dean... mi dispiace... non volevo fare cadere la bottiglia, io...»
«Chi se ne fotte della bottiglia!» Dean lasciò andare con rabbia i cocci e si alzò in piedi, dandogli le spalle e mettendosi entrambe le mani tra i capelli.
Cas si alzò con lui.
Non lo vedeva così turbato dai tempi in cui l'aveva tirato fuori dall'Inferno.
«Dean...»
«Scusami» replicò Dean tirando su col naso. «Ho reagito da bambino...» ridacchiò, ma Cas non se la bevve. Gli girò attorno, per guardarlo negli occhi.
Dean lo fissò, poi sospirò. Cas sapeva che quando lo guardava negli occhi non poteva mentire.
«Quando potrai tornare?»
Cas strinse le labbra, dispiaciuto. «Non lo so...»
Dean annuì. «Capito.»
«Dean... mi dispiace.»
Lui scosse la testa, e all'improvviso fu come svuotato. «No, va bene, non è colpa tua...»
«Sì, ma... mi dispiace lo stesso» Cas strinse i pugni «Lo sai anche tu che preferirei stare qui.»
Dean annuì.
«Io... non vorrei doverti lasciare.»
«Nemmeno io» sussurrò appena Dean, e sembrava così vulnerabile che Cas desiderò abbracciarlo.
«Verrai al matrimonio di Sam?» chiese ancora Dean, quasi supplicante. «E' tra tre mesi... lo faresti felice se venissi. Manchi... anche a lui. Molto.»
Cas sapeva che Dean stava parlando più per se stesso, ma annuì, per dimostrare che aveva capito.
«Non so se me lo permetteranno... lo strappo nel portale è ancora instabile.»
«Provaci» lo pregò semplicemente Dean, e raramente Cas l'aveva visto così sincero. «E' tra tre mesi... per il suo compleanno. Il 2 maggio, alle 11 del mattino davanti alla Chiesa del Nazareno.»
«D'accordo» gli promise. Almeno questo.
Dean annuì ancora, e Cas abbassò la testa.
«Allora è meglio se vado, adesso... così chiedo un permesso speciale per poter tornare tra tre mesi... e per più tempo.»
«Va bene» disse di nuovo Dean, e Cas accennò un sorriso.
Non sapeva come salutare Dean. Una stretta di mano? Un abbraccio?
Dean sembrò volergli dare un buffetto sulla guancia, ma all'ultimo cambiò idea e optò per una pacca sulla spalla.
«Allora... ci vediamo presto, Cas.»
«A presto, Dean.»
«Non mancare... ti prego.»
Cas deglutì.
«Non mancherò» concluse, sperando di non dover spezzare anche questa promessa. «Non questa volta.»
Poi sparì.
Dean, rimasto ormai solo, strinse la mascella.
Poi si asciugò di nuovo gli occhi con la manica della camicia a quadri, e si ritrovò a fissare la birra di Cas che gli era rimasta in mano.
Un attimo dopo se l'era scolata, con una lacrima che silenziosa gli rotolava giù dalla guancia. Questa volta non si curò di asciugarla.


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To be continued >> Parte 2





~•~Angolo Autrice~•~
Eccomi con una nuova storia!! Direi che ho parlato anche abbastanza sopra, quindi non aggiungo altro se non pochissime cose ora che siete arrivati [ancora vivi] a leggere queste note e che dunque, suppongo, abbiate letto il capitolo.
Immagino già abbiate capito l'atmosfera no? Posso solo dirvi che nel prossimo capitolo le cose miglioreranno -somehow- e che comunque è il mio preferito in assoluto. Avremo momenti fluffosi e... e... vabbè niente spoiler :D
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e che continuerete questo percorso con me -I NEED YOU T__T- e... niente. Alla prossima, carissimi <3



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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

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Capitolo 2
*** Part 2 ***


The Boy Who Waited 2 Advertisement
Mi dispiace per il ritardo, davvero, ma solo ieri mi sono tolta un esame quindi la settimana scorsa sono stata, aihme, impegnatissima a studiare ç_ç
Il prossimo -ed ultimo- esame ce l'ho il 9 luglio, e poi FINALMENTE IN VACANZA!
Dio quanto odio la sessione estiva -.-
Comunque il prossimo capitolo arriverà puntuale mercoledì prossimo, giuro! <3
Detto questo vi lascio subito al capitolo -il mio preferito, nonché bello corposetto °ç°- finalmente 'na gioia! :D



Soundtracks che ho ascoltato scrivendo il capitolo (questa volta vi metto solo quella iniziale, le altre le posterò nel corso del capitolo con la scritta "qui". Alcune sono le stesse dello scorso cap. Che volete, sono poco originale, è che ognuna rappresenta una determinata atmosfera >.>)
1. https://www.youtube.com/watch?v=Dk75GQw-B54 (ascoltata a ripetizione ahah)


The Boy who Waited

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Quando Castiel tornò sulla Terra per la terza volta dopo la fine della guerra, era il giorno del matrimonio di Sam.
Fortunatamente, era riuscito a farsi dare dagli altri angeli il permesso di scendere. Gadreel, che era il suo comandante in seconda, aveva in mano il paradiso per quel giorno che lui sarebbe stato assente.
Cas era riuscito ad ottenere più di un'ora di permesso, ma allo scoccare della mezzanotte sarebbe dovuto tornare su, o il velo avrebbe subìto nuovi danni.
Come aveva promesso a Dean, apparve lì dove si erano dati appuntamento, cioè davanti alla chiesa. Si materializzò vicino ad un cespuglio per non dare troppo nell'occhio, e poi era emerso fuori, trovando già un sacco di gente riunita davanti alla chiesa. Tutti erano vestiti in maniera impeccabile e Cas si sentì un po' a disagio col suo semplice e sciatto trench, ma poi una voce ormai dolorosamente familiare lo chiamò e tutte le preoccupazioni si sciolsero come neve al sole.
«Cas!»
Dean accorreva verso di lui, accelerando il passo e facendosi spazio tra la folla, senza curarsi di interrompere gruppi nel pieno di una interessante conversazione tra politica e gossip, e attirandosi occhiatacce.
Per l'occasione il maggiore dei Winchester indossava un completo scuro, una camicia bianca e una cravatta a righe oblique viola e blu.
Cas pensò che fosse molto bello.
Questa volta Dean lo abbracciò con entusiasmo. Come quando erano in purgatorio... e come quando la guerra era finita.
Però fu un abbracciò più breve questa volta, e Cas non ebbe il tempo di rispondere ad esso avvolgendo le braccia attorno a Dean che lui già si era allontanato, con un sorrisone che andava da orecchio a orecchio.
«Non posso crederci! Alla fine sei venuto...»
«Te l'avevo promesso» rispose Cas sincero, e Dean parve per un attimo sciogliersi sotto il suo sguardo, con quel piccolo sorriso che sembrava allargarsi, e quegli occhi dolci che a Cas erano tanto mancati.
Probabilmente avrebbero continuato a fissarsi se qualcun altro non fosse arrivato al fianco di Dean, facendosi largo tra la folla -in maniera decisamente più gentile di Dean, con garbo e senza sgomitare-.
«Eih Dean, sta per iniziare la cerimonia, dove diavolo eri fini-»
Sam si interruppe quando notò l'interlocutore del fratello.
Cas lo vide letteralmente congelarsi sul posto, pallido e sorpreso, la bocca bloccata in una mezza "O" e gli occhi spalancati.
«Ciao Sam» lo salutò Cas.
Nemmeno Sam era cambiato tanto: i capelli erano sempre lunghi, ma adesso più curati e legati in una piccola coda di cavallo. Poi, era decisamente meno magro e emaciato di prima -e del resto, l'ultimo ricordo che Cas aveva di lui era di un ragazzo allampanato, pallido come un morto, insanguinato e con un braccio rotto-.
Ora invece Sam era il ritratto stesso della salute. Più robusto e colorato. Inoltre, il vestito da sposo e la sua aria da festa non facevano che renderlo ancora più raggiante.
«Oh, già, dimenticavo...» ghignò Dean dando una spintarella giocosa a Sam «Sorpresa!»
«Oh mio Dio» disse Sam sconvolto, e Cas temette che potesse svenire.
«No, solo Cas» scherzò l'angelo.

*

Adrianne era una bambolina, esattamente come aveva affermato Dean.
Castiel non sapeva chi fosse Jessica, ma se assomigliava a questa ragazza, anche lei doveva essere stata molto bella.
Aveva i capelli biondi e boccolosi, raccolti in una crocchia, da cui sfuggivano dei riccioli a cavatappi che ricadevano sul petto.
Il vestito da sposa era molto semplice, con pochi fronzoli ma con una gonna lunga e larga che si arricciava a terra.
Quando entrò in sala, ci fu un applauso e tutti si alzarono in piedi -Dean ridacchiò trascinando su Cas, che era rimasto incantato a fissare la sposa-.
Sam la attendeva all'altare, con uno sguardo raddolcito e così felice che Cas fu sicuro di non averglielo mai visto addosso: ricordava Sam come tanto taciturno e malinconico che quel sorriso fu una sorpresa.
E invece adesso poteva illuminare una stanza, come un sole.
Due ragazzine vestite di rosa accorsero dietro la sposa per reggerle lo strascico, e mentre lei camminava lentamente nel corridoio, accompagnata dal padre, tutti nella folla iniziarono a lanciare petali di rose.
Dean passò la ciotola a Cas, e quando l'angelo immerse la mano per prenderne una manciata, si scontrò con quella di Dean.
Si voltò a guardarlo, e Cas non ebbe il coraggio di spostare la propria mano. Le pelle di Dean era tanto calda...
Dean arrossì leggermente, poi ritirò la mano e si schiarì la gola, rivolgendo un sorriso e un saluto a Sam, che ancora attendeva all'altare.
Cas decise che era ora di smetterla di fissare Dean, e così si voltò di nuovo verso Adrianne, e gettò i petali.
Più tardi ci furono i giuramenti, poi il prete parlò, e infine Sam e Adrianne si baciarono, e tutti applaudirono per la terza volta.
Quando uscirono fuori, i petali furono sostituiti dal riso.
Adrianne buttò il bouquet indietro, senza vedere dove fosse diretto, e Cas lo notò avvicinarsi pericolosamente a Dean, così allungò una mano per afferrarlo nello stesso istante in cui Dean faceva altrettanto.
Dean lo guardò perplesso, vagamente stupito, e Cas non capiva: lui stava solo cercando di proteggerlo.
«Oh beh, viva gli sposi!» rise Sam tirando in loro direzione un pugno di riso.
Dean lasciò immediatamente andare il bouquet, rosso in volto, mentre Cas rispondeva con entusiasmo.
«Viva gli sposi!»
Ovviamente si riferiva a Sam e Adrianne, ma il resto della gente non sembrava aver colto, perché iniziò a ridere. Cas continuava a non capire, Dean era sempre più rosso.
«Lascia andare quei cavolo di fiori!» gli ingiunse Dean imbarazzato, accostandoglisi e schiaffeggiandogli la mano. Cas mollò la presa, dispiaciuto.
«Perché? Erano belli.»
«Lascia perdere, non capisci...»
«Cosa? E perché stanno ridendo?»
«Te lo spiego più tardi...»

**
Qui



Il ristorante era molto affollato quel giorno, ma anche se fosse stato vuoto, tutti gli ospiti di Sam l'avrebbero sicuramente riempito.
La tavolata imbandita era avvolta da un'immacolata tovaglia bianca dalle sfumature oro, e tutti i ricchi vassoi, e i coperchi fumanti, e le montagne di dolci, e la fontana di cioccolato... a Cas sembrò la personificazione della tentazione. Tentazione a cui ovviamente Dean cedette senza rimorsi, perché quando Dean vedeva crostata di mele e cioccolato fuso perdeva la ragione.
«Beh, sai, Oscar Wilde diceva che l'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi» si giustificò Dean a bocca piena, mentre gustava la fetta di crostata.
«Pero' poi Oscar Wilde è andato in prigione due anni per le sue tentazioni» si aggregò Sam apparso da dietro, tutto allegro, allungandosi per afferrare un pasticcino alla crema.
«Guastafeste» lo rimbrottò Dean con la bocca ricoperta di briciole e le guance gonfie.
«E non si parla con la bocca piena. Cas, diglielo!»
«Dean, non si parla con la bo-»
«Ho sentito, cavolo!» Dean deglutì, poi si asciugò maldestramente la bocca con un tovagliolo e guardò di traverso Cas e suo fratello.
«Eih, Sam, ma è Garth quello che ci sta provando con la tua mogliettina?»
Sam si raddrizzò immediatamente.
«Cosa? Dove?»
«Proprio lì» Dean, tutto entusiasta, puntò il dito in un punto imprecisato dietro Castiel. L'angelo si voltò per seguire la sua traiettoria e scorse un uomo magrolino e con un grosso naso che rideva insieme ad Adrianne.
«Secondo te devo preoccuparmi più che possa mangiarla o provarci?»
«Intendi se devi temere più il lupo o l'uomo? Non saprei...» Dean ghignò e Sam gli consegnò bruscamente il suo piattino ricolmo di dolci, per poi dirigersi a grandi passi verso Adrianne e Garth.
Dean gongolò divertito, e poi si ficcò in bocca un altro pezzo di crostata.
«Ei' 'as?»
Castiel si voltò di nuovo verso di lui. «Dimmi.»
Dean gli sbatté sul petto il piatto di Sam, e Castiel fu costretto ad afferrarlo.
Dean deglutì prima di continuare, come ricordandosi l'ammonimento di Sam. «Anche se non mangi, almeno fingi di farlo! La gente potrebbe insospettirsi.»
«Dean, ne abbiamo già parlato... quando sono un angelo non sento i sapori, ma solo le molecol-»
«Sì, Sam me l'ha detto. Ma provaci lo stesso.»
Cas si preparò a replicare ma Dean sembrava così eccitato dall'idea di vederlo mangiare che annuì.
«Come desideri» dei dolcetti nel suo piatto -prima di Sam- ne afferrò uno dal colorito verdastro, lo annusò, corrugò la fronte, poi sentì Dean ridere e fu come se qualcosa avesse sciolto il suo cuore.
Alzò gli occhi sull'altro.
Era bello il suono della sua risata.
Ed era felice di averlo provocato. Così sorrise a Dean e si ficcò in bocca il dolcino, iniziando a masticare interessato. Corrugò di nuovo le sopracciglia per capirne il sapore.
«Questo non l'avevo mai provato...»
«Di sicuro non è cerume» rise Dean che sembrava un bambino con un gelato.
«Perché, ce ne sono?» si spaventò Cas e Dean rise così forte che dovette appoggiarsi alla sua spalla per non cadere.
«Era una battuta, Cas. Una citazione di Silente» Dean si asciugò gli occhi, e come un deja vue a Cas venne in mente l'ultima volta che aveva fatto visita a Dean. Anche allora aveva pianto. Ma questa volta era diverso.
Era strano.
Gli umani non piangevano solo quando erano tristi?
«Cavoli, Cas, sei sempre lo stesso!» Dean rise ancora un po'. «Sempre lo stesso...» continuò poi, come perso nel vuoto.
L'atmosfera sembrava essersi fatta più tesa.
«Eih Dean!»
Una ragazza con dei fluenti capelli rossi apparve alle loro spalle, saltando al collo di Dean.
Cas sentì una morsa chiudergli il petto, e non seppe bene perché, ma desiderò che quella ragazza la smettesse di stringere Dean così.
«Charlie!» la salutò Dean, scompigliandole i capelli, e Cas si irrigidì.
«Per i sette regni, stai una favola!» si sorprese Charlie spalancando teatralmente la bocca e facendo un passo indietro per ammirarlo.
«Mai come te. Sembri una principessa appena uscito da un film Disney.»
«Attento a come parli!» lo apostrofò la ragazza chiamata Charlie, puntandogli un dito sotto il naso «Io sono molto di più di una damigella da salvare! Al massimo puoi dire che assomiglio a Hermione nel quarto film, durante il ballo del Ceppo...»
Cas si perse nel discorso, e smise di ascoltare, semplicemente perché non capiva di cosa stessero parlando.
Così si distrasse a guardare il resto della sala -e in un certo senso fu rincuorante dover distogliere lo sguardo da quella scena.
Ma cosa poteva pretendere?
Erano passati più di cinque anni, ovviamente Dean aveva incontrato nuova gente, si era fatto nuovi amici... Cas non era più l'esclusiva, ma gli andava bene così. Anche con Benny era stato così.
Dean però parve accorgersi del suo sguardo assente perché si schiarì la gola, e lo nominò.
«Emh, comunque Cas, questa è Charlie.»
Castiel regalò nuovamente la sua attenzione a Dean, poi fece scorrere lo sguardo sulla ragazza, di almeno una spanna più bassa di lui.
«Oh... ehm... ciao Charlie.»
«Cas... VUOI DIRE CHE QUESTO E' CASTIEL?»
Dean sembrava vagamente in imbarazzo. «Beh, s-sì... ehm scusalo, non sa bene come presentarsi alla gente, si dimentica sempre di porgere la mano» e gli lanciò un'occhiata eloquente.
Cas si affrettò a rimediare. «Ha ragione... ehm scusa. Piacere, comunque.»
Charlie però lo fissava come se fosse un dinosauro parlante.
«Non ci credo.»
Cas guardò Dean, con un gran punto interrogativo sulle labbra.
«Oh mio dio» continuò Charlie. «Oh mio dio, Dean. E' un angelo!»
Dean ridacchiò «Eh già.»
«UN ANGELO.»
«Emh...» Cas, a disagio, guardò di nuovo Dean.
«Wow» Charlie si dondolò sulla punta delle scarpe ballerine. «Ho sentito molto parlare di te, Cas. Specialmente della tua bellezza sovrannaturale.»
Castiel sollevò le sopracciglia, poi intercettò per un attimo gli occhi di Dean. «Le hai detto che sono bello?»
Dean arrossi con una risatina «Alla ragazza piace molto scherzare!»
«Ho capito, ho capito, me ne vado» lo interruppe Charlie con un sorrisetto saputo.
«Non è quello che intendevo...» cercò di rimediare Dean, ma la ragazza gli aveva già afferrato il colletto.
Castiel trattenne il respiro, temendo che potesse baciarlo.
«Ah, comunque!» la sentì sussurrare per non farsi sentire da lui, mentre si accostava a Dean e guardava Cas con fare cospiratorio.
«E' proprio affascinante come dicevi!»
«Io non ho mai detto che era affascinante!» ribatté Dean sempre sussurrando.
Charlie ridacchiò, poi gli diede una gomitata e gli fece l'occhiolino. «Allora vi lascio soli soletti!»
«No, Charlie... Charlie!» Dean lasciò ricadere le braccia, mentre la ragazza sgattaiolava via.
«Niente da fare... aah la solita vecchia Charlie» Dean scosse la testa, poi tornò da lui, con un sorriso.
«Scusala.»
«No, non preoccuparti. E' simpatica.»
Dean annuì, afferrando l'ultimo pezzo della sua crostata.
Castiel non riuscì a controllare la propria voce.
«State molto bene assieme.»
Dean si affogò con il pezzo di crostata.
«Cosa?» biascicò, tossendo. Poi scosse la testa, battendosi un pugno sul petto. «Non stiamo mica assieme!»
«Oh» Castiel cercò di contenere il sollievo. «Scusa, non avevo capito. Credevo foste una coppia.»
«Io e Charlie?» Dean era seriamente sconvolto «Vuoi scherzare? E' come una sorellina minore! E in più è impossibile...»
«Perché?» volle sapere Castiel, ingenuo.
«E' lesbica. Le piacciono le donne.»
Cas sentì il sollievo quasi soffocarlo. «Ah» disse semplicemente, perché non sapeva cosa aggiungere.
«Bene.»
Dean sollevò un sopracciglio e Cas quasi inciampò sui suoi stessi piedi.
«Cioè, non bene. Voglio dire, mi dispiace.»
Dean rise e gli diede un colpettino col dito sulla guancia. «Che sei stupido.»
Cas rimase sorpreso da quel gesto. Dean poi salutò una coppia di amici di Sam che era arrivata in quel momento, e Cas automaticamente si portò la mano alla guancia, lì dove il dito di Dean l'aveva toccato.
La pelle dell'amico era davvero piacevolmente calda. Avrebbe voluto... che quel contatto durasse di più.
Scosse la testa.
Volere?
Lui non poteva volere niente.
A mezzanotte sarebbe andato via di nuovo, lasciando Dean un'altra volta... non poteva permettersi il lusso di volere qualcosa. Non poteva far soffrire Dean così tanto.
E poi... non c'era tempo. Non c'era tempo.

***
Qui

Dopo il taglio della torta -dove Sam aveva offerto una fetta alla moglie, e Adrianne gliel'aveva impiastricciata sul muso, tra le risate del pubblico, e Cas era così intento a guardarli, pensando che fossero una bella coppia, che Dean fece la stessa identica cosa e un attimo dopo Cas stava soffocando con la bocca, il mento e la punta del naso pieni di torta mentre Dean rideva e Charlie batteva le mani euforica- e lo stappamento dello champagne al coro di "viva gli sposi", Sam e Adrianne avevano aperto le danze, e ora volteggiavano in mezzo alla pista, il vestito di lei che si gonfiava ad ogni giro, lui con una presa solida sul suo fianco e quel sorriso così dolce.
Dean e Sam non si somigliavano molto, sebbene fossero fratelli: eppure c'era qualcosa, forse nelle espressioni, nel modo di sorridere, che li accomunava. L'aria Winchester, l'avrebbe definita Cas.
Così, quando Cas notò quel particolare sguardo e quel particolare sorriso che Sam rivolgeva esclusivamente a sua moglie, fu sicuro di averlo già visto pure in Dean.
E adesso entrambi erano poggiati con il dorso sul tavolo bianco, mentre le coppie stavano seguendo l'esempio di Sam e Adrianne, ballando in pista al ritmo di un lento.
Dean era probabilmente all'ottavo bicchiere -Cas non avrebbe saputo dirlo, dal momento che da quando avevano stappato lo champagne loro due non avevano fatto altro che bere, insieme a Charlie.
O almeno, Cas aveva fatto finta, dato che con lui l'alcol avrebbe impiegato molto più tempo per fare effetto.
Adesso Charlie era totalmente ubriaca e ballava da sola al centro della pista, girando su se stessa e scontrandosi di tanto in tanto con le altre coppie, compresa quella composta da Garth e sua moglie.
«Non credevo che Sam sapesse ballare» commentò Castiel guardando la maestria con cui Sam faceva volteggiare la sua dama.
«E infatti non sapeva farlo» Dean rise sull'orlo del bicchiere, ancora una volta di un ricordo che Castiel si era perso con la propria assenza.
«Con quelle pertiche che si ritrova al posto dei piedi, era un miracolo che la poverina non finisse azzoppata. L'ho fatto iscrivere ad un corso intensivo di ballo» mosse il bicchiere, facendo agitare le bollicine.
«Lui mi ha dato il permesso, ad una condizione: che io gli facessi compagnia. E io ho acconsentito.»
«Quindi hai fatto anche tu il corso di ballo?»
Dean gli rivolse un sorriso storto, poi sollevò un sopracciglio, e sembrava un ragazzino in quel momento. Forse l'alcol iniziava a reclamare la sua presenza.
«Certo che no.»
«Ma... gliel'avevi promesso.»
Dean scrollò le spalle e prese un altro sorso dal lungo bicchiere, senza guardarlo.
«Sì, beh, ho mentito.»
Castiel abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere, osservando il colorito giallognolo del contenuto.
«Le promesse sono fatte per essere mantenute...»
«Se davvero fosse così nessuno le spezzerebbe, e invece...»
Castiel si sentì punto sul vivo. E, in un certo qual modo, il pensiero lo rattristò. Strinse bruscamente la presa sul bicchiere senza rendersene conto.
«Dio, non...» Dean parve aver notato il suo cambiamento «Cas, te lo giuro, non intendevo... affondare il coltello nella piaga. Scusa. Non mi riferivo a te...»
«No, hai ragione.»
Castiel poggiò il bicchiere sul tavolo dietro di sé, per evitare di spezzarlo, ma Dean cercò la sua attenzione, afferrandogli il polso.
Quando Castiel si voltò, Dean era più vicino del solito: forse l'alcol offuscava la sua vista.
«Tu hai mantenuto la promessa, Cas. Mi avevi promesso che saresti tornato, e infatti... eccoti qui. Non pensare mai che possa essere arrabbiato con te, Cas. Okay?»
Cas batté le palpebre, ritraendosi un po' e Dean sembrò accorgersi solo in quel momento della vicinanza.
«Scusa.»
Dean lo occhieggiò nervosamente, poi aprì bocca, ma parlò con la voce di Sam.
«Eih ragazzi, tutto okay?»
Sam si aggrappò alle loro spalle.
Dean cambiò immediatamente espressione, assumendo un sorriso giocoso. «Sì, benissimo. E tu, Tony Manero?»
«Non esageriamo, non sono così bravo...» rise Sam, che aveva le guance arrossate per la fatica, e la fronte imperlata di sudore.
«Allora, che stavate facendo? Mi sembrava che... insomma tutto bene tra voi due?»
«Sì, Sam, non preoccuparti» decise di intervenire Cas, ancor prima di Dean, e Sam parve tranquillizzarsi, poi annuì e diede loro uno schiaffo sulle spalle.
«Ottimo. Quindi, musoni, smettetela di stare lì come due vecchietti e venite a ballare.»
«In realtà stavo bevendo...» obiettò subito Dean, ritraendosi da Sam, e fingendosi interessato a sorseggiare il suo champagne. Sam assunse la sua classica espressione da cane irritato, poi gli tolse di mano il bicchiere, se lo ingollò in un attimo, e lo abbandonò sul tavolo.
«Ecco, adesso non c'è più questo problema.»
«Ma non so comunque ballare, quindi...» tentò ancora Dean.
«E nemmeno io» si aggregò Castiel, sincero.
Sam sbuffò.
«E chi se ne frega! E' il giorno più felice della mia vita, e non voglio vedere mio fratello e il mio migliore amico isolarsi dai festeggiamenti per via della timidezza.»
«Ma non è la timidezza...» stava cercando di spiegare Dean, quasi offeso, ma Sam non gli permise di finire la frase. Afferrò entrambi per le maniche e li gettò letteralmente in pista, in mezzo alla folla.
Cas e Dean rischiarono di inciampare, ma era ormai troppo tardi, perché la folla sembrava essersi richiusa attorno a loro. Erano in trappola.
«Io il lento non lo ballo» si rifiutò Dean, che sembrava voler guardare tutto tranne che lui.
«Ce l'ha chiesto Sam. Forse dovremmo...»
«Cas, non con te!»
Castiel si costrinse a non sentirsi offeso. Ingoiò la delusione.
«So di essere... goffo, diresti. Ma sono un angelo. Posso imparare, mi basterà osservare gli al-»
«Non è questo!» Dean sbuffò, distogliendo lo sguardo.
E poi fu come se Dio li avesse ascoltati. O il DJ.
All'improvviso le luci si spensero, e si accesero solo quelle colorate intermittenti.
Dal lento si passò ad una canzone tecnho.
Dean e Cas, coi nasi per aria, sorpresi dal cambiamento, non si accorsero di Charlie.
La ragazza era ormai totalmente andata, e si scontrò con Dean mentre piroettava in pista.
Dean perse l'equilibrio e finì addosso all'altro. Castiel riuscì a reggerlo, e senti il suo corpo forte e muscoloso premere contro il proprio, e il suo profumo di dopobarba, pelle, crostata di mele e champagne stordirlo per un attimo
«Scusami, mi hanno spinto, non era mia intenzione...»
Cas annuì, ma non lasciò la presa sulle sue braccia. Erano vicinissimi, ma a nessuno dei due sembrò importare di tornare alle posizioni iniziali.
Forse per via del buio, che pareva dilatare la loro distanza.
La musica cambiò di nuovo. Il DJ la annunciò: Country Roads. (Qui)
Dean sbuffò una risata.
«Musica country? Sul serio? Questa sarebbe più per il mio matrimonio, non per quello di Sam» commentò, stupito.
«Perché, ti sposi?» domandò Cas, improvvisamente senza fiato, e pronto a lasciare la presa sulle braccia di Dean.
«No» rispose Dean in un sussurro deciso, e poi strinse le braccia di Cas, quasi ad impedirgli di allontanarsi.
Castiel avvertì uno strano calore e provò un sorriso. Gli occhi di Dean, al buio, sembravano neri. Ma erano ugualmente brillanti e intensi.
Tutto attorno a loro la gente si scatenava, Sam in primis che aveva iniziato a girare insieme alla sua sposa, a braccetto al contrario.
E poi Sam, ridendo, li raggiunse. Prese a braccetto Cas, trascinandolo a ballare, mentre Dean rideva guardandoli, e un attimo dopo Charlie faceva la stessa cosa con lui.
Poi parvero scambiarsi un'occhiata complice: Sam lasciò andare Cas e afferrò Charlie a braccetto, e Dean e Cas finirono di nuovo assieme.
«A quanto pare non abbiamo scelta» annotò Castiel. Dean scosse la testa con un sorriso, poi lanciò un urlo, afferrò Cas a braccetto e iniziarono a girare, come tutti gli altri.
E Cas non seppe dire se per lo champagne -ma in teoria agli angeli non poteva fare effetto, non così presto- o solo per l'atmosfera gioiosa, ma fu come se qualcuno avesse sciolto le articolazioni delle sue gambe. Non era più rigido.
Era sciolto, e stava ballando. Con Dean.
In più, all'improvviso tutte le preoccupazioni sembravano insignificanti.
Che importava se sarebbe andato via?
In quel momento c'era. Ed era con Dean. Voleva assaporare questi istanti fino alla fine.
E poi Dean sembrava così felice, mentre cambiavano lato di braccio, e rideva, rideva, rideva così tanto che Cas alla fine si ritrovò a ridere con lui, e fu tutto così intenso che quando finì la canzone non se ne accorsero nemmeno e si fermarono solo quando anche gli altri lo fecero, e rimasero lì, vicini, col fiatone, a guardarsi negli occhi, e cercare di riprendere ossigeno tra una risata e l'altra.
Cas non si era mai divertito così.

****
Qui

Purtroppo, come tutte le cose belle, anche quel giorno stava per terminare.
Era ormai calata la notte: il cielo da azzurro chiaro, era diventato rossastro, poi blu e adesso praticamente nero.
La maggior parte degli invitati se n'era andata, e Sam aveva salutato al volo Dean, Cas e tutti gli altri, per potersi allontanare con sua moglie a bordo della carrozza nuziale.
Dean gli avrebbe poi fatto recapitare i regali di nozze direttamente nel nuovo appartamento.
Sam non sapeva che Cas sarebbe rimasto un giorno solo... e Dean non aveva avuto il coraggio di dirglielo.
E nemmeno Cas: Sam era così felice, non voleva rovinargli la festa. Quello era il suo giorno, e non doveva essere oscurato da alcun pensiero negativo.
Così, Dean e Castiel stavano camminando fianco a fianco nel giardino fuori dal locale, mentre la mezzanotte si faceva sempre più prossima.
«Mi dispiace di non aver portato con me un regalo per gli sposi» Cas abbassò la testa, afflitto. «Non sono ancora pratico delle tradizioni umane, non sapevo che si dovesse... scusami.»
«Cas, smettila» Dean scosse la testa, ma invece di essere infastidito sembrava divertito. «Sei sempre il solito, eh? Non ti smentisci mai...»
«Se solo l'avessi saputo...»
«Cas» Dean arrestò la camminata, e fermò anche Cas, con una mano sul petto «La tua presenza è il regalo migliore che potessi farci... Sam era così contento di vederti.»
Cas sollevò gli angoli della bocca e Dean riempì i polmoni.
La sua presa sulla spalla dell'angelo parve vacillare.
«E... e lo sono anche io.»
Dean abbassò lo sguardo, e lasciò scivolare la mano. Cas la afferrò con la sua e Dean rialzò gli occhi, sorpreso da quel contatto.
Cas, dal suo canto, non avrebbe mai smesso di stupirsi del calore emanato dalla pelle di Dean.
Quella sensazione gli sarebbe mancata così tanto in paradiso...
«Questo è stato uno dei giorni più belli di tutta la mia esistenza, Dean. Tu e Sam siete davvero...»
Dean lo scrutò, in attesa. Cas gli strinse la mano. «... molto importanti... per me
Dean fece un sorrisetto, e fu in quell'istante che Cas si rese conto che ecco, era proprio questo lo stesso sguardo che Sam aveva rivolto ad Adrianne.
Poi l'orologio trillò, interrompendo l'atmosfera e le beghe mentali di Cas, e Dean sfilò la mano da quella dell'angelo per controllare l'orario sul polso.
«Cinque minuti...» annunciò con voce tremante, e poi deglutì, e guardò Cas, e entrambi sentivano il peso di quelle parole.
Non voglio andarmene... pensò Cas, e gli occhi di Dean sembravano urlargli: Non voglio che tu te ne vada.
«Cosa succede se non torni in tempo?» volle informarsi Dean, titubante.
«Il velo non è stato ancora riparato del tutto. Se dovessi sforare il tempo, verrei totalmente buttato fuori dal paradiso. Per sempre. Le mie ali andrebbero a fuoco, e perderei la grazia, e... non potrei più tornare indietro.»
Dean ascoltò, attento.
Poi ripresero a camminare.
«Beh...» Dean calciò via una pietra, senza guardarlo, le mani affondate nelle tasche e lo sguardo basso. «La vita da umano non è poi così brutta, no? Anzi, credevo ti piacesse...»
«E mi piace, infatti, ma...»
«E allora?» Dean alzò lo sguardo su di lui «Che problema c'è? Potresti restare qui...»
«Dean...» Cas sentiva il cuore pesante.
Dean difficilmente era così sincero con lui: accadeva solo quando era ubriaco, oppure quando era terrorizzato all'idea di perderlo. E adesso era entrambe le cose.
«Potresti vivere qui... mi prenderei io cura di te. Non dovrai preoccuparti di nulla, non... non permetterò a nessuno di farti del male...»
E gli occhi di Cas iniziarono a pizzicare.
Forse per via del freddo? Non avrebbe saputo dirlo. Aveva qualcosa in gola, ma non sapeva cosa. Era una sensazione fastidiosa. Si sentiva soffocare.
«Dean... Dean, non posso, lo sai...»
«Ti prego...» soffiò Dean, e ancora una volta sembrò sul punto di spezzarsi «Ti prego, Cas... non puoi lasciarmi di nuovo...»
«Dean... non rendere tutto più difficile...» Cas strinse i pugni «Sapevi che non potevo restare per troppo tempo...»
«Sì, ma questo non addolcisce certo la pillola...» gli occhi di Dean brillavano «Cinque anni Cas... da quando te ne sei andato, quella sera, a cercare Metatron... tu non sai com'è stato difficile per tutti» prese un respiro tremante «Com'è stato difficile per me.»
«Non sapevo fosse passato tanto tempo, te l'ho detto...»
«Cas, tu hai l'eternità davanti, io no!» e la voce di Dean era così spezzata che sembrava potersi piegare al vento come una foglia. Cas aveva paura anche di sfiorarlo, temendo che potesse infrangersi tra le sue dita.
«Quando tornerai di nuovo? Tra altri cinque anni? Mi sei mancato tanto... non sono abituato alla tua assenza. E anche se ci ero riuscito... ora sei qui. E dimenticarti di nuovo... non so se posso farcela.»
«Non devi dimenticarmi» il dolore di una spada angelica nel cuore era molto meno intenso. Cas si sentiva distrutto.
«Perché deve finire così?» Dean guardò l'orologio. «Due minuti...»
«Dean...»
«Ti sto pregando, Cas. Non lasciarmi. Ti supplico.»
Ed eccola lì: una lacrima fece capolino tra le ciglia di Dean, pronta a rotolare giù. Dean si premurò di cancellarla, ma Cas mosse un dito prima di lui, e la raccolse.
Dean parve sorpreso dal gesto, ma non lo allontanò.
«Ti ho fatto una promessa, Dean. E per quanto tu possa avere poca fede, sai che la manterrò. Tornerò da te. Tornerò sempre da te.»
«Sì, ma quando
«Non lo so» rispose sincero Cas, e allontanò il dito. «Ma tornerò.»
«Nel prossimo secolo?» chiese Dean, sarcastico, e fece qualche passo indietro, come un animale ferito.
«No» promise Castiel, determinato. «Se potessi tornerei domani, e il giorno dopo ancora. Ma non posso. Se c'è una cosa che posso fare, è una promessa: è tutto ciò che mi resta. Non farò passare così tanto tempo. Non me lo permetteranno tra tre mesi come adesso, ma te lo giuro, Dean... anche nel peggiore dei casi, non lascerò passare mai più di cinque anni.»
Dean annuì, perché non poteva fare altro.
«D'accordo... voglio fidarmi di te.»
«Grazie.»
«Ti... ti aspetterò, allora.»
«E io aspetterò di rivederti» gli rivelò sincero Castiel. Poi non aspettò che l'altro gli facesse un gesto. Si avvicinò, e gli strinse le braccia attorno al corpo.
Dean gli si aggrappò come se fosse la sua ancora di salvezza, affondando il volto nel suo trench, e le dita tra i suoi capelli.
Castiel appoggiò il mento sulla sua spalla, e non voleva sciogliere l'abbraccio.
Sentiva il cuore di Dean pulsare contro il suo petto, e il calore della sua pelle passare attraverso i vestiti. E poi di nuovo quell'odore di dopobarba, torta di mele e champagne.
Tutto, in quel profumo, gli era familiare.
E nella consistenza della pelle, nella forma dei muscoli... aveva ricomposto lui stesso quel corpo, e quell'anima, pezzo dopo pezzo. Quella era la stessa spalla dove gli aveva lasciato il marchio.
Aveva sempre visto Dean come qualcosa di troppo prezioso,  da proteggere, qualcosa per cui valesse la pena lottare. Per cui valesse la pena morire.
E invece stava rinunciando di nuovo a lui.
L'unico suo desiderio era stringerlo ancora tra le braccia. Per sempre.
Ma il per sempre non esisteva.
Non esisteva per Dean.
E non esisteva per lui... il minuto stava per scadere.
Castiel sapeva che sarebbe dovuto tornare, ma non ebbe la forza di sciogliere l'abbraccio.
Era quasi tentato di lasciar perdere, di rischiare di morire, perché l'importante era stare con Dean, ma poi Dean stesso si discostò da lui.
«Devi andare» disse, monotono.
E Cas deglutì.
Sì, vero.
A quanto pare il destino aveva scelto diversamente. Dean aveva scelto diversamente.
«Mi dispiace.»
«Non dirlo.»
«Tornerò.»
«Ci conto.»
E poi Castiel sparì.
Dean affondò ancora di più le mani nelle tasche, cercando un po' di conforto, un po' di calore. Ma il calore di Cas, del suo abbraccio, era svanito. E adesso il freddo lo stava uccidendo.
«Ti aspetterò» bisbigliò al giardino deserto.




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To be continued >> Parte 3






~•~Angolo Autrice~•~
Vi ho fatto aspettare ma ecco che vi ho regalato un capitolo bello lungo! :D {doppi sensi esclusi >_>}
Vorrei innanzitutto ringraziarvi per tutto il supporto e l'amore, e le bellissime recensioni, e chi ha aggiunto la storia alle preferite/seguite/ricordate, riempite il mio cuoricino e mi fate venir voglia di scrivere sempre di più <3
Chi l'avrebbe mai detto che le recensioni sono la salvezza degli scrittori? cwc (e sì, guardo voi lettori silenziosi, datevi 'na mossa! ^^)
C'è chi ha paragonato questa storia a Twist&Shout (oddio, sul serio? E' così terribile? OnO), chi mi ha paragonato ad un'assassina senza cuore (---ish), chi ancora ha paura di continuare con la lettura.
Beh vi ringrazio comunque molto <3
Come ho già anticipato tengo molto a questa storia e al "messaggio" che vuole trasmettere, e come ogni storia angst che si rispetti anche la mia ha un THEME tipico! (ovvero uno scambio di battute ricorrenti)
Una è: "troppo tardi" -traduzione di
too late, che infatti è anche il sottotitolo della storia-
E l'altra: "Tornerò" "Ti aspetterò/Ci conto" perché sono una persona bastarda e consapevole di ciò :P
ADRIANNE è il nome dell'attrice che fa Jessica. Sì, okay, uccidetemi ma per me l'anima gemella di Sam era Jessica e se non può essere lei che almeno sia l'attrice ahahah -cose senza senso lo so-.
L'immagine che ho scelto alla fine descrive perfettamente la scena di Cas che asciuga le lacrime di voi lettor--emh volevo dire di Dean. Sì. Già. Umh. *si schiarisce la gola*
Questo capitolo è un mix di fluff e dolore e mi piace particolarmente perché Sammy si sposa, insomma, e sono tutti felici ed è bello vederli felici per una volta!! *__*
Che altro posso dirvi? Alla prossima volta <3
ps: dal prossimo capitolo iniziano i dolo---emh no spoilers, okay
pps: che bello che tutti avete colto il legame tra Amy e Dean. E' straziante, vero? Ecco ç_ç
ppps: Charlie rappresenta il mio lato più nerd. Il tributo a Oscar Wilde -nello scambio di battute tra Sam e Dean- era necessario. Non come sfoggio di cultura ma perché AMO Oscar Wilde *^*
pppps: TUTTI shippano destiel al matrimonio, nel caso non si fosse capito

Stasera rispondo alle scorse recensioni, ora purtroppo devo scappare! Tornerò, proprio come Cas, lo giuro! ç_ç



Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
 
Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

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Capitolo 3
*** Part 3 ***


The Boy Who Waited 3 Advertisement
Lo so, vi avevo promesso di aggiornare mercoledì scorso ma ho avuto davvero delle settimane di fuoco xD Tra studio, ospiti a casa, i miei amici che mi trascinavano ovunque e stanchezza incredibile non ho proprio avuto il tempo. Perdonatemi ç_ç
In compenso godetevi un capitoletto più lungo del solito, anche se vi avverto... pain.
Fluff, angst, fluff. Spero di non distruggervi, e che arriverete "sani" (relativamente) alle note finali.
Enjoy cwc



Soundtracks che ho ascoltato scrivendo il capitolo (Come sempre ci sono le soundtrack a "tema", e con questo capitolo vi è l'aggiunta di due nuove tracce dei Sleeping at Last. Mi hanno anche ispirato col testo) Intanto vi posto quella con cui iniziare a leggere, le altre le troverete nel corso del capitolo ;)
1. https://www.youtube.com/watch?v=YJsF7sHpaPs


The Boy who Waited

Too late


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Quando Castiel tornò sulla Terra per la quarta volta, il suo radar angelico lo trasportò in un giardino che non aveva mai visto prima.
Una palla colorata gli ruzzolò accanto alle gambe e rischiò di farlo inciampare, costringendolo a fare un passo di lato. Un ragazzino biondo arrivò subito dopo, ridendo ed afferrando la palla gonfiabile.
Quando lo notò, tuttavia, impallidì spaventato.
«Zio...?» chiamò debolmente, indietreggiando.
Castiel sapeva che avrebbe dovuto tranquillizzarlo, magari rivelandogli che aveva solo commesso un errore di calcoli e sbagliato casa.
Allargò le braccia e si preparò a dir qualcosa quando una voce abbastanza rauca gli giunse alle orecchie, insieme all'uomo che era appena emerso sull'uscio.
«Che succede, John?»
 Quella voce...
Castiel alzò il volto nello stesso istante in cui l'uomo sulla porta faceva altrettanto.
Il volto dell'uomo si distese.
«Cas...?»
Allora non aveva sbagliato.
«Dean...» rispose Castiel, ma qualcosa gli si agitò nello stomaco.
Osservò il bambino, poi il giardino, ancora smarrito.
Il bambino raggiunse Dean e gli si aggrappò al fianco, e il cacciatore gli accarezzò i capelli sorridendo.
«Eih Cas, questo è John. John, questo è Castiel.»
«Piacere...» balbettò il ragazzino porgendogli timidamente una mano.
Castiel guardò Dean, confuso, e Dean si limitò ad annuire.
«C-ciao John» disse Cas, stringendogli brevemente la mano. Il ragazzino si schiarì la gola, e notando il disagio Dean decise di intervenire.
«Cas è un vecchio amico di famiglia. Papà sarà felice di vederlo, quando tornerà stasera!»
Papà? si interrogò Cas, mentre i pezzi del puzzle iniziavano a incastrarsi.
«Torna a giocare, dai!» Dean diede una pacca sulla spalla del ragazzino, e quello corse via, in direzione di una piscina dove una ragazzina identica a lui agitava i piedi. La piccola aveva i capelli biondi legati in due codine e urlò quando il bambino la gettò in acqua.
«Sono ragazzi» rise Dean perso a fissarli, scuotendo piano la testa.
Cas tuttavia non riusciva a distogliere lo sguardo da lui.
C'era qualcosa di profondamente sbagliato e diverso in Dean.
Forse nei capelli, adesso meno folti e vagamente ingrigiti, o forse nel volto stanco e scolorito, o nelle leggere rughette ai lati degli occhi e della bocca.
Dean si voltò a guardarlo, e Cas si sentì come scoperto a frugare di nascosto.
Arrossì e distolse lo sguardo, con un brivido che gli attraversava la spina dorsale.
Quei ragazzini, papà...
«Sono i figli di Sam?»
Dean annuì.
«Sì» confermò, senza aggiungere altro.
Castiel sentiva i suoi occhi addosso. Si morse il labbro inferiore.
«Quanti... quanti anni...»
«Sono passati? Dieci» rispose Dean come se stesse parlando del tempo. Tuttavia, Cas poteva percepire una certa tensione nella sua voce. «Mary e John hanno otto anni, sai? E ce n'è un terzo, lì dentro» il suo volto si intenerì al pensiero «il piccolo Adam. Ha solo sei mesi, vuoi vederlo?»
Dieci anni, pensò però Cas, avvertendo all'improvviso la gola secca.
«Certo» disse invece, sperando che la voce non tremasse troppo.
 Dean si mosse subito verso la casa, senza guardarlo, e Cas si affrettò a stargli dietro. «Dean...»
«E' piccolissimo, devi vederlo. Ha preso tutto da Sammy.»
«Dean...» ripeté Cas, senza demordere. «Io... mi dispia-»
«Se ti stai chiedendo dov'è Sam, lui e Adrianne sono andati a fare shopping. Delle ragazzine, vero? Gliel'ho detto anche io. Lui si è incazzato. Dettagli» rise con forse troppo entusiasmo, mentre superavano il salotto e la cucina, diretti probabilmente alla camera del neonato «E quindi mi ha chiesto di fargli da baby-sitter. Non che mi dispiaccia, sia chiaro. Quei marmocchi, loro... è bello stare con loro, sai?»
«Dean!»
Castiel gli afferrò il polso, costringendolo a fermarsi.
Dean si voltò a fronteggiarlo, con un secco: "Che c'è?" e all'improvviso a Cas tremavano le ginocchia.
Non aveva il coraggio di chiedergli perché stesse cercando di evitare il discorso, perché stesse straparlando per non affrontarlo.
Castiel però non gliel'avrebbe permesso.
«Mi dispiace, Dean!» gli comunicò con eloquenza, strattonandogli piano il braccio. «Io non potevo immaginare... ti giuro che non dipende da me. Non credevo che sarebbe passato tanto tempo, te l'avevo promesso e...»
Gli occhi pizzicavano e non sapeva spiegarsi perché «E io volevo mantenere la promessa. Te lo giuro, devi credermi.»
«Okay» replicò Dean, atono, scrollando le spalle. Gli fece un cenno con la testa verso la porta. «Comunque la stanza di Adam è da quella par-»
«Dean, parlo seriamente!» Cas gli tirò di nuovo il polso e a quel punto Dean esplose.
Forse si era trattenuto fino a quel momento, forse era inevitabile.
Strattonò il polso dalla presa di Castiel, con un movimento brusco, e gli si pose davanti, furioso.
«Che vuoi, Cas? CHE CAZZO DOVREI DIRE?!»
Castiel aprì bocca per rimediare... la situazione gli stava sfuggendo di mano.
Ma Dean non gliene diede il tempo.
«Che dovrei dire?! Che va tutto bene? Che va bene che mi hai abbandonato di nuovo, dopo che mi avevi promesso che saresti tornato? Vuoi che ti dica che non è cambiato niente, che è tutto apposto, tanto cosa vuoi che siano dieci fottuti ed interminabili anni. E' questo che vuoi? Che ti dica che io sto bene? Perché non è così, Cas! Non sto bene! E niente va bene! Quindi, dimmi. Cosa vuoi, Cas? COSA?»
Castiel si ritrovò totalmente preso alla sprovvista.
«Io... io non lo so. Volevo solo... farti capire.»
«E ho capito, dannazione! Questo dovrebbe forse far meno male? Perché...» Dean si portò un pugno alle labbra, quasi per frenarsi. Poi distolse gli occhi lucidi.
«Lasciamo perdere» si trattenne, deglutendo «Non voglio parlarne. Non voglio allarmare i ragazzi, né svegliare Adam. Che tra parentesi è nell'altra stanza, se vuoi vederlo. E se non vuoi vederlo vaffanculo.»
«Dean...» tentò ancora debolmente Cas, sollevando una mano, ma Dean era schizzato già via, diretto alla stanza e reggendo la porta per lui.
Cas sospirò e riabbassò il braccio, rassegnato.
Poi cautamente seguì l'amico all'interno della camera. (Qui)
Dean richiuse la porta, immergendoli nella semi-oscurità delle quattro mura, e si volse verso di lui con un dito sulle labbra, ad intimargli silenzio.
Cas annuì, non avendo altra scelta, e Dean avanzò con passi felpati fino ad una culla dalle sfumature bluastre.
Mentre Dean rivolgeva al piccolo una vocina infantile e comunicava in bambinese, Cas ne approfittò per dare una veloce occhiata alla stanza: le pareti erano colorate a rappresentare paesaggi allegri, montagne, fiori colorati, ed un cielo più azzurro di quello reale.
Il pavimento era cosparso di giocattoli di tutti i tipi, da peluches, a robot metallici, a dinosauri, e perfino un lungo trenino sul quale Cas inciampò senza ritegno.
Al tramestio prodotto dal suo piede in fallo, che lo buttò dritto su una cassettiera piena di libri, il bimbo si svegliò e iniziò a frignare.
Castiel cercò di riemergere dal cumulo di libri per bambini che gli erano piovuti addosso, e Dean si voltò un attimo per soccorrerlo. Poi però il bimbo pianse più forte e Dean deviò traiettoria e andrò a prenderlo in braccio.
«No, va tutto bene, va tutto bene, è solo lo zio Cas che è un po' svitato» cercò di consolarlo Dean coccolando il bambino tra le braccia, con un dito vicino alla sua bocca.
Il bimbo continuò a piangere, rosso in volto, e ad agitare i pugnetti.
«Ah!» sbuffò Dean, esasperato, regalandogli un'occhiataccia. «Ecco adesso l'hai svegliato. Hai idea di quanto ci abbia messo per farlo addormentare?»
«Scusa» sibilò Castiel, spostando con sgarbo il trenino incriminato e rimettendosi in piedi. Si spolverò il trench e poi agitò due dita.
La cassettiera si rialzò magicamente e i libri tornarono al loro posto, in una sequenza ordinata.
Dean lo guardò con tanto d'occhi, agitato.
«Ma che ti salta in mente?! E se ti vedesse qualcuno?»
«Non c'è nessuno in questa stanza, Dean» replicò Castiel, levando un sopracciglio «a parte me e te e... lui. A meno che non pensi che un bambino che non sa neanche parlare possa denunciarmi.»
Dean tramontò gli occhi al soffitto e poi lo ignorò, concentrando tutta la sua attenzione sul piccolo, che continuava a vagire, con grossi lacrimoni che gli emergevano dalle palpebre.
«Oh no, no, ti prego, fermati... eeeih piccolo Adam? Chi è il bambino più bello del mondo? Eh? Ma sei tu!» tentò Dean inutilmente mentre il piccolo simulava un conato dallo stress.
«Forse ha fame» tentò Cas, avvicinandosi piano e sporgendosi oltre la spalla di Dean.
«Nah, gli ho dato il biberon mezz'ora fa. Non può avere ancora fame!»
«Beh, mi ricorda qualcuno...» provò a scherzare Cas alzando su di lui un'occhiata giocosa.
Dean si bloccò un attimo, come se stesse processando, poi si voltò a guardarlo, e sollevò un sopracciglio.
Tuttavia, il suo tentativo di rimanere impassibile e duro nei suoi confronti svanì non appena i loro sguardi si incrociarono. Dean ghignò, riabbassando lo sguardo, sempre con quel sorriso dolce che a Cas era tanto mancato.
Dieci anni... dieci lunghi anni.
Come aveva potuto...
Perdersi dieci preziosi anni della vita di Dean. Non era giusto.
Cas si costrinse a guardare qualcos'altro che non fossero le lentiggini del cacciatore, o le sue lunghe ciglia, e così si ritrovò a scrutare la culla del bimbo.
Proteso sopra la culla vi era un archetto azzurro, e ad esso appese delle stelline colorate, dei pianeti e, Castiel aguzzò la vista, perfino degli angioletti.
Erano i classici angeli che gli umani amavano rappresentare, con le faccette tonde e il pancino scoperto, il corpo celato solo da un drappo.
Eppure, uno degli angioletti, quello più centrale, era stato modificato. Qualcuno gli aveva cucito un piccolo trench addosso, e una cravatta blu.
Cas avvertì come un pugno allo stomaco. Distese il volto, socchiuse le labbra.
Oh Dean... pensò e cercò subito i suoi occhi.
Ma Dean non lo stava guardando. Stava ancora agitando dolcemente Adam, dandogli piccole pacche tra le scapole per farlo calmare.
Ma niente.
«Posso... posso provare io?» si offrì Cas, sentendosi in debito. Dean gli rivolse uno sguardo accigliato, sicuramente pronto a rifiutare, ma poi Adam pianse più forte e capitolò.
Si lasciò scivolare il bimbo di nuovo sulla piega del gomito, e poi lo porse all'angelo.
Castiel si limitò a poggiargli due dita sulla fronte, e il bambino si calmò all'istante.
Ora che poteva guardarlo meglio, assomigliava davvero a Sam, a differenza di John e Mary che erano biondi come la mamma.
Il piccolo Adam aveva radi capelli castani, lo stesso naso un po' all'insù di Sammy, e perfino i medesimi occhi verdi.
«Hai usato il tuo mojo angelico?» volle informarsi Dean, diffidente, rivolgendogli un'occhiata indagatoria.
«No» obiettò Cas, sincero, e perfino lui era stupito di come il bimbo si fosse calmato all'improvviso. Forse era solo spaventato dalla presenza di uno sconosciuto.
Contento comunque di aver fatto un favore a Dean, fece per allontanare le dita dalla fronte del piccolo, che quello gliele afferrò, ridendo e agitando i piedini dalla gioia.
Le sue dita erano minuscole, e stringevano quelle di Cas come se fossero un orsacchiotto, poi iniziò a mordicchiarle.
«Oh, io non... non so come spiegarlo» cercò di giustificarsi Cas, in imbarazzo, ma sentì Dean ridere e così rialzò gli occhi.
Dean lo guardava con una dolcezza che faceva male.
«A quanto pare gli piaci.»
Cas si chiese se stesse ancora parlando del bambino, o di se stesso, ma Dean strinse di nuovo Adam, che quindi lasciò la presa su Cas, e poi lo sollevò un po' per guardarlo negli occhi.
«E così ti piace lo zio Cas, eh? Ah, monellaccio!»
Gli soffiò nel pancino e quello iniziò a ridere, muovendosi tutto. Dean rise con lui e poi lo adagiò di nuovo nel box, accarezzandogli la testa e avvicinandogli il ciuccio.
«Se gli fai questo effetto, dovrei invitarti più spesso» ghignò Dean, ancora curvo sul box.
Castiel allungò una mano per stringergli la spalla ma quando Dean si raddrizzò sulla schiena, la ritirò e strinse i pugni.
Desiderava davvero dimostrargli di essere dispiaciuto, e scusarsi, ma temeva che Dean potesse reagire male.
E gli restava così poco tempo da passare con lui, prima che il portale reclamasse di nuovo la sua presenza, che non voleva sprecarlo a litigare.
Ogni attimo era prezioso, e lui voleva solo che Dean fosse felice.
Forse sentendosi osservato, Dean si voltò a rintracciare il suo sguardo «Eih, che ne dici se usciamo da qui? Non vorrei che inciampassi in qualche altro trenino e rischiassi di svegliarlo, sai...»
«Dean!» lo rimbeccò Cas, offeso, e Dean scoppiò a ridere, all'improvviso incurante del bambino, e gli diede perfino un buffetto sulla nuca.
Quando smise di ridere si asciugò perfino gli occhi, e prima di uscire dalla stanza, mosse una mano a bloccare il petto di Castiel.
«A parte gli scherzi, sono davvero felice di rivederti» gli rivelò, con un filo si voce, e Cas si perse nei suoi occhi, incapace di dire altro.

*
(Qui)

«E così, questo è stato l'ottavo compleanno dei gemelli» concluse Dean, girando l'ultima pagina dell'album di famiglia. «So che queste robe non si usano più, ora con facebook e tutta la questione delle foto online ma... non mi sono mai davvero fidato della tecnologia.»
«E' bello» lo interruppe però Castiel, sporgendosi al suo fianco per guardare meglio la foto.
Lo scatto ritraeva una crostata gigante, con la fantasia di una trappola del diavolo in cima, e dietro due sorridenti John e Mary. Sam e Adrianne erano abbracciati sullo sfondo, tenendo ognuno la spalla del figlio che aveva davanti.
Adrianne aveva il pancione, notò Castiel.
E poi la ragazza coi capelli rossi, Charlie se Castiel non ricordava male, e Garth e la sua fidanzata, e infine eccolo lì, Dean.
Bello come lo ricordava, con un sorrisone che andava da orecchio a orecchio, e gli occhi brillanti.
Castiel si ritrovò inconsciamente a sorridere a sua volta.
«Oh, e per inciso, ti giuro che l'idea della crostata di mele non è stata mia. Sammy mi odierà a vita per questo, ma quando John e Mary erano piccoli io li ingozzavo di crostate, e così adesso la adorano quasi quanto me.»
Dean ridacchiò e Castiel sentì vibrare il suo stomaco, dal momento che aveva un braccio a contatto con lui. L'aveva allungato per lisciare la foto ed evitare i riflessi della plastica che rischiavano di accecarlo, e quando si accorse del calore ritirò il braccio con foga, in imbarazzo.
«E la trappola del diavolo invece?» domandò per cambiare argomento. «Idea tua?»
Il sorriso di Dean si incrinò. Il suo sguardo si fece distante.
«Già» confermò e Cas si sentì un mostro per avergli spento la gioia in una parola.
«Scusami, non volevo...»
«Fa niente» Dean cercò una posizione più comoda sul divano «Come puoi immaginare continuo tutt'ora a cacciare. Penso che non smetterò mai...»
«E Sam? Ha mollato definitivamente?»
Dean si massaggiò la spalla, poi si voltò verso di lui, ma ancora senza guardarlo.
Si leccava le labbra come alla ricerca di qualcosa da dire.
«Lui si è proposto di aiutarmi un paio di volte, nei casi più intricati» rivelò, finalmente guardandolo.
Aveva gli occhi pieni di paiuzze verdi. Il tempo passava impietoso ma i suoi occhi erano sempre gli stessi.
«Ma mi sono rifiutato» si agitò di nuovo sul posto, chiudendo l'album e alzandosi per riporlo nella libreria.
«Voglio dire, non potevo chiedergli tanto. Ora lui è felice, ha una famiglia, dei bambini, non... non possono perderlo. Se gli succedesse qualcosa non potrei mai perdonarmelo.»
Cas notò le sue spalle tendersi sotto la maglietta e così si alzò per raggiungerlo.
«E tu, allora?» domandò, veemente e apprensivo «a te non ci pensi? Se a te succedesse qualcosa?»
«A chi importerebbe?»
«A Sam!» rispose Castiel, sconvolto.
Dean rise senza allegria.
«E a me!» continuò Castiel afferrandogli la spalla e costringendolo a voltarsi.
«Dean, non puoi davvero pensare...»
«Io non ho niente Cas!» Dean afferrò la mano dell'angelo dalla sua spalla e la allontanò, non senza una certa aggressività «E chi non ha niente non ha niente da perdere...»
«Non puoi davvero pensare di non contare nulla!» Cas non poteva credere alle sue orecchie. Erano passati dieci anni ma Dean non era affatto cambiato.
«A me importa. E importerà sempre.»
Dean rise con amarezza, scuotendo la testa e sfuggendogli dal campo visivo.
«Certo, sicuro.»
«Dean...»
«Se te ne fosse davvero importato qualcosa saresti rimasto, Cas. Ma non è successo.»
Ed eccolo di nuovo. Castiel sospirò, sentendosi stremato. Sapeva che prima o poi il discorso sarebbe riemerso.
Ed era giusto così: Dean aveva il pieno diritto di essere arrabbiato. Cas sapeva che prima o poi avrebbero affrontato il discorso, ma questo non lo rese più pronto, o forte.
«Io... tu sai che se dipendesse da me...»
«Fino a quando starai? Mezzanotte? E poi volerai via come sempre?»
Cas non rispose, si limitò a guardarlo, cercando di trasmettergli tutto il suo dolore, il suo senso di colpa, il suo rimpianto. Dean si morse l'interno della guancia forse per non urlare.
Poi gli diede nuovamente le spalle.
Gli stava sfuggendo. Ogni secondo di più.
Ad ogni visita Dean era più distante.
Gli stava sfuggendo dalle mani come tutta quella situazione, e l'unico desiderio di Cas era di richiudere le dita, e trattenerlo, e stringerlo al petto, ma appena provava a muoversi non era rimasto più nulla. Le sue mani erano di nuovo vuote. Dean non era più lì.
«Scusami...» continuò Dean, con la voce spezzata. Cas si chiese se non stesse piangendo, ma non ebbe il coraggio di chiederglielo o di assicurarsene di persona. Dean si strinse la base del naso, l'altra mano sul fianco, e fece qualche passo.
«Scusami. Sto rovinando tutto, ancora una volta...»
«No, sono io che sto rovinando tutto...»
«Non è colpa tua Cas!» Dean si voltò a fronteggiarlo, lasciandolo attonito per un istante.
«Ho aspettato per dieci anni questo momento e adesso sei qui e io sto facendo lo stronzo e sto rovinando tutto io... io...»
Ed eccoli lì gli occhi lucidi. Cas istintivamente allungò una mano per catturare le lacrime ma Dean lo precedette e si strofinò gli occhi con rabbia.
«Che coglione. Scusami. Sto bene» prese un grande respiro e poi annuì, quasi per autoconvincersi. O convincere Castiel.
«Non pensiamo a quando andrai via.»
«Dean...»
«Se ci pensiamo già ora è come se te ne stessi già andando, no? E invece sei qui. Durerà poco ma non importa, tu sei qui, è questo che importa. Non voglio rovinare questo momento. Birra?»
Cas stava per ripetere "Dean", ma l'ultima richiesta gli fece deglutire ogni replica.
Si limitò a sollevare un angolo della bocca, e Dean sorrise.
Un sorriso vero, e Cas non ebbe cuore di dirgli che restava solo poco più di un'ora.
Perché sapeva che questa separazione l'avrebbe spezzato.
Avrebbe spezzato Dean, e avrebbe spezzato lui stesso.
Cas non voleva che quel momento arrivasse.
Avrebbe desiderato poter fermare le lancette, e il tempo, e sorridere a Dean e annunciargli che sarebbe restato con lui per sempre.
Anche se per sempre non esisteva per Dean, esisteva per Cas, e tanto bastava.
Ma il solo fatto di non potergli donare questa gioia dilaniava Cas come una coltellata al cuore.
Avrebbe dato tutto, qualsiasi cosa, per poter restare con Dean.
E invece non disse niente. Rimase a fissarlo mentre gli dava la schiena, diretto alla cucina per prendere due birre.
Rimase a guardarlo mentre gli scivolava dalle dita, senza poter far nulla per trattenerlo.


**
(Qui)
{a ripetizione fino alla fine ahah}

«Ti manca bere birra, lì sulle nuvole?» lo interrogò Dean, distratto, portandosi la bottiglia alle labbra e traendone un lungo sorso.
Erano sdraiati vicini sul prato, le braccia distese che si sfioravano, e lo sguardo rivolto alle stelle.
«Un po'» dovette ammettere Cas che lo imitò: la birra era agrodolce come la ricordava, come tutte le volte che l'aveva bevuta al fianco di Dean e Sam, in passato.
Quando ancora dovevano fermare l'apocalisse e Dean l'aveva portato in quel luogo di perdizione che gli umani chiamavano bordello.
Sorrise al ricordo, gli occhi puntati al cielo, e Dean parve insospettirsi del suo improvviso cambiamento perché sollevò un po' il volto, per scrutarlo meglio.
«Io direi molto» lo corresse notando la sua espressione.
Castiel tornò al presente, ruotando il collo per incontrare il suo sguardo.
E sorrise.
Semplicemente sorrise.
Perché tutto il tempo in paradiso svaniva di fronte a questi unici attimi sulla terra: era solo in questi momenti che si sentiva davvero a casa.
Con Dean accanto.
Perfino sdraiati su un giardino umido, con gli steli d'erba che gli solleticavano il collo e le mani, e le formiche che gli zampettavano indisturbate sul trench, e il profumo di terra bagnata, e i fiori, e lo zigare delle cicale, e lo stormire del vento sugli alberi, e il profumo di dopobarba e di giacca di pelle di Dean.
Tutto questo sapeva di vivo.
Di bello.
Di casa.
Rimasero a fissare il cielo per un po', poi Dean ruppe il silenzio.
«Lo facevi mai questo, in paradiso?»
«Cosa?» si informò Cas, corrugando la fronte.
Dean aveva ancora gli occhi puntati al cielo, e le labbra sollevate come un bambino rilassato.
«Guardare le stelle. Lo facevate mai?»
Castiel lo imitò e tornò a guardare il cielo blu puntellato di piccole lucine.
«Non proprio» rispose, perché "no" era troppo definitivo.
«Davvero? Chissà che palle...»
«Non abbiamo molto tempo per noi stessi, lì in Paradiso.»
«Già, dovere, dovere e ancora dovere, vero?»
«Sì, e qualche uccisione di demoni di tanto in tanto.»
Cas non ebbe bisogno di voltarsi per accorgersi che Dean stava ridendo. Sentì lo sbuffo della sua risata e d'istinto sorrise anche lui.
«Io e Sam lo facciamo sempre, invece» continuò Dean, concedendosi un altro sorso di birra. «E' rilassante. Semplicemente stare seduti sull'Impala, o sdraiati a terra, a guardare il cielo. Non abbiamo mai avuto davvero una casa, e guardare le stelle era un po' come tornarci, capisci?»
«Sì, capisco» e capiva davvero: provava lo stesso quando riabbracciava Dean. Qualcosa dentro di lui però gli suggerì di tenere la bocca chiusa a riguardo.
«Perché sai... basta che ci pensi... chiunque, alzando lo sguardo, scorge il cielo. Che ti trovi in America, o in Europa, o in Australia, o perfino in Antartide... o in Paradiso... comunque alzi gli occhi e il cielo e le stelle son sempre lì, uguali per tutti. E' come stare sotto lo stesso tetto, sai? Come essere protetti, in un certo senso. E collegati. Ti fa... sentire meno solo.»
Castiel strinse le palpebre, cercando di non farsi sommergere dalle emozioni.
Dean doveva essersi sentito molto solo in quegli anni, ed era per colpa sua...
«E tutte le stelle... continuano a brillare. Anche dopo milioni di anni, sono sempre lì, nello stesso posto. Sai quante generazioni si sono rincorse sotto di loro? Gli antichi romani guardavano le stesse stelle che guardiamo noi. Ti fa pensare a quanto il tempo sia relativo, a quanto noi umani siamo piccoli e insignificanti, e a quanto sia breve la nostra vita.»
«Non siete piccoli e insignificanti» ribatté Cas, ma Dean lo interruppe nuovamente, agitando una mano come per spiegarsi.
«Nel grande disegno, sì. In passato pensavo che avessi tutto il tempo del mondo...»
Castiel, come una calamita, si ritrovò a guardarlo: aveva pure i capelli ingrigiti e il volto più teso, ma era sempre lo stesso. Lo stesso Dean.
Non era cambiato niente.
Non per Cas.
«Rimandavo sempre tutto, cercando un'occasione migliore, un momento migliore. Ma poi ho capito che le occasioni vanno prese al volo, perché poi non si ripresentano più. Che non esiste un momento migliore, esiste solo il momento. E poi ti ritrovi ad essere vecchio, e ad aver rinunciato a tutto, e per cosa? Per l'orgoglio. Pensi di avere il tempo per fare tutto, e il giorno dopo è già troppo tardi. E' sempre troppo tardi.»
La gioia e la calma che prima avevano animato Dean sembravano averlo totalmente abbandonato, adesso.
«Ho passato la vita a crearmi problemi, a pensare che la mia esistenza non valesse nulla, che fossi solo un soldatino obbediente, e poi una macchina da guerra, e... e solo lo strumento di papà. Ho incolpato Sammy per questo, per troppo tempo... ho pensato che l'unico mio compito fosse quello di proteggerlo. Di difenderlo, e di impedire che gli succedesse qualcosa di grave, ma che a me succedesse, quello non aveva importanza. Io non avevo importanza. E mi ci è voluto un po' per realizzare che invece era un miracolo.»
«Cosa?» domandò Castiel, piegando un po' il capo.
Dean fece una smorfia. «Esistere. Esserci. Respirare. Vivere.
Assaporare ogni momento come se fosse l'ultimo. Diciamo che ho imparato cosa significa.»
Cas batté le palpebre, chiedendosi se Dean non stesse parlando di lui.
Si sentì nuovamente in colpa e Dean scosse la testa, con una risatina veloce.
«No, va tutto bene, Cas. Sono felice di riaverti. So che andrai via, e non sono sicuro se tornerai, ma intanto cerco di vivere questi momenti come se non dovessi tornare mai più. Come le stelle... continuano a splendere anche dopo che sono morte, sai? Nel momento successivo alla loro morte brillano ancora di più, quasi a non voler far sapere al mondo che sono morte. Dio, questo discorso non ha senso, sembra quello de Il Re Leone
«Non è che brillano di più» lo corresse Cas, con fare tecnico «E' che si trasformano in supernove e quindi...»
«Oh, va al diavolo!» Dean lo spintonò giocosamente e poi scoppiò a ridere «Non rovinare l'atmosfera! Avevo fatto un bel discorso poetico, dannazione...»
Cas si sollevò sui gomiti per guardarlo in faccia.
«Scusa.»
«Dai, scherzavo» lo tranquillizzò Dean agitando una mano, come a scacciare una mosca molesta.
Rimasero in silenzio, regolato solo dallo zigare delle cicale, durante il quale Dean fissava il cielo, scrutando le stelle, e Cas fissava Dean, desiderando che quel momento non dovesse finire così presto.
Poi Dean spostò gli occhi, incontrò i suoi e assunse un'espressione interrogativa.
Cas si limitò a fare una smorfia.
«Posso chiederti una cosa?»
Se anche Dean fosse rimasto sorpreso dalla richiesta, non lo diede a vedere.
«Certo.»
«Perché il giorno del matrimonio di Sam tutti sono scoppiati a ridere quando ho afferrato il bouquet?»
Dean spalancò gli occhi e iniziò a ridere, battendo perfino le mani.
«Oh, ecco, ora lo stai facendo anche tu. Potresti spiegarmi perché? Che c'è di così divertente?»
«Ancora te lo ricordi...» Dean non sembrava crederci «Assurdo...»
«Per me non è passato molto tempo, ricordi? E comunque, mi avevi promesso che l'avresti spiegato quando ci saremmo rivisti.»
Dean annuì, colpevole. «Era una sciocchezza, Cas. Una tradizione di noi umani... sai, se una persona afferra il bouquet significa che si sposerà presto. Noi l'abbiamo afferrato in contemporanea, quindi significava che ci saremmo sposati» Dean rise ancora, al ricordo «Forse per questo sono single. Il destino voleva che sposassi te.»
Castiel si chiese se fosse serio oppure no, e optò per la seconda. Improvvisamente entusiasta, preparò un'altra domanda.
«Raccontami della tua vita, Dean.»
«Cosa?» replicò Dean, preso alla sprovvista.
«Sì» insistette Cas iniziando a giocherellare con uno stelo d'erba «Mi hai raccontato per una giornata della vita di Sam, e sono curioso... tu come stai? A parte la caccia, cosa fai?»
Dean allungò la bocca a papera, come se ci stesse riflettendo.
«Niente di che...» si portò distrattamente la bottiglia alle labbra e si regalò tre lunghi sorsi. «La solita vita. Licantropi, vampiri, fantasmi, Djinn, e altri bastardi soprannaturali. La mia baby resta sempre con me, anche se ho dovuto riparlarla almeno tre volte in questi dieci anni. Inizia a fare un po' i capricci, ma la capisco, gli anni passano per tutti... a me inizia a far male la schiena, a lei il motore, a quanto pare.»
«E sei sposato?» chiese Cas, cercando di non risultare troppo interessato.
Dean corrugò le sopracciglia e poi lo guardò come se fosse pazzo.
«Sposarmi, io? Nah. E comunque ho più di cinquant'anni, Cas.»
«E allora?» Cas inclinò di nuovo il capo, confuso.
«E allora?» Dean rise di gusto, battendo perfino la testa sul terreno per lo sfogo. Quando si fu calmato parlò con la voce più acuta. «Non sono mica un attore famoso, che mi vado a cercar moglie a quest'età! E poi... non sono il tipo.»
«Che significa?»
«Ma fai sempre domande, tu?» lo rimbrottò Dean, per gioco.
«Scusa.»
«No, è okay. Ho avuto un po' di storie in effetti...» Dean aveva di nuovo lo sguardo distante, remoto, gli occhi persi nel cielo infinito, e Cas si sentì nuovamente fuori posto.
Ripensò al momento in cui si erano salutati, dopo il matrimonio di Sam. A quanto ancora era giovane e pieno di speranze, il suo cacciatore.
E a come adesso invece sembrava spento. Nonostante le belle parole sulle stelle, Cas poteva avvertire l'immenso vuoto che divorava Dean.
Si sentì un verme per esserne, forse, la causa.
«Sono stato con una certa Carmen tra le storie più, ehm, importanti... quasi tre anni. Ma poi non ha funzionato. E' finita...»
«Oh, mi dispiace» gli rivelò Cas, e si infilò le unghie nei palmi per combattere l'istinto di stringerlo. Di... semplicemente di toccarlo, per assicurarsi che fosse ancora lì.
Perché Dean era lì, ma i suoi occhi no. I suoi occhi erano da un'altra parte.
«Beh, non dispiacerti. Tutte le cose finiscono. E' la vita...»
Cas non riusciva a guardarlo, ridotto così.
«Dean, io...»
«Devo fare due passi» ribatté Dean, freddo, e si mise in piedi in un attimo, allontanandosi.
Cas si maledisse tra i denti, poi saltò su per raggiungerlo.
Dean adesso ondeggiava davanti al frigo, reggendosi su di esso con una mano, l'altra che stringeva ancora la birra.
Cas si fermò sull'uscio, preso in contropiede da quella visione tanto penosa.
«Dean...»
«Mi dispiace...» biascicò quello, stringendo la mascella.
Cas notò che gli tremavano le braccia, e così accorse per sorreggerlo. Gli sfiorò il braccio teso e Dean reagì come un cane che protegge i suoi cuccioli.
«Lasciami stare!»
Si voltò di scatto per allontanare Cas e la birra gli sfuggì di mano.
Cas si riparò col braccio ma la bottiglia esplose e alcuni cocci dovettero averlo colpito, almeno a giudicare dal dolore che gli bruciò improvvisamente il gomito e il collo.
Dean parve tornare al presente solo quando vide il sangue, e sussultò.
«Non fa niente» cercò di rimediare Cas, il trench macchiato di birra, alzando le braccia per far vedere che stava bene.
«Non fa niente, posso curarmi coi poteri, non fa...»
«Mi dispiace, non volevo!»
Cas si ritrovò stretto dalla presa solida di Dean, mentre lo costringeva a mostrargli il braccio colpito.
«Porca puttana...» sussurrò Dean come perso in se stesso, mentre rimuoveva i cocci.
Cas si ritrovò a trasalire quando il vetro lasciava la sua pelle, facendo emergere il sangue, che poi gli colava sul braccio.
«Non fa niente, Dean, faccio da solo...» Cas si portò due dita al collo e la ferita scomparve.
Dean però era rimasto immobile, con il suo braccio tra le mani, il volto basso e le spalle che singhiozzavano.
Cas capì troppo tardi che stava piangendo.
«Oh no, ti prego, non farlo...» lo supplicò, mentre Dean gli stringeva quasi spasmodicamente la stoffa del trench strappata e insanguinata.
«Non volevo ferirti, Cas... non ti farei mai del male.»
«Lo so» tentò di rassicurarlo Castiel ma fu inutile. Dean scosse la testa e la rialzò per guardarlo.
«Credevo di potercela fare!» spiegò, con le lacrime che spiccavano sulle guance. «Questa volta credevo che l'avrei superata, ma non ci riesco... stai per andartene e ho rovinato perfino quei pochi momenti in cui potevamo stare assieme. Sono uno stronzo, sono un...»
Castiel poggiò l'altra mano su quelle di Dean, e le strinse per trasmettergli un po' di calore.
«No, non lo sei. Io lo sono. Perché ti ho lasciato andare. Perché continuo a farlo, ma... posso prometterti...»
«No» lo respinse Dean, duro.
Cas aprì la bocca, e poi la richiuse, interdetto. «Cos-»
«Non promettermi nulla. Più nulla. Sappiamo benissimo come va a finire, poi...»
Castiel strinse le labbra, cercando di respirare, e gli occhi bruciavano, e lui voleva solo sfiorare Dean e strappargli via tutto il dolore e la sofferenza col suo mojo angelico.
«Dean...»
«E' difficile senza di te, Cas...»
Cas batté le palpebre, confuso dal cambio di discorso.
«No, fammi finire» Dean era deciso, adesso. «Non mi importa più nulla. Tanto tra poco andrai via, e io non voglio che tu vada via senza saperlo.»
«Sapere cosa?» adesso Cas iniziava seriamente a preoccuparsi. Era qualcosa di grave?
«Non ho più nulla da perdere, giusto?»
Dean allungò una mano fino a sfiorargli la guancia e la curva della mascella.
Cas poteva sentire sulla pelle il calore cocente delle dita di Dean, le cui punte si erano arricciate tra i suoi capelli.
Spalancò gli occhi, sormontato da una serie di sensazioni differenti a cui non sapeva dare un nome.
«Dean...?» lo richiamò, confuso, guardando distrattamente la mano che gli stringeva un lato del viso.
Dean lo ignorò, e anzi allungò anche l'altra mano ad afferragli l'altro lato del volto.
«Voglio farti sapere perché continuo ad aspettarti, perché non riesco a stare con qualcun altro, perché vorrei che non mi lasciassi....»
Cas avrebbe voluto dire qualcosa, ma sentiva le labbra inchiodate, il respiro bloccato, e tutto il suo campo visivo era occupato dal volto di Dean: erano così vicini che poteva contargli tutte le lentiggini e i peli delle sopracciglia. E le paiuzze più chiare nelle pozze verdi che erano i suoi occhi.
«Ho cercato di negarlo per anni, Cas, anni, ma adesso non ce la faccio più. Non posso permetterti di andar via, e... e magari non ci vedremo più. E io non mi dimenticherò mai di te, e non vorrei che tu ti dimenticassi di me, quindi...»
«Io non mi dimenticherò mai di te!» Cas si sentiva quasi offeso dall'accusa. Dean rise un po' scuotendo la testa, poi si passò la lingua sulle labbra e Cas sentì il calore aumentare.
«Io non voglio perderti...» riprese Dean, muovendo piano il pollice sulla sua guancia.
Cas chiuse gli occhi, trasportato da quel calore, e sentì Dean farsi ancora più vicino, ad eliminare la distanza che li separava.
Sentiva il suo respiro caldo sulle labbra e deglutì, in attesa.
E poi qualcosa trillò.
Dean si arrestò improvvisamente.
Cas riaprì gli occhi, confuso, e vide Dean allontanarsi, e mollare la presa sul suo volto, per guardarsi il polso.
«E' ora...»
Cas impiegò qualche attimo per realizzare cosa stava succedendo.
Dean catturò il suo sguardo e adesso appariva completamente perso. Come un bambino che cerca i suoi genitori in aeroporto.
«Cosa?»
«Il portale» spiegò Dean, e aveva il respiro corto in questo momento. Schizzò in piedi come morso da uno spillo e Cas lo imitò, con più calma.
Il cacciatore si stava leccando le labbra, in evidente ansia, e faceva di tutto per non guardarlo. Cosa stava succedendo, prima? Dean stava per baciarlo?
Cas non riusciva a capacitarsene.
Si sentiva travolto dalle emozioni, e queste gli impedivano di pensare in modo lucido.
E forse proprio questo offuscamento lo portò a prendere una decisione.
«Resterò con te.»
«Cosa?» Dean spalancò gli occhi, stupito quanto lui, se non di più.
Cas distese le spalle. «Non mi importa se il portale si chiuderà. Voglio restare.»
«Cas, non era pericoloso?» Dean sembrava seriamente preoccupato adesso «E le ali? Insomma... non rischi di morire?»
«Forse» rispose Cas, scrollando le spalle «E allora? Tornare indietro senza di te sarebbe peggio di morire.»
Dean reclinò un po' la testa, colpito. «Cas...»
Le lancette continuavano a scorrere.
«Farà male?» domandò Dean, ancora non del tutto convinto.
«Credo di sì. Ma non importa.»
Aveva appena finito di dirlo che una fitta gli colpì il petto.
Cas si piegò con gli occhi quasi di fuori e una mano a coprirsi la bocca, colto da un conato di sangue.
«CAS!» lo richiamò Dean terrorizzato. Lo resse per le spalle mentre Cas guardava sconvolto il liquido rosso che gli bagnava le dita.
Una nuova fitta gli colpì la schiena e Cas cadde letteralmente in ginocchio, con un urlo.
«NO!» Dean sbatté a terra con lui e cercò ancora di non farlo cadere, scuotendolo un po' come per tenerlo sveglio.
«CAS!»
Castiel si sentiva bruciare dentro: come se la sua grazia gli stesse liquefacendo gli organi interni e la pelle soprastante per emergere.
Guardò Dean come per trasmettergli che stava bene, che stava facendo questo per lui e avrebbe accettato tutto il dolore, che se lo meritava per averlo lasciato andare tante volte in passato, ma Dean non sembrava capire.
«Vai» gli ordinò, con gli occhi lucidi.
«Cosa?» Cas cercò di reprimere un altro conato di sangue, e si strinse il petto lì dove una nuova fitta gli aveva attraversato lo stomaco.
«No, Dean, io voglio restare...»
«Devi andare via...»
«Ma non capisco, io credevo che tu volessi...»
«Vai, Cas» Dean era deciso, adesso. Cas non capiva.
Il rifiuto di Dean gli fece più male delle fitte. «Ma io... io voglio restare con te.»
«Non così» Dean gli strinse ancora di più le spalle. «Attraversa il portale, Cas...»
«No...» si ribellò Cas debolmente, cercando di sfuggire alla sua presa «No, tu non capisci...»
«Vuoi restare con me?» capitolò Dean, riottenendo la sua attenzione.
Cas annuì, mentre un rivolo di sangue gli scivolava dalla bocca.
«Allora vai su in Paradiso, e mettiti d'accordo con gli altri angeli. Trova un modo per restare definitivamente qui. Se è proprio quello che vuoi...»
Cas annuì partecipe, mentre una nuova fitta rischiava di fargli perdere i sensi.
«Chiederò di rendermi umano, allora...»
«Certo» rispose Dean, che però non sembrava davvero ascoltarlo.
«Mi farò togliere la grazia!» continuò Castiel, ispirato «E tornerò qui.»
«Sì.»
Cas sorrise, tra i rantoli, poi guardò un'ultima volta Dean.
«Allora a dopo.»
«Sì, a dopo...»
Cas, finalmente soddisfatto, gli sorrise un'ultima volta.
Stava per volare via, che Dean gli strinse il trench, come se si stesse dimenticando qualcosa.
«Cas...»
Cas lo guardò. C'era una lacrima negli occhi di Dean?
«Ti...»
Cas non senti il resto della frase, perché il portale l'aveva reclamato. Sparì con un'ultima immagine degli occhi verdi di Dean.



«... amo» concluse Dean alla stanza vuota.
Ringraziò il favore dell'oscurità che aveva impedito a Cas di notare la sua espressione.
Non ci sarebbe stata una prossima volta, un dopo.
Gli angeli non gli avrebbero mai permesso una cosa del genere, Cas non sarebbe più tornato e questo Dean lo sapeva.
Si lasciò ricadere contro il frigorifero, la mano tra i capelli e gli occhi lucidi a fissare la stoffa dei suoi jeans.
Addio Cas, pensò con un groppo alla gola, abbracciandosi le ginocchia e affondando la testa tra le spalle, nei singhiozzi.




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To be continued >> Parte 4 (aka Dolore)






~•~Angolo Autrice~•~
Emh... lo so, mi odiate. LO SO.
Inutile dire che il podio per la theme-song di questo capitolo l'ha conquistato "Saturn" dei Sleeping at Last. Insomma l'ho ascoltata a ripetizione anche mentre sceglievo le immagini giuste per il banner. Il testo di questa canzone più l'immagine che vedete qui sopra mi hanno ispirato per la scena sul giardino a guardare le stelle.
Volevo si cogliesse il senso di, umh, "infinito". Di questo tempo che esiste solo per gli esseri umani. Il profondo senso di solitudine che prova Dean. Il vuoto che ha dentro. L'assenza di Cas ç_ç
Vorrei dire così tante cose su questo capitolo che sicuramente me le scorderò tutte.
Innanzitutto l'avevo già detto che sarebbe tornato il riferimento al bouquet dello scorso capitolo, vero?
Poi c'è un altro riferimento con la scena della bottiglia di birra -che rimanda alla scena del primo capitolo- e anche alla frase "Per sempre". Se ricordate -sicuramente no xD- negli scorsi capitoli la frase era "Il per sempre non esisteva per Dean e non esisteva per Cas" ora invece è "non esisteva per Dean MA esisteva per Cas".
E siccome tutta la storia è un POV di Cas, è un po' diciamo una... consapevolezza nuova. Come dire, se prima il problema era il portale che impediva a Cas di restare, adesso il vero problema è il tempo.
Aaaah lo so sono una bastarda ç__ç
Premetto anche che il capitolo non doveva AFFATTO uscire così. Innanzitutto la scena iniziale col bimbo non era prevista. Ci ho pensato dopo, e non mi è dispiaciuta. Insomma un po' di fluff ci stava, e poi ho tipo il kink per Cas e Dean with babies cwc
L'ultima scena invece, E' STATA DEL TUTTO UNA SORPRESA. I personaggi si sono scritti da soli.
Nella mia testa Cas lo salutava come sempre allo scoccare della mezzanotte, poco dopo che era tornato Sam, e Dean prometteva di aspettarlo. Sa di già sentito giusto? Non avrebbe apportato vere e proprie modifiche.
E invece è uscita così.
E la preferisco... cioè mi spiego. In questa nuova versione si vede che Dean ha perso le speranze xD e Cas finalmente si è dato una mossa e si è deciso a far qualcosa. Diciamo che all'inizio ero titubante per questa versione perchè il problema della loro separazione si spostava da un motivo interno -gli impegni di Cas- ad un fattore esterno -il portale che EFFETTIVAMENTE impedisce loro di stare insieme- però... però capirete tutto nel prossimo capitolo cwc
Se qualcuno di voi si sta chiedendo perché non li ho fatti baciare -eddai c'erano quasi, vuoi dar loro qualche gioia?- il senso è semplice: sono cattiva xD
Nella versione originale doveva anche tornare Sam. Qui no. Ho reso, come dire, la loro separazione più brusca possibile. L'assenza del bacio è molto semplice: una cosa è aspettare qualcuno con la consapevolezza che questa persona ti ama, e che quindi sai che tornerà da te e l'attesa è più dolce. Un'altra è rimanere nel dubbio e nell'incertezza, e pensare che quella persona non tiene a te allo stesso modo, e quindi altri sensi di colpa per non aver pensato ad agire prima e roba così xD insomma se Dean non si dispera abbastanza non sono contenta, e in più Cas ancora non ha realizzato davvero tutta la questione "amore". Not yet. Ma ripeto, vi rimando al prossimo capitolo dove capirete TUTTO.
E sarà una mazzata. Io ho pianto scrivendolo. COMUNQUE ho scritto un poema di note o.o è che mi piace la chiarezza, e spesso non sono sicura che certi significati che inserisco arrivino a voi lettori e quindi boh ci tenevo a spiegarli, ecco >.>
Ora giuro che scappo, alla prossima! <3 NON FUCILATEMI

P.P.S: Siccome qualcuno mi ha chiesto. Ebbene c'è un significato anche nei banner. Tipo nello scorso Dean che guarda in alto (verso il cielo aka paradiso/Cas) e Cas che guarda in basso (verso la Terra aka umanità/Dean), mentre nell'immagine centrale Dean guarda in basso e Cas in alto, della serie ognuno al suo posto. Ancora una volta ad indicare la distanza. In questa invece ho messo prima l'abbraccio dello scorso capitolo, poi l'immagine centrale che rappresenta la solitudine e l'attesa di Dean (del resto THE BOY WHO WAITED mica carciofi) -in più l'Impala è un po' la trasposizione di Dean. Quando Dean dice che ha dovuto ripararla così come a lui inizia a venire il mal di schiena... è come se succedessero le stesse cose a entrambi xD- eee nell'ultima imm c'è Cas -o meglio la sua ombra- che torna. Scendendo direttamente dal portale. Anche lui da solo e circondato dalla desolazione. METAFORE. METAFORE OVUNQUE.
Okay la smetto, vi giuro che sono una persona normale. I SWEAR.


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Capitolo 4
*** Part 4 ***


The Boy Who Waited 4 Advertisement
Avrei dovuto aggiornare secoli fa, ma vi giuro, vi giuro, sono stata impegnatissima. La vita reclama ogni tanto, e io accorro! xD anche se ogni tanto ho bisogno del rifugio che è il fandom, anche perché il lato nerdoso è una parte di me con cui ormai convivo da sempre u.ù
Anyway, il prossimo capitolo dovrebbe essere l'ultimo, a meno che poi non diventi troppo lungo e allora sarò costretta a dividerlo in due, ma il succo è: SIAMO ALLA FINE, non so se per la vostra gioia o disperazione.
Non voglio anticipare nulla per evitarvi qualsiasi tipo di spoiler, dico solo che questo capitolo è stato davvero arduo di scrivere. A livello psicologico proprio. Mi ha turbato nel profondo e ho anche pianto ad un tratto mentre lo scrivevo, ma DOVEVO farlo. Mi dispiace.
Sul serio.
Mi dispiace tantissimo.
Non so cosa mi girava per la testa... ci rivediamo nelle note finali............ sempre se ci arrivate ç_ç



Soundtracks che ho ascoltato scrivendo il capitolo: Questa volta ho usato solo la stessa soundtrack deprimente dello scorso capitolo. IN LOOP. 
Rendetevene conto.
E anche una new entry! 

1. (all'inizio, poi ad un tratto vi metterò la seconda, con la solita scritta "qui") https://www.youtube.com/watch?v=WjO0WROVgfQ 


The Boy who Waited

Too late


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Quando Cas tornò sulla Terra per la quinta volta, si ritrovò nuovamente nel giardino della casa di Sam.
L'erba era tagliata di fresco, la luce del tramonto giocava col suo trench disegnando sulla stoffa le ombre delle foglie che stormivano al vento.
Il cielo era colorato di rosa all'orizzonte, e qualche uccello sparuto rivolgeva alla luna nascente la sua melodia.
Castiel si ritrovò a sorridere, in pace, osservando i giochi di luce che il sole rifletteva sulle finestre.
E la pace dell'ambiente era la stessa che viveva in lui: finalmente aveva trovato una soluzione.
Dopo aver discusso -più litigato, avrebbero detto gli umani- con gli altri angeli, erano arrivati ad una soluzione.
Che il portale era difettoso Castiel l'aveva realizzato a sue spese: in molti, lui compreso, sospettavano che fosse proprio stato maledetto da Metatron. Gli angeli avevano in mente di distruggerlo, recidendo in tal modo ogni legame con l'umanità: nessun angelo avrebbe potuto visitare la Terra.
Non più.
A meno che non decidesse di restarci definitivamente. Lontano da casa, senza possibilità di tornare indietro. Ma Castiel era disposto a questo per Dean.
I suoi poteri si sarebbero estinti col tempo, e lui non sarebbe stato diverso da qualsiasi altro umano.
Doveva solo riferire la buona novella a Dean.
Avanzò nel giardino, cauto -del resto si ritrovava in una proprietà privata- e provò un forte senso di deja vue nel momento in cui scorse un ragazzino giocare a pochi metri da lui.
Il ragazzo indossava un cappello da baseball al contrario, ma non stava inseguendo una palla gonfiabile, quanto piuttosto un cane beige.
Un Golden Retriever, risolse la mente analitica di Cas.
Il ragazzino non poteva avere più di tredici anni.
Per una volta da troppo tempo, il sollievo aprì le labbra di Cas di un sorriso che non si sarebbe aspettato così presto.
Quindi non era passato tanto tempo, questa volta...
«John!» chiamò entusiasta.
Il ragazzino non si mosse e Castiel si fece più vicino, attento a non schiacciare l'osso di plastica del cane -memore dell'incidente con il trenino, un'eternità fa- e posizionò le mani a coppa attorno alla bocca.
«John?»
Finalmente il ragazzino si voltò, stringendo le palpebre per coprirsi dal sole e metterlo a fuoco.
«Ciao, sono Castiel, un amico di papà. Senti, sapresti dirmi dov'è tuo zio?»
«Lo zio Dean?» domandò John sistemandosi il berretto: aveva i capelli più scuri dell'ultima volta.
Al solo sentirlo nominare Cas avvertì una scarica di adrenalina.
«Sì.»
«E' dentro, nello studio credo» lo informò il ragazzino, puntando un indice verso l'abitazione.
Cas seguì la sua traiettoria deglutendo a fatica.
«Grazie» replicò felice senza nemmeno guardarlo, dirigendosi subito verso la direzione indicata.
«Figurati» borbottò il ragazzino, grattando il cane dietro le orecchie. «E comunque non sono John, sono Adam!»
Cas rischiò di inciampare sugli scalini di fronte all'ingresso.
Si dovette aggrappare al corrimano, col cuore in gola e la gola improvvisamente secca. (Qui)
Si voltò a fissare sconvolto il ragazzino: quindi quello era il neonato che aveva preso in braccio l'ultima volta?
Quel piccolo pargoletto che vagiva e gli succhiava le dita?
Come poteva scorrere così velocemente la vita degli umani? Un giorno sei un lattante e il giorno dopo un adolescente.
Il ragazzo non parve notare il suo disagio, fece una smorfia e scrollò le spalle, agitando la mano al suo indirizzo.
«Allora a dopo, Castiel!»
E tornò a giocare col cane, lanciandogli un freesbie che il cucciolo inseguì guaendo.
Castiel eseguì un calcolo veloce e rifiutò di darsi una risposta definitiva: ancora una volta il portale gli aveva giocato un brutto scherzo.
Vaffanculo, Metatron, pensò con tutti i muscoli rigidi.
Per fortuna era tutto finito, non avrebbe più avuto problemi di salti temporali, ora che non doveva più tornare in Paradiso.
Salì in fretta i gradini ed entrò a casa.
Sentiva la voce di Sam al piano di sopra ma non gli sembrò giusto andarlo a disturbare: non lo vedeva dai tempi del suo matrimonio e magari Sam non sarebbe stato contento di incontrarlo.
In ogni caso, dopo che avesse dato il segnale agli altri angeli per chiudere il portale, Cas avrebbe avuto tutto il tempo di parlargli.
Si diresse così direttamente verso lo studio che gli aveva indicato Adam: in realtà non aveva idea di dove potesse trovarsi, e così andò un po' alla cieca fin quando non scorse, dal corridoio, una figura china su una libreria.
E anche senza scovarne il volto, la riconobbe.
Si affacciò sulla stanza e vide un uomo vestito con una camicia larga, la schiena un po' curva e l'intero corpo in penombra.
Ebbe un tuffo al cuore.
«Dean» lo salutò.
La figura trasalì e perse la presa sul libro che aveva afferrato.
Il volume ricadde ai suoi piedi con un tonfo e l'uomo fece per abbassarsi a recuperarlo, ma poi qualcosa dovette bloccarlo perché si portò una mano rugosa alla schiena, con un gemito di dolore.
«Dean...?» tentò ancora Cas, improvvisamente preda del dubbio.
Forse aveva sbagliato persona...?
 L'uomo si voltò e Cas realizzò di non aver sbagliato.
Dean lo fissava come se non lo riconoscesse, inizialmente, poi lo squadrò da capo a piedi e deglutì.
«Dean!» Cas allargò le braccia, entusiasta di vederlo. Si avvicinò verso di lui per abbracciarlo ma quello indietreggiò, fissandolo ancora come se non potesse credere ai propri occhi.
«Che ci fai qui?» lo accolse, ruvido.
Il sorriso di Cas si incrinò.
«Sono... tornato» rispose, come se fosse ovvio.
«Questo lo vedo. Perché?» abbaiò ancora Dean.
Aveva la voce più rauca di come ricordasse, la piega delle labbra più decisa, il naso più marcato e lo sguardo più gelido. I capelli erano completamente grigi, più radi alla base della fronte, e il volto era solcato da una ragnatela di rughe abbastanza evidenti.
«Come perché...» Cas era confuso «Mi avevi chiesto di tornare indietro appena avessi avuto una soluzione e... e ce l'ho.»
Dean parve ricordare l'evento. Provò a raddrizzarsi sulla schiena e Cas intravide un guizzo nella mascella.
«Non saresti dovuto tornare» ribatté, tetro.
Cas avvertì una morsa di gelo nel petto.
«Ma...» avanzò ancora di qualche passo, mostrando un poco i palmi in segno di smarrimento. «Ho la soluzione, Dean.»
«Di che parli?»
«Posso restare» Cas si morse il labbro per contenere l'entusiasmo, mentre una risata di gioia premeva per uscire. Attese impaziente la reazione di Dean.
Ma non si sarebbe mai aspettato quello che invece accadde.
«Che significa?»
«Ho parlato con gli altri angeli» Cas rise apertamente, mantenendo il contatto visivo per comunicargli la sua contentezza «Chiuderanno il portale, e io resterò qui.»
Dean si limitò a stringere le palpebre.
«E no, non preoccuparti, starò bene» lo precedette Castiel «Nessuna lesione, o altro. Il portale era stato maledetto da Metatron... come ho notato a mie spese. Ad ogni viaggio il salto temporale si allargava. Invece adesso... adesso non dovremo più preoccuparci di nulla. Sono tornato per restare, Dean.»
A questo punto si sarebbe aspettato che Dean lo abbracciasse, o scoppiasse a ridere, o anche a piangere dalla felicità.
Ma nessuno l'aveva preparato a quella freddezza.
Dean continuò a fissarlo, immobile, e Cas si schiarì la gola, sicuro che non avesse sentito bene.
«Quindi nessuna scadenza questa volta» mosse una mano come per lanciare in aria un foglio «Nessuna mezzanotte entro cui risalire in Paradiso. Posso finalmente vivere con te.»
E Dean finalmente parlò, anche se le sue parole furono le ultime che Cas si sarebbe aspettato.
«Bel viaggio a vuoto, allora» rise senza allegria, e poi fu colto da un colpo di tosse che lo scosse tutto.
«Dean...?» lo chiamò Castiel, perplesso.
«Puoi benissimo tornartene indietro.»
Fu come una pugnalata. Castiel batté le palpebre, cercando di comprendere.
«Non capisco... credevo che ti avrebbe fatto piacere sentirlo.»
«Ti sbagliavi.»
«Ma... non era quello che volevi? Che potessi restare?»
«Appunto, Castiel!» urlò Dean, adesso fronteggiandolo «Che volevo
Castiel corrugò la fronte «Dean...»
«Ma mi stai vedendo?!» Dean si indicò, disperato «Hai visto come sono ridotto?»
Castiel lo guardò, eppure continuò a non capire.
«Che c'è che non va?»
«Che c'è che non va?!» Dean aprì le braccia, poi le richiuse e lo guardò con rabbia, indicandosi «Sono vecchio, Castiel! Ho sessantotto fottutissimi anni!»
Castiel non avrebbe saputo stabilirlo. «Non mi importa.»
«Hai visto i miei capelli? La mia faccia? E stento anche a reggermi in piedi!»
«Non mi importa...»
«Ho lasciato la caccia! Lo sapevi? Non ero più in grado di combattere. Non volevo rinunciare, ma ho rischiato la vita troppe volte e Sam mi ha costretto a ritirarmi. Dei ragazzi più giovani ci hanno sostituito e adesso loro cacciano al posto nostro.»
«Non mi importa» si impuntò Castiel.
«Sono... non sono più quello che ricordi, Cas!» insistette Dean, veemente, con gli occhi lucidi.
Cas scosse la testa. «Sei sempre lo stesso ai miei occhi, Dean.»
«Ma non ai miei!»
«Non mi importa» Cas azzardò un passo «Voglio solo restare qui, al tuo fianco.»
«A fare cosa, la mia badante?» Dean si inumidì le labbra, col fiato corto.
Cas provò a replicare ma Dean glielo impedì.
«Cas, è troppo tardi...»
L'angelo rialzò gli occhi su di lui, le parole morte in gola.
«No, non lo è» ribatté, sicuro «Ti ho detto che il portale...»
«Non hai capito. E' troppo tardi per me» adesso Dean aveva le lacrime agli occhi.
Quella visione da sola scavò una profonda ferita nel cuore di Castiel. Gli tolse il fiato.
«Non... non capisco.»
«Tu davvero... davvero non ci arrivi?» Dean fu colto da un singhiozzo e no, Castiel non se l'era immaginato.
«Avresti dovuto pensarci prima, Cas... se davvero volevi restare con me, e vivere con me, avresti dovuto pensarci prima. Quando ero giovane. Quando te l'avevo chiesto, e richiesto, e chiesto ancora. E tu continuavi a promettermi che saresti tornato, e io ti aspettavo, e... e...»
«E sono sempre tornato» Cas cercò di sfiorargli il braccio, ma Dean sfuggì alla sua presa.
«Non te ne rendi conto?! Io non ho l'eternità, fottuto angelo del signore! Ma che puoi saperne tu, che sei immortale!»
«Potrei diventar-»
«Sapevi che sarebbe successo, Cas! Sapevi che non ero eterno, eppure hai continuato a rimandare, e rimandare, e ora che hai finalmente preso una decisione è troppo tardi.»
Gli angoli degli occhi di Castiel iniziarono a pizzicare. Non si chiese nemmeno da cosa fosse dovuto.
Si sentiva malissimo.
«Dean... lo sai che mi dispiace...»
«Non è abbastanza.»
«Ma io...»
«Avresti dovuto pensarci prima...» una lacrima scese sulla guancia del cacciatore, mentre la sua voce si spezzava «L'ultima volta che sei andato via... non mi aspettavo che tornassi. Pensavo che fosse finita. Per sempre. E invece eccoti qui... perché sei tornato, Cas?»
«Per resta-»
«PERCHE' SEI TORNATO?» Dean adesso l'aveva spinto, con il fiato corto e le lacrime che aumentavano «Brutto bastardo figlio di puttana, perché continui a tormentarmi?»
Quelle parole lo trovarono disarmato. Castiel provava un profondo dolore che lo stava lacerando.
«Perché mi stai facendo questo...» Castiel non si accorse nemmeno di aver iniziato a piangere come Dean. Sentì solo qualcosa di caldo scivolargli dalle palpebre, e un groppo in gola che non riusciva a mandar giù, e gli occhi in fiamme.
«Perché io ti sto facendo questo?!» Dean si morse il labbro con rabbia, probabilmente per non urlare «Hai idea di cosa mi hai fatto tu, Cas?! LO SAI?»
«Ti prego...» supplicò Castiel ma Dean continuò ad avanzare e fronteggiarlo, in lacrime.
«Tu non sai che cosa è stato continuare a sperare che un giorno potessi tornare, che potessi materializzarti di fronte a me, nei momenti meno opportuni, così avrei potuto rimproverarti su quella cazzata dello spazio personale. Non sai cosa vuol dire guardare fuori dalla finestra, in attesa, mentre tutti ti fanno domande e tu semplicemente non li stai a sentire, perché speri che qualcosa, qualcuno compaia lì fuori, che possa salvarti dalla tua esistenza, dalla tua vita noiosa. Non sai cosa vuol dire dover dire addio alla cosa a cui tieni di più, proprio nel momento in cui l'hai potuta riabbracciare. Si dice che realizzi quanto tieni a qualcosa solo quando la perdi, del resto... e non sai cosa vuol dire accettare di credere ad una promessa che sai non verrà mai rispettata, ma una parte di te ti obbliga a non rinunciare, perché le cose belle accadono, vero? E' questo che mi hai detto il giorno che ci siamo conosciuti. E' vero. Le cose belle accadono. Ma non durano, non durano mai» Dean non si premurò nemmeno di asciugarsi gli occhi. Era furioso, distrutto, e Cas non poteva far nulla per farlo sentire meglio.
Avrebbe preferito pugnalarsi, in quel momento. Di sicuro avrebbe fatto meno male.
«E quando poi credevo di averla superata, di essermi finalmente abituato alla mia vita, senza pensare alla tua mancanza, ecco che riapparivi. Con lo stesso trench, la stessa faccia, lo stesso fottuto sorriso. Eri sempre lo stesso e io invece continuavo a cambiare. E faceva male, oh se faceva male. Per te il tempo non passava, per me sì. Mi ero solo illuso che le cose potessero funzionare tra noi. Non potevano... e non potranno mai. Tu sei un angelo, io no. Io morirò, Castiel. La mia vita sta volgendo al termine... ma non per te. Andrai avanti, per la tua strada, anche quando io sarò polvere. Conoscerai altri umani da stalkerare, e nemmeno ti ricorderai di quel lamentoso cacciatore di nome Dean Winchester, fissato con le birre e le crostate di mele. I secoli passeranno e io sarò solo un ricordo che svanirà presto.»
«No, Dean, non potrei mai...»
«Ho provato a dimenticarti davvero, ma... ma poi c'eri di nuovo. A riaprire le ferite, ad affondare ancora di più il coltello, per poi lasciarmi sanguinante quando andavi via di nuovo.»
Castiel si ritrovò a tirar su col naso, mentre le lacrime calavano giù senza sosta. «Mi dispiace...» soffiò, con la voce spezzata «Mi dispiace Dean, non lo sapevo, non volevo farti male... io...»
«Avrei preferito che non fossi più tornato» concluse Dean, guardandolo fisso negli occhi, entrambi così lucidi «da quando mi salutasti per tornare da Metatron. Avrei preferito che fossi rimasto in Paradiso.»
Cas non riuscì più a trattenere i singhiozzi. Si strinse le labbra per provare a calmarsi, mentre indietreggiava spinto dalla furia di Dean.
«No, ti prego, non dirmi questo...»
«Voglio che tu te ne vada, Cas.»
«Dean...»
«Voglio che sia finita, per sempre. Che tu ti dimentichi di me. Così potrò dimenticarmi di te, questa volta definitivamente.»
«Non voglio dimenticarmi di te» si oppose Cas, in lacrime.
«Io sì.»
E questo spezzò Castiel. Continuò a singhiozzare, col fiato che mancava e le ginocchia che tremavano.
Non aveva idea che si potesse soffrire tanto. Avrebbe preferito l'annientamento della morte a questo dolore.
«Non voglio più soffrire» gli rivelò Dean, anche lui in lacrime. «Basta così. Non ce la faccio più.»
«Mi dispiace, Dean, io volevo proteggerti... non ti farei mai del male...»
«Ma l'hai fatto!» Dean scosse la testa quasi incredulo «Mi hai fatto più male tu di chiunque altro in tutta la mia vita. Mi hai ferito, Castiel. Mi hai ferito troppo e per troppo tempo. Anzi, mi hai proprio ucciso
A Cas sfuggì il fiato dalle labbra «No, non parlarmi così, ti prego...»
«Mi hai ucciso nell'istante stesso in cui mi hai chiesto di aspettare il tuo ritorno.»
Cas provò ad asciugarsi le lacrime, ma Dean continuò, imperterrito.
«Mi hai impedito di costruirmi una vita... Io... io ti odio.»
«No...»
«Ti odio...» lo spintonò ancora, mandandolo a sbattere contro il muro. Cas non provò neanche a difendersi.
«Brutto bastardo!» Dean gli caricò un altro pugno, e un altro, e Cas lo lasciò fare.
«Perché mi hai fatto questo, Cas?»
Cas alzò gli occhi su di lui, pesto di sangue e in lacrime.
«Avevo bisogno di te, Cas... ti amavo, cazzo!»
Castiel sussultò, colto alla sprovvista.
Lo guardò come se non lo riconoscesse.
Amare?
Aveva sentito bene?
«Dean...» provò.
«Non ti azzardare a ripetere il mio nome con quella voce o giuro che io... io...»
«Non mi importa quanti anni hai, o se sei vecchio... voglio invecchiare con te. E non mi importa se ti resta poco da vivere... voglio trascorrere questi ultimi anni con te.»
«NO!» urlò Dean, e per la rabbia scaraventò a terra un vaso.
Cas nemmeno si preoccupò di curarsi.
«Non voglio che tu mi veda così, Cas.»
«Che stai dicendo?» l'angelo si rimise in piedi, aggrappandosi alla parete e corrugando la fronte.
Dean fu colto da un accesso di tosse e Cas lo richiamò.
«Dean-»
«Esattamente di questo sguardo parlo!» sbraitò Dean sfuggendo dalla sua presa come se scottasse «Quello sguardo di compassione che hai adesso. Sì, sono vecchio, e sono brutto, lo so! Non voglio che tu debba badare a me! Tu non crescerai mai, resterai sempre giovane... gli anni passeranno e io non riuscirò più a camminare, e a parlare, e perderò i capelli, e poi la vista, e... e...» Dean abbassò lo sguardo, incapace di mantenerlo nel suo «Io non voglio che tu mi veda così. Non lo permetterò.»
«Dean...»
«Non voglio più vederti.»
«No, ti prego, non...»
«Vattene via!» Dean questa volta gli lanciò contro un libro.
Cas si spostò in tempo per evitarlo e il volume sbatté con violenza contro la parete.
L'angelo guardò Dean come se non lo riconoscesse.
«Hai paura?» lo prese in giro Dean, crudelmente «Ecco bravo, scappa via!»
Cas scosse la testa. «Che stai facendo...?»
«Torna in paradiso.»
«No.»
«TI HO DETTO DI TORNARE IN PARADISO!»
«Non ti lascio...!»
«Non voglio più vederti!» Dean lo spinse di nuovo, questa volta verso la porta. «Castiel non te lo voglio ripetere più... vattene via.»
«Dean» lo pregò Cas stringendogli le braccia e annegando nei suoi occhi. «Non voglio...»
«Lasciami in pace» Dean aveva ripreso a singhiozzare «NON TORNARE MAI PIU'!»
Castiel lasciò andare la sua pelle, con un vuoto all'altezza del petto.
«Ti prego... no, non voglio lasciarti... non farmi questo...»
«Vattene o quanto è vero Dio prendo il fucile.»
«Dean... per favore...»
«NON TI VOGLIO QUI! VATTENE VIA!»
Gli lanciò un altro libro ma Castiel era sparito, e così il volume si perse nel corridoio, aprendosi per terra.
Dean non si curò nemmeno di riprenderlo.


Le pareti della stanza del salotto di Dean furono sostituite da quelle asettiche del suo paradiso.
Cas si accasciò contro la scrivania del suo sogno, col respiro corto e gli occhi spalancati.
Non riusciva a contrastare il dolore. Gli stava dilaniando l'anima, centimetro dopo centimetro.
Non riusciva nemmeno a capacitarsi di quello che era successo.
Il volto furioso e arrossato di Dean era impresso nella sua retina, e anche battendo le palpebre non accennava a sbiadire.
Strinse spasmodicamente il tavolo, sentendolo incrinarsi sotto le dita, che gli prudevano.
E poi urlò.
Urlò e scaraventò via tutti gli oggetti presenti sulla scrivania, con rabbia, con disperazione, con dolore.
  Agguantò la lampada e la gettò con violenza contro il muro, vedendola frantumarsi e esplodere, spargendo cocci ovunque.
A pezzi, proprio come il suo cuore.
 Infine afferrò la scrivania e la rivoltò, con un ruggito devastato.
Cercò qualcos'altro da distruggere, ma poi il dolore lo sorprese con una nuova stilettata e Cas semplicemente crollò in ginocchio, singhiozzando senza più controllo.
Tutto era stato inutile.
Era troppo tardi... troppo tardi.
Il rifiuto di Dean bruciava. La vita di Cas all'improvviso non sembrava avere più alcun senso.
Scivolò sul pavimento freddo, su un fianco.
Tutti gli sforzi che aveva compiuto per ottenere il permesso di restare sulle Terra non erano serviti a nulla.
Perché non ci sarebbe stato nessun Dean a condividere la sua gioia. Ad aspettarlo a braccia aperte.
Perché l'aveva aspettato per troppo tempo, e Cas non poteva chiedergli di più.
 Gli era totalmente sfuggito dalle mani, l'aveva perso per sempre.
Dean lo amava, e lui aveva rovinato tutto. Aveva rovinato tutto a tal punto, da aver tramutato quell'amore in odio.
Singhiozzò ancora di più, ormai in posizione fetale, e si strinse i pugni al petto, in cerca di conforto, sperimentando perfino il mojo angelico per frenare il dolore.
Ma non funzionò.
Questo era un dolore diverso.


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To be continued >> Parte 5 (aka Pianto)






~•~Angolo Autrice~•~
Inizio a correre se voglio sopravvivere D:
*guarda i fucili puntati dai lettori e deglutisce in panico*
Emh... POSSO SPIEGARE!
------------------------------
Okay, no, NON posso spiegare, solo che... non potevo soffrire da sola, no? *silenzio*
NOOO???
Mi dispiace ç__ç
Non so davvero cosa posso dire su questo capitolo. Un po' riassume tutto il theme della fanfiction, specialmente con la ripetizione della frase "too late", che è anche il sottotitolo della storia.
Il succo è appunto questo: il tempo scorre inesorabile, e per quanto i sentimenti possano essere eterni, così come le buone intenzioni, le persone non lo sono.
Another succo: godetevi le persone fin quando le avete accanto. Non si sa mai se domani saranno ancora al vostro fianco.
E' una lezione che Castiel ha imparato a sue spese, ma lui non è un umano, non era consapevole della gravità di quello che gli stava capitando tra le mani. E ne ha pagato lo scotto.
Come andrà a finire? Vi assicuro dolore e fluff per il prossimo capitolo.
IO PROVO ANCORA A RIPRENDERMI PERCHE' NO, CREDETE CHE SIA FACILE PERCHE' L'HO SCRITTA IO E QUINDI SO TUTTO MA NO, CIOE' SOFFRO LO STESSO, CREDETEMI.
*piange*
Non so cosa dire. Giuro. Sono assolutamente senza parole, ed è raro nel mio caso. Ma non credo che le parole possano descrivere più di quanto non abbia già fatto il capitolo.
Spero solo che continuerete a leggermi.

P.P.S: Dovrei rispondere a tutte le vostre recensioni, anche a quelle dell'altra storia, spero di arrivarci oggi ma non vi prometto nulla perché gli impegni non mi hanno mica abbandonato. Mi sono solo presa un po' una pausa per respirare, ma non so se sarò in grado di rispondere a tutti perchè ci tengo a dare delle risposte soddisfacenti e per quello ci vuole tempo. E IO COME CAS IL TEMPO NON CE L'HO.
Ma lo farò.
Vi prometto che lo farò presto. E IO MANTENGO LE MIE PROMESSE.
..
...
..... ALMENO IO LE MANTENGO T__T

P.P.P.S: non avete idea di quanto mi distrugga e sfracelli il cuore un Cas ridotto in questo modo.
E no, non... non odiate Dean. Ha sofferto troppo anche lui, per questo è diventato acido. E' solo ferito, non è cattivo, ve lo giuro T____T I MIEI BIMBI AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA *ricomincia a piangere*



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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

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Capitolo 5
*** Part 5 ***


The Boy Who Waited 5 Advertisement
Sì, è un ritardo mostruoso.
E sì, non ho scusanti. La verità è che ho avuto davvero un mese molto impegnato, tra le varie feste, gli amici, ferragosto, il ricominciare a studiare.
Questo capitolo l'avevo già scritto da un po' -saranno un tre settimane ormai, forse anche di più- ma... ha una continuazione. All'inizio pensavo che avrei impiegato poche righe per scrivere l'ultima parte ma ieri, che l'ho ultimata, mi sono resa conto di sbagliarmi. E' venuta piuttosto corposa e dunque ho deciso di pubblicarla come capitolo a sé stante, come epilogo.
Questo, tuttavia, resta il più emozionante, diremmo, commovente. O almeno, se ci sono riuscita.
Alla fine, forse, non sarete solo in lacrime, ma avrete anche un sorriso. Chi lo sa.
Detto questo... boh davvero non so cos'altro aggiungere. Forse che mi dispiace? In quel caso sì. Parecchio. Poi leggere questo capitolo con la seconda colonna sonora che vi ho messo... BEH, buona fortuna.
Vi servirà.



Soundtracks che ho ascoltato scrivendo il capitolo: Questo è stato il capitolo più difficile da scrivere, come già anticipato. So much pain ç_ç
La colonna sonora che ho utilizzato all'inizio non posso postarvela, purtroppo, dal momento che ascoltavo in loop il primo minuto e mezzo della suddetta, e non avrebbe senso chiedervi di dover stoppare il video e rimetterlo da capo ogni volta -poiché da un punto in poi, diventa veloce e quasi allegra e stonerebbe del tutto con il theme di questo capitolo. Dunque, dopo attenti e lunghi esperimenti (?) ho trovato una degna sostituta.
Mi spiace di non poter essere rimasta fedele fino all'ultimo, ma purtroppo ogni tanto la necessità chiama e si deve fare qualche cambiamento ^^" se siete curiosi, mandatemi un messaggio personale e vi scriverò la soundtrack originale che avevo ascoltato (o per lo meno quel minuto e mezzo) e rileggete il capitolo con quella, perchè ci sta da Dio xD
Anyway (entrambe da sentire a ripetizione ahah):
1.
(all'inizio, poi ad un tratto vi metterò la seconda, con la solita scritta "qui") https://www.youtube.com/watch?v=h3lWwMHFhnA


The Boy who Waited

Too late


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Quando Castiel tornò sulla Terra per la sesta volta, rischiò di scontrarsi con una donna.
Acquistò l'equilibrio in tempo, mentre la ragazza vestita di azzurro lo superava di gran carriera, spingendo un carrello di asciugamani.
Per fortuna andava troppo di fretta per prestare attenzione a quell'uomo in trench apparso dal nulla, così non gli gettò nemmeno un'occhiata e Cas sospirò di sollievo, maledicendo mentalmente il suo radar angelico che l'aveva catapultato nel bel mezzo di un lungo corridoio luminoso. Le pareti erano bianche e asettiche e vi era ovunque odore di disinfettante: Castiel si grattò la nuca confuso, chiedendosi perché non fosse capitato nuovamente nel giardino di Sam.
Era consapevole del desiderio di Dean di non vederlo mai più. Gli aveva scorticato il cuore, o almeno il dolore era lo stesso.
Solo che, nel momento in cui Gadreel gli aveva annunciato l'imminente distruzione del portale, nel guardare per l'ultima volta la terra attraverso di esso, Castiel non aveva resistito.
Aveva corso come un pazzo fino ad esso, urlando a Gadreel di fermarsi subito, che si era dimenticato qualcosa dall'altra parte.
Gadreel era rimasto interdetto, così come tutta la schiera di angeli presente all'operazione, ma poi gli aveva concesso un'ultima opportunità. Cas poteva recuperare quello che doveva dalla terra, e poi avrebbero distrutto il portale.
Ma Cas non aveva alcuna intenzione di tornare indietro. Non importava che Dean non l'avesse voluto, lui avrebbe continuato a proteggere il suo cacciatore, perché questa era la sua prima missione e lui era un uomo d'onore.
O forse...
Forse questa era solo la scusa che si era costruito. In realtà non riusciva a immaginare la sua vita senza quel burbero Winchester, senza il suo odore di birra e di pelle, senza quelle lentiggini, senza quella voce che lo chiamava, senza quel sorriso e quegli occhi verdi.
Cas si diede una nuova occhiata attorno, scorgendo altre persone vestite di azzurro correre da un lato all'altro del corridoio: tutti sembravano aver perso l'autobus o avere dimenticato qualcosa nel forno. Guardavano dritti davanti a sé e camminavano spediti, chi con flaconi in mano, chi con blocchi di appunti, chi mentre si metteva dei guanti in lattice.
Dove diamine era finito?
Eppure, il radar angelico non sbagliava mai, Dean doveva trovarsi da qualche parte lì vicino: così Cas girò l'angolo di quel corridoio dalle mattonelle bianche, coi passi che rimbombavano tra le pareti, e si interruppe presso una lampada a neon che non riusciva a rimanere accesa e continuava a tremolare.
Cas si fermò giusto sotto di essa, con la luce che si proiettava a intervalli sul suo trench, il naso in aria e le sopracciglia corrugate.
Che ci fosse qualche demone nei paraggi?
Eppure, se così fosse stato, l'avrebbe quanto meno percepito.  O ne avrebbe sentito il comune odore di zolfo.
Luce.
Click.
Buio.
Click.
Luce.
Click.
«Mi scusi?»
Castiel era così concentrato sulla lampada che sussultò, voltandosi di scatto.
La persona che gli aveva rivolto la parola era una donna esile, con la faccia tonda e i capelli rossi legati in una coda di cavallo.
«Mi scusi» ripeté con un sorriso cordiale «Sta cercando qualcuno?»
«Io...» balbettò Cas indicando distrattamente la lampada «Stavo solo...»
Il sorriso della donna rimase immutato sebbene la sua espressione si modificò in perplessa.
«Sì» capitolò alla fine Castiel, lasciando andare le braccia lungo i fianchi. «Conosce per caso un uomo di nome Dean Winchester?»
Il volto della donna parve cristallizzarsi, e il suo sorriso si smorzò un po'.
«Oh... Dean.»
Cas avvertì un bruciore logorante allo stomaco. Perché quel tono?
Si avvicinò alla donna con urgenza.
«Sta bene? Sa dirmi dove abita?»
La donna, inibita da quella vaga minacciosità, indietreggiò e scosse la testa.
«Mi scusi, signore, non ne sono a conoscenza.»
Cas sospirò, affranto, abbassando le spalle.
Aveva fatto tutta quella strada per nulla. Forse l'instabilità del portale si era trasferita pure sul suo mojo angelico, e i suoi poteri non funzionavano più come prima.
«Allora...» continuò, funereo, facendo per voltarsi «Grazie lo stesso...»
«Aspetti un momento!»
Cas si fermò, sentendola farsi più vicina con dei passetti veloci.
Si voltò a guardarla, in attesa, e quella si cacciò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Non so dove abita ma... se vuole vederlo, lo trova nella stanza 215.»
Cas si raddrizzò sulla schiena, attento.
«La accompagno» gli venne in aiuto la donna con i capelli rossi. Cas lesse sulla targhetta: Jane.
Annuì incapace di formulare un pensiero coerente, e seguì docile la donna attraverso i corridoi luminosi.
Stava per incontrare Dean.
Ma perché quel luogo sembrava un ospedale?
Cosa... cosa ci faceva Dean lì?
Cas si costrinse a deglutire mentre la donna lo accompagnava all'interno di un ascensore e premeva il numero per salire di piano.
Quando le porte si serrarono, Cas si appoggiò con la schiena sulla parete dietro di sé e non si accorse nemmeno di aver chiuso gli occhi, se non quando li riaprì al richiamo della donna.
«Si sente bene?»
«Sì» rispose Cas schiarendosi la gola. Ma non era un bravo attore, e la donna non parve convinta.
«Sa» interloquì lei, giocherellando col bordo della sua casacca azzurra «Sono felice che Dean abbia delle visite.»
Cas batté le palpebre.
Aveva paura anche a chiedere.
«Di solito è un uomo molto... solo. Nessuno lo viene a trovare da tempo, sa. Prima veniva sempre suo fratello, un certo...»
«Sam» completò Cas commosso, e la donna balbettò, presa alla sprovvista.
Richiuse la bocca. «Sì, Sam. Ecco come si chiamava. Adorava suo fratello...» continuò poi Jane, come persa nei ricordi. «Gli portava sempre delle crostate, o delle riviste, o altri regali. Ma Dean... oh.»
«Cosa?» Cas sentiva l'ansia divorarlo.
«Lui... è come se non ci fosse. Non davvero» la donna poi parve finalmente notarlo.
«Lei è un suo parente?»
«Un... amico» rispose invece Cas, sebbene ricordasse più di ogni altra la frase di Dean "noi siamo una famiglia".
«Oh, è bello che Dean abbia degli amici» Jane sorrise nuovamente, ma Cas non riuscì ad imitarla questa volta.
«E se non sono indiscreta... da quanto tempo non lo va a trovare? Non l'ho mai visto da queste parti...»
«Un... un po'» Cas non riconobbe più la sua voce. Aveva la gola secca, ed era come se qualcun altro parlasse al posto suo «Credo.»
La donna stava per ribattere ma a liberarlo dall'impiccio ci pensò l'ascensore che arrivò a destinazione, trillando e riaprendo la porta scorrevole.
La luce delle lampade al neon li bagnò e la donna lo condusse all'esterno, in un nuovo corridoio.
«Eccoci qua. Mi segua.»
La donna proseguì a sinistra e Castiel la seguì. Si fermò solo al termine del corridoio, dove il muro si apriva in un'ampia finestra che dava all'esterno.
Cas lasciò vagare lo sguardo fuori per un po', poi però si accorse che la donna si era interrotta proprio davanti ad una porta, bianca come tutto il resto, e con una scritta in ottone.
215.
Dean, pensò Cas col cuore in gola.
La porta era socchiusa, e dalla sua postazione Cas poteva vedere la testata di un letto -bianca anche questa-, un armadio con sopra un televisore, e dietro due grandi finestre dalle tende verdi.
Non si accorse nemmeno di aver stretto le mani a pugno.
Ma non riusciva a muoversi. Le gambe erano intorpidite, e i piedi incollati al terreno.
Aveva paura, un cieco terrore, di varcare quella soglia.
Di vedere cosa ne era rimasto dell'uomo che si era da pochissimo accorto di amare.
E soprattutto, temeva la sua reazione.
«Vuole che la accompagni?» chiese piano Jane, sfiorandogli il braccio.
Cas si riscosse dal suo torpore, e rivolse un veloce sguardo alla donna.
«No... no, vado da solo.»
Prese una grande boccata di ossigeno -sebbene gli angeli non ne avessero bisogno- poiché ne sentiva la necessità al momento.
«Solo un'altra cosa» Jane avanzò di nuovo e Cas si bloccò.
La donna si morse il labbro, senza guardarlo, lo sguardo diretto all'interno della stanza.
«Voglio essere sincera con lei, signore... forse non vede Dean da molto, ma lui... ecco...»
«Cosa?» la incitò Castiel con voce secca.
Jane sospirò, poi finalmente puntò i suoi occhi su di lui.
«Non è messo molto bene. Non riconosce più nessuno da tempo, non risponde agli stimoli. Le sue condizioni peggiorano di giorno in giorno e... io non credo... che gli resti molto, capisce?»
«Okay» Cas sentì dire al suo corpo, la voce particolarmente acuta.
Avvertì gli occhi bruciare e così distolse lo sguardo, per non farsi vedere dalla donna.
«Mi dispiace molto» Jane gli accarezzò il braccio, in gesto di conforto.
«Perché Sam... voglio dire, suo fratello... non è tornato a trovarlo?»
«Credo che abbiano litigato» rispose Jane, meditabonda. «Sam voleva che suo fratello combattesse la malattia, ma Dean... è come se si fosse lasciato andare. Povero, povero piccolo.» (qui)
Cas finalmente avanzò, perché non voleva più sentire altro, e varcò la soglia.
Vi era un letto al centro della stanza: su di esso era adagiato un uomo molto anziano, con una coperta azzurra sul corpo stanco.
Cas non riuscì a vederlo bene. Il corpo era rialzato da alcuni cuscini, e la testa rivolta verso la finestra.
Vi erano rimasti radi capelli bianchi, il cranio era ricoperto di chiazze, le braccia pallide, magre e lentigginose erano abbandonate sul materasso. Da uno dei polsi partivano dei fili collegati ad una flebo.
Cas non riusciva a respirare. O parlare. O pensare.
La vista si fece appannata.
«Sempre a guardare quella finestra...» Jane gli si affiancò, lo sguardo perso su Dean. «Sai, da quando è qui non fa altro che guardare quella finestra... come se stesse aspettando qualcuno.»
Questo fu troppo.
Dean aveva continuato ad aspettarlo, dopo tutti questi anni...
Cas sentì qualcosa di caldo scivolargli giù dalle palpebre: non riusciva a deglutire, a respirare, e la vista era offuscata dalle lacrime.
Jane lo notò e subito gli fu vicina, sorreggendolo.
«Oh, mi dispiace così tanto, mi dispiace. La accompagno fuori?»
«No» biascicò Cas con la voce spezzata, mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime.
«Davvero, se vuole...»
«S-sto bene» Cas tirò su col naso, e scosse la testa per tranquillizzare la donna. «Sto bene»
E poi qualcosa cambiò.
L'uomo sul letto si mosse.
Si girò, li guardò.
Per un momento parve non riuscire nemmeno a vederli, poi però rantolò qualcosa.
Aveva una maschera sul volto, un respiratore.
Tentava di toglierselo con la mano debolissima, che cincischiava con i fili.
Jane corse subito verso di lui e lo aiutò con l'operazione, togliendogli il respiratore e asciugandogli il sudore sulla fronte.
«Eih Dean» gli sorrise, affettuosa «Hai una visita.»
Poi si girò e fece cenno a Cas di avanzare.
«Forse è meglio se...» replicò Cas, preoccupato dalla possibile reazione di Dean «Se va-»
«Cas...»
Quella voce...
Cas trasalì, e Jane stessa gli rivolse un'occhiata sconvolta. Poi tornò su Dean «Lo riconosci?» fece, incredula.
Cas avanzò lentamente, e quando Jane si fece da parte, lo vide.
Dean era lì.
Il volto una ragnatela di rughe e lentiggini, gli occhi infossati,  scoloriti, le labbra secche e spaccate, ma l'espressione... era sempre la stessa.
Fu un colpo al cuore.
Cas non fu in grado di fare altro se non continuare a guardarlo.
Jane aveva detto che Dean non riconosceva più nessuno da anni, che peggiorava di giorno in giorno, che aveva una malattia per cui aveva rinunciato a curarsi.
E dall'aspetto, Dean doveva essere vecchissimo.
Quanti anni erano passati?
Cas non voleva scoprirlo.
Vedere Dean lì, così fragile, così indifeso, lo uccideva.
Dean aprì di nuovo la bocca, e alzò un braccio tremante: tutte le dita si chiusero, tranne l'indice.
«Cas...» rantolò di nuovo, senza fiato.
Cas quasi soffocò col suo stesso respiro.
«Ciao Dean» lo salutò, scosso.
Jane guardò prima l'uno, poi l'altro, sempre più stupita, poi si raddrizzò in piedi e sorrise a Dean, accarezzandogli la fronte.
Si voltò, e quando passò accanto a Cas gli sussurrò «Te lo lascio, trattamelo bene, okay?»
Cas provò a replicare ma poi la sua attenzione fu catturata nuovamente da Dean, che tentava di parlare.
Cas lo raggiunse in fretta, sporgendosi verso il suo letto e afferrandogli la mano tra le sue.
Le dita di Dean erano ghiacciate.
«Eih» gli sorrise, accarezzandogli la mano con un pollice, e guardandolo negli occhi.
Dean sembrava faticare pure a respirare o metterlo a fuoco, e non rispondeva alla stretta.
«Sei... sei davvero... tu?» ansimò Dean, con voce roca.
Cas non si curò nemmeno di interrompere le lacrime, che continuavano a scendere e offuscargli la vista.
Era felice di aver rivisto Dean, ma in quello stato...
«Mi dispiace...» si ritrovò a singhiozzare, stringendogli spasmodicamente la mano, e abbassando la testa scosso dal pianto.
«Mi dispiace così tanto, Dean, io... io...»
E poi qualcosa gli sfiorò i capelli.
Cas rialzò il volto rigato dalle lacrime, gli occhi gonfi dal pianto, e la mano rugosa di Dean scivolò sul suo zigomo.
«Sono... felice.»
«Dean...?»
«Sei...» Dean provò a sorridere, nonostante il respiro corto e la fatica. «Sei tornato.»
Non sembrava poter credere ai propri occhi.
Cas tirò su col naso.
«Certo che sono tornato. Sarei sempre tornato da te, Dean.»
Dean sorrise, e Cas credette di non aver mai visto niente di più bello.
«Non sei arrabbiato con me?» si stupì Cas, reclinando un po' il capo.
«No...» sussurrò Dean.
«Ma credevo che... insomma, l'ultima volta mi hai urlato di andarmene.»
Dean prese due ampi respiri prima di rispondere.
«Quando ti chiedevo... di restare... tu andavi via» fece una pausa «Ho sperato che m-magari... mandandoti via... saresti rimasto.»
Il senso di colpa trafisse Cas come una coltellata.
Abbassò lo sguardo, incapace di replicare.
E cosa avrebbe potuto dire, anche quando?
Era colpa sua... era tutta colpa sua.
«Non importa...»
Cas fece per alzarsi. «Sono stato un... Dean, forse è meglio se vad-...»
«No...» ansimò Dean, e sembrò preso dal panico. Rispose alla stretta prima che Cas potesse sfilare la mano, e si agitò.
«No... non andare... no...»
Il respiro si fece più affannoso.
«Eih eih eih, okay...» si affrettò a rimediare Cas, riabbassandosi verso di lui, spaventato «Okay, okay, resto, adesso calmati...»
Ma Dean non lo ascoltò.
Non lo faceva mai.
Il respiro era sempre più accelerato. Arcuava la schiena e il collo, in cerca d'aria, ma non sembrava riuscire a respirare.
«Dean...? DEAN!»
«Oh mio dio!» urlò Jane accorrendo nella stanza e premendo il pulsante per chiamare il medico. «PRESTO CI SERVE AIUTO NELLA STANZA 215!»
«Dean, no!» Cas cercò di afferrargli la guancia ma Dean continuava ad agitarsi, incapace di respirare bene.
«Nonononono» Cas era in preda al panico. «Aiuto... aiutatelo... faccia qualcosa!» urlò a Jane che riprese il respiratore.
Dean si ribellò e sfuggì dalla mascherina, urlando:
«No... Cas... Cas!»
«Sono qui!» gli rispose Cas, terrorizzato, facendo pressione sulla sua mano mentre Jane preparava le siringhe con le medicine.
Nel frattempo arrivarono altri infermieri e il medico, entrando nella stanza con un gran trambusto.
Dean continuava a rantolare affannosamente e ad agitarsi in cerca d'aria.
Quando il medico arrivò, provò ad allontanare Castiel per occuparsi di Dean, ma il cacciatore si agitò ancora di più e strinse spasmodicamente la manica del trench di Cas.
«No... no...» Dean sembrava completamente perso. Vi era solo terrore in fondo alle sue pupille. Sembrava un bambino sul punto di piangere.
Era uno spettacolo pietoso, Cas si sentiva peggio di lui a vederlo così.
«No...!» piagnucolava Dean divincolandosi dalla presa dei medici, senza mollare la mano di Cas «No! Ti prego... non lasciarmi Cas... non lasciarmi più...»
«Okay» rispose Cas, mantenendo la stretta. «Sono qui... non ti lascio. Non ti lascio Dean, te lo prometto.»
Dean parve essersi calmato un po', ma continuava a rantolare, e il battito cardiaco era aumentato eccessivamente. L'elettrocardiogramma sembrava impazzito, il medico ordinò qualcosa ma Cas non lo sentì.
«Senta, deve lasciare la stanza.»
«No, non posso!»
«Dobbiamo intervenire subito...»
«Non posso lasciarlo!» Cas era sconcertato dall'incompetenza di quel medico.
«Lei non capisce...»
«No, lei non capisce! Non posso lasciarlo! Morirebbe... io...»
Ma poi due infermieri lo afferrarono dalle spalle di peso, e lo tirarono via.
Perse la presa sulla mano di Dean.
Cas urlò e cercò di svincolarsi dalla stretta dei due infermieri, mentre il medico e gli altri stavano attorno a Dean, e quello continuava a gridare, e ansimare, e ancora a gridare.
«No... No...» gemeva Dean, tra un rantolo e l'altro «Cas...»
«DEAN!» urlò in risposta Cas, ma la presa degli infermieri restava solida.
«LASCIATEMI STARE!»
Qualcuno zittì Dean rimettendogli il respiratore, ma l'elettrocardiogramma continuava a trillare impazzito.
Cas desiderò con tutto se stesso utilizzare il suo potere angelico per scaraventare in aria tutti quegli stupidi umani e andare dall'unico di cui gli importava qualcosa al momento, ma non poteva... non davanti a tutti...
«DEVO ANDARE DA LUI!»
«Signore si calmi...»
«NO, VOI NON CAPITE, LUI HA BISOGNO DI ME!»
«Se non si calma saremo costretti a chiamare la sicurezza» intervenne il secondo infermiere.
«COSI' LO STATE UCCIDENDO! LO STATE UCCIDENDO!»
«Signore, lei..»
Cas però era più forte di loro.
Al diavolo l'etichetta, al diavolo la legge degli angeli. Incanalò tra le dita la sua grazia angelica e un'onda d'urto scagliò i due infermieri contro i rispettivi muri.
I due persero solo l'equilibrio, il tempo per Cas di raggiungere di nuovo Dean, farsi largo a spallate tra il medico e gli altri infermieri, e afferrargli di nuovo la mano.
Nel momento in cui riebbero il contatto, Dean parve smettere di lottare.
Girò piano il volto e Cas gli sorrise.
«Dean! Ehi, ehi Dean, non ti lascio, okay? Resto con te. Non me ne andrò via questa volta. Sono qui.»
I medici nemmeno si ribellarono alla sua presenza. Continuarono a somministrargli medicinali con la siringa, a provare ad aumentare il flusso del respiratore.
Ma gli occhi di Dean erano puntati su Cas, e non lo mollavano.
Lo sguardo si fece più dolce... quel solito sguardo dolce che Dean rivolgeva solo a lui, e che a Cas era mancato come le sue ali.
«Sono qui» continuò Cas, quasi come un mantra «Sono qui, Dean, non ti lascerò. Non questa volta. Io mantengo le promesse...»
Dean continuò a guardarlo, e parve piano piano svuotarsi.
Sorrise dietro la mascherina e sussurrò semplicemente: «Lo so.»
Quella fu l'ultima volta che Cas lo vide sorridere.
La mascherina si appannò.
Un attimo dopo l'elettrocardiogramma ebbe un ultimo trillo, poi calò il silenzio.
Non solo nel macchinario, ma in tutta la stanza.
Non vi era più battito.
Se mai Cas avesse avuto un cuore, in quel momento si spezzò.
Gli occhi di Dean lo guardarono un'ultima volta, prima di spegnersi per sempre. La mano smise di stringere la sua.
Lo spettro dell'ultimo sorriso ancora sulle labbra.
«No... NO! DEAN!»
I medici si agitarono, urlarono ordini, ci furono movimenti frenetici nella stanza, ma Cas non prestava attenzione.
Continuava a scuotere la mano di Dean, e la sua spalla. Per risvegliarlo.
«No, Dean! DEAN!» fece querulo, quasi in singhiozzi «Non ... non andare... non andare dove non posso seguirti...»
Mai come in quel momento odiò la sua conoscenza delle citazioni.
Qualcuno prese un defibrillatore. Gli chiesero di spostarsi ma Cas non ne voleva sapere.
Non riusciva a reagire.
La mano di Dean non rispondeva più alla stretta. Cas non capiva più nulla.
Era immobile, lì, con l'espressione stravolta e la bocca dischiusa, gli occhi in fiamme, mentre il medico poggiava il defibrillatore sul petto di Dean.
Una scarica.
Nulla.
Una seconda.
Nulla.
Le gambe di Cas iniziarono a tremare.
Una terza scarica.
Ancora nulla.
Una quarta scarica.
...
Nulla.
Jane gli strinse delicatamente il polso e lo tirò indietro.
«Non puoi fare più niente per lui...»
Cas non oppose resistenza: la mano gelida di Dean scivolò dalla sua presa, e Cas non riuscì a capacitarsi che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe toccato.
Jane lo tirò ancora un po' e Cas la lasciò fare. Gli occhi ancora puntati in quelli vitrei di Dean.
I medici smisero di mobilitarsi.
«Ora?» volle informarsi il Principale, demoralizzato.
«17.24» rispose un'infermiera, consultando il suo orologio da polso.
«Ora del decesso: 17.24» appuntò il medico.
Decesso...
Le gambe di Cas cedettero.
Si ritrovò in ginocchio, e sarebbe caduto a terra se Jane non l'avesse sorretto.
«Va tutto bene... tutto bene...» cercò di consolarlo Jane, tenendogli le spalle.
Cas continuò a fissare Dean fin quando il volto lentigginoso del suo bel cacciatore, il suo sorriso e i suoi occhi verdi non scomparvero, ricoperti da un velo bianco.
Cas avrebbe voluto urlare a quei bastardi di non farlo, di lasciare che Dean potesse ancora guardarlo, che lui potesse ancora guardarlo.
Era troppo presto.
Dean non poteva andarsene, non...
 Cas si afflosciò letteralmente su di lei, singhiozzando senza freni, mentre Jane cercava di trattenerlo e di rassicurarlo con parole dolci, accarezzandogli i capelli o le spalle.
«Va tutto bene... tutto bene.»
«E' colpa mia....» piangeva Cas battendo dei pugni invisibili contro Jane «E' colpa mia... sono arrivato tardi... troppo tardi
Poi le parole furono indistinguibili.
Jane continuò a cullarlo, e Cas smise di reagire. Continuò a piangere per un tempo che gli parve infinito. Pianse probabilmente tutte le lacrime che aveva in corpo.
Paradossale come la prima volta che aveva pronunciato il suo nome era stato nella frase "Dean Winchester è salvo".
E adesso...
Adesso non lo era... non lo era più.
Dean, il suo Dean, aveva smesso di aspettare.


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To be continued >> Part 6 (aka Fine)





~•~Angolo Autrice~•~
M
olti di voi avevano già predetto un finale del genere. A quelle persone voglio dire che mi dispiace, mi dispiace se avrebbero preferito qualcosa di diverso, di migliore, di più felice, ma questa storia ha un senso particolare, ed è cruda e forse anche tragica, lo so, LO SO, ma era così che doveva andare.
Lo capirete quando sarà finita.
Capirete perchè ho scelto di intraprendere una determinata strada e non un'altra.
Ma se posso promettervi qualcosa -anche se temo odierete le promesse, dopo questa storia xD- è che il prossimo, in un certo modo parecchio disturbato, sarà più positivo.
So che in molti mi avete pregato di non uccidere Dean, di far in modo che si salvasse, che potessero stare insieme, ma se tutto fosse rosa e fiori, quale sarebbe il PUNTO?
Quale sarebbe l'insegnamento che Cas impara a sue spese?
E' orribile quello che ho fatto. Lo so. Piangevo mentre scrivevo... il pensare a Dean così solo, a guardare la finestra, ad aspettare nonostante tutto.
Alla fine, non avrebbe voluto cacciare davvero Cas. Come dice lui stesso "eih se ti chiedo di restare te ne vai, se magari ti chiedo di andare resti" e cioè è tutto così aojjcajsbc capite?
Tragic.
This is so tragic.
Oh, e altra cosa. Come ormai saprete, la mia storia è disseminata di metafore. Quando Castiel si ferma a guardare la luce al neon che non riesce a stare accesa... e beh è una metafora della vita di Dean che si sta spegnendo. E alla fine, guarda caso, viene interrotto proprio quando la lampadina si spegne per l'ultima volta. Era un foreshadowing? Sì. Vi ho anticipato la morte di Dean? Sì. Qualcuno l'aveva capito? No ahah
Poi... ho preferito non specificare la malattia di Dean. Non perché sono pigra (o magari sì ma shhh) ma semplicemente perché... non era importante. Non era quello il punto, e sì che io sono una puntigliosa coi dettagli, penso ormai l'avrete capito.
E' che è tutto un POV di Cas e, mettiamola così, a lui non gliene può fregar di meno di quale malattia ha Dean -a parte il fatto che è un angelo e non capisce le malattie umane, quindi anche se glielo avessero spiegato probabilmente non avrebbe capito lo stesso- perché l'unica cosa che gli importa è rivederlo e non lasciarlo più, e magari curarlo (nooo, non c'entra che sto ascoltando Fix You e sono una valle di lacrime al momento, vero???)
Il succo di tutto?
Alla fine si sono riuniti. Anche se all'ultimo anche che, come direbbe il sottotitolo della storia,
troppo tardi, Dean e Castiel si sono riuniti. Cas è stata l'ultima cosa che Dean ha visto prima di morire. La sua mano e il suo calore l'unica cosa che ha sentito. Insomma, nonostante sia orribile che sia morto, almeno è morto nel modo migliore che potesse esserci.
Alla fine si sono ritrovati. E hanno "fatto pace" direbbe qualcuno. E' sempre un lieto fine, no?
Un finale dolce-amaro (anche se più amaro che dolce, me ne rendo conto), ma tanto c'è ancora il prossimo capitolo che vi mettera' su, si spera, un po' di speranza.
Ah, poi volevo anche aggiungere che, nonostante tutto, con la sua ultima frase, Dean dimostra ancora una volta di non aver mai smesso di credere in Castiel e nella sua promessa.
How cute, isn't he?
Okay, piccole note prima di salutarvi.... se siete ancora vivi. Io non credo di esserlo. Ho un vuoto dentro. But still...

1) la stanza 215 è un riferimento alla prima targa dell'Impala (2Y5)
2) Jane la immaginavo un po' come Karen Gillian. Boh. Still "the boy who waited" eh? Però lei è alta. Mmm
3) Tutta la scena di "lo state uccidendo!" ai medici ... a parte ricordarmi ET (mi è venuto in mente rileggendolo, non prima), ha ucciso ME.

Non so cos'altro dire.
SCUSATEMI.
DAL PROFONDO DEL CUORE, PERDONATEMI SE POTETE T___T





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Capitolo 6
*** Part 6 - THE END ***


The Boy Who Waited 6 Advertisement
E' l'ultimo capitolo.
Cosa c'entra questo? Beh, intanto volevo ricordarvelo -ouch!- e poi... direi che sintetizza abbastanza qualsiasi altra scusa. Insomma, ho ritardato, lo so. Ho un esame il 17, ed è di vitale importanza passarlo. Ho sistemato questo capitolo ieri notte, fino alle tre -sono una vampira notturna, I KNOW- perché la notte è l'unico momento in cui non studio e posso concedermi qualche distrazione. E poi avevo davvero bisogno di... insomma, di non farvi aspettare troppo per l'epilogo.
Non voglio dilungarmi ulteriormente perché mi sfogherò meglio nelle note finali, non vorrei rischiare adesso qualche spoiler.
Ma voglio aggiungere delle piccole cosette prima di lasciarvi: innanzitutto, che molti di voi forse avranno immaginato un finale del genere. Molti di voi avevano già immaginato la morte di Dean nello scorso, e mi dispiace per quelli che hanno indovinato. Tuttavia, nonostante le vostre convinzioni, nessuno ha davvero azzeccato l'idea che avevo in mente per il finale. Alcuni si sono avvicinati ma... ma non hanno indovinato del tutto. Non so quanto sentirmi fiera. Piuttosto, mi auguro di non deludervi. Davvero. Ci tengo tantissimo a questa storia, e che abbia un... un senso. Spero di essere rimasta in tema. E per il resto, a livello emotivo questa fanfiction mi ha scombussolato, ed è per questo che le prossime penso, spero, saranno delle AU, e possibilmente un filino meno angst. Anche se continuerò a ricordare questa come forse una delle mie preferite. Vorrei dirvi troppe cose ma non posso. Non adesso. So solo che mi dispiace per tutte le lacrime, e per quelle che forse verranno anche leggendo questo, ma sappiate che era necessario. Forse alla fine invocherete la mia morte, forse mi ringrazierete, non lo so. So solo che mi dispiace, e buona fortuna per la lettura ç_ç
[p.s: per le risposte alle recensioni... non mi sono scordata di voi, è che voglio rispondervi con calma come sempre e il tempo mi manca D: se stanotte non sono troppo impegnata a studiare vi rispondo <3]



Soundtracks che ho ascoltato scrivendo il capitolo: Questa volta... questa volta non ho variato. Ho ascoltato la stessa colonna sonora ad oltranza, che è la stessa dello scorso capitolo. Potrei proporvene altre, anche per variare, ma che senso avrebbe? Io ho scritto questo capitolo facendola partire a ripetizione, ma... appunto perché è l'ultimo capitolo, e questa storia è come un cerchio che ritorna alle origini, ho deciso di concedere un piccolo cameo alle themes più importanti :') troverete il solito "Qui" con la canzone nel testo. Ho deciso di scegliere una soundtrack per ogni pezzo... o quasi xD ovviamente non potevo riutilizzare tutte le soundtrack precedenti, perchè il tono del capitolo è comunque relativamente triste. E la più recente ve l'ho postata due volte. Ooh non voglio anticiparvi nulla, ma l'ultima vi farà un certo effetto perché ricorderete tanti altri momenti di questa ff. Anyway... https://www.youtube.com/watch?v=h3lWwMHFhnA 



The Boy who Waited

Too late


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Castiel camminava.
Un passo dopo l'altro, col trench che si gonfiava dietro di lui. Le braccia pesanti lungo i fianchi, i capelli scossi dal vento, le gambe che tremavano e facevano fatica a reggerlo.
Fuori il sole stava per tramontare. Cas si fermò e voltò piano lo sguardo in direzione del rosso disco scolare che stava morendo, lì dietro le montagne.
Rimase a fissarlo forse per un tempo infinito.
Non provava più nulla.
L'avevano cacciato dalla stanza di Dean, Jane gli aveva proposto un caffè per riprendersi ma Cas... non era stato nemmeno in grado di dire "no".
Non riusciva più a parlare. Aveva un groppo in gola che non voleva saperne di andare giù, e ogni parola gli sembrava futile al momento. La sua mente era un vortice indistinto di pensieri, sensazioni, emozioni e soprattutto di dolore. Un dolore totalizzante e cieco che non aveva mai provato prima.
Era così intenso che nemmeno lo percepiva. Era come se si sentisse svuotato. Come se la sua anima l'avesse abbandonato, la sua grazia avesse lasciato il suo corpo in un ultimo, vibrante respiro.
E invece era lì. Ancora vivo.
Aveva lasciato l'ospedale senza sapere dove andare, camminando senza meta, senza una direzione precisa, con il solo scopo di continuare a camminare.
Temeva che, se si fosse fermato, sarebbe potuto crollare, e nessuno sarebbe stato pronto lì a porgergli la mano ed aiutarlo ad alzarsi.
Non più.
E invece eccolo, si era fermato. Non aveva idea di dove si trovasse, accanto a lui c'era qualche casa spaurita e sconosciuta, nessuna insegna, nessun indizio che potesse attirare la sua attenzione se non quella palla rossa che stava per coricarsi tra i monti.
Cas si fermò.
Smise di camminare.
E fissò il sole. Lo fissò anche quando gli occhi iniziarono a bruciargli, pregandolo di distogliere lo sguardo.
Lo fissò anche quando divenne consapevole che poteva accecarsi, perché si trovava ancora in un vessel umano.
Lo fissò fin quando non scomparve dietro i monti, mentre un unico raggio si allungava come per cercare un appiglio... per non abbandonare questa terra.
Proprio come il braccio di Dean poco dopo che i medici l'avevano trascinato via da lui di peso.
E come in risposta a quel ricordo, gli tornò in mente pure la voce del suo cacciatore.
Come le stelle... continuano a splendere anche dopo che sono morte, sai? Nel momento successivo alla loro morte brillano ancora di più, quasi a non voler far sapere al mondo che sono morte.
«NO!» urlò con disperazione, non si sa bene a chi.
Il raggio di sole però scomparve.
Cas iniziò a guardarsi intorno freneticamente, col battito accelerato, il respiro corto. Un medico avrebbe detto che stava avendo un attacco di panico, ma vale lo stesso per gli angeli?
 Ricominciò a camminare, e poi ad aumentare il passo senza nemmeno accorgersene mentre il cielo si imbruniva, e poi si tingeva di blu, e iniziavano a brillare le prime stelle.
La camminata si trasformò in corsa, e Cas sapeva solo che voleva andare via, da tutto e da tutti.
Da quella città che all'improvviso era diventata troppo vasta, da quel cielo che pareva una gabbia opprimente che gli toglieva il respiro.
E gli angeli nemmeno ne avrebbero bisogno, di respirare...
Continuò a correre col respiro affannoso e gli occhi in fiamme, fin quando il piede non cadde in fallo e Cas si ritrovò catapultato a terra.
Lo scontro col terreno erboso lo risvegliò per un attimo. Il dolore gli ricordò che era vivo, e ciò contribuì a fargliene provare ancora di più perché non era giusto, non era giusto che lui fosse ancora vivo, che potesse ancora sentire, quando Dean non poteva più farlo.
Quando Dean non era ormai più nulla, forse nemmeno più un'anima.
Quando Dean aveva smesso di esistere, e lui, che nemmeno la voleva questa vita, era ancora lì e respirava.
Come poteva il sole continuare il suo corso, e le stelle continuare a brillare, quando Dean non poteva più guardarle?
Come faceva l'ossigeno ad avere importanza, ora che Dean non se ne serviva più?
Cas si ripiegò sulla schiena, le guance fradicie di lacrime, il pianto ancora tra i denti, e si ritrovò a fissare quelle stelle.
Quelle stelle crudeli che continuavano a splendere, forse più del solito.
Non si era mai fermato a guardarle da solo. Non per davvero.
Ed era così strano... 
Deglutì le lacrime e si perse a fissare il cielo: era così immenso e infinito da laggiù. Era... irraggiungibile.
Non l'aveva mai guardato da quella prospettiva... lui che dal cielo si affacciava, per spiare la terra dall'alto.
E solo in quell'istante si rese conto, davvero, dei sentimenti che aveva provato Dean. Di cosa significava davvero essere umano, e mortale.
Agli occhi del cacciatore, probabilmente, Cas era come quel cielo: distante e impossibile da raggiungere.
Si sentì morire.
Nascose gli occhi dietro il palmo, in un vano tentativo di asciugare le lacrime, e ripensò a Dean, e alle sue parole.
E tutte le stelle... continuano a brillare. Anche dopo milioni di anni, sono sempre lì, nello stesso posto. Sai quante generazioni si sono rincorse sotto di loro? Gli antichi romani guardavano le stesse stelle che guardiamo noi. Ti fa pensare a quanto il tempo sia relativo, a quanto noi umani siamo piccoli e insignificanti, e a quanto sia breve la nostra vita.
Dean l'aveva sempre saputo che sarebbe finita così.
Cas si rese conto di essere stato troppo stupido per capirlo con la stessa velocità.
Perché sai... basta che ci pensi... chiunque, alzando lo sguardo, scorge il cielo. Che ti trovi in America, o in Europa, o in Australia, o perfino in Antartide... o in Paradiso... comunque alzi gli occhi e il cielo e le stelle son sempre lì, uguali per tutti. E' come stare sotto lo stesso tetto, sai? Come essere protetti, in un certo senso. E collegati. Ti fa... sentire meno solo.
Cas si alzò a sedere di scatto.
In paradiso... forse Dean era in paradiso?
Stava per alzarsi in piedi quando un odore familiare gli stuzzicò le narici.
Giacca di pelle e crostata...
Ebbe un tuffo al cuore.
Dean!
Col cuore impazzito Cas scattò in piedi e iniziò a correre verso la fonte dell'odore: si trovava in una strada di campagna, una di quelle distese di erba secca che si dipanano tra uno stato e l'altro degli USA.
Corse fino a quando le gambe del suo vessel non reclamarono pietà, e finalmente intravide un cespuglio piuttosto folto. Lì l'odore era intensissimo.
Girò l'angolo col cuore che batteva come un tamburo e...
Rilasciò il fiato, deluso.
Come ho potuto illudermi che potesse essere ancora vivo... pensò, stringendo i pugni.
Lì, sotto la luna piena, l'Impala faceva bella mostra di sé.
O meglio, ciò che restava dell'Impala.
Forse Dean aveva avuto un incidente, moltissimi anni prima. Un incidente che aveva fatto impantanare la macchina in mezzo al... al nulla più totale.
Cas non aveva un grande senso dell'orientamento terrestre, ma era sicuro che quella prateria non fosse un luogo memorabile, o comunque un posto dove normalmente si posteggiano le macchine.
Si avvicinò cauto all'Impala, senza fare rumore, quasi avesse timore di poter risvegliare un Dean dormiente al suo interno.
La Chevy del 67 non era come Cas la ricordava: era impolverata e ricoperta di sterpi. Il vetro posteriore era spaccato e un rampicante ne aveva approfittato per scavalcarlo e penetrare all'interno del veicolo.
Uno degli sportelli era divelto: mancava uno dei vetri davanti e l'altro era rotto. Vi erano nella carrozzeria numerose scheggiature e ammaccature.
Cas avvertì un improvviso e irrefrenabile turbamento.
Quella visione era disturbante.
Era tutto così sbagliato. L'Impala non sarebbe dovuta essere così. Dean amava la sua Impala. Se n'era preso cura.
Cas digrignò i denti mentre una rabbia cieca si impossessava di lui: un attimo dopo si era scagliato sul veicolo, iniziando a strappare con urgenza tutti quei rampicanti, quei parassiti che avevano osato entrare nello spazio personale di Dean e della sua adorata macchina.
Scagliò lontano tutte le pietruzze che erano entrate, cacciò bruscamente una faina che si era fatta la tana là dentro, e cercò di ripulire in tutti i modi la macchina dalle schegge e la sporcizia. Tanto fu l'ardore con cui tentò di strappare tutti i rami -nessuno toccava quell'auto da almeno vent'anni- che si tagliò più di una volta col vetro e le spine.
Ma non gli importò.
In un certo modo distorto si compiacque di quel dolore, pensò di meritarselo... era un giusto pagamento.
Si sarebbe sacrificato per Dean.
Quando terminò il lavoro era completamente sudato ed esausto, la rabbia evaporata, e la macchina ripulita -alla bell'e meglio-.
Ma non era servito a niente.
Dean non l'avrebbe ringraziato. Nessuno avrebbe ammirato il suo lavoro.
Attanagliato da un nuovo senso di angoscia Cas si mise al posto di guida e provò ad accendere il motore.
Non successe niente.
«Oh, andiamo...» gemette, innervosito, e riprovò. La macchina emetteva un tenue lamento, ma poi si spegneva.
Era troppo debole, non ce la faceva a mettersi in moto.
«Forza, forza...» pregò ancora Cas, tra i denti, stringendo le dita sul volante e girando con ancora più energia la chiave.
Per un attimo il motore ruggì. Poi tacque di nuovo.
«PORCA PUTTANA!*» Cas si lasciò andare furioso contro il sedile, dando uno scossone rabbioso al manubrio e attivando per sbaglio il clacson.
Risvegliato dal trambusto, un gatto selvatico spelacchiato saltò in aria e sgusciò lontano.
Con un solo faro acceso nella notte, e la macchina spenta, Cas si addormentò, col profumo di Dean ancora addosso e il corpo stanco abbandonato sul sedile che per tanto tempo aveva ospitato la persona più importante della sua vita.


*
(Qui)

Quando si risvegliò, fu perché qualcuno aveva bussato al finestrino accanto a lui.
Sussultò riaprendo gli occhi, e cercando meccanicamente la sua spada angelica all'interno della tasca del trench.
Poi scorse il poliziotto che l'aveva chiamato e si calmò. Abbassò il finestrino e aspettò che il poliziotto si sporgesse.
«Buongiorno» lo saluto l'ufficiale.
«Buon...giorno» rispose Cas ancora confuso, e con la voce impastata dal sonno. Si voltò verso l'orizzonte e strizzò gli occhi per non farsi accecare dal sole.
Quanto aveva dormito? E da quando gli angeli dormono?
Si era fatto giorno e nemmeno se n'era accorto.
«Mi dispiace disturbarla, ma lei qui non può stare.»
«Oh» rispose Cas, ancora non del tutto lucido. «Mi dispiace, non ne ero al corrente. Mi dia un attimo che sposto la macchina...»
«No, forse non ha capito. E' nella macchina che non può stare.»
Cas si risvegliò completamente.
Batté le palpebre e cercò gli occhi dell'ufficiale, sicuro di non aver sentito bene.
«Cosa?»
«Chevrolet Impala, classe 1967, acquistata nell'anno 1973 dal signor John Winchester e poi proprietà del figlio Dean Winchester?»
«Sì...?»
«Questa macchina adesso è sotto sequestro. Lei è pregato di scendere.»
Il poliziotto aprì lo sportello, ma Cas non si mosse.
«Mi scusi, ci deve essere stato un errore. Posso assicurarle che non l'ho rubata, io... io sono un amico del figlio. Lo ero... la prego, le giuro che... volevo solo...»
«Non la sto accusando di furto» lo tranquillizzò il poliziotto, trascinandolo gentilmente fuori dal veicolo.
«Avrà sicuramente saputo del decesso dell'ultimo proprietario, giusto? Nel testamento, la seguente proprietà non è attribuita a nessuno. Il signor Winchester, a quanto pare, era molto protettivo nei confronti della sua auto, e ha scelto di non lasciarla a nessun parente o amico ancora in vita.»
Cas era così irrigidito che non riusciva a processare il discorso.
«Che cosa ne farete allora?» si informò, con un filo di voce.
Ma lo comprese da solo quando vide un carroattrezzi dietro l'Impala.
«Rottamazione» rispose l'ufficiale.
«No, voi non potete farlo!» tentò di spiegare Cas, ma il poliziotto lo allontanò in modo che il braccio metallico del veicolo guidato dal suo compare potesse agganciare l'Impala e poi sollevarla.
«NO, NO, ASPETTATE!»
Cas provò un senso di deja vu mentre il poliziotto lo teneva fermo.
«Non potete distruggerla! E' tutto ciò che resta di... che mi resta...»
«Mi dispiace, signore. E' la legge.»
«No...» Cas seguì l'Impala sollevarsi e fargli ombra per un attimo, stagliandosi come una sagoma appuntita contro il sole.
«No, no, un momento, deve esserci un modo...»
«Non c'è.»
«Posso acquistarla io! Non ho problemi di soldi!»
Il poliziotto ribatté con una risatina sarcastica «E perché mai vorrebbe comprarsi questo catorcio? E' un rottame, ormai, se ne faccia una ragione. Non camminerà mai più.»
E fu come una pugnalata.
«Non mi importa!» Cas sentì la tristezza rimontargli insieme alla rabbia, mentre le lacrime combattevano per uscire.
«Davvero, perché vorrebbe un'auto del genere? Potrebbe comprarsi qualsiasi macchina preferisce, se i soldi non sono un problema.»
«Io non...» Cas deglutì a vuoto, gli occhi fissi sull'Impala, alla ricerca delle parole giuste «non voglio un'altra macchina. Voglio questa
Il poliziotto probabilmente capitolò, perché scosse la testa, divertito. «Lei è completamente matto, signore.»
«Lo so» sibilò Castiel, con voce tremante.
Ma non poté fare niente. Qualsiasi cosa avrebbe detto, quegli uomini non l'avrebbero ascoltato.
«Ian, procedi!» urlò il primo poliziotto alzando una mano come segnale. Il suo collaboratore, seduto all'interno della gru, sollevò il pollice e un attimo dopo l'Impala fu lasciata andare nel retro del veicolo, all'interno di una bocca dentata.
Cas non poté far niente per salvarla.
Guardare la distruzione dell'Impala fu un po' come rivivere la morte di Dean: ogni "morso" della mano metallica era come un morso nel suo petto, ogni volta che i denti del macchinario affondavano nella carrozzeria, era come se penetrassero nel suo cuore, e ogni gemito dell'Impala gli faceva rizzare la pelle come se fossero di nuovo i lamenti di Dean all'interno della stanza ospedaliera.
Più di una volta ebbe l'impulso di rimettere, più di una volta provò ad obbligarsi a voltarsi, perché quella visione era troppo straziante per lui, troppo dolorosa, troppo... semplicemente troppo.
Ma non lo fece. Non lo fece nessuna volta. E rimase a guardare, congelato sul posto, le gambe come atrofizzate, una lacrima solitaria a solcargli le palpebre che nemmeno si curarono di battere.
E così Castiel perse anche l'ultima traccia del suo cacciatore: dell'Impala non rimase più nulla, come del suo proprietario. Solo un ammasso compatto di metallo, con alcune parti del motore e i cerchioni ormai consumati, abbandonati nell'erba secca, come tanti organi interni.
Ian e il suo amico rimontarono sul loro veicolo e se ne andarono veloci e silenziosi come erano arrivati, a lavoro ultimato.
Chiesero a Cas se avesse bisogno di un passaggio, ma l'angelo nemmeno si curò di rispondere, così si allontanarono col piede a tavoletta, a tutta birra, senza voltarsi indietro.
Cas rimase lì, totalmente svuotato e lasciato a se stesso, e camminò traballando tra quei lunghi e morbidi steli d'erba secchi, che il vento faceva stormire e danzare come se fossero una distesa di grano.
Rischiò di inciampare in qualcosa, e così interruppe il suo incedere cercando di rintracciarne l'origine, e scorse uno dei pezzi dell'Impala lasciati lì a mummificarsi.
Si inginocchiò di fronte ad esso e ne dissotterrò la metà non visibile. Poi lo rivoltò, e con cura ci soffiò sopra e ci passò una manica per scacciare la sabbia e la polvere.
Era la targa dell'Impala.
Cas la strinse quasi spasmodicamente tra le dita, poi se la avvicinò al petto, e rimase così, immobile, singhiozzando, sotto il sole.


(Qui)

Gadreel era già stato sulla terra: non troppo a lungo e solo attraverso di occhi di Sam Winchester, e per pochissimo, quelli del tramite che stava occupando adesso.
Ma i ricordi che aveva legati agli umani non erano felici: provava una profonda vergogna per ciò che aveva fatto.
Aveva ucciso, sulla terra.
Aveva tradito, sulla terra.
Ed era diventato un mostro.
Ma poi aveva avuto l'accortezza di rendersi conto, in tempo, di aver percorso un cammino sbagliato, spinto dalla disperazione.
Aveva avuto l'energia necessaria per redimersi, per ricominciare, per farsi perdonare.
E Castiel era stato come una luce alla fine del tunnel: lui aveva reso quei desideri delle possibilità concrete. Gadreel l'avrebbe aiutato a costruire un mondo migliore.
Un paradiso migliore.
Ed era proprio lui che stava cercando.
Il suo radar angelico lo trasportò in un cimitero: lo capì subito dalle piccole tombe disseminate ovunque.
Era un cimitero abbandonato, col cancello sgangherato, uno di quelli poveri che probabilmente non vedeva una persona viva da un paio di secoli.
Trovò Castiel poco più avanti.
Quel giorno pioveva, e Cas era fermo lì, a pochi metri da lui, le spalle pesanti e ingobbite, il trench fradicio e inzuppato di fango, la testa china e i capelli sgocciolanti, le mani lungo i fianchi: ma per il resto, non sembrava curarsi di sembrare un pulcino caduto nell'acqua.
«Castiel?» lo richiamò a voce alta, preferendo non avvicinarsi troppo per rispettare la sua privacy.
L'altro non diede segno di averlo sentito.
Gadreel si schiarì la gola e si passò una mano sulla fronte per allontanare i capelli bagnati.
«Castiel...?»
Finalmente l'altro angelo avvertì la sua presenza: l'angelo si limitò a rialzare il volto, ma senza girarsi, né muovere un passo.
«Gadreel» disse semplicemente, con la sua solita voce cupa e roca.
Sentendosi autorizzato, Gadreel si concesse qualche passo, senza tuttavia esagerare. Da quella distanza non era ancora in grado di leggere il nome sulla tomba.
«In paradiso eravamo piuttosto preoccupati per te, Castiel. Non sei tornato più...»
Castiel rimase in silenzio e Gadreel alzò un po' più la voce, per contrastare il rumore della pioggia.
«Così mi hanno mandato a cercarti. Attendiamo ancora il tuo permesso e il tuo segnale per distruggere il portale.»
«Sì» rispose Castiel, ma le sue parole furono portate via dal vento.
Gadreel notò come la pioggia ruscellava dalle spalle dell'amico e dai suoi capelli, e come il moro sembrava non essersene accorto nemmeno. O forse non gliene importava.
Gadreel si preoccupò un po'.
«Sei sicuro di stare bene?»
Castiel non rispose neanche stavolta, tuttavia fece un gesto. Staccò la mano dal fianco, con un movimento lento e quasi sofferente, e la poggiò sulla sommità della tomba.
Un attimo dopo si inginocchiò di fronte ad essa, e Gadreel temette per un attimo che potesse essere ferito: stava per raggiungerlo in fretta e soccorrerlo, che Cas parlò di nuovo.
«Promettimi una cosa, Gadreel.»
La sua voce era ferma e decisa, nessuna traccia che fosse ferito.
L'interlocutore, che si era quasi mobilitato per accorrere da lui, si bloccò sul posto.
«C-certo» rispose, dopo un attimo di dubbio «tutto quello che desideri.»
«Non innamorarti mai» spiegò Castiel, come se fosse stato un ordine.
Gadreel fu sicuro di non aver sentito bene: forse la pioggia aveva disturbato l'udito del suo tramite.
«Scusa?»
«Non affezionarti mai a qualcosa che è destinato a finire.»
Gadreel azzardò qualche passo, sempre più disorientato, e vide Castiel accarezzare con l'altra mano la foto sulla tomba, la foto che ritraeva un uomo giovane e sorridente, con tantissime lentiggini e gli occhi verdi.
«Le cose più belle sono destinate a morire» continuò Castiel, con lo sguardo perso nella foto, reclinando un po' il capo. Gadreel provò una forte pena per lui, non l'aveva mai visto così.
Nonostante il tono fermo e apparentemente apatico, Castiel non sembrava più lo stesso. Pareva... spento.
E quando Gadreel lesse il nome sulla tomba capì anche il perché: Dean Winchester.
«Mi dispiace» ammise.
Castiel scosse la testa, e si rimise in piedi.
«No, non è vero.»
«Lo giuro, Castiel, mi dispiace davve-»
«Non sforzarti, va bene così» Castiel non sembrava intenzionato a smuoversi di lì.
«Non lo conoscevo quanto te, ma... ho avuto modo di vivere con lui per un po'. Era una brava persona...»
Castiel tacque.
«Era... so quanto ci tenevi a lui. Lo sapevano tutti, lì in Paradiso.»
«No» lo interruppe Castiel, brusco «non lo sapevate. Non l'avete mai capito. Nemmeno io l'avevo capito, fino a poco tempo fa. Ma non importa... ormai è troppo tardi.»
Il silenzio calò di nuovo tra i due, ma un silenzio così teso che Gadreel avrebbe potuto tagliarlo col coltello.
Dal momento che Castiel non sembrava voler aggiungere altro, Gadreel riprese le redini del discorso.
«In ogni caso, che risposta porto agli altri angeli?»
«Nessuna» lo precedette Castiel, e finalmente si voltò a guardarlo.
Gadreel, se possibile, era ancora più confuso. Qualcosa pareva sfuggirgli.
«Credo di non aver capito... dobbiamo ancora distruggere il portale, no?»
«Certo» Cas parlava con lui ma non lo guardava. Sembrava evitare il suo sguardo, preferendo puntarlo sul vuoto. «Non avrai bisogno di portare nessuna risposta agli angeli... perché lo farò io personalmente.»
«Ma credevo... credevamo tutti che volessi restare qui. Sulla terra... da umano
Castiel rise. Una risata spenta, priva di allegria, morta.
«Oh Gadreel» lo guardò per la prima volta da quando era arrivato, ma non c'era alcuna gioia di rivederlo nel suo sguardo.
Anzi, non c'era proprio più nulla.
«Lo volevo davvero. Non ho mai voluto qualcosa così tanto in vita mia come poter restare qui.»
«E allora perché...»
«Perché ormai è troppo tardi. Troppo tardi. L'umanità non ha più nulla da offrirmi...» avanzò e lo superò senza rivolgergli un'occhiata.
Gadreel ruotò il collo per poter seguire i suoi movimenti, totalmente preso alla sprovvista, e si ritrovò a fissare quell'angelo stanco muoversi sotto la pioggia.
Seppur Castiel non avesse ferite visibili, Gadreel era sicuro che, in un modo o nell'altro, quell'ultima permanenza sulla terra l'avesse ucciso.
Non c'era più alcuna traccia del Castiel che conosceva, di quell'angelo imbranato e ribelle e felice che aveva avuto modo di incontrare.
«Quindi... non vuoi restare qui?» domandò ancora, cercando di chiarire una volta per tutte.
Castiel non interruppe la sua camminata strascicata.
«No... non voglio restare qui un attimo di più. Torniamo a casa.»
Quelle furono le ultime parole che Castiel pronunciò sulla Terra. E l'ultima volta che vi mise piede.
Un attimo dopo, infatti, era sparito.

*
(Qui)
L'ordine venne dato, il portale distrutto, e questa volta Castiel non diede nemmeno un'ultima occhiata dall'altra parte.
Mentre gli altri angeli festeggiavano la pace ritrovata in Paradiso, Gadreel cercò Castiel per congratularsi, e lo trovò in disparte, con le mani in tasca e una collana attorno al collo, una collana che non gli aveva mai visto addosso prima.
«Eih, Cas!»
«Ti prego, non chiamarmi più così» lo accolse l'altro. «Il mio nome è Castiel.»
«Scusami...» se anche Gadreel avesse creduto che Castiel si fosse consolato con la chiusura del portale, si era sbagliato.
«Allora... perché non vieni con gli altri? Hannah ha portato una di quelle torte che agli umani piacciono tanto.»
«Si chiamano crostate. E poi che senso avrebbe? Non possiamo sentirne i sapori.»
«Però possiamo provarci» insistette Gadreel.
Castiel sorrise un po', quasi commosso. Poi però strinse il ciondolo tra le mani e gli rivolse uno sguardo carico di mille parole.
«Mi dispiace, non posso unirmi ai festeggiamenti. C'è ancora una cosa che devo trovare.»
Gadreel non chiese spiegazioni, e del resto Castiel non gliene diede il tempo. Gli voltò le spalle, e andò via: Gadreel seguì le sue spalle allontanarsi, come prima sulla Terra.
Quella fu l'ultima volta che sentì la sua voce.
Di Castiel si persero le tracce, nessun angelo lo rivide mai più.



Castiel stava percorrendo una lunga e ampia strada asfaltata che pareva perdersi all'orizzonte, all'infinito.
Si concesse un profondo respiro, anche se non ne aveva bisogno, e strinse le dita attorno all'amuleto che, ormai troppi anni prima, Sam aveva regalato a Dean.
L'aveva recuperato dalla spazzatura subito dopo che Sam ce l'aveva gettato, e l'aveva conservato nel suo trench per tutto quel tempo. Se n'era preso cura.
E se in passato gli era servito per cercare Dio, ora l'avrebbe utilizzato per cercare qualcun altro.
Aveva un sacco di Paradisi da visitare, e l'eternità a disposizione per farlo.
Ma sapeva che l'unico punto di partenza plausibile, nel suo caso, era una strada.
Dean... ti troverò. Fosse l'ultima cosa che faccio, ma ti ritroverò. Forse non è ancora troppo tardi. Aspettami per l'ultima volta...



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~•~Angolo Autrice~•~

V
orrete uccidermi. Lo so. LO SO. (E LEGGETELE QUESTE NOTE CHE IN FONDO C'E' UNA SORPRESA!)
Non so se ripetervi ancora una volta che mi dispiace un mondo, o che spero che questo finale aperto vi sia piaciuto perchè sì, alcuni di voi avevano previsto -o sperato, o non sperato- che Dean e Castiel potessero rincontrarsi in paradiso, ma tranquilli, ci avevo pensato... nel senso... io nemmeno volevo scriverlo un epilogo, all'inizio. La storia doveva concludersi con la scena di Gadreel che incontra Cas in cimitero e gli chiede se vuole restare, e Cas fa il suo discorsetto e tornano in paradiso e FINE.
Questa era l'idea iniziale della storia. Cruda, fredda, crudele. Ma poi ho pensato... non può finire così.
Non è giusto.
Ho devastato questi due personaggi in maniere inconcepibili, ho ammazzato Dean e fatto soffrire Cas come un cane, non posso anche condannarlo ad un'eternità di dolore, anche perché a ripensarci, Cas non avrebbe potuto semplicemente andare avanti. Non so, non riesco ad immaginarlo a gettare la spugna così, nonostante il destino ripetutamente gli avesse urlato di lasciar perdere -tutta la scena dell'Impala è una metafora di cui parlerò dopo- e quindi mi son detta, perché no? Perché non chiudere questa storia in modo vago?
Castiel ritroverà Dean? Non si sa.
Ma intanto non tornerà più in Paradiso, né sulla terra: vuol dire che prima o poi lo troverà o continuerà a vagare in eterno? Boh, datevi voi una risposta, io non me la sono data, ma ho pensato che fosse il finale perfetto per questa storia. Una storia sì triste e angosciante, ma con una morale. E soprattutto, come ho sempre detto, questa storia è un cerchio: la frase finale si collega al titolo e al tema della fan fiction. Ho pensato davvero che fosse la frase perfetta per terminarla, ma mi direte voi.
Non so nemmeno se state leggendo queste note, davvero, possibilmente vi sarete già annoiati ma io ho bisogno di sfogarmi e di rivelare tutti i simboli che si nascondono dietro a questa ff, dato che è l'ultimo capitolo, e quando mai riavrò l'occasione per farlo? E... e... e sono emotivamente ancora confusa, devo poter parlare con qualcuno e quel qualcuno sarete voi. SCUSATE.
Parlando brevemente della scena dell'Impala, così come quella finale, non era prevista: è stata un'aggiunta dell'ultimo momento, proprio del momento in cui scrivevo. Una parola tirava l'altra ed è uscita questa... roba. Ovviamente, spero che il senso sia abbastanza ovvio.
L'Impala è l'ultimo avere di Dean, e come già nello show, rappresenta un po' l'anima di Dean, anzi Dean stesso. Il discorso tra Cas e il poliziotto sulla questione del "perchè vuoi questo catorcio? Probabilmente non si metterà mai più in moto" e Cas risponde "non mi importa. Non voglio un'altra macchina, voglio questa". Ovviamente era un riferimento -CRUDELE, CRUDELISSIMO E BASTARDISSIMO PERCHE' SONO UNA STRONZA LO SO- a Dean. A Cas non importa che Dean sia morto, non riesce a dimenticarlo e ad andare avanti e possibilmente ad innamorarsi di un altro umano -come Dean stesso prospettava qualche capitolo fa, invece- semplicemente perché è ancora innamorato di lui e probabilmente lo sarà sempre. Perché non vuole qualcun altro, vuole lui, con i suoi difetti, la sua vecchiaia, la sua voce burbera, i suoi modi bruschi, la sua fissa per la birra. Insomma... Dean magari era anche un catorcio per gli altri, probabilmente non si sarebbe mai più mosso, ma Cas voleva stare con lui lo stesso -non vi ricorda qualche capitolo fa? sì sono una stronza di merda, lo so-.
Non so cos'altro dire. In realtà vorrei dire miliardi di cose, e sicuramente me ne starò scordando qualcuna, ma non c'ho proprio la testa al momento. Ultime curiosità...

1) L'imprecazione che urla Cas quando l'Impala non si mette in moto e cioè "porca puttana", è una specie di traduzione/variante italiana del comune "son of a bitch" che Dean usa sempre
2) La canzone "Saturn" degli Sleeping At Last -ormai una theme deprimente tipica di questa storia xD- ha un testo particolare che mi ha ispirato la scena in cui, nel terzo capitolo, Dean e Cas guardano le stelle e Dean fa quel discorso in stile Re Leone -di cui in questo epilogo sono riportate alcune parti-. Ebbene, vi prego di leggere il testo della canzone, perché descrive praticamente l'inizio di questo capitolo e i pensieri di Cas: http://www.azlyrics.com/lyrics/sleepingatlast/saturn.html
3) Sulla penultima scena... Castiel non vuole essere chiamato "Cas" perchè quel nomignolo gliel'ha dato Dean e quindi gli ricorda lui... è come se Cas dicesse "solo lui può chiamarmi così". In un certo senso, volevo anche rappresentare una metafora, ovvero che Cas è la parte di lui che ha conosciuto Dean -quella che vediamo nel telefilm-. Prima di allora il nostro piccolino in trench era solo Castiel per tutti. E ora che Dean è morto, è come se la parte "Cas" fosse morta con lui, e il nostro angioletto è tornato ad essere il Castiel in paradiso che era prima di salvare Dean dall'Inferno
4) Inutile spiegarvi la battuta sulla crostata. Quanto vorrei aver scritto in inglese... ovviamente Gadreel ha detto "cake" e Cas l'ha corretto con "it's called pie. It's not the same thing" whateveeer
5) Ah ecco, importantissimo e stavo per scordarlo! Tra parentesi le cose che vi ho scritto sopra erano ovvie, invece questa un po' meno... l'Impala lasciata a se stessa è IL MALE. Perché è come se... cioè non è Cas che è andato nel futuro e ha trovato l'Impala abbandonata. No. Era già così da almeno vent'anni, ergo Dean non se ne curava più... e si sa che questo è il MALE. DEAN NON LO FAREBBE MAI. Quindi vi lascio immaginare in che condizioni era Dean, e non mi riferisco alla malattia fisica. Ma proprio a livello psicologico e spirituale ç_ç "vi dovrete preoccupare per Dean quando smetterà di preoccuparsi della sua Impala". Plus, l'Impala era abbandonata nel nulla esattamente come si è sentito per anni il suo proprietario.
6) Questa è IMPORTANTISSIMA. Quando Cas vede i rampicanti sull'Impala e va a strapparli, pensa -dal testo- "quei parassiti che avevano osato entrare nello spazio personale di Dean e della sua adorata macchina". Okay questa è cattiva. E' cattivissima. E' così cattiva che vorrei non dovervela spiegare, ma penso non ce ne sarà bisogno... beh Cas inconsciamente si colpevolizza per la morte di Dean -e grazie al cazzo aggiungerei- e quindi si autodefinisce parassita. Come se avesse rovinato la vita di Dean nel momento stesso in cui l'ha salvato-toccato per la prima volta -entrando appunto nel suo "spazio personale", frase così destiel che da sola avrebbe dovuto far suonare un campanello d'allarme ahahah-

E niente, se avete notato tutte queste cose sono fiera di voi e di me che sono riuscita a farvele capire. Se le avete notate solo adesso... non fa niente, dovevo dirvele lo stesso ^^
Non so cos'altro aggiungere... se avrete ancora qualche dubbio, o qualcosa che vi frulla per la testa, fatemelo sapere per recensione o messaggio personale.
Ci tengo davvero un casino a questa storia, quindi beh accetto tutto, anche critiche ovviamente!
E vi lascio con un'ultima immagine del nostro Cas in paradiso alla ricerca di Dean.... incrociamo le dita e speriamo che si ritrovino, prima o poi <3


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E non per fare la Rowling ma... dedico questa storia a tutte le persone che si sono sentite abbandonate almeno una volta, a quelle che hanno aspettato un miracolo -o una persona- che non arrivava più, a quelle che hanno perso una persona cara e non sapevano come poter andare avanti, a quelle che sanno cosa vuol dire innamorarsi di qualcuno contro ogni logica, a quelle che in un particolare momento avrebbero voluto poter fermare il tempo, a quelle che almeno una volta si sono fermate a guardare le stelle,

E a te,
Che sei rimasto con Castiel fin proprio alla fine


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Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

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