The Boy Who Waited - Too Late di xMoonyx (/viewuser.php?uid=48684)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Part 1 ***
Capitolo 2: *** Part 2 ***
Capitolo 3: *** Part 3 ***
Capitolo 4: *** Part 4 ***
Capitolo 5: *** Part 5 ***
Capitolo 6: *** Part 6 - THE END ***
Capitolo 1 *** Part 1 ***
The Boy Who Waited - Too Late
Fandom:
Supernatural, like always
Titolo: The
boy who waited - Too
late [Doctor Who ci ha messo lo zampino, ispirandomi
>.>]
Pairing:
Destiel
Personaggi: Dean,
Sam, Castiel, Gadreel. Solo citati: Abaddon, Metatron, Crowley e Jessica (il mio pc non me ne fa selezionare più di uno, perdono)
Rating: Arancio
Capitoli:
Cinque, teoricamente. Forse sei (come possibile epilogo)
dipenderà dalla vostra reazione. Ora non posso parlare per
evitare spoiler, ma poi capirete XD
Genere: (il mio computer non me ne fa selezionare più di uno, vedi sopra) Fluff, e poi
Angst, angst e ancora angst [ho detto Angst? In caso ve lo ripeto:
angst]. No, davvero, è la storia più triste che
io abbia mai scritto, mi dispiace davvero dovervela sottoporre. Allo
stesso tempo ci tengo davvero tanto a questo esperimento.
Comunque, siete avvertiti: forse vi farà piangere. Forse. Dipende
dalla vostra forza, la scelta sta a voi.
Avvertimenti: What
If
Contesto: post
finale nona stagione (anche se ho immaginato un finale diverso... non
so a questo punto se poterla definire una AU O.o)
Riassunto:
La guerra è finita. Con un unico portale difettoso a collegare i
loro mondi, Dean e Castiel riusciranno a vedersi di sfuggita solo per
pochi istanti, prima che scada il tempo loro concesso.
E quando Cas tornerà le volte successive, capirà che il
tempo non scorre alla stessa velocità, tra Paradiso e Terra.
Se solo si potesse ricucire il portale...
---
Dean è sempre stato abbandonato nella sua vita: prima sua madre, poi suo padre, poi Sam, e adesso anche Castiel.
Ma questa volta è diverso.
Questa volta Castiel ha promesso. E quindi Dean lo aspetterà.
Ma fino a quando una promessa può rimanere tale prima di tramutarsi in illusione?
Banner: Ne
ho preparato uno per capitolo, spero che vi piacciano ^^
Note: Vi avevo
promesso delle storielle allegre e felici e invece tra quella della
volta scorsa e questa non so davvero come farmi perdonare.
Ma quando l'ispirazione arriva bisogna coglierla al balzo [?]
Innanzitutto, ho scritto i primi capitoli almeno tre mesi fa. ERGO NON AVEVO IDEA DI COME SAREBBE FINITA LA NONA STAGIONE. Questa era solo la mia idea. Sarò breve: l'ispirazione mi è venuta guardando
distrattamente un servizio su rai 2 che parlava di un vecchietto
ultra-centenario tutto arzillo e vivace. Il commentatore disse
"probabilmente ha un angelo sulla spalla" and here we go.
Per il titolo, invece, e un po' il theme di tutta la storia, diciamo
che l'idea l'ho avuta da una puntata di Doctor Who. Tutto il resto
è dolore T_T
NO OKAY DAI SCHERZO.
Cioè ci sono molte parti dolciose, e altre che vi faranno
venir voglia di cavarvi il cuore dal petto, ma poi... vabbè
non faccio spoiler :P
Note al quadrato:
Non sono solita scrivere storie così deprimenti. Forse
è ancora il trauma post Twist and Shout.
Forse la mia anima è stata ferita troppo a fondo e cerca un
modo per vendicarsi, non saprei stabilirlo. Ammetto che in alcune parti
è stato parecchio difficile dover scrivere, proprio per il
livello emotivo (il capitolo 4, per esempio, ma vabè).
Alcuni miei amici mi definiscono una scrittrice sadica che ama far
soffrire i suoi personaggi [sbagliano, in realtà amo far
soffrire i lettori
u.ù] ma strapazzare tanto i miei personaggi preferiti non
è AFFATTO PIACEVOLE. Diffidate da chi vi dice il contrario.
Vi parlo col cuore in mano, mi dispiace per voi e per loro
ç_ç Ma questa roba andava scritta.
Morale: che
significa sta robina qua? Non è una favola di Esopo [cit.
tutti]
Ebbene sì. Cioè non nel senso che è
una favola... *heavy breathing* Okay, per farla breve, non è
assolutamente un tentativo di superbia o altre cazzate del genere, solo
che a fondo di questa storia c'è un significato. Penso che
ogni storia deve avere un significato e far riflettere.
Io mi auguro di esserci riuscita, ma magari non sarà
così. Me lo direte voi, si spera ^^
Disclaimer:
I personaggi {purtroppo} non mi appartengono, anche perchè
se fosse così mi avrebbero già torturato per
quello che gli faccio passare. Non che Jeremy sia più
gentile, eh. insomma questi poveri crasti non si salvano con nessuno,
l'abbiamo capito.
Spero di averli comunque mantenuti IC, che come ormai sapete se mi
conoscete è il mio obiettivo principale xD Detto
ciò -ho parlato anche troppo- vi lascio alla storia ^^
Soundtracks che ho
ascoltato scrivendo il capitolo (vi consiglio di farle
caricare entrambe e poi far partire la seconda quando finisce la prima)
1. https://www.youtube.com/watch?v=2H1wBoLw484
(fino a 3.50, ovvero Nine e Ten soli <3)
2. https://www.youtube.com/watch?v=9BuPBQXTcMk
The Boy who Waited
Too
late
Abaddon
giaceva in maniera scomposta nel terreno fangoso. La pioggia era
aumentata d'intensità: tingeva tutto di una sfumatura opaca,
come un velo di foschia.
Dean estrasse la first balde dal cuore della demone, lasciando scorrere
il sangue tra i denti della lama, poi alzò lo sguardo.
Sam si rimise in piedi, togliendosi il corpo di Crowley di dosso, anche
lui senza vita.
Si guardarono.
La pioggia batteva sulle loro teste, incollando i capelli alla fronte e
i vestiti sul corpo.
«E' finita?» chiese Sam, producendo una nuvoletta
di vapore.
I capelli infangati, gli abiti strappati e insanguinati, due tagli
sulla guancia.
Dean ne aveva uno sul sopracciglio destro, l'altro nell'angolo della
bocca. Per il resto, non era messo meglio.
«Credo di sì...»
Ci fu un fruscio d'ali. Un attimo dopo, Castiel era apparso dietro di
loro.
«Cas!» lo salutò Sam senza fiato. Dean
si voltò per incontrare i suoi occhi: Castiel indossava
ancora il trench lurido e viscido di sangue.
«Sei vivo...» lo accolse Dean con un filo di voce.
La lama di Caino scivolò dalle sue dita.
Cas accennò un sorriso, ma rischiò di
afflosciarsi. Era devastato.
Dean accelerò il passo. La pioggia intensificò.
Gli ruscellava sulle spalle e gli batteva il volto.
«Cas!»
Abbracciò stretto l'amico, come a non volerlo più
lasciare.
Per la prima volta, Cas ricambiò l'abbraccio, con un
sospiro, affondando le dita nella giacca di pelle di Dean.
Sapeva di cuoio e pioggia e qualcosa di buono.
Oltre che di sangue... ma la pioggia avrebbe portato via anche quello.
Dean sciolse l'abbraccio e lo guardò, come alla ricerca di
ferire mortali, mentre Sam, zoppicando e tenendosi un braccio rotto,
affiancava il fratello.
«Cos'è successo?»
«Gadreel...» iniziò Castiel, ma non
terminò la frase.
«E' morto?» domandò Sam, cauto.
Cas sospirò. Poi scosse la testa. Una folata di vento gli
gonfiò il trench. «Si è
arreso.»
Dean guardò prima l'angelo, poi il fratello. Poi
soffiò una risata.
Castiel non l'aveva mai visto così felice da tempo.
«Allora è finita?» chiese ancora Sam.
«Davvero
finita?»
«Sì, Sam...» rispose Dean, che sembrava
sul punto di piangere di gioia. «Ce l'abbiamo fatta
fratellino... abbiamo vinto.»
«Non ancora.»
Castiel era felice. Avevano vinto... ma c'era ancora qualcosa che
doveva fare.
Qualcuno che doveva trovare.
«Cas... è finita» replicò
Dean, quasi a volerlo convincere.
Castiel lo guardò.
Un lampo lo illuminò.
«Metatron.»
Il tuono fece eco alle sue parole.
Dean spalancò gli occhi, drizzandosi sulla schiena, mentre
Sam alzava il capo, attento.
«Dov'è quel figlio di puttana? E'... ancora
vivo?»
«Non per molto» rispose Castiel, determinato. Diede
loro le spalle, pronto ad andarsene, quando Dean rischiò di
inciampare sul fango per raggiungerlo.
Gli afferrò il polso, voltandolo.
«Vuoi affrontarlo... da solo?»
«Tutti lo vogliono morto, in Paradiso. Ma devo sistemare le
cose... e voglio essere io a ucciderlo.»
«Cas...» iniziò Sam «Lo sai
che la via della vendetta non porta a nulla di buo-»
«Devo
farlo» Cas strattonò il braccio dalla presa di
Dean, che restò in silenzio.
«Devo andare» reiterò ancora, deciso.
Gli occhi di Dean brillavano. La felicità di prima sembrava
essere evaporata, veloce come era arrivata.
Cas si sentì in colpa.
«Mi dispiace.»
«No, va bene» disse Dean. La voce gli tremava.
Castiel si sentì ancora più in colpa.
«Dean... ascolta...»
«Ho detto che va bene» ripetè Dean. Ma
niente andava bene, Cas poteva leggerglielo negli occhi. Perfino Sam
l'aveva capito.
«Cas... se uccidi Metatron... significa che chiuderai il
Paradiso, giusto?»
Dean trattenne il respiro: Sam gli aveva rubato le parole di bocca.
Cas non rispose subito.
La verità era che non lo sapeva. Non aveva idea di quello
che sarebbe successo. Ma non c'era tempo di parlarne adesso... ogni
secondo che passava Metatron era più lontano dall'essere
catturato.
E alla fine... Dean e Sam erano vivi. Bastava questo. A Castiel bastava
questo.
«Devo andare» ribadì.
«Cas...» piagnucolò Dean, ma l'angelo
alzò una mano per toccargli la spalla.
«Dean, qualsiasi cosa succeda...
tornerò.»
Dean aprì la bocca: gli tremavano le labbra.
«Ma...»
«Tornerò. Promesso.»
Dean lo fissò negli occhi e annuì, e Cas si
sentì come se qualcuno l'avesse liberato di un peso. Fece
una smorfia che doveva essere un sorriso, poi rivolse un cenno di
saluto a Sam.
«Ci vediamo, allora.»
«Cas, un momento, ma se non dovesse funziona-...»
Castiel era sparito.
Dean riabbassò la mano, con un improvviso senso di freddo.
«Non ti ho neanche detto addio...»
sussurrò all'aria, mentre la pioggia e il vento lo
scuotevano.
Rimase a fissare il punto in cui Castiel si trovava fino ad un attimo
prima, per un tempo imprecisato, finché Sam non gli
toccò la spalla.
Ma Dean era come anestetizzato. Non sentiva più nulla.
Sam gli scosse piano il braccio.
«Dean...? Dean...! Dobbiamo andare...»
Dean si limitò a ruotare il collo verso di lui, senza la
forza di parlare.
«E' tutto okay» lo rassicurò Sam, con la
sua classica espressione gentile. «Andrà tutto
bene. Tornerà. Ha promesso che tornerà, e gli
angeli mantengono le promesse.»
Dean si morse l'interno della guancia.
«Abbiamo ancora delle cose da fare» Sam gli
lasciò il braccio e gli fece cenno di seguirlo.
«Andiamo, Dean.»
Dean si voltò a guardare un'ultima volta lì dove
Castiel era sparito. La pioggia gli si infilava tra i capelli e sotto i
vestiti, facendolo rabbrividire.
Infine annuì, e sospirò.
E seguì Sam, in silenzio.
†
Quando
Castiel tornò sulla Terra per la seconda volta, Dean era
intento a cacciare un branco di vampiri.
O meglio, stava per farsi decapitare dall'alpha, prima che Cas
intervenisse tirando indietro la testa del malcapitato succhiasangue,
ed iniettandogli luce angelica. Un attimo dopo gli occhi del vampiro
andarono a fuoco, e carbonizzato dall'interno ricadde a terra.
Quando ciò accadde, nella visuale di Castiel apparve Dean:
un Dean poco più pulito dell'ultima volta, ma con i segni
della caccia addosso.
Un labbro spaccato con un rivolo di sangue che gli gocciolava sul
mento, un occhio nero, un taglio sul collo.
Ma quando lo riconobbe, parve essersi dimenticato di aver quasi
incontrato la morte.
«Cas!»
Castiel gli sorrise.
«Ciao Dean.»
Dean però non scoppiò a ridere, come l'ultima
volta. E non lo abbracciò di slancio.
Invece, assunse la sua espressione più arrabbiata, con gli
occhi ridotti a due fessure, e un guizzo sul labbro superiore.
«Ah, "ciao Dean", eh?» lo aggredì, come
un cane a cui hanno pestato la coda.
Castiel si sentì in imbarazzo e avvertì un senso
di deja vue.
Dove aveva già vissuto questa scena?
«Si dice ancora così, no?»
«Vaffanculo» ribattè Dean, rosso di
rabbia.
Cas reclinò la testa. «Credevo saresti stato
felice di vedermi.»
«Lo credevo anche io...» Dean strinse i pugni.
«Allora, come va con Metatron?»
Castiel batté le palpebre, sorpreso dal repentino
cambiamento.
«Non sei felice di vedermi?»
Qualcosa gli pizzicò il petto. Non seppe dire cosa, ma non
era piacevole.
«Cazzo, Castiel, rispondi!»
Cas non era abituato ad essere chiamato col nome completo. Non da Dean,
almeno.
Si chiese che cosa avesse fatto di sbagliato.
«Dean, non capisco...»
«Rispondi, dannazione! Hai ucciso o no Metatron?»
«S---sì...» rispose Cas, ancora
perplesso. Prese un grande respiro. Dean era sempre lo stesso, ma in un
certo modo diverso.
«Sì, l'ho ucciso. Appena sono salito in
Paradiso... ci è voluto un po', ma alla fine l'abbiamo
trovato. Poi sono rimasto lì per riorganizzare
tutto.»
«Ah» Dean annuì, partecipe.
«Certo, sei rimasto lì. Invece di avvertire me e
Sam, sei rimasto lì.»
«Erano rimasti senza un leader Dean, non avevo altra
scelta!» spiegò Cas allargando le braccia.
«Ma sono venuto quanto prima.»
«Quanto prima, ah?» Dean rise.
Ma non c'era allegria nella sua voce.
Cas non capiva.
«Dean...»
«Sono passati cinque anni, Cas!»
Il cuore dell'angelo fece un saltello. Cinque anni?
No.
Non era possibile.
Gli sembrava di aver salutato Dean appena tre giorni prima... come
diavolo...?
«Forse il tempo in paradiso e qui non scorre alla stessa
maniera...» si giustificò Cas, cercando di capire.
«Beh, grande scoperta!»
Cas rialzò gli occhi su Dean.
Cinque anni...
Ora che ci faceva caso c'era qualcosa di impercettibilmente diverso in
Dean. Non avrebbe saputo dire cosa. Forse gli occhi erano
più cupi, o le ombre sotto di essi più definite,
o il taglio delle labbra più deciso.
«Mi dispiace» e lo intendeva davvero.
«Dean, non volevo... te lo giuro. Non so come sia potuto
succedere...»
Dean rise ancora. E ancora una volta il sorriso non raggiunse gli
occhi. «Beh, Metatron deve aver incasinato un bel po' di
cose, allora...»
Anche la voce, ora che notava, era più cupa.
«Dean...»
«Va bene, non importa» insistette Dean, alzando la
testa e mordendosi le labbra. «Ti ho solo pregato per mesi,
ogni notte...»
«Non ti ho sentito, scusa... se avessi saputo...»
«Va bene. Va tutto bene, Cas, okay. Ho capito.»
Cas voleva davvero che Dean lo perdonasse. Cercò la sua
spalla con una mano. «Te lo giuro, se fosse dipeso da
me...»
«Ti ho detto che va bene!» Dean si tolse la mano di
Cas dalla spalla, poi gli diede una pacca sul petto e si
girò, pulendosi la bocca insanguinata con una mano.
«Anzi mi sono trattenuto dal darti un pugno in faccia. Ma
solo perché sono troppo stanco, sappilo.»
Accelerando la camminata per raggiungerlo, Cas lo vide avvicinarsi
all'Impala: a differenza del proprietario, la macchina era identica a
come la ricordava.
Forse solo un po' più sporca, e sopra i copertoni un po'
incrostata di fango.
«Vedo che continui a cacciare...»
commentò Cas mentre Dean spariva col busto dentro il
portabagagli, su cui faceva ancora bella mostra di sé il
pentacolo disegnato.
Anche se non serviva più a nulla ora che avevano chiuso le
porte dell'Inferno.
«Già» biascicò Dean. Quando
riemerse, reggeva in mano due birre. Ne porse una a Cas, poi
stappò la sua e ne ingollò un lungo sorso.
Castiel si ritrovò a fissare il suo pomo d'Adamo, quasi
ipnotizzato.
Quando Dean si scollò dalla bottiglia e sospirò,
Castiel si costrinse a distogliere lo sguardo e a prendere un sorso
della sua.
La birra aveva il tipico sapore amaro e un po' acre, ma era buona tutto
sommato. Gli ricordava Dean... sapeva di casa.
«E così, di nuovo invischiato nei complotti tra le
nuvole, eh?»
Castiel annuì, poi decise di metterglisi al fianco, e si
appoggiò anche lui con la schiena sull'Impala: davanti a
loro, poco oltre, vi erano i cadaveri dei vampiri immersi in un lago di
sangue.
Cas si fermò un attimo di più a guardare Dean: le
sue ciglia erano ancora lunghe come le ricordava. Gli occhi di quel
verde che non esisteva nemmeno nei giardini dell'Eden. E le lentiggini
erano ancora lì.
Dean si accorse del suo sguardo e gli rivolse un'occhiata curiosa, con
un mezzo sorrisetto.
Cas abbassò la testa, in imbarazzo.
«Emh... allora... dov'è Sam?» chiese per
cambiare argomento.
Dean annuì come se stesse ricordando qualcosa di bello, poi
sorrise tra sé e sé. «Eheh, si fa la
bella vita Sammy» e buttò giù un altro
sorso.
«Che vuol dire?» domandò Castiel,
vagamente preoccupato all'idea che in quegli ultimi cinque anni Sam
potesse essere morto. Avvertì una stretta allo stomaco.
«Sam ha lasciato la caccia... voglio dire, senza demoni
è tutta un'altra roba, sai? Molte meno rogne di sicuro, ma
comunque tutti gli altri bastardi mutanti sono ancora in giro, e
qualcuno deve pur farli fuori, no?»
«E così tu hai continuato...»
«Certo! E' il mio lavoro, è... la mia vita, del
resto» era sua impressione o c'era una sfumatura di amarezza?
Dean prese un altro sorso di birra e Cas strinse le dita sulla sua
bottiglia.
«Dean... mi dispiace.»
«E di cosa? A me piace quello che faccio. Non ho mai
conosciuto altro» girò il volto verso di lui, uno
sguardo dolce e rassicurante «E' a questo che appartengo,
Cas. Come... come tu appartieni al paradiso.»
Fece un sorriso, ma i suoi occhi adesso sembravano così
incupiti... Cas voleva dire qualcos'altro ma Dean lo interruppe.
«Sam sta bene... è a casa adesso. Nella sua casa,
intendo.»
«Vi siete separati?» Cas quasi non poteva credere
alle sue orecchie.
«Era inevitabile» replicò Dean
«Si è fidanzato.»
Cas ci mise un attimo di troppo per realizzarlo. Quando
riportò gli occhi su Dean, con la bocca aperta, quello
sorrise incoraggiante.
«Non ci credo!» Cas si ritrovò quasi a
ridere. Finalmente una bella notizia.
«E'... è molto bello.»
«Si chiama Adrianne. E' molto sexy, dovresti vederla...
assomiglia molto a Jessica.»
Cas corrugò la fronte. «Chi è
Jessica?»
Dean mosse una mano come per scacciare una mosca molesta.
«Oh, scusa, dimenticavo che non l'hai mai conosciuta...
comunque aspetta di vederla, è proprio una
bambolina.»
E fu come se qualcuno avesse pugnalato Cas.
Dean era così felice, e Sam doveva esserlo pure, e Cas stava
per spezzare l'idillio.
«Dean...»
«Oh e credo che... credo che si sposeranno, Cas»
Dean adesso lo guardava, come un bambino entusiasta. «Ti
rendi conto? Il mio fratellino si sposa! Incredibile.»
Rise, e Castiel avrebbe voluto imitarlo. Forse sarebbe passato da Sam
per congratularsi, più tardi.
Dean sospirò ancora ridendo tra sé e
sé, poi finì la sua birra.
Cas, invece, non riusciva più a bere un sorso.
Dean lo notò.
«Eih che ti prende? Tutto bene?»
«Dean...» Cas gli restituì la birra, e
Dean lo guardò come se non lo riconoscesse.
«Non la vuoi?»
«No, è che...»
«Non ti piace?»
«Dean...»
«Scusa» Dean lo fissò ancora,
più pallido di prima.
Lo guardava in una maniera così terrorizzata che Cas si
sarebbe pugnalato, piuttosto che dire quello che stava per dire.
«Sono sceso solo per... per comunicarti cosa era successo con
Metatron. Ma non posso restare molto.»
«Ah» rispose Dean, con una voce forse troppo acuta.
«E' che da quando ha fatto quell'incantesimo, il Paradiso non
funziona più come prima... non si può restare
troppo a lungo fuori... o rischi di non poterci rientrare
più.»
«Oh» commentò Dean.
Si guardarono in silenzio per attimi che parvero secoli... come in
passato.
Il tempo stringeva.
«Quanto puoi stare?»
«Non molto» rispose Cas, con una smorfia. Dean
annuì, poi abbassò gli occhi.
«Dean...»
«Va bene, allora... è un addio?»
«No!» Cas si mosse forse troppo velocemente. La
birra in mano a Dean cadde e si frantumò ai loro piedi,
spargendo cocci di vetro ovunque.
«Oh scusa, io... non volevo» disse Cas, mentre Dean
si abbassava.
«No, colpa mia, non ho una presa solida e...»
Dean iniziò a raccogliere i cocci, poi si tagliò
con uno di loro e gemette un'imprecazione.
«Dean...»
Cas si accucciò davanti a lui per aiutarlo, e
allungò la mano per curare quella dell'amico, ma l'altro
gliela cacciò via.
«So farlo da solo! Non preoccuparti... sistemo tutto,
e...»
Gli tremava la voce, e Cas capì subito che qualcosa non
andava.
«Dean...»
«Ti prego smettila di ripeterlo!» Dean
alzò la testa: il volto era arrossato, gli occhi pieni di
lacrime.
Cas ebbe un tuffo al cuore.
«Dean...?»
«Ti ho detto di...» fu colto da una specie di
singhiozzo. Abbassò di nuovo la testa per non farsi vedere e
si asciugò le lacrime, velocemente.
«Dean... mi dispiace... non volevo fare cadere la bottiglia,
io...»
«Chi se ne fotte della bottiglia!» Dean
lasciò andare con rabbia i cocci e si alzò in
piedi, dandogli le spalle e mettendosi entrambe le mani tra i capelli.
Cas si alzò con lui.
Non lo vedeva così turbato dai tempi in cui l'aveva tirato
fuori dall'Inferno.
«Dean...»
«Scusami» replicò Dean tirando su col
naso. «Ho reagito da bambino...»
ridacchiò, ma Cas non se la bevve. Gli girò
attorno, per guardarlo negli occhi.
Dean lo fissò, poi sospirò. Cas sapeva che quando
lo guardava negli occhi non poteva mentire.
«Quando potrai tornare?»
Cas strinse le labbra, dispiaciuto. «Non lo so...»
Dean annuì. «Capito.»
«Dean... mi dispiace.»
Lui scosse la testa, e all'improvviso fu come svuotato. «No,
va bene, non è colpa tua...»
«Sì, ma... mi dispiace lo stesso» Cas
strinse i pugni «Lo sai anche tu che preferirei stare
qui.»
Dean annuì.
«Io... non vorrei doverti lasciare.»
«Nemmeno io» sussurrò appena Dean, e
sembrava così vulnerabile che Cas desiderò
abbracciarlo.
«Verrai al matrimonio di Sam?» chiese ancora Dean,
quasi supplicante. «E' tra tre mesi... lo faresti felice se
venissi. Manchi... anche a lui. Molto.»
Cas sapeva che Dean stava parlando più per se stesso, ma
annuì, per dimostrare che aveva capito.
«Non so se me lo permetteranno... lo strappo nel portale
è ancora instabile.»
«Provaci» lo pregò semplicemente Dean, e
raramente Cas l'aveva visto così sincero. «E' tra
tre mesi... per il suo compleanno. Il 2 maggio, alle 11 del mattino
davanti alla Chiesa del Nazareno.»
«D'accordo» gli promise. Almeno questo.
Dean annuì ancora, e Cas abbassò la testa.
«Allora è meglio se vado, adesso...
così chiedo un permesso speciale per poter tornare tra tre
mesi... e per più tempo.»
«Va bene» disse di nuovo Dean, e Cas
accennò un sorriso.
Non sapeva come salutare Dean. Una stretta di mano? Un abbraccio?
Dean sembrò volergli dare un buffetto sulla guancia, ma
all'ultimo cambiò idea e optò per una pacca sulla
spalla.
«Allora... ci vediamo presto, Cas.»
«A presto, Dean.»
«Non mancare... ti
prego.»
Cas deglutì.
«Non mancherò» concluse, sperando di non
dover spezzare anche questa promessa. «Non questa
volta.»
Poi sparì.
Dean, rimasto ormai solo, strinse la mascella.
Poi si asciugò di nuovo gli occhi con la manica della
camicia a quadri, e si ritrovò a fissare la birra di Cas che
gli era rimasta in mano.
Un attimo dopo se l'era scolata, con una lacrima che silenziosa gli
rotolava giù dalla guancia. Questa volta non si
curò di asciugarla.
To be
continued >> Parte 2
~•~Angolo Autrice~•~
Eccomi con una nuova
storia!! Direi che ho parlato anche abbastanza sopra, quindi non
aggiungo altro se non pochissime cose ora che siete arrivati [ancora
vivi] a leggere queste note e che dunque, suppongo, abbiate letto il
capitolo.
Immagino già abbiate capito l'atmosfera no? Posso solo dirvi
che nel prossimo capitolo le cose miglioreranno -somehow- e che
comunque è il mio preferito in assoluto. Avremo momenti
fluffosi e... e... vabbè niente spoiler :D
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e che continuerete
questo percorso con me -I NEED YOU T__T- e... niente. Alla prossima,
carissimi <3
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
|
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Capitolo 2 *** Part 2 ***
The Boy Who Waited 2
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Mi
dispiace per il ritardo, davvero, ma solo ieri mi sono tolta un esame
quindi la settimana scorsa sono stata, aihme, impegnatissima a studiare
ç_ç
Il prossimo -ed ultimo- esame ce l'ho il 9 luglio, e poi FINALMENTE IN VACANZA!
Dio quanto odio la sessione estiva -.-
Comunque il prossimo capitolo arriverà puntuale mercoledì prossimo, giuro! <3
Detto questo vi lascio subito al capitolo -il mio preferito,
nonché bello corposetto °ç°- finalmente 'na
gioia! :D
Soundtracks che ho
ascoltato scrivendo il capitolo
(questa volta vi metto solo quella iniziale, le altre le posterò
nel corso del capitolo con la scritta "qui". Alcune sono le stesse
dello scorso cap. Che volete, sono poco originale, è che ognuna
rappresenta una determinata atmosfera >.>)
1. https://www.youtube.com/watch?v=Dk75GQw-B54 (ascoltata a ripetizione ahah)
The Boy who Waited
Too
late
Quando Castiel tornò
sulla Terra per la terza volta dopo la fine della guerra, era il giorno
del matrimonio di Sam.
Fortunatamente, era riuscito a farsi dare dagli altri angeli il
permesso di scendere. Gadreel, che era il suo comandante in seconda,
aveva in mano il paradiso per quel giorno che lui sarebbe stato assente.
Cas era riuscito ad ottenere più di un'ora di permesso, ma
allo scoccare della mezzanotte sarebbe dovuto tornare su, o il velo
avrebbe subìto nuovi danni.
Come aveva promesso a Dean, apparve lì dove si erano dati
appuntamento, cioè davanti alla chiesa. Si
materializzò vicino ad un cespuglio per non dare troppo
nell'occhio, e poi era emerso fuori, trovando già un sacco
di gente riunita davanti alla chiesa. Tutti erano vestiti in maniera
impeccabile e Cas si sentì un po' a disagio col suo semplice
e sciatto trench, ma poi una voce ormai dolorosamente familiare lo
chiamò e tutte le preoccupazioni si sciolsero come neve al
sole.
«Cas!»
Dean accorreva verso di lui, accelerando il passo e facendosi spazio
tra la folla, senza curarsi di interrompere gruppi nel pieno di una
interessante conversazione tra politica e gossip, e attirandosi
occhiatacce.
Per l'occasione il maggiore dei Winchester indossava un completo scuro,
una camicia bianca e una cravatta a righe oblique viola e blu.
Cas pensò che fosse molto bello.
Questa volta Dean lo abbracciò con entusiasmo. Come quando
erano in purgatorio... e come quando la guerra era finita.
Però fu un abbracciò più breve questa
volta, e Cas non ebbe il tempo di rispondere ad esso avvolgendo le
braccia attorno a Dean che lui già si era allontanato, con
un sorrisone che andava da orecchio a orecchio.
«Non posso crederci! Alla fine sei venuto...»
«Te l'avevo promesso» rispose Cas sincero, e Dean
parve per un attimo sciogliersi sotto il suo sguardo, con quel piccolo
sorriso che sembrava allargarsi, e quegli occhi dolci che a Cas erano
tanto mancati.
Probabilmente avrebbero continuato a fissarsi se qualcun altro non
fosse arrivato al fianco di Dean, facendosi largo tra la folla -in
maniera decisamente più gentile di Dean, con garbo e senza
sgomitare-.
«Eih Dean, sta per iniziare la cerimonia, dove diavolo eri
fini-»
Sam si interruppe quando notò l'interlocutore del fratello.
Cas lo vide letteralmente congelarsi sul posto, pallido e sorpreso, la
bocca bloccata in una mezza "O" e gli occhi spalancati.
«Ciao Sam» lo salutò Cas.
Nemmeno Sam era cambiato tanto: i capelli erano sempre lunghi, ma
adesso più curati e legati in una piccola coda di cavallo.
Poi, era decisamente meno magro e emaciato di prima -e del resto,
l'ultimo ricordo che Cas aveva di lui era di un ragazzo allampanato,
pallido come un morto, insanguinato e con un braccio rotto-.
Ora invece Sam era il ritratto stesso della salute. Più
robusto e colorato. Inoltre, il vestito da sposo e la sua aria da festa
non facevano che renderlo ancora più raggiante.
«Oh, già, dimenticavo...»
ghignò Dean dando una spintarella giocosa a Sam
«Sorpresa!»
«Oh mio Dio» disse Sam sconvolto, e Cas temette che
potesse svenire.
«No, solo Cas» scherzò l'angelo.
*
Adrianne era una bambolina, esattamente come aveva affermato Dean.
Castiel non sapeva chi fosse Jessica, ma se assomigliava a questa
ragazza, anche lei doveva essere stata molto bella.
Aveva i capelli biondi e boccolosi, raccolti in una crocchia, da cui
sfuggivano dei riccioli a cavatappi che ricadevano sul petto.
Il vestito da sposa era molto semplice, con pochi fronzoli ma con una
gonna lunga e larga che si arricciava a terra.
Quando entrò in sala, ci fu un applauso e tutti si alzarono
in piedi -Dean ridacchiò trascinando su Cas, che era rimasto
incantato a fissare la sposa-.
Sam la attendeva all'altare, con uno sguardo raddolcito e
così felice che Cas fu sicuro di non averglielo mai visto
addosso: ricordava Sam come tanto taciturno e malinconico che quel
sorriso fu una sorpresa.
E invece adesso poteva illuminare una stanza, come un sole.
Due ragazzine vestite di rosa accorsero dietro la sposa per reggerle lo
strascico, e mentre lei camminava lentamente nel corridoio,
accompagnata dal padre, tutti nella folla iniziarono a lanciare petali
di rose.
Dean passò la ciotola a Cas, e quando l'angelo immerse la
mano per prenderne una manciata, si scontrò con quella di
Dean.
Si voltò a guardarlo, e Cas non ebbe il coraggio di spostare
la propria mano. Le pelle di Dean era tanto calda...
Dean arrossì leggermente, poi ritirò la mano e si
schiarì la gola, rivolgendo un sorriso e un saluto a Sam,
che ancora attendeva all'altare.
Cas decise che era ora di smetterla di fissare Dean, e così
si voltò di nuovo verso Adrianne, e gettò i
petali.
Più tardi ci furono i giuramenti, poi il prete
parlò, e infine Sam e Adrianne si baciarono, e tutti
applaudirono per la terza volta.
Quando uscirono fuori, i petali furono sostituiti dal riso.
Adrianne buttò il bouquet indietro, senza vedere dove fosse
diretto, e Cas lo notò avvicinarsi pericolosamente a Dean,
così allungò una mano per afferrarlo nello stesso
istante in cui Dean faceva altrettanto.
Dean lo guardò perplesso, vagamente stupito, e Cas non
capiva: lui stava solo cercando di proteggerlo.
«Oh beh, viva gli sposi!» rise Sam tirando in loro
direzione un pugno di riso.
Dean lasciò immediatamente andare il bouquet, rosso in
volto, mentre Cas rispondeva con entusiasmo.
«Viva gli sposi!»
Ovviamente si riferiva a Sam e Adrianne, ma il resto della gente non
sembrava aver colto, perché iniziò a ridere. Cas
continuava a non capire, Dean era sempre più rosso.
«Lascia andare quei cavolo di fiori!» gli ingiunse
Dean imbarazzato, accostandoglisi e schiaffeggiandogli la mano. Cas
mollò la presa, dispiaciuto.
«Perché? Erano belli.»
«Lascia perdere, non capisci...»
«Cosa? E perché stanno ridendo?»
«Te lo spiego più tardi...»
Il ristorante era molto affollato quel giorno, ma anche se fosse stato
vuoto, tutti gli ospiti di Sam l'avrebbero sicuramente riempito.
La tavolata imbandita era avvolta da un'immacolata tovaglia bianca
dalle sfumature oro, e tutti i ricchi vassoi, e i coperchi fumanti, e
le montagne di dolci, e la fontana di cioccolato... a Cas
sembrò la personificazione della tentazione. Tentazione a
cui ovviamente Dean cedette senza rimorsi, perché quando
Dean vedeva crostata di mele e cioccolato fuso perdeva la ragione.
«Beh, sai, Oscar Wilde diceva che l'unico modo per liberarsi
di una tentazione è cedervi» si
giustificò Dean a bocca piena, mentre gustava la fetta di
crostata.
«Pero' poi Oscar Wilde è andato in prigione due
anni per le sue tentazioni» si aggregò Sam apparso
da dietro, tutto allegro, allungandosi per afferrare un pasticcino alla
crema.
«Guastafeste» lo rimbrottò Dean con la
bocca ricoperta di briciole e le guance gonfie.
«E non si parla con la bocca piena. Cas, diglielo!»
«Dean, non si parla con la bo-»
«Ho sentito, cavolo!» Dean deglutì, poi
si asciugò maldestramente la bocca con un tovagliolo e
guardò di traverso Cas e suo fratello.
«Eih, Sam, ma è Garth quello che ci sta provando
con la tua mogliettina?»
Sam si raddrizzò immediatamente.
«Cosa? Dove?»
«Proprio lì» Dean, tutto entusiasta,
puntò il dito in un punto imprecisato dietro Castiel.
L'angelo si voltò per seguire la sua traiettoria e scorse un
uomo magrolino e con un grosso naso che rideva insieme ad Adrianne.
«Secondo te devo preoccuparmi più che possa
mangiarla o provarci?»
«Intendi se devi temere più il lupo o l'uomo? Non
saprei...» Dean ghignò e Sam gli
consegnò bruscamente il suo piattino ricolmo di dolci, per
poi dirigersi a grandi passi verso Adrianne e Garth.
Dean gongolò divertito, e poi si ficcò in bocca
un altro pezzo di crostata.
«Ei' 'as?»
Castiel si voltò di nuovo verso di lui.
«Dimmi.»
Dean gli sbatté sul petto il piatto di Sam, e Castiel fu
costretto ad afferrarlo.
Dean deglutì prima di continuare, come ricordandosi
l'ammonimento di Sam. «Anche se non mangi, almeno fingi di
farlo! La gente potrebbe insospettirsi.»
«Dean, ne abbiamo già parlato... quando sono un
angelo non sento i sapori, ma solo le molecol-»
«Sì, Sam me l'ha detto. Ma provaci lo
stesso.»
Cas si preparò a replicare ma Dean sembrava così
eccitato dall'idea di vederlo mangiare che annuì.
«Come desideri» dei dolcetti nel suo piatto -prima
di Sam- ne afferrò uno dal colorito verdastro, lo
annusò, corrugò la fronte, poi sentì
Dean ridere e fu come se qualcosa avesse sciolto il suo cuore.
Alzò gli occhi sull'altro.
Era bello il suono della sua risata.
Ed era felice di averlo provocato. Così sorrise a Dean e si
ficcò in bocca il dolcino, iniziando a masticare
interessato. Corrugò di nuovo le sopracciglia per capirne il
sapore.
«Questo non l'avevo mai provato...»
«Di sicuro non è cerume» rise Dean che
sembrava un bambino con un gelato.
«Perché, ce ne sono?» si
spaventò Cas e Dean rise così forte che dovette
appoggiarsi alla sua spalla per non cadere.
«Era una battuta, Cas. Una citazione di Silente»
Dean si asciugò gli occhi, e come un deja vue a Cas venne in
mente l'ultima volta che aveva fatto visita a Dean. Anche allora aveva
pianto. Ma questa volta era diverso.
Era strano.
Gli umani non piangevano solo quando erano tristi?
«Cavoli, Cas, sei sempre lo stesso!» Dean rise
ancora un po'. «Sempre lo stesso...»
continuò poi, come perso nel vuoto.
L'atmosfera sembrava essersi fatta più tesa.
«Eih Dean!»
Una ragazza con dei fluenti capelli rossi apparve alle loro spalle,
saltando al collo di Dean.
Cas sentì una morsa chiudergli il petto, e non seppe bene
perché, ma desiderò che quella ragazza la
smettesse di stringere Dean così.
«Charlie!» la salutò Dean,
scompigliandole i capelli, e Cas si irrigidì.
«Per i sette regni, stai una favola!» si sorprese
Charlie spalancando teatralmente la bocca e facendo un passo indietro
per ammirarlo.
«Mai come te. Sembri una principessa appena uscito da un film
Disney.»
«Attento a come parli!» lo apostrofò la
ragazza chiamata Charlie, puntandogli un dito sotto il naso
«Io sono molto di più di una damigella da salvare!
Al massimo puoi dire che assomiglio a Hermione nel quarto film, durante
il ballo del Ceppo...»
Cas si perse nel discorso, e smise di ascoltare, semplicemente
perché non capiva di cosa stessero parlando.
Così si distrasse a guardare il resto della sala -e in un
certo senso fu rincuorante dover distogliere lo sguardo da quella scena.
Ma cosa poteva pretendere?
Erano passati più di cinque anni, ovviamente Dean aveva
incontrato nuova gente, si era fatto nuovi amici... Cas non era
più l'esclusiva, ma gli andava bene così. Anche
con Benny era stato così.
Dean però parve accorgersi del suo sguardo assente
perché si schiarì la gola, e lo nominò.
«Emh, comunque Cas, questa è Charlie.»
Castiel regalò nuovamente la sua attenzione a Dean, poi fece
scorrere lo sguardo sulla ragazza, di almeno una spanna più
bassa di lui.
«Oh... ehm... ciao Charlie.»
«Cas... VUOI DIRE CHE QUESTO E' CASTIEL?»
Dean sembrava vagamente in imbarazzo. «Beh,
s-sì... ehm scusalo, non sa bene come presentarsi alla
gente, si dimentica sempre di porgere la mano» e gli
lanciò un'occhiata eloquente.
Cas si affrettò a rimediare. «Ha ragione... ehm
scusa. Piacere, comunque.»
Charlie però lo fissava come se fosse un dinosauro parlante.
«Non ci credo.»
Cas guardò Dean, con un gran punto interrogativo sulle
labbra.
«Oh mio dio» continuò Charlie.
«Oh mio dio, Dean. E' un angelo!»
Dean ridacchiò «Eh già.»
«UN ANGELO.»
«Emh...» Cas, a disagio, guardò di nuovo
Dean.
«Wow» Charlie si dondolò sulla punta
delle scarpe ballerine. «Ho sentito molto parlare di te, Cas.
Specialmente della tua bellezza sovrannaturale.»
Castiel sollevò le sopracciglia, poi intercettò
per un attimo gli occhi di Dean. «Le hai detto che sono
bello?»
Dean arrossi con una risatina «Alla ragazza piace molto
scherzare!»
«Ho capito, ho capito, me ne vado» lo interruppe
Charlie con un sorrisetto saputo.
«Non è quello che intendevo...»
cercò di rimediare Dean, ma la ragazza gli aveva
già afferrato il colletto.
Castiel trattenne il respiro, temendo che potesse baciarlo.
«Ah, comunque!» la sentì sussurrare per
non farsi sentire da lui, mentre si accostava a Dean e guardava Cas con
fare cospiratorio.
«E' proprio affascinante come dicevi!»
«Io non ho mai detto che era affascinante!»
ribatté Dean sempre sussurrando.
Charlie ridacchiò, poi gli diede una gomitata e gli fece
l'occhiolino. «Allora vi lascio soli soletti!»
«No, Charlie... Charlie!» Dean lasciò
ricadere le braccia, mentre la ragazza sgattaiolava via.
«Niente da fare... aah la solita vecchia Charlie»
Dean scosse la testa, poi tornò da lui, con un sorriso.
«Scusala.»
«No, non preoccuparti. E' simpatica.»
Dean annuì, afferrando l'ultimo pezzo della sua crostata.
Castiel non riuscì a controllare la propria voce.
«State molto bene assieme.»
Dean si affogò con il pezzo di crostata.
«Cosa?» biascicò, tossendo. Poi scosse
la testa, battendosi un pugno sul petto. «Non stiamo mica
assieme!»
«Oh» Castiel cercò di contenere il
sollievo. «Scusa, non avevo capito. Credevo foste una
coppia.»
«Io e Charlie?» Dean era seriamente sconvolto
«Vuoi scherzare? E' come una sorellina minore! E in
più è impossibile...»
«Perché?» volle sapere Castiel, ingenuo.
«E' lesbica. Le piacciono le donne.»
Cas sentì il sollievo quasi soffocarlo.
«Ah» disse semplicemente, perché non
sapeva cosa aggiungere.
«Bene.»
Dean sollevò un sopracciglio e Cas quasi inciampò
sui suoi stessi piedi.
«Cioè, non bene.
Voglio dire, mi
dispiace.»
Dean rise e gli diede un colpettino col dito sulla guancia.
«Che sei stupido.»
Cas rimase sorpreso da quel gesto. Dean poi salutò una
coppia di amici di Sam che era arrivata in quel momento, e Cas
automaticamente si portò la mano alla guancia, lì
dove il dito di Dean l'aveva toccato.
La pelle dell'amico era davvero piacevolmente calda. Avrebbe voluto...
che quel contatto durasse di più.
Scosse la testa.
Volere?
Lui non poteva volere
niente.
A mezzanotte sarebbe andato via di nuovo, lasciando Dean un'altra
volta... non poteva permettersi il lusso di volere qualcosa. Non poteva
far soffrire Dean così tanto.
E poi... non c'era tempo. Non
c'era tempo.
Dopo il taglio della torta -dove Sam aveva offerto una fetta alla
moglie, e Adrianne gliel'aveva impiastricciata sul muso, tra le risate
del pubblico, e Cas era così intento a guardarli, pensando
che fossero una bella coppia, che Dean fece la stessa identica cosa e
un attimo dopo Cas stava soffocando con la bocca, il mento e la punta
del naso pieni di torta mentre Dean rideva e Charlie batteva le mani
euforica- e lo stappamento dello champagne al coro di "viva gli sposi",
Sam e Adrianne avevano aperto le danze, e ora volteggiavano in mezzo
alla pista, il vestito di lei che si gonfiava ad ogni giro, lui con una
presa solida sul suo fianco e quel sorriso così dolce.
Dean e Sam non si somigliavano molto, sebbene fossero fratelli: eppure
c'era qualcosa, forse nelle espressioni, nel modo di sorridere, che li
accomunava. L'aria
Winchester, l'avrebbe definita Cas.
Così, quando Cas notò quel particolare sguardo e
quel particolare sorriso che Sam rivolgeva esclusivamente a sua moglie,
fu sicuro di averlo già visto pure in Dean.
E adesso entrambi erano poggiati con il dorso sul tavolo bianco, mentre
le coppie stavano seguendo l'esempio di Sam e Adrianne, ballando in
pista al ritmo di un lento.
Dean era probabilmente all'ottavo bicchiere -Cas non avrebbe saputo
dirlo, dal momento che da quando avevano stappato lo champagne loro due
non avevano fatto altro che bere, insieme a Charlie.
O almeno, Cas aveva fatto finta, dato che con lui l'alcol avrebbe
impiegato molto più tempo per fare effetto.
Adesso Charlie era totalmente ubriaca e ballava da sola al centro della
pista, girando su se stessa e scontrandosi di tanto in tanto con le
altre coppie, compresa quella composta da Garth e sua moglie.
«Non credevo che Sam sapesse ballare»
commentò Castiel guardando la maestria con cui Sam faceva
volteggiare la sua dama.
«E infatti non sapeva farlo» Dean rise sull'orlo
del bicchiere, ancora una volta di un ricordo che Castiel si era perso
con la propria assenza.
«Con quelle pertiche che si ritrova al posto dei piedi, era
un miracolo che la poverina non finisse azzoppata. L'ho fatto iscrivere
ad un corso intensivo di ballo» mosse il bicchiere, facendo
agitare le bollicine.
«Lui mi ha dato il permesso, ad una condizione: che io gli
facessi compagnia. E io ho acconsentito.»
«Quindi hai fatto anche tu il corso di ballo?»
Dean gli rivolse un sorriso storto, poi sollevò un
sopracciglio, e sembrava un ragazzino in quel momento. Forse l'alcol
iniziava a reclamare la sua presenza.
«Certo che no.»
«Ma... gliel'avevi promesso.»
Dean scrollò le spalle e prese un altro sorso dal lungo
bicchiere, senza guardarlo.
«Sì, beh, ho mentito.»
Castiel abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere, osservando
il colorito giallognolo del contenuto.
«Le promesse sono fatte per essere mantenute...»
«Se davvero fosse così nessuno le spezzerebbe, e
invece...»
Castiel si sentì punto sul vivo. E, in un certo qual modo,
il pensiero lo rattristò. Strinse bruscamente la presa sul
bicchiere senza rendersene conto.
«Dio, non...» Dean parve aver notato il suo
cambiamento «Cas, te lo giuro, non intendevo... affondare il
coltello nella piaga. Scusa. Non mi riferivo a te...»
«No, hai ragione.»
Castiel poggiò il bicchiere sul tavolo dietro di
sé, per evitare di spezzarlo, ma Dean cercò la
sua attenzione, afferrandogli il polso.
Quando Castiel si voltò, Dean era più vicino del
solito: forse l'alcol offuscava la sua vista.
«Tu hai mantenuto la promessa, Cas. Mi avevi promesso che
saresti tornato, e infatti... eccoti qui. Non pensare mai che possa
essere arrabbiato con te, Cas. Okay?»
Cas batté le palpebre, ritraendosi un po' e Dean
sembrò accorgersi solo in quel momento della vicinanza.
«Scusa.»
Dean lo occhieggiò nervosamente, poi aprì bocca,
ma parlò con la voce di Sam.
«Eih ragazzi, tutto okay?»
Sam si aggrappò alle loro spalle.
Dean cambiò immediatamente espressione, assumendo un sorriso
giocoso. «Sì, benissimo. E tu, Tony
Manero?»
«Non esageriamo, non sono così bravo...»
rise Sam, che aveva le guance arrossate per la fatica, e la fronte
imperlata di sudore.
«Allora, che stavate facendo? Mi sembrava che... insomma
tutto bene tra voi due?»
«Sì, Sam, non preoccuparti» decise di
intervenire Cas, ancor prima di Dean, e Sam parve tranquillizzarsi, poi
annuì e diede loro uno schiaffo sulle spalle.
«Ottimo. Quindi, musoni, smettetela di stare lì
come due vecchietti e venite a ballare.»
«In realtà stavo bevendo...»
obiettò subito Dean, ritraendosi da Sam, e fingendosi
interessato a sorseggiare il suo champagne. Sam assunse la sua classica
espressione da cane irritato, poi gli tolse di mano il bicchiere, se lo
ingollò in un attimo, e lo abbandonò sul tavolo.
«Ecco, adesso non c'è più questo
problema.»
«Ma non so comunque ballare, quindi...»
tentò ancora Dean.
«E nemmeno io» si aggregò Castiel,
sincero.
Sam sbuffò.
«E chi se ne frega! E' il giorno più felice della
mia vita, e non voglio vedere mio fratello e il mio migliore amico
isolarsi dai festeggiamenti per via della timidezza.»
«Ma non è la timidezza...» stava
cercando di spiegare Dean, quasi offeso, ma Sam non gli permise di
finire la frase. Afferrò entrambi per le maniche e li
gettò letteralmente in pista, in mezzo alla folla.
Cas e Dean rischiarono di inciampare, ma era ormai troppo tardi,
perché la folla sembrava essersi richiusa attorno a loro.
Erano in trappola.
«Io il lento non lo ballo» si rifiutò
Dean, che sembrava voler guardare tutto tranne che lui.
«Ce l'ha chiesto Sam. Forse dovremmo...»
«Cas, non con
te!»
Castiel si costrinse a non sentirsi offeso. Ingoiò la
delusione.
«So di essere...
goffo, diresti. Ma sono un angelo. Posso
imparare, mi basterà osservare gli al-»
«Non è questo!» Dean sbuffò,
distogliendo lo sguardo.
E poi fu come se Dio li avesse ascoltati. O il DJ.
All'improvviso le luci si spensero, e si accesero solo quelle colorate
intermittenti.
Dal lento si passò ad una canzone tecnho.
Dean e Cas, coi nasi per aria, sorpresi dal cambiamento, non si
accorsero di Charlie.
La ragazza era ormai totalmente andata, e si scontrò con
Dean mentre piroettava in pista.
Dean perse l'equilibrio e finì addosso all'altro. Castiel
riuscì a reggerlo, e senti il suo corpo forte e muscoloso
premere contro il proprio, e il suo profumo di dopobarba, pelle,
crostata di mele e champagne stordirlo per un attimo
«Scusami, mi hanno spinto, non era mia
intenzione...»
Cas annuì, ma non lasciò la presa sulle sue
braccia. Erano vicinissimi, ma a nessuno dei due sembrò
importare di tornare alle posizioni iniziali.
Forse per via del buio, che pareva dilatare la loro distanza.
La musica cambiò di nuovo. Il DJ la annunciò:
Country Roads. (Qui)
Dean sbuffò una risata.
«Musica country? Sul serio? Questa sarebbe più per
il mio matrimonio, non per quello di Sam»
commentò, stupito.
«Perché, ti sposi?» domandò
Cas, improvvisamente senza fiato, e pronto a lasciare la presa sulle
braccia di Dean.
«No» rispose Dean in un sussurro deciso, e poi
strinse le braccia di Cas, quasi ad impedirgli di allontanarsi.
Castiel avvertì uno strano calore e provò un
sorriso. Gli occhi di Dean, al buio, sembravano neri. Ma erano
ugualmente brillanti e intensi.
Tutto attorno a loro la gente si scatenava, Sam in primis che aveva
iniziato a girare insieme alla sua sposa, a braccetto al contrario.
E poi Sam, ridendo, li raggiunse. Prese a braccetto Cas, trascinandolo
a ballare, mentre Dean rideva guardandoli, e un attimo dopo Charlie
faceva la stessa cosa con lui.
Poi parvero scambiarsi un'occhiata complice: Sam lasciò
andare Cas e afferrò Charlie a braccetto, e Dean e Cas
finirono di nuovo assieme.
«A quanto pare non abbiamo scelta»
annotò Castiel. Dean scosse la testa con un sorriso, poi
lanciò un urlo, afferrò Cas a braccetto e
iniziarono a girare, come tutti gli altri.
E Cas non seppe dire se per lo champagne -ma in teoria agli angeli non
poteva fare effetto, non così presto- o solo per l'atmosfera
gioiosa, ma fu come se qualcuno avesse sciolto le articolazioni delle
sue gambe. Non era più rigido.
Era sciolto, e stava ballando. Con
Dean.
In più, all'improvviso tutte le preoccupazioni sembravano
insignificanti.
Che importava se sarebbe andato via?
In quel momento c'era. Ed era con Dean. Voleva assaporare questi
istanti fino alla fine.
E poi Dean sembrava così felice, mentre cambiavano lato di
braccio, e rideva, rideva, rideva così tanto che Cas alla
fine si ritrovò a ridere con lui, e fu tutto così
intenso che quando finì la canzone non se ne accorsero
nemmeno e si fermarono solo quando anche gli altri lo fecero, e
rimasero lì, vicini, col fiatone, a guardarsi negli occhi, e
cercare di riprendere ossigeno tra una risata e l'altra.
Cas non si era mai divertito così.
Purtroppo, come tutte le cose belle, anche quel giorno stava per
terminare.
Era ormai calata la notte: il cielo da azzurro chiaro, era diventato
rossastro, poi blu e adesso praticamente nero.
La maggior parte degli invitati se n'era andata, e Sam aveva salutato
al volo Dean, Cas e tutti gli altri, per potersi allontanare con sua
moglie a bordo della carrozza nuziale.
Dean gli avrebbe poi fatto recapitare i regali di nozze direttamente
nel nuovo appartamento.
Sam non sapeva che Cas sarebbe rimasto un giorno solo... e Dean non
aveva avuto il coraggio di dirglielo.
E nemmeno Cas: Sam era così felice, non voleva rovinargli la
festa. Quello era il suo
giorno, e non doveva essere oscurato da alcun
pensiero negativo.
Così, Dean e Castiel stavano camminando fianco a fianco nel
giardino fuori dal locale, mentre la mezzanotte si faceva sempre
più prossima.
«Mi dispiace di non aver portato con me un regalo per gli
sposi» Cas abbassò la testa, afflitto.
«Non sono ancora pratico delle tradizioni umane, non sapevo
che si dovesse... scusami.»
«Cas, smettila» Dean scosse la testa, ma invece di
essere infastidito sembrava divertito. «Sei sempre il solito,
eh? Non ti smentisci mai...»
«Se solo l'avessi saputo...»
«Cas» Dean arrestò la camminata, e
fermò anche Cas, con una mano sul petto «La tua
presenza è il regalo migliore che potessi farci... Sam era
così contento di vederti.»
Cas sollevò gli angoli della bocca e Dean riempì
i polmoni.
La sua presa sulla spalla dell'angelo parve vacillare.
«E... e lo sono anche io.»
Dean abbassò lo sguardo, e lasciò scivolare la
mano. Cas la afferrò con la sua e Dean rialzò gli
occhi, sorpreso da quel contatto.
Cas, dal suo canto, non avrebbe mai smesso di stupirsi del calore
emanato dalla pelle di Dean.
Quella sensazione gli sarebbe mancata così tanto in
paradiso...
«Questo è stato uno dei giorni più
belli di tutta la mia esistenza, Dean. Tu e Sam siete
davvero...»
Dean lo scrutò, in attesa. Cas gli strinse la mano.
«... molto importanti... per
me.»
Dean fece un sorrisetto, e fu in quell'istante che Cas si rese conto
che ecco, era proprio questo lo stesso sguardo che Sam aveva rivolto ad
Adrianne.
Poi l'orologio trillò, interrompendo l'atmosfera e le beghe
mentali di Cas, e Dean sfilò la mano da quella dell'angelo
per controllare l'orario sul polso.
«Cinque minuti...» annunciò con voce
tremante, e poi deglutì, e guardò Cas, e entrambi
sentivano il peso di quelle parole.
Non voglio andarmene... pensò
Cas, e gli occhi di Dean
sembravano urlargli: Non
voglio che tu te ne vada.
«Cosa succede se non torni in tempo?» volle
informarsi Dean, titubante.
«Il velo non è stato ancora riparato del tutto. Se
dovessi sforare il tempo, verrei totalmente buttato fuori dal paradiso.
Per sempre. Le mie ali andrebbero a fuoco, e perderei la grazia, e...
non potrei più tornare indietro.»
Dean ascoltò, attento.
Poi ripresero a camminare.
«Beh...» Dean calciò via una pietra,
senza guardarlo, le mani affondate nelle tasche e lo sguardo basso.
«La vita da umano non è poi così
brutta, no? Anzi, credevo ti piacesse...»
«E mi piace, infatti, ma...»
«E allora?» Dean alzò lo sguardo su di
lui «Che problema c'è? Potresti restare
qui...»
«Dean...» Cas sentiva il cuore pesante.
Dean difficilmente era così sincero con lui: accadeva solo
quando era ubriaco, oppure quando era terrorizzato all'idea di
perderlo. E adesso era entrambe le cose.
«Potresti vivere qui... mi prenderei io cura di te. Non
dovrai preoccuparti di nulla, non... non permetterò a
nessuno di farti del male...»
E gli occhi di Cas iniziarono a pizzicare.
Forse per via del freddo? Non avrebbe saputo dirlo. Aveva qualcosa in
gola, ma non sapeva cosa. Era una sensazione fastidiosa. Si sentiva
soffocare.
«Dean... Dean, non posso, lo sai...»
«Ti prego...» soffiò Dean, e ancora una
volta sembrò sul punto di spezzarsi «Ti prego,
Cas... non puoi lasciarmi di nuovo...»
«Dean... non rendere tutto più
difficile...» Cas strinse i pugni «Sapevi che non
potevo restare per troppo tempo...»
«Sì, ma questo non addolcisce certo la
pillola...» gli occhi di Dean brillavano «Cinque
anni Cas... da quando te ne sei andato, quella sera, a cercare
Metatron... tu non sai com'è stato difficile per
tutti» prese un respiro tremante «Com'è
stato difficile per me.»
«Non sapevo fosse passato tanto tempo, te l'ho
detto...»
«Cas, tu hai l'eternità davanti, io no!»
e la voce di Dean era così spezzata che sembrava potersi
piegare al vento come una foglia. Cas aveva paura anche di sfiorarlo,
temendo che potesse infrangersi tra le sue dita.
«Quando tornerai di nuovo? Tra altri cinque anni? Mi sei
mancato tanto... non sono abituato alla tua assenza. E anche se ci ero
riuscito... ora sei qui. E dimenticarti di nuovo... non so se posso
farcela.»
«Non devi dimenticarmi» il dolore di una spada
angelica nel cuore era molto meno intenso. Cas si sentiva distrutto.
«Perché deve finire così?»
Dean guardò l'orologio. «Due minuti...»
«Dean...»
«Ti sto pregando, Cas. Non
lasciarmi. Ti supplico.»
Ed eccola lì: una lacrima fece capolino tra le ciglia di
Dean, pronta a rotolare giù. Dean si premurò di
cancellarla, ma Cas mosse un dito prima di lui, e la raccolse.
Dean parve sorpreso dal gesto, ma non lo allontanò.
«Ti ho fatto una promessa, Dean. E per quanto tu possa avere
poca fede, sai che la manterrò. Tornerò da te.
Tornerò sempre
da te.»
«Sì, ma quando?»
«Non lo so» rispose sincero Cas, e
allontanò il dito. «Ma
tornerò.»
«Nel prossimo secolo?» chiese Dean, sarcastico, e
fece qualche passo indietro, come un animale ferito.
«No» promise Castiel, determinato. «Se
potessi tornerei domani, e il giorno dopo ancora. Ma non posso. Se
c'è una cosa che posso fare, è una promessa:
è tutto ciò che mi resta. Non farò
passare così tanto tempo. Non me lo permetteranno tra tre
mesi come adesso, ma te lo giuro, Dean... anche nel peggiore dei casi,
non lascerò passare mai
più di cinque
anni.»
Dean annuì, perché non poteva fare altro.
«D'accordo... voglio fidarmi di te.»
«Grazie.»
«Ti... ti aspetterò, allora.»
«E io aspetterò di rivederti» gli
rivelò sincero Castiel. Poi non aspettò che
l'altro gli facesse un gesto. Si avvicinò, e gli strinse le
braccia attorno al corpo.
Dean gli si aggrappò come se fosse la sua ancora di
salvezza, affondando il volto nel suo trench, e le dita tra i suoi
capelli.
Castiel appoggiò il mento sulla sua spalla, e non voleva
sciogliere l'abbraccio.
Sentiva il cuore di Dean pulsare contro il suo petto, e il calore della
sua pelle passare attraverso i vestiti. E poi di nuovo quell'odore di
dopobarba, torta di mele e champagne.
Tutto, in quel profumo, gli era familiare.
E nella consistenza della pelle, nella forma dei muscoli... aveva
ricomposto lui stesso quel corpo, e quell'anima, pezzo dopo pezzo.
Quella era la stessa spalla dove gli aveva lasciato il marchio.
Aveva sempre visto Dean come qualcosa di troppo prezioso, da
proteggere, qualcosa per cui valesse la pena lottare. Per cui valesse
la pena morire.
E invece stava rinunciando di nuovo a lui.
L'unico suo desiderio era stringerlo ancora tra le braccia. Per sempre.
Ma il per sempre
non esisteva.
Non esisteva per Dean.
E non esisteva per lui... il minuto stava per scadere.
Castiel sapeva che sarebbe dovuto tornare, ma non ebbe la forza di
sciogliere l'abbraccio.
Era quasi tentato di lasciar perdere, di rischiare di morire,
perché l'importante era stare con Dean, ma poi Dean stesso
si discostò da lui.
«Devi andare» disse, monotono.
E Cas deglutì.
Sì, vero.
A quanto pare il destino aveva scelto diversamente. Dean aveva scelto
diversamente.
«Mi dispiace.»
«Non dirlo.»
«Tornerò.»
«Ci conto.»
E poi Castiel sparì.
Dean affondò ancora di più le mani nelle tasche,
cercando un po' di conforto, un po' di calore. Ma il calore di Cas, del
suo abbraccio, era svanito. E adesso il freddo lo stava uccidendo.
«Ti aspetterò» bisbigliò al
giardino deserto.
To be
continued >> Parte 3
~•~Angolo Autrice~•~
Vi ho fatto aspettare ma ecco che vi ho regalato un capitolo bello lungo! :D {doppi sensi esclusi >_>}
Vorrei innanzitutto ringraziarvi per tutto il supporto e l'amore, e le
bellissime recensioni, e chi ha aggiunto la storia alle
preferite/seguite/ricordate, riempite il mio cuoricino e mi fate venir
voglia di scrivere sempre di più <3
Chi l'avrebbe mai detto che le recensioni sono la salvezza degli
scrittori? cwc (e sì, guardo voi lettori silenziosi, datevi 'na
mossa! ^^)
C'è chi ha paragonato questa storia a Twist&Shout (oddio,
sul serio? E' così terribile? OnO), chi mi ha paragonato ad
un'assassina senza cuore (---ish), chi ancora ha paura di continuare
con la lettura.
Beh vi ringrazio comunque molto <3
Come ho già anticipato tengo molto a questa storia e al
"messaggio" che vuole trasmettere, e come ogni storia angst che si
rispetti anche la mia ha un THEME tipico! (ovvero uno scambio di
battute ricorrenti)
Una è: "troppo tardi" -traduzione di too late, che infatti è anche il sottotitolo della storia-
E l'altra: "Tornerò" "Ti aspetterò/Ci conto"
perché sono una persona bastarda e consapevole di ciò :P
ADRIANNE è il nome
dell'attrice che fa Jessica. Sì, okay, uccidetemi ma per me
l'anima gemella di Sam era Jessica e se non può essere lei che
almeno sia l'attrice ahahah -cose senza senso lo so-.
L'immagine che ho scelto alla fine descrive perfettamente la scena di
Cas che asciuga le lacrime di voi lettor--emh volevo dire di Dean.
Sì. Già. Umh. *si schiarisce la gola*
Questo capitolo è un mix di fluff e dolore e mi piace
particolarmente perché Sammy si sposa, insomma, e sono tutti
felici ed è bello vederli felici per una volta!! *__*
Che altro posso dirvi? Alla prossima volta <3
ps: dal prossimo capitolo iniziano i dolo---emh no spoilers, okay
pps: che bello che tutti avete colto il legame tra Amy e Dean. E' straziante, vero? Ecco ç_ç
ppps: Charlie rappresenta il mio lato più nerd. Il tributo a
Oscar Wilde -nello scambio di battute tra Sam e Dean- era necessario.
Non come sfoggio di cultura ma perché AMO Oscar Wilde *^*
pppps: TUTTI shippano destiel al matrimonio, nel caso non si fosse capito
Stasera rispondo alle scorse recensioni, ora purtroppo devo scappare!
Tornerò, proprio come Cas, lo giuro! ç_ç
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
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l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
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Capitolo 3 *** Part 3 ***
The Boy Who Waited 3
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Lo
so, vi avevo promesso di aggiornare mercoledì scorso ma ho avuto
davvero delle settimane di fuoco xD Tra studio, ospiti a casa, i miei
amici che mi trascinavano ovunque e stanchezza incredibile non ho
proprio avuto il tempo. Perdonatemi ç_ç
In compenso godetevi un capitoletto più lungo del solito, anche se vi avverto... pain.
Fluff, angst, fluff. Spero di non distruggervi, e che arriverete "sani" (relativamente) alle note finali.
Enjoy cwc
Soundtracks
che ho
ascoltato scrivendo il capitolo
(Come sempre ci sono le soundtrack a "tema", e con questo capitolo vi è l'aggiunta di due nuove tracce dei Sleeping at Last.
Mi hanno anche ispirato col testo) Intanto vi posto quella con cui
iniziare a leggere, le altre le troverete nel corso del capitolo ;)
1. https://www.youtube.com/watch?v=YJsF7sHpaPs
The Boy who Waited
Too
late
Quando Castiel tornò
sulla Terra per la quarta volta, il suo radar angelico lo
trasportò in un giardino che non aveva mai visto prima.
Una palla colorata gli ruzzolò accanto alle gambe e
rischiò di farlo inciampare, costringendolo a fare un passo
di lato. Un ragazzino biondo arrivò subito dopo, ridendo ed
afferrando la palla gonfiabile.
Quando lo notò, tuttavia, impallidì spaventato.
«Zio...?» chiamò debolmente,
indietreggiando.
Castiel sapeva che avrebbe dovuto tranquillizzarlo, magari rivelandogli
che aveva solo commesso un errore di calcoli e sbagliato casa.
Allargò le braccia e si preparò a dir qualcosa
quando una voce abbastanza rauca gli giunse alle orecchie, insieme
all'uomo che era appena emerso sull'uscio.
«Che succede, John?»
Quella voce...
Castiel alzò il volto nello stesso istante in cui l'uomo
sulla porta faceva altrettanto.
Il volto dell'uomo si distese.
«Cas...?»
Allora non aveva sbagliato.
«Dean...» rispose Castiel, ma qualcosa gli si
agitò nello stomaco.
Osservò il bambino, poi il giardino, ancora smarrito.
Il bambino raggiunse Dean e gli si aggrappò al fianco, e il
cacciatore gli accarezzò i capelli sorridendo.
«Eih Cas, questo è John. John, questo è
Castiel.»
«Piacere...» balbettò il ragazzino
porgendogli timidamente una mano.
Castiel guardò Dean, confuso, e Dean si limitò ad
annuire.
«C-ciao John» disse Cas, stringendogli brevemente
la mano. Il ragazzino si schiarì la gola, e notando il
disagio Dean decise di intervenire.
«Cas è un vecchio amico di famiglia.
Papà sarà felice di vederlo, quando
tornerà stasera!»
Papà? si interrogò Cas, mentre i pezzi del puzzle
iniziavano a incastrarsi.
«Torna a giocare, dai!» Dean diede una pacca sulla
spalla del ragazzino, e quello corse via, in direzione di una piscina
dove una ragazzina identica a lui agitava i piedi. La piccola aveva i
capelli biondi legati in due codine e urlò quando il bambino
la gettò in acqua.
«Sono ragazzi» rise Dean perso a fissarli,
scuotendo piano la testa.
Cas tuttavia non riusciva a distogliere lo sguardo da lui.
C'era qualcosa di profondamente sbagliato e diverso in Dean.
Forse nei capelli, adesso meno folti e vagamente ingrigiti, o forse nel
volto stanco e scolorito, o nelle leggere rughette ai lati degli occhi
e della bocca.
Dean si voltò a guardarlo, e Cas si sentì come
scoperto a frugare di nascosto.
Arrossì e distolse lo sguardo, con un brivido che gli
attraversava la spina dorsale.
Quei ragazzini, papà...
«Sono i figli di Sam?»
Dean annuì.
«Sì» confermò, senza
aggiungere altro.
Castiel sentiva i suoi occhi addosso. Si morse il labbro inferiore.
«Quanti... quanti anni...»
«Sono passati? Dieci» rispose Dean come se stesse
parlando del tempo. Tuttavia, Cas poteva percepire una certa tensione
nella sua voce. «Mary e John hanno otto anni, sai? E ce
n'è un terzo, lì dentro» il suo volto
si intenerì al pensiero «il piccolo Adam. Ha solo
sei mesi, vuoi vederlo?»
Dieci anni, pensò però Cas, avvertendo
all'improvviso la gola secca.
«Certo» disse invece, sperando che la voce non
tremasse troppo.
Dean si mosse subito verso la casa, senza guardarlo, e Cas si
affrettò a stargli dietro. «Dean...»
«E' piccolissimo, devi vederlo. Ha preso tutto da
Sammy.»
«Dean...» ripeté Cas, senza demordere.
«Io... mi dispia-»
«Se ti stai chiedendo dov'è Sam, lui e Adrianne
sono andati a fare shopping. Delle ragazzine, vero? Gliel'ho detto
anche io. Lui si è incazzato. Dettagli» rise con
forse troppo entusiasmo, mentre superavano il salotto e la cucina,
diretti probabilmente alla camera del neonato «E quindi mi ha
chiesto di fargli da baby-sitter. Non che mi dispiaccia, sia chiaro.
Quei marmocchi, loro... è bello stare con loro,
sai?»
«Dean!»
Castiel gli afferrò il polso, costringendolo a fermarsi.
Dean si voltò a fronteggiarlo, con un secco: "Che
c'è?" e all'improvviso a Cas tremavano le ginocchia.
Non aveva il coraggio di chiedergli perché stesse cercando
di evitare il discorso, perché stesse straparlando per non
affrontarlo.
Castiel però non gliel'avrebbe permesso.
«Mi dispiace, Dean!» gli comunicò con
eloquenza, strattonandogli piano il braccio. «Io non potevo
immaginare... ti giuro che non dipende da me. Non credevo che sarebbe
passato tanto tempo, te l'avevo promesso e...»
Gli occhi pizzicavano e non sapeva spiegarsi perché
«E io volevo mantenere la promessa. Te lo giuro, devi
credermi.»
«Okay» replicò Dean, atono, scrollando
le spalle. Gli fece un cenno con la testa verso la porta.
«Comunque la stanza di Adam è da quella
par-»
«Dean, parlo seriamente!» Cas gli tirò
di nuovo il polso e a quel punto Dean esplose.
Forse si era trattenuto fino a quel momento, forse era inevitabile.
Strattonò il polso dalla presa di Castiel, con un movimento
brusco, e gli si pose davanti, furioso.
«Che vuoi, Cas? CHE CAZZO DOVREI DIRE?!»
Castiel aprì bocca per rimediare... la situazione gli stava
sfuggendo di mano.
Ma Dean non gliene diede il tempo.
«Che dovrei dire?! Che va tutto bene? Che va bene che mi hai
abbandonato di nuovo, dopo che mi avevi promesso che saresti tornato?
Vuoi che ti dica che non è cambiato niente, che è
tutto apposto, tanto cosa vuoi che siano dieci fottuti ed interminabili
anni. E' questo che vuoi? Che ti dica che io sto bene?
Perché non è così, Cas! Non sto bene!
E niente va bene! Quindi, dimmi. Cosa vuoi, Cas? COSA?»
Castiel si ritrovò totalmente preso alla sprovvista.
«Io... io non lo so. Volevo solo... farti capire.»
«E ho capito, dannazione! Questo dovrebbe forse far meno
male? Perché...» Dean si portò un pugno
alle labbra, quasi per frenarsi. Poi distolse gli occhi lucidi.
«Lasciamo perdere» si trattenne, deglutendo
«Non voglio parlarne. Non voglio allarmare i ragazzi,
né svegliare Adam. Che tra parentesi è nell'altra
stanza, se vuoi vederlo. E se non vuoi vederlo vaffanculo.»
«Dean...» tentò ancora debolmente Cas,
sollevando una mano, ma Dean era schizzato già via, diretto
alla stanza e reggendo la porta per lui.
Cas sospirò e riabbassò il braccio, rassegnato.
Poi cautamente seguì l'amico all'interno della camera. (Qui)
Dean richiuse la porta, immergendoli nella semi-oscurità
delle quattro mura, e si volse verso di lui con un dito sulle labbra,
ad intimargli silenzio.
Cas annuì, non avendo altra scelta, e Dean avanzò
con passi felpati fino ad una culla dalle sfumature bluastre.
Mentre Dean rivolgeva al piccolo una vocina infantile e comunicava in
bambinese, Cas ne approfittò per dare una veloce occhiata
alla stanza: le pareti erano colorate a rappresentare paesaggi allegri,
montagne, fiori colorati, ed un cielo più azzurro di quello
reale.
Il pavimento era cosparso di giocattoli di tutti i tipi, da peluches, a
robot metallici, a dinosauri, e perfino un lungo trenino sul quale Cas
inciampò senza ritegno.
Al tramestio prodotto dal suo piede in fallo, che lo buttò
dritto su una cassettiera piena di libri, il bimbo si
svegliò e iniziò a frignare.
Castiel cercò di riemergere dal cumulo di libri per bambini
che gli erano piovuti addosso, e Dean si voltò un attimo per
soccorrerlo. Poi però il bimbo pianse più forte e
Dean deviò traiettoria e andrò a prenderlo in
braccio.
«No, va tutto bene, va tutto bene, è solo lo zio
Cas che è un po' svitato» cercò di
consolarlo Dean coccolando il bambino tra le braccia, con un dito
vicino alla sua bocca.
Il bimbo continuò a piangere, rosso in volto, e ad agitare i
pugnetti.
«Ah!» sbuffò Dean, esasperato,
regalandogli un'occhiataccia. «Ecco adesso l'hai svegliato.
Hai idea di quanto ci abbia messo per farlo addormentare?»
«Scusa» sibilò Castiel, spostando con
sgarbo il trenino incriminato e rimettendosi in piedi. Si
spolverò il trench e poi agitò due dita.
La cassettiera si rialzò magicamente e i libri tornarono al
loro posto, in una sequenza ordinata.
Dean lo guardò con tanto d'occhi, agitato.
«Ma che ti salta in mente?! E se ti vedesse
qualcuno?»
«Non c'è nessuno in questa stanza, Dean»
replicò Castiel, levando un sopracciglio «a parte
me e te e... lui. A meno che non pensi che un bambino che non sa
neanche parlare possa denunciarmi.»
Dean tramontò gli occhi al soffitto e poi lo
ignorò, concentrando tutta la sua attenzione sul piccolo,
che continuava a vagire, con grossi lacrimoni che gli emergevano dalle
palpebre.
«Oh no, no, ti prego, fermati... eeeih piccolo Adam? Chi
è il bambino più bello del mondo? Eh? Ma sei
tu!» tentò Dean inutilmente mentre il piccolo
simulava un conato dallo stress.
«Forse ha fame» tentò Cas, avvicinandosi
piano e sporgendosi oltre la spalla di Dean.
«Nah, gli ho dato il biberon mezz'ora fa. Non può
avere ancora fame!»
«Beh, mi ricorda qualcuno...» provò a
scherzare Cas alzando su di lui un'occhiata giocosa.
Dean si bloccò un attimo, come se stesse processando, poi si
voltò a guardarlo, e sollevò un sopracciglio.
Tuttavia, il suo tentativo di rimanere impassibile e duro nei suoi
confronti svanì non appena i loro sguardi si incrociarono.
Dean ghignò, riabbassando lo sguardo, sempre con quel
sorriso dolce che a Cas era tanto mancato.
Dieci anni... dieci lunghi anni.
Come aveva potuto...
Perdersi dieci preziosi anni della vita di Dean. Non era giusto.
Cas si costrinse a guardare qualcos'altro che non fossero le lentiggini
del cacciatore, o le sue lunghe ciglia, e così si
ritrovò a scrutare la culla del bimbo.
Proteso sopra la culla vi era un archetto azzurro, e ad esso appese
delle stelline colorate, dei pianeti e, Castiel aguzzò la
vista, perfino degli angioletti.
Erano i classici angeli che gli umani amavano rappresentare, con le
faccette tonde e il pancino scoperto, il corpo celato solo da un drappo.
Eppure, uno degli angioletti, quello più centrale, era stato
modificato. Qualcuno gli aveva cucito un piccolo trench addosso, e una
cravatta blu.
Cas avvertì come un pugno allo stomaco. Distese il volto,
socchiuse le labbra.
Oh Dean... pensò e cercò subito i suoi occhi.
Ma Dean non lo stava guardando. Stava ancora agitando dolcemente Adam,
dandogli piccole pacche tra le scapole per farlo calmare.
Ma niente.
«Posso... posso provare io?» si offrì
Cas, sentendosi in debito. Dean gli rivolse uno sguardo accigliato,
sicuramente pronto a rifiutare, ma poi Adam pianse più forte
e capitolò.
Si lasciò scivolare il bimbo di nuovo sulla piega del
gomito, e poi lo porse all'angelo.
Castiel si limitò a poggiargli due dita sulla fronte, e il
bambino si calmò all'istante.
Ora che poteva guardarlo meglio, assomigliava davvero a Sam, a
differenza di John e Mary che erano biondi come la mamma.
Il piccolo Adam aveva radi capelli castani, lo stesso naso un po'
all'insù di Sammy, e perfino i medesimi occhi verdi.
«Hai usato il tuo mojo angelico?» volle informarsi
Dean, diffidente, rivolgendogli un'occhiata indagatoria.
«No» obiettò Cas, sincero, e perfino lui
era stupito di come il bimbo si fosse calmato all'improvviso. Forse era
solo spaventato dalla presenza di uno sconosciuto.
Contento comunque di aver fatto un favore a Dean, fece per allontanare
le dita dalla fronte del piccolo, che quello gliele afferrò,
ridendo e agitando i piedini dalla gioia.
Le sue dita erano minuscole, e stringevano quelle di Cas come se
fossero un orsacchiotto, poi iniziò a mordicchiarle.
«Oh, io non... non so come spiegarlo»
cercò di giustificarsi Cas, in imbarazzo, ma
sentì Dean ridere e così rialzò gli
occhi.
Dean lo guardava con una dolcezza che faceva male.
«A quanto pare gli piaci.»
Cas si chiese se stesse ancora parlando del bambino, o di se stesso, ma
Dean strinse di nuovo Adam, che quindi lasciò la presa su
Cas, e poi lo sollevò un po' per guardarlo negli occhi.
«E così ti piace lo zio Cas, eh? Ah,
monellaccio!»
Gli soffiò nel pancino e quello iniziò a ridere,
muovendosi tutto. Dean rise con lui e poi lo adagiò di nuovo
nel box, accarezzandogli la testa e avvicinandogli il ciuccio.
«Se gli fai questo effetto, dovrei invitarti più
spesso» ghignò Dean, ancora curvo sul box.
Castiel allungò una mano per stringergli la spalla ma quando
Dean si raddrizzò sulla schiena, la ritirò e
strinse i pugni.
Desiderava davvero dimostrargli di essere dispiaciuto, e scusarsi, ma
temeva che Dean potesse reagire male.
E gli restava così poco tempo da passare con lui, prima che
il portale reclamasse di nuovo la sua presenza, che non voleva
sprecarlo a litigare.
Ogni attimo era prezioso, e lui voleva solo che Dean fosse felice.
Forse sentendosi osservato, Dean si voltò a rintracciare il
suo sguardo «Eih, che ne dici se usciamo da qui? Non vorrei
che inciampassi in qualche altro trenino e rischiassi di svegliarlo,
sai...»
«Dean!» lo rimbeccò Cas, offeso, e Dean
scoppiò a ridere, all'improvviso incurante del bambino, e
gli diede perfino un buffetto sulla nuca.
Quando smise di ridere si asciugò perfino gli occhi, e prima
di uscire dalla stanza, mosse una mano a bloccare il petto di Castiel.
«A parte gli scherzi, sono davvero felice di
rivederti» gli rivelò, con un filo si voce, e Cas
si perse nei suoi occhi, incapace di dire altro.
«E così, questo è stato l'ottavo
compleanno dei gemelli» concluse Dean, girando l'ultima
pagina dell'album di famiglia. «So che queste robe non si
usano più, ora con facebook e tutta la questione delle foto
online ma... non mi sono mai davvero fidato della tecnologia.»
«E' bello» lo interruppe però Castiel,
sporgendosi al suo fianco per guardare meglio la foto.
Lo scatto ritraeva una crostata gigante, con la fantasia di una
trappola del diavolo in cima, e dietro due sorridenti John e Mary. Sam
e Adrianne erano abbracciati sullo sfondo, tenendo ognuno la spalla del
figlio che aveva davanti.
Adrianne aveva il pancione, notò Castiel.
E poi la ragazza coi capelli rossi, Charlie se Castiel non ricordava
male, e Garth e la sua fidanzata, e infine eccolo lì, Dean.
Bello come lo ricordava, con un sorrisone che andava da orecchio a
orecchio, e gli occhi brillanti.
Castiel si ritrovò inconsciamente a sorridere a sua volta.
«Oh, e per inciso, ti giuro che l'idea della crostata di mele
non è stata mia. Sammy mi odierà a vita per
questo, ma quando John e Mary erano piccoli io li ingozzavo di
crostate, e così adesso la adorano quasi quanto
me.»
Dean ridacchiò e Castiel sentì vibrare il suo
stomaco, dal momento che aveva un braccio a contatto con lui. L'aveva
allungato per lisciare la foto ed evitare i riflessi della plastica che
rischiavano di accecarlo, e quando si accorse del calore
ritirò il braccio con foga, in imbarazzo.
«E la trappola del diavolo invece?»
domandò per cambiare argomento. «Idea
tua?»
Il sorriso di Dean si incrinò. Il suo sguardo si fece
distante.
«Già» confermò e Cas si
sentì un mostro per avergli spento la gioia in una parola.
«Scusami, non volevo...»
«Fa niente» Dean cercò una posizione
più comoda sul divano «Come puoi immaginare
continuo tutt'ora a cacciare. Penso che non smetterò
mai...»
«E Sam? Ha mollato definitivamente?»
Dean si massaggiò la spalla, poi si voltò verso
di lui, ma ancora senza guardarlo.
Si leccava le labbra come alla ricerca di qualcosa da dire.
«Lui si è proposto di aiutarmi un paio di volte,
nei casi più intricati» rivelò,
finalmente guardandolo.
Aveva gli occhi pieni di paiuzze verdi. Il tempo passava impietoso ma i
suoi occhi erano sempre gli stessi.
«Ma mi sono rifiutato» si agitò di nuovo
sul posto, chiudendo l'album e alzandosi per riporlo nella libreria.
«Voglio dire, non potevo chiedergli tanto. Ora lui
è felice, ha una famiglia, dei bambini, non... non possono
perderlo. Se gli succedesse qualcosa non potrei mai
perdonarmelo.»
Cas notò le sue spalle tendersi sotto la maglietta e
così si alzò per raggiungerlo.
«E tu, allora?» domandò, veemente e
apprensivo «a te non ci pensi? Se a te succedesse
qualcosa?»
«A chi importerebbe?»
«A Sam!» rispose Castiel, sconvolto.
Dean rise senza allegria.
«E a me!» continuò Castiel afferrandogli
la spalla e costringendolo a voltarsi.
«Dean, non puoi davvero pensare...»
«Io non ho niente Cas!» Dean afferrò la
mano dell'angelo dalla sua spalla e la allontanò, non senza
una certa aggressività «E chi non ha niente non ha
niente da perdere...»
«Non puoi davvero pensare di non contare nulla!»
Cas non poteva credere alle sue orecchie. Erano passati dieci anni ma
Dean non era affatto cambiato.
«A me importa. E importerà sempre.»
Dean rise con amarezza, scuotendo la testa e sfuggendogli dal campo
visivo.
«Certo, sicuro.»
«Dean...»
«Se te ne fosse davvero importato qualcosa saresti rimasto,
Cas. Ma non è successo.»
Ed eccolo di nuovo. Castiel sospirò, sentendosi stremato.
Sapeva che prima o poi il discorso sarebbe riemerso.
Ed era giusto così: Dean aveva il pieno diritto di essere
arrabbiato. Cas sapeva che prima o poi avrebbero affrontato il
discorso, ma questo non lo rese più pronto, o forte.
«Io... tu sai che se dipendesse da me...»
«Fino a quando starai? Mezzanotte? E poi volerai via come
sempre?»
Cas non rispose, si limitò a guardarlo, cercando di
trasmettergli tutto il suo dolore, il suo senso di colpa, il suo
rimpianto. Dean si morse l'interno della guancia forse per non urlare.
Poi gli diede nuovamente le spalle.
Gli stava sfuggendo. Ogni secondo di più.
Ad ogni visita Dean era più distante.
Gli stava sfuggendo dalle mani come tutta quella situazione, e l'unico
desiderio di Cas era di richiudere le dita, e trattenerlo, e stringerlo
al petto, ma appena provava a muoversi non era rimasto più
nulla. Le sue mani erano di nuovo vuote. Dean non era più
lì.
«Scusami...» continuò Dean, con la voce
spezzata. Cas si chiese se non stesse piangendo, ma non ebbe il
coraggio di chiederglielo o di assicurarsene di persona. Dean si
strinse la base del naso, l'altra mano sul fianco, e fece qualche passo.
«Scusami. Sto rovinando tutto, ancora una volta...»
«No, sono io che sto rovinando tutto...»
«Non è colpa tua Cas!» Dean si
voltò a fronteggiarlo, lasciandolo attonito per un istante.
«Ho aspettato per dieci anni questo momento e adesso sei qui
e io sto facendo lo stronzo e sto rovinando tutto io... io...»
Ed eccoli lì gli occhi lucidi. Cas istintivamente
allungò una mano per catturare le lacrime ma Dean lo
precedette e si strofinò gli occhi con rabbia.
«Che coglione. Scusami. Sto bene» prese un grande
respiro e poi annuì, quasi per autoconvincersi. O convincere
Castiel.
«Non pensiamo a quando andrai via.»
«Dean...»
«Se ci pensiamo già ora è come se te ne
stessi già andando, no? E invece sei qui. Durerà
poco ma non importa, tu sei qui, è questo che importa. Non
voglio rovinare questo momento. Birra?»
Cas stava per ripetere "Dean", ma l'ultima richiesta gli fece deglutire
ogni replica.
Si limitò a sollevare un angolo della bocca, e Dean sorrise.
Un sorriso vero, e Cas non ebbe cuore di dirgli che restava solo poco
più di un'ora.
Perché sapeva che questa separazione l'avrebbe spezzato.
Avrebbe spezzato Dean, e avrebbe spezzato lui stesso.
Cas non voleva che quel momento arrivasse.
Avrebbe desiderato poter fermare le lancette, e il tempo, e sorridere a
Dean e annunciargli che sarebbe restato con lui per sempre.
Anche se per sempre non esisteva per Dean, esisteva per Cas, e tanto
bastava.
Ma il solo fatto di non potergli donare questa gioia dilaniava Cas come
una coltellata al cuore.
Avrebbe dato tutto, qualsiasi cosa, per poter restare con Dean.
E invece non disse niente. Rimase a fissarlo mentre gli dava la
schiena, diretto alla cucina per prendere due birre.
Rimase a guardarlo mentre gli scivolava dalle dita, senza poter far
nulla per trattenerlo.
**
(Qui)
{a ripetizione fino alla fine ahah}
«Ti manca bere birra, lì sulle nuvole?»
lo interrogò Dean, distratto, portandosi la bottiglia alle
labbra e traendone un lungo sorso.
Erano sdraiati vicini sul prato, le braccia distese che si sfioravano,
e lo sguardo rivolto alle stelle.
«Un po'» dovette ammettere Cas che lo
imitò: la birra era agrodolce come la ricordava, come tutte
le volte che l'aveva bevuta al fianco di Dean e Sam, in passato.
Quando ancora dovevano fermare l'apocalisse e Dean l'aveva portato in
quel luogo di perdizione che gli umani chiamavano bordello.
Sorrise al ricordo, gli occhi puntati al cielo, e Dean parve
insospettirsi del suo improvviso cambiamento perché
sollevò un po' il volto, per scrutarlo meglio.
«Io direi molto» lo corresse notando la sua
espressione.
Castiel tornò al presente, ruotando il collo per incontrare
il suo sguardo.
E sorrise.
Semplicemente sorrise.
Perché tutto il tempo in paradiso svaniva di fronte a questi
unici attimi sulla terra: era solo in questi momenti che si sentiva
davvero a casa.
Con Dean accanto.
Perfino sdraiati su un giardino umido, con gli steli d'erba che gli
solleticavano il collo e le mani, e le formiche che gli zampettavano
indisturbate sul trench, e il profumo di terra bagnata, e i fiori, e lo
zigare delle cicale, e lo stormire del vento sugli alberi, e il profumo
di dopobarba e di giacca di pelle di Dean.
Tutto questo sapeva di vivo.
Di bello.
Di casa.
Rimasero a fissare il cielo per un po', poi Dean ruppe il silenzio.
«Lo facevi mai questo, in paradiso?»
«Cosa?» si informò Cas, corrugando la
fronte.
Dean aveva ancora gli occhi puntati al cielo, e le labbra sollevate
come un bambino rilassato.
«Guardare le stelle. Lo facevate mai?»
Castiel lo imitò e tornò a guardare il cielo blu
puntellato di piccole lucine.
«Non proprio» rispose, perché "no" era
troppo definitivo.
«Davvero? Chissà che palle...»
«Non abbiamo molto tempo per noi stessi, lì in
Paradiso.»
«Già, dovere, dovere e ancora dovere,
vero?»
«Sì, e qualche uccisione di demoni di tanto in
tanto.»
Cas non ebbe bisogno di voltarsi per accorgersi che Dean stava ridendo.
Sentì lo sbuffo della sua risata e d'istinto sorrise anche
lui.
«Io e Sam lo facciamo sempre, invece»
continuò Dean, concedendosi un altro sorso di birra.
«E' rilassante. Semplicemente stare seduti sull'Impala, o
sdraiati a terra, a guardare il cielo. Non abbiamo mai avuto davvero
una casa, e guardare le stelle era un po' come tornarci,
capisci?»
«Sì, capisco» e capiva davvero: provava
lo stesso quando riabbracciava Dean. Qualcosa dentro di lui
però gli suggerì di tenere la bocca chiusa a
riguardo.
«Perché sai... basta che ci pensi... chiunque,
alzando lo sguardo, scorge il cielo. Che ti trovi in America, o in
Europa, o in Australia, o perfino in Antartide... o in Paradiso...
comunque alzi gli occhi e il cielo e le stelle son sempre
lì, uguali per tutti. E' come stare sotto lo stesso tetto,
sai? Come essere protetti, in un certo senso. E collegati. Ti fa...
sentire meno solo.»
Castiel strinse le palpebre, cercando di non farsi sommergere dalle
emozioni.
Dean doveva essersi sentito molto solo in quegli anni, ed era per colpa
sua...
«E tutte le stelle... continuano a brillare. Anche dopo
milioni di anni, sono sempre lì, nello stesso posto. Sai
quante generazioni si sono rincorse sotto di loro? Gli antichi romani
guardavano le stesse stelle che guardiamo noi. Ti fa pensare a quanto
il tempo sia relativo, a quanto noi umani siamo piccoli e
insignificanti, e a quanto sia breve la nostra vita.»
«Non siete piccoli e insignificanti»
ribatté Cas, ma Dean lo interruppe nuovamente, agitando una
mano come per spiegarsi.
«Nel grande disegno, sì. In passato pensavo che
avessi tutto il tempo del mondo...»
Castiel, come una calamita, si ritrovò a guardarlo: aveva
pure i capelli ingrigiti e il volto più teso, ma era sempre
lo stesso. Lo stesso Dean.
Non era cambiato niente.
Non per Cas.
«Rimandavo sempre tutto, cercando un'occasione migliore, un
momento migliore. Ma poi ho capito che le occasioni vanno prese al
volo, perché poi non si ripresentano più. Che non
esiste un momento migliore, esiste solo il momento. E poi ti ritrovi ad
essere vecchio, e ad aver rinunciato a tutto, e per cosa? Per
l'orgoglio. Pensi di avere il tempo per fare tutto, e il giorno dopo
è già troppo tardi. E' sempre troppo
tardi.»
La gioia e la calma che prima avevano animato Dean sembravano averlo
totalmente abbandonato, adesso.
«Ho passato la vita a crearmi problemi, a pensare che la mia
esistenza non valesse nulla, che fossi solo un soldatino obbediente, e
poi una macchina da guerra, e... e solo lo strumento di
papà. Ho incolpato Sammy per questo, per troppo tempo... ho
pensato che l'unico mio compito fosse quello di proteggerlo. Di
difenderlo, e di impedire che gli succedesse qualcosa di grave, ma che
a me succedesse, quello non aveva importanza. Io non avevo importanza.
E mi ci è voluto un po' per realizzare che invece era un
miracolo.»
«Cosa?» domandò Castiel, piegando un po'
il capo.
Dean fece una smorfia. «Esistere. Esserci. Respirare. Vivere.
Assaporare ogni momento come se fosse l'ultimo. Diciamo che ho imparato
cosa significa.»
Cas batté le palpebre, chiedendosi se Dean non stesse
parlando di lui.
Si sentì nuovamente in colpa e Dean scosse la testa, con una
risatina veloce.
«No, va tutto bene, Cas. Sono felice di riaverti. So che
andrai via, e non sono sicuro se tornerai, ma intanto cerco di vivere
questi momenti come se non dovessi tornare mai più. Come le
stelle... continuano a splendere anche dopo che sono morte, sai? Nel
momento successivo alla loro morte brillano ancora di più,
quasi a non voler far sapere al mondo che sono morte. Dio, questo
discorso non ha senso, sembra quello de Il Re Leone.»
«Non è che brillano di più»
lo corresse Cas, con fare tecnico «E' che si trasformano in
supernove e quindi...»
«Oh, va al diavolo!» Dean lo spintonò
giocosamente e poi scoppiò a ridere «Non rovinare
l'atmosfera! Avevo fatto un bel discorso poetico,
dannazione...»
Cas si sollevò sui gomiti per guardarlo in faccia.
«Scusa.»
«Dai, scherzavo» lo tranquillizzò Dean
agitando una mano, come a scacciare una mosca molesta.
Rimasero in silenzio, regolato solo dallo zigare delle cicale, durante
il quale Dean fissava il cielo, scrutando le stelle, e Cas fissava
Dean, desiderando che quel momento non dovesse finire così
presto.
Poi Dean spostò gli occhi, incontrò i suoi e
assunse un'espressione interrogativa.
Cas si limitò a fare una smorfia.
«Posso chiederti una cosa?»
Se anche Dean fosse rimasto sorpreso dalla richiesta, non lo diede a
vedere.
«Certo.»
«Perché il giorno del matrimonio di Sam tutti sono
scoppiati a ridere quando ho afferrato il bouquet?»
Dean spalancò gli occhi e iniziò a ridere,
battendo perfino le mani.
«Oh, ecco, ora lo stai facendo anche tu. Potresti spiegarmi
perché? Che c'è di così
divertente?»
«Ancora te lo ricordi...» Dean non sembrava
crederci «Assurdo...»
«Per me non è passato molto tempo, ricordi? E
comunque, mi avevi promesso che l'avresti spiegato quando ci saremmo
rivisti.»
Dean annuì, colpevole. «Era una sciocchezza, Cas.
Una tradizione di noi umani... sai, se una persona afferra il bouquet
significa che si sposerà presto. Noi l'abbiamo afferrato in
contemporanea, quindi significava che ci saremmo sposati»
Dean rise ancora, al ricordo «Forse per questo sono single.
Il destino voleva che sposassi te.»
Castiel si chiese se fosse serio oppure no, e optò per la
seconda. Improvvisamente entusiasta, preparò un'altra
domanda.
«Raccontami della tua vita, Dean.»
«Cosa?» replicò Dean, preso alla
sprovvista.
«Sì» insistette Cas iniziando a
giocherellare con uno stelo d'erba «Mi hai raccontato per una
giornata della vita di Sam, e sono curioso... tu come stai? A parte la
caccia, cosa fai?»
Dean allungò la bocca a papera, come se ci stesse
riflettendo.
«Niente di che...» si portò
distrattamente la bottiglia alle labbra e si regalò tre
lunghi sorsi. «La solita vita. Licantropi, vampiri, fantasmi,
Djinn, e altri bastardi soprannaturali. La mia baby resta sempre con
me, anche se ho dovuto riparlarla almeno tre volte in questi dieci
anni. Inizia a fare un po' i capricci, ma la capisco, gli anni passano
per tutti... a me inizia a far male la schiena, a lei il motore, a
quanto pare.»
«E sei sposato?» chiese Cas, cercando di non
risultare troppo interessato.
Dean corrugò le sopracciglia e poi lo guardò come
se fosse pazzo.
«Sposarmi, io? Nah. E comunque ho più di
cinquant'anni, Cas.»
«E allora?» Cas inclinò di nuovo il
capo, confuso.
«E allora?» Dean rise di gusto, battendo perfino la
testa sul terreno per lo sfogo. Quando si fu calmato parlò
con la voce più acuta. «Non sono mica un attore
famoso, che mi vado a cercar moglie a quest'età! E poi...
non sono il tipo.»
«Che significa?»
«Ma fai sempre domande, tu?» lo
rimbrottò Dean, per gioco.
«Scusa.»
«No, è okay. Ho avuto un po' di storie in
effetti...» Dean aveva di nuovo lo sguardo distante, remoto,
gli occhi persi nel cielo infinito, e Cas si sentì
nuovamente fuori posto.
Ripensò al momento in cui si erano salutati, dopo il
matrimonio di Sam. A quanto ancora era giovane e pieno di speranze, il
suo cacciatore.
E a come adesso invece sembrava spento. Nonostante le belle parole
sulle stelle, Cas poteva avvertire l'immenso vuoto che divorava Dean.
Si sentì un verme per esserne, forse, la causa.
«Sono stato con una certa Carmen tra le storie
più, ehm, importanti... quasi tre anni. Ma poi non ha
funzionato. E' finita...»
«Oh, mi dispiace» gli rivelò Cas, e si
infilò le unghie nei palmi per combattere l'istinto di
stringerlo. Di... semplicemente di toccarlo, per assicurarsi che fosse
ancora lì.
Perché Dean era lì, ma i suoi occhi no. I suoi
occhi erano da un'altra parte.
«Beh, non dispiacerti. Tutte le cose finiscono. E' la
vita...»
Cas non riusciva a guardarlo, ridotto così.
«Dean, io...»
«Devo fare due passi» ribatté Dean,
freddo, e si mise in piedi in un attimo, allontanandosi.
Cas si maledisse tra i denti, poi saltò su per raggiungerlo.
Dean adesso ondeggiava davanti al frigo, reggendosi su di esso con una
mano, l'altra che stringeva ancora la birra.
Cas si fermò sull'uscio, preso in contropiede da quella
visione tanto penosa.
«Dean...»
«Mi dispiace...» biascicò quello,
stringendo la mascella.
Cas notò che gli tremavano le braccia, e così
accorse per sorreggerlo. Gli sfiorò il braccio teso e Dean
reagì come un cane che protegge i suoi cuccioli.
«Lasciami stare!»
Si voltò di scatto per allontanare Cas e la birra gli
sfuggì di mano.
Cas si riparò col braccio ma la bottiglia esplose e alcuni
cocci dovettero averlo colpito, almeno a giudicare dal dolore che gli
bruciò improvvisamente il gomito e il collo.
Dean parve tornare al presente solo quando vide il sangue, e
sussultò.
«Non fa niente» cercò di rimediare Cas,
il trench macchiato di birra, alzando le braccia per far vedere che
stava bene.
«Non fa niente, posso curarmi coi poteri, non fa...»
«Mi dispiace, non volevo!»
Cas si ritrovò stretto dalla presa solida di Dean, mentre lo
costringeva a mostrargli il braccio colpito.
«Porca puttana...» sussurrò Dean come
perso in se stesso, mentre rimuoveva i cocci.
Cas si ritrovò a trasalire quando il vetro lasciava la sua
pelle, facendo emergere il sangue, che poi gli colava sul braccio.
«Non fa niente, Dean, faccio da solo...» Cas si
portò due dita al collo e la ferita scomparve.
Dean però era rimasto immobile, con il suo braccio tra le
mani, il volto basso e le spalle che singhiozzavano.
Cas capì troppo tardi che stava piangendo.
«Oh no, ti prego, non farlo...» lo
supplicò, mentre Dean gli stringeva quasi spasmodicamente la
stoffa del trench strappata e insanguinata.
«Non volevo ferirti, Cas... non ti farei mai del
male.»
«Lo so» tentò di rassicurarlo Castiel ma
fu inutile. Dean scosse la testa e la rialzò per guardarlo.
«Credevo di potercela fare!» spiegò, con
le lacrime che spiccavano sulle guance. «Questa volta credevo
che l'avrei superata, ma non ci riesco... stai per andartene e ho
rovinato perfino quei pochi momenti in cui potevamo stare assieme. Sono
uno stronzo, sono un...»
Castiel poggiò l'altra mano su quelle di Dean, e le strinse
per trasmettergli un po' di calore.
«No, non lo sei. Io lo sono. Perché ti ho lasciato
andare. Perché continuo a farlo, ma... posso
prometterti...»
«No» lo respinse Dean, duro.
Cas aprì la bocca, e poi la richiuse, interdetto.
«Cos-»
«Non promettermi nulla. Più nulla. Sappiamo
benissimo come va a finire, poi...»
Castiel strinse le labbra, cercando di respirare, e gli occhi
bruciavano, e lui voleva solo sfiorare Dean e strappargli via tutto il
dolore e la sofferenza col suo mojo angelico.
«Dean...»
«E' difficile senza di te, Cas...»
Cas batté le palpebre, confuso dal cambio di discorso.
«No, fammi finire» Dean era deciso, adesso.
«Non mi importa più nulla. Tanto tra poco andrai
via, e io non voglio che tu vada via senza saperlo.»
«Sapere cosa?» adesso Cas iniziava seriamente a
preoccuparsi. Era qualcosa di grave?
«Non ho più nulla da perdere, giusto?»
Dean allungò una mano fino a sfiorargli la guancia e la
curva della mascella.
Cas poteva sentire sulla pelle il calore cocente delle dita di Dean, le
cui punte si erano arricciate tra i suoi capelli.
Spalancò gli occhi, sormontato da una serie di sensazioni
differenti a cui non sapeva dare un nome.
«Dean...?» lo richiamò, confuso,
guardando distrattamente la mano che gli stringeva un lato del viso.
Dean lo ignorò, e anzi allungò anche l'altra mano
ad afferragli l'altro lato del volto.
«Voglio farti sapere perché continuo ad
aspettarti, perché non riesco a stare con qualcun altro,
perché vorrei che non mi lasciassi....»
Cas avrebbe voluto dire qualcosa, ma sentiva le labbra inchiodate, il
respiro bloccato, e tutto il suo campo visivo era occupato dal volto di
Dean: erano così vicini che poteva contargli tutte le
lentiggini e i peli delle sopracciglia. E le paiuzze più
chiare nelle pozze verdi che erano i suoi occhi.
«Ho cercato di negarlo per anni, Cas, anni, ma adesso non ce
la faccio più. Non posso permetterti di andar via, e... e
magari non ci vedremo più. E io non mi
dimenticherò mai di te, e non vorrei che tu ti dimenticassi
di me, quindi...»
«Io non mi dimenticherò mai di te!» Cas
si sentiva quasi offeso dall'accusa. Dean rise un po' scuotendo la
testa, poi si passò la lingua sulle labbra e Cas
sentì il calore aumentare.
«Io non voglio perderti...» riprese Dean, muovendo
piano il pollice sulla sua guancia.
Cas chiuse gli occhi, trasportato da quel calore, e sentì
Dean farsi ancora più vicino, ad eliminare la distanza che
li separava.
Sentiva il suo respiro caldo sulle labbra e deglutì, in
attesa.
E poi qualcosa trillò.
Dean si arrestò improvvisamente.
Cas riaprì gli occhi, confuso, e vide Dean allontanarsi, e
mollare la presa sul suo volto, per guardarsi il polso.
«E' ora...»
Cas impiegò qualche attimo per realizzare cosa stava
succedendo.
Dean catturò il suo sguardo e adesso appariva completamente
perso. Come un bambino che cerca i suoi genitori in aeroporto.
«Cosa?»
«Il portale» spiegò Dean, e aveva il
respiro corto in questo momento. Schizzò in piedi come morso
da uno spillo e Cas lo imitò, con più calma.
Il cacciatore si stava leccando le labbra, in evidente ansia, e faceva
di tutto per non guardarlo. Cosa stava succedendo, prima? Dean stava
per baciarlo?
Cas non riusciva a capacitarsene.
Si sentiva travolto dalle emozioni, e queste gli impedivano di pensare
in modo lucido.
E forse proprio questo offuscamento lo portò a prendere una
decisione.
«Resterò con te.»
«Cosa?» Dean spalancò gli occhi, stupito
quanto lui, se non di più.
Cas distese le spalle. «Non mi importa se il portale si
chiuderà. Voglio restare.»
«Cas, non era pericoloso?» Dean sembrava seriamente
preoccupato adesso «E le ali? Insomma... non rischi di
morire?»
«Forse» rispose Cas, scrollando le spalle
«E allora? Tornare indietro senza di te sarebbe peggio di
morire.»
Dean reclinò un po' la testa, colpito.
«Cas...»
Le lancette continuavano a scorrere.
«Farà male?» domandò Dean,
ancora non del tutto convinto.
«Credo di sì. Ma non importa.»
Aveva appena finito di dirlo che una fitta gli colpì il
petto.
Cas si piegò con gli occhi quasi di fuori e una mano a
coprirsi la bocca, colto da un conato di sangue.
«CAS!» lo richiamò Dean terrorizzato. Lo
resse per le spalle mentre Cas guardava sconvolto il liquido rosso che
gli bagnava le dita.
Una nuova fitta gli colpì la schiena e Cas cadde
letteralmente in ginocchio, con un urlo.
«NO!» Dean sbatté a terra con lui e
cercò ancora di non farlo cadere, scuotendolo un po' come
per tenerlo sveglio.
«CAS!»
Castiel si sentiva bruciare dentro: come se la sua grazia gli stesse
liquefacendo gli organi interni e la pelle soprastante per emergere.
Guardò Dean come per trasmettergli che stava bene, che stava
facendo questo per lui e avrebbe accettato tutto il dolore, che se lo
meritava per averlo lasciato andare tante volte in passato, ma Dean non
sembrava capire.
«Vai» gli ordinò, con gli occhi lucidi.
«Cosa?» Cas cercò di reprimere un altro
conato di sangue, e si strinse il petto lì dove una nuova
fitta gli aveva attraversato lo stomaco.
«No, Dean, io voglio restare...»
«Devi andare via...»
«Ma non capisco, io credevo che tu volessi...»
«Vai, Cas» Dean era deciso, adesso. Cas non capiva.
Il rifiuto di Dean gli fece più male delle fitte.
«Ma io... io voglio restare con te.»
«Non così» Dean gli strinse ancora di
più le spalle. «Attraversa il portale,
Cas...»
«No...» si ribellò Cas debolmente,
cercando di sfuggire alla sua presa «No, tu non
capisci...»
«Vuoi restare con me?» capitolò Dean,
riottenendo la sua attenzione.
Cas annuì, mentre un rivolo di sangue gli scivolava dalla
bocca.
«Allora vai su in Paradiso, e mettiti d'accordo con gli altri
angeli. Trova un modo per restare definitivamente qui. Se è
proprio quello che vuoi...»
Cas annuì partecipe, mentre una nuova fitta rischiava di
fargli perdere i sensi.
«Chiederò di rendermi umano, allora...»
«Certo» rispose Dean, che però non
sembrava davvero ascoltarlo.
«Mi farò togliere la grazia!»
continuò Castiel, ispirato «E tornerò
qui.»
«Sì.»
Cas sorrise, tra i rantoli, poi guardò un'ultima volta Dean.
«Allora a dopo.»
«Sì, a dopo...»
Cas, finalmente soddisfatto, gli sorrise un'ultima volta.
Stava per volare via, che Dean gli strinse il trench, come se si stesse
dimenticando qualcosa.
«Cas...»
Cas lo guardò. C'era una lacrima negli occhi di Dean?
«Ti...»
Cas non senti il resto della frase, perché il portale
l'aveva reclamato. Sparì con un'ultima immagine degli occhi
verdi di Dean.
«... amo» concluse Dean alla stanza vuota.
Ringraziò il favore dell'oscurità che aveva
impedito a Cas di notare la sua espressione.
Non ci sarebbe stata una prossima volta, un dopo.
Gli angeli non gli avrebbero mai permesso una cosa del genere, Cas non
sarebbe più tornato e questo Dean lo sapeva.
Si lasciò ricadere contro il frigorifero, la mano tra i
capelli e gli occhi lucidi a fissare la stoffa dei suoi jeans.
Addio Cas, pensò con un groppo alla gola, abbracciandosi le
ginocchia e affondando la testa tra le spalle, nei singhiozzi.
To be
continued >> Parte 4 (aka Dolore)
~•~Angolo Autrice~•~
Emh... lo so, mi odiate. LO SO.
Inutile dire che il podio per la theme-song di questo capitolo l'ha
conquistato "Saturn" dei Sleeping at Last. Insomma l'ho ascoltata a
ripetizione anche mentre sceglievo le immagini giuste per il banner. Il
testo di questa canzone più l'immagine che vedete qui sopra mi
hanno ispirato per la scena sul giardino a guardare le stelle.
Volevo si cogliesse il senso di, umh, "infinito". Di questo tempo che esiste solo per gli esseri umani. Il profondo senso di solitudine che prova Dean. Il vuoto che ha dentro. L'assenza di Cas ç_ç
Vorrei dire così tante cose su questo capitolo che sicuramente me le scorderò tutte.
Innanzitutto l'avevo già detto che sarebbe tornato il riferimento al bouquet dello scorso capitolo, vero?
Poi c'è un altro riferimento con la scena della bottiglia di
birra -che rimanda alla scena del primo capitolo- e anche alla frase
"Per sempre". Se ricordate -sicuramente no xD- negli scorsi capitoli la
frase era "Il per sempre non esisteva per Dean e non esisteva per Cas"
ora invece è "non esisteva per Dean MA esisteva per Cas".
E siccome tutta la storia è un POV di Cas, è un po'
diciamo una... consapevolezza nuova. Come dire, se prima il problema
era il portale che impediva a Cas di restare, adesso il vero problema
è il tempo.
Aaaah lo so sono una bastarda ç__ç
Premetto anche che il capitolo non doveva AFFATTO uscire così.
Innanzitutto la scena iniziale col bimbo non era prevista. Ci ho
pensato dopo, e non mi è dispiaciuta. Insomma un po' di fluff ci
stava, e poi ho tipo il kink per Cas e Dean with babies cwc
L'ultima scena invece, E' STATA DEL TUTTO UNA SORPRESA. I personaggi si sono scritti da soli.
Nella mia testa Cas lo salutava come sempre allo scoccare della
mezzanotte, poco dopo che era tornato Sam, e Dean prometteva di
aspettarlo. Sa di già sentito giusto? Non avrebbe apportato vere
e proprie modifiche.
E invece è uscita così.
E la preferisco... cioè mi spiego. In questa nuova versione si
vede che Dean ha perso le speranze xD e Cas finalmente si è dato
una mossa e si è deciso a far qualcosa. Diciamo che all'inizio
ero titubante per questa versione perchè il problema della loro
separazione si spostava da un motivo interno -gli impegni di Cas- ad un
fattore esterno -il portale che EFFETTIVAMENTE impedisce loro di stare
insieme- però... però capirete tutto nel prossimo
capitolo cwc
Se qualcuno di voi si sta chiedendo perché non li ho fatti
baciare -eddai c'erano quasi, vuoi dar loro qualche gioia?- il senso
è semplice: sono cattiva xD
Nella versione originale doveva anche tornare Sam. Qui no. Ho reso,
come dire, la loro separazione più brusca possibile. L'assenza
del bacio è molto semplice: una cosa è aspettare qualcuno
con la consapevolezza che questa persona ti ama, e che quindi sai che
tornerà da te e l'attesa è più dolce. Un'altra
è rimanere nel dubbio e nell'incertezza, e pensare che quella
persona non tiene a te allo stesso modo, e quindi altri sensi di colpa
per non aver pensato ad agire prima e roba così xD insomma se
Dean non si dispera abbastanza non sono contenta, e in più Cas
ancora non ha realizzato davvero tutta la questione "amore". Not yet. Ma ripeto, vi rimando al prossimo capitolo dove capirete TUTTO.
E sarà una mazzata. Io ho pianto scrivendolo. COMUNQUE ho
scritto un poema di note o.o è che mi piace la chiarezza, e
spesso non sono sicura che certi significati che inserisco arrivino a
voi lettori e quindi boh ci tenevo a spiegarli, ecco >.>
Ora giuro che scappo, alla prossima! <3 NON FUCILATEMI
P.P.S: Siccome qualcuno mi ha chiesto. Ebbene c'è un significato anche nei banner.
Tipo nello scorso Dean che guarda in alto (verso il cielo aka
paradiso/Cas) e Cas che guarda in basso (verso la Terra aka
umanità/Dean), mentre nell'immagine centrale Dean guarda in
basso e Cas in alto, della serie ognuno al suo posto. Ancora una volta
ad indicare la distanza. In questa invece ho messo prima l'abbraccio
dello scorso capitolo, poi l'immagine centrale che rappresenta la
solitudine e l'attesa di Dean (del resto THE BOY WHO WAITED mica
carciofi) -in più l'Impala è un po' la trasposizione di
Dean. Quando Dean dice che ha dovuto ripararla così come a lui
inizia a venire il mal di schiena... è come se succedessero le
stesse cose a entrambi xD- eee nell'ultima imm c'è Cas -o meglio
la sua ombra- che torna. Scendendo direttamente dal portale. Anche lui
da solo e circondato dalla desolazione. METAFORE. METAFORE OVUNQUE.
Okay la smetto, vi giuro che sono una persona normale. I SWEAR.
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
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Capitolo 4 *** Part 4 ***
The Boy Who Waited 4
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Avrei dovuto aggiornare secoli fa, ma vi giuro, vi giuro,
sono stata impegnatissima. La vita reclama ogni tanto, e io accorro! xD
anche se ogni tanto ho bisogno del rifugio che è il fandom,
anche perché il lato nerdoso è una parte di me con cui
ormai convivo da sempre u.ù
Anyway, il prossimo capitolo dovrebbe essere l'ultimo, a meno che poi
non diventi troppo lungo e allora sarò costretta a dividerlo in
due, ma il succo è: SIAMO ALLA FINE, non so se per la vostra
gioia o disperazione.
Non voglio anticipare nulla per evitarvi qualsiasi tipo di spoiler,
dico solo che questo capitolo è stato davvero arduo di scrivere.
A livello psicologico proprio. Mi ha turbato nel profondo e ho anche
pianto ad un tratto mentre lo scrivevo, ma DOVEVO farlo. Mi dispiace.
Sul serio.
Mi dispiace tantissimo.
Non so cosa mi girava per la testa... ci rivediamo nelle note finali............ sempre se ci arrivate ç_ç
Soundtracks
che ho
ascoltato scrivendo il capitolo: Questa volta ho
usato solo la stessa soundtrack deprimente dello scorso
capitolo. IN LOOP.
Rendetevene conto.
E anche una new entry!
1. (all'inizio, poi ad un tratto vi metterò la seconda, con
la solita scritta "qui") https://www.youtube.com/watch?v=WjO0WROVgfQ
The Boy who Waited
Too
late
Quando Cas
tornò sulla Terra per la quinta volta, si ritrovò
nuovamente nel giardino della casa di Sam.
L'erba era tagliata di fresco, la luce del tramonto giocava col suo
trench disegnando sulla stoffa le ombre delle foglie che stormivano al
vento.
Il cielo era colorato di rosa all'orizzonte, e qualche uccello sparuto
rivolgeva alla luna nascente la sua melodia.
Castiel si ritrovò a sorridere, in pace, osservando i giochi
di luce che il sole rifletteva sulle finestre.
E la pace dell'ambiente era la stessa che viveva in lui: finalmente
aveva trovato una soluzione.
Dopo aver discusso -più litigato, avrebbero detto gli umani-
con gli altri angeli, erano arrivati ad una soluzione.
Che il portale era difettoso Castiel l'aveva realizzato a sue spese: in
molti, lui compreso, sospettavano che fosse proprio stato maledetto da
Metatron. Gli angeli avevano in mente di distruggerlo, recidendo in tal
modo ogni legame con l'umanità: nessun angelo avrebbe potuto
visitare la Terra.
Non più.
A meno che non decidesse di restarci definitivamente. Lontano da casa,
senza possibilità di tornare indietro. Ma Castiel era
disposto a questo per Dean.
I suoi poteri si sarebbero estinti col tempo, e lui non sarebbe stato
diverso da qualsiasi altro umano.
Doveva solo riferire la buona novella a Dean.
Avanzò nel giardino, cauto -del resto si ritrovava in una
proprietà privata- e provò un forte senso di deja
vue nel momento in cui scorse un ragazzino giocare a pochi metri da lui.
Il ragazzo indossava un cappello da baseball al contrario, ma non stava
inseguendo una palla gonfiabile, quanto piuttosto un cane beige.
Un Golden Retriever, risolse la mente analitica di Cas.
Il ragazzino non poteva avere più di tredici anni.
Per una volta da troppo tempo, il sollievo aprì le labbra di
Cas di un sorriso che non si sarebbe aspettato così presto.
Quindi non era passato tanto tempo, questa volta...
«John!» chiamò entusiasta.
Il ragazzino non si mosse e Castiel si fece più vicino,
attento a non schiacciare l'osso di plastica del cane -memore
dell'incidente con il trenino, un'eternità fa- e
posizionò le mani a coppa attorno alla bocca.
«John?»
Finalmente il ragazzino si voltò, stringendo le palpebre per
coprirsi dal sole e metterlo a fuoco.
«Ciao, sono Castiel, un amico di papà. Senti,
sapresti dirmi dov'è tuo zio?»
«Lo zio Dean?» domandò John sistemandosi
il berretto: aveva i capelli più scuri dell'ultima volta.
Al solo sentirlo nominare Cas avvertì una scarica di
adrenalina.
«Sì.»
«E' dentro, nello studio credo» lo
informò il ragazzino, puntando un indice verso l'abitazione.
Cas seguì la sua traiettoria deglutendo a fatica.
«Grazie» replicò felice senza nemmeno
guardarlo, dirigendosi subito verso la direzione indicata.
«Figurati» borbottò il ragazzino,
grattando il cane dietro le orecchie. «E comunque non sono
John, sono Adam!»
Cas rischiò di inciampare sugli scalini di fronte
all'ingresso.
Si dovette aggrappare al corrimano, col cuore in gola e la gola
improvvisamente secca. (Qui)
Si voltò a fissare sconvolto il ragazzino: quindi quello era
il neonato che aveva preso in braccio l'ultima volta?
Quel piccolo pargoletto che vagiva e gli succhiava le dita?
Come poteva scorrere così velocemente la vita degli umani?
Un giorno sei un lattante e il giorno dopo un adolescente.
Il ragazzo non parve notare il suo disagio, fece una smorfia e
scrollò le spalle, agitando la mano al suo indirizzo.
«Allora a dopo, Castiel!»
E tornò a giocare col cane, lanciandogli un freesbie che il
cucciolo inseguì guaendo.
Castiel eseguì un calcolo veloce e rifiutò di
darsi una risposta definitiva: ancora una volta il portale gli aveva
giocato un brutto scherzo.
Vaffanculo, Metatron, pensò con tutti i muscoli rigidi.
Per fortuna era tutto finito, non avrebbe più avuto problemi
di salti temporali, ora che non doveva più tornare in
Paradiso.
Salì in fretta i gradini ed entrò a casa.
Sentiva la voce di Sam al piano di sopra ma non gli sembrò
giusto andarlo a disturbare: non lo vedeva dai tempi del suo matrimonio
e magari Sam non sarebbe stato contento di incontrarlo.
In ogni caso, dopo che avesse dato il segnale agli altri angeli per
chiudere il portale, Cas avrebbe avuto tutto il tempo di parlargli.
Si diresse così direttamente verso lo studio che gli aveva
indicato Adam: in realtà non aveva idea di dove potesse
trovarsi, e così andò un po' alla cieca fin
quando non scorse, dal corridoio, una figura china su una libreria.
E anche senza scovarne il volto, la riconobbe.
Si affacciò sulla stanza e vide un uomo vestito con una
camicia larga, la schiena un po' curva e l'intero corpo in penombra.
Ebbe un tuffo al cuore.
«Dean» lo salutò.
La figura trasalì e perse la presa sul libro che aveva
afferrato.
Il volume ricadde ai suoi piedi con un tonfo e l'uomo fece per
abbassarsi a recuperarlo, ma poi qualcosa dovette bloccarlo
perché si portò una mano rugosa alla schiena, con
un gemito di dolore.
«Dean...?» tentò ancora Cas,
improvvisamente preda del dubbio.
Forse aveva sbagliato persona...?
L'uomo si voltò e Cas realizzò di non
aver sbagliato.
Dean lo fissava come se non lo riconoscesse, inizialmente, poi lo
squadrò da capo a piedi e deglutì.
«Dean!» Cas allargò le braccia,
entusiasta di vederlo. Si avvicinò verso di lui per
abbracciarlo ma quello indietreggiò, fissandolo ancora come
se non potesse credere ai propri occhi.
«Che ci fai qui?» lo accolse, ruvido.
Il sorriso di Cas si incrinò.
«Sono... tornato» rispose, come se fosse ovvio.
«Questo lo vedo. Perché?»
abbaiò ancora Dean.
Aveva la voce più rauca di come ricordasse, la piega delle
labbra più decisa, il naso più marcato e lo
sguardo più gelido. I capelli erano completamente grigi,
più radi alla base della fronte, e il volto era solcato da
una ragnatela di rughe abbastanza evidenti.
«Come perché...» Cas era confuso
«Mi avevi chiesto di tornare indietro appena avessi avuto una
soluzione e... e ce l'ho.»
Dean parve ricordare l'evento. Provò a raddrizzarsi sulla
schiena e Cas intravide un guizzo nella mascella.
«Non saresti dovuto tornare» ribatté,
tetro.
Cas avvertì una morsa di gelo nel petto.
«Ma...» avanzò ancora di qualche passo,
mostrando un poco i palmi in segno di smarrimento. «Ho la
soluzione, Dean.»
«Di che parli?»
«Posso restare» Cas si morse il labbro per
contenere l'entusiasmo, mentre una risata di gioia premeva per uscire.
Attese impaziente la reazione di Dean.
Ma non si sarebbe mai aspettato quello che invece accadde.
«Che significa?»
«Ho parlato con gli altri angeli» Cas rise
apertamente, mantenendo il contatto visivo per comunicargli la sua
contentezza «Chiuderanno il portale, e io resterò
qui.»
Dean si limitò a stringere le palpebre.
«E no, non preoccuparti, starò bene» lo
precedette Castiel «Nessuna lesione, o altro. Il portale era
stato maledetto da Metatron... come ho notato a mie spese. Ad ogni
viaggio il salto temporale si allargava. Invece adesso... adesso non
dovremo più preoccuparci di nulla. Sono tornato per restare,
Dean.»
A questo punto si sarebbe aspettato che Dean lo abbracciasse, o
scoppiasse a ridere, o anche a piangere dalla felicità.
Ma nessuno l'aveva preparato a quella freddezza.
Dean continuò a fissarlo, immobile, e Cas si
schiarì la gola, sicuro che non avesse sentito bene.
«Quindi nessuna scadenza questa volta» mosse una
mano come per lanciare in aria un foglio «Nessuna mezzanotte
entro cui risalire in Paradiso. Posso finalmente vivere con
te.»
E Dean finalmente parlò, anche se le sue parole furono le
ultime che Cas si sarebbe aspettato.
«Bel viaggio a vuoto, allora» rise senza allegria,
e poi fu colto da un colpo di tosse che lo scosse tutto.
«Dean...?» lo chiamò Castiel, perplesso.
«Puoi benissimo tornartene indietro.»
Fu come una pugnalata. Castiel batté le palpebre, cercando
di comprendere.
«Non capisco... credevo che ti avrebbe fatto piacere
sentirlo.»
«Ti sbagliavi.»
«Ma... non era quello che volevi? Che potessi
restare?»
«Appunto, Castiel!» urlò Dean, adesso
fronteggiandolo «Che volevo!»
Castiel corrugò la fronte «Dean...»
«Ma mi stai vedendo?!» Dean si indicò,
disperato «Hai visto come sono ridotto?»
Castiel lo guardò, eppure continuò a non capire.
«Che c'è che non va?»
«Che c'è che non va?!» Dean
aprì le braccia, poi le richiuse e lo guardò con
rabbia, indicandosi «Sono vecchio, Castiel! Ho sessantotto
fottutissimi anni!»
Castiel non avrebbe saputo stabilirlo. «Non mi
importa.»
«Hai visto i miei capelli? La mia faccia? E stento anche a
reggermi in piedi!»
«Non mi importa...»
«Ho lasciato la caccia! Lo sapevi? Non ero più in
grado di combattere. Non volevo rinunciare, ma ho rischiato la vita
troppe volte e Sam mi ha costretto a ritirarmi. Dei ragazzi
più giovani ci hanno sostituito e adesso loro cacciano al
posto nostro.»
«Non mi importa» si impuntò Castiel.
«Sono... non sono più quello che ricordi,
Cas!» insistette Dean, veemente, con gli occhi lucidi.
Cas scosse la testa. «Sei sempre lo stesso ai miei occhi,
Dean.»
«Ma non ai miei!»
«Non mi importa» Cas azzardò un passo
«Voglio solo restare qui, al tuo fianco.»
«A fare cosa, la mia badante?» Dean si
inumidì le labbra, col fiato corto.
Cas provò a replicare ma Dean glielo impedì.
«Cas, è troppo tardi...»
L'angelo rialzò gli occhi su di lui, le parole morte in gola.
«No, non lo è» ribatté,
sicuro «Ti ho detto che il portale...»
«Non hai capito. E' troppo tardi per me» adesso
Dean aveva le lacrime agli occhi.
Quella visione da sola scavò una profonda ferita nel cuore
di Castiel. Gli tolse il fiato.
«Non... non capisco.»
«Tu davvero... davvero non ci arrivi?» Dean fu
colto da un singhiozzo e no, Castiel non se l'era immaginato.
«Avresti dovuto pensarci prima, Cas... se davvero volevi
restare con me, e vivere con me, avresti dovuto pensarci prima. Quando
ero giovane. Quando te l'avevo chiesto, e richiesto, e chiesto ancora.
E tu continuavi a promettermi che saresti tornato, e io ti aspettavo,
e... e...»
«E sono sempre tornato» Cas cercò di
sfiorargli il braccio, ma Dean sfuggì alla sua presa.
«Non te ne rendi conto?! Io non ho l'eternità,
fottuto angelo del signore! Ma che puoi saperne tu, che sei
immortale!»
«Potrei diventar-»
«Sapevi che sarebbe successo, Cas! Sapevi che non ero eterno,
eppure hai continuato a rimandare, e rimandare, e ora che hai
finalmente preso una decisione è troppo tardi.»
Gli angoli degli occhi di Castiel iniziarono a pizzicare. Non si chiese
nemmeno da cosa fosse dovuto.
Si sentiva malissimo.
«Dean... lo sai che mi dispiace...»
«Non è abbastanza.»
«Ma io...»
«Avresti dovuto pensarci prima...» una lacrima
scese sulla guancia del cacciatore, mentre la sua voce si spezzava
«L'ultima volta che sei andato via... non mi aspettavo che
tornassi. Pensavo che fosse finita. Per sempre. E invece eccoti qui...
perché sei tornato, Cas?»
«Per resta-»
«PERCHE' SEI TORNATO?» Dean adesso l'aveva spinto,
con il fiato corto e le lacrime che aumentavano «Brutto
bastardo figlio di puttana, perché continui a
tormentarmi?»
Quelle parole lo trovarono disarmato. Castiel provava un profondo
dolore che lo stava lacerando.
«Perché mi stai facendo questo...»
Castiel non si accorse nemmeno di aver iniziato a piangere come Dean.
Sentì solo qualcosa di caldo scivolargli dalle palpebre, e
un groppo in gola che non riusciva a mandar giù, e gli occhi
in fiamme.
«Perché io ti sto facendo questo?!» Dean
si morse il labbro con rabbia, probabilmente per non urlare
«Hai idea di cosa mi hai fatto tu, Cas?! LO SAI?»
«Ti prego...» supplicò Castiel ma Dean
continuò ad avanzare e fronteggiarlo, in lacrime.
«Tu non sai che cosa è stato continuare a sperare
che un giorno potessi tornare, che potessi materializzarti di fronte a
me, nei momenti meno opportuni, così avrei potuto
rimproverarti su quella cazzata dello spazio personale. Non sai cosa
vuol dire guardare fuori dalla finestra, in attesa, mentre tutti ti
fanno domande e tu semplicemente non li stai a sentire,
perché speri che qualcosa, qualcuno compaia lì
fuori, che possa salvarti dalla tua esistenza, dalla tua vita noiosa.
Non sai cosa vuol dire dover dire addio alla cosa a cui tieni di
più, proprio nel momento in cui l'hai potuta riabbracciare.
Si dice che realizzi quanto tieni a qualcosa solo quando la perdi, del
resto... e non sai cosa vuol dire accettare di credere ad una promessa
che sai non verrà mai rispettata, ma una parte di te ti
obbliga a non rinunciare, perché le cose belle accadono,
vero? E' questo che mi hai detto il giorno che ci siamo conosciuti. E'
vero. Le cose belle accadono. Ma non durano, non durano mai»
Dean non si premurò nemmeno di asciugarsi gli occhi. Era
furioso, distrutto, e Cas non poteva far nulla per farlo sentire
meglio.
Avrebbe preferito pugnalarsi, in quel momento. Di sicuro avrebbe fatto
meno male.
«E quando poi credevo di averla superata, di essermi
finalmente abituato alla mia vita, senza pensare alla tua mancanza,
ecco che riapparivi. Con lo stesso trench, la stessa faccia, lo stesso
fottuto sorriso. Eri sempre lo stesso e io invece continuavo a
cambiare. E faceva male, oh se faceva male. Per te il tempo non
passava, per me sì. Mi ero solo illuso che le cose potessero
funzionare tra noi. Non potevano... e non potranno mai. Tu sei un
angelo, io no. Io morirò, Castiel. La mia vita sta volgendo
al termine... ma non per te. Andrai avanti, per la tua strada, anche
quando io sarò polvere. Conoscerai altri umani da
stalkerare, e nemmeno ti ricorderai di quel lamentoso cacciatore di
nome Dean Winchester, fissato con le birre e le crostate di mele. I
secoli passeranno e io sarò solo un ricordo che
svanirà presto.»
«No, Dean, non potrei mai...»
«Ho provato a dimenticarti davvero, ma... ma poi c'eri di
nuovo. A riaprire le ferite, ad affondare ancora di più il
coltello, per poi lasciarmi sanguinante quando andavi via di
nuovo.»
Castiel si ritrovò a tirar su col naso, mentre le lacrime
calavano giù senza sosta. «Mi
dispiace...» soffiò, con la voce spezzata
«Mi dispiace Dean, non lo sapevo, non volevo farti male...
io...»
«Avrei preferito che non fossi più
tornato» concluse Dean, guardandolo fisso negli occhi,
entrambi così lucidi «da quando mi salutasti per
tornare da Metatron. Avrei preferito che fossi rimasto in
Paradiso.»
Cas non riuscì più a trattenere i singhiozzi. Si
strinse le labbra per provare a calmarsi, mentre indietreggiava spinto
dalla furia di Dean.
«No, ti prego, non dirmi questo...»
«Voglio che tu te ne vada, Cas.»
«Dean...»
«Voglio che sia finita, per sempre. Che tu ti dimentichi di
me. Così potrò dimenticarmi di te, questa volta
definitivamente.»
«Non voglio dimenticarmi di te» si oppose Cas, in
lacrime.
«Io sì.»
E questo spezzò Castiel. Continuò a singhiozzare,
col fiato che mancava e le ginocchia che tremavano.
Non aveva idea che si potesse soffrire tanto. Avrebbe preferito
l'annientamento della morte a questo dolore.
«Non voglio più soffrire» gli
rivelò Dean, anche lui in lacrime. «Basta
così. Non ce la faccio più.»
«Mi dispiace, Dean, io volevo proteggerti... non ti farei mai
del male...»
«Ma l'hai fatto!» Dean scosse la testa quasi
incredulo «Mi hai fatto più male tu di chiunque
altro in tutta la mia vita. Mi hai ferito, Castiel. Mi hai ferito
troppo e per troppo tempo. Anzi, mi hai proprio ucciso.»
A Cas sfuggì il fiato dalle labbra «No, non
parlarmi così, ti prego...»
«Mi hai ucciso nell'istante stesso in cui mi hai chiesto di
aspettare il tuo ritorno.»
Cas provò ad asciugarsi le lacrime, ma Dean
continuò, imperterrito.
«Mi hai impedito di costruirmi una vita... Io... io ti
odio.»
«No...»
«Ti odio...» lo spintonò ancora,
mandandolo a sbattere contro il muro. Cas non provò neanche
a difendersi.
«Brutto bastardo!» Dean gli caricò un
altro pugno, e un altro, e Cas lo lasciò fare.
«Perché mi hai fatto questo, Cas?»
Cas alzò gli occhi su di lui, pesto di sangue e in lacrime.
«Avevo bisogno di te, Cas... ti amavo, cazzo!»
Castiel sussultò, colto alla sprovvista.
Lo guardò come se non lo riconoscesse.
Amare?
Aveva sentito bene?
«Dean...» provò.
«Non ti azzardare a ripetere il mio nome con quella voce o
giuro che io... io...»
«Non mi importa quanti anni hai, o se sei vecchio... voglio
invecchiare con te. E non mi importa se ti resta poco da vivere...
voglio trascorrere questi ultimi anni con te.»
«NO!» urlò Dean, e per la rabbia
scaraventò a terra un vaso.
Cas nemmeno si preoccupò di curarsi.
«Non voglio che tu mi veda così, Cas.»
«Che stai dicendo?» l'angelo si rimise in piedi,
aggrappandosi alla parete e corrugando la fronte.
Dean fu colto da un accesso di tosse e Cas lo richiamò.
«Dean-»
«Esattamente di questo sguardo parlo!»
sbraitò Dean sfuggendo dalla sua presa come se scottasse
«Quello sguardo di compassione che hai adesso. Sì,
sono vecchio, e sono brutto, lo so! Non voglio che tu debba badare a
me! Tu non crescerai mai, resterai sempre giovane... gli anni
passeranno e io non riuscirò più a camminare, e a
parlare, e perderò i capelli, e poi la vista, e...
e...» Dean abbassò lo sguardo, incapace di
mantenerlo nel suo «Io non voglio che tu mi veda
così. Non lo permetterò.»
«Dean...»
«Non voglio più vederti.»
«No, ti prego, non...»
«Vattene via!» Dean questa volta gli
lanciò contro un libro.
Cas si spostò in tempo per evitarlo e il volume
sbatté con violenza contro la parete.
L'angelo guardò Dean come se non lo riconoscesse.
«Hai paura?» lo prese in giro Dean, crudelmente
«Ecco bravo, scappa via!»
Cas scosse la testa. «Che stai facendo...?»
«Torna in paradiso.»
«No.»
«TI HO DETTO DI TORNARE IN PARADISO!»
«Non ti lascio...!»
«Non voglio più vederti!» Dean lo spinse
di nuovo, questa volta verso la porta. «Castiel non te lo
voglio ripetere più... vattene via.»
«Dean» lo pregò Cas stringendogli le
braccia e annegando nei suoi occhi. «Non voglio...»
«Lasciami in pace» Dean aveva ripreso a
singhiozzare «NON TORNARE MAI PIU'!»
Castiel lasciò andare la sua pelle, con un vuoto all'altezza
del petto.
«Ti prego... no, non voglio lasciarti... non farmi
questo...»
«Vattene o quanto è vero Dio prendo il
fucile.»
«Dean... per favore...»
«NON TI VOGLIO QUI! VATTENE VIA!»
Gli lanciò un altro libro ma Castiel era sparito, e
così il volume si perse nel corridoio, aprendosi per terra.
Dean non si curò nemmeno di riprenderlo.
Le pareti della stanza del salotto di Dean furono sostituite da quelle
asettiche del suo paradiso.
Cas si accasciò contro la scrivania del suo sogno, col
respiro corto e gli occhi spalancati.
Non riusciva a contrastare il dolore. Gli stava dilaniando l'anima,
centimetro dopo centimetro.
Non riusciva nemmeno a capacitarsi di quello che era successo.
Il volto furioso e arrossato di Dean era impresso nella sua retina, e
anche battendo le palpebre non accennava a sbiadire.
Strinse spasmodicamente il tavolo, sentendolo incrinarsi sotto le dita,
che gli prudevano.
E poi urlò.
Urlò e scaraventò via tutti gli oggetti presenti
sulla scrivania, con rabbia, con disperazione, con dolore.
Agguantò la lampada e la gettò con
violenza contro il muro, vedendola frantumarsi e esplodere, spargendo
cocci ovunque.
A pezzi, proprio come il suo cuore.
Infine afferrò la scrivania e la
rivoltò, con un ruggito devastato.
Cercò qualcos'altro da distruggere, ma poi il dolore lo
sorprese con una nuova stilettata e Cas semplicemente crollò
in ginocchio, singhiozzando senza più controllo.
Tutto era stato inutile.
Era troppo tardi... troppo tardi.
Il rifiuto di Dean bruciava. La vita di Cas all'improvviso non sembrava
avere più alcun senso.
Scivolò sul pavimento freddo, su un fianco.
Tutti gli sforzi che aveva compiuto per ottenere il permesso di restare
sulle Terra non erano serviti a nulla.
Perché non ci sarebbe stato nessun Dean a condividere la sua
gioia. Ad aspettarlo a braccia aperte.
Perché l'aveva aspettato per troppo tempo, e Cas non poteva
chiedergli di più.
Gli era totalmente sfuggito dalle mani, l'aveva perso per
sempre.
Dean lo amava, e lui aveva rovinato tutto. Aveva rovinato tutto a tal
punto, da aver tramutato quell'amore in odio.
Singhiozzò ancora di più, ormai in posizione
fetale, e si strinse i pugni al petto, in cerca di conforto,
sperimentando perfino il mojo angelico per frenare il dolore.
Ma non funzionò.
Questo era un dolore diverso.
To be
continued >> Parte 5 (aka Pianto)
~•~Angolo Autrice~•~
Inizio a correre se voglio sopravvivere D:
*guarda i fucili puntati dai lettori e deglutisce in panico*
Emh... POSSO SPIEGARE!
------------------------------
Okay, no, NON posso spiegare, solo che... non potevo soffrire da sola, no? *silenzio*
NOOO???
Mi dispiace ç__ç
Non so davvero cosa posso dire su questo capitolo. Un po' riassume
tutto il theme della fanfiction, specialmente con la ripetizione della
frase "too late", che è anche il sottotitolo della storia.
Il succo è appunto questo: il tempo scorre inesorabile, e per
quanto i sentimenti possano essere eterni, così come le buone
intenzioni, le persone non lo sono.
Another succo: godetevi le persone fin quando le avete accanto. Non si sa mai se domani saranno ancora al vostro fianco.
E' una lezione che Castiel ha imparato a sue spese, ma lui non è
un umano, non era consapevole della gravità di quello che gli
stava capitando tra le mani. E ne ha pagato lo scotto.
Come andrà a finire? Vi assicuro dolore e fluff per il prossimo capitolo.
IO PROVO ANCORA A RIPRENDERMI PERCHE' NO, CREDETE CHE SIA FACILE
PERCHE' L'HO SCRITTA IO E QUINDI SO TUTTO MA NO, CIOE' SOFFRO LO
STESSO, CREDETEMI.
*piange*
Non so cosa dire. Giuro. Sono assolutamente senza parole, ed è
raro nel mio caso. Ma non credo che le parole possano descrivere
più di quanto non abbia già fatto il capitolo.
Spero solo che continuerete a leggermi.
P.P.S: Dovrei rispondere a
tutte le vostre recensioni, anche a quelle dell'altra storia, spero di
arrivarci oggi ma non vi prometto nulla perché gli impegni non
mi hanno mica abbandonato. Mi sono solo presa un po' una pausa per
respirare, ma non so se sarò in grado di rispondere a tutti
perchè ci tengo a dare delle risposte soddisfacenti e per quello
ci vuole tempo. E IO COME CAS IL TEMPO NON CE L'HO.
Ma lo farò.
Vi prometto che lo farò presto. E IO MANTENGO LE MIE PROMESSE.
..
...
..... ALMENO IO LE MANTENGO T__T
P.P.P.S: non avete idea di quanto mi distrugga e sfracelli il cuore un Cas ridotto in questo modo.
E no, non... non odiate Dean. Ha sofferto troppo anche lui, per questo
è diventato acido. E' solo ferito, non è cattivo, ve lo
giuro T____T I MIEI BIMBI AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA *ricomincia
a piangere*
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
|
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Capitolo 5 *** Part 5 ***
The Boy Who Waited 5
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Sì,
è un ritardo mostruoso.
E sì, non ho scusanti. La verità è che
ho avuto davvero un mese molto impegnato, tra le varie feste, gli
amici, ferragosto, il ricominciare a studiare.
Questo capitolo l'avevo già scritto da un po' -saranno un
tre settimane ormai, forse anche di più- ma... ha una
continuazione. All'inizio pensavo che avrei impiegato poche righe per
scrivere l'ultima parte ma ieri, che l'ho ultimata, mi sono resa conto
di sbagliarmi. E' venuta piuttosto corposa e dunque ho deciso di
pubblicarla come capitolo a sé stante, come epilogo.
Questo, tuttavia, resta il più emozionante, diremmo, commovente. O
almeno, se ci sono riuscita.
Alla fine, forse, non sarete solo in lacrime, ma avrete anche un
sorriso. Chi lo sa.
Detto questo... boh davvero non so cos'altro aggiungere. Forse che mi
dispiace? In quel caso sì. Parecchio. Poi leggere questo
capitolo con la seconda colonna sonora che vi ho messo... BEH, buona
fortuna.
Vi servirà.
Soundtracks
che ho
ascoltato scrivendo il capitolo: Questo è
stato il capitolo più difficile da scrivere, come
già anticipato. So much pain ç_ç
La colonna sonora che ho utilizzato all'inizio non posso postarvela,
purtroppo, dal momento che ascoltavo in loop il primo minuto e mezzo
della suddetta, e non avrebbe senso chiedervi di dover stoppare il
video e rimetterlo da capo ogni volta -poiché da un punto in
poi, diventa veloce e quasi allegra e stonerebbe del tutto con il theme
di questo capitolo. Dunque, dopo attenti e lunghi esperimenti (?) ho
trovato una degna sostituta.
Mi spiace di non poter essere rimasta fedele fino all'ultimo, ma
purtroppo ogni tanto la necessità chiama e si deve fare
qualche cambiamento ^^" se siete curiosi, mandatemi un messaggio
personale e vi scriverò la soundtrack originale che avevo
ascoltato (o per lo meno quel minuto e mezzo) e rileggete il capitolo
con quella, perchè ci sta da Dio xD
Anyway (entrambe da sentire a ripetizione ahah):
1. (all'inizio, poi ad un
tratto vi metterò la seconda, con
la solita scritta "qui") https://www.youtube.com/watch?v=h3lWwMHFhnA
The Boy who Waited
Too
late
Quando Castiel tornò
sulla Terra per la sesta volta, rischiò di scontrarsi con
una donna.
Acquistò l'equilibrio in tempo, mentre la ragazza vestita di
azzurro lo superava di gran carriera, spingendo un carrello di
asciugamani.
Per fortuna andava troppo di fretta per prestare attenzione a
quell'uomo in trench apparso dal nulla, così non gli
gettò nemmeno un'occhiata e Cas sospirò di
sollievo, maledicendo mentalmente il suo radar angelico che l'aveva
catapultato nel bel mezzo di un lungo corridoio luminoso. Le pareti
erano bianche e asettiche e vi era ovunque odore di disinfettante:
Castiel si grattò la nuca confuso, chiedendosi
perché non fosse capitato nuovamente nel giardino di Sam.
Era consapevole del desiderio di Dean di non vederlo mai
più. Gli aveva scorticato il cuore, o almeno il dolore era
lo stesso.
Solo che, nel momento in cui Gadreel gli aveva annunciato l'imminente
distruzione del portale, nel guardare per l'ultima volta la terra
attraverso di esso, Castiel non aveva resistito.
Aveva corso come un pazzo fino ad esso, urlando a Gadreel di fermarsi
subito, che si era dimenticato qualcosa dall'altra parte.
Gadreel era rimasto interdetto, così come tutta la schiera
di angeli presente all'operazione, ma poi gli aveva concesso un'ultima
opportunità. Cas poteva recuperare quello che doveva dalla
terra, e poi avrebbero distrutto il portale.
Ma Cas non aveva alcuna intenzione di tornare indietro. Non importava
che Dean non l'avesse voluto, lui avrebbe continuato a proteggere il
suo cacciatore, perché questa era la sua prima missione e
lui era un uomo d'onore.
O forse...
Forse questa era solo la scusa che si era costruito. In
realtà non riusciva a immaginare la sua vita senza quel
burbero Winchester, senza il suo odore di birra e di pelle, senza
quelle lentiggini, senza quella voce che lo chiamava, senza quel
sorriso e quegli occhi verdi.
Cas si diede una nuova occhiata attorno, scorgendo altre persone
vestite di azzurro correre da un lato all'altro del corridoio: tutti
sembravano aver perso l'autobus o avere dimenticato qualcosa nel forno.
Guardavano dritti davanti a sé e camminavano spediti, chi
con flaconi in mano, chi con blocchi di appunti, chi mentre si metteva
dei guanti in lattice.
Dove diamine era finito?
Eppure, il radar angelico non sbagliava mai, Dean doveva trovarsi da
qualche parte lì vicino: così Cas girò
l'angolo di quel corridoio dalle mattonelle bianche, coi passi che
rimbombavano tra le pareti, e si interruppe presso una lampada a neon
che non riusciva a rimanere accesa e continuava a tremolare.
Cas si fermò giusto sotto di essa, con la luce che si
proiettava a intervalli sul suo trench, il naso in aria e le
sopracciglia corrugate.
Che ci fosse qualche demone nei paraggi?
Eppure, se così fosse stato, l'avrebbe quanto meno
percepito. O ne avrebbe sentito il comune odore di zolfo.
Luce.
Click.
Buio.
Click.
Luce.
Click.
«Mi scusi?»
Castiel era così concentrato sulla lampada che
sussultò, voltandosi di scatto.
La persona che gli aveva rivolto la parola era una donna esile, con la
faccia tonda e i capelli rossi legati in una coda di cavallo.
«Mi scusi» ripeté con un sorriso
cordiale «Sta cercando qualcuno?»
«Io...» balbettò Cas indicando
distrattamente la lampada «Stavo solo...»
Il sorriso della donna rimase immutato sebbene la sua espressione si
modificò in perplessa.
«Sì» capitolò alla fine
Castiel, lasciando andare le braccia lungo i fianchi.
«Conosce per caso un uomo di nome Dean Winchester?»
Il volto della donna parve cristallizzarsi, e il suo sorriso si
smorzò un po'.
«Oh... Dean.»
Cas avvertì un bruciore logorante allo stomaco.
Perché quel tono?
Si avvicinò alla donna con urgenza.
«Sta bene? Sa dirmi dove abita?»
La donna, inibita da quella vaga minacciosità,
indietreggiò e scosse la testa.
«Mi scusi, signore, non ne sono a conoscenza.»
Cas sospirò, affranto, abbassando le spalle.
Aveva fatto tutta quella strada per nulla. Forse
l'instabilità del portale si era trasferita pure sul suo
mojo angelico, e i suoi poteri non funzionavano più come
prima.
«Allora...» continuò, funereo, facendo
per voltarsi «Grazie lo stesso...»
«Aspetti un momento!»
Cas si fermò, sentendola farsi più vicina con dei
passetti veloci.
Si voltò a guardarla, in attesa, e quella si
cacciò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Non so dove abita ma... se vuole vederlo, lo trova nella
stanza 215.»
Cas si raddrizzò sulla schiena, attento.
«La accompagno» gli venne in aiuto la donna con i
capelli rossi. Cas lesse sulla targhetta: Jane.
Annuì incapace di formulare un pensiero coerente, e
seguì docile la donna attraverso i corridoi luminosi.
Stava per incontrare
Dean.
Ma perché quel luogo sembrava un ospedale?
Cosa... cosa ci faceva Dean lì?
Cas si costrinse a deglutire mentre la donna lo accompagnava
all'interno di un ascensore e premeva il numero per salire di piano.
Quando le porte si serrarono, Cas si appoggiò con la schiena
sulla parete dietro di sé e non si accorse nemmeno di aver
chiuso gli occhi, se non quando li riaprì al richiamo della
donna.
«Si sente bene?»
«Sì» rispose Cas schiarendosi la gola.
Ma non era un bravo attore, e la donna non parve convinta.
«Sa» interloquì lei, giocherellando col
bordo della sua casacca azzurra «Sono felice che Dean abbia
delle visite.»
Cas batté le palpebre.
Aveva paura anche a chiedere.
«Di solito è un uomo molto... solo. Nessuno lo
viene a trovare da tempo, sa. Prima veniva sempre suo fratello, un
certo...»
«Sam» completò Cas commosso, e la donna
balbettò, presa alla sprovvista.
Richiuse la bocca. «Sì, Sam. Ecco come si
chiamava. Adorava suo fratello...» continuò poi
Jane, come persa nei ricordi. «Gli portava sempre delle
crostate, o delle riviste, o altri regali. Ma Dean... oh.»
«Cosa?» Cas sentiva l'ansia divorarlo.
«Lui... è come se non ci fosse. Non
davvero» la donna poi parve finalmente notarlo.
«Lei è un suo parente?»
«Un... amico» rispose invece Cas, sebbene
ricordasse più di ogni altra la frase di Dean "noi siamo una famiglia".
«Oh, è bello che Dean abbia degli amici»
Jane sorrise nuovamente, ma Cas non riuscì ad imitarla
questa volta.
«E se non sono indiscreta... da quanto tempo non lo va a
trovare? Non l'ho mai visto da queste parti...»
«Un... un po'» Cas non riconobbe più la
sua voce. Aveva la gola secca, ed era come se qualcun altro parlasse al
posto suo «Credo.»
La donna stava per ribattere ma a liberarlo dall'impiccio ci
pensò l'ascensore che arrivò a destinazione,
trillando e riaprendo la porta scorrevole.
La luce delle lampade al neon li bagnò e la donna lo
condusse all'esterno, in un nuovo corridoio.
«Eccoci qua. Mi segua.»
La donna proseguì a sinistra e Castiel la seguì.
Si fermò solo al termine del corridoio, dove il muro si
apriva in un'ampia finestra che dava all'esterno.
Cas lasciò vagare lo sguardo fuori per un po', poi
però si accorse che la donna si era interrotta proprio
davanti ad una porta, bianca come tutto il resto, e con una scritta in
ottone.
215.
Dean,
pensò Cas col cuore in gola.
La porta era socchiusa, e dalla sua postazione Cas poteva vedere la
testata di un letto -bianca anche questa-, un armadio con sopra un
televisore, e dietro due grandi finestre dalle tende verdi.
Non si accorse nemmeno di aver stretto le mani a pugno.
Ma non riusciva a muoversi. Le gambe erano intorpidite, e i piedi
incollati al terreno.
Aveva paura, un cieco terrore, di varcare quella soglia.
Di vedere cosa ne era rimasto dell'uomo che si era da pochissimo
accorto di amare.
E soprattutto, temeva la sua reazione.
«Vuole che la accompagni?» chiese piano Jane,
sfiorandogli il braccio.
Cas si riscosse dal suo torpore, e rivolse un veloce sguardo alla donna.
«No... no, vado da solo.»
Prese una grande boccata di ossigeno -sebbene gli angeli non ne
avessero bisogno- poiché ne sentiva la necessità
al momento.
«Solo un'altra cosa» Jane avanzò di
nuovo e Cas si bloccò.
La donna si morse il labbro, senza guardarlo, lo sguardo diretto
all'interno della stanza.
«Voglio essere sincera con lei, signore... forse non vede
Dean da molto, ma lui... ecco...»
«Cosa?» la incitò Castiel con voce secca.
Jane sospirò, poi finalmente puntò i suoi occhi
su di lui.
«Non è messo molto bene. Non riconosce
più nessuno da tempo, non risponde agli stimoli. Le sue
condizioni peggiorano di giorno in giorno e... io non credo... che gli
resti molto, capisce?»
«Okay» Cas sentì dire al suo corpo, la
voce particolarmente acuta.
Avvertì gli occhi bruciare e così distolse lo
sguardo, per non farsi vedere dalla donna.
«Mi dispiace molto» Jane gli accarezzò
il braccio, in gesto di conforto.
«Perché Sam... voglio dire, suo fratello... non
è tornato a trovarlo?»
«Credo che abbiano litigato» rispose Jane,
meditabonda. «Sam voleva che suo fratello combattesse la
malattia, ma Dean... è come se si fosse lasciato andare.
Povero, povero piccolo.» (qui)
Cas finalmente avanzò, perché non voleva
più sentire altro, e varcò la soglia.
Vi era un letto al centro della stanza: su di esso era adagiato un uomo
molto anziano, con una coperta azzurra sul corpo stanco.
Cas non riuscì a vederlo bene. Il corpo era rialzato da
alcuni cuscini, e la testa rivolta verso la finestra.
Vi erano rimasti radi capelli bianchi, il cranio era ricoperto di
chiazze, le braccia pallide, magre e lentigginose erano abbandonate sul
materasso. Da uno dei polsi partivano dei fili collegati ad una flebo.
Cas non riusciva a respirare. O parlare. O pensare.
La vista si fece appannata.
«Sempre a guardare quella finestra...» Jane gli si
affiancò, lo sguardo perso su Dean. «Sai, da
quando è qui non fa altro che guardare quella finestra...
come se stesse aspettando qualcuno.»
Questo fu troppo.
Dean aveva continuato ad aspettarlo, dopo tutti questi anni...
Cas sentì qualcosa di caldo scivolargli giù dalle
palpebre: non riusciva a deglutire, a respirare, e la vista era
offuscata dalle lacrime.
Jane lo notò e subito gli fu vicina, sorreggendolo.
«Oh, mi dispiace così tanto, mi dispiace. La
accompagno fuori?»
«No» biascicò Cas con la voce spezzata,
mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime.
«Davvero, se vuole...»
«S-sto bene» Cas tirò su col naso, e
scosse la testa per tranquillizzare la donna. «Sto
bene»
E poi qualcosa cambiò.
L'uomo sul letto si mosse.
Si girò, li guardò.
Per un momento parve non riuscire nemmeno a vederli, poi
però rantolò qualcosa.
Aveva una maschera sul volto, un respiratore.
Tentava di toglierselo con la mano debolissima, che cincischiava con i
fili.
Jane corse subito verso di lui e lo aiutò con l'operazione,
togliendogli il respiratore e asciugandogli il sudore sulla fronte.
«Eih Dean» gli sorrise, affettuosa «Hai
una visita.»
Poi si girò e fece cenno a Cas di avanzare.
«Forse è meglio se...»
replicò Cas, preoccupato dalla possibile reazione di Dean
«Se va-»
«Cas...»
Quella voce...
Cas trasalì, e Jane stessa gli rivolse un'occhiata
sconvolta. Poi tornò su Dean «Lo
riconosci?» fece, incredula.
Cas avanzò lentamente, e quando Jane si fece da parte, lo
vide.
Dean era lì.
Il volto una ragnatela di rughe e lentiggini, gli occhi
infossati, scoloriti, le labbra secche e spaccate, ma
l'espressione... era sempre la stessa.
Fu un colpo al cuore.
Cas non fu in grado di fare altro se non continuare a guardarlo.
Jane aveva detto che Dean non riconosceva più nessuno da
anni, che peggiorava di giorno in giorno, che aveva una malattia per
cui aveva rinunciato a curarsi.
E dall'aspetto, Dean doveva essere vecchissimo.
Quanti anni erano passati?
Cas non voleva scoprirlo.
Vedere Dean lì, così fragile, così
indifeso, lo uccideva.
Dean aprì di nuovo la bocca, e alzò un braccio
tremante: tutte le dita si chiusero, tranne l'indice.
«Cas...» rantolò di nuovo, senza fiato.
Cas quasi soffocò col suo stesso respiro.
«Ciao Dean» lo salutò, scosso.
Jane guardò prima l'uno, poi l'altro, sempre più
stupita, poi si raddrizzò in piedi e sorrise a Dean,
accarezzandogli la fronte.
Si voltò, e quando passò accanto a Cas gli
sussurrò «Te lo lascio, trattamelo bene,
okay?»
Cas provò a replicare ma poi la sua attenzione fu catturata
nuovamente da Dean, che tentava di parlare.
Cas lo raggiunse in fretta, sporgendosi verso il suo letto e
afferrandogli la mano tra le sue.
Le dita di Dean erano ghiacciate.
«Eih» gli sorrise, accarezzandogli la mano con un
pollice, e guardandolo negli occhi.
Dean sembrava faticare pure a respirare o metterlo a fuoco, e non
rispondeva alla stretta.
«Sei... sei davvero... tu?» ansimò Dean,
con voce roca.
Cas non si curò nemmeno di interrompere le lacrime, che
continuavano a scendere e offuscargli la vista.
Era felice di aver rivisto Dean, ma in quello stato...
«Mi dispiace...» si ritrovò a
singhiozzare, stringendogli spasmodicamente la mano, e abbassando la
testa scosso dal pianto.
«Mi dispiace così tanto, Dean, io...
io...»
E poi qualcosa gli sfiorò i capelli.
Cas rialzò il volto rigato dalle lacrime, gli occhi gonfi
dal pianto, e la mano rugosa di Dean scivolò sul suo zigomo.
«Sono... felice.»
«Dean...?»
«Sei...» Dean provò a sorridere,
nonostante il respiro corto e la fatica. «Sei
tornato.»
Non sembrava poter credere ai propri occhi.
Cas tirò su col naso.
«Certo che sono tornato. Sarei sempre tornato da te,
Dean.»
Dean sorrise, e Cas credette di non aver mai visto niente di
più bello.
«Non sei arrabbiato con me?» si stupì
Cas, reclinando un po' il capo.
«No...» sussurrò Dean.
«Ma credevo che... insomma, l'ultima volta mi hai urlato di
andarmene.»
Dean prese due ampi respiri prima di rispondere.
«Quando ti chiedevo... di restare... tu andavi via»
fece una pausa «Ho sperato che m-magari... mandandoti via...
saresti rimasto.»
Il senso di colpa trafisse Cas come una coltellata.
Abbassò lo sguardo, incapace di replicare.
E cosa avrebbe potuto dire, anche quando?
Era colpa sua... era tutta colpa sua.
«Non importa...»
Cas fece per alzarsi. «Sono stato un... Dean, forse
è meglio se vad-...»
«No...» ansimò Dean, e sembrò
preso dal panico. Rispose alla stretta prima che Cas potesse sfilare la
mano, e si agitò.
«No... non andare... no...»
Il respiro si fece più affannoso.
«Eih eih eih, okay...» si affrettò a
rimediare Cas, riabbassandosi verso di lui, spaventato «Okay,
okay, resto, adesso calmati...»
Ma Dean non lo ascoltò.
Non lo faceva mai.
Il respiro era sempre più accelerato. Arcuava la schiena e
il collo, in cerca d'aria, ma non sembrava riuscire a respirare.
«Dean...? DEAN!»
«Oh mio dio!» urlò Jane accorrendo nella
stanza e premendo il pulsante per chiamare il medico. «PRESTO
CI SERVE AIUTO NELLA STANZA 215!»
«Dean, no!» Cas cercò di afferrargli la
guancia ma Dean continuava ad agitarsi, incapace di respirare bene.
«Nonononono» Cas era in preda al panico.
«Aiuto... aiutatelo... faccia qualcosa!»
urlò a Jane che riprese il respiratore.
Dean si ribellò e sfuggì dalla mascherina,
urlando:
«No... Cas... Cas!»
«Sono qui!» gli rispose Cas, terrorizzato, facendo
pressione sulla sua mano mentre Jane preparava le siringhe con le
medicine.
Nel frattempo arrivarono altri infermieri e il medico, entrando nella
stanza con un gran trambusto.
Dean continuava a rantolare affannosamente e ad agitarsi in cerca
d'aria.
Quando il medico arrivò, provò ad allontanare
Castiel per occuparsi di Dean, ma il cacciatore si agitò
ancora di più e strinse spasmodicamente la manica del trench
di Cas.
«No... no...» Dean sembrava completamente perso. Vi
era solo terrore in fondo alle sue pupille. Sembrava un bambino sul
punto di piangere.
Era uno spettacolo pietoso, Cas si sentiva peggio di lui a vederlo
così.
«No...!» piagnucolava Dean divincolandosi dalla
presa dei medici, senza mollare la mano di Cas «No! Ti
prego... non lasciarmi Cas... non lasciarmi più...»
«Okay» rispose Cas, mantenendo la stretta.
«Sono qui... non ti lascio. Non ti lascio Dean, te lo
prometto.»
Dean parve essersi calmato un po', ma continuava a rantolare, e il
battito cardiaco era aumentato eccessivamente. L'elettrocardiogramma
sembrava impazzito, il medico ordinò qualcosa ma Cas non lo
sentì.
«Senta, deve lasciare la stanza.»
«No, non posso!»
«Dobbiamo intervenire subito...»
«Non posso lasciarlo!» Cas era sconcertato
dall'incompetenza di quel medico.
«Lei non capisce...»
«No, lei
non capisce! Non posso lasciarlo! Morirebbe... io...»
Ma poi due infermieri lo afferrarono dalle spalle di peso, e lo
tirarono via.
Perse la presa sulla mano di Dean.
Cas urlò e cercò di svincolarsi dalla stretta dei
due infermieri, mentre il medico e gli altri stavano attorno a Dean, e
quello continuava a gridare, e ansimare, e ancora a gridare.
«No... No...» gemeva Dean, tra un rantolo e l'altro
«Cas...»
«DEAN!» urlò in risposta Cas, ma la
presa degli infermieri restava solida.
«LASCIATEMI STARE!»
Qualcuno zittì Dean rimettendogli il respiratore, ma
l'elettrocardiogramma continuava a trillare impazzito.
Cas desiderò con tutto se stesso utilizzare il suo potere
angelico per scaraventare in aria tutti quegli stupidi umani e andare
dall'unico di cui gli importava qualcosa al momento, ma non poteva...
non davanti a tutti...
«DEVO ANDARE DA LUI!»
«Signore si calmi...»
«NO, VOI NON CAPITE, LUI HA BISOGNO DI ME!»
«Se non si calma saremo costretti a chiamare la
sicurezza» intervenne il secondo infermiere.
«COSI' LO STATE UCCIDENDO! LO STATE UCCIDENDO!»
«Signore, lei..»
Cas però era più forte di loro.
Al diavolo l'etichetta, al diavolo la legge degli angeli.
Incanalò tra le dita la sua grazia angelica e un'onda d'urto
scagliò i due infermieri contro i rispettivi muri.
I due persero solo l'equilibrio, il tempo per Cas di raggiungere di
nuovo Dean, farsi largo a spallate tra il medico e gli altri
infermieri, e afferrargli di nuovo la mano.
Nel momento in cui riebbero il contatto, Dean parve smettere di lottare.
Girò piano il volto e Cas gli sorrise.
«Dean! Ehi, ehi Dean, non ti lascio, okay? Resto con te. Non
me ne andrò via questa volta. Sono qui.»
I medici nemmeno si ribellarono alla sua presenza. Continuarono a
somministrargli medicinali con la siringa, a provare ad aumentare il
flusso del respiratore.
Ma gli occhi di Dean erano puntati su Cas, e non lo mollavano.
Lo sguardo si fece più dolce... quel solito sguardo dolce
che Dean rivolgeva solo a lui, e che a Cas era mancato come le sue ali.
«Sono qui» continuò Cas, quasi come un
mantra «Sono qui, Dean, non ti lascerò. Non questa
volta. Io mantengo le promesse...»
Dean continuò a guardarlo, e parve piano piano svuotarsi.
Sorrise dietro la mascherina e sussurrò semplicemente:
«Lo so.»
Quella fu l'ultima volta che Cas lo vide sorridere.
La mascherina si appannò.
Un attimo dopo l'elettrocardiogramma ebbe un ultimo trillo, poi
calò il silenzio.
Non solo nel macchinario, ma in tutta la stanza.
Non vi era più battito.
Se mai Cas avesse avuto un cuore, in quel momento si spezzò.
Gli occhi di Dean lo guardarono un'ultima volta, prima di spegnersi per
sempre. La mano smise di stringere la sua.
Lo spettro dell'ultimo sorriso ancora sulle labbra.
«No... NO! DEAN!»
I medici si agitarono, urlarono ordini, ci furono movimenti frenetici
nella stanza, ma Cas non prestava attenzione.
Continuava a scuotere la mano di Dean, e la sua spalla. Per
risvegliarlo.
«No, Dean! DEAN!» fece querulo, quasi in singhiozzi
«Non ... non andare... non andare dove non posso
seguirti...»
Mai come in quel momento odiò la sua conoscenza delle
citazioni.
Qualcuno prese un defibrillatore. Gli chiesero di spostarsi ma Cas non
ne voleva sapere.
Non riusciva a reagire.
La mano di Dean non rispondeva più alla stretta. Cas non
capiva più nulla.
Era immobile, lì, con l'espressione stravolta e la bocca
dischiusa, gli occhi in fiamme, mentre il medico poggiava il
defibrillatore sul petto di Dean.
Una scarica.
Nulla.
Una seconda.
Nulla.
Le gambe di Cas iniziarono a tremare.
Una terza scarica.
Ancora nulla.
Una quarta scarica.
...
Nulla.
Jane gli strinse delicatamente il polso e lo tirò indietro.
«Non puoi fare più niente per lui...»
Cas non oppose resistenza: la mano gelida di Dean scivolò
dalla sua presa, e Cas non riuscì a capacitarsi che quella
sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe toccato.
Jane lo tirò ancora un po' e Cas la lasciò fare.
Gli occhi ancora puntati in quelli vitrei di Dean.
I medici smisero di mobilitarsi.
«Ora?» volle informarsi il Principale,
demoralizzato.
«17.24» rispose un'infermiera, consultando il suo
orologio da polso.
«Ora del decesso: 17.24» appuntò il
medico.
Decesso...
Le gambe di Cas cedettero.
Si ritrovò in ginocchio, e sarebbe caduto a terra se Jane
non l'avesse sorretto.
«Va tutto bene... tutto bene...» cercò
di consolarlo Jane, tenendogli le spalle.
Cas continuò a fissare Dean fin quando il volto lentigginoso
del suo bel cacciatore, il suo sorriso e i suoi occhi verdi non
scomparvero, ricoperti da un velo bianco.
Cas avrebbe voluto urlare a quei bastardi di non farlo, di lasciare che
Dean potesse ancora guardarlo, che lui
potesse ancora guardarlo.
Era troppo presto.
Dean non poteva andarsene, non...
Cas si afflosciò letteralmente su di lei,
singhiozzando senza freni, mentre Jane cercava di trattenerlo e di
rassicurarlo con parole dolci, accarezzandogli i capelli o le spalle.
«Va tutto bene... tutto bene.»
«E' colpa mia....» piangeva Cas battendo dei pugni
invisibili contro Jane «E' colpa mia... sono arrivato
tardi... troppo tardi.»
Poi le parole furono indistinguibili.
Jane continuò a cullarlo, e Cas smise di reagire.
Continuò a piangere per un tempo che gli parve infinito.
Pianse probabilmente tutte le lacrime che aveva in corpo.
Paradossale come la prima volta che aveva pronunciato il suo nome era
stato nella frase "Dean
Winchester è salvo".
E adesso...
Adesso non lo era... non lo era più.
Dean, il suo Dean, aveva smesso di aspettare.
To be
continued >> Part 6 (aka Fine)
~•~Angolo Autrice~•~
Molti di
voi avevano già predetto un finale del genere. A quelle
persone voglio
dire che mi dispiace, mi dispiace se avrebbero preferito qualcosa di
diverso, di migliore, di più felice, ma questa storia ha un
senso
particolare, ed è cruda e forse anche tragica, lo so, LO SO,
ma era
così che doveva andare.
Lo
capirete quando sarà finita.
Capirete
perchè ho scelto di intraprendere una determinata strada e
non un'altra.
Ma
se posso promettervi qualcosa -anche se temo odierete le promesse, dopo
questa storia xD- è che il prossimo, in un certo modo
parecchio
disturbato, sarà più positivo.
So che in molti mi avete pregato di non uccidere Dean, di far in modo
che si salvasse, che potessero stare insieme, ma se tutto fosse rosa e
fiori, quale sarebbe il PUNTO?
Quale sarebbe l'insegnamento che Cas impara a sue spese?
E' orribile quello che ho fatto. Lo so. Piangevo mentre scrivevo... il
pensare a Dean così solo, a guardare la finestra, ad
aspettare nonostante tutto.
Alla fine, non avrebbe voluto cacciare davvero Cas. Come dice lui
stesso "eih se ti chiedo di restare te ne vai, se magari ti chiedo di
andare resti" e cioè è tutto così
aojjcajsbc capite?
Tragic.
This is so tragic.
Oh, e altra cosa. Come ormai saprete, la mia storia è
disseminata di metafore. Quando Castiel si ferma a guardare la luce al
neon che non riesce a stare accesa... e beh è una metafora
della vita di Dean che si sta spegnendo. E alla fine, guarda caso,
viene interrotto proprio quando la lampadina si spegne per l'ultima
volta. Era un foreshadowing? Sì. Vi ho anticipato la morte
di Dean? Sì. Qualcuno l'aveva capito? No ahah
Poi... ho preferito non specificare la malattia di Dean. Non
perché sono pigra (o magari sì ma shhh) ma
semplicemente perché... non era importante. Non era quello
il punto, e sì che io sono una puntigliosa coi dettagli,
penso ormai l'avrete capito.
E' che è tutto un POV di Cas e, mettiamola così,
a lui non gliene può fregar di meno di quale malattia ha
Dean -a parte il fatto che è un angelo e non capisce le
malattie umane, quindi anche se glielo avessero spiegato probabilmente
non avrebbe capito lo stesso- perché l'unica cosa che gli
importa è rivederlo e non lasciarlo più, e magari
curarlo (nooo, non c'entra che sto ascoltando Fix You e sono una valle
di lacrime al momento, vero???)
Il succo di tutto?
Alla fine si sono riuniti. Anche se all'ultimo anche che, come direbbe
il sottotitolo della storia, troppo tardi, Dean e
Castiel si sono riuniti. Cas è stata l'ultima cosa che Dean
ha visto prima di morire. La sua mano e il suo calore l'unica cosa che
ha sentito. Insomma, nonostante sia orribile che sia morto, almeno
è morto nel modo migliore che potesse esserci.
Alla fine si sono ritrovati. E hanno "fatto pace" direbbe qualcuno. E'
sempre un lieto fine, no?
Un finale dolce-amaro (anche se più amaro che dolce, me ne
rendo conto), ma tanto c'è ancora il prossimo capitolo che
vi mettera' su, si spera, un po' di speranza.
Ah, poi volevo anche aggiungere che, nonostante tutto, con la sua
ultima frase, Dean dimostra ancora una volta di non aver mai smesso di
credere in Castiel e nella sua promessa.
How cute, isn't he?
Okay, piccole note prima di salutarvi.... se siete ancora vivi. Io non
credo di esserlo. Ho un vuoto dentro. But still...
1) la stanza
215 è un riferimento alla prima targa dell'Impala (2Y5)
2) Jane la
immaginavo un po' come Karen Gillian. Boh. Still "the boy who waited"
eh? Però lei è alta. Mmm
3) Tutta la
scena di "lo state uccidendo!" ai medici ... a parte ricordarmi ET (mi
è venuto in mente rileggendolo, non prima), ha ucciso ME.
Non so cos'altro dire.
SCUSATEMI.
DAL PROFONDO DEL CUORE, PERDONATEMI SE POTETE T___T
Campagna
di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona
l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
|
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Capitolo 6 *** Part 6 - THE END ***
The Boy Who Waited 6
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E' l'ultimo capitolo.
Cosa c'entra questo? Beh, intanto volevo ricordarvelo -ouch!- e poi...
direi che sintetizza abbastanza qualsiasi altra scusa. Insomma, ho
ritardato, lo so. Ho un esame il 17, ed è di vitale importanza
passarlo. Ho sistemato questo capitolo ieri notte, fino alle tre -sono
una vampira notturna, I KNOW- perché la notte è l'unico
momento in cui non studio e posso concedermi qualche distrazione. E poi
avevo davvero bisogno di... insomma, di non farvi aspettare troppo per
l'epilogo.
Non voglio dilungarmi ulteriormente perché mi sfogherò
meglio nelle note finali, non vorrei rischiare adesso qualche spoiler.
Ma voglio aggiungere delle piccole cosette prima di lasciarvi: innanzitutto, che molti di voi forse avranno immaginato un
finale del genere. Molti di voi avevano già immaginato la morte
di Dean nello scorso, e mi dispiace per quelli che hanno indovinato.
Tuttavia, nonostante le vostre convinzioni, nessuno ha davvero azzeccato
l'idea che avevo in mente per il finale. Alcuni si sono avvicinati ma... ma non hanno
indovinato del tutto. Non so quanto sentirmi fiera. Piuttosto, mi
auguro di non deludervi. Davvero. Ci tengo tantissimo a questa storia,
e che abbia un... un senso.
Spero di essere rimasta in tema. E per il resto, a livello emotivo
questa fanfiction mi ha scombussolato, ed è per questo che le
prossime penso, spero, saranno delle AU, e possibilmente un filino
meno angst. Anche se continuerò a ricordare questa come forse
una delle mie preferite. Vorrei dirvi troppe cose ma non posso. Non
adesso. So solo che mi dispiace per tutte le lacrime, e per quelle che
forse verranno anche leggendo questo, ma sappiate che era necessario.
Forse alla fine invocherete la mia morte, forse mi ringrazierete, non
lo so. So solo che mi dispiace, e buona fortuna per la lettura
ç_ç
[p.s: per le risposte alle recensioni... non mi sono scordata di voi,
è che voglio rispondervi con calma come sempre e il tempo mi
manca D: se stanotte non sono troppo impegnata a studiare vi rispondo
<3]
Soundtracks
che ho
ascoltato scrivendo il capitolo:
Questa volta... questa volta non ho variato. Ho ascoltato la stessa
colonna sonora ad oltranza, che è la stessa dello scorso
capitolo. Potrei proporvene altre, anche per variare, ma che senso
avrebbe? Io ho scritto questo capitolo facendola partire a ripetizione,
ma... appunto perché è l'ultimo capitolo, e questa storia
è come un cerchio che ritorna alle origini, ho deciso di
concedere un piccolo cameo alle themes più importanti :')
troverete il solito "Qui" con la canzone nel testo. Ho deciso di
scegliere una soundtrack per ogni pezzo... o quasi xD ovviamente non
potevo riutilizzare tutte le
soundtrack precedenti, perchè il tono del capitolo è
comunque relativamente triste. E la più recente ve l'ho postata
due volte. Ooh non voglio anticiparvi nulla, ma l'ultima vi farà
un certo effetto perché ricorderete tanti altri momenti di
questa ff. Anyway... https://www.youtube.com/watch?v=h3lWwMHFhnA
The Boy who Waited
Too
late
Castiel camminava.
Un passo dopo l'altro, col trench che si gonfiava dietro di lui. Le
braccia pesanti lungo i fianchi, i capelli scossi dal vento, le gambe
che tremavano e facevano fatica a reggerlo.
Fuori il sole stava per tramontare. Cas si fermò e
voltò piano lo sguardo in direzione del rosso disco scolare
che stava morendo, lì dietro le montagne.
Rimase a fissarlo forse per un tempo infinito.
Non provava più nulla.
L'avevano cacciato dalla stanza di Dean, Jane gli aveva proposto un
caffè per riprendersi ma Cas... non era stato nemmeno in
grado di dire "no".
Non riusciva più a parlare. Aveva un groppo in gola che non
voleva saperne di andare giù, e ogni parola gli sembrava
futile al momento. La sua mente era un vortice indistinto di pensieri,
sensazioni, emozioni e soprattutto di dolore. Un dolore totalizzante e
cieco che non aveva mai provato prima.
Era così intenso che nemmeno lo percepiva. Era come se si
sentisse svuotato. Come se la sua anima l'avesse abbandonato, la sua
grazia avesse lasciato il suo corpo in un ultimo, vibrante respiro.
E invece era lì. Ancora vivo.
Aveva lasciato l'ospedale senza sapere dove andare, camminando senza
meta, senza una direzione precisa, con il solo scopo di continuare a
camminare.
Temeva che, se si fosse fermato, sarebbe potuto crollare, e nessuno
sarebbe stato pronto lì a porgergli la mano ed aiutarlo ad
alzarsi.
Non più.
E invece eccolo, si era fermato. Non aveva idea di dove si trovasse,
accanto a lui c'era qualche casa spaurita e sconosciuta, nessuna
insegna, nessun indizio che potesse attirare la sua attenzione se non
quella palla rossa che stava per coricarsi tra i monti.
Cas si fermò.
Smise di camminare.
E fissò il sole. Lo fissò anche quando gli occhi
iniziarono a bruciargli, pregandolo di distogliere lo sguardo.
Lo fissò anche quando divenne consapevole che poteva
accecarsi, perché si trovava ancora in un vessel umano.
Lo fissò fin quando non scomparve dietro i monti, mentre un
unico raggio si allungava come per cercare un appiglio... per non
abbandonare questa terra.
Proprio come il braccio di Dean poco dopo che i medici l'avevano
trascinato via da lui di peso.
E come in risposta a quel ricordo, gli tornò in mente pure
la voce del suo cacciatore.
Come le stelle...
continuano a splendere anche dopo che sono morte, sai? Nel momento
successivo alla loro morte brillano ancora di più, quasi a
non voler far sapere al mondo che sono morte.
«NO!» urlò con disperazione, non si sa
bene a chi.
Il raggio di sole però scomparve.
Cas iniziò a guardarsi intorno freneticamente, col battito
accelerato, il respiro corto. Un medico avrebbe detto che stava avendo
un attacco di panico, ma vale lo stesso per gli angeli?
Ricominciò a camminare, e poi ad aumentare il
passo senza nemmeno accorgersene mentre il cielo si imbruniva, e poi si tingeva di blu, e iniziavano a brillare le prime stelle.
La camminata si trasformò in corsa, e Cas sapeva solo che
voleva andare via, da tutto e da tutti.
Da quella città che all'improvviso era diventata troppo vasta,
da quel cielo che pareva una gabbia opprimente che gli toglieva il respiro.
E gli angeli nemmeno ne avrebbero bisogno, di respirare...
Continuò a correre col respiro affannoso e gli occhi in
fiamme, fin quando il piede non cadde in fallo e Cas si
ritrovò catapultato a terra.
Lo scontro col terreno erboso lo risvegliò per un attimo. Il
dolore gli ricordò che era vivo, e ciò
contribuì a fargliene provare ancora di più
perché non era giusto, non
era giusto che lui fosse ancora vivo, che potesse ancora sentire, quando
Dean non poteva più farlo.
Quando Dean non era ormai più nulla, forse nemmeno
più un'anima.
Quando Dean aveva smesso di esistere, e lui, che nemmeno la voleva
questa vita, era ancora lì e respirava.
Come poteva il sole continuare il suo corso, e le stelle continuare a
brillare, quando Dean non poteva più guardarle?
Come faceva l'ossigeno ad avere importanza, ora che Dean non se ne
serviva più?
Cas si ripiegò sulla schiena, le guance fradicie di lacrime,
il pianto ancora tra i denti, e si ritrovò a fissare quelle
stelle.
Quelle stelle crudeli che continuavano a splendere, forse
più del solito.
Non si era mai fermato a guardarle da solo. Non per davvero.
Ed era così strano...
Deglutì le lacrime e si perse a fissare il cielo: era
così immenso e infinito da laggiù. Era...
irraggiungibile.
Non l'aveva mai guardato da quella prospettiva... lui che dal cielo si
affacciava, per spiare la terra dall'alto.
E solo in quell'istante si rese conto, davvero, dei sentimenti che
aveva provato Dean. Di cosa significava davvero essere umano, e
mortale.
Agli occhi del cacciatore, probabilmente, Cas era come quel cielo:
distante e impossibile da raggiungere.
Si sentì morire.
Nascose gli occhi dietro il palmo, in un vano tentativo di asciugare le
lacrime, e ripensò a Dean, e alle sue parole.
E tutte le stelle...
continuano a brillare. Anche dopo milioni di anni, sono sempre
lì, nello stesso posto. Sai quante generazioni si sono
rincorse sotto di loro? Gli antichi romani guardavano le stesse stelle
che guardiamo noi. Ti fa pensare a quanto il tempo sia relativo, a
quanto noi umani siamo piccoli e insignificanti, e a quanto sia breve
la nostra vita.
Dean l'aveva sempre saputo che sarebbe finita così.
Cas si rese conto di essere stato troppo stupido per capirlo con la
stessa velocità.
Perché sai...
basta che ci pensi... chiunque, alzando lo sguardo, scorge il cielo.
Che ti trovi in America, o in Europa, o in Australia, o perfino in
Antartide... o in Paradiso... comunque alzi gli occhi e il cielo e le
stelle son sempre lì, uguali per tutti. E' come stare sotto
lo stesso tetto, sai? Come essere protetti, in un certo senso. E
collegati. Ti fa... sentire meno solo.
Cas si alzò a sedere di scatto.
In paradiso... forse Dean era in paradiso?
Stava per alzarsi in piedi quando un odore familiare gli
stuzzicò le narici.
Giacca di pelle e crostata...
Ebbe un tuffo al cuore.
Dean!
Col cuore impazzito Cas scattò in piedi e iniziò
a correre verso la fonte dell'odore: si trovava in una strada di
campagna, una di quelle distese di erba secca che si dipanano tra uno
stato e l'altro degli USA.
Corse fino a quando le gambe del suo vessel non reclamarono
pietà, e finalmente intravide un cespuglio piuttosto folto.
Lì l'odore era intensissimo.
Girò l'angolo col cuore che batteva come un tamburo e...
Rilasciò il fiato, deluso.
Come ho potuto illudermi
che potesse essere ancora vivo... pensò,
stringendo i pugni.
Lì, sotto la luna piena, l'Impala faceva bella mostra di
sé.
O meglio, ciò che restava dell'Impala.
Forse Dean aveva avuto un incidente, moltissimi anni prima. Un
incidente che aveva fatto impantanare la macchina in mezzo al... al
nulla più totale.
Cas non aveva un grande senso dell'orientamento terrestre, ma era
sicuro che quella prateria non fosse un luogo memorabile, o comunque un
posto dove normalmente si posteggiano le macchine.
Si avvicinò cauto all'Impala, senza fare rumore, quasi
avesse timore di poter risvegliare un Dean dormiente al suo interno.
La Chevy del 67 non era come Cas la ricordava: era impolverata e
ricoperta di sterpi. Il vetro posteriore era spaccato e un rampicante
ne aveva approfittato per scavalcarlo e penetrare all'interno del
veicolo.
Uno degli sportelli era divelto: mancava uno dei vetri davanti e
l'altro era rotto. Vi erano nella carrozzeria numerose scheggiature e
ammaccature.
Cas avvertì un improvviso e irrefrenabile turbamento.
Quella visione era disturbante.
Era tutto così sbagliato.
L'Impala non sarebbe dovuta essere così. Dean amava la sua
Impala. Se n'era preso cura.
Cas digrignò i denti mentre una rabbia cieca si impossessava
di lui: un attimo dopo si era scagliato sul veicolo, iniziando a
strappare con urgenza tutti quei rampicanti, quei parassiti che avevano
osato entrare nello spazio personale di Dean e della sua adorata
macchina.
Scagliò lontano tutte le pietruzze che erano entrate,
cacciò bruscamente una faina che si era fatta la tana
là dentro, e cercò di ripulire in tutti i modi la
macchina dalle schegge e la sporcizia. Tanto fu l'ardore con cui
tentò di strappare tutti i rami -nessuno toccava quell'auto
da almeno vent'anni- che si tagliò più di una
volta col vetro e le spine.
Ma non gli importò.
In un certo modo distorto si compiacque di quel dolore,
pensò di meritarselo... era un giusto pagamento.
Si sarebbe sacrificato per Dean.
Quando terminò il lavoro era completamente sudato ed
esausto, la rabbia evaporata, e la macchina ripulita -alla bell'e
meglio-.
Ma non era servito a niente.
Dean non l'avrebbe ringraziato. Nessuno avrebbe ammirato il suo lavoro.
Attanagliato da un nuovo senso di angoscia Cas si mise al posto di
guida e provò ad accendere il motore.
Non successe niente.
«Oh, andiamo...» gemette, innervosito, e
riprovò. La macchina emetteva un tenue lamento, ma poi si
spegneva.
Era troppo debole, non ce la faceva a mettersi in moto.
«Forza, forza...» pregò ancora Cas, tra
i denti, stringendo le dita sul volante e girando con ancora
più energia la chiave.
Per un attimo il motore ruggì. Poi tacque di nuovo.
«PORCA PUTTANA!*» Cas si lasciò andare
furioso contro il sedile, dando uno scossone rabbioso al manubrio e
attivando per sbaglio il clacson.
Risvegliato dal trambusto, un gatto selvatico spelacchiato
saltò in aria e sgusciò lontano.
Con un solo faro acceso nella notte, e la macchina spenta, Cas si
addormentò, col profumo di Dean ancora addosso e il corpo
stanco abbandonato sul sedile che per tanto tempo aveva ospitato la
persona più importante della sua vita.
Quando si risvegliò, fu perché qualcuno aveva
bussato al finestrino accanto a lui.
Sussultò riaprendo gli occhi, e cercando meccanicamente la
sua spada angelica all'interno della tasca del trench.
Poi scorse il poliziotto che l'aveva chiamato e si calmò.
Abbassò il finestrino e aspettò che il poliziotto si
sporgesse.
«Buongiorno» lo saluto l'ufficiale.
«Buon...giorno» rispose Cas ancora confuso, e con
la voce impastata dal sonno. Si voltò verso l'orizzonte e
strizzò gli occhi per non farsi accecare dal sole.
Quanto aveva dormito? E da quando gli angeli dormono?
Si era fatto giorno e nemmeno se n'era accorto.
«Mi dispiace disturbarla, ma lei qui non può
stare.»
«Oh» rispose Cas, ancora non del tutto lucido.
«Mi dispiace, non ne ero al corrente. Mi dia un attimo che
sposto la macchina...»
«No, forse non ha capito. E' nella macchina che non
può stare.»
Cas si risvegliò completamente.
Batté le palpebre e cercò gli occhi
dell'ufficiale, sicuro di non aver sentito bene.
«Cosa?»
«Chevrolet Impala, classe 1967, acquistata nell'anno 1973 dal
signor John Winchester e poi proprietà del figlio Dean
Winchester?»
«Sì...?»
«Questa macchina adesso è sotto sequestro. Lei
è pregato di scendere.»
Il poliziotto aprì lo sportello, ma Cas non si mosse.
«Mi scusi, ci deve essere stato un errore. Posso assicurarle
che non l'ho rubata, io... io sono un amico del figlio. Lo ero... la prego, le
giuro che... volevo solo...»
«Non la sto accusando di furto» lo
tranquillizzò il poliziotto, trascinandolo gentilmente fuori
dal veicolo.
«Avrà sicuramente saputo del decesso dell'ultimo
proprietario, giusto? Nel testamento, la seguente proprietà
non è attribuita a nessuno. Il signor Winchester, a quanto
pare, era molto protettivo nei confronti della sua auto, e ha scelto di
non lasciarla a nessun parente o amico ancora in vita.»
Cas era così irrigidito che non riusciva a processare il
discorso.
«Che cosa ne farete allora?» si informò,
con un filo di voce.
Ma lo comprese da solo quando vide un carroattrezzi dietro l'Impala.
«Rottamazione» rispose l'ufficiale.
«No, voi non potete farlo!» tentò di
spiegare Cas, ma il poliziotto lo allontanò in modo che il
braccio metallico del veicolo guidato dal suo compare potesse
agganciare l'Impala e poi sollevarla.
«NO, NO, ASPETTATE!»
Cas provò un senso di deja vu mentre il poliziotto lo teneva
fermo.
«Non potete distruggerla! E' tutto ciò che resta
di... che mi resta...»
«Mi dispiace, signore. E' la legge.»
«No...» Cas seguì l'Impala sollevarsi e
fargli ombra per un attimo, stagliandosi come una sagoma appuntita
contro il sole.
«No, no, un momento, deve esserci un modo...»
«Non c'è.»
«Posso acquistarla io! Non ho problemi di soldi!»
Il poliziotto ribatté con una risatina sarcastica
«E perché mai vorrebbe comprarsi questo catorcio?
E' un rottame, ormai, se ne faccia una ragione. Non
camminerà mai più.»
E fu come una pugnalata.
«Non mi importa!» Cas sentì la tristezza
rimontargli insieme alla rabbia, mentre le lacrime combattevano per
uscire.
«Davvero, perché vorrebbe un'auto del genere?
Potrebbe comprarsi qualsiasi macchina preferisce, se i soldi non sono
un problema.»
«Io non...» Cas deglutì a vuoto, gli
occhi fissi sull'Impala, alla ricerca delle parole giuste
«non voglio un'altra
macchina. Voglio questa.»
Il poliziotto probabilmente capitolò, perché
scosse la testa, divertito. «Lei è completamente
matto, signore.»
«Lo so» sibilò Castiel, con voce
tremante.
Ma non poté fare niente. Qualsiasi cosa avrebbe detto,
quegli uomini non l'avrebbero ascoltato.
«Ian, procedi!» urlò il primo poliziotto
alzando una mano come segnale. Il suo collaboratore, seduto all'interno
della gru, sollevò il pollice e un attimo dopo l'Impala fu
lasciata andare nel retro del veicolo, all'interno di una bocca dentata.
Cas non poté far niente per salvarla.
Guardare la distruzione dell'Impala fu un po' come rivivere la morte di
Dean: ogni "morso" della mano metallica era come un morso nel suo
petto, ogni volta che i denti del macchinario affondavano nella
carrozzeria, era come se penetrassero nel suo cuore, e ogni gemito
dell'Impala gli faceva rizzare la pelle come se fossero di nuovo i
lamenti di Dean all'interno della stanza ospedaliera.
Più di una volta ebbe l'impulso di rimettere, più
di una volta provò ad obbligarsi a voltarsi,
perché quella visione era troppo straziante per lui, troppo
dolorosa, troppo... semplicemente troppo.
Ma non lo fece. Non lo fece nessuna volta. E rimase a guardare,
congelato sul posto, le gambe come atrofizzate, una lacrima solitaria a
solcargli le palpebre che nemmeno si curarono di battere.
E così Castiel perse anche l'ultima traccia del suo
cacciatore: dell'Impala non rimase più nulla, come del suo
proprietario. Solo un ammasso compatto di metallo, con alcune parti del
motore e i cerchioni ormai consumati, abbandonati nell'erba secca, come
tanti organi interni.
Ian e il suo amico rimontarono sul loro veicolo e se ne andarono veloci
e silenziosi come erano arrivati, a lavoro ultimato.
Chiesero a Cas se avesse bisogno di un passaggio, ma l'angelo nemmeno
si curò di rispondere, così si allontanarono col
piede a tavoletta, a tutta birra, senza voltarsi indietro.
Cas rimase lì, totalmente svuotato e lasciato a se stesso, e
camminò traballando tra quei lunghi e morbidi steli d'erba
secchi, che il vento faceva stormire e danzare come se fossero una
distesa di grano.
Rischiò di inciampare in qualcosa, e così
interruppe il suo incedere cercando di rintracciarne l'origine, e
scorse uno dei pezzi dell'Impala lasciati lì a mummificarsi.
Si inginocchiò di fronte ad esso e ne dissotterrò
la metà non visibile. Poi lo rivoltò, e con cura
ci soffiò sopra e ci passò una manica per
scacciare la sabbia e la polvere.
Era la targa dell'Impala.
Cas la strinse quasi spasmodicamente tra le dita, poi se la
avvicinò al petto, e rimase così, immobile,
singhiozzando, sotto il sole.
†
Gadreel era
già stato sulla terra: non troppo a lungo e solo attraverso
di occhi di Sam Winchester, e per pochissimo, quelli del tramite che
stava occupando adesso.
Ma i ricordi che aveva legati agli umani non erano felici: provava una
profonda vergogna per ciò che aveva fatto.
Aveva ucciso, sulla terra.
Aveva tradito, sulla terra.
Ed era diventato un mostro.
Ma poi aveva avuto l'accortezza di rendersi conto, in tempo, di aver
percorso un cammino sbagliato, spinto dalla disperazione.
Aveva avuto l'energia necessaria per redimersi, per ricominciare, per
farsi perdonare.
E Castiel era stato come una luce alla fine del tunnel: lui aveva reso
quei desideri delle possibilità concrete. Gadreel l'avrebbe
aiutato a costruire un mondo migliore.
Un paradiso migliore.
Ed era proprio lui che stava cercando.
Il suo radar angelico lo trasportò in un cimitero: lo
capì subito dalle piccole tombe disseminate ovunque.
Era un cimitero abbandonato, col cancello sgangherato, uno di quelli
poveri che probabilmente non vedeva una persona viva da un paio di
secoli.
Trovò Castiel poco più avanti.
Quel giorno pioveva, e Cas era fermo lì, a pochi metri da
lui, le spalle pesanti e ingobbite, il trench fradicio e inzuppato di
fango, la testa china e i capelli sgocciolanti, le mani lungo i
fianchi: ma per il resto, non sembrava curarsi di sembrare un pulcino
caduto nell'acqua.
«Castiel?» lo richiamò a voce alta,
preferendo non avvicinarsi troppo per rispettare la sua privacy.
L'altro non diede segno di averlo sentito.
Gadreel si schiarì la gola e si passò una mano
sulla fronte per allontanare i capelli bagnati.
«Castiel...?»
Finalmente l'altro angelo avvertì la sua presenza: l'angelo si
limitò a rialzare il volto, ma senza girarsi, né
muovere un passo.
«Gadreel» disse semplicemente, con la sua solita
voce cupa e roca.
Sentendosi autorizzato, Gadreel si concesse qualche passo, senza
tuttavia esagerare. Da quella distanza non era ancora in grado di
leggere il nome sulla tomba.
«In paradiso eravamo piuttosto preoccupati per te, Castiel.
Non sei tornato più...»
Castiel rimase in silenzio e Gadreel alzò un po'
più la voce, per contrastare il rumore della pioggia.
«Così mi hanno mandato a cercarti. Attendiamo
ancora il tuo permesso e il tuo segnale per distruggere il
portale.»
«Sì» rispose Castiel, ma le sue parole
furono portate via dal vento.
Gadreel notò come la pioggia ruscellava dalle spalle dell'amico
e dai suoi capelli, e come il moro sembrava non essersene accorto
nemmeno. O forse non gliene importava.
Gadreel si preoccupò un po'.
«Sei sicuro di stare bene?»
Castiel non rispose neanche stavolta, tuttavia fece un gesto.
Staccò la mano dal fianco, con un movimento lento e quasi
sofferente, e la poggiò sulla sommità della tomba.
Un attimo dopo si inginocchiò di fronte ad essa, e Gadreel
temette per un attimo che potesse essere ferito: stava per raggiungerlo
in fretta e soccorrerlo, che Cas parlò di nuovo.
«Promettimi una cosa, Gadreel.»
La sua voce era ferma e decisa, nessuna traccia che fosse ferito.
L'interlocutore, che si era quasi mobilitato per accorrere da lui, si
bloccò sul posto.
«C-certo» rispose, dopo un attimo di dubbio
«tutto quello che desideri.»
«Non innamorarti mai» spiegò Castiel,
come se fosse stato un ordine.
Gadreel fu sicuro di non aver sentito bene: forse la pioggia aveva
disturbato l'udito del suo tramite.
«Scusa?»
«Non affezionarti mai a qualcosa che è destinato a
finire.»
Gadreel azzardò qualche passo, sempre più
disorientato, e vide Castiel accarezzare con l'altra mano la foto sulla
tomba, la foto che ritraeva un uomo giovane e sorridente, con
tantissime lentiggini e gli occhi verdi.
«Le cose più belle sono destinate a
morire» continuò Castiel, con lo sguardo perso
nella foto, reclinando un po' il capo. Gadreel provò una
forte pena per lui, non l'aveva mai visto così.
Nonostante il tono fermo e apparentemente apatico, Castiel non sembrava
più lo stesso. Pareva... spento.
E quando Gadreel lesse il nome sulla tomba capì anche il
perché: Dean Winchester.
«Mi dispiace» ammise.
Castiel scosse la testa, e si rimise in piedi.
«No, non è vero.»
«Lo giuro, Castiel, mi dispiace davve-»
«Non sforzarti, va bene così» Castiel
non sembrava intenzionato a smuoversi di lì.
«Non lo conoscevo quanto te, ma... ho avuto modo di vivere
con lui per un po'. Era una brava persona...»
Castiel tacque.
«Era... so quanto ci tenevi a lui. Lo sapevano tutti,
lì in Paradiso.»
«No» lo interruppe Castiel, brusco «non
lo sapevate. Non l'avete mai capito. Nemmeno io l'avevo capito, fino a
poco tempo fa. Ma non importa... ormai è troppo
tardi.»
Il silenzio calò di nuovo tra i due, ma un silenzio
così teso che Gadreel avrebbe potuto tagliarlo col coltello.
Dal momento che Castiel non sembrava voler aggiungere altro, Gadreel
riprese le redini del discorso.
«In ogni caso, che risposta porto agli altri
angeli?»
«Nessuna» lo precedette Castiel, e finalmente si
voltò a guardarlo.
Gadreel, se possibile, era ancora più confuso. Qualcosa
pareva sfuggirgli.
«Credo di non aver capito... dobbiamo ancora distruggere il
portale, no?»
«Certo» Cas parlava con lui ma non lo guardava.
Sembrava evitare il suo sguardo, preferendo puntarlo sul vuoto.
«Non avrai bisogno di portare nessuna risposta agli angeli...
perché lo farò io personalmente.»
«Ma credevo... credevamo tutti che volessi restare qui. Sulla
terra... da umano.»
Castiel rise. Una risata spenta, priva di allegria, morta.
«Oh Gadreel» lo guardò per la prima
volta da quando era arrivato, ma non c'era alcuna gioia di rivederlo
nel suo sguardo.
Anzi, non c'era proprio più nulla.
«Lo volevo davvero. Non ho mai voluto qualcosa
così tanto in vita mia come poter restare qui.»
«E allora perché...»
«Perché ormai è troppo tardi. Troppo tardi.
L'umanità non ha più nulla da
offrirmi...» avanzò e lo superò senza
rivolgergli un'occhiata.
Gadreel ruotò il collo per poter seguire i suoi movimenti,
totalmente preso alla sprovvista, e si ritrovò a fissare
quell'angelo stanco muoversi sotto la pioggia.
Seppur Castiel non avesse ferite visibili, Gadreel era sicuro che, in
un modo o nell'altro, quell'ultima permanenza sulla terra l'avesse
ucciso.
Non c'era più alcuna traccia del Castiel che conosceva, di
quell'angelo imbranato e ribelle e felice
che aveva avuto modo di incontrare.
«Quindi... non vuoi restare qui?»
domandò ancora, cercando di chiarire una volta per tutte.
Castiel non interruppe la sua camminata strascicata.
«No... non voglio restare qui un attimo di più.
Torniamo a casa.»
Quelle furono le ultime parole che Castiel pronunciò sulla
Terra. E l'ultima volta che vi mise piede.
Un attimo dopo, infatti, era sparito.
*
L'ordine venne dato, il portale distrutto, e questa volta Castiel non
diede nemmeno un'ultima occhiata dall'altra parte.
Mentre gli altri angeli festeggiavano la pace ritrovata in Paradiso,
Gadreel cercò Castiel per congratularsi, e lo
trovò in disparte, con le mani in tasca e una collana
attorno al collo, una collana che non gli aveva mai visto addosso prima.
«Eih, Cas!»
«Ti prego, non chiamarmi più
così» lo accolse l'altro. «Il mio nome
è Castiel.»
«Scusami...» se anche Gadreel avesse creduto che
Castiel si fosse consolato con la chiusura del portale, si era
sbagliato.
«Allora... perché non vieni con gli altri? Hannah
ha portato una di quelle torte che agli umani piacciono
tanto.»
«Si chiamano crostate.
E poi che senso avrebbe? Non possiamo sentirne i sapori.»
«Però possiamo provarci» insistette
Gadreel.
Castiel sorrise un po', quasi commosso. Poi però strinse il
ciondolo tra le mani e gli rivolse uno sguardo carico di mille parole.
«Mi dispiace, non posso unirmi ai festeggiamenti.
C'è ancora una cosa che devo trovare.»
Gadreel non chiese spiegazioni, e del resto Castiel non gliene diede il
tempo. Gli voltò le spalle, e andò via: Gadreel
seguì le sue spalle allontanarsi, come prima sulla Terra.
Quella fu l'ultima volta che sentì la sua voce.
Di Castiel si persero le tracce, nessun angelo lo rivide mai
più.
Castiel stava percorrendo una lunga e ampia strada asfaltata che pareva
perdersi all'orizzonte, all'infinito.
Si concesse un profondo respiro, anche se non ne aveva bisogno, e
strinse le dita attorno all'amuleto che, ormai troppi anni prima, Sam
aveva regalato a Dean.
L'aveva recuperato dalla spazzatura subito dopo che Sam ce l'aveva
gettato, e l'aveva conservato nel suo trench per tutto quel tempo. Se
n'era preso cura.
E se in passato gli era servito per cercare Dio, ora l'avrebbe
utilizzato per cercare qualcun
altro.
Aveva un sacco di Paradisi da visitare, e l'eternità a
disposizione per farlo.
Ma sapeva che l'unico punto di partenza plausibile, nel suo caso, era
una strada.
Dean... ti
troverò. Fosse l'ultima cosa che faccio, ma ti
ritroverò. Forse non è ancora troppo tardi. Aspettami per l'ultima volta...
~•~Angolo
Autrice~•~
Vorrete uccidermi. Lo so. LO SO. (E LEGGETELE QUESTE NOTE CHE IN FONDO C'E' UNA SORPRESA!)
Non so se ripetervi ancora una volta che mi dispiace un mondo, o che
spero che questo finale aperto vi sia piaciuto perchè sì,
alcuni di voi avevano previsto -o sperato, o non sperato- che Dean e
Castiel potessero rincontrarsi in paradiso, ma tranquilli, ci avevo
pensato... nel senso... io nemmeno volevo scriverlo un epilogo,
all'inizio. La storia doveva concludersi con la scena di Gadreel che
incontra Cas in cimitero e gli chiede se vuole restare, e Cas fa il suo
discorsetto e tornano in paradiso e FINE.
Questa era l'idea iniziale della storia. Cruda, fredda, crudele. Ma poi ho pensato... non può finire così.
Non è giusto.
Ho devastato questi due personaggi in maniere inconcepibili, ho
ammazzato Dean e fatto soffrire Cas come un cane, non posso anche
condannarlo ad un'eternità di dolore, anche perché a
ripensarci, Cas non avrebbe potuto semplicemente andare avanti. Non so,
non riesco ad immaginarlo a gettare la spugna così, nonostante
il destino ripetutamente gli avesse urlato di lasciar perdere -tutta la
scena dell'Impala è una metafora di cui parlerò dopo- e
quindi mi son detta, perché no? Perché non chiudere
questa storia in modo vago?
Castiel ritroverà Dean? Non si sa.
Ma intanto non tornerà più in Paradiso, né sulla
terra: vuol dire che prima o poi lo troverà o continuerà
a vagare in eterno? Boh, datevi voi una risposta, io non me la sono
data, ma ho pensato che fosse il finale perfetto per questa storia. Una
storia sì triste e angosciante, ma con una morale. E
soprattutto, come ho sempre detto, questa storia è un cerchio:
la frase finale si collega al titolo e al tema della fan fiction. Ho
pensato davvero che fosse la frase perfetta per terminarla, ma mi
direte voi.
Non so nemmeno se state leggendo queste note, davvero, possibilmente vi
sarete già annoiati ma io ho bisogno di sfogarmi e di rivelare
tutti i simboli che si nascondono dietro a questa ff, dato che è
l'ultimo capitolo, e quando mai riavrò l'occasione per farlo?
E... e... e sono emotivamente ancora confusa, devo poter parlare con
qualcuno e quel qualcuno sarete voi. SCUSATE.
Parlando brevemente della scena dell'Impala, così come quella
finale, non era prevista: è stata un'aggiunta dell'ultimo
momento, proprio del momento in cui scrivevo. Una parola tirava l'altra
ed è uscita questa... roba. Ovviamente, spero che il senso sia
abbastanza ovvio.
L'Impala è l'ultimo avere di Dean, e come già nello show,
rappresenta un po' l'anima di Dean, anzi Dean stesso. Il discorso tra
Cas e il poliziotto sulla questione del "perchè vuoi questo
catorcio? Probabilmente non si metterà mai più in moto" e
Cas risponde "non mi importa. Non voglio un'altra macchina, voglio
questa". Ovviamente era un riferimento -CRUDELE, CRUDELISSIMO E
BASTARDISSIMO PERCHE' SONO UNA STRONZA LO SO- a Dean. A Cas non importa
che Dean sia morto, non riesce a dimenticarlo e ad andare avanti e
possibilmente ad innamorarsi di un altro umano -come Dean stesso
prospettava qualche capitolo fa, invece- semplicemente perché
è ancora innamorato di lui e probabilmente lo sarà
sempre. Perché non vuole qualcun altro, vuole lui, con i suoi
difetti, la sua vecchiaia, la sua voce burbera, i suoi modi bruschi, la
sua fissa per la birra. Insomma... Dean magari era anche un catorcio
per gli altri, probabilmente non si sarebbe mai più mosso, ma
Cas voleva stare con lui lo stesso -non vi ricorda qualche capitolo fa?
sì sono una stronza di merda, lo so-.
Non so cos'altro dire. In realtà vorrei dire miliardi di cose, e
sicuramente me ne starò scordando qualcuna, ma non c'ho proprio
la testa al momento. Ultime curiosità...
1) L'imprecazione che urla Cas
quando l'Impala non si mette in moto e cioè "porca puttana",
è una specie di traduzione/variante italiana del comune "son of
a bitch" che Dean usa sempre
2) La canzone "Saturn" degli
Sleeping At Last -ormai una theme deprimente tipica di questa storia
xD- ha un testo particolare che mi ha ispirato la scena in cui, nel
terzo capitolo, Dean e Cas guardano le stelle e Dean fa quel discorso
in stile Re Leone -di cui in questo epilogo sono riportate alcune
parti-. Ebbene, vi prego di leggere il testo della canzone,
perché descrive praticamente l'inizio di questo capitolo e i
pensieri di Cas: http://www.azlyrics.com/lyrics/sleepingatlast/saturn.html
3) Sulla penultima scena...
Castiel non vuole essere chiamato "Cas" perchè quel nomignolo
gliel'ha dato Dean e quindi gli ricorda lui... è come se Cas
dicesse "solo lui può chiamarmi così". In un certo senso,
volevo anche rappresentare una metafora, ovvero che Cas è la
parte di lui che ha conosciuto Dean -quella che vediamo nel telefilm-.
Prima di allora il nostro piccolino in trench era solo Castiel per
tutti. E ora che Dean è morto, è come se la parte "Cas"
fosse morta con lui, e il nostro angioletto è tornato ad essere
il Castiel in paradiso che era prima di salvare Dean dall'Inferno
4) Inutile spiegarvi la battuta
sulla crostata. Quanto vorrei aver scritto in inglese... ovviamente
Gadreel ha detto "cake" e Cas l'ha corretto con "it's called pie. It's
not the same thing" whateveeer
5) Ah ecco, importantissimo e
stavo per scordarlo! Tra parentesi le cose che vi ho scritto sopra
erano ovvie, invece questa un po' meno... l'Impala lasciata a se stessa
è IL MALE. Perché è come se... cioè non
è Cas che è andato nel futuro e ha trovato l'Impala
abbandonata. No. Era già così da almeno vent'anni, ergo
Dean non se ne curava più... e si sa che questo è il
MALE. DEAN NON LO FAREBBE MAI. Quindi vi lascio immaginare in che
condizioni era Dean, e non mi riferisco alla malattia fisica. Ma
proprio a livello psicologico e spirituale ç_ç "vi
dovrete preoccupare per Dean quando smetterà di preoccuparsi
della sua Impala". Plus, l'Impala era abbandonata nel nulla esattamente
come si è sentito per anni il suo proprietario.
6) Questa è
IMPORTANTISSIMA. Quando Cas vede i rampicanti sull'Impala e va a
strapparli, pensa -dal testo- "quei parassiti che avevano osato entrare
nello spazio personale di Dean e della sua adorata macchina". Okay
questa è cattiva. E' cattivissima. E' così cattiva che
vorrei non dovervela spiegare, ma penso non ce ne sarà
bisogno... beh Cas inconsciamente si colpevolizza per la morte di Dean
-e grazie al cazzo aggiungerei- e quindi si autodefinisce parassita.
Come se avesse rovinato la vita di Dean nel momento stesso in cui l'ha
salvato-toccato per la prima volta -entrando appunto nel suo "spazio
personale", frase così destiel che da sola avrebbe dovuto far
suonare un campanello
d'allarme ahahah-
E niente, se avete notato tutte queste cose sono fiera di voi e di me
che sono riuscita a farvele capire. Se le avete notate solo adesso...
non fa niente, dovevo dirvele lo stesso ^^
Non so cos'altro aggiungere... se avrete ancora qualche dubbio, o
qualcosa che vi frulla per la testa, fatemelo sapere per recensione o
messaggio personale.
Ci tengo davvero un casino a questa storia, quindi beh accetto tutto, anche critiche ovviamente!
E vi lascio con un'ultima immagine del nostro Cas in paradiso alla
ricerca di Dean.... incrociamo le dita e speriamo che si ritrovino,
prima o poi <3
E non per fare la Rowling ma... dedico questa storia a tutte le
persone che si sono sentite abbandonate almeno una volta, a quelle che
hanno aspettato un miracolo -o una persona- che non arrivava
più, a quelle che hanno perso una persona cara
e non sapevano come poter andare avanti, a quelle che sanno cosa vuol
dire innamorarsi di qualcuno contro ogni logica, a quelle che in un
particolare momento avrebbero voluto poter fermare il tempo, a quelle
che almeno una volta si sono fermate a guardare
le stelle,
E a te,
Che sei rimasto con Castiel fin proprio alla fine
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Farai felice milioni
di scrittori.
(Chiunque
voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove
meglio crede)
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