L'opera

di Jane The Angel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prefazione ***
Capitolo 2: *** capitolo primo ***
Capitolo 3: *** capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** capitolo settimo ***
Capitolo 10: *** capitolo ottavo ***
Capitolo 11: *** capitolo nono ***
Capitolo 12: *** capitolo decimo ***
Capitolo 13: *** capitolo undicesimo ***
Capitolo 14: *** capitolo dodici ***
Capitolo 15: *** capitolo tredicesimo ***
Capitolo 16: *** capitolo quattordici ***
Capitolo 17: *** capitolo quindicesimo ***
Capitolo 18: *** capitolo sedicesimo ***
Capitolo 19: *** capitolo diciassettesimo ***
Capitolo 20: *** capitolo diciottesimo ***
Capitolo 21: *** capitolo diciannovesimo ***



Capitolo 1
*** prefazione ***


L'Opera

Prefazione

   -Basta ragazzi, su, silenzio!- esclamò la professoressa Darbus entrando in classe con in mano un grande plico di fogli che gli alunni guardarono immediatamente con sospetto.
   Sharpay si fece immediatamente attenta: di solito il materiale della Darbus riguardava una nuova rappresentazione e questo, di solito, la riguardava molto da vicino.
   -Ehi, tranquilla piccola.- le sorrise Chad prendendole la mano –Sembri un cane da punta.-
   -Scemo!- scoppiò a ridere lei dando una leggera spinta scherzosa al suo ragazzo –Professoressa Darbus, mi scusi, potrei sapere cos’è quel materiale?-
   -Oh, ma certo Sharpay.- annuì l’insegnante –Devo avvertirvi però, non è un progetto che riguarda tutti. Solo i migliori del mio corso saranno ammessi.-
   Taylor si voltò verso il suo migliore amico, Chad, e si scambiarono uno sguardo divertito: sarebbero sopravvissuti comunque!
   -Si tratta, ragazzi, di una gita.-
   Il tono eccitato della Darbus fu, per la prima volta nella storia scolastica, condiviso da tutti i suoi allievi. Un mormorio si diffuse nella classe.
   -I partecipanti saranno: Kelsie Nielson, Mark Howard…- scontato: erano gli unici due musicisti fissi del Drama Club –Sharpay e Ryan Evans…- c’era davvero bisogno di dirlo? –Gabriella Montez, Troy Bolton…- altra grande novità –E infine Chad Danforth e Taylor McKassy.-
   I due ragazzi sgranarono gli occhi mentre il silenzio calava su tutta la classe.
   -Io… mi scusi ma… perché?- balbettò Taylor. Cantare le piaceva, le piaceva molto. Ma non aveva sicurezza, e la Darbus non le aveva mai dato un voto superiore al 6.
   -Già, perché noi?- concordò Chad guadagnandosi una gomitata di rimprovero da Sharpay.
   -Beh, tu, signor Danforth, verrai con noi per la tua nuova passione per la danza: in così poco tempo, sono stupita dei tuoi progressi. Tu invece, McKassy… verrai perché credo che possa giovarne. Io credo che tu abbia tutte le potenzialità necessarie. Ciò che ti manca, mia cara, è la sicurezza in te stessa e nella tua voce. Spero che questo viaggio possa esserti d’aiuto.
   -Ma dove andiamo di preciso, professoressa?- domandò Ryan.
   -Ho il piacere di annunciarvi…- disse la Darbus –Che passeremo cinque settimane a Parigi, dove soggiorneremo, e voi studierete e lavorerete, nientemeno che al famoso Teatro dell’Opera!-

___________Nota di Herm90
Lo so, lo so: un'altra ficcy? Si, è vero, sono già abbastanza lenta ad aggiornare... ma East and West High Story è praticamente finita e questa mi è venuta in mente di getto ieri sera... così ho pensato di postarla, perchè mi sembrava un'idea abbastanza interessante e non mi andava di farla finire nel mio dimenticatoio personale.
Ora, a tutte le fan Chaylor che mi staranno maledicendo... Lo so, lo so, scusate! Ma doveva essere così per forza di cose perchè... eh beh, lo so io perchè accontentatevi XDD
Dedico questo chap a Vivy, che sa qualcosa di questa nuova ficcy... devo comprare il suo silenzio XD scherzo, lo dedico a te perchè ho deciso di pubblicarla mentre parlavamo su msn^^
Ditemi che ne pensate, e... beh, spero di postare presto il prossimo chap!

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Capitolo 2
*** capitolo primo ***


__________Nota iniziale
Gente, iniziamo le scommesse. Le chiuderò al prossimo capitolo, quando probabilmente si capirà tutto... per ora, cercate di indovinare da cosa è tratta questa ficcy!

Capitolo primo

   -Che ne dite di cantare qualcosa, ragazzi?- propose la professoressa Darbus non appena furono tutti sul piccolo pulmino che li avrebbe trasportati dall’aeroporto al famoso Teatro dell’opera. Inutile dire che nessuno avrebbe potuto contestare questa proposta, anche volendo, visti i motivi per cui erano stati scelti per quella gita.
   -Bene, allora… direi di iniziare con What Child, che ne dite? Avanti… la strofa alle ragazze, voi ragazzi entrate sul primo “this”… tre, due, uno e…-
   -What Child is this who laid to rest…- intonò Taylor, seduta accanto a Kelsie, che pure cantava. Nei sedili accanto a loro c’era Chad, che aspettava il suo turno senza troppa impazienza, con Sharpay, che come al solito cantava con grande esuberanza. Davanti a loro erano seduti Troy e Gabriella, mentre i posti davanti a Taylor e Kelsie erano occupati da Ryan e Mark.
   -This this is Christ the King…- si unirono al coro i ragazzi.
   Dopo un’altra decina di canzoni dirette abilmente dalla Darbus, che faticava a stare in equilibrio, il pulmino si fermò davanti al Teatro dell’Opera.
   Scesero per prendere le valigie. Taylor si caricò il suo borsone sulla spalla, alzò lo sguardo e sbarrò gli occhi. Per la prima volta si trovava davanti il magnifico Teatro dell’Opera. Uno strano brivido le percorse la schiena e, imputandolo all’emozione di trovarsi in un tale luogo, prese ad osservare l’edificio con grande interesse, fingendo come tutti gli altri di ascoltare le nozioni storiche ed artistiche che la Darbus snocciolava accanto a loro.
   -ma dove alloggeremo?- domandò Kelsie pigiandosi il cappellino in testa, emozionata: quali grandi musicisti dovevano aver suonato in quel luogo? Quali grandi personaggi avevano toccato i tasti del pianoforte che lei avrebbe avuto l’onore di suonare, avevano fatto vibrare gli spettatori con le loro note?
   -Dietro ci sono i dormitori.- spiegò la Darbus, ma con tono un poco infastidito: probabilmente il fatto che Kelsie avesse interrotto a metà una sua frase le aveva fatto comprendere quanto i suoi studenti stessero prestando attenzione alle sue parole –Un tempo erano il Collegio dell’Opera. Andiamo, forza.-
   Salirono la bellissima scalinata e superarono le grandi porte. Trovarono ad accoglierle, nell’entrata lussuosissima, una donna che doveva avere una quarantina d’anni, con un tailleur grigio addosso e i lunghi capelli castani intrecciati in modo particolare.
   -Salve, e benvenuti.- li salutò, dopodichè si presentò –Sono Madame Giry.-
   -La professoressa Darbus, molto lieta. E questi sono i miei alunni…- li presentò tutti mentre Madame Giry li esaminava tutti con lo sguardo. Loro tuttavia non lo notarono. In effetti, avevano concesso alla donna una sola rapida occhiata, dopodichè i loro occhi erano stati irresistibilmente dalla magnificenza dell’entrata.
   -Oggi è domenica, come immagino sappiate, e stasera andrà in scena Romeo e Giulietta. I nostri direttori, il signor Richard e il signor Moncharmin, vi hanno riservato dei posti, sperano che vogliate essere loro ospiti.
   -Oh, sono stati gentilissimi, non avrebbero dovuto disturbarsi! Accettiamo con piacere, anzi con onore!- accettò la professoressa con voce emozionata come non mai per quella possibilità.
   -Ora, se volete seguirmi, vi mostrerò le vostre stanze.- mentre percorrevano corridoi lunghi e larghi, dalle pareti bianche e oro e un tappeto rosso sul pavimento, Madame Giry diede loro qualche indicazione.
   -Non abbiamo una mensa. Dovrete mangiare fuori a pranzo e cena… i signori Richard e Moncharmin, tuttavia, insistono per avervi come ospiti a colazione… tutti i giorni tranne la domenica, in modo che possiate dormire di più, se lo gradite. Ogni stanza ha il suo bagno personale. Per oggi, avrete il pomeriggio libero: lo spettacolo inizia alle nove. Vi raccomando un abbigliamento adeguato, nonché naturalmente puntualità assoluta: si solito si inizia a prendere posto alle otto. Per quanto riguarda questo pomeriggio vi consiglio di uscire: c’è sempre una gran confusione il giorno della prima.-
   L’edificio del collegio era separato dal resto del Teatro solo convenzionalmente: non vi erano muri o nessun altro genere di barriera fisica a dividerli.
   Ognuno aveva la propria stanza: Madame Giry diede loro le chiavi e si allontanò, scusandosi di doverli lasciare così presto. Ma, diceva, il dovere la chiamava: “il suo dovere andava oltre a quello delle altre maschere”, spiegò con aria orgogliosa e un poco misteriosa, forse.
   Taylor entrò nella sua stanza e per poco non svenne per l’emozione. Era incredibile, le pareva di trovarsi nella stanza di una principessa! Era arredata secondo una moda antica, forse del 1700 o poco più, ma era molto elegante anche se un po’ barocca per i suoi gusti. Al centro c’era un letto a baldacchino dall’impalcatura elaborata, di legno chiaro, e i tendaggi bianchi semi-trasparenti. Contro una parete c’era un grande armadio, davanti a quella opposta un’ampia scrivania. Di fronte al letto, come inserito nel muro, un grande specchio, più alto di lei, dall’aria molto antica. Taylor ne fu subito attratta, più che da tutto il lusso in cui era immersa, e si avvicinò ad esso sfiorandone con la mano la cornice dorata. Toccò poi la superficie liscia, ma ritirò immediatamente la mano: era così freddo! Eppure, faceva caldo nella stanza… Scosse le spalle e lasciò perdere. Si dedicò all’ispezione della stanza da bagno, e immediatamente decise di provare la bellissima vasca idromassaggio, poi si vestì in fretta e decise che avrebbe disfatto le valige dopo: uscì dalla stanza e incontrò i suoi compagni.
   La Darbus li raggiunse poco dopo, mentre le ragazze commentavano quasi commosse il lusso in cui si trovavano e i ragazzi si chiedevano com’era che, se avevano tutti quei soldi, i direttori del teatro non aveva pensato a una sala tv per gli ospiti.
   -Ragazzi, che pretese!- li rimproverò la Darbus –Ora andiamo: abbiamo mille cose da visitare e un solo pomeriggio per farlo!-

_____________Nota di Herm90
Zalve a tutti! allora, qualche idea sul ciò da cui è tratta la ficcy? Vi consiglio di guardare in particolare i nomi...
Grazie a: scricciolo91 (sono contenta che mi hai perdonato^^), Tay_ (eh, il motivo di questa coppia c'è, davvero! Non so se vi soddisferà ma... io il motivo ce l'ho!), LizDreamer (XD sei sicura eh? beh... si vedrà^^), lady_fairytale (anche io spero di riuscire a stupirti... anche perchè sono felicissima che almeno una persona sia a favore della coppia che ho scelto di inserire XD), armony_93 (wow che entusiasmo!!!! sono contenta che ti piaccia così tanto come inizio... spero di non deluderti!), romanticgirl (ed eccolo qui! wallà! XD), la mia sorellina Titty90 (carissima^^ Ehi, tu non puoi partecipare all'indovinare, lo sai già XD), Sinfony (Mi fai arrossireeeeeeeeee!^^ glatie! comunque si, Sharpay e Ryan stanno assieme, proprio così!), cheescake94 (ebbene si, i nostri beniamini sono degli artisti completi ormai, al livello dell'Opera! a parte ciò... un motivo c'è se ho scelto proprio quel luogo^^) e la mia cugi DreamGirl91 (ti direi che è vero se... non fossi troppo crudele muhahaha! Se non indovini da cos'è tratta la ficcy potrei disconoscerti!)
bacioni a tutte!!!!

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Capitolo 3
*** capitolo secondo ***


Capitolo secondo

   -Non è romantica, questa città?- domandò Kelsie stendendosi sul letto di Taylor quella sera, quando furono tornati al Teatro dell’Opera dopo il frenetico pomeriggio passato in giro a visitare Parigi.
   -Si, direi proprio di si.- si dichiarò d’accordo Taylor: in effetti tutto, dalla Tour Eiffel al più piccolo vicoletto, le era parso come immerso in un’atmosfera particolare, come non ne aveva mai percepite in America –E direi che le nostre due coppiette erano d’accordo.- aggiunse ridacchiando: le due coppie, Chad con Sharpay e Troy con Gabriella, avevano infatti passato gran parte del tempo tenendosi per mano, scambiandosi dolcezze, carezze e paroline dolci.
   Kelsie si rabbuiò –Già, in effetti… non ti capita mai di invidiarle?- domandò come d’impulso.
   -Intendi Gabriella e Sharpay?- si accigliò Taylor, riflettendoci per un attimo –Si, in effetti mi capita. Ci sono volte in cui vorrei essere estroversa e sicura di me come Sharpay… e altre volte vorrei avere la sensibilità di Gabriella… ma allora non sarei più io.- concluse ridendo.
   -No, non intendevo questo. Se ti capita di invidiarle per quello che hanno… insomma, dei ragazzi che le amano e di cui sono innamorate.- spiegò Kelsie.
   Taylor sorrise: non era la prima volta che l’amica le faceva quel discorso –No.- rispose –Non voglio ciò che hanno loro… l’amore è diverso per ogni persona. Il loro momento è arrivato… arriverà anche il nostro. E se non arriverà, significa che saremo più felici così, immagino. Chi ha detto che l’amore dà felicità?-
   -Non dirai così quando ti innamorerai.- rise Kelsie –Beh, ora vado a vestirmi… se non scendiamo in tempo la Darbus darà in escandescenze.-
   Taylor scosse la testa quando l’amica uscì. Non capiva perché mai fosse così interessata all’amore. Da parte sua, preferiva non innamorarsi, se questo doveva per forza concernere tutti i teatrini e i piccoli drammi che avevano preceduto i fidanzamenti dei suoi amici. Pianti, depressioni, sbalzi d’umore… no, non faceva per lei.
   Si voltò all’improvviso. Aveva sentito un rumore… lo specchio attirò il suo sguardo. Si diede della sciocca: gli specchi non facevano rumori. Era la sua immaginazione, senza dubbio.
   Prese il suo abito da sera dall’armadio: quello l’aveva tirato fuori, anche se tutto il resto era ancora in valigia, per evitare che si rovinasse. Lo indossò e andò davanti allo specchio: era un abito molto semplice, bianco, con le spalline e la gonna lunga fino a coprirle i piedi nonostante i tacchi dei sandali bianchi. Sulle spalle sistemò un leggero scialle azzurrino chiaro e si sistemò i capelli.
   -Allora, mio specchio rumoroso, come sto?- domandò tra sé sistemandosi l’abito –Speriamo che la moda parigina non sia troppo distante da quella americana.- sospirò, ed uscì dalla stanza.
   Incontrò gli altri nel corridoio, e le fece davvero uno strano effetto vederli tutti così eleganti. L’abito di Sharpay era ovviamente fucsia, con la gonna più ampia di quello di Taylor, e lo aveva abbinato a un copri-spalla rosa confetto come le scarpe. Gabriella, i capelli scuri in una coda alta, era vestita di azzurro. Kelsie invece indossava un vestito nero con scarpe dello stesso colore, e sopra portava una giacchetta di tulle, anch’essa nera.
   I ragazzi non erano da meno: la Darbus aveva avvertito i loro genitori che probabilmente avrebbero avuto bisogno di qualcosa di elegante, e tutti erano forniti di camicia bianca, giacca e cravatta.
   -Siete bellissimi, tutti quanti.- trillò la Darbus adagiandosi lo scialle viola sulle spalle –Andiamo.-
   Camminarono con grande meraviglia tra gli altri spettatori: erano tutti elegantissimi, le signore nei loro abiti da sera e i signori che le accompagnavano usando vero di loro tutti i riguardi del galateo.
   Furono raggiunti da Madame Giry, che scambiò un paio di parole con la Darbus per indicarle i loro posti. Erano buoni, in particolare considerando che erano gratuiti. Ma la maschera si scusò con loro da parte dei direttori, e assicurò che se un palco fosse per caso rimasto libero, li avrebbe fatti spostare immantinente.
   -Beh, speriamo di essere fortunati, allora!- trillò la Darbus mentre si sedevano e Madame Giry si allontanava –E credo che lo saremo, non ho visto ancora nessuno andare verso quel palco…- svelò agli studenti, indicando il palco che se Taylor aveva contato bene doveva essere il numero cinque.
   Non furono fortunati: Madame Giry non tornò da loro e quando il sipario si aprì erano ancora nei loro posti originali.
   -Beh, non ha importanza.- commentò la Darbus –La prossima volta, ragazzi, sarete dall’altra parte, sul palco! Sono emozionata per voi… certo, quel palco è rimasto vuoto… ma forse non ci stiamo tutti.-
   Taylor si voltò per un istante verso il palco numero cinque e questo le confermò le parole della Darbus: non c’era nessuno. Ma vedevano benissimo, e per essere la prima volta che si trovava in un Teatro del genere doveva ritenersi molto fortunata.
   Lo spettacolo fu superlativo e tutti loro avevano le lacrime agli occhi alla scena della tomba. Potevano dire con certezza di non aver mai visto una tale bravura, mai sentito voci così perfettamente intonate e ammirato ballerini tanto bravi.
   -E noi, domani, dovremmo lavorare con questi qui? Ma che cosa speriamo di fare?- domandò Taylor emozionatissima ma altrettanto preoccupata per ciò che avrebbero dovuto fare il giorno seguente.
   Alla fine degli applausi, il pubblico iniziò a sciamare verso le uscite e, in minor quantità, in direzione delle quinte per salutare ed omaggiare gli artisti.
   -Dobbiamo andare senza dubbio a porgere i nostri ringraziamenti ai signori Richard e Moncharmin.- affermò la Darbus, e li guidò verso le quinte, facendosi largo tra la folla con non poca fatica, visto che erano decisamente contro corrente.
   -Dammi la mano, evitiamo di perderci.- disse Ryan a Taylor porgendole la mano. Lei la prese e diede l’altra a Kelsie, che li seguì a sua volta.
   Dietro le quinte l’atmosfera era strana: eccitata, ma allo stesso tempo indolente. Era finito lo spettacolo, e pian piano la brillante eco degli applausi, dei trucchi e dei costumi andava scomparendo e si tornava alla realtà, noiosa e banale com’era.
   I due direttori del Teatro erano poco lontano dalle ballerine che, eccitate, chiacchieravano con giovanotti in abiti eleganti che le avevano probabilmente raggiunte dopo aver assistito allo spettacolo.
   Il gruppo di Albereque si avviò verso i due e si avvicinarono, cogliendo appena qualche frase del loro discorso.
   -Stasera, abbiamo avuto fortuna, pare.- stava dicendo uno dei due, basso con baffi e capelli grigi.
   -Già, non si è fatto vivo… d’ora in poi, poiché pare che basti, non affitteremo mai più il palco cinque, a nessun costo!- disse l’altro.
   Taylor si accigliò: perché mai i due direttori di un Teatro avrebbero dovuto volontariamente decidere di non vendere dei biglietti tanto buoni?
   Le sue considerazioni non portarono tuttavia ad alcuna domanda, perché i due si accorsero del loro arrivo e li salutarono con grandi cerimonie, poi quello basso coi capelli grigi e i baffi disse di essere il signor Moncharmin. L’altro, più alto e un po’ panciuto, si presentò come il signor Richard.
   -Siamo desolati di non potervi accompagnare personalmente a conoscere il cast.- si scusò il signor Moncharmin –Ma al momento abbiamo qualcosa da definire con… alcuni colleghi d’affari… se volete scusarci… vi attendiamo domani mattina alle otto, per la colazione, ovviamente. Ora… Madame Giry? Madame, abbia la premura di presentare qualcuno ai nostri ospiti, così che domani non si trovino del tutto spaesati.-
   Madame Giry lo fece con piacere, o almeno così parve, perché li presentò praticamente a tutti. In particolare, con grande cura, a sua figlia, Meg Giry, una delle ballerine.
   -Madame?- domandò Taylor avvicinando la maschera mentre la Darbus spiegava a Ryan e Troy chissà cosa, Gabriella, Kelsie e Sharpay chiacchieravano con un gruppo di giovani ballerini, Chad ascoltava con grande interesse il primo ballerino e Mark ammirava il coordinatore musicale.
   -Si?- rispose la donna.
   -Mi chiedevo… come mai il palco numero cinque era vuoto? E ho sentito i signori direttori dire che non lo affitteranno più… cosa…- non fece in tempo a finire la domanda, che Madame Giry la guardò con occhi infiammati –Non occuparti del palco numero cinque. Non sono affari che ti riguardino, sono stata chiara?-
   Di fronte a quel repentino cambio di umore, Taylor sobbalzò e si affrettò ad annuire. Eppure, in qualche modo sapeva che non avrebbe potuto obbedire: come evitare di cercare di saperne qualcosa in più, dopo la reazione che aveva avuto Madame Giry?

____________Nota di Herm90
Due di voi hanno indovinato! Le altre hanno ancora questa possibilità: ho deciso di non mettere la rivelazione fino al prossimo chap! Non sbirciate però XD
Grazie mille a: totallycrazy (e vabbè ok dai... vale lo stesso XD), DreamGirl91 (sapevo che non mi avresti tradita!), Tay_ (nemmeno ora nessun'idea? Io farei attenzione al palco^^), Titty90 (eh no, gemellina sadica, non puoi XD), armony_93 (beh... la speranza non fa certo male! Ma non ti dico nulla!), Sinfony (e ora, la storia del palco, non ti suggerisce nulla? Vabbè... nel prossimo sarà chiaro^^), scricciolo91 (beh... per ora^^ come puoi vedere iniziano a esserci strani misteri... cosa succederà? XD) e Mommika (ma povera Sharpay! XD si, hai capito bene stanno inisieme... e forse continuerà così, forse no... boh!^^)
Bene... ora chiudo che mia mamma grida che devo andare a letto... bacioni a tutti VVTB!

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Capitolo 4
*** capitolo terzo ***


Capitolo terzo

   La mattina seguente si svegliarono di buon ora al suono di solito assolutamente insopportabile delle sveglie. Di solito era così, ma quel giorno quel suono fu accolto con grande entusiasmo: lo spettacolo della sera precedente aveva invogliato tutti a iniziare la giornata.
   Si vestirono comodamente, in tuta da ginnastica, e uscirono dalle loro stanze in contemporanea, trovandosi nel corridoio. Arrivò la Darbus, vestita col suo solito gusto un po’ esagerato ma che tutto sommato le donava.
   -Sono felice di vedere che siete tutti pronti in tempo! Bravi…- si complimentò con loro: questo era segno evidente che condivideva la loro emozione per la giornata –Ora andiamo, i signori Richard e Moncharmin ci aspettano. Tra cinque minuti. Madame Giry ieri sera mi ha spiegato come arrivare al loro salottino privato… speriamo solo di non perderci.-
   Quando arrivarono trovarono la porta aperta, ma la Darbus bussò comunque e da dentro la voce di uno dei due direttori li invitò ad entrare.
   La colazione era già su un grande tavolo a cui i ragazzi e la professoressa furono gentilmente invitati ad accomodarsi. Mangiarono croissant fumanti alla marmellata e altri dolci, annaffiati da latte, cioccolata e da un caffè che avrebbe fatto rabbrividire d’orrore un italiano ma che per loro era ottimo.
   Taylor, sorseggiando la sua cioccolata, osservò per un attimo i due uomini che li ospitavano. Il signor Moncharmin aveva l’aria allegra, spensierata, mentre il signor Richard era senza dubbio più contenuto e alquanto più severo. Se fosse stato presente solo il signor Moncharmin, probabilmente Taylor gli avrebbe chiesto informazioni sul palco numero cinque. La notte aveva dormito profondamente per la stanchezza del viaggio e per il fuso orario, ma come si era svegliata il mistero sollevato dalle parole di Madame Giry aveva nuovamente fatto capolino nella sua mente. La presenza seriosa del signor Richard, tuttavia, la distolse dal suo proposito.
   Due colpi sulla porta annunciarono un arrivo e Madame Giry entrò nel salottino con in mano una lettera.
   -Mi è stata consegnata una missiva per voi, signori.- disse facendo un piccolo inchino ai direttori del Teatro. Vedendo la busta che la donna teneva in mano, Moncharmin emise qualcosa che poteva essere a metà tra uno sbuffo e un gemito, mentre il signor Richard si irrigidì tanto che quando si alzò in piedi per poco non buttò a terra la sedia.
   -Datemela qua.- disse Richard tendendo il braccio –E accompagnate i nostri ospiti al coro.-
   Con una calma e un’aria di importanza che in qualsiasi altra maschera sarebbero apparse decisamente fuori luogo, soprattutto se confrontate con il comportamento impacciato che i direttori avevano in quel momento, Madame Giry attraversò l’ufficio e passò la lettera al signor Richard, che con un rapido movimento la fece sparire nella sua tasca.
   Uscirono dall’ufficio e Madame Giry non disse una parola mentre li accompagnava al piano sottostante, nella sala principale dove c’era il palco. Taylor non le domandò nulla, ricordando come aveva reagito la sera prima. Non c’era ancora nessuno e la donna li affidò ad un macchinista, Joseph Buket, un uomo dall’aria un po’ viscida, piuttosto grassoccio ma abbastanza alto perché questo non si notasse eccessivamente.
   -Oh, vi divertirete qui, ve l’assicuro.- disse l’uomo non appena Madame Giry si fu allontanata –Oh si, ci si diverte sempre nel mondo dello spettacolo, care signorine…- disse sorridendo in direzione di Gabriella. Troy si avvicinò alla sua ragazza e la prese per mano, trattenendosi a stento dal lanciare a quel tizio un’occhiataccia fulminante.
   -Se capitate sole con questo tizio.- sussurrò Chad a Sharpay, Taylor e Kelsie, mentre l’uomo continuando il suo lavoro le squadrava una ad una –Gridate e scappate più in fretta che potete. Non mi piace per niente.-
   Le tre sorrisero, ma l’idea di trovarsi sole con Joseph Buket le faceva rabbrividire.
   -Ragazzi, vado ad informarmi su cosa dovrete fare esattamente.- annunciò la Darbus lanciando un’occhiata al signor Buket –Voi restate tutti insieme.- aggiunse.
   Non appena l’insegnante se ne andò, arrivò un gruppo di giovani ballerine. Tra loro, Meg Giry, che andò subito a sedere tra Taylor e Kelsie –Avete dormito bene?- domandò allegramente –Non avete avuto problemi, spero.-
   -Signorina Giry, lo sapete bene che i problemi qui non si hanno durante la notte.- si intromise Joseph Buket scendendo dall’impalcatura su cui aveva lavorato fino a quel momento e circondando la spalla della giovane ballerina con un braccio.
   Meg Giry si scostò dall’uomo, desiderosa di evitare quel contatto sebbene sembrasse tranquilla: probabilmente, le ragazze col tempo avevano imparato a trattare con lui.
   -Cosa volete dire?- domandò Taylor: quel posto iniziava a rivelarsi molto interessante.
   Joseph Buket fu lieto di rispondere alla sua domanda: si poteva intuire dal suo sguardo che non vedeva l’ora di esporre le sue conoscenza sul Teatro dell’Opera, dove aveva passato più di metà della sua vita. Questa esuberanza fece pensare a Taylor che, forse, non avrebbe potuto fidarsi delle sue parole: era evidente dal suo entusiasmo e dalla sua espressione che stavano per ascoltare una qualche leggenda metropolitana.
   -Non è durante il giorno che lui agisce.- disse infatti Joseph Buket in tono remoto, come se stesse raccontando una storia dell’orrore.
   -Lui? E chi sarebbe?- domandò Chad alzando gli occhi al cielo.
   -Non mi stupisce che non ne abbiate sentito parlare. Il Fantasma.-
   -Oh, c’è un fantasma? Interessante… che fa, trascina le catene e ulula?- sbottò Sharpay.
   -Non un fantasma, signorina. Il Fantasma… il Fantasma dell’Opera.-
   Gabriella scoppiò a ridere, ma Taylor, che voleva assolutamente sentire tutta quella storia assurda, le diede una gomitata –Davvero? Incredibile… e cosa fa il Fantasma? Qualcuno l’ha mai visto?-
   -Oh, qualcuno l’ha visto, certo… ma più che altro lui si sente. Lassù, al palco numero 5.- disse Meg Giry. Tutti scossero la testa divertiti: tutti tranne Taylor.
   Il palco numero 5! Ecco qualcosa di interessante!
   -Ma qualcuno, a volte, lo vede.- aggiunse Joseph Buket –E ne rimane traumatizzato per sempre.
   -Oh, è così spaventoso?- domandò Kelsie.
   -È come cera il viso suo… un mezzo buco fa da naso, e niente più… Aprite gli occhi, signorine, attente a voi! O finirete prese al cappio suo!- disse Joseph Buket con un tono cantilenante, come se stesse raccontando una vecchia filastrocca.
   -Basta, signor Buket!- esclamò Meg allarmata –Lo sapete bene che non dovete impicciarvi degli affari del Fantasma! Quante volte deve dirvelo mia madre? Finirete per rimetterci.-
   Ryan e Chad si stavano evidentemente forzando di non scoppiare a ridere, e tutti gli altri, anche se mantenevano un po’ più di contegno, avevano lo stesso impulso. Fortunatamente, furono dispensati dal rispondere a quelle affermazioni dal ritorno della Darbus, accompagnata da un uomo anziano che doveva essere il direttore del coro.
   -Salve ragazzi. Il resto del coro si sta sistemando in questo istante… io sono il maestro Deviènne.- si presentò. Quando i ragazzi si furono presentati, li guidò sul palco. In un lato di esso, un gruppo di una decina di persone leggeva spartiti, chiacchierava e rideva.
   Dopo una veloce presentazione, il maestro Deviènne annunciò ai nuovi arrivati che doveva sentire la loro tonalità. Chad, Taylor, Mark e Kelsie sbiancarono.
   -Mark, Kelsie?- chiamò la Darbus –Voi non siete qui per il coro… e nemmeno tu, Chad… venite con me.-
   I tre sospirarono all’unisono, sollevati. Taylor, invece, rimase immobile, tremante, aspettando il momento in cui, ne era sicura, si sarebbe resa ridicola davanti a tutti.

____________Nota di Herm90
Svelato l'arcano! Ma qualcuno c'era già arrivato... ebbene, il film/libro è Il Fantasma dell'Opera!
Grazie a: Titty90 (XDD proverò a non farla diventare un'"Operona"... ma non ti prometto nulla XD), scricciolo91 (misteri, per un po', ce ne saranno eccome... ma ora il film non è più un mistero^^), Vivy93 (è viru non avevi recensito^^ don't worry^^), LizDream (Siiiiiiiiii ci hai azzeccato^^ brava!), armony_93 (non vale cercare di convincere l'autrice XD non ti dico se è vero comunque... lo scoprirai leggendo^^ non rido di te, perchè come vedi hai indovinato!), Sinfony (XD almeno sei stata sincera! Si, è lui, il Fantasma dell'Opera... in quanto a Chaylor... boh! chissà^^), Tay_ (Lo so iiiiiiiiiiio perchè ho messo Chad e Sharpay^^ Ma non è un motivo mio personale... riguarda la ficcy e quindi non te lo dirò XD) e DreamGirl91 (Fidati... arriverà! Non ti dico quando... ma arriverà!)
Siete sempre fantastiche!!! VVTB bacioni a tutte!!!

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Capitolo 5
*** capitolo quarto ***


Capitolo quarto

   Iniziò Sharpay. Fu lei ad offrirsi: un po’ perché era sua natura mettersi alla prova alla prima possibilità, e un po’ perché aveva visto Taylor sbiancare e temeva che sarebbe svenuta se le avessero chiesto di cantare per prima.
   Il maestro Deviènne fu soddisfatto, anche se aggiunse un commento sull’eccessività della sua esuberanza.
   Quando toccò a Gabriella, non fece commenti negativi, ma nemmeno positivi.
   Fu il turno di Ryan, e disse che era felice di avere un altro ragazzo in grado di prendere le note alte, visto che erano molto pochi.
   Di Troy disse che aveva una bella voce, e che era un peccato che fosse evidente che aveva iniziato ad allenarla adeguatamente da poco tempo.
   -Tocca a voi, signorina McKassy.-
   Come avevano fatto gli altri prima di lei, Taylor fece un passo avanti e tossì lievemente, mentre sentiva chiaramente un forte rossore salirle alle guance.
   Uno dei musicisti le diede la nota che doveva prendere usando il pianoforte, e Taylor cercò di riprodurla.
   -Più alta, signorina.- disse il maestro Deviènne guardandola accigliato. Taylor cercò di calmarsi, e al secondo tentativo riuscì a prendere le note all’altezza giusta ma, non potè non percepirlo, il maestro Deviènne si era aspettato qualcosa di meglio, soprattutto sentendo i suoi quattro compagni che avevano cantato prima di lei.
   Rossa di vergogna, maledicendo la Darbus per averla costretta a umiliarsi a quel modo, Taylor tornò al suo posto.
   Un attimo dopo il maestro Deviènne passò a lei e agli altri i loro spartiti.
   L’opera stavolta era Il Muto, una storia piuttosto comica che Taylor conosceva perché la Darbus aveva portato la cassetta in classe, tempo prima.
   Provarono un paio di canzoni: una era quella del prologo, la seconda era il momento in cui il Conte scopre la moglie col paggio muto.
   A pranzo, fecero una breve pausa e Taylor, Kelsie, Mark e Ryan decisero di andare a mangiare per conto loro per lasciare un po’ di tempo alle due coppiette, in modo che potessero a loro volta dividersi e stare per conto loro.
   Il pomeriggio, lavorarono nuovamente su quelle canzoni.
   -Per oggi ho evitato, per non mettere in imbarazzo i nuovi arrivati.- disse il maestro Deviènne quando ebbero terminato le prove –Ma domani proveremo singolarmente, in modo da correggere gli errori di ognuno con più facilità.-
   Non occorreva prestare troppa attenzione per accorgersi che il suo sguardo, mentre pronunciava la parola “errori”, era puntato su Taylor. E questo alla ragazza non sfuggì: abbassò lo sguardo, imbarazzata. Come aveva potuto, La Darbus, anche solo pensare che sarebbe stata in grado di reggere il confronto con le sue compagne? E lei, come aveva potuto dare la priorità ad una gita a Parigi rispetto al suo orgoglio?
   -Non prendertela.- sorrise Gabriella mentre si avviavano verso le stanze –Eri agitata, vedrai che domani andrai benissimo.-
   -Ehi ragazze, com’è andata?- domandò Chad avvicinandosi alle due dopo aver salutato alcuni ragazzi, che a giudicare dal fisico dovevano essere ballerini.
   -Uno schifo.- rispose Taylor.
   -Dai, non è vero!- la rimproverò Sharpay mentre il suo ragazzo le prendeva la mano, poi si rivolse a lui –Era agitata e ha sbagliato la prima nota. Per il resto, è andata bene.-
   Taylor fece di tutto per sorridere durante tutta la cena. Ma il comportamento gentile dei suoi amici non fu affatto d’aiuto come probabilmente loro speravano.
   A forza di minimizzare l’accaduto, e di sentire gli altri che facevano lo stesso, si era convinta senza difficoltà che fosse quasi irreparabile, ed arrivò in camera sua con gli occhi che bruciavano per le lacrime di umiliazione.
   Se qualcuno le avesse detto che aveva fatto schifo… cielo, sarebbe stato meglio delle velate critiche del maestro Deviènne, dei finti incoraggiamenti della Darbus!
   Infilò una camicia da notte bianca e si infilò a letto.
   Poi, spense la luce, pensando a come sarebbero andate le cose il giorno seguente: ancora peggio, ovviamente.
   Rimase a rigirarsi nel letto per un po’, ma all’improvviso qualcosa la distrasse dal pensiero della sua disastrosa performance.
   Avvertì una musica, il lieve suono di un pianoforte.
   Forse qualcuno si stava esercitando?
   No, certo che no, erano troppo lontani dal teatro, e anche dalla sala prove…
   Eppure quella musica…
   Si mise a sedere sul letto, e ad un certo punto una voce si unì al suono del pianoforte.
   Taylor trattenne il respiro. Era una voce… maschile, le sembrava. Ma non riusciva a sentirla bene, non capiva le parole… era troppo lontana.
   Si alzò dal letto e andò alla porta. Uscì in corridoio, decisa a sentire più chiaramente quella canzone. Ma non appena si chiuse la porta alle spalle, la musica e la voce cessarono.
   Delusa, Taylor tornò nella stanza e si mosse al buio verso il letto. Appena fu sotto le coperte la musica ricominciò e la voce riprese a cantare, ora più vicina.
   Non erano parole, solo suoni… e ora capiva che la voce era maschile, senza dubbio. Ma era così strana, come non ne aveva mai sentite prima di quel momento.
   Ogni nota entrava in lei, si depositava nella sua anima.
   L’impulso di unirsi a quella voce fu troppo forte, ma lo fece sottovoce, in un sussurro. E ogni volta che la voce misteriosa intonava una nota, lei la prendeva d’istinto, come se quella voce guidasse la sua.
   Si addormentò cullata da quella dolce voce, che continuò il suo canto per gran parte della notte.

__________Nota di Herm90/Esmeralda/JaneMontez^^
Sono malata :( ma questo va a vostro vantaggio perchè sto aggiornando prima del previsto^^
Grazie a: Titty90 (o devo dire Anya? eeeeeeh no non era molto somigliante a Christine vero? XD ha fatto un po' schifo... ma... stooooop fine degli spoiler XD), scricciolo91 (spero di riuscire a mantenere questo tono di narrazione allora! Grazie!), Mommika (forse stai fantasticando troppo ma... dimmi cosa pensi che accadrà!!! Pleeeeease^^ comunque... scusa... "tuo" Fantasma? sei perdonata solo per il tuo buon gusto XD), Sinfony (se vuoi continua pure a dirlo... tanto io so già cosa succederà e sono incorruttibile XD sono contenta che non conosci la storia, sarà più interessante XD), armony_93 (XD non mi annoi, anzi fai molto bene alla mia autostima^^ beh se hai visto solo la parte finale del film... non ti sarà d'aiuto a capire^^), cheescake94 (grazie^^ ebbene, in effetti cantare dopo loro due non è stata una grande idea XD avevi indovinato^^ sono contenta che ti piaccia l'ambientazione, ultimamente amo Parigi!) e DreamGirl91 (ahi... allora mi sa che devo avvertirti^^ beh, tu hai già uno spoiler... ma vedi di tenere la bocca chiusa^^)
VVTB a tutte!!!! 

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Capitolo 6
*** capitolo quinto ***


Capitolo quinto

   Taylor si svegliò con una strana sensazione: come se ci fosse qualcosa di strano, ma non riuscisse a comprendere cosa.
   -Tay? Tay, sei sveglia?- la voce di Kelsie, accompagnata dal suo continuo bussare alla porta, la distolse dai suoi pensieri.
   -Si… aspetta!- rispose, e andò ad aprire la porta –Salve.-
   -Sei matta? Ancora in pigiama? Tra cinque minuti viene a prenderci la Darbus per andare a colazione!- esclamò Kelsie guardandola a occhi sbarrati.
   -Tra… cinque minuti?- gridò Taylor, e rientrò nella stanza. L’amica la seguì dentro e chiuse la porta mentre lei tirava fuori un paio di pantaloni della tuta neri e una maglia grigia dall’armadio.
   Fu, inaspettatamente, pronta appena in tempo per non far innervosire la professoressa.
   -Taylor, cara…- disse la donna mentre si avviavano tutti insieme verso lo studio dei direttori del Teatro –Spero che tu non sia nervosa. Ieri eri molto agitata, ma non c’è motivo perché anche oggi tu debba essere così disastrosa. Sono certo che andrà bene.
   Se l’insegnante aveva pensato di esserle d’aiuto, si sbagliava. Da quando si era svegliata era riuscita a non pensare nemmeno una volta alla sua ridicola performance del giorno precedente, ma ora che le era tornata in mente, e che per di più aveva avuto la conferma di essere stata del tutto patetica, checché ne dicessero i suoi amici, ritrovare il buon umore sarebbe stato davvero difficile. Per non parlare della sicurezza che le sarebbe stata necessaria per cantare un po’ meglio…
   Ma non poteva certo incolpare la Darbus. Non aveva le capacità adatte, tutto qui.
   Entrò con gli altri nella stanza in cui i signori Moncharmin e Richard li attendevano come avevano fatto la mattina precedente.
   -Sono stato informato…- disse il signor Moncharmin, che era molto più espansivo del signor Richard –Che alcuni di voi hanno fatto davvero un bel lavoro, ieri. Sia io che il mio collega siamo più che felici che questo progetto si stia rivelando così positivo!-
   -Oh, sono certa che tutti i ragazzi andranno meglio ancora, da oggi. Ieri, l’agitazione non li ha aiutati.-
   -Certo, certo… è ovvio…- confermò il signor Moncharmin mentre Taylor stringeva i pugni.
   -Tranquilla Tay. Lo sappiamo tutti che sei brava.- le sussurrò Gabriella. Taylor le sorrise, grata del suo appoggio.
   Dopo colazione andarono nella sala del palco e il maestro Deviènne, stavolta, era già lì, insieme ad un paio di ragazzi del coro.
   -Ciao, a dopo.- disse Chad –In bocca al lupo, vedrai che andrai alla grande!- disse poi a Taylor in un sussurro prima di allontanarsi per raggiungere la coreografa e il gruppo dei ballerini.
   -Ci vediamo dopo.- disse Mark, e anche lui e Kelsie se ne andarono.
   Il coro iniziò subito le prove singole. Per primi provarono i ragazzi che erano fissi nel coro, e poi sarebbe stato il turno dei cinque ragazzi di Albereque.  
   Nel frattempo, Taylor ripassò mentalmente gli spartiti.
   Leggendoli, si accigliò: sembrava che la riportassero a un ricordo confuso di cui non aveva memoria… non le prove del giorno prima, quelle le ricordava anche troppo bene, bensì qualcosa di…
   Sobbalzò, mentre le tornava alla mente la Voce, la Voce che aveva cullato il suo sonno quella notte: aveva cantato quelle stesse note, ne era sicura.
   Dunque, la Voce doveva essere uno dei ragazzi del coro! Lasciò perdere gli spartiti e prestò attenzione alle prove.
   No, niente. Nessuno di quei ragazzi poteva essere paragonato, anche solo lontanamente, alla Voce. Ne era sicura.
   Del loro gruppo, fu Ryan a cominciare. Azzeccò tutte le note alla prima prova, e il maestro Deviènne non potè che complimentarsi con lui.
   -Signorina Montez, adesso.-
   Gabriella fu divina, ovviamente. La sua voce dolce si adattava perfettamente ad ogni canzone e il maestro Deviènne ne fu deliziato.
   -Signorina Evans?-
   Sharpay aveva una voce così potente che per lei nessuna nota alta era un problema: il maestro Deviènne le disse che nel coro avrebbe dovuto contenersi un poco, ma non ebbe altro da ridire.
   -Bolton.-
   Troy ebbe qualche problema in più: sbagliò un accordo e stonò un passaggio. Ma aveva una gran predisposizione al canto e al secondo tentativo andò molto bene.
   -E ora, signorina Montez, prego.- sospirò il maestro Deviènne preparandosi mentalmente a sentir storpiare quella musica bellissima. Dal canto suo, Taylor non poteva non avere lo stesso pensiero: se i semplici gorgheggi del giorno prima l’avevano messa in difficoltà, come poteva pensare di cavarsela con una canzone intera?
   Trasse un profondo respiro e intonò la prima nota, alla quale la seconda seguì con naturalezza, così come la terza e tutte quelle seguenti. La sua voce cantava senza che lei si sforzasse in alcun modo, senza che dovesse pensare alle note. Era naturale, e lei non percepiva altro che non fosse la canzone.
   Quando ebbe terminato, guardò il maestro Deviènne, e poi la Darbus. Entrambi, sul volto, avevano la stessa espressione sbalordita, e sembrava non sapessero cosa dire. Il resto del coro mantenne lo stesso silenzio e Taylor si voltò cercando con lo sguardo i suoi amici, per scoprire che la fissavano allo stesso modo.
   -Maestro Deviènne…- lo riscosse, quando il silenzio si fu prolungato troppo a lungo perché potesse non sentirsi imbarazzata da esso.
   -Siete stata perfetta. Non posso credere che in una sola notte una voce possa… certo ieri eravate agitata, signorina…-
   -Sei stata bravissima, Taylor.- disse la Darbus, ancora più stupita del maestro Deviènne: da quando Taylor McKassy aveva quella voce? E perché non l’aveva mai sfruttata in uno dei suoi spettacoli?
   -Facciamo un attimo di pausa ora che avete provato tutti… devo consultarmi col regista… devo assolutamente…- borbottò il maestro allontanandosi.
   Taylor si voltò un po’ stordita verso i suoi amici e Gabriella corse ad abbracciarla –Te l’avevo detto, te l’avevo detto! Sei stata bravissima Taylor, non capisco perché non hai mai fatto un provino!-
   -Io… ma andiamo, va bene, ho preso le note giuste ma… non esagerare, non sono certo stata meglio di te.- disse Taylor, ansiosa di riportare l’amica sul pianeta terra.
   -Si invece.- disse Ryan avvicinandosi e guardandola con aria ammirata –Sei stata più brava di lei, di Sharpay, di Troy e di me. Nonché del resto del coro, Taylor! Non sapevo che cantassi così.-
   -Beh… neanch’io…- mormorò Taylor, confusa. Era mai possibile che avesse davvero cantato tanto bene? Certo i sui amici esageravano… ma il maestro Deviènne?
   Fu proprio lui a confermare le parole di Ryan. Tornò in quell’istante, con uno spartito in mano –Signorina McKassy, uno dei nostri cantanti ha perduto la voce ieri sera. Voglio che sia lei a sostituirlo… sono solo poche battute da solista, ma spero che le faccia piacere!-
   Taylor lo guardò con tanto d’occhi –Maestro io… non credo di esserne all’altezza, non ho mai fatto niente del genere!- cercò di protestare, agitata.
   -Oh Taylor, non dire sciocchezze!- si intromise la Darbus –Forza, vai a provare, è una grande opportunità!- e dicendo ciò la spinse verso il gruppo di solisti secondari.
   Taylor non poté fare altro che obbedire, e passò tutta la giornata a provare, con l’aiuto di un giovane molto disponibile, un tenore di nome Sean che aveva le battute alternate alle sue.
   -Complimenti.- le disse quando, prima di pranzo, si interruppero le prove –Ti ho sentita cantare ieri ma… è come se nella notte avessi preso qualcosa come trent’anni di lezioni di canto. Mai sentito una voce maturare tanto in fretta!-
   -Grazie.- sorrise Taylor imbarazzata, e tornò dai suoi amici. Non rividero Chad, che era impegnato con il corpo di ballo, e nemmeno Kelsie e Mark, ma Taylor fu sommersa comunque dai complimenti da parte di Sharpay e Troy, che non avevano avuto la possibilità di fargliene prima.
   Il pomeriggio fu di nuovo speso a provare, e stavolta il maestro Deviènne lasciò il coro per occuparsi di loro.
   -Mi fa sentire il suo pezzo, signorina McKassy?- domandò, e Taylor, mentre si accingeva a cantare, non poté fare a meno di notare che il tono dell’uomo aveva perso ogni nota di sarcasmo e di delusione.
   -Sarebbe proprio un colpo al cuor
   Sarebbe proprio un colpo al cuor
   Se mai li trovasse insieme il signor…-
   -Molto bene. Perfetta… forse, nella prossima rappresentazione, potrebbe avere qualche battuta in più, signorina McKassy!- esclamò il maestro, quasi emozionato quanto lei –E ora la parte in coro voi tre, avanti.- disse a lei, Sean e una signora di circa quarant’anni.
   -Ehi!- Chad li raggiunse di corsa mentre andavano a cena in un fast food poco lontano dal Teatro –Com’è andata?- domandò dopo aver baciato la sua ragazza.
   -Indovina chi ha una parte da solista?- domandò Sharpay mentre lui le circondava le spalle col braccio.
   -Davvero amore? Lo sapevo che sei braviss…-
   -Grazie Chad, ma non sono io.- rise lei –Taylor!-
   -Davvero?- domandò Chad voltandosi verso di lei con tanto d’occhi.
   -Già.- arrossì lei mentre gli altri affermavano che si, era proprio così.
   Tornata in camera, Taylor ebbe appena il tempo di infilarsi la camicia da notte che sentì due colpi lievi sulla porta. Andò ad aprire, ma non c’era nessuno. Stava per rientrare, quando per caso abbassò lo sguardo e si accigliò: a terra c’era un fiore!
   Lo raccolse: era una rosa, una rosa con un nastro nero.
   Rientrò nella sua stanza, accigliata, domandandosi di chi potesse essere, e la posò sul comodino per poi mettersi a letto.

___________Nota di Herm90/Esmeralda/JameMontez
(Esmeralda e Jane Montez sono due soprannomi... la mia personalità non si è triplicata non preoccupatevi XD non dovete sopportare 3 me stessa^^)
Eeeeeeed ecco la rivincita di Taylor sul maestro Deviènne!
Grazie a: Titty90 (presentimento azzeccato! Che brava sister^^ eh ma come faccio a eviare le musichette di sottofondo^^ sono alla base della storia!), Sinfony (Il cantante misterioso è... Mark! Ssssse speravi che te lo dicessi davvero eh? XDD o forse è davvero lui? O magari no? Boh!), Dreamgirl91 (XD vorrei vedere che non riveli niente^^ mah... che strano... non vedo la ficcy su San Valentino che dovevi postare... devo venirti a pigliare a calciiiiiii??? XD), Vivy93 (Ciau Wendy!!! Uhm... Joseph non ti convince eh? Beh... trrrrrr trrrrr... solite interferenze... peccato ero in vena di spoiler XD), scricciolo91 (a chi lo dici, che non vorrebbe essere al loro posto? XD), armony_93 (comunque, il finale è diverso quindi non ti rovina niente XD grazie mille sono lusingata! paroloni a gogò oggi...^^) e *AquaPrincess* (a parte che hai commentato il chap sbagliato XD beh... il motivo c'è e una persona almeno che lo condivide la conosco... però... inizio ad avere paura, devo prendermi una scorta personale per difendermi da te? O.O)
E Grazie millissimo (esiste? no, direi di no...) anche a chi ha commentato l'ultimo chap di West and East High Story!
Siete fantasticheeeeeeeeeee!!!!

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Capitolo 7
*** capitolo sesto ***


_________Nota iniziale
Le parti in blu sono cantate, ma fanno parte della conversazione^^
  
Capitolo sesto


   Taylor, svegliandosi la mattina seguente, scoprì di aver nuovamente sentito la Voce. Non se n’era resa conto, durante la notte: probabilmente la Voce aveva iniziato a cantare quando stava già dormendo. Eppure, aveva dentro di sé la consapevolezza di averla sentita di nuovo.
   E il maestro Deviènne lo avvertì non appena la sentì cantare di nuovo.
   -Incredibile davvero, signorina.- commentò –Non so come sia possibile, ma migliora di giorno in giorno sempre di più.-
   Taylor arrossì un po’, e si fermò a riflettere mentre il maestro Deviènne passava ad ascoltare gli altri.
   Come poteva essere? Tutti sostenevano che fosse dovuto al fatto che stava vincendo l’insicurezza, ma lei era certa che il motivo fosse un altro. Lei non aveva mai cantato così, nemmeno a casa sua, da sola, neanche sotto la doccia, né in nessun altro luogo…
   No, doveva esserci qualcosa di diverso… non sapeva cosa, ma doveva essere collegato con quella Voce.
   Eppure, come poteva una persona, con il suo solo canto, cambiare la sua voce a quel modo? Era scientificamente impossibile, o perlomeno decisamente improbabile…
   Nonostante tutte le sue riflessioni, non venne a capo di nulla. E pur non spiegandosi come fosse possibile, continuò a cantare con quella stessa perfezione del giorno precedente, se non addirittura superiore.
   -Oggi ti ho sentita cantare.- disse Ryan sedendosi accanto a lei a cena. Erano andati al solito fast food e gli altri erano ancora ad ordinare.
   Taylor, non sapendo bene come rispondere, prese un sorso della sua coca cola, e Ryan continuò –Sei stata davvero brava… cioè, non solo brava, nella tua voce… c’è qualcosa di strano. È come se…-
   -Come se?- lo incoraggiò Taylor accigliandosi, ma curiosa comunque di ascoltare qualsiasi cosa che potesse aiutarla a definire ciò che le stava succedendo.
   -Come se ipnotizzasse.-
   Taylor scoppiò a ridere –Ora non esagerare.-
   -Oh, lo so, è stupido.- ammise Ryan con un sorriso –Ma non riuscivo a smettere di ascoltarti.-
   Taylor non dovette sforzarsi di rispondere, per fortuna, perché in quel momento li raggiunsero Kelsie, Mark, Sharpay e Chad.
   -Di che si parla qui?- domandò allegramente Sharpay mentre lei e Chad prendevano posto davanti ai due amici e Kelsie si sedeva con Mark accanto a Taylor.
   -Niente in particolare.- si affrettò a rispondere quest’ultima –Gabriella e Troy?-
   Questo suo affannarsi per cambiare discorso non la portò molto lontano.
   -Aspettano il cheeseburger di Gabry.- rispose Mark –Che, a proposito, ci ha detto che oggi hai cantato benissimo.-
   -Oh andiamo, non è vero… ok, me la cavo un po’ meglio ultimamente…-
   -Un po’ meglio?- ribattè Gabriella spuntando dalla folla con Troy –Un po’ riduttivo direi… ma tu la sentirai domani.- disse rivolta a Chad.
   -Come mai?- domandò Taylor.
   -Pare che il tuo gruppo farà le prove con noi… non siete fermi a un lato con il coro, vi muovete sul palco, quindi dobbiamo coordinarci.- spiegò il ragazzo –Così finalmente ti sento cantare… ti posso fregare una patatina?-
   -Prendi… rispose Taylor ridendo –Ma non capisco perché non te le compri mai e poi ti freghi metà delle mie.-
   Così, il discorso si concluse. Per tutti, tranne che per Taylor: mentre tornava in camera, non faceva che domandarsi se avrebbe di novo sentito la Voce.
   Quella sera Troy propose di stare un po’ tutti insieme in camera sua. Tutti accettarono, ad eccezione di Taylor, Kelsie e Chad, che decisero di andare a letto.
   Mentre camminavano verso le loro stanze, dopo aver salutato gli altri, incrociarono Madame Giry.
   -Buonasera.- li salutò la donna. I tre, un po’ sorpresi, ricambiarono il saluto: la donna, infatti, non si era mai mostrata eccessivamente amichevole con loro, come d’altronde non lo era con nessuno, e in quei due giorni non li aveva mai salutati se non erano loro a farlo per primi.
   -Vi ho sentita cantare, signorina McKassy.- disse Madame Giry –Immagino…- guardò rapidamente Kelsie e Chad, poi disse –Che la notte vi abbia portato… un aiuto.-
   -La notte porta consiglio, come si dice…- commentò Chad ridendo.
   Taylor non fu in grado di fare lo stesso: Madame Giry sapeva della Voce? Poteva forse dirle qualcosa che lei non sapeva? Se era così, non le fu dato di saperlo: con un lieve inchino e uno sguardo a Taylor, la donna si allontanò augurando a tutti la buonanotte.
   Taylor entrò nella sua stanza e lo sguardo le cadde sulla rosa, che era ancora sulla scrivania, nel varo in cui l’aveva lasciata. Si domandò ancora una volta chi potesse avergliela lasciata, e si avvicinò accarezzando il nastro nero che avvolgeva una parte del gambo.
   Si cambiò e si mise a letto, leggendo gli spartiti che doveva imparare per il giorno dopo: non erano più parti soliste, ma c’era una parte in duetto con Sean e il resto lo cantavano in quattro o cinque.
   Spense la luce e si distese, ma scattò a sedere quando sentì nuovamente la Voce.
   Non erano più note, stava cantando… riusciva a distinguere alcune parole, ma non capiva che canzone potesse essere.
   Di nuovo, come la prima notte, si alzò dal letto, decisa a scoprire qualcosa di più sul cantante misterioso… e di nuovo, non appena si chiuse la porte alle spalle, non udì più nulla.
   Rientrò in camera e si rimise a letto. Immediatamente, la Voce riprese.
   Taylor si sforzò di capire le parole…
   Nella notte senti
   Immensi sogni ardenti…
   Notte lieve, colma di splendore…
   Chiama, senti, offrile il tuo cuore…
   -Ma chi sei?- domandò Taylor tra sé –Perché non posso vederti?-
   -Nessuno può… nessuno ancora può…-
   Taylor si immobilizzò: no, era impossibile… dovevano essere le parole della canzone… e, per uno strano caso, si adattavano a quella domanda che lei aveva espresso ad alta voce…
   Eppure, si trovò a cercare la conferma di questa sua certezza.
   -Nessuno può?-
   -No… nessuno può…-
   Trattenne il respiro, il cuore a mille. Quelle parole, anche se la Voce le cantava, erano senza dubbio una risposta alle sue domande!
   Quindi la Voce… poteva sentirla?
   -Puoi sentirmi?-
   -Ti sento sempre… come tu senti me.-
   -Ma cosa… cosa sei?-
   La Voce non rispose, ma la musica del pianoforte continuava.
   Taylor attese qualche istante, ripetè la domanda, e finalmente la Voce rispose, sempre cantano.
   -Sono l’Angelo…-
   -L’Angelo?- domandò Taylor con un filo di voce. Lui la sentì lo stesso.
   -Sono l’Angelo della musica… colui che suona la musica solo per te… e vola la musica solo per te…-
   -Solo per me…- ripeté Taylor, rapita da quella voce tanto profonda, quasi incorporea.
   -Si, mia musa… la mia musica solo per te…-
   -Tu mi hai donato il canto?-
   -Il canto che ti donai… che risvegliai… era già in te…-
   -Perché… perché ti sento solo io?- domandò la ragazza scuotendo la testa tentando di restare lucida, nonostante si sentisse volteggiare, portata fuori dal suo corpo sulla scia della voce dell’Angelo.
   -Perché io sono il tuo Angelo… Ora dormi mia musa…-
   Taylor respirava a fatica, la mente come svuotata, piena solo della voce dell’Angelo.
   -Ora dormi mia musa…-
   Taylor si sentì avvolgere da un calore che spingeva le sue palpebre ad abbassarsi.
   -Ora dormi mia musa…-  

____________Nota di Herm90
Un po' inquietante? Uhm... e vabbè XD
Grazie a: scricciolo91 (XD Tay non ne ha idea come vedi^^ però con tutti questi complimenti attenta che poi mi monto la testa XD scherzo, grazie!!!), Titty90 (ahiahi... questo chap con l'Angelo che canta è troppo "Operona" secondo te? XD), armony_93 (grazie del consiglio! ci ho provato ma... questo è il massimo che sono riuscita a fare! è un po' meglio? è che sto ancora imparando a usare Nvu^^), _AquaPrincess_ (XD ne deduco che hai visto il film e che condividi la mia opinione su... una certa persona che non dico per non spoilerare XD), DreamGirl91 (da te quest'errore non me l'aspettavo! Rosa nera??? La rosa è rossa, col nastro nero, esattamente come nel film... che delusione cugi... XD) e Sinfony (eheh sono crudelissima! XD preciso che il maestro Deviènne non è ispirato alla mia insegnante di canto lei è bravissima a rassicurare^^)
se qualcuno di voi ricorda i nomi delle Sharpettes... pleeeease metteteli nella recensione o mandatemeli via mail! Grazie in anticipo^^
VVUKDB!!!

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Capitolo 8
*** capitolo settimo ***


Capitolo settimo

   La mattina seguente Taylor si svegliò un po’ stordita.
   Era confusa, ed era normale dopotutto: era successo davvero? O aveva sognato tutto?
   L’Angelo della musica… no, non poteva averlo sognato. Ne era certa… non sapeva bene come, ma sapeva che era accaduto realmente: aveva parlato con l’Angelo della musica.
   C’erano altre spiegazioni possibili, dopotutto? L’aveva sentito, aveva sentito il suo canto… e quel canto, lo sapeva, non aveva eguali. E poi, se fosse stato un sogno, come aveva potuto influenzare tanto la sua voce?
   La colazione fu come al solito, e si ripeté la scena che avevano già visto il primo giorno: Madame Giry entrò nell’ufficio dei due dirigenti con una lettera in mano.
   -C’è una lettera per voi, signori.- disse la maschera poggiando la busta sul tavolo, davanti al signor Richard.
   Taylor era seduta accanto a lui, e riuscì a dare un’occhiata alla lettera. Subito si accigliò: era chiusa con la cera, come si faceva nel passato. E aveva uno strano sigillo, rosso, a forma di… teschio? Chiunque avesse scritto quella lettera, aveva gusti piuttosto strani.
   Il signor Richard, di nuovo, impallidì, ma al tempo stesso emise un verso di stizza.
   -Oh cielo, non di nuovo…- sbottò Moncharmin, poi si rivolse alla Darbus –Scusate, oggi dovremo concludere la colazione un po’ prima… un affare urgente, capite…-
   -Ma certo, certo, non si preoccupi!- si affrettò a dire la Darbus alzandosi in piedi –Forza ragazzi, andiamo.-
   Obbedirono ed uscirono dall’ufficio, seguiti da Madame Giry. Poiché era presto rispetto al solito, tornarono nella zona del collegio.
   Kelsie e Taylor andarono nella stanza di quest’ultima, mentre le coppiette si prendevano un po’ di tempo per stare soli. Ryan e Mark le avrebbero raggiunte subito, ma prima dovevano andare a recuperare li spartiti che Mark aveva lasciato la sera prima nella sala prove dei musicisti.
   -Allora, grande cantante, che ne dici di farmi sentire qualcosa?- domandò Kelsie sedendosi sul letto.
   -Dico che non è il caso.- rifiutò ridendo Taylor.
   -Ora però devi spiegarmi. Insomma, hai sempre avuto una voce abbastanza bella, ma era nella media, senza offesa… e adesso a quanto mi ha detto Ryan sei diventata più che perfetta! Come hai fatto?-
   -Ecco io… non lo so.- ammise Taylor –Solo che… insomma, questo posto non ti sembra…-
   -Non mi sembra?- la incoraggio l’amica.
   Taylor rifletté qualche istante, decidendo di non dirle dell’Angelo, ma di confidarle la sua sensazione generica –Strano? Un po’… non so…-
   -Inquietante?- le andò in aiuto Kelsie –Un po’ si in effetti. Devo ammettere che quando Joseph Buket ci ha parlato della leggenda del Fantasma dell’Opera, la notte non ho spento la luce.-
   Taylor sollevò le sopraciglia, stupita.
   -Davvero!- confermò Kelsie -…insomma, il viso come cera, un mezzo buco al posto del naso… abbastanza ripugnante no?- spiegò scoppiando a ridere. Taylor fece lo stesso –Si, non dev’essere un bello spettacolo.- concordò.
   Si voltò verso lo specchio: le sembrava di aver sentito qualcosa… un rumore lieve, soffocato…
   -Che c’è?- domandò Kelsie vedendola strana.
   -Niente.- si affrettò ad assicurarle Taylor.
   In quel momento entrarono Ryan e Mark –Ragazze!- disse Ryan –Stanno per iniziare le prove, andiamo.-
   Le due si alzarono e li seguirono. Nel salone del teatro, i coristi e i musicisti si spostarono in un’altra sala mentre i ballerini, i solisti e i solisti secondari, tra cui Taylor, rimasero sul palco.
   -Ehi.- salutò Taylor avvicinandosi a Chad che, con indosso una tuta nera, si stava riscaldando –Finalmente ti vedo ballare!-
   -Finalmente ti sento cantare!- ribatté lui.
   -Ok, ragazzi, tutti ai posti!- chiamò la coreografa –Lo spettacolo è domani sera, dobbiamo avere tutti la perfetta consapevolezza dei nostri ruoli. Iniziamo dalla coreografia dei contadini. Ragazzi, ragazze, voi in posizione, io sistemo i cantanti…-
   In quella scena i protagonisti non c’erano, così sistemò il gruppetto di Taylor. Neanche a farlo apposta, lei era proprio accanto a Chad.
   La scena era semplice per loro, un po’ meno per i ballerini, la cui coreografia era davvero difficoltosa. Mentre girava cantando in coro a cappella con i suoi cinque compagni, Taylor osservò con la coda dell’occhi l’amico, che eseguiva senza difficoltà le stesse sequenze degli altri ballerini, e mentre lui compieva una lunga serie di piroette su sé stesso si sentì subito fiera del ragazzo: perché era così bravo, ma anche perché aveva superato i suoi pregiudizi e si era donato allo sport che amava.
   Poi, passarono alla scena d’apertura. Era quella in cui Taylor aveva la parte da solista, e poiché i ballerini non dovevano far altro che occupare la scena fingendo di pulire Chad potè concentrarsi sull’amica.
   - Sarebbe proprio un colpo al cuor
   Sarebbe proprio un colpo al cuor
   Se mai li trovasse insieme il signor…-
   Era un pezzo breve, ma Chad si bloccò, sbalordito, e dovette concentrarsi molto per continuare a fingere di pulire.
   -Ehi, com’è possibile?- domandò alla pausa, avvicinandosi a Taylor –Ryan aveva ragione… ero ipnotizzato! Insomma, la tua voce è… e io che credevo di sapere tutto di te! Ma brava, nascondiamo al tuo migliore amico che hai già studiato canto!-
   Taylor sorrise arrossendo –Io non ho mai studiato canto, Chad, a parte in classe con la Darbus.- rispose –Non lo so neanch’io com’è possibile…-
   -Beh, se è un miracolo,il tuo angelo custode ha scelto il momento giusto! Con una voce così, ti offriranno un contratto in men che non si dica!- esclamò Chad passandole un braccio attorno alle spalle.
   Taylor rise, ma la sua mente non lo fece: già… Chad aveva fatto una battuta, ma lei era davvero sicura che il merito fosse dell’Angelo.
   Quella sera decisero di stare tutti per un po’ in camera di Taylor. Nessuno di loro aveva sonno, tanta era l’agitazione che li animava: il giorno seguente si sarebbero trovati per la prima volta sul palco dell’Opera di Parigi! Nemmeno potevano immaginare cosa dovesse significare cantare e ballare su quel palco, davanti a centinaia di persone, accanto a quegli artisti tanto più esperti di loro…
   -Io sono un po’ preoccupata. Se sbagliassi una nota?- domandò Kelsie un po’ tremante.
   -Oh, non sbaglierai, sei troppo brava.- disse Mark sorridendole. Kelsie si voltò verso di lui, arrossendo.
   -Credo che abbiamo tutti paura…- commentò Taylor –Io sono terrorizzata…-
   Quando tutti ebbero affermato lo stesso, decisero che era ora di andare a letto: dovevano essere riposati.
   Taylor spense la luce, e immediatamente la voce dell’Angelo risuonò nella stanza.
   -Non temere mia musa… Tutto andrà bene…-
   Taylor sorrise tra sé: se qualcuno le avesse raccontato di aver parlato con un angelo, avrebbe probabilmente chiamato un ambulanza. E invece non riusciva a trattenersi, quando quella voce cantava solo per lei.
   -Come lo sai? Potrei sbagliare.-
   -Non sbaglierai… io sarò con te…-
   -Davvero? Sarai con me?- domandò, mentre un sorriso felice le compariva sul volto.
   -Non mi vedrai, ma al tuo fianco sempre sarò… ora riposa mia musa…-

____________Nota di Herm90
Rieccume! Siamo quasi allo spettacolo e... cosa accadrà? Boh, chi lo sa?^^ Provate a indovinare!
Grazie: armony_93 (di niente hai ragione così è più leggero!), totallycrazy (grazie per le sharpettes!!!), Mommika (sei scusata, visto che hai ottimi gusti! XD), Sinfony (a chi lo dici! Eh, il cantante misterioso è...), Titty90 (sono contento che sopporti XD), Vivy93 (e va bene te lo dico... la Voce è... l'Angelo della musica XDD fregata eh?), scricciolo91 (sono contenta che le cose inquietanti ti piacciano, non sarà l'ultima^^), Checie (grazie!!! Tra l'altro, finalmente qualcuno non mi odia per la chadpay^^), *Aquaprincess* (ed ecco un po' Chad^^ tutto per te visto che mi hai aiutato sull'altra ficcy!) e DreamGirl91 (XD TuSaiChi ti perdona don't worry^^).
Siete splendide e mi state facendo adorare ancora di più lo scrivere questa ficcy... forse questa frase non ha senso ma capitemi è stata una giornata dura XD
VVTB!!!!

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Capitolo 9
*** capitolo settimo ***


Capitolo settimo

   Il giorno seguente, tutti si alzarono tardi: al mattino non c’erano prove, in modo da non stancare la voce, e il pomeriggio era sufficiente a preparare costumi e trucchi vari.
   Andarono a fare colazione fuori, in un piccolo bar poco lontano dall’Opera. Non si allontanavano mai troppo, visto che non avevano mai molto tempo.
   -Allora, vi sentite pronti per stasera? Io sono terrorizzata.- ammise Kelsie sorseggiando la sua cioccolata con panna.
   Tutti ammisero che per loro era lo stesso: persino Sharpay fu concorde.
   Taylor sorrise lievemente. Nella sua mente risuonò una voce, un canto…
   Non sbaglierai… io sarò con te…
   Se il suo Angelo sarebbe stato accanto a lei, sapeva di non poter sbagliare. Ma non lo disse a nessuno: non aveva parlato dell’Angelo a nessuno e l’istinto le diceva che era meglio continuare così.
   Tornarono al teatro: l’atmosfera era decisamente tesa. Era normale, eppure a Taylor parve di percepire qualcosa di più che la normale agitazione pre-spettacolo. Una specie di timore che nessuno esternava, ma che si coglieva nell’aria, nelle voci, negli sguardi.
   -Sono tutti così agitati, non vi sembra?- fece notare Taylor agli altri.
   -Beh, ovvio che lo sono.- scrollò le spalle Sharpay –Sono più abituati di noi a queste cose, ma è comunque uno spettacolo, l’ansia che si prova è sempre la stessa.-
   -Non vorrai ammettere che tu sei agitata quanto lo siamo noi?- domandò Chad passando alla sua ragazza un braccio attorno alle spalle –Come? La grande Sharpay Evans, la stella della East High, nervosa per un semplice spettacolino all’Opera di Parigi?-
   -Sarà fantastico constatare che, quando mancherà un’ora allo spettacolo, sarai tu il più preoccupato di tutti.- lo prese in giro Sharpay, affettuosamente.
   Tutti scoppiarono a ridere.
   In quel momento, Madame Giry e la Darbus li raggiunsero –Ragazzi, vi stavamo cercando… dovete passare al trucco e poi ai costumi, vi stanno aspettando.-
   Il trucco fu davvero un trauma, soprattutto per Chad e Troy. Ryan c’era abituato, dati i numerosi spettacoli a cui aveva partecipato, e per le ragazze era normale. Mark non doveva truccarsi, visto che suonava e non era sul palco, esattamente come Kelsie: li avevano accompagnati al trucco solo per poterli prendere in giro per un po’.
   I due Wildcats invece vissero un’esperienza scioccante. Chad, man mano che vedeva gli effetti del pennellino della truccatrice del suo volto, strabuzzava sempre di più gli occhi. Troy, dal canto suo, rimase tranquillo, ma aveva l’aria inquieta e i suoi occhi continuavano a saettare verso lo specchio.
   Taylor fu la prima a uscire dal trucco, e si fermò nel corridoio per aspettare gli altri visto che avevano deciso di recarsi tutti assieme dal costumista.
   -Salve, bella signorina!-
   -Salve, signor Buket.- salutò Taylor, sperando che Joseph Buket passasse oltre senza fermarsi a parlare: avevano compreso che era abbastanza innocuo, ma il suo comportamento viscido e il suo sguardo lascivo le dava un disgusto intrinseco che doveva sforzarsi molto per nascondere.
   Il fatto che fosse evidentemente molto favorevole al contatto fisico non migliorava certo la sua situazione, constatò Taylor quando la salutò con un abbraccio molto più viscido che affettuoso.
   -Come va signorina? È pronta ad affrontare il palco?-
   -No. Ma spero che vada tutto bene.- rispose Taylor facendo un passo indietro per evitare di stargli troppo vicina.
   -Eh, lo speriamo tutti.- commentò Joseph Buket –Ma stavolta non succederà nulla, se potrò evitarlo.-
   -Cosa intende?- domandò lei accigliandosi.
   -Il signor Richard mi ha chiesto…- disse Buket in tono confidenziale, avvicinandosi a lei quel tanto che bastava da farla rabbrividire -…mi ha chiesto personalmente di accertarmi che non ci siano problemi, stasera. Per il Fantasma.-
   -Oh, giusto. E come pensa di fare, è un’acchiappafantasmi lei?- domandò Taylor facendo rapidamente un altro passo indietro non appena ebbe avuto la notizia. Buket rise e le accarezzò la guancia, curandosi di sfiorarle la vita mentre lasciava cadere la mano –No, ma sono molto informato sui riti per tenere lontani gli spiriti maligni… un giorno, potrei insegnarle.-
   Taylor fu dispensata dal rifiutare dall’arrivo degli altri, che avevano finito il trucco.
   -Beh, arrivederci signorine.- disse Buket dopo aver salutato Kelsie con la stessa modalità riservata a Taylor (non osava farlo con Gabriella e Sharpay, visto che aveva intercettato li sguardi di Chad e Troy quando le avvicinava). Poi se ne andò e i sei si avviarono verso la zona dedicata ai costumi dopo aver salutato Kelsie e Mark, che dovevano accertarsi che i loro strumenti fossero accordati.
   Gabriella e Sharpay indossarono, su ordine del costumista, due abiti identici, verdi oliva, piuttosto semplici.
   Chad invece infilò la calzamaglia, cosa che completò il suo disgusto giornaliero, e lo stesso fecero Troy e Ryan, dopodichè si misero tre completi di stile settecentesco, come voleva la commedia, tutti abbastanza semplici.
   Il vestito di Taylor era più elaborato, poiché aveva la parte di una dama di compagnia. Era azzurro, con la vita attillata e la gonna larga, lungo fino ai piedi.
   Non mangiarono nulla che potesse sporcare i vestiti: dunque, un po’ di pane, creakers e qualche salatino. Ad ogni modo non potevano mangiare troppo per non appesantirsi. Il pomeriggio fu il turno delle acconciature, e poi giunse l’ora dello spettacolo.
   Sean li accompagnò in un palco in disuso da cui si poteva vedere la gente che entrava senza essere visti, e da lassù osservarono ridendo e commentando tutte quelle eleganti famiglie e coppie che camminavano per cercare i loro posti. Poi tornarono giù è, dopo un tempo davvero breve si trovarono sul palco.
   Il sipario si aprì. Il corpo di ballo fece una semplice coreografia di presentazione, Taylor entrò in scena con Sean e un’altra ragazza, Katy, per posizionarsi ad un lato del grande letto che era al centro del palco.
   Seduti sul letto, la soprano che faceva la Contessa, Carlotta, e la ballerina che impersonava il Muto, i volti nascosti dietro un ventaglio, per far credere che si stessero baciando.
   Tra poco toccava a lei. Taylor inspirò profondamente, imponendosi di mantenere l’espressione adatta alla scena e di non lasciarsi spaventare dalla consapevolezza della presenza del pubblico.
   La sua musica partì, attese l’attacco e in quell’esatto momento un brivido la percorse, e la voce nacque perfetta dalle sue labbra.
   -Sarebbe proprio un colpo al cuor
   Sarebbe proprio un colpo al cuor
   Se mai li trovasse insieme il signor…-
   C’era riuscita, quasi non poteva crederci! Ma non si deconcentrò, rimase nella parte, mentre il tenore che impersonava il Conte, Uberto, entrava in scena, e il Muto si travestiva in fretta da donna.
   Le voci dei protagonisti riempirono l’aria, non di molto superiori di livello a quella di Taylor, come notarono in molti.
   Finì il primo atto, e tutti corsero dietro le quinte, chi per farsi rifare il trucco, chi per farsi aggiustare un vestito rotto, chi per riprendere fiato. L’orchestra, intanto, donava al pubblico un leggero sottofondo.
   Taylor, passando dietro la quinta posteriore, avvertì un rumore sopra di sé ed alzò lo sguardo. Scrollò le spalle e continuò a camminare: probabilmente Joseph Buket stava lavorando per sistemare la scenografia successiva.
   La pausa durò mezz’ora. Il secondo atto iniziava con la scena dei contadini, così Taylor e il resto dei solisti secondari, così come i ballerini, la passarono cambiandosi i costumi. Poi salirono sul palco e di nuovo il sipario si aprì.
   Le luci erano un po’ più basse. Ora il pubblico, contrariamente a quanto era successo prima, era perfettamente visibile, ma Taylor non ci diede peso. Non immediatamente, almeno.
   Iniziarono alla perfezione: loro cantarono in coro girando per il palco senza intralciare i ballerini, che eseguivano la loro complicata coreografia. Poi si fermarono, tutti rivolti al pubblico, mentre il corpo di ballo iniziava una serie di bellissime piroette.
   Fu in quel momento che Taylor notò che qualcosa non andava. D’improvviso l’espressione di tutto il pubblico che rientrava nel campo visivo di Taylor mutò, diventando… spaventata? Non poteva dirlo con certezza per via delle luci, ma sembravano tutti diventati all’improvviso pallidi, ed erano come pietrificati.
  Taylor tornò a concentrasi sullo spettacolo, i ballerini erano alla terza serie di piroette e loro dovevano ricominciare a camminare. Si voltò, ma si trovò qualcosa penzolare davanti al volto. Si accigliò mettendolo a fuoco… dei piedi?
   Senza riuscire a comprendere alzò lo sguardo e sbarrò gli occhi, sgomenta: si trovò a poca distanza il volto di Joseph Buket, quasi cianotico, i contorni degli occhi violacei, i bulbi rossi fuori dalle orbite.
   Una corda attorno al collo.
   Impiccato a un soppalco.
   Taylor gridò, e tutti si voltarono, accorgendosi così del cadavere che penzolava lentamente al centro del palco.

____________Nota di Herm90
Che ne pensate della scena finale? Non capisco se è abbastanza evocativa^^
Grazie a: Titty90 (ma come non l'hai capito perchè non li ho messi insieme?^^ vediamo se indovini... era questa la sensazione che avevi avuto riguardo allo spettacolo? XD), armony_93 (ma io sono contenta anche se ti ripeti! grazie tesora!), scricciolo91 (debutto un po' traumatico direi^^ te l'avevo detto che le cose inquietanti non erano finite^^), _AquaPrincess_ (hai capito perchè? really? vedremo XD), DreamGirl91 (beh, per ora sono scusate dal ritenerlo così, dai XD), Vivy93 (nuuu addirittura paura?^^ spero che mi perdonerai quando capirai il motivo della mancanza di Chaylor^^), Sinfony (e gli affari inquietanti continuano^^ bacio^^), DarkGiliath (XD immagino che tu sia ancora più terrorizzata a questo punto!^^ sono contenta è proprio quello che volevo succedesse!) e Checie (eeeeeeeeh... boh! dipende! Un fantasma può mandare lettere? Chi lo sa XD).
Siete le migliori vi lovvo troppo!!!

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Capitolo 10
*** capitolo ottavo ***


Capitolo ottavo
 
   Il caos imperversò in un attimo. Taylor era paralizzata, non riusciva a muoversi, nemmeno più ad urlare.
   Continuava a fissare quei piedi, quel volto.
   Chad la afferrò e la trascinò via dal palco.
   Non appena raggiunsero gli altri, il ragazzo abbracciò Sharpay costringendola a smettere di guardare il cadavere mentre alcuni uomini si affrettavano a nasconderlo anche al pubblico.
   -McKassy, qui nessuno ha un telefono… corri a cercare un cellulare, dobbiamo chiamare un’ambulanza, e la polizia…- disse la Darbus, decidendo erroneamente che, visto che Taylor non gridava e non piangeva, doveva essere la più tranquilla tre i suoi studenti.
   Nonostante tutto questa fu una buona idea, perché Taylor aveva bisogno, nei momenti di panico, di avere qualcosa di preciso da fare, e quell’ordine la aiutò a tornare in sé, per quanto fosse possibile.
   Così, si lasciò indietro il gruppo e corse, passando dietro le quinte, a cercare qualcuno che avesse un cellulare.
   Nel buio, andò a sbattere contro qualcosa e cadde a terra.
   Alzando lo sguardo vide un paio di scarpe e capì, nonostante il buio non le consentisse di vedere altro che i piedi della figura, che era andata a sbattere contro qualcuno –Avete un cellulare?- domandò subito. L’uomo non rispose, ma nell’ombra a Taylor parve di averlo visto scuotere la testa, così si alzò e riprese a correre.
   Arrivò al corridoio, pieno di genitori che cercavano di calmare i bambini dopo averli allontanati dalla visione del corpo di Joseph Buket.
   Domandò inizialmente solo alle persone che erano riusciti a calmare i bambini, ma quando ottenne solo risposte negative mandò al diavolo la delicatezza, rivolgendosi anche a donne e uomini che sentivano a malapena la sua richiesta per via delle grida dei figli.
   Finalmente, un uomo udì la sua richiesta di un cellulare e, affidando il figlio a quella che doveva essere sua moglie, disse –Chiamo io la polizia, non preoccupatevi!-
   -Grazie!- rispose Taylor, e corse di nuovo in sala.
   Le guardie del teatro intanto avevano sbarrato le porte del teatro, così che nessuno potesse uscire, e nella sala era calata una calma spettrale e carica d’ansia.
   I direttori, Moncharmin e Richard, erano sconvolti: giravano qua e là senza scopo, pallidissimi e sudati. Dopo un po’ vennero raggiunti da Madame Giry, calmissima. La maschera porse loro una lettera che Taylor riuscì a vedere solo di striscio e poi si allontanò, lasciandoli ancora più agitati di prima.
   Taylor raggiunse i suoi compagni: i ragazzi erano andati ad aiutare le guardie, come gran parte degli uomini, e le ragazze erano sedute con la Darbus.
   -Com’è potuto succedere?- domandò Gabriella, a sé stessa e alle altre –Come ha fatto?-
   Sharpay sollevò un sopraciglio –Credi sia stato un incidente?- domandò. Tutte si voltarono verso di lei ad occhi sbarrati.
   -Che altro? Andiamo, sarebbe davvero… un assassinio?- domandò Kelsie scossa da tremiti continui.
   -O un suicidio… non so, io non credo che sia possibile un incidente del genere, no?-
   -Oh, vi prego, non parliamone! La polizia… loro capiranno cos’è successo, non posso pensare che sia stato assassinato… vorrebbe dire che l’assassino è ancora qui, magari non lontano da noi…-
   -Si calmi, signorina Montez, sono certa che è stato solo un orribile, orribile incidente…- affermò la Darbus, scossa quanto le sue studentesse.
   Dopo poco tempo sentirono le sirene della polizia, e una schiera di poliziotti entrarono nella sala, seguiti da due barellieri. Questi ultimi caricarono subito il corpo di Buket, gli controllarono senza troppa fiducia i segni vitali, poi fecero portare un telo bianco col quale lo coprirono totalmente. Scortati da quattro poliziotti, uscirono.
   L’interrogatorio fu breve, per quanto fosse possibile con tutte quelle persone. Non durò più di un paio d’ore.
   -Non… non so.- rispose Taylor quando un giovane agente le domandò cos’era successo esattamente –Io ero sul palco… mi sono voltata e… me lo sono trovato davanti.-
   Il giovane le mise una mano sulla spalla –Beh, probabilmente è stato un incidente… capita, e a quanto mi hanno detto quel tizio era spesso ubriaco… non c’è nulla di cui preoccuparsi.-
   Il resto della polizia fu d’accordo: la corda infatti si era incastrata per via di un nodo ad una carrucola. Probabilmente, dissero, Buket aveva cercato di scioglierla, se l’era poggiata sulle spalle, ma c’era stato un cambio di scenografia e il pesante pannello di legno, abbassandosi, l’aveva buttato giù.
   Dopo un po’, tutto tornò alla tranquillità, anche se tutti erano molto più silenziosi del solito. I direttori non si vedevano da nessuna parte, e la Darbus decise che era ora di andare a letto.
   -Volete che stiamo un po’ assieme?- proposero Ryan e Mark a Taylor e Kelsie: Chad infatti era andato nella stanza di Sharpay, e Troy con Gabriella, per non lasciarle da sole.
   -Oh, magari… non credo di poter dormire.- accettò subito Kelsie.
   -Io no, grazie mille ragazzi.- rispose Taylor –Voglio solo mettermi a letto… grazie, comunque.-
   -Sei sicura?- domandò Mark –Insomma, sei tranquilla?-
   Taylor scosse le spalle –Dopotutto è stato un incidente, no? Devo… riprendermi dallo spavento, ma non mi va di parlare, o cose del genere, quindi…-
   -D’accordo. Ma se hai bisogno, siamo nella stanza di Kelsie, chiaro?- le ricordò Ryan. Taylor annuì, salutò tutti e andò nella sua stanza.
   Si tolse i costumi di scena, li poggiò su una sedia e si infilò la camicia da notte. Spense la luce, fece per mettersi a letto, ma si rialzò e andò ad accendere la luce, il cuore a mille.
   Respirando profondamente, si disse che non c’era niente da temere e spense nuovamente la luce. Rimase per qualche istante immobile, per far si che i suoi occhi si abituassero al buio, poi non appena l’oscurità divenne penombra andò a letto.
   Chiuse gli occhi, ma subito li riaprì e scattò a sedere. Si calmò immediatamente: la musica che ormai la accompagnava ogni notte si diffuse per la stanza e un sorriso le si dipinse sul volto.
   -Angelo…- sussurrò.
   -Taylor…-
   Sentire il suo nome cantato dolcemente da quella voce, avvertì un brivido caldo: quando la chiamava “musa” era diverso, ma sentirsi chiamare per nome le dava la sicurezza che lui la conoscesse.
   -Mi conosci.- constatò.
   -Ti conosco, mia musa…-
   -Ma io non conosco te. Non posso… vederti?-
   -Desideri vedermi?-
   -Si… si, mio Angelo… sei qui vero? Ti sento… ti ho sentito anche sul palco, cantando… sei tu il mio canto… Ti prego, mostrati, svelami il tuo incanto…-
   -Taylor, tu non mi conosci… vivo nell’oscurità… guardati dentro lo specchio, ed io sono là…-
   Taylor guardò lo specchio, aspettandosi di vedere la sua immagine riflessa. E la vide, ma solo a metà. L’altra metà dello specchio era scomparsa, e c’era solo buio.
   Si alzò dal letto e si incamminò, scalza, verso lo specchio. Col cuore che batteva, lo sfiorò, e questo si spostò un poco: era una specie di porta! Entrò nel buio che c’era al di là dello specchio e voltandosi vide la sua camera. Tirò lo specchio, e vide che non era affatto uno specchio da quel lato: era un semplice vetro, attraverso il quale si poteva vedere tutta la sua stanza!
   Rabbrividì, ma la voce dell’Angelo giunse nuovamente a lei, più vicina di quanto non fosse mai stata.
   -Sono il tuo Angelo vieni…-
   Taylor si voltò e sussultò: davanti a lei, nell’oscurità, c’era qualcosa. Fece un passo avanti, e riconobbe la figura di un uomo, anche se ancora non poteva vederlo.
   -Vieni, tu sei la mia musa…-

_______________Nota di Herm90
Alluuuuuura che ne dite? Funziona? Si capisce più o meno la storia dello specchio?
Grazie a: armony_93 (XD sti flashback... vedilo intero sto film no? XDD), _AquaPrincess_ (XD si lo sospettavo che della sua morte non vi sarebbe dispiaciuto troppo^^), DreamGirl91 (XD ma come non ti ricordi che moriva? Parlerò con l'assassino, se esiste, vedrò cosa può fare^^), Titty90 (wow ma sei una strega, la Cooman dei babbani! Hai indovintao sullo specchio XD brava sister!), Checie (glatie! beh... può darsi che abbia a che fare con lui^^ o forse no... chissà^^), Sinfony (tu dunque non hai visto il film... beh, hai detto "smascherarlo"... è il termine esatto! Vedrai perchè^^), scricciolo91 (giusto non fa una piega^^) e DarkGiliath (beh, non so se la inserisco la perte del cimitero^^ il punto è che non è solo il papà che manca se noti^^ come colpa mia? è un film bellissimo, dovresti dire "merito mio" XD)
Nuovo indovinello: visto che con la storia dell'indovinello vi eravate prese bene, replico. In uno dei prossimi capitoli (da qui alla fine) ci sarà un indizio su ciò da cui è tratta la mia prossima ficcy... vediamo se lo indovinate! XD
VVTB ragazze!!!!!!!!! Baciotti!!!!

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Capitolo 11
*** capitolo nono ***


Capitolo nono

   Taylor osservò la forma, un po’ spaventata ma anche molto curiosa.
   -Bramo la dolce mia musa…-
   Taylor guardò per un attimo il vetro dietro di sé e fece un altro passo avanti, entrando completamente nel buio.
   La figura stese un braccio verso di lei, porgendole la mano.
   -Dammi la mano mia musa…-
   Taylor lo fece, poggiò la sua mano su quella della figura, coperta da un guanto nero. La mano della figura ebbe un lieve tremito a quel contatto.
   -Sto sognando?- domandò Taylor con poca convinzione.
   La figura non rispose, ma la invitò gentilmente a seguirlo, sempre tenendola per mano. La guidò lungo un corridoio buio, dove neanche quando si fu abituata al buio potè vedere altro che ombre. Riuscì a comprendere che l’uomo indossava un mantello, che doveva essere nero, ma niente di più.
   Continuarono a camminare senza una parola. Poi, pian piano, una lieve luce iniziò a illuminare i loro passi e alcune torce iniziarono a comparire, attaccate al muro, riempiendo l’aria di una leggera luce rossa.
   Non appena la luce fu sufficiente Taylor si fermò. Lui comprese la sua muta richiesta di vederlo bene: rimase per un secondo incerto, poi si voltò verso di lei.
   Taylor trattenne il respiro e strinse la mano guantata di lui, sorpresa.
   Era un uomo, un uomo vero, non un angelo né una voce… era un uomo in carne ed ossa. Vestito completamente di nero, in modo strano, fuori dal tempo, con un mantello nero sulle spalle. Era più alto di lei, con un fisico atletico ma non troppo muscoloso. Fu il suo volto ciò che più sorprese Taylor: non poteva vederlo tutto, poiché la parte destra di esso, dalla fronte fino a poco sotto il naso, era coperta da una maschera bianca. Da quel che si vedeva era molto bello, aveva la pelle chiara, i capelli neri… e gli occhi scuri e pieni di tristezza.
   -Mi temi?- domandò, e per la prima volta Taylor lo sentì parlare, anziché cantare. La sua voce era altrettanto bella, profonda e lievemente roca. Taylor si trovò senza nemmeno rendersene conto a scuotere la testa in segno di negazione, e una scintilla di speranza si accese negli occhi dell’uomo, ma scomparve subito dopo, come se qualcosa gli fosse tornato d’improvviso alla mente.
   Si voltò, e la guidò lungo il corridoio ora illuminato finché non giunsero sulla sponda di un lago sotterraneo. Le lasciò la mano e si allontanò un po’: tornò trascinando una piccola barca, una specie di gondola nera.
   Con dolcezza le prese nuovamente la mano e la aiutò a salire. La fece sedere, prese un lungo remo e, rimanendo in piedi in fondo alla barca, iniziò a remare.
   Taylor si sporse un po’ per vedere l’acqua, e capì che doveva essere molto profonda. Superarono una coltre di teli neri e di nuovo Taylor sentì il respiro mancarle.
   Si trovavano in una specie di grotta che si sviluppava attorno al lago, illuminata molto fiocamente da alcuni candelieri che mostravano quello che avrebbe potuto essere definito l’arredamento di una casa: c’era un tavolo abbastanza lungo, con due sedie e un piccolo candelabro al centro, e un grande organo ad un lato, con accanto un tavolo carico di fogli, con un calamaio e una piuma poggiati in un angolo. Si vedevano delle scale, che salivano verso una seconda porzione della grotta che però Taylor non poteva vedere perché era circondata da teli.
   L’uomo, l’Angelo, fermò la barca sulla sponda, e scese per primo per poi aiutare lei a fare lo stesso.
   Taylor si guardò attorno, osservando ogni cosa di quel magico antro –Tu vivi qui?-
   -Qui, si. Qui, dove regna la musica, dove…- si interruppe, e cantò sottovoce -…dove perdo per sempre memoria del mondo…-
   -Perché hai voluto portarmi qui?-
   -Hai detto di volermi vedere.-
   -Certo, lo volevo… lo voglio. Ma perché proprio io?- domandò Taylor, desiderosa di capire chi fosse davvero quell’uomo.
   Lui le sorrise leggermente –Sempre ti ho sentita… era un palpito il canto tuo…- le accarezzò la guancia, dolcemente, come se non osasse toccarla –E ho voluto portarti con me, ho voluto te qui per cantarmi così le mie note…- distolse lo sguardo –Canteresti per me?- le domandò –Un giorno?-
   Un sorriso le nacque spontaneo sul volto –Tu sei il mio Angelo. Da quando sono qui, ho sempre cantato per te.-
   Di nuovo, per un istante, vide una luce di felicità nei suoi occhi neri, che di nuovo venne sostituita dalla tristezza dopo un breve istante.
   -Ma chi sei? Qual è il tuo nome?- gli domandò.
   Parve che l’uomo dovette rifletterci un secondo prima di poter rispondere –Erik. Mi chiamo Erik.-
   -Ho creduto che tu fossi davvero un angelo.- disse Taylor –La tua voce… cantami qualcosa, ora che posso vederti, ti prego.-
   Lui si tolse i guanti e le prese la mano di nuovo. Taylor avvertì un brivido sentendo la sua mano in quella di lui, era così fredda…
   La portò verso l’organo e si sedette, facendola accomodare accanto a sé. Iniziò a suonare lievemente, con grazia, e la sua voce calda riempì l’aria
-Quando brami strane tentazioni
Quando vuoi oscure sensazioni
Nella notte senti immensi sogni ardenti…
Notte, lieve, colma di splendore…
chiama, senti, offrile il tuo cuore…
Guarda gli occhi miei, come in sogno ti vorrei…
non sarà la luce che davvero vuoi?
La notte dolce musica per noi…
Chiudi gli occhi e arrenditi adesso puoi…
per salvarti i tuoi sogni infiammerò…
Chiudi gli occhi e il tuo Angelo sarò…
fantasie, nel tuo calice berrò…
Notte, nera, che ti avvolge adesso…
tinte tetre… sei in mio possesso…
Vivi e capirai, nell’immenso volerai,
se non hai confini so che tu lo vuoi…
La notte dolce musica per noi…
Senti ormai la passione muta fugge via,
coi pensieri di un mondo non più tuo…
Volerà dove offenderci non può…
Con l’idea, che persa in me ti avrò…
folle, scorre, velenosa ebbrezza…
Dammi, ama, prendi ogni carezza…
resteremo qui, lascia nascere così,
quell’immagine d’amore che tu vuoi…
 può tutto questa musica per noi…
evochi mia musa se lo vuoi,
sempre immensa musica per noi…-
   Continuò a suonare quella dolce melodia, e Taylor avvertì una strana calma prendere il sopravvento sulla sorpresa provata dalla rivelazione sulla natura del suo Angelo. Le emozioni della giornata la sopraffecero prendendo la forma di una dolce sonnolenza che la avvolse lentamente, e senza pensarci si trovò a poggiare la testa sulla spalla di lui, sprofondando nel sonno.
   Erik la sollevò con delicatezza e si alzò, tenendola tra le braccia. Salì le scale e scostò una tenda, che rivelò un letto a forma di cigno nero. La poggiò sul materasso bianco, facendo attenzione a non svegliarla, e le accarezzo il volto. La osservò, si inginocchiò accanto al letto e le baciò la mano. Poi si rialzò, fece scendere una leggera cortina nera attorno a lei, perché la luce delle candele non disturbasse il suo riposo, e la lasciò.

____________Nota di Herm90
Era il turno di Orgoglio e Pregiudizio, lo so... ma ho scritto questo chap e mi sembrava inutile tenerlo lì XD
Grazie a: armony_93 (uhm... poca Chaylor vero? eeeeeeh...^^ hai poi trovato il film?), Checie (XD c'è ancora qualche dubbio, ma spero che per ora ti basti aver conosciuto Erik!), scricciolo91 (l'Angelo della Musica per voi! Spero di averlo descritto a dovere^^), DreamGirl91 (ed ecco il mio amore! Visto? Non sono molto soddisfatta della descrizione... ma come rendere a parole tale perfezione?), Titty90 (ecco ehm... beh, diciamo che il termine che hai usato, "fantasmino adorato", anche se fa pensare più a Casper^^, è adatto a farti capire quanto io sia propensa a Chaylor in questa ficcy XD), _AquaPrincess_ (fatto fatto fattoooooooo! XDD visto? Nulla di cui preoccuparsi no? XD), Vivy93 (XDDD mi sono scompisciata leggendo la tua recensione!!! Sembravo una cretina a ridere da sola! Certo certo, in realtà Erik è Gollum travestito... e ovviamente si, è stata Madame Giry a uccidere Buket, era innamorata di lui XDD) e DarkGiliath (aaaaaaah perdendo colpi? Voglio sperare di no! Ma hai ragione, lo scorso capitolo era molto moscio^^ e grazie sono contenta che me l'hai detto, almeno so che quando mi merito una rimbeccata me la date! spero di essermi un po' rifatta con questo... non ti è piaciuto il film, noto^^)
VVTB!!!!!!!!

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Capitolo 12
*** capitolo decimo ***


Capitolo decimo

   Taylor si passò una mano sugli occhi per svegliarsi. Poi li aprì, e dovette sbattere più volte le palpebre prima di ricordarsi tutto ciò che era accaduto la notte prima e convincersi che non era stato un sogno.
   Quasi le mancò il fiato: cosa le era passato per la testa?
   Aveva seguito uno sconosciuto in un posto sotterraneo, dove nessuno l’avrebbe trovata se le fosse successo qualcosa!
   Si alzò dal letto scostando le cortine nere attorno ad esso e si mosse in punta di piedi per evitare di fare il minimo rumore.
   Si trovava in una specie di stanza, ricavata con delle tende attorno a uno spazio. Scostò una delle tende e lo vide.
   Era seduto all’organo, dunque lo vedeva di profilo… un profilo coperto dalla maschera bianca.
   Rimase immobile, osservandolo. Lui… Erik, così aveva detto di chiamarsi, era chino su alcuni fogli e vi scriveva con alacrità, l’espressione concentrata, quasi catturata.
   All’improvviso si accorse che lei era alzata e, anche a quella distanza, Taylor poté vedere il suo viso illuminarsi. Si alzò, e si affrettò a raggiungerla, salendo le scale senza distogliere lo sguardo dal volto di lei nemmeno per un istante.
   -Bensvegliata, mia dolce musa…- disse con voce calda.
   Taylor d’istinto fece un passo indietro: non sapeva nulla di quell’uomo.
   E se fosse stato malintenzionato, cos’avrebbe fatto? Chi sarebbe andato ad aiutarla, laggiù dove lui l’aveva portata?
   Vedendola indietreggiare, cogliendo probabilmente i suoi pensieri, lui si fermò qualche scalino prima di raggiungerla, e sul suo volto la felicità venne sostituita da una triste consapevolezza –Perdonami.- le disse –Ti ho spaventata… come ho potuto farti una cosa del genere? Che razza di mostro sono, portarti qui, senza che tu abbia la minima idea di chi io sia?-
   Incerta se quelle parole indicassero che poteva fidarsi o che era un pazzo, le lo guardò ancora qualche istante.
   -Perdonami… credevo che tu volessi vedermi, solo ora mi rendo conto che non mi conosci… io conosco te, ma questo non…- abbassò il volto e si voltò –Vieni, ti riporto in camera tua. Non voglio che tu rimanga qui contro la tua volontà.-
   Taylor lo seguì mentre scendeva le scale. Eppure aveva una strana sensazione… la sua voce, il modo in cui camminava, il suo sguardo quando le aveva detto che l’avrebbe riportata in camera… era strano, particolare: le sembrava che stesse rinunciando a qualcosa che per lui era davvero importante, e le ritornò in mente ciò che aveva detto la sera prima.
   Continuò a riflettere per tutto il percorso: sulla barca mentre attraversavano il lago, poi nel lungo corridoio buio.
   Ma prese la sua decisione solo quando arrivarono allo specchio.
   Vedere la sua stanza, avere la completa consapevolezza che con lui non correva rischi, che non voleva farle del male, le fece comprendere che non era giusto lasciarlo così.
   Lei aveva voluto vederlo, gliel’aveva chiesto.
   Lui aveva esaudito il suo desiderio, non poteva e non voleva lasciarlo senza prima vedere un sorriso sul suo volto.
   -Oh, no!- esclamò Taylor all’improvviso.
   -Cosa succede? Ti sei fatta male? Hai bisogno di…- domandò lui voltandosi verso di lei, allarmato.
   -No, no… solo… mi sono ricordata di cos’hai detto ieri, che volevi che cantassi per te… non l’ho fatto…-
   Lui non rispose, la osservò nella semi-oscurità di quell’ultima parte del corridoio, incerto.
   -A questo punto… è necessario che io torni di nuovo.-
   Il sorriso che nacque sul volto di Erik era così raggiante che avrebbe potuto illuminare l’intero corridoio.
   -Lo vuoi davvero?- lei annuì, sincera, ed Erik le prese la mano tra le sue, baciandogliela –Torna quando vuoi… chiamami, e io sarò al tuo fianco.-
   Aprì lo specchio e la fece passare, tenendole la mano. Taylor superò la superficie liscia e fredda dello specchio, poi si voltò per salutare Erik. Ma non vide nulla, se non la sua immagine riflessa: lo specchio era chiuso e lui se n’era andato… o forse la stava osservando, dal corridoio buio.
   Questo pensiero, che normalmente l’avrebbe inquietata, la fece sorridere, e si avvicinò poggiando la mano sullo specchio.
   Qualcuno bussò alla porta, e Taylor sussultando si voltò –Avanti.- disse più che altro per abitudine. In realtà non le andava di essere disturbata. Aveva bisogno di stare sola, di riflettere su quanto era accaduto quella notte.
   Di comprendere il motivo per cui lui aveva scelto lei, tra tutti, da portare nel suo rifugio.
   Di capire perché lei stessa sentisse il desiderio di tornare in quel mondo sotterraneo, e di rivederlo.
   Di scoprire il motivo della tristezza dei suoi occhi, di penetrare il mistero che, ne era certa, costituiva la sua vita.
   Eppure ormai aveva risposto e la porta si aprì –Ehi, Tay, ma come non sei ancora pronta?- domandò Kelsie entrando –Dai, su, vestiti, ci aspettano!-
   -È già ora di colazione?- domandò lei tirando fuori i vestiti dall’armadio.
   -Colazione?- rise Kelsie –Di pranzo vuoi dire. I direttori ci hanno lasciati dormire oggi, avevano delle cose da fare per quello che… insomma… per ieri sera.- disse tornando seria.
   -Giusto… beh… d’accordo arrivo subito.- disse Taylor, e Kelsie uscì.
   Taylor fece per sfilarsi la camicia da notte, ma se la rimise di scatto voltandosi verso lo specchio. Ora che sapeva che lui poteva osservarla, non si sentiva molto a suo agio. Ma qualcosa le disse che lui non l’avrebbe guardata mentre si cambiava, e tornò tranquilla.
   Pranzarono in un self service e Taylor fu la seconda a pagare. Poi raggiunse Gabriella, che era andata a occupare il tavolo dopo aver pagato per prima.
   Gabriella era la sua migliore amica. Non avevano avuto occasione di parlare molto in quei giorni: era il primo viaggio che lei e Troy facevano insieme e ovviamente volevano stare soli. Ma Taylor decise che se c’era una persona con cui parlare di quello che era successo, o almeno provarci, era Gabriella.
   -Senti…- disse.
   -Si?-
   -Se ti dicessi che…- si interruppe, incerta se continuare.
   -Che?- la incoraggiò prontamente Gabriella.
   -Che credo di aver visto il Fantasma dell’Opera?-
   Gabriella rimase qualche istante zitta, a fissarla, poi finalmente, serissima, disse –Beh, possibile. Io l’altro ieri ho visto il dottor Van Helsing, mi ha detto di salutarti.- concluse per poi scoppiare a ridere –Sarà stata un’ombra, Tay. Non c’è nessun fantasma, è una leggenda.-
   Taylor si costrinse a scoppiare a ridere –Già, probabilmente hai ragione… sarà stata un’ombra, e lo spavento di ieri sera ha fatto il resto…- disse, decidendo di non dire nulla a nessuno di Erik. Se Gabriella non le credeva, certo non lo avrebbero fatto gli altri.
   E poi, forse, non aveva mai avuto davvero intenzione di parlargliene davvero.
   Qualcosa le diceva che era un bene che solo lei fosse a conoscenza del suo rifugio.
   Soprattutto finché non avrebbe scoperto il motivo per cui un uomo dovesse decidere di vivere nel sotterraneo del Teatro dell’Opera.

____________Nota di Herm90
rieccume!!! (nooooooo NdT)
Grazie a: scricciolo91 (sono contenta che ti sia piaciuta la descrizione!), Sinfony (beh il fantasmino verrà smascherato + in là^^ preciso che la canzone non è di mia invenzione^^), armony_93 (io non ti dico nulla^^ vedrai^^), DarkGiliath (bene continua a commentare con sincerità perchè temo di aver fatto di nuovo qualche caduta in questo chap! ma non riesco a capire in che punto), Titty90 (lo soooooooooo ma quelle due ficcy dovranno attendere un ritorno di fiamma^^) e Checie (fosse così semplice, avrei già il mio Angelo personale... e ti assicuro che non passerei il tempo qui a scrivere XDDD)
baci a tutte!!!!!!!!

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Capitolo 13
*** capitolo undicesimo ***


Capitolo undicesimo

   Era con lei.
   Avvertiva il suo sguardo, lo sentì su di sé tutto il giorno.
   Percepiva la sua presenza, come un vago profumo stranamente familiare ma al contempo estremamente misteriosa.
   Aveva avuto paura, in quell’antro buio, quella notte. Ma ora, lontana da lui, per quanto consapevole che Erik era lì da qualche parte, e la osservava, avrebbe tanto desiderato tornarci.
   Era consapevole di quanto fuori dal mondo fosse quella situazione: un uomo che vive nei sotterranei di un teatro la spiava da uno specchio. Quale persona sana di mente, invece di correre a chiamare la polizia, avrebbe desiderato tornare nel luogo in cui l’uomo viveva?
   Ma ogni volta che questi pensieri la sfioravano, nella sua mente esplodeva l’immagine di quello sguardo triste, colmo di malinconia, e nelle sue orecchie risuonava l’eco lontana di quella voce vibrante e calda.  
   Chad si era accorto che Taylor era strana. Qualcosa in lei non andava, era diversa dal solito. Sembrava trasognata, come concentrata su qualcosa di lontano. Così quella sera, dopo cena, decise di andare ad indagare: dopotutto era la sua migliore amica, voleva sapere se aveva qualche problema.
   -Avanti.- disse Taylor quando sentì bussare –Chad! Ciao! Come mai non sei con Sharpay?-
   Chad arrossì e abbassò lo sguardo mentre chiudeva la porta –Senti… lo so, sono stato parecchio con Sharpay in questa gita, è che… da quando stiamo insieme è la prima volta che facciamo un viaggio, quindi…-
   -Ma no, non volevo farti sentire in colpa.- lo interruppe lei scoppiando a ridere –Non è un problema, vi capisco, davvero.-
   -Bene.- sorrise Chad –Però stasera Sharpay è con Gabriella e io voglio stare un po’ con la mia migliore amica, se a lei sta bene.-
   -Uhm… dovrò controllare la mia agenda…- disse lei fingendo di riflettere –Che scemo, certo che mi va bene, dai vieni.-
   Si sedette sul letto e lui la raggiunse, passandole un braccio attorno alle spalle.
   Parlarono per ore, di tutto, come facevano sempre. Tra loro c’era un rapporto splendido, e anche se ora lui era fidanzato non si era consumato affatto, erano come fratello e sorella.
   Eppure, a tratti, Taylor avvertiva una strana sensazione. Mentre parlava con Chad, si trovava a voltarsi verso lo specchio, quasi aspettandosi di vederlo scorrere nel muro. Poi però si rendeva conto che di certo Erik non sarebbe arrivato mentre era con Chad, e tornava a chiacchierare normalmente.
   Al ragazzo però non sfuggivano questi suoi improvvisi cambiamenti, e approfittò di uno di essi per interrogarla sul suo comportamento della giornata –Tay, stai bene?-
   -Come?- domandò lei stupita.
   -Sei davvero strana oggi. È successo qualcosa? Lo sai che con me puoi parlarne.-
   -Ma… no… davvero tutto… tutto ok.- balbettò Taylor: odiava mentirgli, ma non voleva dirgli la verità.
   -Ok… come dici tu…- annuì lui poco convinto –Ma se qualcosa non và… o se qualcuno ti fa star male… o… qualsiasi cosa succeda… lo sai che io sono sempre qui per te, vero?-
   Taylor si sciolse in un sorriso, intenerita da quelle parole –Ma certo.- disse abbracciandolo –Certo, lo so. Stai tranquillo, io sto bene.-
   -Ok. Ora è tardi, io vado a letto…- la baciò sulla guancia –Riposati, mi raccomando.-
   Quando fu uscito dalla stanza, Taylor rimase immobile per qualche minuto, aspettando di sentire la porta della stanza di Chad. Poi si alzò dal letto e andò davanti allo specchio –Erik?- chiamò, ricordando che lui le aveva assicurato che avrebbe risposto alla sua chiamata, che se lei l’avesse chiamato, lui sarebbe stato al suo fianco.
   Attese qualche momento, fissando lo specchio, poi ripeté –Erik?-
   Non accadde nulla… forse doveva bussare? Tentò, e si mise in attesa. Ma dopo cinque minuti, ancora non era accaduto nulla.
   Le venne in mente che forse doveva cantare: intonò, a voce non troppo alta per non svegliare gli altri, un breve pezzo della canzone che lui aveva cantato per lei la notte prima.
   Di nuovo, nulla accadde.
   Fu colta da un’ondata di tristezza: si sentiva abbandonata, in parte, ma ciò che più la disturbava era il dubbio che si era fatto strada nella sua testa: era possibile che avesse solo sognato? Che non ci fosse alcun tunnel, dietro lo specchio, che Erik non fosse altro che il frutto della sua fantasia, un sogno troppo realistico dovuto alla paura provata la sera dello spettacolo.
   Il suo cuore si ribellò a quella possibilità, ma la parte razionale di lei non poteva evitare di considerarla.
   Di nuovo provò a chiamarlo –Erik?- chiamò a voce un po’ più alta –Erik…- sussurrò, sfiorando il vetro con la mano.
   Non avrebbe risposto. Lo sentiva, e la tristezza s’impossessò di lei.
   Perché le aveva mentito? Aveva detto che sarebbe tornato, e invece non lo aveva fatto.
   Spense le luci, e lacrime amare si impossessarono dei suoi occhi. Sapeva che era stupido: l’aveva visto una sola volta, piangere per lui era impensabile. Eppure la sensazione di essere stata abbandonata non accennava a lasciarla.
   Si mise sotto le coperte e strinse le braccia al petto: immediatamente una musica si diffuse nella stanza, dandole una fitta al cuore: piacevole, perché era una prova che lui esisteva, ma allo stesso tempo dolorosa, perché significava che lui non era voluto andare da lei.
   Dopo qualche istante, mentre il sonno cominciava a coglierla, la voce ormai familiare di Erik, del suo Angelo, risuonò tra le mura, vicina come non lo era mai stata se non la sera prima. Se fosse stata completamente sveglia, avrebbe compreso che lui era lì, proprio accanto al suo letto. Ma la musica la cullava, e i suoi sogni furono accompagnati dalle parole della canzone, cantate dalla voce roca e tormentata di lui…

Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Bello in lui e brutto in me
Io la luna te la prendo
Ma non strappo amore a te
Lui, con quella sua freddezza
Senza te nei suoi pensieri
Trova in te la tenerezza
Là, nei tuoi occhi neri

La vide assopirsi al suono della sua voce e si avvicinò un poco di più al letto.

E tu gli aprirai il tuo corpo
Entrerà coi giuramenti
Tu l'ami, ma l'ami intorno
Non sai che non c'è niente dentro
Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Io nessuno e lui Signore
Ti dà, senza che domandi
L'universo dell'amore

Come aveva potuto pensare che lei avrebbe potuto vedere in lui, oltre la sua maschera, vedere il suo cuore carico d’amore?

Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Ama il tuo bel cavaliere
Tu sei liscia come un onda
E io sponda di miserie
Con la mia bruttezza insulto
La bellezza tua insolente
La natura sbagliò tutto
Mi ha fatto male, mi ha dimenticato

Quella maschera, la sua tortura, era una barriera tra di loro… eppure, sapeva che solo grazie a quella poteva avvicinarsi a lei senza turbare i suoi sogni.

Dio, ma quanto è ingiusto il mondo
Zero a noi e tanto a loro
Se la nostra razza è immonda
Di che razza è il loro cuore?
Sono nati nei merletti
Per far l'amore e la guerra
Ma anche a noi, stracci della terra
La vita piacerebbe bella

Lui avrebbe avuto il suo amore, quel ragazzo che con tanta familiarità si sedeva accanto a lei, sul suo letto, e le baciava la guancia.

Ma da quale parte è Dio
Se ne sta con gli ostensori
O qui, dove lo prego io
Dal mattino fino a sera
Gesù Cristo che adoriamo
Quali figli preferì?
I Re Magi e il loro oro
O noi, che strisciamo qui?

Trovò il coraggio di inginocchiarsi accanto a lei, e le sfiorò i capelli con la mano guantata.

Dio, com'è crudele un mondo
Che non sa legare i cuori
Sono brutto e tu sei bella
E mai mi amerai mai

Si allontanò da lei, senza smettere di osservarla, e tornò allo specchio. Rimase un attimo immobile, poi si voltò e tornò nel suo regno buio, solo.

__________Nota di Herm90
Era un po' che non aggiornavo qui^^ la canzone è "Dio ma quanto è iingiusto il mondo", Notre Dame de Paris
Grazie: Titty90 (sisteeeeer lo so^^ prima o poi le continuerò davvero^^), armony_93 (tu povera di chiacchiere? impossibile XD comunque... eeeeeh^^), Checie (ciau! Non sono ancora riuscita ad andare a vedere le tue storie... la vecchiaia mi danneggia la memoria XD ma prometto che andrò! Grazie!), scricciolo91 (la canzone dovrebbe dare qualche idea su ciò che è nascosto dalla maschera^^), DarkGiliath (lo spero^^ credo di aver individuato il problema... appena riuscirò a risolverlo sperò di tornare in "linea"^^ ho fatto un errore nella programmazione di questa ficcy, diciamo...) e DreamGirl91 (eeeh no cara niente premio XD Juan andrà a qualcun'altra^^ ma su, tu hai Draco XD)
VVTB a tutte!!!!

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Capitolo 14
*** capitolo dodici ***


Capitolo dodicesimo

   Taylor si alzò presto la mattina successiva, con gli occhi ancora stanchi per le lacrime versate durante la notte. Sospirò pensando a colui che le aveva causate, e si diede immediatamente della sciocca. Che senso aveva sperare che Erik arrivasse, che la portasse nei sotterranei? Cosa sperava che sarebbe successo?
   Doveva dimenticare, semplicemente. Non doveva mai più pensare all’Angelo della Musica, decise.
   Uscì dalla stanza imponendosi questa decisione, e andò con gli altri a colazione. Poi si recarono nella sala del palco, per iniziare le prove della nuova opera, L’Orfeo.
   Ma in quel momento comprese quanto inutile fosse la sua decisione. Non poteva aprir bocca, emettere suono, senza avvertire la presenza di Erik in sé, nel suo cuore, nel suo animo.
   Nella sua mente risuonarono le parole di quella canzone che lui le aveva cantato quando l’aveva portata laggiù, nel suo regno sotterraneo…
Notte, nera, che ti avvolge adesso…
tinte tetre… sei in mio possesso…
   Era così. Ora avvertiva il vero significato di quelle parole. Non appena intonò la prima nota della prima canzone che provarono tutto attorno a lei si tinse di nero. L’oscurità la avvolse, e l’unica cosa che le pareva di vedere chiaramente erano due occhi tristi, malinconici… gli occhi di Erik.
   Con l’animo riempito da quello sguardo, cantò come se avesse già provato quella canzone centinaia di volte, come se lei stessa l’avesse scritta, come se la musica provenisse dal suo cuore.
   Nel pomeriggio dovevano provare solo i protagonisti, così il gruppo di Albereque decise di trovare un nuovo posto per pranzare.
   Taylor però non era a suo agio. Si sentiva distaccata, come se le mancasse qualcosa. Cielo, era così stupido, struggersi di dolore per uno sconosciuto! Eppure non poteva evitare di domandarsi perché le avesse mentito, perché le aveva detto che sarebbe arrivato al suo richiamo quando non era così.
   -Tay, stai bene?- le domandò Gabriella inforchettando la sua bistecca.
   -Si, certo…- rispose Taylor giocherellando coi suoi funghi –Perché?-
   -Non so… solo… mi sembri un po’ soprappensiero.-
   Taylor le assicurò che non aveva nulla: eppure, per tutto il pomeriggio, pronunciò appena un paio di parole, e si limitò a provare i vestiti che le sue amiche le mettevano in mano. A malapena si accorse quando la convinsero a comprare un vestitino bianco con la vita in stile greco, appena sotto il seno, con le spalline sottili.
   Tornarono in camera quella sera appena prima di cena e Taylor indossò distrattamente l’abito nuovo, visto che dovevano andare a cenare in un ristorante abbastanza elegante che la Darbus aveva visto nel pomeriggio.
   Dopo essersi cambiata non poté fare a meno di fermarsi davanti allo specchio.
   -Erik…- lo sussurrò, la sua voce non le permise di fare di più. Si morse il labbro e uscì dalla stanza.
   La cena fu ancora più dura del pomeriggio: destino volle che il ristorante si chiamasse “Le Phantôme”, cosa che la fece rabbrividire e la lasciò confusa e trasognata per tutto il pasto.  
   Tornò in stanza e fece per spogliarsi, ma all’improvviso una inaspettata decisione s’impossessò di lei: sarebbe andata a cercarlo lei. Tirò specchio, cercando di farlo scorrere nel muro come aveva fatto lui. Niente, lo specchio non si mosse. Provò a tirare, ma nulla.
   Si appoggiò allo specchio, riflettendo, e quando si spostò sentì uno scatto. Stupita guardò lo specchio e provò nuovamente a farlo scorrere: si mosse immediatamente. Probabilmente c’era una leva da qualche parte e l’aveva fatta scattare…
   Fece scorrere completamente lo specchio e osservò per un istante il buio della strada davanti a sé. Qualcosa le diceva di non andare, una sensazione spiacevole che non avrebbe saputo spiegare esattamente. Ma ancora gli occhi di lui esplosero nella sua mente e questo bastò a farle muovere il primo passo. Gli altri vennero da soli.
   Si chiuse lo specchio dietro di sé e camminò nell’oscurità sempre crescente, tastando il muro con le mani e procedendo tentoni, facendo attenzione a non scivolare sul pavimento umido. La prima volta che aveva percorso quella strada era con Erik, non si era resa conto di quanto fosse scomodo e inquietante quel luogo. Ora, sola, avvertiva lo squittire dei ratti, e ogni volta che poggiava la mano sul muro le pareva di sentire una ragnatela, o qualcosa di viscido che preferiva non identificare.
   Arrivò alla porzione di strada lievemente illuminata e ci volle poco perché raggiungesse il lago.
   Si guardò attorno, percorse la riva, ma della barca nera non c’era nessuna traccia. Da una parte, questo era un buon segno: significava che lui era lì, dall’altra parte del lago. D’altro canto, tuttavia, significava che avrebbe dovuto trovare un altro modo per superare il lago.
   Tornò ad esplorare la riva, prima verso destra e poi verso sinistra, ma da entrambe le parti incontrò un muro senza aver trovato alcun ponte. Dopotutto avrebbe dovuto aspettarselo: se ci fosse stato un ponte perché mai Erik avrebbe dovuto usare la barca?
   Guardò dietro di sé, valutando se tornare indietro. Ma non poteva sopportare l’idea di arrendersi, e inoltre non era certa di riuscire a far funzionare la leva dello specchio, rischiava di fare tutta la strada per nulla.
   C’era una sola soluzione, o almeno lei non ne vedeva altre. Guardò incerta l’acqua scura del lago e si sfilò le scarpe. Camminò in punta di piedi sulla riva e mise in acqua prima un piede e poi l’altro. L’acqua era fredda e rabbrividì immediatamente, ma inspirando profondamente riuscì ad immergersi del tutto.
   Non era particolarmente brava a nuotare, ma sapeva stare a galla e poteva cavarsela se si sforzava di ignorare quelle cose viscide che le sfioravano le gambe.
   Il lago era più grande di quanto ricordava, fu stanca prima di riuscire a vedere il luogo in cui Erik viveva.
   Si fermò un secondo per prendere fiato, poi diede una bracciata e sobbalzò: una mano fredda le aveva afferrato il piede destro. La parte razionale di lei le fece capire che non era di sicuro una mano, ma che probabilmente si era incastrata.
   All’improvviso una corda cadde dall’alto, e Taylor fece a malapena in tempo a fermarla con un braccio prima che questa gli si stringesse attorno al collo. Se non avesse avuto la prontezza di riflessi di alzare il braccio, si rese conto, sarebbe finita strangolata.
   Non ebbe il tempo di fermarsi a riflettere su questo: qualsiasi cosa fosse quella che le bloccava il piede, strattonò verso il basso: ebbe a malapena il tempo di prendere fiato prima di trovarsi sommersa.
   Guardò verso il basso, e non vide nulla. Eppure, qualcosa la stava tirando verso il fondo, e la corda che era caduta dall’alto continuava a stringersi, tagliandole il braccio e il retro del collo.
   Prese a dibattersi furiosamente, ma senza successo. Lentamente ma inesorabilmente veniva trascinata sempre più a fondo, e lei non riusciva più a trattenere il fiato. Le tempie presero a pulsarle violentemente, come se minacciassero di esplodere. Tutto, la stessa idea di ciò che stava accadendo, si fece confuso nella sua mente.
   All’improvviso avvertì qualcosa premerle all’altezza dello stomaco, ma non si dimenò: non ne aveva la forza. Si rese vagamente conto che la corda attorno al collo e al braccio diminuiva la sua presa fino a slacciarsi completamente, e che ciò che le stringeva la caviglia la lasciava.
   Qualcosa la trascinò verso l’alto, e non appena sentì l’aria fresca sfiorarle il volto inspirò tanto profondamente da farsi bruciare i polmoni. Si sentiva ancora stordita, ma comprese che ciò che la stringeva era un braccio, e capì che era un uomo a sostenerla, stringendola a sé perché non finisse nuovamente sott’acqua.
   Girò lentamente il capo, stando attenta a non fare movimenti troppo bruschi che potessero mettere in difficoltà colui che la stava salvando, per vedere chi fosse l’uomo. Quando vide la maschera bianca di Erik, la metà del suo volto, i suoi occhi carichi di preoccupazione mentre la trasportava a riva, una dolce sensazione di calore la avvolse, distraendo per un attimo la sua mente confusa dal pensiero di ciò che era successo.
   Chiuse gli occhi. Sapeva di essere troppo debole per essergli d’aiuto nella nuotata, ma si sforzò di rendersi più leggera possibile. Non appena sfiorò il fondo con i piedi, Erik la sollevò, prendendola tra le braccia, e la portò in braccio fino al divanetto rosso poco lontano dall’organo, dove la fece sedere. Lui le si inginocchiò davanti, tenendole la mano tra le sue.
   Taylor tossì un paio di volte, prima di riuscire a parlare –Scusa… non avrei… dovuto… entrare senza…-
   -No, tu devi perdonarmi… sarei dovuto arrivare prima… se ti avessi persa…- le strinse la mano con un tremito.
   -Cos’era? Una trappola?- domandò Taylor, mentre la sua mente si faceva d’improvviso lucida. Una possibilità si era fatta strada nella sua mente. La corda che era calata dall’alto, se lei non avesse messo il braccio, l’avrebbe strangolata.
   Sarebbe finita impiccata.
   Impiccata come Joseph Buket.
   Erik lesse il suo pensiero nel suo sguardo. Abbassò gli occhi, le lasciò la mano e si alzò.
   -Che altro potevo fare?-
   -L’hai ucciso?- domandò Taylor orripilata, in un sussurro, come se fosse troppo tremendo pronunciare ad alta voce quelle parole.
   -Si è ucciso da solo.- ribattè Erik con voce alterata –Ho avvertito Joseph Buket più di chiunque altro. È venuto a cercarmi. Era armato, se mi avesse visto mi avrebbe sparato. Cos’altro potevo fare?-
   Taylor ammutolì per un attimo.
   -Era qui per ucciderti?- domandò con un filo di voce.
   -Certo. Scovare il Fantasma dell’Opera gli avrebbe fruttato parecchio.- disse Erik con una sorta di amara rassegnazione, e senza guardarla aggiunse –La barca è là… quando ti sarai ripresa, immagino vorrai andartene, ora che sai che sono un assassino.-
   Taylor lo osservò mentre si allontanava. Erik sedette all’organo e prima che pigiasse il primo tasto Taylor sapeva già cosa aveva deciso.

__________Nota di Herm90
Un chap un po' più lungo stavolta visto?^^
Grazie: Titty (eh lo so^^ in compenso ho iniziato una nuova long^^), AquaPrincess (tieni per Erik? non credevo fosse possibile, sono commossa!^^), scricciolo91 (se non hai visto il film, nel prossimo chap penso che ti dispiacerà ancora di più per Erik^^ ma non dico altro^^), Mommika (eeeeeh non te lo dico chiaramente ma... XD), Sinfony (adoro quella canzone^^ sono contenta che ti piaccia, dovresti sentirla cantata da Giò Di Tonno!), armony_93 (non ti denuncerei mai^^ coma mai non ci sei più su msn? sob...) e DarkGiliath (continuare a scrivere? Non vi libererete con me tanto facilmente^^ scrivo da quando avevo 6 anni, non c'è pericolo/speranza che qualcosa mi faccia smettere^^)
Grazie anche a chi legge e basta... e a che non legge, per parcondition (non so come si scrive^^)
Bacioni a tutti!

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Capitolo 15
*** capitolo tredicesimo ***


Capitolo tredicesimo

   Si alzò dal divano, un po’ incerta sulle gambe. Comprese che lui stava facendo di tutto per non voltarsi verso di lei mentre suonava.
   Taylor scosse la testa mentre la musica la avvolgeva: voleva restare lucida, non entrare in quella trance che la musica di Erik le provocava.
   Si fermò dietro di lui, a meno di un passo di distanza, e poggiò le mani sulle sue spalle, sulla sua camicia ancora bagnata.
   Sentendo le mani di lei, Erik si irrigidì, stupito, ma non smise di suonare. Taylor gli circondò le spalle da dietro, baciandogli la nuca. Lo sentì sospirare e avvertì un brivido percorrerle la spina dorsale. Lui smise di suonare e prese una mano di lei nella sua, portandosela poi alle labbra per baciarle il palmo.
   -Hai paura di me?- le domandò con un filo di voce. Taylor sciolse il suo abbraccio, si sedette accanto a lui e gli prese la mano –No.- rispose sinceramente –Ci sono molte cose che non capisco… il fatto che vivi qui prima di tutto… ma non mi fa paura. Anzi mi…- si interruppe, chiedendosi se davvero esisteva un termine per definire ciò che provava -…mi attrae.-
   Gli occhi di lui scintillarono, radiosi, per poi tornare a tingersi di amarezza. Lasciò la mano di Taylor e tornò a suonare, una melodia triste e remota.
   Taylor lo osservò per diversi secondi, il cuore in tumulto.
   Il mistero che avvolgeva Erik lo rendeva unico, ma c’era qualcosa di più ad attrarla verso di lui. Un legame che non riusciva a comprendere ma che non voleva, non poteva ignorare.
   Gli fermò dolcemente la mano e lo guardò con un sorriso –Cantiamo qualcosa. Insieme.- propose, e prese un plico di spartiti posti sul tavolinetto accanto all’organo. Iniziò a sfogliarli –Li hai scritti tu?- domandò, dopo aver letto il titolo all’inizio del plico: Giulietta e Romeo.
   -Si. Sono per il prossimo spettacolo.-
   -Del Teatro?- domandò Taylor accennando al Teatro dell’Opera –Sei tu che scrivi tutte le Opere?-
   Lui annuì e lei, sorridendo stupita, continuò a sfogliare gli spartiti finché non ne ebbe trovato uno che la colpì particolarmente. Lo prese e lo passò ad Erik, che lesse il titolo con un sorriso e iniziò a suonare, intonando poi la prima strofa con quella sua voce profonda.

Tu sei
La vita che mi da la vita
Tu sei
Che non ho voglia di dormire
Tu sei
Che non lo so se mangerò
So tutto e ho tutto, quello che non so…
L’amore è questo: che non so cos’è…

   A Taylor fu sufficiente uno sguardo allo spartito per intonarsi perfettamente alla voce di lui, che ormai era parte di lei.

Soltanto so
Che tu sei tu
Io so che tu sei…

   Erik continuò a suonare d’istinto, senza il bisogno di concentrarsi sulle note, ogni frammento di sé stesso rivolto alla ragazza che sedeva accanto a lui, cantando la sua canzone.

Tu sei
La vita fatta con due vite
Tu sei
Carezze nate emozionate
Tu sei
Che non mi basta la realtà
Perciò d’amore, amore, morirei
E dopo morta io ti penserei

   Taylor poggiò una mano su quella di lui ed Erik smise di suonare. Cantarono a cappella la parte successiva, le loro due voci unite in una sola come se facessero naturalmente parte di quella melodia.

Soltanto so
Che tu sei tu
Io so che tu sei…

  Erik si alzò, sempre tenendole la mano e guardandola negli occhi.

Tu sei,
la notte passa,
sta correndo…

   A sua volta, anche Taylor si alzò, avvicinandosi a lui.

Tu sei,
il mondo gira
e sta passando

Tu sei,
la vita ha fretta
e se ne và…

   Taylor si diresse verso il letto a forma di cigno e salirono le scale tenendosi per mano, senza distogliere lo sguardo da quello dell’altro.

Le piacerebbe
Rifermarsi qua…

Tu sei l’amore
che non passa mai…
soltanto so
che tu sei tu
io so che tu, tu sei…

   La canzone era finita, ma i loro sguardi erano intensi, le loro mani unite. Taylor avvertiva il cuore batterle prepotentemente nel petto, come se lottasse per raggiungere la sua meta.
   Ma la sua meta, Erik, ancora una volta si allontanò da lei, lasciandole le mani, abbassando lo sguardo –Dormi, sarai stanca…-
   -Resta qui, però.- sussurrò lei prendendogli la mano mentre lui faceva per allontanarsi. Erik si girò, deciso a rifiutare. Ma Taylor lo guardò negli occhi implorante, e lui non seppe resistere al suo sguardo.
   Si stesero sul letto, e lei poggiò la testa sul petto di lui. Chiuse gli occhi, ascoltando i battiti regolari del suo cuore, e cullata dal suo respiro profondo si addormentò.
   Erik la osservò a lungo, sveglio, incerto se andarsene o meno.
   Decise di no: non sarebbe mai riuscito a distogliere volontariamente lo sguardo dal volto di lei, non sarebbe riuscito a imporsi di spostare il dolce peso della sua testa che gli premeva sul petto. Così rimase, e si addormentò, continuando nei suoi sogni ad osservarla come se fosse stato ancora sveglio.
   Dopo un tempo imprecisato, Taylor si svegliò e alzò lo sguardo, incontrando il volto mascherato di Erik. Si sollevò, puntellandosi su un gomito, attenta a non svegliarlo.
   Rimase ad osservarlo, assorta. Un impulso improvviso la colse impreparata: d’un tratto comprese di aver bisogno, l’assoluto bisogno, di fare una cosa.
   Osservò ancora per qualche istante il volto di Erik, i capelli neri, gli occhi chiusi, la maschera bianca. Si chinò su di lui un po’ di più, chiedendosi come avrebbe reagito, se si sarebbe svegliato.

___________Nota di Herm90
Capitolo un po' corto, scusate... cosa sta per fare Taylor? Si accettano scommesse!^^ La canzone è "Tu sei", tratta da "Giulietta e Romeo Opera Popolare"
Grazie: Vivy93 (beh... non posso dirti nulla su ciò che hai detto perchè farei uno spoiler^^), kalix (grazie mille! uuuuh una sostenitrice di Erik, hai tutto il mio appoggio, lui è così buono... e così bello!), Sinfony (beh ti assicuro che se avessi mantenuto la versione del film saresti stata ancor meno d'accordo^^), scricciolo91 (wow questo per me è un complimento fantastico visto che è il mio film preferito! Grazie!!!), armony (grazie... tesoro ma non ci sei più su msn? sob!) e DarkGiliath (non ricordo di aver preso una botta, ma in caso spero che l'effetto non svanisca^^ grazie mille e spero che continuerai a commentare con la sincerità che hai avuto fin'ora, la apprezzo un sacco!)
Grazie anche a chi legge solo!
VVTB!

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Capitolo 16
*** capitolo quattordici ***


Capitolo quattordicesimo

   Taylor sfiorò la maschera bianca senza spostare lo sguardo dagli occhi chiusi di Erik. All’improvviso sentì la sua sicurezza vacillare: non era sicura di voler rischiare di svegliarlo. Aveva un’espressione così felice, e aveva paura che svegliandolo avrebbe visto quella felicità scomparire dal suo volto.
   Tuttavia, non poteva resistere. Conoscere il suo vero volto, vederlo nella sua interezza, era una prospettiva troppo dolce per poterla ignorare.
   Inspirò profondamente e, usando quanta più delicatezza possibile, si mise in ginocchio sul letto accanto a lui e poggiò le mani ai due lati della maschera.
   Chiuse un secondo gli occhi, li riaprì, e sollevò la maschera di scatto.
   Non appena i suoi occhi si posarono sulla parte destra del volto di Erik le mancò il respiro. Nessun pensiero coerente riuscì a impossessarsi della sua mente mentre i suoi occhi scorrevano sulla carne deformata attorno all’occhio, sulla fronte piagata, sulla guancia livida.
   In quell’istante, Erik aprì gli occhi. Le mani di Taylor tremarono sulla maschera mentre lui si rendeva conto della situazione.
   Durò pochi istanti, ma a Taylor parve che ogni cosa si muovesse a rallentatore. Gli occhi di Erik si sbarrarono, rabbiosi, mentre spostava febbrilmente lo sguardo su Taylor, poi sulla maschera che lei teneva tra le mani.
   Taylor provò a scusarsi, a dire qualcosa, ma le parole le morirono in gola.
   Erik scattò in piedi, spingendola sul letto, e l’uomo si portò una mano al volto, coprendo la parte del volto che lei aveva svelato –TU! TU, DONNA., PERICOLOSA PANDORA!- gridò, la voce rabbiosa, i muscoli contratti e tremanti –TU SEI UN DEMONIO! TUTTO PER VEDERMI COSÌ…- Taylor si rimise a sedere, tremando per quello scatto di rabbia improvviso e per lo spavento che la vista del suo volto le aveva provocato. Erik le strappò la maschera dalle mani e le voltò le spalle continuando a gridare, furibondo –FOLLE! TU MALEDETTA BUGIARDA! TU NON SEI PIÙ LIBERA ORMAI!- Erik si lasciò cadere in ginocchio, poggiandosi ad un tavolino, tremando –Donna… folle…- sussurrò, la voce che tremava quanto lui.
   Taylor lo osservò tesa e impaurita. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, ma… ne aveva paura.
   Erik si sistemò la maschera e rimase immobile per diversi minuti, il respiro affannato. Poi si alzò e si avvicinò a lei.
   Taylor, non appena lui fu accanto al letto, indietreggiò un poco, temendo che lui ricominciasse a gridare.
   Tenendo lo sguardo basso Erik le porse la mano. Taylor la osservò, cercando di costringersi ad accettarla come aveva sempre fatto, ma i suoi muscoli non obbedirono.
   Con un tremito, Erik si abbassò su di lei e le prese la mano, con delicatezza.
   -Vieni.- le disse, ancora ansante –Ti riporto nella tua stanza.-
   Stavolta, Taylor si alzò senza quasi rendersene conto e si lasciò accompagnare alla barca. Sedette su di essa mentre lui afferrava il remo e saliva a sua volta.
   Un silenzio carico di elettricità li avvolse durante tutto il tragitto, anche quando scesero dalla barca.
   Erik non alzò mai lo sguardo da terra. Teneva le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi.
   Taylor tenne lo sguardo dritto davanti a se, cercando di respirare normalmente e di far chiarezza in sé stessa, in quel buio spaventoso in cui la sua mente era sprofondata.
   Giunsero allo specchio ed Erik lo fece scorrere nella parete. Poi si voltò verso di lei, che indietreggiò di un passò. Abbassando nuovamente lo sguardo, Erik si sfiorò la maschera e si spostò per farla passare.
   Taylor camminò rapidamente verso la sua stanza e si fermò appena superato lo specchio, dando le spalle al corridoio che avevano appena percorso, senza osare voltarsi verso di lui, che invece la osservò anche dopo aver richiuso lo specchio.
   Il fiato corto per la paura, Taylor corse verso il letto e si mise sotto le coperte, rimanendo però seduta: se avesse chiuso gli occhi sapeva che avrebbe rivisto quel volto, e non voleva, non voleva rivederlo.
   Erik la osservò per qualche minuto, capendo che era spaventata. Si voltò e percorse a ritroso il lungo corridoio, tornando a quella che era, e sempre sarebbe stata, la sua solitaria dimora.
   Si avvicinò all’organo, ma la consapevolezza della sua solitudine assoluta, infinita, lo colse prima che riuscisse a raggiungerlo e cadde in ginocchio, la gola in fiamme, gli occhi brucianti di lacrime.
   Deglutì e si rialzò, poggiandosi allo strumento, e si sedette sulla sua panchetta, il cuore in tumulto, come se una forza maligna stesse lottando per strapparglielo dal petto.
   Respirò profondamente, dedicandosi all’unica cosa che gli permetteva di esprimere le sue emozioni, all’unica cosa che poteva farlo sentire normale. Le sue dita percorsero lentamente la tastiera, mentre una malinconica melodia prendeva forma nella sua mente e nel suo cuore.
   Taylor rabbrividì non appena la musica si diffuse nell’aria. Quella stessa musica che aveva cullato i suoi sogni ora risvegliava i suoi incubi.
   Tremò non appena la voce del Fantasma si unì al suono dell’organo.

Come un brutto sogno
Ho atterrito gli occhi tuoi…
Puoi mai pensare a me,
creatura informe che
brucia qui, ma dentro sé
brama il cielo,
dentro sé,
dentro sé,
oh… Taylor…

   La consapevolezza della sua colpa, della sua crudeltà, si presentò a Taylor sotto forma di una violenta fitta che le trapassò il cuore mentre il significato di quelle parole si insinuava nella sua mente.

Se l’angoscia tua
Fai diventare affetto poi
Poi dietro al mostro tu
Vedrai un cuore che
Sembra il mio
Ma dentro sé
Vuole amare
Dentro sé
Dentro sé…

   Immediatamente, Taylor si sentì un mostro.
   Come aveva potuto? Reagire così al suo volto, a quel volto che era parte di lui e quindi parte di ciò che le aveva ispirato il canto, parte di quello che tanto l’aveva ammaliata in quelle notti.
   Mentre la voce sofferente di lui sfumava tra le dolci note della sua musica, Taylor si alzò dal letto e si avvicinò allo specchio, le lacrime che scendevano copiose dai suoi occhi.
   -Erik!- lo chiamò forte –Erik!-
   Lo chiamò di nuovo, forte, ma lui non rispose.
   -Erik…- mormorò, percorrendo con la mano la superficie dello specchio, come sperando di farla scomparire. Provò a far scattare la leva, ma non ci riuscì: Erik l’aveva probabilmente bloccata.
   Furiosa con sé stessa uscì dalla sua stanza, facendo il meno rumore possibile, e decise che avrebbe cercato un altro modo per raggiungerlo. Doveva vederlo, dirgli che era stata una stupida, implorarlo di perdonarla…
   Ricordò Joseph Buket, impiccato sul palco. Era improbabile che Erik l’avesse trasportato in mezzo alla folla, perciò pensò che, forse, dietro le quinte poteva trovare un passaggio.
   S’incamminò nel buio, guardandosi attorno apprensiva: nonostante fosse ormai a conoscenza dell’origine della leggenda del Fantasma dell’Opera non poteva dire che quel luogo, la notte, non fosse leggermente inquietante.
   Entrò nella sala del palco e la attraversò. Salì sul palco da una scaletta laterale.
   Improvvisamente, una mano fredda spuntò dal buio della prima serie di quinte, afferrandole il braccio. Taylor fece per gridare, ma un’altra mano le tappò rapidamente la bocca e con uno strattone si trovò trascinata nel buio dietro le quinte.
   D’un tratto, mentre iniziava a lottare per liberarsi, balenò davanti a lei la luce di una candela, illuminando un volto.

____________Nota di Herm90
Ed ecco a voi il vero volto del nostro Erik/Fantasma/Angelo/Voce! Taylor è stata un po' stronza, ma si è ripresa... e chi sarà il volto???
Grazie: Heiling fur immer (ehiiii Erik è mio marito XD veruuuu è così tenero!), AquaPrincess (aggiornato^^ avevi indovinato nei tuoi sospetti?), (e infatti hai indovinato! indovina anche chi è il volto!), Scricciolo91armony_93 (hai indovinato! te l'ho già scritto ovunque ma... qualunque cosa sia, mi spiace tanto e se hai bisogno ci sono!) e Titty90 (XD l'hai capito eh sister? Anche perchè... basta^^ salutami tua sorella, che siamo diventate amiche XD).
bacioni a tutti!!!!!!!!!!

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Capitolo 17
*** capitolo quindicesimo ***


Capitolo quindicesimo
 
   Taylor sbarrò gli occhi e l’aggressore le tolse la mano dalla bocca.
   -Madame Giry!- esalò Taylor riprendendo fiato. La maschera la fissava alla debole luce della candela, lo sguardo severo –Sciocca ragazzina, non è saggio girovagare di notte per l’Opera… non avete visto ciò che è accaduto a Buket? Cosa cercavate?-
   -Io…- Taylor rimase incerta per diversi secondi. Ricordò che la donna le aveva parlato di un Angelo: ma sapeva davvero qualcosa, o non era altro che convinta, come gran parte delle persone che Taylor aveva conosciuto in quei giorni, della veracità della leggenda del Fantasma dell’Opera?
   Non voleva rischiare di tradire il segreto di Erik: lui stesso le aveva detto che Buket l’avrebbe ucciso, se l’avesse trovato. Non voleva esporlo ad alcun pericolo: gli aveva già causato abbastanza dolore, respingendolo come aveva fatto quando aveva visto il suo vero volto.
   D’improvviso, però, Taylor udì una melodia, una dolce, triste musica proveniente da chissà dove, e non potè trattenersi dal sussurrare –Erik…-
   Lo disse a voce bassa, ma quel nome non sfuggì a madame Giry: la candela tremò nelle mani della donna mentre i suoi occhi si sbarravano, sorpresi –Cos’hai detto?- domandò con voce affannata.
   Taylor sobbalzò: a malapena si era accorta di aver parlato –Nulla… io…-
   -No!- esclamò la maschera con voce dura –Ti ho sentita… hai detto Erik… Come?-
   -Co… Come?- balbettò Taylor senza capire.
   -Come conosci questo nome? Chi te l’ha detto?- sbraito madame Giry, scuotendola.
   -Io… voi… lo conoscete?-
   Improvvisamente, madame Giry s’immobilizzò, e i suoi occhi si velarono di una luce proveniente da un passato lontano –Io lo portai qui…-
   Taylor sbarrò gli occhi: fece per domandare spiegazioni, ma madame Giry la precedette –Come l’hai visto? Non si fa mai vedere… nemmeno da me, ormai…- disse, e il suo sguardo fu percorso da un’ondata di malinconia –Vieni… dobbiamo parlare…-
   Incerta, Taylor seguì madame Giry lungo i corridoi dell’Opera, finché non raggiunsero una stanza isolata in cui la donna la fece entrare. La stanza era arredata in modo semplice, spartano, quasi impersonale, non fosse stato per le fotografie di Meg, la figlia della donna, poggiate sul comodino accanto al letto disadorno.
   -Raccontami, come si è rivelato a te?- domandò madame Giry facendole segno di sedere sulla sua poltrona, mentre lei prendeva posto su una sedia di fronte a lei.
   -Io… inizialmente, ho sentito solo la sua voce.- raccontò Taylor, sentendosi leggera nel poter finalmente parlare con qualcuno di quei primi, inquietanti avvenimenti –Poi, ho capito che anche la Voce poteva sentirmi… gli ho chiesto chi fosse…-
   -E ti ha detto il suo nome?-
   -No… ha detto…- Taylor avvertì un’ondata di calore avvolgerla ricordando le parole di lui –Ha detto che era il mio Angelo, l’Angelo della Musica.-
   Madame Giry rimase in silenzio, pensierosa. Taylor attese per qualche istante, ma presto non ne potè più –La prego… mi dica chi è.-
   La maschera la guardò per un istante –Dunque non l’hai mai visto? Hai solo sentito la sua voce?-
   Taylor sospirò: era ovvio che non avrebbe saputo nulla se prima non avesse detto a madame Giry ciò che voleva sapere –L’ho visto il giorno in cui Buket è stato impiccato. Gli ho chiesto di mostrarmi il suo volto e lui… ha aperto lo specchio, e mi ha portata…- si interruppe, incerta se spiegargli dove l’aveva portata. Madame Giry la tolse dall’impiccio –Nel suo regno sotterraneo?- domandò ad occhi sbarrati.
   -Si… ma stanotte ho… fatto qualcosa che l’ha fatto arrabbiare…-
   -Cosa?- domandò la maschera, visibilmente preoccupata.
   -Io… gli ho tolto la maschera.-
   Un silenzio teso le avvolse per qualche istante. Madame Giry si alzò e si affacciò alla finestra, con aria pensierosa. Poi, senza preavviso, iniziò a raccontare –Ero giovane, avrò avuto sedici anni. Studiavo qui all’Opera per diventare ballerina. Vivevo qui nel collegio: all’epoca era ancora aperto. Un giorno, ormai sono passati diciannove anni, in città arrivarono degli zingari. Si fermarono dietro l’Opera: montarono una specie di circo, una decina di tendoni con diverse attrazioni, che usavano per guadagnarsi da vivere. Con alcune amiche andammo a vedere. Pagammo l’ingresso e vedemmo la donna barbuta, il giocoliere, il mangiafuoco… sai, tutto ciò che di solito portano gli zingari.-
   Taylor annuì, domandandosi cosa c’entrasse questo con Erik. Ma non disse nulla, si limitò ad ascoltare, sperando che madame Giry arrivasse presto al punto: fu esaudita.
   -Una tenda attirò la mia attenzione. Era nera, e un enorme cartello diceva “Il figlio del Diavolo”. Le mie amiche non vollero entrare, dissero che mi avrebbero aspettato al collegio. Io entrai con l’ultima comitiva della giornata: dopo avrebbero chiuso tutto. La tenda era buia, illuminata solo da quattro candele. Al centro c’era una gabbia. Uno zingaro ci fece disporre attorno alle sbarre e dentro vidi un ragazzino: doveva avere dieci anni e il suo viso era coperto da un sacco di stoffa, legato attorno al collo, con due buchi per gli occhi.-
   Taylor rabbrividì –Erik?- domandò in un sussurro.
   Senza rispondere, eccessivamente coinvolta nel suo stesso racconto, madame Giry continuò –Lo zingaro prese una frusta ed entrò nella gabbia. Afferrò il ragazzino per un braccio: quando lui provò a ribellarsi lo frusto, facendolo cadere a terra, e gli diede un calcio… lo ricordo chiaramente, come se lo rivedessi in questo momento… poi gli strappò il sacco dal volto e, tenendolo per i capelli, mostrò il suo volto al pubblico, annunciando “Guardate, signori, il figlio di Satana!”.-
   Un fremito d’orrore percorse Taylor. Frustato, percosso, imprigionato… il cuore le faceva male pensando a Erik, all’uomo che lei stessa, poco più di un’ora prima, aveva rifiutato, rinnegato, per via del suo volto. Di nuovo si sentì un mostro, provò orrore per sé stessa, e pietà, affetto per Erik.
   -La gente rise, i bambini piansero per lo spavento, nel vedere il suo volto deformato. Io… io ero raggelata dall’orrore, non per il suo volto, ma per i suoi occhi… incrociai il suo sguardo e mi resi conto che non era un mostro, che era una persona…-
   Gli occhi di Taylor si riempirono di lacrime. Anche lei aveva provato un’istintiva repulsione vedendolo, dopo avergli tolto la maschera. E anche lei, ora, si rendeva conto di avergli fatto del male, di averlo ferito.
   -Tutti lanciarono monete nella gabbia e poi uscirono. Lo zingaro si chinò a raccogliere i soldi, e anche io me ne andai. Il giorno dopo tornai, volevo essere certa di averlo visto, essere sicura di non aver solo immaginato tutta quella crudeltà. Non l’avevo immaginata: la scena si ripeté esattamente come la prima volta, lo zingaro lo frustò, lo picchiò… di nuovo il pubblico lanciò le monete. Io feci per uscire, ma mi voltai. Ebbi appena il tempo di vedere lo zingaro che, chino a terra, raccoglieva avidamente le monete: la successiva cosa che vidi fu che il ragazzo aveva sottratto la frusta dalla cinta dello zingaro. Mi fece segno di tacere, poi con la frusta strangolò lo zingaro, che cadde a terra senza vita. Non riflettei neppure un secondo su ciò che aveva fatto: entrai nella gabbia, gli dissi che dovevamo scappare e lo portai… lo portai qui, nell’Opera, e gli mostrai i sotterranei. Vive lì da allora, da diciannove anni. Ha costruito passaggi segreti, composto opere, è… è un genio. Ma il suo volto lo esclude dalla vita, e questo lo distrugge.-
   Passarono diversi istanti prima che Taylor si rendesse conto che il racconto di madame Giry era terminato. Respirava a fatica, come se un peso le opprimesse il cuore.
   -Io… aveva mai portato qualcuno nel suo nascondiglio, a parte lei?- domandò quando si fu ripresa abbastanza.
   -Mai. Da dieci anni, ormai, non fa entrare più neanche me. Comunica solo tramite lettere…-
   -Le lettere col teschio.- disse Taylor, comprendendo.
   -Si, le lettere col teschio. Sono stata io a presentare per la prima volta i suoi spartiti ai direttori… per un po’ passò il suo lavoro gratuitamente: tutto ciò che chiedeva era che il palco numero 5 fosse lasciato libero. Ma poi il collegio chiuse, e non ero più in grado di portargli da mangiare, col mio stipendio. Lo convinsi a chiedere un compenso, d’altronde era giusto… no?-
   Taylor ebbe l’impressione che madame Giry avesse bisogno di sentirsi dire che si, ciò che aveva fatto era giusto, dunque lo fece –Certo…- annuì, non riferendosi solo al compenso per il lavoro di Erik, ma a tutto ciò che la donna aveva fatto, stando a ciò che le aveva raccontato –Ora… torno a letto, io… ho bisogno di…-
   -Certo.- la interruppe madame Giry –Solo… non so cosa l’ha spinto a rivelarsi a te. Ma stai attenta a come ti comporti con lui: ha vissuto la sua vita tra l’odio e la solitudine, sente in modo… diverso. Più…-
   -Intenso…- concluse Taylor –Lo so. Buonanotte, madame.-
   Tornò nella sua stanza e si mise a letto, rivolgendo lo sguardo allo specchio, quello specchio che portava ad un Angelo rinchiuso nell’Inferno.
   
____________________Nota di Herm90
Ecco la storia di Erik! Non l'ho inventata, è presa dal film, anche se nel libro è diversa questa versione mi piaceva di più...
Grazie: armony_93 (hai indovinato, è proprio madame Giry! Sono stata molto contenta di leggere questa recensione, la prima che mi hai lasciato dal tuo ritorno, e si vede! tvtb!), heiling fur himmer (poverlo Erik alla seconda, immagino, dopo questo chap! e concordo sob...), scricciolo91 (tay almeno si rende conto di essere stata stronza, non come la protagonista del film... grrr...), Titty90 (ma comq sister dov'è finita la nostra connessione psichica? XD) e DarkGiliath (sono contenta di saperlo, e d'ora in poi spero di continuare così, senza altre cadute!)
Bacioni a tutte vi lovvo!!! 

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Capitolo 18
*** capitolo sedicesimo ***


Capitolo sedicesimo

   Passarono tre giorni.
   Taylor era strana, tutti se ne resero conto. Distratta, soprappensiero. Triste.
   Solo quando cantava tornava sé stessa, le sue guance si coloravano di vita, i suoi occhi riprendevano a brillare.
   Sharpay lo spiegò con la passione per il canto, Gabriella con la tranquillità che esso sa donare. Ma entrambe avevano torto.
   Ogni volta che cantava, Taylor avvertiva la presenza di Erik. Ed era convinta che tramite la sua voce sarebbe riuscita a comunicargli tutto il suo dispiacere, tutto il senso di colpa che provava per aver reagito a quel modo vedendolo in volto.
   Non gridò più il suo nome, non battè più sullo specchio, non andò più alla ricerca di botole e passaggi. Ma ogni sera, prima di andare a letto, andava davanti allo specchio e pronunciava debolmente sempre le stesse parole –Mi dispiace…-
   Il quarto giorno, mentre era immersa in questo rito serale, la porta della sua stanza si aprì: lei era talmente presa dalla sua richiesta di perdono che non se ne rese conto.
   -Non preoccuparti, sei bellissima.- la prese in giro Chad entrando nella stanza –Posso?-
   -Non si usa più bussare?- lo rimproverò piccata Taylor non appena si rese conto che quella voce era di Chad e non di Erik, come aveva sperato.
   -Scusa…- mormorò Chad sorpreso.
   Taylor sospirò –No, scusa tu… sono… nervosa.-
   -Me ne sono accorto.- annuì Chad –Che c’è che non và? Sei strana in questi giorni.-
   Taylor si morse il labbro, allontanandosi di malavoglia dallo specchio per sedersi sul letto, dove fu raggiunta da Chad.
   Aveva voglia di confidarsi con lui, ma qualcosa glielo impediva. Madame Giry le aveva raccontato la vita di Erik, il modo in cui da bambino era stato deriso, maltrattato… il timore che, rivelando l’esistenza di Erik, l’uomo potesse nuovamente essere sottoposto a tutto quello, era troppo forte per essere ignorato.
   -Nulla.- rispose infine –Davvero, sono solo un po’… stordita. Insomma, essere seguita così da vicino, essere… al centro dell’attenzione… non sono abituata. Non sono Sharpay.-
   -Sicura che sia solo questo?- domandò Chad guardandola interrogativo.
   -Si. Si, è solo questo.- mentì Taylor –Cos’è quella?- domandò poi, notando solo in quell’istante che l’amico teneva in mano una busta. Subito cercò il sigillo, e si tranquillizzò vedendo che era chiusa normalmente, senza il teschio di cera che era, a quanto le aveva detto madame Giry, il sigillo usato da Erik.
   -Oh, giusto, che scemo, sono venuto apposta.- esclamò Chad dandosi una pacca sulla fronte –Mi ha mandato Sharpay, in effetti. Voleva venire lei, ma è caduta in riflessione dopo aver avuto la notizia… ci sarà un ballo, sabato. Un ballo in maschera. Sharpay sta già pensando al costume.- rise.
   -Un ballo?- domandò Taylor cercando di apparire allegra, interessata alla novità –Qui all’Opera?-
   -Già. La Darbus ha detto che è obbligatorio essere presenti, e comunque non avrei potuto farne a meno, Sharpay è già eccitatissima.-
   -Immagino.- ridacchiò Taylor, sforzandosi di mantenere quell’aria allegra che aveva imbastito per l’amico –Ma non ho nessun vestito, comunque.-
   -Questo non è il mio campo di competenza, ma Sharpay mi ha detto di dirti: “Ma tesoro è proprio questo il bello, l’Opera pagherà degli abiti, poi li lasceremo qui come costumi di scena! Ti rendi conto di quanto siamo fortunate?”-
   Stavolta Taylor scoppiò a ridere sinceramente, divertita dall’imitazione di Chad –Se ti sentisse ti schiaffeggerebbe.-
   -Già, molto probabile… comunque, mi ha detto che domani dovete assolutamente andare tutte a cercare dei costumi adatti.-
   -Certo, dille che ci sarò.- annuì Taylor.
   -Va bene. Allora vado, prima che Sharpay inizi a pensare anche alla mia maschera…- annunciò Chad alzandosi dal letto dopo aver dato un bacio sulla guancia di Taylor. Si avviò verso la porta, ma si fermò e si voltò verso di lei –Sei certa di star bene?-
   Taylor sorrise: la recente avventura sul palcoscenico le era servita, perché recitò impeccabilmente –Certo. Sto benissimo.-
   La mattina successiva Taylor  si svegliò tardi, ma niente affatto riposata. Aveva passato l’intera nottata rigirandosi nel letto, inseguita dagli stessi incubi che ormai la affliggevano ogni notte. La seconda settimana di permanenza all’Opera stava per finire, e ancora non era riuscita a rivederlo, a parlargli, a chiedergli perdono.
   Sarebbe scoppiata a piangere se proprio in quel momento qualcuno non avesse bussato alla porta.
   -Chi è?- domandò Taylor asciugandosi una lacrima sfuggita ai suoi occhi.
   Gabriella, Kelsie e Sharpay entrarono nella stanza, tutte con un gran sorriso sul volto –Ciao!- la salutarono in coro –Ci assicuriamo che tu sia sveglia e attiva… sono giorni ormai che stai sulle tue, ma oggi non si può, nossignore.- continuò Sharpay, prendendo come sempre il controllo della situazione –Oggi abbiamo una missione: vestiti!- concluse con brio, facendo ridere tutti, persino Taylor, anche se quest’ultima non si sentiva affatto dell’umore adatto.
   Uscirono tutti assieme, ma si divisero subito: i ragazzi da una parte, le ragazze dall’altra con la Darbus.
   Nei dintorni dell’Opera c’erano diversi negozi di costumi, e le ragazze li girarono tutti, dal primo all’ultimo. Al secondo negozio, Gabriella trovò l’abito perfetto per lei, da angelo. L’abito bianco, lungo, dalla gonna di tulle sottile e vaporosa come una nuvola, aveva le maniche a sbuffo ed era correlato ad un paio di ali fatte di piume bianche e a un’aureola composta da un semplice cerchio dorato da poggiare sui capelli.
   Al quarto negozio fu il turno di Kelsie, che scovò un bellissimo kimono rosso fuoco, decorato d’oro, con un ombrellino giapponese con disegnato un dragone rosso, connesso a una confezione di trucco che le avrebbe permesso di truccarsi nel modo giusto.
   Ci vollero sei negozi per trovare l’abito giusto per Sharpay, ma alla fine trovò un costume da farfalla che sembrava fatto apposta. L’abito era lungo, lucido e stretto, fucsia. Sulla schiena, un paio di grandi ali fucsia e celesti, brillantinate. Sul volto, una grande maschera dello stesso colore delle ali, fatta a forma di farfalla.
   Mancava solo Taylor. Aveva provato diversi costumi: da indiana, da odalisca, da dama medievale. Di solito aveva gusti semplici, era sempre la prima a trovare l’abito adatto: ma quella volta aveva la sensazione di non riuscire a trovare qualcosa che fosse anche solo decente.
   Così entrò nel settimo negozio senza avere molta fiducia. Non appena entrarono, la Darbus vide un abito che volle assolutamente provare: così si sistemò anche lei, con il costume di Mirandolina, la locandiera di Goldoni.
   -Taylor, devi assolutamente provare questo!- esclamò all’improvviso Sharpay.

*-*
   Sabato sera, Taylor tornò nella sua stanza dopo le prove dello spettacolo che si sarebbe tenuto la settimana successiva, ossia Giulietta e Romeo. Taylor aveva avuto una parte ancora più importante: sarebbe stata la fidanzata di Mercuzio, e avrebbe avuto una parte di canzone alla fine del primo atto, alla morte di quest’ultimo.
   Avevano un’ora e mezza per cambiarsi e prepararsi, poi sarebbe iniziata la festa, così Taylor tirò fuori dall’armadio il suo costume, lo poggiò delicatamente sul letto e si preparò ad eseguire per filo e per segno le indicazioni che Sharpay le aveva dato.
   Si guardò allo specchio dopo un’ora e venti minuti, finalmente pronta, inaspettatamente sicura a camminare sui tacchi delle scarpe argentate.
   Il costume era quello della Regina della Notte.
   Indossava un abito nero la cui gonna era formata da una serie di veli che posto uno sopra l’altro davano l’illusione della trasparenza, senza in realtà mostrare nulla. Le scarpe erano del tutto coperte dai veli, che si stringevano a partire dalla vita per formare una specie di bustino senza maniche, allacciato sulla schiena da lacci argentati. Sugli occhi, una sottile mascherina argentata, con una piccola luna nera in alto a destra, identica alla piccola luna che ornava la minuscola pinzetta che aveva posizionato tra i capelli, acconciati in morbidi boccoli.
   -Tayyyyyy!- la chiamò da fuori la voce di Sharpay –Sei pronta? Sbrigati, andiamo!-
   Taylor si voltò ancora una volta verso lo specchio: ancora sperava di vedervi apparire un volto. Poi uscì dalla stanza.
   Erik poggiò una mano sullo specchio, fremente d’indecisione. No, non era indecisione: sapeva di non doverlo fare. Ma altrettanto bene sapeva che la tentazione era troppo forte. L’aveva osservata mentre si rimirava nello specchio, aveva resistito alla tentazione di comparirle davanti. In tutti quei giorni aveva lottato contro sé stesso per non rispondere ai richiami di Taylor: sapeva che era solo la pena che provava per lui a muoverla, e che vedendolo avrebbe di nuovo provato paura.
   Ma aveva lottato contro sé stesso fino a sfiancarsi, e ora non ne poteva più. Per quella notte almeno avrebbe fatto ciò che il suo cuore spezzato gli comandava.

___________Nota di Herm90
Capitolo dedicato alla mia sister Titty90 (visto che la sto sfiancando con le mie richieste di aggiornamento^^) e alla mia missione^^
Grazie: armony_93 (mi spiace che ci sei rimasta male per Chaylor, ma sono felice di essere riuscita a farti affezionare ad Erik! è un personaggio che adoro!), heiling fur himmer (vero, è triste, ma doveva esserlo! non ti dico se la situazione migliorerà o peggiorerà^^), scricciolo91 (ma che bello vi sto trascinando tutte dalla parte di Erik^^ glielo do io comunque l'affetto, se vuole... XD), DarkGiliath (Grazie, e grazie mille anche per l'aiuto che mi stai dando in questa ficcy!) e Titty90 (don't worry, se recensisci tardi perchè devi studiare sei perdonata! Però... avevi detto che ci sarebbe stato un certo aggiornamento... quando arriverà?^^)
Vi lovvo tutte!!!!

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Capitolo 19
*** capitolo diciassettesimo ***


Capitolo diciassettesimo

   Il salone del teatro era gremito di gente.
   Le donne erano elegantissime, nei loro abiti rigorosamente lunghi e scintillanti, la maggior parte con le maschere sul volto.
   Gli uomini erano altrettanto curati, anche se forse un poco meno originali.
   Troy andò subito incontro a Gabriella, con una giacca blu, morbidi pantaloni color panna infilati negli stivali e una piuma candida sul cappello: il perfetto principe delle fiabe.
   Subito lo raggiunsero gli altri.
   Ryan, più abituato degli altri al trucco, si era cosparso un po’ di cipria bianca sul volto e dalle sue labbra colava sangue rosso intenso. Il mantello nero e lo smoking completavano il suo costume da vampiro.
   Mark aveva coraggiosamente indossato una calzamaglia, un camicione dalle maniche a sbuffo e un cappello piumato, e sembrava la copia sputata di Enrico VIII.
   Chad si era lasciato convincere ad indossare una lunga parrucca nera, riccia, e dei baffi posticci. Sulla testa indossava un cappello nero da corsaro, con una lunga giacca rossa dai bottoni d’oro, pantaloni neri e stivali. Con l’uncino al posto della mano sinistra era inconfondibilmente il malefico capitan Uncino.
   -Ciao.- salutarono le ragazze raggiungendoli tra la folla di maschere e costumi.
   In quel momento, l’orchestra iniziò a suonare un valzer viennese.
   -Ragazzi, ragazze, siede splendidi! Ho visto dei costumi magnifici… regine Elisabetta a non finire, una buona dose di Anna Bolena… e la Morte Rossa, inquietante, davvero!- esclamò la Darbus, avvicinandosi insieme al maestro Deviènne e ai due direttori del Teatro –Forza, forza, andate a ballare!- li esortò con entusiasmo, mentre lei stessa veniva trascinata sulla pista da Moncharmin, mentre Richard e il maestro si affrettavano ad andare a salutare un’importante soprano italiano.
   In breve, Gabriella e Sharpay riuscirono a convincere i rispettivi fidanzati a seguirle sulla pista. Mark domandò a Kelsie se voleva fare lo stesso e la ragazza accettò. Trovandosi soli, Ryan e Taylor decisero di ballare anche loro.
   Ryan era davvero bravo: si muoveva con familiarità, come se i passi del valzer fossero intrisi nel suo DNA.
   Dopo quattro giri di danze, Sharpay e Chad si avvicinarono a loro.
   -Reclamo un paio di giri con mio fratello!- annunciò Sharpay ridendo –Chad è un ballerino fantastico, indubbiamente, ma nei balli da sala lascia a desiderare!-
   Così scambiarono le coppie, e Chad rivolse a Taylor uno sguardo disperato –Non dobbiamo ballare, vero? Sarai stanca…-
   -Io sono stanca, certo.- rise Taylor –Andiamo un po’ in terrazza? Fa caldo.-
   Chad accettò immediatamente e si incamminarono verso la grande scalinata centrale. Iniziarono a salirla, ma quando furono all’ultimo scalino si trovarono davanti un uomo.
   Taylor alzò lo sguardo e rimase senza fiato.
   Avrebbe riconosciuto ovunque lo scintillante sguardo verde che incontrò.
   Erik era davanti a lei, in cima alla scalinata. La parte superiore del suo volto era coperta da una maschera bianca, spettrale, dagli zigomi incavati come quella di uno scheletro e il contorno degli occhi bordato di nero. Indossava una giubba rossa a cui era attaccato un mantello dello stesso colore, bordato di nero. I pantaloni, rossi anch’essi, erano inguainati in un paio di stivali neri, e le mani infilate in un paio di quanti neri.
   Era lui la Morte Rossa.
   -Posso?- domandò, la sua voce roca perfettamente riconoscibile, senza distogliere lo sguardo da lei mentre le porgeva la mano.
   Chad, domandandosi chi fosse quello strano individuo, si voltò verso Taylor, accigliato.
   Da parte sua, la ragazza trovò a malapena la forza di annuire, e poggiò la mano su quella guantata dell’uomo.
   -Beh, io vado a dare un’occhiata al buffet.- decise Chad scrollando le spalle.
   Taylor ed Erik raggiunsero la pista e lui le poggiò la mano destra sulla vita, mentre con la sinistra stringeva la mano di lei.
   L’orchestra iniziò una nuova canzone e subito il coro iniziò a cantare. Erik, chinandosi un poco verso Taylor, le cantò in un sussurro quella stessa canzone, con la sua voce roca e ammaliante.

Noi siamo insieme
E ciò che voglio è qua.
Il mondo passa e và
Intorno a me…
Così vicini…
Solo io e te…
Il mio destino
Sei tu…

   Avvertendo la sua voce vicina, il suo fiato sul collo, confermò a Taylor che non era un sogno. Che lui era lì, che la stringeva tra le sue braccia.

Ed io vorrei
Che non finisse mai
L’intesa tra di noi,
e la magia…

Un solo sguardo, una sola parola, la ripagava di tutta l’attesa, di tutta la paura: le sembrava di danzare tra le nubi.

Io non credevo
Nella fantasia,
ma so che ora
sei mia…
Quello che voglio
È stare con te…

Erik la fece girare su sé stessa, facendola passare sotto il suo braccio, poi tornò a guardarla negli occhi.

Con te i sogni
Diventano realtà.
Tu sei nel cuore
E nell’anima.
Non c’è niente
Che ora non farei
Perché sei qui con me.

   Mentre le sussurrava queste parole, Erik ne percepiva il reale significato. Lei conosceva il suo aspetto, eppure non fuggiva da lui. Sapeva che era compassione, non era uno stupido, non più: ma non aveva paura di lui e questo gli bastava.

Adesso non è possibile
L’idea di perderti…
La realtà cancella
La nostra fantasia.
La tua paura
È la stessa mia.

   La tenne per mano, la fece girare allontanandola la sé e poi la riavvicinò con una giravolta, così che si trovasse tra le sue braccia, stretta a lui, come avrebbe dovuto essere. Come sarebbe stato, se la natura non fosse stata tanto crudele con lui.

Ma poi ti svegli
E perdi quel che hai,
perché per noi
è tardi ormai…

   Erik abbassò lo sguardo, le rivolse un breve inchino e poi si voltò, dandole le spalle per andarsene. Si sentiva uno sciocco: aveva creduto di poter resistere, di poterla sfiorare per un’ultima volta e poi sparire dalla sua vita, rinchiudersi nella sua tana finché lei non fosse ripartita. E invece ora si sentiva debole, privo di difese.
   -Aspetta.- mormorò Taylor afferrandogli un braccio e facendolo voltare verso di sé –Andiamo in terrazza. Solo per un attimo, ti prego.-
   Incapace di scontentarla, lui la seguì in terrazzo, e lì verso un angolo riparato, dove lei si poggiò alla ringhiera –Erik…- iniziò –Riguardo all’altra notte…-
   -Lo so.- la interruppe Erik: non voleva sentirle dire ciò che temeva –Ti ho mentito. Perdonami. Ti ho nascosto chi sono davvero.-
   -E chi sei davvero?-
   -Sono… un mostro.- esalò Erik.
   Taylor gli prese una mano costringendolo ad avvicinarsi a lei. Gli prese la mano tra le sue e gli sfilò un guanto. Mise il suo palmo caldo contro quello di lui, gelido, confrontando le due mani.
   -Questa non è la mano di un mostro.-
   Lentamente con la stessa mano gli percorse il braccio e la spalla –E questo non è il corpo di un mostro.-
   Si portò alla vita le mani di lui –La voce che ha cantato per me non è quella di un mostro. E il tuo tocco…- sfiorò le mani di lui, poggiate con delicatezza sui suoi fianchi –Il tuo tocco non è quello di un mostro.-
   Lui però si ritrasse e, distogliendo lo sguardo, disse –Ma il mio volto lo è, non è così? Mentre quello del tuo cavaliere...- si interruppe, pensando con rabbia a Taylor che saliva le scale con quel tizio, Chad, accanto.
   Taylor rimase un secondo immobile, senza sapere cosa ribattere. Sapeva di provare qualcosa, qualcosa di forte, ma non riusciva a esprimerlo a parole.
   L’uomo si voltò, dandole le spalle.
   -Erik, a me non…- tentò Taylor, ma era tardi: Erik si allontanò, il mantello rosso dietro di sé, e scomparve tra la folla.

_____________________Nota di Herm90
Rieccume!
Ci ho messo un po' a scrivere questo chap perchè ho avuto problemi coi costumi dei ragazzi^^ La canzone è "Cosi Vicini", l'ho presa dal film "Come d'incanto"
Grazie: Titty90 (non l'ho fatto esplodere^^ ne ho avuto la tentazione ma poi ho visto la parte della mano nel Gobbo di Notre Dame^^), armony_93 (grazieeeeeee! eh me lo chiedo anche io come finirà^^ riesco sempre a mettermi in certe situazioni assurde che poi non so come risolvere^^ vedremo^^), heiling fur himmer (sono contenta che ti sia piaciuto il vestito, ci ho messo impegno^^ e di quelli per i ragazzi che ne dici? lo so, lo so, non hanno fatto pace, ma... aspetta e vedrai^^), scricciolo91 (tutte aspettate chad^^ beh tra poco avrà una parte importante^^) e DreamGirl91 (ti pare che avrei potuto, IO, scrivere quelle parole crudeli nei confronti di Erik?^^ sono contenta che sei tornata a recensire cugi!!!)
Grazie anche a chi legge solo.
VVTB!!!

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Capitolo 20
*** capitolo diciottesimo ***


Capitolo diciottesimo

   -Taylor? Chi era quel tizio?- domandò Gabriella mentre lei, Chad e Taylor andavano verso le loro camere, qualche passo indietro rispetto agli altri.
   -Chi?- domandò la ragazza fingendo di non capire. In realtà non aveva pensato ad altro tutta la sera, da quando Erik se n’era andato.
   -Quello vestito da Morte Rossa.-
   -Oh… non ne ho idea, era mascherato.-
   -Non lo conoscevi? Ti ha vista e ti ha invitato a ballare, così, di punto in bianco?- domandò Gabriella con occhi brillanti. Taylor annuì –Che cosa romantica! E non ti ha detto chi è?-
   -No, non mi ha detto nulla. Niente di niente, ok?- sbottò Taylor –Buona notte.- concluse, ed entrò nella sua stanza lasciando i due amici fuori dalla porta, sbalorditi.
   -Ma cos’ha?- domandò Chad fissando la porta dietro alla quale era sparita l’amica.
   -Non ne ho idea. Ma è meglio tenerla sotto controllo… sembra così strana negli ultimi giorni, non ti pare?-
   -In effetti…-
   -Credo sia molto stressata… pensa che qualche giorno fa mi ha detto di aver visto il Fantasma dell’Opera!- rivelò Gabriella –Io… l’ho presa un po’ in giro, ma ora mi rendo conto che forse credeva davvero di averlo visto… io… non so più che pensare, davvero. È così strana.-
   -La terremo d’occhio.- sospirò Chad –Spero solo che non sia nulla di cui preoccuparci.-

*-*
   Passarono quattro giorni senza che nulla di importante accadesse. Ormai erano all’ultima settimana del loro soggiorno a Parigi, e ogni giorno Taylor si faceva più strana, più silenziosa.
   I suoi amici, preoccupati per lei, la tenevano sotto controllo, ma non sembrava accadere nulla al di fuori del normale.
   Infatti, poiché non potevano seguirla fino nella sua stanza senza che lei lo sapesse, non avevano idea che ogni sera la ragazza, inginocchiata davanti allo specchio, lo fissava per ore, sperando di veder comparire il volto mascherato di Erik.
   Era l’ultimo lunedì che avrebbero trascorso a Parigi e la Darbus, approfittando di un momento di paura dei ragazzi, manifestò l’idea di andare, il giorno seguente, a visitare il cimitero.
   -Guardate, guardate che meraviglia!- esclamò mostrando loro delle foto che rappresentavano statue e cripte estremamente lavorate.
   Una foto in particolare colpì Taylor. Sul tetto della cappella di una famiglia svettava una statua di marmo nero rappresentante un angelo intento a suonare il violino.
   L’Angelo della Musica.
   Non riuscì a togliersi dalla mente quell’immagine per tutto il pomeriggio e per tutta la sera. Quando andò a dormire, la statua era ancora impressa nella sua mente, ma aveva assunto le fattezze di Erik.
   La tentazione fu troppo forte. Sapeva che era un’idea sciocca, una follia, ma non potè resistere.
   Si alzò dal letto e prese il depliant del cimitero che aveva trovato nell’androne del Teatro. Decise in un istante: poggiò il depliant sul letto e uscì dalla stanza.
   In quel momento Erik aprì lo specchio, guardando preoccupato la porta da cui l’aveva vista uscire. Guardò l’orologio sul comodino di Taylor: era quasi mezzanotte. Andare in giro per Parigi da sola, a quell’ora, poteva essere pericoloso.
   Lanciò una rapida occhiata al depliant che la ragazza aveva lasciato sul letto, poi uscì, furtivo come un ladro.
   Chad si svegliò e guardò l’orologio. Sbuffando per la mancanza di sonno, decise di andare fare un giro per il Teatro, così uscì dalla sua stanza. Arrivò a metà del corridoio e gli parve di vedere qualcosa di strano: un’ombra nera, come… un mantello?
   Era all’altezza della stanza di Taylor. Sapeva che probabilmente era una stupidaggine, ma decise comunque di andare a controllare.
   Quando raggiunse la porta, la vide semi-aperta e si accigliò.
   Bussò leggermente, ma non ottenne risposta, così aprì –Taylor?- chiamò a bassa voce, ma bastò un’occhiata per capire che l’amica non era nella stanza. Crucciato, entrò e si guardò attorno.
   Un depliant dall’aria familiare poggiato sul letto attirò il suo sguardo: il cimitero.
   Il suo primo pensiero fu che Taylor non poteva essere stata così sciocca. La conosceva come una persona intelligente, dalle idee chiare, con la testa sulle spalle. Responsabile. Non poteva aver fatto una tale idiozia.
   Tuttavia subito gli tornò in mente la Taylor che aveva conosciuto nell’ultima settimana: distratta, confusa, trasognata. La persona che sarebbe potuta uscire in piena notte per andare in un cimitero, chissà per che motivo.
   Non poteva lasciarla sola, ma nemmeno poteva avvertire la Darbus: Taylor sarebbe finita nei guai. Corse fuori e, come già due persone avevano fatto prima di lui, quella notte, fermò un taxi e disse all’autista di portarlo al cimitero.

*-*
   Taylor superò l’imponente cancello in ferro battuto e si trovò nel cimitero.
   Chiunque avrebbe pensato che il luogo aveva un’aria macabra, inquietante. Per lei il vialetto di ghiaia circondato da lapidi sul quale stava camminando, le cappelle sormontate da statue che sorgevano in lontananza e gli angeli che la fissavano con i loro freddi occhi di pietra si rivelarono affascinanti, intriganti. Il fascino del luogo si mescolò alla sua malinconia, e Taylor iniziò a cantare, dapprima a bassa voce, poi acquistando più sicurezza e più volume.

-La notte è un brivido
Nei sogni miei
Follia recondita
Che invoca me…-

   Non era lì per caso, lo sentiva. Vedendo quella fotografia sul depliant aveva sentito una specie di richiamo, l’eco di una voce… era lì che doveva essere.

-Eri il solo mio compagno
Luce sui miei passi…
Eri tu padre e amico
E poi mi lasciasti…-

   Con lui accanto si era sentita sicura. La sua presenza le aveva dato la forza di cantare, la voce di Erik aveva risvegliato la sua, l’aveva fatta vibrare di un sentimento nuovo, che prima le era sconosciuto.

-Come ti vorrei qui accanto a me
Per narrarti i sogni miei
Sembra pazzia ma fuggo via
Per ritrovarti qui…-

   Prima di conoscere Erik, prima di provare ciò che sentiva per lui, avrebbe detto che mai avrebbe fatto una tale pazzia come quella che aveva compiuto adesso. Era lì e sentiva che era la cosa giusta, anche se sapeva che era una pazzia, uscire da sola la notte, correre in un cimitero sperando di incontrare l’uomo che… che l’aveva fatta sentire come nessun altro aveva fatto prima…

-Sento ancora la tua voce qui
Illusione che vorrei…
Ti penserò e come non so
Più nessun dubbio avrò…-
   
   La presenza di Erik, il solo pensiero della sua vicinanza la facevano sentire tranquilla. Era come se la sua strada fosse già tracciata, come se non avesse più bisogno di fare alcuna scelta. Doveva solo seguire il sentiero che era davanti a lei, come in quel momento stava seguendo quello del cimitero.
   Davanti a sé, in lontananza, comparve la cappella della foto. L’angelo nero, immobile, dava l’impressione di suonare davvero il violino che teneva in mano. E a Taylor parve che realmente una musica si disperdesse nell’aria, una lieve melodia proveniente da chissà dove.

-Marmi neri, statue grigie
Fredde sotto il cielo
Vedo che sei nell’inverno
Il tuo amico è il gelo…-

   Quelle statue, all’apparenza fredda pietra, sembravano pulsare di vita. Proprio come Erik, chiuso nella sua solitudine, aveva negli occhi il fuoco della vita, della passione…

-Soffocherei nei pianti miei
Per non soffrire più…-

   Lacrime calde sfuggirono agli occhi di Taylor, ma non si curò di asciugarle, sperando che avrebbero portato via un po’ del dolore che sentiva nel cuore.

-Come ti vorrei qui accanto a me
Non saprò scordarti mai…
Tutto finì? Dimmi di si…
Dì che mi aiuterai…-

   Arrivò davanti alla statua dell’angelo nero e si sedette sugli scalini della cappella, gli occhi rivolti a quell’Angelo della musica. La melodia che aveva udito prima crebbe di volume, la avvolse come una nebbia. Non riuscì più a pensare a nulla, se non al desiderio di avere Erik lì con lei, al suo fianco.

-Mai più tristi ricordi dentro me
Cercherò di scordarti anche se
Sembri qui con me…-

   Si accucciò sulla scalinata dov’era seduta e le palpebre si fecero pesanti. Un lieve calore la avvolse e le parve di vedere il volto della statua trasformarsi in quello di Erik, gli occhi di pietra nera trasfigurarsi in quelli di lui, verdi, brillanti e colmi di sentimento.
   Chiuse gli occhi e si assopì.

_______________Nota di Herm90
Eccume! La canzone è "Ti vorrei qui accanto a me" del Fantasma dell'Opera...
Grazie: Titty90 (grande sister w Gerard! Eh che ci vuoi fare, trovo Uncino molto sexy!), armony_93 (non sono stata velocissima ma è un chap lungo, mi perdoni?^^), heiling fur himmer (anche tu affascinata dai vampiri?^^ si sta diffondendo questa malsana passione^^), scricciolo91 (addirittura due recensioni?^^ vediamo se hai capito cosa farà Chad ora^^)
scusate per i ringraziamenti lampo ma sono di fretta
VVTB!

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Capitolo 21
*** capitolo diciannovesimo ***


Capitolo diciannovesimo

   La musica parve interrompersi e Taylor aprì gli occhi, senza tuttavia svegliarsi del tutto.
   Tra sonno e veglia, tra sogno e realtà, vide una figura nera, familiare, comparire in cima alla scalinata. Una figura avvolto in un mantello nero, con metà del viso coperta da una maschera bianca. Sebbene non riuscisse a metterla a fuoco in modo chiaro, non le ci volle che un secondo per riconoscere il suo Angelo della Musica.
   Una voce vibrò nell’aria e nel suo cuore.
   
Bimba smarrita senza pace,
cerchi la mia guida…

   Taylor si trovò a rispondere, cantando, senza sapere se stesse cantando davvero o se lo stesse solo immaginando.

Sei tu un fantasma o sei amico?
Dimmi, chi mi spia?   

   Le loro voci si sovrapposero in una melodia perfetta, come ogni volta, creando una musicalità mai ascoltata da orecchio umano.

Sono il tuo Angelo, sempre…
Angelo parla in un sussurro, la nostalgia trema…

   Erik non avrebbe voluto parlarle. Il piano originale era di rimanere l’, nascosto nell’ombra, vegliando su di lei, proteggendola dai pericoli che avrebbe potuto incontrare.
   Non era per parlare, per cantare con lei che l’aveva seguita. Sapeva che non era giusto continuare a torturare sé stesso e lei in quel modo, perché insieme non avevano futuro.
   Eppure non era riuscito a trattenersi. La sua voce aveva cantato senza che lui ne fosse consapevole, cercando quel contatto che cercava di evitare ma che non poteva negarsi.

Troppo hai vagato nel vento,
troppo lontana da me…

   L’aveva fatta avvicinare, poi l’aveva scacciata. Ma vederla volare da sola o, ancora peggio, tra le braccia di un altro, era troppo doloroso.

Quasi mi opprime il tuo sguardo…

   La vista appannata, la sonnolenza, non impedirono a Taylor di avvertire il bruciore degli occhi di brace di Erik su di sé, quegli occhi che erano quasi troppo colmi di emozioni per essere umani, quegli occhi che esprimevano tristezza, solitudine, magia, passione… amore?

Non hai scampo
E verrai con me / e verrò con te…

   Avevano tentato di stare lontani. Ma non aveva funzionato, il dolore della separazione, l’ansia per le sorti dell’altro erano troppo forti e ogni volta li avevano fatti tornare insieme.

Angelo tu mi hai rinnegato / io ti ho rinnegato,
Sempre avrai il mio amore / sempre avrò il tuo amore…

   Dimenticarsi era impossibile. Erik aveva tentato con tutte le sue forze a convincersi che era meglio starle lontano, che standole accanto l’avrebbe condannata. Taylor aveva tentato di ripetersi che non era stato altro che un sogno, una pazzia. Eppure nella mente dell’uno l’immagine dell’altra era una presenza costante, e viceversa.
   Erik scese la scalinata, avvicinandosi lentamente a Taylor, e s’inginocchio davanti a lei, guardandola negli occhi.

Angelo più non mi respingi / non ti respingo
Apro a te il mio regno / apri a me il tuo regno

   Sopraffatta, Taylor chiuse nuovamente gli occhi e si assopì, crollando tra le braccia di Erik.
   L’uomo la strinse a sé, inspirando il suo profumo, accarezzando i suoi capelli. Sentì la sua pelle fredda, così la avvolse nel suo mantello nero, sognando di poterla cullare fino al mattino, come se fossero stati due amanti protetti dalle ombre della notte.
   -Sono il tuo Angelo…- le sussurrò.

*-*
   Chad entrò nel cimitero.
   Non l’avrebbe mai ammesso, ma aveva paura: ombre delle vecchie storie dell’infanzia, di fantasmi e zombie, gli procurarono una violenta scarica di adrenalina, ma andò avanti. Non poteva lasciare che Taylor girasse da sola nel cimitero, a quell’ora, magari era sonnambula, o chissà cos’altro…
   Si guardò attorno senza sapere bene in che direzione andare. D’improvviso qualcosa, una strana sensazione, lo attirò verso un viale, e lo imboccò: tanto valeva seguire quell’impulso, visto che non aveva altre indicazioni per trovare Taylor.
   In lontananza vide una grossa statua dall’aspetto familiare: subito la collegò alla fotografia vista sul depliant in camera di Taylor: l’angelo nero che suonava il violino.
   Continuò a camminare, ormai certo di aver preso la direzione giusta, ma ciò che vide quando fu più vicino gli raggelò il sangue nelle vene.
   Taylor, addormentata, forse svenuta, sulla scalinata di una cappella, con un uomo di profilo chino su di lei che la avvolgeva nel suo mantello nero.
   Avrebbe voluto gridare a quell’uomo di lasciarla stare, ma il cuore gli salì prepotentemente in gola, bloccandogli le parole.
   L’uomo fece per sollevare Taylor e un brivido d’orrore ridestò Chad. Ringhiando, caricò l’assalitore di Taylor con tutta la forza di cui disponeva, facendolo cadere a terra.
   Chad si alzò per caricare di nuovo, desideroso di prendere a pugni quel maniaco fino a farlo pentire di essere nato.
   Erik riconobbe il ragazzo che aveva visto con Taylor. Per un istante una furia cieca s’impadronì di lui. Le sue mani corsero alla corda, ma il suono dolce e cristallino della voce di Taylor risuonò nella sua mente, come un ricordo lontano.
   Chad ebbe appena il tempo di vedere uno strano scintillio bianco, forse una maschera, poi Erik si avvolse nel mantello e scomparve nel buio della notte.
   Chad sentì un lamento e si voltò verso Taylor, che si era svegliata e si teneva una mano sulla tempia.
   -Tay! Stai bene?- domandò preoccupato il ragazzo, inginocchiandosi accanto all’amica.
   -Chad? Che… che ci fai qui?- domandò confusa la ragazza, guardandosi attorno. Era stato solo un sogno?
   -Che ti salta in mente di girare da sola per Parigi a quest’ora? Eri sonnambula?-
   -Si.- mentì prontamente Taylor, capendo che era più facile aggrapparsi a quella spiegazione che raccontare ciò che davvero l’aveva spinta in quel luogo –Si, mi capita… a volte… mi hai seguita?-
   -Avevo paura che ti succedesse qualcosa…- Chad rimase incerto per qualche secondo: era un bene dirle ciò che aveva rischiato? Decise di si –E non avevo torto… c’era un uomo che…-
   -Uomo?- sobbalzò Taylor sbarrando gli occhi –Che uomo?-
   -Non ti preoccupare, non è successo nulla, per fortuna, appena ho visto che ti stava…-
   -Chad chi era? Lo conoscevi? L’hai visto?- domandò Taylor rossa in volto.
   -Io… non so, aveva un mantello nero e qualcosa di bianco su metà faccia… ma... che succede? Lo conosci?-
   -No!- si affrettò a rispondere Taylor, mentre una sensazione nuova pulsava nel suo cuore –No, solo… io… è che mi hai spaventata. Pensavo che mi avesse fatto qualcosa.-
   -Scusa.- Chad la strinse tra le braccia –Vieni, torniamo al teatro, vuoi?-
   Taylor annuì debolmente, ancora frastornata. Era lui. Erik era stato davvero lì, l’aveva seguita… per un attimo si erano rivisti e avevano di nuovo cantato insieme. Questo bastava a colmarle il cuore di gioia.
   Accucciato sul tetto della cappella, avvolto nel suo mantello nero, Erik strinse i denti, vedendo Taylor allontanarsi sostenuta dal braccio di Chad.

*-*
   -Al cimitero?- domandò sconvolta Gabriella.
   Non appena Chad era arrivato all’Opera aveva accompagnato Taylor nella sua stanza, assicurandosi che chiudesse la porta a chiave, poi era corso a svegliare gli altri, per raccontare loro cos’era accaduto.
   -Proprio così.- annuì Chad.
   -E dici che quell’uomo stava… per… insomma…- mormorò Kelsie rabbrividendo. Subito Mark le passò un braccio attorno alle spalle.
   -Ne sono certo. La stava per portare via, e non voglio nemmeno immaginare cosa… insomma, se…-
   -Dobbiamo tenerla d’occhio.- affermò Ryan in tono deciso –Credo che sia questo posto. La rende… strana. Ho paura che le sia successo qualcosa.-
   -Di che genere? Cosa potrebbe esserle successo?- domandò Sharpay.
   -Non ne ho idea. Ed è proprio questo che mi spaventa.-
   
______________Nota di Herm90
domani vado in vacanza e mi assento per tre settimane... poi iniziano le riprese di Hamelin e non so quanto tempo libero avrò... quindi, ho deciso di aggiornare almeno questa... tra l'altro, oggi è anche il mio compleanno, dovevo festeggiare la maggiore età^^
Grazie: armony_93 (beh, non è successo quasi niente... per ora^^), Titty90 (sisteeeeeeer tu l'hai letto in anteprima^^ la scena del cimitero del film è stupendosa, bellissima! Ero quasi tentata di farli combattere, ma poi ho pensato a Chad che brandisce una spada e mi è un po' venuto da ridere^^), heiling fur himmer (et voilat! La seconda parte del cimitero^^), scricciolo91 (eh, dovessi incontrare il mio Angelo della Musica, un saltino al cimitero ce lo farei anche io XD) e Sinfony (sono contenta che hai recuperato^^)
scusate per i ringraziamenti veloci ma voglio provare ad aggiornare anche Castelgard stasera^^
VVTB siete grandi!!!!!!!!

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