L'opera di Jane The Angel (/viewuser.php?uid=14100)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prefazione ***
Capitolo 2: *** capitolo primo ***
Capitolo 3: *** capitolo secondo ***
Capitolo 4: *** capitolo terzo ***
Capitolo 5: *** capitolo quarto ***
Capitolo 6: *** capitolo quinto ***
Capitolo 7: *** capitolo sesto ***
Capitolo 8: *** capitolo settimo ***
Capitolo 9: *** capitolo settimo ***
Capitolo 10: *** capitolo ottavo ***
Capitolo 11: *** capitolo nono ***
Capitolo 12: *** capitolo decimo ***
Capitolo 13: *** capitolo undicesimo ***
Capitolo 14: *** capitolo dodici ***
Capitolo 15: *** capitolo tredicesimo ***
Capitolo 16: *** capitolo quattordici ***
Capitolo 17: *** capitolo quindicesimo ***
Capitolo 18: *** capitolo sedicesimo ***
Capitolo 19: *** capitolo diciassettesimo ***
Capitolo 20: *** capitolo diciottesimo ***
Capitolo 21: *** capitolo diciannovesimo ***
Capitolo 1 *** prefazione ***
L'Opera
Prefazione
-Basta ragazzi, su, silenzio!- esclamò
la professoressa Darbus entrando in classe con in mano un grande plico
di fogli che gli alunni guardarono immediatamente con sospetto.
Sharpay si fece immediatamente attenta: di solito
il materiale della Darbus riguardava una nuova rappresentazione e
questo, di solito, la riguardava molto da vicino.
-Ehi, tranquilla piccola.- le sorrise Chad
prendendole la mano –Sembri un cane da punta.-
-Scemo!- scoppiò a ridere lei dando una
leggera spinta scherzosa al suo ragazzo –Professoressa
Darbus, mi scusi, potrei sapere cos’è quel
materiale?-
-Oh, ma certo Sharpay.- annuì
l’insegnante –Devo avvertirvi però, non
è un progetto che riguarda tutti. Solo i migliori del mio
corso saranno ammessi.-
Taylor si voltò verso il suo migliore
amico, Chad, e si scambiarono uno sguardo divertito: sarebbero
sopravvissuti comunque!
-Si tratta, ragazzi, di una gita.-
Il tono eccitato della Darbus fu, per la prima
volta nella storia scolastica, condiviso da tutti i suoi allievi. Un
mormorio si diffuse nella classe.
-I partecipanti saranno: Kelsie Nielson, Mark
Howard…- scontato: erano gli unici due musicisti fissi del
Drama Club –Sharpay e Ryan Evans…- c’era
davvero bisogno di dirlo? –Gabriella Montez, Troy
Bolton…- altra grande novità –E infine
Chad Danforth e Taylor McKassy.-
I due ragazzi sgranarono gli occhi mentre il
silenzio calava su tutta la classe.
-Io… mi scusi ma…
perché?- balbettò Taylor. Cantare le piaceva, le
piaceva molto. Ma non aveva sicurezza, e la Darbus non le aveva mai
dato un voto superiore al 6.
-Già, perché noi?-
concordò Chad guadagnandosi una gomitata di rimprovero da
Sharpay.
-Beh, tu, signor Danforth, verrai con noi per la
tua nuova passione per la danza: in così poco tempo, sono
stupita dei tuoi progressi. Tu invece, McKassy… verrai
perché credo che possa giovarne. Io credo che tu abbia tutte
le potenzialità necessarie. Ciò che ti manca, mia
cara, è la sicurezza in te stessa e nella tua voce. Spero
che questo viaggio possa esserti d’aiuto.
-Ma dove andiamo di preciso, professoressa?-
domandò Ryan.
-Ho il piacere di annunciarvi…- disse
la Darbus –Che passeremo cinque settimane a Parigi, dove
soggiorneremo, e voi studierete e lavorerete, nientemeno che al famoso
Teatro dell’Opera!-
___________Nota
di Herm90
Lo so, lo so: un'altra ficcy? Si, è vero, sono
già abbastanza lenta ad aggiornare... ma East and West High Story
è praticamente finita e questa mi è venuta in
mente di getto ieri sera... così ho pensato di postarla,
perchè mi sembrava un'idea abbastanza interessante e non mi
andava di farla finire nel mio dimenticatoio personale.
Ora, a tutte le fan Chaylor che mi staranno maledicendo... Lo so, lo
so, scusate! Ma doveva essere così per forza di cose
perchè... eh beh, lo so io perchè accontentatevi
XDD
Dedico questo chap a Vivy,
che sa qualcosa di questa nuova ficcy... devo comprare il suo silenzio
XD scherzo, lo dedico a te perchè ho deciso di pubblicarla
mentre parlavamo su msn^^
Ditemi che ne pensate, e... beh, spero di postare presto il prossimo
chap!
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Capitolo 2 *** capitolo primo ***
__________Nota
iniziale
Gente, iniziamo le
scommesse. Le chiuderò al prossimo capitolo, quando
probabilmente si capirà tutto... per ora, cercate di
indovinare da cosa è tratta questa ficcy!
Capitolo primo
-Che ne dite di cantare qualcosa, ragazzi?-
propose la professoressa Darbus non appena furono tutti sul piccolo
pulmino che li avrebbe trasportati dall’aeroporto al famoso
Teatro dell’opera. Inutile dire che nessuno avrebbe potuto
contestare questa proposta, anche volendo, visti i motivi per cui erano
stati scelti per quella gita.
-Bene, allora… direi di iniziare con
What Child, che ne dite? Avanti… la strofa alle ragazze, voi
ragazzi entrate sul primo “this”… tre,
due, uno e…-
-What Child is this who laid to rest…-
intonò Taylor, seduta accanto a Kelsie, che pure cantava.
Nei sedili accanto a loro c’era Chad, che aspettava il suo
turno senza troppa impazienza, con Sharpay, che come al solito cantava
con grande esuberanza. Davanti a loro erano seduti Troy e Gabriella,
mentre i posti davanti a Taylor e Kelsie erano occupati da Ryan e Mark.
-This this is Christ the King…- si
unirono al coro i ragazzi.
Dopo un’altra decina di canzoni dirette
abilmente dalla Darbus, che faticava a stare in equilibrio, il pulmino
si fermò davanti al Teatro dell’Opera.
Scesero per prendere le valigie. Taylor si
caricò il suo borsone sulla spalla, alzò lo
sguardo e sbarrò gli occhi. Per la prima volta si trovava
davanti il magnifico Teatro dell’Opera. Uno strano brivido le
percorse la schiena e, imputandolo all’emozione di trovarsi
in un tale luogo, prese ad osservare l’edificio con grande
interesse, fingendo come tutti gli altri di ascoltare le nozioni
storiche ed artistiche che la Darbus snocciolava accanto a loro.
-ma dove alloggeremo?- domandò Kelsie
pigiandosi il cappellino in testa, emozionata: quali grandi musicisti
dovevano aver suonato in quel luogo? Quali grandi personaggi avevano
toccato i tasti del pianoforte che lei avrebbe avuto l’onore
di suonare, avevano fatto vibrare gli spettatori con le loro note?
-Dietro ci sono i dormitori.- spiegò la
Darbus, ma con tono un poco infastidito: probabilmente il fatto che
Kelsie avesse interrotto a metà una sua frase le aveva fatto
comprendere quanto i suoi studenti stessero prestando attenzione alle
sue parole –Un tempo erano il Collegio dell’Opera.
Andiamo, forza.-
Salirono la bellissima scalinata e superarono le
grandi porte. Trovarono ad accoglierle, nell’entrata
lussuosissima, una donna che doveva avere una quarantina
d’anni, con un tailleur grigio addosso e i lunghi capelli
castani intrecciati in modo particolare.
-Salve, e benvenuti.- li salutò,
dopodichè si presentò –Sono Madame
Giry.-
-La professoressa Darbus, molto lieta. E questi
sono i miei alunni…- li presentò tutti mentre
Madame Giry li esaminava tutti con lo sguardo. Loro tuttavia non lo
notarono. In effetti, avevano concesso alla donna una sola rapida
occhiata, dopodichè i loro occhi erano stati
irresistibilmente dalla magnificenza dell’entrata.
-Oggi è domenica, come immagino
sappiate, e stasera andrà in scena Romeo e Giulietta. I
nostri direttori, il signor Richard e il signor Moncharmin, vi hanno
riservato dei posti, sperano che vogliate essere loro ospiti.
-Oh, sono stati gentilissimi, non avrebbero dovuto
disturbarsi! Accettiamo con piacere, anzi con onore!-
accettò la professoressa con voce emozionata come non mai
per quella possibilità.
-Ora, se volete seguirmi, vi mostrerò
le vostre stanze.- mentre percorrevano corridoi lunghi e larghi, dalle
pareti bianche e oro e un tappeto rosso sul pavimento, Madame Giry
diede loro qualche indicazione.
-Non abbiamo una mensa. Dovrete mangiare fuori a
pranzo e cena… i signori Richard e Moncharmin, tuttavia,
insistono per avervi come ospiti a colazione… tutti i giorni
tranne la domenica, in modo che possiate dormire di più, se
lo gradite. Ogni stanza ha il suo bagno personale. Per oggi, avrete il
pomeriggio libero: lo spettacolo inizia alle nove. Vi raccomando un
abbigliamento adeguato, nonché naturalmente
puntualità assoluta: si solito si inizia a prendere posto
alle otto. Per quanto riguarda questo pomeriggio vi consiglio di
uscire: c’è sempre una gran confusione il giorno
della prima.-
L’edificio del collegio era separato dal
resto del Teatro solo convenzionalmente: non vi erano muri o nessun
altro genere di barriera fisica a dividerli.
Ognuno aveva la propria stanza: Madame Giry diede
loro le chiavi e si allontanò, scusandosi di doverli
lasciare così presto. Ma, diceva, il dovere la chiamava:
“il suo dovere andava oltre a quello delle altre
maschere”, spiegò con aria orgogliosa e un poco
misteriosa, forse.
Taylor entrò nella sua stanza e per
poco non svenne per l’emozione. Era incredibile, le pareva di
trovarsi nella stanza di una principessa! Era arredata secondo una moda
antica, forse del 1700 o poco più, ma era molto elegante
anche se un po’ barocca per i suoi gusti. Al centro
c’era un letto a baldacchino dall’impalcatura
elaborata, di legno chiaro, e i tendaggi bianchi semi-trasparenti.
Contro una parete c’era un grande armadio, davanti a quella
opposta un’ampia scrivania. Di fronte al letto, come inserito
nel muro, un grande specchio, più alto di lei,
dall’aria molto antica. Taylor ne fu subito attratta,
più che da tutto il lusso in cui era immersa, e si
avvicinò ad esso sfiorandone con la mano la cornice dorata.
Toccò poi la superficie liscia, ma ritirò
immediatamente la mano: era così freddo! Eppure, faceva
caldo nella stanza… Scosse le spalle e lasciò
perdere. Si dedicò all’ispezione della stanza da
bagno, e immediatamente decise di provare la bellissima vasca
idromassaggio, poi si vestì in fretta e decise che avrebbe
disfatto le valige dopo: uscì dalla stanza e
incontrò i suoi compagni.
La Darbus li raggiunse poco dopo, mentre le
ragazze commentavano quasi commosse il lusso in cui si trovavano e i
ragazzi si chiedevano com’era che, se avevano tutti quei
soldi, i direttori del teatro non aveva pensato a una sala tv per gli
ospiti.
-Ragazzi, che pretese!- li rimproverò
la Darbus –Ora andiamo: abbiamo mille cose da visitare e un
solo pomeriggio per farlo!-
_____________Nota
di Herm90
Zalve a tutti! allora,
qualche idea sul ciò da cui è tratta la ficcy? Vi
consiglio di guardare in particolare i nomi...
Grazie a: scricciolo91 (sono
contenta che mi hai perdonato^^), Tay_
(eh, il motivo di questa coppia c'è, davvero! Non so se vi
soddisferà ma... io il motivo ce l'ho!), LizDreamer (XD sei
sicura eh? beh... si vedrà^^), lady_fairytale
(anche io spero di riuscire a stupirti... anche perchè sono
felicissima che almeno una persona sia a favore della coppia che ho
scelto di inserire XD), armony_93
(wow che entusiasmo!!!! sono contenta che ti piaccia così
tanto come inizio... spero di non deluderti!), romanticgirl (ed
eccolo qui! wallà! XD), la mia sorellina Titty90 (carissima^^
Ehi, tu non puoi partecipare all'indovinare, lo sai già XD),
Sinfony (Mi
fai arrossireeeeeeeeee!^^ glatie! comunque si, Sharpay e Ryan stanno
assieme, proprio così!), cheescake94
(ebbene si, i nostri beniamini sono degli artisti completi ormai, al
livello dell'Opera! a parte ciò... un motivo c'è
se ho scelto proprio quel luogo^^) e la mia cugi DreamGirl91 (ti
direi che è vero se... non fossi troppo crudele muhahaha! Se
non indovini da cos'è tratta la ficcy potrei disconoscerti!)
bacioni a tutte!!!!
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Capitolo 3 *** capitolo secondo ***
Capitolo secondo
-Non è romantica, questa
città?- domandò Kelsie stendendosi sul letto di
Taylor quella sera, quando furono tornati al Teatro
dell’Opera dopo il frenetico pomeriggio passato in giro a
visitare Parigi.
-Si, direi proprio di si.- si dichiarò
d’accordo Taylor: in effetti tutto, dalla Tour Eiffel al
più piccolo vicoletto, le era parso come immerso in
un’atmosfera particolare, come non ne aveva mai percepite in
America –E direi che le nostre due coppiette erano
d’accordo.- aggiunse ridacchiando: le due coppie, Chad con
Sharpay e Troy con Gabriella, avevano infatti passato gran parte del
tempo tenendosi per mano, scambiandosi dolcezze, carezze e paroline
dolci.
Kelsie si rabbuiò
–Già, in effetti… non ti capita mai di
invidiarle?- domandò come d’impulso.
-Intendi Gabriella e Sharpay?- si
accigliò Taylor, riflettendoci per un attimo –Si,
in effetti mi capita. Ci sono volte in cui vorrei essere estroversa e
sicura di me come Sharpay… e altre volte vorrei avere la
sensibilità di Gabriella… ma allora non sarei
più io.- concluse ridendo.
-No, non intendevo questo. Se ti capita di
invidiarle per quello che hanno… insomma, dei ragazzi che le
amano e di cui sono innamorate.- spiegò Kelsie.
Taylor sorrise: non era la prima volta che
l’amica le faceva quel discorso –No.- rispose
–Non voglio ciò che hanno loro…
l’amore è diverso per ogni persona. Il loro
momento è arrivato… arriverà anche il
nostro. E se non arriverà, significa che saremo
più felici così, immagino. Chi ha detto che
l’amore dà felicità?-
-Non dirai così quando ti innamorerai.-
rise Kelsie –Beh, ora vado a vestirmi… se non
scendiamo in tempo la Darbus darà in escandescenze.-
Taylor scosse la testa quando l’amica
uscì. Non capiva perché mai fosse così
interessata all’amore. Da parte sua, preferiva non
innamorarsi, se questo doveva per forza concernere tutti i teatrini e i
piccoli drammi che avevano preceduto i fidanzamenti dei suoi amici.
Pianti, depressioni, sbalzi d’umore… no, non
faceva per lei.
Si voltò all’improvviso.
Aveva sentito un rumore… lo specchio attirò il
suo sguardo. Si diede della sciocca: gli specchi non facevano rumori.
Era la sua immaginazione, senza dubbio.
Prese il suo abito da sera dall’armadio:
quello l’aveva tirato fuori, anche se tutto il resto era
ancora in valigia, per evitare che si rovinasse. Lo indossò
e andò davanti allo specchio: era un abito molto semplice,
bianco, con le spalline e la gonna lunga fino a coprirle i piedi
nonostante i tacchi dei sandali bianchi. Sulle spalle
sistemò un leggero scialle azzurrino chiaro e si
sistemò i capelli.
-Allora, mio specchio rumoroso, come sto?-
domandò tra sé sistemandosi l’abito
–Speriamo che la moda parigina non sia troppo distante da
quella americana.- sospirò, ed uscì dalla stanza.
Incontrò gli altri nel corridoio, e le
fece davvero uno strano effetto vederli tutti così eleganti.
L’abito di Sharpay era ovviamente fucsia, con la gonna
più ampia di quello di Taylor, e lo aveva abbinato a un
copri-spalla rosa confetto come le scarpe. Gabriella, i capelli scuri
in una coda alta, era vestita di azzurro. Kelsie invece indossava un
vestito nero con scarpe dello stesso colore, e sopra portava una
giacchetta di tulle, anch’essa nera.
I ragazzi non erano da meno: la Darbus aveva
avvertito i loro genitori che probabilmente avrebbero avuto bisogno di
qualcosa di elegante, e tutti erano forniti di camicia bianca, giacca e
cravatta.
-Siete bellissimi, tutti quanti.-
trillò la Darbus adagiandosi lo scialle viola sulle spalle
–Andiamo.-
Camminarono con grande meraviglia tra gli altri
spettatori: erano tutti elegantissimi, le signore nei loro abiti da
sera e i signori che le accompagnavano usando vero di loro tutti i
riguardi del galateo.
Furono raggiunti da Madame Giry, che
scambiò un paio di parole con la Darbus per indicarle i loro
posti. Erano buoni, in particolare considerando che erano gratuiti. Ma
la maschera si scusò con loro da parte dei direttori, e
assicurò che se un palco fosse per caso rimasto libero, li
avrebbe fatti spostare immantinente.
-Beh, speriamo di essere fortunati, allora!-
trillò la Darbus mentre si sedevano e Madame Giry si
allontanava –E credo che lo saremo, non ho visto ancora
nessuno andare verso quel palco…- svelò agli
studenti, indicando il palco che se Taylor aveva contato bene doveva
essere il numero cinque.
Non furono fortunati: Madame Giry non
tornò da loro e quando il sipario si aprì erano
ancora nei loro posti originali.
-Beh, non ha importanza.- commentò la
Darbus –La prossima volta, ragazzi, sarete
dall’altra parte, sul palco! Sono emozionata per
voi… certo, quel palco è rimasto
vuoto… ma forse non ci stiamo tutti.-
Taylor si voltò per un istante verso il
palco numero cinque e questo le confermò le parole della
Darbus: non c’era nessuno. Ma vedevano benissimo, e per
essere la prima volta che si trovava in un Teatro del genere doveva
ritenersi molto fortunata.
Lo spettacolo fu superlativo e tutti loro avevano
le lacrime agli occhi alla scena della tomba. Potevano dire con
certezza di non aver mai visto una tale bravura, mai sentito voci
così perfettamente intonate e ammirato ballerini tanto bravi.
-E noi, domani, dovremmo lavorare con questi qui?
Ma che cosa speriamo di fare?- domandò Taylor
emozionatissima ma altrettanto preoccupata per ciò che
avrebbero dovuto fare il giorno seguente.
Alla fine degli applausi, il pubblico
iniziò a sciamare verso le uscite e, in minor
quantità, in direzione delle quinte per salutare ed
omaggiare gli artisti.
-Dobbiamo andare senza dubbio a porgere i nostri
ringraziamenti ai signori Richard e Moncharmin.- affermò la
Darbus, e li guidò verso le quinte, facendosi largo tra la
folla con non poca fatica, visto che erano decisamente contro corrente.
-Dammi la mano, evitiamo di perderci.- disse Ryan
a Taylor porgendole la mano. Lei la prese e diede l’altra a
Kelsie, che li seguì a sua volta.
Dietro le quinte l’atmosfera era strana:
eccitata, ma allo stesso tempo indolente. Era finito lo spettacolo, e
pian piano la brillante eco degli applausi, dei trucchi e dei costumi
andava scomparendo e si tornava alla realtà, noiosa e banale
com’era.
I due direttori del Teatro erano poco lontano
dalle ballerine che, eccitate, chiacchieravano con giovanotti in abiti
eleganti che le avevano probabilmente raggiunte dopo aver assistito
allo spettacolo.
Il gruppo di Albereque si avviò verso i
due e si avvicinarono, cogliendo appena qualche frase del loro discorso.
-Stasera, abbiamo avuto fortuna, pare.- stava
dicendo uno dei due, basso con baffi e capelli grigi.
-Già, non si è fatto
vivo… d’ora in poi, poiché pare che
basti, non affitteremo mai più il palco cinque, a nessun
costo!- disse l’altro.
Taylor si accigliò: perché
mai i due direttori di un Teatro avrebbero dovuto volontariamente
decidere di non vendere dei biglietti tanto buoni?
Le sue considerazioni non portarono tuttavia ad
alcuna domanda, perché i due si accorsero del loro arrivo e
li salutarono con grandi cerimonie, poi quello basso coi capelli grigi
e i baffi disse di essere il signor Moncharmin. L’altro,
più alto e un po’ panciuto, si presentò
come il signor Richard.
-Siamo desolati di non potervi accompagnare
personalmente a conoscere il cast.- si scusò il signor
Moncharmin –Ma al momento abbiamo qualcosa da definire
con… alcuni colleghi d’affari… se
volete scusarci… vi attendiamo domani mattina alle otto, per
la colazione, ovviamente. Ora… Madame Giry? Madame, abbia la
premura di presentare qualcuno ai nostri ospiti, così che
domani non si trovino del tutto spaesati.-
Madame Giry lo fece con piacere, o almeno
così parve, perché li presentò
praticamente a tutti. In particolare, con grande cura, a sua figlia,
Meg Giry, una delle ballerine.
-Madame?- domandò Taylor avvicinando la
maschera mentre la Darbus spiegava a Ryan e Troy chissà
cosa, Gabriella, Kelsie e Sharpay chiacchieravano con un gruppo di
giovani ballerini, Chad ascoltava con grande interesse il primo
ballerino e Mark ammirava il coordinatore musicale.
-Si?- rispose la donna.
-Mi chiedevo… come mai il palco numero
cinque era vuoto? E ho sentito i signori direttori dire che non lo
affitteranno più… cosa…- non fece in
tempo a finire la domanda, che Madame Giry la guardò con
occhi infiammati –Non occuparti del palco numero cinque. Non
sono affari che ti riguardino, sono stata chiara?-
Di fronte a quel repentino cambio di umore, Taylor
sobbalzò e si affrettò ad annuire. Eppure, in
qualche modo sapeva che non avrebbe potuto obbedire: come evitare di
cercare di saperne qualcosa in più, dopo la reazione che
aveva avuto Madame Giry?
____________Nota
di Herm90
Due di voi hanno
indovinato! Le altre hanno ancora questa possibilità: ho
deciso di non mettere la rivelazione fino al prossimo chap! Non
sbirciate però XD
Grazie mille a: totallycrazy (e vabbè ok dai...
vale lo stesso XD), DreamGirl91 (sapevo che non mi avresti
tradita!), Tay_ (nemmeno ora nessun'idea? Io
farei attenzione al palco^^), Titty90 (eh no, gemellina sadica, non
puoi XD), armony_93 (beh... la speranza non fa
certo male! Ma non ti dico nulla!), Sinfony (e ora, la storia del palco,
non ti suggerisce nulla? Vabbè... nel prossimo
sarà chiaro^^), scricciolo91 (beh... per ora^^ come puoi
vedere iniziano a esserci strani misteri... cosa succederà?
XD) e Mommika (ma povera Sharpay! XD si, hai
capito bene stanno inisieme... e forse continuerà
così, forse no... boh!^^)
Bene... ora chiudo che
mia mamma grida che devo andare a letto... bacioni a tutti VVTB!
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Capitolo 4 *** capitolo terzo ***
Capitolo terzo
La mattina seguente si svegliarono di buon ora al
suono di solito assolutamente insopportabile delle sveglie. Di solito
era così, ma quel giorno quel suono fu accolto con grande
entusiasmo: lo spettacolo della sera precedente aveva invogliato tutti
a iniziare la giornata.
Si vestirono comodamente, in tuta da ginnastica, e
uscirono dalle loro stanze in contemporanea, trovandosi nel corridoio.
Arrivò la Darbus, vestita col suo solito gusto un
po’ esagerato ma che tutto sommato le donava.
-Sono felice di vedere che siete tutti pronti in
tempo! Bravi…- si complimentò con loro: questo
era segno evidente che condivideva la loro emozione per la giornata
–Ora andiamo, i signori Richard e Moncharmin ci aspettano.
Tra cinque minuti. Madame Giry ieri sera mi ha spiegato come arrivare
al loro salottino privato… speriamo solo di non perderci.-
Quando arrivarono trovarono la porta aperta, ma la
Darbus bussò comunque e da dentro la voce di uno dei due
direttori li invitò ad entrare.
La colazione era già su un grande
tavolo a cui i ragazzi e la professoressa furono gentilmente invitati
ad accomodarsi. Mangiarono croissant fumanti alla marmellata e altri
dolci, annaffiati da latte, cioccolata e da un caffè che
avrebbe fatto rabbrividire d’orrore un italiano ma che per
loro era ottimo.
Taylor, sorseggiando la sua cioccolata,
osservò per un attimo i due uomini che li ospitavano. Il
signor Moncharmin aveva l’aria allegra, spensierata, mentre
il signor Richard era senza dubbio più contenuto e alquanto
più severo. Se fosse stato presente solo il signor
Moncharmin, probabilmente Taylor gli avrebbe chiesto informazioni sul
palco numero cinque. La notte aveva dormito profondamente per la
stanchezza del viaggio e per il fuso orario, ma come si era svegliata
il mistero sollevato dalle parole di Madame Giry aveva nuovamente fatto
capolino nella sua mente. La presenza seriosa del signor Richard,
tuttavia, la distolse dal suo proposito.
Due colpi sulla porta annunciarono un arrivo e
Madame Giry entrò nel salottino con in mano una lettera.
-Mi è stata consegnata una missiva per
voi, signori.- disse facendo un piccolo inchino ai direttori del
Teatro. Vedendo la busta che la donna teneva in mano, Moncharmin emise
qualcosa che poteva essere a metà tra uno sbuffo e un
gemito, mentre il signor Richard si irrigidì tanto che
quando si alzò in piedi per poco non buttò a
terra la sedia.
-Datemela qua.- disse Richard tendendo il braccio
–E accompagnate i nostri ospiti al coro.-
Con una calma e un’aria di importanza
che in qualsiasi altra maschera sarebbero apparse decisamente fuori
luogo, soprattutto se confrontate con il comportamento impacciato che i
direttori avevano in quel momento, Madame Giry attraversò
l’ufficio e passò la lettera al signor Richard,
che con un rapido movimento la fece sparire nella sua tasca.
Uscirono dall’ufficio e Madame Giry non
disse una parola mentre li accompagnava al piano sottostante, nella
sala principale dove c’era il palco. Taylor non le
domandò nulla, ricordando come aveva reagito la sera prima.
Non c’era ancora nessuno e la donna li affidò ad
un macchinista, Joseph Buket, un uomo dall’aria un
po’ viscida, piuttosto grassoccio ma abbastanza alto
perché questo non si notasse eccessivamente.
-Oh, vi divertirete qui, ve l’assicuro.-
disse l’uomo non appena Madame Giry si fu allontanata
–Oh si, ci si diverte sempre nel mondo dello spettacolo, care
signorine…- disse sorridendo in direzione di Gabriella. Troy
si avvicinò alla sua ragazza e la prese per mano,
trattenendosi a stento dal lanciare a quel tizio
un’occhiataccia fulminante.
-Se capitate sole con questo tizio.-
sussurrò Chad a Sharpay, Taylor e Kelsie, mentre
l’uomo continuando il suo lavoro le squadrava una ad una
–Gridate e scappate più in fretta che potete. Non
mi piace per niente.-
Le tre sorrisero, ma l’idea di trovarsi
sole con Joseph Buket le faceva rabbrividire.
-Ragazzi, vado ad informarmi su cosa dovrete fare
esattamente.- annunciò la Darbus lanciando
un’occhiata al signor Buket –Voi restate tutti
insieme.- aggiunse.
Non appena l’insegnante se ne
andò, arrivò un gruppo di giovani ballerine. Tra
loro, Meg Giry, che andò subito a sedere tra Taylor e Kelsie
–Avete dormito bene?- domandò allegramente
–Non avete avuto problemi, spero.-
-Signorina Giry, lo sapete bene che i problemi qui
non si hanno durante la notte.- si intromise Joseph Buket scendendo
dall’impalcatura su cui aveva lavorato fino a quel momento e
circondando la spalla della giovane ballerina con un braccio.
Meg Giry si scostò dall’uomo,
desiderosa di evitare quel contatto sebbene sembrasse tranquilla:
probabilmente, le ragazze col tempo avevano imparato a trattare con
lui.
-Cosa volete dire?- domandò Taylor:
quel posto iniziava a rivelarsi molto interessante.
Joseph Buket fu lieto di rispondere alla sua
domanda: si poteva intuire dal suo sguardo che non vedeva
l’ora di esporre le sue conoscenza sul Teatro
dell’Opera, dove aveva passato più di
metà della sua vita. Questa esuberanza fece pensare a Taylor
che, forse, non avrebbe potuto fidarsi delle sue parole: era evidente
dal suo entusiasmo e dalla sua espressione che stavano per ascoltare
una qualche leggenda metropolitana.
-Non è durante il giorno che lui
agisce.- disse infatti Joseph Buket in tono remoto, come se stesse
raccontando una storia dell’orrore.
-Lui? E chi sarebbe?- domandò Chad
alzando gli occhi al cielo.
-Non mi stupisce che non ne abbiate sentito
parlare. Il Fantasma.-
-Oh, c’è un fantasma?
Interessante… che fa, trascina le catene e ulula?-
sbottò Sharpay.
-Non un fantasma, signorina. Il
Fantasma… il
Fantasma dell’Opera.-
Gabriella scoppiò a ridere, ma Taylor,
che voleva assolutamente sentire tutta quella storia assurda, le diede
una gomitata –Davvero? Incredibile… e cosa fa il
Fantasma? Qualcuno l’ha mai visto?-
-Oh, qualcuno l’ha visto,
certo… ma più che altro lui si sente.
Lassù, al palco numero 5.- disse Meg Giry. Tutti scossero la
testa divertiti: tutti tranne Taylor.
Il palco numero 5! Ecco qualcosa di interessante!
-Ma qualcuno, a volte, lo vede.- aggiunse Joseph
Buket –E ne rimane traumatizzato per sempre.
-Oh, è così spaventoso?-
domandò Kelsie.
-È
come cera il viso suo… un mezzo buco fa da naso, e niente
più… Aprite gli occhi, signorine, attente a voi!
O finirete prese al cappio suo!- disse Joseph Buket con un
tono cantilenante, come se stesse raccontando una vecchia filastrocca.
-Basta, signor Buket!- esclamò Meg
allarmata –Lo sapete bene che non dovete impicciarvi degli
affari del Fantasma! Quante volte deve dirvelo mia madre? Finirete per
rimetterci.-
Ryan e Chad si stavano evidentemente forzando di
non scoppiare a ridere, e tutti gli altri, anche se mantenevano un
po’ più di contegno, avevano lo stesso impulso.
Fortunatamente, furono dispensati dal rispondere a quelle affermazioni
dal ritorno della Darbus, accompagnata da un uomo anziano che doveva
essere il direttore del coro.
-Salve ragazzi. Il resto del coro si sta
sistemando in questo istante… io sono il maestro
Deviènne.- si presentò. Quando i ragazzi si
furono presentati, li guidò sul palco. In un lato di esso,
un gruppo di una decina di persone leggeva spartiti, chiacchierava e
rideva.
Dopo una veloce presentazione, il maestro
Deviènne annunciò ai nuovi arrivati che doveva
sentire la loro tonalità. Chad, Taylor, Mark e Kelsie
sbiancarono.
-Mark, Kelsie?- chiamò la Darbus
–Voi non siete qui per il coro… e nemmeno tu,
Chad… venite con me.-
I tre sospirarono all’unisono,
sollevati. Taylor, invece, rimase immobile, tremante, aspettando il
momento in cui, ne era sicura, si sarebbe resa ridicola davanti a tutti.
____________Nota
di Herm90
Svelato l'arcano! Ma
qualcuno c'era già arrivato... ebbene, il film/libro
è Il Fantasma
dell'Opera!
Grazie a: Titty90 (XDD
proverò a non farla diventare un'"Operona"... ma non ti
prometto nulla XD), scricciolo91
(misteri, per un po', ce ne saranno eccome... ma ora il film non
è più un mistero^^), Vivy93 (è
viru non avevi recensito^^ don't worry^^), LizDream
(Siiiiiiiiii ci hai azzeccato^^ brava!), armony_93 (non vale
cercare di convincere l'autrice XD non ti dico se è vero
comunque... lo scoprirai leggendo^^ non rido di te, perchè
come vedi hai indovinato!), Sinfony
(XD almeno sei stata sincera! Si, è lui, il
Fantasma dell'Opera... in quanto a Chaylor... boh!
chissà^^), Tay_
(Lo so iiiiiiiiiiio perchè ho messo Chad e Sharpay^^ Ma non
è un motivo mio personale... riguarda la ficcy e quindi non
te lo dirò XD) e DreamGirl91
(Fidati... arriverà! Non ti dico quando... ma
arriverà!)
Siete sempre
fantastiche!!! VVTB bacioni a tutte!!!
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Capitolo 5 *** capitolo quarto ***
Capitolo quarto
Iniziò Sharpay. Fu lei ad offrirsi: un
po’ perché era sua natura mettersi alla prova alla
prima possibilità, e un po’ perché
aveva visto Taylor sbiancare e temeva che sarebbe svenuta se le
avessero chiesto di cantare per prima.
Il maestro Deviènne fu soddisfatto,
anche se aggiunse un commento sull’eccessività
della sua esuberanza.
Quando toccò a Gabriella, non fece
commenti negativi, ma nemmeno positivi.
Fu il turno di Ryan, e disse che era felice di
avere un altro ragazzo in grado di prendere le note alte, visto che
erano molto pochi.
Di Troy disse che aveva una bella voce, e che era
un peccato che fosse evidente che aveva iniziato ad allenarla
adeguatamente da poco tempo.
-Tocca a voi, signorina McKassy.-
Come avevano fatto gli altri prima di lei, Taylor
fece un passo avanti e tossì lievemente, mentre sentiva
chiaramente un forte rossore salirle alle guance.
Uno dei musicisti le diede la nota che doveva
prendere usando il pianoforte, e Taylor cercò di riprodurla.
-Più alta, signorina.- disse il maestro
Deviènne guardandola accigliato. Taylor cercò di
calmarsi, e al secondo tentativo riuscì a prendere le note
all’altezza giusta ma, non potè non percepirlo, il
maestro Deviènne si era aspettato qualcosa di meglio,
soprattutto sentendo i suoi quattro compagni che avevano cantato prima
di lei.
Rossa di vergogna, maledicendo la Darbus per
averla costretta a umiliarsi a quel modo, Taylor tornò al
suo posto.
Un attimo dopo il maestro Deviènne
passò a lei e agli altri i loro spartiti.
L’opera stavolta era Il Muto, una storia
piuttosto comica che Taylor conosceva perché la Darbus aveva
portato la cassetta in classe, tempo prima.
Provarono un paio di canzoni: una era quella del
prologo, la seconda era il momento in cui il Conte scopre la moglie col
paggio muto.
A pranzo, fecero una breve pausa e Taylor, Kelsie,
Mark e Ryan decisero di andare a mangiare per conto loro per lasciare
un po’ di tempo alle due coppiette, in modo che potessero a
loro volta dividersi e stare per conto loro.
Il pomeriggio, lavorarono nuovamente su quelle
canzoni.
-Per oggi ho evitato, per non mettere in imbarazzo
i nuovi arrivati.- disse il maestro Deviènne quando ebbero
terminato le prove –Ma domani proveremo singolarmente, in
modo da correggere gli errori di ognuno con più
facilità.-
Non occorreva prestare troppa attenzione per
accorgersi che il suo sguardo, mentre pronunciava la parola
“errori”, era puntato su Taylor. E questo alla
ragazza non sfuggì: abbassò lo sguardo,
imbarazzata. Come aveva potuto, La Darbus, anche solo pensare che
sarebbe stata in grado di reggere il confronto con le sue compagne? E
lei, come aveva potuto dare la priorità ad una gita a Parigi
rispetto al suo orgoglio?
-Non prendertela.- sorrise Gabriella mentre si
avviavano verso le stanze –Eri agitata, vedrai che domani
andrai benissimo.-
-Ehi ragazze, com’è andata?-
domandò Chad avvicinandosi alle due dopo aver salutato
alcuni ragazzi, che a giudicare dal fisico dovevano essere ballerini.
-Uno schifo.- rispose Taylor.
-Dai, non è vero!- la
rimproverò Sharpay mentre il suo ragazzo le prendeva la
mano, poi si rivolse a lui –Era agitata e ha sbagliato la
prima nota. Per il resto, è andata bene.-
Taylor fece di tutto per sorridere durante tutta
la cena. Ma il comportamento gentile dei suoi amici non fu affatto
d’aiuto come probabilmente loro speravano.
A forza di minimizzare l’accaduto, e di
sentire gli altri che facevano lo stesso, si era convinta senza
difficoltà che fosse quasi irreparabile, ed
arrivò in camera sua con gli occhi che bruciavano per le
lacrime di umiliazione.
Se qualcuno le avesse detto che aveva fatto
schifo… cielo, sarebbe stato meglio delle velate critiche
del maestro Deviènne, dei finti incoraggiamenti della Darbus!
Infilò una camicia da notte bianca e si
infilò a letto.
Poi, spense la luce, pensando a come sarebbero
andate le cose il giorno seguente: ancora peggio, ovviamente.
Rimase a rigirarsi nel letto per un po’,
ma all’improvviso qualcosa la distrasse dal pensiero della
sua disastrosa performance.
Avvertì una musica, il lieve suono di
un pianoforte.
Forse qualcuno si stava esercitando?
No, certo che no, erano troppo lontani dal teatro,
e anche dalla sala prove…
Eppure quella musica…
Si mise a sedere sul letto, e ad un certo punto
una voce si unì al suono del pianoforte.
Taylor trattenne il respiro. Era una
voce… maschile, le sembrava. Ma non riusciva a sentirla
bene, non capiva le parole… era troppo lontana.
Si alzò dal letto e andò
alla porta. Uscì in corridoio, decisa a sentire
più chiaramente quella canzone. Ma non appena si chiuse la
porta alle spalle, la musica e la voce cessarono.
Delusa, Taylor tornò nella stanza e si
mosse al buio verso il letto. Appena fu sotto le coperte la musica
ricominciò e la voce riprese a cantare, ora più
vicina.
Non erano parole, solo suoni… e ora
capiva che la voce era maschile, senza dubbio. Ma era così
strana, come non ne aveva mai sentite prima di quel momento.
Ogni nota entrava in lei, si depositava nella sua
anima.
L’impulso di unirsi a quella voce fu
troppo forte, ma lo fece sottovoce, in un sussurro. E ogni volta che la
voce misteriosa intonava una nota, lei la prendeva d’istinto,
come se quella voce guidasse la sua.
Si addormentò cullata da quella dolce
voce, che continuò il suo canto per gran parte della notte.
__________Nota
di Herm90/Esmeralda/JaneMontez^^
Sono malata :( ma questo
va a vostro vantaggio perchè sto aggiornando prima del
previsto^^
Grazie a: Titty90 (o devo dire
Anya? eeeeeeh no non era molto somigliante a Christine vero? XD ha
fatto un po' schifo... ma... stooooop fine degli spoiler XD), scricciolo91 (spero
di riuscire a mantenere questo tono di narrazione allora! Grazie!), Mommika (forse stai
fantasticando troppo ma... dimmi cosa pensi che accadrà!!!
Pleeeeease^^ comunque... scusa... "tuo" Fantasma? sei perdonata solo
per il tuo buon gusto XD), Sinfony
(se vuoi continua pure a dirlo... tanto io so già cosa
succederà e sono incorruttibile XD sono contenta che non
conosci la storia, sarà più interessante XD), armony_93 (XD non mi
annoi, anzi fai molto bene alla mia autostima^^ beh se hai visto solo
la parte finale del film... non ti sarà d'aiuto a capire^^),
cheescake94
(grazie^^ ebbene, in effetti cantare dopo loro due non è
stata una grande idea XD avevi indovinato^^ sono contenta che ti
piaccia l'ambientazione, ultimamente amo Parigi!) e DreamGirl91 (ahi...
allora mi sa che devo avvertirti^^ beh, tu hai già uno
spoiler... ma vedi di tenere la bocca chiusa^^)
VVTB a
tutte!!!!
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Capitolo 6 *** capitolo quinto ***
Capitolo quinto
Taylor si svegliò con una strana
sensazione: come se ci fosse qualcosa di strano, ma non riuscisse a
comprendere cosa.
-Tay? Tay, sei sveglia?- la voce di Kelsie,
accompagnata dal suo continuo bussare alla porta, la distolse dai suoi
pensieri.
-Si… aspetta!- rispose, e
andò ad aprire la porta –Salve.-
-Sei matta? Ancora in pigiama? Tra cinque minuti
viene a prenderci la Darbus per andare a colazione!- esclamò
Kelsie guardandola a occhi sbarrati.
-Tra… cinque minuti?- gridò
Taylor, e rientrò nella stanza. L’amica la
seguì dentro e chiuse la porta mentre lei tirava fuori un
paio di pantaloni della tuta neri e una maglia grigia
dall’armadio.
Fu, inaspettatamente, pronta appena in tempo per
non far innervosire la professoressa.
-Taylor, cara…- disse la donna mentre
si avviavano tutti insieme verso lo studio dei direttori del Teatro
–Spero che tu non sia nervosa. Ieri eri molto agitata, ma non
c’è motivo perché anche oggi tu debba
essere così disastrosa. Sono certo che andrà bene.
Se l’insegnante aveva pensato di esserle
d’aiuto, si sbagliava. Da quando si era svegliata era
riuscita a non pensare nemmeno una volta alla sua ridicola performance
del giorno precedente, ma ora che le era tornata in mente, e che per di
più aveva avuto la conferma di essere stata del tutto
patetica, checché ne dicessero i suoi amici, ritrovare il
buon umore sarebbe stato davvero difficile. Per non parlare della
sicurezza che le sarebbe stata necessaria per cantare un po’
meglio…
Ma non poteva certo incolpare la Darbus. Non aveva
le capacità adatte, tutto qui.
Entrò con gli altri nella stanza in cui
i signori Moncharmin e Richard li attendevano come avevano fatto la
mattina precedente.
-Sono stato informato…- disse il signor
Moncharmin, che era molto più espansivo del signor Richard
–Che alcuni di voi hanno fatto davvero un bel lavoro, ieri.
Sia io che il mio collega siamo più che felici che questo
progetto si stia rivelando così positivo!-
-Oh, sono certa che tutti i ragazzi andranno
meglio ancora, da oggi. Ieri, l’agitazione non li ha aiutati.-
-Certo, certo… è
ovvio…- confermò il signor Moncharmin mentre
Taylor stringeva i pugni.
-Tranquilla Tay. Lo sappiamo tutti che sei brava.-
le sussurrò Gabriella. Taylor le sorrise, grata del suo
appoggio.
Dopo colazione andarono nella sala del palco e il
maestro Deviènne, stavolta, era già
lì, insieme ad un paio di ragazzi del coro.
-Ciao, a dopo.- disse Chad –In bocca al
lupo, vedrai che andrai alla grande!- disse poi a Taylor in un sussurro
prima di allontanarsi per raggiungere la coreografa e il gruppo dei
ballerini.
-Ci vediamo dopo.- disse Mark, e anche lui e
Kelsie se ne andarono.
Il coro iniziò subito le prove singole.
Per primi provarono i ragazzi che erano fissi nel coro, e poi sarebbe
stato il turno dei cinque ragazzi di Albereque.
Nel frattempo, Taylor ripassò
mentalmente gli spartiti.
Leggendoli, si accigliò: sembrava che
la riportassero a un ricordo confuso di cui non aveva
memoria… non le prove del giorno prima, quelle le ricordava
anche troppo bene, bensì qualcosa di…
Sobbalzò, mentre le tornava alla mente
la Voce, la Voce che aveva cullato il suo sonno quella notte: aveva
cantato quelle stesse note, ne era sicura.
Dunque, la Voce doveva essere uno dei ragazzi del
coro! Lasciò perdere gli spartiti e prestò
attenzione alle prove.
No, niente. Nessuno di quei ragazzi poteva essere
paragonato, anche solo lontanamente, alla Voce. Ne era sicura.
Del loro gruppo, fu Ryan a cominciare.
Azzeccò tutte le note alla prima prova, e il maestro
Deviènne non potè che complimentarsi con lui.
-Signorina Montez, adesso.-
Gabriella fu divina, ovviamente. La sua voce dolce
si adattava perfettamente ad ogni canzone e il maestro
Deviènne ne fu deliziato.
-Signorina Evans?-
Sharpay aveva una voce così potente che
per lei nessuna nota alta era un problema: il maestro
Deviènne le disse che nel coro avrebbe dovuto contenersi un
poco, ma non ebbe altro da ridire.
-Bolton.-
Troy ebbe qualche problema in più:
sbagliò un accordo e stonò un passaggio. Ma aveva
una gran predisposizione al canto e al secondo tentativo
andò molto bene.
-E ora, signorina Montez, prego.-
sospirò il maestro Deviènne preparandosi
mentalmente a sentir storpiare quella musica bellissima. Dal canto suo,
Taylor non poteva non avere lo stesso pensiero: se i semplici gorgheggi
del giorno prima l’avevano messa in difficoltà,
come poteva pensare di cavarsela con una canzone intera?
Trasse un profondo respiro e intonò la
prima nota, alla quale la seconda seguì con naturalezza,
così come la terza e tutte quelle seguenti. La sua voce
cantava senza che lei si sforzasse in alcun modo, senza che dovesse
pensare alle note. Era naturale, e lei non percepiva altro che non
fosse la canzone.
Quando ebbe terminato, guardò il
maestro Deviènne, e poi la Darbus. Entrambi, sul volto,
avevano la stessa espressione sbalordita, e sembrava non sapessero cosa
dire. Il resto del coro mantenne lo stesso silenzio e Taylor si
voltò cercando con lo sguardo i suoi amici, per scoprire che
la fissavano allo stesso modo.
-Maestro Deviènne…- lo
riscosse, quando il silenzio si fu prolungato troppo a lungo
perché potesse non sentirsi imbarazzata da esso.
-Siete stata perfetta. Non posso credere che in
una sola notte una voce possa… certo ieri eravate agitata,
signorina…-
-Sei stata bravissima, Taylor.- disse la Darbus,
ancora più stupita del maestro Deviènne: da
quando Taylor McKassy aveva quella voce? E perché non
l’aveva mai sfruttata in uno dei suoi spettacoli?
-Facciamo un attimo di pausa ora che avete provato
tutti… devo consultarmi col regista… devo
assolutamente…- borbottò il maestro
allontanandosi.
Taylor si voltò un po’
stordita verso i suoi amici e Gabriella corse ad abbracciarla
–Te l’avevo detto, te l’avevo detto! Sei
stata bravissima Taylor, non capisco perché non hai mai
fatto un provino!-
-Io… ma andiamo, va bene, ho preso le
note giuste ma… non esagerare, non sono certo stata meglio
di te.- disse Taylor, ansiosa di riportare l’amica sul
pianeta terra.
-Si invece.- disse Ryan avvicinandosi e
guardandola con aria ammirata –Sei stata più brava
di lei, di Sharpay, di Troy e di me. Nonché del resto del
coro, Taylor! Non sapevo che cantassi così.-
-Beh… neanch’io…-
mormorò Taylor, confusa. Era mai possibile che avesse
davvero cantato tanto bene? Certo i sui amici esageravano…
ma il maestro Deviènne?
Fu proprio lui a confermare le parole di Ryan.
Tornò in quell’istante, con uno spartito in mano
–Signorina McKassy, uno dei nostri cantanti ha perduto la
voce ieri sera. Voglio che sia lei a sostituirlo… sono solo
poche battute da solista, ma spero che le faccia piacere!-
Taylor lo guardò con tanto
d’occhi –Maestro io… non credo di
esserne all’altezza, non ho mai fatto niente del genere!-
cercò di protestare, agitata.
-Oh Taylor, non dire sciocchezze!- si intromise la
Darbus –Forza, vai a provare, è una grande
opportunità!- e dicendo ciò la spinse verso il
gruppo di solisti secondari.
Taylor non poté fare altro che
obbedire, e passò tutta la giornata a provare, con
l’aiuto di un giovane molto disponibile, un tenore di nome
Sean che aveva le battute alternate alle sue.
-Complimenti.- le disse quando, prima di pranzo,
si interruppero le prove –Ti ho sentita cantare ieri
ma… è come se nella notte avessi preso qualcosa
come trent’anni di lezioni di canto. Mai sentito una voce
maturare tanto in fretta!-
-Grazie.- sorrise Taylor imbarazzata, e
tornò dai suoi amici. Non rividero Chad, che era impegnato
con il corpo di ballo, e nemmeno Kelsie e Mark, ma Taylor fu sommersa
comunque dai complimenti da parte di Sharpay e Troy, che non avevano
avuto la possibilità di fargliene prima.
Il pomeriggio fu di nuovo speso a provare, e
stavolta il maestro Deviènne lasciò il coro per
occuparsi di loro.
-Mi fa sentire il suo pezzo, signorina McKassy?-
domandò, e Taylor, mentre si accingeva a cantare, non
poté fare a meno di notare che il tono dell’uomo
aveva perso ogni nota di sarcasmo e di delusione.
-Sarebbe proprio un colpo al cuor
Sarebbe proprio un colpo al cuor
Se
mai li trovasse insieme il signor…-
-Molto bene. Perfetta… forse, nella
prossima rappresentazione, potrebbe avere qualche battuta in
più, signorina McKassy!- esclamò il maestro,
quasi emozionato quanto lei –E ora la parte in coro voi tre,
avanti.- disse a lei, Sean e una signora di circa
quarant’anni.
-Ehi!- Chad li raggiunse di corsa mentre andavano
a cena in un fast food poco lontano dal Teatro
–Com’è andata?- domandò dopo
aver baciato la sua ragazza.
-Indovina chi ha una parte da solista?-
domandò Sharpay mentre lui le circondava le spalle col
braccio.
-Davvero amore? Lo sapevo che sei
braviss…-
-Grazie Chad, ma non sono io.- rise lei
–Taylor!-
-Davvero?- domandò Chad voltandosi
verso di lei con tanto d’occhi.
-Già.- arrossì lei mentre
gli altri affermavano che si, era proprio così.
Tornata in camera, Taylor ebbe appena il tempo di
infilarsi la camicia da notte che sentì due colpi lievi
sulla porta. Andò ad aprire, ma non c’era nessuno.
Stava per rientrare, quando per caso abbassò lo sguardo e si
accigliò: a terra c’era un fiore!
Lo raccolse: era una rosa, una rosa con un nastro
nero.
Rientrò nella sua stanza, accigliata,
domandandosi di chi potesse essere, e la posò sul comodino
per poi mettersi a letto.
___________Nota
di Herm90/Esmeralda/JameMontez
(Esmeralda e Jane Montez
sono due soprannomi... la mia personalità non si
è triplicata non preoccupatevi XD non dovete sopportare 3 me
stessa^^)
Eeeeeeed ecco la
rivincita di Taylor sul maestro Deviènne!
Grazie a: Titty90
(presentimento azzeccato! Che brava sister^^ eh ma come faccio a eviare
le musichette di sottofondo^^ sono alla base della storia!), Sinfony (Il cantante
misterioso è... Mark! Ssssse speravi che te lo dicessi
davvero eh? XDD o forse è davvero lui? O magari no? Boh!), Dreamgirl91 (XD
vorrei vedere che non riveli niente^^ mah... che strano... non vedo la
ficcy su San Valentino che dovevi postare... devo venirti a pigliare a
calciiiiiii??? XD), Vivy93
(Ciau Wendy!!! Uhm... Joseph non ti convince eh? Beh... trrrrrr
trrrrr... solite interferenze... peccato ero in vena di spoiler XD), scricciolo91 (a chi
lo dici, che non vorrebbe essere al loro posto? XD), armony_93 (comunque,
il finale è diverso quindi non ti rovina niente XD grazie
mille sono lusingata! paroloni a gogò oggi...^^) e *AquaPrincess* (a
parte che hai commentato il chap sbagliato XD beh... il motivo
c'è e una persona almeno che lo condivide la conosco...
però... inizio ad avere paura, devo prendermi una scorta
personale per difendermi da te? O.O)
E Grazie millissimo
(esiste? no, direi di no...) anche a chi ha commentato l'ultimo chap di
West and East
High Story!
Siete
fantasticheeeeeeeeeee!!!!
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Capitolo 7 *** capitolo sesto ***
_________Nota iniziale
Le parti in blu sono cantate, ma
fanno parte della conversazione^^
Capitolo sesto
Taylor, svegliandosi la mattina seguente,
scoprì di aver nuovamente sentito la Voce. Non se
n’era resa conto, durante la notte: probabilmente la Voce
aveva iniziato a cantare quando stava già dormendo. Eppure,
aveva dentro di sé la consapevolezza di averla sentita di
nuovo.
E il maestro Deviènne lo
avvertì non appena la sentì cantare di nuovo.
-Incredibile davvero, signorina.-
commentò –Non so come sia possibile, ma migliora
di giorno in giorno sempre di più.-
Taylor arrossì un po’, e si
fermò a riflettere mentre il maestro Deviènne
passava ad ascoltare gli altri.
Come poteva essere? Tutti sostenevano che fosse
dovuto al fatto che stava vincendo l’insicurezza, ma lei era
certa che il motivo fosse un altro. Lei non aveva mai cantato
così, nemmeno a casa sua, da sola, neanche sotto la doccia,
né in nessun altro luogo…
No, doveva esserci qualcosa di diverso…
non sapeva cosa, ma doveva essere collegato con quella Voce.
Eppure, come poteva una persona, con il suo solo
canto, cambiare la sua voce a quel modo? Era scientificamente
impossibile, o perlomeno decisamente improbabile…
Nonostante tutte le sue riflessioni, non venne a
capo di nulla. E pur non spiegandosi come fosse possibile,
continuò a cantare con quella stessa perfezione del giorno
precedente, se non addirittura superiore.
-Oggi ti ho sentita cantare.- disse Ryan sedendosi
accanto a lei a cena. Erano andati al solito fast food e gli altri
erano ancora ad ordinare.
Taylor, non sapendo bene come rispondere, prese un
sorso della sua coca cola, e Ryan continuò –Sei
stata davvero brava… cioè, non solo brava, nella
tua voce… c’è qualcosa di strano.
È come se…-
-Come se?- lo incoraggiò Taylor
accigliandosi, ma curiosa comunque di ascoltare qualsiasi cosa che
potesse aiutarla a definire ciò che le stava succedendo.
-Come se ipnotizzasse.-
Taylor scoppiò a ridere –Ora
non esagerare.-
-Oh, lo so, è stupido.- ammise Ryan con
un sorriso –Ma non riuscivo a smettere di ascoltarti.-
Taylor non dovette sforzarsi di rispondere, per
fortuna, perché in quel momento li raggiunsero Kelsie, Mark,
Sharpay e Chad.
-Di che si parla qui?- domandò
allegramente Sharpay mentre lei e Chad prendevano posto davanti ai due
amici e Kelsie si sedeva con Mark accanto a Taylor.
-Niente in particolare.- si affrettò a
rispondere quest’ultima –Gabriella e Troy?-
Questo suo affannarsi per cambiare discorso non la
portò molto lontano.
-Aspettano il cheeseburger di Gabry.- rispose Mark
–Che, a proposito, ci ha detto che oggi hai cantato
benissimo.-
-Oh andiamo, non è vero… ok,
me la cavo un po’ meglio ultimamente…-
-Un po’ meglio?- ribattè
Gabriella spuntando dalla folla con Troy –Un po’
riduttivo direi… ma tu la sentirai domani.- disse rivolta a
Chad.
-Come mai?- domandò Taylor.
-Pare che il tuo gruppo farà le prove
con noi… non siete fermi a un lato con il coro, vi muovete
sul palco, quindi dobbiamo coordinarci.- spiegò il ragazzo
–Così finalmente ti sento cantare… ti
posso fregare una patatina?-
-Prendi… rispose Taylor ridendo
–Ma non capisco perché non te le compri mai e poi
ti freghi metà delle mie.-
Così, il discorso si concluse. Per
tutti, tranne che per Taylor: mentre tornava in camera, non faceva che
domandarsi se avrebbe di novo sentito la Voce.
Quella sera Troy propose di stare un po’
tutti insieme in camera sua. Tutti accettarono, ad eccezione di Taylor,
Kelsie e Chad, che decisero di andare a letto.
Mentre camminavano verso le loro stanze, dopo aver
salutato gli altri, incrociarono Madame Giry.
-Buonasera.- li salutò la donna. I tre,
un po’ sorpresi, ricambiarono il saluto: la donna, infatti,
non si era mai mostrata eccessivamente amichevole con loro, come
d’altronde non lo era con nessuno, e in quei due giorni non
li aveva mai salutati se non erano loro a farlo per primi.
-Vi ho sentita cantare, signorina McKassy.- disse
Madame Giry –Immagino…- guardò
rapidamente Kelsie e Chad, poi disse –Che la notte vi abbia
portato… un aiuto.-
-La notte porta consiglio, come si
dice…- commentò Chad ridendo.
Taylor non fu in grado di fare lo stesso: Madame
Giry sapeva della Voce? Poteva forse dirle qualcosa che lei non sapeva?
Se era così, non le fu dato di saperlo: con un lieve inchino
e uno sguardo a Taylor, la donna si allontanò augurando a
tutti la buonanotte.
Taylor entrò nella sua stanza e lo
sguardo le cadde sulla rosa, che era ancora sulla scrivania, nel varo
in cui l’aveva lasciata. Si domandò ancora una
volta chi potesse avergliela lasciata, e si avvicinò
accarezzando il nastro nero che avvolgeva una parte del gambo.
Si cambiò e si mise a letto, leggendo
gli spartiti che doveva imparare per il giorno dopo: non erano
più parti soliste, ma c’era una parte in duetto
con Sean e il resto lo cantavano in quattro o cinque.
Spense la luce e si distese, ma scattò
a sedere quando sentì nuovamente la Voce.
Non erano più note, stava
cantando… riusciva a distinguere alcune parole, ma non
capiva che canzone potesse essere.
Di nuovo, come la prima notte, si alzò
dal letto, decisa a scoprire qualcosa di più sul cantante
misterioso… e di nuovo, non appena si chiuse la porte alle
spalle, non udì più nulla.
Rientrò in camera e si rimise a letto.
Immediatamente, la Voce riprese.
Taylor si sforzò di capire le
parole…
Nella
notte senti
Immensi sogni ardenti…
Notte lieve, colma di splendore…
Chiama, senti, offrile il tuo cuore…
-Ma chi sei?- domandò Taylor tra
sé –Perché non posso vederti?-
-Nessuno
può… nessuno ancora può…-
Taylor si immobilizzò: no, era
impossibile… dovevano essere le parole della
canzone… e, per uno strano caso, si adattavano a quella
domanda che lei aveva espresso ad alta voce…
Eppure, si trovò a cercare la conferma
di questa sua certezza.
-Nessuno può?-
-No…
nessuno può…-
Trattenne il respiro, il cuore a mille. Quelle
parole, anche se la Voce le cantava, erano senza dubbio una risposta
alle sue domande!
Quindi la Voce… poteva sentirla?
-Puoi sentirmi?-
-Ti sento
sempre… come tu senti me.-
-Ma cosa… cosa sei?-
La Voce non rispose, ma la musica del pianoforte
continuava.
Taylor attese qualche istante, ripetè
la domanda, e finalmente la Voce rispose, sempre cantano.
-Sono
l’Angelo…-
-L’Angelo?- domandò Taylor
con un filo di voce. Lui la sentì lo stesso.
-Sono
l’Angelo della musica… colui che suona la musica
solo per te… e vola la musica solo per te…-
-Solo per me…- ripeté
Taylor, rapita da quella voce tanto profonda, quasi incorporea.
-Si, mia
musa… la mia musica solo per te…-
-Tu mi hai donato il canto?-
-Il canto
che ti donai… che risvegliai… era già
in te…-
-Perché… perché
ti sento solo io?- domandò la ragazza scuotendo la testa
tentando di restare lucida, nonostante si sentisse volteggiare, portata
fuori dal suo corpo sulla scia della voce dell’Angelo.
-Perché
io sono il tuo Angelo… Ora dormi mia musa…-
Taylor respirava a fatica, la mente come svuotata,
piena solo della voce dell’Angelo.
-Ora
dormi mia musa…-
Taylor si sentì avvolgere da un calore
che spingeva le sue palpebre ad abbassarsi.
-Ora
dormi mia musa…-
____________Nota
di Herm90
Un po' inquietante?
Uhm... e vabbè XD
Grazie a: scricciolo91 (XD Tay non ne ha idea come
vedi^^ però con tutti questi complimenti attenta che poi mi
monto la testa XD scherzo, grazie!!!), Titty90
(ahiahi... questo chap
con l'Angelo che canta è troppo "Operona" secondo te? XD), armony_93 (grazie del consiglio! ci ho
provato ma... questo è il massimo che sono riuscita a fare!
è un po' meglio? è che sto ancora imparando a
usare Nvu^^), _AquaPrincess_ (XD ne deduco che hai visto il
film e che condividi la mia opinione su... una certa persona che non
dico per non spoilerare XD), DreamGirl91 (da te quest'errore non me
l'aspettavo! Rosa nera??? La rosa è rossa, col nastro nero,
esattamente come nel film... che delusione cugi... XD) e Sinfony (eheh sono crudelissima! XD
preciso che il maestro Deviènne non è ispirato
alla mia insegnante di canto lei è bravissima a
rassicurare^^)
se
qualcuno di voi ricorda i nomi delle Sharpettes... pleeeease metteteli
nella recensione o mandatemeli via mail! Grazie in anticipo^^
VVUKDB!!!
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Capitolo 8 *** capitolo settimo ***
Capitolo
settimo
La mattina seguente Taylor si svegliò
un po’ stordita.
Era confusa, ed era normale dopotutto: era
successo davvero? O aveva sognato tutto?
L’Angelo della musica… no,
non poteva averlo sognato. Ne era certa… non sapeva bene
come, ma sapeva che era accaduto realmente: aveva parlato con
l’Angelo della musica.
C’erano altre spiegazioni possibili,
dopotutto? L’aveva sentito, aveva sentito il suo
canto… e quel canto, lo sapeva, non aveva eguali. E poi, se
fosse stato un sogno, come aveva potuto influenzare tanto la sua voce?
La colazione fu come al solito, e si
ripeté la scena che avevano già visto il primo
giorno: Madame Giry entrò nell’ufficio dei due
dirigenti con una lettera in mano.
-C’è una lettera per voi,
signori.- disse la maschera poggiando la busta sul tavolo, davanti al
signor Richard.
Taylor era seduta accanto a lui, e
riuscì a dare un’occhiata alla lettera. Subito si
accigliò: era chiusa con la cera, come si faceva nel
passato. E aveva uno strano sigillo, rosso, a forma di…
teschio? Chiunque avesse scritto quella lettera, aveva gusti piuttosto
strani.
Il signor Richard, di nuovo, impallidì,
ma al tempo stesso emise un verso di stizza.
-Oh cielo, non di nuovo…-
sbottò Moncharmin, poi si rivolse alla Darbus
–Scusate, oggi dovremo concludere la colazione un
po’ prima… un affare urgente, capite…-
-Ma certo, certo, non si preoccupi!- si
affrettò a dire la Darbus alzandosi in piedi
–Forza ragazzi, andiamo.-
Obbedirono ed uscirono dall’ufficio,
seguiti da Madame Giry. Poiché era presto rispetto al
solito, tornarono nella zona del collegio.
Kelsie e Taylor andarono nella stanza di
quest’ultima, mentre le coppiette si prendevano un
po’ di tempo per stare soli. Ryan e Mark le avrebbero
raggiunte subito, ma prima dovevano andare a recuperare li spartiti che
Mark aveva lasciato la sera prima nella sala prove dei musicisti.
-Allora, grande cantante, che ne dici di farmi
sentire qualcosa?- domandò Kelsie sedendosi sul letto.
-Dico che non è il caso.-
rifiutò ridendo Taylor.
-Ora però devi spiegarmi. Insomma, hai
sempre avuto una voce abbastanza bella, ma era nella media, senza
offesa… e adesso a quanto mi ha detto Ryan sei diventata
più che perfetta! Come hai fatto?-
-Ecco io… non lo so.- ammise Taylor
–Solo che… insomma, questo posto non ti
sembra…-
-Non mi sembra?- la incoraggio l’amica.
Taylor rifletté qualche istante,
decidendo di non dirle dell’Angelo, ma di confidarle la sua
sensazione generica –Strano? Un po’… non
so…-
-Inquietante?- le andò in aiuto Kelsie
–Un po’ si in effetti. Devo ammettere che quando
Joseph Buket ci ha parlato della leggenda del Fantasma
dell’Opera, la notte non ho spento la luce.-
Taylor sollevò le sopraciglia, stupita.
-Davvero!- confermò Kelsie
-…insomma, il viso come cera, un mezzo buco al posto del
naso… abbastanza ripugnante no?- spiegò
scoppiando a ridere. Taylor fece lo stesso –Si, non
dev’essere un bello spettacolo.- concordò.
Si voltò verso lo specchio: le sembrava
di aver sentito qualcosa… un rumore lieve,
soffocato…
-Che c’è?- domandò
Kelsie vedendola strana.
-Niente.- si affrettò ad assicurarle
Taylor.
In quel momento entrarono Ryan e Mark
–Ragazze!- disse Ryan –Stanno per iniziare le
prove, andiamo.-
Le due si alzarono e li seguirono. Nel salone del
teatro, i coristi e i musicisti si spostarono in un’altra
sala mentre i ballerini, i solisti e i solisti secondari, tra cui
Taylor, rimasero sul palco.
-Ehi.- salutò Taylor avvicinandosi a
Chad che, con indosso una tuta nera, si stava riscaldando
–Finalmente ti vedo ballare!-
-Finalmente ti sento cantare!- ribatté
lui.
-Ok, ragazzi, tutti ai posti!- chiamò
la coreografa –Lo spettacolo è domani sera,
dobbiamo avere tutti la perfetta consapevolezza dei nostri ruoli.
Iniziamo dalla coreografia dei contadini. Ragazzi, ragazze, voi in
posizione, io sistemo i cantanti…-
In quella scena i protagonisti non
c’erano, così sistemò il gruppetto di
Taylor. Neanche a farlo apposta, lei era proprio accanto a Chad.
La scena era semplice per loro, un po’
meno per i ballerini, la cui coreografia era davvero difficoltosa.
Mentre girava cantando in coro a cappella con i suoi cinque compagni,
Taylor osservò con la coda dell’occhi
l’amico, che eseguiva senza difficoltà le stesse
sequenze degli altri ballerini, e mentre lui compieva una lunga serie
di piroette su sé stesso si sentì subito fiera
del ragazzo: perché era così bravo, ma anche
perché aveva superato i suoi pregiudizi e si era donato allo
sport che amava.
Poi, passarono alla scena d’apertura.
Era quella in cui Taylor aveva la parte da solista, e poiché
i ballerini non dovevano far altro che occupare la scena fingendo di
pulire Chad potè concentrarsi sull’amica.
- Sarebbe proprio un colpo al cuor
Sarebbe proprio un colpo al cuor
Se mai li trovasse insieme il signor…-
Era un pezzo breve, ma Chad si bloccò,
sbalordito, e dovette concentrarsi molto per continuare a fingere di
pulire.
-Ehi, com’è possibile?-
domandò alla pausa, avvicinandosi a Taylor –Ryan
aveva ragione… ero ipnotizzato! Insomma, la tua voce
è… e io che credevo di sapere tutto di te! Ma
brava, nascondiamo al tuo migliore amico che hai già
studiato canto!-
Taylor sorrise arrossendo –Io non ho mai
studiato canto, Chad, a parte in classe con la Darbus.- rispose
–Non lo so neanch’io com’è
possibile…-
-Beh, se è un miracolo,il tuo angelo
custode ha scelto il momento giusto! Con una voce così, ti
offriranno un contratto in men che non si dica!- esclamò
Chad passandole un braccio attorno alle spalle.
Taylor rise, ma la sua mente non lo fece:
già… Chad aveva fatto una battuta, ma lei era
davvero sicura che il merito fosse dell’Angelo.
Quella sera decisero di stare tutti per un
po’ in camera di Taylor. Nessuno di loro aveva sonno, tanta
era l’agitazione che li animava: il giorno seguente si
sarebbero trovati per la prima volta sul palco dell’Opera di
Parigi! Nemmeno potevano immaginare cosa dovesse significare cantare e
ballare su quel palco, davanti a centinaia di persone, accanto a quegli
artisti tanto più esperti di loro…
-Io sono un po’ preoccupata. Se
sbagliassi una nota?- domandò Kelsie un po’
tremante.
-Oh, non sbaglierai, sei troppo brava.- disse Mark
sorridendole. Kelsie si voltò verso di lui, arrossendo.
-Credo che abbiamo tutti paura…-
commentò Taylor –Io sono terrorizzata…-
Quando tutti ebbero affermato lo stesso, decisero
che era ora di andare a letto: dovevano essere riposati.
Taylor spense la luce, e immediatamente la voce
dell’Angelo risuonò nella stanza.
-Non
temere mia musa… Tutto andrà bene…-
Taylor sorrise tra sé: se qualcuno le
avesse raccontato di aver parlato con un angelo, avrebbe probabilmente
chiamato un ambulanza. E invece non riusciva a trattenersi, quando
quella voce cantava solo per lei.
-Come lo sai? Potrei sbagliare.-
-Non
sbaglierai… io sarò con te…-
-Davvero? Sarai con me?- domandò,
mentre un sorriso felice le compariva sul volto.
-Non mi
vedrai, ma al tuo fianco sempre sarò… ora riposa
mia musa…-
____________Nota
di Herm90
Rieccume! Siamo quasi
allo spettacolo e... cosa accadrà? Boh, chi lo sa?^^ Provate
a indovinare!
Grazie: armony_93 (di niente
hai ragione così è più leggero!), totallycrazy (grazie
per le sharpettes!!!), Mommika
(sei scusata, visto che hai ottimi gusti! XD), Sinfony (a chi lo
dici! Eh, il cantante misterioso è...), Titty90 (sono
contento che sopporti XD), Vivy93
(e va bene te lo dico... la Voce è... l'Angelo della musica
XDD fregata eh?), scricciolo91
(sono contenta che le cose inquietanti ti piacciano, non
sarà l'ultima^^), Checie
(grazie!!! Tra l'altro, finalmente qualcuno non mi odia per la
chadpay^^), *Aquaprincess*
(ed ecco un po' Chad^^ tutto per te visto che mi hai aiutato sull'altra
ficcy!) e DreamGirl91
(XD TuSaiChi ti perdona don't worry^^).
Siete splendide e mi
state facendo adorare ancora di più lo scrivere questa
ficcy... forse questa frase non ha senso ma capitemi è stata
una giornata dura XD
VVTB!!!!
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Capitolo 9 *** capitolo settimo ***
Capitolo
settimo
Il giorno seguente, tutti si alzarono tardi: al
mattino non c’erano prove, in modo da non stancare la voce, e
il pomeriggio era sufficiente a preparare costumi e trucchi vari.
Andarono a fare colazione fuori, in un piccolo bar
poco lontano dall’Opera. Non si allontanavano mai troppo,
visto che non avevano mai molto tempo.
-Allora, vi sentite pronti per stasera? Io sono
terrorizzata.- ammise Kelsie sorseggiando la sua cioccolata con panna.
Tutti ammisero che per loro era lo stesso: persino
Sharpay fu concorde.
Taylor sorrise lievemente. Nella sua mente
risuonò una voce, un canto…
Non sbaglierai… io sarò con
te…
Se il suo Angelo sarebbe stato accanto a lei,
sapeva di non poter sbagliare. Ma non lo disse a nessuno: non aveva
parlato dell’Angelo a nessuno e l’istinto le diceva
che era meglio continuare così.
Tornarono al teatro: l’atmosfera era
decisamente tesa. Era normale, eppure a Taylor parve di percepire
qualcosa di più che la normale agitazione pre-spettacolo.
Una specie di timore che nessuno esternava, ma che si coglieva
nell’aria, nelle voci, negli sguardi.
-Sono tutti così agitati, non vi
sembra?- fece notare Taylor agli altri.
-Beh, ovvio che lo sono.- scrollò le
spalle Sharpay –Sono più abituati di noi a queste
cose, ma è comunque uno spettacolo, l’ansia che si
prova è sempre la stessa.-
-Non vorrai ammettere che tu sei agitata quanto lo
siamo noi?- domandò Chad passando alla sua ragazza un
braccio attorno alle spalle –Come? La grande Sharpay Evans,
la stella della East High, nervosa per un semplice spettacolino
all’Opera di Parigi?-
-Sarà fantastico constatare che, quando
mancherà un’ora allo spettacolo, sarai tu il
più preoccupato di tutti.- lo prese in giro Sharpay,
affettuosamente.
Tutti scoppiarono a ridere.
In quel momento, Madame Giry e la Darbus li
raggiunsero –Ragazzi, vi stavamo cercando… dovete
passare al trucco e poi ai costumi, vi stanno aspettando.-
Il trucco fu davvero un trauma, soprattutto per
Chad e Troy. Ryan c’era abituato, dati i numerosi spettacoli
a cui aveva partecipato, e per le ragazze era normale. Mark non doveva
truccarsi, visto che suonava e non era sul palco, esattamente come
Kelsie: li avevano accompagnati al trucco solo per poterli prendere in
giro per un po’.
I due Wildcats invece vissero
un’esperienza scioccante. Chad, man mano che vedeva gli
effetti del pennellino della truccatrice del suo volto, strabuzzava
sempre di più gli occhi. Troy, dal canto suo, rimase
tranquillo, ma aveva l’aria inquieta e i suoi occhi
continuavano a saettare verso lo specchio.
Taylor fu la prima a uscire dal trucco, e si
fermò nel corridoio per aspettare gli altri visto che
avevano deciso di recarsi tutti assieme dal costumista.
-Salve, bella signorina!-
-Salve, signor Buket.- salutò Taylor,
sperando che Joseph Buket passasse oltre senza fermarsi a parlare:
avevano compreso che era abbastanza innocuo, ma il suo comportamento
viscido e il suo sguardo lascivo le dava un disgusto intrinseco che
doveva sforzarsi molto per nascondere.
Il fatto che fosse evidentemente molto favorevole
al contatto fisico non migliorava certo la sua situazione,
constatò Taylor quando la salutò con un abbraccio
molto più viscido che affettuoso.
-Come va signorina? È pronta ad
affrontare il palco?-
-No. Ma spero che vada tutto bene.- rispose Taylor
facendo un passo indietro per evitare di stargli troppo vicina.
-Eh, lo speriamo tutti.- commentò
Joseph Buket –Ma stavolta non succederà nulla, se
potrò evitarlo.-
-Cosa intende?- domandò lei
accigliandosi.
-Il signor Richard mi ha chiesto…-
disse Buket in tono confidenziale, avvicinandosi a lei quel tanto che
bastava da farla rabbrividire -…mi ha chiesto personalmente
di accertarmi che non ci siano problemi, stasera. Per il Fantasma.-
-Oh, giusto. E come pensa di fare, è
un’acchiappafantasmi lei?- domandò Taylor facendo
rapidamente un altro passo indietro non appena ebbe avuto la notizia.
Buket rise e le accarezzò la guancia, curandosi di sfiorarle
la vita mentre lasciava cadere la mano –No, ma sono molto
informato sui riti per tenere lontani gli spiriti maligni…
un giorno, potrei insegnarle.-
Taylor fu dispensata dal rifiutare
dall’arrivo degli altri, che avevano finito il trucco.
-Beh, arrivederci signorine.- disse Buket dopo
aver salutato Kelsie con la stessa modalità riservata a
Taylor (non osava farlo con Gabriella e Sharpay, visto che aveva
intercettato li sguardi di Chad e Troy quando le avvicinava). Poi se ne
andò e i sei si avviarono verso la zona dedicata ai costumi
dopo aver salutato Kelsie e Mark, che dovevano accertarsi che i loro
strumenti fossero accordati.
Gabriella e Sharpay indossarono, su ordine del
costumista, due abiti identici, verdi oliva, piuttosto semplici.
Chad invece infilò la calzamaglia, cosa
che completò il suo disgusto giornaliero, e lo stesso fecero
Troy e Ryan, dopodichè si misero tre completi di stile
settecentesco, come voleva la commedia, tutti abbastanza semplici.
Il vestito di Taylor era più elaborato,
poiché aveva la parte di una dama di compagnia. Era azzurro,
con la vita attillata e la gonna larga, lungo fino ai piedi.
Non mangiarono nulla che potesse sporcare i
vestiti: dunque, un po’ di pane, creakers e qualche salatino.
Ad ogni modo non potevano mangiare troppo per non appesantirsi. Il
pomeriggio fu il turno delle acconciature, e poi giunse l’ora
dello spettacolo.
Sean li accompagnò in un palco in
disuso da cui si poteva vedere la gente che entrava senza essere visti,
e da lassù osservarono ridendo e commentando tutte quelle
eleganti famiglie e coppie che camminavano per cercare i loro posti.
Poi tornarono giù è, dopo un tempo davvero breve
si trovarono sul palco.
Il sipario si aprì. Il corpo di ballo
fece una semplice coreografia di presentazione, Taylor entrò
in scena con Sean e un’altra ragazza, Katy, per posizionarsi
ad un lato del grande letto che era al centro del palco.
Seduti sul letto, la soprano che faceva la
Contessa, Carlotta, e la ballerina che impersonava il Muto, i volti
nascosti dietro un ventaglio, per far credere che si stessero baciando.
Tra poco toccava a lei. Taylor inspirò
profondamente, imponendosi di mantenere l’espressione adatta
alla scena e di non lasciarsi spaventare dalla consapevolezza della
presenza del pubblico.
La sua musica partì, attese
l’attacco e in quell’esatto momento un brivido la
percorse, e la voce nacque perfetta dalle sue labbra.
-Sarebbe
proprio un colpo al cuor
Sarebbe proprio un colpo al cuor
Se mai li trovasse insieme il signor…-
C’era riuscita, quasi non poteva
crederci! Ma non si deconcentrò, rimase nella parte, mentre
il tenore che impersonava il Conte, Uberto, entrava in scena, e il Muto
si travestiva in fretta da donna.
Le voci dei protagonisti riempirono
l’aria, non di molto superiori di livello a quella di Taylor,
come notarono in molti.
Finì il primo atto, e tutti corsero
dietro le quinte, chi per farsi rifare il trucco, chi per farsi
aggiustare un vestito rotto, chi per riprendere fiato.
L’orchestra, intanto, donava al pubblico un leggero
sottofondo.
Taylor, passando dietro la quinta posteriore,
avvertì un rumore sopra di sé ed alzò
lo sguardo. Scrollò le spalle e continuò a
camminare: probabilmente Joseph Buket stava lavorando per sistemare la
scenografia successiva.
La pausa durò mezz’ora. Il
secondo atto iniziava con la scena dei contadini, così
Taylor e il resto dei solisti secondari, così come i
ballerini, la passarono cambiandosi i costumi. Poi salirono sul palco e
di nuovo il sipario si aprì.
Le luci erano un po’ più
basse. Ora il pubblico, contrariamente a quanto era successo prima, era
perfettamente visibile, ma Taylor non ci diede peso. Non
immediatamente, almeno.
Iniziarono alla perfezione: loro cantarono in coro
girando per il palco senza intralciare i ballerini, che eseguivano la
loro complicata coreografia. Poi si fermarono, tutti rivolti al
pubblico, mentre il corpo di ballo iniziava una serie di bellissime
piroette.
Fu in quel momento che Taylor notò che
qualcosa non andava. D’improvviso l’espressione di
tutto il pubblico che rientrava nel campo visivo di Taylor
mutò, diventando… spaventata? Non poteva dirlo
con certezza per via delle luci, ma sembravano tutti diventati
all’improvviso pallidi, ed erano come pietrificati.
Taylor tornò a concentrasi sullo spettacolo, i
ballerini erano alla terza serie di piroette e loro dovevano
ricominciare a camminare. Si voltò, ma si trovò
qualcosa penzolare davanti al volto. Si accigliò mettendolo
a fuoco… dei piedi?
Senza riuscire a comprendere alzò lo
sguardo e sbarrò gli occhi, sgomenta: si trovò a
poca distanza il volto di Joseph Buket, quasi cianotico, i contorni
degli occhi violacei, i bulbi rossi fuori dalle orbite.
Una corda attorno al collo.
Impiccato a un soppalco.
Taylor gridò, e tutti si voltarono,
accorgendosi così del cadavere che penzolava lentamente al
centro del palco.
____________Nota
di Herm90
Che ne pensate della
scena finale? Non capisco se è abbastanza evocativa^^
Grazie a: Titty90 (ma come non l'hai capito
perchè non li ho messi insieme?^^ vediamo se indovini... era
questa la sensazione che avevi avuto riguardo allo spettacolo? XD), armony_93 (ma io sono contenta anche se
ti ripeti! grazie tesora!), scricciolo91 (debutto un po' traumatico
direi^^ te l'avevo detto che le cose inquietanti non erano finite^^),
_AquaPrincess_
(hai capito perchè? really? vedremo XD), DreamGirl91 (beh, per ora sono scusate dal
ritenerlo così, dai XD), Vivy93 (nuuu addirittura paura?^^
spero che mi perdonerai quando capirai il motivo della mancanza di
Chaylor^^), Sinfony (e gli affari inquietanti
continuano^^ bacio^^), DarkGiliath (XD immagino che tu sia ancora
più terrorizzata a questo punto!^^ sono contenta
è proprio quello che volevo succedesse!) e Checie (eeeeeeeeh... boh! dipende! Un
fantasma può mandare lettere? Chi lo sa XD).
Siete le migliori vi
lovvo troppo!!!
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Capitolo 10 *** capitolo ottavo ***
Capitolo
ottavo
Il caos imperversò in un attimo. Taylor
era paralizzata, non riusciva a muoversi, nemmeno più ad
urlare.
Continuava a fissare quei piedi, quel volto.
Chad la afferrò e la
trascinò via dal palco.
Non appena raggiunsero gli altri, il ragazzo
abbracciò Sharpay costringendola a smettere di guardare il
cadavere mentre alcuni uomini si affrettavano a nasconderlo anche al
pubblico.
-McKassy, qui nessuno ha un telefono…
corri a cercare un cellulare, dobbiamo chiamare un’ambulanza,
e la polizia…- disse la Darbus, decidendo erroneamente che,
visto che Taylor non gridava e non piangeva, doveva essere la
più tranquilla tre i suoi studenti.
Nonostante tutto questa fu una buona idea,
perché Taylor aveva bisogno, nei momenti di panico, di avere
qualcosa di preciso da fare, e quell’ordine la
aiutò a tornare in sé, per quanto fosse
possibile.
Così, si lasciò indietro il
gruppo e corse, passando dietro le quinte, a cercare qualcuno che
avesse un cellulare.
Nel buio, andò a sbattere contro
qualcosa e cadde a terra.
Alzando lo sguardo vide un paio di scarpe e
capì, nonostante il buio non le consentisse di vedere altro
che i piedi della figura, che era andata a sbattere contro qualcuno
–Avete un cellulare?- domandò subito.
L’uomo non rispose, ma nell’ombra a Taylor parve di
averlo visto scuotere la testa, così si alzò e
riprese a correre.
Arrivò al corridoio, pieno di genitori
che cercavano di calmare i bambini dopo averli allontanati dalla
visione del corpo di Joseph Buket.
Domandò inizialmente solo alle persone
che erano riusciti a calmare i bambini, ma quando ottenne solo risposte
negative mandò al diavolo la delicatezza, rivolgendosi anche
a donne e uomini che sentivano a malapena la sua richiesta per via
delle grida dei figli.
Finalmente, un uomo udì la sua
richiesta di un cellulare e, affidando il figlio a quella che doveva
essere sua moglie, disse –Chiamo io la polizia, non
preoccupatevi!-
-Grazie!- rispose Taylor, e corse di nuovo in
sala.
Le guardie del teatro intanto avevano sbarrato le
porte del teatro, così che nessuno potesse uscire, e nella
sala era calata una calma spettrale e carica d’ansia.
I direttori, Moncharmin e Richard, erano
sconvolti: giravano qua e là senza scopo, pallidissimi e
sudati. Dopo un po’ vennero raggiunti da Madame Giry,
calmissima. La maschera porse loro una lettera che Taylor
riuscì a vedere solo di striscio e poi si
allontanò, lasciandoli ancora più agitati di
prima.
Taylor raggiunse i suoi compagni: i ragazzi erano
andati ad aiutare le guardie, come gran parte degli uomini, e le
ragazze erano sedute con la Darbus.
-Com’è potuto succedere?-
domandò Gabriella, a sé stessa e alle altre
–Come ha fatto?-
Sharpay sollevò un sopraciglio
–Credi sia stato un incidente?- domandò. Tutte si
voltarono verso di lei ad occhi sbarrati.
-Che altro? Andiamo, sarebbe davvero…
un assassinio?- domandò Kelsie scossa da tremiti continui.
-O un suicidio… non so, io non credo
che sia possibile un incidente del genere, no?-
-Oh, vi prego, non parliamone! La
polizia… loro capiranno cos’è successo,
non posso pensare che sia stato assassinato… vorrebbe dire
che l’assassino è ancora qui, magari non lontano
da noi…-
-Si calmi, signorina Montez, sono certa che
è stato solo un orribile, orribile incidente…-
affermò la Darbus, scossa quanto le sue studentesse.
Dopo poco tempo sentirono le sirene della polizia,
e una schiera di poliziotti entrarono nella sala, seguiti da due
barellieri. Questi ultimi caricarono subito il corpo di Buket, gli
controllarono senza troppa fiducia i segni vitali, poi fecero portare
un telo bianco col quale lo coprirono totalmente. Scortati da quattro
poliziotti, uscirono.
L’interrogatorio fu breve, per quanto
fosse possibile con tutte quelle persone. Non durò
più di un paio d’ore.
-Non… non so.- rispose Taylor quando un
giovane agente le domandò cos’era successo
esattamente –Io ero sul palco… mi sono voltata
e… me lo sono trovato davanti.-
Il giovane le mise una mano sulla spalla
–Beh, probabilmente è stato un
incidente… capita, e a quanto mi hanno detto quel tizio era
spesso ubriaco… non c’è nulla di cui
preoccuparsi.-
Il resto della polizia fu d’accordo: la
corda infatti si era incastrata per via di un nodo ad una carrucola.
Probabilmente, dissero, Buket aveva cercato di scioglierla, se
l’era poggiata sulle spalle, ma c’era stato un
cambio di scenografia e il pesante pannello di legno, abbassandosi,
l’aveva buttato giù.
Dopo un po’, tutto tornò alla
tranquillità, anche se tutti erano molto più
silenziosi del solito. I direttori non si vedevano da nessuna parte, e
la Darbus decise che era ora di andare a letto.
-Volete che stiamo un po’ assieme?-
proposero Ryan e Mark a Taylor e Kelsie: Chad infatti era andato nella
stanza di Sharpay, e Troy con Gabriella, per non lasciarle da sole.
-Oh, magari… non credo di poter
dormire.- accettò subito Kelsie.
-Io no, grazie mille ragazzi.- rispose Taylor
–Voglio solo mettermi a letto… grazie, comunque.-
-Sei sicura?- domandò Mark
–Insomma, sei tranquilla?-
Taylor scosse le spalle –Dopotutto
è stato un incidente, no? Devo… riprendermi dallo
spavento, ma non mi va di parlare, o cose del genere,
quindi…-
-D’accordo. Ma se hai bisogno, siamo
nella stanza di Kelsie, chiaro?- le ricordò Ryan. Taylor
annuì, salutò tutti e andò nella sua
stanza.
Si tolse i costumi di scena, li poggiò
su una sedia e si infilò la camicia da notte. Spense la
luce, fece per mettersi a letto, ma si rialzò e
andò ad accendere la luce, il cuore a mille.
Respirando profondamente, si disse che non
c’era niente da temere e spense nuovamente la luce. Rimase
per qualche istante immobile, per far si che i suoi occhi si
abituassero al buio, poi non appena l’oscurità
divenne penombra andò a letto.
Chiuse gli occhi, ma subito li riaprì e
scattò a sedere. Si calmò immediatamente: la
musica che ormai la accompagnava ogni notte si diffuse per la stanza e
un sorriso le si dipinse sul volto.
-Angelo…- sussurrò.
-Taylor…-
Sentire il suo nome cantato dolcemente da quella
voce, avvertì un brivido caldo: quando la chiamava
“musa” era diverso, ma sentirsi chiamare per nome
le dava la sicurezza che lui la conoscesse.
-Mi conosci.- constatò.
-Ti
conosco, mia musa…-
-Ma io non conosco te. Non posso…
vederti?-
-Desideri
vedermi?-
-Si… si, mio Angelo… sei qui
vero? Ti sento… ti ho sentito anche sul palco,
cantando… sei tu il mio canto… Ti prego,
mostrati, svelami il tuo incanto…-
-Taylor,
tu non mi conosci… vivo
nell’oscurità… guardati dentro lo
specchio, ed io sono là…-
Taylor guardò lo specchio, aspettandosi
di vedere la sua immagine riflessa. E la vide, ma solo a
metà. L’altra metà dello specchio era
scomparsa, e c’era solo buio.
Si alzò dal letto e si
incamminò, scalza, verso lo specchio. Col cuore che batteva,
lo sfiorò, e questo si spostò un poco: era una
specie di porta! Entrò nel buio che c’era al di
là dello specchio e voltandosi vide la sua camera.
Tirò lo specchio, e vide che non era affatto uno specchio da
quel lato: era un semplice vetro, attraverso il quale si poteva vedere
tutta la sua stanza!
Rabbrividì, ma la voce
dell’Angelo giunse nuovamente a lei, più vicina di
quanto non fosse mai stata.
-Sono il
tuo Angelo vieni…-
Taylor si voltò e sussultò:
davanti a lei, nell’oscurità, c’era
qualcosa. Fece un passo avanti, e riconobbe la figura di un uomo, anche
se ancora non poteva vederlo.
-Vieni,
tu sei la mia musa…-
_______________Nota
di Herm90
Alluuuuuura che ne dite?
Funziona? Si capisce più o meno la storia dello specchio?
Grazie a: armony_93 (XD sti flashback... vedilo
intero sto film no? XDD), _AquaPrincess_ (XD si lo sospettavo che della
sua morte non vi sarebbe dispiaciuto troppo^^), DreamGirl91 (XD ma come non ti ricordi che
moriva? Parlerò con l'assassino, se esiste, vedrò
cosa può fare^^), Titty90 (wow ma sei una strega, la
Cooman dei babbani! Hai indovintao sullo specchio XD brava sister!), Checie (glatie! beh... può
darsi che abbia a che fare con lui^^ o forse no...
chissà^^), Sinfony (tu dunque non hai visto il
film... beh, hai detto "smascherarlo"... è il termine
esatto! Vedrai perchè^^), scricciolo91 (giusto non fa una piega^^) e DarkGiliath (beh, non so se la inserisco la
perte del cimitero^^ il punto è che non è solo il
papà che manca se noti^^ come colpa mia? è un
film bellissimo, dovresti dire "merito mio" XD)
Nuovo
indovinello:
visto che con la storia dell'indovinello vi eravate prese bene,
replico. In uno dei prossimi capitoli (da qui alla fine) ci
sarà un indizio su ciò da cui è tratta
la mia prossima ficcy... vediamo se lo indovinate! XD
VVTB ragazze!!!!!!!!!
Baciotti!!!!
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Capitolo 11 *** capitolo nono ***
Capitolo nono
Taylor osservò la forma, un
po’ spaventata ma anche molto curiosa.
-Bramo la
dolce mia musa…-
Taylor guardò per un attimo il vetro
dietro di sé e fece un altro passo avanti, entrando
completamente nel buio.
La figura stese un braccio verso di lei,
porgendole la mano.
-Dammi la
mano mia musa…-
Taylor lo fece, poggiò la sua mano su
quella della figura, coperta da un guanto nero. La mano della figura
ebbe un lieve tremito a quel contatto.
-Sto sognando?- domandò Taylor con poca
convinzione.
La figura non rispose, ma la invitò
gentilmente a seguirlo, sempre tenendola per mano. La guidò
lungo un corridoio buio, dove neanche quando si fu abituata al buio
potè vedere altro che ombre. Riuscì a comprendere
che l’uomo indossava un mantello, che doveva essere nero, ma
niente di più.
Continuarono a camminare senza una parola. Poi,
pian piano, una lieve luce iniziò a illuminare i loro passi
e alcune torce iniziarono a comparire, attaccate al muro, riempiendo
l’aria di una leggera luce rossa.
Non appena la luce fu sufficiente Taylor si
fermò. Lui comprese la sua muta richiesta di vederlo bene:
rimase per un secondo incerto, poi si voltò verso di lei.
Taylor trattenne il respiro e strinse la mano
guantata di lui, sorpresa.
Era un uomo, un uomo vero, non un angelo
né una voce… era un uomo in carne ed ossa.
Vestito completamente di nero, in modo strano, fuori dal tempo, con un
mantello nero sulle spalle. Era più alto di lei, con un
fisico atletico ma non troppo muscoloso. Fu il suo volto ciò
che più sorprese Taylor: non poteva vederlo tutto,
poiché la parte destra di esso, dalla fronte fino a poco
sotto il naso, era coperta da una maschera bianca. Da quel che si
vedeva era molto bello, aveva la pelle chiara, i capelli
neri… e gli occhi scuri e pieni di tristezza.
-Mi temi?- domandò, e per la prima
volta Taylor lo sentì parlare, anziché cantare.
La sua voce era altrettanto bella, profonda e lievemente roca. Taylor
si trovò senza nemmeno rendersene conto a scuotere la testa
in segno di negazione, e una scintilla di speranza si accese negli
occhi dell’uomo, ma scomparve subito dopo, come se qualcosa
gli fosse tornato d’improvviso alla mente.
Si voltò, e la guidò lungo
il corridoio ora illuminato finché non giunsero sulla sponda
di un lago sotterraneo. Le lasciò la mano e si
allontanò un po’: tornò trascinando una
piccola barca, una specie di gondola nera.
Con dolcezza le prese nuovamente la mano e la
aiutò a salire. La fece sedere, prese un lungo remo e,
rimanendo in piedi in fondo alla barca, iniziò a remare.
Taylor si sporse un po’ per vedere
l’acqua, e capì che doveva essere molto profonda.
Superarono una coltre di teli neri e di nuovo Taylor sentì
il respiro mancarle.
Si trovavano in una specie di grotta che si
sviluppava attorno al lago, illuminata molto fiocamente da alcuni
candelieri che mostravano quello che avrebbe potuto essere definito
l’arredamento di una casa: c’era un tavolo
abbastanza lungo, con due sedie e un piccolo candelabro al centro, e un
grande organo ad un lato, con accanto un tavolo carico di fogli, con un
calamaio e una piuma poggiati in un angolo. Si vedevano delle scale,
che salivano verso una seconda porzione della grotta che
però Taylor non poteva vedere perché era
circondata da teli.
L’uomo, l’Angelo,
fermò la barca sulla sponda, e scese per primo per poi
aiutare lei a fare lo stesso.
Taylor si guardò attorno, osservando
ogni cosa di quel magico antro –Tu vivi qui?-
-Qui, si. Qui, dove regna la musica,
dove…- si interruppe, e cantò sottovoce
-…dove
perdo per sempre memoria del mondo…-
-Perché hai voluto portarmi qui?-
-Hai detto di volermi vedere.-
-Certo, lo volevo… lo voglio. Ma
perché proprio io?- domandò Taylor, desiderosa di
capire chi fosse davvero quell’uomo.
Lui le sorrise leggermente –Sempre
ti ho sentita… era un palpito il canto tuo…-
le accarezzò la guancia, dolcemente, come se non osasse
toccarla –E ho
voluto portarti con me, ho voluto te qui per cantarmi così
le mie note…- distolse lo sguardo
–Canteresti per me?- le domandò –Un
giorno?-
Un sorriso le nacque spontaneo sul volto
–Tu sei il mio Angelo. Da quando sono qui, ho sempre cantato
per te.-
Di nuovo, per un istante, vide una luce di
felicità nei suoi occhi neri, che di nuovo venne sostituita
dalla tristezza dopo un breve istante.
-Ma chi sei? Qual è il tuo nome?- gli
domandò.
Parve che l’uomo dovette rifletterci un
secondo prima di poter rispondere –Erik. Mi chiamo Erik.-
-Ho creduto che tu fossi davvero un angelo.- disse
Taylor –La tua voce… cantami qualcosa, ora che
posso vederti, ti prego.-
Lui si tolse i guanti e le prese la mano di nuovo.
Taylor avvertì un brivido sentendo la sua mano in quella di
lui, era così fredda…
La portò verso l’organo e si
sedette, facendola accomodare accanto a sé.
Iniziò a suonare lievemente, con grazia, e la sua voce calda
riempì l’aria
-Quando
brami strane tentazioni
Quando
vuoi oscure sensazioni
Nella
notte senti immensi sogni ardenti…
Notte,
lieve, colma di splendore…
chiama,
senti, offrile il tuo cuore…
Guarda
gli occhi miei, come in sogno ti vorrei…
non
sarà la luce che davvero vuoi?
La
notte dolce musica per noi…
Chiudi
gli occhi e arrenditi adesso puoi…
per
salvarti i tuoi sogni infiammerò…
Chiudi
gli occhi e il tuo Angelo sarò…
fantasie,
nel tuo calice berrò…
Notte,
nera, che ti avvolge adesso…
tinte
tetre… sei in mio possesso…
Vivi
e capirai, nell’immenso volerai,
se
non hai confini so che tu lo vuoi…
La
notte dolce musica per noi…
Senti
ormai la passione muta fugge via,
coi
pensieri di un mondo non più tuo…
Volerà
dove offenderci non può…
Con
l’idea, che persa in me ti avrò…
folle,
scorre, velenosa ebbrezza…
Dammi,
ama, prendi ogni carezza…
resteremo
qui, lascia nascere così,
quell’immagine
d’amore che tu vuoi…
può
tutto questa musica per noi…
evochi
mia musa se lo vuoi,
sempre
immensa musica per noi…-
Continuò a suonare quella dolce
melodia, e Taylor avvertì una strana calma prendere il
sopravvento sulla sorpresa provata dalla rivelazione sulla natura del
suo Angelo. Le emozioni della giornata la sopraffecero prendendo la
forma di una dolce sonnolenza che la avvolse lentamente, e senza
pensarci si trovò a poggiare la testa sulla spalla di lui,
sprofondando nel sonno.
Erik la sollevò con delicatezza e si
alzò, tenendola tra le braccia. Salì le scale e
scostò una tenda, che rivelò un letto a forma di
cigno nero. La poggiò sul materasso bianco, facendo
attenzione a non svegliarla, e le accarezzo il volto. La
osservò, si inginocchiò accanto al letto e le
baciò la mano. Poi si rialzò, fece scendere una
leggera cortina nera attorno a lei, perché la luce delle
candele non disturbasse il suo riposo, e la lasciò.
____________Nota
di Herm90
Era il turno di Orgoglio
e Pregiudizio, lo so... ma ho scritto questo chap e mi sembrava inutile
tenerlo lì XD
Grazie a: armony_93 (uhm... poca Chaylor vero?
eeeeeeh...^^ hai poi trovato il film?), Checie (XD c'è ancora
qualche dubbio, ma spero che per ora ti basti aver conosciuto Erik!), scricciolo91 (l'Angelo della Musica per voi!
Spero di averlo descritto a dovere^^), DreamGirl91 (ed ecco il mio amore! Visto?
Non sono molto soddisfatta della descrizione... ma come rendere a
parole tale perfezione?), Titty90 (ecco ehm... beh, diciamo che
il termine che hai usato, "fantasmino adorato", anche se fa pensare
più a Casper^^, è adatto a farti capire quanto io
sia propensa a Chaylor in questa ficcy XD),
_AquaPrincess_
(fatto fatto fattoooooooo! XDD visto? Nulla di cui preoccuparsi no?
XD), Vivy93 (XDDD mi sono scompisciata
leggendo la tua recensione!!! Sembravo una cretina a ridere da sola!
Certo certo, in realtà Erik è Gollum
travestito... e ovviamente si, è stata Madame Giry a
uccidere Buket, era innamorata di lui XDD) e DarkGiliath (aaaaaaah perdendo colpi?
Voglio sperare di no! Ma hai ragione, lo scorso capitolo era molto
moscio^^ e grazie sono contenta che me l'hai detto, almeno so che
quando mi merito una rimbeccata me la date! spero di essermi un po'
rifatta con questo... non ti è piaciuto il film, noto^^)
VVTB!!!!!!!!
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Capitolo 12 *** capitolo decimo ***
Capitolo
decimo
Taylor si passò una mano sugli occhi
per svegliarsi. Poi li aprì, e dovette sbattere
più volte le palpebre prima di ricordarsi tutto
ciò che era accaduto la notte prima e convincersi che non
era stato un sogno.
Quasi le mancò il fiato: cosa le era
passato per la testa?
Aveva seguito uno sconosciuto in un posto
sotterraneo, dove nessuno l’avrebbe trovata se le fosse
successo qualcosa!
Si alzò dal letto scostando le cortine
nere attorno ad esso e si mosse in punta di piedi per evitare di fare
il minimo rumore.
Si trovava in una specie di stanza, ricavata con
delle tende attorno a uno spazio. Scostò una delle tende e
lo vide.
Era seduto all’organo, dunque lo vedeva
di profilo… un profilo coperto dalla maschera bianca.
Rimase immobile, osservandolo. Lui…
Erik, così aveva detto di chiamarsi, era chino su alcuni
fogli e vi scriveva con alacrità, l’espressione
concentrata, quasi catturata.
All’improvviso si accorse che lei era
alzata e, anche a quella distanza, Taylor poté vedere il suo
viso illuminarsi. Si alzò, e si affrettò a
raggiungerla, salendo le scale senza distogliere lo sguardo dal volto
di lei nemmeno per un istante.
-Bensvegliata, mia dolce musa…- disse
con voce calda.
Taylor d’istinto fece un passo indietro:
non sapeva nulla di quell’uomo.
E se fosse stato malintenzionato,
cos’avrebbe fatto? Chi sarebbe andato ad aiutarla,
laggiù dove lui l’aveva portata?
Vedendola indietreggiare, cogliendo probabilmente
i suoi pensieri, lui si fermò qualche scalino prima di
raggiungerla, e sul suo volto la felicità venne sostituita
da una triste consapevolezza –Perdonami.- le disse
–Ti ho spaventata… come ho potuto farti una cosa
del genere? Che razza di mostro sono, portarti qui, senza che tu abbia
la minima idea di chi io sia?-
Incerta se quelle parole indicassero che poteva
fidarsi o che era un pazzo, le lo guardò ancora qualche
istante.
-Perdonami… credevo che tu volessi
vedermi, solo ora mi rendo conto che non mi conosci… io
conosco te, ma questo non…- abbassò il volto e si
voltò –Vieni, ti riporto in camera tua. Non voglio
che tu rimanga qui contro la tua volontà.-
Taylor lo seguì mentre scendeva le
scale. Eppure aveva una strana sensazione… la sua voce, il
modo in cui camminava, il suo sguardo quando le aveva detto che
l’avrebbe riportata in camera… era strano,
particolare: le sembrava che stesse rinunciando a qualcosa che per lui
era davvero importante, e le ritornò in mente ciò
che aveva detto la sera prima.
Continuò a riflettere per tutto il
percorso: sulla barca mentre attraversavano il lago, poi nel lungo
corridoio buio.
Ma prese la sua decisione solo quando arrivarono
allo specchio.
Vedere la sua stanza, avere la completa
consapevolezza che con lui non correva rischi, che non voleva farle del
male, le fece comprendere che non era giusto lasciarlo così.
Lei aveva voluto vederlo, gliel’aveva
chiesto.
Lui aveva esaudito il suo desiderio, non poteva e
non voleva lasciarlo senza prima vedere un sorriso sul suo volto.
-Oh, no!- esclamò Taylor
all’improvviso.
-Cosa succede? Ti sei fatta male? Hai bisogno
di…- domandò lui voltandosi verso di lei,
allarmato.
-No, no… solo… mi sono
ricordata di cos’hai detto ieri, che volevi che cantassi per
te… non l’ho fatto…-
Lui non rispose, la osservò nella
semi-oscurità di quell’ultima parte del corridoio,
incerto.
-A questo punto… è
necessario che io torni di nuovo.-
Il sorriso che nacque sul volto di Erik era
così raggiante che avrebbe potuto illuminare
l’intero corridoio.
-Lo vuoi davvero?- lei annuì, sincera,
ed Erik le prese la mano tra le sue, baciandogliela –Torna
quando vuoi… chiamami, e io sarò al tuo fianco.-
Aprì lo specchio e la fece passare,
tenendole la mano. Taylor superò la superficie liscia e
fredda dello specchio, poi si voltò per salutare Erik. Ma
non vide nulla, se non la sua immagine riflessa: lo specchio era chiuso
e lui se n’era andato… o forse la stava
osservando, dal corridoio buio.
Questo pensiero, che normalmente
l’avrebbe inquietata, la fece sorridere, e si
avvicinò poggiando la mano sullo specchio.
Qualcuno bussò alla porta, e Taylor
sussultando si voltò –Avanti.- disse
più che altro per abitudine. In realtà non le
andava di essere disturbata. Aveva bisogno di stare sola, di riflettere
su quanto era accaduto quella notte.
Di comprendere il motivo per cui lui aveva scelto
lei, tra tutti, da portare nel suo rifugio.
Di capire perché lei stessa sentisse il
desiderio di tornare in quel mondo sotterraneo, e di rivederlo.
Di scoprire il motivo della tristezza dei suoi
occhi, di penetrare il mistero che, ne era certa, costituiva la sua
vita.
Eppure ormai aveva risposto e la porta si
aprì –Ehi, Tay, ma come non sei ancora pronta?-
domandò Kelsie entrando –Dai, su, vestiti, ci
aspettano!-
-È già ora di colazione?-
domandò lei tirando fuori i vestiti dall’armadio.
-Colazione?- rise Kelsie –Di pranzo vuoi
dire. I direttori ci hanno lasciati dormire oggi, avevano delle cose da
fare per quello che… insomma… per ieri sera.-
disse tornando seria.
-Giusto… beh…
d’accordo arrivo subito.- disse Taylor, e Kelsie
uscì.
Taylor fece per sfilarsi la camicia da notte, ma
se la rimise di scatto voltandosi verso lo specchio. Ora che sapeva che
lui poteva osservarla, non si sentiva molto a suo agio. Ma qualcosa le
disse che lui non l’avrebbe guardata mentre si cambiava, e
tornò tranquilla.
Pranzarono in un self service e Taylor fu la
seconda a pagare. Poi raggiunse Gabriella, che era andata a occupare il
tavolo dopo aver pagato per prima.
Gabriella era la sua migliore amica. Non avevano
avuto occasione di parlare molto in quei giorni: era il primo viaggio
che lei e Troy facevano insieme e ovviamente volevano stare soli. Ma
Taylor decise che se c’era una persona con cui parlare di
quello che era successo, o almeno provarci, era Gabriella.
-Senti…- disse.
-Si?-
-Se ti dicessi che…- si interruppe,
incerta se continuare.
-Che?- la incoraggiò prontamente
Gabriella.
-Che credo di aver visto il Fantasma
dell’Opera?-
Gabriella rimase qualche istante zitta, a
fissarla, poi finalmente, serissima, disse –Beh, possibile.
Io l’altro ieri ho visto il dottor Van Helsing, mi ha detto
di salutarti.- concluse per poi scoppiare a ridere
–Sarà stata un’ombra, Tay. Non
c’è nessun fantasma, è una leggenda.-
Taylor si costrinse a scoppiare a ridere
–Già, probabilmente hai ragione…
sarà stata un’ombra, e lo spavento di ieri sera ha
fatto il resto…- disse, decidendo di non dire nulla a
nessuno di Erik. Se Gabriella non le credeva, certo non lo avrebbero
fatto gli altri.
E poi, forse, non aveva mai avuto davvero
intenzione di parlargliene davvero.
Qualcosa le diceva che era un bene che solo lei
fosse a conoscenza del suo rifugio.
Soprattutto finché non avrebbe scoperto
il motivo per cui un uomo dovesse decidere di vivere nel sotterraneo
del Teatro dell’Opera.
____________Nota
di Herm90
rieccume!!! (nooooooo
NdT)
Grazie a: scricciolo91 (sono contenta che ti sia
piaciuta la descrizione!), Sinfony (beh il fantasmino
verrà smascherato + in là^^ preciso che la
canzone non è di mia invenzione^^), armony_93 (io non ti dico nulla^^
vedrai^^), DarkGiliath (bene continua a commentare con
sincerità perchè temo di aver fatto di nuovo
qualche caduta in questo chap! ma non riesco a capire in che punto), Titty90 (lo soooooooooo ma quelle due
ficcy dovranno attendere un ritorno di fiamma^^) e Checie (fosse così
semplice, avrei già il mio Angelo personale... e ti assicuro
che non passerei il tempo qui a scrivere XDDD)
baci a tutte!!!!!!!!
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Capitolo 13 *** capitolo undicesimo ***
Capitolo
undicesimo
Era con lei.
Avvertiva il suo sguardo, lo sentì su
di sé tutto il giorno.
Percepiva la sua presenza, come un vago profumo
stranamente familiare ma al contempo estremamente misteriosa.
Aveva avuto paura, in quell’antro buio,
quella notte. Ma ora, lontana da lui, per quanto consapevole che Erik
era lì da qualche parte, e la osservava, avrebbe tanto
desiderato tornarci.
Era consapevole di quanto fuori dal mondo fosse
quella situazione: un uomo che vive nei sotterranei di un teatro la
spiava da uno specchio. Quale persona sana di mente, invece di correre
a chiamare la polizia, avrebbe desiderato tornare nel luogo in cui
l’uomo viveva?
Ma ogni volta che questi pensieri la sfioravano,
nella sua mente esplodeva l’immagine di quello sguardo
triste, colmo di malinconia, e nelle sue orecchie risuonava
l’eco lontana di quella voce vibrante e calda.
Chad si era accorto che Taylor era strana.
Qualcosa in lei non andava, era diversa dal solito. Sembrava
trasognata, come concentrata su qualcosa di lontano. Così
quella sera, dopo cena, decise di andare ad indagare: dopotutto era la
sua migliore amica, voleva sapere se aveva qualche problema.
-Avanti.- disse Taylor quando sentì
bussare –Chad! Ciao! Come mai non sei con Sharpay?-
Chad arrossì e abbassò lo
sguardo mentre chiudeva la porta –Senti… lo so,
sono stato parecchio con Sharpay in questa gita, è
che… da quando stiamo insieme è la prima volta
che facciamo un viaggio, quindi…-
-Ma no, non volevo farti sentire in colpa.- lo
interruppe lei scoppiando a ridere –Non è un
problema, vi capisco, davvero.-
-Bene.- sorrise Chad –Però
stasera Sharpay è con Gabriella e io voglio stare un
po’ con la mia migliore amica, se a lei sta bene.-
-Uhm… dovrò controllare la
mia agenda…- disse lei fingendo di riflettere –Che
scemo, certo che mi va bene, dai vieni.-
Si sedette sul letto e lui la raggiunse,
passandole un braccio attorno alle spalle.
Parlarono per ore, di tutto, come facevano sempre.
Tra loro c’era un rapporto splendido, e anche se ora lui era
fidanzato non si era consumato affatto, erano come fratello e sorella.
Eppure, a tratti, Taylor avvertiva una strana
sensazione. Mentre parlava con Chad, si trovava a voltarsi verso lo
specchio, quasi aspettandosi di vederlo scorrere nel muro. Poi
però si rendeva conto che di certo Erik non sarebbe arrivato
mentre era con Chad, e tornava a chiacchierare normalmente.
Al ragazzo però non sfuggivano questi
suoi improvvisi cambiamenti, e approfittò di uno di essi per
interrogarla sul suo comportamento della giornata –Tay, stai
bene?-
-Come?- domandò lei stupita.
-Sei davvero strana oggi. È successo
qualcosa? Lo sai che con me puoi parlarne.-
-Ma… no… davvero
tutto… tutto ok.- balbettò Taylor: odiava
mentirgli, ma non voleva dirgli la verità.
-Ok… come dici tu…-
annuì lui poco convinto –Ma se qualcosa non
và… o se qualcuno ti fa star male…
o… qualsiasi cosa succeda… lo sai che io sono
sempre qui per te, vero?-
Taylor si sciolse in un sorriso, intenerita da
quelle parole –Ma certo.- disse abbracciandolo
–Certo, lo so. Stai tranquillo, io sto bene.-
-Ok. Ora è tardi, io vado a
letto…- la baciò sulla guancia
–Riposati, mi raccomando.-
Quando fu uscito dalla stanza, Taylor rimase
immobile per qualche minuto, aspettando di sentire la porta della
stanza di Chad. Poi si alzò dal letto e andò
davanti allo specchio –Erik?- chiamò, ricordando
che lui le aveva assicurato che avrebbe risposto alla sua chiamata, che
se lei l’avesse chiamato, lui sarebbe stato al suo fianco.
Attese qualche momento, fissando lo specchio, poi
ripeté –Erik?-
Non accadde nulla… forse doveva
bussare? Tentò, e si mise in attesa. Ma dopo cinque minuti,
ancora non era accaduto nulla.
Le venne in mente che forse doveva cantare:
intonò, a voce non troppo alta per non svegliare gli altri,
un breve pezzo della canzone che lui aveva cantato per lei la notte
prima.
Di nuovo, nulla accadde.
Fu colta da un’ondata di tristezza: si
sentiva abbandonata, in parte, ma ciò che più la
disturbava era il dubbio che si era fatto strada nella sua testa: era
possibile che avesse solo sognato? Che non ci fosse alcun tunnel,
dietro lo specchio, che Erik non fosse altro che il frutto della sua
fantasia, un sogno troppo realistico dovuto alla paura provata la sera
dello spettacolo.
Il suo cuore si ribellò a quella
possibilità, ma la parte razionale di lei non poteva evitare
di considerarla.
Di nuovo provò a chiamarlo
–Erik?- chiamò a voce un po’
più alta –Erik…- sussurrò,
sfiorando il vetro con la mano.
Non avrebbe risposto. Lo sentiva, e la tristezza
s’impossessò di lei.
Perché le aveva mentito? Aveva detto
che sarebbe tornato, e invece non lo aveva fatto.
Spense le luci, e lacrime amare si impossessarono
dei suoi occhi. Sapeva che era stupido: l’aveva visto una
sola volta, piangere per lui era impensabile. Eppure la sensazione di
essere stata abbandonata non accennava a lasciarla.
Si mise sotto le coperte e strinse le braccia al
petto: immediatamente una musica si diffuse nella stanza, dandole una
fitta al cuore: piacevole, perché era una prova che lui
esisteva, ma allo stesso tempo dolorosa, perché significava
che lui non era voluto andare da lei.
Dopo qualche istante, mentre il sonno cominciava a
coglierla, la voce ormai familiare di Erik, del suo Angelo,
risuonò tra le mura, vicina come non lo era mai stata se non
la sera prima. Se fosse stata completamente sveglia, avrebbe compreso
che lui era lì, proprio accanto al suo letto. Ma la musica
la cullava, e i suoi sogni furono accompagnati dalle parole della
canzone, cantate dalla voce roca e tormentata di lui…
Dio,
ma quanto è ingiusto il mondo
Bello
in lui e brutto in me
Io
la luna te la prendo
Ma
non strappo amore a te
Lui,
con quella sua freddezza
Senza
te nei suoi pensieri
Trova
in te la tenerezza
Là,
nei tuoi occhi neri
La vide assopirsi al suono della sua voce e si avvicinò un
poco di più al letto.
E
tu gli aprirai il tuo corpo
Entrerà
coi giuramenti
Tu
l'ami, ma l'ami intorno
Non
sai che non c'è niente dentro
Dio,
ma quanto è ingiusto il mondo
Io
nessuno e lui Signore
Ti
dà, senza che domandi
L'universo
dell'amore
Come aveva potuto pensare che lei avrebbe potuto vedere in lui, oltre
la sua maschera, vedere il suo cuore carico d’amore?
Dio,
ma quanto è ingiusto il mondo
Ama
il tuo bel cavaliere
Tu
sei liscia come un onda
E
io sponda di miserie
Con
la mia bruttezza insulto
La
bellezza tua insolente
La
natura sbagliò tutto
Mi
ha fatto male, mi ha dimenticato
Quella maschera, la sua tortura, era una barriera tra di
loro… eppure, sapeva che solo grazie a quella poteva
avvicinarsi a lei senza turbare i suoi sogni.
Dio,
ma quanto è ingiusto il mondo
Zero
a noi e tanto a loro
Se
la nostra razza è immonda
Di
che razza è il loro cuore?
Sono
nati nei merletti
Per
far l'amore e la guerra
Ma
anche a noi, stracci della terra
La
vita piacerebbe bella
Lui avrebbe avuto il suo amore, quel ragazzo che con tanta
familiarità si sedeva accanto a lei, sul suo letto, e le
baciava la guancia.
Ma
da quale parte è Dio
Se
ne sta con gli ostensori
O
qui, dove lo prego io
Dal
mattino fino a sera
Gesù
Cristo che adoriamo
Quali
figli preferì?
I
Re Magi e il loro oro
O
noi, che strisciamo qui?
Trovò il coraggio di inginocchiarsi accanto a lei, e le
sfiorò i capelli con la mano guantata.
Dio,
com'è crudele un mondo
Che
non sa legare i cuori
Sono
brutto e tu sei bella
E
mai mi amerai mai
Si allontanò da lei, senza smettere di osservarla, e
tornò allo specchio. Rimase un attimo immobile, poi si
voltò e tornò nel suo regno buio, solo.
__________Nota
di Herm90
Era un po' che non
aggiornavo qui^^ la canzone è "Dio ma quanto è
iingiusto il mondo", Notre Dame de Paris
Grazie: Titty90 (sisteeeeer lo so^^ prima o poi
le continuerò davvero^^), armony_93 (tu povera di chiacchiere?
impossibile XD comunque... eeeeeh^^), Checie (ciau! Non sono ancora riuscita
ad andare a vedere le tue storie... la vecchiaia mi danneggia la
memoria XD ma prometto che andrò! Grazie!), scricciolo91 (la canzone dovrebbe dare
qualche idea su ciò che è nascosto dalla
maschera^^), DarkGiliath (lo spero^^ credo di aver
individuato il problema... appena riuscirò a risolverlo
sperò di tornare in "linea"^^ ho fatto un errore nella
programmazione di questa ficcy, diciamo...) e DreamGirl91 (eeeh no cara niente premio XD
Juan andrà a qualcun'altra^^ ma su, tu hai Draco XD)
VVTB a tutte!!!!
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Capitolo 14 *** capitolo dodici ***
Capitolo
dodicesimo
Taylor si alzò presto la mattina
successiva, con gli occhi ancora stanchi per le lacrime versate durante
la notte. Sospirò pensando a colui che le aveva causate, e
si diede immediatamente della sciocca. Che senso aveva sperare che Erik
arrivasse, che la portasse nei sotterranei? Cosa sperava che sarebbe
successo?
Doveva dimenticare, semplicemente. Non doveva mai
più pensare all’Angelo della Musica, decise.
Uscì dalla stanza imponendosi questa
decisione, e andò con gli altri a colazione. Poi si recarono
nella sala del palco, per iniziare le prove della nuova opera,
L’Orfeo.
Ma in quel momento comprese quanto inutile fosse
la sua decisione. Non poteva aprir bocca, emettere suono, senza
avvertire la presenza di Erik in sé, nel suo cuore, nel suo
animo.
Nella sua mente risuonarono le parole di quella
canzone che lui le aveva cantato quando l’aveva portata
laggiù, nel suo regno sotterraneo…
Notte,
nera, che ti avvolge adesso…
tinte
tetre… sei in mio possesso…
Era così. Ora avvertiva il vero
significato di quelle parole. Non appena intonò la prima
nota della prima canzone che provarono tutto attorno a lei si tinse di
nero. L’oscurità la avvolse, e l’unica
cosa che le pareva di vedere chiaramente erano due occhi tristi,
malinconici… gli occhi di Erik.
Con l’animo riempito da quello sguardo,
cantò come se avesse già provato quella canzone
centinaia di volte, come se lei stessa l’avesse scritta, come
se la musica provenisse dal suo cuore.
Nel pomeriggio dovevano provare solo i
protagonisti, così il gruppo di Albereque decise di trovare
un nuovo posto per pranzare.
Taylor però non era a suo agio. Si
sentiva distaccata, come se le mancasse qualcosa. Cielo, era
così stupido, struggersi di dolore per uno sconosciuto!
Eppure non poteva evitare di domandarsi perché le avesse
mentito, perché le aveva detto che sarebbe arrivato al suo
richiamo quando non era così.
-Tay, stai bene?- le domandò Gabriella
inforchettando la sua bistecca.
-Si, certo…- rispose Taylor
giocherellando coi suoi funghi –Perché?-
-Non so… solo… mi sembri un
po’ soprappensiero.-
Taylor le assicurò che non aveva nulla:
eppure, per tutto il pomeriggio, pronunciò appena un paio di
parole, e si limitò a provare i vestiti che le sue amiche le
mettevano in mano. A malapena si accorse quando la convinsero a
comprare un vestitino bianco con la vita in stile greco, appena sotto
il seno, con le spalline sottili.
Tornarono in camera quella sera appena prima di
cena e Taylor indossò distrattamente l’abito
nuovo, visto che dovevano andare a cenare in un ristorante abbastanza
elegante che la Darbus aveva visto nel pomeriggio.
Dopo essersi cambiata non poté fare a
meno di fermarsi davanti allo specchio.
-Erik…- lo sussurrò, la sua
voce non le permise di fare di più. Si morse il labbro e
uscì dalla stanza.
La cena fu ancora più dura del
pomeriggio: destino volle che il ristorante si chiamasse “Le
Phantôme”, cosa che la fece rabbrividire e la
lasciò confusa e trasognata per tutto il pasto.
Tornò in stanza e fece per spogliarsi,
ma all’improvviso una inaspettata decisione
s’impossessò di lei: sarebbe andata a cercarlo
lei. Tirò specchio, cercando di farlo scorrere nel muro come
aveva fatto lui. Niente, lo specchio non si mosse. Provò a
tirare, ma nulla.
Si appoggiò allo specchio, riflettendo,
e quando si spostò sentì uno scatto. Stupita
guardò lo specchio e provò nuovamente a farlo
scorrere: si mosse immediatamente. Probabilmente c’era una
leva da qualche parte e l’aveva fatta scattare…
Fece scorrere completamente lo specchio e
osservò per un istante il buio della strada davanti a
sé. Qualcosa le diceva di non andare, una sensazione
spiacevole che non avrebbe saputo spiegare esattamente. Ma ancora gli
occhi di lui esplosero nella sua mente e questo bastò a
farle muovere il primo passo. Gli altri vennero da soli.
Si chiuse lo specchio dietro di sé e
camminò nell’oscurità sempre crescente,
tastando il muro con le mani e procedendo tentoni, facendo attenzione a
non scivolare sul pavimento umido. La prima volta che aveva percorso
quella strada era con Erik, non si era resa conto di quanto fosse
scomodo e inquietante quel luogo. Ora, sola, avvertiva lo squittire dei
ratti, e ogni volta che poggiava la mano sul muro le pareva di sentire
una ragnatela, o qualcosa di viscido che preferiva non identificare.
Arrivò alla porzione di strada
lievemente illuminata e ci volle poco perché raggiungesse il
lago.
Si guardò attorno, percorse la riva, ma
della barca nera non c’era nessuna traccia. Da una parte,
questo era un buon segno: significava che lui era lì,
dall’altra parte del lago. D’altro canto, tuttavia,
significava che avrebbe dovuto trovare un altro modo per superare il
lago.
Tornò ad esplorare la riva, prima verso
destra e poi verso sinistra, ma da entrambe le parti
incontrò un muro senza aver trovato alcun ponte. Dopotutto
avrebbe dovuto aspettarselo: se ci fosse stato un ponte
perché mai Erik avrebbe dovuto usare la barca?
Guardò dietro di sé,
valutando se tornare indietro. Ma non poteva sopportare
l’idea di arrendersi, e inoltre non era certa di riuscire a
far funzionare la leva dello specchio, rischiava di fare tutta la
strada per nulla.
C’era una sola soluzione, o almeno lei
non ne vedeva altre. Guardò incerta l’acqua scura
del lago e si sfilò le scarpe. Camminò in punta
di piedi sulla riva e mise in acqua prima un piede e poi
l’altro. L’acqua era fredda e rabbrividì
immediatamente, ma inspirando profondamente riuscì ad
immergersi del tutto.
Non era particolarmente brava a nuotare, ma sapeva
stare a galla e poteva cavarsela se si sforzava di ignorare quelle cose
viscide che le sfioravano le gambe.
Il lago era più grande di quanto
ricordava, fu stanca prima di riuscire a vedere il luogo in cui Erik
viveva.
Si fermò un secondo per prendere fiato,
poi diede una bracciata e sobbalzò: una mano fredda le aveva
afferrato il piede destro. La parte razionale di lei le fece capire che
non era di sicuro una mano, ma che probabilmente si era incastrata.
All’improvviso una corda cadde
dall’alto, e Taylor fece a malapena in tempo a fermarla con
un braccio prima che questa gli si stringesse attorno al collo. Se non
avesse avuto la prontezza di riflessi di alzare il braccio, si rese
conto, sarebbe finita strangolata.
Non ebbe il tempo di fermarsi a riflettere su
questo: qualsiasi cosa fosse quella che le bloccava il piede,
strattonò verso il basso: ebbe a malapena il tempo di
prendere fiato prima di trovarsi sommersa.
Guardò verso il basso, e non vide
nulla. Eppure, qualcosa la stava tirando verso il fondo, e la corda che
era caduta dall’alto continuava a stringersi, tagliandole il
braccio e il retro del collo.
Prese a dibattersi furiosamente, ma senza
successo. Lentamente ma inesorabilmente veniva trascinata sempre
più a fondo, e lei non riusciva più a trattenere
il fiato. Le tempie presero a pulsarle violentemente, come se
minacciassero di esplodere. Tutto, la stessa idea di ciò che
stava accadendo, si fece confuso nella sua mente.
All’improvviso avvertì
qualcosa premerle all’altezza dello stomaco, ma non si
dimenò: non ne aveva la forza. Si rese vagamente conto che
la corda attorno al collo e al braccio diminuiva la sua presa fino a
slacciarsi completamente, e che ciò che le stringeva la
caviglia la lasciava.
Qualcosa la trascinò verso
l’alto, e non appena sentì l’aria fresca
sfiorarle il volto inspirò tanto profondamente da farsi
bruciare i polmoni. Si sentiva ancora stordita, ma comprese che
ciò che la stringeva era un braccio, e capì che
era un uomo a sostenerla, stringendola a sé
perché non finisse nuovamente sott’acqua.
Girò lentamente il capo, stando attenta
a non fare movimenti troppo bruschi che potessero mettere in
difficoltà colui che la stava salvando, per vedere chi fosse
l’uomo. Quando vide la maschera bianca di Erik, la
metà del suo volto, i suoi occhi carichi di preoccupazione
mentre la trasportava a riva, una dolce sensazione di calore la
avvolse, distraendo per un attimo la sua mente confusa dal pensiero di
ciò che era successo.
Chiuse gli occhi. Sapeva di essere troppo debole
per essergli d’aiuto nella nuotata, ma si sforzò
di rendersi più leggera possibile. Non appena
sfiorò il fondo con i piedi, Erik la sollevò,
prendendola tra le braccia, e la portò in braccio fino al
divanetto rosso poco lontano dall’organo, dove la fece
sedere. Lui le si inginocchiò davanti, tenendole la mano tra
le sue.
Taylor tossì un paio di volte, prima di
riuscire a parlare –Scusa… non avrei…
dovuto… entrare senza…-
-No, tu devi perdonarmi… sarei dovuto
arrivare prima… se ti avessi persa…- le strinse
la mano con un tremito.
-Cos’era? Una trappola?-
domandò Taylor, mentre la sua mente si faceva
d’improvviso lucida. Una possibilità si era fatta
strada nella sua mente. La corda che era calata dall’alto, se
lei non avesse messo il braccio, l’avrebbe strangolata.
Sarebbe finita impiccata.
Impiccata come Joseph Buket.
Erik lesse il suo pensiero nel suo sguardo.
Abbassò gli occhi, le lasciò la mano e si
alzò.
-Che altro potevo fare?-
-L’hai ucciso?- domandò
Taylor orripilata, in un sussurro, come se fosse troppo tremendo
pronunciare ad alta voce quelle parole.
-Si è ucciso da solo.-
ribattè Erik con voce alterata –Ho avvertito
Joseph Buket più di chiunque altro. È venuto a
cercarmi. Era armato, se mi avesse visto mi avrebbe sparato.
Cos’altro potevo fare?-
Taylor ammutolì per un attimo.
-Era qui per ucciderti?- domandò con un
filo di voce.
-Certo. Scovare il Fantasma dell’Opera
gli avrebbe fruttato parecchio.- disse Erik con una sorta di amara
rassegnazione, e senza guardarla aggiunse –La barca
è là… quando ti sarai ripresa,
immagino vorrai andartene, ora che sai che sono un assassino.-
Taylor lo osservò mentre si
allontanava. Erik sedette all’organo e prima che pigiasse il
primo tasto Taylor sapeva già cosa aveva deciso.
__________Nota
di Herm90
Un chap un po'
più lungo stavolta visto?^^
Grazie: Titty (eh lo so^^ in compenso ho
iniziato una nuova long^^), AquaPrincess (tieni per Erik? non credevo
fosse possibile, sono commossa!^^), scricciolo91 (se non hai visto il film, nel
prossimo chap penso che ti dispiacerà ancora di
più per Erik^^ ma non dico altro^^), Mommika (eeeeeh non te lo dico
chiaramente ma... XD), Sinfony (adoro quella canzone^^ sono
contenta che ti piaccia, dovresti sentirla cantata da Giò Di
Tonno!), armony_93 (non ti denuncerei mai^^ coma
mai non ci sei più su msn? sob...) e DarkGiliath (continuare a scrivere? Non vi
libererete con me tanto facilmente^^ scrivo da quando avevo 6 anni, non
c'è pericolo/speranza che qualcosa mi faccia smettere^^)
Grazie anche a chi legge
e basta... e a che non legge, per parcondition (non so come si scrive^^)
Bacioni a tutti!
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Capitolo 15 *** capitolo tredicesimo ***
Capitolo
tredicesimo
Si alzò dal divano, un po’
incerta sulle gambe. Comprese che lui stava facendo di tutto per non
voltarsi verso di lei mentre suonava.
Taylor scosse la testa mentre la musica la
avvolgeva: voleva restare lucida, non entrare in quella trance che la
musica di Erik le provocava.
Si fermò dietro di lui, a meno di un
passo di distanza, e poggiò le mani sulle sue spalle, sulla
sua camicia ancora bagnata.
Sentendo le mani di lei, Erik si
irrigidì, stupito, ma non smise di suonare. Taylor gli
circondò le spalle da dietro, baciandogli la nuca. Lo
sentì sospirare e avvertì un brivido percorrerle
la spina dorsale. Lui smise di suonare e prese una mano di lei nella
sua, portandosela poi alle labbra per baciarle il palmo.
-Hai paura di me?- le domandò con un
filo di voce. Taylor sciolse il suo abbraccio, si sedette accanto a lui
e gli prese la mano –No.- rispose sinceramente –Ci
sono molte cose che non capisco… il fatto che vivi qui prima
di tutto… ma non mi fa paura. Anzi mi…- si
interruppe, chiedendosi se davvero esisteva un termine per definire
ciò che provava -…mi attrae.-
Gli occhi di lui scintillarono, radiosi, per poi
tornare a tingersi di amarezza. Lasciò la mano di Taylor e
tornò a suonare, una melodia triste e remota.
Taylor lo osservò per diversi secondi,
il cuore in tumulto.
Il mistero che avvolgeva Erik lo rendeva unico, ma
c’era qualcosa di più ad attrarla verso di lui. Un
legame che non riusciva a comprendere ma che non voleva, non poteva
ignorare.
Gli fermò dolcemente la mano e lo
guardò con un sorriso –Cantiamo qualcosa.
Insieme.- propose, e prese un plico di spartiti posti sul tavolinetto
accanto all’organo. Iniziò a sfogliarli
–Li hai scritti tu?- domandò, dopo aver letto il
titolo all’inizio del plico: Giulietta e Romeo.
-Si. Sono per il prossimo spettacolo.-
-Del Teatro?- domandò Taylor accennando
al Teatro dell’Opera –Sei tu che scrivi tutte le
Opere?-
Lui annuì e lei, sorridendo stupita,
continuò a sfogliare gli spartiti finché non ne
ebbe trovato uno che la colpì particolarmente. Lo prese e lo
passò ad Erik, che lesse il titolo con un sorriso e
iniziò a suonare, intonando poi la prima strofa con quella
sua voce profonda.
Tu
sei
La
vita che mi da la vita
Tu
sei
Che
non ho voglia di dormire
Tu
sei
Che
non lo so se mangerò
So
tutto e ho tutto, quello che non so…
L’amore
è questo: che non so cos’è…
A Taylor fu sufficiente uno sguardo allo spartito
per intonarsi perfettamente alla voce di lui, che ormai era parte di
lei.
Soltanto
so
Che
tu sei tu
Io
so che tu sei…
Erik continuò a suonare
d’istinto, senza il bisogno di concentrarsi sulle note, ogni
frammento di sé stesso rivolto alla ragazza che sedeva
accanto a lui, cantando la sua canzone.
Tu
sei
La
vita fatta con due vite
Tu
sei
Carezze
nate emozionate
Tu
sei
Che
non mi basta la realtà
Perciò
d’amore, amore, morirei
E
dopo morta io ti penserei
Taylor poggiò una mano su quella di lui
ed Erik smise di suonare. Cantarono a cappella la parte successiva, le
loro due voci unite in una sola come se facessero naturalmente parte di
quella melodia.
Soltanto
so
Che
tu sei tu
Io
so che tu sei…
Erik si alzò, sempre tenendole la mano e
guardandola negli occhi.
Tu
sei,
la
notte passa,
sta
correndo…
A sua volta, anche Taylor si alzò,
avvicinandosi a lui.
Tu
sei,
il
mondo gira
e
sta passando
Tu
sei,
la
vita ha fretta
e
se ne và…
Taylor si diresse verso il letto a forma di cigno
e salirono le scale tenendosi per mano, senza distogliere lo sguardo da
quello dell’altro.
Le
piacerebbe
Rifermarsi
qua…
Tu
sei l’amore
che
non passa mai…
soltanto
so
che
tu sei tu
io
so che tu, tu sei…
La canzone era finita, ma i loro sguardi erano
intensi, le loro mani unite. Taylor avvertiva il cuore batterle
prepotentemente nel petto, come se lottasse per raggiungere la sua
meta.
Ma la sua meta, Erik, ancora una volta si
allontanò da lei, lasciandole le mani, abbassando lo sguardo
–Dormi, sarai stanca…-
-Resta qui, però.- sussurrò
lei prendendogli la mano mentre lui faceva per allontanarsi. Erik si
girò, deciso a rifiutare. Ma Taylor lo guardò
negli occhi implorante, e lui non seppe resistere al suo sguardo.
Si stesero sul letto, e lei poggiò la
testa sul petto di lui. Chiuse gli occhi, ascoltando i battiti regolari
del suo cuore, e cullata dal suo respiro profondo si
addormentò.
Erik la osservò a lungo, sveglio,
incerto se andarsene o meno.
Decise di no: non sarebbe mai riuscito a
distogliere volontariamente lo sguardo dal volto di lei, non sarebbe
riuscito a imporsi di spostare il dolce peso della sua testa che gli
premeva sul petto. Così rimase, e si addormentò,
continuando nei suoi sogni ad osservarla come se fosse stato ancora
sveglio.
Dopo un tempo imprecisato, Taylor si
svegliò e alzò lo sguardo, incontrando il volto
mascherato di Erik. Si sollevò, puntellandosi su un gomito,
attenta a non svegliarlo.
Rimase ad osservarlo, assorta. Un impulso
improvviso la colse impreparata: d’un tratto comprese di aver
bisogno, l’assoluto bisogno, di fare una cosa.
Osservò ancora per qualche istante il
volto di Erik, i capelli neri, gli occhi chiusi, la maschera bianca. Si
chinò su di lui un po’ di più,
chiedendosi come avrebbe reagito, se si sarebbe svegliato.
___________Nota
di Herm90
Capitolo un po' corto,
scusate... cosa sta per fare Taylor? Si accettano scommesse!^^ La
canzone è "Tu sei", tratta da "Giulietta e Romeo Opera
Popolare"
Grazie: Vivy93 (beh... non posso dirti nulla
su ciò che hai detto perchè farei uno spoiler^^),
kalix (grazie mille! uuuuh una
sostenitrice di Erik, hai tutto il mio appoggio, lui è
così buono... e così bello!), Sinfony (beh ti assicuro che se avessi
mantenuto la versione del film saresti stata ancor meno d'accordo^^), scricciolo91 (wow questo per me è
un complimento fantastico visto che è il mio film preferito!
Grazie!!!), armony (grazie... tesoro ma non ci sei
più su msn? sob!) e DarkGiliath (non ricordo di aver preso una
botta, ma in caso spero che l'effetto non svanisca^^ grazie mille e
spero che continuerai a commentare con la sincerità che hai
avuto fin'ora, la apprezzo un sacco!)
Grazie anche a chi legge
solo!
VVTB!
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Capitolo 16 *** capitolo quattordici ***
Capitolo
quattordicesimo
Taylor sfiorò la maschera bianca senza
spostare lo sguardo dagli occhi chiusi di Erik.
All’improvviso sentì la sua sicurezza vacillare:
non era sicura di voler rischiare di svegliarlo. Aveva
un’espressione così felice, e aveva paura che
svegliandolo avrebbe visto quella felicità scomparire dal
suo volto.
Tuttavia, non poteva resistere. Conoscere il suo
vero volto, vederlo nella sua interezza, era una prospettiva troppo
dolce per poterla ignorare.
Inspirò profondamente e, usando quanta
più delicatezza possibile, si mise in ginocchio sul letto
accanto a lui e poggiò le mani ai due lati della maschera.
Chiuse un secondo gli occhi, li riaprì,
e sollevò la maschera di scatto.
Non appena i suoi occhi si posarono sulla parte
destra del volto di Erik le mancò il respiro. Nessun
pensiero coerente riuscì a impossessarsi della sua mente
mentre i suoi occhi scorrevano sulla carne deformata attorno
all’occhio, sulla fronte piagata, sulla guancia livida.
In quell’istante, Erik aprì
gli occhi. Le mani di Taylor tremarono sulla maschera mentre lui si
rendeva conto della situazione.
Durò pochi istanti, ma a Taylor parve
che ogni cosa si muovesse a rallentatore. Gli occhi di Erik si
sbarrarono, rabbiosi, mentre spostava febbrilmente lo sguardo su
Taylor, poi sulla maschera che lei teneva tra le mani.
Taylor provò a scusarsi, a dire
qualcosa, ma le parole le morirono in gola.
Erik scattò in piedi, spingendola sul
letto, e l’uomo si portò una mano al volto,
coprendo la parte del volto che lei aveva svelato –TU! TU,
DONNA., PERICOLOSA PANDORA!- gridò, la voce rabbiosa, i
muscoli contratti e tremanti –TU SEI UN DEMONIO! TUTTO PER
VEDERMI COSÌ…- Taylor si rimise a sedere,
tremando per quello scatto di rabbia improvviso e per lo spavento che
la vista del suo volto le aveva provocato. Erik le strappò
la maschera dalle mani e le voltò le spalle continuando a
gridare, furibondo –FOLLE! TU MALEDETTA BUGIARDA! TU NON SEI
PIÙ LIBERA ORMAI!- Erik si lasciò cadere in
ginocchio, poggiandosi ad un tavolino, tremando
–Donna… folle…- sussurrò, la
voce che tremava quanto lui.
Taylor lo osservò tesa e impaurita.
Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa. Avrebbe voluto
avvicinarsi a lui, ma… ne aveva paura.
Erik si sistemò la maschera e rimase
immobile per diversi minuti, il respiro affannato. Poi si
alzò e si avvicinò a lei.
Taylor, non appena lui fu accanto al letto,
indietreggiò un poco, temendo che lui ricominciasse a
gridare.
Tenendo lo sguardo basso Erik le porse la mano.
Taylor la osservò, cercando di costringersi ad accettarla
come aveva sempre fatto, ma i suoi muscoli non obbedirono.
Con un tremito, Erik si abbassò su di
lei e le prese la mano, con delicatezza.
-Vieni.- le disse, ancora ansante –Ti
riporto nella tua stanza.-
Stavolta, Taylor si alzò senza quasi
rendersene conto e si lasciò accompagnare alla barca.
Sedette su di essa mentre lui afferrava il remo e saliva a sua volta.
Un silenzio carico di elettricità li
avvolse durante tutto il tragitto, anche quando scesero dalla barca.
Erik non alzò mai lo sguardo da terra.
Teneva le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi.
Taylor tenne lo sguardo dritto davanti a se,
cercando di respirare normalmente e di far chiarezza in sé
stessa, in quel buio spaventoso in cui la sua mente era sprofondata.
Giunsero allo specchio ed Erik lo fece scorrere
nella parete. Poi si voltò verso di lei, che
indietreggiò di un passò. Abbassando nuovamente
lo sguardo, Erik si sfiorò la maschera e si
spostò per farla passare.
Taylor camminò rapidamente verso la sua
stanza e si fermò appena superato lo specchio, dando le
spalle al corridoio che avevano appena percorso, senza osare voltarsi
verso di lui, che invece la osservò anche dopo aver richiuso
lo specchio.
Il fiato corto per la paura, Taylor corse verso il
letto e si mise sotto le coperte, rimanendo però seduta: se
avesse chiuso gli occhi sapeva che avrebbe rivisto quel volto, e non
voleva, non voleva rivederlo.
Erik la osservò per qualche minuto,
capendo che era spaventata. Si voltò e percorse a ritroso il
lungo corridoio, tornando a quella che era, e sempre sarebbe stata, la
sua solitaria dimora.
Si avvicinò all’organo, ma la
consapevolezza della sua solitudine assoluta, infinita, lo colse prima
che riuscisse a raggiungerlo e cadde in ginocchio, la gola in fiamme,
gli occhi brucianti di lacrime.
Deglutì e si rialzò,
poggiandosi allo strumento, e si sedette sulla sua panchetta, il cuore
in tumulto, come se una forza maligna stesse lottando per
strapparglielo dal petto.
Respirò profondamente, dedicandosi
all’unica cosa che gli permetteva di esprimere le sue
emozioni, all’unica cosa che poteva farlo sentire normale. Le
sue dita percorsero lentamente la tastiera, mentre una malinconica
melodia prendeva forma nella sua mente e nel suo cuore.
Taylor rabbrividì non appena la musica
si diffuse nell’aria. Quella stessa musica che aveva cullato
i suoi sogni ora risvegliava i suoi incubi.
Tremò non appena la voce del Fantasma
si unì al suono dell’organo.
Come
un brutto sogno
Ho
atterrito gli occhi tuoi…
Puoi
mai pensare a me,
creatura
informe che
brucia
qui, ma dentro sé
brama
il cielo,
dentro
sé,
dentro
sé,
oh…
Taylor…
La consapevolezza della sua colpa, della sua
crudeltà, si presentò a Taylor sotto forma di una
violenta fitta che le trapassò il cuore mentre il
significato di quelle parole si insinuava nella sua mente.
Se
l’angoscia tua
Fai
diventare affetto poi
Poi
dietro al mostro tu
Vedrai
un cuore che
Sembra
il mio
Ma
dentro sé
Vuole
amare
Dentro
sé
Dentro
sé…
Immediatamente, Taylor si sentì un
mostro.
Come aveva potuto? Reagire così al suo
volto, a quel volto che era parte di lui e quindi parte di
ciò che le aveva ispirato il canto, parte di quello che
tanto l’aveva ammaliata in quelle notti.
Mentre la voce sofferente di lui sfumava tra le
dolci note della sua musica, Taylor si alzò dal letto e si
avvicinò allo specchio, le lacrime che scendevano copiose
dai suoi occhi.
-Erik!- lo chiamò forte
–Erik!-
Lo chiamò di nuovo, forte, ma lui non
rispose.
-Erik…- mormorò, percorrendo
con la mano la superficie dello specchio, come sperando di farla
scomparire. Provò a far scattare la leva, ma non ci
riuscì: Erik l’aveva probabilmente bloccata.
Furiosa con sé stessa uscì
dalla sua stanza, facendo il meno rumore possibile, e decise che
avrebbe cercato un altro modo per raggiungerlo. Doveva vederlo, dirgli
che era stata una stupida, implorarlo di perdonarla…
Ricordò Joseph Buket, impiccato sul
palco. Era improbabile che Erik l’avesse trasportato in mezzo
alla folla, perciò pensò che, forse, dietro le
quinte poteva trovare un passaggio.
S’incamminò nel buio,
guardandosi attorno apprensiva: nonostante fosse ormai a conoscenza
dell’origine della leggenda del Fantasma dell’Opera
non poteva dire che quel luogo, la notte, non fosse leggermente
inquietante.
Entrò nella sala del palco e la
attraversò. Salì sul palco da una scaletta
laterale.
Improvvisamente, una mano fredda spuntò
dal buio della prima serie di quinte, afferrandole il braccio. Taylor
fece per gridare, ma un’altra mano le tappò
rapidamente la bocca e con uno strattone si trovò trascinata
nel buio dietro le quinte.
D’un tratto, mentre iniziava a lottare
per liberarsi, balenò davanti a lei la luce di una candela,
illuminando un volto.
____________Nota
di Herm90
Ed ecco a voi il vero
volto del nostro Erik/Fantasma/Angelo/Voce! Taylor è stata
un po' stronza, ma si è ripresa... e chi sarà il
volto???
Grazie: Heiling fur
immer
(ehiiii Erik è mio marito XD veruuuu è
così tenero!), AquaPrincess (aggiornato^^ avevi indovinato
nei tuoi sospetti?), (e infatti hai indovinato! indovina
anche chi è il volto!), Scricciolo91armony_93 (hai indovinato! te l'ho
già scritto ovunque ma... qualunque cosa sia, mi spiace
tanto e se hai bisogno ci sono!) e Titty90 (XD l'hai capito eh sister?
Anche perchè... basta^^ salutami tua sorella, che siamo
diventate amiche XD).
bacioni a tutti!!!!!!!!!!
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Capitolo 17 *** capitolo quindicesimo ***
Capitolo
quindicesimo
Taylor sbarrò gli occhi e
l’aggressore le tolse la mano dalla bocca.
-Madame Giry!- esalò Taylor riprendendo
fiato. La maschera la fissava alla debole luce della candela, lo
sguardo severo –Sciocca ragazzina, non è saggio
girovagare di notte per l’Opera… non avete visto
ciò che è accaduto a Buket? Cosa cercavate?-
-Io…- Taylor rimase incerta per diversi
secondi. Ricordò che la donna le aveva parlato di un Angelo:
ma sapeva davvero qualcosa, o non era altro che convinta, come gran
parte delle persone che Taylor aveva conosciuto in quei giorni, della
veracità della leggenda del Fantasma dell’Opera?
Non voleva rischiare di tradire il segreto di
Erik: lui stesso le aveva detto che Buket l’avrebbe ucciso,
se l’avesse trovato. Non voleva esporlo ad alcun pericolo:
gli aveva già causato abbastanza dolore, respingendolo come
aveva fatto quando aveva visto il suo vero volto.
D’improvviso, però, Taylor
udì una melodia, una dolce, triste musica proveniente da
chissà dove, e non potè trattenersi dal
sussurrare –Erik…-
Lo disse a voce bassa, ma quel nome non
sfuggì a madame Giry: la candela tremò nelle mani
della donna mentre i suoi occhi si sbarravano, sorpresi
–Cos’hai detto?- domandò con voce
affannata.
Taylor sobbalzò: a malapena si era
accorta di aver parlato –Nulla… io…-
-No!- esclamò la maschera con voce dura
–Ti ho sentita… hai detto Erik… Come?-
-Co… Come?- balbettò Taylor
senza capire.
-Come conosci questo nome? Chi te l’ha
detto?- sbraito madame Giry, scuotendola.
-Io… voi… lo conoscete?-
Improvvisamente, madame Giry
s’immobilizzò, e i suoi occhi si velarono di una
luce proveniente da un passato lontano –Io lo portai
qui…-
Taylor sbarrò gli occhi: fece per
domandare spiegazioni, ma madame Giry la precedette –Come
l’hai visto? Non si fa mai vedere… nemmeno da me,
ormai…- disse, e il suo sguardo fu percorso da
un’ondata di malinconia –Vieni… dobbiamo
parlare…-
Incerta, Taylor seguì madame Giry lungo
i corridoi dell’Opera, finché non raggiunsero una
stanza isolata in cui la donna la fece entrare. La stanza era arredata
in modo semplice, spartano, quasi impersonale, non fosse stato per le
fotografie di Meg, la figlia della donna, poggiate sul comodino accanto
al letto disadorno.
-Raccontami, come si è rivelato a te?-
domandò madame Giry facendole segno di sedere sulla sua
poltrona, mentre lei prendeva posto su una sedia di fronte a lei.
-Io… inizialmente, ho sentito solo la
sua voce.- raccontò Taylor, sentendosi leggera nel poter
finalmente parlare con qualcuno di quei primi, inquietanti avvenimenti
–Poi, ho capito che anche la Voce poteva sentirmi…
gli ho chiesto chi fosse…-
-E ti ha detto il suo nome?-
-No… ha detto…- Taylor
avvertì un’ondata di calore avvolgerla ricordando
le parole di lui –Ha detto che era il mio Angelo,
l’Angelo della Musica.-
Madame Giry rimase in silenzio, pensierosa. Taylor
attese per qualche istante, ma presto non ne potè
più –La prego… mi dica chi
è.-
La maschera la guardò per un istante
–Dunque non l’hai mai visto? Hai solo sentito la
sua voce?-
Taylor sospirò: era ovvio che non
avrebbe saputo nulla se prima non avesse detto a madame Giry
ciò che voleva sapere –L’ho visto il
giorno in cui Buket è stato impiccato. Gli ho chiesto di
mostrarmi il suo volto e lui… ha aperto lo specchio, e mi ha
portata…- si interruppe, incerta se spiegargli dove
l’aveva portata. Madame Giry la tolse dall’impiccio
–Nel suo regno sotterraneo?- domandò ad occhi
sbarrati.
-Si… ma stanotte ho… fatto
qualcosa che l’ha fatto arrabbiare…-
-Cosa?- domandò la maschera,
visibilmente preoccupata.
-Io… gli ho tolto la maschera.-
Un silenzio teso le avvolse per qualche istante.
Madame Giry si alzò e si affacciò alla finestra,
con aria pensierosa. Poi, senza preavviso, iniziò a
raccontare –Ero giovane, avrò avuto sedici anni.
Studiavo qui all’Opera per diventare ballerina. Vivevo qui
nel collegio: all’epoca era ancora aperto. Un giorno, ormai
sono passati diciannove anni, in città arrivarono degli
zingari. Si fermarono dietro l’Opera: montarono una specie di
circo, una decina di tendoni con diverse attrazioni, che usavano per
guadagnarsi da vivere. Con alcune amiche andammo a vedere. Pagammo
l’ingresso e vedemmo la donna barbuta, il giocoliere, il
mangiafuoco… sai, tutto ciò che di solito portano
gli zingari.-
Taylor annuì, domandandosi cosa
c’entrasse questo con Erik. Ma non disse nulla, si
limitò ad ascoltare, sperando che madame Giry arrivasse
presto al punto: fu esaudita.
-Una tenda attirò la mia attenzione.
Era nera, e un enorme cartello diceva “Il figlio del
Diavolo”. Le mie amiche non vollero entrare, dissero che mi
avrebbero aspettato al collegio. Io entrai con l’ultima
comitiva della giornata: dopo avrebbero chiuso tutto. La tenda era
buia, illuminata solo da quattro candele. Al centro c’era una
gabbia. Uno zingaro ci fece disporre attorno alle sbarre e dentro vidi
un ragazzino: doveva avere dieci anni e il suo viso era coperto da un
sacco di stoffa, legato attorno al collo, con due buchi per gli occhi.-
Taylor rabbrividì –Erik?-
domandò in un sussurro.
Senza rispondere, eccessivamente coinvolta nel suo
stesso racconto, madame Giry continuò –Lo zingaro
prese una frusta ed entrò nella gabbia. Afferrò
il ragazzino per un braccio: quando lui provò a ribellarsi
lo frusto, facendolo cadere a terra, e gli diede un calcio…
lo ricordo chiaramente, come se lo rivedessi in questo
momento… poi gli strappò il sacco dal volto e,
tenendolo per i capelli, mostrò il suo volto al pubblico,
annunciando “Guardate, signori, il figlio di
Satana!”.-
Un fremito d’orrore percorse Taylor.
Frustato, percosso, imprigionato… il cuore le faceva male
pensando a Erik, all’uomo che lei stessa, poco più
di un’ora prima, aveva rifiutato, rinnegato, per via del suo
volto. Di nuovo si sentì un mostro, provò orrore
per sé stessa, e pietà, affetto per Erik.
-La gente rise, i bambini piansero per lo
spavento, nel vedere il suo volto deformato. Io… io ero
raggelata dall’orrore, non per il suo volto, ma per i suoi
occhi… incrociai il suo sguardo e mi resi conto che non era
un mostro, che era una persona…-
Gli occhi di Taylor si riempirono di lacrime.
Anche lei aveva provato un’istintiva repulsione vedendolo,
dopo avergli tolto la maschera. E anche lei, ora, si rendeva conto di
avergli fatto del male, di averlo ferito.
-Tutti lanciarono monete nella gabbia e poi
uscirono. Lo zingaro si chinò a raccogliere i soldi, e anche
io me ne andai. Il giorno dopo tornai, volevo essere certa di averlo
visto, essere sicura di non aver solo immaginato tutta quella
crudeltà. Non l’avevo immaginata: la scena si
ripeté esattamente come la prima volta, lo zingaro lo
frustò, lo picchiò… di nuovo il
pubblico lanciò le monete. Io feci per uscire, ma mi voltai.
Ebbi appena il tempo di vedere lo zingaro che, chino a terra,
raccoglieva avidamente le monete: la successiva cosa che vidi fu che il
ragazzo aveva sottratto la frusta dalla cinta dello zingaro. Mi fece
segno di tacere, poi con la frusta strangolò lo zingaro, che
cadde a terra senza vita. Non riflettei neppure un secondo su
ciò che aveva fatto: entrai nella gabbia, gli dissi che
dovevamo scappare e lo portai… lo portai qui,
nell’Opera, e gli mostrai i sotterranei. Vive lì
da allora, da diciannove anni. Ha costruito passaggi segreti, composto
opere, è… è un genio. Ma il suo volto
lo esclude dalla vita, e questo lo distrugge.-
Passarono diversi istanti prima che Taylor si
rendesse conto che il racconto di madame Giry era terminato. Respirava
a fatica, come se un peso le opprimesse il cuore.
-Io… aveva mai portato qualcuno nel suo
nascondiglio, a parte lei?- domandò quando si fu ripresa
abbastanza.
-Mai. Da dieci anni, ormai, non fa entrare
più neanche me. Comunica solo tramite lettere…-
-Le lettere col teschio.- disse Taylor,
comprendendo.
-Si, le lettere col teschio. Sono stata io a
presentare per la prima volta i suoi spartiti ai direttori…
per un po’ passò il suo lavoro gratuitamente:
tutto ciò che chiedeva era che il palco numero 5 fosse
lasciato libero. Ma poi il collegio chiuse, e non ero più in
grado di portargli da mangiare, col mio stipendio. Lo convinsi a
chiedere un compenso, d’altronde era giusto… no?-
Taylor ebbe l’impressione che madame
Giry avesse bisogno di sentirsi dire che si, ciò che aveva
fatto era giusto, dunque lo fece –Certo…-
annuì, non riferendosi solo al compenso per il lavoro di
Erik, ma a tutto ciò che la donna aveva fatto, stando a
ciò che le aveva raccontato –Ora… torno
a letto, io… ho bisogno di…-
-Certo.- la interruppe madame Giry
–Solo… non so cosa l’ha spinto a
rivelarsi a te. Ma stai attenta a come ti comporti con lui: ha vissuto
la sua vita tra l’odio e la solitudine, sente in
modo… diverso. Più…-
-Intenso…- concluse Taylor
–Lo so. Buonanotte, madame.-
Tornò nella sua stanza e si mise a
letto, rivolgendo lo sguardo allo specchio, quello specchio che portava
ad un Angelo rinchiuso nell’Inferno.
____________________Nota
di Herm90
Ecco la storia di Erik!
Non l'ho inventata, è presa dal film, anche se nel libro
è diversa questa versione mi piaceva di più...
Grazie: armony_93 (hai
indovinato, è proprio madame Giry! Sono stata molto contenta
di leggere questa recensione, la prima che mi hai lasciato dal tuo
ritorno, e si vede! tvtb!), heiling
fur himmer (poverlo Erik alla seconda, immagino, dopo
questo chap! e concordo sob...), scricciolo91
(tay almeno si rende conto di essere stata stronza, non come la
protagonista del film... grrr...), Titty90
(ma comq sister dov'è finita la nostra connessione psichica?
XD) e DarkGiliath
(sono contenta di saperlo, e d'ora in poi spero di continuare
così, senza altre cadute!)
Bacioni a tutte vi
lovvo!!!
|
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Capitolo 18 *** capitolo sedicesimo ***
Capitolo sedicesimo
Passarono tre giorni.
Taylor era strana, tutti se ne resero conto.
Distratta, soprappensiero. Triste.
Solo quando cantava tornava sé stessa,
le sue guance si coloravano di vita, i suoi occhi riprendevano a
brillare.
Sharpay lo spiegò con la passione per
il canto, Gabriella con la tranquillità che esso sa donare.
Ma entrambe avevano torto.
Ogni volta che cantava, Taylor avvertiva la
presenza di Erik. Ed era convinta che tramite la sua voce sarebbe
riuscita a comunicargli tutto il suo dispiacere, tutto il senso di
colpa che provava per aver reagito a quel modo vedendolo in volto.
Non gridò più il suo nome,
non battè più sullo specchio, non andò
più alla ricerca di botole e passaggi. Ma ogni sera, prima
di andare a letto, andava davanti allo specchio e pronunciava
debolmente sempre le stesse parole –Mi dispiace…-
Il quarto giorno, mentre era immersa in questo
rito serale, la porta della sua stanza si aprì: lei era
talmente presa dalla sua richiesta di perdono che non se ne rese conto.
-Non preoccuparti, sei bellissima.- la prese in
giro Chad entrando nella stanza –Posso?-
-Non si usa più bussare?- lo
rimproverò piccata Taylor non appena si rese conto che
quella voce era di Chad e non di Erik, come aveva sperato.
-Scusa…- mormorò Chad
sorpreso.
Taylor sospirò –No, scusa
tu… sono… nervosa.-
-Me ne sono accorto.- annuì Chad
–Che c’è che non và? Sei
strana in questi giorni.-
Taylor si morse il labbro, allontanandosi di
malavoglia dallo specchio per sedersi sul letto, dove fu raggiunta da
Chad.
Aveva voglia di confidarsi con lui, ma qualcosa
glielo impediva. Madame Giry le aveva raccontato la vita di Erik, il
modo in cui da bambino era stato deriso, maltrattato… il
timore che, rivelando l’esistenza di Erik, l’uomo
potesse nuovamente essere sottoposto a tutto quello, era troppo forte
per essere ignorato.
-Nulla.- rispose infine –Davvero, sono
solo un po’… stordita. Insomma, essere seguita
così da vicino, essere… al centro
dell’attenzione… non sono abituata. Non sono
Sharpay.-
-Sicura che sia solo questo?- domandò
Chad guardandola interrogativo.
-Si. Si, è solo questo.-
mentì Taylor –Cos’è quella?-
domandò poi, notando solo in quell’istante che
l’amico teneva in mano una busta. Subito cercò il
sigillo, e si tranquillizzò vedendo che era chiusa
normalmente, senza il teschio di cera che era, a quanto le aveva detto
madame Giry, il sigillo usato da Erik.
-Oh, giusto, che scemo, sono venuto apposta.-
esclamò Chad dandosi una pacca sulla fronte –Mi ha
mandato Sharpay, in effetti. Voleva venire lei, ma è caduta
in riflessione dopo aver avuto la notizia… ci
sarà un ballo, sabato. Un ballo in maschera. Sharpay sta
già pensando al costume.- rise.
-Un ballo?- domandò Taylor cercando di
apparire allegra, interessata alla novità –Qui
all’Opera?-
-Già. La Darbus ha detto che
è obbligatorio essere presenti, e comunque non avrei potuto
farne a meno, Sharpay è già eccitatissima.-
-Immagino.- ridacchiò Taylor,
sforzandosi di mantenere quell’aria allegra che aveva
imbastito per l’amico –Ma non ho nessun vestito,
comunque.-
-Questo non è il mio campo di
competenza, ma Sharpay mi ha detto di dirti: “Ma tesoro
è proprio questo il bello, l’Opera
pagherà degli abiti, poi li lasceremo qui come costumi di
scena! Ti rendi conto di quanto siamo fortunate?”-
Stavolta Taylor scoppiò a ridere
sinceramente, divertita dall’imitazione di Chad –Se
ti sentisse ti schiaffeggerebbe.-
-Già, molto probabile…
comunque, mi ha detto che domani dovete assolutamente andare tutte a
cercare dei costumi adatti.-
-Certo, dille che ci sarò.-
annuì Taylor.
-Va bene. Allora vado, prima che Sharpay inizi a
pensare anche alla mia maschera…- annunciò Chad
alzandosi dal letto dopo aver dato un bacio sulla guancia di Taylor. Si
avviò verso la porta, ma si fermò e si
voltò verso di lei –Sei certa di star bene?-
Taylor sorrise: la recente avventura sul
palcoscenico le era servita, perché recitò
impeccabilmente –Certo. Sto benissimo.-
La mattina successiva Taylor si
svegliò tardi, ma niente affatto riposata. Aveva passato
l’intera nottata rigirandosi nel letto, inseguita dagli
stessi incubi che ormai la affliggevano ogni notte. La seconda
settimana di permanenza all’Opera stava per finire, e ancora
non era riuscita a rivederlo, a parlargli, a chiedergli perdono.
Sarebbe scoppiata a piangere se proprio in quel
momento qualcuno non avesse bussato alla porta.
-Chi è?- domandò Taylor
asciugandosi una lacrima sfuggita ai suoi occhi.
Gabriella, Kelsie e Sharpay entrarono nella
stanza, tutte con un gran sorriso sul volto –Ciao!- la
salutarono in coro –Ci assicuriamo che tu sia sveglia e
attiva… sono giorni ormai che stai sulle tue, ma oggi non si
può, nossignore.- continuò Sharpay, prendendo
come sempre il controllo della situazione –Oggi abbiamo una
missione: vestiti!- concluse con brio, facendo ridere tutti, persino
Taylor, anche se quest’ultima non si sentiva affatto
dell’umore adatto.
Uscirono tutti assieme, ma si divisero subito: i
ragazzi da una parte, le ragazze dall’altra con la Darbus.
Nei dintorni dell’Opera
c’erano diversi negozi di costumi, e le ragazze li girarono
tutti, dal primo all’ultimo. Al secondo negozio, Gabriella
trovò l’abito perfetto per lei, da angelo.
L’abito bianco, lungo, dalla gonna di tulle sottile e
vaporosa come una nuvola, aveva le maniche a sbuffo ed era correlato ad
un paio di ali fatte di piume bianche e a un’aureola composta
da un semplice cerchio dorato da poggiare sui capelli.
Al quarto negozio fu il turno di Kelsie, che
scovò un bellissimo kimono rosso fuoco, decorato
d’oro, con un ombrellino giapponese con disegnato un dragone
rosso, connesso a una confezione di trucco che le avrebbe permesso di
truccarsi nel modo giusto.
Ci vollero sei negozi per trovare
l’abito giusto per Sharpay, ma alla fine trovò un
costume da farfalla che sembrava fatto apposta. L’abito era
lungo, lucido e stretto, fucsia. Sulla schiena, un paio di grandi ali
fucsia e celesti, brillantinate. Sul volto, una grande maschera dello
stesso colore delle ali, fatta a forma di farfalla.
Mancava solo Taylor. Aveva provato diversi
costumi: da indiana, da odalisca, da dama medievale. Di solito aveva
gusti semplici, era sempre la prima a trovare l’abito adatto:
ma quella volta aveva la sensazione di non riuscire a trovare qualcosa
che fosse anche solo decente.
Così entrò nel settimo
negozio senza avere molta fiducia. Non appena entrarono, la Darbus vide
un abito che volle assolutamente provare: così si
sistemò anche lei, con il costume di Mirandolina, la
locandiera di Goldoni.
-Taylor, devi assolutamente provare questo!-
esclamò all’improvviso Sharpay.
*-*
Sabato sera, Taylor tornò nella sua
stanza dopo le prove dello spettacolo che si sarebbe tenuto la
settimana successiva, ossia Giulietta e Romeo. Taylor aveva avuto una
parte ancora più importante: sarebbe stata la fidanzata di
Mercuzio, e avrebbe avuto una parte di canzone alla fine del primo
atto, alla morte di quest’ultimo.
Avevano un’ora e mezza per cambiarsi e
prepararsi, poi sarebbe iniziata la festa, così Taylor
tirò fuori dall’armadio il suo costume, lo
poggiò delicatamente sul letto e si preparò ad
eseguire per filo e per segno le indicazioni che Sharpay le aveva dato.
Si guardò allo specchio dopo
un’ora e venti minuti, finalmente pronta, inaspettatamente
sicura a camminare sui tacchi delle scarpe argentate.
Il costume era quello della Regina della Notte.
Indossava un abito nero la cui gonna era formata
da una serie di veli che posto uno sopra l’altro davano
l’illusione della trasparenza, senza in realtà
mostrare nulla. Le scarpe erano del tutto coperte dai veli, che si
stringevano a partire dalla vita per formare una specie di bustino
senza maniche, allacciato sulla schiena da lacci argentati. Sugli
occhi, una sottile mascherina argentata, con una piccola luna nera in
alto a destra, identica alla piccola luna che ornava la minuscola
pinzetta che aveva posizionato tra i capelli, acconciati in morbidi
boccoli.
-Tayyyyyy!- la chiamò da fuori la voce
di Sharpay –Sei pronta? Sbrigati, andiamo!-
Taylor si voltò ancora una volta verso
lo specchio: ancora sperava di vedervi apparire un volto. Poi
uscì dalla stanza.
Erik poggiò una mano sullo specchio,
fremente d’indecisione. No, non era indecisione: sapeva di
non doverlo fare. Ma altrettanto bene sapeva che la tentazione era
troppo forte. L’aveva osservata mentre si rimirava nello
specchio, aveva resistito alla tentazione di comparirle davanti. In
tutti quei giorni aveva lottato contro sé stesso per non
rispondere ai richiami di Taylor: sapeva che era solo la pena che
provava per lui a muoverla, e che vedendolo avrebbe di nuovo provato
paura.
Ma aveva lottato contro sé stesso fino
a sfiancarsi, e ora non ne poteva più. Per quella notte
almeno avrebbe fatto ciò che il suo cuore spezzato gli
comandava.
___________Nota
di Herm90
Capitolo dedicato alla
mia sister Titty90 (visto che la sto sfiancando
con le mie richieste di aggiornamento^^) e alla mia missione^^
Grazie: armony_93 (mi spiace che ci sei rimasta
male per Chaylor, ma sono felice di essere riuscita a farti affezionare
ad Erik! è un personaggio che adoro!), heiling fur
himmer
(vero, è triste, ma doveva esserlo! non ti dico se la
situazione migliorerà o peggiorerà^^), scricciolo91 (ma che bello vi sto
trascinando tutte dalla parte di Erik^^ glielo do io comunque
l'affetto, se vuole... XD), DarkGiliath (Grazie, e grazie mille anche
per l'aiuto che mi stai dando in questa ficcy!) e Titty90 (don't worry, se recensisci
tardi perchè devi studiare sei perdonata! Però...
avevi detto che ci sarebbe stato un certo aggiornamento... quando
arriverà?^^)
Vi lovvo tutte!!!!
|
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Capitolo 19 *** capitolo diciassettesimo ***
Capitolo
diciassettesimo
Il salone del teatro era gremito di gente.
Le donne erano elegantissime, nei loro abiti
rigorosamente lunghi e scintillanti, la maggior parte con le maschere
sul volto.
Gli uomini erano altrettanto curati, anche se
forse un poco meno originali.
Troy andò subito incontro a Gabriella,
con una giacca blu, morbidi pantaloni color panna infilati negli
stivali e una piuma candida sul cappello: il perfetto principe delle
fiabe.
Subito lo raggiunsero gli altri.
Ryan, più abituato degli altri al
trucco, si era cosparso un po’ di cipria bianca sul volto e
dalle sue labbra colava sangue rosso intenso. Il mantello nero e lo
smoking completavano il suo costume da vampiro.
Mark aveva coraggiosamente indossato una
calzamaglia, un camicione dalle maniche a sbuffo e un cappello piumato,
e sembrava la copia sputata di Enrico VIII.
Chad si era lasciato convincere ad indossare una
lunga parrucca nera, riccia, e dei baffi posticci. Sulla testa
indossava un cappello nero da corsaro, con una lunga giacca rossa dai
bottoni d’oro, pantaloni neri e stivali. Con
l’uncino al posto della mano sinistra era inconfondibilmente
il malefico capitan Uncino.
-Ciao.- salutarono le ragazze raggiungendoli tra
la folla di maschere e costumi.
In quel momento, l’orchestra
iniziò a suonare un valzer viennese.
-Ragazzi, ragazze, siede splendidi! Ho visto dei
costumi magnifici… regine Elisabetta a non finire, una buona
dose di Anna Bolena… e la Morte Rossa, inquietante,
davvero!- esclamò la Darbus, avvicinandosi insieme al
maestro Deviènne e ai due direttori del Teatro
–Forza, forza, andate a ballare!- li esortò con
entusiasmo, mentre lei stessa veniva trascinata sulla pista da
Moncharmin, mentre Richard e il maestro si affrettavano ad andare a
salutare un’importante soprano italiano.
In breve, Gabriella e Sharpay riuscirono a
convincere i rispettivi fidanzati a seguirle sulla pista. Mark
domandò a Kelsie se voleva fare lo stesso e la ragazza
accettò. Trovandosi soli, Ryan e Taylor decisero di ballare
anche loro.
Ryan era davvero bravo: si muoveva con
familiarità, come se i passi del valzer fossero intrisi nel
suo DNA.
Dopo quattro giri di danze, Sharpay e Chad si
avvicinarono a loro.
-Reclamo un paio di giri con mio fratello!-
annunciò Sharpay ridendo –Chad è un
ballerino fantastico, indubbiamente, ma nei balli da sala lascia a
desiderare!-
Così scambiarono le coppie, e Chad
rivolse a Taylor uno sguardo disperato –Non dobbiamo ballare,
vero? Sarai stanca…-
-Io sono stanca, certo.- rise Taylor
–Andiamo un po’ in terrazza? Fa caldo.-
Chad accettò immediatamente e si
incamminarono verso la grande scalinata centrale. Iniziarono a salirla,
ma quando furono all’ultimo scalino si trovarono davanti un
uomo.
Taylor alzò lo sguardo e rimase senza
fiato.
Avrebbe riconosciuto ovunque lo scintillante
sguardo verde che incontrò.
Erik era davanti a lei, in cima alla scalinata. La
parte superiore del suo volto era coperta da una maschera bianca,
spettrale, dagli zigomi incavati come quella di uno scheletro e il
contorno degli occhi bordato di nero. Indossava una giubba rossa a cui
era attaccato un mantello dello stesso colore, bordato di nero. I
pantaloni, rossi anch’essi, erano inguainati in un paio di
stivali neri, e le mani infilate in un paio di quanti neri.
Era lui la Morte Rossa.
-Posso?- domandò, la sua voce roca
perfettamente riconoscibile, senza distogliere lo sguardo da lei mentre
le porgeva la mano.
Chad, domandandosi chi fosse quello strano
individuo, si voltò verso Taylor, accigliato.
Da parte sua, la ragazza trovò a
malapena la forza di annuire, e poggiò la mano su quella
guantata dell’uomo.
-Beh, io vado a dare un’occhiata al
buffet.- decise Chad scrollando le spalle.
Taylor ed Erik raggiunsero la pista e lui le
poggiò la mano destra sulla vita, mentre con la sinistra
stringeva la mano di lei.
L’orchestra iniziò una nuova
canzone e subito il coro iniziò a cantare. Erik, chinandosi
un poco verso Taylor, le cantò in un sussurro quella stessa
canzone, con la sua voce roca e ammaliante.
Noi
siamo insieme
E
ciò che voglio è qua.
Il
mondo passa e và
Intorno
a me…
Così
vicini…
Solo
io e te…
Il
mio destino
Sei
tu…
Avvertendo la sua voce vicina, il suo fiato sul
collo, confermò a Taylor che non era un sogno. Che lui era
lì, che la stringeva tra le sue braccia.
Ed
io vorrei
Che
non finisse mai
L’intesa
tra di noi,
e
la magia…
Un solo sguardo, una sola parola, la ripagava di tutta
l’attesa, di tutta la paura: le sembrava di danzare tra le
nubi.
Io
non credevo
Nella
fantasia,
ma
so che ora
sei
mia…
Quello
che voglio
È
stare con te…
Erik la fece girare su sé stessa, facendola passare sotto il
suo braccio, poi tornò a guardarla negli occhi.
Con
te i sogni
Diventano
realtà.
Tu
sei nel cuore
E
nell’anima.
Non
c’è niente
Che
ora non farei
Perché
sei qui con me.
Mentre le sussurrava queste parole, Erik ne
percepiva il reale significato. Lei conosceva il suo aspetto, eppure
non fuggiva da lui. Sapeva che era compassione, non era uno stupido,
non più: ma non aveva paura di lui e questo gli bastava.
Adesso
non è possibile
L’idea
di perderti…
La
realtà cancella
La
nostra fantasia.
La
tua paura
È
la stessa mia.
La tenne per mano, la fece girare allontanandola
la sé e poi la riavvicinò con una giravolta,
così che si trovasse tra le sue braccia, stretta a lui, come
avrebbe dovuto essere. Come sarebbe stato, se la natura non fosse stata
tanto crudele con lui.
Ma
poi ti svegli
E
perdi quel che hai,
perché
per noi
è
tardi ormai…
Erik abbassò lo sguardo, le rivolse un
breve inchino e poi si voltò, dandole le spalle per
andarsene. Si sentiva uno sciocco: aveva creduto di poter resistere, di
poterla sfiorare per un’ultima volta e poi sparire dalla sua
vita, rinchiudersi nella sua tana finché lei non fosse
ripartita. E invece ora si sentiva debole, privo di difese.
-Aspetta.- mormorò Taylor afferrandogli
un braccio e facendolo voltare verso di sé
–Andiamo in terrazza. Solo per un attimo, ti prego.-
Incapace di scontentarla, lui la seguì
in terrazzo, e lì verso un angolo riparato, dove lei si
poggiò alla ringhiera –Erik…-
iniziò –Riguardo all’altra
notte…-
-Lo so.- la interruppe Erik: non voleva sentirle
dire ciò che temeva –Ti ho mentito. Perdonami. Ti
ho nascosto chi sono davvero.-
-E chi sei davvero?-
-Sono… un mostro.- esalò
Erik.
Taylor gli prese una mano costringendolo ad
avvicinarsi a lei. Gli prese la mano tra le sue e gli sfilò
un guanto. Mise il suo palmo caldo contro quello di lui, gelido,
confrontando le due mani.
-Questa non è la mano di un mostro.-
Lentamente con la stessa mano gli percorse il
braccio e la spalla –E questo non è il corpo di un
mostro.-
Si portò alla vita le mani di lui
–La voce che ha cantato per me non è quella di un
mostro. E il tuo tocco…- sfiorò le mani di lui,
poggiate con delicatezza sui suoi fianchi –Il tuo tocco non
è quello di un mostro.-
Lui però si ritrasse e, distogliendo lo
sguardo, disse –Ma il mio volto lo è, non
è così? Mentre quello del tuo cavaliere...- si
interruppe, pensando con rabbia a Taylor che saliva le scale con quel
tizio, Chad, accanto.
Taylor rimase un secondo immobile, senza sapere
cosa ribattere. Sapeva di provare qualcosa, qualcosa di forte, ma non
riusciva a esprimerlo a parole.
L’uomo si voltò, dandole le
spalle.
-Erik, a me non…- tentò
Taylor, ma era tardi: Erik si allontanò, il mantello rosso
dietro di sé, e scomparve tra la folla.
_____________________Nota
di Herm90
Rieccume!
Ci ho messo un po' a
scrivere questo chap perchè ho avuto problemi coi costumi
dei ragazzi^^ La canzone è "Cosi Vicini", l'ho presa dal
film "Come d'incanto"
Grazie: Titty90 (non l'ho
fatto esplodere^^ ne ho avuto la tentazione ma poi ho visto la parte
della mano nel Gobbo di Notre Dame^^), armony_93
(grazieeeeeee! eh me lo chiedo anche io come finirà^^ riesco
sempre a mettermi in certe situazioni assurde che poi non so come
risolvere^^ vedremo^^), heiling
fur himmer (sono contenta che ti sia piaciuto il vestito,
ci ho messo impegno^^ e di quelli per i ragazzi che ne dici? lo so, lo
so, non hanno fatto pace, ma... aspetta e vedrai^^), scricciolo91 (tutte
aspettate chad^^ beh tra poco avrà una parte importante^^) e
DreamGirl91
(ti pare che avrei potuto, IO, scrivere quelle parole crudeli nei
confronti di Erik?^^ sono contenta che sei tornata a recensire cugi!!!)
Grazie anche a chi legge
solo.
VVTB!!!
|
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Capitolo 20 *** capitolo diciottesimo ***
Capitolo
diciottesimo
-Taylor? Chi era quel tizio?- domandò
Gabriella mentre lei, Chad e Taylor andavano verso le loro camere,
qualche passo indietro rispetto agli altri.
-Chi?- domandò la ragazza fingendo di
non capire. In realtà non aveva pensato ad altro tutta la
sera, da quando Erik se n’era andato.
-Quello vestito da Morte Rossa.-
-Oh… non ne ho idea, era mascherato.-
-Non lo conoscevi? Ti ha vista e ti ha invitato a
ballare, così, di punto in bianco?- domandò
Gabriella con occhi brillanti. Taylor annuì –Che
cosa romantica! E non ti ha detto chi è?-
-No, non mi ha detto nulla. Niente di niente, ok?-
sbottò Taylor –Buona notte.- concluse, ed
entrò nella sua stanza lasciando i due amici fuori dalla
porta, sbalorditi.
-Ma cos’ha?- domandò Chad
fissando la porta dietro alla quale era sparita l’amica.
-Non ne ho idea. Ma è meglio tenerla
sotto controllo… sembra così strana negli ultimi
giorni, non ti pare?-
-In effetti…-
-Credo sia molto stressata… pensa che
qualche giorno fa mi ha detto di aver visto il Fantasma
dell’Opera!- rivelò Gabriella
–Io… l’ho presa un po’ in
giro, ma ora mi rendo conto che forse credeva davvero di averlo
visto… io… non so più che pensare,
davvero. È così strana.-
-La terremo d’occhio.-
sospirò Chad –Spero solo che non sia nulla di cui
preoccuparci.-
*-*
Passarono quattro giorni senza che nulla di
importante accadesse. Ormai erano all’ultima settimana del
loro soggiorno a Parigi, e ogni giorno Taylor si faceva più
strana, più silenziosa.
I suoi amici, preoccupati per lei, la tenevano
sotto controllo, ma non sembrava accadere nulla al di fuori del normale.
Infatti, poiché non potevano seguirla
fino nella sua stanza senza che lei lo sapesse, non avevano idea che
ogni sera la ragazza, inginocchiata davanti allo specchio, lo fissava
per ore, sperando di veder comparire il volto mascherato di Erik.
Era l’ultimo lunedì che
avrebbero trascorso a Parigi e la Darbus, approfittando di un momento
di paura dei ragazzi, manifestò l’idea di andare,
il giorno seguente, a visitare il cimitero.
-Guardate, guardate che meraviglia!-
esclamò mostrando loro delle foto che rappresentavano statue
e cripte estremamente lavorate.
Una foto in particolare colpì Taylor.
Sul tetto della cappella di una famiglia svettava una statua di marmo
nero rappresentante un angelo intento a suonare il violino.
L’Angelo della Musica.
Non riuscì a togliersi dalla mente
quell’immagine per tutto il pomeriggio e per tutta la sera.
Quando andò a dormire, la statua era ancora impressa nella
sua mente, ma aveva assunto le fattezze di Erik.
La tentazione fu troppo forte. Sapeva che era
un’idea sciocca, una follia, ma non potè resistere.
Si alzò dal letto e prese il depliant
del cimitero che aveva trovato nell’androne del Teatro.
Decise in un istante: poggiò il depliant sul letto e
uscì dalla stanza.
In quel momento Erik aprì lo specchio,
guardando preoccupato la porta da cui l’aveva vista uscire.
Guardò l’orologio sul comodino di Taylor: era
quasi mezzanotte. Andare in giro per Parigi da sola, a
quell’ora, poteva essere pericoloso.
Lanciò una rapida occhiata al depliant
che la ragazza aveva lasciato sul letto, poi uscì, furtivo
come un ladro.
Chad si svegliò e guardò
l’orologio. Sbuffando per la mancanza di sonno, decise di
andare fare un giro per il Teatro, così uscì
dalla sua stanza. Arrivò a metà del corridoio e
gli parve di vedere qualcosa di strano: un’ombra nera,
come… un mantello?
Era all’altezza della stanza di Taylor.
Sapeva che probabilmente era una stupidaggine, ma decise comunque di
andare a controllare.
Quando raggiunse la porta, la vide semi-aperta e
si accigliò.
Bussò leggermente, ma non ottenne
risposta, così aprì –Taylor?-
chiamò a bassa voce, ma bastò
un’occhiata per capire che l’amica non era nella
stanza. Crucciato, entrò e si guardò attorno.
Un depliant dall’aria familiare poggiato
sul letto attirò il suo sguardo: il cimitero.
Il suo primo pensiero fu che Taylor non poteva
essere stata così sciocca. La conosceva come una persona
intelligente, dalle idee chiare, con la testa sulle spalle.
Responsabile. Non poteva aver fatto una tale idiozia.
Tuttavia subito gli tornò in mente la
Taylor che aveva conosciuto nell’ultima settimana: distratta,
confusa, trasognata. La persona che sarebbe potuta uscire in piena
notte per andare in un cimitero, chissà per che motivo.
Non poteva lasciarla sola, ma nemmeno poteva
avvertire la Darbus: Taylor sarebbe finita nei guai. Corse fuori e,
come già due persone avevano fatto prima di lui, quella
notte, fermò un taxi e disse all’autista di
portarlo al cimitero.
*-*
Taylor superò l’imponente
cancello in ferro battuto e si trovò nel cimitero.
Chiunque avrebbe pensato che il luogo aveva
un’aria macabra, inquietante. Per lei il vialetto di ghiaia
circondato da lapidi sul quale stava camminando, le cappelle sormontate
da statue che sorgevano in lontananza e gli angeli che la fissavano con
i loro freddi occhi di pietra si rivelarono affascinanti, intriganti.
Il fascino del luogo si mescolò alla sua malinconia, e
Taylor iniziò a cantare, dapprima a bassa voce, poi
acquistando più sicurezza e più volume.
-La
notte è un brivido
Nei
sogni miei
Follia
recondita
Che
invoca me…-
Non era lì per caso, lo sentiva.
Vedendo quella fotografia sul depliant aveva sentito una specie di
richiamo, l’eco di una voce… era lì che
doveva essere.
-Eri
il solo mio compagno
Luce
sui miei passi…
Eri
tu padre e amico
E
poi mi lasciasti…-
Con lui accanto si era sentita sicura. La sua
presenza le aveva dato la forza di cantare, la voce di Erik aveva
risvegliato la sua, l’aveva fatta vibrare di un sentimento
nuovo, che prima le era sconosciuto.
-Come
ti vorrei qui accanto a me
Per
narrarti i sogni miei
Sembra
pazzia ma fuggo via
Per
ritrovarti qui…-
Prima di conoscere Erik, prima di provare
ciò che sentiva per lui, avrebbe detto che mai avrebbe fatto
una tale pazzia come quella che aveva compiuto adesso. Era
lì e sentiva che era la cosa giusta, anche se sapeva che era
una pazzia, uscire da sola la notte, correre in un cimitero sperando di
incontrare l’uomo che… che l’aveva fatta
sentire come nessun altro aveva fatto prima…
-Sento
ancora la tua voce qui
Illusione
che vorrei…
Ti
penserò e come non so
Più
nessun dubbio avrò…-
La presenza di Erik, il solo pensiero della sua
vicinanza la facevano sentire tranquilla. Era come se la sua strada
fosse già tracciata, come se non avesse più
bisogno di fare alcuna scelta. Doveva solo seguire il sentiero che era
davanti a lei, come in quel momento stava seguendo quello del cimitero.
Davanti a sé, in lontananza, comparve
la cappella della foto. L’angelo nero, immobile, dava
l’impressione di suonare davvero il violino che teneva in
mano. E a Taylor parve che realmente una musica si disperdesse
nell’aria, una lieve melodia proveniente da chissà
dove.
-Marmi
neri, statue grigie
Fredde
sotto il cielo
Vedo
che sei nell’inverno
Il
tuo amico è il gelo…-
Quelle statue, all’apparenza fredda
pietra, sembravano pulsare di vita. Proprio come Erik, chiuso nella sua
solitudine, aveva negli occhi il fuoco della vita, della
passione…
-Soffocherei
nei pianti miei
Per
non soffrire più…-
Lacrime calde sfuggirono agli occhi di Taylor, ma
non si curò di asciugarle, sperando che avrebbero portato
via un po’ del dolore che sentiva nel cuore.
-Come
ti vorrei qui accanto a me
Non
saprò scordarti mai…
Tutto
finì? Dimmi di si…
Dì
che mi aiuterai…-
Arrivò davanti alla statua
dell’angelo nero e si sedette sugli scalini della cappella,
gli occhi rivolti a quell’Angelo della musica. La melodia che
aveva udito prima crebbe di volume, la avvolse come una nebbia. Non
riuscì più a pensare a nulla, se non al desiderio
di avere Erik lì con lei, al suo fianco.
-Mai
più tristi ricordi dentro me
Cercherò
di scordarti anche se
Sembri
qui con me…-
Si accucciò sulla scalinata
dov’era seduta e le palpebre si fecero pesanti. Un lieve
calore la avvolse e le parve di vedere il volto della statua
trasformarsi in quello di Erik, gli occhi di pietra nera trasfigurarsi
in quelli di lui, verdi, brillanti e colmi di sentimento.
Chiuse gli occhi e si assopì.
_______________Nota
di Herm90
Eccume! La canzone
è "Ti vorrei qui accanto a me" del Fantasma dell'Opera...
Grazie: Titty90 (grande sister w Gerard! Eh che
ci vuoi fare, trovo Uncino molto sexy!), armony_93 (non sono stata velocissima ma
è un chap lungo, mi perdoni?^^), heiling fur
himmer
(anche tu affascinata dai vampiri?^^ si sta diffondendo questa malsana
passione^^), scricciolo91 (addirittura due recensioni?^^
vediamo se hai capito cosa farà Chad ora^^)
scusate per i
ringraziamenti lampo ma sono di fretta
VVTB!
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Capitolo 21 *** capitolo diciannovesimo ***
Capitolo
diciannovesimo
La musica parve interrompersi e Taylor
aprì gli occhi, senza tuttavia svegliarsi del tutto.
Tra sonno e veglia, tra sogno e realtà,
vide una figura nera, familiare, comparire in cima alla scalinata. Una
figura avvolto in un mantello nero, con metà del viso
coperta da una maschera bianca. Sebbene non riuscisse a metterla a
fuoco in modo chiaro, non le ci volle che un secondo per riconoscere il
suo Angelo della Musica.
Una voce vibrò nell’aria e
nel suo cuore.
Bimba
smarrita senza pace,
cerchi
la mia guida…
Taylor si trovò a rispondere, cantando,
senza sapere se stesse cantando davvero o se lo stesse solo immaginando.
Sei
tu un fantasma o sei amico?
Dimmi,
chi mi spia?
Le loro voci si sovrapposero in una melodia
perfetta, come ogni volta, creando una musicalità mai
ascoltata da orecchio umano.
Sono
il tuo Angelo, sempre…
Angelo
parla in un sussurro, la nostalgia trema…
Erik non avrebbe voluto parlarle. Il piano
originale era di rimanere l’, nascosto nell’ombra,
vegliando su di lei, proteggendola dai pericoli che avrebbe potuto
incontrare.
Non era per parlare, per cantare con lei che
l’aveva seguita. Sapeva che non era giusto continuare a
torturare sé stesso e lei in quel modo, perché
insieme non avevano futuro.
Eppure non era riuscito a trattenersi. La sua voce
aveva cantato senza che lui ne fosse consapevole, cercando quel
contatto che cercava di evitare ma che non poteva negarsi.
Troppo
hai vagato nel vento,
troppo
lontana da me…
L’aveva fatta avvicinare, poi
l’aveva scacciata. Ma vederla volare da sola o, ancora
peggio, tra le braccia di un altro, era troppo doloroso.
Quasi
mi opprime il tuo sguardo…
La vista appannata, la sonnolenza, non impedirono
a Taylor di avvertire il bruciore degli occhi di brace di Erik su di
sé, quegli occhi che erano quasi troppo colmi di emozioni
per essere umani, quegli occhi che esprimevano tristezza, solitudine,
magia, passione… amore?
Non
hai scampo
E
verrai con me / e
verrò con te…
Avevano tentato di stare lontani. Ma non aveva
funzionato, il dolore della separazione, l’ansia per le sorti
dell’altro erano troppo forti e ogni volta li avevano fatti
tornare insieme.
Angelo
tu mi hai rinnegato / io
ti ho rinnegato,
Sempre
avrai il mio amore / sempre
avrò il tuo amore…
Dimenticarsi era impossibile. Erik aveva tentato
con tutte le sue forze a convincersi che era meglio starle lontano, che
standole accanto l’avrebbe condannata. Taylor aveva tentato
di ripetersi che non era stato altro che un sogno, una pazzia. Eppure
nella mente dell’uno l’immagine
dell’altra era una presenza costante, e viceversa.
Erik scese la scalinata, avvicinandosi lentamente
a Taylor, e s’inginocchio davanti a lei, guardandola negli
occhi.
Angelo
più non mi respingi / non
ti respingo
Apro
a te il mio regno / apri
a me il tuo regno
Sopraffatta, Taylor chiuse nuovamente gli occhi e
si assopì, crollando tra le braccia di Erik.
L’uomo la strinse a sé,
inspirando il suo profumo, accarezzando i suoi capelli.
Sentì la sua pelle fredda, così la avvolse nel
suo mantello nero, sognando di poterla cullare fino al mattino, come se
fossero stati due amanti protetti dalle ombre della notte.
-Sono il tuo Angelo…- le
sussurrò.
*-*
Chad entrò nel cimitero.
Non l’avrebbe mai ammesso, ma aveva
paura: ombre delle vecchie storie dell’infanzia, di fantasmi
e zombie, gli procurarono una violenta scarica di adrenalina, ma
andò avanti. Non poteva lasciare che Taylor girasse da sola
nel cimitero, a quell’ora, magari era sonnambula, o
chissà cos’altro…
Si guardò attorno senza sapere bene in
che direzione andare. D’improvviso qualcosa, una strana
sensazione, lo attirò verso un viale, e lo
imboccò: tanto valeva seguire quell’impulso, visto
che non aveva altre indicazioni per trovare Taylor.
In lontananza vide una grossa statua
dall’aspetto familiare: subito la collegò alla
fotografia vista sul depliant in camera di Taylor: l’angelo
nero che suonava il violino.
Continuò a camminare, ormai certo di
aver preso la direzione giusta, ma ciò che vide quando fu
più vicino gli raggelò il sangue nelle vene.
Taylor, addormentata, forse svenuta, sulla
scalinata di una cappella, con un uomo di profilo chino su di lei che
la avvolgeva nel suo mantello nero.
Avrebbe voluto gridare a quell’uomo di
lasciarla stare, ma il cuore gli salì prepotentemente in
gola, bloccandogli le parole.
L’uomo fece per sollevare Taylor e un
brivido d’orrore ridestò Chad. Ringhiando,
caricò l’assalitore di Taylor con tutta la forza
di cui disponeva, facendolo cadere a terra.
Chad si alzò per caricare di nuovo,
desideroso di prendere a pugni quel maniaco fino a farlo pentire di
essere nato.
Erik riconobbe il ragazzo che aveva visto con
Taylor. Per un istante una furia cieca s’impadronì
di lui. Le sue mani corsero alla corda, ma il suono dolce e cristallino
della voce di Taylor risuonò nella sua mente, come un
ricordo lontano.
Chad ebbe appena il tempo di vedere uno strano
scintillio bianco, forse una maschera, poi Erik si avvolse nel mantello
e scomparve nel buio della notte.
Chad sentì un lamento e si
voltò verso Taylor, che si era svegliata e si teneva una
mano sulla tempia.
-Tay! Stai bene?- domandò preoccupato
il ragazzo, inginocchiandosi accanto all’amica.
-Chad? Che… che ci fai qui?-
domandò confusa la ragazza, guardandosi attorno. Era stato
solo un sogno?
-Che ti salta in mente di girare da sola per
Parigi a quest’ora? Eri sonnambula?-
-Si.- mentì prontamente Taylor, capendo
che era più facile aggrapparsi a quella spiegazione che
raccontare ciò che davvero l’aveva spinta in quel
luogo –Si, mi capita… a volte… mi hai
seguita?-
-Avevo paura che ti succedesse
qualcosa…- Chad rimase incerto per qualche secondo: era un
bene dirle ciò che aveva rischiato? Decise di si
–E non avevo torto… c’era un uomo
che…-
-Uomo?- sobbalzò Taylor sbarrando gli
occhi –Che uomo?-
-Non ti preoccupare, non è successo
nulla, per fortuna, appena ho visto che ti stava…-
-Chad chi era? Lo conoscevi? L’hai
visto?- domandò Taylor rossa in volto.
-Io… non so, aveva un mantello nero e
qualcosa di bianco su metà faccia… ma... che
succede? Lo conosci?-
-No!- si affrettò a rispondere Taylor,
mentre una sensazione nuova pulsava nel suo cuore –No,
solo… io… è che mi hai spaventata.
Pensavo che mi avesse fatto qualcosa.-
-Scusa.- Chad la strinse tra le braccia
–Vieni, torniamo al teatro, vuoi?-
Taylor annuì debolmente, ancora
frastornata. Era lui. Erik era stato davvero lì,
l’aveva seguita… per un attimo si erano rivisti e
avevano di nuovo cantato insieme. Questo bastava a colmarle il cuore di
gioia.
Accucciato sul tetto della cappella, avvolto nel
suo mantello nero, Erik strinse i denti, vedendo Taylor allontanarsi
sostenuta dal braccio di Chad.
*-*
-Al cimitero?- domandò sconvolta
Gabriella.
Non appena Chad era arrivato all’Opera
aveva accompagnato Taylor nella sua stanza, assicurandosi che chiudesse
la porta a chiave, poi era corso a svegliare gli altri, per raccontare
loro cos’era accaduto.
-Proprio così.- annuì Chad.
-E dici che quell’uomo stava…
per… insomma…- mormorò Kelsie
rabbrividendo. Subito Mark le passò un braccio attorno alle
spalle.
-Ne sono certo. La stava per portare via, e non
voglio nemmeno immaginare cosa… insomma, se…-
-Dobbiamo tenerla d’occhio.-
affermò Ryan in tono deciso –Credo che sia questo
posto. La rende… strana. Ho paura che le sia successo
qualcosa.-
-Di che genere? Cosa potrebbe esserle successo?-
domandò Sharpay.
-Non ne ho idea. Ed è proprio questo
che mi spaventa.-
______________Nota di
Herm90
domani vado in vacanza e mi assento per tre settimane... poi iniziano
le riprese di Hamelin e non so quanto tempo libero avrò...
quindi, ho deciso di aggiornare almeno questa... tra l'altro, oggi è anche
il mio compleanno, dovevo festeggiare la maggiore
età^^
Grazie: armony_93
(beh, non è successo quasi niente... per ora^^), Titty90
(sisteeeeeeer tu l'hai letto in anteprima^^ la scena del cimitero del
film è stupendosa, bellissima! Ero quasi tentata di farli
combattere, ma poi ho pensato a Chad che brandisce una spada e mi
è un po' venuto da ridere^^), heiling fur himmer
(et voilat! La seconda parte del cimitero^^), scricciolo91 (eh,
dovessi incontrare il mio Angelo della Musica, un saltino al cimitero
ce lo farei anche io XD) e Sinfony
(sono contenta che hai recuperato^^)
scusate per i ringraziamenti veloci ma voglio provare ad aggiornare
anche Castelgard stasera^^
VVTB siete grandi!!!!!!!!
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