Sopravvivenza. - Stay Alive. -

di _Heartland_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo pericolo, una nuova sfida. ***
Capitolo 2: *** Trovo una barretta di cioccolato. ***
Capitolo 3: *** If I'm gonna die, I wanna still be me. ***
Capitolo 4: *** Alleanze. ***
Capitolo 5: *** Ricorda chi sei veramente. ***
Capitolo 6: *** Sorprese. ***
Capitolo 7: *** Nodi da sciogliere. ***



Capitolo 1
*** Un nuovo pericolo, una nuova sfida. ***


Capitolo 1 - "Un nuovo pericolo, una nuova sfida."

{ Percy }

Distretto 2.
E’ l’unica cosa che so. Non so come, né perché, ma lo so. Provengo da lì, ne sono certo, perché lì ci danno i nomi dell’antica Grecia e dell’antica Roma, e il mio nome lo afferma. Mi chiamo Percy, Percy Jackson. Il mio nome deriva da “Perseus”, nome greco dell’eroe semidivino Perseo. La stessa cosa vale per i miei “compagni”, Jason e Nico, che sono poco lontani da me. Jason prende il nome dall’eroe Giasone. Nico è una cosa a parte, ma sono sicuro che anche lui proviene dal distretto 2. Ma cosa sto dicendo? Noi non proveniamo da alcun distretto. Siamo semidei, figli degli dei romani e greci. Noi veniamo dal Campo Mezzosangue, e dal Campo Giove. Ma Panem è fondata su quello che è restato dell’America settentrionale  e del Canada, quindi non riesco a capire come facciamo a essere qui se … No, non possono essere tutti morti. C’è una sola spiegazione. Siamo stati catapultati nel futuro. Ma come? E perché? Non lo so, non ne ho la più pallida idea.
Ma conosco le regole basilari degli Hunger Games, mi pare di aver vissuto da sempre qui, ma allo stesso tempo di non conoscere affatto Panem.
So che potrei essere un tributo Favorito. So che devo vincere, se voglio sopravvivere. Ma la cosa che so per certezza è che i sessanta secondi stanno scadendo in  fretta, molto in fretta.
Perlustro il territorio che ci circonda. La Cornucopia dorata brilla al centro, in tutta la sua lucentezza, stracolma di riserve di cibo e di armi. Come mi attira! Ma Anaklusmos è ancora nella mia tasca, la sento. Non dovrebbe esserci, perché non ci è consentito portare alcun tipo di arma all’interno dell’Arena, ma la penna-spada torna sempre nella mia tasca, e inoltre i mortali non possono vederla sotto forma di spada. Il problema è che, essendo mortali, non possono neanche essere feriti da essa. Vortice, quindi, non può darmi una grande mano. Ho deciso comunque di tenerla, forse perchè mi infonde sicurezza.
Venti secondi. Il tempo scade. Ho già visto delle Cornucopie, Piper ne aveva una. L’aveva presa da Acheloo, ma questa è tutta un’altra storia. So che per vincere qui dovrò uccidere. Avrò annientato centinaia, forse migliaia di mostri nel corso della mia vita, ma da sempre ho avuto problemi ad uccidere la gente. “Che differenza fa?” Già, che differenza fa? Da sempre, ho esitato a uccidere chiunque. Ferire? Non c’è problema. Uccidere? Mhm, ci ripenso due volte. Ricordo quella volta, durante la guerra dei Titani, quando io e Charles Beckendorf, figlio di Efesto, ci intrufolammo nella nave di Luke -che poi in fondo era Crono-, la Principessa Andromeda, per farla saltare in aria. Il motivo? Era piena di mostri, ed era diretta a Manhattan. Beckendorf morì. Si sacrificò per completare la missione. Poco prima di quello però, ricordo di aver incontrato un mezzosangue. Lo disarmai, e poi lo intimai a fuggire. Non so se mi ascoltò. Non so se scappò. Ma se rimase su quella nave … allora morì. Semlicemente, non ero stato in grado di ucciderlo. Almeno, non direttamente.
Dodici secondi. Non so più a cosa pensare, quindi elaboro un piano. Potrei partire all’attacco e prendere qualche arma, e magari uno zaino. Potrei trovarci di tutto. E qui, negli Hunger Games, tutto è importante. Oppure potrei scappare direttamente. Il territorio pare deserto. Sì, sembra esserci solo il deserto attorno a noi. Deserto monotono e sempre uguale. Ma sarebbe troppo semplice. Moriremmo subito, la gente a Capitol City non si divertirebbe, e tanto meno gli Strateghi.
Guardo verso ovest, e la vedo. Una foresta enorme, scura e piena di fronde, sicuramente tropicale.
E’ perfetta. E' il luogo dove posso fuggire e rifugiarmi. Sento che è piena d’acqua. Sento i fiumi, i laghi, tutto. Questo mi potrà dare certamente un vantaggio.
“Dieci! Nove! Otto! Sette! Sei! Cinque! Quattro! Tre! … “
Si comincia. Mi metto in posizione, diretto verso la Cornucopia. Dato che mi trovo a est posso passare per la Cornucopia e prendere quello che mi capita sotto tiro. Nel mio raggio vedo uno zaino, un coltello, e una mappa. Non capisco a cosa possa servire la mappa, dato che gli Strateghi non ci darebbero mai un vantaggio del genere. Che senso avrebbe, poi? Toglierebbe tutto il divertimento, tutte le mille occasioni in cui i tributi si potrebbero perdere.
Ed ecco che lo vedo. Un ragazzino del distretto 9, probabilmente sui tredici anni, si sta arrischiando. Mi sembra quasi di capire cosa stia pensando. “Mancano solo tre secondi, non mi vedrà nessuno… “ E mette quel dannato piede fuori dal cerchio. Un secondo. Un secondo che gli ha cambiato la vita per sempre, che lo ha fatto esplodere in mille pezzi.
Esattamente dopo, sentiamo il via. Correremmo tutti, ma l’esplosione causata dal ragazzo del 9 ci blocca, mandandoci a terra. Cado anch’io. Il colpo è stato fortissimo. Per un attimo mi pare di non sentire e di non vedere nulla, ma so che devo correre. Devo andare via.
Mi alzo in fretta, e vedo la ragazza del distretto 3 che si precipita su qualche altro tributo poco lontano che non si è ancora alzato. La vicinanza con l’esplosione per lui è stata un ritardo, e quindi morte certa. Non saranno passati neanche dieci secondi dall’inizio, e due tributi sono già morti. Mi alzo in fretta evitando una scure volante, riprendo i sensi d’orientamento e mi catapulto verso lo zaino. Lo afferro subito e me lo butto in spalla, poi passo alla mappa. Un altro tributo, probabilmente del distretto 5, mi si avventa contro. Riesco a precipitarmi sul coltello e deviare il suo tentativo di affondo con una spada. Volano scintille. Sono sicuro che adesso almeno alcune telecamere sono puntate su di noi, e mi sembra di sentire la gente di Capitol City acclamarci e mangiarsi le unghie dall’ansia. Ma cosa dico, la gente di Capitol City non si azzarderebbe neanche a rosicchiarsi un’ unghia per un secondo!
Butto il ragazzo a terra, che rotola via, e subito viene pugnalato da qualcun altro.
Mi giro. Non voglio vedere. E’ ora di correre, adesso. Mi butto a capofitto fino alla fine, evitando un tributo dopo l’altro. Adesso corro per la vita, il tempo è vita. Sono troppo concentrato sulla foresta per dare un’occhiata ad altro. Ma poi mi viene in mente. Non ho affatto osservato gli altri tributi. Non so come sono. Non ho provato a ipotizzare in cosa sono forti, né quali sono i loro punti deboli. E questo tipo di conoscenze, negli Hunger Games, ti portano alla vittoria, e quindi alla vita, alla sopravvivenza. Non ho fatto caso nemmeno alla ragazza del distretto due che dovrebbe essere venuta assieme a me.
Un secondo, un momento. Da ogni distretto provengono un solo ragazzo e una sola ragazza. Eppure sono sicuro, sono certo, che io, Jason e Nico, proveniamo dallo stesso distretto. Ma non capisco come, finchè un flashback non mi apre uno squarcio.

Sono nella piazza principale del distretto 2. Sento il sindaco dire poche parole, per poi annunciare. “Per volere del presidente Snow, quest’anno, la mietitura sarà diversa, ma varrà solo per questo e per quest’unico distretto. Verranno prelevati solo tre ragazzi. “ Chiaramente, tutte le ragazze sospirarono, mentre la tensione fra noi cresceva. Ricordo che ero accanto a Jason e Nico, i miei amici. Sapevamo che non c’ entravamo nulla con tutto quello. Che non c’entravamo con quell’epoca, con quel mondo. Ma conoscevamo tutte le regole, come se ce le avessero ficcate nella testa. E chiaramente fummo noi i tributi. Venticinque, invece di ventiquattro, nell’Arena.

Il fatto che siamo tre maschi potrebbe portare disequilibrio nei giochi, ma le ragazze non sono da sottovalutare, l’ho imparato molto tempo fa con la mia ragazza, Annabeth. Ma c’è un’altra cosa che potrebbe portare nei guai tutti e tre. A differenza degli altri, essendo semidei, abbiamo dei poteri. Io, figlio di Poseidone, posso comunicare con i cavalli e le creature marine. Posso usare e comandare qualunque tipo di acqua. E posso provocare terremoti. Jason, figlio di Giove –controparte romana di Zeus- può scatenare tempeste, e può volare. Certo queste cose, però, possono essere controllate dagli Strateghi. L’Arena è comandata da loro, ed è piena di telecamere. Proprio come me, loro potrebbero provocare un terremoto quando ne avessero la voglia. Potrebbero incendiare tutto. Potrebbero far venire una tempesta. Abbassare la temperatura. Ma non lo farebbero. Tutti questi poteri sono troppo entusiasmanti per la gente di Capitol City. Intrattenimento,  nient’altro.
Ma per Nico è diverso. E’ figlio di Ade. Potrebbe rifugiarsi nella terra, usare le gemme, ma potrebbe anche far rinascere dalla terra centinaia di morti e scheletri che combatterebbero al posto suo. Non dico che Nico sia una scansafatiche, anzi, ma certo questo sarebbe un bel vantaggio.
Potrebbe anche … incontrare gli spiriti dei tributi morti. Sarebbe molto crudele, e rabbrividisco all’idea.
Ma ci sono ancora due problemi. Continuo a correre. Lentamente, il deserto sta dando spazio alla foresta, e subito vengo avvolto dalle fronde. Ma continuo a correre. So che, probabilmente, quasi tutti i tributi sono diretti qui. Non so nemmeno se qualcuno è arrivato prima di me, ma mi rendo conto che la foresta è molto più grande di quanto io abbia mai immaginato. Probabilmente, però, la maggior parte dei tributi sono impegnati alla Cornucopia. Io dovrei essere con loro, fra i Favoriti. Chissà se Jason e Nico … No. O forse sì? Non lo so. Ma sento che dobbiamo allearci. E’ l’unico modo per sopravvivere. I figli dei Tre Pezzi Grossi, insieme, sono potenti. Tanto potenti da uccidere sé stessi.
 Cerco di non pensare a questo, ma piuttosto al piano della giornata. Mi inoltro nella parte più folta della vegetazione, che punta in basso. So che l’acqua scorre in basso, e lo sento. Lo so. Ma so che è anche lontana un giorno di cammino. Per prima cosa, trovo un albero. Non sono un genio nell’arrampicarmi, ma anni di allenamenti su muri che si spostano e da cui scorre lava … si rivelano utili. E anche le lezioni private con Juniper aiutano. Non credo che questi alberi siano popolati da driadi. Sento che qui è diverso. Deve essere diverso. Mi arrampico con facilità, e mi posiziono su un ramo abbastanza alto.
E’ ora di schiarirmi le idee. Intanto, c’è un ennesimo problema. Non ricordo nulla della parte pre-giochi, degli addestramenti. Non so se abbiamo sponsor, o ancora peggio, non so chi sia il nostro mentore. E’ un grave problema, ma non voglio farmi sembrare stupido davanti alle telecamere. Di solito è semplice fare le solite figuracce da Testa D’Alghe, ma qui è la mia vita a essere in gioco. E anche quella dei miei amici. E so che Annabeth sarebbe fiera di me, in questo momento, sapendo che sto agendo con saggezza. La cosa mi pare un po’ difficile, ma anni di compagnia con Annabeth mi assecondano. Per ora, non ho visto altri tributi. Innanzitutto, devo trovare l’acqua. E’ necessaria a tutti, ma soprattutto a me, dato che la posso usare anche come arma. Faccio scivolare la mano nella tasca, dove trovo Anaklusmos, e la tiro fuori. Il suo contatto mi riporta a qualcosa di familiare, ma mi sento disorientato. Non mi piace essere qui, ma devo agire con prudenza, se voglio sopravvivere.
Non mi sono sentito così scombussolato nemmeno quando Era mi tolse la memoria. Lunga storia.
Una volta trovata l’acqua, dovrei trovare Nico e Jason. Scommetto che anche loro sarebbero d’accordo sull’Alleanza.
So che una volta furono due i tributi a vincere. Quindi perché non tre? Sarebbe una rivolta contro Capitol City, ma qualcosa mi dice che se vinco e sopravvivo, forse torno a casa. Forse. 

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|| Spazio Autrice ||

Okay, questo capitolo è piuttosto corto. E' costituito prevalentemente dalle riflessioni di Percy, che ci danno una breve spiegazione sulla sua presenza, e su quella di Jason e Nico, negli Hunger Games. Qualcosa, in questi giochi, sarà diverso, quest'anno. Molto diverso. Ce la faranno a sopravvivere? Lo vedremo assieme, nel prossimo capitolo ...

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Capitolo 2
*** Trovo una barretta di cioccolato. ***


"Trovo una barretta di cioccolato."

{ Percy }
 
La prima cosa che decido di fare è controllare cosa sono riuscito a prendere dalla Cornucopia.
Lo zaino, per fortuna, è di un bel verde militare, abbastanza facile da mimetizzare. Lo apro subito, sciogliendo le cinghie, e la prima cosa che trovo è un contenitore per l’acqua che potrebbe contenere più o meno due litri. Il problema è che è vuoto, ovviamente.
 
-Sarebbe stato troppo semplice, eh?-
 
Dico, rivolgendomi a una qualche telecamera che è sicuramente lì intorno.
Poi trovo un po’ di carne essiccata, un sacco a pelo, un paio di calzini, e poi degli occhiali da sole.
Dato la temperatura battente, provo a metterli. La vista però comincia ad offuscarsi, e tutto prende un colore strano, quindi decido di toglierli. Non hanno senso, tanto vale la pena buttarli. Li scaravento da qualche parte nelle fronde.
 
-Vediamo un po’. –
 
Continuo poi, mentre rovisto fra le ultime cose nello zaino. C’è anche un piccolo sacchetto di cuoio e… cioccolata. C’è una barretta di cioccolata. La prendo delicatamente fra le mani.
 
-Cos’è, uno scherzo?-
 
Domando ancora, rivolgendomi alle telecamere. So che non mi possono rispondere. Anzi, so che forse ci sto andando un po’ troppo pesantemente. Gli Strateghi si stanno arrabbiando, e non è quello che voglio. Finchè posso, voglio evitarli. Perché, se qualcuno deve scatenare l’inferno, allora non saranno loro. Sarò io.
C’è ancora una cosa sul fondo dello zaino. Una corda. Ottima, per rimanere sugli alberi durante la notte. Non ti può vedere nessuno e sei al rifugio da quasi tutto. Ma è un vantaggio fin quando la usi nel modo giusto.
Prendo ancora la barretta di cioccolato fra le mani. Mangiarla sarebbe una cosa troppo stupida, deve avere un altro valore, ma quale?
Oh, c’è anche qualcos’altro. Una piuma d’uccello, bianca con striature scure. E’ morbida al tocco, molto bella. Una di quelle che si intingono nell’inchiostro. Ma non capisco a cosa possa servire, anche se so che ha un qualcosa di misterioso e speciale.
Poi, improvvisamente, sento dei passi, seguiti da un fruscio. Sono immobile. I miei muscoli sono tesi al massimo, lo sguardo in basso. Il movimento sembra farsi più vicino. Arriva sempre più nitido alle mie orecchie. Poi lo vedo. E’ il ragazzo del distretto 1, Michael Jow. Non riconoscerei quasi nessun tributo, ma il suo nome, non so per quale motivo, è rimasto impresso nella mia mente.
Il ragazzo, alto e robusto, dai capelli castani e gli occhi azzurri, attraversa in fretta la radura dove si trova il mio albero. Non sembra affatto perso, ma pare avere una meta precisa. Anche lui sta puntando verso il basso, ma verso sud-est. Io invece sento che il fiume scorre nella parte a nord-ovest della foresta, per poi deviare direttamente a ovest. Sta andando dalla parte sbagliata, e io certamente non lo fermerò.
Lascio passare un po’ di tempo senza fare un minimo rumore, finchè non decido che forse dovrei mettermi in cammino anch’io. Non devo perdere tempo. Innanzitutto, la mia meta è il fiume. Probabilmente non riuscirò ad arrivarci prima di domani a mezzogiorno, quindi la notte mi dovrò fermare su qualche albero, ma se parto adesso e mi muovo in fretta, dovrei arrivare verso quell’ora. Sempre che io non incontri ostacoli...
Rimetto tutto nello zaino con cura ma velocemente, e lo chiudo. Poi mi lascio cadere giù, sprofondando nell’erba umida di rugiada.
E’ in quel momento che me ne ricordo.
Gli occhiali da sole.
Sono ancora lì. In fondo, anche loro potrebbero avere un qualche valore segreto, una qualche cosa. E anche se non fosse così, potrebbero sempre rivelarsi utili. Li metto da qualche parte in una tasca posteriore dello zaino, aggiungendo anche la mappa che devo ancora studiare. Anaklusmos è come sempre nella mia tasca, mentre il coltello saldatamente attaccato alla mia cintura. Sono pronto per andare, si può dire.
 
-***-
 
 Sono in cammino da varie ore, ormai.
Fortunatamente, la temperatura sta calando, e la sera si sta mostrando. Sono sceso molto più in basso, sento l’acqua più vicina, i muscoli fremere a ogni passo, sia per la stanchezza che per la vicinanza con l’acqua che aumenta sempre di più. Ma ora è sera, e dovrei mettermi su qualche albero, al riparo.
Girovago ancora un po’, mentre le prime stelle cominciano a spuntare, illuminando la volta celeste di un nero scuro come la pece. Poi, finalmente, lo trovo.
Un albero piuttosto alto, con moltissimi rami spessi e resistenti, e con molte biforcazioni. Ci giro un po’ intorno per accertarmi che non ci sia nulla, poi comincio ad arrampicarmi. E’ un po’ più difficoltoso con lo zaino che sembra diventare più pesante a ogni minuto che passa, ma alla fine ci riesco. Prendo la corda e mi lego al tronco come prima cosa, e poi caccio fuori il sacco a pelo. Dovrebbe essere uno di quelli che trattiene il calore.
“Perfetto.”
 Penso. Mi ci raggomitolo dentro.
Dato che, però, la Luna fornisce ancora molta luce, decido di studiare un po’ la mappa. La estrapolo dal fondo dello zaino e la apro. E’ a forma di pergamena, e pare antica. Ma non c’è nulla! E’ completamente vuota. La carta liscia e pulita si mostra davanti ai miei occhi, senza nemmeno un segno. Maledizione. Potrei usarla come foglio e scriverci qualcosa, ma… Primo, non c’è nulla da scrivere. Secondo, dove lo trovo l’inchiostro? Qualcosa, però, mi suggerisce che non è un caso il fatto che io abbia sia la mappa che la piuma. Ma sono troppo stanco, ora, per rimurginarci sopra. Non è tempo di filosofia e indovinelli . Domani mattina mi dovrò svegliare presto.
Innanzitutto, dovrò arrivare al fiume. Dopo, dovrò trovare Jason e Nico e parlare loro dell’alleanza. E’ l’unica soluzione.
Rimetto ancora tutto dentro, poi mi ranicchio nel sacco a pelo e mi addormento, scosso dai soliti incubi notturni.
 
-***-
 
{ Nico }
 
E’ sera, ormai. Sto ancora strascicando i piedi fra gli alti ciuffi d’erba, senza una meta precisa. Devo trovare un rifugio per la notte, se non voglio morire congelato.
 Certo che per me morire sarebbe strano. In fondo, sono figlio del dio dei morti!
Scuoto la testa. Un leggero vento si è alzato, e immagino che i miei pensieri prendano il volo, sparendo con esso.
Sono messo piuttosto male. Prima, alla Cornucopia, non sono riuscito a prendere granchè, apparte quello che si potrebbe definire un “grazioso cestino da picnic”. Mi ci sento inutile, me ne vergogno.
Io, Nico Di Angelo, che vado in giro per gli Hunger Games con un cestino da picnic.
Mi sembra di poter sentire le telecamere puntate su di me, che mi seguono ad ogni passo. Quasi mi pare di sentir ridere tutti gli abitanti di Capitol City.
 
-Beh? Non ho trovato nulla di meglio da acciuffare. –
 
Sbotto, con tono piuttosto irritante. Probabilmente il mio comportamento non mi aiuterà a ricavare sponsor. Da una parte, morire non sarebbe male. Tornerei da Bianca. No, sarei tornato, perché lei ha scelto la reincarnazione. Per un secondo, mi passa per la mente l’orribile pensiero che la sua anima si possa trovare nel corpo di qualche tributo. No, impossibile.
Ogni molecola del mio corpo pare scossa da un fremito, al pensiero di Bianca. La mia Bianca. Certo, ho Hazel, l’altra mia sorella. E le voglio molto, molto bene. Ma con Bianca… era diverso. Lei era anche la mia sorella di sangue. Lei era la mia unica famiglia, la mia casa, la mia protettrice. Lei era… Bianca. E lo sarà per sempre.
 
 
{ Spazio Autrice }  
 
Prima di tutto, ho deciso di aggiornare presto, per farvi seguire bene la storia. Ora, dovrei ringraziare quattro persone, per poi passare alla riflessione sul capitolo.
 
KokoroChuu: Soprannome particolare, ma interessante. Ti ringrazio per la precedente recensione, sperando che anche questo capitolo ti piaccia.
 
Greece_Lee: Continuerò a tenervi sulle spine fino all’ultima parola! :’3 Comunque, ringrazio anche te, sperando che il capitolo ti piaccia!
 
xGhostQueen: Solo ora mi sono resa conto che forse il tuo soprannome potrebbe essere ispirato a “The Ghost King”, ovvero il soprannome del nostro caro e misterioso Nico! *^* Ringrazio anche te per la rencesione!
 
Liza_Waters4: Ringrazio anche te per la recensione. Ho dato un’occhiata alla tua ff, e la trovo molto bella! Aspetto con ansia il quarto capitolo!
 
Adesso, penso di aver ringraziato tutti. Spero che recensiate anche questo capitolo! Il POV di Nico era relativamente corto, ma finire il capitolo in quel modo, con quella frase… mi ispirava troppo, e spero che abbia catturato anche voi. Ho dato un nome piuttosto divertente al capitolo, dal modo di fare dei libri di Percy Jackson. Vi informo già che nel prossimo capitolo ci saranno i POV di Nico e Jason, e forse ancora quello di Percy. Ma non posso aggiungere altro.
 
Si incontreranno nel prossimo capitolo? Lo scoprirete solo leggendo . . .

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Capitolo 3
*** If I'm gonna die, I wanna still be me. ***


Capitolo 3
 
„If I’m gonna die, I wanna still be me.“
-Peeta Mellark

 
{ Jason }
 
Corro, corro nella notte. Inciampo in un ciuffo d’erba alta e appiccicosa che si aggroviglia attorno ai miei piedi, ma con uno strattone me ne libero e riparto.
Sono sopravvissuto alla Cornucopia, motivo per il quale mi dovrei già sentire piuttosto fortunato. Ho riportato una lieve ferita al braccio, un taglio procuratomi da un coltello, ma escludendo quello, sono a posto. Ho recuperato ben poco, solo una corda piuttosto tagliente, qualche chiodo, una rete e un sacco di plastica. Potrei costruirci una trappola, ma all’inizio dei giochi... sarebbe solo uno spreco. Ricordo che mentre mi catapultavo verso la corda mi si avventò contro un ragazzino, e non esitai un secondo a strozzarlo. Ma uccidere non è da me, non è affatto da me. Se devo morire, voglio restare me.
Inciampo in un tronco caduto, finendo con la schiena contro un grande masso. Mi scappa un gemito di dolore, ma poi mi rendo conto che sono comunque seduto su qualcosa di molto morbido. Muschio. Mi guardo intorno. Alle mie spalle c’è la grandissima roccia cui sono finito contro, A sinistra ci sono molti cespugli, spinosi e fitti, e a destra si ripresentano uguali, quasi ne fossero il riflesso. Solo davanti a me è tutto libero. Mi rendo conto di aver trovato un buon posto per la notte, decisamente meglio di altro.
Mi rialzo, facendo forza su una sporgenza del masso, e prendo la corda e i chiodi. Ne metto uno al limitare di ogni cespuglio, rispettivamente a destra e a sinistra, a cui poi lego la corda. Li spingo nel terreno con qualche calcio, e alla fine riesco a costruire una trappola che almeno mi potrà avvertire nel caso qualcuno cercherà di avvicinarsi durante la notte.
Mi sistemo come meglio posso fra il muschio, cercando di coprirmi e proteggermi dal freddo. Aspetto ancora, cercando di riordinare i pensieri.
Sono a Panem, e sono un tributo, un’altra pedina degli Hunger Games, degli Strateghi, di Capitol City. Ma io voglio rimanere me stesso, non voglio e non cambierò. Ma devo lottare per vincere, per sopravvivere. Nico e Percy, i miei amici, sono qui con me. Siamo semidei, e questa non è la nostra epoca. Ma ci troviamo qui, e dobbiamo uscirne. L’unico modo è, appunto, vincere. Devo trovarli, dobbiamo stringere alleanza e organizzarci, per...
I miei pensieri vengono interrotti da quello che ricordo come l’inno di Panem. La musica è alta e assordante, e si diffonde per tutta la foresta. Se adesso qualcuno si stesse avvicinando, io non riuscirei a sentirlo. Faccio quindi scorrere brevemente lo sguardo intorno a me, per assicurarmi che non ci sia nessuno. Eccoli, i volti dei tributi morti.
Prima il ragazzo del cinque. Questo significa che tutti i ragazzi e le ragazze dei distretti uno, due, tre e quattro sono vivi, e anche la ragazza del cinque. Viene poi il ragazzo dell’otto. Quindi tutti del sei e del sette sono vivi, e anche la ragazza dell’otto. Adesso vengono entrambi quelli del nove. Il ragazzo, lo ricordo. E’ quello che è morto per primo, nell’esplosione. Immagino i loro genitori, il caos nel distretto 9, che non sopporta tutto questo. Nessuno sopporta tutto questo. Eppure, gli Hunger Games sono stati riprodotti anche quest’anno.
E... sì, l’ultima. Una ragazzina dell’undici. Non doveva avere neanche quindici anni. Ha dei capelli castani e scompigliati, simili a quelli di Piper, ma raccolti in una treccia, la stessa treccia che porta sempre Reyna. Reyna. Piper. Le ricordo, mi mancano entrambe. Scuoto la testa, cercando di non pensarci. Il cielo torna scuro, nero come la pece, e il silenzio torna a regnare nella foresta. Provo ad immaginare gli altri tributi. Forse qualcuno è ancora lì, nel deserto. So che di notte, nei posti aridi, la temperatura scende sotto zero, ma gli Strateghi l’hanno modificata, almeno qui.
Forse è meglio che mi addormenti, domani mattina devo partire subito alla volta di Percy e Nico. Le mie palpebre diventano sempre più pesanti, finchè non cado in un lungo sonno profondo, scosso dai miei incubi. Stavolta però, uno nuovo aspetta fuori dalla porta.
 
 
“Per noi semidei i sogni non sono semplici immagini che ci tormentano nella notte. Sono premonitori. Predicono il futuro, quello che ci accadrà.
Buono o cattivo che sia.”

 
 
Sono in una radura, inginocchiato, la testa rivolta verso il basso. Alti alberi scuri mi circondano, e una strana nebbiolina azzurra si fa strada un po’ ovunque. In alto, nel cielo, scintilla la figura di Piper McLean, la mia ragazza. Ma che dico, la mia ex ragazza! Il messaggio da Capitol City brilla nel cielo. E’ stata torturata. Pezzi di carne le si staccano dal corpo, e urla acute le fuoriescono dalla bocca, mentre il sangue della giovane figlia di Afrodite si riversa sul pavimento, scuro come il rossetto della madre. Ed io? Io sono felice. Alzo la testa, rivolgo le braccia al cielo e rido, rido di entusiasmo, mentre vedo la vita abbandonare il corpo della McLean, che cade, accasciata sul pavimento bianco e lucido di un edificio di Capitol City.
 
-Fatto bene, McLean! Finalmente morta! Uccisa! –
 
Guardo le stelle, che sembrano sorridere assieme a me, assorbendo ogni urlo della ragazza, che pare ripetersi come un eco. Sento svolazzare degli uccelli. Sono ghiandaie imitatrici che riproducono i suoi pianti, sempre più forti. E io grido, grido di felicità, perchè sono felice che la ragazza che odio sia morta.


{ Spazio Autrice }

Benissimo, qui seguiamo Jason nella sua avventura. Allora, so che sono stata piuttosto crudele, e che probabilmente non avete capito nulla di tutta la faccenda del sogno, ma era a quello a cui puntavo. Detto questo, ringrazio le tre persone che sono state così gentili da recensire, e tutti coloro che hanno inserito la storia fra le seguite e le preferite. Vi prometto che il prossimo sarà più lungo!
Aspetto tante recensioni!

_Heart_

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Capitolo 4
*** Alleanze. ***


Capitolo 4  - “Alleanze.”

 
<< Come quei numeri speciali, che i matematici chiamano “primi gemelli” : separati da un solo numero pari, vicini ma mai abbastanza per toccarsi davvero. >>

-La solitudine dei numeri primi.
 
{ Nico }
 
Le ombre si aprono di nuovo attorno a me, mentre con passo felpato percorro una radura nel bel mezzo della notte. Al centro troneggia un albero dalle forme spesse e tondeggianti, dove poco sopra individuo il figlio di Poseidone.
Sta sonnecchiando tranquillamente in un sacco a pelo, senza preoccupazioni. Non sembra essere vittima di incubi in questo istante, perché il solito rivolo di bava cola dalla sua bocca.
“Disgustoso”, penso, ma non ho tempo per disprezzarlo. Mi chino a raccogliere un sasso per lanciarlo verso di lui. L’oggetto pare cozzare contro la sua fronte, e in un attimo quello si sveglia, scuotendosi dal suo torpore.
 
{ Percy }
 
Mi sveglio mentre l’immagine di Annabeth e dei suoi boccoli color del sole si dissolvono, facendomi tornare alla realtà. Mi drizzo a sedere, massaggiandomi la fronte, che non pare smettere di voler pulsare. Un rivolo di sangue mi cola dalla ferita.
Trovo sul tronco su cui ero tranquillamente addormentato un sasso piuttosto tagliente, anche se dalle dimensioni piccole, e volgo lo sguardo attorno.
Vigile, cerco chi mi ha tirato addosso quell’oggetto. Eccolo, lo vedo. Inizialmente pare essere un tutt’uno con le ombre, ma mano a mano diventa più visibile. I suoi occhi scuri, la pelle quasi bianca, come quella dei cadaveri, riluce del pallore delle poche stelle che ci sono.
-Jackson, buongiorno. – sussurra lui, ironico. – Bentornato. Si stava bene nel mondo delle favole? –
Sento i miei muscoli fremere di rabbia. Prima mi sveglia, mi ferisce, e ora si rivolge anche così? Ma mi impongo di restare calmo. L’Arena mi ha fatto saltare i nervi.
“Tu sei sempre Percy, il solito ragazzo gentile e fedele ai suoi amici.”, mi ripeto, sospirando ad occhi chiusi.
-Sì, Annabeth è stata gentile. Mi aveva preparato dei biscotti blu. Ne stavo per addentare uno, ma poi tu mi hai svegliato. –
Rispondo, con una punta di malinconia nella voce. Lui pare rendersene conto, e si avvicina.
-Scusami, è solo che questo non mi pare il posto adatto per… ecco, pensare alle… - deglutisce, come se quella parola gli pare difficile da pronunciare. – Ragazze. E ai biscotti blu. – Aggiunge poi frettolosamente.
Annuisco, portando lo sguardo in basso ed incontrando i suoi occhi neri.
-Già, amico, hai ragione. – detto questo scendo con cautela l’albero. – Menomale che mi hai trovato.
Lui annuisce, mentre un mezzo sorriso si impossessa delle sue labbra. – Già. Senti, dobbiamo trovare Grace. 
Mi mordo il labbro inferiore. La felicità di aver trovato uno dei miei compagni svanisce nel momento in cui mi rendo conto che uno sta ancora vagando solo nell’Arena.
-Sta’ tranquillo, amico. Jason è figlio di Giove. E’ forte, se la caverà bene da solo, finchè non lo troveremo. –
Lui pare tranquillizzarsi un po’, e mi guarda.
-Allora, che hai trovato di bello alla Cornucopia? Gioielli e deja-vù? –
Sorrido alla sua ironia, mentre lo osservo sedersi ai piedi dell’albero. – Ho trovato varie cose interessanti. Magari te le faccio vedere domani, eh? Mi sembri parecchio stanco. –
Lui liquida la mia osservazione con un gesto della mano. – Io sono sve-...- Uno sbadiglio interrompe la sua frase. - …Sveglio. –
Ridacchio. – Sì, certo, amico. Pieno di energie. –
Mi siedo accanto a lui.
-Quindi ti posso definire “alleato”? – mi chiede poi, alzando un sopracciglio.
-Ci puoi contare! – esclamo, ma poi mi tappo la bocca con una mano. Dannazione, devo abbassare la voce.
Nico mi lancia un’occhiata di rimprovero. Restiamo in ascolto per un po’, ma dato che non sentiamo potenziali pericoli, lui scrolla le spalle.
-Fai tu il primo turno di guardia? –
Annuisco alla sua domanda, mentre lo vedo sgattaiolare sopra e rifugiarsi nel mio sacco a pelo. Quindi decido di salire anch’io, due biforcazioni più sopra, dove posso controllare il territorio circostante ma dove i miei nemici non mi possono vedere.
 
-***-
 
Quando mamma mi scrolla pesantemente con una mano decido finalmente di aprire un occhio, borbottando.
-Ancora un momento, mamma… Sai che è prest-…-
Il resto delle parole mi muoiono in gola quando un tonfo mi fa drizzare a sedere. Mi strofino velocemente gli occhi, in ascolto.
-Mamma, che succede? –
Eppure non sono in camera mia. Il mio letto è stranamente ruvido… e le mie pareti sembrano foglie e alberi… la mia scrivania e tutti i miei mobili sono spariti…
Ma non mi interessa, sono troppo stanco per alzarmi adesso.
-Jackson! Ma ti vuoi svegliare?! –
Una voce brusca che non appartiene decisamente a mia madre m scuote dal mio torpore. Giro la testa, e i miei occhi mettono lentamente a fuoco…
-Nico! Che diavolo ci fai nella mia stanza? –
Lui mi tappa la bocca, facendo segno di abbassare la voce.
-Che diavolo dici tu, piuttosto! – E’ impressionante come riesca a sbraitare anche sussurrando. – Siamo nell’Arena, sciocco, e un tributo piuttosto grosso e potente è proprio lì sotto! –
Le immagini prendono vorticosamente forma nella mia testa. L’Arena, il deserto, i tributi, la corsa, l’albero, l’alleanza…
-Come scusa? – Dico infine, non riuscendo a capire l’ultima cosa che ha detto.
-Simon, il tributo maschio del Distretto 11. E’ proprio qui sotto. Non si è ancora reso conto di noi. –
Spiega pratico il figlio di Ade, facendomi segno di affacciarmi per guardare sotto senza però fare rumori. Quindi mi sporgo, e lo vedo.
Lo associo subito a quel tributo della settantaquattresima edizione, Tresh. E’ molto simile a lui di statura, ma già da come mangia quello che sembra un coniglio cotto male mi sembra un tipo piuttosto aggressivo.
-Dannazione. –
Mi lascio scappare, per poi tornare a guardare Nico.
-E ora che si fa? –
Lui abbassa lo sguardo, studiando Simon. Capisco dal suo sguardo attento che anche lui ha capito che Simon non ha niente di buono in sé. Non l’ha avuto neanche prima dei Giochi.
-Allora? –
Lo incito a rispondermi, impaziente.
Un movimento secco mi fa sussultare sul ramo. Abbasso lo sguardo, e lo vedo squartare il prossimo coniglio con una grande falce molto, ma molto tagliente.
Deglutisco, mentre osservo bene i conigli. Hanno il collo stirato e, oltre a quello, nessuna ferita. Questo può significare una sola cosa. Simon…
-Li ha strozzati. Con la sua stessa forza, come se niente fosse. –
Nico dà voce ai miei pensieri, mentre io annuisco preoccupato.
E’ in quel momento che Simon si gira, alzando lo sguardo, e ci individua. La sua espressione passa dallo stupore più assoluto a una faccia che pare dire: “Come ho fatto a non accorgermene prima?!”, fino a un’espressione che dice chiaramente: “Io vi faccio fuori! Qui e adesso!”.
Mi ritiro, imponendomi di respirare con calma. Io e Nico abbiamo ucciso tanti di quei mostri che questi Giochi dovrebbero sembrare solo un allenamento per noi.
Ma è quello il problema. Erano mostri , quelli. Non persone vere, con sangue divino o meno nelle vene.
Vedo Simon che comincia ad arrampicarsi agilmente sull’albero.
“Distretto 11”, penso. “Ma certo.”
Rimetto il sacco a pelo nello zaino con furore, e mi appresto a scendere dall’altro lato del tronco, dietro Nico.
A una biforcazione dal terreno, ci lasciamo andare, saltando. I nostri piedi incontrano il terreno e cominciamo subito a correre.
Beh, finchè Nico non si rende conto che non si sta muovendo di un millimetro.
Mi giro, e vedo Simon prenderlo per la collottola come fosse un cucciolo di gatto e lanciarlo da qualche parte.
-Nico! –
Grido, ma devo rotolare di lato per evitare Simon che già mi si avventa addosso. Sarò anche un ottimo spadaccino, ma quello… quello ha la rabbia nelle vene.
Ha appena stretto le sue dita attorno all’elsa della falce, quando mi rendo conto che non devo per forza diventare il suo prossimo coniglio. Cerco freneticamente Vortice nella mia tasca, e la trovo.
Simon scoppia in una risata ironica.
-E con quella che vorresti fare? Scrivermi sulla fronte? –
-Oh, beh… lascio a te la scelta! –
Esclamo, prima di togliere il cappuccio alla mia penna e farla diventare una spada.
E’ solo allora che mi rendo conto che Simon è un mortale, e che la mia arma è di bronzo celeste. Simon mi si avventa di nuovo addosso, ma riesco a bloccare il suo affondo sfoderando il pugnale che ho alla cintura.
Cominciamo ad avanzare ed indietreggiare. Anche se quel ragazzone non si è mai allenato, le sue mani sembrano fatte per maneggiare armi e falci.
“Sciocco!” mi dico, mentre mi chino per evitare di diventare fettine di semidio. “E’ una falce! Sarà abituato ad usarla, nel suo distretto!”.
Il problema è che io non sono abituato ad usare un pugnale. Me la cavo, sì, ma c’è sempre qualcosa che mi blocca dal pugnalarlo… lui, lui non è un mostro.
E’ adesso che Nico gli si avventa contro, prendendolo da dietro e puntandogli la sua spada alla gola.
Quella, stranamente, la vede.
-E va bene! – Alza le mani, lasciando cadere la falce. –Che ne dite di essere alleati? –
“No.” Penso subito, ma poi preferisco di sì, perché non me la sentirei di ucciderlo. Mi rendo conto che, seguendo questa logica, non vincerò mai i giochi.
Sposto lo sguardo su Nico, lasciando a lui la scelta.
-Okay. – Dice lui, senza però allentare la presa sul suo collo. – Possiamo definirci alleati. –
E nel suo sguardo leggo qualcosa, che però non riesco a decifrare.
 
-***-
 
Mi rigiro nel sacco a pelo senza riuscire a dormire. I miei occhi si rifiutano letteralmente di chiudersi.
Mi drizzo quindi a sedere, e ci metto un attimo a rimettere a fuoco l’interno della tenda.
Siamo stati fortunati, dato che Simon aveva un sacco di cose utili. Una tenda, due sacchi a pelo, due armi, un po’ di cibo di scorta. Quindi ci siamo accampati qui, a molti chilometri dalla mia radura.
Siamo molto più vicini al fiume adesso, sento che manca sempre di meno. Eppure non riesco a dormire. Sarà la vicinanza col fiume? Non credo. Però potrei usarla come scusa. Mi alzo lentamente stando ben attento a non svegliare quel bestione e, superando i pochi viveri che abbiamo, esco dalla tenda.
Fuori, seduto su un tronco caduto, con la spada al fianco, c’è Nico. Mi dà le spalle, e sta osservando il folto della foresta. Sento un irrefrenabile impulso di mollargli un pugno, ma tutto ciò che faccio è sedermi dalla parte opposta, osservandolo.
Appena si rende conto di me, si gira.
-Che ci fai qua, Jackson? –
Lo osservo, mentre sento rodere la mia mano. Eppure la strofino sul legno ruvido del tronco, e riesco ad ottenere di nuovo il mio autocontrollo. “Tu sei fedele agli amici, Percy.” Mi dico, ma un’altra voce mi interrompe. “Tu quello lo chiami amico? Ti ha portato dietro un mostro che potrebbe uccidervi da un momento all’altro!”.
Effettivamente, ho parecchie domande da fare a Nico. Mi strofino quindi le mani, sedendomi comodo.
-Non riuscivo a dormire. –
Nico alza gli occhi al cielo.
-E’ vero, santo Poseidone! Non riuscivo ad addormentarmi. –
-Ah, certo. Sarà stata…” la vicinanza con l’acqua.” – suppone lui, prendendomi in giro e rubandomi la scusa. – Avanti, parla. Lo so che hai qualcosa da chiedere. – Mi dice poi.
Mi sforzo di cominciare. - Come mai è riuscito a vedere la tua spada e non la mia? -
Lui mi porge la sua spada in Ferro dello Stige, e solo ora me ne accorgo. E' come Vipera, la spada di Luke. Metà mortale e metà divina. 
-Ma come... e dove...- La domanda mi muore in gola.
Nico mi strappa l'arma di mano. -Mio padre a volte è utile.- Poi si posiziona meglio. -Su, va' avanti. -
–Voglio sapere perché ti sei portato quel bestione dietro. –
Le sue labbra si esibiscono in un sorriso amaro, mentre finalmente mi guarda.
-Perché è buono come alleato. –
-Che intendi dire? –
Domando io, senza capire. – Insomma, l’unica cosa che potrebbe fare è ucciderci da un momento all’altro! –
Lui scuote la testa, alzando lo sguardo verso le stelle. –E’ forte, e ha preso un sacco di cose dalla Cornucopia. Lo possiamo utilizzare. –
Solo adesso lo capisco. Lui non ha mai voluto salvarlo. Nella sua agenda, riguardo a Simon ci sono solo due cose. Una è l’usarlo, come un oggetto materiale.
-E una volta che i viveri saranno finiti e molti tributi uccisi? –
Lui torna a guardarmi, inchiodando il suo sguardo nel mio.
-Non possiamo permetterci di tenerlo come alleato dopo che tutti i tributi saranno morti. Dovremmo sbarazzarcene prima, un po’ prima. –
Il suo tono sembra indifferente, ma io ho paura di quello che sta per dire.
-Ovvero? –
-Oh, beh… sbarazzarcene. – Ripete lui, e adesso capisco qual è la seconda cosa da fare nella sua agenda, per quanto riguarda Simon. Volgo lo sguardo al cielo, inchiodandolo nelle stelle. Non voglio indovinare. Ma è lui stesso a confermarmelo, finendo la sua frase. – Ucciderlo.
 
-***-
 
Torno nella tenda senza tanti indugi, ranicchiandomi nel sacco a pelo.
Ecco cosa vuole fare. Usarlo, e poi? Ucciderlo, farlo fuori. “Sbarazzarsene”, come dice lui.
Improvvisamente ho una voglia tremenda di dormire, rifugiarmi nel mio piccolo “paese delle favole” e scappare da qui, perché so che non riuscirò ad accettarlo.
 
 
 
 
 
 
…Continua…
 
 
 
{ Spazio Autrice }
 
Okay, beh… abbiamo appena conosciuto “l’adorabile” Simon.
Anzi, voi non l’avete ancora affatto conosciuto.
Spero di avervi inquietato abbastanza. Adesso… devo ringraziare varie persone.
Per aver messo fra le seguite la mia storia, quindi:
DiamanteLightMoon, elly_foti, FoxFace00, KokoroChuu, marcomoratto98, ran1997, sissi_nox, Vernalis, percabeth_01 e _Enerie231.
Poi, ringrazio Savannah Anastasia per averla aggiunta tra le ricordate.
Inoltre, ringrazio Beforeyou_Go, Ilgladiatore999, Martina Sapientona, xGhostQueen e _Enerie231 per averla aggiunta tra le preferite.
Ringrazio Ilgladiatore999 per avermi aggiunta fra i suoi autori preferiti.
Adesso mancano solo le persone che hanno recensito.
-KokoroChuu: Una tua recensione non manca mai! Ti ringrazio, soprattutto perché sei l’unica che riesce a spiegare dettagliatamente tutto e… beh, adoro le tue recensioni, dato che sono dialoghi con i personaggi stessi!
-kiara00: So chi sei ewe. Temimi, ragazza, perché non ho finito qui.
-FoxFace00: Ti ringrazio per la recensione! Ma Piper e Jason non hanno ancora subito niente rispetto a quello che accadrà dopo! *Risata sadica*
-_Enerie231: Grazie per la bellissima recensione!
 
E… bene, per stavolta ho finito! Alla prossima, penso di pubblicare il capitolo minimo verso fine luglio!
_Heart_
 

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Capitolo 5
*** Ricorda chi sei veramente. ***


 

                          Capitolo quinto - "Ricorda chi sei veramente."

 

“Vedi, ogni cosa ha un suo lato negativo e un suo lato positivo. Bisogna scegliere solo quale dei due si vuole osservare.”

                                                     -Autrice

 

{ Jason }

Mi sveglio di soprassalto. Apro lentamente gli occhi, e l’unica cosa che riesco a vedere è una nebbia azzurra. Li richiudo, inspirando profondamente, per poi riaprirli. Ancora quella nebbiolina azzurra.
Comincio a preoccuparmi, ma qualche telecamera potrebbe riprendermi, quindi provo a restare calmo. Mi alzo, e rimetto velocemente nello zaino quello che avevo tolto la sera prima. Quando arrivo alla trappola che avevo costruito, mi rendo conto che deve aver funzionato. Eppure non mi sono svegliato. Strano.
Raccolgo tutto, e decido di mettermi alla ricerca del presunto tributo che è caduto, appunto, nella mia trappola. Cammino per ore, eppure non riesco a trovarlo. Probabilmente camminare in mezzo a questa nebbia non è una buona idea, ma ovunque vada non diventa né più fitta né meno. Valuto parecchie volte l’idea di tornare indietro e avanzare da lì in poi, ma alla fine continuo ad avanzare. Strascico i piedi tra le fronde, appoggiandomi di tanto in tanto ad un albero, stanco. Continuo ad avanzare, ma ogni volta fare un passo diventa sempre più difficile, ogni volta sembra che sia la roccia stessa ad alzarsi e aggrapparsi ai miei piedi.
Poi cominciano anche gli occhi. Comincio a vedere tutto confuso, un miscuglio di colori. Mi appoggio ad un albero, e chiudo un attimo gli occhi per riprendere il controllo.
Quando li riapro, sono in tutt’altro posto.

-***-

{ Nico }

Avanzo ancora fra le lapidi del cimitero, leggendo vagamente i nomi incisi su ogni tomba. E’ una brutta giornata. Il cielo è grigio, coperto di nuvole, e c’è la nebbia. Avanzo ancora un po’ tra le erbacce, finchè non sento delle voci.

-Sorry… can anyone please say me where I am? –

L’accento è decisamente americano. Mi giro, ma mi rendo conto che non si stanno riferendo  a me. Strizzo gli occhi, e poco lontano, all’entrata del cimitero, vedo due signori parlare. Il secondo caccia fuori una mappa, ed indica all’altro un luogo.

-You’re in Italy. Look, this is… -

Non mi preoccupo di captare le altre parole, mi basta questo. Sono in Italia, sono tornato in Italia. Ma per quale motivo? Faccio un passo indietro, ma inciampo in una tomba di pietra e ci cado sopra.

-Oh dei, scusami! –

Esclamo. Il signore italiano che aveva cacciato la mappa è ora rimasto solo, e mi fissa in modo strano. Mano a mano, mi rendo conto che non è un signore. E’ un ragazzo, e probabilmente deve avere circa sedici anni. Ed è… tremendamente simile a me.
Torno a guardare la tomba. Essendo il figlio di Ade, per me è normale parlare con i morti, e in questi casi lo è anche scusarmi. Mi rialzo in fretta, spolverandomi i pantaloni, quando vedo due bambini venire verso di me. Il loro sguardo è fermo sulla tomba. La ragazzina ha dei lunghi capelli scuri raccolti in una treccia, e porta un berretto verde, che le copre quasi tutto il viso. Il ragazzino è più piccolo, forse di circa due anni, ha i capelli scuri, folti, un po’ disordinati. Entrambi hanno la pelle olivastra, e uno sguardo perso. Si inginocchiano di fronte alla lapide, mormorando qualcosa.

-Ragazzi, vi do solo due minuti! Poi ripartiamo per l’albergo! –

Un avvocato, decisamente lontano da loro, li sta aspettando fuori dal cimitero. E’ magro e vestito di nero, e sta fissando il suo orologio, come se ne dipendesse la sua vita.
Passo dietro ai ragazzini, osservando anch’io la lapide. E il nome che vedo mi fa venire i brividi lungo tutto il corpo.
Maria Di Angelo.
Sulla lapide c’è il nome di mia madre. Vorrei urlare e scappare da qui, ma qualcos’ altro attira la mia attenzione. La ragazzina. E’ così familiare…

-Bianca! –

Grido, per poi soffocare un urlo. E’ lei. Non ci posso credere, è davvero lei. Vorrei andarle incontro ed abbracciarla, ma, per quanto io abbia gridato forte, mi rendo conto che non mi ha minimamente calcolato.

-Bianca? – domando ancora, cercando di capire perché mi sta ignorando. – Bianca! –

Sono quasi sul punto di piangere. Perché non mi vuole? Poi, però, mi chiedo chi sia il ragazzino. Sembra avere circa sette anni, ma  non riesco a localizzarlo nei miei ricordi.
Di colpo, una stretta alla mia spalla mi costringe a girarmi, e mi ritrovo faccia a faccia con il sedicenne che prima aveva tirato fuori quella mappa.

-Non ti può sentire. –

Mi avverte, mentre mi guarda. Ha dei caldi occhi marroni, e mi somiglia fin troppo.

-Chi sei? – chiedo, interrogativo. – E perché non mi può sentire? –

-Una cosa alla volta, Di Angelo. – mi dice, giocherellando con una catenella di ferro. – Per ora osserva, poi ti spiegherò. –
 
Voglio sapere, ma mi costringo a guardare la scena. Mi avvicino ai ragazzini per ascoltare meglio, appostandomi dietro a Bianca. Mi pare quasi di poter sentire il suo calore, accanto a me.

-Ragazzi, ancora due minuti e poi andiamo! –

L’avvocato avverte loro che ormai hanno poco tempo. Bianca annuisce, in silenzio, e sfiora con una mano la lapide della madre.

-Mi dispiace così tanto, mamma…-

Sussurra. Allora sa che è sua madre. Si gira poi a guardare il bambino, e gli asciuga una lacrima.

-Dai, non fare così. Devi essere forte. Per lei. –

Lui annuisce, mesto, tornando a guardare la lapide. Eppure vedo altre lacrime calde rigargli le guance.

-Avanti ragazzi, andiamo! –

Li richiama l’avvocato, ormai impaziente. Io vorrei dirgli di aspettare, vorrei che Bianca restasse con me, ma non posso far nulla. Mia sorella si alza, e con lei il ragazzino.
Prima di andarsene, però, il più piccolo fa una cosa strana. Prende un mazzetto di carte dalla tasca, e ne deposita una sulla lapide della madre.

-Come ultimo regalo. Per te. –

Inorridisco, appena la riconosco. E’ una carta di Mitomagia.

-Avanti, è ora di andare, Nico. –

Bianca prende la mano del ragazzino, e con un fazzoletto gli asciuga le guance. Poi si alza, portandoselo dietro, ed entra nella macchina nera dell’avvocato.
E poi spariscono, troppo tardi perché io mi renda conto che quel ragazzino ero io.

E’ a quel punto che mi rendo conto che ho sete di spiegazioni. Mi giro in fretta e furia, e trovo il sedicenne seduto su una panchina di pietra. Pare così tranquillo, come se avesse tutto il tempo del mondo.

-Cosa… spiegami, ora! –

Pretendo, piazzandomi di fronte a lui.

-Calmati, re degli spettri. Non mancarmi di rispetto. –

Mi avverte, facendomi segno di sedermi accanto a lui, sulla panchina. Nonostante il mio nervosismo, ubbidisco, aspettando una spiegazione.

-Cos’era? Chi sei tu? E soprattutto, perché? –

Lui sospira, come se dovesse farmi un grande discorso. – Quella era tua sorella, e quello eri tu. Ricordi quando quell’avvocato, o meglio, la Furia, vi portò qui? –

E, in un attimo, il ricordo riaffiora nella mente.

-Sì. Eravamo già andati al Casinò Lotus… ma volevamo vedere la tomba della nostra mamma, così ci ha riportati qui. Ci avrà dato cinque minuti, e poi siamo ripartiti. –

Lui annuisce, guardando un attimo la lapide. – Esatto. –

Eppure io non voglio crederci. Così faccio la cosa più logica che si possa fare in situazioni del genere. Mi alzo, e vado vicino alla lapide. Prendo la carta di Mitomagia e la guardo. Ricordo perfettamente quale ci avevo messo.
La giro, ed è proprio così.
Sulla carta, che avevo modificato io stesso, disegnandola, ci sono mia madre e mio padre.
Sconvolto, torno a sedermi sulla panchina, osservando il sedicenne.

-E tu? Chi sei? –

Gli chiedo. Ma non ho bisogno di risposte, perché nello stesso istante, il ragazzo pare subire una trasformazione. La sua bocca e il suo naso si fondono, allungandosi, gli occhi diventano piccoli e neri, le orecchie si appuntiscono, e la sua pelle diventa un vero e proprio pelo, nero.
Ha la testa di uno sciacallo.

-Ma tu sei… -

-Sì, Anubi. Il dio egizio degli Inferi. Ho sempre avuto l’impressione che saremmo andati d’accordo, anche se in altre circostanze. Magari, ecco, non in un tuo ricordo. –

-E da quando puoi viaggiare nei ricordi, eh? –

-Oh, beh, ecco, si tratta pur sempre di un cimitero. E poi, è anche un sogno, Nico. –

-E perché l’ho sognato?! –

Forse c’è troppa rabbia nella mia voce. Chiudo gli occhi, cercando di calmarmi. Eppure, quando li chiudo, vedo l’immagine di Bianca farsi strada nella mia mente. La cosa è così straziante che li riapro all’istante, respirando affannato.

-Perché devi ricordare. – Spiega lui, come se fosse la cosa più logica del mondo.

-E per quale motivo? –

-Perché non devi dimenticare chi sei, Nico. Ricordalo. Ricorda chi sei. –

Queste sono le sue ultime parole. Poi il ricordo, il sogno, o quello che è, si dissolve, e io mi sveglio all’istante, drizzandomi sul tronco su cui facevo guardia fino a poco fa.

 

-***-

{ Jason }

Mi guardo in giro. Sono su una panchina, seduto comodamente, e attorno a me c’è un parco. E’ una bella giornata. Il sole è alto nel cielo limpido, gli alberi e l’erba sono di un verde acceso, i fiori sono sbocciati, e molte famigliole fanno passeggiate lungo i viali, all’ombra di qualche pianta.
Una in particolare, però, attira la mia attenzione. O meglio, sono solo un fratellino e sua sorella. La ragazza deve avere circa dieci anni, il bambino invece massimo tre. La sorella lo porta in braccio, e gli indica ogni volta le chiome degli alberi, le farfalle, gli uccelli che volano. Sembrano felici, eppure, vedendoli, il mio stomaco sembra chiudersi in un nodo.

-Guarda che bella! –
Dice la ragazza, riferendosi ad una farfalla variopinta che passa loro davanti. Il bambino ride, e cerca di prenderla. Io, invece, mi concentro sulla voce della ragazza. Sembra quasi… familiare.
Continuano a camminare, e il bambino saluta ogni persona che vede. La maggior parte della gente sorride e risponde al saluto, eppure, quando imboccano il viale su cui è affacciata la mia panchina, sembrano non vedermi. Il bambino guarda verso la mia direzione, ma oltre. Mi giro, e vedo solo un albero. Poco lontano, però, oltre il parco, c’è una deliziosa casetta. Anche quella ha un qualcosa di familiare.
Mi giro, e stavolta riesco a studiare bene la ragazza. Ha dei capelli neri, corti e spuntati, e degli occhi blu, scuri, di un blu tanto elettrico da sembrare vero. E’ felice. Il bambino invece ha gli occhi più chiari, azzurri, come il cielo. I suoi capelli sono, invece, biondi come l’oro.
La ragazza parla ancora, riferendosi probabilmente alla casa che il bambino sta guardando.

-Sì, andiamo a casa. –

Detto questo si incammina lungo il viale e svolta, trovandosi fuori dal parco e dirigendosi a casa sua. Io, senza esitazioni, li seguo.

 


Sono a casa loro, ora. Durante il tragitto mi sono reso conto che non riescono a vedermi, così ne ho approfittato. La ragazza è andata un secondo in cucina, e sta parlando al telefono. Il bambino, invece, è nel soggiorno. Io sono nell’angolo, e lo sto osservando. Tiene lo sguardo fisso sul tavolo, dove, al centro, si trova una spillatrice. Quando capisco quello che vuole fare, però, è troppo tardi. Si fionda sul mobile e prende la spillatrice, cominciando a giocarci. La butta in aria, la trascina, come se fosse un gioco per i bambini. Mi avvicino di corsa, provando a prendergliela, ma mi rendo conto che non riesco a toccare nulla. Ed è proprio dopo che lui comincia a masticarla, finchè questa non gli procura una ferita al labbro.
Subito il sangue comincia a sgorgare, al passo con i pianti del bambino. La ragazza esce subito fuori, imprecando, e buttando la spillatrice da qualche parte. Lo prende in braccio e  lo porta in bagno, cercando in qualche modo di arrestare il sangue, ma non c’è nulla da fare. Alla fine, allora, prende il telefono e chiama il pronto soccorso, dato che non sa più che fare. I medici arrivano subito, e si fiondano sul bambino.
Prima che io riesca a vedere altro, però, mi trovo di nuovo da tutt’altra parte. Ci sono di nuovo loro due. Ora è passato un po’ di tempo, perché il bambino ha già una  cicatrice. La ragazza sorride, e, facendoci caso, mi rendo conto che ha delle ciocche blu fra i capelli. Sono in uno zoo, e stanno osservando dei lupi.
Mi avvicino anch’io, curioso, e li osservo con loro. E’ solo allora, però, che mi rendo conto di chi sono quei due, e comincio a collegare tutto.

-Thalia. – sussurro, ma lei, ovviamente, non mi sente. Mi rendo conto che il bambino che sta tenendo in braccio sono io. E, allo stesso istante, sento anche una strana presenza dietro di me. Mi giro, e la figura che vedo, stavolta, è tremendamente familiare.

-Lupa!-

Esclamo, e lei pare quasi annuire, avvicinandosi a me. Mi chino, e la osservo da dietro le sbarre.

-Ma che succede? –

Chiedo. Lei mi guarda, senza aprir bocca, o meglio, muso, ma sento la sua voce chiara e forte nella mia mente.

-E’ un ricordo, Jason. Un ricordo. –

-Un ricordo? – ripeto, accigliato. – E per quale motivo sto sognando un, beh, un mio ricordo? –

-Perché… - la voce di Lupa arriva di nuovo, ma mi pare quasi di vederla tossire. Lo so, è strano per un lupo, ma è così. Poi rialza lo sguardo, inchiodandolo nel mio, e riprende. Adesso, però, ha un tono molto più frettoloso. -… Perché devi r-ricordarti chi sei, Jason. Non dimenticarlo. –

Non faccio in tempo a rispondere, perché un ibrido si butta su di lei e la sbrana. Eppure, nessuno sembra accorgersene.

 

-***-
 

Ora sono in un luogo completamente diverso. E’ una radura. Io sono inginocchiato nell’erba umida di rugiada, mentre alti alberi scuri mi circondano. E’ notte. La mia testa è china verso il basso, e sono circondato da una nebbiolina azzurra che mi sembra familiare. Eppure, non riesco quasi a ragionare.
Alzo lo sguardo, e quello che vedo, invece del solito inno di Capitol City, seguito dalle immagini dei tributi morti, è tutt’altro. La figura di mia sorella, Thalia Grace, scintilla nella volta celeste, dove non alleggia neanche una stella.
La Grace è appesa ad una sporgenza di una roccia, con una mano sola, e lancia occhiate fugaci verso il basso. Sta per cadere.
Le sue dita, ormai sudate e scivolose, non reggono più. La ragazza scivola quindi tra le braccia della morte, lanciando il suo ultimo grido di aiuto, mentre sprofonda in quella che era la sua paura peggiore.
E io? Io non piango. Io rido, rido di felicità.  Alzo lo sguardo, e vedo minimo cento, se non duecento, ghiandaie imitatrici appollaiate sui rami, che riproducono in continuazione l’urlo di Thalia Grace, quella che una volta era la mia sorellastra.
Io, intanto, continuo a ridere, troppo contento per crederci.
Un’altra persona che odiavo è, finalmente, morta.

 


{ Spazio Autrice }

Che vi avevo promesso? Ad Agosto pubblicavo il prossimo capitolo e, infatti, oggi, 1° agosto 2014, pubblico il quinto capitolo della storia “Sopravvivenza.” !
Okay, basta.

Vi immagino già con le fronti corrugate e un’espressione del tipo: “No, okay, adesso qualcuno mi spiega qualcosa perché sennò do inizio alla terza guerra mondiale.”

D’altra parte vi vedo felici, dato che questo capitolo è stato molto più lungo degli altri.

E… no, non vi farò capire assolutamente nulla! Bando alle ciance, dato che non voglio spoilerare praticamente zero, e voglio rendervi il più confusi possibili, passo direttamente ai ringraziamenti!
_Sirius231 :
Come vedi, la mia cattiveria non è senza fine, perché sono relativamente peggiorata. Spero di non averti fatto a brandelli il cuore, e che tu abbia ancora il coraggio di lasciare un’altra recensione!

_MissKiss:

Grazie, grazie davvero!
E ricorda, scoprirò chi sei!

KokoroChuu:

Io amo le tue recensioni.
Sul serio, anche se il solito dialogo con Percy, Nico, e gli altri mi è mancato.
Spero in un’altra tua recensione!

Greece_Lee:

Per un attimo ho temuto di aver sbagliato a scrivere il tuo nome, ma, no, mi sembra di averlo scritto bene.
Se per Simon pensavi “Oh, poveretto!” , cosa penserai per i personaggi di questo capitolo?!
Aspetto una tua recensione, dato che anche quella, in ogni capitolo, non manca mai!

FoxFace00:

Io amo il tuo nome. Sì.
Eppure, dopo che avrai letto questo capitolo, osservando la tua immagine del profilo… sì, penso proprio che mi odierai.
Cosa ho intenzione di fare riguardo a Piper e Jason? E perché solo loro, quando si possono attaccare molte più persone e farle fuori? MUAHAHAHAHAHAH *Risata sadica*
Okay, basta. Sì, lo so, mi dicono tutti che sono un miscuglio fra le parti crudeli della Rowling, della Collins, di Riordan e della Roth. E non dimentichiamo Green e Clare!
Comunque… aspetto anche una tua recensione!

Inoltre, ringrazio anche tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite, le seguite, le ricordate, e, ovviamente, un ringraziamento speciale a coloro che hanno messo me fra gli autori preferiti!

Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare a metà agosto, o giù di lì, dipende da quando mi viene l’ispirazione.
Un gran saluto a tutti,
_Heartland_


P.S.
E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore…

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Capitolo 6
*** Sorprese. ***


Capitolo 6 – “Sorprese.”

{ Nico }

Mi sveglio quando cominciano a scrollarmi le spalle con una tale furia che potrebbero rompermele. Eppure io non voglio aprire gli occhi, voglio continuare a seguire mia sorella, voglio correre con lei nel prato verde e pieno di fiori dove ci stavamo rincorrendo. Dopo il sogno che ho fatto, con la “gentile” presenza di Anubi, ne ho fatto un altro.
Praticamente, avevo aperto gli occhi, e, di colpo, mi ero trovato in questo prato. Era di un verde acceso, il mio colore preferito. O meglio, il colore preferito di Bianca, ma è diventato anche il mio. L’erba alta era puntellata di fiori di tutti i colori e, al centro, c’era mia sorella. Aveva i capelli neri raccolti in una lunga treccia, e mi sorrideva. Il cielo era azzurro, bellissimo, con delle nuvole bianche ed ovattate. Ognuna di esse sembrava mia sorella. I colori dei fiori sembravano esprimere l’allegria di quando giocava con me, e il leggero vento che mi scompigliava i capelli era pari alla dolcezza di quando lei mi accarezzava dolcemente, per rassicurarmi. Tutto, nel sogno, mi ricordava lei.
-Nico! – aveva esclamato, venendo lentamente verso di me.
Io sorridevo, aspettandola. Poi però non ce l’ho fatta più, allora sono stato io a correrle incontro ed abbracciarla. Era strano. Insomma, Bianca era sempre stata la mia sorella maggiore. Eppure, stavolta era lei ad avere dodici anni ed io quindici. La sentivo esile, magra, piccola, sotto la mia stretta, eppure sapevo che ero io ad avere bisogno di lei.
-Bianca… - ho sussurrato, mentre continuavo a stringerla a me ed accarezzarle i capelli.
-Nico, devi… devi ascoltarmi. – mi disse lei, con il suo solito tono. Gentile, dolce, ma fermo.
-Io… certo. Certo che ti ascolterò. – le risposi a mia volta, senza pensare un attimo di allentare la presa su mia sorella.
Lei era sul punto di aprire la bocca, quando la bloccai.
-Aspetta. Bianca, tu… mi manchi. Terribilmente. –
Fu lei a rompere il nostro abbraccio, restandomi però davanti. Mi accarezzò dolcemente una guancia. – Anche tu a me, Nico. –
-Io… è tanto tempo che non mi sento più… - Non riuscii a continuare la frase.
-…Felice? – indovinò lei. Mi conosceva troppo bene.
-Sì. – ammisi, mesto, abbassando lo sguardo.
Lei mi rialzò il mento, guardandomi negli occhi. – Vuoi essere felice? Dimenticare tutto per pochi minuti? –
Annuii, sorridendo appena. – Sì, Bianca. Mi manca giocare con te, scherzare. Voglio sentirmi di nuovo amato per un paio di minuti. –
-Allora va bene. – sorrise. – Ma sappi che continuerò a volerti bene per sempre. –
Risi. Era da tanto, troppo, che non ridevo. – Stessa cosa per me. –
Fu allora che lei cominciò a correre in mezzo al prato. Io le correvo dietro e, per quanto si sforzasse, la raggiungevo sempre. La acchiappavo, cadevamo, e ridevamo. E andavamo avanti così, ogni volta, finchè lei non si rese conto che qualcuno, lassù, nel mondo reale, mi stava per svegliare.
-Nico. – mi ammonì, guardandomi. – E’ ora. –
-Lo so. –
-Ascoltami. – continuò, mettendomi una mano sulla spalla. – Ho fatto un patto con Anubi. Faremo di tutto, qualunque cosa, per salvarti. Ma non devi dire nulla ai tuoi amici, assolutamente nulla. Promesso? –
Non riuscivo a capire esattamente cosa intendesse, ma annuii. – Promesso. –
La vedevo già allontanarsi. Stava diventando mano a mano sempre più sbiadita, quasi trasparente. Prima che scomparisse del tutto, la fermai per un braccio. Aveva la consistenza di uno spirito, ma, a differenza degli altri, il calore della sua anima rimaneva.
-Non ti rivedrò per tanto tempo, vero? –
-Nico,  io nella realtà mi sono reincarnata. – mi ricordò lei. – Una parte della mia anima è rimasta nel tuo cuore, per questo, ogni tanto, riesco ad apparire nei tuoi sogni. –
Era difficile da accettare. Avevo paura di incontrare la reincarnazione di Bianca, per questo mi accontentavo di questo.
-Un altro patto. – indovinai. – Con chi? –
-Papà. E Thanatos. – cominciò. – E anche con le loro parti romane. E anche con Osiride. E Anubi. –
-Quasi tutti gli elementi più importanti dell’Oltretomba. – osservai.
-E con te, Nico. Ti prometto che non ti lascerò mai. – disse, prima di abbracciarmi. L’abbraccio fu intenso, ma durò pochissimo. Mano a mano mi sentii sollevare in aria, e poi… poi ero di nuovo sveglio.

{ Percy }

Osservo Nico svegliarsi lentamente, mentre sembra che Simon gli stia quasi staccando le spalle. La sua forza è immensa, Nico ha ragione. Potremmo utilizzarlo, così come, forse, lui sta usando noi. Eppure non sa ancora dei nostri poteri.
Non voglio, ma se dobbiamo ucciderlo, spero che sarà Nico a farlo. Io… non ce la farei mai.
Gli occhi del figlio di Ade si aprono, e ci mette un attimo a metterci a fuoco. – Anubi? – domanda. Sono perplesso. Perché mai dovrebbe vedere Anubi, il dio egizio, nell’Arena con noi? So dell’esistenza della religione egizia, come di quella greca, grazie a Carter, un ragazzo che incontrai anni fa e con cui sconfissi il “figlio di Sobek”. Vivono a Brooklyn, poco lontano da noi, ma non credo che Anubi e Nico si siano mai incontrati.
-Nico? – chiede Simon, confuso. Oh, dei, è vero. Lui non sa nulla. Lui abita nel futuro.
-Niente. – cambio discorso, scrollando più volte Nico finchè non si sveglia del tutto.
-Bianca? – continua a domandare, anche se ormai si è seduto e si sta massaggiando la testa.
-Ma di chi diamine sta parlando?! – chiede Simon. Sembra quasi frustrato. E’ possibile che Nico abbia sognato, ma, comunque, non riesco a capire che collegamento ci possa essere fra Bianca e Anubi.
-Lascia perdere. – raccomando Simon, mentre scrollo ancora Nico.
-Jackson! Ma cosa stai… - il figlio di Ade si ferma un attimo, come per metabolizzare qualcosa. Poi si alza, in fretta, forse per smontare le tende. Ma io e Simon abbiamo già preparato tutto. Si mette allora uno zaino in spalla, e ci guarda.
-Allora? Non dovevamo partire per arrivare a un fiume? –

-***-

Sono un paio di ore che camminiamo. La voce di Simon e Nico è diventata roca, ora. Siamo al terzo giorno, ormai. Rischiamo di morire disidratati. Persino io, che, in un certo senso, ho l’acqua dentro di me, sento la bocca terribilmente secca. Non osiamo parlare, perché questo comporterebbe creare saliva, e perdere la poca acqua che ancora abbiamo. O almeno, così pensiamo. Continuiamo allora a camminare, a passi regolari, monotoni, uno dietro l’altro.
E’ tutto tranquillo. Troppo tranquillo. Le piante sono normali, il che non è un’ottima notizia. Speravo che, mano a mano, le avremmo viste più accese, più vive, data la vicinanza con l’acqua. Mi aspettavo qualche animale, ma non ce n’è neanche l’ombra. Mi aspettavo la vita, ma ne troviamo poca. Seguiamo il silenzio, con la sete che diventa sempre più alta, che rischia di opprimerci a terra, e farci pregare di lasciare quest’Arena, pur di non soffrire più. Forse abbiamo dimenticato che siamo in un deserto? No, ma siamo in un’oasi praticamente gigante.
Avanziamo. Poi, però, di colpo, Nico si ferma. E l’ultimo, ma ci blocchiamo anche noi. Lo interrogo con lo sguardo.
-Ho sentito un… rumore. – si sforza di dire.
“Ottimo!” vorrei esclamare io. Un rumore è uguale ad un essere vivente, che è uguale alla vita, che significa la presenza dell’acqua.
-Potrebbe essere un tributo. – ricorda Simon, e, di colpo, le mie speranze crollano. E’ allora che accade il finimondo. Non è un tributo. Ne spuntano più di uno, dagli alberi.
I favoriti.
Si fanno cadere sul terreno, e ben presto tutti e tre ci ritroviamo con delle armi alla gola.
-Ma guarda un po’ chi abbiamo qui. – dice un ragazzo. E’ del Distretto uno, ne sono sicuro. Gli altri, mentre li analizzo, sono del tre, del quattro, e persino del cinque. Hanno deciso di rimpiazzare il posto di quelli mancanti del due, evidentemente.
-Chi uccideremo per primo? – chiede una ragazza. Ha dei boccoli rossi e gli occhi verdi, e sembra la sua compagna di distretto. Mi ricorda Rachel, ma è troppo crudele per assomigliarle anche di carattere. Se lei fosse qui, probabilmente tirerebbe ad ognuno una spazzola di plastica blu negli occhi, e riusciremmo a scappare. Se ci fosse Annabeth, inventerebbe una brillante strategia per farci uscire tutti sani e salvi da qui. Se ci fosse Clarisse, li farebbe fuori tutti con un colpo solo.
Non voglio continuare la lista. E poi ci siamo noi, i leggendari Nico Di Angelo e Percy Jackson, che non sanno uscire da questa situazione.
Ma Nico cambia strategia. Ci eravamo messi d’accordo che avremmo tenuto nascosti più a lungo possibili i nostri poteri, le nostre origini divine, ma forse spaventarli è la cosa migliore.
-Ti sarà difficile uccidere il figlio della Morte. – commenta quindi, rivolgendosi con disprezzo alla ragazza.
Lei scoppia a ridere, cacciando fuori un coltello e avvicinandosi pericolosamente a Nico. Gli accarezza il collo e il viso con la lama.  Sento l’irrefrenabile impulso di liberarmi e andare ad aiutare Nico, ma non posso. Non sono forte come Simon. Anche lui sta cercando di liberarsi con tutte le sue forze, ma è inutile.
-Max, oggi mi voglio divertire. – avverte l’altro tributo dell’uno. – Prima voglio torturarli. Specialmente lui. –
Lui annuisce, ridendo, e si avvicina a lei mettendole una mano sulla vita.
-Rachel, cara, ti accontenterò volentieri. –
E’ uno scherzo? Non può chiamarsi Rachel, non come la mia amica. Non può.
E’ a questo punto che me ne rendo conto. Loro sembrano rinvigoriti, pieni di energia, al contrario nostro, che abbiamo a malapena la forza per restare in piedi. Hanno le labbra piene, altro che secche.
Hanno bevuto.
L’acqua.
Del fiume che noi stiamo cercando.
Di colpo la sento, la vicinanza con l’acqua che scorre. La sento nelle vene. Nico sembra accorgersene, e mi fa cenno di agire. Guardo i tributi dell’uno.
-Vedo che avete bevuto tanto. – So che sto per dominare l’acqua, non sento più la bocca tanto secca.
Max e Rachel ridono. – Secondo te? –
-Oh, beh, dovete sapere che Nico è il figlio della Morte. – comincio. – E io… io sono il figlio dell’Acqua. –


{ Angolo Autrice }
Lo so, ho interrotto nel momento più importante, vi ho lasciato con la bocca secca, proprio come i nostri tre. Avevo intenzione di continuarlo, ma mi ispirava troppo finirlo così, e mi sono fidata del mio istinto.
Ma prometto che non vi farò aspettare più tanto e pubblicherò il prossimo capitolo molto presto! Forse anche nei prossimi giorni, o la settimana prossima.
Ora, spero in tante altre recensioni.
Nel frattempo, faccio i miei ringraziamenti.
Come al solito, ringrazio di cuore tutti coloro che hanno messo la storia tra le ricordate e le seguite, e coloro che hanno messo me e la storia come preferite.
Adesso, un ringraziamento speciale e personale a coloro che recensiscono.
_Sirius231: Ho l’impressione che stavolta mi odierai per come ho interrotto il capitolo. Sì, ti vedo già urlare: “Seneca, libera gli ibridi!”
Ricorda però che sono Percy, Nico e Jason ad essere nell’Arena… *Risata malefica*
FoxFace00: Continuerò ad amare il tuo nome in eterno.
Il prossimo capitolo lo avrai presto, ma sarà sempre su Nico, Percy e Simon. Forse e dico forse metterò una piccola anteprima su Jason… Forse.
xGhostQueen: Anche Anubi avrà il suo bel ruolo in questa storia, cosa che penso apprezzerai.
Devo dire che tu non sei mancata mai, fin dal primo capitolo, e spero che continuerai a seguire questa storia fino alla fine, davvero. Leggere le tue recensioni è sempre un piacere.
Anche questo finale dovrebbe, più che inquietare, creare suspense, e penso che succederà. Sì, dovrete aspettare ancora parecchio per sapere cosa ha Jason… pazienza, ragazzi. E speranza.
Greece_Lee: Ho un gran buon avvocato, quindi se stai per farmi causa, ripensaci due volte!
Potrei sempre sfogarmi sui bellissimi ed adorabili protagonisti…
Bando alle ciance, grazie anche a te per le recensioni. Spero che continuerai a seguirle, davvero. Stavolta la mia storia ti mancherà ancora per poco, ho intenzione di aggiornare molto presto!
DiamanteLightMoon: Eccoti accontentata. Suppongo che tu non abbia capito tanto di più, ma fa niente!

Ringrazio ancora tutti, ci rivedremo presto!
Un bacione,
_Heart_

 

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Capitolo 7
*** Nodi da sciogliere. ***


Capitolo 7 – Nodi da sciogliere.

{ Percy }

L’espressione di Rachel è ironica. Suppongo che si stia divertendo un mondo. Si sposta dietro Nico, ordinando al ragazzo che poco prima lo teneva fermo di allontanarsi. Resta ferma dietro di lui, accarezzandogli il collo con il pugnale. Il riflesso della lama potrebbe accecarlo, se solo lei ruotasse l’arma nel modo giusto. Spero solo che sia abbastanza stupida da non essere in grado di farlo.
-Devono esserci degli aghi inseguitori in giro.- osserva la ragazza del tre. La cosa buffa è che ricordo perfettamente da dove viene ogni tributo, ma non ricordo nient’altro. Neanche i nomi.
-Perché dovrebbero? – domanda a quel punto Rachel. Il suo tono è insistente ed infastidito. Probabilmente vuole svolgere l’azione nel silenzio più totale. Per lei, il silenzio significa ammirazione. Sono sicuro al cento per cento, ormai, che lei è il capo del gruppo.
La ragazza del tre fa un veloce passo indietro, intimorita. – Beh, ecco… - Si ferma, incespicando sulle parole giuste. Non riesce a sceglierle con cura, probabilmente.
-Allora? – continua la rossa. Sta perdendo la pazienza. Per un attimo credo di vedere del fumo verde levarsi attorno a lei, ma è impossibile. Lei è Rachel e basta. Non è mia amica. La mia amica è Rachel Elizabeth Dare. Sono due persone differenti.
Eppure così simili.
-Non li vedi? Sono praticamente impazziti! – esclama a quel punto la ragazza, rivolgendosi all’altra. Rachel ci squadra un attimo, cercando di cogliere i particolari. I suoi occhi si chiudono in una fessura da cui traspare un solo sentimento: odio puro. Il suo viso assume un’espressione concentrata, ma poi la ragazza scuote la testa.
-Ti sbagli, Adelaide. Essere fuori di testa fa parte della loro natura. – corregge la ragazza, che ho registrato come Adelaide. Certo, ora la ricordo. Non è un granchè come guerriera, ma è bravissima a collegare. A volte fin troppo. – E ora… - continua Rachel. – E’ ora di divertirsi. –
Da un calcio a Nico, facendolo crollare in ginocchio. Lui emette un gemito, ma lei è troppo veloce, e gli punta ancora la lama alla gola. Potrebbe scappare con un viaggio-ombra, ma suppongo sia troppo stanco. Ha bisogno di acqua. Abbiamo bisogno di acqua. Rachel tira un altro calcio a Nico, mentre lui si lascia cadere sulla terra. Non saprei dire se finge, o se è ridotto così male sul serio. Potrebbe sempre essere una strategia. La rossa comincia allora a tempestarlo di calci, e lui continua a sopportare, gridando però di dolore. E’ adesso che me ne rendo conto. Una pozza di sangue si sta facendo largo sotto Nico, all’altezza della gamba. Osservo meglio Rachel, e noto che sulle sue scarpe c’è una punta di metallo, tagliente. Deve averla trovata alla Cornucopia. Sfionda un altro calcio a Nico, mentre lui geme di dolore, e un piccolo pezzo di carne bianca intinta di rosso scarlatto si stacca dalla sua gamba. – Oh, sì. – commenta Rachel. A quel punto non ce la faccio più  a trattenermi.
-Sta ferma! – urlo, dimenandomi, ma il ragazzo   dell’uno, Max, mi tiene fermo.
-E perché mai? – domanda la rossa, tirando un altro calcio a Nico, ancora più forte. Non riesco più a trattenermi. Vedo Nico inerme a terra, Simon che cerca di liberarsi, ma ormai hanno spiaccicato anche lui al suolo, pur di tenerlo fermo. Solo io posso fare qualcosa, solo io posso riversare la situazione dalla mia parte.
Batto un piede per terra con una forza a dir poco sovrumana. Intorno a Rachel si creano tantissimi zampilli d’acqua, che la bagnano completamente. Lei comincia a urlare, infastidita. Ora capisco, ora ricordo. Rachel, la ragazza imbattibile del distretto 1, ha paura di una sola cosa.
L’acqua.
Sento finalmente di avere la situazione sotto mano. Sento una stretta allo stomaco, ma gli zampilli si fanno man mano più grandi. Max allenta la presa su di me, intimorito.
-Ma come hai… -
-Aiuto! – urla Rachel. Sta per morire affogata. – Max, aiuto! – Il ragazzo dell’uno mi lascia all’istante, andando a soccorrere la rossa. Nel frattempo, approfittando della distrazione, Simon tira un pugno sul naso dei ragazzi che lo tenevano fermo, liberandosi.
-Simon, aiutami a portare Nico via da qui! – gli grido, cercando di sovrastare il rumore dell’acqua. Ormai gli zampilli sono alti tre metri, l’acqua è tantissima, tutti rischiano l’affogamento. Perfino Simon e Nico. Per un attimo, ricordo la fattoria di Gerione. Lì non ero riuscito a controllare l’acqua. Temo che succederà di nuovo.
-Simon, veloce! – lo incito, mentre lui si carica un Nico ormai incosciente sulla schiena e comincia a correre verso la direzione da me indicata.
Sento le braccia farsi sempre più pesanti, l’energia abbandonare il mio corpo. All’ultimo secondo, mi piego verso il terreno. Gli zampilli si spengono di colpo. I Favoriti sono spariti, ma li sento ancora tossire, mentre fuggono nella foresta. Vedo un’ultima volta Max che trascina una ragazza con una chioma rossa, mentre mi scocca un’occhiata di puro odio.
Forse l’ho uccisa.

-***-

Continuiamo a correre, benchè sappiamo benissimo che i Favoriti sono fuggiti dall’altra parte. Sento i miei muscoli indolenziti, ma mi sforzo di andare avanti. Potremmo crollare tutti da un momento all’altro per quanto siamo esausti. Cerco quindi di concentrarmi su qualcos’altro. Immagino il mare, una grande distesa d’acqua limpida e cristallina di un blu intenso. Le onde si infrangono sugli scogli con forza, il vento mi sferza nelle orecchie. Sento il rumore del mare e l’odore della salsedine, nient’altro. Ogni tanto scorgo un pezzo di foresta, ma ormai sono rintanato nel mio mondo. Avanzo ancora, distinguendo a malapena Simon con Nico.
Nico. Il mio amico è ferito. Dobbiamo fare qualcosa per aiutarlo. Vedo rivoli di sangue uscire dalla sua ferita, percorrere il tratto della sua gamba e ricadere sul terreno. Comincio ad essere di nuovo nella foresta. Grandi macchie di un rosso scarlatto e denso sono un po’ ovunque. Sono scivolose, e quasi rischio di cadere quando metto il piede su una. Siamo in una pessima situazione.
Finalmente sento il gorgogliare dell’acqua. No, non è il mare. Stavolta è il fiume. Accelero, superando Simon. L’acqua è come una calamita per me. Mi inginocchio sul bordo, bagnandomi la faccia con l’acqua. Sì, desidero di essere bagnato. Bevo quanto più posso. Sono tremendamente felice. Sento l’adrenalina scorrere di nuovo nelle mie vene, e mi butto direttamente nell’acqua con un unico, grande tuffo. La corrente è forte, ma non mi può portare via. La corrente è sotto il mio dominio, ora. Gli strateghi possono fare quello che vogliono, non riusciranno a sovrastarmi.
Simon appoggia delicatamente Nico vicino al bordo, quindi si accovaccia un attimo per bagnarsi la fronte e bere.  Devo dire che mi ero sbagliato su quel bestione. Ha una calma e una dolcezza innata, quando non deve storcere i colli ai conigli.
Forse non è poi tanto perfido come credevo.
-Tranquillo, puoi buttarti. – dico, leggendo una nota di malinconia nei suoi occhi. Ha caldo, vuole rinfrescarsi, ma sa che la corrente potrebbe portare via persino lui. – La corrente non ti porterà via. Non porta via neanche me! –
Rassicurato, si tuffa anche lui. Io nuoto verso Nico, che è adagiato sul bordo, e con un po’ di acqua gli medico la ferita. Mano a mano questa comincia a rimarginarsi, e il figlio di Ade apre gli occhi di botto.
-Maledizione, Jackson! Mi fai male! –
-Scusa. – mormoro. Prendo poi dalla mia tasca Vortice, e la osservo. Avevo legato abilmente con uno spago un pezzo di ambrosia alla penna, per portarmelo dietro. Anche se gli strateghi mi avrebbero confiscato la penna, quella sarebbe poi tornata nella mia tasca, ambrosia inclusa. – Ecco, tieni. – dico, offrendogli il pezzo che ho ormai staccato. Lui lo mangia, e il suo respiro comincia a rallentare. Si rilassa, poggiandosi a terra. Io continuo a medicargli la ferita. Simon si avvicina, offrendomi delle bende.
-Come fai? E cos’è la cosa che gli hai dato da mangiare? –
-Una medicina. – taglio corto. Non voglio che sappia che siamo semidei. – L’ho presa alla Cornucopia. –
-Non c’è mai stata nelle altre edizioni… - osserva lui.
-L’hanno creata quest’anno, ecco perché. – interviene Nico. E’ un ottimo bugiardo.
-E perché non ne hai tenuto un pezzo? Potrebbe servirci. –
Capisco cosa vuole dire. “E se mi ferisco io come mi curate?” .
-Tranquillo, Percy ha sempre l’acqua. – dice Nico, cambiando argomento.
-Giusto. Come fai a controllare l’acqua? – mi chiede Simon.
-E’… una lunga storia. – comincio io, mentre finisco di bendare la ferita di Nico. – Ma, vedi, l’importante è che io abbia questo potere. –
-Sì. – conferma Simon, con voce profonda. E’ difficile da capire, quindi credo che gli sarà più semplice accettare questo piuttosto che chiedere altre informazioni. – E lui? – domanda poi, rivolgendosi a Nico, mentre quest’ultimo si alza. Il figlio di Ade beve dell’acqua, poi si siede. – Ha anche lui dei poteri? –
-Sì. – risponde Nico, anticipandomi. – Ma… fidati, non li vuoi conoscere. –

-***-

Dopo esserci rinvigoriti, abbiamo deciso che per oggi ci riposeremo. Dobbiamo parlare un po’ di ieri, delle provviste che abbiamo, del nostro piano. Dobbiamo schiarirci parecchio le idee.
Il sole si appresta ormai a tramontare. Il cielo è tinto dalle dolci sfumature dell’arancione e del rosa, che si mischiano fra loro in un’armonia che solo loro riescono a decifrare.
Data la notte che sta per calare, ci siamo divisi i lavori. Io sto preparando la cena. Abbiamo messo insieme tutte le provviste che abbiamo, ovvero un po’ di carne cruda, una busta di gallette e del pane. Inoltre, qui intorno abbiamo trovato un sacco di piante e radici commestibili. Nico è riuscito a riconoscerle. Insomma, non è il figlio di Demetra, ma essendo suo padre il possessore del sottosuolo, riesce a capire se una pianta è commestibile o meno. Poi, ovviamente, c’è Simon. Proviene dal Distretto 11, quindi è lui a darci l’okay e constatare se la pianta è veramente ingeribile.
Nico non voleva appostarsi vicino al fiume, ma leggermente più lontano. Diceva che molti tributi si dirigono qui, ma io gli ho fatto notare che quel fiume è la mia arma. Posso usufruirne quando voglio, creare una barriera. Chiunque si avvicinerebbe non riuscirebbe a passare.
Simon sta montando le tende e i sacchi a pelo. E’ velocissimo, per cui gli chiedo anche di aiutarmi a spartire il pane.
Nico, invece, si occupa delle armi e delle scorte. Mentre Simon cucina la carne di coniglio, io mi avvicino a Nico.
-Allora? Cosa abbiamo? –
Lui alza lo sguardo su di me. I suoi occhi sono scuri, come al solito, ma da quando è entrato nell’Arena sono velati di tristezza. Sì, insomma, lo sono sempre, ma… di solito riesce a nasconderla. Al campo era distaccato e basta. Qui, invece, è depresso. Non riesce a nasconderlo. So che ha sognato Bianca. Gli incubi lo perseguitano più di quanto fanno abitualmente.
-… Allora, le scorte di Simon le abbiamo già controllate. Per quanto riguarda me, ho un semplice cestino da pic-nic. –
-E come mai hai preso un cestino da pic-nic alla Cornucopia? – chiedo, aggrottando le sopracciglia.
-Perché era nel mio raggio di fuga, Jackson. Lo sai benissimo. Qui, qualunque cosa è utile. –
Annuisco. Ha ragione. Io che dovrei dire? Ho una piuma, una mappa e della cioccolata. Non sono tanto più utili di un dolce cestino e una tovaglia da pic-nic.
-E cosa c’è nel cesto? – domando, cercando di cambiare argomento.
Nico fa una smorfia di disgusto. – Niente di apparentemente utile, escludendo una cosa. –
-Apparentemente. – ripeto.
-Sì. – conferma. A quel punto tira fuori il cesto, mettendolo fra me e lui. – C’è una tovaglia da pic-nic, un paio di occhiali e una corda. Indovina qual è l’oggetto utile. -
Ripeto tutto nella mia mente. Occhiali. Tovaglia. Corda. Occhiali. Tovaglia. Corda. Occhiali… occhiali.
-Aspetta un attimo. – dico, mentre prendo il mio zaino verde e lo apro.
-Tu cosa hai trovato di interessante? – mi chiede il figlio di Ade, curioso.
-Questo. – dico, prendendo il contenitore per l’acqua, e buttandolo nella sua direzione. Sento il momento in cui lo prende al volo.
-Carino, potremmo usarlo. Poi? –
-Questa. – continuo l’elenco, tirando fuori la carne essiccata e dandogliela.
-Ah, ah. Interessante. E’ pieno di provviste, quello zaino. – commenta, curioso, alzandosi ed avvicinandosi a me.
Il sacco a pelo, ovviamente, non c’è, dato che è già nella tenda. Prendo quindi i calzini, passandoglieli. – Sono puliti. – osserva. – E caldi. Li possiamo utilizzare per riscaldare le mani, quando la temperatura scende sotto zero. –
Annuisco. – Ottima idea. – Prendo poi fuori il coltello, consegnandolo a Nico, che lo prende dall’elsa.
-Perfetto. – dice, soddisfatto. – Un’altra arma. Siamo a quota cinque. –
-Già. – annuisco, mentre prendo gli occhiali e glieli faccio vedere. – Guarda, sono simili ai tuoi. – Lui fa segno di sì con la testa. – Anche quelli non funzionano? –
Nico ride. –La cosa è diversa, Percy. Questi ti permettono di vedere di notte. –
-… Wow. – riesco solo a dire. Allora sono dannatamente utili.
-Hai qualcos’altro? – mi chiede, prima che io possa rimurginare ancora su quanto sia stupido.
-Questa. – continuo, prendendo la barretta di cioccolato. Lui storce il naso.
-Non ci vedo niente di grandioso. – commenta.
-Potrei dire la stessa cosa. -  dico, mentre gli faccio vedere una corda.
 – Oh, ne hai anche tu una. Perfetto. – dice, incitandomi a continuare.
Continuo a frugare, portando alla luce il sacchetto di cuoio.
-Utile. – commenta Nico. – Aspetta un attimo qui. – mi avverte. Sparisce nelle fronde senza darmi una spiegazione precisa, e torna poco dopo con qualcosa in mano. La apre, e sul palmo c’è una quindicina di graziose bacche blu scuro, come la notte. Sono invitanti. Cerco di prenderne una. – Spuntino. E blu per giunta! – esclamo, mentre ne prendo in mano una. Dev’essere davvero succosa. Avvicino la mano alla bocca. Ho già la bacca fra le labbra.
-Jackson! – mi ammonisce Nico, dandomi uno schiaffo in piena faccia. Sputo la bacca, portandomi la mano sulla guancia che ora è rosso fuoco.
-Ma sei impazzito?! – chiedo io, furioso. Come diamine gli è venuto in mente?!
-Ehi, ragazzi, tutto a posto? – domanda Simon, intervenendo con il suo solito tono autoritario.
-Chiedilo a lui.- bofonchio.
Si sta già girando verso Nico, quando il suo sguardo ricade sulle bacche. La sua espressione è puro terrore. – Lasciali subito. – ordina a Nico.
Ma è pazzo? - Abbiamo da mangiare! – esclamo, mettendomi fra Nico e lui. – Non le può buttare! –
Simon ne prende in mano una. Si avvicina quindi pericolosamente a me, guardandomi negli occhi con sguardo severo. – Questo, mio caro. – dice, mettendo la bacca fra me e lui. – E’ un morso della notte. Uccide all’istante, nel momento in cui lo si mette in bocca. Non ti da neanche il tempo di ingoiare. – Mi strappa a quel punto il sacchetto di cuoio dalle mani, consegnandolo a Nico, che butta tutti i morsi dentro, assicurando poi il contenitore con un laccetto.
-Ah. – dico, colpito.
Evidentemente qui tutto è programmato per ucciderci.

-***-

Siamo dentro le nostre tende, mangiando in silenzio. Abbiamo deciso di non accendere di nuovo il fuoco, sarebbe troppo rischioso.
-Allora abbiamo un sacco di provviste. – osserva Simon, trangugiando un ultimo pezzo di carne.
-Sì. – conferma Nico. – Alcune più utili, altre meno. –
-E il piano? – domanda, bevendo un po’ di acqua.
-Dobbiamo trovare Jason. – dico io. – Un altro alleato. Anche un nostro amico. –
Simon ci squadra, non molto sicuro.
-E’ un ottimo guerriero, ed è terribilmente leale e fedele. Non devi preoccuparti. – lo rassicura Nico.
Il gigante allora annuisce. – Chi fa il primo turno di guardia? –
-Io. – mi offro.
-No, vado io. – ribatte Nico.
-Non dire sciocchezze. – ribadisco. – Sei stato ferito. Non puoi. –
-Vado io, allora. – decide Simon, e prima che uno dei due possa dire qualcosa, è già fuori.

-***-

Apro gli occhi.
Non sono nell’Arena. Mi trovo all’interno di un appartamento molto grazioso, che ha un tocco di familiarità. Le pareti sono bianche, tempestate di quadri riguardanti il mare. Il pavimento è in parquet. I mobili sono in legno, oppure blu. Tutto qui è blu. Mi affaccio alla finestra, scostando delle tendine di un azzurro tenue, e riesco a distinguere New York.
E’ a questo punto che una donna dai capelli neri, lisci e fluenti, si avvicina a me. Chiude la finestra con un movimento veloce, e poi si gira, senza degnarmi della più minima attenzione. Non mi ha forse visto?
Sento una porta aprirsi, e osservo entrare un uomo. E’ alto, ha i capelli neri e ricci e la carnagione scura. Porta delle bermuda blu, e in mano ha un tridente.
-Papà…- mi lascio sfuggire. Faccio correre lo sguardo da lui alla donna. E’ abbastanza giovane. Ma chi è?

-Sally. – la chiama lui, sorridendo.  Lei si gira, andandogli incontro ed abbracciandolo.
 E’ mia madre. Come ho fatto a non rendermene conto? Osservo la scena. Non so perché, ma tutti i colori sembrano più accesi, più vivaci. I bordi di ogni cosa sono scossi da tremolii, e sono sfocati.
Sono in un ricordo, probabilmente ambientato prima della mia nascita.
-Sally, ascoltami. Dobbiamo dirglielo. –
 Dire cosa? A chi? Non riesco a capire più nulla. Mi avvicino, cercando spiegazioni, anche se so che non me le daranno.
-Non ne ha paura, non se ne preoccupa. Non la vede. –
-Ovvio che non la vede. – conferma mio padre. – E’ azzurra. Per lui tutte le sfumature del blu non presentano un pericolo, così, anche se la dovesse notare, non se ne preoccuperebbe minimamente. –
Mia madre si appoggia al divano, gli occhi da cui trabocca solo preoccupazione. – Dobbiamo fare qualcosa. –
-E’ lontano, troppo lontano per essere avvisato. –
-Sei un dio! – esclama mia madre di rimando. Io, però, continuo a non capire di cosa stiano parlando.
-Non c’entra, Sally. – la avverte mio padre, scuotendo la testa. Le mette una mano dietro la schiena, facendola poi sedere sul divano insieme a lui. – Vedi, solo la persona più vicina a lui può aiutarlo. Una volta saremmo potuti essere noi. Avremmo potuto salvarlo, se avesse avuto otto anni. –
Mia madre pare restare un attimo in trance, poi scorgo sul suo viso la solita espressione di quando ragiona.
-La sua ragazza. Il suo migliore amico. –
-Sì, sì. – conferma mio padre. – Ma non solo loro. –
-Che intendi? -
-… Anche il suo peggior nemico. Gli è vicino. Molto vicino.–

-***-

Mi sveglio con un balzo quando comincia l’inno di Panem. Mi alzo con calma, massaggiandomi la testa. Che strano sogno che ho fatto. Non ci ho capito niente, a parte il fatto che volevano avvisare qualcuno che era in grave pericolo. Forse me. Non lo so.
Striscio fuori dalla tenda. Nico è già uscito, e sta osservando con Simon il logo di Panem che è alto nel cielo.
-Appena in tempo. – mi avverte il figlio di Ade. – Tra poco faranno vedere i tributi morti. –
-Scusa, amico. – dico io, mentre mi unisco a loro, sedendomi su un tronco, è solo che ho fatto un incubo e… -
I muscoli di Nico si tendono, rigidi. – Che tipo di incubo? –
Simon è più avanti, interessato ai tributi morti. Posso parlare tranquillamente.
-C’erano i miei genitori. Volevano… -
Lui mi blocca con un segno della mano. – Ti hanno detto qualcosa tipo… “ricorda chi sei veramente”?  -
-Uhm… no. Non che io ricordi. – rispondo, sincero. Perché avrebbero mai dovuto dirmi una cosa del genere? – Sembravano voler avvisare qualcuno di un qualcosa di azzurro… non ci si capiva nulla. –
Nico annuisce. – Sì, ecco, vedi, anche a me è successa una cosa di cui non vi ho ancora parlato… -
Non gli presto più attenzione. I miei occhi scattano all’immagine di una ragazza dai capelli  ramati. Sotto, scritto in grande, è segnalato che era del Distretto 3.
-Ma è Adelaide. – dice Simon, ridendo. – Era, scusate. Quella che era con gli altri favoriti. –
-E’ morta nell’attacco di Percy, con l’acqua. – dice Nico. Non è un’ipotesi. Lui può sentire perfettamente tutto.
L’ho uccisa.
Ho ucciso una ragazza.
Non sento più la terra sotto i piedi, non riesco più a respirare. Dalla mia gola esce solo un verso strozzato.
-Bravo, Percy! – si congratula con me Simon, dandomi una pacca su una spalla.
Bravo? E di cosa? Di aver ucciso qualcuno? Sì, certo. Davvero bravo.
I due mi guardano un attimo. Non riesco a pensare, non riesco a dire nulla. So solo una cosa.
L’ho uccisa.
-Ehi, amico… - dice Simon, con voce risentita. – So come ci si sente. Ma devi fare così, se vuoi salvare te, i tuoi amici, e i tuoi parenti, lontani, nel tuo Distretto. Devi. – E poi fa una cosa che non mi sarei mai aspettato. Mi abbraccia, stritolandomi nella sua presa ferrea.
Forse, per essere un bestione, ha un cuore grande. Molto grande.
-Tranquillo, ho capito… - riesco a sussurrare.
-Ehi, ragazzi, non vorrei rovinare tutto… ma… - Nico indica le immagini.
Scorrono ancora varie, segnando Leven, la ragazza del sei, dai capelli biondi e boccolati, e Mark, il ragazzo del Distretto 7.
Ora ricordo i nomi di tutti. So chi è rimasto.
Max e Rachel, del Distretto 1. Per un attimo mi sento rincuorato di non aver ucciso anche lei, ma poi l’immagine della rossa che tortura Nico nella mia mente torna vivida, e allora ho un nuovo obiettivo: ucciderla.
David, unico rimasto del Distretto 3. Jacob e Kaya, del 4.Meaghan, del 5. Travis, del 6. Katie, del 7. Alina, dell’8. Francis e Clare, del 10. Simon, dell’11.
E basta. Non ricordo nessuno del 12. Sempre se c’è qualcuno del 12.
Un’altra idea mi balena in mente. Tutti quelli degli ultimi distretti con noi, contro i Favoriti. Sì. Sarebbe un modo per colmare il vuoto che mi si è formato dopo aver ucciso quella ragazza. Cercare di salvarne altri.
Dobbiamo partire, cercarli tutti. Se saremo fortunati, potremo trovare anche Jason.
I miei pensieri corrono veloci, finchè non  vengono interrotti da un rumore. Un avanzare di passi, tra le foglie. Strascichi, qualcuno che ansima, sospiri.
-Che succede? – fa in tempo a chiedere Nico. Poi l’inno ricomincia, e non riusciamo a sentire più nulla.
L’ultima cosa che vedo sono due ombre che avanzano lente verso noi.

 

{ SPAZIO AUTRICE. }

Eccomi qui con il settimo capitolo della fanfiction!
So che questo capitolo è stato centrato solo su Percy, ma, sapendo che a molti è mancato, ho deciso di farlo solo su lui.
Come avete visto, il capitolo è lungo, e succedono molte cose. Prima l’attacco, la fuga, un attimo per rimettere a posto i pensieri, il controllo degli zaini, il sogno, i tributi morti e poi il finale.
Vi do tempo per analizzare bene tutto.
Cosa pensate siano le ombre? Altri tributi oppure degli ibridi? Una trappola di Capitol City?
Ditemi nelle vostre recensioni tutti i vostri ragionamenti fatti durante il capitolo!
Ho deciso di chiamare il capitolo “Nodi da sciogliere.” Dato che ci sono molte cose che i ragazzi non avevano capito e che qui cominciano a comprendere.

Ora, i ringraziamenti. Ringrazio, come al solito, chi ha messo la storia fra le ricordate e le seguite, e chi, ancora, ha messo me o la fanfiction fra le preferite.
Per quanto riguarda chi ha recensito, ringrazio:
xGhostQueen, che mi segue fin dal primo capitolo.
Greece_Lee: che sembrava aspettare ardentemente questo capitolo!

Un saluto a tutti, alla prossima!
P.S.
Ho in fase di scrittura una nuova ff, riguardante i 52° Hunger Games. Tenetevi pronti, tra poco pubblicherò il primo capitolo!

 

 

 

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