milleuno modi bizzarri per diventare cavaliere grifone

di TheSwordmaster
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un normale, comune incontro ***
Capitolo 2: *** Piume dal cielo ***



Capitolo 1
*** Un normale, comune incontro ***


UN NORMALE, COMUNE INCONTRO



Il sole tramontava lento e agonizzante sull’ormai silenzioso campo di battaglia, come se anch’esso fosse stato ferito mortalmente nello stesso modo a cui era toccato a tutti quei soldati Plegiani, che giacevano ora su quel suolo polveroso e sudicio e il cui sangue si confondeva con i raggi scarlatti della grande stella.
Tenebris sfilò la spada dall’ennesimo ed ultimo cadavere che aveva mietuto in quella battaglia, gesto accompagnato da un freddo brivido di ribrezzo e rammarico, che le percorreva la schiena ogni volta che le toccava di dover spegnere la vita di un altro uomo con le sue mani, a prescindere che fosse un nemico o meno; a quella sgradevole sensazione ci aveva praticamente fatto l’abitudine ormai e non le dava peso, ma dentro di sé non poteva fare a meno di sentirsi ogni volta adirata: tutta colpa di quella maledetta guerra.
Chrom aveva appena sconfitto il cavaliere oscuro a capo dell’esercito e ora insieme ad Olivia, girava per la piana, chiamando ad appello gli altri Pastori, assicurandosi che non ci fossero feriti gravi, o peggio ancora, delle perdite, che grazie a Naga fino a quel momento non avevamo ancora mai registrato.
Tenebris pulì frettolosamente la lama della sua arma e raggiunse gli altri. Non mancava nessuno e pareva che di feriti gravi non ce ne fossero stati, solo qualche graffio e scorticatura e il bernoccolo sulla fronte di Donnel, causatogli da una freccia nemica scoccata nella sua direzione ma che fortunatamente era stata bloccata dal pentolino che portava sempre in testa (e per l’ennesima volta Tenebris si dovette stupire della resistenza granitica di quell’inusuale cappello salva-vite); Il cuore della stratega si sollevò con gioia poi, quando tra i vari volti del gruppo, scorse quello di Lon’zu, stanco e sporco dal tumulto della battaglia, ma che in ogni caso, la stratega trovava sempre e comunque affascinante, se non addirittura di più in quel momento, con quello sguardo feroce, dagli occhi ancora fiammeggianti e i capelli scuri spettinati, che gli donavano un’aria ancora più virile di quella che già possedeva solitamente. Già, era un po’ di tempo in effetti che aveva iniziato a relazionarsi con lui, che fosse stato in battaglia combattendo fianco a fianco, durante gli allenamenti insieme o anche solo nei pochi preziosi momenti liberi di cui si può godere nelle giornate particolarmente tranquille, e avevano iniziato ad andare anche abbastanza d’accordo, tenendo conto la ginofobia del Mirmidone e negli ultimi tempi, l’immagine che la ragazza aveva di lui era mutata notevolmente e ogni volta che lo vedeva si sentiva al settimo cielo e quando questo le rivolgeva la parola addirittura arrossiva. Non era da lei giungere a conclusioni affrettate, ma aveva il presentimento che il suo cuore si fosse cacciato in “quel tipo” di enorme pasticcio.

“Mio signore, tutti i Pastori sono presenti e non ci sono feriti gravi; Ho anche provveduto a setacciare il campo di battaglia, parrebbero non esserci rimasti più soldati Plegiani nei paraggi.”Annunciò Frederick.

“Ottimo lavoro, Frederick.” Rispose Chrom “Abbiamo rinvenuto qualcosa di racimolabile che ci possa tornare utile?”

“Ho già avuto modo di controllare mio signore, l’utile è stato raccolto. Possiamo oramai avviarci all’accampamento; più tardi farò in modo che una squadriglia di cavalieri raggiunga la zona e possa ispezionare più a fondo” Rispose prontamente il Gran Cavaliere, fiero e diritto nella sua lucente armatura blu.

L’Eletto fece un cenno d’assenso e sentenziò il tanto sospirato rientro alla base ai suoi Pastori, che senza fretta e silenziosamente, si misero in marcia verso l’accampamento, stanchi, ma sollevati.
La stratega si mise in cammino a sua volta, soprappensiero, cercando di lasciarsi alle spalle la battaglia di quel giorno e di pensare al meritato riposo che le spettava quella sera: Il sole era calato quasi del tutto e si era fatto tardi: ciò significava che il rapporto di quel giorno e il consiglio di strategia per gli scontri successivi avrebbe aspettato l’indomani; in compenso quella sera poteva dedicarsi ai suoi tomi in tutta tranquillità.
Improvvisamente, il pensiero dei libri di magia la riscosse dalle sue riflessioni e la ragazza si rese conto che il Mijolnir che aveva portato con sé e che aveva utilizzato per combattere quel giorno era sparito. In effetti, ora che faceva mente locale, ricordava che nel furore della battaglia le era caduto di mano quando una folata di Vento d’Elfo di una valchiria nemica l’aveva investita e che non avendo avuto tempo di raccoglierlo, aveva sguainato la sua Lama di Roy e aveva affrontato i nemici con quella. Realizzato questo la ragazza si fermò immediatamente e fece per fare dietro-front, quando una mano dalla presa salda e amica le si posò sulla spalla, fermandola.

“Qualcosa non va Tenebris?” le chiese Chrom, con voce gentile ma che lasciava trasparire una nota di stanchezza.

“Mi sono accorta solo ora di aver perso il mio tomo magico, uno piuttosto importante, il Mijolnir, una magia del tuono potente, e mi stavo dirigendo di nuovo al campo di battaglia per cercarlo: non posso assolutamente permettermi di abbandonare un incantesimo così raro in mezzo a quella carneficina.” Spiegò lei tesa.

“Capisco… ma sei sicura che sia il caso di tornare laggiù da sola? Frederick ha già perlustrato la zona e più tardi invierà altri suoi uomini per un’analisi più approfondita, ma può essere comunque pericoloso, specialmente ora che sta calando la sera; magari puoi chiedere alla squadriglia che cerchi il tomo per te.” Rispose lui.

La stratega scosse solennemente il capo “ il terreno sarà sicuramente disseminato di altri tomi usati dai maghi plegiani e non sarebbero in grado di identificarlo.” Spiegò lei.

“la cosa non mi rassicura comunque, se proprio ci tieni a cercarlo personalmente almeno vai accompagnata da qualcuno…” L’Eletto non poté finire la frase che la ragazza lo interruppe ridendo “Avanti Chrom! Sembri un padre che parla con la propria figlioletta, non sono così indifesa sai?” Esclamò lei con un ghigno beffardo, sguainando a velocità di lampo la spada dal fodero, proprio sotto il naso dell’altro, che non diede però segni di sorpresa, ma rise a sua volta (era proprio vero che nulla lo poteva turbare, neanche una lama sfilatagli in faccia)

“Non ne dubito!”

Nel frattempo la fila di Pastori si era allontanata sempre più e accorgendosene, il ragazzo dai capelli color zaffiro si ricompose e chiese per l’ultima volta alla stratega se fosse sicura di voler tornare indietro in solitaria.

“Naturalmente!” Rispose risoluta Tenebris, rinfoderando la lama lucente con un sibilo “Tranquillo Chrommy, ci metterò un attimo, sarò di ritorno in un batter d’ali di viverna!”

“come vuoi” cedette infine l’altro “…basta che non vezzeggi più il mio nome in quel modo!”

“Stanne certo!” gridò lei già lontana, correndo di gran carriera, tant’è che l’Eletto non seppe definire se la sua risposta fosse stata ironica o seria, tuttavia non se ne curò più di tanto e sorridendo, ma con una lieve inquietudine nel petto, si avviò sul sentiero che aveva innanzi a sé per raggiungere i Pastori, ormai lontani.


 
Cinque minuti di corsa moderata erano bastati alla stratega per giungere di nuovo su quella piana desolata, che sebbene avesse abbandonato poco prima, le provocava ancora un opprimente senso di nausea, e la cosa che la inquietava di più stavolta era il silenzio di morte che le opprimeva le orecchie come acqua ghiacciata nelle profondità di un lago. La ragazza deglutì di fronte a quello spettacolo e cercò di ignorare gli occhi di vetro dei cadaveri plegiani che sembravano fissarla insistentemente dal loro giaciglio di polvere e sangue e iniziò a guardarsi intorno, facendo mente locale per capire come durante la battaglia si fosse mossa sul terreno e dove più o meno avrebbe potuto trovarsi il Mijolnir. Dopo qualche istante di meditazione, finalmente Tenebris si mosse, facendo lo slalom tra i corpi senza vita e iniziò a scandagliare accuratamente il terreno che scorreva sotto ai suoi stivali, con occhio vigile. Passarono dieci minuti buoni, ma per quanto sforzasse la vista, del tomo ancora non se ne scorgeva traccia e talvolta, proprio quando credeva di averlo finalmente trovato, le sue mani si ritrovavano a stringere un altro libro magico assomigliante, appartenente un tempo a qualche mago nemico; la stratega ricorse persino ad alcuni incantesimi della magia rudimentale utili al ritrovamento d’oggetti (che di solito disprezzava e considerava a malapena “incantesimi”, secondo lei troppo rozzi per essere definiti tali), ma i suoi tentativi si rivelarono sempre vani.
Dopo tanto cercare senza frutti, la ragazza si fermò e portando le mani ai fianchi, come era solito fare quando era seccata, sbottò fra sé e sé:

“per tutti i tomi neri, o Naga mi sta giocando qualche tiro o sono i miei occhi che sono stati colpiti da una fattura… dove può mai essersi cacciato quel maledetto tomo? è impossibile che lo abbia preso qualcuno… e stento a credere adesso che abbia pure messo le ali e sia volato via da solo come una colomba a primav…”

Un rumore improvviso interruppe il monologo della ragazza, dalle sue spalle, facendola ammutolire di colpo. Tenebris rimase immobile, come una statua di ghiaccio, solo la sua mano, lesta, si era mossa verso la spada appesa alla cintola, soffermandosi sull’elsa, lo sguardo fisso in avanti, immobile come quello dei cadaveri plegiani abbandonati sulla terra, ma non altrettanto vuoto. Attese, tuttavia quel basso brusio pareva scomparso. Convinta che fosse stata tutta opera della sua immaginazione, la ragazza si rilassò, credendo che non ci fosse alcun reale pericolo

“questo silenzio così spettrale non mi piace, neanche un po’, mi sta facendo anche venire le allucinazioni alle orecch…”

Il rumore si levò nuovamente da dietro di lei, e questa volta la stratega si girò fulmineamente, la Lama di Roy sguainata, affilata e pungente come un artiglio di drago, lucente come un diamante, magistralmente impugnata in posizione di guardia. Ascoltò attentamente, sembrava ad un basso ringhio, fievole e lamentoso e proveniva da dietro alla carcassa di un pegaso dal manto grigio, altrettanto freddo come pietra, sdraiato su un fianco, l’ala destra accartocciata sotto la sua stessa mole e la sinistra, ampia e maestosa, distesa dietro l’animale, facendo sembrare, dall’alto, che la povera bestia stesse ancora volando, agile ed elegante, nell’immensità del cielo. Tuttavia, Tenebris notò che l’ala del pegaso s’incuneava leggermente, come se coprisse qualcosa, e quel qualcosa sembrava essere vivo e vegeto.
“Cosa accidenti era quello? Allora non me lo sono immaginata… ma cosa può essere?  forse c’è un soldato gravemente ferito lì sotto, che magari è scampato alla morte? No, impossibile, quel suono non è umano… e se fosse un risorto? Però mi sembra troppo improbabile, nessuno degli uomini di Valldar può aver avuto il tempo di venire qui e di consacrare a Grima… un solo cadavere? Così ben nascosto poi? No… ma allora…?”
Il ringhio si fece leggermente più forte, quasi avesse guadagnato più fiducia, coraggio e fece sobbalzare Tenebris, rimasta assorta nei suoi ragionamenti. Bisognava prendere una decisione, uno dei due doveva agire e se quella “creatura” non si decideva a farlo, allora ci avrebbe pensato la ragazza.
La stratega allora, preso il coraggio, si avvicinò all’ala del pegaso, pronta alla peggior sorpresa, pronta a scattare in attacco o in difesa in qualsiasi istante, con ogni singolo muscolo del corpo teso e lo sguardo sottile e lampante come la stessa lama che reggeva tra le mani. Con un piede toccò rapidamente il bozzo coperto di piume grigie e questo subito rispose agitandosi appena, tornando a lamentarsi. La stratega deglutì e infine gridò:

“se non sarai tu ad uscire allo scoperto…” sollevò la spada, stringendo saldamente l’impugnatura con ambedue le mai “…ti costringerò io a farlo!”

Con un calcio ben assestato sollevò la grande ala, ma proprio quando stava per calare il fendente, ciò che vide la costrinse a fermare il colpo a mezz’aria, che non arrivò mai all’obiettivo.
Un giovane grifone in fin di vita, con un’Asta Corta piantata nella coscia di una zampa posteriore, inzuppata di rosso, giaceva accasciato al suolo, dentro ad una cunetta. La ragazza, a bocca aperta ed occhi sgranati, abbassò lentamente l’arma, che per poco non le era scivolata di mano. Il grifone aprì un occhio, che sebbene sofferente, la scrutò arcigno, un po’ abbagliato; contrasse il becco, da cui uscì sommesso un suono rauco e graffiante, simile al verso dell’aquila e debolmente, cercò di agitare le ali e mosse le zampe spasmodicamente, come se l’istinto gli suggerisse di volare via o di attaccare la sconosciuta.
Tra i Pastori nessuno era Cavaliere Grifone e Tenebris non aveva mai avuto occasione di osservarne un esemplare se non durante la guerra, e mai così da vicino ed era talmente abituata a vedere quelle creature leggendarie, sempre così fiere e possenti, attaccarla con ferocia, che quella volta, vedere quel grifone morente e completamente indifeso la lasciò spiazzata. Tuttavia sapeva benissimo che anche in quelle condizioni l’animale era tutt’altro che inoffensivo, aveva avuto modo una volta di leggere un libro su vita e misteri di quella specie: bestie leggendarie, di spirito guerriero, forti,  quindi fu cauta nell’agire, perché qualcosa doveva fare, se lo sentiva dentro, non poteva lasciare quella creatura alla mercé del destino.
Tenebris si chinò sulle ginocchia e cercò di allungare una mano verso la testa d’aquila del grifone, per provare a tranquillizzarlo con una carezza, ma naturalmente quelle sono creature altezzose e molto schive e di rado si lasciano toccare da un uomo a meno che non sia il loro fidato cavaliere, e con uno scatto energico che nessuno avrebbe potuto mai aspettarsi da un essere in quello stato, fece guizzare in avanti il collo piumato facendo schioccare il becco dorato a qualche centimetro dalla mano della ragazza, sibilando. Tenebris si ritrasse, cercando di elaborare un piano migliore.
“non è facile guadagnarsi la fiducia di creature leggendarie come i grifoni…”
Puntò nuovamente i suoi occhi in quello violetto e fessurato della creatura, e questa rispose con un sibilo minaccioso, prendendolo probabilmente come un gesto di sfida da parte della ragazza. 
“... ma non posso abbandonarlo qui a morire di agonia! Un modo troverò!”
Tenebris rifletté e pensò prima di tutto di lasciare a terra la spada, per cercare di comunicare alla creatura alata le sue buone intenzioni (d'altronde un attimo prima stava per infilzarla con quella, era naturale che ora il grifone fosse ancora più indisponente e aggressivo). Prese quindi in mano la lama e lentamente e con solennità, accertandosi che il grifone la vedesse bene, la appoggiò per terra, a debita distanza e il gesto parve riscuotere il risultato sperato: l’animale smise di ringhiare e parve scrutarla con meno ostilità e un po’ più di curiosità, ma forse giusto un po’. Tenebris sapeva qual era la mossa successiva da fare a quel punto e parlò; dal libro che aveva letto infatti ricordava che uno dei passi principali per avvicinare i grifoni è far sentire loro la tua voce, in modo che essi percepiscano attraverso il suo suono, che deve essere sicuro, fermo, ma gentile, lo stato d’animo della persona interlocutrice e giudicarla, e così la ragazza fece, con tutto il sangue freddo e la serenità che le veniva dal diaframma in quel momento.

“sono qui per aiutarti. Non ti farò del male.” Disse, ma la sua voce vacillò appena e il grifone si ritrasse guardandola arcigno.

Senza perdersi d’animo Tenebris ritentò, stavolta più decisa: d’altronde è difficile che il primo tentativo sia quello buono di solito.

“Non temere, starai bene, io posso aiutarti,”

Il secondo tentativo parve andare molto meglio, la voce della stratega suonò chiara e forte e il grifone la percepì altrettanto chiaramente, infatti, non senza fatica, voltò la grande testa piumata e guardò meglio la ragazza, come a volerne scandagliare l’anima, con un’espressione che faceva sembrare che le stesse concedendo un grande onore a permetterle di guardarlo in entrambi gli occhi.
Tenebris, incoraggiata, provò di nuovo a porgergli la sua mano, senza titubanze stavolta e continuò a dire frasi d’incoraggiamento.

“Tranquillo, andrà tutto per il meglio adesso…” il grifone emise una specie di gorgoglio ovattato dalla gola, non più un ringhio aggressivo e dopo un breve indugio, abbassò il suo scudo di altezzosa diffidenza e lentamente avvicinò il muso, andando in contro alla mano della stratega Ylissiana

“sì, così, bravo!” lo incoraggiò Tenebris, regolando però la gioia nella sua voce e finalmente, dopo attimi che parvero interminabili, l’esile e gentile mano della ragazza si poggiò sul lucido e imponente becco aureo.

E in quell’esatto momento, i corpi di entrambi furono reciprocamente attraversati dai pensieri e dalle emozioni dell’altro, con l’intensità di un’onda dell’oceano che ne rimescola le acque turbolente durante una tempesta, del boato di un tuono che fa vibrare l’aria e la terra subito dopo l’apparizione della folgore che squarcia il cielo.
Così rimasero per circa un minuto, assaporando entrambi quel contatto. Tenebris tornò a fissare il grifone negli occhi e gli sorrise con dolcezza e anche quest’ultimo, finalmente convinto, parve sorridere a sua volta, dimenticando per un  secondo il dolore alla zampa e strusciò la testa contro la mano della ragazza facendo un po’ di fusa, invitandola ad accarezzarlo. Tenebris sorrise raggiante e dopo un po’ divertita disse:

“Oh questa è bella! E da quando i grifoni farebbero le fusa come dei dolci teneri gattin…AHIA!!!” La stratega ritrasse di colpo la mano dolorante, massaggiandosi il dito mignolo con l’altra, dal momento che nell’istante in cui aveva detto “dolci gattini” quello le aveva schioccato una clamorosa beccata.

“Ehi non c’è bisogno che mi stacchi un dito sai?”

Il grifone la guardò impettito con l’aria di qualcuno che era appena stato insultato a morte.

 “Va bene, va bene, non ti piace essere chiamato “dolce gattino” ho cap… AHIO SMETTILA!” Ora Tenebris si massaggiava anche l’indice e il grifone stavolta la scrutava con aria furba, facendo il finto offeso.

“Ho capito, vostra maestà, è meglio che quella parola non la dica definitivamente più, anche se non è direttamente rivolta a voi...” La creatura ricambiò con sguardo compiaciuto, evidentemente soddisfatta.

“…però che caratteraccio…”

Il grifone ringhiò appena e la stratega continuò:

“…ah ah, ehm, davvero amorevole, no?”

Il grifone contento della risposta tornò a strusciare la testa contro la ragazza e a fare le fusa.
“Ah, ecco perché, dimenticavo che in fondo voi grifoni siete per metà dei leoni e quindi, dei felini… eppure è così… è buffo per delle creature imponenti come voi!” Esclamò lei ridendo, al che la creatura rispose con uno sguardo visibilmente accigliato come a dire “perché, non ci arrivavi anche prima?” e Tenebris sempre sorridendo, gli regalò qualche carezza prima di ritornare seria e di guardare la zampa insanguinata, con aria preoccupata; la bestia aveva perso molto sangue e la ferita avrebbe rischiato di infettarsi se non l’avesse medicata e non avesse rimosso l’Asta Corta in fretta.

“ok, vediamo un po’ cosa abbiamo qui…” borbottò la stratega tirandosi su con cura le lunghe maniche dell’elegante veste da Gran Maestro e avvicinandosi alla zampa offesa.

Immediatamente il grifone si ritrasse e le soffiò, gli occhi ridotti a fessure e le piume castane del collo irte tanto da sembrare aculei di porcospino; sebbene avesse permesso alla ragazza di farsi toccare, ancora non si fidava abbastanza da lasciarla avvicinare alla ferita sanguinante, ma Tenebris fu cauta e tranquillizzò immediatamente, con qualche parola rassicurante, la creatura leonina, che alla fine, sebbene con fatica, concesse alla ragazza di esaminare la ferita da più vicino. Ma il viso di Tenebris già si adombrò dopo una fugace occhiata: gran bel brutto infortunio, e  non sapeva nemmeno quale parte sarebbe stata più ardua tra il rimuovere l’asta e il disinfettare e curare a dovere la ferita.
In ogni modo non aveva altra scelta se non di iniziare dalla prima manovra.
In quel momento, proprio quando la stratega stava iniziando a chiedersi con crescente ansia come agire, si ricordò di un utile incantesimo che le aveva insegnato tempo addietro Lissa, quando da Sacerdotessa era stata promossa a Saggia e aveva quindi iniziato a bazzicare con la magia - sebbene si potesse definire un tipo di magia parzialmente in simbiosi con le arti curative - e proprio da queste arti, aveva avuto modo di insegnare a Tenebris un incantesimo piuttosto semplice, che anche i maghi non guaritori sono in grado di esercitare: una filastrocca composta di sole quattro parole che si ripetono all’infinito una dietro l’altra. La formula non avrebbe accelerato la guarigione della zampa, ma avrebbe anestetizzato la ferita per tutta la durata del canto, che poteva essere recitato tanto a lungo quanto uno desiderava, rendendo indolore anche la rimozione dell’aculeo, agevolando di un bel po’ le cose. 
La stratega poggiò lentamente una mano sulla zampa dell’animale, inspirò profondamente e si predispose a iniziare.

“Questo ti aiuterà a sentire meno dolore… davvero, cancellati quella smorfia assassina dal becco!” sbottò al grifone, che dopo un brontolio di disappunto rimase ugualmente inquieto.

La ragazza allora, raccolta la concentrazione, pronunciò la prima parola, che sebbene bassa e quieta, parve squarciare quel cielo scuro e silenzioso e come pesci di un fiume cantilenante appena bisbigliato, che si spandeva nell’aria in una dolce nenia, altre parole sgorgarono dietro quella, riempendo quel silenzioso vuoto che poco prima soffocava quello spiazzo di morte. Senza smettere di cantare, lentamente Tenebris rimosse, con mano attenta e delicata l’Asta Corta dalla coscia del grifone, che inizialmente trasalì, preparandosi ad un lacerante dolore ma che poi, sorpreso, realizzò che l’unica sensazione che avvertiva era di leggero fastidio, che sapeva solo molto vagamente di dolore e rimase a guardare, per tutto il tempo richiesto dalla manovra, il lavoro della ragazza, accertandosi che non lo facesse dolere in un qualche modo all’improvviso.
Passarono i minuti, infiniti uno dietro l’altro, e la stratega Ylissiana cantò instancabile, irremovibile e precisa nella sua opera, tanto da sembrar sotto ipnosi vista da fuori, come se nulla avesse più importanza per lei eccetto quella zampa, e infine, pronunciando l’ultima vittoriosa parola con solennità, estrasse del tutto la punta della lancia dalla coscia piumata del Grifone, che immediatamente chiuse gli occhi, emettendo una specie di miagolio stridulo e impaurito, come a volersi preparare all’inevitabile colpo di grazia che un nemico immaginario troppo più forte di lui stava per infliggergli, ma fortunatamente l’incantesimo mascherò anche quell’ultimo dolore e la bestia, presa alla sprovvista, cercò di ricomporsi assumendo la posa più dignitosa possibile, ignorando la sua stessa ultima reazione, chiaramente esagerata. La stratega sospirò, stanca e si asciugò il sudore luccicante dalla fronte con la lunga manica della tunica, tuttavia la sceneggiata dell’infortunato non le sfuggì e non poté fare a meno di ridere sotto i baffi.
“uh ma che fifoni che siamo qui eh? Ah ah ah ah! E dai, quante storie! E ringrazia che la punta non è passata da parte a parte sennò… GAH!!”

E per oggi si saluta anche l’anulare.

“non si può proprio scherzare con voi maestà eh?” brontolò Tenebris con il dito pulsante in bocca. L’altro non rispose e la fissò irritato; una cosa è certa, prima di rivolgersi a un grifone bisogna soppesare bene le parole.

“Guarda che se mi stacchi tutte le dita non sarò più in grado di guarirti, quindi, fossi in vossignoria, non esagererei con quell’arma micidiale quale il vostro becco.”

Il grifone stava per ribattere qualcosa, ma il solo verso che provenne da lui fu un sonoro lamento. L’effetto della nenia era terminato e ora il dolore dello squarcio si sentiva più vivido che mai, e bruciava. Tenebris parve riscuotersi e tornò di nuovo seria: era giunto il momento della disinfezione. Fortunatamente aveva ancora con sé l’ampolla di unguento fresco che si era portata in battaglia quel giorno ed era (sempre fortunatamente) ancora piena, così poté usarne il contenuto per pulire e curare al meglio che le fosse consesso la ferita, problematica poiché non cessava mai di sanguinare. Non appena la zampa acquisì un aspetto migliore, la stratega provvide  immediatamente a fasciarla per evitare che il nuovo sangue colasse di nuovo e vanificasse il suo medicamento, così strappò un po’ di stoffa dal sontuoso drappo del pegaso grigio (chiedendogli mentalmente scusa) e dopo averla pulita alla bell’e meglio con l’unguento rimasto, l’applicò intorno alla zampa leonina in una fasciatura improvvisata, che tuttavia pareva funzionare abbastanza bene; se non altro arginava il flusso cremisi della ferita.
Non appena ebbe finito, Tenebris si sgranchì la schiena e dopo un profondo sbadiglio comunicò la buona notizia al grifone, che pareva altrettanto esausto.

“ed ecco qua! Non avrei sperato che con le rudimentali risorse di cui disponevo sarei riuscita a fare questo però… beh guarda un po’? quasi meglio di una guaritrice esperta! Che ne pensi?”

La bestia accennò appena un sorriso, poi si concentrò sulla zampa, analizzandone la trasformazione… e quale sorpresa! Niente più sangue né sporcizia, sembrava quasi nuova se non fosse stato per la benda, che tuttavia le dava quasi un tocco decorativo, elegante.
Il grifone ruggì felice e strusciò entusiasta la testa piumosa contro il ventre di Tenebris, che altrettanto felice gli rispose con qualche gentile carezza e che nel frattempo si guardò intorno. Quanto tempo aveva passato lì per terra? Sicuramente troppo, era praticamente notte e le stelle brillavano come frammenti di cristallo nel cielo scuro e probabilmente i fantini di Frederick erano già giunti sul luogo da un po’; di quel passo sicuramente sarebbero arrivati da lei e il grifone.
Nel momento in cui realizzò questo, la mente di Tenebris fu attraversata da un dubbio, rapido ma profondo: era davvero il caso di farsi trovare lì? Che loro vedessero il grifone? Avrebbero potuto ucciderlo non appena avrebbero capito che apparteneva al nemico, specialmente vedendolo emaciato e debole, o forse avrebbero costretto lei ad abbandonarlo lì, e dentro di sé Tenebris sentiva che non poteva permettere una cosa del genere; quando si erano toccati la prima volta, ognuno dei due aveva percepito i sentimenti dell’altro, ed ognuno dei due ne era rimasto folgorato, come se un primordiale legame li avesse già legati a quel timido contatto, come due placche di metallo incandescente che s’incontrano rimanendo incollate e che aspettano solamente di venire saldate completamente. Anche senza questo vincolo particolare, la ragazza aveva pianificato di tornare all’accampamento non appena la ferita del grifone fosse stata fasciata, tuttavia avrebbe dovuto aspettarsi che dopo la bestia sarebbe stata ancora troppo debole e che la ferita andava vigilata periodicamente fino alla completa guarigione, quindi, non poteva lasciarlo in ogni modo.
Le venne un’idea. Si trovavano quasi al margine dell’altopiano, oltre il quale s’intrecciavano gli scuri alberi di una foresta e dei grandi cespugli: un perfetto nascondiglio per il grifone, tuttavia anche se si trattava di qualche passo, solo portarlo fin lì sarebbe stato arduo, ma Tenebris non si scoraggiò per questo e si rivolse alla creatura.

“senti, questo posto non è sicuro e sei troppo debole per difenderti.” La stratega fece una pausa, guardando bene il grifone negli occhi, che ora la ascoltava attento.

 “In oltre, la tua zampa ora è fasciata, certo, ma occorrerà ancora tempo prima che torni come un tempo e va tenuta sotto controllo.” La ragazza sollevò un braccio e puntò il dito in direzione del bosco “lì potrai attendere che la ferita guarisca al sicuro e sarai anche lontano da eventuali predatori…” Il grifone borbottò a queste parole, ma Tenebris continuò ugualmente, cercando di trovare le parole giuste.

 “…sì, so che la vostra è una razza leggendaria che di sicuro non recita la parte della preda, tuttavia, nelle tue condizioni anche tu potresti diventare cacciabile.”

Il grifone non poté contestare quelle parole e fece solamente un lento cenno affermativo con la testa. Tenebris, sollevata dalla sua collaborazione sorrise e arrotolate nuovamente le larghe maniche della tunica si avvicinò alla bestia e l’aiutò come meglio poteva a mettersi sulle zampe, operazione ardua, poiché anche le tre zampe sane erano, a causa della seria perdita di sangue, troppo deboli per reggere da sole la mole del grifone, che nonostante tutto, dopo un bel po’ di fatica riuscì finalmente a mettersi in piedi e a trascinarsi fino ai piedi di una grossa quercia, dietro ad un grande cespuglio di bacche, mentre la stratega lo guidava e sorreggeva facilitandogli il più possibile il tragitto, ostacolato dai mucchi di corpi esanimi dei soldati e le loro ex cavalcature.

“ecco qua! Vedrai, starai benissimo qui! Non sei scoperto e neppure troppo addentrato nel folto della selva, quindi sarai al sicuro anche da eventuali predatori… e ci sono pure queste bacche dall’aspetto invitante a portata di mano! Le ho già viste una volta, sono commestibili, anche se forse per voi grifoni che siete carnivori non sono proprio un piatto adatto… ma meglio di niente no? Allora, che ne pensi?” Tenebris si inginocchiò di fronte alla creatura leonina e gli sorrise amichevolmente; quella ricambiò con gratitudine e gracchiò sommessamente, sembrava abbastanza felice.

“Mi raccomando, tu non tentare di muoverti di qui o di fare qualsiasi cosa di dubbia sicurezza, mangia qualche bacca e non toccare la zampa, io devo andare ora, ma tornerò presto, te lo prometto”

a quelle parole il grifone protestò gracchiando e tirò insistentemente con il becco un angolo del mantello della stratega

“ah! Il mio mantello da Gran Maestro! Vacci piano! Questa è stoffa pregiata!” esclamò Tenebris cercando di strappare di becco al grifone il lembo di mantello.
Il grifone la guardò storto e tirò ancora più forte

“no… molla! Così la strappi! Sigh, ti ho promesso che tornerò, davvero…  tranquillo…” la stratega si arrese e prese dolcemente la testa aquilina tra le mani e lo guardò dritto negli occhi, sorridendo “farò di tutto affinché tu possa rimetterti presto, verrò a trovarti spesso, veglierò sulla tua zampa fino all’ultimo e se sarai bravo… ti porterò anche qualcosa di buono! Magari anche un pezzetto di carne dalla mensa se saremo fortunati!” A queste rassicurazioni il grifone parve rasserenarsi un po’ ma non lasciò ancora il mantello.

La stratega continuò “prima ti sei fidato di me, pensi di poterlo fare anche adesso?” a quella domanda il grifone rispose solennemente, gli acuti occhi da rapace dal colore così inusuale non avrebbero potuto essere più seri, e chinò il capo in avanti in cenno di assenso.

La ragazza, sollevata, gli scompigliò affettuosamente le piume del capo dietro le orecchie e ringraziò la maestosa creatura, ma proprio quando fece per alzarsi, uno strattone la fece barcollare all’indietro, seguito poi da un brutto, sonoro “strrrrrapp!”

“AAARRG!!! DEI, IL MIO MANTELLO!!” gridò la ragazza spostando continuamente lo sguardo dal brandello di stoffa che il grifone teneva il bocca con soddisfazione al suo mantello, con incredulità.

“p-perché l’hai fatto??”

In risposta il grifone si lasciò sfuggire una specie di risata gracchiante e iniziò a giocherellare con la stoffa rubata, dopodiché con gran gusto, se la mangiò sana sana; era evidente che, promessa o non promessa, quel mantello gli andava particolarmente a genio a prescindere.
Tenebris lo guardò con tanto d’occhi, non sapendo se arrabbiarsi, continuare ad inveire, o ridere; il risultato fu che rimase troppo confusa per fare qualsiasi cosa e rimase a fissarlo a bocca aperta.
Il grifone, tanto per cambiare, si leccò il becco soddisfatto, tornò impettito come prima e la guardò di traverso, infastidito dal sentirsi osservato in quel modo e così a lungo, riscuotendo così la stratega dal suo torpore.

“ma cos… COSA STAI FACENDO?? Anzi… cosa hai fatto!! E poi da quando in qua i grifoni… oh Naga, certo che siete strani! Bah, ci rinuncio, meglio che vada ora.”

La stratega si alzò, ancora stupita, borbottando qualcosa fra i denti del tipo “sigh, il mio mantello…” oppure “che assurdità… un grifone che mangia i mantelli…” o ancora “cosa gli avrà fatto mai di male  il mio mantello? sigh” e fece per incamminarsi verso l’accampamento dopo aver rivolto un fugace saluto, quando qualcosa di soffice le urtò la mano. Il grifone faceva le fusa e strusciava il capo in cerca di qualche coccola dalla ragazza.

“mh… ma sai che sei proprio un bel ruffiano te?” sospirò lei, lasciandosi sfuggire un sorriso e carezzandogli affettuosamente la testa come ultimo gesto di saluto.

“ora però devo andare sul serio, saranno in pensiero per me gli altri… mi raccomando, stai attento, non combinare nulla… e in particolare non mangiare altra stoffa!”

la bestia leonina alzò gli occhi al celo e fece cenno di sì, non troppo convinta.

“mah! Chissà che combinerai qui… in ogni modo buona notte!” disse infine Tenebris, e con un cenno di saluto si congedò finalmente al grifone che da lontano le sorrise prima di accucciarsi per dormire.
 


Tenebris camminava tranquilla, volgendo lo sguardo alle stelle della volta celeste che fedeli la accompagnavano durante il tragitto per tornare all’accampamento, illuminandole la strada che aveva innanzi, vegliando su di lei con il loro scintillare. Era decisamente una magnifica serata, ottima per meditare e allentare la tensione dopo una faticosa giornata come quella, per di più ricca di avvenimenti… bizzarri. La ragazza non riusciva a smettere di pensare al Grifone e di come si fosse divorato la stoffa della sua veste da Gran Maestro in mezzo secondo e il ricordo, più che scocciatura, ora le procurava una strana sensazione ilare, e la faceva sorridere divertita.
“per tutti i tomi, che giornata…” pensò tra sé e sé, mentre le luci dell’accampamento iniziavano ad apparire fioche in fondo alla strada.
Improvvisamente Tenebris si fermò di colpo, come folgorata, sebbene quella sera di fulmini non ce ne fossero nel cielo sereno. Ma il fulmine che l’aveva colpita in pieno era un altro e paradossalmente non si trovava lì con lei dove avrebbe invece dovuto essere.

“per tutti gli dèi, altro che tomi… il Mijolnir.”

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Capitolo 2
*** Piume dal cielo ***


Piume dal cielo




“Tenebris! Dove accidenti eri finita???”

La stratega, non fece in tempo ad incedere di un altro passo nella propria tenda che due vigorose ma sottili braccia stritolatrici le si avvinghiarono ai fianchi, mozzandole il fiato. in altre circostanze, se non fosse stata così esausta ed assonnata probabilmente avrebbe potuto deviare quella calorosa forma di abbraccio, o quanto meno a risponderle come si deve, ma i riflessi quella sera sembravano proprio non risponderle.

“aaagh, p-piano! anche io sono felice di rivederti, Lissa, ma preferirei che non mi facessi uscire gli occhi dalle orbite!” esalò Tenebris, in un tono che però alle orecchie della principessa non suonò sufficientemente convinto, dal momento che la sua stretta non si allentò minimamente.

“suvvia Lissa, lasciala almeno respirare, non vedi che a stento si regge in piedi? Guarda che viso stanco! se mi è concesso dirlo, Tenebris, non hai affatto una bella cera, cara.” Giunse dall’altra parte della tenda la gentile e moderata voce di Zelcher.

“ngh, senza peli sulla lingua come sempre eh?” sospirò la stratega con un vago sorriso “m-ma non posso darti torto, v-voglio dire… è stata una giornata interminabile... e dai Lissa scollati!”

Dopo quell’ultimo appello, finalmente la bionda si decise a sciogliere l’abbraccio e finalmente la Stratega tirò un sospiro di sollievo, stupendosi per l’ennesima volta della formidabile forza che quelle esili braccia possedevano.

“Eravamo tutti quanti in super-pensiero per te! Non tornavi più! Chrom mi aveva detto che eri tornata sul campo di battaglia da sola… quasi non volevo credergli! È pericolosissimo, specialmente a quest’ora del giorno! E poi i può sapere che cosa dovevi fare là?” sbottò tutto d’un fiato Lissa, mettendo su uno dei suoi tipici bronci e agitando le braccia per enfatizzare la sua ramanzina.

 “ma che cavolo di fesserie vai blaterando!”

Proprio in quel momento una voce tonante e burbera risuonò inconfondibile e familiare da fuori, rispondendo per le rime.

“La nostra Tenebris è un osso duro e potrebbe sbaragliare qualsiasi babbeo risorto o non risorto che la capita davanti e non per niente infatti è la nostra stratega, non c’erano dubbi che sarebbe tornata tutta intera!”

“ah ah, esagerata come sempre vero Sully?” Rispose ironica Tenebris e la rossa entrò nella tenda accompagnata dai suoi modi aggraziati.

“comunque fa sempre piacere rivederti vecchia mia!” esclamò sorridente battendo una poderosa pacca sulla schiena della stratega che quasi cadde in avanti per la botta.
Beh, vecchia magari no ma…

“certo che Tenebris è forte, Sully, lo so, lo sanno tutti! Ma è comunque da sconsiderati avventurarsi di sera in posti che potrebbero già adesso brulicare di risorti!” Ribattè la principessa Yilissiana “e poi esigo che mi spieghi il motivo per cui è dovuta tornare lì da sola!” concluse incrociando le braccia con convinzione.

“beh ecco è una storia lunga…” biascicò la stratega portandosi una mano dietro al capo.

“per favore ragazze, ora basta con questi interrogatori, è tardi e la nostra Tenebris è esausta e affamata e l’unica cosa di cui ha bisogno ora è un po’ di riposo; sono convinta che domani mattina sarà nuovamente in forma e che potrà rispondere a tutti i vostri quesiti con immenso piacere, non è vero cara?” s’intromise la Lord Viverna, con il suo immancabile sorriso arzillo e il tono educato.

“cosa?? E dai Zelcher non rovinare sempre tutto! Io voglio i dettagli ora!” sbottò Lissa accentuando il broncio che aveva sul viso e incrociando ancora di più le braccia.

“ah-ah, niente da fare e poi è tardi per tutti Lissa, anche tu e Sully dovreste andare a dormire infatti!” continuò l’altra sempre con voce trillante, mentre la bionda mormorava ancora qualche debole protesta e la rossa confabulava qualcosa del tipo “e ora che c’entro io” o “non sono mica una poppante”.

La stratega tirò un sospiro di sollievo “ ah grazie mille Zelcher, meno male che ci sei tu… o queste due potrebbero farmi impazzire con i loro continui  battibecchi!"

“ehi!” la rossa e la bionda si girarono contemporaneamente e guardarono Tenebris con disapprovazione, mentre quella iniziava a ridere di cuore contagiando presto anche le due, che presto abbandonarono la discussione.

“E va bene allora, abbiamo capito, a quanto pare siamo costrette a rimandare le domande a domani.” Riprese poi Lissa rassegnata.

“sembrerebbe non esserci altra soluzione…” fece Tenebris con tono drammatico.

“ah! adesso hai vinto tu… ma stai certa che domani non ci scappi!” rispose la principessa con una strizzatina d’occhio “buona notteeee!!!” salutò trillante le tre compagne, poi stritolò Tenebris in un altro abbraccio e infine uscì dalla tenda trascinandosi dietro anche Sully che fece giusto in tempo a farfugliare un saluto.
Poco dopo si congedò anche Zelcher e la stratega poté finalmente gettarsi di faccia sul letto, senza troppi riti, rimanendo stesa a pancia in giù per qualche minuto per rimettere in ordine le idee. Pensò alla battaglia di quel giorno, al tomo di magia che aveva perso e che ancora non era riuscita a rintracciare e… alla bizzarra conoscenza che aveva fatto.
Non avrò trovato il Mjolnir ma in compenso ho trovato un micione beccuto mangia-mantelli Pensò sardonica e improvvisamente si chiese che cosa stesse facendo proprio in quel momento il grifone e se se la stesse cavando. Ripensò anche alla promessa che gli aveva fatto, ovvero quella di tornare ogni volta che le era possibile per accertarsi che la guarigione proseguisse per il meglio la sua via, per fargli compagnia nella convalescenza e magari per portargli qualche avanzo di carne di tanto in tanto.
Si rigirò inquieta sul suo giaciglio: sperava che non gli fosse successo nulla.
Aaaaaah adesso perché mi sto preoccupando così tanto per una stupida aquila-micio che mi ha pure rovinato il mantello!?
Per un attimo, mentre pensava questo, a Tenebris quasi parve di poter vedere il grifone, offeso a morte, che la squadrava con occhi di fuoco, con il piumaggio irto sul collo che lo faceva assomigliare a uno strambo porco spino e le venne quasi da ridere.
Tuttavia… che ci vada di mezzo il mantello o no, una promessa resta tale quindi… ci si becca domani micetto…
in tutti i sensi.
E così Tenebris si addormentò, con questo ultimo pensiero che ancora le risuonava nella mente.


 
Un raggio di sole, mattutino annunciatore di quel nuovo giorno, colpì silente e insidioso come una freccia il volto della stratega ancora addormentata, penetrando da una sottile breccia situata tra i due lembi che chiudevano la tenda.
La potente luce costrinse Tenebris a svegliarsi, che dopo qualche minuto si alzò, si vestì ed uscì per andare a fare colazione.
Per l’accampamento già giravano diversi soldati, che per la maggior parte erano già impegnati a fare qualcosa, altri invece ancora sbadigliavano assonnati. Alcuni fermarono Tenebris per strada, avendo saputo che il giorno prima era rientrata a tarda ora e le diedero il loro buon giorno mentre la stratega rispondeva a tutti sorridente e dando rapide e rassicuranti spiegazioni.
Tutto l’esercito di solito si riuniva in una specie di grande gazebo dove si consumavano i pasti principali della giornata o dove semplicemente ci si ritrovava per parlare in serenità e spensieratezza per lasciarsi momentaneamente alle spalle tensioni e preoccupazioni varie procurate dalla guerra. In ogni modo, la mattina rimaneva sempre il momento in cui la mensa era più affollata e quel dì non fu d’eccezione.
Non appena Tenebris fu entrata delle voci concitate le giunsero alle orecchie dalla sua sinistra chiamandola.
Sorrise riconoscendole subito e si incamminò a passo svelto nella medesima direzione.

“buondì dormigliona!!” le gridò a distanza Lissa, sbracciandosi dal tavolo a cui era seduta insieme a Zelcher e Sully.
Tenebris si avvicinò e si sedette sulla panca di legno mentre le altre due salutavano a loro volta.

“buongiorno anche voi! Anche se… non c’era bisogno che facessi voltare mezzo esercito, Lissa!” rispose imbarazzata mentre con la coda dell’occhio intravide da qualche tavolo più in là che anche Lon’zu era presente e che la stava fissando. la stratega si sentì scaldare le orecchie e d’istinto voltò fulmineamente il viso in avanti per sfuggire a quel contatto folgorante. Le tre compagne ridacchiarono sotto i baffi divertite e Tenebris lanciò loro quello che secondo le sue intenzioni doveva essere uno sguardo inceneritore ma che non le riuscì tanto bene poiché pareva più un buffo misto tra una smorfia imbarazzata e una arrabbiata e il risultato fu che le altre risero ancora più forte.

“ahem, si può sapere, di grazia, che avete da sghignazzare in quel modo?!” esplose poi tutto d’un fiato, paonazza.

“oh, niente, è che semplicemente… siete trooooppo cariiiini!” cinguettò la bionda con le mani sulle guance e un’espressione sognante.

“…e smettila di parlare in quel modo, è fastidioso! E poi non so di chi o cosa tu stia parlando” brontolò ancora la stratega con lo sguardo basso.

“Ah davvero? ma che strano! Beh, se vuoi te lo chiamo io direttamente da qui così capisci di chi si tratta… EHI! LON-“

Nella foga di Tenebris di saltare addosso a Lissa per tapparle la bocca per un pelo entrambe non si erano catapultate a terra.

“ih-ih, allora lo sai di chi parlo!” ridacchiò lei soddisfatta e Tenebris dentro di sé si maledisse per la sua reazione esplosiva.

“ah ah ah! beh, non ci capisco molto di certe cose e detesto certe romanticherie ma devo ammettere che è davvero esilarante vederti così imbarazzata” aggiunse Sully quasi trattenendo le lacrime.

“non ti ci mettere anche tu ora!” Sbottò esasperata la stratega ricomponendosi alla bell’e meglio ma programmando interiormente di vendicarsi alla prima occasione buona “piuttosto… questo piatto di stufato sarebbe per me?”

“naturalmente! Zelcher ne ha presa una porzione a posta anche per te così che non appena saresti arrivata qui avremmo potuto procedere all’istante, senza perdere tempo a fare la fila, con il nostro interrogatorio! Non te ne sarai dimenticata spero!” rispose Lissa raggiante mentre dall’altra parte Zelcher annuiva compiaciuta.

“beh, tu sicuramente non lo hai fatto…” sospirò Tenebris ed impugnò il cucchiaio per iniziare a mangiare. Tra un boccone e un altro con calma raccontò di come durante la marcia di ritorno all’accampamento si fosse accorta della mancanza del potente tomo magico e di come avesse deciso di tornare subito indietro per cercarlo. Raccontò poi della sua ricerca terminata senza dare frutti ma fu accorta nell’omettere qualsiasi dettaglio che riconducesse al grifone. Tra una frase e l’altra una delle tre la interrompeva con delle domande, anche se quella che ne fece di più e di più strane fu Lissa, che una volta addirittura le chiese con la massima serietà quanti uccelli ci fossero appollaiati sugli alberi in quel momento o che volassero in cielo, poiché secondo lei la presenza o meno di volatili in una zona indicava la presenza di altri individui.
Ho come il sospetto che certe fisse assurde siano un pochino colpa delle eccessive attenzioni di Frederick… pensò Tenebris

“e questo è quanto.” Concluse infine la stratega stiracchiandosi soddisfatta.

“mh… capisco, ci hai impiegato così tanto per cercare quel libro… ma sei proprio sicura che non ci sia qualcos’altro cara?” chiese Zelcher pensierosa.

“ehm… ma certo! E’ un bel po’ vasto quel posto, se ci pensate bene, e cercare un tomo in mezzo ad una tale confusione è come cercare un ago nel pagliaio, tanto che infatti non l’ho nemmeno ritrovato alla fine…” rispose Tenebris senza lasciar trasparire alcuna inquietudine dalla voce.

“…quindi alla fine non è successo niente d’interessante… uffa…” sbuffò Lissa delusa.

“cosa?! Ma se hai detto che avevi paura che mi fosse successo qualcosa! E adesso invece sei delusa perché è andato tutto bene?” esclamò Tenebris basita.

“maaaa dai! Ovviamente sto scherzando ! ovvio che sono felice che non ti sia accaduto nulla di brutto!” saltò su lei sorridendo e abbracciando Tenebris.

“te lo dicevo io! È un osso duro la nostra Tenebris e casomai il problema è di quei soldatuncoli  Plegiani se gli capita la sfortuna di incontrarla per strada, non di certo il contrario!” sbraitò Sully convinta.

“eh, direi proprio!” rispose impettita la stratega sciogliendosi dall’abbraccio di Lissa.

“mh…” mormorò Zelcher ancora pensierosa “tuttavia ci sarebbe ancora un fatto che non ci hai spiegato Tenebris” continuò.

“ehm, e cosa sarebbe?” chiese la stratega con un nodo alla gola.

Zelcher si sporse in avanti sul tavolo e indicò un punto accanto alla panca, vicino a Tenebris “come mai il tuo mantello, a cui tieni molto mi pare, è lacerato? Se non sbaglio alla fine della battaglia era ancora intero e con l’attenzione che vi presti solitamente non permetteresti mai che si strappi in tal modo” puntualizzò la Lord Viverna.
Per un attimo la stratega rimase senza parole e rischiò di tradire la sua convinzione, poi, avvertendo addosso gli occhi interrogativi color rubino e zaffiro di Sully e Lissa che la guardavano intensamente riuscì a far elaborare una scusa decente al suo cervello da studiosa.

“oh… già, quello… è stato a causa di uno sciocco incidente: senza accorgermene, troppo concentrata ad osservare il terreno, il mantello mi si è impigliato alla punta di una lancia che giaceva di sbieco li vicino e… e si è strappato.” Spiegò con tono solenne e drammatico.
Le altre rimasero in silenzio e per un istante Tenebris temette che non l’avessero creduta, poi Zelcher sorrise e con la sua voce allegra esclamò:

“per fortuna! Temevo in qualcosa di peggio, anche se sono comunque dispiaciuta per te… se vuoi appena c’è tempo posso provare a rammendartelo io il tuo prezioso mantello da Gran Maestro!”

Tenebris quasi non riuscì a credere alle sue orecchie “oh… d-davvero lo faresti?” rispose quasi commossa.

“ma certo cara! Questo ed altro per un’amica! Tuttavia adesso non ho proprio tempo, devo urgentemente fare il bagnetto a Minerva, ma magari più tardi posso provarci!” concluse raggiante alzandosi da posto.

“ah già accidenti! Anche io devo filare ora che mi ci fai pensare! Ho la sessione di allenamento con Frederick e non posso assolutamente arrivare in ritardo!” balzò su Sully preoccupata quasi facendo ribaltare il tavolo nel suo impeto.

Un lampo baluginò negli occhi di Tenebris “sembrerebbe che tu tenga più di ogni altra cosa a questi allenamenti… oppure tieni a qualcos’altro, Sully?” chiese poi con tono mellifluo.

“che intendi dire?” borbottò la rossa brusca.

“oh niente, stavo solo notando che ultimamente Frederick è particolarmente esigente e severo con te, se ogni singola mattina, quando non ci sono altri incarichi, ti trattiene per delle così lunghe e faticose sessioni di allenamento e quando c’è tempo perfino di pomeriggio…

“ih ih, al massimo sarà LEI che costringe lui a-” s’intromise Lissa, che non riuscì però a terminare poiché la mano di Tenebris scattò fulminea a tapparle la bocca.

“…mi sembra strano semplicemente che una guerriera esperta come te abbia bisogno di tutti questi insegnamenti extra” continuò poi con tono non curante.

 “b-beh, io solo un paladino e devo sempre perfezionarmi, principalmente nell’uso della lancia e della spada e… e Frederick è il più esperto di tutti in questo campo!” Si difese Sully, il cui viso era divenuto dello stesso colore dei capelli tutto d’un tratto.

“sei arrossita un po’ per caso?” sorrise la stratega sempre più divertita
adesso chi è l’imbarazzata?

“ngh, niente affatto!”

“uhm, allora sarà il riflesso della luce sull’armatura a dare un colore così scarlatto al tuo incarnato.” Concluse Tenebris con disinteresse, mentre Lissa si tratteneva dallo scoppiare a ridere.

“bah! Questi discorsi sciocchi e privi di senso mi fanno solo perdere tempo, ora scusate ma il DOVERE” e sottolineò per bene l’ultima parola “mi chiama.” Sbottò il paladino girando sui tacchi e dirigendosi verso l’uscita, con le guance ancora rosse.

“uff come se la prende, è così evidente tanto!” disse Lissa con un sorriso furbetto “comunque ora devo andare anche io, avevo promesso a Maribelle che stamane avremmo studiato insieme delle pergamene su alcune tecniche di guarigione.”

“mh? Ah certo, vai pure. Ci vediamo più tardi allora!” le rispose la stratega ancora divertita dalla precedente conversazione.

“ok allora a dopo! Ciao Tenebris! Ciao Zelcher! Salutami Minerva!” salutò la bionda che già si era messa in corsa e non appena anche Zelcher si fu congedata, Tenebris sospirò e tornò ad osservare la sua scodella: c’era ancora un po’ di stufato dentro.
La sua mente volò ancora al grifone nascosto nella foresta e subito pensò all’espressione contenta che avrebbe fatto quello nel vedersi portare un po’ di carne; oltretutto Tenebris stessa aveva promesso di portargliene un po’ quando era possibile, quindi quella sarebbe stata l’occasione ideale per poter tornare a far visita all’animale ferito… e magari ritentare anche di cercare il libro del tuono.
spero che la fasciatura improvvisata abbia tenuto bene… oltretutto non sono molto esperta su questo particolare settore di guarigione… chissà, magari Lissa… oppure Zelcher ,con la sua esperienza con viverne e creature draconiche varie, avrebbe potuto darmi un consiglio… ma ormai sono andate meditò la ragazza
in fondo sono mie amiche, a loro potrei anche raccontare tutto…
Tenebris era presa proprio nel bel mezzo di questi ragionamenti quando improvvisamente un promemoria le scattò impellente da qualche angolo remoto della sua testa.

“AH! Il rapporto di ieri! Devo ancora andare a riferirlo a Chrom!” saltò in pedi sulla panca, e come un fulmine sgattaiolò fuori dalla mensa, tenendo però la ciotola con gli avanzi nascosta sotto al mantello, cercando, come meglio poteva, di non rovesciarsela tutta addosso.


 
Non appena ebbe terminato il rapporto, Tenebris si mise in cammino per tornare di nuovo su quella distesa desolata che aveva lasciato il giorno prima, ma questa volta più attrezzata:
aveva con sé bendaggi, acqua, un sacchetto reso impermeabile da un incantesimo elementare contenente lo stufato (stava iniziando a ricredersi sulla magia elementare, poiché dopo tutto era davvero utile), delle pozioni ed unguenti speciali che Lissa le aveva dato tempo addietro, il suo testo riguardante i grifoni e un libro approfondito su cure varie per draghi e creature simili appartenente Zelcher, che senza fare troppe domande, glielo aveva prestato tutta contenta quando la stratega era venuta a chiederglielo a fine di “pura curiosità” riguardo le viverne (sapendo benissimo in realtà di riuscire a farsela buona toccando un tasto simile).
Camminava già da un po’ e la meta era ormai vicina: i margini della foresta facevano capolino poco più lontano con il loro verde intenso pulsante di vita, spiccando su quel campo polveroso, rimasto apparentemente intatto rispetto al giorno prima,
Che indecenza i Plegiani… neanche vengono a dare una degna sepoltura ai loro stessi soldati caduti in battaglia per la loro causa.
Nel frattempo che si avvicinava scandagliava attentamente il terreno ai suoi piedi e le armi che vi giacevano, ormai senza padrone da servire, ma per quanto spremesse gli occhi, del Mijolnir non vi era neanche l’ombra.
Prima che se ne potesse accorgere, Tenebris giunse ai piedi di quegli alti e frondosi alberi e allora, assicurandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi, chiamò il grifone. Rimase in ascolto, e dopo un paio di richiami finalmente una risposta le giunse alle orecchie poco vicino. S’incamminò nella stessa direzione e dopo qualche passo finalmente il cespuglio con le bacche rosse apparve rigoglioso ai suoi occhi, e accucciato dietro il grifone, che non appena la vide sollevò il capo e la chiamò vivacemente.

“Salve a te, Mangia-mantelli! Anche io sono felice di vederti!” lo salutò Tenebris inginocchiandosi di fronte a lui e accarezzandogli la testa piumata.

“allora… come va la zampona lì dietro?” chiese poi e quello rispose con una smorfia sconsolata, segno che la situazione non era cambiata di tanto.

“mh… capisco, beh in un giorno non si può certo chiedere la Luna in fondo, specialmente con quello con cui ho dovuto arrangiarmi ieri. L’importante però e che non sia peggiorata, sarebbe già un passo avanti” disse ottimista lei sorridendogli “in ogni modo… guarda un po’ che ho qua?” e mostrò al grifone i medicamenti e le bende “con questi vedrai che la tua zampa migliorerà ancora più in fretta.”

Inizialmente l’animale beccuto parve rallegrarsi un po’ a quella vista, ma dopo aver fatto un’analisi  un po’ più approfondita di quello che aveva davanti il suo sguardo s’incupì nuovamente, mugugnando sommessamente.

“ehm… ehi che succede? Tutto a posto? Non sei contento?” domandò la stratega preoccupata.
Il grifone per rispondere si leccò il becco e lo fece scoccare un paio di volte

“ah già… starai morendo di fame… e di sete anche suppongo… ma tranquillo, naturalmente ho pensato anche a quello!” esclamò Tenebris con una strizzatina d’occhio e batté una mano su una tasca interna della sua veste.
Improvvisamente il grifone drizzò le orecchie ed annusando affannosamente come un segugio allungò il collo verso la lunga giacca della ragazza, che quasi rischiò di sbilanciarsi all’indietro per la sorpresa.

“e-ehi! No… no! Fermo! S-stai lontano… dalla mia ves… ehi RIDAMMELO!” sbraitò la ragazza nel tentativo di togliersi l’enorme felino di dosso, la cui testa era ormai praticamente entrata dentro il suo vestito, ma per quanto convalescente ed emaciato fosse, quello aveva ancora una forza tale che Tenebris non riuscì a contrastare e alla fine, vittorioso, si ritrasse felice col suo bottino imbocca: il sacchetto con lo stufato.

“uff, quanta fretta! Se avessi aspettato un attimo te lo avrei dato tra po… ehm, poco… che stai facendo?!”
Con uno scatto del collo il grifone lanciò il sacchetto e lo riafferrò col becco, ingoiandoselo tutto intero in un sol boccone.

“per gli Dei… prima potevi anche farmi rimuovere il tovagliolo!” sbottò Tenebris esasperata e quello per risposta ruttò soddisfatto.

“puah! Dannati incantesimi elementari da quattro soldi…! E poi non credevo che una creatura leggendaria così fiera ed orgogliosa potesse essere così indelicata… e stramba”
Il grifone la guardò bieco.

 “E non squadrarmi così! la tua è proprio una fissa per la stoffa… di qualsiasi tipo!”
Il grifone sentendosi offeso voltò la testa dall’altra parte per ignorare la ragazza, che stufa decise di abbandonare la discussione.

“comunque… ormai che hai pranzato tieni anche l’acqua, è da tanto anche che non bevi immagino.” riprese calma porgendogli una fiasca d’acqua. Il grifone osservò il nuovo dono con la coda dell’occhio diffidente, poi, decidendo di aver già perdonato la stratega, ci si buttò sopra a capofitto, svuotando la fiasca in pochi lunghi sorsi dopo averla presa con il becco. Almeno QUELLA non se la mangiò.
Non appena ebbe terminato la bevuta, Tenebris riprese la borraccia e la assicurò alla cintura

“mi spiace di non avere altro di più… spero in ogni modo che vada un po’ meglio adesso” disse sorridendo “avevi provato a mangiare anche un po’ di bacche prima?” chiese.
Il grifone fece una smorfia, segno che l’odore dei frutti selvatici non lo avevano attirato sin da subito, poi, come ricordandosi improvvisamente di una cosa, girò la testa indietro e col becco, tirò fuori qualcosa, di troppo malridotto per essere classificato, da sotto la zampa posteriore sana e lo fece cadere alle ginocchia di Tenebris che lo osservò confusa.

“ah… ehm, cosa… sarebbe?” domandò lei.
Il grifone entusiasta indicò prima i due libri che la stratega aveva preso con sé poi di nuovo l’oggetto maciullato e gracchiò con occhi vivaci. Tenebris capì e sgranò gli occhi sorpresa.

“eh?! E quello sarebbe… dovrebbe essere un libro???” esclamò prendendo in mano la poltiglia e squadrandola a fondo; era umidiccia e appiccicosa ed era apparentemente divisa in due parti: una, grigiastra e collosa, che un tempo doveva essere stata le pagine; l’altra invece sembrava più integra e rigida ed aveva un colore scuro, probabilmente doveva trattarsi della copertina.

“sigh, non mi dire che hai ‘giocato’ con questo povero libro… o peggio… tentato di mangiarlo: ad occhio e croce sembrerebbe che qualcuno l’abbia masticato, ingoiato e subito dopo rigettato.” Osservò Tenebris sempre più sconcertata “bah, non solo la stoffa ma anche la carta! Sei peggio di un cassonetto della raccolta indifferenziata… comunque, si può sapere piuttosto dove l’hai trovato?” chiese al grifone, il quale subito le indicò le basi del cespuglio di bacche, spostandone poi un ramo con il becco.

“ah… chissà come avrà fatto ad arrivarci… certo, siamo proprio sui bordi del campo di battaglia, ma ce ne vuole per intrufolarsi così la sotto.” Osservò lei.
Il grifone, dal canto suo, fece spallucce con disinteresse.

“in ogni modo… se proprio viene dal campo di battaglia deve essere un tomo magico… mi chiedo cosa-“
Le parole morirono in gola a Tenebris. Passò una mano sulla copertina del libro masticato e, anche se quasi illeggibile, riuscì a riconoscere alcune lettere del titolo che formavano la parola “…j…ol…ir”

“n-non sarà mica…” balbettò lei con gli occhi sbarrati, mentre il grifone la guardava perplesso “non può… essere il Mjolnir… no, no che non può…” ripeté, ipnotizzata da quelle lettere smozzicate, finché i suoi dubbi non furono confermati dall’inconfondibile, seppur logorato, simbolo di un lampo in vernice dorata impresso sul dorso del libro, unico di quel tomo.
I due furono fortunati che in quel momento, in zona, non stesse girando alcun risorto o manipolo di cavalieri plegiani, perché il disperato “NOOOOOOOOO” gridato da Tenebris riecheggiò fino a parecchie miglia più in là.
Il grifone, che nel frattempo si stava lisciando le piume, completamente disinteressato alla questione, la guardò fugacemente con disapprovazione per quella reazione improvvisa e apparentemente insensata ai suoi occhi, poi tornò a concentrarsi sul suo piumaggio.

“TU!” superato lo shock iniziale, Tenebris balzò in piedi additando la bestia aquilina, ancora tutta presa dalla sua toeletta personale.

“TI RENDI CONTO DI QUELLO CHE HAI FATTO? QUELLO ERA UN PEZZO UNICO, PP-OTENTISSIMO… CO… COME HAI POTUTO!?”
Lì per lì, il grifone fece finta di non sentirla e continuò a rimirarsi le piume che si era aggiustato sul petto, poi alzando il capo con calma, ricambiò placidamente lo sguardo fiammeggiante della stratega, quasi annoiato da quegli schiamazzi.

“grrr… E NON FARE LO GNORRI! Avrai anche la testa di un’aquila… ma hai un cervello da gallina!” sbraitò la ragazza agitando le braccia e quello, toccato, finalmente reagì soffiandole in faccia.

“tsk! sono IO quella che dovrebbe essere arrabbiata qui” continuò lei “e anche se non potevi avere idea che quel tomo fosse importante… beh resta comunque assurdo che tu possa tentare di mangiare dei libri di CARTA… oltre che della stoffa… insomma, con che altro te ne uscirai fuori dopo di questa?!”
Per tutta risposta il grifone le grugnì in faccia e voltò di nuovo il capo dall’altra parte, offeso e arrabbiato.

“grrr… quanto mi fai imbestialire!” mormorò Tenebris con il vapore che le sbuffava dalle orecchie “…ma… in ogni modo… ormai è inutile piangere sul latte versato, me ne farò una ragione… almeno non dovrò più spezzarmi la schiena a cercarlo ovunque” sbottò nel debole tentativo di tirarsi su il morale “ora, piuttosto, è meglio che veda quella zampa e che metta le bende nuove una volta per tutte… su smettila e fammi vedere.”
Il grifone allora, gracchiando qualcosa, la lasciò avvicinare e medicare la ferita, ma per tutto il tempo che le occorse, rimase comunque voltato dalla parte opposta, deciso a non perdonare la ragazza.
Dopo qualche minuto, finalmente Tenebris poté stringere il nodo finale della fasciatura e sospirare sollevata, ma anche soddisfatta, per il suo operato.
le bende improvvisate almeno erano riuscite a impedire alla situazione di deteriorare come aveva sperato, e con la fasciatura e il trattamento nuovo, ora il paziente poteva dirsi davvero sulla via della guarigione.

“ecco qua, vostra Irritabilità, la zampona è a posto ed è anche in buone condizioni” lo avvertì poi lei punzecchiandogli una delle due grandi scapole con un dito per richiamare la sua attenzione.
Il grifone, con indifferenza, osservò con la coda dell’occhio il risultato, nascondendo la sua felicità per la buona nuova, poi si girò di nuovo con la stessa espressione offesa e il becco all’insù.

“di’ un po’… per quanto tempo ancora hai intenzione di rimanere così con il naso per aria? Di questo passo ti verrà un brutto torcicollo.” Borbottò lei scettica, ma in fondo in fondo, un po’ divertita.
Per risposta l’animale beccuto sollevò ancora di più il capo, puntando il becco scintillante al cielo.

“oh, beh, fa come vuoi, quello poi non te lo curo…”
La stratega si alzò in piedi e gemendo appena si sgranchì i muscoli “ su dai, ora smettila, non fa niente per la storia del Mijolnir, anzi, ti chiedo scusa…” Il grifone rimase com’era ma drizzò un orecchio per ascoltare meglio.

“…vi chiedo scusa per la mia barbara reazione nei vostri confronti, Altezza, è stato immaturo da parte mia gridare così… siete disposto a perdonare questa umile e disgraziata umana?” disse poi lei inginocchiandosi con fare teatrale.
Il grifone finalmente cedette e parve accettare le sue scuse; lentamente voltò la testa, fissò Tenebris negli occhi come a verificare che fosse davvero pentita e fece cenno di sì.

“fiuuu, siano lodati Naga e tutti gli Dei!” sospirò La stratega con sollievo, poi si rimise in piedi con un salto e iniziò a raccattare tutte le cose che aveva portato seco, preparandosi a tornare all’accampamento.

“ora in ogni modo devo andare, il sole è già all’orizzonte e… beh non voglio passare un’altra mattina uguale a quella di oggi!” disse “…quindi che dire, riposati, stai attento… NON mangiare oggetti di dubbia natura e… ci si vede al più presto!” lo salutò lei portandosi una mano alla fronte in modo militaresco, ma proprio quando fu sul punto di andarsene, il grifone l’attirò a sé tirandola per il mantello e iniziò a strusciare la testa contro le sue gambe, facendo le fusa. Tenebris sbarrò gli occhi, poi sorrise dolcemente e gli accarezzò la piumosa testa.

“sei proprio un ruffiano…”


 
Era una notte serena e silenziosa nella foresta, ma non mancava tanto all’alba.
Non c’erano stelle nella volta celeste e l’unica fonte di luce che rischiarava la valle addormentata, illuminando il cammino delle creature notturne, era costituita dalla Luna piena, bianca e perfettamente rotonda nel cielo scuro.
Tuttavia c’era anche un’altra presenza quella notte, che furtiva camminava nell’ombra e che rispetto alle civette e ai pipistrelli, era ben più pericolosa.
Il grifone dormiva tranquillo accanto al suo solito cespuglio di bacche selvatiche; erano ormai due settimane che la stratega veniva a trovarlo tutti i giorni, non appena le era possibile, portandogli un po’ di viveri e prendendosi cura meticolosamente della zampa offesa, che ormai poteva dirsi quasi guarita. Negli ultimi giorni, che era riuscito a guadagnare un po’ di forze, lo aveva perfino aiutato a riiniziare a camminare, infatti, reggendosi sulle tre zampe sane, ora riusciva a fare un po’ di metri, gironzolando tra gli alberi (ma senza mai allontanarsi troppo), cacciando qualche scoiattolo o topo selvatico che viveva ai margini del bosco. Quando si sentiva particolarmente in forma, provava anche a spiccare brevi voli.
 
Un rumore di rametti calpestati e un vago vociare giunsero al fine udito del grifone, che subito si svegliò e si guardò intorno in allerta, scandagliando l’oscurità con i suoi acuti occhi da felino.
Il brusio si fece più vicino e intenso e in lontananza la fiera creatura vide comparire dei lumi; qualsiasi cosa fosse, si stava muovendo verso di lui.
Il grifone si spinse tra le frasche del cespuglio, rannicchiandosi più che poté per non farsi scovare e osservò attentamente, con gli occhi che scintillavano nell’ombra, gli sconosciuti che stavano per arrivare. Erano umani, tanti umani, e marciavano in massa, vociando e sbraitando, reggendo delle lunghe fiaccole che illuminavano ogni singolo angolo del bosco dove quelli mettevano piede, facendo correre a nascondere ogni animaletto o creatura nei paraggi.
Sin dal primo sguardo, il grifone capì che quella doveva essere gentaglia della peggiore qualità, malvagia, di cui non fidarsi, come quella tra cui era cresciuto lui stesso sin da quando era nato: ciascuno di loro indossava pellicce di chissà quale povera bestia e reggeva grosse ed affilate asce dalle lame scintillanti dell’arancio infernale delle torce.
Una miriade di ricordi spiacevoli riaffiorarono nella mente del grifone, che fissò con odio e disprezzo il gruppo di barbari che gli sfilavano accanto e che fortunatamente non lo notarono, passando oltre, raggiungendo la piana.
Sempre nascosto tra i rami di bacche, il grifone continuò a seguirli con il suo penetrante sguardo violetto, anche dopo che l’ultimo di loro l’ebbe superato e distanziato. Ad un certo punto, in lontananza, il capo del gruppo, il più grosso e rumoroso, si voltò verso gli uomini che lo stavano seguendo e gridò con ferocia, sollevando la sua grande ascia. Quelli, fomentati, gli risposero ancora più forte, con un boato bellico, sollevando al cielo anche le loro armi e il bestione, soddisfatto, continuò a marciare, sempre seguito dalla sua fedele tribù, che nel giro di poco sparì in lontananza in un’indistinta e infuocata macchia, mentre la notte iniziava a rischiarare.

Quei tipi decisamente non gli piacevano.


 
Un suono profondo ed echeggiante interruppe bruscamente i sogni di Tenebris che aprì gli occhi di scatto, fissando l’oscurità che riempiva la sua tenda.
Per un attimo non capì cosa stesse accadendo e, ancora assonnata, cercò di mettersi a sedere, ma non ebbe neanche il tempo di chiedersi che ora fosse che qualcuno aprì di colpo la sua tenda e la chiamò a gran voce, mentre da fuori un gran rumore caotico le giungeva alle orecchie, interrotto regolarmente dal richiamo del loro corno di guerra.

“Agh! L-Lissa? Si può sapere cosa dia-“ farfugliò Tenebris più confusa che mai, ma non ebbe il tempo di finire che la bionda la interruppe con voce preoccupata e agitata.

“Non c’è tempo Tenebris! Vieni subito qui! L’accampamento sta per essere attaccato dai briganti! Sono tantissimi!” le gridò lei, il volto sconvolto dalla paura e i lunghi capelli biondi sciolti ancora scompigliati, segno che anche lei si era alzata da molto poco.
Tenebris spalancò gli occhi e in quel momento si svegliò del tutto; senza proferir parola, balzò fuori dal suo sacco a pelo, infilandosi in fretta e furia la tunica e gli stivali, e senza neanche guardare, afferrò al volo un tomo e una delle spade che aveva con sé ed uscì di corsa seguendo la principessa Ylissiana.
Fuori le stradine dell’accampamento erano in subbuglio: alcuni Pastori già correvano, in groppa o meno a dei destrieri, con le armi alle mani, mentre altri invece uscivano dalle tende con gli occhi ancora impastati di sonno. Frederick, al galoppo del suo fedele cavallo, girava in lungo e in largo veloce e spedito, e soffiava nel corno, chiamando a raccolta ogni singolo soldato.

“Tenebris!!!” La stratega si voltò di scatto nel sentir gridare il suo nome e poco più avanti, intravide un familiare lampo blu spiccare nella confusione. Chrom correva con Falchion sguainata, seguito da Olivia in veste di assassina e la chiamava.

“Arrivo Chrom!!!” urlò Tenebris di rimando e lo seguì, facendosi strada tra la gente, mentre poco vicino, sempre col suo bastone, Lissa saltò in groppa al cavallo di Stahl, mentre il fantino lo spronava concitatamente.

“Dannazione! Ma cosa ci fanno qui questi stupidi barbari? E perché  le nostre sentinelle li hanno avvistati solo all’ultimo secondo?” sbraitò Tenebris, mentre poco più avanti Chrom le rispondeva affannato:

“da quello che mi è stato riferito sono stati individuati subito, il punto e che si stanno avvicinando in corsa ad una velocità impressionante: tribù del nord,  gente resistente, temprata dal clima rigido e uno stile di vita selvaggio. Oltretutto hanno sfruttato la foresta e le montagne per avvicinarsi il più inosservatamente possibile.”
Il principe finalmente si fermò e rispettivamente alla sua sinistra e alla sua destra si posizionarono la sua sposa e la stratega. Ora si trovavano al fronte del campo.
Dietro di loro, le prime fila di Pastori che iniziavano a compattarsi; innanzi, poco più lontano, un folto esercito di barbari con le asce alla mano che si avvicinava sempre più in fretta, avvolto dall’aura infuocata di decine e decine di fiaccole.
Tenebris, era sempre più agitata e tra i mille pensieri e preoccupazioni, che le ovattavano la mente in quel momento, si chiese improvvisamente dove fosse Lon’zu e col cuore in gola iniziò a guardarsi in torno. Sospirò sollevata quando ne riconobbe i folti e scompigliati capelli scuri alla sua destra, poco più in là e lui, notando il suo sguardo, le venne in contro, serio e concentrato, con la katana già in mano. Quando il mastro di spada le si fermò a fianco tutt’a un tratto la ragazza si sentì più rilassata, sicura e per un attimo il suo cuore sussultò: ma quello non era certo il momento di pensare ai sentimenti e tornò a concentrarsi sul nemico, che ormai era quasi giunto.

“ehi, sta attenta mi raccomando.” La voce profonda e seria del moro mandò a monte in un batter di ciglia il buon proposito di Tenebris di concentrarsi sull’imminente scontro e la ragazza per un attimo si sentì arrossire: anche lui si preoccupava di lei

“eh? S-sì! Certo!” farfugliò lei mangiandosi le parole “…anche tu sta attento però.” Concluse piano sorridendo fra sé e sé.

“pronta Tenebris?” le disse poi Chrom, riportandola alla realtà.

“naturalmente.” Fece lei con un cenno del capo, i nemici così vicini che quasi poteva sentirne il fiato.

“PASTORI, ALL’ATTACCO!!!!!” Tenebris ruggì e al suo comando un’onda si scatenò alle sue spalle e partì correndo, volando o galoppando contro quella di fuoco dei nemici, come durante una tempesta in pieno oceano.


 
Era ormai passata una lunga, interminabile mezz’ora da quando lo scontro tra invasori e invasi era iniziato. Viverne e pegasi attaccavano a ventaglio, dall’alto mentre gli arcieri, dalle torrette o da dietro alcune trincee, tenevano indietro i nemici che riuscivano a superare i soldati a terra o i fantini. La battaglia proseguiva abbastanza bene e dopo una fatica più intensa all’inizio ora i Pastori si trovavano in vantaggio: i nemici in fondo usavano per la maggior parte solo asce, erano tutti a piedi e il loro piano d’attacco era basato su una strategia prevedibile basata solo sulla loro stessa stazza e forza bruta. Le cavalcature volanti quindi, sebbene usassero le lance, ebbero comunque un effetto devastante su molti di loro.
Tenebris combatteva alternando gli attacchi tra scherma e magia e si copriva le spalle a vicenda con Lon’zu, che spesso respinse anche attacchi che sarebbero stati critici per la ragazza, la quale presto ricambiò il favore.
Proprio in quel momento infatti, un berserker si lanciò verso Lon’zu, caricandolo alle spalle. Vedendolo Tenebris non esitò un attimo e folgorò il nemico sul posto usando l’ultima scarica del Thoron che le era rimasta.
La stratega gettò a terra il libro, ormai svuotato della sua magia e sguainò la spada.
Ma proprio in quel secondo in cui si era distratta per cambiare l’arma, una Tomahawk arrivata da chissà dove annunciò il suo arrivo sibilando alla sinistra di Tenebris, che riuscì giusto in tempo a sollevare la lama e a parare il colpo. L’ascia da lancio però aveva viaggiato ad una notevole velocità e la stratega era stata completamente colta di sorpresa, così cadde all’indietro per il contraccolpo e senza neanche accorgersene la spada le scivolò via dalle mani, andandosi a piantare ancora vibrante, nel terreno, parecchi metri più in là.
Tenebris, boccheggiante, fissò la propria arma, ma non fece in tempo a muovere un muscolo per alzarsi e tentare di andare a recuperarla che una figura enorme le oscurò il sole.
il capotribù era in piedi lì davanti a lei, il più grosso e forzuto dei berserker e le puntava l’ascia contro, sghignazzando orribilmente.
Tenebris tentò vanamente di sottrarsi, spostandosi all’indietro sui gomiti, ma ormai non aveva scampo.
Poi poco più in là avverti un grido. Lon’zu la stava chiamando.  Sentì i passi rapidi e affannati del mastro di spada che cercando di schivare i nemici che gli venivano addosso correva nella sua direzione per aiutarla.
Ma il berserker era lì, davanti a lei, con l’ascia incrostata di sangue rappreso e gocciolante di altro più fresco già alzata sopra la testa. Il bestione, dagli occhi lampeggianti di follia, sbraitò qualcosa in una lingua astrusa che la ragazza non comprese e calò il fendente.
Tenebris chiuse gli occhi, preparandosi all’inevitabile, mentre ancora riusciva a sentire Lon’zu, troppo distante per poterla salvare, gridare il suo nome, in un tono che le spezzava il cuore.
Ma qualcosa di bizzarro accadde. Tenebris sentì il berserker blaterare qualcosa e notando con sorpresa che il colpo di grazia tardava ad arrivare, riaperse gli occhi. Rimasta basita per un paio di secondi, cercò di mettere a fuoco meglio l’immagine che le si presentava davanti.
L’ascia era scomparsa come per incanto dalle mani del bestione, che infuriato, gridava all’aria, come a cercare di individuare qualcosa.
Un piuma calò fluttuando innanzi agli occhi della stratega, riportandola alla realtà

Quel colore…!

Per un attimo quasi non ci volle credere, ma infine, quando un vago frullare d’ali alle sue spalle dissipò i suoi dubbi, un sorriso beffardo, ma che lasciava trasparire il suo stesso stupore, le si disegnò sul volto.

“sembra proprio che qui si stia per verificare un colpo di scena piacevolmente inaspettato…” disse lei rimettendosi a fatica in piedi, con il tono più amabile che le poteva riuscire in quel momento, rivolta al berserker, che ancora si agitava “…ma temo che per te non sarà così piacevole.”
Un sibilo acuto sferzò l’aria sovrastando ogni altro suono nei paraggi e solo allora il grosso barbaro riuscì ad individuare la cosa che gli aveva appena strappato l’arma da sotto il naso. Ma se ne rese conto troppo tardi.
Un lampo di piume, pelo e maestà dardeggiò da dietro la stratega, poco sopra la sua testa. Il grifone piombò addosso all’avversario, con gli artigli e il becco lucenti che scintillavano come fiamme, scaraventando l’energumeno parecchi metri più in là come fosse stato leggero quanto un fantoccio di legno.
Tenebris, ancora ansante per l’adrenalina, osservò prima il barbaro stordito a terra, poi il grande animale dalla testa d’aquila, che eseguita la sua carica si apprestava a fare dietro front per tornare da lei, eseguendo prima un’ampia curva in aria.
Nel frattempo, Lon’zu, nonostante lo stupore immenso che l’aver assistito a tutta la scena gli aveva impresso sul volto, si apprestò ad infliggere il colpo di grazia al capotribù inerme a terra lì vicino, conficcandogli direttamente la lama nel petto.
Tenebris fissò i propri occhi scuri in quelli violetti del grifone, che con l’ascia rubata ancora nel becco, volava rasente al terreno nella sua direzione. i due s’intesero con quell’unico sguardo e promettendo a sé stessa di rimandare le mille domande che le ronzavano in testa alla fine di quel tumulto, al volo Tenebris balzò in groppa al grifone, che dopo un attimo d’instabilità iniziale per il nuovo carico che doveva trasportare, riprese quota.

“devo ammettere che il fatto che tu balzi fuori dal nulla proprio nei momenti più critici mi fa piacere, Mangiatuoni.” gli disse lei, sforzandosi di tenersi salda alle scapole della bestia, la quale, gracchiando con soddisfazione, fece un altro cenno alla stratega e le passò l’ascia.
Se non si fosse trattato di una situazione straordinaria, Tenebris non avrebbe accettato quell’arma, flagello di chissà quante e quali precedenti vittime.
Poi qualcosa di inaspettato la sorprese.
Edgedeath
Il nome balenò nella testa della stratega non appena la vide.
Appropriato proprio a questa situazione

Tenebris sorrise “ah, capisco: non ho mai toccato un’accetta in vita mia e a malapena riesco a non cadere di sotto da qua sopra ma… dettagli, no? vediamo che riusciamo a combinare!”
Gli occhi felini lampeggiarono e il grifone, con il suo improvvisato cavaliere, si lanciò di nuovo in picchiata.


 
Per i Pastori fu poi facile sbaragliare gli ultimi nemici rimasti, che non appena ebbero realizzato che il loro capo era stato ucciso, divennero inquieti e caotici, conducendosi alla sconfitta praticamente da soli.
Ora tutto l’esercito andava pian piano riunendosi e qua e là i guaritori iniziarono a muoversi, schizzando da un ferito all’altro con i loro bastoni curativi.
Chrom sfilò Falchion dal ventre del suo ultimo avversario e sbuffando si deterse il sudore dalla fronte con l’avambraccio libero. Proprio in quel momento un grido acuto attirò la sua attenzione e il principe scandagliò il cielo illuminato dalle prime luci dell’alba, cercando la fonte del suono. I suoi occhi blu rimasero stupiti quando si accorse della piccola sagoma scura che si stava avvicinando sempre più in fretta in volo.
Rimase sul chi vive per un attimo, poi, riconosciuta la figura, sorrise sollevato e fece qualche passo per andare in contro alla stratega.
Il grifone atterrò soavemente, rasentando per qualche metro il terreno e poi fermandosi di colpo, spalancando le enormi ali brune proprio di fronte all’uomo; infine appoggiò tre delle sue zampe per terra, mentre il suo (improvvisato) cavaliere smontò barcollando dal suo dorso, quasi rischiando di cadere per terra.

“…Tenebris!” esclamò Chrom, in un tono indeciso tra l’incredulità e la felicità, mentre alcuni dei Pastori che si trovavano lì vicino si avvicinavano a loro volta, indirizzando alla ragazza degli sguardi interrogativi.

“puff, pant… accidenti, che volo…” mormorò la ragazza, che sembrava abbastanza scossa da quella sua prima esperienza in aria, poi d’improvviso parve rendersi conto degli sguardi perplessi che la squadravano e si ricompose “oh beh… ecco… credo che sia una lunga storia da narrare… questa” farfugliò lei imbarazzata giocherellando con l’ascia.
Nessuno fece in tempo ad aggiungere altro, che il grifone al fianco della stratega guaì sommessamente e si accasciò a terra, esausto.

“No!!” Tenebris subito accantonò l’imbarazzo e si chinò sull’animale, che con le orecchie basse, respirava a fatica.

“Poverino… non eri nemmeno completamente in forma… dev’esserti costato uno sforzo incredibile arrivare fin qui e combattere… e poi come facevi a sapere dell’assedio? Non avresti comunque dovuto venire… potevi rimetterci le penne!” esclamò Tenebris, con gli occhi lucidi.

“Tenebris… questo grifone…”

la stratega interruppe il principe guardandolo seria “scusami Chrom, so di dovervi delle spiegazioni ma ora non c’è tempo, questa creatura oggi mi ha salvato la vita... e ora ha bisogno di aiuto.” Spiegò lei accarezzando la grande testa piumata.

“è vero, l’ho visto io con questi occhi poco fa.” Tenebris si voltò sorpresa e poco distante vide Lon’zu.

“ha fatto ciò che avrei dovuto fare io, che invece ho fallito miseramente” concluse lui a testa bassa. La stratega cercò di ribattere qualcosa, ma la voce di Zelcher la interrupe:

“Oh cara non preoccuparti di tutte queste cose adesso, un animale ferito resta sempre un animale ferito e né Minerva né io avremmo intenzione di non aiutarlo! Vero Minervina?” la grande minerva ruggì e la lord viverna si inginocchiò a sua volta accanto al grifone.

“e ci sono anche io!” Esclamò d’improvviso Lissa, comparendo da dietro il fratello “I feriti non sono troppi e se ne stanno occupando già gli altri guaritori… quindi eccomi qui! vedrai: con la conoscenze sui draghi di Zelcher e le mie sulle arti curative, il tuo amico tornerà gagliardo e fiero come non lo è mai stato prima!” le disse sorridente.
Tenebris guardò le due amiche colma di gratitudine e Chrom, sorridendo, fece un cenno positivo con il capo “Non preoccuparti Tenebris, non mi interessa da dove o come lui sia arrivato qui: il solo fatto che abbia aiutato te e, di conseguenza, tutti noi parla per lui e in ogni modo… chi avrebbe il cuore di abbandonare così una povera bestia in difficoltà?”
Tenebris sorrise raggiante

“oh Chrom… io… grazie!”


 
Erano le prime ore del pomeriggio e il clima teso che ancora pervadeva l’accampamento parve distendersi, mentre un grande falò (con immenso entusiasmo di Frederick) veniva preparato per i corpi dei nemici e le tende più esterne che erano state distrutte venivano ricostruite.
Tenebris misurava a grandi passi il terreno mentre dentro la sua tenda Zelcher e Lissa ancora stavano lavorando; più di una volta accostò un orecchio alla tela per cercare di percepire come stessero procedendo le cose al suo interno, ma quello che sentì fu solo il silenzio e a volte qualche basso bisbiglio incomprensibile.
L’attesa sembrava infinita e Tenebris stava quasi per optare di entrare di sua volontà quando il telo si scostò e da dentro uscì una stanca ma sorridente Lissa, che con un cenno della mano invitò la stratega ad entrare:

“il tuo caro grifoncino è fuori pericolo e ha solo bisogno di tanto riposo! Non aveva grosse ferite addosso eccetto quella alla zampa posteriore di cui ci avevi già parlato tu, ma era molto provato.”
 Tenebris sospirò, sentendo il proprio cuore alleggerirsi e seguì nella tenda la sacerdotessa senza farselo ripetere due volte.
Non appena entrò davanti ai suoi occhi le si presentò Zelcher che, inginocchiata di fronte al grifone, cercava di fargli mangiare una strana pappetta, imboccandolo con un cucchiaio di legno. In qualche modo quella scena parve particolarmente buffa alla stratega che non poté fare a meno di ridere

“ma guarda un po’… ci stiamo coccolando qui eh?”
Il grifone si voltò ed emettendo una specie di miagolio di giubilo si agitò per cercare di alzarsi, ma il suo tentativo fu bloccato dalla lord viverna che con pazienza gli intimò di restare giù.

“shh, ora la tua cara stratega viene qui da te, tranquillo!” trillò lei mentre Tenebris si apprestava a sedersi accanto all’animale, le cui piume subito iniziarono a vibrare leggermente per le fusa.
La stratega con gioia iniziò a fargli i grattini dietro le orecchie e beffarda osservò:

“uh… ma guarda che bel gattino… che si fa imboccare col cucchiaio…OUCH! Eh eh, scusa ma questa era proprio servita su un piatto d’argento!” disse lei ignorando il dolore dell’ennesima beccata che le era arrivata alla mano; anche il grifone stesso sembrava divertito quella volta.

“comunque… sono felice che tu stia meglio… maestà” concluse dolcemente “a proposito Zelcher, di che cibo si tratta questo?” chiese curiosa all’altra.

“oh! È una ricetta speciale inventata da me! È molto nutriente e aiuta a far recuperare velocemente le forze, la preparo anche a Minerva quando sta poco bene: lo adora!” rispose lei allegramente “in questi giorni ti consiglio di dargliene molto da mangiare.” Concluse mentre il Grifone ingoiava con gusto una nuova cucchiaiata; a quanto pareva il sapore doveva compensare a pieno la consistenza poco rigida.

“comunque Tenebris… è stata davvero una bella sorpresa questa!” aggiunse Lissa entusiasta “anche se a dire il vero sospettavo che ci fosse sotto qualcosa… in questi ultimi giorni sparivi ogni volta che ti capitava un momento libero, rinunciando anche a leggere i tuoi libri …e mi venivi a chiedere consigli di vario tipo sulle pozioni più spesso del solito” confessò lei.

“ad essere sinceri, anche io avevo intuito che stessi nascondendo qualcosa del genere… dal momento che più volte sei venuta a chiedermi notizie riguardo alle Creature Leggendarie e a prendere in prestito diversi libri sull’argomento a fine di ‘pura curiosità’” aggiunse Zelcher. Per mille Arcifuochi! Allora lo aveva capito!

“ah… non mi dite!” balbettò lei imbarazzata, anche se in fondo avrebbe dovuto aspettarselo, tra amiche non ci si può nascondere nulla.

“già già! Comunque non ci hai ancora raccontato come vi siete incontrati!” balzò su Lissa eccitata “ce lo racconti? Per favooooore”

“mh, dunque vediamo…” ma Tenebris non fece in tempo ad iniziare che una voce proveniente dall’esterno la fece sobbalzare di colpo. Lissa e Zelcher si scambiarono un’occhiata complice ed entrambe si alzarono di colpo, intenzionate ad uscire.

“eh? Ehi dove state andando adesso? E il racconto?” balbettò la stratega.

“aaaah che peccato, si è fatto proprio tardi! Mi spiace Tenebris ma devo tornare da Chrom, a quanto dovremo rimandare a più tardi!” disse Lissa con un’aria drammaticamente dispiaciuta

“anche io devo andare cara, Minerva sarà affamata… e si starà chiedendo dove io sia finita! E poi non sono ancora passata da Gregor per vedere come sta” si giustificò Zelcher aprendo la tenda di scatto: fuori Lon’zu aspettava con l’espressione imbarazzata di qualcuno che si sta decidendo sul da farsi di qualcosa, ma quando si ritrovò davanti le due donne senza alcun preavviso balzò all’indietro, rosso in viso.

“oh! buon pomeriggio Lon’zu! Sei venuto qui per fare visita a Tenebris?” cinguettò Zelcher, ignorando la reazione dell’uomo.

“entra pure allora! Lei è dentro, ma non ti preoccupare per noi, stiamo andandocene proprio in questo momento!” aggiunse Lissa.

“ngh… e chi vi ha detto che io debba entrare? e-ero qui per caso…” farfugliò lui, mentendo in modo esemplarmente pessimo.

“ah davvero? che peccato… ma già che ci sei, ormai, potresti passare comunque a salutarla no?” insistette Lissa con un sorriso furbetto “su Zelcher, non indugiamo oltre, andiamoooo!” esclamò infine prendendo l’altra per un braccio e preparandosi a saettare via.
Zelcher si preparò a seguirla, poi, come ricordandosi di qualcosa di importante, fece un passo indietro e si affacciò alla tenda della stratega, che per tutto il tempo era rimasta immobile, forse paralizzata dal panico.

“a proposito Tenebris… quando puoi vieni pure a farmi visita, così ti mostro un po’ di modelli di selle e armature da Cavaliere Grifone, ce ne sono alcune davvero adorabili e scommetto che ti starebberodivinamente!” disse lei giuliva, assicurandosi di parlare a voce abbastanza alta.

“…uh, eh?! Di cosa parli?… m-ma no!! Io…” farfugliò lei, rossa per l’imbarazzo

“oh! Sempre così modesta! E comunque anche delle lezioni di volo e di pratica con l’ascia sarebbero magnifiche! Anche il tuo grifone ne sembra entusiasta!” continuò lei indicando la bestia, che eccitata tirava la manica della veste di Tenebris. La ragazza fissò i decisi occhi violetti con sbalordimento, poi sorrise, intendendo tutto da quello sguardo.

“beh… quelle in particolare potrebbero farci comodo … insomma, dopo l’esperienza di oggi” rispose, sentendo lo stomaco che ancora faceva le capriole al pensiero.
Il grifone gracchiò felice e Zelcher sorrise a sua volta “magnifico! sapevo che avresti adorato l’idea, futuro Cavaliere Grifone Tenebris! Ma… a questo punto è meglio discuterne più tardi, ciao!!” e si volatilizzò seguita a ruota da Lissa.

“e-ehi aspettate!... dannazione.” Mormorò la stratega ricordandosi della situazione in cui si trovava. Fuori c’era ancora Lon’zu, che sembrava ancora più imbarazzato di lei.

“oh, ehm… ciao Lon’zu! Perché non vieni qui? Sarebbe maleducato da parte mia far attendere un ospite sull’uscio, coraggio!” Disse lei, cercando di rilassarsi.

“io… uhm, beh, se proprio insisti” mormorò lui decidendosi finalmente ad entrare. Una volta dentro, muovendosi con cautela, il ragazzo si sedette per terra, badando sempre e comunque di stare ad almeno un metro di distanza dalla donna.
Per un minuto buono entrambi rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire, mentre il grifone osservava sospettoso il nuovo arrivato. Poi Tenebris ruppe il silenzio:

“allora… tutto a posto? Insomma, intendo… qualcuno di quei barbari ti ha ferito?”

“tsk, quei trogloditi sono riusciti a malapena a farmi qualche graffio…” rispose lui ancora diffidente e Tenebris, in silenzio, annuì.

 “…anche se in parte è merito tuo, con la tua magia più di una volta ne hai tolti di mezzo alcuni che mi avrebbero messo in seria difficoltà… perciò… ehm, grazie.” Farfugliò lui, senza guardarla negli occhi.
Tenebris quasi non credette alle sue orecchie… Lon’zu che… ringraziava qualcuno? E quel qualcuno era lei?
Per un attimo la stratega rimase in silenzio, stupita e contenta allo stesso tempo, sentendosi scaldare il viso “oh… no! Io non ho fatto quasi niente, davvero… non c’è bisogno di ringraziare!” mormorò poi, portandosi una mano dietro la nuca.

“invece è così, lo dico in tutta sincerità… sono io che, come ho già detto prima, ho fallito.” Sussurrò lui abbassando lo sguardo.
La stratega lo fissò e in un attimo si ricordò della scena di quel giorno in battaglia, con il capo dei berserker.

“c-cosa?! Se stai parlando di quell’episodio non c’è assolutamente bisogno di crucciarsi… eri circondato dai lottatori! Come potevi fare? e poi in primis è colpa mia, ho abbassato la guardia… e un soldato dovrebbe sempre rimanere concentrato, non può essere un peso per i compagni che devono poi rimediare alle sue disattenzioni…” disse lei piano.

“no, ti sbagli… la verità è che sono debole e che non sono degno della tua fiduc…” Lon’zu non poté finire la sua protesta perché la ragazza senza preavviso balzò di fronte a lui portando il suo viso a pochi centimetri di distanza da quello del moro.

 “!!! C-CHE COSA FAI?!” farfugliò lui paralizzato dal panico.

“Non voglio più sentirti fare questi discorsi!” esplose lei “tu non sei affatto debole e ripongo la mia più cieca fiducia nelle tue capacità! Dovresti smetterla di autocommiserarti sempre e aprire gli occhi, perché sei un uomo forte, in gamba, coraggioso, sincero e…” La stratega improvvisamente si bloccò, temendo di aver parlato troppo e accorgendosi della vicinanza del suo viso a quello del mastro di spada, sconvolto e scarlatto, ripiombò alla realtà.
Sarebbe balzata via da sola scattando come una molla se il grifone non l’avesse preceduta. Il grande animale leggendario infatti gracchiò, con le piume del capo particolarmente più spinose del solito e s’intromise tra i due, soffiando con ferocia in faccia a Lon’zu.

“AGH!! T-toglimi il tuo leone di dosso! O quello che è!!!” gridò lui spaventato mentre il grifone lo fissava con occhi di fuoco.

“Mangiatuoni no… fermo! Vieni subito via di lì!” sbraitò Tenebris tirando la bestia per la coda, che inizialmente parve ignorarla, poi, stabilendo di aver minacciato abbastanza l’uomo, si ritrasse, andando ad accucciarsi con la testa sulle gambe della stratega, continuando però a fissare Lon’zu con gli occhi fessurati.
Il mastro di spada scattò in piedi, respirando affannosamente e si avvicinò all’uscita.

“m-ma si può sapere cosa gli è preso?!” farfugliò sconvolto e il grifone gli soffiò, accoccolandosi ancora di più vicino a Tenebris, che per un attimo non seppe cosa rispondere, poi, come rendendosi conto di un fatto incredibilmente divertente, rise sotto i baffi.
Ma tu guarda…

“su, su… ora smettila Mangiatuoni, ti sembra questo il modo di trattare i compagni d’arme? Suvvia, ora spostati e torna a riposare” bisbigliò lei, calmando la bestia con qualche carezza miracolosa “perdonami davvero Lon’zu, penso che sia ancora un po’ diffidente con quelli a lui estranei… e il suo stato di salute lo rende ancora più irascibile” disse la stratega alzandosi a sua volta e avvicinandosi al moro, che non osò fare un passo indietro.

“ma davvero? con Zelcher e Lissa non mi sembrava che fosse tanto diffidente… a me invece sembra proprio che ce l’abbia con me!” sbottò lui lanciando uno sguardo al grifone dietro la ragazza, che appena si accorse di essere osservato dallo spadaccino rizzò le piume del capo e strinse gli occhi minaccioso. Lon’zu deglutì.

La stratega fece un gesto fugace con la mano, pensosa “mh… un vero peccato, anche perché temo che d’ora in avanti voi due dovrete collaborare spesso in ambito di guerra… e fuori probabilmente…”

“cosa intendi?” chiese lui confuso.

Tenebris si sentì avvampare e scosse la testa “nulla! nulla! Comunque niente paura, vedrai che in poco tempo diventerete ottimi amici!”
Alle sue spalle il grifone voltò indignato la testa di lato, segno che non ne voleva sapere.

Lon’zu sospirò esasperato “non sono convinto che a lui la cosa stia bene…” mormorò poi, sorridendo appena.

Tenebris ridacchiò “chissà… se ne farà una ragione... presto o tardi”.


 
 
Angoletto della spadaccina

Buon salve a voi, popolo di Efpiani! È con onore ed orgoglio che vi annuncio a gran voce che… siamo giunti alla fine di quest’epica avventura, di Tenebris la stratega e del suo geloso, iperprotettivo grifone!
(No, seriamente, quant’èpuccioilmiciettogelosodellasuastratega X3 avevo in mente quella scena sin da quando la scintilla dell’ispirazione è scoccata illuminando d’immenso (?) il mio contorto cervellino per scrivere questa fic)
Coooomunque, spero che la storiella vi sia piaciuta e che non mi verrete a cercare coi forconi perché questo secondo capitolo è venuto più spaventosamente lungo del previsto XD (il punto è che fooorse avrei dovuto mettere più scene nel primo ma… l’ispirazione va e viene cwc)
Deeetto questo, spero che mi lasciate una recensioncina come souvenir dei vostri guizzanti e coloriti pensieri e che mi farete sapere cosa ne pensate! È la prima volta che mi capita di scrivere delle scene d’azione (rivolto a FABRIZX, so che non sono epiche come le tue o altrettanto colme di sbalorditivi colpi di scena ma… spero che quelle che ho elaborato siano all’altezza delle tue aspettative!) o comiche\romantiche (quelle su cui ho più dubbi perché… non sono molto pratica del genere XD! Sono abituata ai racconti epicheggianti con poco o niente di dialoghi e che usano termini fronzolosi e ricercati per descrivere anche la più ovvia banalità, tipo “mi scappa impellentemente, devo andare al bagno”)… quindi vi sarei eternamente, nonché umilmente, grata di avere la vostra opinione, anche piccolina! *s’inchina con fare baldanzoso*
Beeene bene, l’ora è giunta e il sipario sta per calarsi anche su questa fanfiction, non ci resta che sperare che il grifone possa lasciare in pace i due piccioncini senza tormentare troppo Lon’zu :3 (se non l’avevate ancora capito, lo adoro assai *^*, così come adoro la coppia AvatarXLon’zu).
 
Adieu!!
-TheSwordmaster

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