E se poi te ne penti?

di Chemical Lady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 - Cosa ti porta in Francia, vecchio mio? (Francesco&Gian Giacomo) ***
Capitolo 2: *** 02 ‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui.’ (Botticelli e Verrocchio) ***
Capitolo 3: *** 03 Un problema di nome (Amerigo & Yana) ***



Capitolo 1
*** 01 - Cosa ti porta in Francia, vecchio mio? (Francesco&Gian Giacomo) ***


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Titolo raccolta: E se poi te ne penti?

Titolo della one: Cosa ti porta in Francia, vecchio mio?

Rating:  Giallo
Betareader:  //
Avvertimenti: Slash.

Capitoli:  1/7
Prompt: 
'Dipingimi come una delle tue donne francesi, Leonardo!'

Genere: Comico, Malinconico.

Personaggi: Leonardo da Vinci, Zoroastro e Nuovo Personaggio (Francesco Melzi e il Salai.)
Note: Questa one è l’introduzione a quelle successive. Si parla anche di due artisti che hanno passato la loro gavetta nella bottega di Leonardo, ovvero Melzi e il Salai. Mi sembrava giusto che ci fosse un pubblico, per il nostro Zoroastro errante!

Disclaimer: Non possiedo la Starz o Da Vinci’s Demons, i suoi personaggi, o le sue storyline. Non possiedo nemmeno i nomi dei personaggi o le loro storie.

 

 

E se poi te ne penti?

Cosa ti porta in Francia, vecchio mio?

 

{Francesco & Gian Giacomo.}

 

 

 

7 dicembre 1517 – Nantes

Qualche mese prima della dipartita

 del più grande genio mai esistito.

 

 

 

Di come Zoroastro fosse infine giunto a Nantes, era un autentico mistero.

Aveva vagato per la Francia per mesi, ma ormai le sue ossa iniziavano a chiedere un poco di riposo in più di quanto desiderasse rendere noto.

Zoppicando a causa di quel vecchio osso che s’era rotto anni addietro, il tartaro arrivò sino alla casupola che gli era stata indicata da un povero pastore, senza nemmeno preoccuparsi mentre vi entrava.

Il picchiettare del bastone sul lastricato di pietra del pavimento doveva essere un invito sufficiente ad accoglierlo.

In effetti, non tardò molto a venirgli in contro qualcuno.

Oui, monsieur?” domandò con tono sottile, ma certamente foreste, un giovane ragazzo. Aveva i capelli di un rosso così acceso da parere finti.

Con un sorriso, il povero vecchio allargò le braccia sotto alla mantella da viaggiatore che portava sulle spalle “Vengo in cerca del tuo maestro, ragazzotto. Conducimi dal da Vinci.”

“Lui ora non riceve visite.” Rispose un po’ acido il giovane, finendo di pulirsi le mani dalle tempere a olio che stava da poco finito di usare “Ripassate domani.”

“Chissà se entrambi saremo vivi, domani.” Rilanciò lo straniero, ridendo sotto i baffi, prima di riprendere a camminare, oltrepassandolo “Leonardo non dirà mai di no a un vecchio amico.”

Costretto, il poverino fece quindi strada a quella strana figura.

Una volta messo piede nel laboratorio vero e proprio, per poco Zoroastro non si commosse.

Tutto aveva un’aria così nuova e allo stesso tempo così nostalgica da abbatterlo e renderlo felice nel medesimo momento.

Leonardo era là, con un paio di spessi occhiali sul volto e un attrezzo di ferro in mano, chino sull’ennesima meraviglia da lui creata.

Zoroastro la osservò, concludendo che doveva proprio trattarsi di un leone d’ottone.

Si schiarì la voce e, quando l’artista alzò per un breve istante lo sguardo per poterlo guardare, rise.

“T’avevo detto di non far entrare nessuno oggi, Francesco.” Gracchiò il maestro con voce roca e impertinente, mentre un altro giovane più alto e da lunghi capelli neri, guardava interessato Zoroastro “Abbiamo troppo da lavorare qui,  non prendiamo altre commissioni. Francesco I vuole il suo dannato leone per il compleanno di sua figlia.”

“Non ha voluto sentir ragioni!” si difese il rosso, avanzando verso la scrivania su cui Leonardo lavorava. Si chinò quindi su di lui e sussurrò, al suo orecchio “Dice d’esser un vostro vecchio amico, maestro.”

A quelle parole, l’interesse di Leonardo si ridestò.

Solo allora guardò per bene l’uomo che gli stava di fronte. I suoi occhi si fecero lucidi subito, tanto che dovette sfilarsi gli occhiali per poterli sprimacciare e costatare che l’età non gli stesse tirando un colpo basso. “Mi venisse un colpo.”

“Non chiamarlo a voce troppo alta, o ti arriva!” brontolò Zoroastro, che s’era goduto la scena in silenzio per tutto quel tempo, lanciandosi poi verso Leonardo quando questi fece il giro della scrivania per andargli incontro, più veloce possibile. Almeno quanto il suo corpo glielo concesse “Mi sei mancato, vecchio mio.” Sussurrò piano, mentre assaporava il primo abbraccio dopo tanti anni.

“Vieni, devo presentarti i miei apprendisti.” Disse Leonardo, preso dall’allegria del momento. Allungò la mano verso il rosso “Costui è Francesco Melzi, il mio prediletto, mentre l’altro è il Gian Giacomo, ma tutti lo chiamiamo il Salai, questo demonio!”

“Io sono il male e lui il prediletto, ovviamente” disse sarcastico il moro, prima di appoggiarsi con i fianchi alla scrivania, giocherellando con un ingranaggio che subito il maestro gli strappò dalle mani “Quale grazia!”

“La stessa grazia con la quale tu la perderesti!” lo sgridò Leonardo, facendo ridere Zoroastro “Cosa ti porta in Francia, vecchio mio?”

“Tu” fu la risposta franca del tartaro, mentre lo guardava per bene “Vorrei che tu mi dipingessi come una delle tue donne francesi! Ormai siamo alla fine della nostra vita e non intendevo schiattare prima d’aver un mio ritratto fatto da te, bastardo di un sodomita senza pudore!”

Era vero.

Se lui si sentiva invecchiato, Leonardo lo dimostrava ancor di più.

Il volto appassito e stanco, i capelli candidi come neve mattutina, gli occhi ormai pronti a chiudersi.

Il tempo era stato inclemente con lui e Zoroastro poteva capirne il motivo, visto quante doveva averne passate dopo la loro separazione.

“Sono felice tu sia qui” il sorriso dolce del maestro si ruppe bruscamente, voltandosi verso il Salai “Il mio amico è giunto in tempo per veder mentre ti striglio!”

“Ch’avrà mai combinato, questo povero ragazzo?”

Leonardo pareva una furia, mentre ne parlava “Non porta mai a termine ciò che gli viene affidato e combina solo disastri. Uno di seguito all’altro!”

Il tartaro sembrò poco persuaso da quella risposta “Insomma, fa ciò che facevi tu da giovane.”

L’altro uomo si zittì, mentre la poderosa risata del Salai infrangeva i muri di quel cupo retro bottega.

“Passi per le commissioni incompiute, di cui sono tanto famoso.” Lo assecondò con tatto Leonardo, mentre si sedeva sulla sedia che Melzi aveva portato per lui. Attese che anche Zoroastro avesse trovato ristoro su una seduta, prima di proseguire “Io non facevo errori così clamorosi come far scoppiare una casa, per dirne una.”

“Ne sei davvero certo? Io ho ricordi diversi.”

Ormai l’attenzione dei due apprendisti era tutta su Zoroastro.

Leonardo aveva da rimetterci solo il suo orgoglio.

“Pensi il contrario?”

“Leonardo, quante volte hai fatto esplodere una persona, per iniziare?”

“Non so a cosa ti riferisci.”

“Girolamo.”

Ah….” Non poteva ribattere, perché era successo almeno sette volte. E quelle erano solo quelle che aveva subito riportato alla mente. Con un moto di orgoglio, Leonardo drizzò le spalle e lo guardò attentamente “E sia! Ti sfido a trovare almeno cinque volte in cui ho fatto qualcosa di estremamente stupido.”

Zoroastro rise, portando una mano alla fronte sudata “Sei sicuro? E se poi te ne penti?”

“Non me ne pentirò, perché so già che ti arrenderai prima di averle trovate…”

Seduti a terra tra i due, Francesco e Gian si scambiarono uno sguardo estremamente divertito.

E pensare che quella era iniziata come una mattinata noiosa.

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** 02 ‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui.’ (Botticelli e Verrocchio) ***


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Titolo raccolta: E se poi te ne penti?

Titolo della one: ‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui’

Rating:  Verde
Betareader:  //

Capitoli:  2/7
Prompt: 
Incubo.

Genere:  Comico.

Personaggi:  Andrea Verrocchio, Sandro Botticelli.

Disclaimer: Non possiedo la Starz o Da Vinci’s Demons, i suoi personaggi, o le sue storyline. Non possiedo nemmeno i nomi dei personaggi o le loro storie.

 

 

E se poi te ne penti?

‘Mai ficcare il naso nelle invenzioni altrui.’

 

 

{Verrocchio & Botticelli.}

 

 

 

“Devo ricordarti, per caso, di quella volta che hai quasi ucciso Sandro Botticelli?”
“Quale esagerazione! Grazie a me ha imparato la più preziosa delle lezioni: mai ficcare il naso negli affari altrui!”

 

 

14 luglio 1475- Firenze.

 

 

 

L’afa mattutina, in una calda mattinata fiorentina, era quasi insopportabile.

Per questo Leonardo s’era visto bene dal mettersi al lavoro.

Aveva racimolato un paio di cose e aveva trotterellato per le scale che conducevano dal suo laboratorio al cortiletto interno alla bottega, incrociando per caso il maestro Verrocchio in quel frangente.

Questi lo guardò perplesso, mentre sentiva a malapena il saluto del giovane da Vinci.

 

“Dobbiamo davvero parlare di Andrea? Ancora mi intristisco.”

“Lui è uno dei protagonisti di questa storia. Rammenti?”

“Come può un figlio dimenticarsi del padre?”

 

“Dove vai, ragazzo?” aveva chiesto il Verrocchio, incrociando le braccia sul petto.

Arrestata la marcia proprio sull’uscio, Leonardo sorrise sornione “Con Zoroastro, a bagnare i panni nell’Arno!”

“Non vedo il bucato.” Rispose l’uomo, affatto persuaso, facendo ridere l’altro.

“Li ho addosso! Intendo lanciarmi nell’acqua e sperare che la calura si quieti.”

Fece quindi per uscire, ma il maestro lo richiamò nuovamente “Hai tolto quella diavoleria da sopra il mobile del mio laboratorio? Mi serve un posto in cui appoggiare una grande tela che m’è stata da poco commissionata dai Pitti. Senza contare te lo dico da mesi.”

Da Vinci annuì, con già il corpo fuori dal cortile e il collo ben teso nella fessura della porta “Naturalmente, Andrea. Buona giornata!”

Manco a dirlo, l’ennesimo esperimento di Leonardo era ancora la, dove poteva dar più fastidio.

Sbuffando e brontolando fra sé e sé, Andrea dovette chiedere aiuto a un giovane con la schiena ancora buona. Come minimo, lui sarebbe caduto dalla scaletta.

Per caso, di lì passava Sandro Botticelli, che pareva un angelo mandato dalla provvidenza in quel momento.

 

“Provvidenza un cavolo; come lecca lui le suole, nessuno.”

“Leonardo, posso finire?”

“Ha passato la vita a strisciare in modo infimo per affermarsi!”

“Leo…”

“Invidioso opportunista!”

 

“Potresti aiutarmi a tirar giù quella diavoleria?”

Il biondo alzò lo sguardo su quell’ammasso di teli e corde che componevano l’oggetto in questione. Senza dar una risposta a parole, Sandro sollevò le maniche della camicia bianca sui gomiti, arrotolandole con precisione “Ancor mi domando perché non lo cacciate, maestro; che si trovi una sua bottega e ci liberi della sua sciagurata presenza.”

Andrea rispose con garbo, aprendo una scala a quattro pioli davanti all’armadio “Avresti molto da imparare da lui, se solamente aprissi le tue orecchie ai suoi consigli.”

Se l’avesse offeso dandogli dell’incapace, avrebbe comunque fatto meno danno.

Con uno scatto, il biondino salì i tre gradini, afferrando con ambo le mani l’invenzione di Leonardo. Tossicchiò per la polvere che s’era alzata, prima di rispondere irato più a se stesso che al Verrocchio “Sarò morto il giorno in cui mi rivolgerò a quel bastardo chiamandolo maestro.”

Fu allora che accadde.

Tirò a sé l’ammasso di teli e corde e avvertì distintamente uno scatto. Sotto alla stoffa che avvolgeva quella diavoleria si udì come un ingranaggio in movimento e poi essa venne squarciata da un piccolo dardo.

Nascosto agli occhi, Leonardo aveva celato un trabocchetto per evitare che le sue ‘idee’ potessero venir rubate da terzi.

 

“Maestro, avete ucciso Botticelli?!”

“Non dire sciocchezze, Francesco…. Si è solo ferito lievemente.”

“Lievemente dici, Leo? Io non credo proprio.”

 

Il cadere dalla scala, di sedere, sul pavimento della bottega fu il meno.

La fitta che gli arrivò dal collo e il suo stesso sangue caldo tra le dita quando portò la mano ad esso, furono il peggio.

Fissò il palmo della mano irrorato di liquido vermiglio che gli occhi sbarrati, mentre Andrea accorreva a coprire la ferita con uno straccio pulito, cercando di fermare l’emoraggia.

“Mi ha ucciso.” Sussurrò da prima il povero artista, iniziando poi ad agitarsi “Mi ha ucciso! Quel bastardo l’ha premeditato!”

“Non dire sciocchezze, ragazzo mio! È solo un taglietto!” ritrovando la sua calma, il maestro lo costrinse ad alzarsi da terra, per poter ricucire quella ferita e lavarla via dalla polvere.

Il cielo doveva aver deciso il fato di Botticelli, visto che solo un paio di centimetri avevano salvato la sua giovane vita.

Se solo la piccola freccia lo avesse centrato nel collo, sotto al pomo d’Adamo, la storia avrebbe avuto un finale diverso.

 

“La prima volta che una delle mie invenzioni ha fallito: avrebbe dovuto centrarlo fra gli occhi, se solo i miei calcoli si fossero rivelati esatti.”

“Da lì avete deciso di inventare lo scrigno a combinazione?”

“Si, Salai. Andrea mi ha seriamente minacciato di buttarmi fuori se avessi attentato nuovamente alla vita di qualcuno la dentro.”

 

“Dovresti davvero vergognarti, Leonardo.”

La strigliata che arrivò non appena il giovane da Vinci riportò le chiappe alla bottega fu lunga e sofferta.

Botticelli lo guardava da sopra uno sgabello con l’odio nello sguardo e il collo bendato con cura. Si stava addirittura impegnando ad apparire ancor più sofferente del dovuto, per rendere ancor meglio quella sua tragica condizione.

“Trovate divertente rendere la mia vita un autentico incubo, immagino!” sbottò spazientito il più giovane, passandosi una mano tra i capelli color paglierino, prima di indicare il da Vinci “Un giorno pagherete a caro prezzo tutto questo!”

“Non avreste dovuto toccare nulla!” si difese con enfasi Leonardo “Sapete quanto sono geloso delle mie idee!”

La discussione andò avanti parecchio e, come sempre, il nostro protagonista ebbe la meglio; Andrea Verrocchio l’amava come un figlio pasticcione e mai l’avrebbe cacciato, nonostante tutti i guai che portava.

 

Eri il suo orgoglio e infondo eravate uguali: per questo eri sempre perdonato.”

“Chissà quante ne ha fatte lui, da giovane.”

“Altre storie, signor Zoroastro?”

“Salai, perché non vai a svuotare il mio orinatoio?”

“Hai mai raccontato loro del nostro viaggio a Vespuccia?”

 

 

 

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Capitolo 3
*** 03 Un problema di nome (Amerigo & Yana) ***


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Titolo raccolta: E se poi te ne penti?

Titolo della one: Un problema di nome.

Rating:  Verde
Betareader: //
Avvertimenti: Spoiler sulla seconda stagione!

Capitoli:  3/7
Prompt: 
'Un giorno scriverò un libro!'

Genere: Generale, Comico.

Personaggi:  Amerigo Vespucci e Yana

Disclaimer: Non possiedo la Starz o Da Vinci’s Demons, i suoi personaggi, o le sue storyline. Non possiedo nemmeno i nomi dei personaggi o le loro storie.

 

 

E se poi te ne penti?

Un problema di nome.

 

{Amerigo & Yana.}

 

 

“Nuovo mondo? Siete stato nelle Americhe, maestro?”

“Questa, Francesco, è una storia davvero lunga…

 

 

Marzo 1479, terzo mese di navigazione.

Da qualche parte nell’oceano Atlantico.

 

 

“Maestro? Non mi torna la data.”

“Non fare domande, Salai. Davvero non farle.”

“Ma Colombo non ha-”

“Ascolta il tuo mastro, ragazzo, e fammi raccontare!”

 

La ferita alla gamba del conte si stava infettando sempre più; Leonardo non aveva davvero tempo per le lamentele di Vespucci riguardo l’attendibilità del loro viaggio.

“Non abbiamo prove!” stava sbraitando, mentre Girolamo stringeva i denti, sentendo l’artista rimuovere uno ad uno i punti che aveva messo in via provvisoria solo un paio di giorni prima, per poter lavare la ferita.

Il tanfo di marcio che li investì appena essa fu riaperta li zittì tutti e tre.

“Amerigo, credo che dovreste trovare le vostre risposte fuori di qui.” Disse nemmeno troppo paziente il fiorentino, mentre Nico gli porgeva un secchio pieno di acqua di male.

Il sale avrebbe disinfettato più del poco vino rimasto.

“E dove? Nell’oceano?” chiese piccato il navigatore, mentre Leonardo iniziava a versare l’acqua.

Riario non ci vide più. Sputò il legnetto che aveva messo in bocca per sopportare il dolore, guardando con occhi furenti Vespucci “Uscite, o giuro su quanto ho di più caro in questo mondo che vi ficcherò in mio bastone in posti che nemmeno immaginate.”

“Forza, fuori!”

A prendere in mano la situazione fu Yana. Con una forza che nessuno le avrebbe mai attribuito, spinse verso la porta della cabina Amerigo, che decise di non cedere fino alla fine “Da Vinci, me lo dovete!”

“Scrivete un libro sul viaggio! Chi potrà confutarlo, se lo arricchirete di dettagli?!”

 

“Questa sarebbe una delle sciocchezze che ho commesso? Perdi colpi, Zo.”

“Non ho finito, Leo. Zitto e ascolta.”

 

Mentre il caro artista se ne stava chiuso nella cabina del duca Alfonso insieme al conte Riario per tutto il viaggio, sfuggendo così al male, gli altri del gruppo dovettero subirsi Vespucci in tutto il so furor creativo.

 

“Il conte Riario è da aggiungersi all’elenco delle vostre conquiste, maestro?”

“Per quanto ci abbia provato, anche Leonardo da Vinci ha fallito nel far divertire il caro Girolamo; quella puttana cattolica non si sarebbe calato le gonne nemmeno se gliel’avesse domandato la Madonna in persona.”

 

Giorno dopo giorno, per i mesi di navigazione che li tennero sopra a quella maledetta barca, non fece altro che parlare della sua maledetta Vespuccia.

“Nome ridicolo” sottolineò Yana, incrociando le braccia sul seno.

“Come dovrei chiamarlo, questo nuovo mondo?” domandò il navigatore piccato, seriamente offeso dal fatto che quel nome che lui sentiva così musicale fosse oggetto di derisione da parte della circassa.

“Nemmeno a me piace, se posso dir la mia” si intromise Zoroastro, passando di lì con una canna da pesca sotto al braccio. Quel giorno non tirava vento, ergo la nave si spostava molto lentamente; il momento adatto per qualche provvista.

Il cibo iniziava a scarseggiare, rendendo tutti nervosi. Naturalmente, Amerigo non aiutava.

“Nessuno ha chiesto la tua perizia, Zo.” Rilanciò quindi Vespucci, tornando a leggere gli appunti che aveva scarabocchiato in quasi due mesi al centro esatto del nulla.

Quanto meno, si era tenuto impegnato.

“Un giorno scriverò un libro, su questa Vespuccia; terra ospitale e dalle grandi opportunità.”

“Se foste sceso a terra con noi, la pensereste diversamente.” Disse con tono ironico Nico, prendendo una delle canne da pesca per inseguire poi il tartaro su per le scalette che conducevano al timone.

Il silenzio calò nuovamente sul ponte, interrotto ogni tanto da qualche mozzo di Sidonia, che inveiva contro le vele statiche e il mare piatto.

Solo allora, la circassa si alzò in piedi dal suo cantuccio sotto alle scale, raggiungendo Vespucci. Appoggiò le mani sulle sue spalle, assottigliando i grandi occhi blu zaffiro verso l’orizzonte.

Con un sospiro, diede poi alito ai suoi pensieri “America.”

Senza capire, Amerigo alzò lo guardo verso di lei, guardandole il mento “Uhm?”

“America. Dovresti chiamarla America.”

 

“State cercando di farci credere che è stata una donna circassa che nemmeno sapeva leggere, a dare il nome alle Americhe?”

“Non avrà saputo leggere ne scrivere, ma in Yana vi era una mente fin troppo fine. È stata in assoluto la donna più forte e arguta che io abbia mai avuto il piacere di conoscere. Tornando però a quel disastro che è il vostro maestro.”

 

Amerigo perse così tanto tempo, a scrivere quel maledetto libro, che il suo caro amico Cristoforo rubò la sua scoperta, portandola astutamente alle attenzioni della regina Isabella di Castiglia.

Grazie a Leonardo, Amerigo verrà ricordato per il nome, certo, ma non per il merito di averla trovata.

 

 

 

 

 

 

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