Addiction

di MarieAlex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


And now I need to know: is this real love? Or is it just madness keeping us afloat?

 

Los Angeles, notte fonda. Questa casa è troppo grande per una persona sola. Per un cuore che batte palpitante. Così grande da far crescere dentro chiunque ci abiti uno stato di inquietudine e solitudine che provocano nervosismo. Ho spento quasi tutte le luci, lasciando la casa nella penombra. Lo sto aspettando da ore in camera da letto, camminando nervosa, alzandomi, sedendomi, rigirandomi fra le mani il suo segreto. Sento l'auto entrare nel vialetto e spegnere i fari. È tornato. La radio non è accesa, i rumori sono secchi. Lo sento: chiude la portiera, si avvicina all'entrata, porta aperta e chiusa. È dentro. Prendo un grande respiro che mi fa vibrare tutta, fino alle viscere. Poi aspetto. Aspetto.

La porta della camera si apre, Tom -con la mano ancora appoggiata alla maniglia- emana il suo buonissimo profumo mischiato a quello dell'alcol e del fumo.

<< Bentornato >> gli rivolgo un sorrisetto sarcastico che mi scompare subito dal volto.

<< Ehi, piccola... >> fa per avvicinarsi, ma io mi alzo, accendo tutte le luci e stringo forte i pugni.

<< Divertito? >>

<< Ivy, lo so che è tardi... scusami, è che gli altri mi hanno trattenuto... >>

<< Sì, certo >> lo interrompo bruscamente.

Tom mi guarda sorpreso. << Tesoro, tutto bene? >>

<< Non lo so, dimmelo tu. >> lo guardo dritto negli occhi, con un'espressione tra il disgustato e l'incazzato.

<< Che cosa succede? >>

<< Questo >> pronuncio quell'ultima parola con tanta violenza da far tremare ogni singola lettera. Apro la mano destra dove tengo tra due dita una bustina di plastica. Con delle pillole dentro. Pillole, ovvero droga. E qualche residuo di polvere bianca. Tom diventa pallido all'istante.

<< Ecco che succede, Tom >>. Alla violenza delle mie parole cominciano a insinuarsi anche rabbia e odio per quel mondo che non pensavo potesse appartenere in modo così malato a Tom.

<< Oh. >>

<< Che cazzo è questa roba, eh? >>

<< Ivy, io... >>

<< Tu cosa? >>

<< Dove l'hai trovata?  >>

<< Stavo sistemando il casino che c'era in camera nostra, e fra le tue cose ho trovato questo. >> Getto sul tappeto la bustina trasparente. << Che ci fa quella merda in casa nostra? >>. Anche se questa casa enorme non l'ho mai sentita come mia.

<< Ti posso spiegare. >>

<< Sempre che tu non sia fatto anche in questo momento. >>

<< No, non lo sono. >>

Annuisco sarcasticamente. << Da quanto tempo ce l'hai? >>

<< Non molto... >> Tom risponde rimanendo sul vago.

<< Quanto cazzo di tempo?! >>

<< Un.. un mese. >>

Cristo. Mi passo una mano fra i capelli. Ora si spiegano diverse cose; in alcuni momenti era così euforico, poi invece ricadeva giù, il suo viso era più smunto del solito, le occhiaie più marcate.

Lui rimane a fissarmi, inerme.

<< Chi te l'ha data? >>, chiedo in tono fermo.

<< Un amico, non lo conosci... si chiama Phill. >>

Fra di noi cade il silenzio. Mi sposto vicino alla finestra per prendere aria, e lui cerca di fare lo stesso.

<< Non ti azzardare. >> Gli ringhio contro. << Stammi lontano. >>. Lo trucido con lo sguardo. Tom si ferma a un metro da me con l'aria di un cane bastonato.

<< Ivy, è un periodo difficile... hai visto anche tu quanto sono stressato... >>.

Oh wow, non credo alle mie orecchie. << Ah sì, certo, e per questo decidi di rovinarti con quella merda? Con la droga? Allora non ti è servita a niente l'overdose. >>

<< Non è vero. >> Ribatte in tono duro.

Alla fine, sbotto. << Cazzo, Tom! Perché? Cristo, non riesco a capire... proprio tu >>.

<< Io cosa? Sono esattamente come chiunque altro. >>

<< No, tu non sei come questa gente. >> Faccio un largo gesto delle mani, per indicare metaforicamente tutta Hollywood. << Tu sei intelligente e incredibilmente talentuoso. E sei l'uomo che amo. O che credevo di amare. >>

<< No... >>. Scuote la testa, la sua negazione sembra quasi una supplica. << Ho bisogno di te. >>

<< Oh, ti prego, risparmiati queste parole. Tom, cazzo, hai della droga con te da un mese e non me l'hai mai detto. Tu non hai idea di quanto tutto questo mi faccia schifo. >>

<< So di aver sbagliato... >>

<< Quante volte l'hai usata finora? >> chiedo.

<< Solo una... >>

<< Allora per fortuna che l'ho scoperto ora, altrimenti te la saresti fatta fuori tutta. >>

Tom abbassa lo sguardo.

<< Dimmi tutta la verità. >> Sempre che quella che dica sia davvero la verità. << Allora? >> incalzo. << Cos'è, ecstasy? Qualche altro tipo di droga...? >>

<< Sì, è ecstasy, e... >> sembra esitare. Si siede sulla poltrona, lo sguardo basso e i gomiti sulle ginocchia. << Prima c'era coca. >>

Strabuzzo gli occhi e mi rendo conto che un nodo comincia a formarmisi nello stomaco.

<< Ma non l'ho usata io, l'ha usata Phill, e poi ci ha messo dentro le bustine. >> si affretta a spiegare. Trascorrono alcuni minuti di silenzio, l'aria si fa sempre più irrespirabile.

<< Mi dispiace. >> Tom interrompe il silenzio con voce stanca e smorzata.

<< Tz... Sì, anche a me. >> Incrocio le braccia davanti al petto.

Tom riprende a parlare. << Ivy senti, lasciami spiegare. Non avrei dovuto farlo, lo so. Ma... siamo impegnatissimi con i nostri lavori, tutti e due. So che anche per te è difficile, soprattutto perché non sei abituata a vivere in una città come Los Angeles. >>

<< Se per “abituarsi” tu intendi cominciare a drogarsi, allora no, non mi ci abituerò mai. >>

<< No... >> si interrompe un attimo per leccarsi le labbra. << Non è quello... Ho fatto una cazzata. >>

<< Bella grossa. Da quando hai cominciato a prendere droghe, oltre a quella della bustina? >>

<< Due mesi... ma raramente, te lo assicuro! >> cerca di farsi perdonare in un modo o nell'altro, sta praticamente pendendo dalle mie labbra, cercando una qualche sentenza magnanima. Io prendo un lungo sospiro per prendere aria. Sento il nodo alla gola crescere, insieme alla nausea ora. E ho anche tanta voglia di piangere, è un peso troppo grande.

<< Devo andarmene da qui. >> Dico ad un certo punto. Comincio a prendere alcune mie cose e a metterle alla rinfusa dentro la borsa a tracolla.

<< No! >>. Tom si alza in piedi di scatto e mi si avvicina.

<< Che cazzo vuoi Tom, eh? Ti ho detto di non avvicinarti! Non me ne frega più nulla, ok? È da ore che aspetto il tuo ritorno con quella merda schifosa tra le mani, ed il solo pensiero che tu ne abbia davvero fatto uso mi fa schifo. Tu mi fai schifo! >>, gli sputo in faccia tutto il male che ho dentro mentre scendo velocemente le scale di marmo.

<< No, non te ne andare. >> Tom mi segue a rotta di collo. Io mi fermo sulla porta di casa, dandogli le spalle. Poi, lentamente, mi volto. Davanti a me vedo un Tom che ne giro di poche settimane è diventato un altro. Mi sembra di non conoscerlo più, e forse non l'ho mai conosciuto davvero.

<< Tom >> lo guardo ancora una volta n egli occhi. Ancora una volta con uno sguardo che è tutto, tranne che di perdono. << Io me ne vado. Adesso. E non ti voglio più vedere. >>

<< Oh no..  >>

<< Né sentire. >>

<< No no.. >>

<< Né sapere più niente >>

<< Ti prego, Ivy. >>

<< Di te. >>

<< NO... >>

<< E di tutto lo schifo che ti gira intorno. Di tutta la merda che sei e in cui vivi. Ah, e che consumi >>.

Tom sembra emettere qualche altro rantolio lamentoso, ma non lascio il tempo alle mie orecchie di sentire di nuovo la sua voce. Corro verso la mia auto, mi aggrappo alla maniglia e con tutta la forza che ho tiro forte, mi butto dentro l'auto e richiudo come a volermi separare davvero da tutta questa roba. Appoggio le mani sul volante dopo aver inserito la chiave, e... singhiozzi. Forti singhiozzi, accompagnati da grosse lacrime brucianti, mi scuotono il petto così violentemente che comincio a tremare. Mi porto una mano sulla fronte per poi asciugarmi le lacrime che vengono rimpiazzate da altre nuove. Devo andare via da questa casa, devo andare da Effie, lei mi aiuterà. Accendo il motore, ingrano la marcia e parto sgommando. Lei vive in una piccola casa vicino al mare, in una zona di L.A. poco frequentata. E in un attimo mi rendo conto, fra le lacrime, che voglio tornare a casa mia. Alla mia vera casa.

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


And I am feeling so small, it was over my head, I know nothing at all..

 

Dopo un'ora e mezza passata a vagabondare con l'auto in giro per la città, arrivo davanti alla piccola casa che, rispetto al resto, sembra risiedere in mezzo al deserto. Spengo il motore, sfilo la chiave molto lentamente. Mi sembra di essere entrata nella scena di un film passata in slow-motion all'infinito, e non riesco a togliermi dalla testa ciò che è appena successo, ciò che ho detto a Tom, il suo maledettissimo segreto. Faccio un respiro profondo, afferro la borsa a tracolla e mi dirigo verso l'abitazione. Devo avere gli occhi rossi e gonfi per il pianto, i capelli spettinati e le mani ancora tremanti: quasi un clown insomma, solo che depresso. Suono il campanello tre volte di fila. Ora sta albeggiando e si è alzata un'arietta fresca che invece di raffreddarmi, mi scalda. Maledizione, Effie, apri! Prendo a sfregarmi le mani nervosamente e cado in un pianto silenzioso.

<< Ivy, che ci fai qui a quest'ora? E' l'alba... oh. Dio. E' successo qualcosa con Tom. >> Le è bastata un'occhiata per capire che qualcosa non va.

<< Tom si droga. >> ammetto in un sospiro, tirando su col naso.

<< Che cosa?! >>

<< Tra di noi è finita. >>

Mi butto fra le sue braccia mentre piango a dirotto, imprecando e lasciando uscire fuori tutte le emozioni che ho covato dentro in dodici ore. Effie mi fa entrare, chiude la porta a chiave e mi porta in salotto.

 

...your eyes, your eyes, I can see in your eyes...

 

<< Oh, caspita... è a dir poco orribile. >>

Ho appena finito di raccontare la mia storia, ci ho messo un 'ora.

<< Non so nemmeno che dire. Mi dispiace tanto. >> continua la mia migliore amica. Io annuisco passandomi una mano sugli occhi. Sento una stanchezza incredibile, come se avessi una montagna da trasportare sulle spalle.

<< Ho bisogno di una doccia. >>

<< Sì certo, vai pure. Intanto ti preparo un the e qualcosa da mangiare. >> E' la sesta volta che mi chiede se voglio un the o dei biscotti. Ho sempre rifiutato altrimenti avrei dato di stomaco subito. Forse dopo la doccia riuscirò a mandare giù qualcosa...

Una volta finito tutto, scendo di nuovo al piano terra, ma già appena aperta la porta del bagno ho sentito subito un buonissimo profumo.

<< Eccoti, Ivy. Dai vieni, ho preparato la colazione, ormai sono le otto e mezza. >> Effie mi sorride e mi fa sedere accanto a lei, attorno al ripiano in marmo che forma la cucina ad isola.

<< Grazie. >> dico in un sussurro. Prendo il latte e la scatola di cornflakes. Mi porto la tazza di latte alle labbra, ma sento subito lo stomaco fare un saltino.

<< Forse è meglio prendere del the >> appoggio di nuovo il latte e prendo invece la tazza di the caldo, ancora fumante. Effie mi allunga anche una scatola di biscotti, e poi comincia a fare colazione anche lei.

<< Ti senti un po' più rigenerata ora? >> mi chiede un fare allegro, accendendo la tv. Lo so, lo sta facendo per distrarmi. Faccio di sì con la testa. Molto lentamente mangiucchio il primo biscotto accompagnato dal the. Quando vedo che il sapore di cannella e arancia non mi provoca conati, afferro la tazza a fiori e comincio a bere l'infuso con gusto.

<< Cannella e arancia, il tuo preferito. >>

<< E' vero, non riesco mai a rifiutare un the alla cannella e arancia. >> sorrido sommessamente. Tom me lo preparava sempre quando avevo mal di pancia in quei giorni. Oddio, no. Non ci devo pensare. Concentrati su di te.

<< Scusa se ti ho svegliata così presto. >>

<< No, figurati. Hai fatto bene a venire qui. >>

La televisione è impostata su un canale italiano che solo io riesco a capire, ed è l'unico vociare, a parte il richiamo dei gabbiani sulla spiaggia, che interrompe questo silenzio.

<< Sei tanto stanca. >> dice ad un certo punto Effie. << Vai su a riposare un po'. La tua camera non è pronta, ma puoi usare la mia. >>

<< Grazie. >> faccio per alzarmi, con un sorriso tirato. << Come fai a sapere che ho intenzione di rimanere qui? >>

Effie non risponde subito, lascia passare qualche attimo. << L'ho capito appena dopo avermi raccontato tutta la storia. Mi sembra ovvio, no? Non hai altro posto dove andare qui. >> mi risponde, portando via le tazze e la scatola di biscotti. Si, in effetti la mia è stata una domanda abbastanza inutile...

<< Oh, accidenti! E' tardi, devo andare al lavoro. Beh, se ti serve qualcosa tipo vestiti, qualcosa da mangiare, dei dvd, sai dove trovare le cose. >>

<< Si, Ef. >> ridacchio.

<< E se ti senti giù di morale chiamami subito. >>

<< Ok, grazie. >>

<< E non guardare il casino che c'è in bagno, non ho fatto in tempo a metterlo apposto. >>

Ma se mi sono appena fatta la doccia...

<< Non ti preoccupare. >> le rivolgo un sorriso gentile.

<< Accendi pure lo stereo a tutto volume se vuoi. >> continua imperterrita lei.

<< Effie, sei in ritardo. >>

<< Ah sì, giusto! Scusami, ahahah! >> afferra le chiavi della sua auto nel piccolo cestino in vimini posto sul tavolino d'entrata.

<< Buon riposo! >>

<< Buon lavoro >> la saluto. Quando esce, chiudo la porta a chiave e mi dirigo al piano di sopra. Mi spoglio senza fretta, lasciando i jeans e la t-shirts su una sedia e le scarpe appena fuori della camera. Come mi infilo sotto le coperte, sento le palpebre chiudersi pesantemente e finalmente riesco a rilassarmi e a concentrarmi sul mio riespiro.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


You can't trust a cold blooded man

 

Mi sveglio sentendo entrare una brezza familiare entrare dalla finestra, accompagnata dalle voci dei gabbiani. Mi tiro a sedere sul letto con le coperte tutte aggrovigliate. Fuori c'è un sole splendente e sembra faccia caldo. Mi vesto velocemente e mi riavvio i capelli come meglio posso. Non so quanto ho dormito, ma mi è servito molto. Pensandoci, forse è meglio se mi cambio i vestiti... Apro l'armadio di Effie e scelgo una canotta azzurra a coste ed un paio di pantaloncini in jeans slavati.

Quando scendo al pianoterra, Effie è intenta a parlare al telefono con qualcuno, e dal tono mi sembra abbastanza concitata. Tiene il telefono fra l'orecchio e la spalla, mentre sistema delle riviste su un ripiano. Ma... perchè bisbiglia?

<< Ma sei matto? E' colpa sua, punto. E.. >>

<< 'Giorno Effie >>

<< Ah!! >> la mia amica trasalisce, facendo cadere un paio di riviste e arrabattandosi per non far cadere il suo cellulare. << Scusa, ti richiamo dopo. >> farfuglia chiudendo la chiamata. << Ivy! Finalmente ti sei svegliata! >>

<< Tutto bene? Sembra che tu abbia il fiatone. >> le chiedo, con un sopracciglio alzato in segno di sospetto.

<< Chi, io? Ma che, no no, tutto bene! >> mi rivolge un sorriso a trecentosessanta gradi.

<< Piuttosto, hai dormito ventiquattro ore di fila. >> cambia argomento.

<< Davvero? >> esclamo stupita. << Non me ne sono resa conto... >>

<< Beh, eri molto stanca... ah, vedo che ti sei messa i miei vestiti! >> oh, quanto mi è mancato il suo umore sempre allegro.

<< Mhmm, sì. >> annuisco. Mi siedo sul divano e noto che sulla parete è stato appeso un orologio a forma di casa sull'albero. La cosa mi diverte, perchè Effie ha sempre amato fare la collezione di oggetti strambi. Poi mi accorgo che sono le quattro di pomeriggio.

<< Hai fame? Ti va di andare al Pitch a mangiare qualcosa? >> mi propone.

<< Perchè no? Ho voglia di fare una passeggiata sul molo. >> accetto sorridendo.

…..

 

Camminiamo lentamente lungo il molo per andare poi sulla sabbia con il vento fra i capelli. Io sto divorando un mega sandwich – sto letteralmente morendo di fame – mentre Lullaby, il labrador di Effie, ci scodinzola intorno. Effie ha mangiato solo un frozen jogurt.

<< Come stai? >> mi chiede lei ad un certo punto.

<< Ora molto meglio, questo panino è il top! >> esclamo finendo anche l'ultimo boccone. Infilo le mani nelle tasche davanti dei jeans e osservo l'oceano.

<< Ivy, lo sai cosa intendevo. >> Effie mi sta osservando attentamente. Ok, la verità è che sto cercando di ignorare le ultime giornate della mia esistenza, ma alla mia migliore amica non riesco a nascondere nulla.

<< Oh, beh... è come se il tempo si fosse fermato a quel momento. >> ammetto sommessamente.

<< Se vuoi sapere come sto, sto male. Mi manca. Mi sento sola senza di lui, ma non riesco a smettere di pensare a quello che ha fatto, a quello che ha fatto ad entrambi e a se stesso. >>

Ci sediamo sulla sabbia, vicino all'acqua, dove tira più vento. Lullaby si accuccia fra di noi con aria serena.

<< Sei ancora arrabbiata? >>

<< Solo arrabbiata? No, c'è molto di più. Sono delusa, ferita, tradita nella fiducia... >> osservo le piccole onde che si infrangono sul litorale, i gabbiani che volano cercando qualcosa da mangiare. Mi piace questa zona, è lontana da tutto il trambusto della città.

<< Se vuoi parlare, sono qui. >> mi dice Effie, vedendo che non continuo.

Annuisco sospirando. << Effie, mi sono sentita morire. Quando ho scoperto quella bustina, non ci volevo credere, “ non può essere sua “ mi sono detta, lui non è veramente così. >> ed è vero. Ho creduto davvero che lui non fosse veramente come tutti gli altri dello “star sistem”. Ora tutto quello che so di lui, nel profondo, è in dubbio. Non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome.

<< Ed il fatto che mi abbia mentito spudoratamente per dei mesi... >> sento le lacrime pizzicarmi gli occhi. Oh, dio no, non voglio diventare di nuovo una fontana vivente.

<< Ma l'ha presa solo occasionalmente... >> interviene Effie.

Annuisco, accarezzando il bel manto dorato di Lullaby. << Questo non cambia le cose. >> affermo dura. << Ah Ef, mi sono dimenticata di dirti: tutte le mie cose sono ancora in quella casa, i miei vestiti, il pc, i libri, i miei effetti personali... Bisogna che qualcuno le vada a prendere al più

presto. >> la guardo con gentilezza; quel qualcuno è riferito a lei, ovviamente.

<< Posso andare io. >> mi sorride di rimando. Si sistema i lunghi capelli biondi dietro le orecchie. Uno strano senso di inquietudine mi attanaglia dentro.

<< Grazie. Come mai stavi sussurrando al telefono, oggi? >>

<< Chi, io? Io non stavo sussurrando. >>

<< Effie, si vede lontano un miglio quando cerchi di nascondermi qualcosa. >>

Lei sospira. << E va bene, mi hai beccata. Poppy mi ha fatto arrabbiare di nuovo – i soliti motivi stupidi – e stavo sussurrando per non svegliarti. >> Poppy, o Lollypop, lavora nello stesso ristorante con Ef, come cameriera. La chiamiamo così perchè ha la mania dei lecca-lecca, ne consuma anche più di dieci al giorno. E' un personaggio piuttosto particolare, in effetti.

<< Ah sì? Per che cosa avete litigato? >>

<< Si lamenta sempre che le lascio i tavoli degli anziani, ma invece non è vero! Lo sai come è fatta, vuole sempre rimorchiare. >> scoppia in una risata che sembra però un po' nervosa. Non so se crederle o no, ma ora come ora mi serve qualcosa con cui distrarmi.

<< Sempre la solita Lollypop. >> sorrido divertita.

 

Note dell'autrice:

 

Salve! Scusate se mi presento solamente al terzo capitolo, ma non sono molto pratica nel gestire il mio account -.-” Non so che cosa dire esattamente (lol) se non che una delle mie più grandi passioni è scrivere – non solo fanfiction ovviamente xD – e che grazie a questo sito ho la possibilità di sfogarmi un po'. Cercherò di aggiungere al più presto gli altri capitoli e spero che la mia storia vi stia interessando almeno un po'; non esitate a recensire, e se volete dire che la mia storia fa tremendamente schifo, fatelo pure dato che talvolta me lo dico pure da sola xD D'altronde le critiche servono a migliorarsi ;-)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Hello darkness my old friend

I come to talk with you again

 

 

<< Ciao. >>

<< Ciao. >>

<< Entra. >>

<< Non mi fermo qui per molto. Devo solo prendere delle cose. >>

<< Sì, immaginavo... ti aiuto, ci vorrà un po'. >> Il ragazzo dai corti capelli biondi accompagna la sua amica, stranamente seria in viso, al piano di sopra.

<< Ho già preparato alcuni scatoloni. >> fa presente Bill.

<< Grazie. >> Effie entra in una grande camera da letto, dove sono sparsi diversi scatoloni e due valigie. << Facevi prima a dire che avevi già preparato tutto! >> esclama incredula.

<< Beh, volevo rendermi utile in qualche modo... Non sono giornate facili, queste. >>

Effie annuisce. Silenziosamente cominciano a portare gli effetti personali di Ivy al piano di sotto, partendo dai due pesanti trolley. Una volta portati giù anche tutti gli scatoloni. Esitano qualche minuto prima di caricare tutto nel pick-up di Effie, o meglio di suo zio: la ragazza se l'è fatto prestare proprio per quel trasloco lampo.

<< Lui dov'è? >> chiede Effie, nervosa. Continua a lanciare occhiate alla casa, come se quel traditore potesse saltare fuori da chissà dove da un momento all'altro.

<< E' andato via tre ore fa. Io ero sotto la doccia e non l'ho sentito uscire. >> risponde Bill.

<< Sembra essere diventato un fantasma. Non mangia più, sta tutto il tempo chiuso in camera sua, al buio, e quando lo obbligo a scendere in salotto, non vuole vedere neanche il più piccolo barlume di luce. >> Bill incrocia le braccia e si appoggia al muro. << Il fatto è che, di conseguenza, sto male anche io. Sai quanto siamo legati. >>

<< Sì, lo so. Ma lui ha sbagliato, ed Ivy ci sta male da morire per questo. >> Ribatte il tono duro la ragazza. La colpa di tutto quello che è successo è Tom, e ora deve pagarne le conseguenze. << Bill, capisco che tutti sbagliano. Ma la cosa che io – come Ivy – non capisco è che non ne aveva bisogno, della droga. Non capisco perché l'abbia fatto, se per imitare “gli altri” come se fosse ancora adolescente o chissà per cos'altro. >>

<< Anche io sono arrabbiato con lui. Io non ne sapevo niente, te l'ho detto oggi pomeriggio al telefono. >> Bill comincia a prendere degli scatoloni uno sopra l'altro, imitato da Effie. Per dieci minuti buoni i due ragazzi caricano gli scatoloni nel pick-up, sistemandoli ordinatamente in modo da non rovesciarli, incastrandoli l'uno accanto all'altro. Ivy si è trasferita da Tom sei mesi fa circa, dopo sette mesi da quando si sono messi insieme. Sono sempre stati una coppia bellissima ed affiatata, ed Ivy è stata ben accetta da tutti fin dall'inizio sia tra i membri della band sia con il resto degli amici più “in”.

Bill ed Effie tornano dentro casa dirigendosi in cucina.

<< Ivy come sta, invece? >>

<< Ci ho parlato giusto oggi pomeriggio. Sta male, Bill, glielo si legge negli occhi, anche se cerca di distrarsi in qualche modo. Anche io cerco di distrarla, cerco di farla ridere, di tenerla allegra. >>

<< Fai bene a starle vicino. >>

<< Come tu fai bene a stare vicino a Tom. >>

<< Già... >> tra i due cala una piccola pausa. E' palese che Bill sia mortificato a morte per tutto il casino che è successo. << Quando Tom mi ha raccontato dell'altra notte... Dio, non l'ho mai visto così. Era distrutto, ha buttato all'aria mezza casa, ha quasi distrutto il nostro pianoforte, ed è riuscito a farlo veramente con una delle sue chitarre. Ci sono volute delle ore intere prima che riuscisse a mettere insieme due frasi coerenti >>. Tom in balia della furia: non deve essere per niente un bello spettacolo.

<< Ivy ha dormito ventiquattro ore di fila >>

<< Le riferirai quello che ti ho detto su Tom? >>

<< No... Mi ha detto esplicitamente che di lui non vuole sapere più nulla. >>

<< Posso capire... Tom è stato un coglione. >>

<< Eh già >> ribatte in tono duro la ragazza. << Ringrazia il cielo che sia in giro chissà dove, sennò gli avrei provocato minimo un occhio nero. >>

L'espressione di Bill diventa ancora più seria in un attimo. Non è stupito, dopotutto riesce a comprendere il perchè di tutta quell'aggressività nel confronti di suo fratello. Lui, però, riesce solo a provare una gran pena per Tom.

<< Beh, se abbiamo preso e caricato tutto, io vado. >> Effie interrompe il silenzio prendendo le chiavi del pick-up che aveva appoggiato sul tavolo. << Usciamo insieme una di queste sere, che ne dici? >>

<< Sì certo. E' da un po' che non andiamo al cinema, giusto? >> propone Bill.

<< Infatti, ho proprio voglia di andare a vedere un bel film! >> esclama Effie, sorridendo.

<< Decidi tu quando e quale film, tanto conosci i miei gusti. >> conclude, rivolgendogli un occhiolino divertito.

<< Andata >> risponde allegro Bill. << Ti farò sapere, allora. Buona notte >>

<< 'Notte, Kaulitz >> si scambiano un abbraccio affettuoso, poi Effie esce di casa, raggiunge il suo pick-up, e sparisce nell'oscurità della notte.

 

......................................

 

Un'auto di grossa cilindrata parcheggia rumorosamente nel garage della villa a Tarzana. Ne esce un uomo alto, dall'andatura traballante e la vista poco lucida. La barba trascurata, i capelli raccolti in un codino scombinato, il suo continuo imprecare contro ogni cosa non gli conferiscono un'aria esattamente rassicurante, né tanto meno gioviale. Sono le cinque di mattina e comincia ad albeggiare, ma per L.A questo non fa molta differenza, è una città che non si riposa mai e che offre parecchie distrazioni a persone piuttosto disperate o, in altri casi, totalmente sconvolte. Quell'uomo è una di queste persone. Nelle ultime ore della sua esistenza – se così si può chiamare - aveva transitato dalla camera da letto a svariati locali di cui non ricordava nemmeno il nome. L'alcool non gli permetteva di pensare lucidamente – sinceramente questo era solo un bene – e chissà come era riuscito a non andare a sbattere contro un albero. L'uomo dalle spalle larghe spegne la sigaretta pestandola coi piedi, per entrare poi in casa. Non accende le luci, cerca di non fare troppo rumore, allunga le mani per sapere dove si trova. Riesce a raggiungere la sua stanza e a buttarsi sul letto ancora con i vestiti sudati addosso. Non riesce a parlare, non riesce a pensare, non ha idea di dove sbattere la testa per il casino combinato. La droga non fa più parte della sua vita, quella roba che – pur non avendogli creato nessuna dipendenza – ha distrutto tutto. Lui stesso ha distrutto tutto. Appena Lei se ne era andata sbattendo la porta, lui aveva buttato via la bustina, rotto i ponti con chiunque ne facesse uso e – cosa ancora peggiore – si era chiuso completamente in se stesso. Quell'uomo disteso sul letto, in balia dei suoi fantasmi e della calura provocata dal whiskey, ancora non immagina che poche ore fa qualcuno è venuto a prelevare delle cose molto importanti da casa sua, delle cose che ricordano inesorabilmente Lei. Ed il suo profumo, che è andato via assieme agli scatoloni. Il ragazzo mugugna qualcosa quando sente guaire il suo cane fuori in giardino. Si porta le mani alle orecchie per coprirle in modo da non sentire alcun rumore, il che è un controsenso: poche ore fa era a Downtown, nel cuore della city, in mezzo a luci, musica, biccheri di whiskey e vodka. Era completamente solo, continuava a respingere tutte le ragazze che lo abbordavano vedendolo come una bella preda con cui passare la notte; la sua unica compagnia era l'alcool, che piano piano era riuscito a far sbiadire parte dei suoi ricordi. Il ragazzo si costringe ad alzarsi per chiudere le imposte, vedendo i primi raggi di sole illuminare la stanza. L'oscurità è tornata.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Eccomi di nuovo! allora, premetto che io della città dove è ambientata la storia so poco o nulla, giusto qualcosa appreso dai telefilm americani, quindi perdonatemi se ci sono degli errori grossolani, please. Spero che questo capitolo vi piaccia, l'ho scritto un po' alla cavolo ma non sapevo in che altro modo stendere questo episodio. Divertitevi ^-^

I need a new direction 'cause I have lost my way

 

 

E' strano quando piove a Los Angeles, sembra che tutto il mondo si rattristi, ed è strano pensare che in questa città possa piovere per così tante ore. La pioggia rende questa metropoli ancora più caotica, non mi piace molto. In Italia sì, mi piaceva la pioggia, soprattutto i temporali primaverili: stavo seduta sulla poltrona ad osservare il verde rigoglioso della mia campagna senza stancarmi mai. Qui è tutto diverso, le cose cambiano alla velocità della luce.

Finalmente oggi sono tornata ad allenarmi, mi è mancata un sacco la mia compagnia di ballo. Ho passato due settimane intere a rimandare gli allenamenti, ma questa mattina mi sono svegliata con la voglia di ricominciare.

<< Tutto bene, Ivy? >> Audrey, una ballerina della compagnia, mi si avvicina con un turbante avvolto nei capelli. E' sempre un lampo a farsi la doccia, non so come faccia.

<< Sì, perchè? >>

<< Non so, forse non avresti dovuto fare tre ore consecutive oggi, non dopo aver saltato due settimane intere. >>

<< Ho fatto così tanto schifo? >> chiedo, alzando le sopracciglia.

Audrey scoppia a ridere. << No, no, non fraintendermi. Intendevo dire che sembri affaticata, tutto qui. >>

<< Ah... beh in effetti, la settimana di obbligo forzato non mi ha fatto granché bene. >> ammetto scherzando. Ho detto alla compagnia che mi sono presa l'influenza. Nessuno, a parte Effie, sa quello che è successo veramente.

<< Ehi, visto che è ora di pranzo, che ne dici di andare a mangiare al Sushi Wok? Ho proprio voglia di cucina giapponese. >> mi propone allegramente Audrey. Io ho proprio voglia di dormire sul divano invece, soprattutto con questo tempo.

<< Ehm, forse è meglio di no, sai... >> mi picchietto lo stomaco. << Credo che le mie difese immunitarie siano ancora debolucce. >>

<< E' vero, che stupida. >> Audrey si batte una mano sulla fronte. << Mi dispiace Ivy. Allora facciamo la prossima settimana, così non corri rischi. >>

<< Sì, certo. >> le sorrido di rimando, poi continuo ad asciugarmi i capelli. E' vero, però, è stata dura la lezione oggi; bastano pochi giorni di fermo che il corpo comincia a disabituarsi. La cosa positiva è che non devo costringermi a fare delle levatacce alla mattina, perchè le lezioni cominciano alle nove e mezza.

Una volta finito di sistemarmi, prendo il mio borsone e mi dirigo verso l'uscita della scuola, dove stanno entrando altre persone per cominciare gli allenamenti. Perchè non riesco a trovare l'ombrello? Cavolo, la cosa che mi dà più fastidio è prendere la pioggia. Oh, eccolo... fantastico, si è rotto. Sbuffo spazientita e faccio una corsa fino al parcheggio dietro la scuola. Salgo in auto, butto letteralmente il borsone sul sedile del passeggero e poi estraggo il cellulare dalla tasca dei jeans. Ho un messaggio di Effie in cui mi dice che ha preparato gli spaghetti per pranzo – ahi - e che mi deve parlare. Metto il viva-voce per chiamarla, mentre ingrano la marcia e imbocco la strada.

Mi risponde dopo qualche squillo. << Ehi, Ivy. >>

<< Effie, tutto ok? Mi hai scritto che mi devi parlare. Se è per scusarti in anticipo per gli spaghetti, sappi che non ti perdonerò. Ancora non hai imparato a cucinarli. >> scherzo io, oggi sono di buon umore.

<< No, non è per quello... >> il suo tono sembra aggravarsi.

<< Ef, che succede? Mi devo preoccupare? >>

<< No, no... senti, parliamo quando arrivi a casa. >> sento Lullaby che abbaia in sottofondo. Strano, è sempre stata tranquilla, non abbaia quasi mai se non per fare le feste, ma non mi sembra il caso ora.

<< Va bene, fra venti minuti sono lì. >> spengo la chiamata e continuo a percorrere uno dei tanti boulevard. Ora sembra aver smesso di piovere, ma il cielo continua ad essere grigio. Incontro un semaforo rosso, così rallento e aspetto pazientemente. Guardandomi intorno, mi volto verso la corsia alla mia sinistra. Il mio cuore ha un tuffo. Di fianco a me c'è una range rover bianca, imperlata di goccioline di pioggia. Sul sedile del passeggero è accucciato un bel cane dal muso nero ed il petto maculato, che comincia ad abbaiare contro il finestrino, verso la mia direzione. Lo conosco quel cane, Scotty. E conosco il suo padrone. Infatti, l'uomo alla guida si volta verso ciò contro cui sta abbaiando Scotty. E i nostri sguardi si incrociano. Tom. Oh cavolo.

Sembra così diverso, così maturo... si può crescere e maturare in pochi giorni? Ha l'espressione seria, ma i suoi occhi sono ancora dolci. E ancora ammalianti.

Non ci credo, con tutti i posti in cui potevamo essere, proprio allo stesso semaforo. Il cuore comincia a rimbombarmi nella cassa toracica, il mio corpo mi dice di aprire la portiera e di andare da lui, salire nella sua auto ed abbracciarlo. Ma la testa mi dice tutta un'altra cosa: vai via. Repentinamente, do un'occhiata al semaforo e mi preparo a partire. Appena diventa verde, schiaccio sull'acceleratore e sparisco in fondo alla strada, seminando la range rover bianca quasi con le lacrime agli occhi.

 

...........................

 

Arrivo a casa ancora sconvolta. Ok, sono passate due settimane ed io ho cercato di non pensarci, ma la reazione che ha avuto il mio corpo mi ha shockata, e so il perchè. Stringo forte il volante mentre faccio dei respiri profondi per calmarmi. La verità è che non lo voglio ammettere a me stessa, nemmeno con il pensiero. Scendo dall'auto e mi affretto ad entrare in casa. Lullaby mi corre incontro scodinzolando.

<< Ehi, ciao bella. >> la saluto accarezzandole la fronte. << Effie, sono tornata. Hai già preparato la pasta? Sto morendo di fame! >> esclamo, legandomi i capelli in uno chignon. Vado in cucina e la vedo intenta a preparare la tavola.

<< Ivy. >> mi saluta. << Sì, è quasi pronta. >>

<< Tutto ok? Hai una faccia... >>

<< Senti, te lo devo dire. >> afferma in tono tranquillo ma deciso, mentre scola gli spaghetti. Li versa sui piatti e li porta a tavola. << Tom è stato qui. >> si siede, e comincia a condire la sua porzione, come se nulla fosse. Mi siedo anche io: no, ok, tranquilla, va tutto bene. Prendo il mio piatto di spaghetti fumanti e, molto lentamente, comincio a mangiare.

<< Ok >> riesco soltanto a dire. << Che voleva? >>

<< Mi sembra ovvio... >> mi risponde lentamente Effie, guardandomi di sottecchi. << Gli ho dovuto dire dove ti trovavi. >>

<< Perchè? >> tranquilla, continua a mangiare.

<< Continuava ad insistere, voleva vederti... abbiamo quasi discusso, e non mi sembrava il caso di continuare. >>

<< Beh, ha ottenuto quello che voleva. Come sempre, d'altronde. Me lo sono trovato nella corsia accanto alla mia, ad un semaforo. >>

Effie si ferma con la forchetta a mezz'aria e la bocca spalancata. << E tu che hai fatto? >>

<< Niente, me ne sono andata. >> faccio spallucce e inforchetto altri spaghetti, anche se il mio stomaco si sta chiudendo. << Effie, non fare quella faccia. E' già tanto che ti abbia lasciato dirmi che è stato qui. >>

<< Ivy, mi è sembrato vuoto. Capisci? Come.. distrutto. >> Effie finisce l'ultimo boccone e appoggia la forchetta al piatto, e mi guarda attentamente.

Mi costringo a finire di mangiare anche io, non voglio far vedere che in realtà muoio dalla voglia di vederlo.

<< Sì, capisco. >> rispondo, senza aggiungere altro.

<< E... ? >> incalza lei.

Io la guardo severa. << Non so che cosa tu stia sperando che io dica. La questione comunque è chiusa. >> mi alzo e comincio a sparecchiare.

<< Ma non ti ha fatto nessun effetto sapere in che condizioni sta? >>

Oh si, amica mia, mi ha fatto un grande effetto, e fa male, tanto male. Vorrei farlo stare bene, perchè non è bello quando le persone a cui tieni di più soffrono. Nemmeno se sono loro nel torto. Sto solo cercando di nasconderlo, a te ma soprattutto a me stessa, perchè la rabbia che provo nei suoi confronti è troppo grande, e ancora non riesco a perdonarlo. << Avevo detto che non volevo sapere più niente di lui. >> voltata di spalle, sento sciogliermi il cuore.

<< Ma sta male... >>

<< Anche io, Effie. >> continuo a rimanere di schiena, con gli occhi bassi, mentre lavo i bicchieri.

<< Voi due non potete stare separati... >> continua lei, in tono più dolce.

<< Ma insomma, tu da che parte stai?! >> sbotto ad un certo punto. Mollo tutto, butto a terra il canovaccio, imbocco le scale correndo e raggiungo la mia camera, chiudendomici dentro. Ho bisogno di scappare da qui.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Time to do or die

 

Sono rimasta chiusa in camera mia tutto il pomeriggio. Ho dormito un paio d'ore, e al mio risveglio mi sono resa conto di avere la mente ed i pensieri ben lucidi. Ho capito che cosa devo fare. Così, mi sono alzata, ho acceso lo stereo ed il pc, e ho tirato fuori la valigia da sotto il letto, aprendola. Intanto, ho cercato su internet informazioni sui voli internazionali dagli Stati Uniti all'Europa. Il passaporto è sempre pronto, e poi ho bisogno di cambiare aria per un po'. Ho riempito la valigia con un paio di jeans, pantaloni normali, maglie, qualche felpa, qualche indumento per gli allenamenti di danza, biancheria, due paia di scarpe. Ho trovato quasi subito quello che cercavo sul sito della compagnia aerea, ho prenotato il biglietto e l'ho stampato. Nel giro di due ore e mezza ho finito tutto. Ora sono seduta in salotto mentre guardo la tv con Lullaby seduta accanto a me – non siamo riuscite a togliere a questo bel cagnolone quel brutto vizio. Aspetto che ritorni Effie; mi ha lasciato un biglietto con scritto che è andata a fare la spesa.

Finalmente la sento rientrare.

<< Oh, sei riemersa dalla tua tana, vedo. >> mi rivolge un sorriso scherzoso, mentre porta dentro casa due sacchi della spesa e comincia a svuotarli.

<< Sì... >> rispondo cautamente. << Ef, ho pensato ad una cosa. >>

<< Dimmi tutto. Hai voglia di pizza o... gelato? Ho comprato quello alla stracciatella misto cioccolato e ho trovato anche il mio preferito, quello alla vaniglia. >> esclama allegra. Io ridacchio, perchè fare la spesa la diverte, e quando ci andiamo insieme facciamo fuori mezzo supermarket.

<< Sì, mi andrebbe, però più tardi... >> faccio una piccola pausa. << la cosa è un'altra: volevo scusarmi per come mi sono comportata oggi a pranzo. >>

Effie si fa un po' più seria. << Dai, non ti preoccupare, lo posso capire. >> finisce di sistemare le ultime cose, poi si siede su una poltrona accanto a me. << Ma ormai immagino tu sappia come la penso. Sono stata dalla tua parte fin dall'inizio, ti ho appoggiata, sostenuta, non ti ho mai lasciato da sola perchè avevi bisogno di supporto. Ma non mi piace vedere i miei amici soffrire. Tu puoi prenderti tutto il tempo che ti serve, nessuno ti mette fretta, e lo sai solo tu di quanto tempo hai bisogno. >> fa una pausa guardandomi di sottecchi, e portandosi i capelli su un lato della spalla. E' vero quello che ha detto, su questo non posso darle torto. Infatti, ho preso una decisione. Per prendere tempo.

Faccio un respiro profondo, sperando di non venire assalita da una reazione improvvisa e shockata della mia amica. << Ho deciso di partire, torno in Italia per qualche giorno. >>

Vedo Effie sbattere due volte le palpebre, accigliata, e fissarmi senza dire una parola. Dopo qualche secondo, ricomincia a parlare – grazie al cielo, oserei dire. << Come sarebbe a dire che parti? >> chiede, quasi sillabando parola per parola.

<< Sì, ci ho pensato oggi pomeriggio.. Penso che la cosa migliore sia quella di andarmene via, lontana da tutto questo, per un po'. Non si stratta di molto tempo, pensavo due settimane al massimo. >>

Ef mi guarda sempre più sbigottita. << Vorresti tornare al tuo paese? Dall'altra parte del mondo? >>

<< Ef, è pur sempre casa mia anche quella. Credo che mi farà bene stare lontana da questa città pazza. Lì... non corro il rischio di incontrarlo... >> lascio cadere l'ultima frase nel vuoto. E' vero, Ivy, ammettilo: vuoi tornare qualche giorno in Italia, nel tuo paesetto sperduto nel verde, per non correre il rischio di incontrare Tom, o qualunque cosa che te lo faccia ricordare.

<< E come farai con gli allenamenti? Hai appena ricominciato. >>

<< Mi inventerò qualcosa. C'è una scuola di danza anche lì, vicino al mio paese. >>

<< Ma non ti dispiace stare ancora lontana dalla compagnia? >>

<< Sì, certo... ma voglio provare ad andare via. Due settimane, Ef, giusto un periodo di prova. >>

<< E se il periodo di prova funziona? Che farai, rimarrai per sempre in Italia? >>

A questa domanda, non rispondo. Colpita e affondata, non so che dire.

<< Non ti voglio obbligare a fare niente che tu non voglia fare, Ivy >> Effie si sporge verso di me, e mi poggia una mano sul braccio, facendo lievemente pressione. << Solo che tu non te ne puoi andare! >> esclama, poi, abbracciandomi completamente. Ricambio l'abbraccio stringendola forte, e poi la faccio sedere di nuovo accanto a me.

<< Lo so, anche tu mi mancherai. Ma starò via poco, ci sentiremo. Ah... parto questa sera. >>

<< Come questa sera?! >> Effie sbarra gli occhi.

Io annuisco. << Ho già prenotato il volo, il primo possibile parte alle undici di questa sera. >>

<< Così presto? Voglio dire, oggi... capisco che averlo incontrato al semaforo di abbia sconquassato tutta, ma... sei sicura che scappare sia la situazione migliore? >>

Oh, ecco che ci risiamo: odio quando la gente comincia a tirare fuori la storia del scappare da qualcosa, o da qualcuno. << Io non sto scappando, e non esiste nessuna soluzione perchè non c'è nessun problema. >> ecco qui, Ivy la testarda – e cocciuta – sta tornando.

Ma Effie non demorde. << Sì invece. Se davvero non ti importasse niente di Tom >> pronuncia l'ultima parola soffermandosi più a lungo. << Non avresti avuto quella reazione a pranzo, e non avresti programmato di partire. >> Touché. << Rimarresti qui a Los Angeles, continuando la tua vita senza di lui. >>

<< Sì, può anche darsi. Ma ormai ho deciso, e lo sai quanto sono testarda. >>

Effie sospira. << Voi due siete fatti per stare insieme. Lo so che muori dalla voglia anche solo di sentire la sua voce al telefono. >>

<< Ci siamo lasciati, ok? >> continuo imperterrita.

<< Ma come fai ad essere ancora così dura? Sono passate due settimane, penso che abbia pagato abbastanza... >>

Sono costretta ad interromperla. << Ef, non ho voglia di discutere di nuovo, non si può tornare indietro. >> Mi alzo per dirigermi verso la ciotola di Lullaby, che sta aspettando con impazienza che qualcuno le dia dell'acqua. << E per favore, non dire a nessuno che parto questa sera, ok? A nessuno, nemmeno a Bill. >>

 

…........................

 

Il telefono squilla cinque o sei volte, poi finalmente qualcuno risponde. << Ciao, Ef. >>

<< Bill, emergenza! Fuoco, rosso, pericolo, aiuto! >>

<< Effie, che ti prende? Perchè stai sussurrando? >>

<< Ivy vuole partire. 'Sta sera, alle undici, dall'aeroporto LAX. Torna in Italia. >>

<< Che cosa?! >>

Effie, cercando di essere il più breve possibile, spiega al suo amico la conversazione con Ivy.

<< Devi avvertire Tom. Ivy non può partire. >>

<< Devono tornare insieme... >>

<< Appunto! >> esclama Effie, forse alzando troppo la voce. Si morde la lingua, sperando che Ivy non l'abbia sentita. << Tom che cosa ha fatto in questi giorni? >>

<< Sembra un'ameba. >> in un altro momento, la battuta di Bill l'avrebbe fatta ridere a crepapelle. Invece ora era riuscita solo a preoccuparla di più. << L'unica cosa che lo mantiene ancora sano di mente, o almeno non lo fa entrare nel campo della pazzia, è la musica: quando prende in mano la chitarra e comincia a suonare sembra tornare lo stesso Tom di sempre. Anche se comunque il lavoro allo studio è rallentato parecchio. >>

<< Oh... >> commenta Effie, dispiaciuta. << Gli dici mai qualcosa di Ivy? >>

<< Ogni giorno mi fa sempre la stessa domanda, cioè se ho notizie di lei, come sta... oggi per l'ennesima volta gli ho detto che non so niente, così è uscito. E non è ancora tornato. >>

Effie aggrotta le sopracciglia. << Non sai dov'è? >>

<< No >> risponde Bill in tono grave. << Per questo sono preoccupato. Sono anche andato a cercarlo, ma nulla. Non ho idea di dove possa essere, anche se il mio intuito gemellare mi dice che non è in pericolo. >>

<< Cazzo, Bill! Che aspettavi a dirmelo? Dobbiamo trovarlo, dobbiamo farli incontrare, e loro devono chiarirsi. >> Effie sente dei rumori in sottofondo, porte che si aprono e si chiudono, sedie che si spostano, e poi altre voci di uomini. Bill comincia a parlare in tedesco con loro, ed Effie riesce solo a capire che le persone con cui Bill sta discutendo sono Georg e Gustav. Passano alcuni secondi di silenziosa tensione, dopodiché Bill riprende a parlare.

<< Tom è ad un rave party a Malibu. >>

 

Ed eccomi di nuovo qui! Beh, che dire, questo è uno dei miei capitoli preferiti, trovo che sia pieno di tensione. Sto già pensando ad un sequel di questa ff (un tantino più divertente - lol ) narrato però del punto di vista di quel bel scimmione crucco in formato armadio a quattro ante = leggasi Tom ( quanto affetto ). In attesa del loro nuovo album ( manco dovessero prepararlo per il papa in persona! ) non ho modo migliore di passare le mie vacanze se non fantasticando su di lui, che - come avrete già capito - è il mio preferito :3 spero che il capitolo 6 sia piaciuto anche a voi, a presto! :-)

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