Innocenti di DaisyBuch (/viewuser.php?uid=696421)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primi istinti ***
Capitolo 2: *** L'hai fatta grossa Jolene ***
Capitolo 3: *** Senza rimedi ***
Capitolo 4: *** Come portarsi l'Etiopia a casa ***
Capitolo 5: *** Las Vegas! ***
Capitolo 6: *** Max ed il passato di Olivia ***
Capitolo 7: *** Vecchi incontri ***
Capitolo 8: *** Cambiamenti Necessari (e dolorosi) ***
Capitolo 9: *** La storia non regge, Yvi ***
Capitolo 10: *** La verità ..o quasi ***
Capitolo 11: *** Agnizioni ***
Capitolo 12: *** Come una squadra ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Primi istinti ***
Yvonne studiava Storia e Critica dell’Arte, Olivia Economia e Jolene Legge, si erano iscritte meno di due anni fa, e si erano trovate dopo pochi mesi. Erano tutte alla stessa festa di inizio anno e c’erano per lo più ragazzi della loro università, ma anche quelli di altre zone, e come in tutte le feste, ci fu un dopo-festa abbastanza ristretto, e con quella gente ristretto significava non più di una cinquantina di persone in un loft al centro, Yvonne era amica della migliore amica della proprietaria mentre Jolene e Olivia si erano inbucate. Poco a poco la gente se ne andò e rimasero in pochissimi, gli intimi e quelli troppo ubriachi per tornare a casa.
-Ehi, tutto ok?- chiese Jolene ad Olivia, che aveva una bottiglia di vino per terra accanto ai suoi tacchi troppo alti.
Si misero a parlare come due perfette ubriache, si aggiunse Yvonne poco dopo che la sua amica si fosse appartata in una stanza con un tizio.
-La festa è finita, dovete andare.-intimò alle poche persone rimaste, - Voi chi siete?-
Le due si girarono, avevano parlato a lungo e nel frattempo l’effetto dell’alcool era nel pieno della sua azione, non sapevano cosa risponderle così la invitarono a sedersi con loro e a condividere l’ultimo bicchiere.
Anche Yvonne, che tutte conoscevano di vista, poiché era una delle ragazze più popolari dell’università, si tolse i tacchi e si massaggiò i piedi. –Odio i tacchi.- ammise bevendo un altro sorso. –E odio la mia vita.-
Cominciarono così i discorsi filosofici, si chiesero cosa volessero fare da grandi, ancora ebbre si schiusero un po’, sicure che il giorno dopo non si sarebbero più parlate e che le altre non avrebbero mai ricordato le cose dette. I ricordi erano abbastanza confusi dall’alcool, che verso le tre era terminato, Olivia si lanciò alla ricerca di un’altra bottiglia e notò che qualcuno stava facendo sesso in una camera e altre persone erano addormentata per terra e sui divani. Non si preoccupò troppo di svegliare qualcuno, si diresse in cucina e cercò nel frigo e nei vari sportelli, aprì una porta che portava alla dispensa ed alla fine trovò un ultimo pacco da sei bottiglie di birra e tornò dalle altre. Girandosi vide un quadro staccato dalla parete e un cassetto infossato nella parete che aveva tutto l’aspetto di una cassaforte, abbastanza confusa vide la manipola e i numeri, era ovviamente chiusa, ma se anche fosse cosa le importava? Non voleva certo aprirla, non avrebbe di certo rubato nulla. Le venne in mente il padre che le aveva riso in faccia quando lei gli disse che avrebbe trovato un lavoro per pagarsi gli studi e che avrebbe fatto carriera, un giorno. Lui le aveva risposto che le donne non fanno carriera, che dovrebbero solo occuparsi di "pulire per terra". All’improvviso rimase con le bottiglie tra le braccia, ad osservare quel semplice cassetto che doveva contenere almeno un suo desiderio.
–Che stai facendo?- il panico invase il corpo di Olivia, che si girò di scattò facendo quasi cadere le birre. Aveva pensato che fosse la proprietaria del loft, essendo una voce poco conosciuta, ma davanti a lei c’era Yvonne.
–H-Ho trovato le birre.- disse con la voce che ancora le tremava per lo spavento.
-E’ una cassaforte?- chiese Yvonne scansandola e dirigendosi verso di essa. La osservò per un po’ e poi provò a digitare: 1234. Ma non si aprì.
–Peccato.- disse Yvonne. Non era sicura che avrebbe preso qualcosa, voleva solo provare il codice, si disse. E poi chi era tanto stupido da mattere una cassaforte dietro un quadro nella dispensa? E un quadro orrendo, poi. Pensò ancora al codice per un momento,poi si chiese perché lo stesse facendo, voleva rubare i soldi? Non ne era sicura ma i suoi pensieri si diressero alla borsa e alle scarpe di Gucci che aveva visto l’altra settimana.
-Ma tu non conosci la proprietaria?- chiese Olivia.
-In realtà il loft è del padre,- si girò verso di lei, -perché?- il suo sguardo mise in soggezione Olivia, e lei lo sapeva bene, era alta almeno sette centimetri più di lei e le piaceva far sentire a disagio la gente che metteva in disagio lei. Ma Olivia resse lo sguardo
–Apri tutte le cassaforti delle tue amiche?-
-I padri delle mie amiche,- la corresse Yvonne, - e ad ogni modo non è nemmeno una mia amica, direi più conoscente.- sospirò vedendo lo sguardo accusatorio di Olivia. –Che c’è? Ci hai pensato anche tu, solo che io ho avuto le palle di provarci.- Fece per aiutare Olivia a reggere le birre quando comparve sulla soglia della dispensa Jolene.
–Ma che state facendo tutto questo tempo qua?- chiese Jolene. Osservò Yvonne che aveva appena staccato dalla confezione tre birre.
-Rifornimento.- rispose Yvonne. -Quella è una cassaforte?- chiese Jolene mentre si avvicinava, -Chi è stato il furbo che ha avuto l'idea di metterla dietro un quadro? Per di più nella dispensa.-
-E' la stessa cosa che ho pensato io.- esclamò Yvonne. Jolene osservò più attentamente i numeri, chiedendosi quale fosse la combinazione.
-Quale hai detto che è il nome della proprietaria?- chiese. -Non l'ho mai detto.- rispose Yvonne, che si guadagnò un'occhiata sarcastica da parte di Jolene e Olivia.
-Kate.- sospirò. -Ma a che ti serve?-
In realtà molti codici delle cassaforti erano semplicissimi, per di più date importanti come una nascita, un anniversario, un giorno particolare, ma erano anche nomi di quattro lettere trascritti come i numeri della tastiera. Jolene lo pensò ma non lo disse. Ma se fosse stato quello il codice giusto? Chissà cosa c'era dentro. Ovviamente rubare era sbagliato, lei studiava Legge e andava contro ogni suo principio e regola, era per questo che voleva diventare un avvocato, oltre che per pagare le cure per suo fratello minore, di cui i suoi genitori non potevano occuparsi economicamente. "Se ci fosse dentro qualcosa di illegale?" questo fu la giustificazione che trovò Jolene alla sua azione, e non ci ripensò più, agì solo d'impulso dicendo la frase seguente:
-E se fosse quello il codice?- Si era già pentita.
-Kate?- dapprima Olivia non capì ma poi un guizzo d'intesa attraverso i suoi occhi. Yvonne ci mise un pò di più, poi quando capì si guardarono tutte, incapaci di agire.
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Capitolo 2 *** L'hai fatta grossa Jolene ***
cap 2
Era un giorno di sole splendente e Jolene e Yvonne si godevano la
giornata sull’attico del palazzo, sorseggiando un drink. Avevano
passato tutta la notte a lavorare ad un piano, e poi scoprirono che il
vecchio si era semplicemente addormentato, Yvonne si fece una grassa
risata ed ordinò da mangiare mentre Jolene cominciò a guardare qua e là
per i cassetti. Solitamente gli uomini non nascondevano molto le cose,
si limitavano a porle sotto a qualcosa o spostarle in fondo ai
cassetti, e loro miravano a cose di poco conto di cui poi non avrebbero
denunciato la scomparsa, come orologi costosi, contanti stessi, carte
di credito da cui prendevano poco in modo tale che non se ne sarebbero
nemmeno accorti. Puntavano per lo più ai vecchi, poiché era facile
ingannarli, bastavano due paia di gambe e facevano salire subito nella
camera chiunque mostrasse un po’ di mercanzia. Di solito erano Jolene e
Yvonne a fare il lavoro “sporco”, Yvonne si divertiva chiaramente anche
se la sua parte preferita era quando bevevano cocktail immerse nel
lusso, Jolene invece assisteva passivamente a quelle serate, non le
facevano né caldo né freddo, le piacevano molto i soldi però. Olivia
alternava raramente Jolene, lei per lo più rubava e spiava, dava
segnali e il piano di fuga ed entrata, ma in quel momento era
all’università.
-Vorrei che fossimo tutte qui per goderci la riuscita del piano.- sospirò Yvonne tra le bolle dell’idromassaggio.
-Ha già preso i soldi?- chiese Jolene.
-Si,circa trentamila.- sorrise Yvonne mordicchiando la cannuccia del suo drink.
-Trentamila? Ma così se ne accorgerà!-
-Ehy
Jail, non ti agitare, questo è ricco sfondato, e poi dobbiamo pagarci
l’affitto e l’università per tre. – A quel pensiero Jolene tremò un
po’, il soprannome che usava Yvonne per prenderla in giro non aiutava
un gran chè la sua tranquillità.
-Bene, allora vedo se riesco a
trovare qualcos’altro.- Jolene si alzò dal dolce calore
dell’idromassaggio, andò a prendere l’accappatoio ed entrò nella
stanza. Il vecchio era sceso da un pezzo perché doveva “sbrigare delle
cose”. Non fu difficile individuare una collana sullo scaffale del
salone, in bella vista. Jolene non era brava con i gioielli, ma
sembrava d’argento ed al centro c’era una pietra azzurra, senza
pensarci troppo prese e se la infilò nella tasca dell’accappatoio. Lei doveva pur provvedere per la sua famiglia in qualche modo, non sopportava vedere i suoi genitori in quelle condizioni.
Tornò di corsa da Yvonne ch sembrava quasi essersi addormentata.
-Dai Yvi, andiamo, è tardi.-
Per
fortuna Yvonne si alzò senza troppe storie, e se la filarono, lasciando
come al solito un falso biglietto con un numero a caso e un loro bacio
impresso sulla carta.
Incontrarono Olivia fuori dall’università, intenta a bere un caffè mentre le aspettava.
-Ci avete messo un sacco di tempo, pensavo quasi vi avessero beccate.- sorrise Olivia.
Aveva i lunghi capelli biondi sciolti, e due treccine bionde davanti che le coronavano il viso.
-Beh cosa abbiamo preso stavolta?- chiese elettrizzata.
-Seicento
in contanti e una fedina, mi è sembrata d’argento.- spiegò Yvonne, -Oh
Oli, dovevi vedere che lusso, lui si è messo subito a dormire e noi
abbiamo avuto tutto il tempo per rilassarci e prendere ciò che
volevamo.- disse con occhi sognanti. Jolene non disse nulla sulla
collana, che al momento sembrava avere delle insegne luminose che
fuoriuscissero dalla borsa. Non voleva mentire alle altre, la verità
era che si sentiva stupida e pensava di aver fatto un madornale errore,
il suo unico desiderio era quello di riportarlo al proprietario, quella
collana valeva sicuramente tanto. Ma avrebbe fatto tutto da sola, non
voleva metterle in mezzo, non come l’ultima volta, era colpa sua se il
codice della cassaforte era saltato fuori.
-Ehi Jo che succede? Ti sente male?- chiese Olivia bloccando tutti i racconti fantastici di Yvonne.
A
Jolene serviva una scusa per essere assente tutta la giornata, così si
inventò la prima cosa che le venne in mente: -Si, forse è stato
l’alcool di prima mattina.- ipotizzò, -Oggi resto a casa.-
Le tre
avevano organizzato un’uscita per andare a comprare mobili carini per
la casa, da sostituire con quelli vecchi e orribili che c’erano al
momento e fare la spesa, perché i genitori di Olivia sarebbero arrivati
il giorno successivo, ma sapevano tutte che sarebbe andata a finire col
fare anche dello shopping, soprattutto ora che avevano più soldi.
-Ma
dovevamo scegliere il tavolo.. e il divano!- protestò Yvonne.
Quell’uscita era stata programmata da mesi, anche se si conoscevano da
poco si trovavano in totale sincronia e avevano deciso di dividere
l’appartamento fino alla fine dei prossimi tre anni di studio.
L’appartamento era carino, aveva un balcone abbastanza grande e anche
all’interno non era piccolo, perciò Jolene e Olivia avevano costretto
Yvonne a rinunciare all’idea di vivere in un super attico e limitarsi a
sistemare l’appartamento.
Si diressero verso la casa, Olivia e
Yvonne posarono i libri e salutarono Jolene, che era distesa sul letto.
Jolene aspettò circa una quindicina di minuti, vide Yvonne e Olivia
allontanarsi e si assicurò che non tornassero indietro, dopodiché
indossò un completo estivo ma elegante e si diresse verso l’Hotel a
cinque stelle della sera prima.
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Capitolo 3 *** Senza rimedi ***
cap 3
Jolene era entrata da poco nel lussuoso Hotel, e già cominciava
a sudare e sentirsi agitata. Non aveva un vero e proprio piano, sperava
che le avessero dato il passpartou o che il milionario fosse ancora
nella suite per posare la collana al suo posto, sapeva che non sarebbe
stato così facile, anzi che era vera e propria pazzia, ma voleva
provarci. Si diresse verso il tavolo delle informazioni dove
c’era un tizio carino e basso di nome “Francis”,
sfoderò un sorriso e si rivolse a lui –Salve, sono una
…ehm, conoscenza, del signor Warlett, suite 762, avrei urgenza
di vederlo.- ammiccò Jolene. Non era stata molto
convincente, ma non voleva perdersi d’animo.
–Il Signor Warlett non è nella camera al momento, non
posso farla entrare, mi spiace.- disse sorridendo Francis. Forse la
parola “conoscenza” non era abbastanza ovvia, doveva
sottolineare più il concetto.
-Siamo molto intimi, non ci sarà nessun problema se entro mentre lui non c’è.- sorrise cortesemente.
-Mi dispiace ma non posso farlo.- sorrise.
-Senti Francis, ti ho detto che ho bisogno di entrare dentro quella
Suite, sarà per pochi secondi, e tu potrai acompagnarmi se
vuoi.- quasi urlò, era stanca di quei finti sorrisetti, e aveva
i nervi a fior di pelle. Vedeva un guizzo di dubbio e stupore negli
occhi scuri di Francis, e ne approfittò. –Ti prego, ci
vorrà solo un attimo.-lo supplicò. La sua mano si
spostava nervosamente tra il telefono e le chiavi davanti lui, alla
fine prese le chiavi, con cui aprì una vetrina dietro a lui dove
c’erano i passpartou delle suite e le chiavi vere e proprie.
Uscì da dietro il tavolo e si diresse verso l’ascensore.
–Grazie.- mormorò a disagio Jolene. Lui aveva uno sguardo
serio, e abbastanza arrabbiato, infatti non le riferì parola per
tutti i primi quaranta piani, e ne mancavano trenta.
-Se ci andrò di mezzo, farò il tuo nome.- disse Francis,
quando una coppia di adulti scese dal quarantunesimo piano.
-Nemmeno lo sai il mio nome.- rispose Jolene. Lui la guardò per
un attimo e poi si girò verso le porte automatiche senza dire
una parola.
-Wow, ti pagano abbastanza per mantenere questa espressione
ventiquattr’ore su ventiquattro?- la domanda di Jolene era
retorica, sapeva che lui non le avrebbe mai risposto, e per
sdrammatizzare era solita fare queste battutine. Sentì soffocare
una lieve risata e sorrise anche lei appena. Entrò una coppia di
anziani, e a Jolene venne ancora più da ridere perché non
poteva farlo, così quando uscirono lei e Francis scoppiarono in
una breve risata.
–Sei una di quelle ragazze che si approfittano dei soldi
altrui, vero?- Jolene si sentì bruciare di vergogna, non poteva
rispondere di no, perché non era la verità, ma non voleva
rispondere di si.
-Ne vedo tante qui, ma non avrei mai sospettato di te.- le sorrise. Era un po’ strano, ma era complimento.
Lei sorrise di rimando. –Che hai combinato?- chiese con uno
sguardo d’intesa. Quindi di solito c’erano donne che
rubavano e poi se ne pentivano e tornavano per rimettere le cose
apposto? Non era l’unica.
All’improvviso si sentì più sicura, come se Francis
fosse qualcuno con cui confidarsi, e non un membro dell’Hotel che
poteva consegnarla alla Polizia.
-Io.. ho preso una cosa, e voglio rimetterla al suo posto.- ammise con
gli occhi fissi sulla moquette dell’ascensore. Lui alzò un
sopracciglio, -Beh, complimenti, sei una persona onesta.-
-Le persone oneste non rubano.- rispose Jolene.
Lui non rispose per un po’, erano arrivati al sessantottesimo
piano, -hai capito di aver sbagliato e vuoi rimediare, non tutti sono
disposti a farlo.- concluse.
Beh, la verità è che questo era un carico troppo grosso,
meno di cinque ore fa aveva adulato il Signor Warlett e lo aveva
derubato, ma questa parte non se la sentiva di raccontarla, aveva
già ammesso troppo.
Le porte si aprirono, e si diressero verso la suite che si trovava
infondo al corridoio. Lui le fece un sorriso rassicurante e disse
–Faccio io il palo, tu entra e fai quello che devi fare.- le fece
l’occhiolino, tirò fuori il passpartou e stava per
strisciarlo nella serratura, quando un urlo attraversò la porta,
veniva dall’interno.
-Subito! E’ scomparsa, capito? Il capo della sicurezza! Adesso!-
disse e attaccò la cornetta con così tanta violenza, che
Francis e Jolene sentirono l’impatto. Jolene bloccò la
mano di Francis, gliela prese e corse verso gli ascensori, ma erano
tutti occupati, ed il più vicino di trovava al cinquantatreesimo
piano.
-Merda, merda, merda.- Jolene era entrata nel panico. –Sta
cercando la cosa che ho rubato.- disse sottovoce, per paura che
qualcuno la stessa spiando o sentendo. –Beh, vai da lui e
restituiscigliela.-disse Francis. Jolene non poteva certo bussare e
dire “Ehi ti ho rubato la collana, ti ricordi di me? Oh, comunque
eccola qua!” . Ci sarebbe andata di mezzo lei e le altre, e non
poteva farlo. Poteva però lasciarla davanti alla porta? Sarebbe
stato un gesto avventato, qualcuno poteva vederla o rubarla,
però voleva tentare.
-Aiutami, voglio bussare e metterla davanti alla porta.- disse a Francis.
Lui ci pensò per un secondo e poi la aiutò, erano a
metà del corridoio quando le porte dell’ascensore si
aprirono, facendo uscire poche persone, loro fecero finta di camminare
con nonchalance fino a che queste non fossero entrate nelle proprie
suite. Non appena il corridoio fu di nuovo libero, loro continuarono ad
avanzare verso la suite, ma dall’ascensore stavolta uscì
quello che doveva essere il capo della sicurezza con due poliziotti ai
suoi lati. Jolene e adesso anche Francis, presi dal panico girarono in
un altro corridoio a destra di quello principale, che purtroppo era
solo un vicolo cieco, dove c’erano un istintore ed una porticina
anonima sicuramente chiusa
. –Se mi scoprono, mi licenziano, e poi mi arrestano.-
mormorò Francis a Jolene con un’occhiataccia. –Io
sarò direttamente morta invece.-
La polizia stava per passare davanti all’uscita, quando a Jolene cadde l’occhio sul passpartou di Francis.
Indicò il passpartou a Francis, e mimò il gesto di aprire
la porta, lui annuì e piano aprirono la porta. Questa fece il
suono di apertura, e quando Jolene e Francis se ne accorsero, erano
già dentro alla porta, sperando che i poliziotti non ci avessero
fatto caso. Li sentirono passare per il corridoio e non appena i loro
passi furono quasi lontani, tirarono fuori l’aria dai polmoni.
–Ma che diamine hai preso?- chiese Francis.
Il signor Warlett aprì la porta urlando qualcosa di
incomprensibile e poi la richiuse, e ci fu di nuovo il silenzio. Jolene
aprì la porta ed uscì dalla minuscola stanza in cui erano
stati, un po’ in imbarazzo per la situazione. Adesso non poteva
più fare niente.
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Capitolo 4 *** Come portarsi l'Etiopia a casa ***
cap4
Yvonne e Olivia giravano per il negozio in cerca di qualcosa
di elegante, ma che poteva entrare in quei pochi metri quadrati. Olivia
osservava con ammirazione tutto quello che le piaceva, provava tutti i divani e
toccava le superfici dei tavoli. Yvonne era molto più selettiva invece, anche a
lei piacevano più o meno le stesse cose di Olivia, ma le piaceva valutare il
materiale ed il valore dei mobili. Avevano appena trovato un divano di federa
verde chiaro e bianco con una fantasia particolare, e decisero che si addiceva
al tavolo di legno bianco che avevano deciso di prendere, pagarono con la carta
che si erano fatte in cui tenevano tutti i soldi rubati ed uscirono velocemente
dal negozio poiché si accorsero che era tardi, e ancora dovevano andare a fare
la spesa e sistemare il tutto per l’arrivo dei genitori di Olivia. Ne avevano
parlato qualche sera fa, ed il padre di Olivia aveva insistito per andarla a
trovare anche se il fine era scoprire come si era sistemata, che lavoro faceva,
la sua media e con chi viveva, per questo era molto agitata e nervosa dato che
l’ultima volta che lo aveva visto era stato più di un anno prima, quando era
scappata di casa. Arrivarono a casa per le sei, e cominciarono a preparare gli
ingredienti per il pranzo del giorno dopo, doveva occuparsene Jolene che era la
più brava ai fornelli. La trovarono con una tazza di caffè davanti alla
finestra, che guardava fuori con uno sguardo cupo –Ehi Jol, come ti senti?-
chiese Olivia poggiando le mani sopra le sue spalle. Jolene non si mosse,
rispose solo con un mormorio. Yvonne guardò stranita Olivia –Sei sicura? Ti
porto qualcosa?- chiese ancora Olivia. Jolene non rispose ma sapeva che se
avesse continuato a fare così le avrebbero chiesto di più, quindi si decise ad
alzarsi ed aiutarle a preparare il pranzo, dicendo di essere solo molto stanca.
Il giorno seguente, un Sabato, Olivia mise di nascosto la sveglia alle sette
per sistemare ancora alcune cose ed aspettare la consegna del divano e del
tavolo che sarebbe dovuta arrivare verso le undici, non voleva svegliare Yvonne
e Jolene, che avevano messo la sveglia verso le nove, ma non sapeva che Jolene
non era riuscita a dormire nemmeno per un secondo, attratta da una strana luce
immaginaria che usciva dalla sua borsa. Olivia fece il giro delle camere
assicurandosi che ci fosse un buon odore e che fosse tutto pulito e,
perfezionista com’era, diede un’altra spolverata a tutti i mobili. Yvonne
ignorò la sveglia e si alzò solo verso le dieci, mentre Jolene con gli occhi
sbarrati si alzò e andò a farsi una tazza di caffè.
-Oddio Jolene hai un aspetto orribile.- disse Olivia spaventandosi quando la
vide strisciare dietro di lei attraverso lo specchio con la tazza in mano.
–Mi sistemerò per pranzo non ti preoccupare.- borbottò bevendo l’ultimo sorso.
Puntuali, arrivarono i mobili e Yvonne Olivia e Jolene si affrettarono a
mettere tutto al loro posto, Jolene finì di preparare i secondi piatti, mentre
Olivia apparecchiava sgridando Yvonne che metteva le posate in disordine.
Jolene fece appena in tempo a mascherare le occhiaie quando bussarono alla
porta. Olivia le riunì un secondo prima di aprire: - Io lavoro in uno studio
dentistico, Jolene lavora come commessa e Yvonne invece fa la baby-sitter,
tutto chiaro?-
-Ma perché lo faccio io il lavoro inutile? Neanche mi piacciono i bambini.- si
lamentò Yvonne. Olivia la zittì ed aprì la porta.
-Ciao.- esclamarono insieme le tre,
tutte sorridenti. In realtà ad Yvonne veniva voglia di spaccare la faccia al
padre, dopo tutto quello che le aveva detto Olivia, ma si trattenne e finse un
sorriso.
Il padre di Olivia era molto alto e robusto ed aveva gli stessi occhi chiari di
lei, mentre dalla madre, molto esile e bassa, aveva ripreso la corporatura ed
il biondo cenere dei capelli.
-Ciao amore, come stai?- la madre abbracciò Olivia, mentre Yvonne e Jolene
strinsero la mano al padre, che aveva una stretta a dir poco ferrea. –Salve, io
sono Jolene.- si presentò. –Io sono Yvonne.- disse stringendo altrettanto forte
la mano del padre. Dopo poco si sedettero al tavolo, e la madre si congratulò
per l’aspetto gradevole dell’appartamento e commentò insieme ad Yvonne un
quadro appeso nel soggiorno. Il padre di Olivia si lasciò sfuggire qualche
mormorio di assenso, ma non disse nulla. Jolene nel frattempo era in cucina e
stava facendo i piatti, passato un giorno cominciò a vedere la faccenda
diversamente, pensò che si era fatta troppi problemi, era soltanto una collana e
ovviamente la stavano cercando, poiché era molto costosa, ma non sarebbero mai riusciti a risalire a
loro. Non era sicuramente la prima volta che rubavano una collana, e se anche
fosse con tutti quei soldi poteva comprarsene un’altra. Cominciò a rilassarsi,
le spalle si sciolsero poco a poco e Jolene si sentì quasi sollevata. Tornò in
soggiorno con i piatti, e facendosi aiutare dalla madre Daisy, finalmente
cominciarono a mangiare. A tavola, come previsto, il padre chiese a tutte che
lavoro facessero.
-Io lavoro in uno studio dentistico, da già cinque mesi ormai.- sorrise Olivia.
Il padre ignorò completamente la situazione, mentre la madre si congratulò con
lei.
-Io faccio, ehm, la baby-sitter.- rispose poco convinta Yvonne.
-Ti piacciono i bambini?- chiese la madre con un moto di commozione.
-Oh si,- annuì Yvonne, -soprattutto quando dormono.- sorrise. Jolene soffocò
una risata e Olivia dette un calcio alla gamba di Yvonne.
-E tu, Jolene, giusto?- chiese il padre.
–Si, io lavoro in un negozio al centro.-
disse Jolene.
–Oh, che genere di negozio è?-chiese il padre.
Jolene balbettò un po’ per inventarselo, ma sperava non ci avesse fatto caso,
-E’ un.. negozio per ..articoli di casa.- fu l’unica cosa che le venne in mente
velocemente, guardando i bicchieri e i piatti sulla tavola.
Il padre sembrava contento, -e dimmi è molto frequentato? E’ una catena
famosa?-
-No.. non è conosciuto, ma vengono molte persone ogni giorno.- inventò Jolene.
-Vuoi dire donne.- disse il padre.
-Ehm, anche.-
Il padre sembrava un po’ interdetto, così decise di cambiare discorso.
-E quindi con questi lavori riuscite a mantenere i costi dello studio e dell’appartamento?-
si stupì il padre.
-Ce la caviamo.- concluse a disagio Yvonne.
-E’ un bell’appartamento.- ammiccò la madre di Olivia.
-Zitta Daisy.- la zittì il padre. Olivia era diventata tutta rossa dalla
rabbia, Yvonne era a dir poco disgustata e Jolene si sentiva terribilmente in
colpa per aver creato quella situazione.
-Vado a prendere il dolce.- si alzò Olivia. Scomparve per trenta secondi,
ripetendosi che non avrebbe lasciato che il padre le rovinasse la giornata ed
asciugandosi le lacrime.
Accesero la tv, per rasserenare il clima di tensione che si era creato.
-Ah, calcio femminile, ma dove andremo a finire? Lo sport è per gli uomini.-
disse il padre sgridando il televisore che trasmetteva una partita.
-Non tutti gli sport sono solo per uomini, ad esempio la danza.- fece notare
Yvonne.
-Quello non è uno sport.- concluse il padre.
Yvonne si resse forte alla sedia e lanciò un occhiata a Jolene, che fece un
profondo respiro per mantenere la calma. Cominciò il telegiornale e passò in
primo piano la notizia del giorno: -La famosa collana di zaffiro della
principessa dell’Etiopia del IV secolo, del valore di seicentomila dollari è
stata rubata, gli agenti indagano sui possibili…- Jolene che stava finendo la
crostata si strozzò non appena sentì la notizia alla televisione. Il panico la
riavvolse di nuovo, e stavolta era qualcosa di concreto e molto più spaventoso.
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Capitolo 5 *** Las Vegas! ***
cap5
Non appena i genitori di Olivia se ne fossero andati, Jolene
si era lasciata andare, oramai doveva dire tutto alle altre e dovevano
cominciare a ragionare tutte insieme per risolvere quella situazione. Si
sedette sul letto con lo sguardo fisso su un punto indefinito. La principessa
d’Etiopia, sul serio? Non sembrava una collana del IV secolo, avrebbe dovuto
accorgersene, no? Si fece coraggio e l’idea di lei cacciata dall’appartamento
da Yvonne e Olivia e poi in prigione si fece più vivida. –Yvi! Olly! Venite un
attimo.- le chiamò dall’altra stanza. Respirò profondamente e le vide arrivare
una con i guanti da cucina e l’altra con lo spray per pulire le superfici,
-sedetevi.- disse cautamente. Loro si scambiarono uno sguardo preoccupato e si
sedettero.
-Devo dirvi una cosa, probabilmente mi caccerete dall’appartamento, però devo
farlo.- non aveva il coraggio di guardarle negli occhi. Olivia le prese la
mano, -Sai che non è così, dai racconta.- disse.
-Beh, avete presente quando eravamo sedute a tavola a guardare il
telegiornale?- Loro annuirono.
-Hanno passato la notizia del furto della collana d’Etiopia, quella da
seicentomila dollari..- loro continuavano a guardarla, Yvonne si mise le mani
davanti alla bocca. –L’ho rubata io.- ammise con gli occhi rivolti verso il
basso. Ci fu silenzio per una decina di secondi, poi Yvonne scattò in piedi –Oh
mio dio Jail.- sembrava spaventata, -Oh mio dio Jail!- adesso la sua espressione
era quasi divertita. Si alzò in piedi e la guardò dal basso verso l’alto,
-Jolene, giovane studentessa di legge, ruba una collana da seicentomila
dollari, oddio, avrei scommesso su Olivia ma mai su di te!- disse stupita.
–Ehi!- la rimbeccò Olivia.
-Non è divertente, finirò in prigione, e ti ricordo che quella sera eri con me.
Inoltre potrebbero anche rintracciare Olivia per i trentamila,- sospirò e
stavano per uscirle le lacrime, -scusatemi, l’ho fatto senza pensarci.- riuscì
a dire. Olivia continuò a massaggiarle le spalle, -Ehi Jail, riflettiamo, non
ti abbattere subito, possiamo restituirla.- propose.
–Si, così ci arrestano.- disse Yvonne,
che stava passeggiando avanti e dietro per la stanza.
-Dunque, hanno scoperto il furto oggi, giusto? Noi siamo uscite l’ultima volta
dalla suite ieri, e oltre al fatto che sono in ritardo di un giorno, il che è
strano, potrebbe anche averla rubata qualcuno oggi.- ipotizzò Yvonne, sempre
passeggiando avanti e indietro. Loro sembravano non capire.
-L’abbiamo rubata noi, ok, ma la colpa potrebbe ricadere anche su qualche
cameriere, donna delle pulizie, e questa notte potrebbe aver portato nella
stanza altre ragazze, non siamo per forza in cima alla lista.- ragionò Yvonne.
-E le telecamere? Se siamo le uniche registrate ad entrare ed uscire dall’hotel?-
chiese Olivia.
-Tu non c’entri.- tagliò corto Jolene.
-Io sono entrata nella hall con voi, ho fatto da diversivo, e ci sono stata
tutto il tempo in cui voi siete entrate. Non sono affatto esclusa.- ribattè
Olivia.
-Già, le telecamere sono un problema.- ammise Yvonne. –Guarderanno tutti i
video, e ci interrogheranno per forza perché siamo state nella suite.- Tutte restarono in silenzio. Dopo qualche
minuto, in cui tutte cercavano qualcosa che avrebbe aggiustato la situazione in
qualche modo, l’unica idea venne in mente ad Olivia.
-Partiamo.- disse.
-Che?!- quasi gridarono all’unisono Jolene e Yvonne.
-Si, prima che ci interroghino e ci scoprano, partiamo.- ripetè con voce calma.
-Ma che cavolo dici Olly, così è peggio!- disse Yvonne.
-No, andiamo a stare a Las Vegas, dove
vive la mia famiglia, per l’estate.-
-Verrano a cercarci, è una collana da seicentomila dollari!- sottolineò Jolene.
- Se andranno a Las Vegas , sarà solo per vedere la collana al suo posto.-
continuò Olivia.
-Nelle nostre valige?- ironizzò Yvonne.
-No, al suo posto, ma voi avete ascoltato il servizio? Il mausoleo a cui appartiene
si trova a Las Vegas,- disse con il tono di chi sta spiegando qualcosa di ovvio
e semplice, -lo rimettiamo al suo posto.- concluse.
Jolene ed Yvonne si guardarono allibite. –Ma..ma non è strano che ci abbiano
visto nella suite, e poi a Las Vegas, nei pressi del mausoleo?- balbettò
Yvonne.
-Basta che la collana sia lì, senza un graffio.- alzò gli occhi al cielo
Olivia. Jolene ed Yvonne non erano molto sicure della riuscita del piano di
Olivia stavolta, e per dirla tutta nemmeno Olivia era molto sicura, ma i suoi piani
avevano sempre funzionato, e dovevano mettere le cose apposto.
-Facciamo le valige, allora!- sorrise Yvonne, che della situazione vedeva
sempre il lato positivo. Era appena iniziata l’estate, la sessione estiva degli
esami sarebbe iniziata tra un mese, e loro si concedevano una breve “vacanza” .
Fecero le valige in fretta e furia, dovevano arrivare il prima possibile. Come
al solito Yvonne fu l’ultima, e quando le dissero che si sarebbe dovuta portare
solo un trolley, impazzì e rifece da capo tutta la valigia.
Finalmente arrivarono all’aeroporto e presero il primo volo per Las Vegas.
-E i tuoi genitori?- chiese Jolene.
-Avevano detto che si fermavano in città per un po’, qualcosa riguardo gli
affari di mio padre.- disse Olivia in fila per il check in.
-Ma andremo a stare dai tuoi, giusto?- chiese Yvonne, scocciata.
-La casa dei miei è fuori città.- annuì. –Tranquille, ho le chiavi,- rise. –Non
c’è nemmeno bisogno che io gli dica che andiamo là.- alzò le spalle.
Il volo partì la sera tardi, e le tre dopo poco, si addormentarono, stanche ma
incredule per quel viaggio inaspettato.
Arrivarono la mattina presto, fecero colazione all’aeroporto e preso subito un
taxi, la casa dista mezz’ora di macchina, ed appena scesero si stupirono della
casa dei genitori di Olivia, che essendo di modeste dimensioni era
assolutamente diversa dalle altre, molto più classica e carina.
-Io non sarei mai scappata di casa, Olly!- ridacchiarono Yvonne e Jolene, metre
posavano le valige nell’atrio, e si guardavano attorno quasi estasiate dalla
semplicità e dal gusto con cui era arredata la casa.
-Portate le valige in camera mia!- urlò da fuori mente pagava il tassista, -la
seconda porta a sinistra.-
Le due si diressero nella stanza di Olivia, che aveva un enorme letto
matrimoniale, inoltre nella stanza c’erano molti libri e molte medaglie. Yvonne
si sedette sul letto e si sentì sprofondare.
-Il materasso è ad acqua, vi da fastidio?- chiese Olivia nel momento esatto in
cui Yvonne se n’era accorta.
Yvonne rise istericamente per un po’ ed invitò Jolene a provarlo. –Oh mio dio,
è fantastico! Perché non ne abbiamo uno nel nostro appartamento?- disse
saltando sul letto.
-Non vi divertite troppo,-sorrise Olivia,- sarà solo per pochi giorni, fino a che
non restituiremo la collana.- Così spense tutto il divertimento di Yvonne, che
si stava dirigendo verso la cucina per prendere un po’ da mangiare.
-Ehi Olly, ce li avete i… Aaah!- urlò Yvonne.
Jolene corse verso di lei dalla stanza accanto, ed Olivia scese di corsa
le scale.
-Che c’è? Ci sono scarafaggi o ragni? No perché è molto comune qui!- disse
Olivia preoccupata. Sapeva che Yvonne odiava gli scarafaggi.
-C’è un uomo nudo nella tua cucina!- urlò senza voce. Olivia e Jolene si
guardarono allarmate e si diressero in cucina.
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Capitolo 6 *** Max ed il passato di Olivia ***
cap6
Yvonne guardava allarmata l’uomo davanti a lei, che era
davvero completamente nudo, e beveva dalla bottiglia del succo di arancia.
-Max! Dio, vestiti!- gli intimò gridando Olivia.
–Non è un brutto spettacolo.- commentò
Jolene. Yvonne rise e si diedero il cinque.
–Ciao Olivia! Non mi avevi detto che
tornavi.- le fece l’occhiolino coprendosi appena con un canovaccio della
cucina.
-Sei disgustoso.- commentò lei strappandogli il succo e buttandolo nel cestino.
-Non ci avevi detto di avere un fratello maggiore, Olly.- sorrise
maliziosamente Yvonne.
-Non sono imparentata con lui.- disse schifata Olivia. Secondo il particolare
occhio di Yvonne, Max aveva sui trent’anni e aveva un fisico niente male,
inoltre era scuro di capelli, niente a che vedere con il biondo di Olivia,
perciò se non era suo fratello chi poteva essere?
Non appena Max si fu rimesso le mutande e i pantaloni, lasciando comunque il
petto nudo, Olivia lo guardò meno schifata e lo degnò di parola, –Che ci fai
nudo a casa mia?-
-Tuo padre mi ha chiesto di venire a controllare la casa mentre lui era via.-
abbozzò Max sdraiandosi sul divano.
-E per questo giri nudo?- sottolineò con enfasi la parola nudo.
-Non era previsto il tuo arrivo, madame.- la prese in giro Max. Yvonne rise ma
smise subito quando Olivia la guardò male.
-Beh, non mi presenti le tue amiche?- chiese Max con nonchalance.
-Yvonne, Jolene, questo energumeno davanti a voi è il vice-sceriffo della
polizia. E’ difficile da credere, lo so, ma con la divisa sembra perfino un
essere umano.- Max alzò la mano in segno di saluto e diede una pacca ad Olivia.
–Energumeno schifoso, queste sono le mie compagne di università Yvonne e
Jolene.-
Loro sorrisero, soprattutto Yvonne, -Ciao.- dissero all’unisono.
Olivia si sedette accanto a Max a guardare la tv. –A che devo questo tuo
piacevole ritorno a casa?- chiese lui.
-Dobbiamo fare una commissione.- svagò Olivia, a cui era venuta un’idea.
-Fino a qui?- si sorprese lui. Nel frattempo Yvonne e Jolene, non sapendo cosa
fare,si sedettero in cucina a mangiare qualcosa, abbastanza vicine per sentire.
-Si, Yvi studia storia dell’arte e qui c’è il mausoleo, dobbiamo andare lì.-
-C’è l’asta domani sera.- la informò lui. Ancora non era arrivato al punto che
voleva Olivia, ma con molta pazienza ce l’avrebbe fatta.
-Perché è seduta lì vicino a lui se lo odia?- chiese Yvonne sottovoce a Jolene.
–Avrà in mente qualcosa.- sussurrò Jolene, che già aveva fatto due più due.
-Tu lavori domani sera?- chiese Olivia a Max.
-Al mausoleo.- confermò Max addentando una patatina dal pacchetto.
-Allora potrai accompagnarci, giusto?-
Lui sospirò, –Perché no.- sorrise. Bingo. Pensò Olivia, cosa c’era di
meglio di un vice-sceriffo che avrebbe potuto aiutarle?
Le ragazze si sistemarono ed Olivia provò a fare la carina, anche se non le
riusciva, proprio perché Max aveva acconsentito di accompagnarle e perché anche
se lui ancora non lo sapeva, avrebbe messo a rischio il suo lavoro per loro. Ma
quelli erano dettagli. Voleva stare il più lontano possibile da lui, perché le
dava un senso di sporco ed era molto maleducato, ma soprattutto perché lo
conosceva da molti anni e quando quel giorno il padre di Olivia aveva alzato le
mani sulla madre Daisy per l’ennesima volta, lui era presente e non aveva fatto
niente. Aveva sempre pensato a lui come un fratello maggiore, anche se da
adolescente si era presa una cotta per lui, e pensava che una volta visto cosa
faceva il suo collega avrebbe reagito e avrebbe portato lei e sua madre da
qualche altra parte. Però lui non aveva fatto niente, e l’aveva guardata
partire senza battere ciglio. Olivia represse quel ricordo che popolava la sua
mente molto spesso, ed adesso che era lì a casa dopo anni, ancora di più.
Dopo pranzo decisero che sarebbero andate in città per fare un po’ di shopping,
come al solito, e di vedere la città.
-Ma Las Vegas si vede di notte, non di giorno!- obiettò Max, che a quanto
sembrava, aveva presa residenza lì, fino a quando il padre sarebbe tornato.
-Tu non devi lavorare?- Olivia non si trattenne.
-No, il Venerdì ho la giornata libera, non te lo ricordi?- la guardò Max con
quegli occhi tanto familiari che la fecero star male.
-No.- distolse lo sguardo.
-Beh che facciamo quindi?- chiese Jolene.
-Andiamo a Las Vegas stasera, avete qualcosa da scommettere?- ammiccò Max.
Le tre si guardarono, eccome se avevano soldi da scommettere. Un poliziotto che
giocava d’azzardo, buffo no? Jolene si sentiva meno sola*
La sera le tre si erano prefissate di giocare un massimo di soldi, anche perché
poi Max avrebbe fatto di sicuro della domande, avevano un tetto massimo di cinquemila
che si erano prefissate di non sforare per nulla al mondo.
-Andiamo?- urlarono Olivia e Jolene che erano già fuori, nella calda brezza
estiva del Nevada, ad aspettare che Max ed Yvonne finissero di vestirsi, o di
fare qualsiasi cosa stessero facendo.
-Arrivo!- urlarono all’unisono. Yvonne
si stava mettendo i tacchi mentre la voce di Max arrivava dalla cucina.
-Quei due sono fatti l’uno per l’altra.- rise Jolene, riferendosi a quel
pomeriggio. I due adoravano prendere il sole,
discutevano della loro dieta vegana e parlavano persino di vestiti.
A quel pensiero Olivia avvertì una strana sensazione di fastidio, che venne
subito bypassata senza essere nemmeno analizzata. Tutto ciò che riguardava Max,
a parte il mausoleo, non le interessava, si convinse.
Finalmente Yvonne e Max arrivarono alla macchina.
-Ce l’avete fatta.- sospirò Jolene sedendosi dietro insieme ad Yvonne.
Per arrivare ci misero poco, e la città scintillante sembrava molto più
attraente di quella mattina, si era completamente trasformata, insegne
scintillanti ovunque che spostavano i loro occhi da una parte all’altra senza
sosta, enormi palazzi e tante persone che popolavano le vie.
La serata fu uno spasso, mangiarono una pizza in una pizzeria proprio vicino a
dei casino, ne scelsero uno e puntarono molti soldi, ne vinse molti Max ma
anche Jolene, Olivia ed Yvonne si accontentarono di bere.
-Dai, buttati Olly. Non lo fai mai, per una sera! Magari prima di andare in
prigione, chissà.- sorrise Yvonne.
Non era molto divertente ma ad Olivia quella sera non importava, il suo autocontrollo
era durato troppo, ed aver visto i suoi genitori, essere tornata a casa all’improvviso
per una folle missione, aver rivisto Max e soprattutto avere buone possibilità
di finire in prigione da un momento all’altro l’aveva messa in subbuglio.
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Capitolo 7 *** Vecchi incontri ***
cap7
La
mattina dopo Olivia si svegliò con un gran mal di testa, sdraiata sul letto dei
suoi. La luce che entrava dalle finestre e i molto gradi che avvertiva la
fecero sentire peggio, inoltre le indicavano che doveva essere passata da poco
l’ora di pranzo. Era ancora vestita come la sera precedente e puzzava da
morire. Decise di andarsi a fare una doccia prima di scendere al piano
inferiore, scelse con cura di evitare di ricordarsi quella notte, pensò solo a
lavarsi. La sua mente era molto più silenziosa del solito, come la casa del
resto, non le dava fastidio il disordine che c’era in camera, non si
preoccupava di asciugarsi e piastrarsi i capelli o di rendersi presentabile.
Scese e si diresse verso la cucina, sul divano vide Yvonne dormire con la bocca
aperta, controllò in camera e Jolene dormiva come un angelo, ed aveva deciso
saggiamente di mettersi il pigiama, al contrario suo. Il pensiero di Max l’attraversò
di sfuggita, non si permise di pensarci, andò dritta verso il bancone della
cucina per farsi un caffè, aprì lo sportello del frigo per prendere il latte e
quando lo chiuse davanti a lei apparve Max, voleva sicuramente prenderla di
sorpresa ma lei non si fece spaventare.
Fece finta di niente e versò un po’ di latte, lui era di nuovo nudo ed era
intento a guardarla mentre beveva dalla bottiglia.
Olivia lo ignorò completamente ed adesso che i ricordi stavano riaffiorando, si
sedette sulla sedia e bevve lentamente il caffè scrutando un punto
indecifrabile davanti a lei. Max si mise sulla sedia davanti a lei,
interrompendo il flusso dei suoi silenziosi pensieri, e facendole spostare lo
sguardo da un’altra parte.
-Per quanto tempo ancora continuerai a non guardarmi negli occhi?- le chiese
Max.
Olivia dovette fare uno sforzo per rispondere e per guardarlo, quindi ci
concesse un po’ di tempo prima di farlo e un grande respiro per l’autocontrollo.
Avrebbe potuto rispondergli peggio, ma la ragione le ricordava che quella sera
avrebbero avuto bisogno del suo aiuto.
-Fino a che non me ne andrò.- rispose Olivia. Finì in una sorsata il caffè e si
alzò dalla tavola. Lui ovviamente non disse niente, non reagì. Lui non faceva
mai niente.
Quando Olivia uscì fuori per buttare la spazzatura, notò il garage vicino alla
casa, nascosto dalla casetta degli attrezzi, non ci andava da molto tempo e se
l’era quasi completamente scordato. Lo aprì alzando molta polvere che la fece
starnutire, e dentro trovò la vecchia macchina del padre a cui non voleva
neanche avvicinarcisi, l’orrore della sua infanzia si rifaceva vivo, ma adesso
era cresciuta, e pensò di dover affrontare quelle cose. L’ultima volta che ci
era entrata si ricordava che era quando aveva accompagnato sua madre all’ospedale
perché suo padre le aveva rotto il naso, e lei piangeva e sanguinava. Respirò
profondamente.
Era solo una macchina alla fine, con dei
brutti ricordi allegati. Ma era una macchina. Guardò la macchina di Max e pensò
con ardore che avrebbe preferito guidare quella, ma era troppo orgogliosa per
farlo, perciò entrò in garage e si diresse in città con quella del padre. Nel
viaggio non mise nemmeno la musica, affrontò con calma la situazione, e quando
parcheggiò la macchina in città capì di esserci riuscita, da quel momento la
giornata aveva preso una piega migliore e lei si sentiva molto meglio. Entrò in
un market a comprare qualcosa da mangiare per la sera, prese anche delle aspirine per il suo mal di
testa ed eventualmente anche per quello delle altre. Quando uscì dal negozio, si fermò ad
osservarne un altro a pochi metri con vestiti eleganti molto costosi, se ne
stava per andare quando un tizio che era uscito proprio da quel negozio la
investì in pieno. Le buste non le caddero per fortuna e quando stava per dirgli
di fare più attenzione il vecchio signore si scusò per primo –Mi scusi.- disse
velocemente. Quando Olivia lo guardò lo riconobbe subito: era il signor
Warlett. Le caddero le buste dalle mani e lei rimase a bocca aperta e
impietrita, stava pensando che volesse arrestarla o che l’avesse beccata. Lui
si limitò a guardarla dall’alto verso il basso e se ne andò di fretta. Olivia
ci mise un po’ per realizzare che se ne era andato, e che lei era rimasta in
mezzo alla strada con le gocce di sudore che le scendevano lungo la fronte e la
spesa a terra. Per tutto il viaggio di ritorno non poteva che essere scioccata
da quell’incontro. Sapeva che il signor Warlett era a Las Vegas, che sicuramente quella sera avrebbe
partecipato all’asta e che non l’aveva riconosciuta. Decise di giostrarsela
bene, aveva un punto di partenza in più adesso, dovevano stare attente quella
sera al mausoleo ma di lei non sapeva nulla, perciò doveva usare questo come
punto a loro favore.
Non appena tornò a casa vide Yvonne e Jolene sul divano intente a guardare il
telegiornale.
-Novità?-chiese Olivia mettendo a posto la spesa.
-Solo che hanno delle piste per la collana.- rispose Jolene preoccupata.
Non era una notizia rilevante, pensò Olivia, era quello che si diceva quando
non sapevano cosa fare.
-Tu come stai?- chiese Yvonne.
-Un po’ scioccata.- convenne Olivia riferendosi all’incontro di poco prima.
-Per ieri sera?- domandò. Olivia passò in rassegna tutti i ricordi che aveva di
quella notte: lei aveva bevuto molto, avevano giocato e Jolene aveva vinto una
marea di soldi. Anche se in realtà questi erano le cose che lei aveva preferito
ricordare.
Yvonne non le diede nemmeno il tempo di rispondere. –Io non so se ti ha dato
fastidio.. però mi sento in colpa, volevo parlartene oggi perchè non voglio che
tu sia arrabbiata con me.- disse in fretta Yvonne. Wow delle scuse da parte di
Yvonne.
-Parlarmi di cosa?- chiese Olivia spaesata.
-Wow, eri proprio ubriaca.- rise Jolene.
-Io e ehm, Max, ci siamo baciati.- disse Yvonne a bassa voce e mordendosi le
labbra. Olivia che aveva represso quell’evento con così tanta cura e difficoltà
se lo vide passare davanti tutto insieme.
Guardò Yvonne per un secondo, provò a parlare ma si fermò e poi ci riprovò –Beh,
lo conoscevi solo da un giorno.. ma non ti farò la predica per questo.-
concluse Olivia sorridendo. Non voleva far sentire in colpa Yvonne facendole la
predica, lei era fatta così e chi era lei per giudicarla? L’unica nota dolente
forse era quel “Max”.
-Ho capito che forse tra voi due c’è qualcosa.. e io non volevo per niente..-
stava dicendo Yvonne quando Olivia la interruppe.
-Non c’è niente tra noi due.- precisò subito facendo cadere la lattina di
pomodoro per terra.
Yvonne la guardò per un attimo e si scambiò un’occhiata con Jolene.
-Beh, ma quando io l’ho baciato, lui mi ha fermata.. e mi ha detto che gli
piacevi tu.- disse Yvonne. Olivia venne totalmente investita da quella notizia,
il respirò le manco per molti secondi e dovette reggersi al tavolo.
-Non ha usato proprio quel verbo.. beh, ne ha usato un altro.- ammise Yvonne,
che si sentiva un po’ in colpa, ma che adesso era più preoccupata per l’espressione
di Olivia e se andare avanti o meno. Ma oramai non aveva scelta.
-Ha detto che ti ama, Olly.- concluse Yvonne. Olivia non parlò per molti
minuti, troppi shock per una sola giornata. In realtà era molto stupita da
quella notizia, ma d’altra parte pensava che non era vero. Insomma loro non si vedevano da due anni, come
faceva ad amarla? Era tutto di pessimo gusto. Olivia resistette alla voglia di andarsene in camera e
distruggere qualcosa per sfogarsi, si limitò a fare l’ennesimo profondo respiro,
a dimenticare quella conversazione e
parlare della cosa più importante.
-Ho incontrato il signor Warlett.- annunciò. Jolene ed Yvonne caddero in
silenzio e la fissarono impaurite.
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Capitolo 8 *** Cambiamenti Necessari (e dolorosi) ***
cap8
Olivia
spiegò a tutte loro l’incontro che aveva fatto con il signor Warlett, di come
non l’aveva riconosciuta e del perché fosse a Las Vegas.
-E’ chiaramente qui per l’asta.- convenne Jolene, che dopo aver appreso la
notizia aveva deciso di fare un tè per tutte quante.
-Dite che vuole partecipare comunque anche se non ha trovato la collana?-
chiese Yvonne, che non si riusciva a spiegare alcune cose. Istinto femminile o
meno, qualcosa non le quadrava.
-Forse sa che siamo a Las Vegas e ci sta cercando.- propose Jolene ad Yvonne.
-Di sicuro non pensa che andremo all’asta. Perché dovrebbe?- si chiese Olivia
provando a ragionare a voce alta.
-Bene, in ogni caso le mosse più pericolose le farò io questa sera, dato che
sono l’unica che sicuramente non conosce.- disse Olivia.
-Si, ma come mettiamo la collana al suo posto?- si chiese ancora Jolene, che stavolta
non aveva un piano preciso.
-E’ un’asta,- sottolineò Yvonne,- sono andata a molte aste, e so per certo che
prima che la merce sia presentata al pubblico, tengono una lista di tutto ciò
che deve venire presentato e un luogo in cui man mano arrivano gli oggetti.-
Olivia e Jolene rimasero a bocca aperta, non avevano tenuto conto che lei
studiava proprio la materia che faceva al caso loro. Yvonne alzò le spalle, -Mi
fingerò un’intenditrice d’arte oppure una possibile ricca cliente. – concluse.
L’idea non era male, Yvonne sull’aereo già stava pensando a come entrare nel
mausoleo, ma c’erano ancora da calcolare la sicurezza e lo staff addetto alla
merce, non sarebbe stato così facile.
-Beh, la collana la lasciamo nel magazzino.- disse Jolene e le altre annuirono.
-Quale collana?- chiese Max, apparendo dal nulla. Olivia arrossì subito quando
lo sentì ed Yvonne si accorse che né Jolene né Olivia avevano intenzione di
rispondergli, perché non sapevano cosa
rispondergli.
-Ehm, la mia. Vale un sacco di soldi.- inventò Yvonne. Max per fortuna non fece
domande e sparì di nuovo.
-Dobbiamo stare attente a non parlarne ad alta voce.- disse Jolene.
Avevano deciso di apportare alcune modifiche al look per non farsi riconoscere
dal signor Warlett e dalla polizia, che sicuramente le stava cercando,
successivamente avrebbero studiato un piano per agire.
Yvonne, che doveva recitare la parte della critica d’arte, optò per indossare
una camicia bianca e dei pantaloni lunghi a vita alta neri, così da apparire
abbastanza elegante e sofisticata da essere scambiata per una professionista. Il
tutto era coronato da un paio di occhiali da vista ed una coda alta.
Specialmente per Jolene dovettero impegnarsi perché era quella più in pericolo
di tutte, lei avrebbe recitato la parte della ricca che partecipava all’asta
perciò decisero di vestirla firmata da capo a piedi con tutti i capi più
costosi di Yvonne.
-Così non basta, ti riconosceranno.- si abbattè Yvonne. Era solo vestita
diversamente, serviva un cambiamento più radicale. Yvonne ed Olivia ci
pensarono un attimo e poi, anche se l’idea non sarebbe di certo piaciuta a
Jolene, ad Yvonne venne in mente una cosa.
-Forse ho trovato il modo, ma non ti piacerà.- cominciò a dire.
-Ho rubato io la collana. Dovrà piacermi per forza.- disse convinta Jolene.
Yvonne lo disse prima all’orecchio di Olivia, e questa sbottò a ridere.
-Dai, farò qualsiasi cosa.- si lamentò Jolene.
-Jail, come ti vedi.. rossa?- chiese Yvonne toccandole i capelli e
ridacchiando.
I capelli per Jolene erano sacri, il suo color cioccolato era stato difficile
da ottenere ed inoltre non li tagliava quasi
mai, solo quando erano irrimediabilmente rovinati.
Jolene boccheggiò davanti alle due, incapace di affrontare la cosa. No, i miei capelli no. Pensò Jolene.
Yvonne le mise una mano sopra le spalle, la capiva benissimo.
Jolene deglutì, -Non voglio guardare però.- acconsentì.
-Sei una donna coraggiosa.- annuì piena di compassione Yvonne.
-Smettetela voi due, sono solo capelli,- alzò gli occhi al cielo Olivia,
-cominciamo a chiamare un parrucchiere invece.- disse avvicinandosi al
telefono.
-Un parrucchiere?- chiese inorridita Yvonne fermando Olivia, - il signor
Warlett è in città perché sa che siamo qui e tu vuoi uscire? Per di più mentre
si sta “trasformando”.-
-Io non mi sto trasformando.- si spaventò Jolene.
-E come pensi di tingerle i capelli? Con l’inchiostro?- chiese sarcastica
Olivia.
-Oh no, niente inchiostro!- fece eco Jolene.
-Ma dico, per chi mi avete presa?- chiese esasperata Yvonne. Inchiostro? Cosa
aveva fatto per meritarsi simili accuse?
Si calmò un attimo e poi proseguì, - porto sempre con me una tintura bionda, in
caso mi si scurissero i capelli.- spiegò Yvonne.
-Scurirsi? Ma se sono quasi bianchi!- disse incredula Olivia.
Yvonne si schiarì la voce. –Ad ogni modo,- disse lanciando un’occhiataccia ad
Olivia, che era chiaramente gelosa del suo colore, - in bagno ci sono delle
tinture scure, possiamo mischiare i colori.- concluse Yvonne.
Olivia la guardò allucinata, Jolene stava per mettersi a piangere.
-Cioè, fammi capire, vuoi mischiare due tinture e provare l’esperimento sui
capelli di Jolene?- chiese Olivia, -ma dico, sei matta?-
-L’ho già fatto altre volte.- si difese Yvonne.
-Ed ecco i risultati.- risero Olivia e Jolene.
-Ok, allora andate in città.- proseguì Yvonne. Arrivate a quelle sole due
opzioni, Jolene ed Olivia capirono che l’unica via era proprio quella. Si
guardarono per un attimo, Jolene cercava di prendere le forze.
-Ok, ci sto.- disse dopo un po’, -Ma userò solo quella bionda, non voglio
mischiare.- queste erano le sue condizioni.
Yvonne accettò, e si misero a lavoro tutte e tre.
Più tardi, mentre le lacrime di Jolene si mischiavano all’acqua del risciacquo
dei capelli, era giunta l’ora della verità. Jolene era rimasta fedele alla sua
convinzione: non voleva guardarsi allo specchio.
Jolene si mise seduta sullo sgabbello, Olivia ed Yvonne le tolsero l’asciugamano
che le copriva i capelli.
-Al mio tre.-disse Yvonne. –Uno, due.. tre!- i lunghi capelli le scivolarono
sulle spalle.
Jolene strinse gli occhi per non guardare.
Olivia ed Yvonne li guardarono ma non si fecero uscire alcun commento. Yvonne
li fissava con assoluto orrore, Olivia si mise una mano davanti alla bocca.
-Come sono? Ditemi che sono decenti, vi prego.- chiese Jolene, che non aveva il
coraggio di guardare.
-Sei un’idiota.- mimò con la bocca Olivia, rivolta ad Yvonne.
-Ragazze? Allora?- si cominciò a preoccupare Jolene. Olivia intimò ad Yvonne di
parlare.
-Ehm,- riuscì a dire Yvonne. Poi si bloccò, e si massaggiò la fronte.
-Ditemi che non so verdi o cose simili.- pregò Jolene.
-No, ehm, sono belli. – riuscì a dire Yvonne. Olivia si battè una mano sulla
faccia.
-Lasciami apportare qualche modifica.- disse Yvonne, incoraggiandola ed
incoraggiandosi. Jolene non le avrebbe più parlato.
Prese le forbici ed una ciocca di capelli.
-Che fai?- chiese con la voce tremante Jolene.
-Pensa alla collana Jail.- disse Yvonne e prima che Olivia potesse impedirglielo,
una lunga ciocca di capelli cadde a terra.
-Me li hai tagliati?!- disse sbarrando gli occhi.
Olivia trattenne seduta Jolene. –Adesso non ti riconosce proprio nessuno.- si
scusò Yvonne.
-Io ti ammazzo Yvi!- disse gridando Jolene.
-Ora sono solo io quella riconoscibile, dovresti ringraziarmi.- Yvonne prese il
phon e cominciò ad asciugarle i capelli, dopo un po’ Jolene si calmò. La colpa
era la sua, questo non dava il diritto ad Yvonne di tagliarle i capelli ma le aveva tagliato solo la frangetta, forse
ci stava bene. I capelli erano tirati indietro ed ancora non poteva vederli, ma
con grande stupore di Olivia ed Yvonne questi con l’asciugarsi si arricciarono
naturalmente, e la frangetta al lato destro divenne incredibilmente amabile.
-Non sei così male.- concluse Olivia. Il colore era la parte peggiore.
Max entrò nel bagno perché aveva sentito le ragazze gridare e fare casino.
Curioso, entrò con una scusa.
-Ehi Olly hai visto la mia di…- chiese ed entrando si bloccò alla vista di
Jolene.
Lei lo guardò speranzosa e preoccupata allo stesso tempo, -Che c’è?- chiese. Da
dietro Yvonne ed Olivia fecero segno di stare zitto o di dirle che era ok.
-W-wow, stai..benissimo.- disse a malapena Max. I capelli di Jolene erano di
uno strano arancio acceso, che non si aspettava per niente da lei.
Jolene, risollevata decise di guardarsi allo specchio. Si alzò e fissò la
figura davanti a se.
Yvonne ed Olivia trattennero il fiato.
-Aaaah!- urlò Jolene. –Sono un cazzo di semaforo! O MIO DIO!- continuò ad
urlare. Max se la svignò alla svelta, Olivia si tappò le orecchie. Yvonne provò
a scusarsi ma Jolene non glielo permise.
-Io ti ammazzo!- le gridò.
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Capitolo 9 *** La storia non regge, Yvi ***
cap9
Era ora
di cena e Jolene ancora guardava male Yvonne.
Erano tutti seduti allo stesso tavolo. Olivia si faceva i fatti suoi, Max
cercava di staccare gli occhi dai capelli di Jolene, Jolene bruciava con lo
sguardo Yvonne e quest’ultima provava a far conversazione.
-E quindi.. mi passi il pollo?- chiese Yvonne ad Olivia. Olivia era in una
sorta di trance, perché pensava e ripensava alle parole di Yvonne, quindi
questa dovette ripeterglielo più di una volta.
-Olly, allora? Il pollo?- la svegliò Yvonne.
-Si scusa.- scosse la testa e le passò il piatto.
-Sei mai stato al mausoleo, Max?- chiese Yvonne addentando un boccone.
-Ci ho lavorato un paio di volte, è una noia, ma di solito a questi eventi
partecipa molta gente, perciò serve molto personale.- spiegò. Le ragazze si
guardarono preoccupate.
-A proposito, che commissione devi fare?- chiese.
-Ehm..c’è il mio professore e devo portargli un..quadro.- si inventò sul
momento. In effetti non aveva una scusa pronta, non sapeva che Olivia avesse un
inquilino e tantomeno pensava di dovergli dare spiegazioni.
-Non mi pare aveste portato un quadro.- si stupì Max.
-Si, è di piccole dimensioni.- spiegò Yvonne ridendo nervosamente. Accidenti, Max, quante domande fai? Pensò
scocciata Yvonne. Jolene le fece uno sguardo per complimentarsi per la storia,
ma contemporaneamente tutte e tre pensarono che adesso dovevano anche occuparsi
di un eventuale quadro da portare.
-Ha un valore?- chiese ancora. Yvonne stava cominciando a stancarsi ed entrare
nel pallone.
-Seicentomila dollari.- rispose con un sorriso. Jolene strabuzzò gli occhi ed
Olivia buttò tutto il boccone nel piatto, poiché stava per strozzarsi.
Max rise ed Yvonne lo accompagnò.
-Divertente, di sicuro lo venderà, con
tutti i milionari che vengono questa sera. Ho sentito che ancora non hanno
trovato la collana della principessa d’Etiopia,- riflettè Max – doveva essere
al mausoleo.-
Tutte e tre abbassarono gli occhi e sperarono che Max non facesse due più due,
anche perché Yvonne aveva nominato lo stesso valore della collana, quindi forse
inconsciamente Max ci era già arrivato.
Jolene ed Olivia, che guardavano male Yvonne le diedero un calcio sotto al
tavolo per dire qualcosa.
-E... h-hai detto che ci sono dei milionari stasera? Qualcuno di famoso?- sviò Yvonne per interrompere un probabile
flusso di pensieri di Max.
-Si, ho sentito dire che alloggeranno tutti all’Harmon Hotel. E’ vicino al
mausoleo, non so se lo conoscete.- disse Max, finendo il suo piatto.
Loro tre piombarono in silenzio. Certo che lo conoscevano, era la stessa catena
d’alberghi in cui aveva alloggiato il Signor Warlett, quando Jolene aveva
rubato la collana. Di bene in meglio, almeno adesso sapevano che il signor
Warlett era lì.
-Bene, dovremmo andare a prepararci.- si alzò Jolene in preda al panico e le
altre la seguirono in camera.
Jolene si guardava allo specchio esterrefatta, quella pelliccia non le andava
giu.
-E’ stato ucciso un animale per questo! Io non lo voglio mettere.- ripeteva.
-Lo so Jail, non ho nient’altro.- spiegò per l’ennesima volta Yvonne.
-E poi fa caldo, perché devo indossare una pelliccia.- chiese esasperata.
-Non hai molta scelta, o questa o il vestito.- ripetè Yvonne.
-Ma il vestito ha la schiena scoperta.- si lamentò.
-Quanto sei difficile, è solo un vestito!- disse Olivia, che era l’unica pronta
da trenta minuti e sdraiata sul letto in preda all’agonia, perché Yvonne ancora
doveva vestirsi a causa dei capricci di Jolene.
-Ok, ma mi copro con uno scialle.- disse scomparendo in bagno a mettersi il
vestito.
Appena uscì Yvonne ed Olivia
continuavano a farle i complimenti, ed era vero, il vestito lungo blu elettrico
esaltava le curve di Jolene ed inoltre creava un effetto affascinante in contrasto
con il colore dei capelli.
-Sembri una diva!- si esaltò Yvonne per il suo lavoro.
Jolene si rassegnò all’entusiasmo di Yvonne e si fece truccare in silenzio.
Olivia dal canto suo indossava un vestito avorio con la scollatura a barca ed
una cinta color oro che le risaltava i capelli, il tutto coronato da dei guanti
di pizzo bianchi.
Yvonne invece si attenne al suo piano di intenditrice d’arte con la camicia ed
i pantaloni lunghi a vita alta.
Max dovette aspettare in macchina oltre venti minuti, perché Jolene aveva
ripensato alla pelliccia.
-Forse non è così male.- diceva mentre opponeva resistenza.
-Andiamo! Max deve essere puntuale!- la trascinavano le altre.
In macchina erano tutte prese dal panico, soprattutto Olivia, che nella borsa
teneva la collana. L’avevano preventivamente messa in un porta gioielli e
speravano che la polizia all’ingresso non gli avrebbe fatto aprire le borsette.
-Io devo stare dentro a controllare che nessuno tocchi i quadri o gli altri
oggetti esposti, quindi ci rivedremo in giro. Fino a quanto intendete restare?-
chiese Max, girando nella via con l’insegna luminosa che recitava “Las Vegas”.
-Fino a quando non avrò fatto la commissione.- rispose Yvonne.
-Io ho il turno fino alle cinque del mattino.-
-Prendiamo un taxi.- intervenne Olivia.
Restarono in silenzio fino a che Max non parcheggiò la macchina, la tensione
era palpabile, e l’aveva avvertita anche Max.
-Scusa Yvonne, il quadro?- chiese sospettoso.
-Ehm, è nella borsa.- inventò, la sua
era la borsa più grande.
-Posso dargli un occhiata?-
-E’ incartato.- intervenne Jolene.
-Se ha davvero un valore ed è incartato devi prima farlo vedere alla polizia.-
spiegò Max.
-Sei tu la polizia.-
-Non me lo hai fatto vedere.-
-E’ incartato.- disse di nuovo Yvonne. Non sapeva cos’altro inventarsi.
Max sospirò. –Non puoi chiudere un occhio e dire che lo hai controllato?-
chiese Jolene.
-Così mi licenziano.- alzò gli occhi al cielo Max.
-Altrimenti dovremmo darti una botta in testa e lasciarti qua fino a che non
avremmo consegnato il quadro.- sorrise Yvonne. Ma era seria.
-Cos’ha di tanto importante quel quadro che io non posso vedere?- chiese
sarcasticamente Max. Le tre non risposero, in cerca di una risposta
convincente. Intanto Yvonne pensava seriamente alla botta in testa.
In quel momento Max fece due più due: ma certo, seicentomila dollari, il valore
della collana rubata, le ragazze avevano nominato una collana quel pomeriggio,
e doveva trovarsi al mausoleo a Las Vegas, ecco perché erano lì. Dovevano
riportarla indietro?
Max guardò seriamente Olivia, tanto che lei si spaventò per quanto il suo
sguardo diventò grave.
Si sentiva come una bambina che aveva fatto qualcosa di male, e i suoi genitori
la guardavano rimproverandola. –Olivia, dimmi che non è come penso io.-
Olivia per la prima volta lo guardò negli occhi sul punto di piangere.
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Capitolo 10 *** La verità ..o quasi ***
ccap10
-Allora?-
chiese Max severo, alzando la voce e guardando una per una tutte le ragazze.
Loro continuarono a non rispondere poiché si sentivano terribilmente in colpa.
-Cazzo Olivia, potevi dirmelo! Se io non ci fossi arrivato avreste continuato a
prendervi gioco di me, e magari chissà, mi avrebbero anche licenziato!- Yvonne
stava per parlare ma poi si zittì, non poteva dire niente per migliorare la
situazione.
-Ma tanto chi se ne frega, giusto? Tu mi odi, ma non sei migliore di me. – la
accusò. Lei voleva terribilmente rispondergli, ma in quel momento aveva paura
di lui. Il parcheggio cominciava a popolarsi di persone, e loro non potevano
urlare davanti a tutti.
-In macchina.- ordinò Max. Tutti e quattro salirono nell’automobile in
silenzio, Max si massaggiò la fronte che era diventata violacea per la rabbia,
non parlò per alcuni minuti.
-Io devo lavorare, ma prima voglio sapere come è successo e perché voi avete
quella collana,- disse serio,
-e niente bugie.- le ammonì.
Olivia era troppo terrorizzata per parlare, la paura irrazionale che Max
potesse picchiarla l’assalì. L’unico pensiero felice era che le altre erano lì
con lei, così cominciò a respirare profondamente e chiudere gli occhi, l’unica
cosa che la calmava.
-Ha un attacco di panico, deve prendere aria. - Yvonne prese la situazione in
mano e senza il consenso di Max fece scendere Olivia.
-Attacco di panico?- chiese improvvisamente preoccupato Max a Jolene, poiché
era rimasta in macchina per raccontargli la storia.
-Si, li ha spesso.- ammise triste Jolene.
-Non lo sapevo..- mormorò Max. Come poteva? Non la vedeva da troppo tempo. Si
sentì subito in colpa per averle urlato contro e provò ad uscire per parlarle.
-Lasciala calmare,- disse Jolene fermandolo, - con un po’ d’aria di solito si
tranquillizza, è troppo stressata, e sicuramente ritornare qui non le ha fatto
bene, ha fatto un grande sforzo.- spiegò.
-Posso aiutarla.- disse convinto Max.
-No, non puoi, tu l’hai abbandonata.- gli ricordò. –Passiamo alla storia,
piuttosto.- disse Jolene.
Gli spiegò gli avvenimenti di quella notte, del perché avesse rubato la
collana, dell’aver coinvolto Yvonne ed Olivia, omise il fatto che lo facevano
spesso ed infine sottolineò che non sapeva del reale valore della collana. Max
ascoltò in silenzio, facendo qualche faccia sorpresa ogni tanto.
-Dobbiamo solo tornare dentro e rimetterla al suo posto, così questa storia
sarà finita.- concluse Jolene.
Yvonne ed Olivia nel frattempo tornarono verso la macchina.
-Sono le otto, sta cominciando.- disse Yvonne.
Max, ancora taciturno, scese dalla macchina con Jolene e si avviarono
verso l’entrata.
-Facci entrare nell’area dello staff, o verso il magazzino, così possiamo
rimettere le cose a posto.- lo supplicò Yvonne.
Max annuì. –Solo una cosa,- disse fermando i loro sospiri di sollievo, - quando
avete detto di aver rubato la collana?- chiese. Ma prima che Jolene potesse
rispondergli Olivia diventò bianca in volto e si nascose dietro la palma
gigante al lato dell’entrata.
-Che c’è Olly? Sembra che hai visto tuo padre.- rise Yvonne. Max, Yvonne e
Jolene si voltarono a guardare il punto in cui guardava Olivia da dietro
l’arbusto. Il padre di Olivia era a circa una trentina di metri di distanza, e
stava entrando dalla seconda porta dell’edificio insieme ad un signore, che
sembrava proprio... il signor Warlett!
Yvonne e Jolene si nascosero dietro alla stessa palma di Olivia.
-Così ci vedono! Cercatevi un’altra palma!- le scansò Olivia.
-Quando diavolo è tornato?- chiese allarmata Olivia a Max.
-Io ..non lo so!- rispose Max.
-Come è possibile che non lo sai? E’ il tuo superiore, dannazione!- gli urlò
Olivia da dietro la palma.
-Fa che non ti veda,- lo minacciò ancora Olivia,-non ho nessuna intenzione di
parlargli o di incontrarlo.-
-Guarda che qui quella che non deve essere vista sei tu.- puntualizzò Max.
-Rimandate i litigi di coppia ad un’altra volta,- li zittì Yvonne, -abbiamo un
problema serio.- ricordò.
-Ho un piano,- disse pratica Jolene, -Entriamo dentro e io distraggo il padre
di Olivia, tanto non mi riconoscerà mai, Max fa entrare Yvonne nel magazzino ed
Olivia distrae il signor Warlett!- disse entusiasta.
Oramai non avevano altre alternative, inoltre il padre di Olivia non avrebbe
mai riconosciuto Jolene e il signor Warlett non aveva mai visto Olivia, forse
solo poche immagini sfocate nelle telecamere di sicurezza.
-Ma come mai lui parla col signor Warlett? Gli hai detto che eravano qui?- Olivia accusò Max.
-Ti ho detto che non so niente.- ripetè.
-Ci avranno scoperte?- Chiese Jolene con la voce tremante.
-E’ troppo tardi, comunque. Siamo qui per restituire la collana, solo questo
importa. Facciamolo prima che ci scoprano del tutto.- li incoraggiò Yvonne.
Attuarono il piano cominciando ad entrare dentro l’edificio, questo era
addobbato con colori dorati, nelle superfici del pavimento ci si poteva
addirittura specchiare ed inoltre aveva più di un piano, quello di sotto era
adibito a mostrare gli oggetti, come quello di sopra, ma la maggior parte dello
spazio del piano terra serviva per ospitare le comode poltrone di velluto volte
verso il palco, dove si sarebbe tenuta l’asta.
Decisero di non aspettare il momento del discorso di benvenuto poiché il padre
di Olivia poteva riconoscerla. Appena entrarono tutti si divisero, anche se
Jolene e Yvonne ci misero un po’ a trovare i rispettivi obiettivi e separarli
l’uno dall’altro.
Toccò prima a Jolene, che finse di urtare il padre di Olivia.
-Oh! Mi scusi, sono così maldestra.- disse civettuola Jolene. Sperava che la
frase non risultasse troppo falsa, dopotutto era un clichè.
Il signor Warlett che era affianco a lui la guardò male, ma niente di più.
Jolene insistette a guardare il padre finchè Warlett non si dileguò. –Mi dispiace così tanto!- continuò Jolene
quando oramai fu solo. Distolse lo sguardo per cercare Olivia tra la folla,
infatti eccola lì, che adocchiava il signor Warlett da lontano, ma allo stesso
tempo aveva il viso contratto per la paura.
-Di nulla signorina..?- chiese lui.
-Scarlett Johnson.- rispose lei facendo un finto sorriso. Il nome stavolta se l’era
preventivamente inventato.
-Johnson? La figlia del signor Johnson, la compagnia delle pubbliche relazioni
che ha indetto l’asta?- disse incredulo. Jolene non ebbe nemmeno il tempo di
rispondere, sperava che quella cosa non l’avrebbe messa in pericolo.
-Ehm, e lei è il signor..?- cambiò argomento lei, a disagio. Non voleva che le
venissero fatte domande a cui non sapeva ovviamente rispondere.
-Maurice Arnett, lo sceriffo della città.- si presentò. Il cognome, anche se già lo conosceva, la
fece sussultare.
-Sa, lei ha una faccia familiare, l’avrò sicuramente vista in qualche rivista,-
sorrise lui. Certo, o forse sono stata
seduta a tavola con te e tu non hai degnato di uno sguardo nessuno. Pensò
Jolene.
-Mi permetta di accompagnarla, magari ha voglia di vedere o comprare qualche
articolo.- chiese lui. Questo era esattamente ciò che voleva Jolene, perciò lo
indirizzò nella parte opposta a quella di Olivia, al secondo piano. Jolene la
sua parte la stava facendo e contemporaneamente a lei, Olivia. Mentre saliva le
scale automatiche con il padre di Olivia, cercò Yvonne ma non la vide, sperò
che quello fosse un buon segno.
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Capitolo 11 *** Agnizioni ***
agnizioni
Non
appena Olivia vide Jolene salire le scale mobili con suo padre, tastò con le
dita la borsetta, assicurandosi di aver dato la collana ad Yvonne, sicura, si
diresse verso il signor Warlett che stava ammirando una cornice ricca di pietre
preziose.
Olivia non sapeva come attaccare bottone, così si mise accanto a lui ad
osservare la cornice in silenzio. Per fortuna di Olivia, lui avendo gradito la
vicinanza di una signorina così elegantemente raffinata ed avendo buon gusto
cominciò a parlarle per primo.
-E’ proprio un bell’oggetto. Inoltre il colore delle rifiniture è lo stesso del
suo vestito.- disse il signor Warlett, guardando tutt’altro che il suo vestito,
nonostante non avesse scollatura.
-Sono d’accordo,- annuì Olivia, -anche se preferirei non comperare un articolo
di questo genere, risalta l’animo egocentrico del compratore, a mio parere.-
conversò. Olivia buttò lì la prima osservazione che le era venuta in mente, era
stata del tutto sincera infondo. Il signor Warlett restò ammirato da quelle
parole, che non si aspettava minimamente.
-Preferirebbe vedere altri articoli più semplici?- chiese lui. Olivia gli
rispose che ne sarebbe stata felice.
-Lei è?- chiese lui prendendole la mano e baciandola. Olivia stava per
scoppiargli a ridere in faccia, ma doveva mantenere la facciata della persona
colta e raffinata.
-Holly Bale.- rispose sorridendo cordialmente.
-Ed è qui in qualità di..?- chiese lui non staccandole gli occhi di dosso.
-Oh, sono semplicemente interessata all’asta.- disse cominciando a camminare.
Lui le corse dietro per mantenere il passo.
-Ma è così giovane!- osservò lui.
-Non le rivelerò la mia età con questo trucco,- rise lei. In ogni caso sono troppo giovane per te. Pensò Olivia.
-parliamo di lei, qual è il suo nome?- chiese. Lo sapeva eccome, ma doveva
chiederglielo e per poco se ne scordava.
-Christopher Lucas, in persona.- disse lui, spiazzandola. Lei boccheggiò
appena, stupita, ma poi si ricompose. Christopher Lucas? E chi era? Lui si
chiamava Warlett. Si chiese se non fosse una sorta di copertura perché era
milionario.
-Molto piacere,- sorrise lei a disagio e molto confusa. Doveva assolutamente
avvertire le altre, ma non poteva farlo davanti a lui.
Si guardò intorno e vide che Jolene era ancora al secondo piano, di Yvonne
invece nessuna traccia. Continuò il suo giro con il signor “Lucas” e cercò con
tutte le sue forze di non guardare ogni secondo al piano superiore,
terrorizzata dal fatto che suo padre potesse vederla.
Yvonne si aggirava con un taccuino attraverso il corridoio adiacente alla porta
del magazzino. Lì eran appesi molti quadri e lei faceva finta di scrivere
alcune cose, Max era proprio davanti alla porta e stavano aspettando il momento
giusto per entrare.
-Lei è un’esperta di quadri?- le chiese una signora con l’accento francese. Era
così bassa che a momenti Yvonne non la vide nemmeno. –Ehm, si, anche.- rispose
lei, continuando a guardarsi intorno in attesa del segnale di Max.
-Vorrei proprio comprare questo quadro, ma non mi convince molto. A lei come sembra?-
si spiegò la signora.
Yvonne, per levarsela di torno, concesse un veloce secondo di analisi al
quadro. Era sempre stato davanti a lei e aveva anche fatto finta di commentarlo
sul taccuino, ma non l’aveva mai letto veramente, in realtà era natura morta e
anche di buon gusto.
-Beh, il colore è esposto molto bene, la luce un po’ irreale in alcuni punti,
ma nel complesso è un buon quadro, dipende sempre dall’ambiente in cui desidera
posizionarlo.- la informò. La signora si illuminò e le sorrise, -Grazie cara, è
stata molto utile.- disse e se ne andò. Yvonne sorrise appena e fissò il quadro
intensamente, era contenta del modo in cui aveva consigliato la signora e pensò
di non esser stata nemmeno troppo superficiale.
-Yvonne! Sveglia!- sussurrò Max. La porta era semi aperta perché doveva passare
una ragazza bassa con la coda di cavallo, il suo cartellino diceva “staff”, Yvonne la placcò subito, doveva essere astuta
e l’episodio della signora le aveva dato l’esuberanza che le serviva.
-Ehi tu, si con la coda di cavallo, manca un oggetto esposto.- disse Yvonne
sovrastandola. La ragazza la guardò da dietro gli occhiali.
-Lei chi è?- balbettò appena.
-Ma non hai sentito cosa ho detto? Manca un oggetto, devo subito entrare nel
magazzino e prenderlo, tu occupati di dire ai clienti che presto verrà esposto,
corridoio sedici, secondo piano.- le ordinò. La ragazza palesemente impaurita,
pensò che Yvonne fosse uno dei superiori che organizzava l’asta perciò fece
tutto quello che le era stato detto.
-Non esiste un corridoio sedici.- la rimproverò Max. Yvonne alzò le spalle, la
cosa che importava era che era riuscita ad entrare nel magazzino. Percorsero un
lungo corridoio che finiva con una rampa di scale, l’indicazione “magazzino”
diceva di andare di sotto. Per la strada non incontrarono nessuno, solo alcuni
dello staff che vedendo il vice-sceriffo non fecero commenti. Seppero di essere
giunti nel luogo giusto quando aprirono una porta e si sentì un odore terribile
di chiuso e di vecchio, era un enorme garage con molti furgoni e molti oggetti
coperti da alcune veli.
C’era una donna di mezza età con una lista, che diceva agli uomini col furgone
di scaricare la merce e ad altri di prepararla per l’asta. Max ed Yvonne si
nascosero dietro allo stipite della porta.
-Che facciamo?- chiese lei.
Max ci pensò un attimo, -le dico che c’è un problema con la sicurezza su, e poi
tu lasci la collana, ok?- disse.
Non faceva una piega. Pensò Yvonne
sollevata.
Max allora si diresse verso la signora con la lista, che probabilmente era
quella che amministrava tutto, -Mi scusi, c’è un problema con la sicurezza al
mausoleo, con la collana d’Etiopia precisamente.- sussurrò. Yvonne sentì tutto,
anche se erano a pochi metri di distanza.
Traditore! Pensò. Aveva detto alla
signora della collana dell’Etiopia, voleva forse far arrestare Jolene? Provò a
scrivere un messaggio d’allarme alle ragazze, ma lì sotto il cellulare non le
prendeva. Come aveva potuto?
Yvonne decise di tornare su ed avvertire le ragazze e, se necessario, di
fuggire poiché Max aveva svelato tutto, salì quindi furiosa e in fretta le
scale.
Jolene stava intrattenendo il padre di Olivia ed avevano finito due volte tutto
il secondo piano, e quando lui le propose di scendere lei non sapeva proprio
come rifiutare.
-Veramente stavo pensando di comperare quest’oggetto, le piace?- lo distrasse
lei.
-Non mi è sembrato che ne fosse interessata.- osservò sospettoso, lei nel
frattempo lanciò un’occhiata di sotto.
-Mi sono ricreduta, io..- Jolene si ammutolì, davanti a lei c’era Francis.
Quello della Hall dell’Harmon, e ricordò con orrore che lui sapeva tutto
quanto. Non gli era stato difficile fare due più due, sapeva che lei aveva
rubato qualcosa, e guarda caso era sparita una collana dal valore megagalattico
proprio la sera stessa.
Jolene si voltò in fretta dall’altra parte. – In realtà ha ragione, non mi
piace affatto.- disse al signor Arnett quasi correndo via, purtroppo Francis la
bloccò. –Aspetta! Io ti conosco.- disse afferrandole la mano e bloccandola.
Come diamine aveva fatto a riconoscerla? Aveva i capelli arancioni ed era
truccatissima, dannazione.
Jolene fece buon viso a cattivo gioco. Si voltò verso Francis con
un’espressione interrogativa.
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Capitolo 12 *** Come una squadra ***
come un
-Scusi? Chi è lei?- si intromise il signor Arnett.
-Non si preoccupi, so gestire queste cose.,- sorrise Jolene rivolta ad Arnett.
– cosa vuole da me?- chiese cortesemente Jolene a Francis, sperando che lui non
la smascherasse miseramente.
Cercò disperatamente di fare un’espressione di sorpresa, e non di preoccupazione.
-Tu.. noi ci siamo conosciuti all’Harmon, io ero nella Hall, non ti ricordi?-
chiese spaesato. Dio, Francis, stai
zitto. Pensò Jolene.
-Mi dispiace non sono mai stata all’Harmon.- continuò.
-E’ stato circa tre giorni fa, l’hotel non era a Las Vegas, quello di…-
insistette, stava per smascherarla e doveva fare qualcosa.
-Chiamerò la sicurezza se continua ad importunarci.- urlò Jolene. Stava davvero
facendo una scenata, ma non c’era altro modo per farlo tacere, lo bloccò
proprio quando stava dicendo tutto. Nel frattempo tutti si ammutolirono e li
guardarono.
-Beh,forse mi sono sbagliato.- concluse Francis dopo pochi secondi in cui
guardò Jolene con una faccia sorpresa ed arrabbiata, sapeva benissimo che non era così. L’aveva
riconosciuta anche con quella stramba parrucca addosso, i suoi occhi erano
sempre gli stessi ed anche l’espressione un po’ distante, assente. L’avrebbe
riconosciuta dovunque.
Vedendolo andare via a Jolene venne
voglia di andarci a parlare, era il minimo che potesse fare perché l’altra
volta lui l’aveva aiutata e lei stava ricambiando urlandogli contro.
-Vado un attimo al bagno.- si scusò Jolene, aspettando pochi secondi e poi scappando
via. Putroppo, nonostante tutti i suoi sforzi, il padre di Olivia stava
sospettando qualcosa, così telefonò al signor Warlett/Lucas per informarlo di
quanto aveva sentito.
- Christopher, abbiamo un problema. Ho appena sentito un dipendente dell’Harmon
Hotel dire alla ragazza che era con me che si erano già visti, quando è
scomparsa.- disse riferendosi alla collana.
-Si, - continuò dopo una breve pausa, -ci penso io.- concluse la chiamata, ed
aspettò con frenesia che “Scarlett” uscisse dalla toilette.
Nel frattempo Jolene corse verso l’insegna “WC” e fece in tempo a prendere
Francis per la mano e portarselo dietro senza che Maurice potesse vederla.
-Tu sei tutta matta.- disse lui scansandola quando erano dentro all’anticamera
del bagno.
-Francis, sono io, ma sono sotto copertura ok?- gli spiegò velocemente a bassa
voce. –Non puoi dire niente dell’Harmon sennò mi scopriranno.- continuò
sussurrando. Le signore in attesa la guardarono molto male, ma lei fece finta
di niente.
-Non lo sapevo..- si scusò Francis.
-Lo so, lo so, non fa niente ma non dire più una parola, ok?- chiese Jolene guardandolo negli occhi.
Lui sorrise non appena capì la faccenda e si sentì sollevato, -adesso mi dici
come ti chiami?- disse con sguardo ammiccante.
Jolene si sciolse letteralmente, Francis era molto carino e le era piaciuto da
subito.
-Jolene.- disse mordendosi labbra. –Ora devo andare, mi raccomando.- si
assicurò, lasciandolo da solo al bagno. Francis restò nella stanza con la testa
appoggiata alla parete e un sorriso ebete sul volto, era così contento di
averla rivista, si era chiesto per tanto tempo quale fosse il suo nome.
Jolene tornò molto emozionata e rossa in viso dal padre di Olivia.
-Scarlett, devo farti conoscere una persona.- disse sorridendole e offrendole
il braccio. Jolene, ancora su di giri, annuì e seguì i signor Arnett senza
pensarci due volte, questo si fermò dolcemente davanti ad una figura alta, un
uomo di mezza età con i capelli brizzolati di nero. –Questa è la signorina
Scarlett, era molto interessata all’oggetto 23, gli orecchini d’Etiopia.- disse
sorridendo. Jolene sussultò appena all’udito della parola “Etiopia” e il padre
di Olivia non potè fare a meno di notarlo.
-Molto piacere.- sorrise forzatamente Jolene.
-Lui è Mr Johnson, colui che ha indetto l’asta.- disse finendo di presentarli.
Jolene si sentì invadere dal panico un’altra volta. Il signor Arnett l’aveva
smascherata, lei aveva detto di essere la figlia dell’uomo che adesso era
proprio davanti a lei, e ovviamente lei si era presentata non avendo la più
pallida idea di chi fosse. Oramai era fatta, restò al gioco e conversò fino a
che Maurice Arnett non si stancò, infine non appena quello che doveva essere
suo padre si allontanò, lui davanti a tutti le prese il braccio e lo strinse
con forza –Non ti azzardare più a prenderti gioco di me. Io sono lo sceriffo
della città, e so cosa hai fatto.- sussurrò. Jolene non si azzardò a dire
nulla, era pietrificata. –Adesso vieni con me.- disse trascinandola di sotto.
L’asta sarebbe cominciata tra pochi minuti, ed oramai Yvonne e Max dovevano
aver già concluso il tutto. Olivia si preoccupò e cominciò a pensare che
qualcosa non fosse andato bene. Mentre controllava il cellulare per scrivere ad
Yvonne e Jolene che quello accanto a lei aveva usato il nome di “Christopher
Lucas” sentì Warlett o Lucas o come cavolo si chiamava, parlare al telefono.
-Si?- rispose. Olivia tese l’orecchio sinistro per ascoltare tutto. –Devono
essere loro.- disse. Olivia sentì il suo cuore sussultare, parlavano di loro?
Come aveva fatto a scoprirle? C’era sicuramente una persona infiltrata che
passava le informazioni.
-Prendile.- mormorò con un’espressione di rabbia e attaccò il telefono. Olivia
aveva i brividi e sperava con tutto il suo cuore che non avesse riconosciuto
anche lei, comunque adesso che era sicura che parlasse di loro doveva avvertire
le altre. Stava finendo di scrivere il messaggio quando il signor Warlett si
rivolse a lei facendole cadere il telefono.
-Scusi, era importante.- mentì lui. Olivia raccolse in fretta il telefono. –Di
niente.- rispose, ma la voce le tremava.
-Qualcosa non va?- si insospettì. Olivia ebbe così paura che oramai l’avessero
scoperte che non riuscì a dire nemmeno una parola. Sarebbero finite in
prigione, cosa pensavano di fare? Restituire la collana?
Olivia boccheggiò, ma sapeva che doveva dire qualcosa, o l’avrebbe scoperta del
tutto.
-Il mio fidanzato mi ha lasciata.- era la sola cosa che le uscì dalla bocca.
Warlett rimase spiazzato.
-Io.. sono una stupida, non dovevo dirglielo,- disse Olivia con le lacrime agli
occhi per la tensione, -lei è venuto qui per divertirsi e non per ascoltare
me.- si asciugò le lacrime. Lui cercò di consolarla accarezzandole il braccio e
dicendole qualche frase come “Non ti merita”, “E’ stato un folle a lasciarti”
ed altre mille stronzate. Alle spalle di Warlett vide Yvonne dietro ad un
angolo che la fissava, così per paura che lui potesse girarsi continuò con la
farsa del piangere. Sperava di distrarlo fino a che Yvonne non se ne fosse
andata ma lei rimaneva, imperterrita, dietro quell’angolo. Sentì un messaggio arrivarle
sul telefono, ma non poteva guardare perché era impegnata a recitare, ma tutto
un tratto il signor Warlett anche ne ricevette uno, e si alzò immediatamente. –Mi
scusi, non sono un gentiluomo a lasciare qui da sola ma il lavoro mi chiama, è
urgente.- disse Warlett, andando via a grandi passi. Olivia non capiva cosa
stesse succedendo, le aveva scoperte? Lesse velocemente il messaggio. Rimase letteralmente a bocca aperta. Max?!
Come aveva potuto, non cambiava mai. Le aveva incastrate e lei non poteva
crederci. Era così delusa e arrabbiata che provò a scagionarlo leggendo più
volte il messaggio, ma quello che c’era scritto era chiaro. Aveva sbagliato a
pensar di potersi fidare di lui, era pur sempre il vice-sceriffo. Purtroppo,
sebbene la voglia di dargli un destro in piena faccia, la seconda parte del
messaggio le imponeva di andarsene. Alzò gli occhi per vedere se Yvonne fosse
ancora lì, ma la sua attenzione venne catturata da Warlett/Lucas che si
dirigeva verso l’uscita principale. Era un caso o aveva capito tutto? Il
messaggio che gli era arrivato prima era una soffiata da parte di Max per
incastrarle?
Yvonne correva più veloce del possibile, quei tacchi erano insidiosi ed alti, e
lei li odiava ma sapeva di doverli indossare. Si maledì con tutte le parole
possibili ed infine raggiunse l’uscita che dava al mausoleo, si ricompose un
attimo e non perse tempo a cercare le altre. Vide subito Olivia, seduta sulla
sedia accanto al signor Warlett, non poteva avvicinarsi così le mandò un veloce
messaggio, sia a lei che a Jolene.
-Max ci ha incastrate, andiamo via: porta principale.- inviò velocemente.
Aspettò che Olivia leggesse il messaggio, ma questa non lo fece, stava parlando
faccia a faccia col signor Warlett.
Dai Olly, leggi quel maledettissimo
messaggio! Pensò con insistenza Yvonne, come se ordinarglielo a mente
potesse servire a qualcosa. Poi vide Olivia cominciare a piangere, pensò subito
che lui la stesse ricattando e che avesse scoperto tutto, lei la guardava ma
non le faceva capire nulla, quindi Yvonne non sapeva cosa fare. All’improvviso
vide il signor Warlett alzarsi e dirigersi verso l’uscita principale. Dannazione!Ha letto il messaggio che ho
inviato ad Olivia! Pensò Yvonne. Non c’era nient’altro da fare, doveva
prendere Olivia e Jolene e guidarle fino al magazzino, così sarebbero scappate,
la seconda entrata era fuori discussione, perché era troppo vicina alla prima e
altre uscite non ne conosceva, non poteva rischiare di farsi beccare.
Olivia si stava alzando, Yvonne alzò la mano e questa corse verso di lei. Nel
frattempo vide che all’entrata principale c’era Max che aveva fermato il signor
Warlett per parlare.
-Vedi? Lui sapeva tutto.- disse Yvonne.
-Bastardo.- sussurrò con risentimento Olivia. Stava già pensando a molti modi
per torturarlo, quando Yvonne la interruppe – dobbiamo trovare Jolene, e in
fretta.- convenì. La cercarono con gli occhi per tutto il secondo piano, ma le
pareti che attraversavano il piano in cui erano esposti i quadri e gli altri
articoli non permettevano una vista ottimale. –Dobbiamo andare di sopra.- disse
Olivia, sapeva già di doverlo fare ma aveva sperato di trovarla facilmente,
salire significava rivedere suo padre.
Sapevano che c’era un’altissima probabilità che le avrebbero beccate, ma non
potevano lasciare Jolene da sola, per di più nelle grinfie del padre di Olivia.
Purtroppo quando stavano per avvicinarsi alle scale mobili scoprirono che le
avevano precedute. Davanti a loro due c’erano Jolene e Maurice Arnett.
-Olivia!- esclamò il padre inorridito.
-Papà..- Olivia se l’aspettava, non era poi così sorpresa.
-Salve signor Arnett.- sorrise molto fuori luogo Yvonne. Lui la guardò con una
chiara espressione interrogativa.
-Che ci fai qui?- chiese infuriato alla figlia. Prima che Olivia potesse
rispondergli il signor Warlett, tutto sudato camminava a passo veloce verso il
Maurice.
-Maurice!-disse il signor Warlett. Il padre di Olivia aveva un’espressione
allarmata.
-Christopher Lucas..- tossì il signor Arnett, distogliendo anche lo sguardo.
Era chiaro che faceva finta di non conoscerlo.
-Christopher Lucas?!- chiesero all’unisono Jolene ed Yvonne prima che Maurice
potesse parlare al padre di Olivia. Lui si chiamava Warlett!
-E’ quello che volevo dirvi.- sospirò Olivia, poi si rese conto di aver detto
troppo.
-Tu?!- Warlett riconobbe Yvonne, era la ragazza che era stata nella sua suite
la notte che la collana scomparve.
-Io?- chiese ridendo Yvonne e facendo finta di niente.
Maurice Arnett s’illuminò, capendo che Yvonne e Jolene erano le ragazze di cui
gli aveva parlato Lucas.
-Voi! Siete le amiche di mia figlia!- esclamò. Ce l’hai fatta. Pensò Jolene.
-Le conosci?- esclamò incredulo Warlett che guardando Jolene da più vicino,
capì che era l’altra ragazza della suite.
-E voi come vi conoscete?- chiese Olivia arrabbiata, rivolta al padre e a
Warlett. Loro non risposero, si limitarono a guardarsi ed infine Warlett parlò,
-Non c’è tempo, dobbiamo andare!- disse rivolto al padre di Olivia. –Non so di
cosa parli.- disse il signor Arnett. Warlett gli si avvicinò, ma le altre poterono
comunque sentire tutto, -Se io affondo, tu affondi con me.- disse. Olivia, Jolene ed Yvonne si guardarono l’un l’altra.
Non capivano più niente, cosa c’entrava Maurice Arnett con Warlett? E perché Warlett
si faceva chiamare Christopher Lucas?
Prima che qualcuno poteva capirci qualcosa, Yvonne riconobbe la signora con la
lista del magazzino e alcuni poliziotti capitanati da Max che avevano la
pistola in mano e la puntavano su di loro.
-Max?- chiese incredulo il padre di Olivia.
-Max!- urlò Olivia. Non le importava nulla della pistola, voleva dargliele di
santa ragione. Per fortuna Jolene ed Yvonne la trattennero, oramai le avevano
scoperte. La sala colma di persone si ammutolì tutta d’insieme, loro erano
vicino alle scale mobili, e senza accorgersene i poliziotti le avevano
accerchiate. Era finita, sarebbero andate in prigione, si presero per mano
tutte e tre.
-Mi dispiace così tanto..- disse con le lacrime agli occhi Jolene. Yvonne ed
Olivia le strinsero di più la mano.
-Ehi Jail, è tutto ok.- disse dolcementeYvonne. Jail in questo momento era
proprio il soprannome adatto.
La rabbia di Olivia nel frattempo si era trasformata, si rivolse anche lei con
le lacrime agli occhi verso Max, -Non farmi questo, ti prego.- gli disse con la
voce rotta dal pianto, guardandolo per la prima vera volta negli occhi. Era un
colpo basso, lo sapeva, ma aveva paura e non sapeva cosa fare, inoltre Max
glielo doveva.
Lui la guardò per un secondo e poi distolse lo sguardo verso gli altri, nessuna
emozione gli attraversò il viso.
Le tre si strinsero ancora più forte le mani, chiusero gli occhi e sperarono di
risvegliarsi nel loro appartamento al sicuro, senza aver nemmeno mai iniziato a
rubare. Senza essersi conosciute? No, questo no. Non se ne erano mai pentite,
nemmeno di aver aiutato Jolene. Ormai erano una squadra e avrebbero affrontato
la cosa insieme.
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Capitolo 13 *** Epilogo ***
epil
-Mani in
alto!- gridarono in coro Max ed altri poliziotti. Lacrime nere scorrevano tra
le guance delle tre ragazze, aprirono finalmente gli occhi ed alzarono in alto
le mani, mentre ancora se le stringevano l’un l’altra.
Gli uomini in divisa si avvicinarono a loro piano piano.. Olivia continuava a
cercare lo sguardo di Max, che questo non le concedeva. Sarebbero andate in
prigione e il tutto davanti a suo padre, cosa avrebbe pensato adesso di lei? Si
accorse che in realtà non le importava, in quei pochi secondi di caos in cui
era accerchiata dai poliziotti e dalla calca di gente capì quanto era stata
stupida, quanto si era spinta oltre per cercare la sua attenzione e per non
diventare una persona come lui, ma quello che aveva detto anche Max era vero,
erano tutti molto simili, lei non era migliore di loro. Jolene si sentiva
terribilmente in colpa, le sue emozioni erano contrastanti, sapeva di aver
fatto tutto il necessario per rimettere le cose a posto ed in ogni caso aveva
sbagliato a rubare la collana ma l’aveva fatto per la sua famiglia, loro
avevano bisogno di lei ed il suo lavoro non sarebbe mai bastato. Era in buona
fede. Yvonne sentiva l’adrenalina salirle nel petto, da una parte era così
spaventata ma dall’altra pensò che era l’avventura più bella che le fosse mai
successa. La sua vita era sempre stata così ricca eppure così superficiale,
aveva finalmente trovato delle nuove amiche, o sorelle addirittura, e sentiva
come di averle contagiate con il suo veleno, quello che di solito rovinava
tutti quelli che erano intorno a lei. Si sentiva responsabile e terribilmente
vuota, loro avevano ragioni più profonde che l’avevano mosse a fare quei gesti,
lei no. Lei voleva sentire semplicemente qualcosa, voleva altro lusso.. era una
persona superficiale anche lei, come la sua vita. Eppure aveva coperto Jolene,
aveva aiutato le altre a rimettere a posto le cose, e per farlo aveva messo in
pericolo la sua vita. Ed era così felice e fiera di se stessa per averlo fatto,
adesso capiva che fino a quel momento non aveva mai realmente apprezzato le
cose e le persone che aveva.
I poliziotti erano praticamente a mezzo metro da loro con le pistole puntate
quando Yvonne, Jolene ed Olivia sentirono dietro di loro qualcuno che tentava
di fuggire.
-Lasciatemi! Sono innocente!- gridava il signor Warlett. Le ragazze di girarono
attirate dalle urla.
Videro il signor Warlett che aveva tentato di sgusciare fuori dalla parete dei
poliziotti dietro di loro, ma questi l’avevano preso.
-La dichiaro in arresto per furto, Christopher Lucas.- pronunciò Max mentre i due poliziotti lo
placcarono prendendogli ambo le braccia. Le ragazze si guardarono allibite, e
lo stesso pensiero le attraversò: Che sta
succedendo? Dovevano arrestare loro,
non il signor Warlett/Lucas.
-E dichiaro in arresto anche lei, Maurice Arnett,- disse Max puntandogli la
pistola contro, seguì un urlo sorpreso delle persone al mausoleo: era pur
sempre lo sceriffo della città, -per ostruzione di prove e falsa
testimonianza.- concluse.
-Suvvia Max.. che stai dicendo.- ci scherzò su il signor Arnett.
-Papà?- Olivia non capiva cosa stesse succedendo. Loro avevano rubato la
collana a Christopher Lucas, non il contrario.
-Tutto ciò che dirà potrà essere usato contro di lei..- proseguì Max fino a che
Maurice lo interruppe, -Io non c’entro niente! Sono queste ragazze che hanno
commesso il furto!- si difese urlando e indicando le ragazze.
Olivia sentì la fitta definitiva che le attraversò il cuore. Non l’aveva
difesa, aveva scaricato la colpa su di lei. Sentì che l’ultimo sottilissimo
filo che la teneva legata a suo padre venne tagliato con quella dichiarazione.
Max lo guardò disgustato. –E’ vero!- si aggiunse Lucas.
-Mi hanno rubato la collana dall’Hotel Harmon in cui alloggiavo.- disse. Con
grande astuzia, si mise nei guai da solo: aveva appena confermato il furto.
Il padre di Olivia si mise una mano sulla fronte.
-Mi spieghi che sta succedendo?- chiese sconvolta Olivia, che fino ad un minuto
prima pensava di dover passare tutto il resto della sua vita in prigione.
-Il signor Christopher Lucas, noto milionario, ha passato la sua vita ad
arricchirsi rubando e vendendo opere d’arte sotto falso nome, quale Peter Warlett.
Fino ad adesso non c’erano prove, inoltre aveva un degno compare che si trovava
all’interno delle forze della Giustizia che lo copriva, quale Maurice Arnett, non chè mio collega. Abbiamo
lavorato per incastrarlo per mesi e mesi, e notai che alcuni documenti in cui
c’erano prove più inchiodanti scomparivano misteriosamente, inoltre quando scomparve
la collana della principessa d’Etiopia dal mausoleo Maurice venne a farti
visita dove guarda caso seppi che alloggiava il signor Lucas presso l’Harmon
Hotel della stessa città, così capii tutto.- spiegò Max. Olivia e le altre due
ascoltavano con la bocca aperta per lo stupore. Lui sapeva tutto e non aveva
mai detto niente? Ma perché?
-Non hai testimoni.- rispose con i denti stretti Maurice.
-Questo non è del tutto vero.- s’intromise Francis dalla folla.
-Cosa?! Chi è questo qui?- chiese Lucas impaurito.
-Io ero in servizio all’Harmon Hotel quella sera, e ho visto Arnett e Lucas e
parlavano della collana.- proferì.
Max fece un sorriso compiaciuto mentre Maurice Arnett era livido di rabbia.
-Mi ha incastrato! Non è vero niente!- urlava il padre di Olivia.
-Signori, prego, svuotate le tasche.- ordinò Max. –Anche voi, signorine.-
aggiunse dopo.
-Questo è uno scandalo! Quelle povere fanciulle non c’entrano niente!- urlava
la signora francese del quadro dalla folla.
Yvonne sentì il cuore balzarle in gola, e subito tirò un sospiro di sollievo
quando si accorse che la collana era sparita dalla sua borsetta. Com’era
successo? Chi..?
-Ma non è possibile! Non ce l’ho messa io, lo giuro!- gridava rabbioso Lucas
che si era ritrovato la collana nella tasca della giacca. Yvonne gli sorrise
con tutto l’affetto del mondo, era chiaro che gliel’aveva presa in qualche modo
quando erano nel magazzino! Aveva calcolato tutto! Non era affatto un
traditore.
-L’ha messa nelle mie tasche quando stavamo parlando all’uscita!- lo accusò
Lucas. In realtà era così, ma era evidente che la storia non reggeva.
-Adesso basta, seguitemi.- disse quella che era una signora robusta e alta
davanti a loro. Doveva essere anche lei della polizia o qualcosa del genere ,
pensarono le ragazze, perché portò via il padre di Olivia e Lucas. Appena il
caos si fu placato con l’arresto di Maurice Arnett e Christopher Lucas, i
clienti parlavano scandalizzati di ciò che era successo, bisbigliavano del
tradimento dello sceriffo e indicavano quella che avevano capito fosse sua
figlia. Olivia voleva parlare con Max e ringraziarlo, anche se era arrabbiata
perché non le aveva detto nulla. Era terribilmente arrabbiata e sorpresa allo
stesso tempo, non sapeva a quale delle due emozioni lasciar prendere il
sopravvento, in ogni caso concordava con se stessa che sarebbe dovuta andare a
parlarci. Lo cercò a lungo, chiese ai poliziotti ed infine chiese anche ad
alcuni signori che fumavano il sigaro fuori dall’edificio, ma non c’era e in
qualità di vice-sceriffo aveva portato via suo padre e Lucas. Ritornò dentro da
Yvonne e Jolene, una era molto eccitata e felice, alla fin dei conti si era
tolta un peso dalle spalle e la seconda era ancora molto scossa dall’accaduto.
–Che diavolo è successo?- continuava a tremare Jolene. –E’ tutto ok, è tutto
ok, è finito tutto Jail, siamo al sicuro adesso.- le ripeteva Yvonne
asciugandole le macchie enormi del mascara sulle guance.
-N-no. Hanno ancora le registrazioni, andrò in prigione.- ripeteva.
-No Jolene. Si è sistemato tutto, Lucas doveva andare in prigione perché è lui
che ha rubato la collana dal mausoleo, e mio padre l’ha aiutato.- intervenne
Olivia che le trascinò da una parte al sicuro dove nessuno poteva sentirle.
-Ma io ho rubato la collana a Lucas.- ripeteva in trance.
-Noi,- sottolineò Yvonne, -noi abbiamo rubato la collana. E nessuno può
incastrarci, Lucas l’aveva in tasca ed ha ammesso di averla rubata davanti ad
un centinaio di testimoni, inoltre c’è quello lì.. che ha detto di averli
visti.- la rassicurò.
-Francis.- chiarì Jolene. E’ vero, Francis. Francis aveva testimoniato per lei.
Voleva cercarlo e ringraziarlo ma in quel momento non riusciva nemmeno a
pensare lucidamente.
-Lo conosci?- chiese Olivia.
-Si mi stava aiutando a mettere a posto le cose all’hotel..- disse Jolene con
un live sorriso che le affiorava sulla faccia.
-E non ci dici niente!- esclamò Yvonne eccitata. –E’ carino.- rise smorzando la
situazione. Finalmente fecero sorridere Jolene e sentivano che quel masso
enorme era scomparso dalle loro spalle. Niente più furti, niente di niente.
Parlarono cinque minuti di Francis ed Yvonne volle sapere tutti i dettagli,
ormai ridevano per qualsiasi cosa, erano così estasiate dal fatto che tutto
fosse finalmente finito. Parlarono di come avevano avuto paura di essere
beccate, dell’Harmon Hotel e dei riconoscimenti davanti alle scale mobili, il
tutto ridendo come pazze.
-Ci aspetta una vacanza.- propose Yvonne.
–Dopo tutto questo stress è il minimo.- concordò Olivia.
-Abolisco ufficialmente l’Etiopia.- disse Jolene, e scoppiarono tutte in un
ultima grande risata.
Volevo ringraziare tutte le persone che mi hanno letta e che con le visite mi
hanno convinta ad andare avanti; in realtà tutto ciò era cominciato per noia ma
poi mi ci sono appassionata e non riesco a credere di averlo finito. Un grazie
a steph808 che ha recensito praticamente tutti i miei capitoli positivamente
(anche se alcune volte non lo meritavo!) e mi ha dato molti consigli.
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