Lessons of life, lessons of love

di Nami Nakamura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lesson 1: Oggi nemici...domani chissà ***
Capitolo 2: *** Lesson 2: Maschiaccio a chi? ***
Capitolo 3: *** Lesson 3: Vendette (pareggiare i conti) ***
Capitolo 4: *** Lesson 4: Novità e duelli ***
Capitolo 5: *** Lesson 5: Contatti ravvicinati e confidenze ***
Capitolo 6: *** Lesson 6. Incomprensioni, malintesi e scenate ***
Capitolo 7: *** Lesson 7: Galeotta fu quella foto ***
Capitolo 8: *** Lesson 8: Perchè l'hai fatto, Draco? ***
Capitolo 9: *** Lesson 9: Halloween's party ***
Capitolo 10: *** Lesson 10: Completare un capolavoro ***
Capitolo 11: *** Lesson 11: A casa dei Tonks ***
Capitolo 12: *** Lesson 12: Confessioni ( aprire il proprio cuore ) ***
Capitolo 13: *** Lesson 13: Il giorno della verità ***
Capitolo 14: *** Lesson 14: Music Terapy ***
Capitolo 15: *** Lesson 15: Torna a Casa, Draco! ***
Capitolo 16: *** Lesson 16: Il Gioco del Gatto col Topo ***
Capitolo 17: *** Lesson 17: Spirito Natalizio alla Riscossa!!! ***
Capitolo 18: *** Lesson 18: Inviti, Inviti e Ancora Inviti! Il Ballo Incombe! ***
Capitolo 19: *** Lesson 19: Questione di Feeling ***
Capitolo 20: *** Lesson 20: Chiarimenti Dolorosi ***
Capitolo 21: *** Lesson 21: Tana per Draco! ***
Capitolo 22: *** Lesson 22: Un Bacio che Sapeva d'Addio ***
Capitolo 23: *** Lesson 23: Cancellare il Passato ***
Capitolo 24: *** Lesson 24: Comò Me Duele el Amor ***
Capitolo 25: *** Lesson 25: Quiete Dopo la Tempesta ***
Capitolo 26: *** Lesson 26: Sapore di Sangue ***
Capitolo 27: *** Lesson 27: L'Inizio della Fine...e un Inizio e Basta ***
Capitolo 28: *** Lesson 28: Scelte Obbligate ***
Capitolo 29: *** Lesson 29: Mai Dire Mai ***
Capitolo 30: *** Lesson 30(Epilogo): Generazione di Fenomeni ***



Capitolo 1
*** Lesson 1: Oggi nemici...domani chissà ***


lesson 1: oggi nemici...domani chissà

Lessons of life, lessons of love

LESSON 1: ORA NEMICI…DOMANI CHISSA’

 

Lunedì, 16 settembre.
Ore 9: 45.
Nei silenziosi corridoi di Hogwarts una ragazza un po’ particolare si affannava con passo svelto a raggiungere l'ufficio del preside, Albus Silente. Poco prima infatti, mentre seguiva la sua lezione preferita, quella di trasfigurazione, era stata richiamata all’ altoparlante da una voce metallica, che le chiedeva di recarsi subito dal preside. Eccola quindi, scapicollarsi per arrivare il prima possibile.

-Gelato al pistacchio! -

esclamò con voce sicura al gargoyle che faceva la guardia all'ufficio. Quello si spostò subito nell'udire la parola d'ordine, e la lasciò passare. Salì velocemente le scale, sperando ardentemente che il preside non la volesse riprendere per l'ultimo scherzo fatto a quegli idioti di Tiger e Goyle. A detta di tutti i grifondoro, suoi compagni di casa, lei avrebbe dovuto essere una serpeverde, a giudicare dalla sua incredibile vocazione per gli scherzi maligni. Alcuni sostenevano che da grande avrebbe aiutato i gemelli Weasley nella loro attività, tanto si dimostrava perfida con le serpi. Quello che quasi tutti ignoravano, però, era che la sua era solo una risposta esaustiva alle richieste di attenzioni dei piccoli serpeverde, e non divertimento. Vendetta insomma. Loro pensavano di poterla fare franca dopo aver tormentato i ragazzi delle altre case, per interi anni, con stupidi scherzi di ogni genere, ma non avevano fatto i conti con la grifondoro in questione. Era scaltra e furba, ma soprattutto non lasciava tracce di ogni sorta, era impossibile incastrarla. E questo era quello che più di tutto mandava in bestia le serpi, spioni per natura, che non aspettavano altro che poterla denunciare.

TOC TOC!

-Avanti! -

-Permesso! Buongiorno, preside! -

-Buongiorno a te Grace! Mi spiace averti fatto interrompere una delle tue lezioni con Minerva, ma ho bisogno della tua attenzione per qualche minuto.-

-Non c'è problema, professore! Per me era solo un ripasso, conosco già quell'incantesimo che ci stava insegnando ora la professoressa.-

-Sì, immagino sia una specie di "deformazione professionale" per te, studiare la trasfigurazione! - disse il preside sorridendo alla sua allieva.

-In un certo senso è così! C'è anche da dire che è una materia che riesce sempre a entusiasmarmi! -

rispose la ragazza, anche lei sorridendo. Fu allora che spostò lo sguardo verso sinistra, e, un po’ in ombra rispetto a Silente, vide che sull'altra poltrona stava elegante e composta un'altra figura, sicuramente maschile, anche se non gli diede troppa attenzione.

Lei si era seduta su implicito invito del mago, e stava con le gambe accavallate, la schiena dritta, e le mani incrociate in grembo, ad attendere che il preside le spiegasse per quale motivo l'avesse chiamata. All'improvviso sentì uno sguardo conosciuto su di se, e si voltò. Riconobbe allora sulla poltrona opposta alla sua, Draco Malfoy. I modi sembravano gli stessi, l'atteggiamento anche, solo lo sguardo pareva essere diverso. Meno ostile, più calmo forse.

-Vedo che si è accorta della presenza dell'altro mio ospite, signorina Parker! A questo punto mi vorrà porre qualche domanda suppongo. -

-In effetti, una ci sarebbe. Per quale motivo ha convocato sia me che Malfoy, insieme? Capirei se avesse chiamato Hermione, che è caposcuola di Grifondoro, e lui lo è di Serpeverde, ma io non sono una figura autoritaria della mia casa. Che ci faccio qui con lui? -

il tono della ragazza era rispettoso, e non lasciava trapelare emozioni nel pronunciare il suo nome, se non un po’ di curiosità.

-Dritta al punto come sempre, vero Grace? Farò lo stesso anch'io allora. Si tratta dell' Ordine della Fenice. Il signor Malfoy qui presente ha fatto una scelta. Una scelta che cambierà la sua vita, e che evolverà a favore nostro e della pace. Draco ha deciso, insieme al signor Zabini, di unirsi alla nostra causa.-

A quel punto gli occhi di Grace si spostarono sul viso del ragazzo da parte a lei. Cercarono gli occhi di lui, con l'intenzione di percepire un'eventuale, seppur piccolo, cenno di dubbio o ripensamento, qualsiasi cosa facesse pensare a un doppiogioco. Non vi lesse nulla di tutto ciò. Forse solo menefreghismo. A lui non importava del suo giudizio, e questo si vedeva lontano un miglio.

Quindi da ora in poi, la pregherei di considerarlo un compagno, e non più un nemico. Inoltre le chiedo di non parlare di tutto ciò ai suoi amici, ne a nessun altro. Draco avrà ruolo di spia per noi, tra i mangiamorte, e non vogliamo che la sua copertura salti, o appaia sospetta a qualcuno.-

La giovane sembrava aver assorbito la notizia con estrema calma, senza la minima traccia di stupore, come se lo sapesse già. Lo sguardo era limpido, non sembrava sconvolta all'idea di dover essere amica del biondino.

-Lei mi stupisce signorina Parker. Conoscendo il suo carattere previdente e calcolatore, m'aspettavo almeno dei dubbi sull’affidabilità del signor Malfoy.-

Disse Silente fissandola intensamente negli occhi, in quel momento di un bel lilla.

-Signore, se lei mi dice che si fida di Malfoy, non vedo quale motivo dovrei avere per non fidarmi del suo giudizio. Non sono così presuntuosa da credere che lei non abbia tutte le prove necessarie per affermare quanto mi sta dicendo, per mettere in dubbio le sue decisioni. E poi, sinceramente, se Malfoy ha voluto nascondere quello che è in realtà ai nostri occhi, non lo biasimo ne lo giudico. Io più di tutti so che la gente mostra agli altri solo ciò che vuole gli altri vedano, niente di più, niente di meno, e come membro dell’Ordine mi fido di lei, professore.-

Aveva parlato con un leggero sorriso sulle labbra piene, e guardando alternativamente i volti sorpresi dei suoi interlocutori. Malfoy la guardava come se fosse un'aliena.

-Tuttavia ho ancora una domanda da porle: come mai io devo sapere questa cosa? Come mai non sono stata tenuta all’oscuro, come i miei amici? - disse Grace, con gli occhi pieni di curiosità.

Silente si aprì in un enigmatico sorriso, di quelli che non presagivano nulla di buono.

-Perché ho bisogno dei tuoi servigi, Grace. Dovrai insegnare una cosa a Draco che gli servirà nel suo lavoro, di vitale importanza per lui. Dovrai insegnargli come diventare Animagus.-

A quel punto sì che la ragazza era stupita. Con gli occhi fuori dalle orbite, chiese:

-Signore, perché io? Non sarebbe meglio affidarsi alla professoressa McGranitt? È sicuramente più competente di me in materia, non crede anche lei? -

-Via, Grace! Chi vuoi che sia più competente di una metamorfomagus, nelle trasformazioni di questo tipo? E poi, il signor Malfoy ha espressamente richiesto il suo aiuto, e io non me la sono sentita di negarglielo.-

-Posso sapere il motivo?- chiese la ragazza, guardando il biondo.

-Non mi andava di dover vedere la vecchia megera più del dovuto. Preferisco senza dubbio una giovane grifondoro a una vecchia rugosa!- disse Draco, con un ghigno malefico che stirava la linea delle labbra.

Silente sorrise della schiettezza del suo alunno, e si rivolse ancora alla ragazza, che ora teneva il mento tra il pollice e l’indice della mano destra con fare pensoso, guardando il pavimento:

-Cos’è che ti turba tanto Grace? L’illegalità della cosa? Il rischio che comporta questo processo? O il fatto di essere responsabile della buona riuscita delle future missioni di Draco? Sappi che ho piena fiducia in te e sono sicuro al cento per cento delle tue capacità, sono certo che ne sei perfettamente in grado, non ti devi preoccupare di non essere all’altezza. Allora, mi farai questo favore personale Grace? -

Le chiese infine, con gli occhi azzurri pieni di aspettativa.

-Per me va bene. Se siete convinto della vostra scelta, mi adeguerò.- accettò la ragazza, sospirando.

Poi guardò Malfoy e ci fu un breve scambio di intensi sguardi, che sembravano voler dire tutto e niente, e gli disse:

-Sappi però che è una cosa pericolosa. Dovrai darmi retta sempre, non ci sarà spazio per le solite stupidaggini, dovrai seriamente applicarti per riuscire.-

-Per chi mi hai preso Parker? Non sono un moccioso, so a cosa vado incontro.-

-Quanto tempo ho?- chiese poi al preside.

-Due mesi. -

-Soltanto due mesi? Professore, è una cosa lunga da insegnare! Non conosco la velocità di apprendimento di Malfoy, potrebbe volerci di più! -

Con un vispo sorrisino, Silente le chiese:

-E dimmi, quanto ci hai messo ad imparare questa cosa, visto che dici ci voglia tanto tempo?-

La ragazza abbassò lo sguardo, i suoi occhi divennero rossi, come i capelli e le sue guance, cosparse di lentiggini, e sussurrò imbarazzata:

-Una settimana…. Ma signore, io ero già a conoscenza di tre quarti del processo di trasfigurazione totale, lui invece partirà da zero, non è la stessa cosa! - , esclamò infervorandosi.

-Ok, ok non preoccuparti, ce la farai. Ora ho finito, potete andare.-

Ridacchiando ancora dell’imbarazzo della ragazza, Silente congedò i ragazzi con un cenno della mano. Si alzarono e uscirono in silenzio. Quando scesero l’ultimo gradino, Grace decise di parlare col suo nuovo “allievo”.

-Allora Malfoy, davvero sei stato tu a chiedere di me? - La questione sembrava incuriosirla davvero molto.

Il ragazzo le rivolse il suo consueto ghigno e le disse:

-Se devo essere sincero Parker, sì, sono stato io. Insomma tu sei quella che volgarmente chiamano ‘mutaforma’. Nessuno è più esperto di te nel trasmutare il proprio corpo. E lo fai da quando eri una poppante, per te è naturale. La vecchiaccia ci avrebbe messo una vita a spiegarmelo, in più le sto antipatico. E poi, io volevo la migliore per imparare questa cosa, e a quanto pare sei tu. -

-Ok. Vista quanta fiducia riponi nei miei metodi, mi aspetto impegno e serietà. Ci vedremo tutti i santi giorni, perciò preparati psicologicamente a sopportare la mia compagnia per un’ora ogni pomeriggio. Quand’è che hai gli allenamenti di Quidditch? -

-Il martedì e il giovedì, mezz’ora dopo la fine del vostro. -

-Bene, se quest’anno li abbiamo gli stessi giorni tanto meglio. Basterà modificare un po’ l’appuntamento per quei pomeriggi. Cominciamo oggi stesso, perciò ti aspetto alle quattro nella stanza delle necessità. -

-Va bene, ci sarò. -

-Ti darò uno scarto di un quarto d’ora al massimo. Se per quell’ora non ti fai vivo, me ne vado, e addio animagus, chiaro? -

-Ho detto che ci sarò, non mi hai sentito? -, rispose lui un po’ innervosito.

In risposta lei imitò il suo ghigno, e disse:

-Ribadivo il concetto, così non avrai scuse per eventuali mancanze. -

‘Questa ragazza è davvero diabolica, siamo sicuri che non sia una serpeverde travestita da brava grifondoro?’

Draco non poteva fare a meno di chiederselo, mentre la guardava sistemarsi la treccia di capelli, che erano tornati viola scuro, come quando l’aveva vista entrare nell’ufficio del preside. L’aveva sempre trovata una ragazza interessante, e finalmente avrebbe avuto un’occasione per conoscerla meglio.

-Bene, ci vediamo alle quattro davanti all’entrata della stanza. Torno dalla McGranitt, prima che mi dia per dispersa. A dopo. -

Detto questo, senza aspettare una risposta, che sapeva non sarebbe arrivata, la ragazza si avviò verso l’aula di trasfigurazione.

Quando entrò in classe, trovò i suoi amici alle prese con dei passerotti e dei violini. Si avvicinò ad Hermione, che aveva appena fatto guadagnare 10 punti a grifondoro trasfigurando perfettamente il suo uccellino in uno Stradivari, prese il violino e iniziò a suonare una lenta melodia, un armonia particolare e dolce, accompagnata dal cicaleccio dei passerotti non ancora trasfigurati, deliziata dal suono perfetto che lo strumento produceva.

-Signorina Parker, vedo che il preside l’ha lasciata andare finalmente! Non sapevo fosse anche una musicista! – le disse con aria scocciata la vicepreside.

-Mi scusi, ma vede, sembrava un perfetto violino, non ho saputo resistere, volevo sapere se anche il suono era degno di uno Stradivari!- spiegò la ragazza.

-Che cos'è uno stradivari?- chiese Ron a Harry.

-Oh, è solo la più grande marca di violini mai prodotta dai babbani! I violini di Stradivari sono rarissimi, unici, e il suono che producono è talmente pulito, che nemmeno la moderna tecnologia riesce a riprodurlo! - puntualizzò entusiasta Grace.

-Ah, ho capito. Scommetto che hai il massimo dei voti anche in babbanologia, vero Grace?-

chiese il rosso all'amica.

-Veramente non ho mai frequentato Babbanologia, ma dev' essere interessante. - rispose la ragazza.

-Ora basta scherzare, ragazzi, si metta al lavoro signorina Parker. Ecco, questo è il suo uccellino, si sistemi vicino al signor Potter. -

-Va bene professoressa. -

Restituì il violino ad Hermione, che, sorridendole soddisfatta, lo ritrasfigurò nel pennuto, afferrò la gabbietta con il suo uccellino e prese posto vicino ad Harry.

-Allora, Grace, si può sapere che fine avevi fatto? Mancano solo dieci minuti alla fine della lezione! Io e Ron siamo disperati, Hermione non ci aiuta lo sai! -

-Me ne sarei accorta anche se non me lo avessi detto, Harry, visto che il tuo violino ha le piume e quello di Ron cinguetta da solo! - rispose la ragazza, ridacchiando.

Il resto della mattinata passò velocemente, tra la noia di storia della magia, e il divertimento di difesa contro le arti oscure. A pranzo, Grace sembrava proprio avere la testa da un’altra parte, esattamente come un certo ragazzo di serpeverde, che doveva spiegare al suo compagno le decisioni del preside.

-Alla fine il vecchio ti ha dato sul serio il permesso di imparare dalla Parker invece che dalla mummia? -

Chiese un curiosissimo Blaise Zabini al suo migliore amico.

-Sì, Blaise. All’inizio lei voleva delegare alla prof, ma Silente l’ha ammorbidita chiedendoglielo come favore personale. Alla fine ha ceduto. -

Allora l’amico, alto, moro e con degli incredibili occhi blu, spostò lo sguardo nella Sala Grande, sorpassando il mare di teste, fino a scorgere la persona che cercava. Grace ora era impegnata in un’accesa discussione con Harry e Hermione, e i suoi capelli erano diventati blu elettrico, le guance leggermente colorite.

-Certo che se l’insegnante di trasfigurazione fosse lei, non ci sarebbe un solo ragazzo ad andare male in quella materia! Ti invidio proprio amico! - disse il ragazzo, sorridendo sornione.

-Credimi, Zab, se ci avessi parlato non la penseresti così! Lei è peggio della McGranitt! –

-Mah… secondo me esageri. In fondo, è carina, intelligente, e sta simpatica a tutti. Ha amici        in tutte le case. L’unico difetto è che ha una lingua che taglia il ferro, per quanto sa essere velenosa. Ma questo le serve, visto che è amica di Potty, Weasel e della Mezzosangue. Anche se purosangue l’abbiamo sempre bersagliata lo stesso, quindi si sarà dovuta adeguare.-

-Forse hai ragione tu Blaise. Comunque oggi alle quattro abbiamo la prima lezione. Stasera ti saprò dire se riesco a sopportarla oppure no. -

 

Dopo pranzo, i due ragazzi non si scorsero neanche da lontano, presi da materie totalmente diverse. Alle 15.00 come sempre le lezioni terminarono, e Draco fu contento di quell'ora che Grace gli aveva concesso prima di doversi cimentare con le loro 'lezioni'. Se ne stava elegantemente stravaccato su un divano della sala comune di Serpeverde, e pensava. Non sentiva più le ragazzine spettegolare, i ragazzi parlottare di Quidditch, nemmeno lo scoppiettio delle braci nel caminetto, già acceso per via dell'umidità che regnava nei sotterranei, nemmeno quello arrivava più al suo orecchio. La sua mente era persa a quella sera, a Malfoy Manor....

-Non vai al tuo appuntamento? - gli chiese Blaise, e chissà come questo lo fece riprendere appena dallo stato di trans in cui era caduto.

-È presto per quello... -mugugnò Draco, desiderando altro tempo per riflettere, visto che ultimamente non ne aveva avuto affatto.

-Mi dispiace molto infrangere così le tue illusioni, ma mancano solo dieci minuti alle quattro, e la stanza delle Necessità non è proprio dietro l'angolo. -

gli rispose l'amico con un ampio sorriso. Draco balzò seduto sul divano, come se si fosse scottato, guardando l'orologio di elegante fattura, che scintillava sopra il caminetto.

-Oh cazzo! È già così tardi? Pensavo fossero solo le tre e mezza! Cazzo, cazzo e ancora cazzo! Se arrivo tardi quella se ne va! -

Il moro non poté fare a meno di ridere divertito alla vista del suo migliore amico che schizzava impazzito verso la sua stanza per riassettarsi la divisa, e pettinarsi i biondissimi capelli. Meno di un minuto dopo lo salutava con un gesto della mano, mentre il biondo gli urlava tutto d’un fiato:

-Grazie-Blaise!-Ci-vediamo-dopo-ciao! - scappando fuori dal buco del ritratto della sala comune.

Malfoy decise di non sottovalutare le minacce delle ragazza da cui si stava recando e di arrivare puntuale, e visto che aveva solo due minuti per arrivare al sesto piano, e che tutti i ragazzi erano fuori a godersi i tiepidi raggi solari d'autunno, si permise di correre. E correre a perdifiato, per di più. Finche non salì l'ultimo scalino della rampa che l'aveva portato al sesto piano. Allora si appoggiò per il restante minuto al muro, e riprese fiato e il suo abituale pallore, momentaneamente surclassato dal rossore dello sforzo per la gran corsa fatta. Spaccando il minuto, arrivò davanti alla parete dove doveva stare la stanza delle necessità, ma Grace non c'era. C'era solo un gatto, placidamente sdraiato nell'angolo che prendeva il sole dalla finestra. Al suo arrivo aveva alzato la testa e aveva seguito i suoi movimenti spazientiti.

-Certo che quella è proprio strana! Mi ha fatto una testa così per farmi arrivare puntuale, e poi si presenta lei in ritardo! Quando arriva gliene dico quattro! Stronza! -

-Ah ah ah! Credo che tu non possa dirmi proprio niente Malfoy! Niente che non abbia già sentito almeno! -

Draco ebbe un lieve sussulto e si girò verso la finestra, dove, seduta con le gambe accavallate sul davanzale e le braccia tese all'indietro a sorreggere il busto, poggiandosi alla fredda pietra della sporgenza, stava Grace. Aveva i capelli biondi e gli occhi verdi in quel momento, e lo guardava divertita del suo stupore. Draco notò che aveva tolto il maglioncino della divisa, e ora il seno prorompente tendeva la camicetta bianca. Nonostante fosse della sua taglia, stringeva comunque sul petto, facendogli intravedere il reggiseno bianco che portava. Aveva la cravatta allentata e un paio di bottoni della camicia erano sbottonati. Draco era senza parole. La trovava sexy, così. Il suo cervello era a farsi un giro negli angoli più perversi della sua testa.

-Come diavolo hai fatto ad arrivare senza che ti vedessi? - chiese Draco, lievemente frastornato.

-Malfoy, mi deludi! Sono sempre stata qui! Non mi hai vista? Ero in quell'angolo li, che prendevo il sole. Mi hai anche guardata in faccia! Io sono solo saltata sul davanzale, nient'altro. Stavo li da almeno un quarto d'ora. - disse la ragazza sorridendo, anzi ghignando.

'Ma certo! Che coglione! Il gatto era lei! Che scemo, come ho fatto a non capirlo, lei è una mutaforma, per lei è una cazzata questa roba! Ho fatto la figura dell'idiota!'

Draco ce l'aveva più con se stesso che con la ragazza, mentre imprecava mentalmente.

-Allora, vogliamo entrare, o vogliamo aspettare che qualcuno ci becchi qui a conversare amorevolmente? - chiese lei.

Con un aggraziato balzo, scese dal davanzale, camminò davanti alla parete per tre volte, poi guardò la porta comparire davanti ai suoi occhi. Accennò un invito a Malfoy di seguirla, poi entrò. Quando anche Draco ebbe oltrepassato la porta, lo scenario era pressappoco questo:

a destra c'era un caminetto al momento spento, circondato di poltrone blu. Ora che guardava meglio, tutta la stanza era arredata sui toni del blu e dell'azzurro. Era, in qualche modo, rilassante. Vicino alle grandi finestre, stava un tavolo da cucina, con sopra dei pasticcini e delle bibite. Sembravano birre babbane, ma avrebbe giurato di scorgere anche del fire-wisky. Al centro della stanza, stava un grande tappeto, tessuto come se fosse un turbine d'acqua, e ne riproduceva i riflessi con i fili colorati, e sparsi sul pavimento stavano tanti grossi cuscini tipo quelli dell'aula di divinazione. Sulla sinistra invece, con grande stupore di Malfoy, troneggiava un letto a baldacchino a una piazza, anch'esso coi tendaggi blu, e sul comodino accanto, c'era quella che avrebbe giurato essere una barretta di cioccolato fondente. Più vicino alla porta c'era addirittura un pianoforte a coda, non molto grande. Quella stanza rappresentava tutto quello che NON si aspettava di trovarci. Il letto era quello che più di tutto lo mandava ai pazzi. Da una porticina sulla sinistra, comparve Grace, che era sparita appena entrata, anche se lui era così preso dall'analisi della stanza, che non se ne era neanche accorto. La guardò con una muta richiesta di spiegazioni, indicando con un cenno della testa piuttosto eloquente, il letto.

-Che ci dobbiamo fare con quello? - chiese malizioso, ghignando come suo solito.

-Dormirci, Malfoy. Questa è la mia stanza personale, che faccio comparire solo per me. Vengo qui quando ho voglia di stare sola, e gli altri mi assillano. C'è decisamente troppa gente in questa scuola, mi devo ritagliare un po’ di tempo solo per me. Se sono stanca, non mi spreco a tornare nel mio dormitorio, dormo qui e faccio prima. E poi, servirà anche a te, appena faremo seriamente con gli allenamenti.-

disse con fare pratico la ragazza. Per quanto Draco cercasse di immaginarsene un'altro uso, riusciva a focalizzarne solo uno, e coinvolgeva anche la ragazza. Lei sembrò percepire questi pensieri, perché esclamò, ironica:

-Sei proprio un piccolo maniaco, Malfoy! Si vede lontano un miglio che pensi solo a quello! Un'altra pecca che mi toccherà aggiustare. -

la ragazza sospirò nell'intravedere l'ennesimo ghigno del biondo.

-Non è colpa mia se la tua stanza me lo ispira, Parker! - disse lui.

-Se il letto ti disturba tanto Malfoy, posso sempre farlo sparire, sai?- 

-Oh, non servirebbe a molto! È una delle mie fantasie farlo sui cuscini della Cooman, ma tu sembri avermi preceduto! Glieli hai rubati durante la notte?- chiese ancora il serpeverde, accennando ai cuscini giganti sparsi ai bordi del tappeto.

La ragazza sospirò ancora.

-Ora basta, parliamo di cose serie. Hai già scelto l'animale che vuoi diventare? -

-A dire il vero, non ho avuto modo di pensarci.- rifletté Malfoy distrattamente.

-Allora, solitamente i maghi scelgono il proprio animale in base alle esigenze della loro vita. Chi come te deve spiare la gente, sceglie animali piccoli e comuni, solitamente domestici, come quel ratto senza spina dorsale di Minus, hai presente? - cominciò la giovane strega, calcando con aria disgustata sul nome del traditore, prima nominato affettuosamente da Ron, Crosta. Malfoy annuì, in segno d'intesa, e lei proseguì.

-Quello che intendo è che puoi scegliere per lo più tra cane, gatto, uccellino e topo. Ora passo ad illustrarti come mai tu di scelta ne hai una sola, in realtà.
1)
il cane è dipendente dall'uomo, e se ti fai beccare a dare fastidio a un mangiamorte ti spediscono al canile, o peggio, ti schiantano all'istante. È un animale poco agile, che tende a essere troppo fiducioso. Non è adatto agli appostamenti, perché i cani sono irrequieti, si muovono in continuazione. È un'animale più adatto alla fuga, alla latitanza, non è chiaramente il tuo caso. - disse Grace, pensando con nostalgia alla forma animagus di Sirius Black, che aveva apprezzato molto come uomo, quando era in vita.

-2)il topo sarà anche piccolo e veloce, ed è vero che passa ovunque, ma è un reietto della società. Sono visti con diffidenza perché portano malattie, non avresti vita facile, è un animale domestico solo tra i maghi. E poi Voldemort ha quel "docilissimo" serpentone di nome Nagini, che ti farebbe la festa senza darti nemmeno il tempo di pensare che vuoi tornare normale. Non potresti stare fermo troppo a lungo in un posto, e viaggeresti solo di notte.

3)l'uccellino in alcuni casi è comodo come animale. Puoi volare e seguire gli spostamenti facilmente, soprattutto se si muovono con la scopa. Però è anche selvatico, ed è un animale timido, che scappa dall'uomo, non ti potresti avvicinare più di tanto senza destare sospetti nelle tue vittime.-

-Ma così... rimane solo...-

-Il gatto-

-Tu vuoi che mi trasformi in un gatto pulcioso, tipo quello della Mezzosangue magari? Scordatelo, non ci penso proprio! -

disse alterato Malfoy, contrario all'idea di diventare una palla di pelo ambulante. Gli occhi di Grace si chiusero in due strette fessure, i capelli divennero ricci e sembravano sprizzare elettricità. Erano rosso carminio, crepitavano come tante fiamme ardenti in un caminetto, come le iridi sanguigne, emanavano scintille. Si stava arrabbiando, e un bel po’ anche. Trattenendosi a stento dall'ucciderlo all'istante, disse:

-Allora sentiamo, genio, che vorresti essere?-

Malfoy si fece pensieroso, ma tutte le idee che gli venivano, doveva scartarle perché demolite dalle precedenti constatazioni della grifondoro. Alla fine cedette, sotto lo sguardo maligno della ragazza.

-Oh, e va bene! Diventerò uno stupido gatto! Contenta ora?-

esplose in un moto isterico Malfoy, lanciando con stizza il suo mantello su di una poltrona vicina a lui. All'improvviso sentiva caldo.

I colori della ragazza tornarono subito delle tonalità di pochi istanti prima, segno che la rabbia stava sbollendo, e disse:

-No, non sono particolarmente contenta, ma se mi lascerai parlare, tu lo sarai della tua scelta -

-Parla - diretto, sillabico, freddo. L'essenza di Malfoy espressa in un solo istante.

-Il gatto è un'animale indipendente, è elegante e sinuoso. Agile, veloce, arriva ovunque con un salto. È silenzioso e discreto, pigro e irriverente, un po’ menefreghista e opportunista. Potrai appostarti dove ti pare e aspettare anche delle ore, che nessuno lo noterà o ti scaccerà. I tuoi occhi vedranno al buio, il tuo orecchio sarà fino, finissimo, ascolterai conversazioni da metri di distanza. Avrai un invidiabile equilibrio, e il tuo istinto ti avviserà in caso di pericolo. Diventare animagus significa diventare un gatto, non somigliargli e basta. Sarai un felino al cento per cento. Pensi ancora di non voler essere uno stupido gatto?-

gli chiese sorridendo la grifoncina. Non era un ghigno, di quelli che lei faceva per sfottere quelli di lui. Era un sorriso semplice, fine a se stesso. Lui sembrò capire che quella scelta sarebbe stata un vantaggio più che un danno, e disse:

-Ok, mi hai convinto. Che devo fare ora?- con la solita aria scocciata e menefreghista.

La ragazza si schiarì la voce, e disse a voce alta, aprendo il palmo della mano destra verso l'alto:

-Accio "Enciclopedia del gatto"!- e un grosso, spesso e pesante libro le si materializzò direttamente in mano. Subito lo porse a Malfoy, che lo prese senza capire cosa dovesse farci.

-Bene. Qui troverai tutte le razze conosciute di gatti, la loro anatomia interna, il loro aspetto e soprattutto il loro carattere. Dovrai, entro domani si intende, scegliere una razza. Per tutti i due mesi studierai il comportamento tipico della specie, perché alla fine dovrai essere una perfetta imitazione di quel gatto. Chiaro, Malfoy?-

Draco fissava prima la ragazza, poi il libro e poi ancora la ragazza, e intanto pensava:

'Accidenti, mi tocca studiare anche qui! Che palle!'

-Sì, sì, ho capito, lo farò. Ma ora che facciamo?-

Grace si guardò l'orologio da polso e lesse l'ora.

-Manca un quarto alle cinque. Ho tempo solo per spiegarti come sarà l'allenamento. Allora, si divide in tre fasi:
primo: concentrazione, controllo del flusso magico, immedesimazione.
Secondo: trasformazione parziale.
Terzo: trasformazione totale. La prima fase sarà la più complicata per te. Non tanto per la concentrazione, ma per il controllo dei flussi di energia magica che scorrono dentro il tuo corpo -

-Tradurresti anche per noi poveri esseri umani? Di che stai parlando? - chiese Draco con espressione contrariata. Non capire qualcosa lo rendeva nervoso.

-In pratica, nel tuo corpo di mago, scorre la magia come il sangue nelle vene. Di vene e arterie però, ce ne sono molte di meno, e passano in grossi rami per gli arti e la testa, e si raccolgono tutte all'altezza del cuore. La funzione della bacchetta è in sostanza quella di convogliare gran parte del tuo flusso nella mano in cui la impugni, così da dare la giusta quantità di energia all'incantesimo che vuoi eseguire. Io ti insegnerò a espandere il tuo flusso, fino a farlo arrivare ad ogni cellula del corpo, così che tutte le particelle si possano trasformare in quelle del gatto contemporaneamente. Col tempo e l'esercizio, imparerai anche a dosarla per non sprecarla, e ad usare gli incantesimi non verbali senza bacchetta. -

-Addirittura? Potrò fare magie anche sotto forma di animagus? Non lo sapevo... - Draco era veramente stupito di questa novità.

-Certo Malfoy. Saresti totalmente indifeso altrimenti, se ti attaccassero sotto forma di gatto, e non ti dessero il tempo di ritrasformarti, non credi?-

chiese la ragazza, che dava per scontata una cosa del genere.

-Sì, è giusto. È perché sei capace di fare questa cosa, che sei riuscita a richiamare il libro, prima, senza avere la bacchetta? -

chiese curioso Malfoy, a cui non era sfuggito nemmeno un particolare delle mosse della grifondoro. Grace sorrise, soddisfatta dell'attenzione che Malfoy, nonostante tutto, le prestava.

-Esatto. Se sarai in grado di imparare l'espansione dei flussi, potrai farlo anche tu, e in battaglia sarà una dote molto utile. - spiegò la ragazza.

-Accidenti, sono già le cinque! Devo andare in biblioteca, Hermione mi aspetta, mi sbrana se tardo! Devo scappare Malfoy, ci vediamo domani, sempre qui, ma visto che abbiamo entrambi il Quidditch, facciamo...dopo cena, alle nove? -

Malfoy ci pensò su qualche secondo, poi disse:

-Per me va bene, ma non saremo troppo stanchi a quell'ora? -

-Oh non ti preoccupare di quello! Ricordi? La prima fase è meditazione e concentrazione. Dovrai solo applicare il tuo cervellino per un'oretta, poi potrai andare a dormire, o a intrattenerti con qualcuna delle tue donnine di malaffare -

rispose la ragazza con un melenso e falsissimo sorriso, che addolciva le parole aspre e un po’ contrariate che le uscivano di bocca. L'unica risposta che ebbe fu un grugnito e un ghigno, ma a quello era abituata: erano più di sei anni che lo vedeva. Così corse fuori dalla stanza, dirigendosi in biblioteca, mentre il biondo si diresse nella sua stanza. Aveva bisogno di riflettere e poi... doveva studiare quello stupido libro sui gatti!

Poco dopo Grace, spaccando il minuto arrivò in biblioteca in tempo per non alterare la sua migliore amica super-pignola, Hermione Granger. Quando si arrabbiava, diventava peggio di un'arpia, per questo erano tanto amiche: erano caratterialmente molto simili.

-Allora Grace, si può sapere dove sei scomparsa? È dalle tre che ti cerco! Avevo bisogno di te per pozioni, ma tu sembravi esserti volatilizzata. -

In effetti, prima di trasformarsi nel gatto per fare quello scherzetto a Malfoy, aveva trascorso qualche momento appollaiata sul tetto della scuola, sotto forma di aquila. Le piaceva molto diventare quel tipo di animali, e i rapaci l'affascinavano parecchio.

-Ero nella stanza delle necessità. Avevo bisogno di stare un po’ da sola -

rispose, mentre i suoi capelli diventavano verde smeraldo e gli occhi blu. Sembrava un po’ una ninfa del lago così conciata. A Hermione scappò un sorriso, nel vederla in quello stato, ma lei non ci fece caso, succedeva sempre. Non le piaceva mentire agli amici, ma era un ordine di Silente, e poi aveva detto solo una mezza bugia.

-Ah, già. Tuo padre partiva oggi, vero? Sarai preoccupata immagino. -

disse la riccia, con occhi carichi di comprensione.

-Hai indovinato, come sempre Herm - disse Grace sorridendo mestamente - è più forte di me, mi preoccupa sempre più, ogni viaggio mi sembra sempre più pericoloso del precedente...- ora diceva sul serio.

-Capisco Grace, ma non ti preoccupare! Tuo padre è un Auror molto esperto, non si farà fregare facilmente, vedrai! -

le disse Hermione, con un sorriso dolce e uno sguardo d'incoraggiamento. L'amica l'abbracciò di slancio.

-Grazie, non so davvero come farei senza di te Herm! - disse Grace, con tono leggermente ironico.

-Figurati, è il mio lavoro! -rispose lei ridacchiando.

-Allora, piccola pozionista disperata, qual' è il tuo problema?- cominciò Grace, sedendosi sulla panca di fronte all'amica, interessandosi dei suoi dilemmi pozionistici.

 

Intanto, nella stanza del Caposcuola di Serpeverde si stava tenendo un terzo grado in piena regola.

-Com'era la stanza?-

-Carina, rilassante, blu.

-E lei, com'era vestita?-

-Con la divisa! Però s'era tolta il maglioncino...-

-Sul serio, non s'è cambiata? Strano… Che avete fatto?-

-Parlato.-

-E che ci fai con quel librone sui gatti?-

-Cerco di studiare, Blaise, ma è difficile con te che mi sommergi di domande idiote! - 

urlò Draco, dopo la decimilionesima domanda, direttamente nell'orecchio sinistro dell'amico.

Riprendendo il controllo di se, e sbattendo fuori a calci dalla stanza il moro, Draco si dedicò seriamente alla ricerca della perfetta razza di gatto che avrebbe impersonato.

Cominciò a sfogliare il libro, con calma, osservando per bene tutte le specie.

'Questa no...questa nemmeno...questo sembra un topo più che un gatto! E questo addirittura è nudo! Al limite dell'osceno!'

pensava, guardando la foto di un esemplare di gatto egiziano, di quelli senza pelo.

Dopo una mezz'oretta di ricerche, ben poche razze lo avevano ispirato. Ma ecco che all'improvviso vide la foto di quello che sarebbe diventato di lì a breve. Un gatto che dall'aspetto lo convinceva più che ogni altro. Finalmente lo aveva trovato! Si mise a leggere, interessato e sempre più convinto della scelta, e, strano ma vero, passò l'intera serata a studiare tutto su quel felino.

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Antro dell'autrice

Cari lettori, voglio fare un paio di premesse: 1) è la prima fan che scrivo da sola, visto che fin'ora ho scritto solo con delle partner e grandi amiche, perciò vi prego di avere pietà di me; 2) questa fan è gia interamente scritta e solo da pubblicare, perciò aggiornerò ogni una o due settimane; 3) questa fan mi ronza in testa da una vita, completa di nomi e fatti, tanto che non la sopportavo più e ho dovuto scriverla; 4) questa fan è per lo più frutto dei miei scleri notturni (sono diventata una specie di vampira), di lunghe notti insonni passate a scrivere al pc ( che ormai mi odia, tra le altre cose ), perciò spero mi vorrete scusare se ci sono orrori grammaticali ed altre piccole sviste dovute alla ridotta prestazione cerebrale in quella fascia oraria ( l' una, le due, le tre del mattino -.-). 

Inoltre spero che vorrete lasciare un commento, anche solo per sapere se vale la pena o no di continuare a pubblicare questa fan che promette essere una specie di epopea. 

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 2
*** Lesson 2: Maschiaccio a chi? ***


lesson 2: maschiaccio a chi?

LESSON 2: MASCHIACCIO A CHI?!

 

Il giorno dopo, Draco era di umore migliore del solito: non picchiava i primini, non bestemmiava di prima mattina, fumava poco. In una persona normale, tali cose sarebbero la norma, per lui era un' umore più che ottimo. Arrivò tranquillo al tavolo dei Serpeverde per la prima colazione, incontrando Blaise, che gli domandò:

-Come mai quell'aria giuliva di prima mattina? Chi ti sei fatto ieri sera, per essere così allegro?-

-A dire il vero nessuno. Sono allegro perché ho trovato la razza di gatto che voglio diventare! Vedrai Blaise, è perfetto! - disse il biondo.

L'amico era esterrefatto:

-Tu sei così allegro solo per questo? Sei davvero pazzo amico! La compagnia della Parker ti fa male! A proposito, a che ora vi vedete oggi? -

-Alle nove di stasera, sai, oggi anche lei ha gli allenamenti -

-Già, già, la battitrice di Grifondoro più strampalata che si sia mai vista! - rise il moro.

-Strampalata finché vuoi, ma nell'ultima partita contro Corvonero, se non era per lei, lo Sfregiato se lo sognava il boccino. Ha deviato un bolide proprio sulla traiettoria del cercatore avversario, distraendolo proprio sul più bello. Bisogna ammettere che è parecchio astuta. - rispose Malfoy.

-E ha una gran mira! Ti ricordi quella volta che ha centrato in pieno Flitt, che cercava di rubare la pluffa a Caty Bell? È stato spettacolare! Sarà stata a dieci metri di distanza, ma gliel'ha spedito dritto sulla zucca! È stato in infermeria per tre giorni quella volta! Ahahah! -

ricordò allegro Blaise.

-Sì, e ha sviluppato una forza sovrumana a furia di prendere bolidi a mazzate. –

disse il biondo guardando Grace al tavolo dei grifoni. Stava leggendo la gazzetta del profeta, aveva i capelli azzurro pallido e gli occhi dello stesso colore, ma una sfumatura più scura. Sentendosi osservata, alzò lo sguardo e incontrò quello di lui. Lui la guardava ora in modo penetrante, sembrava volerla trapassare, per leggere dentro di lei. La ragazza dal canto suo, sorresse lo sguardo senza difficoltà, e gli sorrise. Un sorriso di leggera sfida, certo, ma pur sempre un sorriso,così, senza motivo. A quel gesto il Serpeverde si sentì più che mai confuso, e distolse lo sguardo, imbarazzato. Quando vide che non la guardava più, Grace tornò alla lettura del suo quotidiano.

-A chi è che hai dedicato uno dei tuoi rari sorrisi-non-sarcastici, Grace? Non li tiri fuori quasi più ormai. -

Chiese Harry all'amica, cogliendola sul fatto.

-A Micheal. -

-Chi? Corner dici, di Corvonero? - chiese Harry curioso.

-Proprio lui - rispose Grace, mentendo. Perché Harry doveva sempre accorgersi di tutto?

-Lo conosco quel sorriso, credevo fosse solo un amico, come mai gli sorridi così? Non starete mica insieme?! –

le rispose lui con aria contrariata e arrabbiata.

-No paparino, non stiamo insieme. E ti prego, non dirmi che devi farmi il "discorsetto", sono già abbastanza erudita -

Rispose sbuffando scocciata la ragazza, facendo ridere di cuore Hermione, che si era ritrovata ad ascoltare una delle solite discussioni di un Harry iperprotettivo.

-Harry, se non ti conoscessi più che bene, oserei dire che sei geloso di Grace. - disse la riccia, sorridendo sorniona. Harry cambiò colore, diventando rosso come un semaforo, e rispondendo agitato:

-Geloso? Io? E di lei poi!! Io non sono affatto geloso di lei! È solo che se stesse con qualcuno vorrei che me lo dicesse, perché sono il suo migliore amico, tutto qui! -

Le ragazze si guardarono scettiche per qualche secondo e sorrisero sarcastiche. Poi Grace disse:

-E va bene Harry, ti crediamo. In fondo, perché mai dovresti essere geloso? Siamo solo amici no? -

-Già solo amici. - ripeté Harry.

La mattinata passò in fretta e senza nulla di troppo interessante da commentare. Arrivò presto l'ora degli allenamenti di Grifondoro, così Grace si recò, con Harry e Ron, verso gli spogliatoi della squadra. Passando per il giardino, incontrarono Malfoy e Zabini, che rientravano dopo una passeggiata nel parco.

-Guarda chi si vede: Potty, Weasel e Parker il maschiaccio. Andate a fare uno dei vostri patetici allenamenti da femminucce? - disse il biondo ai tre, col suo impareggiabile ghigno stampato in faccia.

-Visto che tra due settimane abbiamo una partita con voi serpi, sì, andiamo ad allenarci. E se non vuoi che ti faccia sentire sulla tua pellaccia sbiadita quanto sono maschiaccio, levati dai piedi, furetto! - rispose aggressiva Grace, accendendosi subito come un fiammifero, e in tutti i sensi possibili, visto che i capelli ora sembravano colate di lava incandescente.

-Calmati Grace, se lo uccidi ora con chi ti divertirai poi? - le disse Harry.

-Già, non vogliamo diventare la tua nuova valvola di sfogo! Fai paura quando ti arrabbi! - disse Ron, sorridendo.

-Con chi pensi di parlare, maschio mancato? Credi davvero ti potermi fare qualcosa? Mi fai solo ridere! - disse Malfoy, scoppiando in una risata senza divertimento.

Grace ghignò diabolica, poi gli rispose:

-L'errore di voi serpi è sempre lo stesso, sottovalutate l'avversario. Se questa è una sfida, Malfoy, non posso sottrarmi. Non resisto a una bella sfida, lo sanno tutti. Andiamo ragazzi, siamo già in ritardo, gli altri potrebbero avere da ridire. - disse guardando i suoi amici.

-Che vuoi che ci dicano? Sono o non sono il capitano?- rispose Harry.

-Siamo o non siamo in ritardo? -

-Sì -

-E allora muoviamoci!- disse la ragazza, incamminandosi, senza prestare più la minima attenzione ai due Serpeverde.

-È così anche quando siete da soli?- chiese Blaise all'amico, spaventato all’idea di lasciare l’amico solo con quella spiritata.

-Veramente no, non esattamente. Chissà se diceva sul serio, quando parlava di farmela pagare. - si chiese il biondino, parlando più a se stesso che al moro.

-Ma và! Vedrai che ha detto così solo per sostenere la parte della nemica giurata. Hai notato come sia diverso l'atteggiamento di Potter e Weasley, quando c'è lei nei paraggi? -

-In che senso? - chiese confuso Malfoy.

-Beh, quando girano con la Granger, sono loro a scaldarsi, e lei deve fermarli dall'aggredirci, per difendere il loro onore in pericolo. Quando invece sono con la Parker, lei ci risponde per le rime, loro si divertono e sono rilassati. Sono loro a fermare lei, non il contrario! Perdono la loro aggressività, quando sono con quella lì! Secondo me è perché vogliono lasciar fare a lei il lavoro sporco, come scatenare le risse, ad esempio. - spiegò Blaise.

-Mi sa che hai ragione tu. Comunque è davvero strana. Prima mi sorride, poi me ne dice di tutti i colori e mi minaccia. Che lunatica! -

-Ma se sei stato tu a cominciare! -

-Ma io recitavo, invece lei mi sembrava seria. Mi sa che se l'è presa per la storia del maschiaccio-

-Io non credo. È troppo forte per farsi abbattere da un commento del genere. Vedrai che è tutto a posto.- lo rassicurò l'amico.

Subito dopo andarono nella loro sala comune, per passare il tempo, fino al loro turno per allenarsi.

 

Intanto, una più che mai agguerrita Grace stava mettendo a dura prova la resistenza dei suoi compagni di squadra, allenandosi con furia. I capelli le erano diventati rosso sangue, e gli occhi rosso acceso. Sprizzava elettricità da tutti i pori e menava i bolidi con tanta forza che per poco non li disintegrava. Faceva paura.

‘Come ha osato dirmi certe cose? Va bene che a volte ho degli atteggiameni un po’ mascolini, lo riconosco anch’io, ma mettere così in dubbio la mia femminilità…NON LO DOVEVA FARE! Questa me la pago, giuro sul mio onore che gliela faccio pagare!’

pensava Grace, in precario equilibrio sulla sua Firebolt, mentre scagliava un bolide a tutta velocità direttamente dall’altra parte del campo.

-Credi che se la sia presa, Harry? - Chiese Ron a bordo campo.

-Per Malfoy dici? Forse. Non le piace che le si dia del maschiaccio. –

rispose il moro, pensando a come si potesse dare del maschiaccio a quella formosa ragazza che si ritrovava davanti con la divisa da Quidditch. A lui pareva bella anche così. Sudata e arrabbiata.

-Credo che non piacerebbe a nessuna ragazza, veramente. Ginny l'avrebbe schiantato all'istante! - disse il rosso, ridendo al pensiero della sorella che schiantava il loro odiato nemico platinato.

-Sì lo penso anch'io. Ma Grace, se può evita la violenza, “troppo compromettente” dice. A parte quando sta in campo. Diventa una vera belva! - ridacchiò Harry.

-Che fate lì a ciarlare, pelandroni che non siete altro? Harry, per l'amor del cielo, dai il buon esempio e muoviti a trovare quel boccino! L'ho già visto tre volte! Muovetevi! Non devo mica allenarmi solo io! - urlò Grace, arrabbiata e stizzosa.

-Hai ragione Harry! Sembra una banshee! - esclamò spaventato Ron.

Ridendo entrambi, tornarono ad allenarsi.

Alla fine dell' allenamento, la ragazza fece una velocissima doccia e scappò nella sua stanza.

'Vedrai, furetto, ti farò una bella sorpresina! Mi divertirò un mondo con te!'

pensava, mentre rovistava nel suo baule incantato, cercando una delle sue pozioni.

'Essere la migliore in pozioni ha i suoi vantaggi, anche se il professore ti odia perché sei di

Grifondoro!'

pensò ghignando. Afferrò una boccetta di vetro, e si avviò fuori dal dormitorio.

 

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Antro dell’autrice

Cari lettori, in questo capitolo si è accesa una miccia, e nel prossimo vi divertirete a veder esplodere la bomba! MUAHAHAHAHA! COF! COF!(autrice si soffoca con la saliva). Scusate, ora mi riprendo. Ecco, allora, in questo chap il nostro Draco parla a sproposito e la nostra Grace se la prende troppo…

Draco: Ehi! Mi fai sembrare un idiota, così! è.é (Draco impugna la bacchetta e minaccia di morte l’autrice)

Nami(per niente sconvolta): -.- sono abituata alle minacce di morte, e ti sfido a dire che stavolta non ti sei comportato da bimbominkia!

Grace: Brava, digliene quattro! Aspetta…chi è che se la prende troppo?( la pazza si arrotola la manica sui bicipiti.)

Nami: O.O eh eh eh…buona Grace, stai calma, dicevo solo che potevi passarci sopra, per una volta…(autrice che fugge a gambe levate, me terrorizzata!>.< Help me!)

Comunque, questo capitolo mi serve da base per un paio di casini che voglio far succedere dopo, perciò è un po’ insignificante, ma mi rifarò coi prossimi, che tra l’altro pubblicherò fra due settimane perché me ne vò in Spagna, perciò vi delizierò col chap numero tre a inizio settembre.

Per Devily: una critica favorevole è proprio gradita quando si comincia! Infonde un po’ di coraggio in più, perciò grazie! ^.^

Firmato: Nami l’autrice insonne


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Capitolo 3
*** Lesson 3: Vendette (pareggiare i conti) ***


lesson 3: vendette (pareggiare i conti)

LESSON 3: VENDETTE (PAREGGIARE I CONTI)

 

Quella sera, a cena, Grace sembrava distratta, e ogni tanto faceva degli strani sorrisini gongolanti, che nessuno, nemmeno Harry o Hermione, riuscivano a spiegarsi.

Dopo cena andò direttamente nella stanza delle necessità. Erano solo le otto, così decise di sistemarsi sul letto, per leggere uno dei suoi racconti babbani che si era portata da casa. Amava molto leggere, e non aveva preferenze tra letteratura magica o babbana, le piaceva tutto. Decise di mettersi comoda, così indossò il completo sportivo che aveva lasciato nel bagno, che usava come pigiama quando dormiva lì. Non era altro che una canottierina viola, piuttosto aderente ma non troppo e molto comoda, e un paio di pantaloncini neri e corti, che le arrivavano a stento a metà coscia. Erano indumenti estivi, ma era talmente agitata anche nel sonno, che si ritrovava sempre ad avere caldo. Trovò inoltre delle parigine a strisce bianche e nere che aveva dimenticato lì l'ultima volta che si era cambiata e che pensava di aver perso, la mattina dopo aver dormito in quella stanza così familiare, e le spedì direttamente in camera sua. Sciolse i capelli, che aveva legato in due pratiche e sbarazzine trecce, e li spazzolò. Si sedette sul letto e cominciò a leggere un romanzo.

Dopo un'ora esatta, Malfoy era davanti alla parete della stanza. Si fermò, fissando il muro.

Poi camminò avanti e indietro per tre volte, pensando:

'Stanza degli allenamenti! Stanza degli allenamenti! Stanza degli allenamenti!'.

Poco dopo apparve la porta, e lui l'aprì, sicuro di essere arrivato per primo. Anche questa volta rimase stupito nel notare che la ragazza era già li. Stava seduta con le gambe piegate a sorreggere uno spesso libro, sul letto, e leggeva assorta. Lei sembrava non essersi accorta della sua presenza e lui ne approfittò per guardarla meglio. Aveva i capelli mossi e neri, che ricadevano in boccoli vaporosi sulle spalle. Gli occhi erano azzurro chiaro, in quel momento, e scorrevano, veloci e attenti, le righe del libro. Addosso non aveva più la divisa, che vide piegata e appoggiata ad una sedia del tavolo, dove stava anche una bottiglia vuota di burrobirra.

-Se continui così, Malfoy, mi consumi. - disse a un certo punto la ragazza, alzando lo sguardo in quel momento dalla sua lettura. Il tono era duro e anche un po’ stizzoso, sembrava ancora arrabbiata.

-Invece di leggere degli stupidi libri, perché non ti spicci a spiegarmi cosa devo fare? - disse nervoso il biondo.

-Non ti scaldare, furetto, o ti cadrà tutto il pelo! –

rispose ironica la grifondoro, chiudendo di botto il tomo che aveva in mano. Lo appoggiò sul comodino, e buttò le gambe giù dal lato del letto. Si alzò poggiando i piedi nudi sulla fredda roccia, afferrò un elastico che stava vicino al libro, e si fece una coda alta approssimativa, perché i capelli non le dessero fastidio.

-Visto che sei tanto ansioso di cominciare, avanti. Che razza hai scelto? - chiese fredda la grifondoro.

-L' angora turco. - rispose fiero Malfoy.

Grace emise un risolino divertito, tornando subito seria. Malfoy si alterò.

-Che diavolo hai da ridere, si può sapere?- proruppe irritato.

-Nulla, nulla Malfoy. Allora, mettiti comodo, togli le scarpe e il mantello.- rispose la ragazza, snobbando la domanda.

-Sono arrivato da cinque minuti e già vuoi che mi spogli? - disse lui, malizioso.

Lo sguardo di lei era peggio di un forno inceneritore, se avesse potuto, lo avrebbe arso vivo con quegli occhi.

-Non è il momento per le cazzate, sii serio, per una volta in vita tua, e fai come ti dico senza rompere ulteriormente i coglioni! - gli disse con aria severa.

Malfoy si sentì come un moccioso ripreso dalla maestra, ma anche se contrariato, eseguì gli ordini, tolse le scarpe nere di pregiata fattura, e gettò il mantello sullo schienale di una poltrona vicina a lui.

-Ora siediti sul tappeto, a gambe incrociate. Tieni la schiena e il collo dritti, e appoggia le mani alle ginocchia. –

continuò imperiosa Grace, sedendosi a sua volta sul tappeto, davanti a lui. Il biondo la vide flettere le lunghe gambe tornite, che rimasero ancora più scoperte dai pantaloncini, sollevati dai movimenti che compiva, e sedersi proprio di fronte a lui, a un passo di distanza.

-Oggi cominciamo gli esercizi di concentrazione. Chiudi gli occhi, e visualizza un cerchio, su uno sfondo bianco.- spiegò la ragazza. Draco eseguì, e visualizzò il famoso cerchio.

-Ora, isola la tua mente da tutto il resto. Esiste solo il tuo cerchio. Non c'è la stanza intorno a te, c'è solo il cerchio. Non ci sono io davanti a te, c'è solo la mia voce che ti guida, nient’altro ha importanza.-

continuò, abbassando il tono di voce, rendendolo leggero e suadente. Piano si alzò dal pavimento, e si diresse con passo felpato al pianoforte. Si sedette sullo sgabello imbottito, aprì il coperchio e cominciò a suonare una lenta e delicata nenia. Malfoy aprì di scatto gli occhi.

-Malfoy devi concentrarti solo sul cerchio, non deve importarti nient'altro al di fuori del cerchio. Richiudi subito gli occhi! -

lo riprese la grifoncina, senza smettere di suonare.

Il serpeverde riabbassò subito le palpebre, ma non riusciva ad ignorare quella melodia così bella, così tranquilla e rilassante. Per una decina di minuti riuscì a vedere nella sua mente quel maledetto cerchio, poi però il dolce suono dello strumento ebbe il sopravvento, e cullato da quelle note così concilianti, si abbandonò ai suoi pensieri. Dopo pochi istanti, Grace, che aveva chiuso gli occhi, trascinata dall'esecuzione della sua canzone preferita, esclamò:

-Ehi, Malfoy! Lo stai ancora vedendo il cerchio? - ma non ottenne nessuna risposta.

-Malfoy! Ehi, che ti prende?-

aprì gli occhi e vide che Malfoy si era sdraiato, stava a pancia in su sul tappeto e se la dormiva alla grande. Grace rise a bassa voce alla vista del Principe delle serpi che dormiva beato per terra. Mise le mani sui fianchi, pensando a cosa fare: svegliarlo e fargli riprendere l'allenamento, o lasciarlo dormire? La sua rabbia del pomeriggio non si era sopita, e ancora non era stata soddisfatta la sua sete di vendetta, perciò aveva pensato di svegliarlo con una secchiata d'acqua. Proprio quando stava per prendere la bacchetta, sentì Malfoy mugugnare nel sonno, qualcosa che somigliava al suo nome. Pensò che fosse impossibile, finché il ragazzo non lo scandì, alzando di poco la voce. Forse la stava sognando. Si inginocchiò vicino a lui, e lo osservò. La frangia gli era ricaduta scomposta sulla fronte, coprendogli in parte gli occhi. L'espressione era rilassata e tranquilla. Non capitava mai di vederlo tanto calmo, e Grace dovette ammettere che così, perso nei suoi sogni, era davvero bellissimo, e gli scostò i capelli dagli occhi con una lieve carezza, vederlo così la inteneriva un po’, non era una ragazza troppo dura in fondo. Andò a cambiarsi in bagno e si rimise la divisa, lasciando il pigiama lì dove l'aveva preso quando era arrivata. Meditava di dormire lì, ma Malfoy l'aveva preceduta.

Decise allora di metterlo a letto. Prese la bacchetta e con un levicorpus lo spostò sul letto a baldacchino. Lo coprì con il leggero piumone, e fece apparire una sveglia, puntata sulle sei del mattino, che gli lasciò sul comodino. Lo guardò ancora una volta, si abbassò fino al suo viso e in un momento di inaspettata tenerezza gli diede un leggero bacio sulla guancia, sussurrando delicata:

-Buonanotte, Draco -

e se ne tornò nel suo dormitorio.

La mattina dopo, alle sei precise, la sveglia di Grace trillò nelle orecchie del Principe delle Serpi, svegliandolo di soprassalto. Spense l’aggeggio babbano con un violento movimento, guardandosi intorno spaesato, non si ricordava ne dov'era ne cosa ci facesse li. Era ancora per metà nel mondo dei sogni. Poi ricordò di aver fatto l'esercizio del cerchio, mentre Grace suonava il pianoforte, di essersi perso nei suoi pensieri, e poi buio. Si doveva essere addormentato in quel momento. Anche perché ricordava in modo sfocato, una cosa che non poteva assolutamente essere successa, ma che gli aveva lasciato una piacevole sensazione di calore e dolcezza. Avrebbe potuto giurare di aver sentito la grifondoro baciargli una guancia, sussurrandogli la buona notte, chiamandolo per nome.

Sicuramente se l'era sognato, la Parker non l'avrebbe mai fatto. Si alzò e andò in quello che supponeva fosse il bagno, si lavò la faccia e guardò l'ora. Erano solo le sei e dieci. Si mise le scarpe, recuperò il mantello, e tornò nella sua stanza di Caposcuola per una bella doccia ristoratrice. Dopo aver sognato quel bacio, aveva dormito meglio. Aveva riposato come non faceva da mesi, tranquillo e senza incubi. Si sentiva stranamente in pace col mondo.

-AAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHH! Che diavolo succede???? - alle sette della mattina, contemporaneamente un urlo e una risata si diffondevano nella scuola, scuotendo l'aria.

Quel mattino fu ricordato da tutti per molto, molto tempo. Infatti, nessuno che avesse avuto il "piacere" di conoscere Draco Malfoy avrebbe mai dimenticato la sua entrata in scena, in Sala Grande.

Sopra un'espressione furente e assassina, con gli occhi che non vedevano, ma fulminavano, stavano degli accesi capelli color verde fluorescente. Appena oltrepassata la porta, tutta la mensa scoppiò in risatine sommesse, terrorizzati da una possibile reazione del biondo, anzi verde, a delle risate più esplicite. Si fiondò come un rapace sulla preda al tavolo dei Grifondoro, puntando una testa di capelli rosa cicca. Gli si piazzò davanti e con una furia tale da terrorizzare metà della tavolata urlò:

-Parker, accidenti! Sei stata tu, vero? Ammettilo, lo so che sei stata tu a combinare questo scempio, confessa, così ti posso uccidere all'istante! -

Grace alzò lo sguardo dalla Gazzetta del Profeta, era il ritratto della tranquillità, posò la sua tazza di caffè, e lo fissò divertita negli occhi. Quando vide il risultato del suo lavoro, non poté fare a meno di ridere come una pazza, proprio come nessuno aveva avuto il coraggio di fare.

-Ma-Malfoy! Oddio! Ma come sei conciato? Sei...sei esilarante! - esclamò la ragazza, con la voce rotta dalle risate, tenendosi la pancia. Sembrava non dover più smettere.

-Scommetto che sei stata tu! Questa roba non va via nemmeno con la magia! Le ho provate tutte ma sono rimasto di questo assurdo colore! Fallo scomparire subito! - disse alterato il ragazzo.

-Mi spieghi come posso essere stata io? Come avrei fatto, sentiamo! Visto che mi accusi dovresti avere almeno delle prove, non credi? - gli rispose lei ghignando.

-Ieri mi hai minacciato, e oggi sono verde! Più ovvio di così! Non sono mica uno stupido grifondoro, so fare due più due, ed esigo che tu ripari immediatamente al danno! -sbraitò ancora la serpe.

-Non credo proprio che lo farò, Furetto Fluorescente! Sei molto divertente mascherato da evidenziatore, non ti aiuterò a tornare al tuo colore platinato, te lo puoi scordare!-

Alla battuta dell'evidenziatore, metà dei ragazzi del tavolo, i figli di babbani per la precisione, compresi Hermione ed Harry, scoppiarono a ridere senza potersi trattenere, mentre i purosangue come Ron chiedevano al vicino:

-Che diamine è un evidenziatore?- senza capire la battuta, ovviamente.

A quel punto, Blaise, che aveva osservato l'intera scena sganasciandosi dalle risate, prese per il braccio il suo migliore amico verde, e lo trascinò fino al loro tavolo, mentre Malfoy sosteneva lo sguardo di Grace che sembrava dire " Ti avevo avvertito, non mi dovevi sfidare!", e il sorriso di scherno che aleggiava sulle sue labbra.

 

Con grande dolore dei grifoni, il mercoledì avevano due ore di pozioni con i serpeverde. Grace, che prevedeva una vendetta da parte di Malfoy, si rese pressoché invisibile per entrambe le ore. Tanto, quel pomeriggio si sarebbe subita il ragazzo per un'intera ora, e non poteva impedirlo, per volere di Silente. A lezione, il Principe delle Serpi non faceva altro che fissarla con odio. Lei stava al tavolo con Hermione. Non parlavano, ma si scrivevano su dei foglietti dei consigli utili per la Pozione Corrosiva che stavano facendo. Grace non aveva nessun tipo di problema, pozioni, insieme a trasfigurazione ovviamente, era la materia che le piaceva di più, anche se Piton aveva un odio tutto particolare per lei. Dietro le sue spalle stava Neville, e chiunque in quella scuola sapeva che il povero Paciock era negato in quasi tutte le materie, meno erbologia. Quindi Malfoy decise che si sarebbe vendicato subito dell'assurdo colore che per colpa della ragazza doveva portare in testa. Prese del succo di mandragola, e passando davanti al calderone di Neville, ne gettò dentro qualche goccia. Nessuno lo notò, ma dopo pochi istanti, la pozione, da viola che doveva essere, diventò rosso acceso. Grace, che si era voltata per caso, vedendo il colore intuì il pericolo appena in tempo.

BUUUUUM!

La pozione di Neville, con un incredibile scoppio, era esplosa, facendo schizzare pozione Corrosiva ovunque, bruciando tutto ciò che incontrava sulla sua strada. Grace, che stava proprio davanti al calderone, doveva avere gran parte della schiena ustionata, secondo i progetti del serpeverde. Invece, intuendo che sarebbe successo, la ragazza si era gettata di lato poco prima dell'esplosione, riportando solo qualche bruciatura da acido sulle braccia.

-Paciock sei un cataclisma! Sei riuscito a far esplodere una pozione semplice come questa, sei davvero una calamità naturale! Venti punti in meno a Grifondoro. -

disse Piton, con la sua voce strascicata, pulendo con un colpo di bacchetta il disastro combinato. Normalmente avrebbe fatto pulire a Neville quello sfacelo, per punizione, ma quella pozione era pericolosa, e il preside gliene avrebbe dette di tutti i colori se non l'avesse fatta sparire subito. Per fortuna, al momento dello scoppio Hermione era andata a prendere degli ingredienti dallo scaffale, quindi nessuno sembrava essersi ferito. Poco dopo Piton ordinò di consegnare le fialette con la pozione, e di sparire, che per quel giorno era stufo di loro. Mentre Grace ritirava il suo materiale, Hermione le disse, rifacendo la sua borsa:

-È davvero strano. Sul tavolo di Neville non c'era nulla che potesse causare un esplosione. Ci avrebbe dovuto mettere...-

-Succo di mandragola. - concluse Grace, sistemando il libro di pozioni nella borsa, con tono tranquillo.

-Esatto. Ma sul tavolo da lavoro di Neville non ce n'è. Com'è possibile? - Hermione si interrogava confusa.

-Malfoy, è stato lui a mettercela.- rispose l'amica, come se fosse ovvio.

-Come fai a dirlo? L'hai visto? - chiese la riccia.

-No, ma non serve. Lui si è solo vendicato dei capelli verdi. Ora penserà che siamo pari. Io non farò nulla e la cosa morirà qui.- rispose l'altra, mentre usciva dalla porta.

-Santo cielo, Grace! Hai il braccio tutto ustionato! Guarda che piaghe, la pozione ti ha presa in pieno! Non ti fa male?- esclamò all'improvviso Hermione.

-Oh, sì deve avermi presa anche se mi sono spostata. Non mi fa male, non importa, ora abbiamo trasfigurazione, ci dobbiamo sbrigare.- disse Grace, avviandosi. Hermione l'afferrò con decisone per il polso, dicendole:

-OH, no, affatto. Io e te ora andiamo in infermeria a farti curare queste piaghe, punto e basta! E non voglio sentire scuse! Andiamo!-

-No Herm, abbiamo la McGranitt adesso!-

-La McGranitt capirà, andiamo.-

-E va bene, ma ci vado da sola. Tu vai dalla professoressa e dille che sono in infermeria. Appena finito ti raggiungo. Ok?- 

disse la ragazza, che aveva i capelli arancioni e gli occhi gialli, come un gatto.

-D'accordo, te lo concedo, ma dopo controllo, perciò vedi di farlo davvero! Intese?- rispose la riccia.

-Ok, ci vediamo dopo Herm.-

-A dopo.-

Detto questo, le due grifondoro presero strade opposte, l'una verso l'aula di trasfigurazione, l'altra verso il regno di Madama Chips.

 

-Stavolta hai davvero esagerato, Draco! Le hai bruciato tutte le braccia! - diceva Blaise all'amico, mentre attraversavano il corridoio, per andare a fare divinazione.

-Lo so Blaise, ma sono sicuro al cento per cento che è stata lei, e doveva pagarmela! E non è finita, vedrai oggi, alla nostra lezione, come la riduco!- rispose Malfoy, con stizza.

-Non te la stai prendendo un po’ troppo per un colore di capelli più appariscente del normale? - chiese il moro divertito.

-Vorrei vedere te, con dei capelli così! E poi, merita la mia vendetta!-

-Ma non hai nemmeno le prove che sia stata davvero lei! - disse con ovvietà l'amico

-Non ne ho bisogno, so che è stata lei! -

-E come? Immagini almeno come può aver fatto?-

-No, non lo so, ma me la pagherà!-

-Più di così? L'hai già spedita in infermeria mi pare!-

-Oh sì. Molto, molto più di così!- concluse il ragazzo, attraversando i corridoi per raggiungere l’aula della Cooman.

 

Alle quattro, Malfoy si diresse alla stanza delle necessità, appoggiata al muro c'era Grace. Entrarono senza dire una parola, prima lui, poi lei, ma quando la porta si fu richiusa dietro le spalle della ragazza, Draco l'afferrò per le braccia, ormai guarite da Madama Chips, e ce la sbatté contro. Per la sorpresa, Grace spalancò gli occhi. La presa di Malfoy era troppo stretta, le stava facendo male, ma non avrebbe mai fatto nulla per farglielo capire. Era una questione di orgoglio, non si sarebbe lamentata. Lui cercò il suo sguardo, lei glielo concesse. Era uno sguardo neutro, non c'era rancore, dolore, rabbia, niente. Solo, lo guardava. Lui invece era furente. Le iride erano diventate plumbee, scurite dalla furia. Quel colore del mare in tempesta che avevano normalmente, aveva lasciato il posto al colore del piombo fuso. Si avvicinò pericolosamente al suo viso, e cominciò a parlare, con voce tagliente e dura:

-Spiegami perché accidenti ti comporti così, Parker! E non cercare di mentire, so che sei stata tu! Ora pretendo delle spiegazioni! -

-Parli come se fossimo diventati amici all’improvviso, Malfoy. Io e te siamo sempre i soliti, non è cambiato niente, solo perché ti insegno l'arte dell'animagus. Se io ti avessi lasciato passare indenne dopo la sparata del maschiaccio che mi hai fatto davanti a Harry e Ron, avrebbero sospettato qualcosa su di me. E poi, ti sei già vendicato abbastanza stamattina, con quella maledetta Pozione Corrosiva, mi hai fatto saltare la mia lezione preferita! -

rispose Grace, per niente toccata dalla rabbia del serpeverde, ma con sguardo di rimprovero. Era più arrabbiata per aver perso la lezione di trasfigurazione che per le dolorose ustioni sulle braccia.

-Ma io non dicevo sul serio ieri! Stavo recitando la parte di sempre, e tu invece facevi sul serio, e mi hai tinto i capelli di questo colore allucinante! Nessuna ragazza mi vorrà più, mi hai condannato all'astinenza, Parker! - disse il ragazzo, serrando di più la stretta sulle braccia. Stavolta fu Grace ad avvicinarsi al volto di lui, si accostò con fare malizioso al suo orecchio destro, alzandosi leggermente sulle punte, e gli sussurrò:

-Allora sono tutte delle idiote! Ti trovo molto sexy con questi capelli! - disse sorridendo, con occhi furbi, sfottendolo un po’ ma con malizia.

Malfoy dal canto suo era esterrefatto, di certo non s’aspettava certe risposte, non da lei. Socchiuse la bocca in un' espressione di muto stupore, e senza accorgersene, ammorbidì la presa, poi rispose, anche lui bisbigliando:

-Come hai fatto?-

-A fare che?-

-A tingermi i capelli, ovvio! -

Grace ridacchiò.

-Ti ho messo una mia speciale pozione nello shampoo mentre ti allenavi a quidditch. Il colore durerà ancora un paio di giorni, poi sparirà da solo. -

-Nello shampoo? Significa che sei...-

-Entrata nella tua stanza? Sì infatti. È carina, un po’ troppo verde forse.-

-Ma come ci sei riuscita?-

-Mi sono trasformata in Pansy-il-carlino-spelacchiato-Parkinson e sono entrata in sala comune, poi nella tua stanza. -

-E come sapevi la parola d'ordine? -

-L'ho sentita dire da uno del primo anno. Ancora non sanno che non devono urlarla ai quattro venti.- disse sghignazzando.

Anche Malfoy ghignò, e la guardò dritta negli occhi.

-Allora siamo pari? - chiese.

-Sì, direi di sì. -

rispose la ragazza, sorridendogli in modo stranamente dolce…o forse era solo una sua impressione. I capelli le erano diventati di un profondo blu, e gli occhi verde acqua. Un abbinamento incredibile. Mentre le iridi cambiavano colore, Draco non aveva spostato lo sguardo un solo istante, osservando come passavano dal giallo al verde. Era rimasto ipnotizzato da quella spirale di colore, e senza volerlo gli era tornato in mente quella famosa buonanotte che credeva di aver sognato. Alzò un braccio, e posò la mano fredda sul viso di lei, in una veloce ma quasi tenera carezza. Col dorso delle dita le sfiorò una guancia, perso nei suoi occhi. Sentì un fremito, come una scossa elettrica che lo attraversava dalle punte dei capelli fino in fondo ai piedi, inaspettata e inspiegabile.

Lei non era da meno, non capiva più niente. Sapeva di dover fare lezione, ma non riusciva a sottrarsi a quella piacevole sensazione. Era come se stesse sognando ad occhi aperti. Sapeva che lui la stava accarezzando, e questo le bastava. Era troppo bello sondare quegli splendidi occhi, tornati grigi e più sereni, e la pelle bruciava sotto il suo tocco. All'improvviso, lui si riprese, e si rese conto di quello che stava facendo, e soprattutto pensando, e si scostò imbarazzato da lei, spezzando l’incantesimo.

-Ehm, allora cominciamo?- disse arrossendo d'imbarazzo, voltandosi velocemente.

Grace era confusa ma anche stranamente felice, non sapeva neanche lei perché, ma le era sembrata tremendamente dolce quella carezza. Lui le era sembrato tremendamente dolce. E le era piaciuto da morire.

-Sì certo, cominciamo. Allora, siediti e comincia a pensare al cerchio. Faremo una cosa diversa da ieri, visto che con la canzone ti sei addormentato!- disse Grace sorridendo allegra, prendendolo un po’ in giro.

'Devo essere impazzito! Non è da me accarezzare così una ragazza! Io le seduco, non le tratto gentilmente! E poi, lei ha detto che fra noi due non è cambiato niente... però non si è scansata, quando l'ho toccata...avrebbe potuto, ma non l'ha fatto… poteva anche schiaffeggiarmi, da lei me lo sarei aspettato…

Mi è piaciuto sentire la pelle scaldarsi sotto le dita, e i suoi occhi...non riuscivo a staccarmene…sono quasi…ipnotici ... e ha anche un gran bel sorriso e delle cosce che…

MA CHE STO PENSANDO????? Era meglio prima, quando immaginavo di portarmela a letto!'

Malfoy non sapeva più che pensare, così si sedette di fronte a lei, sul tappeto. Lei aveva sulle gambe incrociate il libro che stava sul comodino.

-Che ci fai con quello ora?-

-Oggi facciamo così: mentre tu pensi al cerchio, e solo al cerchio, io ti leggerò il libro, e tu non dovrai distrarre la concentrazione dal cerchio nemmeno per un secondo. Semplice no?-

-Sì, ok.-

Chiuse gli occhi e visualizzò il famigerato cerchio mentre Grace pronunciava l'incipit del suo amato romanzo. Ne lesse diversi capitoli, osservandolo spesso e controllando che Malfoy eseguisse i suoi ordini. Lui, per non pensare a quanto accaduto poco prima, si stava applicando per pensare solo a quel maledetto tondo astratto e immaginario. Presto scoprì che non sentiva più la voce di Grace, non pensava più a niente che non fosse il cerchietto nero e sottile nella sua testa. Non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato, quando la grifondoro lo richiamò alla realtà con voce tranquilla.

-Complimenti Malfoy, sembri aver raggiunto il giusto grado di concentrazione. Allora, di che parla il libro?-

-Io...non lo so...ero troppo preso dal cerchio.- disse Malfoy, con sguardo vacuo.

-Perfetto! Era questo lo scopo! Quando ti dovrai trasformare, dovrai trovare la concentrazione in qualsiasi situazione, non potrai distrarti nemmeno per un istante mentre ti trasformi! Molto bene! Per oggi sono soddisfatta, complimenti Malfoy. Continueremo così ancora qualche giorno, poi passeremo oltre.- rispose Grace, felice di aver già ottenuto qualche risultato.

-Va bene.-

Draco era troppo confuso per parlare, così la salutò con un "A domani", e andò a cercare Blaise. Aveva un assoluto bisogno di parlargli immediatamente. Per quanto riguarda Grace, invece, rimasta sola nella stanza, si mise sul letto a riflettere su quanto accaduto l'ora prima, abbracciando il cuscino. Non era successo niente in realtà, l'aveva a malapena sfiorata, ma lei si sentiva troppo felice, come se avesse fatto chissà che. E poi perché era felice? Lui era Malfoy! Quello che per anni aveva offeso lei e tutti i suoi amici! Doveva rimanere fredda e impassibile, e invece si stava sciogliendo sotto i suoi polpastrelli come un gelato ad agosto. Non era normale. Eppure, era anche impossibile negare che tra i due c’era chimica, ma come poteva provare certe sensazioni per un semplice e veloce contatto con Malfoy? La cosa la lasciava alquanto confusa.

Ma lei non poteva parlarne a nessuno. I suoi amici non dovevano sapere niente. Avrebbe accantonato la faccenda, senza troppi problemi.

Intanto Draco aveva trovato Blaise in biblioteca, e lo aveva trascinato come una furia fino alla sua stanza, dove gli aveva raccontato quello che era successo.

-Insomma, l'hai solo sfiorata? - indagò il moro, sorpreso.

-Sì. Io... insomma, non era la prima volta che mi immaginavo come sarebbe stato andare a letto con lei, ma il ricordo di quello stupido bacio, il modo in cui pronunciava il mio nome, così dolce, inusuale... lei mi è sembrata dolce...e ho sentito l' impulso di toccarla, mentre ci pensavo! È stato più forte di me. Quando me ne sono reso conto, ormai l'avevo già fatto.-

Draco non sapeva più cosa pensare. Si sentiva sconvolto perché per un attimo aveva perso il controllo, e questo non gli era mai successo. La cosa gli dava da pensare: come mai lei gli faceva quell'effetto? Era stato con tantissime ragazze, per lui erano un piacevole passatempo, niente di più. Prendeva quello che voleva, e le congedava senza la minima attenzione nei loro riguardi. Lei, per quanto lo eccitasse, non lo istigava a farne quello che gli pareva. Non ci riusciva. Di solito lui era sicuro di se con chiunque, dominava la situazione, seduceva le ragazze e poi se ne liberava, non erano da lui attenzioni di quel genere. Non riusciva a mettere quella ragazza sullo stesso piano delle altre, e soprattutto, gli riusciva impossibile domarla e predominare su di lei.

-Beh, ma perché sei così turbato? L'hai solo accarezzata! Con le altre non ti sei fatto il minimo scrupolo a farci tutto il resto, e con lei ti blocchi per un tocco di sfuggita? - disse Blaise, prendendolo in giro.

'Ne è senza dubbio attratto, ma non solo fisicamente. A quanto pare si sta affezionando a quella ragazza. D'altronde, lo capisco perfettamente.' pensava il moro , mentre l'amico era perso nei suoi pensieri.

-Hai ragione tu, non ha senso, dimenticherò il tutto, mi controllerò e farò in modo che non succeda più.- disse ad un certo punto il biondo.

-Ok, contento tu! - e la faccenda si chiuse lì.

 

 

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Antro dell’autrice

 

Carissimi, eccomi di ritorno col nuovo capitolo… stavolta i nostri amici si sono divertiti a farsi i dispetti, e Draco ha provato a far fuori l’altra protagonista, secondo me per egocentrismo smisurato…

Draco: Sì sì, continua a dire cazzate sul mio conto, sono solo armato e a un passo da te!

Nami: A cuccia, biondino! Ti consiglio di non farmi arrabbiare, o nel prossimo capitolo ti faccio accarezzare la Mcgranitt invece di Grace, e magari con lei ci scappa anche un bacio! Mi sono spiegata? è.é

Draco: O.O signorsì, signora!

Nami: Ecco, bravo.

Dicevo…mi sono divertita un sacco a tingere i capelli a Draco, e soprattutto a immginarmelo versione evidenziatore…(Io mi sono divertito un po’ meno, pazza sclerotica! ndDraco), (Non provocarmi oltre, è un consiglio da amica!è.é ndNami)

Per Devily: carissima, ho fatto il prima possibile, spero che il cap non abbia deluso le tue aspettative e che ti sia divertita a leggerlo come io a sciverlo! XD un bacio!

 

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 4
*** Lesson 4: Novità e duelli ***


Lesson 4: Novità e duelli

LESSON 4: NOVITA’ E DUELLI

 

I giorni passarono in fretta, e i ragazzi sembravano aver dimenticato la frazione di secondo di debolezza che li aveva colti, quel famoso mercoledì. Con la fine della settimana, chiusero definitivamente la prima fase dell'addestramento, l'esercizio della concentrazione che era indubbiamente la più facile. Per i corridoi gli insulti erano meno astiosi, sembrava più un passatempo, e alle loro lezioni private erano entrambi più gentili l'uno con l'altra, scherzavano, ridevano come buoni amici, ma era tutto li, un semplice rapporto di sopportazione reciproca. O almeno questo era quello che si ripetevano tra loro per convincersi che quello che li univa, era solo la necessità.

Il lunedì, alle quattro come al solito si trovarono nella Stanza delle Necessità.

-Allora Malfoy, sei pronto per la prossima fase, ti aspetta il controllo dei flussi, caro mio! - disse Grace poggiando la sua borsa su una poltrona, davanti al camino.

-Giusto, la seconda fase... come sarà il nuovo allenamento? -

chiese curioso il ragazzo, che ormai da qualche giorno aveva ripreso il suo consueto colore: biondo platinato.

-Allora, vediamo...in parte sarà come prima, però invece di visualizzare il cerchio, dovrai immaginarti i tuoi flussi di magia. Il problema sarà trasformare la visualizzazione in percezione, ma vedrai che ci riuscirai! Apprendi abbastanza in fretta, ce la farai di certo, non ti preoccupare!-

gli rispose la grifondoro con un sorriso incoraggiante. La guardò in quegli occhi, viola come i capelli, e si sentì rassicurato. Così, volle cominciare subito l'allenamento.

-Siediti come al solito e comincia a concentrarti. - si sedettero, uno di fronte all'altra.

-Bene, ora immagina la siluette del tuo corpo. In corrispondenza delle braccia, delle gambe e della testa, immagina che passino degli spessi tubi, e che vicino al cuore ci sia una spirale che raccoglie il tutto. Ci sei? -

-Sì -

-Bene, ora concentrati sul respiro, fino a percepire dentro di te lo scorrere del flusso magico, la magia che come sangue passa in ogni parte del tuo corpo, quella stessa magia che vedi nella tua testa. -

Per questo ci volle un po’ di più... molto di più, ma alla fine, quando ormai l'ora era quasi scaduta, Draco ce la fece.

-Accidenti, sei davvero veloce, Malfoy! Molto bene! Hai già percepito il flusso, sono felice di vedere che ti impegni tanto! Domani ti insegno a controllare la dose di magia da distribuire alle varie cellule. Ora sarai stanco, puoi andare se vuoi. -

disse Grace sorridendo dolce. Ormai era quasi normale per Draco vederla sorridergli in quel modo, quando prima credeva che non sarebbe mai successo. Infatti era convinto che la strega l’avrebbe sempre odiato, senza speranza di una qualche amicizia, ma doveva ricredersi perché a quanto pareva non era così che doveva andare tra loro.

Mentre preparavano la loro roba per andarsene, un bellissimo gufo grigio batté col becco contro la finestra. Grace riconobbe subito l'animale, apparteneva alla sua famiglia.

-Jack! Che ci fai qui? Ci sono novità? –

esclamò aprendogli la finestra. Il gufo le balzò sul braccio, porgendole una busta col becco. Grace gli fece una carezza affettuosa sulla testa, e lui tubò deliziato. Prese la busta dal becco, e, dopo che il gufo ebbe ripreso il volo, con lo sguardo chiese a Draco se potesse leggerla. Draco le fece un cenno affermativo, lei si sedette su una poltrona e aprì a lettera: gliela mandava la madre. Cominciò a leggere le poche righe, mentre Draco si era messo in piedi di fronte a lei.

-Sai, mio padre fa l'auror. La settimana scorsa è partito per una missione...ero molto preoccupata per lui...diciamo pure insopportabile! - disse Grace, ridendo di se stessa e guardando il ragazzo negli occhi. Poi riprese a leggere. Quando arrivò alla fine della lettera, i suoi occhi si illuminarono e fece un bellissimo sorriso. Balzò in piedi e saltò al collo di Draco.

-È tornato! Draco, papà è tornato, sta bene! Che bello, che bello, che bello! –

gli urlava nelle orecchie, mentre con le braccia gli stritolava il collo, saltellando come un invasata. All'inizio lui era frastornato da quell'improvviso contatto fisico, poi però si sciolse e ricambiò l'abbraccio, stringendola forte. Fece un lieve ghigno sulla sua spalla, il suo entusiasmo quasi infantile lo faceva sempre divertire, ma lo portava anche ad avere comportamenti un po’più gentili del normale…insomma, la cosa lo ammorbidiva.

-Sono felice per te, Grace. -

le sussurrò vicino all'orecchio, con voce maliziosa. Sentendo le sue labbra sfiorargli l'orecchio, la ragazza arrossì rendendosi conto che:

1) gli era saltata al collo senza ritegno; 2) Lui la stava stringendo a sua volta; 3) lui l'aveva chiamata per nome.

-M-mi hai chiamata Grace! - sussurrò lei stupefatta, staccandosi un poco dall'abbraccio.

-Beh, è il tuo nome no? - ridacchiò Draco.

-Non mi sembra giusto chiamarti ancora per cognome. In fondo, ora siamo amici no? E nessun amico mi chiama Malfoy, perciò, d'ora in poi, per te sarò solo Draco. Ok? -

-Va bene, Draco. Come vuoi tu. - gli rispose sorridendo felice. Scivolò fuori dalle sue braccia, leggendo ancora la lettera.

-Ora che è di nuovo a casa, posso stare tranquilla! Ahhh che bella sensazione! Mi sento più leggera! - disse la grifondoro al culmine della gioia, si esaltava davvero con poco.

-Bene, ora che ne dici di andare? Devo ancora fare i compiti, e Blaise m'aspetta. - disse il biondo, sorridendole. Non un ghigno, un sorriso vero. Lei rimase abbagliata da quel sorriso, annuì con la testa, raccolse la sua borsa ed andò in sala comune.

 

Grace, posso parlarti un momento?-

-Certo Harry. Dimmi tutto, che c'è? -

Grace stava leggendo la lezione di antiche rune su un divano della sala comune di grifondoro, davanti al camino scoppiettante. Era lì che Harry l'aveva trovata, ed era rimasto a fissarla per cinque minuti buoni, prima di riscuotersi. Si sedette vicino a lei sul divano, mentre l'amica chiudeva il libro e lo metteva da parte.

-Ascolta Grace, ultimamente ti vedo distratta...sparisci per interi pomeriggi... stai bene? Insomma, sei triste, o arrabbiata con qualcuno? Mi sembri...assente, ecco, e non è da te, cominciamo a preoccuparci… -

-Preoccuparci? Ron preoccupato? Dillo Harry che sei l’unico paparino apprensivo qui! – disse l’amica sorridendogli un pò ironica, ma riconoscente.

-Ok, ok, io mi preoccupo. Se hai qualche problema e ti posso aiutare, non devi fare altro che chiedere, lo sai, no? -

concluse Harry, un po’ titubante. Grace era commossa da tutta quella preoccupazione da parte sua e gli sorrise riconoscente.

-Ah, ecco, mi pareva strano che Ron si preoccupasse per me!Ma neanche tu devi farlo, Harry, sto bene! Ero solo un po’ inquieta per via di una missione super-pericolosa di papà, ma oggi mamma mi ha scritto che è tornato a casa e sta bene. Non temere, è tutto a posto! Ma comunque ti ringrazio, Harry. -

-E di cosa? Non ho fatto niente! -

-Di essere così premuroso con me, lo sai che anche se ti sfotto mi fa piacere... Ti voglio bene! - e gli schioccò un affettuoso bacio sulla guancia. Il moro divenne rosso come un peperone e bisbigliò:

-Sì, anch'io Grace.-

-Ora devo andare Harry, ci vediamo dopo a cena, ok ? - disse a un certo punto la ragazza.

-Ok, ci vediamo dopo. Ciao - le rispose, guardandola salire le scale del dormitorio femminile.

'Prima o poi riuscirò a dirti tutto Grace. Ce la farò.' pensò il moro, imprimendosi a fuoco nella mente lo splendido sorriso che gli aveva rivolto.

 

 

-Allora, come va con la Parker? Sembrate più rilassati ultimamente. -

disse Blaise a Draco, mentre stavano placidamente seduti sotto una grande quercia del parco.

-Ti dirò, Blaise, sono quasi tre settimane che mi esercito con lei, e non l'ho mai vista sorridere tanto in sei anni che la conosco. Cioè, ho sempre visto solo ghigni tipo il mio, invece ho scoperto che con quelli che considera suoi amici è molto dolce, e sorride sempre…e che è iperprotettiva con le persone a cui vuole bene. Anche se ogni tanto ci scanniamo per delle scemenze, questo non è cambiato. Tipo: l'altro giorno ci siamo quasi uccisi perché l'ho beccata a bere birra babbana, e ha osato dire che è meglio delle burrobirre! -

-Ahahah! Non ci credo, siete proprio incorreggibili! Ahahah! - rispose l'amico, in preda alle risate.

-Sono cretinate, lo so, ma io lo faccio perché mi diverto più che altro, penso che sia lo stesso anche per lei. - disse ancora il biondo.

-Sì, lo credo anch'io. A che punto sei, comunque? -

-Ho cominciato la fase dell' immedesimazione. Sai, visualizzare l'animale in tutte le sue caratteristiche, percepire le cellule cariche di energia per poterle trasfigurare e cose così. -

-Uhh...ha l'aria di essere roba difficile, eh? -

-Lo è abbastanza, da mettere in pratica, ma lei è brava a spiegarlo, ci metto poco a capire come devo fare. -

-Allora te la cavi? Meglio così, sono felice per te. -

e detto questo, passarono qualche minuto in religioso silenzio, a contemplare il Platano Picchiatore che si scrollava di dosso le foglie morte. Poi Blaise volle porre una domanda.

-E' poi ricapitato che ti sentissi strano con lei, come l'altra volta? -

-Sì, un pomeriggio mi ha abbracciato. È stato quando ha saputo che il padre era tornato a casa da una missione pericolosa. Mi è saltata al collo, e a momenti mi strangola! Troppa felicità fa male! E, beh, mi sono sentito bene, e felice della sua euforia… e pensa che mi ha solo stritolato…- disse il biondo, sorridendo del suo stesso ricordo.

'Gli fa proprio uno strano effetto. Chissà se...sono proprio curioso di vedere come si evolverà la faccenda!'

pensò il moro, mentre osservava le strane reazioni del suo migliore amico al pensare ad un semplice abbraccio.

-Ehh amico mio, sei partito per la tangente, sei impazzito! - gli disse con un sorriso divertito.

-Senti da che pulpito viene la predica! - ripose Draco con il suo ghigno stampato in faccia.

-Touché!- rispose l'amico, facendogli l'occhiolino.

 

 

 

-Grace, Grace,Grace! Fermati, aspettami! -

un ragazzino, che avrà avuto si e no 13 anni, correva come un disperato per i corridoi del quinto piano, nel tentativo di fermare Grace. Aveva dei bei capelli corti e biondi, e degli occhi azzurri che avrebbero fatto invidia a chiunque. Era piuttosto alto per la sua età, e aveva un fisico asciutto e snello. La ragazza, sentendosi chiamare si voltò, fermandosi, e vedendo chi era a chiamarla, si rallegrò e disse al ragazzo, che ormai l'aveva raggiunta correndo a perdifiato:

-Ciao Max! Come mai corri tanto? Vuoi partecipare a una maratona? -

gli disse, prendendolo un po’ in giro.

-Ah ah, spiritosa! Se non camminassi più svelta di una locomotiva, non avrei bisogno di rincorrerti per parlarti! - rispose il ragazzo, riprendendo fiato e un colorito normale in viso. La ragazza gli sorrise dolcemente, poi rispose:

-Ok, hai vinto, mi hai raggiunta! Che c'è? -

-È arrivata una lettera urgente di papà, ma il tuo gufo non riusciva a trovarti, così l'ha consegnata a me...eccola! - disse il ragazzino, porgendole una busta.

-Oh, grazie Max. Dimmi, come va con la sorella della Bell? Ho saputo che ti ci eri messo insieme, di recente... - rispose la grifondoro.

-Mi ha piantato l'altro giorno - rispose mestamente il ragazzo.

-Maximilian Joey Parker! Che diamine hai combinato a quella povera ragazza? Si vedeva lontano un miglio che le piacevi, come hai fatto a farti mollare? -

chiese Grace, con aria allibita. Max era il suo fratellino minore, aveva quattro anni meno di lei, e dei cinque figli dei Parker, era l'ultimo e il più piccolo. Era l'unico fratello minore di Grace, e lei gli aveva sempre fatto un po’ da seconda mamma, lì a scuola, e anche da amica e consulente, e, diciamocelo, lo viziava anche parecchio. Lo proteggeva e lo consigliava, sostituendo la madre come meglio poteva, finché erano lì a Hogwarts, aveva un forte senso di responsabilità nei suoi confronti.

-Beh, io non centro, è lei che mi ha scaricato! All'improvviso ha detto che non voleva più stare con me, e mi ha piantato in asso! Poco dopo l'ho vista tra le braccia del suo ex! - rispose il fratello, ora visibilmente arrabbiato.

-Se le cose stanno così, ti ha usato per far ingelosire l'altro ragazzo... che carogna! A te piaceva?...nel senso, più delle altre? - chiese la sorella.

-No, non particolarmente. È carina, ma l'avevo sopravvalutata. -

-Oh, allora non devo punirla come si deve? - chiese delusa la strega. Il piccolo grifondoro ridacchiò.

-No, non è necessario. Dopo mi farei la reputazione del cocco di Grace, non sarebbe un rispetto guadagnato! Mi tratterebbero bene solo per paura di farti arrabbiare! Meglio che ne resti fuori, così non macchi la tua impeccabile fedina penale con un omicidio! -

-Ok, ma solo perché me lo chiedi tu! - disse Grace, ridendo.

Una volta salutato il fratello, Grace si avviò verso la sua stanza, per poter leggere in pace la sua lettera.

"Cara Grace,

so che ti preoccuperai non poco, e mi dispiace causarti questo sentimento ogni santa volta, ma mi sembra giusto comunicartelo lo stesso. Mi hanno assegnato una missione di grado S, oggi al Ministero. Partirò domani, e non so quando tornerò. Ti chiedo di badare come sempre a Max, ultimamente fa un po’ di casini più del normale. E poi, per quanto ti sia possibile essendo così lontana, stai vicina alla mamma mentre non ci sono, scrivile di più, non farle pensare solo a me. Morirebbe di angoscia, tienila un po’ impegnata con le notizie tue e di tuo fratello. I tuoi fratelli, Brian e Simon, stanno bene, e anche Kate se la cava alla grande al San Mungo. Non preoccuparti, starò bene. Ti scriverò appena potrò. Ti voglio bene, ricordalo sempre.

Con tanto affetto,

Papà."

-...con tanto affetto, Papà. Sei partito di nuovo eh? Uffa, sempre nei casini, tu! - sussurrò Grace, sospirando piano e sbuffando. Si lasciò cadere a pancia in su sul suo letto, chiudendo gli occhi.

'Sta attento papà, sii prudente.' pensò la grifoncina.

Quel giorno era giovedì, quindi alle nove si recò alla lezione con Draco.

-Ciao, Grace. Continuiamo con l'immedesimazione anche oggi? È quasi una settimana che provo, mi sembra di esserci riuscito bene no? Ma che hai? Sembra che tu abbia il morale sotto i piedi! -

appena entrati nella stanza, Draco si era messo a suo agio, e le aveva parlato di spalle. Quando si era finalmente girato, aveva notato l' espressione scura della ragazza. Aveva i capelli e gli occhi neri ed era pallida. Cominciava a preoccuparsi (anche lui, tanto per cambiare ndGrace).

-Non è nulla Draco, non ti preoccupare! - rispose lei, stirando un sorriso, che comunque non lo ingannò.

-Se non te la senti di fare lezione, per oggi possiamo lasciar perdere. Non muore nessuno se saltiamo un giorno di esercitazione. - disse il biondo, comprensivo.

-No, davvero non c'è problema. Ho bisogno di distrarmi. -

-Allora che ne pensi di insegnarmi a fare gli incantesimi senza bacchetta? -

chiese il ragazzo, speranzoso. Grace ci pensò un poco, tenendosi il mento con due dita, come faceva sempre quando rifletteva.

-Va bene. In fondo, ti sei già immedesimato abbastanza in un bel gattino! La volta scorsa ci è mancato poco che facessi le fusa! -

rispose la grifondoro, ridacchiando. Stare in compagnia di Draco la faceva stare meglio, perché la sua vena ironica dava il meglio di se. Era diventato una specie di toccasana per il suo umore, quell'appuntamento quotidiano con il Principe delle Serpi, che con lei, tanto serpe non lo era più.

-Bene Draco. Per fare magie senza bacchetta, l'importante è avere la ferrea volontà di eseguire l'incantesimo. Se non hai a disposizione una bacchetta ma sei umano, basterà muovere una mano, ma se sei un gatto, dovrai basarti solo sul desiderio che l'incantesimo si attui. Quando poi sarai riuscito a trasformarti, ripasseremo questa cosa, intanto, mettiti qui di fronte a me, tendi il palmo della mano in cui tieni normalmente la bacchetta davanti a te. Sì, così, ora pensa all'incantesimo accio, concentrando il flusso dell'intero braccio, verso la mano. - cominciò a dire Grace a Draco, che nel frattempo eseguiva.

-Fai l'incantesimo accio non verbale, e richiama quel libro laggiù, sul comodino, concentrando tutta l'energia che ti serve al centro della mano. -

Draco si fermò, concentrato al massimo sullo scorrere dell'energia dentro di se. Ora che sapeva come si facesse, gli fu molto più semplice che qualche giorno prima. Portò l'energia necessaria nella mano destra, poi, fissando il libro, pensò:

' Accio libro!'

e il libro si fiondò dritto sul suo palmo aperto.

-Bene, Draco! Ce l'hai fatta subito, hai visto? Complimenti! Ora prova a schiantarmi! -

esclamò felice Grace, con un gran sorriso di soddisfazione. Evidentemente era una brava insegnante, visto che il biondo progrediva così in fretta in quelle che erano lezioni di trasfigurazione e incantesimi di livello parecchio avanzato, rispetto a quelle che impartivano normalmente a scuola.

Malfoy stava ghignando compiaciuto, quando si rese conto di cosa avesse detto la ragazza. Spalancò gli occhi e socchiuse la bocca.

-Cosa?! Stai scherzando, vero Grace? Non vorrai sul serio che ti schianti? -

rispose il biondo con una strana espressione di stupore in volto.

-Ti pare che potrei scherzare sulle nostre lezioni, Malfoy? -

rispose la grifondoro, incrociando le braccia sotto il seno, mentre i suoi occhi diventavano di un pericoloso rosso. Draco aveva imparato che lei lo chiamava ancora per cognome solo quando si stava arrabbiando, o quando si metteva in dubbio uno dei suoi ordini di insegnante, in questo caso per entrambi i motivi.

-Vuoi sul serio che ti attacchi? Ma sei impazzita? No, non posso attaccare una ragazza. - disse il ragazzo, voltandole la schiena e alzando le braccia in segno di resa.

Lei, per tutta risposta, ghignò sadica, mosse leggermente una mano e fece esplodere la lampada che stava davanti al serpeverde, che sobbalzò e si girò indispettito.

-Che diavolo fai, si può sapere? Mi hai fatto prendere un colpo! - le urlò arrabbiato. Lei si mise a ridacchiare.

-Se non ti conoscessi, direi che hai paura di batterti con me! - gli rispose tra le risa.

-Io non ho affatto paura! -

-E allora dimostramelo! Schiantami! - lo provocò lei.

Draco, punto nell'orgoglio, senza preavviso, provò a lanciare uno stupeficium non verbale. La ragazza mise una mano davanti a se e pensò, tranquilla: 'Protego!' e uno scudo invisibile assorbì il colpo, di bassa potenza, del biondo.

-Visto? Non era poi tanto difficile, no? - disse beffarda la grifoncina.

-No, ma io non posso combattere con te! Rischio di farti male, non voglio doverti portare in infermeria! Come lo spiegherei a Madama Chips? - le disse il ragazzo con aria contrariata. Lei si mise a ridere sonoramente, ma senza allegria.

-Draco, Draco, Draco! Cosa ti fa credere che vinceresti? Io non sono una timida ragazzina fatta di cristallo, non lo sai? Io mi sono allenata per anni con Harry, e con tutti i ragazzi che hanno osato sfidarmi a duello, al Club dei Duellanti, persino Micheal Corner, considerato da tutti il re dei duelli, ha dovuto riconoscere la mia forza in battaglia, e non ce n'è uno che si possa vantare di avermi battuto. Vuoi dirmi che ti manca il coraggio, Malfoy? -

gli disse, sfidandolo con lo sguardo alla battaglia.

-E va bene! Ma non andare a piangere dallo Sfregiato se ti rompi un unghia! - fu la risposta della serpe.

Iniziò uno scontro, un duello in piena regola. Malfoy colpiva con poca forza, ancora gli mancava la pratica, ma con un gran controllo e precisione. Grace, dal canto suo, era ben allenata, e non faceva fatica ne a schivare ne a proteggersi con vari scudi. Il suo contrattacco era sempre potente e ben mirato, sembrava non facesse altro tutto il giorno. Alla fine dell'ora, Draco era sfinito e pieno di graffi, mentre la ragazza era a malapena sudata per gli scatti di scarto, per evitare gli incantesimi dell'avversario.

-Bene, Draco, vedo che hai imparato in fretta come gestire certi incantesimi. Come primo duello non è andato tanto male, pensavo peggio. Vieni, ti disinfetto le ferite. - disse Grace, comportandosi un po’ da mamma, come faceva col fratellino, ormai ci aveva preso la mano.

-Non ho alcun bisogno del tuo aiuto, grazie! Me ne vado! -

disse con stizza il biondino, cercando di prendere la sua roba per andarsene, ferito nel suo orgoglio maschile per essere stato battuto da una femmina. Non fece più di due passi, che si trovò immobilizzato da un incantesimo.

Grace l'aveva pietrificato. Gli si avvicinò con passo felino, cominciando a disinfettargli i graffi che aveva sul volto. Mentre lo faceva, lo fissava negli occhi, medicandolo il più delicatamente possibile. Aveva lo sguardo ferito e arrabbiato, come un bambino che perde e si trova consolato dalla mamma davanti agli amici.

-Non fare il moccioso e non guardarmi così! Dovevi essere medicato, non ti avrei mai lasciato uscire da qui con questi tagli sulla faccia! -

sbottò la ragazza, che si sentiva in colpa per esserci andata così pesante nel loro primo duello. Lo sguardo del biondo si fece meno sprezzante, ma gli occhi grigi trasmettevano ancora delusione per aver comunque perso contro di lei.

Dopo aver medicato il viso, aprì la camicia e la riparò con un reparo, poi prese a curare le ferite che aveva sulle braccia e sul fianco destro.

Si ritrovò così a fissare i muscoli scolpiti del ragazzo.

Lo osservava in modo malizioso, e intanto lo tamponava con una garza e applicava un incantesimo medico per rimarginare le ferite.

Draco, accorgendosi di quello sguardo famelico, se avesse avuto il controllo dei suoi muscoli facciali, avrebbe ghignato di gusto. Infatti, ora che Grace aveva rialzato lo sguardo, notava una certa nota di divertimento negli occhi di lui. Finita la medicazione generale, lo sbloccò e lui diede sfogo a quel maledetto ghigno che aveva già pronto sulle labbra.

-Perché ghigni ora? - chiese la ragazza, davvero curiosa.

-Niente, niente lasciamo perdere. - le rispose il serpeverde, voltandosi. Prese il suo maglioncino, che si era tolto per duellare, se lo rimise, poi afferrò le sue cose e disse:

-Che si fa domani? -

-Altro duello, altra partita, ovviamente. A fine settimana mancano ancora tre giorni. Da oggi fino ad allora, ti darò la possibilità di sconfiggermi. Contento? - rispose divertita la grifondoro.

-Perfetto. Ci vediamo domani alle quattro allora. –

-Sì, a domani. - si salutarono così, poi ognuno tornò dai proprio amici.

 

 

§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

 

Antro dell’autrice

 

Allora… vediamo un po’… in questo capitolo ho voluto parlarvi un po’ della famiglia di Grace, così vi fate un’idea del motivo per cui ha un carattere tanto insopportabile, aggressivo, violento, duro, lunatico…

Grace: ma insomma, hai finito?! Mi fai sembrare un’arpia, accidenti!

Nami: Eh eh! ^.^ scusa, mi sono fatta prendere la mano!

Grace: attenta, potrei tagliartela la mano! Ricordi? Sono violenta e aggressiva, no? è.é

Nami: oh, ma non lo farai…

Grace: ah no? e perché non dovrei, scusa? -.-

Nami: perché, così come Draco potrebbe ritrovarsi a baciare la McGranitt, tu potresti avere improvvisamente una voglia indecente di limonare con Piton… >.>

Grace: O.O non oseresti!

Nami: XP Scommettiamo?

Comunque, Draco s’illudeva di poter battere quella belva di Grace al primo tentativo…ingenuo -.-… chissà cosa combineranno quei due nel prossimo capitolo…spero che questi due pazzi non mi uccidano prima che lo pubblichi, sarebbe una vera tragedia!

Per cassandra 287: sono contentissima che ti piaccia! E per il bacio… ogni cosa a suo tempo… hanno un altro paio di cosucce da fare, prima di divertirsi…XP

By by!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 5
*** Lesson 5: Contatti ravvicinati e confidenze ***


lesson 5: Contatti ravvicinati e confidenze

LESSON 5: CONTATTI RAVVICINATI E CONFIDENZE

 

Domenica, quarto e ultimo duello della settimana. Draco non era ancora riuscito a prevalere sulla ragazza.

'Diffindo!' attaccò Draco.

'Protego! Stupeficium!' contrattaccò Grace.

'Bombarda!'

pensò subito Draco scartando di lato. L'incantesimo colpì una sedia, che esplose, e alcune schegge volarono sul viso di Grace, che, nonostante si fosse scansata, era stata graffiata sulla guancia destra.

'Lapifors!'

pensò di rimando lei, questa volta colpendo Draco, e trasformandolo così in un grazioso coniglietto bianco. Grace, vedendo di aver fatto centro, rise un po’ del compagno, poi, visto che il coniglietto le era arrivato a un passo di distanza, prese ad accarezzare la testolina di un irritato Malfoy.

-Oh, Draco, sei davvero un bel coniglietto, guarda come sei carino! Decisamente meglio di un furetto, questo è certo! Posso farti una foto?-

disse la ragazza, sorridendo divertita. Poi, si alzò in piedi e lo ritrasformò nell’affascinante ragazzo che era in realtà, schioccando le dita.

-Ah ah molto spiritosa! Sei scorretta! Non mi puoi trasformare in un coniglio, è umiliante! -

disse il biondo, tutto scarmigliato, con i capelli tutti spettinati, e la frangia che gli ricadeva sugli occhi. Grace non poté fare a meno di pensare che era davvero un bel ragazzo, e soprattutto che in quel momento gli sarebbe volentieri saltata addosso. I capelli le si fecero immediatamente rosa shocking, e gli occhi fucsia, mentre si mordicchiava il labbro inferiore. Non si sentiva per niente in imbarazzo a pensare certe cose, anzi, si rammaricava perché sapeva che non sarebbero mai successe, perché diciamocelo, era veramente bello, ma non voleva farsi illusioni di alcun tipo.

Stanca, si sdraiò sul tappeto, con uno dei suoi cuscinoni sotto la testa, sospirando rumorosamente. Malfoy decise di sdraiarsi vicino a lei, che aveva preso a guardare fuori dalla finestra, pensosa.

-Ehi, con tutti i comodissimi cuscini che ci sono qui, proprio su di me ti devi appoggiare? - chiese un'allegra Grace, ridacchiando.

Draco si era sdraiato di traverso, appoggiando la testa sul ventre della ragazza, con una gamba piegata e le mani congiunte sul petto.

-Vedi, i cuscini non possono essere comodi come la morbida carne di una ragazza. È matematico. -

rispose Draco, con uno dei suoi soliti, ma sempre molto sexy, ghigni. Grace non rispose, ma prese ad accarezzare la testa del ragazzo, lentamente, come faceva sua madre quando le dava la buonanotte, quando era piccola, era un gesto che aveva assimilato. Passava ritmicamente la mano destra fra i capelli biondissimi del serpeverde, che, stupito da quel gesto tanto tenero, si rilassò sotto le sue carezze, chiudendo gli occhi. I due ragazzi avrebbero voluto che quel momento di pace e quiete non finisse mai.

-Lo sai Draco, tu sei una persona davvero strana.- disse ad un certo punto Grace, facendo sì che il ragazzo aprisse di scatto gli occhi.


-Perché scusa? - chiese confuso. Non gli sembrava di aver fatto nulla di strano in sua presenza.


-Perché sotto sotto…molto sotto, sei un ragazzo fantastico. Sei...buono, dolce, simpatico...insomma non sei insopportabile come sembri a tutti. È strano che una bella persona come te si voglia nascondere agli altri, ecco. Mi confondi, a dire la verità, non capisco. -

disse sincera la ragazza, sperando che lui non la prendesse male e se ne andasse in malo modo.

Lui si alzò a sedere, con calma, e si voltò a guardarla negli occhi. Era uno sguardo penetrante, di quelli che solo lui sapeva rivolgerle. Poi disse, irrigidendosi:

-È colpa di mio padre. Io sono sempre stato così, è questo il mio carattere. Sarcastico e un po’ pungente, ma non ce l'ho mai avuta davvero con voi, con Potter, Weasley e non ho nulla contro i mezzosangue. Di certo, non ho mai desiderato sterminarli. Ma mio padre diceva che se volevo essere un vero Malfoy, avrei dovuto comportarmi come lui. E così ho fatto. Quando poi mi sono reso conto che sarei dovuto diventare un mangiamorte, era tardi per tornare indietro, per venire da voi e dirvi che volevo essere vostro amico. Così ho capito che mi avrebbe trascinato a forza nel suo mondo di bastardi, e ho deciso che mi sarei ribellato. Per questo ora sono qui con te, ad imparare come diventare animagus, come diventare una spia. Devo impedirgli di fare degli altri quello che gli pare, come per anni ha fatto con me. -.

Non aveva staccato gli occhi da quelli della ragazza nemmeno per un istante. Lei sembrava...felice, che strano. Felice che lui si fosse confidato così facilmente con lei.

-Sentivo che non potevi essere davvero così, e raramente il mio intuito sbaglia, grazie al cielo. Non avevi negli occhi la stessa cattiveria di tuo padre, non l'hai mai avuta. Per quel che vale, sappi che ti stimo per la scelta che hai fatto, per il coraggio che hai di mettere a repentaglio la tua vita, pur di non diventare come lui. Ti aiuterò, farò tutto il possibile per renderti le cose più facili. Te lo prometto, non permetterò mai che tu rimanga solo. -

gli rispose la ragazza. I capelli blu profondo e gli occhi dello stesso colore. Le si leggeva la decisione in quell'espressione seria. Draco si perse per un attimo in quelle iridi così scure, così cupe ma rilassanti. Lei si alzò in ginocchio e lo strinse. Lo abbracciò, cingendolo con le braccia intorno al collo, facendogli poggiare la testa sulla spalla destra, dove, dalla sua guancia, colava ancora qualche goccia di sangue, che scivolava fuori dal taglio provocato dalla scheggia di legno della sedia esplosa. Lui aveva appoggiato la fronte sulla rassicurante spalla di lei, e aveva abbassato le palpebre, godendosi il calore confortante che quelle esili braccia femminili sapevano trasmettergli. Ricambiò la stretta, poggiando delicatamente le mani sui fianchi della ragazza. Poi alzò la testa, guardandola in viso, e notò il graffio.-

-Mi dispiace per questo - le disse, asciugando il sangue con una delicata carezza del pollice - ci sono andato pesante stavolta, eh? -

lei sorrise e rispose:

-Per un graffio? Figurati, non è niente. Dovevi vedermi quando sono tornata dalla gita serale al Ministero, Reparto Misteri, per vedere come stavo quando qualcuno c'era andato davvero pesante con me! Ho dormito per tre giorni di seguito, quella volta! -


-Però sei ancora viva, questo è l'importante, siete stati tutti in un incredibile pericolo quella volta. Sono solo felice che siate tornati tutti vivi. -

‘Sono solo felice che tu sia tornata viva'

pensò dentro di se il ragazzo, mentre guariva la ferita sulla guancia con un incantesimo. Prepotente, si insinuò nella sua mente l'idea, il desiderio di baciarla, perché purtroppo, senza che lui avesse potuto evitarlo, aveva ricominciato a immaginare come sarebbe stato fare l'amore con lei...

‘Aspetta un attimo! Fare l'amore? Da quando faccio l'amore e non del salutare sesso? Oddio, sto diventando un sentimentalone del cazzo! Qualcuno mi fermi, Blaise, è urgente, help me!'

Anche nella mente di lei, non c'erano idee tanto più caste.

'Se continua a guardarmi così, finisce che non mi trattengo più...accidenti, non guardarmi così!

Grace, non sei un animale! Trattieniti, guarda fuori dalla finestra e non pensare al ragazzo incredibilmente sexy che hai di fronte!

Però... non è semplice se mi accarezza così, non è di aiuto! Uffa, Draco, sei proprio perfido! Vuoi davvero che ti salti addosso? Basta dirlo, sai?'

Insomma, entrambi pensavano più o meno le stesse cose, ma Draco era convinto che prima o poi lei gli avrebbe tirato un bel ceffone e gli avrebbe fatto rimettere le mani a posto.

Anche se, avrebbe dovuto capire ciò che in realtà la ragazza pensava dallo sguardo languido che aveva in quel momento, che tutto esprimeva, fuorché il desiderio che le sue attenzioni finissero.

Nel tentativo di impedire al suo corpo di agire di propria volontà e molestare Draco, Grace guardò sul caminetto davanti a se, notando l'ora incredibilmente tarda che s'era fatta.

-Oddio, Draco è tradissimo, sono le sei passate!! Abbiamo tirato troppo per le lunghe oggi, Hermione mi ucciderà! -

urlò Grace ad un certo punto, balzando in piedi per recuperare le sue cose, lasciando li il ragazzo come uno stoccafisso.

-Che vuoi che ti faccia la Granger? Lo sa che puoi ucciderla col pensiero? - disse tranquillo il biondo, ghignando leggermente, ricomponendosi e afferrando le sue cose.


-No, lei non ha idea di quanto posso essere pericolosa, perché lo sono solo con te! Ma è mia amica, e mi aveva dato appuntamento per un’ora fa, per aiutarla in pozioni! È la volta buona che mi sbrana! - rispose agitata la ragazza. Gli si parò davanti, e veloce come un lampo gli schioccò un fugace bacio su una guancia, saettando poi verso la porta, urlando:


-Mi dispiace, devo scappare, ci vediamo domani alle quattro! Bye bye! -.

Draco rimase per un po’ imbambolato a fissare la porta, pensando a quanto si era sbottonato quel giorno con quell'assurda ragazza.

'Non riesco a capire cosa mi prende.'

pensava, guardandosi la mano che aveva posato sulla guancia di lei, il pollice ancora sporco del sangue che le aveva asciugato. Se lo portò alla bocca, succhiando piano il polpastrello, sentendo il sapore dolciastro del sangue della ragazza stuzzicargli la lingua.

'Tutti gli anni che ho impiegato per costruire un muro che tenesse fuori gli altri sono stati inutili, si è sgretolato in meno di un minuto, con lei. Mi è bastato guardarla negli occhi, per essere sicuro che non avrebbe mai tradito la mia fiducia, ma come ci riesce?

Prima d'ora, l'unica persona di cui mi sia mai fidato è Blaise. Lui condivide ogni mio timore e dolore, quello che ci lega è un legame unico. Ma con lei, è ancora diverso. Ho percepito a pelle che diceva davvero, quando mi offriva il suo aiuto, che era sincera. Non riesco ad essere diffidente con lei, accidenti!'

Dopo qualche minuto, perso nei suoi confusi pensieri, Draco si avviò verso la sua stanza. Quei pochi minuti di riflessione non gli erano bastati, ne voleva ancora.

Uscì dalla stanza delle necessità e scese due rampe di scale. Quando arrivò al quarto piano però, sentì una voce familiare che urlava a squarciagola e decise di avvicinarsi al corridoio del piano, nascondendosi dietro ad un angolo.

-Grace Amelia Parker! Si può sapere dov'eri finita??? Mi hai fatto preoccupare a morte! È dalle tre che non ti si vede in giro! Sei scomparsa ancora dalla circolazione, non ti sei presentata al nostro appuntamento di studio e non mi hai avvisata! Non è da te, ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa! - urlava Hermione ad una Grace che implorava perdono, colpevole.


-Mi dispiace da morire, Herm! Non l'ho fatto apposta, ero nella stanza delle necessità a leggere, e mi sono appisolata! Praticamente mi sono appena svegliata! Mi stavo precipitando a cercarti, consapevole di averti dato buca, che credi? E poi, posso sapere cosa ti preoccupava? Cosa potrebbe succedermi, qui a scuola? -

rispose la ragazza, cercando di far capire all'amica che non l'aveva fatto di proposito. Hermione sospirò dopo l'ultima domanda dell'amica.

-Grace, qui a scuola ci sono decine e decine di figli di mangiamorte che non aspettano altro che saltarti addosso, e consegnarti con un fiocco regalo in testa ai loro paparini! Devo stare tranquilla se sembri volatilizzarti nell'aria? Senza contare che potresti essere vittima di chissà quale vendetta! A parte gli scherzi, tu sei figlia di un famoso auror, che ha catturato diversi mangiamorte, padri dei nostri compagni, per giunta, la vendetta è una ipotesi più che plausibile, se non ti trovo per più di tre ore, non credi anche tu? –

spiegò la riccia (anche lei apprensiva, quanti genitori che ho io, due non bastavano? ndGrace no, perché sei una casinista cronica! Nd Autrice), portando le mani sui fianchi, con aria severa.

Grace espirò pesantemente, sospirando poi anche lei. Poi le disse:

-E va bene, Herm, hai ragione tu, dovevo avvisarti. Ma ti ripeto che non l'ho fatto apposta! E poi, me la so cavare con dei baby-mangiamorte, sono i loro "paparini", come li chiami tu, che mi darebbero del filo da torcere, non certo i loro figli. -


-Sarà, ma preferirei che d'ora in poi evitassi di eclissarti. - disse l'amica, guardandola con aria supplice. Grace sorrise.

-Va bene, farò del mio meglio. -le disse.

-Brava ragazza! - rispose la riccia, sorridendo a sua volta.

-E ora andiamo, che tra poco si cena, e ho una fame che non ci vedo! -

disse Grace, avviandosi con la sua migliore amica, mentre i suoi capelli assumevano il colore del cielo limpido, sereno, come lei lo era in quel momento. Draco invece, appena le aveva viste muoversi, aveva ricominciato a scendere le scale.

'Interessante…chissà se considera anche me un baby-mangiamorte....

Però non credo, con quello che mi ha detto oggi, di sicuro io non ero incluso nel discorso... Amelia...Grace Amelia Parker...Ha un secondo nome, e io nemmeno lo sospettavo. Un bel nome, per giunta. Come mai io non lo sapevo? E poi, davvero la Granger non ha idea di quanto sia forte, quella ragazza? Eppure è la sua migliore amica, dovrebbe conoscerla meglio delle sue tasche, no?'

Draco aveva sempre più materiale su cui pensare e poco tempo per farlo, ma mentre pensava, i piedi avevano fatto il loro dovere comunque, portandolo fino alla sua stanza. Lì, seduta sul suo letto in una posa provocante, stava Pansy Parkinson.

-Cazzo, che spavento! Che diavolo ci fai qui, Pansy? Mi hai fatto venire un infarto! -

urlò Draco, che preso com'era dai suoi ragionamenti, si era spaventato nell'accorgersi della presenza della ragazza. Quest'ultima, con un caschetto di capelli corvini, neri come gli occhi, sorrideva maliziosa al suo indirizzo, con uno sguardo che era tutto un programma.

-Che domande mi fai, Dracuccio? Sono settimane che non ti fai vivo, che mi ignori. Non ci sei mai, sparisci per interi pomeriggi, e quando ci sei, non vuoi che stia con te. Mi sento trascurata, ecco. Ero venuta a offrirti la mia compagnia.- disse con tono lamentoso.

Ad ogni frase, aveva accorciato le distanze, arrivandogli davanti, sussurrandogli le ultime parole nell'orecchio con voce suadente. Normalmente, per quanto quella ragazza fosse appiccicosa e frivola, lo eccitava anche parecchio, e avrebbe passato la serata tra le lenzuola con lei, senza neanche cenare. Ma ora che aveva conosciuto la vera Grace Parker, riusciva a pensare solo a lei, a quello che continuava a succedere tra di loro in quei maledetti appuntamenti, a quello che ogni giorno scopriva di nuovo su quella ragazza. E quando guardava Pansy, quando lei lo baciava, quando la accarezzava, voleva che ci fosse Grace al suo posto. Voleva che ci fosse lei, preda della passione con lui, sotto quelle lenzuola, nel suo letto, era un desiderio folle come non ne aveva mai provato, quasi un’ossessione. Per questo, quella sera disse a Pansy che non gli andava di averla tra i piedi, e di lasciarlo solo, in pace, coi suoi pensieri.

-Ehi, Dra? Ci sei, vero? Ok, cambiamo domanda, lo so che ci sei, posso entrare? –

Chiese Blaise, che stava fuori dalla porta della stanza del ragazzo, con in mano un vassoio pieno di cibo.

-Come mai all’improvviso ti fai tanti scrupoli, Zab? Normalmente entri in stile uragano, senza nemmeno bussare…mi stupisci. – rispose il biondo, che stava a torso nudo, scalzo e con i pantaloni semiaperti, stravaccato sul suo letto di Caposcuola.

-Era un sì, vero? Bene, allora entro! – disse il moro, facendosi strada nella stanza, fino ad arrivare vicino al letto.

-Ti ho portato la cena, così non penserai a stomaco vuoto. Ho parlato con Pansy. O meglio, lei è venuta da me a lagnarsi del fatto che l’hai mandata in bianco per l’ennesima volta, e voleva sapere da me il motivo di questa tua…come dire… reticenza a concederti a lei. – disse Blaise, posando il vassoio sul comodino, con un gran sorriso di divertimento.

-Accidenti! Quella ragazza è peggio di una sanguisuga! Non riesco più a liberarmene! – proruppe scocciato Draco.

-Quello che non capisco è: come mai all’improvviso ti vuoi liberare di lei? Pensavo che ti fosse utile, no? Insomma, so che non ti è mai piaciuta, ma a qualcosa ti serviva la sua presenza, o sbaglio? – rispose l’amico, indicando allusivamente il letto su cui stava il biondo.

-Sì, Blaise, fino a poco tempo fa era così che funzionava. Ma ora, ecco…non so neanch’ io come spiegartelo, non ci riesco più. – disse il biondo, con aria sconvolta. Il moro spalancò gli occhi allarmato.

-Beh, niente panico! Ci sono cure e rimedi per queste cose! Esistono prodotti magici a iosa per l’impotenza, sta tranquillo! In qualche modo la risolviamo questa situazione, non ti devi abbattere così! – esclamò all’indirizzo del biondo, che stava seriamente considerando l’idea di uccidere il suo migliore…anzi, ex- migliore amico. Infatti gli tirò in testa il libro di pozioni, che teneva sul comodino.

-Che diavolo hai capito, amico degenere! Ti pare che io, il sex symbol di Hogwarts, il playboy della scuola, possa essere impotente???? Non era quello che intendevo! Scemo! – gli urlò irritato il Principe delle Serpi. Blaise si mise a ridere sonoramente, scoprendo degli splendidi denti, bianchi come perle.

-Ok, ok, scusa! Ma è colpa tua che non ti spieghi! Forza, cos’è che ti impedisce di sfogare i tuoi impulsi con Pansy? – disse, tornando serio, il suo confidente preferito.

-Grace. È colpa sua. – rispose il biondo, con aria disperata.

-Perché, che ti ha fatto? Non ti avrà castrato con un incantesimo, durante un duello, spero? –

-La pianti di dire cretinate? Sei proprio fissato, eh? Comunque, la faccenda è seria. Insomma, non riesco a guardare Pansy, senza vedere il viso della Parker sovrapporsi al suo. Non riesco ad evitare di immaginare certe cose…è diventata un’ossessione. Che devo fare, Blaise? – chiese con aria sconsolata il biondo.

-Scegli un’altra ragazza che non sia Pansy. Magari ti succede perché lei ti ha stufato, cambiando soggetto non penserai più certe cose. – ipotizzò il moro.

-Oppure, portati a letto la Parker e togliti lo sfizio. – propose subito dopo.

-Scherzi, spero! Non posso, mi ucciderebbe! Siamo a malapena amici, e lei non è mai stata con nessuno, qui! Dubito fortemente che tra tutti, sceglierebbe proprio me! E poi, lei non è come Pansy. Lei andrà a letto solo con chi ama, credo. E dubito che mi amerà mai, gliene ho fatte troppe, nell’ arco degli anni, perché dimentichi tutto con un colpo di bacchetta. – disse abbattuto il biondo.

-Puoi sempre obliviarla, che ne dici? Dimenticherebbe con un colpo di bacchetta, e riusciresti a fartela in men che non si dica! Sono un genio! –

-Blaise? –

-Sì Draco? –

-Ti odio. –

-Oh, Dra, anch’io ti amo alla follia! Comunque, non puoi saperlo. Magari lei è già stata con qualcuno, ma non l’ha detto a nessuno. –

-Oh certo, e pensi che quel mito che fosse riuscito a portarsela a letto non l’avrebbe sbandierato ai quattro venti? – rispose scettico il biondino.

-Per la serie depressione portami via, eh? Vuoi una mano? Ti compro le lamette, così ti tagli le vene? – disse il moro, sarcastico, alzando gli occhi al cielo. Chissà perché, all’amico non andava mai bene niente!

-Considero solo i fatti per quello che sono. –

-Ok, contento tu. Ora vado a giocare a poker con Nott e il resto della banda, vieni anche tu? – propose Blaise.

-No, tu vai, vinci, spennali, e poi comprami un regalo, io resto qui. Ho bisogno di una doccia. Fredda. Gelata. – rispose il ragazzo, facendo sghignazzare il suo migliore amico.

-Va bene, come vuoi tu, buona notte, Draco. –

-Notte Zab. –

 

§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

 

Antro dell’autrice

Amiche lettrici, eccomi qua! Il nuovo capitolo è piuttosto breve, lo so, vorrete uccidermi…lo vogliono in tanti ultimamente, dovrei cominciare a preoccuparmi… comunque, con la lesson 5 cominciamo a capire che Draco ha una mania per Grace…lo so che suona male, però è vero! E lei lo segue a ruota…

Per Cassandra 287: sigh, sono commossa! Davvero ti mancavano questi due folli? Allora vedrò di pubblicare al più presto il prossimo capitolo, così faccio felice le mie affezionate lettrici…

Per Sere xx: lietissima di averti tra le mie fan! Spero che il nuovo capitolo ti sia piaciuto!

Un grazie sincero alle gentilissime che recensiscono, che offrono un sostegno gradito, a chi ha messo la mia storia tra i preferiti e anche a chi legge e basta, sono soddisfazioni anche queste, e non da poco! Ora vi lascio, un bacio grande grande a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 6
*** Lesson 6. Incomprensioni, malintesi e scenate ***


Lesson 6: Incomprensioni, malintesi e scenate

LESSON 6: INCOMPRENSIONI, MALINTESI E SCENATE

 

Il giorno dopo, Malfoy sembrava uno zombie, vagava per i corridoi con aria vacua, e portava in giro delle occhiaie che lo facevano sembrare un panda. Era evidente a tutti che non aveva dormito affatto quella notte, e i più maliziosi pensavano ad una notte brava con Pansy. Peccato che lei fosse la più arrabbiata della situazione, visto che il suo Dracuccio cercava in tutti i modi di liberarsi di lei. No, Draco non era stato con nessuna quella volta, semplicemente la mente gli aveva fatto strani scherzi tutta la notte, aveva passato il tempo a pensare, immaginare Grace in atteggiamenti per niente casti, e fare docce fredde fino alle ore piccole, tutta colpa del Carlino. Poi aveva dormito un paio d’ore, stressato come non mai dalle sue stesse fantasie.

Al contrario Grace, estranea a tutti i problemi che affliggevano il serpeverde, era felice e riposata, portava in giro dei capelli di un caldo arancione, come gli occhi. Aveva un bel colorito sano, e le lentiggini le si vedevano chiaramente sul viso sereno. Per questo, quando si incontrarono nei corridoi, sembrò di avere di fronte il giorno e la notte.

 -Mamma mia, Malfoy! Che diavolo hai combinato stanotte? Sembri un malato cronico d’insonnia! Sai, esiste una cosa chiamata caffeina! Perché non ne assumi un po’, così c’è la possibilità che sulla faccia ti venga un’espressione un po’ più sveglia, che ne dici? – disse Grace, vedendolo arrivare dalla parte opposta a lei, nel corridoio del secondo piano.

 

-Aria, Parker, non è giornata! Se non vuoi finire schiantata contro qualche muro, gira al largo che è meglio! –

 
disse Malfoy, seccato. La ragazza lo guardò divertita, poi fece l’occhiolino a Hermione, che si dirigeva con lei a storia della magia, e si incamminò verso la classe del professore fantasma. Mentre Grace affiancava Draco per superarlo, gli fece scivolare in mano un bigliettino e se ne andò tranquillamente, così com’era venuta. Draco si guardò il palmo della mano e aprì il foglietto che vi stava sopra.

 
“ Mi spiace, ma oggi ho un’ impegno per le quattro che non ho potuto rimandare. Ci vediamo alle cinque, sempre al solito posto. Se hai bisogno di spostare ulteriormente l’orario, scrivi. A dopo, Grace”

 

‘Ma bene, ora si permette anche di spostare gli orari a piacimento! Chissà che combina, alle quattro… Boh, sono affari suoi, ci vedremo solo un’ora più tardi, non cambia nulla.’

 

Pensò il ragazzo, dirigendosi verso l’aula di incantesimi.

Alle quattro e trenta, Draco stava con Blaise in sala comune, quando Nott gli chiese:

 

-Ehi Draco! L’hai già fatta la relazione per la McGranitt sulla trasfigurazione del “ratto in un gatto, e gli atteggiamenti che ne derivano”? –

 

-Di che stai parlando? – rispose confuso il biondo. Nott ridacchiò.

 

-Vedo che non hai nemmeno sentito parlare del compito! Ti conviene farlo, perché è per domani, e la prof ha detto che chi non glielo porta finisce in punizione a tempo indeterminato! –

 

-Va bene, grazie di averci informato Theo. –

 

-Sempre a tua disposizione! – rispose con finto tono servizievole il serpeverde, che così dicendo si allontanò.

 

-Se dobbiamo fare questa cosa, ci servono i libri. Andiamo in biblioteca? – chiese Blaise ad un amorfo Draco, che stava sdraiato su un divano a godersi lo sfrigolio delle fiamme del caminetto.

 

-Ok, andiamo. - disse alzandosi.

Attraversarono velocemente i corridoi che li separava dalla biblioteca e arrivarono presto davanti alle porte di essa. Non appena Draco l’apri, sentì una voce familiare, e puntò lo sguardo a un tavolo a metà della stanza, da cui spiccava una testa di capelli verde bosco. Era senza dubbio Grace.

 -Cavolo, Micheal, te l’avrò spiegato dieci volte! Come fai a non capire? Te lo rispiego ancora, ma stavolta ascoltami, o ti faccio fare una brutta fine, capito? – disse Grace ad un bel ragazzo, moro e con gli occhi verdi, che gli stava seduto davanti.

 

-Come siamo irritabili oggi! Scusa, ma stavo pensando alla faccia assurda che ha fatto oggi Vitious quando tu e Hermione gli avete dimostrato di saper fare quell’incantesimo senza che l’avesse spiegato! Era davvero comica! –

rispose il ragazzo, sorridendo al ricordo.

Micheal Corner era un corvonero, molto abile nei duelli, che al terzo anno aveva avuto la bella idea di sfidare Grace, credendo di poterla battere facilmente. Lei però lo aveva sconfitto, dandogli una sonora batosta. Da allora, lui aveva un rispetto assoluto per quella ragazza, ed erano diventati ottimi amici. Non quanto lo erano lei ed Harry, ma andavano piuttosto d’accordo.

Grace ridacchiò come l’amico, nel rivedere nella sua mente l’espressione stupita del suo prof di quella mattina. D'altronde, era comprensibile, con l'Esercito di Silente quel tipo di incantesimi erano all'ordine del giorno, ma nessuno glieli aveva mai insegnati. Nessun professore, almeno.
Proprio in quel momento Draco si era avvicinato, e aveva visto Grace divertirsi con Corner in biblioteca, invece che ad allenarsi con lui nella stanza delle necessità.

 -Ti concedo che fosse divertente, ma devi pensare a quello che ti ho detto, non alla faccia di Vitious! E ora rimettiti al lavoro! –

gli intimò lei tornando seria. Se Draco fosse rimasto nei paraggi ancora un po’, avrebbe potuto accorgersi anche lui di quello che in realtà stesse facendo la ragazza, ma ormai se ne era già andato, isterico come non mai. Il povero Blaise era quindi stato abbandonato fra gli scaffali, a cercare libri di trasfigurazione, ignaro di cosa l’amico stesse combinando.

Mezz’ora dopo, anche Grace lasciò la biblioteca, salutando Micheal con rimprovero per la scarsa attenzione che aveva avuto nel pomeriggio. In certe situazioni sembrava la miniatura della McGranitt. Si diresse tranquilla alla stanza delle necessità e vi arrivò in perfetto orario. Draco non era davanti alla parete come al solito, quindi suppose che fosse già dentro. Infatti, quando immaginò la stanza, ed aprì la porta, trovò il ragazzo intento a far esplodere qualcosa. L’ambiente le sembrava strano, perciò si guardò intorno, cercando di capire cosa ci fosse di diverso nella sua stanza. Tutto l’arredamento, da blu che era sempre stato, ora era nero. Cupa e opprimente come l’umore di chi era arrivato prima di lei, ecco com’ era diventata la sua adorata stanza. E Draco se ne stava al centro del tappeto, a far saltare in aria tutto quello che vedeva. I suoi cuscinoni, le sedie, il tavolo. Le poltrone poi erano completamente sfasciate. Sembrava preda di una furia cieca, tanto che non s’era nemmeno accorto che fosse arrivata anche lei. Poi però la vide, e a passo di marcia le arrivò di fronte, con poche falcate. Le si parò di fronte, con gli occhi che sprizzavano scintille.

 -Draco, posso sapere cos’è successo? Come mai ti stai accanendo tanto sulla mobilia? –

chiese una confusa e curiosa Grace, soffiando via alcune piume che le volavano attorno, fuoriuscite dai suoi comodissimi ex-cuscini.

 -Non fare la finta tonta, Parker, detesto che mi si prenda in giro, e tu lo fai costantemente ogni giorno, a quanto pare! – disse il biondo digrignando i denti.

 

-Beh, anche tu lo fai, da sette anni ormai. E mi sembrava di aver chiarito ormai, che avremmo solo recitato fuori da qui, o sbaglio? – rispose la ragazza, senza ancora capire il perché di quello strano comportamento del biondo.

 

-Perché fai finta che queste lezioni ti interessino, eh? Pensi che sia un gioco? Un piacevole passatempo, così, per quando ti annoi? Io qui sto sudando sette camicie per imparare, e non userò queste cose per andare a giocare, ma andremo in guerra, farò la spia, ed è molto, molto seria come cosa! –

Disse il ragazzo, stringendo i pugni, e avvicinandosi minacciosamente alla grifondoro.

 -Draco, ma di che parli? Io sono perfettamente consapevole di quello che stiamo facendo! Non mi trattare come un idiota, o giuro che non rispondo di me! E poi dimmi, di grazia, quand’è che ti avrei preso in giro? –

rispose Grace, infervorandosi. I capelli, che aveva lasciato sciolti e le arrivavano a metà schiena, divennero rosso acceso, riccissimi, carichi di energia. Gli occhi di un penetrante rosso carminio, era diventata parecchio inquietante, ma Malfoy era talmente arrabbiato che non se ne accorse nemmeno.

 -Per quella stupida ora che dovevi dedicarmi al giorno… sei riuscita a far passare in secondo piano una cosa importante come quella che abbiamo in piedi per stare con quell’idiota patentato di Corner…che delusione. – rispose amareggiato il biondo.

 

-Posso sapere di che cosa sono accusata? Non mi sembra di aver fatto nulla di male! Io non ho annullato il nostro appuntamento, l’ho solo rimandato di una stupidissima ora, che problema c’è? Te l’ho scritto nel messaggio, se l’ora non ti andava bene, dovevi rispondermi, e ci saremmo messi d’accordo! – rispose Grace, ora quasi urlando.

 

-Hai spostato la lezione per stare con quell’imbecille, a farti fare la corte in biblioteca, invece di insegnarmi la nuova fase del processo di trasformazione! Non ti facevo tanto superficiale! Questo dovrebbe venire prima di uno sciocco appuntamento con un ragazzo! Ti credevo diversa dalle altre ochette svampite! Ti facevo più responsabile, Parker! – urlò a sua volta Draco.

 

-Appuntamento? Ma di che….-

 

-Non cadere dalle nuvole, ti ho vista fare la civetta con il corvonero, e ridacchiare come una ragazzina ingenua. Credi che sia ceco? –

 

-APPUNTAMENTO???? Ma tu sei un’idiota completo! Mi stai facendo tutta questa paternale e hai fatto esplodere tutto quello che stava nella mia stanza, per quello che hai visto in biblioteca??? – strillò Grace al massimo dello stupore.

 

-Io non avevo affatto un appuntamento del genere che pensi tu! Do ripetizioni di pozioni a Micheal da una vita, ma ultimamente non aveva più bisogno di me, e per un po’ non l’ho visto. Ora però ha difficoltà, ed è venuto a chiedermi aiuto, ed io non gliel’ho certo negato, visto che necessitava di qualche spiegazione in più! Non credevo certo che aiutare un mio amico ti avrebbe causato tutti questi problemi! Ma bada, anche se l’avessi saputo, l’avrei fatto comunque! –

 

-Ah, davvero? –

 

-Certo che sì! Io non ho fatto niente di male, ne a te, ne a nessun altro, e non ho ignorato i miei doveri per uno stupido appuntamento romantico come pensavi tu! Sei davvero un’idiota, non hai capito niente di me! –

 gli urlò la ragazza. Aveva gli occhi rossi come se stesse per piangere dalla collera, ma si trattenne, per non dargli quella soddisfazione. Lo fissava con rabbia e delusione, e lui non sapeva più che fare. Non sapeva nemmeno più perché fosse arrabbiato. Ma pensava di aver ragione, e mai e poi mai si sarebbe piegato fino a chiederle scusa per il fraintendimento.

 -Che vuoi fare ora? – chiese il biondo con voce dura.

 

-A che proposito Malfoy? – rispose fredda la ragazza.

 

-La lezione di oggi. Ce ne andiamo? –

 

-Ah, no, scordatelo! Non salteremo l’allenamento solo perché non ti fidi di me! Ho promesso a Silente che ti avrei insegnato questa cosa col massimo dell’impegno e della serietà, ed è ciò che intendo fare! – gli rispose, tagliente.

‘ Se ti fossi sforzato di conoscere me, come io mi sforzo sempre di conoscere meglio te, tutto questo non sarebbe successo! Sei davvero uno stronzo, Malfoy! Ma questa, non te la faccio passare liscia, stanne certo!’

pensava una Grace sempre più in collera. Stringeva i pugni, tanto forte da ferirsi i palmi delle mani con le sue stesse unghie. Infatti, iniziò a colare un rigagnolo di sangue dal pugno della mano destra. Era rossa in viso, come in ogni parte del corpo ormai, e si mordicchiava il labbro inferiore con foga, fino a far sanguinare anche quello. Aveva chiuso gli occhi e abbassato la testa, per impedirsi di far fuori il serpeverde prima di aver compiuto la sua missione, insegnargli a diventare un animagus.

Senza rialzare le palpebre si voltò verso destra, poi le alzò, diede uno sguardo generale intorno e mosse il braccio davanti a se, come a voler abbracciare la stanza stessa, e con solo bisbiglio fece un incantesimo “reparo” generale, con cui aggiustò in un colpo solo tutto quello che la furia distruttiva del compagno aveva devastato. Fece tornare blu le poltrone e il resto dell’arredamento, come le era sempre piaciuto che fossero. Mentre faceva ciò, capelli e occhi si erano incupiti, fino a diventare neri come una notte senza luna. Le succedeva sempre quando era triste. Tanto triste. Ma questo Draco non poteva saperlo. Quante cose non sapeva della ragazza! Ci avrebbe potuto scrivere un libro. Non aveva perso nemmeno una delle sue mosse, continuando a fissarla con rimprovero, come se lei non gli avesse detto la vera ragione dell’incontro con Micheal, come se lui non avesse mai udito le spiegazioni che discolpavano la ragazza dalle sue insensate accuse. Quando poi lei si sedette al centro del tappeto, come sempre, sospirò e si sedette davanti a lei.

 -Allora, ora devi mettere in atto la trasformazione parziale. Applicherai la trasfigurazione solo ad arti, occhi e orecchie. Per farlo, devi aver studiato a fondo l’anatomia del gatto che hai scelto, e visto che ti ho detto di farlo un mese fa, do per scontato che queste conoscenze tu le abbia già. Cominciamo con una zampa, sarà più facile. –

 cominciò a spiegare Grace, con voce distaccata e spenta. Era persa nei suoi pensieri. Non riusciva a spiegarsi il comportamento di Draco. Era totalmente insensato! Sembrava quasi una scenata di gelosia.

 ‘ Gelosia! Certo Grace! Continua a raccontarti le favole!
La verità è che lui non si è mai fidato davvero di me, nemmeno come insegnante! Che illusa! E io che lo consideravo pure mio amico! Stupida, stupida Grace!’

Senza accorgersene, aveva smesso di spiegare e fissava distratta la trama del tappeto sotto di se. Quando se ne rese conto, riprese a parlare, senza l’entusiasmo che la caratterizzava.

 -Comincia, quindi. Visualizza nella tua mente la zampa anteriore del gatto, in particolare il piede e la struttura delle unghie uncinate. Poi passa l’energia, con l’espansione dei flussi, a tutte le cellule del braccio contemporaneamente, e dai l’ imput della trasfigurazione col pensiero. – disse, senza nemmeno guardarlo in faccia.

All’inizio Draco si sentì offeso da questo comportamento che la ragazza teneva nei suoi confronti, ma subito dopo si disse che era colpa sua, che non poteva pretendere che lei tornasse allegra e vivace come al solito, dopo le scemenze che le aveva detto. Così cominciò l’esercizio, come gli era stato ordinato. Risultò essere più complesso di quanto credesse, e in quella sola ora, non riuscì nel suo intento. Mentre Draco impazziva per eseguire quel maledetto esercizio, Grace s’era messa a leggere un libro. Stava sdraiata a pancia sotto davanti a lui, e si arrotolava una ciocca di capelli neri intorno all’indice destro, completamente disinteressata al resto. Era un volume spesso e pesante, sembrava un tomo di pozioni, ma il ragazzo non ne era del tutto convinto. Ora che il tempo a sua disposizione quel giorno era finito, si sentiva triste al pensiero che a quest’ora, normalmente, starebbe già chiacchierando allegramente con la ragazza, se non avesse preso quella mostruosa cantonata, l’ora precedente. Si alzò tristemente dal pavimento, raccolse le sue cose, e arrivò davanti alla porta, ma non l’aprì. Rimase a guardare Grace che sistemava le sue cose, anche lei per andarsene.

-Ci vediamo domani, alle nove. Ciao. – disse il biondo, troppo orgoglioso per chiedere scusa.

 

-Sì, ci vediamo domani. Arrivederci. – rispose la grifondoro, troppo orgogliosa per non pretendere delle scuse.

 

‘Non ne posso più! Ho bisogno di parlare con qualcuno, ma non posso!  Accidenti, che sclero! Cosa devo fare? Non posso certo parlare a Silente di queste cose! Quanto mi piacerebbe poter parlare di questa storia ad Harry… Lui mi aiuterebbe col furetto…’

 

…………………………………

Grace pensava a Draco, sdraiata sul letto della sua stanza, mentre tutti erano a cena, comprese le compagne di stanza. Il suo comportamento di quella giornata era per lei come un rebus impossibile da risolvere, ma anche la propria reazione era tutta da indagare.

 

‘Com’è possibile che sia riuscito a ferirmi tanto con una tale scemenza? Dio, Grace, ti stai inesorabilmente rammollendo, accidenti! Eppure, niente di quello che mi ha detto in sette anni mi ha mai fatto male, ma questa mancanza di fiducia sì… possibile che mi sia invaghita di lui?

No…nooo…NO! Io non posso essermi presa una cotta per quello lì!’ pensò la ragazza, rotolandosi sul letto e stritolando il cuscino.

 

‘Perché no?’ chiedeva un'altra vocina nella sua testa.

‘Perché lui è Malfoy! Insomma, è un donnaiolo incallito, uno che vede le ragazze come oggetti da sfruttare a piacimento, un cafone arrogante che si diverte a insultare la gente!’

‘Non la pensavi così quando ti accarezzava o ti abbracciava, però. Anzi, pensavi che fighi così non ce ne sono poi molti in giro. Senza contare che certi brividi non te li causano tutti i tuoi amici…o sbaglio?’ Infieriva la vocina, che somigliava stranamente a quella di Hermione.

‘Ovvio che non sbagli, sei me! Oddio, parlo anche da sola, ora! È ufficiale, sto impazzendo!’

‘Sì, sto proprio impazzendo…io e Malfoy! È come pretendere che che un cerino sciolga un iceberg! Va bene, è affascinante…è sexy…ma, insomma il carattere è quello che è!’

‘Te lo concedo, il carattere è pessimo….ma magari è solo quello che lui ha voluto far vedere al mondo negli ultimi sette anni…non posso negare che ultimamente con me non sia stato poi così male, è simpatico quando vuole… e va bene, non lo conosco e non so come sia davvero…tanto vale ammetterlo, me ne sono innamorata…Dio…io e Malfoy? Credo che prima finirà il mondo…speriamo che mi passi in fretta…’

‘Non è un influenza! Mi conosco, non passerà così com’è venuta…bah, ci rinuncio! Pensarci oltre non serve a nulla…quasi quasi mi faccio un pisolino… tanto quell’idiota ha rovinato tutto…’

Ad un tratto, sentì bussare alla porta.

 

-Chi è? – chiese con tono distratto.

 

-Sono io, Grace! Sono Harry, posso entrare? – rispose una voce familiare.

La ragazza fu molto felice di quella visita inaspettata.

 -Oh, Harry, sei tu! Vieni, entra! – rispose la ragazza con più entusiasmo.

Il moro entrò nella stanza, e individuata l’amica sul suo letto, le si avvicinò. Arrivato davanti a lei, che ora si era seduta abbracciando il cuscino, la guardò con occhio clinico, notando i capelli corvini, preoccupandosi di più. Nella lingua di Grace, nero significava enorme tristezza e inquietudine.

 -Sono venuto a vedere se stavi bene. Non succede spesso che salti la cena, tu sei una che apprezza la cucina, ci si sente soli senza di te, che ti picchi con Ron per l’ultima fetta di torta al cioccolato! – cominciò il moro, sedendosi davanti a lei sul letto, a gambe incrociate, sorridendo dolcemente.

 

-Che cos' è successo? Come mai sei rimasta qui? – chiese poi, con aria preoccupata, fissandola negli occhi.

‘Che tortura! Guardarlo negli occhi e dovergli mentire è troppo frustrante! Non gli ho mai detto una bugia in sette anni, e ora mi tocca infarcirlo di balle come un panino!’ pensava la grifoncina.

 -Sto bene, Harry. Solo, non avevo voglia di cenare stasera, tutto qui. Ho solo un po’ di stanchezza accumulata, niente di che. Credo che ora andrò a letto, così posso dormire un po’. – rispose Grace.

Dopo un’attimo di silenzio però, senza preavviso, gli si buttò al collo, soffocandolo in un abbraccio. Harry non capiva il perché di quel gesto, ma era felicissimo comunque, e avvampò. Lei invece, approfittando del fatto che lui non potesse vederla, si lasciò sfuggire qualche lacrima di sfogo, che si asciugarono velocemente sul maglioncino dell’amico.

Lui la strinse a sua volta, perché quell’abbraccio per lui significava avere stretta a se la ragazza che amava. E non da poco. Si era accorto di amarla da due anni ormai, e da allora non aveva fatto altro che starle accanto, come migliore amico, come confidente. Anche se lui avrebbe voluto essere fidanzato, amante. Ma non era ancora riuscito a dichiararsi, così si accontentava dell’immenso affetto che la ragazza già gli offriva.

Rimasero in quella posizione per qualche minuto, lei accoccolata tra le braccia rassicuranti di lui. Poi alzò la testa, cercando il suo sguardo, che trovò subito. Occhi di giada la guardavano con affetto…anzi, con amore. Incantati l’uno nelle iridi dell’altra, passarono un momento di confusione, in cui lui voleva baciarla, e lei non sapeva più che fare. Chiuse gli occhi e riabbassò la testa, stanca di pensare, per quel giorno. Harry tornò a guardare davanti a se, arrabbiato con se stesso per aver sprecato una fantastica occasione di baciarla.

-Scusa, Harry, ti faccio sempre preoccupare. Solo che ora avevo proprio bisogno di aver vicino qualcuno, e tu ci sei sempre per me. Vorrei essere una buona amica per te come tu lo sei per me, invece ultimamente ti ho trascurato. Mi dispiace. Ti voglio bene, Harry, tantissimo, non puoi immaginare quanto. – disse a raffica la ragazza, dispiaciuta di dover mentire al suo migliore amico, e dovergli tenere nascosta la faccenda di Draco e dell’animagus.

 

-Figurati Grace, io ti voglio un bene dell’anima, è normale che mi preoccupi! Anche tu sei sempre in ansia per me, con tutto quello che abbiamo passato…. non mi pesa affatto starti accanto, quando ne hai bisogno. E poi, tu sei un’amica fantastica, la migliore che io abbia mai avuto, e non mi sento affatto trascurato! – rispose il moro, sorridendo, dolce e comprensivo come non mai.

 

Grace lo strinse un poco più forte, poi lo lasciò andare, promettendogli che avrebbe riposato, così da essere in piena forma, il giorno dopo.

 

Nello stesso momento, in sala grande, qualcun altro cercava di far parlare il suo migliore amico dei suoi problemi .

 

-Posso sapere come mai sei di umore tanto nero, stasera? Mi hai lasciato da solo in biblioteca come un allocco oggi, e ora sei triste e arrabbiato contemporaneamente! Parlami, Draco! – disse Blaise, stufo di dover subire il malumore del biondo, senza nemmeno sapere il motivo.

 

-Non possiamo parlarne qui, te lo spiego dopo. – rispose il ragazzo, fissando alternativamente Corner al tavolo dei corvi, che flirtava con una compagna di casa, e il posto vuoto che Grace aveva lasciato al tavolo dei grifoni, non presentandosi a cena. Cosa che notò anche Blaise.

 

-Hai visto, Dray? La Parker non c’è a cena stasera. Non ti sembra strano? Si contano sulle dita della mano le volte che ha saltato un pasto, da quando la conosciamo. È successo qualcosa di brutto oggi, per caso? –

 

disse infatti il moro, intuendo che forse le due cose, il cattivo umore dell’amico e l’assenza della grifoncina a tavola, potessero essere collegate. Draco gli lanciò uno sguardo eloquente, che diceva : “Non rompere, non ne voglio parlare!”

 

-Te lo ripeto: te lo dico dopo cosa è successo. Ora a cuccia, Blaise. – rispose scocciato il biondo.

 Poco dopo, i ragazzi erano nella stanza del caposcuola, così che potessero finalmente parlare di quello che aveva combinato Draco quel pomeriggio.

-Dimmi che non l’hai fatto! – esclamò Blaise, mentre Draco era arrivato al punto della sfuriata.

 

-E invece l’ho fatto. Lei mi ha trovato che facevo esplodere tutto per la rabbia, e io le ho dato della ragazzina irresponsabile. Le ho detto che mi aveva deluso, dimostrandomi di essere come tutte le altre ochette frivole di questa scuola. – rispose mesto il biondo.

-Nooooo! Non ci credo! Perché l’hai fatto, Draco? Sei davvero un idiota! – gli urlò il moro.

 

-Lo so, me l’ha ripetuto due o tre volte, lei, dopo avermi spiegato che era con Corner perché gli da ripetizioni di pozioni. – aggiunse ancora il povero Draco, chiudendo gli occhi.

 

-Mio Dio, Draco, sei senza speranza! Come ti è saltato in mente di fare tutto questo casino per un motivo così scemo? Ora non ti vorrà nemmeno più vedere! Almeno avete fatto lezione, o ti sei limitato ad aggredirla? – chiese ancora Blaise, del tutto esterrefatto dalla stupidità dimostrata da Draco quel giorno.

 

-Sì. Ha detto che, dato che si è presa l’impegno, avremmo fatto lezione anche se io non mi fidavo di lei. –

 

-Ma tu ti fidi di lei, vero? Era solo una sua impressione, giusto? –

 

-Certo, ma….mi sono sentito messo da parte per stare con Corner. Come se stare con lui fosse più importante che stare con me, ad allenarci. –

 

-Insomma, eri geloso. –

 

-No! Non ero…non sono….io non posso essere geloso di Grace!- farfugliò il biondo.

 

-Ma è questo che sei, Draco! Ammettilo, almeno a te stesso, ti ha dato fastidio il fatto di vederla con un altro, mentre volevi che dedicasse a te tutte le sue attenzioni! – infierì ancora Blaise.

Dalla scrivania a cui era appoggiato, Draco si lasciò cadere a peso morto sul letto, ad occhi chiusi, con un braccio appoggiato alla fronte.

-Perché, Zab? Perché sono geloso di lei? – chiese Draco, stanco di riflettere, sperava che il moro gli desse le risposte, per non doverci pensare oltre.

 

-È ovvio, Dray. Ti sei affezionato a lei più di quanto desideravi, ed ora sei talmente attaccato a Grace da esserne geloso. – disse l’amico, tranquillo, sottolineando l’evidenza della cosa col tono pacato. Era preoccupato per l’amico, per lui perdere il controllo era un’esperienza totalmente nuova.

 

-Che cosa devo fare ora, secondo te? –

-Chiedile scusa per come le hai parlato, e lei ti perdonerà. –

 

-Io… non posso. Non ne sono capace, non l’ho mai fatto prima! Non ci riesco, è troppo umiliante! – rispose Draco, disperato, coprendosi gli occhi con una mano.

 

-Tu DEVI farlo, o lei riprenderà ad odiarti, e ti renderà la vita un inferno. – rispose ancora Blaise.

Draco sospirò pesantemente, riflettendo.

-Forse hai ragione tu. Lo farò domani, prima che cominci ad allenarmi. – concesse alla fine.

 

-Bravo, Draco! Hai fatto qualche passo avanti stasera, mio orgoglioso amico! – rispose Blaise, con uno smagliante sorriso.

‘Comincio a convincermi di essere un coglione… insomma, stavo bene con lei, come non mi era mai capitato con una ragazza…era un benessere al di fuori di quello fisico ero…come dire…felice…allegro…non mi pesava nemmeno la situazione…e poi PUFF! Ecco che mi ritrovo incazzato come una iena che faccio saltare in aria la mobilia…insomma Draco, è dall’età di dieci anni che sai gestire le tue emozioni, che hai imparato a far vedere solo quello che vuoi, e ora esplodi così? È proprio vero, mi sto rincoglionendo…è colpa sua, come al solito…lei è speciale…si è rivelata una persona sensibile e generosa, perfino con me, che l’ho derisa e insultata per sette anni, lei e tutti i suoi amici, le persone importanti della sua vita…ma perché mi sono arrabbiato? Seriamente, perché me la sono presa così? Non è normale! Non è mica la mia ragazza, non mi stava mica tradendo!’

‘Peccato eh?’

‘Cosa?’

‘Che non sia la tua ragazza.’

‘Io ci avrei anche fatto un pensierino eh, non dico di no, ma oggi ho rovinato quel poco che avevo e ora mi odia…direi che non è proprio il momento di pensare a quanto mi piaccia stare con lei, anche perché forse lei sta studiando il metodo migliore per uccidermi senza finire ad Azkaban, in questo momento…è la prima volta che voglio una donna solo per stare con lei, è la prima volta che mi pento di qualcosa, e sarà la prima ed ultima volta che mi scuserò con qualcuno…domani lo faccio, sono disposto persino ad ammettere di aver sbagliato, solo per lei…spero che apprezzerà almeno il gesto…cazzo! So già che mi farà prostrare ai suoi piedi! Basta, ora dormo! Non ci penso più…’

 

Antro dell’autrice

 

Nami: Ahahahah! Si può essere più imbecilli di così? Povera Grace! Ma come fa a sopportarlo?

Draco: Ridi, ridi, autrice infame! Che ne potevo sapere io che Corner è una mazza in pozioni?

Grace: Potevi chiedermelo, scemo! è.é

*Autrice sospira dopo aver riso come una pazza*

Allora, sperando che Draco recuperi un po’ di cervello nei prossimi capitoli, rispondo a Cassandra 287:

per girare girano…solo che Draco ultimamente gira al contrario…ah, uomini! Come sono contorti! A Grace invece girano come le pale di un elicottero (come la capisco), perciò sì, qualcosa gira, eh eh! Comunque, non ti preoccupare, non sono così cattiva, ora che hanno preso entrambi più consapevolezza di quello che provano, la strada è in discesa! ^.^(almeno per ora…MUAHAHAHAH! COF COF! Devo smetterla di fare queste risate, mi soffoco sempre…)

Un bacio grande a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 7
*** Lesson 7: Galeotta fu quella foto ***


Lessom 7: Galeotta fu quella foto

LESSON 7: GALEOTTA FU QUELLA FOTO

 

Il mattino dopo, Grace aveva mantenuto, almeno in apparenza, la promessa fatta la sera prima a Harry. I capelli erano biondi come tanti raggi di sole, gli occhi di un azzurro cielo, limpidi come non mai. Per non far impensierire oltre il suo migliore amico, aveva messo da parte la sua tristezza nera, come non si sa. Forse le bastava non pensare ad una cosa per non farsi influenzare dai sentimenti, e non lasciar trasparire niente, oppure recitava e faceva recitare anche il suo corpo. Girava allegra per i corridoi, dispensando ampi sorrisi a tutti, una vera attrice non c’è che dire. Tutti, meno Draco Malfoy. Quando c’era lui nei paraggi, la ragazza si volatilizzava, e i suoi occhi lo evitavano, lo oltrepassavano come se lui non esistesse, o fosse trasparente, davanti a lui sentiva di non poter fingere troppo a lungo. Al biondo, questo faceva male più di una pugnalata al petto. Preferiva gli insulti e gli scherzi a quella totale indifferenza. In quel mese che avevano trascorso nella stanza delle necessità, a parlare, ridere e scherzare come vecchi amici, Draco aveva sviluppato una specie di dipendenza dalla pace che trovava appena oltrepassava il confine tra la scuola, e la stanza degli allenamenti. Era come se conoscesse Grace da sempre.

Si trovava a suo agio come con poche altre persone, e aveva perso tutta quella sintonia per una stupidissima scenata di gelosia.

Sì, gelosia.

Ormai l’aveva ammesso, almeno a se stesso. Era geloso di quella ragazza. Odiava vedere lo Sfregiato che l’abbracciava, baciandole i capelli con fare protettivo. Avrebbe voluto uccidere a suon di crucio Corner, che le cingeva la vita con fare amichevole…forse troppo, chiamandola “Ma chére Ámelie” per secondo nome e in francese addirittura, con quell’atteggiamento tanto intimo. Insomma, avrebbe volentieri fatto sparire dalla faccia della terra tutti quegli omuncoli che osavano metterle le mani addosso. E si arrabbiava con lei perché glielo lasciava fare. Ma lei non poteva sapere tutto questo, perché era troppo impegnata ad evitarlo, per non ripiombare preda della sua tristezza mista ad ira e delusione, abilmente nascoste ad occhi indiscreti, ma sempre pronte a sbucare fuori nei momenti più improbabili.

-Grace? –

-Sì Harry? –

-Stai bene? –

-Ancora? Sì, perché? –

-Mi sembri ancora un po’ strana… troppo pensierosa…sei sicura di non volermi parlare di quello che ti tormenta, da un po’ di tempo a questa parte? Magari ti sentiresti meglio.–

-Dimmi Harry, di che colore sono i miei capelli?-

-Biondi –

-E gli occhi? –

-Un bellissimo azzurro –

-Mi conosci Harry! Il mio corpo non sa mentire! Se fossi ancora triste, sembrerei una Dark Lady! O no? –

‘Altra menzogna, il mio corpo mente eccome!’

-Sì…forse hai ragione…cioè, sì hai ragione tu! E invece con Malfoy, che stai combinando? – chiese ancora Harry. Lei per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.

 

‘Come diavolo ha fatto a scoprirci???’ la sua mente lavorava frenetica e non trovava pace.

-Niente, perché? – rispose con voce assente.

-Ultimamente vi ignorate, non lo insulti più, non gli fai più scherzi…oggi addirittura lo eviti e fai come se non esistesse….se ti ha fatto qualcosa di male, io lo ammazzo, perciò dimmelo ora così la facciamo finita con questa storia una volta per tutte! – le rispose Harry, con occhi ardenti, accesi dal desiderio di fare a pezzi quel furetto platinato che osava far star male la sua Grace.

-Oh, Harry ti preoccupi sempre troppo! Sai, sembri mio padre, certe volte! Comunque, non devi uccidere nessuno, mi so difendere da sola, grazie del pensiero. Ho solo deciso che il furetto non merita tutte le attenzioni che riceve ogni giorno, tutto qui. – rispose Grace, sollevata nello scoprire che in realtà Harry non sapeva un bel niente del rapporto di quasi amicizia che aveva appena mandato al diavolo con Malfoy.

 

Harry aveva cercato di estorcere a Grace, per l’ennesima volta, la verità sui suoi problemi con Malfoy, ma lei, stoicamente, non aveva ceduto, anche se la tentazione di sfogarsi una volta per tutte era davvero forte. Tuttavia, lei era una grifondoro, avrebbe dato via l’anima piuttosto che rivelare un segreto di quella mole!

Quel pomeriggio, Grace gettò tutti i sentimenti negativi sviluppati fino ad allora nel quidditch, in una partita amichevole con i tassorosso. Qualcuno fu vittima della sua violenza, ma nessuno si ferì gravemente, e grifondoro vinse anche quella partita d’allenamento. Alla fine, Grace era così stanca di tutto, della scuola, del quidditch, di Malfoy, che le si formarono delle grosse occhiaie sotto gli occhi, era diventata pallida, e gli occhi, pur sempre blu, erano infossati e rossi, e si maledisse per questo suo essere trasparente per gli altri. Infatti bastava guardarla in faccia per sapere cosa provasse, ed era piuttosto frustrante non poter tenere per se i propri sentimenti, a volte.

Si diresse comunque nella stanza delle necessità, alle nove di sera, per la lezione con Malfoy.

Il biondo non era ancora arrivato, così sistemò le sue cose sulla solita poltrona, prese tra le mani la sua tazza preferita, che le aveva regalato il padre, ora piena di firewisky, e si accoccolò sul davanzale di una delle finestre che illuminavano la grande stanza degli allenamenti. Si tolse le scarpe, e si rannicchiò contro il vetro. Senza nessuno che la potesse vedere, e che si preoccupasse per lei, lasciò che i capelli e gli occhi, soprattutto gli occhi, trasmettessero tutto il malumore che aveva accumulato e tornassero neri. Le sfuggì addirittura una lacrima, più di nervoso che di tristezza. Non si vergognava di piangere come una ragazzina quando era sola, ma versare lacrime per quell’odioso serpeverde, che l’aveva solo presa in giro, le dava un fastidio senza limite.

Il ragazzo in questione era entrato poco dopo di lei, e non gli era sfuggita quella lacrima solitaria, che la ragazza aveva lasciato libera di scendere lungo la guancia, solleticandole la pelle accaldata, lasciandole delineare il perfetto ovale del viso, fino a scomparire nel colletto della camicia. Draco non l’aveva persa di vista un istante, mentre scivolava sul collo elegante della grifondoro, quella piccola goccia salata, anche perché lo faceva sentire una merda, era colpa sua se piangeva. All’improvviso, Grace si voltò di scatto verso di lui, sospirò guardando la luna piena che quella sera regnava incontrastata in cielo, e si alzò, agile, dall’alto davanzale. Arrivò al centro della sala, come sempre, e attese che il ragazzo facesse lo stesso. Ma questo non avvenne. Draco era rimasto paralizzato davanti alla porta chiusa, sembrava incapace di muoversi.

-Allora Malfoy, vuoi stare li impalato tutta la sera? – chiese la ragazza, con voce stanca.

-Grace, io ti devo parlare. – cominciò il biondo piuttosto teso.

-Che hai ancora da dirmi? Ho capito anche da sola che in realtà ero solo io quella che pensava che noi due fossimo amici, mi sono sbagliata e ne ho pagato il prezzo. Non dovresti infierire oltre. – rispose la ragazza con gli occhi lucidi.

-Ma Grace, noi siamo amici! - rispose il serpeverde. La ragazza scosse la testa.

-No, Malfoy. Gli amici sono legati dalla fiducia! Io dico menzogne ogni giorno ai miei più cari amici, per aiutarti, e infrango la fiducia di persone che mi vogliono bene da anni, a cui tengo più che a me stessa, per te, e mi da fastidio, perché vorrei potergli dire tutto! Io non mi pento di aiutarti, è una missione che mi è stata assegnata, ma mi sento una sciocca, perché cerco sempre di capirti, di conoscerti meglio, mentre tu nemmeno ti fidi di me! È frustrante, ma sta tranquillo! Non mi lasciò più infinocchiare! Continuerò ad addestrarti come è mio dovere fare, solo, la pianterò di comportarmi da amica. Tutto qui. – rispose la grifoncina, abbattuta e arrabbiata.

Draco si era avvicinato, un passo alla volta, fino a che, dopo l’ultima parola che Grace aveva sputato fuori, le era arrivato davanti, a un soffio da lei. Inaspettatamente, mentre la guardava in quegli occhi così neri, insoliti per la ragazza, l’abbracciò. La strinse così forte che quasi le fece male.

-Hai finito di dire cazzate, eh Grace? Io…volevo dirti che…mi dispiace… -

sussurrò il biondo, affondando il volto nell’incavo del collo da cigno di lei, inspirando a fondo il profumo di mora dei suoi capelli, liscissimi e neri, sfiorando la pelle morbida con la punta del naso. Lei era rimasta di sasso, aveva i brividi per lo stretto contatto con il petto di lui. Non sapeva più che dire, cosa più unica che rara. Malfoy che si scusava? Il mondo stava per finire, poco ma sicuro! Sbarrò gli occhi, confusa.

-D-Draco…-

anche Grace aveva capito quanto dovesse essere costato al biondo, pronunciare quelle poche parole di scusa. Che comunque, la stavano rendendo la ragazza più felice del mondo.

-Sono stato un vero idiota a parlarti in quel modo, me ne rendo conto, e ti chiedo scusa. –

bisbigliò il ragazzo, imbarazzato come non mai, all’orecchio della grifona. La ragazza era arrossita fino alla radice dei capelli, che erano diventati mossi e lilla, come gli occhi, segno che era molto più rilassata e felice di quando era entrata. Lo strinse a sua volta, avvicinandoselo di più afferrandogli la camicia all’altezza dei fianchi, e traendolo a se. Poggiò la testa sul suo petto, ascoltando il suono del cuore di lui, che batteva frenetico contro la cassa toracica. Sorrise contro la stoffa candida che copriva i muscoli scolpiti di lui.

-Sei uno scemo, però ti perdono, Draco. – rispose semplicemente lei, rilassandosi fra le sue braccia.

A Draco sembrava che un enorme macigno gli fosse stato tolto all’improvviso dallo stomaco.

Gli aveva perdonato quell’assurda scenata quasi subito, pensava di doversi prostrare ai suoi piedi, invece era stata una cosa piuttosto rapida e indolore.

Si era staccata dall’abbraccio, e gli sorrideva raggiante, mentre si sedeva sul tappeto, per iniziare la lezione.

-Allora, vediamo se riesci a fare qualche progresso stasera. – disse allegra, mentre anche lui si sedeva, felice di aver riconquistato la sua Grace.

 

…………………………………………………………….

 

-Bravissimo, Draco! Oddio, guardati ! Sei carinissimo così! Voltati, per favore! –

Click! Un flash abbagliò Malfoy, senza che potesse rendersene conto. Quando si riprese dallo stordimento post-flash, vide una gongolante Grace, che guardava in modo affettuoso una fotografia magica.

Era martedì sera e lui era appena riuscito, dopo quasi due settimane di tentativi, a trasfigurare in sequenza le braccia, gli occhi e le orecchie in quelle del gatto, senza più il minimo problema. Quando era riuscito a trasformare le orecchie però, Grace l’aveva trovato talmente carino e dolce, da volergli fare una foto.

-M-mi hai fotografato in questo stato???? –chiese Malfoy stupefatto, mentre la ragazza stringeva a se la foto, con un sorriso smagliante in faccia.

-Certo, Draco! Guarda, sei dolcissimo con quelle orecchie! Terrò questa foto sotto il cuscino! Mi addormenterò serena guardandola ogni notte prima di andare a letto! – disse lei, con gli occhi che le brillavano, ma non si capiva se di ironia o cos’altro.

-Oh, no assolutamente no! Dammi subito quella foto! –

esclamò Draco, scattando vero di lei, che fulminea come una gatta dispettosa, prese a scappare per tutta la stanza, ridendo come una matta. Per qualche minuto Draco fu in seria difficoltà, ma poi le tagliò la strada, afferrandola per la vita, e facendola cadere sotto di se con un urletto di sorpresa, sul tappeto. Le afferrò i polsi, sperando di poter afferrare la foto, ansimando leggermente. Ma lei, birichina, ridacchiando ancora e prendendo fiato, gliela fece sparire da sotto gli occhi. Lui era talmente concentrato sul recupero dell’immagine, che non si era accorto della posizione equivoca in cui stavano, ma lei si. Aveva degli stranissimi occhi fucsia, ornati da boccoli rosa cicca ed era sdraiata sotto di lui, con i polsi all’altezza della testa, stretti nella decisa morsa di lui, e sentiva il suo respiro infrangersi piano sul suo viso. Lui le stava praticamente a cavalcioni, con le ginocchia strette intorno alla vita, per impedirle di scappare.

Forse non sapeva che la ragazza non sarebbe mai e poi mai scappata da lui. Non più almeno. Ormai si era arresa all’evidenza.

Da qualche giorno ormai si era accorta di provare qualcosa di troppo profondo per il biondino, troppo sconvolgente per essere semplice amicizia, complice quella maledetta e inquitante vocina nella testa.

Era troppo triste per quello che era successo, lei di solito si faceva scivolare addosso tutte le malignità, ne era impermeabile, ecco. Ma quella mancanza di fiducia del biondo le aveva fatto così male, era troppo strano per lei. Poi, quando le parlava o ghignava, lo stomaco faceva le capriole, e se la toccava il cuore batteva frenetico e le mancava il respiro. Nessun semplice amico le aveva mai fatto un simile effetto, la piccola Hermione nel suo cervello aveva ragione, le sue constatazioni erano veritiere.

Dopo un attimo, anche lui abbassò lo sguardo sul viso di lei, che era pericolosamente vicino al suo. Lo fissava tanto intensamente che si sentì sciogliere sotto quello sguardo, così inconsueto e languido. Si mordicchiava nervosamente il labbro inferiore, perdendosi negli occhi color tempesta di lui.

Istintivamente ammorbidì la presa sui polsi, mentre lei portava il volto più vicino al suo orecchio.

-Ammettilo Draco! Stavolta ho vinto io! –

sussurrò Grace, con voce provocante e sensuale, disarmante. Sembrava uscire da una delle fantasie del serpeverde. Lui ghignò, mentre i suoi occhi diventavano torbidi di malizia.

-Cosa ci guadagnerei, ad ammetterlo? – chiese, anche lui bisbigliando.

-Dammi questa soddisfazione, dai! – rispose la ragazza, facendogli gli occhi dolci.

-E va bene, Parker! Hai vinto! – ... in tutti i sensi.

soffiò lui nell’orecchio di lei, prendendo a baciarle il lobo, e a succhiarlo leggermente. Un brivido caldo attraversò la schiena della grifoncina, che schiuse le labbra in un muto gemito. Lui scese a baciarle il collo, seguendo la linea della giugulare, mentre con le mani incontrava quelle di lei, e incrociava le dita con le sue. Lei ricambiò la stretta, presa com’era dal desiderio di poterlo ricambiare di tutte quelle attenzioni. Sapeva quello che sarebbe successo di lì a breve, se lo avesse lasciato continuare così, ma non voleva fermarlo.

Lei se n’era innamorata, ormai lo sapeva, ne era consapevole. E anche se forse per lui quell’atto non avrebbe avuto lo stesso significato, lei non avrebbe avuto rimorsi, perché avrebbe fatto l’amore con lui, non del banale sesso.

Quando lui le accarezzò le braccia, scendendo sempre più lungo i seni fino ad arrivare alla camicetta, per sbottonarla, il biondo staccò le labbra dalla pelle morbida del collo, interrompendo la dolce tortura.

-Grace…ti voglio…ti voglio adesso…se devi fermarmi, fallo ora, o non ne sarò più in grado. – disse Draco, ad occhi chiusi, con la fronte poggiata sul cuore di lei.

-Se avessi voluto fermarti, sta sicuro che ti avrei già tramortito con uno schiaffo! –

ridacchiò lei, sospirando all’ennesimo bacio del biondo, che sorridendo sulla sua pelle, aveva posato le labbra sulla clavicola di lei, prendendo a sbottonare la camicetta, lasciando una scia di baci su ogni lembo di pelle che scopriva. Prima di abbandonarsi completamente a lui, Grace schioccò le dita, facendo sì che i cuscinoni si spostassero intorno e sotto di loro. Poi si pose una mano sul ventre. La mano brillò leggermente mentre imponeva un incantesimo anticoncezionale.

Intanto Draco aveva sbottonato completamente l’indumento della ragazza, baciandole la pancia piatta fino all’ombelico, accarezzandole la schiena per tutta la sua lunghezza. Poi, le sfilò la camicia, e con la mano destra arrivò a sfiorare il gancetto del semplicissimo reggiseno bianco di Grace, pensando di toglierlo. Ma Grace, accortasi delle sue intenzioni, pose le mani sulle spalle larghe di lui, le ginocchia intorno alla vita, e con un colpo di reni, capovolse la situazione, portandosi sopra di lui. Si portò vicinissima al suo viso, i nasi si sfioravano e i respiri si fondevano.

-Non avrai pensato di poterti divertire solo tu, vero Draco? –

sussurrò lei, prima di unire le labbra a quelle di lui in un appassionato bacio.

Il primo, eppure sembrava un gesto naturale e ripetuto mille volte prima di allora.

Labbra che si toccavano per la prima volta ma sembravano fatte solo per questo, come se lo facessero da sempre.

Prima, era solo un delicato sfiorarsi di labbra, una scoperta dell’altro morbida e lenta. Poco dopo erano tanto presi dal gioco di lingue, dalla danza frenetica che avevano preso a eseguire, che quasi si erano scordati di respirare. Si staccarono per carenza di ossigeno. Grace guardò Draco brevemente negli occhi. Era visibilmente eccitato, e le pupille erano tanto dilatate dalla passione, da rendere le iridi praticamente nere. Subito scese con la bocca sul collo del ragazzo, che aveva già alcuni bottoni della camicia slacciati, risalì la linea della mascella di lui, mentre liberava i bottoni che ancora erano imprigionati dalle asole. Arrivò sotto l’orecchio destro, baciando la zona di pelle sensibile dietro il lobo, strappando al biondino un sospiro di piacere, e guadagnandosi delle focose carezze sulla schiena. Mentre lei tormentava il collo e il petto di lui con dei morsetti e delle leccatine che mandavano Draco ai pazzi, lui aveva preso ad accarezzarle le cosce, nascoste dalla gonna a pieghe della divisa, scoprendole e notando che portava delle autoreggenti nere, col bordo di pizzo, fin troppo provocanti. Iniziò a farle scendere lentamente, pochi centimetri alla volta, fino a sfilarle del tutto, mentre lei era risalita per rubargli un altro bacio da apnea. Draco, stanco di subire, ribaltò a sua volta le posizioni, tornando sopra di lei, ma prima di farla sdraiare, risalì con le mani lungo la schiena e le slacciò quello stupido reggiseno, che lei gli aveva impedito di togliere prima. Lo fece letteralmente volare via, mentre osservava i seni pieni e abbondanti di lei.

Prese ad accarezzarne uno, molto lentamente, solleticando il capezzolo, già inturgidito dall’eccitazione. Scese a baciare e leccare leggermente l’altro seno, mentre ancora torturava il primo.

Lei ormai si esprimeva solo a sospiri e lievi gemiti di piacere, accarezzando il petto di lui con una mano, e immergendo l’altra nei capelli biondissimi e morbidi come seta, aggrappandosi alle spalle marmoree nei momenti di maggior piacere. Arrivò nei pressi della cintura del ragazzo, e prese a slacciargliela, con le mani che tremavano tant’era presa dalle labbra del biondo, che esploravano ogni angolo del suo corpo. Quando cintura e calzini del ragazzo andarono a fare compagnia alle camicie e al resto delle divise, ormai superflue, Draco arrivò, con un bacio mozzafiato, a slacciare la gonnellina nera, e a gettare anche quella sul pavimento. Quando le loro labbra si staccarono, si sollevò appena, sostenendosi con le braccia tese, e la guardò.

Era bellissima.

Non era la solita ragazzina magrissima, aveva le sue curve, le sue forme piene.

Solo le mutandine nere, con un bordo di pizzo, coprivano quel corpo incredibile.

Forme generose ma ben proporzionate.

Linee morbide e sinuose.

Pelle lievemente abbronzata, e bollente, dove lui la toccava.

Lei invece lo guardava in viso, non cercò di coprirsi, non si vergognava del suo corpo. Ormai erano arrivati fin li, di certo non si sarebbe tirata indietro. Lui si abbassò all’altezza del suo orecchio, e mentre lei gli faceva scendere i pantaloni lungo le cosce, le sussurrò :

-Sei bellissima Grace…sei perfetta. –

 

Lei sorrise felice e lusingata di piacergli tanto, e mentre lui le sfilava le mutandine, lei faceva altrettanto con i boxer neri del serpeverde. Ora erano nudi, accaldati ed eccitati, nulla poteva più fermarli. Lei sorrise maliziosa quando vide l’effetto che i suoi atteggiamenti avevano su Draco, già quasi al limite. Draco la guardava famelico, le accarezzava le cosce arrivando sempre più su, mordicchiandole il collo, e soffocò un gemito di piacere con la sua bocca, quando arrivò a sfiorare la sua intimità.

Cominciò a stimolarla con un dito, lentamente, strappandole gemiti sempre più forti, imporporandole sempre più le guance. Le dita divennero due, e le ragazza stava impazzendo come fosse sotto una tortura lussuriosa che mai avrebbe voluto interrompere. Artigliava alternativamente i cuscini sotto di se e le spalle di Draco. Al terzo dito, ebbe il primo orgasmo, contraendo ogni singolo muscolo del corpo e inarcando la schiena verso il corpo del ragazzo, che compiaciuto aspettava solo un segno per poter proseguire.

Quel segno arrivò presto.

- Ah! Draco...nh... - Grace gemeva e sussurrava il suo nome, ad occhi chiusi, preda degli spasmi di piacere. Sentire il suo nome pronunciato così, spezzato dal piacere, aveva reso la passione del ragazzo impossibile da arginare. Draco sentì chiaramente che non avrebbe resistito oltre.

-Che ne dici di piantarla di giocare, Grace? -

le sussurrò, mentre continuava a stimolarla intimamente. Lei continuava ad ansimare pesantemente e a gemere, a stento aveva sentito la voce del ragazzo, ma assentì con la testa, le labbra socchiuse nell’ennesimo verso d’approvazione. Le divaricò maggiormente le gambe e si sistemò tra di esse, prendendola gentilmente per i fianchi, per alzarle il bacino in una posizione più comoda. Poi, con una sola e decisa spinta che sapeva d’attesa, entrò in lei. Rimase fermo per qualche istante, per godere del calore che l’aveva improvvisamente avvolto. Lei era al culmine dell’eccitazione, aspettava soltanto che lui cominciasse a fare sul serio. Accarezzandole le gambe, fino al punto sensibile dietro le ginocchia, Draco fece sì che Grace le agganciasse dietro la sua schiena, aumentando ancora di più il contatto tra i loro corpi.

Grace ebbe un sussulto quando Draco cominciò a spingere, ritmicamente, dentro e fuori di lei. Prima lentamente, come ad assaporare ogni gesto, ogni gemito che riempiva l’aria della stanza, poi sempre più veloce, impaziente di portare a termine quel gioco di passione e sentimento che ormai li aveva travolti come un treno impazzito.

Draco affondava in lei, mentre il viso, arrossato per lo sforzo, era nascosto dai suoi capelli rosa, perché le baciava il collo tra una spinta e l’altra, mordicchiando poi le spalle. Lei, non appena aveva cambiato ritmo, prendendo a spingere con più vigore e velocità, gli aveva artigliato le spalle, affondando le unghie nella pelle alabastrina, graffiandogli la schiena, che si arrossò subito, testimone del momento di puro piacere che stavano vivendo i due ragazzi. Prese a seguire i movimenti di lui, assecondandolo col bacino, aumentando così il piacere di entrambi.

Ancora poche spinte, e i ragazzi, insieme, come un solo corpo, raggiunsero il culmine del piacere. Una spirale di colore li avvolse. Ai loro occhi, non c’era nient’altro che il partner, solo lui e solo lei.

-Draco! –

-Grace! –

Si erano praticamente gridati i loro nomi quando l’orgasmo li aveva colti entrambi nello stesso momento. Ebbero per un attimo la mente sgombra, solo piacere e sì, amore, nella testa.

-Dio…è stato….- disse piano Draco

-…incredibile….- completò la frase Grace.

si erano sussurrati quelle poche parole, mentre la passione li lasciava spossati ma soddisfatti e appagati. Draco, subito dopo essere stato trascinato dal potente orgasmo, era rimasto ancora qualche secondo dentro di lei, ricadendo, stravolto e sudato sul corpo bollente di Grace. Poi scivolò fuori abbracciandola, e poggiando la testa sul suo petto nudo, cercando di riprendere fiato.

Schioccò le dita, e una coperta si materializzò a coprire i loro corpi nudi, ancora scossi da brividi di piacere.

Mentre Draco riprendeva a respirare regolarmente, poggiato sui seni della ragazza, Grace gli accarezzava i capelli, totalmente arruffati e sconvolti dai ripetuti passaggi delle sue dita tra quei serici crini biondi. Passarono qualche minuto in religioso silenzio, godendosi la pace che segue sempre l'appagamento dei sensi.

Quando entrambi ebbero ripreso il colore naturale, e smisero di ansimare, Draco decise di chiederle una cosa che ormai da un po’ gli premeva sapere.

-Senti Grace, è da un po’ che te lo volevo chiedere…come mai quando ti ho detto che razza di gatto volevo diventare ti sei messa a ridere? –

 Aveva alzato la testa sostenendosi sui gomiti, e la guardava con degli occhioni da cucciolo bastonato. Lei rise di gusto nel vederlo così tenero tra le sue braccia.

-Oh Draco, avevo stampata in mente la descrizione caratteriale di quella razza, e mi chiedevo semplicemente come tu, proprio tu, l’algido Principe delle Serpi, potessi rispecchiartici! Tutto qui! –

-Ah, davvero? E sentiamo, come mai non credevi potesse somigliarmi, quel gatto? – rispose Draco, indispettito.

-Beh, l’angora turco ha un carattere quieto, adatto alla vita casalinga. E' un gatto curioso, affettuoso e molto coccolone. Si affeziona ad un solo membro della famiglia, con il quale instaura un rapporto di amore e rispetto. Segue il padrone ovunque vada e ama dormire al suo fianco. Se lo si ignora fa di tutto per attirare l’ attenzione finché non la ottiene. Molto dinamico, equilibrato, ma soprattutto intelligente. Vedi, per il modo in cui ti conoscevo il mese scorso, mi sembrava impossibile che tu potessi essere coccolone e tanto attaccato ad una sola persona dal desiderare di seguirla ovunque! Ti immaginavo come un gatto scostante e menefreghista, ecco! – rispose tranquilla la ragazza sorridendo.

-E dimmi, come mai ora ti sei ricreduta? –

chiese ancora Draco, ghignando e giocando con una ciocca di capelli di lei, ora di un bel azzurro. Grace ridacchiò ancora.

-Non so se tu sia il tipo che pedinerebbe la donna che ama, però so che sei un piccolo egocentrico e che sei molto, molto intelligente. E ora che ti conosco meglio, posso anche dire che sei affettuoso e dolce quando vuoi. –

gli rispose la ragazza, sorridendo sognante.
Anche Draco sorrise.
Non fu uno dei suoi soliti ghigni, ma un sorriso vero e sincero, di quelli che dedicava solo a lei. La baciò nel solco tra i seni, risalendo fino alle sue labbra. Fu un bacio dolce e sensuale, in cui la grifoncina mise tutto l’amore che provava per quel ragazzo, facendo scorrere le dita sottili tra i serici capelli biondi di lui.

Draco invece non sapeva come definire quel sentimento così strano, così forte e così intenso che lo avvolgeva ogni volta che guardava quella ragazza, mai provato prima. Era tanto grande da farlo essere addirittura geloso di lei. Possibile che fosse amore? Possibile che in un mese e mezzo, quella donna gli fosse entrata dentro al punto di essersene innamorato?

‘ Sì, Draco!’

si disse, mentre la guardava ancora negli occhi, perdendosi in quelle iridi ora blu

‘È possibile!’

Le mise le mani sui fianchi, e rotolò sui cuscini, fino a portarsela sopra, prendendo consapevolezza della nuova rivelazione che il suo cervello gli aveva concesso in anteprima.

Lei appoggiò la testa sul suo petto, accarezzandoglielo delicatamente.

-Draco? –

-Sì? –

-Devo dirti una cosa…io… -

Grace aveva alzato la testa e guardava Draco cercando le parole migliori. Lo fissò intensamente in quelle iridi color del mare in tempesta, ora un po’ confusi e trepidanti d’attesa.

-Io ti amo. – disse infine, trovando il coraggio. Era pur sempre una grifondoro, no?

Draco era shockato. Nessuno gli aveva mai espresso così chiaramente i suoi sentimenti.
Ma soprattutto, nessuno gli aveva mai detto di amarlo.
Rimase con la bocca socchiusa per lo stupore e gli occhi sbarrati, mentre assorbiva la cosa. Grace pensò che lui ora non la volesse più tra i piedi, e fece per alzarsi.

-Non voglio una risposta, Draco, non ti preoccupare. Sentivo solo il bisogno di fartelo sapere.- gli disse con un sorriso triste.

‘Che fai, la lasci scappare? Fermala, idiota, muoviti!’ un pensiero fulmineo nella testa del ragazzo.

Era già in ginocchio, si era voltata e stava per sollevarsi completamente, quando lui l’afferrò per i fianchi con uno scatto fulmineo, facendola ricadere all’indietro. Si era seduto e l’aveva fatta accomodare tra le sue gambe, schiacciando la sua schiena contro il proprio petto. Il suo cuore minacciava di scoppiare, mentre la cingeva con quelle braccia così forti.

-Dove pensi di poter scappare? Non te ne andrai proprio da nessuna parte. - disse Draco, deciso.

-Tocca a me confessarti qualcosa, ora…
L’altra volta, quando ti ho fatto quella scenata, non era perché pensavo avessi messo da parte i tuoi doveri…in realtà… ero geloso. –

-Il grande Draco Malfoy era geloso di me? – chiese stupita Grace, poggiando la testa sulla spalla del biondo, guardandolo in viso. Lui ghignò.

-Sì, e non sai quanto! Volevo uccidere Potter, Corner, chiunque ti toccasse! Fosse stato per me, non sarebbe rimasto un solo essere di sesso maschile in questa scuola, tutti sterminati perché accusati di mangiarti con gli occhi! – disse, ridendo di se stesso, e facendo sorridere anche Grace.

-E prima… prima pensavo che con nessun altra ho mai provato nulla di così travolgente, come con te. E mi sono reso conto che in realtà con te non ho fatto sesso, per la prima volta ho fatto l’amore… credo...credo di amarti anch'io, Grace. –

Draco gliel’aveva detto, con fatica certo, ma gliel’aveva detto. Aveva aperto il suo cuore, tanto da dirle che l’amava, anche se non era abituato ad esternare certi sentimenti. Lei si rigirò nell’abbracciò baciandolo con una passione mai vista prima, stringendolo tanto forte che quasi lo soffocò. Quando si staccarono, lei aveva uno sguardo tanto carico d’amore, che Draco se ne sentì sommerso. Si sdraiò, trascinandola con se. La baciò ancora e ancora, finché non si addormentarono, felicissimi, l’uno nelle braccia dell’altra.

Verso le cinque del mattino, una Grace felice e ancora un po’ assonnata, aprì gli occhi. Era ancora con la testa sul petto del ragazzo biondo che la faceva letteralmente impazzire. Lui dormiva profondamente, con quell’espressione dolce e innocente che aveva solo durante il sonno.

Lei, rapita da quella visione angelica, appoggiò il mento al dorso delle mani, poco distante dal viso del serpeverde, e si mise a guardarlo, e a ripensare all’incredibile notte che aveva passato con lui. Era successo tutto così in fretta e all’improvviso, che ancora non ci credeva.

Il ragazzo, forse perché osservato, si svegliò poco dopo, aggrottando le sopracciglia. Alzò le palpebre e le sbatté un paio di volte per riprendere del tutto coscienza, poi vide Grace sorridergli.

-‘Giorno! Perché mi guardi così? – chiese, ancora mezzo tramortito dal sonno.

-Perché quando dormi sei molto carino. –

rispose la ragazza, semplice e sincera come sempre. Draco ghignò.

-Io non sono carino, io sono perfetto, e lo sono sempre! – rispose poi, con aria di superiorità. Grace si mi se a ridere. Poco dopo però si fece seria e pensierosa.

-Dì un po’, non è che ti starai pentendo di quello che è successo ieri sera, vero? – chiese il biondo, improvvisamente rigido.

-Certo che no! Non vado in giro a dire a chiunque che lo amo! E poi, non mi pento mai di nulla. I rimorsi sono un’inutile perdita di tempo. – rispose lei. Draco si rilassò a quella risposta.

-E allora che c’è? Perché quello sguardo serio? Non ti si addice, sai? –

-Beh, io e te cosa siamo ora? – chiese la grifoncina, guardandolo negli occhi.

-Che domande! Sei la mia donna, ovvio! Forse non te ne sei accorta, ma nemmeno io vado in giro a dire a tutte che le amo! Anzi, se vuoi saperlo sei la prima che riesce a strapparmi quelle due paroline! – esclamò Draco, infervorandosi. Grace ridacchiò.

-Ok, ok, calmati! È solo che ora non possiamo dirlo a nessuno, e sarà un rapporto segreto, come se fosse sbagliato! Mi da fastidio ecco, perché non è affatto sbagliato, l’amore non è mai sbagliato! – disse la ragazza, mettendo un musino simile a quello dei bambini arrabbiati. Draco non poté fare a meno di sorridere. Quella ragazza non finiva mai di stupirlo!

-Lo so Grace, che non c’è nulla di sbagliato. Ma lo sai anche tu, se si dovesse sapere in giro, tutti mi scoprirebbero, e addio spionaggio. Dopo il nostro passato è impensabile per gli altri che io stia con te, capirebbero subito da che parte sto in realtà, soprattutto mio padre, e sarebbe un vero casino. Non credere che mi faccia piacere lasciarti uscire da quella porta sapendo che tutti ti considerano una ragazza libera, e si permettono di provarci con te a tutte le ore del giorno. – rispose il biondo.

-E della notte. – disse la grifondoro, sorridendo maliziosa.

-Come come? Chi è che ci prova con te anche di notte? Scommetto che è quel depravato di San Potter! Ho visto come ti guarda sai? Ma stavolta lo uccido! Sarà Il-bambino-che-non-è-sopravvissuto-alla-furia-di-Malfoy! – esplose Draco. Stavolta Grace rotolò via tanto le risate erano forti.

-Ahahah oddio! Draco! Harry non c’entra nulla, poverino! In realtà…in realtà voi serpi non siete gli unici a divertirvi qui! –

-In che senso? Spiegati, donna! –

-Nel senso che anche noi grifoni facciamo festa la notte, mica solo voi, e io faccio quasi sempre la barista! O meglio, come dice Ron, la bar-girl. Ovvio che chi ha un debole per me ne approfitta, sono bloccata dietro il bancone e distribuisco alcool, sono sempre mezzi sbronzi! Sai, viene anche Micheal ai nostri festini. È quello che ci da dentro più di tutti di solito! –

-Corner è un uomo morto! – disse Draco, livido di gelosia.

-Via, amore, non puoi uccidere tutti i miei amici! Mi sentirò sola poi, quando tu non ci sei! – disse ironica Grace, con un sorriso malizioso e molto allusivo. Prima che Draco potesse catturarla, lei era già schizzata in bagno, con l’idea di farsi una doccia. Il ragazzo, vedendola allontanarsi nuda, così come mamma l’aveva fatta, decise di seguirla.

Il bagno era immenso, e in un angolo stava una vasca enorme, che la grifondoro stava riempiendo d’acqua e bagnoschiuma. Le piastrelle azzurre erano così pulite da potercisi specchiare, e l’aria era profumata. Sapeva di mora, come lo shampoo che Grace usava abitualmente.

Passando davanti allo specchio del lavandino, Draco vide com’erano ridotte le sue spalle.

-Ehi tigre! Non mi inviti a fare il bagno con te? – chiese poi, con un ghigno malizioso.

-Tigre? Ti sei già messo ad affibbiarmi nomignoli assurdi, Dracuccio? –

chiese Grace, girandosi verso di lui. Per poco non svenne. Sembrava un adone, un dio greco. Nudo, con ogni singolo muscolo in bella mostra, non credeva nemmeno che fosse umano. E poi, quei capelli biondissimi tutti arruffati e quegli occhi tempestosi come il mare in burrasca, la rendevano incapace di pensare ad altro che non fosse lui. Occhi e capelli divennero immediatamente di un rosa abbagliante, segno che i suoi pensieri sfioravano le luci rosse. Prese a mordicchiarsi il labbro inferiore in un modo che Draco trovava assolutamente irresistibile. Le si avvicinò lentamente e le cinse la vita con le braccia, facendo aderire i loro corpi. Quando Grace mise le mani sulle spalle di lui, sentì i graffi che lei stessa gli aveva fatto.

-Oddio, è per questo che mi hai chiamata tigre? Te li ho fatti io? Mi dispiace! Ti fanno male? – chiese a raffica la ragazza, guardando il suo ragazzo con occhi preoccupati e che imploravano perdono. Strappò a Draco una risatina.

-Eh già, la mia tigrotta ha gli artigli! Ma non ti preoccupare, non fanno male, se mai mi ricorderanno che quando sei eccitata sei ancora più pericolosa che quando ti arrabbi! –

disse il biondo prendendola in giro, guadagnandosi un’ occhiataccia fulminante dalla ragazza. Poi Grace ghignò, premendosi ancora di più contro il suo petto, e avvicinando il viso al suo.

 -Seguimi nella vasca, e mi farò perdonare. –

disse, con voce suadente. Draco la prese in braccio, facendole sfuggire un urletto di sorpresa, poi si immerse nella vasca incantata, in cui volendo si poteva persino nuotare. Lei si era avvinghiata al suo collo, e quando lui si sedette, con l’acqua che gli arrivava all’ombelico, si rilassò accomodandosi tra le sue gambe.

Afferrò una spugna intrisa di bagnoschiuma profumato alla menta e cominciò a passarlo sulle spalle di Draco, che distese tutti muscoli in un colpo solo, socchiudendo gli occhi. Prese ad accarezzare la grifondoro lungo la linea morbida dei fianchi, salendo su fino ai seni, facendo sospirare la ragazza, che invece scendeva a massaggiare i pettorali, poi gli addominali, sempre più in basso. Poi si accorse che Draco era tutto pieno di schiuma profumata e gliela sciacquò via, mentre lui la faceva sedere meglio e più vicino a se. L’atmosfera era serena, e Grace pensò di fare un po’ di conversazione.

-Lo sai Draco, fra due giorni c’è il ballo di Halloween. Tu con chi ci vai? Scommetto che hai invitato il carlino spelacchiato! Ho indovinato? – chiese la ragazza, con aria disgustata.

-Sei gelosa di Pansy, tigrotta mia? – rispose il biondo, con un’altra domanda, ghignando ironico.

-Sì, da morire! Sono gelosa e possessiva per natura! E poi, lei dorme nel tuo stesso dormitorio, io dall’altra parte della scuola! È avvantaggiata, non vale! – disse la grifona, massaggiando le spalle del ragazzo. Lui se la rise di gusto.

-E così anche la nostra Parker soffre la gelosia! Sai, non ti facevo proprio un tipo geloso!- disse il biondo stupito. Rise anche Grace.

-So essere molto peggio di te, sai? Fa che ti trovi quella cozza attaccata ad un braccio, e le faccio fare una fine tale che nemmeno la madre la riconoscerà! – disse, ritornando seria. Poi ghignò diabolica.

-La fine che farò fare a te invece, sarà inenarrabile per ferocia e crudeltà! – Draco se la strinse addosso, insaponandole la schiena.

-Via, tesoro, saresti in grado di uccidere il tuo Dracuccio? –

-Chi ha detto che ti ucciderei? Io pensavo solo di castrarti, ma se ci tieni a morire giovane, fatti trovare con la Parkinson e metterò fine definitivamente alle tue sofferenze! – rispose lei, puntandogli un dito al petto, e fissandolo intensamente negli occhi.

-Comunque, questo ballo è in maschera, avremo il viso coperto eccetera eccetera, perciò non c’è problema e ti ci accompagno io. E non accetto scuse di alcun genere! Non darò un’occasione gratuita a qualche piccolo maniaco di accompagnatrici! Puoi pure scordartelo! – disse il ragazzo mentre sciacquava la sua Grace con l’acqua perennemente calda. Lei sorrise felice.

-Va bene, mio cavaliere. Vorrà dire che ci vestiremo da Giulietta e Romeo! – disse poi, soddisfatta. Draco invece spalancò gli occhi inorridito.

-Co-cosa? Scordatelo! Assolutamente no! Dovrei pure mettermi la calzamaglia, magari? No, no e no! – esclamò afferrando le spalle della sua ragazza, spaventato da quella malsana idea. Lei scoppiò a ridere.

-Non ti preoccupare, scherzavo! Ho già pronto un bel costume da vampira, nell’armadio! Ti farò crescere i canini, e te la caverai con una camicia con gli sbuffi, contento? – chiese al serpeverde, quando si fu ripresa dall’eccesso di risa. Lui tirò un sospiro di sollievo.

-Che spavento! Sì, il vampiro mi ispira, ci sto! – rispose poi, sollevato.

-Perfetto, allora! – disse lei, sdraiandosi con la schiena contro il petto di lui, e rilassandosi appieno.

Stettero ancora qualche minuto nella vasca a coccolarsi e scherzare, poi uscirono e si asciugarono nei morbidi accappatoi di spugna che stavano li vicino, e i capelli con un incantesimo furono subito asciutti. Quando uscirono dal bagno, tutti profumati di menta, erano quasi le sei.

-Direi che è ora di tornare nei nostri dormitori. Alle sette Hermione entrerà nella mia stanza in stile “tornado Herm” per svegliarmi, ed è meglio che mi trovi lì, altrimenti succederà un vero pandemonio! – disse Grace, ridacchiando.

-Sì, hai ragione. Blaise si starà chiedendo se mi hai ucciso e sotterrato nella foresta proibita! – rispose il biondo, anche lui ridacchiando.

Cominciarono a vestirsi, raccogliendo pian piano i pezzi delle divise sparsi per la camera. Grace sollevò una delle camicie, e fece per mettersela. Quando avvicinò i lembi per chiuderla però si accorse che era qualche taglia più grande del solito, perché aveva raccolto quella di Draco, infatti aveva lo stemma di serpeverde ricamato sul petto. Le maniche le ricoprivano le mani quasi completamente, e persino il suo seno prosperoso era nascosto dall’abbondante camicia bianca. Avvicinò l'interno del colletto al naso, sentendo che profumava di limone, probabilmente per via del bagnoschiuma che il ragazzo usava abitualmente. Chiuse gli occhi e sorrise inconsciamente. Draco la vide, e la trovò dolce, con quell’atteggiamento quasi infantile.

-Ehm Ehm…pensi di ridarmela, o vuoi tenerla per ricordo? – chiese infine, ghignando divertito.

-No, penso che la terrò io, solo per vederti uscire da qui indossando la mia! – rispose Grace, facendogli la linguaccia.

-Scherzi? Non mi ci entra nemmeno un braccio nella tua! –

-Appunto! Probabilmente ti arriva all’ombelico! Sarebbe un vero spasso! Lo fai per me, amore? – chiese Grace, con gli occhi dolci da cucciolo implorante, ironicamente sdolcinata.

-Scordatelo! – rispose il biondo, sfilandole la camicia di dosso.

Quando furono entrambi pronti, afferrarono le borse e si diressero alla porta. Mentre la ragazza la apriva, Draco sembrava perso nei suoi pensieri.

-A che pensi? – chiese Grace, leggermente preoccupata dallo sguardo serio di lui.

-Che la prossima volta lo facciamo sul letto! – rispose lui, guadagnandosi un leggero pugno sul braccio dalla sua ragazza.

-Ahi! Perché mi picchi ora? – chiese ingenuamente.

-Scemo! Quando hai quello sguardo serio c’è sempre da preoccuparsi, ma per certe cretinate non te lo concedo! – gli disse, baciandolo poi con passione.

-Ora vado, ci vediamo più tardi! E fa che non ti veda nei corridoi con la Parkinson incollata addosso! Chiaro? –

-Agli ordini, generale! –

rispose Malfoy, facendo il saluto militare, e guardando la ragazza che, solo per lui, se ne andò ancheggiando.

 

 

Antro dell’autrice

Muahahahah! Ce l’hanno fatta, visto? (era ora!ndTutti) non sono poi così cattiva in fondo…un po’ sadica forse ma non troppo… comunque, questa lesson non ha bisogno di commenti, si commenta già da sola. Ho fatto succedere tutto un po’ all’impovviso, ma spero vada bene comunque. Per oggi chiudo qui, un bacio grande grande a chi legge, recensisce e mette la mia storia tra i preferiti! A presto!

 Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 8
*** Lesson 8: Perchè l'hai fatto, Draco? ***


Lesson 8: Perchè l'hai fatto, Draco?

LESSON 8: PERCHE’ L’HAI FATTO, DRACO?

 

Lentamente, senza fretta, la ragazza salì gli ultimi gradini della torre di grifondoro, sperando che nessuno fosse già in piedi a sorprenderla.

-Burrobirra bollente! – sussurrò piano alla Signora Grassa, che, aperto solo un occhio e constatato che era lei, la fece entrare.

Grace si guardò intorno con fare circospetto, poi notò che non c’era nessuno nella sala comune, ed entrò silenziosa nella sua camerata, dove le sue compagne russavano ancora placidamente. Si mise il pigiama e si infilò a letto, dove dormì giusto un’ora, prima che la solita Hermione si fiondasse da lei per svegliarla di nuovo.

Draco invece, al suo rientro nella sala comune, la trovò occupata da un certo serpeverde moro di nome Blaise Zabini, con tanto di occhiaie e coperta con su stampato un marchio gigante della loro casa. Come l’aveva visto sbucare dal ritratto l’aveva stritolato in un abbraccio.

-Oddio, ma allora sei ancora vivo! Ti ho aspettato tutta la sera per sapere com’era andata con la Parker, ma non sei tornato e mi sono preoccupato a morte! Ti odio quando fai così! Non mi avvisi mai di niente! –

gli strepitò contro, dopo averlo liberato da quella morsa assassina che era il suo abbraccio. Draco gli rise in faccia senza pietà, poi lo trascinò nella sua stanza e, ancora ghignante, decise di parlare.

-Non ti è venuto in mente che magari il playboy di Hogwarts ha colpito ancora? Non è mica la prima volta che non torno la notte, mammina! – chiese sornione il biondo. Blaise spalancò gli occhi e la bocca, indicandolo accusatorio con un indice.

-Non ci credo! Non ti sarai mica fatto la Parker? No, non è possibile! – disse poi riprendendosi appena.

-E invece sì, amico mio. Non era nei miei programmi, ma la situazione mi è sfuggita di mano e l’abbiamo fatto. Poi però lei mi ha detto che mi amava.- rispose il biondo, con sguardo perso.

-Oh, cazzo! E poi, che è successo? Tu che le hai detto? – chiese trepidante il moro.

-Beh, pensava che non la ricambiassi e ha fatto per andarsene…-

-Ma tu gliel’hai impedito, vero? –

-Sì, insomma lo sai che nemmeno lei mi è così indifferente, e quando l’ho vista che si alzava e mi piantava lì dopo quello che mi aveva detto, l’ho ritrascinata a terra e le ho risposto che l’amo anch’io! Cioè, più o meno gliel’ho detto…mi sentivo un po’patetico… Le ho persino confessato che ero geloso di lei! – disse il biondo imbarazzato, arrossendo lievemente. L’amico invece era shockato.

‘ Incredibile! Neanche due mesi, e le ha detto che la ama! Quella ragazza ha fatto il miracolo! Altro che San Potter, Santa Grace!’ pensava Blaise, ora felice per l’amico, sorridendogli.

-Quindi alla fine ti sei fatto accalappiare, eh? State insieme ora, no? –

-Certo, e la porto al ballo di Halloween, domani sera. – rispose Draco, tutto gongolante.

-E dimmi, com’è a letto? Non sarà mica una verginella spero! –

-Verginella? – chiese Draco, mettendosi a ridere.

-Ah, verginella proprio no! Più che altro è una tigre! Vedessi che strisce mi ha lasciato sulla schiena! Ha degli artigli affilati come rasoi invece delle unghie, quella ragazza! –

rispose ghignando il biondo, facendo intravedere a Blaise i segni dei graffi che la sua ragazza gli aveva lasciato sulla pelle bianca.

-Eh, eh! Allora buon per te, amico! Non hai sprecato una serata invano! –

gli disse l’amico, lieto che finalmente il ragazzo si fosse innamorato davvero.

Dato che ormai era molto più che sveglio, il biondo si cambiò nella sua stanza, mettendosi una divisa pulita, pettinandosi e facendosi la barba. Quando fu pronto, ormai erano le sette passate, e si diresse con Blaise in sala grande per la colazione, e lì rivide Grace. Aveva il suo solito aspetto da ninfa dei boschi, capelli verdi e occhi celesti, ma era carinissima come sempre. Quando si fu seduto, si permise di guardarla ancora per qualche secondo, mentre schiaffeggiava Weasley su una mano per avere l’ultima fetta biscottata della tavolata, da intingere nel caffelatte. Certe volte aveva degli atteggiamenti davvero infantili, e ad alcuni poteva addirittura sembrare una ragazza superficiale e scontrosa, ma chi la conosceva davvero, chi aveva il piacere di essere considerato un amico da lei, sapeva che era tutto fuorché una persona superficiale o comune.

Come al solito, quando Grace si sentì osservata, alzò lo sguardo alla ricerca di quello inquisitore che si sentiva addosso da un paio di minuti, ormai. Passò in rassegna le tavolate, fino alla serpeverde, e come sospettava incontrò gli occhi grigi del suo ragazzo. Lui ghignò, lei sorrise e tornarono entrambi a fare colazione, come se nulla fosse, e a leggere la gazzetta del profeta.

“ Stamane abbiamo ricevuto notizia dell’ennesimo attacco di mangiamorte, nei pressi del quartiere babbano di Beckett Street. Fortunatamente, diversi auror di grande esperienza erano lì a salvare la situazione…. Continua a pagina 4”

In prima pagina stava un trafiletto che riguardava appunto un attacco di mangiamorte, e con suo immenso orgoglio, tra i nomi dei coraggiosi auror intervenuti stava anche quello di suo padre, così Grace seppe anche che stava bene e aveva catturato l’ennesimo criminale della sua carriera. Felice e allegra, si diresse con Hermione e i suoi amici alla lezione di trasfigurazione, per la prima ora.

Le lezioni quel giorno non furono particolarmente pesanti, e Silente diede il pomeriggio libero per gli ultimi preparativi per il ballo della sera successiva. Alle quattro, come sempre, Grace e Draco sparirono dalla circolazione per allenarsi nella stanza delle necessità, ma nessuno lo notò perché gli altri studenti avevano il permesso di andare ad Hogsmade per fare gli ultimi acquisti per il ballo. Arrivarono insieme, entrarono circospetti come al solito, per non farsi notare. Appena Draco ebbe richiuso la porta dietro di se, afferrò la ragazza, ferma vicina a lui, per i fianchi, abbracciandola poi da dietro. Inspirò profondamente il profumo dei suoi capelli, poi li scostò e cominciò a baciarle leggermente il collo. Lei inclinò la testa di lato, appoggiandola sulla sua spalla, per agevolarlo, chiudendo gli occhi e godendo del semplice contatto. Gli accarezzò lentamente le mani, che ancora la stringevano possessive le spalle e la vita, fino a rigirarsi tra le sue braccia, e a trovarsi faccia a faccia con il biondino. Il tempo di guardarsi negli occhi e le loro labbra stavano già giocando tra loro in un bacio che di casto aveva ben poco. Si accarezzavano a vicenda, lei le spalle, lui la schiena, scendendo fino al sedere e poi una coscia. Si appoggiò con la schiena alla porta appena dietro di sé, schiacciandosi addosso Grace che assecondava i suoi movimenti, lasciandosi sfiorare la gamba fino a dietro il ginocchio dalla mano esperta di lui. Poi però si rese conto che così non avrebbero combinato nulla quel giorno, e si staccò da quel bacio infinito, guardandolo negli occhi, determinata a non cedere più, almeno per l’ora che sarebbe seguita, alle avance del ragazzo.

-Lo sai che ti devo già insegnare l’ultima fase della trasfigurazione animagus, vero? –

-Sì, signora maestra! Lo so che siamo già arrivati fin qui, per questo puoi permetterti di concedere al tuo uomo un po’ di attenzioni, non credi? – le rispose, riprendendo a baciarle il collo, ma lei, dura come una roccia, non si fece distrarre così facilmente.

-Placa i tuoi bollenti spiriti per un’oretta, Dracuccio! Dopo che avremo finito la lezione, avrai tutte le attenzioni che vuoi, ma ora dobbiamo lavorare! – gli disse lei, imperiosa, staccandosi dall’abbraccio e posizionandosi al centro del tappeto azzurro.

-E va bene, come vuoi tu. Ma solo se la smetti di chiamarmi Dracuccio! Detesto quel nomignolo assurdo, solo Pansy mi chiama così! – rispose Draco, sedendosi al centro del tappeto, davanti a lei. Grace gli sorrise furba.

-Ok, vorrà dire che ti chiamerò… coniglietto! Mamma com’eri carino, in quel momento! Eri davvero un amore di roditore! – disse poi, congiungendo le mani sotto una guancia, con gli occhi che le brillavano tutti. Draco rimase sconvolto.

-Ho cambiato idea, puoi chiamarmi Dracuccio, ma solo ogni tanto! Non ti ci abituare, ok? – concesse poi, constatando che persino Dracuccio era meglio di “coniglietto”. Grace ridacchiò soddisfatta, poi iniziò la lezione, cominciando a fare sul serio.

-Allora, Draco, l’ultima fase consiste solo nel mettere a frutto tutto quello che hai imparato in un unico atto di metamorfosi totale. Visualizza l’animale, immedesimati in lui e concentrati al massimo su tutti i cambiamenti che devi apportare al tuo corpo. Poi, quando ti senti pronto, rilascia l’energia alle cellule contemporaneamente e ordina al tuo corpo di trasformarsi. All’inizio ti stancherai molto, ma col tempo riuscirai a gestire lo sfruttamento dell’energia magica. -  spiegò la ragazza, mentre il biondo memorizzava le istruzioni.

-Tutto chiaro, no? – chiese poi la grifondoro.

 

-Sì, nessun problema. – rispose sicuro il ragazzo, cominciando a concentrarsi sull’immagine del gatto, che ormai sapeva a memoria nei minimi dettagli.

‘Ok, ora sono un gatto.

Sono piccolo e leggero.

Ho un lungo pelo che mi ricopre interamente, le zampe sono robuste e le unghie retrattili. La coda ondeggia con me e bilancia ogni mio passo, i baffi mi danno equilibrio.

Sono agile, sinuoso, scattante.

Sì, ora sono un gatto!’

Quando finì di formulare questo pensiero, Grace vide Draco illuminarsi leggermente, mentre rilasciava l’energia magica dentro di se, e poi, anche se per pochi secondi, vide un gatto davanti a se. Subito dopo però, a causa dello sforzo immane che a Draco era servito, essendo la prima volta, si ritrasformò velocemente, ricadendo all’indietro, sdraiato sul tappeto, ansimante.

-Anf… anf…come…come sono andato? – chiese poi alla ragazza. Lei sorrise allegra, e si spostò carponi fino ad arrivare al suo fianco. Gli prese la testa fra le mani e la poggiò sulle gambe.

-Sei stato bravissimo, Draco! Sei riuscito in una sola mezz’ora a mettere in atto la trasformazione, per pochi attimi sei stato un gatto! Sono fiera di te! Ora mangia questo, ti farà bene! – gli rispose, porgendogli una tavoletta di cioccolato al latte, e asciugandogli la fronte sudata con un fazzoletto bianco.

-Pe…perché devo mangiare il cioccolato? Non mi piace al latte, è troppo dolce! – rispose il serpeverde facendo i capricci. Grace ridacchiò.

-Perché ti aiuterà a riprendere energie più in fretta. È un trucco che mi ha insegnato Remus, cioè, il professor Lupin… in questo cioccolato c’è il latte, che ti aiuta a recuperare…e poi, il fondente è mio, e me ne è rimasta una barretta sola, perciò è off-limits anche per te! – disse Grace, sorridendogli dispettosa.

-Mpf, non è giusto! Te la ruberò mentre dormi, ecco! Va beh, da qua! Se lo dici tu, la mangio questa barretta al latte, contenta? – rispose il biondo, addentando il cioccolato.

-Mmm, è buono però! –

-Certo che è buono! Pensavi che ti avrei dato schifezze? – chiese indispettita la ragazza. Poi si fece seria, così all’improvviso.

-Magari volevi avvelenarmi, che ne so io! Ma…che ti succede ora, a che pensi di così brutto? –

chiese il biondo, preoccupato. Lei aveva preso ad accarezzargli i capelli, rendendoli ancora più arruffati di quanto non fossero già, per via dello sforzo della trasmutazione. Era un gesto che le piaceva fare, e che faceva spesso, perché sapeva lo rilassasse parecchio.

-Veramente… mi stavo chiedendo una cosa, ma non credo sia il caso di porgerti una domanda tanto intima…se non me ne hai parlato, ci sarà un motivo, quindi…nulla, non ti preoccupare, è tutto ok. –

Sembrò che parlasse più a se stessa che con lui, anche se gli stava dedicando uno dei suoi fantastici sorrisi, dei più dolci che sapesse fare. Lui, deciso a sapere cosa la turbasse tanto, le fermò, delicato ma deciso, la mano che lo sfiorava piano, risalendo lungo il braccio fino a sfiorarle il viso.

-Tu puoi chiedermi tutto quello che vuoi Grace, credo di doverti almeno questo. – le rispose, guardandola serio. Lei sospirò, sperando di porgere bene quella spinosa domanda.

-Draco… perché hai deciso di schierarti dalla nostra parte? Insomma, dev’essere stato difficile per te fare questo passo, e sono felicissima di aver scoperto come tu sia in realtà…ma hai dato una svolta drastica alla tua vita, come mai l’hai fatto? – gli chiese, riprendendo a carezzargli la testa.

-Te l’ho detto. Volevo impedire a mio padre di gestire come volesse la vita degli altri. E poi, non volevo sottostare alle decisioni di un pazzo mezzosangue con manie di grandezza, volevo decidere con la mia testa. – disse il biondo, sperando che la ragazza non indagasse oltre.

-Eppure, quando ti guardo negli occhi leggo un dolore che speravo tu non provassi mai. Sembri così preoccupato a volte, quasi spaventato. E soffri. Non so per cosa, non so se posso aiutarti, ma soffri. Sono una ficcanaso senza limiti, lo so, però stavolta vorrei saperlo per poterti essere d’aiuto. –

gli disse, con gli occhi lucidi dall’emozione. Lui non sapeva più che fare. Da un lato, voleva spiegare tutto a Grace, raccontarle ogni cosa. Magari poteva davvero aiutarlo, chissà? Ma l’altra parte di lui, quella orgogliosa, quella forte, quella Malfoy, insomma, gli diceva di tenersi tutto per se, e cercare di risolvere i suoi problemi da solo, come un vero uomo. Avrebbe seguito questo suo lato duro, se non avesse letto tristezza nelle iridi, ora blu notte, della sua ragazza. Era triste, perché non sapeva come aiutare il suo ragazzo, si sentiva in un certo senso inutile. Decise allora, che almeno la verità se la meritava, per tutto quello che, un po’ consapevolmente e un po’ senza rendersene conto, stava facendo per lui. Si alzò a sedere, poi in piedi, e si spostò verso la grande finestra che rendeva luminosa tutta la stanza, nonostante il timido sole di fine ottobre non fosse così forte da scaldarla coi suoi raggi. Si appoggiò al davanzale, chinando la testa. In quel momento Grace si pentì di aver fatto quella stupida domanda, e stava per dirgli che non importava, che poteva anche non dirglielo, per lei non cambiava nulla, ma lui l’anticipò, ricominciando a parlare, seppur con uno sforzo.

-Sai, io non ho mai pensato come mio padre, non ne sono mai stato capace. Ma, finché sono stato un ragazzino di undici o dodici anni, mi sono lasciato usare come un burattino nelle mani di un folle. Poi però, ho capito che non era quella la vita che volevo. Io non volevo uccidere, torturare, seminare la distruzione…io volevo solo vivere in pace, come un ragazzino della mia età doveva fare… -

fece una pausa, che gli servì a trarre un profondo respiro, per poi girarsi a guardare negli occhi la grifondoro, che si era alzata e stava a braccia conserte poco dietro le sue spalle.

-L’estate scorsa, però, è successo qualcosa che mi ha fatto capire che di tempo per decidere non ne avevo più, e fu la molla che fece scattare il tutto… era giugno, la scuola era appena finita ed io ero tornato a Malfoy Manor, come tutte le estati…

FLASHBACK

Draco Malfoy, nel suo elegante mantello nero di pregiata fattura, che ondeggiava leggiadro ad ogni suo passo, varcò fiero la soglia della sua dimora, la casa che avrebbe ereditato un giorno, immensa e cupa, Malfoy Manor.

Appena dentro, tutti i familiari rumori e odori della casa si fecero sentire ai sensi del ragazzo, che, nonostante tutto, era felice di essere tornato in quel castello. Per tutta la sua infanzia, aveva odiato quel palazzo con tutto se stesso. L’unica cosa che ci trovava di positivo in quella specie di reggia, era la compagnia di sua madre. Narcissa Black in Malfoy era una donna speciale, e la sua presenza valeva più di tutte le ricchezze che il padre gli offriva.

Avanzò sicuro verso il salotto, sperando di trovarci solo la madre che prendeva il the. Ci trovò sì la madre, ma, purtroppo per lui, anche il padre.

-Draco! Figlio mio, sei arrivato quindi! Ho una splendida notizia da darti, vieni, avvicinati!-

Gli disse Lucius, spalancando le braccia come invito ad accomodarsi. Era strano vedere suo padre così felice, quasi premuroso nei suoi confronti, ma Draco non ci pensò poi molto. Lanciò il suo mantello ad un elfo domestico, che lo pedinava da quando era entrato, e si avvicinò ai genitori.

-Padre, Madre. Ditemi, cosa devo sapere? – chiese il biondino, facendo un elegante baciamano alla madre, seduta in modo aggraziato e composto su un sofà.

-Ah, io non lo so Draco. Devi chiedere a tuo padre, ha detto che avrebbe sorpreso entrambi.- rispose la madre, volgendo lo sguardo al marito.

-Ebbene, Draco, Narcissa, la nostra famiglia è stata onorata da una decisione eccezionale del Nostro Signore. Per la prima volta, ha deciso di marchiare un ragazzo che non abbia ancora raggiunto i vent’anni, e quel fortunato giovane sei tu, Draco!– esclamò al settimo cielo Malfoy Senior.

Il ragazzo era sotto shock, come pure la madre.

Per quieto vivere, Narcissa non poteva esprimere il suo amore materno al figlio davanti al marito, ma compensava il tutto quando questo non era presente. Amava il suo unico figlio più di se stessa e l’ultima cosa che desiderava era che diventasse uno spietato mangiamorte come suo padre, soprattutto ora, che era appena diciassettenne. Sia lei che il ragazzo erano impalliditi e si guardavano spaesati. Per la prima volta, Draco sentì che quello non era il suo posto, che non era lì che avrebbe voluto essere, ma lontano mille miglia da quel padre che lo voleva costringere a una vita di crudeltà e ferocia che non gli apparteneva. Lucius lo guardava interrogativo, così pensò di rispondere.

…è fantastico, padre. Quando…quando succederà? – ‘quando perderò la libertà per sempre?’ chiese.

-Ad agosto, poco prima dell’inizio della scuola. Ora che lo sai, vai in camera tua, ci vedremo per la cena. – disse soddisfatto suo padre.

Il mondo gli cascò addosso. Ancora due mesi, e sarebbe stato come quel fanatico di suo padre. Si diresse come un automa nella sua stanza, dove rimase in uno stato pressoché catatonico per un paio d’ore, mentre il sole calava sulla campagna bretone. Poco prima della cena, decise di parlare con sua madre. Aveva deciso di ribellarsi, di andarsene e portarla con se, se necessario. Avrebbe chiesto aiuto a Silente, avrebbe messo da parte il suo orgoglio sconfinato e si sarebbe finalmente schierato dalla parte giusta.
Uscì dalla sua stanza, dirigendosi versò la stanza dei genitori, cercando Narcissa. Per strada però vide che la porta dello studio di suo padre era rimasta socchiusa, e da dentro si sentivano urlare i suoi genitori.

-Tu sei un pazzo, Lucius! Non ti lascerò rovinare nostro figlio come hai rovinato te stesso, non te lo permetterò! Lui non sarà mai un mangiamorte, ficcatelo in testa! – gridava la madre, rossa in viso e a pugni stretti dal nervoso.

Lucius si arrabbiò come mai prima d’ora. Rosso in viso, ma dalla collera, estrasse la bacchetta.

-Crucio! – disse a denti stretti. Narcissa cadde a terra dimenandosi, gemendo piano.

-Sei davvero una stupida traditrice, Narcissa! Non mi importa nulla di quello che vuoi tu, Draco seguirà i miei ordini e sarà marchiato fra nemmeno due mesi! Così voglio e così sarà! Se osi ancora aprire bocca su questa faccenda, giuro che ti ammazzo! – le urlò, mentre la tortura cresceva di intensità.

Draco era paralizzato dal terrore che la madre morisse, non sapeva più che fare. Stava per entrare, quando vide la madre ridacchiare a terra, pallida e sconvolta dal dolore.

- Uccidimi pure, stupido bastardo! Quando quello sciocco mezzosangue non avrà più bisogno di voi, vi ucciderà tutti, ma non ti permetterò mai di trascinare il mio Draco nell’abisso con te! È mio figlio, e se devo morire per lui, così sia! – disse la donna, fiera e dura, cercando di rialzarsi.

Gli occhi del marito lampeggiarono d’ira.

-Se è questo che vuoi, lurida sgualdrina, ti accontento subito! Ma sarà una morte lenta e dolorosa! FERITUS PROVOCUS! – le urlò, puntandole contro la bacchetta.

In quell’attimo, Draco aveva fatto irruzione nella stanza cercando di fermare il padre, ma era arrivato tardi e la donna, colpita in pieno dalla maledizione, si accasciò a terra, priva di sensi. Draco le fu subito vicino.

-Madre! Madre! Vi prego rispondete, madre! Cosa le hai fatto? Perché è svenuta, respira così piano!!!! Cosa diavolo le hai fatto? – urlò il ragazzo, sconvolto, scuotendo la madre leggermente per le spalle. Il padre ghignò sadico.

-Ha espresso il desiderio di morire e io l’ho accontentata, con una maledizione che mi ha insegnato Dolohov, molto originale, non credi, figliolo? –

rispose con la sua odiosa voce strascicata. Draco fremette dalla rabbia, avrebbe voluto ucciderlo, ma ora la madre aveva la precedenza. La prese in braccio, e si precipitò nella sua stanza, sdraiandola nel letto e coprendola. Sudava e gemeva dal dolore, era tremendamente pallida. Fece chiamare immediatamente una guaritrice, che arrivò subito dopo, smaterializzandosi direttamente nella stanza. Cacciò fuori Drac, che rimase più di mezz’ora seduto fuori dalla porta, con la testa fra le mani, stringendo con forza i capelli. Fu in quel momento che decise, che seppe cosa fare. La porta si aprì, e ne uscì la medimaga, che lo guardò apprensiva e triste.

-Come sta mia madre? Mi dica che non è morta! – disse subito il biondo, scattando in piedi come una molla.

-No, è ancora viva, ma è molto debole. La maledizione che l’ha colpita è insolita e non ha rimedio. Provoca delle emorragie interne molto gravi, solitamente porta alla morte in poche ore. Lei è stato veloce a chiamarmi, ma non ho potuto fermarla del tutto. Purtroppo, anche se gli organi hanno smesso di sanguinare, sono danneggiati. – rispose la donna, desolata.

Draco capì che la madre non aveva scampo.

-Quanto…quanto le resta da vivere? – chiese, mentre le lacrime pungevano per poter uscire, e la rabbia montava nel petto, come pure il desiderio di uccidere suo padre.

-Temo che non le rimanga più di un anno di vita, se non peggiora troppo – fu la mesta risposta della maga.

-Ca-capisco. Posso vederla? – balbettò Draco.

-Dovrebbe riposare, ma se vuole può entrare. Io purtroppo non posso fare più niente per ora. Se dovesse peggiorare, mi chiami immediatamente. Arrivederci. – disse comprensiva la strega, smaterializzandosi.

Draco si passò le mani sulla faccia, pensando a cosa potesse fare ora che la madre rischiava di morire. Prima di andare da lei, andò nella sua stanza, la imperturbò e sigillò la porta, poi chiamò il suo elfo domestico personale.

-Tippy! Tippy, vieni qui subito! – urlò dal centro della stanza, mentre camminava nervoso su e giù. Poco dopo, un lieve pop lo fece voltare verso la porta, la piccola elfa, gracile e sporca, si era materializzata proprio li davanti, tremando lievemente.

-Il padrone ha chiamato? Cosa desidera? –

chiese, con gli occhioni verdi che lo fissavano acquosi. Draco prese due lettere che aveva scritto poco prima, una per Silente, l’altra per sua zia, Andromeda Black in Tonks, la madre di Ninfadora. Le porse all’elfa.

-Tippy, devi consegnare queste due lettere con estrema urgenza alla zia Andromeda e a Silente! Dì loro che è estremamente importante che le leggano subito, e questa cosa deve rimanere segretissima! Se mio padre ti chiede qualcosa, dirgli che non sai nulla, io sono il tuo padrone e te lo ordino, sono stato chiaro? Ora va, smaterializzati, e di loro di risponderti il prima possibile. –

disse perentorio il ragazzo. Subito l’elfa afferrò le lettere e si smaterializzò alla scuola di magia di Hogwarts. Intanto Draco era andato dalla madre. Era entrato piano nella stanza semibuia, per non disturbarla. Le era arrivato vicino, senza fare rumore, le aveva preso la mano e lei si era svegliata.

-Mamma, mi dispiace tantissimo, non sono riuscito a fermarlo! Mi dispiace, mi dispiace….- iniziò a dire Draco, stringendo più forte la mano delicata e affusolata della madre, e poggiandovi la fronte. La madre, provata dalla maledizione, coi lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino e gli occhi azzurri rossi e gonfi, sospirò piano.

-Non è stata colpa tua, Draco. Io sono tua madre, non posso permettere che ti faccia questo. Tuo padre pagherà vedrai, gliele farò pagare tutte. – gli disse, sorridendo stancamente.

-Mamma, riuscirò a salvarti, vedrai ce la farò, troverò una cura, non ti lascerò morire è una promessa. Anzi, te lo giuro. E poi lo ucciderò. – disse il figlio, digrignando i denti.

Il giorno dopo, Narcissa fu trasportata a casa della sorella Andromeda, come Draco aveva chiesto alla zia tramite lettera, senza dire nulla al marito, Narcissa se ne andò. Lucius non la trovò al ritorno dal lavoro al ministero, e si fiondò nella stanza del figlio, sfondando quasi la porta a pugni. Draco l’ aprì, trattenendosi a stento dall’uccidere quel mostro che era suo padre.

-Dove diavolo è quella sporca traditrice di tua madre! Dimmelo immediatamente, Draco! – urlò arrabbiato.

-Non te lo dirò mai, non meriti di essere suo marito! Lei morirà per colpa tua, e io non ti perdonerò mai! Tu non sei mio padre, sei solo un mostro assassino! – urlò di rimando Draco, stringendo spasmodicamente i pugni. Il padre ghignò.

per questo quindi, che se n’è andata, sta morendo, non sei riuscito a salvarla, vero Draco? Facciamo un patto, allora. Tu diventi mangiamorte e ti fai marchiare, e io ti darò la cura per guarire quell’ignobile donna di tua madre. – disse Lucius, con voce dura.

Draco ci pensò. Sapeva che il padre non avrebbe mantenuto la parola, ma questo poteva dargli il tempo di mettere in atto il suo piano.

-Non voglio farmi marchiare ora, non sono pronto, e sotto il controllo di Silente non potrei fare nulla, mi scoprirebbe subito. Dillo al Signore Oscuro, che tuo figlio non è abbastanza maturo. Tanto sono sicuro che sei stato tu a insistere perché venga marchiato così presto, o sbaglio? – chiese il figlio, gli occhi due lame di ghiaccio. Il padre strinse le labbra.

-No, non sbagli. Sei ancora un moccioso, te lo concedo, ti farò marchiare alla fine dell’anno prossimo. Contento, figlio degenere? – chiese sarcastico il mangiamorte.

‘ Accidenti, che stronzo! Per quel momento mamma potrebbe essere già morta! Ma tanto non mi avrebbe aiutato lo stesso, starò al gioco.’

-Va bene, ora lasciami solo. -. Da allora Narcissa andava lentamente spegnendosi.

 
Mentre parlava, Draco era scivolato a sedere per terra, con la schiena contro il muro, appoggiando il mento sulle braccia conserte poggiate alle ginocchia. Grace invece si era inginocchiata di fronte a lui, era sempre più triste nel vedere il suo Draco in quelle condizioni, nel sapere cosa avessero subito lui e sua madre, e l’odio che già provava per Lucius si acuì.

-Non guardarmi così, la pietà non fa per me. Detesto quegli sguardi, non devi compatirmi. – disse il biondo con voce dura, sentendo lo sguardo della ragazza su di se.

-Comunque, Silente sistemò le cose all’Ordine, e da agosto ne faccio parte a pieno titolo. Devo fargliela pagare Grace, e devo salvare la mamma. Da quando l’ho comunicato a Severus, lui tenta di creare un rimedio, un incantesimo, ma ancora non ci è riuscito. Ma io non mi arrendo, la salverò, fosse l’ultima cosa che faccio! – disse il ragazzo, guardandola deciso.

Lei gli prese la testa tra le mani, guardandolo seria.

-Tu non mi fai pena, Draco, e io ti posso aiutare. Ora che la situazione mi è più chiara, farò tutto quello che è in mio potere per darti una mano. Insieme sarà più facile, ce la faremo, fidati di me. –

gli disse, rassicurandolo con un sorriso gentile, e accarezzandogli una guancia. Scostò le gambe di lui e si intrufolo tra le sue braccia, stringendolo forte.

-Mi dispiace tanto. –

-Di che cosa? Di essere stata cattiva con me in tutti questi anni? – chiese ironico il biondo.

-Che tuo padre sia un bastardo, che tua madre rischi di morire, che tu rischi di morire, ogni giorno. – rispose la ragazza, baciandolo sul collo, accarezzandogli le spalle. Lui sospirò sulla sua spalla, facendole venire i brividi, accarezzandole la schiena.

-È il destino di noi belli e impossibili, avere un sacco di casini da sbrogliare, se no non ci divertiamo! –

disse il serpeverde, riprendendo un po’ di buon umore e speranza. Grace ridacchiò, staccandosi un poco per guardarlo negli occhi. Poi lo baciò a fior di labbra, delicatamente, dolcemente. Lui però pretese di più, le catturò le labbra in un bacio intenso e travolgente, infilando la lingua nella sua bocca e accarezzandola tutta, lottando con la sua lingua, in un intreccio infinito.

Poco dopo dovettero staccarsi per carenza d’ossigeno, e Draco gemette di frustrazione. Alla fine, gli era venuta voglia di averla, lì e in quel momento. Prese ad accarezzarla sotto la gonna con una mano, e sul fianco con l’altra, infiltrando la mano sotto la camicetta, sentendo la pelle scossa dai brividi al suo passaggio, baciandola ancora, bramoso si sentirla sua il prima possibile. Lei sentiva che il suo cervello ormai non era più raggiungibile, e anche se lo accarezzava a sua volta, ogni tanto si staccava per riuscire a parlare.

-Sei insaziabile…Dracuccio…dopo stanotte e l’allenamento… dovresti riposare un po’…- disse la ragazza, mente gli sbottonava i primi bottoni della camicia, interrompendosi spesso per via delle labbra fameliche di lui.

-Ma prima mi hai promesso tutte le attenzioni che volevo, dopo la lezione e io ho voglia di te, perciò dovrai mantenere la promessa… - le rispose, baciandole il collo e mordicchiando la pelle morbida. La spinse all’indietro facendola sdraiare.

-Mmm….ma stamattina non avevi detto di volerlo fare sul letto? – disse lei, divertita. Lui si fermò alzando la testa.

-Hai ragione! – si alzò fulmineo e se la caricò di peso sulle spalle.

-Ah! Oddio, Draco, mettimi giù! So camminare da sola! –

gli strillò Grace, trovandosi praticamente a testa sotto contro la sua schiena. Lui ridacchiò mentre le accarezzava il sedere, arrivando davanti al letto, e posandocela sopra.

-È divertente sentirti gridare come una ragazzina, anche se preferisco sentirti urlare per altri motivi! –

le disse, sorridendo malizioso, sbottonandole la camicetta e facendo volare via la cravatta rosso-oro della ragazza. Lei gli sorrise a sua volta, facendo lo stesso con la sua verde-argento. Fra un bacio e l’altro furono presto nudi e fecero l’amore, una due forse anche tre volte. A Draco quella ragazza non bastava mai.

Ormai era ora di cena, e loro erano ancora a letto, fra le lenzuola. Lui era letteralmente sfinito. Tra la scuola, gli allenamenti e l’attività extra con la sua ragazza, non ce la faceva proprio più. Lei era stanca ma felicissima, e non faceva altro che sorridere e scherzare col biondo. Draco prese una delle sue sigarette aromatizzate al limone e se l’accese con un incantesimo non verbale, che risultavano molto comodi ora che non gli serviva più nemmeno la bacchetta. Poi si fermò a guardare Grace, che aveva incantato il soffitto con un incanto di trasparenza per poter vedere le stelle sopra di loro, invece del baldacchino del letto.

-Non è che il fumo ti da fastidio, vero? – chiese poi, preoccupandosi.

Lei sorrise sorniona, gli rubò la sigaretta di mano, tirando una boccata, assaporando il fumo, e risoffiandolo fuori.

-Sei carino a preoccuparti, ma ogni tanto fumo anch’io! Anche se preferisco quelle alla menta! – disse, restituendo la sigaretta ad uno stupito Draco.

‘Ecco perché i suoi maglioni sanno tutti di limone, è il fumo della sigaretta!’

si disse Grace, ricordandosi del profumo di limone che aveva sentito sugli indumenti del ragazzo.

-Ti vedo pensierosa, che ho combinato stavolta? – chiese il ragazzo ghignando, cingendole le spalle con un braccio. Lei si girò su un fianco, sostenendosi la testa con una mano.

-Nulla, ho solo un po’ fame. Lo sai che ti amo, vero? – gli rispose, sfiorandogli il petto con le dita.

-Sì, ma tu non smettere di ripeterlo, che mi piace come suona! – disse il biondo, sorridendo dolce, facendo ridacchiare anche Grace.

Poi lei si alzò, si andò a fare una doccia, e si rivestì. Quando tornò nell’altra stanza, trovò Draco addormentato, con la bocca socchiusa e il lenzuolo che lo copriva a malapena sul bacino. Sorrise dolcemente e lo coprì del tutto. Gli diede un lieve bacio a fior di labbra.

-Buona notte, amore. Vado a mangiare, ci vediamo domani. – gli sussurrò nell’orecchio.

In risposta, il serpeverde mugugnò il suo nome. Lei se ne andò felice a mangiare in sala grande, con un sorriso soddisfatto stampato in faccia.

 

Antro dell’autrice

Ta-daaan! Ecco spiegato il mistero del perché il nostro Dracuccio ha pensato bene di passare dalla parte giusta. Ve lo aspettavate? O è stato un fulmine a ciel sereno? Comunque sia, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e passo a rispondere alla recensione della lesson precedente:

per Cassandra 287: sono felicissima che il capitolo ti sia piaciuto! Draco vampiro…beh, lui è gia da sbav normalmente, figurati in costume…(autrice allaga di bava la sua stanza)…spero che ti sia piaciuta anche questa lesson, a presto!

Ora vi lascio, un bacio a tutti, e mi raccomando: recensite! ^.^

 Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 9
*** Lesson 9: Halloween's party ***


Lesson 9: Halloween's party

LESSON 9: HALLOWEEN’S PARTY

 

Appena Grace fu in corridoio, alcuni ragazzi le chiesero di andare con loro al ballo, uno addirittura dicendole: “Vuoi essere la mia diavoletta, domani notte?”, che più che un invito al ballo, sembrava una proposta indecente non troppo velata. Lei si era trattenuta a stento dal ridergli in faccia, e aveva gentilmente rifiutato tutti gli inviti, essendo impegnata con Draco. A cena, aveva scorto diversi sguardi famelici in sua direzione, da parte di chi ancora non aveva una dama per la sera dopo, ma lei li aveva ignorati tutti, meno quello di Blaise, che la guardava preoccupato perché lei si era presentata a cena e Draco invece no. Gli sorrise, ma poco dopo le volò in mano un biglietto.

“Che fine ha fatto il mio migliore amico? Te lo sei mangiato, piccola Veela?”,

era chiaramente un messaggio del moro. Grace ridacchiò per la tanta preoccupazione del serpeverde e si affrettò a rispondere con la sua solita calligrafia sghemba.

“Non ti preoccupare, l’ho lasciato che dormiva placidamente nella stanza delle necessità, lo trovi ancora lì, se vuoi. Quel ragazzo è davvero insaziabile, e ha voluto un paio di bis ma poi era troppo stanco e si è addormentato a stomaco vuoto. Ti consiglio di portargli da mangiare.”

Gli fece materializzare il biglietto direttamente in mano, e si divertì a vedere l’espressione stupita del ragazzo, che evidentemente non si aspettava una risposta del genere. Quando Blaise alzò di nuovo lo sguardo sorrise maliziosa, e stavolta il ragazzo ricambiò il sorriso.

La mattina seguente, le lezioni erano state annullate, come ogni anno, perché giorno di festa. Era Halloween, e le ragazze erano in piedi già dalle sei del mattino per potersi organizzare per la serata ed essere perfette, nonostante la giornata di libertà.

Tutte, tranne Grace. Lei, sapendo di avere la giornata libera, era rimasta a letto fino all’ora di pranzo, con la testa sotto il cuscino per evitare di sentire quelle pazze delle sue compagne di stanza che urlavano in preda a crisi isteriche, chi perché non trovava le scarpe, chi perché gli orecchini all’improvviso non le piacevano più.

Verso le dieci, per la disperazione, sapendo che Hermione era già in piedi da un pezzo e sicuramente stava in biblioteca a leggere, si era infilata nella sua stanza di caposcuola e si era messa a dormire li, fino a mezzogiorno passato, quando la si era vista uscire in pigiama e tornare nella sua camerata per cambiarsi.

Visto che non c’era scuola, ci si poteva vestire normalmente, e per Grace e Hermione significava vestiti babbani a go-go. Quindi, quando scese a pranzo la si vide con dei jeans attillati neri, che però erano scampanati sulle scarpe, che non erano altro che delle tennis mezze consumate nere. Sopra aveva una felpa viola scuro col cappuccio, che si abbinava ai boccoli viola che sfioravano il sedere e agli occhi lilla. Quando si sedette al tavolo si accorse di essere una delle poche ragazze. Le altre erano rimaste a digiuno, convinte che altrimenti non sarebbero più entrate nel vestito, quella sera. Lei piuttosto che rinunciare al pranzo si sarebbe fatta suora!

Comunque trovò Hermione che si serviva il primo e Ginny che parlava con Harry e il fratello di quidditch, come sempre. Si versò nel piatto un’abbondante porzione di purè, e si mise ad ascoltare gli amici.

-Allora ragazzi, voi con chi andate al ballo? – chiese Ginny, rivolta a tutti.

-Io vado con Lavanda. – disse Ron, attirandosi gli sguardi rabbiosi di Hermione, gelosa marcia.

-Che lo chiedi a fare a me, visto che andiamo insieme? – chiese Harry che, non avendo avuto il coraggio di chiederlo a Grace, si era lasciato convincere a portarci Ginny, che non aspettava altro.

-Tu invece con chi vai Herm? – chiese la rossa ridacchiando.

-Oh, vado con Micheal. Mi ha gentilmente chiesto se mi andava di fargli da dama e io ho accettato. –

-Fantastico, ‘Mione! Micheal è un gran bel tipo, complimenti! – le disse Grace, sperando che una volta per tutte l’amica sarebbe riuscita a far ingelosire il suo Ron.

-E tu con chi vai Grace? –

chiese Harry, per sapere chi lo aveva battuto, chi era riuscito in quello in cui lui non aveva avuto il coraggio di imbarcarsi. Lei ghignò, con un espressione che somigliava molto a quella di Malfoy.

-Oh, è un segreto, non lo sa nessuno. Ma sono impegnata, questo è chiaro. – rispose, un po’ triste perché doveva nascondere anche questo ai suoi migliori amici.

-Beh, ma almeno dicci com’è, sto uomo del mistero!Mi auguro che sia un figo degno di te, visto che non ci vuoi dire chi è! Non sarà mica Neville, spero! – disse Ginny, facendo sgranare gli occhi a Harry e andare di traverso il succo di zucca a Ron.

-A parte che Neville è un ragazzo dolcissimo ed è già occupato, fidati, il mio cavaliere è un gran bel pezzo di ragazzo. Semplicemente, non vi posso dire chi è. E poi, dovremo essere irriconoscibili, perciò chi se ne importa, no? – rispose lei, riempiendosi il bicchiere d’acqua.

-Giusto, non ci importa con chi vai, probabilmente nemmeno ti riconosceremo, stasera! – disse Hermione, ridendo con l’amica.

 

Finito di mangiare, Hermione era riuscita a convincere Grace ad andare in biblioteca con lei, e si stavano avviando, quando Grace si fermò di botto, sbattendosi una mano in fronte.

-Oh cielo, Herm! Ieri ho scordato il tuo libro di trasfigurazioni avanzate nella stanza delle necessità! Non puoi studiare senza! Te lo vado a prendere immediatamente! Tu comincia ad andare in biblioteca, arrivo subito! –

disse alla riccia, tornando verso le scale e salendo a perdifiato alcuni piani. Arrivata al terzo, si sentì afferrare nei pressi di una classe e trascinare dietro un angolo da un paio di muscolose braccia maschili, con un braccio intorno al bacino e una mano a tapparle la bocca, che soffocò un urletto di sorpresa. Il ragazzo se la schiacciò addosso, nascondendosi nell’ombra, proprio mentre passava gente da quella parte. Lei poté sentire l’aroma di limone dei suoi vestiti, e se non avesse riconosciuto la stretta del suo amante, avrebbe di sicuro riconosciuto fra mille quell’ odore così familiare addosso a lui, che emanava la sua pelle. Si rilassò contro il suo petto, accarezzando le maniche del maglione di kashmir nero che indossava quel giorno, tentando di farsi togliere quella benedetta mano dalla bocca. Lui intanto aveva spostato il braccio dal bacino, intrufolando la mano sotto la felpa di lei, accarezzandole il fianco destro e il ventre piatto, sentendola sospirare contro il palmo della mano. Quando tutti se ne furono andati dal corridoio, Draco fece scendere la mano dal viso di lei in una tenera carezza, sfiorando piano il profilo della mascella e del collo. Lei si rigirò nell’abbraccio, fissandolo maliziosa e mordendosi il labbro inferiore.

-Tu sei proprio pazzo, lo sai? Qui potrebbe vederci chiunque, e poi addio copertura! – gli bisbigliò, mentre gli stuzzicava il lobo dell’orecchio, mordendoglielo leggermente.

-Lo so, ma così è più eccitante, no? – rispose il biondo ghignando e accarezzandole la schiena, da sotto i vestiti.

-Mmm…sarà pure eccitante, ma io ora devo scappare da Hermione. Oggi ti do tregua, possiamo prenderci un pomeriggio libero, dopo più di un mese di allenamenti ininterrotti, contento? – gli rispose passando le mani sul petto del serpeverde.

-Ok, tanto stanotte, mia piccola vampira, sarai tutta mia. – le disse, attirandola in un bacio mozzafiato. Quando si staccarono, riprendendo fiato lei disse:

-A proposito, come facciamo? –

-Ci incontriamo alle nove davanti all’entrata della sala grande, se ti venissi a prendere desterei sospetti.-

-Ok, allora ci vediamo alle nove. – rispose la grifondoro, dandogli un bacio a stampo e scappando via dalle sue braccia. Prima che riuscisse ad allontanarsi, Draco l’aveva afferrata per un polso e ritrascinata in un altro bacio da apnea, con una mano dietro la nuca.

-Probabilmente mi dovrò tingere i capelli, perciò non cercare la mia chioma bionda stasera. – le soffiò sulle labbra. Lei sorrise maliziosa.

-Non temere, ti riconoscerò comunque, mio signore dei vampiri! – poi se ne andò sul serio, fiondandosi nella stanza delle necessità a cercare il libro di Hermione.

 

Verso le sei, le ragazze tornarono nel loro dormitorio, per prepararsi. Grace prese tutto quello che le serviva e si barricò nel bagno dei prefetti, così che nessuno potesse vederla all’opera e riconoscerla poi nella sala da ballo abbracciata a Draco Malfoy. Fece il bagno coi sali profumati alla menta che le piacevano tanto, e si vestì. Nascose la bacchetta, per ogni evenienza, in una tasca del mantello nero che indossava. Mise la maschera nera a forma di ali di pipistrello sul viso e, visto che ormai erano le nove meno dieci, si avviò alla volta della sala grande.

 

Quando arrivò vide Draco che l’aspettava davanti le porte. Il mantello nero mollemente appoggiato ad una spalla, la camicia bianca con le maniche larghe e a buffo, di pregiata seta, tesa sul petto scolpito del biondo. Portava all’anulare della mano destra un anello della famiglia Malfoy, molto semplice, che metteva molto di rado. I pantaloni neri e larghi fermati da una grossa cintura di cuoio e degli stivali dello stesso materiale. I capelli li aveva tinti di nero e tirati indietro come faceva anni prima, e portava una maschera anch’essa nera, ma gli incredibili occhi grigi erano ancora perfettamente visibili, e spiccavano come cristalli sul nero che gli copriva il viso. Occhi che si illuminarono quando la videro scendere la scalinata e arrivare verso di lui, riconoscendola subito.

Il mantello largo e svolazzante non faceva capire come fosse vestita. I capelli erano riccissimi e ramati, gli occhi di un azzurro tanto chiaro da sembrare quasi bianchi. Aveva usato le sue capacità per affilare il mento e rendere i suoi tratti un poco più spigolosi, sembrando più grande della sua età. Aveva anche reso più pallida la pelle e aveva eliminato le sue adorate lentiggini. Le labbra carnose erano di un intenso color sangue e invitavano al bacio.

Draco ghignò, scoprendo i canini resi più lunghi dalla magia, quando incontrò gli occhi di lei, che gli sorrise a sua volta, facendo intravedere anche lei i perfetti e bianchi canini appuntiti.

Quando gli fu vicina, lo prese a braccetto ed attraversarono la porta, entrando nella sala. In men che non si dica, tutti gli sguardi furono su di loro. Le ragazze esplosero subito in bisbigli maliziosi e concitati sul ragazzo, mentre i ragazzi erano rimasti abbagliati dalla bellezza quasi soprannaturale del volto di lei. Grace trattenne il respiro, sperando che nessuno la riconoscesse, e grazie al cielo nessuno sembrava essersi accorto di chi fossero in realtà.

Guardò la sala. Era molto bella, arredata tutta con festoni arancioni e neri, che calavano in fili colorati come se si disgregassero dalle finestre e dal soffitto incantato, la luce era soffusa, e il soffitto, invece che il cielo, come sempre, riproduceva la volta di una cattedrale, spettrale e cupa, in tema con la serata.

I quattro tavoli delle case ovviamente erano spariti per fare posto alla pista da ballo, ed erano stati sostituiti da tanti tavolini rotondi ai lati della sala. Su un palco stavano le Sorelle Stravagarie, che aspettavano il via libera di Silente per cominciare a suonare.

La coppia si avvicinò ad un tavolo vuoto, per appoggiare i mantelli alle sedie. Quando Grace si tolse il suo, per poco Draco non ebbe un infarto.

Sopra, aveva un corpetto di pelle allacciato sul davanti, aderente e stretto, che comprimeva il seno generoso della ragazza, evidenziandolo, lasciando intravedere solo il solco dei seni, su cui pendeva un ciondolo: una goccia di cristallo nero, rarissimo e prezioso. Sotto, dei pantaloni di pelle neri, aderentissimi, che finivano negli stivali di cuoio anch’essi neri e con un tacco non troppo alto, che arrivavano alle ginocchia, con una cintura spessa ma con una fibbia non troppo vistosa. Sulle spalle scoperte ricadeva una pioggia di riccioli ramati, e gli occhi spiccavano scintillanti dietro la maschera a forma di ali di pipistrello. Rimase con la bocca socchiusa e uno sguardo perso, nel seguire la linea sinuosa dei fianchi e delle cosce. Quell’abbigliamento così aderente non lasciava nulla all’immaginazione, e tutti i ragazzi nei paraggi avevano praticamente la bava alla bocca. Quando il ragazzo si fu ripreso, notò il ghigno di lei, reso diabolico dai canini affilati che sbucavano fuori dalle labbra piene e rosse come ciliegie mature. Si abbassò così al suo orecchio e le sussurrò:

- Scusa, ma non dovevi vestirti da vampira? Mi sembri più una dominatrice sadomaso. – e lei rispose, ridacchiando:

- Non hai visto molte vampire in giro, vero? Beh, io ne ho conosciuta una, che mi ha regalato il ciondolo di cristallo nero, ed era vestita proprio così quando mio padre l’ha nascosta nei nostri sotterranei. E chi lo sa, magari faceva pure la dominatrice! Io so solo che aveva 300 anni ma questo stesso aspetto. E pensa il colmo, si chiamava Benedict Flemming. – il biondo sussultò lievemente.

- Conoscevi la Flemming? È la Succhiasangue più famosa degli ultimi mille anni! – Grace era riuscita a stupirlo ancora una volta.

- Pensa, voleva fare di me la sua erede, così mio padre ne ha avuto paura e l’ha fatta spedire ad Azkaban, prima dell’estradizione in Romania. Era il testimone chiave di un caso di omicidio. – disse lei, con voce misteriosa.

-Incredibile! Comunque, parlando di cose più immediate, forse è meglio che ti rimetti il mantello, o mi toccherà schiantare diversi mostriciattoli perché non ti mettano le mani addosso. Ecco vedi, stanno già sbavando! – concluse il momentaneamente moro, abbassandosi fino al collo della fidanzata.

Sentendo il suo respiro sulla pelle nuda della spalla, Grace ebbe un brivido.

-Chi vuoi che si azzardi a strappare la sua dama a un vampiro come te? Magari non ci avranno riconosciuti, ma incuti comunque un certo timore reverenziale a questi “mostriciattoli”, come li chiami tu. –

rispose lei, sorridendo e appoggiandosi alle spalle larghe del suo ragazzo. Lui ghignò malizioso, ergendosi in tutta la sua altezza. Le cinse la vita con un braccio e si diresse al tavolo delle bibite, per dissetarsi. Vedere la sua ragazza in abbigliamento tanto provocante gli aveva seccato la gola.

Mentre erano lì a godersi un paio di drink analcolici, videro quello che sicuramente era Blaise, avvicinarsi a loro, a braccetto con una mora vestita da Cleopatra, mentre lui faceva il Faraone, forse Ramses. Erano una gran bella coppia, e quando si avvicinarono al tavolo per prendere da bere, scambiarono quattro chiacchiere, senza farsi notare.

-Se come penso, lei è Cleopatra, tu dovresti essere Antonio. Lo sai vero? – chiese Grace, sorridendo furbetta.

-Sì, lo so, tesoro, ma quella stupida armatura da romano era troppo scomoda! Così sono esageratamente affascinante, sono un faraone, la massima autorità d’Egitto! Meglio di così! – disse il moro, sorridendo. La ragazza che stava con lui beveva tranquilla il suo drink, con il viso coperto da una maschera dorata.

-La tua dama ha un fisico da paura, amico! Non hai paura a mostrarla agli altri? Potrebbero farle la festa, è fin troppo eccitante! – disse poi Blaise a Draco. Lui ghignò ancora, mostrando all’amico i denti aguzzi.

-Non ti preoccupare! Chiunque si avvicini finisce dissanguato e castrato dal sottoscritto!-

-Mi fai paura, sai? – rispose l’altro, sorridendo.

Mentre Draco parlava col suo amico, Grace dava uno sguardo generale alla sala, cercando di riconoscere qualche volto familiare. Intravide Ron che si ingozzava come un maiale al tavolo del banchetto, con una scocciatissima Lavanda a reggergli un bicchiere da cui ogni tanto trangugiava un po’ di ponch. Lei era vestita da fatina e lui da mummia, con la sua solita mania per l’Egitto.

In mezzo alla pista, stavano Harry e Ginny, lei gli si avvinghiava addosso e ballavano un lento, di quelli che piacevano tanto a Silente. Lei era una diavoletta e lui un licantropo, in onore di Remus, suppose. Che Ginny fosse innamorata di lui fin dal primo anno non era certo un mistero, ma non lo era nemmeno il fatto che o Harry non l’aveva mai capito, e lì avrebbe battuto perfino l’ottusità di Ronald, oppure, non ricambiando i suoi sentimenti, aveva sempre fatto finta di niente. Fatto sta che ora non sembrava per niente coinvolto dal ballo con la compagna dai capelli rosso fuoco.

Infine, ad un tavolino, scorse Hemione e Micheal. Lei aveva in mano uno dei suoi soliti libri per cui i loro amici la sfottevano sempre, ma invece di ostentare la solita faccia annoiata che avevano sempre Harry, o soprattutto Ron, nell’ascoltarla parlare di libri, Micheal la ascoltava affascinato, dava le sue opinioni e faceva battute in grado di far ridere persino la Regina di Gryffindor, alias Hermione Granger, per quanto erano intelligenti e raffinate. Per la prima volta ad un ballo, Hermione sembrava divertirsi davvero, e la ragazza fu lieta di sperare che il corvo sapesse renderla più felice di Ronald-sono-sensibile-come-un-muflone-Weasley. Non che avesse qualcosa contro l’amico, s’intende, però era un po’ troppo svampito per i suoi gusti. E cosa c’era di meglio di un intelligente e aitante corvonero, per la sua migliore amica?

-Non ti va di ballare un lento, come a tutte le ragazze innamorate? – le chiese Draco, richiamando la sua attenzione.

-Forse la cosa ti stupirà, ma i balli così lenti mi fanno venire il latte alle ginocchia, e se posso li evito. Già è stata una tortura il ballo del ceppo, figurati se mi ci sottopongo volontariamente a questo strazio! Servono a sedurre l’uomo che desideri, ma l’uomo che voglio mi sta palpando il sedere in questo momento, perciò a me non serve. – rispose la grifondoro, facendo ghignare il ragazzo.

-Meglio così. Se tu avessi voluto sarei stato disposto a concederti persino questo strazio di ballo, ma visto che la pensi come me, possiamo starcene tranquilli finché le acque non si agiteranno un po’ .- disse il biondo, anzi moro, ascoltando poi quello che Blaise aveva preso a raccontargli.

Fece in tempo ad ascoltare poche parole però, prima di essere interrotti da Silente, che aveva preso il microfono e sul palco stava attirando l’attenzione di tutti per poter parlare.

-Studenti, stasera abbiamo per voi una sorpresa. Il comitato studentesco quest’anno ha deciso in gran segreto di indire un concorso per le maschere migliori, il cui premio sarà un carrello pieno di dolci riuniti dal mondo magico e da quello babbano, tipici della festa di Halloween e una bottiglia di Champagne, a patto che dopo la nomina a re e regina della festa, concedano un ballo lento aprendo il nuovo giro di danze. Cedo la parola alla presidentessa del comitato. – disse il preside, cedendo poi il posto sul palco ad Hannah Abbot, di Tassorosso.

-Buona sera a tutti ragazzi. Quest’anno abbiamo deciso di rendere la festa un po’ più interessante con questo concorso di maschere. Io e i miei compagni del consiglio ci siamo fatti un giro fra di voi, in sordina, per giudicare i costumi migliori, più originali o più verosimili, e alla fine abbiamo scelto la coppia vincitrice. Il re e la regina della serata sono i signori dell’oscurità, i due affascinanti vampiri al tavolo dei drink! – disse Hannah, facendo puntare i riflettori, a luci soffuse, su Draco e Grace, a cui andò di traverso il drink che stava bevendo.

Draco guardò stranito la ragazza, che ricambiò lo sguardo con la stessa ansia di essere riconosciuti.

-Forza, non siate timidi, venite a prendere le vostre corone! E poi, non dimenticate che ci dovete un ballo! – disse Hannah, tutta sorridente, costringendoli a salire sul palco.

Draco, dopo l’attimo di stupore, si riprese, e prese Grace per i fianchi, guidandola verso il palco. Lei era praticamente sotto shock. E se le avessero chiesto di parlare? La voce era riconoscibile, almeno per i suoi amici che la ascoltavano ogni santo giorno! E poi, Malfoy aveva solo tinto i capelli, rischiavano di riconoscerlo e ricollegare lei a lui!
Era una cosa un po’ fantasiosa, ma ai suoi occhi in quel momento, sembrava più che razionale. Decise di sfruttare ancora un po’ le sue capacità per rendere più roca la voce, per ogni evenienza. Arrivati sul palco, vide le corone, tutte dorate e sbrilluccicanti. Forse pensavano già di incoronare una coppia di principi o di folletti e fatine, non certo una coppia di vampiri quali invece rappresentavano loro.

La ragazza storse le labbra in una smorfia di disapprovazione.

-Che sguardo contrariato ha la nostra vampira! Davvero inquietante, non trovate? – disse giuliva la Abbott, facendo ridacchiare la folla di studenti.

-Credo che la mia signora non apprezzi la troppa luminosità delle corone! –

ghignò Draco, scoprendo e rendendo visibili a tutti i canini affilati, facendo svenire tre quarti delle ragazze presenti. Fece ghignare anche lei, che con sguardo diabolico indicò le corone facendo cenno di avvicinarsi, e queste si alzarono dal cuscinetto bordeaux su cui stavano, rimanendo sospese per aria. Le arrivarono davanti al viso e si fermarono. A quel punto, schioccò le dita, e le corone divennero nere, cosparse di cristalli scuri e di foggia gotica, con ghirigori neri come la notte e cupi come veri gioielli delle tenebre. Il pubblico era rimasto a bocca aperta, mentre soddisfatta, la ragazza le faceva tornare al loro posto sul cuscinetto, allargando visibilmente il ghigno. Quella donna faceva davvero paura.

-Ora potete procedere con l’incoronazione, questi nuovi diademi mi aggradano. –

Disse Grace, calata nella sua parte, con voce roca e suadente, sorridendo scaltra alla povera Hannah, la più scioccata di tutti, e spostando impaziente il peso da un piede all’altro, appoggiandosi con una mano ad una spalla del suo Re e l’altra sul fianco. Sotto quello sguardo, la Abbott riprese un po’ di contegno e scattò verso di loro, con in mano le corone. Fece chinare Draco per potergli posare la sua sulla testa, visto che era un po’ bassina, poi passò a Grace. Deglutì a vuoto e posò velocemente il gingillo sul capo riccio della giovane. Si allontanò espirando rumorosamente.

-Bene, e ora aprite il nuovo giro di danze, siamo ansiosi di vedervi volteggiare per la sala! – disse Hannah, riprendendo a respirare normalmente e invitandoli a scendere dal palco.

-A quanto pare, alla fine dovrai concedermi uno di questi pallosissimi balli. – sussurrò Draco a Grace, che storse le labbra in un espressione di disgusto.

-Ma a te non sembra dispiacere poi molto. –

constatò Grace, altrettanto piano, con la voce ancora roca e seducente. Il moro ghignò diabolico,

mentre giungevano al centro della sala, facendo aprire la folla al loro passaggio e facendoli stare alla larga. Incutevano parecchio timore, ma, grazie al cielo, nessuno li aveva riconosciuti.

-Quale modo migliore per far capire a questi mocciosi che tu sei solo mia, se non un bel ballo guancia contro guancia? – disse Draco.

-Se devo ballare un lento, mi devo cambiare. –

disse Grace. Poi mosse un braccio verso i pantaloni, che divennero una gonna, congiunta con il corpetto a formare un lungo abito nero che arrivava fino ai piedi, scampanato sul fondo, con strani ricami rossi come il sangue sui bordi inferiori. Decisero di ballare un walzer classico, invece di un lento da coma, erano pur sempre un re e una regina dei vampiri!

Si misero in posizione, vicini, ma comunque nella tipica posa tradizionale. Quando la musica partì, dimostrarono di avere una classe e uno stile che nessuno avrebbe mai saputo eguagliare. Eleganti e leggiadri, volteggiavano come se non avessero peso, gli sguardi concentrati ma passionali. La gonna di lei dava la parvenza che scivolasse sul pavimento, che i piedi non toccassero terra, come se fosse sospesa dalla presa dolce ma decisa di lui. Erano due ballerini provetti, tanto che nessuno osò unirsi a loro, lasciandoli esibirsi nel loro ballo. Loro e di nessun altro.

Quando la musica finì, loro erano vicinissimi, e all’ultima nota si sfiorarono le labbra in un bacio dolce e casto, come a rappresentare l’ideale di ballo alla Cenerentola che tutte le ragazzine svenevoli presenti nella sala avevano in testa. In realtà, non diedero spettacolo perché ancora muniti entrambi di denti aguzzi e affilati, si sarebbero dilaniati a vicenda con uno dei loro soliti baci. Partì un applauso incredibile, poi a braccetto, tornarono al loro tavolo per avere un po’ di pace.

Poco dopo, le Sorelle Stravagarie presero a suonare uno dei loro successi.
Quando furono le undici, i professori lasciarono i ragazzi a scatenarsi ed andarono a letto.
Non appena se ne andarono, cominciarono a viaggiare gli alcolici, le luci si fecero colorate e in perfetto stile discoteca. Sembrava di stare in un immenso locale notturno, in effetti.
Draco trascinò Grace a ballare, di nuovo, ma stavolta un ritmo che sembrava più appropriato a entrambi, e Grace ritrasformò la gonna nei suoi comodissimi pantaloni di pelle.
Erano talmente vicini, talmente affiatati e sensuali, che molti li guardavano con invidia, seguendo i movimenti dei loro bacini, che roteavano e si sfioravano, le braccia che creavano una spirale quasi ipnotica. Erano affascinanti e sexy entrambi, così le ragazze invidiavano lei e i ragazzi lui, che non permetteva a nessun altro di avvicinarsi e chiedergli di ballare con la sua compagna.
Ballarono fino alla mezzanotte inoltrata, poi, stanchi e accaldati, decisero di fare una passeggiata in giardino. Lui, possessivo e geloso, non aveva staccato la mano dai fianchi di lei nemmeno per un istante, irritato dagli sguardi affamati dei suoi compagni.

Il parco era deserto, rischiarato da un bellissimo quarto di luna, in un cielo stellato stupendo.

Draco posò il mantello sulle spalle della ragazza, perché fuori la temperatura era piuttosto bassa e lei aveva le spalle scoperte. Si sedettero sotto una quercia, guardando i riflessi che la luna e le stelle proiettavano sul Lago Nero. Lui con la schiena contro il tronco, lei con la schiena contro il suo petto. L’ abbracciava da dietro con un braccio, e con l’altro le accarezzava una coscia. Lei aveva abbandonato la testa contro la sua spalla e fissava il lago con occhi sognanti.

-Lo sai Draco, è stata una delle serate più belle della mia vita. – gli disse a un certo punto con la sua solita voce, guardando il viso rilassato di lui, e baciandolo lungo la linea della mascella.

-Vale anche per me. Non mi sono mai divertito tanto, ad una di questi stupidi balli! –

rispose il biondo, ghignando come al solito. Grace si fece tornare normali i denti e ritrasfigurò anche quelli di lui e trasportò con la magia le corone nelle rispettive camere. Poi si girò, salendo a cavalcioni sul ragazzo e aggrappandosi alle sue spalle. Lo guardò intensamente negli occhi, e gli sfilò la maschera. Lui fece lo stesso con lei. Con quei lineamenti e quegli occhi di ghiaccio, era ancora più bella del solito, una bellezza che faceva quasi paura.
Lui non aspettò oltre, la prese per la vita e se la avvicinò di più, baciandola con passione sempre crescente. Sotto di sé Grace poteva chiaramente sentire l’effetto che faceva a Draco la posizione in cui stavano, e ne fu compiaciuta.
Quando si staccarono, lei era in ginocchio tra le sue gambe e lo abbracciava mentre lui le baciava il collo e scostando il mantello, lasciava una scia di baci dalla clavicola fino al ciondolo, che pendeva sul solco dei seni.
Lei buttò la testa all’indietro, facendo ricadere i ricci sulle mani di lui, che la sosteneva abbracciandola a sua volta. Quando si guardarono ancora negli occhi, per Draco si accese la miccia. Si alzò in fretta in piedi e la prese per mano, quasi correndo verso il castello.

-Amore, dove mi stai trascinando? – chiese divertita Grace.

-Stasera ti porto nella mia stanza! –

rispose il biondo, dandole appena il tempo di rimettersi la maschera e portandola nei sotterranei, guidandola fino all’entrata del dormitorio serpeverde. Lui disse la parola d’ordine ad uno scocciato Barone Sanguinario, attirandola nella sala comune. Appena furono dentro, la afferrò per la nuca e le catturò ancora le labbra in un bacio famelico, affamato di lei e del suo sapore.

Lei prese a succhiargli e mordicchiargli piano il labbro inferiore, e a carezzargli la nuca con le unghie lunghe e laccate di rosso vivo, immergendo poi le dita nei capelli di lui, che aveva fatto tornare di quel biondo platino che la faceva impazzire. Senza nemmeno vedere dove andassero, Draco la trascinò fino alla sua stanza, spalancò la porta e la portò fino al letto, dove si sedette all’indietro, lasciando lei in piedi. Prese a slacciarle il corpetto, che grazie al cielo non era molto complicato, liberando i seni prosperosi della ragazza. Prese a baciarli e accarezzarli, scendendo sempre più, fino alla cintura, mentre lei gli sbottonava la camicia, sospirando soddisfatta.
Si tolsero a vicenda gli stivali e le cinture. Poi fu il turno dei pantaloni e dell’intimo. Infine, lei ancora in piedi davanti a lui, erano nudi e non riuscivano a staccarsi l’uno dal corpo dell’altra.
Lui si alzò, liberandosi dei pantaloni che erano rimasti a metà gamba e la sdraiò sul suo letto, spargendo i suoi riccioli ora fucsia sul cuscino. Si posizionò subito tra le sue lunghe gambe, senza attendere oltre, afferrandole il bacino e sollevandolo, per poi penetrarla, trattenendo il respiro. Lei allacciò subito le gambe dietro la sua schiena, permettendogli di farsi strada dentro di lei. Spinte potenti fin da subito resero quell’ amplesso quasi selvaggio, Draco sembrava preso da una passione quasi animalesca, e a lei non sembrava dispiacere. Gemeva forte e ansimava parecchio, ripetendo più volte il nome di Draco.

-Dillo ancora, Grace, ripeti il mio nome. – le sussurrava il ragazzo all’orecchio, mentre aumentava la velocità e la forza delle spinte.

-Ah! D-Draco! – gli disse lei, bisbigliando a sua volta, attraendolo a se per la nuca e baciandolo con passione sempre crescente.

Poco dopo Grace raggiunse l’apice del piacere, l’orgasmo più intenso della sua vita. Gli conficcò le unghie nelle spalle, lasciando dei segni rossi non indifferenti, facendo gemere Draco dal dolore, ma anche dal piacere.
Subito dopo, anche lui raggiunse il culmine, e si svuotò dentro di lei. Diede ancora un paio di spinte, poi si fermò a guardarla. Era rossissima in viso e stringeva spasmodicamente le sue spalle, mordendosi il labbro inferiore con forza. Uscì dal lei, accorgendosi che tremava tanto il piacere era stato intenso, e poggiò la fronte sudata contro la sua riprendendo a respirare regolarmente. Si fissarono negli occhi, poi lei alzò la testa, gli baciò la fronte e accarezzò la nuca, come a volerlo tranquillizzare, mentre lui annusava la pelle del collo della ragazza.
Sapeva di loro due, del loro amore, e a Draco pareva di volare quando stava con lei, era una sensazione indescrivibile.
Rotolò di lato per non pesare sulla ragazza, tirandosela vicina per la vita. Lei appoggiò la testa sul suo petto, cullata dal battito, ora regolare, del suo cuore, intrecciando le gambe con quelle del biondo. Sentiva che si stava per addormentare.

-Mmm….buona notte, amore. – gli disse, prima di addormentarsi profondamente con un dolce sorriso sul volto sereno.

-Notte, Grace. Ti amo. – le sussurrò timido il biondo, facendo allargare di più il sorriso di Grace, e coprendo entrambi con le lenzuola di seta nere.

 

 

 

Antro dell’autrice

Hello people! Come va? Vi va di parlare di questo capitolo? Vediamo… a parte Grace che terrorizza la sala con i suoi modi vampireschi, sappiamo solo che i nostri eroi ci danno dentro come dei conigli…
Draco&Grace: Ehi!
Nami: -_- è la verità, non potete negarlo…

Comunque, questa lesson aprirà un’interessante conseguenza… non anticipo altro.

X Cassandra 287: se hai avuto voglia di menare Lucius, sono riuscita nel mio intento! ;p spero di aver reso Draco abbastanza da sbav nel suo costume da vampiro, così come la mia mente perversa lo aveva immaginato…

Un bacio a tutti, a presto!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 10
*** Lesson 10: Completare un capolavoro ***


Lesson 10: completare un capolavoro

LESSON 10: COMPLETARE UN CAPOLAVORO

 

Quella mattina, fu Draco a svegliarsi per primo. Si stropicciò gli occhi, e sbadigliò sonoramente, mentre si accorgeva che durante il sonno le posizioni si erano invertite. In pratica, erano talmente agitati anche quando dormivano, che lui ora stava sdraiato di traverso nel letto, e il suo cuscino era lo stomaco di Grace. Lei non sembrava risentire del peso del ragazzo su di se, e lui si era ritrovato a stringerla per i fianchi persino nel sonno, doveva proprio essere ossessionato da lei.

Lei stava con un braccio posato sulle spalle del biondo e l’altro piegato, con la mano davanti al viso, le gambe piegate e coperte dal lenzuolo nero che era scivolato fino a fermarsi nei pressi dell’ombelico.
A vederla così non sembrava proprio la ragazza passionale che era stata qualche ora prima, sembrava più una bimba innocente, e a Draco questo aspetto di lei piaceva particolarmente, non era mai monotona o volgare. Si fermò a osservarla in viso. Aveva le labbra ancora rosse e socchiuse, l’espressione rilassata e sognante. I capelli, stranamente, non avevano nessun colore assurdo, anzi: erano castano scuro, e alla luce del primo mattino, avevano degli strani riflessi ramati. Erano lisci e lunghi fino al sedere, e si arruffavano e sparpagliavano armoniosamente sul cuscino. Si chiese di che colore avesse gli occhi, curioso.

Non dovette attendere molto per scoprirlo, perché l’istinto di Grace l’avvertiva ogni volta che qualcuno la osservava, e lei, allerta come sempre, si svegliò poco dopo.

Strizzò un po’ le palpebre e infine le sollevò, girandosi verso il biondo, cosicché poté constatare da se il colore delle iridi. Erano castane anch’esse. Un marrone intenso e caldo, avvolgente e un po’ cupo, ma comunque un colore affascinante, diverso dal solito nocciola, particolare anche se banale. Molte persone hanno gli occhi castani, ma Draco non ne aveva mai visti di simili in nessuna delle ragazze che avevano frequentato il suo letto. O forse qualcuna li aveva, ma non erano una delle cose che il ragazzo guardava in una donna.

-Come siamo mattinieri, oggi! So che non devo avere un’espressione molto intelligente in questo momento, ma perché mi fissi così? – chiese la ragazza al biondo, sedendosi e stiracchiandosi come una gatta, sbadigliando.

-Stamattina hai capelli e occhi di un normalissimo castano. Sono particolari per tonalità e strani riflessi, certo, ma pur sempre castani, e non fucsia, o verdi, o arancioni. Mi chiedevo a quale emozione corrispondessero, dato che non ti avevo mai vista portarli. - rispose il serpeverde, con gli occhi che brillavano di curiosità, sedendosi a sua volta accanto a lei. Grace si prese una ciocca di capelli tra le dita, fissandola accigliata.

-Lo so che sono banali, ma sono i miei colori naturali! Quando dormo e sono particolarmente rilassata, non controllo il colore dei capelli, e la magia si sopisce finché non mi sveglio, così rimangono del loro colore naturale finché non decido di che strano colore voglio averli quel giorno. – rispose Grace, spiegando pratica al ragazzo i misteri del suo aspetto.

-Quindi io, in questo momento, ho il piacere, anzi l’onore di vedere la vera e autentica Grace Parker? – chiese Draco, giocando anche lui con una ciocca di capelli di lei.

-Esatto. Non sono nulla di speciale o troppo strano, ma sono io al cento per cento. – rispose fiera la grifondoro, sorridendo.

-Sei troppo modesta, ti sminuisci sempre! Comunque, ho un’altra curiosità che vorrei soddisfare se non ti spiace. – rispose il biondo, ghignando.

-Spara, Dracuccio, se potrò, te la chiarirò. –

-Tu, che animale diventi in forma animagus? L’ho mai vista? –

Grace ridacchiò, eh no che non l’aveva mai vista, erano molto pochi quelli che sapevano quale fosse la sua forma animagus, e ancora meno quelli che l’avevano vista all’opera.

-Dai, voltati e chiudi gli occhi, te lo faccio vedere. Ma non sbirciare! Chiaro? - concesse Grace, allegra.

-Ok, sono girato e non ci vedo un cazzo. – disse il biondo.

-RRRRHHHHHAAAAARRRRRRR!!!!!!! –

il biondo fece un salto di mezzo metro, nel sentire una specie di ruggito dietro alle spalle. Si voltò, col cuore che ancora andava a mille, per poter vedere uno spettacolo inusuale e fantastico.

Davanti a lui, sdraiata come una sfinge, stava un’incredibile tigre bianca, con un pelo lucido stupendo, che agitava frenetica la coda. Sembrava molto divertita dalla reazione del biondo, e aveva degli intensi occhi lilla invece che azzurri, che la identificavano sempre e comunque come la sua ragazza. Lei sbadigliò, mostrando una fila di terribili denti bianchi e assassini, come a voler far intendere che non era solo bella, ma anche molto pericolosa, leccandosi poi baffi in quel gesto tipico dei veri felini. Si alzò e con le possenti zampe spinse Draco a sdraiarsi, facendo pressione sul petto. Avvicinò il muso al viso del ragazzo, fissandolo con quelle iridi violacee così strane e le pupille affilate. Praticamente gli si era sdraiata sopra, e con le zampe gli teneva le spalle.

Il biondo era stupefatto. In pochi secondi, la giovane era diventata una splendida tigre, e stava mantenendo la trasfigurazione per diversi minuti senza dare segni di stanchezza o sprechi di energia.

Dopo i primi istanti di shock, protese timoroso una mano verso il muso del felino, per fargli una carezza, e come un gattino bisognoso d’affetto, la tigre strusciò la testa nel palmo aperto di lui, dandogli un po’ più di sicurezza. Sotto i suoi occhi, il biondo vide i tratti animali farsi femminili, il corpo agile e massiccio del grosso predatore mutare in quello sinuoso e morbido della donna, e risentì la familiare e piacevole sensazione della pelle morbida e nuda di lei a contatto con la sua.

Si ritrovò ad accarezzare la sua Grace all’altezza della tempia destra, i suoi capelli ora biondi e gli occhi blu, gli sorrideva furbetta. Era bellissima anche così, come un piccolo raggio di sole, ma ora Draco sapeva che nulla erano quei colori a paragone di quelli di cui la natura l’aveva dotata, quelli erano inimitabili e unici.

-E così…sei davvero una tigre. – disse il biondo, ancora un po’ sconvolto, riprendendo il dono della parola.

-Eh già. Te lo dissi quando cominciammo, ricordi? I maghi scelgono l’animale in base alle proprie esigenze. Chi per spiare, chi per fuggire, chi per combattere. Il mio è l’ultimo caso. Nessuno crede mai di potersi trovare contro una tigre, gioco sull’effetto sorpresa. Quasi nessuno alla nostra età è capace di mettere in atto trasformazioni così complicate, nessuno se le aspetta quindi, e io mi sbrano quei poveri tapini che osano mettersi contro di me. – rispose fiera Grace, ghignando maligna, a conferma della sua ultima frase.

-Wow! Devo aver paura? – chiese il biondo ghignando a sua volta. Lei addolcì il sorriso.

-No, i miei alleati, purché siano leali, non devono temere nulla da me, sono pur sempre una Grifondoro, no? – rispose Grace, mettendosi una mano sul cuore.

Poi si alzò dirigendosi verso il bagno. Fece comparire uno spazzolino da denti e se li lavò. Poi si buttò sotto la doccia, e si vide costretta a usare il bagnoschiuma del biondo, che come prevedeva sapeva di limone.

Quando uscì si avvolse nell’accappatoio, per lei gigantesco, del suo ragazzo, verde bosco e coi bordi argentati. Sul petto stavano ricamate le sue iniziali, sempre d’argento. Si asciugò i capelli, lisci e biondi, con un incantesimo e tornò dal ragazzo, che invece camminava frenetico su e giù per la stanza, incurante del fatto che fosse ancora nudo, e che in quella stanza ci saranno stati sì e no quindici gradi.

-Amore, posso sapere come mai scavi un solco nel pavimento della tua stanza, nudo e scalzo? Vuoi prenderti una polmonite? – chiese Grace.

-Cazzo, Grace! Mi sono appena reso conto che ora il dormitorio è pieno, e se ti faccio uscire da qui ti riconosceranno tutti! È un disastro, non ci ho pensato ieri notte, che scemo! – disse il biondo, schiaffandosi una mano sulla fronte e chiudendo gli occhi. Grace rise, tranquilla come sempre. Gli si avvicinò, posò le mani sulle spalle, e lo guardò negli occhi.

-Tesoro, tu ti preoccupi troppo! Sta a guardare! – gli disse. Lo rimise a letto come un bimbo piccolo, raccolse il suo costume di Halloween da terra e se lo infilò, stringendo bene tutti i fili del corsetto di pelle e la cintura di cuoio.

-Sembri Cat Woman, conciata così! – la prese in giro il biondo, ghignando dal letto. Lei ghignò a sua volta.

-Non sai quanto ci hai preso, Dracuccio! –

disse, per poi trasformarsi in pochi secondi in una gatta dal folto pelo nero e gli occhi lilla, come le piaceva che fossero e rendeva tali ogni volta che poteva. Che il viola era il suo colore preferito, l’avrebbe capito anche un ceco.

Arrivò davanti alla porta della stanza e si sedette lì, aspettando che Draco fosse pronto e vestito per poterle aprire il ritratto senza far svenire tutte le ragazzine di serpeverde nel raggio di trenta metri.  Lui si mise in fretta un paio di pantaloni e una camicia, che lasciò aperta e si avvicinò alla gatta. La prese in braccio, accarezzandole la testa.

-Mi fai anche le fusa, Cat Woman? – le chiese poi, divertito dalla situazione. Per tutta risposta, lei gli conficcò le unghie uncinate nelle spalle.

-Ahi! Che permalosa! L’avrei preso come un segno d’affetto! Antipatica! – disse il biondo, aprendo la porta della sua stanza e portandola nei pressi del ritratto per farla uscire.

-Dracuccio, tesoro! Che ci fai con quel gatto nero in braccio? Non sapevo che ne avessi uno, pensavo che tenessi già un falco, o sbaglio? –

Pansy-la-piattola-parkinson era sbucata all’improvviso dal dormitorio femminile e aveva pensato bene di informarsi su quell’animale che ora la guardava in modo tanto…minaccioso?

Draco sospirò, già stanco a quell’ora di averla tra i piedi.

-Non sbagli Pansy, ma il falco è per la posta. Questa gatta invece è un regalo di mia madre, si chiama Kallisto. – rispose scocciato alla mora.

‘Mmmm… Kallisto, eh? Come una ninfa greca…o un asteroide e un satellite di Giove…mi piace, Draco ci sa fare coi nomi….’

Pensava Grace, con quell’espressione che hanno i gatti quando ti ignorano, con gli occhi socchiusi.

-Accidenti, è molto bella! Non sapevo ti piacessero i gatti! –

‘ Modestamente, non sono i gatti a piacergli ma io, carlino spelacchiato! Ma questo tu non puoi saperlo, poveretta te!’ 

pensava sempre più sprezzante Grace. Poi vide Pansy avvicinarsi pericolosamente, sporgere una mano verso di lei ma….

-MMMMMUUAAAAOOOOO!!!!! FFFFFFFF!!!!!! –

-Ahi! Che male! Dracuccio la tua gatta mi ha graffiata, e mi soffia pure! Non la punisci? –

con sommo divertimento di Draco, Grace, anzi “Kallisto”, aveva affondato le sue carinissime e curatissime unghiette uncinate nella mano della Parkinson, e con immensa soddisfazione gliel’aveva rigata tutta con quegli odiosi graffi felini, che bruciano e pizzicano in modo tanto fastidioso. Inoltre, soffiava in sua direzione come se fosse un troll di montagna con la pretesa di farle una carezza.

-Che vuoi che le faccia, Pansy? Si vede che non le stai simpatica, non posso mica punirla per questo, ti pare? –

chiese Draco, ghignando alla grande. Pansy si sentì offesa, e rossa di collera si girò indispettita e tornò nel suo dormitorio, sbattendo la porta. Per fortuna gli altri serpeverde erano troppo impegnati a riprendersi dalla sbronza della sera prima per uscire dalle loro stanze, così il biondo poté tranquillamente far passare il ritratto a Grace.

-Barone, ho un favore da chiedervi.  – disse Draco, soffermandosi a parlare col ritratto che copriva il passaggio per il dormitorio.

-Quanti vizi, signor Malfoy! Dica, che vuole? - chiese brusco il Barone Sanguinario.

-Vede quella gatta nera? Beh, è mia, e adora girovagare per il castello e il giardino, perciò a volte si ritrova bloccata fuori da qui, e io non sono nei paraggi. Le spiace, quando la vede qui in giro, aprirle il passaggio e farla entrare? – chiese Draco con fare un po’ supplichevole, da eccellente attore quale era. Il barone fissò Kallisto per un po’, poi rispose.

-Oooohhhh e va bene! Se la vedo qui in giro, le apro! Contento, ragazzino? E ora smamma, che è ancora presto per rompermi le scatole! –

-Grazie, Barone! – rispose Draco ghignando, felice di aver trovato un modo per far si che la ragazza potesse andarlo a trovare quando voleva. Diede un ultimo sguardo a Grace in versione felina, che se ne andò verso il suo dormitorio a cambiarsi. Fece un dolce sorriso che nessuno vide e tornò a letto ancora un po’.

 

……………………………………………………………..

Quel pomeriggio, Grace si avviò spedita verso i sotterranei, sapendo che chiunque ce l’avesse vista, non si sarebbe stupita più di tanto, visto che spesso si recava nella dispensa degli ingredienti e nel laboratorio di pozioni. Era assorta nei suoi pensieri, anzi nei suoi ricordi.

Casa di Grimmauld Place, era l’ estate precedente il sesto anno, l’Ordine della Fenice al gran completo, compresi i più giovani, erano riuniti lì per un incontro molto urgente. Dopo un’ importante discussione, il professor Piton si avvicinò al preside Silente, poiché erano rimasti soli nella cucina.

-Professore, vorrei parlarle di una cosa importante. – iniziò il professore di pozioni, avvicinandosi al preside, seduto a capotavola con le mani congiunte e le dita incrociate di fronte al viso, i gomiti poggiati sulla tavola.

-Oh, va bene Severus, dimmi tutto. – rispose Silente, riprendendosi da quello stato di trans in cui cadeva sempre quando pensava.

-Legga qui. – disse Piton, porgendo al preside un semplice foglio di pergamena. Il preside lo prese e iniziò a leggerlo. Lo si vide dilatare le pupille a dismisura per lo stupore, e socchiudere le labbra. Poi tornò a guardare il professore in viso, alla ricerca di una spiegazione.

-Severus, se non potessi giurare che questa non è la tua calligrafia, mi congratulerei con te! Pensavo che solo tu fossi in grado di generare una formula di questo livello, qui all’Ordine. –

-È quello che credevo anch’io professore, ma non sono io l’ideatore di quella pozione, e gliel’ho mostrata con l’intento di scoprire chi ne sia l’autore. Sapete per caso riconoscere la scrittura? Potrebbe essere di Lupin, che ne dice? – propose con la sua voce strascicata ma incuriosita Piton.

-Oh, no, Severus! È uno stile totalmente diverso, questo! Confuso e quasi criptico, completamente opposto a quello rilassato e placido di Remus! No, non so riconoscere l’autore, ma se dovesse aver messo in pratica questa formula, è probabile che questa persona abbia a disposizione la più potente Pozione Rigenerante mai creata. – rispose Silente, rileggendo gli ingredienti che stavano segnati su quel foglio, con annessi appunti relativi agli effetti che erano stati ottenuti.

In quel mentre, un lieve bussare alla porta attirò la loro attenzione.

-Avanti. – disse tranquillo il preside.

Una titubante Grace avanzò nella cucina.

-Professor Silente, Professor Piton, mi spiace tantissimo di avervi disturbati, ma dovrei cercare una cosa che questa mattina ho inavvertitamente perso qui, ed è della massima importanza, devo recuperarla ora. –

disse la ragazza ai due uomini, agitata cercando con gli occhi, sul tavolo e ovunque riuscissero ad arrivare i suoi sguardi indagatori, quel foglio tanto importante che quella mattina poco prima di colazione, nella fretta di sbaraccare la cucina da tutti i suoi plichi di appunti dopo averci lavorato quasi tutta la notte, aveva perso. Piton le sbandierò davanti il pezzo di pergamena che aveva in mano.

-Non starà mica cercando questo, signorina Parker? – chiese scettico il professore di pozioni.

Grace strinse gli occhi per distinguere cosa ci fosse scritto, si avvicinò riconoscendo il suo importantissimo documento. Poi annuì decisa.

-Sì, è il mio foglio di appunti. Lo ha trovato stamattina sul tavolo, qui in cucina vero? – disse Grace, recuperando la pergamena.

-Esatto, signorina. Credo che lei debba darci qualche spiegazione, non crede? – rispose l’uomo, sconcertato dall’idea che una grifondoro amica di Potter potesse avere un tale talento per la sua materia, oltre che per la trasfigurazione.

-Non c’è molto da dire. Da qualche tempo lavoro ad una Pozione Rigenerante, e gli effetti sono ottimali, però è un po’ instabile come formula, e sto cercando un catalizzatore e uno stabilizzante che la rendano più sicura. – rispose la ragazza, per niente a disagio sotto lo sguardo scrutatore del professore. Quest’ultimo, si stava sforzando in tutti i modi di leggerle nel pensiero, ma chissà perché, trovava un impenetrabile muro ad accoglierlo, la mente sigillata. Lui voleva trovare nella sua testa cosa fosse quello strano ingrediente segreto che citava nella formula.

-È inutile che ti sforzi, Severus. Nemmeno io sono riuscito a leggerle il pensiero, suo padre ha fatto un lavoro eccellente, l’ha addestrata alla perfezione. – gli disse Silente sorridendo furbo a Grace, che rimase seria e imperturbabile come un soldato davanti al suo generale. Piton sussultò rendendosi conto di aver sottovalutato enormemente le capacità magica di quella ragazzina. Poi ghignò.

-Ho una proposta per lei, signorina Parker. Da oggi, potrà venire da me a qualsiasi orario, e io le farò lezioni private di pozioni avanzate. Le darò nozioni che i suoi compagni non capirebbero nemmeno tra mille anni, permettendole di trovare quell’ingrediente che manca alla sua pozione. Cosa ne dice? – chiese Piton alla grifondoro. Lei sgranò gli occhi, stupita. Ci pensò bene.

-Professore, perché semplicemente non mi dice lei quale ingrediente manca, invece di decidere consapevolmente di sopportare la mia ingombrante presenza di Grifondoro nella sua vita oltre all’orario scolastico? – chiese la ragazza, grattandosi la nuca, come faceva quando era nervosa. Piton allargò il ghigno.

-Perché tra pozionisti ci si comprende, ragazzina. Se un altro mago venisse da me con la pretesa di concludere una mia invenzione, lo schianterei al muro senza problemi. Completare una formula come la sua è come pretendere che un semplice garzone completi il quadro del grande artista della bottega. Il capolavoro lo deve completare lei, poiché è una sua invenzione, io mi limiterò ad accrescere il suo sapere in modo che lei possa farcela da sola, con le proprie forze. –

rispose il professore, stupendo sia la ragazza che il vecchio preside. Era la prima volta che uno studente che non fosse della sua casa godesse della sua stima, come quella giovane. Perché, per parlarle così, era evidente che Piton l’aveva presa in simpatia e sotto la sua ala di insegnante, per passarle quelle nozioni di elevato grado che le servivano della materia che lui considerava un’arte. Grace sorrise allegra e grata.

-Sarà un piacere per me, professore. Non vedo l’ora di iniziare.- rispose.

-Bene, l’aspetterò nel mio studio. Venga quando le pare. – disse l’insegnante. Grace ringraziò ancora e uscì felice dalla cucina.

Arrivata di fronte al laboratorio di pozioni vi entrò senza indugi, trovandovi il professor Piton che mescolava in un grosso calderone un intruglio giallo per niente invitante, che lei identificò come pozione soporifera.

-Professore, devo mostrarle una cosa. – esordì la ragazza, avvicinandosi all’uomo, che ora la guardava corrugando la fronte. Gli arrivò di fronte e gli porse un foglio. Piton non disse nulla, prese gli appunti in mano e li lesse attentamente. Poi la guardò in faccia e ghignò soddisfatto.

-Vedo che con te i miei insegnamenti non sono caduti nel vuoto, hai trovato l’ingrediente perfetto per stabilizzare la tua pozione, complimenti, Parker. L’hai già preparata? – disse il professore, con gli occhi che brillavano d’orgoglio e soddisfazione. Grace tirò fuori una boccetta dal mantello, piena di un liquido rosso porpora.

-Eccola qui. Osservi. –

rispose poi. Prese un coltello dal tavolo e prima che il professore potesse fermarla, si tagliò il palmo della mano sinistra da capo a capo. Il suo sangue carminio cominciò subito a scorrere copioso, ma lei non faceva una piega. Stappò la boccetta che teneva nella destra e si versò un rigagnolo di pozione sul palmo. Non appena il liquido toccò la pelle, con sommo stupore di Piton, entrambi videro la carne ricostituirsi e la pelle rigenerarsi fino a richiudere la ferita completamente, senza traccia di cicatrici. Grace alzò lo sguardo fiero e incontrò quello stupefatto dell’uomo.

-Dovrà mettere questa pozione a disposizione del mondo, signorina. Renderebbe un servizio non indifferente alla comunità magica. – disse Severus.

-So che dovrei professore, ma purtroppo questa pozione è a fabbricazione limitata, non posso produrne troppa. – rispose mesta Grace.

-Per via del suo famoso ingrediente segreto? È così raro? Magari posso procurartelo io. – indagò il professore, ancora curiosissimo di sapere cosa ci fosse in quella pozione che nessuno prima aveva mai fatto. Grace sorrise mesta.

-Sì, è per questo. Posso procurarmelo solo io, e quindi non potrò farla spesso. Vorrei chiederle un parere, professore. Se una pozione di questo tipo venisse ingerita, le cellule degli organi interni potrebbero risanarsi come quelle epiteliali superficiali? – chiese la ragazza, speranzosa. Piton si prese il mento con due dita, riflettendo.

-Credo di sì. L’effetto ricostituente dovrebbe essere efficace anche sugli organi interni. – disse il professore, confuso, senza capire dove la sua allieva volesse arrivare. Grace sorrise sollevata.

-Molto bene. Ora io andrei, professore. Posso continuare le lezioni private anche ora che ho finito la pozione? –

-Ovvio che sì. Non mi perdonerei mai se un talento come il tuo andasse sprecato, potresti essere contagiata dalla stupidità di Potter, a furia di stare con lui. – rispose divertito l’insegnante, salutandola e permettendole di scappare dal laboratorio.

 

Dopo pochi minuti, Grace si trovò nella stanza delle necessità, con Draco, per farlo esercitare sulla trasfigurazione in animagus. Era passata solo una settimana dal ballo, ma contro ogni aspettativa Draco era già in grado di quantificare in modo ottimale lo sforzo e il livello di energia da utilizzare, e ora stava facendo pratica per mantenere più tempo possibile le sembianze del gatto.

Si muoveva agile e faceva pratica col suo nuovo corpo felino saltando su tutti i mobili, miagolando e leccandosi, facendo morire Grace dalle risate. Lei stava sdraiata a pancia in gi sul tappeto e lo guardava divertita.

Era bello, un gran bel gatto. Robusto, muscoloso e potente, saltava aggraziato su tutte le superfici che vedeva.

Tutto bianco con un pelo lungo ma non troppo, folto e candido. L’unica cosa che Draco non aveva saputo cambiare era il colore delle iridi, che invece che essere di un bell’azzurro come il classico angora bianco, erano del solito grigio argento, come una tempesta estiva, che lo rendevano particolare e stupendo.

Si avvicinò con passo elegante a Grace, accucciandosi davanti a lei e fissandola negli occhi. Erano arancioni come i capelli, che erano raccolti in due lunghissime trecce, che le arrivavano quasi alle ginocchia. Lei poggiò la testa su una mano, mordicchiandosi l’unghia del mignolo che stava così a portata della sua bocca. Sorrideva, come faceva da quando l’aveva vista entrare dalla porta. Non aveva smesso un minuto.

Draco si ritrasformò davanti a lei, ritrovandosi seduto sul tappeto.

-Sembri molto felice, oggi, non smetti mai di sorridere! È successo qualcosa di bello e io ne sono all’oscuro? – chiese il biondo, sentendo puzza di bruciato.

-Sì, è successa una cosa bella, sì tu ne sei all’oscuro, e ci rimarrai finché lo vorrò io perché è una sorpresa per te! – disse lei, sorridendogli.

-Ah sì, eh? Ora abbiamo anche i segreti, brava! Va bene, tanto non lo voglio sapere! –

rispose il biondo, mettendole un finto, adorabile broncio. Grace ridacchiò, tirandosi a sedere.
Si scambiarono un dolce bacio, poi, siccome avevano entrambi da fare con gli amici, se ne andarono felici dalla stanza.

 

 

Antro dell’autrice

Hello, people! Che ne dite di questa lesson? Cominciate a intuire come andrà la prossima? Eheh, la mia diabolica trama si infittisce, MUAHAHAHA! (cof cof! Solito colpo di tosse..-_-)

Grace: è proprio pazza sta tizia….
Nami: >.< e tu sei antipatica! Ecco! (l’autrice fa una linguaccia a Grace)
Draco: Ahahah! Siete allucinanti! Ahahah!
Nami: e tu non ridere, o nella prossima lesson ti faccio mangiare la testa da un troll! è.é
Draco: O.O

X Cassandra 287: credo di averti un po’ sconvolta con la lesson precedente, mi spiace, non volevo! XP questa è stata un po’ più tranquilla, così ti riprendi… aspetto con ansia le tue recensioni, è sempre divertente e gratificante leggerle, quindi mi piacerebbe sapere che ne pensi anche di questa, l’ aspetto! ^.^

Ora vi lascio, un bacio grande grande a tutti, alla prossima lesson!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 11
*** Lesson 11: A casa dei Tonks ***


Lesson 11: il lavoro ci aspetta, tutti a casa Tonks!

LESSON 11: A CASA DEI TONKS

 

-Anf…anf…accidenti che corsa, oggi devono passare tutti di qui? Cazzo, tutti ora poi! Non hanno niente di meglio da fare?–

esclamò Draco, ansimando e imprecando, appena entrato nella stanza delle necessità, facendo una fatica bestiale per non farsi vedere. Era martedì sera, e fuori il cielo era un po’ nuvoloso, ma da qualche nuvola vaporosa sbucava una bella luna a metà. Draco incantò lo sguardo alla finestra, ma non per la luna, bensì per Grace. Stava abbarbicata come al solito sul davanzale e guardava una foto sorridendo dolcemente. I capelli erano biondissimi, persino più chiari dei suoi, praticamente bianchi, e con la luce della luna sembravano tanti fili argentati. Erano pallidi come la sua pelle, e le arrivavano poco più giù delle spalle. Aveva delle profonde occhiaie e l’aria stanca e sbattuta. Quando si girò a guardarlo, il suo sorriso si allargò, sempre dolce come quelli che dedicava solo a lui. Lui le sorrise a sua volta, avvicinandosi e sedendosi anche lui sul davanzale. Le prese dalle mani la fotografia, credendo che fosse quella di lui con le orecchie da gatto, invece lo stupì vedere un’altra immagine, ma capì il perché del bel sorriso che aveva la grifondoro mentre la guardava.

Era una foto di loro due, che si erano fatti un pomeriggio li nella stanza degli allenamenti. Erano nella loro posizione preferita, lui l’abbracciava da dietro, seduto su un cuscinone gigante tutto verde, tenendola per la vita e cingendole le spalle con un braccio. Lei poggiava le mani su quel braccio come a volerlo far scivolare via o volercisi aggrappare e sorrideva felice. Poi nella sequenza dell’immagine animata, lei si girava a guardarlo intensamente negli occhi, lui faceva lo stesso, poi si baciavano. E così da capo, all’infinito. Sorrise anche lui come la sua ragazza, nell’osservare le loro espressioni felici. Poi però la guardò in viso mentre osservava la luna, e le sembrò così smunta e pallida, stanca e provata, che si preoccupò davvero. Divenne serio in viso, le prese delicatamente il mento tra le dita e la fece voltare verso di se.

-Grace, che stai combinando? Da un po’ sei sempre pallida, stai bene?- le chiese Draco. Lei sospirò stancamente.

-Certo, Draco, tutto a posto. Sono solo un po’ stanca, tutto qui. Oggi gli allenamenti sono stati un po’ più pesanti del normale, perché sabato abbiamo una partita con i corvi, in più pioveva pure. Sono leggermente affaticata, non ti preoccupare. – gli rispose, accarezzando la mano del ragazzo.

-Vieni, dormiamo insieme stasera. –

le disse il biondo, scendendo dal davanzale e porgendole una mano. La fece scendere e cambiare con quel completo sportivo che le piaceva tanto, e sdraiare sul lettone a baldacchino, che ora che stavano insieme avevano fatto diventare a due piazze. Poi si tolse la divisa e si stese da parte a lei, dietro la sua schiena, solo coi boxer, coprendosi col grosso piumone blu mare e coprendo anche lei. Le cinse la vita con un braccio, baciandole la nuca e le spalle. Lei sorrise e si voltò dalla sua parte, accoccolandosi contro il suo petto. Lui la strinse accarezzandole la schiena e avvicinandola sempre più.

-Ho chiesto un permesso speciale a Silente. Settimana prossima, vorrei che mi accompagnassi da tua madre, Draco. È possibile? Ho bisogno di parlarle.– chiese ad un certo punto Grace, puntando gli occhioni color del piombo fuso in quelli argentati del serpeverde. Lui corrugò le sopracciglia, confuso.

-Perché vuoi vederla? Non basta una lettera? – chiese il biondo, la voce un po’ indurita. Lei gli accarezzò una guancia, facendogli rilassare la mascella contratta, salendo poi ad accarezzare la testa immergendo la mano nei capelli biondi di lui.

-Non ti preoccupare, è la mia sorpresa. Se andrà come spero, ti spiegherò tutto. Allora, mi ci porti vero? Non mi farai andare da sola, spero! Voglio parlarle e conoscerla. Ti prego, Draco, accompagnami da lei. – gli disse Grace, con aria supplice. Lui sospirò.

-E va bene. Lunedì partiamo e ti porto da lei. Contenta? – lei lo baciò felice.

-Sì Draco, sì. Dovremo stare da lei una settimana, per te va bene? – gli chiese poi.

-Una settimana? Così tanto? Ma perché? – chiese Draco, stranito.

-Fidati di me amore, non te ne pentirai! Buona notte, ti amo. – gli rispose Grace dandogli un bacio a stampo, chiudendo gli occhi e addormentandosi poco dopo.

‘ Ha detto di fidarmi, ed io intendo darle la mia fiducia, è inutile preoccuparsi… chissà che combina però.’ Pensò Draco, prima di addormentarsi pure lui.

I giorni passavano sereni, anche se Grace sembrava sempre più pallida e sempre più stanca a tutti, compresi Harry e Hermione, che si preoccupavano, così come Draco, dell’aspetto stressato della ragazza. La grifoncina aveva avvertito i suoi amici che sarebbe andata a casa a trovare sua madre per una settimana, a farle compagnia visto che il padre non c’era e non stava tanto bene, e che aveva già il permesso di Silente, e loro speravano così che anche lei si riposasse e tornasse in forma come sempre.

Il lunedì arrivò presto. Grace era già pronta, con le sue valige e tutto il resto, davanti alla porta di grifondoro, quando sentì qualcuno che scendeva le scale dei dormitori.

-Ragazzi! Ma che ci fate qui, è molto presto, dovreste essere a letto! – esclamò Grace vedendo arrivare Harry e Ron e mentre Hermione era corsa ad abbracciarla.

-Anche se starai via solo una settimana, volevamo salutarti. – disse Harry, mentre l’abbracciava e le baciava i capelli. Ron quasi la stritolò, non controllando la sua forza, mentre la riccia le mise in mano un libro: “Pozioni avanzate del diciannovesimo secolo”.

-Oddio, Herm! Dove l’hai trovato? – esplose Grace, tutta eccitata, saltellando sul posto.

-L’avevi lasciato in camera mia ed è caduto sotto il letto! Ieri ci ho guardato e l’ho trovato! Contenta? – disse la ragazza, sorridendole.

-Oh, sì contentissima! Vi adoro ragazzi, vi voglio tanto tanto bene! – rispose Grace, saltando prima al collo di Hermione, e poi coinvolgendo anche i ragazzi in un abbraccio di gruppo.

Dopo averla salutata a dovere, i ragazzi tornarono a dormire, e Grace fece levitare la sua valigia, cominciando a scendere le scale. La scuola era vuota e silenziosa, tutti dormivano ancora. Tutti meno lei e Draco, lui l’aspettava davanti alle porte del castello.

-Pronta? – le chiese, aprendo il portone.

-Prontissima. – rispose lei, uscendo e facendosi seguire dal suo bagaglio.

Uscirono dai cancelli di Hogwarts. Appena fuori, Draco la prese per mano, e tramite una Smaterializzazione Congiunta, sparirono entrambi con un sonoro POP!

Pochi secondi dopo, Grace riaprì gli occhi, trovandosi davanti una bella villa. Non era grande quanto casa sua o quanto un maniero, ma aveva l’aspetto di essere una bella casa, familiare e confortevole. Aveva una forma come a croce, era tutta bianca e avrà avuto tre o quattro piani, si sviluppava in altezza. In corrispondenza di quella che doveva essere la mansarda, stava una finestra rotonda molto grossa con le vetrate tutte colorate, e alle finestre c’erano tende di colori diversi per ogni stanza. C’erano dei bei balconi e una terrazza, ed erano visibili anche da dove stavano loro. Il giardino era molto ricco, pieno di bei cespugli di more e lamponi, e diverse querce. Tra due di esse stava persino un’amaca, e in lontananza la ragazza poté notare anche una piccola serra.

Draco non perse la presa sulla sua mano nemmeno per un minuto, incantò ancora le valige e le fece strada fino alla porta.

TOC!TOC!

Bussarono al portone tutto intarsiato, e poco dopo lo sentirono aprirsi. Una bella donna mora fece la sua apparizione sull’uscio di casa propria. A Grace venne un colpo, quando la vide: sembrava la fotocopia di Bellatrix Lastrange, l’arpia che aveva ucciso Sirius davanti ai suoi occhi. Tuttavia, aveva degli occhi neri dolcissimi, e un sorriso materno che dispensava anche a lei che non aveva mai visto prima.

-Buongiorno Draco, siete già arrivati! Mi fa molto piacere rivederti! Vieni accomodati! –

disse la signora, gentile e composta, mentre si spostava di lato per far passare i due ragazzi con le valige a seguito. Non appena furono dentro, richiuse con grazia la porta, e Grace notò la lunga treccia di capelli corvini che le copriva la schiena. Portava una lunga gonna blu scuro, e sopra aveva un maglia e un golfino dello stesso colore, ai piedi degli stivaletti neri di foggia classica.

-Tu devi essere Grace, cara! Ninfadora mi ha parlato tanto di te! Ha detto che sei la sua allieva prediletta, e che ti vizia troppo! –

disse poi la donna, gioviale, poggiando una mano sulla spalla della ragazza. Lei le sorrise allegra. Portava dei pantaloni neri molto larghi e comodi sopra a delle semplicissime scarpe da tennis nere. Sopra aveva una giacca di mezza stagione nera, e sotto portava un maglione a dolcevita azzurro, con cui copriva i succhiotti che Draco, per dispetto, si divertiva a farle sul collo.

-Esatto, sono proprio io! Sono felice di conoscerla signora Tonks, spero di poter assaggiare i suoi famosissimi biscotti al cioccolato che Ninfadora nomina sempre! Mi fa venire appetito al solo sentirne parlare, e lei mi ha decantato le sue abilità culinarie in tutti i modi possibili, almeno ora posso verificare e farle i complimenti di persona! –

rispose Grace, per niente a disagio. La zia si avvicinò poi al nipote, baciandogli entrambe le guance.

-Sono molto felice che tu sia venuto a trovarla, Draco. È importante per lei. – gli disse la donna, grata al nipote.

-Figurati, zia. Il minimo che posso fare è venire da lei ogni volta che posso e starle vicino. Dov’è ora? È già sveglia? – rispose Draco, cingendo le spalle di Grace.

-Oh, è nella veranda sul retro, nella parte posteriore del giardino. Sta leggendo lì. –

gli rispose la donna. Draco le fece un cenno con la testa, e con una mano dietro la schiena guidò Grace, che si era appena tolta la giacca, fino al giardino dove stava la madre. Uscì piano, vedendola li fuori, da sola. I capelli biondi raccolti in un morbido chignon sopra la testa, il viso pallido e smunto, gli occhi che si muovevano veloci lungo le righe. Stava seduta su una sedia a dondolo di vimini, con una coperta di lana sulle ginocchia, e portava un vestito da camera blu profondo. Quando lo vide, gli occhi azzurri le vennero lucidi e sorrise radiosa. Draco le sorrise dolcemente e corse ad abbracciarla.

-Oh, Draco, che bello vederti! Mi sei mancato tanto, tesoro, tantissimo! – diceva la donna, commossa fino alle lacrime per quella visita del figlio.

-Anche tu mi sei mancata mamma. Come stai? – le rispose il ragazzo stringendola forte e asciugandole le lacrime con i pollici. Grace li guardava commossa anche lei, dalla porta della veranda, non aveva voluto disturbarli.

-Ora che sei qui, va meglio, Draco! Sapere che stai bene mi rende la giornata molto meno grigia, tesoro! Ma dimmi, dov’è quella ragazza di cui mi hai parlato nell’ultima lettera? Sono curiosa di vederla, presentamela! –

disse la madre, cercando Grace, fino a vederla sulla porta. Aveva i capelli neri che scendevano lungo la schiena in morbidi boccoli, e gli occhi verdi. Quando si sentì chiamata in causa prese ad avvicinarsi piano ai due.

-Buongiorno, Signora. Sono Grace Amelia Parker, e sono molto lieta di fare la sua conoscenza. – le disse subito Grace, presentandosi con un dolce sorriso sulle labbra. La donna ne fu subito colpita.

-Piacere, cara. Io sono Narcissa Black, e anch’io sono felice di conoscerti. Sei la ragazza del mio Draco, vero? – rispose la donna, con aria complice.

-Sì signora, stiamo insieme da un po’, e ho voluto venirla a trovare perché le devo parlare di una cosa molto importante, per lei come pure per suo figlio. – le disse la grifondoro, tornando seria.

-Molto bene, allora. Venite, prendiamo un po’ di the. – rispose Narcissa, entrando a braccetto con Draco nel salotto di casa Tonks.

Fecero comparire una teiera con tre tazzine e si servirono il the. Draco senza nulla, Grace con un po’ di latte e Narcissa con mezzo cucchiaino di zucchero. Parlarono un po’ del più e del meno, poi Grace decise che era ora di aprire quella conversazione.

-Bene, signora penso sia meglio arrivare subito al sodo. – cominciò Grace, un po’ agitata.

-Io spero proprio che non vorrà avercela con Draco, ma si è confidato con me sul suo problema. La prego, non si senta tradita, Draco me l’ha detto perché io gliel’ho praticamente estorto. – disse Grace. La donna aveva spalancato gli occhi e minacciava di scoppiare a piangere. Draco la guardava chiedendosi perché mai l’avesse messo in mezzo.

-Ma sono qui per dirle, che penso di aver trovato il modo di curarla dagli effetti della maledizione di Dolohov! – esclamò ancora Grace. Madre e figlio la fissavano increduli, con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa.

-Co-come? – balbettò Narcissa.

-Da qualche tempo a questa parte, sto lavorando ad una Pozione Rigenerante. Ora, dopo molti tentativi, sono riuscita a trovare l’ultimo ingrediente, lo stabilizzante, che rende la pozione perfetta per guarirla dalla sua maledizione. L’ho testata personalmente su diverse cavie e l’esito è stato positivo su tutte quante. Gli effetti esterni, posso dimostrarveli anche ora se volete. – disse seria la ragazza, mostrando ai due una fialetta piena di pozione rosso fuoco.

-Non…non stai scherzando, vero? È per questo che sei sempre stanca ultimamente? – chiese Draco, fissandola sbalordito, mentre la madre non sapeva se crederle o no. Lei lo guardò, con un sorriso stanco.

-Non ti preoccupare per me, Draco. Io sto bene, e presto, se vi fiderete di me, anche tua madre potrebbe stare meglio. – gli rispose lei.

-Signora, sono convinta al cento per cento che prendendo una fiala della mia pozione ogni dodici ore, per una settimana, la maledizione potrà essere completamente debellata. – disse come una vera medimaga, la ragazza.

-Io…. Va-va bene. Voglio fidarmi di te, Grace. In fondo, non ho nulla da perdere, non voglio lasciare nulla di intentato. – rispose Narcissa, con una nuova luce di speranza e fiducia negli occhi chiari.

-Vorrei inoltre poter chiamare una medimaga, alla fine della settimana, per farle controllare il vostro stato di salute dopo la terapia, se non le spiace. – disse ancora la grifondoro.

-Va bene, non c’è problema. Quando cominciamo? – chiese Narcissa.

-Ora. – le disse Grace, porgendole la boccetta rossa. Erano ora le otto del mattino, aveva dodici ore per prepararne un'altra boccetta. Narcissa mandò giù il contenuto d’un fiato.

-Dunque, la pozione non si può conservare per via del mio ingrediente segreto, perciò io impiegherò le dodici ore tra una somministrazione e l’altra per preparare le altre dosi. C’è un laboratorio o una stanza simile da poter usare? – chiese pratica Grace.

-C’è un laboratorio al posto della cantina, puoi lavorare lì. – le rispose Draco.

-Draco, perché tu e la tua ragazza non venite con me, vi mostro la vostra stanza. – disse Andromeda, appena arrivata in salotto dal piano superiore.

-Le consiglio di stare a letto per un oretta dopo aver preso la pozione, così avrà il tempo di rigenerare le cellule mentre queste lavorano meno. – disse Grace a Narcissa, alzandosi dal divano su cui si era accomodata.

-Va bene, Grace, farò come dici, andrò a stendermi. Saliamo tutti insieme allora? – disse la donna, prendendo a braccetto il figlio e avvicinandosi alle scale.

La stanza che Andromeda aveva preparato per loro stava al primo piano, come quella di Narcissa. Quella della donna era la seconda sulla destra, così Draco l’accompagnò subito lì, per farla stendere e riposare. Poi andò con Grace all’ultima a sinistra del corridoio.

Dentro trovarono già le valige, davanti al letto.

Il letto. Grosso, matrimoniale e di un delicato rosa pesca, come tutto l’arredamento della camera e delle tende. Dava una sensazione intima e di calore, era molto bella. Mentre la ragazza guardava attentamente l’arredamento e il panorama dalla finestra, Draco s’era buttato sul letto di schiena, con un braccio a coprire gli occhi.

-Perché non me l’hai detto prima Grace? T’avrei aiutata, lo sai che sono bravo in pozioni. – chiese il biondo con rimprovero nella voce.

-Perché era un mio progetto personale. Severus mi ha dato per mesi delle lezioni private, per aiutarmi a trovare il giusto ingrediente catalizzatore e stabilizzante, l’unico che mancava alla mia già efficacissima pozione. Solo lui e Silente lo sapevano, e l’hanno scoperto per caso. –

gli disse Grace, sedendosi a sua volta sul letto. Si sporse verso di lui, per guardarlo negli occhi.

-Ti sei arrabbiato? – gli chiese, accarezzandogli il petto. Lui la guardò a sua volta.

-Come faccio ad arrabbiarmi con te, se sei riuscita a trovare un modo per salvare mia madre? –

le rispose lui. Le mise una mano dietro la nuca e la fece stendere vicino a se, con la testa vicino al suo cuore.

-So che non te lo dico spesso, Grace, ma io ti amo, e se tu dici che funzionerà, io ti credo. – le disse il serpeverde. Lei si tirò su, poggiando il mento sul dorso di una mano, mentre con l’altra gli accarezzava il viso, e gli spostava dagli occhi delle ciocche di capelli ribelli.

-Non c’è bisogno che tu me lo dica spesso Draco, perché me lo dimostri sempre il tuo amore. E ti amo tanto anch’io. –

Si sporse e lo baciò, salendo lentamente a cavalcioni su di lui. Lui fece leva sugli addominali e si alzò a sedere, sistemando meglio lei sul suo bacino, accarezzandole il fondoschiena. Fu così che Grace si rese conto che mandava in bianco il suo ragazzo da un’intera settimana, e che in quel momento probabilmente lui voleva recuperare un po’ del tempo perduto. Beh, erano solo le otto e un quarto, avevano già fatto colazione e aveva dodici ore per preparare la pozione, quando ce ne volevano sei…poteva permettersi di dare un po’ di attenzioni a quel povero ragazzo!

Infatti le carezze si facevano sempre più audaci, e spaziavano dalle cosce fino alle spalle, mentre lei al contrario scendeva dalla nuca, alle spalle, al petto, sempre più giù, sbottonando la camicia bianca che portava il biondo e facendo volare via la cintura nera. Lui sorrise sulle sue labbra, sfilandole poi il maglione e slacciandole già i pantaloni. Insomma, in men che non si dica si ritrovarono a letto a soddisfare quei primitivi istinti che per la troppa stanchezza di Grace avevano ignorato per una settimana, che per Draco era un vero record, e lei lo sapeva bene.

In verità, la ragazza era ancora molto stanca, ma aveva una voglia matta di sentire ancora dentro di se il ragazzo, come se fossero una cosa sola. Erano momenti unici, sempre più intensi e speciali, e le mancava la fisicità del loro amore, anche se dopo solo una settimana di “astinenza”, come la chiamava Draco.

Qualche tenpo dopo, avevano finito di sfogarsi, e stavano abbracciati, o meglio avvinghiati, sotto le lenzuola. Con le gambe intrecciate, riposavano, lei con la testa appoggiata ad una spalla di lui, lo stringeva all’altezza della vita, lui che aveva intrecciato le dita della mano destra con la sua, e le cingeva le spalle attorcigliandosi una ciocca di capelli azzurri di lei sull’indice dell’altra mano.

La ragazza si era addormentata poco prima. Erano le dieci e mezza e si era svegliata all’alba, così Draco decise che l’avrebbe svegliata per pranzo, per lasciarla riposare.

‘Come sarebbe vivere così per il resto della vita? Sarebbe una favola…credo che non amerò mai nessuna come amo lei ora…forse, alla fine di tutto, della scuola, della guerra, potrei chiederle di sposarmi…sta persino simpatica alla mamma e a Severus, questo è tutto dire… un corpo caldo sul mio tutte le mattine, il tepore del suo respiro sul mio petto, sempre lei…unica e inimitabile…mi ci potrei abituare in un batter d’occhio…per lei varrebbe la pena di rinunciare alla mia vita di playboy… nessuna sarà mai come lei, sarebbe inutile cercare un’altra ragazza al suo livello….’

Pensava Draco, mentre Grace spostava il braccio dal bacino alle spalle. Poi si addormentò anche lui.

Verso le undici e trenta Draco si svegliò, sentendosi leggero. Troppo leggero. Mancava quel dolce peso che era Grace, sul suo petto. Ancora con gli occhi chiusi, mosse una mano di lato, sperando di tastare qualche morbida parte del corpo della ragazza, ma sentì solo le lenzuola e il tiepido materasso. Allora spalancò gli occhi, improvvisamente sveglio. Scattò a sedere, con i capelli tutti arruffati, voltandosi a vedere lo spazio vuoto che Grace aveva lasciato, chiedendosi dove diavolo fosse andata a finire. Poi sentì lo scroscio dell’acqua che cadeva dalla doccia, nel bagno privato che avevano a disposizione. Si alzò velocemente dal letto avvicinandosi alla porta socchiusa della stanza da bagno, pensando di unirsi alla grifondoro. Scostò appena la porta e la vide mentre sciacquava i lunghi capelli verdi dallo shampoo alle more che si era portata dietro, e si insaponava il ventre e il seno. Probabilmente non si era accorta della sua presenza, e si godeva il massaggio che il getto d’acqua le faceva alla pelle.

-Amore, non lo sai che il voyerismo è passato di moda? –

Disse Grace, con voce divertita e un gran sorriso malizioso, ancora con gli occhi chiusi. Draco non seppe mai come aveva fatto a beccarlo, e questo gli scatenò uno dei soliti ghigni che lo caratterizzavano. Spalancò la porta ed entrò nel bagno. Intanto la ragazza aveva finito di lavarsi e si era stretta un asciugamano, forse un po’ troppo piccolo, attorno al busto, legandolo stretto all’altezza del seno. Si pettinò i lunghi capelli, asciugandoli con la magia, mentre Draco le dava il cambio sotto la doccia. La ragazza si lavò i denti come ogni volta che si svegliava, ma appena posato lo spazzolino, il biondo la ritrascinò sotto la doccia, con ancora addosso l’asciugamano e con i capelli appena asciugati.

-Ah! Oh, no! Ahahaha…. Draco, sei perfido, lo sai? Ahahaha…ba-basta!.-

strillò Grace, bagnandosi tutta di nuovo, ma ridendo come una matta, perché Draco aveva preso a farle il solletico.

Visto che la grifondoro stava per avere un attacco cardiaco per il troppo ridere, Draco la schiacciò contro le piastrelle umide di vapore della doccia, premendola contro il proprio petto, sentendo i seni pressare all’altezza del suo cuore a ritmo frenetico, nel tentativo di riprendere fiato. Staccandosi appena e tendendo le braccia con le mani poggiate sul muro all’altezza della sua testa, Draco la guardò tutta. L’asciugamano bianco era umido e aderente alla pelle, faceva vedere le forme voluttuose della ragazza come fosse stato trasparente, i capelli di nuovo fradici si incollavano alla fronte e alla pelle delle spalle, e le gocce d’acqua correvano veloci sulle braccia, sulle cosce, nel solco tra i seni. Quando tornò con gli occhi al viso, lei gli sembrò come in trans. Lo fissava in modo strano. Ad un certo punto la vide alzare un braccio e portare la mano sul suo viso. Con le dita, leggere come una brezza, prese a seguire il profilo del volto, seguendo la fronte, sfiorando gli occhi socchiusi, delineando gli zigomi e la guancia, leggermente ispida perché ancora non s’era fatto la barba, mentre col pollice lambiva delicatamente le labbra disegnate del ragazzo, socchiuse. Lui le prese deciso la mano e la incatenò al muro, mentre con l’altra le stringeva un fianco, infilando una gamba in mezzo alle sue. Lei sentì premere l’eccitazione di lui contro il bacino, sapendo che lui l’aveva fatto apposta.

Erano così vicini che i nasi si sfioravano e i respiri si confondevano, anche se ora erano più sospiri. Draco la baciò. Premette con forza le labbra sulle sue, schiudendole subito delineandone il contorno con la lingua, che poi infilò nella bocca di lei, ingaggiando una lotta senza tregua con la sua lingua e col suo autocontrollo.

Grace pensò che si era trovata un ragazzo dalle mille sfaccettature. Sapeva essere tanto dolce e profondo quanto rude e virile. In quel momento, come la sera di Halloween, sembrava preso da una foga inquieta, come se temesse di poterla perdere o qualcosa del genere. Come se con quei gesti un po’ impetuosi volesse dimostrarle che ora che c’era le avrebbe impedito di andarsene. A quel pensiero, Grace sorrise sulle sue labbra, rispondendo con la stessa passione, ripagandolo con la stessa moneta, assecondando i suoi movimenti possessivi e un poco bruschi.

Lui stava già per sfilarle via l’asciugamano tutto sgualcito e mollemente appoggiato sul petto, chiudendo l’acqua della doccia, quando fu interrotto da un sonoro bussare alla porta.

-Draco, Grace! Il pranzo è servito, scendete! – disse una voce stentorea e femminile. Sua zia Andromeda sapeva sembrare un caporale a volte, e quella era una di queste. Interruppero il bacio ed entrambi ridacchiarono. Erano davvero incontenibili, ogni volta che potevano si ritrovavano nudi e avvinghiati, presi da qualche voglia del momento, era più forte di loro.

-Dovremmo controllarci di più, sai? – disse Grace, mentre si staccavano, e per la seconda volta si asciugava i capelli, affrettandosi a farli diventare da rosa cicca ad azzurro pallido.

-E perché, scusa? Sei o non sei la mia donna? È normale che ti desideri! Dovresti preoccuparti se fosse il contrario, non credi? –

rispose Draco ghignando, facendosi la barba con un incantesimo, visto che aveva fretta, e asciugandosi a sua volta i capelli. Lei rise allegra, mentre si infilava un semplicissimo completino intimo e un paio di jeans chiari. Lui prese i suoi boxer neri e un paio dei suoi soliti pantaloni neri dal taglio classico e raffinato, fatti apposta per lui nello stile dei maghi. Lei si mise una camicetta azzurra, che si abbinava ai capelli, come sempre, e tirò fuori dalla valigia un camice che appoggiò alla sedia della scrivania, che stava nei pressi della finestra. Lasciò aperti solo i primi due bottoni della camicia, per non soffocare, facendo intravedere così il suo ciondolo di cristallo nero, quello a forma di goccia.

Si misero le scarpe e uscirono dalla stanza, recandosi in sala da pranzo. Narcissa era già seduta a tavola, e li guardava scendere con un bel sorriso.

-La mia pozione dovrebbe aver già cominciato a fare effetto. Mi dica, come si sente signora? – chiese cortese Grace, mentre il suo galante fidanzato le scostava la sedia, da bravo cavaliere.

-Ti dirò, comincio a sentire molto meno dolore, meno bruciore. È come un forte antidolorifico. Penso proprio che stia funzionando. – disse la donna, sorridendo entusiasta. Grace ricambiò il sorriso.

Andromeda fece comparire il pranzo nei piatti, e dopo aver augurato un buon appetito a tutti, Grace assaggiò uno dei famosi piatti della signora Tonks.

-Mamma mia, signora Tonks! Sua figlia non scherzava quando parlava tanto entusiasticamente dei suoi manicaretti! Questi piatti sono davvero ottimi, complimenti! – disse la grifondoro alla cuoca, che sorrise grata.

-Oh, sei troppo gentile cara! Tieni, prendi un altro po’ di carne. – le rispose, mettendole nel piatto dell’altro arrosto.

 

 
-Dora mi ha detto che sarebbe andata in missione, è da un po’ che non la vedo, ma ho letto di lei di recente sulla Gazzetta del Profeta. Credo sia in missione con tuo padre Christofer. – disse ad un certo punto Andromeda, rivolta a Grace.

-Sì, sono in missione insieme, papà mi ha avvertita per lettera prima di partire, e Tonks mi ha mandato un patronus qualche tempo fa per dire a quelli dell’Ordine di stare attenti, perché ultimamente il nemico è molto più attivo del normale. – rispose la ragazza, evitando volutamente di nominare la parola “mangiamorte” davanti a Draco e Narcissa.

-L’importante è che stiano tutti bene. Vuoi dell’altra torta, cara? – rispose Andromeda, sviando il discorso.

-No, la ringrazio ma sono piena come un uovo! Ora se non le spiace, devo mettermi al lavoro per creare la pozione. Draco, mi accompagneresti a sistemare le mie cose nel laboratorio, per favore? –

-Certo, seguimi. – rispose Draco. Grace ringraziò per il pranzo, complimentandosi ancora perché era tutto squisito, si scusò perché doveva lasciare la tavola prima della padrona di casa, poi seguì Draco nel piano sotterraneo della villa.

Scesero una scalinata a chiocciola e arrivarono ad una grossa stanza buia. Draco battè le mani e la luce magica si accese, rivelando un laboratorio piuttosto grande, pieno di alambicchi, calderoni di tutte le misure e con diversi scaffali pieni di ingredienti.

-Mia zia si diverte a creare prodotti per la casa e semplici pozioni mediche. Troverai qui gran parte degli ingredienti senza dover usare i tuoi. –

spiegò il biondo mentre la ragazza entrava nella stanza, cominciando ad ambientarsi.

Prese un calderone piuttosto piccolo e lo mise su un fornello, accendendo sotto il fuoco, iniziando a metterci dentro diversi liquidi colorati. Richiamò dalla sua valigia diverse fiale e boccette piene di sostanze illegali e introvabili che Draco aveva visto solo nei libri. Rimase appoggiato con le spalle allo stipite della porta per un po’, con le braccia conserte e le gambe accavallate, ad osservarla lavorare. Lei, con indosso un camice bianco, alzò lo sguardo su di lui. I capelli le sfuggivano dallo chignon di mollette che s’era fatta per lavorare, cadendo in ciocche azzurre lungo i lati del viso, arricciati dall’umidità presente nel locale sotterraneo. Gli si avvicinò, pulendosi le mani in un pezzo di stoffa.

-Draco, mi dispiace dovertelo chiedere, ma dovresti lasciarmi sola, mentre faccio questa pozione. – gli disse quando gli fu davanti.

-Perché? Non mi vuoi tra i piedi? Non sono mica un’incapace come Potty, posso farti da assistente no? – chiese piccato il biondo. Lei sorrise alzando gli occhi al cielo.

-So benissimo che sei un genio in pozioni, Severus non fa altro che decantare le tue doti nella sua materia, oh pupillo del prof! Ma ci sono processi per creare questo composto che non voglio tu veda. Sono miei segreti, tanto personali che non posso permettermi che qualcuno li veda. –

-Nemmeno io? – chiese deluso il biondo. Grace abbassò lo sguardo.

-Cosa mi nascondi Grace? Perché hai tutti questi segreti? – chiese il ragazzo con voce dura. Lei alzò gli occhi dal pavimento, stupita da quel tono così rigido.

-Domenica sarà l’ultima volta che preparerò questa pozione in vita mia, nessun’altro ne usufruirà mai e conserverò gelosamente la formula in modo che nessuno la trovi. Ma a te, per l’ultima volta, faro vedere come la preparo, te lo prometto.
Ma per ora, vorrei che mi lasciassi lavorare sola, e che mi dessi fiducia, Draco. – rispose Grace con voce decisa. Draco fece un sospiro rassegnato.

-Va bene, me ne vado. Passerò un po’ di tempo con mia madre. Quanto tempo ti serve per preparare la pozione?-

-Deve bollire per un’oretta a fuoco lento con le prime sostanze, poi devo aggiungere tre ingredienti alla volta dopo averla fatta riposare per mezz’ora tra un’aggiunta e l’altra. Alla fine, quando ci metto l’ultimo, devo farla riposare per due ore. Quattro ore per comporla e due perché sia pronta all’uso. Sarà pronta per le sei, e starà in frigo fino alle otto. – rispose la grifoncina, elencando i passaggi.

-Starai sei ore di fila rinchiusa qui?- chiese Draco, sconvolto.

-Sì, va controllata costantemente o si rischia che qualche ingrediente impazzisca, e devo essere qui per intervenire subito se succede. – spiegò la ragazza. Draco si passò una mano tra i capelli, agitato.

-E andrai avanti così per un’intera settimana? Ma tu sei pazza! Dimmi che devo fare così ti do il cambio, no? – ritentò il serpeverde cercando di convincerla a sfruttare la sua presenza.

-No. Te l’ho detto, mi vedrai all’opera solo domenica, prima di allora mi aspetterai su con tua madre, così potrete parlare e le starai vicino da bravo bambino. Capito? E ora fuori, che devo lavorare! – disse Grace, cacciandolo dal laboratorio.

Poi la ragazza prese due scaglie di pelle di drago e qualche occhio di lucertola, li aggiunse allo strano miscuglio verde che aveva creato e lo lasciò bollire. Prese un libro e si mise a leggere, mescolando ogni dieci minuti il composto.

Intanto Draco era salito in biblioteca, ed era andato a far compagnia alla madre.

-Che ci fai qui? Dovresti essere giù ad aiutare la tua ragazza, non qui a guardarmi leggere. –

disse Narcissa al figlio, che si stava sedendo di fronte a lei in una poltrona lì vicino. La biblioteca in realtà era una stanza piccola, ma era stata estesa con la magia e riempita con una quantità assurda di volumi, molti di magia, certo, ma molti anche babbani, del padre di Tonks, Ted, che era un babbano di nascita, che avrebbero fatto la felicità sia di Grace che di Hermione, per quanti erano.

-Ci ho provato mamma, ma mi ha cacciato! Ha detto che non vuole che veda come prepara la pozione! È troppo testarda, quella ragazza, non mi da retta! – sbraitò Draco in risposta, accasciandosi e sprofondando nella poltrona. La madre sorrise dolcemente.

-Sei davvero innamorato stavolta, eh, figliolo? – disse la donna, sorprendendolo, e, cosa più unica che rara, riuscendo a farlo lievemente arrossire.

-Sì…io…la amo molto. È la prima che mi fa sentire così, e confesso che per me è difficile dimostrarle quello che provo come lei fa con me. Quando siamo soli è piuttosto espansiva. Ma mi sono fidato fino a dirle di te e di papà, e ora lei ha addirittura deciso di sacrificare settimane di sonno per preparare quella benedetta pozione. Mi fa sempre stare in pensiero, quella pazza! –

disse disperato il biondo. La madre rise di gusto, con una risata liberatoria e cristallina. Era bello vedere il figlio, anche solo per una settimana, anche solo per un’ora, e soprattutto per la prima volta così preso da una donna.

-Quella ragazza mi piace molto. È molto educata ma si vede che ha carattere. È forte ma anche comprensiva e generosa. Confesso che quando mi ha detto di dovermi parlare di qualcosa di importante sia per te che per me, speravo voleste dirmi che vi sposavate e ne ero già felice. –

Confessò Narcissa. Draco la guardò negli occhi chiari. Cielo nel cielo. Tempesta nel sereno.

-Sai mamma, non ho mai pensato al mio futuro, ho sempre vissuto alla giornata. Domani potrei andare in missione per l’Ordine e morire per mano di un mangiamorte…. Per mano di Lucius. – cominciò il biondo, con voce mesta e dura, calcando maggiormente sul nome del padre. Non lo chiamava padre da tempo. Lui non era mai stato un padre per lui, e quindi nemmeno ne meritava l’appellativo, così come Narcissa usava di nuovo il cognome da nubile.

-Ma se dovessi vivere abbastanza da vedere la fine della guerra, la fine del dolore che quel pazzo mezzosangue sta causando a tutti, e dovessi scegliere una persona con cui vivere il resto della mia vita, quella sarebbe Grace. – concluse risoluto.

-Sono sicura che ce la farai, Draco. Ce la farete tutti. Se c’è una cosa che Voldemort non è mai stato in grado di contrastare, sono i sentimenti d’amore. La guerra non durerà per sempre. Sono convinta che quel Potter distruggerà il Signore Oscuro, e tu potrai vivere con Grace in pace. Devi avere fede, Draco. Credici e non avrai bisogno d’altro. – gli disse la madre, guardandolo con amore, quello stesso amore materno che per anni, di fronte al marito, aveva dovuto nascondergli. Il ragazzo le sorrise, e iniziò a parlarle di un libro che Grace lo aveva costretto a leggere di recente, e che aveva finito per trovare molto bello anche lui.

Passarono veloci le ore, e furono le sette. Era ora di cena, ma ancora Grace non s’era vista, e Draco cominciava a pensare che fosse successo qualcosa di brutto in quel laboratorio in cui s’era rinchiusa. Scese velocemente la scala a chiocciola e aprì piano la porta dell’ “Antro di Grace” come aveva deciso di battezzare quel benedetto laboratorio. Diede un occhiata generale e veloce alla stanza non vedendo traccia della grifondoro. Così aprì di più la porta ed entrò nella stanza, e finalmente la vide. Pallida e con le occhiaie, i capelli azzurri ancora più chiari di quanto non fossero quando l’aveva lasciata, si era addormentata su un tavolo con un libro tra le mani. Il ragazzo vide che nel frigorifero babbano che stava lì per conservare le pozioni, c’era già un contenitore pieno di pozione rossa, segno che la ragazza s’era addormentata subito dopo averla finita. Chissà come mai alla fine di quel lavoro, sembrava sempre più stanca e pallida del normale. Draco sorrise dolcemente nel vederla addormentata e indifesa. La prese in braccio e smaterializzò entrambi nella loro stanza. L’appoggiò sul letto, togliendole il camice. Andò in bagno per pochi minuti, e quando tornò nella stanza Grace stava seduta al centro del letto con aria spaesata, e sbadigliando sonoramente.

-Che ore sono? Cosa ci faccio qui? – chiese la grifondoro vedendo il biondo. Lui ghignò.

-Sono le sette passate ed è ora di cena. Visto che avevi detto che avresti finito entro le sei e un’ora dopo non eri ancora ricomparsa dal tuo antro, sono venuto a vedere se stavi bene, e ti ho trovata profondamente addormentata su un tavolo. – rispose il ragazzo.

-Ah. – fu la risposta monosillabica della metamorfomagus.

-Almeno sono crollata solo dopo aver finito la pozione. – aggiunse poi soddisfatta.

-Mi spieghi come mai sei sempre così spossata quando fai quella dannata pozione? –

-No, non te lo spiego. Vedrai e capirai da te più avanti. –

rispose Grace, sorpassandolo per andare in bagno e darsi una sistemata prima di cena. Quella risposta sapeva di bruciato, e Draco cominciò seriamente a preoccuparsi per la salute della sua ragazza. Aveva uno strano presentimento negativo scatenato dai segreti che quella ragazza, sempre così sincera e schietta, improvvisamente aveva nei suoi confronti. 

Antro dell’autrice

Salve a tutti! Eccomi puntuale con l’aggiornamento settimanale. Lesson 11, finalmente scopriamo cosa vuole fare Grace con la sua pozione…speriamo che non avveleni quella povera donna -_-…

Grace: eh no, questo è troppo! Ora la faccio fuori! (Grace estrae la bacchetta minacciosa)

Draco: su, su Grace, va tutto bene…ecco così, respira! (Draco trattiene Grace per le braccia)

Nami:-_- e poi sono io la pazza,eh?

Lasciamo perdere, và. Noi ci rileggiamo settimana prossima con la lesson number 12.

A presto, un bacione a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

 

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Capitolo 12
*** Lesson 12: Confessioni ( aprire il proprio cuore ) ***


Lesson 12: confessioni (aprire il proprio cuore)

LESSON 12: CONFESSIONI (APRIRE IL PROPRIO CUORE)

 

Quella sera a cena, Grace sembrava una che non mangiava da mesi. Aveva chiesto doppia porzione praticamente di tutto, ed andava a velocità mostruosa, tanto che chi cenava con lei si chiese se masticava o faceva solo finta. Alle otto meno dieci chiese il permesso di alzarsi da tavola e si recò nel laboratorio a prendere la pozione per Narcissa. Alle otto in punto, la donna assunse la pozione e andò a stendersi, come quella mattina. Draco guardò Grace, la prese per mano, diede la buonanotte alla zia e la trascinò in camera. Non voleva fare l’amore, voleva solo stare con lei. Non gli era mai capitato di desiderare la presenza di una donna senza volere il suo corpo, ma avere bisogno di averla vicina, anche solo di parlarle. Ma con lei questo spesso succedeva. Era anche per questo che si era accorto di amarla.

Quando entrarono in stanza, il ragazzo notò una cosa che prima nemmeno aveva visto. Davanti al letto, contro la parete opposta, stava una strana scatola nera, piuttosto grossa. Incuriosito, si avvicinò, notando che nella parte bassa aveva buchi e pulsanti.

-Grace! Vieni qui! Che diamine è questo aggeggio? –

urlò alla ragazza, che era andata in bagno per mettersi il pigiama e lavarsi denti. Questa uscì subito e lo raggiunse. Aveva su una canottierina con le spalline sottili tutta viola, e sotto aveva dei pantaloncini larghi che le arrivavano a metà coscia lilla a quadretti viola ed era scalza. La notte, col corpo del ragazzo vicino a se e i piumoni, aveva sempre caldo.

-È una televisione, amore. – rispose divertita.

-Tele che? – rispose il biondo, corrugando le sopracciglia in un’espressione buffissima che causò l’ilarità di Grace, facendola ridere.

-Una televisione! È un’ invenzione babbana che permette di trasmettere le immagini a distanza di molti chilometri. – spiegò poi, paziente, come se dovesse far capire un concetto ad un bambino piccolo.

-Ah. E come funziona questo trabiccolo? – chiese il biondo, con gli occhi che brillavano di curiosità.

Grace si avvicinò al mobile su cui stava la tv e prese il telecomando. Lo puntò sul televisore, premette il pulsante di accensione e questa, con un volume un po’ troppo alto, si accese su un canale in cui c’era un film d’azione, nel bel mezzo di una sparatoria, facendo fare a Draco un salto alto un metro. Grace si divertì a vederlo scattare lontano dall’apparecchio, con le pupille dilatate dallo spavento.

-Non ti spaventare così, è solo un film! Rilassati, amore. Ora cambio canale e metto qualcosa di più tranquillo. – cercò di tranquillizzarlo la ragazza.

-Che diavolo è un film? E perché fa tanto casino quel coso? – chiese il biondo, riprendendo un po’ di contegno.

-Un film è come un romanzo, ma invece di essere scritto, è interpretato da degli attori. Come il teatro, ma trasmesso direttamente nelle case, senza bisogno di recarsi in posti particolari e comprare biglietti. –disse ancora Grace.

-E come mai tu sai tutto ciò? – indagò il biondo.

-Sono una babbanofila amica di Potty, ricordi? I babbani sono molto affascinanti, perché a differenza nostra hanno dovuto sviluppare l’ingegno. Non hanno a disposizione la magia, così si sono dovuti arrangiare a modo loro per rendersi la vita più facile. – rispose la grifondoro, dando così sfoggio della sua intelligenza e maturità.

-Ma dai! E io che credevo che i babbani fossero solo degli esserini senza magia con un sacco di problemi e basta! – disse sarcastico il biondo, col suo solito ghigno Made-in-Malfoy stampato in faccia.

La ragazza alzò gli occhi al cielo, poi sorrise. Fece comparire niente meno che una ciotola di popcorn.

-Vieni, dai. Guardiamo il tuo primo film. Ecco, proviamo con questo. –

disse poi, trascinando Draco sul letto. Lui si sedette con un cuscino dietro la schiena contro la testiera del letto, lei si accomodò tra le sue gambe appoggiandosi al suo petto, sgranocchiando i popcorn e alzando il volume col telecomando.

-Che cosa mangi? – chiese il ragazzo, sentendo la ragazza ruminare rumorosamente quegli strani cosi informi e bianchi.

-Si chiamano popcorn, e sono una vera bontà. Assaggia! –

rispose lei, ficcandogli in bocca due o tre di quegli affari. Lui li sentì croccare sotto i denti. Il sapore non era male, anzi erano buoni e leggermente salati.

-Mmm…buoni, sì, ma cosa sono? – chiese il biondo ammettendo che in effetti non erano una schifezza.

-Sono chicchi di mais. Messi in una padella con un po’ di burro scoppiano e diventano così, si chiamano pop-corn. Buoni eh? – spiegò Grace.

Si misero a guardare un film un po’ particolare, che non era altro che “I passi dell’amore”. Era proprio bello e fatto bene, ma, anche se molto romantico, non c’era l’happy ending. Grace sembrava molto assorta nella visione del film, anche se la sua testa era occupata da altro, tanto che non sembrava molto turbata dalla drammaticità del finale. Draco invece si era immedesimato, arrabbiato quando il protagonista aveva sbagliato e ferito la ragazza, intenerito quando aveva rimediato all’errore, e intristito parecchio alla fine, quando nonostante tutto l’amore del ragazzo, non avrebbe potuto stare con la ragazza come invece avrebbe voluto, e fino alla fine ci aveva sperato, aveva quasi fatto il tifo per lui. Però quando si era accorto che non c’era il lieto fine, aveva stritolato Grace, tanto che per poco non la soffocò.

-Amore, lo sai che è tutta invenzione, vero? Non volevo certo deprimerti! Di solito sono le ragazze che piangono sulle spalle dei fidanzati. – disse la ragazza, vedendo quell’espressione crucciata e triste del biondo. Si girò verso di lui, cingendogli i collo con le braccia esili, ma che lui sapeva essere molto forti, con un sorrisetto scaltro sulle belle labbra.

-Che domande stupide! Certo che lo so, non sono mica un idiota! –

rispose accigliato il biondino, distogliendo lo sguardo, vagamente imbarazzato. Lei sorrise dolcemente, spegnendo la tv e facendo evanescere la ciotola ormai vuota dei popcorn. Poi lo abbracciò, poggiando l’orecchio destro sul suo cuore e stringendo tra le mani la stoffa della camicia tesa sulla schiena di lui, sospirando.

-Non dovevamo vedere questo dannato film, accidenti a me. Oltre ad essere deprimente, riempie la testa di scemenze sull’amore vero. La prossima volta ci vediamo un bel film d’azione. – disse Grace, con voce mesta.

Il biondo era molto sorpreso, e anche un po’ indispettito.

-Come siamo ciniche stasera! Cos’è, non credi nell’amore vero? E il nostro cos’è, allora? – chiese Draco, un po’ accigliato. Lei sospirò.

-Aspetta, il nostro amore è molto più che vero! Mi hai frainteso. Non intendevo dire che non esiste, volevo dire che non è così indolore come sembra. È meraviglioso, ma è anche un bagaglio misto tra dolore e passione, non solo di affetto e romanticismo. Questi film servono solo a riempire la testa delle ragazzine di illusioni romantiche, come se amare e farsi amare fosse così facile.- rispose la ragazza, senza troppo entusiasmo. Lui aggrottò le sopracciglia.

-Chiamalo indolore! Lui si è fatto in quattro per stare con lei, e nemmeno ci riesce poi a lungo! Non mi sembra che dia un idea così idilliaca dell’amore. –rispose il ragazzo.

-Io la penso così: l’amore non è infinito, non è indistruttibile e soprattutto non sconfigge la morte. Ti assicuro che anche quello più puro prima o poi finisce, per quanto ti faccia sentire bene prima, dopo ti lascia vuoto. E la morte…beh, la morte cancella tutto. Se io morissi vorrei che tu andassi avanti, e riprendessi a vivere felice e ad amare, non certo che tu viva del mio ricordo, sarebbe sbagliato. E se un giorno tu dicessi di non amarmi più, di certo non ti implorerei di non lasciarmi, quando ami devi lasciare all’altro la libertà di decidere e di essere felice anche senza di te. –

sbuffò infastidita la strega. A lui venne un sospetto. Come mai era tanto fredda sulla questione? Eppure, sapeva essere anche tanto romantica quando voleva, e affermava sempre di amarlo con intensità crescente ogni giorno che passava. Invece quella sera sembrava voler dimostrare a tutti i costi che l’amore non era invulnerabile.

-Come mai parli così, stasera? Sembra quasi che tu ci sia passata… - Draco la buttò lì, ma quando vide che Grace abbassava lo sguardo, quasi colpevole, trasalì e capì di averci preso. Un insensata gelosia lo attanagliò. Gelosia per chi poi, non lo sapeva neanche lui.

‘So che sto per fare la più grande cazzata di tutta la mia vita, ma se non glielo dico sarà come mentirgli per il resto della nostra storia… gli racconterò tutta dall’inizio, voglio essere onesta con lui…’

La giovane serrò le palpebre. Doveva, doveva dirgli tutto, doveva essere libero di decidere se tenerla con se lo stesso…anche dopo quello che gli avrebbe rivelato di se.

-Draco, devo dirti una cosa. –

-Dimmi – rispose curioso il ragazzo. Lei aveva un tono strano, preoccupato. Forse stava per spiegargli il suo comportamento di poco prima.

Lo guardò negli occhi, e come mai prima si rese conto di avere paura. Una fottuta paura che lui non la volesse più, dopo. Ma aveva deciso che sarebbe stata onesta e lo avrebbe fatto.

-Io…ho fatto una cosa orribile, tempo fa. Mi vergogno, ma te ne devo parlare. – disse lei, decisa, sedendosi di fronte a lui, le ginocchia strette al petto.

Lui la guardò attentamente. Era cupa, sembrava così piccola, indifesa. Un lato di lei che vedeva tanto di rado da non rendersi nemmeno conto che esistesse. Si fece attento, e anche ansioso. Cosa poteva aver fatto di tanto grave? Non poteva immaginarlo. La vide sospirare, forse prendere coraggio.

-La storia parte da molto lontano, dalla mia infanzia. Quando ero bambina, controllare i miei poteri era problematico, per me. Non sapevo tenere a freno l’energia che mi scorreva dentro, ed ero tanto lunatica che ogni minuto il mio aspetto mutava. Capirai anche tu che in queste condizioni, la scuola babbana per me era preclusa a vita. I miei fratelli ci andavano, e io non potevo, quindi mi affidarono ad un tutore, che mi istruisse a casa. Io non uscivo mai, non potevo fare nemmeno quello. Vivevamo tra i babbani, non potevo certo passeggiare tranquillamente tra di loro con i capelli biondi un secondo prima e neri quello dopo. - Cominciò la ragazza, il biondo annuì.

-Stare a casa con la nonna e Max poteva essere piacevole, ma per me che avevo sei anni era semplicemente triste quella reclusione, mi sentivo sola. Io volevo solo avere qualcuno con cui giocare, non mi sembrava di chiedere troppo. Un giorno, una famiglia comprò la villa accanto alla mia, altri babbani ovviamente, e avevano un bambino della mia età. Fremevo dalla voglia di conoscerlo, ma non potevo, come al solito. Era così carino, aveva i capelli castani e ribelli e gli occhi neri. Mi ero rassegnata fin dall’inizio al dover rinunciare a parlargli. Un giorno però, quando ero in giardino con Max, decisi, per farlo giocare, di imitare gli animali da fattoria. Mentre mio fratello rideva come un pazzo, sentii qualcuno al di la della siepe che esclamava “Accidenti!” con stupore, e lì mi accorsi di essere osservata. Mi spiava, probabilmente voleva giocare con me, e involontariamente aveva scoperto il mio segreto. Stava già correndo ad avvertire i suoi, quando lo fermai e gli spiegai cosa ero e che non poteva, in teoria, sapere nulla di me. Però mantenne il segreto, giocammo insieme e diventammo amici. Il mio primo amico! Ero al settimo cielo, finalmente avevo qualcuno della mia età con cui parlare, e poi sai, quando hai sei anni è facile, un sorriso, una battuta, chiedi come ti chiami e il gioco è fatto, per questo è bello essere bambini. Si chiamava Adam, ed era il mio migliore amico. –

Grace si fermò, gli occhi lucidi. Draco pensò un secondo.

-Era? Ci hai litigato? – chiese poi, un po’ ingenuamente. Lei scosse la testa, poi riprese a raccontare

-Lui aveva il vizio di prendermi in giro, con mio padre. Papà diceva: ‘Col carattere mascolino che ti ritrovi, nessun uomo ti vorrà mai!’, e ridendo lui rispondeva : ‘Non si preoccupi signor Parker, ci sono sempre io! Sposerò io Grace!’. Al terzo anno poi, mi sono resa conto di avere un’immensa cotta per lui, e all’ennesima battuta ho risposto: ‘Beh, non mi dispiacerebbe poi tanto.’ L’ho lasciato di stucco, e gli ho confessato tutto. Fu semplice. Mi disse che era lo stesso per lui, e ci mettemmo insieme. Ero veramente felice, lui era molto importante per me, era speciale, anche se non tutti vedevano di buon occhio il nostro rapporto. Per tenerci in contatto, quando tornavo ad Hogwarts mi scriveva tramite la mamma via gufo, e ci spedivamo fiumi di lettere. L’anno dopo però, mentre Harry partecipava alla seconda prova del torneo Tre Maghi, per intere settimane lui non si fece sentire. E poi, all’improvviso, arrivò una lettera. Pensavo già di strigliare Adam per avermi fatta impensierire tanto, ma quella lettera fu l’inizio della fine. – fece una pausa, per trattenere il fiume di lacrime che sarebbe sceso altrimenti da quegli occhi ora così cupi. Cercò comunque di tenere a freno i sentimenti, e il tremore della voce.

-Due settimane prima, c’era stato un attacco di mangiamorte….avevano attaccato un centro babbano vicino a casa mia, e Adam stava lì…ci fu un’esplosione e…rimase schiacciato dalle macerie di un palazzo. Non avevano avuto il coraggio di avvertirmi prima. Questa era la versione ufficiale, ma poi mi dissero la verità. Cercavano la mia famiglia, volevano colpire una delle amichette di Potter, così mi hanno detto. Per far crollare me, e di conseguenza Harry, avevano distrutto la piazza del paese, e avevano trovato Adam, lo avevano torturato, e poi abbandonato ai piedi di quel dannato palazzo, privo di sensi, non meritava quella fine. I miei non mi hanno permesso di tornare a casa, per il funerale, dicevano che sarei stata una preda troppo facile.– continuò. Draco la strinse forte, costernato, commosso.

-Era morto…per colpa mia. Da solo, senza nessuno accanto…per mano di gente che con cui lui non c’entrava nulla…e aveva solo quattordici anni…non avevo potuto dirgli addio, o quanto tenessi a lui…era solo colpa mia…solo colpa mia…- Draco non sapeva cosa rispondere, percepiva quasi sulla sua pelle il dolore della ragazza, era quasi opprimente.

-Mi dispiace, piccola. – disse Draco, per consolarla, ma lei si scostò dall’abbraccio. Ora veniva la parte difficile.

-Credo di aver passato un momento di depressione. Ero sommersa da una marea di sentimenti. Ero confusa, triste, arrabbiata, delusa, tutto insieme, non capivo più niente. Capivo solo che lui non c’era più, che non mi avrebbe sorriso mai più. E ho deciso che l’avrei vendicato, che avrei saziato la mia sete di vendetta, in un modo o nell’altro. Ho iniziato ricerche su ricerche, in tutti i libri oscuri che mi capitavano a tiro, alla ricerca di un modo per sapere chi fosse l’autore dell’attentato, ma ai miei già negativi sentimenti si aggiunse anche la sconfitta, non trovavo nulla di utile. Fu allora che conobbi Bénédict, dopo un anno di ricerche infruttuose. Mio padre aveva bisogno di lei, l’aveva nascosta nelle segrete del Manor. Era il Natale del quinto anno, e io la volevo incontrare, quindi scesi da lei durante le vacanze natalizie, con l’intento di parlarle e farmi aiutare. Lei mi disse di capirmi, mi dette un incantesimo oscuro che a malapena ricordo, con il quale seppi l’identità dell’attentatore. Mi propose inoltre di diventare come lei, un morso, e avrei avuto tutti i poteri di una vampira, avrei avuto il mondo ai miei piedi. Ma io non volevo il mondo, volevo solo vendetta. Comunque dopo aver scoperto chi fosse l’autore dell’attentato, non ho potuto rintracciarlo, non subito almeno, ma dopo…dopo l’ha pagata. - disse poi la giovane, con occhi duri e per niente pentiti.

-Chi era questo tizio? E che gli hai fatto? –chiese Draco, spaventato all’idea che la sua Grace avesse commesso qualche pazzia, e ne aveva tutti i motivi. Una ragazza che soffre è la cosa più pericolosa che ci sia.

-Era un mangiamorte di basso livello e infima categoria che si divertiva a violentare le babbane prima di torturarle e ucciderle, un certo Beker. Ho fatto un favore all’umanità, credimi. – disse la strega, con una smorfia d’odio sulle labbra.

-L’hai…l’hai ucciso? – chiese ancora il biondo, incredulo. Lei annuì seria, molto lentamente, con gli occhi lucidi.

-Non ne vado orgogliosa, ma l’ho fatto. – disse poi, lui rimase impietrito. Stava con un’assassina. Mai l’avrebbe creduta capace di una cosa simile.

-L’incantesimo che avevo usato per sapere la sua identità mi aveva svelato il suo nome, ma anche il suo viso. Aveva una lunga cicatrice che gli attraversava la faccia, dalla fronte a una guancia, inconfondibile, ed è stata la sua condanna. Durante la battaglia al ministero, quello stesso anno, nel reparto Misteri, l’ho riconosciuto, dopo avergli fatto cadere la maschera. Ci rincorreva cercando di uccidere qualche altro mio amico, come se avermi strappato Adam non fosse già abbastanza, quando lo riconobbi. Lui non mi conosceva, ma per me la questione era personale, forse troppo…- si interruppe ancora, assente nei suoi dolorosi ricordi, rivedeva tutto vividamente nella mente come accadesse in quel momento, ancora forte il dolore del lutto.

-Quando arrivarono gli auror, approfittai della confusione e chiusi me e lui in una bolla indistruttibile. Volevo lo scontro alla pari che Adam non aveva avuto. Lui era un abile duellante, non mirava solo ad uccidermi, ma anche a farmi soffrire il più possibile. Io ero accecata dalla rabbia e dalla sete di vendetta, avevo tanta adrenalina nel sangue da non sentire nemmeno il dolore dello squarcio enorme che mi aveva aperto nel fianco destro e delle varie altre ferite sanguinolente sparse per il corpo. Alla fine, non so nememno io come, riuscii ad immobilizzarlo con un incantesimo. Decisi che lo avrei stupito, che lo avrei umiliato, terrorizzato. Non pensavo di farlo fuori, volevo solo che patisse almeno un quarto di Adam, o di me. Mentre era lì impalato, immobile di fronte a me, mi sono trasformata in Animagus…all’improvviso, davanti ad una tigre inferocita, che ruggiva e passeggiava intorno a lui, ho iniziato a vedere le pupille che si dilatavano, ho iniziato a percepire l’odore della paura…anzi, del terrore. Lui non voleva morire, e io non volevo ucciderlo. Ma era solo la seconda volta che applicavo quella trasformazione, el’istinto animale ha avuto il sopravvento. Nella mia testa ormai vigeva la regola mangia o vieni mangiato, e io ero quella forte, quella in vantaggio. E così, l’istinto ha preso il sopravvento sulla ragione, ero senza controllo.…. ho spostato gli occhi nei suoi, e quello che ho visto mi è piaciuto. Volevo farlo supplicare di salvargli la vita, e poggiai i canini sul suo collo. Ma quando mi sono resa conto che potevo eliminarlo….gli morsi la giugulare insozzando il pelo bianco col suo sangue. Avrei voluto squarciare la sua carne pezzo a pezzo, straziarlo come il mio cuore era straziato per colpa sua, ma non lo feci. Affondai i denti nel suo collo, sdraiandomi sul suo corpo, guardandolo dissanguarsi. La battaglia era finita da un pezzo quando percepii che era morto, che non respirava più in quella sterminata pozza del suo stesso sangue, che nel mio orecchio fine di felino non passava più il sibilo sempre più affaticato del suo respiro. Ero come su un altro pianeta, non avevo quasi più coscienza di me, ma quando ho afferrato che l’avevo ammazzato, ho ripreso una parvenza di umanità. In un certo senso è stato un incidente, avevo solo quindici anni e non mi rendevo conto di quello facevo, in quello stato, avevo sottovalutato cosa volesse dire diventare un animale in tutto e per tutto.
Lentamente, dolorosamente, avevo compiuto la mia vendetta, ma avevo tolto la vita ad un uomo. Non era innocente come le sue vittime, anzi era un bastardo di prima categoria e meritava solo di morire, ma avevo comunque tolto la vita a un altro essere umano. Ma cosa ancora più rivoltante, non sono mai riuscita a pentirmene. Mi sono lasciata consumare e colmare dalla dolce sensazione della vendetta, e non ho mai provato rimorso per la vita di quel mostro. È stato talmente facile ucciderlo che la cosa, ancora oggi, mi fa paura. Di quella bestia conoscevo solo i crimini, e dopo la sua morte, mi sono soltanto resa conto che in fondo ero come lui, perché non mi sono posta il minimo scrupolo nel porre fine alla sua esistenza. Anche se ero troppo giovane per gestire l’istinto di una tigre, di un grande predatore, pensavo di poterlo fare. E poi, ho solo sciolto la briglia a quello che desideravo nel profondo, ed ero vuota, volevo solo che soffrisse.– raccontò Grace.

-E dopo? – la domanda pensava di averla solo pensata, il povero Draco, invece l’aveva masticata a denti stretti e con la mascella quasi serrata, gli occhi scuri e lontani, come se stesse cercando di immaginare la scena.

-Quando vidi che era morto, mi alzai e tornai umana, col mento ancora sporco del sangue infido di quell’ignobile essere, e sotto di me una pozza del mio, di sangue. Così presa dalla mia vendetta, non mi ero neanche accorta della morte di Sirius, anche se lo avevo visto cadere al di là del Velo, non avevo capito…non avevo voluto capire che fosse morto così. Lo capii poi, guardando Harry soffrire per lui. Silente mi accolse comunque a scuola, e spiegò al Ministro che non sapeva chi avesse ucciso il mangiamorte, cancellò la memoria a tutti i presenti, tranne che a me, io dovevo sempre ricordare l’atrocità commessa. Disse che ero solo una ragazzina, che era un errore di gioventù anche se gravissimo, che vivere con la colpa sarebbe stata una punizione sufficiente per il mio crimine di guerra, così l’aveva definito. Mi vergogno da morire per essere stata debole, per aver ceduto all’istinto ed essermi così condannata a vivere con questa colpa. Solo dopo mi sono resa conto della gravità di quello che avevo fatto e avevo deciso di smettere di combattere, di lasciare la guerra nelle mani di Harry senza più aiutarlo, ma poi ho capito anche che se io non mi difendevo da loro, dai mangiamorte, loro non ci avrebbero pensato due volte a farmi fuori, e questo mi ha impedito di impazzire. Mi ha fatto rendere conto che la guerra è guerra, se volevo impedirgli di uccidere qualche altra persona a me cara, dovevo continuare a lottare, difendere chi amo è diventato lo scopo della mia vita. Dopo aver superato quel periodo aiutai Harry a passare oltre il suo lutto nel modo giusto, cercando un modo per alleviare il peso della colpa. Non volevo che la furia lo accecasse come era successo a me, e lo spingesse a cercare tua zia. Lui non era pronto, si sarebbe fatto ammazzare inutilmente, ma non sono mai riuscita a pensare che avrei dovuto fare lo stesso, o che sarebbe stato meglio se io avessi risparmiato Beker, non ero…non sono abbastanza forte per pensarlo. Harry voleva vendetta, e io lo capivo, ma capivo anche che lui non era come me. Se io quel giorno fossi morta, nessuno avrebbe rischiato nulla. Ma se avessi lasciato che Harry arrivasse a Bellatrix, lei lo avrebbe consegnato a Voldemort, e il mondo sarebbe stato distrutto. Volevo che capisse prima di sbagliare, e in parte credo di esserci riuscita, ma non mi sono riscattata, ho sbagliato e ne sono consapevole.

- Ho questo lato brutale e oscuro che era giusto conoscessi. Se ora ti faccio schifo o addirittura paura, per essere un’assassina al pari di quei bastardi che sempre critichiamo, ti capisco Draco. Se ora vuoi lasciarmi e non guardarmi mai più in faccia lo capirò, e proprio perché ti amo, ti lascerò andare, non avrei il diritto di fermarti. – 

Draco rimase in silenzio, a boccheggiare. Mai e poi mai l’avrebbe creduta in grado di uccidere, uccidere per vendetta. Ma pensò anche che se gliel’avessero portata via, probabilmente anche lui avrebbe ucciso il responsabile della sua morte. La capiva, sapeva che nemmeno lui avrebbe fatto diversamente.

-Perché me lo hai detto? Avrei potuto non saperlo mai. Perché me lo hai voluto dire? – le chiese solo il ragazzo, pensando freneticamente con occhi assenti.

-Perché era giusto così, Draco. Alla fine, tu mi hai raccontato tutto di te. Invece questa cosa tu non la sapevi, e ti sei fatto un’idea sbagliata di me. Io non sono Hermione, non sono una perfettina e santarellina Griffindor, come la chiamate voi. Sono solo una ragazza che ha ucciso, che si è bagnata le labbra del sangue altrui e non sa pentirsene, un mostro. Non merito il tuo amore, non merito l’amore di nessuno, in realtà. – breve pausa.

-Ora la scelta sta a te, Draco. Non mi opporrò alla tua decisione che sia di denunciarmi come di lasciarmi, qualsiasi essa sia. Sappi solo che se vorrai troncare, salverò comunque tua madre, perché anche lei è una vittima innocente e non merita di morire. –

concluse Grace, abbassando lo sguardo sul piumone, non avendo il coraggio, per la prima volta in sette anni, di incontrare le iridi d’argento di lui. Iridi di ghiaccio che l’avrebbero uccisa col loro giudizio. Draco le fece alzare il mento con decisione, impedendole di sfuggire a quel contatto così intimo, che permetteva loro di sondare la mente dell’altro senza l’uso del legilimens.

-Non è una perfetta Gryffindor che voglio per me, Grace, ma una ragazza che sappia riconoscere i propri errori, che vive la sua colpa aiutando gli altri a soffrire meno, proteggendo le persone che ama anche a costo di rimetterci la vita. Io stesso ho fatto cose terribili per volere di mio padre, quando ancora aveva potere su di me, non posso giudicarti, Grace, quello che è stato è stato. Ti amo per quello che sei, non per uno strano ideale di ragazza perfetta. Vedo quello che hai dentro e questo mi basta. E poi se qualcuno facesse l’errore di portarti via da me, lo cercherei anche in capo a mondo pur di ucciderlo. Non siamo poi così diversi. Infatti, non appena potrò, ucciderò mio padre, e vendicherò la mamma. – disse serio lo Slyterin. Grace si aggrappò al suo petto, guardandolo con decisione.

-No Draco, non ti permetterò di commettere il mio stesso errore. Te lo impedirò, ti costringerò a fare la cosa giusta come nessuno è riuscito a fare con me. Lo condanneranno al bacio e soffrirà quanto merita, dopo che ti avrò aiutato a consegnarlo ai dissennatori, perderà l’anima e tu ti dovrai accontentare. – gli rispose la ragazza, forte e risoluta. Draco ghignò. Poi però trasformò il ghigno in un dolce sorriso. Era veramente stanco. Sentiva le tempie pulsare, come se la rivelazione pesasse nella sua testa quanto un macigno e le forti emozioni contrastanti si manifestavano sempre con un bel mal di testa, per lui.

-Va bene, mi accontenterò. Ora lasciami spogliare, che ho sonno e voglio dormire un po’. – le disse il biondo. Lei gli sfiorò le labbra in un dolce bacio che sapeva di gratitudine. Poi si scostò infilandosi a letto, mentre lui rimaneva in boxer e si sdraiava accanto a lei, cingendole la vita, facendo aderire la sua schiena al proprio petto.

-Buona notte, amore. Non ci pensare, io ti amo, e niente potrà cambiare questo sentimento. – le disse il biondo, sfiorandole l’orecchio con le labbra. Lei fece un abbozzo di sorriso.

-Ti amo anch’io, qualsiasi cosa dovesse succedere, sarò sempre con te. – rispose lei, chiudendo gli occhi e addormentandosi, stremata.

Erano solo le undici quando i ragazzi si addormentarono. Grace riposò per poche ore, appena tre, perché alle due aprì di nuovo gli occhi appannati dal sonno. Si liberò dolcemente dal tenero abbraccio del biondo. Si alzò piano, e senza fare il minimo rumore, senza il suono di un sospiro, si mise addosso una tuta nera, tanto per cambiare, recuperò il suo camice e andò nel laboratorio. Ci volevano sei ore per completare la pozione, quindi doveva cominciare alle due per averla pronta alle otto. Stanca e affaticata, cominciò comunque a lavorare. Quando l’ebbe finita erano le otto meno un quarto, ma la portò subito a Narcissa.

Ciondolò distrutta fino alla stanza sua e di Draco, trovandolo seduto con aria crucciata al centro del letto. Spettinato e col broncio, le sembrava di avere davanti un angioletto un po’ incazzato.

-Dov’eri? Come mai sei già vestita? – chiese lui, sospettoso e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, preoccupato da morire.

-Sono andata a fare la dose mattutina di pozione, ovvio. L’ho appena portata a tua madre. Sai, è importantissimo che la prenda sempre alla stessa ora. –

disse svelta Grace, togliendosi il camice e buttandosi a peso morto sul letto, di traverso, visto che il centro era occupato ancora dal biondo seduto come una bella statuina. Chiuse le palpebre, sentendole tremendamente pesanti. Quando le riaprì passò una mano sulla schiena larga del ragazzo, sentendolo teso.

-Ehi, che succede? – chiese, tirandosi su.

-Non voglio vederti stramazzare al suolo per creare quella maledetta pozione, ti fai del male così. Non devi strafare, Grace. Non voglio rischiare di perderti per salvare mia madre. Nemmeno lei lo vorrebbe. – disse il biondo, intuendo che era colpa di quell’intruglio se lei era sempre più debole.

Lei sorrise, grata della sua costante preoccupazione per la sua salute. Era anche da quello che sapeva che tenesse veramente a lei. A parte la madre e Blaise, Draco non s’era mai preoccupato per nessuno in vita sua.

-Non preoccuparti per me, Draco. Sono più forte di quello che sembro. Resisterò per questa settimana, poi smetterò. – rispose Grace, massaggiandogli le spalle e facendolo rilassare.

-Giuramelo. Giurami che non rifarai mai più la pozione, dopo domenica. – ribatté il ragazzo.

-Te lo giuro. – rispose Grace, senza nemmeno bisogno di pensarci un secondo.

Draco, più tranquillo, si stese appoggiando la testa alle sue gambe, facendosi accarezzare.

-Oggi, dopo pranzo, ti insegno a usare la magia mentre sei un bel gattino, che ne dici? – chiese Grace a Draco.

-Mmmm…..va bene. Sarà divertente. – disse il biondo ghignando.

 

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Fu così che dopo pranzo, per un’ora come al solito, i ragazzi, seduti sul tappeto al centro della stanza, si allenarono per far usare a Draco la magia senza avere a disposizione mani o bacchette.

-Allora, disponi già di tutte le conoscenze che ti servono. Al posto dei movimenti delle mani, userai il battito di ciglia, o movimenti della coda, a tua scelta. –

-Coda, coda, non sono mica un gatto effeminato! – la interruppe Draco, mentre Grace gli spiegava l’odierna lezione.

-Bene allora! Trasformati nel piccolo Ares e fammi vedere come usi quella bella coda folta! – disse Grace, ghignando sadica.

-Ares? – chiese il biondo, perplesso.

-Sì Ares, il dio greco della guerra. È il nome che ho dato alla tua versione animagus. Perché, non ti piace? – rispose la grifondoro, indispettita.

-No, no è carino. Ares…sì mi piace. È anche vero che io ho scelto il tuo senza interpellarti, quindi mi sembra equo, anche se Kalliope è molto meglio di Ares, per il semplice motivo che l’ho scelto io. – disse ghignando a sua volta il serpeverde, rispolverando il suo vecchio modo di fare da vero slytherin. Lei emise un risolino divertito. Ormai quell’atteggiamento le sembrava quasi ridicolo.

-Dai muoviti, genio! – disse la ragazza, ancora ridendo.

Lui si trasformò nel gatto, attendendo altri ordini.

-Ora usa la magia non-verbale, concentrati sul forte desiderio di fare un incantesimo e usa un movimento della coda come se fosse un braccio, la coda diventerà il tuo mezzo di trasmissione della magia. – disse Grace.

Fece in tempo a vedere solo uno strano scintillio negli occhi del micio, prima di trovarsi in reggiseno in mezzo alla stanza. Draco gli aveva fatto evanescere la camicetta, con un movimento svelto e guizzante della coda. Lui miagolò soddisfatto e le piombò sulle ginocchia, accoccolandosi in grembo alla ragazza. Miagolava un sacco e faceva persino le fusa. Lei gli fece dei grattini sulla gola, appena sotto il mento, dando il via ad una serie di suoni gutturali di approvazione e piacere. Accarezzò un po’ anche la testolina di Malfoy, poi lo tirò su, tenendolo sotto le zampe anteriori, portando il muso all’altezza del viso.

-Possibile che tra tutti gli incantesimi che potevi fare, ti è venuto in mente solo di farmi sparire la camicetta? –

Draco socchiuse gli occhi, poi senza preavviso si ritrasformò, schiacciando la ragazza sotto il suo dolce peso.

-Ah! Oddio, Draco! Che scemo che sei! – disse Grace ridacchiando, col ragazzo sdraiato sopra.

-Sono stato bravo, eh? Ammettilo, ho imparato subito, sono un genio! – disse tutto fiero e pomposo il piccolo Malfoy. La grifoncina rise di cuore.

-Sì, sì, sei stato bravo. Ma domani non si scherza più. Voglio vederti fare qualche incantesimo serio prima di mandarti in missione a cuor leggero. – rispose lei, improvvisamente seria.

-Ok, mammina. – rispose lui, per sdrammatizzare.

Scaduta l’ora per gli allenamenti, Grace dovette andare a preparare la pozione, mentre Draco tornò come il giorno prima, a parlare con la madre.

Andarono avanti così per tutta la settimana. Al mattino presto pozione, poi pranzo, allenamento, al pomeriggio ancora pozione. La sera si concedevano un film, o giocavano a carte. Lei proponeva scala quaranta, lui sempre strip poker, malizioso come pochi. Ma non aveva previsto di rimanere lui in mutande, visto che la ragazza aveva la classica faccia insondabile, da regina del bluff. Meno male che non c’erano in ballo i soldi, sennò a quest’ora lui sarebbe stato un povero in canna, lasciato col culo per terra dalla sua stessa donna!

 

…………………………………………………

 

-Vieni Draco. –

disse Grace al ragazzo, mentre, appena finito il loro allenamento pomeridiano, si recava al laboratorio per fare la pozione per l’ultima volta. Era già domenica. La madre del biondo aveva fatto visibili progressi, negli ultimi giorni. Aveva ripreso colore, mangiava di più, aveva un aspetto più sano e meno smunto. Ormai, gli unici organi che si dovevano riassestare e i più difficili, erano i reni e il fegato. Con l’ultima dose, la più massiccia, avrebbe rimesso a posto anche quelli.

Scesero la scala a chiocciola, e per la prima volta dopo una settimana Draco ebbe il permesso di entrare nel laboratorio e vedere cosa combinava Grace laggiù.

-Voglio che tu ti sieda lì, su quello sgabello, e qualsiasi cosa io faccia, non devi intervenire. – disse serissima la ragazza. Draco obbedì e si sedette.

La giovane prese il solito, piccolo calderone e lo mise sul fuoco acceso. Versò dentro diversi liquidi, delle scaglie di pelle di drago e una manciata di occhi di lucertola. Si sedette a sua volta nei pressi del miscuglio, girandolo ogni dieci minuti, lasciandolo bollire. Passò un libro di pozioni a Draco.

-Sarà una cosa lunga e noiosa per te, leggi intanto. – gli disse, mentre per l’ennesima volta girava il suo composto verde pisello.

Dopo un’ora di rimescolii, aggiunse tre ingredienti di cui Draco sapeva a malapena il nome, nonostante fosse molto bravo anche lui in pozioni, mentre Grace li utilizzava come se fossero cose da nulla. Fece così per tre intere ore, facendo sempre riposare il composto per mezz’ora dopo aver aggiunto tre sostanze. Alla fine era il turno del famoso ingrediente segreto.

Grace sospirò, sapendo di non potersi più tirare indietro.

Prese una cannuccia, che in fondo aveva una canula con una specie di piccolo rubinetto chiuso, come quelle delle flebo, del nastro di quello che si usa per fermare le garze e del cotone imbevuto di disinfettante. Poi prese un contenitore cilindrico e ci infilò dentro un’estremità della cannuccia. Quando prese un laccio emostatico e se lo strinse attorno al braccio sinistro, finalmente Draco capì tutto.

-Che cazzo stai facendo Grace? Non sarà mica il tuo sangue quel famoso ingrediente segreto? – chiese esterrefatto alla ragazza, cercando di fermarla dal fare pazzie.

-Sssshhhh! Non è il momento delle spiegazioni, e ti avevo pregato di non intervenire, se ti ricordi! – disse Grace, scocciata.

Strinse la mano a pugno, individuando la solita vena, poi, come se lo avesse fatto molto spesso, infilò l’ago nel braccio con fare esperto, bloccandolo dentro con il cotone fermato col nastro adesivo sulla pelle nuda del braccio. Quando la cannuccia fu sistemata a dovere nel contenitore, aprì il rubinetto, e con orrore, Draco vide il sangue della ragazza fluire veloce e terribile dentro quel barattolo. Era di un rosso vivo che faceva impressione, e lei non sembrava intenzionata a farlo smettere di fluire fuori dal suo corpo. Shockato e confuso, ricadde a sedere sullo sgabello, pallido come un cadavere, mentre seria la grifondoro controllava meticolosamente la quantità di sangue che riempiva il contenitore. Quando raggiunse la terza tacca segnata sul vetro, chiuse il rubinetto, sfilò l’ago piegando immediatamente il braccio, per fermare il sangue del foro appena provocato.

-Dieci….nove…otto… - Grace aveva preso a contare all’indietro con gli occhi chiusi e la testa abbandonata all’indietro.

-…sette….sei…cinque…. – continuando a contare si avvicinò piano a Draco, che ancora cercava di capire qualcosa di quella strana situazione.

-….quattro…tre….due… - gli era davanti e aveva afferrato il nastro.

-…uno. Ora capirai. – disse infine, togliendo il nastro e mostrando la pelle del braccio, che sotto gli occhi del ragazzo, si rigenerò, chiudendo il piccolo foro causato dall’ago in pochi secondi. Le prese il braccio in modo un po’ brusco, e si stupì nel constatare che quel buco, per quanto piccolo e quasi invisibile, non c’era proprio più.

-Nel tempo che ho impiegato a contare, il mio sangue richiudeva la vena, il muscolo e infine la pelle. Forza Draco, fammi quella domanda. So che vuoi farmela. Chiedimi cosa succede. – disse Grace, tornando al calderone.

Prese il suo sangue e lo versò piano nella pozione verde, che divenne subito rosso fiamma. Lo girò fino ad ottenere un composto omogeneo, lo coprì con un telo e spense il fuoco sotto il calderone. Fece evanescere tutto quello che aveva usato, pulendo la stanza. Poi prese lo sgabello e si sedette a occhi bassi davanti al biondo. Lui non sembrò voler parlare, allora fece tutto da sola.

-Ricordi cosa ti ho detto una volta? Riguardo a quando sono tornata dall’ufficio misteri, intendo. – cominciò, un po’ titubante.

-Certo che lo ricordo. Hai detto di aver dormito tre giorni di seguito. – rispose il ragazzo, con aria assente e senza guardarla in faccia.

-Le ferite che riportai dovevano essere mortali. – disse la ragazza, facendo risvegliare Draco dal torpore. Lui finalmente la guardò in faccia.

-E allora…come hai fatto a… -

-…sopravvivere? – cominciò Draco e concluse Grace. Sorrise mesta.

-È stato allora che me ne sono accorta. Sapevo che guarivo sempre più in fretta degli altri, ma non pensavo a niente di così estremo, eppure, nel momento in cui svenni tra le braccia di Silente lì al Ministero, il mio corpo cominciò a guarirsi da solo. Velocemente, molto velocemente. Rimasi in una specie di coma per tre giorni e tre notti, mentre le mie cellule si rigeneravano, salvandomi la vita. Madama Chips si limitava a iniettarmi pozioni che rifacessero il sangue, il resto lo facevo da me. Quando mi svegliai, tra lo stupore di tutti, Silente mi spiegò come stavano le cose. –

disse Grace.

-Cioè? – chiese il biondo, impaziente di sapere finalmente la verità. Lei prese un grosso respiro.

-Siccome sono una metamorfomagus, le mie cellule sono abituate a moltiplicarsi molto più velocemente di quelle di un normale mago e di cambiare la loro natura e le loro caratteristiche, per permettermi di mutare forma a mio piacimento. Ma non è solo questo. Nel mio sangue c’è una sostanza particolare, anomala, che scorre insieme al mio flusso magico. Con l’espansione dei flussi, sai, la magia va ovunque nel corpo, come il sangue ovviamente. Così, la magia e il mio sangue particolare, mi permettono di guarire molto, molto velocemente. Ma mi dissero che anche il sangue da solo aveva effetti curativi strabilianti. Così mi è venuta l’idea di usarlo per qualcosa di utile quel mio sangue, soprattutto dopo quello che avevo fatto quella sera al Ministero. – fece una breve pausa per prendere fiato, le costava fatica parlare di quelle cose.

-Cominciai a creare questa formula, col mio sangue come ingrediente portante. Era già una cosa dagli effetti prodigiosi quando la trovò Piton, ma mancava ancora un catalizzatore, uno stabilizzante, che la rendesse perfetta. Mi ci è voluto un anno, ma l’ho trovato, alla fine, e ho completato la più potente ed efficace Pozione Rigenerante mai creata. Sapevo che se si fosse saputo quale fosse l’ingrediente segreto, qualcuno avrebbe cercato di fermarmi, quindi non ho detto a nessuno della pozione.– concluse Grace, con occhi fieri e perennemente orgogliosi, anche se stanchi e incavati.

-Quindi è per questo che sei sempre pallida e spossata. Quanto diavolo di sangue metti in quel calderone ogni volta? – chiese sconvolto Draco, ancora incredulo.

-30 centilitri, ci potrei riempire una lattina di Coca-Cola. – disse la ragazza, scherzandoci su.

-Dio, Grace, quanto sei incosciente! Sei una pazza! Non ti rendi conto! Cazzo, potevi morire, per un tale sforzo! Una settimana! Un’intera settimana a cavarti sangue mattina e sera! Sei davvero una scriteriata incosciente! Solo per me, poi! Cos’avrei fatto se avessi esagerato, se non avessi retto? Sapendo che l’avevi fatto per me, cosa pensi avrei fatto, poi? – urlò Draco, scattando in piedi, camminando irrequieto per la stanza, furioso.

-Non l’ho fatto per te. Sì, dopo aver saputo di tua madre ho dato un’accelerata al processo di ultimazione, ma non ho creato la pozione per te. Volevo aiutarti, salvare Narcissa, ma soprattutto fare qualcosa di buono per gli altri. Sono terribilmente egoista, ok? Volevo riscattarmi non agli occhi degli altri ma a quelli della mia implacabile coscienza, e ho iniziato questa pozione solo per la mia grande passione per la materia, perché sapevo di essere brava e volevo dimostrarlo a me stessa e agli altri, facendo qualcosa di utile al mondo, per vanità, si può dire. Utile e unico, che solo io potevo creare, che fosse sotto il mio totale controllo. E cosa potevo controllare meglio di un composto basato sul mio sangue stesso? – spiegò la ragazza, girandosi sullo sgabello verso di lui, troppo debole per alzarsi.

-Non ti saresti dovuto sentire in colpa, Draco, se io non ce l’avessi fatta. Anche se l’unico destinatario ultimo di questa pozione è tua madre, io l’avrei fatta comunque, per mia soddisfazione personale di pozionista. Nessuno avrebbe potuto impedirmi di lavorarci, nemmeno tu. Per quanto ti ami, avrei fatto l’impossibile pur di salvare Narcissa. Credo di aver fatto incarnare in lei la figura di Adam. Per lui non ho potuto fare niente. Mentre per quella donna io potevo fare molto, potevo salvarla, preservare una vita innocente, l’ esistenza della persona più importante della tua vita, tra l’altro. Insomma, non l’ho fatto solo per te, l’ho fatto anche per lei, e per me stessa, per noi. –

Silenzio. Nel laboratorio scese un fastidioso, irritante silenzio. Alla fine di quella snervante assenza di suoni, Draco sospirò, tornando davanti a Grace e inginocchiandosi davanti a lei per essere all’altezza del suo viso.

-Ora sai tutto di me, tutto quanto, non ho più segreti per te. Fa di me quello che vuoi, Draco. Ho solo difetti, ormai l’hai capito. –disse lei, con gli occhi bassi. Succedeva un po’ troppo spesso ultimamente, che non avesse il coraggio di guardarlo in faccia.

-Non è vero che hai solo difetti, e se tu sopporti i miei, io sopporterò i tuoi. Giurami ancora che non farai più cazzate come questa, che non produrrai più la pozione, e io accantonerò tutto e farò finta che tu non abbia cercato di suicidarti dissanguandoti. – disse Draco, accarezzandole una guancia pallida.

-Va bene Draco, te lo giuro. – concesse lei, con un dolce sorriso sulle labbra.

Rimasero ancora un’ora a parlare lì, finché la pozione non ebbe finito di riposare. Grace ne riempì una grossa fiala, le fece un incantesimo particolare che ne congelò il contenuto, permettendone l’assoluta conservazione. Poi la rimpicciolì e infilò quella specie di ciondolo nella catenina che portava sempre, con la goccia di cristallo. Poi prese un contenitore cilindrico piuttosto grosso e lo riempì tutto di pozione.

-Andiamo, sono le otto. Tua madre deve prendere l’ultima dose. Domani mattina le faremo fare le analisi da una medimaga di fiducia, e sarà l’ora della verità. – disse Grace, negli occhi la speranza che tutto andasse bene.

Tornarono al piano di sopra, e diedero subito la pozione a Narcissa, accompagnandola poi a dormire. Senza nemmeno mangiare, andarono a dormire anche loro.

 

 

Antro dell’autrice

Eccomi qua, stavolta sono in mega ritardo, vi chiedo perdono!…Comunque, come al solito non so cosa scrivere nelle note…partiamo dal fatto che in questa lesson ho messo molta, mooolta carne al fuoco… ad un certo punto mi sono accorta di aver esagerato a rendere Grace un’assassina, però volevo che si capisse che non è il tipico angioletto, e mettere Draco davanti ad una scelta…spero non vorrete linciarmi, in tal caso mi nascondo… aspetto qualche commento, siate clementi, vi prego! Un bacio a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 13
*** Lesson 13: Il giorno della verità ***


Lesson 13 il giorno della verità

LESSON 13: IL GIORNO DELLA VERITA’

 

Dormirono tutta la notte, profondamente. Alle otto precise, Grace, come se avesse una sveglia nel cervello, aprì gli occhi.

-Draco? Amore, svegliati, dobbiamo andare da tua madre. – disse lei, scuotendo piano il suo ragazzo. Lui, seppur con molta fatica, alzò le palpebre.

-Dobbiamo andarci proprio così presto da mia madre? – chiese il biondo, incassando la faccia nel cuscino. Lei sorrise. Che bambino che era!

-Sì, dobbiamo andarci ora! La facciamo controllare e se è tutto a posto facciamo i bagagli e torniamo a scuola! –

gli disse la ragazza, tirandogli una cuscinata in testa. Lui mugugnò qualcosa di incomprensibile e si girò dall’altra parte. Lei sospirò e andò a prepararsi. Quando tornò, Draco era nella stessa identica posizione di prima, così decise di svegliarlo a modo suo.

Prese a sfiorargli le spalle, salendo a cavalcioni sulla sua schiena, sedendosi sul suo fondoschiena. Iniziò un massaggio lento e piacevole, molto sensuale. Sentì il ragazzo risorgere lentamente, finché non si girò da sotto di lei, l’afferrò per i fianchi e la sbatté da parte sul materasso, baciandola con passione.

-Finalmente sveglio, eh, principino? – disse Grace, ansimando e riprendendo fiato.

-Dovresti svegliarmi così ogni giorno, ho molto apprezzato. – le disse il biondo, ghignando e baciandole il collo.

-Ok, ora però vestiti. – disse ancora la ragazza, scivolando via da lui, che sbuffò contrariato e andò a prepararsi.

Poco dopo scesero in salotto, dove trovarono una radiosa Narcissa. Sembrava tornata in piena forma, la speranza era tanta. Ad un certo punto si sentì un sonoro POP!, segno che qualcuno s’era appena smaterializzato in casa. Dalla porta della cucina sbucò una donna con i capelli di un castano chiaro dai riflessi ramati, raccolti in uno chignon stretto e professionale dietro la testa. Gli occhi erano di un bel verde deciso, come l’espressione che aveva il suo volto. I lineamenti erano delicati ma trapelava una grande forza d’animo da tutte le parti, da quel viso, da quella donna. Era abbastanza giovane, probabilmente sulla quarantina, ed era una gran bella donna, pensò Draco. Somigliava stranamente a…

-Mamma! –

-Grace! –

La sua ragazza si era letteralmente buttata tra le braccia della donna chiamandola mamma.
Ok, questo era strano.

-Che bella sorpresa! Che ci fai qui? - chiese la ragazza, stritolandola in un abbraccio da soffocamento.

-Lavoro! Tu piuttosto! Che ci fai qui? – rispose la donna, che evidentemente era la medimaga chiamata dalla zia Andromeda.

-Ho creato una pozione per curare la mamma del mio fidanzato. – spiegò, sincera e spiccia, quella pazza di Grace.

-Ah. – rispose la madre, girando gli occhi verso il biondo.

-Non sarà mica quello il tuo ragazzo? Ma è Draco Malfoy! Non era il tuo acerrimo nemico? – chiese la donna, stupita oltre ogni limite. La ragazza sospirò, sorridente.

-Vieni che ti spiego, va. – concluse la ragazza, guidando la madre verso il divano di fronte a Narcissa e facendola accomodare.

Spiegò per filo e per segno la loro storia fino a quel momento, tralasciando ovviamente gli innumerevoli momenti di intimità col suo ragazzo, capendo poi la strana coincidenza del loro incontro dalle spiegazioni della madre. Infatti, da quando il Signore Oscuro era tornato, la madre di Grace, Allie, era diventata, insieme alla figlia maggiore Kate, la medimaga di fiducia di molti auror e delle loro famiglie senza richiedere pagamenti, come nel caso quindi di Tonks e Andromeda, che l’aveva chiamata con il pretesto di visitare Narcissa, per un controllo.

-Mamma, non devi dire niente di quello che ti ho detto a nessuno, nemmeno a papà. E soprattutto non dirgli di Draco, se no scoppia il finimondo, lo sai che odia Lucius in modo assai particolare. – disse Grace alla madre, con occhi decisi. La madre ghignò, astuta.

-Sicura che non sia per la sua proverbiale gelosia che vuoi conservare il segreto? Verrebbe a fargli il discorsetto se sapesse di voi due…- rispose la donna. La ragazza arrossì vistosamente, Draco sbiancò e Narcissa emise una risatina divertita. Poi il ghigno di Allie divenne un dolce sorriso materno.

-Non ti preoccupare, non dirò nulla a nessuno, il tuo segreto è al sicuro con me. – disse la donna, accarezzando il viso della ragazza.

-Lo so mamma, io mi fido di te. – rispose Grace, vedendo gli occhi di Allie brillare di orgoglio materno.

-Bene signora Black, andiamo in stanza, così comincio subito a visitarla. Spero che tu abbia fatto un buon lavoro, Grace! – disse poi scherzosa la madre della ragazza.

Così le due donne si recarono nella stanza di Narcissa. Dopo quasi un’ora, Allie uscì dalla porta. Era pallida e visibilmente sconvolta, tanto che i ragazzi temettero il peggio, temettero di aver fallito.

-Oddio, mamma, perché hai quella faccia? – chiese Grace, in fibrillazione.

La madre si accasciò sul divano.

-Io…non so come hai fatto ma… è guarita…ho rifatto tutti i controlli una decina di volte, per non illudere Narcissa ma… sono tutti negativi…è sana come un pesce… - borbottò la donna all’indirizzo dei ragazzi.

Grace aveva iniziato a saltellare su e giù come un coniglio impazzito, urlando come una folle :

“ Ce l’abbiamo fatta!!! Sì, sì, sììììì!!!”.

Alla fine era piombata addosso a Draco, che ancora sconvolto dalla notizia, era rimasto imbambolato in mezzo al salotto, e lo baciò con tanta foga che per poco non lo uccise. Quando anche lui cominciò a rispondere al bacio, sentirono dei colpetti di tosse che li richiamavano alla realtà.

Narcissa era scesa, in tutto il suo splendore.

-Mamma! Mamma, ce l’hai fatta! Sei salva, sei salva! – urlò Draco, correndo ad abbracciare la madre, facendole fare un giro sollevata da terra, tanto era felice.

-Draco, tesoro, calmati! E poi, non sono io ad avercela fatta, ma Grace! – disse la donna, mentre il biondo la rimetteva a terra. Lei arrivò con le mani in grembo fin davanti alla ragazza, così giovane, ma che le aveva salvato la vita.

-Non so come ringraziarti, Grace, senza di te starei ancora soffrendo in una lunga e triste agonia. – disse alla grifondoro.

-Non deve signora, è stato un piacere per me. Ho solo fatto quello che era nelle mie possibilità per aiutarla. – rispose Grace.

Poi Narcissa la strinse con fare materno e con molta, molta gratitudine.

Quello stesso pomeriggio, i ragazzi fecero le valige, salutarono le loro madri, e tornarono ad Hogwarts, con un peso in meno sul cuore e una promessa in più nell’anima.

 

Novembre passò in fretta, e si portò via gli ultimi allenamenti di Grace e Draco. Ora il preside, conscio che il termine dei due mesi era giunto, un pomeriggio, subito dopo l’ultima lezione, li aveva convocati nel suo ufficio.

-Prego, signori, accomodatevi. Gradite qualche ape frizzola? – chiese cordiale Silente ai due ragazzi, che si sedettero composti, quasi senza guardarsi, ostentando indifferenza l’uno per l’altra. Grace prese un dolcetto ringraziando il professore.

-Allora, signor Malfoy, mi dica è soddisfatto dell’insegnante a cui l’ho affidata? – chiese poi il vecchio mago.

-Oh sì, professore, mi ha insegnato molto più di quello che le competeva. – rispose Draco con un ghigno per niente rassicurante. 

-Bene, allora non le spiacerà darmi una piccola dimostrazione pratica, vero? – propose il preside con un sorrisino scaltro.

Senza nemmeno rispondere, il ragazzo si tramutò nel solito gattone, Ares, bellamente stravaccato sulla poltrona, con gli occhioni grigi spalancati. Silente ne fu compiaciuto.

-Oh, molto bene Signor Malfoy! Un bell’angora bianco! Sbalorditivo e molto realistico, complimenti! Crede di riuscire anche a comportarsi come un bel gattino? – chiese sadico il vecchietto.

Divertendosi un sacco, Draco prese a strusciarsi attorno alle gambe di Grace, miagolando. Poi saltò sulla scrivania di Silente, che lo guardava divertito, annusò dei fogli che stavano poggiati lì e poi ci si spaparanzò sopra, socchiudendo gli occhi, dispettoso. Allora Grace, trattenendo un sorriso, lo prese in braccio, facendogli un grattino a tradimento sotto il mento e scatenando un profusione di fusa, degne di un vero gatto da appartamento. Silente ridacchiò soddisfatto.

-Davvero un ottimo lavoro, signori! Non potevo sperare di meglio, da voi. – disse poi il preside, credendo che la dimostrazione finisse lì.

Invece Draco prese ad agitare la coda come se fosse stato nervoso, e tutti gli oggetti dell’ufficio iniziarono a levitare, come sotto influsso di un wingardium leviosa. Poi le famose api frizzole presero a comporre strane immagini levitando in aria, davanti al gatto. Quando poi mosse ancora la coda in quel gesto di apparente nervosismo, tutto tornò al proprio posto. Silente era rimasto senza parole, con la bocca socchiusa, fissava attonito prima il gatto e poi Grace, chiedendosi come quella ragazza avesse potuto fargli fare tali progressi in così poco tempo. Aveva chiaramente percepito che ad eseguire l’ incantesimo era stato proprio Malfoy formato felino, non c’erano dubbi.

Lui, soddisfatto, balzò sulla sua poltrona e si ritrasformò, sfoggiando il più divertito del suo repertorio di ghigni.

-Signori, stavolta potete vantarvi di essere riusciti a stupire persino me. Signorina Parker, in due soli mesi, non solo è riuscita ad insegnare il difficile processo dell’animagus, ma ha anche fatto apprendere l’uso della magia in quella forma. –

-Non solo. Ho anche imparato ad usare la magia senza bacchetta in forma umana. – precisò Draco.

-Come insegnante fai prodigi, Grace. Non vorresti magari diventare l’assistente della professoressa McGranitt, una volta terminato l’anno, o magari del professor Vitious? Sarebbe un buon utilizzo del tuo grande talento. – concluse il vecchio preside. Grace sorrise grata al preside.

-Mi dispiace professore, ma preferirei diventare Auror, come i miei fratelli e viaggiare, e mantenere un po’ d’ordine in questo mondo. Sono convinta che ci sia bisogno soprattutto di quello al giorno d’oggi. Inoltre, è merito delle grandi capacità di apprendimento di Malfoy, se ho avuto il tempo di ampliare il campo fino all’uso della magia in forma animagus, e poi, avevo solo uno studente da istruire, è più semplice. – rispose poi la grifondoro.

-Beh, se dovesse cambiare idea, la cattedra per lei sarà sempre disponibile, dovrà solo chiedere. Ora, se non le spiace, vorrei parlare al signor Malfoy in privato, perciò, arrivederci signorina Parker.– si arrese Silente, sorridendo benevolo alla sua studentessa.

-Certo, professore. Arrivederci. – salutò la ragazza, uscendo subito dall’ufficio. Aveva intuito che dovessero parlare della prima missione di Draco ed era preoccupata, ma se ne andò comunque e lasciò l’ufficio.

Silente tornò serio, incrociò le mani davanti al viso, poggiando i gomiti sulla scrivania e sospirando gravemente.

-Draco, ora che sei pronto, intendo assegnarti la tua prima missione come membro dell’Ordine. Vorrei che da domani tu dedicassi qualche sera a settimana allo spionaggio dei mangiamorte, e, anche se so quanto potrà essere spiacevole per te, soprattutto di tuo padre. Uscirai poco dopo cena e tornerai nella notte, così nessuno noterà la tua assenza. Vorrei che cominciassi con Goyle, pare che ultimamente molti attacchi lo vedano coinvolto. Con lui dovresti carpire abbastanza informazioni sugli attentati da poterli fermare in anticipo.-

-Va bene professore. Non sarò certo io a tirarmi indietro. – rispose Draco, serio e deciso come non lo era mai stato.

-Non ho nient’altro da aggiungere, per ora, tranne che, ovviamente, le mie raccomandazioni di fare attenzione e portare prudenza e pazienza fino alla fine di questa follia, di questa guerra. L’ultima cosa che vorrei è dover sacrificare altre vite innocenti per la nostra causa, lei mi comprende vero? –

-Certo, professore. Prenderò tutte le dovute precauzioni e starò attento. –

-E mi dica, come sta sua madre? – chiese apprensivo il preside.

‘Ecco, e ora che gli dico? Se gli parlo di lei verrà fuori anche la storia di Grace, e non mi sembra il caso che qualcuno ci scopra proprio ora!’ pensava Draco, indeciso se dire o no al preside della storia sua e di Grace.

-Sta meglio, grazie. Vive alla giornata, come tutti, e si gode un po’ di pace da mia zia Andromeda. – rispose il biondo.

-Molto bene allora, può andare anche lei. Arrivederci. –

-Arrivederci, professore. - e così anche il ragazzo uscì dall’ufficio.

Quando arrivò alla fine della scala, ebbe un attimo di smarrimento.

Finalmente sarebbe partito, finalmente avrebbe iniziato la sua vendetta.

Era un po’ in ansia, ma nessun sentimento era pari a quello della vendetta.

Era come una piccola bestiolina maligna che gli rodeva il cuore, istigandolo a compiere tutto quello che poteva per poter avere la sua rivalsa sul padre, sul mostro che aveva tentato di uccidere sua madre.

Quando si riprese un poco dai suoi pensieri, si accorse che qualcuno, sdraiato tra i piedi di un’armatura, lo osservava curioso e preoccupato. Lui si lasciò scappare un sorrisino, mentre la gatta nera si faceva strada nel corridoio fino ad arrivargli davanti. Come se niente fosse, il biondo la sollevò, facendola accomodare sul suo braccio piegato, e si diresse verso camera sua.

Quando ebbero passato il quadro del Barone Sanguinario, videro Blaise sdraiato su un divano della sala comune, che, quando vide l’amico entrare, rimase alquanto perplesso nel vedere il gatto nero.

-Ehi Dray! Dove eri finito? E di chi è quel gatto? – chiese subito, curioso, il moro.

-È sua, e ti consiglio di non avvicinarti, è davvero cattiva! Quando ho provato ad accarezzarla, mi ha graffiato tutta la mano e si è messa a soffiare! È pericolosa! –

disse la Parkinson, che passava di lì per uscire. Blaise si avvicinò alla gatta, protendendo una mano, aspettandosi di doverla ritrarre, ma la gatta si fece placidamente accarezzare dietro le orecchie, socchiudendo addirittura gli occhi e facendo un accenno di fusa, solo per fare dispetto a Pansy, che arrossì di rabbia e se ne andò indispettita dalla sala comune.

Draco ghignò e Blaise sorrise dolcemente, evidentemente gli animali gli piacevano parecchio.

-Allora è una femmina, giusto? E come si chiama? – chiese allora il moro.

-Si chiama Kallisto. – rispose Draco.

-Vieni nella mia stanza, ti dobbiamo parlare. – disse poi il biondo, facendo strada verso camera sua ad un sempre più confuso Blaise. Perché parlava al plurale ora?

Non appena furono dentro, la gatta scese dalle braccia del serpeverde e con passo elegante arrivò fin davanti al letto, vi balzò sopra e si sdraiò, aspettando che anche i ragazzi si mettessero comodi.

-Non sapevo che avessi una gatta, non l’avevo mai vista. È un bell’esemplare però. – disse il moro, accomodandosi in una poltrona.

Draco insonorizzò la stanza e sigillò la porta. Poi si sistemò sul letto, vicino alla gatta, accarezzandola piano con le dita affusolate.

-Vedi Blaise, lei è mia, sì, ma non è propriamente una gatta. – disse Draco, con un ghigno.

-Come non è un gatto? Che stai di….cendo… -

aveva iniziato a dire il moro, quando ad un tratto, Kallisto aveva deciso di riprendere la sua forma umana, e ritrasformarsi in ragazza davanti agli occhi increduli del ragazzo.

-Ha fatto quest’effetto anche a me la prima volta, ti capisco. – disse Draco, con l’aria di chi la sapeva lunga.

-Accidenti! Grace, ma…sei tu la gatta? Sei tu che ti aggiri ad orari improponibili qui fuori per entrare, la notte? – chiese il ragazzo, capendo all’improvviso di quale gatto si lamentasse sempre il Barone, perché lo svegliava a notte fonda. La ragazza ghignò.

-Eh già, sono proprio io, Zabini. Sappi che ho molto apprezzato le carezze, se vuoi fare il bis, io sono disponibile! – disse poi, giocando, e ammiccando al moro.

-Ehm, ehm! Sarei presente anch’io, se non te ne sei accorta! Abbi almeno la decenza di cornificarmi quando non ci sono, per pietà! – disse il biondo, richiamando la loro attenzione, a metà tra il divertito e l’indispettito, stringendola possessivamente per la vita. La ragazza e l’amico risero di gusto.

-Non temere amico, lei è tua, no? – disse Zabini, sorridendo sornione.

-Già Dracuccio, io sono tua! – esclamò Grace, guardandolo negli occhi. Blaise scherzava, ma lei diceva sul serio.

-Che ti ha detto Silente? Quando devi partire? – disse poi la ragazza, sempre guardandolo dritto negli occhi grigi. Draco sospirò e Blaise si fece attento e preoccupato, come pure la grifondoro.

-Da domani, per qualche sera a settimana. Partirò dopo cena e tornerò di notte, così nessuno si accorgerà della mia assenza. – disse il Principe delle Serpi citando le parole del preside, serio e un po’ teso.

-Non è vero! Io me ne accorgerò di certo! A meno che Blaise non venga a farmi le coccole al posto tuo, ma non mi sembra fattibile! – disse Grace, come se avesse detto un eresia.

Blaise ridacchiò divertito, mentre a Draco, nervoso com’era, non c’era verso di strappare nemmeno uno dei suoi soliti ghigni. Grace tornò seria a sua volta, gli accarezzò piano una guancia pallida per voltargli il viso e farsi guardare in faccia.

-Non devi essere teso, Draco, hai tutto quello che ti serve per fare le cose come si deve. Io mi fido di te, devi solo farlo anche tu, fidati di te stesso e andrà tutto bene. Stai sereno, ok? –

gli disse la ragazza, cercando di tranquillizzarlo un po’.

Lui si sentì più calmo, nel perdersi in quelle iridi blu, e ghignò, ora un po’ più fiducioso. Blaise sorrise. Quella ragazza riusciva a calmarlo con una semplice frase. Dovevano essere davvero innamorati.

Si alzò lentamente dalla poltrona, arrivò davanti alla porta e la sbloccò.

-Io tolgo il disturbo, a dopo. – sussurrò, prima di lasciare i due piccioncini da soli.

Draco le accarezzò una guancia a sua volta, lei si mordicchiò il labbro inferiore, lasciando così trasparire un po’ della sua inquietudine. Diceva a Draco di stare calmo, ma poi lei era quella più angosciata di tutti. A quel gesto, il ragazzo non poteva resistere. Si avvicinò veloce al suo viso, catturando le sue labbra in un bacio dolce.

Per la prima volta, non c’era fretta, non c’era smania, c’era solo la voglia di sentire il suo sapore sulle proprie labbra, il suo respiro infrangersi sul proprio volto, la sua pelle morbida sotto i polpastrelli. Per qualche secondo fu solo uno sfiorarsi di labbra, un gesto casto. Come a voler sottolineare che in quel momento non era solo il suo corpo ad interessarlo, non era il piacere fisico che voleva, ma solo dimostrarle quanto fosse importante per lui averla vicina.

Poi, stranamente, fu lei a volere di più, ad insinuare la sua lingua nella bocca di lui. Non affrettò il bacio, non lo rese più impetuoso, semplicemente più intimo, trasformandolo in un gioco di lingue. Prese a massaggiargli la nuca con le dita sottili e leggere, immergendole poi nei capelli biondissimi del ragazzo. Sapeva che lo rilassavano quei movimenti delicati, non voleva che affrontasse le sue missioni preso dall’ansia di fallire, doveva essere lucido, e lei sperava di calmarlo un po’, per fargli vedere la cosa a mente fredda e preparata.

Lui gradì molto, e iniziò ad accarezzarle la schiena, ma soprattutto non lasciava mai andare la sua guancia, il suo viso. Spostava la mano tra i capelli lisci e blu di lei, spingendola ad avvicinarsi di più, non lasciandola sfuggire a quel contatto.

Quando si staccarono fu solo per la necessità di incamerare ossigeno. A guardarla poteva sembrare tranquilla, ma Draco poteva notare gli occhi lucidi della ragazza, il continuo umettarsi le labbra, il mordicchiarsi il labbro, erano tutti chiari segni di inquietudine della grifondoro. Le sorrise dolce, stringendola, facendole poggiare la testa su una spalla.

-Predichi bene ma razzoli male, eh? – disse il biondo, sorridendo sulla spalla di lei, baciandola piano.

-Io posso permettermi di essere in ansia per te, tu no. Tu devi affrontare la missione a muso duro, e devi essere tranquillo, altrimenti ti metterai in pericolo. Io invece, posso stare qui a struggermi per te senza problemi, la cosa non mi metterà nei guai. –

disse la strega, accoccolandosi meglio fra le braccia forti e protettive del biondo, che ridacchiò all’idea della sua forte e orgogliosa Grifondoro che si struggeva per lui.

-Non voglio che ti preoccupi per me, starò via solo per poche ore a notte, poi tornerò subito qui. – disse il ragazzo.

Passarono il pomeriggio così, a rassicurarsi a vicenda e a scherzare sulla faccenda il più possibile, nel tentativo di sdrammatizzare la situazione.

 

 

 

Antro dell’autrice

 

Salve a tutti! Sono di nuovo qui, a commentare la nuova lesson. Non è successo molto, ma è un capitolo di collegamento necessario, abbiate pazienza, prometto che dal prossimo non vi annoierete più (almeno non troppo). ^.^ Da un po’ non c’è più nessuno che recensisce, ma continuerò ad aggiornare per coloro che hanno messo la mia storia tra i preferiti, o che la leggono soltanto, e ringrazio tutti voi per l'attenzione.

Un bacio a tutti, a presto.

Firmato: Nami l’autrice insonne.

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Capitolo 14
*** Lesson 14: Music Terapy ***


Lesson 14: Music Terapy

LESSON 14: MUSIC TERAPY

 

Il giorno dopo, anche se non dovevano più fare le lezioni, si ritrovarono comunque entrambi nella stanza delle necessità. Lui arrivò dopo di lei, prendendosela comoda, e la trovò già lì.

Stava seduta al pianoforte, che aveva spostato al centro della stanza. Ad occhi chiusi, muoveva agili le dita sottili, e suonava una delle Sinfonie di Beethoven con una maestria e un trasporto invidiabili. Il fatto che seguisse la melodia senza nemmeno vedere i tasti gli fece supporre che l’avesse eseguita talmente tante volte, da memorizzare ogni nota, ogni accordo, ogni inflessione di quella composizione.

Draco chiuse molto piano la porta, per non disturbarla. Rimase con la schiena appoggiata ad essa e chiuse gli occhi, cullato dalle note decise e limpide dello strumento. Nel momento di maggiore intensità e velocità del brano, lui aprì gli occhi, lei corrugò le sopracciglia, ma senza aprire i suoi, semplicemente facendo notare la grande concentrazione con quel piccolo gesto. Poi, la sinfonia si acquietò, fino a giungere alle ultime note. Quando l’ultimo suono, l’ultimo accordo, si fu perso nell’aria, la ragazza aprì gli occhi. Fissandosi le dita, ancora posate sugli ultimi tasti, ricordò le lezioni prese fin da piccolissima da sua madre, quelle domeniche di tanti anni prima. E poi, quando passava interi pomeriggi a suonare per suo padre, di ritorno da una delle sue rischiosissime missioni, per rasserenarlo e farlo sentire a casa. Diceva sempre che il suono del pianoforte, se suonato dalla sua Grace, aveva il potere di placargli l’animo, e di fargli raggiungere quella quiete che poteva trovare solo in sua compagnia. Grace era la ragazzina più esagitata che si potesse conoscere. Giocava a pallone con i fratelli per ore d’estate, tornando a casa piena di graffi e tutta sporca di fango. Era un vero terremoto, un maschiaccio.

Ma quando poggiava i polpastrelli sui tasti candidi del pianoforte a coda, nel loro salotto, diventava un’altra. La schiena diritta, la posa composta, la concentrazione negli occhi, una piccola fotocopia di sua madre. E poi, iniziava una delle sinfonie di Beethoven, o di Mozart, riscoprendo il fascino della musica classica, facendo acquietare perfino quel piccolo diavolo di Max, che quando vedeva la sorella sedersi al piano, per l’occasione, si fermava sulle ginocchia del padre, ad ascoltare la poesia che Grace evocava ogni volta più intensamente della precedente.

Suonare era un modo per dire a sua padre quanto fosse felice di riaverlo a casa, e che stesse bene. Era il loro modo di comunicare, in un certo senso.

Si riscosse dai suoi pensieri con un sospiro malinconico. Ormai erano sempre meno le occasioni per potersi dedicare alla musica, lo faceva quando era nervosa. Draco si avvicinò col suo passo cadenzato allo sgabello fino a sedersi vicino alla ragazza, che parve vederlo solo in quel momento. Lui posò le dita affusolate su alcuni tasti, e quando li schiacciò, Grace individuò l’accordo iniziale di una delle canzoni che in assoluto preferiva, su tutte.

-Per Elisa… -

sussurrò piano, iniziando a suonare con lui, a quattro mani, quella canzone che lei considerava uno dei più grandi capolavori della musica classica. Sul suo volto apparve un leggero sorriso, mentre faceva incrociare le sue mani con quelle del biondo, nell’esecuzione della melodia. Velocità e precisione, non un errore, macchiava quell’esecuzione, quel duetto. Avrebbero potuto sfruttare canzoni più adatte, apposta per uno svolgimento a due, ma quella canzone aveva un significato particolare per entrambi, e nessun’altra canzone avrebbe avuto lo stesso valore, suonata in due.

Conclusero insieme, e non ci fu bisogno di parlare, si sorrisero soltanto, decidendo la prossima canzone da eseguire semplicemente componendo un accordo, facendosi seguire dal compagno.

In quel modo, entrambi dimenticarono che qualche ora più tardi Draco sarebbe andato nella tana del lupo a strappargli qualche informazione, si rilassarono e basta, a modo loro.

-Come hai imparato a suonare? – chiese Draco alla grifondoro, quando ebbero chiuso il coperchio del piano.

-Mia madre diceva che maschiaccio com’ero, ci voleva almeno un’abilità da brava ragazza purosangue per attrarre gli uomini. Scherzava, credo, non le è mai interessato che sembrassi una bambola di porcellana, ma il pianoforte mi piaceva, così iniziò molto presto a darmi lezioni, la domenica. Mi appassionai, e presi molte lezioni, suonando per mio padre. Lui adora sentirmi suonare. Dice che è l’unico momento in cui Grace il maschiaccio tira fuori tutta se stessa, la vera Grace. – disse lei, sorridendo dolcemente nel ricordare la sua famiglia. Draco invidiava la sua vita familiare, la sua era costellata da dolore e risentimento.

-La cosa buffa, è che mia sorella Kate suonava il violino, quindi voleva che imparassi a suonare quello non il piano. Si mise a litigare con mia madre su cosa avrei suonato, e alla fine per metterle d’accordo ho imparato entrambi gli strumenti. Non sai che fatica! Il violino è davvero complicato! Ma alla fine sono felice di aver imparato, la musica è una buona valvola di sfogo. – disse la ragazza, divertita dalla pazzia che a quanto pare colpiva tutte le donne della famiglia Parker. Draco sorrise.

-E tu invece? Come mai sai suonare? – gli chiese Grace. Lui si rabbuiò appena.

-Anch’io ho preso lezioni, perché mio padre voleva che fossi identico a lui. Mi costrinse a prenderle con un tizio che in pratica mi detestava, solo per avere una piccola copia di se stesso. Ho continuato solo perché mia madre apprezzava la musica. Così alla fine ho iniziato ad amarla anch’io. Per Elisa è la sua canzone preferita. – rispose il biondo, sorridendo a sua volta. Lei gli diede un bacio a stampo.

-Sei bravissimo, sai?- gli disse, ad un centimetro dal naso.

-Ah, lo so! E tu lo sai di essere bravissima? – rispose il biondo ghignando. Lei ridacchiò.

-Se lo dici tu ci credo! – rispose ridendo.

-Ora devo andare a prepararmi, ci vediamo a cena, Grace. –

-Va bene, vado anch’io, ci vediamo dopo. –

I ragazzi si salutarono così, poi, lasciando un intervallo di tempo per non insospettire gli eventuali passanti, uscirono entrambi dalla stanza, prima lui, poi lei.

A cena nessuno dei due mangiò molto.

Appena sparì il dolce dal tavolo, che Draco nemmeno toccò, uscì col suo mantello fin fuori dai cancelli per smaterializzarsi. Si voltò un attimo, e portò lo sguardo alla Torre di Grifondoro, dove vide una chioma arancione, che come un faro nella notte gli indicava che li c’era la sua Grace, che lo salutava, e anche se lei non lo poteva vedere lui fece uno di quei ghigni che sapeva farla impazzire.

Infatti lei, dalla finestra di camera sua, vegliava la sua partenza. Quando vide che si fu smaterializzato, si buttò a peso morto sul letto, guardando la foto di lui con le orecchie da gatto.

‘Quanta strada che hai fatto da allora Draco… Ora sei un perfetto animagus, non hai più bisogno di me….però la strada l’abbiamo fatta insieme, perché, anche se non l’avrei mai detto, ora non so più fare a meno di te…cerca solo di non farti ammazzare e non strafare, Draco… e torna tutto intero.’

Pensò Grace, mettendosi il pigiama e ficcandosi a letto.

 

……………………………………………………

 

Sì era a letto, ma non c’era verso di prendere sonno. Stava rigirandosi nelle lenzuola ormai da ore, nel tentativo di cadere fra le braccia di Morfeo, ma a quanto pareva quella sera Morfeo proprio non ne voleva sapere di lei, e la lasciava lì a rodersi, perché il suo Draco era fuori a investigare e lei invece era lì al calduccio, a dimenarsi come un’anguilla nel letto. Ormai le lenzuola le si erano attorcigliate ovunque, e l’avevano praticamente legata al materasso come delle catene. Si rigirò ancora, guardando stavolta fuori dalla finestra. Decise di uscire, perché rimanere lì l’avrebbe fatta solo stare peggio, tanto sonno non ne aveva comunque.

Le sue amiche dormivano e russavano tranquille, perciò si avvolse bene nel suo mantello e uscì dal loro stanzone.

Quando fu nella sala comune, spalancò una finestra, si trasformò in una civetta, e volò al di là del davanzale.

Poi, con un incantesimo non verbale, la richiuse.

Volò intorno al castello, osservando le altre civette, quelle vere, che volavano in picchiata sui topi, per cenare. Osservò a lungo il lago nero, poggiata su un ramo di quercia. Poi volò sul tetto e si appollaiò lì. E vide la luna. Era passata la mezzanotte, e stava alta a picco sulla scuola, piena e nascosta a tratti da delle nuvolette bianche, innocue e delicate. Essendo la seconda metà di novembre, fuori la temperatura era abbastanza bassa, ma lei non sentiva freddo, godeva solo della pace e della quiete che si potevano apprezzare solo a quell’ora della notte, solo da quella prospettiva.

Più serena, scese planando dal tetto, tornando a quella finestra da cui era entrata, spalancandola di nuovo. Si rinfilò nella sala comune e tornò umana, richiudendo piano l’imposta. In quel mentre, le si materializzò in mano un bigliettino.

Sapevo che ti avrei trovata ancora sveglia! Sono arrivato, sano e salvo, puoi rilassarti ora, e dormire un po’ magari! Io sono già nel mio letto.

Draco


Grace si lasciò scappare un risolino sommesso. Poi tornò in camera sua, e come toccò il cuscino, si addormentò, anche se ormai erano le due del mattino.

 

 

Poche ore dopo, nei corridoi, Grace parlava allegra con Hermione dei nuovi sviluppi sentimentali degli amici che aveva tralasciato e trascurato per stare con Draco.

-E brava la mia Herm, è così che si fa! Ron è un po’ troppo stordito! Dovevi fargli i disegnini per fargli capire che gli andavi dietro! – esclamò Grace a voce un po’ troppo alta, cingendo le spalle della riccia con un braccio.

-Non urlare! E poi non c’è bisogno di infierire così sul povero Ronald, è solo un po’ ingenuo, tutto qui! – ribattè l’amica, arrossendo. Grace, capelli biondi e occhi verdi, rise di gusto.

-Sì, così ingenuo che l’unica che è riuscita a fargli intuire che sbavava per lui è stata Lav-lav! In pratica gli è volata tra le braccia, era difficile equivocare! – disse Grace, interrotta dalle sue stesse risatine perfide.

-Non è vero, avrebbe potuto pensare ad uno svenimento! – rispose Hermione, sorridendo. Grace spalancò gli occhi e rise più forte.

-Oh, certo, perché tu infili la lingua in bocca a tutti quelli che incontri, dopo essergli svenuta addosso, ovviamente! – rispose con malizia la momentaneamente bionda.

-Quanto sei indelicata Grace. – rispose l’altra, arrendendosi.

-Torniamo a te e Micheal, come sta andando? – chiese Grace, tornando quasi seria. Hermione arrossì di botto, guardando davanti.

-Oh…benissimo. Sai, ci siamo messi insieme qualche settimana fa, e devo dire che Micheal è davvero un bravo ragazzo. Insomma, è dolce, simpatico e molto intelligente… -

-E attraente, affascinante, sexy…. – la interruppe Grace, con un sorriso malizioso.

-Grace! – esplose la riccia, raggiungendo tonalità di rosso mai viste prima, fino alla radice dei capelli.

-Eddai, ammettilo che dentro è bello solo la metà di quanto lo è fuori! – esclamò Grace, dandole una gomitata leggera nel fianco.

-E va bene, lo ammetto, è anche molto carino, contenta? – concesse Hermione. L’altra sorrise soddisfatta.

-Sì, molto contenta, per te naturalmente. Conosco quel ragazzo da anni ormai, mi fido di lui. Ma se dovesse fare qualche scemenza con te, gli faccio lo scalpo e lo tengo sul caminetto come ricordo! – disse Grace, ancora sorridendo, ma ora in modo quasi satanico. L’altra sorrise a sua volta. Ma quel sorriso svanì presto perché, il caso volle, che mentre Harry arrivava con Ron alle loro spalle, Malfoy e Zabini stessero arrivando dalla parte opposta.

-Ma guarda, la Mezzosangue e la Babbanofila sole solette nel corridoio! Ehi, Parker, hai delle occhiaie che fanno ribrezzo, stamattina! Dovresti smetterla di andare a letto con Potty, nuoce alla salute, come le sigarette! – berciò Draco, con finta cattiveria negli occhi, ghignando maliziosamente. Sperava di far incazzare la sua ragazza, ma non fu propriamente quello il risultato.

Lei si girò e vide Harry che si avvicinava.

-Oh, Harry, mi dispiace tanto tesoro, ci hanno beccato. A chi l’hai detto? Lo sa perfino Malfoy, deve saperlo tutta la scuola! – disse poi, quando lui le fu di fianco, prendendolo a braccetto.

-Cosa mi sono fatto scappare, stavolta? –

-Che stiamo insieme, no? – disse lei, facendogli gli occhi dolci. Lui le passò un braccio attorno alla vita, stando al gioco.

-Oh, beh, pazienza, sapevamo che prima o poi qualcuno ci avrebbe scoperto. Ci hai smascherato Malfoy. Non è carino invadere la privacy altrui, sai? – 

disse Harry, con un ghigno che non gli si addiceva affatto sulle labbra, mentre Grace gli poggiava una mano sul petto. Hermione e Ron si stavano spanciando dalle risate, mentre Blaise teneva una mano davanti alla bocca per trattenere le risa. Draco aveva cancellato il ghigno e guardava serio Grace. Era gelosissimo e lo sapevano entrambi. Si continuava a ripetere che lo faceva solo per farlo arrabbiare, ma con scarsi risultati. Fissava quel braccio, quella mano che sfiorava il fianco della ragazza, come se avesse voluto staccarglielo, e se ne avesse avuto la possibilità, probabilmente lo avrebbe fatto.

-Via, Harry, tesoro, stiamo facendo tardi a lezione di storia della magia, meglio muoversi. – disse Grace, avviandosi a braccetto con Harry, sbattendo le ciglia. Poi fece un occhiolino e mandò un bacetto aereo a Draco.

-By by, Malfoy! – disse, voltandogli la schiena, mentre Harry spostava il braccio sulle spalle della ragazza.

Ron e Hermione li seguirono a ruota, ridendo ancora come matti. Il biondo invece rimase impalato sul posto ancora qualche secondo, imponendosi la calma, mentre Blaise tratteneva le risa. Lui sapeva cosa pensava l’amico, glielo si leggeva in faccia, quel ragazzo non aveva segreti per lui. Era geloso marcio, e in quel momento voleva la morte di Potter più di Voldemort in persona! Gli diede una bella pacca sulla spalla.

-Via, Draco, non te la prendere! Ha recitato la parte per divertirsi un po’, se le dai corda è la fine! – disse il moro, accompagnando l’amico a lezione di trasfigurazione.

Poco dopo, i grifoni erano a lezione con Rüf, e come al solito, si annoiavano fino alla morte. Mentre Grace prendeva appunti con Hermione, le comparì un biglietto incantato tra le mani. Sorrise, sapendo già cosa potesse esserci scritto.

“Alla fine dell’ora, stanza abbandonata, terzo piano.”

Ovviamente non c’era bisogno di firme o saluti, Draco doveva essere furibondo dopo quella sceneggiata in corridoio, lei si aspettava questo ed altro dal suo gelosissimo fidanzato. Diede fuoco al bigliettino e riprese a scrivere gli appunti. Alla fine dell’ora, si dileguò silenziosamente dall’aula, scappando giù dalle scale a velocità supersonica. Individuò la classe e vi entrò senza tanti preamboli.

Vi trovò Draco, che faceva su e giù per la stanza, fumando come una ciminiera e sollevando la polvere da tutti i banchi. Fuori il cielo era nuvoloso, e nella stanza semibuia, l’unica cosa che riluceva erano i suoi occhi, grigi e agitati come il mare in burrasca.

Avanzando nella penombra, Grace si accorse che l'aula era già imperturbata, probabilmente aveva in mente di farle una bella scenata.

Quando fu a pochi passi da lui, finalmente il ragazzo alzò gli occhi su di lei. Come faceva sempre, lei gli tolse la sigaretta di mano, per fare un tiro e restituirgliela, lui la lasciò fare, ma fissandola in modo strano.

-Spero che ti sia divertita con la scenetta di prima, e spero che Potty si sia divertito più di te, perché non vedrà l’alba di domani. – disse piano Draco, quasi sussurrando. Grace gli sorrise, sistemandogli il nodo della cravatta che si era allentato in malo modo appena entrato nella stanza.

-Mi dovevo pur vendicare, no? Sai benissimo di chi è la colpa, se sembro un panda! – rispose la grifoncina, passandogli le braccia intorno al collo.

Lui le passò una mano sotto la gonna, accarezzando una coscia, e l'altra sotto la camicetta, sentendo scorrere sotto le dita la pelle calda del fianco. Prese a baciarla, mordicchiandole il labbro inferiore. Si girò con lei fra le braccia, fino ad accostarsi alla cattedra in disuso che aveva prima alle spalle, facendocela sedere sopra.

Si infilò fra le sue gambe, che lei legò dietro la sua schiena, mentre piano gli passava le mani nei capelli. Quando si staccarono, lui passò a torturarle il collo, e stava già ansimando e sbottonandole la camicia, ma si stava facendo tardi e Grace dopo aveva la McGranitt, non poteva sparire così.

-Mmm…Draco…amore, mi spiace ma…devo andare a lezione… - disse la ragazza, tra un sospiro e l’altro.

-Saltala…salta la lezione e resta con me… - rispose il serpeverde, cercando di corromperla con le sue carezze.

-Mi dispiace doverti interrompere, davvero, ma se non mi presento la McGranitt mi manda a cercare…lo spieghi tu poi agli altri cosa stiamo facendo qui, vero? – disse la ragazza, guardandolo divertita negli occhi.

Lui la voleva tenere li con se in quel momento.

-Prometto che domani potrai rapirmi, e tenermi in ostaggio tutta la giornata, ma ora devo andare per forza. E comunque, lo sai che scherzavo prima no? – si assicurò la ragazza. Lui ghignò.

-Certo che lo so! Potter non potrebbe mai stare dietro ad una ragazza indemoniata come te, solo io posso riuscirci. E poi, non aveva ne succhiotti ne graffi sul collo, quindi di certo non sei passata dal suo letto! Sei una che lascia il segno, me ne sarei accorto, e gli avrei strappato a morsi quel braccino che ha osato metterti intorno ai fianchi! Sappi che mi sono trattenuto solo perché Potty è amico tuo, intesi? – disse il biondo, fissando alternativamente i suoi occhi e la sua scollatura. Lei rise, gli diede un ultimo bacio, poi lo liberò dalla morsa delle sue gambe e scese dalla scrivania.

Quando fu davanti alla porta gli fece l’occhiolino, come nel corridoio, e uscì.

-Oh eccola, signorina Parker, stavo per mandarla a cercare. – disse la McGranitt, non appena la grifoncina ebbe varcato la soglia della sua classe.

-Mi dispiace molto, professoressa. Ero passata da Madama Chips per farmi dare una pozione per il mal di testa. – disse subito Grace,

‘Come volevasi dimostrare, stava per mandare una spedizione di soccorso’ pensò divertita.

-Perché, non sta bene? – si informò la donna, preoccupata.

-Tutto ok, grazie, solo che non ho dormito molto bene questa notte. – spiegò la ragazza, prendendo posto vicino a Hermione e Harry.

-Va bene. Forza ragazzi, prendete il libro a pagina 127 e cominciate l’esercizio. – rispose la professoressa, sollevata.

-Come mai non hai dormito, stanotte? – chiese Harry.

-Ho avuto una serie di incubi uno dietro l’altro, che non mi hanno lasciato chiudere occhio. Mi è venuto mal di testa con storia della magia, così ho preso una pozione e ora sto bene. – rispose la ragazza, tirando fuori la bacchetta.

-Meglio così, ti rifarai stanotte. –

rispose Harry, riprendendo a concentrarsi sulla lezione. La prima notte di missione si era conclusa e Draco era tornato sano e salvo. Almeno per ora, la ragazza poteva stare tranquilla.

 

 

 

Antro dell’autrice

Gentile pubblico, chiedo umilmente perdono, ma a causa di un impiccio bello grande in cui mi sono ritrovata, non posso usare internet e quindi pubblicare con i soliti ritmi. Scusatemi! >.< Comunque, prometto che mi impegnerò per recuperare il tempo perduto, infatti potete proseguire e leggere un altro capitolo, come mio regalo di Natale per tutte le lettrici, che ringrazio e saluto.

Baci a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 15
*** Lesson 15: Torna a Casa, Draco! ***


Lesson 15: Torna a Casa, Draco!

LESSON 15: TORNA A CASA, DRACO!

 

Le missioni di Draco procedevano bene. Scopriva in largo anticipo le date degli attacchi ai babbani, e li comunicava agli auror, impedendone l’attuazione. Era passato più o meno un mese dalla prima sera, e ora Grace aveva trovato un modo per stare tranquilla. In pratica, stava sul tetto fin quando non vedeva Draco ritornare a scuola. Non appena varcava il cancello, tornava in camera e si addormentava come un sasso.

Ormai era giunta la metà di dicembre, e si avvicinava il Natale. Grace sembrava impazzita, come se avesse fatto un tuffo in una vasca di caffeina allo stato puro. Camminava saltellando su e giù per la scuola, in una perfetta imitazione di Luna Lovegood, dispensando ampi sorrisi a chiunque incontrasse, stranamente persino a Malfoy, nei corridoi.

-Parker, si può sapere che hai da sorridere così? Sei irritante oltre ogni limite! – le disse Draco, con una smorfia di disgusto a storpiare il bel viso.

-Ah, Malfoy, sei l’unico a non sentire lo spirito del Natale che si avvicina! È la festa più bella dell’anno, e tu giri sempre con quella faccia scontrosa, come se niente fosse! Ma tu non sorridi mai? –

rispose lei, senza smettere un attimo di sorridere. Aveva i capelli rossi, raccolti in una coda bassa con un fiocco d’oro. Poteva sembrare un vago riferimento ai colori della sua casa, grifondoro, ma in realtà la ragazza, all’avvicinarsi della festa preferita, prendeva a vestirsi in quei modi strambi, mettendosi solo colori natalizi. Spesso si faceva fare orecchini strani da Luna, di cui era una grande amica tra l’altro, tipo quelli a forma di agrifoglio, o a forma di pupazzetti di neve che ti facevano ciao ciao con la manina se ti avvicinavi e le parlavi. Aveva addirittura le calze, tipo parigine, a strisce verdi e rosse. Sembrava un elfo di Babbo Natale. Malfoy ghignò, e Blaise non riuscì a contenere un sorriso di puro divertimento.

-Ehi, piccola elfa, dobbiamo andare a lezione, non è ancora ora di costruire i giocattoli per i bambini buoni! Andiamo, o Piton cercherà di impedire il Natale stile Grinch, se facciamo tardi! – disse Harry, arrivando da dietro la ragazza, prendendola quasi di peso e portandosela via.

-Oddio no, quali eresie vai dicendo? Piton non può togliermi il Natale! È contro i miei diritti costituzionali privarmi delle feste! Parlerà col mio avvocato, ecco! – strepitò la grifoncina, causando l’ilarità sia dei serpeverde, che del resto del corridoio abbastanza affollato del terzo piano.

-Ah, Malfoy, forse non ve ne siete accorti, ma state proprio sotto al vischio! Voglio vedere un bel baciooooo!!!!!! – urlò ancora Grace, prima di venire trascinata via dall’amico e voltare l’angolo.

Quando Draco alzò lo sguardo, gli venne una sincope nel constatare che la strega aveva ragione. Lui e Blaise si lanciarono uno sguardo di disgusto senza pari.

-Credo che per questa volta la tradizione possa andare a farsi benedire, io non ti bacio! Sono troppo etero per fare una schifezza del genere!– disse il biondo, allontanandosi dal moro il più possibile.

-Che ti credi, anche tu non sei il mio tipo! Se mi tratti così mi offendo, sai? – rispose l’amico, mettendo il broncio.

Alla fine si guardarono negli occhi e scoppiarono in una fragorosa risata. Ripresero a muoversi verso l’aula di pozioni, perché avevano due ore con i grifoni. Per Draco significava poter vedere qualche ora in più la sua piccola elfa.

Come al solito, entrarono in vistoso ritardo ma Piton, da bravo partigiano, non aveva detto niente neanche stavolta. Che era un professore parziale lo sapevano tutti, ma a nessuno andava comunque giù, viste le punizioni che fioccavano se arrivavi tardi e non eri di serpeverde.

Come al solito, Grace stava al tavolo con Hermione, mentre Harry e Ron stavano nel tavolo subito dietro il loro.

-Bene, ragazzi, oggi creerete la Pozione della Tristezza, così magari si potrà togliere dalla faccia della signorina Parker quel sorriso tanto odioso e insistente. Le istruzioni sono alla lavagna, cominciate, avete solo queste due ore. –

Disse Piton-Grinch, sedendosi poi dietro la cattedra. Non appena si fu girato, Grace si voltò verso Harry.

-Ma cos’hanno tutti contro il Natale? Non c'è proprio nessuno con un po’ di spirito natalizio? – bisbigliò al moro, che trattenne a stento una risata.

-Signorina Parker, vuole decidersi a lavorare o devo togliere una cinquantina di punti alla sua casa per farla concentrare? – chiese il professore, che l’aveva beccata in pieno mentre parlava a Harry.

-Mi perdoni professore, vado subito a prendere gli ingredienti. – rispose la ragazza, col suo sorriso sempre in bella mostra, forse ora solo per irritare di più Piton.

Draco, dal suo posto in fondo all’aula, si era goduto tutta la scena, ridacchiando allegramente. La osservò mentre si alzava sulle punte per prendere della pelle di girilacco, che stava particolarmente in alto su di uno scaffale, per poi tornare al suo tavolo e accendere il fuoco sotto il suo calderone.

Mentre la pozione riposava per i dieci minuti richiesti, si era accomodata sul suo sgabello, con una gamba piegata sotto di se, dando una bella visuale del suo sedere, ovviamente inconsapevolmente, a Harry, che era arrossito come un pomodoro non appena se n’era accorto.

E la cosa non finiva lì. Infatti, come la maggior parte delle ragazze presenti in aula, aveva deciso di togliersi il maglioncino, per sopravvivere al calore infernale che tutti quei calderoni accesi provocavano nell’aula. Peccato che fosse il maglione l’unica cosa che nascondesse ad occhi indiscreti quelle che erano le sue forme. Non era vestita come le ochette, ma anche la camicetta normale faceva notare a tutti quanto fosse ben fatta quella ragazza. Se poi mordicchiava la punta della piuma in quel modo, mentre leggeva assorta gli appunti, solo un invidiabile autocontrollo e la supervisione costante del professore impedivano a Draco di saltarle addosso nel bel mezzo della lezione.

Se non l’ avesse conosciuta bene, avrebbe detto che lo faceva apposta a comportarsi in modo tanto eccitante, ma lui sapeva bene, fin troppo, cosa faceva quando voleva essere provocante. No, in quel momento lo era inconsciamente.

Pensava di essersi ridotto davvero male, che fosse l’unico a vederla tanto seducente. Poi però aveva visto gli occhi da pesce lesso di Potter, per non parlare di quelli lussuriosi di Nott e compagnia bella.

Prese un foglio di pergamena e lo incantò, cominciando a scrivere con la sua calligrafia raffinata. Contemporaneamente, sugli appunti di Grace apparve quello che Draco scriveva.

Se non ti siedi come si deve, farai scoppiare le coronarie alla fauna maschile della classe, ti si è pure alzata la gonna, stai dando spettacolo!

La ragazza allargò ancora di più il suo sorrisone, protendendosi in avanti e arcuando la schiena per intingere la piuma nel calamaio e rispondere, appoggiandosi al banco. In pratica ora il biondo sentiva l’impellente bisogno di una doccia fredda, e deglutì a vuoto.

 Non ti preoccupare, la gonna è a posto. Sicuro di non essere l’unico a cui stiano per scoppiare le coronarie?

Rispose la grifoncina, sfoderando un bel ghigno malizioso, e voltandosi a guardarlo, con la punta della piuma ancora tra i denti. Draco era rimasto con la bocca socchiusa, e le pupille erano un po’ troppo dilatate. Prese a scrivere febbrilmente, sperando di avere ancora facoltà cerebrali sufficienti.

I tuoi amichetti grifondoro vorrebbero approfondire la conoscenza, mentre Nott in pratica ti sta spogliando con gli occhi! Direi proprio che non sono l’unico a guardarti sotto questa luce… rossa!

Lei si alzò in piedi, ricominciando a mescolare, tre volte in senso antiorario e due in senso orario, aggiungendo gli ingredienti. Facendo finta di niente, scrisse l’ultima risposta sul foglietto.

Ti adoro quando fai il gelosone! A dopo!

E come se niente fosse riprese a mescolare, dando fuoco alla pergamena. Se Harry non fosse stato così assorto, quasi ipnotizzato dal sed….pardon, dalla schiena della grifondoro, e sulla sua pozione ovviamente, forse si sarebbe accorto che la ragazza stava messaggiando con qualcuno, ma come già detto, era troppo preso da altro per rendersi conto che Grace scriveva al suo peggior nemico.

Anche Draco aveva bruciato il suo foglietto, e con uno strano ghigno sulle labbra. La ragazza l’aveva fregato ancora!

 

Quel giorno, tutto era andato bene. La pozione di preparazione ai M.A.G.O era stata perfetta, la McGranitt si era complimentata con Grace per l’ottimo lavoro svolto nella sua ora, lei aveva persino guadagnato dieci punti per grifondoro nell'ora di erbologia, e Draco sembrava di ottimo umore. Stettero insieme tutto il pomeriggio, e Grace lo lasciò andare alla missione subito dopo cena.

Non appena lo vide sparire dal cancello della scuola, volò sul tetto, munita di album dei disegni e matite colorate. Aveva imparato a vestirsi pesante e avvolgersi nel suo mantellone di lana, per poter stare bene anche sul tetto, così aveva la possibilità di disegnare il fantastico panorama che si godeva da quella prospettiva tutte le notti, da un mese a quella parte.

Quella notte però, fece in tempo a dipingere addirittura l’alba, perché di Draco non si vide nemmeno l’ombra. Tornò nella sua stanza giusto in tempo per vedere le altre che si alzavano. Si cambiò e andò a fare colazione. Era scesa da sola, senza aspettare Hermione e gli altri. Fissava la sua tazza di cappuccino come se dentro potesse leggervi qualcosa. Qualcosa che l’aiutasse a capire cosa diavolo stesse combinando il suo Draco, visto che non era tornato e nemmeno aveva avvisato di un eventuale problema. Non vederlo al suo posto abituale poi, alla tavolata serpeverde vicino a Blaise, costituiva l’ennesimo colpo al cuore.

Nel cercarlo, incrociò lo sguardo del moro. Nei suoi occhi blu si leggeva la sua stessa preoccupazione, la stessa angoscia. Anche lui non sapeva niente dell’amico dalla sera prima, e si stava rodendo il fegato con mille ipotesi plausibili, una più cupa dell’altra, proprio come lei.

Quando i suoi amici la raggiunsero al tavolo, lei stava ancora cercando di mandare giù qualcosa per colazione, ma davvero non ci riusciva, se pensava che forse Draco era stato scoperto, che forse era in pericolo, che forse….

-Ehi, piccola, hai una faccia che fa paura! Hai almeno chiuso occhio stanotte? – chiese Harry, dandole un bacio tra i capelli, che erano di uno stranissimo grigio plumbeo, come gli occhi, che sembravano due pozzi senza fondo.

Alzò lo sguardo dalla tazza per posarlo negli occhi verdi dell’amico. Aveva delle occhiaie nere per niente rassicuranti. Le bastava una notte senza sonno per ridursi così. Harry lo sapeva, perché a volte stava intere nottate a leggere uno dei suoi romanzi babbani in sala comune, senza nemmeno toccare il letto, e la mattina le occhiaie erano le stesse. Ma stavolta, il suo intuito gli diceva che era un altro il motivo se non aveva dormito, quella notte. Un motivo che la preoccupava molto, visti i colori che portava in giro quella mattina. Lei gli fece un sorriso, stanco, ma pur sempre un sorriso. Non portava nemmeno quegli strani abiti natalizi. Sembrava spenta e …ansiosa.

-Ieri ho dimenticato di fare il tema di Rüf, e sono stata alzata tutta la notte per farlo decentemente. In pratica il mio adorato letto l’ho visto solo di sfuggita. – rispose Grace, scherzando sulla balla colossale che aveva appena detto. Quel tema l’aveva pronto da almeno due giorni, ma gli amici di certo non lo sapevano.

-Oh, beh, vorrà dire che nella sua ora potrai fare come tutti noi comuni mortali e dormire sul banco! – disse Ron, facendo sorridere sia Harry che la ragazza.

L’abitudine la portò a guardare al tavolo delle serpi, giusto in tempo per vedere Zabini che correva verso l’uscita della sala. Si alzò in fretta sfoderando una delle sue ormai solite scuse, scappando senza farsi notare dalla sala. Intercettò Blaise che correva verso i sotterranei, e lo fermò per un polso. Per poco Blaise non la trascinò dietro di se, visto l’impeto con cui correva, ma si fermò.

-Dove vai, Blaise? – chiese preoccupata la ragazza.

-A cercarlo, ovvio! Non dirmi che tu stai qui tranquilla ad aspettare perché non ci credo, te lo si legge in faccia che hai paura, quanta se non più di me! Perciò io vado a riprenderlo, con o senza il tuo consenso! – rispose teso il moro, cercando di andarsene, ma la presa di Grace era tutt’altro che flebile e lo costrinse a girarsi ancora.

-Lo sai Blaise? Hai ragione! Muoio dalla paura che gli sia successo qualcosa, ok? Ma dimmi, secondo te perché sono qui a parlarne invece che fuori a cercarlo? Perché mi fido di lui, ecco perché! Perché se gli fosse successo qualcosa, lo avrei saputo, lo avrei sentito, e Silente sarebbe intervenuto e ci avrebbe avvertito. Blaise, dobbiamo fidarci di lui e credere che ritornerà sano e salvo, altrimenti ci lasceremo corrodere dall’ansia e nulla più. Se adesso andassimo da lui in questo stato d’animo gli saremmo soltanto d’impiccio e rischieremmo di rovinare la missione per cui ha lavorato tanto, non possiamo fargli questo. – disse la grifondoro, più a se stessa che all’amico.

Il moro sospirò, guardando il pavimento.

-Tu non capisci, Grace. I mangiamorte sono quanto di più bastardo l’uomo possa concepire. Potrebbe essere morto a quest’ora, o essere prigioniero e subire torture che nemmeno puoi immaginare. Non posso lasciarlo in mano loro. Al diavolo la missione, la sua vita vale di più di quella stupida missione! – urlò alla fine il ragazzo. Meno male che tutti erano a fare colazione, altrimenti la segretezza sarebbe andata a farsi friggere.

La strega però non era il tipo che la dava vinta così facilmente. Gli accarezzò il viso e si fece guardare in faccia, calmandolo ma guardandolo con aria severa e decisa.

-Non dare per scontato che essendo grifondoro io viva in un mondo di fiabe. Conosco quei mostri e quello di cui sono capaci, e ho paura, tanta, più di te e di chiunque altro, che lui possa essere in pericolo. Ma lo sapevamo tutti che sarebbe stata una cosa ardua e rischiosa, e lui non è uno sprovveduto. Sapeva a cosa andava incontro ed era preparato, io l’ho preparato, e di meglio non si poteva fare. Adesso sta a lui sapersela sbrogliare, noi dobbiamo solo aspettare e sperare che vada tutto bene. Se adesso ci facciamo prendere dal panico combineremo solo guai, perciò calmiamoci e andiamo a parlare col preside, lui saprà spiegarci cosa succede. – disse la ragazza.

Mise una mano sulla spalla dell’amico, e insieme si diressero verso l’ufficio del preside. Silente era ancora in sala grande, quindi si appostarono fuori dal suo ufficio.

Una mezz’oretta dopo, Grace stava appoggiata al muro mentre Blaise camminava spedito avanti e indietro come una fiera in gabbia. Era un atteggiamento che aveva in comune con Draco, anche lui quando era nervoso viaggiava come una locomotiva, e visto che fumava pure, lo sembrava proprio!

Mentre il ragazzo percorreva per la trentesima volta quella parte del corridoio, il preside comparve da dietro l’angolo, guardandoli preoccupato.

-Buongiorno ragazzi. Cosa ci fate qui così presto? Già nei guai di prima mattina? –

chiese il vecchio mago, sperando di sembrare calmo il più possibile. Peccato che ormai i due ragazzi fossero abituati a leggere tra le righe, e non si lasciarono ingannare dalla calma apparente.

-Lei sa perché siamo qui, preside, le dobbiamo parlare ed è urgente. –

disse Blaise. Silente sospirò, sconfitto, e fece strada verso il suo ufficio.

 

 

 

Antro dell’autrice

Tadan! Eccomi qua con un altro capitolo! E non è finita, andate avanti, ho pubblicato anche quello che dovrebbe essere di questa settimana! Buona lettura!

Bacioniii!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 16
*** Lesson 16: Il Gioco del Gatto col Topo ***


Lesson 16: Il Gioco del Gatto e del Topo

LESSON 16: IL GIOCO DEL GATTO E DEL TOPO

 

Quando furono dentro, si sedette dietro la sua scrivania di legno scuro.

-Sedetevi, ragazzi. – disse subito, senza quella sua aria svagata che aveva di solito. Era fin troppo serio.

-Lei ha ragione, signor Zabini, so bene perché siete qui. Siete venuti da me perché volete che vi dica qualcosa su Draco. Ebbene, io ne so quanto voi. Come sapete bene entrambi, ieri sera è uscito e senza che noi lo potessimo prevedere non è più tornato. Non ha avvisato nessuno in nessun modo, semplicemente si è eclissato. Io so solo che era diretto a casa sua, a Malfoy Manor, niente di più. – disse il mago. Blaise ebbe un sussulto, mentre a Grace si formò un groppo in gola, ma non lo diede a vedere. Ufficialmente, lei era solo l’istruttrice di Malfoy, niente di più.

-Come mai non intervenite allora? Se sapete dove sia e lui non si è fatto vivo, significa che è nei guai. Perché non lo soccorrete, o non gli mandate degli auror, o i membri dell’Ordine? – chiese Blaise, in fibrillazione per le sorti dell’amico.

-Perché brancoliamo nel buio, Blaise, non sappiamo cosa succede. Potrebbe essere semplicemente in una posizione difficile, oppure in pericolo, ma noi non possiamo saperlo. Rischieremmo di mandare a monte la sua copertura per nulla, se intervenissimo a casaccio, e non possiamo permettercelo, non dopo tutti gli sforzi fatti dal signor Malfoy. – rispose il preside, guardando Grace. Aveva gli occhi lucidi, se fosse stata sola probabilmente avrebbe dato sfogo alla sua ansia con un bel pianto liberatorio, ma il suo orgoglio Gryffindor le impediva categoricamente una cosa del genere davanti a loro due.

-Non siete riusciti nemmeno con gli specchietti comunicanti, a vedere come sta? Per sapere se ha bisogno di aiuto è un buon metodo. – disse la ragazza.

-Purtroppo ci abbiamo già provato, ma la magia degli specchietti è contrastata da quella protettiva della casa. L’unica spiegazione è che Draco sia all’interno dell’edificio, dove la magia del Manor è più forte. Se fosse rimasto all’esterno, sarei riuscito a mettermi in contatto con lui. Tutto quello che possiamo fare è aspettare e sperare che torni a casa sano e salvo. Fossi in te cercherei di calmarmi, Grace. Sono sicuro che il tuo ragazzo sta bene, e stia solo aspettando il momento giusto per tornare a scuola. – disse il preside, spiazzando Grace che arrossì e spalancò gli occhi.

-Come…come lo ha scoperto? – chiese confusa la ragazza, fissandolo interdetta. Il preside sorrise enigmatico, ma con un espressione dolce. Sembrava un nonno che spiega qualcosa ai nipoti.

-È bastato osservarvi per un po’, Grace. Occhiate languide e sorrisi aperti e per niente ostili. E poi, mi sono accorto che avete continuato a vedervi nella stanza delle necessità anche dopo aver concluso l’addestramento. O sbaglio? – chiese il vecchio, con uno scintillio di malizia negli occhi azzurri. Grace si riprese appena, ghignando.

-In effetti no, non sbaglia. – rispose.

-Se il rapporto fosse rimasto di inimicizia, non appena finito il vostro lavoro sareste andati ognuno per la propria strada, e non credo si sarebbe preoccupata al punto da venire da me oggi, signorina Parker. – concluse l’uomo, sorridendo soddisfatto.

-Spero almeno che lei sia l’unico ad essersene accorto. – si rassegnò Grace.

-Oh, sì, non si preoccupi, sono l’unico al corrente della questione. Potete andare, signori. Se ci saranno nuovi sviluppi, vi avvertirò personalmente. – concluse il vecchio mago.

I ragazzi salutarono e uscirono dall’ufficio. La tensione si tagliava con un coltello, nessuno dei due riusciva a stare tranquillo. Tuttavia, si costrinsero ad andare a lezione.

Passarono i giorni e le notti, ma di Draco nessuna traccia. Grace passava tutte le notti sul tetto, rischiando una polmonite, per aspettare il biondo, che però non sembrava voler o poter tornare. Mangiava poco e non dormiva affatto. L’unico con cui potesse sfogarsi era Blaise, ma lui era già abbastanza nervoso di suo, senza che ci si mettesse anche lei. Decise di sfoderare la grinta, e smetterla di preoccuparsi inutilmente. Cominciò ad affrontare la cosa con più calma e razionalità. Prese a dormire di più e a dimostrare più appetito, pur continuando a stazionare sul tetto tutte le sante notti.

Dopo una settimana, Grace era intenta a contemplare la luna. Il cielo era limpido, anche se sotto, come spesso accadeva li, c’era la nebbia. Poteva essere un posto inquietante per molti, ma per Grace era come il luogo dove s’era data appuntamento con Draco. Perciò, quando buttando l’occhio all’entrata vide due figure apparire, pensò di essersi suggestionata da sola, e di aver sognato il ritorno del ragazzo così tanto, da avere persino le allucinazioni. Quando però una di esse si accasciò a terra, e l’altra spinse i cancelli trascinandola dentro con se, capì che non era affatto un sogno, ma che Draco doveva essere tornato davvero. Divenne immediatamente una civetta, buttandosi in picchiata giù dal tetto. Quando fu davanti al ragazzo, si ritrasformò con una capriola, lasciandosi cadere in ginocchio, per vedere chi fosse quella figura che era arrivata con lui ma….

-Papà?! Oh mio Dio, papà sei tu! Ma che cosa diavolo ci fai qui? – chiese Grace allarmata, riconoscendo il padre, mezzo nudo, coperto di graffi, tagli e bruciature, tutto tumefatto e sanguinante, avvolto alla bene e meglio nel mantello di Draco.

-Ehi, grazie per il caloroso benvenuto, eh? – berciò il ragazzo, schiacciato dal peso non troppo delicato del padre della ragazza.

-Oddio, Draco scusami! Vieni entriamo, devo andare subito a svegliare Silente e Madama Chips! –

esclamò la grifondoro, riprendendosi dallo stupore. Sollevò suo padre con un incantesimo, e si incamminò per il viale della scuola, sostenendo Draco. Era pallido e tutto sporco di terra. Percepiva anche a distanza che era a secco di energie, doveva aver mantenuto la trasformazione troppo a lungo.

Si affrettò ad entrare nel castello, guidando i due feriti verso l’infermeria. Spalancò le porte, facendo prendere un infarto ad un ragazzino del terzo anno che aveva l’influenza e stava li a riposare.

-Madama Chips! Madama Chips, presto venga! –

si mise a chiamare Grace, bussando alla porta dell’alloggio dell’infermiera della scuola. Questa, messa una vestaglia che le era capitata a tiro, aprì la porta, tutta sconvolta e arrabbiata. Quando però vide le condizioni del signor Parker, mise a letto il povero Malfoy e cacciò fuori la ragazza. Grace cominciò a correre a perdifiato, fino ad arrivare da Silente. Svegliò anche lui e lo fece andare in infermeria. Avrebbe voluto avvertire anche la sua famiglia, soprattutto Max, che stava li come lei, ma non poteva. Meno persone sapevano e meglio era per tutti. Non poteva esimersi però dal dirlo a Blaise. Così corse, si scapicollò giù per le scale, inciampando ripetutamente sui gradini scivolosi, rischiando di rompersi l’osso del collo, fino ai sotterranei. Lì si trasformò nel gatto, svegliò il Barone Sanguinario e cercò la stanza di Blaise. Quando la trovò, vi fece irruzione, scoprendo che in quella stanza lui era l’unico a non russare come un trombone.

-Blaise! Blaise, tesoro svegliati, Draco è tornato, alzati! – provò a sussurrare la ragazza nell’orecchio dell’amico, che però non voleva saperne di svegliarsi.

-Oh, insomma Blaise, muovi il culo! C’è Draco in infermeria e tu stai qui a dormire? – esclamò la ragazza, spingendo il ragazzo giù dal letto.

Alla fine il moro, caduto dal letto in malo modo, fu costretto a svegliarsi. Corsero entrambi in infermeria, dove finalmente fu concesso loro di entrare.

Grace si fece avanti titubante fino al letto del padre. Madama Chips gli aveva bendato tutto il torace e le braccia, e lui sembrava dormire tranquillo. I capelli mossi e neri tutti scomposti e un po’ sporchi, gli occhi nocciola nascosti dalle palpebre serrate. Le sembrava molto più magro dall’ultima volta che lo aveva visto, ma respirava, e questo era l’importante.

-Non si preoccupi, signorina. Suo padre ora sta bene. Ha subito molte Cruciatus e diverse torture, ma con le mie cure si riprenderà completamente in pochi giorni, non è in pericolo di vita. Non più almeno. - le spiegò la medimaga. Lei aveva gli occhi lucidi, e li alzò in quelli di Silente.

-Sì ma…si può sapere cos’è successo? – chiese poi, confusa.

-Questo posso spiegarvelo io. – disse Draco, che stava coricato nel letto a fianco, con Blaise che lo stritolava e lo baciava in fronte ripetendo: “Sei vivo, sei tornato, che bello!”. Fece scostare l’amico e si alzò a sedere, fissando serio la sua ragazza.

Si aspettava che lo uccidesse a parole per non essersi fatto vivo. Invece si avvicinò al suo letto, e lo soffocò anche lei in un abbraccio spezza ossa. Nel suo caso però, Draco la strinse a sua volta.

-Ho avuto seriamente paura di perderti stavolta, Draco. – gli sussurrò in un orecchio, lasciandosi sfuggire una lacrima liberatoria.

-Lo so, ma non è successo e sono qui. Calmati, Grace, non è così facile farmi fuori, dovresti saperlo, mi hai addestrato tu! – rispose Draco, col suo solito ghigno Made-in-Malfoy.

-Forza allora! Spiegami cos’hai combinato. – ribatté la ragazza, scostandosi da lui e sedendosi su una sedia davanti al letto.

-È andata così.
Una settimana fa sono arrivato tranquillamente a casa mia, a Malfoy Manor. Ho pedinato mio padre e ho ascoltato le sue conversazioni. Non sembrava esserci nulla di strano, i soliti attacchi ai babbani, niente di più. Ad un certo punto però, Grayback è entrato nello studio di Lucius, parlando di un certo “lui” che non ne voleva sapere di parlare. Diceva che lo aveva torturato in tutti i modi possibili, ma che questo fantomatico prigioniero non parlava. Mi incuriosii, e rimasi in ascolto per diverse ore. Alla fine, riuscii a scoprire che non era prigioniero chissà dove, ma proprio sotto i loro piedi, nelle segrete del maniero. Tuttavia non sapevo ancora chi fosse il detenuto. Avrei potuto sprecare la mia vita nel tentativo di salvare una pedina inutile, e non potevo permettermelo, ma nessuno voleva decidersi a pronunciare il suo nome, o qualche caratteristica che mi riconducesse all’identità di quell’uomo. Così sono sgattaiolato nella cantina, conoscendo perfettamente ogni singolo passaggio di quella casa, e sono arrivato fino alle celle. Dentro una di queste, c’era lui, tuo padre. Nonostante avessi visto diverse sue foto sui giornali, nell’ oscurità profonda della cella nemmeno i miei occhi di gatto erano riusciti a riconoscerlo, tanto era livido e pieno di sangue. – spiegò Draco.

-Perché non sei uscito subito? Potevi dirlo a Silente, lui avrebbe mandato gli auror e lo avrebbero salvato loro. – chiese Grace.

-Perché dopo i mangiamorte si sarebbero fatti mille seghe mentali per sapere come diavolo avevano fatto gli auror a trovarlo. La storia è questa: senza che nessuno lo sapesse, tuo padre era stato catturato dal mio ed era tenuto in ostaggio per estorcergli informazioni su di noi e sull’Ordine. I suoi compagni di squadra, come Tonks, non potevano dire nulla, in queste situazioni non possono parlare, e nemmeno sapevano dove poteva essere tenuto nascosto.
Se invece, come poi ho fatto, nessun esterno fosse intervenuto, avrebbero pensato ad una fuga autonoma del prigioniero. Nessuno si è accorto di me, e quando l’ho trovato, era ancora cosciente e vigile, Lucius penserà che sia riuscito a fuggire da solo. – rispose il ragazzo. Grace sembrò soddisfatta della risposta.

-Ma come hai fatto a portarlo fuori senza farti notare? – chiese ancora Grace, non ancora sazia di sapere e corrosa dalla curiosità. Un ghigno furbo si aprì sulle labbra del biondo.

-Ricordi cosa mi dicesti un giorno? Se non puoi batterli con la forza, usa l’astuzia! – disse enigmatico il serpeverde, che in pratica non aveva detto nulla.

-Avanti non fare storie e spiegaci come hai fatto .- disse esasperato Blaise.

-Eh eh, ho liberato tuo padre dalle manette incantate, poi l’ho trasfigurato in un topolino e me lo sono ficcato in bocca, così sono riuscito a uscire tranquillo e beato dall’edificio. Sporco e con un topo in bocca, se anche mi avessero visto sarei passato per un bravo cacciatore e basta! – sogghignò il ragazzo, ridacchiando alla faccia disgustata della sua ragazza.

-Oh mamma! Meno male che non ti ho baciato! – disse la ragazza, facendo ridere un po’ tutti, persino Silente.

-Tutto ha un prezzo però. Per riuscire a escogitare il piano e metterlo in pratica ci ho messo una settimana, e l’ho passata tutta sotto forma di gatto! Non sai quanta energia ho speso! Infatti, mentre ci smaterializzavamo non ne ho avuta abbastanza e mi sono ritrasformato, così ho usato l’ultimo sprazzo di energia per ritrasfigurare anche lui. Ed eccomi qui. – concluse Draco, soddisfatto di se.

-Sei un idiota. – disse Grace, fissandolo severa. Draco strabuzzò gli occhi, sorpreso.

-Come? E perché, di grazia? – chiese, stranito, il biondo.

-Potevi restarci secco! Potevano beccarti e ucciderti! E in più io e Blaise siamo praticamente consumati dall’ansia, perché non ci hai nemmeno avvertiti che non tornavi! Dio che paura! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita, ma fidati, questa me la paghi! Oh, sì che me la paghi! – gli rispose la grifoncina, prendendo a gesticolare minacciosa.

Silente ridacchiò, felice di riavere a scuola il suo studente. Poi Grace si riprese dall’attacco di isterismo e con un sospiro si avvicinò al mago.

-Come facciamo con papà? – chiese al preside.

-Non tema signorina Parker. Non appena si sveglierà lo condurrò personalmente a casa, spiegando tutto al Ministero. Ci penserò io, non si preoccupi. E lei, signor Malfoy, è pregato di non fare più cose tanto rischiose da solo. E ora, usciamo tutti e lasciamo riposare i nostri eroi. – disse il vecchio preside, invitando tutti ad uscire.

Sollevati, tutti se ne andarono a letto, compresa Grace, che il suo non lo toccava da una settimana ormai.

Draco era riuscito a tornare in tempo per l’inizio delle feste natalizie. Così, quando uscì dall’infermeria, la scuola era pressoché deserta, perché tutti, compreso il trio miracoli, era tornato a casa per Natale.

Arrivò nel corridoio deserto del secondo piano la sera del ventitre dicembre, perché Madama Chips aveva voluto tenerlo a letto per tutto il giorno dopo il suo rientro. Il corridoio era buio, nemmeno le fiaccole si erano accese al suo passaggio. I suoi passi rimbombavano sordi sul pavimento di pietra, e si sentiva solo quel rumore in tutta la scuola.

Ad un certo punto, il rumore raddoppiò, altri passi si aggiunsero ai suoi, più svelti e affrettati. Presto vide una figura minuta, con un mantello nero e un cappuccio tirato fin sul naso, apparire dalle scale verso di lui. La vide fermarsi nel notarlo. Poi la figura riprese a correre nella sua direzione, senza fermarsi, nemmeno quando gli fu davanti. Infatti, con tutto lo slancio della corsa, la ragazza gli si buttò tra le braccia, gettandolo quasi a terra, tanto era l’impeto con cui gli era arrivata addosso. Gli cingeva il collo con le braccia e il cappuccio le era un po’ scivolato giù, lasciando intravedere i bei capelli blu elettrico della strega. Draco sorrise sereno, mentre lei invece continuava a sussurrare a raffica nel suo orecchio frasi di sollievo e amore.

-Credevo che ci fossimo già salutati in infermeria, ti sono mancato così tanto? – disse il biondo alla ragazza, ghignando.

-Scherzi? Pensavi davvero che ti avrei salutato con un solo misero abbraccio, dopo quello che hai passato? – rispose Grace, guardandolo negli occhi, i suoi sempre coperti dal cappuccio.

Lui le prese il viso tra le mani, e la baciò. Le sue labbra gli erano mancate più di qualsiasi altra cosa. Era come aver vissuto in apnea fino a quel momento, senza aria, senza quel contatto era come non respirare affatto. All’inizio era un bacio lento, come una riscoperta senza fretta. Poi però divenne un bacio urgente e passionale, così il ragazzo si staccò e la prese per mano, trascinandola nella stanza delle necessità, da cui uscirono solo la mattina dopo. Peccato che nessuno dei due si fosse accorto che qualcuno, nascosto nel buio e nell’ombra, li aveva visti, in quel corridoio.

 

 

Antro dell’autrice

Ecco fatto! Spero di essermi fatta perdonare per il catastrofico ritardo. Voglio ringraziare tutti voi che seguite la mia fan, e in particolare:

che hanno inserito la mia storia tra i preferiti.

Auguro a tutti di passare un felice Natale e Buone Feste con le proprie famiglie.

Buon Natale!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 17
*** Lesson 17: Spirito Natalizio alla Riscossa!!! ***


Lesson 17: Spirito Natalizio alla Riscossa!!!

LESSON 17: SPIRITO NATALIZIO ALLA RISCOSSA!!!

La mattina dopo, Grace si svegliò molto presto, erano solo le sei. Ma, mentre era a letto, fra le braccia di Draco, aveva avuto la sensazione che qualcosa stesse cambiando a sua insaputa. Così aveva aperto gli occhi, e si era stiracchiata. Poi si era alzata, e si era messa apposta la camicia del ragazzo. Le arrivava a metà coscia, come un vestitino extralarge. E poi si era avvicinata alla finestra. L’aveva aperta un poco, e aveva annusato l’aria. Era frizzante e fresca, prometteva neve.

Infatti, qualche attimo dopo, il primo fiocco cadde davanti ai suoi occhi. E proprio come quando era bambina, rimase incantata davanti allo spettacolo della prima neve che, un po’ tardiva, alla fine era arrivata, e scendeva lenta sul paesaggio, rendendo tutto puro e candido. Fece materializzare della cioccolata calda nella sua tazza preferita, e si mise in contemplazione del panorama che piano piano imbiancava. Draco era tornato e stava bene, aveva salvato suo padre, e ora c’era anche la neve. Grace era la serenità fatta donna quella mattina. Occhi azzurro cielo e capelli luminosi e biondi, sorrideva beata allo spettacolo della prima neve, che aveva deciso di scendere proprio la vigilia di Natale. Quanti regali aveva ricevuto in anticipo quell’anno, si sentiva così felice.

Quando Draco si rigirò nel letto, non sentì la presenza della ragazza. Aprì gli occhi e la vide davanti alla finestra, con la sua camicia addosso. Sorrise divertito.

-Quella camicia ti piace proprio, eh? Credo che alla fine dovrò regalartela! – le disse il biondo dal letto. Lei sorrise a sua volta, girandosi verso di lui.

-Non è la tua camicia a piacermi tanto, ma sentire il tuo profumo addosso mi fa sentire bene. Mi sento protetta. Guarda Draco. Ha iniziato a nevicare. È stupendo. –

rispose la ragazza, tornando a guardare fuori dalla finestra. La camicia le copriva le mani, ma lei stringeva la tazza fumante di cioccolata saldamente, godendo del calore della bevanda. Draco si alzò dal letto, avvicinandosi alla schiena della ragazza, guardando le gambe nude e snelle della grifondoro. Le cinse la vita con un braccio, baciandole i capelli, poggiando poi il mento sul suo capo, guardando fuori anche lui.

-Hai ragione, è bellissimo. Senti, domani vado dalla mamma, passerò la giornata da lei. Vuoi venire con me? – chiese il ragazzo. Lei si girò verso di lui, con uno splendido sorriso sulle labbra.

-Mi piacerebbe, così potrei darle il mio regalo. Facciamo così: prima passo dai miei, e distribuisco i miei regali. Poi passo alla Tana, a fare gli auguri e dare a ognuno il suo pacchetto. E dopo vengo da voi e resto li con te fin quando non te ne vai. Che ne dici? – rispose la ragazza. Draco sbuffò.

-Preferirei che tu fossi tutta mia domani, ma faremo come vuoi tu. – disse il biondo, rassegnandosi. Lei sorrise ancora, facendogli assaggiare la sua cioccolata.

Quando fu ora di pranzo, Grace decise di andare direttamente in camera sua a cambiarsi, ma passò dalla finestra, per godere dell’atmosfera pacifica e tranquilla creata dalla neve. Divenne un pettirosso, e svolazzò fino alla sua stanza. Aprì la finestra ed entrò velocemente, richiudendosela subito alle spalle. Si ritrasformò sul suo letto e si cambiò. Tutti erano già a pranzo, e suo padre era già stato riaccompagnato a casa e messo a riposo. Per un bel po’ sarebbe rimasto con la mamma a fare la calza, visto che non poteva sforzarsi!

Mise un paio di pantaloni neri aderenti, con sotto degli stivaletti a punta rotonda. Sopra un maglione caldo di lana a tricot, azzurro pastello, col collo a dolcevita. I capelli sempre biondi mossi e lunghi fino a metà schiena e gli occhi sempre blu come delle pozze d’acqua pulita.

Andò a mangiare e trovò un tavolo unico, come sempre durante le feste, quando c’erano pochissimi studenti. C’erano una decina di tassorosso, qualche corvonero e un paio di suoi compagni di casa. Pochissimi serpeverde, tra cui il suo ragazzo e Blaise. Si sedette nella parte opposta del tavolo rispetto a loro, parlando con un’amica di tassorosso. Durante tutto il pranzo cercò di non guardare Draco, per paura di instillare il sospetto nei compagni, ma lui questo timore non l’aveva. Mascherava il tutto con delle risatine, parlottando con Blaise, come se la stessero prendendo in giro. In realtà lui se la mangiava con gli occhi, e lei sentiva addosso il suo sguardo, sentiva la pelle bruciare dove passavano quelle iridi d’argento. Arrossiva perfino, quando alzava gli occhi per riempirsi il bicchiere di succo di zucca, e per sbaglio incontrava lo sguardo penetrante del biondo, proprio come una ragazzina alla prima cotta, e questo la faceva sentire stupida e vulnerabile, ma che ci poteva fare se lui le faceva questo effetto?

Dopo quello che era successo nell’ultima missione, Draco era stato messo a risposo, per rilassarsi durante le meritate vacanze natalizie. Decise che, almeno per la vigilia di Natale, che per Grace sembrava essere una festa particolarmente importante, avrebbe cercato di darle un bel ricordo da serbare del loro rapporto come una vera coppia, e non come custodi di un sentimento da nascondere e sopprimere in pubblico. Lei lo diceva spesso: “Odio non poter mostrare a tutti il nostro rapporto, perché sembra che sia sbagliato, ma l’amore non è mai sbagliato, nemmeno se è fra una serpe e un grifone.”

Per questo, subito dopo pranzo, prima che potesse sfuggirgli, la prese per mano e la trascinò fuori in giardino. Non le diede il tempo di capire nulla, semplicemente si smaterializzò con lei appresso appena varcati i cancelli di Hogwarts. Quando la ragazza ebbe modo di aprire occhi, non poteva credere a quello che vedeva. Era sulla cima di una montagna innevata, e guardava dallo strapiombo un paesino pittoresco di case in legno, che occupava la vallata. Le venne un colpo all’inizio, e con un urletto stridulo fece un saltello indietro, sbattendo contro il petto di Draco, che ridacchiò divertito, afferrandola al volo per la vita, tenendola stretta a se.

-Oh mio Dio, Draco! Ma dove siamo? – chiese poi, guardandolo spaesata. Lui le sorrise.

-In Svizzera. – rispose semplicemente il ragazzo.

-In Svizzera? E cosa ci facciamo in Svizzera? –

ribatté ancora la ragazza. Lui ghignò in modo, agli occhi di Grace, irresistibile. Si voltò prendendola ancora per mano, e trascinandola lungo un piccolo sentiero immerso nel candore puro della neve appena caduta, facendole intravedere così una baita di medie dimensioni. Lui spalancò la porta e le mise le mani sugli occhi, avanzando lentamente. Dopo un minuto, tolse le mani, lasciando Grace a crogiolarsi nel calore che l’aveva improvvisamente avvolta, poggiando le mani sulle sue spalle.

L’aveva portata al centro del salotto di quella casetta di legno. C’era un caminetto di marmo bianco finemente lavorato, che si era acceso magicamente non appena avevano varcato la soglia. Davanti ad esso, erano posizionati un sofà e una poltrona rossi, con al centro un tavolino basso di mogano, intarsiato in modo strabiliante, davvero stupendo. Il tutto stava sopra ad un tappeto dalla trama verde e rossa, probabilmente persiano, anch’esso di grande valore. Sopra il caminetto, c’erano delle fotografie, che rendevano l’atmosfera così famigliare e confortevole. Grace si scostò dal tocco del ragazzo per andare a violare l’intimità di quella stanza, per vedere cosa ci fosse su quelle foto. Ne prese una tra le mani, passando le dita sulle decorazioni raffinate della cornice di legno scuro, poi dedicò lo sguardo all’analisi dell’immagine in movimento che vi stava racchiusa dentro. Quasi istantaneamente le si formò un dolce sorriso sulle labbra.

In quello stesso salotto, stavano una più giovane Narcissa e un piccolo Draco, avrà avuto sette anni, che la abbracciava felice saltandole al collo, e le schioccava un bacio dolce sulla guancia, mentre la madre sorrideva radiosa e con gli occhi colmi d’affetto. Quasi ne fu commossa la ragazza, tanto che aveva gli occhi lucidi quando tornò a guardare Draco. Risistemò la fotografia sul caminetto, indietreggiando poi fino a tornare dal ragazzo e abbracciarlo forte.

-Questa è una baita dei Black, mio padre forse non sa nemmeno che l’abbiamo. Ogni inverno mamma mi ci portava, e insieme ci prendevamo quell’affetto che tanto desideravamo l’uno dall’altra, ma che con mio padre tra i piedi dovevamo nascondere. Ho decido che ti avrei portata qui per la Vigilia quel giorno che ti ho vista in corridoio con quei buffi abiti e il sorriso perenne, col tuo spirito natalizio irriducibile in bella mostra. Oggi non siamo grifondoro e serpeverde, non siamo allievo e insegnante e nemmeno due membri dell’ordine in guerra, siamo solo io e te, Draco e Grace. Possiamo baciarci quanto e dove ci pare, passeggiare mano nella mano e dirci sdolcinatezze in ogni momento della giornata. Possiamo guardarci fino a consumarci e farci bruciare gli occhi, senza simulare per forza disgusto e odio, insomma, possiamo fare quello che vogliamo, quando vogliamo. –

Disse Draco, mentre Grace gli sorrideva felice e gli accarezzava la nuca, cingendogli il collo con le braccia.

-Sdolcinatezze? Quando mai ci diciamo sdolcinatezze, io e te? – chiese Grace divertita e allegra. Draco ghignò.

-Beh, magari ora che siamo soli e lontani mille miglia dagli scocciatori, ci verrà voglia di essere romantici, chi lo sa. – rispose il biondo. Grace ridacchiò. Aveva gli occhi che le brillavano tanto era felice.

-Allora, signorina, questa giornata è tutta sua, perciò mi dica, cosa vorrebbe fare? –

-Hai detto che siamo in Svizzera, giusto? – chiese Grace trepidante.

-Sì, esatto. Perché? – chiese confuso il biondo. Grace prese a saltellare fra le sue braccia, come una bambina troppo eccitata, battendo le mani.

-Draco, mi accompagni a comprare il cioccolato? Tipregotipregotiprego! Questo è il paese del cioccolato, noi DOBBIAMO prenderne un po’! – lo pregò la ragazza, facendolo ridere di cuore.

-Ok, ok, andiamo a prendere questo cioccolato! –

concesse alla fine, facendole indossare una calda sciarpa di lana rossa e un berretto dello stesso colore, mentre lui indossava la sua sciarpa verde smeraldo. Visto che i mantelli non li avevano ancora tolti da quando erano entrati, si incamminarono subito e uscirono dalla baita.

Quando furono di nuovo sul sentiero innevato, Draco la prese per mano e tenendola stretta, cominciarono a scendere, per raggiungere il paesino. Il terreno era ghiacciato, probabilmente se Draco non le avesse tenuto saldamente la mano, Grace si sarebbe trovata un paio di volte col sedere per terra, perché era parecchio infido e scivoloso quel ghiaccio battuto. Quando furono a valle, Grace lo prese a braccetto e lo trascinò nei pressi di tutte le vetrine che vedeva, tutte addobbate e illuminate a festa. Con tutte quelle lucine colorate intorno, e i pupazzi di neve e gli angioletti simpaticamente disposti verso i passanti, quelle esposizioni erano davvero uno spettacolo. Quando vide uno dei tanti negozi di cioccolato però, non ci vide più dalla gioia, e ce lo portò quasi di peso.

Quando uscirono lo avevano praticamente svaligiato. Grace aveva voluto metterlo in un sacco di iuta tipo quello di Babbo Natale. Aveva preso una decina di barrette di tutti i gusti, dicendo che non le sarebbe ricapitato tanto presto di tornare lì e che doveva approfittarne. Guardarono ancora un po’ le vetrine. L’entusiasmo della ragazza teneva allegro anche Draco, e faceva sorridere i passanti. Verso le quattro del pomeriggio, Draco la riprese per mano e iniziò ad allontanarsi dal villaggio abitato.

-Dove andiamo adesso? – chiese Grace.

-Ti porto in un posto speciale. – rispose il biondo.

Camminarono per una decina di minuti, inoltrandosi in un bosco di pini. Gli alberi erano folti e tutti carichi di neve. Erano tutti molto grossi e alti, ma lasciavano filtrare molta luce dalle loro fronde, così che l’atmosfera non era cupa o opprimente, ma rilassante e piacevole.

-Vuoi abbandonami nella foresta come Pollicino, Draco? – chiese ad un certo punto Grace, scherzando.

-Come chi? – chiese Draco corrugando la fronte, facendo ridere la giovane strega.

-Hai ragione, scusa, non puoi sapere chi sia Pollicino! È il protagonista di una fiaba babbana, che viene abbandonato dal padre in una foresta. – spiegò la ragazza.

-Ah. Ma i babbani raccontano le fiabe per terrorizzare i loro mocciosi, non per farli dormire come noi maghi? – chiese Draco, ingenuamente. Lei ridacchiò ancora.

-Sì, per insegnargli determinate cose usano mezzi piuttosto strani. – rispose Grace.

Draco spostò un ramo basso che fermava il passo, e quando si scostò, Grace ebbe l’ennesima sorpresa della giornata. Il biondo l’aveva portata sulle rive di un bellissimo laghetto di montagna. L’acqua era ghiacciata e tutt’intorno alla riva c’erano tanti cumuli di neve soffice, caduta dai rami dei pini saturi e resi pesanti dalla morbida copertura bianca. Era tutto luminoso e rifletteva la tenue luce del sole che filtrava tra le nuvole grigie e alte, che promettevano un’altra incombente nevicata. Grace gli saltò al collo, baciandolo con passione. Quando si staccarono, mentre Draco riprendeva fiato, Grace non riusciva a smettere di parlare, era troppo eccitata e contenta.

-Oddio, Draco, questo posto è bellissimo, meraviglioso, stupendo! Sono al settimo cielo! Amore, pattini con me? –gli chiese ad un certo punto, prendendogli le mani tra le sue, con gli occhi tutti brillanti d’aspettativa. Draco ebbe un brivido.

-Ecco…veramente io…non sono capace…. – rispose il ragazzo, arrossendo lievemente. La ragazza però non si scoraggiò affatto, ripartendo alla carica, sorridendo incoraggiante.

-Oh, ti prego, vieni con me, te lo insegno io! È facile vedrai! Basta trovare il proprio equilibrio ed è fatta! Ti preeego! – Draco la guardò e le sembrava così contenta che non volle rovinarle la festa.

-E va bene, ma tu devi aiutarmi, chiaro? – concesse alla fine. Grace batté le mani un paio di volte, felicissima della sua nuova vittoria.

Trasfigurò le sue scarpe e quelle di Draco in due paia di pattini, poi volle saggiare la loro pista naturale, e si diede una spinta, cominciando a scivolare leggiadra sulla lastra ghiacciata. Fece un paio di giri, poi tornò da Draco e lo trovò seduto per terra. Gli tese le mani e lo aiutò ad alzarsi. Fu difficile trovare il proprio equilibrio, come gli aveva detto lei, ma alla fine riuscì a stare in piedi da solo. Solo che era ancora sulla terra e non sul ghiaccio! Allora Grace lo prese con entrambe le mani, e procedendo all’indietro, lo trascinò con se sulla pista.

-Ok, ci siamo. Sciogliti un pochino amore, sennò cadi! – gli disse la ragazza, mentre Draco tentava disperatamente di reggersi sulle proprie gambe e non capitombolare.

-La fai facile tu! Uuuuoh! Cazzo, è difficile! – esclamò il ragazzo, mentre si aggrappava a lei per non volare gambe all’aria. Lei proruppe in una risata cristallina mentre lo afferrava per le braccia e lo sosteneva.

-Non ti scoraggiare. Allora, fai scorrere le lame in avanti e poi verso l’esterno, mentre io ti tiro verso di me. – spiegò Grace.

-Ci risiamo, sempre ad insegnarmi qualcosa, tu. – commentò Draco, ghignando e facendo ghignare anche lei.

-Ci ho preso gusto, sei un ottimo allievo. – rispose la strega, lasciandolo andare e facendogli fare diversi passi da solo.

Poi gli insegnò a girare e a frenare. Alla fine lo prese semplicemente per mano e fecero giri di pista e piroette. Ad un certo punto però si avvicinarono troppo al bordo, e Draco inciampò in una sporgenza del ghiaccio, finendo lungo e disteso nella neve soffice. Una risata argentina si levò a scuotere l’aria, perché Grace si stava divertendo un mondo alle spalle del ragazzo. Gli porse una mano per aiutarlo a rialzarsi, ma lui l’afferrò e la tirò con forza a terra, trascinandola nella neve con se. La strinse forte per i fianchi e la guardò intensamente negli occhi, ancora ridenti. Il freddo le aveva arrossato un po’ le guance e reso gli occhi lucidi. Le accarezzò una tempia, scendendo alla guancia e sfiorando le labbra, che lei dischiuse appena, socchiudendo gli occhi. Le bastava quel semplice contatto per sentire caldi brividi percorrerle come elettricità la spina dorsale. Alla fine Draco le mise la mano dietro la nuca e l’attirò a se, baciandola dolcemente. Le labbra si accarezzavano, si catturavano per poi liberarsi e tornare a rincorrersi. Poi Draco infilò la lingua nella bocca morbida della ragazza, esplorandola tutta. Conosceva ogni angolo del corpo della strega, ma non ne era mai sazio, e ogni volta per lui era come la prima che la toccava, che la esplorava. Grace si era fatta strada a sua volta nella bocca del biondo, mentre lui le accarezzava la schiena. Quando si staccarono, erano entrambi in una specie di estasi, e si sorridevano felici. Lei si sollevò e aiutò anche lui a tirarsi su, e questa volta si alzò sul serio. Grace ritrasfigurò i pattini nelle scarpe e afferrò il suo sacco di cioccolato.

Tornarono mano nella mano alla baita. Dovettero togliersi i vestiti per farli asciugare, visto che si erano rotolati nella neve. Si fecero una doccia e avvolti nei loro accappatoi si accoccolarono sul divano, davanti al camino scoppiettante. Grace si era accomodata tra le braccia del ragazzo, con la testa sulla sua spalla, mentre lui con un braccio l’accarezzava tutta, dalla nuca, alle spalle, alla schiena. Poi risaliva e ricominciava, mentre lei aveva intrufolato una mano nell’accappatoio del ragazzo e gli accarezzava il petto, e gli lasciava una scia di baci delicati sul collo.

-Adoro stare qui con te, potrei rimanerci anche tutta la vita. – gli bisbigliò all’orecchio la ragazza, mordicchiandogli il lobo, che scatenò un brivido al biondino. Ghignò compiaciuto, felice di averle fatto passare una giornata come si deve da coppia felice.

-Sì, anch’io. – rispose poi.

-È ora di cena, sai? Che ti cucino? – chiese Grace guardandolo negli occhi.

-Nulla. Andiamo di sopra, l’unica cosa di cui ho fame in questo momento sei tu. – rispose il biondo, prendendola in braccio, e salendo al piano superiore della baita.

Spalancò la porta della stanza da letto. Al centro troneggiava un grosso letto a baldacchino coi tendaggi rossi, come tutto l’arredamento della casa, a destra un altro caminetto finemente decorato. A sinistra la finestra che dava sulla valle. Draco posò la ragazza sul letto, cominciando a sfilarle l’accappatoio, accarezzandole il fianco, il ventre, il seno, facendola sospirare e gemere piano. Ci volle poco perché fossero nudi. Ormai si conoscevano alla perfezione, sapevano dove e come toccarsi per dare all’altro il massimo piacere. Fecero l’amore sentendosi completi, come se solo in quell’incastro di passione e amore, lussuria e sentimento, fossero davvero loro stessi. Unendosi percepirono il forte senso di dipendenza che entrambi avevano sviluppato per l’altro.

Stare insieme li rendeva felici nello spirito, ma in quei momenti l’amore si faceva tangibile, era la fisicità di un sentimento grande, troppo grande da contenere, che straripava da ogni loro gesto, da ogni sospiro e sussurro, e li rendeva un solo corpo, una sola anima innamorata. Continuarono a dare sfogo ai loro sensi per ore, si unirono e separarono diverse volte, facendosi bastare pochi attimi di respiro e quiete, prima di tornare ad eseguire quella danza primordiale che li vedeva coinvolti in un gioco più grande di loro senza che si potessero controllare.

L’aria tra i loro corpi era un’inconcepibile concessione.

La sosta tra un bacio e l’altro una crudele tortura.

L’assenza di gemiti nell’aria una quiete non richiesta.

Smisero di fare l’amore solo quando ormai la notte imperversava, e i gufi emettevano solitari i loro versi cupi, facendoli rimbombare per tutta la vallata. Stanchi come non mai, ecco come si sentivano. Ma erano felici oltre ogni limite. Erano insieme, erano stati un unico essere per interminabili, infinite ore d’amore. Sentivano il bisogno di contatto, e riposavano abbracciati, avvinghiati in un intreccio di braccia e gambe. Alla fine s’erano addormentati senza nemmeno aver cenato.

Ore 7.16. Nella testa di Grace squillò una tromba. Era Natale! La sua festa preferita da sempre, quella durante la quale tutta la sua famiglia si riuniva e passava del tempo insieme. Quella che trascorreva a distribuire regali come fosse la figlia di Babbo Natale, perché aveva tantissimi amici, e non poteva dimenticarne nessuno. Ora aveva addirittura un ragazzo. Un magnifico fidanzato che le aveva regalato una giornata da perfetta coppietta innamorata, proprio come aveva segretamente sognato di poter fare almeno una volta col suo Draco. E lui, nemmeno le avesse letto nel pensiero ( ed era sicura non ci fosse, e non ci sarebbe mai riuscito ), aveva realizzato quel piccolo desiderio che orgogliosamente non aveva voluto esprimere. Aprì gli occhi sorridendo a priori. Avrebbe potuto avere davanti un orco assassino, che avrebbe sorriso lo stesso, solo perché era il giorno di Natale. Guardò il biondo, completamente sovrastato dal suo dolce peso, gli aveva dormito addosso tutta la notte e lui non aveva fatto una piega, era sempre nella stessa posizione. Pancia in su, dove stava comodamente sistemata lei, un braccio sulle sue spalle e l’altro sul cuscino ad abbracciare l’aria, le gambe strette nella morsa delle sue cosce. Riposava con le labbra socchiuse e i capelli che scomposti gli ricadevano sulla fronte. Il sorriso le si allargò sulle labbra nel guardarlo, come sempre quando si svegliava per prima, dopo aver passato la notte insieme. Gli diede un leggerissimo bacio a fior di labbra, poi scese a baciare il mento, la gola, risalì al suo orecchio e mordicchiò il lobo. Draco ghignò ad occhi chiusi.

-Sveglia, sveglia amore mio! È Natale, non possiamo più poltrire! Devo darti il mio regalo! – bisbigliò all’orecchio del ragazzo improvvisamente sveglio.

Le passò le braccia intorno alla vita, accarezzando i morbidi fianchi.

-Giusto, i regali, devo ancora darti il mio, tra l’altro. – disse il biondo, confuso dall’espressione stupita della ragazza.

-Come il mio regalo? Non era la giornata di ieri il mio regalo di Natale? – chiese la Grifoncina, aggrottando le sopracciglia. Draco ghignò in risposta.

-Credevi davvero che ti avrei lasciata senza regalo? – rispose Draco.

-No, pensavo che mi avessi regalato la giornata solo tra noi, come una coppietta felice, come tanto desideravo fare. – rispose la ragazza, con occhi brillanti d’amore e gratitudine.

Stavolta Draco ridacchiò divertito, richiamando a se un pacchetto grosso quanto un libro ma più spesso, tutto rivestito di carta blu, con un bel fiocco d’argento a completare il tutto. Glielo mise in mano, aspettando solo che lo aprisse. Anche lei richiamò un pacchettino, decidendo che li avrebbero aperti nello stesso momento. Il suo era molto più piccolo però, e quadrato, coperto di carta verde smeraldo e anch’esso infiocchettato d’argento.

Si guardarono entrambi curiosissimi negli occhi e poi si misero a scartare i regali.

Quando Grace portò alla luce il suo, per poco non svenne.

Era un carillon a forma di pianoforte, tutto nero e decorato d’oro. Le gambe del piccolo piano erano frutto di un certosino lavoro di tornio, stupende. La superficie lucidissima e nera rifletteva la sua immagine. Aprì il coperchio, e partì una melodia conosciuta e amata, Per Elisa, la sua canzone preferita, e lo sapeva anche lui. Ma la sorpresa non finiva lì. Mentre il carillon eseguiva la canzone, la magia proiettava sul coperchio immagini di lei e Draco insieme, tratte direttamente dai suoi ricordi. C’era il ballo di Halloween, le lezioni più divertenti nella stanza delle necessità, i piccoli momenti sereni della loro storia, uno sguardo, un sorriso, un bacio. A chiudere il tutto, insieme alle note conclusive della canzone, la loro foto insieme che tanto le piaceva.

Era stupendo, incredibile, meraviglioso e romantico, ed era per lei.

E lei piangeva.

Draco aveva voluto aspettare la sua reazione prima di aprire il proprio regalo, e ci stava rimanendo di sasso.

Lei piangeva.

Piangeva e sorrideva. Capelli biondi e arruffati, occhi azzurri e annacquati dalle lacrime di gioia e commozione. Era il regalo più bello che avesse mai ricevuto, non sapeva nemmeno come esprimere la sua felicità, come spiegare quanto le piacesse quel dono. Alzò solo lo sguardo su Draco, richiudendo il carillon, e gli si lanciò al collo.

-Draco è….è bellissimo, lo adoro! E adoro anche te! Guardami, sono una fontana! - gli disse alla fine, ridacchiando.

-Così mi uccidi, mi strangoli! E ti è sfuggito un particolare importante. –

rispose il biondo, mentre lei si scostava, prendendo in mano il regalo, e facendole vedere il fondo della cassa armonica. A lettere leggere e classiche, la sua calligrafia, stavano scritte poche parole in oro, ma che sciolsero il cuore della ragazza come cera al sole.

 

Un solo attimo con te vale molto più di un’intera vita da solo.

 

                              Per sempre tuo, Draco    

Ora si che la ragazza era una fontana, piangeva, sorrideva e lo baciava, e lui seppe di aver fatto centro con quel regalo. Decise poi di aprire il suo di pacchetto. Sciolse il fiocco d’argento, come i suoi occhi, e aprì il coperchio.

Dentro c’era un orologio da taschino, con annessa catenella. Era d’argento, e sul coperchio, in rilievo, c’era disegnato il muso di un serpente. Era un lavoro preciso e incredibilmente realistico di oreficeria. Incisioni e rilievi perfetti, sembrava che il serpente dovesse scattare da un momento all’altro verso di lui. Gli occhi erano il particolare che più lo stupì. Erano di cristallo nero, come la goccia che portava al collo Grace. Intagliati nella tradizione più antica, portavano i segni di un lavoro artigianale, che rendeva l’oggetto ancora più unico e raro, preziosissimo. Se lo rigirò tra le mani, voltandolo, lesse a sua volta una dedica, con lettere un po’ frenetiche e tipicamente di Grace, incise sul retro della cassa.

Un Amore incontenibile, solo per te.

 

                          Tua, Grace

Erano poche parole, perché dovevano stare sul piccolo corpo dell’orologio, ma erano quasi poetiche nella loro semplicità, un po’ come la ragazza che le aveva fatte incidere. Con uno scatto del meccanismo fece aprire il coperchio, ma con stupore vide che il quadrante era nero. Alzò gli occhi in quelli di Grace, confuso. Lei sorrise furba.

-Quello che desideri vedere, vedrai. – disse solamente. Allora Draco pensò nello stile di Grace, e capì. Desiderò di vedere l’ora, e l’ora precisa apparve sul quadrante, con la data e persino il luogo dove si trovavano.

-Wow! – esclamò il biondo – è stupendo, Grace, davvero. – disse guardando l’orologio.

-Sai, funziona con qualsiasi cosa tu desideri vedere. Se vuoi vedere un luogo o il viso di una persona, basta che lo desideri, e apparirà al posto del quadrante. – spiegò la ragazza.

-Ma dove l’hai trovato? Non credevo esistesse nulla del genere. – disse il ragazzo, sempre più curioso e stupito. Lei ghignò.

-Infatti non esisteva, prima che lo incantassi. E non è l’unica magia che ho applicato. Se tu dovessi diventare animagus con addosso l’orologio, rimpicciolirà, la catenella diventerà nastro e ti si legherà al collo. Diventerà come una medaglietta, e potrai averlo sempre con te. Se un nemico dovesse trovartelo addosso, diventerà sempre più incandescente, solo un tuo amico potrà toccarlo, e questo è utile, perché l’ultimo incantesimo che ho posto è il più importante. – disse la ragazza.

-Quale? –

-Vedi i cristalli neri al posto degli occhi? –

-Certo che li vedo, sono stupendi. –

-Beh, il cristallo nero è un catalizzatore magico. Se avrai bisogno di me o dovrai comunicare col pensiero, basterà sfiorare il cristallo e pensare a me, che ho la goccia qui, sul cuore, e sentirò i tuoi pensieri come se me li dicessi all’orecchio. Se sarai nei guai e non potrai parlare, potrai sempre pensare. Funzionerà anche con gli altri, ma userai appena un po’ più d’energia. – finì di spiegare la grifoncina.

-Accidenti, è grandioso. Sei davvero un genio, piccola! È bellissimo, mi piace molto. – rispose il ragazzo, baciandola. Sembrava anche lui un bambino con un nuovo giocattolo tra le mani.

Dopo aver provato un po’ l’orologio e aver rimirato ancora il piccolo pianoforte, i due ragazzi si fecero la doccia e si vestirono in fretta. Con un sorriso soddisfatto e felice, Draco uscì dalla baita, sapendo che ancora una volta aveva svolto il suo ruolo di nido d’amore, anche se di tipo diverso da quello madre/figlio. Tornarono ad Hogwarts e si cambiarono. Lui mise i soliti pantaloni, ma con sopra un bel maglione nero di cashmir. Lei invece per l’occasione s’era messa una gonna lunga fino al ginocchio di velluto bordeaux, con delle autoreggenti blu scuro e sotto degli scarponcini classici neri nello stile dei maghi. Sopra, un bel maglioncino beige, i capelli sempre biondi, gli occhi sempre più blu, e girava con un buffo cappellino da Babbo Natale col pelo bianco sul bordo. Sotto l’albero in sala comune trovò i regali dei suoi amici. Quello di Neville, quello di Luna, e di tutti gli altri ragazzi che non avrebbe rivisto fino alla fine delle vacanze. I loro regali li aveva fatti arrivare direttamente sotto il loro albero, come al solito. Andò a fare colazione, sapendo che la prossima meta sarebbe stata casa sua. Già pregustava l’odore di casa, il rumore di quei casinisti dei suoi fratelli, le liti con la sorella e l’affetto della nonna, e già era felice. Di solito a Natale tornava a casa anche lei, ma quell’anno, per Draco, era rimasta a scuola, però aveva chiesto a Silente un permesso, e poteva andare a casa sua e alla Tana senza problemi. Quindi partì subito e andò a Parker Manor, con un sacco di iuta sulle spalle. Si smaterializzò proprio davanti alla villa, davvero immensa, che era casa sua. In famiglia erano tanti non si poteva fare diversamente. Erano tre figli maschi e due femmine, in più vivevano con loro anche i nonni paterni. Insomma, erano tanti.

Casa le era proprio mancata. Le querce con l’amaca di papà, con cui litigare per il possesso del letto di corda che faceva gola a tutti. Le intere giornate a giocare a pallone e quidditch con i fratelli e quelle a suonare il violino con la sorella sotto il gazebo, nelle giornate estive più calde. Entrò in casa come un uragano.

-Sono a casa! Buongiorno e buon Natale a tutti!! – urlò appena oltrepassato l’uscio.

-Oh, bentornata, tesoro! Mi sei mancata molto, lo sai? – le disse la nonna, sbucando dalla cucina e abbracciandola forte.

-Anche tu mi sei mancata nonna! Max è qui vero? E Kate è già arrivata? – chiese la ragazza, mentre anche la madre la salutava e le dava un bacio.

-Sì, sono tutti sul retro che litigano per l’altalena, neanche fossero dei bambini! – rispose la mamma.

-Uh, anch’io voglio l’altalena! Ma papà dov’è? – rispose la ragazza, facendo ridere le due donne.

-È di sopra in camera, scende quando è pronto il pranzo.-

-Bene, allora io vado dai ragazzi. A dopo! – disse Grace, schizzando verso il retro del giardino, dove trovò tutti i fratelli ad aspettarla.

Tutti la salutarono con calore, e lei fu felice di vedere che sia i due maggiori, entrambi auror, che la sorella maggiore Kate, medimaga del SanMungo, stessero bene. Fu presto ora di pranzo, e la famiglia riunita consumò festosa tutti i manicaretti preparati dalla madre di Grace, che era senza dubbio un’ottima cuoca. Il nonno della ragazza però la guardava in modo strano.

-Allora Grace, quando ti deciderai a portare un bravo ragazzo a casa, da farci conoscere? Non vorrai mica rimanere una zitella per tutta la vita, spero! – le disse scherzoso il fratello maggiore, Brian, il primogenito.

-Ma guarda che Grace ce l’ha già il ragazzo! Solo che è così furba da non fare l’errore di portarlo a casa! Giusto tesoro? – rispose per lei la madre. Lei sorrise un poco imbarazzata.

-Eh già! – disse poi, inforchettando in modo non molto convinto un pezzo di dolce. Lo sguardo del nonno era sempre più torvo.

-Non ce lo vuoi far conoscere perché è un mezzosangue, vero? O magari addirittura un babbano! – disse all’improvviso il vecchio, quasi urlando. L’intera famiglia ammutolì. Ma Grace lo guardò con sfida.

-No, affatto! Cosa ci sarebbe di male ad avere un fidanzato mezzosangue o babbano? Te lo avrei presentato solo per farti dispetto, nonno, stanne certo! – rispose la ragazza, già sul piede di guerra. Il nonno divenne rosso di rabbia.

-Sarebbe male, molto male invece! Tu sei una Parker, una purosangue, appartieni ad una delle famiglie più antiche e stimate della Gran Bretagna! Non puoi rovinare tutto con un ragazzo di più bassa lega! Non ti permetterò di infangare il nostro nome con un rapporto svantaggioso, non te lo lascerò fare! – proruppe il vecchio, alzandosi e sbattendo le mani aperte sul tavolo, facendolo tremare tutto e barcollare i bicchieri.

-E poi, sono deboli! I maghi di origini impure sono deboli, come i babbani! Non si sanno difendere, come puoi pretendere che ti lasci nelle mani di qualcuno che non potrà nemmeno proteggerti, come quell’Adam, anni fa? Non mi fido! – continuò il nonno. Al sentir nominare Adam, la ragazza abbassò il viso, rosso di collera, e trattenne a stento le lacrime di nervoso che le erano affiorate agli occhi.

-Beh, puoi stare tranquillo, nonno. È un purosangue del più alto lignaggio, la sua famiglia è prestigiosa quanto la nostra. Se davvero avrò mai l’occasione di sposarlo, porterò un cognome nobile e di rilievo nella società. L’importante è che lui non ti conosca mai, nonno. È tutta la vita che scappa da persone come te, non lo farò mai entrare in questa casa. – rispose Grace, i capelli e gli occhi rosso sangue. I fratelli guardavano il padre, implorandolo con lo sguardo di zittire il nonno.

-Basta, papà. Smettila di parlarle così, e non mettere in mezzo il povero Adam. Se Grace dovesse sposare un mezzosangue o un babbano, sarà solo una sua decisione, e noi non potremo opporci, è grande ed è libera di frequentare chi vuole. E poi non capisco cosa ti importa, se mai dovresti assicurarti che i ragazzi trasmettano il sangue puro della nostra casata, i loro figli avranno il nostro cognome, non i figli delle ragazze, loro non c’entrano nulla. – li interruppe con voce calma Christopher, il padre di Grace, che poi si rivolse anche a lei.

-Piuttosto dimmi, è quel ragazzo biondo che mi ha salvato qualche giorno fa, il tuo ragazzo? – le chiese, con uno sguardo furbo, facendola arrossire fino alla punta dei capelli.

-S-sì è lui. – rispose, grattandosi la nuca.

-Beh, è un po’ sarcastico, però è stato gentile e comprensivo, dopo che mi sono svegliato nella vostra infermeria, lui era li con me, nel letto a fianco. Mi è sembrato un bravo ragazzo. – continuò il padre. La madre sorrise complice, lei sapeva tutto.

-Sì, lui è a posto. Ti ha detto anche il suo nome, si è presentato? –

-No, ha detto che il suo nome non era importante, ma quei capelli sono difficili da scordare. Purtroppo li vedo spesso a ministero, non credo di sbagliare ad associarli a una certa persona. – rispose l’uomo, facendo intendere di sapere il nome del ragazzo, ma capendo che gli altri non dovevano sapere chi fosse.

-È stato davvero furbo a portarmi fuori da lì in bocca, chissà come gli è venuta quell’idea! Un folle degno di te, eh piccola? – rise il padre, mandando giù un goccio di vino.

Grace gli sorrise grata, felice che approvasse la scelta. Ma se anche non fosse stato d’accordo, non le sarebbe importato. Lei faceva quello che sentiva giusto, non quello che gli altri le imponevano.

Finito di mangiare, Grace diede a tutti il loro regalo, e aprì i suoi. Stava già per uscire e andare alla Tana, quando il padre le fece una richiesta che non si sentì di rifiutare.

Si sedette sullo sgabello del pianoforte a coda che regnava ancora incontrastato nel loro salotto, come nei ricordi della sua infanzia. Ora addirittura lei portava abiti raffinati e femminili, occasione più unica che rara. Si sedette composta con la schiena diritta. I capelli divennero blu e si arricciarono in armoniosi boccoli, mentre gli occhi li seguivano nel loro scurirsi. Alzò il coperchio dei candidi tasti, e vi poggiò sopra le dita sospirando e chiudendo gli occhi.

Il padre dalla sua poltrona preferita, la osservava mentre compiva quei riti che per lui erano come la quiete prima della tempesta.

Alla fine fece risuonare potente il primo accordo della Sinfonia n° 40, di Mozart, continuando con impeto ad eseguire quella bellissima canzone. Dio, quanto le piaceva suonare. Era quanto di più rilassante si potesse fare. Tutta la famiglia si fermò per ascoltare l’esecuzione, tutti disposti sui divani e le poltrone, a godersi la quiete e l’armonia di quegli attimi insieme, sempre più rari ma pur sempre intensi.

Alla fine, Grace volle regalare alla sua famiglia anche qualche canto di Natale, per poi salutarli e dirigersi alla Tana. Si smaterializzò lì davanti alla porta, per poi suonare al campanello. Tra le urla e gli schiamazzi, la porta si aprì, e uno dei gemelli le sorrise felice.

-Grace! Che bello vederti! Come stai? - le disse il ragazzo, facendola entrare e baciandole le guance.

-Bene, Fred, grazie! E tu? – gli rispose la ragazza, ricambiando il saluto. Lui la guardò storto.

-Io sono George, non Fred! – rispose poi, ma lei sorrise furba.

-Non mi freghi Fred, lo so che sei tu! – disse poi. Il ragazzo sbuffò.

-Uffa! Ma come fai a riconoscermi sempre? Nemmeno mamma ce la fa! – mugugnò il rosso, guidandola in salotto, dove la famiglia Weasley al completo, più Harry e Hermione festeggiavano felici. Grace ridacchiò allegra.

-Segreto! – gli disse, ghignando soddisfatta.

-Grace, tesoro, sei arrivata! Vieni qui, fatti abbracciare! – proruppe la signora Weasley, non appena la vide.

-Buongiorno, signora e Buon Natale! Buon Natale a tutti! – rispose la ragazza, facendosi stritolare dalla donna.

Andò a salutare tutti gli amici con baci abbracci, poi distribuì i regali e aprì i suoi con tutti i ragazzi. Ricevette il solito maglione fatto a mano di Molly, questa volta verde mela. Poi, da Hermione ebbe una piuma nuova, molto bella con l’impugnatura di legno e il suo nome inciso sopra, stupenda. Da Ron un set da quiddicth in miniatura fatto di cioccolato fondente, completo di boccino volante, che fece recuperare a Harry fra le risa di tutti, e di piccoli bolidi da prendere a mazzate prima di mangiarli.

Poi fu il turno di Harry, che rosso come un pomodoro, le porse un bel pacchettino rosso bordato d’oro. Lei gli aveva preso un cd babbano che lui reputava introvabile, che desiderava tanto avere ma che proprio non sapeva dove buscare, e gli era piaciuto moltissimo.

Lei spacchettò in fretta il dono, scoprendo che era un libro, babbano anch’esso. Si intitolava “Le stanze di alabastro”, ed era una raccolta di poesie di Emily Dickinson, una delle sue autrici preferite.

-Oh, Harry, è meraviglioso! Come facevi a sapere che lo volevo? – esultò la ragazza, saltando al collo di Harry, facendogli raggiungere una tonalità scarlatta mai vista in volto.

-B-beh, so che ti piace la Dickinson, e sapevo anche che ti mancava solo questo libro, così ho pensato di regalartelo io. – rispose il moro.

-Grazie, Harry, sei meraviglioso! Lo adoro! – disse Grace, rimirando la copertina del libro.

-Di nulla Grace, e buon Natale! – le disse il moro, sorridendole.

La Tana era come una seconda casa, e anche lì c’erano tante persone che l’amavano e che amava come fossero la sua seconda famiglia. Ma verso le cinque del pomeriggio se ne andò anche da lì, per raggiungere Draco. Si smaterializzò davanti alla casa della zia Andromeda, e bussò alla porta.

Dopo poco, la porta fu aperta da un bell’uomo, alto e biondo coi baffi, di media corporatura, che la guardava un po’ stranito.

-Salve. Cerca qualcuno? – chiese l’uomo.

-Salve signor Tonks! Io sono Grace, Grace Parker, è un piacere conoscerla! Sua figlia mi ha parlato tanto di lei! – rispose la ragazza, con un cordiale sorriso in volto, sotto al suo cappellino natalizio, e porgendogli la mano. Lui ci pensò un po’, poi s’illuminò.

-Ah, Grace, l’allieva metamorfomagus della mia Dora, ora ricordo! Vieni, vieni entra! Anch’io sono felice di conoscerti! – le disse il padrone di casa, facendola entrare e stringendole la mano.

-Tesoro è arrivata un’amica di Dora, Grace! – urlò con voce possente Ted, facendosi sentire dalla moglie mentre sistemava nell’entrata il mantello di Grace. Andromeda si fiondò subito all’entrata, seguita da Narcissa e Draco, con i quali stava prendendo il tè in salotto. La donna le mise le mani sulle spalle e le diede due baci sulle guance.

-Bentornata cara! È bello riaverti qui! – le disse, scostandosi.

-Sono venuta a porgere i miei auguri e a darvi i miei regali, signora. Buon Natale! –disse la ragazza, tutta allegra.

Salutò anche Narcissa come la sorella, e mentre Andromeda spiegava al marito come mai già si conoscevano portandolo con la madre di Draco in salotto, Grace salutò il suo ragazzo con un bacio che di casto non aveva nulla, immergendo le dita nei suoi capelli, mentre lui la stringeva forte.

-Sei arrivata alla fine! – le disse il biondo, accompagnandola verso un divano di fronte a quello della madre, di Andromeda, e vicina alla poltrona di Ted.

-Sai, avevo un po’ di lavoro da fare, non so se mi spiego. – rispose la grifondoro, indicando il suo sacco dei regali e facendogli l’occhiolino. Lui le sorrise.

-E non ho ancora finito. Cominciamo con il capofamiglia. Essendo venuta qui a casa vostra, non me la sentivo di lasciarvi senza regali, così mi sono permessa di portarvi dei pensieri. Questi sono per voi. –

disse la ragazza, porgendo a Narcissa, Andromeda e al marito dei pacchetti. Ted aprì subito il suo, e trovò una scatola di legno scuro piena di sigari cubani costosissimi e buonissimi. Fece una faccia che più stupita non si può, e guardò la ragazza, che si sentì un po’ preoccupata.

-Spero di aver azzeccato la marca, Dora mi aveva parlato della sua passione per i sigari, così ho pensato di portarvene un po’. Vengono dalla scorta di mio nonno, ve li manda con tanti auguri. – spiegò Grace, sorridendo dolcemente. Ted si rianimò subito, alzando un sigaro e guardandolo come se fosse una persona, quasi con adorazione.

-Oh, sì, accidenti! Ringrazialo tanto, sono buonissimi, un sogno per noi appassionati! Grazie, grazie davvero! – disse l’uomo.

-Di nulla, si figuri. – rispose la ragazza.

Dopo fu il turno di Andromeda di aprire il suo pacchetto. Dentro c’era un libro magico, il cui titolo era “Le pozioni casalinghe e tutti i loro segreti”. Anche lì, stupore e occhi sbarrati.

-Qui invece c’è lo zampino di Draco. Mi ha detto che le piace creare pozioni utili in casa, e ho pensato di darle una mano. Mia madre me lo ha consigliato, ha detto che è il più completo in circolazione. –

-Grazie, Grace, ti ringrazio di cuore. – rispose Andromeda, sorridendole e sfogliando il suo nuovo libro.

Alla fine, Narcissa aprì il suo pacco. Era morbido e l’involto era cartaceo, sicuramente un indumento. La curiosità della donna cresceva sempre più, mentre svolgeva l’incarto. Ne venne fuori uno scialle tutto lavorato a mano all’uncinetto blu scuro. Il materiale sembrava cotone, ma era morbido come la seta e caldo come la lana.

-È stupendo. – disse in un filo di voce la donna, passandosi tra le mani lo scialle.

-Il suo regalo è stato il più difficile da scegliere, ma ho pensato che visto che le piace leggere sulla veranda, le avrebbe fatto comodo un indumento di questo tipo. Gli ho fatto sopra un incantesimo, cambia spessore in base alla temperatura, per mantenere sempre caldo chi lo indossa. –

spiegò Grace, sperando che il suo regalo fosse gradito. Draco pensava che più che una ragazza, si fosse trovato un genio, aveva fatto dei regali mirati e aveva fatto centro con tutti, primo tra tutti lui stesso, con quello splendido orologio.

-È stupendo, grazie mille. – rispose Narcissa, sorridendole con fare materno, sorriso che fu presto ricambiato dalla giovane strega.

-E ora, tutti a mangiare! – disse Andromeda, portando tutti a tavola e servendo i piatti tradizionali di Natale.

Così Grace quell’anno si rimpinzò per due volte lo stesso giorno, prima a casa sua, poi a casa Tonks. Fu il giorno di Natale più bello della sua vita, litigata col nonno a parte. Dopo cena lei e Draco dovettero tornare ad Hogwarts. Si salutarono davanti al grande cancello, poi lei divenne un falco, e volò alla solita finestra della sala comune, per non farsi vedere con Draco nemmeno da lontano. Il Natale era passato e tutti erano felici, in pace. Chissà quanto sarebbe durata, la pace dei ragazzi.

 

…………………………………………………….

 

-Buongiorno ragazzi. Spero che abbiate fatto una colazione abbondante, perché per l’incantesimo di oggi vi servirà parecchia energia. – disse la professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure, entrando in aula.

-Buon giorno, Signorina Mason. – risposero in coro i grifondoro del settimo anno, che avevano due ore di Difesa con i tassi.

Era la metà di gennaio, e le lezioni erano riprese regolarmente. Jennifer Mason era la professoressa di Difesa di quell’anno. Era alta e portava sempre una coda di cavallo di capelli neri come la notte, mentre gli occhi erano di un verde assai peculiare, simili ad un grigio, ma screziati d’arancione. Davvero una tonalità particolare. Il fisico atletico e asciutto, fino all’anno prima era stata una delle più famose auror in circolazione. Poi, come se nulla fosse, sparì dalla scena, e nessuno seppe più nulla di lei. Era una collega molto stimata del padre di Grace, che la conosceva molto bene fin dall’infanzia. Perciò lei in realtà sapeva cosa le era successo, anche se non poteva parlarne a nessuno. Successe che, durante una missione piuttosto pericolosa che implicava una dura lotta con dei vampiri, uno di essi la morse, trasformandola in una mezzo demone. La ragazza non se la sentì più di essere auror in quello stato, anche se il Ministro della Magia in persona l’aveva pregata di non abbandonare così il lavoro, proprio nel fiore della carriera, ma lei fu irremovibile e se ne andò. Sparì del tutto, e per alcuni mesi nemmeno Grace la vide più. Ma Silente l’aveva trovata che si godeva una meritata vacanza alle Fiji, quell’estate, e le aveva proposto la cattedra di Difesa. Aveva dovuto pregarla un po’, ma alla fine aveva ceduto, e ora conduceva brillantemente le sue lezioni.

-Ci dica professoressa, cosa facciamo oggi? – le chiese Grace, sorridendo. Con altrettanto sorriso, la professoressa le rispose.

-Oggi vi insegno ad evocare un Patronus completo. Ora, so che con il vostro “Esercito di Silente” ci avete dato dentro, e so anche che il nostro Harry ha già istruito diversi di voi a dovere sull’argomento, ma per quei fortunati che non erano coinvolti, devo fare lezione comunque. Ora, chi di voi vuole fare una dimostrazione alla classe? Vieni tu Harry? Oppure…che ne so, Hermione? – Harry si indicò il petto con l’indice un po’ imbarazzato, poi si fece avanti, insieme ad Hermione.

-Allora, la prima cosa da fare è individuare il pensiero più felice che avete, e tenervelo ben stretto in mente. Poi, eseguite questo movimento con la bacchetta, e con voce chiara pronunciate “Expecto Patronum”, ovvero “chiedo un protettore”. Bene ragazzi, ci fate vedere? – chiese la prof, sorridendo conciliante.

Harry si schiarì la voce, concentrandosi sul suo ricordo felice, mentre Hermione faceva lo stesso. Contemporaneamente esclamarono la formula, ed un maestoso cervo corse per la stanza, seguito da una giocosa lontra, che si muoveva come se nuotasse e faceva capriole.

-Molto bene, 10 punti a grifondoro! Un cervo e una lontra, molto interessante. Chi altri lo sa già richiamare? – chiese la Mason, guardando i suoi allievi che alzavano la mano. C’erano un paio di tassorosso che timidamente avevano alzato la mano. Poi molti grifondoro e Grace.

-Parker, ti va di mostrarmi il tuo animale? Con…. Weasley? – chiese la prof. Ron, un po’ titubante, si fece avanti, affiancato da una sicura Grace.

Arrivata davanti a tutti, Grace pensò al suo ricordo felice.

Lei e Draco in Svizzera, soli nella baita, o a pattinare sul ghiaccio, o a fare l’amore nel cuore della notte. Sorrise dolcemente al ricordo, inconsciamente. Poi stese il braccio con la bacchetta davanti a se, e con voce stentorea disse:

-Expecto Patronum! – e dalla sua bacchetta emerse un fumo bianco denso e scattante, che subito si proiettò in avanti tra mille volute.

Anche Ron aveva fatto lo stesso, ma se il suo Patronus era una donnola un po’ timida e piccola, quello di Grace aveva stupito persino la prof.

Era un leone. Enorme, potente, un muso felino molto definito si vedeva chiaramente nel fumo bianco. Si aggirava guardingo per l’aula, passando tra e attraverso i ragazzi, ruggendo fiero. Poi fece un paio di balzi, quasi giocoso, avvicinandosi alla propria padrona, che sorrideva soddisfatta. La si vide mettere un dito sul muso del leone, e quando gli toccò il naso, il leone sparì nel nulla.

-Complimenti Grace! Erano secoli che non si vedeva un leone come Patronus! Dimmi, sai chi fu l’ultimo ad averlo come protettore? – disse la Mason.

-No, non ne ho idea. – rispose la ragazza, ora curiosissima.

-Godrick Grifondoro. – rispose la donna, sorridendo compiaciuta. Tutti erano rimasti basiti, Grace per prima.

-Cosa… cosa significa? – chiese allora la grifoncina.

-Beh, la leggenda dice che un successore di Godrick avrebbe ereditato il suo protettore e avrebbe contribuito alla salvezza del mondo, risollevando le sorti del Mondo Magico e babbano. Dopo il ritorno di Voldemort, tutti hanno collegato questa leggenda alla Guerra Magica, e quindi ad Harry. Diciamo che in molti si aspettavano che fosse lui il possessore di quel Patronus, ma tu sei una Parker e una vera Grifondoro fino al midollo, non mi stupisce che sia tu ad averlo. – spiegò Jennifer.

-Bene, ora provate tutti insieme. – disse ancora, battendo le mani. Subito i ragazzi si ripresero e iniziarono ad esercitarsi. E la questione del Patronus morì lì.

 

 

Antro dell’autrice

Salve a tutti! Spero che abbiate passato un felice Natale, e che abbiate ricevuto tanti bei doni, e che non ne riciclerete nessuno! ^.^ Avete visto che bel Natale ho fatto passare ai nostri eroi? Non sono poi così senza cuore, via, a Natale si è tutti più buoni!

Grace: Tu no! Mi hai fatto litigare col nonno!

Nami: Ti ho fatto dimostrare come il tuo amore per Dracuccio sia più forte di tutto, ti ho fatto ricevere dei regali da paura, e tu hai pure il coraggio di lamentarti? Ingrata! >.>

Draco: Via ragazze, non litigate.

Grace&Nami: Zitto tu!

Draco: Che caratteraccio!

Comunque, il prossimo aggiornamento sarà già nell’anno nuovo, quindi ne approfitto per augurarvi un Felice Capodanno! Fate più bordello che potete, e divertitevi! Attenti solo a non farvi scoppiare le dita insieme ai petardi, se no dopo con cosa mi scrivete le recensioni?

X lady lululu: ti ringrazio tanto per gli auguri, e sono felicissima che ti piaccia il mio Dracuccio, e anche la mia Grace. Lei fa tanto la dura, ma ha un cuore di burro in realtà! E ti fa anche lei gli auguri per un felice anno nuovo!

Li fa anche a tutti voi, non temete!

A presto, un bacio a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 18
*** Lesson 18: Inviti, Inviti e Ancora Inviti! Il Ballo Incombe! ***


Lesson 18: Inviti, Inviti e Ancora Inviti! Il Ballo Incombe!

LESSON 18:INVITI, INVITI E ANCORA INVITI! IL BALLO INCOMBE!

 

Passarono veloci i mesi, e fu subito primavera. Era marzo, fuori cominciava a sciogliersi la neve, sotto i primi raggi di vero sole, dopo mesi di freddo e nebbie. I ragazzi erano tutti molto impegnati con la preparazione ai M.A.G.O, così anche nei loro incontro privati, Grace e Draco ne approfittavano per studiare un po’. Piton aveva addirittura assegnato la preparazione del Veritaserum a coppie e li aveva messi insieme, per evitare che gli scansafatiche approfittassero di lei, che era la più brava. Quanto a Draco, sapeva della sua reputazione di egoista e non temeva di certo che aiutasse qualche suo compagno impedito, ma aveva preferito non correre il rischio. Così i due potevano trovarsi in biblioteca o nel laboratorio di pozioni senza destare il minimo sospetto.

-Allora, Malfoy, si avvicina il ballo dell’Equinozio di Primavera. Con chi ci vai? –

chiese Grace, un giorno mentre erano soli in laboratorio di pozioni, e lavoravano senza fatica alla loro pozione della verità. Draco rimase un po’ a pensarci. Voleva portarci lei, come l’aveva accompagnata a quello di Halloween, ma questo era un ballo in abito da sera, non in maschera, non poteva portarcela, e lei lo sapeva. Mancava ancora una settimana, e lui non aveva proprio voluto pensare ad invitare qualcuna per la festa.

-Non saprei Parker, probabilmente Pansy. – rispose Draco, facendo finta di nulla.

-E tu invece? – chiese a sua volta, abbassando il tono di voce. Lei sospirò.

-Non so, non mi ha ancora invitata nessuno, probabilmente non mi presenterò proprio. – rispose la ragazza, un po’ triste.

-È uno degli ultimi balli dell’anno, non dovresti perdertelo, non ci saranno molte altre occasioni come questa. E poi, scommetto che invece qualcuno ti ha invitata.–

disse il biondo, sapendo che così le dava il permesso di essere invitata da qualche altro ragazzo senza timore di farlo arrabbiare. Lei sorrise leggermente. In effetti c’era qualcuno che l’aveva invitata a quello stupido ballo, ma non c’era stato nessuno che le andasse bene, non se il metro di paragone era Draco. Ma il pensiero di vedere lui e Pansy nella sala da ballo, stretti in un ballo lento, o a bere champagne la faceva impazzire. Era gelosa, anche se non le piaceva un granché essere possessiva, era così, le dava fastidio. Soprattutto se pensava che la Parkinson era stata l’amante preferita del suo ragazzo, prima che si mettessero insieme. Come sarebbe stato vederli abbracciati appassionatamente in mezzo alla pista? Una tortura, un tormento.

Contemporaneamente, nella parte opposta del castello, nella sala comune dei grifoni, Harry e Hermione parlavano tranquillamente seduti sul divano di fronte al caminetto sfrigolante.

-Allora Herm, tu e Micheal verrete insieme anche a questo ballo suppongo. – disse Harry, tra una chiacchiera e l’altra. Hermione lo guardò con comprensione.

-Certo Harry, stiamo insieme. Tu con chi verrai invece? Porti ancora Ginny? – chiese la riccia.

-Io… non lo so, non so chi invitare. – disse il moro, abbassando lo sguardo. La riccia sospirò.

-Oh, Harry, sappiamo tutti e due chi vorresti invitare! Perché non ci provi e basta? Magari accetterà! – disse l’amica, sorridendo incoraggiante. Lui era arrossito. Era davvero così evidente quello che provava?

-Se devo essere sincero, ho paura, Herm. Non voglio rovinare tutto. La nostra amicizia è forte, lo so, ma se dovessi farcela e poi andasse male, io cosa farei? La perderei e non posso sopportarlo. Non so se mi sono spiegato. – disse il ragazzo, passando una mano tra i già scompigliatissimi capelli neri.

-Sì che capisco Harry, ma se non ci provi non lo saprai mai. E poi Grace non potrebbe mai lasciare andare la vostra amicizia così, anche se tra voi dovesse succedere qualcosa e poi dovesse andare male. – rispose l’amica. Lui sorrise.

-Allora mi butto! Fai il tifo per me, perché sta maturando l’idea di non venirci proprio. –

-Non ti preoccupare, faccio il tifo per te. –

Si sorrisero e andarono nelle loro stanze, a prepararsi per la cena.

Altro dormitorio, altra discussione.

-Ciao Pansy. Dì, verresti al ballo di Primavera con me? –

chiese Draco, svogliato, a Pansy, che stava andando nella sua stanza. Lei lo guardò con sdegno, e fece una smorfia come disgustata. Poi alzò di scatto il mento voltandosi.

-No, vado con Theo, gli ho già detto di sì, lasciami in pace! – gli rispose, urlando quasi, entrando nella sua stanza e sbattendo la porta.

Questa poi era davvero bella! Miss ossessione, miss “Il mio Dracuccio di qua, il mio Dracuccio di la” aveva rifiutato il suo invito al ballo! Ma soprattutto lo aveva guardato come si guarda un vermicolo, quando un tempo se lo sarebbe mangiato con gli occhi, e anche in senso meno figurativo. Il ragazzo era rimasto come uno stoccafisso, impalato nel bel mezzo della sala comune. Era rimasto senza una dama per il ballo, anche se quello non era davvero un problema, bastava che ghignasse e ammiccasse ad una ragazzina ed era fatta, avrebbe avuto una dama per quello stupidissimo ballo. Anche se non sarebbe stata Grace. Anche se nessuna ragazza sarebbe stata mai come Grace. Poteva scegliere una ragazza bellissima, con un fisico incredibile, e magari anche simpatica, ma non sarebbe comunque stata Grace. Una valeva l’altra allora.

In quel mentre apparve dal buco del ritratto Dafne Greengrass. Alta, fisico slanciato, lunghi e liscissimi capelli biondi e occhi verdi. Occhi freddi come iceberg, ma bellissimi e intensi. Non lo degnò nemmeno di uno sguardo e fece per andare nel suo dormitorio ma Draco la fermò.

-Ehi, Dafne! Sei già occupata per il ballo? – le chiese.

-Vuoi invitarmi tu, per caso? – rispose la bionda, voltandosi verso di lui.

-Esatto, ci verresti con me? – chiese serio il ragazzo. Lei sembrò pensarci su, guardando il soffitto. Poi si aprì in un ghigno.

-Va bene, ci vengo io con te. – acconsentì poi la piccola serpe. Draco ghignò a sua volta.

-Ci vediamo allora. – disse lei, entrando nella camerata.

-Sì, a presto. – rispose il biondo, servendosi in un bicchiere panciuto dell’Ogden Stravecchio, e lasciandosi cadere poi a peso morto sul divano davanti al camino.

‘ Non mi sono nemmeno dovuto impegnare troppo. Non vedo l’ora che finisca la guerra, la scuola, tutto… voglio che tutti sappiano che Grace è solo mia e di nessun altro…’

Pensava Draco, sorseggiando il suo fire-wisky.

Intanto, il trio miracoli più Grace si dirigevano in sala grande.

-Grace, ti dovrei parlare in privato, verresti un secondo con me? – disse Harry alla ragazza, toccandole un braccio leggermente. Lei si voltò, con espressione interrogativa.

-Ok, Harry, ti seguo. – rispose poi.

Il moro la portò in un aula vuota. Lei si poggiò ad un banco, lui, agitato si muoveva un po’ a scatti davanti alla porta chiusa.

-Ecco, Grace, io ti volevo chiedere una cosa. – cominciò il ragazzo. Lei sorrise.

-Dimmi. – rispose.

-Beh io… io volevo sapere se… se-ti-andava di-venire-al-ballo-con-me! –

disse Harry, chiudendo gli occhi, tutto d’un fiato. Lei corrugò le sopracciglia. L’aveva detto così in fretta che sperava di non aver capito male, ma quello sembrava proprio un invito al ballo. Le scappò un risolino, a vedere l’intrepido Harry Potter, il Prescelto, così nervoso per invitare al ballo la sua migliore amica. Non sapeva se lo stava facendo perché non sapeva chi altri invitare, ma Ginny sarebbe stata disponibilissima a farsi portare da lui un’altra volta, quindi ci doveva essere una buona ragione per invitare proprio lei. Ma non stette troppo a pensarci su, avrebbe accettato anche solo per fargli un favore. Sorrise di più, avvicinandosi al ragazzo.

-Va bene, ci sto. – rispose poi. Lui arrossì, incredulo.

-Da-davvero? Vieni con me al ballo? – balbettò lui, un po’ stordito. Lei ridacchiò.

-Sì Harry, sì, vengo con te! Ora andiamo, che è tardi e io ho fame! – gli disse, prendendolo per mano e trascinandolo fuori dall’aula deserta.

Lo trascinò con se fino al loro tavolo, in sala grande. Lui aveva un sorrisone ebete e lo sguardo vacuo, da cui Hermione dedusse che il piano era riuscito, e la sua migliore amica andava al ballo col suo migliore amico.

Draco aveva seguito la loro entrata in scena, in sala grande. Mano nella mano con quello sfigato di San Potter, c’era la sua ragazza. La stessa così titubante all’idea di tradirlo andando al ballo con un altro, che preferiva rinunciarci, era arrivata tenendo per mano quell’idiota del suo migliore amico. Avrebbe dato tutto quello che aveva per poterle stare vicino allo stesso modo senza suscitare scalpore o dubbi, sospetti sulla sua fedeltà al Signore Oscuro. Da quel momento il suo umore era notevolmente peggiorato, e per tutta la sera aveva mangiato in silenzio, sbattendo il bicchiere sul legno del tavolo ogni volta che beveva, con tanta foga che ad ogni sorso rischiava di strozzarsi.

I giorni passarono in fretta, e arrivò velocemente la vigilia dell’equinozio. Silente aveva concesso il pomeriggio ad Hogsmead, soprattutto per le ragazze, da dedicare agli ultimi acquisti per il ballo imminente. Hermione doveva ritirare il suo vestito da Madama McClan, perciò Grace l’accompagnò a prenderlo. Il suo vestito l’aveva già trovato da tempo. L’aveva visto fuori da una vetrina ed era stato come se il vestito stesso la chiamasse, invitandola a comprarlo, era stupendo. Non aveva resistito, e l’aveva acquistato. Si era lasciata tentare da quella meraviglia e l’aveva abbinato a delle belle scarpe, perciò era a posto da tempo.

-Signorina Granger, eccola qui! Il suo abito è pronto, tenga! – disse una donnetta un po’ robusta, con i capelli grigi e degli occhialetti a mezzaluna che poggiavano sul naso a patata.

-La ringrazio. – rispose Hermione, prendendo la scatola contenente il suo vestito.

Poi lei e la signora si spostarono nell’altra stanza per il pagamento. Mentre Hermione non c’era, Grace si era messa a guardare in giro, e ogni tanto, distrattamente, guardava anche fuori dalla vetrina. Ad un tratto, fuori da quel vetro, scorse due occhi grigi che la fissavano insistentemente.

-Herm io vado un attimo al Ghirigoro, devo comprare un libro! Ci vediamo dopo, ok? – disse a Hermione.

Fece appena in tempo a sentire un ok di risposta dall’amica, prima di saettare fuori dal negozio e avventurarsi in un vicolo dove aveva visto un certo ragazzo nascondersi nell’ombra, forse aspettandola.

Correva a perdifiato nella viuzza, quando ad un tratto si sentì afferrare per la vita e schiacciare contro un petto muscoloso, con una mano sulla bocca. Era diventata una mania quella di aspettarla nell’ombra e tapparle la bocca.

Sentì il suo fiato sul collo, poi le sue labbra sulla pelle sensibile e la sua frangia sfiorarle la guancia, mentre la mano scorreva sul viso accaldato. Il respiro pesante per via della corsa non accennava a diminuire, anzi, le carezze lo facevano aumentare.

-Sei venuta a comprare un bel vestitino con cui irretire quel fesso di Potty, Grace? – soffiò Malfoy all’orecchio della ragazza. Lei ghignò appoggiando la testa alla sua spalla.

-Non serve, il vestito ce l’ho già. Le notizie volano, eh? Lo sanno proprio tutti con chi vado al ballo. Proprio come tutti sanno che tu sei l’unico ad essere riuscito ad accalappiare la Greengrass. Complimenti, bel colpo, Dracuccio! Pensavo che la tua carlina adorata sarebbe stata felice di venire con te, ma a quanto pare sbagliavo. La tua preda ora è di gran lunga migliore. Meglio così, Dafne ha classe da vendere, non ti farà sfigurare al ballo. – disse la grifondoro, con un sorriso mesto di rassegnazione sulle belle labbra piene, arrossate dall’aria ancora fredda di marzo.

Lui infilò la mano sotto il mantello di lei, accarezzandole un fianco. Poi chiuse gli occhi, annusando il profumo inconfondibile dei suoi capelli. Vicino al suo orecchio, accarezzandolo col suo respiro, le parlò.

-La mia preda sei ancora, e sarai sempre tu! Non puoi liberarti di me con uno stupido ballo. Tu sei sempre mia, anche se permetto a quell’idiota di San Potter di accompagnatrici. Spero di essere stato chiaro, Grace. – disse Draco, con aria intimidatoria.

Lei si leccò il labbro superiore, deglutendo poi a vuoto. Poi sorrise.

-E tu, Draco? Anche tu sei sempre mio? – rispose lei, gli occhi socchiusi rivolti al cielo sereno sopra il vicolo semibuio.

-Sempre, non hai scampo, sei mia…. E io sono tuo… – rispose lui, lasciandola andare e scomparendo nel vicolo.

Se ne andò anche lei, dirigendosi al Ghirigoro, entrando poco prima di Hermione.

Il giorno dopo, come sempre prima di una qualsiasi ricorrenza che comprendesse un ballo, le ragazze di Hogwarts sembravano impazzite, tutte preda di crisi isteriche per il vestito improvvisamente troppo stretto, i capelli che non trovano una piega decente in cui stare e gioielli introvabili. Grace si divertiva un mondo a guardare le sue compagne di stanza diventare matte dietro a queste scemenze, e le guardava seduta nel centro del suo letto, ancora in pigiama, ed erano le undici del mattino. Lavanda aveva provato due o tre volte a dirle di prepararsi, ma lei aveva sbadigliato sonoramente e si era ributtata sul cuscino, improvvisandosi stanca pur di non ascoltarla. Scese a pranzare da sola. Lavanda e le sue manie sulla dieta! Diceva che se pranzava o mangiava qualcosa che non fosse insalata, quella sera nel suo vestitino rosa shocking non ci sarebbe più entrata! Che esagerata! Lei invece pranzò normalmente, parlando allegramente con Hermione. Harry la guardava con espressione sognante. Ancora non si capacitava di essere riuscito ad invitarla.

Dopo pranzo andarono tutti in giardino, all’ombra della loro quercia preferita, in riva al lago nero. Le ragazze leggevano, i ragazzi parlavano di quidditch. A cena Grace ed Hermione mangiarono due bei panini, per non avere fame nel bel mezzo del ricevimento, poi via, tutti in stanza a prepararsi, il ballo era ormai prossimo.

 

Antro dell’autrice

Salve ragazzi, sono di nuovo qui. Allora, in questa lesson non succede niente di troppo rilevante, quindi non ho nulla da commentare. Starete sospirando di sollievo, vi capisco.^.^

Quindi rispondo subito alla recensione della settimana.

X ashleys: Cos’è una Mary Sue? È un personaggio perfetto in tutto, no? Beh, Grace è un’assassina, e dopo, non voglio anticipare nulla, ma ne farà di tutti i colori. Mi piace creare personaggi poliedrici, e se l’hai percepita come una Mary Sue, allora devo aver commesso enormi errori nella narrazione, questo mi spiace. Però mi serviva un personaggio che sembrasse perfetto al di fuori, e una belva nel profondo, per compensare Draco, che è visto come una fredda e insensibile macchina da tutti, ma poi ha il cuore di burro XD Per quanto riguarda la loro storia d’amore, invece, è una scelta mia. Invece di un amore travagliato che finisce bene, ne ho voluto uno facile da complicare dopo, e chissà, magari senza lieto fine. Grace non è Hermione, per loro sarebbe stato impossibile un amore semplice, ma io volevo una storia un po’ diversa dalle altre. Avrei voluto risponderti alla fine dell’intera fan, per sapere se le impressioni erano ancora le stesse, ma per correttezza ho voluto farlo ora, visto che ho sempre risposto subito alle recensioni.

Detto questo, vi lascio.

Un bacio grande a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 19
*** Lesson 19: Questione di Feeling ***


Lesson 19 Questione di Feeling

LESSON 19: QUESTIONE DI FEELING

 

8.30.

Tutte le dame di grifondoro uscivano dalle loro stanze, pronte e profumate. Harry, trepidante, aspettava la sua dama in fondo alla scala del dormitorio femminile. Lavanda era già uscita, così come pure Hermione, che aveva raggiunto Micheal fuori dal ritratto della sala. Mancava ancora Grace, forse solo lei. Poi però arrivò anche lei, e gli si fermò il cuore.

Un corpetto di velluto nero le stingeva il petto, la scollatura lasciava intravedere il solco dei seni, sovrastato come sempre dalla sua inseparabile collana, col ciondolo di cristallo, per poi interrompersi sui fianchi e sfasare in una gonnellina di seta che le arrivava appena sopra il ginocchio, che le accarezzava leggera le lunghe gambe, tornite e nude, seguendo i suoi movimenti sensuali. Ai piedi, dei sandali alla schiava, coi lacci che fasciavano i polpacci fino a poco sotto il ginocchio, con un buon tacco a sorreggerla. Capelli ricci e neri, che le incorniciavano il viso in morbidi boccoli vaporosi e definiti, lasciati sciolti ad ornamento di se stessi. Gli occhi, in contrasto con tutto il resto, azzurri, chiari e brillanti, come stelle nella notte più buia. Le labbra rosate rese accattivanti dal lucido, ma lasciate del loro colore naturale. Sorrideva, ed era bellissima.

Quando gli arrivò davanti, ad Harry mancò il respiro. Le sfiorò le labbra velocemente in un casto e innocente bacio.

-Sei bellissima Grace, anche più del solito. – le sussurrò a fior di labbra. Lei sorrise.

Poi lui le cinse le spalle con un braccio, accorgendosi con non poco stupore che la schiena era lasciata praticamente nuda. Il vestitino infatti, dietro era tenuto insieme da una serie di laccetti, che formavano un intricato disegno e seguivano la linea sinuosa della schiena della ragazza, coperta in parte dai capelli che arrivavano però solo alle scapole.

Arrivarono in sala grande e diedero il via ad una serie di commenti sommessi, risatine e gomitate varie. Già si spargeva la voce che stessero insieme, se poi lei si vestiva così facendosi accompagnare da lui, quella balla prendeva sempre più vita propria, apparendo sempre più come una verità taciuta ma reale. Draco era già lì, e si era goduto la vista della sua ragazza che faceva la sua entrata sotto lo sguardo ebete di tutti, a braccetto col Bambino Sopravvissuto. Era lì con Dafne, a cui dei pettegolezzi non fregava assolutamente nulla. Lei indossava un bel vestito lungo fino in fondo ai piedi, blu notte con complicati ricami color argento su tutto il corpetto, la gonna scampanata e ai piedi dei sandaletti che riprendevano i ricami del vestito. Il tutto contrastava in modo sublime con i capelli biondi raccolti in una acconciatura semplice ma di grande effetto e gli occhi di un bel verde brillante. Draco era come sempre stupendo nel suo vestito da sera, anche se si era rifiutato di indossare il papillon. Erano davvero belli, sia lui che lei.

Harry portò Grace a prendere da bere. Lui sembrava essere più sciolto rispetto ai balli precedenti, forse perché la sua accompagnatrice era nientemeno che la sua migliore amica, e quindi si sentiva a suo agio. Lei, sicura come al solito, sorrideva e salutava tutti i suoi amici. Però era un sorriso strano. Era aperto sì, ma sembrava un po’ malinconico, nostalgico, e gli occhi erano ancora più luminosi del solito, erano lucidi. Quasi nessuno lo notò, e sembrò felice a tutti. Teneva Harry a braccetto, e lui le parlava ridacchiando all’orecchio, come una coppia affiatata.

Avevano incontrato Ron e Lavanda, che teneva il rosso a stecchetto, impedendogli di divorare tutto ciò che stava sul tavolo del buffet, perché quella sera voleva ballare a tutti i costi. Il ragazzo sbuffava più di un mantice, guardando quelle pietanze come gli altri ragazzi guardavano le belle ragazze in abito da sera. Era davvero buffo.

Poi videro anche Hermione e Micheal. Entrambi molto eleganti e composti. Lui stupendo nel suo abito blu scuro, lei davvero meravigliosa nel suo vestito color pervinca che le arrivava alle ginocchia e le sue decolté con un bel tacco. I bei boccoli castani raccolti in una coda alta, che li faceva piovere sulle spalle lasciate nude dal corpetto del vestito. Stava davvero bene.

C’era anche Ginny, con Dean Thomas, nel suo vestitino tutto svolazzante di un bel verde smeraldo.

Mentre Grace rideva e scherzava allegra con i suoi amici, le serpi stavano a bordo sala, a osservare tutti e giudicare tutti, soprattutto. E Draco e Dafne non erano da meno. Da qualche minuto però la ragazza si era accorta che lo sguardo di entrambi si era posato sulla stessa coppia.

Dafne aveva visto Harry entrare dalla porta, e per lei era come vederlo per la prima volta. Stava da dio in quel completo scuro, persino gli occhiali sembravano donargli di più, mentre coprivano quei begl’occhi di giada.

Lei non aveva mai dato troppa importanza ai ragazzi, non si concedeva a loro come se fosse nulla. Era attenta alla scuola, a guadagnarsi una buona istruzione per avere poi un buon lavoro, e considerava il genere maschile solo una distrazione inutile, perciò nemmeno li guardava con troppa attenzione. Non aveva mai dato peso alle lotte tra case, e i Greengrass erano abbastanza importanti da essere riusciti a evitare il Signore Oscuro e tutte le grane che comporta essere dalla sua parte. Erano riusciti a preservare la loro innocenza, e non avevano la pretesa di sterminare il genere dei babbani e dei mezzosangue. Vivevano per loro stessi, e in pace con tutti.

Perciò non vide il fatto di essere attratta da un grifondoro come un problema e tanto meno come un ostacolo. E di certo non tradiva nessuno se quel grifondoro era proprio il famoso Harry Potter, non avrebbe contrariato nessun padrone mezzosangue frequentandolo. L’unico vero intoppo era la ragazza che portava a braccetto.

Lei non sembrava molto coinvolta col ragazzo, ma lui sembrava perso di lei, si vedeva lontano un chilometro.

Il sorriso più luminoso, le carezze gentili, la mano posata sulla schiena con delicatezza, come fosse di cristallo. Solo per lei. Era visibile anche ad una fredda e calcolatrice serpe come lei, che lei gli piaceva sul serio, forse addirittura l’amava.

Dafne non era una che tramava alle spalle della gente, se ne stava per i fatti suoi, ma se le pestavi i piedi, potevi considerarti finito. La vendetta era il suo pane quotidiano, per questo non le si poteva fare uno sgarbo senza subirne le conseguenze, e tutti la temevano.

E sempre per questo, lei non voleva strappare il ragazzo a nessuna, voleva che la cosa fosse genuina. Perciò decise che si sarebbe informata su quei due, prima di fare qualsiasi cosa per accalappiare il moro.

-Ehi, Draco? –

-Sì, Daf? –

-Ma quei due stanno insieme secondo te? –

-Chi? –

-Lo sai, quelli che fissiamo entrambi da quando sono entrati. – rispose la bionda, alzando gli occhi al soffitto.

-Potter e la Parker? – chiese il biondo, ostentando indifferenza.

-Sì, loro. Sai se fanno coppia fissa? – chiese ancora la ragazza, con fare scocciato. Lui ghignò.

-Non dirmi che alla Regina di Ghiaccio di Serpeverde improvvisamente interessano i pettegolezzi! Che scoop ragazzi! –

disse poi Draco, guadagnandosi un’occhiata incendiaria dalla ragazza.

-Non dire cazzate, Draco. Semplicemente sono curiosa di sapere se Potter è davvero occupato con quella ragazza oppure no. –

replicò l’altra, tranquillamente. Draco irrigidì la mascella, nel tentativo di non pensare che la sua donna era lì con un altro e tutti la scambiavano per la ragazza di Potty.

-No. So da fonti certe al mille per mille che non stanno insieme. Potty è tutto tuo, anche se si vede anche da qui che è preso da lei, lo attira come una calamita. –

rispose il biondo, distogliendo lo sguardo da lei per posarlo ancora una volta sul soggetto della frase.

Fu il turno della ragazza di ghignare, osservando per bene Harry, che le stava regalando un bel panorama, voltato di spalle. Un sedere niente male, pensava lei. Poi però tornò a guardare Draco, e intuì che nel suo guardare quella ragazza c’era qualcosa di più che il pettegolezzo o la ricerca di particolari imbarazzanti da ritorcere contro i grifondoro.

-Sai Draco, se ti piace dovresti invitarla a ballare. – Draco diede un colpo di tosse, colto sul fatto.

-Di chi parli scusa? – chiese poi facendo il finto tonto, atteggiamento che lei davvero non sopportava. Infatti roteò gli occhi, sospirando.

-La Parker, Draco, la Parker! La stai mangiando e forse anche spogliando con gli occhi da quando ha varcato quella soglia. –

rispose Dafne, indicando le porte con un pollice. Draco mandò giù un sorso del suo stupido drink analcolico, agitato e frustrato. Sentiva il bisogno di un po’ di wisky, ma non poteva averlo prima delle undici. Che palle. Però non rispose, e la ragazza continuò a parlare.

-Dovresti fregartene della casa a cui appartiene e chiederle di uscire, o qualcosa del genere. Sai, la scuola a giugno sarà finita, e forse non avrai più occasione di vederla così spesso. La scuola finirà ma la vita no, si andrà avanti, e potresti non avere più chans per provarci. – gli disse, saggia.

-Sai Daf, non è questione di case, se fosse solo questo, non me ne fregherebbe nulla. Il fatto è che ci sono sotto cose troppo serie per poterle ignorare. Tu sai a cosa mi riferisco. Quelli come me costituiscono un pericolo per lei come per tutti i suoi alleati e Potty stesso. – disse Draco, fissando e facendo rotare il contenuto del suo bicchiere. Dafne annuì guardandosi le scarpe.

-Sì, ma prima o poi anche la guerra finirà, e se non ci provi, avrai perso sia la capra che il cavolo, non avrai più nemmeno quello per cui hai rinunciato a quella ragazza. Sei sicuro di non volerti dare nemmeno una possibilità con lei? Sono sicura che non è cresciuta a pane e pregiudizi, potrebbe anche starci. – rispose Dafne, guardandolo intensamente negli occhi tempestosi, sorridendo leggermente. Lui ghignò.

Poi però lei lo prese sotto braccio e si incamminò verso la pista da ballo, dove da poco si ballava un lento. Harry aveva poggiato le mani sui fianchi di Grace, e si muovevano piano sulle note tranquille della canzone. Lei gli cingeva il collo con le braccia e lo guardava sorridendogli e ridendo alle sue battute. Lui non si sentiva nemmeno in imbarazzo, non arrossiva e stranamente ballava disinvolto, senza inciampare nemmeno una volta. Erano carini insieme, ma Dafne voleva Harry. Per la prima volta, desiderava davvero un ragazzo, e non si sarebbe lasciata sfuggire quell’occasione. Era già passata un’ora dall’inizio della festa, erano le dieci e tutti ballavano, in pista. Quindi, volteggiando, Dafne guidò Draco nella sala fino a giungere vicino ai due ragazzi, che danzavano spensierati.

-Che fai Dafne? Ci hai portato un po’ troppo vicini non credi? – chiese il biondo, preoccupato, senza capire le intenzioni della compagna.

-Tu segui il mio gioco, e saremo soddisfatti entrambi. – rispose la serpe, sorridendo astuta.

Ballarono fino alla fine della canzone. Poi Dafne si avvicinò a Harry e Grace, accennando un sorriso. Aveva parlato un paio di volte con la ragazza, e aveva un po’ di confidenza, ne avrebbe approfittato.

-Buonasera ragazzi. Ehi Grace, come stai? È da un po’ che non parliamo, tutto ok? –chiese la bionda a Grace, rimasta piacevolmente sorpresa dalla cordialità della serpeverde.

-Dafne, ciao! Io sto bene, tu? Credo sia dall’ultimo lavoro di coppia di erbologia, a dicembre, che non abbiamo occasione di parlare, come va? – rispose la grifoncina, allegra. Lei sorrise, scoprendo i suoi perfetti denti bianchi, Harry ne fu quasi abbagliato.

-Tutto a posto, grazie. Che dici, mi presti il tuo cavaliere per un ballo? – chiese poi la bionda, guardando Harry. Lui arrossì e abbassò lo sguardo. Grace invece ridacchiò.

-Mmm… vediamo…Harry mi ha prenotata per tutta la sera, ma te lo posso concedere sicuramente per un ballo. Tu che dici Harry, ti va di cambiare un po’ dama? Così, per non annoiarti. – propose Grace, sorridendo conciliante all’amico. Lui sospirò, fintamente tragico.

-E va bene, se sono così richiesto non posso mica fare finta di nulla! – disse facendo ridere le ragazze, Draco si morse la lingua per non iniziare baruffe proprio quella sera, anche se la voglia di ribattere a quella battuta, era molto forte.

La musica ripartì con un altro lento, e sarebbe andata avanti così finche Silente e gli altri professori non se ne fossero finalmente andati a letto. Draco si accorse di essere rimasto solo in mezzo alla pista, come Grace d'altronde. Le si avvicinò con passo cadenzato.

-Allora Parker, persino Potty ti ha abbandonato? Nemmeno la disperazione gli ha impedito di piantarti in asso, che tristezza! – le disse, ghignando. Lei lo vide, e le sembrò bellissimo come sempre.

-Così come Dafne ti ha piantato per Harry, Malfoy. La mia barca affonda insieme alla tua, capitano. – rispose la strega, guardando Harry arrossire per un complimento di Dafne.

-Beh, scommetto che l’ha fatto perché come ballerina fai pena. –

-È una sfida? –

-Tu che dici? –

Fu così che senza che nessuno potesse rendersene conto, Draco e Grace si misero a ballare un lento, come tutte le coppie intervenute alla festa. Non potevano stare troppo vicini, dovevano sembrare semplici nemici che si dimostravano a vicenda di saper ballare. Ma gli occhi di entrambi brillavano di felicità pura, nel poter stare una tra le braccia dell’altro in pubblico. Si guardavano intensamente negli occhi, e per loro tutto spariva, rimaneva solo il compagno davanti a se, solo la sua voce nelle orecchie.

-Sei bellissima Grace, è tutta la sera che muoio dalla voglia di dirtelo, e di strapparti il vestito di dosso a morsi, non so nemmeno io come faccio a trattenermi. –

Sussurrò il biondo all’orecchio della mora, con fare malizioso e ghignando, come a far intendere ad occhi indiscreti che la stesse prendendo in giro. Nello sporgersi verso di lei, le aveva portato una mano sul suo petto, all’altezza del cuore. Lei poteva sentire i battiti calmi e tranquilli del ragazzo sotto le dita leggere.

-Lo senti, Grace? Ormai batte solo per te. Se te ne vai si ferma, e riprende a battere solo quando posso toccarti, e baciarti, e fare l’amore con te… sei diventata la mia droga, Grace Amelia Parker, e guardarti con Potter tutto questo tempo è stato come affogare, vedere la superficie e la luce, ma non poterci arrivare, non potere avere aria nei polmoni. E ogni volta che lui ti posava i polpastrelli addosso, per me era come ricevere una stilettata nel cuore. –

Le sussurrò serio Draco, guardandola in quegli occhi azzurri come il ghiaccio, ma caldi come se una fiamma li ardesse. E lucidi, bagnati di lacrime trattenute per la felicità. Le parole del ragazzo erano come un balsamo che alleviava tutte le ferite che il suo cuore aveva accumulato nel vederlo con la Greengrass. Formavano una bellissima coppia.

Lei era bella e anche simpatica se la si sapeva prendere nel modo giusto, e anche molto intelligente.

I due sembravano andare d’accordo, e un’irrazionale paura e una punta di gelosia farcivano tutti i pochi momenti in cui poteva posargli gli occhi addosso.

Ma ora Dafne sembrava attratta dal suo migliore amico, e visto il rossore di lui, nemmeno lei doveva essergli troppo indifferente. E Draco attraversava uno di quei suoi rari momenti di romanticismo. Doveva sentirsi parecchio minacciato da Harry, per sfoderare tutte le sue carte insieme. Fascino, carisma e frasi romantiche. Armi di seduzione a cui nemmeno una santa avrebbe saputo resistere.

Grace però fu costretta a rimanere in silenzio mentre lui parlava, e a fare una faccia sdegnata, recitando come la migliore delle attrici, fingendo disgusto per le sue parole, che ad occhi estranei dovevano passare per insulti. In realtà bastava guardarla negli occhi per scorgere quanto la rendessero felice, quelle poche frasi, sussurrate a mezza voce in mezzo alla folla.

Alla fine della canzone, mentre tutti si fermavano, si sporse verso il suo orecchio, per rispondere.

-Ma io ti amo Draco, e niente potrà cambiare questo sentimento. –

Gli disse soltanto, scostandosi subito dopo, scatenando sul suo viso un ghigno, e nel suo basso ventre la voglia irrefrenabile di averla, lì e subito. Ma la ragazza si staccò dal lieve abbraccio in cui era prigioniera, perché Harry era venuto a reclamare la sua dama.

-Effettivamente Parker, è vero, sai ballare. – le disse il biondo. Lei ghignò, tornando a sfiorare il braccio di Harry e prendendolo a braccetto per andare a prendere qualcosa da bere.

Aveva bisogno di allontanarsi un po’ da Draco, o quello che provava davvero sarebbe trapelato dai suoi gesti, e non poteva permetterselo. Dafne tornò dal suo cavaliere, sorridendo furba.

-Allora com’è andata la tua spedizione alla conquista di San Potter il fesso? – le chiese Draco, prendendola un po’ in giro. Lei ghignò, somigliando a lui come se ne fosse la sorella.

-Ho scoperto che è un timidone, che la malizia non fa per lui, e che ha l’anima del romantico. Però sa essere anche spiritoso, e da vicino i suoi occhi sono proprio più belli. –rispose la ragazza.

-Ti sei presa una bella sbandata, eh Daf? – fu la risposta. Il ragazzo le sorrideva, ora quasi con comprensione. Lei sospirò.

-Temo di sì. Ma non mi tiro indietro, sono una Greengrass, quello che voglio lo ottengo sempre. Piuttosto, vi ho visti fare scintille su quella pista. Siete riusciti a sembrare affiatati anche senza stare avvinghiati l’uno all’altra come cozze allo scoglio, credo sia un record. – disse ironica la bionda, ghignando.

Lui si passò una mano tra i capelli, guardando la schiena della sua ragazza che si allontanava e andava a prendere da bere. E ghignò anche lui.

-Sai Daf, credo che, volenti o nolenti, tra noi ci sarà sempre un certo feeling. –

disse il biondo, mentre la ragazza gli sorrideva e guardava Harry con la coda dell’occhio.

Alle undici in punto, tutti coloro che superavano i 18 anni d’età se ne andarono a dormire, lasciando campo libero al dj e allo champagne. Grace era nel suo ambiente, con quella musica, il ritmo la trascinava, e quindi ballò con Harry per un’altra ora. Poi però disse di essere stanca, e di voler andare a dormire, così si fece accompagnare da Harry fino in dormitorio. Aveva bevuto qualche flute di champagne, non era brilla, ma qualcosa aveva bevuto. Passando per l’uscita, incrociò lo sguardo di Draco, mentre tutti ballavano e nessuno li guardava. Il ragazzo aveva colto in pieno il messaggio. Disse a Dafne che gli era venuto mal di testa e che andava a letto. La ragazza aveva intuito qualcosa, ma rimase lo stesso lì con Blaise, a ballare un po’. Draco seguì la coppia, nascosto nelle tenebre dei corridoi, nelle ombre tremule delle torce che si accendevano al passaggio dei ragazzi davanti a lui, mentre lui passava nascondendosi dietro ogni angolo.

Quando poi arrivarono al ritratto, e la Signora Grassa ebbe aperto il passaggio, vide Grace fargli l’occhiolino e poi entrare. Si appoggiò dietro ad una colonna, e attese.

-È stata una bellissima serata, mi sono divertita un sacco. – disse Grace appena entrata in sala comune. Harry le sorrise, dolce.

-Anche io mi sono divertito. - rispose poi.

-Ora vado a letto, sono veramente stanca. Ci vediamo domani, ok? – gli disse Grace, avviandosi già per le scale.

Ma Harry le prese gentilmente un braccio voltandola verso di se, per baciarla. Lei però non si fece cogliere di sorpresa e girò il volto in tempo per trasformare il bacio passionale che doveva essere in un semplice bacio sulla guancia. Il moro ne fu deluso, ma si rese conto che forse aveva osato troppo, che forse lei lo considerava ancora solo un amico. Lei invece, anche se nessuno sapeva della loro relazione, non voleva assolutamente tradire Draco, non con Harry, che era il suo migliore amico, soprattutto. E poi, lui era lì fuori, che aspettava solo lei.

Si scostò piano da Harry, sussurrando un buonanotte, e chiudendosi la porta alle spalle. Vi si appoggiò per qualche attimo, il tempo di sentire Harry che rispondeva buonanotte al di là della porta e si chiudeva la sua alle spalle.

In quel momento, per la prima volta, le fu chiaro quello che Harry provava per lei.

Il suo migliore amico l’amava, era innamorato di lei, aveva cercato di baciarla, e non doveva essere una leggera buonanotte da amici, lo aveva capito.

Ma lei amava Draco.

Non poteva nemmeno pensare di cedere con Harry e tradirlo, non poteva concepirlo.

Così uscì ancora dal dormitorio, con passo felpato arrivò al ritratto e lo passò ancora, uscendo. Vide Draco sbucare da dietro la colonna, ghignando. Lei tirò dritta, verso la stanza delle necessità.

Appena dentro, lei gli saltò al collo, soffocandolo in un bacio talmente passionale che gli aveva letteralmente tolto il respiro. Lui le accarezzò il sedere e lei gli salì in braccio, imprigionandolo nella morsa delle sue gambe, legate dietro la sua schiena. Lui la sosteneva senza fatica baciandola con passione sempre crescente, avvicinandosi lentamente al letto. Ci si butto sopra, tirandola poi a sedere su di se, per poterle slegare quella miriade di lacci che tenevano insieme il corpetto della ragazza, mentre lei gli slacciava la camicia a velocità sorprendente. Mentre lei gli faceva volare via l’indumento, lui era solo a metà. Lei ghignò sulle sue labbra.

-Ti serve una mano? – gli chiese staccandosi appena. Lui ghignò a sua volta.

-Mi stai proponendo uno streep tease? – le chiese, allargando il corpetto con le mani afferrando i lembi e tirando verso l’esterno, riuscendo finalmente ad aprirlo. Lei sorrise.

-Vedo che non ne hai più bisogno. – gli sussurrò, mordicchiandogli il collo, mentre gli slacciava la cintura.

Lui la fece stendere, per poterle sfilare il vestito di dosso. Lei gli slacciava i pantaloni, sfiorando l’eccitazione già fin troppo visibile del ragazzo, facendolo sospirare piano sulle sue labbra per il contatto. Lei sorrise compiaciuta, continuando a sfiorarlo piano e a massaggiarlo, facendolo gemere. Gli sfilò i pantaloni lasciandolo in boxer, mentre lei portava solo le mutandine. Per Draco, l’unico indumento che portava ancora era anche il più fastidioso, se ne doveva liberare, e anche in fretta.

-Hai già fatto l’incantesimo, vero? – le chiese sussurrando, la voce arrochita dal desiderio. Lei annuì.

-L’ho…l’ho fatto mentre eravamo in corridoio… - rispose lei, anche più presa di lui, cercando freneticamente le sue labbra, succhiando e mordicchiandogli il petto e il collo.

Le mani vagavano frettolose sui corpi accaldati e in fretta sfilarono a vicenda l’intimo che ancora li copriva. Lui le torturava i seni con le bocca, accanendosi sui capezzoli già inturgiditi da un pezzo, mentre lei passava le mani fra i suoi capelli, attirandolo verso di se, col fiato corto. Lui non voleva più perdere tempo e aveva già introdotto un paio di dita nell’intimità di lei, scatenandole brividi di piacere senza pari, facendole inarcare la schiena e artigliare le lenzuola sotto di se con forza disumana.

-Draco….b-basta…ah! – sussurrava la ragazza, senza avere il reale desiderio che le carezze finissero. Ebbe il primo orgasmo in quel modo, con somma soddisfazione di lui.

Alla fine, non ce la faceva più però, a vederla sudata e tutta rossa grazie a lui, voleva riscuotere la sua ricompensa. L’afferrò di scatto per i fianchi e la penetrò senza il minimo preavviso, spezzandole il respiro. Lei però si riprese in fretta, inarcando ancora la schiena e seguendo i suoi movimenti. Si aggrappò alle sue spalle e si tirò su, portandosi all’altezza del suo viso, per poterlo coinvolgere in un duello di lingue, mentre lui accelerava la velocità e la forza delle spinte, come se fosse la sua unica ragione di vita. Poi lei diede un colpo di reni, rotolando sull’immenso letto, portandosi sopra di lui, eseguendo movimenti lenti e sensuali del bacino che intensificavano ogni singola emozione e sensazione di entrambi, sembrava che danzasse. Lui l’aiutava con le mani sui fianchi, mentre lei buttava indietro la testa e ansimava pesantemente. Grace raggiunse il secondo orgasmo, mentre lui il primo, e si svuotava dentro di lei, che gli aveva artigliato il petto, segnandolo di graffi rossi, poi si era lasciata ricadere su quello stesso petto, madido di sudore, e ci era rimasta per almeno cinque minuti. Si era poi buttata di lato, con le braccia spalancate e la fronte che grondava sudore. Non sembrava ancora soddisfatta, e Draco la guardava in modo strano, era confuso. Ma prima che lui potesse chiedere nulla, lei riprese a baciarlo, e gli salì ancora a cavalcioni, massaggiandogli le spalle. E ripresero a fare l’amore. Sembrava che Grace sentisse la necessità di farlo, non la voglia, ma pareva che avesse proprio il bisogno di quell’atto, e Draco non l’aveva mai vista in quello stato, la cosa sapeva di bruciato, ma per una volta si fece sottomettere dalla ragazza, e lo fece per diverso tempo, finché lei stanca, anzi stremata, non si abbandonò definitivamente sul suo petto, ansimando come una dannata.

Caspita, ormai era quasi mattina, erano ore che andavano avanti e le pause erano state troppo brevi, Draco non ce la faceva più, era troppo persino per i suoi ritmi di playboy, voleva una tregua. Così le mise una mano sulla nuca impedendole di rialzarsi, e appena ebbe ripreso fiato, volle indagare su quello che doveva per forza essere successo quella sera.

-Abbiamo fatto abbastanza sesso da coprire tutto il prossimo mese,  posso sapere a cosa devo tutto questo furore? Non t’ho mai visto così focosa! Accidenti! – disse scherzando il ragazzo, ridacchiando malizioso.

Lei alzò la testa per poterlo guardare negli occhi.

-È dal nostro unico ballo stasera che sento l’irrefrenabile bisogno di stare con te, e non riesco a placarlo. E poi, poco prima di uscire dalla nostra sala comune, è successa una cosa che …. Insomma, tu eri lì, lì per me e io sentivo il bisogno di sfogarmi e…. beh, sei mio e ti volevo, tutto qui. Non dirmi che ti dispiace, o posso dire di non riconoscerti! – rispose la ragazza.

-No, no che dici, figurati se ore e ore di sesso sfrenato mi dispiacciono, ma cos’è successo nella sala comune che ti ha sconvolta così tanto? –

-Harry ha cercato di baciarmi. Credo….credo che si sia innamorato di me… - rispose Grace abbassando lo sguardo. Draco sospirò.

-Non dirmi che te ne sei accorta solo adesso! Ti facevo un po’ più perspicace, Grace. – disse il biondo, geloso e seccato.

-Beh sì….non l’avevo mai sospettato, prima. Insomma, il nostro rapporto è sempre stato un po’ più intenso di quello con gli altri perché le nostre situazioni si sono accavallate, ci siamo sorretti a vicenda, però non penso di avergli mai dato illusioni, credevo di comportarmi allo stesso modo con tutti i miei amici. E lui non è mai stato romantico o smielato, è sempre rimasto il solito Harry, per me. Gli voglio un bene dell’anima, ma non è amore. Io amo te, non lui, e ho dovuto… ho dovuto impedirgli di baciarmi perché non potevo assolutamente tradirti, anche se nessuno sa che stiamo insieme, lo so io e questo mi è bastato per rifiutarlo. Cosa devo fare Draco? Non voglio perdere la nostra amicizia, è molto importante per me, ma non posso nemmeno ricambiarlo perché… perché io amo te. – gli spiegò confusa la grifondoro. Lui si tirò a sedere e appoggiò la testa alla spalliera del letto, guardando prima il soffitto poi lei.

-Non ho mai voluto costringerti a scegliere tra me e i tuoi amici, ma visto che hai scelto autonomamente di stare con me e non con lui, devi dirgli cosa provi, senza parlargli però di noi. Devi dirgli che gli vuoi un gran bene ma che non è amore, come l’hai detto a me poco fa. – rispose il biondo, comprensivo. Lei annuì seria con la testa, guardando il lenzuolo sotto di se.

-Sai, quando ti ho visto fuori dal ritratto ho deciso che avrei dimostrato a me stessa, come non potevo fare con Harry, il perché lo avessi respinto. In quel momento, io avrei potuto fare finta di non essere abbastanza veloce da schivare il suo bacio, e subirne le conseguenze, ma ho agito pensando che Harry è solo il mio migliore amico, e che fuori stava ad aspettarmi il mio ragazzo, la persona che amo, con cui voglio passare i miei momenti migliori come anche i peggiori, e non ho potuto lasciarglielo fare. La verità è che non mi basta sapere che tu sei mio, ma che anche il fatto di sapere che la cosa è reciproca mi aiuta. Io ti appartengo. Il mio cuore ti appartiene così come tu mi hai detto che il tuo appartiene a me. Avevi ragione tu in quel vicolo, io sono tua e non posso sfuggirti, nemmeno per Harry. Perciò farò al più presto come mi hai detto, e metterò in chiaro le cose una volta per tutte. – disse la strega, guardandolo negli occhi, ora più sicura su cosa dovesse fare. Lui le sorrise, dolcemente, accarezzandole una guancia.

-Va bene, Grace. Ora dormiamo, che è davvero tardissimo. – disse Draco, facendola sdraiare su di se.

Grace, cullata dal battito del cuore di lui, si addormentò poco dopo, mentre Draco si chiedeva quale forza superiore gli impedisse di andare da Potter seduta stante e ucciderlo per averci provato con la sua donna senza pudore. Poi si ricordò che ne Potter ne nessun altro sapeva della cosa, e quindi non poteva rinfacciargli proprio niente, accidenti!

 

 

 

Antro dell’autrice

Salve a tutti! Allora, questa lesson è stata bella intensa, ho anche lasciato intuire qualcosa della nostra Dafne, personaggio che a me piace molto utilizzare.  So di aver reso Draco un po' smielato per gli standard, ma non ho potuto resistere, al ballo lo volevo dolce come un dolcetto al miele. (Ahhhh...dolcetti...ndA Attenzione! Potreste scivolare sulla bava! ndGrace&Draco&Dafne)Questo capitolo avrà molte conseguenze, ma non voglio anticiparvene nessuna, perché sono perfida e crudele! Muahahahahahahahah!

X lady lululu: sono strafelice che la mia fan ti piaccia, e spero che anche questa lesson sia di tuo gradimento ^.^.

Un bacio a tutti, a presto.

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 20
*** Lesson 20: Chiarimenti Dolorosi ***


Lesson 20 Chiarimenti dolorosi

 

LESSON 20: CHIARIMENTI DOLOROSI

 

Harry Potter aveva fatto una cazzata.

Non che fosse la prima, certo, ma la cosa lo stordiva lo stesso. Più ci pensava, più se ne convinceva, più si dava dell’idiota. Si era scoperto, si era reso vulnerabile, e aveva sentito gli occhi della ragazza che amava, della sua migliore amica, sondargli l’anima e leggere tutto quello che le serviva sapere direttamente dai suoi occhi. Lui invece aveva letto lo stupore, l’indecisione in quegli occhi azzurri e lucidi. Era spaesata, non l’aveva mai vista più fragile di così. La consapevolezza improvvisa dei suoi sentimenti per lei dovevano averla travolta come un fiume in piena, lei non doveva aver nemmeno sospettato nulla, di quello che scatenava in lui anche solo vederla sorridere, anche solo una carezza amichevole, o quel modo sbarazzino che aveva di fargli la linguaccia o spettinargli i capelli. Ma d’altronde, la cosa non lo stupiva più di tanto, è sempre così che funziona, l’amore. Quando c’è, l’unico a non vederlo è proprio la persona che lo scatena. Bastava vedere Ron e Hermione.

Lui non si era mai accorto dell’amore di lei, mentre tutti lo sapevano, e compativano Hermione per essersi innamorata di un ottuso che nemmeno la calcolava come una donna. Alla fine, Ron si era messo con Lavanda, dimostrando una volta per tutte che la bella Hermione, la Regina dei Grifoni, non gli interessava come ragazza, e lei aveva dovuto farsene una ragione. Era andata al ballo con Micheal, ci era uscita e poi se ne era innamorata. Liscio come l’olio. Così avrebbe voluto che andasse tra lui e Grace, liscio come l’olio. Ma non era destino, evidentemente. Lui s’era lasciato prendere dalla bella serata e aveva sperato in una buonanotte al bacio, ma lei non s’era fatta prendere alla sprovvista, e l’aveva deviato. Lei sapeva le sue intenzioni, e volutamente ne aveva impedito la realizzazione.

Lei non lo amava.

Altra consapevolezza dolorosa. Dolorosa ma vera, a quanto pareva. E lui cosa doveva fare, ora? Sapendo che l’amore della sua vita non lo ricambiava? Staccarsene, allontanarsi, farla soffrire per aver perso il suo migliore amico? Oppure sopportare di vederla con altri ragazzi, come se nulla fosse? Starle ancora vicino senza poterla toccare, baciare, amare… non credeva di potercela fare. Non sapeva più nulla, era così confuso.

-Harry, che hai? Sembri su un altro pianeta, tutto ok? –

Hermione era appena arrivata in sala comune, e lo aveva trovato imbambolato a fissare fuori dalla finestra, lo sguardo immobile sulla cupa superficie del lago nero. Lui alzò lo sguardo, giusto per assicurarsi che fosse davvero Hermione, poi riportò lo sguardo al di la del vetro.

-Ho fatto una scemenza Herm, ne sto prendendo coscienza, tutto qui. – disse il moro, senza guardarla.

La riccia si preoccupò. Si avvicinò a lui, posandogli poi una mano sulla spalla, rassicurante, un chiaro invito a farsi spiegare cosa fosse successo. Lui la guardò, e come poche volte da che si conoscevano lo vide davvero insicuro e fragile. Come quando aveva perso Sirius, come quando sognava quello che Voldemort desiderava, come quando pensava che non aveva una famiglia, a parte loro che erano i suoi migliori amici.

-Volevo baciarla, Herm. Sono arrivato a tanto così da quelle labbra e non le ho avute. Si è scansata, mi ha detto buonanotte e se ne è andata a dormire. – disse il ragazzo, con occhi tristi.

-Beh, non è così grave. Avevate passato una bella serata, volevi solo concluderla in bellezza, che c’è di male? – rispose la mora, senza capire dove fosse il problema.

-Lei ora sa, lei ha visto. Mi ha guardato negli occhi e ha capito. Gliel’ho letto in faccia, nell’espressione che ha fatto, che aveva capito. Sa che la amo, e non ha lasciato che la baciassi perché, evidentemente, per lei non è lo stesso. Forse, non voleva prendermi in giro. -  riprese il moro, guardando fuori dalla finestra, ancora una volta.

Hermione non seppe più cosa dire. Pensava davvero che quell’immenso affetto che vedeva ogni giorno trasparire da ogni gesto della sua migliore amica per Harry fosse amore. Era convinta che la ragazza lo ricambiasse, ma avesse paura che tutto potesse diventare più pesante e rovinare quello che con fatica avevano costruito, e per questo non si dichiarava. Ma pensava anche che Harry meritasse una persona che lo amasse davvero, e Grace sembrava la più adatta. Capiva Harry come nessun altro.

Per anni aveva nutrito un amore davvero profondo per Ronald, ma lui non l’aveva mai considerata come avrebbe desiderato, perciò, alla fine, s’era arresa.

Ora toccava a Harry arrendersi, ma capiva che per lui doveva essere ancora più difficile. Si era preso quella cotta per Cho, al quarto anno, e Grace lo aveva incoraggiato. Aveva affrontato il torneo Tremaghi, e lei era lì, pronta a dargli fiducia in se stesso, non lo aveva abbandonato come Ron, e come lei stessa del resto all’inizio di quell’avventura. Poi era morto Sirius, il suo padrino, quanto di più simile ad una famiglia potesse avere, e lei era lì, sempre lì, per lui. C’era stato quel gran casino al Ministero, quella famosa sera nel Reparto Misteri, in cui anche lei aveva visto il passato e il dolore della perdita tornare ad attaccare il suo cuore già ferito, come un cicatrice appena rimarginata che viene squarciata di nuovo, senza pietà. Ma nonostante non fosse tutto rose e fiori nemmeno per lei, aveva fatto in modo di essere lì anche in quel momento, ad impedirgli di compiere i suoi stessi, dolorosi, errori. Avevano raggiunto una tale sintonia da capirsi con lo sguardo, senza nemmeno doversi parlare. Un’amicizia così profonda, così intensa, che pensava potesse superare tutto. Ma la domanda ora era: avrebbe superato l’amore non corrisposto di Harry? Harry sarebbe riuscito a passare oltre, come aveva fatto lei con Ron? Solo Harry stesso poteva saperlo, e lui ora era il più confuso di tutti.

-Mi dispiace tanto Harry. Cosa pensi di fare ora? – gli chiese allora la ragazza, accarezzandogli le spalle contratte.

-Ormai mi ha scoperto, è inutile stare sulle mie. Le confesserò quello che provo, non ha più senso rimandare. – fu la risposta sconsolata, come un condannato che si avvicina al patibolo.

Hermione gli sorrise, comprensiva.

-Vuoi sapere come la penso? –

-Spara. –

-Non dovresti buttare via tutto quello hai costruito, Harry. Magari non ti ama, ma tu sei il suo migliore amico, ti ama come ama uno dei suoi fratelli, me lo ha detto lei stessa quanto sei importante per lei. L’amore è un sentimento passeggero, Harry, prima o poi anche l’amore si affievolisce e svanisce. Magari ti ci vorrà un mese, magari un anno, ma potresti svegliarti un mattino e accorgerti che non pensi più a lei come ora, che per te è tornata quella di sempre, solo un’amica, ma se ti dovessi allontanare ora, rischi di perderla per sempre. Credimi, ci sono passata, so quello che dico. – disse Hermione, cercando di convincere l’amico a non fare ulteriori scemenze allontanandosi da Grace.

Lui sorrise rassegnato.

-Vado a parlarle, non c’è altro da fare. – e se ne andò dalla sala, alla ricerca della ragazza.

Ormai le lezioni erano finite. Il giorno dopo il ballo era sempre uno strazio, soprattutto per chi beveva e il giorno dopo si ritrovava steso al tappeto, come se una mandria di bufali gli fosse passato sopra ingranando la quinta, e poi anche la retromarcia per il bis.

Ed era esattamente così che si sentiva Grace. Eppure aveva bevuto solo pochi flute di champagne, ed era una quantità ben lontana da quello che sapeva essere il suo limite, non era nemmeno brilla la sera prima, non poteva essere colpa dell’alcool. Poteva essere, forse, colpa del sesso sfrenato con Draco fino alle ore piccole? Poteva essere un pessimo connubio con l’alcool, anche se in piccole dosi? Le sembrava troppo strano, persino per lei. Oh, ma certo, c’era arrivata a capire quale fosse la causa di quella morsa allo stomaco e la lieve nausea.

La colpa.

COLPA.

Per cosa? Per aver illuso senza saperlo il suo migliore amico di contraccambiare il suo amore per lei. Per non essersi mai accorta di quanto contasse per lui. Lui era così importante per lei, non voleva perderlo. Ma come, come poteva guardarlo nei suoi splendidi occhi smeraldini e dirgli a sangue freddo che non lo amava come lui desiderava? Sarebbe stato come una pallottola nel cuore. È terribile sentirsi dire dalla persona che ami che lei invece non prova lo stesso. Se poi a dirtelo è una delle tue migliori amiche, per cui ti saresti volentieri buttato tra le fiamme senza porti nemmeno il problema della tua morte, solo per poterla avere vicina, diventava davvero orribile, da film horror. Ma si rendeva conto anche lei che prima o poi avrebbe dovuto chiarire la cosa con Harry, se non voleva perderlo. E caspita!, l’ultima cosa che voleva era perdere la profonda amicizia che aveva instaurato con quel ragazzo. Ma forse sarebbe successo, dopo aver chiarito, e questo le faceva paura. Forse per la prima volta in vita sua, la Leonessa del Grifondoro aveva paura. Non ne aveva delle minacce, da chiunque provenissero, dei mangiamorte, persino Voldemort non era riuscito a spaventarla più di tanto quando se lo era trovato davanti. Eppure, l’idea che dopo avergli parlato lui potesse toglierle la sua amicizia, magari addirittura odiarla, le faceva una paura folle. Voleva rimandare, ma lo aveva promesso anche a Draco, oltre che a se stessa, di risolvere quella spinosa questione con una delle persone più importanti della sua vita.

Perciò, quando Harry la trovò sulle sponde del Lago Nero a camminare freneticamente avanti e indietro di fronte alla loro quercia preferita, si lasciò fermare. Quando le fu di fronte, lei prese a torcersi le mani. Era nervosa come poche altre volte lo era stata, ed Harry se ne accorse. Era un chiaro segno che aveva ragione, lei sapeva.

-Ciao Grace. Ti ho cercata ovunque, non sapevo dove trovarti. Ti devo parlare, subito, se per te non è un problema. –

disse subito il ragazzo.

Più che nervoso, lui era triste.

Sì, era proprio triste.

E lei, lei aveva i capelli e gli occhi più scuri, neri e cupi che avesse mai visto. Triste anche lei allora, oltre che nervosa. Alzò gli occhi nei suoi e annuì.

-Figurati, Harry. Sediamoci, dai. – rispose la ragazza, facendo comparire una coperta sull’erba fresca del giardino.

Si accomodarono contro la loro quercia, quella che aveva visto le risate, le umiliazioni, le litigate, i pianti. Tanti, tanti pianti. E forse quel giorno ne avrebbe visti altri. Lui fissava il Lago Nero, cercando forse lì la forza per sentirsi dire quello che Grace gli avrebbe risposto.

-Grace, io ti amo. –

le disse così, a bruciapelo. Lei trattenne il respiro, arrossendo, ma senza distogliere mai lo sguardo dal suo. Lui ormai era un peperone, per quanto era rosso, e abbassava spesso lo sguardo. Per quanto si fosse preparato alla cosa, non poteva fare a meno di essere timido, era la sua natura.

-Harry, io…-

-Ti prego, non dire niente. So già quello che mi vorresti dire, l’ho intuito da quello sguardo che mi hai lanciato ieri sera, e da tutti quelli che mi hai lanciato dopo, fino ad ora. So che per te non è lo stesso. Non te lo lascio dire perché fa meno male se a dirlo sono io stesso. –

disse il moro, guardando la superficie dell’acqua che si increspava leggermente. Lei fece lo stesso, sentendosi piccola, fragile e inutile. Non poteva fare niente per evitargli quel dolore, ma cosa ancora peggiore, ne era lei la causa. Si sentiva uno schifo, in colpa come una ladra, come l’assassina che era, tra l’altro.

Chissà come faceva ad amarla, nonostante quello che era, e quello che aveva fatto.

Amava più gli altri che se stessa, da quella sera, eppure sia lui che Draco riuscivano comunque ad amarla, e lei non lo meritava. Si chiese davvero come facessero, soprattutto il biondo, che sapeva ogni cosa. Le scappò una lacrima, che asciugò immediatamente, con foga, con la manica del maglioncino che indossava. Ma alla prima ne seguirono molte, molte altre, così tante che era impossibile arginarle tutte con la piccola manica del maglione. Solo un fiume che straripava era paragonabile a quegli occhi neri come la pece, che non facevano altro che lacrimare. Non un singhiozzo o una smorfia. Solo lacrime, tantissime lacrime salate. Harry era quanto mai stupito, ma d’altronde quella ragazza non faceva altro da sette anni ormai, era imprevedibile. Gli sfuggì un sorriso.

-Perché cazzo piangi, ora? Dovrei essere io quello depresso, o sbaglio? – disse allora, ghignando, la cosa era quasi comica.

-Pe-perché qualcosa mi dice che tu non puoi avermi tra i piedi, se provi questo per me, ed io non posso contraccambiarti. Harry, qualcosa mi dice che tu non vuoi più vedermi, perché ti faccio soffrire. S-so che sono egoista. Se per te andrebbe meglio stare senza di me, dovrei darti una mano almeno in questo e sparire per un po’ dalla tua vita, ma sei così importante per me Harry! Ti voglio troppo bene… ho sempre saputo che tu per me c’eri, e volevo esserci per te, e pensavo anche di averlo fatto ma non era vero, perché se no mi sarei accorta di quello che provavi e invece….invece…-

Grace non riusciva più a parlare, scossa dai tremiti del pianto dirotto in cui era precipitata. Si sentiva un’idiota a piangere. Non era lei che doveva piangere, ma pensava che Harry le avrebbe detto di non essere più suo amico, e la cosa la distruggeva. Lui invece l’abbracciò, soffocò i suoi tremiti e le lacrime nella sua camicia bianca, e la strinse, forte.

-Grace, voglio essere onesto con te. Sarà difficile mettere da parte l’amore che provo per te e starti accanto ogni giorno, come abbiamo sempre fatto l’uno per l’altra da sette anni a questa parte, ma ci proverò, giuro che ci proverò. Se tu mi starai accanto, io non potrò mai abbandonarti, non ne sono capace. –

rispose il ragazzo. Lei lo strinse a sua volta, sperando che l’affetto che provava per lui venisse trasmesso da quel contatto. Quando si allontanò, lui le sorrise. Era ancora un po’ mesto come sorriso, ma era già qualcosa. Lei si asciugò le ultime lacrime rimaste sul viso accaldato, e si avviarono insieme verso il castello. Anche questa era risolta.

Antro dell’autrice

Salve a tutti, eccoci di nuovo qui per commentare le mie diaboliche lesson. In questa sono stata molto, mooolto cattiva col nostro piccolo e indifeso Harry (Confermo -.- ndHarry), tra l’altro è uno dei capitoli più brevi della fan, via il dente via il dolore, no? XD Per questo ho deciso di pubblicarne due, per non sembrare proprio così spilorcia, ecco (Tanto lo sembri comunque!ndTutti).

X lady lululu: Grazie mille per i complimenti! A me piace molto la coppia Harry/Dafne, appena posso la uso, quindi aspettati di tutto XP

A presto, un bacio a tutti!

Firmato: Nami l’autrice insonne

 

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Capitolo 21
*** Lesson 21: Tana per Draco! ***


Lesson 21 Tana per Draco

 

LESSON 21: TANA PER DRACO!

 

Non era passato molto tempo dal ballo, giusto qualche settimana, che Draco ebbe i primi sospetti su cosa stesse accadendo. Ovunque si girasse, trovava Pansy ad osservarlo con sguardo soddisfatto e gongolante. Non ne capiva il motivo, ma era inquietante trovarsela ovunque con quello sguardo strano. Sospettava quasi che avesse scoperto il suo lavoro di spia e che lo avesse riferito al paparino, mangiamorte della vecchia guardia, proprio come Lucius. In quel caso, i mangiamorte sapevano chi era la causa della fuga di informazioni avvenuta negli ultimi mesi e si preparavano a fargli la festa. Anche se gli sembrava improbabile che Pansy potesse essere tanto arguta da capire tutto.

Magari, lei era la spia di Voldemort li a scuola, per controllare i piccoli servitori del Signore Oscuro, lui non lo sapeva, certe informazioni il suo indegno genitore non le rivelava, quando parlava con i suoi scagnozzi al Manor. Era preoccupato. Voleva parlarne a Silente, ma forse era meglio scoprire prima qualcosa di più, per non fare figure idiote davanti al vecchio preside.

L’occasione si presentò a lui di sua spontanea volontà il giorno dopo. Pansy gli aveva fatto ancora la posta, e lo aspettava appoggiata ad una colonna, fuori dalla sala grande, dopo cena.

-Ti devo parlare, Dracuccio. Perchè non andiamo in un posto più tranquillo, che ne dici? – disse la ragazza, con un sorriso malizioso, indicando la via per i sotterranei.

-Va bene, andiamo in camera mia. – rispose serio il biondo, facendole strada.

Ovviamente lei era quella che meglio di tutti conosceva la strada per la stanza del Principe delle Serpi, ma lo fece comunque passare per primo. Arrivato nella stanza, lei si mise al centro del pregiato tappeto persiano, a braccia conserte, mentre lui sigillava la porta e insonorizzava la sua camera.

-Forza, non farti pregare, che stai combinando ultimamente, Pansy? – chiese Draco, appena si girò verso di lei. Lei ghignò.

-Io, Dracuccio? Sono io che dovrei chiederlo a te. Sai, ad un certo punto mi ero stufata di essere rifiutata da te, soprattutto perché non ne capivo il motivo. Ma poi ti ho osservato per bene, e ho capito: una certa sgualdrinella ti ha messo un laccio al collo, non è vero, Dracuccio? Ti ha sistemato per bene, non c’è che dire! A detta di tutte le ragazze di Hogwarts, non frequenti il letto di nessuna, ti ha messo proprio a cuccia, eh, playboy? –

Rispose lei, ridendo sguaiatamente, in modo maligno. Draco era trasalito e impallidito a vista d’occhio, man mano che la serpe parlava. Però ancora non aveva fatto nomi, forse c’erano speranze…

-Se proprio volevi una grifondoro stronza e amica di Potter potevi scegliertene una più anonima e meno riconoscibile, Draco, mi hai deluso. –

disse poi Pansy, tranciando le gambe a qualsiasi speranza di Draco di salvare la situazione.

-Sai, la Parker non è nulla di speciale. È pazza e lunatica, è aggressiva e casinista, non è adatta a te. A te serve una ragazza che abbia classe, una vera purosangue, non un surrogato come lei. Avrà anche il sangue puro, ma ogni giorno lo macchia di più frequentando Potter e soprattutto la Mezzosangue, non ti merita. –

Disse cattiva la mora, con occhi rabbiosi. Per tutta risposta, Draco ghignò.

-E chi sarebbe la mia donna ideale? Tu? Ma non farmi ridere! La sgualdrina tra te e lei sei sempre tu! Non è certo lei che saluta a gambe aperte tutti i ragazzi che vede! Se non altro, sono sicuro che frequenti solo il mio letto, e non quello dell’intera popolazione maschile della scuola!! –

disse altrettanto cattivo Draco. Era pur sempre il Principe delle Serpi, dimenticarsene era un errore madornale. Lei ghignò a sua volta però, a dispetto delle previsioni del ragazzo.

-Puoi considerarmi stupida, se ti fa piacere, ma ho occhi per vedere, Draco. Te ne sei innamorato, povero sciocco. Ma lei sta con Potter, e se io lo dico al tuo paparino, lui prima uccide la sgualdrina, poi uccide anche te. È questo che vuoi, Draco? È da quando vi ho visti in corridoio, poco prima di Natale, che muoio dalla voglia di ucciderla, quell’insulsa traditrice del suo sangue! Da quando ho riconosciuto quegli orrendi capelli blu, solo lei li potrebbe mai portare! Mi sono appostata fuori dalla stanza delle necessità, ma non ne è mai uscita, così non avevo prove che fosse davvero lei, la luna fa strani scherzi, sai…. avevo bisogno di prove sicure per ricattarti, e stavolta le ho. –

Pansy lo fissava con aria trionfante, lui sempre più arrabbiato, stringeva i pugni e la fissava con astio e odio.

-Gli sguardi che vi scambiavate durante le lezioni non bastavano, ma seguire la pazza dopo il ballo è stata una buona idea, perché anche tu l’hai seguita proprio come il suo fedele cagnolino, anche se era venuta alla festa con Potter e con Potter se ne era andata. Stavolta vi ho visti chiaramente in faccia, mentre entravate nella Stanza delle Necessità, e ne uscivate il giorno dopo, tutti sconvolti e con le occhiaie. Per due nemici che non sopportano nemmeno la vista l’uno dell’altra, sembravate un po’ troppo reduci da una nottata di sesso. –

concluse la piccola serpe, avvicinandosi al ragazzo. Per un attimo, Draco ebbe l’impulso di obliviarla. Lei era la sola che sapesse tutto, a parte Blaise ovviamente. Se l’avesse obliviata, ogni problema sarebbe svanito. Ma avrebbe dovuto cancellare più di tre mesi di memoria, non sarebbe stato duraturo come incantesimo. Decise di prestarsi al gioco, per vedere dove sarebbe andata a parare la piccola ricattatrice.

-Arriva al punto, Pansy, che cosa vuoi in cambio del silenzio? – chiese Draco, con voce dura, gli occhi come lame di ghiaccio che trapassavano chiunque osasse sfidarle.

-Voglio te. – rispose lei. Lui c’era rimasto di sasso. Dopo quel disastroso invito al ballo, pensava che lei lo odiasse, l’aveva guardato così male.

-Spiegati. –

-È semplice. Molli lei, e ti metti con me. In cambio, io non parlerò con nessuno di quello che so. –

Quello era il patto, quelli erano i termini del ricatto. Doveva lasciare l’unica donna che avesse mai amato in vita sua, per permetterle di vivere in pace. Se Pansy avesse vuotato il sacco, Grace sarebbe stata in costante pericolo, l’avrebbero voluta morta a tutti i costi, senza scampo. Di quello che sarebbe capitato a lui, non gliene importava un bel nulla, ma Grace era tutto per lui, era l’aria che respirava, non poteva sopportare di saperla in pericolo per causa sua come faceva Potter. Quindi, la soluzione era solo una, accettare il compromesso e sperare che tutto andasse bene.

Sospirò.

-Va bene, ho capito. – disse poi.

-Bene, allora avvicinati, sigilleremo il tutto con un voto infrangibile. – ghignò lei. Lui si sentì morire, ma si consolava pensando che lo faceva per Grace. Per la sua Grace, e per nessun altro.

-Va bene, ma sarà doppio, tu giurerai con me. – disse lui sicuro.

Si strinsero la mano, e un nastro argentato intangibile si strinse attorno ai loro polsi.

-Io giuro di non dire nulla di quello che so su te o Grace ad anima viva. – giurò Pansy.

-Io giuro…che lascerò Grace e mi metterò con te. –

-Hai scordato di dire per sempre, Draco! – esclamò furiosa Pansy, mentre il nastro diventava incandescente e sanciva il patto infrangibile dei due ragazzi.

-Mi dispiace, Pansy, avresti dovuto essere più specifica con le tue richieste. – le disse il biondo ghignando, mentre il nastro spariva. Aveva compiuto il suo dovere, aveva legato due anime in un doppio voto infrangibile: che dei due avesse rotto la sua promessa ci avrebbe rimesso la vita.

 

 

Erano passati giorni, anzi settimane, ormai da quella famosa discussione che aveva avuto con Harry, e Grace era tornata felice. Tutto sembrava andare bene, a parte… a parte che la nausea e il mal di pancia non se ne erano affatto andati. A quanto pareva, non era l’alcool, non era Draco, e non era nemmeno l’ansia di perdere Harry il problema. Il problema era lei. Si alzava al mattino già con la nausea. Si sentiva sempre stanca e spossata, e spesso le girava la testa, soprattutto dopo aver modificato interamente il suo corpo, tanto che si era arresa e non lo faceva più, non usava più i suoi poteri di mutaforma. Per lei tutto era sempre stato diverso rispetto alle altre ragazze, il suo corpo non reagiva come quello di chiunque altro, era molto più sensibile e imprevedibile, per via della sua stessa natura di metamorfomagus.

Aspettava quel giorno però, prima di preoccuparsi. E ora sì, sì che doveva preoccuparsi. Certi sintomi possono essere un’ influenza, altri la stanchezza e l’ansia, ma nessuno di quelli ti causava un salto del ciclo. No, c’era una sola spiegazione per quello, ed era che fosse rimasta incinta.

INCINTA.

Quant’era grossa quella parola. Forse aspettava un bambino, un bambino di Draco, del ragazzo che più amava al mondo. Era felice, ora che se ne stava rendendo conto, ora che pensava a questa eventualità. Sdraiata a pancia in su sul suo letto, non faceva altro che sfiorarsi la pancia piatta, nella speranza di percepire un segno che le dicesse se aveva ragione oppure no. Era una scemenza, lo sapeva anche lei. Con madre e sorella medimaghe, sapeva benissimo tutto quanto delle gravidanze, e i sintomi c’erano tutti. Quello che doveva fare era decidere cosa fare del bambino che forse aveva in grembo.

No, il forse non doveva esserci. Mamma le aveva dato la ricetta della pozione che fungeva da test di gravidanza. Non doveva fare altro che comporla, infilarci un po’ della sua saliva, e il colore della pozione le avrebbe detto l’esito. Facile, veloce e indolore. E soprattutto infallibile.

Ci mise poco a creare la pozione, era facile per chiunque prepararla. Al momento era trasparente, poteva passare per semplice acqua del rubinetto, quella contenuta nella fiala. Si chiuse nel bagno della sua stanza, prese un grosso respiro, e non molto finemente sputò nella fiala. Era una caduta di stile lo sputo da camionista, e si mise a ghignare di se stessa pensando a questo, ma era sola ed era un momento così importante della sua vita, che non le fregava nulla di sembrare fine e tantomeno delicata.

Ci volevano due minuti perché la pozione reagisse con gli ormoni tipici della maternità, e si colorasse di rosa, in caso di positività. Se invece era negativo, diventava bianca, il liquido diventava un bianco opaco non molto bello da vedere.

Grace fissava quella fiala senza distogliere lo sguardo nemmeno una frazione di secondo, nemmeno per sbattere le palpebre.

E con stupore, con trepidazione, vide il liquido diventare rosa in un vortice di colore.

ROSA.

POSITIVO.

MADRE.

SAREBBE STATA MADRE.

Si era accasciata pesantemente al suolo, fissando quella fiala di una sostanza completamente rosa che le diceva che sarebbe stata madre di un bambino, figlio del suo ragazzo.

Grace Amelia Parker, a soli diciotto anni, era davvero incinta.

Rimase appoggiata al muro del bagno per un tempo che non seppe quantificare, a pensare.

Dentro di lei, in quel momento, stava crescendo una nuova vita, frutto del suo amore per Draco e viceversa. Quando era successo? Facile. La sera del ballo. Quella misera quantità di champagne bevuta, mista all’impellente desiderio di stare con Draco dovevano aver avuto un qualche effetto alla fine. Doveva aver sbagliato qualcosa nell’incantesimo anticoncezionale. Oppure, l’alcool aveva reagito contrastando l’incantesimo e annullandone gli effetti, mamma aveva detto che era possibile. Tuttavia quello che aveva bevuto le sembrava troppo poco per scatenare una tale reazione.

Comunque fosse andata, le cose non cambiavano. Era incinta, e questo non variava al sapere o no perché fosse successo.

Quello che doveva fare ora era valutare bene le possibilità che aveva di fronte.

Poteva abortire, nel mondo dei babbani. In quello dei maghi era illegale, ma da loro si poteva. Tuttavia, perché avrebbe dovuto farlo? Se avesse saputo che il bambino era sano, lo avrebbe tenuto.

Sì, avrebbe avuto suo figlio, a costo di rimetterci lei. La vita di quel nuovo essere umano era nelle sue mani.

Non sarebbe mai stata in grado di crescerlo dentro di se per nove mesi per poi darlo in adozione ad un’altra coppia, non se ne sarebbe potuta separare, e di ucciderlo non ne parlava. Era una sua responsabilità e l’avrebbe sostenuta, ormai aveva deciso.

Ma come l’avrebbe presa Draco?

Erano molto giovani, c’era in corso una guerra, entrambi potevano non vedere l’alba del giorno dopo. Se la sarebbe sentita di avere un bambino con lei? E se non avesse voluto, cosa avrebbe fatto lei?

Lo avrebbe tenuto lo stesso. Era decisa, lo voleva quel bambino. Per lei avere un bambino era il massimo segno d’amore. Lo amava già, tanto quanto amava il padre. Sarebbe stata dura, ma ce l’avrebbe fatta. Se non per se stessa, solo per il bambino. O bambina. Pensare di avere una piccola vita da crescere un po’ la spaventava…anzi, la spaventava parecchio, a dir la verità, ma lei ce l’avrebbe fatta, ad ogni costo. Decise di andare subito da Madama Chips, per farsi controllare, e il giorno dopo avrebbe detto al suo Draco che aspettava un figlio. Un figlio suo. Un piccolo Malfoy. Sorrise all’idea di avere una piccola copia del ragazzo, e di vederla scorrazzare in una casa tutta loro, con un bel giardino e magari un cane.

Magari dopo la fine della guerra sarebbe stato davvero così, ma non voleva illudersi più di tanto. Sognare era bello, ma si finiva sempre per scottarsi, e non era quello che voleva, non in quel momento.

 

Draco era furioso. Aveva appena sbattuto fuori Pansy dalla sua stanza, dopo averlo costretto ad accettare i termini del ricatto, e ora non sapeva più che pesci pigliare. Doveva lasciare Grace. L’eventualità di dover fare una cosa del genere non gli era mai nemmeno passata per la mente. Era la prima ragazza che avesse mai davvero amato, al punto da volerla sposare anche subito, se avesse potuto. Invece, se voleva darle una vita sicura doveva lasciarla.

Si muoveva in modo nervoso per tutta la sua stanza, non riusciva a stare fermo. E più ci pensava, più era triste e arrabbiato. Eppure, poteva ancora studiare un piano.

Poteva lasciare la ragazza e mettersi con Pansy fino alla fine della guerra, e una volta finito tutto tornare da Grace e implorarla di perdonarlo spiegandole la situazione. Sì, poteva fare così, poteva lasciarla per il tempo necessario alla fine delle battaglie.

Ma se la guerra non fosse mai finita?

Se fossero passati anni, Grace lo avrebbe aspettato?

Lui era convinto di sì.

Ma lui, ce l’avrebbe fatta a superare tutto senza averla accanto?

Questo invece non lo sapeva, ed era la cosa peggiore. Però lo doveva fare, altrimenti la pena sarebbe stata la morte, per aver infranto un voto infrangibile. E allora, lo avrebbe fatto. Ma non subito. Voleva godersi quella sensazione di tepore che gli dava la sua compagnia, quell’indescrivibile emozione che otteneva solo stando con lei, sentire l’amore di qualcuno solo per te, che ti copre come una coperta quando hai freddo e ti asciuga le lacrime quando piangi. Dio, quant’era bello sentirsi amati. Avrebbe aspettato. Avrebbe sentito ancora una volta il suo sapore, il suo respiro sulla pelle, il suo calore. Sì, l’avrebbe amata ancora una volta, prima di dirle addio.

Grace non era nervosa. Sapeva che poteva conservare facilmente il segreto per i primi mesi, non sarebbe stato un problema così insormontabile. Avrebbe affrontato la cosa con calma, e ne sarebbe uscita come si doveva. Si stava recando da Madama Chips per farsi controllare. Entrò piano nella grande stanza bianca, l’infermeria. Intercettò la medimaga mentre spostava delle pozione da uno scaffale all’altro, in un angolo. Le si avvicinò piano, poi si schiarì la voce, attirando così l’attenzione della donna.

-Madama Chips ho bisogno di parlarle di una cosa seria e molto personale. Lei può assicurarmi che non lo dirà a nessuno, nemmeno al preside? – chiese la ragazza alla donna, che cominciava a preoccuparsi.

-Beh, sì, sono un medico quindi sono vincolata dal segreto professionale verso di lei che è maggiorenne. Ma mi dica, è così seria la faccenda? È sicura che non vuole che il preside l’aiuti? – rispose la medimaga, guardandola con comprensione. Lei chiuse la porta e si sedette su di un letto lì vicino.

-Sono incinta, Madama Chips. Avevo preso le precauzioni necessarie, ma devo aver sbagliato qualcosa con l’incantesimo, e ora aspetto un bambino. –

disse semplicemente la ragazza. Non sembrava nemmeno preoccupata, ma era solo una facciata di esteriore forza. Dentro urlava dalla paura di sbagliare in qualcosa, ma la dignità e l’orgoglio erano troppo forti in lei, non poteva sopprimerli, farsi vedere forte la faceva sentire tale. Madama Chips ora era veramente preoccupata.

-Mi dispiace ma temo di doverlo dire al preside, cara. Una gravidanza è una cosa seria, deve saperlo. E il padre? Lo hai già avvertito? –

-No, ma lo farò presto. Preferirei abituarmi all’idea prima di comunicarglielo. Sono venuta qui per farmi fare gli esami, e chiederle di seguire la mia gravidanza fino alla fine dell’anno. Poi subentrerà la medimaga di famiglia, ma fino ad allora la segretezza è tutto. Mi aiuterà? –

La Chips ci pensò un po’ su, abbassando lo sguardo. Poi assentì con la testa.

-Va bene cara, ma insisto, devi dirlo al preside. Capiterà spesso che tu ti senta poco bene, e in un modo o nell’altro lo verrebbe a sapere, per quante pozioni io possa darti per stare meglio. – rispose l’infermiera. Lei sospirò, poi fece cenno di sì con il capo.

-Ok, ho capito, glielo dirò. Manderò una lettera ai miei, avviserò il mio ragazzo e il preside, ma nessun altro, finché sarà possibile nasconderlo, dovrà sapere delle mie condizioni, o saremo in pericolo entrambi. – disse Grace, sfiorandosi il ventre. La medimaga annuì, e prese la bacchetta per farle gli esami, facendola stendere sul letto.

 

Ci era voluto un po’, ma Madama Chips aveva finito gli esami. Il piccolo aveva, come ipotizzava, poche settimane di vita, il concepimento doveva essere avvenuto proprio dopo il ballo. Era andata in camera sua, a pensare.

Pensava a cosa avrebbe detto la madre, il padre, o il nonno.

A Harry, Hermione e Ron e a come l’avrebbero presa.

Poi volle vedere Draco. Il giorno dopo gli avrebbe detto la grande notizia, ma prima voleva godersi un ultima notte da coppia senza troppi problemi.

Lo cercò e lo trovò in biblioteca, che leggeva un grosso tomo di storia della magia, cosa più unica che rara per il ragazzo, ma ci sarebbero stati tra poco i M.A.G.O e la cosa non la stupì più di tanto. Si nascose dietro uno scaffale, poggiando la schiena contro i libri impolverati. Strinse tra le dita il ciondolo che le pendeva sul cuore, come sempre e chiuse gli occhi. In quel mentre, Draco sentì l’orologio d’argento che gli aveva regalato Grace vibrare piano all’altezza del petto, dal taschino interno del mantello leggero in cui l’aveva sistemato, e sentì la voce della ragazza, come se gli stesse sussurrando qualcosa all’orecchio.

‘Ciao Draco’

‘Ciao Grace’

‘Ho bisogno di vederti, Draco, sarebbe meglio subito.’

‘Sì, anch’io ne ho bisogno. Dove sei ora?’

‘Dietro lo scaffale di trasfigurazione. Andiamo nella stanza delle necessità?’

‘Sono già lì’

pensò il biondo ghignando. Si alzò, ripose il libro in uno scaffale a caso ed uscì dalla biblioteca. Grace era appena uscita, camminava davanti a lui. Arrivarono in fretta alla parete, e desiderarono una stanza da letto, entrambi e con la stessa intensità. Entrarono, e trovarono quello che volevano. Al centro c’era solo un enorme letto a baldacchino rosso e un sacco di candele accese galleggiavano nell’aria, profumandola e rendendo l’atmosfera romantica e suggestiva. Lui le mise le mani sui fianchi guidandola fino al bordo del letto, dove la fece stendere delicatamente. Le scivolò sopra, sorreggendosi con le braccia possenti per non pesarle addosso, e la guardò. Quanto gli sarebbero mancati quegli occhi lucidi e languidi che guardavano solo e soltanto lui a quel modo? Non era quantificabile. Si abbassò piano, guardandola socchiudere gli occhi e infine serrare delicatamente le palpebre quando le labbra si toccarono. Sembrava un primo bacio. Il loro primo bacio era stato passionale, carnale, succube della smania di assaporare il corpo dell’altro. E questo era dolce, casto, delicato, speciale.

Lei gli aveva messo le mani sulle guance e gli sfiorava piano le labbra con le sue con movimenti lenti e teneri. Poche volte Draco l’aveva vista così delicata. Voleva assaporare ogni attimo e lo avrebbe fatto. Lui accarezzò piano un fianco, senza fretta. I consueti brividi passarono per la schiena di Grace, che passò ad accarezzare la nuca del biondo con entrambe le mani, per scendere poi verso l’apertura della camicia bianca. Nel frattempo lui passava le dita leggere sul ventre, facendola sussultare un poco. Il bacio non era stato interrotto se non pochi secondi per respirare e sfilarsi le cravatte di dosso. Era sempre lento e dolce, anche se ora erano entrate in gioco anche le lingue, che lottavano senza tregua tra loro, danzando come fossero inscindibilmente legate. In ginocchio tra le sue gambe, Draco le sbottonò la camicia, accarezzandole le spalle e slacciando subito dopo il reggiseno bianco. Glielo sfilò senza mai staccare le mani dalla sua pelle accaldata e fremente. Accarezzò gentilmente un seno, mentre succhiava piano e stuzzicava l’altro con la lingua. Lei sospirava sommessamente e ogni tanto gemeva, passando ripetutamente le mani tra i capelli platinati, che tanto le piacevano, del ragazzo. Erano unici, proprio come lui, e adorava passarci dentro le mani e sentirli scorrere via come sabbia tra le dita, morbidi e lisci come seta.

Lui le baciava il collo e lei gli slacciava la cintura. Poi gli abbassava i pantaloni, e lo sfiorava piano. L’eccitazione di lui già palese dietro ai boxer scuri, lo stuzzicava piano facendolo sussultare e trattenere a fatica i gemiti di approvazione che gli erano saliti alle labbra, occupate a torturare l’incavo del collo della ragazza. Le tolse la gonna e le calze autoreggenti blu scuro. La sfiorò nell’interno coscia sentendola fremere al suo tocco, per poi passare alla sua intimità e sentirla pronta per lui, già eccitata a dovere, e ancora doveva fare sul serio. Le sfilò le mutandine di semplice tessuto bianco e introdusse due dita dentro di lei. Lei gli aveva sfilato i boxer con una velocità sorprendente e lo stava facendo impazzire con i suoi movimenti e le sue carezze arditi e disinibiti. Poi la vide divaricare un po’ di più le gambe, e lui colse il messaggio e vi si posizionò in mezzo. Sempre baciandosi, entrò piano in lei. E rimase lì, così, per qualche secondo.

Calore.

Il suo calore l’aveva avvolto, come ogni volta, si sentiva bene come mai prima. Prese a muoversi lentamente, e lei si aggrappava alle sue spalle, gemendo piano.

Aumentava la velocità, e lei gli artigliava la schiena urlando il suo nome.

Raggiungeva l’orgasmo, e lei lo seguiva, forse per la seconda volta, accarezzandogli le spalle, la nuca, trascinandolo in un bacio senza fine. Lei lo incatenò dentro di se, trattenendolo, legando le gambe intorno al suo bacino.

-Che fai, Grace? – chiese il biondo, confuso dal piacere e con voce roca ma tono languido.

-Non lasciare che finisca, Draco. È così bello…solo un altro istante, ti prego. – disse la ragazza, con gli occhi lucidi, sussurrando nel suo orecchio.

Quella frase poteva avere molti significati per entrambi, ma Draco in quel momento voleva pensare solo al più impellente. La fece voltare ed entrò in lei da dietro, ricominciando tutto da capo, ma sempre assaporando tutti i gemiti e i sospiri, e le calde parole d’amore che con voce spezzata e roca si bisbigliavano.

Si addormentarono uno sull’altra come sempre. Non cenarono e non si svegliarono fino alla mattina dopo, non volendo spezzare la magia che si era creata, e che con gli incantesimi non aveva nulla a che fare.

 

 

 

Antro dell’autrice

(Autrice si nasconde in un bunker antiatomico)

Scommetto che ora vorrete la mia pelle per farci un tappeto…lo so, sono maligna…

Draco: Nooo, maligna è riduttivo: perfida, insensibile, antipatica, scontrosa, crudele, funesta…

Nami: ssssì, ho capito -.-

Aspetto con ansia le vostre recensioni ( anche se saranno piene di insulti ^.^).

Alla prossima settimana,un bacio graaande grande a chiunque legga, by by!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 22
*** Lesson 22: Un Bacio che Sapeva d'Addio ***


Lesson 22 Un Bacio che Sapeva d'Addio

LESSON 22: UN BACIO CHE SAPEVA D’ADDIO

 

Come al solito, i ragazzi si svegliarono molto presto.

Erano solo le sei, e Draco aveva già aperto gli splendidi occhi grigi e guardava la sua Grace con occhi colmi d’amore.

Sarebbe stata l’ultima volta per molto tempo, forse per sempre, che vedeva quell’espressione sognante, i capelli castani e le labbra socchiuse, ma sempre rosse come ciliegie e invitanti.

Che sfiorava piano quei fianchi e quei seni morbidi che lo facevano impazzire.

E non l’avrebbe più vista sorridergli dolcemente con occhi languidi, non lo avrebbe più fatto ingelosire come pochi, provocandolo come solo lei sapeva fare.

Non avrebbe più fatto l’amore con quella ragazza, l’unica che fosse riuscita a far innamorare il Principe di Serpeverde.

Quanta malinconia si poteva leggere nel suo sguardo, in quel momento. Non l’aveva ancora lasciata, e tutto questo già gli mancava.

 

Andò a farsi la doccia senza svegliarla.

Quando tornò, lei stava seduta nel mezzo del letto, i capelli tutti arruffati e l’espressione sconvolta e assonnata.

Si alzò anche lei e cominciò a raccattare i suoi vestiti, dirigendosi poi verso il bagno, e quindi verso il biondo. Gli accarezzò il petto e poi si fece la doccia.

Quando uscì dal bagno, Draco era pronto e la aspettava seduto sul letto sfatto, con la sua cravatta rosso-oro tra le mani.

Si intrufolò tra le sue gambe, la camicetta non ancora del tutto allacciata, poggiandogli le mani sulle spalle, massaggiandogliele dolcemente.

Draco le mise le mani sui fianchi, abbracciandola, posando la testa al suo ventre.

Per un istante, Grace ebbe l’irrazionale sensazione che Draco potesse sentire il bambino, che sapesse. Che stupida, doveva ancora dirglielo, era impossibile che lo intuisse.

Gli accarezzò i capelli, con fare quasi materno, come piaceva a lui.

Poi si chinò sul suo viso, mentre lui sollevava la testa, e i capelli di lei ricadevano davanti a loro, coprendoli. Infilò le mani fra i suoi capelli e lo baciò. Dolce, leggero, le lingue danzavano e si intrecciavano senza foga, ma con amore.

Grace percepiva nuove sensazioni da quel bacio.

Sembrava malinconico, quasi nostalgico e triste.

Draco era triste, e lei lo sentiva.

Lo sentiva da quelle labbra che indugiavano sulle sue.

Da quella lingua che sembrava voler memorizzare il suo sapore per non scordarlo mai.

Da quelle mani che la toccavano come fosse l’ultima volta.

Per lui, quello era un bacio d’addio.

L’ultimo che aveva l’occasione di darle.

Quando si staccarono gli sorrise dolcemente. Lui depositò un dolce bacio sul suo ventre, poi si alzò e sistemò meglio la cravatta e i capelli. Quando anche lei fu pronta, uscirono. Prima lui, poi lei.

-Ci vediamo stasera. –

-Ok. –

Si dissero così, prima di andare a colazione entrambi. La giornata passò in fretta. La pozione che Madama Chips le aveva dato le faceva sentire meno la nausea, e Grace stava relativamente bene. Draco non sapeva se parlare o no con Blaise di quello che gli stava capitando, e nel dubbio stava zitto. A pranzo non la guardò e lei se ne accorse. A cena nemmeno, e lei vide anche questo. Era preoccupata e spaventata. Presagiva qualcosa di terribile dal comportamento di Draco, proprio la sera in cui gli voleva dire di aspettare un bambino da lui.

Si presentò lo stesso alla stanza. Lui beveva nervoso del fire-wisky, guardando dalla finestra la luna primaverile. Lei gli si avvicinò, abbracciandolo da dietro.

-Grace, devo dirti una cosa. Non ti piacerà, e dopo mi odierai, ma devo farlo. – esordì il ragazzo, guardando a terra.

-Che coincidenza, devo dirtene una anche io, ma se dopo devo odiarti, allora comincia tu. – rispose la ragazza, con uno strano sorriso, rassegnata.

Lei si scostò dall’abbraccio, aspettando che si girasse. Quando lo fece, poté immaginare cosa volesse dirle, perché aveva gli occhi lucidi, e il suo cuore mancò un battito, il respiro le si mozzò, i capelli e gli occhi divennero subito neri.

Lui la guardò negli occhi e seppe che aveva già intuito tutto. Era sempre stata perspicace la sua Grace, ora più che mai.

-Dobbiamo lasciarci, è finita. –disse il biondo, sospirando e alzando gli occhi al soffitto.

Istantaneamente Grace si portò una mano al ventre, stringendo piano la camicetta tra le dita. Abbassò lo sguardo, fissando il tappeto. Draco aveva seguito ogni mossa della ragazza, si aspettava un tentativo di omicidio.

-Allora? Non mi insulti? Non mi picchi? Non mi lanci maledizioni a più non posso? Non chiedi nemmeno spiegazioni?– chiese il biondo con voce stizzosa, per provocarla. Il suo silenzio lo uccideva.

-Cosa dovrei dirti? Stare con me non dev’essere un obbligo! L’amore non è una gabbia ne una prigione! Se non mi vuoi più, va bene, non mi vedrai più. Se mi lasci, evidentemente non mi ami più…o forse…forse non mi hai mai amata… perciò… addio Malfoy. –

Disse la ragazza, piangendo ma con voce ferma, una mano sempre sul ventre.

E Draco la vedeva quella mano, ma non capiva.

O forse non voleva e non poteva capire. Non ora che l’aveva lasciata.

Grace si voltò e uscì dalla stanza, il cuore in frantumi.

Non aveva detto a Draco di aspettare suo figlio, era sola.

Lei e il suo bambino.

L’aveva lasciata, ancora non ci credeva. Lui l’aveva seguita, uscendo subito dopo di lei dalla porta.

-Grace!!! Che cazzo succede?! –

un urlo, nel mezzo del corridoio, fece trasalire la ragazza, i cui capelli divennero tutti bianchi all’istante, e gli occhi quasi non avevano più iridi per quanto erano diventati chiari. Si voltò di scatto, vedendo Harry Potter, il suo migliore amico, che la fissava con astio, rosso per la rabbia. Era andato a cercarla perché voleva chiederle un favore e l’aveva trovata con quello lì.

Guardava alternativamente lei e il serpeverde, intuendo quello che potevano aver fatto soli nella stanza la sua migliore amica, di cui era tra l’altro innamorato perso, e il maniaco playboy di Hogwarts.

Lei era impallidita in tutti i sensi. Sapeva che quella sera avrebbe perso per sempre anche il suo migliore amico, ma doveva parlargli, ora che l’aveva scoperta. Di obliviarlo non se ne parlava nemmeno. Sospirò tra le lacrime con un sorriso mesto.

-Torna con me nella stanza, Harry, intendo spiegarti tutto. – disse allora la ragazza, voltandosi verso la porta della stanza delle necessità non ancora scomparsa.

Draco le afferrò con forza un braccio, facendosi guardare in faccia.

-Non puoi dirgli tutta la verità, Voldemort ha contatto diretto con la sua mente! Faremo tutti una brutta fine, e manderai a puttane tutto il mio lavoro, non te lo lascio fare! –

Le bisbigliò allarmato Draco. Lei si scostò bruscamente dal suo tocco, senza riuscire a frenare le lacrime che impietose continuavano a rigarle le guance.

-Lasciami, Malfoy! So quello che faccio, non ho bisogno di sentirmelo dire da te! –

Gli disse rabbiosa la ragazza, entrando nella stanza. Harry la seguì fulminando con lo sguardo Malfoy. Per una volta, Draco ebbe il timore che Grace avrebbe fatto un disastro e Potter lo avrebbe ucciso.

Lì, varcando la soglia, lo avrebbe ammazzato.

Per evitare che la ragazza lo tradisse entrò anche lui, nascondendosi nell’ombra.

-Siediti Harry. La cosa non è lunga, ma non ti piacerà e dopo vorrai uccidermi. Me e il rompipalle nascosto nell’angolo. – disse Grace, camminando avanti e indietro nel mezzo della stanza.

Harry seguì il consiglio e si sedette su una poltrona davanti al tappeto.

-A settembre Malfoy è venuto da me. – cominciò la ragazza, guardando intensamente Harry. Poi alzò lo sguardo al soffitto.

-A quanto pareva era attratto da me fisicamente, e mi ha fatto una proposta indecente. E si sa, io non sono stupida. L’ho guardato per bene e ho accettato. La cosa doveva finire lì, ma da una serata pazza siamo passati ad essere amanti. Era solo sesso. Del buon sesso, certo, ma sempre e solo sesso. –

A quello parole, Draco schiumava di rabbia e Harry sembrava sollevato. Ma Grace lo stroncò poco dopo.

-Dopo però qualcosa cambiò. Me ne sono innamorata Harry. Per quanto possa essere stronzo ai tuoi occhi, io ho visto dell’altro, e me sono innamorata come una sciocca ragazzina ingenua. Così siamo andati avanti per mesi, per lui sesso… per me amore. Fino a dieci minuti fa, quando Malfoy ha detto di volerla fare finita, che non mi vuole più vedere. Questo era il mio segreto Harry. Ecco perché sparivo, perché ero sfuggente…

È tutto. Lui ha troncato questa specie di rapporto, perciò non c’è più nulla di cui parlare. – concluse Grace, guardando negli occhi Harry.

Lui si alzò piano, e quando le fu di fronte la afferrò fortemente per le spalle, fissandola deluso e confuso negli occhi neri come la pece.

-Mi hai rifiutato per lui, Grace? Dimmi che non l’hai fatto! Dimmi che non hai rifiutato me, che ti amo da anni, per uno che ti ha solo usata come un pezzo di carne! Per uno che non ti ama, non ti ha mai amata, e non ti amerà mai! Dimmi che avevi un altro motivo, dimmelo!!!! –

Urlò Harry, tutto rosso in viso. Aveva iniziato quasi con calma, ma aveva finito per stritolarle le spalle e urlarle in faccia.

-Harry, l’amore che provo per te è impareggiabile, ma non è quell’amore che tu desideri da me. Non è romantico Harry, non è passionale ne fisico. È un affetto infinito, è il desiderio di vederti felice sempre e comunque e con affianco chiunque possa renderti tale. Sei il mio migliore amico, il mio confidente, il mio sostegno. Senza di te non sarà più lo stesso. Io non sarò più la stessa. Ma so che questa non me la perdonerai. Non basteranno tutte le lacrime che ho a commuoverti, mi disconoscerai e io non posso farci nulla. Quando te ne sarai andato però, sappi che quello che ho maturato per te in questi anni non può scomparire nel nulla. Ti vorrò bene comunque, e quando avrai bisogno di me, io ci sarò, che tu lo voglia o meno, ti guarderò sempre le spalle. –

disse Grace, sempre piangendo, le guance due cascate di acqua salata che incessante le percorrevano la pelle. Lui abbassò lo sguardo, deluso e ferito, amareggiato.

-Perché lui, Grace? Avrei sopportato chiunque, anche un altro serpeverde, ma lui…il mio nemico giurato, galoppino di Voldemort…perché mi hai fatto questo? Amare lui e non me…non potevi scegliere peggio. – disse afflitto il moro, staccandosi bruscamente da lei e avviandosi alla porta.

-Perché ti eri innamorato di Cho, Harry? – chiese la ragazza, fermandolo sulla soglia, facendogli stringere con foga la maniglia dallo stupore per quella domanda inattesa.

-Io...non lo so. – rispose rigido e freddo il ragazzo.

-Beh, nemmeno io so perché lo amo. Cosa ti dissi quando tu ti confidasti con me e mi chiedesti consiglio su di lei? –

-Dicesti…dicesti che lei non era il mio tipo, che non avrebbe funzionato, che mi avrebbe fatto soffrire…-

-Ma… - lasciò in sospeso Grace.

-Ma mi dicesti anche che al cuor non si comanda, che non potevo decidere io di chi innamorarmi, e che se quelli erano i miei sentimenti mi avresti aiutato e sostenuto anche nell’errore. –

Ammise Harry, appoggiando la fronte al legno della porta.

-E lo facesti, Grace. Mi sei stata sempre vicino, anche in quel caso, anche se poi Cho, proprio come avevi detto, era risultata un errore di valutazione, tu eri lì. Mi hai aiutato a conquistarla e poi mi hai consolato quando è finita. Per questo non mi capacito di quello che mi hai appena detto. Sei la mia migliore amica e ti amo, ma tu preferisci lui che ti odia a me. –

La ragazza fece un sorriso amaro.

-Perché per te vale e per me no, Harry? Tu potevi amare la Chang anche se era un errore, io invece non posso amare Malfoy, anche se è finita, e forse era anche un errore? –

-Tu non eri innamorata di me, quando mi hai aiutato con lei, e lei non era una tua nemica, una a cui piacerebbe vederti torturato e ucciso. No, per te non vale lo stesso discorso, non ci riesco, non riesco a perdonarti. Addio, Grace. –

-Addio, Harry. – rispose la grifoncina, stringendo forte la palpebre e trattenendo un gemito di disperazione.

Quando la porta si fu richiusa alle spalle del moro, Grace riprese a piangere, facendosi sfuggire dei singhiozzi che era incapace di sopprimere.

-Spero che ti sia goduto lo show, Malfoy. Nello stesso giorno ho perso l’uomo che amo e il mio migliore amico, e appena lo sapranno, Hermione e Ron lo seguiranno a ruota. Sarò sola, completamente sola. Ma, per i momenti che ho passato con te, amandoti e sentendomi amata, forse ne valeva la pena. –

Ammise poi, continuandosi a sfiorare la pancia che ospitava il suo bambino. Non cercò nemmeno di guardarlo in faccia. Imboccò la porta e se ne andò verso il bagno di Mirtilla. Aveva bisogno di piangere e li nessuno l’avrebbe disturbata.

Se avesse guardato invece, avrebbe visto una cosa più unica che rara, nell’oscurità di quella stanza.

Una lacrima. 

Poi un’altra.

Una mano sugli occhi, essere fragili una dura realtà.

Per la prima volta dall’età di sei anni, Draco Malfoy piangeva.

Piangeva per una donna.

Piangeva per un addio.

 

 

Antro dell’autrice

Salve a tutti! Come va? Spero bene…allora, veniamo a noi. Avrete constatato che la mia cattiveria non ha confini, e sto continuando a infierire su questi ragazzi, soprattutto in questa lesson. Se prima volevate solo insultarmi, ora magari vorrete la mia pelle per farci un tappeto…^.^ Non importa, alla fine so che mi perdonerete. Rispondiamo alla recensione di questa settimana.

X lady lululu: dato che il mio scopo è stupirvi con gli effetti speciali, la tua recensione mi ha fatto particolarmente piacere ^.^…e spero di essere riuscita a sorprendervi anche stavolta…MUAHAHAHAHA! Come sono cattiva, la strega di Biancaneve sparisce al mio confronto! Per la reazione di Draco al notizione dovrai aspettare ancora un po’, spero che avrai pazienza e continuerai a seguire la fan.

Come al solito, voglio ringraziare tutti coloro che leggono, che mettono la mia fan tra i preferiti, e ovviamente chi commenta.^.^

Bacioni a tutti, a presto!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 23
*** Lesson 23: Cancellare il Passato ***


Lesson 23: Cancellare il Passato

LESSON 23: CANCELLARE IL PASSATO

 

Harry non riusciva a capacitarsi di quello che Grace gli aveva confessato. Era confuso, deluso, arrabbiato, anzi furioso. Si precipitò nella stanza che condivideva con Ron, Neville, Seamus e Dean. Cominciò a buttare tutto per terra: i libri, i soprammobili, la sveglia, tutto. Prese la bacchetta e fece esplodere i cuscini, si accanì sull’armadio di legno chiaro, fece a pezzi i tendaggi del suo letto.

Era preda di una furia ceca, un’ira senza paragoni.

‘Perché lui e non io? Non è giusto, non è giusto!!!’

L’unico pensiero coerente era che non fosse giusto, quello che era successo. Si era innamorato di una ragazza fantastica, che aveva sempre avuto a cuore lui e la loro amicizia. Ma quella ragazza gli stava spezzando il cuore in tanti frammenti e lo stava gettando al vento senza pietà, innamorandosi del suo acerrimo nemico di scuola, un servo di Voldemort che non aspettava altro che consegnarglielo su un piatto d’argento. Lui era bello, certo, avrebbe potuto sopportare che fosse stato solo sesso, lei era pur sempre una donna fatta di carne, avrebbe potuto considerarlo solo una debolezza passeggera. Ma no, se si era concessa era perché l’amava, e lui non poteva sopportarlo.

Attirato dal chiasso infernale che proveniva dalla sua stanza, Ron entrò.

-Miseriaccia, Harry! Che stai combinando, sei impazzito? Che succede? – esclamò il rosso, vedendo la devastazione che il moro aveva portato nella camera.

Lui si voltò, sembrava un’altra persona, il viso distorto dalla rabbia.

-Che succede? Che succede??!! Succede che Grace aveva una tresca con Malfoy, ecco che succede!!! Sono andato da lei col cuore in mano, le ho detto che l’amavo e lei mi ha detto che per lei non era lo stesso!!! E sai perché non può ricambiarmi??? Perché è innamorata di quella serpe schifosa, quell’ignobile rifiuto di Malfoy!! – urlò Harry, prendendo a calci un libro che gli era caduto davanti con forza.

Il rosso capì all’improvviso tutto quanto. Lui l’amava e lei lo aveva respinto per Malfoy. Che traditrice! Lui che l’aveva sempre presa in giro. Aveva preferito quell’idiota al suo migliore amico. L’avrebbe pagata. In quell’istante per Ron, come pure per Harry, fu emessa la dichiarazione di guerra. Grace non era più un’amica, era un alleata del nemico.

-Hai detto aveva, giusto? – chiese il rosso, pensava di non aver capito bene e che magari c’era qualche speranza di salvare la situazione.

-Oh, sì, giusto poco prima che li beccassi, lui ha posto fine al rapporto, e sai lei che faceva? Piangeva! Era triste e addolorata, poverina!
È la fine Ron. È stata mia amica per anni, l’ho amata per anni, e ora è finita per sempre, non posso più nemmeno guardarla in faccia senza sentirmi uno schifo. Sono a pezzi. – disse Harry. Ron non sapeva più che dirgli.

Il moro uscì dalla stanza, travolgendo tutto ciò che incontrava. Il rosso si premurò di riparare tutte le cose che l’amico aveva distrutto, poi uscì e parlò con Hermione. Lei non sembrò scandalizzata come i suoi amici, ma ferita, forse perché la sua migliore amica non le aveva mai parlato di quello che combinava. Si sentì esclusa dalla vita di Grace, come se il loro rapporto valesse poco, non abbastanza da parlarle di quegli incontri col furetto. Però non la metteva in croce. Forse, se avesse fatto una cosa simile, anche lei non l’avrebbe detto a nessuno, soprattutto se si fosse innamorata davvero.

Harry camminava a passo spedito per i corridoi, incurante di chi investisse al suo passaggio, senza guardare in faccia nessuno. Aveva bisogno di stare solo, non che gli altri lo guardassero come uno spiritato, o gli dessero compassione. Arrivò come un uragano nella torre di astronomia, sbattendosi violentemente la porta alle spalle. Iniziò a camminare frenetico su e giù per la stanza, cercando di fermarsi, di trovare la calma perduta, un nesso logico in quello che stava capitando. E magari anche la forza di perdonare la sua migliore…ex migliore amica. No, quella forza non ce l’aveva, se ne stava accorgendo in quel momento.

Peccato.

Sette anni di amicizia vera e sincera buttati nel cesso per un amore fugace e forse effimero.

Un vero peccato.

Si sporse dalla finestra della torre, guardando il cielo.

Ad aprile inoltrato, il cielo che copriva Hogwarts era semplicemente spettacolare. Notte buia e serena, illuminata da una luna piena che orgogliosa rischiarava tutto coi suoi raggi candidi e stelle brillanti che trapuntavano quella distesa immensa, infinita ed eterna, nera come gli occhi di Grace quando li aveva guardati per l’ultima volta. Non l’avrebbe più fatto, perché non l’avrebbe più perdonata.

All’improvviso, un cigolio lo riscosse. La porta si stava riaprendo, una figura minuta e femminile si avventurava nell’aula di astronomia, alla ricerca di pace… o forse di lui.

-Che ci fai qui? – chiese il moro, avvicinandosi alla ragazza.

-Ti ho visto in corridoio, sembravi sconvolto, ho pensato di venire a vedere se stai bene. Cos’è successo, Harry? – rispose lei, ancora vicina alla porta, richiusa con delicatezza.

Lui si avvicinò lentamente. Non sapeva se lei avrebbe capito. Lei si appoggiò alla porta, lui tirò un pugno al legno duro della stessa. Poggiò l’altra mano accanto alla testa della ragazza, e la fronte sulla sua spalla, respirando il profumo di vaniglia dei suoi capelli. Biondi, lunghi e lisci e profumati come fiori di vaniglia.

-Dafne, io l’amavo. E lei amava Malfoy, stava con lui di nascosto, e io l’amavo. –

Alla bionda mancò il respiro. Grace amava Draco? Perché poteva parlare solo di lei. Ma allora ci aveva visto giusto al ballo di primavera! Già, però Harry amava l’amica e l’aveva beccata col suo peggior nemico di scuola.

-Hai parlato al passato, come mai? – chiese lei, con voce quasi dolce per i suoi standard.

-Perché ora non la amo più, non ci riesco. Quello che ha fatto… non posso dimenticare, ne perdonare… -

-Ma Harry, se è così facile per te smettere di amarla, allora forse non l’hai mai amata davvero. Forse tu l’amavi come ti amava lei, come un’amica…una cara amica e niente di più, se ora riesci persino ad odiarla. Non ne saresti capace altrimenti. – constatò Dafne, guardando davanti a se, facendo spalancare gli occhi al ragazzo.

Forse era vero. Forse non l’amava. Fino a qualche ora prima si sarebbe buttato nelle fiamme per lei, e ora non sopportava nemmeno di pensarla. Ora che ci rifletteva, starle vicino gli scatenava dei brividi, ma non lo faceva arrossire. Non balbettava se le parlava, non tremava se lo toccava. Quando si era preso quella cotta per Cho, ogni volta che la vedeva il cuore batteva più forte e il respiro gli mancava, non si sentiva mai a suo agio con lei, mai abbastanza. Con Grace invece non c’era giorno in cui lei non lo facesse sentire bene con la sua sola presenza, quasi protetto. Forse, per lui era sempre stata come una sorella maggiore, quasi una mamma, oltre che amica e confidente. Forse aveva scambiato quei sentimenti di incredibile affetto per amore. Cioè, anche quella era una forma d’amore, ma non era romantico ne passionale, come gli aveva detto lei. Insomma le voleva un bene infinito, ma non l’amava. E gli ci era voluta una frase di Dafne per rendersene conto.

Dopo il ballo, lei lo aveva spesso cercato, per parlare per lo più. Studiavano anche insieme a volte. Lei era una ragazza seria, ma spesso faceva battutine sarcastiche che gli strappavano sempre almeno un sorriso, se non una vera risata. E quando la guardava in quegli occhi verdi, così simili ai suoi, brividi caldi gli scuotevano la schiena. Se poi gli faceva le sue battutine maliziose, arrossiva furiosamente e pensava a cose non molto caste sulla bella bionda. Stava bene con lei. Forse aveva preso un abbaglio, e non amava Grace, ma nemmeno doveva farsi scappare la ragazza che aveva davanti in quel momento. Con lei…con lei forse poteva nascere qualcosa.

Dafne sentì chiaramente il moro rilassarsi, e posare le mani sulle sue spalle. Erano settimane che lo cercava, che parlava con lui e scopriva cose nuove sul suo conto. E scopriva anche che, ogni giorno, lui le piaceva di più. Era dolce e sensibile, un ragazzo sincero a cui interessava il bene della gente, e che sentiva sulle proprie spalle il peso delle responsabilità di essere il Prescelto, il Bambino Sopravvissuto, colui che vincerà su Voldemort. Solo i suoi amici lo potevano vedere come Harry, solo Harry. E lui era un ragazzo fantastico, che il quel momento soffriva per l’ennesima volta.

Gli accarezzò la testa, passando con premura le dita fra i capelli neri e mai pettinati, cercando di farlo stare meglio. Lui fece scorrere le mani sulle sue braccia, facendole venire i brividi, poi sollevò la testa per guardarla negli occhi. Lei gli sorrideva rassicurante, facendo scorrere la mano sulla sua guancia con lentezza. Le mani di lui passarono ai fianchi e la tirarono verso di se. Dafne pensò che alla fine ce l’aveva fatta. Si era avvicinata a lui tanto da poterlo avere, e ora non se lo sarebbe fatto scappare.

Gli mise le mani sul petto e lui la baciò.

Aveva appena appoggiato le labbra sulle sue, non era niente di scandaloso, ma entrambi sentivano corrente elettrica allo stato puro trapassarli e sprizzare scintille dai punti in cui i loro corpi si toccavano. Da lento e casto divenne un bacio passionale e bisognoso.

Harry doveva sapere se lei poteva amarlo, se lei poteva contraccambiare, se poteva ricevere amore oltre che darne. Perciò si sentì al settimo cielo quando, chiedendo il permesso di entrare, la bocca di lei si schiuse permettendo alla sua lingua di esplorarla in ogni sua morbida parte. Le grandi mani del cercatore spaziavano sulla schiena della serpeverde, che invece sbottonava la camicia bianca di lui con snervante lentezza e sensualità senza eguali. E quando lui sbottonò la sua di camicetta, sorrise sulle sue labbra. Si spogliarono a vicenda, sentendo la necessità di un contatto più intimo, di sentirsi completi e amati. Harry fece comparire una coperta e dei cuscini, e ce la fece sdraiare sopra. Sigillò la porta e insonorizzò l’aula, lanciando poi via la bacchetta.

Via l’intimo, nudi e accaldati, lui la sovrastava e lei gli accarezzava il petto muscoloso, attirandolo a se per baciarlo. Quando lui tornò su, pensava che tra le sue braccia non ci fosse una comune strega.

Era stupenda.

Aveva un corpo sinuoso e snello, gambe chilometriche, un seno proporzionato e morbido che lo faceva impazzire e la pelle chiara come il latte, resa ancora più eterea dalla luce della luna che la accarezzava dalla finestra.

Insomma, era una dea, una venere e in quel momento era sua.

E lei lo guardava e nei suoi occhi vedeva passione e desiderio, eccitazione e brama. La voleva e lei si sarebbe concessa. Era il primo a riuscire a sciogliere quel suo cuore di ghiaccio, cuore da Regina di Ghiaccio del Serpeverde. Era pronta a dargli tutto quello che aveva, compreso il suo corpo, e il suo amore. Lui l’accarezzava gentilmente, senza fretta, assaporando il contatto della pelle morbida e calda con i polpastrelli, e intanto la eccitava sempre più, stuzzicandola. Alla fine si posizionò meglio fra le sue gambe, e si perse nel suo sguardo. Lei si sporse verso il suo orecchio, e sussurrò parole che resero Harry felice e pienamente consapevole di quello che stava per fare.

-Sei il primo, Harry. – confessò la ragazza, rossa per l’eccitazione, e forse anche per l’imbarazzo.

Lui sorrise e scese a baciarle il collo, la clavicola, il seno. E poi tornò al suo orecchio.

-Non ti preoccupare, farò piano. Forse sentirai dolore all’inizio, ma dopo ti farò impazzire dal piacere. Rilassati, e fidati di me. –

le disse, sussurrando e scatenandole un sorriso malizioso. Lei si lasciò andare, e quando la sentì pronta, la penetrò. All’inizio lei gli strinse le spalle, sentendo la sua barriera rompersi e bruciare un po’, ma poco dopo sentì solo un forte piacere inebriarle i sensi. Lui avvertì tutto come se avvenisse sulla sua pelle, dato il contatto intimo e diretto, e appena ebbe percepito che tutto era ok, iniziò a spingere, portando Dafne in un mondo mai conosciuto in cui tutto quello che si doveva fare per essere felici era stare insieme.

Carezze, baci, amore. Fecero l’amore un paio di volte, perché dopo aver scoperto il sesso, Dafne ci aveva preso gusto. Poi si erano addormentati, ed era su per giù l’una del mattino. Intorno alle tre, smaltita la stanchezza post-amplesso, Dafne aprì gli occhi, realizzando immediatamente di essere nuda tra le braccia del ragazzo che tanto le piaceva. All’inizio sorrise, ma poi pensò che l’avesse voluta solo per tappare il buco che Grace aveva lasciato nel suo cuore.

-Non pensarci Dafne, non farlo. No ho fatto l’amore con te per dimenticare Grace, l’ho già dimenticata. L’ho fatto perché mi piaci tanto, e spero che un giorno il feeling che c’è tra noi possa diventare amore. Ancora non credo che lo sia, ma presto potrebbe diventarlo, spero che possa bastarti. – disse Harry, stupendola. Come faceva a sapere cosa pensasse?

-Dì un po’, imbroglione, mi hai letto la mente? – gli rispose lei, fissandolo indispettita. Lui scoppiò a ridere e la baciò in fronte.

-No, ma ho visto il tuo sguardo e ho capito cosa ti preoccupava. E non devi farlo, non devi preoccuparti per quello, l’ho fatto perché ti volevo, volevo te e basta. –

rispose il moro, sorridendole. Lei sorrise a sua volta.

-Sì, credo che essere la ragazza del grande Harry Potter possa bastarmi. – concesse lei, ghignando felice.

I due si rivestirono e si separarono con un bacio, tornando ognuno al suo dormitorio.

 

………………………………………..

 

Draco era diventato impossibile, era appena tornato dalla stanza delle necessità e stava un vero schifo. Non mangiava e non dormiva da almeno due giorni, dalla discussione con Pansy, unico pensiero fisso: dover lasciare Grace. E se era per quello, nemmeno parlava. Blaise era spaventato, non l’aveva mai visto così. Pensò che dovesse essere successo qualcosa di brutto, molto brutto, con Grace, ma non sapeva cosa ne come affrontare l’argomento. Si infilò nella sua stanza, trovandolo sul letto, braccia e gambe spalancate e la divisa, tutta stropicciata, ancora addosso.

-Ehi, Draco, amico che succede? Oggi sei così strano. Non hai mangiato nulla, hai delle occhiaie spaventose e non parli con nessuno, nemmeno con me. E a pranzo o a cena non hai nemmeno cercato di vedere Grace o di parlarle nell’arco della giornata. Mi dici che stai combinando? –

Chiese il moro, davvero preoccupato dal suo comportamento. Lui lo guardò appena, per poi tornare a guardare il soffitto.

-È successo un casino, Blaise, e ho lasciato Grace. – disse il biondo, incerto.

L’amico spalancò la bocca e gli occhi, incredulo.

-Ma perché, Draco? Non dicevi che fosse la cosa più bella che ti fosse mai capitata? Perché l’hai lasciata, spiegamelo! – disse il ragazzo.

-Perché la amo, Blaise. – rispose Draco, lasciando l’altro ancor più confuso e stranito.

-Spiegati, ti prego, sei criptico! Se l’ami, non dovevi lasciarla! Guardati, sei a pezzi! –

-È colpa di Pansy…ci ha scoperti e ha minacciato di dire tutto a Lucius se non lasciavo Grace e mi mettevo con lei. Blaise, se lei avesse parlato, Grace sarebbe stata in costante pericolo di vita. Non potevo permetterle di fare questo, lei deve vivere tranquilla, non potevo esporla ad un tale rischio solo per stare con lei…non avrei sopportato che Lucius le facesse del male. –

-Che cazzo ha combinato quella pazza?! Ma io la uccido! – sbraitò il moro in direzione della serpe che stava distruggendo il suo migliore amico.

-Abbiamo fatto un doppio voto infrangibile: lei non parlerà mai a nessuno di quello che sa, io ho mollato Grace e dovrò mettermi con lei. –

-Ma non per sempre, vero? Cioè, non hai aggiunto quelle due parole mostruose che ti legano a lei finché morte non vi separi, giusto? – chiese speranzoso Blaise. Ma il biondo non era affatto speranzoso, al contrario era sempre più abbattuto.

-No, non l’ho detto. Pensavo di poter tornare da lei, un giorno, finita la guerra, ma Potter ci ha beccati mentre uscivamo dalla stanza delle necessità e ora la odia. Ha perso me e contemporaneamente anche il suo migliore amico per colpa mia, non mi perdonerà mai, Blaise. È finita, l’ho persa per sempre. –

Spiegò il ragazzo, rassegnato. Era l’ombra del vero Draco Malfoy, solo un ricordo del vecchio bambino viziato e strafottente, incapace d’amare. Ora c’era solo Draco, un ragazzo manipolato da una pazza, innamorato ma di nuovo solo, che doveva rinunciare a vivere con la sua Grace per farla stare al sicuro. Il moro sospirò, capendo finalmente cosa stesse capitando al suo migliore amico.

-Mi dispiace moltissimo, Draco, davvero, sembravate così felici. Ti lascio solo, però, cerca di reagire, ok?– disse Blaise, uscendo dalla stanza, sapendo che il ragazzo non avrebbe più risposto.

 

 

Antro dell’autrice

Salve a tutti! In questa lesson il protagonista è un Harry mucho caliente, e finalmente ho fatto succedere il miracolo: ebbene sì, anche Harry-sono-uno-sfigato-cronico-Potter ha trovato una che lo sopporta! Yuppiii! Felicitazioni e complimentoni!

Harry: Hai finito di sfottere? -.-

Nami: naaa, mi diverto troppo!

Rispondiamo alle recensioni ( ben due stavolta! Me fa cori da stadio! ^.^)

X lady lululu: so che dopo questa lesson, dove Draco non reagisce per nulla, ti starà salendo lo sclero, ma abbi fede, non manca poi moltissimo!

X lucia_hp: Grazie per il complimento! Sinceramente non lo so perché commentano in pochi, so solo che ogni recensione mi emoziona per il semplice fatto che c’è, indipendentemente da cosa dica. E per quanto riguarda il Carlino…credo che la odino un po’ tutti…andasse a farsi un bagno antipulci invece di rompere a noi…

Grazie a tutti, e arrivederci! (anzi, a rileggerci)

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 24
*** Lesson 24: Comò Me Duele el Amor ***


Lesson 24: Como Me Duele l'Amor

LESSON 24: COMO’ ME DUELE EL AMOR

 

Silenzio.

Dentro e fuori la testa di Grace c’era solo quello.

Silenzio.

Nessuno le parlava più. Aveva litigato con Ron e Hermione, e anche loro non le rivolgevano più la parola, le avevano tolto persino il saluto. Lei sapeva che sarebbe successo, ma non aveva fatto nulla per impedirlo, e ora era stufa persino di pensare. Avrebbe potuto piegare il suo stupido orgoglio e i suoi ideali sull’amore, e chiedere perdono, ammettendo di aver commesso un errore. Forse così almeno Hermione l’avrebbe perdonata. Ma il suo orgoglio era la sua arma più potente, come pure il suo difetto più grande e pericoloso. Aveva promesso che avrebbe mantenuto i segreti di Draco, e così aveva fatto, a scapito di se stessa e delle sue amicizie.

Lei credeva nell’amore, sapeva che amare non è mai sbagliato perché nessun sentimento ti rende felice come l’amore. Ma i suoi amici non conoscevano Draco come lo conosceva lei, e nessuno la capiva, perciò l’avevano isolata.

Harry e Ron non le perdonavano il rapporto carnale con il loro nemico di sempre, Hermione di non averglielo detto. Loro non sapevano ancora la verità, aveva mentito ancora una volta. Come al solito però aveva inserito un po’ di verità nella sua bugia.

Era vero che amava Draco con tutta se stessa, ed era quello che più di tutto le era costato caro, quello che i ragazzi non le avrebbero mai e poi mai perdonato.

Camminava sola per i corridoi, non abbassava mai lo sguardo davanti a nessuno.

Per quanto Harry potesse guardarla con ira e astio o non guardarla proprio, per quanto Ron potesse bisbigliarle “traditrice” all’orecchio quando le passava accanto, per quanto Hermione potesse lanciarle occhiate addolorate e deluse, lei procedeva a testa alta, il cuore perennemente fiero, non sapeva rinunciare a quello che era.

Era una testarda Grifondoro, incapace di piegarsi al volere e alle idee altrui.

Sapeva perdonare e chiedere perdono, ma solo se sapeva di aver sbagliato, e lei sapeva di essere nel giusto, questo le bastava.

Era passato qualche giorno ormai, si era perfettamente adattata alla sua vita da reietta. La solitudine non le faceva poi così male. Studiava per i M.A.G.O con rinnovato impegno e dedizione, si buttava lì, nei libri, per non pensare che presto avrebbe dovuto crescere un figlio completamente sola.

Aveva scritto ai genitori, almeno con la madre era stata onesta, con lei aveva potuto. Lei aveva risposto che un bambino è sempre una benedizione, ma che sarebbe stata più felice per lei se fosse successo più tardi, se Draco non l’avesse lasciata senza nemmeno sapere del piccolo in arrivo, se non ci fosse stata in corso una guerra che li metteva in pericolo entrambi. Ma comunque, una volta finita la scuola, avrebbe avuto il sostegno della sua famiglia. Era quasi la fine di aprile, doveva solo tenere duro fino a giugno, in tutto neanche due mesi, ce la poteva fare, ce la doveva fare. L’unica cosa difficile era guardare Draco girare con la Parkinson attaccata al braccio nei corridoi, che spargeva veleno e dimostrava di avere vinto.

Un giorno, mentre le passavano accanto, Pansy aveva cercato di attaccare briga, ma lei non le aveva voluto darle questa soddisfazione. Aveva tirato dritto con lo sguardo fiero e duro senza nemmeno vederla. Ma, a bassa voce, tanto che forse solo Blaise e Draco poterono udirla, cantava il ritornello di una canzone babbana che le piaceva, e che mai come in quel momento sentì sua.

Ah ah ay corazón espinado
Cómo duele, me duele el amar
Ah ah ay como me duele el amor

“Corazon espinado”. Già, cuore ferito. Come erano vere quelle parole per lei, il suo cuore doleva per lo sforzo d’amare una persona che non la ricambiava più.

Amare le faceva male.

Aveva ascoltato quella canzone un milione di volte, e chiunque poteva capirne il testo, era così semplice.

Aveva cantato così piano che pensava non l’avessero udita, forse lo sperava. Ma sentì Draco voltarsi a guardare la sua schiena che si allontanava, perché lui aveva capito, lui la conosceva quella canzone. E gli sembrò vera, anche per lui. La cantò nella sua testa, mentre sospirava e con una forza che non pensava di avere si girava e se andava con Pansy.

Esta mujer me está matando
Me ha espinado el corazón
Por más que trato de olvidarla
Mi alma no da razón

(Quella donna mi sta uccidendo
ha ferito il mio cuore
per quanto io tenti di dimenticarla
la mia anima non vuole saperne.)

Mi corazón aplastado
Dolido y abandonado
A ver, a ver, tu sabes, dime mi amor
Cuánto amor?
Y qué dolor nos quedo?

(Il mio cuore è calpestato
dolente e abbandonato
vediamo, vediamo, lo sai, dimmi amore mio quanto amore?
E quanto dolore ci è rimasto?)

Ah ah ay corazón espinado
Cómo duele, me duele el amar
Ah ah ay como me duele el amor

(Ahi ahi ahi, cuore ferito
quanto fa male, fa male amare
Ahi ahi ahi, quanto mi fa male amare.)

Y cómo duele, cómo duele el corazón
Cuando uno es bien entregado
Pero no olvides mujer que algún día diras
Ay ay ay... cómo me duele el amor

(E quanto fa male, quanto fa male il cuore
quando si è completamente abbandonati all’altro
però non dimenticarti, donna, che un bel giorno dirai
ahi ahi ahi…quanto mi fa male amare.)

Ah ah ay corazón espinado
Cómo duele, me duele el amar
Ah ah ay como me duele el amor

(Ahi ahi ahi, cuore ferito
quanto fa male, fa male amare
Ahi ahi ahi, quanto mi fa male amare.)

Cómo me duele el olvido
Cómo duele el corazón
Cómo me duele estar vivo
Sin tenerte a un lado amor


(Quanto mi fa male dimenticare
quanto mi fa male il cuore
quanto mi fa male essere vivo
senza averti al mio fianco amore.)

Ah ah ay corazon espinado
Ah ah ay como me duele el amor
Corazón espinado
Corazón espinado
Corazón espinado

(Ahi ahi ahi, cuore ferito
Ahi ahi ahi, quanto mi fa male amare.
Cuore ferito
Cuore ferito
Cuore ferito)


Le cose si erano un po’ invertite per lui, non era certo Grace ad averlo abbandonato, ma era lei ad occupare tutti i suoi pensieri, dalla mattina quando apriva gli occhi, alla sera quando li chiudeva e la sognava ogni santa notte. Però, invece che vederla felice fra le sue braccia come le prime volte, ora la vedeva piangere senza sosta con una mano sul ventre, o mentre diceva addio a Potter.

Eh sì, quel babbano aveva scritto una canzone che valeva, che diceva il vero, il suo amore faceva male.

Faceva male vederla sola per causa sua.

Faceva male vedere i suoi occhi così duri tirare dritto davanti a lui, sperando che lui la ignorasse.

E faceva malissimo sapere che nonostante tutto lei lo amava, che nemmeno lei riusciva a guardare più avanti di loro due insieme, che anche per lei il tempo si era fermato in quella maledetta stanza delle necessità, a quando le aveva detto addio.

Blaise sospirò, spettatore passivo della distruzione che quella arpia di Pansy aveva portato nell’anima dell’amico e della ragazza.

 

…………………………………………………………….

 

Passavano le settimane e aprile arrivava al suo termine. Il cielo era spesso sereno e la temperatura saliva, mettendo di buon umore i ragazzi della scuola.

Ma gli amici ancora la ignoravano.

E Grace ancora soffriva.

Ma funzionava così, l’amore, e si era arresa.

Ora, il suo unico pensiero erano i M.A.G.O e le visite per sapere se il bambino stava bene.

Aveva saputo per vie traverse che Dafne e Harry stavano insieme, che entrambi sembravano felici.

Lo vedeva anche da se, quando a tavola Harry la salutava e lei gli faceva l’occhiolino, o entravano insieme in sala mano nella mano. Le faceva piacere sapere che almeno loro erano felici. Un po’ meno felice era del fatto che Harry potesse stare con una serpeverde quando a lei non l’avevano permesso. Hermione non aveva legato molto con la bionda, Ron scherzava con lei come con Harry. Ma l’avevano accettata senza problemi, passando sopra ai pregiudizi infondati, guardando oltre. Come avrebbe voluto che qualcuno di loro avesse provato a guardare oltre a Malferret e a vedere solo Draco. Lui l’aveva comunque lasciata, ma almeno i suoi amici avrebbero potuto rivolgerle ancora la parola. Invece no, finché si trattava di Dafne andava bene, ma se si parlava di Draco, nessuno poteva dimenticare, e lei rimaneva sola.

Però la bionda la salutava, anche se Harry la strattonava via, le chiedeva sempre come stesse, prima di venire trascinata lontano dal suo ragazzo. La cosa le faceva piacere. Dafne faceva sempre di testa sua, e non si lasciava influenzare di certo da quello che Harry voleva. Apprezzava molto questa cosa, in un certo senso la tirava su.

Un giorno però, il destino decise che qualcosa dovesse cambiare, che la situazione così non andava più bene.

A lezione di pozioni, Grace stava seduta lontano da Hermione, Harry o Ron. Stava al tavolo con Neville, aiutandolo come poteva non appena Piton si voltava. Lo ripagava dell’aiuto che le dava in erbologia, visto che non era una cima in quella materia, il suo terrore per gli insetti non era compatibile con quella materia (per quanto coraggio avesse, gli insetti le facevano paura, non c’era niente da fare…strano vero?)

Ad un tratto però, la nausea la colpì ferocemente. Aveva scordato di prendere la pozione anti-nausea quella mattina, e non poteva evitare che la colazione tornasse su. Impallidì all’improvviso e si portò una mano davanti alla bocca. Poi si alzò in piedi.

-Professore, io avrei bisogno di uscire. – disse a Piton. Lui la guardò preoccupato, impallidiva a vista d’occhio.

-È molto pallida, signorina Parker, è sicura di stare bene? – chiese infatti, con voce un poco ansiosa.

-Sì…sì sto bene…ho solo bisogno di uscire un attimo…posso? –

-Esca pure. Ma se non sta bene, vada in infermeria, non faccia sciocchezze. – rispose il professore.

-Grazie. – rispose lei, uscendo in tutta fretta dalla classe affollata. Hermione la guardò angosciata, e Piton lo notò.

-Signorina Granger, vada a controllare che la signorina Parker stia bene, esca anche lei, e se è il caso, l’accompagni da Madama Chips. – disse Piton con aria perentoria. Hermione si alzò e seguì l’amica, vedendola entrare a tutta velocità in bagno.

Raggiunse la soglia dei gabinetti del sotterraneo e sbirciò dentro. Non vide Grace, ma sentì chiaramente cosa stesse facendo. Il rumore di un conato di vomito era decisamente difficile da fraintendere. Entrò piano nel bagno, vedendo Grace seduta sul pavimento da parte al water, con gli occhi lucidissimi e il viso davvero molto pallido.

-Che ci fai qui? Dovresti seguire la lezione di pozioni, non t’ho mai visto perdere un solo istante di una lezione da che ti conosco. Torna di la, dai. – le disse Grace quando la vide, il tono duro ma la voce debole.

-Tu stai male Grace. Piton mi ha mandato a controllare che andassi davvero in infermeria. Avrai preso l’influenza… da quanto stai così? –

chiese la riccia, apprensiva, inginocchiandosi davanti a lei. La vide stringersi più forte lo stomaco e inghiottire a vuoto, prima di vomitare anche l’anima nel water da parte a lei. Le tenne i capelli, e quando ebbe finito cercò di fare due più due.

-Allora, da quanto dura la nausea? – si informò ancora l’amica.

Grace ghignò, rassegnata.

-Un mese. –rispose, sapendo che ora l’amica, che non era stupida, avrebbe capito. E infatti, Hermione fece un’espressione addolorata, ma come se un’illuminazione l’avesse appena colpita.

-E ce l’hai soprattutto la mattina, vero? E ti senti stanca e fiacca. E scommetto che questo mese qualcuno ha saltato la visita mensile, o sbaglio? – disse la riccia, finalmente consapevole di cosa stesse succedendo.

-Esatto signorina Granger, dieci punti a grifondoro! Ora puoi tornare di là, Sherlock, e lasciarmi vomitare in pace. – rispose la ragazza, fissando il vuoto. La riccia le prese una mano tra le proprie, guardandola rassicurante.

-È…è di Malfoy, vero? – le chiese soltanto. Grace annuì lentamente, alzando gli occhi neri in quelli dorati dell’amica. Quanto le era mancato poterle parlare? Tanto, tantissimo.

In quel momento però, un tornado fece irruzione nel gabinetto delle ragazze, facendo venire a entrambe una sincope.

-Come sarebbe “è di Malfoy”?! – urlava un moro serpeverde, spalancando la porta e correndole incontro.

Dopo il primo momento di spavento, Grace lo guardò in viso, Blaise la fissava stupito e arrabbiato dall’alto del suo metro e ottanta, e lei lo fissava senza battere ciglio dal basso del pavimento.

-E dimmi una cosa, pazza scriteriata che non sei altro, non l’hai detto a Draco, vero? Ma no, l’avrai considerato un particolare superfluo, vero? –

disse ancora il ragazzo. Lei indurì lo sguardo, mentre Hermione faceva scattare la testa da lei a lui e da lui a lei.

-Blaise, non sono affari tuoi, come non lo sono di Hermione. E comunque, se proprio ti interessa, no, Malfoy non ne sa nulla, e così deve essere. Non voglio che lo sappia, e tu… voi, non dovete farne parola con nessuno. Spero di essere stata abbastanza chiara. – disse Grace, guardando sia Blaise, incazzato nero, che Hermione.

Il ragazzo spalancò la bocca, indignato.

-Eh, no cara mia! Tu non puoi mantenere un segreto di quella mole, non con il padre! E si da il caso che il padre sia il mio migliore amico, tu DEVI dirglielo. Grace, non capisci? Lui lo deve sapere! – disse poi, scandalizzato dalla decisione della ragazza.

Lei si mise a guardare in avanti, senza più guardarlo in faccia. Lui si stava davvero irritando, e stava per urlarle addosso dell’altro, ma lei lo precedette.

-Sono mesi che mantengo segreti su segreti, e questo è l’unico che tengo per il mio bene e quello di mio figlio! Sei tu che non capisci, Blaise. Se anche glielo dicessi, cambierebbe il fatto che non mi ama più? E cosa potrebbe decidere? Di fare finta di nulla, oppure…oppure, conoscendolo, vorrebbe sposarmi per prendersi le sue responsabilità. Ma cosa succederebbe? Che lo costringerei a un matrimonio senza amore. Lui mi tradirebbe dalla mattina alla sera, e io non potrei sopportarlo! Io lo amo, Blaise! Non ho potuto dimenticarlo dall’oggi al domani, e legarlo a me con un bambino non è quello che voglio. Il figlio è più mio che suo, e così sarà per sempre, lo crescerò da sola, e lui non lo saprà mai. Se scopro che glielo hai riferito, ti vengo a prendere ovunque tu sia, e giuro sul mio onore che ti uccido. – disse minacciosa la ragazza, alzandosi faticosamente in piedi, per fronteggiarlo meglio.

Non scherzava, lo avrebbe fatto a fette, la conosceva. Lui sospirò, affranto. Hermione non sapeva più cosa pensare. Malfoy la amava, non erano solo compagni di letto, come aveva detto loro. Ma perché l’aveva lasciata allora? Non lo avrebbe di certo chiesto, non all’amica appena ritrovata e in quelle condizioni, si sarebbe tenuta la curiosità.

-Dimmi solo una cosa…lo sapevi già quando ti ha lasciata? – chiese Blaise, rassegnato, puntando i suoi occhi blu in quelli ormai perennemente neri di Grace.

-Sì…dovevo dirglielo quel giorno, ma ho lasciato parlare prima lui…che cazzata…beh, gli ho risparmiato una vita in catene, dovresti essere felice. – disse la grifondoro.

Andò al lavandino e si sciacquò il viso, lavandosi bene le mani. Guardandola dallo specchio, vide l’espressione di Hermione che, dispiaciuta, le chiedeva perdono con lo sguardo per non aver cercato di capirla in quelle settimane. Le sorrise.

-Non fare quella faccia Hermione. Sei rimasta la mia migliore amica. Voi siete insostituibili, non posso fare finta di odiarvi nemmeno per ripicca. L’importante è che nessuno di voi due spifferi quello che sa in giro. Se vi importa anche solo vagamente di me, state zitti e mi farete felice. –

Disse Grace, asciugandosi le mani in una salvietta di carta. Si era ripresa dalla nausea abbastanza in fretta, forse perché ormai lo stomaco era desolatamente vuoto. Guardò ancora una volta Blaise. Lui ricambiò lo sguardo, pensando che se Draco avesse saputo del bambino avrebbe mandato al diavolo tutto e l’avrebbe rivoluta con se ad ogni costo.

-Dimmela tu una cosa, ora, Blaise…cosa ci fai nel bagno delle ragazze? – chiese Grace, seria.

Lui arrossì di botto, grattandosi la nuca e sorridendo imbarazzato.

-Beh, mi ero preoccupato per te, ho chiesto di poter andare al bagno e sono venuto per sapere come stavi. Poi però stavi parlando con Hermione e… -

-Ti sei messo a origliare. Ma bravo, e io che ti credevo un bravo ragazzo, che scema. –

disse Grace, sorridendo. Scherzava, ed era felice che Blaise si preoccupasse per lei, significava che era un amico sincero. Lui le venne incontro, abbracciandola e baciandole i capelli.

-Ora che lo so, se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamami e dimmelo, voglio aiutarti, non voglio che tu rimanga sola più di quanto non lo sia già stata in questo ultimo periodo. Capito? – le disse il moro. Lei sorrise contro il suo petto, staccandosi.

-Va bene, me ne ricorderò quando avrò le voglie assurde alle tre del mattino e nessuno disposto a soddisfarle. – rispose la ragazza, facendo ridere gli amici.

Quando uscirono dal bagno, Grace aveva di nuovo la sua migliore amica e un ragazzo disposto a soddisfare ogni suo capriccio da donna incinta. Un gran bel passo avanti, non si poteva proprio lamentare!

 

 

Antro dell’autrice

Buongiorno! Ho trasformato parzialmente questo capitolo in una sogn lesson, anche se la mia particolare interpretazione di “Corazon espinado” di Carlos Santana, non è esattamente fedele al testo, perché parla di un uomo abbandonato dalla sua donna. Tuttavia, a me interessava trasmettere il concetto di sofferenza per il fatto stesso di amare senza essere più ricambiati, e in questo credo che la canzone sia riuscita perfettamente ^.^ Inoltre, per una persona abituata a essere circondata da tanti amici, ritrovarsi improvvisamente soli era troppo crudele, così ho fatto stare Grace veramente sola per poco tempo, in fondo sono dotata anch’io di un po’ di umanità ^.^ ora rispondo alle recensioni.

X lady lululu e lucia_hp: sono felice che la coppia Harry/Dafne piaccia anche a voi perché io li adoro ^.^

Ok, ho fatto tutto, sono a posto.

Bacioni a tutti, a presto!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 25
*** Lesson 25: Quiete Dopo la Tempesta ***


Lesson 25 Quiete Dopo la Tempesta

LESSON 25: QUIETE DOPO LA TEMPESTA

 

I giorni successivi alla grande rivelazione andarono molto meglio. Harry e Ron la odiavano ancora, ma Hermione era tornata la solita e per quanto il ragazzo provasse ad ostacolarla, Dafne era diventata una buona amica per entrambe le ragazze senza che il suo ora innamoratissimo fidanzato potesse impedirglielo. Harry era ancora molto arrabbiato e continuava ad ignorare Grace. Lei dal canto suo non aveva la minima intenzione di strisciare ai suoi piedi per chiedere perdono. Sarebbe andata avanti senza di lui, e senza chiunque avesse la cattiva idea di darle contro.

-Harry, devi farmi un favore. – disse Dafne al suo ragazzo, mentre entrava in camera sua e si sedeva sul letto.

-Tutto quello che vuoi, spara. – rispose il moro, mentre si sfilava la maglietta.

-Grace ha una cosa della massima importanza da dirti. Voleva tenerselo per se, ma io ed Herm l’abbiamo convinta a parlarne anche con te. Ma non si fa avanti perché sa che non l’ascolteresti. Ebbene, quando verrà da te, ammutolisciti e ascoltala fino in fondo. Se non lo farai, io lo saprò, e mi premurerò di mandarti in bianco da qui alla fine dell’anno solare, sono stata chiara, vero? – disse Dafne, sorridendo maligna al ragazzo.

Lui spalancò gli occhi all’idea dell’astinenza prolungata a cui la sua ragazza lo avrebbe condannato. Sospirò.

-Sai Daf, Grace mi manca, e anche molto. Però non posso dimenticare quello che è successo, mi ha fatto troppo male. – disse Harry e la bionda lo guardò davvero malissimo.

-Ma se devo solo ascoltarla, allora si può fare. – concesse poi, sorridendo. La ragazza ricambiò il sorriso.

-È così che ti voglio, positivo e aperto. Bravo, amore. Ora posso cenare in pace. – disse Dafne, dandogli un bacio a stampo e uscendo poi dalla stanza.

 

……………………………….

 

-Grace! –

-Ciao Harry…io devo parlarti…siediti dai. – disse Grace, indicando l’altro capo del suo letto.

L’aveva invitato tramite Hermione a raggiungerla in camera sua per parlare un po’, e lui era venuto davvero. Qualcosa le diceva che c’era lo zampino della sua amica bionda di serpeverde, ma questo non le importava più di tanto. L’importante era che fosse disposto ad ascoltarla.

-Ascoltami Harry, perché è molto importante. Quando ti ho raccontato di me e Malfoy, non ti ho detto tutta la verità. –

Harry storse il naso e abbassò lo sguardo. Non era certo felice di sapere che gli aveva rifilato un’altra bugia. Grace non si arrese e dopo una breve pausa riprese a parlare, col magone che rendeva la voce triste e instabile.

-In realtà, nemmeno per lui era solo sesso. Anche lui mi amava…oh Harry, non sai quante volte me l’ha detto. Quando eravamo soli era un'altra persona. Era dolce e comprensivo. Era anche tanto possessivo, ma mi faceva sentire amata, e parecchio anche.

Dio, quanto lo amavo…sai, ancora non ho smesso, non ho potuto, e credo che non potrò mai. Mi ha fatto passare attimi indimenticabili, che porterò con me per sempre, amandolo sempre come allora. Vedi Harry, mi ha lasciato una cosa che mi impedirà di scordarlo per il resto della mia vita. –

disse la ragazza, trattenendo il respiro quando il moro alzò gli occhi nei suoi, interessato a sapere cosa fosse. Pensava ad una fedina, un ciondolo, qualcosa di materiale e futile. Era piuttosto scettico sulla bontà nascosta di Malferret, e sfoggiava un’espressione alquanto scocciata.

-Harry, io sono rimasta incinta, e Draco è il padre del bambino. Dimmelo tu, come faccio a dimenticarlo ora? – disse la ragazza.

Harry era sconvolto, non ci voleva credere. Aveva una buffissima espressione di stupore, gli occhi spalancati e la bocca aperta a “o” come in un muto urlo di disperazione. Ecco perché era sempre pallida, e la mattina mangiava poco. Poi però negli altri pasti mangiava il doppio, sembrava una che non vedeva cibo da mesi.

Mangiava per due.

Così si spiegavano tutti gli strani comportamenti. Anche se era arrabbiato, continuava ad osservarla da lontano, e tutto quello che faceva da un po’ gli sembrava tremendamente strano. Ma ora aveva capito. Non sapeva se credere alla storia del Malfoy dolce e premuroso, ma doveva per forza credere a quello che aveva appena confessato, non poteva mentire su una cosa tanto grossa.

-E…e lui lo sa? Sa che avrai un figlio suo e ti ha lasciata comunque? –

disse Harry, improvvisamente arrabbiato. Non doveva permettersi di abbandonarla con un figlio in arrivo, che bastardo!

Grace sorrise. Ecco il suo Harry, il suo iperprotettivo e apprensivo Harry, il suo migliore amico.

-No Harry, non gliel’ho detto. –

-Perché? –

-Avresti costretto Dafne a stare con te se lei non ti avesse amato? –

-No, certo che no. –

-Beh, se io gliel’avessi detto, sarebbe successo proprio questo. Sarebbe rimasto con me, ma non mi avrebbe amato, e non era questo che volevo. Amerò mio figlio anche per lui, non gli farò mai mancare nulla, gli darò tutto l’amore che provo, darò a lui anche quello che avrei dato a suo padre. –

Disse Grace, sfiorandosi la pancia dolcemente. Era un gesto naturale per lei, ma Harry ne fu stupito. Fu la prova che, in effetti, li dove poggiava la mano affusolata stava crescendo una vita. Fu allora che capì cosa doveva fare. L’abbracciò di slancio.

-Mi dispiace di averti lasciata sola, Grace. Avrei dovuto ascoltarti da subito invece di fare il testardo. Malfoy rimane un bastardo per me, ma se dici che con te era umano, allora posso passare sopra a tutto. Ho capito che lo ami, e non posso farci niente, ma buttare via la nostra amicizia per questo sarebbe un’idiozia, o sbaglio? –

Le disse Harry, mentre anche lei lo stringeva forte, piangendo dalla gioia. Da quando era incinta era fin troppo emotiva, piangeva sempre. Lui invece sorrideva.

-Già, sarebbe davvero una pazzia. – disse Grace, sorridendo tra le lacrime.

Ora era fatta. Aveva riavuto entrambi i suoi migliori amici, e quando Harry avrebbe spiegato a Ron come stavano davvero le cose, anche il rosso l’avrebbe considerata di nuovo una delle sue migliori amiche.

-Allora, com’è essere incinte? Chissà che emozione, eh? – disse ad un certo punto il moro, curioso.

Grace fece un ghigno sarcastico.

-Oh, certo, è davvero emozionante vomitare ogni mattina e andare a fare pipì ogni cinque minuti! Un vero spasso! – disse poi, facendo ridere di gusto il suo ritrovato amico.

 

………………………………………

 

-Dracuccio, cosa diavolo ti succede, si può sapere? Sono settimane che non andiamo a letto insieme, mi stai facendo impazzire! Sei il mio ragazzo ora, te lo devo anche ricordare? Insomma, un po’ di vita! –

Pansy stava sgridando Draco per l’ennesima volta, perché lui si rifiutava di toccarla. Non che il suo fisico non reagisse agli stimoli, certo, dal punto di vista meccanico era tutto a posto, tutto regolare. Il problema stava nella sua testa. Si sentiva in colpa come se stesse tradendo Grace, e il fatto di dover toccare quell’arpia che l’aveva costretto a rinunciare a lei gli urtava i nervi. Così faceva l’eremita. Davanti a tutti sembrava il solito Malfoy fidanzato con la solita Parkinson. Ma in privato, non un bacio, non una carezza e niente sesso.

NIENTE SESSO.

Per un Malfoy, e per Draco in particolare, era un insulto alla sua reputazione di playboy, di grande amatore. Eppure non poteva guardare Pansy senza pensare che se non fosse stato per lei, in quel momento poteva avere la sua Grace tra le braccia e non lei. Ora però stava diventando anche scorbutico e scontroso, pressoché insopportabile. Sperava che così Pansy si sarebbe stancata prima e lo avrebbe lasciato libero di sua spontanea volontà. Vane illusioni, ma almeno una speranza voleva darsela, se no, con cosa campava? Di ricordi? No, quelli non bastavano più. Aveva una consolazione ora, almeno. Vedeva per i corridoi il vecchio quartetto di grifondoro.

In testa la loro Leonessa, l’impavida, l’indistruttibile Grace.

Di fianco a lei, alla sua destra la Regina per eccellenza dei Grifoni, la Granger, la Mezzosangue, impossibile trovare una ragazza più sveglia in tutta la scuola.

A sinistra la coppia delle disgrazie, Potter, il Bambino Sopravvissuto, il Predestinato, il più cerca guai che si sia mai visto, e Weasley, la Donnola, il Perdente, quello che dava in escandescenze per nulla e subito dopo se ne pentiva.

Volendo poteva trovare un mare di difetti per ognuno di quei quattro, ma in quel momento gli faceva solo piacere che avessero capito l’errore e fossero tornati amici. Era molto più utile l’alleanza che la separazione, finalmente ci erano arrivati, e non era più costretto a vedere Grace sola come un cane a combattere contro tutti.

E lui? Beh, lui aveva Blaise. Gli aveva fatto da madre, padre e fratello, nell’ultimo periodo. Senza di lui non avrebbe superato quel momento. Era l’unico contatto che avesse con Grace. Loro due erano diventati amici, lui le parlava spesso, così Draco riusciva sempre a sapere come stesse la strega e se avesse bisogno di una mano.

Blaise moriva dalla voglia, anzi era letteralmente corroso dalla tentazione di dire a Draco che la sua ex aspettava un bambino, e più di una volta stava per lasciarselo scappare. Ma poi ripensava agli occhi con cui Grace l’aveva pregato di tacere e ci ripensava. In effetti, non erano affari suoi, non poteva permettersi di dirlo a nessuno, erano cose personalissime e private, doveva semplicemente tenere il segreto. Però era davvero, davvero dura.

 

-Allora…ora tocca a Harry. In che anno è iniziata la guerra dei berretti rossi contro i goblin? –

-Ehm…1725? –

-No! Harry, accidenti, lo abbiamo ripetuto un miliardo di volte! Ron, dimmelo tu, ti prego! Perché almeno tu lo sai, vero? –

-Eh eh… 1736? –

-Oh, cielo, io ci rinuncio! 1729, ragazzi,1729! Hermione, aiutami tu! – disse Grace, disperata.

Erano tutti riuniti in sala comune di grifondoro, lei, Harry, Ron, Hermione, Neville, Dean, Seamus… insomma, erano tanti, quasi tutti i grifoni del settimo anno. Lei ed Hermione cercavano di preparare quei caproni per i M.A.G.O, a cui mancava poi solo un mese. Eppure storia della magia la odiavano tutti, così nessuno riusciva a farsi entrare in testa quelle stramaledettissime date. E Grace dava in escandescenze. La pancia ancora non si vedeva, ma era talmente lunatica che Harry si chiedeva come facessero gli altri a non sospettare tutto comunque. Ogni emozione che provava era centuplicata. Se era leggermente nervosa esplodeva in urla isteriche e tirava scappellotti a destra e a manca. Se era triste piangeva per un nonnulla. Se era eccitata… lasciamo perdere, non era un bello spettacolo, saettava in giro battendo le mani e parlando a raffica, sembrava un invasata. Insomma, mettere a dura prova i suoi nervi con quelle lezioni private non era una buona idea, ecco, però tutti ne avevano bisogno, almeno secondo lei. La maggior parte di loro voleva diventare un auror, perciò doveva uscire dagli esami con Eccellente in tutte le materie, se volevano avere quella possibilità, ma nessuno sembrava voler prendere sul serio la cosa.

-Calmati, Grace, sono anni che cerchiamo di farli studiare, non possiamo pretendere di riuscirci ora, è impossibile! Perciò rilassati, quando e se riusciranno a passare i M.A.G.O si renderanno conto che avrebbero potuto studiare prima e se ne pentiranno, per ora lasciali fare, se no finisce che li stordisci a suon di sberle e non ottieni nulla! –

rispose Hermione, sorridendo ironica. I ragazzi la guardavano in malo modo, permalosi, non accettavano le critiche, e soprattutto che si mettesse in dubbio la loro riuscita agli esami.

-Ah sì, eh? Pensi di essere l’unica ad avere cervello qui? Forza Grace, spara la prossima domanda, noi siamo pronti! –

Disse Ron, facendo scatenare cori da stadio dagli amici grifoni, che accettarono la sfida. Sì, se la si metteva come una sfida, anche i ragazzi si applicavano con lo studio. Che geniacci che erano le ragazze, pensavano sempre a tutto. Grace sorrise compiaciuta, facendo un’altra domanda ai ragazzi, che con sommo giubilo delle amiche si ricordarono tutto perfettamente. Bastava dargli il giusto stimolo e si potevano avere dei risultati anche da loro.

Grace si tirò su le maniche della camicetta leggera e blu come i capelli che portava, e guardò i suoi amici con un ghigno malefico sulle labbra.

-Bene ragazzi, chi si vuole fare avanti? Ora dobbiamo ripassare pozioni, chi è il coraggioso che ripassa con me per primo? –

chiese poi. Gli amici arretrarono tutti di un passo, lasciando Neville nel mezzo del cerchio, immobile. Quando se ne accorse, si sbatté una mano in fronte, disperato.

-Su, non fare quella faccia, Neville! Ci andrò piano con te, vedrò di farti uscire vivo da questo ripasso, e ti darò anche una mano, contento? – disse l’amica, cercando di convincerlo che non l’avrebbe mangiato per merenda.

-Mi aiuterai? Davvero? –

-Solo se tu mi aiuti in erbologia.- rispose lei, ridendo.

Neville si sentì rincuorato ed espirò rumorosamente, iniziando a ripetere pozioni con Grace.

 

 

 

 

Antro dell’autrice

Salve! Come va? A me così così, sta scuola mi distrugge, ma che volete farci… ehm, parliamo di cose importanti. La lesson di oggi vede la riappacificazione della nostra Grace con Harry e Company, vista anche dal punto di vista di Draco l’Eremita. Le cose vanno meglio e tutto fa pensare ad un lieto fine…ma non è mai detto, la mia vena sadica non è soddisfatta… ho ancora qualche capitolo per sfogarmi…

X lady lululu: prima o poi ti accontenterò, non manca poi molto. Intanto mi diverto ancora un po’ a farli penare…MUAHAHAHAHAHA!

Anche per oggi è tutto, gente, ci si rilegge nella prossima puntata! Bacioni!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 26
*** Lesson 26: Sapore di Sangue ***


Lesson 26 Sapore di Sangue

LESSON 26: SAPORE DI SANGUE

 

Un mese. Come passa in fretta un mese. Davvero velocemente. Tutto maggio era passato, e ora iniziava giugno. C’erano i M.A.G.O, i temutissimi M.A.G.O.

Uno scherzo maligno del destino aveva voluto che la prima prova da affrontare sarebbe stata quella di pozioni. Per la maggior parte dei ragazzi sarebbe stata una tragedia, per Hermione e Grace un modo come un altro per passare il tempo. O almeno era così che si comportavano, come se nulla fosse. In realtà dentro strillavano dall’ansia e ripetevano freneticamente tutte le nozioni di tutte le materie accumulate nel cervello nel corso degli anni. Però questo dimostrava che in effetti erano pronte, se no avrebbero gridato e basta, e questo era già qualcosa.

La pozione da preparare era la Bevanda della Pace, un classico degli esami M.A.G.O. Non era esattamente uno scherzo da preparare, ma Grace aveva bacchettato per giorni gli amici sulla produzione di quella pozione, ed era sicura che, forse solo per farla in barba a Piton, tutti, persino Neville, sarebbero riusciti a farla come si doveva. Non per niente nessun calderone esplose, quel giorno.

Il giorno dopo c’era storia della magia. Battaglie, guerre, trattati, avevano studiato tutto minuziosamente. Hermione era una macchina da guerra, non c’era data o fatto che non ricordasse. Grace quasi si annoiava a riempire gli spazi del test, mentre vedeva Ron battere la testa contro il banco per farsi venire in mente qualcosa, per poi sollevarla di scatto e esultare silenziosamente, e farle segno che era tutto ok con il pollice alzato. Evidentemente se l’era ricordata, quella cosa che gli sfuggiva. Harry invece, quando non ricordava qualcosa, strizzava gli occhi con le mani tra i capelli, per poi spalancare le palpebre e prendere a scrivere freneticamente sulla pergamena. Erano davvero buffi i ragazzi quando facevano i test!

Trasfigurazione fu uno spasso. La prova consisteva nel trasformare una sedia in un animale a piacimento. Beh, nulla di strano. Grace scelse un cavallo nero, Hermione un marmotta, Harry un pipistrello e Ron un gallo. Il vero divertimento fu il turno di Neville. Trasformò la sua sedia in un maiale, che trotterellando felice si avvicinava sempre più alla McGranitt, grufolando senza ritegno. Quindi si vide la professoressa spingersi sempre più contro lo schienale della sedia fin quasi a ribaltarsi. Nemmeno Silente poté trattenersi dallo scoppiare a ridere, ma Neville alla fine aveva ritrasformato correttamente la sedia, e quindi la prof fu costretta a promuoverlo, nonostante la figuraccia che le aveva fatto fare.

E si diffuse il panico quando si seppe come si sarebbero tenuti i test di Difesa contro le Arti Oscure. La signorina Mason, di comune accordo con Silente, aveva deciso che la prova sarebbe stata un duello, ma non con un compagno di classe, bensì contro un membro di una casa nemica. Perciò grifondoro contro serpeverde e corvonero contro tassorosso. Davvero un cataclisma. Rendere legittimo un duello, un testa a testa tra un grifondoro e un serpeverde era come scatenare una guerra civile nella scuola. Ma il preside voleva che gli animi fossero caldi al punto giusto per quella prova. Se si fossero trovati contro un vero nemico, non sarebbe certo stata una piacevole partita a carte con un compagno di stanza la circostanza da affrontare. Voleva vedere quanta maturità ci fosse nel sostenere una situazione di pericolo con un vero nemico da combattere, era più importante che sapere come liberarsi degli avvincini o dei berretti rossi.

Perciò, fuori dall’aula di difesa si crearono due colonne di studenti, una dei grifoni e una delle serpi. Si sarebbe entrati a due a due e in ordine alfabetico. Grace faceva del suo meglio per non guardare Draco, lui faceva lo stesso. Dafne stava abbracciata ad Harry, dandogli un po’di coraggio in più. Blaise non guardava verso di loro perché convinto che Grace non partecipasse alla prova. Quando però il suo sguardo si posò casualmente su di lei gli venne un infarto, e con grandi falcate si diresse verso di lei, che ridacchiava con Hermione per una battuta della riccia.

-Grace, tesoro, che diamine ci fai qui? – le chiese ad un orecchio con voce agitata, facendole prendere un colpo. Lei si voltò di scatto, incontrando gli occhi blu e molto apprensivi dell’amico.

Lui la prese delicatamente per un braccio, trascinandola un po’ in disparte.

-Come che diamine ci faccio qui? Quello che ci fai tu, mi pare ovvio, partecipo alla prova di Difesa. – rispose la ragazza, seria in viso.

Lui sembrò stupito.

-Ma che dici? Cazzo Grace, aspetti un bambino! Un duello è l’ultima cosa che dovresti affrontare, è troppo pericoloso! E se ti succedesse qualcosa? – disse Blaise, preoccupatissimo.

Lei scacciò l’idea con un gesto seccato della mano e uno sbuffo.

-Blaise, a volte mi sembri un clone di Harry, sei troppo paranoico! La prova si svolge sotto gli occhi di Silente, e io sono preparata, non mi accadrà nulla, fidati! Non pensi che se mi sentissi in pericolo io stessa mi sarei rifiutata di partecipare? E il preside, che sa tutto, non me l’ha impedito, quindi è tutto a posto, non ti preoccupare più, ok? – disse Grace, per nulla agitata all’idea dello scontro.

Il moro sospirò, sconfitto. Dovette arrendersi alle idee masochiste di Grace.

-E va bene, ma se vedo anche solo l’ombra di un problema ti porto fuori dall’aula a forza, sono stato chiaro? –

disse perentorio il ragazzo, puntandole un indice al petto. Lei rise di gusto e tornò dagli amici, mentre Blaise tornava da Draco. Blaise sarebbe stato uno degli ultimi, facendo Zabini di cognome. E invece, poco dopo si cominciò a chiamare i primi nomi, e fu presto il turno di Malfoy con Cormac McLaggen. Il grifone, tutto fiero e spavaldo, entrò prima di Draco, scatenando un moto d’irritazione nel biondo. Cormac era forse l’unico grifondoro a stare antipatico a tutti, e Grace fu felice che fosse toccato proprio lui sotto le mani di Malfoy. Lui era un duellante provetto, lei lo sapeva, lo aveva addestrato lei, ed era allegra all’idea che si sarebbe sfogato sullo spocchioso grifondoro, rimettendolo una volta per tutte al suo posto. Dopo il duello, si vide uscire solo Malfoy, che ghignando sadico disse a Blaise, mentre gli batteva un cinque:

-L’ho ridotto così male che l’hanno spedito direttamente in infermeria! – guadagnandosi una virile pacca sulla spalla.

Grace sorrise, orgogliosa. Sapeva che la fatica di Draco era stata premiata e ne era felice. Che cosa sciocca, lui la odiava e lei tifava per lui. Beh, ma lei non aveva mai smesso di amarlo, lo sapevano tutti, compreso lui. Perciò si permise di sorridere di soddisfazione, anche se dovette vedere la Parkinson baciarlo con foga e stritolargli un braccio.

Hermione, che aveva affrontato quel beota di Goyle, se l’era cavata con un paio di incantesimi ben dati e non faceva altro che rassicurare Ron e Harry su quanto fosse facile superare l’esame, perché la prof era molto gentile e chiudeva anche un occhio se facevi qualche cavolata. Lei ovviamente non ne aveva fatte, ma era sicura che il rosso almeno una se la sarebbe fatta scappare.

A quanto pareva l’ennesimo duello era finito, perché la McGranitt era rispuntata dalla porta dell’aula, con in mano la pergamena che sanciva le coppie per i duelli.

-Grace Amelia Parker… - e Grace si fece avanti con un sorrisone.

-…e Pansy Parkinson. –

e Pansy sbiancò, stringendo, anzi stritolando il braccio di Draco, guardando Grace in viso. Ghignava in sua direzione, un brillio maligno negli occhi, i canini resi animaleschi e appuntiti dal suo stesso istinto assassino, improvvisamente risvegliato dall’odio per quella piccola, insopportabile serpe. Non le costava nulla ora essere gelosa, e suonarle a quell’ochetta era il suo sogno da un sacco di tempo.

Aveva fatto diventare le labbra rosso carminio, e si era leccata il labbro superiore in un modo alquanto inquietante. Sentì persino Ron dire che tra poco le sarebbe spuntata anche la coda, come un diavolo medievale col forcone, e ghignò ancora, pregustando la vittoria. La ragazza pensò di intimidire oltre la Parkinson, già visibilmente turbata. Le sussurrò all’orecchio una frase davvero perfida, mentre stava per entrare in aula:

-La prossima volta, sulle mie labbra ci sarà il tuo sangue, quando ci passerò su la lingua. –

Pansy era l’unica ad aver sentito, e si era pietrificata sulla porta.

Grace l’aveva spiazzata, ed era entrata per prima.

Aveva sorriso alla professoressa Mason e a Silente, fatto un cenno rispettoso e un lieve inchino a tutti i presenti.

Notò una signora strana e mai vista prima seduta alla cattedra, i capelli corvini legati in una crocchia severa, il naso dritto e lungo risaltava sul viso affilato e pallido e un paio di occhialetti a mezzaluna coprivano coi riflessi delle lenti gli occhi neri come la pece.

La donna, non appena anche Pansy fu entrata nell’aula, si presentò.

-Bene, finalmente ce l’avete fatta a entrare. Io sono Demetra Warwick, e sono stata mandata dal Ministro della Magia in persona a controllare, come testimone esterno della commissione d’esame, che tutto sia regolare, e che voi siate davvero all’altezza della promozione. Ora, non perdiamo altro tempo, cominciate. – disse la donna, austera e fredda.

-Con molto piacere. – disse Grace, sfoderando la bacchetta e gettando a terra il suo mantello.

Si posizionò proprio di fronte alla donna e alla professoressa Mason, mentre Pansy, tremante e incerta si posizionò davanti a Piton, che la guardava come a dire: “Sei una serpeverde, vedi di non deludermi.”, sguardo che la rese ancora più tesa per quell’incontro.

Grace a braccia spalancate si inchinò profondamente, Pansy a malapena chinò la testa, terrorizzata.

La grifondoro si rialzò, prendendo la posa da battaglia: una mano in avanti, come a fare da mirino al colpo da sferrare, e la bacchetta alta, vicino al collo, una posa alquanto inusuale. Pansy alzò solo il braccio con cui impugnava la bacchetta verso di lei.

-Diffindo! –

gridò Pansy. La mano avanti al corpo di Grace si alzò con calma, a schermo davanti al suo viso e si illuminò di azzurro, mentre davanti alla ragazza si creava uno scudo azzurrino che rispediva indietro il colpo, e lei sibilava:

-Protego! – e poi gridava:

-Reducto!! –

l’incantesimo si scagliò con tutta la sua forza su Pansy, che riuscì a schivarlo appena in tempo, ma quando l’incantesimo si abbatté sulla porta dietro di lei, quest’ultima esplose, facendola rotolare lontano con lo spostamento d’aria.

La mora si rialzò in fretta. Aveva un braccio pieno di schegge di legno e la camicetta della divisa strappata, da cui colavano molti rigagnoli di sangue. Fece appena in tempo a rimettersi in piedi che l’altra ragazza ricominciò a darle addosso.

-Expelliarmus!! –

gridò in fretta, facendo volare via la bacchetta di Pansy, ora totalmente in balia della ragazza, che, prima che Silente potesse fermarla, mentre gli occhi diventavano tizzoni ardenti urlò con tutto il fiato che aveva in gola:

-STUPEFICIUM!!!!!! – dando un forte slancio con il movimento del braccio, come stesse usando una frusta. La luce rossa travolse con tutta la forza dell’incantesimo la serpeverde, facendola volare contro il muro e svenire all’istante.

-Signorina Parker, la signorina Parkinson era già stata disarmata, non c’era alcun bisogno di schiantarla! – proruppe la signorina Warwick, sbattendo le mani sulla cattedra e alzandosi in piedi, indignata.

-Ma signorina, credevo che lo scopo fosse simulare una battaglia vera e propria. Ho agito come chiunque se si fosse trovato davanti un mangiamorte. Non avrà creduto che se fossi riuscita a disarmare uno di loro poi gli avrei dato il tempo di riprendersi la bacchetta, vero? E il bello è, che se noi fossimo come quei codardi, potremmo anche ucciderli invece di schiantarli e basta. Ma noi non siamo animali, non siamo come loro, perciò ci limitiamo a togliere loro i sensi per qualche oretta. Direi che siamo fin troppo magnanimi con quegli assassini senza pietà. –

rispose tranquilla Grace, mentre Piton, stupefatto dai poteri della ragazza, con un Innerva faceva rinsavire Pansy, visibilmente confusa e spaventata. La donna la scrutò da dietro i suoi occhialetti, stringendo gli occhi a due fessure.

-Signorina Parker, prima, per l’esecuzione di quel protego, non ha utilizzato la bacchetta, vero? Ho visto chiaramente che imponeva l’incantesimo con l’altra mano, quella disarmata. Dico bene? – chiese la Warwick, fissandola in modo strano.

Grace annuì con la testa, socchiudendo gli occhi.

-Sì, è esatto. – rispose tranquillamente, sull’attenti come un soldato.

-Beh, lei ha vinto il duello, sono propensa a promuoverla. Ma prima, vorrei che ci mostrasse di saper eseguire un Incanto Patronus. – disse ancora la strega, con un sorrisino strano.

La signorina Mason si voltò di scatto verso la donna, con uno sguardo interrogativo.

-Signorina, non l’abbiamo chiesto a nessun altro, non era in programma. – disse la professoressa.

-Ma io sono qui per conto del ministro, e intendo verificare che questa ragazza sia in grado di evocare un protettore. – rispose la mora. Silente fece di sì con la testa.

Grace ghignò, prendendo in mano la bacchetta. Ma la donna ridacchiò, facendo di no con la testa.

-Senza la bacchetta, prego. – disse poi, facendo impallidire la Mason.

La ragazza invece, per niente in ansia, posò a terra, davanti a se, la sua bacchetta. Poi mise una mano a palmo aperto davanti a se, e infine pronunciò in modo stentoreo, guardando con sfida la Warwick:

-Expecto Patronum! –

La sua voce echeggiò anche fuori dalla stanza, facendo preoccupare non poco i suoi amici di fuori. Ma la faccia della Warwick in quel momento, come pure quella della Mason o di Piton, non avevano prezzo: stupore all’ennesima potenza.

Dal palmo della mano era scaturita una sfera di fumo bianco, da cui immediatamente era schizzata via una voluta, che poi, toccando terra, aveva fatto un tonfo sordo e aveva preso la forma di un immenso, maestoso e fiero leone. Era stato come se un vero felino si fosse posato a terra, tanto era realistico. Il muso era come disegnato, sembrava un vero leone, sovrano dei grifondoro. La criniera svolazzava come fosse fatta di fiamma.

All’inizio il leone si era seduto davanti a Grace, poi era balzato sulla cattedra, ruggendo con tanta voce da far trasalire persino Piton, e si era acquattato davanti alla Warwick, che lo guardava con puro sgomento con i suoi occhietti neri spalancati.

-S-s-signorina Parker, il suo patronus è un…un…- iniziò la Warwick.

-Leone. – finì la Mason.

-Tu lo sapevi, Jennifer, che Grace possiede il protettore di Godrick Grifondoro? – chiese Silente alla ragazza, che confermò facendo sì con la testa.

-Certo, l’ho scoperto a lezione, ma non immaginavo certo che sapesse evocarlo anche senza bacchetta. – disse la ragazza, incredula. Silente sorrise.

-Beh, direi che la signorina è promossa. Nulla in contrario, no? – chiese poi. Tutti dissero di no.

Grace chiuse la mano e il leone sparì. Recuperò la sua bacchetta e il mantello e si inchinò davanti a tutti i presenti. Poi imboccò la porta, dicendo:

-Grazie a tutti, arrivederci. – facendosi seguire da una Pansy sotto shock.

Appena fuori, Harry si catapultò sulla ragazza, insieme a Blaise, chiedendo spiegazioni sul casino che si era sentito da fuori. Grace lasciò tutti di stucco spiegando la storia del patronus, mentre Pansy raggiungeva Draco a occhi bassi, pallida e muta.

-Voleva uccidermi… - sussurrò quando gli fu davanti.

-Come? Non ho capito, parla più forte. – rispose Draco, scocciato.

-VOLEVA UCCIDERMI! QUEL MOSTRO VOLEVA UCCIDERMI! TU! TU VOLEVI FARMI FUORI!! – urlò Pansy in preda a una crisi isterica, indicando Grace, che si voltò allora verso di lei, totalmente indifferente.

Raggiunse i due in mezzo al corridoio. I capelli color della fiamma, galleggiavano nell’aria, investiti dall’energia della ragazza. Gli occhi erano due rubini di un rosso carminio, terrificanti. Quando le fu davanti, Pansy rimase impietrita. Lei ghignò ancora con quei suoi canini appuntiti. Sporse un dito verso di lei, le sfiorò un taglio sanguinolento del braccio, facendole anche male, poi si portò il dito sporco del suo sangue alle labbra, succhiandolo piano, reclinando leggermente la testa all’indietro e socchiudendo gli occhi, un espressione estatica sul viso reso cattivo dalla rabbia e dall’odio che provava per la vipera. Pansy aveva spalancato gli occhi a quel gesto, come tutti d’altronde in quel corridoio.

-Sai Parkinson, per essere tanto puro come dici sempre, il tuo sangue non ha un sapore diverso da quello di nessun altro. E riguardo a quello che è successo lì dentro, sì, lo ammetto, mi sarebbe piaciuto farti fuori. Ma non credere di averla scampata, noi ci prepariamo ad una guerra, una guerra vera, e quando ti troverò sola e spaurita sul campo di battaglia, non ci sarà nessuna Warwick, nessuno mi fermerà indignato perché ci sono andata troppo pesante. Sarà allora che me le pagherai tutte. Ricordati di me quel giorno, e guardati le spalle se vuoi sopravvivere. –

Le disse Grace, sibilando quasi. Pansy era ricaduta sulle ginocchia e piangeva. Lacrime di terrore le bagnavano le guance pallide, mentre la sua rivale succhiava via l’ultima goccia del suo sangue dal suo indice. Mentre il dito stava ancora tra le sue labbra, rosse come ciliegie, il suo sguardo incontrò quello di Draco. Fu un attimo, e le loro menti lo sfruttarono per incontrarsi senza che nemmeno lo volessero.

‘Nessuno la salverà, come nessuno salverà me.’ Gli disse Grace, nella sua testa.

Poi si voltò, e senza guardare più nessuno se ne andò in bagno. Draco prese Pansy di peso per le spalle e la trascinò via. Blaise corse dietro a Grace, trovandola piegata sul lavandino pieno d’acqua fredda, mentre si bagnava il viso con essa. Era pallida. E piangeva. Erano lacrime amare. L’aveva fatto ancora. Aveva terrorizzato Pansy, e sapeva, sapeva, che se avesse potuto le avrebbe fatto del male. Ma già le minacce le bastavano. Non doveva farle nulla, avrebbe vissuto nel terrore della sua imminente vendetta, e questo era già sufficiente. Ma le faceva così paura perché sapeva che lei avrebbe davvero messo in atto ogni parola detta. Era un mostro, ma anche se lo sapeva, era anche consapevole che grazie a questo sarebbe andata avanti anche da sola, e avrebbe superato tutto anche senza di lui, senza Draco. Blaise si avvicinò piano a lei, prendendola per le spalle molto gentilmente, facendosi guardare in viso.

-Penserai che sono un mostro anche tu, ora. La cosa brutta è che non mi importa, si meritava di provare un po’ di sana paura quella serpe smorfiosa. – disse Grace, fissando gli occhi blu dell’amico. Lui le sorrise.

-Sì, hai ragione. Sei pallida, stai bene? Tutto a posto? – rispose il moro, indicando con un cenno la pancia della ragazza. Lei sorrise a sua volta.

-Sì, certo, tutto ok. Solo, dovevo stare più calma. La vipera non può pretendere che la lasci sempre andare senza pagare il prezzo di quello che fa, però…non dovevo farlo davanti a Silente…io gli avevo promesso che non avrei più fatto del male a nessuno…solo in caso di pericolo… -

-Non ti preoccupare, nessuno ce l’ha con te. Pansy tira troppo la corda con tutti, ma ha trovato pane per i suoi denti quell’arpia! Dico bene? –

-Dici benissimo! Ma ora esci, sei di nuovo nel bagno delle ragazze, e tra poco toccherà a te. Mi raccomando, fatti onore, ok? – disse Grace, sorridendo. Blaise arrossì un poco.

-È diventato un vizio, questo! Ora vado, ciao piccola. – rispose il moro, dandole un bacio tra i capelli e lasciandola sola davanti al suo riflesso nello specchio.

 

…………………………………………………..

 

-Ragazzi, ragazzi!!! Ho i risultati degli esami, presto correte! – urlò Hermione, correndo nella sala comune.

Tutti i ragazzi del settimo anno avevano deciso che la loro caposcuola, quindi Hermione, sarebbe andata a prendere i risultati per tutti, così da poter festeggiare o piangere direttamente lì e tutti insieme. Con voce emozionata e un gran sorrisone soddisfatto, la riccia accolse i trepidanti ragazzi che scendevano dalle scale dei dormitori, e iniziò a leggere la pergamena.

-Ragazzi, sono fierissima di tutti voi. Harry, sei stato promosso col massimo dei voti in tutto, così come Ron, Neville, Dean e ovviamente me e la nostra Grace!!! Tesoro, tu hai addirittura la lode! –

Esclamò felice Hermione, indicando l’amica, che sorrise allegra, mentre tutti i ragazzi saltavano impazziti per la sala, gridando come ossessi che sì, ce l’avevano fatta tutti, e sì, potevano fare gli auror tutti insieme. Grace si fece largo fra i grifondoro che ancora volevano sapere come fosse andata dalla riccia, e arrivò fino a lei. Poi le si buttò al collo.

-Hai visto, alla fine ce l’abbiamo fatta tutti, persino quegli scansafatiche dei nostri amici! – le disse Hermione, sorridendo.

-Già, li abbiamo martoriati tanto che sono stati costretti a imparare! – disse Grace coinvolgendo l’amica in una sana risata di sfogo.

Tutti avevano tirato fuori gli alcolici e brindavano, festeggiando come pazzi. Grace si sentì un po’ fuori luogo in quella ressa, lei non poteva certo bere, così uscì un po’ dalla sala comune. Si rendeva conto che, ora che erano finiti gli esami, quello sarebbe stato uno degli ultimi momenti che passava in quella scuola. I capelli erano, ancora una volta, neri di malinconia, mentre guardava ogni singolo quadro e armatura che incontrava, e sorrideva dolcemente. Passò davanti alle tabelle dei risultati delle altre case.

Vide con gioia che Dafne aveva avuto il massimo dei voti in tutto, e avrebbe potuto diventare medimaga come tanto desiderava.

Vide che anche Blaise aveva dato il massimo di se, toccando la soglia dell’eccellente in tutte le materie.

E poi, vide che Draco, il suo Draco, aveva la lode in difesa, proprio come lei.

Sfiorò piano i nomi degli amici, come se volesse far sentire loro che era contenta che la loro fatica fosse stata premiata.

Poi, dopo aver visto i voti di Micheal, ghignò apertamente nel constatare che per quanto potesse essere andata benino in pozioni grazie all’aiuto di Piton, e se la fosse cavata a stento con la McGranitt, la Parkinson aveva preso una bella batosta in Difesa contro le Arti Oscure, proprio grazie a lei. Alzò lo sguardo al soffitto, poi chiuse gli occhi, sorridendo di soddisfazione. La sua rivincita se la stava già prendendo durante la prova, ma se non poteva ucciderla a suon di schiaffi, almeno l’aveva fatta bocciare in difesa.

Il dolce sapore della vendetta.

-Grace! È bello vederti, com’è andata? – Blaise Zabini era appena sbucato da un angolo. Aveva visto la strega sorridere e si era fermato un istante a osservarla. Sembrava serena, nonostante tutto.

-Ciao Blaise. A me bene, e vedo che anche tu non te la sei cavata per niente male, complimenti! – disse la ragazza, correndo ad abbracciarlo.

-Qual è il tuo sogno, Grace? – le chiese a bruciapelo il moro.

-Come? –

-Sì, che vuoi fare una volta fuori da qui? –

-Io…non lo so più, Blaise…prima volevo fare l’auror, ma con il piccolo in arrivo, sai, non posso più…ma mi arrangerò. Mi conosci, io sono una donna dalle mille risorse, troverò qualcosa da fare, sta tranquillo! –

Disse la ragazza, sorridendo spavalda, facendo ridacchiare anche il moro, che le diede un bacio in fronte. Sentirono dei passi lenti e cadenzati arrivare dallo stesso corridoio da cui era sbucato il ragazzo, e videro apparire la figura di Draco Malfoy.

Sempre perfetto, nella sua divisa estiva.

Sempre sexy, con quella camicia semi-sbottonata e i capelli liberi di ripiovere sulla fronte.

Sempre triste, nel vedere Grace e non poterla toccare.

Guardò i risultati degli esami, ghignando fiero, sia di se stesso che di Grace, e Blaise ovviamente. Poi la guardò. Erano vicini, anche se a fare da spartiacque c’era Blaise, il loro comune amico. Abbassò lo sguardo.

-Congratulazioni, Parker, vedo che hai anche la lode oltre all’eccellente in tutto. Complimenti. – disse poi, per niente sarcastico. Lei sorrise involontariamente.

-Beh, tu non sei da meno, Malfoy, mi congratulo anch’io. – rispose la ragazza.

Ebbe appena il tempo di sorridere ancora, prima di appoggiarsi al muro, pallidissima, come se stesse per svenire.

-Grace! Che succede, ti senti male? – disse allarmato il moro, sorreggendola. Lei aveva sgranato gli occhi e lo guardava spaventata. Gli afferrò la camicia, stringendo forte la stoffa.

-Blaise, stanno arrivando! Lo sento, percepisco la loro magia, sono qui! – disse la ragazza, con voce rotta dalla paura.

Poco dopo un terribile scossone fece tremare le mura della scuola, il cielo si tinse di verde e nuvole oscure apparvero dal nulla. Grace spinse delicatamente di lato Blaise, precipitandosi alla finestra, ed ebbe appena la forza di sussurrare poche parole.

-È la fine. – e poi… buio.

 

 

 

 

Antro dell’autrice

‘Giorno a tutti. Allora, stavolta mi sono vendicata sul Carlino pelato, diciamo che ho iniziato a farle capire chi comanda…MUAHAHAHA!!! Anche se non sono soddisfatta, e più avanti infierirò ancora e ancora, e ancora…e ancora…

Comunque spero che abbiate apprezzato questa lesson, personalmente mi piace com’è venuta ^.^, anche se apre la strada al momento topico della fan, che sta quasi per giungere al termine… so già che mi mancherà pubblicare, e anche rispondere alle recensioni….cosa che faccio ora.

X lady lululu: Oddio, fenomeno….non penso proprio di essere a quel livello, ma i complimenti fanno sempre piacere! J E poi non potevo permettere a quel fesso di Potty di fare il bello e il cattivo tempo…mi sa che la Cooman aveva ragione, porta solo disgrazie! Ma ci ho pensato io a limitare il disastro, così ora ho ristabilito un minimo di (precario) equilibrio.

X 19sunflower88: mi fa molto piacere sapere che la mia storia te gusta! E per la vipera, neanche farlo apposta, l’ho castigata proprio in questa lesson! La sua sarà una fine lenta e dolorosa…MUAHAHAHA!

Ok, basta sclerare, non fa bene alla mia salute mentale…

Ci si rilegge settimana prossima, bacioni!!!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 27
*** Lesson 27: L'Inizio della Fine...e un Inizio e Basta ***


Lesson 27 L' Inizio della fine...e un inizio e basta

LESSON 27: L’INIZIO DELLA FINE…E UN INIZIO E BASTA

 

-Grace! Grace, santo cielo, apri gli occhi! Per favore, piccola! Accidenti, questa non ci voleva! –

Blaise scuoteva leggermente la ragazza per le spalle, occhieggiando sempre più in ansia il suo ventre. La prese in braccio, guardando Draco, che lo fissava spaventato, senza capire il perché di quello che stava accadendo alla ragazza. Vide solo il marchio nero sovrastare la scuola col suo avvertimento di morte e distruzione, e seppe che tutto stava per finire, che la guerra era arrivata al suo culmine, e sapeva anche da che parte doveva stare.

-Draco, riprenditi! Devo portare immediatamente Grace da Madama Chips, qualsiasi cosa accada, lei deve stare al sicuro. E tu…fai quello che vuoi, ma cerca di sopravvivere, ok? –

disse l’amico, stringendogli forte, forse troppo, una spalla. L’altro annuì guardando il corpo abbandonato tra le forti braccia del moro, della donna che amava. Mentre Blaise si avviava verso l’infermeria, un’altro scossone smosse la scuola, facendo tremare ogni cosa. Per poco Draco non finì gambe all’aria. Si riprese dal suo stato di trans e corse verso l’ufficio di Silente, per ricevere ordini. Lui era un membro dell’Ordine ora, sottostava ai comandi del vecchio. Arrivò in fretta in prossimità del suo ufficio, ma come prevedibile lui non c’era già più. Lo trovò nella stanza delle necessità, che faceva uscire tutti gli studenti incapaci di combattere dalla scuola, spedendoli alla Testa di Porco, direttamente nelle mani del fidato fratello Aberforth, al sicuro. Si avvicinò mentre anche l’ultimo tassorosso scompariva nel passaggio.

-Professor Silente, i mangiamorte stanno per entrare, qual è la nostra tattica? –

chiese il biondo, freddo, al preside. Lui lo guardò, stupito ma conscio che di tempo per sapere cosa ci facesse ancora lì non ne avevano proprio. Lui non doveva essere lì, a combattere con suo padre, o sua zia, lui doveva essere altrove. Però era ancora lì, e ogni mano amica era benvenuta alla vigilia della battaglia finale.

-Beh, Draco, non che ce ne sia una vera e propria in realtà. Ci riuniremo tutti in sala grande, aspettando gli auror. Quando poi i mangiamorte saranno riusciti ad entrare, combatteremo fino all’ultimo respiro, e proteggeremo Harry in ogni modo, lui deve arrivare fresco e integro al combattimento faccia a faccia con Voldemort. Per il resto, tutto quello che posso dirti è di fare attenzione, e di non sprecare la tua vita per nulla. Andiamo ragazzo, abbiamo delle truppe da recuperare. – disse Silente, uscendo poi dalla stanza.

Draco diede un ultimo sguardo alla porta del passaggio, lì, nella stanza delle necessità, pensando che forse faceva ancora in tempo a portare via Grace, e metterla in salvo. Ma poi il vecchio preside lo trascinò via, perché non avevano davvero più tempo. Andarono in sala grande, e la trovarono già colma degli studenti che erano rimasti per combattere con loro, la McGranitt li aveva già radunati tutti li. Draco arrivò spavaldo, fiancheggiando il preside, che era andato direttamente da Harry, nervoso più che mai, e dai suoi amici.

-Che succede Potter? Credevo aspettassi da sempre questa occasione per farla finita, e ora te la fai sotto? – chiese Malfoy, col suo solito ghigno in bella mostra, una freddezza calcolatrice negli occhi grigi e taglienti come lame.

Le teste dei tre amici scattarono tutte verso di lui, le bocche e gli occhi spalancati. Lui allargò di più il ghigno.

-Ora si che ti riconosco, Potty, la tua faccia da pesce lesso ti distingue sempre. – berciò scocciato il biondo. Harry si riprese subito dopo.

-E tu che diavolo ci fai qui? Il tuo paparino è qui fuori che ci bombarda, e tu stai qui a sfottere? Devi pugnalarci alle spalle, o sei qui per semplice codardia? E comunque, non sono in ansia per la battaglia, ma perché Grace è scomparsa e non abbiamo idea di dove sia! – rispose Harry, scattando dalla rabbia e coi nervi a fior di pelle.

-La Parker ha avuto un mancamento, e Blaise l’ha portata in infermeria. E io non sono codardo ne tanto meno un lurido assassino mangiamorte. Faccio parte dell’Ordine, Potty, e mi devi rispetto come tuo pari. – disse Draco, con voce dura, trafiggendolo con lo sguardo.

Il moro cercò lo sguardo di Silente, che parlava preoccupato con la McGranitt, e lui fece cenno di sì con la testa, confermando le sprezzanti parole del biondo. Harry non fece in tempo ad assimilare la cosa, che si sentì un tonfo sordo di proporzioni colossali, in seguito a un fortissimo scoppio. Subito dopo, le porte della sala grande saltarono in aria, e una figura si fece largo nella polvere e nel fumo.

-Ottimo, vi siete radunati per morire tutti insieme, almeno non dovremo stanarvi come dei ratti. –

Lucius Malfoy era entrato col ghigno Made-in-Malfoy stampato in faccia, impugnando la sua bacchetta.

La battaglia era iniziata.

 

Grace è al sicuro, non ci devo pensare, mi devo concentrare. Sta calmo Draco, calmati, tu sei pronto. Eccolo, arriva, mi ha visto. Fumo, macerie, sangue e urla, eppure lui si è accorto di me, in mezzo a questa bolgia. Ed è quello che volevo. Lo ucciderò, e Grace non sarà qui a fermarmi. Mi vendicherò, e nessuno mi fermerà.’

Grace stava sdraiata da più di un’ora, ormai, nel lettino dell’infermeria dalle candide lenzuola, una pezzuola intrisa d’acqua fresca sulla fronte. Era ancora incosciente, ma una voce fin troppo familiare le sussurrava nella mente frasi di disprezzo e propositi omicida.

Strizzava furiosamente le palpebre, girando stizzosa la testa da una parte all’altra, ma non apriva gli occhi. Blaise, in ansia più che mai, non sapeva staccarsene, e le stringeva una mano nelle sue, guardandola apprensivo. Madama Chips aveva detto che stava così per via dell’influenza che le vibrazioni oscure di Voldemort avevano su di lei. Lei era molto recettiva, e quelle onde malvagie la stordivano, la rendevano debole. Ma comunque, stava bene, non rischiava la vita, e anche il bambino non rischiava nulla. Tuttavia, la ragazza ancora non si svegliava, e il moro era troppo angosciato per lasciarla sola. Si erano barricati in quella stanza, ad ascoltare i rumori della battaglia che imperversava nella scuola, vegliando Grace.

‘Sanguino. E tanto anche. Eh, tanta purezza sprecata. E papà ci gode. Quel mostro ci gode, a ridurmi così. Però, si sta stancando. L’ultimo incantesimo l’ha preso, e ora è in collera. Sì, ti ucciderò. Lo farò. ORA!’

-DRACO!!!! – Grace era balzata sul letto, ad occhi sgranati, urlando come un ossessa il nome del ragazzo, facendo morire Blaise di paura.

-Cosa? Che c’entra Draco? Grace che succede? –

-Draco! Sta combattendo con suo padre! Devo fermarlo, Blaise, lo ucciderà e si rovinerà la vita, devo impedirglielo! – urlò la ragazza, saltando giù dal letto e rimettendosi le scarpe.

Blaise c’era rimasto di stucco.

-Come fai a sapere queste cose? – chiese poi, frastornato.

-L’ho sentito, Blaise. Nella mia testa, sentivo i suoi pensieri, lui vuole ucciderlo, e il problema è che io gli ho insegnato come farlo! Cazzo! Accidenti a me e alla mia boccaccia! – strepitava la ragazza, correndo in giro, cercando la sua bacchetta.

Il moro la bloccò per le spalle e la guardò in faccia. Aveva gli occhi lucidi ed era pallidissima.

-Tu non puoi scendere, Grace. Sei incinta, è pericolosissimo, e io non posso lasciartelo fare, non te lo permetto. – disse deciso Blaise, i profondi occhi blu puntati nei suoi.

Lei scosse la testa velocemente, afferrandogli le mani.

-Io non posso… non voglio lasciarlo solo, Blaise! Io lo amo, accidenti, e lui sta rischiando la vita in questo momento, devo salvarlo! – urlò la ragazza, divincolandosi dalla presa gentile dell’amico.

Il moro sospirò. Sperava davvero di poter impedire a una ragazza innamorata di correre in aiuto dell’uomo che ama? Quella sì che era una missione impossibile.

-Va bene, ma io ti copro le spalle. Andiamo. – disse poi il ragazzo, uscendo dall’infermeria subito dietro di lei.

 

 

Polvere.

Scie colorate, impazzite, si disperdono nell’aria.

Urla di dolore e rabbia penetrano nelle orecchie, intaccando la barriera di freddezza necessaria ad affrontare una battaglia.

Sangue, imbratta i pavimenti della più illustre scuola di magia del mondo.

Sangue amico, di persone con cui aveva vissuto fino ad allora.

Sangue nemico, di assassini psicopatici impazienti di uccidere ancora.

Non appena Grace aveva messo piede nella sala grande, lo spettacolo che si presentava ai suoi occhi angosciati era quello. Inchiodò di botto, facendo sì che un più che mai inquieto Blaise le finisse addosso. Cercò frenetica con lo sguardo tutti i suoi amici.

Harry combatteva egregiamente con tre mangiamorte, uno dei quali era Nott, e l’altro forse Parkinson. Nonostante tutti sapessero che doveva essere solo di Voldemort l’onore di ucciderlo, nessuno rinunciava a farlo sfiancare prima dello scontro più importante della sua vita. E Harry non si sottraeva mai alla battaglia, era fatto così.

Hermione combatteva con tutta l’anima, fiancheggiata da Micheal, contro un paio di gorilla, parenti di Goyle. Era piena di polvere e aveva un paio di tagli sulle guance, ma stava bene e se la cavava, così come Ron, che con la sua intera famiglia affianco, accorsa a dare una mano agli auror, dava battaglia a Grayback e agli altri sgherri di Voldemort più deboli. Aveva un profondo taglio ad una gamba e zoppicava un po’, ma stava bene.

L’unica testa bionda che cercava era anche l’unica che non riusciva a trovare. Vide perfino Neville combattere con onore Bellatrix, la contrastava con un po’ di fatica, ma era davvero strabiliante vedere come perfino Neville, una persona dolce, timida e innocente come Neville, potesse essere tanto agguerrito e coraggioso contro colei che aveva ridotto alla pazzia entrambi i suoi genitori.

Si mise a camminare tra i combattenti, facendosi largo a suon di stupeficium. Era circondata da un alone luminoso e bianco, uno scudo, magia bianca antichissima e totalmente involontaria, che rispediva indietro ogni tipo di magia o maledizione. Blaise, che la seguiva attonito, vide con immenso stupore che perfino le avada kedavra si infrangevano su di lei senza avere alcun effetto, venivano deviate altrove. E lei continuava imperterrita nella sua ricerca, senza nemmeno correre, solo camminando tra la gente e schiantando i mangiamorte che le arrivavano a tiro, senza guardare in faccia nessuno. Ad un certo punto però, Blaise la perse di vista, perché suo padre lo aveva aggredito e doveva combattere contro lui.

Poco dopo lei, al centro della sala, li vide. Due teste biondissime, a pochi passi l’una dall’altro.

Lucius Malfoy, tutto pieno di sangue e graffi in viso e sulle braccia, affrontava ancora il figlio Draco Malfoy, sudato e pallido, il volto una maschera di rabbia e odio, uno squarcio alla spalla destra che sanguinava copiosamente. La ragazza si sentì mancare la terra sotto i piedi nel vederlo così, e si immobilizzò nel centro della sala, vicino a loro. Draco non l’aveva vista, così come il padre.

-Lo sai, figlio, mi aspettavo almeno che tu avresti seppellito con onore tua madre, invece non le hai dato nemmeno un funerale. – disse Lucius, ghignando.

-Seppellire i vivi non è nelle mie abitudini, Lucius. – rispose il figlio, ghignando anche lui. La smorfia del padre svanì, lascando il posto ad una di sgomento e irritazione.

-Stai bluffando, la mia maledizione non ha cura, deve essere morta per forza. – disse ancora l’uomo. Draco rise, soddisfatto ma non certo allegro.

-È qui che ti sbagli, Lucius, ho trovato una persona che l’ha salvata. Ma nemmeno questo ha spento la mia voglia di ucciderti. – rispose poi il ragazzo, guardandolo con disprezzo, puntandogli contro la bacchetta.

-SECTUMSEMPRA!!!!! – urlarono contemporaneamente. Entrambi andarono a segno, entrambi furono colpiti.

-NOOOOOOOO!!!!! – un urlo straziante si era levato lì vicino. Grace aveva urlato così forte da scorticarsi la gola, nel vedere il corpo di Draco accasciarsi pesantemente al suolo in un bagno di sangue.

Anche il padre aveva avuto la stessa sorte. Era piombato a terra di schiena, lasciando rotolare vicino a se la bacchetta, fissando il soffitto.

E Draco lo aveva seguito.

Non c’era un solo angolo del suo corpo che non fosse squarciato, tagliato, leso.

Anche lui fissava il soffitto, la bacchetta abbandonata vicino a se, il respiro affannoso, i vestiti completamente distrutti.

In testa, solo il pensiero che purtroppo il mostro era ancora vivo, mentre lui stava morendo.

Grace si avvicinò lentamente a Lucius, che cercava disperatamente di arrivare a riprendere la sua bacchetta per finire il figlio. Pestò con forza il suo polso, facendolo gemere di dolore. Allora Lucius alzò lo sguardo su di lei.

Il bagliore dello schermo magico era diventato rosso come le fiamme dell’inferno, come pure i suoi occhi.

Occhi di demone, accesi come fari nella notte, di rosso abbagliante, non v’era più nemmeno il bianco naturale intorno all’iride, solo rosso.

I capelli color dei rubini ondeggiavano e levitavano minacciosi attorno a lei. Quando lei incrociò il suo sguardo stupito, così simile a quello del suo Draco, una smorfia d’ira le deturpò il bel viso, rendendolo duro e quasi assatanato, e fece ancora più forza sul polso dell’uomo, che mugolò ancora di dolore, ancora più forte.

-TU…BASTARDO…ASSASSINO…NON FARAI…PIU’ DEL MALE…A NESSUNO!… - urlò Grace, la voce più bassa di diverse ottave e roca, diventando tigre, buttandosi sul suo corpo.

Draco l’aveva sentita, l’aveva riconosciuta, aveva capito. Con fatica si era infatti alzato a sedere, e fissava stranito il grosso felino, che con feroci zampate dilaniava il petto di suo padre.

-Grace…non…non farlo…non ne vale…la pena… - disse il ragazzo, arrancando con le parole, il respiro mozzato dal dolore.

La tigre aveva già il collo del mangiamorte tra i denti, e stava per finirlo, quando la supplica del biondo le era arrivato alle orecchie, il pelo candido chiazzato di rosso vivo. Alzò la testa, ringhiando sommessamente, guardando il ragazzo in quegli occhi grigi che per mesi le avevano fatto perdere la ragione.

Tornò donna, un piede sempre sul polso di Lucius, un ginocchio sulla sua gola, seduta sul suo petto, gli impediva di respirare, le mani sporche del suo sangue. Lo stava soffocando. Si alzò in piedi, sempre in quello stato demoniaco. Una mano aperta puntata contro di lui.

-INCARCERAMUS! – urlò allora, e delle pesantissime e spessissime catene legarono da capo a piedi Lucius, manette enormi gli fermarono mani e piedi dietro la schiena.

-RINGRAZIA LA MAGNANIMITA’ DI TUO FIGLIO, LUCIUS, FOSSE PER ME, ORA SARESTI MORTO! E ORA…SPARISCI! – detto questo, la ragazza mosse la mano davanti al viso e Lucius sparì nel nulla.

Draco tossì forte, un getto di sangue scarlatto fuoriuscì dalla bocca, macchiandogli il mento. Grace tornò immediatamente normale, correndo da lui. Lo tirò su, mettendosi un suo braccio intorno alle spalle e sollevandolo, con una forza che nessuno sospettava potesse avere. Si voltò appena e poté vedere solo che, tra la folla, Neville aveva schiantato brutalmente Bellatrix facendole battere violentemente la testa, e così l’aveva uccisa, per poi spezzare la sua bacchetta, arma che l’aveva condannato a vivere senza i genitori. Lui le sorrise, facendole il saluto militare e tornando a combattere. Anche lei sorrise, fiera di tutti i suoi amici. Portò con un po’ di fatica Draco lontano dalla battaglia, in uno sgabuzzino delle scope. Lo sigillò, e appoggiò il biondo sul pavimento.

-Che…fai…Grace? È inutile…che ti affanni… sto morendo… - disse il ragazzo, vedendola far comparire frenetica dell’acqua calda con delle pezze e spogliarlo dei vestiti ormai distrutti.

Lei non rispose nemmeno. Sbottonò la camicetta, prendendo tra le mani un ciondolo. Lo tenne tra le due mani a occhi chiusi, sussurrando parole che Draco non capì. La lucidità lo stava abbandonando, sapeva solo che almeno, mentre moriva, la sua Grace era lì con lui. Almeno avrebbe avuto la possibilità di dirle che nonostante quello che aveva fatto, nonostante l’avesse lasciata, la amava alla follia.

-Grace…io…-

-Non ti affaticare. – rispose Grace. Tra le mani, le riconobbe una fiala, piena di liquido carminio.

-Avevi detto…che non…l’avresti più…fatta…mi hai … mentito… - disse Draco, con rimprovero nella voce. Lei gli posò il pollice sulle labbra, accarezzandole piano, mentre il resto della mano sfiorava la guancia. Lo guardò con amore puro negli occhi.

-Basta, Draco. –

gli disse solo. Gli alzò la testa e se la mise sulle gambe, stappò con un colpo deciso la fiala ricolma di liquido rosso, accostandola poi alle labbra pallide e dischiuse. Fece scendere con premura ogni singola goccia del liquido nella gola del ragazzo.

Appena la pozione fu scesa nello stomaco, Draco sentì un calore incredibile esplodere dall’interno, come quando si beve del fire-wisky.

Era un calore però, questo, piacevole, che scaldava anche l’anima.

Tossicchiò appena, accorgendosi però che non era fuoriuscito del sangue. Grace lo circondò con le braccia, passandone una intorno ad un fianco e accarezzandogli la testa con l’altra mano. Lo strinse, baciandogli la fronte. Poi lo riappoggiò a terra. Con gioia, vide che alcuni tagli sul suo torace si stavano già rimarginando completamente, senza lasciare cicatrici. Ripulì ogni ferita e macchia, mentre lui, sfiancato dalla perdita eccessiva di sangue, aveva perso i sensi da qualche minuto. Quando lui fu a posto, lo coprì con delle coperte che aveva fatto apparire. Aveva allestito una specie di infermeria nello sgabuzzino, e lui riposava mentre la pozione faceva effetto. Uscì dal bugigattolo, sigillandolo poi con un incantesimo più potente del colloportus comune, nessuno avrebbe potuto disturbarlo, per lui la guerra era già finita.

 

Tornò in sala grande, pronunciò poche parole in una lingua che non sembrava nemmeno la sua, e aprendo le braccia davanti a se, diversi mangiamorte nell’arco di cinque metri caddero inspiegabilmente a terra mentre combattevano contro i suoi amici.

Magia oscura.

Magia oscura di livello avanzato.

Magia oscura che non si faceva più scrupoli ad usare.

Blaise le corse incontro, insieme a Dafne. La ragazza la guardava agitata, i bei capelli biondi tutti arruffati e pieni di polvere, le lunghe gambe piene di tagli.

-Grace, stai bene? – chiese Blaise, anche lui affaticato e sporco, ma apparentemente illeso. Lei annuì seria, schiantando senza sosta nemici su nemici. Nemici che non si rialzavano più.

-Dafne, dov’è Harry? Non lo vedo più! – esclamò ad un certo punto Grace, guardandosi allarmata in giro.

-È fuori, Voldemort lo ha sfidato ad uscire in giardino e ora se la sta vedendo da solo con lui! - esclamò la bionda, in ansia.

-Cazzo! Dobbiamo andare da lui, vieni, seguimi, dobbiamo uscire da qui prima di subito! – disse Grace.

Si fece strada fino alle porte della scuola, continuando a seminare corpi svenuti o addirittura morti, messi al tappeto da semplici gesti della mano della ragazza, agguerrita più che mai, sempre circondata da un misterioso alone bianco che la proteggeva da tutto.

Uscì all’aria calda di giugno, il cielo oscurato dalle nubi nere di Voldemort, rendeva tutto cupo e opprimente. I giganti devastavano tutto quello che incontravano, mentre gli auror contrastavano i pochi mangiamorte rimasti fuori dalle mura di Hogwarts.

Aguzzò la vista e li vide.

Nel mezzo del parco, Voldemort infieriva su un Harry ferito ad un braccio, e forse anche alla testa, con incantesimi che lui respingeva stancamente.

Rispondeva sempre con degli expelliarmus, lui non uccideva mai.

I ragazzi corsero disperatamente verso di lui, arrivando proprio mentre il Signore Oscuro prendeva parola.

-Mi sto stancando di giocare, Potter!! Facciamola finita! – urlò Voldemort, i tratti serpenteschi distorti dalla stizza.

Harry fece l’errore di vedere Dafne che gli si avvicinava.

-Dafne, va via! È troppo pericoloso, scappa! – le urlò Harry, angosciato. Voldemort ghignò sadico in direzione della ragazza.

-Non dirmelo, moccioso, lei è la tua ragazza? Beh, la cavalleria non è morta, sempre prima le signore! AVADA KEDAVRA! – urlò il serpente, in direzione di Dafne.

-NOOOOO!!!!! – urlò Harry, cercando di frapporsi tra Dafne e l’incantesimo. Un bagliore verde si scontrò con uno bianco, provocando un esplosione di luce.

Grace si era lanciata a braccia aperte davanti all’amica, lasciando che l’incantesimo la colpisse in pieno petto.

-Ora, Harry! – gridò all’amico, prima di ricadere in ginocchio, affaticata, respirando affannosamente. In fondo, aveva pur sempre incassato una maledizione lanciata dal Signore Oscuro in persona!

-AVADA KEDAVRA! – urlarono contemporaneamente sia Harry che Voldemort. Due fasci verde sgargiante si diramarono dalle loro bacchette, incontrandosi a metà della distanza tra loro, contrastandosi a vicenda.

Sembravano in parità e stallo, prima il fascio di Harry prevaleva di poco, poi quello di Voldemort recuperava terreno e sembrava prevaricare per poi tornare al centro.

Però poi, la stanchezza di Harry si fece sentire, e il fascio sembrava proprio dovesse abbattersi su di lui da un momento all’altro. Quando l’incantesimo fu a meno di un metro dal viso del ragazzo, Voldemort ghignò e rise, poi urlò:

-È la fine, Harry caro! Sei solo, nessuno più ti salverà morendo per te, sei dannatamente solo! –

-Ti sbagli, Voldemort, lui non è solo, non lo sarà mai! Ci sarà sempre qualcuno pronto ad aiutarlo! – gridò Grace.

-Io non sono solo… - sussurrò Harry.

Improvvisamente, Harry si sentì pervaso da un’energia nuova, e da un pensiero:

‘Ti do la mia energia, Harry, tu ne hai più bisogno di me, ora.’ Sicuramente era di Grace.

Usò quella nuova energia per intensificare all’improvviso l’incantesimo, che con una sola spinta arrivò dritto al petto di Voldemort. Quest’ultimo ebbe appena il tempo di inorridire e spalancare gli occhi con orrore, prima di essere sbalzato via dalla forza distruttiva della maledizione. Roteò in aria diverse volte, prima di ripiombare al suolo, gli occhi vitrei e aperti sul nulla, privi di vita.

Ce l’aveva fatta.

Voldemort era morto.

La guerra era finita.

Harry si accasciò al suolo, sfinito. Guardò Grace negli occhi ed entrambi piansero. Sorridendosi tra le lacrime, piansero lacrime di sfogo, guardando il cielo tornare sereno e il sole tramontare.

-Ce l’hai fatta, Harry, hai vinto! – disse Grace, correndo fino a lui e stringendo forte il ragazzo, aggrappandocisi perché sentiva le gambe molli, mentre Dafne e Blaise li raggiungevano.

-Ti sbagli, Grace, noi ce l’abbiamo fatta. Sarei morto senza il tuo aiuto, è anche merito tuo. Grazie, grazie infinite. – rispose Harry, sorridendo nel sentire che Grace si era lasciata sfuggire un singhiozzo di commozione.

Quando si separarono, sentirono qualcuno urlare a squarciagola che il signore oscuro era morto. Tutti i combattenti lo sentirono, i mangiamorte ebbero un momento di smarrimento che fu loro fatale, e permise ai rispettivi avversari di batterli tutti. Mentre Harry abbracciava Dafne, e lei piangeva sul suo petto, bagnandogli la maglietta di lacrime di gioia, Grace guardava il cadavere di quello che era stato il più potente mago oscuro del mondo magico, stringendosi le braccia come se avesse freddo. Guardò Harry negli occhi.

-Ce ne dobbiamo sbarazzare, o cercheranno di riportarlo in vita di nuovo. Voglio pensarci io. –

disse la ragazza. Harry fece di si col capo, lei sorrise, lui ricambiò il sorriso. Poi Grace si voltò ancora verso il cadavere, alzando le braccia e lo sguardo al cielo.

-INVOCO LA MAGIA ANTICA, IL BIANCO INCANTO DELLA PURIFICAZIONE! FUOCO, FULMINE, CANCELLATE LA MATERIA E PURIFICATE LO SPIRITO!! –

urlò Grace, gli occhi bianchi e senza colore. Abbassò velocemente le braccia sul corpo davanti a se, e nello stesso momento un fulmine si abbatté su di esso, facendogli prendere fuoco. Le fiamme divorarono la carne molto velocemente, sotto gli occhi fieri di Harry, Dafne, Blaise e anche di Silente, che da poco era giunto alle spalle della ragazza, che fissava il falò con aria dura, che rendeva il tutto mistico, cerimoniale, quasi sacro.

In pochi istanti il corpo fu totalmente arso, non furono risparmiate nemmeno le ossa, davanti alla giovane, spietata strega rimaneva solo polvere. Ma l’incantesimo non era ancora finito.

-VENTO, DISPERDI IL RICORDO! PORTA LONTANO LA CARNE, PORTA LO SPIRITO ALLA PACE! –

Urlò ancora Grace. Un forte vento si alzò dal nulla, sollevando la cenere davanti a lei e disperdendola definitivamente.

Così di Lord Voldemort, il Signore Oscuro, che tanto dolore aveva portato con la sua guerra e la sua malvagità, non rimaneva altro che un brutto ricordo.

Silente pose una mano sulla spalla della giovane, facendo sì che alzasse lo sguardo verso il vecchio mago.

-Sa, è un incantesimo molto antico, di magia bianca. Gli sciamani lo evocavano durante i roghi funebri della loro gente, così che lo spirito finisse definitivamente di girovagare nella nostra dimensione, me lo ha insegnato mia nonna che è una medium. Ho pensato che fosse giusto così, ora nessuno potrà più riportarlo fra noi. – disse Grace. Silente sorrise, tranquillo.

-Hai fatto la cosa migliore, Grace. Va dai tuoi amici ora, aspettano solo di abbracciarti, soprattutto Draco. – rispose il vecchio preside, facendole l’occhiolino e facendola sorridere.

Lei barcollò fino a Harry, che l’abbracciò stretta, baciandole la fronte, fino a Dafne che la strinse, e Blaise che tanto per cambiare l’aveva letteralmente stritolata, accarezzandole la testa. Sorrise a tutti, mentre i ragazzi si avviavano verso la scuola. L’edificio non aveva subito troppi danni, e ogni battaglia si era conclusa, lasciandosi dietro una scia di feriti e cadaveri davvero impressionante.

Tornarono dentro la sala grande, Harry e Dafne ritrovarono Hermione, Ron, Ginny e tutti i membri dell’Ordine, un po’ malconci ma vivi. Blaise vide suo padre portato via dagli auror, e ne soffrì molto, ma pensò che alla fine era giusto così.

Invece Grace tornò nello sgabuzzino dove aveva lasciato Draco, sbloccò la porta e vi entrò. Lo trovò sdraiato a terra, addormentato. Scostò di poco la coperta, constatando che le ferite non c’erano più. Era rimasta solo una cicatrice irregolare sul petto, all’altezza del cuore.

-Perché l’hai fatto, Grace? Con tutto quello che ti ho combinato, l’unica cosa che ti è importato nel mezzo della battaglia è stato mettermi al sicuro e salvarmi la vita… non capisco, perché mi hai salvato? – disse Draco, la voce flebile e stanca.

Grace gli sorrise come non faceva da tanto, troppo tempo. Nella sua testa urlava

‘Perché ti amo, idiota! Perché altrimenti? Perché non sono stata capace di dimenticarti, ecco perché!’

ma in realtà gli disse:

-Perché te lo avevo promesso, no? E io mantengo sempre la parola data. Sono una Parker, sono una Grifondoro, e te lo dovevo, perché ti avevo assicurato che non ti avrei mai lasciato solo ad affrontare tuo padre. Non dirmi che l’avevi dimenticato, Malfoy. –

Lui ghignò, prima di cadere di nuovo addormentato. Grace si smaterializzò al SanMungo con lui, lasciandolo nelle mani di sua madre, che lo mise subito a letto e prese a visitarlo. Lei tornò subito ad Hogwarts, dai suoi amici.

-Ehi, piccola! Dov’eri finita? – Blaise l’aveva vista materializzarsi davanti a se.

-Ho accompagnato il tuo migliore amico al SanMungo…dovresti… hn…- aveva iniziato a dire Grace, ma all’improvviso svenne, cadendo tra le braccia del ragazzo che l’afferrò al volo.

-Ma allora? L’hai preso per vizio adesso? –

disse esasperato il moro, accompagnando la ragazza di nuovo in infermeria, dove Madama Chips la rimise a letto, chiamandola zuccona senza speranza, e rassicurando tutti i suoi amici, che avevano portato tutti i feriti li da lei, che stava bene ed era solo tremendamente affaticata.

E così era giunta la fine della guerra, la fine del dolore.

E l’inizio di una nuova vita, in pace e senza più la falce della morte a pendere sulle loro teste.

A questo pensiero tutti i ragazzi, persino Grace che era incosciente, sorrisero.

Un sorriso di speranza.

 

 

 

Antro dell’autrice

Salve a tutti! Chiedo scusa per il ritardo, ma sono stata via per tutto il weekend e ho potuto pubblicare solo ora. In questa lesson ho concentrato tutta l’ultima battaglia, e ho fatto finire la guerra, così ci possiamo concentrare sui nostri due eroi. Spero vi sia piaciuto^.^

X lady lululu: tieni duro, manca poco! ^.^

Alla prossima, un bacio!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 28
*** Lesson 28: Scelte Obbligate ***


Lesson 28 Scelte Obbligate

LESSON 28: SCELTE OBBLIGATE

 

“Vedremo un giorno di Godric l’erede,

col fiero leone suo protettore,

giungere fra noi, leale sostegno.

Avrà negli occhi del vero guerriero l’ardore,

e lo riconosceremo perché porterà nel cuore,

indomito coraggio e infinito amore.

Tutti quanti in salvo trarrà,

se ancora una volta amare saprà.”

 

-Come dici, Albus? –

-Oh, nulla Minerva, recitavo i versi di un’antica profezia, di sicuro ne avrai sentito parlare anche tu. Al funerale di Godric Grifondoro, un vecchio che tutti consideravano pazzo si mise a mormorare insistentemente quei pochi versi, ripetendoli all’infinito. Molti dissero che erano solo le parole di un vecchio uscito di senno, mentre i più fiduciosi vollero costruirci su una profezia, dicendo che un giorno si sarebbe avverata.-

-E tu ci credi, non è vero, Albus? – il vecchio sorrise, furbo.

-Perché, Minerva, ora che ne abbiamo visto di persona la prova, non ci credi anche tu? Grace è l’erede di Godric. Tutti pensavamo che fosse Harry, l’unico sopravvissuto all’anatema che uccide, il suo degno successore, e invece è quella ragazza che porta il suo coraggio, la sua lealtà, l’immenso amore che ha aiutato a salvarci tutti. È una spietata combattente, è vero, per i nemici non ha nessun sentimento di compassione, ma ha amato così tanto Draco, Harry e tutti i suoi amici, che ha risvegliato in se tutti i poteri che nascondeva, sia positivi che negativi. La voglia di proteggere i suoi cari le ha scatenato sentimenti molto forti, che l’hanno portata a combattere con ferocia i mangiamorte, in particolare Lucius, e a portarsi al fianco di Harry nel momento di maggior pericolo, dandogli la sua energia. Nessun altro l’avrebbe fatto, non nelle sue condizioni. Ma il coraggio spesso è follia, e lei ha voluto affrontare tutto comunque, nonostante quello che rischiava, ha pensato sempre prima agli altri, e nel momento del bisogno, il suo aiuto è stato determinante, senza di lei, probabilmente molti di noi non sarebbero qui. – fece una piccola pausa, poi riprese.

-Avresti dovuto vedere la faccia di Grace quando le ho spiegato tutto!
“Vuole dire che la mia vita è stata segnata migliaia di anni fa da un vecchio folle, e per di più a un funerale? Che ho fatto tanta fatica per scrivermi da me la strada da percorrere, quando era già scritta da secoli? Che cosa brutta che mi ha detto, preside!” Ih ih ih, mi ha detto proprio così, non si può davvero essere più spontanei di così. – disse il preside, ridacchiando allegro.

Il mago guardava distratto fuori dalla finestra, mentre la McGranitt assimilava quanto detto dal vecchio amico.

-Forse dovresti parlarle, Albus, le ho visto usare la magia oscura durante la battaglia, potrebbe essere un pericolo per se stessa e per gli altri. – disse seria e preoccupata la strega.

Silente si girò verso la scrivania, poggiandovi i gomiti e intrecciando le dita davanti al viso. Poi scosse leggermente la testa.

-Forse hai visto solo la magia nera e non quella bianca. Lo scudo che la circondava come un’ aura intangibile era generato direttamente dall’amore che provava dal più profondo del suo cuore. Non importava per chi fosse, importava solo che c’era, esisteva, e la rendeva immune a tutto, persino all’avada kedavra. Ha usato la magia oscura per combattere, ma si è anche saputa controllare. E poi, ha persino usato un incantesimo che si credeva perduto per far sparire il corpo di Voldemort, anch’esso di antichissima magia bianca. Quella ragazza riesce sempre a sorprendermi, non c’è che dire. Ma ora, come tutti, e soprattutto Harry, ha solo bisogno di normalità, di trovare la forza di andare avanti nelle sue battaglie personali. Non temere, Minerva, non lascerà che il suo lato oscuro prenda il sopravvento, non ne ha più motivo. E poi, io mi fido di lei. –

Disse il vecchio mago, sorridendo dolcemente. L’amica rispose al sorriso e uscì dall’ufficio, congedandosi.

 

Esclusiva clamorosa! Intervista al Bambino Sopravvissuto, Salvatore del Mondo Magico, appena dopo la sconfitta di Colui che Non Deve Essere Nominato!”

Questo titolo spiccava mostruosamente sulla prima pagina del giornale Il Cavillo, il fido Xenophilius Lovegood aveva avuto l’onore dell’esclusiva prima di qualsiasi altro quotidiano. I ragazzi non avevano avuto nessuna intenzione di passare la notizia o l’intervista alla Gazzetta del Profeta, visto il comportamento indegno di Rita Skeeter e della redazione in generale nei confronti di Harry dal quarto anno in poi. Nessuno gli aveva voluto credere quando lui aveva denunciato al mondo il ritorno di Voldemort, tutto per colpa di Caramell, che terrorizzato da quello che l’ammissione comportava per lui e per tutti il resto del mondo magico aveva infangato la reputazione di Harry e Silente. Al contrario, il padre di Luna era sempre stato dalla sua parte, l’aveva difeso e sostenuto tramite il Cavillo, e quindi si sentiva in dovere di concedergli lo scoop in anteprima. Ecco parte dell’articolo pubblicato, la seconda metà per la precisione.

X: “Cosa hai provato trovandoti ancora una volta di fronte al pericolo, di fronte al mostro che aveva assassinato i tuoi genitori e moltissima altra gente?”

H: “Ho sentito una grande rabbia e voglia di rivalsa, ma soprattutto sapevo che tutto dipendeva da me in quel momento, sentivo il peso di quello che stava succedendo direttamente sulle mie spalle, ero molto in ansia.”

X: “Una voce indiscreta, di chi era presente allo scontro finale, insinua che tu non abbia fatto tutto da solo contro l’Oscuro Signore, è vero?”

H: “Sì, è vero, ho ricevuto aiuto da tutti, in quel momento, i miei amici erano sempre al mio fianco e mi hanno sostenuto fino alla fine. Ma se non avessi avuto accanto a me una certa persona, che non vuole avere gli onori del caso e perciò non posso nominare, non ce l’avrei fatta. Stavo per soccombere, ma con lei vicino ho vinto, ed è anche grazie a quella persona se siamo ancora tutti qui, se la guerra è finita.”

X: “Un ultima domanda, Harry. Tutti hanno saputo che Voldemort è morto, ma sembra essere solo una voce, perché il corpo pare essere scomparso nel nulla. Cosa ci puoi dire in proposito? Tutto il mondo magico freme all’idea che possa tornare ancora una volta a spargere il terrore, puoi rassicurarci?”

Il giovane Potter sorride tranquillo.

H: “Le posso giurare, Signor Lovegood, di aver visto personalmente il corpo di Voldemort ardere tra le fiamme dell’inferno e venir spazzato via definitivamente da una folata di vento spaventosa. Un fulmine ha colpito il suo cadavere, carbonizzandolo, poco dopo che i suoi mangiamorte hanno saputo del suo decesso e si sono distratti, finendo direttamente tutti ad Azkaban, dove devono stare. Questa misura di sicurezza l’abbiamo presa per evitare che la storia si ripeta e che qualcuno cerchi ancora di riportarlo in vita, ma abbiamo diversi testimoni che possono assicurare che quello che dico è la pura verità.”

Signori lettori, vorrei che voi poteste vedere l’espressione di questo giovane eroe, in questo momento. Fiero, sicuro, orgoglioso. Non si può dubitare di occhi tanto sinceri, non si può dubitare di tanto coraggio e lealtà, quanti ce ne sono nel cuore di questo ragazzo. Congedo il Signor Potter, con tutti i dovuti ringraziamenti per avermi concesso l’onore di parlare per primo con lui dopo la Grande Battaglia, per aver avuto il piacere di informare tutti voi con la verità il prima possibile.

Il Mondo Magico vi ringrazia, eroi del nostro tempo.

Harry posò il giornale sul tavolo dei grifoni, facendo vedere a tutti i compagni la foto di copertina, dove lui e i membri dell’Ordine, con tutti i ragazzi che avevano combattuto ridevano e scherzavano davanti all’obiettivo. Aveva appena letto ad alta voce l’articolo che lo riguardava, e in fondo, sotto sua richiesta, il pezzo si concludeva con una lista di tutti i partecipanti allo scontro finale e i ringraziamenti che tutti dovevano loro. Grace era stata grata al suo migliore amico per non averla nominata nell’intervista. Col bimbo in arrivo, non voleva che la cosa trapelasse e si iniziasse a spettegolare su di lei, che aveva aiutato a salvare il mondo, ma che era in cinta di non si sa chi e che non si sposerà per dare una famiglia al piccolo. Senza contare che Draco lo sarebbe venuto a sapere nel peggior modo possibile, tramite uno squallido foglio di giornale, non voleva che la fama di aiutante del grande Harry Potter spingesse tutti a tormentarla per mesi e a scavare nel suo passato e nel suo presente. Voleva solo avere la possibilità di vivere tranquilla con suo figlio, o figlia, senza dover continuamente combattere con la stampa e le feste del Ministero.

Dopo tutto quello che era successo, prima che Harry venisse sommerso dai doveri che doveva assumersi come eroe nazionale, Silente aveva voluto che tutti gli studenti passassero ancora gli ultimi giorni di scuola lì a Hogwarts, per festeggiare col ballo di fine anno anche la fine della guerra magica.

Era stata una serata meravigliosa, piena di allegria e gioia, la voglia di vivere aveva letteralmente travolto tutti, perfino Piton, che si era visto ballare e bere come nulla fosse. Grace era stata invitata da Blaise, mentre Harry aveva portato Dafne, Micheal Hermione, Ron Lavanda, e Ginny si era fatta accompagnare da Dean, con cui ormai sembrava fare coppia fissa. Draco ci aveva portato Pansy, ma ormai era palese a tutti che la odiasse. Non la toccava nemmeno per sbaglio, a stento la guardava, e girava voce che presto l’avrebbe scaricata.

Tutti erano felici e sorridenti, e ballavano scatenati. Grace aveva indossato un vestito in stile impero, per mascherare la pancia che iniziava a vedersi leggermente, ma anche se doveva rinunciare ai brindisi, non rinunciava a ballare col suo sempre più affascinante accompagnatore, il bellissimo Blaise Zabini.

 

Dopo quella splendida serata, tutti dovettero fare ritorno alle loro case.

Draco riportò la madre al loro Maniero e Blaise andò da sua madre, Helena, a Zabini Manor, per aiutarla a superare il trauma dell’arresto di suo padre.

Harry era andato momentaneamente con Ron e Ginny alla Tana, per decidere cosa fare del resto della sua vita, diviso tra la voglia di godersi la sua adolescenza rubata e il dovere verso il resto del mondo come personaggio pubblico.

Hermione andò per un paio di settimane dai suoi, dove presentò Micheal ufficialmente, e lasciò i genitori sbigottiti, convinti anche loro che alla fine lei si sarebbe messa con Ron, l’amico pel di carota un po’ imbranato. Ma presto si resero conto che il corvonero era il ragazzo giusto per lei, intelligente e acuto, spiritoso e loquace, era degno di lei.

Dafne si iscrisse subito alla facoltà di Medimagia del SanMungo, superando l’esame di ammissione col massimo dei voti. La sua storia con Harry era sempre più intensa, tanto che alla fine anche lei lo portò a casa dei suoi, per farglielo conoscere. Inutile dire che il grande Harry Potter fu accolto con tutti gli onori dal padrone di casa, il Signor Greengrass, e fu detto il benvenuto e il miglior partito che potesse aspettarsi per sua figlia.

E infine, Grace tornò a casa, con Max.

La madre la strinse forte e le diede una marea di baci, sulla fronte e sulle guance, dicendo che l’avrebbe aiutata in tutti i modi col suo bambino, e che era stata molto coraggiosa ma anche avventata a combattere nonostante le sue condizioni.

Il padre era fiero della forza che la sua bambina aveva dimostrato, in tutti i campi della sua vita. Le aveva detto che mentre stava uscendo dal Ministero per andare a darle man forte durante la battaglia, si era visto apparire davanti Lucius Malfoy, legato come un salame e tutto pieno di sangue ovunque davanti alla scrivania del suo ufficio di auror. Lei si era messa a ridere, scusandosi e dicendo che era colpa sua. Il padre l’aveva guardata con occhi sgranati, ma come avesse fatto a materializzarlo dentro il Ministero, superando tutte le difese magiche, restò sempre un mistero.

I fratelli erano in visibilio per essere così fortunati da diventare zii tanto giovani.

L’unico per niente felice della cosa era il nonno.

La nipote voleva partorire un bastardo, un figlio di nessuno, voleva rovinarsi la vita facendo la ragazza madre, e nessuno la fermava.

Non che qualcuno ne fosse in grado, questo lo riconosceva persino quel vecchio testardo, ma almeno i suoi genitori avevano il dovere di provarci.

E invece nulla, tutti sostenevano questa sua follia.

L’unica cosa che solo i genitori sapevano era l’identità del padre, ma non infierivano, perché Grace aveva già spiegato loro come era andata.

All’inizio il padre voleva costringerla a dire al ragazzo la verità, ma poi la ragazza aveva avuto la meglio, dicendo che non si sarebbe rovinata la vita con un matrimonio senza amore nemmeno per suo figlio, e la battaglia la vinse lei.

 

…………………………………………..

 

 

-Dio…è bellissima, perfetta! Devo avvisare subito i ragazzi! –

Grace mise un plico di lettere nelle zampe del suo fido gufo nero, Otello, che con i suoi enormi occhi ambrati la fissava attento, aspettando le sue carezze. L’aveva chiamato così perché le piume erano tutte completamente nere ed era di una gelosia assoluta. Solo lei lo poteva toccare, e nessuno si poteva avvicinare a lei se c’era lui nei paraggi perché lo beccava, chiunque fosse, la considerava la sua Desdemona. Aveva un feeling particolare con gli animali. Il suo gatto era proprio come lei, particolare. Si chiamava Cagliostro, come quello di Dylan Dog, fumetto che le piaceva tantissimo. Aveva il pelo medio-lungo e nero, gli occhi azzurri, ed era davvero stupendo… e gelosissimo. Tutti così in famiglia, a quanto pareva.

Presto, tutti i suoi amici erano arrivati materializzandosi davanti a lei, che li aspettava trepidante.

-Accidenti, ma è una reggia! – esclamò Harry, alzando gli occhi per vedere meglio la costruzione.

-E ce la vendono per un nonnulla! Non è fantastica? – rispose Grace, battendo le mani felice.

-Certo che lo è, sei stata grande, Grace! Solo tu potevi trovarla, sei un mito! – le disse Ron, stritolandola.

-Esagerato, l’importante è sapere dove cercare. Forza seguitemi, vi faccio vedere l’interno. –

Così tutti insieme, Harry, Ron, Hermione e Dafne, guidati da una Grace sovraeccitata, entrarono nella villa in stile vittoriano che la ragazza aveva trovato un po’ fuori Londra. Era una casa enorme, molto simile al suo Parker Manor, ma abbandonata da un pezzo e ora messa in vendita ad un prezzo davvero basso dai padroni babbani. Fuori aveva un aspetto trascurato, l’edera era salita su tutte le pareti e le colonnine della veranda, che un tempo dovevano essere bianche. Ma dentro, nonostante fosse stata lasciata a se stessa da tanto, sotto le cure di Grace che l’aveva liberata dalla polvere, c’era un palazzo reale. Era incredibile. C’era un salone immenso, arioso e illuminato da enormi finestre aperte, che facevano ondeggiare delle belle tende azzurre semitrasparenti, rinfrescando l’atmosfera con il vento caldo di luglio, e aveva il parquet più lucido che avessero mai visto. Una grande scalinata sboccava sul lato destro del salone, fiancheggiata da due balaustre bianche composte di colonnine finemente intarsiate e molto decorative. I gradini erano persino coperti da un tappeto blu invece che rosso, che dava una certa classe al tutto. C’era un lampadario di cristalli piuttosto grande che rifletteva ogni raggio solare e rendeva l’ambiente quasi magico.

Erano stati scortati nella cucina, li al piano terra. Grande e spaziosa, con un bancone da lavoro a penisola che la attraversava col ripiano di marmo bianco. C’era un grande tavolo da cucina piuttosto antico con sei sedie imbottite, e molti scaffali e armadietti di legno chiaro.

Li portò al primo piano, dove poterono notare che le stanze da letto si sprecavano. Ce n’erano quattro per piano, e di piani ce n’erano due, più una mansarda. C’erano anche tre studi da lavoro, uno al piano terra e due al primo, e un paio di bagni alle estremità dei corridoi che attraversavano i vari livelli della villa. Il secondo piano era tutto di stanze da letto, a parte la biblioteca. C’era infatti una grande sala circolare ricolma di libri. Harry e Ron già immaginavano tutti i libri che ancora avrebbero aggiunto Grace e Hermione, allargando la stanza con la magia, ovviamente. E sotto la cucina e il salone c’era un enorme cantina, che Grace avrebbe prontamente trasformato nel suo laboratorio personale non appena messa la firma sul contratto d’acquisto.

Sì, era davvero perfetta. Era particolare, certo, vecchia e cadente, ma non c’era nulla che un buon incantesimo non potesse sistemare.

I ragazzi tornarono in salotto.

-Allora, che ne dite? La prendiamo? – chiese Grace, le mani giunte in una muta preghiera. Gli amici le sorrisero.

-Per noi va bene!! – risposero in coro, scoppiando poi a ridere.

Qualche settimana prima, Grace aveva voluto parlare con i suoi migliori amici. Voleva sapere cos’avrebbero fatto gli altri dopo la scuola. Aveva così saputo che Harry, Ron e Hermione avrebbero frequentato il corso per diventare auror, mentre Dafne avrebbe fatto il corso universitario di medimagia che si teneva direttamente al SanMungo. Lei invece non sapeva più che fare. Sapeva solo che voleva andare a vivere il più lontano possibile dal caos del mondo della magia. Così aveva proposto agli altri di cercare una bella e grande casa e andare a vivere tutti insieme. Aveva iniziato allora a cercare qualcosa che potesse andare bene, e alla fine aveva trovato quella bellissima villa, setacciando la periferia della Londra babbana. Era davvero perfetta per loro, e gliel’avrebbero veduta per davvero poco. Sarebbero stati tutti proprietari dell’edificio, e lo avrebbero anche messo a disposizione dell’Ordine, che ancora avrebbe aiutato gli auror come un corpo scelto del Ministero, liberando così Grimmauld Place. Grace aveva detto che così Harry avrebbe potuto viverci tranquillamente con Dafne una volta sposati, senza dover sbaragliare i poveri membri dell’Ordine. E quindi ora avevano la casa. Ognuno pagò la sua parte e fu coproprietario della bellissima villa.

……………………………………………..

 

 

-Accidenti Dracuccio, erano mesi che non lo facevamo così, finalmente ti sei risvegliato… -

Pansy stava stravaccata nel grande letto matrimoniale nella stanza di Draco, nuda e sudata. Lui ansimava ancora pesantemente e fissava il soffitto con aria arrabbiata.

Pansy lo aveva provocato sbraitandogli addosso per l’ennesima volta perché si rifiutava di toccarla, lui non ci aveva visto più e avevano fatto sesso. Badate, non l’amore, ma del banale, carnale, rude e quasi violento sesso. Già, perché non l’aveva accarezzata, ne baciata. Non le aveva detto nulla prima, durante e tantomeno dopo, l’aveva solo sbattuta sul letto e si era sfogato. Era da un pezzo che non lo faceva, ma anche se ne aveva bisogno, evitava di farlo con lei perché la odiava, lei gli aveva rovinato la vita. Ma quel giorno, si era stancato di sentirla starnazzare e l’aveva accontentata, con disgusto, ma l’aveva accontentata e finalmente zittita. Era agosto e faceva un caldo terribile. C’era un clima tropicale, ma non era per questo che Draco friggeva, ribolliva dalla rabbia per essere di nuovo rinchiuso in una vita che non voleva, che schifo, non ne poteva più. Ma ora ci avrebbe dato un taglio netto, e si sarebbe liberato di quella pazza che era Pansy.

 

…………………………….

 

Draco era disperato. Erano passati già quasi cinque mesi dalla fine della scuola, erano già di nuovo alla fine di ottobre. Aveva deciso di diventare auror, visto che ora era libero di fare quello che più gli andava. Si era sparsa la voce che lui era membro dell’Ordine, così al corso per le reclute lo avevano accettato, insieme a Blaise, Potter, Weasley e la Granger. Paciock invece si era iscritto alla facoltà di erbologia dell’Università Magica di Londra, e faceva furore come colui che aveva ucciso la sua perfida e pazza zia Bellatrix.

Il suo unico problema si chiamava Pansy, non era ancora riuscito a piantarla. E per un valido motivo: Pansy gli aveva detto di essere rimasta incinta, sarebbe stato padre.

Non amava quella ragazza nemmeno un po’, ma non poteva lasciare un figlio nelle sue mani, senza aiutarla. Sarebbe stato un Malfoy, e doveva, doveva assumersi la responsabilità di quello che purtroppo era successo. Sì perché non era da lei che aveva tanto voluto un figlio, una famiglia, ma era da lei che in un modo o nell’altro, purtroppo, l’avrebbe avuta.

Aveva dovuto dire a sua madre che Grace, la ragazza che tanto piaceva a entrambi, non poteva più averla in famiglia, e che dovevano accontentarsi di quella racchia. A Narcissa aveva spiegato tutto nel dettaglio, e lei aveva detto, già dopo due settimane che aveva conosciuto meglio la Parkinson, che non la poteva sopportare, e con lei era sempre fredda e altera come non lo era mai stata. Lui desiderava solo di poter tornare da Grace, ma ora che ne aveva la possibilità, visto che la guerra era finita, sapeva che non lo avrebbe mai perdonato per quello che le aveva fatto, e se le avesse spiegato tutto, lei lo avrebbe menato per non averle detto tutto subito e averla fatta penare tanto, quindi il risultato sarebbe stato lo stesso.  E poi, non se la sentiva di abbandonare Pansy ora che era incinta.

E si era arreso a dover stare con la racchia, solo per suo figlio.

Durante il suo addestramento con Potter, in tutti quei mesi, si era accorto che lui lo guardava in un modo decisamene strano. Da quando aveva capito da che parte stesse, sembrava quasi sul punto di dirgli qualcosa, qualcosa di importante, quando lo salutava, ma poi non parlavano mai per più di due secondi. Eppure Draco sentiva che Potter gli nascondeva qualcosa che lo riguardava, ma non riusciva davvero ad immaginare cosa fosse. E invece Blaise aveva molta confidenza con Harry e banda, forse lo avevano accettato perché amico di Grace.

Già, Grace, lei era sempre amica di tutti, meno di chi osava dar fastidio a lei o alle persone che amava.

Comunque, il suo migliore amico era ancora in contatto con tutti loro, e spesso arrivava al campo di addestramento con delle occhiaie spaventose. Pensava sempre che fosse a causa delle loro uscite nei bar babbani, o di una donna, ed effettivamente era colpa di una ragazza, sì, ma non per i motivi che credeva lui.

Infatti Grace, che ora era all’ottavo mese di gravidanza, aveva cominciato a prendere sul serio la proposta di Blaise di chiamarlo in caso di bisogno. Lei lo chiamava magari alle tre o alle quattro del mattino, chiedendogli se per favore le recuperava una pizza con acciughe, capperi e peperoni, per le sue assurde voglie di donna incinta. Lui, Harry e Ron facevano a turno per soddisfarla ed evitare che al piccolo venissero delle assurde voglie a forma di pizza o di papaya da qualche parte. Così il giorno dopo sembravano degli zombie.

Grace era diventata “Un piccolo pallone aerostatico”, come amava definirsi. Era lunatica, e spesso teneva i suoi amici legati con la catena a se per farsi ascoltare durante le sue crisi emotive, dovute agli ormoni.

Però almeno si teneva occupata. Sì perché al Ministero e al SanMungo si era sparsa la voce del suo immenso talento per le pozioni. Così le veniva commissionata la produzione delle sue pozioni curative miracolose, tipo quella Rigenerante ma meno pericolose da preparare, o la creazione di nuove portentose formule. Così tirava avanti autonomamente e riusciva a pagarsi tutto il necessario per la vita del piccolo dopo la nascita. Piccolo, beh lei diceva che fosse femmina, anche se i medici continuavano a dirle che era maschio, lei era convinta che fosse femmina, se lo sentiva, e lo sosteneva a gran voce. E comunque, quel lavoro le permetteva di rimanere a casa senza spostarsi ogni mattina e avere ritmi tranquilli, adatti alla sua condizione. Spesso andava a fare shopping con le sue amiche, man mano che il pancione cresceva, il guardaroba si restringeva, perciò andava a saccheggiare i negozi premaman, ma sempre tra i babbani, non voleva rischiare di incontrare qualcuno di conosciuto nel mondo magico, voleva solo sparire ed essere lasciata in pace.

 

……………………………………………………

 

-Pansy, vuoi sposarmi? –

-Oh, Draco, certo che voglio sposarti! –

Un Draco veramente distrutto respingeva una Pansy che gli si era lanciata addosso per abbracciarlo, appena dopo la proposta di matrimonio meno desiderata del mondo, almeno da parte di lui.

Due settimane dopo, quella faina di Rita Skeeter aveva scritto sulla Gazzetta che i rampolli di due delle più antiche casate purosangue della Gran Bretagna si sarebbero presto uniti in matrimonio, e Pansy non aveva saputo proprio tenere per se il fatto di essere incinta.

Harry, Blaise e tutti gli altri lo sapevano da un bel po’, perché Draco lo aveva detto subito al suo migliore amico, e gli altri lo avevano sentito distintamente mentre ne parlavano al campo auror. Harry era andato su tutte le furie: perché Pansy doveva stare con Draco anche se non si amavano, mentre Grace che lo amava ancora doveva crescere suo figlio da sola? Era una cosa che non poteva sopportare. Grace si ostinava a dire che stava bene, che la sua era solo una cotta e che le era passata, ma lui la conosceva meglio delle sue stesse tasche sapeva che mentiva, glielo leggeva negli occhioni lucidi che aveva ogni volta che si nominava anche solo per sbaglio Malfoy. Ma la vera conferma venne la sera stessa che l’articolo era uscito sulla Gazzetta.

-Grace! Siamo a casa, piccola, dove sei? Ti abbiamo portato quei pasticcini che ti piacciono tanto, vieni, dai! – urlò Harry, appena tornato a casa con Hermione, poggiando un sacchettino della pasticceria sul tavolo della cucina.

-Grace? Ci sei? Che strano, non risponde, sarà sotto la doccia. – ipotizzò la riccia, ma Harry aveva un brutto presentimento.

Allora corse a perdifiato su per le scale, diretto alla stanza della ragazza. Bussò ma nessuno rispose. Bussò ancora, e l’unica cosa che sentì fu uno strozzato singhiozzo, sfuggito per sbaglio. Decise di entrare anche senza risposta. La stanza era molto grande, con un enorme letto matrimoniale nel mezzo. Ma Grace non era sul letto. Era appollaiata sul davanzale della grande finestra, che fissava un pezzo di carta, piangendo, al buio, una scena davvero deprimente. Il pezzo di carta non era altro che la Gazzetta di quella mattina. Lui aveva cercato di farla sparire prima di uscire, ma a quanto pare certe cose con lei non funzionavano. Erano mesi che non la vedeva così triste, aveva sempre cercato di reagire, di farsi passare la sensazione di abbandono e di essere forte. Ora invece, la realtà le era ripiombata addosso con una forza allucinante, e l’aveva riportata giù nell’abisso.

-Da quanto lo sapevi, Harry? E Blaise? Da quanto lo sapevate, e perché non me l’avete detto subito? – disse la ragazza con voce rotta ma severa.

Harry sospirò, avvicinandosi a lei. Era quasi buffa con quell’enorme pancione, abbarbicata sul davanzale. Eppure non aveva nessuna intenzione di ridere in quel momento.

-Io e Blaise l’abbiamo saputo subito, un paio di settimane fa. - rispose il ragazzo, sincero.

-E perché non me lo avete detto? Era un dettaglio così facile da omettere? – riprese la ragazza, amareggiata.

-Non volevamo che soffrissi ancora per colpa sua, Grace. Speravamo che non lo sapessi mai. –

-E vivere nell’illusione che un giorno torni da me? Che scemenza, Harry! Ho 18 anni, non vivo più nelle fiabe da un bel po’, e se la sposa, evidentemente la ama. E poi, anche lei è incinta, e lui ha fatto esattamente come prevedevo, la sposa e si prende le sue responsabilità. È giusto così, ma avrei preferito che fossi stato tu a dirmelo. – rispose la strega, asciugandosi le lacrime che imperterrite continuavano a scendere.

-Credevo di averla fatta sparire la Gazzetta. – constatò Harry, Grace sorrise ironica.

-Sono incinta, non malata, posso ancora uscire di casa. Sono andata a prendere qualcosa da leggere dopo aver visto la mamma, e ho letto in edicola il titolone delle nozze dell’anno. “I giovanissimi Malfoy e Parkinson convoleranno a nozze il mese prossimo, precoci, eh?”. La Skeeter è davvero irriverente e stupida, la vorrei uccidere a volte. –

Il moro sorrise. Anche lui la voleva uccidere. Fatto sta che ora Malfoy si sposava con quella perfida ragazza e la sua Grace rimaneva sola. Le si avvicinò e la strinse forte, ricambiato dalla ragazza che gli bagnò tutta la maglia di lacrime.

A furia di piangere, Grace si era addormentata. Meno male che Harry l’aveva fatta spostare sul letto prima che si addormentasse, così ora doveva solo coprirla e sperare che la notte di sonno la facesse sentire meglio poi il giorno dopo.

 

 

Antro dell’autrice

Saaalve….questo è solo un capitolo di transizione, prima che mi picchiate, guardate avanti, ne ho pubblicato un altro… eventuali recensioni per questa lesson avranno risposta nel mio antro dei prossimi chap, non temete ^.^

X lady lululu: la tua recensione mi solleva, non ero convinta di essere riuscita a rendere bene la battaglia finale, grazie mille del sostegno!

Al prossimo commento, baciii!!!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 29
*** Lesson 29: Mai Dire Mai ***


Lesson 29 Mai Dire Mai

LESSON 29: MAI DIRE MAI

 

Dio, come passa veloce un mese quando vorresti che il tempo non passasse mai, in meno di un’istante era venuto il 18 dicembre, era domenica. Per Draco, l’ultimo mese era trascorso come le vacanze estive: ad una velocità assurda, proprio per rendere più prossimo l’inizio della scuola dopo il divertimento che sembrava volare via come fulmini in un temporale estivo. Aveva trascorso il tempo tra le prove del suo vestito nuziale e le bevute con Blaise, tanto che il suo povero fegato chiedeva ormai pietà per essere stato sfruttato in quella maniera a dir poco sconsiderata. Aveva cercato di convincere tutti, compreso se stesso, di essere felice, di aver dimenticato Grace e di essere assolutamente in visibilio per l’arrivo del suo erede, ma non era così. Non riusciva più nemmeno a illudersi che fosse così.

-Sono una persona orribile, Blaise...faccio schifo! –

Draco s’era ubriacato per l’ennesima volta, e Blaise perl’ennesima volta si doveva sorbire le sue crisi depressive.

-Non sei affatto una persona orribile Dray! Perché lo pensi, scusa? – gli disse il moro, guardandolo. Lui fissava il soffitto con occhi vacui, lucidi e con le pupille dilatate dall’alcool e da chissà cos’altro.

-Sto per sposare un donna che non amo…continuo a pensare alla mia ex dopo mesi che io stesso l’ho lasciata…non riesco a sopportare la mia futura moglie e dovrò passarci il resto della mia vita…sono una persona disgustosa…faccio schifo… - disse il biondo, abbandonando la fronte contro il tavolino del bar dove si trovavano ormai da qualche ora. Blaise sospirò.

-Draco, tu non sei affatto una persona orribile. Semplicemente sei stato raggirato da Pansy, e ti sei innamorato pazzamente di Grace, è normale che tu non riesca a smettere di amarla da un giorno all’altro, soprattutto col rapporto che avevate voi due. E poi, uno che resta con una donna che non ama pur di non abbandonare il proprio figlio, non è affatto una brutta persona. – disse l’amico, sorridendogli. Lui lo guardò, sembrava un bambino che la mamma rincuorava e rassicurava. Solo che lui aveva diciott’anni, non era più un bambino. Anzi, presto ne avrebbe avuto uno suo da crescere. E lui non era pronto.

-Nh…ahhh, lo dici solo per il gusto di contraddirmi….lo fai sempre… - disse Draco, picchiando una manata sul legno del tavolino.

-Non è affatto vero! – replicò Blaise, corrucciato. Draco lo indicò con un indice barcollante e tremolante.

-Ecco, visto? L’hai…l’hai fatto di nuovo… -disse poi, picchiando di nuovo la faccia sul tavolo.

-Sei partito definitivamente. Andiamo a casa amico, è ora. – disse Blaise, rassegnato.

Quella era una delle serate tipo dei due ex-serpeverde. Draco era al limite, si sentiva in gabbia.

Credeva di essere finalmente libero, di avere finalmente la possibilità di decidere per se stesso, invece le sue ali erano state ancora una volta brutalmente tarpate dalla realtà.

Era dura pensare di essere di nuovo sotto il controllo di qualcuno, tra l’altro, della sua futura moglie.

Era stanco di dover piegare il suo volere sotto quello di altri, del destino.

Perché con l’unica volta che aveva ceduto alle noie di Pansy, se l’era ritrovata in cinta e più petulante che mai. E non la sopportava già più, perciò si può solo immaginare come stesse al pensiero di doversela sorbire, per il bene supremo, cioè quello di suo figlio, per tutta la vita.

Insomma, un altro mese era passato, e lui aveva già ripetuto a Blaise almeno una ventina di volte, sotto ovvio effetto di alcolici e di un paio (forse un po’ di più) di canne di troppo, quanto Grace gli mancasse, quanto l’amasse, quanto odiasse Pansy e quanta paura avesse nel dover diventare padre così giovane.

Ma, nonostante tutto, ora era lì, nella sua stanza a Malfoy Manor, a cercare invano di farsi il nodo al papillon di raso blu scuro. Era un maestro in queste cose, normalmente, ma quella mattina tutto sembrava non andare come doveva, come se qualcuno bramasse la malriuscita delle nozze e stesse riuscendo col solo malocchio a far cadere la strastudiatissima festa di Pansy nel caos più totale. Lei si era data anima e corpo alla preparazione così affrettata delle nozze, voleva entrare nel bellissimo abito che aveva visto in una vetrina prima di diventare una balena ambulante, come aveva detto lei.

Eppure tutto, a partire dal papillon ribelle per finire col cielo nuvoloso che minacciava pioggia da un momento all’altro, sembrava dover andare storto quel giorno.

Preda di un moto di stizza, lanciò lontano il cravattino, contro il muro, e si slacciò i primi bottoni della camicia, sedendosi sul suo enorme letto, vuoto e sfatto, passandosi una mano tra i capelli e stringendosi un ginocchio con l’altra.

Ripensò con nostalgia a quella della divisa, di camicia, che aveva conservato gelosamente.

Lei, la sua indimenticabile Grace, la adorava, adorava mettersela per annusare costantemente il suo profumo, che la faceva sentire protetta.

Lei, che l’ultima cosa di cui necessitava era la protezione da parte di altri, voleva sentirsi accudita dal

profumo deciso e forte che trovava sempre nella sua camicia.

In quella che indossava ora invece, per quanto fosse di perfetta seta, di un bianco sfolgorante e di pregiatissima fattura, non aveva addosso nessun profumo, e soprattutto non sapeva di lei, del suo bagnoschiuma alla menta o del suo shampoo alle more.

Non era quel capo di una banale divisa di scuola, che lei gli aveva mille volte rubato e mille volte restituito col proprio profumo impregnato nelle fibre.

Fu quasi tentato di strapparsela di dosso, ma non lo fece. Solo, la sbottonò di più, e prese a fissare quell’irregolare segno che stava, ora e sempre, sul suo cuore, a ricordargli una promessa e un amore.

Giugno, la guerra si è appena conclusa con la vittoria del giovane Harry.

Silente chiama Draco nel suo ufficio, e lui, da bravo soldato quale è, nonostante sia stanco e debilitato, lo raggiunge nella stanza.

-Prego, signor Malfoy, si sieda, non ci vorrà molto. – il viso disteso e sereno del preside lo convince a sedersi.

-Ora che tutto è finito, ragazzo, puoi smettere di fingere. Puoi abbassare la maschera, e farti vedere agli occhi di tutti, anche dei grifondoro, per quello che sei davvero. Dopo la prova di te che hai dato in battaglia, tutti sarebbero disposti ad averti come amico. Non hai più una missione da portare avanti, non sei più una spia, sei solo un ragazzo di 18 anni, e come tale voglio che tu viva d’ora in poi. – cominciò il mago, sedendosi alla scrivania e guardandolo negli occhi. Draco sospira, ha capito.

-Professore, lei mi sta proponendo, molto velatamente, di tornare da Grace e dai suoi amici? – chiese il biondo, stanco. Silente annuì, quasi distrattamente, la mente rivolta ad altro.

-Sì, lo vorrei davvero, perché entrambi meritereste di vivere nell’amore, e non nel dolore della separazione. Ma so già che è una preghiera vana, so già che le hai detto addio. O sbaglio, Draco? – gli occhi azzurri che brillavano nella speranza di fargli cambiare idea.

-Non sbaglia professore, non sbaglia mai. Non posso dire che non faccia male, ma è meglio per tutti se me ne sto per i fatti miei. Le ho fatto troppo male, perfino più di quando la odiavo, semplicemente amandola. E lei, invece di abbandonarmi come avrebbe fatto chiunque, ha sopportato in silenzio, e nel mezzo della battaglia, avrebbe sacrificato se stessa pur di salvarmi. Ha trascurato tutto il resto, pur di darmi quella pozione così pericolosa, che l’avevo pregata di non fare più. Le ho provocato solo dolore, è ora che la lasci vivere in pace. –

mai come in quel momento Silente avrebbe voluto essere uno spione pettegolo, e poter dire che Grace aspettava un bambino e aveva un disperato bisogno di amore in quel momento. Ed era fierissimo di quel ragazzo, e di quanto fosse maturato in quei mesi.

-Sappi che quella pozione che tu hai avuto, quel giorno, l’ha fatta l’ultima volta a casa dei Tonks, quando ha curato tua madre, e da allora non l’ha più prodotta, nemmeno una goccia. L’aveva conservata per poterla usare un giorno, in caso di estrema necessità, è sempre stata una ragazza previdente. –

Il ragazzo sgranò gli occhi, stupito.

-Lei sa di quello che ha fatto Grace per mia madre? –

Silente sorrise furbo.

-Certo che sì, io e Cissy parliamo spesso di te, da quando si è liberata dall’influsso maligno del marito. Mi ha detto tutto quello che sapeva di Grace, e di quanto l’apprezzi come donna. E poi, dopo la battaglia, Grace è venuta qui prima di te, per parlare, per sfogarsi più che altro. Non posso riferirti quello che mi ha detto in via confidenziale, sappi solo che non ha infranto nessuna promessa, quello che tu hai avuto è stato semplicemente il suo ultimo dono per te. –

Il ragazzo abbassò gli occhi, confuso ma sollevato che la strega non avesse più messo a repentaglio la sua vita in quella maniera, anche se poi l’aveva rischiata in ben altri modi.

-Ho solo un ultima domanda. –

-Falla. –

-La pozione di Grace mi ha guarito completamente in pochissime ore, e non è rimasta nessuna traccia delle ferite superficiali, meno che questa. – rispose il biondo, sbottonandosi la camicia e facendo vedere al preside una bianca linea irregolare e storta che spiccava sul petto, sul cuore.

-Perché questa è rimasta? – il preside sorrise, enigmatico, fiero, orgoglioso.

-Perché la ferita che ha provocato quella cicatrice era più emotiva che fisica. Il tuo cuore batteva per lei, e quando è stato trafitto dalla separazione, e sfiorato dalla maledizione, è stato poi sanato dalla sua presenza e dalla pozione, ma la consapevolezza di doverla, da quel momento in poi, amare solo da lontano, la paura di non averne più la forza, ha impedito alla magia di far sparire quel segno del tuo dolore. Insomma Draco, se tu avessi dimenticato Grace e quello che provi per lei, ora non avresti traccia dell’ultima battaglia sul corpo, mentre lì, il tuo cuore ti ricorda quello che la tua mente vorrebbe scordare. Una cicatrice a memoria dell’amore, quasi un dejà vu, non credi? –

Il preside aveva alluso a Harry, alla sua saetta sulla fronte.

Draco aveva sofferto le pene dell’inferno, trafitto da mille lame e spilli invisibili.

Aveva sentito la vita scivolargli via dalle mani, in quel momento, steso sul pavimento gelido e coperto del suo sangue, della sala grande, durante la battaglia finale.

Ma il suo più grande rimpianto, mentre credeva di morire, era di non poter dire a Grace, la sua Grace, quanto ancora l’amasse. Capiva bene perciò, come mai fosse rimasta quella piccola crepa nel suo impeccabile e scolpito petto, nel suo cuore pulsante e fiero. L’amore gli aveva lasciato un segno, aveva reso la memoria di se stesso immortale.

TOC TOC TOC!

-Ehi, sposino, che fai, sogni ad occhi aperti, o ti sta venendo un infarto? –

Il solito Blaise aveva fatto irruzione nella stanza, e l’aveva beccato in trans sul letto, con una mano a sfiorarsi la cicatrice. L’aveva guardato con occhi vacui, e lui aveva intuito cosa non andasse.

-Draco, se non sei sicuro non dovresti farlo. Il matrimonio non è fondamentale per amare un figlio, potresti essere un buon padre anche senza sposarne la madre. – disse il moro. Il biondo sospirò, coprendosi gli occhi con una mano.

-Sono un Malfoy, Blaise, l’onore prima di tutto. Non lascerò un figlio bastardo in balia di quella pazza di Pansy, ne andrebbe del mio onore di uomo e purosangue. – disse risoluto il ragazzo, alzandosi in piedi.

POP!

I ragazzi scattarono indietro, mano alla bacchetta, sentendo vicinissimo alle orecchie il familiare rumore di una smaterializzazione. Per poi abbassarle, stupefatti, nel rendersi conto di chi avevano davanti.

Harry Potter li guardava con ansia nelle iridi di giada, cercando le parole per iniziare il suo discorso.

 

………………………………………

 

Qualche ora prima….

Dafne Greengrass stava riordinando le cartelle cliniche dell’ultimo mese. Era uno dei lavori che le medimaghe assegnavano alle novelline, alle praticanti dell’università magica. Stava quindi risistemando l’archivio, quando un nome familiare catturò il suo sguardo, su una cartella clinica recente, del mese scorso. Pansy Parkinson. Doveva essere il test di maternità con le dovute analisi, in seguito al quale Draco le aveva chiesto di sposarlo.

Anche se era un invasione della privacy bella e buona, e per di più illegale, Dafne aprì la cartella, ufficialmente, per verificare in quale sezione dell’archivio dovesse sistemarla, ufficiosamente perché Draco era un suo amico ed era un po’ curiosa, era pur sempre un’ ex serpeverde, il rispetto delle regole non era una priorità.

E un segno in rosso spiccava mostruosamente nella prima pagina.

Dafne non poteva credere a quello che aveva letto. Aveva fotocopiato il tutto, e come un razzo era corsa a casa.

Tutta trafelata era andata da Harry, e gli aveva riferito tutto. Harry era furioso, ma sapeva anche cosa doveva fare.

Si era smaterializzato a casa Malfoy, direttamente nella sua stanza, sapeva che era il giorno del suo matrimonio, e che quindi non aveva molto tempo. Aveva trovato sia lui che Blaise, che spaventati e sull’attenti gli avevano puntato la bacchetta contro.

-Potter, accidenti! Che diavolo ci fai in camera mia, non lo sai che oggi mi sposo? Lasciami preparare in pace! – aveva sbraitato il biondo, appena ripresosi dallo shock.

-È proprio perché lo so che sono qui. C’è una…anzi, diverse cose che devi sapere prima di sposare quella donna. – rispose sicuro Harry. Fu allora che Draco notò i fogli che il ragazzo aveva in mano.

-Cos’è quella roba, Potter? – chiese infatti, indicando la busta. Harry gliela porse.

-È la prova che stai per sposare una bugiarda. –

Draco non capiva. Aprì la busta, e notò che era una fotocopia degli esami che la sua fidanzata aveva fatto il mese scorso per sospetta gravidanza. Ma in rosso, grande e in grassetto, al centro della pagina stava scritto chiaramente:

TEST DI MATERNITA’ : NEGATIVO

DIAGNOSI: INTOSSICAZIONE ALIMENTARE

-INTOSSICAZIONE ALIMENTARE?!? – urlò Draco, balzando in piedi.

-E io mi starei per sposare con quella racchia per un’intossicazione alimentare? Quella stronza, bugiarda! Voleva incastrarmi con una finta gravidanza! Io la uccido! – urlò il biondo, fuori di se dalla rabbia, passando il foglio a Blaise.

Il moro lesse, poi guardò Harry, che non sapeva come informare l’altro ragazzo che le notizione non finivano lì. Così tossicchiò, richiamando ancora l’attenzione di Draco, che smise di camminare frenetico per la stanza.

-Non dirmi che c’è dell’altro, Potter! –

-Veramente sì, ma Pansy non c’entra. Riguarda Grace. –

-Grace? Perché, che le è successo? Niente di grave spero! Sta bene? – chiese in ansia Draco.

-Benissimo, solo che è incinta, e ti assicuro che lei lo è davvero, dice che quando si guarda allo specchio si immedesima con una mongolfiera. – disse Harry, grattandosi la nuca e ridacchiando.

Draco aveva sbarrato gli occhi e spalancato la bocca, indignato.

-INCINTA??? E CHI SAREBBE QUEL BASTARDO CHE HA OSATO METTERLA INCINTA?? DIMMELO CHE LO UCCIDO!!! SEI STATO TU, POTTER?? – urlò il biondo saltandogli quasi alla gola.

Harry si ritrasse all’indietro, ridacchiando con Blaise.

-Ma che dici Malfoy! Io sono felicemente fidanzato con Dafne, grazie alla quale hai tra le mani le analisi della Parkinson! Il bastardo che l’ha messa incinta sei tu, non io! -

Disse Harry. Draco ricadde ancora sul letto sconvolto. Boccheggiò un paio di volte, aprendo e chiudendo la bocca senza emettere suoni, guardando prima Blaise, che annuiva con la testa, il bastardo lo sapeva già, e poi Potter che sorrideva soddisfatto.

-Ma cosa… come…non è possibile…non ho rapporti con Grace da mesi… - farfugliò il ragazzo, sotto shock.

-Più precisamente da marzo, Malfoy. È al nono mese, tra qualche settimana è previsto il parto. – precisò Harry.

Il biondo alzò lo sguardo, interrogativo.

-E da quanto lo sapeva? E perché cazzo non me l’avete detto prima? Aspetta un figlio mio e lo sapete tutti tranne io? – urlò ancora, incazzato nero.

I due mori alzarono le braccia in loro difesa, a loro discolpa.

-Non è colpa nostra, Dray. Io te l’avrei detto anche subito, ma Grace ce l’ha impedito, e il perché devi chiederlo a lei. –

Spiegò Blaise. Draco balzò ancora in piedi.

-Portami da lei Potter, devo chiarire subito. –

-Veramente ora dovresti essere all’altare, Malfoy. –

-Giusto! Andiamo in chiesa prima. –

Detto questo, così com’era, senza giacca ne papillon, lui e gli amici uscirono dalla stanza, diretti in chiesa.

Il biondo piombò lì come una furia, spalancando le porte della chiesa romanica e terrorizzando tutti gli invitati, gia seduti ai banchi. Andò spedito dalla madre, che lo guardava spaventata.

-Cosa succede Draco? Come mai non sei ancora pronto? Fra poco Pansy sarà qui. – disse Narcissa, alzandosi in piedi, preoccupata.

-Ascoltatemi tutti! Mi dispiace avervi fatto scomodare, ma questo matrimonio è una farsa! –

-Draco! Cosa dici? Non puoi farmi questo, non ora che è tutto pronto! –

Pansy era appena arrivata davanti alle porte, giusto in tempo per sentire le parole del biondo. Lui divenne rosso di rabbia e si catapultò al centro della navata.

-Tu sei solo una bugiarda, Pansy! Hai capito che volevo lasciarti e hai fatto finta di essere incinta per legarmi a te per sempre! Cosa avresti fatto poi? Eh? Avresti finto un aborto? Ma sì, tanto ormai saremmo stati sposati, cosa te ne importava di mentirmi! –

urlò Draco alla ragazza, la quale prese a piangere, sciogliendosi tutto il trucco sulle guance.

-Vuoi andare da quella là, vero? – chiese Pansy, rabbiosa.

-Almeno una cosa l’hai capita, allora. Giuro che se non potrò stare con lei, ti verrò a cercare e te la farò pagare. Hai capito? – fece adirato il biondo. Lei assentì con la testa, poi cadde sulle ginocchia, coprendosi il viso con le mani, piangendo lacrime amare.

-Signori, il matrimonio è annullato. Vi prego di perdonarmi, e di approfittare comunque del banchetto organizzato per l’occasione, per compensarvi di avervi fatto scomodare fin qui senza motivo. Arrivederci. – disse Draco, prendendo sottobraccio la madre e sparendo nel nulla.

Tornarono tutti e quattro, Narcissa, Draco, Harry e Blaise, al Manor. Poi Harry li portò tutti alla villa dove viveva con Grace e gli altri.

-Ecco Malfoy, noi viviamo qui. Ti faccio strada, con un po’ di fortuna non sarà ancora uscita. –

disse Harry, cercando di aprire la porta con le chiavi. Ma poi mosse la maniglia e si accorse che la porta era gia aperta. Preoccupato entrò, seguito da Blaise e Draco. Salì le scale, sentendo qualcuno che rovistava nella stanza di Grace. Pensando che fosse un ladro, saltò nella stanza, bacchetta alla mano, urlando:

-Chi va là? –

-Aaahhhh!! Oddio, Harry! Mi hai fatto prendere un colpo! –

-Hermione? Ma che diavolo ci fai qui? –

-Meno male che sei arrivato! A Grace si sono rotte le acque, ringrazio il cielo che qui a casa c’era Dafne, che l’ha portata subito al SanMungo. Mi ha chiamato per prepararle la borsa e… Malfoy?!? Che diavolo ci fai TU qui? –

La riccia stava spiegando a uno stralunato Harry cosa fosse successo, quando si era vista Malfoy sbucare nella stanza dal nulla.

-Hai detto che sta partorendo? Oh cazzo! Andiamo Potter, mio figlio sta nascendo in questo momento, muovi il culo! E tu, Blaise, porta mia madre all’ospedale e spiegale tutto, per favore! – abbaiò Draco, smaterializzandosi poi al SanMungo.

-Ma Harry, gli hai detto tutto? Grace ti ucciderà! – strepitò Hermione, finendo di comporre la borsa per l’amica.

-Ti spiego tutto dopo, Herm, ora dobbiamo andare. – disse il moro, e anche lui, con la riccia, se ne andarono all’ospedale, mentre Blaise recuperava Narcissa e li seguiva.

 

………………………………………………

 

POP!

Draco, appena comparso nella hall, correva come un forsennato verso la reception dell’ospedale.

-M-mi scusi, sto cercando Grace Parker, sta partorendo, dove la trovo? –

chiese, emozionato, ad una signora bassa e tarchiata, coi capelli rossi e un viso paffuto che stava dietro il bancone. Quella alzò lo sguardo da alcuni moduli, scocciata.

-Terzo piano, maternità, stanza 102. Sta attendendo lì. – disse con voce nasale l’infermiera.

-Grazie mille. –

urlò il biondo, correndo verso le scale dell’edificio. Le fece tutte d’un fiato, rimanendo poi spompato, ma aveva tanta adrenalina nel sangue da non esserne cosciente. Trovò in sala d’attesa Dafne che mandava, sotto ordine di Grace, gufi a tutti i suoi familiari, dicendo loro che stava avendo il bambino. Le disse appena ciao, cercando di infilarsi subito nella stanza 102, ma un infermiera lo bloccò.

-Fermo là, signore! Chi è lei? – chiese la ragazza, un bel caschetto di capelli castani e i vispi occhi neri che lo fissavano interrogativi.

-La dentro c’è la mia donna, e sta partorendo mio figlio! Voglio vederla, mi faccia passare! – disse il biondo, cercando di scavalcarla.

Ma la ragazza guardò la cartella che aveva in mano, e fece di no con la testa.

-La cartella dice che ha dichiarato di essere single. Ora chiedo alla signorina Parker se è il caso che la veda. – disse la mora, entrando nella stanza.

-Signorina Parker, c’è qui fuori il padre del bambino che dice di volerla vedere, lo faccio entrare? – chiese cordiale l’infermiera, ad una Grace sudata e dolorante, paonazza in viso.

-Il…il padre? No, starà parlando di Harry…moro…occhi verdi… e degli AAHI!... strani occhialetti tondi? – chiese ansimante la ragazza, interrompendosi per una contrazione.

-No no, al contrario! Capelli biondi molto chiari e occhi grigio-azzurro, e dice di essere il padre. È vero? –

‘Oh mio Dio! È Draco! Cosa diavolo ci fa qui?’

-Allora, è vero? –

-Sì, ma non…. –

Un Draco parecchio trafelato passò in quel momento dalla porta.

-…lo faccia entrare. – concluse Grace, le mani strette sul tessuto del vestito premaman, le contrazioni sempre più frequenti e dolorose.

Draco rimase senza fiato. La donna era effettivamente incinta, testimone il pancione enorme, il viso rosso dal dolore. Solo in quell’istante si rese veramente conto di quello che significava quel momento: prima ancora di quanto sie era abituato a pensare, stava per diventare padre, e la madre era la sua Grace. Anzi, solo Grace, loro non stavano più insieme.

Lei lo guardò, spaventata e incredula.

-Cosa diavolo ci fai qui? Te l’hanno detto vero? Aaahhh! ….Chi è stato? Gli stacco la testa dal collo! È stato Blaise, vero? –

-No, Potter. Perché non me l’hai detto? Dimmelo, quando ti ho lasciata quel maledetto giorno, lo sapevi già? Rispondi. – disse invece il biondo avvicinandosi e riprendendo fiato.

Lei distolse lo sguardo, stringendo poi forte le lenzuola e le palpebre, per via dell’ennesima contrazione.

-Rispondi!- ripetè esasperato il ragazzo.

-Sì, sì, maledizione, sì!! Dovevo dirtelo quel giorno, ma tu…tu…OH CAZZO! VOLETE MUOVERVI??? QUI STA NASCENDO, NON RESISTO PIU’!! – aveva iniziato Grace, interrompendosi per urlare alle infermere di intervenire.

-Io cosa, accidenti! Dimmelo Grace, perché non me l’hai detto? –

-Mi hai piantata! Mi hai lasciata e non potevo tenerti con me solo perché incinta! Non sono quel tipo di donna, Malfoy! Lo sai meglio di me! –

urlò Grace, bordeaux dallo sforzo di non spingere e non peggiorare la sua situazione. Lui rimase zitto per un secondo, poi si avvicinò ancora, ora poteva sfiorarle una mano.

-Dovevi dirmelo comunque, avevo il diritto di saperlo se sono suo padre. –

-Se? È ovvio che sia tuo…ti sono sempre stata fedele e poi…tu stai con Pansy, ma io sono sola, dopo di te…non ho potuto frequentare più nessuno…non si scorda facilmente chi ti lascia un figlio da crescere… - disse Grace, vagamente delusa dal fatto che lui potesse dubitare della sua integrità morale.

Lui si passò una mano tra i capelli, sbuffando un ‘che casino!’. Poi le prese una mano tra le sue.

-Devo spiegarti com’è andata, devi sapere perché ti ho lasciata. –le disse. Una medimaga fece irruzione nella stanza, controllando la situazione di Grace.

-È pronta, presto portatela in sala parto. – disse alle infermiere.

-No, aspettate, devo dirle una cosa! –urlò Draco, vedendosela portare via.

-Gliela dirà dopo il parto, a meno che non voglia assistere. – disse l’infermiera di prima, sorridendogli.

Fu così che Malfoy, provvisto di orribile camice e cappellino sterilizzati verdi si avviò alla volta della sala parto.

-YYAAAAHHHHHHH! PORCA PUTTANA! SE TI PRENDO TI AMMAZZO, MALFOY, E’ TUTTA COLPA TUA!! – urlava Grace, con tutto il fiato che aveva in gola.

-Non spinga signorina, aspetti ancora qualche istante, si trattenga. – diceva l’ostetrica.

-Ci sto provando… - mugugnò Grace, ansimando pesantemente.

Draco si avvicinò titubante. Grace gli afferrò una mano, sentendo il bisogno di avere qualcosa da stringere, e gliela stritolò. Lui a stento evitò di bestemmiare dal male, ma non era minimamente paragonabile al dolore di lei, e quindi si trattenne.

-Lei è il padre? –

-Sì, sì sono io. –

-Beh, la distragga. Manca poco, ma non deve ancora spingere. –

-AAAAAAAHHHH!! TI ODIO, TI ODIO, TI ODIO! – la ragazza se ne approfittava per sfogarsi.

-Ascolta Grace, non ho deciso io di lasciarti. Pansy ci aveva scoperti, e minacciava di denunciarci a mio padre. Non potevo lasciarle fare questo, saremmo già morti entrambi, capisci? –

-Certo che capisco! Sto partorendo ma non mi sono rincoglionita! E…e perché diamine non mi hai spiegato tutto? Avrei capito, accidenti! Mi sarei risparmiata tanto dolore, ti odio! – gli strillò Grace, stringendo ancora di più la mano. Lui sospirò.

-È il momento, ragazza, spingi! – disse la medimaga.

-GGHHHYAAAAAAAAAHHH! – fiumi di sudore, urla disumane e atroce dolore. A Draco sembrava di essere finito all’inferno.

-Brava, ora aspetta un paio di minuti, poi spingi ancora, ok? Ora respira come ti hanno insegnato al corso preparto. –

-V-va bene…  uf, uf, uf….-

-Io ti amo, Grace, ho sofferto come un cane a doverti lasciare, ma se avessi saputo del bambino-

-Bambina…-lo interruppe Grace.

-Beh, non ti avrei mai lasciata. Ti amo troppo Grace, e voglio crescere nostro figlio con te.-

-Spinga! –

-Ah-aaaahhhh!! ODDIIIOOO! AAARRGHH! –

-Vedo la testa! Ancora un piccolo sforzo…spinga! –

-AAAAAAAHH! ………….Anf…anf… -

-UUUUUUEEEEHHH!UUAH-UEEEHHHH! – un pianto disperato, di bambino.

-Congratulazioni, ragazzi, siete appena diventati genitori di una bellissima bambina! – disse la medimaga, porgendo la piccola all’infermiera, perché la lavasse e pesasse.

Grace fece un sorriso, stanco ma soddisfatto. I capelli erano biondi dalla gioia di avercela fatta, anche se pallidi come lei.

-Lo sapevo…che era una femmina...me lo sentivo…al diavolo i medici, avevo ragione io! – esclamò Grace, ridacchiando, la mano ancora stringeva quella di Draco.

Lui si abbassò, accarezzandole la testa, stringendo a sua volta la mano ora abbandonata nella sua, stanca.

E le sorrise.

Uno di quei sorrisi che nella sua vita aveva dedicato solo ed esclusivamente a lei.

La ragazza, distrutta dallo sforzo, si godette quella vista per un po’, prima di vedere che l’infermiera le stava portando sua figlia.

Allargò le braccia, accogliendo la sua bambina, avvolta in una copertina rosa, che agitava le braccine paffute e gridava come un’ossessa. Non appena l’infermiera l’ebbe depositata tra le braccia della madre, la piccola smise di urlare e piangere e spalancò gli occhioni sul viso della ragazza. Lei le sorrise, commossa fino alle lacrime, accarezzandole una guancia con un dito.

-Ehi, piccola…sono la mamma, non devi piangere…sei bellissima, tesoro mio…- disse Grace, le lacrime che scorrevano libere sulle guance pallide.

Draco era rimasto paralizzato. Lì, tra le braccia di Grace, stava sua figlia. Un esserino che si sbracciava e emetteva versetti strani, succhiando il dito della madre, probabilmente affamata. Aveva intravisto un ciuffetto di capelli biondissimi, quasi bianchi, sulla testolina della neonata. E guardandola in viso, potè notare come gli occhioni fossero di un’annacquato blu scuro, le sopracciglia pressoché inesistenti corrugate.

-È il mio capolavoro, Draco, ed è anche tua figlia…vuoi prenderla in braccio? – gli chiese Grace, sorridendogli dolcemente.

-Veramente io…non vorrei farle male, non ho mai tenuto in braccio un neonato…- si scusò Draco.

-È normale avere paura all’inizio, Draco. Ti sembra di avere fra le braccia un esserino di cristallo, e si ha timore persino di toccarlo e poterlo ferire. Ma sei suo padre, e se è vero che vuoi aiutarmi a crescerla, dovrai pur imparare a tenerla in braccio, non credi? – rispose Grace, comprensiva.

-V-va bene. –

-Siediti qui. – la ragazza fece posto sul letto.

Draco si sedette, col cuore in gola, emozionato. Lei pose delicatamente la piccola tra le braccia del ragazzo, sistemando la testa per bene in modo che fosse sorretta. Il biondo era un po’ rigido e teso, e la bimba parve percepirlo, perché diede segno di voler ricominciare a piangere. Grace ridacchiò: il biondo poteva affrontare di tutto, suo padre, Voldemort, ma non sua figlia.

-Sente che hai paura, Draco. Rilassati. – gli disse. Lui sembrò calmarsi, e la piccola si rilassò a sua volta, guardandolo curiosa.

-Dio…è bellissima…- Grace sorrise felice.

-Allora, signorina, come la vuole chiamare? – chiese un infermiera, che compilava la cartella della neonata.

-Delia. Delia Cassandra. –

-E il cognome, quale devo scrivere? –

-Malfoy. – rispose tempestivamente Draco, stupendo Grace. Lui le fece un ghigno.

-Dicevo sul serio Grace, voglio prendermi cura di voi e sposarti, non ti abbandono più. –

-E come la metti con Pansy e suo figlio? –

-Non esiste nessun figlio, Pansy mi ha ingannato, e ho mandato a monte le nozze. È solo te che voglio, te e nostra figlia. – disse deciso Draco, guardando ancora la sua bellissima Delia, che gli fece l’onore di succhiargli affamata il dito indice.

-Ah. Va bene, allora, scriva pure Malfoy, infermiera. – disse allora Grace ad una commossa ragazza bruna.

Pochi secondi dopo, Grace era svenuta.

-Grace? Grace, tesoro, che hai? – chiese allarmato Draco. La medimaga accorse subito.

-Accidenti, ha un’emorragia! Presto, portate una sacca di sangue! Esca lei, presto! – urlò la donna, cacciando il biondo dalla sala e riprendendosi la piccola, che aveva preso a urlare come una pazza.

 

…………………………………………………..

 

Draco era stato sbattuto fuori dalla sala parto, nel corridoio dove tutti aspettavano di sapere qualcosa. Narcissa, Harry, Blaise e i genitori di Grace gli furono subito addosso sommergendolo di domande. Scoprì che mentre erano fuori ad aspettare, Blaise aveva raccontato a tutti tutta la storia, e in modo molto dettagliato.

-Allora come sta il bambino? E Grace, come stanno? – chiese in ansia la madre della ragazza.

-Bambina, è una femmina, l’abbiamo chiamata Delia, Delia Cassandra Malfoy, suona bene eh? Lei sta bene, ma… a quanto pare Grace ha avuto una complicazione e mi hanno cacciato via! Hanno detto che ha perso troppo sangue… - disse il biondo, straparlando un poco per via della tensione.

Piombò il più cupo dei silenzi, preoccupazione allo stato puro si respirava per tutto il corridoio.

Dopo quasi un’ora, la porta della sala si aprì di nuovo, e il viso serio della medimaga era apparso sulla soglia. Draco le fu subito addosso.

-Cos’è successo, come sta Grace? – chiese immediatamente. La donna sbuffò.

-Bene, ora sta bene. Aveva un’ emorragia grave, e avrei giurato che non ce l’avrebbe fatta, ma poi, come se nulla fosse, le ferite le si sono chiuse da sole. Abbiamo solo dovuto darle del sangue, perché ne aveva perso un bel po’, ma per il resto ha fatto tutto da sola. L’abbiamo già portata in stanza, camera 110. Mentre la piccola è gia al reparto neonatale, potete vederla anche subito, invece la madre deve riposare e potrete vederla verso le sette, a orario di visita, perché ora deve tassativamente riposare. – disse la donna, sorridendo materna a Draco.

 

Un sospiro di sollievo generale si sparse per metà ospedale. Tutti si precipitarono a vedere la piccola, compreso Malfoy, che aveva tutte le intenzioni di vantarsi con tutti di quanto fosse bella sua figlia.

E quindi si vide la più grande famiglia del secolo, compresa di parenti e zii acquisiti, tutta accalcata contro i vetri della sala neonatale.

-Qual’ è? Fatemela vedere, accidenti! – si lamentò Ron, appena arrivato, che cercava invano di superare le teste per vedere la bimba.

-Guardate! Che carina, si succhia il pollice! – diceva Hermione, stringendo il braccio di Micheal con occhi brillanti. Lui si preoccupò: non è che ora ne voleva uno anche lei, vero?

-È tutta suo padre, Draco lo ha fatto per un sacco di tempo. – disse Narcissa, con le lacrime agli occhi, commossa.

-È…è così piccola…quanto pesa? Ha delle manine minuscole, hai visto Blaise? – fece Harry al moro, stupefatto di quanto sembrasse fragile e delicato quell’esserino tutto rosa aldilà del vetro. Dafne sorrise, allegra.

-Pesa tre chili e due etti, è bella in carne ed è sana come un pesce. Grace ha fatto un lavoro eccezionale, bisogna ammetterlo. – disse al fidanzato la giovane apprendista medimaga.

-Ha preso tutto da me! Ha anche un aria vispa e intelligente, tutta lo zio Blaise! Non è vero piccola? Guarda, mi ha anche sorriso! – si era esaltato Blaise. Draco gli diede uno scappellotto.

-Non ti illudere, se è intelligente è solo perché è figlia mia e di Grace! Non credo proprio che tu abbia contribuito al suo patrimonio genetico, o sbaglio? –

chiese il biondo, con la pulce nell’orecchio, facendo scoppiare tutti a ridere. Dopo questa constatazione, il biondo diede un ultimo sguardo alla figlia, che riposava beata, sorridendo. Poi se ne andò. Anche se in teoria non poteva, lui voleva vegliare su Grace, non gli piaceva lasciarla sola, non dopo essere stato costretto a farlo per interi mesi contro la sua volontà.

-Dov’è finito Draco? Volevo fargli le mie congratulazioni! – chiese ad un certo Christopher, il padre di Grace. La moglie sorrise.

-È sicuramente da Grace. – disse la donna, stringendo il marito in un dolce abbraccio.

‘Hai fatto miracoli, piccola mia, sono fiera di te.’ Pensò la medimaga, mentre i suoi figli maggiori insistevano col dire che la piccola assomigliava a uno o all’altro. Che zii squinternati che si ritrovava la bambina!

Draco era entrato piano nella stanza, luminosa e calda. Grace giaceva nel letto dalle candide lenzuola, il viso un po’ tirato ma di un colore roseo piuttosto sano. Sembrava dormire tranquilla, e aveva un dolce sorriso appena accennato che aspettava solo di allargarsi sulle sue labbra. Si avvicinò lentamente al letto, sedendosi poi sulla sedia li accanto. Le prese una mano. Ma la porta si aprì di scatto.

-Che strano, avrei giurato di aver visto un ragazzo entrare qui, poco fa…mah, sarà la stanchezza… - disse l’infermiera, non trovando nessuno da cacciare fuori a parte la ragazza addormentata.

Non appena la porta si fu chiusa, un bellissimo gatto bianco con degli spettacolari occhi grigi fece capolino da sotto il letto, saltando poi sulla sedia.

-Bel trucchetto, tesoro, astuto come tuo solito e sempre impegnato a infrangere le regole, eh? – disse ridacchiando Grace, vedendolo tornare uomo.

Aveva quasi dimenticato quanto fosse bello, quel ragazzo. E con quella camicia mezza sbottonata, i capelli arruffati e sconvolti, Grace non potè fare a meno di ammutolire in contemplazione di quello che era tornato il suo uomo. A meno che non fosse stata un’allucinazione da stanchezza, ricordava di avere fatto pace con lui prima di svenire. A sostegno della tesi, lui le prese una mano tra le sue, baciandole dolcemente il dorso. Le gli sorrise.

-Sei padre da poco più di un’ora e ti stai già rammollendo? Non dirmi che toccherà a me fare la parte della dura, con nostra figlia! – disse Grace, scherzosa, ridendo con lui, ora più rilassato.

-Se accetterai di sposarmi, farò tutto quello che vuoi, dovrai soltanto chiedere. – Grace si zittì, stupita.

-C-come? –

-Hai capito bene. – fece Draco ghignando. Tirò fuori dal taschino un anello d’oro bianco. Due serpenti si attorcigliavano tra loro, fino a fondersi, gli occhi di smeraldi.

-Questo era l’anello di mia madre, me lo ha appena consegnato, ce lo tramandiamo noi Malfoy quando chiediamo in sposa una donna, ed è con questo e il mio cuore in mano che te lo voglio chiedere, Grace: vuoi sposarmi? –

chiese Draco, con occhi speranzosi. Grace scoppiò a piangere, tanto che lui si preoccupò che la risposta fosse no. Ma poi la ragazza gli saltò al collo.

-Sì, sì e ancora mille volte sì! Oddio, spero proprio che non sia un sogno, perché non mi voglio svegliare! – urlò la strega, al settimo cielo. Draco ridacchiò sollevato, stringendola forte.

-Non temere Grace, non è uno dei mille sogni che ho fatto in questi mesi, è tutto vero…tutto finalmente, e meravigliosamente vero… - disse il biondo, guardandola negli occhi.

E finalmente, dopo nove mesi d’attesa e tormento, le labbra si riunirono. Si toccarono come alla riscoperta l’uno dell’altra, si incastrarono come fossero fatte apposta per questo, come fossero complementari tra loro, le lingue si accarezzarono bramose di sentire di nuovo il sapore dell’altro.

Non dovevano più combattere, mentirsi, separarsi, torturarsi guardandosi da lontano fino a morirne.

Erano di nuovo insieme, e non esisteva più nulla in grado di separarli.

Erano una famiglia.

 

 

 

Antro dell’autrice

Saaalveee! Uff, che fatica, alla fine ce l’ho fatta, ecco il capitolo che segna la fine delle peripezie di Grace e Draco, finalmente lui sa, e la bimba è nata.

Grace: Era ora, cribbio, mi hai fatto penare come una dannata, dovrebbero farmi santa dopo questa storia!

Draco: E io allora? Ho saputo di Delia solo alla nascita! Questa donna è il diavolo, altro che Voldemort!

Delia: Gah! Uahh!

Nami: Eh-ehm -.- dopo questi interventi fuori luogo, posso andare avanti?

Dicevo, prossimamente pubblicherò un epilogo, con cui soddisferò eventuali curiosità per il futuro di questa banda di folli.

Sono sicura che una lettrice in particolare starà esultando perché finalmente l’ho accontentata e le ho fatto sapere la reazione di Draco (vero, lady lululu? ^.^)…quindi siamo agli sgoccioli…dovuti ringraziamenti e risposte saranno ampiamente elargiti nel prossimo e ultimo Antro dell’autrice.

Un BACIO enorme a chiunque abbia avuto il coraggio di arrivare fin qui! Grazie!

Firmato: Nami l’autrice insonne

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Capitolo 30
*** Lesson 30(Epilogo): Generazione di Fenomeni ***


Lesson 30 (epilogo) Generazione di Fenomeni

LESSON 30 (EPILOGO): GENERAZIONE DI FENOMENI

 

-Tesoro, se non ti spicci non sarai mai pronto per l’arrivo degli ospiti, lo sai vero? –

Grace Amelia Parker in Malfoy, 33 anni, usciva in quel momento dal bagno, sorridendo ironica. Un bellissimo vestito lilla fasciava il suo corpo formoso di donna, le spalline sottili sostenevano un corpetto stretto e tutto ricamato, la gonna non molto ampia scendeva poco più giu del ginocchio in armoniose pieghe che facevano frusciare il raso leggero sulle gambe tornite e snelle, i lunghi boccoli viola le ricadevano sulle spalle e gli occhi di un violetto brillante luccicavano di gioia.

-Sì…sì lo so…però sai, stavo pensando, e ho perso la cognizione del tempo. –

Draco Lucius Malfoy, 33 anni, stava seduto sul loro letto matrimoniale appena rifatto con la magia. I capelli biondi ancora un po’ scompigliati, la camicia leggera semiaperta, una fotografia in mano.

-A cosa pensi? –

Chiese la donna, avvicinandosi lentamente. L’uomo sorrise.

Era bellissima.

I lucenti capelli biondi erano raccolti in un elegante chignon e nascosti dal velo che le arrivava alle spalle. Gli occhi azzurri erano valorizzati dal trucco leggero e le labbra piene erano rese brillanti dal lucido.

Il vestito con scollo a barca, color avorio, le fasciava il busto delicatamente, come una carezza di satin, e poi scendeva leggero in una gonna di media ampiezza e finiva con un piccolo strascico. Sobrio e semplice, ma comunque speciale, perché indossato da lei.

Percorreva la navata con un dolce sorriso che illuminva i suoi occhi come il sole al mattino. Il padre, che la accompagnava a braccetto, lo guardava con una muta minaccia negli occhi, se l’avesse fatta soffire, lo avrebbe ucciso.

Ma lui non lo vedeva.

Vedeva solo la sua Grace che a passo lento e deciso percorreva quella navata per dire un sì che avrebbe cambiato le loro vite.

Arrivata all’altare, il padre le aveva baciato una mano, e aveva detto al biondo:

-Te la affido Draco, abbi cura di lei. –

Lui aveva assentito con la testa e Christopher era tornato al suo posto, vicino alla moglie che già piangeva, commossa, proprio come Narcissa e la signora Weasley.

Le mani dei due ragazzi si congiunsero, e il prete iniziò a recitare le frasi di rito.

Gli occhi dell’uno erano sempre impegnati a divorare l’altro, a parte quando, ogni pochi minuti, a turno la coppia si voltava verso destra, dove la loro piccola Delia, di appena otto mesi, era impegnata a tirare i capelli sgargianti di un paziente Ronald Weasley. Non potevano fare a meno di sorridere ogni volta che incontravano lo sguardo della figlia, due occhi azzurri come un cielo d’estate e i capelli biondi come quelli di suo padre.

-I ragazzi hanno voluto scrivere da soli le loro promesse. Draco, comincia tu. – disse a un certo punto il prete, sorridendo benevolo al giovane di appena diciannove anni.

Anche lui sorrise, emozionato, guardando la sua Grace negli occhi carichi d’amore.

-Sai Grace, la nostra storia è sempre stata atipica, fin dalla sua nascita, ma se c’è una cosa che sono riuscito a capire fin da subito, è che sei una donna speciale, unica e inimitabile. Sei sempre stata l’unica donna con cui abbia mai potuto parlare, confidarmi, che mi abbia mai ascoltato e dato il suo appoggio e il suo aiuto quando ne avevo bisogno. In te ho trovato tutto quello che mi serve per essere felice: un’amica, una confidente, un’amante, ma soprattutto una donna straordinaria, la madre di mia figlia, con la quale non ho il minimo dubbio di voler passare il resto della mia vita. Con te, ogni giorno significa imparare qualcosa di nuovo. Ho imparato a ridere, a piangere, a guardare la vita da altre prospettive, ma soprattutto, grazie a te ho imparato ad amare. Perciò io ora giuro di amarti e onorarti sempre, da qui alla fine dei miei giorni. –

Già dopo le prime parole, Grace aveva gli occhi lucidi, ma alla fine non riuscì a trattenere una lacrima di gioia e commozione, prontamente asciugata dalla carezza affettuosa di Draco.

-Prego Grace, tocca a te. –

Disse ancora il prete, sempre sorridendo. Con occhi colmi di felicità e amore, Grace iniziò le sue promesse.

-La prima cosa che ho imparato dell’amore è che è imprevedibile. Non sai quando viene, quando se ne va o chi porterà con se. Puoi solo assecondarlo. Quando mi sono resa conto di amarti, mi è sembrato strano, non avrei mai pensato a te come l’uomo della mia vita. Ma quando ti ho conosciuto per l’uomo meraviglioso che sei, non ho più saputo fare a meno di te e della tua presenza. Mi hai fatto capire che per quante avversità possiamo affrontare, il nostro amore può superarle tutte, perché è troppo grande per essere schiacciato, troppo sincero per essere messo in dubbio e troppo forte per cedere di fronte a qualsiasi cosa. Ed è con la promessa di amarti e onorarti sempre, fino all’ultimo respiro, che ti consegno il mio cuore e tutto l’amore che è in grado di provare. –

E ora, persino l’algido Draco Malfoy aveva gli occhi lucidi.

Le mise la fede al dito con mano tremante, disse sì col cuore e con l’anima quando gli fu chiesto se la voleva in sposa, e lei fece lo stesso. E infine, sotto esplicito invito del pastore, la baciò.

Un sorrisino ebete si era stampato sul viso liscio e virile del biondo.

-Pensavo alle nostre nozze, e al fatto che sono già trascorsi quindici anni…sono volati, vero? Sembra ieri che Delia ha imparato a dire papà, con quel sorrisone sdentato…e ora ha gia passato i G.U.F.O… -

Disse Draco, rispondendo alla moglie, che sorridendo dolcemente gli si era seduta accanto e gli accarezzava la nuca passando la mano nei capelli serici.

-Già, è sempre così, quando si è felici il tempo passa più in fretta. – rispose la moglie, guardando la foto nelle mani del marito.

Era per l’appunto una foto animata del loro matrimonio, dove Draco stringeva forte Grace per le vita, mentre la ragazza teneva in braccio una scalpitante Delia. Alla fine c’era una zoommata in primo piano su loro due che si baciavano, sorridendo a fior di labbra.

-Maaammaaa! –

-Diiimmiii! Che succede? –

Una ragazza di quindici anni, alta e snella, con dei bei capelli liscissimi e biondi che le arrivavano al sedere e bellissimi occhi azzurri come polle d’acqua pura si catapultò nella stanza matrimoniale dei genitori, con addosso solo una lunghissima e vecchissima maglietta di un gruppo musicale babbano.

-Che ci fai ancora conciata così? Tra poco i tuoi ospiti saranno qui, vuoi presentarti con una maglietta dei Metallica? – chiese la madre, ridacchiando.

-Non è il momento di scherzare, mamma! Quella peste di vostro figlio mi ha nascosto il vestito che mi hai preso per la promozione, e ora non lo trovo più! Esigo che tu e papà facciate qualcosa, altrimenti lo appendo per i piedi fuori dalla finestra finché non mi dice dove l’ha messo! – disse la ragazza, incrociando le braccia sotto il seno.

-Diplomatica come te, eh amore? – disse il padre, ghignando verso Grace.

-Sì, è un aspetto che ha ereditato da me. Piuttosto, renditi utile e di a tuo figlio di restituire il vestito a sua sorella, mentre io vado a vedere come se la cava il resto della banda. – disse la donna, sorridendo al marito, divertita.

-Come mai quando fa una marachella è solo mio figlio e quando si fa abbracciare tutto coccoloso è figlio tuo? – chiese Draco, un po’ contrariato.

-Perché certi atteggiamenti sono di voi serpeverde non certo miei. – rispose lei, dicolpandosi.

-Ma sentila! Come se lei non avesse mai fatto diventare i miei capelli verde fluorescente! – disse Draco, ironico, facendo scoppiare a ridere la figlia. La madre si atteggiò a finta offesa.

-Insomma, avevi cominciato tu! Non potevo mica lasciartela passare liscia! –

-Mamma sei una grande! –

-Come sarebbe? Vado da Ed, che almeno lui mi capisce! – disse Draco, indignato, lasciando le due ragazze a ridacchiare alle sue spalle e uscendo dalla camera.

Arrivò nei pressi di una stanza piuttosto grande, che sembrava tagliata a metà da una linea invisibile. Metà era tutta dipinta di un rosa pastello classico piuttosto delicato, l’altra di azzurro pallido.

Una parte era piena di disegni bellissimi di fatine e creature magiche varie, l’altra piena di poster di quidditch.

C’erano due scrivanie ai due lati opposti della stanza, una carica di libri ordinatamente disposti in ordine alfabetico, l’ altra colma di libri di pozioni e fumetti babbani.

C’erano due finestre che rendevano l’ambiente luminoso e solare, e tende scure da tirare quando si voleva poltrire fino a tardi la mattina.

Due letti a una piazza e mezza troneggiavano, simmetricamente disposti, vicino alla linea di demarcazione immaginaria, e su uno di essi stava un ragazzino di tredici anni dal viso affilato e la pelle lattea, i biondi e corti capelli platinati coprivano un poco la fronte, gli occhi grigio-azzurri scorrevano veloci le pagine di un libro di pozioni prestatogli dalla madre.

-Eh-Ehm. Edward? Tua madre mi ha mandato a dire di restituire il vestito a tua sorella Delia, prima che ti appenda per i piedi fuori dal balcone. – disse Draco, divertito e segretamente fiero del figlio, entrando nella stanza.

Il ragazzino alzò lo sguardo soddisfatto incrociando gli occhi del padre, ghignando.

-Vuoi davvero che si metta quello pseudo-vestito, papà? È talmente corto, pensavo non approvassi! – rispose il figlio, con quell’aria strafottente e tipicamente Malfoy.

Edward Ace Malfoy era un vero serpeverde fino al midollo, proprio come suo padre. Infatti, oltre ad esserne una copia sputata fisicamente, era anche caratterialmente molto simile a Draco, e aveva ereditato da entrambi i genitori la fastidiosa dote di saper macchinare scherzi incredibili, e quindi la capacità di far impazzire la sorella maggiore.

-Perché, è tanto corto? A me non l’hanno fatto vedere. Se è davvero troppo corto non ridarglielo, ok? –

-Draco! Non dire scemenze e non istigare nostro figlio a farsi uccidere da Delia! –

Si sentì Grace urlare per il corridoio proprio quelle parole. Draco ridacchiò, e si fece restituire il vestito dal figlio, che l’aveva incastrato sotto le doghe dello stesso letto su cui stava placidamente seduto.

-Ah, ancora una cosa. La McGranitt mi ha scritto una lettera dove mi intimava di dire a te e tua sorella di smettere di barare quando giochi a quidditch. Ha detto che usate la telepatia per comunicarvi dove sta il boccino. Un vero cercatore non bara, sai? – disse Draco, severo.

-È successo solo una volta! E non l’abbiamo nemmeno fatto apposta! Sai che a Elly nemmeno piace il quidditch! Solo che una volta mentre mi guardava giocare ha viso il boccino, ha pensato a dove fosse e io l’ho sentita, l’ho preso e abbiamo vinto, tutto qui. –

Spiegò Edward, ghignando. Il padre gliela diede per buona, raccomandandogli di non approfittare più della telepatia con la sorella gemella per vincere a quidditch, portando poi il vestito alla figlia maggiore.

Grace invece si era avventurata nel bagno che avevano deciso di lasciare in possesso delle donne di casa. Dentro stava una ragazzina di tredici anni, i capelli che arrivavano a metà schiena castano scuro, con dei bei riflessi ramati, e gli occhi di un profondo marrone che ti incatenavano a se quando la fissavi troppo a lungo, le lentiggini della madre chiaramente visibili sul nasino dritto e sottile e sulle guance. Si sistemava i capelli e brontolava una qualche minaccia se non si fossero messi a posto più che decentemente in meno di tre secondi. La madre ridacchiò, entrando nel bagno.

-Serve una mano, principessa? – chiese la donna, prendendole la spazzola di mano, sorridendo.

-Oh, sì, magari! Non li sopporto più questi capelli! E la treccia non vuole saperne di venire come si deve! Beata te, che li cambi come ti pare, i capelli! – proruppe la figlia, voltandosi verso di lei, un po’ arrabbiata. Lei rise ancora.

Elisabeth Kallisto Malfoy era la sorella gemella di Ed, ed erano come il giorno e la notte. Erano gemelli eterozigoti, e lei era l’antitesi del fratello, ma chissà perché, andavano d’amore e d’accordo. Lei era una grifondoro, un tipo pignolo e perfettivo, che da se stessa pretendeva sempre il massimo. Orgoglio e coraggio all’ennessima potenza, e una faccia tosta senza eguali l’avevano resa una vera grifondoro, e la miglior nemica di Piton, proprio come Grace ai suoi tempi. E quindi, il suo profondissimo legame col fratello era ancora più strano, dato che univa le due casate più cariche di contrasti, grifondoro e serpeverde. Erano talmente in sintonia, che riuscivano a percepire l’uno i pensieri dell’altra, e quando si annoiavano durante le lezioni intrattenevano intere conversazioni, divertendosi un sacco.

-Come mai hai messo questa camicetta qui? Credevo volessi mettere quella rosa. – disse ad un certo punto la donna. La ragazzina storse il naso.

-Ed me l’aveva un po’ stropicciata, così ho messo questa che è appena stirata. – la donna ridacchiò ancora, legando la treccia della figlia con un nastrino azzurro che si abbinava alla camicetta azzurra che indossava e alla gonna blu.

-Sei proprio la mia Elly-perfettina! –

-Mamma! Io non sono una perfettina! Mi piace solo essere in ordine quando abbiamo ospiti in casa, è così sbagliato? –

-No, piccola, no. Ma sei comunque la mia bambina-perfettina! – disse la madre, divertendosi a guardare il broncio della figlia.

TOC TOC!

-Sei presentabile, signorina? Ho il tuo vestito. – disse Draco attraverso la porta di Delia, che come una saetta corse ad aprire, con un accappatoio verde scuro avvolto addosso.

-Grazie papà. – disse la ragazza, entrando in bagno con l’abito.

Il padre diede un occhio nella camera della figlia. La sua materia preferita era astronomia, e si vedeva lontano un miglio. C’erano poster di costellazioni e cartine astronomiche ovunque, e il soffitto era stato incantato dalla madre in modo che riproducesse sempre il cielo, come quello di Hogwarts, così Delia, la notte, poteva vedere le sue amate stelle. Nessuno sapeva come avesse fatto Grace a scoprire quale fosse l’incantesimo usato a scuola, fatto sta che Delia era l’unica ad avere il privilegio di vedere il cielo notturno al caldo e al coperto ogni notte. Lei e sua madre avevano un rapporto stupendo, non inferiore a quello col padre, ma diverso, perché Grace era anche un’amica oltre che una mamma, era speciale.

La giovane strega aveva una vera passione per il quidditch e giocava con il fratello per serpeverde, la sua casa, come battitrice. Lei era stata più difficile da collocare per il cappello parlante, era un perfetto connubio tra i genitori, ma in lei prevalevano più la furbizia e l’ironia sarcastica. L’unica che riusciva a strapparle un po’ di dolcezza e con cui si lasciava andare un po’ era la madre, ma lei era un’altra storia.

Uscì dal bagno con addosso un bel vestitino verde acqua, che arrivava al ginocchio. Si legava dietro il collo coprendo completamente il petto, ma lasciando nuda la schiena fino ai fianchi, dove cominciava la gonnellina leggera e frusciante. I capelli li aveva resi boccolosi e scendevano morbidi sulle spalle e a coprire parte della schiena. Una linea di eyliner faceva risaltare gli occhi azzurri e il lucidalabbra rendeva luminose le labbra disegnate e rosee. Ai piedi aveva delle scarpe nere con un tacco piuttosto basso, era un tipo pratico, anche se un po’ vanitosa, come suo padre.

-Sei bellissima, tesoro. – disse il padre, baciandola tra i capelli. Lei fece un sorriso un po’ imbarazzato.

-Lo so papà, sono pur sempre tua figlia, no? – disse lei, con aria spavalda. Lui ghignò, fiero.

-Già, una vera Malfoy, il nostro orgoglio. Sono fiero di te, sai bambina? –

disse Draco, stranamente dolce. Ci teneva a far sapere ai suoi figli quanto li amasse e quanto lo rendessero orgoglioso.

La ragazza non rispose, ma abbracciò forte il padre. In quei momenti, conoscendolo, poteva fare uno strappo alla regola e dimostrargli un po’ d’affetto, era uno dei loro momenti d’intesa, e non andavano sprecati.

-Se hai invitato quel Bred di cui parli sempre, fa che non ti metta le mani addosso o lo disintegro, chiaro? –

Disse Draco, serio, ad un certo punto, facendo però scoppiare a ridere la ragazza.

-Sei incorreggibile, papà! –

 

TOC TOC!

-Sveglia, pigrone, è tardi e devi ancora prepararti! –

Grace aveva fatto irruzione in un'altra camera da letto. Erano le undici ma quello scansafatiche del figlio minore, Alan, era ancora a letto, anche se tra poco meno di un’ora si sarebbe tenuta la festa che avevano organizzato per festeggiare il superamento dei G.U.F.O di Delia col massimo dei voti.

-Mmm…mamma…ancora cinque minuti, dai… - si sentì una voce impastata di sonno superare le coperte che sommergevano il ragazzino, sul letto piuttosto grande al centro della stanza.

-Scherzi? Tra poco il salotto sarà pieno di amici che vorranno vedere i Malfoy al completo tirati a lucido, ti devi alzare ora, Al. – disse la madre, spalancando le finestre.

-Ci sarà anche lo zio Blaise, vero? – chiese il bambino, emergendo appena da sotto le coperte leggere.

-Certo, vengono tutti: i miei fratelli, lo zio Harry e la zia Dafne, Ron e Lavanda, Blaise ed Emily, la zia Hermione e lo zio Micheal e viene anche la zia Ginny con lo zio Dean, e poi i nonni, tutti gli amici dell’Ordine… -

-Sì, mamma, ho capito…non elencarmeli tutti, l’importante è che ci sia lo zio Blaise, che mi deve portare il mio videogioco… ci si diverte da qualche mese ormai… - la interruppe il ragazzino, ancora un po’ assonnato.

-No, l’importante è che tu sia pronto per quando arriva. – disse la madre, seria.

Il ragazzino allora si alzò dal letto, con ancora gli occhi socchiusi. I capelli erano castano chiaro e gli occhi verdi, i colori della nonna materna. O almeno, erano così prima che diventassero blu scuro per essere stato costretto ad alzarsi controvoglia. Già, il piccolo Alan Ray Malfoy era un metamorfomagus come la madre, e aveva undici anni. Era un grifondoro doc, caratterialmente identico alla madre, era la sua piccola copia al maschile, meno che per le lentiggini, quelle le aveva solo Elly, e l’istinto omicida, quello lo aveva solo Grace. Era fissato coi babbani, gli piaceva studiare le loro abitudini e soprattutto la loro teconologia, infatti in camera sua c’era la tv, un telefono e persino un computer, che però usavano un po’ tutti, persino Draco a volte si era divertito a farsi insegnare dal figlio ad usarlo. Però fin da piccolo, quando provava forti emozioni, gli oggetti intorno a lui prendevano a levitare.

-Sono in piedi…YAHHHUUN… contenta? – chiese il ragazzino, sbadigliando sonoramente. La madre rise.

-Sarò più contenta se ti andrai a cambiare prima di subito e se ti deciderai a pettinare quella zazzera di capelli che porti in testa. – disse Grace, scappando poi fuori dalla stanza, ridacchiando.

Alan aveva sviluppato una psicocinesi piuttosto forte, fin dai primi anni di vita, e ora sapeva gestirla alla perfezione, perciò mentre andava in bagno non fece lo sforzo di portarsi dietro i panni, ma furono i panni a seguirlo in bagno, levitando poco dietro di lui.

-Mamma, suona il campanello! – urlò Delia ad un certo punto, cercando la madre.

-Ma io non ho sentito nulla! – urlò Draco.

DLIN DLON!

Dopo pochi secondi era suonato il campanello, e Grace era andata ad aprire. Delia aveva questa specie di sesto senso, che Draco definiva istinto femminile, che l’avvertiva prima delle cose che sarebbero successe nell’immediato futuro. In realtà aveva ereditato dalla bisnonna materna una leggera preveggenza, con cui sentiva prima cosa sarebbe accaduto.

 

In men che non si dica tutti i piccoli Malfoy e Draco si prepararono davanti alla scala per scendere, prima Delia, la festeggiata, poi i fatellini e infine il padrone di casa.

-Che la festa abbia inizio! – disse Draco, scendendo le scale, ritrovando la moglie e abbracciandola, baciandola a stampo.

Due maschi e due femmine, due serpeverde e due grifondoro.

Una veggente, due telepatici e uno psicocinetico.

Ognuno con la sua personalità, i suoi pregi e i suoi difetti, ma tutti speciali e cresciuti con lo stesso amore, i loro figli erano tutto questo e molto di più, ed erano tutta la loro vita.

Anche se Draco era a capo di una squadra di spionaggio degli auror, e Grace gestiva un laboratorio di ricerca pozionistica del Ministero, era il momento delle vacanze estive o quelle natalizie, quando arrivavano i loro “piccoli” da Hogwarts che bramavano più di tutti, perché per quanti screzi ci potessero essere, stare insieme era uno dei loro più grandi piaceri. Erano una vera famiglia. Ed ora che c’erano proprio tutti, parenti e amici, ora si che cominciava la festa!

 

 

 

Antro dell’autrice

Eccoci qui, epilogo della mia epica avventura…devo dire che come prima long fiction sono soddisfatta, poteva uscire peggio… ho maltrattato parecchio i miei poveri eroi, e a dire la verità ora stanno scioperando perché il loro sindacato pretende che gli dia più ferie e che alzi gli stipendi…( Secondo me c’è lo zampino di Hermione, con le sue manie sindacaliste -.-)… ora rispondo alla mia fedele fan:

X lady lululu: allora come al solito sono felicissima che il capitolo ti piaccia, anche perché lo aspettavi da non so quante lesson ^.^ spero che anche l’epilogo sia di tuo gusto, e per quanto riguarda il seguito, non lo so, ci devo pensare bene comunque sono stata ben attenta a dare ai miei due tesori dei bimbi pestiferi, nel caso mi venisse voglia di proseguire…

Passiamo ai ringraziamenti…

Innanzitutto ringrazio tutti coloro che hanno messo la fan tra i preferiti (ben 31, al momento!):

1 - 19sunflower88
2 - alice brendon cullen
3 - amante pazza
4 - beabi
5 - bella95
6 - CallieAM
7 - danswife
8 - DarkHiwatari
9 - deisy87
10 - Devily
11 - doval79
12 - Dubhe92
13 - fly girl_HH
14 - gajta
15 - gemlye
16 - huli
17 - Impetuosa
18 - lady lululu
19 - Lady85
20 - leo miao
21 - littlelove
22 - lucia_hp
23 - meeko
24 - Meredith91
25 - miiRU
26 - mirichan
27 - mustardgirl
28 - samuel87
29 - tigre
30 - Uzira
31 - virgi_lycanthrope

in particolare poi voglio dire un caloroso grazie a tutti coloro che hanno recensito:

Devily

cassandra 287

Sere XX

lady lululu

ashleys

lucia_hp

19sunflower88

Perchè le recensioni sono sempre un valido sostegno, che siano critiche positive o meno, sono sempre utili e fa piacere riceverne.

Inoltre, voglio ringraziare più genericamente tutti coloro che la leggono, e che l’hanno seguita fino alla fine.

Forse ci rileggeremo, in un prossimo futuro, un bacio graande grande a tutti!!

Firmato: Nami l’autrice non più troppo insonne

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