I Sette della grande profezia

di Katnip_GirlOnFire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Assistenza per i malati e piani per la partenza (Percabeth) ***
Capitolo 2: *** Tu sei lì (Reyna/Jason) ***



Capitolo 1
*** Assistenza per i malati e piani per la partenza (Percabeth) ***


Attenzione! Spoiler per chi non abbia letto "L'eroe Perduto"

Assistenza per i malati i piani per la partenza (Percabeth)
Percy bussò alla porta della casa di Atena, tenendo in mano un pentolino di zuppa fumante in equilibrio precario.
«Chiunque tu sia, la tua presenza non è desiderata» gracchiò una voce dall'interno.
Percy ridacchiò ed entrò lo stesso. Tutti erano ad allenarsi in quel momento, quindi la casa era vuota, tranne per quella sottospecie di bozzolo di coperte rannicchiato su uno dei letti.
Anche Percy sarebbe dovuto essere all'allenamento, ma Chirone lo aveva congedato un po' prima, permettendogli di portare una zuppa calda alla sua ragazza febbricitante.
«Anche la mia?»
Annabeth non alzò lo sguardo dal suo portatile sul quale era concentrata. Possibile che non riuscisse a stare a riposo nemmeno quando era malata?
«Soprattutto la tua» puntualizzò, un leggero sorriso che le increspava le labbra screpolate.
Il figlio di Poseidone la ignorò e si sedette sul letto vicino a lei. «Ti ho portato la zuppa»
Annabeth alzò gli occhi dallo schermo per guardarlo con espressione scettica.
«Ho la faccia di una che vuole sorbirsi quella brodaglia schifosa?»
«Oh si» rispose lui alla domanda chiaramente retorica.
Lei rivolse di nuovo lo sgurdo sul computer. «Piuttosto me la farei iniettare in endovena» brontolò.
Percy ridacchiò: come odiava Annabeth quella sbobba che la cuoca del campo propinava a tutti i semidei malati, non la odiava nessuno.
«Mi spiace, ma ancora non abbiamo questo tipo di assistenza medica qui» le tolse con uno scatto il pc da sotto gli occhi.
«Perseus Jackson» disse con voce minacciosa la figlia di Atena. «Ridammi subito il mio computer»
Per quanto malata fosse, con i capelli biondi scompigliati, gli occhi arrossati e il naso colante, la sua faccia minacciosa le veniva comunque benissimo. 
«Annabeth Chase» Percy scimmiottò il suo modo di chiamarlo per nome e cognome quando era arrabbiata. «Mai»
La ragazza rinunciò ai deboli tentativi di recuperare il suo computer e affondò di nuovo tra i cuscini, incrociando le braccia sulle coperte e voltandosi dall'altra parte.
«Ora fa la brava e mangia la zuppetta» cantilenò Percy, come farebbe una mamma con un figlio piccolo e capriccioso
Annabeth scansò bruscamente il cucchiaio che lui le aveva messo davanti alla faccia.
Percy non si arrese. «Devo imboccarti? Perchè se non la mangi da sola sarò costretto a farlo»
Facendo furbamente leva sul grande orgoglio di lei, la minaccia ebbe effetto immediato.
Annabeth si tirò su afferrando il pentolino di scatto. «Faccio da sola, grazie tante per l'interessamento»
Il ragazzo sorrise, passandole un braccio intorno alle spalle e posandole un bacio sui capelli. «Brava la mia Sapientona»
Annabeth si strinse un po' di più a lui: magari la sua presenza avrebbe mitigato il gusto terribile della zuppa.
Già dopo qualche cucchiaio capì che c'era qualcosa che non andava nel gusto. Schioccò la lingua sul palato, socchiudendo gli occhi. «Ambrosia?»
Percy annuì distrattamente, impegnato a poggiarle le labbra sulla fronte per sentire se le si era alzata la temperatura. Lei lo scostò. «Hai usato quasi tutta la tua scorta solo per me. Lo sai che abbiamo solo una razione all'anno, vero? E non serve certo a far abbassare la febbre»
«Ne avevi più bisogno tu» scrollò le spalle lui.
Annabeth fece per aprire la bocca e protestare ma Percy la bloccò con un bacio.
Stava giusto pensando di allontanarlo per evitare una febbre anche a lui, ma alla fine rinunciò. La sua forza di volontà era limitata, e Percy la metteva sempre a dura prova.
«Ora zitta e mangia» la apostrofò lui quando si separarono, un sorriso birichino sulle labbra. Annabeth giurò di non aver mai visto niente di così bello. Nonostante tutto ebbe la forza di scoccargli uno sguardo minaccioso «Io non avevo finito di baciarti. Non costringermi ad alzarmi»
«Prima finisci la zuppa, poi ne parliamo» negoziò lui, scaltro.
Annabeth riprese a mangiare lentamente, mentre Percy le pettinava distrattamente i capelli biondi con le dita lunghe. «Che facevi?» le chiese poi dopo qualche secondo di silenzio.
«Davo un'occhiata a qualche progetto di Dedalo. Quell'uomo era geniale, ha progettato cose davvero pazzesche»
Sospirarono entrambi, ricordando l'avventura nel Labirito.
Percy ricordava tutto nei minimi dettagli. Fu lì dentro, tra quegli intricati corridoi, che Annabeth lo baciò per la prima volta.
«Pensavo...» azzardò la ragazza cautamente «Pensavo che potremmo studiarcene qualcuno. Sai, in vista della nostra possibile partenza»
Percy serrò la mascella. Quella dannata profezia. Sarebbe accaduto, prima o poi. Sarebbe dovuto partire da solo e lasciarla lì, con buone probabilità di non poter sopravvivere abbastanza a lungo da rivederla.
Annabeth spiò la sua reazione con la coda dell'occhio e si raddrizzò immediatamente per guardarlo meglio, posando da un lato il pentolino ormai vuoto. «Chirone ti ha detto qualcosa, non è vero?»
Interpretò il suo silenzio come una conferma.
«E cosa aspettavi a dirmelo?» era talmente agitata che rischiava di cadere dal letto. «Quindi, cosa ha detto?»
Percy guardò altrove, stringendo i pugno. «Ha dato il consenso»
Annabeth si alzò di scatto. «Quindi partiremo! Oh Dei, questa è una profezia grossa. Ma certo, Gea si sta svegliando, bisogna fare qualcosa»
«Annabeth»
«Bisogna partire al più presto, e ci vuole un piano. Ma cosa vorrà dire "I nemici armati davanti alle porte della morte si dovranno temere"? Di cosa parla?»
«Annabeth»
«Dici che devo portarmi il computer? Non si sa mai, una delle genialità di Dedalo potrebbe tornarci utile. Magari...»
«Annabeth!»
«Cosa?»
Percy la afferrò per un polso, facendola mettere di nuovo a letto, sotto le coperte. Annabeth non oppose resistenza. «Cosa c'è, Percy?» chiese preoccupata.
Il ragazzo prese un respiro profondò. «Partirò»
Annabeth lo guardava senza capire.
«Io. Io partirò» puntualizzò.
Il panico si fece strada nei suoi occhi, quando la consapevolezza cominciò a farsi strada in lei. «Cosa? No, non puoi. Non...» Raddrizzò le spalle e smise di balbettare, infondendo sicurezza nella sua voce. «Io partirò con te. Non puoi certo impedirmelo»
«Tecnicamente si, dato che io sono uno dei Sette e dovrò scegliere gli altri sei»
Annabeth aggrottò le sopracciglia. «E chi ha detto che la scelta spetta a te?» disse in tono di sfida. «Probabilmente saranno i nostri genitori a mandarci un segno. E sai bene tu stesso che ci sarò anche io fra quei sei»
Percy incassò il colpo. Si, lo sapeva, e anche molto bene.
Annabeth era figlia di Atena, dea della strategia e della sapienza. Era la persona più saggia e intelligente che conoscesse, ed un'abilissima guerriera.
Sapeva per certo che era una dei sette semidei di cui parlava la profezia, ma non voleva che partisse. Annabeth non doveva partire. Doveva rimanere al sicuro, lontana da lui, su cui i pericoli si riversavano neanche fossero attratti da una calamita.
«Perchè non vuoi che venga?»
Percy scrutò nei suoi occhi grigi, cercando le parole adatte. Si sedette a gambe incrociate davanti a lei «Quand’è stata l'ultima volta che abbiamo combattuto insieme, Annabeth?»
La ragazza ci pensò su. «A Manhattan, contro i Titani: Perchè?»
«E cosa è successo?»
Annabeth non riusciva davvero a capire dove volesse arrivare. «Ehm, hai combattuto contro Crono e l'hai sconfitto»
Percy fece un gesto sbrigativo con la mano, come se ciò che aveva appena detto fosse una cosuccia da niente «Si, si, ma prima. Cosa è successo prima?»
«Percy, davvero non capisco dove vuoi andare a parare. Qual'è il problema?»
«Ti dico io qual'è il problema» disse con voce roca sbattendo la mano aperta sulla coperta calda del letto di Annabeth. La ragazza quasi si spaventò per quella reazione, ma non ne diede mostra. «L'ultima volta che abbiamo combattuto insieme, ti sei beccata un coltello avvelenato in un fianco per proteggere me. Stavi per morire, ricordi?»
Annabeth trasalì al ricordo della consapevolezza che ebbe quando vide quel coltello puntare verso l'unico punto vulnerabile di Percy, l'unico punto che non era stato bagnato dalle acque dello Stige. E a come si frappose tra lui e la lama. «Si, me lo ricordo» sussurrò piano.
Percy si passo nervosamente una mano tra i capelli scuri. «Ecco. Tu non puoi capire come mi sia sentito. Pensare di averti portata così vicina alla morte mi fa contorcere le budella. Tu eri lì, sofferente, solo per causa mia. Io non voglio mai più provare quella sensazione, la sensazione di essere la causa dei tuoi mali, di metterti costantemente in pericolo. Mai più»
Annabeth provò un moto di tenerezza vedendolo nascondere il viso tra le mani.
«Ehi» sussurrò dolcemente cercando di allontanare le mani dal suo viso. «Non è colpa tua, Percy. Troverei il modo di finire nei guai con o senza di te, lo sai bene» Gli mise due dita sotto al mento e lo costrinse a guardarla negli occhi. «Anche io ti ho visto in fin di vita molte volte e credimi, non sono ricordi piacevoli»
Percy la guardò implorante. «Annabeth, ti prego, ascoltami...»
«No, ascoltami tu, Percy Jackson» i suoi occhi brillarono di nuova determinazione. «Pensi che non sappia che rischi corriamo? Pensi che non sappia che potremmo non tornare da questa impresa? Lo so bene, ed è per questo che voglio partire. Ho lasciato andare troppe persone importanti nella mia vita. Talia, Luke, la lista è lunga. Non ho intenzione di permettere che anche il tuo nome ne faccia parte. Se devo rischiare la vita, che almeno la rischi insieme a te»   Percy la guardò ammirato: era la ragazza più tenace che avesse mai conosciuto e avrebbe voluto anche lui restarle accanto tutto il tempo che gli restava da vivere. Ma non poteva. Avrebbe tanto voluto avere tanto coraggio quanto ne aveva lei.       
Annabeth prese il viso del ragazzo tra le mani e lo avvicinò a se, facendo scontrare le loro labbra e distogliendolo dai suoi pensieri.
C'era dolcezza in quel bacio. C'erano tutte le parole non dette, la paura, l'amore. Percy la strinse a se, gustando il sapore delle sue labbra a lungo, come se avesse voluto impararlo a memoria.
«Ti amo, Sapientona»
«Anche io, Testa d'alghe» Annabeth fece toccare le loro fronti e rimasero stretti l'uno all'altra per un po', in silenzio.
«Questo vuol dire che ho vinto?» sussurò infine speranzosa.
Una risata leggera fece tremare il corpo di lui. «Ti piacerebbe»
Annabeth rise a sua volta, sentendo comunque la volontà di Pecy icrinarsi: lo avrebbe convinto, prima o poi.
Il suono di un corno risuonò per tutto il campo.
«Ne parliamo la prossima volta, quando sarai sana» la prese in giro il ragazzo, calcando esageratamente sull'ultima parola.
Annabeth brontolò. «Non vedo l'ora»
Lo prese per la maglietta arancione del campo e lo attirò a se per un ultimo bacio fugace, per poi spingerlo fuori dal letto. «Ora vai»
Percy si alzò barcollando e si diresse verso la porta, uscendo fuori dalla casa di Atena.
Sapeva che Annabeth avrebbe vinto, che avrebbe ottenuto quello che voleva, come al solito.
Ma non si sarebbe arreso. Nessuno dei due l'avrebbe fatto.                                                                                                                                                                 La testardaggine era sicuramente uno dei mille motivi per cui amava Annabeth Chase così tanto.

-

Eilà, salve a tutti.
Questa è la prima cosa che scrivo in assoluto qui sul sito.
I libri mi sono piaciuti davvero molto, e sto leggendo ora "Il marchio d'Atena". Però bho, mi andava di pensare a quello che è successo prima che Giunone facesse un lavaggio del cervello a Percy e lo spedisse nell'altro campo. Potrebbe essere una raccolta di OS Percabeth, o anche su altri personaggi della seconda saga, o potrebbe fermarsi qui. Non ne ho idea. E' un esperimento, dato che di solito non scrivo mai in terza persona. Qualunque consiglio o critica mi vogliate fare sono ben accetti.
Spero vi piaccia, e che non abbiate paura di scrivermi cosa ne pensate.
Ciààà
E.
 

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Capitolo 2
*** Tu sei lì (Reyna/Jason) ***


ATTENZIONE: contiene spoiler per chi non abbia ancora letto "The mark of Athena"
                                                                                             
           
                                                                                                                                     Alla mia gemella perduta, che ha ispirato questa...cosa (richiedendola con perseveranza)  <3
Tu sei lì (Reyna/Jason)
Tu sei lì.
Scendi dalla tua nave maestosa con la tua tunica da pretore.
Sei fiero e ritto, anche se ti conosco abbastanza bene per capire che sei nervoso.
E sei bello da far paura.
Stai lì, circondato dai tuoi fidati amici, mentre io sono sola.
Lo ero meno quando c'eri tu al mio fianco.
Poi sei sparito.
Non hai mai avuto difficoltà in queste cose. Tutti vogliono starti accanto, tutti ti ammirano.
Ora sei lì, a pochi metri di distanza da me, e non so decidere se tu sia un nemico o meno.
Che ironia, eh? Pretori fianco a fianco per un lungo tempo. Anche qualcosa di più che pretori. E ora si decide se ucciderci a vicenda o meno.
Mi amavi?
Forse, o forse no.
Ora, guardandoti insieme a tutti quei greci, a quella ragazza greca, non sono più sicura di niente.
Io ti amavo?
Non lo so.
Forse era amore.
Forse era solo un disperato tentativo di riempire quel vuoto che mi circonda con qualcuno che ritenessi degno di stima.
Forse non ho ancora imparato a sostituire calcoli e strategie con i sentimenti, a distinguere stima e rispetto da amore.
Sei lì, come sei sempre stato.
A sostenere le tue idee in modo pacato ma con caparbietà.
Combatti per la tua causa e difendi i tuoi nuovi amici con lealtà.
Ho sempre odiato questo aspetto di te.
Si, tutta questa perfezione. Mi metteva in soggezione.
Sebbene a capo ci fossi io, mi sembrava sempre di doverti provare qualcosa, di dover provare a tutti che ero alla tua altezza.
Perchè non hai un difetto, per quanto io lo cerchi.
Sei un leader, un amico, un amante perfetto.
Per questo ti odio.
E perchè non sei riuscito a restarmi accanto. Anche se, forse, questo è un po' per colpa mia.
Ti odio, è così, e non tenterò di nasconderlo.
Ma è quell'odio che mi spinge vicina a te.
Quell'odio che mi porterebbe a picchiarti a sangue e poi abbracciarti, senza lasciarti andare più.
Quell'odio che ti sputerei addosso con parole cattive, che poi rimangerei ammettendo quanto mi sei mancato.
Quell'odio che tengo dentro, che non riesce a uscire.
Quell'odio che neanche è vero odio, ma solo amore represso. Ed è quello peggiore, perchè ristagna e brucia. E fa molto più male.
Sarebbe tutto molto più semplice se potessi odiarti.
Ma non ci riesco.
E probabilmente non ci riuscirò mai.
 
Tu stai lì, e io sono qui.
E anche volendo, non saremo mai più vicini di così.
 
-
 
Eeeeeeeilààààà
Sono rinata, ora che è finita la scuola.
E visto che non sono brava a cominciare una storia a capitoli e a completarla, ho deciso che potrei rendere questa una raccolta di OS sui personaggi presenti nella seconda serie. Devo dire che ho un po' di difficoltà, perchè io lì ho letti tutti in inglese almeno tre mesi fa (Tranne BoO che non era ancora uscito) e ho paura di spoilerarvi tutto. Ma vabbè, ho messo l'avvertimento, no?
Insomma, questa è una OS sui pensieri di Reyna quando vede Jason scendere dalla nave di Leo, all'inizio di Mark of Athena. Ho cercato di conservare un po' della baddassaggine del personaggio, ma di dargli comunque un po' più di sensibilità, e vulnerabilità, dato che stiamo parlando di sentimenti.
Spero vi sia piaciuta.
Recensite se vi va, e fatemi sapere che ne pensate, se ci sono errori e quant'altro :)
E.
 

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