Ride to meet your fate Ragnarök awaits. di N O W H E R E (/viewuser.php?uid=171433)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Open the Bifrost. ***
Capitolo 2: *** Heimdall knows his fate. ***
Capitolo 3: *** Warlord has chosen. ***
Capitolo 4: *** Land of Snow and Sorrow. ***
Capitolo 5: *** Blood Of Heroes. ***
Capitolo 6: *** Blood Eagle. ***
Capitolo 1 *** Open the Bifrost. ***
N O W H E R E says:
Salve a tutti, sono apparsa tanto tempo fa su questo fandom, non credo che qualcuno si ricordi di me, ma sono tornata, più demenziale e più pazza di sempre. MUHAHAHAHAHAH.
Ho unito le mie passioni in una sola fanfiction:
Da una parte Percy Jackson e tutto il mondo dei semidei.
Da un'altra il mondo della mitologia nordica e soprattutto THOR e LOKI *fangirleggio estremo*
Quindi, leggete popolo e... KNEEEEEEEEEEEL (cit.)
Ride to meet your fate Ragnarök awaits.
Capitolo 1.
Open the Bifrost.
Un corvo giunse sull'olimpo quella mattina, portava una lettera, di cui Ermes ignorava l'esistenza. Fatto altamente strano, strano a tal punto fa far riunire in gran fretta dodici Dei più uno, il potente Signore degli Inferi che assisteva alla riunione tramite messaggio-iride...con qualche piccola carenza di segnale.
"Li abbiamo trovati, abbiamo bisogno di loro."
La lettera era firmata con strani simboli, simili a rune, un linguaggio antico, quasi alieno, che neanche il sommo Zeus riuscì a decifrare.
«Questo non fa parte dei miei domini, non riesco a leggerlo!» Sbraitò il padre di tutti gli Dei sventolando il foglio con un gesto di stizza. La sua ira fece scatenare un terribile temporale, da qualche parte, in Minnesota.
«Da' qua.» Esclamò Afrodite richiamando l'attenzione del padre con un rapido gesto della mano. «Per tutte le borse di Chanel, chi si crede di essere questo qui per prendersi i nostri figli senza neanche chiederci il permesso?!»
«Non avresti mai dovuto lasciarli soli! Non avresti dovuto chiudere i contatti con loro!» Urlò Atena del tutto infuriata con il padre.
«Cosa? Non avresti mai bevuto tuorli sodi? Ma cos'è un corso di cucina o una riunione divina? Io ho da fare qui, non posso stare a guardarvi litigare per dei tuorli sodi!» Ade, che si riusciva a distinguere a mala pena, gesticolava infuriato mentre Era ridacchiava soddisfatta.
«Finalmente, qualche semidio in meno da sorvegliare.» Esalò ancora con un sorrisetto cinico stampato sul volto.
«Da quando sei così crudele, sorella? Quelli sono i nostri figli, presi da chi sa quale esaltato! Non avresti fatto lo stesso per i tuoi figli?» Si alzò Poseidone di scatto inveendo contro la sorella.
«Che vi serva di lezione, così forse imparerete a fare figli con chi vi compete e non con quegli stupidi e insulsi umani.» Rispose le Dea, fredda ed impassibile, mentre il Dio del Mare gli lanciava insulti in greco antico.
«Non mi interessa di chi sono figli questi semidei! Hanno preso la mia luogotenete! Non posso lasciare le mie caccatrici senza una luogotenete.» Riuscirono a far infuriare anche la calma e pacata Artemide, che ora sgambettava nervosa nella grande sala.
«C'è anche mia figlia tra di loro! Se qualcuno osa far del male alla mia Clarisse io lo sbudello e lo impicco con il suo stesso intestino!» Gli occhi di Ares si infuocarono e sbattè i pugni sul tavolo per la frustrazione.
«Perchè, il mio di figlio? Potrebbe fare casini, è un tipo impulsivo.» Sospirò Efesto rattristato.
«Io tengo a quel ragazzino, Percy Jackson, farei di tutto per farlo tornare, è davvero un ragazzo d'oro.» Disse Apollo cercando di tranquillizzare la sorella su tutte le furie.
Il messaggio-iride si chiusedi colpo, lasciando il povero Signore dei Morti interdetto.
«Siano maledette queste diavolo di interferenze, perchè è sempre così difficile comunicare con l'Inferno?» Scosse il capo infastidito il Re degli Dei lasciandosi cadere sul suo trono, sfinito.
«Forse perchè si trova a chilometri e chilometri lontano da qui e perchè il flusso delle anime dei morti si intromette con la connessione-Iride? Ma non preoccuparti sommo Zeus, ci penserò io a comunicare all'Illustrissimo becchi-- ehm Signore dei Morti tutto ciò che c'è da comunicare.» Detto questo, Ermes fece un paio di piroette in aria grazie ai suoi sandali alati e si diresse verso l'uscita. «Con permesso.» Fece un inchino e si dileguò, lasciando gli undici dei a litigare tra loro.
***
Erano ormai settimane che inseguivano, senza risultato, quel branco di licantropi che continuava ad infastidire la West Coast Americana e ormai stanche ed affaticate, le cacciatrici, decisero di accamparsi in uno di quelle aree da campeggio per turisti. Quella notte, mentre Thalia aiutava le sue cacciatrici a montare l'accampamento, avvertì un forte mal di testa improvviso prima di crollare al suolo inerme. Lo stesso accadde ad altri semidei, ovviamente in circostanze diverse.
Un sonno intenso in cui perse se stessa.
Si sentiva come in un limbo, non c'erano pareti, non c'era pavimento, era circondati da una soffice luce bianca, eppure camminava, sentiva qualcosa sotto i piedi, ma non c'era niente di concreto attorno, solo se stessa. Una voce parlò, arrivò come una folata di vento, come se si fosse generata dal nulla.
«Benvenuta mezzosangue di Midgard, il nostro Re sarà onorato di accoglierti come meglio potrà. Prego, si accomodi sulla runa blu che apparirà a breve e... si tenga forte.» Thalia, confusa da quella strana situazione, fece come la voce diceva. Infondo non poteva scappare, stava sognando, o almeno così le sembrava.
«Apertura del Bifrost tra 3, 2, 1...»
N O W H E R E says:
Ecco qui, il primo piccolo capitolo che la mia mente malata vi offre. Fatemi sapere cosa ne pensate, ditemi se sbaglio qualcosa e se vale la pena continuare. Ditemi che fa schifo, ditemi quello che volete, pure aodhnsadokjfnds, ma ditemi qualcosa, vi prego. :c
Bye, N O W H E R E.
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Capitolo 2 *** Heimdall knows his fate. ***
Ride to meet your fate Ragnarök awaits.
Capitolo 2.
Heimdall knows his fate.
Il viaggio attraverso il Bifrost, o ponte dell'Arcobaleno, fu stupefacente. Thalia si lasciò trasportare incredula attraverso due mondi. Uno sfavillio di colori la circondava, colori quasi indistinti, che si mischiavano tra loro creando un'atmosfera estremamente surreale.
Fu la prima ad arrivare.
L'unica cosa che riusciva a distinguere inizialmente era una forte luce bianca, che circondava ogni cosa. Quando riuscì vagamente a riacquistare la vista distinse una figura davanti a sè che cominciò a parlare.
«Benvenuta Thalia Grace, semidea di Midgard, figlia di Zeus. Avvicinati.» Una figura maschile con una voce bassa e profonda le fece cenno di avvicinarsi, mentre se ne stava in piedi a bere uno strano liquido dorato da un enorme corno.
«Un attimo... e tu come fai a sapere il mio nome? Sono morta per caso? Questo è il paradiso?» L'espressione incredula della ragazza provocò una discreta risata all'uomo che mise in mostra i suoi abbaglianti denti d'oro.
«Io sono Heimidall, guardiano del Bifrost e protettore di Asgard e questa è la mia dimora, il Monte del Cielo. Sei viva e vegeta, è stato lo stesso Thor a richiedere la tua presenza.» Thalia lo osservò attentamente. Portava un elmo, probabilmente d'oro, con grosse corna di ariete ricurve, una stola di lana grezza sopra un'armatura d'oro bianco. Indossava pantaloni di pelle di capra morbida, stretti in vari punti da cinghie di cuoio, infilati in stivali pesanti di pelliccia di qualche strano animale. Un abbigliamento alquanto bizzarro per gli standard di una ragazza del ventunesimo secolo terrestre.
"Oh giusto, non sono morta... mi trovo soltanto in una fiera rinascimentale piena di invasati nerd della Marvel." Pensò la figlia di Zeus abbastanza irritata da quella situazione.
«Thor? Ti aspetti che ci creda? E ora parla chiaro, cosa ci faccio qui?» L'uomo la guardò truce, quasi offeso, come se fosse riuscito ad ascoltare i suoi pensieri.
«Non essere così impaziente. Quando arriveranno i tuoi compagni spiegherò il motivo della vostra presenza qui, è un'impresa di estrema importanza, abbiamo bisogno di tutte l'aiuto possibile anche da parte di voi Midgardiani.»
Thalia non ebbe neanche il tempo di chiedere a cosa si riferisse con "i tuoi compagni" che improvvisamente un fascio di luce si sprigionò alle sue spalle, lasciando intravedere l'arrivo di un'altra figura umana.
«Jason?!» Alla vista del fratello, in Thalia comparve finalmente un briciolo di speranza. Poi altri due fasci di luce abbagliarono i ragazzi.
«Thalia? Dove sono? Che ci fai tu qu... wohhohh Annabeth? Piper?» I mezzo-sangue apparirono, preceduti da potenti fasci di luce. Le due ragazze, ancora più confuse ed assonnate degli altri, riuscirono soltanto a guardarsi attorno senza proferire parola. Un'altra luce li abbagliò facendo sorridere l'uomo che aveva accolto Thalia.
«Leo?» Dissero tutti in coro, aspettandosi di tutto fuorchè lui.
«Ehi ma, dov'è finito il mio banco da lavoro?» Confuso si grattava la nuca, reggendo una chiave inglese nell'altra mano. Ancora una volta furono abbagliati. Quella mattina c'era traffico verso Asgard.
«Ma che razza di scherzo è questo?! Se trovo il simpaticone che ha ideato tutto questo io... lo sbudello e lo impicco con il suo stesso inestino.»
«Clarisse?» Esclamarono stupite Thalia e Annabeth in coro.
«In persona.» Si schiarì la voce, raddrizzando le spalle e poggiando le mani in vita con un espressione fiera.
Mentre i semidei cominciavano a scalpitare e lamentarsi, dopo essersi abbracciati e salutati, Heimidall si schiarì la voce per richiamare l'attenzione.
«Pazientate ancora un po', stiamo aspettando l'ultimo semidio, è stato il più difficile da scovare.»
Un ultimo fascio di luce abbagliò tutti facendo comparire il figlio di Ade ancora stralunato.
«Credo che questo viaggio-ombra non sia andato bene.» Esclamò guardandosi attorno. Fortunatamente, vedendo facce amiche si tranquillizzò, ma a giudicare dalle loro espressioni non erano per niente sereni.
«Oh finalmente ci siete tutti.» Hemidall sorrise ai ragazzi, che non facevano altro che guardarsi tra di loro cercando una risposta negli occhi dell'altro.
«Non abbiate paura, non siete stati rapiti, non vogliamo farvi del male, stiamo solo chiedendo il vostro aiuto. E ora che ci siete tutti, mezzosangue di Midgard dobbiamo solo attendere l'arrivo di Lady Sif che vi condurrà nel palazzo di Odino, nel cuore di Asgard. C'è già un vostro amico con noi, vi starà aspettando.» Detto questo il Dio dai denti d'oro si andò a riempire il corno di quello strano liquido dorato.
«Gulltoppr ci mette sempre un po' ad attraversare la strada per Asgard, ma é vecchio e stanco.» Disse Heimidall con un sorriso triste. A questa affermazione tutti pensarono ad un vecchio messaggero barbuto, ma si ricredettero quando videro una bellissima donna cavalcare un possente destriero dai boccoli dorati.
«Benvenuti semidei, vi stavamo aspettando.» Quella che immaginarono deovesse essere Lady Sif scese elegantemente da cavallo reggendosi le lunghe vesti bianche. Si avvicinò ai ragazzi spostandosi i capelli di colore del grano maturo di lato. Tutti rimasero incantati guardandola. Il corpo prosperoso e ben proporzionato, il visi dai lineamenti perfetti arricchiti da un sorriso dolce. Era bella, come la prima mattinata di estate dell'anno. È inutile dire che i ragazzi rimasero incantati.
«Wow, se tutte le donne di questo posto sono belle come te sono finito in paradiso.» Si fece scappare Leo sincero, sistemandosi una ciocca di capelli e sguinsagliando il suo migliore sorriso imbarazzato.
«Oh caro, sei un ragazzo davvero dolce, ma la mia è una bellezza comune qui ad Asgard.» Si avvicinò a Leo e gli accarezzò dolcemente i capelli arruffati, facendolo arrossire fino all'attaccatura dei capelli.
«Tu devi essere Leo Valdez, figlio di Efesto, il nostro Re saprà trovare una divinità adatta alle tue caratteristiche.» Leo riuscì soltanto a balbettare qualcosa di incomprensibile mentre la Dea si allontanava.
«Caretteristiche? Cosa significa?» Interruppe Jason abbastanza frustrato dalla situazione facendo svegliare il suo amico dalla trance in cui era entrato.
«Non abbiate fretta, seguitemi, vi spiegheremo una volta arrivati.» Salutato Heimidall, intento a pettinare la criniera del suo fedele Gulltoppr, i ragazzi accompagnati da Sif si incamminarono verso la casa degli dei, attraversando il palazzo di Heimidall e ritrovandosi dall'altra parte del monte. Il paesaggio ricordava vagamente l'Olimpo. Il clima era stabile, primaverile, nè troppo caldo nè troppo freddo, nè umido nè secco, era tutto semplicemente perfetto. Proseguirono in silenzio, rapiti da tutto ciò che li circondava. Fecero un bel po' di strada prima di arrivare davanti ad un immenso palazzo completamente d'oro.
«Questo è il palazzo di Odino, il Re degli dei, tra poco entreremo e satere invitati a mangiare al banchetto divino dove discuteremo del vostro compito e dove verrete rifocillati e accolti con qualsiasi cura voi desideriate. È un onore avervi con noi.»
«Come siete organizzati. Arrivano spesso visitatori qui?» Disse Clarisse guardandosi distrattamente attorno.
«Uhm, no. In realtà è la prima volta.» Rispose la Dea sorridendo innocente.
I ragazzi, stanchi ed affamati per la camminata furono più che contenti di sentire le sue parole. Erano tutti stupiti di quella grande accoglienza, che non gli era mai stata rivolta, neanche a casa propria.
«Hai qualche consiglio da darci?» Chiese Thalia prudente, con lo spirito del leader che sovrastava sempre qualsiasi altra caratteristica.
«Non contraddite Odino e neanche mio marito Thor. Sono molto suscettibili ed iracondi.» Alle parole "mio marito" in Leo si distrusse ogni speranza di aver fatto colpo sulla bellissima Dea e non gli passò neanche per la testa di continuare a provarci con la moglie di Thor. Ognuno di loro aveva milioni di domande in mente e nessuno riusciva a trovare una risposta. Due guardie spalamcarono l'enorme ed altissimo portone d'oro massiccio e fecero entrare i semidei guidati da Sif. Camminarono ancora un po', salendo un enorme rampa di scale, per poi arrivare davanti un'altra porta semi apera. La Dea disse ai ragazzi di aspettare ed entrò a controllare se fosse tutto pronto. Dopo alcuni attimi di esitazione due uomini spalancarono le porte, aprendo la loro visuale su un enorme tavolo imbandito. Al centro, su un enorme sedia, capeggiava un vecchio uomo con i capelli bianchi tirati indietro, una benda sull'occhio e una barba un po' lunga che finiva in una punta. Era davvero lui il re degli dei?
«Figliuoli!» Urlò felice l'uomo facendo riecheggiare la sua voce profonda in tutta la sala.
«Finalmente siete qui, prego entrate, non siate timidi. Io sono Odino, re di Asgard e protettore dei nove regni.» Tutti lo guardarono confusi e divertiti, mentre si alzava goffamente e li rangiungeva appoggiandosi ogni tanto al suo enorme bastone su cui rimaneva appollaiato un enorme corvo nero, che, inquietante, li osservava.
I semidei si schierarono uno accanto all'altro, quasi per difendersi, anche se pian piano cominciavano a fidarsi di quel buffo vecchietto.
«Cosa ci facciamo noi qui? Perchè ci avete prelevato senza preavviso?» Chiese Jason munendosi di una buona dose di coraggio.
«In realtà vi stiamo osservando da tempo, più di quanto immaginiate. Vi abbiamo prelevati senza preavviso perchè se i nosti nemici venissero a sapere ciò che stiamo architettando saremo tutti morti entro la fine di domani. Non potevamo rischiare di farci scappare qualcosa prima che le carte fossero già in tavola.» Odino parlò questa volta con un tono serio ed autoritario, molto più simile a Zeus, il buffo vecchietto era scoparso lasciando spazio al Re di Asgard.
«Ora cercherò di chiarirvi un po' le idee. Forza, accomodatevi accanto al fuoco.» Indicò un enorme braciere interrato poco distrante da loro. I semidei presero posto a terra, su enormi tappeti di pellicce di animali, mentre Odino si mise davanti a loro, dietro il fuoco.
«Dovete sapere, cari ragazzi, che i vostri padri non sono gli unici Dei ad esistere davvero. Noi regnamo qui ad Asgard da molto prima che loro nascessero. Molti di noi...» Alcune ragazze entrarono nella stanza, con in mano sette corni ricchi di quello strano liquido dorato che stava bevendo prima Hemidall. Odino sbuffò per l'interruzione e aspettò che i semidei accogliessero l'offerta.
Un po' titubanti, dopo aver annusato la bevanda la assaggiarono.
«Mi è familiare.» Disse Clarisse, scolandosela in due sorsi.
«Mi sembra...» Titubò Nico.
«Nettare!» Esclamò Annabeth soddisfatta.
«In realtà è idromele.» Specificò Odino distrattamente. «E quelle sono le mie figlie, le Valchirie... che mi interrompono sempre.» Sbuffò, scacciandole con un gesto della mano.
«Stavo dicendo... Uhm, si, molti di noi Asgardiani somigliano ai vostri Dei per caratteristiche o poteri comuni agli abitanti di Midgard con quelli di Asgard. Anche alcune storie e legende sono simili. Non a caso quelli che voi chiamate Titani in realtà sono giganti creati da Ymir, lo stesso gigante che ha creato mia madre e la vita qui su Asgard. Possiamo dire quindi che potremmo essere fratelli alla lontana, con la differenza che i vostri Dei si sono insediati su Midgard, hanno imparato a governarla e controllare le forze presenti su di essa, mentre noi siamo di Asgard, ci siamo insediati qui e ci impegnamo affinchè i nostri mondi non si scontrino.» Mentre Odino parlava, nel fuoco si creavano immagini che aiutavano la narrazione, come un film, o un piccolo spettacolo di come si fosse creata la vita nell'universo. I ragazzi erano rapiti da quelle immagini e in cuor loro, cominciavano a capire di trovarsi davanti forze terribilmente potenti. Loro che pensavano di aver visto tutto, ritrovarsi davanti altre creature, abitanti di altri pianeti, li faceva sentire davvero piccoli e impotenti.
«Esistono anche semidei generati da voi? Semidei di Midgard intrendo.» Chiese Annabeth, spinta da un'innata curiosità.
«E' una domanda intelligente. I nostri mondi e i nostri valori sono differenti. Per noi la famiglia è la cosa più importante, mai potremo tradire le nostre mogli. Inoltre, raramente è successo che i nostri mondi si siano incontrati e tutte le volte che è successo siamo sempre stati pronti a proteggere gli abitanti di Midgard dai nostri nemici. Mentre i vostri Dei sono perennemente a contatto con i terrestri.» Rispose sereno Odino, sorridendo alla ragazza.
«Tutto quello che ci limitiamo a fare è osservarvi. Ma questa volta sará quella decisiva. Se il Ragnarök arriverà non sarà soltanto la fine per noi Asgardiani, ma sará la fine per tutti i regni, compreso il vostro.»
«Siamo scampati da poco alla fine del mondo, un po' di pausa non ce la meritiamo?» Sbuffò Thalia, stanca di sentir parlare di catastrofi imminenti e apocalissi.
«Per questo abbiamo chiesto il vostro aiuto. Abbiamo osservato come siete riusciti a combattere la minaccia dei giganti senza gravi perdite e saremo grati di combattere al vostro fianco. Solo con una collaborazione tra due mondi potremmo riuscire a sopravvivere. Ognuno di voi è stato scelto per uno scopo ben preciso, ognuno di voi dovrà essere consacrato ad una divinità, scelta analizzando le caratteristiche che avete in comune con i nostri compatrioti. Sarete sottoposti ad allenamenti e poi potrete partire per la vostra missione. Ma non siete stati scelti a caso, c'è una persona che mi ha aiutato ad individuarvi e a scegliervi.» Tutti lo guardarono curiosi, aspettando che questo misterioso compagno venisse svelato. E Odino, con parole gravi, pronunciò quella frase.
«Fatti avanti Perseus.»
N O W H E R E says:
Ehilà gente, sono tornata presto eh? Beh che dire, si è aggiunto anche Percy alla compagnia con la sorpresa di tutti.
Ma ora parliamo di cose serie.
Questa ff è ambientata tra i primi due libri della seconda serie, prima de "Il figlio di Nettuno" quando tutti stanno ancora cercando Percy dato per disperso. Ovviamente lui non si trova al campo di Giove, ma ad Asgard, in compagnia di Odino e delle altre divinità che popolano quel meraviglioso luogo. Nel prossimo capitolo verrà spiegato tutto in modo più chiaro, non voglio anticiparvi nulla.
Ovviamente spero sempre che lasciate qualche recensione, per sapere se ha soddisfatto le aspettative di chi ha già letto l'intro, o per chi l'ha appena scoperto, farmi sapere se piace o no, se devo modificare qualcosa o non so, per leggere cosa ne pensate.
Il prossimo capitolo sarà un po' lungo e complesso, quindi non aggiornerò così presto, ma spero che ne valga la pena.
Voglio ringraziare chi mi ha recensito, dicendomi cosa non andava bene AxXx e chi mi ha incitato ad andare avanti biankina1, spero di aver chiarito i vostri dubbi. Vorrei ringraziare chi l'ha messo nelle preferite eltanininfire, chi l'he messa tra le seguite _lulaby_ e chi semplicemente l'ha letta. Grazie infinite a tutti, siete fantastici.
Bye, N O W H E R E. |
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Capitolo 3 *** Warlord has chosen. ***
Ride to meet your fate Ragnarök awaits.
Warlord has chosen.
«Percy?» Urlarono i suoi quattro amici in coro.
Un tonfo secco, un corno di idromele si riversò prima sul pavimento per poi scorrere nel fuoco provocando pericolosi scoppiettii. Era il corno di Annabeth, la ragazza che dalla sorpresa si trovava a metà tra lo svenimento e l'attacco di panico. Così tanto tempo passato a cercarlo, ma alla fine è stato lui a trovare lei.
Scattò in piedi con gli occhi spalancati e fece per correre dal suo ragazzo, quando si ricordò di essere al cospetto del Re degli Dei. Si fermò un secondo, guardandolo per avere il suo consenso. Dal canto suo, Odino, sorrise e fece un gesto con la mano per invitarla a raggiungerlo.
La ragazza superò i suoi compagni e attraversò la sala correndo, in lacrime, per poi fiondarsi tra le braccia dell'eroe. Percy, anch'egli estremamente emozionato ed imabarazzato, la strinse forte al petto, appoggiando la sua testa sulla chioma bionda della ragazza. Qualche attimo di dolcezza tra i due, alcuni baci, sussurri che nessuno riuscì a decifrare. Tutti erano contenti di rivederlo e i semidei che non avevano avuto il piacere di conoscerlo erano felici per Annabeth, che finalmente era riuscita a ricongiungersi con il suo Percy.
«Per la barba di Zeus, Jackson, come ti sei conciato?» Chiese Clarisse beffarda dandogli un pugno sulla spalla per salutarlo.
«Allo stesso modo in cui vi vestirete anche voi durante il vostro soggiorno ad Asgard.» Sentite le parole di Odino, Clarisse tornò al suo posto, consapevole di non averci fatto una bella figura.
Gli altri si alzarono. La prima fu Thalia, che dopo attimi di esitazione, lo abbracciò rischiando di inclinargli una costola.
«Ti trovo bene.» Lo squadrò da testa a piedi. «Sei duro da uccidere, eh cugino?» Gli sussurrò felice di rivederlo.
«Sapevo che eri vivo, da qualche parte. Non ho sentito la tua anima...trapassare.» Deglutì Nico, riuscendo a mala pena a finire la frase. Poggiò una mano sulla sua spalla, a testa bassa, fu il massiomo del contatto tra dei due. Percy gli sorrise, fiero di lui. Uno strano presentimento si accese in Nico, e se Percy, dall'alto di Asgard, avesse visto come aveva passato gli ultimi mesi nella sua disperata ricerca? E se Percy sapesse cosa aveva fatto per trovarlo? Viaggiare da un capo all'altro dell'America, attraverso viaggi-ombra, era costata davvero tanta fatica al Figlio di Ade, ma i sentimenti che lo spingevano a cercarlo ogni giorno erano più forti di qualsiasi altra fatica. E se Percy avesse intuito i reali motivi che lo avevano spinto a fare tutto ciò, Nico, non avrebbe più avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Si sentiva estremamente fragile e vulnerabile, sperò vivamente che nessuno si fosse accorto di questo suo repentino cambio di umore.
Leo, Piper e Jason, che del figlio di Poseidone ne avevano soltanto sentito parlare, lo osservavano interdetti. Secondo le descrizioni dei ragazzi del Campo Mezzo-Sangue se lo immaginavano come un guerriero forte, poetente, invincibile e muscoloso, con lo sguardo rude, come mare in tempesta, il viso fiero e i capelli indomabili. Tutto quello che si trovarono davanti fu un ragazzo, abbastanza smagrito, alto quanto basta, con un espressione ingenua e lo sguardo curioso, strabordante di bontà.
«Questo sarebbe l'eroe che ci ha salvati dalla fine del mondo?» Bisbigliò Jason nell'orecchio di Piper, accertandosi che nessuno potesse sentirlo.
«Non sono mica tutti fotomodelli figli di Giove come te, tesoro.» Rispose la ragazza ammiccante, facendo arrossire il biondino, che cominciò a tossire perchè quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
«Se ci siamo tutti possiamo accomodarci al banchetto. Tra poco arriveranno le Valchirie con le anime dei guerrieri, quindi ci conviene mangiare.» Li interruppe Odino invitandoli ad accomodarsi al lungo tavolo imbandito. Tutti presero posto e aspettarono il via del Re per cominciare a mangiare.
Odino prese un enorme corno d'osso appeso accanto alla sua sedia e lo suonò. In fretta tutte le porte si aprirono contemporaneamente, come se fosse una coreografia provata e riprovata. Donne e uomini, vestiti con gli abiti medioevali entrarono camminando spediti verso il tavolo e presero posto accanto all'anziano Dio.
«Padre!» Esclamò un grosso energumero tutto barba e capelli. «Sono questi gli eroi di Midgard? Così giovani...» Continuò, osservando incuriosito i terrestri come se fossero nuovi animali da compagnia e poggiò un braccio privo di una mano sulla spalla del Re.
«Siamo giovani, ma abbiamo combattuto molte più battaglie di quanto tu possa mai immaginare.» Rispose a tono Clarisse, estremamente irritata dagli atteggiamenti dell'uomo. Dall'altra parte, il monco, si voltò verso la ragazza, sorpreso dal coraggio della giovane, ma allo stesso tempo oltraggiato dalla sua impertinenza.
«Come osi rivolgerti al sommo Tyr, dio della guerra e del cor-» Rispose una donna, poco distante dal Dio, ma venne interrotta da un suo duro sguardo.
«Taci.» Il Dio tornò a guardare Clarisse, rudemente. La ragazza si sentì a disagio, ma riuscì a reggere il suo sguardo. «Questa ragazza è una piccola impertinente...» Fece una breve pausa, appoggiandosi sul tavolo. «...Ma mi piace. Oh se mi piace. Complimenti ragazza, hai la mia benedizione.» Tutti rimasero interdetti, mentre Odino ridacchiava sotto i baffi, come se già sapesse che quel momento sarebbe arrivato.
«Abbiamo una nuova guerriera in famiglia, Clarisse La Rue, figlia di Ares, accetti la benedizione di Tyr, valoroso e coraggioso Dio della guerra, signore delle battaglie?» Chiese Odino, con tono serio.
«Certo che si!» Si fece scappare, mentre gli altri Dei la guardavano male. «Volevo dire... Ne sarei onorata.» Si corresse, con un sorriso fiero sul volto.
«Pian piano, tutti voi semidei avrete la benedizione di un Dio, quello più simile a voi. La vostra compagna ha già trovato il suo. Ora però accomodatevi e... Mangiate!»
Il banchetto andò avanti per tanto, tantissimo tempo, ma più mangiavano e più avevano voglia di mangiare. Il cibo era buonissimo. Tra apocalissi imminenti, imprese e paesi in pericolo, non tutti i giorni capita di mangiare ad un banchetto divino, quindi ne approfittarono, riposandosi totalmente.
Odino peresentò i semidei alle altre divinità sedute al tavolo.
C'era un capellone biondo, grosso e muscoloso, sembrava molto uno di quei motociclisti che girano per le autostrade americane in gruppi vestiti di pelle nera. Beh, lui era Thor, secondo per importanza soltanto a suo padre Odino, marito di Sif e dio del tuono, delle tempeste e della forza, difensore degli Dei. Simpatico e stravagante, un vero leader.
Sif dai capelli d'oro, moglie di Thor, dea dell'agricoltura e dei campi estivi.
La bellissima signora che sedeva accanto ad Odino era Frigg, sua moglie, Dea saggia, signora del cielo, protettrice dei matrimoni e delle spose. Era coperta interamente da un lungo mantello di piume di falco, con i capelli acconciati perfettamente da trecce e gli occhi glaciali che scrutavano ogni cosa.
Quando venne il momento di Freyja, dea dell'amore e della guerra, tutti i ragazzi rimasero senza fiato, era di una bellezza superiore a qualunque altra donna avessero mai visto e le sue vesti particolarmente provocanti non erano certamente d'aiuto.
Qualche sedia dopo c'era un giovane uomo, bellissmo ed affascinante. Era Freyr, dio della pace e dell'abbondanza, somigliante in modo inquietante ad un dio di loro conoscenza, ovvero Apollo.
Tra i due sedeva loro padre, Njord, Dio pescatore, protettore delle navi, del mare, del vento e del clima atmosferico. Aveva un volto abbronzato, segnato da profonde rughe ed emanava un forte odore di salsedine. Odino aveva spiegato che durante la permanenza di Percy, Njord aveva già dato la sua benedizione al semidio, riconoscendolo come suo prescelto.
In fine, in un angolo, seduta all'estremità del tavolo, Skadi, moglie di Njord, Dea della caccia e dell'inverno. Per metà Dea e per metà Gigantessa non era di certo bella come le altre dee. Rude e sgraziata rivolse a stento uno sguardo ai semidei e continuò a mangiare per tutta la durata del banchetto.
I semidei, ancora scossi per tutte quelle novità impreviste, non parlarono molto. Nico si sentiva leggermente debole e a disagio in quel luogo così luminoso, non aveva nessun contatto con la terra e con il regno dei morti, sentiva che i suoi poteri erano bloccati da qualche fonte magica rendendolo totalmente vulnerabile.
Leo, continuava a sentire voci che chiamavano il suo nome, fischi alle orecchie, anche se all'apparenza nessuno lo stava chiamando. Era tutto fin troppo bello per i suoi gusti e la cosa cominciava ad inquietarlo.
Percy ormai aveva dimenticato tutto ciò che lo circondava, per lui c'era soltanto Annabeth e per la ragazza era lo stesso.
Thalia, era estremamente affascinata da tutte le novita, ma allo stesso tempo preoccupata per aver abbandonato le sue cacciatrici nel bel mezzo di un inseguimento. Pian piano che Odino parlava le sue preoccupazioni si affievolivano, rendendola più tranquilla, non ci volle molto per mettersi a suo agio tra i nuovi Dei.
Jason provava gli stessi sentimenti della sorella e sapeva già bene quale sarebbe stato il Dio che gli avrebbe concesso la sua benedizione, promise a se stesso che avrebbe fatto di tutto pur di guadagnarsela.
Piper, fianco a fianco al suo Jason, puntava a Freyja. Questa volta la Dea dell'Amore la incuriosiva particolarmente, come anche suo fratello Freyr. Sapeva che prima o poi si sarebbe guadagnata la loro benedizione.
Quando finalmente tutte le portate erano terminate e i semidei erano stato informati degli usi e costumi di quel luogo magico, Odino parlò.
«Eroi, Il banchetto è concluso, ora potete prendere possesso delle camere che vi sono state assegnate nel palazzo di Thor. Sif, mia cara, accompagna i ragazzi a destinazione.» Pronunciò con tono gentile e aspettò che tutti fossero pronti per lasciare la sala. «Al vostro risveglio dovrete prepararvi per il vostro primo addestramento, sarà mio figlio, Tyr, a supervisionare i vostri progressi e ad analizzare le vostre abilità. Ma adesso... buon riposo.» Concluse, congedandoli in fretta.
Tutti li guardarono andarsene e quando porte si chiusero gli Asi rimasero finalmente da soli.
«Che gli Jötunn mi prendano se mi sbaglio, ma quel ragazzino ha gli Inferi negli occhi.» Sbottò Thor, riferendosi a Nico. Odino lo guardò con aria severa, ma allo stesso tempo soddisfatto.
«Questo ragazzino è perfetto per il suo compito e nessuno deve più discuterne, intesi?» Rispose freddamente.
«Certo padre.» Tornò al suo posto ammutolendosi sotto lo sguardo severo del padre.
«I genitori ne sono stati informati?» Li interruppe Frigg, richiamando l'attenzione del marito.
«Spero, stavo proprio andando a dare un occhiata.» Rispose pacato, alzandosi dal suo posto. Man mano che camminava verso il braciere migliai di scintillii lo ricoprirono, spogliandolo delle sue vesti da vecchietto buono ed accomodante e rivestendolo nella sua vera forma, quella da saggio e imparziale Re degli Dei. La benda che aveva sull'occhio si trasformò in una protesi d'oro, il mantello, prima di tessuto logoro e sfibrato, ora era formato di nere piume di corvo che s'increspavano all'altezza delle spalle. Prese forma un'armatura argentata, all'apparenza indistruttibile, costellata di rune e incisioni vichinghe. Gli stivali di pelliccia riducevano di gran lunga l'eco provocato dal suo passo pesante e, una volta arrivato a destinazione, sotto gli occhi di tutti spense tutte le luci dell'enorme sala con un semplice gesto delle mani. Il pavimento sotto i loro piedi sembrò trasformarsi in vetro. Un infinità di stelle ed oscurità apparve sotto i loro piedi e guardando attentamente riuscirono a scorgere un ramo di Yggdrasill che sorregge Asgard. A quello spettacolo Frigg era l'unica a non rimanere a bocca aperta, ormai abituata a quella vista.
«Mostrami Midgard.» Sussurrò Odino aspettando che le stelle si muovessero sotto i suoi piedi.
In effetti non ci volle molto. La vista si ingrandì e gli Asi ammirarono la terra in tutta la sua bellezza.
«Mostrami l'Olimpo, la dimora degli Dei di Midgard.» La vista, prima sfocata, si schiarì man mano, fino a mostrare nitidamente un gruppo di persone che litigavano, su cui capeggiava un uomo anziano dai capelli e barba completamente bianchi che sbraitava e urlava.
«Questo non fa parte dei miei domini, non riesco a leggerlo!»
N O W H E R E says:
Lo so, sono in ritardo di una settimana e vorreste mandarmi da Ade, ma perdonatemi, questa scuola mi uccide. So anche che questi capitoli sono abbastanza noiosi (lo sono anche per me da scrivere), ma ho bisogno di fare una grande infarinatura per i mieno esperti sulla mitologia Nordica in modo che tutti possano leggerla.
Dal prossimo capitolo ci saranno più azione e la storia verrà descritta dal punto di vista dei nostri semidei.
Ringrazio infinitamente AxXx per seguirmi, recensire e consigliarmi, senza di te questa storia sarebbe inutile. Spero di tornare presto, ma non vi prometto niente a causa della scuola, farò del mio meglio.
Bye, N O W H E R E.
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Capitolo 4 *** Land of Snow and Sorrow. ***
Land of snow and sorrow 4
Ride
to meet your fate Ragnarök
awaits.
Land of Snow and Sorrow.
Nico.
«Sei
figlio di Ade, eh? Non che sia andato a fare ricerche sul tuo conto o
che abbia fatto da stalker, per carità, non pensare a male.
Mi pare averlo sentito da Percy o da qualcuno dei ragazzi...»
Chiese curioso. «Sembri proprio un mort... tuo padre! Volevo
dire, sembri proprio tuo padre.» Si corresse in fretta. Aveva
finalmente capito che Nico era un ragazzo molto facile da contrariare,
ma non sarebbe stato altrettanto facile farsi perdonare.
Intanto, il figlio di
Ade, ancora si stava chiedendo per quale strano scherzo del destino si
era trovato in stanza insieme a quella sottospece di elfo esaltato e
logorroico.
***
«Dunque,
siamo arrivati, le stanze sono queste
quattro, sceglietevi un compagno. Torneró a prendervi prima
di sera. Buon riposo semidei.» Sif li liquidò in
fretta, gli indicò le stanze con gesti rapidi e si
dileguò. I ragazzi si trovarono a fissarsi tra di loro,
imbarazzati e confusi, finchè Piper non parlò.
«Allora, bene, io sto con Jason.» Si
avvicinò con uno scatto al ragazzo standogli più
vicino possibile. Annabeth e Percy si guardarono per un secondo,
sembrava quasi che parlassero con il pensiero.
«No due stiamo insieme.» Disse Percy cingendo le
spalle della bionda con un braccio.
«Io non posso stare con dei ragazzi, Clarisse ti
dispiace?» Si affrettò a dire Thalia, riuscendo
quasi ad essere gentile. Il tempo passato con le cacciatrici l'aveva
temprata, migliorando man mano il suo carattere.
«È un onore compagna.» Rispose Clarisse
di tutto punto, scattando quasi sugli attenti. Certo, lei non aveva
mica bisogno di una guida o di un capo che le dicesse cosa fare, ma se
c'era qualcuno che ammirasse, esclusa se
stessa, quella era Thalia.
Leo, con il suo solito fare teatrale, lanció un'occhiata
supplichevole e disorientata a Jason, che fece spallucce sorridendo
divertito, poi guardò con aria affranta quello che doveva
essere il suo compagno di staza, il figlio di Ade.
Intanto Nico li ignorava tutti, era rimasto appoggiato allo stipite
della porta massaggiandosi le tempie distrattamente. Non riusciva a
sentire ciò che dicevano, vedeva che muovevano le labbra ma
non riusciva a capire le loro parole. Nelle orecchie aveva un fischio
acuto, come quello che si sente dopo una forte esplosione, e nella sua
testa miriadi di voci chiamavano il suo nome, quasi per chiedere aiuto.
Pensava di star diventando pazzo.
Nel guardarlo, Leo, distinse nitidamente una smorfia di dolore sul viso
del suo nuovo compagno e si avvicinò per accertarsi che
stesse bene.
«Ehi amico, tutto ok?» Gli chiese con fare
scherzoso, ma il figlio di Ade sentì a mala pena le sue
parole, lo guardò stringendo i denti e cercando di
distinguere la sua figura. Ebbe un attimo di cedimento e si sorresse
alla porta, pallido. Le voci nella sua testa si intensificarono, si
portò le mani alla testa esausto.
«Nico, che succede?» Percy lo guardava confuso e
preoccupato. Capì subito ciò che stava per
succedere, lasciò la mano di Annabeth e corse da lui un
attimo prima che svenisse.
***
In
piedi, sterminate distese di neve lo circondavano, da
qualche parte ai confini del mondo. Gelidi venti artici infuriavano
attorno a lui, ululando in modo sinistro. Era totalmente solo,
accompagnato solo dal gelo e dal pianto del vento, rischiava di
impazzire perso in quella distesa. In quel silenzio riusciva a sentire
soltanto il rumore dei ricordi che seguivano il suo passo nella notte.
Provò ad urlare aiuto, ma non servì a nulla, si
abbandonò tra le braccia dell’inverno e si
lasciò spazzare via, lontano, cadendo nella neve con il
corpo ormai totalmente congelato.
Sentiva la sua vita svanire, provava soltanto dolore. Lanciò
uno sguardo al cielo, la bianca neve scendeva placidamente, mentre lui
scivolava via dal gelo delle tenebre, riscaldato soltanto dalla fredda
luce d’un milione di stelle.
Una donna prese forma tra l'oscurità, si avvicinava pian
piano al ragazzo steso a terra, inerme. I suoi abiti neri,
così come i suoi capelli, formavano un contrasto perfetto
con la neve che la circondava, che quasi si confondeva con la sua pelle
lattea. Non riuscì a guardarla in viso, la cascata di
capelli glielo impediva.
«Questo non è il tuo posto, non ti meriti tutto
questo dolore. L’oscurità sempre sarà
una parte del tuo cuore, finché non verrai sottratto dalle
braccia dell’inverno, finché non ti inoltrerai nel
il tuo ultimo sogno, l'oscurità sarà l'unico
luogo sicuro per te, l'unica tua casa. Raggiungimi, mio piccolo Re
degli spettri, riprenditi ciò che ti spetta, cancella tutto
questa sofferenza.» Disse con voce fredda ma suadente.
«Cosa aspetti allora, salvami, portami via con te.»
La supplicò, mentre ancora era steso tra la neve.
Allungò un braccio verso la donna girata di spalle.
«Non ora, lascia che il tempo faccia il suo dovere. Quando
arriverà il momento sarai tu a venire da me.» Nico
si lasciò cadere, ormai allo stremo delle forze.
«Shh, ora dormi.» Chiuse gli occhi, i suoi sensi
cominciarono ad affievolirsi. Sentì i passi della donna
avvicinarsi sempre più a lui, finchè una mano
gelida si posò sul suo collo, lasciandogli una dolce
carezza, la dolce
carezza della morte.
***
Prese un lungo respiro, come se stesse tornando in vita.
Si guardò intorno, si trovava in una luminosissima stanza,
quasi totalmente d'oro, tranne per le grandi finestre. L'aria era calda
e fuori si intravedevano i primi rossori che preannunciavano il
tramonto.
«Uh, sei sveglio.» Disse una voce maschile acerba,
che inizialmente faticò a distinguere. «Bene,
dovrei chiamare Percy... oh, ma qual'era la sua stanza? Uhm, come ha
detto... "Leo, quando si sveglia chiamami, sono in quella stanza a
sulla destra, due dopo la tua, poi subito a sinistra" oppure "sono in
quella sulla sinistra, due dopo la tua, poi subito sulla destra"? Per
Ade, dovrebbero lasciarci almeno una piantina, ci saranno
più di 100 stanze solo su questo pia-» Leo
cominciò a blaterare, infastidendo terribilmente il figlio
di Ade, che intanto cercava di alzarsi a sedere. Un emicranea infuriava
nella sua testa quasi quanto il vento nel suo sogno.
«Sto bene, non chiamare nessuno.» Lo interruppe,
non era sveglio neanche da 20 secondi e già desiderava
riaddormentarsi.
«Ma Percy...» Si giustificò il figlio di
Efesto, cercando di ribattere, ma venne interrotto di nuovo.
«Lascia stare Percy, ti ho detto che sto bene, ero solo un
po' stanco.» Lo tranquillizzò con voce assonnata.
Mise i piedi sul pavimento mentre era ancora seduto sul letto. Si
sorresse la testa, stropicciandosi gli occhi con le mani e facendosi
forza sui gomiti appoggiati alle gambe.
«Come vuoi, ma se poi viene a farmi la ramanzina
darò tutta la colpa a te e alla tua testa dura.»
Sbottò il ragazzo, andando avanti e indietro per la stanza,
irritato.
«Va bene, basta che stai zitto.»
Sussurrò tra le labbra facendo in modo che non sentisse.
«Hai detto qualcosa?» Chiese Leo fermandosi di
colpo e guardandolo con aria interrogativa.
«No, ti sbagli.» Rispose con fare innocente, mentre
cercava di non ridere.
«Ora sento anche le voci, sto diventando pazzo, è
da quando sono arrivato qui che sento sempre qualcuno parlare anche se
tutti tacciono.» Cominciò a gesticolare, con il
suo solito modo di fare da Drama Queen. Nico però
ignorò per un attimo il fatto che lui fosse terribilmente
irritante e si concentrò su cosa avesse appena detto.
«Ma davvero?» Gli chiese quasi in tono sarcastico.
Stentava a credere che quel tipo così strano e irritante
sentisse le stesse cose che sentiva lui.
«Sì, ma non capisco cosa dicono. Sono
come...» Ci pensò un po' su grattandosi il mento
pensieroso.
«Sussurri.» Il figlio di Ade completò la
frase tra se e se procurando stupore nel suo interlocutore che intanto
si avvicino a lui scrutandolo incuriosito.
«Come lo sai? Li senti anche tu?» Leo
scattò da lui, afferrandolo per la maglietta e scuotendolo
come se dovesse fargli vomitare qualcosa. I suoi occhi folli e vispi si
muovevano incontrollati cercando di cogliere ogni piccola espressione
del ragazzo, sembrava avesse avuto un iniezione di caffeina
direttamente in vena.
«Ho tirato ad indovinare.» Si
giustificò, mentendo, con un espressione tra lo stupore, la
rabbia e il ribrezzo stampata sul volto. Quel ragazzo cominciava a
spaventarlo seriamente. Lo spinse lontano, era sull'orlo di una crisi
di nervi. Odiava profondamente il contatto fisico e chiunque lo
toccasse, soprattutto se quella persona non aveva fatto altro che
blaterare e blaterare facendogli soltanto aumentare il mal di testa. Si
alzò infastidito, si sistemò la maglietta e
raccattò la sua spada, gestò che
allarmò particolarmente Leo che per un attimo
pensò al peggio, ma si allontanò veso la finestra
con passi decisi. Arrivato al davanzale si fermò a guardare
all'esterno. Tutto sembrava così tranquillo. Enormi distese
di terre verdi si espandevano in ogni direzione, non c'era neanche
l'ombra di montagne innevate e venti tempestosi.
«Scusami, non so perchè tel'ho detto o
perchè l'ho fatto, ora penserai che sono pazzo. Questo
posto... mi rende così nervoso, instabile... sto diventando
pazzo.» Leo per un attimo voleva avvicinarsi e chiedergli
scusa per bene, ma esitò capendo di aver già
infastidito il povero ragazzo.
«Smettetela di parlare!» Urlò
improvvisamente il figlio di Efesto, che si rannicciò in un
angolino con la testa tra le mani. Sembrava davvero sofferente, ma Nico
diffidava, non gli andava molto a genio quel ragazzino.
Dopo cinque minuti buoni che non lo sentiva parlare, fatto che gli
sembrò davvero strano, si avvicinò cautamente.
Quando finalmente distinse la sua figura, seduta a terra in un angolo
tra le mura dorate, notò che si era addormentato con la
testa sulle ginocchia. Inizialmente rise divertito, scuotendolo per
controllare se fosse sveglio, ma Leo non diede cenni di vita. Nico lo
osservò per qualche istante con le braccia incrociate, il
minimo che potesse fare era metterlo a letto. Finalmente prese coraggio
e cercando di fare più delicatamente possibile se lo
caricò sulla spalla. Non pesava molto, lo
trasportò senza molte difficoltà e lo
scaricò sul letto difronte al suo.
Lo osservò attentamente, più il tempo passava e
più cominciava a capire che loro due avevano molto
più in comune di quanto sembrasse. Riusciva quasi a sentire
il suo dolore, era quasi sicuro che stesse facendo un incubo,
probabilmente simile a quello che aveva fatto lui. Era quasi carino
mentre dormiva, i suoi lineamenti da folletto dispettoso, ora
rilassati, avevano un'espressione seria. Il sonno gli aveva
fatto perdere quel sorrisetto irritante lasciando che le sue labbra
sottili si dischiudessero formando curve morbide e perfette.
Quando Nico capì che i suoi pensieri si stavano facendo
troppo contorti e compromettenti scosse la testa lasciando che gli
scivolassero via. Si andò a sdraiare sul suo letto,
benedicendo quel silenzio tanto agognato. Qualcosa fece in modo che il
suo sguardo cadesse di nuovo sul suo compagno di stanza che intanto si
contorceva nel sonno.
Okay, forse lo stava fissando un po' troppo.
Ancora non riusciva a credere di aver pensato che quel ragazzino
logorroico e insopportabile fosse carino.
Si voltò nuovamente, questa volta verso il muro, sbuffando
rumorosamente per cacciare quegli stupidi pensieri contraddittori.
Rimase ad occhi spalancati a fissare la parete per un tempo
interminabile, quando il silenzio venne rotto da un profondo respiro
seguito da un colpo di tosse.
Anzi due colpi di tosse.
No. Tre colpi di tosse.
Il figlio di Ade che sperava che fosse soltanto un riflesso del sogno,
ma purtroppo era sveglio.
Definitivamente.
«Mh che dormita.» Esclamò
stiracchiandosi mentre si metteva a sedere. «Sei
sveglio? Cos'è succeso? Non ricordo niente.»
Quella voce fastidiosa ricominciò a riecheggiare per la
stanza.
«Se sono sveglio è grazie a te.» Rispose
freddo voltandosi verso di lui.
«Acidello il ragazzo.» Sbuffò per niente
divertito dalla sua reazione. Lunghi minuti di silenzio invasero la
stanza, rendendo felice il figlio di Ade, ma facendo agitare sempre di
più il figlio di Efesto.
«Non puoi stare zitto tutto il tempo. Dobbiamo salvare il
mondo insieme, non credi sia meglio conoscerci?» Si fece
scappare Leo sempre più agitato, il silenzio lo metteva a
disagio e avrebbe fatto di tutto pur di farlo parlare, ormai era
diventata una sua sfida personale.
«E va bene. Cosa vuoi sapere?» Rispose esasperato,
sperando che accontentandolo sarebbe stato meno appiccicoso. C'era
qualcosa di terribilmente infantile e curioso in quel ragazzo e a Nico
non piaceva per niente.
«Sei figlio di Ade, eh? Non che sia andato a fare ricerche
sul tuo conto o che abbia fatto da stalker, per carità, non
pensare a male. Mi pare averlo sentito da Percy o da qualcuno dei
ragazzi...» Chiese curioso. «Sembri proprio un
mort... tuo padre! Volevo dire, sembri proprio tuo padre.» Si
corresse in fretta. Aveva finalmente capito che Nico era un ragazzo
molto facile da contrariare e non sarebbe stato facile farsi perdonare.
Intanto, il figlio di Ade, ancora si stava chiedendo per quale strano
scherzo del destino si era trovato insieme a questa sottospece di elfo
esaltato e logorroico.
«Già.» Sibilò distrattamente
fissando l'alto soffitto. Cercò di rilassarsi, steso
completamente sul letto con le mani sulla pancia. Quasi non sentiva
cosa il ragazzo dicesse, ma cercò comunque di afferrare i
concetti essenziali.
Qualcuno bussò alla porta, prima di spalancarla
violentemente facendo saltare i ragazzi dai rispettivi letti per la
paura. Le finestre si aprirono all'improvviso e una forte folata di
vento spense tutte le candele.
«Dormiglioni, alzate il culo, dobbiamo andare.»
Urlò Clarisse vestita con strani abiti e un elmo con grosse
corna ricurve. Così come arrivò se ne
andò, sbattendo la porta.
«Ma fa sempre così?» Chiese Leo scosso
dall'iruenta entrata in scena.
«Più o meno.» Rispose Nico ridacchiando.
«A volte fa peggio.» Lo guardò
attentamente aspettando una sua reazione. Lo stava palesemente
prendendo in giro.
«Oh, incoraggiante, davvero incoraggiante... Posso stare
sicuro che non mi picchierà?» Nico quasi
scoppiò a ridere, si aspettava una reazione del genere, ma
non poteva dargli torto.
«Se non sarai irritante come lo sei stato fin ora hai qualche
possibilità che non ti faccia niente.» Rispose
ancora sorridente, celando la vera natura della sua frase. Voleva
capire fino a che punto arrivasse la sua stupidità.
«Ah bene, sono più tranqui... aspetta, hai appena
detto che sono irritante?» Il figlio di Ade non
riuscì a trattenersi questa volta, la sua risata si diffuse
nella stanza umiliando Leo che intanto lo guardava imbronciato.
«Antipatico.» Sibilò fingendosi
arrabbiato per poi farsi coinvolgere dalla risata dell'amico.
«Ci conviene andare, non scherzavo prima su
Clarisse.» Si interruppe Nico tornando serio. Forse
quell'elfo logorroico non era tanto male come sembrava.
***
I semidei si incontrarono appena fuori dalla stanza. Percy aveva ancora
la forma del cuscino sulla faccia aveva un andatura abbastanza
assonnata. Annabeth non gli toglieva gli occhi di dosso neanche per un
istante, come se avesse paura di perderlo di nuovo.
E neanche Nico riusciva a staccare gli occhi di dosso da quei due.
Sentiva un mix potenzialmente esplosivo di sentimenti nello stomaco.
Una parte di lui era felice che si fossero riuniti, sapeva quanto
Annabeth avesse sofferto in quei mesi, un'altra parte voleva soltanto
ignorarlo così, col tempo, sperava di riuscire a
dimenticarlo, ma c'era anche una parte di lui, quella che cercava di
remprimere il più possibile, che desiderava fortemente le
attenzioni che erano rivolte ad Annabeth.
Dopo pochissimo tempo arrivò Sif, accompagnata da Tyr, il
dio della guerra.
I ragazzi s'incamminarono fuori dal palazzo, addentrandosi in una
piccola foresta.
Durante
il cammino, Percy e Thalia cercarono di
chiedergli cosa fosse successo e cosa avesse sognato, ma Nico li
liquidò con "Sto
bene, diciamo che i viaggi extradimenzionali mi scombussolano un po'".
Il cielo si scuriva minuto dopo minuto e la luce era sempre di meno.
Arrivarono in una piccola radura quando ormai il sole era sparito e le
prime stelle cominciavano già a comparire in cielo.
Il dio Monco prese un paio di torce da una cassa di legno che si era
portato dietro e le inchiodò agli alberi che segnavano il
confine della piccola radura.
«Finalmente eccoci qui, semidei mingherlini. Questa
sarà la vostra prima notte vichinga, mi raccomando, Odino si
aspetta molto da voi e dice che devo addestrarvi bene.»
Squadrò gli otto ragazzi da capo a piedi con aria di
sufficienza. «Quindi non avrò nessuna
pietà.» Terminò il discorso con un
sorrisetto aggiacciante. Si avvicinò alla cassa di legno
prendendo alcuni vestiti.
«Mettetevi questi.» Disse, lanciando una casacca di
lana grezza ciascuno. «Io sono anche conosciuto come il dio
del coraggio, quindi metterò alla prova la vostra
codardia.» Quando finì le casacche prese dei
mantelli di pelliccia di animali sconosciuti e tornò a
distribuirli. «Cominciamo con questi. Dovrete indossarli.
Frigg le chiama "uniformi",
dice che servono a rendervi una squadra. Beh, fate come
dice.» Disse distrattamente mentre ne prendeva una e la
osservava meglio. «Probabilmente saranno un po' grandi, erano
destinate ai fabbri nani, ma ce le spedirono indietro perchè
erano troppo lunghe e scomode per loro... Ma lasciamo perdere i nani
adesso. Le ragazze possono cambiarsi dietro a quegli alberi
laggiù, i vostri indumenti potete metterli qui
dentro» Indicò la cassa di legno «Li
riavrete alla fine dell'addestramento. E fate presto, la notte sta
calando e l'addestramento sta per cominciare.»
Le ragazze si raggrupparono e se ne andarono sbuffando dietro gli
alberi che aveva indcato Tyr, per niente contente di quella scelta di
vestiti.
Nico, Percy, Leo e Jason, invece, continuarono a guardarsi confusi,
incerti sul da farsi. Nico non si sarebbe mai
spogliato davanti agli altri, ma soprattutto davanti a lui.
Leo fu il primo a togliersi le bretelle e sfilarsi la maglietta. Era
magrolino, la muscolatura era appena accennata e la pelle abbronzata.
«Questa lana punge.» Fu il suo commento attirando
l'attenzione del Dio.
«Smettila di lamentarti folletto... Avete visto quelle
braccia, non saranno in grado neanche di brandire un'ascia.»
Lo schernì il monco e Leo se la
prese un po'.
«Ehi, non c'è bisogno di offendere... che razza di
parola è brendire?»
«Ha detto brandire.
Significa prendere, utilizzare, alzare.» Lo corresse Jason
ridacchiando mentre si sfilava la maglietta.
«Mhh, ecco, forse tu saresti accettabile. Un fisico ben
allenato, non ho niente in contrario. Forse non siete tutti da
buttare.» Si complimentò Tyr dandogli una pacca
sulla spalla.
E quando Percy si decise a togliersi i vestiti che gli erano
già stati assegnati dal dio che l'aveva benedetto a Nico
mancarono un paio di battiti. Notò un simbolo, probabilmente
un tuaggio, dietro l'avambraccio del ragazzo, una runa simile ad una
freccia tagliata a metà.
Probabilmente arrossì e per non farsi scoprire
cominciò a guardasi intorno fingendo indifferenza.
«I giorni ad Asgard ti hanno fatto bene, eh, pupillo di
Njord? Ti stai rimettendo, lì a Midgard non vi fanno
allenare abbastanza.» Rivolse a Percy e quando
finì, il dio si avvicinò a Nico. «E tu,
a cosa aspetti, mica vuoi andare a cambiarti con le ragazze?»
Nico per poco non si strozzò con la saliva. Inizialmente
titubò, ma poi si decise a spogliarsi, non poteva deludere
il dio dopo neanche 10 minuti di allenamento. Mentre si toglieva la
maglietta sentiva gli occhi di tutto puntati addosso e
arrossì rovinosamente. Tutti stavano lì a
guardarlo, rendendolo nervossissimo.
«Se potreste smettere di fissarmi mi fareste un grande
piacere.» Si lasciò scappare acido cercando di
calmare l'agitazione. Si sentiva come se il dio gli stesse facendo una
radiografia e dalla faccia non era molto contento del suo fisico.
«Come sei pallido e magro, da quanti mesi non fai un pasto
decente e qui... Per
Odino.» Il Dio gli fissava il collo atterrito
come se avesse appena
visto un fantasma. I ragazzi si sporsero per vedere meglio. Un segno
nero era comparso sul collo del ragazzo, dietro l'orecchio,
seminascosto dai capelli lunghi e crespi.
Era una runa, somigliava al simbolo della pace, ma senza il cerchio
attorno, c'era soltanto una sottospecie di zampa di gallina.
«Odino deve sapere. No, no, no. Non va per niente bene.
Pessimo presagio. Pessimo.»
Ripeteva il dio, confuso e quasi spaventato, gesticolando nervosamente
e cominciando a parlare in una lingua sconosciuta.
Nowhere
says:
ZAN
ZAN ZAAAAAN il piccolo figlio di Ade sta avendo dei problemi
ad Asgard. Fusi orari sballati, sogni inquietanti e turbolenze amorose,
forse dovrei darmi una calmata.
Ma intanto mi piacerebbe vedere le shippers di Percico/Pernico dove
sono, vorrei sapere la vostra reazione a questo capitolo.
C'è anche molta Percabeth, Jasiper e un po' di
Valdangelo/Leico, ma ammetto di essermi lasciata coinvolgere troppo
sentimentalmente quando ho scritto le scene Percico, perchè,
come avrete capito è la mia OTP.
Dunque uomini e pulzelle, passiamo alla parte seria della trama, ovvero
le illustrazioni.
La donna che compare nel sogno di Nico ha più o meno
quest'aspetto.
Chi è più
esperto e più addentrato nella mitologia nordica
saprà di certo a quale Dea mi riferisco, ma per gli altri
non voglio fare spoiler.
Mente, la runa che Nico
nota sull'avambraccio di Percy è questa qui.
Ed è la runa
dell'acqua, simbolo della benedizione di Njord.
Per ultimo, questa
è la runa sul collo di Nico.
Ed
è la runa che rappresenta... non ve lo dico, dovrete
aspettare il prossimo capitolo, mhuhahahahahahah.
Con questo vi saluto, a presto, la vostra folle N O W H E R E.
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Capitolo 5 *** Blood Of Heroes. ***
Ride
to meet your fate Ragnarök
awaits.
Blood Of Heroes.
Piper.
Più
guardava quelle "uniformi"
e più si sentiva fuori luogo.
Certo,
lei non era mai stata una tipa fissata con la moda, nonostante fosse
figlia di Afrodite, ma era schifata ugualmente da quella grezza lana
pungente. Le ragazze se le infilarono senza dire una parola, ma dalle
loro espressioni si percepiva che nessuna lo stava facendo con piacere.
Quella
piccola capanna naturale formata dalla folta chioma di una salice
contorto e pendente le riparava dal vento e da sguardi indiscreti.
Sembrava un albero davvero vecchio, doveva stare lì da un
bel po' di centinaia di anni.
Mentre
aspettava che le ragazze finissero di cambiarsi si appoggiò
con la schiena al salice mantenendo la torcia che le aveva dato Tyr.
Era ormai notte e tutte le ombre degli alberi cominciavano a diventare
abbastanza inquietanti.
«Siamo
pronte?» Chiese
Annabeth guardando le amiche con un sorriso tirato.
«Si
andiamo, abbiamo già perso abbastanza tempo.» Disse
Clarisse, che era l'unica a sembrare minimamente interressata a tutta
quella situazione.
Piper si fece forza ma c'era qualcosa che non andava.
Cercava
di staccarsi, ma sentiva che qualcosa o qualcuno la tirava impedendosi
di staccarsi dall'albero.
E
quella cosa era proprio l'albero.
La
corteccia si era ricoperta improvvisamente di resina incollando la
casacca al tronco. Le radici avevano bloccato i piedi nel terreno
arrivando a stingere la caviglia, mentre dei rami cominciavano ad
avvolgersi contro la sua mano libera immobilizzandola.
«Ragazze.
Credo di avere un problema.»
***
«Hugin.»
Urlò Tyr un paio di volte rivolgendosi al cielo, come se
stesse chiamando qualcuno. Leo, Jason e Percy si accollarono a Nico
riempiendolo di domande, ma il ragazzo sembrava il più
confuso di tutti su quel'argomento.
«Centra
qualcosa il fatto che sei svenuto e ti sei risvegliato soltanto un'ora
dopo in preda ad incubi?» Chiese
Leo in tono scherzoso, non accorgendosi di aver detto qualcosa di
intelligente.
«Hai avuto
un incubo ragazzino? Cos'hai visto? Ho bisogno di saperlo, le cose
potrebbero essere più complicate di quanto immagino.»
Insistette il dio mettendo sotto pressione il ragazzino.
«Beh si, ma
non è niente di rilevante, ho spesso incubi...» Si
giustificò, vago.
«Dimmi
cos'hai sognato.» La voce
divenne troppo dura, era impossibile non ubidirgli.
«Ero solo,
in una immensa distesa di neve con il vento che infuriava attorno a me.
Sono caduto nella neve, con il corpo congelato, poi una donna
è apparsa nel buio...»
Esitò «... Non
ricordo cosa mi ha detto precisamente, ma mi ha accarezzato sul collo,
proprio in questo punto.» E si
toccò il collo nel punto in cui era comparsa la runa.
«E ti ha
lasciato la runa... Interessante, credo di aver capito di chi parli.
Riesci a descrivermela?»
Incalzò Tyr.
«Lunghi
capelli neri, vestita di nero, pelle bianchissima. Il suo tocco era
freddo e le sue mani erano scheletriche.»
«É
certamente lei. Hell. Complimenti ragazzino, la dea della morte e
Regina degli Inferi ti ha scelto come suo eroe e questa runa, Yr, la
runa della morte, è il segno della sua benedizione...o
meglio maledizione.» Nico ebbe
un attimo di cedimento. Il suo sguardo non era per niente sorpreso,
anzi, era colmo di sconforto e stanchezza, come se già lo
sapesse ma aspettasse una conferma. Strinse le labbra prendendo un
profondo respiro per farsi coraggio. «Hell sta
radunando un esercito di morti, marcerà su Asgard quando il
Ragnarok avrà inizio. Dobbiamo combatterla. E se ti ha
scelto come suo eroe dovremo combattere anche te.» Concluse
deciso, come se l'idea non lo preoccupasse più di tanto.
«Combatterlo?
Lui è nostro amico, non combatterei contro di lui neanche se
me lo ordinasse Zeu--
Odino in persona.» Percy
cominciava ad alterarsi, non sopportava il fatto che un suo amico
venisse trattato come una minaccia. Certo, Nico è sempre
stato un ragazzino strano, nessuno riusciva mai a fidarsi completamente
di lui, ma dopo anni passati combattendo al suo fianco, sapeva che nel
momento del bisogno sarebbe stato il primo a rischiare tutto pur di
difendere le persone che gli stavano a cuore.
«Temo che
dovrai farlo, qui si tratta di salvare le sorti dell'universo.» Lo
zittì Tyr, facendogli pesare tutte le
responsabilità a cui non aveva ancora pensato, si
sentì come se stesse reggendo il cielo per la seconda volta.
«Ragazzi,
state calmi, vi prego. Farò ciò che dev'essere
fatto.» Li
interruppe Nico, notando che l'atmosfera tra il Dio e il figlio di
Poseidone si stava facendo elettrica.
Un enorme corvo gracchiò facendo destare i ragazzi e
planò sulla spalla del dio che non rimase per niente
sorpreso, al contrario dei ragazzi che fecero un passo indietro per lo
spavento. Tyr bisbigliò nell'orecchio del corvo che ogni
tanto piegava la testa di lato confuso, finchè non
gracchiò e sbattè le ali spaventato, doveva aver
sentito qualcosa che non gli era andata molto a genio perchè
continuava a gracchiare e dimenarsi parecchio allarmato. Stava quasi
per spiccare il volo e scappare quando il dio lo prese per una zapa con
la sua unica mano e lo riportò al suo posto. Continuava a
bisbigliare in una lingua sconosciuta e il corvo continuava ad
agitarsi, finchè il dio allentò la presa e lo
lasciò andare.
«Che avete
da guardare? Dovevo informare Odino, questa situazione non va per
niente bene.»
Domandò il monco facendo spallucce.
«Ehi,
vorrei farvi notare che le ragazze non sono ancora tornate.» Disse
Jason, che per tutto il tempo era rimasto a guardare la scena
pensieroso.
Sul volto del Dio apparve un ghigno divertito.
«Oh, forse
ho dimenticato di dirvi che il vostro allenamento è appena
iniziato. Buona fortuna.» Queste
furono le sue parole prima di dissolversi in una nuvola di polvere
rossa che odorava di... carne
alla brace?
«Questo
è pazzo.»
Sbottò Leo grattandosi le spalle, la lana doveva dargli
ancora fastidio.
Improvvisamente la nuvola di polvere rossa si materializzò
nuovamente, facendo ricomparire il Dio.
«Ehi
folletto, non azzardarti a ripeterlo mai più. E la foresta
è infestata e adora confondere chi ci si addentra.» Concluse,
sparendo nello stesso modo di prima.
«Io dico di
andare a controllare, questo posto non mi piace.»
Insistette Jason osservando il margine della foresta cercando di
ricordare da dove erano entrate.
«Sono
andate di là.» Disse
Leo, poggiando una mano sulla spalla dell'amico per tranquillizzarlo.
Camminarono spediti in quella direzione con un paio di torce prese
dalla cassapanca, avevano tutti uno strano presentimento. Leo
udì alcune voci, probabilmente erano le ragazze e lo disse
agli altri. Anche Nico diceva di sentire qualcuno, ma dalla parte
opposte, finchè non videro un fuoco tra
l'oscurità e corsero verso di esso.
La scena che videro era quanto meno raccapricciante. Piper era quasi
diventanta tutt'uno con l'albero, mentre Thalia e Clarisse cercavano in
vano di staccarla.
«Piper!»
Urlò Jason in preda al panico attirando l'attenzione delle
ragazze che non si erano accorte di loro fino a quel momento. Il
ragazzo corse verso di lei, inginocchiandosi all'albero e tenendole la
mano.
«Hey, mi
sono messa nei guai, eh?»
Riuscì a dire, fingendo un sorriso. Nei suoi occhi si
leggeva soltanto terrore. Istante dopo istante l'albero continuava a
stringerla a sè.
«Ecco cosa
intendeva Tyr per "foresta
infestata".»
Esclamò Percy altrettanto preoccupato.
«Dobbiamo
uccidere l'albero! Dobbiamo fare presto.»
Sbraitò Thalia prendendo la torcia e avvicinandola alla
corteccia.
L'urlo di dolore di Piper fu straziante.
«Fermati!
Brucerai anche lei!»
Urlò Jason alla sorella, che terrorizzata si
allontanò di colpo spegnendo la piccola fiamma con gli
scarponi e guardando Piper che inesorabilmente vaniva trascinata sempre
di più dall'albero. Doveva star rivivendo brutti ricordi, in
fondo anche lei era stata un albero per anni.
«Io non ti
lascio, ok? Tieni duro ti tireremo fuori.» Cercava
di tranquillizzarla, ma la sua voce tremante era davvero poco
convincente.
«Dobbiamo
dargli fuoco, almeno le radici!» Disse Leo
mentre le sue mani cominciarono a surriscaldarsi.
«E se
provassi ad annegarlo?» Chiese
Percy, spremendosi le meningi per trovare una soluzione al
più presto.
«Non
c'è una fonte d'acqua qui vicino, Jackson...» Lo
guardò male Clarisse.
«Dobbiamo
abbatterlo.» Propose
Percy.
«Ma ci
vorrebbe troppo tempo, non abbiamo un ascia.» Rispose
la figlia di Ares in modo freddo.
«Io
continuo a proporre di bruciare le radici.»
Riaffermò Leo.
«Se fai
male all'albero, fai male anche a lei idiota!» Lo
zittì Jason, che sudava freddo.
«Zitti
tutti! Non riesco a pensare.» I ragazzi
si zittirono, osservando tutti Annabeth. «Avete
detto che questa foresta è infestata... Quindi probabilmente
ci sarà uno spirito in
quest'albero che si sta divertendo a metterci sotto pressione.»
«Piper!»
Gridò Jason, quano della ragazza era rimasto visibile
soltanto il volto e il braccio destro.
«Nico, tu
riesci a controllare gli spiriti.»
Esclamò Annabeth scuotendolo per una spalla.
«Ma non so
se ci riesco qui. È come se i miei poteri fossero bloccati
da qualcosa.» Rispose,
sentendosi schiacciato da quella situazione.
«Provaci
Nico... Se la nostra ultima speranza.» Lo
pregò il figlio di Poseidone, afferrandolo per l'altra
spalla.
Nico se li scrollò di dosso e prese un respiro profondo,
come per richiamare tutte le sue forze. Poggiò le mani sul
tronco e chiuse gli occhi, cantilenando qualcosa in greco antico.
La resina appiccicosa comparve a contatto con la sua pelle e l'albero
già cominciava ad intrecciarsi attorno alle sue esili mani.
A tutti si fermò il cuore, per un attimo pensarono che anche
Nico sarebbe stato risucchiato nell'albero come Piper.
Ma, improvvisamente, tutto si fermò.
Un aura verdognola e luminescente si intensificava attorno al ragazzo
proiettando ombre sinistre tutt'attorno. Le piante, i fiori e l'erba ai
piedi del ragazzo marcì diventando nera e il terreno si
seccò rendendolo sterile.
Nico affondò la mano nella corteccia, come se fosse liquida
e spalancò gli occhi. Tutti fecero un passo indietro,
terrorizzati. Le sue iridi e la sua pupilla erano coperte da una patina
biancastra, cieca.
Ormai aveva affondato il braccio fino al gomito nell'albero e lo
muoveva lentamente come se stesse cercando di afferrare qualcosa.
«Rivelati.»
Urlò Nico con tono severo.
Tutti avrebbero giurato di aver sentito la voce di Ade, in quel momento
era spaventosamente simile al padre. Cacciò di colpo il
braccio e l'albero tornò a sembrare solido, ma c'era
qualcosa di più inquietante tra le sue mani. Un viso di un
bambino sporgeva dal tronco dell'albero e Nico lo prendeva per il
colletto della casacca.
E come se tutto ciò non fosse abbastanza spaventoso, il
bambino era un fantasma.
Non era fatto di pelle ed ossa ma era formato da una sostanza
lattiginosa, eterea, sembrava che una nuvola densa e bianca, modellata
dal vento, avesse preso una forma umana. Ogni dubbio venne chiarito
quando il bambino cominciò a parlare.
«Ahi,
lasciami, mi fai male.»
«Lascia
stare Piper! Te lo ordino!» Gli
urlò strattonandolo, ancora sotto quella specie di trance.
«Lasciami!»
Squittì il bambino, dimenandosi.
«Nico,
calmo.» Gli
sussurrò Jason. La voce del ragazzo ebbe un effetto positivo
sul figlio di Ade che si risvegliò dalla trance tornando nel
mondo dei vivi.
«Ciao
piccolo, puoi lasciare la nostra amica?» Gli
chiese Annabeth dolcemente, avvicinandosi.
«Lasciami
cattivo! Se non mi lasci non ti dico niente!» Nico
allentò la presa diffidente, temendo che si rintanasse di
nuovo nell'albero. Fortunatamente non lo fece, ma uscì
sistemandosi la casacca.
«Non posso
lasciarla, mio padre vuole un semidio e io voglio giocare. Se lascio
lei qualcun altro deve venire con me.» A questa
affermazione i ragazzi rimasero spiazzati, guardandosi l'un l'altro
quasi per avere la conferma di aver capito bene.
«Non
c'è un altro modo? Ti daremo quello che vuoi.» Chiese
Annabeth con tono gentile.
«Un'anima
in cambio di un'anima. Niente giochetti.»
«Giocherai
con noi, piccolo, te lo prometto, potrai fare quello che vuoi.» Piper
stava tentando di usare la lingua ammaliatrice, nonostante fosse
estremamente sotto pressione era molto convincente. Il bambino si mise
davanti a Piper fissandola incuriosito.
«Magia, eh?
Non funziona su un figlio di Loki.» Disse con
un sorriso innocente. I ragazzi rimasero un attimo interdetti, non si
aspettavano di trovare il figlio fantasma di un Dio nascosto in un
albero, ma in effetti per essere così dispettoso e
indisponente poteva essere soltanto figlio del Dio degli
scherzi. «Sei
carina, quasi quasi prendo proprio te.»
Finì scompigliandole i capelli dispettosamente.
«No! Prendi
me, sono un semidio potente, posso governare l'aria e evocare fulmini!»
Percy
guardava la scena rattristito, fece qualche passo verso il bambino e
stava per dire qualcosa, ma Annabeth lo afferrò per un polso
trascinandolo verso di se.
«Percy non
ti azzardare! Ti ho già perso una volta, non voglio perderti
di nuovo.» Era
un'affermazione un po' egoista, ma ci stava, Annabeth era stata sincera.
«Prendi me.
Lascia stare gli altri, ho già visto morire troppi dei miei
amici l'anno scorso in guerra e non credo di riuscire a sopportare la
perdita di qualcun altro.» Disse
Clarisse mettendosi in mezzo.
«Verrò
io con te.» Disse Leo
cercando di controllare la mano che gli stava andando a fuoco per
l'emozione. «Su,
facciamola finita, dov'è che dobbiamo andare?» Chiese
sorridendo, fin troppo tranquillo.
«No. Tu non
mi piaci, sei troppo furbo. Papà ha qualcosa di diverso in
serbo per te.»
«C-cosa?» Chiese
Leo confuso, ma non ebbe una spiegazione.
«Mio padre
è stato chiaro, ho bisogno di un eroe puro, con una
benedizione nordica.»
Nico,
Percy e Clarisse deglutirono contemporaneamente. Erano tutti e tre eroi
puri, ognuno in modo diverso, ma tutti e tre forti a modo loro. E
soprattutto tutti e tre benedetti da dei nordici. Anche se in cuor loro
sapevano chi sarebbe andato con il bambino.
«Voglio
lei, la prescelta di Tyr. Chi meglio di una che ha la benedizione del
dio del coraggio e del sacrificio? E anche un ottimo sacrificio direi.» Sorrise
furbo, salterellando tra i semidei.
Clarisse affrontò il suo sguardo fantasma e il bambino le
porse la mano. La figlia di Ares la afferrò trovandola
inaspettatamente solida e reale.
Uno squarcio nero formato da ombre e pura oscurità si
aprì sul tronco dell'albero, abbastanza grande per una
persona.
«Clarisse
no!»
Urlò Annabeth trattenendo le lacrime.
«Ti
riporteremo indietro, lo prometto.» Disse
Percy afferrandola per un polso.
«Taci
Jackson, smettila di fare il pappamolle.» Se lo
scorollò di dosso e gli rivolse un sorriso triste. Voleva
credere alle sue parole. Cosa c'era dietro quell'oscurità?
Morte? L'Inferno? Non lo sapeva, ma in quel momento sapeva di star
facendo la cosa giusta.
Si era sempre immaginata la sua morte diversa, magari in battaglia, in
un combattimento all'ultimo sangue con il più temibile
nemico dell'olimpo, di certo non mano nella mano con uno bambino
fantasma.
***
Annabeth e Thalia dovettero trattenere le lacrime, si strinsero in un
abbraccio silenzioso mentre Piper si staccava d'all'albero che intanto
si era trasformato in cenere. Jason la abbracciò con forza e
Leo corse verso di loro con un sorriso triste sul volto.
«Tranquilli,
non è morta.» La voce
gelida di Nico ruppe il silenzio, facendo rabbrividire tutti.
«Ma come» Chiese
Leo, spaventato del ragazzo.
«Lo so, lo
sento.» Rispose
Nico, come se fosse una cosa ovvia e scontata. Il figlio di Ade ebbe un
attimo di cedimento si appoggiò ad un albero impallidendo.
«Nico,
tutto bene?» Si
avvicinò Percy temendo che potesse svenire di nuovo.
«Un po' di
stanchezza, usare i miei poteri qui richiede il doppio della fatica.»
Sospirò il ragazzo sbadigliando.
«Accampiamoci,
la luna è già alta.» Propose
Annabeth.
«Lì
ce n'è un'altra.» Disse
Piper, indicando una piccola luna alle loro spalle.
«Il tempo
passa più in fretta qui, non fidatevi del bosco.»
Consigliò Thalia, esperta ormai dei boschi e dei suoi
pericoli.
«Già,
ma ora dobbiamo tornare alla radura, Tyr ci ha lasciato una cassa, ci
conviene andare a vedere.» Jason si
guardava intorno cercando di capire da dove erano venuti.
«Si, ma
dov'è il sentiero?» Chiese
Leo grattandosi i ricci. «Bene, ci
siamo persi.»
«State
calmi, salgo sull'albero e vi dico dove siamo.» Li
tranquillizzò Thalia sicura di se. «Avete mica
una corda?» Leo si
infilò le mani nella sua cintura magica, sperando vivamente
che funzionasse anche ad Asgard. Pensò intensamente ad una
corda e gli comparve tra le mani.
«Tieni.» La
tirò fuori dalle tasche della cintura e gliela porse.
«Uhm,
grazie.» Rispose
Thalia, sorpresa e divertita. Legò la corda ad un sasso che
aveva trovato ai suoi piedi e la lanciò su un ramo
afferrando le due estremità. Facendo peso sulla corda si
arrampicò su un ramo. Ripetè la stessa operazione
per un paio di volte finchè non raggiunse i rami
più alti.
«Dobbiamo
andare da quella parte.»
Urlò indicando un punto alla loro destra. Scese con un paio
di salti lasciando tutti a bocca aperta.
«Sei una
specie di super scout tipo Lara Croft o cosa?» Chiese
Leo con la bocca spalancata mentre la osservava con gli occhi che gli
brillavano. Thalia lo fulminò con lo sguardo, non era per
niente il momento di scherzare.
Si incamminarono tutti dalla parte che aveva indicato Thalia, mentre
Nico sbadigliava ogni tanto.
Arrivarono finalmente alla radura e Leo si occupò del fuoco.
«Il dio
nordico della guerra che ci lascia campeggiare senza tende ne' sacchi a
pelo. Questa mi mancava.»
Sbottò Leo stendendo il suo mantello sul freddo praticello.
«Ragazzi
stiamo vicini, di notte fa freddo. Tanto freddo.» Disse la
figlia di Zeus.
Attaccarono tutti i mantelli formando un unico grande cerchio. In
ordine c'erano Percy, Annabeth, Thalia, Piper, Jason, Leo e
Nico. Decisero i turni per la notte e si avvolsero nei propri mantelli
riscaldati dal fuoco al centro.
Nowhere
says:
Devo
scusarmi profondamente con tutti voi se non mi sono fatta viva per
settimane, ma tra la scuola e la poca ispirazione ho perso tanto tempo.
Ho riscritto il capito due o tre volte, ma ogni volta non mi convinceva
come fluiva con la storia. Certo, ora neanche mi convince troppo, ma
non ho resistito, dovevo pubblicarlo.
Spero di aver chiarito qualche dubbio che avevo lasciato nello scorso
capitolo e non odiatemi per quello che ho fatto a Clarisse, ma
scoprirete più in là il motivo delle mie azioni,
mhuhahaha.
Come sempre ringrazio di cuore chi legge, chi aggiunge tra le
seguite/preferite/blablabla e soprattutto ringrazio il mio fedele
consigliere.
Con
questo vi saluto, a presto, la vostra folle N O W H E R E.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Blood Eagle. ***
Nowhere says:
Da-da-da-daaan-da-daaaan.
Sono tornata!
Tra computer rotti,
tablet che ti
cancellano le storie,
telefonini sulla
quale spariscono risposte alle recensioni e MAGGIO,
il mese delle
interrogazioni, se ne sono andati due mesi.
Non
rivelerò mai dove abito, altrimenti sono sicura che potrei
trovarvi armati di asce e forconi sotto al mio balcone.
(Vi ho detto che ho
un balcone, ho paura che mi riuscireste a rintracciare anche solo con
questo piccolo indizio).
Ringrazio
infinitamente tutti le per aver continuato a seguire la storia anche
nei mesi in cui sono stata assente,
ringrazio tutti
quelli che hanno messo tra seguite e preferite.
Grazie, grazie
davvero, mi riempite di gioia e orgoglio ognuno di voi.
Detto
questo vi lascio alla storia, ci vediamo giù.
Ride
to meet your fate Ragnarök
awaits.
Blood Eagle.
Leo.
Leo non aveva chiuso occhio, quel luogo non gli faceva per
niente bene. A differenza degli altri semidei,
che sembravano già essersi adattati a quelle
novità, il figlio di Efesto continuava a sentirsi "scomodo",
costantemente in ansia e come se non bastasse le strane voci e sussurri
che aleggiavano di notte in quel bosco sinistro non facevano che
aumentare il suo mal di testa.
Era toccato a lui il primo turno di guardia, avrebbe dovuto svegliare
Percy già da un po', ma aveva davvero poca voglia di
addormentarsi con tutte le cose che gli erano successe quel giorno.
Ci fu un fruscio tra i ragazzi addormentati, qualcosa si mosse.
Leo scattò in piedi, avvicinandosi cautamente e accese un
fuoco nella sua mano per illuminare la strada. Davanti a lui non
sembrava esserci nessuno, quindi si rilassò, buttandosi di
peso con un rumoroso sospiro su una roccia accanto al fuoco. Si
massaggiò le tempie, era stressato e in debito di sonno,
come se non bastasse quel luogo lo metteva parecchio a disagio.
Poi di nuovo quella presenza, questa volta alle sue spalle.
Si voltò di scatto pronto a carbonizzare qualunque cosa si
fosse trovato davanti. Ma, fortunatamente, Nico aveva i riflessi pronti
e si schivò giusto in tempo per evitare che una piccola
palla di fuco lo colpisse giusto in fronte.
«Ok,
so di non starti simpatico, ma non credevo saresti arrivato a tanto.
Stavi per carbonizzarmi, idiota.»
Sbottò Nico, osservando lo sguardo folle e truce che si era
acceso negli occhi di Leo.
«Ma
sei impazzito!? Mi hai fatto prendere un colpo!»
Trattenne un urlo, scuotendolo per le spalle. «Quando
smetterai di aggirarti in modo cupo, di notte fonda, in un bosco,
mentre ci sono io a farvi la guardia da spiriti demoniaci e mostri
potenzialmente assassini, forse potrai evitarti una morte in stile
Giovanna D'Arco.»
Biascicò Leo, trattenendo la rabbia per non svegliare gli
altri. L'avrebbe picchiato se avesse potuto, quasi era dispiaciuto di
non avrerlo colpito. Quel ragazzino, con il suo fare saccente e
sinistro era parecchio irritante.
Nico intanto ridacchiava sotto i baffi vedendo il riccio agitarsi
tanto, probabilmente non l'aveva neanche fatto di proposito. Il figlio
di Ade continuava a fissarlo, era come se riuscisse a sentire
ciò che provava. Ansia, preoccupazione e stanchezza. A Leo
non capitava spesso di sentirsi così sopraffatto da qualche
problema. Era solito prendere con leggerezza le sue preoccupazioni e le
paure che lo affliggevano, ma con tutte le cose strane che gli stavano
capitando era difficile anche per uno come lui.
«Ti
ho sentito parlare mentre dormivi, hai avuto un incubo? Sicuro di stare
bene?»
Decise di rompere il silenzio.
«Mi
capita spesso, non è grave... aspetta, questo significa che
non hai dormito per tutto il tempo?»
Rispose Nico liquidandolo in fretta.
«In
effetti ho dormito poco... non molto... no, in realtà non ho
chiuso occhio. Dovevo aspettare che qualcuno si svegliasse, poi non
riuscivo a dormire, c'è qualcosa in questo posto che non mi
convince, sembra...»
Si interruppe, pensando alla parola più adatta per quella
situazione.
«Un
illusione?»
Domandò Nico capendo perfettamente quello che stava dicendo.
Era già la seconda volta che si completavano le frasi a
vicenda.
«Stavo
per dire finto, ma "un illusione" rende meglio l'idea. Lo senti anche
tu?»
«Più
o meno.»
Disse distrattamente, accomodandosi su una roccia poco distante da
quella sulla quale il figlio di Efesto era già seduto.
«Però
non sembra che gli altri se ne siano accorti.»
Rispose indicando con un cenno del capo i loro amici addormentati,
parlavano a bassa voce per non svegliarli.
«Beh,
tu non fare in modo che se ne accorgano. Non so Jason e Piper, ma
conosco bene Percy, Annabeth e Thalia, se si sentono in pericolo
diventano pericolosi. Aspettiamo e vediamo il reale motivo di tutta
questa messa in scena.»
Il suo tono era estremamente serio e preoccupato, era sicuro che quello
che sentiva non erano solo sensazioni.
«Agli
ordini capo! Voi figli dei pezzi grossi avete la mania di comandare
cose e persone, siete fastidiosi.»
Lo prese in giro il riccio sorridendogli per alleviare la tensione.
«Ma
purtroppo non va sempre tutto come speriamo.»
Esalò in tono mesto.
Qualcuno smise di russare, probabilmente la stessa persona che si
alzò a sedere facendo un casino infernale e svegliando gli
altri che gli stavano accanto.
Percy.
«Percy,
sei un terremoto!»
Si lamentò Annabeth, svegliata dai modi di fare irruenti del
suo ragazzo.
«Scusami
sapientona. Stiamo tutti così stretti.»
Bisbigliò lasciandole un bacio sulla guancia mentre lei si
girò dalla parte opposta totalmente infuriata.
Si alzò in piedi, questa volta in modo più
delicato, e si avvicinò ai due amici seduti accanto al
fuoco.
«Ehi
tu! Quando hai intenzione di dormire un po'? E tu? Che ci fai in piedi,
fila a letto, è il mio turno dopo Leo.»
Parlottò ancora con la voce assonnata stropicciandosi gli
occhi e asciugandosi un rivolo di bava ai lati della bocca.
«Che
ti dicevo?»
Sghignazzò Leo, dando una pacca sulla spalla a Nico in modo
complice. Il figlio di Ade abbassò la testa per nascondere
un sorriso, ma non si mosse dal suo posto, mentre l'altro si
alzò dando la buonanotte ad entrambi con un cenno.
«Ti
faccio compagnia, mi sono riposato abbastanza. Quattro occhi sono
sempre meglio di due, non credi?»
***
«Il
corvo, le rune, sì! Tutto combacia.»
Nel frattempo sull'Olimpo, Atena si alzò di scatto,
sventolando delle pergamene in aria in segno di vittoria.
«Spiegati
meglio.»
Disse il padre sporgendosi verso di lei con aria interessata.
«Il
phanteon ἀρχαϊκός* si
sta risvegliando.»
Disse in tono grave guardando negli occhi gli dei uno per uno.
«Cosa
intendi dire?»
Chiese Ares ancora più confuso di prima.
«Oh,
andiamo Ares, non ti facevo così stupido. Le
divinità antiche si stanno risvegliando e stanno portando
con se il Grande Inverno. Anche gli umani se ne sono resi conto, la
loro influenza si sta facendo sempre più forte. Tutti
quei... come li chiamano? Fumetti, film, giochi ispirati a loro. La
cultura sta cambiando. Gli ultimi inverni sono stati i più
freddi dell'ultimo millennio e di certo non per colpa nostra.»
Fece una pausa avvicinandosi ad una colonna in cui erano incise parti
della storia dell'uomo. Seguì il percorso con l'indice fino
ad arrivare alla Grande Guerra.
«Ricordate la seconda guerra mondiale?
Quel folle figlio di Ade e i suoi seguaci si inspiravano a loro, agli
antichi, tutte quelle rune, gli ideali di uomo perfetto.»
Disse indicando il simbolo delle SS intagliata sulla colonna.
«Avevamo
un accordo. La terra è sotto il nostro dominio, loro possono
anche tenersi il loro bell'alberello con tutti i loro mondi.»
Borbottò Ermes che non riusciva a stare fermo al suo posto.
«Possono
esserci soltanto due motivi ad averli portati ad esporsi
così tanto. O vogliono distrugerci, o vogliono proteggerci.
Ed in entrambi i casi faremo bene a preoccuparci.»
Rispose Artemide scrutando gli altri con aria preoccupata.
«I
vichinghi hanno sempre significato guai, anche se devo ammettere che
sono sempre stati abili navigatori.»
Questa volta fu Poseidone a parlare mettendo sempre in mezzo il suo
dominio.
«Ma
cosa vogliono dai nostri figli? Li hanno presi in ostaggio?»
Chiese Afrodite con il suo solito fare teatrale.
«Non
ne sono sicura, ma non è un ipotesi da escludere.»
La fermò Atena, immersa nei suoi pensieri.
«GUERRA!»
Urlò Ares dando un pugno sul tavolo circolare dove subito
dopo si formò una crepa.
«Ares
calmati.»
Urlarono gli altri undici Dei tutti insieme.
***
«Ragazzi,
svegliatevi, ragazzi!»
Thalia andò a svegliarli uno ad uno bisbigliando come per
non farsi sentire.
«Che
succede?»
Chiese Jason mettendosi in piedi difficilmente.
«C'è
qualcuno.»
Disse con lo sguardo a metà tra l'eccitazione e la paura.
Era mattina già da un po', ma l'aria era ancora fresca.
I ragazzi si guardarono le spalle, le presenze forti attorno a loro
erano palpabili, spaventosi occhi gialli riuscivano ad essere scorti
tra i folti rami degli alberi che circondavano la radura.
I semidei si risvegliarono in pochi secondi e corsero a prendere le
armi.
Un colpo di tosse alle loro spalle. Il rumore di uno scappellotto.
Un'imprecazione.
Almeno erano umani.
«Sono
minimo una dozzina, non mi sembrano spiriti come quelli già
incontrati, mi sembrano vivi.»
Disse Thalia sotto voce ad ognuno di loro.
«Cosa
hai intenzione di fare? Aspettare che ci attacchino?»
Percy si beccò un occhiataccia gelida da Thalia che lo fece
ammutolire.
«Lascia
fare a me.»
Thalia si alzò in tutta la sua altezza, incoccò
una freccia e la puntò verso gli alberi.
«Chi
siete? Fatevi avanti.»
Urlò minacciosa verso i nemici. Gli altri fecero lo stesso,
appena svegli, un po' titubanti e impugnarono le rispettive armi spalla
a spalla.
«Ce
ne avete messo di tempo per accorgervi di noi.»
Una voce parlò prendendoli in giro con un tono di scherno.
Qualcuno si fece avanti tra la boscaglia, alla destra di Thalia e la
cacciatrice di voltò puntandogli l'arco contro. Un omone
enorme, con spalle larghe vestito soltanto di una gonnella di pelliccia
e un lungo mantello dello stesso tessuto che gli ingigantiva ancora di
più le spalle. Ma la cosa più spaventosa era il
cappuccio, una testa di orso, con tanto di occhi naso e arcata dentale
superirore completamente intatta e scintillante con due zanne grosse e
ricurve che gli adornavano i lati del volto. Il suo viso era quasi
totalmente coperto dallo spaventoso cappuccio, se non fosse per la
mascella ben marcata che spuntava fuori e che faceva un effetto
raccapricciante mentre parlava con quelle zanne da orso che gli
spuntavano da sopra. Una cosa che si notava un po' meno era la collana,
ornata di zanne di qualsiasi tipo di animale feroce e come enorme
ciondolo un teschio, che dalle dimensioni poteva essere benissimo
umano.
«Abbassate
le armi, siamo dalla vostra parte.»
Parlò con la sua voce profonda e all'ungando una mano verso
la ragazza, come a indicarle di calmarsi.
«E
ti aspetti che basta un "siamo dalla vostra parte" per farci abbassare
le armi? Chi siete? Cosa ci fate qui?»
Chiese Leo scattando affiancando Thalia.
«Calmo
folletto, abbassate le armi e vi diremo tutto ciò che volete.»
Tutti guardarono istintivamente Thalia, che tutubante annuì
abbassando l'arco.
«Il
mio nome è Bjorn.»
L'uomo si calò il cappuccio lasciando che la chioma bionda
sventolasse libera. Aveva un viso sorprendentemente giovane, con una
barba non troppo folta. Probabilmente non raggiungeva neanche i
vent'anni, anche se aveva una voce da uomo vissuto e un fisico da
armadio a quattro ante.
«E loro sono i miei fedeli compagni.
Noi siamo Berserker, facciamo parte di una tribù non molto
lontana da qui. Abbiamo un voto, un giuramento ad Odino. Se voi siete i
semidei di cui abbiamo tanto sentito parlare saremo dalla vostra parte.
Ma...»
Si fermò improvvisamente con un sorrisetto agghiacciante.
«E
ti pareva se non c'era un ma.»
Si lamentò Percy allargando le braccia stufo di quella
situazione.
«Lui.»
Indicò Jason. «Feccia
di Roma. Lo uccideremo.»
Disse con così tanta leggerezza che sembrò quasi "se fate i bravi vi compro un
gelato". «E
lui.»
Indicò Nico. «Puzza
di morte, non vogliamo un tirapiedi di Hel tra noi.» Incrociò
le braccia al petto e nel frattempo i suoi compagni si erano fatti
avanti uscendo dalla boscaglia.
«Cosa!?
Cosa avete contro i Romani?» Chiese
Jason confuso e sconvolto. Bjorn stava per rispondere, ma Annabeth lo
anticipò.
«I
Berserker, guerriri galli, combatevano contro i romani durante le
guerre. Con l'avvento del cristianesimo furono etichettati come demoni
e adoratori di Satana e costretti al rogo o alla prigionia, scomparvero
per questo motivo, i Romani li sterminarono uno ad uno.»
Concluse la storia roteando gli occhi, come se fosse una cosa che tutti
sapevano.
«Oh,
bene.»
Sbottò Jason con aria sarcastica, era appena sveglio e la
sua mente era già esausta. C'era una dozzina di pazzi
vestiti di pelle di orso che lo voleva morto perchè
più di mille anni prima altri romani avevano ucciso i loro
compagni. Problemi all'ordine del giorno per i semidei.
«Consegnateci
il Romano e il protetto di Hel e avrete tutto ciò che
desiderate, sarete nostri protetti e vi addestreremo per la guerra.»
Disse il giovane capo dei Berserker facendo un passo in avanti per
stringere un accordo con i mezzosangue.
«Nessuno
parla così a mio fratello. Dovrete passare su di me prima di
averlo.»
Rispose Thalia, gelida e furiosa impugnando l'arco.
«Ci
stai sfidando ragazzina? Lo stai facendo davvero?»
Urlò vistosamente alterato il ragazzo.
«Non
ripeto le cose due volte, orsetto di peluche.»
Tutti ridacchiarono affiancando la compagna. «Fatevi
sotto banda di Teddy Bears.»
In un battito di ciglia gli uomini si trasformarono, i mantelli e i
cappucci si fusero con la loro pelle e si ritrovarono accerchiati da un
branco di dodici orsi grossi ed affamati che avanzavano verso di loro.
I semidei furono costretti spalla a spalla, ognuno impugnava la propria
arma pronti a fare la prima mossa. Thalia si accorse che aveva troppo
poco spazio per tirare con l'arco, quindi in un gesto rapido si
staccò il bracciale che si trasformò nel suo
spaventoso scudo, L'egida, e impugnò la sua lancia.
Partì all'attaccò colpendo un orso nello stomaco
con lo scudo e scansando un'artigliata dell'altro con una capriola.
***
Odino entrò nella grande sala e trovò gli altri
dei impagnati ad osservare attentamente i semidei che discutevano con
il berserker.
«Ma
Odino, pensi di aver fatto bene ad usare il bosco dei ricordi come
arena?»
Chiese Freyr preoccupato guardando le scene.
«Certo,
i ragazzi hanno bisogno di temprare il carattere e affrontare veri
nemici.»
Rispose il padre degli Dei convinto, mentre cercava di ascoltare
ciò che stavano dicendo.
«Si
ma la mia prescelta è stata presa dai figli di Loki.»
Sbottò Tyr, era rimasto ad osservarli da quando li aveva
lasciati.
«E
loro non hanno lottato?»
Chiese Odino sorpreso.
«Non
per molto, pensavano che fosse una prova di coraggio e
lealtà.»
«Era
prevedibile. Loki avrebbe comunque trovato il modo di immischiarsi in
questa faccenda. Fortunatamente ha scelto la più forte e
leale tra i semidei, sono sicuro che non si lascerà
corrompere dai suoi sortilegi.»
Lo rassicurò mentre scrutava la scena ai suoi piedi senza
sentire ciò che si dicevano.
«Tesoro.
Vieni a dare un occhiata.»
Disse Sif richiamando l'attenzione di Thor.
«Uh
Björn li ha trovati. Sono curioso di vedere come combattono.»
Sorrise entrando nella stanza.
"Lui. Feccia di Roma. Lo
uccideremo." Il berserker parlò, indicando il romano.
«Padre.
Hai sentito?»
Chiese Thor preoccupato, correndo verso di lui.
«Silenzio!»
Ordinò Odino e tutti ubbidirono. Rimasero ad osservare la
scena che degenerava fino all'inizio del combattimento.
«Lei
è mia, per le zampe di Sleipnir, non ho mai visto nessuno
combattere in quel modo. Sembra quasi una valchiria. Siamo sicuri che
non sia una mia figlia dimenticata?»
Chiese il dio del tuono stupefatto.
«No
Thor, c'è un dio su Midgard che ha i tuoi stessi poteri ed
è anche più potente. Quante volte dobbiamo
ricordartelo?»
Rispose la madre, che intanto era rimasta ad osservare la scena
compiaciuta.
«Vacci
piano, vorrei proprio vedere quanto realmente quello Zues è
più potente di me.»
Sbottò incrociando le braccia al petto.
«Si
chiama Zeus.»
Lo corresse Freya ridacchiando sotto i baffi.
«Tacete
sciocchi!»
Urlò Odino, sfinito da quel battibecco.
«Che
mi caschi uno Jötun,
era un fulmine quello?»
Disse sorpreso Njord indicando Thalia che aveva appena stordito uno
degli orsi con un fulmine. I ragazzi erano quasi allo stremo delle
forze e a stento ne avevano ferito due.
«Anche
il romano è potente, ma non combatte come la mia valchiria,
sono davvero innamorato di quella ragazzina.»
Sentenziò Thor ridacchiando alla scena, mentre Sif gli
lanciava un occhiata gelida.
«Ma
è amore platonico! Oh tesoro, sai che non amerò
mai nessuno più di te.»
Si scusò iginocchiandosi in modo teatrale.
«Comunque
non ricambierebbe.»
Sbottò Freya divertita dalla scena.
«Impossibile,
nessuno resiste al mio fascino.»
Si pavoneggiò il dio delle tempeste scuotendo i capelli.
«E
quell'elfo sputafuoco lì?»
Chiese Tyr cambiando discorso. «Qualcuno
pensa di addestrarlo?»
Nella stanza calò un silenzio di tomba, quel ragazzino non
era per niente adatto alla vita vichinga, questo si vedeva
chiarissimamente, ma nessuno aveva il coraggio di contraddire Odino.
«In
realtà io avevo intenzione di proteggerlo, ma non penso sia
ancora giunto il momento.»
Disse Sif timidamente rompendo il silenzio.
«Tu?
E cosa gli farai? Metterai un fiammifero ambulante a difendere le
spighe di grano?»
La schernì Tyr corrugando le sopracciglia e guardandola
scettico.
«Sono
sicura che ne sarebbe all'altezza.»
Rispose accigliata incrociando lo braccia al petto.
Il silenzio calò nella stanza, gli dei erano tutti presi da
quella battaglia.
Annabeth fu la prima a
cadere, poi la seguì Piper e Leo. Percy corse verso la sua
ragazza e continuò a proteggerla combattendo contro tre orsi
mannari contemporaneamente. Jason intanto li attaccava dall'alto, ma le
loro armi terrestri non sembravano neanche graffiarli. Rimasero in
piedi Thalia e Nico, spalla a spalla, Percy ne distraeva tre, Jason
altri due, mentre un paio erano stati storditi e rimasti al tappeto.
Quattro orsi più il loro capo, Bjorn, avanzavano minacciosi
verso la Cacciatrice e il figlio di Ade, la ragazza stava per partire
all'attacco ma il ragazzo la fermò e prendendo un profondo
respiro si accovacciò toccando la terra. Era il suo asso
nella manica. La terra tremò facendo barcollare tutti prima
di spaccarsi tra i ragazzi e gli orsi. Anime fatte di luci verdastre
risucchiarono tre orsi che si aggrapparono ai bordi del crepaccio
ringhiando prima di cadere nell'oscurità.
«Padre.
Penso che abbiano bisogno di una mano, i berserker ci stanno andando
pesanete.»
Thor si avvicinò al padre e lo scosse per una spalla.
«Non li uccideranno.»
Lo liquidò con un gesto della mano tornando ad osservare la
scena.
Björn
superò il crepaccio con un balzo atterrando davanti ai
ragazzi con un ruggito che fece tremare tutti. Nico cedette per un
attimo e prima che Thalia potesse afferrarlo si ritrovò con
la faccia nell'erba bloccata da un'artigliata. Percy intanto cadde e
uno degli orsi approfittò del momento di distrazione per
afferrare Jason per un piede e lo scaraventò sul terreno
violentemente.
«Oh
si invece, vogliono uccidere il romano.»
L'espressione sul volto di Odino si incupì.
«Non
diranno sul serio.»
Fece con il fiato corto dall'emozione.
I berserker si
tramutarono in umani e ammucchiarono i corpi dei semidei storditi.
"Portiamoli all'accampamento, legateli e preparate gli attrezzi per un Aquila di
Sangue."
Ordinò Björn con aria di chi non ammette
contraddizioni.
Tutti gli dei si portarono le mani alla bocca sconvolti.
«Thor
prepara il carro. Andiamoci a prendere ciò che è
nostro da quei pazzi fanatici.» Così dicendo Odino
si alzò scaraventando una sedia all'aria e spalancando le
porte con un gesto.
***
*Arcaioco
**Aquila di Sangue
è una tecnica di tortura usata dalla popolazione nordica
durante il medioevo. (Se siete curiosi date un'occhiata.
http://it.wikipedia.org/wiki/Aquila_di_sangue)
N
O W H E R E says: In
questo capitolo avete conosciuto i Berserker (per chi è meno
informato leggesse qui http://it.wikipedia.org/wiki/Berserker)
adorabilmente spietati che vogliono uccidere il biondo più
biondo di tutti (si, la scena in cui l'orso prende Jason e lo sbatte
sul terreno me lo sono immaginata tipo la scena di Hulk che prende Loki
e lo sbatte a destra e a manca in Avengers, un po' meno violenta
https://31.media.tumblr.com/a3b0f6f2bbe8dae60fc3b4991959f578/tumblr_n6z12lh5BV1t8sfsgo2_r1_250.gif)
Come avete letto,
questo
capitolo è principalmente di azione, quindi non ci sono
moltissime
spiegazioni su quello che è successo nei capitoli
precedenti. I
priossimi saranno più lenti e ci saranno chiarimenti su
Clarisse, i
figli di Loki e la dea Hell.
Non so chi
avrà ancora la pazienza di leggere e s(u/o)pportare questa
ff, se ci fosse ancora qualcuno, alla prossima.
Bye, N O W H E R E.
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