Naneun saranghae! Ti Amo!

di Yuno97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

Uno specchio. Il riflesso di una giovane ragazza prende parte della scena. I suoi occhi sono gonfi di lacrime. Il mascara le scivola lungo le guance assieme alle lacrime. Nella mano sinistra stringe con forza una lametta. Si morde il labbro guardando che da essa gocciolava un liquido rosso. Era il suo sangue. Poggia sul lavabo la lama e si butta a sedere alla parete che le stava dietro. Si rannicchia e i singhiozzi le strozzano la voce. Pensa di essere sola, emarginata e che la vita le fa schifo, non ha senso vivere se non si è motivata.
Si ricompone e si dirige in camera, dove prende una grande maglia con una stampa piena di colori, un paio di leggins neri e le convers rosa evidenziatore.Ricorda di prendere un polsino nero che illudeva ad un bracciale ma le serviva per coprire quel polso che martorizzava tutte le mattine.  Ritorna in bagno, si rispecchia, ammica un falso sorriso. Pulisce il sangue che le era colato sul lavabo e si dirige all'uscita da casa. Quel sorriso falso è una maschera che vorrebbe togliere ma è più forte di lei. Vorrebbe avere qualcuno vicino ma... la sua convinzione è che non ci sarà nessuno a voler distruggere il mostro che si è insidiato nella sua vita. E con questo tutte le mattine, Erika Drinati, pensa mascherando il suo vero io a tutte le persone che la circondano.


(Lunedì 17 Settembre)

Rinizia la scuola, in massa, la gioventù di Roma, si sveglia all'alba per prepararsi alle lezioni.
Erika abita nelle campagne romane, assai distanti da dove si trova il liceo artistico frequentato da lei. Lei frequentava il quarto liceo.

La sveglia suona e quel trillio si insinuava nella sua testa rompendo il sonno di Erika, che con un sospiro aprì gli occhi. Allugò un braccio per prendere l'oggetto chiassoso e lo spense.
Si tirò a sedere  con fatica e si passò una mano tra i lunghi capelli neri di natura mossa, eredità genetica della sua amata madre, ormai deceduta.
Le passò dinanzi agli occhi il suo polso, sorrise e le scappò una risatina.

- A forza ti incivìdere va a finire che me lo mozzo -  disse con uno sguardo ironico.

Si alzò e si diresse in bagno. Aprì lo sportello dove ritieneva tutta la cosmetica. Mentre frugò tra i bicchieri contenente pinzette e forbici, notò anche quella lama che dalla morte della madre l'accompagnia. La lama ha il manico d'argento, con delle rose sopra incise laccate di un rosso scarlatto. Sorrise al pensiero che quella lama o meglio coltellino tascabile fosse un ricordo della sua amata madre. 

- Mi manchi - sussurrò con le lacrime che le riempivano gli occhi.


Prese poi il sapone e si lavò la faccia. Si rispecchiò  e vide i suoi occhi, un verde pistaccio circondato dal rossore provocato dallo sforzo che stava facendo per non ricadere nel pianto.
Pensò che forse per oggi poteva evitare di tagliarsi. Il polso era troppo arrossato, troppo arrossato e forse lasciarlo riposare poteva solo che farle bene.
Si diresse in camera, indossò una dolcevita verde per riprendere il colore degli occhi e un paio di jeans scoloriti a sigaretta. Mise le sue converse e si coprì con un giacchettino autunnale di colore nero laccato. Si diresse verso l'uscita di casa. Prima di uscire e chiudere la porta sospirò. Era tremendamente sola e aveva ragione a pensarlo. La madre era morta da un anno, mentre il padre, con la scusa di andare a lavorare all'estero la lasciava vivere da sola in una villetta monofamiliare. Lui si era rifatto una vita, per fortuna però non si era dimenticato di Erika, infatti l'aiutava con le spese della casa, ma l'uniche cose che doveva procurarsi da sola, lavorando, erano i vestiti, il mangiare e altri lussi legati alla vita personale.
Chiuse a chiave e mise il mazzo dentro la borsa dove teneva i quaderni di scuola, il diario, l'astuccio e un album da disegno.
Accese il cellulare. A momenti sarebbe passato l'autobus che l'avrebbe portata alla stazione e poi da lì doveva prendere la metro. Si avviò verso la fermata. Mentre aspettava inserì le cuffiette nel cellulare e fece avviare le basi di pianoforte che a lei tanto piacevano.
Alcune le aveva composte lei. Prima che la madre morisse, lei riuscì a comprarsi un pianoforte, imparò a suonarlo e si divertiva con la madre a comporre basi e a registrarle nello studio dello zio.

Il pullman arrivò stranamente puntuale. Lei si sedette vicino al finestrino, e guardava di fuori. Il rossastro dell'alba dipingieva il cielo, mentre la luce si spargeva lungo tutto il paesaggio, illuminando dove c'era ancora buio. Sospirò. 

- Almeno la vita che passo al di fuori da casa mia mi aiuta molto a tenere il morale alto. L'alba è così bella...-  pensava Erika con il palmo della mano appoggiato alla guancia.
Il pullman si era quasi riempito, l'unico posto libero era rimasto quello affianco al suo. Alla penultima fermata del pullman apparve un viso nuovo, che appena salì i gradini d'entrata del veicolo, investì con un sorriso smaliante Erika. Era un ragazzo di origine asiatiche, non si capiva bene di dove, ma aveva dei lineamenti aggraziati, un viso dolce, il taglio degli occhi era uno splendore, i capelli lunghi sul capo ma poco più corti sui lati della testa. Il suo modo di vestire ricordava un poco a Erika gli idol sud coreani che aveva visto per puro caso su neko tv. Trasmetteva gioia, dolcezza, simpatia e allegria. Lei da una parte era affascinata dall'aura che emanava questo ragazzo, ma allo stesso tempo era soggetta alla gelosia verso di lui.

- Beato lui che è felice - pensò in preda alla gelosia, ma anche a un trascico di malinconia.

Lui si guardò intorno mentre altra gente saliva, vide il posto accanto a Erika e sorridendole le chiese se potesse sedersi affianco a lei. Come poteva dire di no a un ragazzo che la guardava con quel sorriso? Lo lasciò sedere, ma ebbe subito dei ripensamenti.
Lui continuava a sorridere, mentre lei si spingeva sempre di più verso il finestrino, domandandosi come mai questo pezzo di strada, oggi, fosse così lungo.
Ogni tanto le cadeva lo sguardo su di lui. Lo guardava di sottecchi, con la classica espressione di chi sta commettendo un'azione furtiva. Era chiaramente interessata. Lui la notò e i loro sguardi s'incrociarono. Un bruciore le partì dallo stomaco e sembrò come se il sangue che le scorreva nelle vene si fosse tramutato in lava.
Lui sorrise e si coprì la bocca con una mano. Lei in preda all'agitazione iniziò a sentirsi scomoda.  Riconobbe subito la fermata in cui dovette scendere e non fu mai stata così sollevata di scendere da quel pullman. Anche lui la seguì e questo la turbò.

- Ho una strana sensazione.... - pensò lei guardando per terra e avviandosì goffamente verso la metro.

Quando giunse alla metro non lo vide più. Lei sospirò, ma sentì come un tonfo al cuore, le dispiaceva di non poter godere di quella gioiosa presenza.
Entrò nella metro, lasciandosi alle spalle il bel ragazzo asiatico che aveva incontrato per caso.

Giunta a scuola, vide nell'atrio i nuovi studenti del primo biennio. Camminando, con il cellulare in mano, si appostò all'entrata aspettando ansiosa di entrare.
Vide che da lontano, correndo goffamente, giungeva anche una sua compagna di classe. Si fermò dinanzi a lei col fiatone e poi quando riebbe l'ossigeno nei polmoni iniziò a parlare.

- Buon giorno Erika! Come stai bene oggi - disse con un sorriso armonioso quella ragazza.
- Grazie Gaia - si limitò a dire lei.

Gaia indossava una gonna, delle calzette nere e una T-Shirt sotto una giacca a vento autunnale. Lei aveva un fisico invidiabile, la classica ragazzetta bambola. Bionda, occhi celesti, carattere estroverso, intelligente, furba e forse un po' meschina. Era attratta da Erika, forse perchè le faceva pena o forse perché voleva la sua amicizia.

- Sai Erì?! Oggi nella nostra classe arriva un nuovo studente, ma nessuno sa chi è! Speriamo che sia bello! - disse Gaia congiungendo le mani e lodando l'idea del principe azzurro che immaginava.
- Si, come dici tu - disse Erika priva di emozioni.


A tale risposta Gaia tacce. La guarda con incredulità, poi il suo viso cambia espressione e con un po' di gioco le disse:

- Spero proprio che sia qualcuno che ti faccia il filo -

Erika sgranò gli occhi e la fulminò.

- Ma va, va! Ma chi vorrebbe una come me? - disse Erika un po' arresa a se stessa.

Le diede una pacca sulla spalla come per dire che tanto un giorno lo avrebbe rimangiato. La campanella suonò e tutti entrarono. Gaia già sapeva dove si trovava la loro aula e condusse Erika lì. Entrarono e Gaia si sedette nel gruppo di ragazze della classe, distanti da Erika, nonostante l'avesse incitata a sedersi lì. 
Il banco affianco a lei era vuoto. Lei sospirò, appoggiò il gomito del braccio col polso tagliato e appoggiò la guancia sul palmo della mano.

- Chissà chi è quello nuovo - pensava.

Vide entrare la professoressa. Tutti si alzarono, impedendo a lei che stava infondo alla classe di vedere chi seguiva la prof. Probabilmente era il nuovo ragazzo.

- Tutti seduti - disse sorridendo la professoressa.

Tutti si sedettero, Erika, appena fu seduta, prese il telefono pronta a giocare. Per lei i primi giorni erano come un perdere tempo.

- Vi presento il vostro nuovo compagno. Si chiama Harry Park - disse la professoressa, - siediti dove vuoi, c'è un posto vicino alle ragazze la, e qualche posto qui -

Quando sentì il nome, Erika per curiosità alzò la testa. Vide quel ragazzo che era salito sul pullman qualche oretta prima. Il suo cuore sussultò diffondendo due sensazioni nel suo corpo, gioia e irrequietezza.
Non capiva perché si sentiva così minacciata, ma altrettanto attratta da lui. Vide che lui stava ispezionando l'aula decidendo dove sedersi. Erika era convinta che lui non avrebbe scelto lei come compagnia di banco, quindi tornò sul suo cellulare. Passarono dei momenti e capì che lui non si era seduto vicino a lei. Sospirò. Alzò lo sguardo, si era messo davanti, tra i ragazzi. Iniziò l'appello.
Quando la professoressa la chiamò, lei rispose. Il ragazzo si girò, la notò e dando una pacca al compagno si alzò e venne dietro.
Gli occhi di Erika lo seguivano.

- Ma che.... - pensava lei incuriosita.

Poggiò lo zaino sul banco e le chiese:

- Posso sedermi vicino a te, Erika? - 

Sorrideva, come le aveva sorriso sul pullman. Fu immediato arrossire e balbettare un sì.
Le cadde l'occhio dove era seduta Gaia. I loro sguardi s'incrociarono e notò che l'amica rideva di gusto.
Lui si sedette e la lezione iniziò. Lei ogni tanto faceva scappare delle occhiate verso di lui. E quando Harry ci faceva caso sorrise.
A ricreazione lui iniziò a parlarle.

- Erika, tu che fai ora? Vai fuori? - domandò con un tono talmente dolce che la fece sciogliere.

Lei si sentiva a suo agio e questo le piaceva.

- Niente - disse stirando le braccia.

Per un attimo si videro i tagli. Li vide anche Gaia e Harry. Lei tentò invano di coprirli.
Gaia le prese il braccio e le scoprì tutto guardandola con sidapprovazione senza curarsi di Harry che rimase li, triste che guardava quel polso sfigurato.

Si aprì una discussione accesa tra Gaia e Erika. In due minuti Harry seppe della vita di Erika, della madre, della lontananza del padre e nei suoi occhi si leggeva chiaramente che era comprensivo, mentre Gaia continuava ad attaccarla.

-  E che pensi di risolvere così? - le urlava contro Gaia attirando l'attenzione del resto della classe.
- Sono affari miei - rispose Erika che si sentiva sovraffatta da mille stati d'animo.
- Così rimarrai sola! Reagisci stupida! -

Erika scoppiò in lacrime, era già sola. Si coprì gli occhi con i palmi delle mani. Gaia tacque poiché notò di aver superato il limite. 
Un braccio avvolte Erika e lei sentì improvvisamente un calore e un buon profumo di pesca. Era Harry, l'aveva abbracciata.

- Non pensare più di essere sola, da oggi in poi ci sarò io con te! - esclamò con voce decisa e dolce.

Lei lo guardò. Ancora quel sorriso. 

- Potresti diventare la mia rovina - disse mossa dai sentimenti, qualcosa le diceva che se quel ragazzo entrava nella sua vita, non sarebbe entrato come amico.

- Oppure la tua salvezza - rispose lui con dolcezza.

Lei per il momento di lasciò coccolare da lui e Gaia. 
Sapeva che da adesso, forse la sua vita sarebbe migliorata oppure...




Note d'autore:
Ciao lettori :)
Ho appena iniziato a scrivere questa storia, non so quanto la farò durare, ma spero che possa piacervi ^^ Questa è solo l'inizio ^^  Lasciate un commento, che ne so... che possa essermi d'aiuto per migliorare lo sviluppo della storia :) Grazie di aver letto ^^ un bacione :* 

Yuno97

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

(Lunedì 15 Ottobre)

Erika prese l'inizio dell'anno in modo diverso questa volta. Si era affezionata tantissimo a Harry. Su di lui, con il passare di soli due giorni, si sapeva tutto. Era nato in Corea del Sud, ma da piccolissimo, per mano del padre, la sua famiglia si era trasferita prima a Napoli, poi per lavoro verso Roma.
Il padre è un'ingeniere informatico, mentre la madre lavora in un famoso studio musicale. Lui era invidiato materialmente da molti compagni di classe, poiché materialmente aveva tutto e sembrava che avesse tutto anche a livello emotivo e sentimentale. Già molte gli facevano la corte. Aveva una fila di spasimanti, forse per il suo carattere dolce e educato, ma prestava maggiore importanza a Erika.
Lei ripensava ancora a cosa era successo il 17. Lui l'aveva abbracciata e le frasi che vennero dette non la facevano dormire la notte. Si agitava, si emozionava a ricordare l'immagine di quel ragazzo-principe-coreano. 
Lui era diventato il suo compagno di banco e lei ne era felice. Almeno quest'anno aveva qualcuno vicino.

Le lezioni stavano per iniziare, Erika non incontrò Harry sul pullman e questo le dispiaceva. Per lei significava tipo che non sarebbe venuto a scuola. All'entrata della scuola aspettava ansiosa Gaia, erano amiche da molto,ma non era una di quelle amicizie costanti. La madre di Erika era già ammalata quando lei frequentò il primo liceo e questa situazione l'aveva trasformata in una ragazza quasi emo e emarginata. Gaia era l'unica che si era accostata a lei durante questi anni di liceo.
Gaia arrivò. Indossava dei leggins e una maglia lunga bianca che spuntava da sotto il giubbotto. Era truccata. I capelli raccolti in una coda di cavallo ben pettinata.

- Come mai sei così... come dire... - diceva Erika con lieve curiosità.
- Intendi curata? Truccata? Vestita bene? - canzonava lei con un sorriso maestoso.
- Eam... forse - rispose lei aggrottando le sopracciglia e strizzando le labbra.
- Ieri pomeriggio, fino a tarda sera sono stata con Harry per i negozi - disse Gaia tutta contenta.

Erika provò un attimo di tristezza. Poi un po' di gelosia. L'idea di Gaia, la bambola, che era uscita con Harry, il ragazzo di cui Erika era interessata, non le piaceva per niente. Un po' di malinconia la persuase, pensava:

- Ovvio, una come me niente può contro una biondona del genere. Lei è bella... Io no -

La campanella suonò e Gaia entrò senza curarsi di Erika. La cosa la ferì molto. Si risentiva sola. Dopo quella bottonata il suo umore era risceso sotto terra. Era da quando aveva incontrato Harry che aveva smesso di tagliarsi, nonostante tutto però le ferite c'erano ancora e le copriva lo stesso.
Arrivata in classe si sedette giù in fondo. Mentre facevano l'appello, lei, speranzosa, aspettava che da quella porta entrasse quel ragazzo che tanto le aveva scombussolato la vita. L'appello finì, ma di lui nessuna traccia. Lei diventò triste. La testa chinata verso il basso, e l'espressione triste. Anche lei quella mattina si era truccata per attirare l'attenzione di Harry, ma lui non c'era. Si era messa i leggins e una maglia lunga che le copriva il sedere con motivi fantastici, poi aveva raccolto i capelli in una coda bassa laterale.
Teneva le braccia tra le gambe. Le dita giocavano tra di loro, mentre i polsi si strusciavano e il braccialetto che lei metteva sopra le ferite si era lievemente spostato. La sua espressione cambiò. Notava quel taglio che si stava rimarginando, per un attimo sorride, ma poi il ricordo delle parole di Gaia e l'immagine di loro assieme la fece tornare cupa. Si tolse il bracciale. Toccò la crosta.
Le faceva male ancora, ma con le unghie iniziò a punzecchiarla. Con continui colpetti sollevò un angolo della crosta e tentando di alzarla riaprì tutto. Il sangue riprese a uscire. E lei premeva la carne per vedere appositamente quelo rossore, ignorando il dolore.

Un'obra si proiettò su di lei, mentre giocava a stuccizare in maniera morbosa la ferita. In quel momento Erika alzò lo sguardo e vide Harry che la guardava con disapprovazione. Le diede un colpetto sulla testa.

- Scema smettila - disse lui con tono giocoso.

Lei rimase a bocca aperta, ma il colpetto non le andò tanto giù.
Erika lo strattonò e con tono arrabbiato,ma falso, gli disse:

- Smettila tu! Non toccarmi! -

Lei aveva messo il broncio, mentre lui ridacchiò. Le accarezzò la testa e poi si sedette affianco a lei, tirando sul tavolo la borsa che era stranamente piena. Erika si incuriosì.

- Cos'hai lì? - chiese curiosa.
- Eheh - ridacchiò lui, - Non te lo dico per ora -

Lei lo fulminò con lo sguardo e lui sorrise. Lei distolse lo sguardo. Sentì che qualcosa le aveva preso il polso dove aveva i tagli. Sentì il freddo e il pizzichio dell'acqua ossigenata e poi, voltandosi a vedere, vide che Harry le aveva messo una fascetta intorno al polso. Erika notava che lui, mentre faceva ciò, sorrideva come se si stesse prendendo cura di un bambino. Lei sorrise spontaneamente e lui lo notò.
Harry l'abbracciò all'improvviso. Lei divampo' e gli diede uno strattone.
Lui ridacchiando le disse:

- Giusto, non devo toccarti - 
- Già - disse lei mettendo il broncio e incrociando le braccia distolse lo sguardo da lui.

Lui continuando a sorridere aprì lo zaino e c'era qualcosa incartato con della carta regalo. Il rumore della carta attirò Erika che tenendo lo stesso il broncio, si girò a guardare. Harry, sorridente, le porse il pacco. Lo sguardo le cadde su Gaia. Lei era voltata verso di loro e le fece l'occhiolino. Ad Erika vennero le farfalle nello stomaco.

-  Aprilo a ricreazione, ok? - disse lui chiudendo gli occhi e sorridendo.

Lei era incuriosita. La carta che incartava quel coso non le rendeva facile immaginare cosa fosse. Lei pensò sicuramente che fosse uno scherzo. Chissà cosa avevano incartato che poteva avere quella forma poco aggraziata.

La ricreazione suonò e Erika stava per aprire bocca per chiedere  a Harry cosa c'era dentro, ma lui si era alzato subito ed era uscito insieme a Gaia. Quella bionda era molto gioiosa questa mattina, mentre lui sembrava essersi intimidito da questa mattina. Aveva un leggero rossore sulle guance mentre parlava con Gaia e questo preoccupava molto Erika. Era gelosa.

- Lo apro questo coso o... - pensava tra se e se.

Aveva tra le mani questo "pacco"  e la paura era se il contenuto era una presa in giro. Fece un profondo respiro e aprì. Vide il peluche di un gatto con un sorriso a pieno viso. Tra le zampe conteneva un bigliettino.

"Scema, vedi di sorridere sempre se no, io, Gaia, ti massacro" 

Ed era firmato da Gaia. Ma poco sotto c'era un'altra scritta, la calligrafia era stupenda.

"Sorridi perché se sorridi sei più bella" 

Ed era firmato da Harry. Le arrivò una freccia invisibile al cuore e sorrise come il gatto. Prese il pupazzo e lo strise a se. Gaia era andata con Harry per farle un pensierino.
Erika si alzò con il peluche tra le braccia e si diresse fuori dalla porta. Si mise a cercare per tutta la scuola quei due amici.
Vide dalla finestra del primo piano che erano seduti nell'atrio e che Gaia rideva mentre Harry era tutto rosso in viso. Lì lì Erika rimase ferma, riguardò il peluche e si disse che almeno li doveva ringraziare. Fece un sospiro e corse giù. Appena arrivò in cortile e li vide, esitò un attimo ad avanzare. Harry guardava a terra e era rossastro in faccia mentre Gaia rideva e lo stuzzicava con il gomito. Lui indossava una camicia bianchissima e un paio di jeans neri, e i capelli erano si pettinati ma erano mossi. Si era tinto i capelli color castano-ramato. Il 17 li portava neri.
Quando lui alzò lo sguardo e la vide sembrò sussultare. In quell'atto Gaia capì che Erika era davanti a loro. Lei alzò lo sguardo e le sorrise incitandola ad avanzare. Erika non esitò. Si parò davanti a Harry che la guardava ancora rosso in faccia, teneva la testa china.

- Grazie - disse Erika con un sorriso naturale e splendito.

Harry sussultò nuovamente, mentre il gomito pungente di Gaia si infilò nuovamente nel fianco del ragazzo che, preso dall'imbarazzo, prese il braccio di Gaia e fulminandola con lo sguardo disse con tono freddo:

- Ora basta eh! - 

Si alzò, rimase fermo davanti a lei. Sorrise, le poggiò una mano sulla spalla e andando verso l'entrata della scuola disse:

- Sono contento che ti sia piaciuto Erika -

Lui mise le mani in tasca e rientrò. Erika guardò perplessa Gaia. La bionda rideva ancora e guardava soddisfatta Erika che reggeva ancora tra le mani il bel peluche.

- Bella Erika, a lui piaci! - esclamò Gaia alzandosi.

Quella esclamazione fece un attimo perdere un battito a Erika.

- Come?!?! - esclamò Erika ormai invasa da una sensazione nuova.


*To be continued :3


Nota d'autore:

Ciaoo :3 eccomi con il capitolo 2 di questa storia, che ve ne pare? Vi chiedo di essere un po' pazienti xD la storia si sta sviluppando un po' lentamente, ma vi prometto che già nel capitolo 3 faccio muovere di più le acque ^^ baci baci!

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3 - 
(Mercoledì 17 Ottobre)

Dopo la notizia che Gaia le aveva dato, Erika non sapeva se essere felice o essere seria. Lei dubitava delle persone, e su una cosa del  genere non le piaceva giocare. 

La sveglia segnava le sei del mattino, Erika non si sentiva molto bene. Decise di restare a casa per riposare, ma prima di rimettersi a dormire avvisò Harry con un messaggio.

A: Harry <3

Ciao Harry! Oggi non vengo a scuola mi dispiace, non mi sento molto bene, perfavore prendi appunti pure per me. Al massimo domani me li prendo, Grazieee

Appoggiò il telefono sul cuscino e chiuse gli occhi. Il trillio del telefono la fece sobbalsare. Harry l'aveva chiamata. Rispose.

- Buon giorno... -  disse titubante Erika.
- Ma come non vieni?!?! - le urlò tramite il telefono Harry.
- Non mi sento bene... - disse con un sorriso Erika.
- Posso passare dopo da te? - le domandò ingenuamente.
- E se poi ti svengo davanti che fai? - chiese lei con tono istigatorio.

Harri mantenne il silenzio, forse si era un attimo imbarazzato.

- Niente... - sussurrò.
- Va bene dai, fammi riposare adesso - disse Erika.

Si salutarono e lei riattaccò. Sprofondò in un sonno profondo e agitato. Aveva molto caldo. Sudava. 

La sveglia puntava le quattro del pomeriggio e lei era seduta nel letto e guardava la parete difronte a se. Sbruffò.

- Ancora non arriva... - pensava mentre guardava l'orario sul cellulare.

Si alzò a fatica, si sentiva calda e fredda insieme, probabilmente febbre. Si diresse in cucina, aprì il frigo e prese la bottiglia d'aqua. L'appoggiò sul tavolo e poi prese un bicchiere. Ci versò l'acqua dentro e socchiudendo le palpebre lo guardava un po' turbata. Sbuffò. La pigrizia le era come saltata addosso. Una mano sul bicchiere mentre l'altra faceva d'appoggio al braccio. Ci stava giocando. Ad un tratto sobbalsò, era il campanello che stava suonando. 

- Arrivo! - urlò lei sbuffano.

Si alzò e andò verso la porta strascinando il peso del suo corpo. Si sentiva come se fosse ubriaca. Poggiò la mano in modo sfaticato sulla maniglia e aprì. 
Era Harry, sorridente come al solito. Vestito con dei jeans neri attillati e una camicia bianca latte. Aveva i capelli un pò arruffati e teneva su una spalla lo zaino. Erika sorrise. 

- Posso entrare o... devo restare sull'uscio della porta per un altro po' di tempo? - disse lui ridacchiando.

Erika continuando a sorridere lo fece entrare. Si rese conto che il suo corpo le stava dando contro. Sorrideva come un ebete e l'impulsività le era aumentata di almeno un 30%. Lui entrò e chiuse la porta. Si diressero in cucina e si sedettero. Lei sbracata sul tavolo e lui seduto composto che la squadrava. Aveva appoggiato sul tavolo lo zaino e restava a guardare Erika e lo fissava con un sorrisone.

- Eam... Si può sapere che hai? - chiese alzando un sopracciglio. 
- Niente - disse Erika alzandosi e sorridendo. 

Anche lui si alzò. Le si avvicinò e le bloccò un braccio. Lei attaccò a ridere. L'espressione facciale di Harry cambiò. Era un poco preoccupato, perché Erika non si era mai comportata così prima.

- Ma che vuoi fare? - chiese Erika sorridendo e andandogli addosso.

Harry la lasciò e indietreggiò guardandola un po' dubbioso. Lei ridacchiò. Lui prese un po' di coraggio è la bloccò, le mise una mano sulla fronte e notò che aveva la febbre alta. Erika ebbe un capogiro e si appoggiò a lui.

- Non mi sento bene... - disse con un filo di voce.

Lui strinse le labbra e le passò una mano sotto le ginocchia e la sollevò. La portò in camera da letto, come se lei fosse una principessa. Lei iniziò a respirare in modo affannosso.
La sistemò sul letto e le chiese dov'era il termometro. Lo prese e poi si sedette vicino a lei.

- Ora misurati la febbre - disse Harry porgendo il termometro.

 Lei sbuffò, prese tra le mani l'oggetto, lo guardò e lo appoggiò sul ventre.
Questa cosa turbò Harry.

- Mamma mia... Su dai Erika! Misurati la febbre! - disse lui pazientemente.
- Non ho voglia... - 
- Dormi allora, se ti senti male mi chiami, io me ne vado - disse sospirando.

Si alzò e le accarezzò la testa. Lei era silenziosa e gardava verso il basso. Quando lui staccò la mano dalla sua guancia lei allungò una mano e lo fermò.

- No aspetta per favore... - sussurrò guardandolo cercando di trasmettere più tenerezza possibile.

Lui si sedette vicino a lei e le ripetè che doveva misurare la febbre. Lei mise il termometro sotto il braccio e si accucciò sotto le coperte continuando a guardarlo. Lui sorrise e le teneva la mano.

- Voi un po' d'acqua? - le chiese.

Lei annuì solamente e lui si diresse in cucina, prese il bicchiere dove c'era l'acqua e lo portò in camera. Lei lo bevve.
Passarono cinque minuti e Harry si fece ripassare il termometro. 
Harry sgranò gli occhi. La sua espressione era di qualcuno preoccupato.

- Quaranta.... - sussurò.

Erika riprese a respirare affannosamente.

- Ho caldo... - disse lei.

Lui prese le coperte e le levò. Scoprì i piedi di lei e le disse di dirgli dove poteva trovare una tachipirina e una bacinella. Dopo aver trovato tutto, diede a Erika qualcosa da mangiare e poi le fece ingerire la tachipirina. Prese la bacinella e la riempì di acqua fredda. Andò in bagno, aprì uno sportello, trovò le lamette, il coltellino con le rose che attirò particolarmente la sua attenzione. Poi prese una spugna e la immerse nella bacinella.
Si diresse in camera. Lei era ancora tutta sudata.
Si sedette vicino a lei e disse:

- Tranquilla, ora stenditi e cerca di riposare - 

Prese la spugna, la strizzò fino a renderla umida e le bagnò la fronte. Ripetè l'operazione finché non vide che lei migliorava.
Si addormentò e quello fu un buon segno di ripresa. Continuò per altri dieci minuti con la spugna e poi si mise seduto su una sedia vicino al letto e aspettò che si svegliasse. Inviò un messaggio ai suoi che era rimasto fuori fino a tardi.

Si fecero le otto, gli occhi di Erika si aprirono lentamente e notò che Harry si era addormentato sulla sedia ed era rimasto li a sorvegliarla, le aveva anche messo un lenzuolo addosso per non lasciarla scoperta. 
Si sentiva bene. Doveva ringraziarlo ma non voleva svegliarlo. Prese il lenzuolo e lo mise su Harry, a lei non serviva più. Si diresse in cucina e preparò la cena per entrambi sperando che si fermasse a mangiare con lei.
Harry ancora non si svegliava, pensò fosse il caso di svegliarlo.
Andò in camera e si avvicinò a lui.

- Harry è tardi - disse un po' titubante.

Appoggiò una mano sulla spalla di lui e sperava si svegliasse. Invece era entrato in un sonno profondo. Lo osservò. Sembrava innocente come un bambino, e magari lo era, trasmetteva anche tenerezza, ma anche sicurezza. Erika sorrise, si accostò alla sua guancia e gli diede un bacio e sussurrò un grazie, mentre lei si stava staccando lui aprì gli occhi di scatto e si mosse male. Per sbaglio le labbra di Harry si appoggiarono su quelle di Erika che arrossì. Lui sgranò gli occhi e poi senza pensaci le afferrò la testa con una mano mentre con un altra l'attirò a se. La baciò ancora. Erika aveva le mani sul petto di lui e stava andando a fuoco, chiudeva gli occhi e respirava velocemente e il suo cuore correva nel suo petto. Harry le stringeva la nuca mentre un braccio le spingeva la schiena verso di lui. Quando Erika senti che lui stava per introdurre la lingua sussultò un attimo e iniziò a spingere lievemente, da una parte voleva essere baciata da lui, da un'altra non era pronta e si sentiva impaurita.
Lui lo notò, spostò il braccio da dietro la schiena e lo portò sulla guancia di lei, e con il pollice le accarezzava un tratto di viso. La baciò veramente. Con la lingua Harry cercava quella di Erika e quando la trovò non esitò a impadronirsi della bocca di lei.
Ad un tratto Erika si staccò con forza. Era seduta su di lui, le braccia dritte sul suo petto e entrambi respiravano in modo affannato. Lei senza rendersense conto, presa dal panico iniziò a piangere e si alzò indietreggiando.
A questa scena lui venne attaccato dalla paura, si alzò di scatto andando verso di lei. Con uno scatto l'abbracciò e le disse pervaso dal panico di aver fatto qualcosa di sbagliato:

- Perdonami, ti prego perdonami, non volevo spaventarti o altro -

Lei cercava di divincolarsi poiché era presa dal panico. Erano le prime volte che provava queste forti emozioni, erano per l'appunto le sue prime volte. Ma la sua fragilità la rendevano come una bambola di cristallo, se non la sapevi prendere potevano romperla.
Lei respirava in modo affannato e continuava a divincolarsi. Lui la strinze di più cercando di calmarla. Il profumo di lui le entrò nella testa.

- Perdonami Erika... - le sussurrò chinando la testa sulla spalla di lei.

Lei fece tre profondi respiri e si aggrappò a lui e scoppiò in un pianto. Stringeva forte la camicia e lui, strofinando il viso sul suo collo e tra i singhiozzi gli disse:

- Io ho paura... te lo avevo detto che potevi distruggermi... -
- Io ti voglio salvare, voglio essere io quello che raccoglie le tue lacrime, che prenderà ogni tuo abbraccio, felice o triste che sia. Voglio esserti vicino per consolarti e per farti sentire protetta! Non voglio distruggerti! Voglio custodirti! Io mi sono innamorato delle tue debolezze, del tuo carattere... di te!  Ti prego... fatti salvare  - sussurrò stringendola ancora di più.

Lei si lasciò coccolare. E gli sussurrò:

- Allora fallo! -

Harry le diede un bacio sul collo e poi la baciò sulla fronte, non voleva affrettare le cose. Voleva godersi questa serata e prima di andare via le diede il bacio della buona notte, sperando in un nuovo giorno.


Nota d'autore :

Rieccoci qui ^^ grazie di leggere la mia storia :) ho voluto mettere un po' di passione in questo capitolo :) spero vi sia piaciuto e scusate se l' ho pubblicato con ritardo 

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