Ramble on

di Nerea_V
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo (prima parte) ***
Capitolo 2: *** Prologo (seconda parte) ***
Capitolo 3: *** Cross City, Florida (prima parte) ***
Capitolo 4: *** Cross City, Florida (seconda parte) ***
Capitolo 5: *** Buckeye, Arizona (prima parte) ***
Capitolo 6: *** Buckeye, Arizona (seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Prologo (prima parte) ***


Leaves are fallin’ all around, time I was on my way
Thanks to you, i’m much obliged for such a pleasant stay
but now it’s time for me to go, the autumn moon lights my way
for now I smell the rain, and with it, pain
and it’s headed my way
Aw, sometimes I grow so tired
but I know i’ve got one thing I got to do.
 
A-ramble on, and now’s the time, the time is now
Sing my song, I’m goin’ ‘round the world, I gotta find my girl
On my way, I’ve been this way ten years to the day
Ramble on, gotta find the queen of all my dreams.
 
 
 
 
Concentrati sulle cose semplici.
Semplice a dirsi. L’unica cosa che riuscivo a percepire era la superficie dura e fredda su cui ero stesa. Cercai di aprire gli occhi, ma nonostante sentissi le palpebre alzarsi non notai alcuna differenza. All’inizio vedevo una leggera luce, ma presto neanche quella mi raggiunse più e non vidi altro che buio attorno a me. Nonostante tutto non riuscii a farmi prendere dal panico, sentivo la mia coscienza lentamente spegnersi e scivolare via insieme ad una strana sensazione di calore, che scorreva viscida da quella che doveva essere la mia testa. Cercai di forzare la mia memoria, per tirare fuori qualche altra informazione da quello che mi stava succedendo, ma più mi sforzavo più i ricordi sembravano sparire.
Sentivo sempre più freddo e la mia mente si ritrovò a vagare nei luoghi dove tutto era cominciato.
 
 
 
- Corri!- Gridò una figura che si precipitò verso di me, afferrandomi per un braccio. La forza con cui mi tirò dietro di lui, mi spinse a seguirlo a tutta velocità, senza capire effettivamente cosa stesse succedendo e chi fosse l’ombra che mi trascinava.
Ero confusa dal suo arrivo precipitoso, dalla sua urgenza. Poi mi tornò in mente perché ero lì. Stavo cercando i due ragazzini rapiti da un wendigo la settimana scorsa. Non potevo allontanarmi da lì, non prima di averli trovati.
Piantai i talloni a terra mentre cercavo di divincolare il braccio dalla sua presa. – Che fai?! Dobbiamo andarcene subito ragazzina!-
Ragazzina?! A me? Ma chi si credeva di essere quello. Senza più esitare girai il braccio attorno alla sua presa e spinsi la sua spalla a terra, storcendola in una posizione davvero molto scomoda. Era stato lui a cercarsela in ogni caso.
- Che diavolo fai?- Sbottò lui scioccato dal mio movimento improvviso.
Lo fissai in volto. Sembrava un ragazzo giovane, di bell’aspetto. Per quanto avevo intravisto prima era alto quanto me, forse di poco più alto, e magro, ma da quanto sentivo sotto la mano che lo teneva fermo era anche piuttosto muscoloso. Aveva un ammasso di capelli neri e mossi che a causa della corsa gli cadevano scompigliati e alcuni erano appiccicati per via del sudore al suo volto. Bocca sottile e incredibili occhi nocciola. Da quella distanza potevo anche vedere le piccole pagliuzze dorate che spuntavano qua e là, colpite dalla poca luce che arrivava in quella grotta.
Poi sentii un rumore di passi dal fondo del corridoio in cui ci trovavamo. Girai la testa di scatto, stava arrivando. Lasciai andare il ragazzo per cercare il mio lanciarazzi e la mia torcia, che avevo lasciato cadere, poi afferrai la figura sotto di me in malo modo, rimettendola in piedi, e la spinsi in una rientranza laterale. Abbastanza lunga per nascondercisi dentro, nelle ombre.
- Ti avevo detto che dovevamo andarcene.- Protesto in tono sommesso il ragazzo massaggiandosi la spalla ancora indolenzita.
- Se tu non avessi gridato poco prima, probabilmente non se ne sarebbe accorto. Anzi sono sicura che i tuoi piedini leggeri non abbiano attirato la sua attenzione mentre correvi a perdifiato qua sotto.- Dissi acida.
Non capivo ancora cosa ci facesse li sotto, ma di sicuro era un’altra palla al piede da portare fuori incolume e se non uccidevo subito la creatura sarebbe stato un grosso problema.
- Ragazzina, non sai di cosa stai parlando. Qui c’è in gioco la vita…- Iniziò lui, ma non lo lasciai finire.
- La vita di molte persone. Lo so. E non chiamarmi ragazzina!- Protestai. – Aspetta… Non mi dirai che un pivello come te è un cacciatore?- Chiesi desiderosa che chiedesse ‘che diavolo c’entra la caccia qui?’.
- Ehi non sono un pivello!- Rispose invece lui e io sbuffai esasperata. Anche questa mi toccava. Stare dietro a un novellino che non sa fare il suo lavoro. – E’ solo che non ho mai cacciato un wendigo. Quando me lo sono trovato davanti ho provato a dargli fuoco, ma deve avermi visto arrivare perché un attimo dopo era sparito.-
- I wendigo sono molto veloci, probabilmente si è spostato dal tuo raggio d’azione e poi si è messo a seguirti. Inoltre hanno un udito a dir poco eccezionale.- Dissi io. – Sarebbe meglio tacere quindi.-
Mi sporsi fuori dal cunicolo per vedere dove era andata a finire la creatura e la vidi a un centinai di metri da noi. Mi ritrassi velocemente e feci cenno al ragazzo di impugnare l’arma, sperando che in quella poca luce mi vedesse. Fortunatamente capì, ma non avevo tempo ne possibilità di spiegargli il mio piano, l’essere era troppo vicino e ci avrebbe sentito. Quando la creatura fu a pochi metri dall’imboccatura della rientranza, gli feci segno di uscire allo scoperto. Così lui, pensando che io lo seguissi e gli coprissi le spalle, uscì e punto il suo lanciafiamme improvvisato verso la creatura. Questa non si fece perdere in contro piede e subito scartò, andando alle spalle del ragazzo. Io nel frattempo sgusciai fuori dal vicolo il più silenziosamente possibile per riuscire a prenderlo senza che si accorgesse di me. Purtroppo qualcosa andò storto. Non sapendo quel’era il mio piano il novellino si girò di scatto verso la creatura dietro di lui e mi coprì la visuale di tiro. Imprecai tra me, e mentre cercavo una nuova angolazione il wendigo colse di sorpresa il ragazzo e gli assestò un colpo alla stessa spalla che gli avevo storto poco prima. Lui si accasciò gemendo a terra e io sparai il mio razzo, che però non andò a segno. La creatura alzò lo sguardo verso di me e poi fuggi via, nell’oscurità.
- Maledizione!- Sbottai andando verso la figura a terra che si teneva la spalla.
Lo aiutai ad alzarsi e gli controllai la ferita. Aveva due lunghi tagli che gli prendevano dalla spalla fino al pettorale, la maglietta già imbrattata di sangue. Sospirai, pensando che doveva fare un gran male. – Dove diavolo eri finita?- Chiese lui senza riuscire ad avere un tono duro, ma gemendo di tanto in tanto per il dolore.
Mi slacciai la camicia a maniche lunghe che avevo legato in vita e con l’aiuto dei denti strappai alcuna strisce di stoffa, iniziando ad avvolgerle attorno alla sua spalla, il più lentamente possibile. – Volevo coglierlo impreparato mentre si concentrava su di te.- Dissi annodando l’ultima striscia.
- Mi hai usato come esca?- Chiese scioccato guardandomi. Io alzai le spalle tranquilla e lui sospirò. – Queste cose in genere si dicono prima di un attacco!- Sbottò alla fine.
- Non avevamo tempo e lui ci avrebbe sentito. Così addio effetto a sorpresa.- Dissi.
Lui imprecò a bassa voce. – Avrei potuto rimetterci la pelle.- Disse guardandomi serio.
- Ma non è successo. E questa dopo, se proprio ci tieni, te la rimetto a posto io. Per scusarmi.- Mi chinai a riprendere la mie cose e lui fece lo stesso.
Ci guardammo attorno per capire in quale dei tre cunicoli inoltrarci. – Dobbiamo trovare quei ragazzi.- Dissi io.
- Penso di sapere dove sono.- Rispose lui. – Quando l’ho attaccato la prima volta era vicino a un ingresso, sembrava molto più largo lì dentro. Magari è la sua tana.- Disse.
- Meglio di niente. Proviamo ad andare lì.- Annuii.
Lo seguii lungo quel labirinto di tunnel mentre proseguiva sicuro verso la meta. Mentre camminavamo mi soffermai a pensare al ragazzo che avevo di fronte a me. Guardandolo bene in faccia sembrava essere ancora un ragazzino, ma dall’atteggiamento dimostrava già parecchia maturità. Dopotutto non si giudica mai un libro dalla copertina, e visto che lui si ostinava a chiamarmi ‘ragazzina’ tanto valeva dimostrare se lo ero davvero oppure no.
Così mentre procedevamo, chiesi. – Allora tu quanti anni hai?-
- Non dovevamo tacere?- Chiese. Non aveva tutti i torti, ma nonostante tutto io zitta non ci riuscivo a stare per più di qualche minuto.
- Era per rompere la tensione e rilassarci un po’. A quei ragazzi non servirà il nostro aiuto se arriviamo con i nervi a fior di pelle, sparando al minimo rumore.
Lui sospirò. – Ne ho diciannove.- Disse lui risoluto.
- Bene. Allora il ragazzino sei tu.- Risposi io schietta e contenta di constatare che ero io la più grande.
- A vedere i tuoi comportamenti non si direbbe. Sembri proprio una bambina, che giudica la maturità e la bravura solo dall’età.- Disse lui. – Tu quanti anni avresti?-
- Io ne ho ventidue.- Risposi concentrandomi su un piccolo rumore proveniente da u cunicolo laterale. – Però forse adesso è meglio tacere. Mi sa che siamo vicini e non voglio farmi scoprire prima di mettere in salvo i ragazzi.-
Il silenzio calò sul cunicolo in cui ci trovavamo. Il corridoio si faceva sempre più stretto e ad un tratto eccolo aprirsi su una stanza più grande. Più che una stanza era una specie di grotta, non molto grande, dal cui soffitto scendevano alcune stalattiti. In lontananza si sentiva l’eco di piccole gocce d’acqua che cadevano, ma quello era l’unico suono.
Mi inoltrai cauta, cercando di vedere se il mostro fosse lì dentro, ma non notai niente. Seguita a ruota dal ragazzo mi diressi verso l’altra parte della stanza, che da dove eravamo intravedevamo solo. Arrivati lì mi si strinse il cuore in una morsa. Nonostante ci fossi ormai abituata, non potevo non provare quell’orrenda sensazione ogni volta che trovavo le vittime delle creature che cacciavo.
Appesi a delle catene per i polsi, c’erano tre figure. Le due ragazze sembravano solo stordite, e con parecchie ferite superficiali, ad una prima occhiata, sparse per il corpo. I vestiti stracciati in più punti. La terza persona invece era quella messa peggio. Era un signore più vecchio rispetto alle ragazze, probabilmente un parente andato con loro a fare una passeggiata nel bosco, ed era molto pallido. Avvicinandomi per vedere se c’era battito, per fortuna c’era, notai un ampio taglio sul lato sinistro della faccia e la mancanza dell’orecchio sempre da quel lato del viso completamente sporco sangue incrostato.
- Aiutami a tirarli giù e cerca di svegliarli. -  Dissi.Così insieme all’aiuto dell’altro cacciatore li slegammo dalle catene e li adagiammo a terra. Poi presi a scossare e schiaffeggiare una delle due ragazze, che pian piano ripresero conoscenza, cominciando a tremare terrorizzate. Nel frattempo presi a cercare di svegliare il signore, senza risultati. Mi accorsi relativamente del ragazzo accanto a me che cercava di tranquillizzare le giovani, spiegando loro la situazione, quantomeno a grandi linee. – Dobbiamo andarcene.- Dissi dopo aver sentito un rumore proveniente dal tunnel dal quale eravamo venuti e guardandomi intorno fino ad identificare l’entrata di un altro corridoio. – Sei venuto da lì?- Chiesi speranzosa.
Lui annuì. – Sì c’è un’uscita diretta sul bosco.- Disse in conferma.
- Perfetto.- Dissi, poi guardai le ragazze che avevano preso a fissarmi. – Sentite, adesso vi portiamo fuori. Trasporteremo noi il signore fuori. Voi ce la fate a camminare?- Chiesi.
Una delle due annuì, mentre l’altra mi guardò preoccupata. – Quando il mostro mi ha preso sono inciampata. Penso di avere una caviglia rotta.- Disse con voce quasi inudibile.
Mugugnai infastidita. – Okay.- Dissi poi tornando concentrata sulla riuscita del mio piano. – Tu.- Dissi indicando l’altra. – Dalle una mano a camminare.- La ragazza annuì guardando preoccupata l’altra. - Mi dispiace ma dovrai sopportare un po’ di dolore se vuoi uscire viva da qui.- Finii tornando a guardare la ragazza ferita. Un altro rumore provenne dal tunnel, molto più vicino. – Bene allora andiamo.- 








Angolo autrice
Ok, eccomi qui con una nuova storia. E' un lancio nel vuoto per me, quindi siate clementi.
Ci sono molti misteri che pian piano si sveleranno, dovrete avere pazienza perchè è una storia che ho intenzione di tenere per le lunghe se tutto va bene. Questo soprattutto a partire dal fatto, vi avverto subito, che non aggionerò molto spesso. non ho ancora finito di scrivarla e quindi andrò molto a rilento perchè non ho molto tempo a disposizione, ma ci tenevo a pubblicarla.
Vi assicuro però che ho già tutta la storia in mente, si tratta solo di arricchirla e scriverla.
Detto questo, ho anche un banner pronto per lei, ma nonposso ancora pubblicarlo, per motivi che scoprirete poi, ma non vedo l'ora di farvelo vedere >.<
Comunque spero vi piaccia e spero che lasciate un commentino dopo averla letta, anche una critica. Basta che mi facciate sapere il vostro parere ;)
A presto!
 

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Capitolo 2
*** Prologo (seconda parte) ***


Issai l’uomo su una spalla, mentre il ragazzo faceva altrettanto dall’altra parte e facemmo andare avanti le ragazze, sia per tenerle d’occhio che per guardare loro le spalle. Mi voltai verso il cacciatore oltre l’uomo che sorreggevo e sussurrai. – Mi è rimasto solo un razzo. Tu hai ancora le tue ‘armi’?- Chiesi pronunciando l’ultima parola con sarcasmo, non potevano definirsi tali uno spray infiammabile e un accendino.
- Sì, ma non posso usarli se devo reggere lui con un braccio.- rispose lui. Io sbuffai spazientita. Se ci raggiungeva, avrei dovuto fare tutto io.
In quel momento maledissi i miei pensieri, perché non potevo farne mai di positivi. Infatti da dietro le mie spalle sentii un rumore all’imboccatura del tunnel. –Più veloci.- Dissi e per quanto potemmo, accelerammo il passo. Arrivammo quasi all’uscita, le due ragazze erano già fuori, nella piccola radura su cui si affacciava la luna alta nel cielo. – Tienilo.- Gridai verso il ragazzo, che preso alla sprovvista cercò di tenere su l’uomo al meglio, trascinandolo fuori.
Nel frattempo mi girai e affrontai il Wendigo, ma non trovai niente davanti a me. Feci per abbassare il lanciarazzi, ma una figura cadde dal soffitto, alzandosi in piedi. Colta di sorpresa non reagii abbastanza in fretta e mi scaraventò contro una parete. L’impatto mi tolse il fiato, ma cercai di rialzarmi subito. La creatura si avvicinò verso di me, ma di colpo un urlo, di cui non compresi il significato, provenne dalla fine del tunnel. Il Wendigo si girò e io ebbi il tempo di alzare il braccio e sparare. La figura davanti a me iniziò pian piano a bruciare dall’interno e si disintegrò.
Sospirai stremata appoggiandomi stancamente alla parete di roccia dietro di me. Ero stremata, avrei solo voluto buttarmi su un letto, anche quello squallido dell’hotel dove avevo affittato una camera andava bene, e dormire fino alla fine dei miei giorni. Ogni volta che finivo una caccia era sempre la stessa storia, la tensione che accumulavo e l’adrenalina scemavano lasciando dietro di se un corpo vuoto e sfinito.
Alzai lo sguardo e incrociai quello del ragazzo che mi osservava preoccupato. Tirai su un mezzo sorriso e annui debolmente per fargli capire che andava tutto bene. Lui si rilassò leggermente e sorrise in risposta. Poi con un enorme sforzo da parte mia mi staccai dalla parete dietro di me e mi diressi verso l’uscita, raggiungendolo.
Una volta uscita trovai, nella piccola radura che costeggiava l’entrata, le ragazze e l’uomo appena scampati ad una morte orribile. L’uomo era supino sul prato e non aveva ancora ripreso i sensi sfortunatamente, mi sarebbe toccato trasportarlo fino alla macchina. Le ragazze erano rannicchiate a terra, quella con la caviglia rotta singhiozzava aggrappata all’altra che cercava di consolarla accarezzandole i capelli, ma lo sguardo era rivolto a noi ed era completamente sconvolto, sembrava non afferrare bene quel che era successo.
Mi diressi verso di loro e mi chinai per raggiungere la loro altezza e passai una mano sulla testa della ragazza in lacrime che appena sentì il tocco alzò di scatto il volto verso di me.
- Ehi, va tutto bene.- Dissi sorridendo a tutte e due dolcemente. – E’ tutto finito. Adesso vi portiamo in ospedale e chiamiamo la polizia. D’accordo?- Continuai.
Loro annuirono ancora sotto shock. Mi tirai su. – Mi raccomando, quando vi faranno domande non accennate a quello che avete visto. Dite solo che un pazzo vi aveva rapite o quello che volete, fate solo che le vostre risposte siano simili. Comunque nessuno vi biasimerà, siete comunque sotto shock. -
- Ma noi non sappiamo neanche quello che abbiamo visto.- Disse la ragazza che almeno all’apparenza sembrava la più calma.
- Beh, credetemi è meglio così. Certe cose è meglio non saperle.- Risposi tranquillamente.
Dopodiché insieme al ragazzo, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, le aiutammo ad alzarsi e quando riuscirono a stare in piedi da sole ci dirigemmo verso l’uomo e lo riappoggiammo sulle nostre spalle. Poi ci avviammo per quella marcia infinita che ci avrebbe portato al parcheggio della riserva dove si trovava la grotta o i sotterranei, qualunque cosa fosse quel luogo dal quale eravamo appena usciti. Dopo circa quaranta minuti senza che nessuno facesse un fiato, arrivammo al parcheggio, dove avevo parcheggiato il mio Pick up. Arrivati alla vettura, feci per abbassare la parte metallica sul retro per facilitare la salita dei passeggeri, mentre il peso dell’uomo gravava solo sulle spalle del ragazzo, ma una sagoma si alzò da dietro e balzò giù venendomi contrò. Le ragazze gridarono e il cacciatore cercò di tirar fuori la pistola nonostante la mole che gli gravava addosso. Anch’io non riuscii ad evitare un gridolino sorpreso, ma poi sbuffai scocciata quando due enormi zampe di cane lupo mi si poggiarono sulle spalle e quel sacco di pulci mi diede un bacio leccandomi tutta la guancia destra. – Eugh.. Che schifo Night! E poi non saltare fuori così all’improvviso.- Dissi puntandogli un dito contro. – Te l’ho già detto più volte, se non mi accorgo che sei tu, potresti farti male.- Continuai accarezzandogli dolcemente il muso.
Vidi gli altri guardarmi perplessa e io li guardai storti. - Che c’è? E’ il mio compagno di caccia. Si chiama Nightmare, non chiedetemi perché! E’ una lunga storia.- Li vidi guardarmi ancora con lo stesso sguardo e allora sbuffai e facendomi aiutare dal ragazzo issai l’uomo su un lato del retro del veicolo e lo stesi lì il più dolcemente possibile. Poi aiutammo le ragazze a salire anche loro nella parte aperta della vettura, in modo che stessero più larghe e comode, insomma come lo si poteva essere una lastra di metallo rigida. Per ultimo salì Night e si stese ai piedi delle ragazze poggiando il muso sulle zampe e fissandole scodinzolando contento. Sbuffai divertita nel vederlo in cerca di attenzioni da quelle ragazze e sorrisi nel vedere quella che mi sembrava la più giovane, che aggrappata all’altra e con ancora qualche lacrima ai lati degli occhi, che allungava una mano verso il suo muso.
Salii sul lato del guidatore, seguita dal ragazzo e accesi il motore. – Sei venuto qui in macchina?- Domandai prima di partire guardandomi attorno.
- Sì, l’ho rubata pervenire qui, ma l’ho lasciata più in là. Posso anche lasciarla lì, la troveranno.-
Annuii e poi partii verso l’ospedale della piccola cittadina.
 
Dopo aver accompagnato gli infortunati all’ospedale di Burns ed esserci accertati delle loro condizioni, salutammo le ragazze, raccomandandoci un’ultima volta con loro di non dire niente di quanto era accaduto realmente, avvertendole che probabilmente saremmo spariti già il giorno dopo. Saliti in macchina ci dirigemmo all’America Best Inn motel, dove io avevo preso una stanza, mentre il ragazzo aveva passato la notte nella macchina rubata, da bravo pivello.
Arrivati feci cambiare la mia stanza con una che avesse due letti separati e mi avviai verso di essa con Night al fianco e il ragazzino che mi seguiva in silenzio. Dopo essere entrati Night si fiondò sul primo letto nella sua traiettoria, poggiando il muso sulle zampe intento a studiare il ragazzo nuovo. Io chiusi la porta dietro di me e mi sedetti di fianco al mio cane, accarezzandolo sulla schiena come sapevo gli sarebbe piaciuto.
- Ho preso un’unica stanza perché dobbiamo parlare e non voglio che tu sparisca prima di averlo fatto.- Dissi diretta, non mi piacevano i giri di parole, soprattutto quando non si aveva motivo per farli. Lo vidi annuire e sedersi tranquillo su una poltrona non tanto distante sempre sotto lo sguardo attento del pastore tedesco al mio fianco.
- Scatterà ad ogni mio minimo movimento brusco vero.- Disse lui indicando il cane.
- Solo se si sentirà minacciato.- Dissi tranquilla. – Allora, hai detto di avere diciannove anni.-
Lui mi interruppe ancor prima che potessi finire il mio ragionamento. – Sì, quel’è il problema?-
- Nessuno. Solo che non mi sembri molto esperto nel come muoverti in questo mondo. – Dissi guardandolo negli occhi e lo vidi esitare. – Da quanto fai il cacciatore?- Chiesi allora.
Lui scostò lo sguardo dal mio, osservando il muro alla sua sinistra e poi il cane. Questo non faceva che avvalorare la mia ipotesi, non era da molto che cacciava. – Circa un anno.- Buttò infine fuori e io inspirai tra i denti. Un novellino mi era capitato e anche uno dei più imbranati di sicuro. –Ma prima ho studiato molti libri sul sovrannaturale, Sean mi ha istruito per anni prima di mandarmi nella mia prima caccia e avevo già avuto un incontro molto ravvicinato con questo di creature quando avevo otto anni.-
- Ragazzino quasi tutti quelli che incontri che fanno questo lavoro sono entrati in contatto con queste creature che siano stati bambini o adulti. Questo non cambia il risultato. Ma tu sei un novellino e non dovresti andare a caccia da solo, hai ancora molto da imparare, almeno nella pratica.- Dissi schietta.
Lui sembrò alterarsi. – Senti quando ero piccolo ho visto succedere cose orribili nel mio quartiere e dopo ho vissuto a stretto contatto con persone che appartenevano a questo mondo e a questo ‘mestiere’, penso di sapere abbastanza cose per cavarmela da solo.- Disse.
Io lo guardai socchiudendo gli occhi. – Non sei l’unico ad aver cose spaventose quando eri piccolo. Mettitelo bene in testa. Per questo non sarai di certo un privilegiato in questo campo. O sai cacciare o muori. Questo ho imparato nei miei cinque anni di caccia. – Mi rilassai vedendo che lui abbassava lo sguardo comprensivo. – Non sto dicendo che non sei un bravo cacciatore, sto dicendo che ti manca l’esperienza per diventarlo. Questo Sean, avrebbe dovuto aiutarti almeno all’inizio.-
- Lo ha fatto, ma non poteva stare con me tutto il tempo, aveva altri affari cui dedicare la sua attenzione. Non poteva sempre stare dietro a me.- Disse lui. – Ha già fatto abbastanza prendendomi in casa sua quando più di tre anni fa, non potevo chiedergli anche di starmi dietro tutto il tempo.-
Lo guardai stupita. – Non avevi una famiglia?-
- Sì, avevo mia madre, ho mia madre. Ma non voleva che intravedessi questa vita e così me ne sono andato di casa a sedici anni.- Disse lui tranquillo, ma si vedeva che la cosa lo faceva stare ancora male.
- Anche lei sapeva del soprannaturale?- Chiesi sempre più curiosa della vita di quel ragazzo che sembrava tanto ben disposto a raccontargli tutto di lui, come ben pochi cacciatori erano disposti a fare. – Perché hai deciso di diventare cacciatore?-
Lui sospirò afflitto. – Beh come ti avevo detto, quando avevo otto anni fui rapito da un Changeling e due cacciatori mi hanno salvato. Uno dei due erano un ex di mia madre e qualche anno dopo tornò a stare da noi per qualche tempo. Ero così affascinato da quella vita che lui voleva a tutti i costi tenere lontana da me. Quando se ne andò passai un brutto periodo e capii che dovevo fare qualcosa in cui veramente credevo e quello che avevo sempre voluto fare era salvare la vita della gente come faceva lui. Mi informai e trovai Sean, un cacciatore della mia stessa città. Poi quando mia mamma mi fece capire che non mi avrebbe lasciato fare quella vita, me ne andai.- Disse.
- Beh cavoli… chi lo avrebbe detto.- Dissi io, non sapendo bene come comportarmi. Di certo non avrei raccontato la mia storia come quegli occhi nocciola mi chiedevano di fare. Avevo scoperto presto che meno si sapeva di te in giro, meglio era in quel campo. Guardai Night che aveva iniziato a mugulare quando avevo iniziato a carezzare la testa. Si stava rilassando e io mi fidavo dell’istinto del mio cane. Nonostate quello che la gente poteva dire, lui capiva molte cose e aveva un istinto infallibile, che molte volte mi aveva salvato.
Presi un grosso respiro. – Senti se vuoi puoi cacciare con me per un po’. Giusto per imparare un paio di mosse utili a non farti ammazzare.- Dissi sorridendo impacciata. – Non ero abituata a situazione del genere. Era dalla morte del mio mentore che non cacciava con altri che Night.
Lui mi guardò stupito, poi sorrise. – Potremmo provare. – Acconsentì lui.
Poi si tirò su e con lui il muso del pastore tedesco, mi si avvicinò con una mano alzata, porgendomela, mentre Night inclinava la testa guardandolo perplesso, ma non allarmato. Sì, c’era proprio da fidarsi. – Io comunque sono Ben, Ben Breaden.-
Io sorrisi cordiale, mi ero completamente scordata le presentazioni. Beh, c’erano cose più importanti da fare prima di quel momento. Strinsi la mano che mi porgeva e risposi. – Claire Novak. –










Angolo dell'autrice
Ok, scusate il mega ritardo, ma il fatto è che non sto andando avanti a scriverla perchè non ho praticamente un briciolo di tempo, quindi non voglio finire subito di pubblicare i capitoli che ho già scritto, o vi ritroverete ad aspettare un'eternità!
Comunque visto che Concy_93 me lo ha ricordato pubblico per adesso almeno la fine del prologo ;)
Spero vi piaccia, e almeno per un po' dovrebbe acquietarsi la vostra curiosità ;) 
Diciamo solo che dal prossimo capitolo tornerà prepotente XD
Ringrazio tutti quelli che han letto la storia e l'hanno aggiunta tra preferite/ricordate/seguite e in particolare le assidue lettrici che mi lasciano sempre un commento e mi fanno sempre sorridere. Un bacio a Concy_93, Holly 8, Lachelle Winchester e Blooming :) grazie davvero per esserci sempre.
A presto!

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Capitolo 3
*** Cross City, Florida (prima parte) ***


Non fu poco tempo. Da quella caccia passarono giorni, mesi e infine anni. Imparammo a conoscerci sempre meglio e infine, dopo molto tempo, gli raccontai anche la mia storia. Diventammo inseparabili ed io presi a considerarlo il fratellino minore, che per varie ragioni non avevo mai avuto. Lui imparò molto in quei quattro anni, e così anch’io. Creature sempre più strane uscivano dagli antri più oscuri ed era sempre più difficile distruggerle, ma insieme riuscivamo sempre a scamparla.
Erano passati quattro anni da quel giorno che aveva cambiato per sempre la nostra vita, ma non sapevamo ancora quanto sarebbe stata stravolta, prima di stabilizzarsi e lasciarci un momento di tranquillità. Il mio vecchio Pick up sfrecciava sulla strada statale che percorrevamo per raggiungere la nostra prossima meta. L’aria entrava dai finestrini aperti per fare entrare un po’ di aria in quella calura estiva e mi scompigliava i capelli. Night era seduto tra me e Ben e si godeva tutta l’aria che gli arrivava con la lingua a penzoloni e la bocca aperta, posando di tanto in tanto il muso sulla mia spalla. Ben era invece stravaccato sul sedile del passeggero mentre canticchiava insieme a me la canzone che passava in quel momento per radio. – So I’m starting to regret not selling allo f it to you. So if I haven’t yet, I’ve gonna let you know… Never gonna be alone!- Cominciammo a cantare il ritornello a squarciagola senza vergogna, ma ridendo ogni volta che incrociavamo gli sguardi o che vedevamo il guidatore della macchina che ci passava di fianco guardarci male. A noi però non importava, sapevamo di essere pazzi e non ci importava cosa pensassero gli altri. Negli anni scoprimmo di avere molte più cose in comune di quanto credevamo. Ascoltavamo più o meno la stessa musica, anche se io ancora mi rifiutavo di far andare negli stereo della mia povera macchina roba come David Guetta o Bob Sinclar, che lui non rinunciava mai a proporre e che continuava a tenere nel suo I pod. Prima o poi lo avrei distrutto solo per essere sicura di debellare per sempre dalla mia vita quella che lui definiva musica.
Mentre le ultime note della canzone si propagavano per l’abitacolo della vettura, passammo il cartello con su scritto ‘Benvenuti a Cross City’.
Ci fermammo alla prima tavola calda che trovammo sulla strada, accostammo e con Night al seguito ci avviammo ai tavolini esterni, prendendo dalla macchinetta pubblica il quotidiano del giorno. Dopo aver ordinato Ben incominciò a sfogliare il giornale cercando informazioni sul caso che stavamo seguendo. Nel frattempo io mi guardavo intorno, osservando i passanti e accarezzando delicatamente il muso di Night poggiato sulla mia coscia.
- Mi piace la Florida, finalmente riuscirò ad abbronzarmi un po’.- Dissi chiudendo gli occhi e reclinando la testa indietro.
Ben alzò il viso dalla pagina di giornale che stava leggendo guardandomi scettico. – Tu non ti abbronzi neanche alle Hawaii. Rimani sempre bianca come una mozzarella.- Disse cercando di trattenere un sorriso.
- Non è vero! E’ solo che non ho il tempo di stare a prendere il sole.- Dissi io imbronciandomi e incrociando le braccia al petto.
Lui sbuffò. – Come se il lavorare per l’ottanta per cento all’aperto e il scavare tombe sotto il sole cocente non fosse ‘prendere il sole’. Però devo dire che a volte non sei bianca..- Disse poi e io gli sorrisi compiaciuta. - …diventi fucsia quando stai troppo al sole.- Disse lui semplicemente.
Lo guardai shockata e gli lanciai contro un tovagliolo. – Ehi!- Gli urlai contro, ma lui mi ignorò tornando a leggere il giornale.
Di colpo sentii una strana sensazione dietro la nuca, come un formicolio. Mi girai di scatto pensando che ci fosse qualcuno che mi osservasse, ma nel bar c’erano solo pochi tavoli occupati e le persone si stavano facendo i fatti loro, chi parlando con le amiche, chi sfogliando riviste, chi parlando al cellulare. Tornai a guardare davanti a me, ma la sensazione non sparì, mi mossi nervosa sulla sedia sperando che andasse via. Così non fu, l’unico risultato era stato fare allarmare Night al mio fianco, che aveva alzato le orecchie a punta e mi fissava attento. Tornai a girarmi per vedere se qualcuno mi stesse fissando e a un certo punto il mio sguardo colse una figura. Dall’altra parte della strada sotto un albero, poggiato a lato del cofano di una macchina, stava un ragazzo. Piuttosto alto, pelle chiara, capelli spettinati e mori, mossi dal vento. Portava degli occhiali da solo con lenti scure, non potevo vedere i suoi occhi, ma sentivo che mi stavano fissando di rimando. Rimasi lì fissa in quello sguardo invisibile per un tempo che a me pareva infinito. Poi l’arrivo della cameriera mi fece distogliere lo sguardo, la guardai mentre ci sorrideva e poggiava le nostre ordinazioni sul tavolo. Notai che era particolarmente interessata a Ben e gli rivolgeva sorrisi smaglianti. Tanto che Ben si girò verso di me ammiccando quando lei fece per andarsene lasciandogli un bigliettino su cui doveva esserci il suo numero di telefono. Io scossi la testa e tornai a guardare dove prima c’era il ragazzo, ma di lui nessuna traccia. Sotto l’albero l’ombra era vuota. Non c’era più neanche la macchina. Mi guardai attorno per vedere se la vedevo allontanarsi, ma niente. Non potei evitare a un brivido di corrermi giù per la schiena. Ero una stupida, cos’era successo in fondo? Un ragazzo mi fissava e poi se ne andava, non c’era nulla di strano. Allora perché quella strana sensazione di gelo?  Era diversi giorni che quella sensazione mi colpiva ogni tanto, accompagnata sempre da quel formicolio dietro la nuca. Era come se qualcuno mi seguisse. Scossi la testa, se anche fosse, non c’era da preoccuparsi. Night mi avrebbe avvertito e io e Ben ce ne saremmo occupati.
Mentre smangiucchiavo la mia ciambella Ben stese il giornale sul tavolo, rischiando di rovesciare tutto quello che c’era sopra.
- Ecco qui.- Disse indicandomi un articolo di cronaca ai margini della pagina.
Lessi velocemente il pro filetto che mi aveva messo davanti. – Secondo loro la morte di un uomo, sgozzato in casa sua, è un articolo così poco importante da metterlo ai lati di una pagina?- Chiesi corrucciando le sopracciglia.
- E’ già la terza morte che avviene in quell’appartamento in meno di un mese. Cercano di non farne un caso mediatico.- Rispose tranquillamente riprendendo il giornale in mano. – Dovremmo andare a far visita ai famigliari delle tre vittime.-
- Oh no. Non ci vestiremo da federali, vero?- Chiesi esasperata.
Lui mi guardò cercando di capire se stessi scherzando oppure no. – Certo che ci vestiremo da federali. Chi altro può mai investigare su un caso di gole tagliate?- Chiese alla fine lui, vedendo che non scherzavo.
- La fondazione dei barbieri uniti dello stato?- Chiesi speranzosa, sapendo comunque l’enorme cavolata che avevo appena detto. Infatti, lui mi guardò storto. – Sì lo so, è un’idiozia, ma non voglio mettere quel vestito striminzito, non ci respiro. Per non parlare poi dei tacchi. Arrivo a sera che non sento più i piedi.- Dissi scocciata.
Lui rise di gusto alle mie lamentele, ricevendo una mia occhiata truce di rimando, ma nonostante questo lui non smise di prendermi in giro.
 
Prendemmo una stanza in uno dei soliti e squallidi motel di provincia, con la tappezzeria di almeno trent’anni prima e i materassi sfondati, ma come al solito era tutto quello che potevamo permetterci. Ci cambiammo d’abito e prima di uscire raccomandai a Night di fare la guardia, non potevo certo portarlo durante le indagini.
Saliti sul Pick up ci dirigemmo subito alla casa dei famigliari della prima vittima, parcheggiando distante dal vialetto di ingresso. Agenti federali con una macchina mezza andata non erano molto credibili. Prima di lasciarla però recuperammo una pistola ciascuno dal vano sul retro dei sedili e poi ci dirigemmo verso il 152 di Pendelton Street.
La famiglia di Keira Callaway era ancora sconvolta per la perdita della figlia. Dopo un po’ di convenevoli sulla porta di casa ci fecero accomodare con riluttanza nel salotto. Nonostante fossero stanchi di dover sempre rispondere alle stesse domande, furono piuttosto accomodanti nei nostri confronti. Ci spiegarono che la ragazza era stata trovata con la gola tagliata con indosso ancora il pigiama da notte sul pavimento a fianco del bancone da cucina il giorno dopo il presunto omicidio. Presunto ovviamente secondo gli agenti di polizia del luogo che non sapevano dove sbattere la testa e davano sempre la risposta più accomodante.
Tirammo fuori ai genitori che la ragazza viveva da sola nell’appartamento e che per quanto ne sapevano non si vedeva con nessuno, né qualcuno avrebbe potuto avercela con lei fino al punto di ucciderla. Ovviamente questi erano i pareri dei genitori, che erano legati a lei, ma che non poteva sapere tutto della loro figlia.
Congedatici dai coniugi, decidemmo di andare alla stazione di polizia prima di proseguire con i parenti delle altre vittime.
Dopo il primo e il secondo omicidio l’appartamento era stato subito riaperto e affittato a un nuovo cliente in tempi davvero da record. Tra i primi due casi infatti erano passate poco più di due settimane, tempo minimo per raccogliere informazioni dalla scena del crimine e ripulire il tutto per i nuovi affittuari. Dal secondo omicidio invece si erano fatti più cauti, ma non trovando niente che collegassi le morti al luogo, riaprirono l’appartamento a nuovi interessati. Dopo la morte di Keira però aveva ben deciso di chiuderlo a tempo indeterminato per le indagini. Raccogliemmo le copie dei fascicoli relativi ai casi e ci dirigemmo verso la porta d’ingresso, per poter continuare con gli interrogatori.
- Se volete potete raggiungere il vostro collega che si trova sul luogo del crimine.- Ci disse lo sceriffo poco prima di uscire dalla porta.
Nonostante lo shock innescato da quell’affermazione annuii e con l’aria di chi sapeva perfettamente di cose lui stesse parlando dissi. – Certamente, andremo a fare le nostre verifiche e a consultarci con lui al più presto.-
Appena fummo fuori il mio sguardo scattò verso quello di Ben e lui fece lo stesso. – Un altro federale?- Chiesi preoccupata.
- Potrebbe essere uno di noi.- Disse lui cercando di vedere il lato positivo, come suo solito.
- Ma potrebbe anche non esserlo. Non ci voleva, ci scoprirà subito. Con lui non servirà a niente la telefonata di controllo a Sean. Capirà che non è davvero il nostro capo all’FBI.- Dissi io agitata.
Ben mi mise un braccio sulle spalle, sfregando il palmo della mano sulla mia spalla, per tranquillizzarmi. – Andrà tutto bene. Non è la prima volta che ci capita.- Disse con voce calma. – Adesso andiamo dai parenti delle altre vittime e poi andiamo all’appartamento, magari se ne sarà già andato.-
Io annuii e lo seguii.
Andammo a casa dei Brown e dei Perez, ma non cambiò poi molto la nostra prospettiva. I due ragazzi che avevano abitato la casa prima di Keira erano morti allo stesso modo. Sgozzati e morti dissanguati sul pavimento di casa. Non c’era molta differenza di età tra i tre ragazzi e facendo un po’ di ricerche scoprimmo che anche molti anni prima erano morti allo stesso modo altri ragazzi sui venticinque anni in quell’appartamento, ma dall’ultimo omicidio circa quindici anni prima vi aveva abitato una coppia di anziani, trasferitasi proprio qualche mese prima, lasciandola libera e presa poi in affitto da quei poveri ragazzi.
Più ci avvicinavamo e facevamo nuove scoperte, più il caso si palesava sempre più come un caso di fantasmi.
Così dopo aver interrogato i famigliari e aver passato un paio d’ore in biblioteca, ci dirigemmo nel luogo dei tre delitti con una pila di fotocopie varie su avvenimenti successi anni fa attorno a quel luogo.








Angolo autrice
Non so come scusarmi per tutto il tempo che faccio passare prima di postare il nuovo capitolo, il fatto è che non ho molto tempo per andare avanti con la scrittura e il poco che ho è troppo poco per concentrarmi al meglio nella scrittura. 
Mi sento anche poco ispirata al momento. Spero solo che presto mi arrivi un colpo di genio e che si risolvano alcuni problemi che mi assillano in questo periodo.
Scusate davvero, non so come scusarmi.
Un grosso bacio e un ringraziamento a tutti quelli che leggono e recensiscono a storia, siete sempre qui ad appoggiarmi e di questo ve ne sarò sempre grata :)
Un bacio a tutte quelle del gruppo 'The family business', senza di voi sarei messa ancora peggio XD siatene orgogliose!
Spero a presto <3

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Capitolo 4
*** Cross City, Florida (seconda parte) ***


Il palazzo era ancora pattugliato da due macchine della polizia, i cui agenti stavano conversando allegramente tra loro, senza fare conto a cosa accadesse attorno a loro. Così passammo senza che ci venisse chiesto niente quello che doveva essere il primo posto di blocco. Arrivati al quarto piano ci dirigemmo verso la fine del corridoio dove si potevano intravedere ancora i nastri che tenevano fuori i curiosi dall’appartamento. Nonostante questo e il fatto che l’omicidio era accaduto il giorno prima, i curiosi non mancavano. Gente passava con finta non curanza davanti alla porta, cercando di sbirciare all’interno e signore più intrepide importunavano agenti della polizia per avere più informazioni con cui spettegolare insieme alle sue amiche.
Senza curarci minimamente degli sguardi curiosi di quest’ultime, passammo sotto il nastro giallo e entrammo nell’appartamento. Ovviamente un agente ci fermò subito.
- Agente Lockhart e questa è la mia collega l’agente Sprout.- Disse Ben mostrando i distintivi.
L’uomo li guardò perplesso e poi si fece di lato per farli passare. – Un agente non bastava? Come mai l’FBI è tanto interessata a questo caso?- Chiese perplesso alludendo all’altro agente di cui aveva parlato anche lo sceriffo.
- Forse perché voi non ve ne siete interessati per tempo. Non saremmo qui se aveste chiuso prima l’appartamento, come bisogna fare in questi casi.- Dissi dura, cercando di sviare l’attenzione dalla sua domanda.
Lui rimase un attimo bloccato, ma non continuò sull’argomento. Ci avviammo all’interno del salotto percorrendo lo stretto corridoio di entrata. - Bella mossa far leva sui suoi sensi di colpa.- Bisbigliò Ben al mio orecchio facendomi sorridere trionfante.
Arrivammo al centro del salotto dove vari agenti facevano avanti e indietro per trovare anche il minimo indizio che fosse sfuggito a un primo controllo. Altri facevano fotografie a tutta la stanza. Un lungo bancone separava la cucina dal salotto, entrambi arredati in un stile semplice  moderno. La cucina era color mogano chiaro, il pavimento piastrellato era un altro elemento di divisione della stanza, che al confine con il soggiorno diventava di moquette beige. Proprio sull’attaccatura di quest’ultima con la cucina, campeggiava un enorme macchia rossa che si allargava quasi fino al divano. La ragazza probabilmente aveva continuato a perdere sangue finché il corpo non era diventato freddo, dato che l’avevano trovata il giorno dopo la sua presunta morte. In gesso bianco era stata disegnata il contorno del corpo, di come era stato ritrovato all’arrivo degli agenti. Il corpo ovviamente era stato portato via, ma la scena del crimine non lasciava nulla all’immaginazione. L’appartamento era perfettamente ordinato e nulla era fuori posto, tranne che per la macchia di sangue sul pavimento e la sedia leggermente spostata che doveva aver urtato la vittima nel cadere a terra.
- Signori.- Disse quello che sembrava l’agente a capo dell’indagine, un uomo grassoccio e avanti nell’età, teneva un taccuino nella mano e sembrava voler annotare ogni più piccolo particolare.
- Signore.- Risposi io girandomi verso di lui, che finì di annotare qualcosa e poi alzò lo sguardo.
- Mi hanno detto che siete dell’FBI. I vostri capi devono essere molto scrupolosi per mandare addirittura tre agenti a lavorare sul caso.- Disse quest’ultimo squadrandoci dalla testa ai piedi. – Anche se mi sembrate novellini e la cosa non mi quadra.- Continuò corrugando le sopracciglia pensando a una soluzione.
Incrociai il suo sguardo e con fare risoluto affermai. – Mi creda, le apparenze non contano. Abbiamo molta esperienza sul campo alle spalle.-
Lui ci diede un'altra occhiata, soprattutto a Ben, dopotutto era lui quello che sembrava un ragazzino. – Come volete voi.- Concluse.
- Le dispiace se le facciamo qualche domanda?- Chiese Ben.
- Certo che no. Ho già risposto a quelle del suo collega, ma è scappato talmente tanto in fretta che non so se vi abbia informato di quel che ho detto lui.- Disse tranquillamente l’agente.
Lo guardai perplessa. – Come scappato?-
- Non so, ha detto che era stato richiamato d’urgenza e che sarebbe arrivato un sostituto… ed eccovi qua! Solo che speravo vi lasciasse il materiale che aveva raccolto.- Spiegò.
Sospirai di sollievo il più silenziosamente possibile, niente problemi con le nostre identità in vista. – Non si preoccupi, abbiamo recuperato tutto quel che ci serviva dal suo capo, ci daremo un occhiata stasera. Vorremo solo qualche informazione sulle condizioni dell’appartamento al momento del ritrovamento del cadavere.- Spiegò Ben, lanciandomi uno sguardo di intesa per quanto riguardava averla scampata con la legge. Se facevamo in fretta ce la saremmo cavata prima che arrivasse il vero sostituto.
L’agente Colin, così si presentò, non ci disse nulla di rilevante sul caso. Solo quello che ci aveva già detto lo sceriffo, nulla più. Ci guardammo un po’ in giro e trovammo resti di ectoplasma sulla base del bancone. Come sospettavamo si trattava di un fantasma legato alla casa. Ci restava solo di scoprirne l’identità e fare della sua tomba un falò.
Tornammo alla nostra camera al motel, dove Night mi saltò addosso per salutarmi non appena varcammo la soglia della stanza.
- Per fortuna che dovevamo fare in fretta. Ho i piedi che gridano ‘pietà’. – Dissi togliendomi le scarpe e lanciandole con un calcio dall’altra parte della stanza.
Poggiammo tutte le fotocopie e i libri  presi in prestito alla biblioteca sul tavolo che c’era nella stanza. Ben si sedette subito lì e incominciò a sfogliare alcuni fogli con al fianco un blocco per gli appunti, mentre io mi sedetti a gambe incrociate sul letto con Night al fianco steso con il muso tra le zampe che si guardava attorno assorto, ma contento delle carezze che ogni tanto gli facevo sovrappensiero.
Mentre sfogliavo concentrata uno dei tomi impolverati che parlavano della storia della città sentii di nuovo quella strana sensazione scorrermi lungo la schiena, come un brivido di fastidio. Cercai di ignorarla, ma poi la sensazione non scomparve. Alzai piano lo sguardo, guardandomi intorno, ma non c’era nulla di sospetto o di diverso. Tutto sembrava tranquillo, riabbassai lo sguardo sul libro, ma senza realmente riuscire a leggere le parole che vi erano stampate sopra. Continuavo a sentirmi a disagio e il cane affianco a me se ne accorse e alzò il muso poggiandolo sul mio ginocchio e fissandomi negli occhi perplesso. Gli sorrisi, scossando piano la testa per fargli capire che andava tutto bene, ma non ne ero per niente certa. Infatti la strana sensazione non faceva che aumentare invece che diminuire e io mi sentivo sempre più irrequieta. A un certo punto Night alzò la testa di scatto, orecchie alzate, puntando dritto davanti a sé. Guardai anch’io e vidi che fissava la finestra dietro il tavolo su cui stava lavorando Ben. Fuori era scoppiato un temporale estivo e l’acqua veniva giù a catinelle, strano che non me ne fossi accorta fino a quel momento dato il rumore assordante che la pioggia faceva sbattendo contro i muri e il vetro, per non parlare poi dei tuoni. Sospirai, probabilmente era quello ad avermi messo in allarme come anche Night, non c’era nulla di cui preoccuparsi. Inoltre io adoravo i temporali, quindi sarebbero stati un sottofondo magnifico per la serata già buia oltre il normale per essere solo le nove di sera. Sarei uscita volentieri per andare a prendere la cena e farmi una passeggiata sotto l’acqua con Night.
In quel momento un fulmine squarciò il cielo e illuminò l’esterno su cui dava la finestra per un secondo, ma fu sufficiente. Una sagoma scura si staglio non molto lontana dal vetro, poggiata al palo della luce del parcheggio del motel, come se quello fosse il suo posto da sempre e puntava, per quello che potevo vedere, lo sguardo su di me.
Mi uscì un gridolino dalle labbra non appena il lampo lasciò ricadere nell’oscurità il parcheggio. Night ringhiò basso e Ben alzò lo sguardo verso di me e vedendomi paralizzata con gli occhi spalancati e le mani sulla bocca mi si avvicinò.
- Tutto bene Claire?- Mi chiese preoccupato guardando dove stavo guardando io ma non vedendo altro che nero oltre quel vetro. Io invece avevo come impressa nella retina la figura di quell’uomo appostato fuori a osservarmi.
Per qualche minuto non riuscii a staccare lo sguardo dalla finestra, ma poi mi sentii scuotere la spalla e mi girai verso Ben che mi guardava preoccupato. – Scusa Ben, ma… Oddio, mi sembra di diventare pazza.- Dissi prendendomi la teta tra le mani. – E’ tutta la sera che ho una strana sensazione, come di essere osservata e… e c’era qualcuno lì fuori che mi guardava poco fa..- Dissi quest’ultima frase in un sussurro. Lui si bloccò e alzò di scatto lo sguardo verso il parcheggio ancora oscurato. Di colpo un altro lampo schiarì l’esterno e lì dove poco prima c’era la figura di un uomo adesso c’era solo un palo vuoto. – Era lì, era proprio lì.- Dissi alzandomi in piedi e avvicinandomi al vetro della finestra.
- Ok, vado a controllare.- Disse Ben prendendo torcia e pistola per uscire.
Lo seguii, ma la pioggia scendeva troppo fitta perché si potesse vedere bene con la sola luce di pochi lampioni. Guardammo in ogni angolo del parcheggio, ma non c’era nulla. Niente da trovare, né qualche segno che lasciasse intendere che c’era stato qualcuno poco prima in quel posto. – Incomincio decisamente a pensare di essere uscita di testa.- Dissi prendendo la testa tra le mani non appena rientrammo in stanza. Mi appoggiai al muro di fianco alla porta e sentii la mano di Ben sfregarmi il braccio per confortarmi, mentre sentii una leggera pressione all’altezza della coscia. Abbassai le mani e vidi che Night cercava di attirare la mia attenzione. Gli sorrisi e gli diedi due carezze sul muso.
- C’è di sicuro una spiegazione a questo, stai tranquilla. Magari era un gioco di luci, in fondo il lampo è durato solo pochi secondi.- Mi disse Ben.
Annuii poco convinta e mi staccai dal muro. Presi la giacca, anche se ormai serviva a poco dato che ero completamente bagnata, e afferrai borsa e guinzaglio per poi aprire la porta.
- Senti Ben, vado a prendere un paio di panini e torno.- Dissi per poi uscire seguita da Night. Il guinzaglio non mi serviva con lui, ma più che altro lo portavo per fare stare tranquille le altre persone.
Camminai sotto la pioggia cercando di schiarirmi le idee con Nightmare al fianco. Certo, forse Ben aveva ragione, ma una parte di me diceva che quello che avevo visto e sentito era reale. Allora cos’era? Centrava con il caso o era un'altra questione? Rabbrividii al pensiero che qualcosa di non definito potesse avercela con me, ma dopo tutti quegli anni di caccia molti esseri potevano avercela con me, fortunatamente sapevo combatterli, questo era l’importante.
Mentre entravo nel fastfood sentii ancora quella strana sensazione, diedi un’occhiata attorno a me, ma niente. Scrollai le spalle ed entrai per ordinare la solita squallida cena.
 
Prima di andare a dormire trovammo tutti i documenti che testimoniavano la morte di Carl Grillmont nel 1983. Era un ex giocatore di poker con problemi di alcolismo che fu ucciso dalla sua fidanzata un giorno al suo rientro a casa. - Pare che lei avesse tentato di lasciarlo e allontanarlo per molto tempo, ma lui non aveva mollato. Poi quella sera lei ha dato di matto e l’ha fatto fuori tagliandogli la gola.- Riassunse Ben.
- Bene quindi probabilmente è lui.- Dissi.
Lui mi guardò annuendo. – Qui c’è anche scritto che la fidanzata si tolse la vita quella stessa sera, dopo aver preso atto di quel che aveva fatto. Lei si chiamava Josephine Milligan. Entrambi sono sepolti al Long Pond Cemeterya cinque minuti di macchina da qui.-
Diedi un’occhiata ai fogli su cui avevamo trovato le informazioni un’ultima volta, poi li sistemai sul tavolo.  – Bene ci andremo domani mattina, con questo tempo non si va da nessuna parte con la macchina, tantomeno con il mio fedelissimo ma scassato Pick up.-
Così ci mettemmo a letto per dormire quelle poche ore che ci dividevano dal mattino e verso le sette, quando smise di piovere decidemmo di avviarci al cimitero.
Odiavo fare questo lavoro dopo la pioggia. Il terreno diventava fango e anche più pesante, quindi faticavi il doppio per scavare. Infatti dopo più di un ora eravamo riusciti ad arrivare alla cassa del primo cadavere completamente sporchi di terra bagnata. Dopo avergli dato fuoco con non poca difficoltà ci dirigemmo verso l’altra tomba e incominciammo a scavare. Mentre Ben finiva di dissotterrare la cassa comparve il fantasma di Josephine che non contenta di quel che stavamo facendo al suo corpo mi sbattè contro una lapide prima che io potessi colpirla con una sbarra di ferro puro. Mi rialzai in pochi secondi e la colpii con tutta la forza che avevo. Quando il fantasma sparì, scacciato dal ferro, ci sbrigammo ad aprire il coperchio della bara, spargerci benzina e sale e darle fuoco. Giusto in tempo per vederla ricomparire e bruciare davanti a noi mentre Night continuava ad abbaiarle contro.
Tornammo alla camera del motel completamente distrutti e ricoperti di fango. Facemmo a turno per la doccia e dopo aver pulito bene il taglio che mi ero procurata al braccio, vi diedi tre punti e Ben mi aiutò a fasciarlo.
Dopodiché facemmo i bagagli e passammo a prendere un paio di panini al fastfood. Poi partimmo, io alla guida, Ben a sfogliare giornali per trovare un nuovo caso sul sedile del passeggero e Night sul retro del Pick up a sonnecchiare.










Angolo autrice
Allora boh... non so cosa dire XD insomma sì, scusate perchè ci metto sempre una vita! Tra l'università, risistemare casa e altre mille cose da fare non ho mai il tempo per concentrarmi sulla storia, riprenderla in mano e andare avanti. Per adesso sto postando capitoli già scritti, spero di riuscire ad andare avanti al più presto, anche perchè la storia c'è l'ho già più o meno scritta tutta in testa, quindi si tratta solo di buona forza d'animo e via XD
Quindi perdonatemi, intanto vi lascio la seconda parte del capitolo precedente :)
Un bacio e grazie a tutte! Soprattutto per la vostra pazianza :)
A presto

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Capitolo 5
*** Buckeye, Arizona (prima parte) ***


Buckeye, Arizona.
Eravamo lì da un paio di giorni per risolvere un caso per niente semplice. Avevamo trovato articoli di giornale riguardante delle sparizioni ed eravamo corsi senza sapere a cosa andavamo in contro.
Appena arrivati, ci facemmo comunicare tutte le informazioni possibili dallo sceriffo fingendoci agenti dell’FBI. Ultimamente non avevamo molta inventiva con i camuffamenti, ma meglio essere ripetitivi che inverosimili. Avevamo i fascicoli dei tre uomini scomparsi nelle ultime due settimane ed eravamo andati a recuperare qualche vecchio libro in biblioteca, da integrare a quelli che possedevamo già. Nulla però sembrava esserci d’aiuto. Gli uomini erano tutti sulla trentina ed erano scomparsi in giorni diversi, ma rigorosamente sempre di sera subito dopo il tramonto. Erano stati presi in qualunque luogo fossero. Uno per strada, uno nel suo salotto di casa e il terzo quando era nel bagno del pub che frequentava sempre la sera. Alcuni elementi particolari c’erano in comune, ma non sembravano essere elementi rilevanti per scoprire chi fosse l’artefice di questo. Inoltre sulle scene delle sparizioni non c’erano tracce rilevanti e neanche segni di risistemazione del posto.
Erano diversi anche riguardo le proprie relazioni sociali. Il ragazzo del pub era un dongiovanni a sentire i conoscenti, che è un modo gentile per dire che ogni sera ne conquistava una diversa. L’uomo sparito in salotto era un padre di famiglia, aveva moglie e una piccola di due anni, la moglie si era accorta della sua scomparsa perché non arrivava a cena. Se ne era andato senza dire niente, e secondo lei era più probabile il rapimento a una partenza improvvisa senza avvisare o telefonare e la polizia le aveva creduto solamente perché erano già scomparse altre due persone in paese. Erano passati infatti due giorni dalla sparizione del secondo uomo scomparso nel nulla appena girato l’angolo, dove la compagna lo aveva seguito con pochi minuti di ritardo, fermandosi a raccogliere lo scontrino della spesa che le era caduto di mano. Era tornata a casa, sperando di trovarlo lì o di vederlo arrivare dicendo che aveva avuto un disguido, ma non era successo.
Così eccomi lì a sfogliare libri su libri e incartamenti seduta all’ombra di un albero, in un piccolo parco poco distante dal Westward Motel dove anche Ben continuava con le ricerche su internet. Night correva sul prato davanti a me, rotolandosi al sole ogni tanto e abbaiando a qualche altro suo simile di passaggio, senza però mai allontanarsi.
I fogli che avevo tra le mani non dicevano niente di nuovo ed io avevo sempre più la sensazione di sapere di cosa si trattasse, ma preferivo esserne certa prima. Non volevo farmi trovare impreparata e speravo con tutto il cuore di sbagliarmi.
A un certo punto un brivido mi scorse giù per la schiena e iniziai a sentire quella fastidiosa, e ormai familiare, sensazione di disagio e fastidio. Mi stavo abituando a quelle sensazioni e mi sorprendevano sempre meno, ma questo non toglie che fossero fastidiose, appunto. Era come essere perennemente tenuti sott’occhio. Dalla caccia in Florida erano aumentate di frequenza e capitava che più volte in un giorno mi mettessi a osservare in giro in cerca della fonte di tale disagio. Scontato dire che non l’avevo ancora trovata. L’avevo vista solo una volta, ma sentivo che la fonte era quella strana figura che avevo intravisto fuori dalla finestra del motel durante il diluvio ormai più di due mesi prima. Ben continuava a sostenere che era stata la mia mente a pensare di vedere qualcosa, per dar forma a quello che sentiva, ma io ero certa del contrario. Lui non l’aveva vista e anche se io l’avevo scorta solo per alcuni secondi, ero certa che fosse reale e che mi stesse guardando dritta negli occhi.
Alzai svogliatamente lo sguardo, sapevo che tanto non avrei trovato niente, quindi non prestai molta attenzione a quello su cui si posava il mio sguardo e tornai in poco tempo sui vari fogli che avevo sulle gambe e attorno a me sul prato.
Nel frattempo Nightmare invece si era fermato e aveva puntato lo sguardo verso alcuni alberi non molto distanti da dove ero io, muovendo le orecchie come a cercare di captare anche il minimo rumore. Poi sembrò soffermarsi su qualcosa e appiattendo le orecchie incominciò a ringhiare. Alzai lo sguardo su di lui e cercai di tranquillizzarlo come facevo di solito, ma non ci riuscii. All’inizio sembrò calmarsi, ma dopo pochi istanti in cui stavo cercando di ritrovare il punto in cui avevo interrotto la lettura, lui fece qualche passo in avanti nella direzione che continuava ostinatamente a osservare e iniziò ad abbaiargli contro.
Capii subito che non era il solito modo che usava per farsi notare dai cani di passaggio, sembrava volermi avvertire di qualcosa e io alzai lo sguardo verso di lui preoccupata. Night mi guardò negli occhi per poi tornare a indicare gli alberi che stava fissando prima e tornare ad abbaiare. Mi voltai in quella direzione e vidi un’ombra scura staccarsi dal retro di uno degli alberi e appoggiarsi con una spalla al tronco.
Mi bloccai completamente gelata al mio posto. L’ombra aveva la forma di un uomo e nonostante fosse solo ad una ventina di metri da me, non riuscivo a distinguerne i caratteri. Vedevo solo la sua sagoma scura all’ombra dell’albero, ma nonostante questo sapevo che il suo sguardo era puntato su di me e quando puntai gli occhi lì dove potevo solo immaginare che ci fossero i suoi, un brivido mi corse lungo la schiena.
Non potevo esserne certa dato che ne la prima, ne questa volta potevo vederlo bene, ma ero sicura che fosse la stessa cosa che mi osservava fuori dall’hotel quel giorno di pioggia.
Il continuo abbaiare di Night mi riscosse dallo shock iniziale e portai la mano all’impugnatura della pistola che tenevo nella borsa affianco a me, ma non ne sentivo veramente la necessità.
Nonostante tutte quelle spiacevoli sensazioni che continuavano a corrermi lungo tutto il corpo, sapevo che non c’era davvero nulla da temere. Certo ero pienamente consapevole che poteva essere il trucco di una qualche creatura soprannaturale, ma io ero certa che nulla all’infuori del mio istinto aveva ragione. E quello che sentivo, non era paura o un modo per mettermi in guardia. Era qualcos’altro che non riuscivo a comprendere bene, ma che era lungi dall’essere pericoloso, almeno per me in quel momento. Non mi era di certo sfuggita l’aura scura che lo circondava.
Le mie certezze si confermarono in quell’istante. Qualcosa o qualcuno mi seguiva, le sensazioni che provavo erano provocate solo dal mio istinto che tentava di farmi reagire all’essere osservata da lontano e in continuazione. E adesso sapevo anche da cosa. Beh più o meno. Ovviamente non lo avevo ancora visto in faccia e non sapevo con certezza se fosse umano o meno, ma sapevo che almeno per ora non aveva cattive intenzioni e che non gli importava rimanere nascosto, almeno finché altri non lo potevano vedere.
Night nel frattempo mi si era avvicinato e mi tirava per la maglietta per avere la mia attenzione. Quando mi girai, mi bastò per guardarlo negli occhi e capii quello che dovevo fare. Dovevo scoprire chi era e cosa stava succedendo, perché mi seguiva e perché non usciva dall’ombra per mostrarsi.
Mi tirai su di scatto estraendo la pistola e puntandogliela contro. Attorno a me non c’era anima viva, se non alcune macchine che passavano per la strada appena dietro la figura, quindi nessuno avrebbe dovuto vedermi con una pistola in mano.
- Chi sei?- Chiesi con voce ferma e sicura.
Invece che una risposta, però, mi arrivò l’eco di una forte risata, sembrava quasi sarcastica, come se non credesse che avrei veramente premuto il grilletto. Ovviamente non lo avrei fatto se non fosse stato necessario, ma se serviva, potevo benissimo colpirlo a una gamba per avere delle risposte.
Avanzai di qualche passo tenendo sempre la pistola avanti a me e aggiustando la mira. – Ti ho chiesto…- Non riuscii a terminare la frase. Sentii ancora la sua risata e poi un suonare di clacson dalla strada mi distrasse per un paio di secondi e quando ritornai con lo sguardo sull’ombra, non c’era più. Sparita.
Corsi verso quegli alberi e guardai in tutte le direzioni, anche in alto, ma non vidi niente. Cercai in alcune vie laterali sulla strada ma nessuna traccia di quella figura. Sospirai affranta poggiando una mano sul muso di Nightmare, rassegnata. Ormai non c’era nulla da fare. Tornai a ritirare le mie cose al parco e mi avviai al motel da Ben.
 
Arrivata alla stanza mi lasciai cadere sul letto distesa a braccia aperte e il mio pastore tedesco mi fu subito accanto poggiando il muso sulla mia pancia. Sbuffai scocciata e stanca di quella situazione che non riuscivo a sistemare.
- Tutto bene?- Chiese Ben.
Mugugnai una risposta confusa, avrebbe pensato lui a come interpretarla. Non sapevo ancora cosa dirgli. Non ero sicura di volergli raccontare di quell’incontro, la prima volta non gli aveva creduto. Avrebbe trovato una qualunque scusa anche per questa volta, una risposta razionale che nonostante il lavoro che svolgevamo, lui amava tanto trovare. Di sicuro mi avrebbe coinvolto in una discussione di cui non avrei capito la metà delle cose che avrebbe messo in mezzo e avrebbe preso a fare ricerche. Beh, forse l’ultimo aspetto non era del tutto negativo, magari sarei riuscita a scoprire qualcosa su quello che stava succedendo. Inoltre, a parte tutti quegli aspetti, che più che negativi erano fastidiosi, lui era il mio migliore amico. In quegli anni c’eravamo uniti molto ed era diventato il fratellino che non avevo mai avuto. Dovevo dirgli quello che mi era successo. Non avevamo mai avuto segreti tra di noi, ci raccontavamo tutto. Non potevo tradire così la sua fiducia.
Sospirai di nuovo, mentre mi portavo un braccio a coprirmi gli occhi. La testa incominciava a dolermi per i troppi pensieri che l’affollavano. – Ho rivisto la cosa che era fuori dalla finestra un paio di mesi fa in Florida.- Buttai fuori.
D’un tratto il rumore di pagine sfogliate si fermò e io mi voltai per vedere se stesse bene. Ben mi stava fissando con gli occhi sgranati e increduli. Tornai nella posizione di poco prima incapace di sostenere il suo sguardo.
- In che senso l’hai rivista? Sai cos’è?- Chiese lui ancora sorpreso.
Sbuffai contrariata dalle poche informazioni che avevo. – No. Ero l’ nel parco e ho percepito nuovamente come se qualcuno mi stesse fissando. Quando ho alzato gli occhi, era lì.-
- Cosa?- Chiese lui curioso.
- Non so cosa fosse. Era troppo in ombra sotto quegli alberi. Dalla forma però sembrava un essere umano e dalla sua risata direi che era un uomo.- Dissi io ripensando agli avvenimenti di poco prima.
- Risata?- Chiese ancora.
- Vedo che sei di molte parole questa sera.- Dissi scocciata della sua incapacità di mettere in fila una frase. – Gli ho puntato la pistola contro e lui ha riso. Poi sono stata distratta e lui era sparito prima che potessi avvicinarmi e vedere chi fosse.- Spiegai infine.
- Oh. Sei sicura di quello che hai visto? Non ti eri appisolata mentre leggevi i fascicoli?- Chiese lui corrucciando le sopracciglia in cerca di una soluzione razionale.
- Penso di sapere ancor distinguere tra sogno e realtà Ben!- Dissi stizzita. – Comunque se ne è accorto anche Night. Gli ha abbaiato contro, per questo me ne sono accorta. Se no, non lo avrei neanche notato.-
- Ok, ok scusa! E’ solo che è strano.- Disse lui.
Alzai lo sguardo su di lui e lo vidi preoccupato. – Lo so. Qualcuno ci sta seguendo.- Dissi cupa guardando il soffitto.
Lui sospirò annuendo. – Beh comunque per il momento non possiamo farci niente.-
- Non possiamo fare qualche ricerca?- Chiesi speranzosa.
- E su cosa? Un’ombra ridente?- Disse lui, infelice come me di non avere molte informazioni. – Adesso concentriamoci sul caso. Se hai nuovi indizi poi ne parliamo e vediamo se troviamo qualcosa di concreto.- Disse ed io annuii concorde.
La cosa però non mi piaceva, sapere che qualcuno mi spiasse continuamente era una cosa inquietante. Dovevo essere abituata a quel tipo di sensazioni, ero una cacciatrice dopotutto, ma mi spaventava più di quanto mi ero aspettata sapere che qualcuno aveva sempre gli occhi puntati su di me. Doveva essere una cosa normale sentirsi in quel modo. Infatti, ogni volta che gli occhi di quella cosa erano puntati su di me, il mio corpo reagiva e mi metteva all’erta. Era istintivo, a prescindere da cosa esso fosse.
Cercando di non pensare a quello che era successo e alla sensazione di essere osservata che mi aveva preso altre due volte durante il pomeriggio, tornammo a fare ricerche sul caso che stavamo seguendo. Con le finestre e porta completamente serrate, ci mettemmo sotto con il lavoro senza fare caso al trascorrere delle ore.
Nonostante le poche informazioni, e riguardando le fotografie dei luoghi di sparizione notammo una cosa importante, o quantomeno lo sembrava dopo giorni di ricerche. Controllando i sistemi delle fognature della città scoprimmo che erano divisi principalmente in quattro condotti che portavano in diverse direzioni fuori dalla città. Controllando tutti i collegamenti e i passaggi, capimmo che i luoghi dove c’erano state le sparizioni erano tutti collegati dallo stesso condotto maggiore che usciva ad Est dalla città. Guardando la cartina della zona e aiutandoci con internet cercammo di scoprire qualche informazione in più. Quando la tubatura si allargava e diventava unica, passava davanti a un cimitero, affianco al quale c’era un capanno che dagli ultimi aggiornamenti risultava abbandonato.
Ci guardammo negli occhi. Era lì che dovevamo andare. – Possibile che sempre nei cimiteri dobbiamo andare? Non mi piace, ti lasciano sempre qualcosa addosso.- Disse lui scocciato.
- E’ il nostro lavoro Ben. Su prendi più armi che puoi visto che non sappiamo ancora di cosa si tratta e andiamo.- Dissi prendendo un borsone e iniziando a riempirlo dell’occorrente.






Angolo autrice
*si nasconde*
Non sono morta, scusate! >.<
So che non sono scuse accettabili, ma ho davvero un sacco di studio arretrato, tanti esami da fare e mille altre cose. Quindi non sono riuscita a completare questo capitolo prima... il prossimo è già pronto. Per gli altri spero di metterci meno. Mi ci metto già da questo pomeriggio, anche per l'altra long.
Spero di non deludervi ancora. 
Un grossissimo bacio a tutti per la vostra pazienza.

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Capitolo 6
*** Buckeye, Arizona (seconda parte) ***


Arrivammo in pochi minuti al cimitero con il Pick up. Scendemmo dalla vettura e prendemmo i borsoni dal retro riempiendoli con le ultime cose, poi ci avviammo al capanno. Se qualcosa si nascondeva da quelle parti, quello era l’unico luogo possibile in zona.
L’edificio era sicuramente stato abbandonato molti anni prima. Era costruito principalmente con lastre metalliche ormai arrugginite, che sembrava in bilico una sull’altra. Attorno e sopra la struttura la natura aveva ripreso a crescere incontrastata. Rami di rampicanti ormai ricoprivano l’intero tetto e ricadevano sui lati. Ne scostammo alcuni per arrivare a quella che sembrava l’entrata principale. Sembrava chiusa, ma bastò un po’ di pressione in più perché si aprisse. Puntammo subito due pistole caricate con proiettili d’argento avanti, ma non c’era nulla davanti a noi. Letteralmente nulla. La stanza era piuttosto ampia, ma vi erano solo un paio di scatoloni sul lato sinistro e una sedia rotta in fondo a fianco di una delle due finestre, da cui proveniva la debole luce che riusciva a superare i rami che le ricoprivano. Sulla destra si apriva una porta divelta che dava su una stanza ancora più in ombra di quella in cui eravamo. Sicuramente era quella circondata completamente dai rampicanti e dagli alberi.
Mentre Ben andava a controllare il sottoscala io mi diressi con la torcia proprio verso quella stanza. Mi sporsi leggermente girando la luce in tutte le direzioni, ma niente, solo calcinacci sparsi qui e là e un piccolo mobile completamente corroso dai Tarli.
Un rumore si sentì arrivare dal primo piano e mi voltai di scatto verso Ben e lui fece lo stesso. Annuimmo in un muto consenso di dirigerci insieme in quella direzione. Fatti i primi gradini un altro rumore spezzò il silenzio, leggermente più alto e vicino. Lo riconobbi come un lamento dolorante e stanco, di chi ormai non ha più speranze e sentii la smania di trovare questo qualcuno e aiutarlo crescere in me, ma mi mantenni cauta dietro a Ben. Mentre salivamo, un passo alla volta controllando di non far troppo rumore, Ben controllava che non arrivasse nessuno dall’alto e io continuavo ad osservare dietro di me. Da nessuna delle due direzioni però arrivo niente. Ebbi solo l’impressione di veder passare velocemente un ombra nel mio campo visivo, ma fu un attimo e cercai di essere più attenta. Se ricompariva, non poteva essere una semplice impressione.
Arrivammo al piano di sopra senza che io potessi accertarmi che quell’ombra fosse davvero esistita. Quella doveva essere l’ala degli uffici nei tempi in cui il magazzino era in funzione. Il corridoio era stretto e vi si aprivano tre porte con fuori quelle che dovevano essere le targhette identificative, ormai illeggibili. Ci avvicinammo alla prima porta, formata solo dall’infisso e Ben entrò a controllare mentre io sorvegliavo il corridoio, ma tornò indietro scuotendo la testa. Mentre ci dirigevamo alla seconda stanza sentimmo un altro lamento flebile giungere proprio da quest’ultima e propagarsi per la struttura.
In accordo io e Ben andammo prima a controllare la terza stanza per accertarci che fosse vuota, ma era chiusa a chiave. Tornammo verso la stanza che si trovava poco più indietro e spinsi il battente mentre Ben illuminava pia piano la stanza.
Non era messa meglio delle altre, c’erano calcinacci ovunque e la luce filtrava poco dalla finestra che c’era in fondo alla stanza, sempre per causa dei rampicanti. Osservando poi sulla destra trovammo la fonte dei lamenti. Il corpo di un ragazzo era legato a una sedia, la testa reclinata su un lato e la camicia completamente imbrattata di sangue che sembrava provenire dal collo o dalla spalla. Non sembrava molto cosciente di quello che gli accadeva intorno, avvicinandoci, la luce illuminò altri due corpi riversi al suo fianco, a terra e immobili. Girandoli li riconobbi come gli altri due uomini scomparsi, ma purtroppo erano deceduti già da tempo.
Mi avvicinai assieme a Ben all’altro ragazzo, gli alzai il volto, ma quando aprì gli occhi puntandoli su di noi, non sembrò vederci realmente. Controllai la ferita che aveva sul collo e non c’erano più dubbi.
- Vetala.- Dissi sussurrando a Ben.
Mi girai verso di lui e lo trovai con gli occhi sbarrati. Sapevamo cosa voleva dire. Loro non cacciavano mai da sole e solitamente non stavano mai via molto dalla loro tana. Bisognava fare in fretta. Inizia subito a slegare i nodi ai polsi del ragazzo, mentre Ben disfaceva quelli che legavano le caviglie ai piedi della sedia.
Mentre ero impegnata nel mio lavoro vidi distrattamente Ben accasciarsi a terrà gemendo. Mi alzai di scatto e lei era lì. Una bellissima e giovane ragazza mi osservava mentre teneva reclinato il capo di Bene e ne mostrava il collo. Quando i nostri occhi si incrociarono mi mostrò i canini  abbassandosi su Ben.
- Chi abbiamo qui? Due intrepidi cavalieri.- Disse quella sarcastica.
La fulminai con lo sguardo cercando di valutare quello che potevo fare. Non avevo un coltello d’argento, solo dei proiettili nella pistola che avevo lasciato a terra. Ben invece sapevo che lo aveva. Lo aveva rubato a suo tempo al cacciatore che stava a casa sua e non glielo aveva mai rivelato. Lo teneva sempre nel retro dei pantaloni. Se solo fosse riuscito ad arrivarci.
- Bene, quando le mie due sorelle torneranno qui, scopriranno che sono riuscita a fare scorta pur rimanendo di guardia a quel bel bocconcino.- Continuò la ragazza.
Come avevo fatto a non prendere in considerazione che potessero essere più di due? Come avevo fatto a farmi fregare come una novellina? Beh, il danno era fatto e dovevo prendere tempo affinché si distraesse da Ben e lui riuscisse a sfilare il coltello per colpirla.
- Tre. Dovevo aspettarmelo. Quando qualcosa può essere semplice, non lo è mai.- Dissi.
- Oh, beh su questo sono completamente d’accordo.- Disse lei ghignando. – E adesso abbiamo altri due bocconcini succulenti da spolpare ben bene. Quello lì è quasi andato.- Dissi riferendosi al ragazzo ormai privo di sensi dietro di me.
Vidi Ben spostare lentamente una delle mani dietro di sé, cercando di fare il più lentamente possibile.
- Non ti senti un po’ rinchiusa sempre qui dentro?- Chiesi.
- Non provare questa tattica con me signorinella. Io e le mie sorelle ci dilettiamo nella caccia quando e come ci va. Non provare a mettermi contro di loro, so come funziona.- Disse lei.
- Oh beh, io ci ho provato.- Dissi ghignando.
- Sarai felice di sapere che sono appena rientrate. –
Poi si sentirono dei rumori al piano di sotto e una voce provenire dal fondo delle scale. – Linn, sei di sopra?-
- Venite, ho una bella sorpresa per voi.- Disse Linn rivolta alle nuove arrivate.
Poco dopo sullo specchio della porta comparvero altre due ragazze molto simili alla prima. Erano tutte e tre molto alte, capelli lunghi castani, anche se una di loro aveva una tonalità molto più chiara, e tratti del viso aguzzi.
Arrivate nella stanza si guardarono attorno e ci individuarono subito. – Ma guarda, due topolini in trappola.- Disse quella ridendo.
Le guardai e loro non si mossero, rimasero lì tranquille come se non avessero la minima paura che potessi scappare. Ed effettivamente avevano ragione, ero da sola, disarmata e di certo non avrei lasciato Ben da solo.
Stavo valutando i rischi che avrei potuto correre, cosa sarei riuscita a fare, mentre loro continuavano a mandare frecciatine, giocando con me come con un topo in trappola. In quel momento un ombra comparì da dietro le due ragazze sulla porta, un ombra ormai familiare. Nessuno si era accorto della sua presenza, tranne me. Sentii il suo sguardo perforarmi e io sollevai lo sguardo verso il suo viso, intravedendo solo un velo di barba attorno alla bocca che si aprì in un ghigno sardonico. Lo vidi alzare la mano facendomi il saluto militare e poi sparì.
Nello stesso istante una delle due Vetala davanti a lui si accasciò a terra incominciando a decomporsi, come se fosse stata colpita da un pugnale di argento.
Ancora scioccata guardai verso Ben, mentre le due sorelle si voltavano confuse e infuriate, senza riuscire a capire cosa stesse succedendo. Ben invece non si scompose, o almeno non lo diede a vedere, approfitto della situazione per sfilare il pugnale dal retro dei jeans e sfilarsi dalla presa ormai insicura della creatura. Si girò e conficcò il pugnale nel suo cuore. La terza si voltò infuriata verso Ben, ma mentre si preparava a colpirlo, recuperai la pistola da terra e gli sparai un colpo in testa per stordirla il tempo necessario per far sì che Ben la uccidesse.
Riprendemmo fiato mentre gli ultimi due corpi si continuavano a disgregare, andando a far compagnia alla loro prima sorella. Poi ci avvicinammo al corpo del ragazzo per finire di slegarlo e portarlo all’ospedale.
- Che cos’è stato prima?- Chiese Ben.
- Non lo so, ma era ancora quella figura.- Risposi concentrandomi sulle funi avvolte attorno ai polsi della povera vittima, cercando di trovare una qualche spiegazione a tutto quanto.
- Ok.- Disse lui. – Stiamo attenti mentre usciamo, non sappiamo quali siano le sue vere intenzioni.-
Issammo le sue braccia sulle nostre spalle per sorreggerlo meglio nel tragitto, tenendo comunque gli occhi aperti e puntando le torce ovunque lungo il tragitto ma niente. L’ombra non si era fatta più vedere.
Portammo il ferito sul retro del Pick Up dove era rimasto Night in attesa e gli si stese accanto, come a fargli la guardia.
-  Dobbiamo prima dargli l’antidoto che è sotto il sedile del passeggero, prendilo per piacere. Poi lo portiamo al pronto soccorso.-
Mentre lui rovistava frenetico alla ricerca dell’ampolla e della siringa, mi voltai sentendo ancora quella dannata sensazione. Non lo vedevo, ma sapevo che era lì ad osservarmi. In quel momento però non me ne potevo preoccupare avevo altri problemi a cui pensare. Ben arrivò e mentre io legavo un pezzo di stoffa come laccio emostatico, lui preparava la siringa che poi iniettò al ragazzo.
Fatto questo lo sistemammo meglio disteso e mi rivolsi a Night. – Se gli succede qualcosa avverti.- E lui in tutta risposta mi guardò fisso come ad assentire.
Poi salii di corsa al posto guida e partimmo per l’ospedale della città, mentre Ben informava in forma anonima le autorità, per il ritrovamento degli altri corpi.. Lo lasciammo all’ingresso, affidandolo a un paio d’infermiere che lo portarono subito a farlo visitare, intimandoci di rimanere lì per delle domande. Ovviamente quando tornarono, noi eravamo spariti. Già diretti verso un'altra città e un altro caso.
 
 




 
Angolo autrice
Ok, ecco la seconda parte.
So che è corto... scusate :(
Per i prossimi capitoli ci sarà un pochino da aspettare, devo ancora metterli giù. Dovrei avere un altro esame su cui concentrarmi, ma dovrei anche avere il tempo di scrivere...
Incrociate le dita per me, ho voglia di scrivere >.<

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