The roar of the tiger (the beginning)

di Eli Ardux
(/viewuser.php?uid=694705)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Perché si era lasciata convincere? ***
Capitolo 3: *** Tra smistamenti e nuovi incontri ***
Capitolo 4: *** Tra lezioni, amicizie e follie ***
Capitolo 5: *** Dubbi e domande ***
Capitolo 6: *** Punizione ***
Capitolo 7: *** Ragazze e inviti ***
Capitolo 8: *** Niente peperoni a cena ***
Capitolo 9: *** Cicatrici ***
Capitolo 10: *** La verità bussa sempre alla porta dello stomaco ***
Capitolo 11: *** Verità ***
Capitolo 12: *** Nervosismo ***
Capitolo 13: *** Alla ricerca di un Serpeverde ***
Capitolo 14: *** Gatte morte e botte in testa ***
Capitolo 15: *** Un salto verso la libertà ***
Capitolo 16: *** Il patto ***
Capitolo 17: *** Tu fai parte di questo inferno ***
Capitolo 18: *** E morì ***
Capitolo 19: *** Io mi fidavo ***
Capitolo 20: *** Preda o cacciatore? ***
Capitolo 21: *** Promiseland ***
Capitolo 22: *** Ritorno ***
Capitolo 23: *** Sorrisi falsi ***
Capitolo 24: *** Weird ***
Capitolo 25: *** Sola ***
Capitolo 26: *** Il bacio di Giuda ***
Capitolo 27: *** Murder Socks and laughs ***
Capitolo 28: *** Regali ***
Capitolo 29: *** No ***
Capitolo 30: *** Desideri ***
Capitolo 31: *** Cervi ***
Capitolo 32: *** Passi ***
Capitolo 33: *** Entrambi ***
Capitolo 34: *** Chi sei? ***
Capitolo 35: *** Bolle d'infelicità ***
Capitolo 36: *** Pronta ***
Capitolo 37: *** Tra afflizione e ciambelle ***
Capitolo 38: *** Fire ***
Capitolo 39: *** Diavolo ***
Capitolo 40: *** Vergogna ***
Capitolo 41: *** Summertime sadness ***
Capitolo 42: *** Lettere ***
Capitolo 43: *** La causa ***
Capitolo 44: *** Processo ***
Capitolo 45: *** Castello di carte ***
Capitolo 46: *** Feste ***
Capitolo 47: *** Timori ***
Capitolo 48: *** Sgretolarsi ***
Capitolo 49: *** Incubo ***
Capitolo 50: *** Scelte ***
Capitolo 51: *** Don't leave ***
Capitolo 52: *** Inchiostro ***
Capitolo 53: *** Buio ***
Capitolo 54: *** Salvi ***
Capitolo 55: *** Novità ***
Capitolo 56: *** Tra bambini e profezie ***
Capitolo 57: *** Bastarda ***
Capitolo 58: *** Lenzuoli bianchi e neve ***
Capitolo 59: *** Epigrafe funeraria ***
Capitolo 60: *** Traditions and plans ***
Capitolo 61: *** The beginning of the end ***
Capitolo 62: *** Titano ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


“Ciao ragazzi
 
Avrei potuto utilizzare parole più altisonanti, formali, eleganti. Invece no, non l’ho fatto. Almeno ora voglio essere io a scegliere senza vincoli, ho deciso di essere me stessa questa volta. Quindi ciao. Come state? Immagino stavate meglio ieri, o il giorno prima o il giorno prima ancora. O magari state bene, ma non ho la presunzione di credere di saperlo.
 
Forse ora vi immaginerete uno sproloquio sulle mie colpe, le mie mancanze, le ingiustizie subite. Beh, non farò nulla di tutto questo. La mia vita mi piaceva e, anzi, sono convinta che rifarei ogni scelta, sbagliata o giusta che sia. Rivivrei ogni momento triste, devastante, ogni cattiveria subita. Rivivrei tutto questo per riavere indietro almeno uno di quei tanti momenti in cui mi sentivo viva. Non ho la presunzione di pensare che la vita sia stata ingiusta con me. Sicuramente sarà stata troppo impegnata con cose molto più importanti.
 
In questo momento sono felice. Felice per tutto ciò che ho fatto, per tutte le volte che ho combattuto e non mi sono tirata indietro. Ed è proprio per questo che a te, Lily, voglio chiedere di continuare a farlo. Combatti per il piccolo Harry, combatti per me. Aiuta tuo marito e se possibile, caro James, evita di incendiare casa. Tua moglie non ne sarà molto felice. Sii un buon padre per tuo figlio. Proteggilo come hai sempre fatto con me. E tu, Remus, evita di ingozzarti di cioccolato. Sappiamo entrambi quanto sia difficile, ma vivere la tua vita a testa alta è la più alta forma di coraggio nel mondo. Peter, ora mi rivolgo a te. Non avere paura di non essere all’altezza. Ricorda che il coraggio si misura anche nelle piccole cose. E tu, Peter, sei uno dei ragazzi più coraggiosi che io abbia conosciuto.
 
A questo punto i ragazzi mi malediranno. Spero solo che non si arrabbino troppo con me per l’affetto che ancora provo nel petto. Severus probabilmente non leggerai mai questa lettera. Non credo la cosa abbia molta importanza, in fondo. Il tempo mostrerà quello che hai dentro, prima o poi. E quando questo succederà, spero solo di poterti veder sorridere. Uno dei due, almeno, avrà mantenuto la promessa.
 
Ho spesso pensato a come ti avrei detto addio un giorno. La morte è inevitabile, in fondo. Eppure non pensavo sarebbe successo così in fretta. Mi sono spesso immaginata invecchiare al tuo fianco. E sai, ricordare tutte quelle bellissime bugie fa male. Ma fa ancora più male pensare che tu stia leggendo tutto questo mentre io non sarò al tuo fianco. Fa male perché mi rendo conto che non potrò asciugare le tue lacrime, né vedere il tuo sorriso di nuovo, quando avrai nascosto il dolore sotto una coltre di ricordi. Mi dispiace, Sirius. Mi dispiace provocarti questo nuovo peso. Mi dispiace non averti suscitato un’altra volta un sorriso. O forse ci riuscirò ancora. Forse, tra molti e molti anni, ricorderai ancora quella stramba ragazza che ti ha insultato così pesantamente. Ricorderai ancora, magari, il calore di un abbraccio, quando il mondo inizierà a diventare freddo. Forse, solo allora, ti verrò a prendere personalmente.
 
Non ho rimpianti, quelli sono per i vivi e io non lo sono più. Ho solo molto sonno e troppe parole da dirvi. Magari ve le dirò tutte quando ci rivedremo. Spero sia tra molto, molto tempo.
 
Per sempre vostra”
 
Una lacrima cadde sulla firma spigolosa. Una piccola macchia di inchiostro si formò nel punto dove la goccia aveva toccato la carta.
 
L’ uomo si accasciò a terra, la lettera ancora tenuta stretta tra le mani. Altre lacrime cominciarono a cadere sull’elegante pavimento. Singhiozzi pesanti e rumorosi riempirono il silenzio della stanza creando un senso lugubre di perdita.
 
I pensieri dell’uomo cominciarono lentamente a divagare aggrappandosi a ricordi, quei ricordi in cui annegava. Quei ricordi, unica speranza rimasta per rivederla.
 
E quei ricordi iniziarono a vorticare nella mente, nella stanza. Per molti giorni a venire l’uomo pensò a quella stupida ragazza e al suo sorriso triste. Ricordò e pianse ancora. E poi quel dannato giorno arrivò. Un nuovo dolore coprì il primo. Una nuova e devastante realtà. Ma fu solo questione di tempo. La morte, il tradimento, la prigione. Nulla riuscì a coprire quei ricordi. Nulla fermò mai la sua mente. E mentre quei lunghi anni passavano, Sirius Black poteva ancora vedere il suo viso e sentire la sua risata nell’oscurità della sua cella.
 
 
***
 
 
Il vento soffiava incessante nella valle. La caccia quel giorno era durata più del previsto. Almeno il branco avrebbe avuto di che sfamarsi per un po’. Il sole sarebbe sorto di lì a poco, la notte era al termine. I suoi compagni di caccia sembravano stanchi. Come biasimarli, d’altronde.
 
 
Con un balzo raggiunse un alto masso. Da quella posizione era facilmente visibile tutta la vallata. Mille e mille alberi ne ricoprivano la superficie, ognuno di una diversa sfumatura di verde.
 
I primi raggi mattutini la raggiunsero. La sua pelliccia fu pervasa da luminosità e calore. Un basso ringhio la richiamò alla realtà. Dietro di lei molti suoi compagni la incitarono a proseguire il cammino. Anche se riluttante, scese dal masso e si avviò tra gli alberi.
 
Dopo quasi un’eternità la radura iniziò a comparire tra gli alberi. Si avvicinò lentamente e finalmente la scorse. Sotto un grosso albero, maestosa e fiera, sua madre guardava in lontananza i cuccioli giocare. La sua pelliccia biancastra, segnata in più punti da diverse cicatrici, pareva brillare.
 
Era sempre stata evitata ed emarginata proprio per il colore di quest’ultima, diversa dalle altre, che erano di un rosso acceso. La giovane si avvicinò velocemente e la salutò, per poi sedersi al suo fianco.
 
Un sonoro sbadiglio fece voltare tutti i membri del branco verso di lei.
 
Avrebbe tanto voluto capire il perché di tutti quegli sguardi ostili. Non era diversa dagli altri, no?
 
E invece sì. Lei non era del branco e non lo sarebbe mai stata. Scosse la testa scocciata. Spostò lo sguardo su sua madre. Ne aveva fatto una reietta.
 
Si alzò di scatto, ignorando bellamente i muscoli doloranti e il sonno che lentamente si allontanava. Al suo posto un nuovo sentimento le attanagliò le viscere. Non aveva scelto lei di essere così. Non era dipesa da lei quella scelta. Sua madre le aveva salvato la vita, scegliendo una vita da reietta per crescere un cucciolo di un’altra specie.
 
Improvvisamente si ritrovò vicino al torrente dove, da cucciola, si recava ogni giorno per giocare. Si affacciò sulla superficie limpida. Una fiera e maestosa tigre restituì il suo sguardo. Era cresciuta ormai.
 
La sua pelliccia, morbida come la seta, era illuminata dal sole che, inesorabile, era già alto nel cielo. La luce filtrante dalle foglie creava giochi di luce e di ombra sul suo mantello striato di rosso e nero. Un raggio caldo le scaldò il muso. Si sdraiò pigramente e si beò di quel calore.
 Il vento faceva ondeggiare le chiome degli alberi che, come un’orchestra, cantavano e suonavano melodie mai sentite. La tigre si fece cullare da quella dolce ninna nanna e, piano piano, iniziò a sonnecchiare.
 
Un rumore improvviso la destò.
 
Un suono che, purtroppo, era impresso nella sua mente come un marchio indelebile ed estremamente doloroso. Quando molti rami scricchiolarono metri più in là subito si alzò, pronta.
 
Un uomo vecchio e alto uscì dai cespugli. Indossava un lungo mantello blu notte. La barba, altrettanto lunga e rigorosamente ordinata, creava un netto contrasto con l’ambiente selvaggio circostante. L’anziano guardò verso di lei con i suoi splendenti occhi azzurri dietro agli occhiali a mezzaluna.
 
«Ti ho trovata finalmente! »l’uomo avanzò con un luccicchio negli occhi. La tigre soffiò spaventata, estraendo veloce gli artigli e studiando i movimenti dell’altro.
 
L’anziano non sembrò turbarsi. Guardò l’animale con un sorriso lievemente divertito e, con nonchalance, si presentò «Mi chiamo Albus Percival Wulfric Brian Silente e avrei una proposta da farti».
 
 
***
 
 
In lontananza, in un castello, un uomo camminava lento per il corridoio. Tutto era tranquillo, troppo tranquillo.
 
Il suono dei suoi passi riecheggiò nel silenzio. Al suo fianco, una gatta camminava elegante. Gli occhi rossi setacciavano il buio alla continua ricerca di figure umane.
 
Una porta alla loro sinistra si aprì con un botto. Un fetido odore invase il corridoio. La gatta, indignata, scomparve di lì a poco con un miagolio strozzato. Prima che l’uomo si accasciasse a terra per la puzza nauseabonda, un urlo fragoroso infranse il silenzio della notte. «POTTER!!!».
 
 
 
Angolo autrice
Bentornati e grazie per aver letto fino a qua. Ok, so cosa state pensando, ovvero “Ma che...”. Lo so, la situazione non è molto chiara ora, ma vi assicuro che in seguito si chiarirà. Grazie comunque per aver letto, le recensioni sono naturalmente ben accette (sia quelle positive che quelle negative).
Al prossimo capitolo
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Perché si era lasciata convincere? ***


Perché si era lasciata convincere?
 
Perché. Si. Era. Lasciata. Convincere.
 
Non riusciva ancora a darsi una risposta, e dire che ci stava pensando da ben dieci minuti! Non riusciva proprio a capire cosa l’avesse spinta ad accettare la proposta di quel vecchio con la barba.
 
Forse, si rispose da sola, era stata l’astuta decisione di sua madre di far leva sul fatto che quello era il suo posto, tra la sua specie, e non tra un branco di tigri. Di questo, lei non ne era molto convinta.
 
Correre tra gli alberi, arrampicarsi su massi, nuotare nel fiume... era ben scettica sul fatto che tutto questo fosse peggiore della sua vita futura.
 
No, non riusciva proprio a capacitarsene.
 
Una vocina sarcastica dentro la sua testa, però, aggiunse che c’era più di una cosa che in quel momento non capiva.
 
Innanzitutto, perché era circondata da ragazzini di undici anni?!
 
Perché una stramba signora, dall’aria molto arcigna, li aveva accompagnati in una stanza e gli aveva detto di aspettare?
 
E soprattutto... perché aveva accettato di frequentare la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts??
 
Un mormorio concitato di voci la distolse dai suoi pensieri. Si voltò stancamente e si ritrovò a fissare un gruppetto di ragazzini che la fissavano con aria interrogativa. «Quanti anni hai?»   le chiese uno di loro. «Quattordici» rispose lei semplicemente.
 
La verità in quel momento le pareva la strategia migliore. 
 
«Perché allora sei qui?» Insistette lui. Respirò profondamente, sentendo quel briciolo di pazienza di cui era dotata andarsene con uno sbuffo. Perché non poteva, chissà, lanciargli un qualche incantesimo. Tra tutti quelli che le erano stati insegnanti da Silente – aveva scoperto il nome dell’anziano – le sarebbe bastato anche uno dei più semplici.
 
L’uomo le aveva spiegato molto. Le aveva illustrato il mondo magico e babbano, illuminandola su alcuni particolari che non capiva. Le aveva inoltre spiegato che, in teoria, Hogwarts ammetteva alunni dagli undici anni in su ma, non avendola trovata prima, urgeva fare uno strappo alla regola. Di certo lei non lo avrebbe pregato, si ripeteva.
 
Dopo un anno di studio ed esercizio intensivo per recuperare tre anni di scuola, faceva finalmente ingresso in quest’ultima. Ormai si era riabituata alle stranezze di quel mondo, come se tutto quello facesse parte della sua stessa anima da sempre. A conti fatti, pensò, era proprio così.
 
Si girò incurante della domanda del ragazzino fastidioso. Altre cose urgevano la sua attenzione. Dei fantasmi fecero ingresso nella stanza facendo urlare molti neostudenti. Dopo l’iniziale meraviglia e spavento, la sua attenzione fu occupata da altro. L’incoglita sulla cerimonia di smistamento l’aveva tormentata per tutto il viaggio.
 
Analizzando la situazione scartò a prescindere la possibilità che fosse un duello tra maghi poiché, a giudicare dalle facce preoccupate di molti di loro, gli altri ragazzi non sapevano alcun incantesimo. Anche l’idea che la prova potesse consistere in una zuffa non la convinceva affatto.
 Magari, si disse, l’avrebbero messa in condizioni tali che, per evitare infortuni o pericoli mortali, avrebbe dovuto utilizzare la magia.
 
Un senso di panico le attanagliò le viscere. Si ricordava ancora molto bene della sua particolare magia involontaria e di come lo stesso Silente fosse preoccupato. L’anziano, infatti, le aveva dato un’unica raccomandazione.
 
Doveva controllarsi.
 
Naturalmente, le aveva detto, con il tempo avrebbe imparato a gestirla ma, per il momento, il problema persisteva. E lei sarebbe stata ritenuta responsabile delle sue azioni. Doveva evitare di accoppare gente, in poche parole. Ripensando al ragazzino urta-nervi si appuntò mentalmente di ricordarsene.
 
Con un sorriso ripensò alle quattro case: Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Non sapeva perché, ma sentirle nominare dalla severa signora le aveva risvegliato una sensazione di calore nel petto che nemmeno lei sapeva di poter provare. Era come se quelle parole fossero nella sua mente da molto tempo, parole che, nemmeno lei, sapeva di aver mai udito prima. 
 
Mano a mano che i minuti passavano la sua ansia iniziò a crescere. Solo quando la signora tornò smise di agitarsi sul posto in quella strana danza dell’ansia. Erano pronti a riceverli. Che diamine voleva dire?
 
La quattordicenne fece un bel respiro. Nessuno avrebbe mai saputo, no? Un po’ rincuorata dalla sua promessa interiore si apprestò a seguire la donna. I muscoli tesi non le faciitarono la camminata rigida con cui seguì la folla attraverso la porta d’ingresso. Quando la Sala Grande si aprì alla sua vista un senso di basita incredulità la investì. Era immensa.
 
Il soffitto rifletteva il cielo all’esterno. Milioni di candele illuminavano tutto il suo immenso splendore. Quattro tavoli erano disposti paralleli e, intorno ad essi, vi sedevano tutti gli studenti. Sul fondo della Sala, staccato dagli altri quattro, un altro tavolo – probabilmente quello degli insegnanti - faceva la sua comparsa.
 
E fu allora che lo vide.
 
Al centro del grande tavolo, al posto riservato al preside, sedeva Albus Silente. La ragazza rimase qualche secondo a fissarlo e sperò con tutto il cuore che la sua mascella fosse ancora al suo posto... aveva dei seri dubbi.
 
Come un puzzle, pezzi di ricordi iniziarono a comporsi nella mente.
 
Per esempio la frase enigmatica  « Ci vedremo più presto di quanto tu immagini». 
Un sorrisetto spuntò sulle sue labbra. Silente era un gran mago, questo lo sapeva, ma ora aveva anche conferma sulle voci riguardanti la sua saggezza.
 
La ragazza continuò a camminare al seguito della donna la quale, suppose lei, doveva essere un’insegnante. Molti sguardi seguirono la quattordicenne durante il tragitto e no, non si sbagliava, erano proprio puntati su di lei, su una giovane, magra ragazza con gli occhi marroni e i capelli castani. Quasi sovrappensiero si passò fieremente la mano tra questi, ravvivandoli. I suoi capelli corti erano per lei motivo d’orgoglio. Quel taglio maschile era per lei l’urlo della sua indipendenza e ribellione.
 
La professoressa si fermò davanti alla tavolata degli insegnanti. Al suo fianco un cappello da mago, che pareva aver sicuramente vissuto tempi migliori, era appoggiato ad uno sgabello in legno.
 
Dopo che ebbe cantato la sua filastrocca, però, la neo studentessa si dovette ricredere.
Quindi dovevano solo indossare un cappello.... poteva andare peggio pensò con un briciolo di sollievo.
 
Fu così che la professoressa cominciò a chiamare i ragazzi. Ragazzo dopo ragazzo la folla intorno a lei veniva sempre meno. La ragazza deglutì rumorosamente, cercando invano di scacciare quel senso di panico crescente che pareva stritolarle lo stomaco.
 
«Stevenson Elisa»
 
 
Angolo autrice
Salve a tutti. Vi devo ringraziare... siete arrivati alla fine del capitolo, quindi GRAZIEE. Ci tengo però a precisare dei particolari. Il primo è il nome della protagonista. Io non volevo ASSOLUTAMENTE chiamarla come me. Anche se adoro il mio nome, non volevo perché non mi sembrava giusto. Ho cercato molti nomi, ma poi per disperazione ho scelto il mio. Il secondo è la situazione, poiché adesso è mooolto “statica” e forse non ci capite nemmeno molto. Con il tempo però vedrete che si scoprirà qual’è il suo segreto. Detto questo spero vi sia piaciuto, se volete scrivere delle recensioni per dirmi cosa ne pensate mi fareste un grande favore.
Un bacione e al prossimo capitolo
Eli
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tra smistamenti e nuovi incontri ***


Tra smistamenti e nuovi incontri
 
Una scarica di elettricità la pervase. Paura forse?
 
Fece un passo in avanti. Poi un altro e un altro ancora. Mentre si dirigeva verso il cappello ebbe la spiacevole sensazione che tutti gli occhi della sala fossero puntati su di lei. Arrivata allo sgabello e sedutasi sopra la professoressa le adagiò il cappello in testa. Poteva sentire il pulsare del cuore in gola e lo scorrere del sangue nella testa.
 
Poi una voce parlò. «mmm... era ora signorina Mirzam, era da molto che l’aspettavo». Elisa, che fino a quel momento era rimasta aggrappata allo sgabello per non cadere, ebbe un sussulto. Si ritrasse involontariamente, stringendo con più forza la presa sul vecchio legno.
 
 Quel nome. Quel fottuto dannatissimo nome.
 
Una rabbia feroce e repressa le esplose nel petto, subito seguita da una paura primordiale legata a ricordi che, come schegge, le perforavano la mente ogni volta. « Non chiamarmi con quel nome» sibilò minacciosa. «sì sì certo certo» disse pensoso il cappello.
 
La noncuranza del cappello le diede sui nervi. Non doveva essere lì. Non doveva lasciarsi convincere.
 
«Si, so esattamente dove metterti»
 
Trattenne il respiro, aspettando che il copricapo si pronunciasse riguardo alla scelta.
 
«GRIFONDORO»
 
Il boato fu l’unica cosa che sentì mentre, ancora stordita, si catapultava lontano, lasciandosi il cappello indietro.
 
 
***
 
Quando si fu seduta la ragazza al suo fianco le tese la mano, gioiosa.
 
«Ciao. io sono Lily Evans» «Piacere, tu sai già il mio nome» rispose Elisa stringendo la mano alla ragazza.
 
Lily sorrise. La mora notò, con un pizzico d’invidia, che la compagna di casa era davvero carina. Capelli di un rosso acceso, un sorriso dolce, la pelle diafana decorata con deliziose lentiggini, Elisa si chiese come potesse esistere una figura all’apparenza tanto dolce.
 
I suoi pensieri furono interrotti dal Preside che prese la parola. «Benvenuti ai nuovi studenti e bentornati a quelli vecchi. Prima di conentrarci sul nostro ricco banchetto vorrei ricordarvi che è assolutamente vietato fare uso di caccabombe o altri oggetti che il nostro gentile custode Gazza abbia nel suo elenco di oggetti non consentiti. Inoltre mi ha pregato di ricordarvi che allagare i bagni è assolutamente vietato, soprattutto se nel suddetto bagno vi è chiusa la sua gatta». 
 
Un brusio si creò nella sala. Elisa era semplicemente scioccata.
 
Come potevano esistee così alti livelli di crudeltà? 
 
Quasi nello stesso istante, qualche posto più in là, due ragazzi si batterono il cinque. La rossa riservò loro uno sguardo carico di disapprovazione. Elisa si appuntò metalmente di indagare.
 
Dopo che il brusio si fu calmato, il preside riprese la parola «Ora, senza altri indugi, abbuffatevi! »
Alle parole del mago tutti i tavoli si riempirono di cibo e leccornie infinite. Tutti cominciarono a porsi il cibo nel piatto. Dal canto suo, Elisa era estasiata. Vi era così tanto cibo da mantenere un esercito.
 
«Patate? » Chiese Lily alla sua destra. «Mm?? Oh sì, certo grazie » rispose in fretta. Sotto lo sguardo scioccato di molti ragazzi del tavolo si caricò poi il piatto di cibarie: era stata una giornata pesante.
 
« Quanti anni hai?» Lily, gli occhi verdi fermamente puntati nella sua direzione, addentò veloce un pezzo di pollo. « Quattordici» rispose con un sorriso Elisa. « Wow, anche io ho quattordici anni. Allora saremo in stanza insieme!» La notizia non le dispiacque affatto.
 
«Oh ti prego, non dirmi che ti sei fatta Marcus» l’urletto eccitato qualche posto più in là attirò la sua attenzione. «è così… bello»  Elisa cercò di non sbuffare infastidita.
 
Il silenzio imbarazzante fu colmato dalla rossa con un’altra domanda «Scusa, potrò sembrarti invadente ma... perché hai cominciato a frequentare Hogwarts solo adesso? Voglio dire-» Elisa la interruppe prima che continuasse « Ho avuto lezioni private fino ad ora».
 
Bugia. Ne sentì il gusto amaro in bocca. Probabilmente non doveva essere risultata molto convincente. L’altra la guardò con un cipiglio curioso, prima di scuotere la testa e annuire.
 
Dopo qualche minuto di silenzio Elisa prese di nuovo parola «Chi è Gazza e soprattutto cosa è successo alla sua gatta?» Lily rise, divertita ancora al solo ricordo.
 
«Gazza è il custode di Hogwarts, pattuglia i corridoi di notte e di giorno e controlla, insieme agli insegnanti, che le regole vengano rispettate. È spesso accompagnato dalla sua gatta, Mrs. Purr. L’anno scorso è stata chiusa in un bagno allagato. A Gazza… non è piaciuto molto» Concluse con un ghigno.
 
«Non ti preoccupare, la gatta non si è fatta nulla» Aggiunse all’espressione sconvolta dell’altra.
«Purtroppo, aggiungerei. Fidati, Gazzasa come farsi odiare. A volte assegna punizioni per un nonnulla, o altre volte ti grida contro solo perché ne ha voglia. E la sua gatta, sempre a seguirti come se fossi un ladro... no no, se lo è proprio meritato. Dovevi vedere la sua faccia. Gazza è stato sempre definito in molti modi, ma quella volta diventò “ Il drago con la supposta”» riprese sghignazzando.
 
« Se lo dici tu...» Elisa non era per niente convinta. « Immagino che chi ha escogitato lo scherzo sia stato acclamato come un eroe» aggiunse memore dei due ragazzi. « Oh ti prego, non ricordarmelo! Potter ha continuato a vantarsi fino alla fine dell’anno!» rispose lei piuttosto scocciata.
 
«Potter? E chi è?» domandò confusa. La voce del Prefetto interruppe i loro discorsi. Lily si voltò verso il ragazzo, per poi sorriderle gentilmente « Vai ti stanno chiamando. Ne parleremo dopo»
« A dopo» la salutò lei con una scrollata di spalle. Si diresse verso il prefetto che, con sguardo severo, la accolse nella piccola folla del primo anno.
 
 
 
***
 
 
Molti pensieri affollarono i suoi pensieri mentre, ubbidiente, seguiva la comitiva nel suo percorso. Era stata una giornata pesante quella, ricca di nuove esperienze e scoperte. Risultò sofferente alle ultime raccomandazioni del prefetto e, quando li lasciò andare, la ragazza si gettò nell’immediato alla ricerca della nuova compagna.
 
La trovò seduta su una poltrona, in un angolino della sala. Aperto sulle ginocchia teneva un grosso libro babbano che sembrava con interesse. Il pollice era incastrato tra i denti. Lo mordicchiva nervosa, mentre gli occhi attenti saettavano sulla pagina da una parte all’altra, seguendo i complicati ghirigori di inchiostro. « Ehi Lily!»
 
La ragazza fece un salto sulla poltrona dallo spavento. Il libro cadde a terracon un tonfo. «Scusa, scusa non volevo-» «Tranquilla non è colpa tua, pensavo fossi un’altra persona» il sorriso che le riservò fu dolce e rassicurante.
 
«Allora come ti è sembrato il castello?» «Mmm... tetro, polveroso e grande, molto grande» Lily ridacchiò divertita.
 
Elisa inclinò la testa di lato, imitando un piccolo cane confuso. «Domani devo presentarti una persona. Scommetto che ti piacerà!» «Chi è?» Elisa la guardò curiosamente.
 
La ragazza fece per rispondere ma una voce le raggelò il sangue. « Ehi Evans!» Elisa si girò immediatamente verso la fonte dell’urlo.
 
Un silenzio raggelante si era dipanato per la sala. Nessuno fiatò. Con stupore Elisa osservò il ragazzo avvicinarsi. Alle sue spalle, rimasti vicino al fuoco, i tre amici lo guardavano divertiti.
 
Un ragazzo se ne stava seduto tranquillo con il viso sprofondato su un libro di difesa contro le arti oscure. Quando il suo amico aveva urlato aveva scosso esasperato la testa, ghignando dietro al pesante tomo. Un altro ragazzo guardava da lontano l’amico che, con baldanza, si avvicinava verso le due ragazze.
 
Il giovane incrociò il suo sguardo. Un sorrisetto si formò sul suo viso, seguito subito dopo da un’occhiolino. Elisa, in tutta risposta, alzò visibilmente il sopracciglio e spostò la sua attenzione sull’amico di fianco che, ridendo e parlando concitatamente al lettore, lanciava occhiate adoranti al casanova e al compare che ormai le aveva raggiunte.
 
Quest’ultimo si scompigliò i capelli per l’ultima volta, sfoderndo poi il suo miglior sguardo seduttore. « Allora Evans...  come sono andate le vacanze? Bè, ovviamente male, dato che non mi hai visto. Ma a questo si può facilmente porre rimedio. Che ne dici di uscire con me?»
 
Elisa non sapeva se scoppiargli a piangere o ridere in faccia. Era il peggior tentativo di abbordaggio a cui avesse mai assistito.
 
Sbuffò, immensamente divertita, voltandosi un attimo dopo verso la ragazza al suo fianco. Il sorriso le morì sulle labbra. « No, non voglio uscire con te, come te lo devo dire testa di legno??!!» La rossa si prese la testa fra le mani scuotendola leggermente. 
 
Il ragazzo non sembrò perdersi d’animo. «Oh andiamo Evans, prima a cena ti ho sentito dire il mio nome...» Elisa soffocò malamente una risata. Quella conversione stava avvenendo davvero?
 
Un pensiero curioso le attraversò la mente. Troppo impegnata dalla piega che gli eventi avevano preso, la mora si era momentaneamente dimenticata chi il ragazzo dovesse essere «Ma tu devi essere Porter!» l’entusiasmo con cui pronunciò quelle parole si scontrò subito con il silenzio imbarazzante del dormitorio. Poi, quasi a scoppio ritardato, una risata generale si alzò nella stanza. Il ragazzo parve boccheggiare, improvvisamente ammutolito.
 
«Si può sapere cosa sta succedendo?» Lily le appoggiò una mano sulla spalla cercando di restare in piedi. La sua risata avrebbe anche potuto essere contagiosa, ma Elisa iniziava a sentirsi in mbarazzo. Non capiva. Era forse colpa sua?
 
«Ma cosa ho detto di male??» La sua domanda spazientita non ottenne risposta. Un ragazzo in un angolo, che prima dell’ avvicinamento di Porter stava mangiando delle caramelle, ora era piegato in due. Gli amici, ancora sghignazzando, cercarono di aiutarlo.
 
« È Potter» disse una voce divertita alle sue spalle. Elisa si voltò.
 
Un ragazzo alto le sorrise gentile, il residuo della risata ancora sul viso. I capelli, abbastanza lunghi e castani, gli coprivano gli occhi, rendendo la sua figura slanciata ancora più curiosa. Tra le sue mani la ragazza intravide un libro. Doveva essere l’amico di Potter, ragionò mordendosi il labbro. Un dito della sua grande mano si era infilato tra le pagine del libro, probabilmente per non perdere il segno. Nonostante le sue amicizie, il ragazzo iniziò a starle simpatico.
 
La poltrona su cui era seduto ora era occupata dal casanova che rideva sguaiatamente. La sua risata le ricordò vagamente un latrato di un cane. Grugnì con poca grazia notando un liquido ambrato sparso sul pavimento poco più in là. Chissà cosa aveva rovesciato quel disgraziato.
 
«Piantala Remus!» Potter riprese l’amico con una spinta poco aggraziata. Il ragazzo alzò le mani al cielo, sghignazzando ancora.
 
«Va bene, va bene James!» «Ehi, ti va di fare una partita a scacchi, Porter?» Il ragazzo casanova si voltò nella loro direzione, iniziando a parlare in farsetto. «Felpato io ti ammazzo!» Con uno scatto degno di un atleta, Potter balzò sul cmpagno. La zuffa che ne derivò levò delle grida e dei boati divertiti nel Dormitorio.
 
«Scusali, fanno sempre così. Io sono Remus Lupin» si presentò il ragazzo rimasto al suo fianco. Sembrava malaticcio, con quelle lugubri occhiaie e gli zigomi marcati «Piacere, io sono Elisa Stevenson» La zuffa durò ancora qualche minuto prima che i due ragazzi, sfiniti, si accasciassero sul divano, distrutti. «Hogwarts mi sta sempre più-»
 
Con uno scatto veloce si ritirò indietro. Nella frazione di un secondo un forte dolore al fianco le indicò di aver colpito la superficie del tavolino. Si ritrasse ancora, il dolore momentaneamente in secondo piano, osservando ancora la figura del ragazzo al suo fianco.
 
Quegli occhi.
 
«Tutto bene?» Una mano le afferrò decisa il braccio. Lily la osservava preoccupata, squadrandone il viso alla ricerca di risposte. Elisa cercò di rimanere calma. Respirò a fondo, prendendosi il tempo per riflettere. Nessuno sembrava spaventato o minimamente turbato. Nessuno sapeva. Squadrò la sala, improvvisamente silenziosa. Sguardi preoccupati e straniti la perforavano da ogni parte.
 
Alcuni però attirarono maggiormente la sua attenzione. Potter e i suoi amici sembravano studiarla come un animale raro. Inspirò ancora, cercando il migliore sorriso che in quel momento poteva permettersi.
 
« Io... io vado in camera, ho bisogno di stendermi» senza aspettarsi alcuna risposta la ragazza si diresse veloce verso le scale. Non perse tempo a voltarsi indietro.
 
Non appena raggiunse la sua camera e si fu gettata sul letto, un nuovo senso di confusione la investì. Quegli occhi.
 
Riconosceva un Lupo Mannaro quando lo incontrava. Riconosceva i loro occhi, cupi e profondi, così animaleschi. Sospirò profondamente, scuotendo il capo. Non sapeva se la sua permanenza nella scuola fosse permessa.
 
Il pensiero di denunciarlo passò nella sua mente come un lampo, lasciandole il corpo quasi indolenzito. Quando era diventata così vigliacca? Si rigirò nel petto, stringendosi tra le coperte. Non avrebbe detto nulla, avrebbe solo aspettato. La sua presenza nel castello non implicava un’imminente pericolo. Lo avrebbe studiato, certo, e avrebbe aspettato. La situazione poteva chiarirsi, no? Avrebbe chiesto spiegazioni e si sarebbe scusata.
 
Sì, il suo piano era perfetto. Con un ultimo sospiro si rintanò meglio nelle coperte. Avrebbe anche dovuto chiedere spiegazione ai suoi amici: i loro sguardi non presagivano nulla di buono.
 
 
 
 
Angolo autrice
Ciaooo. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. A me personalmente sì, sarà che oggi avevo particolarmente voglia di scrivere ( Infatti il capitolo è lunghissimo). E così Elisa fa la conoscenza degli altri personaggi molto importanti della storia. Cosa succederà? Spero di ricevere delle recensioni, sia positive che negative, si migliora sempre. Se non capite qualche cosa chiedete, vi risponderò con piacere.
Al prossimo capitolo
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Tra lezioni, amicizie e follie ***


Tra lezioni, amicizie e follie
 
Un improvviso scricchiolio le fece aprire gli occhi. La stanza era deserta, come la sera prima, ma dalla luce proveniente dalle finestre doveva essere già mattina. Si alzò lentamente, gli occhi che con difficoltà si abituavano alla realtà. Gli eventi della sera prima avevano lasciato in lei una stanchezza incredibile.
 
Si guardò in giro. Il letto di Lily era sfatto, probabilmente era colazione, pensò la ragazza. Entrò in bagno e si lavò. Uscita si riguardò in giro e lo vide. Un foglio era posato sul suo comodino. Lo prese con curiosità. Quando lo lesse, però, il suo cuore perse un battito.
 
“Ciao Elisa. Questa mattina quando mi sono svegliata non ti eri ancora alzata, così ti ho lasciata dormire. Al mio ritorno dalla colazione stavi ancora dormendo. Ho cercato di svegliarti, ma proprio non ne volevi sapere. Ti ho lasciato l’orario delle lezioni. Lo troverai nel cassetto. Ci vediamo a lezione
Lily”
 
Elisa aprì con impeto il cassetto del comodino, rovesciando gran parte del contenuto in terra. Dopo aver imprecato silenziosamente si buttò alla ricerca dell’orario. Lo trovò sotto una pila di scartoffie. La ragazza scorse velocemente l’inchiostro fino a raggiungere quella mattina. Il suo cuore perse un altro battito. Trasfigurazione, Pozioni, Storia della magia, Cura delle creature magiche.
 
Un sospiro soffocato uscì dalla sua bocca. Si era proprio scordata di avvertire Lily di svegliarla. Guardò l’orologio e sentì il mondo crollarle addosso. Mancavano dieci minuti all’inizio delle lezioni. Sempre più frustrata si vestì e preparò la borsa con i libri del giorno.
 
Quando cinque minuti dopo fu pronta si gettò letteralmente fuori dalla stanza e dal dormitorio. Uscita da questo, però, si bloccò improvvisamente. Dov’era l’aula di trasfigurazione? Con il crescente panico che la attanagliava, la ragazza cominciò a girovagare per il castello, cercando qualcuno che le desse indicazioni.
 
Solitamente Elisa poteva vantare di un ottimo senso di orientamento. Ma in quel momento, le imponenti pareti del castello ad incombere su di lei, non aveva la più pallida idea di dove stesse andando.
 
All’ improvviso una voce la colse alle spalle « Ehi, tutto bene?». Elisa si voltò di scatto. Un ragazzo che non aveva mai visto prima la guardava stranito. «Buon cielo, finalmente qualcuno!» rispose lei sollevata. Dallo sguardo che le lanciò, Elisa intuì quanto disagio mentale dovesse irradiare in quell’istante.
 
«Scusa sapresti dirmi dove posso trovare l’aula di trasfigurazione?» Non le piaceva essere squadrata, men che meno da un individuo che credeva in una sua probabile instabilità mentale.
 
«Oh certo» rispose il ragazzo riscuotendosi dai suoi pensieri «Primo piano ala est terza porta a destra» «Grazie molte» rispose Elisa con un sorriso «Guarda che però, beh, la lezione è iniziata da circa un quarto d’ora» Aggiunse il ragazzo dando un occhio al quadrante dell’orologio che portava al polso. Il sorriso di Elisa si raggelò all’istante e, dopo un altro ringraziamento, si dileguò per il corridoio, lo sguardo perplesso del ragazzo ancora fisso su di lei.
 
Quando arrivò nell’aula cinque minuti più tardi, un senso di sollievo le inondò lo stomaco. Non era poi così in ritardo, in fondo. Lily le lanciò uno sguardo severo.
 
Visi preoccupati seguirono la sua camminata nella stanza. Elisa incontrò lo sguardo di Potter. Probabilmente lui avrebbe voluto incenerirla.
Un miagolio catturò la sua attenzione. In un angolo un gatto la guardava severamente. Si avvicinò a Lily, scuotendo le spalle, per niente stupita dalla nuova stramberia. Magari ad Hogwarts in ogni stanza vi era un qualche animale.  «Scusa non ho sentito la sveglia» sussurrò a mo’ di scusa.  «Bello il gatto comunque»
 
Lily per tutta risposta indicò alle sue spalle, dove il gatto aveva lasciato il posto ad una severa signora. «Buongiorno. Lei è la signorina Stevenson giusto? Io sono la professoressa di trasfigurazione, Minerva Mcgranitt» Si presentò velocemente la donna. «Lei, lei è un animagus?» La sua voce, acuta e stridula per la sorpresa, fece sorridere la donna. «Mmm... vedo che è ben informata sull’argomento. Prenda posto vicino alla signorina Evans ora.» Ordinò secca.
 
Elisa fece come le era stato detto e la lezione, con sommo piacere dei Corvonero, poté cominciare.
 
Fu abbastanza noiosa, in realtà. Elisa rimase a fissare il lavoro degli altri, immagazziando conoscenze che aveva lungamente studiato quell’estate. «Devi stare tranquilla» la voce di Lily al suo fianco la costrinse a voltarsi. «Succede ogni anno» la rossa chiaramente si riferiva al suo ritardo. Lei annuì.
 
«Signor Lupin, vuole provare?» La professoressa anticipò qualsiasi risposta. Tutti si girarono verso il ragazzo che, impacciatamente, fece come gli era stato chiesto. Elisa si appuntò mentalmente che nel corso della mattinata ci avrebbe dovuto parlare.
 
 
***
 
 
Al suono della campanella tutti i ragazzi si alzarono all’unisono. «Ti aveva rapito Pix?» Le chiese divertita Lily all’uscita dell’ aula. «Spiritosa...» Elisa ossevò con la coda dell’occhio l’altra sghignazzare «E poi chi è Pix?» Aggiunse curiosa. «Lui» La rossa indicò qualche metro più in là una figura sospesa in aria vestita da giullare. «È un poltergeist rompiscatole che si diverte a dare fastidio. Nemmeno gli insegnanti riescono a tenerlo a bada. L’unico che ci riesca è il Barone Sanguinario, che ti sconsiglio di incontrare di notte. È leggermente inquietante» Spiegò. Elisa annuì convinta. Con un nome del genere avrebbe evitato qualsiasi rapporto anche di giorno.
 
«Qual è la prossima lezione?» «Pozioni. L’aula si trova nei sotterranei quindi fa attenzione. Perdersi lì è terrificante. Il professore è Lumacorno. Imparerai ad apprezzarlo» l’anticipò con un sorriso tirato.
 
«A proposito... cos’è successo ieri sera? Sembravi piuttosto turbata» La domanda innocente la fece deglutire con forza. «Te l’ ho detto mi sentivo stanca. Però anche io avrei una domanda...» Elisa si premonì di cambiare discorso il più velocemente possibile. «Cosa c’è tra te e Potter?» Chiese ammiccando verso l’ amica che, come una mummia, si era fermata di colpo in mezzo al corridoio.
 
«Tra me e quel troglodita non c’è assolutamente nulla» Disse Lily scura in volto quando ebbe ripreso a camminare. «A parte un odio profondo e del sano disgusto» Aggiunse stizzita.
 
Dopo cinque minuti di insulti a Potter Elisa approfittò che l’amica prendesse fiato per cambiare di nuovo abilmente discorso «Comunque, ieri sera hai detto che dovevi farmi conoscere qualcuno, chi-» «Ma certo, devo farti conoscere Severus. Scommetto che ti piacerà» Le due si fcecero largo tra un gruppo di Serpeverde. «Eccolo là» Aggiunse indicando una figura vicino alla porta dell’aula di Pozioni.
 
Le due amiche si avvicinarono. Il ragazzo verso cui Lily si dirigeva era abbastanza alto, magro e pallido. I lunghi capelli neri, che risaltavano il lungo naso adunco, erano flosci e sembravano un po’ unti, ma avvicinandosi Elisa capì che non lo erano davvero. Guardandolo ebbe la spiacevole sensazione che quel ragazzo fosse molto solo. Gli occhi saettavano da una parte all’altra del corridoio, quasi avesse paura di incontrare un fantasma.
 
Alla vista di Lily il volto del quattordicenne si illuminò, per poi scurirsi alla vista dell’altra amica. Elisa si sentì un po’ a disagio «Ciao Sev. Devo presentarti una persona. Lei è Elisa Stevenson. Elisa lui è Severus Piton » Presentò Lily «Ciao»il Serpeverde non pareva troppo ansioso di conoscerla. Lei restituì il saluto, a disagio. Entrambi valutarono minuziosamente l’altro, studiandosi.
 
«Scusate mi stanno chiamando» riferì loro Lily per poi andandosene verso un gruppetto di ragazze «Aspetta ma dove-» Severus cercò di afferrare l’altra per il bracio, inutilmente. Solo quando ebbe riabbassato la mano tornò a fissarla. Un silenzio imbarazzato si distese tra i due.
 
«Ehi Mocciosus! Perché sei in compagnia di una bella ragazza??» Una voce si alzò dalla piccola folla che si era creata all’esterno dell’aula. La postura el ragazzo di fronte a sé si fece mprovvisamente rigida, gli occhi ridotti a due fessure. Il soprannome doveva essere rivolto proprio a lui. 
 
Si voltò lentamente, percependo chiaramente il peso della bacchetta nella sua tunica. Chiunque l’aveva chiamato in quel modo doveva avere una bella e soddisfacente ragione per evitarsi uno schiantesimo. E chi poteva essere se non l’amico casanova di Potter? Elisa lo osservò avvicinarsi. Alto, magro, i capelli scuri ad incorniciare occhi grigi… sì, la ragazza decretò che un certo fascino lo aveva. Ma il suo bel faccino non lo avrebbe salvato dallo Schiantesimo.
 
«Andiamocene Felpato. Per favore» Elisa osservò l’amico Lupo Mannaro dissuadere l’altro, fallendo miseramente. Con un sorriso baldanzoso il ragazzo continuò a dirigersi nella sua direzione. «Allora Mocciosus... chi è questa dolce donzella in tua compagnia?» Chiese volutamente schifato nel pronunciare le ultime parole.
 
«Black» Il ringhio del Serpeverde fece voltare molti curiosi che, con quanto garbo possibile, si radunarono intorno, godendosi la scena. «Buongiorno mademoiselle» il grifondoro le rivolse un sorriso seducente. Le sopracciglia di lei si alzarono visibilmente. «Mi chiamo Sirius Black. Ma tu puoi chiamarmi Sirius. Piacere di conoscerti» «Il piacere è tutto tuo»
 
Un brusio confuso si diffuse tra la folla. Il ragazzo rimase basito a fissarla. Probabilmente, convenne lei, essere spento da una ragazza doveva colpire in un certo senso il suo orgoglio. 
 
«Ma io-» « Senti Narciso tua madre ha puntato tutto sul fattore bellezza e non sull’intelligenza» Lo interruppe lei con voce piatta. «Quindi, in nome di Merlino, sei pregato di spostarti» Concluse con un sorriso affabile. 
 
Sul volto del ragazzo una smorfia arrabbiata comparve. «Senti, io-» «Cosa dice l’homo habilis che ha appena fatto uso della parola?» Lo interruppe lei. Qualsiasi risposta fu bloccata dal cigolio della porta. Il professore li invitò ad entrare, togliendo a tutti i presenti il piacere di un altro scambio di insulti.
 
 
***
 
 
Elisa e Severus si sedettero al primo banco. Alle proteste della ragazza, il Serpeverde la ammonì con uno sguardo. Dopo che Elisa si fu arresa a quella battaglia silenziosa Lily li raggiunse e si sedette affianco al ragazzo.
 
«Elisa sei stata fantastica!» Si congratulò. « Dovevi vedere la faccia di Potter. Sembrava aver appena bevuto un bicchierone di Ossofast!» Elisa rise alla battuta « Aspetta... bicchiere di che???» Chiese confusa. Lily le fece segno di fare silenzio.
 
Ne avrebbero parlato dopo.
 
Il professore fece il suo ingresso in aula. Il suo discorso introduttivo fu abbastanza tedioso. Perciò la sua attenzione fu catturata ben presto da un gruppo di ragazzi in fondo all’aula. I loro sguardi, proiettati verso i compagni, provocarono un brivido freddo alla sua schiena.
 
«Non osservarli» La ammonì Severus al suo fianco.«Sono Serpeverde, la compagnia meno consigliata per una Grifondoro, a meno che tu non voglia fare una butta fine» continuò alla sua domanda silenziosa.
 
«Che cosa intendi dire? Avevo sentito di una certa competitività fra le case, ma non pensavo che addirittura ci fosse dell’ostilità. Tu di che casa sei?» Chiese curiosa. Aveva abbandonato da tempo l’idea di ascoltare Lumacorno. «Serpeverde» la risposta secca le fece mordere il labbro.
 
«Vedi? Tra te e Lily non c’è ostilità. E spero nemmeno tra te e me.» Aggiunse poco convinta. Il ragazzo sorrise a quella frase. «Già, fra noi non c’è, questo perché sono io. Fidati, non ti piacerebbe avere a che fare con loro» Terminò tetro.
 
 
***
 
 
La voce di Severus la raggiunse a metà lezione. «Cosa diamine stai facendo?!» Il ragazzo le afferrò velocemente il braccio. Il movimento non sfuggì a quattro ragazzi seduti qualche banco indietro.
 
«Sto falciando il prato» La risposta sarcastica le fece guadagnare un’occhiata severa «Sto girando l’intruglio in senso orario come dice nel testo!» «Prima di tutto non è un intruglio, come lo definisci tu, ma una pozione, al massimo si può definire un preparato. In secondo luogo lo devi girare in senso antiorario»
 
Elisa guardò scioccata Lily che, alla vista del volto dell’amica, scoppiò a ridere. «Mai sbagliare nell’ora di Pozioni. Lui adora questa materia» Spiegò con un sorriso.
 
«Spero che tu stia scherzando Lily. Questo ragazzo sprigiona follia» Sussurrò lugubre lei. «Andiamo Eli, ora stai esagerando. Okay, è un po’ fissato. Ma da qui a definirla follia...» Aggiunse vedendo lo sguardo dubbioso dell’amica. «Mi dispiace, Lily. Ma c’è la fissazione, e poi c’è la buona, vecchia, comune mania psicotica tradizionale. Ed è quella che ha lui!»
 
«Vorrei farvi notare che io sono qui» Il ragazzo al centro osservò davanti a sè con riluttanza. «Su su silenzio ragazzi!» Li richiamò bonariamente il professore.
 
 
***
 
 
 
Elisa smise di ridere cinque minuti prima del suono della campanella. Severus le stava simpatico, decisamente.
 
Uscendo dall’aula a lezione finita, però, vide Potter e i suoi compagni superarla con sguardi truci. Sospirò rassegnata. Doveva proprio scusarsi con Remus.
 
«Che lezione abbiamo ora?» Elisa finì l’ultima patata nel suo piatto con sguardo famelico. Il pranzo in Sala Grande era stato il momento da lei preferito in tutta la giornata. «Tu hai Cura delle Creature Magiche, io Aritmanzia» Lily scorse gli orari velocemente con occhio attento. La mora posò la forchetta, deglutendo lentamente. «Dove devo andare?» «Devi uscire dal castello» la Grifondoro le lanciò un’occhiata carica di compassione «Ti conviene seguire Potter: eviterai di perderti» lei annuì, alzandosi e salutando l’amica. E mentre si dirigeva fuori dalla Sala alle calcagna dei quattro, Elisa si chiese se fosse peggio perdersi o seguirli.
 
***
 
 
 
Elisa doveva ammettere che cacciarsi nei guai era una sua specialità. Pareva avere una certa propensione per le situazioni sconvenienti. Ma quel giorno stava veramente battendo tutti i suoi record. Insomma, e se i ragazzi si fossero accorti di essere praticamente pedinati? Lei non l’avrebbe presa bene.
 
Fortunatamente per lei, i quattro non si accorsero della sua presenza fino all’arrivo al punto prestabilito, vicino al margine della foresta. Altri ragazzi, che aveva intravisto quella mattina, erano seduti sul prato a parlare. Elisa li invidiò molto. Lei era sola come un cane in quel momento.
 
Dopo una lunga, straziante e solitaria attesa, il professor Kettleburn arrivò. Seguì una veloce presentazione, a cui quasi nessuno prestò reale attenzione. Comunicò poi il lavoro e divise gli alunni in coppie.
 
«Potter... sì sì vada con Black»
 
Il sospiro rassegnato che seguì la fece sorridere. «No signor Minus, vada con la signorina Robert, mentre lei, signor Lupin, vada… sì dai, con la signorina Stevenson»
 
Remus rimase con la bocca aperta per lo stupore, gli occhi sgranati dalla sorpresa. Elisa, d’altro canto, rimase ferma dov’era, la testa inondata da puro panico. Non aveva ancora veramente preparato un discorso di scuse convincenti. E ora cosa gli avrebbe detto?
 
 
Angolo autrice
Buongiorno a tutti (o buonasera, dipende). Ecco il nuovo capitolo. Spero vi piaccia. Alcune parti mi sono proprio divertita a scriverle. Ricevere una vostra recensione mi renderebbe felicissima, anche se non avete capito qualcosa, chiedete, sarò felice di spiegarvi.
Al prossimo capitolo
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Dubbi e domande ***


Dubbi e domande
 
Che cosa aveva fatto per meritarsi tutto questo?
 
Elisa lanciò uno sguardo a Remus. Il ragazzo era impegnato a svolgere il suo lavoro silenziosamente, il più lontano possibile da lei. La mora maledisse mentalmente il professore. Che cosa importava a lei di trovare dei Bowtruckle? E poi, perché dovevano per forza lavorare ai margini della Foresta Proibita? E perché erano l’unica coppia a non riuscire a trovarne nemmeno uno, nemmeno un dannatissimo esemplare?
 
Lanciò un altro rapido sguardo al ragazzo che, qualche metro più in là, piegato su un tronco di un albero, cercava disperato la creatura. In quel momento, sentendosi osservato, Remus alzò la testa di scatto, prendendosi così un ramo in pieno volto.
 
La ragazza non riuscì proprio a trattenersi dal ridere. Per tutta risposta ricevette un’occhiataccia dal giovane che, un po’ offeso, riprese il suo lavoro in silenzio.
 
«Oh senti piantiamola lì!» Elisa era stufa di tutti quegli sguardi di valutazione che si scambiavano da più di mezz’ora. Il Grifondoro a quelle parole si alzò di scatto, colpendo nuovamente il ramo. Elisa soffocò la nuova risata e si appoggiò al tronco più vicino, osservando il ragazzo davanti a sé. Imprecava sottovoce, massaggiandosi la testa guardando il pavimento.
 
«Senti mi dispiace, va bene? Non ero me stessa quella sera. Oh almeno si, c’è no, un po’! Il punto è che mi dispiace di essere scappata come una pazza psicopatica! Insomma, ricapitolando, io non sono pazza, mi dispiace, e non sono pazza» Terminò il monologo mordendosi il labbro, sperando di essere stata convincente. Remus la osservava stranito.
 
Elisa respirò rassegnata. Sul viso di lui si dipinse un sorriso divertito «Non ti preoccupare, le scuse non erano necessarie» Elisa lo guardò scettica. «No, davvero! Tranquilla, non ti pensavo una pazza psicopatica. Certo, James aveva ipotizzato fossi la reincarnazione della sua prozia, ma poi siamo giunti ad un’altra conclusione»
 
«Ovvero?» Le sopracciglia della Grifondoro si alzarono, curiose. Sapeva già che la risposta non le sarebbe piaciuta. «Emm... che avevi le tue cose» Remus osservò di nuovo imbarazzato l’erba, fingendo di tornare alla ricerca della creatura.
 
«Non guardare me! È stata un’idea di Sirius, io non c’entro» L’idendità di quel genio non la sorprendeva. «Quindi è tutto a posto?» Il ragazzo la scrutò dubbioso facendo un passo indietro. Lei annuì con un sorriso rassicurante. Sollevato, il Grifondoro si rimise la lavoro. Povero, povero ingenuo il pensiero attraversò la mente della ragazza mentre, quatta quatta, si portava alle sue spalle e gli infilava dell’erba nella camicia.
 
 
***
 
 
Un urlo riempì il silenzio di quel pomeriggio. Tutti gli studenti della classe, seduti sull’erba nel prato in attesa dell’unica coppia rimasta, si girarono allarmati. Un ghigno si formò sul volto di Sirius. Quella era la voce di Remus.
 
«Ma guarda, la ragazza ha strapazzato anche lui? È piuttosto incline alla violenza, come dicevo io, vero James? I dieci galeoni?» Si voltò verso l’amico con un sorriso velato in volto. L’altro si limitò a guardarlo male e mettere il broncio.
 
Un nuovo urlo riempì il silenzio. «CHE DIAMINE HAI FATTO??!!» Molte facce si guardarono stupite. Era assai raro sentir urlare Remus. «Oh mi sa che lo ha picchiato» commentò Sirius distrattamente mentre, con una mano, strappava ciuffi d’erba dal prato.
 
«Vedi, James, quello che tu non riesci a capire è che nessuna donna può resistermi. Certo, nessuna donna normale, e non incline alla violenza.» Aggiunse serafico, mentre il suo sorriso si allargava.
 
«Dai Remus togliti la camicia!!» Il sorriso si raggelò sul viso del giovane Black. Quell’urlo non poteva appartenere a lei... Una risata riecheggiò dalla foresta.
 
Una ragazza che rideva.
 
Tutti nella classe, soprattutto il professore, guardavano la foresta in lontananza sbalorditi. «Dieci galeoniiii» canticchiò James all’amico scioccato. «Sai Sirius, io ricontrollerei un po’ il tuo fascino. Forse le donne ne preferiscono uno più selvaggio» Concluse compiaciuto con un occhiolino.
 
 
***
 
 
Elisa non poteva crederci. Certo, forse non era stata un’idea geniale prendere dell’erba a caso e infilarla nella camicia di Remus, soprattutto tenendo conto della piccola possibilità che ci fosse anche dell’ortica. Inutile dire che la vittima non aveva molto gradito.
                                                
«Dai Remus togliti la camicia!!» urlò cercando di aiutarlo. La situazione stava degenerando e così aveva deciso di intervenire.
 
Delicatino il ragazzo.
 
« Bhe, è stato divertente» commentò innocentemente. Remus la guardò storto «E te lo sei meritato» Aggiunse poi con un sorriso. «Puoi anche voltarti sai, penso di poter resistere al tuo fascino» scherzò all’eccessiva riservatessa che il Grifondoro mostrava. Lui scosse la testa velocemente. «Ehi, va tutto bene?» il ragazzo riflettè qualche istante, per poi fare quanto gli era stato chiesto.
 
Un grosso graffio era inciso sulla sua pelle. Si vedeva lontano un chilometro da chi, o meglio da cosa, era stato provocato. Sul suo viso si dipinse una smorfia contrita. «Fa così schifo, vero?» Remus le sorrise amaramente. Lei negò lentamente con la testa. «Non capisco a cosa tu ti riferisca» il sorriso di intesa che nacque scombussolò il Lupo Mannaro.
 
Un rumore li distolse dai loro pensieri. Qualcosa si stava muovendo tra i cespugli. Di riflesso prese mano alla bacchetta, sentendo una scarica di adrenalina invaderle le vene. Un movimento brusco del cespuglio precedette la sua comparsa.
 
Un furetto.
 
Elisa abbassò la bacchetta scioccata mentre Remus faceva un sospiro di sollievo. Quello era, però, un furetto decisamente troppo cresciuto, constatò la ragazza. «Non ti preoccupare, è un Jarvey, non è pericoloso» Spiegò velocemente Remus.
 
«Ha una particolarità: pensa, riesce a parlare. Comunque non è pericoloso, non ci farà del male, credo» Aggiunse dubbioso. «Ciao» La cratura li osservò curiosa. Elisa pensò che fosse davvero molto carino.
 
«Stavate amoreggiando?» Il pensiero appena formulato si frantumò in mille cocci diversi. «No» Risposero precipitosamente i due, lanciandosi un veloce sguardo di intesa.
 
E poi successe. Elisa fu più che sicura che, se avesse potuto, il Jarvey avrebbe ghignato. Prese a correre per il prato urlando divertito. «Nella foresta stanno pomiciando!! I due amanti» E ancora «Laggiù ci si diverte! Andate a vedere! Quei due stanno sco-»
 
«TACI SCHIFOSA BESTIACCIA» L’urlo della ragazza si propagò per la valle mentre, con uno scatto, si precipitava all’inseguimento, il Grifondoro alle calcagna.
 
 
***
 
 
«Magari non è quello che pensiamo. Magari Remus sta morendo dissanguato e Stevenson lo sta curando, per questo gli ha detto di togliersi la camicia» Sirius strappò un altro ciuffo d’erba. James lo guardò scettico. «Bhe, potrebbe essere. Questo però se presupponi che ci sia una creatura pericolosa e che quindi anche Stevenson stia morendo dissanguata» Concluse con un sorrisetto serafico sul volto.
 
L’amico lo guardò corrucciato. Stava pensando ormai da cinque minuti ad una scusa plausibile per quella frase e James cosa faceva? Gliela smontava in meno di due secondi. Perché poi gli dava così fastidio non lo sapeva. Insomma, era forse il ragazzo più bello di Hogwarts, poteva avere donne a valanghe, eppure... aveva un chiodo fisso. Gli dava realmente fastidio pensare che uno dei suoi migliori amici fosse solo nella foresta con quella.
 
Quella ragazza... Sirius si impose di non pensare a lei. Lo aveva scaricato, perdiana! Eppure... e poi comunque quella frase non significava nulla. Remus non era certo tipo da fregare la ragazza ad un amico... aspetta, cosa aveva appena detto?
 
Si costrinse a guardare il prato davanti a lui... Non doveva più pensare a quelle cose. Avrebbe pensato al Quidditch. Dopo qualche secondo, però, il silenzio fu rotto da un altro urlo e, questa volta, tutti guardarono la scena basiti. Un furetto troppo cresciuto era appena spuntato correndo dagli alberi.
 
Stevenson correva dietro di lui inseguendolo con in mano una camicia che Sirius riconobbe come quella di Remus. Fa che non sia di Remus. La preghiera non fu ascoltata. I sospetti di Sirius e di tutti furono però confermati da Remus che, a torso nudo, correva dietro alla ragazza pregandola di fermarsi e tornare in sé.
 
«Nella foresta stanno pomiciando!! I due amanti. Laggiù ci si diverte! Andate a vedere! Quei due stanno sco-» «TACI SCHIFOSA BESTIACCIA» «Elisa ti prego fermati! Stai facendo il suo gioco! E ridammi la mia camicia!».
 
Sirius non sapeva per cosa essere più scioccato. Se dal fatto che il furetto parlasse, da ciò che stesse dicendo, o dall’inseguimento di Remus per la Stevenson, e la camicia poi... Sirius deglutì pesantemente.
 
La scelta era molto varia.
 
«Puoi tenerti i dieci galeoni» commentò alla sua sinistra un James divertito e scioccato allo stesso tempo. «Qui le cose sono andate ben oltre!» Aggiunse scoppiando a ridere.
 
 
***
 
 
Un chiacchiericcio concitato riempiva la Sala Comune dei Grifondoro. In un angolo, su un tavolino, una ragazza dai capelli rossi scriveva un tema di Pozioni. «Ciao Lily» Salutò cauta la mora «Io ho  già fatto Pozioni, vuoi una mano?» Cercò di intavolare un discorso.
 
Lily posò la penna vicino alla pergamena e incrociò le braccia. «Remus Lupin?» La domanda fece voltare molti curiosi. «Elisa Stevenson, perché?» Continuò alzando la voce. « Lily abbassa la voce» La implorò la ragazza.
 
«Insomma, quel Lupin. Il compagno di Potter! E se funzionasse?! Sarei costretta a convivere con Potter» « Aspetta, aspetta cosa?» Elisa osservò l’altra con occhi stupefatti «Nessuno ha mai parlato di relazioni. Nessuno» Si difese.
 
Lo sguardo che le lanciò l’altra le chiarì le idee. «Fammi indovinare. Un uccellino di nome Robert è andata a dire a tutto il castello di una possibile relazione tra me e Lupin?» Lily annuì. «Quella ragazza dovrebbe pensare di più alla sua relazione con Brown. Non vorrei mai che i loro figli prendessero i difetti della madre.» Continuò facendo ridere l’amica.
 
 
***
 
 
«Cosa avete da bisbigliare?» «Oh nulla amico. Ci stavamo solo chiedendo se sei nel tuo periodo» James entrò noncurante in Sala Comune. «Insomma, è da questo pomeriggio che stai zitto e imbronciato, più precisamente dall’ora di Cura delle Creature Magiche. Interessante la lezione, vero Remus?» Aggiunse ghignando dopo che anche gli amici si furono seduti sulle poltrone davanti al fuoco.
 
«Oh stai zitto! Ve l’ho già detto. Mi ha infilato delle ortiche nella camicia» lo riprese imbronciato «Oh certo, se lo dici tu...» Lo canzonò ancora una volta l’amico. «E se fosse la verità?» Chiese titubante Peter. Lo sguardo fulminante di Sirius lo bloccò. Notando l’accaduto James riprese beffardo «Dai Sirius non prendertela. Doveva capitare prima o poi. Puoi avere un mare di ragazze. Una in più o in meno non fa differenza» 
 
«E se invece la facesse?» La domanda del ragazzo fece voltare i tre amici.
 
« Bhe amico, io non capisco cosa-» «E se questa ragazza mi interessasse?» Continuò imperterrito Sirius. «In quel caso saresti messo male» comunicò James all’amico. «Dai Sirius, guarda la verità. Ti ha trattato come uno scaricatore di porto!» Aggiunse all’occhiata omicida del Grifondoro. «Grazie fratello, sei molto incoraggiante» Commentò con sguardo truce.
 
«Di nulla amico, sono sempre qui se hai bisogno di una mano. E  poi vedrai che la dimenticherai presto. Facciamo una partita a scacchi? » Chiese James allegro. 
 
«Scusa Remus potresti venire un attimo?» L’apparizione di Elisa fece voltare molti sguardi nella loro direzione. Dopo una veloce occhiata agli altri, Remus rispose dubbioso «Certo» «Aspetta aspetta. Noi siamo i Malandrini: sempre uniti in tutto e per tutto, gli unici e gli inimitabili» Spiegò James indicando i suoi amici uno a uno. «Quindi se devi dire una cosa a Remus la dirai davanti a noi» Aggiunse con un sorriso serafico sul volto.
 
Remus si girò scioccato. Elisa li guardò a disagio. «O-okay» sussurrò con un filo di voce. Prese un bel respiro, facendosi coraggio. «Remus mi daresti, nei prossimi giorni, più informazioni possibili su quella schifosa di una bestiolina che abbiamo incontrato oggi?» Un sorriso tirato le adornava il volto. Il suo odio verso la creatura traboccava da ogni centimetro della sua pelle.
 
«Perché ti servono?» Remus la osservò dubbioso. «Diciamo che vorrei solamente rifarmi il guardaroba» Rispose con un filo di voce.
 
 I ragazzi la guardarono confusi. Remus, invece, aveva capito fin troppo bene. «Elisa, non ci è permesso fare del male alle creature, ne tantomeno impagliarle» commentò prevenendo la domanda della ragazza. «Ma dai Remus» «No, mi dispiace».
 
La ragazza lo osservò con un nuovo luccichio nello sguardo. «Okay, io non sarei voluta arrivare a questo, ma si è reso necessario quindi... solletico!» Urlò saltando letteralmente addosso al ragazzo.
 
Quando finalmente riuscì a bloccarla, Sirius lo fulminò con lo sguardo.  Dopo essersi arresa, Elisa si alzò e notò lo sguardo del giovane Black. «Successo qualcosa fra i due?» «Oh non farci caso! Sirius ha, come dire, uno sbalzo ormonale» il commento divertito di James provocò molte risa lì attorno.
 
Elisa ghignò perfida. «Avrà le sue cose» concluse allontanandosi.
 
Dopo un attimo di smarrimento, Sirius la guardò dirigersi verso il suo dormitorio seguita dalla Evans. Aveva molti dubbi su quanto detto da James. L’ avrebbe dimenticata presto? Non lo sapeva, e decretò inutile pensarci in quel momento. Così si concentrò sulla partita a scacchi tra James e Peter.
 
L’ avrebbe dimenticata presto? Quella domanda, semplice ma profonda come l’oceano, l’avrebbe tormantato per molto tempo.  Una domanda che, spinta da un vento sconosciuto, viaggiava verso il loro crudele e pazzo destino. Ma, come avrebbero imparato presto, il destino viveva in loro. Dovevano solo avere il coraggio di vederlo. Dovevano solo avere il coraggio di seguirlo e cambiarlo.
 
Non importa quanto augusta sia la porta
quanto impietosa la sentenza
sono il padrone del mio destino
il capitano della mia anima

 
 
 
 
Angolo autrice
Ciao a tutti. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Le cose cominciano a farsi interessanti... Le due creature magiche le ho prese dal libro “Gli animali fantastici: dove trovarli”. Vi scrivo la descrizione in caso qualcuno non avesse il libro.
 
Bowtruckle
Il Bowtruckle è una creatura custode degli alberi che si trova soprattutto nell’ovest dell’Inghilterra, nella Germania del Sud e in alcune foreste della Scandinavia. È immensamente difficile da riconoscere, essendo piccolo (l’altezza massima è di venti centimetri) e apparentemente fatto di corteccia e legnetti, con due piccoli occhi marroni. Il Bowtruckle, che si nutre di insetti, è una creatura pacifica e profondamente timida, ma se l’albero nel quale vive è minacciato è noto che balza sul taglialegna o sul fitochirurgo che cerca di danneggiare la sua casa e tenta di cavargli gli occhi con le lunghe dita puntute. Un’offerta di porcellini di terra placherà il Bowtruckle abbastanza a lungo da consentire al mago o alla strega di rimuovere un po’ di legno da bacchetta dal suo albero.
 
Jarvey
Il Jarvey si trova in Gran Bretagna, Irlanda e Nord America. Assomiglia per molti versi a un furetto troppo cresciuto tranne per il fatto che sa parlare. Un’autentica conversazione tuttavia travalica le capacità di un Jarvey, che tende a limitarsi a frasi brevi (e spesso volgari) in un flusso quasi ininterrotto.
Il Jarvey vive soprattutto sottoterra, dove dà la caccia agli Gnomi, ma si nutre anche di talpe, ratti e topi campagnoli.
 
Ringrazio tutti coloro che leggono questa storia e sarei felicissima di ricevere delle recensioni.
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Punizione ***


Punizione
 
Era passato ormai un mese. Le lezioni proseguivano tranquille. Elisa ormai aveva fatto sue le abitudini del castello. Ormai considerava i trabocchetti di Pix del tutto normali, così come considerava scontata la presenza di molte persone, come Lily, Severus e Remus.
 
Lily... aveva imparato molto da lei. L’amore per la lettura, ad esempio, nonostante considerasse molto più eccitante un sano incantesimo di disarmo. Severus la considerava una pazza per questo. Non lo biasimava.
 
Il tempo trascorso insieme era per lo più speso in studi. Si annoiava, doveva ammetterlo. Eppure le piacevano gli sguardi di disapprovazione che le tirava, intrisi di quella pazienza che sapeva essere dovuta all’affetto. Le piaceva vederlo lavorare durante le ore di Pozioni, concentrato sui suoi gesti e sul lento bollore nel calderone. E se la sua presenza era in qualche modo fastidiosa, Severus glielo avrebbe fatto sicuramente notare, con quel tono burbero e impaziente che le rivolgeva sempre. E lei avrebbe riso, appoggiando giocosa la testa sulla spalla di lui, sussurrandogli delle scuse poco credibili.
 
Diverso era il tempo trascorso con Remus. Si vedevano di rado, tra una lezione e l’altra, nei corridoi o in Sala Comune, quando i suoi compari erano in punizione. Era un ragazzo timido e spesso silenzioso, tutto il contrario dei suoi amici. Erano dei pazzi, quei tre. Eppure a lui piacevano proprio per quello. Un giorno, in Sala Comune, le aveva confidato di quanto si ritenesse fortunato di averli. Senza di loro lui sarebbe rimasto solo. Quando lei gi rispose che lo capiva, non fu assolutamente sicura che lui le avesse creduto.
 
Quei ragazzi erano dei pazzi. Elisa, però, aveva imparato molto dalla sua vita in branco. Aveva imparato che a caccia colui che prendeva la preda non era quello che aspettava l’occasione, colui che cacciava la preda piccola e indifesa, che si accontentava.
 
No, cacciare voleva dire rischiare, sudare e faticare. Voleva dire mettersi in gioco per un obiettivo, per qualcosa. Per questo era convinta che i matti fossero i migliori, perché avrebbero sempre lottato per ciò in cui credevano. Elisa era convinta di questo. Non mangiare era un rischio, un rischio per cui non poteva permettersi di perdere quelle partite.
 
Le mancava quella vita, la sua vecchia vita. La libertà, il sole, le corse all’aria aperta… Spesso aveva immaginato di tuffarsi nelle acque del Lago Nero, di giocare con pesci e altre creature. I suoi sogni, perché di quello si trattavano, dovevano però rimanere tali. Non poteva permettersi di farsi vedere. Trasformarsi in una tigre avrebbe solo accentrato su di sé l’attenzione e non era questo che voleva.
 
Avrebbe dovuto solo sopportare. Avrebbe superato anche quello.
 
 
***
 
 
 
«Idiota!» L’urlo di Lily la raggiunse chiaramente dalla Sala Comune. Per un attimo Elisa pensò seriamente di fare finta di nulla e risalire le scale per tornarsene in Dormitorio. Dopo essersi fatta coraggio, però, scese lentamente le scale.
 
Come immaginava, Lily stava urlando verso Potter che, con coraggio degno di un Grifondoro, cercava in tutti i modi di calmarla. La ragazza si avvicinò lentamente «Scusa Lily, Severus ci starebbe aspettando...» James si voltò verso di lei con uno scatto. Una nuova smorfia di disgusto si era disegnata sul suo viso al nome dell’altro. «Oh certo andiamo» Lily prese la sua borsa con i libri e se la buttò in spalla. «Va bene... ciao Remus» Salutò Elisa trascinando con sé una Lily a dir poco infuriata.
 
 
***
 
 
 
Dopo essere usciti dal castello le due amiche si diressero verso il Lago Nero. Il sole era limpido nel cielo e un venticello autunnale accarezzava le chiome degli alberi. Severus le aspettava sulla spiaggia, la testa come sempre china su un libro di Pozioni. Elisa era un po’ nervosa: quel pomeriggio non lo avrebbero passato a studiare. Era un pomeriggio dedicato esclusivamente al relax.
 
Elisa non seppe come mai, ma il tempo passò velocissimo. Si divertì molto a parlare del mese appena trascorso, dei professori e delle materie. Circa a metà pomeriggio, però, delle urla giunsero alle orecchie dei tre amici che, seduti comodamente sulla spiaggia, ascoltavano il rumore delle onde. Le urla provenivano da poco più in là, dove un gruppetto di ragazzi erano riuniti in cerchio e urlavano esultanti.
 
«Cosa diamine sta succedendo?»La mora si sporse con curiosità, cercando di vedere tra le gambe degli spettatori. Severus e Lily si guardarono alzando le spalle. Finalmente la ragazza riuscì a convincere gli amici ad alzarsi per controllare. «Botte botte botte» Elisa ebbe la spiacevole sensazione che qualcuno si stesse picchiando. I suoi sospetti furono confermati quando vide chi era la centro del cerchio: due ragazzi tra cui Black, Sirius Black.
 
«Ma che-» «Black e suo fratello» Ringhiò Severus alle sue spalle. Elisa era nauseata. Come potevano due fratelli picchiarsi in quel modo? «Ehi, basta!» Urlò avanzando verso di loro. Spesso le capitava nel branco di dover mettere fine a liti sorte inutilmente. E ora anche qui. «Ho detto basta!» Urlò ancora mettendosi fra i due.
 
Un pugno le arrivò dritto in faccia. Prima che potesse elaborare l’accaduto si ritrovò a terra, il viso tra le mani. «Che cazzo avete fatto?!» L’urlo di Remus le arrivò distintamente alle orecchie, così come quelli di Lily e Severus. Decise di rimanere a terra, valutando il danno. Naso rotto? Improbabile: avrebbe provato più dolore. Distintamente sentì del liquido caldo scorrerle tra le dita: sangue. Con una smorfia dolorante tolse le mani dal viso, poggiandole sulla sabbia. Facendo perno su queste, lentamente si alzò. Riuscì a intravedere con la coda dell’occhio i due fratelli lanciarsi uno sguardo allarmato.
 
«Razza di imbecille, hai visto cosa hai fatto?!» «Oh sta’ zitto. Stai bene?» La ragazza ignorò bellamente la mano offerta dal maggiore. Si fermò per qualche secondo a studiarli. Entrambi avevano dipinta sul viso un’espressione compassionevole. Probabilmente, pensò, averla colpita macchiava la loro educazione Purosangue più di quanto sarebbero stati disposti ad ammettere. Elisa sentì un brivido freddo solcarle la schiena quando pensò alla sua prossima mossa. Involontariamente, sorrise.
 
«Elisa, stai bene?» Remus le si portò al fianco. Sul suo viso poteva leggerci preoccupazione e angoscia. Dagli occhi allarmati dei presenti, doveva decisamente avere una brutta cera. «Elisa-» Sirius si avvicinò a sua volta, studiandone i lineamenti sanguinanti. Con una mano sporca, la ragazza allontanò con uno spintone Remus.
 
SBAM
 
Il pugno colpì in pieno volto il ragazzo di fronte a sé. Sirius si portò le mani al viso e incespicò indietro. E mentre un boato sorpreso si propagava nella folla un secondo pugno andò a schiantarsi contro lo stomaco del fratello. «Sei- sei impazzita» Elisa ignorò il sussurro soffocato del Serpeverde mentre si portava le mani a coprirsi il punto appena colpito. La ragazza si allontanò di qualche passo, decisamente soddisfatta. Iniziò poi a massaggiarsi la mano. Le nocche leggermente sanguinanti urlarono in protesta.
 
«Cosa sta succedendo qui?» La Mcgranitt li raggiunse correndo, sul viso un’espressione scioccata. Sul viso dell’insegnante si alternarono espressioni di puro sgomento e rabbia. «Seguitemi» Soffiò severa indicando i tre ragazzi. La ragazza si ripulì il rivolo caldo che le colava lungo il mento. Tra i tre probabilmente il suo orgoglio era quello meno ferito.
 
 
***
 
 
«Che cosa credevate di fare?!» Erano almeno dieci minuti che la professoressa continuava ad inveire contro di loro. «Si può sapere la ragione di tutto ciò?» La donna sembrava furibonda, le narici dilatate dalla rabbia. Elisa si massaggiò il collo con fare annoiato.
 
I fratelli Black si guardarono, scuri in volto. Sembrava che entrambi stessero aspettando che l’altro parlasse. Elisa osservò quello scambio di sguardi con crescente curiosità. Era ovvio che i due non avrebbero spiaccicato una scusa plausibile. Qualunque fosse il motivo, una cosa era certa: a lei non interessava. E a differenza dell’insegnante, non le importava scoprirlo. Decise dunque di ignorare la vocina nella sua testa che chiedeva a gran voci spiegazioni e si schiarì la voce. «In realtà, professoressa, credo sia stata colpa mia». Inventò con un’alzata di spalle guardando il pavimento crogiolandosi in un finto rimorso. «Lei? E come, di grazia?». La voce della McGranitt era parsa dapprima stupita, per poi lasciare spazio ad un intenso sospetto.
 
«Ecco vede...  stavo tornando al castello quando ho preso dentro lui» tentennò indicando il più giovane dei Black che le restituì uno sguardo dubbioso. «Ed ero nervosa, molto nervosa. Così l’ho insultato e lui si è offeso, così abbiamo cominciato a litigare. Allora lui-» continuò riferendosi al Grifondoro, che la guardava poco convinto «-mi ha difeso. E così-»
 
«La solita questione di sangue, vero?» La voce piatta dell’insegnante la interruppe senza preamboli. La donna assottigliò nuovamente le labbra. «Non mi guardi così, signorina Stevenson. Non è la prima volta che i due ragazzi qui di fronte si picchino, per la stessa stupida ragione, oserei dire. La tua scusa per coprirli era del tutto inutile» «E non poteva dirmelo prima?» La domanda imbronciata fu accolta da un silenzio imbarazzato.
 
Per un attimo sul volto della donna apparve un sorriso, sostituito subito da un’aria severa ma decisamente più indulgente di prima. «20 punti in meno a testa» dichiarò severa «E una punizione per Sirius Black e Stevenson. Per quanto riguarda Regulus Black farò in modo che ti venga assegnata una punizione dal tuo capocasa» 
 
«Grazie tante» Il borbottio contrariato della ragazza fu ignorato. «Signorina Stevenson, checché mi è parso di capire che il suo intervento sia stato provocato dal desiderio di mettere fine alla rissa, le vorrei ricordare che qui non è concesso utilizzare la forza. Non vorrei più ripeterglielo. Ora andate, è ora di cena»
 
Elisa non aveva nessuna voglia di mangiare. Si diresse però subito verso l’uscita come le era stato chiesto. Varcata la soglia si incamminò spedita verso il suo Dormitorio. «Ehi! La Sala Grande è da questa parte!» La canzonò il Black più giovane.
 
Allora essere battuti da una donna bruciava proprio all’orgoglio di un uomo.
 
Il Grifondoro fulminò il fratello con lo sguardo «Non osare rivolgerti a lei così» ringhiò avvicinandosi. «Se no che mi fai?» La sfida nel tono dell’altro era palpabile. «Come ti chiami?» Elisa si inserì nella discussione, scocciata. Sirius le lanciò uno sguardo offeso.
 
«Regulus, Regulus Black» pronunciò il ragazzo con un ghigno. «Tu ti chiami Elisa, vero?». Ignorò bellamente la domanda. «Regulus, dici? Non ho fame-» spiegò con quanta più educazione fosse possibile. «- e ho tutta l’intenzione di infilarmi sotto le coperte il prima possibile». Checché il naso avesse smesso di sanguinare e si fosse pulita la faccia, non aveva proprio voglia di interagire con altri esseri umani quella sera.
 
«Le tue coperte saranno fredde. Hai bisogno di qualcuno che te le scaldi?». Regulus aveva fatto un passo avanti, sicuro. L’espressione di pura furia che si disegnò sul viso del fratello fu ignorato da entrambi. «So scaldarmi da sola, grazie».
 
Il ragazzo incassò il colpo silenziosamente. «È stato un piacere anche per me conoscerti. Buonanotte, Elisa» «Buonanotte Regulus» La ragazza tentò di ignorare il tono elegante che l’altro aveva assunto. Svoltò l’angolo, salutando i due con uno sventolio veloce della mano.
 
 
***
 
 
 
L’oscurità li avvolgeva, l’aria era gelida … e Gazza non aveva ancora finito di borbottare. Stava snocciolando la quarantasettesima tecnica di tortura e non accennava a smettere. Elisa stava pensando da ormai dieci minuti come farlo stare zitto. Un silencio, una maledizione... oppure un semplice colpo in testa. Avrebbe utilizzato ogni metodo per permettersi qualche attimo di silenzio prima di raggiungere il guardiacaccia.
 
 
Le era andata bene. Le punizioni in quel castello, a quanto pareva, consistevano in giri per la foresta di notte. Nulla di così preoccupante, quindi. Hagrid era simpatico, tra l’altro. Lo aveva conosciuto una settimana prima con Lily. Il the nella sua capanna era stato pressoché infinito, ma decisamente buono. E così era l’omaccione.
 
 
«Ah, stia zitto» Ringhiò Black alla sua destra. Il ragazzo era leggermente nervoso. Mentre Gazza ribadiva la semplicità e l’inadeguatezza della punizione a suo parere poco istruttiva e dolorosa, Elisa intravide nell’oscurità Hagrid e il suo cane, Thor.
 
 
Gazza li lasciò andare subito, evitando di proposito di avvicinarsi. La ricognizione fu abbastanza tranquilla. La Foresta pareva immobile. Nemmeno un soffio di vento scuoteva le foglie degli alti alberi. Solo sulla via del ritorno Hagrid si allontanò, richiamato da un rumore ambiguo una decina di metri più in là. E da quel momento tutto andò a rotoli.
 
«Sai, mi sto chiedendo perché tu accetti tutti gli approcci maschili tranne il mio». Elisa si voltò verso l’altro, squadrandolo dubbiosa. Quel discorso era del tutto fuori luogo. Tornò a guardare davanti a sé, aspettando il ritorno del guardiacaccia.
 
«Mi dispiace che ti sia offeso. Se vuoi una spalla su cui piangere, sono qui» Era scortese, acida e antipatica. Lo sapeva. Eppure il nervoso che quel ragazzo le provocava risultava sempre amplificato. «Non si può essere amici di tutti» aggiunse con un sussurro poi. «Però tu riesci immancabilmente ad essere affabile con tutti» la rimbeccò stizzito il ragazzo. «Con Remus, con Mocciosus» le sue sopracciglia si alzarono prepotentemente a quelle parole. «Pensi che non abbia capito quanto ci stessi provando oggi con mio fratello?!» Elisa si voltò di scatto a quell’insinuazione. Davvero non capiva perché si stesse scaldando tanto.
 
«Io non ci ho provato con nessuno. Non mi sono mai permessa di intromettermi nella tua vita per giudicare le tue azioni». Sirius fece qualche passo verso di lei «Deve averti pagata bene Mocciosus» quella cattiveria la colpì al viso come uno schiaffo. Lei non era così.
 
«Io non-» la sua risposta si spense nel silenzio. Uno scricchiolio da un cespuglio al suo fianco richiamò la sua attenzione.
 
Prima che l’ombra appena emersa si gettasse verso di loro la ragazza diede uno spintone al compagno e si gettò di lato. Non fu abbastanza pronta. Quando un suono deciso riempì l’aria la sua testa fu invasa da un’improvvisa sensazione di dolore. Rotolò di lato, sentendo la gamba, appena lasciata dalla creatura, pesante. Sirius urlò qualcosa, probabilmente il suo nome.
 
Elisa osservò il ragno gigante avvicinarsi nuovamente. Un lampo di luce lo colpì, facendolo rotolare parecchi metri più indietro. Esitante osservò la sua caviglia. Strappi di tessuto imbrattati di sangue si aprivano su un taglio parecchio profondo.
 
La testa iniziò a girarle. Respirò a fondo, tentando di calmarsi. Un senso di panico le invase la mente quando sentì il suo corpo non risponderle. Quel dannato ragno le aveva iniettato del veleno. Il suo respiro accelerò di parecchio. Si piegò su sé stessa, sentendo un attacco di panico riempirle il cuore.
 
«Va tutto bene» Due mani le sollevarono il busto. Fu appoggiata contro qualcosa di caldo. «va tutto bene» le ripeté la voce a qualche centimetro dal suo orecchio destro. Una mano le si posò poco più su dei seni, premendo fermamente sulla sua pelle e rilasciandola un attimo dopo. In poco tempo Elisa si ritrovò a seguire il respiro che le era stato imposto.
 
Prima di svenire del tutto la ragazza si chiese se morire fosse davvero così bello.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ragazze e inviti ***


Ragazze e inviti
 
«Per Merlino, stai bene?» Elisa pensò seriamente di non rispondere a quella domanda. Stava uno schifo e Lily la stava soffocando con quei capelli rossi. L’amica si staccò giusto qualche attimo dopo, rivolgendole uno sguardo carico di apprensione. «Stai bene?» Le ripeté dolcemente sedendosi al suo fianco sulle lenzuola bianche. Elisa si mise a sedere lentamente.
 
Si guardò intorno,osservando le pareti bianche dell’Infermeria circondarla. Fu difficoltoso rimangiarsi la risposta acida che le si era formata nella mente, ancor più di parlare con la bocca così impastata. «Si, sto bene» sussurrò con scarsa convinzione. Cercò di ignorare la stanchezza che le inondava le ossa e ricordare cosa fosse successo dopo l’arrivo del ragno. Tutti gli epiteti dati da Black erano tutti nella sua memoria, in un cassetto denominato Vendetta.
 
«Black ha raccontato a grandi linee quello che è successo» spiegò lentamente la rossa «Giusto, cos’è successo? Sai, non mi ricordo molto» Si giustificò lei con un sorriso forzato. «Ci ha raccontato che tu e lui stavate discutendo quando è arrivata l’Acromantula» «Confermo» Si stava stupendo di quanto facesse fatica a parlare. Era come se la lingua fosse impastata, o semplicemente come se andasse a rallentatore.
 
«Ci ha detto che ti ha attaccato e ferito alla caviglia, che ha cercato di fermarla e che all’arrivo di Hagrid l’Acromantula si è spaventata e se ne è andata» Spiegò veloce. Il discorso di Lily era piuttosto confuso, ma Elisa capì a grandi linee. «Ha cercato di soccorrerti. Ha pensato fossi morta» «Ne sarà stato felice» commentò lei con tono amaro.
 
Sul viso dell’amica si dipinse una smorfia riluttante. «Ha passato due giorni appostato qui fuori. Era veramente preoccupato. Lo eravamo tutti, in realtà» Elisa si risistemò tra le lenzuola, evitando di commentare. Era confusa.
 
«Due giorni?» I suoi occhi tornarono sulla rossa, titubanti.
 
«Sì, hai dormito per due giorni. Ma non c’è da stupirsi: hai perso davvero molto sangue. Madama Chips era seriamente preoccupata, come anche Silente.» La ragazza si portò una mano a coprirle gli occhi. Che gran casino. Era stanca e, constatò guardandosi una mano, anche pallida. «Aspetta qui, vado a chiamare Madama Chips». Non cercò di fermare l’amica, forse perché le sarebbe costato più dell’energia che poteva permettersi.
 
Quando sentì i passi della ragazza allontanarsi, la mora emise un sospiro di frustrazione. Aveva rischiato, e molto. La prossima volta avrebbe dovuto prestare più attenzione.  Lily tornò con Madama Chips al seguito che, dopo averla visitata decretò che stava decisamente meglio. Così, dopo averle intimato di stare a letto e non muoversi, andò ad avvertire il Preside.
 
Anche Lily se ne andò: aveva lezione ed Elisa la costrinse a parteciparvi. Lo studio era molto importante per lei e inoltre avrebbe dovuto passarle gli appunti. Rimase sola e non perse tempo. Si girò sul fianco e chiuse gli occhi. Dormire l’avrebbe aiutata a guarire. Ne era sicura.
 
 
***
 
 
Uno sbadiglio le uscì prepotente dalla bocca. Non sapeva per quanto avesse dormito, ma ora si sentiva decisamente meglio. Guardò fuori dalla finestra. Ormai era giunta sera. Si girò lievemente e lo vide: Remus dormiva beato su una sedia vicino al letto.
 
«Remus» Al richiamo il ragazzo aprì gli occhi. La confusione sul suo viso fu subito sostituita da un’intensa felicità mentre un sorriso si allargava sul suo volto. «Stai bene?» «Sì, va meglio. Come mai da queste parti?» Si stiracchiò ancora, mettendosi seduta. Si sentiva decisamente meglio.
 
«Volevo venirti a trovare e inoltre Lily mi ha detto di darti questi, aveva da studiare questa sera» spiegò il ragazzo indicando i fogli sul comodino, che Elisa dedusse fossero gli appunti. «Grazie» Rispose con un sorriso « Cos’è successo tra te e Sirius?».
 
Le labbra della ragazza si assottigliarono con poca grazia. «Ha fatto due giorni con i sensi di colpa dicendo che se morivi sarebbe stata tutta colpa sua, che non si sarebbe mai perdonato di averti detto delle cose... non ci abbiamo capito molto» spiegò Remus confuso. Elisa inspirò a fondo, cercando di mantenere la calma. «Mi ha dato della poco di buono» informò l’altro con un sorriso serafico.
 
Questa situazione la scocciava: era lei a essere stata insultata, era lei a essere a letto perché un ragno gigante aveva cercato di cenare con la sua gamba, eppure ora la vittima era lui. Remus la guardò indignato.
 
Eppure, come era venuta, l’espressione se ne andò, lasciando spazio ad una nuova, questa volta comprensiva, faccetta triste. «Non devi ascoltarlo» commentò Remus dolcemente. «Sirius ha la tendenza a parlare a sproposito. Per lui è difficile» il suo viso si contorse in una smorfia «mostrare affetto per le persone» aggiunse con un sorriso.
 
Lei lo guardò scettica ma non commentò. E mentre il ragazzo cambiava amabilmente discorso, lei rimase immobile a pensare a quanto questo affetto le fosse costato.
 
 
***
 
 
Quando Remus se ne andò Elisa si sentì immensamente sola. Il silenzio riempiva l’infermeria con insistenza. Fu dopo molto tempo che un cigolio della porta richiamò la sua attenzione. Severus, sulla soglia, le rivolse uno sguardo truce. «Ecco cosa succede a stare più di cinque minuti in compagnia di Black» commentò arcigno.
 
Elisa sorrise felice. Severus era proprio quel che ci voleva per riempire la gente di insulti. «Promettimi che gli starai lontano». Severus si era avvicinato, regalandole uno dei tanti sguardi apprensivi che aveva visto molte volte rivolgere a Lily. «Non voglio che ti succeda qualcos’altro». La ragazza lo guardò con dolcezza. «Non mi succederà più nulla, tranquillo» .
 
Quella frase, però, sarebbe risultata solo un’amara bugia.
 
 
***
 
 
Era ormai mattina. Quella notte Elisa aveva dormito abbastanza tranquilla. Il sole faceva capolino dalle finestre aperte, da cui entrava una leggera brezza. La ragazza era intenta a studiare gli appunti lasciati da Lily. La noia aveva raggiunto picchi inimmaginabili.
 
«Disturbo?» La domanda proveniva dalla soglia dell’infermeria dove un Serpeverde la guardava ammiccante. Regulus Black era venuto a trovarla. Il cuore di Elisa si riempì un po’ di stizza. Regulus veniva a trovarla e suo fratello no? La ragazza cercò di reprimere quel sentimento.
 
«Mi hanno riferito dell’incidente. Come stai? Naturalmente se mio fratello fosse dotato di un cervello almeno avrebbe cercato di difenderti». La ragazza rise a queste parole. Magari Regulus non era poi tanto male. «Sto bene. Tranquillo, non hai un colpevole in famiglia, un idiota però sì». Il ragazzo sorrise complice. 
 
« Credo di non aver avuto ancora l’onore di conoscerla Milady. Come si trova nella scuola?» Chiese ammiccante sedendosi al suo fianco. Dopo un’oretta passata a parlare, Elisa convenne che il ragazzo non era tanto male.
 
Quella sera poté finalmente uscire dall’infermeria. Madama Chips non si lamentò nemmeno troppo: a detta sua, aveva un recupero superiore alla media. Si diresse spedita verso il suo Dormitorio, decisa più che mai a portarsi avanti con lo studio.
 
Fu tutto inutile. Benché la sua nuova libertà la lasciasse stordita, la stanchezza si fece presto sentire. Gli schiamazzi vicino al camino, inoltre, non la aiutarono certamente nei suoi propositi. Esasperata e un po’ innervosita, decise finalmente di dirigersi nella sua stanza. Alzatasi, però, qualcuno le finì addosso, probabilmente spinto da un suo compagno. La ragazza sentì la sua caviglia scricchiolare pericolosamente. «Fa’ più attenzione» rimproverò l’altro con tono rabbioso. Solo quando si girò notò come Sirius la guardasse intensamente.
 
Elisa rimase immobile, aspettando. Il ragazzo sembrò voler dire qualcosa. Aprì la bocca per parlare, per poi ripensarci e richiuderla. La mora rimase ancora qualche secondo ad osservarlo per poi voltarsi e sparire su per le scale. Per quella settimana aveva già vissuto abbastanza avventure.
 
 
***
 
Confusione. Non provava nient’altro. Intorno a lei non c’era nient’altro.
 
Era sola. Le capitava spesso nell’ultimo periodo. Rimanere sola con sé stessa, con le sue sensazioni, e poi nulla. Il vuoto. In bilico tra realtà e fantasia. Viveva nei suoi pensieri, nei suoi presentimenti. Lily era preoccupata, la vedeva silenziosa, chiusa in sé stessa. Lei però non poteva capire: c’era qualcosa, qualcosa di grande, di terribile. Cosa fosse, una domanda ignota, ma la tensione che produceva le riempiva le ossa rendendola stordita.
 
Quando quella sensazione era comparsa per la prima volta era nel branco. Non vi aveva dato molto peso, ma da quando era arrivata a Hogwarts quel presentimento, quel sospetto era cresciuto sempre di più, fino a occupare costantemente i suoi pensieri. Era una sensazione di allerta quella che provava, si sentiva in pericolo.
 
Era in pericolo.
 
Con uno sbuffo si lasciò cadere sull’erba del prato. Il cielo sembrava riflettere il suo umore. Grossi nuvoloni neri si stagliavano su di lei, colossi invincibili. Di lì a poco avrebbe cominciato a piovere. Elisa si meravigliò per un attimo immaginando il sole al di là dei nuvoloni. Lui era una costante, sempre presente. Non importava se pioveva, se nevicava. Il sole sarebbe sempre riapparso.
 
Le prime gocce di pioggia le bagnarono il viso. Lentamente si alzò, lasciando che qualche goccia le percorresse il collo. Non avrebbe corso a ripararsi, prendere un po’ di pioggia le avrebbe fatto solo bene. Camminando lentamente sotto la pioggia il pensiero andò ai suoi nuovi amici. La sensazione di turbamento si rafforzò. Si fermò e si voltò verso il Lago Nero.
 
La pioggia, ormai scrosciante, l’aveva inzuppata completamente. Doveva capire cosa stesse succedendo, doveva sapere.
 
Percorse i corridoi in silenzio, persa nei suoi pensieri. Arrivò al ritratto della Signora Grassa e, dopo aver pronunciato la parola d’ordine, entrò a testa china. La Sala Comune era quasi vuota, fatta eccezione per alcuni ragazzi del settimo anno. 
 
«Avete sentito? Chaleb di Tassorosso è sparita, insieme alla sua famiglia» La frase raggiunse Elisa dall’altra parte della stanza e, come un pugno allo stomaco, la fece fermare di botto. Non conosceva bene la ragazza di Tassorosso di cui parlavano, ma aveva sentito fosse una mezzosangue.
 
Un nuovo pensiero le si insinuò nella mente. Una lama di paura le trafisse il petto. Aveva bisogno di risposte e sapeva dove cercarle. Si lanciò fuori dal Dormitorio. «Stevenson per Merlino! Fa’ attenzione!» Potter si scansò giusto in tempo per non essere travolto. «Ehi, tutto bene?». Elisa ignorò la domanda. Il suo aspetto doveva proprio essere orribile. Non si voltò nemmeno, continuando imperterrita la sua corsa per il corridoio.
 
Il suo passato era tornato a farle visita.
 
A quel pensiero aumentò la velocità. Doveva capire.
 
Si fermò di botto davanti al Gargoyle di pietra. «Lecca lecca» pronunciò la parola automaticamente, nervosa. Ringraziò la sua divina stella per averle fatto sentire la parola qualche giorno prima. Il Gargoyle di pietra si spostò con un balzo. Prontamente la ragazza salì le scale appena comparse.
 
Non appena fece il suo ingresso nella stanza l’anziano preside alzò gli occhi dalla sua scrivania per puntarli in quelli angosciati di lei. «Dobbiamo parlare» Elisa si sorprese che la sua voce fosse così stridula in quel momento. Silente si mise comodo sulla scrivania e, con un sorriso gentile, si risistemò gli occhiali sul naso. «Era da molto che l’aspettavo».
 
 
***
 
«Tre volte in senso orario» aa riprese stancamente Severus. «Seriamente, Elisa, sei sicura che vada tutto bene?». L’aula di Pozioni era invasa da un odore pungente. Lily, al fianco di Severus, guardava l’amica preoccupata.
 
«Sto bene Sev» rispose stancamente. I due amici non si bevvero la scusa e, con uno sguardo accusatorio, ritornarono al lavoro. Era da un paio di giorni ormai che quella storia andava avanti: lei, persa nei suoi pensieri e depressa, mentre gli altri cercavano di capire cosa diamine frullasse nella sua testa. Avrebbe dato tutta sé stessa per scoprirlo anche lei.
 
 
***
 
 
« Stevenson!». Il grido la raggiunse facendola voltare. Black la guardava con un sorriso sulle labbra. «Cosa vuoi, Black?» Doveva raggiungere velocemente Lily in biblioteca. Quel pomeriggio avevano deciso di studiare insieme, e dato i suoi risultati negli ultimi tempi Elisa poteva già vedere la montagna di lavoro che l’aspettava. 
 
«Oh niente, volevo solo presentarti la mia nuova ragazza».
 
Elisa rimase qualche attimo interdetta cercando di capire. Anzi, ci mise tutta sé stessa per comprendere quale fosse la logica dietro quella presentazione del tutto inutile e fuori luogo. Le bastò poi semplicemente osservare lo sguardo divertito di Potter alle spalle dell’amico, quello basso di Minus o quello esasperato di Remus.
 
La ragazzina arpionata al braccio di Black non sembrava neanche troppo male. I capelli rossi che le ricadevano così morbidi lungo le sue spalle, le ricordarono terribilmente quelli di Lily. E insieme alla chioma Elisa ricordò anche l’appuntamento a cui rischiava di arrivare maledettamente in ritardo.
 
«Piacere, Elisa». Cercò di essere il più cordiale possibile, sperando così di potersi voltare e continuare il suo percorso. «Rossana». Elisa non pensava che un nome potesse essere pronunciato con tale strafottenza. Le sue sopracciglia si arcuarono, improvvisamente spazientita. Non aveva tempo da perdere. «Sai» Elisa osservò la ragazza con sguardo leggermente divertito «io non sarei così fiera». La rossa le restituì uno sguardo di stizza. La mora posò gli occhi in quelli di Black giusto in tempo per vederli socchiudersi, sospettosi. «A me non piacerebbe essere ostentata come un trofeo». Il commento chiuse la conversazione. Non ricevendo risposta, Elisa si voltò, incamminandosi verso la sua destinazione: il più possibile lontano da quel corridoio sarebbe andato bene.
 
 
***
 
 
Erano ormai due ore che lei e Lily studiavano in biblioteca. Presto le sarebbe venuto il cimurro.
 
Guardò disperata e implorante l’amica che, con uno sbuffo, cominciò a riporre tutti i libri nella borsa. Elisa ne fu immensamente sollevata e, con un sorriso a trentadue denti, uscì dalla biblioteca seguita da una Lily leggermente nervosa. Era stata una giornata pesante per entrambe.
 
Al di là del carico di compiti a cui non voleva nemmeno pensare, Elisa rischiò seriamente di accelerare il passo dal nervosismo. La scenetta di Black le aveva dato di che pensare più di quanto si aspettasse. Non era sicura si sentisse infastidita più dall’interruzione, dal tono della rossa, dalla sua completa imbecillità. Erano tutti fattori che decisamente le avevano rovinato la giornata.
 
In quel momento però aveva altri problemi più importanti a cui pensare: doveva trovare qualcuno con cui andare a Hogsmeade quel fine settimana. Lily usciva con un ragazzo Tassorosso e lei di certo non avrebbe retto il moccolo.
 
 All’ inizio aveva pensato a Severus, per poi bocciarlo definitivamente quando scoprì che il ragazzo ci andava con altri Serpeverde. Voleva tornare con tutte le parti del corpo, soprattutto con la testa, e le pareva assai improbabile di bersi un’amichevole burrobirra senza incidenti vari. Aveva quasi deciso di andarci da sola quando la risposta entrò in Sala Grande in quel momento.
 
Elisa si alzò con un balzo e si diresse decisa verso i Malandrini. Poteva sentire lo sguardo di Lily trapassarla da parte a parte. «Ciao Remus». Il suo arrivo fu accolto da molti sguardi stupiti. «Ciao, che succede?». Il ragazzo pareva curioso e disperato al tempo stesso. L’imbarazzo aveva iniziato a tingergli le guance, facendola sorridere. «Oh, niente. Mi chiedevo solo se ti andasse di venire a Hogsmeade con me questo fine settimana». La sua voce divenne sempre più piccola via via che la frase usciva dalla sua bocca. Osservando le occhiate che i ragazzi si lanciarono, Elisa non fu più poi tanto sicura fosse una buona idea.
 
Un silenzio attonito accolse gran parte della tavolata Grifondoro nelle vicinanze. Frank, un ragazzo simpatico che Elisa aveva conosciuto molte settimane prima e che ora sedeva qualche posto più in là, rischiò di strozzarsi con il pollo.
 
«No, non può» La voce di Sirius la fece voltare, esasperata. «Non mi risulta che tu sia sua madre». Quella era la sua unica ancora di salvezza e Black non avrebbe rovinato tutto. «Sirius» Potter afferrò saldamente la spalla dell’amico al suo fianco.
 
«Remus andrà a Hogsmeade con lei se vorrà, tu non puoi proibirglielo. Tu non ci vai già con Rossana?» Gli ricordò il ragazzo. Sirius non rispose, limitandosi ad attaccare il suo pasticcio nel piatto. Eppure, mentre lei e Remus si mettevano d’accordo, non le sfuggirono le occhiate pregne di rancore che, sperò, non fossero rivolte all’amico.
 
 
 
Angolo autrice
Buongiorno gente. Scusate se non ho aggiornato prima, ma sono piena di impegni. Spero che il capitolo vi piaccia, anche se è principalmente di passaggio. Le recensioni sono sempre più che gradite.
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Niente peperoni a cena ***


Era ormai sera. Lily guardò fuori dalla finestra. Un dolce tramonto accolse il suo sguardo. Elisa non era ancora tornata. Erano passati alcuni giorni dalla gita a Hogsmeade e l’ amica irradiava felicità da tutti i pori. Il giorno prima l’ aveva anche beccata a canticchiare sotto la doccia. Chissà quale pensiero vagava nel cervello dell’ amica. La rossa si appuntò mentalmente di dover indagare. Scese le scale del Dormitorio e si diresse verso la Sala Grande. Aveva una fame da lupi, probabilmente si sarebbe mangiata un drago.
                                                                                        
Arrivata in Sala Grande si stupì nel non trovare l’ amica, ma non se ne preoccupò troppo. Elisa era capace di badare a sé stessa, ne aveva dato prova diverse volte. « Ei Evans che ne dici di uscire con me?» Ecco l’ immancabile Potter.
 
« No, Potter, non uscirei con te nemmeno se dovessi scegliere tra te e un babbuino» Rispose sarcastica la ragazza. « Sai per caso dov’ è Remus?» Le chiese il ragazzo cautamente. « No, perché?» Chiese curiosa alzando lo sguardo. Quella domanda la stupì.
 
Da quando lei e Potter avevano una conversazione civile?
 
I malandrini la guardarono alzando le spalle. « È da tutto il pomeriggio che non si fa vedere. Effettivamente è dall’ uscita ad Hogsmeade che è strano, schivo.» Commentò pensieroso Potter.
 
Un dubbio fastidioso si insinuò nella mente di Lily. Anche Elisa era strana dall’ uscita ad Hogsmeade... stroncò sul nascere quel pensiero assurdo. Era una stupida anche solo a immaginare una cosa del genere. Insomma, quei due insieme... che stupida!
 
Dopo aver cenato si alzò per tornare in dormitorio quando, però, vide Elisa correre verso di lei mano nella mano con Lupin. Si bloccò di botto. « Lily Lily» squittì la ragazza avvicinandosi. Era emozionata e le brillavano gli occhi. « Remus! Ti sei degnato di farti vivo finalmente» Potter si intromise con la sua solita grazia da elefante. Lupin, intanto sorrideva e abbracciava come un ebete i suoi amici che, presi alla sprovvista, ricambiavano l’ abbraccio confusi.
 
Lily pensò che molto probabilmente il Grifondoro avesse bisogno di una visitina al San Mungo, nel reparto “danni al cervello”.
 
Elisa cominciò a scuotere insistentemente l’ amica per le spalle. « Ho tre notizie, una più bella dell’ altra!» Disse eccitata al solo pensiero « Elisa calmati, respira. Ora, quali sono le tre notizie?» Chiese gentile la rossa. Non aveva mai visto la ragazza così felice. Qualunque cosa fosse successa, era fonte di gioia per lei. « Io e Remus stiamo insieme!»
 
“ Ecco, appunto” pensò Lily scioccata.
 
Detto questo l’ amica si girò e bacio dolcemente Lupin il quale, con un sorriso sulle labbra, ricambiò il bacio stringendo la compagna a sé.
 
Lily, in condizioni normali, avrebbe probabilmente applaudito e fischiato euforica. In quell’ istante, però, l’ unico sentimento che provava era confusione e una buona dose di paura: quella relazione avrebbe seriamente messo a dura prova i suoi nervi dato che, essendo Lupin un amico di Potter, avrebbe dovuto passare molto tempo con lui. Rabbrividiva solo al pensiero.
 
“Aspetta, notizie una più bella dell’ altra. Cosa devo aspettarmi?” pensò sempre più terrorizzata Lily mentre, con difficoltà, sfoggiava un sorriso tirato.
 
Potter e i suoi compagni, invece, urlavano e gridavano congratulazioni a Lupin come se fosse appena tornato da una guerra contro degli Schiopodi Sparacoda. La rossa si stupì di come anche Black fosse felice della notizia. Lui non aveva una cotta per la ragazza che, con naturalezza, cingeva il fianco del ragazzo al suo fianco sorridente? Lily non indugiò molto sul particolare: probabilmente si era messo il cuore in pace.
 
« E sapete quali sono le prossime novità?» Chiese una Elisa decisamente su di giri. « Sono incinta!» Gridò facendo voltare l’ intera Sala Grande verso di loro.
 
« Incinta??» Chiese Potter con un sorriso da un’ orecchio all’ altro. « Sì, incinta! Non è fantastico?? Inoltre abbiamo deciso che ci sposeremo a Maggio!» Rispose Elisa abbracciando un Lupin quasi in lacrime dalla felicità.
 
« Cos com eeee? Incinta? Matrimonio?» Chiese la rossa scioccata da tutte quelle notizie.
 
I malandrini, intanto, facevano i complimenti alla coppia e li abbracciavano allegri. « Quasi mi dimenticavo... James, al matrimonio tu farai il testimone insieme a Lily!» Aggiunse sorridendo al Grifondoro che, con orgoglio, si arruffava i capelli.
 
« Elisa! Tu, tu non puoi sposarti a questa età! E poi essere incinta è una grande responsabilità...» Cercò di dire Lily per far ragionare l’ amica.
 
Gli occhi di Elisa si riempirono di lacrime. Lily non badò certo all’ improvviso e innaturale cambio di umore dell’ amica. Era decisamente impegnata in attività più ricreative, come ad esempio ricevere occhiate velenose da tutta la tavolata Grifondoro.
 
« Tu non mi ritieni abbastanza responsabile» Mugugnò Elisa scoppiando definitivamente a piangere. Lupin le cinse subito le spalle guardandola male. « Se non volevi fare la testimone con me potevi anche dirmelo» La rimbeccò Potter per poi girarsi a consolare l’ amica ormai in lacrime.
 
Ovunque spostasse lo sguardo Lily riceveva solo sguardi di odio puro. All’ improvviso, però, tutto cominciò a tremare e girare vorticosamente. Elisa la guardò con disprezzo « Io mi fidavo di te».
 
Lily si svegliò di soprassalto con il fiatone.
 
Si tirò subito su a sedere e si guardò in giro. Il solito letto a baldacchino, le solite tende, la solita stanza.
 
Elisa dormiva nel letto a fianco tranquilla.
 
La rossa guardò veloce l’ orologio e il calendario. Erano le 5 di mattina e la visita ad Hogsmeade si sarebbe tenuta quel giorno. Lily si lasciò cadere tra le coperte con un sospiro. Era stato solo un sogno, uno stupido ed odioso sogno.
 
E se fosse successo veramente? No, Elisa era sempre stata sincera.
 
Se le fosse piaciuto Lupin glielo avrebbe detto subito, no? Lily si girò nel letto con uno sbuffo.
 
Da quel sogno aveva imparato qualcosa, perlomeno:
 
niente peperoni a cena.
 
- -  - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
Uno sbuffo la svegliò.
 
Piano piano aprì gli occhi e, dopo un tempo che le parve infinito, mise a fuoco la stanza. Il rumore veniva dal letto di Lily, dove la ragazza guardava con sguardo perso il pavimento. Era turbata.
 
« Ti stai divertendo?» Le bisbigliò piano. Non voleva svegliare quell’ oca della Robert. « A contare le piastrelle, intendo» Aggiunse divertita alla vista di una Lily confusa. « Ah ah, molto divertente Stevenson» Rispose la rossa voltandosi a pancia in su.
 
I capelli, arruffati e sparsi sul cuscino, le conferivano un’ aria malandrina e dolce.
 
« Incubo?» Chiese semplicemente Elisa. Quando Lily annuì la ragazza si alzò dal suo letto per infilarsi in quello dell’ amica. La rossa fu stupita di quel gesto: solitamente Elisa non gradiva contatti fisici.
 
Nonostante la sua iniziale perplessità fu grata alla ragazza di quel gesto. Ora si sentiva più sicura.
 
 Se Elisa avesse deciso di frequentare Lupin gliene avrebbe parlato prima sicuramente. Un prepotente sbadigliò si fece largo sulla bocca di Elisa che, nemmeno due minuti dopo, si addormentò. Un timido sorriso si dipinse sul volto di Lily a quella vista.
 
Capiva Black: Elisa era davvero speciale
 
- -  - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
“Ok, questo è davvero imbarazzante” pensò Elisa irritata.
 
Era circondata da circa cinque coppiette felici  che, chissà come mai, avevano deciso di limonarsi proprio davanti a lei. Insomma, non potevano fare i proprio comodi da un’ altra parte? Volevano un materasso già che c’ erano?!
 
La ragazza si impose di stare calma. Remus sarebbe arrivato presto a salvarla. Forse in quel momento anche Lily si stava divertendo con quel Tassorosso... Elisa bloccò quei pensieri decisamente sconvenienti sul nascere e cominciò a guardare il muro con interesse.
 
« Elisa?» Chiese esitante Remus dietro di lei. Elisa, dal canto suo, non perse tempo nemmeno a rispondere al ragazzo: lo prese a braccetto e cominciò a trascinarlo fuori verso i prati.
 
Quando furono abbastanza lontani la ragazza gli lasciò libero il braccio. « Finalmente lo hai lasciato, e senza riscatto!» Scherzò impacciato Remus.
 
Cominciarono a camminare fianco a fianco, in silenzio, verso il villaggio. Il sole, stagliato nel cielo limpidissimo, irradiava bagliori luminosi sul Lago Nero, creando così giochi di luci, come mille e mille perle dorate.
 
Elisa alzò pigra la testa, lasciando che il calore del sole le solleticasse la pelle. Dei ragazzi del sesto anno distesi sull’ erba qualche metro più in là girarono la testa al loro passaggio. La ragazza non capì a che casa appartenessero.
 
Il silenzio ormai era diventato opprimente. Remus, dal suo canto, camminava a testa china pensoso.
 
Elisa si ritrovò a fissarlo con interesse. Molto probabilmente questa era la sua prima uscita con una ragazza. Sorrise tra sé al pensiero: anche lei non aveva molta esperienza a riguardo. Una domanda nacque spontanea nella sua mente: quello era un appuntamento? No, non lo era. A lei non piaceva Remus, almeno non sotto quel punto di vista. Era uno dei suoi due migliori amici, contando naturalmente anche Severus.
 
 Un borbottio imbarazzato la riportò alla realtà.
 
Remus la guardava dubbioso. La ragazza, infatti, persa nei suoi pensieri, non si era accorta di aver fissato insistentemente il ragazzo per tutta la strada. Quest’ ultimo, confuso dallo sguardo scrutatore della ragazza, aveva cercato fino all’ ultimo di guardare da tutte le parti tranne che nella sua direzione.
 
Tutto ciò aveva funzionato finché non arrivarono al villaggio dove Remus, sommerso da tutto quell’ imbarazzo, aveva risvegliato la compagna dai suoi pensieri.
 
« Siamo arrivati» esordì lui con poca convinzione. Elisa annuì e, con un sorriso, cominciò a camminare per il villaggio curiosa. Quel giorno avrebbe potuto girovagare un po’, e la cosa l’ allettava parecchio.
 
La curiosità era stata una sua compagna fin dall’ infanzia. Questa caratteristica però, aveva imparato, bisognava controllarla e contenerla.
 
Remus la guidò per tutto il villaggio, mostrandole I Tre Manici di Scopa, la Testa di Porco, Scrivenshaft e, con suo grande imbarazzo, Madama Piediburro. Usciti da quel negozio Elisa poté ammirare sul volto dell’ amico trenta sfumature diverse di rosso. Rise di gusto a quella vista.
 
In quel momento, però, un fischio proveniente da lì vicino fece voltare entrambi. Potter, Minus e Black li guardavano ammiccanti qualche metro più in là. O meglio, i primi due li guardavano ammiccanti. Black avrebbe fulminato vivo Remus che, con sguardo colpevole, lo guardava lanciandogli scuse silenziose.
 
« Dai Remus andiamo» Disse gentilmente Elisa. « Dai Remus andiamo» la scimmiottò Black in una versione decisamente irritante e infantile. La ragazza lo guardò sbigottita. Quel ragazzo la faceva imbestialire. Eppure, con calma e tranquillità, prese per mano Remus e lo condusse via sotto lo sguardo furente di Black. “1 a 0 per me” pensò sarcastica.
 
Camminarono per circa cinque minuti fino a quando il ragazzo si fermò all’ improvviso.
 
Una casa lugubre e malmessa si stagliava all’ orizzonte. Non c’ era bisogno di spiegazione. Quella era la Stamberga Strillante, gliene aveva parlato il giorno prima Lily. Remus si lasciò cadere distrattamente sull’ erba, seguito subito dalla ragazza.
 
Aveva un viso stanco e malaticcio, percorso da una smorfia che poteva benissimo essere stata provocata da un bel bicchierone di Ossofast o da un calcio in parti potenzialmente delicate.
 
« Elisa, credo che noi dovremmo parlare» Disse con tono lugubre.
 
All’ occhiata confusa che la ragazza gli restituì, continuò « Io non sono stato onesto nei tuoi confronti. Non sono la persona giusta per te, non posso renderti felice. E capisco se mi odierai e non vorrai più rivolgermi la parola, ma ti prego, sappi che lo sto facendo per il tuo bene. Inoltre Sirius ha una grande cotta per te, anche se non lo vuole ammettere. Non voglio rovinare tutto, ci tengo molto alla nostra amicizia » Disse tutto d’ un fiato e senza guardarla negli occhi.
 
Aveva paura, paura di rovinare un’ amicizia, di ferire i sentimenti altrui.
 
A quelle parole Elisa s alzò, seguita subito dall’ amico che, con voce dubbiosa, la chiamò. E fu quella la prima volta in cui Elisa lo stupì veramente.
 
Lo abbracciò.
 
Un abbracciò fraterno, dolce. « Remus tranquillo, davvero. Questo non era un vero appuntamento. Era solo un’ uscita tra amici. Non mi aspetto nient’ altro che te, Remus Lupin.» Disse con un sorriso sulle labbra scostandosi leggermente e accarezzandogli gentilmente i capelli.
 
« Dai vieni stupido» Aggiunse scompigliandoglieli e spintonandolo leggermente, per poi riprendere a camminare verso il castello. Remus la seguì immediatamente, il viso rilassato e sorridente.
 
- -  - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
  Dopo quell’ abbraccio il pomeriggio passò molto più velocemente tra spintoni, pizzicotti e solletico.
 
Verso le quattro decisero di andare ai Tre Manici di Scopa a bere una burrobirra.
 
Appena entrati Elisa prese posto mentre Remus faceva pazientemente la coda per ordinare da bere.
 
Durante l’ attesa la ragazza guardò distrattamente in giro e, con sua grande sorpresa, vide il Tassorosso con cui Lily sarebbe dovuta uscire. Un brivido di tensione le attraversò la spina dorsale: qualcosa non andava.
 
Dov’ era Lily?
 
Perché non era con lui?
 
E ancora, perché il ragazzo se ne stava bellamente seduto tra i suoi amici?
 
Senza pensarci due volte, Elisa si alzò e si diresse verso il loro tavolo. « Ei ciao! Ma dov’ è Lily?» Chiese con la preoccupazione celata dietro una buona dose di gentilezza guardandosi nervosamente in giro in cerca della rossa.
 
« Ciao!» Rispose allegro il ragazzo. « Non so dove sia Lily. Siamo venuti qui ad Hogsmeade insieme, poi però l’ ho persa di vista. Abbiamo avuto una piccola discussione su quel Piton» Aggiunse con un filo di disgusto.
 
« Le ho solo detto che è uno stupido senza cervello e lei mi ha aggredito, nemmeno fosse il suo ragazzo!» si difese alla faccia scandalizzata della ragazza che,con voce intrisa di rabbia, soffiò « Non è il suo ragazzo, idiota, è solo il suo migliore amico!»
 
Il Tassorosso rimase a bocca aperta mentre Elisa ,con uno scatto, si diresse alle porte della locanda trascinandosi dietro un Remus decisamente confuso.
 
« Elisa cosa succede? Se non ti piace quello che fanno qui potremmo andare …» « Lily è sparita» Disse secca. « Il tipo con cui doveva uscire l’ ha fatta imbestialire e lei è sparita» « Non potrebbe essere semplicemente tornata al castello?» Chiese confuso il ragazzo. « Potrebbe» Sussurrò Elisa pensierosa mentre, fermatasi in mezzo alla strada, guardava Remus mordicchiandosi l’ interno della guancia sovrappensiero.
 
Riprese a camminare veloce per le strade sulla via del ritorno, con un’ ansia sempre maggiore nel cuore.
 
“Se le fosse successo qualcosa …” Si ripeteva con crescente panico.
 
Remus le afferrò il braccio, fermandola, e la strinse in un lungo abbraccio. « Lei sta bene, tranquilla» le sussurrò all’ orecchio dolcemente.
 
Elisa gli fu grata di quel gesto.
 
Sentiva una baraonda nel cervello, come se qualcuno lo avesse afferrato e avesse cominciato a ballarci la Samba.
 
« Ei Remus, certe cose si fanno in stanza!» La voce squillante e potente di Potter rovinò quel piccolo e modesto momento di quiete interiore.
 
Elisa gli lanciò uno sguardo che, velenoso, colpì il ragazzo come una badilata. « Che c’è? Anche tu come la Evans hai gusti diversi? Rallegrati: almeno tu non vai con degli schifosi Serpeverde! Sai, non parlo solo di Mocciosus. Prima la Evans non era di certo con lui, anche se la compagnia era la stessa.» Sputò il ragazzo con voce intrisa di rabbia e gelosia.
 
  Pochi pensieri si fecero largo nella mente della ragazza: “Lily” e “ pericolo”.
 
« Dove? Quando?» Chiese precipitosamente sentendo il panico crescerle in gola. « Oggi pomeriggio abbastanza presto, perché?» Fece ingenuamente il giovane. Senza aspettare risposta riprese « Se ne stava lì, con quei Serpeverde del cavolo. Stavano discutendo di qualcosa e lei sembrava anche abbastanza infuriata.» Aggiunse quasi rivolto a sé stesso.
 
« E a te non è minimamente venuto in mente di aiutarla vero? “ Se la stava cavando bene già da sola!” dirai. Bé, svegliatevi, è solo una ragazza!» Sbottò urlando preoccupata.
 
« Vieni, andiamo. Magari Lily è semplicemente in Sala Comune» La calmò Remus che, dopo averla presa per mano, la condusse nel castello.
 
Elisa ragionò sulle informazioni raccolte. Lily non era tipa che frequentava Serpeverde, a parte Severus. Un brivido freddo le percorse la spina dorsale.
 
Avevano tre possibilità:
 
La prima. Lily si trovava ad un’ allegra scampagnata con le serpi che disprezzavano il suo sangue.
 
La seconda. Lily stava combattendo con loro.
 
La terza. L’ avevano attirata con un tranello per poi farle del male. Questa era l’ opzione più pericolosa, ma anche la più probabile.
 
Remus la accompagnò fino al Dormitorio, dove aspettò in Sala Comune mentre la ragazza si dirigeva nella sua stanza. Appena entrata, la verità le piombò addosso come una secchiata di acqua gelata.
 
Lily non si vedeva da quel pomeriggio, in compagnia di Serpeverde.
 
Un senso di angoscia e allarme la attanagliavano.
 
La stanza era vuota.
 
 
- -  - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Angolo autrice
Ciao!! Come va? Ecco il frutto della mia mente malata x-) Forse molte domande attanagliano la vostra mente, come per esempio Dov’è Lily? Starà bene? O forse più semplicemente state pensando “ Per fortuna questa schifezza è finita …”. Tra i due preferisco il primo caso. Vorrei ricordare che ricevere recensioni mi rende felicissima quindi ditemi cosa ne pensate. Inoltre vorrei dedicare questo capitolo a tutti coloro che desideravano una Elisa/Remus ( come per esempio Thegirlwhowasonfire, e tra l’ altro colgo l’ occasione per ringraziare per il suo sostegno).
Alla prossima
Eli  ;-P
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Cicatrici ***


Remus la stava aspettando, ne era consapevole. Chiuse gli occhi un attimo e cercò di richiamare quella poca calma che fino a qualche minuto prima riusciva ancora a mantenere. 

Aprì lentamente gli occhi. Non si era neppure accorta di averli chiusi. Li richiuse e li riaprì un paio di volte per schiarirsi le idee. Doveva avvertire Remus.
Si alzò e uscì velocemente dal Dormitorio femminile. Scese le scale e raggiunse Remus che, preoccupato, la guardava ansioso. Elisa scosse il capo alla domanda silenziosa dell’ amico.

Lily non c’era.

Il ragazzo sembrò aspettarselo e corrucciò lo sguardo pensoso. La guardò, preoccupato. « Andiamo, dobbiamo avvertire la professoressa Mcgranitt.» Disse con voce risoluta trascinando con sé l’ amica.

Camminarono fianco a fianco fino all’ ufficio della professoressa.  A metà strada circa il ragazzo le passo il braccio sulle spalle per incoraggiarla. « Andrà tutto bene» Disse Elisa per convincere più sé stessa che Remus.

« Aspettami qui»  le sussurrò piano il mannaro mentre bussava ed entrava nell’ ufficio dell’ insegnante.
Elisa appoggiò la testa alla porta massiccia. Un ricordo le affiorò nella mente.

 
La sua attenzione era rivolta verso un gruppo di ragazzi che, dal fondo dell’ aula, guardavano  tutti i grifondoro come se fossero bitume. « Non osservarli» La ammonì Severus al suo fianco.  Alla domanda silenziosa della ragazza rispose: « Sono Serpeverde, la compagnia meno consigliata per una Grifondoro, a meno che tu non voglia fare una brutta fine.»
 

Un suono strozzato uscì involontario dalla sua bocca. Severus lo aveva detto. Era stata una stupida.  Aveva detto che l’ avrebbe protetta, avrebbe protetto tutti coloro a cui teneva. Era una bugiarda.

Il senso di angoscia si fece più opprimente che mai.

Cominciò a camminare nervosamente lungo il corridoio, la tensione ormai alle stelle, persa nei suoi confusi pensieri.

Un dolore improvviso alla testa la colse di sorpresa. Elisa si portò automaticamente una mano alla testa e, gemendo, si trascinò verso il muro dove si lasciò cadere a terra pesantemente. Il dolore, lancinante, le percorse tutto il corpo come se mille aghi la trafiggessero. 

Per un momento vide tutto nero. Poi una voce nella sua testa parlò.

Cercala.

La ragazza rimase stupita per un attimo. Quella voce … Elisa era sicura di non averla mai sentita prima. Questo però non le importava, lei inspiegabilmente si fidava. Ogni centimetro di lei, ogni cellula, si fidava cecamente di quella voce.

Vai a cercarla, ora. È in pericolo.

Ripeté quella voce. Era una voce di donna, ma era più profonda, misteriosa.

Vai, fai presto.

La ragazza si svegliò di soprassalto.

Era svenuta nel bel mezzo del corridoio. Si alzò di scatto e, senza aspettare Remus, si diresse correndo verso l’ uscita.

Ora sapeva cosa fare.


- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Una fitta di dolore le annebbiò la vista.

Qualcosa di caldo le bagnava il volto. Lentamente si toccò il viso. Quando ritrasse la mano vide un liquido denso e scuro sporcargliela. Era sangue. 

« Allora … cosa mi dici sporca mezzosangue?» Le chiese Lestrange. Un ghigno malefico gli incorniciava il volto. Il taglio di capelli accentuava ancora di più il grosso naso.

« Rodolphus che ne dici di farla finita? Ti ricordo che Bella ti sta aspettando» sogghignò il fratello al suo fianco.

Rabastan la guardava famelico. Seppure fosse più piccolo del fratello, non si poteva certo dire che il Serpeverde non lo eguagliasse in cattiveria.

Lily rabbrividì sotto quello sguardo.

Erano nel bosco e si stava facendo sera. Nessuno sarebbe venuta a cercarla. Lily girò lentamente la testa. La stamberga strillante si stagliava all’ orizzonte. L’ erba intorno a lei era macchiata di sangue. Il suo sangue.

« Dimmi se fa male, Evans.» Ringhiò Rodolphus con cattiveria.

Lily chiuse gli occhi mentre una lacrima silenziosa le rigava il volto. Trattenne il fiato mentre, con terrore, si preparava al dolore che avrebbe provato di lì a poco.

Nessuno si mosse.

Aprì lentamente gli occhi e vide i due Lestrange guardare dubbiosi nell’ oscurità tra gli alberi. Si guardarono per un attimo esitanti per poi tornare con le bacchette puntate verso la ragazza a terra.

In un altro momento probabilmente Lily si sarebbe chiesta che cosa avesse spinto i due Serpeverde a fermarsi. In quel momento, però, la paura era troppa. Ogni pensiero razionale era oppresso dal dolore alla testa che in ogni minuto aumentava drasticamente.

Lily cominciò a vedere appannato.

Quei due non l’ avrebbero uccisa. Non erano stupidi, e non lo era nemmeno lei. Avrebbero solo giocato un po’, e poi l’ avrebbero lasciata andare. Quella ferita alla testa però la preoccupava. Se non l’ avessero uccisa quei due imbecilli sarebbe morta dissanguata.

Quel pensiero di certo non la rincuorò.

Intanto i due fratelli avevano cominciato a bisticciare fra di loro, discutendo chi dei due avrebbe lanciato il prossimo incantesimo. Un ringhio basso e definito fece voltare allarmati entrambi.

Lily non vide bene la scena. La vista si era fatta offuscata e confusa.  

Un’ ombra sorpassò il suo corpo con un balzo e, con una poderosa spinta, fece cadere entrambi i ragazzi. Rabastan estrasse un coltello e colpì l’ animale. Un ruggito riempì l’ aria, seguito subito da un urlo.

Uno dei due ragazzi era stato ferito.

Entrambi scapparono velocemente, urlando, verso il villaggio. La creatura rimase ferma per un attimo ascoltando le grida allontanarsi, per poi avvicinarsi velocemente alla ragazza distesa a terra.

Lily cercò di muoversi ma alcun gesto le era impedito. Era paralizzata dalla paura e dal dolore. L’ animale le si parò davanti maestoso.

Due grandi occhi ,marroni e famigliari, le restituirono lo sguardo.

Le forze la stavano abbandonando, a ogni respiro la sua testa girava. Guardò quegli occhi nell’ oscurità finché, stremata, chiuse gli occhi e svenne, l’ immagine di una tigre ancora ben impressa nella mente.

 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Un rumore al suo fianco la svegliò.

Aprì lentamente gli occhi e si voltò con difficoltà alla sua destra. « Ei fai piano» le sussurrò dolcemente una voce.

Severus l’ aiutò a mettersi seduta. La guardava preoccupato, come se da un momento all’ altro potesse sparire. « Sto bene Sev» Lo rincuorò la rossa.

« Per fortuna che ti sei svegliata. Quando ieri sera ti hanno trovato e me l’ hanno detto io … » « Aspetta aspetta Severus, che cosa è successo?» Lo interruppe lei confusa. Il ragazzo la guardò intensamente e, un po’ esitante, chiese « Non ti ricordi nulla, vero? »

Al cenno dell’ amica continuò velocemente «Non si sa bene cosa ti sia successo. Lupin e la professoressa Mcgranitt ti stavano cercando. Sei stata trovata in un corridoio vuoto del quarto piano, sanguinante! È ovvio che qualcuno ti ci ha portato. E non sai nemmeno la cosa più sconvolgente.» Aggiunse cupo guardandola. « Sei stata trovata da una Corvonero del primo anno»

Lily lo guardò stranita. Che cosa c’ entrava questo?

« Sei stata trovata perché ha seguito il suo gufo. Ha detto che ieri sera è entrato dalla finestra del suo Dormitorio e si è fatto strada per i corridoi della scuola fino ad arrivare a quello in cui c’ eri tu. Quando la ragazzina ha svoltato l’ angolo ha detto che il gufo stava volando in cerchio sul tuo corpo a terra. Quel gufo sapeva cosa stesse facendo, sapeva dove andare. Lily, i gufi non lo fanno.» Scandì bene l’ ultima frase guardandola negli occhi preoccupato.

« Sinceramente non sono preoccupato per te in questo momento: Madama Chips ha detto che starai bene. Quello che mi preoccupa è il comportamento di quel gufo. Non è normale, non è assolutamente normale» Sussurrò più a sé stesso.

Dopo un rapido momento riportò la sua attenzione a Lily che, educatamente, era rimasta ad ascoltare i sospetti dell’ amico. Con tutta sincerità in quel momento lei aveva problemi ben più gravi che la schizofrenia di Severus e di un gufo.

« Che cosa è successo?» Le chiese dolcemente l’ amico.

La rossa sapeva esattamente a cosa si stesse riferendo. La sera precedente. Aprì la bocca per rispondere quando un’ immagine le si parò davanti agli occhi.

La tigre della sera prima.

« Non mi ricordo molto, a dir la verità. Sinceramente non ho una gran voglia di ricordare.» Rispose con un sorriso stiracchiato. Non se la sentiva di parlare di quella disastrosa uscita e dell’ animale che, doveva riconoscerglielo, l’ aveva salvata. Almeno, questa era ciò che le piaceva pensare. L’ alternativa era che il felino avesse solo salvato la propria cena.

Voleva far luce su questa storia da sola.

Severus annuì poco convinto. La ragazza non sapeva esattamente come avrebbe fatto luce sul mistero, ma sapeva a chi parlarne.

« Sai per caso quando Elisa verrà a trovarmi?» Chiese precipitosa. Il ragazzo scosse la testa lentamente e, alla faccia un po’ delusa dell’ amica, cambiò velocemente discorso. Lily rimase in infermeria una settimana.

Severus le venne a fare compagnia ogni giorno. Quella mattina sarebbe finalmente stata dimessa.

La ragazza però era turbata.

 Non solo Elisa non era venuta a trovarla,  ma Severus le aveva anche detto che ormai la ragazza evitava tutti a scuola.
Decisamente dovevano parlare.
 

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Era passata un’ altra settimana da quando Lily era stata dimessa dall’ infermeria.  Le cose non andavano per niente bene.

Perché quella ragazza cercava di tampinarla dappertutto?! Perché voleva per forza parlarci?!

Elisa svoltò l’ ennesimo angolo per l’ ennesima fuga di quell’ ennesimo giorno. Evitare tutti sarebbe stato semplice se avesse potuto pranzare e cenare in un luogo tranquillo. E invece no, tutti in Sala Grande!

 Elisa riprese a camminare più scocciata che mai. Si calcò il cappuccio in testa e passò di fianco a delle starnazzanti Corvonero del terzo anno che la guardarono curiose. La ragazza ignorò bellamente le occhiate fameliche delle ragazzine.

Quella sera si sarebbe tenuto lo spettacolo di Halloween. Elisa era seriamente preoccupata: e se le avessero visto il volto? No, non doveva e non poteva assolutamente succedere.

« Elisa!» Una voce dal fondo del corridoio la chiamò insistentemente. La ragazza, sempre a testa china, si girò.

Quattro ragazzi le correvano incontro veloci.

“ Porca miseria” pensò la ragazza cominciando a correre cercando di seminarli. L’ ultima cosa di cui aveva bisogno erano gli sproloqui di Remus e le domande insistenti di tutti i Malandrini, magari il tutto condito con un po’ di umorismo alla Potter.

Quando non sentì più rumore di passi dietro di sé si fermò riprendendo fiato.

Sfortunatamente per lei avrebbe presto compreso la caparbietà dei Malandrini.

Dopo un minuto, infatti, la ragazza sentì dei passi davanti e dietro di lei. Quando si accorse chi l’ aveva accerchiata era troppo tardi.

I malandrini l’ avevano braccata. 

« Senti Stevenson, giuro che se la prossima volta ci fai correre così ti strozzo.» Disse James con il fiatone davanti a lei. « In realtà lo abbiamo fatto per Remus, James» Lo corresse Minus.

A Elisa Peter non piaceva. Era codardo, bugiardo e adulava in modo ossessivo i propri amici. La discordia fra i due non era stata mai proclamata, ma dagli sguardi che si lanciavano si poteva chiaramente capire l’ infinito amore che scorreva tra i due, come Biancaneve e la sua matrigna.

Elisa tenne la testa china, non dovevano assolutamente vedere il suo volto.

« Elisa che cosa succede?» Remus le si avvicinò lentamente e le poggiò delicatamente una mano sulla spalla. « Lasciatemi in pace» sussurrò minacciosa la ragazza.

Remus si ritrasse come se si fosse scottato.

« Dai Eli sai che se hai bisogno di parlare…» « Perché dovrei voler parlare con te?»  Lo interruppe velenosa la ragazza. « Tu non sei nessuno» Aggiunse con cattiveria.

Questo comportamento non era da lei, lo sapeva, ma in quel momento si sentiva arrabbiata con il mondo, arrabbiata con i Lestrange per quel che avevano fatto a Lily, arrabbiata con Remus, per la sua bontà e ingenuità.

La mora non aveva bisogno di guardare, poteva benissimo immaginare lo sguardo ferito sul suo volto. Sentì i passi del ragazzo allontanarsi e un silenzio pesante cadere tra tutti i ragazzi.

Dopo due minuti James disse « Ok, noi ce ne andiamo» La sua voce era delusa, amareggiata.

Elisa alzò piano la testa e morì dentro.

Una lacrima faceva capolino sul volto di Remus. Distolse subito lo sguardo e si chiese cosa avesse fatto di male per sentirsi un verme.

Forse trattare Remus come un amicone, non farsi sentire per due settimane e dopo trattarlo come un’ acromantula assassina. Le suggerì una fastidiosa voce interiore.

Grazie per la comprensione, cara vocina. E comunque tutto questo non è colpa mia. E poi perché mi puzzi di coscienza?

Io sono la tua coscienza, e comunque gradirei che non mi parlassi così, caro ippogrifo in calore!

Elisa terminò il suo monologo interiore più arrabbiata di prima.

D’accordo, il suo comportamento verso Remus non era stato molto ortodosso, ma cosa poteva farci? Avrebbe volentieri evitato tutto quel gran casino!
« Sirius non vieni?» Elisa era così persa nei suoi pensieri che non aveva neppure notato Sirius che, in piedi di fronte a lei, la guardava truce infischiandosi bellamente dei richiami di James.

« Come di permetti di parlargli così? Di trattarlo così? Lui ci tiene a te, era preoccupato, e tu lo tratti come fosse una scocciatura!» Sputò velenoso il giovane Black guardandola furente. “ O ma guarda, la parte della crocerossina verso il suo amico ha sostituito quella del fidanzato geloso” pensò Elisa nervosamente.
« Sirius adesso piantala e vieni via» Lo richiamò velocemente James toccandogli una spalla. Il ragazzo però si liberò con uno scatto fulmineo e si avvicinò pericolosamente alla ragazza che, disperata, indietreggiava cercando una via di fuga.

« Sirius non fa niente» La voce di Remus, delusa e gracchiante, fu un altro pugno allo stomaco.

Elisa fece per andarsene ma Sirius la bloccò afferrandogli un polso.

Per lei fu troppo.

Cominciò a dimenarsi selvaggiamente cercando di sottrarsi alla presa del Black che, con parole dure, continuò « Per te la gente è solo spazzatura, vero? Tu stai evitando tutti, anche la Evans e Mocciosus! Ora tu ci dirai cosa succede,ora!» Disse l’ ultima frase e la inchiodò al muro con tutto il peso del suo corpo.
Elisa si sentiva in gabbia, le mancava il fiato, faceva fatica a respirare.

 « LASCIAMI STARE!» Urlò disperata dimenandosi ancor di più. Il ragazzo la teneva comunque ferma. D’ improvviso sentì il corpo a contatto con il suo irrigidirsi. Impiegò qualche secondo a capire il perché di quel gesto.

Il cappuccio le era caduto.

Sirius si impietrì alla vista del viso della ragazza.

Un profondo taglio glielo rigava. Una cicatrice che, dall’ occhio destro, le percorreva il volto fino alla guancia sinistra.

Era un colpo inferto da un coltello.

Anche gli altri si impietrirono a quella vista.

Elisa sentì una sensazione di calore coglierla da dentro. Come se un fuoco si stesse accendendo in lei. In meno di un minuto Black la lasciò andare con un urlo.

La ragazza ne approfittò e corse via dal corridoio. James si diresse subito verso l’ amico che, accucciato, tremava. « Mi ha… Lei… Una scossa elettrica» Boccheggiò il ragazzo guardando la ragazza correre via.  

« Ma non aveva in mano la bacchetta, è impossibile» Disse con stizza Peter. James scosse la testa e, senza dire più nulla, aiutò Sirius a rialzarsi e, insieme agli amici, si diresse verso il proprio Dormitorio, lontano da cicatrici, scosse elettriche e soprattutto donne.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Cosa succede Sirius?» Il ragazzo si era alzato in piedi e guardava pensoso fuori dalla finestra.  Era ormai da un’ ora che se ne stavano lì, in camera, chi a pensare e a riflettere e chi a covare vendetta verso un presunto stupratore.

Ogni volta che questa idea sfiorava minimamente la mente di Sirius, il ragazzo la cacciava via con un sonoro sbuffo.

Alla domanda dell’ amico si voltò « Non ci capisco più nulla, James» sbuffò lasciandosi cadere sul letto con un grugnito. « Cosa non capisci?» Chiese Remus guardandolo.

« Andiamo! L’ avete vista benissimo anche voi la cicatrice sul volto della Stevenson. Quella non è stata curata da Madama Chips, no, ne sono sicuro. Voglio sapere perché non è andata a farsela curare in infermeria. Che abbia paura del verme che gliel’ ha procurata?  Se lo trovo giuro che.. » si fermò in dubbio se continuare o no.

« Giuri che?» Gli chiese impaziente James.

L’ amico però non continuò. Aveva la testa fra le mani e lo sguardo sofferente.

James lo prese e lo tirò su di peso. « Adesso basta piangersi addosso. Andiamo a cena e teniamole d’ occhio, lei e la Evans. Questa storia non convince molto neanche me, ma prima di vendicarci vediamo di capirci un po’ di più» Spiegò il Grifondoro  trascinandosi dietro tre ragazzi, due di questi depressi.
 
 
Angolo autrice
Salve gente!  Ecco il nuovo capitolo. Spero vi piaccia e vi ricordo che le recensioni sono sempre ben accette. Un saluto
Eli ;-P
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La verità bussa sempre alla porta dello stomaco ***


Il silenzio la avvolgeva. Era scappata.

Ancora.

Si appoggiò all’ albero più vicino riprendendo fiato. Lo riconosceva: scappare da un luogo in cui qualcuno cercava la verità e giungere in uno in cui cercavano di ucciderla non era stato un chiaro esempio di genialità.

Un colpo di vento fece ondeggiare le chiome degli alberi. Se solo Silente avesse scoperto cosa stava per fare …

Probabilmente avrebbe cercato di scuoiarla viva. E qualcosa nella sua mente le suggerì che ci sarebbe anche riuscito.

Un sorriso le incorniciò le labbra. Era proprio stupida, matta da legare. Tutto ciò però la divertiva ancora di più.

Senza pensarci due volte cominciò a correre per la Foresta Proibita. Il castello all’ orizzonte si allontanava sempre di più.

I polmoni le parevano in fiamme, il vento le sferzava la faccia. A terra mille e mille radici la ostacolavano al suo passaggio. Il sole scendeva pigramente all’ orizzonte.

Elisa corse e corse finché una radice più grande delle altre la fece inciampare. La ragazza vide la terra avvicinarsi velocemente, l’ adrenalina a mille, finché non riuscì a bloccare la caduta con le sue zampe.

Quando si alzò da terra sentì come se le avessero tolto un cuscino dalla faccia. Respirò profondamente godendosi la sensazione di ossigeno nei polmoni, le vibrisse in fermento.

 Sentiva tutto.

Ogni rumore, movimento, respiro.

Si scrollò pigramente e si incamminò per la foresta. Silente non avrebbe approvato la sua trasformazione, lo sapeva bene, ma non le importava. Le piaceva la sua vita ad Hogwarts, non lo negava.

L’ unica cosa che le mancava era la libertà. Correre, arrampicarsi, tutto quello era parte di lei.

Sul suo cammino incontrò un coniglio e i suoi cuccioli. Spesso si era ritrovata a pensare a quanto desiderasse avere qualcuno che ci tenesse a lei, qualcuno che la difendesse anche a costo della vita.

Avere una famiglia.

Ma questo, lei lo sapeva bene, era impossibile.

Il suo vagare la portò al limitare della foresta. Il sole stava ormai tramontando, tingendo così le nuvole e il cielo di un rosa pastello. Elisa doveva tornare, lo sapeva bene.

 Guardando il castello fece il punto della situazione. I Lestrange avevano attaccato Lily e l’ avevano ferita. La ragazza, sotto forma di tigre, l’ aveva salvata e portata nel corridoio del quarto piano della scuola. Dopo aver avvertito un gufo aveva cominciato a evitare ogni singolo essere vivente del pianeta per la cicatrice che quel demente di Rabastan le aveva procurato.

Risultato: Severus e Lily la cercavano ma, poiché quest’ ultima aveva assistito allo scontro tra lei e i Serpeverde, certamente l’ avrebbe riconosciuta per via del taglio sul volto e quindi avrebbe capito tutto; inoltre i Malandrini la pedinavano e Black si era messo in testa di interpretare il ruolo del salvatore e del vendicatore …

ok, era decisamente fottuta.

Con un sospiro si ritrasformò e si avviò verso il castello. Il vento gelido le scompigliava i capelli mentre la ragazza, passo a passo, contava i minuti che le restavano da vivere.  

Arrivata alle porte della Sala Grande si fermò. Dopo essersi assicurata che il cappuccio le coprisse per bene il volto entrò.
Quella si sarebbe rivelata una lunga serata.

 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Il respiro le si bloccò in gola quando, appena entrata, i Malandrini le vennero incontro. La cosa che più la spaventò furono le loro facce serie.
Quando mai i Malandrini erano seri? Quell’ aggettivo non poteva essere accostato alla loro figura nemmeno tra un milione di anni.

 Come ultima ancora di salvezza cercò di sgusciare via facendo finta di nulla.

Il braccio di Potter, però, le si chiuse prepotente al polso, bloccandole ogni via di fuga. Il ragazzo avvicinò la sua bocca all’ orecchio di lei come per dirle qualcosa ma fu bloccato da una voce che, purtroppo, entrambi conoscevano bene.

Elisa raramente aveva paura, ma in quel momento ogni suo controllo andò a farsi benedire.

Davanti a lei c’ era un raro esemplare di Lily inferocita. I capelli rossi, che solitamente le incorniciavano graziosamente il volto, ora le davano un aspetto più feroce che mai, come se la sua testa avesse preso fuoco.

La ragazza si avvicinò bruscamente e, senza nessun disagio e fregandosene altamente della presenza di Potter, cominciò a urlare a pieni polmoni « Tu! Stupida ragazzina, come ti è venuto in mente di evitarci, di evitarmi, per così tanto tempo??!!» Chiese rossa di rabbia in viso.

« Due settimane dico, due settimane! Che diavolo ti passa per la testa? E voglio che mi si guardi in faccia quando parlo » Continuò inviperita. A quel punto Elisa scostò lo sguardo guardandosi in giro.

Tutti gli sguardi della Sala Grande erano puntati su di loro. La ragazza guardò di sfuggita la gente che, a pochi passi da loro, li osservava. Tra di loro i due fratelli Lestrange le guardavano divertiti. Rodolphus aveva il braccio al collo coperto da pesanti bende.

Elisa sorrise tra sé: l’ artigliata di qualche settimana fa stentava a guarire.

Intanto Lily la guardava più furente che mai. Cosa poteva fare?

« Non ti devi meravigliare tanto Evans, magari anche la tua amichetta ha scoperto che sei una Sanguesporco»  Le parole di Rodolphus le arrivarono come uno schiaffo. Come si permetteva quel verme?

Per fortuna Lily non si fece certo mettere i piedi in testa. « Magari è rimasta scioccata perché ha scoperto, chissà, una delle tue tresche alle spalle della Black, per esempio» Ribatté la ragazza perfidamente.

Il volto di Rodolphus si deformò dalla rabbia. « Non ti conviene giocare con me, a volte i gatti graffiano» Aggiunse Lily rabbiosa alludendo al braccio malandato del ragazzo. In meno di un secondo quest’ ultimo prese la bacchetta.

Elisa non ragionò. Si buttò davanti a Lily che, presa alla sprovvista, guardava spiazzata la scena.

Il Serpeverde lanciò un incantesimo, seguito subito da un altro proveniente dal fratello al suo fianco. Elisa sentì una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

Sentì tristezza, euforia e rabbia.

Un secondo dopo le sue braccia si incrociarono davanti al volto, veloci. Gli incantesimi dei due fratelli si infransero contro un muro invisibile davanti alle due ragazze. I due, intanto, furono disarmati e scagliati lontano contemporaneamente, come se un’ onda d’urto li avesse colpiti.

Un pesante silenzio scese sulla Sala. I due ragazzi gemettero e, lentamente, si rialzarono doloranti.

Una ragazza si staccò dal gruppo di Serpeverde. La sua carnagione bianco latte e i capelli nero pece mettevano sempre a disagio Elisa. Sentiva come se qualcosa in quella ragazza non fosse del tutto normale.

Ci aveva pensato molto, in realtà. All’ inizio aveva pensato che il disagio provenisse dal comportamento. Quella ragazza era crudele come pochi, provava piacere nella sofferenza.

Però si era detta che anche i Lestrange erano crudeli, certo non come lei, ma quasi, e che quindi il sentimento che quella ragazza scaturiva in lei fosse dovuto a qualcos’ altro. Aveva così cominciato ad osservarla.

E qui se n’ era accorta.

Dentro quella ragazza c’ era qualcosa di sbagliato, qualcosa di malvagio, perverso.
Qualcosa di malato.

 I suoi occhi sembravano iniettati di sangue, come se tutto ciò di cui avesse bisogno fosse la sofferenza, il dolore altrui.
 Questo era Bellatrix Black.

Dolore, sofferenza e malattia.

 Frequentava il settimo anno ad Hogwarts, a Serpeverde. Elisa si era sempre chiesta come facesse Rodolphus ad avercela come ragazza. Non poteva fare comunque un granché, matrimoni combinati alla Purosangue, naturalmente.

Persa nei suoi pensieri si stupì non poco quando la ragazza davanti a sé cominciò a urlare rabbiosa « Come osi?! Tu, brutta Mezzosangue, hai colpito il mio ragazzo!» Disse estraendo la bacchetta dalla tasca.

Elisa non era stupida: Lily era bloccata dalla paura e lei, checché avesse un grande potere, non poteva fare nulla.

Il problema era proprio quello. Lei possedeva troppo potere. Se non controllato, poteva uccidere tutti in quella stanza. Per questo nessuno doveva sapere, nessuno doveva conoscere la sua magia.

Nelle mani sbagliate lei sarebbe diventata una perfetta arma da guerra.

Un movimento alla sua sinistra la distrasse. Un corpo si era contrapposto tra lei e il pericolo.

Sirius fronteggiava a bacchetta sguainata la ragazza con un’ aria di sfida in volto.

« Elisa muoviti!» Le disse Remus al suo fianco trascinandola per il braccio. In quel momento Elisa comprese. Volevano farla scappare con Lily.
Prese così la ragazza terrorizzata al suo fianco e la trascinò via mentre James e Remus, anch’ essi con le bacchette in mano, coprivano la loro fuga. Bellatrix, però, non si perse un movimento di entrambe e, ricominciando ad urlare, cominciò a duellare con i tre ragazzi, aiutata dai fratelli Lestrange che, dopo essersi rialzati, ambivano alla vendetta.

Elisa intanto corse con Lily verso l’ uscita. Alle porte della Sala Grande guardò indietro. Nessun insegnante era presente al momento, fatto strano considerando l’ ora di cena. Bellatrix e i fratelli Lestrange sovrastavano i tre Malandrini che, senza bacchetta, ansimavano sfiniti.

La ragazza dai capelli neri alzò la bacchetta verso Sirius. « Spero tu soffra» disse ridendo.

 Non era una risata normale, una risata felice. Quella era una risata di Bellatrix, quella risata era malata, psicopatica, perversa.

Elisa non sentì più nulla. Non sentì i richiami di Lily, ne il cappuccio che lentamente le scivolava dalla testa.

Cominciò a correre velocemente.

L’ aria nei polmoni le si era fermata, come se ora un fuoco nuovo le bruciasse nel petto. Le sensazioni di prima riemersero, ma più violente e devastanti. La rabbia divenne cocente in lei, il rancore si fece strada nel suo cuore.

Prima ancora di capire cosa stessa succedendo prese la bacchetta e attaccò Bellatrix che, presa alla sprovvista, lanciò un Protego. L’ incantesimo della ragazza però si infranse al passaggio di quello di Elisa. I tre Serpeverde guardarono allarmati il volto della ragazza.

 Un taglio inferto da un coltello lo percorreva interamente.

A quella vista i Lestrange arretrarono sorpresi e terrorizzati. Bellatrix, invece, sorrise sornione ad Elisa e, senza esitazione, urlò « Diffindo!».

Un urlo giunse alle orecchie di Elisa dalla propria destra. Sirius si teneva il braccio da dove usciva un gran fiotto di un liquido scuro e denso:  sangue.

Qualcosa scattò nella mente di Elisa, come se un lucchetto si fosse aperto. Il suo volto si contorse in una smorfia di dolore e rabbia mentre le sue iridi si colorarono lentamente di rosso.

Con uno scatto si girò verso la ragazza e, con un rapido movimento del polso, tolse la bacchetta al suo avversario. Bellatrix guardò scioccata la sua bacchetta volare qualche metro più in la. Quando spostò la sua attenzione alla ragazza di fronte era toppo tardi.

Elisa sferzò l’ aria con la bacchetta e Bellatrix cadde, come se una padella invisibile l’ avesse atterrata. La ragazza si avvicinò minacciosa e le puntò la bacchetta tra gli occhi.

 Nessuno osò muoversi.

Un sorriso intriso di rabbia si disegnò sul volto di Elisa. Le avrebbe fatto male, lo voleva, eppure c’ era qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato. La ragazza soppresse la sua coscienza.

Non voleva fermarsi.

L’ avrebbe fatta soffrire, lentamente. Avrebbe utilizzato una maledizione senza perdono, sapeva bene quale. Questa volta si sarebbe divertita lei. Strinse la presa e aprì la bocca per pronunciare l’ incantesimo. 

« Elisa, ora basta.» Al suono di quella voce Elisa si fermò e i suoi occhi ritornarono velocemente al loro dolce color nocciola.

La verità le piombò addosso come una doccia fredda. Davanti a lei Bellatrix Black la guardava terrorizzata in ginocchio.  Intorno tutti la guardavano in silenzio, spaventati.

 Lentamente Elisa abbassò la bacchetta e si girò. I Malandrini e Lily la guardavano malfidenti e cauti, soprattutto quest’ ultima, che guardava il suo taglio ad occhi aperti.

 Poco più in là, invece, Severus la guardava sospettoso.

 Elisa abbassò lo sguardo, sconfitta. Aveva perso, perso contro sé stessa. Non era riuscita a controllarsi, aveva lasciato che la sua magia involontaria prendesse il sopravvento. Stava per far del male ad un’ altra persona, per divertimento.

Era diventata il mostro.

 Con un piccolo tonfo la sua bacchetta raggiunse terra. Non si era neppure accorta di averla lasciata cadere. Non le importava, poteva benissimo rimanere dov’ era.

Qualcuno la raggiunse al suo fianco. « Ti sei calmata ora?»

La bacchetta intanto, aveva cominciato a fluttuarle davanti. « Non la voglio» Sussurrò piano la ragazza alla sua vista. La bacchetta, allora, la sorpassò e andò a posarsi nelle mani del vecchio mago.

Silente la guardava dolcemente dai suoi occhiali a mezzaluna. « Seguimi » disse solo.

 Elisa ubbidì.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Va tutto bene?» Le chiese Severus al suo fianco.

Cosa rispondergli … forse che andava tutto bene, che si era ripresa.

No, non era vero.
Vedere la propria migliore amica in quelle condizioni sarebbe devastante per chiunque.

 Lily alzò lentamente la testa, titubante. La Black, pochi metri più il là, sbraitava senza fine le sue terribili vendette.

« Ho paura, Sev. Non riesco a capire: perché Elisa si è comportata in quel modo? Non era normale …» Il ragazzo la guardò per un attimo pensando.

« Fidati di lei» Decretò infine. « Ragiona un attimo sul perché si è comportata così. Non ci arrivi proprio?» Aggiunse guardandola con occhi spalancati. 

« Bé noi stavamo fuggendo e poi i ragazzi stavano per essere feriti. Ha duellato un po’ con la Black poi quando Black è stato ferito …» « Esatto Lily, è proprio questo il punto. Quando si è precipitata contro la Black era perché quel maiale di Potter e i suoi amici stavano per essere feriti. E quando è sbottata alla fine, Black era stato ferito, certo con mio grande rammarico …» Lily sorrise alla battuta dell’ amico.

Dentro di lei, però, una battaglia interiore stava avendo luogo.

Da una parte aveva paura, paura di cosa, poi. Paura di Elisa, paura della verità. Dall’ altra voleva fidarsi, lei c’ era sempre stata, lei aveva fatto da scudo contro gli incantesimi dei Lestrange, lei l’ aveva salvata dai Lestrange due settimane prima.

No, Lily non era stupida.

Di quello era sicura, quella tigre era Elisa, o in qualche modo era collegata a lei. Una pozione, magari.

La rossa, rassegnata, guardò l’ amico al suo fianco. « Mi fido di lei, anche se non vorrà dirmi la verità. Quando sarà pronta ne parleremo.» Disse il Serpeverde risoluto. Lily annuì e, dopo aver salutato Severus, si diresse verso il proprio Dormitorio.

Aveva deciso, si sarebbe fidata ma ad una condizione: lei non era paziente come Sev, lei voleva la verità.

 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Era ormai da dieci minuti che il silenzio di quell’ ufficio li avvolgeva.

Dieci. Fottutissimi. Minuti.

Elisa sospirò per l’ ennesima volta e, con garbo, si mosse il più silenziosamente sulla sedia.  Silente, intanto, guardava pensoso dalla finestra.

La ragazza si guardò un’ ultima volta in giro. Probabilmente quella sarebbe stata l’ ultima stanza che avrebbe visto prima di essere espulsa.  

Però doveva riconoscere che il preside aveva gusto. La stanza era ampia e spaziosa, circolare e ben illuminata. I ritratti alle pareti guardavano silenziosi la scena, aspettandosi probabilmente chissà quale ramanzina.

Elisa si sorprese di come cercassero invano di nascondere la loro curiosità. In un ritratto un uomo alto e avvizzito leggeva un giornale. O almeno, Elisa pensò che il vecchio preside volesse far credere di leggere un giornale, peccato per i due buchi degli occhi troppo visibili. La ragazza inoltre beccò un’ anziana signora in un ritratto osservarla da sopra il suo lavoro ai ferri.

« Quando me ne devo andare?» Chiese stufa. A quelle parole l’ anziano preside si girò verso di lei piegando la testa leggermente a destra, facendo ondeggiare la lunga barba.  

« Lei non ha intenzione di espellermi? Insomma ho quasi aggredito seriamente tre ragazzi nemmeno un quarto d’ ora fa!» Aggiunse incredula. A quelle parole il Preside le sorrise dolcemente e, con una serena calma, andò a sedersi di fronte alla ragazza, al di là della scrivania.

Elisa ammirava molto i movimenti aggraziati del suo preside. Nonostante l’ età quell’ uomo era capace di una leggiadria non comune. Molte volte le era capitato di paragonarlo ad un uccello. Quando poi aveva scoperto la presenza di Fanny, la sua fenice, le era venuto scontato pensare che quell’ animale non potesse appartenere a nessun’ altra persona che a lui.

« Sai, conoscendo le attitudini dei tre studenti che hai, come dici tu, aggredito, non mi meraviglierei affatto se il tuo potere abbia salvato molte più persone di quelle che ha ferito.» Fece con un sorriso il preside.

« Per quanto riguarda la tua magia involontaria, credo che dovremmo utilizzare un’ altra tattica.» Spiegò cauto l’ uomo. La ragazza, intanto, aveva assunto un’ aria spaventata.

« Dovresti provare a controllarlo» Spiegò l’ anziano.

A quelle parole Elisa spalancò gli occhi sorpresa e preoccupata. Era impossibile controllare il suo potere, non ci aveva mai provato. « Dopo Natale cominceremo delle lezioni, così che tu possa imparare controllare e ad usare il tuo potere, se necessario. » « Professore, è impossibile controllarlo, io non, non ce la farò mai!» Decretò Elisa sicura.

« E poi cosa vorrebbe dire che dovrei usarlo? È pericoloso e potenzialmente mortale per ogni persona che mi stia intorno» Aggiunse spaesata. Il preside sorrise fiducioso « Se sono sicuro di qualcosa è la riuscita del tuo compito. Nessuno potrebbe riuscirci, ma tu si.» continuò  sicuro.  « Confido molto in te» Aggiunse con un sorriso rassicurante.

Elisa non era così tranquilla.

« Credo che ora tu debba tornare al Dormitorio prima che Gazza ti metta in punizione per l’orario » Scherzò il vecchio preside.

La ragazza capì che era ora di andare. Si alzò e con passo incerto si diresse verso la porta.

Arrivata nei pressi di quest’ ultima, però, il preside la richiamò e, con una strizzatina d’ occhio le disse « La verità è un boccone amaro che non tutti hanno il coraggio di “ingoiare”. Guardano continuamente il piatto perché hanno “fame”, ma preferiscono giocare con la forchetta e dirsi che in fondo gli è passato l’ appetito. Sai, mi sa che la signorina Evans sia a digiuno da troppo tempo». E con queste parole la congedò.

 
Angolo Autrice
Buongiorno gente! Sì, sono ancora viva. Scusate se non ho aggiornato per tanto ma non ho proprio avuto un attimo di pace e temo che sarà ancora così per un bel po’. Vorrei specificare una cosa: in teoria Bellatrix Black ha nove anni di differenza dai Malandrini ma, siccome volevo che fosse presente a tutti i costi, ho deciso di metterla insieme ai Lestrange nel settimo anno a Hogwarts. Detto questo vi ricordo che le recensioni sono sempre gradite. Alla prossima
Eli  ;-P
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Verità ***


« Ei amico, quando questa bionda la pianterà di strusciartisi addosso potremmo parlare?» Chiese un James decisamente seccato.
 
La biondina, punta sul vivo, fece marcia indietro e se ne andò impettita ancheggiando i fianchi. « Grazie tante, Ramoso» Fece secco Sirius guardando distrattamente la crocerossina andarsene.
 
La Sala Grande era ormai vuota. Gli unici rimasti erano i feriti, ovvero Sirius e basta. Naturalmente i Malandrini non avevano voluto sentir ragioni: un compagno era li e nessuno di loro lo avrebbe mai abbandonato. Insomma, Madama Chips si era dovuta mettere il cuore in pace.
 
« Allora?» Fece James spazientito. Quella situazione non gli piaceva per nulla. Già il fatto che il suo migliore amico avesse un braccio fasciato lo disturbava.
 
Quei Serpeverde l’ avrebbero pagata, di questo ne era certo. Avevano cercato di ferire Lily, la sua Lily! Oh se l’ avrebbero pagata.
 
Sirius guardò l’ amico facendo il finto tonto. « Oh piantala, Felpato! Non è la ragazza che piace a me che ha cercato di uccidere mia cugina, ci fosse almeno riuscita! »  Il giovane Black aprì la bocca per protestare ma fu giocato d’ anticipo. « “Ma a me quella ragazza non piace”» Lo scimmiottò l’ amico con un atteggiamento decisamente poco maschile.
 
Vicino a James Remus e Peter scoppiarono a ridere.
 
 « Non raccontiamoci balle, Sir. A te quella ragazza piace, e anche tanto.» Decretò sicuro di sé il giovane Potter. Sirius guardò da un’ altra parte borbottando parole come “follia”, “colpo” o ancora “gorgosprizzi”.
 
James lo guardò apprensivo e con un sorriso sul volto, sorriso che ben presto mutò. Una ragazza era appena entrata in Sala Grande.
 
Elisa era lì.
 
Il suo primo pensiero fu la fuga ma, data la moltitudine di scope nella sala, circa dello 0% al cubo, decretò il fallimento della prima ipotesi. Cominciò così a classificare le altre.
 
Poteva fare finta di nulla e cominciare a guardarsi le scarpe. Certo, quel comportamento non era da lui, ma signori! Tra moglie e marito non mettere il dito, e anche se effettivamente quel detto non c’ entrava nulla, James lo trovò un pretesto molto convincente.
 
Fu così che il grande e impavido re dei grifoni, James Potter, cominciò a guardarsi le scarpe fischiettando in una posa alquanto colpevole. I tre amici si girarono subito verso di lui e, con voce unanime, dissero guardinghi  « James …»
 
La parola suonava più accusatoria che mai, tanto che Elisa, con un sorriso un po’ sghembo, si avvicinò curiosa. Il giovane Potter in tutta risposta guardò gli amici corrugando la fronte, facendo il finto tonto. Intanto scorse la giovane avvicinarsi. “ Moriremo tutti” pensò James mentre la ragazza apriva bocca per parlare.
 
« Dovete toccarvi il naso» I ragazzi trasalirono tutti al suono di quella voce alle loro spalle. James, d’ altro canto, fu colto di sorpresa e guardò la giovane come se fosse matta.
 
« Dovete toccarvi il naso, se no non vi sposerete, o almeno questo è quello che mi ha detto Lily qualche settimana fa» Spiegò titubante.
 
I ragazzi la guardarono stralunati: non era mai successo loro di vedere una ragazza tanto strana e misteriosa. Era come se avesse due personalità. Una strafottente e indipendente, l’ altra paurosa e remissiva.
 
Entrambe sicuramente, ragionarono i ragazzi, sapevano difendersi a dovere.
 
Visti il silenzio di pietra Elisa decise di arrivare subito al sodo. « Sono qui perché vorrei ringraziarvi per prima. Avete aiutato me e Lily, quindi grazie » Disse con il cuore in mano.
« Chi è stato?» Chiese Sirius diretto con il volto rivolto verso il pavimento. Alla faccia interdetta della ragazza il giovane Black rispose « Quel taglio, chi è stato? Dì la verità, in fondo ce la devi, prima ti abbiamo salvato» Elisa pensò che cosa fare, su cosa dire.
 
Non poteva certo dire “ me lo sono fatta da sola” o “ sono caduta, dannata sbadataggine” decisamente quelle scuse non avrebbero retto.
 
« Capito! È tornata la donna di ghiaccio a quanto pare» Disse beffardo Sirius. Elisa alzò il capo non capendo.
 
« Era già abbastanza selvaggia prima, e ora? Certo a frequentare Mocciosus …» Continuò canzonandola il ragazzo.  Nel sentir quel nome la ragazza si infervorò. « Non chiamarlo così!» Gli intimò con rabbia.
 
« A no?! E perché? Il tuo fidanzatino non vuole che lo si chiami così? O magari è stato proprio lui a ferirti in volto …» « Severus non farebbe mai una cosa del genere!» « Ma certo Severus» Marcò con cattiveria il giovane Black.
 
Gli amici guardarono il loro amico preoccupati. Quel ragazzo aveva proprio un desiderio di morte.
 
« Sì, lui. E se vuoi saperlo questo me lo hanno fatto i Lestrange, contento? Severus non lo farebbe mai.» Specificò sicura di sé e gonfia di rabbia.
 
« Buonanotte Remus. Potter, Minus.» Disse rabbiosa facendo gesti del capo per salutare. « Brutto idiota» fece quando toccò a Sirius. Il ragazzo non disse niente e incassò il colpo.
 
 Dopo che la ragazza fu uscita dalla stanza il rampollo di casa Black si alzò e si diresse anche lui verso la porta. Alle domande interrogative degli amici rispose « Dobbiamo andare a letto e riposarci: domani abbiamo una vendetta da pianificare» Detto questo uscì e si diresse verso le scale.
 
Peter lo seguì subito e gli chiese spiegazioni. Remus, invece, sussurrò piano  « Sono preoccupato per Sirius: una scenata del genere non era mai successa …» « Non so Lunastorta, speriamo gli passi in fretta dalla testa quella».
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Elisa camminava veloce nei corridoi.
 
Quella butta testa bacata gliel’ avrebbe pagata: ormai tra loro era guerra aperta.
 
Arrivata davanti al ritratto della signora grassa si fermò di botto. Era ora di affrontare Lily. Aveva già pensato a cosa dirle durante il tragitto tra l’ ufficio del preside e la sala grande, ma naturalmente ogni tentativo e discorso si erano mostrati un vero fallimento.
 
Fece un bel respiro ed entrò.
 
Non trovò Lily in Sala Comune e questo la rallegrò. Magari era andata a dormire data l’ ora tarda e le spiegazioni sarebbero state rimandate al giorno seguente. Tutti i suoi sogni felici si distrussero in un momento quando vide un’ attenta e vigile Lily aspettarla seduta sul suo letto.
 
La rossa, appena la vide, saltò in piedi come una molla e, dopo aver fatto segno di seguirla con il dito, sgusciò lenta fuori dalla porta del Dormitorio e guidò l’ amica fuori dal ritratto della signora grassa.
 
« Senti Lily non credo che questa sia una buona …» Lily la zittì con un cenno brusco e continuò a farle cenno di seguirla.
 
Dopo molti corridoi, scale e minuti di tragitto Lily le fece cenno di fermarsi.  Dopo di che la grifondoro cominciò a camminare avanti e indietro davanti ad un muro.
 
Elisa , stralunata dal comportamento dell’ amica, cercò nuovamente di aprire un discorso, il quale fu stroncato sul nascere dall’ apparizione di una porta di legno, all’ apparenza molto solida.
 
Lily aprì veloce la porta e varcò la soglia, seguita a ruota da Elisa, che cominciava a sentire vagamente dei passi qualche corridoio più in là.
 
La stanza in cui si trovavano le due ragazze era grande e spaziosa.  Le due ragazze si bloccarono stupefatte sulla soglia. « Non era questo quello che volevo» sussurrò lenta Lily. « è bellissimo» decretò Elisa facendo qualche passo avanti.
 
 Al centro della stanza una maestosa quercia si innalzava verso l’ alto soffitto che pareva esser fatto di vetro. Le foglie, di mille tonalità di verde, sembravano emanare un calore tutto proprio. Le radici, invece, sparivano nel pavimento.
 
Elisa si avvicinò lenta e appoggiò la mano sulla corteccia della grande pianta. « Che posto è questo?» Chiese piano.
 
« La stanza delle necessità» rispose Lily quando si fu ripresa. Poi avvicinandosi aggiunse « Cammini avanti e indietro davanti al muro qui fuori pensando intensamente a ciò di cui necessiti e ti appare questa stanza» Elisa, con la fronte appoggiata all’ albero, annuì ma non rispose.
 
Vedendo la reazione taciturna dell’ amica la rossa sdrammatizzò « Strano però, io non volevo una serra» « Di cosa avevi bisogno?» Chiese finalmente Elisa voltando leggermente di lato il capo.
 
Lily sorrise piano « Un luogo in cui poter parlare tranquillamente con te senza essere udite, un luogo dove tu ti potessi sentire a tuo agio» Spiegò con semplicità sfiorando con la punta delle dita un ramo sopra di lei. « Perfetto» mormorò di rimando la ragazza castana che, giratasi, appoggiò la schiena contro il tronco e si lasciò scivolare dolcemente fino a sedersi per terra con le ginocchia al petto.
 
« Io non lo farei se fossi in te» Disse quando vide Lily intenta a sedersi di fianco a lei. Alla faccia contrita dell’ amica rispose « Tu sei qui per conoscere la verità no? Dopo che l’ avrai sentita non credo sarai molto felice di sederti al mio fianco»
 
Lily rimase spiazzata a quella frase. Cosa poteva essere di così tanto terribile nel suo passato?
 
« Lasciami giudicare» Lily stessa si stupì di quella risposta. Per un attimo nel suo cuore era sorto il dubbio, l’ idea che, in fondo, anche non sapere quel segreto poteva starle bene. Elisa, intanto, guardava il pavimento pensosa, come se cercasse le parole giuste. Difatti era ciò che la ragazza faceva.
 
Quando si decise a parlare, Lily fu sorpresa di notare come la voce dell’ amica, di solito così solare e decisa, fosse ora solo amara e a tratti indecisa. Quella voce aveva il gusto del caffè senza zucchero, di una medicina disgustosa. Quella era la voce del disgusto verso se stessi, del rimpianto.
 
« Una delle prime domande che mi facesti il giorno in cui ci conoscemmo riguardava il mio passato. Ti risposi che avevo preso delle lezioni private prima di quel giorno. Ti dissi una bugia.»
 
Lily sorrise a quella frase. Quella bugia suonava così falsa che nemmeno Potter con tutta la sua tontaggine* ci avrebbe creduto. 
 
« Ci ho pensato un po’ su e sono arrivata alla conclusione che io debba partire dall’ inizio, o meglio da dove sia necessario. Mi scuso se ti annoierò e ti prego di non giudicarmi troppo in fretta.» Continuò la ragazza a testa china.
 
« Ero nella foresta la prima volta che la incontrai. Era sera ed io ero molto stanca. Ero sola. Il sole cominciava a calare, cominciava a farsi buio. » « Eri molto stanca? Quanti anni avevi? E poi perché eri in una foresta? La tua famiglia non ti stava cercando?»
 
Elisa rimase in silenzio per alcuni minuti finché, con grande fatica, spiegò « Avevo sette anni quando scappai da casa mia. Utilizzai la magia involontaria, mi materializzai» Lily aprì la bocca incredula.
 
« Lo so, ero piccola e la magia mi richiese tutto il mio potere magico. Mi lasciò senza forze in una foresta, non so dove di preciso.» Dopo una breve pausa riprese. « Cominciai a sentirmi strana, a disagio. Ero intontita ma sentivo un grande potere magico. Lo sentivo nell’ aria, come un profumo. E fu lì che la vidi. Stavo svenendo, mi tenevo in ginocchia a fatica. Eppure lì sotto i miei occhi, dagli alberi, era spuntata una tigre.» Lily trattenne il fiato preoccupata.
 
« Non era una tigre normale, no. Era trasparente, luminosa, sembrava fatta di acqua. Mi venne incontro. Cercai di fuggire ma le mie gambe non vollero muoversi, a ogni mio respiro la terra sotto di me tremava, tutto intorno a me vorticava. La tigre si è avvicinata sempre di più, finché  non si è fermata che a un palmo dal mio viso. Avevo paura. Lei mi guardò negli occhi e la paura scomparve.»
 
Elisa alzò la testa e guardò Lily che, in piedi di fianco a lei, la guardava in attesta. « Lily, io in quegli occhi ho visto l’ infinito, l’ universo.» I suoi occhi brillavano di luce propria, come se tutto quello lo stesse rivivendo in quel momento, lì.
 
Effettivamente, era proprio così.
 
« Ha appoggiato la fronte contro la mia» la sua voce si incrinò « Provai un dolore atroce. Era come essere immersi nella lava bollente, sentivo ogni mio centimetro di pelle morire soffocato. Svenni. Il giorno dopo quando mi risvegliai la tigre era sparita, non c’ era più, in compenso io mi sentivo strana, come se ogni odore, ogni rumore, come se tutto intorno a me mi stesse parlando. Era una sensazione nuova e strana, certo, ma indescrivibile. Mi rincamminai. Alla sera mi addormentai sotto un albero e una voce mi parlò e mi spiegò tutto.» Il volto di Lily era una maschera di paura e irrequietezza.
 
« Quella tigre altro non era che un demone e non è mai sparita, è rimasta sempre con me.» Elisa si voltò un’ altra volta verso Lily
 
« La mia anima convive con quella del demone, sono a contatto. Questa sera ho perso il controllo, la forza del demone ha preso il sopravvento.» Elisa riabbassò la testa e, con voce amara, continuò « Il demone si chiama Kynsia ed è uno dei più potenti. Il mio potere nelle mani sbagliate potrebbe ucciderci tutti.» Continuò sconsolata.
 
Seguirono molti minuti di silenzio. Nemmeno una foglia si muoveva nella stanza. Il silenzio era opprimente. « Cosa è successo dopo? Dopo che il demone ti ha spiegato tutto, intendo» Chiese Lily con voce stridula.
 
« Ero persa e non sapevo che fare. Una tigre dal manto bianco rossiccio mi trovò. Non mi uccise, anzi,  mi difese dal suo branco. Da allora ho vissuto sempre con loro fino a che due anni fa il Professor Silente mi trovò e per un anno mi diede lezioni private di magia prima di recarmi in questa scuola. Ora sai tutto.»
 
« Come hai fatto?» Chiese velocemente la rossa. « Un branco di tigri, tu sei di un’ altra specie, io non riesco a capire …»
 
La ragazza fu interrotta da Elisa che, alzatasi, fece un passo verso di lei. Qualcosa però cominciò a mutare e dopo un attimo al posto della ragazza vi era una splendida e nobile tigre.  
 
« Lo sapevo! Sapevo che eri stata tu a salvarmi, lo sapevo!» Cominciò a vantarsi felice. Intanto la ragazza era tornata al suo stato normale e si era riseduta ai piedi dell’ albero.
 
 Lily si fermò e la guardò. Soltanto l’ idea che dentro di lei vi fosse un demone la raccapricciava, non se ne capacitava. Poi la guardò più a fondo e comprese.
 
« Sai» Cominciò cauta « dopo aver sentito tutto questo ho capito quali sono le differenze tra chi pensavo di conoscere e chi sei veramente» Elisa si rannicchiò più su se stessa nell’ attesa di sentire la sua condanna.
 
« Nulla» Disse sedendosi accanto all’ amica.
 
« Cosa?» Fu la risposta stupita della ragazza al suo fianco.
 
« Tutto quello che mi hai detto non fa di te un mostro. Certo, il demone è dentro di te, ma questo non vuol dire che tu sei il demone. Tu non sei un mostro. Tu mi hai salvata dai Lestrange e oggi lo hai fatto di nuovo, tralasciando il problema della Black, ma quello possiamo anche definirlo un aspetto positivo della faccenda. » Spiegò con un ghigno.
 
« Silente mi ha spiegato che dovrei riuscire a controllare il mio potere. Dopo natale cominceremo delle lezioni.» Spiegò Elisa ormai certa di potersi fidare dell’ amica.
 
« Ottima idea. Comunque stai tranquilla, non aprirò bocca sul tuo segreto» Concluse con un sorriso e un sospiro.
 
Elisa distolse lo sguardo da quei profondi occhi verdi. Sospirò e lasciò cadere la testa all’ indietro.
 
La luce lunare filtrava dalle foglie e creava bagliori sfavillanti sul pavimento circostante. Le stelle brillavano nel cielo, placide. Elisa si accorse di non aver ancora guardato realmente quella stanza. Il suo sguardo si spostò dall’ albero che la sovrastava alla porta, e in seguito all’ amica.
 
Lily guardava pensosa il pavimento. Ogni suo neurone stava cercando di elaborare le cose appena apprese. Non aveva paura, quello mai. Era semplicemente tutto molto strano.  
 
« Tutto bene?» Le chiese Elisa al suo fianco. « Mmm? O certo, si sto bene. È solo che è tutto così, così …» « Strano» Concluse per lei l’ amica.
 
« Pensavo che saresti scappata via, che avresti avuto paura di me» Spiegò cauta la ragazza castana. « Se me lo avessi detto appena conosciute probabilmente ti avrei presa per matta» Disse Lily scoppiando a ridere seguita a ruota dall’ amica.
 
Elisa pensò che era bello ridere in quel luogo così silenzioso, tranquillo. « Ci sono altri come te?» Chiese Lily voltandosi verso l’ amica.
 
Elisa si stupì di come quella conversazione fosse così semplice con quella ragazza, come se l’ argomento del discorso non fossero potenziali angeli della morte ma scarpe prese il giorno prima ad un prezzo stracciato.
 
« L’ anno scorso avevo un appartamento a Londra. Ho fatto delle ricerche. Secondo le leggende esistono pochi demoni come Kynsia, lei è una delle più potenti. Ogni tanto si radunano a consiglio. Questi demoni non sono come i Kelpie*, hanno bisogno di un corpo in cui abitare. Ho letto che aspettano anche migliaia di anni se non trovano la persona giusta.» Elisa si bloccò indecisa se continuare o no.
 
« Ma scusami un attimo, il loro potere quanto è grande? Insomma non credo che …» « Il loro compito è sorvegliare l’ equilibrio della magia. Ogni cosa ha una magia propria, nascosta. L’ uomo che ha dentro di sé il potere del demone può controllare quella forza ma …»
 
Il viso di Lily si illuminò. « Vedi? Puoi controllarlo!» Elisa negò sconsolata con la testa.
 
« Se l’ uomo non ha abbastanza forza il potere del demone lo schiaccerà prendendo il controllo. A quel punto generalmente non sopravvive nessuno. Il demone se ne andrà e cercherà un nuovo corpo.» Il viso di Lily parlava da solo.
 
Ogni suo muscolo era teso e sulla sua bocca era impressa una smorfia di preoccupazione.
 
 « La penso anche io così» Fece Elisa con un sorriso alla faccia dell’ amica. Dopo alcuni minuti di silenzio Elisa parlò « Io propongo di andare a dormire» Disse alzandosi. « Concordo» Fece Lily che, dopo essersi alzata, si stiracchiava e sbadigliava senza ritegno.
 
Entrambe si diressero insieme verso la porta. Sulla soglia Lily bloccò l’ amica. « Mi prometti una cosa?» Elisa la guardò senza capire ma annuì lo stesso. « Se mai ti capitasse di perdere il controllo lo farai a fianco di Potter?»
 
« Lily!» Esclamò esasperata Elisa aprendo la porta e uscendo dalla stanza.
 
« Ei! Io non stavo scherzando!»
 
 
 
*tontaggine: parola probabilmente inventata da me XD Ho voluta utilizzarla perché penso che Lily definisca così la malattia celebrale di James.
*kelpie: demoni acquatici
 
Angolo Autrice
Buongiorno! No, non sono morta. Mi devo scusare tantissimo per il mega ritardo. Ho avuto la fortuna di fare tre settimane senza internet, yuhuu X(  Vorrei dire che questo capitolo oltre che essere lunghissimo è anche molto molto noioso. Questo perché è difficile spiegare un concetto che si ha nella propria testa a parole, tra l’ altro tutto scritto. Quindi probabilmente nella mia testa ho un’ idea fantastica e nello scritto è una schifezza assurda. Ho cercato di fare il meglio che potevo. Per quanto riguarda in generale la storia la prima parte è una rottura di scatole, lo so. Il punto è che è dal prossimo anno che i malandrini impareranno a diventare animagus e quindi …. Non vi rovino la sorpresa. Vorrei dirvi che ci tengo moltissimo alle vostre recensioni  e che spero di aggiornare presto ( poi ricomincio la scuola e non so quando riuscirò a d aggiornare)
Alla prossima
Eli  = P
 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Nervosismo ***


« Che cos’è l’ amore? Un gioco infinito, un cielo stellato, il vento della sera, la tua mano nella sua … il tuo lui che ti bacia,il suo sospiro sul collo, guardarsi negli occhi e perdersi in quei cristalli color del cielo».
 
Elisa era disgustata. Non le era mai capitato di sentire un così gran numero di smancerie in una sola volta. Quella conversazione era così mielosa  che, ne era più che convinta, avrebbe fatto vomitare Severus seduta stante.
 
Con un sospiro afflitto si riappoggiò con il gomito sul tavolo sostenendosi la testa. Quando mai si era lasciata convincere da Lily a passare un pomeriggio tra amiche. “ Sarà divertente” le aveva detto.
 
Certo, come no.
 
Guardò sconsolata il fondo della tazzina del thè sul tavolino fatto comparire qualche ora prima. Lily, al suo fianco, guardava la ragazza-spara fesserie interessata anche se, Elisa conosceva bene quello sguardo, era attenzione data più da cortesia che da altre motivazioni. 
 
La ciarlona, intanto, continuava a descrivere in lungo e in largo quello che lei chiamava amore e che per la mora non erano altro che semplici e pure fesserie. Gli sguardi, i pensieri persino i colpi di tosse per la giovane innamorata erano segnali di rose pronte a fiorire, rose che Elisa, da brava pessimista, considerava già appassite da un bel pezzo.
 
 Con suo grande rammarico cercò per l’ ennesima volta di seguire il discorso. « Vedete ragazze, tutto di lui è così perfetto, così regale. Vedete, credo di essermi davvero innamorata di Sirius Black» Concluse la bionda con un sospiro guardando le cinque amiche riunite intorno al tavolino.
 
A Elisa si raddrizzarono le antenne.
 
« Che cosa?» Disse ad alta voce guardando stralunata prima le altre e poi, dato che le ragazze erano corse ad abbracciare l’ amica, guardò Lily. La rossa infatti non si era mossa di un millimetro dal fianco dell’ amica e mostrava un sorriso tirato e amaro. Allo sguardo della ragazza al suo fianco rispose con un cenno di assenso sconsolato.
 
« Mi vuoi dire che ho passato quattro ore chiusa in una stanza ad ascoltare fesserie per Sirius Black?» Chiese totalmente incredula la ragazza a voce abbastanza alta. Le amiche però, sempre impegnate a festeggiare, non la degnarono di uno sguardo. « Smettila» Le sussurrò severa Lily.
 
Elisa però non mollò l’ osso. « Scusa Carlotta, ma fammi capire un attimo.» Disse alla biondina che, ora attenta più che mai, la guardava curiosa. « Mi stai dicendo che è da tutto il pomeriggio che decanti le lodi di Sirius Black, lo stesso Sirius Black che meno di una settimana fa, alla tua dichiarazione di cui, vorrei ricordare, abbiamo fatte le prove per un’ intera settimana ogni sera, ha risposto “No, non mi interessa”? Quel Sirius Black?» Chiese con gli occhi fuori dalle orbite la ragazza.
 
« Ma tu non capisci! Lui ha detto di no ma in realtà i suoi occhi urlavano sì! Lo vedo da come mi guarda …» Elisa guardò basita la bionda di fronte a lei per un attimo, per poi cominciare a tirare testate al tavolo, disperata.
 
Il risultato fu una poderosa gomitata da parte di Lily che le tolse il fiato per parecchi minuti.
 
Un bussare timido alla porta fece zittire tutte quante.
 
Una ragazza del primo anno sbucò timida dalla porta « Ehm Remus Lupin mi ha mandato a chiamare Elisa» sbiascicò timida la ragazzina.
 
Il volto di Elisa si illuminò in un istante. « Ma certo Lily!» inventò sul momento. « Non ti ricordi della promessa fatta a Remus? Dovevi venire anche tu per la mano in pozioni, forza vieni» la incitò l’ amica facendole l’ occhiolino. Lily capì il piano e si alzò salutando le amiche che, con rammarico, salutarono a loro volta le due ragazze prima di ritornare ai loro soliti pettegolezzi.
 
Appena la porta fu chiusa Elisa si appoggiò felice alla porta e guardò Lily che, severa, le lanciava occhiatacce fulminanti. « Sei stata ingiusta nei suoi confronti! Insomma quei discorsi alla fine non erano tanto male»
 
« Tutte palle» La corresse Elisa cominciando a scendere le scale. « Gli sguardi, i respiri, i movimenti intestinali, quello non è amore! L’ amore è un bel piatto di lasagne a cena, è uscire da una lezione del Professor Ruf senza presentare danni al cervello, quello è amore» Continuò sicura scendendo gli ultimi gradini. « Questo pomeriggio è stato il più zuccheroso di sempre, e poi Sirius Black, mi dici una sola cosa vera su  quello che Carlotta ha detto?»
 
« Bé Black ha gli occhi azzurri» Rispose dopo un po’ ridendo la rossa. « Errato anche questo, ce li ha grigi» La corresse ancora Elisa. « No» « Si» « Noo» « Sii» Bisticciarono così fino all’ uscita della Sala Comune dove dei Malandrini attendevano impazienti.
 
« Scusa Elisa ma non mi hanno voluto lasciare solo» Spiegò subito Remus facendo un passo avanti. « Ciao Evans vuoi …» « No, Potter.» Rispose secca Lily per poi rivolgersi all’ amica senza degnare un secondo le numerose proteste del ragazzo. « Vado da Sev, ci vediamo dopo» « Aspetta Lily» la bloccò l’ amica per poi guardare Sirius che, in silenzio, la guardava come una statua.
 
Quei due non si potevano soffrire, ormai erano come cane e gatto. Ogni volta che si incontravano finivano per insultarsi o peggio passavano alle bacchette.
 
Era guerra.
 
La ragazza però questa volta si avvicinò al ragazzo ad un palmo dal suo viso e lo guardò intensamente. Poi si voltò sorniona verso l’ amica « Occhi grigi» canterellò felice. Lily scosse la testa esasperata e si allontanò con un sorriso.  « E ricordati che dopo questo pomeriggio dovrò farmi controllare il diabete!» Urlò Elisa con un sorriso.  Lily rispose con un gesto poco signorile. I Malandrini, intanto, assistevano sorpresi alla scena.
 
Dal canto suo Elisa si girò e, dopo aver preso Remus per la manica, lo trascinò lontano ridendo. Dopo parecchi corridoi i due presero una scorciatoia. Guardando fuori dalla finestra Elisa vide la neve soffice che, sparsa per tutto il terreno, ricopriva tutto il paesaggio donando un manto di mistero al castello.
 
Era ormai dicembre e le temperature si erano fatte polari. Elisa doveva ammettere che il tempo era volato. Da quando Lily aveva scoperto la verità tutto andava di bene in meglio. Il suo taglio era sparito dopo pochi giorni grazie all’ aiuto di madama Chips e dalle continue insistenze di Lily per andare in infermeria.
 
Per quanto riguardava i fratelli Lestrange non li vedeva da un bel pezzo e ne era felice. Si diceva in giro che qualche balordo a caso avesse fatto spuntare sulla loro faccia talmente tanti brufoli che Madama Chips aveva avuto un gran da fare a farli sparire tutti. Elisa era quasi certa di sapere chi erano quei balordi ma non se ne meravigliava: avevano fatto del male a Lily, ovvio che Potter avrebbe reagito.
 
Quando il fiume dei suoi pensieri si interruppe i due ragazzi si ritrovarono davanti ad una porta. Elisa entrò subito e un tepore caldo e famigliare l’ accolse. Un sorriso felice le si disegnò sul volto. Remus la seguì e la porta si chiuse dietro di loro con un cigolio.
 
Si ritrovarono in una grande stanza circolare, illuminata e spaziosa. La carta da parati, rossa e oro, rifletteva la luce proveniente dal camino dove un fuoco allegro ardeva tranquillo. Qualche metro più in là un divanetto a tre posti e un tavolino rendevano l’ ambiente più accogliente. Al di là di essi una grande libreria adornava la parete.
 
Fu lì che Remus si lanciò subito. Elisa sorrise a quella vista. I Malandrini, che tanto stavano vicini a quel ragazzo, non erano riusciti  vedere fino in fondo ciò a cui Remus agognava tanto. La solitudine. Non la solitudine triste, quella negativa, lo stare da soli perché non si ha nessuno. No, Remus adorava il silenzio, lo scoppietio del fuoco nel camino, lo scricchiolio del divano, l’ odore di libro appena aperto e il frusciare delle pagine.
 
Remus adorava tutto ciò che portasse la tranquillità e la pace.
 
Gli altri ragazzi non prendevano in considerazione questo lato del suo carattere ma lei lo aveva fatto. Fu così che un giorno alla settimana o anche di più i due si ritagliavano qualche oretta nella stanza della necessità, da soli, a leggere. Si ricordava ancora il giorno in cui gli aveva proposto questo progetto. Il ragazzo prima l’ aveva guardata stralunato e poi aveva accettato timidamente, come se la richiesta non fosse vera ma solo uno stupido scherzo dei suoi amici.
 
Le letture erano delle più varie: a volte erano libri di scuola, a volte romanzi babbani. Remus preferiva di gran lunga questi ultimi e anche Elisa. Scappare dalla propria vita era fantastico per entrambi.
 
Remus intanto si sedette al centro del divanetto e cominciò a leggere. Elisa si diresse verso la libreria indecisa. Quel giorno non aveva alcuna voglia di leggere. Chissà, magari un bel libro scelto a caso avrebbe aiutato. Fu così che prese il primo libro davanti al suo naso e si andò a sedere accanto al grifondoro che, senza indugi, era già sprofondato nel romanzo.
 
La ragazza invece aprì lentamente la prima pagina ma, invece di leggere, si perse di nuovo nei suoi pensieri. Quella sera ci sarebbe stata di nuovo la lezione con il preside, la cosa la preoccupava non poco. Di progressi neanche l’ ombra ma questo se lo aspettava. Quello che la innervosiva era il fatto che l’ anziano pretendesse tanto da lei. Che cos’ era, un essere mistico supremo bisognoso di cure?!
 
Uno scatto nervoso attirò l’ attenzione di Remus ma la ragazza, presa dai suoi pensieri, non ci fece causa.
 
Un’ altra cosa che la mandava in bestia erano i discorsi di Carlotta quel pomeriggio. Elisa ne aveva sentite tante da quella ragazza ma adesso aveva proprio esagerato. Tutta la sua smania di avere un ragazzo, come se fosse un trofeo da mostrare. Queste cose Elisa non le capiva. Non capiva le manie di romanticismo o l’ ipotetica idea di un principe azzurro, soprattutto se quella connotazione veniva affibbiata a Black.
 
« Interessante vero?» Le chiese Remus alla sua destra. La ragazza lo guardò non capendo. « è da dieci minuti che sei su quella pagina. O non stai leggendo o hai qualche deficit mentale a me sconosciuto. Tra l’ altro» le prese il libro dalle mani e guardò la copertina « “Come far impazzire un uomo”» Lesse per poi guardarla letteralmente a bocca aperta e senza parole.
 
« Non è come pensi!» urlò strappandogli il libro dalle mani e correndo a rimetterlo a posto nella libreria. La ragazza si appuntò mentalmente di ricordarsi almeno di guardare il genere del libro la prossima volta.
 
Dopo essere tornata al suo posto guardò Remus che, ancora sotto shok, la guardava senza proferir parola. « Dai piantala ho preso un libro a caso dalla libreria senza guardare quale fosse» si scusò la mora. « Sarà, ma dicono tutti così …» fece lui sghignazzando. « Brutto stronzo!» Urlò la giovane cominciando a fargli il solletico. Seguirono attimi di infinito silenzio.
 
Dopo qualche minuto Elisa parlò « Remus mi leggi qualcosa?» Chiese cogliendo il giovane alla sprovvista. « Certo, cosa?» « Fai tu» Rispose semplicemente lei accoccolandosi sul divano e accavallando le gambe a quelle del giovane.
 
Remus la guardò sempre più sorpreso. Quei comportamenti non erano mai avvenuti fra i due e men che meno tra lui e un’ altra ragazza. Era la prima volta che capitava e, a dire il vero, si sentiva semplicemente un grande stupido.
 
Fu così che, molto impacciatamente, aprì il primo libro che trovò sul tavolino e cominciò a leggere.
 
“Innamorarsi di una stella” era il titolo. Narrava l’ amore tra due ragazzi, un amore puro, felice. Elisa si divertì molto quel pomeriggio con Remus. Il ragazzo infatti, fiutando i tetri pensieri della ragazza, cercò di rendere più comico possibile il libro. Il risultato fu una commedia in piena regola. Molte volte Remus si alzava e improvvisava un balletto oppure cercava di imitare le voci con scarso successo. La grifondoro rise talmente tanto che all’ ora di cena non sentiva più lo stomaco.
 
Finito il racconto entrambi i ragazzi si guardarono sorridendo. « Credo che queste tre ore siano state le più impegnative della mia vita, ed è un record dato che vivo in simbiosi con James e Sirius» Elisa per tutta risposta gli fece una grande e sonora pernacchia.
 
« Che bello essere definiti una stella da qualcuno» sussurrò Elisa incantata e un po’ malinconica. Nessuno l’ avrebbe mai chiamata così. Lei, con i suoi continui sbalzi di umore, lei, la bomba pronta a scoppiare.
 
Un’ altra volta ancora Remus la trasse dai suoi pensieri « Ovvio che nessuno potrà mai chiamarti così. Tu sei la mia stella!» Remus disse ciò spontaneamente, senza pensare. Solitamente considerava parlare senza pensare un errore gravissimo, con pena la decapitazione. In quel caso, però, era sicuro che quello era stato uno degli sbagli più belli della sua vita.
 
Il volto di Elisa infatti si illuminò e, senza pensarci un attimo, la ragazza gli buttò le braccia al collo, gioiosa. « Dai lasciami andare ora» biascicò lui cercando di divincolarsi da quella stretta mortale. « Aria» fece ridendo quando lei lo ebbe lasciato andare  « Piantala scemo» rispose la ragazza ridendo e alzandosi dal divano. Remus la seguì al volo.
 
 Entrambi sapevano che l’ ora di cena era arrivata e così, con rammarico in cuore, lasciarono la stanza.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
Lily guardò l’ amica salutare Lupin e dirigersi verso di lei. Il rapporto tra quei due era migliorato molto, era la prima a riconoscerlo. Con lui accanto Elisa aveva un sorriso in più, come se in certe situazioni solo lui potesse capirla.
 
Quando la ragazza le si sedette di fianco le due cominciarono a parlare delle lezioni del giorno dopo. « A proposito domani cosa facciamo finite le lezioni?» Elisa alzò la testa dal suo piatto spaesata. « Credo di non seguirti …» fece dubbiosa. « Senti un po’ io dopodomani parto e me ne torno a casa per le vacanze» la mora fece un grugnito di assenso.
 
Odiava l’ idea che sia Lily che Severus partissero per tornare a casa lasciandola da sola al castello.
 
« Quindi domani pomeriggio finite le lezioni noi passeremo del tempo assieme, che ti piaccia o no» Concluse imperiosa Lily per poi radunare le sue cose.  Dopo di che le si avvicinò e le chiese a bassa voce« Tu questa sera hai lezione vero?»
 
Elisa teneva aggiornata costantemente Lily che senza perdersi d’ animo continuava a spronarla ad impegnarsi. La mora annuì poco entusiasta. « Devi impegnarti» Cominciò subito in modalità ramanzina.
 
Fortunatamente il suo discorso fu stroncato sul nascere dall’ arrivo di Alice. La ragazza, dolce e minuta, era spesso accompagnata dal suo migliore amico Frank. Questa volta, però, la ragazza non solo era sola ma anche piuttosto frustrata. A Elisa e Lily Alice stava molto simpatica. La definivano entrambe intelligente, coraggiosa e leale.
 
« Ok ragazze mi inginocchio alla vostra intelligenza» cominciò sfinita « Vi prego fermate quella testa d’ avorio di Carlotta perché credo che se no la uccido» fece con le mani tra i capelli. Le due amiche si guardarono preoccupate e esitanti. Sentire Alice parlare male di qualcuno era più unico che raro.
 
Vedendo la reazione delle due Alice spiegò la situazione « Questa sera proverà un’ altra volta a dichiararsi a Black. Ha detto che proverà ogni tecnica possibile»
 
Il cervello di Elisa aveva probabilmente appena tentato il suicidio perché la ragazza non provò altro che nervosismo e rabbia. Fu così che senza dare tempo a nessuno di dire niente si alzò con uno scatto e disse ad alta voce « Ma lasciamola nel suo brodo quell’ oca giuliva! Che vada al diavolo …» e si allontanò velocemente sotto gli occhi dell’ intero tavolo dei grifondoro che, curiosi, guardavano la ragazza incamminarsi verso l’ uscita.
 
« Nervosetta la ragazza» sussurrò Lily ad Alice per scusarsi. « Comunque credo che abbia ragione. Questa volta Carlotta si arrangerà» Decretò Alice sicura. Lily non poté far altro se non darle ragione.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
« Allora Remus … ci vuoi dire cosa fate tu e la Stevenson quando sparite?» « Sicuramente non quello che pensi tu James» Lo rimbeccò il ragazzo seduto sulla poltrona a sfogliare il libro.
 
Il giovane Potter, annoiato a morte, guardò verso l’ entrata del Dormitorio femminile dove tre ragazze cinguettanti uscivano e con passo di marcia si dirigevano verso di loro. « Avvoltoi in vista Sirius» Lo avvertì l’ amico sghignazzando. « Una di loro l’ hai scaricata una settimana fa» Lo informò con un sorriso.
 
Sentendo quelle parole Remus si fece piccolo piccolo nella poltrona e Peter urlò « Biscotti!» Svignandosela qualche tavolino più in là a godersi lo spettacolo a distanza di sicurezza e a pancia piena.
 
Se in quegli anni i quattro amici avevano imparato una cosa era che non esisteva essere più pericoloso che una donna arrabbiata. L’ unico ad avere il coraggio di stare al fianco dell’ amico era James, che, insieme all’ amico, si era alzato per ricevere la solita scenata.
 
La ragazza al centro fece un passo avanti e, prendendo un bel respiro cominciò « Ciao io sono Carlotta, qualche settimana fa ci siamo incontrati e …» « No, non mi interessa» La bloccò Sirius. Detto questo si risedette sulla poltrona di fronte al camino e, con zelo, accavallò le gambe annoiato.
 
James lo guardò arrabbiato: capiva che era una scocciatura e che l’ amico fosse di pessimo umore, ma tutto ciò  era a dir poco crudele. Si appuntò mentalmente di fargli un bel discorsetto appena quella spiacevole situazioni fosse terminata.
 
« Devi scusarlo è che ….» « è che non sono abbastanza per lui vero?» Cominciò a piagnucolare lei con occhi lacrimanti. James guardò un’ attimo l’ amico e, con un moto di coraggio decise di fare ciò che, di regola, faceva molto raramente: dire la verità.
 
« Gli piace una» Fece secco.
 
La ragazza rimase pietrificata così come tutti nella sala. Sirius si alzò di scatto « Non è vero!» Disse all’ amico che, con un sorriso traverso, lo guardava in silenzio. « Sì che è vero, prima lo accetterai e prima questo strazio sarà concluso» Decretò serio James alludendo alla ragazza piangente.
 
Carlotta allora ringhiò furiosa e se ne tornò in Dormitorio. Durante il tragitto sulle scale, inseguita dalle sue amiche, un solo pensiero la rincuorò. In qualche modo avrebbe fatto innamorare Sirius Black di lei. In qualunque modo.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Elisa guardò il libro davanti a sé, sconsolata. Due pensieri fissi le ronzavano in testa: aveva fame e c’era una mosca fetente che le ronzava intorno alla testa da più di un quarto d’ora.
 
Un basso mugolio dall’ altra parte della stanza attirò la sua attenzione. Fanny sedeva placida in grembo al preside che, con sguardo assente e pensoso, osservava il cielo buio e stellato al di là della foresta.
 
Con un sospirò Elisa si riappoggiò allo schienale della sedia, le parole di Alice ancora impresse nella testa. “ Farà qualsiasi cosa” aveva detto. La ragazza era abbastanza preoccupata: Carlotta non avrebbe guardato in faccia a nessuno pur di raggiungere il proprio obiettivo.
 
Si ricordava ancora quando l’ aveva incaricata di scaricarle un ragazzo. Già il fatto di farlo scaricare a lei le dava a dir poco i nervi, inoltre scoprire che il ragazzo in questione fosse un Serpeverde dell’ ultimo anno quando lo incontrò  le fecero capire che Carlotta l’ aveva bellatamente usata. Doveva solo ringraziare l’ improvviso arrivo di Remus che, capendo la situazione, l’ aveva salvata per il rotto della cuffia.
 
Elisa chiuse per un secondo gli occhi richiamando la calma. Doveva riuscire a sollevare quel dannato libro senza bacchetta, a ogni costo. Riaprì gli occhi e si concentrò sull’ oggetto.
 
Dapprima sentì solo un leggero pizzicore allo stomaco, poi piano piano la sua mente dilagò. Non pensò più a nulla, non provò più nulla. Il libro cominciò a librarsi in aria silenzioso.
 
Silente si voltò con un sorriso sul volto, raggiante. Elisa guardò il libro e sorrise. Era più facile di quanto pensasse.
 
All’ improvviso una voce rimbombò nella sua testa. L’ immagine di un uomo le si parò davanti agli occhi. il libro ricadde pesantemente sulla vecchia scrivania. Elisa fece un balzo indietro dal terrore. Sentì un tonfo lontano e un dolore acuto alla testa.  
 
Poi il buio.
 
*********************************************************************************************************************
 
 
Buongiorno gente! Prima di tutto voglio scusarmi per l’ enorme ritardo, dovuto al fatto che la scuola è iniziata e sono già sommersa di lavoro. Cosa potrei dire del capitolo.... beh sicuramente iniziano i primi problemi! Che ne pensate del personaggio di Carlotta? Odiosa? Vedrete cosa succederà nel prossimo capitolo e ci tengo a premettere che non so quando riuscirò a pubblicarlo. Probabilmente passerà ancora molto ma cercherò magari di attuare la tattica di questo capitolo: puntare sulla lunghezza. No dai scherzo. Effettivamente però questo capitolo è davvero lunghissimo ma davvero più scrivevo più idee avevo in testa. Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e se avete voglia lasciate una recensione, tanti bacioni
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Alla ricerca di un Serpeverde ***


Una fitta alla testa particolarmente dolorosa la svegliò.
 
Il sonno se n’ era andato da un bel pezzo ma la ragazza non aprì gli occhi. Non si ricordava esattamente i fatti della sera prima ma di una cosa era certa: indipendentemente da ciò che fosse successo, non era andata bene.
 
La ragazza pensò per un secondo di quanto le sarebbe piaciuto continuare a dormire per sempre, senza problemi o libri da far volare.
 
Un rumore lontano colse la sua attenzione. Qualcuno si stava avvicinando. Elisa si immobilizzò immediatamente e fece finta di dormire. La figura si avvicinò al suo letto abbastanza velocemente e cominciò a rovistare sul comodino al suo fianco. D’ un tratto il rumore cessò e la figura si avvicinò sempre più al corpo della ragazza disteso sul letto. Elisa trattenne il respiro, esitante, pronta a difendersi in qualsiasi modo.
 
Successe qualcosa che, però, non aveva assolutamente calcolato.
 
« Aia!» Fece Elisa quando uno schiaffo le arrivò in pieno volto. « Finalmente ti sei svegliata! Mi sembravi leggermente rigida su quel letto questa mattina, volevo già informare il professor Silente di una tua possibile dipartita» Disse una voce che Elisa riconobbe come quella di Madama Chips. Infatti, quando aprì gli occhi, la donna le stava già porgendo una fialetta che, dedusse la ragazza, non doveva proprio essere estratto di rose.
 
Nonostante ciò si mise faticosamente seduta, la prese e, con fare riluttante, la porto il più lontano possibile da lei tendendo il braccio. « quante storie per un po’ di liquido! Bada bene che quando ritorno devi averla finita tutta» La ammonì severa la donna per poi dirigersi verso il suo ufficio borbottando.
 
Quando Madama Chips fu sparita dietro alla porta, Elisa si passò una mano dietro alla testa con cautela. Appena toccò con le punta delle dita la nuca, un sussulto le fece rabbrividire le ossa. Un dolore sordo le si propagava lungo il corpo, incessante. La ragazza allora chiuse gli occhi e li riaprì piano, cercando di non pensare a quel simpatico picchio che le si era trasferito in testa.
 
Un piccolo cigolio alla porta la distrasse. Una Lily, preoccupata e tesa, la guardava angosciata. « Come va?» Le chiese avvicinandosi a bassa voce. Elisa non seppe bene cosa risponderle. Era molto tentata da una risposta sarcastica come “ Ei va alla grande! Ho un bernoccolo in testa più grande del coso di Black! ”
 
« Sto bene, mi sono appena svegliata. Tu come stai?» Le uscì invece. Lily a quella risposta non parve molto convinta ma si rasserenò un poco e, dopo aver risposto una veloce risposta ritornò a guardare l’ amica con fare dubbioso.
 
Elisa, dal canto suo, avrebbe affrontato un drago piuttosto che vivere un altro attimo di quel pesante e soffocante silenzio. Per fortuna fu distratta dalla pigna di libri che la rossa teneva stretta tra le braccia. Lily parve leggerle nel pensiero perché subito li appoggiò sul comodino. Dapprima la mora non capì bene. In seguito, però, una pallida consapevolezza si fece largo in lei.
 
« Che ore sono?» Chiese subito guardando l’ amica che, con un sorriso sghembo le rispose « Sei e venti, di sera» Elisa abbassò la testa colpevole. Doveva passare quel pomeriggio con Lily e invece? Lo aveva passato a dormire la principessina sul pisello! Un senso di fastidio la avvolse e così, involontariamente, strinse la presa sulla fialetta.
 
« Che diamine fai?» La voce di Lily precedette la mano che, con gesto rapido e fulmineo, le toglieva di mano il povero medicinale. Elisa la guardò stupita. La ragazza intanto cominciò ad esaminarne il contenuto, per poi riporlo soddisfatta sul comodino vicino ai libri. « Non devi essere arrabbiata per questo pomeriggio. Sei stata male, è capibile» Fece con un sorriso « E comunque abbiamo ancora tanto tempo da passare insieme. Prima di tutto devi bere il tuo medicinale ed evita di romperlo, ok?»
 
Elisa fu grata all’ amica per due ragioni: in primo luogo aveva sdrammatizzato la situazione, pesante già di suo; Inoltre aveva accuratamente evitato di parlare della ragione, o meglio dell’ incidente, per cui entrambe si trovavano in infermeria.
 
La mora guardò dubbiosa la fialetta sul comodino e poi, sempre poco convinta, la prese e se la porto alle labbra. Con un gesto fulmineo la ingoiò senza indugi. Il gusto della medicina le ricordava molto  olio, limone e salsa di soia. Risultato: una schifezza immonde.
 
La rossa le prese dalle mani la fialetta ormai vuota e la ripose ancora una volta sul comodino. Alla faccia di disgusto dell’ amica rispose « Ma dai! Le lacrime di Augurey non credo siano tanto male» Elisa sentì un conato di vomito salirle dallo stomaco e una vocina dalla stessa provenienza “ è troppo tardi... ” Con fatica cercò di tenere la bocca strettamente chiusa.
 
Lily intanto, vedendo le condizioni dell’ amica si girò e riordinò i libri e gli appunti sul comodino dandole il tempo per rimettersi. La mora intanto si girò. Un libro diverso dagli altri era abbandonato sul letto affianco. La copertina, vecchia, logora e impolverata, era blu con striature d’ oro. Una scritta, sinuosa e del medesimo colore, era intarsiata sul dorso. Qualcosa fece insospettire Elisa. Perché quel libro era separato dagli altri?
 
« Lily scusa mi passeresti quel libro?» Chiese curiosa. La rossa sobbalzò a sentire quella domanda e corse subito a stringere il libro al petto, come a proteggerlo. « Non è nulla di interessante, davvero» Disse evitando lo sguardo dell’ amica e arrossendo fino alla punta dei capelli. « Lily?» Le chiese sospettosa Elisa con fare indagatore. La ragazza la guardò un secondo a testa bassa « Scusa» mugolò con occhi colpevoli.
 
La mora cominciò seriamente a preoccuparsi.
 
Lily intanto si avvicinò e si sedette al fianco dell’ amica con il libro in grembo. « Non ho saputo resistere e ho fatto una ricerca in biblioteca» disse sempre a testa bassa passandole il libro che, prontamente Elisa aprì. « Creature straordinarie, capaci di compiere azioni stupefacenti. Affini ai quattro elementi» Lesse piano ad alta voce sfogliando il libro. « Lily, ma questo libro parla di demoni» disse la ragazza alzando la testa verso l’ amica. Il volto della rossa, distorto dal rimorso, la guardava sofferente. « Scusa»
 
La mora portò lo sguardo distratta verso la borsa dell’ amica sul comodino, dove dei cracker facevano bella mostra. La ragazza allungò la mano, famelica. « Cibo!» Urlò felice dopo aver messo in bocca il primo cracker. Solo allora alzò gli occhi verso l’ amica che la guardava costernata. « Non mangio da ieri sera a cena» Precisò convinta.
 
Solo in seguito si concentrò particolarmente sul libro che teneva sulle gambe « Trovato qualcosa di interessante?» Chiese curiosa alternando lo sguardo dal libro alla ragazza al suo fianco. Lily si scosse i capelli dal viso, stupita. Possibile che quella ragazza fosse così imprevedibile?! Forse però era quello che la incuriosiva.
 
« Ho letto solo l’ inizio, non molto. È difficile, il libro è molto vecchio, rovinato. Certe pagine non si riescono nemmeno a leggere. Più avanti invece il testo è scritto in una strana lingua, non ho ancora capito cosa ci sia scritto di preciso. È … confuso» Decretò infine.
 
« Che cosa in questo mondo non lo è» Le sorrise Elisa. « Fammi dare un’ occhiata» aggiunse infine sovrappensiero. Elisa cominciò a sfogliare il libro distrattamente. Lily, di sottofondo, cominciò a snocciolare ogni lingua conosciuta, ogni minima supposizione.
 
« Rune antiche» Decretò la mora con decisione dopo aver visto gli strani simboli. « Ma no te l’ ho appena detto, non è rune antiche! La studio da un anno, saprei riconoscerla» « Queste sono rune antiche, Lily, ne sono certa» Fece ancora sicura, guardandola. « Bhe, qui la mente sei tu capo, farò delle ricerche» Fece sconsolata Lily.
 
La mora intanto si piegò in due con gli occhi sbarrati. « Ti ricordi per caso qualche controindicazione per le lacrime di Auguey?» Chiese allarmata. « No, non mi ricordo nulla di particolare …» « Bagno!» La interruppe scappando verso una stanzetta vicino all’ uscita.
 
« Che diamine succede? Signorina Evans, lei cosa ci fa qui?» Madama Chips uscì dal suo ufficio richiamata dallo sbattere della porta. « Sono venuta a trovarla» rispose amabilmente Lily facendo un cenno verso il letto vuoto dell’ amica. « Credo che Stevenson non stia molto bene» Osservò sporgendosi verso il bagno.
 
La donna non prestò molta attenzione alle sue parole, ma piuttosto guardò con cipiglio severo i pochi cracker rimasti. « Non dovrebbe mangiare qui dentro Evans. Se la signoria Stevenson mangiasse qualcosa potrebbe stare seriamente male» La ammonì andandosene. « Ops» Lily aveva la sensazione che Elisa non sarebbe uscita da quel bagno tanto in fretta.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
Il vociare nella Sala Grande poteva essere inteso in un certo senso come rilassante. Quel caotico rumore, quella confusione che si propagava incessantemente in tutta la stanza.
 
Elisa se ne stava così, seduta da sola in silenzio, torturando quelle poche patate rimaste nel piatto. Lily e Severus erano partiti da un paio di giorni, Natale era arrivato. Elisa non si era aspettata nessun regalo,nessun pensiero. Si era alzata con questa convinzione quella mattina, per poi rimanere sorpresa vedendo dei pacchetti alla base del suo letto.
 
Il primo era di Lily. Le aveva regalato un maglione con la scritta “ Fuck you I’m a tiger”. Elisa aveva cominciato a ridere come un idiota a quella vista. Oltre alla maglietta vi era un biglietto:
Buon Natale testona!
PS. Farò ricerche

 
 
Elisa ricevette un altro pacco, di Severus questa volta. Le aveva spedito un libro di pozioni, ma guarda un po’. Quando lo aveva conosciuto Elisa aveva pensato che quel ragazzo fosse fissato, ora ne aveva la conferma. Bhe, lo stesso si poteva dire di Remus che, come Elisa aveva facilmente predetto, le aveva regalato un libro.
 
Anche Silente le aveva spedito un regalo: un bellissimo mantello nero. Forse quello era stato il regalo più bello che avesse mai ricevuto, non che ne avesse ricevuti molti, certo. Era semplice, elegante e di un nero intenso. Non vi era la firma ma Elisa aveva riconosciuto la scrittura sottile ed elegante sul biglietto di auguri. Ripensandoci la ragazza sorrise: Silente poteva anche essere un vecchio matto e pazzo, ma gli voleva bene.
 
Il suo umore però si rabbuiò quando si ricordò del piccolo pacchetto ritrovato. Non lo aveva visto subito, piccolo com’ era e nascosto sotto gli altri. Quando lo aveva notato però lo aveva aperto subito, presa da una curiosità quasi morbosa. Era una piccola collanina, semplice, senza decori o altri ghirigori, rappresentava la metà di un cuore. Nessun biglietto, nessuna firma, nessuna informazione che facesse trasparire il mittente. Nonostante ciò le piaceva molto e senza pensarci due volte aveva deciso di indossarla.
 
Elisa si girò curiosa, scrutando con attenzione la Sala. Chissà chi le aveva regalato quel ciondolo. Le sue riflessioni furono però interrotte da Alice che, correndo a perdifiato, si avvicinava ansimando. « Vieni con me presto» Il voltò angosciato della ragazza le suggerì di ubbidire senza porsi troppe domande: c’era troppa gente in quella stanza, qualcuno le avrebbe potute sentire.
 
Si alzò e senza proferir parola la seguì correndo per i corridoi, chiedendosi con sempre più prepotenza che cosa fosse successo. Alice la condusse per i corridoi fino al dormitorio Grifondoro quasi vuoto.
 
Dopo aver superato la Signora Grassa l’ amica si diresse spedita verso il dormitorio. « Alice mi spieghi che cavolo...» ma non finì mai la frase poiché quando entrò nella stanza la sua voce le si fermò in gola. Una figura maschile se ne stava seduta sul letto dandole la schiena, le mani portate al petto e un urlo in gola:
 
« Peter io ti amo!»
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
« Remus» fu tutto ciò che riuscì a sussurrare Elisa, attonita più che mai.
 
Il ragazzo si girò stralunato sentendosi chiamare, un viso sognante e assente stampato in volto. Al suo fianco Carlotta la guardava colpevole, gli occhi saettanti da una parte all’ altra della stanza.
 
« Dov’ è?» chiese il ragazzo oltrepassando Elisa e sporgendosi verso il nulla con lo sguardo. « Dov’ è?» ripeté istericamente « Chi?» « Come chi? Ma Peter ovviamente! Quanto vorrei che in questo momento fosse qui. Lo abbraccerei fortissimo» Elisa spalancò gli occhi orripilati. Cosa stava succedendo?
 
« Hai tre minuti per spiegarmi esattamente che cosa è successo» scandì lentamente verso Carlotta che, come un bambino colto in fragrante, si fece piccola piccola sotto quello sguardo accusatore.
 
« Il genio qui presente voleva propinare a Black un filtro d’ amore, peccato abbia una mira peggiore della mia trisnonna. Ha sbagliato bicchiere e bhe, per una serie di intuibili circostanze ora siamo qui. Ho scoperto poco fa dell’ accaduto, quando sono rientrata per prendere il libro di biologia per studiare» « Vuoi dirmi che...» « Sì, deduco che Lupin dopo aver bevuto il contenuto del bicchiere abbia visto subito Minus» Rispose Alice secca. « Ooo zitto tu!» fece in direzione di Remus che, sentendo il nome dell’ altro ragazzo, aveva cominciato a squittire e strepitare.
 
« Tu» Ringhiò Elisa verso la ragazza in piedi di fianco al moro « Ei, io suggerisco di non arrivare a congetture affrettate. E poi io non vedo molta differenza da prima!» Si giustificò cercando di suonare il più rilassata possibile « Nessuna differenza??!! Me l’ hai trasformato in un’ idiota!» a quello scatto d’ ira Carlotta fece un passo indietro spaventata.
 
« Avremo tempo di scannarla dopo. Ora cosa ne facciamo di lui?» Domandò Alice ponendosi fra le due. Elisa si fermò un secondo a ragionare. Cosa potevano fare? In condizioni normali avrebbe chiesto aiuto a Severus o a Lily ma ora? « Ci sarebbe Black» Sussurrò Elisa sovrappensiero.
 
« Black?» Chiesero sia Carlotta che Alice, la prima con speranza nella voce mentre la seconda con evidente scetticismo. « Regulus Black. Serpeverde, un anno in meno di noi. Lily una volta me ne aveva accennato» Alice scosse la testa poco convinta. « Serpeverde Eli, non Tassorosso o Corvonero, Serpeverde» sottolineò esasperata. « Che altre possibilità abbiamo?»
 
Alice fece un cenno di assenso con la testa, rassegnata. « Proviamo» « Io non ho intenzione di muovermi da qua. Sapete che cosa è stato portarlo qui?» Si lamentò Carlotta con fare stizzito. « Amoreeee» Urlò Remus prima di buttarsi sul cuscino del letto affianco riempiendolo di baci.
 
« Allora, dove si trova il dormitorio Serpeverde?» Sorrise Carlotta.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
« Io lo sapevo! Questa era una pessima idea, l’ ho detto dall’ inizio ma no, nessuno che mi ascolti. Giuro che se ci beccano darò la colpa a voi due di questa insana idea» « Taci Carlotta» La rimboccò per la milionesima volta Alice.
 
Elisa non ce la faceva più. Era ormai da mezzora che giravano per la scuola cercando un qualche indizio che le potesse condurre alla loro meta ma nulla, nemmeno uno straccio di indicazione. Che i Black fossero rimasti a scuola ne era più che certa, Potter e la sua gang non avevano fatto altro che ripeterlo a Lily per tutta la settimana con sua grande felicità.
 
Ma quei diavoli di Serpeverde non potevano mettere uno straccio di cartello magari con su un “ Sala Comune Serpeverde di qua” a caratteri cubitali? Probabilmente Lily avrebbe giudicato quel pensiero come frutto di una mente malata.
 
« Allora come sto?» chiese vivacemente Remus « Sei bellissimo Lupin ok? Ti sposerebbero tutti» rispose stizzita Alice dopo aver svoltato al milionesimo corridoio « Basta!» decretò Carlotta appoggiandosi al muro sfinita. Elisa guardò preoccupata lo sbocco del corridoio qualche metro più in là dove l’ entrata per la Sala Grande faceva bella mostra di sé in tutto il suo fascino natalizio.
 
« Che diamine pensi di fare?» Chiese la mora nervosa « Non ce la faccio più! Trascinarlo per tutta la scuola è faticoso sai? Almeno se si reggesse sulle proprie gambe» protestò la ragazza bionda appoggiata al muro.
 
« Prima di tutto mi sembra che non sia stata sua l’ idea di propinare un filtro d’ amore ad un ragazzo e sbagliando per giunta. Tra l’ altro il piano prevedeva che io e te avremmo portato Lupin ed Elisa, dato il suo senso di orientamento più sviluppato del nostro avrebbe guidato la combriccola. Quindi taci e vieni a darmi una mano: questo ragazzo è un finto magro» intervenne in difesa dell’ amica l’ altra mora che, con uno strattone poco angelico, si sistemava meglio il ragazzo sulla spalla.
 
Carlotta sbuffò sonoramente e si fece cingere le spalle dal ragazzo che con un viso da idiota, sorrideva al vuoto. « Se questa storia non va a posto ti pentirai di averlo rincretinito» ringhiò Elisa riprendendo il cammino.
 
Qualcosa però la fece fermare immediatamente: un rumore di passi giungeva nella direzione in cui si stavano dirigendo. « Indietro, ora» Sentenziò verso le ragazze che, senza protestare, fecero marcia indietro il più in fretta possibile
 
« Ei Stevenson!» L’ urlo le giunse alle orecchie come una sentenza di morte. « Andate via svelte!» ordinò alle altre che, spaventate, guardarono l’ amica per poi voltarsi e andarsene, indecise se l’ avrebbero ritrovata viva quella sera.
 
Elisa intanto si girò a fronteggiare il suo nemico. Potter, Black e Minus si dirigevano baldanzosi verso di lei, incuriositi dagli strani movimenti che avvenivano dietro alla ragazza.
 
« Remus?» chiese Minus dubbioso « Peter...» « Portatelo via!» ruggì Elisa risoluta interrompendo il canto d’ amore del ragazzo e mettendosi in mezzo per non lasciar passare i tre ragazzi che, con  fare guardingo, si lanciavano sguardi allarmati.
 
Potter guardò piano la ragazza e, facendo da portavoce per gli altri, chiese spiegazioni « Stevenson che cosa...» « Lo abbiamo trovato in giro che stava male e bhe, non volevano che qualcuno lo vedesse così» si inventò al momento. I ragazzi non le credettero molto ma annuirono dubbiosi, più per cortesia che per altro.
 
Solo uno di loro non le credette.
 
« Questa è una bugia, te lo si legge in faccia. Che cosa gli avete fatto?» Fece Black alzando la voce e posizionandosi ad un millimetro dalla ragazza con fare minaccioso. « Allontanati da me Black» « Se no che mi fai?» La rimbeccò lui con fare altezzoso.
 
« Mmm devi essere caduto proprio in basso per prendertela con delle ragazze vero, fratello?»
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
Si ce l’ ho fatta! Lo so, il mio ritardo è imperdonabile. La scusa è sempre la solita: non ho proprio tempo. Forse qualcuno di voi potrà pensare “ Questa è sempre la solita scusa per nascondere il fatto che non ha voglia”. Bhe, vi assicuro che non è affatto così. Anche io un po’ di tempo fa, prima di cominciare a scrivere, lo pensavo. Sfortunatamente però ho scelto una scuola impegnativa nella quale o studi o sei cannato. Non biasimatemi quindi se per raggiungere il mio sogno sono disposta a spaccarmi la schiena :) Per il capitolo in sé non credo ci sia molto da aggiungere, solo se vi va scrivetemi una recensioncina ( il mio vocabolario lavora di fantasia e inventa parole nuove :P) e ditemi cosa ne pensate. Scusate in anticipo per eventuali errori di scrittura e un saluto a tutti.
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Gatte morte e botte in testa ***


« Regulus» Sibilò il giovane Black voltandosi verso la voce canzonatoria. Un giovane Serpeverde, appoggiato elegantemente al muro, si godeva la scena divertito.
 
« Fratellone» lo salutò incurante della rabbia cocente dell’ altro « Anche io sono molto felice di vederti» commentò sempre con un sorriso sulle labbra allargando le braccia simulando un abbraccio.
 
Elisa guardò per un attimo i due fratelli. A parte la divisa si assomigliavano molto per il portamento, i capelli, il fisico. Solo gli occhi li differenziavano. Quelli del fratello più giovane erano cupi nonostante il suo apparente divertimento, come se qualcosa di più profondo e nascosto lo turbasse. Come chiamato da quello sguardo indagatore il giovane la osservò  e il suo sorriso si incrinò un poco, per poi tornare a guardare il fratello come se nulla fosse accaduto.
 
« Vattene» Gli intimò il Grifondoro estraendo la bacchetta « Ei ei, ci stiamo scaldando un po’ vedo. Normalmente incrocerei la bacchetta con voi ma, sapete, ho diversi impegni che mi attendono quindi credo che me ne andrò. Buon Natale, Black» Salutò freddo come il ghiaccio.
 
« No fermo!» Elisa con quella frase aveva tentato il tutto per tutto, lo sapeva. « Devo parlarti» Aggiunse piano sotto lo sguardo meravigliato di tutti i presenti. Detto questo sgusciò nella sua direzione senza guardarsi indietro.
 
« O fratellone, non fare quella faccia da cucciolo ferito: questa puttana la prossima volta vorrà venire anche con te» lo rassicurò il Serpeverde. Elisa si voltò pronta a schiaffeggiarlo quando una voce irata li raggiunse « Non permetterti di chiamarla così!» Black la guardava, un velo di preoccupazione disteso sul volto incorniciato dai capelli neri e curati.
 
Regulus sorrise compiaciuto di rimando e, senza degnarsi di una parola, si voltò e continuò per la sua strada. Elisa, arrabbiata più che mai, cercò di assopire la furia per raggiungere il suo scopo.
 
« Non mi interessano le grifondoro pidocchiose» Cominciò il ragazzo sprezzante svoltando l’ angolo del corridoio successivo « Devi aiutarmi» Spiegò subito la mora chiarendo le sue intenzioni. « Io dovrei aiutare te?» chiese sbalordito il ragazzo fermandosi incredulo nel mezzo del corridoio. « Sì» « E perché dovrei farlo?» chiese ancora avvicinandosi con fare minaccioso « Trovalo tu un motivo, a me non interessa. Tu fallo e basta» Rispose strafottente la ragazza.
 
Regulus si fermò scrutandola per poi sorridere. « Cosa posso fare per liberarmi della tua insopportabile presenza?» « Prepara un antidoto per un filtro d’ amore» Spiegò con semplicità. Il ragazzo parve pensarci un attimo per poi farle segno di seguirla. La condusse per corridoi e corridoi facendole scendere una miriade di scale.
 
Quando giunsero a destinazione la temperatura si era abbassata tremendamente. Il ragazzo pronunciò la parola d’ ordine e il muro davanti al quale avevano sostato si aprì, lasciandoli entrare in una grande sala. Due colori in essa dominavano: il verde e l’ argento. Quella, dedusse Elisa, era la Sala Comune Serpeverde. Non male pensò.
 
Regulus le fece cenno di seguirla e la condusse su delle scale a chiocciola verso una porta. Quando l’ aprì la fece entrare senza una parola per poi richiuderla dietro di sé. « Era proprio necessario venire in camera tua per preparare questa sbobba?» « La sbobba, come la definisci tu, è una pozione molto impegnativa non tanto per la durata ma quanto per i passaggi delicati che contiene» spiegò saccente aprendo un armadio e  tirando fuori tutto l’ occorrente per la preparazione
 
« Sì ma era proprio necessario?» ridomandò Elisa scocciata. Il ragazzo sogghignò compiaciuto tagliando delle erbe. Probabilmente, dedusse la Grifondoro, questa situazione doveva divertirlo parecchio.
 
Passarono un po’ di tempo in silenzio, ognuno pensando ai fatti suoi. Elisa guardava annoiata i particolari della stanza pensando però a Remus e al suo stato. E se l’ antidoto non avesse funzionato? E se fosse rimasto per sempre un cretino? Diamine i rischi erano parecchi. E cosa avrebbe detto agli altri in quel caso? “ Trovate Remus strano? Ma cosa dite! Lui è sempre stato un pazzo psicopatico ossessionato da un suo amico!” No, decisamente non se la sarebbero bevuta. Poteva fuggire in Polonia. Sì, quella le sembrava un’ idea da tenere in considerazione.
 
« Sai che sei la prima ragazza che entra in questa stanza?» Interruppe il silenzio Regulus mischiando distrattamente il contenuto del calderone.  « Wow, sono davvero onorata. Ti informo che però sarei rimasta volentieri fuori» la Grifondoro sapeva di non doverlo trattare male, alla fine l’ antidoto era stata una sua richiesta. Qualcosa però in quel ragazzo non la convinceva, forse la postura o i movimenti sotto sotto troppo simili a quelli del fratello.
 
Il Serpeverde le sorrise sghembo « Sai perché ti ho aiutato?» « Esplica pure, sono tutta orecchi» Fece Elisa guardandolo bieco « Dovevo fare un regalo di Natale a mio fratello» la ragazza si sarebbe aspettata di tutto, ma non quello.
 
Alla faccia di lei così stupita spiegò « Mio fratello ci tiene molto a te. Anzi, devo proprio dire che non l’ ho mai visto guardare una femmina così» Sorrise amaro. « Io credo invece che sia tu che tieni a lui più di quanto vuoi far credere» Il viso del giovane si indurì improvvisamente, come se fosse stato colpito da una pentola in pieno volto. « taci stupida, non sai nemmeno cosa dici» sibilò a denti stretti serrando il pugno intorno al mestolo.
 
Elisa stette zitta un po’, analizzando il comportamento del Serpeverde. « Regulus è il nome di una stella e significa “piccolo re” se non sbaglio» Disse guardandolo « So molte più cose di quelle che pensi, più di quanto tu possa immaginare» Concluse infine amaramente
 
« A proposito, come va la sbobba?» Non era molto sicura che la tattica del cambiare discorso avrebbe funzionato ma almeno poteva dire di averci provato « Dovrebbe essere finita. Certo che voi femmine dovete proprio utilizzare i filtri d’ amore» Constatò amaramente versando un mestolo di liquido rosso nella fialetta
 
« Non ti piacciono?» Chiese lei curiosa prendendo la fialetta che il ragazzo le porgeva « Non mi piacciono?! Io odio i filtri d’ amore! Non riesco nemmeno a capacitarmi della loro esistenza. Sono inutili e stupiti, come le persone che ne fanno uso. Il vero amore lo si ottiene con la fatica e il rispetto»  « Strana mentalità per un Serpeverde» « Sta zitta e vattene, hai quello che volevi no?» sbuffò il ragazzo voltandosi stancamente.
 
La ragazza stette ferma qualche minuto ad osservarlo. Quel viso le era famigliare, era convinta di averlo già visto in giro da qualche maledettissima parte. Anche il nome ora le tornava famigliare, come se in realtà Lily non lo avesse nominato solo una volta. « Ancora qui? Come devo dirtelo di sparire?!» Sospirò spazientito osservandola « Ok ciao e ancora grazie» balbettò lei nervosamente  per poi dirigersi velocemente verso la porta. Essere beccata a fissare un ragazzo non era di certo in cima alla lista delle sue priorità
 
« O ma dai, seriamente non ti ricordi di me?!» chiese il ragazzo scocciato. La ragazza si fermò con la mano sulla maniglia a bocca asciutta, basita. Dove diamine lo aveva già incontrato? Maledetta lei e la sua pessima memoria « Dio davvero pensi di tirarmi un pugno e poi non ricordarti nulla?!» chiese di nuovo esasperato.
 
« Oooo» fece Elisa ricordandosi improvvisamente « quello... beh, scusa per il pugno» sorrise lei amabilmente per poi uscire veloce dalla porta e catapultarsi giù dalle scale. « è matta» sussurrò Regulus rimasto solo nella stanza.
 
La grifondoro intanto uscì dal Dormitorio Serpeverde e, per sua immensa fortuna, non incontrò nemmeno anima viva. Camminò a lungo per i corridoi pensando a quello strano ragazzo e al comportamento nei suoi confronti. Ora si ricordava dove lo aveva già visto e diciamocelo, non erano certo state circostanze pacifiche. Forse tra qualche anno si sarebbe dimenticato dell’ accaduto ma eì, non era certo colpa sua se se lo era meritato.
 
Una triste constatazione le riaffiorò nella mente: quel ragazzo stava vivendo un brutto periodo. Lo aveva facilmente notato da quell’ oscurità negli occhi, da quello sguardo e cupo sempre assente. Sembrava preso da altri pensieri nella sua testa, pensieri che, come poteva ben immaginare, non le era consentito l’ accesso. Immersa nei suoi pensieri non si accorse delle persone che, con poco garbo, le finirono addosso svoltando di corsa un corridoio.
 
« Dov’ eri finita?» le chiese irruente Alice aiutandola ad alzarsi. « A pettinare le bambole, secondo te?! Ho procurato l’ antidoto» comunicò felice mostrando la fialetta orgogliosa « Aspettate, dov’ è Remus?» chiese allarmata notando l’ assenza di lui. « Ci è scappato» sussurrò piano Carlotta dal suo maglione rosa confetto.
 
Elisa spalancò la bocca per urlare qualcosa di molto simile ad una bestemmia in turco « Ha strattonato così tanto che ci è riuscito impossibile trattenerlo. Lo stiamo cercando, non sappiamo dove sia» « Merda» esclamò poco elegantemente l’ amica prima di suggerire un “ Sala Grande” e iniziare a correre in quella direzione.
 
Dove diavolo era finito quell’ imbecille? Un senso di panico si impossessò di lei quando svoltato l’ ultimo angolo una scena raccapricciante le si presentò davanti. Remus e Minus vicini, il primo discuteva con occhi sognanti quella che Elisa sospettò fosse una dichiarazione d’ amore mentre il secondo, con occhi sgranati e orripilati quasi quanto la Grifondoro, ascoltava.
 
« Elisa dove diamine vai?» le urlarono allarmate le amiche bloccatesi in mezzo al corridoio. La ragazza decise al momento cosa fare: a mali estremi, estremi rimedi. Fu così che, con grazia divina e principesca, balzò sul giovane innamorato facendoli cadere entrambi sul pavimento.
 
 Quando Elisa si riebbe dal contraccolpo guardò Remus esitante. Il ragazzo giaceva steso sul pavimento privo di sensi. « Ma che...» cominciò Minus stupito « Io vi avevo detto che non stava bene ma no, voi non mi ascoltate» cominciò a mentire esasperata. Dopo di che prese il Grifondoro per una spalla e cominciò a trascinarlo via urlando parole al vento come “ infamia”, “salute” e “ Madama Chips lo verrà a sapere”.
 
Quest’ ultima convinse Minus a girare al largo da quella faccenda.
 
« Sei stata un genio» gli occhi di Carlotta irradiavano ammirazione da 40 kilometri. La mora d’ altro canto decise di ignorarla: quella ragazza aveva fatto più danno lei che Pix a carnevale. Alice invece si era precipitata ad aiutare l’ amica senza dire nulla: i suoi occhi parlavano già da soli.
 
 Quella storia cominciava a stufare entrambe e rasentava a dir poco il ridicolo. C’erano finite in messo, intrappolate come topi in una magagna non loro. La cosa cominciava a scocciare entrambe. Portarono comunque Remus nella Sala Comune Grifondoro senza intoppi, o quasi. Alice maledisse circa trenta volte tutte quelle odiosissime scale.
 
Giunte a destinazione adagiarono il ragazzo sul divano con cautela. Proprio in quel momento degli schiamazzi giunsero alle loro spalle e un aggrovigliato insieme di corpi urtò con violenza Elisa.
 
TINK.
 
Un piccolo schianto decretò l’ inizio della fine. L’ antidoto giaceva a terra riversato sul pavimento, la fialetta in mille pezzi. Tutto il frutto del suo sudore perduto.
 
« scusa Stevenson, la prossima volta però evita di piazzarti sulla nostra strada» la canzonò una voce alle sue spalle. Potter e Black la guardavano superbi in volto, la soddisfazione di una vendetta compiuta sul cuore.
 
« Io vi...» « Nnnn che male!» questi mugolii interruppero gli urli isterici della ragazza. Remus, sul divano, si massaggiava la testa dolorante, una smorfia confusa sul volto. « oddio» sussurrò Carlotta facendo un passo indietro sconvolta. “ Ma certo, di bene in meglio” pensò la mora sconcertata. Poteva capire ogni creatura dell’ universo, ogni singolo individuo sulla faccia della Terra ma non Potter e Black! Perché non potevano morire su iceberg acuminati dell’ Atlantico?!
 
« Che diavolo mi è successo?» chiese il Grifondoro alzandosi dal divano lentamente. « Sei svenuto: sai, non stavi molto bene, hai perso l’ equilibrio, sei caduto e hai perso i sensi» si inventò prontamente Alice lanciando alla mora al suo fianco uno sguardo penetrante. Elisa colse l’ occhiata dell’ amica ma non riuscì a interpretarla subito. Quando però lo fece, un’ orribile consapevolezza si impadronì di lei.
 
« Remus hai per caso visto Minus?» chiese così subito come conferma. Il ragazzo la guardò male per un secondo « In realtà non lo vedo da un po’, ma è possibile che non mi ricordi bene, con questo bernoccolo» si lamentò toccandosi la nuca.
 
« No» mugolò Alice sfinita. « Io non volevo scusate» cominciò a lagnarsi Carlotta scoppiando in lacrime e correndo verso Black per abbracciarlo. « Piantala oca!» ringhiò Elisa prendendola per il braccio e trascinandola verso le scale del Dormitorio. « Gelosa Stevenson?» ghignò divertito James. « Ci penso io» le sussurrò Alice prendendo Carlotta per l’ altro braccio. « Giusto perché tu lo sappia: ciò che succederà tra poco non sarà mai riportato alle orecchie di Lily» aggiunse facendole l’ occhiolino e cominciando a salire le scale.
 
« Datemi una sola ragione per non uccidervi ora» « Ragazzi ora basta, Elisa stai calma» Remus stanziava in mezzo a loro, un muro di pace nella tempesta. « Beh non credo che uccidermi ti gioverebbe molto, ma uccidere Sir ti porterebbe un sacco di vantaggi. Primo fra tutti potresti consolare il suo caro fratellino Regulus, no?» Ribatté velenoso Potter.
 
« Ma cosa diamine?!» chiese confuso Remus guardando gli amici « Elisa non farebbe mai nulla del …» « Genere? Credo allora ti stupirà sapere che qualche ora fa l’ abbiamo proprio beccata a fare la gatta morta con mio fratello» sputò Black con rancore. « Che c’è Black, solo perché non mi infilo sotto le tue coperte non vuol dire che non possa farlo con altri» « Elisa! Che diamine stai dicendo?!» « Zitto Lupin» ringhiò rabbiosa la ragazza. Il Grifondoro la guardò spaesato un secondo per poi abbassare gli occhi al pavimento, sconfitto.
 
« Stevenson io ti …» Black fece un passo avanti, la mano nella tasca in cerca della bacchetta. « Non qui» lo bloccò l’ amico al suo fianco « Questa notte a mezzanotte, stanza dei trofei» « Contaci, ci sarò» soffiò per poi girarsi e salire le scale in tutta fretta lasciando dietro di sé sguardi cupi e rabbiosi.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Da dove veniva quel filtro d’ amore?» Carlotta si fece piccola piccola sul suo letto « L’ ho preparato io perché?» chiese piano. Elisa lanciò un urlo rabbioso dando un calcio ad un cassettone li vicino riuscendo per altro solo a farsi male. La bionda guardò orripilante la ragazza imprecare per il dolore al piede.
 
« Una botta in testa, una fottutissima botta in testa!» « Ma cosa …» « Lupin non è più sotto l’ effetto del filtro d’ amore. Ora, noi non gli abbiamo propinato nessun antidoto, quindi ne dobbiamo presumere che il tuo preparato era fatto così male che è bastata una semplice botta in testa per farlo rinsavire» spiegò con calma Alice. La stanchezza faceva capolino sui suoi lineamenti delicati. « Ne segue che tecnicamente dovremmo ringraziare lo scarso successo di Carlotta in pozioni giusto?» Chiese allora rivolgendosi ad Elisa che, dall’ altra parte della stanza se ne stava appoggiata con la fronte al muro in meditazione.
 
Aveva notato il suo strano comportamento da quando era entrata nella stanza. Sembrava arrabbiata, triste e furibonda nello stesso istante. Probabilmente in quei casi Lily avrebbe sicuramente saputo che cosa fare ma, purtroppo o per fortuna, lei non era li in quel momento e non sarebbe tornata ancora per un po’ di giorni.
 
« Già dovremmo ringraziarla, come no» Elisa guardò storto la bionda sul letto. Un moto di odio le si riversò nel cuore pensando a ciò che era appena successo. Non solo aveva un duello sull’ agenda quella sera e l’ odio incondizionato da parte di tre ragazzi tra cui Remus. Adesso doveva pure ringraziare quella vacca spagnola! No, questo era troppo.
 
« Che cosa è successo di sotto?» chiese cauta Alice intuendo qualcosa. Elisa la guardò per un lungo attimo. Si, le avrebbe fatto decisamente bene parlarne. « Ho un duello a mezzanotte con Black e Potter. Mi dimenticavo: Remus mi odia a morte » confessò sfinita accasciandosi sul letto « Non andarci» la ragazza guardò Carlotta con irritazione « Per mostrare loro che mi arrendo? No grazie» Alice fece cenno alla bionda di tacere e le si avvicinò dolcemente «Dormi, ti farà bene. Scegli tu cosa fare, la scelta è tua. Chiediti solo: cosa vuoi dimostrare?» detto questo fece cenno a Carlotta di seguirla uscendo così dalla stanza lasciandola sola.
 
« Non lo so Alice, non lo so» sussurrò piano al cuscino quando la porta fu chiusa.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Il fuoco scoppiettante nel camino rifletteva l’ umore di Sirius: nero e rosso, lacerato e in conflitto tra odio e buonsenso. Quella ragazza aveva esagerato, punto. Non doveva permettersi di trattarli in quel modo, soprattutto Remus. Non se lo meritava e questo lo sapevano tutti.
 
« Vuoi piantarla Sir?! Ancora un po’ e demolirai la poltrona» gli fece notare poco elegantemente James « La vendetta è un piatto che si gusta freddo, ricorda» « Già» borbottò il ragazzo tornando ad osservare il fuoco corrucciato. 
 
« Non dovreste andarci» si intromise Remus da dietro il suo volume di trasfigurazione. « Non mi pare che Elisa sia sposata con nessuno di voi due» precisò severo non staccando gli occhi dalle pagine del tomo davanti al volto. Sirius sussultò a quella precisazione: davvero lui non sentiva nessun diritto di quel genere su di lei?
 
« Forse caro amico devo rammentarti che Elisa»  Remus fece una smorfia al tono di voce dell’ amico « non sia sposata nemmeno con te eppure tu la difendi sempre. Non mi è sembrata molto accondiscendente oggi quando è passata più e più volte sopra la tua dignità peggio di un Troll di montagna» James lo guardò risoluto da dietro i suoi occhiali tondi « Tu che ne pensi Sir?» continuò tranquillo « Penso che questa situazione stia diventando ridicola. Perché continui a difenderla vorrei sapere …»
 
« Vuoi saperlo Sirius vero?» domandò Remus spazientito abbassando il libro sulle ginocchia « Vuoi davvero saperlo?! Va bene! La difendo perché è così che si fa tra amici e no, non venitemi a dire che anche voi lo siete eccetera eccetera. Non voglio nemmeno sentire questi discorsi. Certo, sono arrabbiato con lei e molto. Questo però non cambia la situazione. James piantala di comportarti così: lei non è Lily. E Sirius, se ti piace così tanto vedi di muoverti perché, tra parentesi, credo sia proprio inutile continuare a guardarla come un cane geloso. Detto questo me ne torno alla mia lettura perché si, so leggere io» Detto questo si infossò ancora di più nella poltrona e senza dire una parola fece quanto preannunciato.
 
Le proteste e varie lamentele da parte dei due amici furono interrotte da Peter che, arrivato in quel momento, si abbandonò poco elegantemente sul divano. Vi fu un attimo di silenzio imbarazzato che si protrasse più a lungo del dovuto. Per un momento Sirius si chiese se Remus non avesse ragione, se il suo comportamento era patetico e infantile.
 
La voce di Peter interruppe quell’ attimo  « Remus ma oggi cosa intendevi quando hai detto di amarmi?»
 
Il libro del Grifondoro si abbassò bruscamente rivelando il volto livido del proprietario. « Io non ti ho mai detto nulla del genere!» esclamò questi scandalizzato. « Sicuro di non doverci dire niente?» chiese dubbioso James. Sirius guardò l’ amico al suo fianco curioso. James sedeva imbarazzato ma al contemplo divertito. Evidentemente la situazione lo metteva a disagio più del dovuto.
 
« Ma cosa … io non … o insomma andate al diavolo» scattò Remus arrabbiato alzandosi e dirigendosi furibondo verso le scale del Dormitorio maschile. « Allora Peter a quando le nozze?» canzonò Sirius con un sorriso sornione sul volto.
 
« Ma io …» confuso più che mai Peter si alzò e si diresse dall’ altra parte della stanza a mangiare caramelle. Forse almeno loro non se la sarebbero presa con lui.
 
 
 
Angolo autrice
Buon anno a tutti! Sì, direi che chiamare il mio ritardo abominevole è dire poco ma per fortuna per me e sfortunatamente per voi ho una scusa più che valida per la mia assenza. A parte i miei vari impegni ordinari, stressanti già di loro, ho anche deciso che alla mia vita mancava un po’ di brio e così ho programmato una fantastica gita in ospedale. E sì signori, ricoverata otto giorni in ospedale e ancora mi porto gli strascichi di questa meravigliosa avventura :- / Ora sto bene e finalmente sono riuscita a pubblicare il capitolo. Che ne pensate? Errori di scrittura a parte ( chiedo scusa in anticipo) spero vi sia piaciuto o in generale spero che non odiate la mia esistenza. Il personaggio di Regulus … che dire? Tenebroso e misterioso, caratteristiche che decisamente ho trovato calzargli a pennello. E il povero Peter beh, si deve aggiungere qualcosa? Forse sì ;-P Non ho mai amato Minus alla follia ( anzi diciamo che lo odio decisamente) ma credo che comunque sia non sia una persona cattiva, almeno non all’ inizio. Penso sinceramente che alla fine noi tutti siamo quello che la gente ci spinge a diventare, quindi non credo dipingerò mai Minus come un mostro infido e codardo, ma piuttosto come un ragazzo pauroso e psicologicamente debole. Fatta questa precisazione vi auguro ancora buone feste e un felice anno nuovo!
Un abbraccio
Eli ;-P
 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Un salto verso la libertà ***


Elisa ci aveva ragionato su per molto tempo. Un’ intera serata, per essere esatti. Aveva pensato a Remus e al suo comportamento, a Black e a Potter. Aveva rimuginato anche su quella ridicola situazione in cui si era cacciata, perché di quello si trattava. Un duello, di notte … non le pareva davvero una grande idea.
 
Durante la serata la domanda di Alice si era fatta strada nella sua mente più volte, insistente. Cosa voleva dimostrare? Dopo minuti e minuti di mal di testa era giunta alla conclusione che l’ unica ragione che spiegasse tutta quella situazione era il suo orgoglio e, per una certa parte, la poca sincerità nei confronti degli altri ragazzi.  Già una volta aveva litigato con Remus e si rese conto che, purtroppo, le ragioni erano pressoché le stesse.
 
Distrattamente la propria mano andò a toccare il viso dove, qualche tempo prima, avrebbe trovato un profondo taglio inferto da un coltello. Svoltò silenziosamente un altro angolo, la bacchetta saldamente ancorata nella sua tasca. La Sala Trofei si stava facendo sempre più vicina, un’ agitazione crescente nel petto.
 
Quando finalmente aprì la porta della sala due paia di occhi la osservarono silenziosi nella semioscurità. « Sei venuta» Potter se ne stava in piedi vicino a Black, gi occhiali saldamente sul naso « Sorpreso?» chiese piano la ragazza « No, non abbiamo dubitato nemmeno per un secondo riguardo alla tua presenza» rispose con una scrollata di spalle « Non vedo un tuo secondo … immagino che solo uno di noi debba combattere» constatò allora girandosi verso l’ amico al suo fianco.
 
Sirius, mollemente appoggiato con la schiena al muro, le braccia incrociate, alzò piano lo sguardo « Remus ci ha chiesto di non venire» fece piano sovrappensiero. Elisa sentì i primi sensi di colpa arrivare. Deglutì piano e li rimandò indietro: non era proprio il momento per deprimersi. La ragazza aprì la bocca per rispondere, esitante.
 
Un rumore nel corridoio la distrasse, rumori di passi. James prese subito da terra un fagotto e lo aprì rivelandone un mantello lungo dal tessuto soffice. Elisa si girò un attimo in cerca di una fuga. Una porta decisamente allettante svettava in fondo alla Sala.
 
Si girò verso i ragazzi ma non li trovò e, con un’imprecazione, corse veloce verso la porta. Possibile che quando si aveva bisogno degli uomini quelli si volatilizzavano nel nulla come se nulla fosse?!
 
Corse per lunghi corridoi immersi nel buio alla ricerca di qualche luogo conosciuto. Nulla. Ogni corridoio aveva sempre lo stesso maledettissimo e odiosissimo aspetto. L’ aria nei polmoni cominciava a mancare, il sospiro rotto e irregolare chiedeva ossigeno a gran voce. Con un sospiro affranto si avvicinò ad un arazzo attaccato alla parete. Se doveva essere colta con le mani nel sacco almeno avrebbe affrontato la cosa a muso duro e non nascondendosi in un cantuccio sperando di non essere vista.
 
Il rumore dei passi si avvicinò e, con lui, anche una luce che, Elisa dedusse, proveniva da una lanterna. Ancora qualche metro e sarebbe stata braccata, lo sapeva.
 
Prima che il suo predatore sbucasse da dietro l’ angolo, però, una figura si schiantò su di lei facendola sbattere contro il muro al di là dell’ arazzo. O almeno, così doveva andare. Una piccola insenatura, troppo stretta per due persone, era celata da quella grande quantità di stoffa.
 
« Ma cos-» le sue proteste furono interrotte da una mano che, tappandole la bocca prontamente, le intimò chiaramente di fare silenzio. La mora si guardò bene dall’ opporsi: i movimenti al di là della stoffa facevano intendere che il suo aguzzino era, quasi sicuramente, all’ esterno di essa. Quando i rumori cessarono la mano lasciò lentamente la bocca della ragazza che, con sua grande gioia, tornò a respirare. O almeno ci provò: un corpo massiccio era premuto violentemente contro il suo bloccandole i movimenti.
 
« Scusa non è che potresti scostarti ed uscire? Non per dire ma si sta un po’ stretti qui dentro» mugugnò nervosa agitandosi per uscire. Due mani l’ afferrarono e la schiacciarono ancora di più al muro. « Ringrazia che non ho fatto il bis a cena» quella voce così familiare fece inorridire Elisa « non possiamo uscire: Gazza ripasserà tra poco e Mrs Purr farà la guardia all’ uscita del corridoio. Hai proprio avuto una bella idea a ficcarti in un vicolo cieco sai?»
 
 La ragazza alzò gli occhi verso il volto del ragazzo qualche centimetro più alto di lei. I lunghi capelli di lui le ricadevano un po’ sul volto, infastidendola. Con uno sbuffo li mandò via guardandolo truce. « Non guardarmi così, James è fuori a controllare e appena potrà ci farà uscire di qui» fece amaro il ragazzo alle occhiate di lei.
 
Elisa aprì più e più volte la bocca alla ricerca di qualcosa di perfido da dire, ma no le uscì alcun suono. In fondo, ragionò, tutta quella situazione era colpa sua. I litigi, il duello … sì, decisamente doveva starsene a bocca chiusa per un po’.  
 
« Grazie» sussurrò piano nel silenzio. Sirius la guardò stupito: che cosa le prendeva adesso? « Io vorrei … spiegarmi» gli occhi della ragazza, fissi sullo sterno dell’ altro, erano persi nel vuoto. « Per sentirmi raccontare cosa, balle?» il ragazzo guardò amaro il retro dell’ arazzo. Non si sarebbe fatto prendere in giro, non questa volta.
 
Elisa parve rifletterci un secondo per poi rispondere con tutta tranquillità « Peccato, credevo ti interessasse il motivo per cui sono entrata nella stanza del tuo caro fratellino» la testa del ragazzo scattò verso di lei veloce. “Colpito nel segno!” pensò lei compiaciuta.
 
« Ti sei infilata sotto le sue-» la mano della ragazza scattò veloce sulla sua bocca. « Non urlare» gli sussurrò con una nota urgente nella voce « E comunque no, avevo solo bisogno di un antidoto per un filtro d’ amore» spiegò serafica lasciando il viso di lui. Elisa si permise per un secondo di osservare il sollievo mischiarsi in quei pozzi color tempesta, seguiti subito dalla confusione.
 
« Non era mio, si intende. Diciamo che la mia compagna di stanza, Carlotta, ha voluto provare l’ ebbrezza di essere un piccolo pozionista per una volta tanto. Diciamo che sfortunatamente ha propinato l’ intruglio a qualcun altro, a Remus per intenderci» raccontò divertita più che mai. « Remus? Ma adesso …» lo sguardo del giovane si voltò veloce verso il corridoio per poi ritornare sulla ragazza. « Non c’è da preoccuparsi, Carlotta è così scarsa in pozioni che una semplice botta in testa lo ha riportato alla realtà» un debole “ooo” uscì dalle labbra di Sirius al ricordo dei lamenti dell’ amico riguardo al suo mal di testa. Un’ altro ricordo più vivido si fece strada nella sua mente: un piccolo ragazzo paffuto confuso, il ricordo di Peter.
 
« Chi è stato il fortunato?» chiese ridendo sommessamente. Questa la doveva proprio raccontare a James. « Minus» rispose lei con una scrollata di spalle guardando distrattamente il muro. « Credo però di aver fermato il caro Lupin prima che potesse fare alcun danno» « Beh, non ci sei riuscita» Sirius scoppiò definitivamente a ridere alla faccia inorridita di lei.
 
« Avete finito di pomiciare voi due?» una voce scocciata li raggiunse quando un trafelato James Potter scostò l’ arazzo. I suoi occhiali tondi facevano grande sfoggio insieme alla capigliatura del tutto che ordinata. «Credo se ne sia andato» spiegò spostandosi con cautela e facendo qualche passo avanti. Sirius fece per uscire quando prontamente una mano lo trattenne « Non farne parola con Remus. Tocca a me sistemare le cose con lui» spiegò minacciosa lasciandolo andare.
 
« Ei voi due! C’è gente qui che è aspettata con impazienza al Dormitorio» James li guardava impaziente « Ma davvero! E da chi, di grazia?» Sirius si era voltato verso il compagno e, dopo una rapida occhiata alla ragazza che li seguiva divertita, aveva cominciato a camminare verso l’ uscita del corridoio.
 
« Non sottovalutarmi Black. La mia presenza è attesa ed io non posso permettermi di mancare a questo importante avvenimento» « Fammi indovinare. Il tuo lettino ti sta aspettando per la tua nanna giornaliera?» Sirius si girò ghignante verso la ragazza divertita alle proprie spalle. « Esatta-» Le parole sulla bocca del moro si bloccarono così come i due ragazzi.
 
Elisa fu spinta velocemente al muro dai due. Alle prime avvisaglie di protesta James le fece cenno di tacere. La ragazza si sporse lentamente inquadrando la situazione. Erano ormai giunti al termine del corridoio e stavano sbucando in un’ altro. A qualche metro da loro, un po’ più spostato, un altro corridoio faceva bella presenza e, qualche metro più in là, un grande finestrone sfoggiava in tutta la sua bellezza. A destra, invece, un rumore di passi proveniva prepotente e inarrestabile.
 
La mora sbuffò infastidita: ma quella sera avevano deciso di dare un party?! Perché poi sempre da lei i guai?
 
«James quando hai detto “credevo” era nel senso letterale del termine?» La voce inviperita di Sirius la riportò alla realtà « O scusa se mi sono permesso di disturbare le due tortorelle invece di seguire per tutto il castello un imbecille e la sua gatta»  « Non ti stavo chiedendo di inseguirlo o di sposarlo ma solo di seguire il piano e il piano diceva che avresti dovuto fare la guardia!»
 
Elisa guardò spossata i due ragazzi: seriamente stavano litigando in un momento simile? « Io sono allergico al pelo di gatto! E poi non starò a fare io il lavoro sporco mentre tu te ne resti nello spazio mignon con una ragazza a tubare, tubone!» « Potter!» il giovane Black scuoteva la testa esasperato.
 
« Mi dispiace disturbare questa amabile discussione ma potremmo darci una mossa?» la voce della ragazza li fece voltare entrambi, interdetti. Quando finalmente capirono, i loro sguardi si incontrarono per un attimo e, dopo aver annuito in un tacito accordo, James cominciò a srotolare il mantello che Elisa riconobbe come quello visto precedentemente nella Sala dei Trofei.
 
« Quando te lo diciamo devi infilarti sotto con noi e non fiatare» le spiegò velocemente Sirius. La ragazza annuì poco convinta guardando velocemente nella direzione da cui i passi giungevano.
 
La lanterna in mano, la gatta al suo fianco, Gazza camminava scrutando il pavimento intorno a sé alla ricerca di indizi. Qualche passo più avanti, rannicchiata dietro ad un’ armatura, una figura se ne stava li,  i lunghi capelli biondi a ricaderle lungo le spalle. Carlotta guardava con orrore l‘uomo e tremante cercava di farsi il più piccola possibile.
 
« Merda» la parola attirò l’ attenzione dei due Grifondoro al suo fianco che con sguardo stupito seguirono il suo sguardo. « A che piano siamo?» chiese veloce « Al piano terra perché?»
 
« Dammi la tua felpa» la richiesta lasciò Sirius interdetto e ancora di più James che con sguardo allarmato guardava i due « Se volete fare certe cose non qui» « Perché ti serve la mia felpa? Tu hai un maglione!» protestò il ragazzo stupito « Taci e spogliati» ordinò cominciando a togliersi il maglioncino e schiaffandoglielo in mano poco delicatamente.
 
 Quando finalmente lui obbedì e le porse la propria felpa lei la indossò veloce tirandosi il cappuccio sul volto. « Voi adesso dovete tornare in camera velocemente e infilarvi a letto subito. Con molta probabilità qualcuno verrà a controllare» Sirius guardò la felpa e il volto risoluto della ragazza e comprese.
 
« Vuoi fare da esca?» le chiese sbalordito « O no, io farò da diversivo» rispose con un sorriso ai due « E ricorda Sirius, non bere da bicchieri alla portata di tutti per un po’, non vorrei che la prossima volta il colpo di Carlotta andasse a segno» « Era per me?» sussurrò cupo il giovane « Esatto» rispose lei guardando verso Gazza e i suoi spostamenti. Quell’ uomo ispezionava talmente minuziosamente il pavimento che avrebbe tolto tutti i granelli di polvere presenti.
 
« Non mi sembra un buon piano …» la voce dubbiosa di Potter la fece voltare « Vi fidate?» chiese guardandoli. Seppur dopo molti sguardi i due annuirono poco convinti. Un ampio sorriso si distese sul suo volto quando cominciò a correre veloce verso la finestra.
 
3 metri.
 
2 metri.
 
Per un attimo Elisa si chiese quale sarebbe stata la faccia dei due Grifondoro in quel momento. Un urlo e uno scalpiccio indicarono il presunto inseguimento di Gazza alle sue spalle. “ Forse,” convenne una voce nella sua mente, “ era meglio non saperlo”.
 
E con questi pensieri si girò di lato e sfondò la finestra.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
James guardava la ragazza di fronte a sé dubbioso. Un brutto presentimento si era fatto largo nella sua mente, non poteva farci davvero nulla.
 
« Non mi sembra un buon piano …» rifletté a voce alta. « Vi fidate?»
 
“No” fu questo il suo primo pensiero. Si girò subito verso Sirius in cerca di sostegno incontrando i suoi stessi dubbi. Quella Grifondoro era imprevedibile, lo avevano intuito. Purtroppo quando i loro sguardi incontrarono di nuovo quello della giovane si costrinsero ad annuire.
 
“Che cosa potrebbe mai combinare?” si chiese amaro il moro con una piccola scrollata di spalle.
 
Qualche secondo dopo la ragazza cominciò a correre decisa. I suoi occhi saettarono automaticamente al corridoio al quale lei non degnò nemmeno uno sguardo. Il respiro gli si bloccò in gola capendo cosa stava per fare.
 
Non doveva, non poteva, semplicemente.
 
Afferrò saldamente l’ amico e lo trattenne mentre con uno schianto una figura si librava un secondo nell’ aria per poi scomparire, una pioggia di vetro ad incorniciarne il volo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Sirius» una mano gli scrollò delicatamente la spalla « dobbiamo andare» James lo guardava preoccupato buttando qua e là occhiate furtive « Sirius qualcuno potrebbe arrivare da un momento all’ altro» spiegò l’ amico per poi tirarlo su di peso buttandogli addosso il mantello dell’ invisibilità celandolo alla vista.
 
Il giovane Black si riprese alla vista della vetrata infranta e della faccia di Gazza, vivida e gonfia di rabbia. Cocci e pezzi di vetro di piccole dimensioni erano sparsi sul pavimento. Il grosso del materiale, pensò con angoscia, doveva trovarsi all’ esterno del castello.
 
James gli fece cenno verso una ragazza bionda qualche passo da loro. Senza altre parole sgusciarono li vicino e con poca delicatezza tapparono la bocca alla ragazza compiendo un vero e proprio rapimento.
 
Non ascoltò le proteste della ragazza ne la maschera di meraviglia che le coprì il volto alla vista dei due. Non prestò attenzioni alle sue moine, alle sue ciarle fino a che tutti e tre, sani e salvi, fecero ritorno alla Sala Comune. Solo allora si accorse che il tragitto percorso non aveva compreso nessun mantello dell’ invisibilità, celato per altro alla vista nella tasca di James.
 
« Tornatene a letto e restaci» le raccomandò stizzito James trascinando Sirius su per le scale del Dormitorio.
 
« Che cosa le avete fatto?» la voce di Remus li raggiunse non appena misero piede nella stanza. Seduto sul letto il ragazzo li guardava preoccupato e furente.  « Tutti a letto, ora. Che nessuno fiati. Vi racconterò dopo» spiegò James veloce spingendo il giovane Black verso le coperte.
 
Quando tutte le luci furono spente un lugubre silenzio cadde tra loro. Durante quel lasso di tempo il ragazzo ebbe modo di pensare all’ accaduto. “Stevenson non è così sciocca da rischiare la vita così facilmente” la vocina più ragionevole nella sua testa tentava di tranquillizzarlo, riuscendoci in parte.
 
Un pensiero folgorò la sua mente, il pensiero di una distesa di alberi oscura e potenzialmente pericolosa. La Foresta Proibita non era uno scherzo, questo era certo.
 
Un rumore di passi affrettato e preoccupato giunse alle sue orecchie. « Eccolo cosa vi avevo det-» la voce strascicante di Gazza si bloccò « Ma quella era la sua felpa …» la voce confusa del custode innervosì non poco la donna ritta in piedi al suo fianco « Venga presto, qui non c’ è più nulla da vedere» sentenziò la Mcgranitt al suo fianco chiudendo la porta il più delicatamente possibile.
 
« Ma che diamine!» Remus si era alzato seduto sul suo letto confuso e, se possibile, più frustrato di prima.
 
Un ragazzo intanto si era alzato in piedi dirigendosi veloce verso la porta. « Sirius che diamine fai?» « Non me ne starò qui rintanato mentre lei è la fuori nella Foresta, è da sola James» « Colloportus!» « Lei è fuori nella Foresta, non oserete dirmi che-» « Ma che cavolo vi prende a quest’ ora della notte?» chiese un assonnato Peter svegliandosi di soprassalto.
 
«Sentite, io e Sirius abbiamo qualcosa da raccontarvi ed è inutile che continui a prendere a calci la porta Black, non si aprirà: l’ incantesimo che vi ho applicato lo rende impossibile e si dia il caso che la tua bacchetta ce l’ abbia io» detto ciò appellò veloce la bacchetta dell’ amico ricevendo come ringraziamento occhiate di odio puro. « Non possiamo fare niente te lo sei scordato? Questa volta dovremo soltanto fidarci di lei»
 
Uno sbuffo infastidito lasciò le labbra del ragazzo che, imbronciatosi, si diresse con passo spedito verso la finestra più vicina scrutando l’ oscurità.
 
« E ora signori vi consiglio di mettervi comodi, la spiegazione sarà abbastanza lunga» “Questa notte sarà lunga” pensò con rammarico vedendo lentamente sfumare il suo appuntamento serale tanto agognato.
 
 
Angolo autrice
Wella bella gente, che si dice? Lo so, questa è una strana apparizione XD Fortunatamente ho deciso di mettermi sotto e, grazie ad un’ improvvisa dose di ispirazione, ecco qua il capitolo. A dire il vero mi stuzzicava l’ idea di scriverlo, non ne so esattamente il motivo. Credo che in generale non ci siano particolari commenti riguardo al capitolo in sé. Mi scuso in anticipo per gli errori ortografici, immancabili naturalmente. Fatemi sapere cosa ne pensate
Un abbraccio
Eli ;-P
 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Il patto ***


Il terreno si avvicinò velocemente.
 
Con un tonfo e un lamento cadde sul fianco nell’ erba. Con sua grande sorpresa cominciò a rotolare, chiaro sintomo di una discesa indesiderata. Velocemente si trasformò, l’ inequivocabile sensazione di invincibilità nel petto. Scattò riuscendo a interrompere la nausea e sfrecciando nella notte.
 
La sua corsa nell’ aria pungente di Gennaio svegliò ogni muscolo intorpidito. Non provava dolore per via dell’ adrenalina, immaginò. L’ indomani mattina sarebbe risultata uno straccio, ne era certa.
 
Solo quando fu arrivata nei pressi di un grande albero fermò la sua corsa e guardò indietro. Una lunga macchia di luce tingeva l’ erba là dove mille cocci imperlavano il terreno. La ragazza poté quasi scorgere delle persone intente a discutere animatamente sulla faccenda nei pressi della finestra ormai in mille pezzi ma, come lei stessa ammise, la lontananza era troppa per definirlo con precisione.
 
Si era allontanata di molto e così, tutta intenta a scorgere e analizzare la situazione dalla sua collinetta, non si accorse di un ramo omicida pronto a colpirla. Con uno schiocco quello attaccò ma la tigre, accortasi del pericolo, scartò di lato evitandolo per un soffio. Dei sibili fastidiosi attirarono la sua attenzione: altri rami.
 
Un piccolo ringhio infastidito la scosse.
 
Rapidamente si scostò per poi ripetere il movimento più e più volte evitando ramo dopo ramo. Dopo qualche minuto di spostamenti e schivate riuscì a valicare la difesa dell’ albero. Subito l’ animale spiccò un salto in direzione del tronco lasciando il posto ad una ragazza, la quale poggiò una mano sulla corteccia dura.
 
Elisa si concentrò, il viso contratto in una piccola smorfia. La calma si fece strada in lei, lentamente, come se goccia a goccia si stesse propagando. E questo era proprio il suo scopo. Con lentezza quasi esasperante i grandi rami si fermarono, un silenzio quasi surreale nell’ aria.
 
Questa tecnica l’ aveva imparata ed intuita qualche anno prima osservando il comportamento dei gatti. Parenti felini malfidenti e spesso scorbutici, sapevano essere degli ottimi maestri in trucchetti e robe simili.
 
Elisa si guardò in giro piano cercando un rifugio. Quando finalmente scorse due radici dell’ albero più grandi rispetto alle altre vi si rifugiò in mezzo immediatamente. Un piccolo sbadiglio le uscì prepotente dalla bocca, scuotendola. Si rannicchiò meglio sentendo il freddo invernale farsi strada fino alle sue ossa ed infossò la testa nel felpone caldo.
 
Aveva ancora il suo odore.
 
La ragazza sperò che i due Grifondoro fossero in salvo, magari nei propri letti. Un’ altro sbadiglio la colse impreparata. Questa volta, però, anche una voce si fece largo nella sua testa. Era la voce di Lily. La sgridava per il suo comportamento, per la sua stupidaggine, per le pessime compagnie da lei frequentate. « Buonanotte Lily» sussurrò al nulla prima di addormentarsi, una felpa e un pensiero come unici ripari nella notte.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
La Sala Grande era gremita di persone, un brusio continuo ed estenuante nella mente. Alcune Tassorosso gli passarono di fianco ammiccandogli.  
 
« Dove diamine è?» Remus guardava preoccupato il piatto, una rabbia repressa dietro gli occhi socchiusi faceva capolino così vistosamente che Sirius lo trovò alquanto simile ad un Lupo Mannaro. Si girò di nuovo scrutando la tavolata. Paciock parlava concitatamente con una ragazza al suo fianco, Alice doveva chiamarsi.
 
Sirius fu riscosso da una poderosa gomitata da parte di James che al suo fianco gli faceva cenno verso la strana coppia. I due li guardavano sottecchi, gli occhi della ragazza traboccanti di odio. Il ragazzo si alzò e si diresse verso di loro furibondo.
 
« Frank» il saluto piatto di James venne accompagnato da molte occhiate torve. Persino Peter, solitamente così preso ad ingozzarsi, se ne stava ora muto, gli occhi fissi sul piatto e un’ espressione da funerale sul volto.
 
« Che cosa le avete fatto?» Domandò imperioso e ad alta voce facendo girare gran parte dei ragazzi intorno a loro. I quattro si lanciarono un’ occhiata preoccupata: Elisa non era rientrata in Dormitorio quella notte. « Che cosa intendi scusa?» chiese Remus vibrante di rabbia. « ieri sera avevate un duello con lei, no? Carlotta ci ha riferito che poi l’ avete riportata in Dormitorio ma con voi lei non c’ era» fece livido di rabbia indicando una bionda qualche metro più in là.
 
La schiena di Sirius si irrigidì quando la vide: quella ragazza non era altro che il motivo dello sconsiderato gesto di Elisa, non era altro che la causa di quei litigi e di quelle bugie. « Te lo ripeterò un’ altra volta Black: dov’ è Elisa?» un pesante silenzio cadde nella Sala a quell’ urlo. Alcuni sussurrarono preoccupati, altri continuarono la propria colazione godendosi semplicemente lo spettacolo.
 
 « Mi cercavi Frank?» Una voce dall’ altro capo della stanza attirò l’ attenzione. Una ragazza se ne stava sulla soglia, la testa inclinata da un lato in attesa di risposte. « Elisa! Stai bene? N-noi pensavamo fossi-»  « Risparmiati la tiritera Frank, piuttosto passami un caffè, credo di averne proprio bisogno» Commentò sarcasticamente lei avvicinandosi. « tieni» Alice le venne incontro, una tazza di caffè nella mano, mille domande silenziose in attesa di risposte.
 
« Allora… ci hai dato dentro questa notte eh?» la voce civettuola di Carlotta la raggiunse infastidendole i timpani. La bionda l’ aveva pressoché costretta, constatò Elisa, a fermarsi proprio al fianco di Potter e company. Non le sfuggirono le occhiate preoccupate di Potter e Black, quelle rabbiose di Remus, quelle confuse e sollevate di Peter e quelle furiose di Carlotta. Quelle erano le peggiori. La ragazza aveva subito notato lo sguardo famelico alla felpa e l’ odio nei suoi occhi azzurri.
 
« No, non ho passato la notte con nessun ragazzo» fece stanca prendendo dalle mani di Alice la bevanda calda. « Come sono felice che tu stia bene!» dichiarò falsa alzando le braccia velocemente.
 
Con un tonfo la tazza finì sul pavimento, il contenuto completamente versato sul fianco della mora. « O come sono desolata» commentò esplicitamente finta la bionda guardando il danno con la testa lievemente inclinata di lato. « Brutta idiota!» Le urlò contro Alice persa ogni pazienza.  « Tu sei solo un’ ipocrita,una stronza gelosa che non è nemmeno capace- » « Alice» la ammonì Frank zittendola indicandogli con la testa la professoressa Mcgranitt che avanzava solenne verso di loro. 
 
« Mi pare di aver capito che ci sono problemi qui» fece severa guardando tutti dall’ alto in basso. « Alice mi ha appena insultato» gridò Carlotta con rabbia « è vero?» chiese l’ insegnante alzando un sopracciglio sorpresa « Ma certo, ovvio, tutti capaci così. Scarichiamo la colpa sugli altri! E tu che dici del filtro d’ amore che volevi propinare a Black e poi è finito a Lupin?» Ribatté a sua volta la mora asciando tutti a bocca socchiusa dallo stupore.
 
« Che cosa?!» la voce stupita della Mcgranitt scalfì l’ aria. « E Stevenson ha passato la notte fuori» ribatté perfida la bionda « Questo è inaccettabile!» L’ insegnate guardava furiosa la mora di fronte a sé che, silenziosamente, se ne stava a testa china senza muoversi.
 
« Noi non abbiamo fatto niente» lo squittio spaventato di Peter fece girare tutti i presenti verso di lui, increduli e confusi. « Zitto idiota!» lo ammonì James con uno sguardo alterato.
 
 « Stevenson credo tu debba venire nel mio ufficio, ora. Con voi faremo i conti più tardi» continuò severa la donna guardando la ragazza di fronte a sé. « Allora Stevenson?» il richiamo fece alzare lo sguardo alla ragazza.
 
Un viso sconvolto e tremante racchiudeva due occhi spaventati. Un respiro era trattenuto con forza, il diaframma alzato da sporadici movimenti. Un mezzo singhiozzo uscì da quelle labbra ma molti, ripensandoci, si accorsero era un gemito. « Cosa diamine succede?» le parole uscirono stupefatte e involontarie dalla bocca della donna.
 
« Il caffè era bollente» sussurrò Alice per poi precipitarsi sull’ amica. « Fai vedere cara» fece la Mcgranitt premurosa scostando di poco la maglietta della ragazza sotto gli occhi dei presenti. Al movimento altri gemiti di dolore asciarono la bocca della giovane. Un’ imprecazione lasciò la labbra del’ insegnate quando vide quella pelle, una distesa violacea e dolorante. « No» il sussurrò di Sirius  ferì Elisa più di ogni altra cosa al mondo. Aveva detto sarebbe andato tutto bene, di fidarsi di lei. Sapeva che lui se ne sarebbe sentito responsabile, già lo immaginava.
 
« va tutto bene» li rincuorò piano « è solo una botta. Il caffè bollente ha peggiorato le cosa ma ora è tutto okay» continuò con un debole sorriso. « In infermeria, ora» decretò la Capocasa « La portiamo noi» la voce di Sirius e James fece voltare allibita l’ insegnante. « No, accompagnerò io la signorina Stevenson in infermeria» una voce chiara e che non ammetteva repliche arrivò da qualche metro più in là.
 
L’ anziano preside si avvicinò alla scena con volto bonario in viso. «  Sempre che a lei vada bene, è ovvio» fece rivolto alla ragazza di fronte a sé. La sua risposta fu però bloccata da un urlo improvviso « è lei! Si è buttata lei fuori dalla finestra ieri sera! Aveva la stessa felpa» Gazza incespicò nell’ avvicinarsi, il trionfo sul viso. « Cazzo» James guardò preoccupato Sirius al suo fianco.
 
« La ringrazio signor Gazza, ora le chiederei di ritornare alle sue mansioni» Silente ammonì apertamente Gazza che, sconfitto, guardò basito il preside. « Ma-» « Vogliamo andare?» chiese poi facendo strada verso l’ uscita della Sala Grande.
 
Un mormorio concitato si disperse nella stanza quando i due furono usciti, voci allibite, sorprese, alcune sprezzanti e minacciose.
 
« Questa sera dobbiamo-» « No» Il piano del giovane Black fu interrotto da Remus che, risoluto, continuò « è completamente inutile complicare la situazione. Non è già facile di per sé. Se cominciamo ad assediarla sarà solo peggio» « Che cosa intendi dire?» Peter si intromise stranamente nel discorso « Insomma non credo di “ complicare la situazione”»
 
James sospirò pesantemente passandosi una mano fra i capelli « Io credo che Remus voglia dirci che-» un’ altro sospiro sfinito « dovremmo lasciarla stare per un po’» « Che cosa?! Io non ho nessuna intenzione di-» « Di fare cosa Sir? Lei non è come noi, ha bisogno del suo spazio. Ha bisogno-» « Della Evans» concluse per lui Remus stancamente. « E si da il caso che torni tra una decina di giorni» continuò amaro. Sirius sbuffò sconfitto guardandosi intorno. Qualche metro più in là la Mcgranitt si era prodigata a togliere un bel po’ di punti Grifondoro.
 
« Non vederla in questo modo» la voce di James lo fece voltare. Lo sguardo dell’ amico oltre la propria spalla osservava una certa biondina. « Mangia, devi essere in forze» Remus lo guardava, un sorrisetto malefico dipinto sul volto. « O sì, abbiamo una vendetta da compiere» Completò James ritornando a guardare il suo piatto, lo stesso sorriso di Remus sul volto.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Certo che ne hai di fegato» Silente sorrideva da dietro i suoi occhiali a mezza luna, un sorriso furbo sul volto. Elisa emise uno sbuffo divertito. « Non ho mica baciato un dissennatore» sminuì con un’ alzata di spalle.
 
L’ unguento con cui Madama Chips  aveva curato il livido bruciava in qualche modo sotto le bende. Con un grugnito pensò a quell’ asina di Carlotta. Come si sarebbe comportata? Non lo sapeva, davvero. Poteva vendicarsi, o starle lontano, o ancora cercare di chiarire il malinteso. La prima ipotesi non le dispiaceva, certo, ma non era nel suo stile e questo lo sapeva bene.
 
« Credo che ti convenga entrare, a meno che tu non voglia incontrare Gazza e prenderti una bella punizione» l’ anziano mago la guardò divertito. La ragazza si diresse silenziosa verso il ritratto per poi voltarsi « Perché non sono in punizione?»
 
Silente sorrise a quella domanda « Diciamo che, checché Gazza sia convinto di aver visto un individuo con indosso quella felpa, questo non vuol dire che la sua sia una certezza. D’ altronde, le certezze non sono di questo mondo» con un occhiolino il preside si voltò, una passeggiatina spensierata nel corridoio. « Mmm, dovrò tirare fuori quei bei stivali che mi hanno regalato, ha cominciato a nevicare fuori» disse sovrappensiero prima di svoltare l’ angolo.
 
Elisa entrò in Sala Comune con un sorriso, subito spento alla vista di qualcuno ad attenderla. « Ma guarda un po’ chi è saltato fuori dal buco della vergogna» sputò fuori Carlotta, un sorriso di trionfo sul viso. La stanza era vuota, notò con disappunto.
 
« Cos’ è, hai perso la voce? Certo sarà strano essere espulsi come dei cani, vero?» « Dov’è Alice?» « Oh, lei non ci sarà a pararti il culo questa volta. Sfortunatamente per te è ancora dalla Mcgranitt, che peccato…» La bionda la guardava famelica « Non verrò espulsa, se ti interessa, ne tanto meno avrò qualche punizione» Elisa sorrise serafica nel vedere quanta rabbia si accumulava volta per volta sul volto della biondina.
 
« Tu, tu non puoi-» « Che strano, mi pare di aver appena dimostrato il contrario» Carlotta prese mano alla bacchetta seguita a ruota dalle sue compagne che, prese alla sprovvista da quel movimento improvviso, non trovarono nient’ altro da fare se non copiarlo. E proprio da quel gruppo di automi pensanti arrivò l’ incantesimo « Incarceramus!»  « Protego»
 
Una figura si parò davanti alla mora, una smorfia dipinta in volto. « Ti facevo più sveglia Stevenson, tira fuori quella bacchetta»  « Ei James, la bionda lasciala a me» Sirius si parò di fianco all’ amico, un sorriso malefico sul volto. « No ragazzi, non è il momento» un Remus abbacchiato sbucò di fianco alla ragazza, un braccio proteso a spingerla lentamente indietro. 
 
Qualche metro più in là Peter guardava accigliato i compagni « Ma ragazzi, non avevamo detto-» « Hai ragione Peter. Possiamo quindi dire, ragazzi, che il piano originario è andato completamente affan-» « Cosa diamine ci fate qui?» Carlotta guardava stupita la schiera di bacchette innanzi a sé.  
 
« Io ho un’ idea, Rowle: tu e le tue amichette ve ne andate per la vostra strada e noi per la nostra, che ne dite?» « Oppure ve ne faremo pentire» Sirius completò la frase del ragazzo al suo fianco con un cipiglio minaccioso. Con lentezza disarmante la ragazza ripose la sua bacchetta, seguita subito dalle altre alle sue spalle.
 
« Ok fantastico» James rimise la bacchetta nella tasca senza però abbandonarla con la mano. Gli altri fecero lo stesso.
 
« Vieni» « Che cavolo fai Potter?» « Fidati» le sussurrò piano prendendola per il braccio e conducendola verso le scale del dormitorio maschile. « Che diamine state facendo?!» La voce di Carlotta li raggiunse ai primi scalini. Remus aprì la bocca per rispondere seguito da a ruota da Elisa: chi diamine pensava di essere?! « Lasciate perdere ragazzi» James scosse la testa con sufficienza e continuò a salire le scale trascinando con sé la mora.
 
« La portiamo nell’ unico posto al sicuro del castello, con noi» Sirius guardava con ferocia e attenzione le sue prede. « Sirius!» Il richiamo di James arrivò chiaro alle sue orecchie e così, senza aggiunger parola, salì le scale chiudendosi alle spalle la porta del Dormitorio.
 
 Elisa guardò con curiosità la stanza, rapita da quello strano e caotico disordine. Poster tappezzavano le pareti mentre calzini, pantaloni e boxer ( sperò con tutto il cuore che non fossero usati) erano sparsi qua e là, quasi come se una bomba fosse esplosa all’ improvviso.
 
« Scusa il disordine» James si stiracchiò sbadigliando buttandosi su un letto che, dedusse, era di sua proprietà. « Io… grazie» bofonchiò la ragazza a disagio. « Mmm fermi tutti ragazzi, voglio fissarmi il momento nella memoria. Tu sai vero che te lo rinfaccerò a vita?» « Oh Potter, sta zitto!» « Così va meglio» commentò il ragazzo con un sorriso.
 
« Parliamo di cose serie: si può sapere perché diamine non hai tirato fuori la bacchetta e non ti sei difesa?!» Remus la guardava, alterato, la bacchetta ancora stretta nel pugno « Non aggredirla Rem» Sirius guardava con astio il suo compagno di stanza « Ah no? E cosa dovrei fare, farle i complimenti per la sua geniale trovata?» « Sirius ha ragione Remus, calmati e sta zitto» James, alzatosi a sedere, guardava con riluttanza il pavimento.
 
« Io non-» « Insomma, cavolo, vuoi ragionare un attimo? Se tu sei scosso come deve sentirsi lei?!» il Lupo Mannaro tacque a quella considerazione.
 
« Stai bene?» Peter sorprese tutti a quella domanda « Certo, ovviamente» Ecco, sempre il solito sarcasmo che rispuntava fuori. Elisa si maledisse con tutto il suo cuore. « Se vuoi andartene fallo, non saremo certo noi a fermarti» Le parole di Sirius furono un’ altro colpo al cuore. Un silenzio d’ attesa si propagò nella stanza.
 
« Non volevo, scusate» quelle parole fecero girare tutti i presenti. La mora si lasciò scivolare abbandonata contro il legno della porta sedendosi così con le ginocchia strette al petto sul pavimento. « Non volevo raccontarvi tutte quelle bugie, non volevo essere così cattiva con voi, scusate» ripeté sconfitta.
 
 « Scusami Remus, io-» « Lascia perdere, Sirius mi ha già raccontato tutto. Ciò però non toglie che sei una stupida, ti comporti sempre come se tutto e tutti non possano aiutarti» Elisa guardò annuendo l’ amico prima di voltarsi con sguardo colpevole verso il giovane Black.
 
 « Non sono riuscito a strare zitto ok? Anche tu però potevi evitare di saltare da una finestra!» « Vi avevo detto di non preoccuparvi, non mi sono fatta nulla» ribatté la ragazza con sufficienza « Bhe, se non contiamo quell’ ematoma sul fianco» commentò sconsolato Peter.
 
 « Madama Chips lo ha già curato, non corro pericoli» spiegò con un gesto veloce della mano per concludere la faccenda « Una cosa me la devi spiegare: dove diamine sei stata questa notte? Nella foresta è impossibile, non da sola» « Mi piace definirmi piena di sorprese» glissò così la domanda di James, non poteva permettersi che qualcun’ altro venisse a conoscenza della cosa.
 
« E adesso che si fa?» la domanda di Remus colse un po’ tutti impreparati. Dopo qualche minuto di riflessione fu James a parlare « Non credo ci siano molte possibilità: la ragazza sta con noi almeno finché la Evans non torna» « So badare benissimo a me stessa» un certo risentimento faceva capolino nella sua voce
 
« Lo sappiamo benissimo ma questo non impedirà a quelle squinternate di rifarsi vive. Non che dubiti delle qualità combattive di Alice ma …» « noi quattro siamo abituati a pararci il fondoschiena a vicenda» completò per lui un Sirius decisamente risoluto.
 
« Ma io-» « Consideralo come un favore personale, oppure come un patto. Tu hai salvato me e Sirius ieri sera da Gazza e noi faremo altrettanto con quelle pazze maniache» Elisa non oppose resistenza alle parole di James, alla fine si trattava solo di un patto, nulla di più, giusto?
 
« Tutto ciò durerà fino al rientro della Evans, tutti d’ accordo?» Quelle parole furono accolte da cenni di assenso generali. Elisa guardò i volti di quei ragazzi.
 
« d’ accordo»
 
 
 
Angolo Autrice
Buongiorno gente! Mi scuso tantissimo per il mio abnorme ritardo. Sfortunatamente ho ancora problemi di salute e sono schiacciata da impegni su impegni L innanzitutto spero che il capitolo vi sia piaciuto, ovviamente il giudizio sta a voi. Mi scuso per eventuali errori grammaticali e per la lunghezza del capitolo ( oops O.o ). Se avete voglia lasciate una recensione, spero di pubblicare presto il prossimo capitolo. Alla prossima
Eli ;-P
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Tu fai parte di questo inferno ***


« E ora che si fa?» Peter guardava dubbioso James « Bella domanda! A quanto pare ha iniziato a nevicare, non so quanto ci convenga uscire» fece quest’ ultimo facendo un cenno verso la finestra.
 
« No usciamo, la neve non me la voglio perdere»  « Non questa mattina: Madama Chips ti ha appena curato, non puoi uscire adesso a saltellare in giro come una lepre. Usciremo questo pomeriggio» « saggia decisione Rem. Per questa mattina potremmo rimanere qui in camera oppure girovagare per il castello» James si stiracchiò distrattamente. Elisa accettò con un’ alzata di spalle la decisione.
 
« Ok gente, diamoci una mossa» fece Remus dirigendosi verso la finestra guardando fuori « Giusto, per prima cosa avrai bisogno di cambiarti» la proposta di James la lasciò spiazzata. « Cosa?» « Hai una felpa e una maglietta bagnate. Anche se le asciugassimo con un incantesimo non credo proprio che la macchia di caffè se ne vada, ne tantomeno l’ odore» rispose lui arricciando il naso.
 
La ragazza abbassò il volto vergognandosi « Va bene» acconsentì sconfitta. « Tieni» un fagotto le fu lanciato tra le mani e dispiegatolo notò con stupore che si trattava di una maglietta nera, la scritta “ Quidditch” in bella vista.
 
« è una maglietta di Sirius, è l’ unico qui che ha la taglia quasi come la tua» « Io ho delle magliette!» protestò arrossendo « Vero, ma sono nel tuo Dormitorio, dove noi non possiamo andare. Ora, a meno che non fai sbucare Alice dal nulla dobbiamo arginare questa problematica» le spiegò Remus sorridendole a mo’ di scusa. Con un’ alzata di spalle Elisa si tolse la felpa.
 
 « Che diamine fai?!» Sirius le bloccò le mani che stavano andando a togliersi la maglietta. « Mi cambio» rispose lei confusa « Non qui, in bagno stupida» disse spingendola verso il bagno della stanza.
 
Quando la piccola porta fu chiusa i ragazzi si guardarono « Che diamine-» « A volte lei si comporta così» la scusò Remus con un sorriso divertito sul volto « è come se … come se nessuno le abbia mai detto cosa si fa e cosa no» « Certo che la Evans doveva proprio andarsi a cercare una persona così» James guardava sconsolato la finestra, il pensiero e la mente ad una rossa Grifondoro.
 
« Ragazzi ho un’ idea! Questa mattina potremo organizzare la vendetta contro-» « No, assolutamente no. Non dobbiamo farne parola con lei intesi? Non è il suo stile, non ci permetterebbe mai di farlo» il giovane Potter distolse lo sguardo dalla finestra al suono della porta che si apriva.
 
Elisa fece il suo ingresso nella stanza, l’ imbarazzo visibile sulla sua espressione « Prendi questa» Sirius le lanciò una felpa nera, l’ interno foderato da un morbido tessuto « Ti terrà caldo» spiegò cominciando ad avviarsi alla porta.
 
« Andiamo a fare un giro?» propose, la mano già sulla maniglia. Gli altri acconsentirono e sotto un pesante silenzio la strana combriccola uscì dal Dormitorio.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Elisa guardò con interesse il pavimento innanzi a sé. Da più di dieci minuti nessuno fiatava e l’ aria gelida dell’ inverno cominciava a farsi strada nelle sue ossa.
 
Durante il loro percorso i Grifondoro avevano più volte incontrato delle finestre e la ragazza, sperando nell’ impossibile, aveva cercato di buttare un occhio all’ esterno ogni volta. Una strana forza, però, le aveva mantenuto lo sguardo incastrato innanzi a sé. Forse si trattava di qualche strano incantesimo o, molto più probabilmente, semplicemente d’ imbarazzo.
 
« Che ne dite di andare in Sala Grande per pranzo?» Peter, gli occhi colmi di una gioia repressa, guardava uno ad uno i suoi amici « Non credo sia una buona idea, almeno per questo pranzo. Scusa Peter»  « Remus ha ragione, non è per niente da prendere sotto gamba questa situazione» « E perché scusate? Andiamo a pranzo, mica ad un duello magico» James sospirò stancamente risistemandosi gli occhiali sul viso « Quella ragazza ha utilizzato un filtro d’ amore, Sir, cosa non ti fa pensare che faccia di peggio?» « E va bene, va bene» il giovane Black lasciò cadere il discorso con un’ alzata di spalle.
 
I ragazzi svoltarono il corridoio taciturni. Un gruppo di ragazze Corvonero, impegnate nello studio su una panchina qualche metro più in là, cominciò a saltellare  scossa dai risolini alla vista del gruppetto.
 
« Ragazzi no» la preghiera di Remus non venne accolta. « Buongiorno ragazze come state?» James e Sirius si avvicinarono baldanzosi, un sorriso a trentadue denti come arma di seduzione « Scusali, loro fanno sempre così» il Lupo Mannaro guardava la ragazza al suo fianco desolato.
 
Sulla faccia di quest’ ultima, però, non vi era spazio per un così mite sentimento. « Mi stai dicendo che ho appena stretto un patto con quei due imbecilli?!» « Non vederla così ...» Peter cercò di salvare la situazione « Allora come dovrei vederla?» La sua voce si alzò con decisione, il fastidio ruggente nel petto.
 
« Ei Stevenson, per te ce ne sarà dopo, un po’ di pazienza» Sirius la guardava divertito, i capelli scuri a ricadergli morbidamente sul volto accarezzati da un’ affusolata mano. « Ho fame, credo andrò in Sala Grande» soffiò rabbiosa allontanandosi.
 
 « Dove cavolo vai?» Remus la prese per il braccio strattonandola. « Lasciami andare!» « No, non ti farò combinare una delle tue solite cazzate!» « Ragazzi si potrebbe andare giù nelle cucine» pigolò Peter guardando esterrefatto la scena.
 
Delle risatine civettuole arrivarono alle loro orecchie: le Corvonero guardavano la scena divertite, un’ aria di commiserazione sul volto. « Qui sta nascendo un nuovo amore!» il commento proveniva da una mora arpionata al braccio del giovane Black che, sentitolo, si scansò di colpo.
 
« James andiamo» Con passo deciso afferrò Elisa per il braccio e cominciò a strattonarla. « Si può sapere cosa ti salta in mente?!» Sirius non rispose alle continue proteste di lei, ne diede peso al fatto che, con poco garbo e delicatezza le avesse decisamente arpionato il polso.
 
Dopo diversi corridoi e scale finalmente raggiunsero la loro meta.
 
« Un quadro? Sicuri di stare bene?» Peter le fece segno di fare silenzio e guardare verso la frutta raffigurata nel dipinto. Sirius allungò la mano verso una pera e, dopo averla solleticata, una maniglia apparve dal nulla. Quando il dipinto divenuto una porta si fu aperto, Elisa rimase a bocca aperta.
 
 « Beh, non avevi fame?» Sirius la guardava, un sorriso divertito sul viso. Mille folletti saltellavano di qua e di là portando piatti, pentole e cibarie. « Wow» il sussurro di Elisa si perse negli urletti concitati degli elfi e nelle loro riverenze.
 
« Non è poi così male in fondo» Remus, la bocca vicino al suo orecchio, le fece cenno verso un ragazzo qualche metro più in là, verso uno scapestrato Grifondoro da strapazzi. Verso il giovane Black, insomma.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
« Non voglio uscire, vi prego» « Peter muoviti se no ti lasciamo qua» James afferrò con decisione il povero ragazzo e lo spinse in avanti con decisione. 
 
« Non capisco perché diamine dobbiamo uscire al freddo e al gelo quando dentro si sta così bene» « Perché avevamo deciso così questa mattina, ecco perché» Elisa sbuffò divertita a sentir quel piccolo battibecco.
 
Finalmente sarebbero usciti a vedere la neve, non stava più nella pelle. Ecco, il portone si avvicinava, vi era quasi, ancora qualche passo.
 
4 metri.
 
3 metri.
 
« Ei Stevenson! Si può sapere perché quella Carlotta ce l’ ha tanto con te?» « Sirius!»
 
2 metri.
 
« Che c’è James! Dato che le facciamo da guardia del corpo è nostro diritto saperlo no?»
 
 1 metro
 
 « Stevenson?» Elisa si bloccò di colpo, immobile. Non una parola uscì dalle sue labbra, né una protesta, né una spiegazione. Rimase semplicemente immobile a guardare, guardare il bianco, guardare la purezza, guardare qualcosa che, in fondo, rimaneva ancora immacolato e lontano.
 
La luminosità dell’ aria le annebbiò gli occhi, ma non li chiuse: tutto era troppo perfetto per farlo. L’ aria gelida di Dicembre le entrò prepotentemente nei polmoni, le sembrò di respirare per la prima volta. Per un attimo temette di essersi trasformata, di aver perso il controllo. Nulla di tutto ciò. La coda non c’ era, e nemmeno vibrisse e artigli.
 
« Stevenson?» Una mano calda le prese dolcemente il gomito richiamando la sua attenzione. Elisa si girò, gli occhi castani stralunati e persi.
 
Sirius la guardò preoccupato, non capendo. « Ei» sussurrò piano inclinando la testa in cerca di spiegazioni e facendosi più vicino. La ragazza si voltò, sorridente, una gioia segreta a impregnarle il cuore.
 
Uno scatto verso l’ esterno la catapultò nel soffice manto bianco.
 
La corsa cominciò.
 
L’ aria a sferzarle il volto, l’ ossigeno nei polmoni. Sentiva le scarpe e le gambe inzupparsi, ma non le importava.
 
Un urlo alle sue spalle la chiamò.
 
Continuò senza fermarsi.
 
Con un salto evitò una piccola discesa nel terreno, piccoli e lucenti perle bianche innanzi agli occhi. Sprofondò nella neve fresca, felice.
 
Un altro richiamo alle sue spalle, un’ altro passo nella sua corsa.
 
Ormai la foresta era vicina, vedeva i tronchi, vedeva l’ oscurità in essa.
 
Aumentò il ritmo.
 
Le urla alle sue spalle si fecero più lontane, l’ oscurità della foresta sempre più vicina.
 
La neve sotto i suoi piedi si dissolse, così come la luce e quella dolce sensazione di sicurezza. Dopo qualche attimo di corsa la ragazza si fermò, ansimando.
 
Non aveva veramente intenzione di seminarli, non avrebbe davvero voluto farlo. Aveva solo bisogno di qualche minuto da passare in solitudine, in silenzio, il suono dei respiri a determinare lo scorrere del tempo.
 
Con passi incerti si diresse alla sua destra dove, ne era più che certa, si trovava il Lago. E difatti, una decina di minuti più tardi, eccola lì, da sola, come lo era sempre stata. Chiuse gli occhi espirando piano godendosi quel piccolo silenzio surreale creatosi.
 
 « Cosa posso fare?» sussurrò al Lago rassegnata.
 
Pensò a quella stupida di Carlotta, al suo passato, al suo futuro. Pensò alle sue scelte e a quanto avrebbero coinvolto Lily, Severus, Remus.
 
Una sferzata di vento gelido le lambì le ossa, attanagliandogliele. Con un sussulto la ragazza si strinse con decisione alla felpa, un volto malandrino vivido nella sua mente.
 
« vattene» protestò con disappunto a quel pensiero.
 
« Non sapevo di esserti tanto antipatico» una voce divertita la beffeggiò alle sue spalle. Regulus Black la guardava divertito, la curiosità sul volto « Certo che mio fratello deve farti davvero schifo se corri via così. Stavo facendo un giro quando ho notato la tua fuga» si giustificò con garbo facendo cenno alle sue spalle.
 
« non volevo fuggire» si giustificò la Grifondoro voltandosi verso il Lago « E immagino che questo loro lo sappiano. Sai, per via delle urla» si giustificò con un sorriso arrivando al suo fianco.
 
« Perché» Regulus la guardò perplesso. « Solitamente quando una persona urla-» « Non intendevo quello» Elisa si girò decisa « Perché mi parli? Tu sei un Serpeverde, io una Grifondoro, tu odi la mia casata, eppure mi parli e mi hai aiutato. perché?» Il ragazzo la guardò per un attimo soppesando le parole. Il volto della ragazza, deciso e determinato non dava molta scelta.
 
« Ti credevo più sveglia, lo ammetto» un sorriso sghembo apparve sul suo volto. « Lo vedo, sai, come mio fratello ti guarda. Il suo comportamento, i suoi gesti. Tu sei-» un sospiro amaro uscì dalla sua bocca « -sei ciò che la mia famiglia non è ancora riuscita ad intaccare. Checché sia un idiota, mio fratello rimarrà sempre tale. Spero non ti dispiaccia quindi se mi permetto di parlarti di tanto in tanto» una piccola smorfia faceva capolino da quel viso.
 
Quella vista le ricordò molto un volto a lei conosciuto.
 
« No, alla fine non sei tanto male, il tuo cervello può ancora essere riciclato» la risposta fece sorridere il ragazzo. « Contando che molti sono da buttare, mi sento onorato» un accenno di un sorriso sbucò dal volto della ragazza.
 
Un sibilo le passò vicino all’ orecchio come una frusta gelida. « Protego!» Regulus, già in posizione da battaglia, guardava fra i rami allarmato. Elisa si passò una mano fra i capelli, scioccata. Non si era accorta di nulla, era stata imprudente.
 
« Expelliarmus!» un piccolo fiotto rosso fuoriuscì dalla bacchetta e si infranse qualche metro più in là. « Se ne sono andati» constatò piano il ragazzo voltandosi guardingo.
 
« Chi erano?» « Probabilmente degli stupidi» rispose veloce la ragazza cominciando a camminare.
 
Era preoccupata, molto. E così James e gli altri avevano ragione, Carlotta non si sarebbe fermata.
 
In quel momento si sentì persa: non poteva difendersi, le avrebbe fatto del male.
 
Doveva trovarli.
 
Aveva paura.
 
« Perché eri con mio fratello? Solitamente non vi potete soffrire, eppure prima... » Regulus, immobile, la guardava pensoso, una nuova consapevolezza nella sua mente. « Chi è?» la domanda, decisa, non ammetteva repliche.
 
Elisa lo guardò confusa scuotendo piano la testa. « Chi è?» ripeté alzando la voce.
 
« Prova a toccarla e giuro che ti ammazzo» vicino ad un albero qualche metro più in là Sirius guardava la scena freddo, la bacchetta tesa in avanti in una minaccia imminente. 
 
« Elisa» Remus spuntò alla sue spalle e le corse incontro, uno sguardo di disprezzo verso il Serpeverde. Sirius si avvicinò lento, alle sue spalle James e Peter come corteo.
 
« Stai bene?» James la guardò, la preoccupazione chiara in viso. Elisa annuì, confusa e scioccata. Non si aspettava il loro arrivo.
 
« è successo qualcosa?» Sirius la guardò freddamente. Al diniego della ragazza il giovane Black fece cenno di andare, un’ ultima occhiata di astio verso il fratello più giovane.
 
Dopo qualche passo, però, una voce li fermò. « Tienila d’ occhio fratello, ci hanno attaccato. Non lasciatela mai sola, la sua vita non è un gioco»
 
I volti di dei quattro ragazzi cercarono quello di lei senza trovarlo.
 
A testa bassa Elisa si era già avviata verso il castello, la spiacevole sensazione di inadeguatezza di nuovo nel petto.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Il vecchio orologio suonò nel silenzio. Dodici lunghi rintocchi fecero vibrare la notte.
 
Elisa aprì gli occhi all’ ultimo rintocco, il sudore freddo che ad imperlarle il viso.
 
Gli occhi saettarono veloci nell’ oscurità più totale. Cercò cautamente di muoversi e, contrariamente a ciò che pensava, i propri arti risposero con dei leggeri movimenti. Cercò allora di girare il viso per capire dove si trovasse.
 
Fu solo allora che con terrore si accorse della sua posizione. Della luce, proveniente da chissà dove, regalava un po’ di chiarezza alla scena.
 
Elisa, braccia spalancate e un grido muto in gola, volteggiava supina a qualche metro da terra.
 
Cercò disperatamente di muoversi, di gridare.
 
Niente.
 
Qualcosa le bloccò il respiro. Paura, forse.
 
Un vuoto allo stomaco precedette la sua caduta al suolo, un urlo di dolore sferzante l’ aria e lo scricchiolio delle ossa nelle orecchie. Rimase a terra, gli occhi chiusi, la fronte umida poggiata al freddo pavimento. Il respiro irregolare era una lama nei polmoni, acqua gelida che la soffocava. Il silenzio, assordante e penetrante, era intriso di minuti di attesa.
 
Un ultimo respiro e aprì gli occhi.
 
Una luce fioca proveniente da delle torce alle pareti di un rosso sporco spargevano ombre impegnate in una danza tremolante e sinistra.
 
Elisa si rimise in piedi tremante, le orecchie tese al minimo movimento.
 
Nessuna finestra, nessuna porta, nessuna via di fuga.
 
Un sibilo, quasi un soffio, fece voltare la ragazza.
 
Uno specchio le restituiva lo sguardo, la sua immagine nel centro. Si mosse, cautamente, l’ immagine della se stessa nello specchio negli occhi.
 
Prima un braccio, poi l’ altro. Ogni suo muscolo teso, ogni senso all’ erta, ogni sicurezza dissipata.
 
Elisa fece un passo avanti lentamente, indugiando.
 
La figura di fronte non si mosse.
 
Il respiro le si smorzò in gola. Il volto nello specchio si fece duro, deformato da una rabbia cieca e incontrollabile. Alzò il braccio con prepotenza, il palmo aperto verso di lei, una muta minaccia.
 
Le fiamme divamparono nella stanza lungo il suo perimetro, circondandola.
 
Urlò, ma non un suono uscì dalla sua bocca.
 
Un’ orda di sfumature di rosso dominava la scena, una figura tremante in mezzo a quell’ inferno.
 
Si accucciò, l’ ossigeno ormai sparito, le fiamme quasi a toccarle il volto.
 
« Devi ancora imparare» la voce, lontana e remota, colpì la ragazza come uno schiaffo.
 
 Alzò il volto, una smorfia di dolore in viso, i polmoni ormai svuotati.
 
« Tu fai parte di questo inferno»
 
Elisa cadde a terra, il calore del fuoco sul viso, due grandi iridi rosse su di sé.
 
 
Angolo Autrice
Eheheheh come sono crudele vero? Scusate per l’ abnorme ritardo ma tra gare, impegni, studio, famiglia e quant’ altro mi è davvero difficile continuare con regolarità ad aggiornare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se avete cinque minuti fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima
Eli ;-P
 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** E morì ***


Un urlo, remoto, colpì la sua mente. Si rannicchiò, il respiro rotto da paure troppo vivide. Due braccia forti la scossero, altri suoni a riempirle i pensieri. Qualcosa di caldo le sfiorò la guancia: un sospiro.
 
« Ehi, era solo un incubo» Sirius la scosse ancora piano, gli occhi intrisi di preoccupazione. « Stai bene?» un ragazzo qualche passo più in là la scrutò attento. « Stevenson?» James la guardava, quello sguardo che, pensò la ragazza, avrebbe riservato soltanto ad una pazza, o alla vista del migliore amico in bikini.
 
Elisa, il respiro ancora irregolare e affannoso, guardò i quattro ragazzi intorno al suo letto. « Sto bene» sussurrò cercando di controllare la voce. « Ho solo bisogno di cambiare aria» I ragazzi annuirono poco convinti.
 
Si alzò velocemente attraversando la stanza senza respirare, quasi le fosse proibito. Soltanto quando sentì la porta richiudersi alle sue spalle poté trarre un po’ di aria nei polmoni, esitante. Scese i gradini del Dormitorio lentamente, un passo alla volta, la mente piena di pensieri scomodi e troppo ingombranti. Come al solito trovò la Sala Comune deserta, non che le dispiacesse, dopotutto. In punta di piedi si sedette rannicchiata sul divano osservando le fiamme quasi spente nel camino.
 
Aveva paura, più di quanto le costasse ammettere.
 
Ormai da qualche giorno continuava ad avere strani incubi che le parevano troppo reali per essere soltanto una docile finzione della sua mente. Qualcosa non quadrava, lo sapeva, eppure c’era quel piccolo tassello che non riusciva ad afferrare, quel piccolo particolare che le sfuggiva in continuazione dalle mani, perentorio. 
 
Elisa sperò che la sua intera vita non le stesse sfuggendo dalle mani, in fin dei conti. Quei giorni passati con i ragazzi erano stati movimentati e così strani che perfino lei in certe occasioni faceva fatica a capirsi, a riconoscersi.
 
Lei, la ragazza scostante, testarda, brutale, l’assassina che sarebbe diventata.
 
Lei, la ragazza debole nel silenzio, quella che guardava da lontano per paura di farsi avanti, quella che preferiva il silenzio e la solitudine per paura del giudizio altrui.
 
Lei, che in quei giorni era stata una ragazza come tante, niente di più, niente di meno.
 
Era stato tutto strano, quasi alieno ai suoi occhi. Sembrava, però, così tutto maledettamente giusto.
 
Si disprezzava per questo, per quel senso di appartenenza che la coglieva nel silenzio della notte prima di ritornare a quell’ennesimo incubo sul suo letto fatto comparire la prima sera, quando la rabbia e il furore di quel giorno vennero subito cancellati da una timidezza genuina. Si detestava, eppure non un momento si pentiva di quella piccola eccitazione che le lambiva le viscere non appena uno dei ragazzi le rivolgeva la parola. Quella piccola scintilla che lei avrebbe associato soltanto a quella brutale e nascosta parte di sé, quella sensazione di onnipotenza che la coglieva ogni volta all’utilizzo della sua magia.
 
« Non dirmi, quindi te ne stai tutta la notte a guardare il pavimento?» Remus la raggiunse alle spalle, sorprendendola. « Che diamine-» « Lo so, Scricciolo, siamo fantastici. Ora però vedi di dormire ok? Domani al ritorno della Evans ti restituiremo alle sue cure e tutto andrà posto ma, se permetti, non ho nessuna intenzione di portarle uno zombie» Elisa mise il broncio alle parole del giovane Potter, infastidita, mentre i ragazzi, giunti dalle scale, si sistemavano con cura sul divano e sulle poltrone.
 
« Peter, giusto perché tu lo sappia: se russi mi alzo e ti strangolo» Sirius al fianco della mora guardò con un sopracciglio alzato l’amico. Alla ragazza scappò un sorriso, subito messo sulla lista delle “ cose per cui mi detesto”.
 
« Buonanotte Scricciolo,  fai la ninna» « Notte notte Porter» Elisa sorrise sorniona: oh, questo lo avrebbe sicuramente fatto imbestialire. Un urlo isterico le giunse alle orecchie qualche secondo più tardi, accompagnato da uno sbuffo insieme ad un malcelato  « Femmine»
 
La ragazza sghignazzò, divertita, fino a che non crollò nel sonno, alla luce di quei pochi tizzoni ancora accesi, nel silenzio. E proprio in quel silenzio, qualche ora più tardi, si poteva tranquillamente entrare in quella spaziosa Sala Comune e ritrovare un gruppo di ragazzi addormentati attorno ad un camino spento, sorridenti. Ma il sorriso più incantevole lo si trovava sul divano, nascosto, timido. Il sorriso di una comune ragazza, la testa appoggiata alla spalla di un comune ragazzo.
 
Ma forse, proprio forse, quei ragazzi non erano poi tanto comuni.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Ok, era stato un viaggio lungo e pesante. Ok, in treno faceva particolarmente caldo, quindi era normale avere qualche allucinazione post-viaggio. Ok, forse si era addormentata e qualcuno l’ aveva drogata.
 
Sì, era la spiegazione più plausibile al momento.
 
O almeno questo pensò Lily, il cuore in gola, quando la mattina successiva al suo arrivo ad Hogwarts trovò la sua migliore amica a spasso con quattro idioti di prima categoria. O forse tre, perché dai, Lupin era ancora salvabile.
 
« Hai venti secondi per spiegarmi cosa sta succedendo. Adesso.»
 
Elisa annaspò senza parole. Aveva pensato che l’avrebbe abbracciata, di corsa, ringraziando tutti i santi per avergliela riportata. E invece no. Ancora una volta la vita le presentava una prova, pensò sconsolata, una prova che, aveva tutta l’ aria, era mortale.
 
« La tua amichetta bionda sta cercando di accopparla e noi controlliamo che non succeda» Sul voltò della rossa comparve un’espressione incredula. « Ehi Evans, ora che Sir ti ha spiegato la situazione che ne dici di passare i restanti dieci secondi con me?» « Mio Dio…» Remus scosse la testa sconsolato.
 
Lily non badò al commento. « Chi, Carlotta? E perché mai?» « è una storia lunga» iniziò Elisa tentennando « Grandioso, ho tempo» alla risposta della rossa la giovane rimase per un attimo spiazzata, la mascella a mezz’aria. Ripresasi, si lanciò al racconto.
 
Qualche decina di minuti dopo, al termine del monologo, la ragazza guardò l’amica respirare tranquillamente e sorriderle. Nulla la lasciò più stupita. « Tranquilla, tutto andrà a posto pacificamente» e, dopo averla presa per mano, la trascinò lungo il corridoio, serafica, senza una parola.
 
Elisa si girò un’ultima volta verso i ragazzi. Voleva ringraziarli, salutarli. Aprì la bocca, aspettando che le parole uscissero dalla sua gola. Ma non un suono sfiorò l’aria. La sua mente, così piena di immagini, progetti, battute, in quel momento si era spenta, una macchina rotta, impotente davanti al suo costruttore.
 
E così quell’ ammasso di cocci e carne fu condotto via, lontano da quel “grazie” di un dialogo tra muti.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Che cosa ha fatto?!» « Te l’ho detto Sev, una ramanzina! E con i fiocchi, direi. Tutta la Sala Grande si è voltata a guardarci» Il Serpeverde al suo fianco espirò pensoso. « E la bionda come l’ha presa?» la ragazza al suo fianco sbuffò infastidita « Secondo te? Ha abbassato la testa e se n’è stata zitta. Come darle torto, d’altronde: Lily era terrificante, sembrava sputare fuoco».
 
Severus rise, quella risata che, in fondo al suo cuore, Elisa amava. Era semplice, sincera, segreta. Quell’attimo però durò poco.
 
« Sei stata una stupida» la voce del ragazzo era mutata. Una serietà estranea si contrasse su quel volto. « Ti sei volutamente diretta nel Dormitorio dei Serpeverde e, come se non bastasse, hai anche passato tutte le vacanze in compagnia di Potter» quel nome, sputato con una tale dose di odio, fece voltare l’amica.
 
« Non avevo poi molta scelta» « Ti reputavo più coraggiosa, Grifondoro» La voce del ragazzo era definitivamente mutata, l’accusa di tradimento pienamente sfoggiata sul viso. « Sai cosa penso? Penso che il tuo piccolo cervello si sia totalmente perso per quel bastardo di Potter o il giovane ragazzo dal cuore gentile, Lupin. O chissà, magari per il nobile della combriccola, quel Black, quella mer- » « Adesso basta» ormai anche la voce di Elisa era cambiata: covava nel petto una lieve rabbia, dove il cuore aveva inesorabilmente accelerato la sua corsa.
 
« Non capisco perché essere così sprezzanti Sev. D’accordo, non sono il massimo della compagnia, ma sono certa ci sia sicuramente di peggio» un pesante silenzio si instaurò tra i due, duraturo.
 
La Grifondoro guardò in lontananza il lago che, placidamente, rifletteva i raggi di quel timido sole di Gennaio. Seduto al muretto, al suo fianco, poteva sentire il ragazzo irrigidirsi. « Se credi questo sei solo una stupida. Allora è proprio vero che quell’inferno di rosso vi da alla testa, a voi Grifondoro»
 
Elisa non parlò, alzandosi e lasciando Severus e la sua battuta alle spalle. « Tu non sai niente del mio inferno» sussurrò a sé stessa, sicura che lui non la potesse sentire.
 
Contrariamente a questi pensieri, lui la sentì.
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Elisa si era sentita ferita, più di quanto le piacesse ammettere. Le parole di Severus la turbarono molto, e nessuna delle domande poste da Lily servirono in qualche modo. Non le aveva raccontato nulla e, ne era certa, era decisamente meglio così. Doveva tenerla fuori dalla faccenda, quanto meno per non incrinare il suo rapporto con Severus.
 
 Nonostante le avesse dato della malata e della stupida era sicura ci fosse un motivo, uno qualsiasi. Non aveva voluto indagare troppo sulla faccenda: sarebbe stato soltanto inutile e doloroso. Altri episodi come quelli non si erano più verificati, e di questo la ragazza ne era profondamente grata.
 
La vita era, come sempre, proseguita incessante lungo la sua via, non aspettandola. Tutto era proseguito, continuato, finito.
 
Lily non aveva trovato alcuna informazione sulla lingua del libro ma, imperterrita, aveva dichiarato di voler continuare le ricerche. L’amica, d’altro canto, faticava già abbastanza tra lezioni scolastiche, compiti, e corsi extrascolastici. Sì, perché Silente aveva tanto insistito per riprendere quelle schifo di esercitazioni che, Elisa rammentava spesso, sembravano solo spossarla. Al termine di quelle lezioni la ragazza si trascinava al Dormitorio e, sfinita, si coricava biascicando parole sconnesse e senza senso.
 
 Naturalmente i suoi incubi non erano terminati, anzi! Perseveravano, placidi e insistenti, quei maledetti sogni che la ponevano nella braccia tese dell’insonnia.
 
Molte persone avevano iniziato a domandarle il motivo delle sue occhiaie scure, la sua aria malaticcia, i suoi continui sbadigli. Messo peggio di lei vi era solo Remus ma beh, non si poteva certo fargliene una colpa. Elisa poteva sentire il suo nervosismo, il suo odore farsi quasi più acuto nei pressi della luna piena. Il suo volto andava ingrigendosi ma i suoi riflessi aumentavano, rapidi. Lo aveva spesso notato, nei gesti casuali, nelle occhiate furtive che, le dispiaceva ammetterlo, lo facevano assomigliare terribilmente ad un lupo. La stessa malfidenza, le stesse occhiate furtive.
 
La vita però aveva anche previsto degli inizi. L’inizio di nuove amicizie, l’inizio di nuovi pensieri, l’inizio di un nuovo sentimento.
 
La prima volta che si sentì strana fu la giornata di San Valentino, quando una miriade di cioccolatini e letterine d’amore venivano spedite di qua e di là in Sala Grande. Elisa e Lily avevano ancora la nausea al solo pensiero. Non avevano ricevuto nulla, a parte la rossa che aveva decisamente voluto ignorare qualsiasi regalo fattole da Potter. E così andò.
 
Le due amiche passarono l’intera giornata, ad eccezione dei pasti, segregate in camera a parlare, in tutta tranquillità. Soltanto verso tarda sera la mora si ricordò di aver scordato la felpa in Sala Comune e, cercando di fare meno rumore possibile, sgattaiolò al piano inferiore. Quando alla fine raggiunse l’oggetto perduto un ridicolo piagnucolare raggiunse le sue orecchie.
 
Carlotta piangeva in un angolo della stanza sotto gli occhi indifferenti del giovane Black. La mora capì velocemente l’accaduto. « Carlotta, Lily mi ha mandata a chiamarti, ha detto che vuole parlarti» un mugolio sconfitto dichiarò il suo assenso. Con passo irregolare salì le scale veloce, scomparendo. La ragazza si apprestò a seguirla, sospirando.
 
« Dopo tutto quello che ha fatto sei davvero disposta a consolarla?» Sirius la guardava, un velo di curiosità dipinta sul volto. La stanza ormai, ad eccezione dei due, era deserta. « Sono pur sempre sentimenti, a prescindere a chi appartengono. Lei crede a ciò che prova e si comporta di conseguenza» « E tu non lo fai?» quella domanda non trovò una risposta e, nonostante la sua stupida convinzione di trovarla, non ci riuscì.
 
« Sai Stevenson, sei strana. Nonostante lei ti abbia più volte insultato e abbia cercato di farti del male, tu continui a vedere del positivo in lei. Non se lo merita e credo proprio, per inciso, che tu sia pazza» Uno sguardo carico d’odio fulminò il ragazzo. La Grifondoro si girò, offesa. « Ma sai una cosa? In fondo mi piace. Buonanotte Elisa» e con queste parole la lasciò lì, da sola, impietrita su parole che avrebbe compreso soltanto il mattino dopo, a mente più lucida.
 
« Signorina Elisa, comprendo la sua voglia di fare ma non le pare di stare un po’ esagerando?» La mora si guardò in giro spaesata, le parole dell’anziano preside nella mente.
 
Silente, il volto sorpreso e ridente, volteggiava sospeso per lo studio, insieme a circa metà degli oggetti contenuti in esso. « Signore scusi io-» « Oh tranquilla cara» l’anziano, con un movimento di bacchetta, rimise l’intera stanza in ordine, il fantasma di un sorriso ancora sul volto.
 
Elisa guardò sconsolata il tavolo innanzi a sé, quel maledetto tavolo da sollevare. « Sono un disastro» Un senso di totale sconforto la investì, inesorabile.  Radunate le sue cose si diresse verso la porta, veloce. « L’aspetto per la prossima lezione» uno sbuffo infastidito dimostrò l’assenso della ragazza prima che la porta si richiuse al suo seguito.
 
« “L’aspetto per la prossima lezione”, certo come no! Non è mica lei quello che potrebbe uccidere tutti qui dentro ad un solo sbaglio.» Elisa camminava veloce per i corridoi, imperterrita. La testa bassa, il rancore nel cuore, parlava senza osta ad un interlocutore immaginario.
 
« Che poi, voglio dire, almeno servisse a qualcosa. No, non serve assolutamente a nulla! Non miglioro, peggioro soltanto. Ma no, lui ride, come se stessimo giocando. Certo, “ tranquilla cara, stai soltanto rischiando di uccidere centinaia di persone”. Ah, e non dimentichiamoci! Sto anche parlando come una rimbambita da sola, tanto per cambiare» Un ragazzo arrivò correndo alle spalle della mora, travolgendola. « Scusa io-» « Si può sapere cosa avevi in mente di fare? Ti sembro la persona giusta da investire in questo momento?! Rispondi screanzato!» Il ragazzo, che all’incirca doveva avere la sua età, la guardò boccheggiante.
 
Elisa sentì una piccola parte di sé rimproverarla di quel comportamento chiamato, dalla sua coscienza, scorretto. Fu così che, voltandosi e lasciando da parte quello spiacevole incidente, continuò la sua strada verso il Dormitorio tranquilla, o quasi.
 
Dopo aver svoltato l’ennesimo angolo, però, trovò una folla ad ostruirle il passaggio. Alcune urla concitate provenivano dal centro e, presa dalla curiosità, si fece largo tra la folla, spintonando. Arrivata al centro un mancamento la prese alla sprovvista.
 
Un ragazzo volteggiava a testa in giù, appeso alla caviglia, uno sguardo di puro odio sul volto. Quando però i loro occhi si incontrarono il suo sguardo passò dal sorpreso al mortificato.
 
« Elisa» La ragazza si sentì chiamare. Vide le sue labbra muoversi, lente. « Ehi mocciosus, che diamine ti prende? Te la sei fatta nei panta-»
 
Elisa non credeva che il suo cuore potesse mai smettere di battere. Non credeva fosse possibile, punto. Se fosse mai successo era sicura sarebbe morta, e questo non se lo poteva di certo permettere. In quel momento, però, il suo cuore smise di battere. Per un secondo, ma lo fece.
 
E lei non morì, anzi, morì qualcos’altro. Morì un sentimento,  morì un piccolo e timido sogno. Morì la fiducia per quei quattro ragazzi che, davanti a lei, tenevano un suo amico appeso per la caviglia a qualche metro da terra.
 
E prima di accasciarsi sul pavimento, la testa fra le mani, sentì ancora quella voce che la chiamava.
 
La voce di Severus che, preoccupato, urlava il suo nome.
 
 
Angolo Autrice
Buongiorno gente! Speravate di esservi liberati di me, vero?! E invece no, sono ancora qui. Chiedo venia per il mostruoso ritardo ma ehi! Quando non si ha voglia di scrivere credo sia assolutamente insensato farlo,anche perché si rischia di rovinare l’intera storia … tipo questo capitolo insomma! XD Personalmente non ne sono pienamente soddisfatta ma spezzo una lancia a suo favore: questo capitolo è principalmente di passaggio. I prossimi capitoli dovrebbero essere più movimentati ( almeno spero!) quindi non preoccupatevi, non dovrebbe essere troppo una lagna. Fatemi sapere cosa ne pensate
Alla prossima
- Eli ;-) -

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Io mi fidavo ***


Io mi fidavo
 


« Elisa» Un’altra voce la raggiunse.
 
Alzando la testa vide la figura di Remus avvicinarsi velocemente. Si ritrasse, incespicando, quasi si fosse scottata. Non voleva un suo tocco, non voleva incontrare i suoi occhi. Il ragazzo si fermò all’improvviso, il volto pietrificato.
 
« Stevenson va tutto bene?» James era arrivato al fianco dell’amico, una mano sulla sua spalla. La guardava, guardingo, non capendo cosa le stesse succedendo. « Sicura di stare be-» « Potter!»
 
Una figura si parò davanti alla ragazza. Lily, i capelli rossi a donarle un’aria da guerriera, guardava con rabbia i ragazzi davanti a sé. « Mettetelo giù!» « Non credo sia possibile Evans, certo a meno che tu non accetti di uscire con me. A quel punto potremmo parlarne» Il giovane Potter parlava sicuro, una mano a spettinarsi i capelli.
 
Del disgusto attraversò il volto della rossa. « Non accetterò mai, mettilo giù» Lily estrasse la bacchetta e la puntò verso i quattro. Il volto di James cambiò. « Non costringerci a farlo Evans» Subito due bacchette si diressero verso la giovane.
 
« Ragazzi non è una cosa intelligente» Remus si era parato davanti alla ragazza cercando di far ragionare i due « Peter metti giù Piton» « No Peter, non farlo» Sirius guardava con sfida il Serpeverde sotto l’incantesimo dell’amico mentre, insieme a James, teneva a tiro la Grifondoro. « Sai Evans, credo proprio che quello stronzo abbia bisogno di una lezione»  « Giuro che quando scendo ti ammazzo Black!» Prima che Sirius potesse puntare la bacchetta verso il Serpeverde un movimento colse l’attenzione di tutti.
 
 Elisa si era rialzata, lo sguardo basso e la bacchetta tesa in una mano. 
 
« Ma che paura!» Sirius aveva iniziato a ridere, canzonandola. La voce di Lily, intrisa di preoccupazione, bloccò la sua ilarità improvvisa. « Elisa, no. Non sei in grado in queste condizioni»
 
La mora concordò con Lily, non poteva. Era spossata, stanca, e Silente le aveva più volte ripetuto del pericolo che incorreva quando utilizzava la sua magia in eccesso.
 
« Di cosa stai parlando?» La domanda di James però fu bellamente ignorata. « Pensaci, anche Silente ti ha detto di-» « Stai zitta» Elisa si sorprese di quanto la sua voce suonasse roca e lontana. « Potresti anche morire stupida!» L’urlo di Lily riecheggio nel corridoio e un silenzio sbigottito accolse l’informazione. La folla intorno a loro si scosse percossa da un fremito.
 
« Cosa?!» Sirius abbassò la bacchetta veloce, un’aria interrogativa sul volto. « Stai ferma» la voce di Severus la raggiunse, piano. « Non ne vale la pena» continuò piano. « Che diamine sta succedendo Lily?!» Remus si era girato veloce verso l’amica, la mano ad afferrarle il braccio.
 
« NO!» Elisa, con uno scatto in avanti, afferrò il bracciò dell’amica e lo strattonò via. « Che diamine-» « Non toccarla» la mora si era parata davanti alla rossa, quasi a proteggerla. « Elisa-» Remus fece un passo in avanti tendendo il suo braccio. Con un altro scatto la Grifondoro spintonò l’amica lontano ed indietreggiò, guardinga. Remus si bloccò, allibito.
 
« Tu hai paura di me?» Un clima di surreale silenzio si era protratto nel corridoio. James e Sirius si guardavano, la sensazione che una delle loro peggiori paure potesse avverarsi.
 
E così fu.
 
« Se provi ancora ad avvicinarti a lei ti uccido, mostro» quel sussurro, udibile soltanto ai ragazzi fu accompagnato da una lacrima solitaria.
 
Un urlo da parte di Peter anticipò la caduta del Serpeverde. Elisa sentì vagamente Lily urlare mentre, senza pensare, si lanciava nella direzione dell’amico. Un tonfo sordo e un dolore acuto al braccio le avevano tolto il respiro. « Cazzo!» Con sollievo la giovane sentì Severus imprecare e rialzarsi.
 
Lei non lo fece.
 
Un fuoco le bruciava violento lungo il braccio, accecandole la vista. Quando finalmente quest’ultima divenne più chiara poté vedere il suo braccio che, posto qualche centimetro più in là, giaceva scomposto sul pavimento, ad una strana angolazione. Serrò gli occhi, inspirando, il pavimento freddo a contatto con la sua guancia.
 
« Bisogna portarla da Madama Chips, ora» La mora sentì Severus, chino su di lei. In qualche modo sentirlo vicino la fece sentire meglio.
 
Con circospezione mosse piano l’altro braccio, trovando nella mano la bacchetta. Aprì così gli occhi e, utilizzando il Serpeverde al suo fianco come appiglio, si alzò. Subito il suo corpo protestò violentemente oscurandole la vista. « Si può sapere cosa stai facendo?!» Severus le passò un braccio intorno alla vita, sorreggendola.
 
La ragazza tese la bacchetta davanti a sé.
 
I ragazzi la guardarono, sorpresi. « Stevenson non credo sia una cosa molto intelligente» Potter la guardava preoccupato, il solito sguardo arrogante ora del tutto scomparso. « Elisa adesso basta, non ce n’è più bisogno» Lily le afferrò il braccio sano, la preoccupazione dipinta sul volto.
 
« Io mi fidavo di voi» Elisa sussurrò con lentezza quelle parole, sentendone il gusto amaro in bocca. « Io mi fidavo!»
 
Quando quell’urlo attraversò il corridoio uno strano senso di nausea la colpì. Si piegò in avanti veloce, a carponi sul pavimento, vomitando. Due mani forti le presero le spalle sorreggendola. Stava tremando. « Ehi» una voce dolce le arrivò alle orecchie. Severus era accanto a lei, le braccia a circondarla in un silenzioso abbraccio. Elisa chiuse gli occhi respirando a fondo, cercando di mantenere una calma fittizia, falsa.
 
Un suono ritmico, lento e musicale attirò la sua attenzione: il cuore di Severus. La testa appoggiata al suo petto, la ragazza sentì una sensazione strana, aliena, quasi del tutto sconosciuta.
 
La sicurezza.
 
E quando sentì l’amico sussurrarle che sarebbe andato tutto bene ci credette, seppur per un nanosecondo. Si abbandonò a quella dolce sensazione di sicurezza che quel battito cardiaco le irradiava, sperò che il mondo si fermasse, lasciandola lì, per sempre. Ma quando quella voce la raggiunse pensò che, forse, uno schiaffo le avrebbe fatto meno male. Quando quella voce la raggiunse la magia si spense lasciando un vuoto anomalo, colmato da una straziante sensazione di perdita: la perdita di una dolce, libera sicurezza.
 
« Toglile le tue luride mani di dosso Mocciosus» Sirius lo guardava con odio, la banchetta puntata nella loro direzione. Un incantesimo sfiorò la guancia del Serpeverde qualche attimo dopo. Elisa si alzò,tremante.
 
Piccole immagini le attraversarono la mente: un pomeriggio al lago, l’aria percorsa da risate, una cucina colma di elfi indaffarati, e ancora la Sala Comune di notte, un fuoco nel camino, dei ragazzi su un divano.
 
Un freddo gelo le inondò il petto.
 
Con uno strattone si liberò dalle braccia del Serpeverde. Fece un passo in avanti, il dolore lungo il braccio ad oscurarle la vista. « Sirius adesso basta» la voce spaventata di Remus la raggiunse distintamente. « Elisa non muoverti» « Stevenson ascolta la tua amica, non credo sia il caso-»
 
La vista le tornò, giusto in tempo per mostrarle il volto di Sirius, una maschera di indifferenza e disprezzo. « Io mi fidavo» ripeté piano rivolta al ragazzo che, con sguardo allarmato, guardava l’altra iniziare ad oscillare. « Ti odio» Sussurrò piano.
 
E prima che crollasse a terra, prima che il mondo divenisse un limbo nero e impreciso, poté scorgere su quel viso una maschera nuova e diversa, la sua stessa espressione: una maschera di apprensione, dolore e rabbia.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Lily cosa diamine sta succedendo?» « Abbassa la voce Sev! Elisa non si è ancora ripresa del tutto» i due la stavano osservando, ne era consapevole. Le riusciva però difficile concentrarsi sulla situazione con quel dannato mal di testa a trapanarle il cervello. Cercò di cacciare quella sgradevole sensazione di vuoto nella testa, quel tanto da riuscire quanto meno a riportare un po’ di ordine nei suoi pensieri.
 
Il volto di Severus, la sua caduta, il suo braccio rotto, il volto di Remus nell’udirsi chiamato mostro, il vomito, il viso di Sirius mentre gli diceva di odiarlo. E ancora la caduta, lo svenimento, il risveglio in Infermeria, le parole di Madama Chips, il braccio guarito, il ritorno nel Dormitorio vuoto, le proteste di Severus.
 
Un respiro brusco le lasciò la gola. Aveva bisogno di uscire, di andarsene per un momento. Scappare questa volta però non sarebbe servito.
 
Sorrise agli amici che la guardavano, il volto carico di apprensione e preoccupazione. « Sto bene,tranquilli» fece, ostentando una sicurezza non sua. Severus annuì poco convinto senza fare domande. « Da quanto andava avanti questa storia?» chiese stancamente, la schiena buttata lungo lo schienale del vecchio divano.
 
Frammenti di ricordi sgraditi le si pararono davanti agli occhi. Sbatté le palpebre con violenza per mandarli via.
 
« Non ci siamo mai sopportati se è questo che intendi. Gli attacchi fisici sono iniziati quest’anno» un ricordo improvviso si impossessò della sua mente: un avvertimento amaro, nella voce un tono di accusa. « Tu … avevi già cercato di avvertirmi» quella consapevolezza richiamò un altro sgradevole sentimento: il rimorso.
 
« Ho cercato, ma non credo tu abbia colto il messaggio» disse sorridendo amaro. « Stai tranquilla, non è nulla di grave, andrà tutto bene» continuò, uno sguardo più dolce in viso.
 
 « Dai, è inutile pensarci su adesso. Ricordiamo cosa ha detto Madama Chips: la miglior cura è uno stomaco pieno e tu, cara mia, hai decisamente bisogno di una bella mangiata. Inoltre guarda, è anche ora di cena» Elisa ringraziò mentalmente Lily, il suo tempismo perfetto e la sua sagacia. Le aveva ancora una volta evitato domande scomode, invadenti, dolorose.
 
D’altro canto però in quel momento la fame era l’unica cosa di cui non le importava: il suo stomaco le pareva chiuso, sigillato, quasi irraggiungibile. Per un secondo si chiese se soltanto lei sentiva quel gelo attraversarle la schiena, quell’inquietudine a fluttuarle nelle vene.
 
Chiuse un altro secondo gli occhi lasciandosi trascinare verso il ritratto della Signora Grassa. Severus aveva ragione, sarebbe andato tutto bene.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Non ci credeva, non poteva. Li aveva visti, li disprezzava, tutti quanti. Era colpa di quel verme e l’avrebbe pagata. Oh si che l’avrebbe pagata.
 
« Sirius adesso basta» James lo guardava, uno sguardo duro sul volto. « Si può sapere che diamine ti prendeva prima?!» Il ragazzo distolse lo sguardo, infastidito.
 
La Sala Grande era gremita di persone, come al solito. Con uno sbuffo si concentrò sul suo piatto, le patate malamente schiacciate in una poltiglia inerme.
 
« Cosa intendi?» Il giovane Potter sbatté il pugno sul tavolo, rabbioso. « Cosa intendo?! Mi riferisco all’ultimo incantesimo che hai lanciato razza di idiota» « Ehi ragazzi, non credo sia il caso di litigare… » Peter cercò goffamente di riportare la calma, la forchetta a infilzare una succosa coscia di pollo.
 
 « Non è il caso, dici? Hai ragione in fondo, il colpo era rivolto a Mocciosus. Svegliatevi, Stevenson era a terra, un braccio rotto. Senza contare che Evans avrebbe anche potuto mettersi in mezzo. E se questo imbecille avesse sbagliato mira?» « Basta, per favore» li pregò Remus, il viso rivolto al piatto intatto.
 
« Lei lo sa» Era stato James a parlare, il volto funereo rivolto verso l’amico. « Tu hai-» « No James, va bene? Io non le ho detto niente, non capisco più nulla cazzo!» Peter sussultò visibilmente alle parole dell’amico: era raro sentirgli pronunciare parole simili.
 
« Ce la pagherà» Era stato Sirius a parlare, sotto lo sdegno di tutti. « Che c’è, non ve ne rendete conto? Ci ha usato, quella brutta putt-» « James!» Un urlo, proveniente da un ragazzino del primo anno, richiamò la loro attenzione.
 
Il Grifondoro si ricordò del marmocchio che, tempo addietro, gli aveva fatto i complimenti per aver fatto imbestialire Gazza: gli piaceva definirlo, con disprezzo da parte di Remus, un loro fan.
 
Il piccolo si fermò a qualche metro da loro, il viso stravolto e il fiato corto. « Pi-Piton» i ragazzi si squadrarono, attenti. « Piton nel Do-Dormitorio» « Cosa?!» James si era già alzato, uno sguardo omicida in volto. Gli altri seguirono il suo esempio veloci, scavalcando con altrettanta velocità la panchina e incamminandosi verso l’uscita.
 
Il giovane Potter capitanava il gruppo pensando all’informazione appena ricevuta. Non lo spaventava tanto la presenza del Serpeverde nel Dormitorio, quanto al motivo. Un sussulto al suo fianco lo richiamo alla realtà. Remus aveva rallentato il passo, il viso rivolto in avanti, un’espressione di preoccupazione a farvi capolino. Non fece in tempo a girarsi che la voce di Sirius spiegò chiaramente la situazione.
 
« Ehi Mocciosus, la prossima volta che entri nel Dormitorio dei Grifondoro rimpiangerai di essere nato» James pensò subito che qualcosa non andasse. Lo intuì dallo sguardo allarmato che la Serpe e la sua Evans si lanciarono.
 
Quello era uno sguardo di intesa, quello sguardo riguardava qualcun’altro. E l’unica persona capace di suscitare tanta preoccupazione in una sola occhiata era la terza ragazza che camminava al loro fianco, la testa china.
 
Quando prima l’aveva vista svenire si era preoccupato, certo, ma pensava fosse semplicemente una ragionevole conseguenza del braccio rotto. Qualcosa però nella figura che gli camminava incontro non gli tornava.  Camminava normalmente, come se niente fosse successo, ma qualcosa nella sua postura era cambiato: sembrava rigida, pronta a scappare o, peggio, ad attaccare.
 
« Ma guarda chi si rivede! Stevenson, fatto un bel pisolino?» Erano sull’uscio della Sala e molte teste si erano girate a godersi lo spettacolo, curiose. « Spostati Black» rispose la diretta interessata. « Ma quanto siamo cattivelle» continuò imperterrito il ragazzo, un’espressione di completa arroganza dipinta in volto.
 
« A quanto pare i tuoi genitori non ti hanno insegnato l’educazione» sogghignò beffardo. « Sirius» lo ammonì l’amico al suo fianco. « Che c’è James, le sto solo facendo notare-» « Hai ragione» fece Elisa alzando il volto pallido « Lasciami aggiungere la cosa alla lista dei motivi per i quali li ucciderò la prossima volta che avrò l’occasione di incontrarli» Un silenzio attonito da parte di tutta la Sala accolse l’affermazione.
 
Sirius sentì il sangue nelle vene divenire ghiaccio mentre la ragazza, come se niente fosse, lo superava senza guardarlo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
L’aveva vista subito, appena entrata in Sala Grande. Aveva notato all’istante la sua figura in mezzo a quel branco di bambini del primo anno con gli occhi sbarrati dalla paura, i capelli corti a donarle un’aria ribelle.
 
E questo in fondo era lei: una ribelle.
 
Quando poi era stata smistata a Grifondoro il suo stomaco aveva avuto un piccolo sussulto, più dovuto alla sorpresa che ad altro. O forse alla speranza. L’aveva vista sedersi al tavolo al fianco della Evans chiacchierando amabilmente. Era stato spettatore di una nuova amicizia, di un nuovo inizio.
 
E poi, quella stessa sera, aveva potuto osservarla con calma, finché James stufo di quella situazione che lui definiva “inquietante” aveva avvicinato Evans con la sua solita richiesta, permettendogli di guardarla più apertamente.
 
Il primo particolare che lo colpì furono gli occhi. Erano fieri, coraggiosi, innocenti, ma poté scorgervi un’ombra scura all’interno, come se qualcosa le si annidasse dentro. Quell’ombra si era allargata alla vista di Remus e, quella sera in Dormitorio, i ragazzi avevano convenuto che la ragazza doveva essere tenuta sott’occhio.
 
Con il tempo, però, aveva notato un’altra sfumatura di quegli occhi: arroganza, spavalderia, fermezza. Aveva anche visto la paura, quella vera, quando nelle notti passate nella loro stanza si era svegliata di soprassalto, tremante e terrorizzata dagli incubi appena vissuti. E poi, quello stesso giorno, aveva visto quegli occhi riempirsi di dolore e rabbia.
 
Quello sguardo era rivolto a loro, lo sapeva, ma una parte del suo cervello non riusciva ancora a capacitarsi quello sguardo. Non riusciva ancora a capire il motivo per il quale aveva attutito la caduta a Mocciosus, non riusciva ancora a capire la sua rabbia nel vedere quella serpe china su di lei, lì dove , ne era certo, lui non sarebbe ormai più potuto andare.
 
 Aveva seguito l’istinto, aveva attaccato.
 
Solo in quel momento si rendeva conto quanto fosse stato stupido il suo gesto. Non avrebbe mai sbagliato mira, questo lo sapeva anche James. Lei, però, avrebbe potuto facilmente spostarsi di alcuni centimetri per proteggere l’altro ragazzo.
 
Sarebbe stato stupido, immensamente stupido. Ma anche lanciarsi da una finestra in piena notte lo era stato, eppure anche quella volta lei aveva fatto la sua mossa, la sua stupida, imprevedibile mossa.
 
Perché lei era anche questo: imprevedibile.
 
Ribelle ed imprevedibile.
 
Sirius si chiedeva spesso se tutto questo fosse normale, se quella luce che le accendeva gli occhi ad ogni suo gesto non fosse pazzia. E forse era proprio pazzia quella luce che le brillava sotto le palpebre.
 
Ma quello sguardo, quel dannato sguardo. Sirius non aveva visto né paura, né rabbia, né nessun’altra emozione già vista. Quegli occhi erano gelidi, freddi, impassibili. Quello era lo sguardo di un assassino.
 
 
Angolo autrice
Giorno gente! Questo capitolo personalmente mi è piaciuto parecchio. Lo trovo un po’ lugubre ma beh… c’est la vie! Ringrazio tutti coloro che seguono la storia o l’hanno aggiunta nelle preferite. Se vi va ditemi cosa ne pensate
Alla prossima



Eli ;-P

 


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Preda o cacciatore? ***


Preda o cacciatore?



Ok, non era stata una buona idea. No, decisamente non lo era stata. “ Ma sì dai, un innocente e piccolo pomeriggio al lago” avevano detto. Sì, proprio piccolo. Erano ormai lì da due ore e ossignore non la finivano più di parlare di ragazzi! E vattelapesca al piccolo pomeriggio.
 
E quanto all’innocente, lei aveva qualcosa da ridire a riguardo. Insomma, d’accordo che Smith avrà avuto pure un fisico da paura, ma andargli a vedere anche il sedere?! Che poi, come facevano a sapere del fisico da paura? Elisa guardò poco convinta Carlotta che biascicava concitata qualcosa su un ragazzo di Corvonero. Annoiata, tornò a guardare sonnecchiante il Lago.
 
Gli esami erano ormai finiti, l’estate era vicina. Chissà cosa avrebbe fatto. Dubitava di poter lasciare tutto, di abbandonare tutti quei ricordi. La scelta era sua, naturalmente. Silente era stato chiaro a proposito. Avrebbe potuto abbandonare tutto oppure continuare.
 
Quando ne aveva parlato con Lily un mesetto prima la sua risposta l’aveva spiazzata. “ Farai la scelta giusta” le aveva detto, per poi cambiare repentinamente discorso. E ancora adesso si chiedeva se avesse mai avuto una scelta da quello stramaledettissimo giorno in cui Silente le si era presentato al fiume. Forse aveva preso la sua scelta accettando tutto quello che le era successo, o forse semplicemente vivendo. E tutto quello che riuscì a pensare fu che la vita era strana, in fondo.
 
Un urletto la riportò alla realtà. Si guardò in giro, disorientata, rendendosi conto improvvisamente che si era distesa e, probabilmente, anche addormentata. Una figura rossa peperone attirò la sua attenzione: Lily si guardava freneticamente in giro, i piedi scalzi immersi nella sabbia calda. Rossa in viso, cercava disperatamente di far tacere l'amica, il volto imbarazzato e intriso di vergogna.
 
Qualche altro studente, poco più in là, si era girato a guardare interdetto il gruppetto di Grifondoro sedute sulla sabbia. « Evans, spero tu abbia un buon motivo per avermi svegliato» biascicò assonnata la mora sbadigliando. « Un buon motivo?! Ma hai sentito cosa-» « Non c’era niente di cui scandalizzarsi tanto» ghignò una ragazzina Tassorosso del terzo anno qualche metro più in là, i piedi immersi nell’acqua calda del Lago.
 
« Si può sapere cosa-» Lily si avvicinò veloce al suo orecchio a sussurrarle qualcosa. « Oh, certo, la regola della L» un piccolo sorriso divertito le solcò il viso. « Tu sai cos’è?» Carlotta sembrò sorpresa della cosa, e ciò fece innervosire la giovane non poco. « Certo, cosa credi» sbuffò infastidita. « E dove l’hai imparato?» « Non ho voglia di parlarne» Rispose evasiva.
 
I ricordi però fecero male. Ricordava ancora bene quel pomeriggio. Quei balordi di Remus, Peter e Sirius stavano giocando a palle di neve e il giovane rampollo Black, per insulare il suo acerrimo nemico Lupin gli aveva ricordato della regola della L.
 
Elisa si ricordava ancora del freddo e del calore del soffio di James sul suo orecchio mentre le spiegava la cosa. Era arrossita anche lei, non tanto per la cosa in sé, ma quanto per la situazione. D’altronde erano da soli, in disparte, e lui le era molto vicino. A quella reazione il ragazzo era semplicemente scoppiato a ridere, richiamando involontariamente gli altri ragazzi.
 
Quando Sirius gli aveva chiesto cosa stesse succedendo lui aveva semplicemente risposto « Niente amico, stavo solo flirtando con questa piccola teppistella» naturalmente stava scherzando e, come sempre, lei scoppiò a ridere allegramente un attimo dopo. L’altro Grifondoro però non la prese molto bene. Poteva ancora ricordarsi del broncio di quella sera.
 
« Lo stai rifacendo» un piccolo tocco la risvegliò da quel ricordo. Lily la guardava seria, una faccia preoccupata in viso. « S-scusate» balbettò piano voltandosi. Le capitava spesso, troppo spesso. Si perdeva, piano, in un ricordo, rivivendolo quasi. I primi giorni aveva pensato fosse normale ma poi beh, le cose erano cambiate. Madama Chips l’aveva di nuovo visitata.
 
Uno shock, a quanto pareva, non era più l’unico motivo di quella scomoda situazione. La sua mente, unita alla sua magia involontaria, le faceva ripercorrere quei momenti. A detta di Silente, in quegli attimi lei si era sentita felice, sicura, normale.
 
E questo era vero.
 
L’improvviso cambio degli eventi aveva probabilmente portato così tanti cambiamenti che la sua mente non era pienamente convinta di quella scelta e che, quindi, lei fosse affetta da una specie di confusione mentale.
 
Niente di cui preoccuparsi quindi.
 
Ma Elisa sapeva che c’era qualcos’altro. Quei ricordi non erano momenti a caso, non erano stupide distrazioni. C’era qualcosa, come se qualcuno le mostrasse con insistenza una locandina di un film già visto e rivisto solo per convincerla a rivederlo. Perché era di questo che si parlava: a lei mancavano quei momenti.
 
Una voce la richiamò di nuovo all’attenzione. Potter si stava avvicinando, un sorriso largo sulle labbra. Quell’espressione non era però condivisa anche dagli altri ragazzi: loro non sorridevano. Nel vederli la ragazza sentì un calore salirle nel petto, subito sostituito da una fredda amarezza. Severus era ancora nella sua mente, così come la rabbia nei loro confronti.
 
« Ma buongiorno ragazze. Allora Evans, che ne dici di uscire con me?» Nonostante fosse passato parecchio tempo James ancora faceva finta di non vederla. Forse nel gruppo era l’unico che cercava di non infastidirla davvero, a meno che non fosse costretto. Remus non la calcolava a prescindere, come in quell’esatto istante. Lo sguardo basso, il volto corrucciato. Elisa si chiese con una stretta al cuore se anche lui sentisse la mancanza di quei pomeriggi trascorsi a leggere.
 
« No Potter, non voglio» rispose pacata Lily, il fuoco del diavolo dietro agli occhi. La mora sapeva bene il motivo di quella pacatezza: cercava solo di non peggiorare le cose fra Potter e Severus. A modo suo, cercava di proteggerlo. Il Serpeverde era stato abbastanza schivo con tutte e due ma lei poteva capirlo. In fin dei conti mostrarsi debole non le piaceva molto nemmeno a lei.
 
« Secondo me invece potresti ripensarci perché-» « Non voglio, ora sparisci per Merlino!» Elisa guardò Lily, attenta. Aveva urlato, istericamente, avrebbe detto. Stava tremando e piccole goccioline di sudore le scendevano lungo il collo. Con stupore, però si accorse della pelle d’oca che le ricopriva le braccia. Non era normale, assolutamente, soprattutto a Giugno.
 
Si alzò, risoluta.
 
« Vattene Potter» la sua voce era suonata ferma, decisa, ma in cuor suo non era poi tanto sicura. Con una smorfia il ragazzo si voltò verso di lei. Un movimento dietro alle sue spalle preannunciò la sua entrata in scena.
 
« Ma guarda un po’, la piccola vampiretta che ha deciso di scoprire le gambe» Sirius spuntò da dietro l’amico con un sorriso sornione. La mora l’odiò in quel momento: va bene, non era per niente abbronzata, ma la scelta di mettersi i pantaloncini corti era stata del tutto funzionale. Non era mica colpa sua se in quei giorni c’erano quaranta gradi all’ombra!
 
« Mmm vedo che anche gli scarafaggi escono dal proprio buco quando c’è il sole» un sorriso amaro le ricambiò la frecciatina « Sai è da un po’ che non vedo il tuo amico Mocciosus in giro. Che dici James, dovremmo fargli una visitina ogni tanto, no?» « Sirius» l’amico lo riprese, piano.
 
« Ti conviene non riprovarci, sai Black? Noi Grifondoro sappiamo essere abbastanza pericolose» Un sorriso serafico le passò sul volto. Il ragazzo le si avvicinò lentamente, uno sguardo da predatore in viso « Sai, a noi Grifondoro piace il rischio e, inoltre, sappi che sono un ottimo cacciatore»
 
« Chi ti ha detto che  io sono la preda?»
 
Il ragazzo si bloccò, stupito. « Lily andiamo» continuò lei con un sorriso di trionfo. E quando poi, sotto gli occhi di tutti i presenti, se ne andò con l’amica al fianco, si chiese chi, in fondo, fosse la preda e chi il cacciatore.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
L’orologio suonò dodici rintocchi, come sempre. Il buio innanzi a sé l’avvolgeva, ogni respiro le serrava i polmoni.
 
Supina, gli occhi sbarrati dal terrore, l’impossibilità di muoversi.
 
Un attimo di attesa e il dolore le inondò la mente: la caduta era stata violenta, come sempre.
 
Cercò piano di muoversi, regolarizzando il respiro il più velocemente possibile. Si strinse una mano al cuore e si stupì nel sentirlo battere. Era ancora viva, viva e sofferente. Si alzò, tremante, il viso stravolto da brividi e smorfie di dolore.
 
La stanza scarlatta inondava il pavimento con una luce sinistra. Ancora una volta nessuna via di fuga. Un sibilo, e la presenza inquietante nello specchio le restituiva di nuovo la sua immagine. Ingoiò il vuoto sentendosi nervosa: sapeva cosa sarebbe successo.
 
Le fiamme cominciarono a inondare la stanza, velocemente. Un mare di color cremisi le inondava gli occhi, quasi accecandola. Cadde in ginocchio, il respiro affannoso a inondare quel silenzio.
 
Le fiamme la raggiunsero.
 
Con violenza serrò gli occhi, la paura vivida nonostante le palpebre abbassate.
 
Ma niente la bruciò.
 
Un fresco rinvigorente le toccò la pelle, sorprendendola. Con cautela aprì gli occhi e ciò che vide la lasciò interdetta. Quasi completamente ricoperta dal fuoco, non provava né dolore, né altro. Solo, forse, uno strano senso di appartenenza che la chiamava.
 
Si alzò esitante in piedi, lo sguardo rivolto verso la figura nello specchio. Un sorriso le incorniciava il volto, subito sostituito da uno sguardo urgente. Una seconda figura apparve al fianco della prima.
 
 Stava ridendo, ed uno sguardo sbarazzino e vivace le spuntava sul suo viso pieno di lentiggini.
 
« è in pericolo, vai» la avvertì una voce dentro la sua testa.
 
« Svegliati»
 
Elisa vide indistintamente la figura dagli occhi rossi muovere le labbra mentre la voce le parlava, mentre vedeva la figura di Lily ridere felice.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
« Non va bene, non va assolutamente bene» con un sospiro si passò le mani in volto, tremante. Lily era collassata a terra qualche decina di minuti prima preda di spasmi improvvisi. Carlotta la guardava terrorizzata, l’ombra del panico chiara sul suo volto.
 
« Hai detto che Madama Chips è a Londra? Ne sei sicura?» « Elisa Stevenson non sono stupida. Il biglietto sulla porta dell’Infermeria diceva così» « Va bene va bene» la rassicurò la mora guardando distrattamente l’amica sul letto.
 
Giaceva li scompostamente, il respiro rotto da singulti rochi. Poteva ancora vedere la sua caduta improvvisa e gli spasmi appena dopo il suo risveglio da quello strano incubo. Poteva ancora sentire le sue urla mentre intimava ad una spaventata Carlotta di andare a chiamare subito Madama Chips, poteva ancora sentire il peso morto dell’amica mentre, prendendola di peso, la adagiava sul letto.
 
E infine questo. Madama Chips doveva proprio andarsene via oggi?!
 
« Dobbiamo fare qualcosa, non possiamo lasciarla così» una piccola boccettina richiamò la sua attenzione. « Sono integratori» le spiegò subito la bionda « Li prendeva per lo studio, dato che faceva le nottate sui libri. Non ha voluto dirti nulla per i tuoi incubi mi ha detto. Sai, quelli che fai ogni notte... » una piccola parte di sé si sentì in colpa per un attimo.
 
Poi, con terrore, vide qualcosa che le stroncò il fiato. 
 
« Dimmi che oggi non li aveva presi» supplicò leggendo l’etichetta « Sì, oggi lei li ha presi come sem-» « Dimmi che oggi quando è andata giù al Lago non ha bevuto quella burrobirra» la supplicò ancora. Un sospiro strozzato provenne alle sue spalle.
 
Anche Carlotta aveva capito.
 
Lily era stata stupida, maledettamente stupida. Ingerendo quella burrobirra aveva, involontariamente, creato un veleno nel suo stomaco.
 
« Devo andare» soffiò velocemente alzandosi « Se hai la sensazione che stia per vomitare girala immediatamente sul fianco. Tienila d’occhio e-» “ fai in modo che non muoia” aveva pensato, ma la parte più paurosa di sé aveva respinto violentemente quel pensiero.
 
Non sarebbe successo, punto.
 
Carlotta annuì convinta a quell’affermazione, inginocchiandosi subito vicino al letto dell’amica, le mani a torturare il copriletto ormai sfatto.
 
Elisa sparì oltre la porta, veloce, silenziosa, come lei sola sapeva essere. Doveva fare in fretta, non c’era molto tempo. Uscì di corsa dal Dormitorio sbattendo malamente il quadro. La Signora Grassa avrebbe protestato per mesi.
 
Doveva cercare Severus, e alla svelta. Se c’era qualcuno in grado di preparare un antidoto quello era lui, non c’erano dubbi. Data l’ora di cena si diresse spedita in Sala Grande.
 
Ci stava impiegando troppo, anche correndo. In giro non c’era nessuno, constatò con attenzione. Se Silente l’avesse beccata non avrebbe più potuto nemmeno respirare.
 
Si gettò in avanti, la familiare sensazione di unicità che solo la trasformazione le portava. Il pavimento era freddo, lo sentì dalle zampe. Ci avrebbe fatto presto l’abitudine. Continuò a correre, la velocità quanto meno raddoppiata. Raggiunse velocemente la Sala Grande e, grazie al cielo, non incontrò nessuno in giro.
 
Si ritrasformò e sfrecciò veloce nel salone. Quando la vide Alice urlò il suo nome, un braccio alzato in un invito silenzioso. Elisa avrebbe preferito non lo facesse. Tutta la Sala si girò verso di lei in una pigra curiosità.
 
E quando lei si diresse spedita al tavolo delle serpi beh, il tavolo dei Grifondoro, constatò, non la prese molto bene. La ragazza fece in tempo a notare il volto stupefatto di Alice e Frank, e quello furioso di Black e dei suoi amici. Questi furono sufficienti a farle distogliere lo sguardo.
 
Guardò interamente la tavolata verde e argento e, ancora anni dopo, non si spiegò mai come fece a non svenire dal panico in quel momento.
 
Severus non c’era.
 
Un energumeno si alzò dal tavolo e si avvicinò minaccioso « Vattene» le intimò bruscamente « Dov’è Severus?» « Non mi hai sentito stupida?!» le urlò il ragazzo afferrandole il braccio. Elisa si rese conto troppo tardi che quel ragazzo era più alto di due teste di lei e anche che la presa sul suo braccio era più forte del dovuto.
 
Si guardò il braccio, riluttante, quasi come se la vista di quelle dita sulla sua pelle le facesse schifo. E, stranamente, era davvero così. Non voleva essere toccata da lui. Sembrava sporco, ma non di immondizia. Lo era dentro.
 
« Lasciami» sentenziò con una voce che non le sembrò nemmeno la sua. Si irrigidì, il braccio libero steso lungo il fianco, la mano stretta in un pugno rude. « Lasciami ho detto» ripeté con insistenza, la rabbia che le montava poco a poco. Non era giusto, Lily poteva stare per morire, Severus non c’era.
 
« Lasciami» sibilò a quel punto furiosa. Non seppe mai se l’avesse sentita o meno. Il fuoco però lo vide, e questo fu abbastanza per lasciarla andare di scatto.
 
Una sottile lingua di fuoco aveva iniziato a fuoriuscire dal suo pugno, prepotente. Lenta, aveva iniziato ad attorcigliarsi lungo il suo braccio, su, sempre più su. Quando il ragazzo la vide saltò indietro veloce, spaventato. Il fuoco cessò lasciando un’impronta di carbone dietro di sé.
 
Elisa si guardò il braccio, fredda. E così poteva arrivare anche a questo punto. Scosse la testa, veloce, quasi disperata. Non avrebbe trovato Severus, lo sapeva.
 
Solo un’altra persona poteva aiutarla in quel momento.
 
Si girò veloce e percorse la strada a ritroso. Invece di dirigersi all’uscita, però, la ragazza svoltò dirigendosi al tavolo Grifondoro. Molte facce impressionate la guardarono raggiungere il suo tavolo. Alice la intercettò a metà cammino « Come diamine hai fatto?!» le aveva chiesto quasi a bocca aperta.
 
Elisa non si era fermata. Lei era andata oltre.
 
Il suo obiettivo era così vicino, eppure così lontano. Non voleva, non era giusto, eppure doveva raggiungerlo. Aveva sbagliato ed era testarda, lo sapeva, ma non così tanto da far morire un’amica. Al diavolo l’arroganza, al diavolo l’orgoglio.
 
« Ehi Stevenson, si può sapere perché ti sei fermata proprio qui davanti? Sai com’è, stai infettando la nostra aria..» « Sirius piantala» James lo guardava impettito, forse ancora offeso per le urla di Lily quel pomeriggio.
 
« Remus» sussurrò piano la ragazza. Gli amici si zittirono subito, attenti. Il ragazzo alzò la testa dal suo piatto di pollo.
 
« Ho bisogno di aiuto» sussurrò la ragazza affranta. Il volto al pavimento, la voce tremula, Sirius non aveva mai visto la ragazza così angosciata. Il ragazzo chiuse gli occhi piano, quasi soppesando la risposta.
 
« No» sentenziò infine tornando a mangiare.  Gli amici si stupirono per la risposta. Remus doveva veramente essere offeso per dire una cosa del genere. 
 
« Cosa?» « Io non sono un cane. Mi sono sentito ferito questa volta. Mi hai chiesto una mano e io non voglio dartela.» Elisa sentì gli occhi bruciarle violentemente.
 
Per Lily.
 
Cadde in ginocchio, le braccia davanti a sé in un goffo inchino. « T-ti prego Remus» balbettò soltanto. Lily stava morendo, Lily aveva bisogno di essere curata.
 
« Elisa, non c’è bisogno di fare così, tirati su» la spronò Remus a disagio. Intorno a lui un silenzio assordante si diffuse in tutta la Sala. La ragazza sentì distintamente una sedia al tavolo dei professori spostarsi. Magari poteva chiedere aiuto alla Mcgranitt, magari...
 
« Tirati su Stevenson» due forti braccia la tirarono su di peso, sorreggendola. « Tu...» Sirius si alzò, il viso acceso dalla rabbia. « Tu cosa eh?! Adesso arrivi a provare piacere nella gente che si inginocchia ai tuoi piedi, degno della tua famiglia, finalmente» Uno schiaffo avrebbe stravolto meno il giovane Black.
 
La mora si accorse solo in quel momento che il Serpeverde l’aveva spinta alle sue spalle, quasi a tenerla al sicuro. Regulus era più alto di lei e più robusto, nonostante avesse un anno in meno. Si girò verso di lei, rabbioso  « Ti facevo diversa, Grifondoro» sentenziò prima di sorpassarla.
 
Ma prima che riuscisse a farlo, la giovane lo trattenne per il braccio facendolo voltare. « Ho bisogno di aiuto» sussurrò ancora piena di angoscia. « Dimmi, allora, cosa vuoi che faccia? Il tuo ragazzo ti ha lasciato e vuoi rimetterti con lui? Un altro filtro d’amore di mezzo?» il volto del giovane Black sembrava furioso, infastidito, deluso.
 
Elisa si sentì mancare le parole.
 
« Rispondi, forza. Ma bada di tenere la voce alta così che tutti possano sentirti bene» continuò duro. « Li-Lily» « Cosa?»
 
Forse le parole sono le armi più potenti. Se scelte bene, con cura, messe in fila una innanzi all’altra, in ordine e senza fretta. Forse quel giorno avrebbe dovuto scegliere le parole con più cura, ma non lo fece. E ringraziò il cielo per questo. Perché se lo avesse fatto probabilmente non avrebbe mai trovato il coraggio di parlare nel silenzio che seguì.
 
« Lily ha ingerito del veleno, forse sta morendo»
 
 
 
Angolo Autrice
E buongiorno popolo! Come state? Come sempre in ritardo, scusate... mi dispiace soprattutto perché prima di essere scrittrice ( Se così si può chiamarmi insomma :I) sono lettrice, e quindi so quanto sia snervante quando una storia non pubblica con regolarità. Quindi davvero, scusatemi. Detto questo... oggi avevo particolarmente voglia di scrivere quindi spero che il capitolo sia venuto quanto meno decente. A me personalmente è piaciuto. Se mi dovesse capitare una situazione del genere credo che probabilmente sverrei dal panico però ehi, non guardiamo questi particolari irrilevanti XD ringrazio ancora una volta chi recensisce, aggiunge la storia nelle seguite, preferite o ricordate o anche ai lettori silenziosi che trovano il tempo di dare un occhio a questa storia. Ditemi cosa ne pensate,
Un bacione
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Promiseland ***


 
Promiseland

« Che cosa?!» La voce di James raggiunse lentamente i suoi pensieri. Una lastra di vetro la divideva dal mondo, o così le sembrava, almeno. Una mano le afferrò il braccio strattonandola delicatamente.
 
Nello scompiglio generale  Elisa vide innanzi a sé Regulus che, con sguardo teso, le chiedeva di fargli strada. Qualcuno cercò di afferrarle il braccio. Remus la guardava, pallido in viso, la colpa dipinta su quella maschera di preoccupazione. Strattonò il braccio, liberandosi.
 
Ora doveva pensare a Lily.
 
Corse veloce nei corridoi, l’aria a pungerle i polmoni. Non si sarebbe fermata, non avrebbe esitato. Doveva correre. Regulus reggeva il ritmo e, con sollievo, notò la sua agilità. Arrivati al ritratto il ragazzo rallentò bruscamente « io non posso-» « Ranuncolo» pronunciò decisa lei trascinandolo all’interno.
 
Entrati in Sala Comune il ragazzo guardò curioso le pareti rosso e oro, l’ombra del fascino negli occhi. « Ok, fai strada» le disse dedicandogli completamente la sua attenzione. La ragazza gli fece strada per le scale, ovviamente non prima di avergli dato il permesso di salire. 
 
Aprì di scatto la porta della stanza, veloce. Una paura infida si era trascinata silenziosa nella sua mente, una paura troppo grande perché potesse essere espressa a voce. Con sollievo vide l’amica respirare veloce. Carlotta si voltò, il sollievo dipinto sul volto subito sostituito dalla sorpresa. Le sue domande silenziose furono, però, momentaneamente rimandate. Regulus si avvicinò velocemente alla rossa, il viso concentrato sui suoi spasmi e sul respiro irregolare.
 
Notò subito la boccettina e non perse tempo a leggerne l’etichetta. « Ha-» « Ha bevuto della burrobirra» completò veloce Elisa passandosi una mano sul viso. « C’è una buona e una cattiva notizia» « Dio...» Elisa pensò che chiaramente Carlotta avesse più che ragione: in quel momento solo delle preghiere le avrebbero salvate.
 
« Fortunatamente la vostra amica non rischia ancora di morire» a quella notizia la mora non si sentì molto sollevata. Insomma, doveva proprio utilizzare il termine “ancora”?
 
« La cura è un semplice bezoar ma il problema sta proprio in questo: io non ne ho, e a meno che voi ne abbiate uno in tasca...» continuò funereo « Quindi?» Carlotta aveva quasi sussurrato quella domanda, come se il solo pronunciarla potesse avere conseguenze catastrofiche. « Dovremmo andare a chiamare Silente o un altro insegnante, ma credo perderemmo tempo. L’altra opzione è portarla direttamente da Silente. Io posso parlare di pozioni, ma non so molto di incantesimi. Magari lui può fare qualcosa» spiegò lentamente il Serpeverde voltandosi verso le due.
 
« Ma è ora di cena, Silente-» « è in Sala Grande, esatto bionda» Carlotta sembrò lievemente offesa a quell’appellativo, ma Elisa non ci badò più di tanto. Aveva capito il nocciolo del problema, come del resto anche Regulus.
 
Per portarla in Sala Grande avrebbero dovuto utilizzare un incantesimo di levitazione, ma per fare ciò avrebbero di sicuro dovuto mantenere un contatto visivo con lei e, quindi, non avrebbero potuto correre. A meno che...
 
 
« Allora Grifondoro?» le chiese Regulus deciso. Il tempo era prezioso, soprattutto in quel momento. « Andiamo» concluse lei risoluta. Guardò l’amica stesa sul letto. Respirava velocemente tramite piccoli sospiri, il viso attraversato da veloci smorfie di dolore. « Elisa la porti tu? Dove hai lasciato la tua bacchetta?» Carlotta si agitò al suo fianco, imperterrita.
 
Mai come in quel momento la ragazza aveva sentito la sua bacchetta pesare in quella tasca. Mai, come in quel momento, si era chiesta cosa sarebbe successo se avesse sbagliato.
 
Alzo il braccio, la mano rivolta verso l’alto in un pigro ma studiato movimento. Gli occhi le bruciarono, segno che le iridi stavano velocemente cambiando colore. Una morsa allo stomaco preannunciò quel lento movimento. Lily si alzò fluttuante nell’aria, le braccia aperte e inermi ai lati del suo tronco.
 
Elisa non aveva mai visto una principessa ma, in quel momento, tra le esclamazioni da parte dei ragazzi e i capelli di Lily che volteggiavano in aria nel silenzio, pensò che, in fondò, avrebbe avuto quell’aspetto.
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
 
 
Gli era passato l’appetito, ormai era certo. Era passato a tutti e quattro, ovviamente. Vedere Stevenson dirigersi verso il tavolo dei Serpeverde gli aveva procurato una rabbia inaudita, ma vederla pregare Remus, persino in ginocchio.
 
Pensò con orrore a quel momento, come se qualcuno avesse sventrato una bestia per un sacrificio a qualche dio malevolo. Era sbagliato, tutto terribilmente sbagliato. Si erano sentiti male a quella vista, come se avessero appena fatto qualcosa di proibito. Non voleva più rivederla in ginocchio. Era sbagliato, terribilmente.
 
E poi la Evans. Avvelenata. Alzò la testa dal suo piatto ancora pieno. James fissava il nulla, il viso una maschera di angoscia e preoccupazione. Non erano riusciti a seguirli, non erano riusciti a camminare dopo quella notizia. Sirius odiava ammetterlo, ma gli tremavano ancora le gambe. Forse non era poi tanto coraggioso come diceva di essere. Ingoiò il vuoto facendosi coraggio: dovevano andare a cercarli.
 
« Non l’ho aiutata» Era stato Remus a parlare. Il giovane aveva visto tante volte il ragazzo abbattuto, soprattutto dopo la Luna Piena. Ma mai lo aveva visto così pervaso dai sensi di colpa. « Abbiamo fatto una cazzata Sir» James lo guardava stravolto, i pugni stretti sul tavolo. « Non esageriamo-» « Come ti sentiresti se Stevenson fosse al suo posto?» Entrambi sapevano che non c’era una risposta. Avrebbe voluto correre da lei ma, lo sapeva, non si sarebbe mai fatta trovare da lui. O sì? Quel pensiero si insinuò nel suo cuore veloce, lasciando però dietro di sé un lamentoso mugolio di assenza. Scacciò prepotente quel pensiero.
 
« Cazzo» Peter l’aveva appena sussurrato ma la parola bastò a far voltare i tre amici. Il piccolo Grifondoro guardava scioccato la porta, come del resto quasi tutta la Sala Grande. Si girarono curiosi, non capendo. E quando capirono, Sirius sentì un boccone amaro scendergli lentamente in gola.
 
Elisa era lì, ma non era sola. Regulus le apriva la strada, impaziente, insieme a quell’oca bionda del filtro d’amore. Al fianco della mora una figura fluttuava a qualche passo da terra. I capelli rossi le fluttuavano intorno, facendo quasi sembrare che la sua testa stesse andando in fiamme. Era rigida, ma anche a quella distanza Sirius poteva chiaramente dire che stava respirando. Ma non era un respiro normale. Respirava veloce, prendendo piccole boccate d’aria alla volta. Con l’avvicinarsi del gruppo poté chiaramente notare i piccoli singulti dolori che le sconquassavano il petto.
 
Erano spasmi di dolore.
 
« Lily» James si era alzato in piedi e guardava la scena desolato, quasi disperato. E quando il gruppetto li sorpassò Sirius cercò gli occhi della ragazza ma non li trovò. Trovo due occhi rossi, iniettati di sangue. Si ritrasse, una gelida scossa di adrenalina impegnata in una staffetta nel suo corpo. Cosa stava succedendo?
 
« Non ha la bacchetta» Peter aveva quasi squittito nel dirlo. I suoi occhi erano pieni di ammirazione mista a paura e Sirius, dal suo canto, non poté che biasimarlo. Una mano sulla spalla lo riportò alla realtà. Remus si era alzato e guardava preoccupato la scena « La portano da Silente, non c’è nulla di cui preoccuparsi» esclamò deciso guardando James con un sorriso tirato. Il ragazzo annuì poco convinto. « Remus lei-» Sirius non sapeva che dire.
 
Ma cosa poteva dire in fondo? Ha qualche problema? Non so chi sia veramente? C’è qualcosa che non va in lei? Sembravano tutte domande stupide e senza senso.
 
« Lo so, ho visto anche io.» Il Grifondoro si girò veloce verso l’amico che lo guardava con un sorriso sghembo. « Ne parliamo dopo tranquillo. Però-» si interruppe un attimo, quasi a scegliere con cura le parole  « Non c’è da preoccuparsi adesso di questo. Vediamo prima come sta la Evans» continuò evasivo facendo un cenno verso il tavolo dei professori dove l’anziano preside visitava con cura la paziente.
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
« Mi mancherà Hogwarts questa estate» Elisa guardò l’amica velocemente, ritraendosi immediatamente a quello sguardo. « Anche a me» proferì funereo Severus al suo fianco. Per lui tornare a casa doveva essere particolarmente difficile, pensò tristemente la mora, perdendosi a guardare il paesaggio al di là del finestrino.
 
Gli ultimi giorni erano passati veloci e inesorabili lasciandole un senso di delusione amara alla bocca dello stomaco. Lily si era ripresa velocemente e mai, come in quel momento, l’amica era stata così felice di vederla ridere spensierata di fronte a sé, gli occhi del Serpeverde puntati nei suoi.
 
Le campagne correvano veloci sotto al suo sguardo, un complicato insieme di colori buttati sulla tela da una pittore astratto. Un respiro sconsolato le sfuggì, dispettoso, riempiendo lo strano silenzio calato nel vagone.
 
« Ok, sputa il rospo» interloquì imperioso il ragazzo, lo sguardo indagatore a perforarle l’anima. Un pigolio sconcertato lasciò le sue labbra, una piccola domanda sottintesa a farne capolino. « Sei strana in questi giorni, sei silenziosa, ti chiudi in te stessa. Hai la testa fra le nuvole e ci guardi con distacco, come se da un momento all’altro dovessimo scomparire. E non raccontare balle» ordinò perentorio « lo sai che è così. E poi beh-» si bloccò di colpo, guardandola più guardingo « non credo sia molto usuale il fatto che qualcuno sappia produrre incantesimi senza l’ausilio di una bacchetta» proferì cautamente « non credo sia molto-» « Normale?» chiese serafica Elisa, uno sguardo sconsolato dipinto sul volto « Elisa!» Lily la stava guardando e, purtroppo, poteva comprendere benissimo quello sguardo.
 
Non poteva dirgli la verità, per Severus sarebbe stato troppo. « Hai ragione Sev, lei non è quello che noi intendiamo come “normale”, lei è diversa, lei-» « Tu lo sai» constatò amaro il Serpeverde verso l’amica. « Non sei ancora pronto, Sev» si scusò piano Elisa.
 
Il discorso cadde lì, senza che nessuno cercasse di recuperarlo. Poteva capire, lei, quella curiosità che spingeva l’amico a voler sapere, conoscere. Quella curiosità era anche sua, in fondo. Respirò lentamente, la mente annebbiata da mille e mille pensieri. Avevano lasciato Hogwarts quella mattina e già le mancava da morire. Sentirsi a casa per lei, ora, aveva un nuovo significato. E quando, finalmente, lo aveva compreso, l’avrebbe abbandonata.
 
« Non so quando tornerò» sputò fuori veloce. Era stata crudele, rapida e concisa. Per lei era stato più semplice.
 
Per lei.
 
« Cosa?!» Lily la guardò interdetta mentre Sev, al suo fianco, si agitò convulsamente sul sedile, un’amara consapevolezza a farsi strada nella sua mente. « Dopo gli eventi di qualche giorno fa Silente mi ha spiegato che forse sarebbe il caso di fare una piccola pausa-» indugiò con cura sull’ultima parola « -da Hogwarts, per fare nuove esperienze, ha detto» un silenzio carico di delusioni si propagò infido, un serpente velenoso nella nebbia.
 
« Tornerai?» La domanda di Lily la lasciò un po’ spiazzata « Sì certo io-» « Lo giuri?» Severus la guardò sospettoso « Devi giurarlo» Una lenta spada di Damocle si posò sulla sua testa quando, incontrando lo sguardo dei suoi due amici dinnanzi a sé, capì di doverlo fare. E lo fece.
 
« Lo giuro» pronunciò lentamente, assaporando il gusto di quelle parole pesanti, più di un macigno. Ma subito un’insensata leggerezza si fece strada nel suo petto, seguita da un sorriso spensierato che non le apparteneva ormai da un po’. Quella promessa l’aveva fatta a sé stessa prima ancora che a loro e il pensiero la rincuorò, perché avrebbe fatto in modo di tornare, ad ogni costo. Subito l’atmosfera cambiò e il viaggio continuò tra sorrisi, parole e battute finché la porta dello scompartimento si aprì con un tonfo.
 
« Ma guarda Mocciosus, ci sei anche tu!» La figura di James si stagliava sulla porta, un sorriso sornione ad incorniciargli il volto. Doveva essere arrabbiata, lo sapeva, ma un moto inaspettato di felicità la travolse. Li avrebbe salutati prima di andarsene.
 
Remus fece capolino alle sue spalle, adocchiandola timidamente. « Scusa Elisa-» « Scusa Elisa cosa?» lo interruppe malevola con uno sguardo accusatorio in volto. Il ragazzo si ammutolì all’istante abbassando il capo. « Non credo che il tuo comportamento sia molto corretto Stevenson» la canzonò beffardo James. « Non provocarla» squittì un Peter decisamente spaventato.
 
« Oh non c’è bisogno di provocarmi» sussurrò alzandosi in piedi nello scompartimento. Lily si agitava spaventata sul sedile, lo sguardo perso. « vero Remus?» continuò imperterrita avanzando. « Ehi!» James le si avvicinò veloce, un sussurro a raschiargli la gola « non esagerare, è veramente pentito» « veramente pentito dici? No, secondo me no» il ragazzo la guardava, gli occhiali un po’ storti sul naso. « Spero tu stia scherzando. Pensi che sia un gioco? Pensi mi stia divertendo?» continuò alzando la voce.
 
« Credo di dover fare quattro chiacchiere fuori con voi un momento» chiosò lei uscendo dallo scompartimento e facendo segno agli altri di seguirla.
 
« Cerca di non affatturare nessuno!» le urlò dietro Lily con un sorriso tirato. « Non ti prometto nulla» un urlò risuonò nel corridoio, subito seguito da una risata: la risata di chi, in fondo sapeva, non stava scherzando.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
« Ehi!» « Smamma rossa» la ragazza di Tassorosso si alzò e si allontanò impettita uscendo dallo scompartimento.
 
« Così gelosa Stevenson?» domandò un Black troppo compiaciuto « Ti piacerebbe» rispose secca la mora buttandosi scomposta sul sedile. Aveva imparato come comportarsi con loro, ormai aveva capito. Nonostante tutto quel gran casino, nonostante la rabbia e tutto, non c’erano maschere e non ce ne sarebbero certe state quel giorno.
 
« Allora, si può sapere il motivo di questo raduno?» Domandò retorico guardando la folla appena sistematasi sui sedili. « Stevenson pensa che siamo sadici» « Non ho detto questo» ribatté piccata la mora.
 
« No? Siamo davvero sicuri? Pensi che questa situazione sia divertente? Pensi che mi diverta a guardare la Evans morire?» Una campagna ricoperta di nebbia si presentò all’orizzonte. La ragazza si perse nell’osservarla.
 
James, oh piccolo James! Così occupato nella sua storia d’amore, così preso da un sogno quasi totalmente irrealizzabile. Però rimaneva in piedi, dopo tutti quei rifiuti, dopo tutte quelle prese in giro. Lui non cadeva, forse perché qualcosa di più grande lo sosteneva. Qualcosa che lei non aveva.
 
« Non penso che tu sia sadico, né tantomeno che sia felice per la storia di Lily. Volevo semplicemente trovare un modo per uscire da quello scompartimento» esalò atona tornando a guardarlo. « Mocciosus è così insopportabile?» Sirius sorrideva raggiante di fronte a lei, i capelli disordinati a ricadergli scompostamente sulla camicia.
 
« Quello che è successo» la sua voce uscì lenta, un piccolo rombo di tuono nel silenzio « Tutto quello che è successo, mi ha ferita, profondamente. Non voglio saperne nulla, non voglio che parliate, che inventiate scuse, che cerchiate di abbindolarmi con schifose scuse» « Ma noi-» « No Peter, non ci sono ma. Non questa volta» concluse piano abbassando lo sguardo.
 
 « Ma senti, ci fai tanto la predica per Mocciosus e poi? Veniamo a scoprire che riesci a far levitare una persona senza bacchetta, interessante la tua tipologia di fiducia» le parole di Sirius furono letali quanto se le era immaginate.
 
Aveva pensato molte e molte volte alle mille domande che qualsiasi persona avrebbe potuto rivolgerle ma mai, mai avrebbe immaginato quanto l’avrebbero potuta ferire. Forse, però, non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare quanto, in fondo al cuore, desiderasse dire, parlare, spiegare tutti quei perché, quei se e ma che costellavano le loro menti. Ma non poteva, e lo sapeva. Ma a volte non sapere fa meno male, l’ignoranza talvolta salva dalla responsabilità di se stessi. E fece quindi l’unica cosa semplice ed immediata, l’unica che le permettesse di esprimere la sua battaglia interiore.
 
Una lacrima le solcò piano la guancia, mentre i suoi occhi ormai lucidi si incatenavano ad uno sbigottito Grifondoro.
 
« Elisa» Remus le poggiò titubante una mano sulla spalla, il viso contratto in una smorfia di preoccupazione. « Sto bene, davvero» li rassicurò lei sorridendo piano. « Remus non ce l’ho con te, non devi sentirti in colpa di nulla. Stiamo tutti bene in fondo, no? Questo è l’importante» sussurrò piano.
 
« No, tu non stai bene» commentò serio Sirius guardandola attentamente « Non è vero, sto benone. Non è un bel periodo, tutto qui» continuò solare alzandosi dal sedile, una falsa allegria ad imperlarle il viso, le lacrime ormai asciugate una ad una. « Allora perché questo mi sembra molto un addio?» chiese Sirius senza allegria, un sorriso palesemente falso in volto.
 
Elisa si bloccò, le spalle contratte. « Non è un addio, l’ho promesso» sussurrò più a se stessa che agli altri.
 
Due lunghe braccia l’abbracciarono da dietro.
 
« Buone vacanze allora» le sussurrò piano Remus all’orecchio. « Anche a te» commentò spensieratamente poggiando la testa sullo sterno di lui. Era molto più alto di lei, quindi poteva vedere il suo sorriso. Pensò fosse uno dei più belli che avesse mai visto. Peter la salutò con un rispettoso cenno della mano, mentre James si alzò venendole incontro.
 
« Sei proprio una strana tipa» commentò dandole un buffetto sul naso « Attento a te Potter» ringhiò la mora « Passa buone vacanze anche te» commentò serafico tornando a sedersi « Sei ancora qui?» un Black piuttosto acido aveva commentato il momento.
 
Con un verso esasperato la giovane uscì dallo scompartimento, chiudendosi la porta alle spalle dopo gli ultimi sguardi e saluti. Fece per incamminarsi di qualche passo nel corridoio per tornare da Lily e Sev quando la porta si riaprì con uno scatto.
 
Uno svogliato Grifondoro si appoggiò allo stipite della porta e le fece segno di raggiungerlo. Quando si avvicinò abbastanza il ragazzo le scompigliò i capelli con un sorriso malandrino sul volto. « Non cacciarti nei guai, promettimelo» le sussurrò piano. Un’ altra espressione esasperata lasciò il suo viso.
 
« Davvero Black?! Mi immaginavo una domanda più solenne! Va bene, se ci tieni tanto, te lo prometto» « Brava la mia Grifona» sorrise complice Sirius prima di chinarsi per lasciarle un semplice bacio in fronte. « Ora vai forza, prima che venga un attacco ad Evans, e direi che non è proprio il caso» « Il solito stronzo» « Fino alla fine» annuì pigramente il giovane.
 
« E Stevenson» la ragazza si fermò in mezzo al corridoio, lo sguardo curioso perso in un mondo lontano. « La prossima volta piano con le richieste. Sia mai che la prossima volta ti chieda di sposarmi»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
« Secondo te glielo dirà?» « Cosa Sev? Che l’anno prossimo non tornerà?» l’amico di fronte a se annuì convinto. La rossa guardò fuori dal finestrino, dove una pioggia leggera batteva sui campi.
 
« No, non lo farà» rispose infine. « E perché?» continuò il Serpeverde seguendo il suo sguardo. Un veloce sospiro lasciò le sue labbra. « Perché lascerebbe troppo domande, troppi quesiti a cui nemmeno lei sa dare una risposta. Troppi dubbi sul presente, sul passato, sul futuro. Troppo Sev, è tutto troppo per lei» una voce sconsolata non sua aveva fatto capolino, quella voce debole che poteva permettersi solo con lui, perché solo in quel momento poteva mostrarsi veramente debole.
 
 Perché Severus aveva tutto ciò di più prezioso in lei.
 
Aveva l’anima.
 
Aveva i dubbi e le paure.
 
Aveva la sua fiducia.

 
How could you break my heart
Already played my part
I kept my promise man
Show me the promised land
Don’t occupy my throne
Give me the crown I own
Lived like you told me how
Look at me now*
 
 
 
 
note:
*Promiseland - Mika
 
 
Angolo Autrice
Ehi come va? * si nasconde dai pomodori e dalle patate che volano
Solo due parole: mostruoso ritardo. Non ci sono scuse, non ci sono impegni che tengano. Per questo lungo periodo non ho più scritto perché, con tutta la sincerità, non ne sentivo la necessità. Ed è una cosa che personalmente mi rattrista molto. Ho sempre considerato scrivere un qualcosa di necessario, uno sbocco per la mia mente, un qualcosa da fare per me in primis, per mio diletto, per mettermi alla prova. In questo periodo non è stato così. Scrivere era diventato un lusso superfluo, uno di quei passatempi che sei costretto a riporre nel cassetto perché non hai né il tempo né la voglia per coltivarli. A mio parere è desolante, anche perché l’unico motivo per cui davvero mi sentivo in colpa era per chi legge questa storia e magari vuole continuare a leggerla. Quindi un grosso scusa a tutti coloro che, per questo, mi hanno odiato profondamente. Chiedo venia. In secondo luogo vorrei augurarvi a tutti buon natale ( anche se in ritardo) e buone feste! Auguri davvero, sperando che l’anno nuovo porti con sé un po’ più di tempo e di felicità.
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Ritorno ***


Ritorno


Il tavolo era crepato.
 
Povero tavolo.
 
Ok, forse era decisamente stanca. Uno sbadiglio la scosse impreparata, un’ombra di stanchezza sul volto.
 
La ragazza percorse la biblioteca con lo sguardo alla ricerca di qualcosa di interessante che potesse cogliere la sua attenzione. Niente, assolutamente niente. Piccole goccioline di pioggia batterono sui vetri, interrompendo il silenzio assordante.
 
Uno sguardo alle ultime righe del libro la convinse a chiuderlo definitivamente, nonostante lo avesse fatto mentalmente molto tempo prima. Raccolse piano le sue cose e si diresse verso l’uscita.
 
Nessuno in giro. Ottimo, non aveva voglia di elargire sorrisi di cortesia.
 
Attraversò spedita i corridoi, il viso contratto in una smorfia di contrito sfinimento. Dalle finestre la pioggerella fine si era completamente trasformata in un incessante acquazzone. Una fugace visione di lei impegnata in una pazza corsa sotto l’acqua si impossessò della sua mente, per poi essere scacciata malamente. Rabbrividì al solo pensiero.
 
« Grifone» Il ritratto della Signora Grassa si spostò con delicatezza « Buon Halloween tesoro» la salutò la donna dal ritratto. « Già, proprio fantastico» borbottò questa entrando imperterrita in Sala Comune.
 
Nessuno in circolazione, fantastico. Probabilmente erano già tutti a cena.
 
Con passo svogliato salì le scale verso il Dormitorio femminile, la porta riservata alle ragazze del sesto anno in bella vista. Con un sonoro sbuffo aprì la porta della stanza, aggiustandosi contemporaneamente la spilla da prefetto ben sistemata al petto. E proprio in quel petto il suo cuore perse un battito.
 
Un nuovo baule faceva bella mostra in fondo alla stanza vicino ad un letto da un anno e mezzo completamente disfatto. Proprio quel giorno, però, era stato sistemato con cura, i colori Grifondoro a campeggiare orgogliosi sulle coperte. « Merlino» sussurrò con lentezza la ragazza, prima di precipitarsi a rotta di collo giù per le scale, verso la Sala Grande.
 
Doveva avvertirli, doveva vederla. Aveva mantenuto la promessa.
 
Era tornata.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Non ti offenderai Peter se ti dico che fai un po’ schifo, vero?» « Coffa?» James si abbassò per evitare agilmente un pezzo di pollo volante. « Eddai Ramoso, lascialo in pace» al suo fianco un ragazzo sorrise beffardo verso l’amico.
 
« James ha ragione, non esagerare» lo ammonì invece il mannaro, severo « Lunastorta ha parlato» sospirò affranto il giovane Black alzando le mani e gli occhi al cielo. « Sembri mia madre» lo canzonò poi addentando una bistecca al sangue. « Sta’ zitto Sirius» lo rimbeccò subito il Grifondoro. « Buon dio» sospirò esasperato il ragazzo con gli occhiali. 
 
« La Evans non si vede ancora» constatò desolato poi, dandosi dell’idiota per non averlo notato prima. « Sarà ancora in biblioteca a studiare» commentò tranquillo Remus assaggiando con lentezza una coscia di pollo.
 
« Giusto, venire in Sala Grande e mangiare come i comuni mortali è troppo per la secchiona della scuola» l’affermazione del giovane Black venne accolto con un mugolio di assenso dal piccolo Peter dall’altro capo del tavolo. « Ashpetta arriva» commentò strascicante questo dopo aver ingoiato il boccone.
 
Dalla porta principale una snella figura dai capelli rossi fece il suo ingresso di corsa nella sala. La mano di James si accarezzò con lentezza i capelli, ravvivandoseli. « Va di fretta questa sera» commentò con stupore Sirius. « Ne ha di energie la rossa» continuò vedendola sfrecciare davanti.
 
« Sta andando verso le sue amiche» commentò Remus curioso « Perspicace» Sirius lo guardò sorpreso, guadagnandosi un’occhiataccia dall’amico « Cretino» celiò con scarso entusiasmo « E comunque si dà il caso che solitamente quando si dirige verso la bionda Lily ha lo stesso entusiasmo di un avvicino in un barattolo» fece sarcastico difendendosi.
 
Il giovane Black alzò le spalle, indifferente. James non era d’accordo con l’amico. Sì insomma, la Evans aveva i suoi sbalzi di umore, solo che quella volta sembrava … euforica. Parlò concitatamente con i suoi compagni per attimi che parvero infiniti.
 
« Cosa?» la voce stridula della bionda attirò la completa attenzione dei Malandrini. « Tornata?!» « Abbassa la voce!» le intimò la rossa. « Ehi Evans,vuoi uscire con me?»
 
Momento inopportuno? Al 100%.
 
Ma questo a James non importava: aveva la sua attenzione, perfetto. Non chiedeva di meglio.
 
Lily lo guardò truce per alcuni attimi poi, guardinga, si avvicinò a loro. « Non ti ha ancora affatturato, deve essere davvero di buon umore» commentò impressionato Sirius all’amico. La rossa lo degnò di uno sguardo veloce per poi voltarsi.
 
« Lupin?» chiamò piano.
 
Davvero?!  
 
Per una dannatissima volta che gli aveva prestato un minimo di attenzione.
 
L’amico guardò prima la ragazza poi lui, come a conferma di quella surreale situazione. « Sì amico, ti chiami proprio Lupin» lo rimbeccò un attimo dopo ricevendo così una gomitata da Sirius. « Sì?» chiese curioso Lunastorta, la bocca impastata di una strana sensazione di apprensione. Qualcosa non andava. « è tornata» sussurrò la rossa con un sorriso radioso prima di correre di nuovo verso i suoi amici.
 
« No davvero? Ci sta prendendo in giro?!» Sirius guardò la figura tornare a sedersi con completo sbigottimento. « Almeno hai capito di cosa stava parlando? Chi è tornata?»
 
Remus guardò prima la ragazza poi l’amico « Ah boh, avrà studiato troppo» commentò con un’alzata di spalle prima di tornare a mangiare.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Calma. Calma e sangue freddo. Una parte di lei avrebbe dovuto essere felice, no? Perché allora pensava solo che stesse facendo una grossa, incredibile, disdicevole pazzia? Con un sospiro cercò di calmare i suoi nervi tesi. Sarebbe andato tutto bene.
 
Con aria sconsolata addentò un altro tramezzino al prosciutto. Per qualcun altro avrebbe potuto sembrare scomodo mangiare su una scrivania, ma per lei non era così. Si sentiva più a suo agio, parte effettiva del mobilio che la circondava.
 
« Mostra un po’ di rispetto, signorina» la sgridò uno dei presidi alle pareti. La ragazza lo ignorò.
 
« Allora Fanny, cosa mi racconti?» La fenice emise un piccolo suono, quasi un tremolio dal petto. Non aveva bisogno di trasformarsi per capirla. Stava bene, era quello che importava. Oppure aveva detto che Silente puzzava. Tra i due, decise di credere alla sua prima intuizione e addentare il suo tramezzino in silenzio.
 
L’ufficio del Preside non era cambiato poi di molto, nonostante l’anno e mezzo passato. Gli stessi quadri, gli stessi aggeggi strani, la stessa aria di tranquillità che trasudava dalle pareti stesse … Un suono lontano ma abbastanza nitido la distrasse dai suoi pensieri. Qualcuno stava salendo le scale.
 
« Signorina Stevenson!» la porta si aprì, mostrando una quanto mai stupita professoressa Mcgranitt. Silente la seguiva tranquillo, l’abito di un dolce color blu notte a svolazzare placidamente. « è un piacere anche per me rivederla, professoressa» Elisa sorrise raggiante alla vista della donna.
 
« Da quanto tempo» esalò la donna avvicinandosi « Quanto-» « Un anno e mezzo, temo» sorrise a mo’ di scuse l’anziano preside. E quelle scuse, lei lo sapeva, erano rivolte per lo più a lei.
 
« Quanto sei cresciuta» la donna la squadrò con precisione soffermandosi su dettagli improbabili. La vita sottile, gli occhi attenti, i capelli ancora tenuti strettamente corti, quasi a marcare uno spiccato senso di ribellione. Lo sguardo passò quindi alla tenuta prevalentemente babbana degli abiti e al sorriso sarcastico ad incorniciarle il volto. « Sempre noi eh?» sussurrò con dolcezza mista a falsa disperazione.
 
« Mi prenderà ancora tra i suoi Grifoni?» domandò divertita a quell’affermazione la ragazza. « Oh Merlino, ci puoi scommettere! Non lascerò uno dei miei migliori elementi al professor Lumacorno, se lo può scordare quel-» Silente tossì, chiaramente imbarazzato.
 
« Per dinci» esclamò con accortezza « Credo sia ora di andare, lo spettacolo dovrebbe finire a momenti» « Mi sono persa lo spettacolo di Halloween?!» Elisa non poteva crederci. Un filino ci teneva, dai … « Mi dispiace cara, sarà per l’anno prossimo» commentò desolato l’uomo facendole cenno verso la porta.
 
Con uno sbuffo sconsolato si diresse verso l’uscita, il petto rigonfio di un’insana ansia. Prima di varcarla, però, la mora si girò velocemente verso il centro dell’ufficio. « Ciao Fanny, ci si vede in giro» la salutò prima di girarsi e scendere le scale in gran fretta.
 
Ma anche da lontano poté sentire il canto di risposta.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« E così sarebbe tornata?» chiese una scettica Alice. Lily la guardò di sbieco, malamente. « Ok va bene, scusa» La mora alzò le mani al cielo, quasi a difendersi da una tacita accusa.
 
« Scusala» le sussurrò piano Frank che, silenziosamente, si era portato al suo fianco. « Non sono arrabbiata» celiò la rossa in risposta continuando a camminare nel corridoio spedita.
 
Frank sorrise comprensivo « è passato ormai, quanto? Un anno e mezzo se non mi sbaglio. Perdonaci se siamo un po’ scettici» terminò piano guardandola con occhi desolati.  Lily sbuffò, di rimando, senza prendersi la briga di rispondere. Continuò invece a camminare imperterrita verso il Dormitorio, una nuova pesantezza a farsi strada nel suo petto.
 
La sua promessa le era parsa sincera. Questo almeno fino all’anno prima, quando dubbi ed insicurezze si erano fatti strada nella sua mente, quando la sua voce era diventata ormai solo un amaro ricordo.
 
Respirò piano, nei polmoni un ossigeno impregnato di veleno. Li aveva dimenticati, tutti quanti. Se n’era andata. Perché non poteva essere morta, Lily decise di scartare quell’opzione in principio. Lei era una bestia difficile da estirpare. O forse no? Quel pensiero la schiaffeggiò con crudeltà, provocandole un brivido freddo lungo la schiena.
 
« Ehi, tutto bene?» Frank le poggiò delicato la mano sulla spalla, scrutandola. « Sì grazie» sorrise grata la rossa. « Sai, Alice è preoccupata per te negli ultimi tempi. Dice che lavori troppo, non fai altro che studiare e studiare, non credo ti faccia molto bene» il Grifondoro si interruppe mesto, lo sguardo perso verso la ragazza di fronte a sé, il busto proteso verso una ridente Carlotta, il viso teso in un sorriso allegro.
 
Lily pensò fosse molto dolce. Dall’anno prima, quando i due finalmente si erano dati una svegliata –a detta sua e di tutti gli altri Grifondoro - Frank proteggeva con una dolcezza ultraterrena la ragazza, guardandola da lontano, cercando tra mille sguardi solo e soltanto il suo. Una piccola fiammella si accese nel petto della ragazza.
 
« Quello che voglio dire è che, sì insomma …» il ragazzo guardò con sguardo disperato il pavimento alla ricerca di aiuto « in caso tu abbia bisogno di fare affidamenti su degli amici, nuovi amici intendo» allo sguardo di intesa del giovane distolse lo sguardo.
 
Non voleva pensare a Severus, non in quel momento.
 
« beh, vorrei che tu sappia che puoi contare su di noi» pronunciò fiero gonfiando il petto, lo sguardo da tipico Grifondoro orgoglioso. Lily guardò il ragazzo al suo fianco, per poi spostarsi alle due figure che, con aria baldanzosa, avanzavano ridenti per il corridoio.
 
 Sorrise tristemente, il ricordo di un tempo passato a sfiorarle la mente « Grazie Frank, me lo ricorderò»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Ehi Sir, tu pensi che la Evans sia una bella ragazza?» James studiò da lontano il profilo della giovane che, educatamente, rideva ad una battuta esalata dalla bionda-stupida.
 
 James si rimproverò per quell’appellativo: aveva concordato con gli altri che molti altri aggettivi rispetto a “stupida” erano più adatti e consoni alla ragazza. Imbecille era fra questi.
 
Uno sbuffo divertito uscì dalle labbra dell’amico, impegnato ad una partita a scacchi con il giovane Lupin. « Cosa vuoi che ti dica, Ramoso? È carina» esalò Black con esasperazione « Ehi Peter, passami una patatina» Peter dall’altro lato del camino gli lanciò quanto richiesto.
 
« ma allora ti interessa!» scattò subito l’amico, uno sguardo accusatorio sul volto. « No che non mi interessa. Anzi, a dirla tutta la trovo anche un po’ bruttina» commentò sovrappensiero il ragazzo.
 
« La Evans non è “bruttina”» rispose acido James lanciandogli un cuscino. « Per Merlino Ramoso» esclamò il giovane Black, la mano impegnata in un gestaccio, le labbra tirate in un sorriso malandrino. « Va al diavolo Black »
 
Le fiamme nel camino scoppiettavano placide, creando bagliori sparsi sul tappeto. « Ragazzi …» li riprese un Remus abbastanza guardingo « Oh, il nostro prefetto non può fare a meno di essere perfetto» ridacchiò James aggiustandosi gli occhiali sul naso.
 
« Anzi, sai che ti dico? Facciamo una bella rimpatriata di prefetti domani. Qualche idea?» « Inondare la scuola?» propose un raggiante Peter « Già fatto, è scontato. Anche se devo dire che le strilla di Gazza sono state impareggiabili» sogghignò sognante il moro.
 
« Potremmo prendere il considerazione l’idea di non fare un bel niente?» chiese uno scocciato Lupin. « Mm ancora offeso per la storia con Mocciosus vedo» Sirius si accasciò sulla poltrona, canzonandolo con lo sguardo. « Non sono offeso, poteva rimetterci la vita Sir» « La metti troppo sul personale» bofonchiò il Grifondoro con noncuranza.
 
« Felpato, temo darò ragione a Lunastorta  per una volta» sentenziò Potter con altrettanta noncuranza, lo sguardo perso al soffitto, il corpo sdraiato ad occupare interamente il divano. « Sul fatto dell’aver esagerato ovviamente, perché per domani avevo lo stesso in programma un fantastico ritrovo per tutti quei bravi ragazzi» aggiunse con un sorriso raggiante, gli occhi chiusi verso un futuro decisamente spassoso.
 
« Potter, tira subito giù quelle gambe dal divano» comandò imperiosa una voce.
 
« Oh, ci si diverte» commentò soddisfatto l’interessato aprendo gli occhi.
 
« Santo Merlino» esalò Remus coprendosi il viso con le mani.
 
 « Fantastico, e anche questa sera il divertimento è finito» bofonchiò esasperato Sirius gettandosi completamente inerme sulla poltrona.
 
« Evans! Non puoi proprio fare a meno di me» James si era alzato, i capelli velocemente arruffati e lo sguardo baldanzoso rivolto alla ragazza di fronte a sé. Lily dal canto suo non gli fece caso. « Ti ricordo i tuoi doveri da prefetto, Lupin» commentò poi piccata verso il ragazzo alla sua destra. « Ovviamente, scusa Lily» sorrise piano il giovane, educatamente.
 
La rossa sorrise di rimando al malcapitato, comprensiva. Fece poi per allontanarsi, tranquilla. Alla fine quella sera non era andata troppo male.
 
« Sapete ragazzi, ho trovato: forse domani dovremmo andare a trovare il nostro amico Mocciosus, che ne dite?» L’aveva fatto apposta, Lily lo sapeva. Non avrebbe mai urlato una cosa del genere, altrimenti. La cosa però non l’aiutò a frenare la sua rabbia. E mentre Sirius si alzava raggiante a complimentarsi con l’amico per la sua ottima idea, la ragazza non riuscì a non voltarsi furiosa, la bacchetta stretta in una presa di ferro.
 
« Non ci provare Potter» esclamò cattiva, lo sguardo perso nella sua bacchetta tremante. « A fare cosa? A fare una visitina a quello stro-» « Sta zitto! Non ti permetto di-» « Fare cosa?!» James aveva alzato la voce, una scossa di rabbia a solcargli il petto. O forse era solo gelosia, non gli importava molto.
 
« Ramoso credo sia ora di calmarsi» cercò di intercedere Remus alzandosi dalla poltrona, lo sguardo tirato in un sorriso rassicurante. « Calmarmi? Calmarmi Remus?! Quindi vuoi che finga, vero? L’hai visto anche tu quanto è pallida, quanto si isola, solo perché quel verme l’ha insultata! No Remus, io non mi calmo, io la distruggo quella serpe» continuò amaro inveendo contro l’altro.
 
Lily era avvilita. Possibile che quel ragazzo fosse così idiota?!
 
Insomma va bene, per quella faccenda c’era rimasta male, molto male. Ma arrivare ad isolarsi solo per quello? No, lei non lo avrebbe mai fatto. Quello era stato solo uno dei fattori. Era un’altra la mancanza che sentiva in quel momento, più pressante e presente che mai.
 
« James, penso sia il caso di rimanere tutti calmi» alle sue spalle una figura si fece strada tra i curiosi che guardavano la scena « Fatti gli affari tuoi Paciock» « Penso che me li stia già facendo, Black» Sirius guardò in cagnesco l’altro, una tacita minaccia come monito.
 
Un colpo di tosse divertito richiamò l’attenzione verso l’ingresso del Dormitorio. Il ritratto della Signora Grassa era stato momentaneamente aperto, la figura del Preside a stagliarsi davanti al ritratto, ove la professoressa Mcgranitt stava facendo lentamente la sua comparsa.
 
« Oh» sussurrò Lily impietrita. « Ehilà professoressa, anche lei qui riunita? Cosa ci fa da queste parti?» chiese bonariamente James, un sorriso sicuro di sé stampato sul volto. « Potter» commentò evidentemente scocciata l’insegnante, le labbra unite in una sola linea severa.
 
« Non ti ha ancora messo in punizione, anche lei deve essere di buon umore» « Sirius» lo ammonì il mannaro alle sue spalle « Effettivamente sì, signor Black. Sono qui con una splendida notizia» sorrise l’insegnante raggiante. L’anziano uomo al suo fianco tossì ancora, evidentemente divertito. « Signorina Evans, potrebbe gentilmente abbassare la bacchetta dal signor Potter?» Lily impallidì alla gentile richiesta del preside, ingoiando saliva che non c’era.
 
Ma non fece quanto le era stato chiesto.
 
« Lily» Frank le prese delicatamente il braccio e lo riabbassò con altrettanta lentezza « Toglile le mani di dosso Paciock» ringhiò James a pochi metri di distanza. Frank lo ignorò e sorrise incoraggiante alla rossa.
 
« Cos’è, la tua Alice non ti basta più?» quel sorriso fu smorzato velocemente. Il Grifondoro si voltò furente verso il ragazzo, un lampo pericoloso negli occhi. « Che c’è? Paura?» lo stuzzicò ancora James.
 
« Signor Potter» urlò indignata la Mcgranitt, il viso contratto in una smorfia severa.
 
« James ora basta» esclamò Remus mettendosi in mezzo. Sirius rise a quella scena « Troppo buono Lunastorta» « Sta’ zitto Sirius» « “Sta’ zitto Sirius”» lo scimmiottò l’amico.
 
« Credo non sia un bel momento» commentò serafico l’anziano verso la donna che gli restituì uno sguardo stralunato.
 
« è sempre un bel momento per sfidare qualche smidollato» commentò pieno di soddisfazione James.
 
« Infatti» commentò il preside con un’alzata di spalle.
 
« Tu, razza di-» Frank prese in mano la bacchetta pronto a colpire. La bacchetta gli volò via di mano prima che riuscisse a pronunciare un qualsivoglia incantesimo.
 
« Ottimo colpo professoressa» esultò vittorioso James sorridendo di fronte a sé, dove una Lily inorridita guardava la scena allibita. « E tu, mio caro Frank, stai sereno!» gli sorrise poi aggiustandosi gli occhiali.
 
« Stai sereno lo dici al meteo» James si impietrì.
 
« Merlino» Lily sussurrò quelle parole senza pensarci, il suono di quella voce ben impresso nella mente da un anno e mezzo. Una figura spuntò alle spalle della professoressa Mcgranitt, due bacchette ben strette in pugno.
 
« Sei tornata» sussurrò la rossa, una lacrima a solcarle la guancia.
 
« Beh, te lo avevo promesso, no?»
 
Elisa sorrise, la sensazione di essere appena tornata a casa di nuovo nel petto.
 
 
Angolo Autrice
Buongiorno oh popolo! Come state? Aggiornato senza ritardi, stranamente aggiungerei. Il capitolo è un po’ di passaggio e sinceramente non mi fa nemmeno impazzire troppo. Sono però tutto sommato soddisfatta del risultato. Voi che ne pensate? Sono veramente curiosa di saperlo. Ringrazio tutti coloro che spendono un po’ del loro tempo a leggere questa storia e vi auguro buon anno.
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Sorrisi falsi ***


Sorrisi falsi   



Un silenzio attonito accolse quelle parole. Molti sguardi guardinghi solcarono il suo profilo, il dubbio e la sorpresa ad aleggiare pesantemente nella sala. 
 
« Credo sia ora di andare» Silente ruppe quell’atmosfera surreale, la mano ad accarezzarsi la barba, pensieroso. « Sì certo» l’insegnate si risvegliò dall’attonita sorpresa per la piega che gli eventi avevano preso « I più di voi conoscono la signorina Stevenson. Per tutti coloro che non la conoscono beh, sappiate che frequentava Hogwarts un anno e mezzo fa, quando poi è stata costretta a lasciarci per questo lungo periodo» esordì con fierezza voltando il capo nella Sala. Alcuni ragazzi annuirono distrattamente, altri, invece, la guardarono tra il sospettoso e lo stupefatto. Un’ottima accoglienza, insomma.
 
« Adesso che è tornata, mi aspetto il massimo dell’accoglienza» un mormorio curioso si diffuse nella Sala, molti la studiarono con più interesse. « Da tutti voi» Aggiunse imperiosa guardando verso il camino, dove quattro ragazzi guardavano la scena ammutoliti. « Buona serata» augurò serafico l’anziano sorridendo bonariamente ai ragazzi prima di dirigersi agilmente verso il ritratto. « Stevenson, bentornata» Elisa guardò la Mcgranitt allontanarsi e pensò che quella donna era tosta, in fondo.
 
Quando il ritratto si fu richiuso alle spalle della donna, la ragazza si girò. Un capannello di curiosi la guardava, il volto contorto in strane smorfie buffe e sorprese. Li ignorò. « Frank» la giovane porse la bacchetta al suo proprietario « senza rancore, ma avrei voluto evitare una rissa» sorrise colpevole facendogli l’occhiolino.
 
Il ragazzo prese quanto portogli senza proferir parole, la bocca semiaperta in un catatonico stato di shock. « Tu e Alice allora, eh?» cercò di spezzare l’imbarazzo, dondolandosi sulle ponte dei piedi. « Sei tornata» Elisa sorrise, sconcertata. « Ottima osservazione» commentò serafica.
 
« Non puoi essere tu» un sussurrò alle spalle del moro catturò la sua attenzione. Alice la guardava torva, il viso indagatore. « Mi dispiace contraddirti ma sono pro-» « Nessuna lettera» la interruppe l’altra furiosa « Nemmeno un dannatissimo messaggio, per un anno e mezzo» continuò quella avvicinandosi. « Scusa, non ci ho pensato» si difese la mora alzando le mani al cielo, in segno di resa. « Non ci hai pensato?!» « Ali, per favore, calmati» Frank le poggiò un braccio sulle spalle, protettivo. La ragazza distolse gli occhi a quella scena.
 
« Troppa gente» bofonchiò poi guardandosi in giro distrattamente. « Vieni» La rossa si ritrovò trascinata verso l’uscita, mille schiamazzi e quesiti ad accompagnarla. « Ragazze è tardi, il coprifuoco» esalò la Signora Grassa al loro passaggio.
 
« Elisa dove diamine mi stai portando?» L’amica non le rispose ma iniziò invece a correre tra i corridoi, la giovane sempre arpionata al suo braccio. « Dove diamine?!» Lily si bloccò di colpo quando l’amica raggiunse la sua meta: un arazzo appeso al muro al piano terra.
 
Quando però lo scostò, rivelò una porta di legno molto spessa. Elisa l’aprì. Una dolce brezza autunnale scompigliò i capelli di Lily, ravvivandoglieli. « Cosa vuoi fare?» La rossa trattenne l’amica che, incurante di tutto, aveva già allungato un passo per uscire. Elisa la guardò sorridente per poi celiare un sussurrato « Fidati» prima di sparire al di là della porta e percorrere qualche metro sull’erba. Lily la guardò allontanarsi, la bocca impastata di un’insana sensazione: la voglia di -quel che sapeva essere- avventura.
 
Varcò la porta.
 
Subito questa si richiuse da sola, scomparendo nel muro. Non se ne curò. « Mi hai seguita» commentò soddisfatta la Grifondoro guardandola raggiante. L’amica la ignorò « E adesso?» chiese invece, spinta da una mal celata curiosità. « E adesso corri» esalò piano Elisa prima di iniziare a sfrecciare nella notte silenziosa. Anche quella volta, Lily la seguì.
 
La guardò, da dietro, in silenzio. Era cresciuta un po’ dall’ultima volta che si erano viste. Era diventata bella, constatò la rossa continuando a correre. Vedeva i muscoli guizzare sotto i vestiti babbani, poteva vedere anche la trachea espandersi e poi ritirarsi con un ritmo lento e definito. Persa nei suoi pensieri quasi non si accorse della ragazza che, di fronte a sé, si fermava all’improvviso, il vento a scompigliarle i capelli. Quando la raggiunse si accorse della Foresta Proibita che, maestosa, si estendeva ai suoi piedi, in fondo alla valle.
 
Scoppiò a ridere buttandosi a sedere a terra.
 
« A cosa devo questo scoppio di ilarità?» chiese divertita l’altra gettandosi a sedere al suo fianco. « è la cosa più pazza che io abbia mai fatto» commentò l’altra, ripresasi, sogghignando piano. « piacere di condividere con te questa avventura, allora» Elisa la guardava sorridente, gli occhi persi in mille e mille pensieri.
 
« Perché mi hai portata qui?» chiese allora Lily, lo sguardo rivolto verso la foresta in attesa. La Grifondoro scosse la testa, senza una risposta. « Non lo sai? Ottimo» la canzonò la rossa, sinceramente sorpresa dalla piega surreale che avevano preso gli eventi.
 
Un corvo si distaccò da un albero, in lontananza, librandosi libero nel cielo. Alla luce del piccolo quarto di Luna presente nel cielo, Lily guardò il castello che, fiero, svettava poco lontano. 
 
« Non è una situazione semplice» iniziò Elisa guardando le stelle in lontananza. « Silente ha pensato che beh,dopo un po’ di altro allenamento avrei potuto, come dire-» e qui si interruppe sogghignando tristemente « fare esperienze sul campo» a queste parole Lily si girò sbigottita.
 
« Non è andata molto bene» continuò tristemente scuotendo le spalle, rassegnata. « Non capisco» sussurrò piano la rossa, più una constatazione verso sé stessa che per altri. « La guerra Lily, la guerra» sospirò l’altra, toccandosi piano il petto dove, lento e costante, batteva il cuore. « Silente non avrà mica-» « Sì» Elisa rispose sospirando. Un piccolo sorriso triste aveva fatto capolino sul suo volto, indiscreto. « Per questo non hai scritto, eri-» « ero impegnata a rimanere viva» completò per lei la mora, distendendosi sull’erba.
 
Un piccolo silenzio cadde fra loro, interrotto solo dal frusciare del vento tra gli alberi. « Non provare pietà Lily, non ne ho bisogno» sussurrò piano Elisa, guardandola. L’amica l’osservò di sottecchi, una lacrima capricciosa intenzionata a rigarle la guancia. Un pizzicotto però sventò il suo diabolico piano. La giovane sussultò piano, voltandosi.
 
« Sto bene, sono tornata, adesso non c’è nient’altro a cui pensare» Un sorriso campeggiava fiero sul volto della mora, un atto di spavalderia improvviso ma decisamente necessario. La rossa annuì convinta, annuendo a sua volta. « Credo che ora sia meglio andare. Fa freddino e penso che Alice mi picchierà se non ti riporto dentro sana e salva» celiò gioiosamente la mora alzandosi e stiracchiandosi. L’amica la seguì a ruota. « Cosa farai? Per la guerra intendo» La domanda di Lily incrinò violentemente il sorriso dell’amica.
 
Cosa avrebbe fatto? Non lo sapeva nemmeno lei. Era tutto così confuso, così disordinato persino per la sua mente, così abituata a piani e bugie articolate. Si girò piano verso la foresta, dove nell’oscurità una creatura dal pelo nero e fulvo si aggirava furtiva. Un lupo, presumibilmente. Si rigirò poi verso l’amica che la guardava con un’espressione reverenziale sul volto.
 
« Combatterò» e quella dichiarazione di guerra si perse nel vento, viaggiando verso due occhi grigio tempesta che, nel buio, guardavano da lontano la scena, un angelo custode venuto dall’inferno.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quando quella mattina Remus si svegliò, un mal di testa martellante rischiò seriamente di spaccargli la testa. E fu così che, immancabilmente, la sua mente tornò agli eventi della serata prima. Scosse la testa con vigore, un gemito sconsolato a lasciargli la gola.
 
Ora capiva l’entusiasmo di Lily.
 
Con un grugnito svogliato si alzò a sedere sul letto, notando lo sfacelo della loro camera. La sera prima avevano, come dire, preso abbastanza malino la notizia.
 
Peter aveva spazzolato due pacchetti di biscotti che si era illegalmente conservato. James aveva iniziato a spaccare oggetti a casaccio nella stanza, rovesciando una cassettiera e imbrattando i muri di inchiostro. Lui ovviamente aveva passato la serata a cercare di fermarlo. Sirius beh, era quello messo peggio, constatò con un sorriso amaro.
 
Era rimasto seduto sconsolato a guardare il panorama fuori dalla finestra per qualche secondo, per poi gettarsi a capo e collo per le scale, un’espressione terrorizzata sul volto. Era ritornato in camera a notte fonda, stanco e terribilmente demoralizzato. Ora sedeva già pronto e vestito sul bordo del letto, lo sguardo perso rivolto verso una macchia sul pavimento.
 
Con un altro verso esasperato il giovane Lupin si decise a scendere dal letto e dirigersi in bagno. Quando un Black era pronto prima di lui, solitamente era sintomo di uno sbudellamento imminente o di un increscioso ritardo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Arriveremo in ritardo, sbrigatevi» sbraitò severo Remus facendosi strada tra la folla che circondava l’entrata dell’aula. « Pozioni alla prima ora, fantastico» si lamentò Peter al suo fianco. « Lumacorno è l’ultimo dei nostri problemi» commentò concitato James guardando tra la folla. E a quel punto le scorse.
 
« Eccole» Elisa e Lily sostavano davanti alla porta, parlottando complici. La prima si guardava intorno spaesata, il viso contorto in una smorfia buffa di meraviglia. Come di riflesso si voltò verso Sirius, lo sguardo fisso sulla ragazza davanti a sé. « è cambiata» constatò piano sentendo lo sguardo dell’amico su di sé « è più sicura» continuò quindi, scostando lo sguardo poco più in là, dove la porta dell’aula si aprì, rivelando l’anziano insegnante che, a braccia aperte, accoglieva i suoi studenti.
 
James osservò la sua faccia sorpresa nell’accorgersi della figura della ragazza innanzi a sé e i suoi complimenti bonari e compiaciuti. Storse il naso a quella vista.
 
Quando poi entrarono nell’aula la sua vista corse subito a cercare una figura ben conosciuta. « Mocciosus non c’è » constatò Peter al posto suo « meglio così» specificò Sirius andandosi a sedere con gli altri in fondo all’aula.
 
« Ok ragazzi, per il lavoro di oggi vi suddividerete a coppie, non è fantastico?» cinguettò allegro Lumacorno battendo le mani gioioso « Davvero è così felice a quest’ora della mattina?! Me lo ricordavo più umano» a quel borbottio Lily sghignazzò in silenzio. Non era cambiata poi molto, in fondo.
 
« Allora, direi di iniziare a suddividervi, quindi» continuò il professore sorridendo pimpante « No seriamente, è snervante» grugnì Elisa, stramazzata scompostamente sul suo banco da lavoro. « Paciock e Anderson, Potter e Minus» « Cosa?!» James non prese bene la notizia.
 
« Povero piccolo Potter» sussurrò divertita la rossa all’amica « Lupin e Evans» « Cosa?!» questa volta fu il turno di Lily protestare « Beh, poteva andarti peggio» la rincuorò l’amica al suo fianco sconsolata. Quell’uomo proprio le dava sui nervi, non ci poteva fare nulla. « Forse hai ragione. Chissà tu con chi starai» commentò pensierosa guardandosi in giro.
 
« Black e Stevenson» Un brivido freddo le corse lungo la schiena. « A te è andata peggio, molto peggio» sussurrò sconcertata Lily al suo fianco « Dai, così se la nuova arrivata avrà bisogno di una mano potrà essere aiutata da uno dei migliori del mio corso» esclamò entusiasta il professore alla sua faccia sconcertata.
 
« Anche Lily è molto brava» bofonchiò più a sé stessa che ad altri. « Buona fortuna, temo che ne avrai bisogno» La rossa la guardò con compassione prima di allontanarsi con il suo pentolone.
 
Un altro sostituì il suo con un tonfo sordo. « Sappi che non sono felice di essere qui» La ragazza in tutta risposta scrollò le spalle, il viso concentrato su un punto imprecisato del muro dinnanzi a sé.
 
« Allora ragazzi, per incitarvi a fare bene il vostro lavoro, ho deciso che la coppia con il preparato migliore riceverà come premio questa» e così dicendo alzò verso l’alto una piccola scatolina trasparente, contenente una pomata di color avorio. « Questa è vulnerem recreo*, capace di curare tagli, ferite e cicatrici. È davvero miracolosa, ve l’assicuro» continuò convinto guardando estasiato verso il contenitore.
 
« Assolutamente-» « Inutile» completò per lei Sirius, lo sguardo scettico rivolto verso il premio. « Utile» lo corresse lei voltandosi velocemente verso il suo interlocutore. « Dobbiamo vincerla» il Grifondoro si girò a sua volta, il volto contratto in una smorfia confusa « Dobbiamo?» Elisa si rigirò verso l’insegnante con uno sbuffo infastidito.
 
« La pozione che dovrete preparare si trova a pagina 372 del libro, avete due ore» e così dicendo se ne tornò alla cattedra. Subito la ragazza prese in mano il volume di pozioni, sfogliandolo impaziente. Trovata la ricetta iniziò a leggere gli ingredienti, preparandoli sul tavolo. Il ragazzo al suo fianco non si mosse. Iniziò così la preparazione borbottando insulti verso insegnanti indecenti e maledizioni oscure finché una voce non la interruppe.
 
« Sono troppo spesse» Elisa guardò scettica il ragazzo al suo fianco che l’osservava indifferente. « Le radici, prova a tagliarle più sottili» « Come diavolo-» « Dammi, lascia fare» Sirius le prese di mano il coltello, sicuro, e iniziò ad affettare con cura. « Vedi? Così almeno si uniranno meglio» spiegò brevemente continuando il suo lavoro. Un cenno di assenso alla sua destra gli indicarono che la mora aveva compreso a fondo il concetto.
 
« Inizia a preparare le code di topo, per favore» Elisa sorrise sicura e si diresse verso l’armadio contenente tutti gli ingredienti, dove una folla disordinata si spintonava sconclusionata.
 
Un’occhiata e subito le parve una guerriglia.
 
Spintoni e gomitate venivano distribuiti a destra e a manca e ingredienti a caso venivano talvolta lanciati a dei malcapitati. Lei lì dentro non ci metteva piede, questo era poco ma sicuro. Con un movimento lento tirò fuori la bacchetta e con un semplice incantesimo di appello recuperò quanto le serviva. Un silenzio sbigottito si diffuse nella sala, insieme ad una moltitudine di occhi che la fissavano stralunati. Senza proferir parola tornò al suo banco da lavoro.
 
« Ottimo lavoro» commentò divertito Sirius mescolando la pozione di un verde smeraldo « Tutti continuano a guardarmi stralunati. A volte mi domando se non abbia due teste» Il ragazzo al suo fianco sbuffò divertito.
 
La preparazione della pozione risultò abbastanza tranquilla, almeno per lei. Tentò tre o quattro volte di sabotare il preparato ma, per grazia divina, il suo compagno la fermò in tempo. Era strana quella materia, pensò con un po’ di rammarico. Non le dispiaceva, in fondo. Preparare la propria pozione, concentrati, escludendo dal mondo tutti gli altri. Ritagliarsi quell’attimo di tempo per godersi lo scoppiettio ritmico del fuoco, il placido bollore che si consumava, lento, nella pentola.
 
Un sospiro sconsolato le lasciò la gola. « Ti stai annoiando» constatò il Grifondoro al suo fianco, distrattamente. « Pozioni non è la mia materia» Elisa scosse le spalle persa nei suoi pensieri. « Non è nemmeno la mia se per questo. Troppo lenta, troppe attese da consumare» esalò lui storcendo la bocca in una piega buffa, che trovò tra l’altro adorabile.
 
 Aspetta, adorabile?! Una voce nella sua testa urlò indignata.
 
« L’attesa è esistenza» sospirò Elisa girandosi ad osservarlo rimescolare il contenuto del calderone, che ora, di un verde acido, sfrigolava placido. « Cosa?» La ragazza trasse un profondo respiro e si issò a sedere sul piano da lavoro ormai già pulito. Avevano ormai finito di inserire ingredienti, dovevano solo aspettare che il tutto scoppiettasse sul fuoco a sufficienza.
 
Lei preferiva il termine fermentare, ma Lily le aveva proibito di utilizzarlo.
 
« L’attesa è l’essenza stessa dell’esistenza» ripeté con noncuranza guardando il suo interlocutore, che la osservava con la testa reclinata da una parte, il collo a creare una linea deliziosa sotto la maglietta.
 
Tolse lo sguardo sgomenta, per poi tornare al suo discorso.
 
« Tutta la nostra vita è attesa: l’attesa di un miracolo, di un incontro, di un prossimo bacio» sospirò lenta tornando a guardarlo « A sentirti parlare si direbbe che la felicità non esista» « La felicità» La Grifondoro fece vagare il suo sguardo nella Sala, alla ricerca di una testa rossa che trovò poco dopo.
 
Lily era impegnata poco distante a rimescolare il suo calderone. Ogni tanto la figura di Remus si voltava verso di lei per porle domande, nella probabile speranza di intavolare un discorso civile. La ragazza rispondeva distrattamente e con sguardo assente, concentrata unicamente sul proprio lavoro.
 
« Non lo so» sussurrò piano « Cosa?» « Non lo so Sirius» Elisa si girò verso il suo interlocutore, un sorriso a mo’ di scuse ad adornarle il volto. « Non so se esista la felicità, non so dove trovarla. Ho incontrato molte persone nella mia vita, persone tristi, disperate. Oh la disperazione, non sai che terribile, pericoloso dono dall’inferno. Ti prende e ti consuma, come un’ombra della propria anima, finché anche la più amara fitta al cuore diventa una dolce carezza nella culla della pazzia» Un fremito le percorse la schiena.
 
Il ragazzo la guardava ammutolito, i capelli un po’ lunghi a solleticargli la fronte. Il suo sguardo si posò quindi ancora una volta su una coppia poco più in là, dove due ragazzi parlavano concitati. Remus guardava stralunato il calderone che, con lentezza, si liquefaceva.
 
« La felicità? Credo in fondo che viva in noi silenziosamente e aspetti solo l’attimo, il momento o le persone giuste per saltare fuori» completò così tornando a guardare il Grifondoro che, al suo fianco, stava rimescolando il calderone in religioso silenzio.
 
« Parli sicura» commentò allora tornando a guardarla non smettendo di mescolare « Ho paura di chiederti come fai a conoscerla» « Chi?» « La disperazione » Elisa non rispose, guardandosi le scarpe distratta. Cosa poteva rispondere?
 
« Finito» Sirius spense il fuoco,soddisfatto, per poi tornare a guardarla. « Sentiamo: perché pozioni non dovrebbe essere la tua materia?» sbuffò, esasperata, le immagini di tutti i suoi pasticci ben impresse nella sua mente « Vediamo, da dove comincio?» chiese a sua volta guardandolo fintamente scocciata.
 
« Capita a tutti di sbagliare» la scusò Sirius alzando le braccia al cielo con fare teatrale « Infatti, capita! Io non ho davvero la testa, mi sento limitata, quasi soffocata a volte» il Grifondoro mugugnò incuriosito. Dall’altra parte della stanza intanto due Serpeverde stavano facendo straripare la propria pozione.
 
« Che diamine-» un piccolo oggetto spuntò nel suo campo visivo. Lo prese velocemente al volo. « Ma bene, ottimi riflessi» commentò soddisfatto Sirius guardandola interessato. « Fammi indovinare, te la cavi bene in Difesa contro le Arti Oscure vero? Tipico, e abbastanza scontato aggiungerei» « Cosa cavolo stai blaterando? E si può sapere perché diavolo mi lanci cose a caso?» « Non capisci?» quella domanda la colse un po’ impreparata e la sua irritazione piano sciamò.
 
« Hai ottimi riflessi, ti guardi spesso in giro, non sai stare ferma con le mani» enumerò tranquillo « Tu hai la battaglia nel sangue» concluse affascinato. Di affascinante, lei non trovava proprio niente.
 
« Capita, anche io e James siamo così» spiegò meglio il ragazzo indicando l’altro capo della stanza, dove un James abbastanza scompigliato rimescolava il suo intruglio con attenzione. « Anche Remus?» Il suo sguardo si spostò automaticamente al ragazzo dall’altro lato della classe « beh, per lui è una questione un po’ più complicata. Però sì, possiamo dire che ha la battaglia nel sangue ma non nel cuore»
 
« Siamo molto simili» le sfuggì involontariamente quell’affermazione, ma bastò a focalizzare l’attenzione di Sirius completamente su di sé « No, tu non sei come lui» la corresse precipitosamente lui con sguardo urgente.
 
 « Davvero?» gli restituì lo sguardo sorridendo tristemente, per poi voltarsi e scendere dal tavolo nel vedere Lumacorno iniziare a controllare le prime pozioni.
 
« Un anello» constatò poi rigirandosi tra le mani l’oggetto che, poco prima, le era stato lanciato. Una grossa B era incisa su di esso, arzigogolata e piena di ghirigori, la calligrafia associabile subito ad un vero signore. « Black?» chiese poi porgendoglielo.
 
Sirius guardò il piccolo oggetto tra le sue mani, funereo. « Un cimelio di famiglia, l’ultima mia grande maledizione» sospirò sconsolato prendendole l’anello dalle mani, girandosi sorridente verso Lumacorno, appena arrivato.
 
Quello però, lo sapevano entrambi, era solo un sorriso falso.
 
 
Note
*Vulnerem recreo: dal latino, guarisco la ferita.
 
Angolo autrice
Ehilà! Dopo la fine di questo interminabile capitolo posso sinceramente dire di essere soddisfatta. Avrei voluto continuare ma temevo che poi sarebbe stato un mattone pazzesco, quindi ho preferito suddividerlo in più capitoli. Che ne pensate? Spero di sentirvi presto
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Weird ***


Weird


« Bene, il lavoro è finito, è giunto il momento di nominare i migliori. Si aggiudicano la vulnerem recreo Black e Stevenson» La ragazza guardò il suo compagno con un sorriso raggiante sul volto « Tenete» il professore consegnò al giovane il piccolo contenitore di vetro, facendogli poi cenno verso la porta. « Voi potete pure andare, per oggi avete finito. E ancora complimenti!» Lumacorno li salutò gioioso guardandoli uscire dall’aula.
 
Uscendo, Elisa colse lo sguardo di Lily. Non sembrava molto felice.
 
Chiuse la porta in silenzio, il sonoro tonfo della sua chiusura a fendere l’aria. E poi esultò. Esultò come non aveva mai fatto, le braccia in alto in segno di vittoria. « Sei felice» constatò divertito Sirius guardandola. « Grazie, grazie di tutto» Gli sorrise al settimo cielo.
 
La ragazza si girò al suono di un rumore. « Dobbiamo andarcene da qui, Gazza sarebbe fin troppo felice di metterci in punizione. E non so quanto valga il permesso di Lumacorno» detto questo la prese per un braccio e iniziò a correre verso il corridoio più vicino, lontano dal rumore.
 
« Dobbiamo tornare in Dormitorio» Elisa guardava sperduta alle sue spalle sperando di non veder spuntare due occhi felini ben conosciuti. « Per di qua» il Grifondoro scostò un arazzo attaccato alla parete, mostrando delle strette scale. La mora rise deliziata: amava quel castello.
 
Dopo circa cinque minuti di corsa, il ragazzo tornò a camminare « Dovremmo averlo seminato» con un sorriso furbo pescò dalla tasca il piccolo contenitore di vetro. « A cosa ti serve?» Un piccolo nodo si contorse nello stomaco della ragazza, che lo guardò con diffidenza, la traccia della gioia precedente quasi del tutto svanita.
 
« Beh, dato che non ti decidi a rispondermi, mi sa che me la terrò per me» ghignò l’altro al suo silenzio. Un moto di stizza la investì, ma anche di qualcosa di più.
 
 « Se ti faccio vedere, poi tu me la farai usare?» Sirius la guardò sbigottito « Solo una volta, poi puoi tenertela» Si erano ormai fermati nel corridoio, l’uno di fronte all’altro. Sembravano studiarsi a vicenda, non riuscendo a capirsi, comprendersi. Ad un cenno del ragazzo la ragazza si tolse la felpa. « Che diamine fai?!» Sirius le fermò la mano quando, qualche secondo dopo, questa andò a posarsi sullo scollo della maglietta. « Non qui» sussurrò non capendo. Elisa scosse la testa e, caparbia, spostò di lato la maglietta.
 
Sul lato sinistro del petto il respiro di lei era ritmico e veloce per la corsa appena compiuta. Lì, dove avrebbe dovuto solo sentirsi il battito ritmico e costante del cuore, la pelle diafana era interrotta da una crosta livida e violacea: carne e tessuto bruciato. La mano di Sirius scivolò via, mentre quella di lei si tendeva in una tacita richiesta. Il ragazzo la guardò per un secondo, per poi aprire il piccolo contenitore e passarglielo.
 
Si sarebbe curata davanti a lui e questo solo perché lui glielo aveva pressoché imposto. Un senso di repulsione gli salì in gola, prepotente.
 
« Dammi, faccio io» Elisa lo guardò dubbiosa mentre il ragazzo le prendeva di mano la crema e, con delicatezza, si avvicinava alla bruciatura. Al tocco con quella pelle, Sirius sussultò al suono dei gemiti soffocati di lei. « Ti fa tanto male?» Scosse la testa, ma lui aveva qualche dubbio in merito, finché … Un suono di passi arrivò ben distinto alle sue orecchie, come per altro a quelle della sua compagna.
 
« Non qui» esalò prima di arpionarla per il braccio e trascinarla lungo i corridoi, verso il ritratto della Signora Grassa. Pronunciò distrattamente la parola d’ordine, quasi non se ne stesse nemmeno curando. « Vieni» sussurrò piano prima di condurla su per le scale « Questo è il Dormitorio maschile, io non posso salire» « Ora sì» sussurrò docile aprendo la porta della loro stanza.
 
La confusione della sera prima era ancora presente nella stanza: grosse macchie di inchiostro adornavano il pavimento della stanza; poco più in là, una grande cassettiera giaceva a terra, immobile. Un fischio dall’altra parte della stanza richiamò la sua attenzione: Elisa guardava la scena impressionata, gli occhi sgranati dallo stupore.
 
« Non badare al disordine » celiò Sirius facendole cenno verso il suo letto. La ragazza lo guardò un po’ dubbiosa « Non cercherò di saltarti addosso» a quell’esclamazione indignata un caldo sorriso si distese sul volto di lei, che si sedette sul letto, sofferente. Piano lui si inginocchiò e, con un veloce cenno della testa, le fece cenno di scostare lo scollo della maglietta. Ricominciò così quella lenta tortura, fatta di gemiti e dolori.
 
« Grazie per prima» Si girò a guardarla, stralunato, non aspettandosi di sentirla parlare. « Sai, per pozioni. Era davvero molto importante per me. Avrei chiesto a Severus ma non c’era quindi- ahi!» Elisa si ritrasse, una smorfia di dolore sul viso « Scusa» sussurrò piano il Grifondoro, rendendosi solo allora conto della situazione « Lily non ti ha … detto niente?» chiese guardingo guardandola di sbieco.
 
Elisa aveva la testa tesa all’indietro e guardava persa il soffitto. Da quella posizione, il ragazzo si beò della dolce linea del collo e del busto. « Allora dovrete parlare di alcune cose» rispose gentile al segno di diniego che quella testa aveva appena compiuto.
 
Un lungo silenzio si protrasse finché una domanda indesiderata lo squarciò « Come te la sei fatta?» Un lento sospiro precedette la risposta « Ci sono maledizioni che ci colpiscono più duramente di altre» celiò lei con sguardo triste « Finito» « Grazie ancora» a poco servirono i ringraziamenti e il sorriso che li accompagnò. Quando uscì dal bagno dopo essersi lavato le mani trovò la piccola figura seduta sul suo letto, quasi rannicchiata su sé stessa. Silenzioso percorse la distanza che li separava e si accovacciò davanti a lei.
 
« Chi te l’ha fatta?» Non vedeva il suo volto, ma poteva ben intendere che non vi sarebbe stata risposta a quella domanda « Alice ieri sera ha detto che – sì insomma – non hai scritto a nessuno di loro durante tutto questo tempo. All’inizio noi pensavano che non ci scrivessi e non ci avessi detto nulla perché non eravamo abbastanza importanti. Eppure, adesso mi chiedo se …» una rapida occhiata, ancora nessun segno di vita « se tu non avessi potuto scriverci. È andata così?»
 
Anche a questa domanda non vi fu risposta.
 
Un sospiro esasperato lasciò le sue labbra « Non voglio farmi gli affari tuoi, è solo che … oh diamine, voglio solo assicurarmi che tu stia bene!» A sentir quelle parole la ragazza alzò la testa di scatto; aveva gli occhi umidi. « Avrei voluto» iniziò titubante, il cuore a galopparle nel petto « ma spesso siamo costretti a fare ciò che ci spetta, non quello che desideriamo» completò guardandolo intensamente negli occhi.
 
Sirius si passò una mano nei capelli distogliendo per un attimo lo sguardo « Qui fuori c’è una guerra» sussurrò poi tornando a guardarla sconcertato. Elisa gli sorrise tristemente « Lo so».
 
« Peter piantala di lamentarti, recuperiamo Sirius e poi andiamo a mang-» James si bloccò sulla porta a quella vista. Si sarebbe aspettato di tutto, perfino un Ippogrifo in quella maledetta stanza. Ma mai, mai il suo migliore amico in dolce compagnia, se poi ovviamente quella poteva definirsi dolce.
 
« Ramoso si può sapere cosa- Oh» Remus guardava la scena sbalordito da dietro le spalle dell’amico. « Non è come sembra» dichiarò Sirius alzandosi subito e facendo qualche passo in avanti. Il moro alzò un sopracciglio scettico. « Piantala James» lo aggredì così il giovane Black. « Penso sia meglio che vada» sussurrò quindi un’imbarazzatissima Elisa alzandosi anche lei dal letto.
 
« Ragazzi» li salutò lei soffermandosi con lo sguardo soprattutto su Remus, che ricambiò il saluto volentieri. Pareva malaticcio, notò lei. D’altronde la luna piena sarebbe stata quella sera, constatò con amarezza.
 
« Aspetta» Sirius l’afferrò per il braccio facendole cenno verso il petto. Piano allungò la mano verso lo scollo e lo scostò di lato, rivelando una porzione di pelle del tutto bianca e immacolata. Sorrise stupidamente felice a quella vista.
 
« Felpato, togli quella mano!» Remus lo guardava indignato, una smorfia pericolosamente severa sul volto. « Ok, meglio svignarsela» celiò Elisa voltandosi e dirigendosi verso la porta a grandi passi. « Sirius!» a quel richiamo il ragazzo si girò verso la porta, dove una figura gli sorrideva complice. Un piccolo oggetto gli fu lanciato tra le mani.  « Credo sia meglio la tenga tu, sia mai ne abbia ancora bisogno»
 
Tenne in mano il piccolo contenitore ancora per un po’, finché il rumore di quei passi veloce scomparve, finché quel ricordo non fu ben radicato nella sua mente, finché quel saluto non si trasformò velocemente in un arrivederci.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Dove sei stata?» « Da nessuna parte in particolare, sono solo tornata in Dormitorio» Lily annuì distratta voltando lo sguardo, persa ad osservare un ragazzo occhialuto qualche metro più in là. « Non ti sei persa nulla sai? Della lezione intendo» la mora le fece segno di continuare « Lumacorno ci ha dato qualche centimetro  di relazione da fare per noi comuni mortali» Elisa sbuffò a quel commento « Che c’è?! Non sono io quella che riesce a fare meraviglie con un calderone …» il suo sguardo si assottigliò inquisitrice « e nemmeno tu mi pare» continuò sarcastica voltandosi verso un gruppo di ragazzi più in là.
 
« Cosa staresti cercando di dire?» « Nulla» la rossa rigirò le patate nel piatto, svogliata « Erudiscimi, da quando hai un debole per il giovane cadetto dei Black?» Elisa rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva « Io non ho un debole per nessuno» sentenziò decisa minacciando l’amica dall’altro lato del tavolo con una forchetta. « Se lo dici tu» Lily riprese a mangiare, un sorriso allegro stampato sul viso.
 
« Ragazze!» Alice sedette accanto alla rossa mentre, al fianco della mora, si posizionava Frank. « Come è andata la giornata oggi?» « Oh bene, qui qualcuno sta sentendo i dolci richiami della primavera» « Lily!» Elisa guardò scandalizzata l’amica.
 
« Ok ok, partite dal principio: chi è?» « Frank dai, tieni a bada la tua curiosità! Allora chi è?» Frank addentò una coscia di pollo sorridendo alla sua ragazza. « Nessuno» « Black» Un verso sconsolato si levò nella Sala. « Oh questa è brutta» commentò Frank rivolto al suo piatto. « Perché?» chiese Alice curiosa « la tassorosso è stata un mesetto fa» Il ragazzo scosse le spalle incerto
 
« Sirius non è esattamente il massimo» « Ma se Carlotta gli sbava dietro da anni» lo interruppe Elisa scoppiando a ridere « già, infatti si è visto com’è andata a finire» « Cosa intendi dire?» Frank e Alice si scambiarono una lunga occhiata « diciamo solo che ho impiegato pomeriggi della mia vita ad asciugare lacrime amare per sentimenti non corrisposti e-» qui si interruppe meditabonda « umiliazioni pubbliche» terminò tentennando addentando la sua cena « Cosa?!» « Ok ok forse è un po’ esagerato» Frank la bloccò velocemente « Carlotta ha una spiccata capacità di ingigantire le cose. E tra l’altro non credo poi nemmeno tanto al fatto che lui l’abbia illusa» continuò poi tornando a guardare il suo piatto.
 
« Penso che però lei non abbia problemi, no Frank?» Frank alzò gli occhi sulla mora di fronte a sé, seguendo il suo sguardo verso la Grifondoro al suo fianco. « Oh no, direi proprio di no» « Piantatela, tutti» sentenziò Elisa alzandosi e radunando le sue cose. « Io vado a fare una passeggiata, tornerò un po’ tardi» commentò prima di iniziare ad avviarsi verso l’uscita della Sala.
 
« Oh Lily!» si ricordò all’ultimo « Dimmi tesoro» « Domani andiamo a salutare Sev? È da parecchio che non lo vedo» Non comprese lo sguardo stralunato degli amici, né quello colpevole della rossa che, abbassando il volto verso il piatto, annuiva sconsolata.
 
Così uscì dalla Sala.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Le era mancato tutto, da morire. Le era mancato il castello, la foresta, il Lago Nero. Le erano mancate le persone, sia quelle importanti che quelle non. Le era mancata anche un pochino Carlotta, in fondo in fondo.
 
Ma proprio in fondo, nel suo caso.
 
Sbadigliò tranquillamente, sistemandosi pigramente sulla sabbia candida. La superficie del Lago era increspato da una leggera brezza notturna che le scompigliava piacevolmente il pelo e le vibrisse. Sarebbe rimasta in quel luogo per l’eternità, pensò estasiata.
 
Si voltò verso il castello, così maestoso ed imponente alla sua destra. L’osservò con minuzia, quasi per imprimersi ogni piccolo particolare, ogni finestra ormai oscura. Con un altro sbadiglio si alzò, stiracchiandosi, per poi dirigersi verso l’edificio. Di lì a qualche ore il sole sarebbe sorto, era ora di rientrare.
 
Un rumore la distrasse dai suoi pensieri: un forte latrato, seguito subito da un ululato in risposta. Si fermò, guardinga, guardando la direzione da cui era giunto il rumore.
 
Lupi mannari, sicuramente. O forse qualcosa di più?
 
Guardò alla sua destra, verso la direzione da cui proveniva il rumore. Rivolse di nuovo lo sguardo  dinnanzi a sé, al castello, un invito rassicurante rispetto all’ignoto.
 
Soppesò delicatamente le possibilità finché, al latrato successivo, si voltò e si immerse nella boscaglia.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Il suo cammino procedeva veloce e spedito nella foresta. Sapeva come muoversi, dove andare. Conosceva abbastanza bene quegli alberi, ma soprattutto le creature che li abitavano.
 
Una sorta di curiosità morbosa la spinse sempre più in là, una sorta di richiamo verace ed urgente. In lontananza vide il Platano Picchiatore agitato. Curiosa, lo raggiunse. Quando giunse alla cima di quella collinetta una piccola morsa le colse lo stomaco: sorpresa.
 
Un lupo correva agile sul prato, subito rincorso da un grosso cane nero. Un cervo sbarrava in continuazione la strada al primo, permettendo la fuga a qualcosa. E poi là, tra l’erba fitta, lo vide: un piccolo topo sgattaiolava rapido, infilandosi tra le zampe del grande cervo per sfuggire al suo cacciatore. Un gioco perfettamente diabolico, constatò la tigre.
 
Si sedette, lentamente, senza fare rumore, non attirando l’attenzione. Tutti e quattro gli animali si muovevano in sintonia, quasi sapessero esattamente cosa avrebbe fatto l’altro.
 
E poi beh, c’era il cane nero.
 
Scorrazzava da una parte all’altra del prato stuzzicando i compagni, indistintamente, il solo obiettivo nel distrarre e dare fastidio. “Inutile” pensò la ragazza, infastidita. Eppure, più li guardava, più una nuova idea le stuzzicava la mente. Lui non era l’anello debole, era il collante. Lasciava il gioco ai suoi compari, per poi stuzzicarli quanto bastava per rendere la situazione movimentata.
 
Era il jolly, dopotutto.
 
Un grugnito le attraversò il petto al pensiero. Il cane si fermò subito, voltando lo sguardo nella sua direzione, fiutando l’aria. Si acquattò veloce, un senso di panico a stringerle lo stomaco. Era stata ingenua, era anche sottovento. Con uno scatto degno  di un felino di rigettò a capofitto nella foresta diretta verso il castello.
 
Nessun latrato fu più udibile quella sera, i giochi erano finiti.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Ok, quella era un cosa strana. E non strana, ma strana strana. Un lupo, un cane, un topo e un cervo. Elisa continuò a rimuginare sulla scena appena vissuta, lo sguardo perso nell’oscurità dei corridoi.
 
Era tornata solo da una decina di minuti e già si sentiva persa. Non avere più una pelliccia calda a ripararti dal freddo costituiva uno dei tanti motivi per cui il suo stato di Animagus era reputato in assoluto migliore. Tese la bacchetta innanzi a sé cercando di scorgere qualche metro più in là. Inutile, si era decisamente persa. Una voce qualche corridoio più in là la distrasse dalla sua autocommiserazione.
 
« E quindi, cosa decidi di fare?» Riconobbe subito la voce. D’altronde il tono irritante di Potter avrebbe potuto costituire la colonna sonora della vita di Lily e lei beh, lei ci viveva praticamente insieme. « Lasciami in pace, Potter» Una piccola scintilla si accese nel cervello della ragazza al suono di quella seconda voce. « Taci, Mocciosus» latrò una terza voce, divertita. « Che dici Peter, ti sono rimaste un po’ di energie per un bel duello notturno?»  « Certo Ramoso!» balbettò una quarta « Patetici» commentò l’interlocutore « Patetici dici? Vedremo quanto saremo patetici quando prenderemo a calci il tuo brutto muso».
 
 « Muso, davvero? Stai perdendo il tuo carisma, Potter, mi deludi!» Entrò nel piccolo cerchio di luce, guardando  i quattro ragazzi uno ad uno. « Cosa diamine?!» Sirius si avvicinò veloce abbassando la bacchetta con cui teneva il Serpeverde sotto tiro. « Potrei fare la stessa domanda a voi» replicò con una scrollata di spalle, indifferente.
 
« Sei uscita? Di notte?» Al silenzio dell’altra il suo sguardo si indurì scappando disperato agli amici « Non devi farlo, è pericoloso, non devi uscire per nessuna ragione» la prese per le spalle, fermamente, scuotendola violentemente. « Ok va bene, ora calmati» rispose lei spaventata da quei pozzi scuri che la fissavano allarmati. « Già, è pericoloso, vero?»
 
Il giovane Grifondoro voltò solo la testa, continuando a tenerla ben stretta per le spalle « Perché non le racconti dov’è il vostro caro amichetto eh? Perché non le racconti, Black, del vostro piccolo segreto?» Un pugno improvviso colpì il ragazzo sul viso mentre Sirius, massaggiandosi il pugno dolorante, si ritraeva richiamato dalla voce dell’amico « Calmati Felpato, non credo sia il caso» esalò alludendo alla ragazza che, qualche metro più il là, guardava la scena inorridita.
 
Con uno scatto veloce fu subito al fianco del ragazzo a terra. « Vattene via» la allontanò crudelmente il ragazzo con una spinta. « Non ci vediamo da più di un anno e mi tratti così, Sev?» Il ragazzo si voltò piano a guardarla, gli occhi sgranati.
 
Gli erano cresciuti i capelli ma il viso era rimasto lo stesso, così come il fisico. Solo gli occhi erano cambiati. Erano più scuri, così cupi nonostante la giovane età. Portavano il peso di quello che, nel tempo, non avrebbe fatto altro che dilagare nella sua anima: il senso di colpa.
 
« Ma guarda, bello rivedere un’altra persona da far soffrire, vero?» James lo osservava con disprezzo, la bacchetta puntata contro. « Piantala James» lo riprese sorridendo beffarda. Il ragazzo però non ricambiò il sorriso, né abbassò la bacchetta. Lo sguardo di lei si spostò più volte tra i due « Cosa intende?» chiese poi al ragazzo davanti a sé, appena rimessosi in piedi. Aveva un po’ di sangue che gli colava dal naso, imbrattandogli la faccia. Evitò il suo sguardo.
 
« Diglielo» la voce di Sirius li raggiunse, stridente. « Lily non vorrebbe» sussurrò James subito, guardando l’amico di sbieco. « E allora? Lo merita» Sirius si avvicinò al Serpeverde puntandogli la bacchetta al viso. « Mocciosus non merita nulla, su questo pensavo fossimo d’accordo» James abbassò la bacchetta, irritato. « Non sto parlando di lui» il ragazzo si voltò verso la Grifondoro alle sue spalle « Merita di sapere»
 
«Felpato scusa ma-ma non credo sia il-il caso» Il ragazzo osservò a lungo Peter, per poi voltarsi, ignorandolo. Osservò a lungo il Serpeverde, studiandone i lineamenti insanguinati e il volto minaccioso « James, tu lasceresti mai che Evans possa stargli accanto?» l’amico lo guardò a lungo.
 
 « Ok avanti, dillo» il giovane Potter puntò la bacchetta nella direzione dell’amico « Ma siete impazziti? Questa storia è durata anche fin troppo, adesso ba-» « Ascolta bene quello che sto per dirti, Scricciolo: in questo istante sto per fare l’unica cosa che non vorrei fare. E tutto questo solo per amor tuo. Fidati, per una volta tanto» « Non ho nessuna intenzione di dire nulla» « Davvero Mocciosus? Nemmeno se ti togliessimo qui quei bei pantaloni che indossi? Dai Sir, forza proviamo» 
 
« Basta» una figura si interpose tra le tre figure: Elisa li guardava sconvolta, il viso contratto in una smorfia di fastidio. « Adesso mi pare stiate esagerando. Non farebbe male a nessuno, e non dite il contrario. Io gli voglio bene, ok? Sono affezionata a questo ragazzo, mi fido di lui, non farebbe mai nulla di-» « Mezzosangue» Elisa si girò verso la voce, incredula « Cosa …» « L’ho chiamata Mezzosangue»
 
La ragazza rimase immobile a fissarlo, mentre un pesante senso di consapevolezza prendeva spazio nel suo cuore. Le occhiate di Lily, la sua espressione al solo nominare il ragazzo.
 
« Ma sono stati loro, è tutta loro la colpa» « Tu, brutto schifoso-» « BASTA» Elisa urlò quelle parole con tutta sé stessa mentre, scivolando, una lacrima solcava la sua guancia.
 
 Un rumore lontano riecheggiò nel castello, Gazza probabilmente sarebbe giunto presto.
 
« Elisa-» « Per favore, andiamocene» sussurrò poi prendendo un lembo della manica di Sirius. Dopo un veloce sguardo con l’amico abbassò la bacchetta « Andiamo» acconsentì quindi spingendola con una mano sulla schiena verso il corridoio da cui era arrivata. Peter li raggiunse subito, barcollando incerto.
 
Qualche secondo dopo un altro urlo squarciò il silenzio: James, appeso a testa in giù qualche metro più in là, guardava impotente la bacchetta caduta poco più in là. « Mocciosus quando scendo io ti-»
 
Ma la ragazza fu più veloce.
 
Facendo perno sulle ginocchia si girò con uno scatto, la bacchetta protesa in avanti. Un muro invisibile colpì violentemente il Serpeverde, che fu scagliato un metro più in là. « No,nononononono-ah!» James cadde a terra con un tonfo sordo, imprecando. Severus si rimise in piedi tendendo la bacchetta in posizione da combattimento. « Ehi!» Sirius alzò la bacchetta innanzi a sé, guardando l’avversario ferocemente.
 
« Severus» la ragazza studiò a lungo i suoi lineamenti, tremando « Non costringermi a farlo» Il Serpeverde si ritrasse un poco a quelle parole, guardando attento le mosse dei ragazzi di fronte a sé. « Sev, ti prego» Uno scatto e il ragazzo scomparve nell’oscurità, seguito subito dalle ingiurie dei Grifondoro, dagli insulti e dalle minacce.
 
« Dobbiamo andare» James guardò preoccupato nell’oscurità dove dei rumori sinistri giungevano sempre più vicini. « Ehi» il ragazzo le sfiorò il braccio delicatamente, richiamandola.  « Non possiamo più restare» la ragazza annuì, lentamente, per poi voltarsi e procedere lungo il corridoio, lo sguardo del ragazzo ancora nella mente, la consapevolezza che la sua natura non era per lui più un segreto.
 
 
*Angolo autrice*
Ehi gente, come va? Scusate l’abominevole ritardo, sono un po’ incasinata con impegni vari. Spero di non aver fatto troppi errori, cosa ve ne pare? Schifoso? Accettabile? Vi prego ditemi di sì ;) Si accettano come sempre critiche, si può sempre migliorare
Alla prossima, spero vi piaccia

Eli ;-P

P.S. Scusate il capitolo è lunghissimo!

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Sola ***


Sola


« Lumos» James girò su sé stesso, meditabondo. « Fantastico, ci siamo persi» Elisa si appoggiò alla parete, sfinita e con il fiato grosso. « Non ci siamo persi» affermò sicuro scrutando i quadri alle pareti. « Oh giusto. Quanto vi devo per il tour?» Celiò divertita con gli occhi al cielo. « Ahaha molto divertente» James si girò e, con sguardo scettico, la zittì.
 
 Si rivolse quindi all’amico appoggiato alla parete di fianco a lei « Sir» lo guardò intensamente, allungano la mano in attesa di qualcosa. Il giovane Black volse lo sguardo verso l’amica, per poi ritornare in quello dell’altro. Si portò quindi la mano alla tasca.
 
« Cosa? No!» Peter squittì spaventato guardando i due « Non abbiamo scelta» Sirius passò l’oggetto all’amico.
 
« Una pergamena? Davvero?!» i tre si voltarono, interdetti « Tutta questa confusione per una pergamena? Se volete ve ne regalo qualcuna, ne ho tante sapete?» « Qualcuno mi pare un pochino acido» borbottò Peter dall’angolo. « Oh giusto scusa, ho solo appena scoperto che quello che consideravo la figura più vicina ad un migliore amico ha un odio profondo e radicato per i nati babbani» « Gazza sta arrivando!» Li richiamò veloce James ripiegando la pergamena e infilandosela in tasca.
 
« Sir, Scricciolo, qui con me, adesso. Codaliscia, sai cosa fare» Il ragazzo frugò nella tasca finché non estrasse un delicato e sottile tessuto argenteo. « Però, tasche grandi eh?» commentò meravigliata la ragazza « Muoviti» il ragazzo la invitò ad avvicinarsi mentre, con cautela, ricopriva sé e l’amico con il mantello. Un rumore poco distante la spinse ad avvicinarsi.
 
« Che diamine fai Potter?» chiese irritata guardando scettica il mantello. « Devi fidarti» James le tese il braccio, aspettando. Un piccolo scorcio del viso di Severus le attraversò la mente, il suo viso contratto in un sorriso allegro. « Stevenson» sussurrò Sirius vedendo la sua indecisione. Elisa spostò lo sguardo dalla mano tesa innanzi a sé alla direzione da cui erano giunti.
 
Poi afferrò la mano.
 
Subito fu trascinata sotto il sottile tessuto, la luce proveniente dalla bacchetta di Peter si spense. Nel buio più totale, mentre piccoli sospiri trattenuti campeggiavano l’aria, un braccio le cinse le spalle « Noi non saremo come lui» le sussurrò una voce al suo fianco, stringendola. E fu così che, per la prima volta, la sua mente percepì l’odore di James Potter, l’odore di casa.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Ehi va tutto bene?» Lily sorseggiò il suo latte con calma, serena « Certo, perché non dovrebbe andare tutto bene?» Qualche ragazzo del loro tavolo si girò a fissarle « Abbassa la voce» sussurrò la rossa guardandola di traverso.
 
Non rispose.
 
« La smetti di fare così? Se hai qualche problema puoi parlarne, sai? Non c’è bisogno di fare … così» « Così come?» Elisa alzò gli occhi in segno di sfida al verso esasperato dell’amica « è da tutta la mattina che cerchi di ignorarmi, non mi guardi, non mi ascolti. E poi quando finalmente ti chiedo cos’hai fai l’offesa!» La rossa si alzò con uno scatto dal tavolo. Adesso lei aveva urlato e pressoché tutta la Sala si era girata ad osservarle. « Quindi adesso, e dico adesso, mi dici cosa diamine hai» concluse puntellandosi con le braccia sul tavolo.
 
Elisa puntò lo sguardo qualche metro più in là, dove tre ragazzi le guardavano preoccupati. Tutti gli occhi della Sala erano puntati su Lily e la sua piccola imponenza su di lei, quella specie di comando che in una maniera un po’ contorta la faceva impazzire. Solo uno sguardo restituì il suo: Sirius guardava lei e lei soltanto, una piccola scintilla di coraggio in un mare di giudizi.
 
« Mezzosangue» sospirò quindi tornando a guardarla. Lily aprì ripetutamente la bocca, spiazzata. Con una nota di compiaciuta sorpresa si accorse che l’intera Sala aveva fatto altrettanto. « Sangue sporco. Il suo significato è chiaro per tutti i maghi o streghe del mondo, soprattutto per tutti coloro che, come Sirius, sono Purosangue. Non ti pare strano? Giudicare qualcuno per il proprio sangue, giudicare degli esseri inferiori solo per giustificare la propria piccolezza» « Elisa, cosa-» « Giustificare la propria anima marcia, marcia come l’inferno e il fuoco che vi brucia dentro» il suo sguardo si era spostato, ora sul piatto, ora sul coltello.
 
Una violenta scossa le perforò la schiena, lì dove nei ricordi ancora si aprivano fitte cocenti di dolore.
 
« Ho messo in gioco la mia vita per questi ideali» il suo sguardo tornò in quelli dell’amica « Quando avevi intenzione di dirmelo?» Lily singhiozzò piano mentre una singola lacrima le percorreva la guancia « Non sapevo come-» « Non sapevi cosa? Mi pare che la sincerità fosse importante, no? » Un altro singhiozzo più forte la scosse e i suoi occhi si gonfiarono ancora di più « Mi-mi dispiace» « Anche a me» sospirò quindi alzandosi e recuperando le sue cose.
 
« Ehi Stevenson, non ti pare di esagerare?» James si avvicinò baldanzoso con aria di sfida  « Stanne fuori!» Lily si girò con occhi rossi « Gliel’hai detto tu, vero? Mi fai schifo, tu e i tuoi maledettissimi amici» « Lily» l’amica la richiamò da lontano, il busto rivolto verso la porta « Severus non meritava di conoscere, questa cosa potrebbe …» una figura in lontananza richiamò la sua attenzione. Gli occhi neri la scrutavano nel profondo, cercando qualche segno anomalo, qualche differenza rispetto agli altri. « … rovinargli l’esistenza» concluse quindi allontanandosi, la figura di un Severus Piton decisamente turbato ancora ben impressa nella mente.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Non mi aspettavo di vederti qui» Regulus si avvicinò baldanzoso. La ragazza si voltò quel tanto per poterlo squadrare dalla testa ai piedi « Vattene» esordì quindi voltandosi verso il prato.
 
« Qui, seduta, a guardare l’orizzonte. Qualcuno potrebbe pensare che tu ti senta sola» « Qualcuno potrebbe ritrovarsi senza un cervello funzionante» Elisa si sgranchì le dita sulla pietra del muro. Le nocche ormai stavano sanguinando.
 
« Sai, capisco come ti senti» « No, fidati, tu non puoi capire» una risata amara le attraversò il petto « Sola, lasciata indietro perché non indispensabile … tutti sono andati avanti. E tu? Tu non ci sei, sei rimasta indietro» La mora si girò, non capendo « Dove vuoi arrivare?» Il Serpeverde le sorrise, gentilmente « Tu mi sei sempre stata a cuore, te l’avevo già detto. Ma ora …» « Ma ora?» Il ragazzo piegò lievemente gli angoli della bocca, comprensivo « Beh, diciamo che non voglio che tu stia male. Hai un buon cervello, una mente niente male, sarebbe un peccato sprecare tutto quel ben di dio» continuò sorridendo.
 
 « Se stai cercando di arruolarmi in qualche setta perdi il tuo tempo» « Io non sto cercando di arruolarti» uno scatto e il ragazzo fu seduto a pochi centimetri da lei, il suo bacino accanto alle sue gambe piegate su sé stesse « Io sto cercando di proteggerti» concluse quindi continuando a guardarla negli occhi.
 
Lei distolse lo sguardo, in imbarazzo. Non sapeva perché, ma quello sguardo familiare faceva quasi male. « Sai, in realtà non sarei qui se una persona non avesse così insistito» La ragazza lo guardò stralunata « Severus ha paura, sai. Non vuole perderti» sussurrò quindi alzandosi e stiracchiandosi.
 
« Bah, io la proposta te l’ho fatta, fammi sapere, ok?» Elisa annuì poco convinta. Un soffio sul collo richiamò la sua attenzione « Anche tu hai diritto di essere felice» le sussurrò quindi all’orecchio il ragazzo, per poi scoccarle un bacio sulla guancia e allontanarsi, lasciandosi dietro solo dubbio e tristezza.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Ok, doveva mantenere la calma. Era ormai la quarta notte che quei quattro andavano avanti a scorrazzare in giro per tutti il parco. Non si stufavano mai? Insomma, correre andava bene, anche lei provava una gioia naturale nello sgranchirsi le zampe, ma per tutta la notte no! Quello era essere reattivi.
 
Con uno sbadiglio si concentrò sull’ennesimo scatto tra gli alberi. Cosa doveva fare per tenerli d’occhio … La incuriosivano, qualcosa in loro li stuzzicava. Con l’ennesima corsa raggiunse il platano picchiatore, dove li aveva visti per la prima volta tre giorni prima. Da lontano li scorse intrufolarsi nella boscaglia. Si sedette aspettando che ricomparissero.
 
Quelle poche noti erano state sfiancanti. Certo, aveva pur sempre trovato una maniera più che ingegnosa per evitare Lily, quello era sicuro. Non aveva ancora trovato un buon motivo per parlare, o per chiarirsi, quanto meno. In effetti, la sua vita sociale non era poi migliorata di molto. Alice e Frank avevano provato a parlarle, ma erano stati malamente sbolognati con la scusa della sua mancanza di sonno. Non che avesse questa gran voglia di parlare, in generale. Una piccola vocina la contraddisse nella sua testa: qualcuno a cui avrebbe voluto parlare c’era. I Malandrini sembravano improvvisamente scomparsi nel nulla. Si vedevano di rado, giusto alle lezioni, dove per altro Remus non era nemmeno presente. Elisa sentì quasi una stretta di nostalgia e bisogno al pensiero: doveva parlarci, al più presto.
 
Il pensiero di Regulus non le dava tregua, le sue parole erano diventate un mantra nella sua mente ormai svuotata. Non c’erano risate, né battute, solo ricordi. Ricordi di un passato ancora troppo vicino, ricordi di un anno passato a spiare, attaccare, difendersi. A quel punto quelle parole risuonavano come tamburi, sovrapponendosi ad immagini e sensazioni. Non voleva rimanere sola, non voleva rimanere indietro.
 
Un silenzio surreale accolse il suo sbadiglio. Con orrore si accorse che le sue prede erano scomparse, svanite. Si acquattò velocemente, avanzando con cautela tra l’erba fredda.
 
Uno scricchiolio alla sua destra attirò la sua attenzione. Un basso ringhio lo seguì.
 
Elisa voltò la testa con attenzione, ritrovandosi di fianco ad un grosso cane nero. Alle sue spalle un lupo ululò minaccioso, ringhiando con più insistenza. Il cervo, invece, mostrò le sue corna fieramente. La tigre non si mosse, trattenendo il respiro. Non voleva scontrarsi, non era quello il suo intento. Il cane nero si avvicinò insistente, lei soffiò di rimando. L’animale si ritrasse, riluttante. Elisa osservò piano il cane, concentrandosi sui suoi movimenti.
 
Non avrebbe comunicato con il lupo, non avrebbe capito, né con il cervo, troppo pretenzioso. Il cane, però, sembrava più disposto nei suoi confronti. Si concentrò sugli occhi, trovandoli incredibilmente familiari. Arretrò quindi lentamente, senza smettere di trattenere il respiro. Quando si fu allontanata di qualche metro, si acquattò sull’erba bassa, attendendo. Gli animali la fissarono per qualche istante per poi, con uno scatto, raggiungere il prato in lontananza.
 
Un respiro di sollievo lasciò il suo petto quando notò che gi animali non erano troppo disturbati dalla sua presenza. Ovviamente non poteva avvicinarsi, quello era stato un punto fisso fin dall’inizio, ma il cane nero che la controllava non sembrava neppure troppo scocciato dalla sua presenza. Probabilmente la trovava solo un’ottima distrazione, tutto qua. Almeno, così sperava.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Ho notato che non passa più così tanto tempo con la signorina Evans» La ragazza guardò l’anziano preside compilare con uno sbuffo un noioso documento. L’uomo alzò gli occhi su di lei, aspettando una reazione. Alzò le spalle, indifferente. « Perché mi ha fatto venire qui, preside?» domandò quindi con gli occhi al cielo.
 
L’anziano posò gli occhiali sulla scrivania e si massaggiò le palpebre « Notizie» proferì quindi tetro « Sembrerebbe che il gruppo di Mangiamorte che seguivi fino a qualche mese fa stia progettando un attacco a Hogsmeade. Non sappiamo quale sia il loro obiettivo, per cui è necessaria la massima allerta» Elisa si appoggiò la mano al petto dove, fino ad una settimana prima, era presente una cicatrice dolorosa. Era stato un movimento casuale, ma una piccola parte di lei si ritrovò spaventata all’idea di quell’episodio.
 
« Sta cercando di reclutarmi, signore?» il preside si avvicinò con lentezza, per poi inginocchiarsi innanzi alla piccola figura seduta sulla sedia. « Non sto cercando di reclutarti, sto solo cercando di avvertirti» sussurrò quindi osservandola attentamente « Sto solo cercando di proteggerti» terminò poi con un sospiro.
 
« Sì, sembra essere la priorità di tutti al momento» commentò acida alzandosi dalla sedia e dirigendosi alla porta « Se non le dispiace avrei altre faccende da sbrigare» concluse aprendo rabbiosa la porta dell’ufficio non capendo che, in realtà, quell’affermazione non era altro che una promessa. « Signorina Stevenson» la richiamò quindi l’anziano « Checché trovo il suo spirito molto acuto, isolarsi non è mai stata una buona idea» Silente sorrise e, con un ultimo gesto, la congedò dall’ufficio.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Erano ormai passate due settimane dall’ultimo contatto con Lily. Silente aveva ragione: non poteva isolarsi per sempre. Una voce maligna le inondò la testa “Nessuno ti è venuto a cercare, però” Anche quello era vero. Nessun biglietto, nessun incontro, nessuna parola. Nemmeno I Malandrini avevano perso tempo a cercarla, questa volta. Probabilmente si erano semplicemente stufati di lei. Sì, doveva essere per forza così.
 
Con un groppo in gola si diresse verso la Sala Grande. Una voce la richiamò dall’altra parte del corridoio. « Ehi Biscottino» Elisa si girò, con il sopracciglio visibilmente inarcato « Non chiamarmi così, Black» esordì quindi vedendo il fratello sbagliato avvicinarsi.
 
« Vai a mangiare? Così, tutta sola?» chiese quindi avvicinandosi e guardandola stupito. Lei annuì controvoglia. « Io e dei miei amici mangiamo in Sala Comune, vuoi venire?» chiese sorridente il ragazzo « Non posso entrare nella Sala Comune Serpeverde» commentò lei guardinga « Non mi sembra che tu ti sia fatta problemi l’ultima volta» Regulus le strizzò l’occhio, complice.
 
« Vieni dai, ti diverti» continuò allora facendo qualche passo indietro ed indicando le scale. Elisa si guardò per un attimo indietro, dove la Sala Grande apriva le sue porte a schiamazzi e strilli. Una chioma rossa svolazzante spuntò tra la folla.
 
 « Va bene» assecondò quindi, seguendo il ragazzo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Non va bene, non va bene, non va bene» Sirius torturava il suo pollo con estrema minuzia « Felpato dimmi: da quando vuoi andare a lavorare al San Mungo?» scherzò James alludendo alla vivisezione nel piatto dell’amico.
 
Il ragazzo lo fulminò con lo sguardo. « Beh, mettiamola così Ramoso. Hai visto come sta bene oggi Stevenson?» « Stevenson? Non la vedo» commentò il Grifondoro guardandosi intorno.
 
« Esatto!» terminò Sirius infilzando l’ala di pollo rimasta.
 
« Magari è con Lily, no?» si intromise Remus guardando verso la rossa qualche posto più in là « Oppure è in camera» concluse infine non trovandola « E ci è rimasta per due settimane?!» « Effettivamente la cosa mi puzza un po’» concluse James osservando il suo piatto senza appetito.
 
« Ma insomma» sdrammatizzò Peter vivacemente addentando un pomodorino « a lezione la si vede, solo fuori nei corridoi no. A meno che qualcuno stia cercando di non farcela incontrare, magari con qualche incantesimo strano … » il ragazzo rise da solo alla stupidaggine appena detta.
 
Un silenzio carico di sguardi accolse quell’affermazione. I tre Grifondoro guardarono Peter, per poi tornare a fissarsi.
 
« LA MAPPA» conclusero in coro alzandosi velocemente e dirigendosi verso l’uscita, lasciando Peter e il pollo ad un romantico pasto.
 
 
Angolo autrice
Buongiorno! Come va? Finalmente aggiorno, è stata una faticaccia. Capitolo corto e di passaggio. Ho una buona notizia però: il prossimo capitolo è già bello che pronto, quindi non ci saranno strazianti attese. Fatemi sapere cosa ne pensate
A presto
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Il bacio di Giuda ***


Il bacio di Giuda


« Cosa diamine ci fa lei qua?» « Zitta Taylor» la ammonì Regulus andandosi a sedere sulla lussuosa poltrona verde smeraldo « Accomodati pure» la invitò poi facendole cenno verso la poltrona affianco alla sua.
 
Elisa si sedette, guardinga. Un’occhiata allarmata richiamò la sua attenzione dall’altra parte del piccolo cerchio creatosi. Severus aveva gli occhi dilatati, colmi di quella che a lei pareva … paura?
 
« Abbiamo novità?» chiese quindi il Serpeverde accavallando elegantemente le gambe con fare aristocratico « Il fratello di Davies è stato messo in punizione, da quanto ho potuto capire» sorrise furba la ragazza che qualche minuto prima aveva parlato « Albert?» il Serpeverde alzò un sopracciglio in una domanda implicita « Si è fatto coinvolgere in una rissa, provvederò a riportarlo in riga» convenne il ragazzo seduto accanto a Severus.
 
« A proposito di novità» continuò quindi con un sorriso cordiale « Tu devi essere Stevenson …» « Elisa» completò lei senza troppo entusiasmo « Oh sì, Regulus ci ha parlato molto di te»
 
Regulus?! una vocina prepotente si accese nella sua testa Cos’era per Sev, la scema del villaggio?! Sorrise con cortesia dissimulando perfettamente una calma interiore inesistente.
 
« Avete il pranzo?» domandò quindi Regulus togliendola d’impiccio.
 
La ragazza osservò a lungo i quattro ragazzi mangiare. Non erano poi così strani. Certo, non le era sfuggita la rigidità delle spalle di Severus, ma non vi aveva nemmeno fatto troppo caso.
 
Aveva osservato Regulus, quello sì. Aveva un che di aggraziato, una bellezza aristocratica dovuta ad anni di obbedienza ed educazione. Tutti lo rispettavano, sembravano incantati dalle sue parole, dai suoi gesti. Si trovò incantata a sua volta a guardarlo, una piccola scintilla ad attirare irrimediabilmente il suo sguardo.
 
Rimase ore a chiedersi cosa ci fosse di così tanto sorprendente, cosa fosse quel piccolo particolare che illuminava la stanza. Rimase interi attimi a pensare, o forse ore, perdendo il filo del discorso.
 
« Allora?» Regulus si era alzato in piedi e la guardava sorridendo, tendendole la mano « Cos-» « Non stavi ascoltando, vero?» il ragazzo ridacchiò bonariamente qualche secondo « Vuoi venire a fare un giro con noi? È tardi, magari c’è qualche allenamento interessante al campo di Quidditch » Elisa accettò con un sorriso spontaneo. Certo che le andava! Si alzò stiracchiandosi dalla poltrona e si diresse verso l’uscita.
 
I cinque ragazzi passeggiarono lungo i corridoi umidi e bui. Era rimasta un po’ indietro rispetto agli altri, ma le piaceva così. Osservare gli altri, guardare le loro azioni. Le dava una specie di calma, la possibilità di pensare tranquillamente.
 
Una mano posata sul suo braccio bloccò bruscamente i suoi pensieri. Severus le si era affiancato, lasciando un po’ di spazio tra loro e gli altri Serpeverde. Finalmente sbucarono su un corridoio lungo, il tramonto invernale già capolino all’orizzonte.
 
« Vattene» sussurrò quindi il ragazzo al suo fianco « Cosa?» « Devi andartene, adesso» proseguì facendo molta attenzione affinché gli altri non li sentissero. Erano però occupati in un’intricata conversazione e non badarono al loro bisbigliare sospetto. « Cosa intendi dire? Pensi che non sia degna della vostra compagnia? Posso avere anche io degli amici, sai» commentò brusca voltandosi dall’altra parte.
 
« Non c’entri nulla con loro. Va via finché sei in tempo. Non devono avere a che fare con te» « Cosa stai cercando di dirmi?» Un silenzio teso si distese tra i due. « C’è una guerra là fuori» esordì Severus voltandosi a guardarla « Questo non è il tuo posto» concluse poi guardando verso una voce qualche metro più in là.
 
« Fratello! Ci mancava solo la tua faccia per rovinarmi la giornata» Elisa trasalì a quella voce. Severus le toccò ancora il braccio, protettivo « Tu hai degli amici» sussurrò poi, più a sé stesso che a lei.
 
Arrossì a quelle parole.
 
« Mocciosus. Lasciala. Andare.» James prese mano alla bacchetta « Ehi ehi ehi» si intromise Regulus con le mani aperte in segno di resa. « Non vogliamo litigare» La ragazza notò, però, che anche Taylor e Davies avevano la bacchetta in mano.
 
Regulus sembrava attonito e sorpreso.
 
« Ah no? Allora spiegami perché lei è con voi» Sirius guardò con ferocia il fratello, squartandolo con sospetto « Perché lei è con noi? Semplice, abbiamo semplicemente pranzato, no?» il Serpeverde si girò chiedendo conferma. Si è ripreso in fretta, il giovine.
 
Elisa non si mosse.
 
« Non è vero» Remus si intromise, guardandola come per cercare conferma « Non può essere vero» Non lo vedeva da un po’, praticamente due settimane. Non era cambiato poi di molto, se non che non aveva più quell’aria malaticcia che lo contraddistingueva. «Credici» Regulus aveva parlato con voce spietata « È una di noi adesso» continuò imperterrito ghignando.
 
Aspetta aspetta cosa? la vocina nella sua testa era sbalordita quanto lei Addirittura un noi… Elisa concordava, questo punto lo avrebbe discusso più tardi: non c’era nessun noi.
 
« No» James si intromise scuotendo deciso la testa « No, lei non può, lei è dei nostri, lei non-» « Dei vostri?!» Elisa avanzò bruscamente, guardandoli incredula « Due settimane» Remus si avvicinò scrutandola « Due settimane, capite?» Il sorriso di Regulus si incrinò.
 
« Ti abbiamo cercata» sussurrò il Lupo Mannaro mortificato « Davvero?! A me non è parso. Sola, Remus, due settimane sola!» Aveva urlato e non ne andava fiera. Ma ora che poteva parlare, ora che poteva urlare, un piccolo palloncino le si era aperto nello stomaco. Sembravano passati secoli da quando aveva potuto respirare per l’ultima volta.
 
« Ti abbiamo cercata veramente» Sirius si avvicinò abbassando la bacchetta, scrutandola « Beh, non vi ho visti nemmeno una volta fuori dalle lezioni» commentò acida « Nemmeno noi» proferì James « Non ti pare un po’ strano?» continuò guardando i ragazzi davanti a sé « E poi, improvvisamente, quattro Serpeverde aiutano una Grifondoro. Singolare, no?»
 
Elisa poteva vedere il cervello del ragazzo elaborare una teoria che, seppur strampalata, pareva combaciare alla perfezione. « Prima di queste due settimane hai avuto contatti diretti con uno di loro?» Il moro osservava guardingo gli avversari, soppesandoli.
 
Contatti … la ragazza ci pensò su per un po’, pensando se avesse mai visto uno di quei ragazzi qualche settimana prima. Un piccolo morso le strinse lo stomaco. « Il bacio di Giuda» sussurrò quindi più rivolta a sé stessa che ad altri.
 
Il sorriso di Regulus si spense.
 
« Bacio? Che bacio?!» « Oh santo cielo, Felpato! Se riuscissi a trattenere le tue scenate di gelosia in un altro momento ci faresti un favore, grazie» « Ah sta zitto Ramoso» « Ma che teneri» commentò quindi Regulus facendo un passo avanti e applaudendo lievemente le mani.
 
« Quando … quel bacio» « Ma che brava!» il ragazzo sorrise perfido prendendo mano alla bacchetta « “Oh mio dio, nessuno mi vuole più!”» la scimmiottò mettendosi una mano al cuore « Ehi, cosa intende dire?» Sirius le afferrò il braccio, osservandola « Così patetica» commentò il fratello continuando a sorridere.
 
« Così morto» esordì James accennando un sorriso tirato e tendendo la bacchetta in avanti. Un incantesimo andò ad infrangersi davanti al Serpeverde, dove uno scudo invisibile aveva parato il colpo. « Oh, il piccolo e timido Lupin ha attaccato per primo» celiò Taylor sogghignando perfida.
 
« Sta zitta» « Lunastorta» Peter, rimasto in disparte fino ad allora, guardava preoccupato l’amico. Una ferocia inconsueta si era fatta strada sul suo volto. Assomigliava in maniera inquietante alla sua nemesi pelosa.
 
« Come hai fatto?» Elisa si rivolse al giovane Black « Ci sono tante pozioni, oscure ai più» « Pozioni anche capaci di far scomparire una persona agli occhi degli altri al di fuori delle lezioni e attivabili via contatto cutaneo?» chiese ancora sentendo la rabbia ribollire nelle vene, insieme anche a qualcos’altro: vergogna. « Con un pizzico di capelli di qua e di là … sì, direi proprio di sì» concluse il Serpeverde con un’alzata di spalle.
 
Checché l’avesse ferita e umiliata nel profondo, la ragazza non poté che accorgersi per l’ennesima volta quanta bellezza emanasse. Ma un altro sole, presente ora nella stanza, lo oscurava, rendendolo quasi scialbo.
 
Le era proprio al fianco.
 
Scoppiò a ridere di gusto, l’eco del pensiero appena formulato ancora nella testa. « Che hai da ridere?» Regulus ora la guardava stranito, infastidito dalla sua libera risata. Elisa si interruppe e lo guardo con interesse inclinando la testa, un misto di curiosità e pietà ad incorniciarle il volto. « Sai, ho passato tutto il giorno ad osservarti. In te c’era qualcosa, qualcosa che mi attirava, una calamita» « Sai, magari un giorno potrei invitarti per un giretto nel mio letto»
 
« Sirius!» James trattenne il giovane dallo staccare il collo al fratello « Tu, brutto schifoso verme, lascia che ti metta le mani addosso-» « Sai cos’era? Questa bellezza e questa scintilla che mi attirava così tanto» « Cos’è?» Regulus la guardò tronfio, l’espressione da vincitore stampato in viso.
 
Elisa non aveva la bacchetta, lo sapeva. Ce l’aveva in tasca e le sarebbe bastato un minimo movimento per afferrarla. Ma non le importava. Era stanca, spossata, o forse non aveva voglia, semplicemente.
 
« L’eco di tuo fratello» un sorriso sincero si aprì sul suo viso mentre quello dell’altro si tramutava in un urlo furioso.
 
Fu un attimo.
 
Il tempo parve fermarsi. Elisa rimase ferma. Vide Sirius voltarsi sorpreso verso di lei, poi qualcos’altro attirò l’attenzione del ragazzo. Urlò.
 
Qualcosa le colpì il petto, lanciandola qualche metro più in là. E mentre il mondo svaniva tra onde nere e dolori lancinanti sparsi per il corpo, Elisa si chiese perché, tra tutti, era stato il viso di Sirius Black l’ultimo nella sua testa.
 
I tuoi occhi sono fonti, nelle cui silenziose acque serene si specchia il cielo.*
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Porca miseria» Un dolore lancinante le perforava il cervello. Una luce accecante le abbagliò gli occhi. Decise sarebbe stato più prudente aspettare qualche minuto per accertarsi delle sue condizioni psicomotorie fossero quanto meno accettabili.
 
Sicuramente non era morta e questo, si disse, era un punto di partenza positivo. Gli arti sembravano esserci tutti, le dita anche. Con un sospiro incerto si decise ad aprire gli occhi. Ci impiegò qualche secondo per abituarsi alla luce.
 
« Oh finalmente» La ragazza si girò stupefatta verso il suo Preside che, con nonchalance, chiuse il libro che aveva in mano. « Sta bene?» Elisa annuì poco convinta « Riesce a parlare?» chiese ancora con una nota comprensiva nella voce « Si» sussurrò. La sua voce suonava come un verso rauco e insicuro.
 
« Ottimo!» commentò sollevato battendo le mani. La ragazza l’osservò alzarsi dalla sedia e produrre con la bacchetta una sottile figura di luce. « Una fenice?» chiese quindi stupita « Ho chiamato Madama Chips, che sarà così gentile da offrirti una pozione per farti dormire» « Dormire? Io non voglio dormire, io-» « Io non voglio dormire?! Ma sentitela! Non ci si sveglia tutti i giorni dopo aver ricevuto delle ferite come le tue tesoro, spero bene che tu te ne renda conto» la signora la spinse con fermezza sul letto dove aveva appena cercato di alzarsi.
 
Un capogiro la colpì. Assecondò la donna.
 
« Inaccettabile un comportamento simile, inaccettabile! Incantesimi del genere, e sugli studenti poi!» « Che incantesimo-» « Una maledizione» spiegò il preside tetro « Mai vista prima. Crea emorragie e perdite di sangue» « Oh» Elisa si guardò le braccia, dove grandi bende gliele avvolgevano.
 
« Credo di dover andare adesso» Silente guardò l’orologio, per poi riportare la sua attenzione su di lei.  « Tieni» La donna le passò una sostanza verde e acida. Checché l’aspetto e l’odore non presagissero nulla di buono, non fece domande e trangugiò il tutto. « Giusto, mi dimenticavo!» L’anziano le sorrise mentre uno strano torpore si impadroniva dei suoi arti.
 
 « I suoi amici sono stati qui prima. Oh meglio, probabilmente il signor Minus è ancora appostato qui fuori. Credo sia giusto informarla che probabilmente appena me ne andrò via quei quattro sgattaioleranno qui dentro. Si riposi» detto questo si diresse alla porta.
 
 Non lo vide mai raggiungerla ma, dal senso di vuoto che la percuoteva, doveva aver lasciato la stanza. In fin dei conti aveva mantenuto la promessa: aveva cercato di proteggerla.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
« Si sta svegliando, si sta svegliando» « Peter, si stava svegliando mezz’ora fa, e prima di allora mezz’ora prima, e prima di allora mezz’ora prima ancora e così via» « Uff e va bene Rem» Un angolino della sua bocca si contrasse per un momento nel sentire quelle voci.
 
« Piantala Sir» « Non sto facendo nulla» rispose una voce irritata « Stai camminando da quando siamo arrivati, quindi circa da tre ore. Stai scavando i solchi per la stanza» James ridacchiò alla sua stessa battuta.
 
Elisa mugugnò qualcosa, tanto per far capire che era sveglia. « Si sta svegliando!» pigolò contento Peter « Ce ne siamo accorti» lo assecondò con un sorriso James.
 
« Buongiorno» Remus le sorrise comprensivo dall’alto di un grosso tomo. « ‘Giorno» biascicò lei in risposta cercando di mettersi a sedere. Per sua grande sorpresa, gli arti risposero perfettamente.
 
« Come stai?» James la guardava al suo fianco, seduto sulla sedia dove probabilmente qualche ora prima doveva aver seduto il preside. Remus stava qualche metro più in là, su un’altra sedia, un sorriso stanco dipinto sul viso. Peter stava dall’altra parte del letto, su un’altra sedia ancora. Leggeva una rivista, probabilmente, gettata malamente sul letto accanto. Sirius si avvicinò con lentezza e si fermò ai piedi del letto, quasi avesse paura di andare oltre e invadere uno spazio a cui non gli era concesso accedere.
 
« Come ti sentiresti se ti avessero tirato una padella in testa?» James esibì un sorriso tirato « A te hanno tirato qualcosa di più di una padella in testa» « Oh sì, giusto» commentò massaggiandosi il collo « Sono ancora viva, però» continuò serafica tornando a guardarli.
 
« Per poco» Sirius la guardava, il viso contratto in una smorfia « Che melodrammatico» Lo apostrofò quindi con una scrollata di spalle.
 
Gli amici si guardarono perplessi ma non dissero nulla.
 
« Elisa vorrei …» Remus sembrò scegliere con cura le parole « parlare con te di una cosa» « Mi preoccupi, sai?» sdrammatizzò giocosa. Ma lui non rise. « Promettimi che sarai sincera»
 
Lo guardò per alcuni attimi. Sembrava che avesse rimuginato sul discorso a lungo, scegliendo con cura le parole. Da come lo squadravano interdetti gli altri, dedusse che nessuno dei presenti sapeva di cosa si trattasse. La cosa iniziava a metterla a disagio. Annuì, per quanto poco convinta.
 
« Quando stavamo parlando, prima del- beh, ci siamo capiti» annuì esortandolo a continuare. Il ragazzo fece un grande sospiro « Hai detto che sei rimasta da sola per due settimane, è così?» Un grosso groppo le si formò in gola: non voleva parlare di quello. Remus non aspettò la risposta. « Ne vuoi parlare?»
 
La guardava e sapeva che quella domanda aspettava solo una risposta. Toccava a lei parlarne, ovviamente, ma non si sentiva pronta, non voleva farlo. « Non credo ci sia molto da dire» commentò quindi tetra.
 
Remus alzò gli occhi al cielo « Senti io-» « Non sei sola» James si intromise nel discorso, stralunato « Hai noi, no?» si guardò quindi in giro, per cercare sui volti degli amici quello che, per lui, era stata fin da subito una realtà. « Non è vero» sussurrò lei stringendosi le ginocchia al petto.
 
« No?!» Sirius si avvicinò imponendosi su di lei « Se quello non fosse vero non rischierei l’espulsione» « Cosa?!» James guardò con severità l’amico « pensavo che non avremmo sollevato questo punto» il giovane sbuffò e si allontanò malamente di qualche metro.
 
« Pensavo anche che lei fosse più sveglia» commentò quindi punto sul vivo. Elisa non badò all’insulto.
 
« Verrete espulsi? Che diamine significa?!» « Non verremo espulsi» la rassicurò Remus con un sorriso tirato  « Ma ci siamo andati vicini» completò per lui James sorridendo più tranquillamente « Sai, avevamo stufato il Preside con tutto quella guerriglia nei corridoi, così gli è scappato l’ammonimento»
 
Osservò ancora per qualche secondo il ragazzo per poi prestare attenzione a quello in piedi qualche metro più in là. Cercava di evitare il suo sguardo, guardando con convinzione prima a destra e poi a sinistra. « Lo verrò a scoprire» disse quindi lentamente « In un modo, o nell’altro» terminò continuando ad osservare il giovane che, costretto, ritornò a restituire il suo sguardo.
 
« Aveva cercato di ucciderti. Ti aveva isolato» iniziò accorandosi « Sirius» lo ammonì l’altro « Noi non perdoniamo certe cose, Stevenson. Non le perdoneremo mai» Elisa impiegò qualche attimo ad elaborare la notizia « Sono tutti vivi, vero?» « Sì tranquilla, solo ossa rotte e ustioni qua e là» « James!» lo rimproverò Remus con sguardo accusatorio. L’amico alzò le spalle, indifferente.  « Non ho mai visto Silente così infuriato, sai? Sembrava sul punto di distruggere qualcosa» una risatina generale si propagò tra i ragazzi, allentando la tensione.
 
« Ma si può sapere che mi è successo?» I ragazzi si guardarono, guardinghi « Sangue» rispose allora Sirius fissando il pavimento « Solo sangue che si spandeva sul pavimento. Tu eri diventata così bianca …» i suoi occhi vagavano verso un passato troppo vicino « Mi sono avvicinato, ho iniziato a scuoterti. Non ti svegliavi. Ho provato anche a svegliarti con la magia» si girò, uno sguardo di puro sconforto sul volto « Ho pensato fossi morta» concluse amaramente.
 
« Lo abbiamo pensato tutti» James si accasciò sulla sedia, meditabondo. « Beh, grazie» Elisa li ringraziò, un sorriso sincero sul volto « Oh non devi ringraziare noi, Felpato aveva minacciato di vivisezionarci tutti se non ti fossimo venuti a cerca- Ahia» Una bacchetta era brutalmente volata da un capo all’altro del letto  « Taci Ramoso!» « Oh su dai fratello!» I ragazzi risero e lei non poté fare altro che unirsi a loro. Il rumore della porta che si apriva con lentezza attirò la loro attenzione.
 
Lily guardava la scena impassibile, i capelli scompigliati e gli occhi sbarrati. Un silenzio innaturale si ricreò nella stanza.
 
« Evans!» Il ragazzo con gli occhiali si alzò come una molla, la mano a ravvivarsi i capelli. Remus scoppiò in una risatina incontrollata « Ci sono più ormoni nella stanza che medicine» Elisa scoppiò a ridere un attimo, per poi tornare seria.
 
« Vedo che riesci sempre a metterti nei guai» Gelida, ecco come la voce di Lily risuonava nella stanza. « Già, sembrerebbe così» concordò lei con un’alzata di spalle. Rimasero a fissarsi per qualche attimo, quasi si stessero sfidando a distogliere lo sguardo. Dopo qualche secondo una cascata di capelli rossi le era addosso tra le esclamazioni generali.
 
« Sei una stupida stupida stupida» ripeté Lily stringendola in un abbraccio stritolatore « Senti chi parla» si beccò un pizzicotto ammonitore. Rise mentre un grande nodo allo stomaco veniva finalmente sciolto.
 
La ragazza poté osservare con la coda dell’occhio un James decisamente in subbuglio guardare la stanza concentrato. Il suo sguardo si rivolse quindi al suo cavallo dei pantaloni « Chi ti ha chiamato? Stai buono!» Rise più forte.
 
Lily si spostò con cautela sedendosi al lato del letto, continuando ad osservarla. « Stai bene?» « Sì dai, non c’è male» La rossa continuò ad analizzarla con occhio critico, quasi volesse accertarsi di persona la cosa. « Mi dispiace» Elisa sorrise a quelle scuse improvvisate « Sì insomma, non sapevo come avvicinarti. Si può sapere cos’è successo?» « Oh» la osservò per qualche attimo decidendo cosa fare.
 
Non poteva mentirle, ma Severus …
 
« Ecco sì insomma, è stato un po’ così perché-» « Dei Serpeverde l’hanno ingannata, siamo arrivati in tempo» « Ah» Lily squadrò per qualche secondo James, quasi si fosse accorta solo in quel momento della presenza dei Malandrini. « Lily?» l’amica la richiamò alla realtà « Uh? Giusto! Quindi tu stai bene?» Non aspettò nemmeno la risposta e, girandosi, squadrò di nuovo Potter.
 
« Da quanto siete qui?» « Penso una ventina di minuti, no?» chiese conferma James voltandosi verso gli altri « Siamo arrivati qua e dopo tre minuti si è svegliata» Elisa rimase interdetta qualche secondo. Non erano tre ore? « Immagino, con il vostro solito chiasso..» concluse quindi la rossa voltandosi con aria di sufficienza. James alzò le spalle osservando la ragazza con un sorriso.
 
« hai qualche lezione?» chiese Elisa all’amica, interessata. « Pozioni, ma posso benissimo saltarla» fece con un’alzata di spalle lei « Tu ci tieni alla tua carriera scolastica!» « Ci tengo di più alla mia migliore amica!» la zittì lei posando la borsa a terra, autoritaria.
 
« Se posso permettermi» si intromise James alzando lievemente la mano « Potremmo fare a turno, no?» Lily lo squadrò con sospetto crescente « Ognuno di noi farà qui dei turni così che  noi non perderemo lezioni fondamentali per la nostra carriera scolastica» spiegò pomposo e fiero « e lei non si sentirà sola» concluse quindi con un sorriso seducente. Elisa ridacchiò scuotendo la testa, sconsolata.
 
« Mi pare un’ottima idea!» Remus batté le mani entusiasta « Non dovete sentirvi obbligati» sorrise Elisa piano « Nessuno qui si sente obbligato» spiegò Sirius sorridendo sconsolato per un attimo al soffitto.
 
Si era avvicinato, notò con piacevole sorpresa.
 
Datti un contegno, Lolita! la riprese la voce nella sua testa.
 
« Va bene» convenne allora la ragazza annuendo lentamente al nulla. « Andate pure, il primo turno lo faccio io» James alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa, sconfitto. « Faccio io il primo turno» concluse quindi alzandosi dalla sedia. Un piccolo silenzio si diffuse fra tutti.
 
« Su su, andate o farete tardi» La protesta della rossa fu bloccata dall’amica che, con sguardo severo, le intimò di allontanarsi. « Ci vediamo dopo, però» « Certo, a dopo!» Salutò agitando la mano, lentamente. Tutti restituirono il saluto, chi più, chi meno.
 
Solo quando la porta si fu chiusa alle loro spalle, James parlò. « Allora Scricciolo, che vuoi fare?»  la ragazza sorrise serafica « Parlare» « Parlare? Ok spara, di cosa?» Un sorriso furbo si aprì sul suo viso « Di quel bellissimo mantello in tuo possesso, naturalmente »
 
« Miseriaccia»
 
 
*Shakespeare


Angolo autrice
Salve! Capitolo assolutamente lunghissimo, come avrete potuto notare. Mi sono divertita un mondo a scriverlo, però. A voi che ve ne pare?
Alla prossima
Eli ;-P
 
P.S. Non ci credo, sono stata puntualeee! Un ringraziamento speciale a E mi e ai suoi metodi di persuasione molto convincenti ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Murder Socks and laughs ***


Murder Socks and laughs

 
Certo che i Malandrini erano strani. Un attimo prima non c‘erano, l’attimo dopo te li ritrovavi tra capo e collo. Erano passati ormai tre giorni da quando si era svegliata per la prima volta in infermeria. Non era rimasta mai sola. A parte la notte, ovviamente.
 
Lily aveva deciso di impiegare le sue ore raccontandole delle novità che si era persa durante la sua assenza. Scoprì di storie sfumate, nuovi amori, nuovi rancori. Le raccontò quanto fosse stato facile raccontare di lei a Severus e di quanto fosse stato difficile superare il suo allontanamento. Anche se non lo disse apertamente, Elisa immaginò quanto fosse opprimente per lei quella mancanza. L’amica le assicurò che il capitolo era stato chiuso, una nuova pagina si era aperta.
 
Capì perfettamente che il segnalibro, però, non si era spostato.
 
Anche quando la rossa se ne fu andata passò molto prima che riuscisse a concentrarsi sulla partita a scacchi con Peter. Non che non riuscisse a batterlo anche così, ovviamente.
 
Severus aveva lasciato in lei qualcosa di più profondo del dubbio, un quesito a cui proprio non riusciva a dare una risposta. Perché? Anche se nessuno aveva riportato alla luce la discussione, per lei il problema persisteva ancora. Come diamine aveva fatto a vedere i Malandrini se era ancora sotto l’effetto della pozione? La risposta a questa domanda era semplice: non lo era più. Sospettava però che non fosse nei piani di Regulus, questo era certo. Era rimasto spiazzato, quasi interdetto al loro incontro.
 
E allora chi?
 
La risposta era semplice, eppure più complessa di quel che pareva. Non riusciva a spiegarsi del motivo per cui l’avesse aiutata. Perché di quello ne era certa: Severus non le avrebbe mai toccato il braccio se non avesse avuto un buon motivo. Odiava il contatto fisico e lei lo sapeva bene. Allora perché aiutarla? Qualcosa non quadra aveva concluso con un’alzata di spalle battendo Peter all’ennesima partita.
 
Remus, a differenza di tutti gli altri, sembrava l’unico ad essersi preso seriamente a cuore la sua carriera scolastica. Il tempo passato insieme era consacrato allo studio, al recupero degli appunti e sì, sporadicamente a qualche risata.
 
Strabiliante, vero?
 
Al di là di tutto, Elisa adorava quelle ore. Capitava spesso che, attraverso una domanda, Remus iniziasse a parlare a raffica iniziando a spiegarle incantesimi o nozioni extracurricolari. Si era persino arrischiata a raccontargli dell’incantesimo del Preside. «Farò ricerche» aveva sussurrato tutto preso con lo sguardo al soffitto. Il giorno seguente era ritornato agitando vittorioso un voluminoso libro con qualche decennio di polvere. «Expecto Patronum» concluse alla fine di quell’ora di lettura. Elisa aveva mugolato un ringraziamento, per poi tornare ai suoi pensieri.
 
A differenza del suo compare, James aveva pensato che parlare fosse la cura migliore. Passavano ore a spettegolare, parlare del più e del meno. Era stato in quel momento che aveva veramente compreso quanta paura avesse scaturito quella maledizione. «Non sapevamo cosa fare» James guardava il lenzuolo, sconsolato. «Sir fa tanto il duro,ma non l’ho mai visto così terrorizzato in vita sua. Ha iniziato a scuoterti, urlava il tuo nome. Noi intanto abbiamo dato una bella lezione a quei vermi» la sua voce si colorò di disprezzo «ma quando ci siamo girati tu non ti muovevi ancora. L’arrivo di Silente non ha poi aiutato di molto. Ci ha solo squadrato tutti dalla testa ai piedi, poi si è chinato su di te e ha iniziato a sussurrare contro incantesimi, credo» si stropicciò la mano nervosamente « Sirius quando si lava le mani vede ancora il tuo sangue» aveva concluso con un’alzata di spalle e un tono amaro.
 
Aveva rimuginato parecchio sulla cosa, ma poi era passata semplicemente ad altro. Aveva visto molti orrori nella sua vita e quello dei ragazzi era una reazione più che normale. James era stato chiaro: non voleva più parlarne. Non lo contraddì. D’altronde, era concorde nel pensare che certi orrori dovevano esseri affrontati nel silenzio della propria mente.
 
Avevano poi continuato a parlare degli altri, delle loro abitudini. Si stupì quando le raccontò che Remus era quello che, tra tutti, impiegava più tempo in bagno, cercando il meglio di sé allo specchio. Rise quando seppe che Sirius parlava nel sonno e si rattristì quando le raccontò della scarsa autostima di Peter. Quando se ne andò, quella sera, si ritrovò sinceramente triste nel rimanere da sola.
 
Se con Remus o James era solita parlare del più o del meno beh, con Sirius era tutto un altro paio di maniche. Elisa si chiese più volte se il loro silenzio fosse dettato dal semplice imbarazzo o da qualcosa di più. Solo al terzo giorno notò qualcosa nei gesti del ragazzo: una sorta di rabbia repressa.
 
«Tutto bene?» chiese quindi sbadigliando vistosamente. «Sì» la risposta era stata veloce e lapidaria. « Sicuro?» il ragazzo voltò un secondo lo sguardo, guardandola di traverso. A differenza degli altri che, tutti composti e rispettosi, avevano usufruito della sedia, se ne stava mollemente seduto sul letto alla sua sinistra, le gambe stravaccate scompostamente davanti a sé.
 
«Perché mio fratello?» si meravigliò per la domanda. Era strana, ma soprattutto fuori luogo. «Cosa intend-» una risata amara la raggiunse «Baci mio fratello e fai la finta tonta? Proprio da te» sussurrò più a sé stesso che ad altri, scuotendo la testa.
 
Anche a distanza di un giorno Elisa si sentiva ancora offesa per quell’accusa ingiusta.
 
«Io non ho proprio baciato nessuno» rispose brusca voltando iul capo dall’altra parte. «Massimo è tuo fratello che deve imparare a non ingannare la gente con baci sulla guancia inopportuni e subdoli» borbottò poi punta sul vivo. Un lungo silenzio accolse quell’affermazione. Ritornò alla lettura del suo libro mentre una prepotente stanchezza si impadroniva di lei.
 
Al quarto sbadiglio una voce ruppe il silenzio «Hai bisogno di dormire» le fece notare Sirius al suo fianco «Non posso» biascicò lei in risposta senza staccare gli occhi dal libro «E perché?» alzò lo sguardo dal libro, un poco scocciata «Non riesco a dormire, ok? Faccio fatica, sempre» «Sempre?!» la guardava scioccato, o forse solo lievemente sorpreso. 
 
Elisa si chiedeva ancora perché glielo avesse detto, ma era stata una cosa automatica, fatta senza pensarci «Sì, credo sia perché mi sento costantemente minacciata. O qualcosa di simile» commentò svogliata voltando pagina e sbadigliando ancora una volta «Minacciata da cosa esattamente? Ti assicuro che nella stanza non è presente nessun pazzo assassino munito di macete» scherzò mettendosi a ridere per la sua stupida battuta.
 
«Qui no» un lungo silenzio accolse quel’affermazione lapidaria «Vuoi dirmi che-» «Senti è come una sensazione, ok?» spiegò chiudendo il libro e tornando a guardarlo. «Da dove provengo io» continuò cauta «non si può dormire tranquilli» o vieni mangiato terminò poi nella sua testa.
 
«Non deve essere un bel posto» commentò il Grifondoro continuando ad osservarla «No, non lo è» concluse lei riaprendo il suo libro e sbadigliando per l’ennesima volta. Un piccolo respiro concitato interruppe il silenzio «No, non c’erano pazzi assassini con un macete» da come le spalle del ragazzo si rilassarono comprese di aver anticipato la sua domanda.
 
 Il tempo era poi trascorso tranquillo finché, all’ennesimo sbadiglio, il ragazzo si era alzato dal letto «Senti, fammi posto» « he diamine-» non aveva ascoltato le sue  proteste e, anzi, si era accomodato tranquillamente al suo fianco, nella stessa posizione di prima « Ora dormi» aveva concluso rubandole il libro dalle mani. Elisa, con uno sbuffo infastidito, si era accoccolata al suo fianco, evitando ovviamente ogni contatto fisico indesiderato.
 
Anche a distanza di ore doveva ammettere che non era stata per niente una brutta dormita.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
«Bentornata signorina Stevenson!» il grassoccio professore batté più volte le mani, entusiasta, per poi allontanarsi «Ti prego, una singola maledizione da dietro. Sarebbe già morto prima che qualcuno se ne accorga» «Mescola qui, va» la riprese Lily sbrigativa al suo fianco indicando la pozione.
 
«Mi manca l’infermeria» si lamentò Elisa verso l’amica che si fermò a guardarla, sconsolata  «Anche a me manca quando eri chiusa là dentro» «Ahaha. Simpatica» la rimboccò con una linguaccia.
 
Passarono qualche attimo in silenzio, chi a mescolare e chi a triturare «Porta pazienza» esordì allora la rossa notando il suo sguardo disperato «È l’ultima lezione, poi c’è Natale!» sospirò felice e sognante. «Quando parti?» chiese lei sorridendo addolcita. Lily non vedeva l’ora di tornare a casa a riabbracciare i suoi.
 
I suoi, perché da quanto aveva potuto capire con sua sorella non aveva molta voglia di scambiarsi effusioni d’amore.
 
«Domani mattina. Passerai il tempo con Alice e Frank, vero?» le chiese indagatrice. «Mmmm» non era una vera risposta, lo sapeva anche lei.
 
«No, ti prego dimmi di no …» «Cosa? Non farò nulla di preoccupante!» «Perché proprio con loro?» piagnucolò Lily rimescolando la pozione. «Ti posso assicurare che non combinerò casini va bene?» promise alzando le mani al cielo.
 
La rossa guardò scettica qualche tavolo più indietro, dove un Potter decisamente imbarazzato osservava Lumacorno ripulire la brodaglia color senape che trasbordava dal suo calderone. Il professore non sembrava molto felice, notò la mora con un pizzico di felicità.
 
«Croce sul cuore?» domandò Lily alzando un sopracciglio. «Croce sul cuore!» esclamò lei sicura, tornando a guardare il disastro qualche tavolo più in là.
 
Ancora non sapeva quanto si stesse sbagliando.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
La ragazza salì velocemente gli scalini, addentrandosi nella torre. Con uno scatto superò gli ultimi tre scalini, aprendo veloce la porta «Buon- che diamine state facendo?» Elisa si fermò sulla soglia osservando il disastro.
 
L’intera stanza era sommersa di calzini.
 
Calzini. Piccoli, grandi, di ogni forma e colore.
 
«Possiamo spiegare» James tese le mani con fare innocente, la vita immersa in una delle pile. «Santo cielo» Remus si portò una mano davanti al volto a nascondere il lieve rossore sulle guance.
 
«Buon Natale!» urlò Sirius spuntando da una pila al suo fianco, sommergendola. Il ragazzo si accorse troppo tardi del danno. «Cosa cavolo state facendo?» la sua voce risultò più alterata di quanto lei non fosse. La situazione aveva un che di tragicomico, in fondo.
 
«Stevenson, ormai ci conosci da un po’» iniziò pomposo James salendo sul letto e appoggiando un piede sulla sponda, così da sembrare un grande condottiero «Sì» convenne lei esortandolo a continuare «e credo sia arrivata l’ora per coinvolgerti nel nostro fantastico e strabiliante-» «modesti …» commentò alzando le sopracciglia. Lui la ignorò.  «-Augurio di natale!»
 
Elisa si guardò intorno, perplessa «Augurio di Natale … questo?» chiese scettica indicando con la mano il vestiario sparso tutt’intorno.
 
«Ah! Non farti traviare dai rigidi canoni della tua arida mente» la curvatura delle sua sopracciglia si arcuò ulteriormente «Apri gli occhi, guarda al di là» sospirò melodrammatico con una mano al cuore.
 
La ragazza si girò alla sua destra dove un Remus alquanto esasperato era seduto sul letto  «Vuole appenderli  in Sala Grande la mattina di Natale» le spiegò quindi con un sorriso stanco.
 
«Signori!» li riprese il ragazzo con gli occhiali balzando con un salto giù dal letto e avvicinandosi «un po’ di entusiasmo, per cortesia» «Non mi coinvolgerete in questa storia» sospirò affranta per poi voltarsi verso la porta.
 
« Oh, ma ci sei già dentro» il sorriso di Sirius le sbarrò la strada. «Ah sì?» domandò lei curiosa «E perché ci sarei già dentro? Sentiamo» attese, le braccia incrociate lungo il petto. James si fermò ad osservarla per qualche attimo.
 
«Perché siamo belli, fantastici e tu sei incredibilmente unica» concluse quindi con un sorriso a 32 denti. «perché ci servi» tradusse per lei Remus dall’altra parte della stanza «se evitassi di togliere tutta la poesia Lunastorta, eh?» lo rimbeccò l’amico punto sul vivo.
 
«Fatemi capire, quindi» Elisa si sedette sul letto al suo fianco, non prima di aver tolto qualche calzino. «io dovrei aiutarvi perché vi servo … e sentiamo: io cosa ne guadagno?» continuò accavallando le gambe, sicura. James la guardò fintamente offeso «Smettila, mi ecciti Sirius!» e detto questo si buttò sull’amico iniziando ad accarezzargli prepotentemente i capelli « Ma levati!» una risata generale si levò nella stanza.
 
«Un nostro favore» la ragazza guardò sorpresa il suo interlocutore «Qualsiasi?» chiese allora con un sorriso furbo. «Qualsiasi» concluse per lei il ragazzo con gli occhiali. Un silenzio meditabondo si prolungò nella stanza. «Ci sto» la mora alzò le spalle, indifferente, la curiosità a morderle lo stomaco.
 
«Ottimo, allora andiamo!» comandò James afferrando la bacchetta trovata sul cassone sotto l’ennesimo calzino. «Ma Natale è solo domani mattina, oggi è la vigilia» protestò lei alzandosi in fretta e furia. «Non penserai che siano solo questi, vero?» sghignazzò Sirius fermandosi sulla soglia e indicando la confusione all’interno della stanza. Lo superò con uno sbuffo, togliendo lo sguardo.
 
Camminarono a lungo, ognuno assorto nei suoi pensieri, finché una domanda non l’assillò troppo «Dove diamine li avete presi?» chiese con un mezzo sorriso «Oh non ci crederai» Remus le si affiancò, una scintilla Malandrina negli occhi. «La lavanderia è un ottimo posto dove cercare» le strizzò l’occhio e continuarono a camminare.
 
Si diressero verso l’uscita. Una raffica di gelo la investì.
 
«Ragazzi non abbiamo preso i vestiti pesanti» fece notare quando in lontananza vide la neve. Era caduta la notte prima, una magia incantevole. «A cosa servono i vestiti pesanti quando abbiamo la passione a scaldarci il cuore?!» ululò James aumentando il passo.
 
«A scaldare il resto» borbottò lei imbronciata. «Non dobbiamo uscire» le spiegò Remus sghignazzando.
 
«Ci fermiamo qui» spiegò James avanti di qualche metro, bloccandosi a metà corridoio. «Ancora quella vecchia pergamena?!» il ragazzo se la mise in tasca, ignorandola. «Ok gente, i sacchi ce li abbiamo?» i quattro si guardarono e, quasi contemporaneamente , estrassero dalle tasche dei grossi sacchi.
 
Elisa li guardò, impressionata. «Adduco Maxima, incantesimo di estensione irriconoscibile. Dovresti provarlo, sai?» spiegò James strizzandole l’occhio.
 
« Ok ragazzi, vi ricordate tutti il piano?» chiese poi rivolto agli altri. Sirius tirò una gomitata all’amico, facendogli cenno con la testa verso la sua direzione «Oh giusto, Scricciolo» esordì quindi il Grifondoro «il piano per ora consiste semplicemente nel richiamare i calzini dei Serpeverde» spiegò in breve con un gesto casuale della mano «Con l’incantesimo di appello, sai, Accio» concluse prendendo in mano la sua bacchetta. Gli altri lo imitarono.
 
«Tu vuoi richiamare i calzini dei Serpeverde, da qui» la ragazza lo osservava con poca convinzione, il gelo a penetrarle nelle ossa. «Sì perché? Problemi?» sul viso del ragazzo si dipinse un’aria totalmente spaesata.
 
« Ah non lo so guarda, li vuoi in ordine alfabetico?» si stava irritando, doveva mantenere la calma. «Primo: e se qualcuno passasse? Secondo: se qualcuno nei Dormitori si accorgesse che una marea di calzini si sposta in aria dal nulla? Terzo: se qualcuno se ne accorgesse fuori dalle mura? Quarto: lo avete mai fatto?» ci sarebbe voluta una quantità di magia non indifferente per spostare tutti quei calzini, ma quello non lo fece notare. I ragazzi si fermarono per un po’, pensierosi.
 
«Non sono in ordine alfabetico» fece notare poi Peter. «No, dici bene amico» commentò Sirius serio «Cosa?!» Elisa li osservò, strabuzzando gli occhi. « Eh no. Passaggio di persone indesiderate, Accorgersi …» iniziò Peter contando con le dita, pensieroso «Non è questo il punto!» «Io lo lascerei andare avanti: mi diverte quando poi va in confusione» sghignazzò Sirius guardando l’amico.
 
«Dai, non abbiamo tempo adesso» li rimbeccò James sorridendo «Ma-» «Oh Scricciolo, ecco le tue risposte: non passerà nessuno, non mi importa, non mi importa e no. Ora possiamo iniziare?» I quattro ragazzi annuirono, decisi. Elisa tirò fuori la bacchetta dalla tasca, sconfitta. Si sarebbe fatta beccare. «Oh no Scricciolo, non è ancora il tuo turno. Stai pure lì a goderti lo spettacolo» Elisa fece quanto detto, tornando a guardarli e facendosi un po’ da parte.  
 
«Pronti? Uno, due, tre, Accio» quattro bacchette si tesero e quattro voci pronunciarono l’incantesimo. Non successe nulla. «Ah, non ha funzionato?» mugolò tristemente Peter abbassando la bacchetta.
 
«No, ha funzionato» si intromise lei guardando l’orizzonte.
 
« Elisa?» Remus la guardava avanzare alle sue spalle. «Non lo sentite?» si girò piano guardando gli altri osservarsi interdetti. L’aria gelata si infrangeva sulla sua pelle, seguita da qualcos’altro: una sorta di elettricità pungeva il suo viso, infastidendola.
 
Quando il primo calzino arrivò come un proiettile e si infilò nel sacco di James ci furono ovazioni e grida di trionfo. Al secondo e al terzo i ragazzi si guardarono, un po’ meno entusiasti. Ma solo quando all’orizzonte apparve la massa informe di calzini verdi volanti la situazione divenne critica.  
 
«Per Merlino» James qualche metro più in là urlò. Quattro secondi dopo una pioggia di calzini assassini li investì. Elisa sentì indistintamente qualcuno urlare al suo fianco. Un calzino la colpì allo stomaco, mandandola a terra. Si accucciò per qualche secondo per riprendere fiato.
 
A fatica raggiunse la sua bacchetta a terra qualche centimetro più in là. Con uno sforzo si alzò, ricadendo più volte colpita da qualche calzino volante. Puntò la bacchetta in avanti e, con tutta sé stessa, pensò al cielo. Non le veniva in mente nient’altro, voleva soltanto poterlo rivedere. Una scossa lungo il corpo annunciò lo squarcio di parecchi metri che si aprì tra la massa di indumenti volante.
 
«Cosa diamine-»  James perse l’equilibrio e cadde tra i calzini. Una fitta allo stomaco la colse, facendola piegare su sé stessa. Non ce l’avrebbe fatta ancora per molto. La bacchetta tremava nella sua mano per lo sforzo.
 
In un attimo di lucidità si rese conto della sua pazza impresa: resistere contro gli incantesimi di quattro persone. La sua forza contro quelle di altri quattro. Ma quell’attimo di distrazione le costò caro. La bacchetta le sfuggì inesorabilmente dalle mani, volando qualche metro più in là. Una decina di calzini la colpì con forza. Chiuse gli occhi.
 
Poi qualcosa cambiò. Sospirare divenne strano, un lento incanalare di aria fredda e gelo. L’atmosfera si fece più fredda, l’elettricità a pizzicarle la pelle più intensa. Riaprì gli occhi.
 
La mano era ancora tesa davanti a sé ma questa volta non c’era nessuna bacchetta. I calzini rallentarono sempre di più fino a fermarsi. «Per Merlino» Remus si alzò da terra guardando ammirato la scena. Con un lieve movimento del polso i calzini sparsi a terra si alzarono in massa. «Ok» Sirius si alzò lentamente « Questo sì che è inquietante» sillabò piano voltandosi spaesato. La ragazza si mosse con cautela. Ruotò con maestria di nuovo il polso e i calzini scattarono. Piccoli torrenti verdi in piena si diressero verso i sacchi, riempiendoli.
 
Quando finalmente anche l’ultimo calzino scomparve la mora si accasciò al suolo, in ginocchio. Riprese fiato cercando di trattenere quel fiatone che la colpiva ogni volta.
 
Remus le fu al fianco, aiutandola a reggersi. «È stato-» «Incredibile!» Sirius completò per lui la frase, avvicinandosi.  Lei lo guardò, piacevolmente sorpresa. «Incredibile sì, ma anche terribilmente inquietante» bofonchiò allora punto sul vivo.
 
«Che avevo detto? Incredibilmente unica!» James, qualche metro più in là, si alzò finalmente in piedi «Idiota» Un sorpreso silenzio si distese nel corridoio. James la guardava, corrucciato. Un rumorino alla sua destra richiamò la sua attenzione. Remus, al suo fianco, trattenne a stento il riso finché, al centro dell’attenzione, non scoppiò irrimediabilmente a ridere. Gli altri quattro ragazzi si guardarono stralunati per un attimo, per poi seguirlo in una contagiosa risata.
 
Perché alla fine la vita era fatta anche di questo: calze assassine e risate.
 
 
Angolo autrice
‘Giorno … Ok ok allora, parliamo di quello che la mia mente malata ha appena partorito. Ho sempre immaginato così i Malandrini: molto vivaci, divertenti e sì, molto stupidi. Spero di essere riuscita a ricrearli a pieno! Aggiornamento in anticipo, come avrete potuto notare. Domani però ho un impegno, quindi non avrei potuto aggiornare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Regali ***


Regali



«Buon Natale!» l’urlo di James fu un lampo nel cielo sereno. Mugugnò un insulto tra le lenzuola. «È presto» bofonchiò quindi lamentandosi «Ovvio che è presto, il piano si basa proprio su questo» commentò Remus prima di avvicinarsi, un sorriso a 32 denti sul volto.
 
«Buon Natale» tra le mani teneva un grosso pacco, la carta color smeraldo rilucente nonostante la poca luce. Si alzò, guardando la stanza confusa. Dormire nella stanza dei ragazzi era stata un’idea improvvisa, ma sicuramente apprezzata. «Da parte di tutti» Peter sorrise entusiasta «Non dovevate» Elisa prese in mano il pesante pacco. «Vedete? L’anno prossimo non ti arriverà nulla, Scricciolo, sappilo» rise e per un attimo si dimenticò di tutto quello che la circondava. Era una ragazza normale in quel momento, nulla di più.
 
Scartò quindi il suo regalo, un bellissimo volume sulla storia di Hogwarts «Grazie ragazzi!» sorrise sincera, notando gli altri scartare i loro regali. James guardò la sua maglietta con la scritta “I’m the boss” ammirato e ancora di più lo fu Peter alla vista dei dolci che Lily le aveva consigliato di comprargli dal catalogo. Anche il kit di pulizie per Sirius fece colpo, ma non quanto avrebbe sperato. Quando però Remus aprì il suo piccolo pacchetto, Elisa temette di aver combinato un casino.
 
«Un sasso?» Peter guardò con poca convinzione il regalo dell’amico, stringendo i suoi dolci. «Non è quello che può sembrare» si spiegò subito avvicinandosi. Un silenzio imbarazzato calò nella stanza. La ragazza prese un bel respiro.
 
«Non ti ho trattato mai bene e no, non dire che non è vero. Mentirei se ti dicessi che non volevo e mentirei se ti dicessi che non capiterà mai più. Per Natale quest’anno avrei potuto regalarti qualsiasi libro ma ho deciso di regalarti di più»
 
Peter continuò a guardare il sasso. A parer suo, un libro sarebbe stato meglio.
 
«Ho deciso di regalarti un pezzo del mio passato» spiegò lei nel silenzio. Quattro paia di occhi erano puntati su di lei. «È un quarzo Blue Moon-» «Cosa?!» James strabuzzò gli occhi verso la piccola pietra «-è abbastanza diffuso da dove provengo» concluse quindi cauta con un sorriso tirato. Remus rimase a fissarla a bocca aperta per qualche secondo.
 
Sirius si avvicinò lentamente «Aspetta, fammi capire. È un quarzo?» chiese poi guardandola ad occhi sbarrati. «Sì, almeno dovrebbe essere» biascicò avvicinandosi dubbiosa.
 
Remus chiuse la pietra nel pugno e l’abbraccio. La tenne stretta per qualche minuto, sussurrando un grazie divenuto ormai un mantra. James sorrise.
 
«Prego» pigolò lei staccatasi e tornata al letto fatto apparire magicamente la sera prima. Fu così che andò in bagno a cambiarsi, l’immagine di Peter che sussurrava perso al muro «Un quarzo, un quarzo» ancora ben impressa nella sua mente.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
I corridoi erano decisamente inquietanti col buio. Con sguardo sospetto superò un’armatura addobbata «Bella maglia» le bisbigliò Remus al suo fianco. Gliel’aveva regalata Lily ed era da poco diventata il suo indumento preferito. Era un maglione largo, molto largo. Assomigliava incredibilmente ad un piccolo scricciolo lì dentro. Era una cosa fantastica.
 
«Eccoci arrivati» sussurrò James arrivati davanti alle porte chiuse della Sala. Le aprì. Un senso di lieve tepore li investì. Un leggero sospiro di sorpresa le sfuggì.
 
La stanza sembrava vuota, silenziosa, troppo tranquilla. E mentre i ragazzi si richiudevano la porta alle spalle, lei si fermò al centro, il naso rivolto all’insù.
 
Le stelle brillavano chiare sopra di loro, un manto organico verso l’infinito.
 
Una figura le si affiancò. «Meraviglioso, non trovi?» sussurrò quasi più a sé stessa «Sì» rispose Sirius sorridendole. «La vedi?» indicava una stella precisa, lo sapeva bene «Quella è-» « Sirio» completò per lui «stella della costellazione del Cane Maggiore, quella più luminosa ad occhio nudo nel cielo notturno» continuò piano gustandosi quelle perle di cultura del suo passato.
 
Il ragazzo la guardò, impressionato «Come-» «Passione per astronomia» mentì con un’alzata di spalle cercando con lo sguardo gli altri. «Ah» Sirius non aggiunse altro e, con passo leggero, si diresse verso i suoi compagni qualche metro più in là, intenti al ridimensionamento di tutti i sacchi contenenti calzini.
 
«Hai una vera e propria passione per questa tipologia di incantesimi» commentò avvicinandosi «Sì sì, mi vengono bene» Con la bacchetta stretta in mano e un leggero tocco all’aria i calzini si riversarono nella stanza con sbuffi colorati. «Ok, ora Scricciolo tocca a te» Elisa lo guardò, interrogativa.
 
«Il tuo compito è addobbare la stanza» le spiegò sorridente il ragazzo «E come vuoi che faccia?» Elisa lo guardò con la bocca lievemente spalancata. «Non lo so. Oh meglio, lo so! Hai più forza di noi, hai una magia pazzesca. Sicuramente ci riuscirai» «Non posso» la ragazza fece qualche passo indietro, capendo. Il piano sarebbe stato anche ingegnoso se lei avesse potuto disporre a suo piacimento di tutta la magia che la cosa richiedeva. Sfortunatamente, la cosa non dipendeva solo da lei.
 
«Come non puoi? Certo che puoi!» James la guardava sconvolto «Ora basta, se dice che non può non possiamo costrin-» « Rem sai meglio di me quanta fatica abbiamo fatto per questo piano» lo rimbeccò piccato l’altro. «Lo so» la pacatezza del Lupo Mannaro risultava quasi comica accostata all’agitazione dell’altro.
 
Finalmente James parve calmarsi «Ok, vecchio metodo. Prepariamoci con le bacchette, sarà un lavoro di squadra» detto ciò iniziò a mettersi al lavoro, calzino per calzino, appendendone uno e rimettendosi al lavoro. I ragazzi fecero altrettanto.
 
Dopo una decina di minuti uno strano piano prese vita nella mente della ragazza e così si alzò e si diresse verso il suo ancora ignaro complice.
 
«Ehi, devi aiutarmi» «Mi dispiace ma sono un attimino occupato al momento» rispose concentrato il giovane appendendo una calza  all’albero «Ti prego, Sirius» il ragazzo si girò a quel richiamo, lasciando cadere la calza a terra.
 
«Che c’è?» il suo volto era stanco, notò con una punta di rammarico. «Posso aiutarvi, ma solo ad una condizione» «Che diamine aspettavi, un invito a cena?!» le sussurrò quelle parole con rabbia, ma quando le afferrò il polso e iniziò a trascinarla verso le pile di indumenti il suo tocco non rispecchiò il suo umore.
 
«Posso aiutarvi» riprese lei strattonando il braccio e fermandosi al centro della Sala «ma solo ad una condizione» ripeté ancora «Quale? Un gioiello, un altro favore, un-» «una promessa» tagliò corto lei guardandosi in giro «anzi due» soppesò tornando a guardarlo «Qualcos’altro?» lo guardò con astio, la voglia di soffocarlo a solleticargli la pelle.
«Dimmele ora prima che cambi idea» acconsentì il Grifondoro dopo qualche attimo di silenzio. «Primo: nessuno dovrà mai sapere di questa cosa, ok?» il ragazzo la guardò un po’ contrariato «Ok va bene, non faremo le signore pettegole» i suoi occhi si proiettarono automaticamente al cielo.
 
«E secondo» richiamò la sua attenzione afferrandogli il braccio «Se qualcosa va storto mi uccidi» «Cosa?!» Sirius sbarrò gli occhi a quelle parole «Sei completamente andata? Io cosa dovrei fare?!» «Abbassa la voce folletto dei boschi» Elisa voltò lo sguardo verso gli altri: nessuno si era accorto di nulla.
 
«Sono questi i patti» sentenziò poi autoritaria «Sono questi i patti?!» prese un grande respiro, cercando di mantenere la calma «Ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo? E poi perché a me?!» Elisa lo fulminò con lo sguardo «Sai benissimo quali sono le maledizioni senza perdono e potresti utilizzarle. Inoltre i Black mantengono sempre le promesse» «Mi pare che come Black io sia un’eccezione, no?» lo scrutò a lungo, meditabonda.
 
«Quello che siamo stati segna sempre il nostro presente, quello che eri è parte di te anche adesso» si spiegò quindi non distogliendo lo sguardo. «Tirare in ballo il mio passato non ti aiuta, sai?» «Mi aiuti o no?» lui la fissò per qualche attimo, dubbioso « Perché dovrei farlo? Perché dovrei ucciderti?» «O voi, o me» rispose la ragazza dopo un attimo di silenzio, voltandosi. Lui non l’aveva fermata, il patto era stato fatto.
 
Con uno sbuffo si concentrò in silenzio, il mucchio di calzini sparsi davanti a lei. Un forte formicolio colpì i suoi occhi. L’aria divenne fredda, il respiro si regolarizzò fino quasi a fermarsi. Un lontano rumore colse la sua attenzione. I ragazzi si erano girati ad osservarla. Con estrema sorpresa si accorse di quanto fosse stato facile, di come il suo corpo sopportasse molto più liberamente l’elettricità che sentiva scorrerle nel sangue.
 
Chiuse gli occhi e alzò lentamente le braccia lungo i fianchi. I calzini fecero altrettanto. Una sorta di silenzio teso avvolse la stanza. Quando le sue braccia furono in alto aprì gli occhi. Una marea di calzini colorati ricopriva il soffitto. Con lenti movimenti portò le braccia da una parte e dall’altra in una sorta di danza segreta. I calzini andarono ad abbellire la Sala. Si fermò e alzò gli occhi al cielo dove, tra calze verdi, gialle e rosse, il cielo si stagliava maestoso e immenso.
 
«Dimmi come ci riesci» un bisbiglio al suo fianco richiamò la sua attenzione. Sirius guardava lo spettacolo sopra le loro teste, ammirato. Quando incontrò il suo sguardo un lampo di sorpresa attirò la sua attenzione. «I tuoi occhi» sussurrò osservandola attentamente «Nessuno dovrà mai sapere» il sorriso che le si dipinse in volto era triste, quasi malinconico.
 
Non aveva mai utilizzato quella magia e parlato con qualcuno nello stesso momento, la cosa la sorprendeva. Ma non vi fu tempo per i festeggiamenti. Quando finalmente gli indumenti si trovarono ognuno al proprio posto, le energie la abbandonarono, prosciugandola.
 
Due braccia la sostennero accompagnandola nella caduta. «Alla fine non ti ho dovuta uccidere» le sussurrò all’orecchio una voce divertita. «Ti sarebbe piaciuto, eh?» la sua risata riecheggiò nella Sala mentre quella del ragazzo la seguiva.
 
Non sapevano ancora che quello sarebbe diventato uno dei mantra della loro vita.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«E adesso che facciamo?» Peter si stiracchiò, visibilmente annoiato «Te l’ho detto, ora aspettiamo» James guardò ancora una volta strabiliato il lavoro svolto «Non manca molto» commentò Remus guardando l’orologio e sorridendo incoraggiante verso l’amico.
 
Elisa si alzò in piedi a fatica, tutti i muscoli indolenziti. Stava un po’ meglio di dieci minuti prima, ma certo non poteva definirsi a posto. Si allontanò un poco dagli altri contando i passi. Un passo, un respiro. Quando pensò di essersi allontanata abbastanza si fermò e alzò gli occhi al cielo a guardare. Le stelle brillavano vive quella sera. Sorrise, in pace.
 
«Appassionata di astronomia, giusto?» Sirius si era avvicinato di soppiatto, sorprendendola. «In un certo senso» sussurrò rivolgendo di nuovo lo sguardo verso l’alto. «Sai, per prima-» « Tranquillo, non devi dire nulla» la guardò interdetto per un attimo, per poi scuotere il capo, divertito «No, non quello che intendi tu» con la mano scacciò qualcosa di invisibile al suo fianco.
 
«Intendo per i regali» «Non ti è piaciuto il tuo kit? Se vuoi possiamo cambiarlo» Elisa si girò a guardarlo, sconsolata e preoccupata allo stesso tempo. «Nono è che-» «Aveva forse qualcosa che non-» «Non ti ho ancora dato il mio» la interruppe lui tendendole un pacchetto.
 
«Oh» Elisa guardò esterrefatta i ragazzi alle loro spalle, molti metri lontano da loro. «Pensavo me lo aveste già fatto» Sirius si agitò in evidente imbarazzo «Sì ecco, diciamo che volevo farti qualcosa anche io. A parte» specificò poi con un sorriso tirato.
 
«Oh» ripeté ancora stupita prendendo il regalo, curiosa. Il pacchettino era ricoperto da una lucida carta nera con i bordi dorati. Fu quasi un peccato scartarla. Al di sotto una scatolina ben chiusa racchiudeva un …
 
«Un fischietto per cani?» si girò divertita verso il ragazzo che, arrossendo, si affrettò a spiegare «Sai, mi è venuto in mente che ti cacci sempre nei guai. Così potrai essere aiutata» il ragazzo annuì convinto «Con un fischietto antistupro?» Sirius arrossì vistosamente a quell’affermazione «Beh sì insomma, pensavo potesse esserti di aiuto» Elisa sorrise a quella vista.
 
Con uno slancio di affetto improvviso si lanciò ad abbracciarlo. «Grazie» soffiò quindi sulla sua spalla. Non ricambiò subito. Solo dopo qualche secondo le sue braccia andarono a posarsi sulla sua schiena, stringendola, per poi staccarsi velocemente all’urlo di James «Ma ragazzi!» Sirius lo maledisse mentalmente in cinque lingue diverse. Uno scricchiolio da parte della porta richiamò la loro attenzione: era giunto il momento.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Calzini, eh?» « La situazione ha necessitato un cambio di percorso» spiegò svoltando l’ennesimo corridoio «e la croce sul cuore?» Lily la guardò severa «Non mi sono cacciata in guai troppo grossi» borbottò contrariata.
 
«No, giusto. Hai solo contribuito ad abbellire la Sala Grande di calzini. Per Natale» le sopracciglia della rossa si alzarono vistosamente «Beh, Silente ha riso di gusto quando l’ha visto» «E immagino la Mcgranitt» proseguì l’altra ignorandola. «Potevi anche rischiare la vita, sai?» «Ma non è successo» protestò lei alzando gli occhi al cielo «beh, avrebbe potuto capitare» la riprese ancora per poi svoltare l’ennesimo angolo.
 
«Sei tornata da solo due giorni e già ne fai un caso di stato» si lamentò esasperata la mora continuando a camminare. «E per fortuna che lo faccio! Se no chissà chi lo farebbe» la rimbeccò ancora.
 
«A proposito questa sera esco. Non aspettarmi alzata» bisbigliò Elisa con noncuranza «Esci? E con chi?» l’amica la guardò sorridendo complice « Con un ragazzo, eh?» alzò gli occhi al cielo «Sì, con un ragazzo»
 
Bugia.
 
Poteva sentirne il gusto amaro dalla bocca dello stomaco. Era stato necessario, però. Lily non l’avrebbe mai fatta uscire se le avesse detto un ”No sai, voglio farmi una scampagnata con un lupo mannaro, un cane, un cervo e un topo!” Poteva già vederla ricoverata al San Mungo d’urgenza per malattie cerebrali.
 
Intanto il giubilo dell’amica al suo fianco non era ancora terminato. «Finalmente, ne hai impiegato di tempo, eh ragazza?» pacche sulle spalle le fecero quasi perdere l’equilibrio «Parola d’ordine ragazze?» La signora grassa le guardò sorridendo «Frulla il fringuello» bofonchiò lei in risposta. «Frulla il fringuello? Ma chi diamine l’ha scelta questa parola d’ordine?!» Lily la ignorò e oltrepassò il ritratto, veloce. La seguì.
 
«Frank! Frank indovina!» «Buon Merlino» sussurrò la mora sconsolata «Elisa esce con un ragazzo!» trillò la rossa nel bel mezzo della Sala Comune.
 
E la cosa sarebbe anche andata bene, questo almeno se la Sala Comune fosse stata vuota. Ma non lo era. La ragazza poté notare come una ventina di teste si girasse verso di lei, squadrandola e facendo congetture su chi fosse il cavaliere. Inutile dire che arrossì fino alla punta delle orecchie.
 
«Ahaha, Lily vuoi chiudere la bocca?» chiese tenendo un sorriso tirato e immobile sulla faccia. «Sai chi è?» Frank la ignorò totalmente, incuriosito «Non me l’ha ancora detto» Lily si girò verso la ragazza con sguardo famelico.
 
«Oh no, non ci provare» «E se ti succedesse qualcosa?» chiese quindi con fare amorevole «Saprò come cavarmela» Una mano scappò subito allo scollo della maglietta dove, a contatto con la pelle, ben nascosto dalla maglia, un freddo fischietto per cani riluceva nell’oscurità.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Sir» lo richiamò l’amico «Felpato stai stritolando il tuo alfiere, nonché mio pezzo della mia scacchiera di scacchi» James strappò di mano all’amico il povero pezzo urlante.
 
«Ragazzi, preparatevi» il ragazzo con gli occhiali richiamò all’attenzione gli altri due. «Ci aspetta una luna piena tetra: il nostro povero piccolo uggiolante Felpato ha problemi di cuore» spiegò poi con finto dolore.
 
«Shh» Remus si guardò intorno preoccupato «Tra venti minuti devo andare» sussurrò riguardando l’orologio. «Sta’ zitto Ramoso!» «Immagino già gli ululati alla Luna … » un cuscino colpì in faccia il malcapitato. «Ritieniti fortunato che non ti sbrani» ringhiò Sirius tornando a fissare il fuoco, tetro.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quella notte era stata particolarmente movimentata: il cane nero sembrava più attaccabrighe del solito. Lo aveva notato subito, appena arrivata. Si era posizionata sotto l’albero, ben visibile ai loro occhi. Si era poi messa a guardare, paziente, sdraiandosi nell’erba.
 
Qualche secondo dopo, però, il cane si era avvicinato ringhiando, lo sguardo minaccioso. Solo l’arrivo del cervo aveva salvato le sorti di un incontro fisico che beh, aveva tutto tranne del piacevole.
 
Trovava alquanto insensata e stupida quella bramosia di lotta che quell’animale presentava. Risultava strana, quasi innaturale. Lo aveva notato tutte le volte che la faccenda si era ripetuta, ovvero quasi una quindicina di volte.
 
Un ringhiare basso e feroce le preannunciò la sedicesima. A differenza delle scorse, però, nessun cervo era nei paraggi. Si acquattò, pronta, lo sguardo fisso su quello dell’animale di fronte a sé. Iniziò a ringhiare, il suono sempre più vicino ad un forte ululato. Nessuna avvertenza parve sortire alcun effetto sul cane che, imperterrito, continuò ad avanzare.
 
Soffiò piano, dandogli una sorta di ultimatum. A nulla servì neppure la sua ultima spiaggia. Con uno scatto in avanti cercò di spaventarlo ma qualcosa le tolse il respiro.
 
Un grosso corno la mandò all’aria qualche metro più in là. Si rimise sulle zampe il tempo necessario per osservare un cervo caricarla. Con un balzo di lato lo evitò, per poi aggredirlo da dietro e gettarlo a terra. Si puntellò con le zampe sul collo, bloccandogli le vie di fughe.
 
Ma prima che il cane nero potesse intervenire la tigre si ritirò, guaendo. Osservò con sguardo spaventato gli altri due animali accorrere, osservò ad uno ad uno i loro occhi in allarme.
 
Perché finalmente aveva capito.
 
Perché finalmente aveva riconosciuto l’odore.
 
Perché  finalmente aveva compreso chi erano i Malandrini.
 
 
Angolo autrice
Ehehehe buongiorno! Finalmente succede qual cosina, eh? Aggiornamento super in anticipo: starò via per tutto il fine settimana, quindi ho preferito aggiornare in anticipo. Fatemi sapere che ne pensate
Alla prossima
Eli ;-P  

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** No ***


No


«Sei pallida. Sicura di stare bene?» Lily la squadrò per qualche secondo, preoccupata.
 
Era tornata in camera di corsa, il fiato grosso e il viso cinereo. Non aveva badato a fare silenzio, non le importava. Aveva svegliato la rossa che, con uno sbuffo, si era letteralmente girata dall’altra parte, ignorandola. Si era quindi fatta piccola piccola e aveva deciso di infilarsi nel letto dell’amica che, ignara, era ricaduta nel mondo dei sogni poco dopo. Lei non aveva dormito.
 
«Sì» Elisa ritrovò a fissare frastornata le uova nel suo piatto «Sembra che ti abbiano picchiato» la rossa la scrutò ancora qualche attimo con attenzione «Com’è andata ieri sera?» la mora si strozzò con la sua stessa saliva «Ehi ehi, calma» Lily le passò il bicchiere d’acqua osservandola bere.
 
«Devo andare» biascicò quindi l’altra alzandosi e radunando le proprie cose confusamente. La rossa la salutò svogliatamente per poi tornare alla sua colazione.
 
«Ehi» Alice si sedette al posto lasciato appena libero «Tutto bene?» chiese pimpante imburrandosi una fetta di burro. Lily indicò controvoglia le porte della Sala, dove una figura minuta si allontanava con le spalle tese.
 
«Non doveva uscire con un ragazzo? Non è andata bene?» «È questo il punto, non me lo ha detto» sospirò la rossa sconfitta e pensosa «Credi sia successo qualcosa di brutto?» la testa di Alice scattò in avanti, preoccupata. Lily annuì, grave.
 
Una voce qualche metro più in là attirò la sua attenzione. « E allora Codaliscia! Sono tre muffin» « Perdonami, devo fare una cosa» la rossa scattò in piedi come una molla e, dopo aver radunato velocemente le sue cose, partì all’inseguimento.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
James camminava svogliato verso il Dormitorio. La notte precedente era stato un inferno. Certo, era tutta colpa di quell’idiota del suo amico, ma un pizzico di orgoglio o semplicemente spirito di sopravvivenza gli impediva di prenderla alla leggera.
 
«Ne state facendo un caso di stato» «Sai com’è Sir, una tigre si è praticamente seduta sul mio collo» lo rimbeccò piccato «È stato solo per qualche secondo» «È stato per troppo tempo» l’amico sbuffò esasperato «E solo perché quell’animale ha visto Merlino non significa che la prossima volta lo rivedrà» «Non ci sarà una prossima volta» esclamò indignato Peter «Già, non ci sarà una prossima volta» sussurrò quindi a sua volta, addolcito.
 
«POTTER» il gridò richiamò subito la sua attenzione.
 
«Evans! Che piacere vederti! Ti sei final-» «Devo parlarti» James alzò le sopracciglia, interdetto «Si tratta di Elisa»
 
Ecco. Ora, James voleva aprire una parentesi su quel punto. Insomma, non che non tenesse a Scricciolo, quello mai. Ma porca Evans! Poteva per una volta starsene lontana dai guai quella benedetta ragazza?!
 
«Spara» acconsentì quindi sconfitto. Sirius, al suo fianco, si era naturalmente irrigidito.
 
Classico.
 
«Ieri sera doveva uscire con un ragazzo» «Sì, mi è parso di sentire qualcosa di simile» bofonchiò svogliatamente tenendo d’occhio il suo compare. Sirius serrò la mascella con forza. James provò un senso di empatia per l’amico. Se Evans fosse uscita con qualcun’altro solo Merlino poteva sapere come l’avrebbe presa.
 
«Beh, ieri sera è tornata in stanza alle tre di notte spaventata e pallida in volto. Non ha più dormito. E conta che era anche nel mio letto» Decise di tralasciare l’ultimo punto, non era decisamente il momento opportuno per pensare a certe cose.
 
«Cosa pensi che-» « -sia successo?» completò lei con sguardo allusivo «Secondo te?» James chiuse gli occhi per un secondo, assaporando il gusto amaro della notizia. «No, è impossibile» Sirius si intromise nel discorso, lo sguardo deformato dalla rabbia e dall’incredulità. James, però, al di là di quegli occhi scorse anche dolore.
 
«Calmati Sir. Cosa ci stai chiedendo di fare?» Lily lo studiò per qualche attimo, perplessa. «A voi dà ascolto, magari riuscirete a farle sputare il rospo» spiegò la rossa con cautela «Mi basta solo quello, poi ci penso io al bastardo» James annuì lentamente.
 
«Se sappiamo qualcosa te lo facciamo sapere» «Magari sai, lei è molto legata a Remus...» Lily si guardò in giro alla ricerca del quarto elemento «Oh no, Remus ha avuto dei problemi. È tornato per qualche giorno dai suoi» «Oh» Peter guardò orgoglioso gli altri due che annuirono convinti. «Ok va bene, se riuscite» biascicò poi rossa in viso «Ti facciamo sapere!» la congedò James alzando il braccio salutandola con un sorriso.
 
Sorriso che scomparve qualche secondo dopo, giratosi.
 
«No, no no no-» «Sir sta’ calmo» lo riprese l’altro qualche corridoio dopo «Possibile che quella dannata ragazza non sappia stare fuori dai guai?!» «È un punto su cui dovremo lavorare» concordò l’amico svoltando l’ennesimo corridoio.
 
«Mappa, giusto?» Sirius guardava dritto davanti a sé, una nuova luce a infiammargli gli occhi.
 
«Esattamente»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
E dopo tanto trambusto, finalmente un po’ di pace. Si stiracchiò pigramente, gettando la borsa al suo fianco. Si lasciò quindi cadere seduta appoggiata al vetro congelato.
 
Le serre erano uno dei posti che solitamente non frequentava. Preferiva la foresta, il lago, un corridoio vuoto nel castello. Ma effettivamente anche in quel luogo poteva sentire la pace. Si gustò per qualche attimo il silenzio, meditabonda.
 
I fatti della sera precedente le riempivano ancora il corpo di adrenalina. Scoprire che i Malandrini erano Animagus era stato già abbastanza sorprendente, scoprire che ne stava per accoppare uno era stato devastante.
 
James, poi.
 
Si passò la mano sul viso, stancamente. Doveva tornare a vivere normalmente.  La cosa la stava monopolizzando, lo sapeva. I Malandrini erano Animagus? Bene. Animagus che rischiavano la loro vita una volta al mese scorrazzando in giro con un Lupo Mannaro? No tanto bene.
 
Con un’alzata di spalle si decise a rientrare. Voleva un motivo per tenerli d’occhi? Eccola servita: quale miglior movente di questo?
 
«Ma buongiorno!» Saltò in aria a quella voce, prendendosi una testata contro il vetro al suo fianco. Una figura spuntò nel suo campo visivo seguita da altre due. «A cosa devo questa piacevole riunione, ragazzi?» James si spazzolò i capelli meditabondo. «Volevamo solo chiacchierare, credo» spiegò serafico avvicinandosi.
 
Elisa si prese qualche secondo per osservare il comportamento del Grifondoro al suo seguito. Se il ragazzo con gli occhiali camminava sciolto e gesticolava disinvolto, il suo compare sembrava urlare con tutto il suo corpo che qualcosa non andava. Sirius la osservava, ma non le solite occhiate a cui ormai aveva fatto l’abitudine. La osservava con minuzia, dalla testa ai piedi, quasi stesse cercando qualcosa fuori posto.
 
«Sicuri che vada tutto bene?» chiese quindi interrogativa «Oh sì, grazie. Tu, piuttosto?» la domanda avrebbe potuto sembrare casuale, ma un piccolo campanello di allarme si aprì nella sua mente. Che l’avessero scoperta? «Sì, credo proprio di sì» sospirò quindi mettendoli alla prova. Se volevano giocare, lei avrebbe fatto altrettanto.
 
«Ci hanno riferito che questa notte hai fatto tardi» commentò serafico studiando una piantina della serra di fronte. «Sì, mi andava di farmi un giro» sospirò arresa guardando l’alba. Doveva tenere duro. «Mi hanno detto che eri agitata, tutto bene?»
 
Lily. Il fringuello aveva parlato, dunque. Si costrinse a rimanere impassibile, rimuginando su una risposta adatta.
 
«Oh sì, nulla di preoccupante» sorrise quindi serena. O almeno, aveva cercato di esserlo. Ma da come Sirius aveva irrigidito le spalle bruscamente, probabilmente non doveva esserle andata molto bene.
 
«Ti sei fatta male?» sussurrò allora James timoroso, facendo un passo in avanti. La ragazza si bloccò a quell’affermazione: ora ne era certa, l’avevano scoperta.
 
Se avessi evitato di incornarmi, brutto idiota.
 
Non diede voce ai suoi pensieri.  
 
« Beh» si toccò lentamente il ventre dove, violaceo e doloroso, svettava il livido ricavato dal delizioso incontro della sera precedente. Stortò la bocca, dubbiosa. Era stato un cattivo incontro? Non era stato piacevole, quello era sicuro. Pensava però che ci fossero ferite peggiori, in fondo.
 
«Non è un male cattivo, sai? È uno di quei mali buoni» bisbigliò presa dai suoi pensieri. Un rumore di vetro infranto la costrinse a scostare lo sguardo. Una figura aveva appena tirato un calcio alla vetrata della serra di fronte, rompendolo.
 
«Sirius!» lo riprese l’amico al fianco afferrandolo per il braccio e strattonandolo. Peter si era allontanato di qualche passo, spaventato.
 
«Non starò» e scandì bene le parole osservando l’amico, un braccio teso ad indicarla «qui ad ascoltare i suoi vaneggiamenti sul suo stupro» «Cosa?!» Elisa si staccò dalla serra, incredula «Stupro di chi?!» «Beh, non certo il mio» commentò con una risata amara.
 
Malefico, al 100%. Un silenzio teso si propagò tra i quattro.
 
«Si può sapere chi vi ha detto una scemenza simile?» alle occhiate degli amici verso James, il quadro le fu chiaro «Sentite, non so cosa vi abbia detto Lily ma io sto benissimo, ok? Davvero non ho problemi al momento» si spiegò veloce con le mani protese in avanti impegnate in complicati disegni in aria. «E il male?» chiese Sirius precipitandosi a qualche centimetro da lei «Davvero, non è niente» lo rassicurò tranquillamente.
 
Per tutta risposta una mano si posò sul suo livido. Si piegò in avanti tenendosi il ventre.
 
«A me non pare» commentò Sirius sorreggendola. «Ho solo un brutto livido, nulla di cui preoccuparsi» Si era rialzata e lo guardava con aria di sfida. «Devi stare attenta» le sussurrò quindi avvicinandosi ancora, in maniera che solo lei potesse sentirlo. «Io sono sempre attenta»
 
Erano a qualche centimetro l’uno dall’altra ma non si sfiorarono. Continuarono a scrutarsi gli occhi, però, scavando l’uno nell’anima dell’altro. Nessuno dei due cedette alla sfida. Un vociare lontano li richiamò alla realtà.
 
«Studenti del primo anno» li aggiornò Peter spiando tra le fronde. «Beh ragazzi, vi auguro una buona giornata» Elisa raccolse la sua borsa da terra e, allontanandosi, ruppe il contatto. «Stevenson» Sirius la guardava serio, ma con un accenno di sfida negli occhi «Ti teniamo d’occhio». Sorrise furba a quell’affermazione.
 
«Anche io Black. Anche io»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Tutto bene?» Lily, dall’altra parte del divano, sfogliava un libro con interesse. O meglio: sarebbe stata interessata se non avesse riletto quel libro almeno una decina di volte. «Sì» rispose la mora con un’alzata di spalle guadando il fuoco.
 
«Oggi sono stata braccata da tre nostre conoscenze» continuò poi storcendo la bocca «Ah sì?» «Lily so che li hai mandati tu» La diretta interessata abbassò subito il libro, decisamente piccata «Non avrei dovuto farlo se mi avessi detto cosa non andava» Elisa sospirò stancamente, guardandola.
 
«Ti ho detto una bugia» confessò quindi con un’alzata di spalle tornando ad osservare le fiamme scoppiettanti «Non c’è nessun ragazzo» spiegò brevemente «E allora che diamine vai a-» si bloccò con un sospiro, sapendo già la risposta «È pericoloso» sussurrò poi con rimprovero «Potresti rimetterci la pelle» «La vedo difficile» la apostrofò sogghignando.
 
 «Sei sicura di quello che fai?» le chiese quindi Lily, uno sguardo allarmato ma paziente sul viso. Si voltò a fissarla, l’espressione sconsolata di chi aveva visto troppe cose per raccontarle tutte.
 
«No»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
La ragazza si strofinò forte il braccio cercando di scaldarsi. Stava aspettando da circa una ventina di minuti l’amica, iniziava a preoccuparsi. Si alzò stiracchiandosi, pigra. Aveva dormito poco quelle notti e probabilmente dal suo sguardo era facilmente intuibile.
 
L’ultima notte si ripeté ancora nella mente, sbadigliando.
 
La luna piena sarebbe poi sparita e così i suoi problemi. Almeno fino al mese successivo.
 
 Si diresse in bagno facendo attenzione ad evitare i vestiti sparsi per terra: a volte vivere con altre ragazze risultava un problema. Si lavò le mani nel lavello gustandosi il getto di calore rovente sulle mani. Rimase qualche minuto in quella posizione chiudendo gli occhi. Un silenzio rotto solo dallo scrosciare dell’acqua accolse quel suo gesto. Cercò a tentoni il rubinetto, chiudendolo. Dopo aver riaperto gli occhi ed essersi asciugata le mani si appoggiò stancamente la lavabo, osservando la sua figura imperscrutabile nello specchio.
 
Si chiese per qualche secondo perché si sentisse così stanca, così malaticcia. Ispirò forte col naso ed una figura occupò con prepotenza i suoi pensieri.  «Stupido beota» aveva sussurrato quel pensiero, quasi la potesse sentire.
 
Ma Sirius non avrebbe mai potuta sentirla, non in quel momento. Si girò con lentezza, appoggiandosi con la base della schiena al lavabo. La mano raggiunse quasi automaticamente la catenina intorno al collo. Non sapeva bene perché esattamente aveva iniziato a portarselo dietro con tanta insistenza, ma quel piccolo oggetto le infondeva sicurezza.
 
È una prova che lui è reale.
 
Come punta da uno spillo si staccò dal lavandino dietro di sé. Scacciò via quello stupido pensiero con un gesto della mano. Era una stupida, una stupida bambinetta sognatrice.
 
Un rumore al di fuori della porta la richiamò alla realtà. Si acquattò, spegnendo la luce con un veloce gesto della mano. Quel gesto la sorprese piacevolmente: spontaneo e meno dispendioso di energia di quanto avrebbe pensato. La luce si riaccese non appena la porta si aprì. Una figura dai capelli rossi entrò nella stanza.
 
Con uno scatto la figura fu sovrastata e buttata sul letto con un urlo. La tigre mugugnò soddisfatta dell’attacco.
 
«Sei impazzita?!» Lily la squadrò per qualche secondo per poi rigettarsi sui cuscini. L’animale strofinò il suo muso su quello della ragazza. «Sì sì ok ho capito!» strillò divertita tirando calci al nulla. La tigre si spostò dal tiro bloccando il petto dell’altra sul materasso con una zampa. Un minuto di silenzio si distese tra le due.
 
«Devi andare, vero?» la tigre si strusciò placida in risposta. «Ti prego, fa attenzione» sussurrò quindi osservando le crepe del soffitto. L’animale si alzò e, con un balzo, raggiunse la porta lasciata accostata.
 
Lily si voltò giusto in tempo per vedere il profilo di una ragazza richiuderla, sorridendo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quella notte si stava rivelando più tranquilla del solito. Un leggero venticello le spettinò il pelo, arruffandoglielo. Con un balzo superò l’ennesima radice. Continuò a trotterellare per qualche decina di metri per poi fermarsi.
 
In lontananza quattro figure si stagliarono tra gli alberi. Continuò correndo seguendo una via parallela.
 
Era stato questo il suo piano: li avrebbe seguiti, certo, ma lo avrebbe fatto da lontano, rendendo più sicuro anche per loro il gioco. Evitò un ramo basso e continuò a correre. Si fermò una decina di minuti più tardi non sentendo più alcun suono. Guardò per un attimo la sua via per poi tornare a guardare nella direzione intrapresa dai quattro.
 
Si avventurò nella foresta al loro seguito.
 
Cercò di essere accorta, evitando rami o foglie secche sopravvissute alla neve. Giunse quindi ad uno spiazzo dove, al loro interno, un laghetto faceva la sua comparsa. Gli animali stavano lì, ma non erano soli. Con orrore si accorse di un odore nell’aria diverso, un tanfo riconducibile ad una sola parola: morte.
 
Subito scattò verso il limitare della foresta e osservò la scena, guardinga. Il lupo se ne stava fermo al centro dei suoi compari annusando l’aria. Gli altri si guardavano confusi in cerca di una risposta che non tardò ad arrivare.
 
Da un albero vicino una quinta figura spuntò tra le ombre. Un grosso lupo mannaro si stagliò contro il chiarore della luna. Subito un basso ringhio di attacco si diffuse nella pianura. Il cane – che Elisa dedusse dovesse essere Sirius – si portò davanti alla bestia a denti scoperti. Alle sue spalle James si era rivolto verso Remus cercando disperatamente di tenerlo a bada. Peter era sparito.
 
Non amava la confusione. Non le piaceva, la trovava tediosa, quasi noiosa. Lily lo sapeva bene: aveva addirittura impilato i libri in ordine alfabetico nel suo baule.
 
Ma gli attacchi erano beh, tutta un’altra faccenda. In quel momento non valevano leggi, non esistevano canoni. O attaccavi, o venivi attaccato. Le basi erano semplici, ma del tutto complesse. Avrebbe potuto impiegare ore a descrivere ogni pensiero, ogni paura che poteva accecarti la mente al primo scatto, quando nemmeno il proprio cervello aveva ben analizzato la situazione.
 
Le piaceva.
 
Le piaceva terribilmente quel caos che le dava la caccia, lo scontro, il sapore del sangue nella propria bocca. Le piaceva, ma non lo avrebbe mai fatto se non fosse stato necessario. Era una droga e come tale sapeva come trattarla.
 
Ma non si fermò.
 
Nemmeno quando piombò dal nulla sul Lupo Mannaro mandandolo a terra qualche metro più in là, né quando quello si rialzò e, puntandola, iniziò a squadrarla con i suoi occhi assassini. Ringhiò, cercando di allontanarlo. Il Lupo restituì l’invito.
 
Con uno scatto i loro corpi cozzarono violentemente. Cercò di allontanarlo con una zampata mentre la testa si ripiegava di lato per evitare un morso. La zampa colpì il bersaglio che si ritirò, ululante. Non si era nemmeno resa conto di aver tirato fuori gli artigli.
 
Una striscia di sangue cremisi colò copiosamente dal petto dell’animale. La tigre si acquattò pronta al prossimo attacco. Il Lupo Mannaro davanti a sé la squadrò con attenzione mostrando i denti. Con uno scatto le fu addosso, atterrandola.
 
Un dolore al fianco le annebbiò la vista per qualche secondo.
 
La zampa scattò automaticamente, un ululato riempì la notte. L’animale si staccò da lei gemendo forte. La squadrò ancora per qualche istante, una traccia di paura e solchi cremisi sul volto, per poi voltarsi e correre tra le ombre nella foresta.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Sirius non aveva mai visto nulla di simile. Sapeva che cos’era la rabbia e la violenza, correva con un Lupo Mannaro una volta al mese, dopotutto. Eppure, quel sentimento che aveva appena visto non era nessuna delle due.
 
Era sopravvivenza.
 
Non si era aspettato l’apparizione del grande felino. Nemmeno del Lupo Mannaro, a dirla tutta. Ma mentre quest’ultima aveva lasciato in lui solo paura e adrenalina, l’altra aveva liberato un misto inconsueto di sensazioni.
 
Spavento, sorpresa, paura. Si era sentito persino ammirato durante lo scontro, rapito da quel mischiarsi di gemiti e corpi. Ma poi qualcosa era cambiato. Una strana agitazione aveva presa parte nel suo petto. Sembrava un’agitazione strana, quasi malata.
 
Aveva assistito alla fuga dell’animale per poi voltarsi e vedere Peter distrarre l’amico e farsi rincorrere, allontanandosi. Si sarebbe poi nascosto e avrebbe lasciato Remus per i fatti suoi, non era la prima volta che capitava.
 
Ma ora, appena giratosi, l’unica sensazione che gli rimaneva era solo di reverenziale soggezione.
 
La tigre li fissava, immobile. Solo il suo respiro affannoso rompeva il silenzio, nient’altro. Grugnì piano e, con passo lento, iniziò a dirigersi sul crinale della piccola collinetta. Superato qualche albero si girò a guardarli. Ad aspettarli. I due si fissarono un secondo, dubbiosi. Non pareva avere intenzioni ostili, allora perché esitare? La seguirono.
 
Sirius dovette ammettere che la loro scelta fosse lievemente avventata ma non se ne curò al momento. Un altro particolare aveva attirato la sua attenzione: una lunga scia di sangue a terra. Il felino sbandò pericolosamente rovinando a terra. E fu allora che se ne accorse.
 
Sul fianco destro, impregnato di sangue fresco e rilucente, un taglio netto lungo un palmo riluceva sotto la luna. La tigre si alzò con un grugnito e continuò a camminare. James al suo fianco sbuffò nervoso.
 
L’unica preda tra due predatori.
 
Sirius abbaiò incoraggiante. Un’occhiata fulminante lo fece pentire del suo gesto. Continuarono il percorso in silenzio ascoltando ogni rumore, le orecchie in allerta. Con sorpresa si accorse del loro arrivo: una piccola porta si apriva tra le grosse pareti del castello. Il cane e il cervo indietreggiarono, spaventati. Come aveva fatto ad accorgersi della loro vera natura? Li avrebbe aggrediti?
 
Ma la tigre rimase a fissarli ancora qualche attimo finché, esasperata, non indicò la porta con il muso, insistendo. I due si guardarono. Avrebbero dovuto trasformarsi in umani per passarci attraverso. James, quanto meno. Il ragazzo si avvicinò alla porta, dubbioso. Sirius si ripromise che, se mai qualcosa fosse andato storto, avrebbe difeso l’amico senza pensarci. Cercò di scacciare dalla mente il pensiero del muso insanguinato del Lupo Mannaro.
 
James si ritrasformò in ragazzo non perdendosi un movimento della tigre. Questa, in tutta risposta, perse l’equilibrio. Il ragazzo si girò e, veloce, aprì la porta per poi scansarsi quasi si fosse scottato.
 
La tigre lo seguì lentamente, guardinga. Imboccò quindi un corridoio alla sua sinistra, sicura. Si fermò però dopo qualche passo attendendo gli altri due.
 
«Sirius che diamine fai?» «Non ci farà del male» il Grifondoro si era affiancato all’amico, ritrasformandosi e scrutando l’oscurità. «E come lo sai?» lo rimbeccò piccato «Semplice» sorrise il giovane nel buio «Ce lo avrebbe già fatto. Lumos» si spinse avanti seguendo il grosso animale che, dopo un basso ringhio, si lanciò a capofitto nell’oscurità.
 
Fu difficoltoso starle dietro. Non tanto perché andasse veloce, oh no. L’animale era abbastanza lento, Sirius immaginò per la ferita al fianco. Solo l’oscurità presentava un problema abbastanza rilevante. Benché la luce delle bacchette illuminasse il corridoio quel tanto da permettere una serena e sicura camminata, spesso la tigre si confondeva nell’oscurità, disorientandoli. E proprio a quel punto lei ringhiava e si fermava, aspettandoli.
 
Spesso l’aveva vista barcollare o appoggiarsi al muro, ma mai aveva abbassato la guardia. Poteva vedere le orecchie muoversi ad ogni passo, il muso tendersi al minimo spostamento d’aria. Ne rimase incantato. E solo troppo tardi si accorse dove erano giunti.
 
«Il Dormitorio?» James si girò verso l’amico guardandolo stupito. Sirius osservò con attenzione l’animale davanti a loro. Li osservava stancamente, una nota quasi infastidita negli occhi. Ringhiò, richiamandoli.
 
«Ok ok» sussurrò Sirius alzando le braccia in segno di resa «Senti, non può farci del male» «Ne sei sicuro?» James osservava la bestia con un cipiglio dubbioso «Siamo in due e abbiamo le bacchette, in caso ci difendiamo» il ragazzo con gli occhiali annuì più tranquillo «Frulla in fringuello» sussurrò quindi al quadro. La Signora Grassa grugnì qualcosa nel sonno e li lasciò passare. Ringraziò mentalmente Merlino per non averla svegliata.
 
«Entriamo prima noi, ok?» la tigre non si mosse, li guardò soltanto addentrarsi al di là del ritratto. Sirius aveva ormai voltato le spalle ma fu abbastanza sicuro che li avesse seguiti. Ad una certa distanza di sicurezza, sperava.
 
Uno scricchiolio li fece voltare verso il fuoco.
 
«Cazzo»
 
«Che diamine ci fate voi due in piedi?!» Lily si avvicinò minacciosa con lo sguardo austero. «Possiamo spiegare» si intromise James allungando una mano ad afferrarle il braccio «Lasciami!» la rossa si divincolò con forza. Un ringhio più basso e forte degli altri richiamò la loro attenzione.
 
«Che diamine-» «Devi stare calma, non è pericolosa» James si frappose tra l’animale e la ragazza con la bacchetta stretta in mano «Almeno spero» bisbigliò poi deglutendo sonoramente.
 
Ma una piccola mano lo scostò con forza. Lily fece qualche passo avanti, inginocchiandosi davanti all’animale. «Lily non-» «Che diamine ti è successo?» sussurrò lei al felino che, sofferente, si avvicinò barcollando. Quando le fu finalmente davanti, la tigre le sfiorò il naso con il proprio per poi accasciarsi respirando a fatica a terra, il muso sulle sue ginocchia. Una macchia color cremisi si sparse sul tappeto del medesimo colore. Una lacrima solcò il viso della ragazza.
 
«Che diamine ti è successo?» un lieve singhiozzo lasciò la sua bocca mentre le mani, tremanti, si avventuravano nel pelo morbido. «Ci ha aiutati» sussurrò Sirius sbigottito «La conosci?» chiese poi James avvicinandosi un poco. Lily aprì e chiuse la bocca più volte senza emettere alcun suono.
 
Rabbrividì e trasalì un secondo dopo, quando il pelo lasciò il posto a della pelle umana.
 
Una ragazza gemente, accartocciata su sé stessa, il corpo imbrattato di sangue e un profondo squarcio nel fianco.
 
Sirius osservò per qualche attimo quello che, ben presto, sarebbe diventato un cadavere.
 
«No»
 
“Dopo che è morta l’ho amata”
 
 
Angolo autrice
Salve! Questo è un lunghissimo capitolo, quasi il doppio di quello che è di solito. Non volevo però spezzare quel sogno che nella mia mente aveva preso forma, quindi eccoci qui. Elisa sopravvivrà? Cosa penseranno i Malandrini? Ma soprattutto: qualcuno mi lascerà una recensione o verrò abbandonata nella solitudine e nella fatica della stesura del prossimo capitolo?
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Desideri ***


Desideri


«Cosa, Black?! L’avete uccisa!» L’accusa fece riprendere il ragazzo. La ignorò.
 
«Dobbiamo chiamare subito Madama Chips» James annuì, gli occhi ancora puntati sulla figura a terra. «James!» afferrò con decisione le sue spalle e iniziò a scuoterlo violentemente. «Sì, Madama Chips, certo!» Una sorta di determinazione campeggiò sul suo volto «Ok Evans, ora andiamo a chiamare Madama-».
 
Un mugugnò frustrato emerse dalla figura a terra. Elisa scosse con forza il capo trattenendo un gemito. «Cosa-» Sirius si inginocchiò al fianco della rossa. «Andrà tutto bene, Madama Chips saprà-» un altro cenno di diniego e la ragazza si accartocciò su sé stessa. «Non agitarti» Lily sfiorò piano la spalla dell’amica. La mora aprì gli occhi, stancamente. Sirius si voltò verso l’amico in piedi al suo fianco.
 
Non voleva guardarla.
 
Una mano gli afferrò i capelli, strattonandoglieli e trascinandolo con la testa verso il basso. Elisa lo guardava fisso, respirando a fatica: quel gesto doveva averle richiesto più energia del previsto. «Se non lo facciamo morirai» sussurrò piano cercando di farla ragionare. Gli occhi della ragazza ebbero un tremito.«Farà domande» era stato un sussurro appena udibile, eppure ebbe un effetto devastante. Sirius rimase qualche attimo immobile, assorbendo l’impatto di quelle parole.
 
Non puoi salvarla.
 
«Evans» richiamò poi continuando a fissarla. «Come potremmo curarla?» «Basterebbe anche solo del dittamo» un sospirò spezzato riempì l’aria « ma Madama Chips lo tiene rinchiuso in un cassetto in Infermeria. Non si può appellare nulla da lì.» Sirius annuì distrattamente. Un nuovo piano iniziava a farsi strada nella sua mente.
 
«Potresti riconoscerla?» Lily ricambiò il suo sguardo, stupita. «Certo, ma che-» Non ascoltò il resto della risposta. Spostò il suo sguardo sull’amico, che ricambiò. Annuirono con forza.
 
«Beh Evans, rallegrati!» James sembrò ritrovare un po’ di colore e, con una traccia sarcastica in volto, mostrò un sorriso tirato. «Stai per partecipare ad una missione degna di un Malandrino»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Il piano era stato ideato. Se poi quello avrebbe potuto definirsi tale.  Sirius era rimasto nella Sala Comune.
 
Si girò guardandosi intorno scrutando l’oscurità. Un cigolio fece sobbalzare la sua compagna. «Evans è stata un’armatura, rilassati per l’amor del cielo!» un borbottio frustrato spezzò il silenzio. «Siamo arrivati?» «è la decima volta che me lo chiedi» James alzò la bacchetta cercando di fare luce nel corridoio «Ci siamo quasi» sospirò quindi svoltando l’ennesimo angolo. Le porte dell’Infermeria, che il ragazzo aveva visto così tante volte, sembravano ora minacciose e pericolose.
 
«Come faremo ad entrare senza farci scoprire?» Sorrise a quella domanda innocente.
 
«Le scassiniamo, ovviamente»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Era stata una pessima idea. Osservò per qualche secondo la ragazza distesa sul tappeto. Una macchia di sangue si stava espandendo sul tappeto. Distolse lo sguardo.
 
«Non posso lasciarti qui» sussurrò quindi guardandosi velocemente in giro. Con lentezza afferrò il suo braccio e se lo fece passare intorno al collo. Cercò di essere delicato, ma la ragazza non riuscì a non trattenere un gemito di dolore. «Va tutto bene» la alzò facilmente e si diresse verso le scale.
 
Con un barlume di buonsenso si chiese se lei lo sentisse, se lei fosse ancora cosciente. Salì i gradini senza fermarsi, lasciando i dubbi indietro.
 
Entrò velocemente nella loro stanza, facendola sdraiare su un fianco sul suo letto. Altri gemiti lasciarono la sua bocca. «Ehi, ci sono io, ok? James sta per tornare» si sedette accanto a lei sul letto, accarezzando con il dorso della mano la sua guancia. La ragazza aprì gli occhi, piantandoli nei suoi.
 
Non morirai.
 
Respirò a fondo, restituendo lo sguardo.
 
Non morirai.
 
La ragazza richiuse gli occhi, abbandonando la testa sul cuscino e respirando a fatica.
 
Tu non puoi morire.
 
«Stai perdendo troppo sangue» Sirius si alzò con uno scatto. Afferrò qualche metro più in là una sua vecchia maglietta e aggirò il letto. Un mugolio disperato lasciò la bocca della ragazza. «Ehi ehi, sono qui» Sirius si sdraiò alle spalle della ragazza, il petto contro la sua schiena. Con qualche difficoltà districò il braccio destro sotto di lei e, sempre con delicatezza, tamponò la ferita sul fianco sinistro con la maglietta.
 
Un urlo disperato si levò nella stanza.
 
«Sh Sh, lo so» Sirius nascose il volto nella spalla di lei, respirando il suo odore. Elisa parve calmarsi un poco. Il ragazzo alzò lo sguardo dove, poco più in là, la luna riluceva attraverso la finestra. Anche lo sguardo della ragazza era rivolto nella stessa direzione.
 
«è bellissima, vero?» un mugolio basso fu la sua risposta. «James e Lily staranno già tornando» Elisa iniziò a respirare affannosamente e, per qualche attimo, nella stanza dominò il suo respiro.
 
«Vorrei sapere più su di te, sai?» sussurrò guardando ancora di fronte a sé, perso. «Vorrei conoscerti, sapere cosa ti piace, vorrei imparare a salutarti la mattina» si appoggiò alla sua spalla, cercando di calmarsi. Poteva sentire il cuore correre, la paura crescere nel suo petto, sentirla galoppare come un Unicorno indiavolato. Cercò di concentrarsi sul respiro di lei.
 
«Vorrei chiederti come stai, vorrei discutere con te sulle cose che stanno succedendo, vorrei parlare delle cose stupide» scosse piano la testa «vorrei avere il coraggio di tornare a casa mia a prendere le ultime cose» un attimo di silenzio accolse quelle parole «vorrei che tu venissi con me». Un piccolo sospiro lasciò la sua bocca e andò ad infrangersi sul collo di lei. Rabbrividì.
 
Uno scalpiccio dietro alla porta gli fece alzare lo sguardo. James entrò trafelato nella stanza, Lily alle calcagna. «Ce l’abbiamo» mostrò con fierezza la boccetta nella mano, avvicinandosi. «Come sta? E che diamine ci fai lì, Black?!» la rossa si inginocchiò velocemente davanti all’amica, osservandola preoccupata. La sua mano scivolò in quella dell’altra in un gesto di semplice affetto. La mora ricambiò debolmente la stretta.
 
Sirius distolse gli occhi, un morso di gelosia allo stomaco.
 
«Ok, adesso-» «Dammi qua» il ragazzo si alzò velocemente e strappò di mano all’amico la pozione. «Black non oserai-» Lily fulminò con lo sguardo le mani del ragazzo che si erano posate sulla maglietta di lei. Sirius alzò gli occhi al cielo.«Non posso curarla così» «Questo non ti giustifica» «Sirius» un sussurro flebile attirò la loro attenzione. Elisa guardava il ragazzo con la coda dell’occhio. Annuì. Alzò velocemente la maglietta.
 
La ragazza gemette. Uno squarcio profondo parecchi centimetri si apriva sul suo fianco. Il ragazzo iniziò a versare goccia a goccia la pozione. Avrebbe potuto tenere il conto dei respiri, dei sussulti che scuotevano la ragazza. Avrebbe potuto persino contare i secondi, cercando disperatamente di distrarsi, cercando di scollegare la mente, i pensieri. Qualcosa di più doloroso gli si presentò dinnanzi agli occhi mentre, a denti stretti, caevano una ad una le gocce su quella carne fresca.
 
Uno.
 
Quel giorno era stato strano. Vederla era stato strano. Spiccava, tra tutti quegli undicenni. Vederla smistata dal cappello parlante e chiedersi perché aveva urlato tanto, come se fosse un premio ambito da molti. Aveva riso quando aveva chiamato James Porter, l’aveva odiata quando era scappata davanti a Remus.
 
Due.
 
Gelosia. Conosceva bene quella parola. Prima Mocciosus, poi Remus, poi suo fratello. La odiava. Come riusciva ad essere così sarcastica? Come poteva fregarsene così di lui? Come poteva non accorgersi dei suoi sguardi ogni volta che passava?
 
Tre
 
Quella paura di vederla morire la ricordava bene. Quando l’Acromantula li aveva attaccati, quando suo fratello aveva scagliato quella maledizione. L’aveva vista troppe volte morire, non poteva più andare avanti così. Non avrebbe mai vissuto una vita nel terrore di non vederla tornare. O forse sì?
 
Quattro.
 
Cicatrici sul volto, salti dalla finestra, parole che colpivano dritto al cuore. Come poteva pretendere di sparire così, senza dire nulla? Come poteva pretendere di tornare nella sua vita un anno e mezzo dopo? Come poteva permettersi di non capire, non comprendere quanto lo avesse sconvolto?
 
Cinque.
 
Aveva detto che l’attesa era l’essenza stessa dell’esistenza, aveva detto che li teneva d’occhio. Anche lui lo faceva e lo avrebbe fatto, per sempre, se avesse potuto averne la possibilità.
 
«Si sta chiudendo!» Lily strinse con più forza la mano dell’amica. Sirius abbassò le mani allontanandosi lentamente dal letto. James gli tolse dalle mani la boccetta di Dittamo. Stava tremando.
 
«Ora ha solo bisogno di dormire» sussurrò la rossa scompigliandole i capelli corti. «Rimanete qui questa notte» la ragazza si girò stupita verso il ragazzo con gli occhiali. «Non potete tornare nella vostra stanza» James indicò distrattamente alla figura distesa sul letto. «E dove dovremmo dormire, scusa?» «Puoi dormire nel letto di Remus, lui è dovuto tornare a casa per qualche giorno. Sirius dormirà con me o-» «Ok ok, va bene» Lily annuì lentamente e si diresse verso il letto vuoto. Prese poi la bacchetta e trasfigurò i suoi vestiti in un comodo pigiama.
 
«Che c’è?» James distolse lo sguardo, imbarazzato. «Scusate, ma Minus?» «Tornerà poi dopo» Lily scoccò al ragazzo uno sguardo severo. La ignorò.  
 
«Sirius, tu che fai?» James guardò l’amico con un sorriso tirato. Il ragazzo non rispose. Si avvicinò invece alla ragazza, sedendosi al suo fianco e accarezzandole piano il braccio. Lily aveva abbassato la maglietta, ma poteva ancora scorgere la pelle squarciata, il sangue che colava copioso. Un leggero tocco lo distrasse dai suoi pensieri.
 
Elisa gli aveva toccato lievemente la mano guardandolo nascostamente con la coda dell’occhio. Sirius trattene il respiro. Le dita di lei iniziarono una lenta salita verso il suo polso. Rimasero quindi ferme per un attimo che parve infinito, per poi afferrare delicatamente la manica del maglione di lui e tirarlo leggermente verso di sé. Sirius assecondò il movimento. Si ritrovò quindi nella stessa posizione di prima, il viso di lei ripiegato mollemente sui cuscini.
 
« Ehm amico-» «Che diamine stai facendo, Black?!» Sirius sorrise sentendo la schiena della ragazza accoccolarsi alla ricerca di calore al suo petto. «Mi pare chiaro Evans, occupo il mio letto» snocciolò con una nuova fiducia e baldanza. «Ora, se non vi dispiace, vorrei dormire un po’, ok? Buonanotte» Non ascoltò la risposta di lei, né gli diede fastidio il silenzio che ne seguì.
 
Seppe solo che, quando Peter rientrò in camera qualche ora dopo, continuava a pensare a quanto fosse bella quella sera la luna.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Hai più visto le ragazze?» Sirius alzò lo sguardo dal suo piatto, il viso corrucciato in uno sguardo perplesso. «Effettivamente no» convenne pensoso cercando due teste ben conosciute al tavolo. «Non ci sono» sospirò amaro Remus al suo fianco.
 
«Probabilmente Elisa mi eviterà per sempre dopo quello che è successo» «Non essere ridicolo!» lo riprese James alzando gli occhi al cielo «Non lo farebbe mai» concluse assaggiando il suo toast.
 
Erano passati ormai due giorni dal loro risveglio. Era stato strano, ma soprattutto imbarazzante. Non tanto il fatto di essersi risvegliati vicini, quanto il fatto che non si erano subito alzati, ma bensì avevano finto di continuare a dormire per prolungare quella terrificante e dolcissima tortura. Se ne erano accorti entrambi, ma nessuno aveva detto nulla.
 
Sorrise a quel ricordo, e di come Evans li avesse richiamati all’ordine di malagrazia. Elisa li aveva più volte ringraziati, con mille preamboli e parole, ma lui si ricordava solo il suo sorriso quando era uscita dalla porta. Nessuno aveva accennato a cosa fosse esattamente successo la sera precedente.
 
«Arrivano!» Peter squittì al suo fianco, richiamandolo. Due figure attraversarono proprio in quel momento le porte della Sala. Lily fu subito fermata da un ragazzo qualche centimetro più alto di lei. Elisa si guardò in giro per qualche secondo, per poi individuarli. Dopo aver sussurrato qualcosa ad un’amica abbastanza distratta, si diresse nella loro direzione. 
 
«Chi è?» James non le diede nemmeno tempo di parlare. Sorrise, furba. Il cuore di Sirius mancò un battito. «Un suo amico» guardò in lontananza verso il ragazzo per poi girarsi verso quello seduto al suo fianco «James» lo richiamò quindi con un sorriso più gentile «è solo un suo amico. Ha un anno in meno» James distolse lo sguardo visibilmente sollevato «Ma certo, lo sapevo» lei scosse la testa, sconsolata.
 
Si girò quindi verso di lui «Buongiorno» i tre amici si voltarono nella sua direzione, interdetti. «’Giorno» sorrise, stranito. «Elisa, io devo scus-» «Giusto Remus» la ragazza lo bloccò sedendosi di fianco a James «Noi dobbiamo parlare» si guardò quindi in giro, assicurandosi che nessuno li sentisse parlare. «Oggi alle 18 nel bagno dei prefetti al terzo piano?» i ragazzi si guardarono, interdetti. «Va bene» acconsentì per loro Remus. Un piccolo silenzio si distese tra i cinque.
 
«Mi piacciono le lettere» i ragazzi si girarono basiti. «Sì sapete, sono carine» Elisa sorrise piano, guardando il ragazzo davanti a sé. «Penso siano bellissime, insomma: improntare emozioni e ricordi su un foglio di carta, cristallizzare un momento per sempre» la sua voce si perse in un sussurro distante. Un lieve sorriso comparve sul volto del ragazzo.
 
«Come stai? Sei guarita?» il sorriso di lei fu sostituito da uno più grande. «Mi è passato, quello sì» convenne lei toccandosi piano il fianco. «Però mi sento ancora un attimino stanca» «Strano» Sirius alzò le sopracciglia con fare interrogativo «Mi sembravi briosa l’altra sera» Elisa sorrise più apertamente «Sai com’è, mi piace fare a botte» inclinò piano il capo, e l’attimo seguente entrambi scoppiarono a ridere sotto gli sguardi attoniti e confusi degli altri.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
«Ok, la cosa sta diventando inquietante» Sirius avanzò nel bagno ignorando il commento dell’amico. Si guardò intorno, cercando il profilo di una figura ben conosciuta. La individuò qualche metro più in là. Se ne stava seduta sul bordo dell’enorme vasca, i piedi a penzoloni sullo spazio vuoto. Dava loro le spalle, come se il loro arrivo non la turbasse affatto.
 
«Bel bagno, vero?» Sirius scosse la testa con noncuranza, ignorando la sua domanda. «Senti Elisa, se è per quello che è successo ti posso assicurare che ti starò lontano, sono un mostro e-» La ragazza reclinò lievemente la testa all’indietro. Anche se non la vedeva in volto, poteva scommettere che stesse sorridendo. «Scusa, Remus, se non scappo al tuo passaggio» Rise lievemente, quasi fosse persa nei suoi pensieri. «Ma-» «Perché siamo qui?» James interruppe le proteste dell’amico con un passo avanti.
 
Elisa reclinò la testa lievemente di lato con fare dubbioso. «Credo vi debba delle spiegazioni» commentò lentamente dopo qualche attimo di silenzio «Perché?» Sirius non riuscì a trattenersi «Perché ora? Perché non prima?».
 
Un silenzio carico di tensione accolse quelle parole. Elisa si girò a guardarlo. Contrariamente a ciò che pensava, non c’erano sorrisi sul suo volto. Le spalle erano tese, il suo sguardo perso e carico di un dolore che avrebbe potuto definire antico. Nell’insieme, la ragazza assomigliava con un’evidenza disarmante ad un animale braccato.
 
«Poche, poche persone» iniziò, cauta «avrebbero passato una notte a curarmi. Specie con ferite come quelle» un lungo silenzio si propagò a quelle parole. «Stavi per morire!» Sirius era indignato «Tutti avrebbero-» «No» il suo volto ora era congelato, freddo. «Non tutti» completò tetra abbassando lo sguardo.
 
Nessuno parlo per qualche attimo, cogliendo il gusto amaro di quell’affermazione. Sirius seguì lo sguardo della ragazza, che si era ormai spostato verso la finestra, più in alto.
 
«Quali sono queste spiegazioni?» Remus lo superò e si sedette sul bordo della vasca. Aveva lasciato un po’ di spazio dalla ragazza, quasi avesse paura di spaventarla. Gli altri tre seguirono il suo esempio. Sirius si sedette proprio al suo fianco, in mezzo ai due. Non sapeva perché, eppure gli pareva quasi dovuta quella vicinanza. Forse stava diventando pazzo.
 
«Vai, spara!» James si sedette con la schiena appoggiata al muro qualche metro più in là. Sorrideva, eppure anche lui aveva colto l’espressione sul viso di lei. Peter si sedette a gambe incrociate appena di fianco. Tutti la guardarono in attesa.
 
La ragazza sospirò e poi, nel silenzio, cominciò a raccontare.
 
 
Angolo Autrice
Buongiorno giovani! Come va? Capitolo abbastanza cortino… però devo dire lo trovo abbastanza carico di eventi. Elisa ha finalmente iniziato a cantare. Cosa succederà? Come reagiranno i Malandrini? Lo sapremo il prossimo capitolo! Intanto vi lascio con un grandissimo abbraccio
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Cervi ***


Cervi


Smise di parlare, aspettando. Nessuno fiatò. La osservavano tutti e quattro, lo sguardo attonito e incerto di chi non sa riconoscere una burla quando la vede.
 
«è uno scherzo, vero?» Peter guardò gli altri con aria interrogativa «Insomma: demoni, tigri…» si voltò verso ognuno di loro, a turno «ragazzi è impossibile!» «Mi dispiace Peter» Elisa sorrise con aria sconsolata tornando ad osservare persa il fondo della vasca vuota. «Ma questa è la verità. Sono un mostro? Probabilmente. Eppure ho deciso di non esserlo. Per quanto posso, vorrei riuscire ad essere una persona come le altre, essere la me di tutti i giorni. Io voglio solo essere-» respirò piano, con amarezza «-normale».
 
Non lo aveva detto mai a nessuno, nemmeno a Lily. Mostrarsi così debole, così lei, le era costato tutta la sua volontà. Nessuno rispose.
 
Un movimento colse la sua attenzione: Sirius, un po’ più in là, facendo perno con le braccia, si spinse in avanti atterrando nella vasca vuota. Elisa notò come spuntasse da metà del petto in poi. Le si avvicinò lentamente, fino ad appoggiarsi con i gomiti alle sue cosce. Si ritrasse un poco a quel movimento imprevisto. La scrutò per qualche attimo, il viso ad un palmo dal suo. Non abbassò lo sguardo, fiera, quasi con sfida.
 
Lui sorrise.
 
«Sai, non so gli altri, ma a me sembra che non ci sia nessuno di anormale in questa stanza» Sorrise a sua volta. Notò qualche metro più in là Remus agitarsi sul posto. «A parte James, ma poverino, non bisogna prendersela con i meno fortunati» «EHI» «Oh Ramoso, ma come sei bello oggi!» Scoppiò in una fragorosa risata, seguita subito dagli altri quattro. Sirius, intanto, non si era mosso.
 
«Fammi capire… questo demone vive in te?» Remus ora la guardava serio. «Credo di sì» Elisa voltò lievemente la testa, pensosa. «Penso di non aver mai pensato veramente alla cosa. Voglio dire: mi aiuta quando ne ho bisogno, è una sorta di magia sempre presente. Ma ho anche dei presentimenti, sento molto di più i rumori o gli odori, riesco a capire gli animali-» «Cosa?!» «Sì Peter, riesco a fare anche quello!» Sorrise intenerita alla faccia del ragazzo.
 
«è una sorta di protettrice» Sirius richiamò la sua attenzione con quell’affermazione «Non lo so» lo osservò per qualche istante, persa nei suoi pensieri «ho notato una cosa, specialmente negli ultimi anni: mi protegge, certo, ma penso che se non mi accorgessi da sola del pericolo rimarrei ferita lo stesso. È capitato che, beh… » lasciò cadere il discorso, improvvisamente interessata alla punta delle sue scarpe. «Ci sono maledizioni che ci colpiscono più duramente di altre» Sirius le afferrò il mento, facendole incontrare il suo sguardo. «Intendevi questo?»
 
«Ehi ehi ehi» James attirò l’attenzione di tutti, le mani protese in avanti in un chiaro segno di time-out «Zio James non è stato avvertito di qualcosa?» Elisa sorrise.
 
«Hai presente la Vulnerem recreo vinta? Beh, è stata utilizzata per curarmi una bruciatura lasciata da una maledizione» James la osservò per qualche attimo. «Chi te l’ha fatta?» Non rispose. Fissò imperterrita il pavimento, cercando di evitare i loro sguardi. «Ehi» Sirius le toccò il polso, richiamandola.
 
«Quando sono stata via» iniziò tetra cercando di racimolare più coraggio possibile «Silente mi ha mandato a fare per lui delle sorta di “Commissioni”» scelse con cura la parola. «Commissioni? Cosa vuoi dire?» Remus alzò il tono di voce, allarmato. La schiena di Sirius si irrigidì. Lei sospirò. «Penso che missioni sia un nome più appropriato» sorrise con dolcezza all’espressione sul viso dei quattro, quasi se lo aspettasse. Lily aveva pianto quando glielo aveva raccontato. La sola idea che lei potesse essere stata in pericolo l’aveva terrorizzata.
 
«Sei stata-» James la guardò con un misto di ammirazione e paura «-in guerra?» pronunciò quelle parole con una sorta di amarezza, quasi come se il ricordo fosse ancora per lei troppo doloroso. «Sì» ammise con un’alzata di spalle cercando di sembrare calma.
 
Ma non lo era. Avrebbe voluto urlare, piangere da quanto era frustrata. Aveva visto cose che, ripensandoci, sperava con tutta se stessa loro non dovessero vedere mai. Un silenzio teso si distese tra i ragazzi, ognuno perso nei suoi pensieri.
 
«I tuoi genitori?» Sirius la guardava curioso e un po’ triste. Il suo viso rimaneva un po’ più in basso del suo. La osservava, ma non pareva vederla, come se in lei ci fosse qualcosa che gli sfuggisse in continuazione. «Non hai parlato di loro. Eppure perché eri in quella foresta? E perché mi è parso di capire che vi odiate?» Lei sorrise piano, un dolore profondo a squarciarle l’anima.
 
Era passato così tanto tempo…
 
«Loro avevano idee-» iniziò alzando il viso al soffitto cercando di scacciare una lacrima «-diverse dalle mie. Ho capito che non era il mio posto. Io-» si interruppe, cercando disperatamente di trovare le parole «me ne sono andata. Sono scappata» «Sirius» James guardava l’amico allarmato scuotendo la testa: doveva lasciare perdere. Ma questa volta nemmeno lui poteva proteggerla dalla verità.
 
«Ma erano tanto severi?» Peter si rannicchiò su se stesso, in ascolto. Un verso di sarcasmo lasciò le sue labbra. Si rivolse quindi al ragazzo ancora appoggiato a lei. «Non hai visto la mia schiena l’altra sera, vero?» Sirius scosse la testa, leggermente confuso. Si staccò quindi da lei, precedendo i suoi movimenti. Lei si girò lievemente, così da dare la schiena a tutti e quattro i ragazzi. Si alzò lievemente la maglietta. Sulla schiena vecchie cicatrici spuntavano rilucenti sulla sua pelle. «Che diamine-»
 
«Cruciatus» Remus trattenne il respiro alle sue stesse parole «e frusta» terminò nel silenzio generale.
 
«è stato tanto tempo fa» Elisa si riabbassò la maglietta e si voltò verso gli altri, sorridendo tristemente. «Ma tu non hai dimenticato» James le restituì lo stesso sorriso. La sua espressione fu una conferma. «Come potresti?» Era una domanda retorica, lo sapeva, eppure una piccola parte di sé si chiese veramente quando avrebbe dimenticato.
 
Probabilmente mai.
 
 Si era ripetuta quelle parole spesso,tanto spesso da renderle quasi una verità assoluta. Ma adesso? Era davvero così? Guardò i ragazzi di fronte a sé e si chiese se nuovi ricordi potessero sostituire quelli vecchi.
 
Qualcosa le afferrò veloce le caviglie trascinandola in avanti. Si attaccò al marmo freddo facendo forza con le braccia per rimanere in equilibrio sulla sponda della vasca. Una risata la raggiunse. Il ragazzo davanti a sé le fece un occhiolino furbo non lasciandola andare. «Sirius!» rise pronunciando il suo nome, e così fece anche lui. «Cavolo!» James guardò l’orologio con sguardo vacuo. «Su forza» li richiamò all’ordine un attimo dopo «Dobbiamo andare. Siamo in ritardo per la cena» si alzò veloce squadrandoli divertito «Preparatevi per una bella passerella» Sirius guardò l’amico un po’ deluso, per poi riassumere la sua aria da Malandrino.
 
Guardò la sua preda sorridendo malefico, per poi spingerla con forza in avanti. Elisa perse l’equilibrio finendo con la schiena a terra. Il Grifondoro, aiutandosi con le braccia, si tirò fuori dalla vasca vuota e la osservò sorridendo, sovrastandola. «Andiamo?» le porse poi la mano e, non appena lei la prese, un sorriso più grande degli altri si aprì sul suo viso. Quando lei si avvicino lievemente con il busto lui l’afferrò tirandola verso il suo torace. Quel contatto la fece rabbrividire. Quando lei si fu stabilizzata sulle sue gambe la lasciò andare, togliendo lentamente il braccio dalla sua vita e raggiungendo gli altri sulla porta.
 
Elisa lo seguì con un sorriso.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
«E così glielo hai detto?» Lily la guardò con un sorriso tirato «Glielo dovevo Lily, lo sai bene» la rossa annuì sovrappensiero. «Tutto bene?» «Sai-» iniziò con un sorriso tirato «-tu sei l’unica cosa che condivido con Potter» Elisa alzò un sopracciglio evidentemente perplessa. Si chiese per un secondo dove volesse arrivare l’amica. Si sistemò meglio sul divano, continuando ad ascoltarla.
 
«Lo so che sembrerà strano sentirmelo dire, ma è dall’altra sera che ci penso. Tu sei l’unica cosa-» «Non è vero» Lily alzò lo sguardo dal fuoco, evidentemente curiosa. Erano in Sala Comune quella sera. Qualche metro più in là poteva vedere i Malandrini giocare a scacchi su un tavolino. Gli avevano lasciato il divano, notò con piacere. «Avete in comune molte cose» all’espressione scettica continuò «è vero! Siete tutti e due degli ottimi amici, ad esempio. Sapete ascoltare, chiacchierare e sì, tenere una conversazione seria ogni tanto» snocciolò sulle punta delle dita «Vi fidate degli altri in maniera incondizionata e non sopportate la violenza» Si voltò a guardarla con un sorriso «Per me queste sono qualità più importanti del Quidditch, o dell’essere bravi a scuola» Lily annuì più convinta.
 
«Dovremmo andare a vederli qualche volta» si voltò sorpresa a quell’affermazione.  «Sai, giocano quelle partite, in fondo ci vanno tutti» «Pensavo le trovassi stupide e noiose» «Ma sono stupide e noiose» la corresse Lily con un gesto casuale della mano «Pensavo solo ci avrebbe fatto bene uscire un po’».
 
Elisa ridacchiò a quel commento e, prima che un cuscino le finisse in faccia e l’intero dormitorio si voltasse verso di lei, si chiese quando, esattamente, Lily avesse adocchiato James.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Avanti» L’anziano preside alzò il viso dai suoi fogli all’arrivo della ragazza. Sembrava più stanco, notò con una stretta allo stomaco. «A cosa devo la tua visita, Elisa?» «Volevo chiederle un favore, professore» «Dimmi pure» la giovane si diresse alla finestra, scrutando nell’oscurità.
 
«Mi chiedevo se potesse insegnarmi un incantesimo» «Mi sembrava di aver capito di aver terminato con le lezioni» le sopracciglia dell’uomo scattarono in alto, in evidente confusione. «Lo so, è che questo incantesimo mi interessa particolarmente. È l’incanto Expecto Patronum» «Oh» Silente si alzò dalla sua scrivania stiracchiandosi lievemente. «Direi che si potrebbe fare» Gioì silenziosamente a quell’affermazione. Un attimo di silenzio si distese tra loro.
 
«Professore» «Sì?» lo guardò per qualche secondo mordendosi il labbro, indecisa. «Sarebbe disposto ad insegnarlo anche ad altri?» Un piccolo silenzio si propagò nella stanza «Lo so che è impegnato, ma le assicuro che loro potrebbero farcela. Sono brillanti, possono benissimo-» «Va bene» il preside acconsentì con un’espressione benevola sul viso. Rimase un secondo interdetta, bloccandosi con la bocca ancora spalancata.
 
«Grazie, grazie mille» l’anziano ricevette i ringraziamenti con un gesto casuale della mano, poi le si avvicinò. «Come sta andando l’anno scolastico?» «Bene, mi trovo bene» il suo sguardo si perse al di là della foresta, questa volta seguito da quello dell’altro «A parte il piccolo incidente con Regulus Black, intendo» «Avrebbe potuto ferirti gravemente» si girò a quell’affermazione «Intende dire che se non ci fosse stato il demone-» «No, non saresti morta, ma le ferite sarebbero risultate molto più gravi di quello che erano». Registrò quell’informazione con attenzione.
 
«Professore» «Mmh…» Prese un respiro di incoraggiamento «Potrò mai avere dei figli?» un lungo silenzio si protrasse nella stanza «Non lo so Elisa, non lo so» Sorrise amaramente a quella risposta. Qualcosa, nel suo petto, si contrasse con forza.  
 
«Immaginavo» «è una cosa complicata. Vedi, la tua situazione è regolata da leggi antiche. Non possiamo conoscere esattamente-» «Era solo curiosità, professore, mi chiedevo solo-» «Tuttavia» il preside la interruppe alzando una mano, autoritario «-possiamo informarci e fare delle congetture» «Lei ha-» «Mi sono permesso di compiere qualche ricerca e beh, questo è quello che ho trovato» con un leggero movimento del polso richiamò a sé un pesante tomo dalla biblioteca.
 
Lo riconobbe subito.
 
«Anche io e Lily abbiamo provato a leggerlo, ma le rune non-» «Sono rune antiche e magiche, solo i maghi più potenti le conoscono» e ammiccò nella sua direzione. «Lo ha letto?» Nel suo tono vi era quella che, certamente, era sorpresa e ammirazione. Lui sorrise, bonario «Ovviamente. Anzi, potresti esserne capace anche tu» sbuffò, esasperata  «Professore, non posso-» «La tua mente è impostata sulle rune antiche, potresti riuscirci, forse con il tempo».
 
L’uomo fece scorrere con lentezza le dita sulla copertina morbida «Qui non c’è scritto se potrai mai avere dei figli Elisa, ma data la situazione presente e passata» scelse le parole con cura, per non ferirla. Nonostante tutto, non riuscì nel suo intento. «non credo tu possa avere dei figli.» in fondo se lo aspettava, si disse. In fondo non le avrebbe cambiato la vita. O forse sì?
 
«Cosa c’è scritto in quel libro, professore?» Risultò più fredda del dovuto, ma l’uomo non ci fece caso, o almeno non lo diede a vedere. «Per quanto riguarda un tuo futuro compagno, o compagna» il preside storse lievemente la bocca, in evidente disagio «a quel punto la faccenda diventa più complicata. Diciamo che entra in gioco una variabile che non avremmo mai considerato» «Cosa intende dire, signore?» la osservò per qualche secondo, meditabondo «Mettiamo che tra qualche anno tu conoscessi un uomo a cui poi deciderai di riservare il tuo amore. Beh, a quel punto rimarrai indissolubilmente legata a lui, e così lui a te. Tutte le creature magiche assoceranno il suo nome al tuo, lui diverrebbe-» «il mio compagno permanente» completò per lui, secca.
 
La sua bocca era momentaneamente divenuta secca.
 
«Tutto ciò viene sancito da un contratto o-» «Penso da un matrimonio, ufficialmente almeno, ma…» «Ma?» Silente sospirò con lentezza, per poi guardarla con compassione da dietro gli occhiali a mezzaluna «Il libro è abbastanza controverso su questa parte. Penso che le creature magiche possano sentire la formazione di questo legame così come sentano la presenza del demone.» «L’acromantula mi ha attaccato» fece notare la ragazza alzando le sopracciglia, scettica. «Non è così semplice, temo» Silente fece qualche passo nel suo ufficio, pensoso.
 
 Si voltò poi con uno scatto, sollevando le dita verso l’alto, pensieroso «Dipende tutto da come tu e il demone siete in contatto, credo» lo osservò per qualche secondo, ragionando. «Potrebbe avere senso» convenne quindi inclinando la testa da un lato.
 
«Posso chiederti del perché di quella domanda?» la ragazza non rispose, limitandosi semplicemente a voltarsi ancora verso la finestra e guardare il cielo scuro all’esterno.
 
Perché? Non lo sapeva nemmeno lei. Qualche attimo dopo l’anziano le fu al fianco, seguendo il suo sguardo. Non disse nulla. Rimase semplicemente lì, con lei, lo sguardo perso e la mente affollata da tanti pensieri. Elisa reclinò lievemente la testa da un lato, fino ad appoggiarla sulla spalla dell’anziano. Nonostante l’età, Silente aveva qualcosa di solido dentro, per lei. Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal momento.
 
«Nulla di che» sospirò nel buio, sorridendo tristemente «solo, pensavo»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Dove diamine ci stai portando?» «Non lo volete sapere davvero» li rimproverò con un ghigno divertito «Sì invece!» Peter protestò sbuffando. «Ehi aspetta» James si bloccò nel mezzo del corridoio, osservandola «Quello è l’ufficio del preside» Sirius al suo fianco si voltò, stupito.
 
«Muovetevi» «Che diamine sta succedendo Scricciolo?» James le afferrò il polso trattenendola. Sirius, al suo fianco, osservò la scena con un nuovo nervosismo negli occhi. «Va tutto bene, James» liberò gentilmente il suo polso e continuò a camminare per il corridoio. Una nuova figura le si affiancò. «Remus che diamine fai?» il ragazzo continuò a seguirla con lo sguardo dritto e fiero «Scusate ragazzi, ma mi fido di lei» sorrise nel sentire quelle parole.
 
«Stupido idiota» gli altri tre li raggiunsero correndo. Si fermarono davanti al gargoyle che, dopo aver ascoltato la parola d’ordine, lasciò posto alle scale. I ragazzi procedettero in silenzio. «Glieli ho portati, signore» Elisa entrò in ufficio con un sorriso malandrino sulle labbra. Non aveva nemmeno bussato.
 
Non ci aveva pensato, semplicemente.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
La tigre sbuffò nella notte. Elisa si rannicchiò più vicina alla creatura, le mani ad aprirsi e chiudesi ripetutamente nel pelo soffice. Si sentiva affogare in tutta quella morbidezza, cullata dal respiro dell’animale.
 
Chiuse gli occhi, concentrandosi sempre più nel silenzio di quella notte. La roccia su cui era distesa era dura, nulla in confronto ai comodi cuscini a cui era abituata. Si sistemò meglio cambiando ancora posizione.
 
Un rumore poco più in là la distrasse ancora. Una tigre più grossa delle altre pattugliava la notte con cura, cercando di captare qualche rumore molesto. Se ne stava qualche metro più in là, il corpo scosso da sbuffi e respiri intermittenti. Si fermò quel tanto per guardare verso di lei e ringhiare infastidito.
 
Lei distolse lo sguardo.
 
Un ringhio molto più vicino a lei e molto più dolce la richiamò. La creatura al suo fianco allungò il muso fino ad accarezzarle delicatamente il capo, per poi tornare a sonnecchiare rilassata.
 
La bimba afferrò con forza la pelliccia bianca mentre calde lacrime iniziavano a bagnarle le guance. La figura a terra venne scossa dai singhiozzi, grandi terremoti per un corpicino tanto piccino. E mentre un ultimo singhiozzo la scuoteva, si ripromise che mai, mai più avrebbe pianto in quel modo.
 
Un ringhio più alto e vicino la raggiunse: veniva da lei. Si spaventò, il corpo mosso da qualcosa al di là dei singhiozzi. Chiuse gli occhi, cercando di convincersi che era tutto un sogno, che nulla era cambiato.
 
Ma nulla era più come prima.
 
E mentre cadeva nelle braccia di Morfeo, un’ultima lacrima andò ad infrangersi nel terreno. Lì, dove una bimba aveva lasciato il posto ad una tigre.
 
Lì, dove i sogni avevano lasciato posto alla realtà.
 
«Expecto patronum» un semplice guizzo argenteo fluì dalla bacchetta. Sbuffò, infastidita, crollando seduta l’attimo seguente sulla sedia lì accanto, sconfortata. Un pensiero felice… sembrava facile, no? Eppure non lo era. Aveva passato gran parte della sua esistenza a nascondere ricordi e pensieri, cercando in tutti i modi di dimenticare particolari e situazioni. Nonostante questo, ora si ritrovava dettagli insoliti nella sua testa, particolari a cui non aveva mai dato troppa importanza. Ricordava ancora l’odore di quella che un tempo era stata sua madre, ricordava il lento scoppiettare del camino in soggiorno…
 
«Ehi tutto bene?» James le si avvicinò, accigliato «Sto bene» sorrise, nervosa, ma non si alzò. Forse farlo voleva dire che era pronta a ricominciare, ma non ne era così sicura. Aveva ancora bisogno di qualche minuto.
 
«Sai» il ragazzo buttò nervoso un’occhiata nervosa al preside qualche metro più in là che, attento, osservava paziente i tentativi dei suoi nuovi cinque allievi «è difficile riuscirci alla prima lezione, l’ha detto anche Silente» l’anziano tossicchiò nervosamente «il professor Silente, appunto» si corresse James con un occhiolino.
 
L’umore di lei non cambiò.
 
«A cosa hai pensato?» Sirius si stravaccò a terra lì vicino, riversando il viso all’indietro e respirando a fatica. Quella sera lui e James avevano assolutamente spaccato. Se avessero continuato così, probabilmente avrebbero evocato un incanto patronus la lezione successiva, se non nella stessa. Remus seguiva subito dopo, zoppicando forse un po’ di più, mentre Peter strisciava loro dietro, nella fatica.
 
Tornò a concentrarsi sul cadetto Black. Lo squadrò per qualche secondo, soppesando le parole «Mia madre» concluse quindi con un’alzata di spalle «Intendi quella-» «-adottiva» completò per lui scrutando interessata il pavimento.
 
«Non riuscirai mai se continui così» si voltò stupita a quelle parole. James la guardò da dietro gli occhiali, un sorriso dolce sulle labbra. «Continui ad essere attaccata al tuo passato. Non è una brutta cosa in fondo, ma nel tuo caso è controproducente. Prova a guardare avanti» detto questo si alzò e, con disinvoltura, si diresse qualche metro più in là, tornando a concentrarsi. Elisa seguì il suo esempio, le parole di lui che ancora giravano nella sua testa come un eco infinito. «Expecto Patronum!» James lanciò il suo incantesimo.
 
Un grosso cervo argenteo fluì dalla bacchetta e atterrò leggiadro sul pavimento. Elisa trattenne per qualche attimo il sospiro, estasiata. Sentì indistintamente James ridere mentre Sirius, raggiunto l’amico, iniziava una sequela di pomposi complimenti tra le risate generali.  E mentre il cervo agitava le lunghe corna, aggraziato, una parola aleggiò nella sua mente, quasi il grosso animale gliela avesse sussurrata.
 
Avanti.
 
 
Angolo autrice
Ma buongiorno! Mi dispiace per il ritardo, ma ho avuto uno spettacolo settimana scorsa e quindi non sono proprio riuscita ad aggiornare. Però eccomi qui! Che ve ne pare? Probabimente aggiornerò prima in settimana dato che ho già il capitolo pronto... quindi state all'erta!
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Passi ***


Passi



«Piantala» Elisa si girò confusa a quella voce «Lo stai rifacendo» Lily alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Continui a guardarlo!» la rossa controllò il calderone, stizzita. «Io non sto guardando nessuno» «Se certo, come no» la ragazza si beccò una bella occhiataccia da parte dell’amica.
 
«Sai, penso che questa cosa vi stia sfuggendo di mano» commentò dopo qualche attimo di silenzio. L’occhiata interdetta dell’altra la costrinse a continuare «Se continuerete così è probabile che anche qualcun altro se ne accorga» «Lily non c’è nulla di cui accorgersi» sbottò l’altra controllando a sua volta la pozione. Quella dannata era di un brutto color celeste e doveva divenire di un blu più zaffiro. Stava diventando un affare personale.
 
Lily sbuffò divertita guardando qualche tavolo più in là, dove quattro ragazzi stavano bellamente confabulando, tranquilli. «Ma se ti sbrana con gli occhi?!» la rossa ricevette uno scappellotto immediato. «Non è vero» sussurrò infastidita l’altra guardandosi la punta delle scarpe con forza. «Ah no?» Lily sorrise furba alzando le sopracciglia con fare eloquente.
 
Lei distolse lo sguardo.
 
«Non è così semplice» sussurrò quindi, più a sé stessa che all’altra. «Lo è mai?» Elisa si voltò a quell’affermazione, stupita. «Non è mai facile, per nessuno» detto questo travasò la pozione nella provetta e andò a consegnarla alla cattedra. Quando tornò, il suo viso mostrava un sorriso tirato. «Andiamo a mangiare?»
 
Non poté fare altro se non seguirla.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
«Ehi Scricciolo, che fai?» James piombò su di lei come un uragano atterrandola sul divano. Sirius qualche metro più in là tossicchiò infastidito. «E va bene Felpato, non te la tocco» il giovane arrossì a quell’affermazione, osservando colpevole l’amico alzarsi lievemente dalla ragazza e buttarsi qualche metro più in là, sulla poltrona.
 
Gli amici seguirono il suo esempio. «Che c’è? Perché mi guardate con quella faccia felice?» Elisa ridacchiò all’occhiata innocente che Remus le lanciò. James controllò bene la sala comune, assicurandosi di essere soli. Poi, dopo un breve cenno verso gli altri, tutti e quattro presero mano alle bacchette.
 
«Expecto patronum!» Un’unica voce si levò nella Sala. Con un po’ di lucidità Elisa si accorse di come quella fosse in realtà composta da quattro voci differenti. Un lampo di luce argentea riempì la stanza. Quattro animali iniziarono a correre e a saltellare nella stanza.
 
«cosa diamine-» la ragazza si alzò per seguire con lo sguardo i quattro animali «sono passate solo due settimane!» «Esatto, e abbiamo imparato tutti e quattro» Peter parlò con orgoglio, quasi come se per lui quell’impresa rappresentasse il suo miglio traguardo. «Un cervo, un topo, un lupo» e ammiccò a Remus, di fianco a lei sul divano «e un cane» completò per lei una voce qualche metro più in là. Sirius le sorrise, veloce.
 
Distolse lo sguardo, troppo imbarazzata.
 
Un fischio qualche metro più in là attirò la loro attenzione. James guardava prima loro e poi il punto in cui qualche metro più in là erano appena scomparse le figure argentee. Elisa si rannicchiò, mettendosi più comoda. Un piccolo silenzio si distese tra loro.
 
«Sirius» chiamò dopo poco. Tutti e quattro si voltarono nella sua direzione. Il ragazzo si maledisse: quel nome era così bello pronunciato da lei. «Sì?» «Hai qualcosa da fare sabato pomeriggio?»
 
James si girò velocemente verso l’amico con sguardo eloquente. Sirius lo ignorò: era già abbastanza difficile tenere a freno il suo stomaco.
 
«No, sono libero. Hai programmi?» Cercò di sembrare disinvolto. O almeno sperò sembrasse tale. «Sì. Volevo andare in un posto con te» gli sguardi increduli degli altri tre ragazzi la investirono come una doccia fredda. «Certo, sarò felice di accompagnarti» sorrise e quello, per lei, fu abbastanza perché un tremito allo stomaco la prendesse. «Avete voglia di una partita a scacchi?» Tutti esultarono a quella proposta.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Elisa si guardò le scarpe per l’ennesima volta, attendendo. Molte ragazze amavano i colori chiari, quelli tutti carini e sereni, rifletté sul momento. Le sue scarpe invece erano nere. Così come i suoi jeans, e il suo maglione. Solo la camicia era bianca. Un bel contrasto, doveva ammetterlo.
 
Appoggiò la testa al muro, guardando per un attimo persa il soffitto. Si chiese ancora una volta se la sua fosse una scelta saggia, se il suo gesto non avrebbe comportato problemi, o danni. Sperò con tutto il suo cuore di no. Una voce poco distante la richiamò alla realtà.
 
Sirius la guardava, sorridendo, il fiato grosso e il corpo ripiegato su sé stesso per riprendersi. Doveva aver corso, immaginò con noncuranza. Notò con prontezza che anche lui aveva optato per semplici vestiti babbani. Se ne rallegrò in silenzio.
 
«Dove andiamo?» Sirius le si avvicinò, impaziente. «Se dobbiamo uscire dal castello io consiglierei di passare per il passaggio del-» «La nostra destinazione è l’ufficio del preside» gli spiegò veloce lei iniziando ad incamminarsi per il corridoio «Cosa?!» «Fidati» lo ammonì bonaria con un sorriso, continuando a camminare. Un lungo silenzio si distese tra i due.
 
«Come sta andando con le prove per l’incantesimo?» «C’eri anche tu martedì a lezione» sussurrò lei sconsolata. Non voleva pensarci, non in quel momento. Tutti ci erano riusciti, persino il povero e fragile Peter. Perché lei non poteva farlo? Perché si sentiva così incapace?! La frustrazione iniziò a pizzicarle gli angoli della sua mente. Sirius si accorse del cambio repentino nel suo umore.
 
«Non è così grave come sembra» commentò quindi per cercare di distrarla «Ah no?» lo rimbeccò punta sul vivo «Ci sono cose più importanti che riuscire subito in uno stupido incantesimo» Non rispose, troppo concentrata nei suoi pensieri negativi. Si riscosse solo arrivata alle porte dell’ufficio del preside. Non si era neppure accorta di aver pronunciato la parola d’ordine. Respirò a fondo ed entrò.
 
«Dov’è il preside?» Sirius le si avvicinò, scrutando curioso l’ufficio. «Non c’è» commentò soddisfatta lei dirigendosi spedita verso il cammino «Cosa-» da una sua occhiata capì tutto «Metropolvere eh? Astuta» «Oh grazie, lo so, sono fantastica» commentò con un inchino «e i quadri?» Sirius si voltò con grazia, compiendo un giro completo osservando curioso le cornici vuote.
 
«Non se ne stanno quasi mai nell’ufficio quando il preside non c’è» «Non hanno paura che qualcuno entri?» Elisa sorrise furba «Uno di loro» spiegò, alludendo ad una delle vecchie cornici alle pareti «viene a controllare che tutto sia a posto ogni venti minuti. Noi abbiamo dieci minuti a partire da ora» «Un tempo più che sufficiente per usare la metropolvere, giusto?» la ragazza sorrise soddisfatta e compiaciuta. «Esatto» si diresse sicura sopra il camino, per poi afferrare la polvere contenuta nel sacchettino sopra di esso.
 
«Ora dimmi» iniziò quindi con un passo avanti nella sua direzione «hai mai viaggiato insieme a qualcun’altro» «no» commentò interdetto Sirius alzando le sopracciglia in evidente confusione. «Bene, da oggi sì» si diresse quindi nel camino, facendo segno di avvicinarsi. «Devi starmi molto vicino e tieniti forte. In poche parole: incollati a me e non lasciarmi» Sirius ridacchiò divertito a quelle parole, ma non fiatò.
 
Anzi, la raggiunse e fece in modo di abbracciarla da dietro, così da essere sicuro di non lasciarla andare. Il suo cuore perse qualche battito. Tornò con la mente a molte sere prima, quando il pensiero di vederla morire torturava la sua mente in una lente e studiata agonia. Ripensò a quell’attimo, e sperò con tutto il cuore che quell’abbraccio forzato potesse durare per sempre.
 
Qualche secondo dopo un risucchio e uno strappo all’ombelico gli annunciarono la partenza. Era stato così immerso nei suoi pensieri da non prestare attenzione alla destinazione. Le sue gambe toccarono terra con forza. Fu sbalzato in avanti, e in pochi attimi si ritrovò accasciato sul pavimento sotto una figura ben famigliare.
 
«Quando ti pare, mi raccomando, prenditela comoda» lo riprese Elisa con stizza non appena si fu alzato. Ma le scuse potevano aspettare.
 
Si alzò con foga, il viso perso in quella che, riconosceva, una stanza dai mobili antichi ed eleganti. Aprì e chiuse la bocca più volte non sapendo cosa dire, cosa pensare, come affrontare quello che, in quel momento, gli si parava davanti agli occhi. Una mano delicata si posò sul suo braccio, richiamandolo. Si voltò e per la prima volta da quando aveva messo piede in quel luogo una luce di quotidianità gli riapparve. Elisa sorrise nervosamente, reprimendo la voglia di scappare.
 
«Bentornato a casa»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Perché» era stata questa la prima parola che gli era venuta in mente. Nessun’altra, solo quella. Altre si accavallarono subito dopo, parole sconnesse e intricate che, nell’insieme, creavano una matassa insignificante di pensieri.
 
Cercò di riordinarli, ma tutto gli sembrò inutile non appena vide il labbro di lei tremare in un chiaro segno di incertezza. Doveva essere spaventata, forse più di lui, ragionò con un attimo di lucidità. Cercò quindi di trovare parole di conforto ma si accorse di non averne: non aveva parole, semplicemente.
 
«Hai detto che volevi tornare» Elisa fece correre lo sguardo dalle pesanti tende all’armadio consunto «Hai detto che volevi che ti accompagnassi»
 
«Vorrei chiederti come stai, vorrei discutere con te sulle cose che stanno succedendo, vorrei parlare delle cose stupide. Vorrei avere il coraggio di tornare a casa mia a prendere le ultime cose. Vorrei che tu venissi con me.»
 
Solo in quel momento Elisa si chiese se quelle parole fossero state dettate dal momento o da una realtà effettiva dei fatti. Si maledisse mentalmente per la sua sfrontataggine.
 
«Allora mi avevi sentito» era stato un sussurro, eppure, quando incrociò il suo sguardo, Elisa fu sicura di riconoscervi sorpresa. Sorrise un poco a quella vista: ancora una volta lo aveva stupito.
 
«Ok lasciamo perdere, non dovevo» si voltò, il cuore a mille, ma una mano bloccò le sue azioni. Sirius la fece voltare con delicatezza e le sorrise, nervoso «Va tutto bene. Solo, non sarà facile» si guardò ancora per un attimo intorno, quasi avesse il timore di farsi sentire da qualcuno, per poi tornare a guardarla «Vieni, ti faccio fare un giro» La ragazza annuì piano per poi iniziare a seguirlo verso la porta.
 
La sua casa non sembrava sua.
 
Se ne accorse con amarezza, guardando il viso di lui contrarsi ad ogni passo e i suoi occhi saettare quasi con odio verso la carta da parati affissa nella stanza. Non voleva rimanere in quel posto, Elisa se ne accorse.
 
«Ehi» Sirius si era fermato sulla porta della stanza, ma lei non ci fece caso. Si guardò intorno, studiando con attenzione i due divanetti uno dirimpetto all’altro, la grande credenza e, più vicina lei, l’elegante piano. Era da molto tempo che non ne vedeva uno, nove anni ormai. Un senso di nuova tristezza la pervase, riportandola nel passato. Allungò la mano, persa. Una sensazione di freddezza statuaria incontrò il suo polpastrello.
 
Rabbrividì.
 
«Elisa» Sirius qualche metro più in là la richiamò. Incontrò i suoi occhi che la osservavano preoccupati. Annuì sicura e lo raggiunse.  Continuarono a camminare, imperterriti, ognuno perso nei suoi oscuri pensieri. Quando raggiunsero le scale lui le sorrise nervosamente.
 
«Tutto bene?» sussurrò quelle parole, senza un apparente motivo. Qualcosa però le diceva che avrebbe fatto meglio a non urlare. Sirius annuì con un sorriso tirato, guardando le scale davanti a sé. «Vieni» la prese delicatamente per il polso trascinandola verso il piano sottostante, quasi avesse paura di perderla durante il tragitto.
 
Lei non tolse la mano.
 
Un grande quadro era appeso alla sinistra della base delle scale. Il ragazzo rallentò il passo girandosi lievemente nella sua direzione. Le fece cenno di stare in assoluto silenzio.
 
Dentro la cornice una donna in abiti eleganti sembrava condurre un tranquillo sonno ristoratore. La gola le divenne improvvisamente secca a quella vista. La donna sembrava arcigna, rissosa persino nel sonno. La superò senza rimpianti.
 
Qualche metro più in là, Sirius la condusse oltre una porta massiccia. La fece passare per poi richiudersela alle spalle. Elisa trattenne un sussurro estasiato.
 
La cucina rispecchiava esattamente lo spirito nobile ed antico di una famiglia purosangue. Verso destra un grande camino si apriva sul fondo della sala, scavato nella pietra. Un lungo tavolo attraversava per intero la stanza fino all’altro capo, dove alcuni gradini portavano con molta probabilità alla sala da pranzo. Tutt’intorno, un grandissimo numero di credenze antiche riempivano gli spazi della cucina.
 
«Non è un gran che» Sirius fece un passo avanti grattandosi la nuca, in evidente imbarazzo. «è più di quanto molti potrebbero permettersi» sospirò lei tornando a guardarlo con un’alzata di spalle. Lui sbuffò contrariato «è tutto così ammuffito e polveroso» commentò facendo qualche passo nella stanza e guardando scettico i mobili «è tutto così vecchio» toccò con malagrazia una credenza. Un grosso strato di polvere e di unto rimase attaccata alla sua pelle. Guardò schifato il mobile.
 
«Sai» Elisa si avvicinò, sorridendo paziente «è proprio il fatto che sia così vecchio» sogghignò all’utilizzo di quel termine «che gli dà importanza» Lui la guardò per qualche attimo, scettico. «Non sono d’accordo» Sirius tirò fuori la bacchetta e si ripulì la mano «Come può qualcosa di vecchio e lurido essere importante?» la ragazza sospirò esasperata.
 
«Ha una storia» assunse un’espressione paziente, alzando gli occhi al cielo «Questo legno… chissà quante ne ha vissute. È probabile ti abbia visto crescere. Ogni oggetto può diventare un tesoro» concluse con un sussurro. Sirius la fissò per qualche attimo prima che un sorriso imbarazzato gli nascesse dalle labbra, presto sostituito da un risolino.
 
«Che diamine hai?» ma anche lei aveva iniziato a ridere. Sirius continuò a ridacchiare per qualche attimo, perso, cercando in tutti i modi di tornare serio. Quando ci riuscì, puntò nuovamente gli occhi nei suoi «Sei bella quando cerchi di impartirmi lezioni di vita» lei distolse lo sguardo, troppo occupata ad andare a fuoco. Un rumore sulla soglia al di là della stanza richiamò la loro attenzione.
 
«TU» L’urlo fece sbiancare Sirius che, impercettibilmente, si spostò quel tanto da frapporsi tra lei e la figura che aveva appena varcato la soglia.
 
La donna sembrava ancora giovane, nonostante fosse abbastanza chiaro non lo fosse. Elisa notò subito quella sorta di vecchiaia dagli occhi, troppo scuri e profondi per essere carichi di poco rancore. Quella donna provava odio da anni, quasi un’intera vita. Un brivido di paura la attraversò quando si rese conto dove avesse visto quegli occhi: erano gli stessi di Sirius, solo molto più profondi e carichi di dolore. Era stata una stupida, una stupida sprovveduta a pensare che la casa fosse stata vuota. Si maledisse per la sua sbadataggine e ignoranza e avrebbe continuato, se solo Walburga Black non avesse iniziato a parlare.
 
«Come osi tornare?! Come osi venire così di soppiatto in questa casa?!» Sirius non rispose, troppo occupato ad indietreggiare «Ma bene, non parli più vero? Traditore!» la donna sputò quelle parole con rabbia, il viso contrito in un’espressione maligna «Sirius» Elisa sussurrò piano il suo nome nel disperato tentativo di richiamarlo. Il ragazzo si voltò lievemente. Sembrava perso, lo sguardo puntato su di lei senza vederla. Perso nel suo passato fatto di dolore e rimorso, un passato che lei conosceva bene.
 
La donna si accorse solo allora della figura alle spalle del figlio «Oh ma guarda. Il traditore utilizza quella che non è più casa sua per portarci qui le sue puttane!» «Non chiamarla così!» Sirius fece un passo avanti, i pugni stretti lungo i fianchi. Elisa si accorse che stava cercando di trattenersi. «Ah no? Come vogliamo chiamarla allora? Tro-» «ADESSO BASTA!» Il ragazzo fece altri passi avanti, la bacchetta ormai in mano.
 
La donna indietreggiò un poco inizialmente spaventata da quella che, per certo, non era una reazione che si sarebbe mai aspettata. Ma il suo stupore iniziale lasciò posto ad una rabbia fredda, calcolatrice, che le fece subito prendere mano alla bacchetta con movimenti lenti e studiati. «Sirius» Elisa lo richiamò, la mano protesa verso la sua manica. Lo afferrò e, con un lieve strattone, lo invitò a fare qualche passo indietro.
 
Lui non si mosse.
 
«Così testardo» sussurrò piano la madre cercando di mantenere la voce piatta e sibilante, molto simile a quella di un serpente. «Non siamo qui per cercare uno scontro» Elisa si intromise con forza, strattonando il ragazzo con più decisione. «Abbiamo bisogno di prendere alcune cose e poi ce ne andremo» terminò con tono piatto e neutro continuando a fissare il ragazzo. I muscoli di lui si rilassarono un poco.
 
«Con chi ho il piacere di parlare?» Elisa sorrise furba «Non credo le interessi» la donna ritirò la bacchetta e guardò sprezzante la mano della ragazza. «Una nata babbana, sicuramente» la ragazza non la contraddì. Ma non le diede nemmeno ragione. La donna si avvicinò con garbo studiandola «Una sanguesporco» «COME OSI?!» L’urlo di Sirius ruppe il silenzio. Si avventò con furia verso la madre, la bacchetta stretta in pugno e un mezzo incantesimo nell’aria.
 
Uno schicco e il corpo del ragazzo fu sbattuto contro la credenza al suo fianco.
 
Sirius si rialzò a fatica, stordito, cercando di rimettere a fuoco la vista. Un grosso livido violaceo iniziava già a formarsi sulla guancia dove la donna lo aveva appena colpito. La madre guardava la scena quasi fosse distaccata, una mano che tratteneva l’altra dolorante per lo schiaffo appena dato.
 
«Sirius» Elisa si avvicinò con uno scatto al ragazzo, tirandolo lievemente per farlo allontanare dalla donna. In un attimo di lucidità si rese conto che quello schiaffo era stato potenziato, quasi pesasse molti chili di più. Esaminò il livido sulla guancia di lui. La mascella non era rotta, ma ci era andato vicino.
 
Walburga fece un passo avanti, il corpo proteso in avanti verso i due più giovani «Lascia che te lo ripeta» la ragazza si accorse che si stava rivolgendo al ragazzo. Lui alzò gli occhi. «Io posso schiacciarti» Elisa sentì un tremito pervadere il ragazzo. Cercò di sostenerlo, per quanto poté. Gli stavano tremando le gambe.
 
«Io posso schiacciarti. Quando voglio.» ripeté la donna facendo un altro passo avanti, gli occhi così simili a quelli del figlio, ma così diversi. Sirius si ritrasse cercando di non pensare, ripetendosi che quello doveva essere un sogno. Chiuse gli occhi, il panico a lambirgli la mente e il cuore.
 
«Lei non farà proprio nulla» Elisa fece un passo avanti, continuando a tenere il ragazzo. Sentì sotto le sue mani i muscoli del ragazzo che guizzavano all’improvviso. Quando si voltò, i suoi occhi la stavano guardando. Sirius riuscì a rimettersi in equilibrio sulle sue gambe e lei lo lasciò andare.
 
«Ma davvero?» la donna studiò quei gesto con minuzia «Lei non può schiacciare Sirius» continuò imperterrita Elisa facendo un altro passo in avanti e guardando fissa gli occhi dell’avversaria. Se era un gioco di potere quello che voleva beh, non si sarebbe ritirata.
 
«E perché, di grazia?» la sua voce era ritornata serpentesca, i suoi occhi una tempesta in movimento. «Perché non glielo permetterò» era stato un commento veloce, vuoto forse ai più. Ma per lei non lo era. Sapeva quello che Sirius stava provando, sapeva il significato di quelle parole. La donna scoppiò in una risata sprezzante.
 
«Difeso da una donna!» lo sguardo che riservò al figlio era di puro scherno «Regulus non lo avrebbe mai fatto» Qualcosa scattò nella mente di Sirius «Non nominarlo» iniziò rabbioso guardando con odio la madre «Perché?» la donna mostrò uno sguardo di puro disgusto sul viso.
 
Elisa sentì la rabbia montare in lei.
 
«Perché lui è migliore di te?!» iniziò la donna con sguardo vacuo e adirato al soffitto «Perché lui non è un traditore come te?!» «sta per diventare un assassino!» Sirius urlò con quanto fiato aveva in corpo, cercando di trattenere l’ira.
 
Elisa sentì un pungo allo stomaco colpirla mentre vedeva il ragazzo che conosceva andare in pezzi poco a poco, perso tra l’odio per sua madre e quello che, riconobbe con amarezza, l’affetto ormai spezzato verso un fratello.
 
«Le tue sono solo bugie» scandì con cattiveria osservandolo. Sirius portò le mani ai capelli, quasi se li volesse strappare «Regulus finirà gli studi e poi finalmente aiuterà l’unica causa per cui vale morire. Si unirà a Tu-Sai-Chi!» «è un assassino!» «No, no, sei tu quello sporco. Tu non sei degno, non lo sei mai stato!» «Io non- Io non-» Elisa sentì l’ira salirle nella testa, annebbiarle i sensi. «Regulus, pupilla della nostra casata, appoggerà la causa di Tu-Sai-Chi-»
 
«IO UCCIDERÒ LORD VOLDEMORT»
 
 
Angolo autrice
Salve! Innanzitutto mi scuso: avevo detto avrei pubblicato in settimana ma, come avrete potuto facilmente notare, non l’ho fatto. Spero di avere più tempo per la prossima settimana, in ogni modo. Tornando al capitolo, che ve ne pare? Fatemi sapere la vostra
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Entrambi ***


Entrambi


Elisa sentì un pungo allo stomaco colpirla mentre vedeva il ragazzo che conosceva andare in pezzi poco a poco, perso tra l’odio per sua madre e quello che, riconobbe con amarezza, l’affetto ormai spezzato verso un fratello.
 
«Le tue sono solo bugie» scandì con cattiveria osservandolo. Sirius portò le mani ai capelli, quasi se li volesse strappare «Regulus finirà gli studi e poi finalmente aiuterà l’unica causa per cui vale morire. Si unirà a Tu-Sai-Chi!» «è un assassino!» «No, no, sei tu quello sporco. Tu non sei degno, non lo sei mai stato!» «Io non- Io non-» Elisa sentì l’ira salirle nella testa, annebbiarle i sensi. «Regulus, pupilla della nostra casata, appoggerà la causa di Tu-Sai-Chi-»
 
«IO UCCIDERÒ LORD VOLDEMORT»



Un lampo di luce azzurra riempì la stanza. Elisa percepì la corrente elettrica nel braccio ancora prima di vedere il fulmine. La saetta partì dalla sua mano destra ed andò ad infrangersi qualche metrò più in là, sul muro.
 
La signora Black urlò.
 
Un grosso boato riempì la stanza. Molti vetri delle credenze si ruppero. Il fragore nella stanza fu sostituito un attimo dopo da un intenso silenzio, interrotto solo dal respiro pesante della ragazza.
 
«Io ucciderò Lord Voldemort» ripeté ancora guardando la donna in piedi molti metri più in là. Stava indietreggiando. «Chi sei?» la sua voce stava tremando. Ignorò la sua domanda. «Lei non toccherà Sirius Black» un bruciore alle iridi la colpì.
 
Walburga trasalì. Le sue iridi erano ormai di un intenso color rosso.
 
«Lei non toccherà Sirius Black» ribadì ancora facendo un passo avanti «O sarò io stessa a fare in modo che lei non faccia più nulla» La donna strinse le labbra con forza, facendo ancora un altro passo indietro «è una minaccia?» Elisa si soffermò un attimo a pensare. Si sorprese di notare quanto fredda nei ragionamenti potesse essere.
 
«Sì» Sentì indistintamente Sirius, alle sue spalle, trasalire. «Bene» la signora guardò un’ultima volta il figlio con disprezzo «Bene» ripeté tornando a posare lo sguardo sulla figura esile senza bacchetta «Penso di uscire. Tra mezz’ora, quando tornerò a casa, non voglio vedere nessuno» Elisa annuì con rispetto, per poi osservare la figura allontanarsi e varcare la porta della sala da pranzo. Dopo quelli che parvero secoli un risucchio annunciò la fuga della donna.
 
Elisa tornò a respirare. Non si era nemmeno accorta di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo.
 
«Grazie» due braccia la avvolsero da dietro, trattenendola. Sirius posò con delicatezza la fronte sulla spalla di lei, rilassandosi. In un gesto del tutto spontaneo, la mano di lei corse a quei riccioli castani, accarezzando piano quella testa così piena di pessime idee. Chiuse gli occhi qualche secondo, cercando di riprendere la calma. Aveva perso il controllo. Li riaprì e, con attenzione, scrutò la bruciatura lasciata sul muro.
 
«Non andrà più via» commentò con un sospiro più a sé stessa che ad altri. Sirius alzò lo sguardo e seguì il suo. «Penso faccia bene ricordare, in questo caso» sorrise a quelle parole, grata.
 
«Andiamo a prendere le tue cose?» Sirius assentì con un cenno, sciogliendosi da quel mezzo abbraccio. «Per di qua» Le indicò la porta da cui erano entrati «mezz’ora può essere molto breve»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Risalirono in silenzio le scale. Elisa seguì Sirius con attenzione, non toccando nulla e senza fare rumori superflui. Con piacere si accorse che entrambi erano dotati di un buon passo leggero. Quando finalmente raggiunsero il primo piano Sirius si fermò dinanzi ad una porta su cui era affisso un cartellino. Riportava il suo nome. Si guardò indietro, assicurandosi di non averla persa.
 
Entrò.
 
La stanza, notò subito Elisa, risultava del tutto differente da tutto il resto della casa. I colori rosso e oro risaltavano dappertutto. Spessi strati di polvere erano depositati sulle pareti e sulla mobilia. Si guardò ancora un po’ in giro, gustandosi con interesse quella parte di lui che non aveva ancora avuto la possibilità di conoscere.
 
«Bikini?» si girò stupita e divertita verso il ragazzo che, notò con piacere, non si era perso nemmeno una sua reazione, continuando ad osservarla. Arrossì a quel commento.  «Beh, sì insomma» biascicò con un’alzata di spalle aspettando che lei si voltasse.
 
Tutta la stanza sembrava contenere un po’ di lui, pensò sbalordita. Le pareti, l’armadio, persino il letto sembravano nel suo stile aristocratico ma al contemplo ribelle. Finita la sua analisi si voltò, incontrando il suo sguardo: la stava ancora fissando.  
 
«Cosa devi prendere?» la sua domanda parve riportarlo alla realtà. Si guardò freneticamente nei dintorni, per poi dirigersi spedito verso la credenza. Aprì quindi i vari cassetti cercando e rovistando finché, soddisfatto, estrasse un piccolo scrigno in legno. Lo rimpicciolì con la bacchetta e se lo mise in tasca, sospirando.
 
«Già finito?» Elisa parve divertita. Il ragazzo le fece un cenno di assenso. «Quanto ci manca ancora?» la ragazza guardò l’orologio al suo polso e fece quattro conti «un venticinque minuti circa» rispose con un’alzata di spalle sedendosi ai piedi del letto. Sirius rimase a fissarla per qualche attimo, per poi dirigersi con grazia verso la finestra qualche metro più in là. 
 
«Perché tua madre ti ha chiamato traditore?» la domanda fu improvvisa ma, in fondo, il ragazzo se l’aspettava. Sospirò piano, cercando di mantenere la calma. «Tu sai che, da quest’anno, vivo da James?» la ragazza lo guardò stupita. «Io non immaginavo-» «Lascia perdere» Sirius alzò le spalle con fare noncurante. Mentre un silenzio teso aleggiava nella stanza scostò lievemente le tendine, cercando di vedere all’esterno. La via era deserta, quel giorno.
 
«Sono scappato, Elisa» si voltò all’improvviso, osservando attentamente la ragazza seduta qualche metro più in là. Teneva gli occhi bassi e lo sguardo risultava tetro nonostante la distanza che li distingueva. Sirius poteva scommettere di vedere degli occhi lucidi.
 
«E te?» cercò di cambiare repentinamente discorso «Io ucciderò Tu-Sai-Chi… coraggioso da parte tua» «Ti sbagli, non è coraggio» lo corresse, tetra, mentre una nuova consapevolezza si faceva largo dal suo stomaco «è dovere» Sirius si voltò di nuovo, lo sguardo stupito e preoccupato nello stesso istante. «Perché tu? Come lo sai?» lei scosse semplicemente le spalle, indifferente «Lo so e basta» ed era vero.
 
Lo sapeva, lo sentiva. Una parte di lei reclamava vendetta e quella parte sarebbe stata accontentata. Il demone esigeva la sua parte. «Hai paura?» questa domanda la stupì. Si voltò verso il ragazzo che si era da poco seduto sul davanzale, una gamba mollemente sollevata mentre l’altra che toccava a terra sul pavimento per garantirgli un minimo di equilibrio. Lo guardò, e pensò quanto si potesse essere simili nonostante la diversità. Pensò alla sua fuga, poi a quella del ragazzo e si chiese quante altre scelte avrebbero dovuto compiere nella loro vita.
 
«Ho paura?» rise, amara, ricordando «sì, ogni giorno» Sirius continuò ad osservarla con i suoi occhi grigi «Ho paura quando sento parlare di persone che muoiono ogni giorno, ho paura quando ricordo il mio passato. Ho paura quando guardo Lily e penso a cosa potrebbe succederle se io-» la sua voce si incrinò un poco. Respirò a fondo per riprendere la calma «Ho paura quando guardandoti provo a immaginare quello che ci attende. Sì Sir, ho paura» Il ragazzo non disse nulla. Rimase fermo qualche secondo, continuando ad osservare il pavimento. Poi un sorriso sincero gli comparve sul volto.
 
«Mi piace» Elisa lo guardò confusa «come mi hai chiamato» sbuffò, esasperata, lasciandosi cadere distesa lungo il letto ancora sfatto e stiracchiandosi nella marea di coperte. Avevano ancora il suo odore. Quando si voltò nella sua direzione, Sirius osservava con attenzione il pavimento, in evidente imbarazzo. Un dettaglio sconcertante colse subito la sua attenzione: la sua guancia destra era ormai diventata di un intenso color rosso-violaceo. Con uno scatto si alzò, spaventandolo.
 
«Cosa-» «Dobbiamo fare qualcosa per la tua guancia» commentò lei guardandosi intorno. «Conosci incantesimi guaritivi?» lei lo osservò per qualche attimo, pensierosa «Non che io sappia. Ma non mi sembra il caso di provare. Non vorrei che la tua mascella si stacchi del tutto» Sirius mostrò un’espressione oltraggiata «Direi che non è nelle mio priorità» Elisa sorrise «Direi che allora andremo d’accordo»
 
Si guardò ancora per qualche attimo in giro, attenta, per poi scorgere su una credenza un’anfora di metallo. Era vuota. «Riempi» Elisa gliela tirò e, dopo averla afferrata, il ragazzo fece come gli era stato detto. «Questa cosa della magia è utile» Elisa riprese l’anfora tra le mani «Oh giusto che tu vieni da una famiglia di babbani»
 
Non lo contraddì.
 
«Sai, non dovresti disprezzare così tanto chi non utilizza la magia. È utile sapersela cavare senza» lui annuì senza convinzione. Qualche secondo dopo la ragazza, con un sospirò, rovesciò l’anfora. «Che diamine stai facen-» le parole gli morirono in gola.
 
L’acqua, sospesa a mezz’aria, fluttuava con leggerezza al movimento delle dita di lei. Le sue iridi erano scarlatte. Dopo che l’acqua le fu passata tra le dita un paio di volte in un semplice gioco innocente, Elisa spostò la mano verso l’alto, a coppa. Subito il fluido si concentrò in un punto al centro del palmo e lì si diresse, formando una perfetta sfera. Elisa sorrise a quella vista. Soffiò delicatamente e, lentamente, l’acqua si congelò. Quando le sue iridi tornarono normali, la ragazza teneva stretta in pugno una sfera di ghiaccio.
 
«Come diamine fai a farlo?» Sirius la guardava a bocca aperta, ammirato. Lei scosse le spalle, un po’ confusa «Non lo so. Lo faccio e basta, credo» quindi gli si avvicinò e, con un  cenno della testa, lo invitò a porgergli la guancia.
 
«Ah!» la ragazza strinse le labbra a quei gemiti, cercando di mantenere il ghiaccio premuto sul livido. «Scusa» sussurrò poi sentendosi in colpa. Lui non rispose, ma da come rilassò piano i muscoli capì che il dolore stava a poco a poco scomparendo.
 
«Comunque non sapevo ti piacessero le motociclette» commentò allora alludendo alle foto attaccate alle pareti, un senso di improvviso imbarazzo a trapassarle le viscere «nel senso: gli stendardi Grifondoro me li potevo immaginare, ma anche quelle! Insomma, per qualcuno che dovrebbe essere confinato lontano dal mondo dei babbani. Non dico ovviamente che tu debba essere confinato, ma-» «Sei adorabile quando sei imbarazzata, sai?» Sirius osservò come i suoi si spalancassero per quell’improvvisa affermazione.
 
Quegli occhi che, per lui, sarebbero sempre stati un mistero.«Io non sono imbarazzata. Chi è imbarazzato qui? Nessuno! Quello che dici non ha fondamento Bla-»
 
Un tonfo sordo fu l’unico rumore nella stanza. La palla di ghiaccio rotolò lentamente via mentre, un metro più in alto, Sirius staccava le sue labbra da quelle di lei. Elisa rimase incatenata ancora per qualche attimo agli occhi di lui, interdetta, incapace di formulare un pensiero logico.
 
«Dovremmo andare» Lui distolse lo sguardo con un colpo di tosse, imbarazzato. Sorrise stranita a quella vista. Guardò l’orologio e un colpo al cuore la riportò alla realtà. «Quattro minuti» urlò concitata prendendogli la manica e iniziando a tirarlo verso la porta. Stavano quasi per raggiungerla quando lui si fermò, osservando perso la parete.
 
«Che diamine fai?» «Devo fare una cosa» Sirius frugò nelle tasche, tastandole, cercando. Quando finalmente trovò ciò che stava cercando, una fotografia fece la sua apparizione da una tasca interna dei suoi jeans. «Sirius, il tempo» Si avvicinò veloce alla parete e, presa mano alla bacchetta, fece un incantesimo.
 
«Dimmi che non l’hai fatto» Elisa iniziò a ridere, divertita. «Credo che mancasse un tocco personale alla parete» Sirius si allontanò dal muro, ammirando il risultato. Una fotografia dei Malandrini spiccava sulla parete. Sorridevano tutti. «Quando mia madre morirà e io rientrerò in possesso della casa, allora la sostituirò con una più recente» Elisa lo guardò. I suoi occhi grigi erano persi in quella parete, troppo occupati a fantasticare.
 
«Sei pazzo, lo sai?» Sirius si voltò di nuovo di lei. Sorrise, furbescamente, per poi afferrarle la mano.  «è per questo che ti piaccio così tanto?» detto questo la trascinò fuori dalla stanza e poi giù per le scale.
 
Non si preoccupò più di non fare rumore, così lei fece lo stesso. Molti quadri iniziarono ad urlare, il frastuono di cento voci che si alzavano al loro passaggio. Sirius la trascinò fino al soggiorno dove, lasciatole la mano, afferrò un po’ di metropolvere sul camino. Riacciuffò quindi di nuovo la ragazza e, gettata la polvere nel fuoco, si buttò tra le fiamme, uno schiocco ormai lontano di un ritorno a casa. 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quando toccarono terra l’impatto non fu più gentile del precedente. Riversi a terra, le spalle contro il freddo pavimento e gli sguardi persi al soffitto, nessuno dei due osò muoversi per i primi minuti. Rimasero semplicemente lì, ad aspettare, o forse solo a metabolizzare con la mente i fatti appena accaduti.
 
Quando Elisa si voltò, scoprì gli occhi grigi del ragazzo osservarla da un po’. Scoppiarono entrambi a ridere. Quando si alzarono, una decina di minuti dopo, Elisa guardò impazientemente l’ora. «Sbrighiamoci» prese per la manica il giovane e lo condusse alla porta. Uscirono dall’ufficio di corsa guardandosi attorno.
 
«C’è qualcosa che dovrei sapere?» Sirius si affiancò a lei non appena si rimise a camminare a passo spedito «A parte che dovevamo essere a cena una ventina di minuti fa e ci daranno per dispersi? Nulla» ridacchiò a quella battuta, ma continuò a camminare. Entrambi sapevano come i loro amici potessero essere difficili da persuadere e, checché considerasse James un buon amico, non era decisamente pronto a raccontare all’intera sala grande la sua avventura. Arrivarono a cena una decina di minuti dopo.
 
Appena varcata la soglia, Elisa individuò Lily. Se ne stava seduta al fianco di Frank che chiacchierava amabilmente con alcuni ragazzi poco più in là. 
 
«Dimmi che vedi quello che vedo anche io» Sirius le sussurrò quelle parole all’orecchio, stupito «Che James e Lily sono seduti uno di fronte all’altro e non si sono ancora scannati? Sì, secondo me è un’allucinazione» l’altro sghignazzò a quella battuta, ma la voglia di ridere passò ad entrambi quando, avvicinandosi, notarono le espressioni dei due soggetti in questione.
 
«Ciao ragazzi» Elisa imitò il saluto senza lo stesso entusiasmo dell’altro. Guardò con attenzione il tavolo, per poi saltarlo. Metà sala grande si voltò ad osservarla. Un tossicchiare imbarazzato la raggiunse dal tavolo professori. Poté distintamente vedere Silente lanciarle un’occhiata divertita.
 
«Siediti» Lily la costrinse senza tanti preamboli a fare quanto le era stato detto. Elisa incontrò gli occhi di Sirius, altrettanto allarmato. «Sentite ragazzi-» iniziò quindi venendo in suo soccorso. Remus lo bloccò subito estraendo la bacchetta. I due si ritrassero con uno scatto. Il ragazzo, dopo aver osservato le loro reazioni con un sopracciglio alzato, puntò la bacchetta tutt’intorno sussurrando dei muffliato confusi. A quel punto un’altra voce li fece trasalire.
 
«La prossima volta» James scandì per bene le parole, un fuoco di furia negli occhi «che deciderete di scappare per un’avventura romantica al di fuori del castello siete pregati di dircelo» «Ma noi-» «Non ci sono scuse!» Lily interruppe l’amica senza farla parlare «Con le cose che stanno succedendo, potevate correre dei rischi belli grossi. E se vi avessero rapito?!» Elisa guardò scettica l’amica per qualche secondo, interdetta «Scusa Lily, ma penso sinceramente che ci siano più probabilità che io stermini l’intero castello prima che qualcuno possa-» «Non mi importa delle probabilità!» La rossa sbatté violentemente un pugno sul tavolo per rincarare il concetto. Elisa si ritrasse velocemente.
 
«Evans credo che ora tu però stia esagera-» «Sirius» Remus guardò con un sorriso cordiale l’altro «tu sai vero cosa sarebbe successo se le fosse successo qualcosa?» e indicò la ragazza al suo fianco. Sirius le gettò un’occhiata veloce prima di aprire la bocca per rispondere. «Penso che-» Non gliene fu data possibilità. «Non mi importa ciò che pensi, Sirius. Se le fosse successo qualcosa ti avrei rotto tutte le ossa una dopo l’altra» Sirius si allontanò di un poco inconsapevolmente, scioccato.
 
«E avrebbe anche potuto rimanere incinta» Peter qualche metro più in là annuì con fare saputo ingoiando la sua patata lessa e agitando severamente la forchetta in aria nella sua direzione. Remus guardò l’amico con fare accusatorio, annuendo con vigore.
 
«Okay fermi tutti» Elisa alzò le mani al cielo con teatralità «Non è successo niente, va bene? Sirius non vi ha detto nulla perché anche lui era all’oscuro di tutto» James la squadrò, scettico. «Mi ha portato a casa, va bene?» Sirius guardò prima lei e poi gli altri, uno a uno. «E allora?» Lily guardò smarrita l’amica che, distogliendo lo sguardo, non proferì parola. «All’inizio di quest’anno sono scappato di casa. Dovevo tornare a riprendere alcune cose»
 
Lily parve sgonfiarsi a quella notizia. Osservò per qualche secondo il ragazzo, visibilmente  stupita dalla notizia. «Mi dispiace» Sirius alzò le spalle, indifferente. Osservando bene, però, Elisa poté notare come la curva dei muscoli delle spalle non fosse assolutamente rilassata. «Non c’era nessuno in casa, vero?» James osservò l’amico attentamente «Mia madre» James simulò nell’espressione ciò che avevano vissuto: tanta, tanta tristezza. «Com’è andata?» Sirius osservò con attenzione il suo piatto.
 
«Non è andata male. O meglio, se fosse andata per me sarebbe stato un disastro» rise un po’ a quel pensiero. «Ma?» Remus guardò con un’espressione curiosa l’amico. La risata di quest’ultimo si allargò «Diciamo che mia madre, dopo essere quasi morta fulminata, è stata convinta a lasciarmi in pace» I ragazzi si guardarono uno ad uno, sbalorditi. Lily si voltò subito verso l’amica.
 
Perspicace pensò Elisa con un ghigno.
 
«E chi avrebbe deciso di fulminare tua madre?» James rise alla sua stessa battuta, ritenendola stupida. Ma si dovette contraddire. «Io» Elisa alzò la testa dal suo piatto e sorrise ai presenti, a mo’ di scusa. «Non era intenzionale» si affrettò ad aggiungere vedendo la faccia sconvolta di James.
 
«Com’è che era?» Sirius ci pensò su un attimo con un sorriso sornione «Oh sì, ora ricordo. Lei non toccherà Sirius Black» un occhiolino malandrino la investì «mi piaceva come suonava» «Ah, sta’ zitto» lo rimbeccò lei tornando a fissare il suo piatto con una risata.
 
«Si può sapere cosa ti sei fatto alla guancia?» James osservò concentrato il viso dell’amico. Sirius si toccò piano. Il dolore era sparito. «Sei solo un po’ rosso… sei allergico a qualcosa?» Sirius guardò per qualche attimo la ragazza seduta di fronte a sé. Entrambi scoppiarono a ridere dopo qualche secondo.
 
 
 
Angolo autrice
Buongiorno! Spero stiate passando un’ottima estate. Vi è piaciuto il capitolo? Fatemi sapere cosa ne pensate
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Chi sei? ***


Chi sei?


«è pericoloso» Lily guardò l’amica intensamente. Cercò di trasmettere tutta la sua paura, tutti i suoi dubbi. «Credimi Lily» Elisa sorrise con tenerezza verso il fuoco. «Non è niente» la rossa sbuffò infastidita a quell’occhiata «Mi fido di te» la sua voce era incrinata, i suoi occhi erano diventati lucidi. Elisa si ritrovò a sobbalzare inconsapevolmente.
 
«Mi fido di te» ripeté sommessamente con sguardo incerto «ma tentare ad ogni costo di sfidare così la morte non è essere coraggiosi, è essere stupidi» «Non sai cosa vado a fare» la interruppe lei senza preamboli.
 
«Non giudicarmi» Lily si ritrasse a quelle parole «Non riguarda solo me. Non spetta a me raccontarti la verità» La rossa rimase immobile per alcuni secondi, le labbra strette in una linea dura.
 
«Beh, vedi di tornare viva» e con un sussurro si alzò dal divanetto e si allontanò verso il dormitorio femminile, lo sguardo fisso in avanti e il cuore calpestato dalla paura.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Una folata di vento accarezzò lievemente l’erba, scompigliandola. La tigre continuò il suo percorso. Era stanca quella sera. Si stiracchiò lentamente, assaporando quel gesto come una delle sue tante fughe dal quotidiano.
 
Continuò a camminare, sbadigliando. Raggiunto il platano picchiatore osservò dall’alto quattro animali rincorrersi più a valle. Alcuni ululati si alzarono nella valle. Lei si sedette, paziente. Rimase ad aspettare, paziente, osservando come i giochi dei quattro fossero intervallati da fughe e piccolo risse.
 
Peter scorrazzava velocemente tra le zampe dei grossi animali, attento a non farsi schiacciare. Un’altra folata di vento la colse alle spalle. I rami della foresta proibita furono scossi con violenza. Un latrato più vicino attrasse la sua attenzione.
 
Sirius l’aveva individuata. Le stava venendo ora incontro, seguito subito dagli altri. Il lupo sembrava il più restio, quasi avesse paura di un qualche pericolo. Se avesse potuto, la tigre avrebbe riso. Salutò invece i compagni con un basso ringhio. Gli altri risposero velocemente per poi tornare a correre per il prato.
 
Lei rimase lì, a guardare, fino a che il sole non si alzò e un ragazzo cadde riverso sul prato, sfinito.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Hai una faccia orribile questa mattina» «Grazie, Lily» il commento dell’amica non scalfì il suo umore. Ce l’aveva ancora con lei e, in una maniera intricata e alquanto strana, la capiva. Quando finalmente la campanella suonò, Elisa si chiese cosa avrebbe potuto fare per farla stare meglio.
 
Probabilmente niente si rispose uscendo dalla classe un po’ più afflitta.
 
«Lily!» una voce qualche metro più in là richiamò la sua attenzione. Una biondina li raggiunse correndo.
 
Portava una sciarpa blu e argento, quindi, dedusse la mora, doveva essere una Corvonero. L’aveva vista qualche volta in giro o a lezione, ma non ci aveva fatto caso più di tanto. I suoi capelli potevano ricordare quelli di Carlotta, ma dal suo sguardo, intuì, doveva essere una persona totalmente differente. Gli occhi, di un intenso colore azzurro, sembravano vivere e risplendere di luce propria. Erano gentili ed Elisa avrebbero potuto scommettere che, se avessero vissuto di vita proprio, le avrebbero sorriso. Era molto bella, concluse con un po’ di invidia.
 
«Ciao» la salutò la sconosciuta guardando prima lei e poi l’amica al suo fianco, aspettando delle presentazioni che non tardarono ad arrivare. «Marlene, Elisa Stevenson. Elisa, Marlene McKinnon» La ragazza strinse vivacemente quella dell’altra con un sorriso. «State andando in Sala Grande giusto? Posso unirmi a voi?» le due annuirono un po’ prese alla sprovvista.
 
«è da un po’ che non ti vedevo» commentò quindi la nuova arrivata verso Elisa iniziando a camminare. Quest’ultima annuì, distrattamente. «Scusate se mi sono unita a voi» iniziò quindi abbassando la voce e guardandosi in giro dopo che ebbero svoltato il corridoio. «Ma quell’idiota di Walker continua a tempestarmi di domande» Lily rise all’affermazione. Anche Elisa trattenne a stento un risolino.
 
«In realtà continua a domandarmi di te» Elisa si voltò con stupore a quell’affermazione «Di me? E che diamine vuole sapere?»  le sopracciglia della bionda si alzarono, sornione. «Devo proprio spiegartelo?» Elisa ricevette una gomitata dall’amica al suo fianco.
 
Quando finalmente raggiunsero la Sala Grande la bionda si congedò con un sorriso, assicurandole che non avrebbe detto nulla al Corvonero. A detta sua, infatti, il ragazzo doveva trovare un po’ di spina dorsale prima di poter anche solo avvicinarla.
 
Mentre si allontanava, Elisa, guardandola da dietro, non poté fare a meno di pensare che quella Marlene era una tipa tosta. Si diresse quindi sicura al tavolo, prendendo posto di fronte a Lily. Qualche attimo più tardi, quattro figure le piombarono addosso.
 
«Scricciolo, com’è andata oggi?» sobbalzò a quella voce. «Ragazzi» salutò con un sorriso bevendo un sorso d’acqua. James le si sedette al fianco mentre, dall’altra parte, un Sirius decisamente di buon umore guardò con sguardo famelico il piatto. «Ho una fame da far schifo» commentò prendendo posto e iniziando a riempirsi il piatto. Remus e Peter guardarono la scena divertiti mentre, più delicatamente, prendevano posto al fianco di Lily.
 
«Com’è andata la giornata?» James si riempì il piatto con un sorriso. «Oh il solito» commentò questa lievemente schifata nella sua direzione. «A parte qualche succulenta notizia» continuò sorniona lanciando uno sguardo all’amica seduta di fronte.
 
Il sorriso sul volto di Elisa morì.
 
«Quali?» Remus si intromise nel discorso con curiosità. Era uscito da poco dall’infermeria e il suo aspetto malaticcio ne era la prova «Conoscete Marlene McKinnon?» Sirius annuì distrattamente continuando a guardare con serenità il piatto. «è simpatica. E molto intelligente, aggiungerei» commentò Remus annuendo con convinzione «Beh, ci ha detto che Walker continua a fare domande su Elisa».
 
La forchetta di Sirius si fermò a mezz’aria.
 
«Non è detto che sia per quello che dici tu» la riprese subito l’interessata con sdegno «Potrebbe esserci dietro un terribile malinteso» Lily la guardò scettica per qualche attimo «Seriamente, ci credi davvero a quello che hai appena detto?» Elisa maledisse mentalmente l’amica per la sua lingua lunga.
 
Come non poteva aver notato la reazione dei ragazzi a quella notizia?! James lanciò un lungo sguardo all’amico poco più in là.
 
«Conosco Walker» iniziò con lentezza tornando a guardare il suo piatto «è un idiota» concluse tetro addentando un pezzo di carne. Elisa annuì senza ascoltarlo davvero. Non capiva veramente come la propria vita potesse diventare così facilmente di dominio pubblico.
 
Osservò con la coda dell’occhio Sirius osservare senza più tanto appetito il suo pollo. Non parlare più di quel bacio era stata la cosa più intelligente che avesse mai fatto. Si chiese che putiferio sarebbe nato nella scuola se qualcuno lo avesse mai saputo. Probabilmente – e lei ne era praticamente certa- nemmeno gli altri Malandrini erano al corrente dell’accaduto.
 
Si pulì la bocca con il tovagliolo e si alzò, ancora immersa nei suoi pensieri. Ormai febbraio era iniziato da una settimana, la scuola sarebbe finita prima di quanto si aspettasse. «Devo andare. Ho promesso che questo pomeriggio avrei aiutato a studiare Alice in biblioteca» spiegò prima di salutare ed iniziare ad incamminarsi verso l’uscita della Sala.
 
Sirius aveva evitato il suo sguardo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Era ormai da tutto il pomeriggio che stava studiando. O meglio: che avrebbe dovuto studiare. Con uno sbadiglio alzò la testa dal libro su cui si era sdraiata circa una mezzoretta prima. O forse un’ora, non ricordava con precisione. La pagina le rimase attaccata alla guancia.
 
«Non mi sei di aiuto» Alice studiò la sua espressione confusa per poi tornare a scarabocchiare velocemente sulla sua pergamena. «Scusa, ho un po’ di ore di sonno arretrate» si scusò tirandosi a sedere e cercando di mettere a fuoco i libri sugli scaffali. «Non hai dormito questa notte?» «Incubi» mentì sul momento con un’alzata di spalle.
 
«Strano, non mi sono accorta di nulla» Alice alzò lo sguardo dal libro per incontrare il suo. Sostenne a fatica il contatto visivo. «Non era poi così terribile» spiegò allora con un sorriso tirato. «Mmm» Alice tornò svogliatamente alla sua pergamena.
 
Dopo una decina di minuti Alice la invitò calorosamente ad andarsene. A detta sua, infatti, non avrebbe giovato a nessuna delle due la sua presenza: il suo lavoro era già impostato e lei era stanca da morire. Attraversando l’ennesimo corridoio, Elisa sospettò che vederla dormire mentre lavorava doveva aver indotto Alice a quel’atto di estrema carità.
 
Non si lamentò, in ogni caso, troppo intenta nell’immaginare il suo dolce letto e la dormita che la aspettava. Ma qualcosa, all’improvviso, le fece scattare un campanello di allarme. Il corridoio in cui si trovava era vuoto e silenzioso. Allora perché le sembrava di essere seguita? Sospirò con lentezza, per calmarsi, per poi continuare il suo percorso con una mano nei jeans, la bacchetta stretta in pugno. Uno scatto alle sue spalle la fece voltare.
 
«Expelliarmus!» «Protego!» l’incantesimo dello sconosciuto andò ad infrangersi contro il muro invisibile che aveva appena evocato.
«Tu»
Elisa rischiò di lasciare andare la bacchetta per la sorpresa. Severus fece un passo avanti, il viso contratto da un nervosismo spasmodico. Sorrise, con quello che a lei sembrò un misto di dolcezza, rabbia e dolore.
 
Un altro incantesimo rischiò di colpirla. Lo evitò solo per puro caso, spostando il peso da una gamba all’altra. Un altro e un altro ancora si infransero sul muro invisibile che lei riuscì ad evocare in tempo.
 
«Che cosa vuoi?» la domanda non ricevette risposta. Un taglio superficiale si aprì sul suo braccio, tagliando la stoffa della camicia che indossava.
 
Il bianco si sporcò di rosso.
 
La bacchetta le cadde dalle mani quando il ragazzo, con una mossa veloce, la disarmò. Elisa si morse la lingua per non gemere, frustrata. Guardò il Serpeverde di fronte a sé. Non voleva combattere. Fece un passo indietro, sperando in una possibile fuga, ma voltare le spalle avrebbe voluto dire essere colpiti. Conosceva abbastanza bene Severus da sapere che aveva un’ottima mira.
 
Non avrebbe sbagliato.
 
Guardò nuovamente l’avversario di fronte a sé. Il ragazzo alzò la bacchetta verso di lei, una nuova espressione sul volto. Era determinazione.
 
«Legilimens» la ragazza boccheggiò quando sentì i pensieri di lui entrarle nella testa.
 
Una ragazza bionda si stava avvicinando. I suoi capelli potevano ricordare quelli di Carlotta, ma dal suo sguardo, intuì, doveva essere una persona totalmente differente. Gli occhi, di un intenso colore azzurro, sembravano vivere e risplendere di luce propria. Erano gentili ed Elisa avrebbero potuto scommettere che, se avessero vissuto di vita proprio, le avrebbero sorriso. Era molto bella. Si ritrovò un po’ invidiosa.
 
L’improvvisa consapevolezza di star guardando i suoi ricordi investì Elisa con tutta la sua potenza.
 
Sirius sorrideva imbarazzato. Guardava fisso il fischietto per cani tra le sue mani, quasi fosse orgoglioso di sé stesso.
 
«No» Elisa cercò di opporsi con forza. Nulla cambiò.
 
«Questa volta imparerai» l’uomo sorrise, una luce sinistra negli occhi. Il vecchio camino era acceso. La bimba osservò terrorizzata il fuoco danzare. Non capiva. Perché? Lei non aveva fatto nulla. Quando la prima frustrata arrivò, un urlo si levò nella stanza.
 
«NO!» l’urlo squarciò il corridoio. Elisa sentì una forza che, da dentro, respingeva quei pensieri estranei. Come catapultata, si ritrovò in una mente non sua.
 
La foresta proibita quella sera sembrava ancora più inquietante. Il ragazzo attraversò il prato, puntando al Platano Picchiatore. Quando raggiunse la sua meta, impiegò qualche attimo per trovare un ramo abbastanza lungo. Quando ci riuscì, però, tenendosi a debita distanza, colpì il ramo che l’altro gli aveva indicato.
 
Entrò facilmente nel tronco.
 
Procedette schiacciandosi contro la parete, il cuore che martellava nel petto. Gli aveva detto di continuare, avrebbe finalmente scoperto tutto. Un urlo disumano riempì il silenzio. Severus si bloccò in mezzo al cunicolo, ascoltando. Doveva capire, doveva andare avanti. Respirò a fondo, per poi procedere con più impegno.
 
 Le urla continuarono.
 
Improvvisamente, una grata si aprì al termine del corridoio. Severus la osservò per qualche secondo, ascoltando i rumori. Un silenzio piatto aveva ormai riempito l’aria. Cercando di fare meno rumore possibile, il ragazzo aprì la grata e si infilò nella stanza, stralunato. Si diresse su per le scale, ascoltando gli scricchiolii provenienti dal piano superiore.
 
Un nuovo urlo disumano squarciò la notte.
 
Raggiunse con trepidazione il piano superiore. Finalmente avrebbe scoperto. Allungò la mano verso il pomello della porta. Stava tremando. Ma prima che potesse raggiungere il pezzo di metallo, la porta si spalancò con un tonfo.
 
Il viso scioccato di James riempi suo campo visivo. «Mocciosus» il Grifondoro osservò l’altro con incredulità. Un nuovo urlo squarciò il silenzio.
 
 «VIA!»
 
James trascinò il Serpeverde giù dalle scale con foga. Arrivati al piano terra lo spinse verso la grata.  
 
«SCAPPA»
 
 Aveva di nuovo urlato. Il suo viso era una maschera di paura. Nel suo tono di voce Severus non poté non notare l’urgenza. «Potter io non-» un corpo cadde dal primo piano. Se Severus non avesse notato i gemiti e le violente contrazioni, avrebbe perfino pensato potesse essere un cadavere. La figura si riversò all’indietro, gli occhi si puntarono verso Severus.
 
«Lupin» era stato un sussurro, ma sotto i suoi occhi la figura iniziò a cambiare. I vestiti iniziarono a lacerarsi, mostrando una schiena pelosa e segnata da profonde cicatrici. Artigli e zanne fecero la sua comparsa. Qualcosa afferrò il ragazzo da dietro, trascinandolo verso la grata.
 
«VA VIA» James lo gettò di nuovo nel tunnel. Prima che Severus si voltasse per scappare, poté chiaramente vedere un cervo e un lupo mannaro scontrarsi nella notte. Prima che si voltasse per scappare, Severus poté di nuovo sentire le indicazioni di Sirius Black.
 
Un nuovo urlo invase il corridoio. Due figure furono sbalzate a parecchi metri di distanza l’una dall’altra. Elisa cercò di aprire gli occhi, confusa. Voltando di poco la testa, notò una figura che, zoppicando si allontanava di corsa. Richiuse gli occhi, rinunciando completamente a mettere a fuoco. Prima che se ne potesse accorgere, perse i sensi.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quando provò ad aprire gli occhi, Elisa si stupì di ritrovarsi in un corridoio. Iniziò cercando di mettere a fuoco la torcia, appesa qualche metro più in là. Si ritrovò ad osservare il fuoco, presa, cercando di calmarsi.
 
La testa pulsava.
 
Cercò di muovere con pazienza le braccia e le gambe. Solo il braccio sembrava lievemente ferito. Si buttò su un lato, mettendo a fuoco il pavimento. Si alzò, con fatica. I muscoli sembravano irrigiditi, come se avesse corso per molti chilometri. Guardò con attenzione il taglio sul braccio che, lentamente, aveva smesso di sanguinare. La sua camicia, dapprima bianca, si era trasformata, riempita da macchie scarlatte.
 
Respirò a fondo.
 
La realtà le piombò addosso come una doccia fredda. Severus, i ricordi, quella forza. Chiuse gli occhi nuovamente, cercando in tutti i modi di trattenere un conato di vomito. Si appoggiò alla parete, permettendole di sostenerla, mentre una nuova nausea le riempiva lo stomaco e i polmoni: il disgusto. Si appoggiò totalmente al muro, osservando il soffitto con occhi vacui.
 
Doveva tornare in Dormitorio.
 
Facendo perno con le braccia si alzò sulle sue gambe. Stava tremando. Iniziò a mettere un piede davanti all’altro. Fece un metro, poi un altro, finché quel metro si trasformò in un corridoio. Non pensò né fece nulla per il braccio. Avrebbe potuto morire dissanguata in quello stesso istante, non le sarebbe importato.
 
«Oh cielo cara, tutto bene?» la Signora Grassa osservò scioccata la sua camicia. «Mi faccia entrare» gracchiò osservando il pavimento, assente. Aveva bisogno di stare da sola. Se ne accorse improvvisamente, come se il tempo fino ad allora si fosse fermato. Il quadro si spostò senza nemmeno chiederle la parola d’ordine. Barcollò passandogli accanto e si costrinse per qualche secondo sulla soglia. Chiuse gli occhi, appoggiandosi con la fronte alla fredda. Scacciò l’ennesimo conato di vomito.
 
«Io vado a cercarla» «Tornerà» «E come fai a esserne così sicuro, Potter?» la domanda non ricevette risposta «Mi fido di lei».
 
Fiducia.
 
 «Non capisco. Dovrebbe essere tornata da un bel po’. È andata via molto prima di me» La voce di Alice sembrava spaventata. «Va tutto bene» Frank intervenne mesto, sostenendola.  Anche senza vederli, Elisa poté immaginare che si stessero abbracciando.
 
Affetto.
 
Riaprì gli occhi, costringendosi a camminare. «Buon dio» Sentì l’esclamazione di Lily ancora prima di vederla. «Elisa» Alice fu la prima ad avvicinarsi. Non rispose al suo veloce abbraccio. «Cos’è successo?» Lily si avvicinò con cautela.
 
Volle evitare il suo sguardo. Una mano raggiunse il suo mento e glielo alzò. Quando i suoi occhi incontrarono quelli verdi, l’altra trasalì. «Elisa» la ragazza sentì indistintamente Remus qualche metro più in là chiamarlo, preoccupato.
 
La figura a terra si contorceva tra spasimi e gemiti. Il corpo del ragazzo stava lentamente lascando spazio al lupo mannaro. Urla disumane si alzarono nella stanza.
 
«Scricciolo, la spalla» una mano le toccò con delicatezza la spalla. Peter squittì in un angolo. I polpastrelli di James toccarono delicatamente la pelle intorno al taglio. Quando le ritirò, una sostanza scarlatta imbrattava le sue dita: il suo sangue.
 
Il ragazzo lo spinse verso la grata. I suoi occhi erano dilatati dalla paura. «VA VIA» i due animali si erano scontrati con un tonfo sordo. Avrebbe potuto giurare che le corna avessero solcato la carne dell’altro animale. Uno schizzo di sangue era finito sul pavimento.
 
«Elisa»
 
«Non puoi sbagliare» il ragazzo sorrise con sufficienza «a meno che tu sia così stupido» «Perché lo stai facendo, Black?» il Grifondoro di fronte a sé sorrise, furbo, un nuovo sguardo innocente in viso. «Ci deve essere per forza un motivo?»
 
Inganno.
 
Bugiardo.
 
Assassino.
 
Gli occhi di Elisa incontrarono i suoi. Sirius la guardava preoccupato, un velo di ansia in quei pozzi grigi a tradire il suo stato apparentemente calmo. «Stai bene?» continuò ad osservarlo e, per la prima volta, si accorse come la sua nausea aumentasse al pensiero di lui. Era rabbia. Il suo respiro aumentò all’improvviso. Cercò di mantenere la calma, conscia del fatto che no, questa volta non avrebbe perso il controllo.
 
Era lucida. Lei sentiva quella rabbia, la voleva, era il suo desiderio più profondo. La bramava, come un paralitico al suono di passi. Era un mostro.
 
«è un attacco di panico» James scostò rudemente le due ragazze e, afferratola, la trascinò qualche passo più in là, fino a farla accucciare. «Calmati» la coprì agli occhi degli altri e le passò una mano sulla schiena, cercando in tutti i modi di distrarla. Elisa si accorse, con meraviglia, che stava funzionando. Si concentrò con più decisione sulla mano dell’altro, sentendola scorrere lungo la sua spina dorsale, fino al suo collo. Qui si fermò.
 
«Stai meglio?» Elisa si voltò un poco, quel tanto per capire la situazione. Erano entrambi accovacciati e, notò un attimo dopo, si trovavano in un angolo della stanza. Gli fu grata per questo. Quando lei annuì, lui l’aiutò ad alzarsi.
 
«Elisa» Remus si avvicinò spedito, prendendole il viso tra le mani e cercando di studiarle i lineamenti del viso. Lei non disse nulla. Anzi si scostò da quelle attenzioni, decisa a puntare le sue attenzioni verso una persona in particolare. Sirius la fissò qualche secondo in attesa.
 
«Cosa diamine-» «Bugiardo» il suo era stato un sussurro. La temperatura della stanza parve diminuire di una decina di gradi. Gli occhi del ragazzo si allargarono per la sorpresa. «Che cosa-» «Assassino» «Elisa!» Lily afferrò il polso dell’amica, scrutandola negli occhi.
 
Non la riconobbe. Quegli occhi, solitamente ridenti o persi in una lontana malinconia, erano ora guidati da quella che, la ragazza riconobbe, una furia cieca.
 
«Va via» la mora strattonò il polso con forza. Lily si sbilanciò ma non cadde. Fissò l’amica per qualche altro secondo, meditabonda. «No» concluse quindi riafferrandole il polso e strattonandoglielo. Elisa si voltò a guardarla con rabbia.
 
«Cosa?» «Non me ne andrò» Lily respirò a fondo per calmarsi, sforzandosi di mantenere il contatto visivo con l’amica. «Togliti di mezzo, Lily» Elisa tornò a guardare Sirius, l’ira a trapelarle dagli occhi. «Non me ne andrò di qui» la mora la ignorò, facendo un passo avanti verso il ragazzo. «Ascoltami!» Lily strattonò con più forza.
 
Un secondo dopo un urlo squarciò il silenzio nella stanza. Lily deglutì a fatica mentre Elisa, con forza, le premeva una mano contro il collo. La rossa osservò per qualche istanti quelle iridi rosse, deglutendo ancora per tenere a bada la paura.
 
«Dimmi un motivo per cui non dovrei farlo» la sua voce era sibilante, come quella di un animale braccato. Lily poté vedere, con la coda dell’occhio, James puntare la bacchetta verso l’amica. Sospirò, mantenendo la calma e puntando i suoi occhi verso quelli dell’altra. Si sforzò di non abbassare lo sguardo.
 
«Questa cosa» scandì con lentezza, la mano libera che andava a posarsi su quella dell’altra poggiata al suo collo «la affronteremo insieme» concluse cercando di trattenere le lacrime. La presa sul suo collo si allentò. Elisa ritrasse la mano, tremante. Lily poté scorgere una nuova consapevolezza negli occhi di lei: aveva ripreso il controllo.
 
«Non sei da sola» Dopo aver ripreso ossigeno, la rossa intrecciò le sue dita con quelle dell’altra, continuando ad osservarla negli occhi. Lei annuì. E quando si voltò verso Sirius una nuova consapevolezza si impossessò di Elisa: non gli avrebbe mai fatto del male. Non avrebbe potuto, semplicemente, perché, come con Lily, qualcosa glielo avrebbe sempre impedito.
 
Sirius fece un passo avanti, esitante, studiando con cura ogni suo movimento. Aveva paura, si accorse, e quello le fece male. Poteva sopportarlo da chiunque, forse persino da Lily. Ma lui no.
 
«Hai cercato di ucciderlo» Sirius trasalì. Elisa sentì qualcosa solcarle la guancia. «Severus- tu-» gli occhi grigi del ragazzo si riempirono di consapevolezza. «Chi te lo ha detto?» il viso di lui si contrasse con rabbia. Quando lei non rispose, l’ira gli deformò il volto «Chi te l’ha detto?!» «NON IMPORTA» Elisa sentì indistintamente Lily afferrarle la mano per impedirle di fare un altro passo verso il ragazzo. «Sì che importa! Chi te lo ha detto?!» Sirius fece un altro passo avanti verso di lei, il cuore a mille.
 
«Sirius» Remus richiamò l’amico, inutilmente. Elisa scrutò a lungo il suo viso, per poi soffermarsi con astio sugli occhi «Chi sei?» era stato un sussurro, ma il disprezzo trasbordava volutamente in quelle semplici sillabe.
 
«CHI SEI?!» l’urlo colpì il ragazzo a pochi centimetri da lei come un coltello nello stomaco. Rimase per alcuni istanti immobile, scrutando quel viso così conosciuto distorto da una maschera di odio e freddezza.
 
«Vuoi sapere la verità?» con qualche passo indietro Sirius si distaccò dalla ragazza con un sorriso strafottente e amaro sul viso. «Mi sono divertito» scandì quelle parole con lentezza affinché facessero più male. Elisa urlò istericamente al soffitto. Una fitta diversa colse il ragazzo a quella scena: una fitta al cuore.
 
La ragazza si afflosciò su sé stessa, singhiozzando in un pianto senza lacrime. Strinse i denti lei, troppo orgogliosa per piangere e troppo arrabbiata per non farlo.
 
Lily si accovacciò dietro all’amica sussurrando parole di conforto. «Andrà tutto bene» più rivolta a sé stessa che ad altri, notò come alcuni curiosi erano scesi dai Dormitori, ancora avvolti nei loro caldi pigiami. Effettivamente, era praticamente mezzanotte.
 
«Che diamine sta succedendo?» Lily si girò appena in tempo per vedere la Mcgranitt fare la sua apparizione nella stanza.  «Stevenson» la donna fece un passo indietro, spaventata, con una mano sul cuore.
 
Elisa si ripulì la fronte dal sudore con una manica. «Sto bene, professoressa» la sua voce risultava gracchiante. Cercò di alzarsi e, con grande stupore, si accorse di riuscirci: Lily, al suo fianco, la stava sostenendo. Si strinse alla figura alla sua sinistra, incurante che qualcuno le stesse osservano. «In infermeria, signorina Stevenson. Signorina Evans, per cortesia la accompagni.» La donna si strinse nella sua vestaglia osservando le due allieve dirigersi verso il ritratto.
 
Quando le due lo oltrepassarono, la sua espressione si indurì «Signor Black, è pregato di spiegarmi che cosa è esattamente accaduto»
 
 
Angolo autrice
Ma salve! Lo so, lo so, sono in ritardo… Diciamo che mi sono fatta perdonare con il capitolo assolutamente lunghissimo. Allora, so che sembro una sadica cattivona agli occhi di voi lettori e sì, lo so che la storia tra Elisa e Sirius è appena nata e la sto già facendo a fettine. In realtà, nella mia piccola testolina malata, la storia tra i due non si esplica in una semplice storiella d’amore dove va tutto a gonfie vele, anche perché ci sono un sacco di storie d’amore così. Non sono però nemmeno una pazza sadica amante delle storie tristi e dei destini controversi e pieni di difficoltà. La mia, ancora prima di una storia d’amore, vorrebbe essere la storia di una vita. E ovviamente in questa l’amore ricopre un ruolo molto importante, ma non assolutamente centrale.

Detto questo vorrei chiarire un attimo il comportamento di Elisa. Penso – e spero- di aver trasmesso l’idea di una ragazza forte, carismatica ( e talvolta una grandissima stro*** ) ma che in realtà nasconde molti segreti e un carattere abbastanza debole. Ed è proprio quest’ultimo che secondo me è la chiave di tutta la storia, in particolare in quest’ultima vicenda. Dare la propria fiducia a qualcuno e venire poi a scoprire fatti come quelli… beh, non credo sia molto facile da accettare. Spero di aver reso tutto questo al meglio.

Scusate per la filippica, ma volevo chiarire queste cosine perché in realtà è da un po’ che vorrei farlo, ma non ho mai trovato l’occasione. Che ne dite? Siete d’accordo? Fatemi sapere che ne pensate, sono curiosa.
Alla prossima
Eli Ardux
 

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Bolle d'infelicità ***


Bolle d'infelicità


Quando la mattina seguente Elisa si svegliò, non volle aprire gli occhi. Gli eventi della sera prima si alternavano ancora nella sua mente, rendendo il suo animo ancora più afflitto di quanto già non fosse. La rabbia fu sostituita ben presto dalla delusione e dalla vergogna facendola sentire, come si accorse ben presto, uno schifo.
 
Quando finalmente decise di alzarsi dal letto un ricordo improvviso la colpì: non era in camera sua. La notte precedente Lily l’aveva portata in infermeria e, dopo averla curata e pulita con semplici incantesimi, Madama Chips non aveva esitato a spedirla in un letto per una bella dormita. Qualche tempo dopo, però, un’altra figura si era infilata al suo fianco tra le lenzuola.
 
Lily l’aveva abbracciata e, cullandola contro il suo petto, le aveva promesso che tutto sarebbe andato bene. Si erano addormentate così, con il mento della rossa appoggiato alla sua nuca.
 
Muovendosi un poco, capì che Lily era ancora appoggiata a lei.
 
Sorrise.
 
E mentre una lacrima di gratitudine andava ad infrangersi sul cuscino immacolato dell’infermeria, voltò lievemente la testa verso l’altra, incastonando la sua testa nella spalla di lei, e, stretta nel pugno la sua maglietta, si addormentò.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Sirius osservò il suo riflesso allo specchio. Analizzò con minuzia il suo naso, gli zigomi, la fronte. Per ultimo si concentrò sugli occhi. Erano particolarmente scuri quella mattina, proprio come il suo umore.
 
Con uno sbuffo si staccò dal lavello ed uscì dal bagno. La stanza, quella mattina, era particolarmente silenziosa. «Sei un idiota» il commento di James gli arrivò nitido alle orecchie nel silenzio generale.
 
Decise di ignorarlo.
 
«Si può sapere che diamine ti è preso?!» l’amico tornò all’attacco più carico che mai. «Fatti gli affari tuoi, Ramoso» il ragazzo con gli occhiali lo guardò stupefatto. «Fatti gli affari tuoi?!» la rabbia dell’amico investì Sirius come una doccia fredda.
 
Fu afferrato per la maglietta e sbattuto contro il muro, con violenza. James lo guardava adirato al di là dei grossi occhiali. «Quella, brutto idiota di un bastardo» scandì spingendolo contro il muro ripetutamente «è Scricciolo» il suo sguardo si puntò in quelli dell’altro. Sirius deglutì a fatica.
 
«Prima di essere una qualsiasi ragazza che ti porti a letto; prima di essere un’alunna di Hogwarts; prima di essere qualunque cosa lei sia» sapevano perfettamente tutti in quella stanza che aveva opportunamente evitato di utilizzare la parola “demone” «lei è Scricciolo» solo al termine del suo discorso lo lasciò andare, il volto ancora adirato.
 
Sirius si rimise a posto il maglione, togliendo le pieghe che la presa dell’amico aveva provocato, ma non aggiunse altro. Fece per prendere in mano la borsa, ma un movimento richiamò la sua attenzione. Remus, assolutamente taciturno dalla sera precedente, si alzò con uno scatto dal letto e si avvicinò al giovane Black.
 
«Ma non dirmi Remus, anche tu qualcosa da-» un gancio destro colpì Sirius dritto in faccia. Il ragazzo cadde all’indietro, tenendosi la guancia e gemendo dal dolore. «Quella è la mia migliore amica, brutto stronzo» il ringhio del Lupo Mannaro fu accolto da un fischio divertito da parte di James.
 
«A quanto pare hai fatto incazzare un po’ di gente, Felpato» il ragazzo grugnì, infastidito, mentre, con la coda dell’occhio, studiava il prefetto scrocchiarsi le dita con fare minaccioso.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quando, poche ore dopo, Elisa si presentò a lezione, la nausea era più presente che mai. Quella mattina non aveva toccato cibo e, checché Lily continuasse a rimproverarla e a lanciarle occhiate preoccupate, era fermamente convinta fosse la scelta migliore.
 
Si toccò lo stomaco dolorante, sperando di non attirare l’attenzione dell’amica. Per sua fortuna, Lily era, al momento, troppo occupata in un interessantissimo patto dei Goblin. Qualche metro più in là un colpo di tosse la fece voltare.
 
Un ragazzo le restituì lo sguardo, sorridendole complice e facendole ciao con la mano. Non poté fare a meno di sorridere anche lei, imbarazzata. Distolse lo sguardo, continuando a mantenere il suo sorriso un po’ stupidamente.
 
Non osò più voltarsi.
 
Quando finalmente la lezione terminò le ragazze si diressero spedite verso l’uscita. Prima che lei e Lily potessero varcare la porta dell’aula, però, Marlene corse loro incontro. Solo allora Elisa si ricordò che quella lezione era in comune con i Corvonero. Dopo i primi saluti e le prime chiacchiere, la bionda si guardò in giro con attenzione «Oh guarda, arrivano Potter e i suoi» Lily si voltò subito nella direzione indicata dalla nuova amica. Elisa gelò sul posto.
 
«Sai, ho saputo che questa mattina il giovane Black è stato pestato» «Cosa?!» Marlene sorrise divertita al commento della rossa «Non so cosa sia successo esattamente ieri sera nel vostro Dormitorio, ma questa mattina Black si è presentato con quel livido» e indicò il volto di uno dei quattro ragazzi che, inesorabilmente, le stavano per raggiungere.
 
«A quanto pare il pugno glielo ha tirato proprio il prefetto» «Remus?!» Lily sembrava non credere alle proprie orecchie. «Scusate, ma se rimango un secondo di più potrei vomitare» Elisa lanciò uno sguardo verso i Malandrini. Stavano cercando proprio lei. Si voltò senza nemmeno aspettare una risposta e, veloce, si diresse verso l’uscita. Non appena la varcò, però, un braccio la trattenne.
 
«CHE DIAMINE-» quando però si voltò verso il malcapitato, scoprì presto che non era chi pensava che fosse. Un ragazzo decisamente imbarazzato le sorrise, timido, quasi scusandosi per averla colta così alla sprovvista. La lasciò subito andare con un’occhiata colpevole. «Ciao, tu devi essere Elisa» le porse la mano, per niente scoraggiato dall’inizio brutale che quella conversazione aveva preso. «Ciao, tu sei…» «Daniel» spiegò lui continuando a sorriderle. «Daniel Walker» gli strinse la mano. Qualche metro più in là Elisa poté vedere come quattro sue conoscenze si fossero bloccate in mezzo al corridoio. James stava trattenendo l’amico al suo fianco per la spalla.
 
Sorrise.
 
«Ti va una passeggiata?» chiese serafica indicando il corridoio con la mano appena lasciata libera.
 
«Certamente»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«E quindi?» Elisa smise di ridere prima che potesse anche solo articolare qualche parola. La sua passeggiata con Daniel era durata molto più del previsto. Erano ormai due ore che se ne stavano fuori, seduti su un muretto, il freddo ad invadergli le ossa ma le risate a scaldare loro il cuore.
 
«E quindi niente, Carlotta ha dovuto dormire per terra» il ragazzo rise di gusto, cercando in tutti i modi di trattenersi. Elisa lo osservò a lungo, notando come i capelli biondi, che non teneva né troppo lunghi né troppo corti, gli ricadessero sulla fronte o di come il pomo d’Adamo si alzasse e si abbassasse ad intermittenza. Arrossì e distolse lo sguardo.
 
«Dovremmo tornare» il ragazzo alzò lo sguardo verso il cielo, stiracchiandosi un poco. Gli occhi azzurri si socchiusero appena, gustandosi il sole invernale sulla pelle. «Sei simpatica. Dovremmo rifarlo» Elisa si voltò anche lei, gli occhi rivolti verso il cielo.
 
«Vero, dovremmo proprio rifarlo»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quando un’oretta più tardi fece il suo ingresso in Sala Grande, Elisa trovò la sua amica intenta in un’intensa conversazione con Alice. Avvicinandosi, colse alcuni stralci della conversazione «Ti dico che l’ha cercata per mezza scuola» «Non essere stupida» Lily scosse la testa, decisa.
 
«Fidati di me. Vuole parlarci» Alice annuì convinta in direzione dell’altra «L’hai vista anche tu come l’ha trattata ier-» «Sera ragazze» Elisa si intromise nel discorso, la fame improvvisamente svanita. Le due si guardarono per qualche secondo per poi rispondere al saluto.
 
Dopo qualche istante Lily si voltò nella sua direzione «Black ti sta cercando» la informò senza tanti preamboli «si dice ti voglia parlare.» completò quindi continuando ad osservare ogni sua reazione. Elisa si concentrò sul pollo che si era appena messa nel piatto.
«Che ci provi» concluse tetra iniziando la sua umile cena.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quando, due giorni più tardi, Lily la convinse a seguire il corso per smaterializzarsi, Elisa non seppe se essere immensamente felice o immensamente scocciata. Da una parte, l’idea di imparare quell’incantesimo la stuzzicava più di qualsiasi altra cosa. Il suo interesse era, però, decisamente proporzionale al fastidio che recarsi in Sala Grande per le lezioni avrebbe comportato.
 
Evitare Sirius risultava già abbastanza difficile senza ore supplementari, si era ripetuta una decina di minuti dopo la notizia. Ma Lily e la sua coscienza non avevano voluto sentire ragioni.
 
Quel pomeriggio, quindi, Elisa si recò in Sala Grande provando una così vasta gamma di emozioni che, pensò un primo momento, avrebbe incenerito qualcuno. Quando il professore Wilkie Twycross iniziò a parlare, la sua mente era proiettata verso una strana agitazione, un’eccitazione unicamente dovuta alla scoperta di un nuovo incantesimo.
 
«Per ragioni che potrete facilmente capire» iniziò il giovane uomo guardandosi imbarazzato le scarpe «tutti coloro che non hanno ancora compiuto diciassette anni non potranno eseguire l’esame finale» un brusio violento si levò tra gli studenti. Lily, al suo fianco, la guardò preoccupata e colpevole. «Tranquilla» Elisa le prese dolcemente il polso e lo strinse, cercando di far trasparire la sua tranquillità dal suo gesto.
 
Essere nata il 31 dicembre poteva, purtroppo, rappresentare una fregatura, talvolta.
 
Una voce, qualche metro più indietro, attirò la sua attenzione. «è un’ingiustizia» la protesta di Sirius fu acclamata con un certo sostegno dagli altri ragazzi. Il professore aprì e richiuse più volte la bocca, senza parole. Silente, dal fondo della Sala, fece un passo avanti. Elisa osservò con cura la reazione dell’uomo davanti a sé. Non doveva aver iniziato a lavorare da molto e, come mostrava chiaramente il suo carattere, l’imbarazzo che provava risultava palpabile.
 
Non era l’unica che se ne era accorta, ragionò con amarezza qualche secondo dopo. I suoi compagni stavano sfruttando la sua paura e il suo carattere docile. Intravide, poco più in là, la sagoma di Severus scuotere la testa, deluso. Fece un passo avanti.
 
«Non mi pare questa grande perdita» sentenziò quindi girandosi verso i compagni. Molti occhi si posarono su di lei con astio. «Potrete farlo l’anno prossimo. Potete anche aspettare» continuò imperterrita alzando il mento in segno di sfida. «Forse tu puoi aspettare» la voce di Sirius la raggiunse come uno schiaffo. Si voltò a guardarlo, guardinga. La rabbia nel suo petto era ancora cocente, quasi palpabile.
 
La delusione, però, era maggiore.
 
Scosse le spalle abbassando gli occhi e voltandosi. Non gli avrebbe dato la possibilità di parlarle. Il professore continuò con la sua spiegazione. Quando, una decina di minuti più tardi, Elisa prese posto nel suo cerchio, non sapeva bene cosa dovesse fare. Si guardò intorno con disappunto notando l’assenza di Lily. Ripensò alle parole del professore con calma, trovando la giusta concentrazione.
 
Destinazione.
 
 Determinazione.
 
Decisione.
 
«Cosa c’è Stevenson, ti va un pisolino?» Sirius la schernì qualche metro più indietro. La guardava sorridendo beffardo, il livido sulla guancia che piano piano se ne stava andando. Elisa rifletté solo in quel momento sul gesto che Remus aveva compiuto per lei. Sorrise verso l’amico, improvvisamente grata. Il ragazzo le restituì il sorriso.
 
«Cosa c’è, non mi hai sentito?» la voce di Sirius risultò più irosa di quanto la avesse mai sentita. Avrebbe voluto rispondergli di malo modo, magari insultandolo, ma qualcuno ci pensò al posto suo. «Mi pare che fra tutti tu sia l’unico che stia cercando di distrarla» Daniel uscì dal cerchio quel tanto per afferrarla per il braccio con una stretta gentile.
 
«Direi che se iniziassi a concentrarti di più sul tuo lavoro invece di andare alla disperata ricerca di attenzioni, tutti ti saremmo un po’ più grati» detto questo voltò la ragazza in avanti con un sorriso di intesa e poi, semplicemente, tornò dentro al suo cerchio qualche passo più in là. Elisa richiuse gli occhi, finalmente grata. Pensò al gesto a cui aveva appena assistito e, improvvisamente, un moto di felicità la investì.
 
Fece un passo avanti, ma non toccò per un attimo terra. Il suo corpo fu risucchiato prima che lei se ne potesse accorgere e, un attimo più tardi, due braccia la stavano sorreggendo.
 
«Se volevi farti abbracciare bastava dirlo, sai?» Daniel la guardava divertito, le labbra piegate in un’adorabile risata. Aveva i denti un po’ storti, osservò nell’ultimo attimo di lucidità. Eppure, per lei, aveva un sorriso che avrebbe aperto i cieli.
 
Quel movimento richiamò l’attenzione del professore.
 
«Credo non abbia capito signorina» la riprese l’uomo dopo essersi complimentato innumerevoli volte per essere già riuscita in quello che lui considerava uno degli incantesimi più difficili in assoluto. «La prossima volta ricompaia nel suo cerchio, non in quello del suo compagno» «Non che a me non abbia fatto piacere» Daniel le strizzò l’occhio prima di lasciarla andare.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Sei ridicolo, sai?» la ragazza li raggiunse con un sorriso benevolo in viso. Sirius la fulminò con lo sguardo ma non rispose. «Ciao Marlene» James scese dalla scopa proprio in quel momento raggiungendo gli altri. Tra le mani stringeva un boccino. «Come va?»
 
«Uno schifo» Remus rispose per gli altri con un’alzata di spalle, fissando il cielo, pensoso. Era passato un mese.
 
Un mese, e Sirius ancora non riusciva ad entrare nella Sala Grande senza cercarla con lo sguardo.
 
Un mese, e lei non si era presentata alla luna piena.
 
Un mese.
 
Chiuse gli occhi, gustandosi il vento che gli scompigliava lievemente i capelli. «Tu come stai?» James. Non ne parlava, ma la mancanza della ragazza lo aveva colpito. Lily rimaneva lontano e, segretamente, avvertiva ancora il suo sguardo andarsi a posare sulla chioma rossa. Ne soffriva, così come tutti. Solo forse un po’ di più: l’amore se ne era andato, così come quella che, ne era certo, iniziava a considerare una sorella.
 
Ma non avrebbero abbandonato Sirius. Checché per la prima settimana non potessero vederlo, tutti si erano piano piano resi conto che il suo dolore era di gran lunga superiore al loro. Loro avevano perso un’amica, lui aveva perso un pezzo dei suoi pensieri, delle sue giornate. Aveva perso un obiettivo alla mattina e un sogno con cui addormentarsi la notte.
 
La sua rabbia, si erano accorti, era solo verso sé stesso. La guardava, da lontano, quando credeva di non essere visto. Remus non avrebbe mai saputo cosa i suoi occhi esprimessero. Gelosia, odio, rimpianto. Scosse la testa, quasi volesse scacciare via la vista dell’amico.
 
«Solito» Marlene guardò Sirius qualche metro più in là. Le dava le spalle, guardando lontano. Sembrava assorto. «Si dice che Elisa stia uscendo con un tipo» Sirius si voltò così velocemente che la ragazza sobbalzò lievemente per la sorpresa. «E a me cosa dovrebbe importarmi?» La bionda sbuffò, infastidita.
 
«Benché tu non sia un Corvonero pensavo fossi più intelligente» Sirius la guardò arcigno per qualche attimo, per poi voltare lo sguardo. «è quel Walker, vero?» James guardò tetro la Corvonero per qualche attimo. «Ottimo ragazzo se vuoi qualche consiglio in Trasfigurazione» la bionda diede un calcio all’erba, sovrappensiero «un po’ meno capace per quanto riguarda le relazioni» concluse poi con una smorfia.
 
«Quel che temevo» sospirò il ragazzo sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Elisa guardò la piuma del ragazzo scivolare sulla pergamena. Studiò il suo profilo con cura, osservando divertita come l’espressione di lui si accigliasse sempre più. «Ho qualcosa in faccia?» Daniel si passò la mano sul viso notando il suo sguardo. Elisa distolse lo sguardo, troppo imbarazzata per rispondere.
 
La biblioteca quel pomeriggio era abbastanza silenziosa, notò compiaciuta. Fuori dalle finestre una pioggerellina fresca batteva insistente contro i vetri. Marzo era arrivato e già li salutava. Sorrise triste a quel pensiero.
 
«Sai, la prossima settimana c’è l’uscita ad Hogsmeade. Mi chiedevo se, beh» la ragazza trattenne il sospiro «Ti va di andarci insieme?» Rimase a guardarlo ancora per qualche secondo per poi annuire, estasiata. Sarebbe andata ad Hogsmeade con Daniel Walker.
 
Poteva essere più felice?
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Una ragazza bionda incrociò il suo sguardo. Arrossì e lo distolse, veloce, controllando subito dopo l’imbocco della strada. Se ne stava sotto quell’albero da quasi mezz’ora, eppure non si spostava. Stava aspettando qualcuno, dedusse con una smorfia.
 
Chissà se il suo lui si sarebbe presentato. Chissà come lo avrebbe salutato, quali sarebbero stati i suoi pensieri. Con una scrollata di spalle Sirius si alzò dalla vecchia panchina.
 
Era ora di tornare a casa.
 
Quel giorno ad Hogsmeade era stata una noia totale. James e gli altri erano andati ai tre manici di scopa per una burrobirra, ma lui non se l’era sentita di seguirli. Non ne aveva voglia e non era dell’umore adatto. Probabilmente avrebbe ancora fatto in tempo a raggiungerli.
 
Lanciò ancora uno sguardo alla ragazza al di là della strada. Sembrava poco più grande di lui, Tassorosso dedusse dall’abbigliamento. Iniziò ad attraversare la stradina deserta, deciso finalmente a raggiungerla per chiederle se aveva per caso bisogno di qualcosa. Ma una figura la raggiunse prima che lui potesse fare più di qualche passo.
 
Una ragazza Corvonero abbracciò l’altra in un caldo abbraccio. Quando si staccarono, le due figure si allontanarono mano nella mano. Prima che riuscissero a svoltare l’angolo, la Corvonero si avvicinò furtiva all’altra, rubandole un bacio veloce e silenzioso. Sirius non poté fare altro che guardarsi le scarpe, immobile, nel mezzo di quella stradina deserta.
 
Sorrise.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
L’aveva vista. Solo di sfuggita, un attimo. Stava ridendo, e quella vista aveva fatto male. Al suo fianco, Walker rideva con altrettanto trasporto. La stava trattenendo per un braccio in un gesto del tutto casuale. Aveva distolto lo sguardo, troppo impegnato a pensare a mille modi attraverso cui tagliare le mani a quel ragazzo.
 
E ancora, a distanza di ore, quella vista faceva male.
 
Sirius sospirò sconfitto salendo l’ultimo paio di scalini. Non sapeva perché aveva deciso di rinchiudersi in quella specie di bolla di infelicità, ma aveva assolutamente bisogno di stare solo. Raggiunse quindi il settimo piano, dirigendosi sicuro verso una delle parti più deserte del castello. Delle risatine qualche metro più in là, però, lo fecero gelare sul posto.
 
Una coppietta, un po’ più in là, aveva deciso di darci dentro alla grande proprio nella sua bolla d’infelicità. Chiuse gli occhi per qualche attimo, troppo contrariato per formulare qualche battutina pungente.
 
Una delle due voci, però, richiamò la sua attenzione. Aprì guardingo gli occhi, scrutando nella semioscurità del castello. Fece qualche metro in avanti, il passo leggero di chi sa non farsi sentire. E poi, nell’oscurità di un pertugio dietro la colonna, li vide.
 
Una ragazza, i lunghi capelli mori ad incorniciarle il volto contratto in una smorfia di puro piacere, giaceva abbandonata lungo la parete della colonna. Appoggiato a lei, un ragazzo dalle spalle aggraziate le baciava il collo, stuzzicandola. Una mano della ragazza si infilò prepotente tra i capelli biondi dell’altro, l’altra a strattonare con forza la casacca blu e argento.
 
E mentre un conato di vomito raggiungeva la bocca del suo stomaco, Sirius poté chiaramente intravedere la sagoma di Daniel Walker baciarla.
 
 
 
 
Angolo autrice
Salve! Lo so, mi scuso già per il ritardo. Ho avuto un po’ da fare ultimamente … Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Pronta ***


Pronta


Lily era tante cose. Una ragazza intraprendente, prima di tutto. Una buona amica e un’ottima confidente – almeno sperava – facevano capolino subito dopo. Poteva anche essere incredibilmente accondiscendente, se il caso lo avesse richiesto. Ma una persona paziente no, non lo era mai stata.
 
La rossa fissò incredula per qualche attimo la ragazza davanti a sé, le parole appena dette a vorticarle con velocità nella mente. «Ti sei spostata» concluse infine con voce piatta e incredula, non volendo credere a ciò che le era stato appena detto. «è stato tutto troppo veloce, Lily, non me lo aspettavo»
 
«Aspetta aspetta» la ragazza si prese con teatralità la fronte tra le mani, cercando di riordinare le idee «Daniel FacciaDaFigoWalker ha cercato di baciarti e tu ti sei spostata perché era troppo improvviso? Cosa doveva fare, mettere dei cartelli?!» «Non lo definirei come troppo improvviso» Elisa gesticolò con eloquenza, presa dall’imbarazzo. «Non mi sentivo pronta, ecco» «E quando, di preciso, penserai di esser pronta?» Lily sbuffò infastidita prendendo il cuscino tra le braccia e iniziando a stringerlo nervosamente.
 
Quella mattina la stanza era rimasta tutta per loro e, approfittando della mancanza delle altre zabette, le due avevano, di comune accordo, fatto il punto della situazione sui loro appuntamenti del pomeriggio precedente. I
 
n una sola parola: deludenti.
 
Che tra lei e Smith le cose non fossero andate troppo bene non la sorprendeva. Gentile, premuroso, ma decisamente troppo noioso. Le piaceva fisicamente, quello era sicuro, ma non le dava spunti, non la stimolava mentalmente. Il suo cervello andava, di buona grazia, al passo di una lumaca. Ci aveva, però, comunque provato, sperando in qualche miracolo divino secondo cui il ragazzo avesse doti nascoste nel centro della sua scatola cranica.
 
Aveva già detto che era stato un disastro?
 
Per Elisa beh, avrebbe dovuto trattarsi di un altro paio di maniche. Lei e MisterBiondo uscivano ormai da più di un mese. Che poi uscivano era per dire: Lily iniziava veramente a pensare che i due non potessero stare separati per più di una giornata. Che stress! Poter passare del tempo con lei era diventato impossibile, nonché abbastanza imbarazzante, nel caso quanto meno si fosse aggiunto a loro VisoGentile. Ma Elisa sembrava a suo agio con lui, rilassata, forse come Lily non l’aveva mai vista.
 
Eppure c’era qualcosa che la bloccava, una sorta di pensiero fisso che non la faceva uscire dal suo guscio. E ora quel pensiero era tornato, più devastante che mai.
 
Lily respirò a fondo notando il silenzio dell’altra. Se ne stava sdraiata sul letto, il viso contratto in una smorfia infastidita. Dal suo letto, tutta rannicchiata e con al petto ancora il cuscino, a Lily sembrò che stesse meditando. «Senti» iniziò quindi, più comprensiva «Non devi fare nulla se non ti senti pronta» Elisa aprì gli occhi e la guardò, dubbiosa.
 
«Sai bene Lily che non posso cambiare fidanzato come fate tu o le altre» la rossa rimase qualche attimo immobile, una nuova consapevolezza improvvisa. Sapeva quello che Silente le aveva riferito tempo addietro, soprattutto quanto l’argomento le stesse a cuore. «Mi stai per caso dicendo» cercò di imprimere nelle sue parole il massimo del tatto «-che non ti fidi completamente di lui?» «No» Elisa si voltò a guardarla di scatto, gli occhi lievemente sgranati «No, solo che non so, non penso sia il momento» concluse ritornando a guardare il soffitto. Lily ascoltò la voce di lei affievolirsi fino a scomparire, quella voce che, ad orecchie esterne, sarebbe suonata come sicura e spavalda ma che, alle sue di orecchie, era solo intrisa dal dubbio e dall’incertezza. Sospirò, ma non aggiunse altro, gettandosi nel letto e osservando il soffitto.
 
«Hai più saputo qualcosa di Piton?» Elisa sospirò a sua volta, negando poi con un cenno del capo. «Sparito, volatilizzato. Mi sta evitando, questo è sicuro. Probabilmente si sta ancora chiedendo perché non l’ho denunciato al Preside» «Lo avresti fatto?» Si girò verso l’altra, incastonando gli occhi in quelli verdi di lei.
 
«No, non lo avresti fatto» concluse da sola Lily voltandosi di nuovo. «Sai, a volte mi chiedo se tu sia immensamente buona o solo immensamente stupida» Elisa ridacchiò un attimo, divertita.
 
«Assolutamente la seconda».
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Ehi amico, tutto bene?» Sirius non rispose, troppo intento ad osservare rapito l’acqua della vasca incresparsi al suo tocco. Quanto era passato da quando si era immerso lì dentro? Forse un’ora. Alzò le spalle con indifferenza ai continui richiami di James al di là della porta. Voleva stare solo. Doveva pensare, riflettere su ciò che aveva visto e decidere di comportarsi di conseguenza.
 
Walker, quel brutto bastardo.
 
Era stato uno stupido, avrebbe dovuto immaginarselo. Si passò stancamente una mano sul viso cercando di calmarsi.
 
Punto primo: quella era Elisa?
 
No, la risposta era chiara come il sole. Avrebbe saputo riconoscerla tra mille, avrebbe potuto ascoltare per anni infinite voci ma la sua non se la sarebbe scordata. Conosceva i suoi movimenti, i suoi gesti abitudinari, persino le sue espressioni. Quella non era lei. Il bastardo quindi la tradiva. Sirius appoggiò la testa all’indietro, la nuca appoggiata alla parete fredda della vasca.
 
«Sirius! SIRIUS!» La voce di Remus strideva al di fuori della porta. Lo ignorò.
 
Secondo punto: lei lo sapeva?
 
Difficile da dire. Poteva saperlo ma fingere il contrario, aspettando il momento propizio per ricercare una personale vendetta. Percentuali di probabilità? Molto basse. Conoscendo il temperamento poco incline alle mancanze di fiducia lo avrebbe fatto scappare con la coda tra le gambe fin da subito.
 
O forse con lui era stato diverso.
 
Un fastidioso nodo alla gola gli ostruì i pensieri. Si concentrò sull’acqua a contatto con la pelle. Passò. Con un sospiro pensò alla stupida ragazza intenta a baciare quel verme.
Si alzò di scatto, l’acqua della vasca a rovesciarsi sul pavimento. Doveva avvertirla. Un botto un metro più in là gli fece perdere l’equilibrio. Sulla soglia, la porta ormai completamente sfondata, due ragazzi fecero capolino, trafelati.
 
«Sirius che diamine, eravamo preoccupati! Che cosa-» Remus si bloccò alla vista dell’amico «Oh scusa, io non-non-» non finì mai la frase, troppo imbarazzato per continuare. Si catapultò invece fuori dalla stanza, il fischio di James ancora a portata d’udito.
 
«Però, bella bacchetta!»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Elisa osservò annoiata il professore spiegare con cura le caratteristiche degli Augurey. Quando finalmente li inviò al limitare della Foresta per scovare l’esemplare in circolazione, la ragazza poté finalmente sgranchirsi le gambe. Si guardò con interesse in giro, cercando in qualche modo di scovarne il piumaggio.
 
Camminò e camminò ancora finché, una decina di minuti più tardi, un ramoscello alle sue spalle le indicò un movimento. «Finalmente, pensavo di non trovarti più» si voltò, sorridente per la scoperta.
 
«Oh, sei tu» «Ciao anche a te. Dal tono della tua voce si direbbe proprio che sei felice di vedermi» Sirius osservò con calma la ragazza voltarsi e continuare a camminare, imperterrita. Voleva ignorarlo. Scosse la testa e la seguì.
 
Quella mattina sembrava particolarmente cupa, un po’ come il suo umore. Nuvoloni neri coprivano per intero il cielo fino all’orizzonte, una pesante coperta di oscurità sul castello. Eppure non vi era vento, come se il mondo fosse in sospeso, trattenendo il sospiro per l’eventuale esito di quella chiacchierata.
 
«Vattene» Elisa si voltò dopo un paio di minuti, spazientita. «Voglio solo parlare» Sirius alzò le mani in segno di resa, facendo un passo indietro. «Beh, io non voglio» scandì lei in risposta, ostentando una calma non sua. «Non capisci, è importante» ribadì il ragazzo facendo un passo avanti.
 
«Importante? Importante come dirmi che hai cercato di uccidere Severus?!» «Non è di questo che voglio parlare» «Oh scusi!» Elisa si ritrasse con teatralità, gli occhi rivolti verso il cielo. «Il signorino ha già deciso» decise di puntare sul sarcasmo, cercando di urlare una cattiveria non sua. Chiuse lievemente gli occhi, aspettando un altro insulto che, sapeva, avrebbe incassato per poi rispondere, più velenosa. Ma quell’insulto non arrivò. Il silenzio accolse quelle parole.
 
«Ho sbagliato» Sirius abbassò lo sguardo, sentendo un nuovo peso scivolare lungo il petto. «Ho sbagliato, non avrei mai dovuto mettere a rischio la sua vita»
 
Credeva alle parole appena dette? Neanche un po’. Ma se mentire voleva dire poterle parlare, il peso di quelle false scuse poteva benissimo andare a pesare sul suo orgoglio.
 
Una goccia di pioggia cadde sul viso di lui, seguita da un’altra e un’altra ancora. Dei lamenti poco distanti richiamarono la loro attenzione: un grosso uccello dal piumaggio nero e verde si lamentava con trasporto su un ramo qualche albero più in là. La pioggia iniziò a cadere più fitta.
 
«Ora puoi ascoltarmi?» si avvicinò per vederla meglio. Lo stava fissando, il viso contratto in una smorfia incredula. Ma gli fece cenno lo stesso di continuare. «Si tratta di Walker: non devi fidarti di lui. L’ho visto fare una cosa, devi credermi-» una risata si sovrappose ai lamenti dell’animale. Sirius si bloccò impietrito notando la reazione della Grifondoro.
 
Che sapesse?
 
«Sai? Ci avevo davvero creduto» era stato un sussurro ma, a solo un metro, l’aveva potuta sentire con chiarezza. «Ci avevo davvero creduto» ripeté ancora facendo qualche passo indietro e voltando il viso verso il cielo «ed è questo che mi frega con te» «Non-» «Penso sempre che tu sia diverso, penso sempre che tu abbia qualcosa che gli altri non abbiano» lo osservò per qualche attimo, un’espressione sconfitta in viso «E mi sbaglio sempre» Sirius rimase fermo, la bocca asciutta per la sorpresa che quelle parole avevano portato.
 
«Walker-» «Non mi parlare di lui!» la ragazza aveva urlato. Probabilmente molti ragazzi li stavano già raggiungendo. «Devi ascoltarmi» Sirius ruggì afferrandola il braccio. Perché non voleva credergli?
 
«Possibile che» lei strattonò via il braccio al contatto «tu debba toccare una delle poche cose belle della mia vita? Possibile che tu debba sempre rovinare tutto?!» «Io rovinerei tutto?!» il ragazzo agitò le braccia in aria, incredulo.
 
La pioggia si fece più intensa.
 
«Tu rovini sempre tutto! Sei un bastardo, un bastardo borioso e pieno di gloria» Sirius si ritrasse con forza a quelle parole, troppo livido di rabbia per rispondere. Elisa si passò una mano tra i capelli nervosamente.
 
Erano cresciuti, più di quanto le costasse ammettere. E la infastidiva. I suoi capelli corti erano sempre rimasti per lei un motivo di vanto, il segno tangibile della differenza incolmabile tra lei e le sue origini. Ma ora i capelli stavano crescendo e lei non riusciva a tagliarli, vuoi per il tempo o la poca voglia. La sua zazzera disordinata si era presto trasformata in un caschetto un po’ triste, quasi senza carattere. Osservando l’altro davanti a sé, immobile nella sua postura rigida, trovò curioso il fatto che avessero, in fin dei conti, quasi la stessa pettinatura.
 
«Sai una cosa?» il ragazzo fece un altro passo avanti, la voce volutamente controllata, un basso ringhio a fendere la pioggia. «Hai proprio ragione, sono uno stronzo bastardo. Ma sai una cosa? Tu hai baciato questo stronzo bastardo» un sorriso perfido si aprì sul suo volto. Elisa fu percorsa da un brivido.
 
«chissà cosa ne penseranno gli altri» sussurrò con fare meditabondo. «Non osare» qualche ragazzo si affacciò tra la boscaglia, curioso. Tra questi, James, Peter e Remus fecero qualche passo avanti. «Tutto bene ragazzi?» quest’ultimo guardava preoccupato i due, quasi avesse il timore che potesse scoppiare una bomba da un momento all’altro. E, in effetti, era proprio così.
 
«Ho già osato»
 
La distanza tra i due si chiuse con pochi passi. Lo schiaffo raggiunse il suo obiettivo prima che quest’ultimo se ne accorgesse. Sirius rimase immobile, troppo sconcertato dall’accaduto per reagire. Prima che qualcuno potesse dire nulla, la ragazza era già sparita oltre la boscaglia, diretta al castello.
 
Guardandola allontanarsi, Sirius non poté togliersi dalla mente un ti odio sussurrato e una lacrima solitaria.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Il castello era silenzioso quel giorno. Elisa si avviò veloce verso la torre di astronomia, a quell’ora sicuramente deserta. Camminò, spedita, decisa ad evitare qualsiasi essere vivente nelle vicinanze. Attraversò l’ennesimo corridoio deserto, la mente proiettata ad una meta ben precisa.
 
Quando giunse alle scale della torre un vento gelido, proveniente dalle finestre tutto intorno, le sferzò il viso. Brividi lungo il corpo la percorsero più volte, facendola sentire più infreddolita di quanto già non fosse. Un suono di passi alle proprie spalle la fece voltare con uno scatto.
 
«Se vuoi uccidermi questo è il momento opportuno» ironizzò senza allegria voltandosi e appoggiandosi alla finestra. Avrebbe potuto colpirla, dio se voleva che lo facesse. Voleva del dolore, voleva una ferita così grave da farle dimenticare qualsiasi altra cosa. Si voltò, rabbiosa, lo sguardo duro e freddo. Severus non si era mosso.
 
«Avanti, colpiscimi!» il ragazzo la osservò ancora per qualche secondo, non reagendo «Perché? Ti è così difficile prendere la mira e tirarmi una delle tue maledizioni?» Stava urlando, probabilmente agli occhi di un estraneo avrebbe potuto assomigliare ad una psicopatica. «Avanti!» lo esortò ancora mentre, con lentezza, si lasciava cadere contro la parete.
 
Rimase lì, seduta sul gradino più basso, la spalla appoggiata al muro quasi a sostenerla e lo sguardo perso nel vuoto. Rimase lì, accartocciata su sé stessa, persa tra i suoi pensieri. Dopo quelle che parvero ore, una figura snella si sedette qualche gradino più in alto. Non disse nulla, non fiatò e non la toccò.
 
Semplicemente rimase.
 
Quando, qualche ora più tardi il ragazzo si alzò e se ne andò, Elisa si chiese chi, veramente, fosse il buono e chi il cattivo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
Quando, il pomeriggio seguente, Elisa si diresse verso il campo da Quidditch per assistere alla partita, il cielo risaltava di un intenso color azzurro. Lily sembrava abbastanza annoiata all’idea di dover trascorrere quel pomeriggio immersa in una folla di tifosi urlanti ma, come le fece giustamente notare Alice, uscire all’aria aperta non le avrebbe fatto altro che bene. «Ehi Stevenson» Marlene le passò al fianco ammiccandole bonariamente. La ragazza sorrise educatamente al saluto.
 
Qualche metro più in là una chioma corvina richiamò la sua attenzione. Sirius le lanciò uno sguardo carico di rancore, la divisa da giocatore indossata perfettamente. Lo ignorò e passò oltre.
 
La partita fu abbastanza eclatante e, anche se Lily non lo avrebbe mai ammesso, aveva tifato per James più di quanto ci si sarebbe aspettato. I Grifondoro avevano stracciato completamente i Tassorosso e, sorpresa tra le sorprese, non vi erano stati nemmeno troppi infortuni per il campo. Elisa cercò freneticamente con lo sguardo alla ricerca di Daniel tra la folla poi, con la scusa di andare alla sua ricerca, si allontanò dalle altre per tornarsene al castello.
 
Stava meno bene di quanto in realtà non mostrasse. La discussione del giorno prima continuava a tamburellarle nella mente, fastidiosa. Aveva più volte cercato una qualche spiegazione logica al comportamento del Grifondoro, ma più ci pensava più semplicemente la situazione le scivolava via, come acqua nelle mani. Si passò stancamente una mano sul viso, continuando imperterrita a camminare.
 
Uno scricchiolio dietro alla porta appena oltrepassata la fece fermare. Tutti i ragazzi erano giù al campo a festeggiare, le aule avrebbero dovuto essere vuote. Si accostò alla porta con circospezione, attenta. Una voce ben conosciuta le fece aprire lievemente la porta.
 
Al suo interno una ragazza, seduta su un banco, miagolava in atteggiamenti del tutto provocanti. Al suo fianco un ragazzo, lo sguardo malizioso fisso sull’altra, cingeva con il braccio i suoi fianchi e la baciava con trasporto.
 
Elisa si catapultò fuori dalla stanza.
 
Cercando di fare meno rumore possibile iniziò a correre, l’intenzione di mettere più spazio possibile tra lei e quell’aula. Dopo aver raggiunto finalmente il suo dormitorio e aver chiuso la porta d’ingresso della sua stanza, si diresse spedita verso il bagno.
 
Il primo conato la colse sulla soglia. Si tappò la bocca con le mani e rispedì il pranzo all’interno del suo stomaco. I succhi gastrici le bruciarono in gola.
 
Il secondo conato fu più violento. Il pollo si riversò sul pavimento.
 
Al terzo conato fu costretta ad inginocchiarsi, le mani sullo stomaco alla disperata ricerca di alleviare il dolore. Le si annebbiò la vista.
 
Al quarto conato si accasciò in avanti. L’avambraccio sinistro si protese in avanti nel disperato tentativo di bloccare la caduta. Mentre una forte tosse le sconquassava il petto, Elisa poté distintamente sentire qualcosa di viscido a contatto con la pelle sul pavimento.
 
Era accartocciata sul suo stesso vomito.
 
Respirò piano, a fondo, cercando di riprendere il controllo. L’immagine di lui chino su di lei era ancora presente nella sua mente.
 
Un altro conato la colse.
 
Succhi gastrici e saliva si riversarono sul pavimento a qualche centimetro dal suo viso, ormai mollemente abbandonato sul braccio sinistro. Con lentezza cercò di alzarsi. La vista le si annebbiò ancora. Si lasciò cadere sul fianco sinistro, riversa ancora sul pavimento, il braccio ancora nel suo stesso vomito.
 
Ci aveva creduto.
 
Ci aveva provato.
 
Daniel rappresentava per lei la normalità, quella normalità che lei tanto agognava e che, come ogni volta, era solo un’illusione. Chiuse lievemente gli occhi sentendo il corpo scosso da violenti brividi.
 
Era sbagliato, era tutto così sbagliato. O forse era semplicemente lei che era sbagliata, era lei l’anomalia.
 
Era lei lo sbaglio.
 
Un’ora più tardi, quando Lily arrivò in camera e ritrovò l’amica riversa nel suo stesso vomito in bagno, la sua espressione non era ancora cambiata. E non cambiò nemmeno le ore successive quando, con pazienza, la rossa cercò invano di farsi raccontare cosa fosse successo. Lei non parlò mai di quanto aveva visto, a nessuno.
 
Perché dire che Daniel Walker aveva baciato sotto i suoi occhi un’altra ragazza avrebbe voluto dire rimanere di nuovo sola.
 
E lei non era ancora pronta.
 
 
Angolo autrice
Buonasera! Capitolo poco adatto ai deboli di stomaco. Spero di non avervi rovinato la digestione. Mi scuso con E mi e Gleek_out_lover per non aver risposto alle loro recensioni ma, come dire … me ne sono completamente dimenticata. Scusate, chiedo venia, mi ero ripromessa di rispondervi ma la mia memoria fa tipo schifo. Scusate ancora. Spero che il capitolo vi sia piaciuto
Alla prossima
Eli ;-P

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Tra afflizione e ciambelle ***


Tra afflizione e ciambelle


Elisa si stiracchiò nervosamente. Osservò con poco interesse il libro davanti a sé. Si piegò in avanti fino ad appoggiare la fronte sulla superficie fredda del tavolo. La Sala Comune era pressoché vuota quel giorno. Ascoltò nel silenzio con attenzione fino a trovarlo: un lontano rumore richiamava insistentemente la sua attenzione.
 
Si alzò dalla scrivania e raggiunse la finestra aperta. Il prato era scosso da una calda brezza e le foglie sugli alberi cantavano al suo passaggio. Si permise di rimanere in quella posizione ancora un po’ prima di tornare stancamente davanti al libro di Incantesimi. Si lasciò cadere sulla sedia con un piccolo tonfo. Gli esami si stavano avvicinando, doveva continuare a studiare. Si passò stancamente una mano sul viso, cercando di ritrovare la concentrazione.
 
Una fitta allo stomaco la fece ripiegare su sé stessa. Riprese la calma e ritornò alla lettura del tomo. Le parole iniziarono a vorticarle davanti agli occhi, una danza confusa e caotica. Decise di chiudere il libro e andare a fare una passeggiata.
 
Quando finalmente uscì dal castello qualche decina di minuti più tardi, la ragazza iniziò a passeggiare verso il Lago. Raggiunta la riva una voce la chiamò qualche metro più in là.
 
Marlene le venne incontro sorridendole. «è da un po’ che non ci si vede» Elisa non rispose, scusandosi con lo sguardo. «Come va con Daniel?» una nuova morsa attanagliò il suo stomaco. «Va» rispose enigmatica continuando a tenere lo sguardo fisso all’orizzonte.
 
Le sarebbe piaciuto dire la verità. Le sarebbe piaciuto, davvero. Ma farlo sarebbe stato difficile e lei non voleva essere compatita. Non ne aveva bisogno, non anche per quello.
 
Marlene le sorrise ancora, comprensiva. «Capito, vuoi stare sola» «Se avessi un problema» la interruppe Elisa spostando lo sguardo su di lei «un problema di cui non sa niente nessuno. Tu lo diresti a qualcuno?» Marlene si bloccò prima di poter fare un altro passo verso il castello.
 
Si voltò a guardarla «Dipende» commentò poi pensierosa «Da cosa?» «Che tipo di problema è? Di cuore?» Elisa sorrise vagamente divertita a quelle parole.
 
Fosse stato solo quello.
 
«Di salute» le sopracciglia bionde dell’altra si alzarono visibilmente. «e-» continuò quindi la mora guardandola di sottecchi «- problemi un po’ più complicati» La bionda tornò a guardare il lago, pensierosa.
 
«No» Elisa si girò stupita ad osservare il suo profilo. Gli occhi di Marlene parevano brillare con il sole. «Non per il problema di salute, ovviamente. Per quello penso che basti andare da Madama Chips» aggiunse con un sorriso dolce rivolta alle acque. «Perché non dovrei parlarne?» la bionda si girò lievemente verso di lei continuando a sorridere. Aveva un’espressione dolce, quasi materna, come se stesse spiegando ad un figlio un po’ cresciuto una cosa semplicissima.
 
«Sai, nella mia famiglia ci siamo io, mio padre, mia madre e i miei due fratelli. Sono tutti e due più piccoli di me. Mark ora ha quattordici anni, Tassorosso, se ti interessa, mentre Jack ne ha solo dieci. Non vede l’ora di venire qui ad Hogwarts l’anno prossimo» Elisa non capiva cosa questo c’entrasse nel discorso ma non la interruppe, troppo curiosa di capire la risposta alla sua domanda.
 
«Probabilmente non ci verrà. I miei non hanno ancora avuto cuore di dirglielo. Sai perché probabilmente non potrà venire?» La mora scosse la testa lentamente. «No? Eppure ti facevo più sveglia, Stevenson» Marlene ripiegò la testa da un lato, la sua dolcezza e allegria ora sostituita da una pesante malinconia. «Non ti viene proprio in mente niente che sta succedendo in questo periodo?» Elisa trattenne il fiato, improvvisamente consapevole.
 
«Non sei l’unica che ci pensa sai? Qualcun altro ha visto i segni» la bionda ritornò a guardare il lago che placidamente si agitava «La guerra arriverà» non era una domanda e lo sapevano entrambe «Mio padre e mia madre erano Corvonero, sai. È stato abbastanza facile» spiegò con un’alzata di spalle continuando a guardare l’orizzonte. «Corvonero nati babbani, ovviamente» Elisa continuò a guardare il profilo dell’altra, non perdendosi un’espressione o una parola. «Sai la cosa divertente?» Marlene si rigirò ad incontrare i suoi occhi.
 
«Lui non sa niente. Così come Mark, penso.» riprese pensierosa. «Sarebbe inutile dirglielo, capisci? Jack è troppo piccolo, non capirebbe»  «Mi stai dicendo che-» «Ti sto dicendo» la interruppe la bionda con decisione «di non parlare con altri di cose troppo grandi di loro, cose che non possono comprendere e di cui potrebbero solo spaventarsi. Aspetta che siano pronti» concluse quindi con un sospiro iniziando ad allontanarsi. «Sai, penso che questa sera a cena prenderò il dolce. È quasi ora, mi accompagni?»
 
Elisa non poté fare altro che seguirla lungo la riva.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Ehi Eli» Daniel l’afferrò da dietro e la strinse in un caldo abbraccio. La ragazza rimase paralizzata, ferma, mentre un nodo pesante le si formava nel petto.
 
Da quando, più di un mese prima, aveva assistito alla scena nell’aula vuota, Elisa non era più la stessa. Se ne era accorta lentamente, svegliandosi giorno dopo giorno e rendendosi conto di non potersi più riconoscere nel riflesso dello specchio la mattina. I giorni avevano cominciato a passare veloci, forse come non mai nella sua vita. Erano rapidi, intrisi di quella tristezza e monotonia da cui non riusciva più a staccarsi. La vita le stava scivolando dalle mani. Eppure non riusciva a fermarsi, non riusciva a mettere un freno a quei giorni, ad uscire da quella continua giostra di azioni che si ripetevano senza un reale motivo di fondo.
 
Mangiare.
 
Mangiare era diventato impossibile. Il cibo aveva iniziato, a detta sua, ad avere sempre lo stesso sapore: sapeva d’amaro, il gusto che poi avrebbe avuto poco dopo in bocca, il gusto del vomito.
 
Perché quello c’era sempre. Riempiva tutte le sue giornate, dopo ogni pasto, immancabile. Arrivava così, senza un reale motivo. Per i primi tempi aveva pensato solo ad un malanno ma, giorno dopo giorno, aveva capito che il problema reale non stava nel suo fisico, ma nella sua testa. O forse entrambe le cose, in fondo.
 
Lily non sapeva nulla, non ufficialmente, almeno. Da quando l’aveva ritrovata accasciata nel pavimento in bagno la sua preoccupazione era aumentata a vista d’occhio. Spesso le lanciava lunghe occhiate quando credeva di non essere vista, presa dalla paura che potesse svenire da un momento all’altro. Le aveva più volte chiesto cosa fosse successo ma lei non aveva fiatato. E forse era stato questo a farla insospettire.
 
Con il tempo aveva preso ad esser più riservata, più di quanto già non fosse. Preferiva i posti appartati, se non addirittura isolati, a quelli invasi dalla folla. La mancanza di energie e la scarsa assunzione di cibo avevano contribuito a donarle un aspetto, come aveva gentilmente definito Carlotta, cadaverico. Lily aveva stretto le labbra a quel commento, indice del fatto che, per quanto le costasse ammetterlo, la smorfiosa avesse ragione.
 
Contro ogni previsione, però, Elisa era riuscita a mantenere la sua condizione di salute abbastanza al sicuro: nessuno era al corrente del fatto che lei vomitasse così frequentemente. Era stata geniale l’idea di utilizzare la stanza delle necessità e ancora se ne rallegrava. Quindi, al di là di un aspetto malaticcio e di un abbassamento drastico di peso, nessuno avrebbe mai potuto dirle nulla.
 
Perché doveva ammetterlo, era dimagrita. Non era mai stata particolarmente magra. Aveva sempre avuto un fisico atletico e se ne rallegrava spesso. Ma ora, i muscoli avevano lasciato spazio alle ossa. Capitava spesso che, per camuffarsi, avesse preso l’abitudine di vestirsi a strati utilizzando tante magliette. In questa maniera le persone non se ne sarebbero accorte, si era detta. Ed era proprio successo questo.
 
Era stato facile imbrogliare gli altri, ma le sue compagne di stanza un po’ meno. Vestirsi sempre al di là degli occhi delle compagne era stato difficile e complicato, senza contare il fatto che si era creato un clima freddo e distaccato nella stanza. Elisa ne era intimamente dispiaciuta.
 
E poi c’era Walker.
 
Il suo viso dolce e gli occhi angelici non erano riusciti a vedere nulla nella ragazza, neanche il minimo cambiamento. Questo, le diede prova, era solo l’ennesimo segnale del fatto che non le importava nulla di lei. L’afflizione per la nuova consapevolezza di non contar nulla fu meno pesante del macigno costretta a portare ogni giorno: la vergogna. Era stata tradita. Niente poteva cambiare questa cosa. Checché tra i due non ci fosse mai stato un rapporto fisico di qualsiasi tipo lei era considerata – forse addirittura dall’intera scuola – la fidanzata del Corvonero. Eppure questo non l’aveva smossa. Intimamente, Elisa si era presto resa conto che questo tradimento non le aveva provocato rabbia o risentimento.
 
Era stata paura.
 
Walker, aveva presto capito, le era totalmente indifferente. L’unico legame a trattenerla a lui era il bisogno egoistico di avere una persona a cui appoggiarsi, una fune attraverso cui avere una possibile parvenza di normalità.
 
Lo stava usando.
 
E di questo ne era immensamente dispiaciuta, oltre che disgustata. Si era spesso chiesta che cosa sarebbe successo se lui si fosse stancato di lei. Non aveva trovato una risposta, forse semplicemente perché non voleva cercarla.
 
Osservando Daniel parlare ad i suoi amici mentre le cingeva le spalle con un braccio Elisa sentì un brivido attraversarle la schiena. Non voleva quel tocco eppure contemporaneamente temeva di non averlo. Persa nei suoi pensieri non si accorse che il ragazzo la stava guardando.
 
«Tutto bene?» le ripeté lui appena un po’ perplesso. Lei annuì soltanto, silenziosa. Non parlavano molto, loro due. Solitamente lui la stringeva o tentava di baciarla, al che lei continuamente si spostava.
 
Un briciolo di orgoglio, almeno, le era rimasto.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Sai, un giorno capirò perché continui a fare così» quel giorno avevano deciso di andare a studiare in biblioteca per l’esame successivo. Quella mattina avevano avuto trasfigurazione. Non era stato particolarmente difficile. Il giorno seguente avrebbero avuto incantesimi. Era particolarmente tranquilla a riguardo.
 
«Così come?» sussurrò di rimando per non alterare Madama Pince, poco incline agli scocciatori. «Non fingere con me, io ti conosco» mai parole suonarono più sbagliate nelle sue orecchie. Non lo contraddì, però.
 
«C’è qualcosa che ti blocca con me» concluse il Corvonero con un sospiro poggiando l’ultimo libro nello scaffale. Elisa rimase un metro più in là mollemente appoggiata allo scaffale con il fianco. L’eventuale risposta fu bloccata dall’arrivo di un ragazzino. Primo anno, Tassorosso, sembrava avesse appena corso per chilometri.
 
«Il professor … Silente … ti vuole … nello studio» boccheggiò tra un sospiro e l’altro. «Adesso» precisò poi con cura. «Ok ora vado grazie» lo congedò lei prima di rigirarsi verso il ragazzo davanti a lei. «Devo andare, scusa» sussurrò con il viso a terra. «Non abbiamo ancora finito» commentò lui bruscamente afferrandole velocemente una mano.
 
Elisa si bloccò a quel contatto.
 
«Dicevo, c’è qualcosa che ti blocca con me, non capisco, prova a scioglierti un po’» continuò più dolcemente giocherellando con le dita della sua mano  «dai, provaci, sarà divertente» la strattonò lievemente per avvicinarsi e la mano libera si andò a posare sul suo fianco. «Daniel, devo andare» pronunciò risoluta queste parole, cercando di non far trasparire l’agitazione nella sua voce.
 
Era tutto così sbagliato, così maledettamente sbagliato.
 
«Shh non vorrai farci sentire» il respiro caldo di lui andò ad infrangersi contro il suo orecchio destro. Spalancò gli occhi, lievemente terrorizzata. Utilizzando le mani di lei come perno cercò di far leva e spostarlo.
 
Il tocco cambiò.
 
Il ragazzo si spinse con più forza contro di lei, bloccandola contro lo scaffale. La mano appoggiata al suo fianco si spostò lievemente a palparle il sedere. «Andrà tutto bene» furono tre singole parole sussurrate all’orecchio.
 
Il panico iniziò a fondersi ripetutamente nella sua mente insieme ad immagini che mai avrebbe più voluto rivivere. Chiuse gli occhi, sentendo la sua paura più incandescente che mai nella sua testa.
 
«AAAA CAZZO» Daniel si ritrasse con uno scatto tenendosi la mano che, poco prima, era posata sul suo sedere. Elisa sentì la corrente elettrica ancora prima di vedere la mano bruciacchiata dell’altro. La sentì nello stomaco, lungo la spina dorsale, nel sangue.
 
«Che diamine succede qui?» Madama Pince fu sul posto in un attimo. Elisa rimase un attimo a fissare il ragazzo tenersi la mano dolorante prima di afferrare velocemente la sua borsa a terra qualche passo più in là. «Devo andare» biascicò velocemente prima di dirigersi velocemente verso la porta e scomparire nel corridoio.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Buonasera Elisa» la voce del preside la raggiunse ancora prima della sua vista. Elisa entrò nell’ufficio trafelata,il viso lievemente imperlato di sudore. «Preside» sussurrò vagamente rimanendo sulla porta. «Va tutto bene?» incrociò gli occhi dell’anziano. Un senso di improvvisa tranquillità la investì. Era al sicuro, sarebbe andato tutto bene.
 
«Sono stata meglio» concluse quindi con un sorriso più rilassato avvicinandosi alla scrivania e sedendosi di fronte all’uomo. «Ti trovo dimagrita» commentò guardandola intensamente. Lei non rispose, limitandosi solo ad una casuale alzata di spalle. «Mi ha fatta chiamare, c’è qualcosa di cui vuole parlare?»
 
Per quanto riguardava quel punto non vi erano dubbi a proposito. Se non fosse stato importante avrebbe sicuramente aspettato la prima occasione possibile e non l’avrebbe certo fatta chiamare. Il preside sospirò, per poi alzarsi e dirigersi stancamente verso la finestra.
 
«I tempi stanno cambiando» iniziò tetro osservando il sole scomparire all’orizzonte, al di là della superficie del lago. «e ci obbligano a fare cose che non avremmo mai più voluto fare» Un silenzio carico di significati si stese tra i due. «Di cosa ha bisogno, professore?» Il preside sospirò, sconfitto. «Ho informazioni secondo cui alcuni Mangiamorte stiano prendendo di mira una famiglia» spiegò con calma «ad Hogsmeade» specificò poi misurando la voce. Elisa annuì con lentezza.
 
«Ha bisogno di un mio intervento sul campo?» «Solo se le circostanze lo richiederanno» specificò l’altro voltandosi ad osservarla. «Cerca di capirmi, Elisa, non metterei mai la tua vita in pericolo se non fosse strettamente necessario. Non ho uomini» spiegò tornando a posare il suo sguardo alla finestra. «Potrei mandare Molly e Arthur, li hai conosciuti» Elisa annuì con un sorriso ripensando ai due.
 
Ci aveva lavorato insieme un paio di volte. Simpatici, forse la donna un po’ troppo apprensiva per i suoi gusti. Dalle sue informazioni le pareva fosse madre, quindi il tutto era abbastanza normale. «Ma sono in attesa del terzo figlio e vorrei evitare»
 
«Davvero? Sono contenta per loro» la sua esclamazione fu accolta con sorpresa dal preside così come da sé stessa.
 
«Informazioni sulla famiglia?» Elisa distolse lo sguardo e lo puntò sulla scrivania, pronta a memorizzare, tornando contemporaneamente al tono freddo e distaccato che si si sarebbe aspettato da lei. «Padre, madre e figlio. Hanno rifiutato ad unirsi al Signore Oscuro»
 
Ottimo pensò la ragazza sentendo una morsa amara alla gola. Odiava le vendette: erano tutte veloci, rapide e violente. «La casa? L’indirizzo?» Silente sospirò con calma «Moon’s strett 8» «è un posto in periferia, vicino alla foresta» commentò un po’ scioccata Elisa con una smorfia.
 
«Elisa voglio chiederti una cosa» il preside si voltò e, giunto davanti a lei, le si inginocchiò davanti  «Fai attenzione» era stato un sussurro, forse persino poco udibile. Lei invece sorrise.
 
«Lo faccio sempre, professore»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Quando qualche decina di minuti più tardi Elisa uscì dall’ufficio del preside, il sole era ormai tramontato da un po’. Attraversò con calma qualche corridoio, il pensiero fisso all’incarico appena preso. Sarebbe stata una bella scommessa. Non sapeva se sarebbe stata in grado di farcela, ora che ci pensava più lucidamente. Con questi pensieri incoraggianti raggiunse la Sala Grande per la cena.
 
Appena diede velocemente un occhio al tavolo, la ragazza capì che Lily l’avrebbe detestata a vita. Non appena fu seduta la rossa la degnò di un veloce saluto per poi tornare a parlare con Alice. Quest’ultima, almeno, pareva non avercela troppo a morte con lei. La degnò di qualche attenzione e qualche cortesia per poi tornare, come aveva immaginato, al suo confabulare con gli altri. Elisa non prestò molta attenzione ai discorsi, troppo presa da un nuovo fastidioso mal di testa a martellarle il cervello.
 
«tutto bene?» Lily squadrò l’amica il tempo sufficiente per capire che no,non andava tutto bene. «Ho un mal di testa assurdo» si lamentò allora prendendosi la testa tra le mani. «Sarà lo stress da esame» si intromise Frank comprensivo posandole una mano sulla spalla, incoraggiante. «Perché non sali in stanza a riposarti un po’?» Alice guardò preoccupata l’altra. Elisa lanciò un’occhiata sconsolata alla sua cena ormai lasciata a metà. «Mi sa che farò così. A dopo ragazze, ‘notte Frank» i ragazzi la salutarono con un sorriso compassionevole.
 
«Se hai bisogno ci sono» la voce di Lily la raggiunse flebile. Anche senza vederla, però, Elisa poteva immaginare la stesse seguendo con lo sguardo fuori dalla Sala. Non aspettò di vedere cosa il suo mal di testa avesse in serbo per lei. Si diresse spedita verso il settimo piano. Sapeva che, da un momento all’altro, vomitare sarebbe divenuto un bisogno impellente.
 
Ma non arrivò mai alla Stanza delle Necessità.
 
Un giramento di testa la colse verso il sesto piano. Si fermò, una mano contro il muro per sorreggersi e l’altra a tenersi la testa. Il mal di testa aumentò. La vista le si annebbiò. «Non adesso» sussurrò più a sé stessa che ad altri.
 
Ma il suo corpo non la ascoltò.
 
Una fitta di mal di testa più violenta la colpì. Elisa sentì distintamente la guancia toccare qualcosa di duro prima che, colpita dalla nausea, perdesse i sensi.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
«Andrà tutto bene» l’uomo sussurrò quelle parole con calma. Il tono di voce contrastava nettamente con la bacchetta che teneva stretta in pungo. La bambina si rannicchiò sul pavimento, gli occhi chiusi e le manine davanti al viso per farsi scudo.
 
Sapeva quel che da lì a poco sarebbe successo. Sapeva di non dover urlare.
 
«Shh andrà tutto bene» ripeté il l’uomo ruotando lievemente il polso. «Crucio»
 
L’uomo sussurrò.
 
La bambina urlò.
 
La casa stava bruciando. Vedeva le fiamme, respirava il fumo. Cercò di muoversi, ma si accorse con orrore che non ci riusciva. Aveva paura, così paura da non riuscire a muovere un muscolo. Stava tremando.
 
«Va tutto bene tesoro» una donna, il viso scavato dalla cenere e dall’orrore sussurrò quelle parole. Era rimasta incastrata, sotto una trave, da quel che riuscì a scorgere dalle fiamme. Incredibilmente alla sua vista si calmò un poco.
 
«Andrà tutto bene tesoro» annuì, non comprendendo realmente il perché le stesse dando ascolto. «Mamma e papà ti vogliono bene» sussurrò ancora la donna prima di svenire.
 
«Mamma» Elisa si chiese del perché l’avesse chiamata in quel modo. Poi, come un automa, le sue mani andarono a chiudersi su quelle della signora, cercando di tirare e strattonare. E prima che una trave le cedette addosso, la ragazza capì il motivo di tutte quelle stranezze.
 
Perché, da un lontano specchio sulla parete, il riflesso di un bambino le aveva restituito lo sguardo.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Diamine» la ragazza si risvegliò qualche attimo dopo, il mal di testa incredibilmente affievolito. Rimase ferma qualche altro secondo, il lato destro del viso appoggiato al pavimento. Poco più in là, verso la nuca, un dolore sordo indicava la zona su cui era atterrata qualche attimo prima. A giudicare dal bruciore sulla guancia destra, cadendo aveva sicuramente strisciato contro il muro.
 
Si massaggiò la zona con la mano, esitante. Bruciava un po’, ma non sembravano esserci residui di sangue. Si alzò lentamente, posizionandosi con la schiena contro il muro rimanendo seduta, controllando poi con cura se il suo corpo stesse bene. Rifletté con calma su ciò che aveva appena visto.
 
Superato l’episodio di suo padre, la ragazza si concentrò sul bambino.
 
Doveva recarsi assolutamente ad Hogsmeade il più presto possibile. Non avrebbe fatto in tempo ad avvertire Silente, lo avrebbe poi informato a cose fatte. Ma come raggiungere Hogsmeade? La soluzione arrivò qualche attimo dopo.
 
«No Peter, non possiamo rilassarci adesso. E ridammi quella ciambella!»
 
 
Angolo autrice
Oook, piano con i forconi gente. Presto ci sarà un po’ di azione, ve lo prometto.
Alla prossima
Eli ;-P


P.S.: è la seconda volta che pubblico il capitolo dato che ci sono dei problemi al server. Se vedete due capitoli uguali non preoccupatevi, eliminerò poi in seguito uno dei due ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Fire ***


Fire


Elisa pensò seriamente che non avrebbe mai avuto il coraggio di svoltare l’angolo. Sospirò con calma, ascoltando di sottofondo i chiacchiericci dei ragazzi. Quando finalmente si decise e compì quei pochi passi,il corridoio si immerse nel silenzio più totale.
 
I quattro ragazzi si guardarono allarmati uno ad uno. O meglio, tutti guardarono allarmati uno soltanto. Sirius osservava la nuova figura silenzioso, come un cane che caccia la preda. Fece qualche passo per avvicinarsi. Il tempo era prezioso. Con molta probabilità l’incendio sarebbe scoppiato di lì a poco, non poteva aspettare.
 
«Ragazzi» salutò con cortesia. Tre di loro le restituirono il saluto. «Ho bisogno di un favore» iniziò decisa, lo sguardo fisso su James. Il ragazzo annuì.
 
«Ma guarda! E vieni proprio da noi» Sirius si avvicinò con un sorriso tirato all’amico. «Sirius» Remus riprese l’altro bruscamente. Peter fece qualche passo indietro. «Ho bisogno di un favore» ripeté Elisa con pazienza «Dovete prestarmi la vostra mappa» spiegò ancora. I ragazzi la guardarono ammutoliti.
 
«La mappa? La mappa?!» Sirius la guardò incredulo, gli occhi dilatati e increduli.
 
Rimase impassibile.
 
«Ne ho bisogno» spiegò ancora con un sospiro. «Per cosa? Per fare una delle tue scampagnate romantiche con Daniel?» «Non sono affari tuoi per cosa la utilizzo» ringhiò a sua volta a quell’insinuazione.
 
«Ragazzi» James li riprese entrambi. Sirius fece qualche passo indietro portandosi alle spalle dell’amico.
 
«La risposta?» Elisa respirò per qualche secondo, in attesa.
 
«No» Sirius voltò la testa a guardarla.
 
«Mi odi, no?» «Sirius piantala» James lo afferrò per il braccio. L’altro si divincolò e si avvicinò alla mora. Lei non si mosse. «Mi odia» gridò rivolto agli altri «Io sono uno di quelli che ha fatto quella mappa. Mi dici una sola ragione per cui dovrei dartela?» Elisa non rispose, troppo impegnata a non ucciderlo. In fondo, però, non aveva tutti i torti.
 
«Vedi? Non c’è» le si era avvicinato, ormai a qualche centimetro dal viso. Solo in quel momento si accorse dei graffi sulla guancia destra. I suoi occhi si dilatarono un poco.
 
«Che ti sei fatta?» le aveva preso il mento tra le dita, spostandolo lievemente e studiandole la guancia. Lei non si era ritratta. «A Natale. Voi mi dovete un favore» Sirius le lasciò il mento con uno scatto, quasi si fosse scottato.
 
«No»
 
«Mi dispiace Sirius ma ha ragione» Remus si intromise nel discorso facendo qualche passo avanti. «Noi le dobbiamo quel favore» James annuì. La stava osservando da un po’. Sotto quello sguardo indagatore fece un passo indietro.
 
Sirius tacque un attimo, pensando.  Lo aveva incastrato. Eppure quella situazione non gli piaceva, dio se la odiava. «Solo ad una condizione»  decise infine girandole intorno «Noi veniamo con te»
 
«Cosa? No!» Sirius alzò le braccia al cielo. Quelle erano le sue condizioni e non le avrebbe cambiate. Elisa si morse il labbro con forza cercando freneticamente una soluzione. Anche gli altri ragazzi sembrarono assentire con le condizioni dell’amico. La ragazza avrebbe dovuto adattarsi. «
 
Queste sono le vostre condizioni, ecco le mie» i ragazzi la guardarono annuendo «Se vi dico di scappare, voi scappate. E non vi guardate indietro. Non vi immischierete in nulla e, soprattutto, mi starete a sentire. Sempre. Non mi importa cosa possa succedere, ok?» I ragazzi si guardarono per qualche secondo tra loro. Annuirono un attimo dopo, confusi ma convinti. La ragazza si avvicinò poi veloce mentre, con altrettanta premura, James estraeva dalla tasca la pergamena.
 
«E ora andiamo ad Hogsmeade» Il ragazzo sorrise, malandrino. Sirius al suo fianco estrasse la bacchetta e la puntò verso il foglio di carta.
 
«Giuro solennemente di non avere buone intenzioni»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Ahia Peter» James spintonò di malagrazia l’amico. L’altro balbettò delle scuse. «Interessante questo passaggio» commentò Elisa a bassa voce schiacciandosi contro il muro quel tanto per passare. Le pareti erano rocciose, quasi viscide. Continuò il suo percorso spedita. Poco ci mancò che rovinasse a terra qualche passo più in là.
 
«Che diamine-» la ragazza toccò con il piede una superficie liscia, uno scalino. Sirius dietro di lei sbuffò divertito. «Vuoi stare davanti a guidare il gruppo e non accendi nemmeno una luce» alzò con uno sbuffo la bacchetta leggermente illuminata. «Molto intelligente» la sbeffeggiò poi con un ghigno divertito.
 
«Sir vai avanti tu» James si guardò le spalle nervosamente verso gli altri due compagni. Il ragazzo fece quanto le era stato detto. Cercando di evitare il più possibile un contatto fisico con la ragazza, Sirius si appiattì contro il muro e passò. Inutile dire che fallì miseramente. Quando finalmente i due si staccarono, entrambi si ritirarono il più lontano l’uno dall’altro. Dalla luce emessa dalla sua bacchetta Elisa vide la scalinata che, tortuosa, si alzava di qualche metro.
 
«Attenta!» James l’afferrò prima che rovinasse per l’ennesima volta a terra. «Grazie» quando si voltò il ragazzo la osservava immobile. La studiò un attimo per poi distogliere lo sguardo, sconcertato. Non si fece troppe domande e continuò a camminare.
 
«Siamo arrivati» annunciò Sirius qualche metro più in là con un sussurro. Elisa osservò come le sue mani tastassero attente la superficie di quella che presto capì essere una botola. Facendo meno rumore possibile la aprì, scomparendo presto all’esterno.
 
Lo seguì.
 
Il magazzino dentro al quale si erano appena introdotti era tappezzato di scatole colorate, ognuna contenente un diverso dolciume. Elisa aspettò che tutti i ragazzi uscissero dalla botola per poi dirigersi spedita al piano superiore.
 
Un capogiro la costrinse a fermarsi. Si bloccò sulle scale, la mano protesa di lato alla disperata ricerca di un appiglio. Lo trovò poco più in là, contro uno scatolone in equilibrio precario. La scatola rovinò a terra.
 
«Vuoi per caso farci scoprire?!» Sirius la superò rabbioso ascoltando nel silenzio alla ricerca di eventuali rumori. Evidentemente la dea bendata era dalla loro parte, perché nessun abitante della casa si svegliò. «Veloci» Sirius condusse gli amici al piano superiore, diretto poi verso la porta. «Alohomora» il ragazzo aprì la porta con un cigolio e uscì all’aria aperta.
 
Quando finalmente Elisa lo seguì, una brezza leggera le scompigliò i capelli. Chiuse gli occhi, troppo impegnata a respirare l’aria notturna per accorgersi degli sguardi degli altri.
 
«Ora che si fa?» Remus osservò gli altri con fare nervoso. Tutti continuarono a guardarla in attesa di una risposta. «Seguitemi» sussurrò solo prima di incamminarsi spedita lungo le stradine quasi deserte. Evitando accuratamente di farsi notare, Elisa continuò a camminare con circospezione.
 
Più di una volta ombre sinistre le fecero rallentare il passo e più di una volta si ricordò della sua missione. Quando finalmente raggiunsero Moon’s street, un senso di pesante inquietudine si era insinuato nelle loro ossa. I lampioni andavano via via diradando, lasciando il luogo quasi nel buio più totale.
 
«Si può sapere dove ci stai portando?» Peter osservò critico il paesaggio continuando a camminare. Una casa rapì particolarmente la loro attenzione. Era abbastanza fatiscente, l’intonaco lievemente scrostato alle pareti e le finestre leggermente storte. Si trovava scostata rispetto alle altre, quasi come se il paesaggio non accettasse quella struttura così dismessa. Alle spalle del piccolo giardinetto costellato da erbacce che circondava l’edificio, la Foresta Proibita si imponeva in tutta la sua oscurità. Una luce dalla finestra indicò loro che la casa era abitata. Elisa si fermò proprio a pochi passi dalla casa, osservandola con calma.
 
«Siamo arrivati» sussurrò quindi più a sé stessa che ad altri. Si voltò poi nella loro direzione, lo sguardo determinato ma al contemplo triste. «Venite» la ragazza iniziò ad incamminarsi verso la foresta, situata ad una ventina di metri dalla casa. Si inoltrò quindi nella boscaglia e, raggiunto un albero lievemente nascosto, si fermò.
 
«Qui andrà bene» commentò quindi con lo sguardo rivolto alla casa. Si lasciò poi cadere a terra pesantemente, il busto poggiato al tronco. «Io mi metterei comoda se fossi in voi: ci sarà un bel po’ da aspettare» I ragazzi guardarono sconcertati nella sua direzione.
 
«Ma Walker? Non dovevi mica vederti con lui?» Peter si guardò in giro confuso, quasi aspettandosi di vedere il Corvonero spuntare da un cespuglio lì intorno. «Io questo non l’ho mai detto» Chiarì lei guardando verso Sirius con aria di sfida.
 
Lui distolse lo sguardo. I ragazzi si sedettero uno per uno, arrendevoli.
 
«E ora?» James guardò verso la ragazza al suo fianco, curioso. «E ora aspettiamo» Passarono diversi minuti, o forse ore. Dopo che le stelle furono alte nel cielo e Peter ebbe sbadigliato almeno cinque volte, la luce nella casa si spense.
 
«Davvero dobbiamo rimanere qui tutta la notte?» James, alla destra della ragazza, si passò una mano sul viso stancamente. «Felpato non ti ci mettere anche tu» «E cosa dovrei fare, rimanere qui zitto e seduto?!» «Sei stato tu a voler venire» Elisa si voltò alla sua sinistra, incastrando lo sguardo in quello del ragazzo.
 
«Senti, la mappa è mia e io decido cosa-» non sentì mai la fine di quella frase. Con uno scatto la ragazza si alzò e, nello stupore generale, si gettò il più possibile lontano dai quattro ragazzi. La sua corsa durò qualche metro prima che, inciampando su una radice, finì carponi a terra, il viso rivolto verso il tronco di un albero.
 
La poca cena che aveva mangiato si riversò sull’erba. Il conato durò giusto qualche secondo durante il quale un silenzio attonito scese nella radura.  Quando si rialzò da terra si pulì la bocca con la manica della felpa, arrendevole. Poteva sentire il gusto amaro della bile risalirle la gola. Si voltò e tornò dai compagni.
 
«Stai bene?» Remus la guardò allarmato. Annuì soltanto, tornando a sedersi. Poggiò la testa contro il tronco, lievemente reclinata all’indietro, inspirando ed espirando ritmicamente. Cercò di concentrarsi sul rumore delle foglie mosse dal vento. Cercò di non pensare al sapore amaro nella sua gola.
 
«Ti capita spesso?» si voltò verso la voce che aveva parlato. James la guardava, leggermente accigliato. Annuì ancora, scuotendo subito le spalle in un gesto casuale. «Da quanto va avanti?» Elisa non rispose.
 
Puntò lo sguardo verso la casa. Tutto sembrava tranquillo.
 
«Da quanto va avanti, Scricciolo?» Una piccola morsa le strinse lo stomaco. Da quanto non la chiamava così?
 
«Circa due mesi» sentì indistintamente Peter trattenere il respiro. Alla sua sinistra Sirius si irrigidì impercettibilmente. «è da due mesi che vomiti?» Si voltò verso la voce incredula di James. «Dopo ogni pasto» spiegò con voce atona e priva di emozioni. Non sapeva nemmeno lei il motivo di tutta quella confidenza. Forse aveva davvero bisogno di parlarne con qualcuno. Un silenzio sbigottito si distese tra loro.
 
«Ecco perché» James si passò stancamente una mano sul viso. Elisa lo guardò, un’espressione interrogativa sul viso. «Ecco perché sei dimagrita» le sue mani andarono a posarsi impercettibilmente contro il suo petto, quasi a coprirsi.
 
«Sei stata furba, lo ammetto» James continuò ad osservarla, vacuo. «Fammi indovinare: indossavi sempre più vestiti, vero?» «Elisa» Remus guardò sconvolto l’amica. Lei annuì soltanto, tornando a guardare persa la casa.
 
«Sto bene» sussurrò poi a mo’ di scuse. «Ma certo» la canzonò James con voce severa «Quanto hai perso esattamente?» Lei non rispose. Si era pesata una settimana prima e quei numeri non le erano piaciuti. «Ok, va bene» James si alzò in piedi tra gli sguardi confusi degli altri. «Se non me lo dici giuro che mi trasformo e corro a sfondare la porta di quella casa. E sappi che lo faccio» La ragazza guardò stordita l’altro voltarsi e iniziare a camminare verso la casa. Parlò prima che il suo cervello potesse realizzarlo.
 
«Dieci» aveva quasi urlato, ma le sue parole avevano almeno fatto bloccare James sul posto. Così come ogni altro ragazzo lì presente. «Quanto?!» Sirius le afferrò il polso e la costrinse a guardarlo. Aveva gli occhi dilatati dalla sorpresa e la bocca lievemente aperta. Il suo sguardo si spostò subito dopo sul polso appena afferrato, quasi si stesse rendendo conto solo allora del suo spessore.
 
«Sto bene» Elisa liberò sconsolata il braccio e si sedette sconsolata contro il tronco. Non importava cosa avrebbero detto. Non avrebbero potuto aiutarla. Chiuse gli occhi, cercando per quanto possibile di riposare e concentrarsi. James si sedette di nuovo al suo fianco.
 
Nessuno parlò più.
 
«Va tutto bene? Stai tremando» dopo quelle che parvero ore una mano le toccò lievemente la spalla. Socchiuse lentamente gli occhi quel tanto per vedere James guardarla preoccupato. «è normale» bisbigliò lei per tranquillizzarlo.
 
«Perché siamo qui?» Sirius piantò il suo sguardo su di lei, indagatore. Ma prima che potesse anche solo rispondere, tre figure svoltarono l’angolo della strada. Elisa si tirò subito a sedere, lo sguardo di nuovo attento e vigile.
 
«Che c’è?» La ragazza fece cenno al Lupo Mannaro di tacere. Si alzò con cautela, facendo in maniera di rimanere nascosta nel buio dagli alberi. Si avvicinò ad uno particolarmente grosso e si nascose dietro. Ne approfittò per studiare la situazione.
 
Le tre figure si dirigevano con lentezza verso la casa, muovendosi nella penombra creata dai pochi lampioni della strada. Quando la raggiunsero, una di loro estrasse un piccolo bastoncino di legno nascosto nella lunga mantella che gli celava il corpo e il viso. La puntò verso la casa: il giardinetto prese fuoco.
 
«Che diamine-» Elisa bloccò James che, alla sua destra, aveva fatto un passo avanti per raggiungere la casa. Non si era nemmeno accorta l’avessero raggiunta. «Fermo» ringhiò poi spingendolo indietro con forza. «Non è giusto, quegli idioti-» «Sta uscendo qualcuno» Remus, poco più in là, osservava la scena pietrificato.
 
Un uomo spuntò dalla soglia di casa. Portava un pigiama a strisce, lo stemma di una famosa squadra di Quidditch inciso sopra. Nelle mani teneva stretta una bacchetta.
 
«Dobbiamo andare ad aiutarlo» Sirius prese mano alla bacchetta, determinato. Gli amici annuirono. «Voi non farete proprio nulla» Elisa si voltò con uno scatto guardandoli rabbiosa. «Voi siete voluti venire ma adesso ci sono le mie condizioni» ringhiò decisa gettando uno sguardo indietro.
 
L’uomo e le figure incappucciate avevano iniziato un’accesa discussione.
 
«Rimanete qui, non fiatate. State zitti e non intervenite» ordinò poi estraendo la sua bacchetta dai jeans. «Tu vai?» Peter la guardava orripilato. Evidentemente l’idea si svignarsela non gli dispiaceva così tanto.
 
«No, lei non va!» Sirius guardava prima Peter poi lei, quasi stesse cercando una conferma. James afferrò l’amico per l’avambraccio scuotendo piano la testa. Elisa sorrise.
 
«Secondo te perché io sarei qui?»
 
Quando il primo raggio verde squarciò la notte, un gufo volò via spaventato da un ramo lì vicino. Elisa si gettò allo scoperto, la bacchetta protesa in avanti. Tre contro uno, molto coraggiosi.
 
La prima maledizione colpì il bersaglio: il Mangiamorte, preso alla sprovvista, non ebbe nemmeno tempo di urlare. Si accasciò a terra, il corpo scosso da singulti violenti. La seconda figura incappucciata la aggredì.
 
La prima Cruciatus le passò a qualche centimetro della guancia, senza colpirla. La seconda la parò con facilità. Spedì una maledizione contro il suo avversario, ma questi la parò senza difficoltà.
 
«AVADA KEDAVRA»
 
Elisa percepì il tonfo della caduta prima che questa avvenisse. Si voltò un poco, giusto per permetterle di vedere gli occhi dell’uomo al suo fianco farsi vitrei.
 
Urlò.
 
Con quanta forza aveva in corpo lanciò una maledizione alla figura incappucciata più vicina. Questa fu sbalzata qualche metro più indietro. Ma non fu abbastanza veloce.
 
«Crucio!» Si piegò in avanti, la sensazione che mille coltelli la stessero trapassando. Il Mangiamorte la guardò contorcersi sul pavimento prima che delle urla attirassero la sua attenzione. «Sectumsempra!» la maledizione di Sirius rimbalzò sullo scudo invisibile dell’avversario. La figura incappucciata fece qualche passo indietro, un’improvvisa consapevolezza nella mente.
 
Elisa aprì gli occhi quel tanto da permetterle di vedere l’avversario afferrare i due compagni e sparire in una nube di fumo verso il cielo. Si rialzò barcollando, guardandosi in giro stralunata. Urlò ancora, ma dalla frustrazione.
 
Se li era lasciati sfuggire.
 
«è morto» Peter si era inginocchiato sull’uomo. Il suo sussurro era stato flebile, quasi inesistente. Ma la notte era tornata silenziosa. Elisa non seppe cosa ci fosse in quegli occhi: paura, tristezza o incredulità.
 
Non ebbe modo di scoprirlo.
 
Con un rumore quasi di un risucchio, la nube nera sorvolò le loro teste e planò sulla casa. Con uno boato vi passò in mezzo. Schegge e detriti saltarono nell’esplosione. Le finestre si frantumarono. Delle fiamme si erano alzate nella casa.
 
Elisa corse.
 
Corse più veloce che poté, incurante delle grida degli altri. Superò la soglia guardandosi disperatamente intorno.
 
Quello che un tempo era stato un salotto accogliente e ben tenuto ora bruciava tra le fiamme davanti ai suoi occhi. I tappeti vecchi e consunti si disintegravano poco a poco, così come il divano. Si spinse sulle scale.
 
Evitando bruciature troppo gravi salì i gradini, lo sguardo a vagare febbrilmente in giro alla ricerca di anima viva. In cima alle scale uno squarcio lungo qualche metro si apriva nel muro, così come dall’altra parte del corridoio. Elisa immaginò che i Mangiamorte avessero percorso il corridoio per intero. Una trave cadde dal soffitto rischiando di travolgerla. La evitò per un soffio gettandosi contro la parete e rimanendo ustionata.
 
Tenendosi la spalla bruciante  e dolorante, lì dove le magliette che aveva indossato si erano disintegrate lasciando spazio ad un pezzo di carne bruciata, iniziò ad aprire frettolosamente le porte. Iniziava a mancarle l’aria. Alla terza porta si bloccò sulla soglia.
 
Un bambino in piedi al centro della camera teneva la mano ad una donna. Questa, incastrata sotto una trave, sembrava giacere semisvenuta sul pavimento. Al suono dei suoi passi, la signora aprì gli occhi.
 
«La tirerò fuori» Elisa si concentrò sulla trave cercando di farla spostare. La donna mugolò insistentemente scuotendo la testa. «La tirerò fuori signora, glielo prometto» Cercò disperatamente di tenere la voce ferma.
 
«Lui» era stato un sussurro, eppure non ebbe difficoltà a sentirlo. La donna, il viso scavato dalle lacrime e dal dolore, teneva la mano del bambino lontana da lei, lontana dalle fiamme.
 
E lei capì.
 
Senza che questo avesse il tempo di accorgersi, Elisa afferrò il bambino e lo portò sulla soglia. «Tornerò a prenderla, è una promessa» La donna annuì persa, il viso sul pavimento e lo sguardo fisso su suo figlio. Il bambino iniziò a piangere e a dimenarsi con insistenza.
 
La ragazza si spinse giù per le scale evitando le fiamme. Tossì un paio di volte, il sapore del fumo in gola e conati che prepotentemente le sconquassavano lo stomaco. Ma non vomitò. Uscì invece di corsa dall’abitazione, il bambino stretto al petto.
 
Qualche signore era appena sceso in strada, probabilmente un vicino risvegliato dalla confusione e dal boato. Vedendola uscire dalla casa in fiamme, un uomo robusto in vestaglia le si avvicinò preoccupato. «Ragazza cosa è successo? Stanno tutti bene?» Lei cadde carponi sul terreno, il bambino che ancora piangeva disperato.
 
«Una donna, c’è una donna!» L’uomo si voltò verso la casa, estraendo subito la bacchetta. Un altro boato squarciò l’aria. E sotto gli occhi disperati della ragazza la casa saltò definitivamente in aria.
 
 

Angolo autrice
Mi scuso per l’abominevole ritardo, ma ho avuto qualche problema con il computer. Con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto
alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Diavolo ***


Diavolo


«Elisa» una mano si posò sulla sua spalla, insistente. Non vi badò. Le fiamme lambivano ancora la casa. Poteva vedere il vecchio muro scrostato trasformarsi inesorabilmente in cenere. Poteva sentire la vita lasciare il corpo di quella donna, poteva udire la sua inutile promessa riecheggiare nella notte.
 
«Elisa» James la girò con decisione. La osservò velocemente da capo a piedi, quasi volesse assicurarsi che non stesse per morire da un momento all’altro. «Cosa dobbiamo-» «Avvertite Silente» sussurrò atona ritornando a guardare le luci nel buio.
 
James non rispose. Si allontanò soltanto. Qualche minuto dopo un cervo argentato si levò in volo scomparendo qualche metro più in là.
 
«Dov’è la mamma?» il bambino, che fino ad allora era rimasto in terra a piangere, ora guardava confuso il caos attorno a lui.
 
Molti maghi e streghe erano accorsi dal vicinato, probabilmente attirati dai rumori. La maggior parte di loro si era riunita di comune accordo attorno alla casa con l’obiettivo di spegnere l’incendio. Elisa spostò lo sguardo dalla sua figura esile concentrandosi sullo spettacolo di fronte a sé.
 
Un pezzo del tetto crollò rovinando a terra. Un groppo in gola le fece mantenere il silenzio.
 
«è dovuta andare via» Remus si accucciò di fianco al bambino, un sorriso dolce sul viso. Il piccolo, che sembrava avere sui cinque anni, annuì soltanto. «Doveva sistemare una faccenda con tuo padre» spiegò poi scompigliandogli scherzosamente i ricci sulla nuca. Il piccolo ridacchiò a quel gesto. Una luce alle sue spalle illuminò la terra intorno a sé.
 
«Preside» i ragazzi abbassarono la testa, nervosi. L’anziano li salutò con un cenno prima di avvicinarsi veloce nella sua direzione. Con la coda dell’occhio lo vide puntare lo sguardo sul lenzuolo bianco disteso a terra una decina di metri più in là e la casa in fiamme.
 
«Erano in tre, prima hanno ucciso l’uomo e poi hanno appiccato l’incendio» spiegò atona continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé. Il bambino, che si era nascosto dietro alle gambe di Remus, non la sentì. «Lo so» fu la tranquilla risposta del Preside quando la raggiunse.
 
Il nodo in gola si fece più prepotente.
 
«Signore io-» «Lo so» L’anziano le posò protettivo una mano sulla spalla. Un sorriso triste campeggiava sul suo volto. Elisa avrebbe giurato di vederci del rammarico.
 
«Prendi» in un attimo la mano dell’uomo fu nel mantello. Qualche secondo dopo le porgeva un’elegante piuma dai riflessi dorati. «Una passaporta, vi porterà direttamente in infermeria. Madama Chips è già stata avvertita» spiegò l’uomo rivolgendosi anche ai ragazzi alle sue spalle. «Ora andate» li congedò quindi iniziando a camminare verso la casa in fiamme.
 
«Il figlio è vivo» la sua voce era stata gracchiante, quasi lamentosa. Il Preside si voltò di scatto, gli occhi colmi di sorpresa. Solo allora si accorse della figura rannicchiata a terra dietro alle gambe del Lupo Mannaro. Il bambino studiò diffidente l’anziano.
 
«Chi è quello?» Remus boccheggiò sorpreso osservando il piccolo. «è il preside della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, Albus Silente» spiegò meravigliato senza pensare.
 
«Signor vecchio andrà bene» chiosò l’anziano con un sorriso. «Che ne dici di venire con me dalla tua vicina? Avrei bisogno di un favore, ma non so riconoscerla in mezzo a questa folla» «Ma è di là!» il bambino si alzò spazientito e si allontanò veloce nel prato.
 
Silente sorrise compiaciuto e si allontanò poi con un lieve cenno del capo. «Dove sono mamma e papà?» «ottima domanda. Direi di andare a scoprirlo» una risatina triste le riecheggiò nella testa. Gli angoli della sua bocca, però, non ebbero un minimo fremito.
 
La piuma nella sue mani iniziò a brillare lievemente. «Dobbiamo andare» commentò piatta voltandosi verso gli altri. I quattro ragazzi si avvicinarono senza che lei dicesse nulla. Presero ciascuno la piccola piuma.
 
Quando la stretta all’ombelico le annunciò l’inizio del viaggio, Elisa si era appena voltata verso la casa, un ultimo sguardo su quell’inferno.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Santo cielo!» Elisa sentì la voce della donna ancora prima di vederla. Madama Chips si avvicinò loro trafelata. «State tutti bene?» rimase dov’era. Da quella posizione rimaneva perfettamente coperta alla visuale della donna dai ragazzi. La strega, però, non ci mise molto ad individuarla.
 
«Per la barba di Merlino» le si avvicinò veloce, scrutandola più attentamente. I suoi occhi indugiarono particolarmente sulla bruciatura sul braccio destro. «Sto bene» si voltò, diretta verso la porta dell’infermeria, decisa a rimanere per meno tempo possibile. Prima che il primo passo raggiungesse terra, però, capì di non riuscire a reggersi in piedi. Si piegò in avanti. Nella caduta si aggrappò con tutto il suo peso alla sponda del letto più vicino. 
 
«Piano piano!» Madama Chips l’aiutò a rialzarsi. «Che diamine ti è successo?» la signora la guardò intensamente aspettandosi una risposta. «Cruciatus» questa arrivò dopo un attimo di silenzio, ma non da lei. Sirius fece un passo avanti osservandola.
 
«E si è buttata in una casa in fiamme» spiegò poi distogliendo lo sguardo un attimo dopo e facendo un passo indietro. «Grazie mille Signor Black. E lei cosa aspetta? Si stenda sul letto che ho bisogno di farle un’analisi» ordinò poi con voce austera. Elisa fece quanto le era stato ordinato.
 
Osservò la donna avvicinarsi con la bacchetta e sfiorarle il corpo, concentrata. Spostò lo sguardo. Remus la guardava mordendosi il labbro, nervoso. Era rimasto in piedi, nella stessa posizione di quando era arrivato. Peter parlottava fitto con James che, sporadicamente, le lanciava lunghe occhiate eloquenti.  Sirius, invece, sedeva nel letto accanto al suo. La osservava costantemente, quasi volesse accertarsi personalmente che non ci fosse nulla che non andasse. Il suo viso era contratto in una smorfia triste e sconvolta allo stesso tempo. Probabilmente, pensò, stava rivivendo gli eventi di quella notte.
 
Madama Chips respirò a fondo. Afferrò poi con decisione una boccetta nella tasca del suo grembiule e iniziò a spargere il contenuto sulla carne bruciata. Elisa sentì la pelle sfrigolare a quel contatto. La pelle si rimarginò.
 
«Credo che tu abbia bisogno di una bella pulita e di una notte in tranquillità. Vai e fatti una doccia. Se hai qualche problema chiamami. Riesci a camminare?» Elisa annuì per poi alzarsi faticosamente e raggiungere il bagno in un angolino della stanza.
 
Si guardò di sfuggita allo specchio. Un’estranea le restituì lo sguardo. Il viso, completamente sporco di fuliggine e cenere, risultava completamente freddo. Nemmeno un’emozione traspariva da quegli occhi. Ispirò profondamente e si infilò sotto la doccia. I vestiti li lasciò qualche metro più in là, a terra, sperando che qualcuno facesse sparire quegli indumenti che puzzavano di morte.
 
Fu, probabilmente, la doccia più lunga della sua vita.
 
Rimase minuti interi immobile, gli occhi chiusi e la mente persa nel contatto tra la pelle e le gocce calde che le scorrevano veloci sulla pelle. Quando uscì e si avvolse nell’accampamento pensò di essere realmente rinata.
 
«Scusa» Elisa si voltò appena in tempo per vedere le guance di Sirius tingersi dall’imbarazzo prima che lui distogliesse lo sguardo. Era appoggiato ai lavandini. Da quel punto la visione della doccia era totalmente inaccessibile. Ringraziò Merlino per questo.
 
«Madama Chips mi ha dato i vestiti da portarti. E poi non uscivi più» spiegò il ragazzo lanciandole una vecchia sacca. Aprendola la ragazza notò i suoi vestititi sul fondo. «Grazie» si voltò poi, pronta per cambiarsi. «Hai bisogno di qualcosa?» non rispose. Aveva bisogno di qualcosa? Fino a qualche ora prima avrebbe detto di no. Ma ora?
 
«Ok, ho capito» i passi di Sirius riecheggiarono nel silenzio del bagno diretti verso la porta di uscita. «Potresti-» il ragazzo si bloccò con la mano sulla maniglia. Era stato un sussurro, eppure …
 
«Potresti rimanere?» Elisa si pentì subito di averlo chiesto, ma non tornò indietro. «Scusa non voglio rimanere da sola» ammise iniziando a cambiarsi con lentezza. Un piccolo silenzio si distese tra i due. Lui però non si allontanò. Rimase immobile, il viso rivolto verso la porta. Una fitta di dolore la colpì alzando il braccio per mettersi la maglietta che le era stata portata.
 
«Cazzo» mugolò appoggiandosi al lavandino dietro di sé chiudendo gli occhi aspettando che il male passasse. «Stai bene?» La voce di Sirius la raggiunse da poco distante. Quando aprì gli lo scoprì a fissarla a pochi passi di distanza, preoccupato.
 
«Secondo te?» scherzò senza cattiveria con una smorfia di dolore. «Vuoi una mano?» si chinò a prendere la maglietta a terra. Non si era nemmeno accorta di averla fatta cadere. Si avvicinò e iniziò a vestirla. Elisa ridacchiò divertita.
 
«Non ti capiterà molto spesso di vestire delle ragazze» Sirius rispose con un sorriso stiracchiato. «Sei decisamente la prima» Quando qualche minuto dopo uscirono dal bagno, Madama Chips venne loro incontro.
 
«Quanto ci hai impiegato, pensavo ti fossi perso. Bevi questa, ti assicurerà un sonno senza sogni» le consegnò quindi un bicchiere con un liquido dorato al suo interno. Si rivolse poi ai ragazzi. «A cambiarsi e poi tutti a letto» «Rimangono anche loro?» Elisa si distese nel letto osservando di sfuggita i ragazzi scomparire dietro un separé verde smeraldo.
 
«Ma certo cara, solo per precauzione» poi, abbassata la voce e lanciata un’occhiata veloce ai ragazzi, si avvicinò «Presenti dei gravi valori di malnutrizione. Il tuo stomaco presenta una grave infezione. Secondo le mie conoscenze quest’infezione è in corso da qualche mese. Sei riuscita a mangiare qualcosa?» Elisa osservò gli occhi della donna farsi tetri. Non c’era bisogno di una risposta per sapere la verità.
 
«Vomita ad ogni pasto» I ragazzi avevano spostato il separé, lo sguardo puntato sulle due figure. Sirius sorrise tristemente, a mo’ di scusa. «Si può sapere perché non sei venuta a farti curare?» Madama Chips si allontanò con uno scatto dal letto e si diresse verso il suo ufficio. Lei non rispose. 
 
«Perché non sei mai venuta?» James si avvicinò e si sedette sul fondo del letto. «Pensavo non fosse grave» rispose semplicemente scrollando le spalle. Continuò a guardare inespressiva il soffitto. «La smetti?» Remus scattò verso il centro della sala iniziando a camminare nervosamente. Si fermò in mezzo al corridoio ad osservarla. Lei restituì lo sguardo.
 
«Cazzo Elisa sono morte due persone e tu te ne stai lì, senza dire niente!» Lo osservò ancora per un po’, studiando i capelli lunghi e il principio di barbetta sul mento. Poi tornò a guardare il soffitto. Un rumore sordo richiamò la sua attenzione. La porta dell’infermeria si aprì.
 
Silente fece il suo ingresso nella stanza. Il mantello celeste frusciò a contatto con il pavimento. Appena la vide la sua espressione si ammorbidì. Lei cercò di alzarsi a sedere. Ci riuscì per metà, rimanendo con la schiena appoggiata ai cuscini. James si alzò con uno scatto.
 
«Mia cara, piccola ragazza» il Preside si avvicinò con un sorriso dolce sul viso, fermandosi di fianco al suo letto. «Cos’è successo?» l’espressione del preside si trasformò in una smorfia. «L’incendio è stato spento. Dei mangiamorte nessuna traccia» Elisa respirò a fondo, gustandosi il suono amaro che quelle parole assumevano.
 
«Il bambino?»  il preside si prese un attimo per rispondere. «Ora è al sicuro»  «Dov’è?» Gli occhi di Peter la fulminarono con lo sguardo «Non credo siano affari tuoi» bisbigliò piano guardando Silente di sottecchi.
 
«Ho salvato lui. Ho permesso che sua madre morisse. Quindi sì Peter, è affar mio» Sirius strabuzzò gli occhi incredulo, così come gli altri. Il suo tono era stato duro e intransigente.
 
Colpevole.
 
«Non è stata colpa tua» «Dov’è?» il preside trasse un profondo respiro, per niente infastidito nell’essere stato appena interrotto. «In una colonia tra le colline dello Shire» «Colonia? Cosa intende-» James guardò gli altri con sguardo interrogativo. Elisa si prese il viso tra le mani.
 
«Perché lì?»  Si rivolse di nuovo al Preside senza però muoversi, il volto ancora nascosto. «Era l’unico posto dove avrebbe potuto vivere al sicuro» «Sì, come un reietto!» le parole uscirono basse come un ringhio nel silenzio. Spostò le mani, rivelando un’espressione ferita e sconfitta. Silente non rispose.
 
«I nonni materni e paterni avevano già da tempo abbandonato la famiglia, negandogli ogni aiuto. Allontanarlo da tutto e da tutti è stata l’unica possibilità perché lui sopravvivesse» il preside osservò i suoi occhi spenti.  «Lo sai anche tu che non vado fiero di tutte le scelte che compio. Ma so di aver salvato una vita e non me ne pento, anche se questo vuol dire averlo marchiato come un reietto» Silente le sfiorò delicatamente la mano per poi alzarsi e compiere qualche passo verso la porta.
 
«Perché non me lo aveva detto?» il preside si voltò con un’aria confusa. «Che era una famiglia di lupi mannari, intendo» Silente sorrise dolcemente, guardandola dai suoi occhiali a mezza luna.
 
«Avrebbe cambiato qualcosa?» E nonostante fosse delusa, stanca e arrabbiata, sorrise, perché no, non avrebbe cambiato nulla.
 
«Buon riposo» l’anziano si diresse spedito verso la porta per poi scomparire dietro di essa. Elisa si sistemò meglio nei cuscini e prese la pozione sul cuscino.
 
Sapeva di liquame di uccello. Non lo disse però ad alta voce. Chiuse gli occhi, cercando di riposare. Ora doveva solo stare tranquilla.
 
E la buonanotte dei ragazzi fu l’ultima cosa che sentì.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Non se ne parla nemmeno» Elisa respirò a fondo cercando di far ragionare la donna. «Sto bene. Mi faccia andare» «Stai bene eh? Disse quella che non mangiava da mesi. Guarda come sei deperita!» seguì l’infermiera lungo la stanza, standole alle calcagna.
 
«e come vuole che guarisca qui dentro?!» Madama Chips si voltò ad affrontarla. «Prima di tutto: stando a letto lontano dagli stress. Secondo: mangiando. Terzo: stando lontano dagli stress!» «Oh andiamo» Elisa alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Si può sapere a che diamine di stress potrei andare incontro a cena?! E poi sono già guarita, lo ha visto anche lei questa mattina. Come lo ha chiamato?» parve pensarci un po’ su, per poi esclamare trionfante «Una guarigione clamorosa» Madama Chips parve soppesare la risposta. Se la conosceva almeno un po’ nella sua mente stava cedendo.
 
«Non ne sono convinta» la donna si voltò e continuò a camminare verso la porta. «I ragazzi potranno tenermi d’occhio. Li ha lasciati uscire questa mattina, no?» «è una cosa diversa, signorinella» Madama Chips si fermò sulla soglia, la porta mezza aperta.
 
«vado a parlare con il preside e vedo cosa posso combinare. Tu rimani qui e restaci, altrimenti ti legherò a quel letto io stessa» poi sparì dietro la porta. Elisa esultò in segno di vittoria: entro sera sarebbe stata fuori di lì.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«è inutile che gongoli tanto» erano state queste le ultime parole che Madama Chips le aveva riservato osservandola uscire dalla porta dell’infermeria. Elisa attraversò il corridoio diretta in Sala Grande. La donna era stata intransigente. Se quella sera se ne fosse andata, nessuna visita di qualche amico sarebbe stata più importante delle sue cure. E così era stato.
 
Madama Chips aveva gentilmente (o drasticamente) dirottato ogni tentativo di venirla a trovare. Ma alla fine era andata bene così. Ora si sentiva meglio, forse addirittura piena di energie. Quel giorno a pranzo era riuscita a mangiare una mela senza vomitarla: un traguardo, insomma.
 
La Sala Grande era gremita di persone. Gli esami erano praticamente finiti. Silente aveva infatti deciso che l’esame di incantesimi nel suo caso fosse superfluo. Gli era grata per questo.
 
Non appena varcò la soglia individuò una chiama rossa ben nota. Lily le venne incontro. «Scusa Lily, non sono stata tanto bene»  «Taci» la ragazza di fronte a sé l’abbracciò di slancio tenendosela stretta. «Che cosa-» Elisa si bloccò alla vista di quattro figure alle spalle della rossa.
 
«Mi hanno raccontato tutto» Lily si spostò al suo fianco per non dar loro le spalle. Dallo sguardo che le lanciò, era chiaro che fosse più sorpresa di quanto mostrava. E più arrabbiata.
 
«Stai bene?» James sorrise titubante nella sua direzione. Sembrava scosso, come se distogliere lo sguardo da Lily fosse stato per lui un trauma. «Madama Chips non ci ha permesso di venirti a trovare oggi pomeriggio» Remus si intromise nella discussione. Elisa ridacchiò divertita.
 
«Non hai ancora risposto, stai bene?» Lily le prese protettiva la mano. «Oh Eli mi dispiace così tanto» mugolò prima di tornare ad abbracciarla. Nascose il viso nella spalla dell’amica respirandone l’odore. Quando finalmente la lasciò, sorrise. «Sto bene, sì. Penso di non essermi sentita così bene da un po’ di tempo» L’espressione di Lily cambiò improvvisamente, come se uno scopino del water le avesse appena fatto una proposta di matrimonio.
 
«Ehi tesoro» al suono di quella voce un ricordo vivo le si parò davanti agli occhi. Delle mani la toccavano e una voce viscida sussurrava nel silenzio. Daniel l’afferrò da dietro, protettivo. Osservò gli occhi dei suoi amici di fronte a sé. Guardavano la scena tristemente, con delusione, come si guarda un animale prima libero venir rinchiuso in una gabbia.
 
E ora lei quelle sbarre iniziava a sentirsele strette.
 
Si divincolò con decisione districandosi da quell’abbraccio soffocante. «Ehi piccola, che succede?» il sorriso sul volto del biondo si incrinò un poco.
 
«Mi dispiace» iniziò lei cercando di tenere ferma la voce. «mi dispiace Daniel, ma io non ce la faccio» Il Corvonero la guardò strabuzzando gli occhi, confuso. «Non ce la fai a …» la esortò a continuare con voce controllata. Elisa respirò a fondo.
 
«Scusa ma non riesco a continuare questa farsa» Sentì al suo fianco Lily trattenere il respiro. Daniel sorrise, improvvisamente tranquillo. «Con calma piccola. Non puoi fermarti alla prima difficoltà, ci lavoreremo insieme. Dovevo immaginarmelo» Elisa strabuzzò gli occhi sconcertata «sei ancora confusa dalla malattia» Daniel le afferrò con decisione il polso, trascinandosela vicina. Cercò di divincolarsi ma una voce le riecheggiò nella memoria. Shh va tutto bene.  
 
«Lasciami» iniziò decisa, quasi presa dal panico «va tutto bene, non agitarti» «EHI» una mano afferrò saldamente il braccio del ragazzo strattonandoglielo.
 
Daniel la lasciò andare. Un braccio la spinse con decisione indietro mandandola a sbattere contro qualcuno. Alzando la testa poté incontrare l’espressione tranquilla di James. Gli occhi del ragazzo vagarono allora di fronte a sé. Seguì il suo sguardo. Sirius guardava con uno sguardo di puro odio il Corvonero.
 
«Ha detto di no» «E tu che c’entri Black?» Daniel sorrise nervosamente. «Vattene» Sirius osservò con aria di sfida il ragazzo di fronte a sé. «Se no?» Elisa fece un passo avanti, ma un altro braccio la bloccò. Remus scosse lievemente la testa nella sua direzione. Un attimo dopo i tre ragazzi fecero un passo avanti.
 
«Quattro contro uno, molto coraggiosi» Daniel incrociò le braccia al petto, sarcastico. «Va via Walker» James avanzò fino a raggiungere l’amico. «Non vogliamo guai» «Ah no?» Era stato un sussurro. Un sussurro calcolato.
 
«Cosa diamine sta succedendo qua?» La Mcgranitt si avvicinò come se avesse fiutato il litigio da lontano. Un discreto numero di curiosi si era radunato intorno a loro per godersi l’ennesimo spettacolo. «Potter e i suoi volevano fare rissa. Ma non si preoccupi professoressa, non mi farò certo coinvolgere» «Noi volevamo fare rissa?!» Sirius sputò quelle parole con rabbia. «Signor Black moderi i toni!» l’urlo dell’insegnante richiamò all’ordine.
 
Un suono inconfondibile tagliò come una lama il silenzio: un singhiozzo. Tutti si voltarono. Elisa ricordò con precisione ogni singolo momento di angoscia e afflizione provato in mesi. Quella delusione, quella sensazione di non essere mai abbastanza che la accompagnavano ovunque andasse. E poi il vomito, il dolore, i suoi silenzi.
 
E si accorse solo in quel momento di non essere disperata. Quella sensazione che provava era solo rabbia.
 
Una singola lacrima si mostrò al mondo tracciando una tortuosa discesa lungo la sua guancia. E quando quella singola goccia di infelicità toccò il pavimento, delle figure argentate si mossero qualche metro più in là. Come spettri, le figure semitrasparenti alla luce delle candele, un ragazzo e una ragazza, l’uno di fronte all’altro, sembravano intenti in una conversazione.
 
«Non abbiamo ancora finito» la mano del ragazzo andò ad afferrarle prepotentemente il braccio. «Dicevo, c’è qualcosa che ti blocca con me, non capisco, prova a scioglierti un po’. Dai, provaci, sarà divertente» una mano andò a posarsi sul fianco di lei, possessiva. «Daniel, devo andare»
 
Elisa sentì la sua stessa voce riecheggiare nel silenzio sbigottito della Sala.
 
«Shh non vorrai farci sentire»
 
Chiuse gli occhi. Non voleva vedere quella scena. Eppure sapeva che doveva, doveva guardare quella scena, doveva sentire quel senso di nausea. Perché era giusto così. Elisa osservò disgustata quei tocchi farsi più violenti. Guardò la sua figura venire schiacciata contro lo scaffale e irrigidirsi dalla paura. Guardò la mano del ragazzo palparle il sedere.
 
«Basta» le figure argentate si bloccarono per poi sgretolarsi come coriandoli al vento. «Signorina Stevenson» la professoressa Mcgranitt la osservava senza parole, una mano sul cuore per lo shock.
 
«Anche il diavolo prima era un angelo» sussurrò la ragazza sentendo un peso liberarsi nello stomaco. In quelle parole trasudava il rancore. «Tu brutta troia!» Daniel fu su di lei prima che riuscisse a muoversi.
 
Nell’urto i due caddero indietro. Colpì il tavolo facendo rovesciare alcuni piatti e posate a terra. Sentì qualcuno gridare. Le afferrò i capelli e glieli strattonò con forza fino a farla inginocchiare. Ma lei non era un giocattolo da bistrattare.
 
Con una mano libera afferrò qualcosa di appuntito a terra poco più in là. Qualcun altro urlò qualcosa di imprecisato. Quando la presa di Daniel su di lei scomparve, la sua prima sensazione fu quella di libertà. Il coltello ricadde a terra con un leggero tintinnio.
 
E mentre una cascata di capelli castani toccavano il pavimento un attimo dopo, Elisa prese mano alla bacchetta.
 
Fu su di lui prima che qualcuno potesse fare qualcosa. «Non mi sfidare» sussurrò al suo orecchio mentre, con mano troppo ferma, teneva la bacchetta a contatto con il suo collo.
 
«Nelle ultime ventiquattro ore ho già visto morire due persone. Non mi costa nulla una tripletta» affondò l’arma nel collo del ragazzo, tenendo sempre con l’altra mano il suo colletto. I due non erano mai stati così vicini.
 
«ORA BASTA» l’urlo riecheggiò nelle loro teste, quasi la voce provenisse dal loro stesso cervello. Silente si diresse a passo spedito nella loro direzione. A quella vista Elisa si distaccò con una smorfia. «Walker nel mio ufficio, subito» la voce del preside sembrava pacata e misurata, ma gli occhi tradirono la rabbia. Guardando i due allontanarsi, una parte di lei ne fu sollevata. Quando si girò, tutti gli occhi della Sala Grande erano fissi su di lei.
 
«che c’è?» si rivolse a Lily, il viso intriso di sorpresa e … ammirazione? «Certo che» james fece un passo verso di lei mettendole un braccio intorno alle spalle per poi passarle una mano tra i capelli, giocoso «ci hai dato proprio un taglio eh?»
 
 
 
Angolo autrice
Tadaaaaaaa!! Lo so, non mi aspettavate così presto. Beh, sorpresa! Spero che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** Vergogna ***


Vergogna


«Sicura di stare bene?» la donna la osservò malfidente. «Mai stata meglio» i suoi occhi indagatori non si scostarono «Più o meno» convenne un attimo dopo pensandoci su. La professoressa Mcgranitt si alzò austera dalla sedia e si diresse verso la piccola biblioteca nel suo studio. Vagò con lo sguardo sulle vecchie copertine dei libri, scrutandoli attenta.
 
Elisa si concentrò sulla profonda ruga appena accennata sulla profonda. Evidentemente, ragionò con lucidità, la professoressa doveva essere veramente molto preoccupata. Un attimo dopo, agitando la lunga bacchetta, un libro planò direttamente nelle sue mani. La donna le si avvicinò sbrigativa e le consegnò il libro.
 
«Incantesimi per la difesa personale» Elisa lesse scettica. «La prossima volta, signorina Stevenson, la pregherei di parlarmi di qualsiasi problema lei abbia. Sono il suo capocasa» la Grifondoro sbuffò e alzò gli occhi al cielo, teatrale. «e inoltre-» aggiunse poi portandosi le braccia al petto «- come donna so cosa significa vivere una situazione simile» Elisa non rispose, troppo intenta ad accarezzare rapita la copertina rovinata del libro. Si sentiva inoltre un po’ colpevole, quanto meno di non aver messo al corrente la donna.
 
«Grazie» sussurrò quindi con un sorriso sghembo verso l’insegnante. «Per allenarsi le serviranno delle persone. Le consiglio Potter e Black, tanto per far pratica» scoppiò a ridere, più divertita dal tono dell’altra che altro. «Ora forza, ritorni dagli altri. Ho idea che la signorina Evans sia abbastanza preoccupata»
 
Quando qualche minuto dopo Elisa uscì dall’ufficio della sua capocasa, un senso di spensieratezza la pervase. Andava tutto bene, tutto si sarebbe risolto. Passeggiò calma nei corridoi, il libro stretto al petto. «Fenice svolazzante» il quadro della Signora Grassa le sorrise e si spostò per farla passare. Sentì le loro voci prima ancora di vederli.
 
«Non sto dicendo che lo faremmo veramente» «Ma guarda un po’» commentò da dentro la Sala la voce leggermente irritata di Lily. «Sto solo dicendo che potremmo pensarci» «James!» Remus riprese l’amico con voce severa. «Che c’è» si difese l’altro alzando gli occhi al cielo. «Una guardia del corpo è l’unica soluzione!»
 
«Che c’è Potter, vuoi stare sicuro che nessuno ti rapisca?» Elisa entrò nella stanza ghignando. «Haha Scricciolo» James le passò una mano intorno alle spalle e la coinvolse in un abbraccio sbrigativo. Non si ritirò. Ma non le sfuggirono nemmeno le occhiate di Lily. Si appuntò di parlarne prima delle vacanze.
 
«Che libro è?» chiese quest’ultima prendendole il libro dalle mani. «Avete cacciato tutti?» Elisa si voltò più e più volte nella Sala deserta. «C’è una festa nella Stanza delle Necessità» spiegò Remus sedendosi sulla sedia accanto al solitario tavolino contro la parete del Dormitorio.
 
«Incantesimi per la difesa personale?» Lily lesse perplessa il titolo del libro. I ragazzi si guardarono tra loro stralunati. «Non mi pare tu avessi bisogno di protezione oggi» Elisa alzò le spalle indifferente. «A quanto pare» si gettò con poca grazia sul divano, distendendosi completamente «per la nostra capocasa sono una povera ragazza indifesa nelle mani di terribili mostri» ridacchiò al solo pensiero.
 
«Ed è così» la voce di Sirius la schernì dall’altra parte del divano. La mora lo squadrò con poca convinzione. «Certo, un piccolo gattino» James alzò le sopracciglia ridendo. Anche gli altri lo seguirono. «Ma guardati, così indifesa» Sirius si avvicinò con lentezza.  «Devi fare attenzione: qualcuno potrebbe rapirti» «Oh sto tremando di paura» Elisa chiuse gli occhi pigramente. Parecchi chili le piombarono addosso.
 
«Che diamine!» I due caddero a terra con un tonfo sordo. Sirius continuò a ridere anche dopo la caduta, quando lo sguardo scioccato di lei rimaneva fermo sul suo viso. «La tua faccia» James dall’altro capo della sala si appoggiò al tavolino tenendosi lo stomaco dalle risate. Gli altri fecero altrettanto.
 
«Imbecille» Elisa si rimise supina e chiuse gli occhi. Quando si voltò nuovamente Sirius non aveva ancora spostato lo sguardo. Un’espressione seria però ora campeggiava sul suo viso. Con una mano le andò a sfiorare i capelli. «Devi farteli sistemare» commentò con sguardo perso.
 
«Se vuoi posso provarci io» la voce di Lily li richiamò alla realtà. Si alzarono subito dopo. Quando Elisa si diresse dall’amica notò un vassoio sul tavolo. Al suo sguardo interrogativo fu Remus a rispondere. «La tua cena, prima non hai mangiato» guardò l’amico per poi spostare lo sguardo scettica sul cibo.
 
«Oh non ci provare» James si intromise nella discussione. «La conosco quella faccia. Prima la cena e poi i capelli» ordinò imperioso sedendosi su una delle sedie nella stanza. Ne avevano radunate a sufficienza per sedersi tutti. Elisa fece quanto le era ordinato. Non aveva molta fame dopo gli avvenimenti di quella sera. Eppure, doveva ammettere, non voleva tornare alle vecchie abitudini. Mangiare era fondamentale.
 
«Come stai?» la sorprese quella domanda. Alzò gli occhi su Peter, incredibilmente compiaciuta per il suo comportamento. «Bene, grazie Peter!» «Davvero?» il ragazzo sembrava non crederle molto. «Mi fanno un po’ male le braccia e le gambe, sai. Ma dopo una cruciatus è normale» «ne parli come se fossi abituata» la riprese Remus con una risatina. Ma lei non rise. Anzi, dall’espressione che gli lanciò, anche il ragazzo comprese e distolse lo sguardo.
 
«Fa vedere quel libro» James prese il tomo e iniziò a sfogliarlo. «per esercitarti ti servirà qualcuno» commentò poco dopo alzando lo sguardo dalle pagine consunte. «La Mcgranitt mi ha detto di usare voi» e indicò con la forchetta i due alla sua destra. «Quella donna ci adora» Sirius sorrise da ebete.
 
«Felpato piantala» lo riprese Remus fermamente «Non potrai sposarla prima della fine della scuola» Lily scosse la testa esasperata. Elisa trovò il tutto molto divertente. «C’è insomma, ma la vedete mentre cammina nei corridoi? È troppo cazzuta!» Sirius si mise una mano sul cuore, teatrale. «Sappi che io farò il vostro testimone di nozze» James alzò la mano al cielo come a suggellare un patto. «Ma certo fratello»
 
«Elisa mangia» Lily la stava osservando severa. «Cosa? Ma è un sacco di cibo!» si lamentò lei sentendosi sazia. «Hai preso solo metà insalata» La mora si appoggiò allo schienale della sedia massaggiandosi lo stomaco. «L’altra metà la mangerà dopo» James rassicurò la rossa con un sorriso incoraggiante.
 
«Avanti Scricciolo, forza che ci si allena» aprì il libro su una pagina a caso. Elisa si alzò e lesse. «Hai memorizzato la formula?» lei annuì soltanto. «è un incantesimo senza bacchetta quindi magari ci impiegherai un po’ ad impararlo» incontrò il suo sguardo, le sopracciglia volutamente sollevate «o magari no» concluse ritornando ad osservare le pagine.
 
«Sirius prego» fece gesto al ragazzo di raggiungerla al centro della sala «Perché io?» protestò l’altro dalla sedia. James si voltò, il sarcasmo palpabile sul suo viso «Davvero me lo stai chiedendo?» il ragazzo si alzò e la raggiunse.
 
«E poi penso che Scricciolo sia felice di farti volare in giro per la stanza, vero?» Elisa annuì compiaciuta. «Ok, allora … Felpato afferrarle il polso» «Così?» fece quanto gli era stato detto. A contatto con la sua pelle Elisa si ritrasse un poco. Lui la lasciò subito andare. Un silenzio pesante era sceso nella stanza.
 
«Scusa è-è colpa mia» balbettò lei riavvicinandosi «L’ultima volta che è successo …» lasciò cadere la frase e così fece anche lui. Le riprese il polso. «Sei pronta?» James squadrò i due, attento.
 
«Dimittis*» Sirius volò un metro più indietro cadendo gambe all’aria. «Cazzo» «Mi dispiace!» Elisa corse ad aiutarlo. Quando si rialzò, il ragazzo si toccò la schiena, massaggiandosela. «Forza voi due, al centro!» ordinò James euforico senza nemmeno dare all’altro il tempo di riprendersi.
 
«Ti piace proprio vedermi volare per la stanza, vero?» «Mi piace tutto di te, Felpato. Vederti bistrattato, ad esempio» Sirius sbuffò divertito.
 
«Ooook» commentò James dopo aver aperto un’altra pagina a caso del libro «Questa la dovete vedere» alzò il libro e, un’espressione malandrina in viso, glielo porse. Due figure, una sopra l’altra, erano disegnate sulla pagina. Elisa non aveva bisogno di un grande intuito per capire che quella posizione non era ottimale.
 
«No» Sirius restituì il libro all’altro. «Come no?» James mostrò la sua miglior espressione ferita «è appena uscita da un’esperienza sgradevole e tu mi dici che devo sdraiarmi su di lei? Un tatto esemplare Ramoso» protestò il giovane Black agitando la mano in aria come se potesse scacciare quel pensiero. «Ha ragione» convenne Remus. Peter annuì. Lily invece rimase silenziosa, osservando prima l’amica e poi il libro.
 
«Fallo» Elisa si voltò stupita. La rossa le restituì lo sguardo, le braccia al petto a darle un’aria fiera. «Preferisco lo faccia lui che qualcun altro di più sgradevole» spiegò poi con un movimento del capo.
 
«No, mi rifiuto» «Oh andiamo Sir, come se non lo sognassi tutte le notti» il ragazzo arrossì a quella battuta. «Beh James, hai proprio una strana idea di protezione tu» rispose a tono facendo un passo avanti. «Per me va bene» Elisa vide il volto del ragazzo voltarsi di scatto, un’espressione scioccata in viso. Poi si fece più guardingo. «Sicura?» «Per me va bene» ripeté ancora sollevando i pollici verso l’alto. «tanto penso finirai a gambe all’aria in ogni caso» «che bella consolazione» commentò il ragazzo guardandosi la punta delle scarpe.
 
«Ok, facciamolo» «Attento con i termini, amico» lo punzecchiò James sghignazzando. Sirius rispose con un gesto poco carino.
 
Elisa non poté mai descrivere la vergogna. Se sdraiarsi a terra come un imbecille le sembrava surreale, aspettare che Sirius la seguisse era alquanto imbarazzante. Spostò lo sguardo da un lato, evitando alcun contatto visivo. Quando finalmente vide i gomiti di Sirius di fianco al suo viso, si preparò per l’incantesimo.
 
«No, no così non va bene» James si intromise come un regista. «Lei è troppo rigida. E perché diamine tu ti tieni sui gomiti?» «Vuoi che la schiacci?» commentò il ragazzo a terra con sarcasmo. «Sì, esattamente» James si prese con teatralità la testa tra le mani.
 
«Questa cosa lo prende troppo» commentò Peter meditabondo. Remus annuì sconsolato.
 
«Pensi che un qualunque aggressore si farebbe tanto scrupolo?» «Ok va bene» Sirius alzò gli occhi al cielo, esasperato. «Scusa» le sussurrò un attimo dopo prima di lasciarsi andare completamente e pesarle addosso. «da domani a dieta, eh?» Elisa emise un risolino stupido a quel nuovo peso. «Certo certo» una mano di Sirius le toccò la pancia, stuzzicandogliela. Una fitta di solletico la fece contorcere. «No» squittì divertita afferrandogli la mano.
 
James si schiarì la voce «Quando vuole» Elisa cercò di non ridere e si concentrò. «Fulgur*» sussurrò poi. Sirius chiuse gli occhi preparandosi ad un impatto che non arrivò.
 
«Ci sei?» le chiese poi riaprendo gli occhi e guardandola in cerca di spiegazione. «Non ha funzionato?» chiese lei un po’ delusa «Mi sa di no, ti consiglio di rilassarti, funziona semp-» una scarica elettrica gli sconquassò il corpo prima che potesse continuare. Si accasciò al fianco di lei continuando a tremare.
 
«Santo cielo!» Lily si portò una mano alla bocca. «Non è morto vero?» James fece qualche passo avanti per controllare. Elisa verificò subito. Gli mollò qualche ceffone per farlo rinvenire. «Questa l’ho sentita» biascicò il ragazzo a terra con un brontolio.
 
«Mmm per Merlino» commentò James leggendo il libro «provoca una folgorazione talvolta letale» Sirius ebbe la forza per alzare il braccio e rifare quel brutto gesto.
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
Il cielo era uno splendore quel giorno. Il sole picchiava sulla pelle e bruciava, quasi volesse lasciare un segno tangibile della sua presenza. Elisa si stiracchiò pigramente. Quel pomeriggio aveva deciso di uscire un po’ approfittando della mancanza totale di persone.
 
Hogsmeade. Non se l’era sentita di andare. Checché la storia con Daniel fosse acqua passata, sentiva ancora il risentimento nelle sue vene. O forse voleva solo stare un po’ sola. Un gruppo di ragazzini del primo anno le passò di fianco ridacchiando. Uno dei ragazzini arrossì e distolse lo sguardo. Lei si girò e iniziò a camminare verso il castello. Le sarebbe piaciuto farsi un bagno nel lago, a dir la verità. Ma non le sembrava il caso: troppi spettatori.
 
Quando l’ombra delle pareti del castello la inglobarono, respirò la frescura a fondo. Leggeri brividi di freddo le accarezzarono la pelle. Si accarezzò le braccia con lentezza, simulando un abbraccio. La maglietta che aveva indossato, benché fosse comoda e la lasciasse libera nei movimenti, lasciava scoperto più di quel che lei sperasse.
 
Si diresse con poco interesse verso la Biblioteca, rimpiangendo amaramente la sua felpa in Dormitorio. Almeno lì avrebbe potuto rimanere da sola. Come aveva immaginato, gli scaffali pieni di libri erano silenziosi e deserti. Gironzolò un po’ prima di trovare quello che cercava. Si appoggiò allo scaffale alle sue spalle e diede un’occhiata veloce alle pagine del libro.
 
«Occlumanzia: tra menti e pensieri» si voltò verso il sussurro. Non si era nemmeno accorta che fosse arrivato.  «Hai per caso intenzione di stregarci tutti?» Sirius si appoggiò con la spalla allo scaffale e la guardò reclinando la testa da un lato. Le sorrise.
 
«Che ci fai qui?» Elisa lo studiò a metà tra lo stupefatto e il divertito. «Passavo» il ragazzo scosse le spalle, noncurante. «dovresti essere ad Hogsmeade» «Anche tu» lei si morse il labbro, nervosa. Colpita e affondata. Spostò lo sguardo verso la finestra.
 
«Non mi hai ancora risposto» le fece notare poi Sirius richiamando la sua attenzione. Lo guardò per alcuni secondi, studiandolo confusa. «Il libro intendo» le ricordò con un cenno «Oh, nulla di che» parve pensarci un po’ su «un po’ di tempo fa mi è capitata una cosa» iniziò ricordando il viso di Severus e i suoi ricordi.
 
Non era ancora riuscita a capire. o meglio, non era ancora riuscita ad imparare. Seppur non comprendendo a pieno il comportamento di Severus, Elisa era abbastanza sicura di una cosa: da questa esperienza avrebbe potuto solo imparare. Gli occhi vagarono avidamente al libro stretto tra le sue mani. dedicarsi allo studio della Legilimanzia sarebbe stato lungo.
 
«Silenzio!» la voce di Madama Pince risuonò nella sala. «Vieni» Sirius si spostò dallo scaffale e le indicò l’uscita «andiamo ad Hogsmeade» non sembrava un ordine e nemmeno un’affermazione. Quella era una proposta. «Chi, noi due?» Elisa mostrò la sua migliore espressione scettica. «Sì, noi due. Che c’è di male?» parve pensarci un po’ su, poi acconsentì con un cenno del capo. Alla fine le avrebbe fatto bene.
 
Sirius la invitò ad avvicinarsi. «Pronta a correre?» «Cos-» «Ora!»
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
«Vuoi forse dirmi che Madama Pince ti ha vietato di entrare in biblioteca?!» Elisa si voltò esasperata e divertita verso Sirius che, come se nulla fosse, si mise le mani in tasca e continuò a camminare per la strada. «è stato un incidente» protestò lui con sguardo innocente «io e James non immaginavamo che i libri potessero volare in quel modo dagli scaffali» un ghigno si aprì sul suo volto.
 
«Tu sei pazzo» Elisa alzò il viso al cielo e rise. «Ma perché?» chiese poi, l’ombra della risata ancora presente. «Perché no» rimase qualche secondo a guardarlo prima che lui si fermasse. «Dove andiamo?» erano ormai arrivati ad Hogsmeade. Le case rilucevano sotto il sole cocente di quel pomeriggio.
 
«Da qualche parte al chiuso?» propose lei fintamente indifferente. L’altro acconsentì con un cenno del capo.  «Possiamo provare qua» Sirius le indicò I tre manici di scopa senza troppa convinzione. «Ma non credo sia il caso» aggiunse un attimo dopo lanciandole un’occhiata di sfuggita. «già … altre proposte?» Elisa guardò speranzosa il ragazzo che non le restituì un’espressione altrettanto gioviale. Piuttosto fece una smorfia schifata e, dieci minuti più tardi, capì anche lei il motivo.
 
«Tende rosa, tavoli rosa, pareti rosa … manca solo qualche gatto e questo potrebbe diventare a pieno titolo un covo degli orrori» Non c’era altro modo per commentare quel posto, o almeno, non ne aveva trovato uno. Ma dubitava ne avrebbe trovati anche prolungando la sua ricerca all’infinito. «Ti sbagli» Sirius le indicò qualche metro più in là verso un caminetto spento, dove tre gatti dormivano alla grossa spaparanzati per terra.
 
Elisa seguì il ragazzo fino al fondo della Sala dove un tavolino appartato li aspettava. «Madama Piediburro» commentò poi sedendosi scompostamente sulle sedia «l’unico luogo dove puoi vedere cuoricini volare» sussurrò schifato riferendosi all’entrata, dove una valanga di cuoricini – Rosa! – li aveva accolti.
 
«Possiamo andare ai Tre manici di scopa se vuoi» propose Elisa voltandosi verso la porta. «Non fa niente» «Perché non vuoi andare là?» chiese allora piena di curiosità notando lo sguardo del ragazzo. Sirius si accasciò ancora di più sulla sedia, osservando rapito per qualche secondo una crepa nel legno.
 
«Quando oggi ti ho vista in biblioteca-» iniziò allora con la voce improvvisamente bassa, come se non volesse farsi sentire da nessuno. La Sala era, però, effettivamente vuota. «-ho capito perché tu non eri venuta oggi a Hogsmeade» le lanciò un’occhiata titubante quasi a chiederle di continuare. Lei annuì. «Volevi stare da sola» commentò lui osservando la sua reazione per qualche attimo. Lei strinse le labbra ma non disse nulla.
 
«Ed è questo il punto» continuò poi tornando a guardare il tavolo. «Non è giusto. Tu non devi stare da sola. Non voglio» Elisa rimase in silenzio per qualche attimo, lasciando che le parole le entrassero bene nella testa.
 
«Hai detto che sei stato bandito dalla biblioteca» Sirius annuì, completamente spaesato dal cambio improvviso di discorso. «E casualmente» calcò particolarmente sulla parola «ti è capitato di passeggiare tra gli scaffali di un luogo in cui non ti è permesso l’accesso, casualmente alla stessa ora in cui c’ero io?» Elisa sollevò le sopracciglia in cerca di risposte che non tardarono ad arrivare.
 
Il ragazzo sbuffò leggermente irritato. Prese poi dalla tasca una pergamena ben piegata e gliela mostrò velocemente per poi rimetterla al suo posto. «Mi stavate tenendo d’occhio?!» Elisa spalancò la bocca, leggermente irritata.
 
«Errato» Sirius alzò la mano con teatralità «Io ti stavo tenendo d’occhio» era il suo turno di sbuffare «Certo, gli altri potrebbero aver capito cosa stessi facendo» precisò un attimo dopo pensieroso «Effettivamente James mi ha chiamato Stalker prima che mi allontanassi» Elisa si lasciò cadere a sua volta sulla sedia.
 
«Da quanto?» chiese poi accasciandosi sul tavolino con i gomiti. Sirius le restituì lo sguardo, ponderando la risposta. Un leggero movimento alle spalle le suggerì il presunto arrivo di Madama Piediburro. «Da troppo»
 
«Buon pomeriggio ragazzi! Cosa vi porto?» Elisa osservò il ragazzo ascoltare la donna con malcelato disinteresse. La stava tenendo d’occhio. Non sapeva nemmeno lei come sentirsi, se immensamente arrabbiata o solo piacevolmente sorpresa.
 
«Posso consigliarvi la coppa degli innamorati?» le parole della signora la riportarono bruscamente alla realtà «Cosa?!» la domanda, nel silenzio del locale, doveva essere risultata di qualche ottava più alta del normale. «Due burrobirre andranno bene» rispose per lei Sirius congedando la donna con un cenno del capo.
 
Il ragazzo rimase fermo ad osservarla finché i due boccali arrivarono. Iniziava a sentirsi a disagio: perché non diceva nulla? «Posso farti una domanda?» si portò la bevanda alla bocca e ne prese un lungo sorso. Lei annuì soltanto giocando con il boccale. «Perché Walker?» Sirius aveva posato la sua burrobirra con troppa enfasi. Lei era sobbalzata, non sapeva se per quel gesto o la domanda.
 
Elisa scosse la testa: non c’era una vera risposta. O sì? «Perché proprio lui?» Sirius si era piegato in avanti involontariamente, le spalle tese e contratte. «era la cosa più facile» A quella risposta si lasciò andare sulla sedia, sfinito. «Più facile? Davvero?» la ragazza scrutò i suoi lineamenti con minuzia, soppesando una risposta.
 
«Hai mai pensato che la tua vita potesse essere molto diversa con una persona al tuo fianco?» un sorriso divertito attraversò il viso dell’altro. «Più spesso di quanto tu possa anche solo immaginare» Lei annuì, bevendo la sua burrobirra nel nuovo silenzio che si era creato. «Usciamo?» lei annuì, finendo la sua burrobirra velocemente. Chissà cosa le avrebbe portato il resto del pomeriggio.  
 
 
 
 
*Dimittis: dal latino lascia andare
*Fulgur: dal latino fulmine
 
 
Angolo Autrice
Ok, perdonatemi assolutamente per il ritardo. La verità è che non mi sono minimamente resa conto del tempo che passava. Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Alla prossima
Elisa

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** Summertime sadness ***


Summertime sadness


«I capelli» Sirius fece cenno verso la sua testa con un nuovo sorrisetto compiaciuto «Te li sei sistemati alla fine» Elisa evitò l’ennesimo gruppo di studenti, infastidita «Sai, non che il look da psicopatica non mi piacesse, ma credo di star meglio così» Lui non rispose, limitandosi a fermarsi nel mezzo della strada. Elisa si fermò qualche metro più avanti e, voltatasi, osservò lo sguardo del ragazzo perdersi alla sua destra.
 
«Va tutto bene?» Sirius si voltò a guardarla un attimo. Parve pensarci su un istante e poi si avvicinò. «Puoi…?» Sembrò volerle prendere la mano, ma a metà strada ci ripensò. Le andò a sfiorare il polso destro per poi iniziare ad incamminarsi verso quella direzione. «Va tutto bene?» Ripeté lei affiancandosi. Il ragazzo non rispose. Solo quando la meta comparve all’orizzonte i suoi pensieri si ammutolirono.
 
La via era deserta, quasi come se la vita avesse lasciato definitivamente quel luogo. Le rovine erano immobili, la cenere era sparsa sul terreno. Elisa poteva ancora vedere le fiamme alzarsi dal piccolo spiazzo che, un tempo, era stato un grazioso giardino. Poteva ancora sentire il calore del fuoco, poteva ora vedere chiaramente lo squarcio nella parete. Solo quella era rimasta in piedi. La ragazza avrebbe potuto entrare in salotto passando per il vialetto.
 
«Cosa c’entravi tu?» Sirius la stava osservando, quasi volesse carpirne i pensieri dai suoi sguardi. Elisa respirò a fondo, distogliendo gli occhi da quel grumo di cenere. «Era una missione» iniziò con calma, sentendo un senso di fredda insensibilità invaderla «era una famiglia a rischio. Sarei dovuta intervenire in caso di bisogno. Ho fallito» «Non hai fallito» Sirius continuava ad osservarla. Non c’era traccia del suo solito temperamento sul viso.
 
«Il bambino è vivo» un verso di esasperazione le uscì dalla gola. «Che c’è?» Elisa iniziò a camminare verso l’imbocco della strada, allontanandosi dalla casa. Lui la seguì. «Vivo? Dici che sia vivo?» scosse la testa con riluttanza, esasperata. «Sarà un emarginato, ecco cosa» «Non è detto» «Ah no?» Si fermò ad osservarlo con aria grave.
 
«essere lasciati soli Sirius è la cosa peggiore che possa mai capitare. Essere abbandonati…» scosse la testa, incapace di formulare alcuna parola. Riprese a camminare, lui al suo fianco. «L’abbandono porta alla disperazione e dove c’è la disperazione, stai sicuro, ci sarà anche la rabbia» Sirius annuì.
 
Una voce in lontananza la fece bloccare nel mezzo della strada. Lui si voltò a fissarla. «Stai bene? Cosa-» si bloccò, quando finalmente intravide tra la folla la figura che, lentamente, si stava avvicinando. «Potrei stare decisamente meglio» Bofonchiò riluttante voltandosi dall’altra parte della strada. Daniel camminava tranquillo, attorniato da cinque suoi amici. Sirius si voltò a guardarla. 
 
«Ti fidi di me?» lei annuì dubbiosa, per poi riprendere a camminare al suo cenno. Qualche passo più in là, però, un braccio le cinse le spalle. Sirius se l’avvicinò al petto, con un gesto casuale. Lei lo lasciò fare.
 
«Guarda, dovrei comprarne uno a James» si erano fermati davanti ad una vetrina. Una moltitudine di libri erano esposti, ma Sirius gliene stava indicando uno particolare in basso a sinistra. «Come conquistare una donna in 5 mosse» lesse lei scettica «dovresti leggerlo anche te» «Cosa?! Io sono bravissimo a conquistare le donne» Lo sguardo scettico che lei gli rivolse fu già di per sé una risposta.
 
«è una mia impressione o in questo istante tu sei tra le mie braccia?» aveva abbassato volutamente la voce e si era avvicinato con il viso. «Sono tra le tue braccia perché te lo sto permettendo» sussurrò lei a sua volta avvicinandosi e guardandolo con un sorriso di sfida. Sirius si morse le labbra, indeciso. «Touché» ora la sua voce era diventata più roca, il respiro più pesante. Elisa poteva sentire l’aria dell’altro infrangersi contro la sua bocca. «Prima regola con una donna: darle ragione»
 
«Ma guarda chi c’è!» La voce di Marlene li fece voltare confusi. Al sorriso sornione della ragazza il braccio di Sirius scivolò con lentezza esasperante dalle spalle dell’altra.  Elisa si schiarì la voce, imbarazzata.
 
«Marlene! Come stai?» «Oh molto bene, grazie» il sorriso sul suo viso si allargò ancora di più alla vista di un Sirius imbarazzato con una mano tra i capelli. «Vi consiglio di fare attenzione» si portò una ciocca di capelli biondi dietro all’orecchio e ammiccò verso di loro, malandrina. «Ci sono dei minori nei dintorni»
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
Il cielo era luminoso quel giorno. Elisa si ritirò dalla finestra aperta prima che quel caldo le facesse venir voglia di uscire.
 
Il baule era quasi pronto, ormai. Solo alcuni oggetti mancavano all’appello. Gettò insieme agi altri libri quello di incantesimi per poi intravedere un luccichio per terra, accanto al comodino. Si chinò a terra, curiosa. Quando riemerse dal pavimento un piccolo sorrisetto le nacque sul volto.
 
La catenina pendeva dal palmo della sua mano dove, lucente, un fischietto antistupro giaceva inerme. Non si ricordava nemmeno quando lo aveva perso. Senza pensarci due volte se lo infilò al collo, nascondendo il fischietto tra i seni. Il metallo gelato a contatto con la pelle le fece venire i brividi. Chiuse il baule con un veloce tocco di bacchetta e poi, con un sospiro e un’ultima occhiata, si diresse fuori dalla stanza.
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
«Ci sentiremo quest’estate, vero?» Elisa osservò scioccata la rossa apparentemente impegnata in un’interessante lettura. «Perché diamine non dovremmo sentirci, Lily?» la ragazza abbassò il giornale con enfasi, piantando i suoi occhi verdi in quelli dell’altra. 
 
«Dovresti dirmelo tu, credo» Elisa sospirò con enfasi imponendosi di mantenere la calma. «Non scomparirò, Lily, mi pare di avertelo già ripetuto dieci volte ormai» «Beh, Elisa, sono solo sei» la riprese l’altra con aria di sfida. Lei sbuffò divertita scuotendo la testa.  
 
«Riesci a resistere qualche minuto senza di me?» si alzò stiracchiandosi pigramente. Lily la scrutò con occhi indagatori. «Vado a sgranchirmi le gambe, tranquilla» L’altra annuì più convinta. «Fa’ attenzione» «Certo mamma» Quando chiuse la porta dello scompartimento dietro di sé, Elisa si appoggiò contro il finestrino, sfinita.
 
Un rumore alla sua destra richiamò la sua attenzione. Sirius la guardava con insistenza dall’altra parte del corridoio. Trattenne il respiro, aspettando che le dicesse qualcosa, magari qualche insinuazione strana. Ma questo non avvenne e il ragazzo si limitò a staccarsi dalla parete alla quale era appoggiato. Senza pensarci la ragazza si diresse subito nella direzione opposta.
 
Quando finalmente una decina di minuti si ritrovò da sola in un corridoio vuoto all’inizio del treno, si appoggiò mollemente contro la parete guardando all’esterno. Il paesaggio cambiava pigramente, alternando case di campagna a colline deserte.
 
«Buon dio!» quasi cadde a terra dallo spavento quando, un metro più in là, Sirius comparve dal nulla.  «Perché sei sempre da sola?» «Perché vuoi farmi venire un infarto?!» Elisa cercò di calmarsi respirando a fondo. Osservò il mantello dell’invisibilità di James a terra e si maledisse per non averci pensato prima.
 
«Si può sapere perché diamine continui a seguirmi?» Sirius scosse la testa, indifferente. «Non sono degna nemmeno di una risposta adesso?!» un improvviso senso di fastidio le attanagliò le viscere.
 
Perché diamine faceva così?
 
«Senti, non so che problemi tu abbia, ma io ho tutta l’intenzione di tornarmene nel mio scomparti-» Prima che potesse superarlo un braccio le bloccò la via. «Che-» con un movimento secco fu spinta contro la parete. Sirius la baciò prima che lei potesse accorgersene.
 
Qualcosa però era cambiato. Non c’era più delicatezza in quel tocco, né dubbio. Elisa poté leggerci solo un’improvvisa urgenza. Incredibilmente, sentì la stessa sensazione. Il suo braccio andò a posarsi sul collo dell’altro, urgente. Quando si staccarono, Sirius poggiò la testa contro la sua fronte. Sentì distintamente il respiro caldo dell’altro sulla sua bocca. Solo allora Elisa si rese conto delle braccia del ragazzo al fianco della sua testa.
 
«Tu non hai idea» il ragazzo calcò con enfasi sulla parola «da quanto volessi farlo» «posso immaginarlo» commentò lei sentendo la schiena protestare per l’urto appena ricevuto. Nonostante gli eventi appena accaduti, Elisa sentì una certa dose di sarcasmo aleggiarle nel petto.
 
Gli occhi di lui la scrutarono attenti. Sembrava che volesse capirne i pensieri dallo sguardo. «Allora?» concluse infine alzando le sopracciglia in un moto interrogativo. Elisa si scostò ad una velocità disarmante, inorridita.
 
«Allora? No davvero. Stai scherzando vero?» Sirius la guardò confuso, aprendo e chiudendo la bocca più volte. «Vieni qui, fai tutta questa scenata e per cosa! Allora piccola, ti è piaciuto?» la ragazza scimmiottò con voce bassa e gutturale. «Ok, davvero, hai vinto. Mi arrendo» si voltò e, senza altre parole, si diresse verso la porta.
 
Non appena la aprì, però, un braccio, sbucato al suo fianco, la richiuse con un tonfo. «Senti» Elisa si voltò quel tanto per ritrovarsi di nuovo schiacciata contro il suo torace. «se volevi umiliarmi ci sei riuscito, ora esigo che tu-»
 
«Allora?» la voce di Sirius la interruppe. «Come la mettiamo?» lei rimase basita qualche attimo a fissarlo, confusa. «Vuoi continuare a fare così per sempre?» il ragazzo si staccò bruscamente facendo qualche paso indietro. I suoi occhi grigi sembravano perforarla con insistenza. Solo allora Elisa si rese conto di sentirsi incredibilmente esposta a quello sguardo.
 
«Perché in quel caso posso assicurarti che continuerò a rincorrerti per sempre» le sopracciglia della ragazza si alzarono in evidente confusione. «Voglio provarci con te» Sirius si riavvicinò ancora, andando con il pollice ad accarezzarle la guancia. Quel tocco le parve essere d’aria: troppo delicato per essere reale, troppo fragile per essere cristallizzato nel tempo.
 
«Voglio provarci davvero» ripeté ancora abbandonando il braccio lungo il fianco e aspettando una sua risposta.
 
Elisa rimase immobile ad osservarlo, rapita. Non lo aveva visto mai così esposto, così fragile. Lo osservò ancora, chiedendosi per quale diamine di motivo o criterio quella cosa potesse funzionare.
 
E poi mandò tutto al diavolo, ringraziandolo mentalmente per quel miracolo.
 
La sua mano andò automaticamente verso quella dell’altro, iniziando a giocherellare con le dita. Sirius osservò le due mani, per poi spostare lo sguardo verso di lei. Un nuovo sorriso si aprì sul suo viso. Senza che lei potesse dire nulla spostò la mano da quella di lei. Elisa lo guardò confusa.
 
Una mano di Sirius scivolò lentamente attorno al suo collo, facendo sì che la sua testa si reclinasse leggermente verso l’alto. Un delicato sfiorarsi di labbra la fece sussultare leggermente. Si trovò tanto spaesata quanto compiaciuta.
 
«Non sei abituata vero?» era stato un sussurro, lieve, forse leggermente roco. Elisa non poteva vederlo, eppure sentì il sorriso nascere sulle sue labbra morbide. «Ti assicuro che avrai tempo per abituartici»
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
«Hey Felpato! Devi sentire che idea geniale abbia- Oh» «No ma tranquillo, esterna pure la tua felicità nel vedermi» Elisa si lasciò cadere pesantemente sul sedile accanto a Remus.
 
Si sistemò scompostamente, in maniera da occupare due sedili e costringere il ragazzo entrato dietro di lei a sistemarsi di fianco a Peter, dall’altro lato dello scompartimento.
 
«Scusa Ramoso, non sono riuscito a cacciarla» la ragazza fece finta di non sentire, sbadigliando sonoramente e rannicchiandosi meglio sui due sedili. «Che antipatico, vero Remus?» «Lo penso ogni giorno di più» il Lupo Mannaro le sorrise complice.
 
«Allora Scricciolo, che ci fai qui?» James la guardava curioso, lanciando occhiate eloquenti al suo compare qualche posto più in là. Sirius evitò il suo sguardo. «Niente di che. Sai, volevo salutare» spiegò annuendo convinta. «Già, salutare… e così il nostro Felpato non poteva certo permettersi che tu ti perdessi in questo treno infinito…» «L’ho incontrata qui fuori, James»
 
Ad Elisa non era sfuggita l’occhiata di intesa che il ragazzo le aveva riservato prima di rispondere. Annuì convinta.
 
 
«Ti dispiace se per un po’ non diciamo nulla agli altri?» Sirius si fermò in mezzo al corridoio voltandosi stralunato. «Cosa-» «Non è per colpa tua» lo interruppe subito lei pronta. «è che… l’ultima volta che la scuola è venuta a saperlo è successo… beh, lo sai cosa è successo»
 
Sirius alzò titubante le sopracciglia. «Sicura sia solo per quello?» Elisa trattenne il respiro. Con lui non sarebbe stato facile mentire. «Puoi fidarti di me?» il ragazzo respirò a fondo, chiudendo per qualche secondo gli occhi.
 
Quando li riaprì si piegò verso di lei, un sorriso sornione sulla bocca. Elisa si accorse improvvisamente di come la sovrastasse. «Non farmene pentire» era stato un brivido freddo a percorrerle la schiena, violento. Sirius si ritirò sghignazzando, afferrandole le punta delle dita con le proprie.
 
Non c’era bisogno che la trascinasse. Senza dire nulla Elisa lo seguì per il corridoio.
 
 
 
«Sì, casualmente, con il mio mantello dell’invisibilità a portata di mano…» «Ero andato in bagno, James» «E sei stato via parecchio…» Sirius emise un verso esasperato, alzando gli occhi al cielo. Gli amici ridacchiarono.
 
«Era una cosa lunga!» protestò poi guardando l’amico che, serafico, gli riservò un altro sguardo sornione. «Abbiamo notato» «Sai» Sirius si ravvivò i capelli con un nuovo sorriso sulle labbra «Cagarti è stato difficile, fratello» «Oohh» un boato si alzò dagli altri due ragazzi a quell’affermazione. Elisa iniziò a ridere.
 
«Questo è un colpo basso!» James si portò una mano al petto, teatrale. «Ragazzi io dovrei andare» Elisa si alzò di malavoglia, trattenendo ancora le risa. «Di già?» Remus si alzò insieme a lei. Le sopracciglia di Sirius si aggrottarono a quella vista.
 
«Temo proprio di sì… Lily mi starà aspettando» spiegò lei a mo’ di scuse. «beh, allora ciao» Remus si protese verso di lei, coinvolgendola in un imbarazzato abbraccio. La ragazza si dovette alzare sulle punte per essere alla sua altezza.
 
Quando i due si staccarono, Elisa vide Peter salutarla con la mano al suo fianco e sussurrarle un flebile ciao. Rispose al saluto. «E me non mi saluti?» James si alzò quel tanto da prenderla di peso e alzarla di qualche centimetro. Lei in tutta risposta urlò di rimetterla giù. «Mmm come siamo acidelle»
 
«Beh allora ciao» Sirius si era alzato a sua volta. Poi, dopo un attimo di esitazione, Elisa lo vide dirigersi verso l’uscita dello scompartimento e aprirgliela. La ragazza vide con la coda dell’occhio la bocca di James contorcersi in parole mute verso l’amico che, con non poca difficoltà, comprendeva via via il contenuto.
 
Anche a quella distanza le pareva di aver identificato un imbecille ignorante dalla bocca dell’amico. Decise di non voler indagare.
 
«Sì beh, ciao» si diresse verso l’uscita, troppo in imbarazzo per parlare. Solo quando gli fu di fianco si azzardò ad alzare lo sguardo verso il suo viso. Sirius la guardava mortificato e dubbioso. Sorrise un po’.
 
Non senza poca difficoltà vinse l’imbarazzo e la voce nella sua testa che sottolineava quanto imbranata e sciocca dovesse sembrare. Si alzò sulle punte e, senza aggiungere parola, stampò un piccolo bacio sulla guancia del ragazzo. Sirius sorrise e lei schizzò fuori dallo scompartimento prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa.
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
 
«Ci hai impiegato parecchio» Elisa si stravaccò lungo i sedili, respirando con lentezza. «Sono andata a salutare i ragazzi» si scusò lei velocemente con un’alzata di spalle. «Sai, è da un po’ che devo dirti una cosa» la mora si tirò a sedere con una velocità fulminante. Se era quello che pensava… Lily si sistemò con calma una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
 
«Ho visto Walker qualche giorno fa ad Hogsmeade» Elisa si lasciò ricadere sui sedili con uno sbuffo, delusa. «Che c’è?» la rossa incrociò le gambe con fare alterato, continuando ad osservarla. Dal canto suo, Elisa non poté che chiudere indifferente gli occhi.
 
«Lo hai visto, ok. Allora?» «Allora?» Lily parve scandalizzarsi. «Dopo tutto quello che è successo mi aspettavo minimo che fosse sospeso» la mora sorrise tristemente a quelle parole. «Sarebbe stato inutile» commentò quindi puntando gli occhi verso l’amica.
 
«Non è vero. Silente poteva-» «Silente si è già preoccupato abbastanza della faccenda» alla faccia interdetta dell’amica continuò «è venuto a parlarmi il giorno dopo dell’accaduto. Mi ha mandato a chiamare, sai» «Cosa ti ha detto?» Lily sedeva ora più attenta, l’apparente senso di calma precedente del tutto sparito, sostituito da una morbosa curiosità.
 
«Ha mandato una lettera alla sua famiglia informandoli dell’accaduto. Prenderanno provvedimenti» «E basta?» Lily si afflosciò sui sedili, delusa. Si portò quindi le ginocchia al petto e rimase a fissare il pavimento dello scompartimento. «Poteva almeno farlo espellere» concluse infine spostando lo sguardo fuori dal finestrino.
 
«Sarebbe stato inutile» commentò Elisa tornando a fissarla. «Pensaci: fare espellere un ragazzo alla fine della scuola. Abbastanza insensato, no?» Lily annuì poco convinta. «E poi le persone come Walker non le cambi certo con un’espulsione» «è stato… è stato…»
 
«Orribile?» la mora si alzò con una smorfia sul viso «Ho vissuto cose peggiori» Lily non rispose per alcuni minuti, restando concentrata sul paesaggio che via via lasciava posto alle prime case.
 
«Dici che l’anno prossimo ti darà fastidio?» Elisa scoppiò a ridere sotto gli occhi sorpresi e un po’ infastiditi dell’amica. «Si può sapere cosa-» «Lily, l’ho minacciato di morte!» la mora alzò le braccia al cielo, teatrale. «Non credo si avvicinerà più» commentò poi afferrando il suo baule e posizionandolo davanti alla porta dello scompartimento.
 
«Non hai tutti i torti» convenne l’amica imitandola. Quando il treno iniziò a frenare le due si guardarono per qualche attimo. «Ci sentiremo quest’estate vero?» Lily scoppiò a ridere e la abbracciò. Elisa non poté fare a meno di chiedersi se la sua domanda non nascondesse più di qualche paura e tristezza.
 
 
 
Angolo autrice
Tadaaaaaaaaaaaaa!!! Allora cosa ne pensate? Scusate per l’abominevole ritardo, ma ci tenevo che questo capitolo venisse decente. Fatemi sapere cosa ne pensate… ci tengo molto a saperlo!
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Lettere ***


Lettere



La strada quella sera era percorsa da una piccola folla. Gruppi disparati attraversavano i viottoli tortuosi verso i bar più vicini. Un gruppo di maghi attraversò la strada urlando sguaiati verso il cielo scuro. Uno di loro imprecò sonoramente.
 
Da sotto il suo cappuccio poté osservare una famiglia poco più in là fermarsi davanti ad una vetrina. Il bambino indicò una scopa nel negozio, eccitato. Il padre lo prese in braccio per consentirgli una visione migliore.
 
A quel punto decise che era ora di tornare. Iniziò ad incamminarsi verso casa, evitando per quanto possibile le figure che, caotiche, le vorticavano innanzi. Quando finalmente tornò al paiolo magico trovò una quindicina di maghi intenti in una discussione accesa. La decisione di salire le scale e rifugiarsi nella sua stanza fu, in fin dei conti, la più semplice.
 
Non appena mise piede nella stanza, subito un gufo nell’angolo della stanza richiamò la sua attenzione. Dal manto scuro e lo sguardo acceso, non ci impiegò molto a riconoscerlo.
 
«Il tuo padrone deve volerti veramente male per mandarti in giro con questo tempo, eh Axel?» il gufo reale scosse la testa impaziente, sistemandosi meglio sullo schiennale della poltrona dove si era sistemato.
 
Poco più in là, sul tavolo, un biglietto giaceva abbandonato. La grafia era elegante e curata. Si avvicinò con passi lenti al tavolo e, letto il biglietto, la sua mano andò ad accarezzare delicatamente il gufo.
 
«Beh, sembra che tu non debba tornare a casa subito» un nuovo sorriso si disegnò sul volto di Elisa mentre, con solennità, agitava per aria il pezzo di carta, quasi fosse una prova inconfutabile di qualche mistero.
 
 
 
A domani.
Felpato
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
«Mamma voglio andarci anche io» Elisa osservò la bambina mettere il broncio alla vista del fratello poco più grande che, eccitato, spingeva il suo carrello lungo il binario poco più avanti. «Tesoro manca ancora qualche anno» l’alta donna si abbassò verso la bimba stampandole poi un umido bacio sulla guancia.
 
La piccola fece una smorfia e non appena la donna distlose lo sguardo si passò la manica sulla guancia, schifata. Sarebbe stata un’ottima serpeverde, convenne la Grifondoro con un sorriso. Aspettò pazientemente che tutta la famiglia oltrepassasse il muro del binario nove e tre quarti per poi seguirli.
 
Subito un senso di piena euforia la colpì. Una distesa di ragazzi e famiglie si dipanava davanti a lei. Con attenzione guidò il suo baule attraverso la folla. Qualcuno qualche metro più in là urlò il suo nome.
 
«Marlene!» la Corvonero la raggiunse con una smorfia sul viso. «Ti prego toglimeli di torno» Elisa osservò alle spalle della ragazza dove una famiglia apparentemente normale stava discutendo animatamente. Un ragazzino sugli undici anni sembrava guardare con astio nella sua direzione. «Gli stai simpatica» Marlene si voltò piacevolmente sorpresa. Le sopracciglia di Elisa si alzarono vistosamente. Il ragazzino distolse lo sguardo, arrossendo lievemente.
 
«Ascoltami quando parlo Jack» la madre riprese il figlio con fermezza. «Sembrano simpatici» la mora si voltò verso l’amica che, sconcertata, la osservava con la bocca mezza aperta. «Fidati, dopo tre mesi con loro non vedo l’ora di studiare pozioni» «Uh, disperata vero?» Marlene scoppiò a ridere prima che una voce la richiamasse.
 
«Marlene, puoi venire per cortesia a spiegare a tuo fratello che non può andare in giro con questi cosi?» «Si chiamano figurine mamma!» protestò l’undicenne con disappunto lanciando uno sguardo allarmato verso la loro direzione.
 
«Tesoro non credo che-» «Arrivo mamma» Marlene si scusò con lo sguardo e andò a raggiungere il padre che, con delicatezza, cercava di spiegare alla moglie il punto di vista del figlio.
 
Elisa distolse lo sguardo dalla famiglia Mckinnon e proseguì. Dopo una decina di minuti, un’altra voce la richiamò. E una chioma rossa. Una chioma rossa estremamente vicina.
 
«Lily così mi soffochi» bofonchiò la mora cercando di districarsi da quel mare infuocato. «Quanto sei noiosa» Lily si staccò quel tanto da permetterle di respirare. «Si può sapere dov’eri finita? Per un attimo ho pensato non venissi» «Come se potessi perdermi la faccia da cavallo di tua sorella. Buongiorno Signori Evans!» si erano avvicinate alla famiglia che, qualche metro più in là, le guardavano sorridenti. O meglio, quasi tutti.
 
Petunia era, per Elisa, l’esatto ibrido tra un cavallo e un babbano ignorante. Si immaginò che nome potesse darle. Si appuntò di ripensarci nei momenti morti della giornata. L’aveva vista un paio di volte quando era stata a casa di Lily quell’estate. Se i Dissennatori avessero avuto qualche senso dell’umorismo beh, sarebbe stato il suo. La odiava, questo era certo, così come il fatto che la considerasse un fenomeno da baraccone. La cosa sinceramente non la toccava più di tanto. Ma considerava Lily un fenomeno da baraccone. E un mostro. Questo cambiava un po’ le cose.
 
«Come sono andate le vacanze Elisa?» la signora Evans le riservò un sorriso dolce. «Oh bene. Le solite cose» «Mph» la mora cercò di non prendere a testate la faccia-da-cavallo e di rimanere impassibile. «l’ultimo anno eh… nervosa?» il padre di Lily fece un passo avanti guardandola con ammirazione.
 
Per la famiglia Evans lei aveva assunto quella parte, almeno così aveva potuto capire. Rappresentava quela parte della magia un po’ nascosta ai signori Evans che mai avrebbero potuto scoprire. Quasi come una reazione automatica, i due avevano iniziato a provare una strana propensione per lei, che andava dal lodarla all’ascolarla affascinati. Lily le aveva più volte spiegato che lo facevano spesso anche con lei e le aveva chiesto di portare paziena. Dal canto suo,  la cosa non le importava più di tanto. Certo, la lusingavano, ma queste non erano altro che parole. E lei questo lo sapeva. Era quasi divertente vedere come ciò che i signori Evans tanto amavano potesse sfuggirgli così tra le mani. Era divertente, eppure lei non rideva.
 
«Sarà un anno come gli altri signore» «Ma cosa stai dicendo!» l’uomo le posò bonario una mano sulla spalla «quest’anno sceglierete cosa farete. Diventerai maggiorenne e ci sono i M.A.G.O.» «Tranquillo papà, non ci stai per niente mettendo sotto pressione» Lily aveva pronunciato queste parole nella maniera più sarcastica possibile, spostando contemporaneamente la sua attenzione molto più in là, verso una famiglia in particolare.
 
La signora Potter stava sistemando il colletto al figlio che, sorridendo beffardo, sembrava stesse cercando in tutte le maniere di farla piangere. Poco più in là il signor Potter era occupato in un’interessante conversazione con uno scapestrato ribelle. Sirius scoppiò a ridere spostando momentaneamente il suo sguardo. Quando intercettò il suo, la sua espressione cambiò.
 
Elisa si concentrò sul signor Evans che, imperterrito, continuava pomposo nel suo discorso. Solo molte raccomandazioni dopo le due poterono finalmente lasciare il gruppo. «Scriveteci, mi raccomando» la signora Evans abbracciò entrambe con trasporto. A quel punto Elisa decise di allontanarsi un poco per permettere alla famiglia di salutarsi per bene.
 
Approfittò per caricare i due bauli e ripensare a ciò che le era stato detto. Certo, diventare maggiorenni sembrava una piccola cosa in confronto ai M.A.G.O. ma per lei, al momento, non vi era obiettivo più ambito. Sarebbe stata finalmente libera di decidere, avrebbe potuto compiere quante magie le importava, avrebbe potuto smaterializzarsi quanto le piaceva. Avrebbe potuto andarsene, scomparire forse quando la vita sarebbe divenuta troppo stretta. Elisa dovette ammettere che era una bella prospettiva.  
 
«Stai attenta a non sbavare troppo quando lo guardi» Petunia sorrise saccente nella sua direzione. Una fitta di fastidio la punzecchiò. Quella sciaquetta aveva capito? Con tutta la forza di volontà che riuscì a trovare riuscì a non voltarsi nella direzione dell’altro. «Gelosa eh?» la smorfia che l’altra le restituì fu solo piacere. Lily la raggiunse un attimo dopo.
 
«State attente» il padre della rossa sorrise insieme alla moglie vedendole salire sul treno. «Salutami il tuo ragazzo da parte mia, Eli»
 
Colpito e affondato.
 
Petunia sfoggiò il miglior sorriso sornione sotto le occhiate stupefatte dei suoi genitori. Lily, d’altra parte, la guardò come se fosse malata di cervello. «Cosa intendeva?» «Che ne so? Sai che Petunia è strana» liquidò lei iniziando a dirigersi verso uno scompartimento libero. Lily non ribattè, troppo presa dai suoi pensieri.
 
«A proposito, che ci faceva qui? Avevo capito che non sarebbe venuta per nulla al mondo. Cosa aveva detto?» la mora sistemò il baule con non poche difficoltà. «l’unico motivo che potrebbe spingermi a venire è un meteorite» la ragazza si cimentò in una perfetta imitazione. «Beh questo meteorite si chiama Verek» precisò Lily sedendosi con grazia sui sedili «Oh Vernes… qualcosa del genere»  «Lily! Non ti ricordi nemmeno il suo nome» la riprese l’altra con una mano sul cuore gettandosi a sedere. La rossa scosse la testa con noncuranza.
 
Elisa osservò accuratamente i sedili. La sua attenzione fu rapita da una macchia d’olio poco più in là, sul tessuto scuro. Una battuta richiamò la sua attenzione nel corridoio all’esterno.
 
Quando aveva iniziato a riconoscere la sua voce?
 
 Le due ebbero appena il tempo di guardarsi di sottecchi prima che la porta dello scompartimento si aprisse. «Ma buongiorno giovani pulzelle!» il busto di James apparì dal corridoio. «Ehi James!» Elisa sorrise all’amico, incoraggiante. «Ciao» Lily spostò la sua attenzione verso il suo ginocchio destro mentre lo sguardo sornione dell’amica la trafiggeva da parte a parte.
 
«Possiamo?» James indicò con un cenno del capo lo scompartimento con faccia colpevole. «Tutti gli altri sono occupati» si scusò con un’alzata di spalle e un’espressione contrita. Elisa dubitava fortemente che i quattro si sarebbero fatti scrupoli a cacciare il povero malcapitato di turno, ma non commentò.
 
«Certo, vero?» Lily annuì soltanto, ma l’altra poté distintamente notare la sua figura farsi più rigida. «Ragazzi venite!» James urlò con quanto fiato in gola nel corridoio, cercando di farsi sentire tra gli schiamazzi.
 
«Senti amico pensavo: ma se maledicessimo Lumacorno questa se-?» Sirius si bloccò sulla porta dello scompartimento. «Ehi» Elisa alzò una mano in segno di saluto cercando disperatamente di celare il suo imbarazzo. Sirius rispose al saluto educatamente per poi sedersi di fianco a Lily. Per ragioni a lei sconosciute, infatti, James si era seduto proprio al suo fianco, lontano dalla rossa. I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo degli ultimi due componenti del gruppo.
 
«è iniziato l’anno scolastico e ancora non mi saluti?» Remus trasalì sentendo la sua voce. «Ma guarda chi si vede» «Ciao!» Peter fece il suo ingresso subito dietro all’amico, chiudendosi la porta alle spalle. Dopo che i due si furono seduti, un silenzio imbarazzato calò nello scompartimento.
 
Un’idea improvvisa germogliò nella sua testa «Come mai volevate maledire Lumacorno?» James la guardò con riluttanza «Non ci provare, Scricciolo. Non ti metteremo mai a conoscenza dei nostri piani super segreti» «E perché mai tutto questo astio nei miei confronti, signor Potter?» decise di stare al gioco «Perché con la tua straordinaria morale finiresti per fare la cosa giusta e fermarci» James le sorrise sardonico, alzando un sopracciglio in segno di sfida.
 
«Ti assicuro che maledire Lumacorno è nei miei interessi» lo contraddì con un sorriso furbo. «O dovrei dire dei nostri?» specificò rivolta a Lily. La ragazza si voltò ad osservarla, piccata. L’iniziale espressione seria si trasformò presto in una faccia esasperata.
 
«Piantala una volta per tutte. Non ti darò mai ragione sull’argomento» «Oh vedremo. È solo questione di tempo, tesoro»  «Fammi capire» Remus si intromise nel discorso, stupito. «Vuoi forse dirmi che anche tu non sopporti Lumacorno?» «Non lo sopporto?!» Elisa alzò gli occhi al cielo, teatrale «è odioso!» «Questo lo dici tu» la rimbeccò Lily con una smorfia.
 
La mora osservò la ragazza di fronte a sé masticare con nervosismo l’interno della sua stessa guancia. Lily aveva, a suo avviso, la straordinaria capacità di vedere il meglio nelle persone. Forse era questo il motivo per cui le era tanto affezzionata.
 
«Beh, in ogni caso se anche quest’anno mi chiede se mio padre ha inventato una nuova pozione è probabile che non risponda delle mie azioni» Elisa non prestò molta attenzione alle parole del ragazzo.
 
Lo sguardo di Sirius dall’altra parte dello scompartimento richiamò i suoi pensieri. Le sorrise piano, facendo sì che delle piccole rughe si formassero ai lati della sua bocca. Indugiò particolarmente su quest’ultima e, involontariamente, si ritrovò a chiedersi cosa stesse pensando. Con la coscienza assopita in profondi pensieri, Elisa lasciò che il suo sguardo vagasse al collo dell’altro, soffermandosi particolarmente sul pomo d’adamo. Un profondo respiro le scosse il petto quando una scarica di eccitazione la fece agitare sul suo sedile. Si passò una mano sul viso, chiudendo momentaneamente gli occhi. Doveva stare attenta.
 
«Va tutto bene?» James al suo fianco le toccò il ginocchio con cautela. Elisa poté intravedere sul viso di Sirius un’ombra di preoccupazione. Annuì evasiva, spostando lo sguardo verso il finestrino. Prima arrivava ad Hogwarts, meglio sarebbe stato.
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
«Si può sapere dove vai?» La mora si voltò verso Lily che, impettita, aveva alzato lo sguardo dal pesante tomo di Trasfigurazione. «Vado a farmi un giretto» iniziò ad incamminarsi verso il ritratto della Signora Grassa, stiracchiandosi «Sono stufa di studiare» aggiunse con un’alzata di spalle. Nonostante avesse quasi oltrepassato il ritratto poté distintamente sentire Lily urlarle un insulto. Non ci badò e si avventurò nel corridoio.
 
Aveva una buona oretta prima di cena e sapeva dove andare. Un ragazzino del primo anno le passò di fianco correndo. Se lo avesse visto Lily, probabilmente, gli avrebbe urlato dietro per tutta la scuola.
 
Era stato strano scoprire che James e Lily erano capiscuola. Era stato strano, per non dire inquietante. La rossa pareva particolarmente nervosa negli ultimi tempi e la pressione non sembrava certo farle bene. I due capiscuola sembravano due bombe ad orologeria. Lily sembrava incapace di rimanere nella stessa stanza con il ragazzo senza urlare istericamente.
 
Elisa iniziava, sinceramente, a sentirsi veramente preoccupata. Aveva più volte tentato durante quel mese di scoprire cosa ci fosse dietro, ma la ragazza pareva una tomba. In un qualche modo contorto rispettava la sua scelta: lei aveva, d’altronde, tenuto molte cose per sé. Prima che la preoccupazione le invadesse i pensieri, riportò alla mente degli esercizi occlumantici che aveva letto quell’estate su un libro.
 
Il suo studio stava, incredibilmente, procedendo a gonfie vele. Si sentiva impressionata dalla sua stessa mente e, talvolta, si era sentita sorprendentemente potente. Aveva, pian piano, compreso come involontariamente la sua mente procedesse già da tempo con l’utilizzo dell’Occlumanzia. I sogni, la sua calma, la concentrazione… tutto era stato magnificamente incompreso da sé stessa. Il fatto l’aveva lasciata momentaneamente sbalordita. Comprendere di avere la capacità di schermare i propri pensieri e ricordi al mondo esterno era stato sublime. Era stato per lei come armarsi della più potente armatura.
 
A detta di Silente, in fondo, era proprio così.
 
L’aveva definita come un’occlumante naturale, come se essere una bomba non fosse già abbastanza strano. Era rimasto sorpreso quando aveva scoperto il suo nuovo interesse. Elisa aveva anche letto del dubbio sui suoi occhi. A distanza di ormai un anno non era ancora stata in grado di produrre un patronus. Lo sapevano entrambi, eppure non ne parlavano, lei per pigrizia, lui per rispetto. Ma, benché questo tacito accordo durasse, così faceva quella macchia sulla tela bianca e spesso lei si chiedeva cosa realmente stesse sbagliando.
 
Quando giunse a destinazione, però, ritrovò la sua mente abbastanza libera, l’ansia imbrigliata in un angolo dei suoi pensieri. La pesante porta di legno massiccio cigolò come al solito, annunciando il suo arrivo.
 
«Sei arrivata finalmente» Sirius le lanciò un’occhiata dalla sua sinistra. Era seduto su un banco accantonato alla parete. Le lunghe gambe ricadevano mollemente, mentre il busto, appoggiato anch’esso alla parete, assumeva una piega quasi annoiata. La testa era all’indietro, appoggiata con noncuranza alle fredde mura, e risultava lievemente reclinata verso la sua direzione. Qualche ciocca ribelle gli ricadeva sugli occhi, nascondendoli parzialmente.
 
Elisa richiuse la porta dietro di sé con un leggero tonfo. Checchè l’aula fosse abbandonata da tempo e l’ala del castello fosse poco trafficata, produrre rumori superflui non le pareva un’ottima idea.
 
«Giornata pesante?» «Ma…» Sirius spostò qualche ciocca di capelli dal suo viso «se sopportare James lamentarsi possa definirsi pesante» bofonchiò con un’alzata di spalle guardandola avvicinarsi. «tu invece? Hai la faccia un po’ sconvolta» «Pomeriggio di studio con Lily» l’espressione sul viso del ragazzo si trasformò in una smorfia.
 
«Ancora così nervosa?» Elisa si fermò un metro più in là, osservando la pietra persa nei suoi pensieri. Con uno sbuffo si lasciò andare contro la parete, per poi raggiungere il pavimento mollemente. Respirò ancora profondamente, le ginocchia strette al petto e il viso nascosto tra esse. Una nuova ondata di preoccupazione la investì.
 
«Che dici?» Un movimento alla sua sinistra precedette la figura che, poco dopo, la raggiunse a terra. Elisa poté sentire il calore del corpo dell’altro premere contro il suo fianco. Si sentì incredibilmente confortata.
 
«Cosa sto sbagliando Sir?» un respiro lento provenì dalla sua sinistra. «Sai, da quando ti ho conosciuto» iniziò il ragazzo con un sussurro «hai davvero sbagliato un sacco di cose» l’affermazione gli riservò un’occhiataccia da parte di lei.
 
«No davvero! Hai sbagliato un’infinità di cose» Sirius guardava costernato il pavimento, come se quello che stesse dicendo lo facesse sentire sorpreso. «Eppure» la sua voce vacillò per un attimo. Elisa si voltò quel tanto per guardarlo di nuovo e si accorse che lui stava facendo lo stesso « talvolta non è questione di sbagliare, ma solo di aspettare»
 
«Non sapevo fossi anche poeta» il sorriso di Sirius si fece per un attimo malizioso «Sottovaluti molte mie doti» spostò lo sguardo al cielo, esasperata, o forse solo divertita e silenziosamente grata.
 
«A parte gli scherzi» la voce seria di Sirius la richiamò alla realtà «ho esperienze in queste cose» si interruppe un attimo, quasi stesse cercando le parole per continuare. «Remus, sai, ce lo ha detto lui con il tempo» spiegò gesticolando. Lei annuì, comprendendo.
 
«A proposito, tu come hai fatto a capire?»  «Ti ricordi di quella sera?» C’era solo genuina sorpresa nella sua voce. Lui ridacchiò sommessamente. «Mi ricordo abbastanza chiaramente di come mi maltrattavi in quel periodo» Lei decise di lasciar perdere.
 
«L’ho capito dagli occhi» spiegò poi con un sorriso. Allo guardo confuso di lui continuò «Non so spiegarti come, ma me ne accorgo. Come quando vedo voi sotto forma di animagi. Lo capisco» Sirius annuì tentando di capire.
 
Dopo qualche attimo Elisa distese le gambe lungo il pavimento, appoggiando poi la testa contro la spalla dell’altro. Quasi automaticamente, una mano del ragazzo andò a posarsi sulla coscia dell’altra, avvicinandola a sé. «Andrà tutto bene» Sirius glielo aveva sussurrato tra i capelli, sfregando il suo naso contro la sua nuca.
 
Improvvisamente Elisa rimpianse di non essersi fatta la doccia quel pomeriggio.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
Quella sera, quando finalmente entrò in Sala Grande per la cena, Elisa trovò uno spettacolo abbastanza singolare ad accoglierla. Si passò una mano tra i capelli ancora umidi dalla doccia appena fatta e si diresse verso la confusione.
 
Molti ragazzi si erano riuniti al centro della Sala, da dove la voce della Mcgranitt si alzava con prepotenza. «Signor Black la smetta!» Elisa si precipitò nella mischia, prendendo senza troppe remore a spallate dei ragazzini curiosi del primo anno. Con sollievo si accorse di essere sbucata proprio al fianco di Lily.
 
«Buon dio che diamine sta succedendo?» l’amica le restituì lo sguardo. Non c’era traccia di ilarità sul suo volto, né di rabbia. Questo sicuramente escludeva un qualsiasi scherzo da parte dei malandrini. «Lily cosa-» Un nuovo grido si alzò dalla stanza.
 
«Siete dei codardi!» il suo cuore perse un battito.
 
Senza aspettare una risposta si fece largo nella folla. Quando finalmente anche la prima fila di curiosi fu sbaragliata, Elisa si congelò sul posto.
 
Sirius, al centro del cerchio, non si accorse minimamente del suo arrivo. Remus, Peter e James gli stavano al fianco. Quest’ultimo teneva una mano sulla sua spalla, quasi a volerlo calmare.
 
«Per l’ultima volta, smettetela con questa pagliacciata!» La professoressa, convenne Elisa, avrebbe torto il collo a tutti i presenti. Si appuntò mentalmente di non provocarla. Proprio in quell’istante le scoccò un’occhiata severa, la bocca stretta in una linea sottile contratta in una smorfia.
 
«Temo che non ci sia nulla da vedere, signorina Stevenson. Le consiglio di tornare alla sua cena» Le sopracciglia di Elisa si alzarono violentemente. Tornare alla propria cena? Con tutto quel casino?! Probabilmente non ce l’avrebbe fatta nemmeno a volerlo.
 
Quanto meno, però, Sirius si era accorto della sua presenza. Alla sua vista le spalle di lui si erano quanto meno rilassate un poco. Egoisticamente ne fu piacevolmente sorpresa.
 
«Ragazzi cosa-» «Oh no! Abbiamo già abbastanza problemi così» le sue sopracciglia si alzarono una seconda volta all’esclamazione di Peter.
 
Decise di comportarsi come una signora: gliel’avrebbe fatta pagare più tardi a quel piccolo bastardello.
 
Solo allora però notò l’oggetto dell’attenzione dei ragazzi. Qualche tavolo più in là Regulus Black mangiava tranquillamente la sua cena. O almeno, questo era quello che probabilmente avrebbe voluto far credere. Elisa poteva facilmente riconoscere la rigidità delle sue spalle, per non parlare della fissità dello sguardo. Presumibilmente doveva supporre che quello che stava mangiando dovesse avere il sapore di carta.
 
«Ragazzi cosa succede?» Sirius che, imperturbabile, era tornato con lo sguardo carico d’odio fisso sul fratello, la osservò di sottecchi. «Felpato» Elisa poté notare la pressione della mano di James sulla sua spalla aumentare.
 
Senza dire nulla il ragazzo le allungò un foglio di carta spiegazzato. Era stato tenuto con forza, notò, probabilmente da una decina di minuti. Con un po’ di rammarico si diede della stupida per non averlo notato prima.
 
«Amico sei sicuro che-» «Va tutto bene Ramoso» Senza aspettare che si voltasse nuovamente per incontrare i suoi occhi, Elisa prese il foglio. La mano di Sirius stava tremando dalla rabbia, spiegazzando involontariamente nuovamente il foglio. Quando però le dita di lei si chiusero sul pezzo di carta, quelle di lui si aprirono immediatamente.
 
Elisa toccò con cura la carta ruvida cercando ancora lo sguardo di lui con il proprio. Quando ormai divenne chiaro che non sarebbe stata accontentata, prestò finalmente attenzione ai complicati ghirigori in inchiostro nerastro. Il suo cuore perse un battito alla vista del simbolo del ministero.
 
 
Caro signor Black,
siamo stati informati che in data 22 luglio 1975 lei è stato allontanato dalla sua famiglia dai signori Dorea e Charlus Potter. Secondo l’articolo 112 per la protezione dei minori la sottrazione e il trattenimento di minori costituisce ipotesi di reato. È interesse dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia il rispetto delle disposizioni in materia di affidamento. Siamo spiacenti dunque di convocarla all’udienza che si terrà dalle 10 il 16 ottobre. Le verrano date maggiori disposizioni nei giorni a venire. Con la speranza che lei stia bene, cordiali saluti.
Albert Jones
 
 
 
 
 
Angolo autrice
Salve gente! Spero stiate bene! Capitolo abbastanza lungo questa volta… fatemi saere cosa ne pensate!
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** La causa ***


La causa

Il braccio della ragazza fu abbandonato lungo il fianco, la lettera ancora ben stretta tra le dita. Lo sguardo fisso sul pavimento, la testa affollata di pensieri, Elisa percepì un nuovo gusto amaro risalirle lungo la gola. Respirò piano, cercando sempre più di scacciare quel senso di oppressione che minacciava di sovrastarla un’altra volta.
 
Non ce l’avrebbe fatta. Nemmeno quella volta.
 
Con un sospiro tremante rialzò lo sguardo. Sirius teneva ancora lo sguardo fisso sul fratello, quasi un cane in punta sulla preda. Solo allora si accorse di quanto dolore ci fosse in quello sguardo, di quanto rancore dovesse portare. Il suo passato gli era incollato addosso, come una seconda pelle, e lui non poteva lasciarlo andare, perché questo lo avrebbe sempre rincorso.
 
Elisa incontrò lo sguardo della Mcgranitt e, per la prima volta, si rese conto che presumibilmente la donna non sapeva il contenuto della lettera. Con amarezza realizzò che la sua opinione sarebbe cambiata notevolmente dopo la sua conoscenza.
 
«Cos’è, stai pensando a come si legge, Sanguesporco?» il commento provocò un’esplosione. Cinque bacchette furono estratte nello stesso istante. Sirius e James avrebbero presumibilmente attaccato e, benché si sentisse in qualche modo onorata dal loro affetto, non poté non ringraziare Remus e Peter ed il loro tempestivo intervento.
 
Con la coda dell’occhio Elisa visualizzò Regulus in piedi con la bacchetta alla mano, affiancato nondimeno da Severus Piton. Una morsa allo stomaco le pizzicò la coscienza. A quella, però, avrebbe pensato più tardi.
 
La bacchetta della donna di fronte a sé al momento la preoccupava di più. «Mettete via le bacchette. Ora» James guardò con lentezza prima l’insegnante e poi i ragazzi parecchi metri più in là.
 
Fece quanto gli era stato detto.
 
La ragazza poté dedurre che avesse riconosciuto il pericolo maggiore. Con la coda dell’occhio vide i due Serpeverde fare altrettanto. Solo Sirius rimase fermo, la bacchetta sospesa a mezz’aria.
 
«Sirius» Remus lo richiamò inutilmente. «Ehi fratello» James si avvicinò soppesando le parole, dando le spalle all’insegnante e abbassando la voce. «Capisco la tua rabbia e il tuo risentimento. Ma non è questo il luogo. Non è questo il modo.» Sirius non distolse lo sguardo dalla sua preda.
 
«Cosa succede? Ti si è legata la lingua fratellino?» il viso del Grifondoro si contorse in una smorfia di puro disprezzo e rabbia.
 
«Ok, basta così» la voce della ragazza sembrò fendere l’aria come una spada. La bacchetta del ragazzo ebbe un fremito, così come il suo corpo. Il viso di Sirius si voltò lievemente verso di lei, quel tanto per incontrare i suoi occhi. Elisa immagazzinò la sua voce, solitamente bassa e sarcastica, come squillante e profonda.
 
Si avvicinò piano, sotto gli occhi sorpresi della folla. Non appena fu a qualche centimetro dal corpo dell’altro la sua mano andò automaticamente sul braccio sospeso del ragazzo. Frapponendosi tra lui e il fratello, riuscì ad impedire al Grifondoro di evitare il suo sguardo.
 
«James ha ragione» Elisa poteva sentire l’elettricità della magia nell’aria «Non qui. Non ora» Gli occhi di Sirius rimasero impassibili nel loro rancore. Un nuovo sentimento la investì: la disperazione. E se lui non avesse voluto capire? E se non le avesse dato ascolto?
 
«Non deve finire così» la sua pressione sul braccio di lui aumentò. Non si mosse.
 
«Sirius ti prego» le parole furono pronunciate prima che lei potesse accorgersene. La sua fronte andò automaticamente contro la spalla di lui. Cercò di pensare a tutto il rancore di quegli anni lontani, ai pianti, alla violenza. Ripensò al senso di libertà che agognava tanto e che mai avrebbe raggiunto. Perché avrebbe potuto scalare montagne e superare monti, ma nulla avrebbe cancellato le cicatrici nella sua anima.
 
Il braccio di Sirius, lentamente, si abbassò. Un brusio concitato si diffuse nella folla di spettatori. Elisa si staccò quel tanto per vedere gli occhi grigi di Sirius scrutarla con tristezza. «Andrà tutto bene» lo rassicurò lei con un sorriso debole staccandosi un poco.
 
Gli porse poi la lettera. Il ragazzo sembrò studiarla da lontano per qualche attimo per poi afferrarla, sconfitto.
 
«Sembrerebbe che tu sia finalmente riuscita ad entrare nella sua camera da letto» Regulus, dall’altra parte della stanza, guardava la scena con disprezzo. Elisa sentì un pizzicore fastidioso nella mente. E poi un’idea divertente le balenò nei pensieri.
 
«Signor Black, non si permetta mai più di rivolgersi così ad una studentessa! 50 punti verrano tolti a Serpeverde-»
 
Se era tanto brava in Occlumanzia, chissà come se la cavava in Legilimanzia.
 
Ovviamente ogni famiglia purosangue spingeva i propri figli alle basi dell’Occlumanzia. Avrebbe voluto dire che per sfondare le sue difese avrebbe dovuto utilizzare un briciolo di potenza in più. E lei ne aveva a disposizione molta.
 
Con un sorrisetto beffardo allungò la mano verso quella di Sirius, intrecciando le dita con le sue. E prima che il ragazzo le rivolgesse completamente uno sguardo sorpreso, si impadronì della sua bacchetta.
 
Sarebbe stato interessante provarla.
 
Un familiare bruciore agli occhi le annunciò l’ondata di magia che invase di lì a poco il suo corpo. Il suo stomaco si strinse dal piacere. Con uno scatto si voltò e prima che Regulus potesse sorprendersi del suo aspetto sinistro una nuova eccitazione la invase.
 
«Legilimens» il sussurro sembrò propagarsi nell’aria della sala. Elisa sentì i suoi pensieri attraversare una lastra di vetro. Qualcuno urlò. Con sorpresa si accorse dei residui delle difese di Regulus, sparse nella sua mente come vetri infranti. La potenza con cui le aveva abbattute era stata devastante.
 
Una nuova ondata di euforia le inebriò la mente. Ricordi non suoi iniziarono a vorticarle intorno. Elisa si godette la Sala Comune Serpeverde la mattina e l’appuntamento con una ragazza della sera prima. Fu eletrizzata all’idea di esplorare i suoi sogni, ma l’idea fu subito accantonata, attratta invece da un ricordo particolarmente strano. Pareva pulsare di magia e di oscurità.
 
Elisa si ritrovò disorientata quando, improvvisamente, si ritrovò in un prato, di notte. La calma del luogo sembrava del tutto estranea ai tre ragazzi incappucciati che, nel silenzio, attendevano. Il cielo, notò lei, era ricoperto di stelle. Una quercia, molti metri più in là, fu scossa dal vento leggero d’estate. Ma quella che lei avrebbe definito un’atmosfera rilassante fu turbata dall’arrivo di un’altra figura incappucciata.
 
Si smaterializzò davanti ai ragazzi, sicura nel suo mantello voluminoso. Elisa si ritrovò a trattenere il respiro, così come gli altri tre ragazzi.
 
«Il Signore Oscuro si rallegra della vostra partecipazione alla causa» comunicò la figura con solennità. Il cuore di Elisa perse un battito. Terminate quelle parole, l’uomo fece per allontanarsi.
 
«Tutto qui?» Un improvviso senso di nausea la colpì mentre, con orrore, vedeva una delle due figure alla sua destra togliersi il cappuccio. Severus guardava la figura nell’oscurità con diffidenza, studiandone i movimenti.
 
«Vi saranno dati incarichi, ragazzo» fu ripreso brutalmente dall’altro. «Quando?» la sua voce sembrava impaziente, quasi supplichevole. L’uomo sotto al mantello parve digrignare i denti e grugnire. «Quando sarà più opportuno»
 
Con un sonoro CRAC la figura sparì nel nulla, lasciando dietro di sé delusione e attesa.
 
Elisa si ritrovò nella sua mente prima di accorgersene. Sentì la professoressa Mcgranitt urlarle distintamente qualcosa. Un giramento la sorprese. Si intimò di rimanere calma. Il suo sguardo quasi volò ai due ragazzi di fronte a sé.
 
Regulus era appoggiato pesantemente al tavolo. Severus, d’altro canto, guardava nella sua direzione con astio. «-50 punti verranno tolti a Grifondoro signorina Stevenson!» Come risvegliata da un sogno si voltò verso la donna che, alterata, sbraitava con furia nella sua direzione.
 
«Non crdo funzioni Professoressa. Lei non è capace di fare altro» la voce beffarda di Severus rapì l’attenzione dell’intera Sala. «d’altronde, è un mostro» dei mormorii concitati riempirono la Sala Grande.
 
Una mano le afferrò con forza il braccio. Sirius si era voltato nella sua direzione, gli occhi carichi di tristezza e di furia. Ma qualcuno lo precedette. Una voce si alzò dal fondo della folla.
 
Gli occhi di Severus si dilatarono dalla sorpresa.
 
Lily si fece largo tra la folla a spallate, la bacchetta in pugno e uno sguardo furente negli occhi. «Come osi, tu brutto verme-» «No» La rossa si voltò sorpresa nella sua direzione. Elisa incontrò il suo sguardo e, con lentezza, scosse la testa. Dopo qualche secondo Lily abbassò la bacchetta.
 
«Quando il Professor Silente tornerà tra qualche ora state sicuri che verrà a sapere-» «Professoressa» Elisa restituì la bacchetta al suo proprietario, rapida. «credo ci siano fatti più interessanti al momento della nostra combriccola» Sirius le lanciò uno sguardo preoccupato. Cercò di assumere l’espressione più rassicurante che poté. Non era sicura di esserci riuscita.
 
«Che diamine-» «Se non le dispiace vorremmo rimanesse una cosa privata» tagliò corto con un sorriso frettolosoe un’occhiata alla folla circostante. Lei annuì con poca convinzione. «Seguitemi nel mio ufficio» ordinò perentoria iniziando ad avviarsi verso le porte della Sala Grande.
 
«Potrai invocare l’aiuto persino di Merlino fratello. Niente cambierà» la voce di Regulus proruppe dal fondo della sala. Sirius si voltò con uno scatto, prima che la sua voce lo precedesse.
 
«Io non ci conterei Regulus Black» molti sussurri si alzarono al suo commento. «Dovrei spaventarmi?» un nuovo sorriso crudele solcò il volto della ragazza «Certo che no» la sua mano andò a chiudersi automaticamente sul polso di Sirius.
 
«Ognuno sceglie la propria causa, no?» E mentre il sorriso sul viso del più giovane tra i fratelli congelava, la ragazza iniziò a trascinare l’altro verso l’uscita.
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
Quando due ore più tardi Elisa si ritrovò da sola nell’aula vuota del quinto piano un profondo senso di sconforto la investì. Aveva inizialmente reputato la scelta migliore aver lasciato i Malandrini con la Mcgranitt, ma ora non ne era troppo sicura.
 
E se non si fossero spiegati bene? E se avessero deciso di fare per conto loro? Scosse la testa disperata, sperando con tutte le sue forze di aver fatto la scelta giusta. Si sedette su un banco attaccato alla parete, attendendo. Aveva ragione di credere che Sirius sarebbe arrivato a momenti.
 
Attese, tentando in tutti i modi di rimanere calma. Dopo qualche minuto si concentrò sulla lavagna dall’altra parte della classe. Uno spesso strato di polvere ne ricopriva la superficie. Quasi sovrappensiero soffiò delicatamente nella sua direzione. La polvere si staccò dalla superficie, come colpita da un vento violento, e rimase sospesa, nell’aria.
 
Sorrise, inconsapevolmente.
 
Un vecchio gesso giaceva abbandonato sul pavimento, poco più in là. Con un piccolo movimento del polso il gesso si alzò da terra, levitando con delicatezza verso la lavagna. Persa nei suoi sovrappensieri Elisa pasticciò distrattamente sulla superficie scura.
 
Chissà da quanto quella classe dovesse essere deserta e inutilizzata. Probabilmente parecchi anni. Non sapeva che nella scuola qualcuno usasse i gessi… probabilmente qualche anziano insegnante con origini babbane, ragionò.
 
Dopo quelle che a lei parvero ore si risvegliò dai suoi sogni ad occhi aperti. Una nuova scritta aveva fatto la sua apparizione sulla lavagna. Non si era nemmeno accorta di averla scritta.
 
 
 
I bow down to pray
I try to make the worst seem better
Lord, show me the way*
 
 
Abbassò lo sguardo, chiedendosi perché i ricordi di sua madre le affollassero la mente. Un rumore di passi lungo il corridoio la richiamò. Senza quasi accorgersene si ritrovò in piedi, la bacchetta alla mano. Quando la porta si aprì, il suo cuore mancò qualche battito. 
 
«Sei in ritardo» sentì se stessa dire. Sirius si bloccò sulla soglia a quel commento, squadrandola per qualche attimo da lontano. Poi, come se non avesse parlato, il ragazzo si avvicinò con pochi passi.
 
Prima che potesse anche solo protestare, le braccia del ragazzo si chiusero su di lei, stringendola in un goffo abbraccio.
 
Tra loro due non c’era mai stato un vero bisogno di contatto fisico. In quel mese passato ad Hogwarts i loro incontri erano stati principalmente verbali. Lo sfiorarsi o l’abbracciarsi era stato raro, quasi sempre dettato più dal conforto che da altro. Ma a lei in fondo andava bene così. Non era abituata e le sue esperienze erano sempre state disastrose, se non tragiche. Forse Sirius lo aveva intuito, perché benchè si notasse quanto facesse fatica, rispettava i suoi limiti, evitando effusioni o abbracci goffi non necessari. 
 
Ma Elisa, in tutto quello, ora, non vedeva un goffo abbraccio.
 
Non vide nulla, in realtà, se non la spalla del ragazzo a cui ora era appoggiata tremare. Sentì il respiro pesante dell’altro tremolare mentre, lentamente, lei gli passava una mano tra i capelli. Sentì il suo collo bagnarsi di quelle che, ne era abbastanza sicura, erano calde lacrime.
 
Elisa non seppe mai quanto stettero in quella posizione. L’unica cosa che ricordò con sicurezza dopo anni da quella sera fu il sorriso stanco di un ragazzo che, con occhi lucidi, emetteva un sussurro.
 
 
«Mio fratello era l’unico regalo che i miei genitori mi avessero mai fatto»
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
Quando, un’oretta più tardi, i due fecero ritorno in Dormitorio, Elisa non si sentì per nulla dispiaciuta quando Sirius la baciò prima di svoltare l’ultimo angolo prima del ritratto della Signora Grassa. «Scusa, ne avevo bisogno» si scusò scrutandola con sguardo colpevole nel silenzio del corridoio. Lei cercò di sorridergli, rassicurante. 
 
«Dove eravate finiti?» la voce di Lily li aggredì non appena oltrepassarono il ritratto. La ragazza sentì l’altro irrigidirsi al suo fianco. Trattare con Lily negli ultimi tempi risultava abbastanza difficile. Cercò di imporsi la calma e di guardare l’amica, ora seduta su una poltrona.
 
«Abbiamo fatto un giro» spiegò con noncuranza. Il volto della rossa si contorse in una smorfia rabbiosa. Prima di poterne capire il motivo, la soluzione richiamò la loro attenzione qualche metro più in là, schiarendosi la voce.
 
Seduto su un divanetto vicino al camino James sventolava di malavoglia una pergamena nell’aria. Sul suo viso Elisa poté chiaramente leggervi il pentimento e il dispiacere. Remus al suo fianco osservava il fuoco, silenzioso e stranamente cupo. Peter, seduto sulla poltrona, guardava spaventato Lily. Anche lei inziava a sentirsi un po’ a disagio. Quando capì, il suo cuore sprofondò di parecchi metri.
 
«A fare un giro» la riprese Lily, rabbiosa. «non mi pare di doverti chiedere il permesso di consolare un amico» specificò piccata squadrando l’altra. Elisa potè percepire lo sguardo di allarme che i quattro amici si scambiarono.
 
«E c’era bisogno di farlo in segreto?» la rossa si alzò con uno scatto, fronteggiando l’amica. «Non eravamo in segreto!» protestò Elisa, beché il sapore di quella bugia le lasciò l’amaro in bocca. Il verso in risposta le fece capire che la Grifondoro non sembrava crederle.
 
«Ma dimmi… e perché te? Ha un sacco di ragazze con cui andarsi a consolare» l’ultima accusa la lasciò interdetta. Perché lei?! Oltre a sentirsi lievemente offesa per le implicazioni che l’altra aveva sottointeso, un nuovo senso di fastidio le attanagliò le viscere. Perché lei? Forse in quella stanza era l’unica che poteva veramente comprendere cosa il ragazzo stesse passando.
 
«Penso tu possa vagamente ricordare il fatto che io sia fuggita da casa» non aveva urlato, ma presumibilmente il suono della sua voce si era fatto più duro. Era inutile litigare per una questione simile. No?
 
«Oh grandioso, iniziamo ancora a parlare di te!» le parole colpirono Elisa come uno schiaffo. La sua bocca si aprì per rispondere, senza che però nessun suono ne uscisse. La richiuse, sperando che l’amica rinsavisse.
 
«Okay adesso basta» alla sua voce la ragazza si era voltata, ancora ammutolita dalla piega che gli eventi avevano preso. James si era ora alzato, cercando di riportare la calma tra le due.
 
«Oh tu stanne fuori» lo aggredì subito Lily, la rabbia crescente percepibile dalla voce. «Non vedo nulla di male in questa situazione. Voleva solo consolarlo, no?» lo sguardo della rossa si fece più freddo. «Sei un imbecille Potter» James incassò il colpo piegando lievemente la testa, come per scacciare le parole appena sentite.
 
Ma queste non terminarono lì.
 
«Lo sei sempre stato e sempre lo sarai. Non ti sopporto» James sembrò voler controbattere ma ci ripensò. «dio quanto ti odio» Elisa potè percepire un sussulto nelle spalle del ragazzo. «Lily» il richiamo sembrò bloccare la ragazza da una nuova raffica di insulti. Con uno sbuffo e uno sguardo adirato si voltò e risalì le scale verso la sua stanza. Elisa sospirò, sconfitta.
 
«Ramoso-» «Sto bene» Remus non commentò ma tacque, facendo finta di nulla. «Le passerà» si scusò lei scuotendo la testa. «Tu stai bene?» James le arrivò vicino e le scosse piano le spalle, come a rassicurarla. «le passerà» ripetè Elisa annuendo stancamente.
 
«Credo sia ora di andare» si scusò iniziando a dirigersi  verso le scale «Buonanotte ragazzi» i saluti degli altri la accompagnarono finché non chiuse la porta della stanza. Lily, già stesa tra le coperte, non la degnò di uno sguardo. Beché sapesse che fosse sveglia, Elisa non si arrischiò a rivolgerle la parola.
 
Silenziosamente però, prima di addormentarsi, le augurò ugualmente un buon riposo.
 
 
 
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
 
 
 
«Sembri stanca» Remus le passò protettivo una mano sul braccio, quasi volesse assicurarsi di avere la sua attenzione. Cercando di non farsi beccare dalla Professoressa Mcgranitt Elisa incontrò il suo sguardo. «Non ho dormito molto bene questa notte» il ragazzo parve accigliarsi «Non vuole ancora parlarti? Dopo una settimana?!» la ragazza scosse la testa.
 
Lily era fatta così. Incredibilmente testarda, eppure così dolce. Cercò di prestare di nuovo attenzione alla lezione, ma qualcosa parve non funzionare. Sembrava incapace di ascoltare, così, dopo un paio di tentativi, si concentrò su ben’altro. Osservò James, al suo fianco, tutto preso sulla sua pergamena da non accorgersi nemmeno del suo sguardo.
 
O forse no.
 
«Se continui così mi consumerai con lo sguardo, Scricciolo» gli angoli della sua bocca si catapultarono verso l’alto. «Scusa, la smetto» «Nono, continua pure ad osservare la mia fantastica presenza» «Modesto come sempre» la voce di Sirius, al fianco del ragazzo, li interuppe.
 
«Oh taci Felpato. Pensi che non mi accorga di come mi guardi?!» l’altro sospirò, come sognante. «Eh già, il tuo culo canta» Elisa represse una risata. La Mcgranitt si schiarì la voce, evidentemente infastidita.
 
«Di cosa stiamo parlando?» la voce di Peter interruppe il silenzio non appena la professoressa si girò verso la cattedra. «Di quanto il mio sedere sia fantastico» spiegò James continuando a lavorare sulla sua pergamena «Ooohh» Peter annuì con convinzione tornando poi al suo libro.
 
«Per Merlino» Elisa si voltò giusto in tempo per vedere Sirius sbirciare il foglio dell’amico «Non ne starai facendo un’altra!» James non rispose, troppo preso dal suo lavoro. «Cosa sta-» «Una poesia. Per Lily» le spiegò Sirius scuotendo il capo.
 
«Piantala, questa le piacerà» «E cosa avrà questa di diverso dalle altre tre?» James parve pensarci un po’ su, per poi guardare l’altro con superiorità. «Il tre è il mio numero fortunato» l’altro parve alzare gli occhi al cielo. La Mcgranitt si schiarì una seconda volta la voce, evidentemente scocciata. Tutti e tre tornarono ai loro lavori in assoluto silenzio. Parvero passare interi minuti prima che la voce di James richiamasse di nuovo la loro attenzione.
 
«Che diamine in nome di Merlino rima con Lily?!» Sirius guardò l’amico scuotendo la testa, senza una risposta. «Il giglio** andrebbe bene?»
 
«Signor Potter, è pregato di prestare attenzione» lo riprese la Mcgranitt con sguardo severo. «E no, non andrebbe bene» James alzò lo sguardo verso la sua Capocasa, una luce divertita negli occhi.
 
«Grazie professoressa»
 
 
 
 
* Million reasons (Lady Gaga)
** Giglio in inglese si dice lily
 
 
 
 
Angolo autrice
Buonasera! Vi preannuncio già che nei prossimi capitoli ci saranno delle sorprese… non vedo l’ora! Volevo inoltre informarvi che ho l’intenzione di aggiornare i vecchi capitoli. Ho iniziato ormai questa storia da qualche annetto e mi sono accorta di parecchi errori nei primi capitoli. La trama non subirà modifiche, ci tengo a precisarlo. Fatemi sapere cosa ne pensate
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 44
*** Processo ***


Processo
 
James si era sempre chiesto cosa provassero veramente i poeti antichi mentre, chiusi in una stanza o sotto la luna, scrivevano frasi su frasi per tentare un ultimo salto nel vuoto: segnare il proprio nome nella mente dell’amata.
 
Ma soprattutto, James si chiedeva come potessero esistere bugiardi così convincenti. Le canzoni, le poesie, i baci… come poteva esistere solo tutto ciò? Dov’erano le litigate, i pianti, il dolore al cuore e l’orgoglio? Come poteva anche solo un uomo cantare di un amore così perfetto?
 
Lui non ci credeva. Lui non era così stupido.
 
Salendo gli ennesimi gradini diede un ultimo controllo alla mappa. Lily, a quanto pareva, era proprio in guferia. Prima di superare gli ultimi dieci ripose la mappa nella tasca e, dopo aver estratto la sua poesia, decise di buttarsi in quel nuovo disastro. Non appena varcò la soglia della guferia, però, il sorriso che si era stampato sul viso morì.
 
Lily sedeva su un gradino poco più in là, sotto un arco da cui entrava un vento freddo che le scompigliava i capelli. Aveva presumibilmente appena terminato di leggere una lettera, ormai abbandonata nelle sue mani, inerme. Il suo sguardo era perso nel vuoto e James si chiese se fosse stata una buona idea raggiungerla in quel momento. L’esitazione durò qualche attimo.
 
«Buongiorno Evans!» la ragazza sussultò alla sua voce. Lo guardò spaesata, come se lo vedesse per la prima volta. Non si lasciò scoraggiare. «Mi sono preso la libertà di scrivere qualche verso in tuo onore» si schiarì la voce e, senza aspettare nessuna risposta, iniziò a leggere il foglietto tra le sue mani.
 
 
Ti cercherò sempre
Sperando di non trovarti mai
Mi hai detto all’ultimo congedo
 
Non ti cercherò mai
Sperando sempre di trovarti
Ti ho risposto
 
Al momento l’arguzia speculare
 Fu sublime
Ma ogni giorno che passa
Si rinsalda in me
Un unico commento
Ed il commento dice
Due imbecilli
 
 
James terminò la poesia studiando l’altra al di là del foglio. Lily rimase interdetta osservando la sua figura per quella che parve un’eternità prima che, improvvisamente, una risata sguaiata si alzò nella guferia.
 
 James rimase interdetto a fissare mentre Lily – la sua Lily! – rideva con quanto fiato aveva in corpo. Ma qualcosa in quella risata si rivelava inquietante. Cercando di capire, James rimase a fissare mentre, piano piano, la risata senza gioia si trasformava, finchè una prima lacrima non solcò la guancia della ragazza. La goccia di pianto fu seguita da molte altre. E quando il corpo di Lily iniziò ad essere percorso da singhiozzi James sentì qualcosa dentro di sé spezzarsi.
 
«Ehi ehi» senza perdersi in troppi ragionamenti si lasciò cadere sul gradino di fianco alla ragazza, la poesia ormai abbandonata a terra un metro più in là. «Lo so che faccio pena, ma se ti fa tanto schifo posso anche buttarla» Lily scosse violentemente la testa.
 
«Non è-» un singhiozzo le troncò il fiato «- per quello» terminò nascondendo il viso tra le mani. «Ehi va tutto bene, ok? Ci sono qui io» il braccio di James si mosse automaticamente a circondarle le spalle. La strinse contro di sé e per la prima volta lei non lo respinse. Anzi, la rossa si lasciò cullare dolcemente, confortata dalle parole dell’altro.
 
Quando finalmente la Grifondoro si asciugò anche l’ultima lacrima, James si sentì estremamente a disagio. E ora? Si specchiò negli occhi ancora liquidi di lei e un senso di panico lo investì. Cosa avrebbe dovuto dirle? Cosa voleva che lui le dicesse?
 
Cercò in ogni modo di imporsi la calma, tentando invano di non far tremare le mani, tornate ormai di nuovo in grembo. «Sì okay, io vado» biascicò imbarazzato, pentendosi poi l’attimo dopo. Si alzò comunque, controvoglia, rimpiangendo sempre più la sua stupidità.
 
«Puoi-» Lily parve pensarci un attimo, per poi continuare la frase «Puoi rimanere?» Poteva sembrare una domanda stupida, soprattutto dato il comportamento di lei nei suoi confronti. Ma per James non lo era. E benché lei avesse ancora gli occhi lucidi e la voce strascicata e lamentosa, sedersi di nuovo al suo fianco fu felicità pura.
 
«Non ti devi preoccupare» le sorrise, rassicurante «Elisa non è una persona che dà troppa importanza a-» «Non è per lei» Lily interruppe subito l’altro, scuotendo la testa lentamente. Si voltò un poco nella sua direzione. Un angolo del suo cervello registrò con troppo entusiasmo il tocco delle loro ginocchia.
 
«Ne vuoi parlare?» la rossa parve pensarci un po’ su, per poi annuire, decisa. James rimase ad osservarla mentre, tirando un po’ su con il naso, cercava di mostrarsi forte, sebbene avesse pianto fino ad una decina di minuti prima. «è per mia sorella» «hai una sorella?» James interruppè subito l’altra che, prontamente, annuì. «Certo, che domanda stupida, scusa. Sta male?» Lily negò con il capo, guardando fissa il pavimento in pietra. James non capiva. Cosa poteva essere successo? «Io e mia sorella abbiamo…» parve pensarci un po’ su, scegliendo con cura le parole «… un rapporto complicato» James osservò gli occhi dell’altra divenire un po’ più lucidi.
 
«Diciamo che mi odia» un’altra risata senza gioia le sconquassò il petto. «dio mi sento così patetica» commentò poi gettando la testa all’indietro, cercando in tutti i modi di cacciare via le lacrime. «Non lo sei» James la guardava con la bocca spalancata «Per Merlino no che non lo sei!» esclamò poi prendendole la mano di riflesso. Lily non si mosse. «Sei una delle persone più forti che io conosca. Perché ti odia?» la rossa tornò a guardarlo con un sorriso triste sul viso «Mi odia, sai» all’espressione interrogativa dell’altro continuò «Mi considera un mostro. In realtà penso sia solo gelosa, o qualcosa del genere. È che… non l’ho voluto io tutto questo, capisci?» James annuì esortandola a continuare. «E poi adesso ha questo nuovo ragazzo, questo Vernon» sventolò davanti ai suoi occhi la lettera che prima le aveva visto leggere «Ha detto che non me lo farà mai conoscere. Sai, non vuole che veda la sorella stramba» Lily terminò guardando il pavimento con aria sconsolata. A quel punto James prese la parola.
 
«Sai cosa?» Lily si voltò ad osservarlo «Credo che tua sorella semplicemente non capisca» lei lo guardò con aria interrogativa. «Penso sia arrabbiata, arrabbiata perché lei non ha tutto quello che hai tu» Lily annuì piano, mentre gli occhi verdi si facevano di nuovo umidi «perché questo» James si alzò in piedi e girò su se stesso a braccia aperte «questo Lily non è colpa tua» una lacrima tracciò un solco sulla guancia della ragazza, di nuovo «e questa» James si chinò e passò un pollice sulla sua guancia, asciugandogliela «questa non merita di stare qua» Lily annuì, lentamente. «vedrai che capirà. Con il tempo» specificò lui ammiccando. La rossa sorrise timidamente.
 
«sei più bella quando sorridi» si lasciò sfuggire quindi lui sorridendole di rimando. Lily arrossì. «Beh dai» James si rialzò nel nuovo imbarazzo che si era venuto a creare «almeno la mia poesia non faceva così schifo da farti disperare così» Lily rise sinceramente divertita.
 
«Posso tenerla?» chiese poi fissando il biglietto che il ragazzo aveva appena raccolto da terra. «Oh, se ti fa così piacere» E mentre Lily prendeva il foglietto e lo riponeva nella tasca dei suoi pantaloni, James pensò che veramente il tre dovesse essere il suo numero fortunato.
 
 
***
 
 
«Ehi ragazzi!» Elisa si voltò abbastanza per vedere Marlene correrle incontro. «Ma guarda chi c’è!» Sirius al suo fianco si bloccò qualche passo più in là, così come gli altri due Grifondoro. «Dove andate di bello?» «Campo di Quidditch, c’è allenamento» spiegò la mora indicando la tenuta di uno dei ragazzi alle sue spalle. Sirius osservò improvvisamente interessato la sua scopa. Marlene sorrise a quella vista.
 
«Posso accompagnarvi? Non ho nulla da fare» ad Elisa sembrò un’idea stupenda. Il gelo di quel pomeriggio faceva meno paura con un’amica con cui spettegolare al proprio fianco. E con Marlene avrebbe potuto spettegolare, sicuramente. Parlando del più e del meno i ragazzi si diressero fuori dal castello.
 
«Tuo fratello è finito in Serpeverde, alla fine» commentò la mora con una risata. «Oh sì» a Marlene brillarono gli occhi «me lo dovevo aspettare, in fondo. Jack è sempre stato un tipo sveglio» «Alla fine avete deciso di venire anche quest’anno» Marlene le rispose con un sorriso tirato. In fondo, la Grifondoro poteva dirsi sorpresa del comportamento della famiglia Mckinnon… non si era certo aspettata di rivederla così presto.
 
«Aspetta, non volevi tornare?» Remus si intromise nel discorso, sorpreso. Marlene gli sorrise un po’ tristemente. Elisa intercettò lo sguardo di Sirius. Sembrava incredibilmente allarmato, quasi avesse compreso cosa stesse accadendo senza che ci fosse bisogno di spiegarlo.
 
Il processo si sarebbe tenuto tra meno di una settimana, si appuntò mentalmente con un sospiro. Le percentuali di successo della famiglia Black era, a discapito di ogni buonsenso, estremamente alta. Avevano passato interi pomeriggi chiusi in biblioteca, gli occhi a sfiorare pagine su pagine consunte di libri per cercare, seppur invano, un qualche caso analogo.
 
A quanto pareva, però, non esisteva caso documentato di fuga da casa per violenze. O forse esisteva, ma Elisa dubitava che una famiglia Purosangue, con la sua influenza, avrebbe permesso che il ragazzo fosse fuggito facendola franca.
 
 
«Per Merlino… neppure uno straccio di informazione!» Remus sbuffò esasperato chiudendo l’ennesimo libro. Mai la biblioteca lo aveva così deluso, glielo si poteva leggere chiaramente nell’espressione stanca.
 
«Forse ho qualcosa!» la voce eccitata di Peter richiamò subito tutta l’attenzione. «Mirzam Asterion, figlia di Rodolphus e Tina Asterion-» la ragazza sentì il sangue nelle vene congelarsi. Non poteva, non doveva…
 
«Lascia perdere Peter» la voce sconsolata  di Sirius interruppe la sua lettura. «è morta… un caso triste, a dire il vero. Aveva la nostra età. La mia cara madre mi ha sempre rinfacciato la sua dipartita, come se fosse stata colpa mia» «- morta tragicamente all’età di sette anni dopo un grave malore. Viene apostrofata come l’erede scomparsa» terminò Peter richiudendo il libro con un tonfo.
 
«L’erede scomparsa?» James alzò un sopracciglio verso l’amico in cerca di spiegazioni «Era l’unica erede di quell’antica famiglia di Purosangue» spiegò Sirius storcendo lievemente la bocca in una smorfia «Era una delle più antiche, a dire il vero» il ragazzo scoppiò in una risatina amara «è divertente il fatto che non abbiano mai voluto mischiare il sangue con le altre famiglie inglesi. Sapete, non le reputavano abbastanza degne»
 
«E come diamine facevano? Non possono non-» «La magia funziona diversamente, Lily» la interruppe lei con un’alzata di spalle «Possono benissimo aver generato figli tra parenti stretti» Sirius annuì nella sua direzione. «Abbastanza inquietante ma corretto. Anche se…» la sua voce aleggiò sulle loro teste come una premonizione «non sono sicuro che non abbia conseguenze. Prendete come esempio loro, ad esempio. La bambina, l’erede scomparsa, sarà pur morta di qualcosa» Tutti annuirono, assorti nei loro pensieri e congetture.
 
«Dai, andiamo avanti?»
 
 
 
 
La Grifondoro dubitava seriamente sulle loro probabilità di successo e, benché i signori Potter avessero spiegato a Sirius in più di una lettera l’affidalità del loro magiavvocato,  era sempre più convinta che la loro fosse una causa persa.
 
«Una scelta decisamente azzardata da parte dei miei genitori» divagò Marlene con un sorriso mesto sul viso «ma incredibilmente gradita ai miei fratelli» Remus annuì soltanto e l’argomento si chiuse lì. «Oh diavolo» appena fuori la soglia degli spogliatoi maschili, la voce di Peter la richiamò alla realtà. Il ragazzo rimase immobile, le spalle rigide e la bocca serrata. Elisa guardò nella direzione del suo sguardo, fermandosi anch’ella dov’era come il resto della comitiva.
 
Non la vedeva da più di una settimana, ma l’immagine di Lily colpì ugualmente Elisa come uno schiaffo. Aveva gli occhi un po’ rossi, segno evidente del fatto che doveva aver smesso di piangere da meno di un’oretta. E Lily non piangeva quasi mai. Al suo fianco, James le aveva appena sussurrato qualcosa facendo sì che gli angoli della sua bocca si alzassero di un poco. Quest’ultima immagine la spiazzò particolarmente.
 
«Per Merlino» Remus sbattè più volte le palpebre  «James è a meno di un metro da Lily» la sua voce risultava sbigottita «James è a meno di un metro da Lily» ripetè Peter con un sussurro «e non è morto» concluse più sorpreso, spostando lo sguardo verso gli altri, quasi a volerne una conferma «è un trucco» Sirius si guardò in giro circospetto. Marlene si trattenne a stento dal ridere. Elisa non poteva dirsi altrettanto divertita.
 
Quando i due Grifondoro avevano notato il gruppo, subito il volto di lei si era fatto d’improvviso serio e cupo. James invece l’aveva salutata sventolando la mano, un sorriso da ebete sulla faccia. Solo dopo qualche secondo di assoluto silenzio la rossa aveva fatto un passo avanti. La mora era rimasta ferma al suo posto, attendendo. L’amica aprì bocca intenzionata a dire qualcosa poi, improvvisamente, parve ripensarci, richiudendola.
 
Elisa tentò di trovare parole fini e circostanziali. Fallì.
 
«Sei un’imbecille, sai?» Lily fece una smorfia a quel commento ma rimase zitta, osservandola. Con un sospiro sconsolato, Elisa fece qualche passo avanti. «Ma ti voglio bene lo stesso» Prima che riuscisse ad avvicinarsi, una pioggia di capelli rossi la investì.
 
 
***
 
 
Sirius poteva vantarsi di aver visto una marea di stramberie nella sua vita. Viveva con James Potter, diamine!
 
Eppure, quando quelle due squinternate si abbracciarono rimase basito, così come del resto tutti gli altri lì intorno. Forse solo Marlene, ormai al suo fianco, sembrava particolarmente rilassata e tranquilla. L’aveva guardata, ancora frastornato, chiedendole con lo sguardo che diavolo si fosse perso.
 
«Ah, l’amicizia tra ragazze» gli aveva sussurrato lei in risposta, serena. E mentre ritornava a vedere quell’abbraccio strambo, Sirius non potè fare a meno di notare le tre dita sollevate di James Potter, il ragazzo con il culo che cantava.
 
 
***
 
 
«Nervoso?» Sirius osservò la ragazza di fronte a sé mordersi il labbro, dubbiosa. Era nervoso? Per Merlino se lo era! «Nah, sai» si passò una mano tra i capelli, cercando di sembrare il più naturale possibile «non sarà così male, no?» Non era sicuro di averla ingannata. Gli restituì uno sguardo scettico che durò qualche secondo, per poi essere rimpiazzato da uno nuovamente preoccupato.
 
«Sei nervosa più tu di me» scherzò allora sfiorandole la fronte con le labbra, sorridendo. «Ci mancherebbe altro!» Elisa si spostò con uno scatto, facendo qualche passo nella stanza «L’udienza è domani mattina e non abbiamo nulla in mano. Come pensi che possa andare bene?» Oh, era quello il problema. Beh, effettivamente non avevano nulla per le mani. Eppure non era troppo nervoso. Arrabbiato, forse, di più. 
 
«Silente testimonierà in mia difesa» le ricordò nuovamente con un sorriso rassicurante tornando a sedersi sul banco al suo fianco. «E poi mi è stato concesso di portare degli accompagnatori. Non è fantastico?» Elisa si voltò nella sua direzione, scettica. «Per quanto io voglia esserci, Sir, la presenza mia o di James non ti consentirà nessuna agevolazione» lo rimproverò ancora lei avvicinandosi.
 
«Sai, sei fantastica quando ti scaldi» commentò avvicinandosela e abbracciandola. «E nemmeno l’adulazione» specificò lei pungolandolo nella pancia facendolo ridere. Il suo tono, però, si era lievemente ammorbidito.
 
«Andrà tutto bene, ok?» La ragazza annuì soltanto, poggiando la fronte sulla spalla del Grifondoro. «Andrà tutto bene» ripetè lei tornando a guardarlo con un sorriso triste. Sirius la baciò, cercando di cancellare l’ansia che da quella mattina li stava consumando. «Mi sa che è ora» commentò poi con uno sbuffo guardando all’orologio nella sua tasca. «Domani mattina devo sembrare il più possibile un ragazzo sano di mente» «Oh allora siamo a posto» commentò lei con uno sbuffo allontanandosi «Ah sì? Ne parliamo domani sera» la sbeffeggiò con un ghigno malizioso dirigendosi verso la porta.
 
«Vieni?» Elisa rimase per un secondo immobile, fissando rapita il pavimento. «Devo fare una cosa, ti dispiace se non ti accompagno?» le sopracciglia del ragazzo si alzarono dalla sorpresa, per poi abbassarsi un attimo dopo. «Va bene… a domani quindi?» Lei annuì, quasi sollevata, mentre le braccia del ragazzo andavano a chiudersi su di lei.
 
Quell’abbraccio durò un po’ più a lungo, notò con sorpresa. Non si oppose, però, lasciando che la ragazza tra le sue braccia prendesse qualche boccata di aria sulla sua pelle. Quando finalmente lei aprì la mano che inconsapevolmente si era andata a chiudersi sui suoi vestiti, Sirius la lasciò andare, osservandola sparire al di là della porta e poi lungo il corridoio, il fantasma del bacio veloce ricevuto ancora ad aleggiare su di lui.
 
 
***
 
 
Elisa non era mai stata sicura della sua vita, tanto meno delle sue scelte. Eppure qualcosa aveva imparato. Sapeva, ad esempio, che ogni decisione aveva le sue conseguenze. Oppure, sapeva anche che le scelte mai prese erano pur sempre scelte. E quelle, beh, facevano particolarmente male.
 
Quando, quindi, quella sera si ritrovò a bussare nell’ufficio di Albus Silente, una leggera consolazione le alleggerì il cuore: benché quella fosse una decisione stupida, incoerente e terribilmente pericolosa, non era poi tanto diversa da tutte le altre. E poi, almeno, a qualcuno avrebbe giovato, alla fine.
 
«Avanti» Il Preside sedeva alla scrivania, una penna a mezz’aria e un’espressione sorpresa sul viso. «Signore» Elisa richiuse la porta dietro di sé, dubbiosa. Come avrebbe iniziato il discorso? «Posso chiederti, Elisa cara, cosa ti turbi tanto a quest’ora?» gli occhi dell’anziano parvero oltrepassarla, curiosi.
 
«Temo stia per combinare un disastro, Preside» l’uomo sorrise, accondiscendente. «Posso chiederti il motivo?» Per cosa lo stava facendo? Per ego? Per qualche strana psicosi mentale? Probabile.«Voglio proteggere una persona, signore» Il preside sorrise più apertamente. «Nessun disastro può definirsi tale se per amore»
 
Su questo, lei avrebbe avuto molto da ridire.
 
 
***
 
 
«Siete tutti presenti?» La Mcgranitt studiò circospetta il gruppetto riunito intorno a lei. «Mancano ancora due persone» si affrettò a rispondere James per lui. Sirius guardò spaesato lo studio della sua Capocasa. Ora sì che aveva ansia.
 
«Tra qualche minuto tempo saremo costretti a partire» li informò la donna aggiustandosi il mantello sulle spalle. Viaggiare per metroplovere era stato, a dirla tutta, un’idea pessima. Avrebbero sicuramente sporcato completamente i vestiti, per non dire i suoi poveri capelli. Cercò di non badare al rimprovero che la sera prima Remus gli aveva gentilmente propinato. Non gli importava assolutamente della possibilità di pulirsi con la magia. Era questione di principio!
 
Sentì al suo fianco Remus e Peter parlottare concitati. Riuscì a sentire qualche strafalcione del discorso. «Ci sarà anche la Gazzetta?!» alla sua domanda i due ammutolirono con sguardo colpevole. Gli occhi della Mcgranitt saettarono verso i due, severa.
 
«Non dovrà fare altro che ignorarli» spiegò più gentile al ragazzo. Sirius si passò stancamente una mano sul volto. «I tuoi?» James stava per rispondere quando la porta si aprì con un tonfo. Lily apparve sulla soglia, trafelata. Automaticamente, gli occhi del ragazzo si gettarono alle sue spalle alla ricerca di un’altra figura.
 
«Stevenson dov’è?» Lily lo guardò sospettosa, stranita dalla domanda. Lo stesso sguardo avrebbe potuto trovarlo su tutti i presenti, ma non si fece troppi scrupoli. «Ha detto che le dispiaceva» il viso di Lily diventò per un attimo rosso, quasi come se la colpa fosse sua. Il cuore di Sirius sprofondò nel pavimento.
 
«Non sta tanto bene» spiegò ancora la Grifondoro avvicinandosi. Sirius non seppe mai con che forza riuscì ad annuirle. Si voltò quindi verso l’insegnante che, impietosita, lo guardava con labbra serrate.
 
«Possiamo andare quindi?» i ragazzi annuirono «E il professor Silente?» le labbra dell’insegnante si contrassero ancora con più forza «Ci raggiungerà dopo»
 
Fantastico.
 
Un senso di infinito sconforto minacciò di sopraffarlo mentre, con rassegnazione, veniva risucchiato nel camino. Quando, con i piedi di nuovo sul solido pavimento, osservò la statua in lontananza del Ministero, sperò con tutto sé stesso che quel processo andasse bene.
 
La mano dell’insegnante sulla sua spalla lo richiamò alla realtà. Scortati dalla donna i cinque si avventurarono nella fiumana di gente, raggiungendo un omino che, tra sorrisi ammiccanti e battute scadenti, analizzò le loro bacchette e diede loro dei cartellini. Sirius lo ripose nella sua tasca, troppo agitato per pensare anche solo di indossarlo.
 
«Andrà tutto bene» lo tranquillizzò James con un sorriso nervoso. Le parole dell’amico, però, non riuscirono a placare i suoi pensieri negativi. Quando, in lontananza, scorse i signori Potter il suo cuore decelerò un poco. Si era spesso chiesto, durante quelle due settimane, se i due avrebbero mai potuto odiarlo per tutto quello. La risposta fu abbastanza chiara quando scorse il sorriso caloroso di Charlus Potter e l’abbraccio di sua moglie. Finalmente, in quelle lunghe ore, si sentì quasi a casa.
 
La Mcgranitt salutò cortesemente i due maghi, rimanendo poi ad una cortese distanza, lasciando loro lo spazio necessario. La signora Potter rimase incantata nel fare la conoscenza di Lily, particolare che deliziò decisamente James.
 
L’attimo seguente, però, la sua bolla d’infelicità fu brutalmente distrutta. Con un grugnito estremamente irritante e lo sguardo altezzoso, Walburga Black li sorpassò, raggiungendo quindi l’aula e sparendoci all’interno. Solo quando un funzionario del ministero si avvicinò per invitarli ad entrare Sirius represse la rabbia che l’immagine aveva appena suscitato. Suo padre non era minimamente presente. Non era degno nemmeno della sua attenzione.
 
 
 
***
 
 
 
«E mi dica, signora Walburga, ha sofferto per la scomparsa di suo figlio?» Sirius osservò quella che un tempo era sua madre fingere palesemente un’espressione contrita «Assolutamente» trattenne a stento la voglia di sbuffare, troppo innervosito dalla situazione. Cosa poteva fare? Quella donna avrebbe mentito al mondo intero solo per rendergli la vita un inferno.
 
Era rimasto ad ascoltare sua madre per qualche decina di minuti poi, troppo furioso, aveva preferito studiare la solida roccia su cui era seduto. Quando finalmente la parola passò ai signori Potter un improvviso senso di panico lo investì. Non stava andando troppo bene. Non aveva bisogno di essere un Magiavvocato per capirlo.
 
«E quindi avete assecondato il desiderio folle di un ragazzo?» «Se fuggire di casa per violenze si possa definire folle, beh sì» Dorea Potter si impose sul funzionario del ministero che, momentaneamente ammutolito, si ritirò sul suo scranno. Sirius adorava quella donna. «Beh, signora Potter, a meno che non ci siano prove tangibili di quanto lei sostiene…» no, non ce n’erano. Lo sapeva, lo sapevano tutti in quella stanza. «Ma non mi pare ce ne siano» concluse Albert Jones con un sorriso falsamente dispiaciuto. Ma da che parte stava quello?
 
«Mm in realtà signore-» Sirius si voltò verso il magiavvocato dei Potter appena rientrato nell’aula. Sembrava incredibilmente sicuro, come se l’udienza stesse andando proprio nella direzione giusta. Non si era nemmeno accorto che fosse uscito. «-ci sarebbe un caso»
 
Un brusio concitato si propagò per l’intero Wizengamot. Molte figure si accucciarono verso il loro vicino, parlottando. Lo sguardo di Sirius si posò su James. Il ragazzo lo guardava con la stessa sorpresa che, presumibilmente, doveva essere presente sul suo stesso volto.
 
«Le assicuro, Signor Taylor, che nessun caso è mai stato verificato-» «Il caso è risalente a circa…» il magiavvocato controllo l’orologio nella sua tasca con una smorfia «… dieci minuti fa» concluse con un sorriso sghembo l’uomo sulla trentina. Un nuovo brusio si propagò nella sala. Jones impiegò qualche minuto buono per riottenere silenzio.
 
« Abbiamo un testimone, dunque» Il magiavvocato annuì. I signori Potter tornarono educatamente al loro posto. A Sirius non sfuggì i loro bisbigli concitati. Con un colpo veloce della bacchetta la seconda sedia, magicamente apparsa, scomparve.
 
«Su su lo faccia entrare»
 
 
***
 
 
«Su su lo faccia entrare»
 
Le parole suonarono incredibilmente come una condanna a morte. La mano di Silente si posò delicatamente sulla sua schiena. Incontrò i suoi occhi. Adesso non si tornava più indietro.
 
Con un sospiro contrito andò incontro al magiavvocato che, sorridendole incoraggiante, le faceva segno di avvicinarsi al centro della sala, dove una sedia di pietra si ergeva possente. Pessima scelta per quanto riguardava l’arredamento. La presenza del Preside risultava incredibilmente confortante in quel momento.
 
La prima cosa che notò entrando nella sala furono gli occhi di Lily. Sedeva abbastanza vicina da poterla scorgere chiaramente. I suoi occhi verdi, dapprima dilatati dall’incredulità e dalla sorpresa, si trasformarono presto in pozzi umidi di consapevolezza. Era avanti la ragazza, come sempre.
 
Gli occhi di James furono la seconda cosa che notò. Sedeva al fianco della rossa e non ci impiegò molto a notare il cambiamento nella sua postura. Quando la intravide, però, la sorpresa sul suo volto avrebbe potuto quasi risultare comica.
 
La terza cosa che notò fu il viso stravolto di Walburga Black. Un senso di piacevole appagamento la invase.
 
E poi vide Sirius.
 
A nulla sarebbero serviti i discorsi. Lo sapevano entrambi. Sperò solo che con il suo folle gesto lei avesse salvato almeno uno di loro due: lui. Non badò quindi ai suoi occhi dilatati dallo stupore, né all’espressione di puro sbigottimento che le lanciò.
 
Si concentrò solo sulla folla dinnanzi a lei, maghi e streghe curiosi che si sporgevano per vederla. Chiuse gli occhi, cercando di non vomitare.
 
«E quindi, lei chi è?» Prese un gran respiro, riaprendo gli occhi e focalizzando lo sguardo sulla folla che aveva di fronte a sé. Non avrebbe potuto tornare indietro.
 
«Salve» la sua voce si amplificò magicamente nella sala. Molti maghi si guardarono l’un l’altro, scettici. Respirò a fondo, ancora.
 
«Io sono-» incontrò gli occhi di Sirius. La sua postura risultava rigida. I pugni erano stretti contro le sue coscie. Sembrava sovrappensiero e, quando si accorse del suo sguardo, potè scorgervi il movimento labiale.
 
Elisa Stevenson.
 
Un nodo nel suo stomaco si allentò.
 
Oh se si sbagliava.
 
«Il mio nome è Mirzam Asterion» un brusio agitato scosse i presenti. «Sono conosciuta come l’erede scomparsa»
 
 
 
 
Angolo Autrice
Sì… esattamente. Sono felicissima di essere arrivata finalmente a questo capitolo. Spero vi sia piaciuto. Ringrazio tutti i lettori silenziosi. Spero vi stia piacendo la storia. Fatemi sapere cosa ne pensate
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 45
*** Castello di carte ***


Castello di carte


«Il mio nome è Mirzam Asterion. Sono conosciuta come l’erede scomparsa»

La verità fu dolorosa quel giorno. Fece male vederla entrare nella stanza, ma ancora più doloroso fu sentirla parlare. Perché ogni parola, ogni sillaba pronunciata, erano segreti nascosti alla luce del sole, perle talmente luccicanti che dubitava potesse esistere qualcosa con più valore.
 
E lui non c’era stato. Lui non aveva capito. Lui come tutti loro. Era stato troppo ottuso, troppo fiducioso di una realtà che si stava sgretolando dinanzi ai suoi occhi.
 
«Cosa sta dicendo? Quella ragazzina è morta-» «dieci anni fa signore» lo interruppe la ragazza freddamente «Dieci anni di libertà, oserei aggiungere»
 
Sembrava sfacciata, con quel sorriso enigmatico e sfrontato che solo ora riconosceva. Perché quel sorriso era presente anche sul suo viso: il sorriso di chi, in una maniera o nell’altra, aveva imparato a far della sua espressione una maschera.
 
«Non capisco. A meno che la ragazza sia tornata magicamente in vita…» il signor Jones pareva alterato. Il viso tozzo risultava contorto in un’espressione incredula. «L’erede scomparsa…» iniziò la mora con un sospiro «si ricorda perché mi chiamarono così?» un silenzio ottuso dilagò nella sala. Sembrava che tutti i presenti pendessero dalla sue labbra. «Nessun corpo fu mai trovato. I miei genitori» calcò particolarmente sulla parola, un tono schifato nella voce «avranno pensato che la sepoltura prematura della figlia fuggita e il pagamento di un ufficiale del Ministero avrebbero consentito loro una vita tranquilla» Un boato esplose nella Sala.
 
Sirius rimase ad osservare come molti uomini si fossero alzati, imprecando, forse sulla scomoda verità appena detta o semplicemente verso la ragazza che aveva rovinato loro i programmi della giornata. Molti fotografi iniziarono a scattare foto, trepidanti, immortalando sempre più la confusione che l’apparizione di una ragazza aveva causato. La sua ragazza, per l’appunto.
 
«Non so cosa stia insinuando, signorina,ma le assicuro che-» «Nessuno sta insinuando nulla, Albert» la voce calma di Silente bastò a riportare un minimo di calma nella Sala. «Vogliamo solo portare la testimonianza di una violenza su un minore»
 
Mille pensieri vorticarono nella sua mente. Violenza su un minore. C’erano un’infinità di tipologie di violenze su minore. Una nuova ondata di rabbia e incredulità lo investì quando il pensiero si formulò nella sua mente. Non poteva, non doveva. La nuova parola si formò in fondo alla sua gola, accompagnata dal sapore amaro della bile.
 
Stupro.
 
Albert Jones si accasciò sulla sedia, una mano grassoccia a coprirgli il volto sudato. «Dunque su, che violenze denunci?» La ragazza parve sussultare ad una domanda così diretta. Chiuse un attimo gli occhi, cercando di riprendere il controllo. «Preferirei farglieli vedere» L’uomo annuì, meditabondo. «I presenti non coinvolti nell’immediato giudizio lascino la stanza, prego»
 
 
***
 
 
Sirius aveva passato molti momenti della sua vita nell’ansia. La sua intera infanzia ne era permeata, in fondo. Vivere con il dubbio su quale punizione corporale avrebbe ricevuto a fine giornata era stata, da sempre, un suo fedele compagno di vita.
 
Poi era arrivata Hogwarts, portando notti di pura adrenalina al seguito dei suoi compagni. Aveva visto la Foresta e il suo lato più selvaggio. Aveva lasciato un pezzo di anima in quei freddi ricordi. Ed ora, mentre con sguardo assente osservava quella porta chiusa, la sua fedele compagna tornò a fargli visita.
 
«Ehi» una mano si posò sulla sua spalla. Si voltò, quel tanto per vedere gli occhi di James dietro agli occhiali spessi. Non gli disse di stare tranquillo, né che tutto sarebbe andato bene. Non si dissero nulla. Rimasero semplicemente fermi aspettando che quella porta si aprisse.
 
Quando una decina di minuti più tardi un uomo sbucò dalla stanza, consentendo poi alla folla di rientrare nell’aula, anche gli altri li avevano raggiunti. Lily aveva gli occhi lucidi.
 
La sala si riempì troppo lentamente. Non appena si fu riseduto al suo posto, gli occhi del ragazzo vagarono nella sala, alla ricerca di una figura ben nota. Elisa – aveva ancora senso chiamarla così? – sedeva ancora al centro della Sala, silenziosa. Il suo sguardo era fisso, determinato. Anche a quella distanza Sirius non impiegò molto a notare gli occhi lucidi.
 
Quando finalmente tutti si furono riseduti al loro posto, un silenzio innaturale scese tra i presenti.
 
«Allora» la voce di Albert Jones ruppe il silenzio. Sembrava stanco, il viso imperlato di sudore contratto in una smorfia di pacata sofferenza. Dopo aver lanciato alla ragazza un’ultima occhiata, il mago continuò «Quanti ritengono il signore e la signora Potter colpevoli?» i genitori di James, a qualche metro da lui, si alzarono, obbedienti, aspettando una risposta. Solo tre mani si alzarono.
 
Un senso di improvvisa incredulità lo pervase.
 
«Quanti li ritengono innocenti?» Sirius non avrebbe saputo contare le mani che, quasi all’unisono, si alzarono a quella domanda. «Così è deciso» sentenziò il signor Jones sciogliendo il processo.
 
Molti maghi si alzarono a quelle parole. Chi per uscire, chi per complimentarsi. Qualche mano si posò sulla sua spalla, decisa. Nella confusione, Sirius potè intravedere una figura al centro della Sala alzarsi e dirigersi verso l’uscita.
 
E prima di vederla sparire al di là della soglia, il ragazzo si chiese cosa dovevano aver visto quei maghi per decidere di salvarlo.
 
 
***
 
 
 
«Beh, alla fine è andato tutto bene» Charlus Potter si avvicinò con un sorriso radioso sul viso. Sirius rispose brevemente con un cenno.
 
«Dovresti essere felice ragazzo» l’uomo gli poggiò una mano sulla spalla, scuotendolo «Miracoli come questi non avvengono tutti i giorni» «Il miracolo, come tu hai ben definito, ha commesso un’incredibile idiozia» lo riprese la moglie alle sue spalle. «Quella benedetta ragazza avrà la vita impossibile d’ora in poi» qualcosa si agitò nel petto del giovane.
 
«Cosa intendi dire mamma?» la voce di James si intromise nel discorso. Alle sue spalle gli altri due ragazzi si sporsero per ascoltare. Lily rimase un po’ in disparte, ma dallo sguardo concentrato e fisso sul pavimento poteva facilmente intuire che stesse ascoltando. La moltitudine di maghi e streghe che affollavano la Sala era ora del tutto sparita, lasciando pochi superstiti intenti in chiacchiere.
 
«Pensi davvero che i suoi genitori non faranno nulla? È stato infangato il loro nome, caro. Tu sai cosa voglia dire, vero Sirius?» il ragazzo annuì, ammutolito. «Ancora mi chiedo perché diamine non abbia pensato a se stessa» «Dorea» la rimproverò il marito con uno sbuffo.
 
«Era una mia amica» la voce di Sirius risultò gracchiante e roca. I coniugi si voltarono sorpresi. Un’altra voce, però, precedette qualsiasi commento.
 
«E così è una Purosangue» Walburga Black si avvicinò con passo lento verso il gruppo. Benché avesse un sorriso su volto, non vi era traccia di divertimento nella sua espressione. «Alla fine qualcosa di buono è penetrato in quella testa vuota» «Walburga» Charlus Potter fece un passo avanti deciso. La donna non sembrò intimorita alla sua vista. «Zio, che… piaciere» Lily si ritrasse un poco alle spalle di James.
 
«Credo sia ora di and-» «Avrà vita breve, temo» continuò con tono serafico «Rodolphus non ha l’abitudine di lasciarsi sfuggire le sue prede» Sirius fece un passo avanti, un miscuglio di sentimenti nel petto. Non era paura quella che sentiva, giusto? Non aveva senso averne, in fondo. Era protetta, era al sicuro. O no?
 
«Temo» la voce fredda e altezzosa che si levò alle sue spalle fece bloccare i dubbi del ragazzo «che le tue parole siano infondate» Dorea fece qualche passo avanti. Lo sguardo era molto diverso da qualsiasi espressione le avesse mai visto. Era una maschera. I lineamenti spigolosi e la pelle candida contribuivano a donare un senso etereo e imponente della sua figura. La tipica educazione purosangue era distesa sul suo viso come una tela.
 
«La ragazza sarà protetta. Fortunatamente» aggiunse poi con un mezzo sorriso «la sua presenza ad Hogwarts le garantisce un livello di protezione sostanzioso» «Prima o poi uscirà da Hogwarts, zia cara» «E allora-» la interruppe l’altra con tono delicato ma deciso  «- la sua rabbia verso il suo passato le garantirà la forza più grande» un silenzio sbigottito seguì quell’informazione «Non pensavo che proprio tu avessi dimenticato questo insegnamento Serpeverde, Walburga» l’espressione che la donna le rivolse fu di puro odio. I suoi lineamenti si contrassero, con forza, prima di divenire molto simili a quelli di un serpente. Poi la sua rabbia parve acquietarsi. Cercò di sorridere alla parente, fallendo.
 
Quando poi la professoressa Mcgranitt spuntò nel corridoio e iniziò a dirigersi verso di loro, la donna si allontanò, silenziosa. Un urlo accompagnò la sua ritirata «Salutami Reg!» Dorea si ricompose solo quando si voltò verso il marito e i ragazzi. La precedente freddezza iniziò nuovamente a sbiadire solo all’arrivo dell’insegnante.
 
«Signori Potter ho appena sentito, complimenti» le formalità furono velocemente liquidate. La professoressa pareva stravolta. Il respiro risultava accellerato, i capelli lievemente in disordine e le rughe del viso appena più accennate. «Ho sentito anche…» le parole le morirono in gola. Indicò solamente gli altri ragazzi con un cenno del capo.
 
«Va tutto bene» la voce di Lily fece voltare tutti nella sua direzione. La sua postura era ancora rigida ma lo sguardo, che fino ad allora aveva tenuto incollato al pavimento, si posò finalmente sui presenti. Una luce determinata brillò con sicurezza.
 
«Va tutto bene»
 
 
***
 
 
Le fiamme nel camino si agitavano inquiete. Elisa rimase ad osservare il fuoco farsi di un intenso color verde. Con uno sbuffo di fuliggine delle figure furono sbalzate al suo esterno. James Potter si aggrappò ad un tavolino poco più in là, evitando così di cadere.
 
La ragazza rimase immobile, seduta comodamente sulla scrivania ad aspettare. Al suo fianco percepì distintamente la figura di Silente. Quando anche la professoressa Mcgranitt fece il suo ingresso nel suo ufficio, la ragazza si concentrò sui visi dei ragazzi.
 
«E così stavi male eh?» James aveva un sorriso tirato sul viso. Notò che stava scuotendo la mano nervosamente. Lei abbassò lo sguardo, troppo in colpa per parlare. Non li biasimava. Più ripensava alla sua bugia, più il senso di colpa le riempiva lo stomaco.
 
«Beh… Mir- Mirzo, giusto?» Remus si grattò imbarazzato la nuca. «Oh no, no no» Elisa si affrettò a scendere dalla scrivania. «è Mirzam ma… è solo Elisa. Elisa e basta» I ragazzi annuirono, momentaneamente ammutoliti. Era strano vederli in quello stato, ragionò.
 
«Allora, possiamo andare a pranzo?» la voce di Lily interruppe il silenzio imbarazzante che si era creato. «Oh certamente» Silente lanciò uno sguardo all’orologio qualche metro più in là. «Andate andate. Avrete da festeggiare» Il sorriso sul viso non riguardava gli occhi, notò lei. Prima di uscire dall’ufficio, Elisa intravide uno sguardo preoccupato tra l’anziano e l’insegnante. Sperò di non esserne la causa.
 
Appena la porta si fu richiusa alle loro spalle, Lily si lasciò andare ad un profondo respiro. «Sei un’imbecille, sai?» la scimmiottò con un sorriso sarcastico «Ah sta’ zitta» I ragazzi osservarono lo scambio di battute in silenzio, seguendo le due per le scale e poi per i corridoi.
 
«Passerai dei guai?» Peter le si affiancò. Sul viso della ragazza si dipinse una smorfia. «è possibile» commentò osservando il pavimento davanti a sé. «Ma non sono in imminente pericolo. Finchè sono ad Hogwarts non dovrei avere problemi» l’altro annuì.
 
«Tuo padre non deve essere molto simpatico» «l’ultima volta che l’ho visto è stato dieci anni fa. Aveva appena ucciso l’elfo domestico che si occupava di me. Davanti ai miei occhi» James le appoggiò una mano sulla spalla, stringendola. «Mi dispiace» Elisa scosse la testa, ignorando la gola improvvisamente secca «è stato tanto tempo fa»
 
Quando finalmente fecero il loro ingresso in Sala Grande furono accolti da un silenzio teso. Marlene corse subito loro incontro. «Com’è andata?» La risposta fu preceduta da un commento qualche tavolo più in là. «Fratello mi stupisco della tua presenza» Il tono canzonatorio fece voltare molti insegnanti. Il gruppo lo ignorò. «Bene» Sirius ringraziò la Corvonero con un sorriso caldo. Elisa cercò inutilmente di ignorare la fitta di gelosia che la colpì come un pugno nello stomaco.
 
Il pranzo fu occupato dalla spiegazione del processo. Persino Marlene si unì al loro tavolo. Frank e Alice rimasero basiti alla scoperta della sua famiglia. Marlene, invece, le rivolse un sorriso furbo e continuò il suo pranzo. Quello sguardo la fece sentire un po’ a disagio.
 
A metà del pasto un gufo reale planò al tavolo Serpeverde. Elisa intravide con un certo orgoglio lo sguardo incredulo e rabbioso del giovane Black prima che appallottolasse il foglio e si alzasse dal tavolo. Lo osservò dirigersi verso l’uscita, un delizioso senso di vittoria ad allietarle il pasto. Non appena si voltò incontrò lo sguardo del fratello. Aveva presumibilmente anche lui osservato l’uscita del Serpeverde. Quando incontrò il suo sguardo, Sirius tornò al suo piatto, improvvisamente interessato al pollo nel piatto.
 
Si appuntò mentalmente di chiarire.
 
 
***
 
 
Quella stessa sera Elisa si presentò nell’aula vuota al quinto piano con un po’ di anticipo. Pensò che magari anche Sirius avesse avuto questa idea.
 
Quando, aprendo la pesante porta, trovò solo grandi strati di polvere a tenerle compagnia, un profondo senso di solitudine si affacciò nella sua testa. Decise di cacciare quei brutti pensieri. Si sedette sul solito banco, le ginocchia strette al petto per il freddo autunnale.
 
Aspettò e aspettò ancora.
 
Rimase ore ad osservare le fredde pareti di pietra. Nessuno arrivò. Lei rimase lì, in attesa, finchè, solo dopo mezzanotte, uscì quell’aula grigia con pensieri del medesimo colore.
 
 
***
 
 
Non riuscì ad incontrare Sirius nel giorno seguente e nemmeno in quelli a venire. Sembrava sempre troppo impegnato, sempre attorniato da folle pronte ad ascoltare la sua versione dei fatti.
 
Elisa non si era mai accorta di quanto fosse popolare e nemmeno di come questa particolare condizione fosse snervante. Dal suo canto, purtroppo, la situazione non era per nulla semplice. La notizia sulla sua identità aveva fatto il giro della scuola. Molti sguardi la seguivano per i corridoi, occhiate piene di curiosità e, odiava ammetterlo, compassione.
 
Era snervante osservare come il comportamento delle persone potesse divenire così pietoso nei suoi confronti. Lily la rassicurava, esortandola alla pazienza. Elisa, però, osservava la situazione con occhio cinico e impaziente. Sembrava che tutto ad un tratto le folle avessero sommerso Sirius, lasciando invece la sua figura in un’ombra di commiserazione e solidarietà.
 
Avrebbe voluto urlare.
 
Se raggiungere il ragazzo sembrava essere diventato impossibile, gli amici parevano essersi schierati in sua difesa.
 
Peter, soprattutto, aveva finalmente superato l’indifferenza che li divideva. L’aveva spesso difesa nei corridoi della scuola, quando qualche occhiata di troppo era sfociata in parole poco gradite. Insulti, ad esempio. Se da una parte molte persone si erano schierate dalla sua parte, alcuni individui avevano visto la notizia come un disperato bisogno di attenzioni.
 
Trovandola a discutere nel corridoio con un Corvonero particolarmente saccente, Peter le aveva dato manforte. La scena si era ripetuta più volte di quanto le costasse ammettere.
 
Anche James e Remus parevano voler tenerla occupata a tutti i costi. Il Lupo Mannaro si era impegnato con tutte le sue forze, trovando argomenti di conversazione sempre nuovi ed accattivanti. Avevano parlato spesso del loro fututo dopo Hogwarts, un’incognita abbastanza presente nelle loro vite.
 
James, d’altro canto, la stuzzicava con più insistenza del solito. Spesso le chiedeva di accompagnarlo agli allenamenti o a lezione e, checchè sembrassero gesti casuali, lei sapeva bene quanto in realtà si stesse sforzando.
 
Gli allenamenti erano un disastro, naturalmente. Una folla schiamazzante di nuove ammiratrici sgomitava sugli spalti, spingendola così ad andarsene prima della fine. James le aveva spesso rimproverato una poca resistenza la freddo di Ottobre. Entrambi sapevano bene che non era così.
 
«Devi sentire la nostra nuova idea» Alice la accolse con quella frase quella sera a cena. «Fammi indovinare: riempire le stanze di Lumacorno con degli Snasi? Sarebbe un modo divertente per saltare la simpatica riunione di Halloween» «Ha invitato anche te?» la voce di Alice si fece schifata. Frank rise al suo fianco.
 
«Sai, sono la nuova star» Elisa cercò di imprimere tutto il fastidio nella sua espressione orripilata. «Beh, ci sarà da divertirsi» Lily sogghignò sotto i baffi «Hai già deciso chi invitare?» «Non posso andare da sola?» la rossa scosse la testa, trionfante. «Dovremo cercarti un cavaliere, cara» lei sbuffò spazientita.
 
«Questa nuova idea?» chiese cercando di cambiare discorso. Il sorriso che Alice e Lily si scambiarono non prometteva nulla di buono. «Secondo me è un’idea del cavolo» commentò Frank addentando la sua bistecca. «Sei un uomo, amore. Non possiamo pretendere che tu capisca la sottile arte nel formare delle coppie» Alice guardò il suo ragazzo con un sorriso accondiscendente. Elisa sbuffò divertita.
 
«E sentiamo, chi sarebbero i due malcapitati?» Le due si scambiarono un ultimo sguardo di intesa. «Marlene…» iniziò Lily con una strana luce negli occhi «- e Sirius» completò per l’altra Alice.
 
Il divertimento defluì dal suo corpo. Anzi, le parve che tutto il suo sangue fosse defluito dal suo corpo, lasciandola come un inerme ramoscello secco.
 
«Vedete? È un’idea stupida» commentò Frank vedendo la sua espressione gelata. «Non è un’idea stupida» iniziò Alice accalorandosi «è geniale se ci pensi. Lui dovrà andare al ballo e la inviterà. Dai, sono perfetti insieme» un altro pugno le fu sferrato allo stomaco. Cercò di non rigurgitare quel poco di puré che aveva appena ingerito.
 
«Tu che ne pensi?» Lily sembrava eletrizzata all’idea.
 
No, non se ne parla nemmeno. È un’idea di mer-
 
«Non so» commentò evasiva lei. Un colpo di genio le perforò la mente «Non credo inviterà Marlene. Ha un sacco di altre ragazze a cui chiedere» ammetterlo fu difficile, perché lei stessa non aveva mai pensato alla cosa. La nuova scoperta le provocò una scarica di paura e gelosia.
 
«Ed è proprio qui che entri in gioco tu» Alice le puntò contro la forchetta «Sei tanto amica di Sirius, no? Puoi convincerlo»
 
No
 
«No» Lei scosse la testa fermamente, vedendo finalmente il nocciolo della questione. Lei non lo avrebbe fatto, non avrebbe mai potuto…
 
«Ti deve un favore Eli» le fece notare Lily. «Vero» commentò Alice annuendo. E lei rimase lì, guardando le amiche aspettarsi una risposta affermativa. Annuì, nell’indecisione del momento, maledicendosi della pessima scelta.
 
E mentre la cena continuava, tra schiamazzi e chiacchiere, lei rimase lì, osservando il suo castello di carte cadere pezzo a pezzo, inesorabile.
 
 
***
 
 
La sua era stata una scelta stupida e sconsiderata. La sua decisione, dettata dalla disperazione del momento, l’aveva spinta nel freddo della notte. Osservò la luna piena, chiedendosi dove i quattro idioti fossero andati.
 
Sentì i loro schiamazzi prima ancora di vederli.
 
La tigre si addentrò maggiormente nella Foresta, coperta dalle tenebre. La prima figura che scorse fu il cervo correre nella sua direzione. Si nascose dietro ad un tronco caduto, sperando di passare inosservata.
 
Rimase immobile, sentendo gli zoccoli sul terreno oltrepassare il suo nascondiglio. Uno strusciare confuso le annunciò il passaggio di un topo, seguito da un suono attutito ma pesante. Sperò con tutto il cuore che fosse il lupo. Sporgendosi silenziosamente intravide in una fessura una figua scura avvicinarsi. Il latrato che lanciò fu la sua conferma.
 
La tigre si slanciò fuori dal nascondiglio, balzando con grazia sulla sua preda. I due animali rotolarono per qualche metro. Il cane si ritirò con un ringhio, pronto ad attaccare. Il suono morì velocemente nella notte quando la riconobbe.
 
Rimasero secondi interi a fissarsi, prima che il cane cercasse di superarla come se nulla fosse per raggiungere i suoi compagni. Il felino gli bloccò la strada. L’altro ringhiò infastidito ma ci riprovò. Dopo altri tentativi inutili e fallimentari il cane si bloccò sul posto. Lanciando una lunga occhiata alle sue spalle, la figura si trasformò lentamente, lasciando posto ad un ragazzo.
 
«Si può sapere cosa vuoi?» le parole fecero male. Elisa, tornata di nuovo umana, studiò con cura il Grifondoro. «Non sei venuto nell’aula dopo il processo» non c’era bisogno di indicare di quale classe stessero parlando. Le sopracciglia dell’altro si alzarono.
 
«Pensavo mi avessi visto sulla mappa. Scusa non ho pensato tu non l’avessi guard-» «Ti avevo vista» la corresse lui con un sorriso tirato e palesemente finto. Elisa assunse un’espressione confusa.
 
«Non ti è mai venuto in mente» iniziò lui con voce rabbiosa «di essere sincera con me?!» non era una reale domanda. Lei fece per rispondere, ma si interruppe «Cos’altro non mi hai detto, eh?» aveva alzato la voce, quasi urlando, incurante di essere sentito.  «Io non-» «Cosa? Come diamine faccio a fidarmi?!»
 
«Ti ho salvato» la voce di lei si era incrinata, osservando sbalordita la reazione dell’altro. «Oh, ti ringrazio. Grazie per avermi mentito, io che sono sempre stato sincero con te. Grazie di tutto questo tempo costruito su delle bugie» Si morse con forza il labbro, cercando qualcosa da ribattere. Non trovò nulla.
 
«Mi avreste guardato con occhi diversi» Sirius alzò gli occhi al cielo «Loro lo avrebbero fatto. Io ti avrei guardata e avrei visto la ragazza di sempre. La mia ragazza» Qualcosa si spezzò nel suo stomaco. Aveva usato il condizionale.
 
«E adesso cosa vedi?» il suo sussurro non ricevette risposta. Il ragazzo scosse le spalle, guardando a qualche centimetro dal suo viso. «Beh» iniziò senza sapere cosa dire. «Se le cose stanno così» una nuova rabbia le salì dalla gola. Lo aveva aiutato. Gli era stata accanto. Si era messa in pericolo per il futuro.
 
«Dovresti chiedere a Marlene di accompagnarti alla festa di Lum- Lumacorno» Sirius si voltò verso di lei con uno scatto a quelle parole. Aveva balbettato. Non le importava.
 
«Ho saputo che le piacerebbe» si voltò senza aspettare risposta, iniziando ad incamminarsi verso il castello. «Ehi» il braccio del ragazzo si chiuse sul suo polso, facendola voltare. Lei si ritrasse, liberandosi con degli strattoni dalla sua presa.
 
«Sai» aveva iniziato ad urlare. Non sapeva di poter raggiungere acuti simili «magari potrai chiedere a lei di salvare il tuo cazzo di culo la prossima volta!» con uno spintone lo allontanò, voltandosi e mettendo più distanza possibile da lui. Iniziò a camminare velocemente, ancora nella sua forma umana. Pazzia? Forse. La sua camminata si trasformò presto in una corsa.
 
E mentre calde lacrime iniziarono a rigarle il viso, Elisa si chiese quando esattamente avesse iniziato ad innamorarsi di Sirius Black.
 
 
***
 
 
«Hai una cera schifosa questa mattina» Lily le versò altro caffè. «Dormito male?» Lei annuì soltanto.
 
«Hai poi trovato l’accompagnatore per la festa?» Allo sguardo di puro odio nella sua direzione la rossa alzò gli occhi al cielo. «Sto solo cercando di aiutarti!» «Tu con chi ci andrai?» il viso dell’amica diventò subito di un intenso color rosso. «Vedrai» bofonchiò guardando improvvisamente interessata le sue uova.
 
«A proposito perché non mangi?» «Non ho fame» commentò lei guardando sconsolata il suo piatto vuoto. Subito l’amica le riservò uno sguardo severo. «Devi mangiare» «Senti Lily» iniziò la mora con aria sconsolata «oggi no, ok? Ho tutta l’intenzione di chiudermi in camera mia e gettare via la chiave» Lily non commentò. Poté però sentire il suo sguardo su di sé per tutta la colazione.
 
Probabilmente i suoi occhi rossi non erano passati così inosservati.
 
 
***
 
 
Il suo piano fu portato a termine con il massimo successo. Elisa riuscì a tornare in camera sua senza incontrare anima viva. Nemmeno le sue compagne di stanza le fecero qualche domanda. Essendo domenica non avrebbe dovuto incontrare nessuno. L’occasione cadeva a pennello, insomma.
 
Rimase sotto le coperte per gran parte del pomeriggio, beandosi del calore e della protezione che esse le consentivano. Cercò, inutilmente, di non pensare ai fatti della sera prima, concentrandosi su problemi imminenti.
 
Chi avrebbe invitato alla festa? Dopo diverse maledizioni a Lumacorno ripetute più e più volte, la ragazza passò in rassegna tutti i possibili papabili. Nessuno pareva essere adatto. Benché la tristezza accompagnasse la sua immagine, Elisa sentiva un certo senso di vendetta nei confronti del giovane Black. E, tralasciando la maggior parte degli insulti a lui rivolti durante quelle ore, urgeva trovare il candidato perfetto per scatenare la sua rabbia.
 
Un bussare insistente alla porta disturbò i suoi pensieri. Solo una persona avrebbe mai bussato in quell’occasine. «Lily non sono nuda» La porta si aprì e qualcuno la attraversò.
 
«Me ne rallegro» la voce, però, aveva un’intonazione maschile. Elisa respirò a fondo, cercando di calmarsi.
 
«Cosa vuoi James?» emerse dalle coperte quel tanto per vederlo. Insieme a lui, Peter e Remus guardavano imbarazzati il pavimento. «Oh c’è la squadra… si può sapere che succede?» non era l’intera squadra, pensò con sollievo.
 
«Lily ci ha detto che questa mattina non hai mangiato» James si avvicinò e, senza chiedere, si sedette sul letto, osservandola. «E scommetto nemmeno a pranzo dato che non ti abbiamo vista» «Errato» Elisa districò un braccio dalle coperte per indicare a terra delle carte di cioccolatini.
 
«Ti sei ingozzata di cioccolato?» La voce di Remus la riprese con tono severo. Elisa osservò il ragazzo con superiorità «Mangia, ti sentirai meglio» commentò con solennità ritirando il braccio nel suo bozzolo. James osservò le carte a terra, stralunato. La guardò di nuovo con la coda dell’occhio, improvisamente imbarazzato.
 
«Ok, veniamo subito al punto. La ragione per cui io e Peter siamo qua e Remus ha saltato parte della sua convalescenza è questa:» i ragazzi vicino alla porta si fecero tesi. Elisa registrò il cambio della loro postura. «Cosa ci facevi ieri nella Foresta?»
 
La ragazza prese veramente in considerazione l’idea di imprecare e tornare sotto le coperte. Decise poi di rispondere.
 
«Dovevo risolvere delle faccende» Le sopracciglia di James si alzarono «Ed è per questo che hai deciso di tornare al castello correndo in forma umana, singhiozzando, con il rischio di farti affettare da un Lupo Mannaro?!» la voce del ragazzo si era un po’ alterata. «Senza offesa Rem» «Oh tranquillo» le labbra della ragazza si strinsero in cerca di una risposta.
 
«Avevo delle faccende da risolvere» ripeté piatta lei con sguardo fisso sulla spalla di lui. «Oh dai, davvero? Sei rimasta chiusa in camera per tutto il giorno per delle “faccende”» Un improvviso lampo di genio la investì. Se c’era una persona che poteva dare tanto sui nevi era sicuramente…
 
«Errato ancora» Elisa balzò fuori dal letto. Afferrò veloce la sua bacchetta sul comodino e trasfigurò il suo pigiama con i boccini in vestiti babbani. Non era proprio pronta a sopportare la sua divisa in quel momento. «Bel pigiama» il commento di James la fece sorridere. Si specchiò rapidamente al piccolo specchio appeso alla parete.
 
Era veramente uno schifo.
 
«Si può sapere dove devi andare?» Remus si scansò al suo passaggio. James si catapultò al suo seguito giù per le scale. «Dove mi porta il cuore!»
 
In Sala Comune una brutta sorpresa la attese. Lily e Sirius erano appoggiato alla spalliera del divano, rivolti nella loro direzione, intenti in una discussione. Al suo urlo i due si voltarono nella sua direzione.
 
«Devi smetterla di mandare uomini in camera per attentare alla mia purezza» commentò sarcastica all’amica. Lei alzò gli occhi al cielo. «Dove diamine vai?» «Non ce lo vuole dire» James fece il suo ingresso alle sue spalle.
 
«Vado a cercarmi l’accompagnatore» informò i ragazzi con un sorriso serafico. Intravide con la coda dell’occhio la postura di Sirius irrigidirsi. «Così si fa» la incitò Lily con una pacca sulla spalla.
 
«Ehi» la mano di Lily fu sostituita da una presa più forte. Sirius la costrinse a voltarsi. «Si può sapere cosa vuoi?» il ragazzo rimase pietrificato.
 
E mentre con poca grazia si scioglieva dalla sua presa e attraversava il ritratto, Elisa sentì dentro di sé l’urlo di battaglia.
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 46
*** Feste ***


Feste
 
La fortuna sembrò per una volta girare dalla sua parte.
 
«Ehi Jack» il ragazzino del primo anno si voltò sorpreso. Il gruppo di amici studiò la nuova arrivata con interesse. «Ti chiami così, giusto? Io sono Elisa, piacere» il ragazzino strise la mano che gli era stata offerta. «Sei un’amica di mia sorella» commentò socchiudendo gli occhi. Lei annuì.
 
«Avrei bisogno di un favore» spiegò lei con un sorriso nervoso. Le sopracciglia del Serpeverde si arcuarono. «Ovvero?» «Riusciresti per favore a portarmi alla tua Sala Comune?» il gruppo iniziò a borbottare, evidentemente contrario. «Non voglio fare disastri. Devo solo parlare con una persona» «Chi mi dice che posso fidarmi di te?» Elisa strinse le labbra. Non ci aveva pensato… un’idea le naque nella testa.
 
«Posso darti la mia bacchetta. Così sarai sicuro non vi farò male» Elisa prese dalla tasca la sua arma e gliela consegnò. Un senso di vuoto la invase. Non era sicura della sua scelta. Il ragazzo osservò l’oggetto tra le sue mani e annuì. «Vieni» fece segno di seguirlo e lei lo fece. Dopo aver salutato il gruppo di amici, l’undicenne si fece strada per i corridoi dei sotterranei. Elisa si sarebbe persa tra tutti quei corridoi. C’era già stata una volta molti anni fa. Sorrise a quel ricordo.
 
«Siamo arrivati» commentò il ragazzo. Sbucarono in un corridoio chiuso sul fondo. I due si avvicinarono alla parete e, dopo che il ragazzo ebbe sussurrato la parola d’ordine senza farsi sentire, il muro si aprì sotto i loro occhi. «Tieni» Jack le porse di nuovo la bacchetta. Elisa lo ringraziò, un sorriso felice sul volto. «Credo ne avrai presto bisogno» la informò il ragazzino prima di voltarsi e scomparire nella direzione da cui erano venuti.
 
La ragazza respirò a fondo, riponendo la bacchetta nella sua tasca. Sperava caldamente di non averne bisogno. Prima che il muro si richiudesse lasciandola fuori, Elisa si intrufolò nella Sala. Un silenzio attonito accolse il suo arrivo.
 
«Che diamine-» qualche ragazzo dei primi anni balzò in piedialla sua vista. La ragazza notò subito come le poltrone fossero molto più curate che nella sua casa. «Scusate l’intrusione» Elisa si morse il labbro. Non era più sicura sulla sua idea infallibile.
 
«Ma guarda un po’» una voce strascicata ben conosciuta la fece sussultare «il lupo travestito da pecora» «Regulus» il ragazzo le si avvicinò a passi lenti. «Mai pensato di essere nella casa sbagliata?» «Oh io sto bene, grazie per avermelo chiesto» l’espressione del ragazzo si tramutò in una smorfia.
 
«Ti conviene sparire prima che-» «Ho bisogno di una persona» la Grifondoro osservò il viso dell’altro farsi sarcastico «Ma dimmi, un’altra pozione…» «Mi dispiace deluderti» il viso sul viso della ragazza si fece serafico «ma la persona che sto cercando non sei tu» «E dimmi, chi sarebbe?» i ragazzini nella stanza seguivano lo scambio di battute con interesse, spostando lo sguardo da una parte all’altra.
 
«Severus Piton»
 
Regulus parve riflettere su quel nome per qualche secondo. Poi, come se nulla fosse, fece un cenno al ragazzino più vicino. Questo corse subito verso le scale, tutto trafelato. «E sentiamo, cosa vorrà mai l’erede scomparsa da un umile Serpeverde» «Quello non è il mio nome» commentò lei con una smorfia. «Nulla di che, comunque» la risposta a quell’affermazione fu interrotta dal ritorno del ragazzo.
 
Alle sue spalle una figura arcigna apparve. Severus Piton si avvicinò con lentezza, squadrando la scena con occhi attenti. «Cosa ci fa lei qui?» la scortesia nella voce le inondò la mente. Con l’uso dell’Occlumanzia cercò di emarginare il più possibile i suoi pensieri a riguardo.
 
Regulus scosse le spalle. «Credo tu debba fartelo dire da lei» Severus studiò la Grifondoro con occhio cinico. «Ho bisogno di parlarti. Magari fuori di qui» Fece cenno verso l’uscita della stanza. Severus parve studiare l’aria che la circondava. Probabilmente alla ricerca di Potter e i suoi compagni. «Non c’è nessuno con me. Non è una trappola» «Ma davvero?» Severus la scrutò ancora.
 
Elisa alzò gli occhi al cielo. Stava per fare – di nuovo - una cosa immensamente stupida. Poteva già sentire i rimproveri di Lily se mai fosse venuta a conoscenza del suo gesto. Per la seconda volta nella giornata la ragazza estrasse la bacchetta e la porse al Serpeverde a qualche passo da lei. «Prendila. Quando avremo finito di discutere me la ridarai» Severus osservò il suo gesto con occhi sorpresi. Regulus al suo fianco gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Con un gesto veloce della mano lo zittì. Allungò la mano, raccogliendo dal palmo della sua la bacchetta. Rimase ad osservarla ancora per qualche attimo.
 
«Vieni» Senza proferir parola si diresse verso l’uscita con la ragazza alle calcagna. Elisa cercò di non riflettere sulla folla alle sue spalle che, silenziosa, osservava la sua uscita. Non impiegarono molto a perdersi nei corridoi infiniti. Quando finalmente si fermò, il ragazzo scostò un arazzo mostrandole una porta.
 
Quando la Grifondoro fece il suo ingresso nella piccola stanza, non poté che rimanerne deliziata. Un divanetto al centro della stanza era l’unico mobile presente nella stanza, oltre ad una biblioteca talmente ricca di volumi che Elisa faticava ad immaginarsi Remus uscire da quella porta tanto velocemente. Immaginò sarebbe rimasto ammaliato dall’antichità di quei libri.
 
«Poche persone conoscono l’esistenza di questa stanza e ancora di meno vi vengono» la informò il ragazzo osservando la sua reazione «è una maniera carina per dirmi che ci vieni solo tu, vero?» Severus annuì lentamente. «Cosa vuoi?» Elisa sorrise tristemente. «Un favore» il ragazzo alzò un sopracciglio. «Da me?» «Da te» prese un gran respiro, pronta a sganciare la bomba.
 
«Sai sicuramente della festa di Lumacorno. Si dice che ti inviti ogni anno, ma purtroppo la tua presenza rimane sempre un desiderio» Severus portò le mani dietro la schiena, annuendo con lentezza. «Importanti faccende richiedono maggiormente la mia attenzione» convenne lui. Elisa inspirò ancora. «beh questa volta ti chiedo di parteciparvi» il ragazzo aggrottò la fronte.
 
«Mi stai chiedendo di accompagnarti?» nella sua voce Elisa ci lesse incredulità. Annuì soltanto. Il ragazzo parve pensarci, osservando il pavimento. «Cosa ci guadagnerei in cambio?» fu il turno della Grifondoro di riflettere. «Inanzitutto l’espressione sconvolta di Black» sorrise amaramente al suo obiettivo. «Sarai l’accompagnatore dell’erede scomparsa» a quel commento intravide una smorfia sul suo viso «e ci sarà Lily» commentò poi osservando il ragazzo che, dopo aver deglutito, annuì soltanto.
 
«Perché io?» Elisa alzò gli occhi al cielo. «Se il tuo obiettivo è infastidire Black perché non suo fratello?» «Oh andiamo» la ragazza si avvicinò all’altro «sappiamo entrambi del fatto che Regulus sia gay» il ragazzo fece una smorfia a quel commento.
 
«Ho bisogno di te Severus» Il ragazzo annuì lentamente.
 
«Sì, hai decisamente bisogno di me»
 
 
***
 
 
I ragazzi le chiesero più volte l’identità del suo accompagnatore. Lei non rispose mai, sviando sempre ad un altro discorso. La curiosità dei ragazzi, al momento, era l’ultimo dei suoi problemi.
 
Gli sguardi di Sirius iniziavano a diventare insistenti. La possibilità che qualcun altro la accompagnasse sembrava aver preso a schiaffi il Grifondoro. Non aveva più tentato di parlarle, crogiolandosi nella sua rabbia e risentimento. Ma Elisa non sarebbe tornata da lui in ginocchio. Eppure, mentre la data tanto aspettata si avvicinava, un nuovo senso di panico la invase.
 
E Lily? Cosa avrebbe detto? Più di una volta la mora era stata indecisa sul da farsi. Forse avrebbe dovuto parlarle. L’occasione si presentò la sera stessa della festa.
 
«Sei già pronta?» Lily la studiò nel suo abito senza spalline. La gonna le arrivava al ginocchio mentre i colori, verde e nero, risaltavano nella stanza tipicamente Grifondoro. «Devo incontrarmi prima con…» la frase cadde nel silenzio. «Senti Lily, penso che dovremmo parlarne» iniziò la mora grattandosi la nuca.
 
«Ti ho già detto che vedrai il mio accompagnatore alla festa. Pensa sia giusto che io non conosca il tuo» la rossa le sorrise nel suo vestito nero, sistemandosi allo specchio. «E se non approvassimo il compagno dell’altra?» Lily si bloccò con la spazzola tra i capelli. La mora riconobbe la tensione nella postura dell’altra.
 
«Ne abbiamo passate parecchie io e te» commentò la rossa appoggiando la spazzola al mobile e voltandosi a guardarla. «Cosunque succederà questa sera non cambierà le cose, giusto?» Elisa annuì, improvvisamente rincuorata. «Beh allora a questa sera» con una nuova speranza nel cuore la Grifondoro si catapultò fuori dalla stanza e poi fuori dal Dormitorio.
 
Attraversando i corridoi della scuola Elisa ringraziò l’incantesimo ai tacchi. Se non l’avesse fatto i suoi piedi avrebbero presumibilmente già urlato. Quando finalmente raggiunse Severus nei Sotterranei fu piacevolmente sorpresa di trovarlo in un’elegante giacca nera. La camicia, dello stesso colore, gli donava un’aria meno trasandata. Il suo aspetto era, in definitiva, migliore del solito.
 
«Sei arrivata» il suo commento burbero accolse il suo arrivo. «Pronto?» il Serpeverde la studiò prima di annuire. «Posso chiederti una cosa?» «Certamente, poi però penso dovremmo andare» «Era tuo padre l’uomo che ho visto?» Elisa si congelò sul posto. Non avevano parlato più di quella volta. Quella volta in cui lui l’aveva aggredita. Lei annuì soltanto.
 
«Perché l’hai fatto?» Severus rimase in silenzio, osservandola. «Ne avevo voglia» La ragazza si specchiò negli occhi dell’altro, indecisa se sputargli in faccia o ignorarlo. Decise per la seconda opzione. «Andiamo?»
 
Il percorso verso la festa fu silenzioso. Severus, di natura poco loquace, non intavolò una conversazione. La Grifondoro, d’altro canto, sperò solo che la serata non terminasse con una rissa. Purtroppo nella sua mente si susseguivano soltanto scenari disastrosi. Arrivati nel corridoio della festa Elisa cercò in tutti i modi di non piangere. Sarebbe stato un completo disastro.
 
«Pronta?» la voce di Severus la richiamò alla realtà. Lei annuì. «Andrà tutto bene, vero?» Il ragazzo strinse le labbra. Poi annuì, facendo scivolare contemporaneamente la sua mano in quella della ragazza. La strinse un po’ più forte, come a voler essere sicuro che lei fosse lì.
 
Si diressero verso la porta della stanza. Una dolce musica proveniva dall’interno. Elisa avrebbe potuto scommettere che si trattassero di violini. Quasi simultaneamente le loro mani si staccarono. Il braccio del ragazzo si piegò, permettendo alla Grifondoro di attaccarsi. Elisa strinse il suo braccio con più forza, cercando di farsi coraggio. Lui non si ritrasse.
 
Il loro arrivo passò abbastanza inosservato. Molti ragazzi erano divisi in gruppi più o meno numerosi, intenti in diverse discussioni. Elisa individuò subito con lo sguardo Lumacorno, dall’altra parte della stanza. Sembrava intento in una discussione con una ragazza che, educatamente,cercava in tutte le maniere di congedarsi.
 
«C’è una ragione se ogni volta trovo scuse per non venire» commentò Severus osservando l’insegnante nella sua stessa direzione. «Ma non mi dire… pensavo fosse per i violini e le decorazioni» il ragazzo sogghignò con lei. «Ridi ridi Grifondoro. Non appena ci noterà-» Quasi simultaneamente, Lumacorno si girò nella loro direzione. «Severus! Mio caro ragazzo! Non confidavo nella tua presenza» L’intera sala si voltò nella loro direzione.
 
«Elisa» la ragazza individuò subito la direzione della voce. Lily la guardava esterefatta, un bicchiere di Burrobirra stretto fra le dita. Al suo fianco, un basito James Potter osservava la coppia a bocca aperta
 
«Lily!» la Grifondoro indicò con lo sguardo il suo accompagnatore.
 
«Mocciosus» James parve riprendersi, guardando con diffidenza il Serpeverde.
 
«Potter» il sussurro pericolosamente basso del ragazzo al suo fianco spinse Elisa ad aggrapparsi con più forza al suo braccio.
 
«Grandioso! Ora che le presentazioni sono fatte direi che potremmo anche iniziare a cenare. Aspettavamo solo voi, birbanti» la ragazza rimase immobile, la mascella serrata per la nuova scoperta. Poi convenne che l’aggettivo appena propinatole fosse ingiusto.
 
«Scusi come-» «Lascia perdere» Severus la trascinò al tavolo. «Ehi Eli» Una voce ben conosciuta la fece voltare.
 
Marlene si avvicinò con un sorriso sul viso. Alle sue spalle intravide chiaramente una figura in un elegante gessato nero bere distrattamente qualche alcolico, osservandola. Cercò di concentrarsi sulle parole di Marlene e non sul senso di fastidio che la visione le aveva provocato. A metà discorso smise di ascoltare.
 
Era gelosa marcia, ecco cosa.
 
Cercò di sopprimere il più possibile il fastidio che Marlene le stava provocando. Non era colpa sua, no?
 
Cercando inutilmente di non farsi notare gettò uno sguardo alle spalle della bionda. Sirius sembrava un angelo. Dannatamente elegante, i capelli elegantemente ad incorniciargli il viso, beveva quello che, sospettò, fosse un alcolico. Il liquido ambrato roteava ritmicamente nel bicchiere. Gli occhi della ragazza vagarono più su, verso la camicia lievemente aperta. Quasi impercettibilmente deglutì alla vista del suo collo. E poi li vide. Quei dannati occhi la stavano studiando. Elisa distolse subito lo sguardo, conscia di essere appena stata beccata.
 
«Vieni» Severus le mise una mano sulla schiena e la condusse al tavolo. Lumacorno li aveva chiamati ripetutamente senza che lei se ne accorgesse. Valutò il bicchiere d’acqua davanti a sé e pensò di affogarcisi dentro.
 
«Stai calma» Severus le si era avvicinato, sfiorandole l’orecchio con la bocca. Un bicchiere cadde dall’altra parte della stanza. «Oh scusi, mi è sfuggito» Sirius, con un colpo di bacchetta, sistemò il danno. Il suo sorriso esageratamente falso fece confabulare molti ragazzi.
 
Il tavolo rotondo, molto confortevole e grande, era decorato con piccole zucche danzanti. Elisa avrebbe riso se non fosse stata tanto tesa. Prese posto, aspettando che quello al suo fianco fosse occupato. Una chioma rossa vi prese posto.
 
«Penso tu debba spiegarmi molte cose» il sussurro di Lily la fece voltare «Anche tu» la rossa abbassò lo sguardo verso il suo piatto mentre, al suo fianco, James prendeva posto, evidentemente imbarazzato. Solo allora Elisa si voltò verso Severus, osservando con orrore il posto al suo fianco venire occupato.
 
Da Sirius.
 
Il suo mento rischiò di raggiungere le zucche danzanti. Severus andò a stringerle con forza il polso appoggiato sul tavolo. Quella stretta sapevano entrambi cosa significava: quella serata sarebbe stata un disastro.
 
«Allora» iniziò Lumacorno mentre i piatti si riempivano con gli antipasti. «Severus caro, non mi aspettavo proprio di vederti questa sera» il ragazzo sorrise veloce in risposta. «Immagino che i tuoi impegni siano stati cancellati pur di accompagnare una così bella ragazza» Elisa rischiò di strozzarsi con la sua tartina. James tossì alla sua destra.
 
«Temo di essere molto impegnato nello studio, signore. Naturalmente potevo concedermi una serata di svago» Serpeverde. Non aveva né affermato né negato quanto detto. Sorrise tra sé.
 
«Allora signor Potter, suo padre ha per caso inventato qualche nuova pozione di cui il mondo magico possa godere?» Elisa sentì James sospirare affranto «No, professore»
 
La cena passò quasi senza intoppi. Elisa fu nominata poche volte e costretta a rispondere anche meno. Severus fu abbastanza affabile, rispondendo a tutte le domande con voce vaga. Cercò in tutti i modi di interagire il meno possibile con il suo vicino, cosa che fece la ragazza immensamente felice.
 
«Ma parliamo ora di cose serie» Lumacorno si ripulì la bocca dalla panna del dolce. Elisa si stirò le gambe, pronta a spegnere il cervello alla successiva domanda inutile.
 
«Mirzam Asterion, eh?» la ragazza gelò sul posto. «prego?» Lily al suo fianco sussultò. «Mirzam Asterion, giusto?» «Elisa professore. Elisa Stevenson» gli occhi dei ragazzi seduti al tavolo si erano fatti improvvisamente attenti. «Beh sì, ma questo non è il tuo vero nome» Uno schiaffo avrebbe fatto meno male. Appoggiò con lentezza il tovagliolo sul tavolo, cercando di mantenere la calma.
 
«Insomma, lo hai scelto tu, non-» «Il mio nome, professore» Severus le afferrò il polso sotto il tavolo «è Elisa Stevenson. Questo è quello che sono» il professore osservò la sua alunna, ammutolito «e non ci saranno stupide linee di sangue a definirmi. Io scelgo chi voglio essere» quasi involontariamente si protese in avanti «Il mio nome non cambia ciò che sono» il professore annuì, simulando un applauso.
 
«Un ottimo discorso, signorina. Penso che molti dovrebbero prendere esempio dal suo comportamento-» smise di ascoltare, accasciandosi di nuovo sulla sedia. Severus le strinse con più forza il polso per poi lasciarglielo andare. Chiuse gli occhi, sentendo il sangue defluirle dal corpo. Un capogiro la investì. Sperò che nessuno se ne fosse accorto.
 
«Sei stata bravissima» il sussurro al suo fianco la riportò alla realtà. Si voltò quel tanto per incontrare i suoi occhi. «Dici?» Severus annuì, studiandone poi il viso. «Stai bene?» lei annuì poco convinta. «Penso sia solo la tensione» lui annuì, continuando ad osservarla.
 
Un urlo collettivo la riportò alla realtà prima che Severus si alzasse di colpo. I suoi pantaloni erano sporchi di un liquido scuro. «Oh che pasticcio» Sirius rialzò il bicchiere con un sorriso dispiaciuto e palesemente falso. «Sono proprio imbranato questa sera» Elisa intravide James dall’altro lato del tavolo scoccargli un’occhiata di rimprovero. Severus fulminò il Grifondoro con lo sguardo.
 
«Tu brutto-» «Aspetta» Elisa interruppe ogni epiteto possibile. Severus si voltò nella sua direzione con le sopracciglia alzate. Sapevano entrambi che la sua bacchetta era rimasta in dormitorio. «Oh che peccato» Lumacorno osservò la scena con sguardo dispiaciuto.
 
Elisa si concentrò sulla macchia sui pantaloni. Evitò di pensare dove fosse e dove stesse guardando, cercando di visualizzare la sua energia. La bevanda si distaccò dal tessuto proprio mentre i suoi occhi iniziavano a bruciare. Ruotò il polso, così che la scia acquosa si andasse a depositare nel bicchiere. Un silenzio stupito invase la stanza.
 
«Per Merlino» Lumacorno battè le mani, deliziato. Elisa sentì i suoi occhi tornare normali. «Solo i maghi più potenti sanno compiere magie di questo calibro senza bacchetta» la ragazza si voltò verso il suo professore, cercando di risultare il più modesta possibile. «faccio molta pratica» inventò con un finto sorriso imbarazzato. Severus si risedette al suo posto. La conversazione cadde in fretta, per sua fortuna.
 
Lumacorno diede velocemente il via alle danze. Poche coppie inziarono a ballare al centro della stanza. Molti ragazzi rimasero in disparte a parlottare. Così fecero Elisa e Severus. Liberarsi del triste compagno di posto sembrava per il Serpeverde un traguardo, così come lo era stato per lei. Elisa stava cercando disperatamente di intrattenere il suo compagno taciturno in una conversazione quando due ragazzi attirarono l’attenzione di entrambi. James e Lily ballavano ridacchiando. Entrambi sembravano divertirsi molto.
 
«Fa male vero?» la voce di Sirius richiamò parecchi presenti. «Sapere che ha scelto lui e non te» Severus osservò l’altro qualche secondo, indeciso. Non disse poi nulla. La ragazza gelò sul posto. Il Serpeverde appoggiò sul tavolino il bicchiere che teneva in mano e si diresse spedito verso la porta.
 
«Severus!» a nulla valse il suo richiamo. Il ragazzo attraversò l’uscio e si addentrò nell’oscurità del corridoio. Nessuna coppia stava ormai più danzando, richiamata dal frastuono di quell’improvvisa uscita.
 
«Oh santo cielo» Lumacorno si avvicinò alla Grifondoro «cosa è successo?» «La signorina Stevenson è stata abbandonata dal suo cavaliere» commentò Sirius bevendo dal suo bicchiere soddisfatto.
 
«Oh beh, mi dispiace cara. Spero potrai intrattenerti con- per Merlino dove sta andando?» Elisa si voltò prima di uscire, la porta già aperta. «A recuperare il mio cavaliere»
 
 
***
 
 
Impiegò qualche decina di minuti per trovarlo. Severus se ne stava seduto su una finestra, osservando il cielo scuro all’esterno. La intravide con la coda dell’occhio.
 
«Cosa ci fai qui?» «Sono venuta a recuperare il mio cavaliere» Elisa lo raggiunse, appoggiandosi alla parete con la spalla. «Non chiedermi di tornare là dentro» lei scosse la testa, sorridendo «non lo farò» commentò serafica togliendosi poi i tacchi dai piedi. Con un balzo si sedette al suo fianco, facendo attenzione che la gonna non si ritraesse più del dovuto.
 
«Troppe chiacchiere inutili» continuò poi osservando le stelle «troppi ipocriti» Severus annuì, continuando ad osservare l’orizzonte.
 
«Prima mi hai chiesto perché l’avessi fatto» Elisa si voltò nella sua direzione, improvvisamente curiosa e spaesata. «Volevo che ci litigassi» ammise il Serpeverde scuotendo le spalle. La ragazza annuì pensosa.
 
«Fa male sai?» riprese lui. Lei si voltò di nuovo ad osservarlo. «E farà male ancora per un po’. Poi riuscirai a conviverci, o crederai di saperlo fare. Ma in realtà sobbalzerai sempre quando lo vedrai entrare nella stanza. Cercherai la sua figura nella folla senza nemmeno accorgertene» Elisa abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia.
 
«Vedo come lo guardi» La ragazza chiuse gli occhi, cercando di scacciare la tristezza che le stava opprimendo il cuore. «Lei vorrebbe fare pace» commentò allora tornando ad osservarlo. La sua espressione si trasformò in una smorfia sofferente.
 
«Te lo ha mai detto?» «No ma-» «è felice così. L’hai vista prima» la Grifondoro tornò a guardare il cielo. Non c’erano risposte adatte.
 
«Un giorno saremo felici anche noi» sul viso del ragazzo si dipinse un debole sorriso. «Forse un giorno» convenne annuendo. «Questa è una promessa, ne sei consapevole?» Severus si voltò per la prima volta nella sua direzione. Il sorriso debole che le lanciò le fece tenerezza. «Promesso» Lei rise deliziata da un nuovo pensiero.
 
«Noi mi hai invitato a ballare» gli fece notare pungolandolo «che razza di cavaliere sei?» «un cavaliere saggio» Elisa balzò a terra. Rabbrividì al contatto della pelle con la pietra fredda.  «Devo pregarti forse?» Severus scese dalla finestra e le si avvicinò. «Sono un pessimo ballerino, ti avverto»
 
Seguendo l’eco della musica lontana, i due iniziarono a danzare. Elisa non seppe mai quanto stettero lì a ridacchiare ai loro balli scordinati. Seppe solo che quando la festa terminò, la musica cessò, lasciandoli ad un silenzio profondo riempito dalle loro timide risate.
 
 
***
 
 
«Beh, è stata una bella serata, no?» Marlene si stiracchiò al suo fianco. «Sì, mi sono divertita molto anche io» commentò Lily sfregandosi le mani sulle braccia. «Hai freddo?» James si tolse la giacca senza aspettare risposta e gliela posò sulle spalle.
 
Sirius assistì alla scena nauseato. Lily era anche arrossita. Delle risate poco lontane fecero voltare i quattro. Lì, dove due corridoi si incontravano, i ragazzi si fermarono, curiosi. Nel fondo del corridoio, due figure stavano ballando. Sirius riconobbe la risata nonostante la distanza e l’oscurità.
 
Si stava divertendo.
 
Osservò Mocciosus prenderla fra le sue braccia e farla girare. Anche lui stava ridendo. Un urletto più alto degli altri indicò che la ragazza stava per cadere. La risata che ne seguì lo colpì allo stomaco come un pugno.  «Dovremmo andare» James gli posò una mano sulla spalla. Annuì, voltandosi poi lentamente.
 
Durante il percorso verso il suo Dormitorio non potè fare a meno di risentire quella risata ad ogni angolo del castello.
 
 
Angolo autrice
Buon Natale e buone feste! Spero che il capitolo vi sia piaciuto
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 47
*** Timori ***


Timori
 
Novembre portò con sé un nuovo freddo. Le foglie del Platano Picchiatore erano finalmente cadute, donando all’albero un aspetto spettrale.
 
Elisa quella mattina era di buon’umore. Scese a colazione con il sorriso sulle labbra, ansiosa di affrontare la giornata. Quella domenica decise che avrebbe studiato. Era passata ormai una settimana dalla festa. Non sapeva cosa ne pensasse Severus, ma per lei era stato un bel momento, ed era segretamente felice di averlo condiviso con lui.
 
Lily non si era nemmeno troppo arrabbiata. Certo, le aveva tenuto il muso per qualche ora, accusandola di volerle provocare un infarto. Ma, dopo poco, il sorriso era tornato anche sul suo volto. Le cose con James stavano andando troppo bene per qualsivoglia bega. Elisa segretamente ringraziò il ragazzo per la sua presenza.
 
L’amico era stato meno felice. Certo, era stata una serata fantastica, ma la presenza di Mocciosus non era stata certo ben voluta. Elisa lo aveva bellamente ignorato. Remus e Peter non avevano commentato, forse per paura di ferirla. La ragazza gli era grata.
 
Non aveva più avuto modo di parlare con il Serpeverde. Lo aveva intravisto per i corridoi, però, e, benchè lui cercasse in tutte le maniere di evitare il suo sguardo, in cuor suo la ragazza sapeva che una piccola breccia aveva fatto capolino nel suo animo scontroso.
 
Con quei pensieri quella mattina, dopo essersi presentata nelle cucine e aver fatto scorta di cibo, si richiuse in camera tra i libri di scuola. Persino lo studio le sembrava un ottimo passatempo quel giorno.
 
E poi Lily fece il suo ingresso nella stanza. Elisa osservò la rossa catapultarsi al suo interno, passeggiare nella stanza per poi sedersi di fronte a lei.
 
«Ciao anche a te» la salutò divertita voltando una pagina del libro di Trasfigurazione. Il sorriso le morì sulle labbra. «Tutto bene?» Lily le lanciò un’occhiata dubbiosa.
 
«Non è stata colpa tua» iniziò scuotendo la testa. L’ansia iniziò ad attanagliarle lo stomaco. «Lily cosa è successo?» quasi sovrappensiero afferrò la bacchetta al suo fianco. «Non è stata colpa tua» ripetè la rossa trattenendo le lacrime. «Lily» Elisa afferrò l’amica e iniziò a scuoterla fermamente «Cosa è successo?» sillabò lentamente. La rossa rimase a fissarla qualche istante.
 
«Questa mattina doveva andare al Ministero per firmare delle carte. Sono le quattro del pomeriggio, ci siamo preoccupati ed abbiamo chiesto. Non ci è mai andato. Non ci è mai arrivato, capisci?» «Chi?»
 
Ti prego fa che non sia lui.
 
La rossa si morse il labbro cercando di non piangere. «Chi, Lily?» Elisa tornò a scuoterla disperatamente.
 
«Sirius. Sirius Black»
 
Qualcosa le sbattè contro la testa. Non sapeva se un mattone o il Platano Picchiatore stesso. Le sembrò di essere al centro di una giostra. Vedeva tutto girare ma lei rimaneva ferma. Deglutì con forza.
 
«Silente lo sa?» Lily annuì decisa. «è andato ad infomarsi» «Gli altri?» «Fanno congetture su dove possa essere. James ha detto che-» ascoltò poco o nulla della risposta.
 
La verità la colpì al cuore come una pugnalata. Non le importava nulla di cosa avesse detto James, né di cosa pensassero gli altri. Le importava di Sirius e di quel dannato sorriso che egoisticamente sperava potesse rivolgerle ancora una volta. Si portò le mani a coprirle il viso. Doveva mantenere la calma.
 
«Non è stata colpa tua» il sussurro della rossa le fece alzare lo sguardo. Ma certo. Era stata una stupida. Colpire lui per ferire lei. Si maledisse per non averci pensato prima.
 
«Non è detto che sia andata così» Lily intuì i suoi pensieri dallo sguardo. «Non può essere andata così» la sua voce tremò.
 
La mora abbassò lo sguardo, sconfitta. Aveva passato anni a sentire il dolore sulla sua pelle inferto da colui che, ora sapeva, non era altro che il suo carnefice.
 
Ma adesso tutto era diverso.
 
Non c’era lei a contorcersi sul pavimento di quella che, un tempo, era stata la sua casa. Non sarebbe stata lei ad urlare, né la vista del fuoco avrebbe influenzato il suo respiro. Questa volta lui avrebbe urlato, lui avrebbe sofferto. Cercò di cacciare la sua immagine riverso sul pavimento, gli occhi sgomenti e il respiro spezzato. Cercò di non immaginare i muscoli doloranti, gli spasmi, il rivolo di saliva, sangue e lacrime riversarsi sul pavimento alla decima cruciatus.
 
Fallì.
 
La rossa le rivolse uno sguardo solidale. «Dobbiamo restare calmi. Silente lo troverà» Elisa rise amaramente a quelle parole. «Silente non può fare miracoli» «Ehi» le braccia di Lily si chiusero su di lei come un abbraccio. Appoggiando la testa sulla sua spalla, la mora pensò a tutto quello che le avrebbe voluto dire. Dalla sua bocca uscì solo un misero singhiozzo strozzato.
 
«Devi andare» dopo qualche attimo si ritrasse, incontrando di nuovo lo sguardo angosciato dell’altra. «James ha bisogno di te» «Hai più bisogno tu» scosse la testa, perentoria. «Lui è il suo migliore amico» La rossa annuì, un po’ più convinta. «Se hai bisogno di qualcosa non esitare a chiamarmi»
 
La porta si richiuse alle sue spalle con un leggero tonfo sordo. Non si era nemmeno accorta che si fosse allontanata. Guardò il posto vuoto di fronte a sé, rivivendo nei suoi ricordi la conversazione appena avvenuta.
 
Avrebbe voluto urlare. Avrebbe preferito affrontare lei il dolore, piuttosto che rimanere immobile, seduta su quel letto in quella stupidissima stanza. Con rassegnazione si gettò tra le coperte, osservando il soffito sopra di sé. Per quanto le costasse ammetterlo, aveva ragione: Silente non poteva fare miracoli. Eppure c’era qualcuno che avrebbe potuto.
 
Chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi. Se solo il demone le avesse mostrato… rimase in attesa, cercando dentro di sé la presenza altrui. Non trovò nessuna differenza. L’angoscia sembrava azzannarle l’anima, rendendola un pezzo di carne sanguinante ed inerme. Rimase immobile, sperando di addormentarsi. Magari qualche immagine nel sogno sarebbe comparsa.
 
Ma il sonno non arrivò.
 
Pensieri lugubri le inniettarono la mente di immagini oscure. Cadaveri e detenuti si alternavano nei suoi pensieri. I corpi, riversi sul pavimento e spesso sanguinanti, avevano il suo volto.
 
Una lacrima si infranse sul cuscino. Lei non avrebbe potuto fare nulla. Non avrebbe mai sentito la sua voce canzonarla un’altra volta, né sussurrarle parole di conforto. Non avrebbe mai più potuto urlargli contro quando le cose sarebbero diventate troppo grandi e la paura avrebbe corroso la sua anima. Non gli avrebbe più ricordato di quanto fosse stato idiota e di quanto lei lo volesse al suo fianco.
 
Una risata umida le scosse lo sterno. Altre lacrime scivolarono lungo le sue guance.
 
Il sole tramontò presto, quel giorno. O forse scomparve come tutte le altre volte, ma i suoi occhi si appannarono presto, confondendo la realtà. Aspettò ferma, immobile, sperando che lui aprisse quella porta per dirle che, per diamine, tutto era stato solo uno stupido scherzo. Eppure non osava sperare in così tanto.
 
I suoi occhi si erano asciugati da un bel po’ quando Lily spalancò la porta della stanza. Con uno scatto Elisa si gettò fuori dal letto, bloccandosi l’attimo dopo vicino al baldacchino. Senza accorgersi afferrò con forza il legno, stringendolo. Le sue nocche divenirono bianche. Il viso preoccupato di Lily si aprì in un sorriso sollevato.
 
«L’hanno trovato»
 
Le parve di respirare di nuovo. Un maciglio era stato appena tolto dal suo stomaco, non c’erano altre spiegazioni. Senza aggiungere parola le due si catapultarono fuori dalla stanza.
 
«Cosa-» «Mangiamorte» Elisa si bloccò sulle scale, osservando l’altra fare altrettanto poco più in là. «Sta bene» la rassicurò riprendendo a camminare. Lei la seguì, nonostante fosse riluttante.
 
«Non sembrava fosse una cosa seria. È stato solo pestato un po’» «Perché lo avrebbero fatto?» «Il ministero ha una teoria» le due oltrepassarono il ritratto velocemente. «L’azione sembrerebbe dettata più da ripicca che per altro. Pensano possano essere stati dei fanatici» Elisa annuì convinta. «è ferito?» Lily si lasciò andare ad un verso esasperato. «è solo pieno di lividi. Forse hanno usato qualche cruciatus, nulla di più»
 
La mora si morse il labbro con forza. Lily non aveva decisamente mai provato sulla propria pelle una cruciatus per definirla con tanta leggerezza.
 
«Dove-» «Silente lo ha trovato in un magazzino poco lontano dal Ministero. A quanto sembra lo hanno ingannato. Questa cosa non piacierà a Bagnold»
 
Arrivarono in Sala Grande prima del previsto. Un grosso gruppo di curiosi aveva accerchiato qualcuno. Elisa si avvicinò lentamente, ascoltando i discorsi da sopra il brusio.
 
«Non ci sono proteste che tengano. Lei deve andare in Infermeria» «Sto bene Madama» «Professoressa!» la donna si lamentò con la collega. «Ma quindi cosa è successo?» la voce di una ragazzina tra la folla riscosse dei commenti di assenso. «Degli imbecilli hanno solo voluto pestarmi» scherzò la voce di Sirius ridendo.
 
Rideva, lui.
 
«Ehi amico, non essere modesto. Silente ti ha trovato svenuto» al commento di James un coro di sorpresa si alzò tra i ragazzi. «Ma non è nulla di che-» la sua frase fu bloccata dal ragazzino più vicino a lei che, notando il loro arrivo, si scansò di getto.
 
«Caposcuola» il saluto quasi militare che rivolse alla rossa le fece intuire il regime che Lily doveva aver instaurato. Il richiamo risvegliò anche gli altri curiosi. La folla si scansò di lato, permettendo loro la visione all’interno del cerchio.
 
Sirius stava in piedi grattandosi la nuca. Il suo viso, decorato da inquietanti ematomi giallastri, era contratto in una smorfia divertita. James, al suo fianco, sedeva al tavolo di Grifondoro insieme a Peter, osservando la scena. Remus, poco più in là, cercava di convincere un’adirata Madama Chips.
 
«La Caposcuola è tornata signori» James accolse la rossa con un sorriso. La sua figura rimase in disparte. Quasi nessuno aveva notato la sua presenza. Quasi nessuno, per l’appunto.
 
Il viso di Sirius si tramutò in una maschera di sorpresa. «Ciao» lei rimase lì ad osservarlo. Sembrava stare bene, nonostante un occhio attento avrebbe potuto benissimo notare come il suo peso fosse portato sulla gamba destra. Persino la sua postura appariva un po’ sbilenca. Il viso bluacelo, poi, non migliorava certo la visione.
 
«Ciao?» le sopracciglia di lei si alzarono con prepotenza. Le sarebbe volentieri piaciuto prenderlo a pugni, andando ad aggiungere dei lividi a quelli già presenti. Lei aveva passato ore a pensare a cosa sarebbe successo, aveva passato in rassegna tutti i possibili scenari orribili in cui avrebbe potuto essere stato coinvolto. E poi lo ritrovava lì, in Sala Grande, a raccontare di come lo avessero preso a pugni. Gli occhi di tutti i presenti si spostarono verso di lei.
 
«Riesci a farti rapire e poi dici ciao?» «ma io non-» «Hai idea-» Elisa lo interruppe facendo qualche passo avanti «di come sia stato? Hai idea della paura-» «Non è stata una mia scelta!» Sirius aprì le braccia, esasperato. Entrambi avevano alzato di nuovo la voce.
 
«Sì invece» «Cosa?! Donna ma ti senti quando parli?» La bocca di lui si contorse dalla rabbia. «Calmati per Merlino» Elisa raccattò una borsa appoggiata al suo fianco, sulla panca, gettandogliela. I libri andarono a cozzare contro il braccio proteso dal ragazzo per difendersi, rotolando poi a terra poco più in là. «Non dirmi di calmarmi!» L’urlo isterico terrorizzò un ragazzino del primo anno al suo fianco che, silenzioso, fece qualche passo indietro.
 
«E cosa vuoi che ti dica?!» lei fissò il ragazzo urlare, furioso. «Vuoi che ti dica che ha fatto male? Eh? Vuoi che ti racconti la paura o magari l’angoscia» il ragazzo aveva fatto alcuni passi indietro, allontanandosi.
 
Alle sue spalle intravide Madama Chips indicare vittoriosa nella sua direzione a quelle parole.
 
«O forse vuoi che ti dica-» il ragazzo si era riavvicinato. Le mani erano a poco centimetri dalla sua testa, quasi fosse indeciso se afferrargliela e scuotergliela. «-quanto ogni fottuto colpo fosse nulla in confronto a questo fottuto istante. E sai perché?» il ragazzo si allontanò quel tanto da guardarla, le braccia abbandonate lungo i fianchi «Perché cosunque succeda tu, bipolare del cazzo, riuscirai sempre a farmi sentire un emerito idiota» Sirius sorrise tristemente, scuotendo la testa.
 
«E a me questa bipolare del cazzo piace»
 
Elisa strinse le labbra, cercando di pensare. Eppure non le venne nulla da dire.
 
«Ma questo alla fine non conta, no? Tanto cosa vuoi che-» la frase fu lasciata a morire nel silenzio mentre la ragazza, con uno scatto, si aggrappava al collo dell’altro. E sotto gli occhi stupiti di una folla sorpresa, Elisa baciò Sirius con quanta forza avesse in corpo.
 
Nonostante i lividi, le labbra di Sirius erano morbide come le ricordava. Cercò di imprimerci tutta la rabbia e la paura in quel contatto. Incredibilmente, le sembrò che il messaggio fosse ricambiato.
 
Le sembrò di camminare in paradiso. Effettivamente, non stava più toccando terra.
 
«Beh, questo cambia parecchie cose» la voce roca del ragazzo le sfiorò la guancia. Con più della delicatezza necessaria la rimise a terra.
 
«Smettila di ridere» gli sussurrò mesta lei punzicchiandogli la pancia. Il viso di Sirius, a pochi centimetri ancora dal suo, si aprì in un sorriso divertito. «è così sbagliato sentirsi felici in questo momento?»
 
«VOI»
 
I due si voltarono spaventati verso la voce. James incombeva su di loro come una nuvola di inquietudine. «Tu mi devi delle spiegazioni. Adesso» il ragazzo afferrò l’altro strattonandolo. «Ahia sono ferito» «Oh lo vedo» «Temo che il tempo per chiarire lo troverete in Infermieria» li interruppe la Mcgranitt con un sorriso tirato. Ad Elisa non sfuggì l’occhiata che le lanciò. «Su su forza» li spronò con un veloce gesto della mano.
 
«Ci vediamo dopo?» Elisa si voltò per incontrare lo sguardo speranzoso di Sirius. Vedendola annuire, un sorriso sincero naque sul suo viso. «A dopo» le stampò un veloce bacio per poi venire letteralmente trascinato alla porta da Madama Chips.
 
 
 
***
 
 
«Sei un’infame» Alice la guardò con sguardo accusatorio, scuotendo con lentezza la testa. Elisa sbuffò esasperata.
 
«Stavate insieme da così tanto e non ce lo hai mai detto?» «Mi avresti ucciso Lily» la rossa tacque a quel commento. La mora terminò l’ultimo boccone di torta al cioccolato. Dopo gli eventi di quel pomeriggio aveva particolarmente fame.
 
«Io ti capisco» la voce di Frank fece voltare il gruppo di ragazze. «A me non sarebbe piaciuto essere il centro di tanti pettegolezzi» fece notare loro con un occhiolino. Fu il turno di Alice di sbuffare.
 
«Tu non capisci» lo riprese con sguardo truce. «Ha portato Marlene al ballo… era un modo per depistarci, vero?» «In realtà gliel’ho detto io» la corresse l’altra con un sorriso dispiaciuto. «Dopo averlo insultato, ovviamente» «Ecco perché Piton» Alice le puntò un dito contro «Era tutto calcolato» «Non è del tutto vero» precisò Elisa osservando la rossa con la coda dell’occhio.
 
«Diciamo che mi serviva un pretesto per farlo arrabbiare» «Ricordami di non mettermi mai contro di te» Frank ridacchiò, continuando ad abbuffarsi di budino. «Andiamo a trovarli?» la voce di Lily la richiamò. «Avevi detto che vi sareste visti» le fece poi notare. «Oh giusto» si ricordò al momento «Vieni anche tu?» La rossa annuì, convinta.
 
Le due, dopo aver salutato gli amici, si diressero verso l’infermeria. Fecero la strada in silenzio, ognuna immersa nei propri pensieri. Solo a metà percorso Lily prese parola.
 
«Mi piace» «Cosa?» la mora si passò stancamente una mano tra i capelli. Doveva farsi una doccia e urgeva assolutamente prendersi qualche ora di sonno in più.
 
«Lui»
 
Si bloccò nel mezzo del corridoio, comprendendo solo allora il nocciolo del discorso. «Oh» Lily, qualche passo più avanti, la osservò mordendosi il labbro. «è una cosa tanto brutta, vero?» «Direi che è una cosa fantastica» la corresse l’altra riprendendo a camminare.
 
La rossa arrossì chinando il capo. «Non lo so» «Già confusa?» la canzonò l’altra svoltando l’ennesimo angolo. «Ho paura che questa cosa sia più grande di me» ammise Lily dopo qualche minuto di silenzio. Elisa si bloccò ancora. Questa volta, però, prese l’amica per le spalle.
 
«Siamo sempre piccoli, Lily. È un mondo talmente vasto che in suo confronto siamo semplicemente briciole. Non lasciare che la paura ti blocchi» «Da quando tu hai più esperienza di me in queste cose?» Elisa si staccò dall’altra con un ghigno «Non ce l’ho infatti» riprese a camminare ancora una volta. La porta dell’infermeria, dall’altra parte del corridoio, sembrava più vicina che mai. Quando vi giunsero davanti, la mora si girò verso l’amica un’ultima volta.
 
«Io improvviso» e con teatralità aprì la porta.
 
La stanza pareva più affollata del solito. Quattro ragazzi osservarono il loro arrivo. «L’orario delle visite è terminato» le riprese subito la voce di Madama Chips. Elisa cercò di indossare la miglior faccia contrita che avesse a disposizione.
 
«Sono solo preoccupata per-» «Solo cinque minuti» ordinò categorica la donna scomparendo nel suo ufficio.
 
«Da quando sei diventata così bugiarda?» Sirius, seduto sul letto poco più in là, la osservò avvicinarsi. I suoi lividi non erano molto migliorati, constatò dopo poco. «Già, è una cosa che le viene molto bene, a quanto pare» James le sorrise freddamente. O almeno ci provò.
 
«Lo stavi consolando eh? Brutta-» «Non era una bugia» lo interruppe lei con sguardo falsamente sofferente. «Lo stavo davvero consolando» James scoppiò a ridere, seguito subito dagli altri.
 
 
***
 
 
«Mi sto annoiando» «Lo hai già detto tre volte» Sirius sbuffò spazientito, appoggiandosi alla staccionata di fronte a sé. Della neve cadde a terra a quel gesto. La ragazza si sistemò meglio il mantello, cercando per quanto possibile di proteggersi dal freddo.
 
«Dovresti andare» le fece notare poi il Grifondoro indicando davanti a sé. Elisa scosse lentamente la testa, guardando nella direzione indicatagli. Una ragazzina Tassorosso iniziò a ridacchiare istericamente quando l’unicorno al suo fianco sbuffò, nervoso.
 
«Hai poi deciso dove passerai le feste?» lei scosse la testa nuovamente. Sirius respirò a fondo. «Pensavo di tornare a casa con James» le sopracciglia di lei si alzarono automaticamente. «Sai, sua madre non sta… non sta molto bene» spiegò cercando di sorridere. Fallì.
 
«Non ci sono problemi» «Sicura? Non voglio che tu stia da sola» Elisa sorrise un po’ più allegra. Benché non avesse proprio voglia di passare quel Natale da sola le piaceva l’idea che lui si preoccupasse. «Non mi succederà nulla» lo rassicurò pizzicandogli giocosa la pancia. Nonostante indossasse un pesante mantello, il ragazzo si spostò ugualmente.
 
«E così partite tra quanto?» Sapeva benissimo quando ma fece comunque finta di non saperlo. «Tra tre giorni» Sirius si fece di nuovo più vicino. Con la coda dell’occhio intravide poco più in là James discutere animatamente con Remus.
 
«Professore» Kettleburn si voltò stralunato. Il ragazzo con gli occhiali emerse dalla folla di studenti per lo più maschi al di fuori del recinto. «Posso toccarne uno anch’io?» Remus, dietro di lui, scosse la testa, esasperato.
 
«Mi dispiace signor Potter ma temo che anche solo la presenza di tanti alunni di sesso maschile li infastidiscano» «Ma da lei si sono fatti prendere» protestò il diciassettenne con sguardo critico. «Si fidi, signor Potter: lei non vuole venire a conoscenza di come me li sia procurati» I ragazzi si lanciarono degli sguardi perplessi.
 
Proprio in quell’istante un piccolo unicorno trotterellò nella loro direzione. Elisa si piegò sulle ginocchia, allungando una mano. Il puledro avanzò ancora, un po’ dubbioso. Quando la mano di lei sfiorò il manto oro dell’animale, la ragazza sorrise. Accarezzò delicatamente il muso, soffermandosi con particolare attenzione sul naso morbido. Il piccolo nitrì. Molti musi si voltarono nella sua direzione. Elisa intravide con la coda dell’occhio molte orecchie rizzarsi.
 
«Sai» lentamente si alzò, tornando all’altezza del ragazzo. «a volte è divertente essere me» La ragazza emise un fischio basso e lungo. Gli unicorni si guardarono straniti. Poi, quasi richiamati da una magia, si avvicinarono, lenti, abbandonando le ragazze che, scioccate, li osservavano allontanarsi.
 
Elisa scavalcò con un balzo il recinto, andando a sua volta incontro agli animali. Quando il primo unicorno le sfiorò il viso con il naso, un brivido freddo le corse lungo il collo. Quasi sovrappensiero passò la mano sul suo collo, sentendo il calore sotto i suoi polpastrelli.
 
«Ehi James! Non volevi mica…» il Grifondoro strabuzzò gli occhi nella sua direzione. Poi, molto lentamente, scavalcò a sua volta lo steccato. Il branco lo studiò diffidente. Quando mosse i primi passi nella loro direzione l’unicorno più vicino sbuffò scuotendo la testa, innervosito.
 
«Shh va tutto bene» l’animale fu richiamato dal suo sussurro. Elisa gli passò una mano sul muso, cercando di calmarlo. James si mosse con un’accortezza invidiabile. Solo quando le fu al fianco Elisa si voltò.
 
«Dai accarezzalo» «Potter, Stevenson. Cosa diamine state facendo?» Ignorarono la protesta del professore. «Non credo sia una buona idea» Sorrise alla sua titubanza. Cercando di non fare movimenti bruschi la Grifondoro si allungò per afferrare la sua mano.
 
James la lasciò fare. Sempre con la medesima fermezza gliela allungò nella direzione dell’unicorno più vicino che, pigramente, scosse la coda. «Non credo sia una buona idea» James ripetè la frase in un sussurro. Lei sorrise, comprensiva. «Stai calmo, loro sentono quello che provi tu» James chiuse gli occhi. Il luccicchio del corno di fronte a sé risplendé prepotentemente sotto le sue palpebre.
 
 
***
 
 
«Ho toccato un unicorno!» «Ramoso se non la smetti ora vengo lì e ti picchio» Elisa sorrise divertita allo scambio di battute. La felicità di James permeava l’aria intorno a lui, rendendola scoppiettante e briosa.
 
«Come diamine ci sei riuscita?» Peter le si affiancò, guardandola ammirato. «Ci riesco e basta» Un gruppetto di Tassorosso li superò velocemente, indispettite. Probabilmente non avevano preso molto bene la loro ultima interruzione.
 
«Gli animali sono più facili delle persone»
 
 
***
 
 
Come preannunciato i ragazzi partirono tre giorni dopo.
 
Fu abbastanza triste vederli uscire dal castello con i loro bagagli e fu ancora più difficile osservare le occhiate che Sirius continuava a lanciarle. Non gli andava di lasciarla sola, glielo aveva ripetuto più volte mentre di sera, in Sala Comune, i ragazzi si divertivano con gli scacchi. Elisa aveva sospirato a quei sussurri, conscia che le cose non sarebbero certo cambiate. Avrebbe compiuto diciassette anni e li avrebbe festeggiati come al solito: un libro e una sana coperta. Non aveva bisogno di nient’altro.
 
Neppure Lily sembrava felice all’idea di partire. Tornare dalla sua famiglia quell’anno sembrava per l’amica un supplizio insopportabile. A nulla erano valsi gli incoraggiamenti: Petunia, anche a molti chilometri di distanza, sapeva rendere l’atmosfera tetra e grigia.
 
Le vacanze, contro ogni previsione, furono per Elisa una  vera pacchia. La solitudine, che pareva osservarla da lontano come una coltre oscura, non la intaccò minimamente. Passò le sue giornate nella più completa calma, leggendo e studiando. Ebbe persino il tempo per allenarsi e, benchè non lo facesse da molto, trovò il tutto decisamente soddisfaciente.
 
La giornata dei suoi diciassette anni la trascorse normalmente, senza festeggiamenti di alcun tipo. Solo l’ultimo giorno di vacanze si diresse verso lo studio del Preside con un sorriso solare sul viso. L’aveva invitata per un the, probabilmente per festeggiare con lei quel giorno. Prima di svoltare l’ennesimo angolo la voce del Preside stesso la fece bloccare.
 
Silente si era rivolto a lei con molti toni. L’aveva spronata spesso, spingendola a dare il massimo di sé. Era stato comprensivo, saggio, fermo sulle sue decisioni. Tenendo conto del suo profondo senso di attaccamento nei suoi confronti era l’unica persona che un giorno, forse, avrebbe potuto chiamare padre.
 
Ma in quel momento, una fredda rabbia ad intaccargli la voce, Elisa pensò solo a rimanere immobile. Respirando silenziosamente si acquattò contro il muro, cercando di non farsi beccare.
 
«-inconcepibile. Temo che la sua presenza qui sia totalmente inopportuna» La ragazza deglutì. Sperò di non essere stata sentita. «Temo, Preside, che la mia presenza in questo luogo sia necessaria»
 
Il respiro della ragazza venne a mancare. Si accucciò, cercando di tenere a bada la nausea che le attanagliava lo stomaco. Se avesse avuto la certezza di non essere vista avrebbe vomitato volentieri.
 
«Ho bisogno-» «Mi dispiace, signor Asterion, la prego di allontanarsi»
 
Elisa si portò le mani al petto, dove il cuore pareva volerlo sfondare. Doveva stare calma e ragionare. Cosa voleva da lei suo padre? Vendetta? Probabile, a detta sua. Infangare un nome di un Purosangue non era una scelta intelligente. Le avrebbe fatto del male? Improbabile, anche se non impossibile. Non le avrebbe certo puntato la bacchetta contro alla presenza del mago più potente del secolo, ragionò. Avrebbe presumibilmente aspettato con calma, senza fretta, magari un momento di debolezza. Era lì per minacciarla? Con un rapido ragionamento, escludendo tutte le altre alternative, Elisa dedusse che sì, l’avrebbe minacciata. E lei non voleva. Inspirò a fondo, cercando di mantenere una calma apparente.
 
«Non è diritto di un povero vecchio poter parlare con la figlia che non vede da dieci lunghi anni giorni dopo il suo diciassettesimo compleanno?» La sua voce era così pretenziosa che nessuno gli avrebbe dato del povero vecchio. La mora pregò che il Preside avesse qualche asso nella manica.  «Temo non sia a scuola. È partita per le vacanze»
 
Elisa si arrischiò ad allungare uno sguardo al di là del muro. I due uomini si fronteggiavano l’uno davanti all’altro. Poteva vedere il profilo di entrambi.
 
Era invecchiato suo padre. I capelli biondi, che portava corti, si erano spenti, lasciando ben poco del suo antico fascino. Gli occhi, invece, terribilmente scuri, non avevano perso quella scintilla inquietante che lei tanto temeva. Vedere la figura slanciata che popolava i suoi incubi le provocò un brivido lungo la schiena.
 
Proprio in quell’istante Silente si voltò di poco nella sua direzione. Un lampo gli attraversò gli occhi. La Grifondoro si nascose di nuovo, non prima di aver intravisto un nuovo sorrisetto sul viso di Rodolphus.
 
«Temo» iniziò mellifullo l’uomo con voce gongolante «che invece la ragazza sia in questo castello» non impiegò molto a comprendere.
 
Lui sapeva che l’avrebbe trovata. Lui sapeva come ferirla. Ed entrambi sapevano che l’avrebbe fatto.
 
«Mi auguro» la voce fredda di Silente tagliò l’aria come un coltello «che la ragazza, come dite voi, sia abbastanza lontana da non poter essere raggiunta»
 
Una scarica di adenalina le percorse la spina dorsale. Quelle parole, così apparentemente semplici ed innoque, parevano una condanna a morte. Ed una nuova consapevolezza la raggiunse.
 
Lui non l’avrebbe più potuta aiutare.
 
Poteva evitare che la ferisse, che l’attaccasse. E questo lo sapeva anche Rodolphus Asterion. Ma proprio per questo lui avrebbe colpito lì dove non poteva essere difesa. Poteva ferirla in maniere molto più creative: psicologicamente, ad esempio. Farle pressioni, spaventarla, instillarle terrore giorno dopo giorno finchè la sua mente avrebbe ceduto. Era un piano ambizioso ma non impossibile. A quelpensiero si sentì completamente nuda.
 
Elisa si alzò più velocemente possibile. Lanciò un incantesimo non verbale verso le scarpe, rendendole silenziose, e poi, con uno scatto, si gettò dall’altra parte del corridoio.
 
Doveva andarsene.
 
Scese le scale incespicando. Ogni qualvolta si fermava per riprendere fiato le parole appena udite le perforavano la mente.
 
Abbastanza lontana.
 
Quanto era abbastanza lontana? Un chilomentro, due, tre? Elisa si catapultò fuori dal castello con un ultimo scatto. Solo allora si bloccò, momentaneamente persa. Avrebbe potuto nascondersi nella Foresta Proibita, anche se dubitava di poter sopravvivere per più di qualche minuto a quel freddo. Non si era nemmeno portata un mantello. Solo allora si maledisse per la sua felpa striminzita. Rimanere a quella temperatura era fuori discussione.
 
Si passò nervosamente le mani lungo il busto, per poi fermarle definitivamente sotto le ascelle. Sentì il naso ghiacciare con lentezza.
 
Rimanere al castello era impossibile. Uscire era impensabile.
 
La consapevolezza della pazzia a cui stava andando incontro le diede la forza per muovere il primo passo nella neve. Le sue misere scarpe da ginnastica affondarono completamente nel manto bianco. Sentì le calze inzupparsi all’istante.
 
La sua corsa divenne quasi una lotta per la sopravvivenza. Ogni passo sembrava costarle tutta la forza di volontà di cui fosse capace. Dopo l’ennesima falcata sprofondò nella neve fino al ginocchio. Osservò sconfitta i suoi jeans completamente fradici. Continuò la sua corsa, iniziando lentamente a costeggiare la foresta proibita.
 
La luce del sole era completamente scomparsa. Una radice le fece perdere l’equilibrio. Prima di cadere completamente nella neve la figura umana lasciò posto a quella felina. Non appena la pelliccia entrò in contatto con la neve Elisa seppe che il tempo che aveva a disposizione era praticamente dimezzato. Sarebbe morta di ipotermia se non si fosse sbrigata. La tigre sfrecciò nella neve, lasciando una nuova traccia nel manto candido.
 
Quando finalmente arrivò a destinazione Elisa tornò umana. Il punto di Materializzazione mostrava un solo paio di impronte che, dedusse, erano dell’uomo da cui stava scappando. Si voltò più volte, studiando lo spazio che la circondava. E poi si concentrò. Non aveva molte possibilità. Cercò di riportare alla mente le nozioni acquisite.
 
Si concentrò e pregò, sperando che qualcuno la aiutasse. Un rumore alle sue spalle la fece voltare. La figura di Hagrid comparve tra i tronchi degli alberi più vicini. «Ehi cosa diamine-» Prima che potesse anche solo finire la frase, due occhi rossi preannunciarono il sonoro CRAC che spezzò l’aria e che portò la ragazza lontano dal passato.
 
 
 
 
Angolo autrice
Salve! Spero il capitolo vi sia piaciuto. Vi auguro un nuovo felice anno e un dolce riposo
Alla prossima
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 48
*** Sgretolarsi ***


Sgretolarsi



Elisa non seppe mai quanto effettivamente quel viaggio durò. Le parvero ore, sballottata nel vuoto da una forza che non sapeva di possedere. Fu risucchiata con talmente tanta violenza che all’inizio pensò si fosse spezzata.
 
Non aveva la licenza. L’avrebbe ottenuta probabilmente dopo qualche mese di pratica e costanza. Eppure, mentre con un sonoro CRAC ricompariva nel mondo, la ragazza si chiese con un po’ di amarezza quanto la paura l’avesse resa abile.
 
Non appena toccò terra la figura si accasciò sulla neve. Rimase immobile, distesa supina, il freddo a congelarle le ossa. Ma non importava. La stradina era deserta. Una fitta coltre di neve ricopriva l’asfalto, donando al centro abitato una sfumatura eterea.
 
Elisa osservò gli ultimi fiocchi di neve caderle sul viso, illuminati dai pochi lampioni nella strada. Sembrava stare bene, nonostante il freddo e la nausea. Sembrava intera, quanto meno.
 
Si alzò lentamente, sentendo i muscoli protestare a gran voce. Si guardò intorno, adocchiando l’attimo dopo l’oggetto del suoi pensieri. La casa era illuminata. Avvicinandosi poté sentire delle risate alzarsi prepotenti. Sembravano felici.
 
Quasi si pentì quando realizzò che nessuno avrebbe più riso al suo arrivo. Dopo essersi ricordata il motivo della sua presenza si trascinò senza complimenti verso il portoncino del vialetto. Non appena si avvicinò questo si aprì automaticamente. Dapprima pensò fosse incantato, ma l’ipotesi fu subito scartata data la presenza di babbani nel quartiere. Una nuova consapevolezza la colpì.
 
Era stata lei.
 
La sua magia involontaria iniziava a sfuggirle di mano. Probabilmente, ragionò, la paura aveva reso più facile il passaggio della magia del demone. Si portò innanzi alla porta di casa. Cosa fare? Bussare forse? Optò per suonare semplicemente il campanello. Un forte baccano rispose al suono.
 
«Arrivo!» la voce attutita della donna al di là della porta la fece sorridere. O quanto meno gli angoli della sua bocca si alzarono di poco. La serratura scattò molte volte prima che la porta si spalancasse.
 
Il sorriso di benvenuto di Dorea Black vacillò alla sua vista, fino a spegnersi completamente. «Per Merlino» il sussurro e l’occhiata che la donna le riservò le fecero capire che il suo aspetto non era dei migliori. Cercò di allungare la mano in segno di saluto. Si accorse di non riuscirne più a muovere una parte.
 
«Mi deve scusare» si soprese della sua voce, più roca del solito «ma sono successe cose e-» «Vieni dentro» la donna le fece cenno di entrare e così lei fece. Si posizionò al suo fianco nel piccolo corridoio. Poteva sentire delle voci ovattate provenire dal salotto poco più in là. Dorea richiuse la porta con un veloce movimento della bacchetta.
 
«Mio padre è venuto a cercarmi» la donna si voltò verso la Grifondoro con sguardo preoccupato. Assottigliò le labbra, continuando ad osservarla.
 
«Imparerai con il tempo» iniziò lentamente. Anche la sua voce risultava ovattata. «ad affrontare il passato» le toccò protettiva la spalla, per poi toglierla l’attimo dopo. «Sei completamente fradicia!» L’attimo seguente l’altra mano le raggiunse il collo. «Sei gelata. Mi stupisco tu sia ancora viva» I muscoli sul viso della ragazza si contrassero in un debole sorriso. Già accogliendola in casa le aveva salvato la vita.
 
«Dorea tesoro va tutto bene?» L’urlo dall’altra sala fece voltare la donna, spazientita. «Sì sì caro» altre risate divertite la raggiunsero, questa volta più nitide. La donna agitò distrattamente la bacchetta. I suoi vestiti si asciugarono all’istante. Persino le scarpe sembravano incredibilmente asciutte.
 
«Vieni» la donna le cinse le spalle con un braccio e la trascinò lungo lo stretto corridoio, superando una porta che, dedusse, era la cucina. «C’è un camino. Scaldati il più velocemente possibile. Non sono sicura tu sia completamente fuori pericolo»
 
«E la sai la cosa più divertente pà? Quel boccino l’ho catturato io alla-» gli occhi di James strabuzzarono nella sua direzione. Se ne stava in piedi, gesticolando al centro del salotto. «Dorea cosa diamine-» Alla sua destra Charlus Potter alternava il suo sguardo sorpreso da lei a sua moglie.
 
«Elisa» Sirius si alzò dal divano, guardandola a bocca aperta. Se ne stava seduto a sinistra, sul divano, insieme ad un sorpreso Remus e ad un basito Peter. La scena sarebbe risultata quasi comica. «è appena arrivata, infreddolita e mezza fradicia. Il camino tesoro, vai al camino» Solo allora Elisa si accorse che si stava rivolgendo a lei. Con una lieve pressione sulla schiena la donna la spinse verso il fuoco che, scoppiettando, bruciava placido le braci. Respirò il suo calore prima ancora di sentirlo sulla pelle. Le sembrò di respirare ossigeno puro.
 
«Cosa è successo?» la voce di James la raggiunse da dietro. «Suo padre è venuto a cercarla» il tono lugubre con cui sua madre pronunciò quelle parole segnarono un silenzio tetro nella stanza.
 
«Ha appena rischiato un’ipotermia, deve scaldarsi» Charlus si morse il labbro, dubbioso. «Magari un incantesimo…» «Non penso sia nelle condizioni di subire incantesimi» commentò la donna scuotendo il capo.
 
Elisa si avvicinò ancora al fuoco. Aveva bisogno di scaldarsi, subito. Avvicinandosi ancora la ragazza lasciò andare un lungo sospiro e poi si trasformò. Un sussulto da parte dei presenti accolse la trasformazione. La tigre si avvicinò ancora al fuoco fino a lasciarsi cadere pesantemente a terra al suo fianco. Rimase lì, immobile, aspettando che la sua pelliccia raggiungesse una temperatura sopportabile.
 
Un brusio di sottofondo richiamò per qualche secondo la sua attenzione: James stava spiegando la sua trasformazione ai due genitori. Smise di ascoltare.
 
«Ehi» la voce al suo fianco le fece aprire stancamente un occhio. Sirius si era inginocchiato al suo fianco ed osservava preoccupato il suo torace espandersi a ritmo del suo respiro. Buttata in quel modo sul tappeto la ragazza riconobbe una certa inquietudine negli occhi di lui. Avrebbe voluto rassicurarlo. Dirgli che adesso andava tutto bene. Magari prenderlo in giro per la sua eccessiva preoccupazione. Solo un ringhio basso e gutturale uscì dalla sua gola.
 
Sirius sospirò affranto. «Lo so» sorrise tristemente, per poi sedersi al suo fianco e continuare a guardarla. Lei chiuse gli occhi, troppo stanca per parlare e ancora troppo intorpidita per muoversi.
 
Quando li riaprì, parecchie decina di minuti più tardi, trovò i suoi compagni di stanza fare congetture sull’accaduto. Sirius non partecipava. Continuava ad osservarla e quando incontrò il suo sguardo le sorrise più rassicurante. La tigre si rimise lentamente diritta e poi si stiracchiò con poca eleganza. Alla vista dei suoi artigli Sirius si ritrasse un poco.
 
«Stai un po’ meglio?» a quella domanda la tigre si alzò definitivamente in piedi, avvicinandosi di più al ragazzo. Poi, come se nulla fosse, strusciò con un grugnito il muso contro il suo viso. Quindi si risedette, sempre al suo fianco.
 
«Dobbiamo dedurre che sia un sì?» la voce di Charlus, ormai tornata giocosa, li richiamò. La tigre osservò l’uomo, silenziosa, per poi scuotere il capo con forza. L’attimo seguente, una ragazza sedeva sul tappeto a gambe incrociate. «Sto meglio, grazie» Elisa continuò a scrocchiarsi il collo. Stava veramente meglio.
 
«Cosa è successo?» la voce di Remus interruppe il silenzio. La mano di Sirius si posò protettiva sul suo ginocchio, invitandola a raccontare. Il suo resoconto dei fatti iniziò con un sospiro sconsolato.
 
«Mio padre era venuto a cercarmi» la donna qualche metro più in là annuì convinta. «Ho sentito lui e Silente discutere in corridoio» «Ma non ti avrebbe fatto del male, no?» Peter si sporse dal divano, fissandola un po’ dubbioso «C’era Silente e-» «L’avrebbe tenuta sotto torchio, giusto?» Dorea scosse la testa, sfinita. Si passò una mano sul viso e si sedette sul bracciolo della poltrona al suo fianco. Elisa annuì nella sua direzione.
 
«Quindi Silente ti ha portato qui?» Charlus strinse sua moglie con un braccio. Il viso della ragazza si contorse in una smorfia. «Sono venuta qui da sola in realtà» Gli occhi dei due adulti si fecero più grandi dallo stupore. I quattro ragazzi guardarono chi il pavimento chi il soffitto, senza sapere cosa dire.
 
«Ti sei smaterializzata fino a qui?! Da quanto hai la licenza, nemmeno un anno!» Charlus guardò suo figlio in cerca di conferma. James distolse lo sguardo. «In realtà non ce l’ho» il sussurro fece arcuare le sopracciglia alla moglie.
 
«Come diamine hai fatto?» La ragazza non rispose. La stretta di Sirius sul suo ginocchio si fece più intensa. «C’entra qualcosa il colore degli occhi, vero?» Elisa si voltò verso la donna, stupita, per poi guardare Sirius in cerca di risposta. «Sono un po’, come dire, rossi» il sussurro del ragazzo le fece portare la mano al viso, quasi volesse toccarseli.
 
Non sentiva nessuna differenza. Nessuna, nemmeno la più piccola. Cercò di concentrarsi, riconoscendo qualcosa in lei che le indicasse la sua energia. Ma non riconobbe nulla di diverso. Osservò le sue mani senza vederle, aprendo e chiudendo le dita in cerca di qualche anomalia. Ma non ne trovò.
 
«Non me ne ero accorta» «Va tutto bene» la stretta sul suo ginocchio si intensificò, ancora. «Qualcuno può dirci cosa-» «è una strega potente papà» James si grattò nervoso la testa.
 
Elisa non ascoltò la risposta. Osservò invece il fuoco che, al suo fianco, scoppiettava placido nel camino. Un sorriso vittorioso si aprì sul viso della ragazza. E mentre lentamente le sue dita iniziavano a muoversi, una piccola lontra si fece strada tra le fiamme, sgusciandone fuori. Dei sussulti sorpresi si levarono alle sue spalle. Il piccolo animale ruotò intorno al suo braccio, senza mai toccarlo. Elisa poté sentire il calore delle fiamme strisciarle sulla pelle.
 
«è bellissima» Il sussurro al suo fianco la fece sorridere. La lontra si mosse aggraziatamente intorno ai due ragazzi. Quando si rigettò nel fuoco scomparendo alla vista, dei fischi impressionati la fecero voltare.
 
«La prossima volta avverti, grazie» il commento di James provocò delle risate nella stanza.
 
Elisa fu invitata a restare. Ne fu immensamente grata. Dopo una veloce cena fatta di risate e divertimento riuscì finalmente a dimenticare gli eventi di quel pomeriggio. I genitori di James furono cordiali nei suoi confronti e, benché fossero abbastanza diffidenti, concessero alla Grifondoro di dormire con gli altri ragazzi.
 
Fu solo quando si incastrò alla spalla di Sirius e le luci furono spente che sentì gli occhi pizzicarle, segno evidente della scomparsa del colore rosso.
 
Fu solo quando il sonno iniziò a lambirle i pensieri che si chiese come ci si potesse sentire a casa quando il proprio mondo inizia a sgretolarsi.
 
 
***
 
 
«Devi perdonarmi» «Non è stata colpa sua» Elisa si voltò verso la finestra, osservando il sole tramontare oltre la Foresta Proibita.
 
«Tu non capisci» «No, lei non capisce» la ragazza si voltò, rabbiosa. Lui non capiva. Non avrebbe potuto capirla.
 
Silente scosse ancora la testa alla sua reazione. «Hai rischiato di morire. Avresti potuto spaccarti. Non ci saranno sempre la famiglia Potter ad accoglierti» «Ma questa volta c’erano!» Il preside osservò stancamente le carte sulla sua scrivania. Poi si accasciò sull’elegante scranno, posandosi una mano sul volto.
 
«Ho preteso troppo da te» Avrebbe voluto ribattere. Lo avrebbe voluto davvero. Ma non c’era nulla da aggiungere. «Anche questa volta» aggiunse l’uomo tornando ad osservarla.
 
«Non sono più una bambina» «E me ne rammarico ogni giorno di più» le sopracciglia della Grifondoro scattarono verso l’alto. «Avrei dovuto fare quello di cui non ho avuto il coraggio» l’anziano si riportò una mano sul volto, sfregandosi stancamente gli occhi.
 
«Ovvero?» la domanda uscì spontanea, eppure si pentì subito di averla posta. Si morse il labbro, conscia del fatto che lei non voleva sapere quella dannata risposta. L’uomo sospirò stancamente.
 
«Lasciare una bambina crescere senza genitori è qualcosa di imperdonabile» sospirò ancora, forse per farsi coraggio. «Lasciarla crescere all’ombra di un carnefice è inconcepibile» Silente alzò lo sguardo sul soffitto.
 
Anche a quella distanza la ragazza intravide i suoi occhi azzurri farsi liquidi.
 
«Non essere padre per paura, ignobile»
 
«Non lo dica!» Elisa chiuse gli occhi con forza, cercando di limitare la sua rabbia. Con una violenta spinta il piccolo oggetto d’argento al suo fianco cadde dal tavolino, andando ad infrangersi rumorosamente sul pavimento di pietra.
 
«Non voglio sentirtelo dire!» il preside sorrise tristemente al passaggio di persona. Riportò lo sguardo su di lei.
 
«Farti da padre sarebbe stato l’orgoglio più grande» una lacrima gli solcò la guancia, superando gli occhiali a mezza luna. Qualcosa si spezzò nel petto della ragazza.
 
«Ma ho avuto troppa paura»
 
La vista le si fece appannata, confondendo la realtà.
 
«Perdonami»
 
I rimanenti strumenti sul tavolino si infransero sul pavimento. Il suono metallico si propagò nell’intero studio, provocando urla indignate da parte dei vecchi presidi nei quadri alle pareti.
 
«Non intendo sentire queste parole. Non voglio, hai capito?» L’anziano placò i presidi con un cenno veloce della mano, osservando le nuove lacrime solcarle le guance. «Non voglio» il sussurro si perse nel silenzio della stanza.
 
Elisa osservò per un’ultima volta lo sguardo triste che l’uomo le lanciò. Poi, come se la rabbia guidasse i suoi pensieri, la ragazza si catapultò fuori dall’ufficio, sbattendo la porta dietro di sé.
 
Non voleva sentire quelle parole. Non voleva pensare. L’immaginazione era qualcosa che lei non poteva permettersi, così come la speranza.
 
Padre.
 
Lo aveva chiamato molte volte con questo nome nella sua testa. Ma era sempre rimasto un pensiero, aria su cui lei poteva camminare quando la notte cercava di addormentarsi e le nuvole erano troppo lontane.
 
Ma nulla di più.
 
Non poteva immaginare come sarebbe potuta andare, né come avrebbe vissuto in quegli anni senza lo spettro di un uomo che per obblighi di sangue era costretta a chiamare papà. Non poteva permettersi di fantasticare su un sogno perché, in un modo o nell’altro, la realtà l’avrebbe sempre ributtata a terra.
 
Lei non voleva rimpiangere il passato.
 
Lei non voleva immaginare.
 
Lei non voleva più soffrire.
 
 
 
***
 
 
 
Febbraio portò con sé delle novità. James e Lily parevano ritagliarsi momenti tutti loro sempre più di frequente. Sirius si era spesso lamentato per la mancanza del suo migliore amico. Lei gli tirava uno scappellotto, per poi posargli un bacio nascosto sulla spalla.
 
Entrambi avevano finalmente ottenuto la licenza per materializzarsi e, benché il corso fosse stato di una noia abissale, la mora aveva almeno perfezionato la sua tecnica.
 
Non si era più recata da Silente dopo quella sera. Sentiva lo sguardo dell’uomo su di lei nei corridoi o durante i pasti, fattore che acuiva la sua malinconia sempre più. Non ne aveva parlato con i suoi amici e loro non avevano fatto domande. Sirius spesso si avvicinava e la abbracciava quando, la sera, si ritrovava da sola ad osservare il fuoco.
 
Solo in quei momenti Elisa iniziava veramente a pensare alla sua sterilità. Non sarebbe mai divenuta madre. Non avrebbe mai abbracciato suo figlio, né lo avrebbe salutato mentre, con un sorriso furbo, il ragazzino avrebbe mosso i suoi primi passi verso la sua strada.
 
Non si sarebbe mai potuta lamentare per nove mesi della sua impossibilità di muoversi, né avrebbe potuto piangere quando, appena nato, il marmocchio le avrebbe stretto un dito. Aveva provato più volte ad immaginarselo.
 
Era a quel punto che le prime lacrime iniziavano a cadere.
 
Solo in quel momento Sirius la stringeva di più, facendo sì che i suoi singhiozzi fossero soffocati nel tessuto caldo della sua felpa.
 
Eppure, con il passare dei giorni, iniziò a saper convivere con quel senso di vuoto che la inondava. Iniziò di nuovo a ridere con gli altri, stupita e divertita allo stesso tempo di quanto fosse strana la sua vita. Iniziò di nuovo a sentirsi grata.
 
E poi arrivò la notizia.
 
Quel pomeriggio aveva deciso di passarlo in biblioteca, immersa nel sempre infinito studio per i M.A.G.O..I suoi G.U.F.O. erano stati svolti al di fuori della scuola quindi, le spiegarono gli insegnanti, la commissione le avrebbe posto più domande e quesiti per metterla alla prova.
 
La lettura dell’ennesima pagina fu interrotta dall’arrivo di Lily. La ragazza pareva stravolta, gli occhi leggermente rossi dal pianto. «Che diamine-» «La madre di James è morta»
 
Il senso di vuoto che provò alla notizia la fece sentire stordita. Non ci mise molto a mettere via le sue cose e ci mise ancora meno a raggiungere il dormitorio. Non parlarono durante lo spostamento e lei seppe che entrambe non ne avevano bisogno. A volte le parole risultano solo superflue.
 
James sedeva sul divano della Sala Comune. Guardava perso il fuoco, come se non lo vedesse veramente. Al suo arrivo il suo sguardo si posò su di lei.
 
«Immagino avrai qualche fantastico consiglio, eh Scricciolo?» Elisa si inginocchiò davanti a lui, tra le sue ginocchia. Il ragazzo la osservò momentaneamente sorpreso. «Piangi» non impiegò molto a seguire il suo consiglio. Le braccia del ragazzo andarono a chiudersi su di lei, stritolandola. Lei rimase immobile, lasciando che il Grifondoro le inzuppasse la felpa. Solo quando si fu calmato lei si allontanò, lasciando che la vicinanza con Lily e i suoi amici facesse il resto. Aveva qualcun altro da cui andare.
 
«Non stai piangendo» gli fece notare lei avvicinandosi. Sirius, che aveva osservato il suo arrivo, le sorrise tristemente. «Ho già perso dei genitori una volta» non esitò ad abbracciarla però e questo fu per lei abbastanza.
 
Non era mai stata ad un funerale. Molti maghi e streghe stavano piangendo. Un mago del Ministero pronunciava le esequie, cantando il valore di una donna che ormai non c’era più. Elisa non era sicura che Dorea avrebbe gradito. Non esternò i suoi pensieri.
 
Per tutto il discorso rimase in silenzio, il viso asciutto e impassibile di chi ha abbastanza rispetto per la morte. Qualche viso purosangue spiccava tra i presenti. Elisa ne riconobbe i volti da vecchi ricordi impressi nella sua memoria. Sembravano spazientiti, quasi quella morte non li toccasse affatto. Le sarebbe piaciuto ridere per la loro stupidità.
 
A metà del discorso Sirius, al suo fianco, le prese la mano. Lei gliela strinse più forte, osservando piccole gocce umide solcargli la guancia. Nella vasta folla intravide anche Silente. L’uomo le sorrise tristemente, lanciandole un cenno. Non poté fare a meno di sorridere con malinconia a sua volta, in risposta.
 
Al termine delle esequie la piccola folla si alzò dalle loro sedie. Elisa osservò la distesa d’erba intorno a sé. Il prato dove Charlus aveva scelto di ricordare la moglie era singolare, scosso da una brezza calda inconsueta in quel periodo dell’anno.
 
«Non dovevi venire» la ragazza si voltò a quella voce. Il signor Potter la osservò mordendosi il labbro, guardando poi nella direzione degli altri ragazzi per essere sicuro che fossero abbastanza lontani. James sembrava ridere distrattamente al centro del gruppetto, probabilmente per una battuta di uno dei ragazzi.
 
«Tuo padre potrebbe arrivare da un momento all’altro» il tono allarmato dell’uomo la fece di nuovo voltare nella sua direzione. Respirò stancamente. «Mi ha salvato la vita quella sera, signore» entrambi sapevano chi era il soggetto. «Essere qui per ricordarla era il minimo che potessi fare»
 
L’uomo spostò lo sguardo in alto, verso il cielo, probabilmente per impedire che qualche nuova lacrima facesse capolino. Lei distolse lo sguardo.
 
«Vieni» una pressione gentile alla schiena la fece di nuovo voltare. Charlus la stava invitando a camminare un po’ con lui. Fece quanto le era stato chiesto. Dopo qualche minuto di silenzio un’altra risata richiamò la sua attenzione. Quasi involontariamente, sorrise.
 
«Lei era convinta tu fossi una brava persona» l’uomo si passò stancamente una mano nei capelli. Solo in quel momento si rese conto quanto James assomigliasse alla madre. I capelli, il naso, i lineamenti… solo gli occhi sembravano quelli del padre. «e in qualche modo lo sono anch’io» sorrise nella sua direzione ed Elisa non poté fare altro se non contraccambiare.
 
«Non so chi tu sia» l’uomo si era fermato in mezzo al prato, osservandola con sguardo fisso. «Ma proteggi mio figlio» la brezza calda tornò, scuotendo placidamente i capelli biondi dell’uomo. «Proteggili tutti» la Grifondoro deglutì, lentamente.
 
Avrebbe voluto rispondere che non ci sarebbe mai riuscita, che quanto meno ci avrebbe provato. Ma l’unica cosa che riuscì a fare davanti alla speranza di quel vecchio padre fu annuire, semplicemente. Annuì, perché in quell’istante seppe che l’avrebbe comunque fatto. Il sorriso si allargò sul viso di lui.
 
«Oh bene… dovremmo tornare, non credi?» la ragazza seguì l’uomo lungo il prato. Riuscì ad intravedere in lontananza le occhiate che gli amici le stavano lanciando.
 
«Sai, questo prato è sempre stato molto importante per Dorea» le sopracciglia della giovane si alzarono «Ci siamo conosciuti qui, tanto tempo fa» continuò, gli occhi rivolti ad un passato lontano. «è stato qui che ha scelto la sua strada, abbandonando definitivamente i pregiudizi della sua famiglia» spiegò Charlus inclinando di lato la testa con un sorriso dolce. «Lei lo considerava una sorta di luogo degli inizi» un silenzio commosso seguì quelle parole.
 
«Ho pensato sarebbe stato carino salutare qui il suo nuovo inizio» una nuova lacrima solcò il viso del mago.
 
«Ci sono inizi più dolci di altri» commentò lei osservando Sirius avvicinarsi. «Beh, decisamente» «Di cosa state parlando?» il gruppo li raggiunse, James in testa. Checché stesse sorridendo, i suoi occhi rimanevano ancora lucidi. «Di come, per Merlino, tu ti ostini a non studiare» «Cosa?! Ma se ricevo complimenti da tutti i professori e-» Elisa non diede peso al battibecco tra padre e figlio.
 
Si avvicinò invece a Sirius, intrecciando timidamente le dita con le sue. Appoggiò quindi la testa alla sua spalla, chiudendo gli occhi e godendosi il venticello tra i capelli. Forse era vero che alcuni inizi erano più dolci di altri.
 
 
***
 
 
I mesi passarono velocemente. La tristezza lentamente fu superata, lasciando spazio a quella placida tranquillità dettata dall’abitudine. Elisa frammentava il suo tempo tra un assiduo studio, gli amici e Sirius. Aveva trovato un giusto equilibrio, in fin dei conti.
 
La monotonia dei giorni fu bruscamente interrotta da una lieta novità. Se per i più vedere James e Lily camminare per i corridoi vicini senza azzannarsi pareva un miracolo, vederli mano nella mano parve impossibile. Per i primi tempi molte congetture furono costruite intorno alla loro storia. Elisa rideva ogni qualvolta ne sentiva una nuova. E fu proprio con quella lieta notizia che giunse la fine della scuola.
 
«Basta ripassare» James prese dalle mani della rossa il pesante tomo di Incantesimi. «Ridammelo Potter» «Sai tutto, Evans!» i ragazzi sghignazzarono a quella scenetta. «Oh tortorelle!» Sirius richiamò l’attenzione con un sorriso furbo. Teneva un braccio sulle spalle della sua ragazza che, placidamente, si gustava lo scambio di battute.
 
«Senti chi parla… non sono io che fisso il sedere della mia ragazza ogni volta che si gira» Elisa si voltò con le sopracciglia arcuate nella sua direzione. «Non lo faccio» tentò di difendersi un Sirius visibilmente imbarazzato.
 
«Ah no?» James gli rivolse uno sguardo scettico. «A differenza tua io posso toccarglielo» e con nonchalance il braccio scese più in basso, fino a sfiorarle la chiappa sinistra. Il libro tra le mani della mora finì presto sulla spalla dell’altro.
 
I lamenti del Grifondoro furono interrotti dalle pesanti porte della Sala Grande che, aprendosi, rivelarono un omino del Ministero. Indossava un pesante mantello di alta sartoria, un cappello a punta e uno sguardo cinico.
 
«Elisa Stevenson» gracchiò imperioso nella loro direzione. La ragazza fece un passo avanti, cercando di mantenere la calma. L’uomo sparì dietro alla porta. Si guardò un’ultima volta indietro, osservando gli sguardi incoraggianti degli altri. Si soffermò più del dovuto su Sirius e sulla sua faccia preoccupata. Sarebbe andato tutto bene.
 
L’ultimo esame dei suoi M.A.G.O. ebbe un inizio pessimo.
 
Il delegato del Ministero le chiese qualche nozione di teoria. Mentre pronunciava frasi e frasi imparate spudoratamente a memoria, la ragazza controllò i presenti. Quasi tutti i suoi insegnanti erano sparsi per la sala. E la fissavano.
 
Si interruppe bruscamente, deglutendo con forza. L’uomo la osservò scettico, per poi passare ad un’altra domanda. In un angolino della Sala Elisa intravide anche Silente. Le sorrise incoraggiante, probabilmente nella speranza di calmarla. Tornò a prestare attenzione al suo esaminatore che, impaziente, la guardava, la penna in equilibrio sul suo foglio di appunti.
 
«Allora?» la spronò irritato. «Cosa… può ripetere?» L’uomo assunse un’espressione offesa mentre, scocciato, le ripeteva la domanda che lei non aveva minimamente ascoltato. «Prego, l’incantesimo più potente di cui è capace» Elisa rimase ad osservarlo con la bocca leggermente aperta.
 
Cosa avrebbe dovuto fare? Uno scomodo silenzio carico di aspettativa si diffuse nella Sala. L’esaminatore sbuffò, ora del tutto spazientito.
 
«Va bene, il suo esame è finito. Ora può anche andare» La Grifondoro osservò l’uomo voltarsi e porre il foglio di appunti su una pigna diversa da quella dei suoi compagni. Deglutì sonoramente, cercando di mantenere la calma. Ora solo qualcosa di grandioso avrebbe potuto salvarla. Con quanto coraggio aveva in corpo prese in mano la bacchetta.
 
«Il suo esame è finito, signorina, posi la bacchetta» La ragazza fece qualche passo avanti e posò la bacchetta sul tavolino, per poi portarsi al centro della Sala. «Per Merlino cosa pensa di-» Elisa chiuse gli occhi, concentrandosi.
 
Un bruciore agli occhi e una scossa lungo la spina dorsale la fecero sorridere. Apri i palmi delle mani, le braccia ancora immobili lungo i fianchi. A quel gesto le torce lungo le pareti ebbero uno sbuffo improvviso. Il fuoco si alzò di qualche metro.
 
«Cosa-» lo squittio dell’esaminatore la divertì.
 
Aprì gli occhi e, lentamente, iniziò ad alzare le braccia verso l’altro, i palmi rivolti al soffitto. Rivoli di fuoco iniziarono a distaccarsi dalle torce, andando a scontrarsi nello spazio vuoto parecchi metri sopra le loro teste. Con un veloce gesto del polso le candele si spostarono, evitando le fiamme e andando a disporsi lungo le pareti, in file ordinate.
 
«Per Merlino» Lumacorno fece qualche passo avanti, osservando stupito l’agglomerato di fuoco fluttuante al centro della stanza.
 
E poi quella palla di calore e fiamme iniziò ad agitarsi. Elisa sorrise un’ultima volta prima di sbattere le mani, unendole definitivamente. Quando le sue dita si intrecciarono la palla di fuoco esplose in un movimento convulso.
 
«Un drago, UN DRAGO» l’urlo dell’esaminatore accompagnò la sua fuga parecchi metri più lontano. Elisa osservò l’animale di fuoco fluttuare nell’aria. Le grandi ali sbattevano ritmiche, inondando la Sala di un pesante calore. La ragazza riabbassò le braccia, portandosele lungo il busto.
 
Il drago ruggì. Con una poderosa spinta si slanciò in avanti, nella sua direzione. Elisa respirò a fondo, osservando la creatura con le fauci spalancate. Sapeva cosa fare.
 
Tre metri.
 
Molte voci urlarono.
 
Due metri.
 
E se non avesse funzionato?
 
Un metro.
 
Doveva funzionare.
 
Rapida le sue mani scivolarono in avanti, il palmo aperto e rivolto verso la creatura e le braccia completamente distese. Puntando saldamente i piedi a terra si preparò all’impatto.
 
Quando la prima fiamma le sfiorò la pelle, un muro invisibile si aprì tra lei e la creatura. Il drago si sgretolò in fiamme, espandendosi in un’esplosione lungo la parete invisibile.
 
Un sorriso euforico si dipinse sul viso di lei. Quando finalmente anche l’ultima fiammella si fu estinta la Grifondoro tornò ad osservare la stanza. Un forte applauso da parte dei professori scosse le mura della Sala.
 
«Come diamine ha fatto?» L’esaminatore le si avvicinò barcollante. Elisa si portò una mano a grattarsi la nuca. «Era solo un draghetto di piccole dimensioni» si scusò.
 
L’uomo le afferrò la mano e gliela strinse più volte, con fare pomposo. «è stato un piacere lavorare con lei» lo ringraziò, un po’ confusa. Prima di uscire dalla stanza da una porta secondaria si voltò verso Silente. Dallo sguardo pieno di orgoglio che le lanciò dedusse che sì, in fondo essere lei aveva dei suoi vantaggi.



Angolo autrice
Buongiorno! Spero stiate passando delle belle vacanze. Fatemi sapere cosa ne pensate
Alla prossima
Eli
 

Ritorna all'indice


Capitolo 49
*** Incubo ***


Incubo
 
«Hai fatto un drago di fuoco» Elisa sbuffò, infastidita. «Puoi smetterla di ripeterlo?» «Hai fatto un fottuto drago di fuoco!» Remus le lanciò un altro sguardo incredulo. Lei alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo.
 
«Era un drago in miniatura, uno vero non sarebbe mai entrato-» «E io cosa ho fatto? Un patronus» Peter annuì sconsolato al suo fianco. «Pensavo fosse spettacolare» «Su su amico» James si sistemò meglio sulla sua poltrona. «Se può consolarti lo abbiamo fatto in quattro» «Almeno voi avete fatto quello. L’unica cosa di cui sono stata capace è stata far levitare tutti gli oggetti nella Sala» si lagnò Lily con uno sbuffo.
 
«Levitazione Congiunta è un incantesimo che acquisisce solo chi ha grandi proprietà magiche, così come l’incanto patronus. Siete passati tutti» Elisa si accoccolò meglio sul divano. Solo allora Sirius si voltò verso di lei. «Io ti adoro» le sussurrò con uno sguardo dolce «ma sei decisamente troppo esibizionista» la punzecchiò poi tornando a fissare gli amici. Lei sbuffò di nuovo.
 
«Avete sentito della festa per l’ultimo anno?» Peter osservò gli altri con gli occhi che brillavano «Quale-» «è una festicciola che organizzano dei Corvonero. È incentrata sulle coppie strane» spiegò James stiracchiandosi pigramente. Elisa intercettò lo sguardo dell’amica poco più in là. «Coppie strane?» «Sì sai, si dovrebbero invitare persone diverse dalle solite» puntualizzò James guardando il fuoco scoppiettare nel camino.
 
«Noi ci andremo insieme, vero?» Lily sorrise sorniona. «Mmm penso di no» il ragazzo si voltò ad una velocità tale da farsi quasi cadere gli occhiali. «Ma-» «è una festa incentrata sulle coppie strane, no? Ci vedremo poi là» Sirius iniziò a sghignazzare sul divano.
 
«Sei uno sfigato Ramoso» «Ha parlato» il Grifondoro sorrise, compiaciuto. «Invidioso perché qualcuno qui porterà la sua ragazza alla festa e tu no?» «Mmm veramente…» Elisa si grattò la testa con espressione dispiaciuta. Il sorriso di Sirius morì sul volto non appena la vide «No ti prego» iniziò con tono sconfitto. «Lily ha ragione. Sono coppie strane, no?» Il viso gongolante di James fu abbastanza schiacciante.
 
Sirius tentò più volte il giorno seguente di chiederle con chi si sarebbe presentata. Non aprì bocca. Fu abbastanza divertente osservare lui e James lambiccarsi nel tentativo di trovare qualcuno alla loro altezza. E il giorno dopo tentarono.
 
Il pranzo in Sala Grande stava scorrendo abbastanza tranquillo. Solo al termine James si alzò, dirigendosi sicuro verso il tavolo degli insegnanti. Le due ragazze osservarono confuse la scena. Sirius, invece, pareva aver appena ingoiato uno snaso.
 
«Professor Silente» nella Sala scese un silenzio carico d’attesa. Elisa si allungò dal suo posto per avere una maggiore visione della scena. «è da molto tempo che nutro un desiderio profondo» James parlava meccanicamente osservando il pavimento, ripetendo con molta probabilità un discorso imparato a memoria. Le sopracciglia di Silente si alzarono, la forchetta con del budino rimasta a mezz’aria davanti alla sua bocca.
 
Solo allora James alzò lo sguardo. «Vuole venire con me alla festa?» «Cosa diamine-» Lily al suo fianco le stritolò il braccio. La mora rimase a fissare la scena, estremamente divertita.
 
«Bastardo!» L’urlo al suo fianco attirò la sua attenzione. Sirius si era appena alzato, sbattendo il tovagliolo sul tavolo.
 
«Sapevi che volevo invitarlo io!» James si voltò con una mano sul cuore «Io ci tengo di più!» «Non è vero» la situazione avrebbe potuto sembrare surreale se solo Elisa non avesse saputo benissimo che non lo era. Scosse la testa, tralasciando il bisticcio e concentrandosi sul preside.
 
L’anziano stava scuotendo divertito la testa. Quando incontrò il suo sguardo l’uomo le rivolse un occhiolino complice per poi tornare a mangiare il suo budino. Elisa decise di fare altrettanto. E mentre l’intera Sala osservava basita la discussione lei addentò la sua torta, felice.
 
 
***
 
 
La sera della festa portò con sé curiosità ed emozione. Era il loro penultimo giorno ad Hogwarts. Elisa richiuse il suo baule con un tonfo, osservando Lily fare altrettanto. «Mi mancherà tutto questo» commentò pensosa osservando i letti a baldacchino. La rossa annuì in risposta.
 
«Mi mancherà questa vita» Elisa si voltò nella sua direzione, stupita. «Non stiamo mica morendo!» l’amica sorrise debolmente in risposta «Hai mai pensato ci volesse un’altra vita? Sai…» indicò tutt’intorno con espressione vacua «Per riprovarci, per sbagliare ancora, per ricominciare…» La mora sorrise debolmente. «Sì, ci ho pensato»
 
Avevano deciso di presentarsi alla festa insieme. Erano amiche ma nessuno aveva pensato mai che fossero lesbiche. O nessuno era mai venuto a dirglielo, almeno.
 
«Questo si chiama imbrogliare» le riprese James con sguardo accusatorio. «Chi hai portato?» la sua accompagnatrice sbucò dalla sua spalla. «Lasciamo perdere» Alice pareva assolutamente a disagio in quel frangente.
 
«Frank con chi-» «Una ragazza del sesto anno di Corvonero» Elisa annuì incoraggiante. Anche Lily sembrava abbastanza solidale: probabilmente l’idea che James fosse accompagnato da una ragazza già occupata la rassicurava.
 
L’attimo seguente la mora intravide Remus vicino al tavolo con i drink, accompagnato da una paziente Marlene. Elisa dovette ammettere che non erano poi così strani, insieme. Peter sgattaiolava dietro di loro, evidentemente solo.
 
«ha invitato una ragazza» James al suo fianco guardava nella sua stessa direzione. Respirò sconfitto. «Non si è presentata» spiegò con un’espressione amara. Il dispiacere per l’amico durò ben poco.
 
Poco più in là Sirius se ne stava appoggiato ad un tavolo, un liquore ambrato tra le mani. Al suo fianco una cinguettante Carlotta continuava a parlare senza fiato, enumerando i diversi vestiti che aveva provato prima di indossare quello che portava.
 
«Questa festa inizia a non piacermi» pronunciò quelle parole distrattamente, eppure la sua premonizione si rivelò esatta. Verso metà della serata si ritrovò da sola, al tavolo degli alcolici, osservando persa Lily e James ballare poco più in là.
 
Una fitta di invidia le pizzicò lo stomaco. Si arrischiò a gettare un’occhiata in direzione di Sirius. Stava parlando con un suo compagno di squadra, la bionda arpionata al suo braccio. Ogni tanto, con la scusa di sgranchirsi il braccio, se la staccava di dosso. Inutile dire che la sua libertà faticosamente conquistata non rimaneva tale per molto.
 
«Anche tu sola?» Peter le si sedette di fianco, un sorriso triste sul viso. «Già…» rimasero interi minuti immobili, senza sapere cosa dire. Poi, finalmente, un lampo di genio la fece alzare. «Vieni a ballare?» gli occhi di Peter strabuzzarono nella sua direzione «Noi due?» Annuì convinta nella sua direzione. Il ragazzo parve pensarci per qualche attimo. Poi, deciso a sua volta, si alzò, dirigendosi poi con lei verso la pista da ballo.
 
Un urlo sovrastò la musica. Un improvviso silenzio scese nella sala mentre una figura argentata piombava nella sala. Elisa si bloccò sul posto. Un’imponente fenice svolazzò elegantemente nella sua direzione per poi sparire nel nulla a pochi centimetri dal suo volto. Aveva vissuto abbastanza volte quella scena per sapere cosa voleva dire.
 
«Dove vai?» Peter le afferrò una mano interrompendo la sua marcia verso la porta. «Devo andarmene» il ragazzo la lasciò andare «Vengo con te» dei passi alla sue spalle le indicarono che il giovane aveva fatto come annunciato.
 
«Dove state andando?» James e Lily li raggiunsero alla loro destra. Per uscire avevano dovuto costeggiare la pista da ballo. Elisa si maledisse. «Fuori» Non controllò se la seguissero o meno.
 
«Che diamine sta succedendo?» la voce di Remus si unì al gruppo alle sue spalle «Vorremmo saperlo anche noi» protestò James con uno sbuffò. Elisa li ignorò, dirigendosi verso la porta.
 
«Ehi che succede?» Sirius le arrivò in contro. «Fuori» quasi sovrappensiero intrecciò le dita con le sue, iniziando a trascinarlo nella folla.
 
«Dove diamine pensate di andare?» la voce squillante la costrinse ad interrompere la corsa. Si girò quel tanto da incontrare lo sguardo accusatorio di Carlotta. Alzò gli occhi al cielo, teatrale. «Fuori» «Riformulo la domanda: dove diamine pensi di andare con il mio accompagnatore?» Elisa si bloccò sul posto. Si voltò lentamente, lasciando che la sua postura indicasse quanto quella dannatissima ragazza stesse superando il limite.
 
«Il tuo accompagnatore è il mio ragazzo» la folla intorno a loro era piombata nel silenzio più assoluto. «Però non mi pare ti abbia invitata» «Non mi pare ti abbia scelta» la rabbia con cui pronunciò quelle parole fece indietreggiare la rivale. Lei avanzò, sicura.
 
«Qualcos’altro da aggiungere?» lo sguardo ferito che Carlotta le lanciò fece incrinare un poco la sua corazza. Poi la sua espressione divenne fredda. «Un giorno lui sarà mio. Non importa quando» il sussurro le fece accapponare la pelle. Osservò la bionda restituirle lo sguardo. «Non importa come»
 
Ogni risposta fu bloccata dal braccio di Sirius. «Dobbiamo andare» fu strano osservare l’ultimo sguardo che Carlotta le rivolse. Sembrava ferita, eppure troppo orgogliosa per cadere. La freddezza dei suoi lineamenti l’accompagnò per molto tempo dopo che lasciarono la stanza delle necessità.
 
«Cosa diamine sta succedendo?» Lily le si affiancò con sguardo preoccupato. «Silente mi ha chiamato nel suo studio» l’altra annuì, pensierosa. «Beh ma allora di cosa ci preoccu-» «è qualcosa di grave, vero?» Peter fu interrotto da James che, alle sue spalle, camminava osservando il fondo del corridoio. Elisa annuì.
 
Solo quando raggiunsero il Gargoyle di pietra si arrischiò a dar voce ai suoi pensieri. «Non dovevate venire» commentò osservandoli uno ad uno. «La scuola è ufficialmente conclusa» commentò Remus con un sorriso «Ora dobbiamo proteggerci a vicenda, no?» lei annuì con lentezza, cercando di trattenere una lacrima di gratitudine che rischiava di rigarle la guancia. Avrebbe voluto controbattere, esporre meglio la sua tesi, enumerare in lungo e in largo tutte le ragioni per cui la loro presenza poteva rappresentare un pericolo. Non ne ebbe la forza.
 
Pronunciata la parola d’ordine il Gargoyle si spostò con un balzo. Elisa aprì la porta dell’ufficio senza bussare. Silente era chino su delle carte. Al suo arrivo alzò lo sguardo, incontrando il suo. I suoi occhi luccicarono alla vista degli altri ragazzi.
 
«Temo che la vostra presenza qui non sia necessaria» commentò fermamente. «Io invece credo di sì» Sirius fece un passo avanti, sicuro. «Se qualcosa riguarda lei, allora riguarda tutti» le labbra del professore si assottigliarono.
 
«Sono a posto professore» Elisa si avvicinò alla scrivania. «Di cosa ha bisogno?» il preside rimase ancora qualche secondo ad osservare i ragazzi. «Alcuni mangiamorte si sono infiltrati nel ministero» lei annuì lentamente. «Il ministero non ne è al corrente. Sarebbe utile intrattenerli e bloccarli nell’attesa degli auror» «Vado subito»
 
«No» Sirius si intromise nel discorso «Non ci andrai da sola» le sopracciglia della ragazza si alzarono «Vorreste venire con me?» chiese, un pizzico di ironia nella voce. I ragazzi annuirono. «Non se ne parla nemmeno. Questa è una mia scelta e-» «Anche noi possiamo scegliere» James si intromise facendo un passo avanti. «Siamo tutti maggiorenni» Lily seguì l’esempio del suo ragazzo. Anche Remus e Peter annuirono, facendo qualche passo avanti nella sua direzione.
 
«Molto bene» Silente batté le mani senza allegria. «Bacchette in più saranno utili alla causa» «Cosa?» Elisa si voltò nella sua direzione. «Non può dire sul serio» «Hanno l’età per scegliere» «Sì ma-» il preside ignorò la sua titubanza e si rivolse ai presenti. Estrasse la bacchetta, invitando i presenti a fare lo stesso.
 
«Penso si debba fare qualcosa di veloce. Giurate di essere fedeli all’ordine?» «Giuro» dei filamenti argentati fuoriuscirono dalle diverse bacchette. Quelle di Peter, notò, erano più sottili e fragili delle altre. Si appuntò di difenderlo in un possibile scontro.
 
«Ora andate» l’anziano fece segno verso il camino. Con un rapido colpo di bacchetta le loro vesti eleganti sparirono, sostituite da mantelli più comodi. «Vi consiglio di preparare le bacchette»
 
Elisa fu la prima ad avvicinarsi al fuoco. Prese della polvere e la gettò nelle fiamme. La ragazza pronunciò la destinazione non appena si fu intrufolata nel camino. L’ultima cosa che vide furono gli occhi preoccupati del vecchio scrutarla partire.
 
 
***
 
 
Il salone di arrivo del Ministero era completamente deserto. Elisa si accucciò a terra non appena arrivò, la bacchetta pronta in mano. Ma nessun incantesimo rischiò di colpirla. Si guardò in giro, studiando il silenzio assordante che la circondava. Delle fiammate alle sue spalle le annunciarono l’arrivo degli altri. Dopo parecchi minuti si voltò verso i suoi compagni. La guardavano tutti spaesati, le bacchette in mano ma inermi.
 
«Ottima idea ragazzi» li riprese con un filo di voce rabbiosa. «Perché? Perché vogliamo lavorare in squadra?» «Sai qual è la differenza tra lavorare da soli o in squadra, James?» il ragazzo scosse la testa, lievemente stupito «Quando si lavora da soli si mette in gioco la propria vita. Quando si è in squadra al minimo errore crepano tutti» la ragazza si voltò con un sospiro e iniziò a dirigersi lungo il corridoio poco illuminato.
 
Il rumore dei loro passi riecheggiava nel silenzio. Elisa incantò le proprie scarpe per renderle silenziose, per poi fare altrettanto con quelle degli altri.
 
«Perché questi cappucci enormi?» Peter si toccò distrattamente il pesante tessuto nero. La mora si bloccò nel mezzo del corridoio. Dopo aver controllato nuovamente che non ci fosse nessuno, si voltò verso i compagni.
 
«Vi spiego la missione» iniziò con un sussurro voltandosi più volte «Non siamo qui per combattere. Non direttamente almeno» «Cosa-» la Grifondoro bloccò il suo ragazzo con una mano «Dobbiamo tenere solo d’occhio la situazione e solo eventualmente agire. Non dobbiamo farci riconoscere» chiarì poi voltandosi per l’ennesima volta. Il corridoio sembrava veramente deserto. La ragazza si mise poi il cappuccio. Gli altri la imitarono.
 
«Perché non dovremmo farci riconoscere?» James osservò uno ad uno i propri compagni. Elisa respirò stancamente. «Farò finta di non aver sentito» si voltò poi noncurante delle proteste dell’altro e continuò il suo cammino.
 
Non appena furono nei pressi, l’ascensore arrivò sferragliando. Tutti i ragazzi si bloccarono, rimanendo immobili per ogni evenienza. Si guardarono intorno, il cuore a mille nel petto. «Va tutto bene» non credette nemmeno per un attimo al suo sussurro, ma la ragazza continuò il suo percorso.
 
Una piccola e stretta scala laterale portava agli uffici. Elisa si diresse sicura in quella direzione. Le pareti, di un intenso color nero, erano fredde al tatto. La ragazza ritrasse la mano quasi si fosse scottata.
 
«Non mi convince» il sussurro di Lily la fece voltare un poco. «Nemmeno a me» «Cosa non vi convince?» Remus in coda al gruppo si avvicinò di più agli altri. «è tutto troppo-»
 
La mora si bloccò di colpo. Pareva che l’aria le fosse stata risucchiata dai polmoni. Si attaccò alla parete per non cadere. Appoggiando la fronte contro di essa ebbe veramente l’impressione che la testa le stesse andando a fuoco.
 
«Ehi» delle mani l’afferrarono per i fianchi, evitando di farla accasciare completamente.
 
Le sarebbe piaciuto rialzarsi. L’unica cosa che riuscì a fare fu emettere un rantolo sordo mentre la vista le spariva. Stralci di immagini iniziarono a vorticarle davanti agli occhi. Delle figure si muovevano furtive nell’ombra, il viso coperto da maschere di argento. Sembravano attendere qualcosa, chiusi in quell’ufficio.
 
Apparentemente tutto sembrava al proprio posto. Nessun foglio era stato toccato, nemmeno il più piccolo cassetto era stato svuotato. La figura più vicina si voltò verso la parete, dove un orologio elegante rimaneva appoggiato alla parete.
 
«Sono in ritardo» grugnì la voce ovattata. Sembrava una donna. «Arriveranno» il sussurro sicuro le accapponò la pelle.
 
Così come erano venute le immagini se ne andarono. Le parve di essere scaraventata indietro. Ci volle qualche secondo affinché i gradini scuri tornassero nitidi. Cercò di reggersi sulle sue gambe. Dopo qualche altro secondo ci riuscì. Sirius, al suo fianco, la lasciò andare.
 
«Che diamine è succ-» Con uno scatto la ragazza si gettò verso la voce. Si ritrovò a pochi centimetri dal viso di Peter, una mano sulla sua bocca e l’altra dietro al collo per non farselo sfuggire. Con un briciolo di razionalità si accorse che in quella posizione sembrava volesse baciarlo. Scacciò via quei pensieri molesti.
 
«Trappola» il sussurro si infranse sulla sua stessa mano. Gli occhi di Lily, alla sua destra, si fecero più grandi dalla paura. Elisa si staccò dal povero Grifondoro, lasciandolo respirare. Fece poi segno agli altri di scendere nuovamente le scale, in silenzio. I ragazzi fecero quanto gli era stato ordinato.
 
Lei rimase in coda, girandosi più volte per controllare. Nessuno sembrava essersi accorto della loro presenza. Qualcosa di caldo le sfiorò la mano. Le dita di Sirius si intrecciarono alle proprie. Lei restituì la stretta un po’ più forte. Sarebbero usciti da lì vivi.
 
Solo quando arrivarono alla base delle scale un nuovo pensiero le attanagliò lo stomaco. «Dobbiamo muoverci» Osservò con attenzione il corridoio completamente deserto, immerso nella semioscurità. «Corriamo?» James spostò lo sguardo su di lei, attendendo una risposta. Al suo cenno, il gruppo partì.
 
Nei primi secondi di corsa non successe nulla. Le loro vesti svolazzavano ritmicamente, donando un senso di tranquillità a quell’oscurità quasi accecante. Le dita di Sirius si aggrapparono fermamente alla sua mano, trascinandola in quella strana corsa.
 
Poi la ragazza si voltò. Riuscì ad intravedere la bacchetta che si alzava, quasi pigramente. Il riflesso della maschera argentata la colpì come uno schiaffo.
 
«Giù!» L’urlo si propagò per l’intero corridoio. I ragazzi si gettarono sul pavimento lucido in tempo appena prima che il primo camino al loro fianco esplodesse. Strisciarono ancora per qualche metro tra i detriti prima che la spinta data dalla corsa si estinguesse. Con l’ennesimo scatto Elisa si alzò dalle macerie. Aveva perso la mano di Sirius nella caduta e nello scoppio.
 
«Via via» Aiutò con poca grazia Peter ad alzarsi e lo spinse in avanti, verso i camini successivi. Sirius fu di nuovo al suo fianco in pochi attimi. Nell’esplosione quasi tutti i ragazzi avevano perso il cappuccio. La ragazza se lo sistemò meglio, coprendosi ancora.
 
Un nuovo scoppio alle loro spalle li fece accelerare. Ma prima che riuscissero a raggiungere il camino più vicino, Remus e Lily si bloccarono in testa al gruppo. Elisa sbatté con forza contro la schiena di James. Osservando dalle spalle del ragazzo il cuore le mancò qualche battito.
 
Tre figure incappucciate li aspettavano parecchi metri più in là. Benché le maschere fossero impassibili, Elisa avrebbe giurato stessero ridendo.
 
Solo la figura incappucciata al centro non portava la maschera. Il viso leggermente inclinato, però, era rivolto verso il basso. Senza indugiare si voltò alle sue spalle, la bacchetta rivolta in avanti.
 
Le due figure alle loro spalle li raggiunsero in pochi secondi. Una risata profonda e ovattata si alzò nella sala. Elisa riconobbe l’uomo dell’ufficio di fronte a sé che, con calma controllata, faceva ancora qualche passo avanti.
 
Una nuova voce si alzò nella stanza. «Tutti così giovani» il sussurro maschile sibilato le fece accapponare al centro. Non aveva bisogno di voltarsi per riconoscere da dove venisse. La figura al centro era l’unica senza maschera, ergo l’unica senza la voce ovattata.
 
«E tutti moriranno questa notte»
 
Peter al suo fianco fece qualche passo indietro. Elisa gli afferrò il braccio con la mano libera. «Va tutto bene» il ragazzo annuì al suo sussurro.
 
Un verso di scherno si alzò dalla figura alla sinistra dell’uomo senza maschera. «Su su Lucius» lo riprese l’altro senza troppa convinzione «Diamo rispetto a questa nuova coppia» una risata fredda senza allegria inondò come acqua la stanza.
 
Elisa strattonò un poco Peter, cercando di calmarlo. Si voltò lentamente, incontrando lo sguardo di Sirius. La guardava con occhi sbarrati, pronto ad un qualsiasi ordine. La ragazza si voltò lentamente verso i suoi compagni. Sembravano tutti pietrificati, gli occhi leggermente sgranati dallo spavento. Tutti, a parte Peter, tenevano la bacchetta sguainata davanti a sé.
 
Spostò quindi la propria attenzione verso gli avversari. Benché loro fossero inferiori di numero, in quanto età ed esperienza il suo gruppo era scadente.
 
Sospirò lentamente, cercando di ignorare il martellante suono del suo cuore nelle orecchie. Avere dei nemici su due fronti complicava di parecchio le cose. Doveva assolutamente disfarsi dei due mangiamorte di fronte a sé se voleva avere qualche speranza. Ma come fare? Abbassò la bacchetta, conscia che il suo movimento non era passato inosservato.
 
«Sir» era stato quasi un sospiro il suo. Il ragazzo non impiegò molto a capire: dopo qualche attimo di esitazione abbassò la bacchetta. Le due figure si osservarono per qualche attimo. Poi, con uno sbuffo vittorioso, lasciarono ricadere il braccio con la bacchetta lungo il fianco.
 
Elisa si voltò leggermente verso Sirius, lasciando il braccio dell’altro Grifondoro «Se perdo il controllo» il ragazzo alla sua destra respirò bruscamente. Poi annuì. «Ti uccido» concluse per lei con tono fermo. Lei annuì a sua volta.
 
«Ragazzi» la sua voce si infranse nel silenzio della Sala. Elisa seppe che tutti, mangiamorte compresi, la stavano ascoltando. «Vi ricordate cosa ho detto sul lavoro di squadra?» I ragazzi annuirono, improvvisamente confusi.
 
«Beh» Cercò di concentrarsi. Dopo qualche secondo un bruciore intenso agli occhi e una stretta allo stomaco le indicarono il suo obiettivo. «Non sbagliate»
 
La sua mano libera disegnò veloce un arco immaginario nell’aria, da destra a sinistra. I mangiamorte osservarono stupiti, prima che il muro alla loro destra esplodesse. Detriti li travolsero, inondando di nuovo la sala di una polvere grigiastra. Elisa poté giurare di aver sentito uno scricchiolio d’ossa.
 
Quasi nello stesso istante un lampo verde si infranse contro lo scudo che James aveva appena creato. Incantesimi diversi iniziarono a volare per la stanza, creando un gioco di luci inquietante.
 
La mora afferrò Lily appena in tempo trascinandola con sé a terra prima che un lampo verde la investisse in pieno petto. «Para e attacca» l’ordine che le lanciò sembrò scuotere di poco la ragazza. Non appena si fu alzata ferì il mangiamorte più vicino facendogli sanguinare un braccio.
 
James e Remus combattevano qualche metro più in là con la figura senza maschera. Era un bell’uomo, notò con disappunto. I capelli castani, portati elegantemente all’indietro, si scontravano con gli occhi chiari e magnetici. Se non avesse cercato di ucciderli probabilmente avrebbe fischiato al suo passaggio. Una risata fredda e inquietante scosse il petto della figura, mentre un sorriso senza allegria si dipingeva sul suo viso.
 
«Protego!» Elisa protese le braccia in avanti appena in tempo. Sullo scudo appena creato si infranse una palla nero pece. «Grazie!» James le lanciò un breve sorriso, prima di evitare l’ennesima maledizione.
 
Un urlo soffocato la fece voltare. Un mangiamorte si contorceva a terra stretto tra corde spesse e dorate. Elisa osservò Sirius sovrastare il suo nemico con un sorriso vittorioso. Per qualche secondo pensò lo avrebbe ucciso. Non ci avrebbe impiegato molto e aveva la forza necessaria. Stavano cercando di ucciderli, giusto?
 
Mentre osservava il ragazzo alzare la bacchetta verso la figura a terra il cuore della Grifondoro accelerò. Avrebbe voluto gridare ma nessuno le avrebbe prestato attenzione. Rimase immobile ad osservare gli occhi di lui, leggermente nascosti dai capelli, brillare. Un gettito di luce rossa investì la figura, rendendola immobile.
 
Lo aveva schiantato.
 
Distolse lo sguardo, cercando inutilmente di ignorare il senso di sollievo che le invadeva il petto.
 
Peter e Lily fronteggiavano il secondo mangiamorte. Con un colpo ben assestato da parte della rossa il mangiamorte cadde a terra in preda alle convulsioni. Elisa si giro verso l’ultimo scontro appena in tempo per osservare una nube nera incombere alle spalle della figura ormai rimasta incappucciata. Rideva, deformando i suoi tratti nella stupida imitazione di un sorriso storpio.
 
«Qui!» il grido richiamò tutti i ragazzi a raccolta. Remus nella ritirata incespicò nella sua direzione, aggrappandosi a James per non cadere a terra. L’uomo abbassò la bacchetta, puntandola nella loro direzione. Dalla massa informe di oscurità due ali spuntarono nitide. La figura di un corvo gigante li puntò.
 
«Elisa» il richiamo di James la spaventò. Non sapeva cosa fare. Non era pronta a quello. Non avrebbe potuto portarli fuori di lì vivi.
 
Il corvo distese le sue ali e iniziò la sua picchiata. La mora cercò disperatamente il demone dentro di sé. Non lo trovò. Lo pregò con tutte le sue forze, osservando la bestia che velocemente si avvicinava. Con il drago non aveva avuto tanti problemi. Il becco informe si aprì con uno scatto. Un suono acuto rischiò di spaccarle i timpani. Con la coda dell’occhio intravide Sirius tapparsi le orecchie poco dietro.
 
Puntò la bacchetta in avanti, seguita subito dall’altro mano. Pregò che tutto andasse bene.
 
Chiuse gli occhi, immaginando calma e tranquillità. Due occhi azzurri le restituirono lo sguardo. Stavano sorridendo, solo come lui sapeva fare. Prima che la figura oscura gli fosse addosso Elisa capì che, in fondo, averlo come padre sarebbe stato il suo più grande orgoglio.
 
Aprì gli occhi giusto per vedere le orbite vuote dell’animale avvicinarsi per l’ultimo metro.
 
Prima che la bestia solcasse ancora l’aria nella loro direzione una luce intensa proruppe dalle sue mani. Elisa lasciò andare la bacchetta, stupita, osservando confusa la figura di luce nascere. L’esitazione durò solo qualche attimo prima che i suoi stessi occhi si chiudessero per la luce improvvisa.
 
L’animale si scontrò con il corvo, bloccando la sua corsa e respingendolo indietro. Quando si arrischiò a riaprire gli occhi Elisa intravide l’espressione furiosa dell’uomo di fronte a sé che, con lo sguardo rivolto all’insù, digrignava i denti, nervoso. Solo allora seguì il suo sguardo.
 
«Per Merlino-» James le afferrò una spalla, impressionato. Una fenice argentea si contorceva insieme al corvo in una danza d’artigli e ferite. I ragazzi rimasero ad osservare le due creature. La mora si concentrò su quel nuovo sentimento che aveva nel petto. Si concentrò su Silente e sul suo sorriso triste, immaginando una vita lontana ed impossibile vestita di quotidianità e affetto.
 
Una lacrima le solcò la guancia, silenziosa.
 
La fenice emise un ultimo grido acuto prima che la sua luce aumentasse ancora. Con una poderosa artigliata squarciò il petto al corvo. La creatura rimase immobile qualche istante prima di iniziare una caduta convulsa verso il pavimento.
 
Quando toccò terra si disintegrò in polvere nera che, come un’onda, si propagò nella stanza. Elisa osservò l’oscurità avvicinarsi. Si coprì il viso con un braccio nel disperato tentativo di resistere. Un corpo la coprì, avvolgendole intorno le sue braccia.
 
Una forte luce la abbagliò. La fenice argentea con un ultimo canto scomparve, portandosi con sé la povere scura che li avrebbe travolti.
 
La ragazza cadde in ginocchio, tossendo. Le due braccia non la lasciarono. Quando alzò lo sguardo incontrò due occhi grigi preoccupati. I due si lanciarono un lungo sguardo. Se la morte era il loro destino questo era un buon modo per congedarsi da quell’avventura. Sirius l’aiutò ad alzarsi l’attimo seguente.
 
«Chi sei?» il sussurro dall’altra parte della stanza le fece voltare lo sguardo. L’uomo la osservava curioso, studiandone l’aspetto. Quando si soffermò sui suoi occhi ancora rossi la sua guancia ebbe un tremito. «Il tuo incubo» la sua voce si propagò nella stanza, creando un eco sinistro e solenne.
 
Le labbra dell’uomo si arricciarono. La risposta fu bloccata da un vociare lontano.
 
Dal fondo del corridoio piccole luci provenienti da bacchette iniziarono a farsi strada nella polvere scura. L’uomo si voltò di nuovo verso di loro. Sorrise freddamente, portando avanti la bacchetta in una parodia scadente di un inchino. Poi, con un risucchio rumoroso, si smaterializzò.
 
I ragazzi si lasciarono andare a sospiri di sollievo. Elisa osservò il pavimento lasciato libero dallo strano individuo. Il vociare si fece più rumoroso. Un coro divertito si alzò alle sue spalle. Lily si era appena alzata sulle punte dei piedi per baciare James in un abbraccio disperato.
 
«Dobbiamo andare via» li interruppe brutalmente. «Adesso» specificò raccogliendo la sua bacchetta da terra e dirigendosi verso il camino. I ragazzi dietro di sé si mossero veloci.
 
La mora rimase ad osservare mentre uno ad uno i suoi amici sparivano nelle fiamme.
 
«Va tutto bene?» Sirius le si avvicinò con viso preoccupato. «Tocca a te, devi andare» gli fece notare lei osservando lo spazio dietro di lui ormai vuoto. Gli altri erano tornati al castello. Sirius seguì il suo sguardo verso le luci.
 
«L’oscurità scomparirà presto» spiegò lei tornando a guardarlo. Sirius annuì lentamente per poi prenderla per il braccio. Si infilò nel camino con lei stretta al petto. Con il braccio con cui non la teneva prese una manciata di polvere e la gettò nel camino. Le fiamme divennero verdi all’istante.
 
«Tieniti forte» le sussurrò all’orecchio. Lei gli passò le mani intorno al collo, appoggiando la fronte contro la sua spalla. E mentre Sirius pronunciava la destinazione, Elisa poté sentire le voci farsi più vicine. Ringraziò di essersi rimessa il cappuccio.
 
Qualche secondo dopo i due ragazzi vennero scagliati all’esterno dell’ufficio del preside. Se non ci fosse stato il Grifondoro la ragazza avrebbe rischiato di strisciare per il pavimento invece di fermarsi sul posto. La mora si rese conto che Sirius la stava ancora sostenendo. Si staccò da lui seppur riluttante.
 
«State bene?» Elisa si voltò verso l’anziano. Se non lo avesse conosciuto così bene non avrebbe notato la ruga di preoccupazione sulla fonte, né gli occhi azzurri più dilatati del solito. Annuì con lentezza, sentendo tutti i muscoli del corpo urlare in protesta.
 
«Cosa è successo?» i ragazzi si guardarono, senza una reale risposta. Elisa puntò la bacchetta contro la sua fronte. Un filo argenteo si sfilò dalla sua tempia non appena allontanò il pezzo di  legno. Con un movimento meccanico lasciò cadere il filamento nel bacile a qualche passo più in là. Poi con un cenno stanco fece segno al preside di guardare. L’uomo si avvicinò al bacile a passi veloci e immerse il viso nel bacile di pietra.
 
«Un pensatoio» il sussurro di James le provocò una smorfia stanca.
 
Quasi sovrappensiero si avvicinò a Sirius. Il ragazzo, appoggiato ad un tavolino, l’avvolse con le sue braccia, trascinandosela al petto. Elisa poté sentire la guancia di lui sfregare contro i suoi capelli mentre, con occhi attenti, osservava il preside alle spalle della mora.
 
«Beh anche questa volta ci è andata bene» il Grifondoro iniziò a disegnarle cerchi immaginari sulla schiena con la mano. «Non ho dovuto ucciderti» Appoggiata al pesante tessuto del suo mantello non poté fare a meno di ridere.

Ritorna all'indice


Capitolo 50
*** Scelte ***


Scelte
 
«Stai un po’ meglio?» Lily si affacciò alla porta con un bisbiglio. Elisa sbadigliò sonoramente. Riemerse poi dalla coltre di coperte che la avvolgeva. Per essere giugno troppi brividi di freddo l’avevano stravolta la sera prima. Probabilmente era stata la stanchezza, si ripeté senza convinzione.
 
«Quanto ho dormito?» l’amica si era avvicinata con sguardo dispiaciuto. Elisa si spostò quel tanto da farla sedere al suo fianco, sul materasso. La testata del letto scricchiolò lievemente quando anche l’altra si appoggiò. «Sono le 4 del pomeriggio» la informò la rossa osservando l’orologio al suo polso.
 
«Ho dormito davvero così tanto?» «Ieri sera ci hai salvato, Eli» le fece notare la Grifondoro con uno sbuffo «E mi sono persa l’ultimo giorno ad Hogwarts» Lily storse la bocca a quel commento.
 
«Non ti stai perdendo molto, in realtà. I ragazzi stanno facendo congetture su cosa vogliono fare adesso» La rossa le lanciò un’occhiata intensa «Tu, ad esempio, cosa vuoi fare?» Elisa si sfregò pigramente gli occhi. «Mmm nulla?» Lily sbuffò divertita. «Vuoi concentrarti unicamente sull’Ordine?» La mora osservò le pieghe tra le coperte. «è la mia vita, Lily. Cosa potrei fare, altrimenti?» L’altra distolse lo sguardo, puntandolo sul pavimento.
 
«Sai, penso di essere un po’ nervosa per l’Ordine» Elisa si voltò leggermente a guardarla «Ho capito di cosa si occupa» si affrettò a spiegare «ma non so… sarà la scelta giusta?» La Grifondoro respirò stancamente «Per me non si è mai trattata di una scelta» Lily annuì lentamente, osservando a sua volta le coperte con sguardo perso.
 
«Cosa vorrebbero fare gli altri?» la rossa ridacchiò, improvvisamente divertita «James e Sirius vorrebbero diventare Auror» Elisa sorrise dolcemente «E a dire il vero anch’io» la mora diede una gomitata giocosa all’amica. «Remus vuole cercare un lavoro nel mondo babbano. Sembrava leggermente abbattuto»
 
Chiuse lievemente gli occhi a quel commento. Sperò di non intristire l’umore dell’altra con il suo silenzio.
 
«Peter invece non sa cosa fare. Sembrerebbe voglia-»
 
Elisa si perse nella miriade di incognite che il suo futuro presentava. Cosa avrebbe fatto? Come avrebbe potuto andare avanti? E gli altri? Le sarebbero rimasti al fianco? Quasi involontariamente il pensiero vagò verso Sirius. Cosa gli riservava il futuro?
 
«Sai» Lily osservò l’amica stiracchiarsi «ho deciso: cambio casa» «Cosa?» Elisa si catapultò giù dal letto, stiracchiandosi ancora. Posare i piedi per terra fu spaventoso e meraviglioso allo stesso tempo. Le ossa parvero cigolare prima che si assestassero sotto il suo peso.
 
«prendo un appartamento nel centro di Londra» «Londra?» «Mi pace come suona» spiegò poi incredibilmente entusiasta. Lily scosse la testa con un sorriso gentile sul viso. Poi una scintilla di eccitazione la fece alzare con uno scatto. «Guarda cosa ho trovato qualche giorno fa» aprì il suo baule, iniziando a rovistarci dentro. Quando trovò l’oggetto dei suoi pensieri si lasciò andare in un urlo di vittoria. Riemersa dal baule, le porse un antico libro.
 
Elisa sorrise estasiata a quella vista. «Ce l’hai ancora?» «Non rapisco libri dalla biblioteca ogni volta» si scusò la rossa scuotendo le spalle. Elisa passò delicatamente la mano sulla copertina logora.
 
«Poi alla fine sei riuscita a capirci qualcosa?» Lily scosse la testa, dispiaciuta. «Tienilo tu. Magari un giorno potrà esserti utile»
 
Quel giorno trascorse velocemente tra risate e chiacchiere. Le due rimasero in quella stanza per molte ore, presentandosi agli altri alla cena con un sorriso nostalgico già sulle labbra.
 
I ragazzi erano lievemente emaciati ma sembravano stare bene. Parlarono molto anche durante la cena. Poche persone mangiarono veramente quella sera. Tutti erano troppo impegnati a ridere a qualche ricordo stupido e ormai lontano.
 
Quando il racconto passò all’erede scomparsa Sirius le lanciò un lungo sguardo. Entrambi sapevano che le mille storie su di loro non avrebbero mai raggiunto la piena verità: erano stati due imbecilli fino alla fine, in conclusione.
 
Quella sera tutti i ragazzi si salutarono normalmente, consci del fatto che nulla sarebbe più stato come prima. Elisa si era già addormentata da un bel pezzo quando qualcosa di umido le sfiorò la guancia.
 
«Lily lasciami dormire» la ragazza si voltò dall’altra parte del letto, sfinita. Fu spinta leggermente di lato. «Lily piantala!» «Non sto facendo nulla. Zitta e dormi» il lamento dell’altra la fece sbuffare. Qualcosa di bagnato le toccò il naso. «Lily per Merlino» il suo ennesimo lamento squarciò il silenzio.
 
Dopo qualche secondo un urlo si alzò prepotente nella stanza. Elisa si portò a sedere di scatto. Con un movimento automatico afferrò la bacchetta sul suo comodino. Lily al suo fianco puntava la bacchetta verso l’angolo più buio della stanza. Sembrava avesse appena visto un mostro.
 
«Lily cosa succede?» il sussurro fece voltare l’amica che, perentoria, scosse la testa, mesta. Elisa si alzò lentamente. Carlotta e le sue amiche quella sera non si erano presentate in camera. Probabilmente erano da qualche parte ad affrontare la sbornia.
 
Una figura si mosse nell’ombra. Elisa respirò a fondo cercando di mantenere la calma. Con uno scatto la figura le fu addosso.
 
«Merlino-» quasi cadde a terra sotto il peso dell’animale. Un cane nero la fissava a pochi centimetri del suo viso. Abbaiò, facendola sussultare. «Elisa cosa ci fa quel coso qui dentro?» l’animale la lasciò andare, osservando stizzito l’altra. Senza riflettere, la mora fece qualche passo verso il cane.
 
«Sirius che ci fai qui?» «Cosa?!» l’urlo isterico di Lily rischiò di spaccarle qualche timpano. L’amica spostava il suo sguardo tra lei e il cane, confusa. «è una cosa lunga da-» Con un balzo il cane si spostò nell’oscurità. L’attimo seguente un ragazzo fece qualche passo avanti, porgendole il suo mantello. «Che diamine-» Lily osservò sbalordita il Grifondoro. Lui la ignorò.
 
«Puoi seguirmi tesoro o vuoi rimanere qui ad osservarmi per sempre?» Elisa osservò gli occhi di Sirius scrutarla con interesse. Non era una brutta idea. Non appena si accorse del pensiero che le aveva attraversato la mente si diede della stupida. Scosse la testa involontariamente, cacciando via quelle idee moleste.
 
«Ottimo, allora ti aspetto giù» il ragazzo si slanciò in avanti, posandole un veloce bacio sulla fronte, per poi voltarsi e dirigersi verso la porta, scomparendo dalla stanza.
 
«Cosa cavolo sta succedendo?» Elisa si voltò in direzione dell’amica, osservandola. «Ti spiegherò poi con calma, va bene?» la porta si aprì con un altro tonfo, facendola sussultare. Sirius si riaffacciò di nuovo.
 
«Mi ero quasi dimenticato» si rivolse quindi verso la rossa, un sorriso furbo sul viso «I ragazzi ti vogliono nella loro stanza» poi sparì di nuovo come era venuto. Lily annuì lentamente.
 
«Cosa sta succedendo questa sera?» iniziarono a dirigersi verso la porta. Quando Elisa toccò la maniglia, mille domande si affacciarono nella sua mente. «Non ne ho la più pallida idea»
 
Le due scesero le scale lentamente. Elisa indossò il suo mantello con uno sbuffo. La Sala Comune sembrava deserta. Il fuoco nel camino stava morendo, producendo sbuffi continui e sinistri.
 
Dopo qualche istante un latrato la fece sussultare. Da un angolino alle sue spalle il cane le si avvicinò, leccandole debolmente la mano ed iniziando a dirigersi verso il ritratto. A quel punto si bloccò, voltandosi leggermente e aspettandola.
 
«Starai bene, giusto?» la voce di Lily alle sue spalle la richiamò. «Ci vediamo dopo?» la rossa annuì, osservando stranita l’animale pochi metri più in là. Il ritratto si aprì con un cigolio. Il cane abbaiò ancora. Elisa sbuffò divertita.
 
«Arrivo» il sussurro si perse qualche attimo dopo, quando la tigre si slanciò in avanti. Un altro latrato accompagnò la sua trasformazione. Prima che riuscisse a raggiungerlo il cane si tuffò nell’oscurità fuor dal Dormitorio.
 
Elisa lo seguì in quella strana corsa. La figura cambiò strada un paio di volte, perdendosi in passaggi segreti e scalinate. Solo quando i due uscirono dal castello la tigre accelerò il passo, cercando di raggiungerlo. Il cane parve intuire le sue intenzioni, aumentando il ritmo della sua corsa a sua volta.
 
Un vento leggero accarezzò la sua pelliccia. Un suono lento e profondo si alzò dalla foresta. Un senso di euforia la attraversò. Svoltando l’ennesimo angolo la tigre interruppe la sua corsa.
 
Erano giunti su una collinetta poco lontana dal castello. Un solo albero spuntava dal manto erboso. La tigre fece ancora qualche passo, osservando curiosa il ragazzo che, davanti a sé, osservava il castello. Elisa si ritrasformò l’attimo prima che lui si voltasse nella sua direzione.
 
«Non è bellissimo?» La ragazza osservò l’oscurità lambirne le guglie e le mura. Respirò a fondo l’aria della notte. «Sirius, mi hai fatto veramente alzare alle due del mattino per farmi notare quando fosse bello il castello?» il ragazzo si voltò verso di lei con un sorriso dispiaciuto.
 
«In realtà sono le cinque del mattino» Le sopracciglia di lei si alzarono prepotentemente. «E perché diamine siamo qui a quest’ora?» Sirius le si avvicinò con lentezza. Elisa pensò l’avrebbe baciata. Pochi centimetri li dividevano, dettati più dall’altezza dell’altro che dalla lontananza vera e propria. Poi, con un sorriso sfacciato e gli occhi che brillavano, Sirius indicò qualcosa alle sue spalle. Elisa si voltò lentamente, confusa.
 
«Ho pensato ti potesse fare piacere» La ragazza rimase senza fiato.
 
Il lago nero risplendeva placido alla luce delle stelle. Sembrava che il cielo si fosse appena spostato sulla terra. Una risata cristallina invase il silenzio della notte. «Sirius è-» «Non hai ancora visto nulla» il sussurro che le accarezzo la pelle del collo la fece rabbrividire.
 
Poi il primo raggio spuntò in lontananza. Nel giro di pochi attimi il cielo si tinse di un debole color rosa pallido. Il lago fece altrettanto. «è-» «Aspetta» Sirius le afferrò dolcemente la mano, facendola voltare. Elisa trattenne a stento il fiato.
 
Parte del castello era illuminato da una scintilla rosata. Il netto contrasto che andava formarsi la lasciò stordita. La ragazza si voltò più e più volte per interi manciate di minuti, osservando il suo mondo tingersi lentamente di vita.
 
«è bellissimo» il Grifondoro sorrise. «Vorrei che ti vestissi sempre di questo sorriso» la frase la lasciò leggermente stordita. Si voltò nella sua direzione, incontrando il suo sguardo. «Vorrei non vedere mai più l’espressione triste di ieri sera sul tuo volto» fece qualche passo indietro, spostando lo sguardo.
 
«C’è un motivo se ti ho portata qui questa mattina» la ragazza osservò la sua postura cambiare. Sembrava nervoso, il viso contratto in un’espressione difficile da decifrare.
 
«Oggi è l’inizio di una nuova vita per te, per tutti noi» si voltò finalmente verso di lei. Prese un respiro profondo, quasi per prendere coraggio. «Volevo essere con te a vedere quest’alba. Voglio stare con te-» il suo sguardo si posò sull’erba, per poi tornare su di lei «- ad ogni altra alba che ti capiterà mai di vedere» Il ragazzo fece qualche passo verso di lei, poggiando poi con fermezza la sua fronte contro la propria.
 
«Quello che sto cercando di dirti è che-» spostò lo sguardo al cielo tinto di rosa. Lei osservò intontita i capelli di lui cadergli all’indietro. «-è che voglio essere al tuo fianco in questo nuovo inizio» Elisa rimase immobile, osservando quel viso a pochi centimetri del suo. Poi un ghigno divertito si fece strada dal suo cuore. Sirius osservò confuso la sua reazione.
 
«Quante volte l’hai provata?» la smorfia che le mostrò fu abbastanza da farla scoppiare definitivamente a ridere. «Si vedeva così tanto, eh?» Elisa si riavvicinò, buttandogli le braccia al collo, continuando a ridere. «Dovresti guardare l’alba, almeno. È un bello spettacolo» la voce di lui era ancora cambiata, lasciando a sua volta spazio al divertimento. Elisa sorrise, furba.
 
«Io sto già abbracciando il mio spettacolo» quel sussurro le provocò un dito nello stomaco da parte dell’altro. «Che bugiarda» le loro risate si diffusero nella valle. Quando pochi minuti dopo la ragazza si staccò dal suo compagno, il sole aveva già fatto timidamente capolino tra le montagne. Si sedette sull’erba, subito seguita dall’altro.
 
«Cosa sta succedendo a Lily?» il ragazzo strappò sovrappensiero dei ciuffi d’erba al suo fianco. «Le stanno spiegando tutto» Elisa si voltò nella sua direzione, confusa. «Sai, Remus, le nostre uscite notturne» «Per questo ti sei trasformato tranquillamente davanti a lei» Sirius sorrise debolmente «Era meglio prepararla»
 
Rimasero ancora per qualche ora seduti su quella collinetta. Parlarono di molto e di poco, raccontandosi a vicenda la propria infanzia. Fecero progetti, quel giorno. Immaginarono, persi nei loro sogni e nelle loro speranze.
 
Fu l’ultimo giorno in cui la ragazza poté permettersi quel lusso.
 
Se solo avesse saputo Elisa avrebbe bloccato il tempo. Fermarlo in quel momento, in quel preciso istante in cui la vita sembrò per qualche ora sorriderle.
 
Non ricordò poi molto di quella giornata. Forse il dolore lavò via molti dei suoi ricordi felici nel disperato tentativo di farsi spazio.
 
Ricordò solo l’espressione tranquilla di Lily a colazione e quella serena ed estremamente sollevata di Remus.
 
Ricordò il bacio tra James e la rossa appena uscirono dal castello e il braccio di Sirius sulle sue spalle.
 
Ricordò le parole di lui, sussurrate in quel silenzio accarezzato dall’alba:
 
 
Mi sto chiedendo una cosa da un po’: chissà cosa si prova ad avere una famiglia con l’essere più temuto dell’universo.
 
 
 
***
 
 
Un rumore lontano la fece voltare stancamente. Cercò di rannicchiarsi meglio sotto la coltre di coperte che la ricopriva. Sorrise, inebetita. Un altro insistente tonfo raggiunse le sue orecchie. Aprì solo un occhio, pigramente. Solo quando individuò nel fastidioso rumore un insistente bussare alla porta si decise ad alzarsi.
 
«Arrivo» la sua voce impastata si propagò nelle stanze silenziose. Superò il salotto grattandosi il braccio senza reale bisogno. Quando raggiunse l’ingresso diede un’occhiata veloce allo specchio attaccato alla parete.
 
Capelli in disordine, occhiaie marcate e uno sbadiglio pronto all’uso. Sì, era pronta ad affrontare lo scocciatore. Aprì la porta, presentando la sua miglior espressione scocciata.
 
«Per Merlino, cara, dovresti almeno provare ad essere presentabile ogni tanto» la figura la superò con un veloce saluto e si intrufolò nell’appartamento. La ragazza rimase basita, osservando il pianerottolo ormai vuoto. Con un grugnito richiuse la porta. Si trascinò quindi in cucina, osservando la figura sgattaiolare da una parte all’altra della stanza. Appoggiata svogliatamente allo stipite, la ragazza si chiese cosa diamine avesse fatto di male.
 
«Lily cosa stai facendo?» «Ti preparo la colazione, ovviamente» la rossa chiamò a sé con la bacchetta del tè, mettendolo a scaldare l’attimo seguente. «Se il tuo obiettivo con quella brodaglia è drogarmi beh sappi, donna, non ci riuscirai» l’altra la fulminò con lo sguardo «Dopo tutto quello che hai tracannato ieri sera dovresti solo ringraziarmi» Elisa grugnì ancora, sedendosi al vecchio tavolo pigramente. L’amica si guardò ancora in giro.
 
«Bell’appartamento» la mora spostò gli occhi al cielo «Ci vivo da un mesetto, sai com’è» La rossa sorrise osservando il pavimento. «Sai, mi sembra ancora stranissimo non essere più ad Hogwarts» Elisa annuì pensosa. «Già… lì almeno avrei potuto fare una colazione decente» il commento fu accolto da un’occhiataccia da parte dell’altra.
 
«E così questa sera c’è la prima riunione» la mora annuì vagamente. «Sai per caso perché-» «Nuove reclute penso» fu il turno di Lily di annuire. «James come sta?»
 
Benché si fossero visti la sera prima, Elisa doveva ammettere di non aver prestato molta attenzione al ragazzo. Non che avrebbe fatto alcuna differenza: le sbronze di James finivano quasi sempre con una rissa. E così era stato. Elisa sperò che il povero ragazzo babbano del bar fosse ancora vivo e incolume.
 
«è ancora un po’ giù» commentò l’altra iniziando a versare il tè nelle tazze. «Perdere anche suo padre dopo così poco da-» lasciò cadere la frase e lei non la raccolse.
 
Il mondo aveva salutato Charlus Potter qualche settimana prima. Si passò stancamente una mano sul viso cercando di non far trasparire nessuna emozione. In realtà il ricordo del funerale e delle lacrime era ancora ben presente in lei. Certe ferite avevano bisogno di tempo per guarire.
 
«Hai più sentito Silente?» Elisa tornò a guardare l’amica, annuendo con lentezza. Avrebbe dovuto prendere qualcosa per il mal di testa se non voleva passare l’intera giornata a letto. «è venuto a trovarmi un paio di volte» mormorò sovrappensiero «Sembrava stanco. Penso ci siano cose che verranno annunciate questa sera. Cose pesanti» «Tipo?» Con un colpo di bacchetta la tazza di tè la raggiunse al tavolo. Lily rimase in piedi, appoggiata al ripiano, sorseggiando la propria razione.
 
«Chi era quell’uomo, ad esempio?» La rossa annuì, pensosa «Effettivamente non ci ha detto la sua identità» «E poi, perché aspettare così tanto?» si portò il liquido alla bocca, prima di ripensarci e posarlo sul tavolo. Scottava talmente tanto che avrebbe potuto provocarle ustioni serie.
 
«Belle mutande» il commento la lasciò a bocca aperta. Con fare scocciato si sistemò meglio la maglietta, cercando di coprirsi. «Non guardarmi così! Non sono io che dormo mezza nuda» «Oh piantala» il borbottio della mora fu subito accolto da un sorriso furbo
 
«A proposito, sei pregata di metterti qualcosa. Il mio ragazzo e i suoi amici saranno qui a momenti» la mascella di Elisa scese di qualche centimetro prima che si gettasse fuori dalla stanza per raccattare qualche pantalone. La risata di Lily la seguì fino alla sua stanza.
 
 
***
 
 
«Dovrebbe essere questo» i ragazzi si fermarono sul marciapiede, dubbiosi. «L’indirizzo è questo» lo corresse Elisa leggendo il biglietto tra le sue mani. James inclinò lievemente la testa di lato.
 
«Beh, entriamo?» Remus osservò senza allegria la porta della palazzina. «Direi di sì» Lily si voltò leggermente nella sua direzione. «Piano?» «Quarto» quando strinse il foglietto di carta nella mano una scintilla preannunciò la cenere che cadde a terra poco dopo.
 
«Sai, sei sempre inquietante quando fai queste cose» il sussurro di Sirius la fece sorridere prima che il gruppo iniziasse a salire le scale.
 
«Peter tutto ok?» alla terza rampa di scale i ragazzi si voltarono. Il Grifondoro annuì, cercando di donarsi un contegno. Quando finalmente giunsero alla porta Elisa respirò a fondo, cercando di calmarsi. Nemmeno lei era mai stata ad una riunione. Gli ordini erano sempre stati dati dal preside, senza ulteriori passaggi. Osservò uno ad uno i suoi compagni. Sui loro volti poteva leggerci il suo stesso dubbio. Senza ulteriori indugi fece il suo ingresso nella stanza, sperando nel meglio.
 
La Sala era spaziosa. E fondamentalmente vuota, escluso il lungo tavolo addossato ad una parete. Camminando su quella che, dedusse, fosse una vecchia pista da ballo, osservò con cura il parquet consunto. Sembrava essere stato pulito velocemente e di recente. Piccoli strati di polvere erano rimasti incastrati tra le assi di legno. Sicuramente non era stata opera del vecchio preside.
 
«ma guarda un po’ chi si vede!» i ragazzi si voltarono appena in tempo per vedere Alice e Frank venire loro incontro. «Che cosa ci fate qui?» Lily corse ad abbracciare l’amica. «Per la vostra stessa ragione, penso» Frank si grattò la testa, leggermente imbarazzato.
 
«Ma guarda un po’, pensavo di non rivedere più le vostre facce» Elisa si voltò di scatto a quella voce. «Marlene» il sussurro fu subito sostituito da un forte abbraccio. «La mia Grifondoro preferita non si è nemmeno degnata di salutarmi subito. Brava brava» contrariamente dalle sue parole, però, quell’abbraccio non durò affatto poco.
 
Qualcuno si schiarì qualche metro più in là. Solo allora Elisa si accorse della piccola porta su un lato della stanza. Dietro di essa sguardi curiosi li attraversavano. Sulla soglia, Silente la osservava sorridendo.
 
«Aspettavamo solo voi» il tono accusatorio di Alice la fece voltare, indispettita. «Abbiamo avuto qualche contrattempo sulla via» «Tipo te sempre in ritardo» la mora lanciò un’occhiataccia alla bionda al suo fianco. Lily alzò gli occhi al cielo, teatrale. «Esattamente»
 
«Direi che potremmo dare inizio alla riunione, no?» la voce calma dell’anziano richiamò tutti i presenti. Elisa rimase a fissare i membri che, lentamente, si riversavano nella Sala.
 
Sembravano quasi tutti abbastanza giovani, nonostante avesse addocchiato anche qualche adulto. Sorrise quando intravide la maestosa figura di Hagrid fare il suo ingresso, districandosi dalla piccola porta.
 
«Professoressa, da quanto tempo!» «Signor Potter non mi faccia pentire di averla promossa» la Mcgranitt la superò con uno sguardo severo. Cercò di non ridacchiare troppo al successivo commento che Sirius le mormorò all’orecchio.
 
«Tutti coloro sprovvisti di giuramento si mettano al centro, prego» Cinque figure fecero qualche passo avanti. Marlene sembrava abbastanza tranquilla rispetto ai volti tesi di Frank e Alice. Altri due individui fecero qualche passo avanti, dubbiosi. Uno tirò una gomitata all’altro, facendogli coraggio. Sembravano entrambi trentenni, a dispetto dell’atteggiamento.
 
«Fabian e Gideon si faranno ammazzare» il commento la fece voltare verso la donna che le si era appena affiancata. Gli altri membri si erano radunati in circolo, osservando quasi annoiati. «Non ascoltarla, fa sempre così» mormorò un’altra voce più in là, al fianco della donna. La ragazza che aveva appena parlato le rivolse un sorriso gentile.
 
«Ripetete dopo di me»
 
La donna al suo fianco alzò gli occhi al cielo. «Ecco che ci risiamo»
 
«Oggi, 5 agosto 1977, io-»
 
Elisa smise di ascoltare, concentrandosi sul battibecco al suo fianco. «Andiamo Dorcas, non fare la petulante» «Non è colpa mia se ogni volta mettono a dura prova la mia pazienza» un ragazzo alle loro spalle sbuffò divertito. Portava i capelli leggermente disordinati, facendoli sembrare un informe ammasso nero.
 
«Non che ci voglia tanto» Elisa ridacchiò a quel commento. «Scusa, non ci siamo presentati» le tese la mano che lei prontamente afferrò con la propria. «Amelia Bones» sorrise velocemente in sua direzione «e questo è mio fratello Edgar» il ragazzo alle sue spalle agitò la mano in segno di saluto.
 
«Dato che non c’è nulla di meglio da fare» la donna al suo fianco si voltò nella sua direzione. «Dorcas Meadowes, al tuo servizio» la stretta di mano fu rapida e rude. «Elisa Stevenson» il gruppetto annuì.
 
«Non dovreste essere anche voi lì? Non vi ho mai visto» Elisa si bloccò, leggermente spaesata. Un nuovo pensiero le solleticò gli angoli della coscienza. «Diciamo che per ragioni logistiche abbiamo dovuto fare un giuramento, come dire…» James si intromise nel discorso con uno scintillio negli occhi «Abbreviato» la donna sbuffò, divertita. «Beati voi»
 
Al centro della sala dei filamenti argentei sigillarono il giuramento. Elisa rimase ad osservare la magia infrangersi sul pavimento.
 
Un nuovo pensiero le insinuò la mente. Lei non aveva mai fatto nessun giuramento. Non gli era mai stato richiesto, né Silente lo aveva minimamente accennato. Ma perché? Lei era come tutti gli altri, in fondo. O forse no? Con la mano andò a coprirsi leggermente gli occhi. Avrebbe dovuto chiarire con calma, magari con un bicchiere di whisky incendiario tra le mani.
 
«Bene, direi che potremmo andare avanti, quindi» Silente pose via la bacchetta, richiamando poi con un piccolo movimento della mano delle sedie che, dal fondo della stanza, si avvicinarono, disponendosi in un cerchio perfetto. Ognuno di loro prese posto.
 
«Tutto bene?» Lily, alla sua sinistra, le sorrise debolmente. «Adesso arriviamo alla parte interessante» al mormorio di Dorcas al suo fianco non poté che assentire.
 
«Non ci sono novità sui movimenti dei mangiamorte, giusto?» I membri più anziani nella stanza scossero la testa, sovrappensiero. Marlene, seduta dall’altra parte della stanza, alzò la propria mano. Silente sorrise gentilmente a quel gesto. «Prego»
 
«Chi stiamo combattendo?» Molti membri si guardarono tra loro, stupiti. «Dovresti saperlo da sola, ragazzina» Dorcas guardò con sdegno nella direzione della bionda. «So chi sono i mangiamorte e cosa osannano» Marlene alzò il mento nella sua direzione, orgogliosa. «Il punto è: cosa non sappiamo?» la ragazza spostò di nuovo lo sguardo sul preside. L’anziano inspirò lentamente.
 
«Sono una setta di fanatici agli ordini del mago oscuro più temuto di tutti i tempi» Dorcas stava parlando osservando il parquet. «Penso di non doverti specificare il suo nome» Marlene annuì verso la donna. «Segni particolari?» la donna parve pensarci per qualche istante. Elisa notò come l’intera sala stesse guardando nella sua direzione con un rispetto quasi reverenziale sul viso.
 
«Sull’avambraccio sinistro è inciso un simbolo. È definito il marchio nero e tutti i suoi seguaci più fidati lo possiedono. Solitamente girano in coppia, anche se non è così inusuale imbattersi in uno solitario per missioni particolari. Sono inaffidabili, pericolosi e-» «Potenzialmente letali» un uomo sulla quarantina sedeva scompostamente su una sedia al fianco di Alice. Elisa osservò la ragazza ritrarsi un poco.
 
«Esatto, Alastor. Prega di non incorrere in una coppia di mangiamorte intelligenti, ragazzina. Sono una vera scocciatura, vero Malocchio?» l’uomo grugnì con uno sbuffo, sistemandosi meglio sulla sedia. «E il loro capo?» Dorcas osservò attentamente la bionda.
 
Elisa notò come i capelli mori della donna parevano così singolari in confronto a quelli biondi dell’altra. Gli occhi, poi, sembravano antichi, così scuri e misteriosi.
 
«Tu-sai-chi è-» si interruppe qualche secondo, cercando le parole adatte «- un mago dalle mille risorse. È letale, spietato e profondamente pazzo» Elisa sentì un brivido freddo attraversarle la schiena a quelle parole. «Non esiste mago o strega che lo abbia affrontato e possa raccontarlo» il commento di Alastor creò un silenzio pesante nella stanza.
 
«è un auror famoso» la ragazza si voltò verso Lily «James mi ha raccontato che al suo corso è venerato» annuì nella sua direzione, tornando poi con lo sguardo sui presenti.
 
«A parte, ovviamente» Dorcas prese di nuovo parola, voltandosi verso l’anziano. «il mago più potente di questo secolo» Silente sorrise nella sua direzione, quasi volesse ringraziarla. «è tutto?» Dorcas annuì nella direzione della ragazza. «Ottimo» Marlene spostò finalmente lo sguardo dal pavimento, puntandolo in quello dei presenti.
 
«Non abbiamo nulla» «Cosa?!» Dorcas si alzò con uno scatto, osservando con sguardo sprezzante la Corvonero «Cosa intendi dire?» Marlene si alzò a sua volta in piedi. «Che non abbiamo nulla» ripeté perentoria. «Bada bene, ragazzina. Abbiamo perso uomini per questo nulla»
 
La bionda si portò le mani al viso al commento di Alastor. «Sappiamo chi sono e cosa vogliono» fece un passo avanti verso la donna «ma non sappiamo come» «Stanno cercando di far cadere il ministero» la voce profonda di Silente riportò ordine nella stanza. «Colpiscono dove possono. Attaccano quando riescono, cercano di attirarci e decimarci» i membri del gruppo iniziarono a guardarsi uno ad uno.
 
«Il ministero cadrà. Presto o tardi. Solo pochi maghi e streghe resistono» «E noi cosa facciamo?» Gli occhi di Silente brillarono «Proteggiamo, attacchiamo e roviniamo piani» Marlene annuì lentamente. Solo quando la nuova calma fece sedere le due figure Silente prese di nuovo parola.
 
«Per quanto riguarda ciò che Alastor ha appena detto…» «nessuno è mai sopravvissuto a parte te» la voce cavernosa dell’uomo fece voltare parecchi membri. Silente sorrise, indulgente.
 
«Credo non sia passata inosservata la nuova presenza in questa stanza» con un cenno veloce l’anziano indicò nella loro direzione. Mentre tutti gli occhi della stanza si posarono su di loro, il cervello di Elisa iniziò ad unire tasselli sfuggevoli come l’acqua.
 
«Cosa sta cercando di dirci, signore?» la voce di Dorcas era tesa al suo fianco. Elisa deglutì. Un silenzio carico di aspettativa seguì quella domanda. Silente sospirò lentamente, incontrando lo sguardo della ragazza.
 
«Nei primi giorni di giugno i ragazzi qui presenti sono stati incaricati di recarsi al Ministero» i maghi e le streghe seduti sulle comode sedia alternavano lo sguardo curioso dall’anziano ai giovani. «Hanno trovato ad aspettarli dei mangiamorte» Elisa spostò il proprio sguardo sul parquet. Un brivido freddo le provocò una scarica alla spina dorsale. « e Lord Voldemort» Lily al suo fianco trasalì.
 
La mora chiuse lentamente gli occhi. Si era scontrata con il più potente mago oscuro di tutti i tempi. Proprio l’ideale per passare inosservata.
 
«Cosa è successo?» Dorcas si era sporta dalla sedia, gli occhi puntati sul preside. «Oh credo dovresti chiederlo a loro» Una gomitata alla sua sinistra fece voltare la mora. Lily indicò davanti a sé. Sarebbe toccato a lei raccontare. Da dove poteva iniziare?
 
«Era una trappola» Elisa si voltò giusto in tempo per vedere James alzarsi dalla sua sedia «Ci hanno circondato. I due mangiamorte alle nostre spalle sono stati eliminati velocemente-» «Come avete fatto?» uno dei due uomini che poco prima avevano fatto il giuramento lo interruppe. Il ragazzo si voltò nella sua direzione, improvvisamente ammutolito.
 
Elisa respirò lentamente. Fu il suo turno di alzarsi. L’intera sala teneva lo sguardo puntato su di lei. Colse gli occhi di Alice perforarla.
 
«è bastato far esplodere il muro al loro fianco» l’uomo alzò le sopracciglia, evidentemente confuso. «e non si sono difesi?» Elisa si morse il labbro, nervosa. Lanciò uno sguardo a Silente che le annuì incoraggiante.
 
 «Ho i miei metodi» Fabian Prewett alzò le mani in segno di resa, tornando ad appoggiarsi allo schienale della sedia. James intanto le sorrise, incitandola ad andare avanti.
 
«Gli altri due mangiamorte sono stati eliminati pochi attimi dopo dai miei compagni» gli altri annuirono mestamente. «E lui, com’era?» un ometto si sporse dalla sedia, una curiosità quasi morbosa sul volto. Elisa ci pensò un attimo.
 
«Bello» fu l’unico commento che uscì dalla sua bocca. La donna al suo fianco si lasciò andare ad una risata divertita. «Ehi!» Elisa sorrise colpevole verso Sirius che, con sguardo contrariato, osservava il pavimento.
 
«Sei l’unica persona al mondo che ha definito bello tu-sai-chi» il naso della ragazza si arricciò lievemente. «è un bell’uomo. Ciononostante credo che la pazzia e il desiderio omicida non lo rendano un buon partito» delle risatine divertite si propagarono nella stanza. Silente riportò il silenzio con un gesto della mano. Elisa si risedette al suo posto.
 
«Questa volta i ragazzi sono riusciti a cavarsela. È bene prestare attenzione per il futuro e-» «Immagino che battere un mago oscuro sia qualcosa di affascinante» il sussurro alla sua destra la fece sorridere.
 
«Chi le dice che sono stata io?» la donna al suo fianco le sorrise, complice. «Nessuno di loro ha definito tu-sai-chi un bell’uomo» le fece notare con un occhiolino «E dammi del tu» Elisa annuì, tornando poi a seguire il discorso di Silente.
 
«Continueremo con i nostri pattugliamenti. Con un po’ di fortuna riusciremo a scoprire qualcosa. La prossima riunione si terrà quando avremo novità» i membri iniziarono ad alzarsi, tornando a chiacchierare tra loro.
 
«Sai, sei una tipa interessante» Amelia Bones le si affiancò l’attimo seguente. Con la coda dell’occhio Elisa vide la donna fino a poco prima al suo fianco uscire dalla stanza. «Cosa te lo fa dire?» Amelia sorrise al suo fianco.
 
«Hai colto la sua attenzione»

Ritorna all'indice


Capitolo 51
*** Don't leave ***


Don't leave


«Bell’appartamento» La ragazza sorrise leggermente a quel commento, aspettando che l’acqua si scaldasse abbastanza. Prima che iniziasse a bollire spostò il bollitore dal fuoco, immergendovi le bustine.
 
«Non utilizzi la magia» le fece notare alle sue spalle il suo ospite. Elisa ridacchiò un poco. «Sa, è interessante» versò il liquido nelle due tazze pazientemente. «Ho passato una vita ad utilizzare la magia anche per le più piccole cose. Trovandomi in un appartamento babbano, però, cerco sempre di non usufruirne» poggiò la tazza sul tavolo davanti all’anziano che la ringraziò educatamente. «Sa, potrebbe essere abbastanza imbarazzante non saper preparare un tè se mai il proprietario venga in visita»
 
Silente ridacchiò divertito immaginandosi la scena. «Lo troverai strano, ma spesso le azioni senza la magia sono quelle che preferisco» la ragazza sorrise, osservando persa la superficie del tavolo. «Non ne dubito» «Allora, questo proprietario è simpatico?» Elisa si grattò la nuca, sovrappensiero. «è un tipo a posto. Mi fa un buon prezzo, non mi fa troppe domande… sì, direi che rientra decisamente nella mia sfera delle simpatie» l’uomo rise divertito.
 
«Immagino che tuo padre ti abbia fatto sapere qualcosa» la ragazza sospirò lentamente, soffiando poi sul liquido caldo. «In realtà no. Diciamo che una parte della sua ricchezza è di diritto mia, quindi non penso possa proprio lamentarsi» Silente annuì sovrappensiero.
 
«Signore?» lo sguardo dell’uomo si posò su di lei. «Io non ho fatto nessun giuramento» l’uomo di fronte a sé posò lentamente la tazza. Elisa avrebbe giurato di aver visto un lampo attraversargli gli occhi azzurri. «Speravo avremmo affrontato questo discorso più in là» la mora si morse il labbro nervosamente «Evidentemente ho fatto male i miei calcoli» le sorrise gentilmente per poi assumere un’aria leggermente triste.
 
«Non so come questa guerra si concluderà» commentò osservando il liquido nella tazza. «Qualunque cosa succeda all’Ordine, tu non devi esserne coinvolta» Elisa avrebbe voluto ribattere.
 
Cosa voleva dire con ciò? Lei non doveva affrontare le conseguenze delle sue scelte?
 
«Non fraintendermi» il preside la bloccò con un gesto della mano «Egoisticamente lo desidero e di questo ne sono consapevole. Ma è una mera consolazione, perché questo non pregiudicherebbe mai una così particolare scelta» L’uomo si passò una mano sul viso stancamente.
 
«Nella tua singolare situazione» entrambi sapevano cosa volesse dire «dobbiamo essere cauti. Legarti a qualcuno o qualcosa sarebbe avventato» «Cosa sta cercando di dirmi, professore?» Silente la osservò da dietro i suoi occhiali a mezzaluna. Sembrò studiarla per qualche istante, prima di riprendere la parola «Non sappiamo cosa ci riservi il futuro. Tu sei il nostro asso nella manica, sei il nostro trucco. Nessuno deve sapere. Voglio essere certo che se dovessimo affondare, tu sia libera di sparire» Elisa puntò i suoi occhi sulla tazza ormai tiepida.
 
«Mi sta dicendo, professore» rialzò lo sguardo, puntandolo negli occhi di lui «che se dovessimo perdere la guerra la priorità sarà tenere al sicuro il mio potere e nasconderlo?» Silente bevve una lunga sorsata di tè prima di riappoggiare la tazza sulla superficie lucida.
 
«Esattamente»
 
Elisa non seppe mai con che coraggio affrontò gli altri membri dell’Ordine nelle sere successive, né in quelle dopo. Avere la possibilità di sparire rappresentava per lei un onore e una maledizione al tempo stesso.
 
Egoisticamente provava un certo piacere nel sapere di essere così importante. Lei, dimenticata dal mondo per metà della sua esistenza, era ora chiamata a farne da protagonista.
 
Ma il gioco valeva la candela?
 
Era una mina, pronta a scoppiare e investire tutti intorno a sé. Era segnata da quel marchio invisibile che l’accompagnava e che rendeva ogni scontro più eccitante e doloroso.
 
E ora, quell’onorificenza, le dava la possibilità di scappare quando tutto avrebbe iniziato a cadere a pezzi. Elisa non era sicura che il fine avrebbe giustificato l’azione. Il suo potere in mano ai mangiamorte avrebbe segnato la fine di ogni possibilità di salvezza.
 
La sua fuga avrebbe decretato la fine della sua, di salvezza.
 
Si conosceva abbastanza da sapere che nessun confine avrebbe mai impedito alla sua mente di viaggiare, attaccarsi alla speranza che almeno qualcuno fosse sopravvissuto, pronto a combattere per un vecchio ideale.
 
Elisa non era sicura fosse una scelta giusta. Non era sicura della sua determinazione, né del suo controllo.
 
Sperò solo che i giochi si chiudessero in loro favore.
 
Sperò di non dover mai compiere una scelta simile.
 
Sperò quello che, in futuro, sarebbe divenuto l’impossibile.
 
 
***
 
 
«Mi mancava passare del tempo con te» le sue sopracciglia si arcuarono, scettiche. «è vero. Sai, io e te da soli intendo» Sirius si accasciò sulla propria sedia.
 
Sedeva scomposto, l’elegante camicia babbana leggermente aperta. Il nero gli donava.
 
«Siamo in un locale babbano, attorniati da babbani. Quale concetto di io e te da soli non ti è chiaro?» il ragazzo ridacchiò leggermente, facendo ruotare distrattamente il liquido rosso nel bicchiere davanti a sé.
 
Entrambi si voltarono verso il centro della stanza quando un urlo li raggiunse. Una ragazzina rideva sguaiatamente tra le braccia di un ragazzo che, ad occhio e croce, doveva avere qualche anno in più di loro. Lei era sicuramente ubriaca. La gente intorno a loro vorticava, chi con un nuovo bicchiere tra le mani, chi con una nuova preda negli occhi.
 
«Queste missioni iniziano a piacermi» la smorfia che si creò sul viso di lei non era altrettanto entusiasta. «Non dovrebbero» l’occhiata dubbiosa di lui la convinse a continuare. «Domani mattina hai il corso, non dimenticartelo» «Potresti per qualche secondo non assomigliare alla madre che avrei voluto avere?» Sirius sogghignò alla sua stessa battuta.
 
Lei sorrise, sorniona, per poi appoggiare pigramente il gomito sul tavolo e, con pollice e medio, fingere di lanciargli qualcosa. Benché tra le sue dita non ci fosse nulla, un colpo d’aria colpì la spalla al ragazzo.
 
«Ahia!» fu il suo turno di sogghignare.
 
«Dovremmo andare» il locale si era quasi svuotato. Sirius si alzò per poi stiracchiarsi svogliatamente. «Vado io a pagare. Aspettami all’entrata» la ragazza fece quanto le era stato detto.
 
Non appena uscì dal locale l’aria fredda di settembre le inondò i polmoni. Si appoggiò al muro di mattoni qualche metro più in là, osservando la Londra quasi addormentata. Un ragazzo poco più in là, appoggiato al muro, attirò a sé un altro ragazzo, baciandolo con trasporto.
 
Elisa rimase immobile, osservando il cielo scuro. Non c’erano nuvole quella notte. E nemmeno stelle.
 
«Eccomi» Sirius uscì dal locale con un sorriso gentile. La ragazza si avvicinò. Le passò un braccio sulle spalle, trascinandola con fermezza lungo la stradina silenziosa. «Sono davvero contento di essere da solo con te» Elisa ridacchiò leggermente «La tua fidanzata non sarebbe contenta di sentirti dire queste parole» Sirius si bloccò lungo la via, confuso. «Cosa-» «James Potter» si beccò un dito nello sterno per ripicca. «Piantala dai» Sirius tornò a cingerle le spalle.
 
«Sai invece cosa penso?» la spinse gentilmente contro il muro più vicino. Se l’insistente odore di piscio fosse scomparso, Elisa avrebbe definito la cosa romantica. «Sei gelosa, eh?» le parole le furono soffiate sulla pelle del collo. Una scarica le attraversò la spina dorsale.
 
«Piantala» la sua voce avrebbe voluto essere imperiosa. Dalla usa bocca, però, uscì solo un sussurro divertito. Il ragazzo sorrise sulla sua pelle. Poi, lentamente, lasciò una scia di baci lungo il collo. Il respiro di lei aumentò. Elisa intravide la figura arrivare prima che piombasse al loro fianco.
 
«Cazzo» Sirius non ebbe nemmeno il tempo di spostarsi. Estrasse solo la bacchetta, puntandola sulla figura. La fenice osservò l’arma con sguardo quasi accusatorio. Uno stridio acuto si infranse nella notte prima che il patronus si disintegrasse nell’aria. Il Grifondoro appoggiò la fronte alla sua. Il braccio destro, appoggiato al muro per sostenersi, teneva ancora ben stretta la bacchetta.
 
«Se ti proponessi di riprendere mi lasceresti qui a limonare con il muro, vero?» Elisa annuì svogliatamente. Non era proprio sicura che l’avrebbe fatto.
 
«Ottimo» Sirius si staccò da lei stancamente, facendo qualche passo indietro. «Rovina coppie dal-» si interruppe bruscamente «Quando è nato Silente?» la ragazza alzò gli occhi al cielo, afferrandogli poi la mano. «Tieniti forte» il sorriso sul viso di lui fu l’ultima cosa che vide prima che il famigliare risucchio allo stomaco li facesse sparire. Con un sonoro CRAC le due figure si materializzarono sotto ad un lampione.
 
«Secondo te cosa è successo?» Sirius strinse con più forza la sua mano, trascinandola poi su per le scale. «Non lo so» quando aprirono la porta della sala un silenzio teso accolse il loro arrivo.
 
Molti membri erano riuniti attorno a qualcosa, o meglio qualcuno. Altri invece parlottavano concitati. Non appena li notarono, subito si bloccarono con la bocca leggermente spalancata.
 
«Cosa diamine è su-» le parole di Sirius morirono velocemente. James era appena spuntato dalla folla, spintonando una donna e un ragazzo. «Dove diamine eravate finiti?!» «Io non-» il ragazzo si fiondò sul suo compagno, afferrandolo per il bavero della camicia. «Dov’eri finito?» Elisa non aveva mai sentito James urlare.
 
«Siamo appena stati chiamati» «Ci avete impiegato troppo!» non aspettò di sentire il resto. Fece qualche passo avanti, osservando all’interno del gruppo. Qualcuno era steso a terra. Un groppo in gola le impedì di parlare. Entrò nel cerchio appena in tempo per intercettare lo sguardo disperato di Remus.
 
Silente era a terra poco più in là, inginocchiato al fianco di Lily. La ragazza le lanciò uno sguardo dispiaciuto. Elisa ebbe appena il tempo di spostare lo sguardo sulla figura a terra che il cuore le mancò qualche battito.
 
Peter giaceva scompostamente sul pavimento. Il corpo era percorso da profondi tagli. Il sangue scorreva lento sul parquet.
 
«Erano troppi» Alice, pochi metri più in là, nascose il viso nel petto di Frank. Il ragazzo aveva qualche taglio qua e là, ma sembrava stare bene.
 
«Peter!» l’urlo di Sirius dietro di sé la fece voltare. James con uno strattone spostò l’amico, per poi inginocchiarsi al fianco di Lily. «Può salvarlo?» il Preside scosse lentamente la testa. «Non ho mai visto una maledizione del genere» ammise poi, continuando a far scorrere la bacchetta a qualche centimetro dalle ferite. Elisa si inginocchiò di fronte al preside.
 
Osservò il piccolo corpo. Nuovi tagli continuavano ad aprirsi, lentamente. Il corpo del ragazzo fu attraversato da uno spasmo. Lily al suo fianco singhiozzò. La bacchetta della Grifondoro andò ad aggiungersi a quella del preside. «Elisa non puoi-» «Mi lasci provare» l’uomo annuì, ritirando poi la sua bacchetta.
 
«Sai quali sono i tuoi limiti» ma non era vero. Lei non li conosceva. In quell’istante non sapeva nulla, se non che Peter era di fronte a sé, gettato su quello stupido pavimento. Lucenti lacrime iniziarono a rigare il volto del ragazzo. Sembrò voler parlare, ma solo un inutile piagnucolio uscì dalle sue labbra.
 
«Andrà tutto bene» il suo sussurro provocò un altro singhiozzo da parte di Lily. La sua mano stava tremando. La bacchetta oscillava su quel mare di sangue.
 
«Chi è stato?» La voce di Sirius spezzò il silenzio teso che si era creato. Lily singhiozzò sommessamente. Frank prese parola stancamente. «Tu-sai-chi ha agito prima che potessimo accorgerci»
 
«Andrà tutto bene» ripeté di nuovo la mora osservando gli occhi dell’amico.
 
Peter, il ragazzino che doveva proteggere. Peter, il piccolo Peter. Una lacrima le solcò la guancia.
 
E poi la bacchetta iniziò di nuovo a tremarle nelle mani. Ma questa volta, lentamente, il sangue iniziò a tornare indietro. Il corpo del ragazzo sussultò con prepotenza. Elisa non distolse lo sguardo dai suoi occhi che, leggermente dilatati e spaventati, la osservavano.
 
«Andrà tutto bene» scandì ancora mentre, placidamente, le prime ferite si rimarginavano. Elisa iniziò ad ansimare. Una piccola mano si chiuse sul proprio polso. Peter le accarezzò la stoffa leggera. Le sembrò che tutto il suo corpo andasse in fiamme.
 
«Andrà tutto bene» singhiozzi più forti inziarono a scuoterle il petto.
 
«Adesso basta» la voce di Silente rischiò di farle perdere il contatto visivo. «Ti stai esaurendo» il sussurro vicino al suo orecchio la fece singhiozzare più forte.
 
Era suo compito proteggerlo. Era suo compito salvarlo. Non importava cosa avrebbe significato.
 
La carne si richiuse in un silenzio quasi solenne. Elisa vide Peter gettare la testa all’indietro, imprecando. La sua bacchetta le cadde di mano, scontrandosi con il petto dell’altro e rotolando a terra.
 
Prima che il ragazzo si girasse di nuovo a guardarla, Elisa cadde con un tonfo sull’altro, svenendo.
 
 
***
 
 
La prima cosa che sentì quando riprese conoscenza fu il contatto morbido del cuscino contro la sua guancia destra. Inspirò a fondo, cercando di ricordare perché il suo corpo fosse così restio a compiere qualche movimento.
 
Non ci volle molto prima che la sua mente le riportasse a galla le immagini di Peter sanguinante sul pavimento. Il suo respiro accelerò l’attimo seguente.
 
Quando finalmente aprì gli occhi impiegò qualche secondo ad abituarsi alla luce soffusa nella stanza. La sua stanza. Sembrava tutto tranquillo, troppo ordinario per lei in quel frangente.
 
Da sotto la porta una luce accecante rischiarava la stanza. Doveva essere ormai giorno.
 
Elisa pregò che il suo corpo le rispondesse. Quando la sua mano andò a scostare le coperte quasi pianse dal sollievo. Cercò di portarsi in piedi ma le gambe le cedettero. Sarebbe rovinata contro il comodino se un corpo non si fosse scontrato contro il proprio, bloccando la caduta.
 
«Non così in fretta» non appena si fu riseduta la ragazza portò le braccia al collo dell’altro. Sirius rimase immobile, una mano a premere gentilmente sulla sua schiena. Si staccò poi velocemente, osservandola negli occhi.
 
«Dov’è Peter?» il ragazzo storse la bocca, aiutandola poi ad alzarsi. Ci mise qualche secondo a caricare completamente il peso sulle proprie gambe, ma quando ci riuscì un respiro soddisfatto uscì dalle sue labbra. «Sta bene. È in soggiorno con gli altri» la ragazza annuì, lisciandosi inutilmente quello che, riconobbe, essere il suo pigiama preferito.
 
Lily glielo aveva regalato lo scorso Natale. Solo allora il leggero sorriso che si era permessa svanì in un istante.
 
«Che diamine-» la sua mano destra era coperta da pesanti bende. Elisa alzò la manica del pesante pigiama osservando quei candidi serpenti risalire lungo il suo braccio. Automaticamente il suo sguardo si posò sul ragazzo di fronte a sé. Lo sguardo di Sirius era addolorato.
 
«Mi dispiace» il sussurro la mandò nel panico più assoluto. Riabbassò velocemente la manica, togliendosi poi definitivamente il pigiama. La vergogna nell’accorgersi di non portare il reggiseno durò poco, giusto il tempo di vedere nel  grande specchio alla parete il suo busto quasi completamente ricoperto da bende.
 
«Silente ha detto» Elisa si voltò nuovamente verso il Grifondoro «che il demone non cura» il ragazzo deglutì sonoramente «lui attacca e ferisce» aggiunse poi esitando. Elisa si voltò nuovamente verso lo specchio.
 
Con una lentezza quasi insopportabile le bende iniziarono a srotolarsi. La mano sinistra tremava nel movimento, sia per il dolore che per l’orrore. Si bloccò a metà braccio, conscia del fatto che non sarebbe riuscita ad andare oltre.
 
Profonde vesciche le imbrattavano la pelle. Al contatto con l’aria, le parve che l’intera mano e parte del braccio le stessero andando a fuoco.
 
«Probabilmente pensi di aver salvato Peter con la magia del demone» si voltò verso il giovane. «Non è così» Il braccio di lui andò a cingerle la schiena. Se la portò al petto, appoggiando le labbra contro la fronte di lei. «Hai rischiato di esaurire la tua magia» Elisa spostò lo sguardo al pavimento, appoggiandosi alla sua clavicola. «mentre il demone ti faceva questo» il ragazzo si morse il labbro.
 
Elisa respirò a fondo, tentando di mettere ordine nei suoi pensieri.
 
Peter era salvo. L’obiettivo più importante era stato raggiunto.
 
Lei aveva rischiato di morire. Ottimo, l’avrebbe aggiunto a quelle storie che avrebbe potuto raccontare per vantarsi da vecchia.
 
«Rimarranno per sempre?» «No, no certo che no. Sono già migliorate molto da ieri sera» Sospettava già la risposta ma in qualche modo fu rassicurante sentirselo dire. «Oh beh» spostò lo sguardo sulla maglietta del suo pigiama abbandonato qualche metro più in là, sulle piastrelle fredde. Si staccò dal ragazzo con fermezza.
 
«Mi aiuti a vestirmi?»
 
Raggiunsero gli altri una decina di minuti più tardi. Non appena la vide Peter la raggiunse correndo. Quando le sue braccia la circondarono Elisa rimpianse il tocco gentile di Sirius.
 
I ringraziamenti che le continuò a somministrare per tutta la serata furono ben poco in confronto alla pacca giocosa di James che lo fece quasi cadere. Vederlo lamentarsi le scaldò il cuore, facendola sentire un po’ più a casa.
 
Benché si fosse trasferita in quell’appartamento da quasi due mesi, Elisa faceva ancora fatica a sentirlo parte di sé. Quando lo confidò a Lily una settimana più tardi la ragazza le rise in faccia.
 
«Cosa ti aspettavi quando avresti trovato casa, un coro angelico?» la rossa si tirò le coperte fino al mento. Elisa sbuffò sonoramente, scaldandosi le mani con la tazza di cioccolata. Il primo freddo iniziava a farsi sentire.
 
«Sirius è strano negli ultimi tempi» i ragazzi quella sera non c’erano, troppo impegnati in una lezione serale degli auror, così loro avevano approfittato. Lily rimase in silenzio qualche secondo prima di spiaccicare parola. «Cosa intendi dire?» «Boh è…» non riuscì lei stessa a completare.
 
Era gentile, premuroso… forse troppo. Le mancava la sua testardaggine, il suo essere imprevedibile ed incredibilmente stupido. Sospirò un po’ afflitta, lo sguardo nel liquido caldo che vorticava nella tazza.
 
Le cicatrici stavano scomparendo. Ciò significava sarebbe tornata sul campo presto. In quell’appartamento le pareva di morire. Si sentiva soffocata e le continue pressioni del ragazzo affinché si rimettesse non facevano che peggiorare.
 
«Ora ti dirò una cosa, ma voglio che tu te la tenga per te» il tono fermò della Grifondoro le fece alzare lo sguardo, stupita. Solo quando annuì la rossa continuò a parlare. «Forse tu non te ne sei resa conto» scelse le parole con cura. La fece rabbrividire. «ma le vesciche avevano ricoperto anche metà della tua faccia» i suoi occhi si sgranarono dalla sorpresa.
 
«Cosa-» «Sirius è rimasto in quella stanza per tutta la notte, versando goccia a goccia del dittamo su quelle ferite» Elisa appoggiò la tazza sul tavolino di fronte a sé, sistemandosi meglio sul divano.
 
«Non ho visto una singola lacrima scendere da quegli occhi. Non so come ha fatto» la mora osservò distrattamente la sua mano ancora coperta dalle bende, pensando a quanta fatica il ragazzo avesse dovuto fare.
 
«Ha rischiato di vederti morire, Elisa. Non puoi biasimarlo se adesso è protettivo» «è asfissiante» la corresse lei alzandosi e girovagando per la stanza, nervosamente. «Non sai nemmeno tu cosa stai dicendo» «Sì invece» la Grifondoro si bloccò in piedi proprio di fronte all’amica.
 
«Cosa succederà quando ci sarà una nuova missione? Cosa succederà se verrò di nuovo ferita?» «è felice, tesoro. Non puoi pretendere che tutti vivano come te» «Ovvero?» «Come se qualcuno stesse sempre per attaccarti, ecco come» Elisa si rigettò di nuovo al fianco dell’amica, ansante.
 
«Non voglio litigare» Lily bevve un lungo sorso di cioccolata, gustandosi lo scoppiettio del fuoco nel camino davanti a loro. «Lo so, ma a volte credo ti faccia bene urlarti contro» la ragazza sorrise a quel commento.
 
«Lily?» «Mmmh» «Cosa è successo esattamente? Quella sera, intendo» la rossa deglutì lentamente, senza guardarla. «Certe cose è meglio non saperle» il mormorio la fece trasalire e non approfondì.
 
Ma il pensiero non l’abbandonò, né quando Lily lasciò l’appartamento, né quando la mattina seguente si svegliò con un sole raggiante alla finestra. Anzi, il quesito rimase fermo, immobile nella sua mente, un tarlo che non riuscì a debellare fino alla successiva riunione dell’ordine che si tenne a metà ottobre. La riunione era iniziata ormai da una ventina di minuti quando una voce alla sua sinistra la fece voltare.
 
«Va tutto bene?» Sirius le passò una mano sulle spalle con fare comprensivo. Lei gliel’avrebbe tagliata. Annuì svogliatamente per poi tornare ad ascoltare. L’attacco era stato veloce. Peter era stato l’unico ferito, anche se gli altri non se l’erano passata bene.
 
«Lui c’era» la voce di Remus li scosse particolarmente. Elisa si accorse di non aver mai sentito parlare il ragazzo davanti a così tanta gente. «Voi-sapete-chi intendo» Un uomo parecchi metri più in là annuì, convinto. Si passò stancamente una mano tra i capelli biondi, spettinandoseli. Doveva chiamarsi Caradoc, nome abbastanza singolare.
 
«Penso dovremmo continuare i nostri controlli» suggerì Silente con aria risoluta. I membri seduti in cerchio annuirono. «e dovremmo monitorare la situazione al Ministero» degli assensi titubanti si alzarono tra i presenti.
 
«Mi offro volontaria» Dorcas alzò svogliatamente la mano, abbassandola l’attimo seguente. «Ottimo, chi altri-» «Io» la voce di Elisa fece girare molti volti stupiti. Il ragazzo al suo fianco si irrigidì.
 
«No» Sirius le afferrò la mano sinistra, stringendola. La ragazza alzò gli occhi al cielo. «Sei appena guarita, se pensi che permetterò che-» «Cosa? Che mi facciano del male?! Andiamo Sirius hanno cercato di uccidermi dal giorno della mia nascita» sbottò contrariata ritirando la mano.
 
«Io ci sto» Dorcas annuì nella sua direzione. «Vediamo come se la cava la bambina sul campo» la questione quella sera terminò con quello squallido scambio di battute. Sirius non le rivolse più la parola quella sera, nemmeno quando Frank si inginocchiò davanti ad Alice, chiedendole di sposarla.
 
La ragazza intercettò lo sguardo dell’altro posarsi sulle mani di James e Lily, strette l’una nell’altra, prima che il senso di colpa la facesse in qualche modo avvicinarsi a lui. «Vieni, ti accompagno a casa» queste furono le uniche parole che lui le rivolse prima di avviarsi verso la porta della sala.
 
La materializzazione congiunta fu imbarazzante, così come lo fu sentire lo sguardo su di lei prima che oltrepassasse la soglia di casa. Solo a quel punto lui sparì con un sonoro CRAC, lasciandola confusa e nervosa.
 
 
***
 
 
 
 «Come sta la tua amica?» Elisa si voltò verso Dorcas stupita. «Sì sai, la ragazza con i capelli rossi, magra, il fidanzato imbecille… non ha mica perso i genitori da poco?» La ragazza osservò il pavimento lucido del ministero con sguardo assente.
 
Benché fosse da una decina di settimane che le due pattugliavano di notte quel luogo, nessuna delle due aveva mai cercato un appiglio per un discorso. Perché iniziare adesso? Perché proprio con quell’argomento?
 
«Ho capito, non ne vuoi parlare» la donna avanzò per il corridoio buio, facendo luce con la bacchetta. «Li conoscevo» Elisa la seguì senza entusiasmo, persa nei suoi pensieri. «Incidente d’auto eh? Babbani giusto?» la mora annuì soltanto, mordendosi forte il labbro.
 
Era stato un bel colpo. Era stata dura. Sia per Lily, che per lei. Se la prima era stata devastata dall’improvvisa morte dei genitori, la seconda stava osservando un rapporto emettere gli ultimi respiri.
 
Tra lei e Sirius le cose erano tese. Non ne avevano parlato, consci entrambi della delicatezza dell’argomento. Eppure, ne era consapevole, il problema era solo suo. Lui, purtroppo, non c’entrava nulla, questa volta. Era una stupida, troppo codarda per affrontare la situazione. Tutta la freddezza in quel rapporto aveva un solo emittente: lei.
 
«Sentiamo: cosa ti ha fatto?» Elisa si voltò verso l’altra stupita. La donna si sedette su uno scalino qualche passo più in là. «Prego?» «Il tuo ragazzo, cosa ti ha fatto?» la Grifondoro sbuffò, infastidita. Era davvero così evidente? Decise di vuotare il sacco, in parte.
 
«è un po’ troppo protettivo» la donna smise di osservare la sua bacchetta, posando lo sguardo su di lei con occhi guardinghi.
 
«Qualcuno ti ha raccontato cosa è successo la sera in cui hai curato quel ragazzo?» l’attenzione della ragazza si destò con un ruggito. «Cosa è successo?» la donna la scrutò, titubante.
 
«Hai pratica nella legilimanzia?» lei annuì. Con un gesto della mano Dorcas si indicò, invitandola. «Ma bada bene» il suo dito indice le fu puntato contro. «Se ti metterai a ficcanasare te ne pentirai» Elisa annuì, puntando la bacchetta verso l’altra.
 
Un leggero mormorio e fu proiettata nella mente della donna. Non impiegò molto a trovare il ricordo. Dopo qualche attimo si ritrovò catapultata in un corpo non suo.
 
Dorcas si trovava abbastanza vicina a Silente e a Peter, a terra. Non appena Elisa intravide sé stessa entrare nella sala sussultò. Il suo viso era sbiancato non appena aveva scorto la figura a terra. Osservò James inveire, nel disperato tentativo di pestare Sirius. Poi, la sua figura si avvicinò a quella a terra.
 
«Andrà tutto bene» il sussurro le fece rivoltare lo stomaco. E poi iniziò. Il suo corpo fu scosso da un brivido. Iniziò a tremare.
 
«Andrà tutto bene» il sangue iniziò a ritirarsi. Qualcosa le fece torcere le budella. Delle vesciche iniziavano ad aprirsi sulla sua mano. Con la coda dell’occhio vide il viso di Lily inorridire, quello di Silente farsi preoccupato. Le vesciche scomparvero oltre la manica della camicia. Il suo corpo era scosso da tremori, stava piangendo.
 
«No» il sussurro la fece voltare. Un metro più in là gli occhi di Sirius analizzavano la scena. Si soffermarono su Peter, agonizzante a terra, e su di lei. Non appena si accorse di cosa stava succedendo le si gettò al fianco.
 
«Adesso basta. Ti stai esaurendo» Silente le aveva appoggiato la mano dietro la testa, avvicinandola alla propria. Non si era nemmeno accorta l’avesse toccata.
 
Quando la lasciò andare un conato di vomito rischiò di farle perdere il controllo. Le vesciche erano spuntate sul suo collo. Come una malattia avanzavano, lente e fameliche. L’ultima ferita si richiuse nel silenzio più assoluto.
 
La bacchetta le cadde dalle mani. Elisa osservò sé stessa ripiegarsi e cadere sull’altro, inerme.
 
Sirius urlò.
 
La rialzò quindi da terra, appoggiando la sua schiena sul petto. Con uno scatto la camicetta si aprì. Molti bottoni saltarono, cozzando contro il pavimento duro.
 
«Cosa dobbiamo fare?» Elisa osservò il suo petto metà martoriato. Un altro attacco di nausea minacciò di farle rigettare la cena. «Portatela a casa» l’ordine di Silente fu l’ultima cosa che sentì.
 
Si ritirò gentilmente dal ricordo e dalla mente della donna. Si appoggiò alla parete al suo fianco. Dorcas si passò una mano tra i capelli.
 
«Non è un bello spettacolo» commentò con un sorriso senza allegria. Elisa annuì. «Torniamo a casa? Si è fatto tardi» Non era vero. Erano le dieci appena.
 
Eppure le fu grata, nel profondo. Non disse nulla al momento di salutarsi. La donna la salutò con un cenno e lei fece altrettanto. Solo quando si fu chiusa la porta dell’appartamento alle sue spalle Elisa lasciò che la sua mente vagasse su quanto appena visto.
 
Non c’erano parole.
 
Camminò per la casa, liberandosi degli stivali, calze e mantello. Si gettò quindi sul divano, ancora vestita. Forse era sotto shock, oppure solo spaventata. Si perse nei suoi ragionamenti, valutando. Solo un esitante bussare alla porta la fece trasalire.
 
Gettò un’occhiata all’orologio alla parete. Una e mezza. Si alzò lentamente, afferrando la bacchetta che aveva lasciato cadere sul tavolino un’ora prima. La lentezza con cui si avvicinò alla porta le ricordò la sua forma felina. Il bussare si fece di un poco più insistente.
 
Il più silenziosamente possibile aprì uno spiraglio della porta. Una figura si muoveva nell’oscurità. Le dava le spalle, passandosi le mani nei lunghi capelli. Elisa aveva sognato troppe volte quella schiena per non saperla riconoscere.
 
Solo quando il cigolio della porta che si apriva lo raggiunse Sirius si voltò. «Oh» si avvicinò di qualche passo. «Ciao» alzò la mano, titubante, per poi passarsela ad allargare leggermente alla base del collo la camicia bianca sotto al chiodo di pelle. Deglutì lentamente. Il pomo d’adamo danzò sotto gli occhi di lei. La ragazza si impose di guardare gli occhi di lui, senza grandi risultati.
 
«Lo so cosa stai pensando» la precedette lui con urgenza. «è che… domani James e Lily sono dalla sorella di lei, giusto?» lei non si mosse. «Ho pensato che potremmo, che ne so, pranzare tranquilli? O forse potremmo andare a fare un giro a Diagon Alley» il ragazzo si appoggiò allo stipite della sua porta, il braccio alzato e la sua aria ribelle nuovamente presente.
 
«Cosa posso fare?» il suo tipico tono seducente era scomparso, lasciandone solo uno sconsolato. Elisa continuò a guardarlo, impassibile.
 
Poi si avvicinò, lentamente. Si attaccò alla sua camicia, i pugni stretti. E poi lo baciò. Fu un bacio casto, lieve, in punta di piedi. Il braccio del ragazzo, ancora ancorato allo stipite, tremò appena.
 
«A cosa devo il piacere?» lei sorrise sulle sue labbra a quel commento. «Scusa» il sussurro provocò un’espressione sorpresa.
 
E poi lo baciò ancora. E niente fu più casto. Senza tante cerimonie il giovane fu trascinato in casa. La porta sbatté con un tonfo. Elisa fu spinta contro il muro, mentre le labbra del ragazzo scendevano lungo il suo collo.
 
Lei rise.
 
La mano di Sirius scese ad accarezzarle la porzione di pelle lasciata libera dalla sua maglietta mentre quella di lei vagò tra i suoi capelli. Lei gli afferrò la mano, trascinandolo lungo il corridoio.
 
Solo quando raggiunsero la sua stanza e Sirius la spinse delicatamente sul letto per poi seguirla lei comprese che quella sarebbe stata una lunga notte.

Ritorna all'indice


Capitolo 52
*** Inchiostro ***


Inchiostro
 
Quando quella mattina si svegliò una fastidiosa luce la investì. Socchiuse gli occhi, voltandosi poi per osservare il vecchio orologio sul comodino. Si rigettò tra le coperte, stringendo il cuscino.
 
Un mugolio al suo fianco la fece voltare divertita. «Ehi» il ragazzo si voltò dall’altra parte con un mugugno infastidito. «Devi andare» Sirius si rimise supino, tenendo gli occhi strettamente chiusi.
 
«Dimmi che non mi hai appena ordinato di alzarmi dal letto» Elisa sbuffò divertita. «Non sono io che ha intrapreso la carriera da auror» il Grifondoro sbuffò nuovamente, rimanendo comunque immobile.
 
«Farai tardi» Sirius aprì un occhio nella sua direzione. «Convincimi» Elisa rabbrividì al tono mellifluo dell’altro. Poi una mano si spiaccicò sul viso del ragazzo. «Farai tardi» «E va bene, vado» Sirius si alzò di malavoglia, stiracchiandosi.
 
Elisa cercò di non far cadere il suo sguardo sul sedere dell’altro. Quando fallì sorrise, sorniona. Il ragazzo ci mise un po’ ad uscire dal bagno e ancora di più a vestirsi. La mora sospettava fosse un nuovo piano per restare. Fece appello al suo autocontrollo.
 
«Lo so, sono bellissimo» non si era ancora messo la camicia. Si sedette di fianco a lei, sul letto. Elisa rimase sdraiata dov’era, osservandolo. «Ci vediamo oggi pomeriggio?» lei annuì, poi voltandosi verso l’orologio. «Sei già in ritardo» gli fece notare con un sorriso sghembo ma sornione.
 
Come se una scossa elettrica lo avesse attraversato il ragazzo si catapultò fuori dalla stanza, urlandole un saluto. Quando sentì la porta dell’appartamento chiudersi, Elisa nascose il viso nel cuscino. Si concentrò sulla visione della schiena nuda di lui mentre usciva dalla stanza.
 
Forse sarebbe riuscita a sognarlo ancora.
 
 
***
 
 
Quel pomeriggio fu paradisiaco. Nessuno cercò di ucciderli, innanzitutto.
 
Fu meraviglioso camminare tranquillamente per Diagon Ally e lo fu ancora di più materializzarsi a casa Potter e trascorrere il resto della serata parlando del più e del meno. Chiarirono e questo la fece particolarmente felice. O almeno ci provarono, ecco.
 
Sirius si era detto intenzionato a fidarsi di lei, anche se non poteva prometterle di non preoccuparsi. In fondo lei lo capiva. Avrebbe fatto la stessa identica cosa.
 
«Cosa ne pensi di Frank e Alice? Sposarsi… non è un po’ presto?» Elisa sospirò pesantemente a quella domanda. «Hanno visto la morte, Sir» le fece notare con un pizzico di sarcasmo nella voce.
 
Si era seduta a terra, accanto al camino. Era passato quasi un anno da quando era stata accolta in quella casa. Le due persone a cui doveva la sua vita non c’erano più.
 
«Beh, anche noi» Sirius sorseggiò il suo caffè svogliatamente, fingendo di guardare fuori dalla finestra. La sua postura, però, era cambiata. Sedeva rigido sulla poltrona, la tazza a pochi centimetri dalla sua bocca, immobile. Chissà quanto coraggio gli avevano richiesto quelle parole. «è un po’ diverso» Elisa si morse il labbro, tornando ad osservare il fuoco.
 
«C’entra qualcosa il demone, vero?» lei annuì. Lui invece sbuffò divertito. «Chissà perché non mi sorprende» «Il matrimonio è qualcosa di-» cercò l’ultima parola con cura. «-delicato. In realtà questa faccenda è delicata» «Con questa faccenda intendi noi?» Lei annuì ancora.
 
Sirius sospirò leggermente affranto.
 
«Sentiamo allora» «Non c’è nulla di certo» chiarì subito la ragazza deglutendo pesantemente. «Ma credo che divenire il mio compagno ti faccia, come dire…» poteva sentire il suo sguardo sulla sua nuca «diventare speciale» «Speciale?» «Sai, penso che la cosa ti marchi, in qualche modo» Sirius bevve un sorso del suo caffè, annuendo.
 
«Vuoi per caso dirmi che verrei in caso riconosciuto come una sorta di compagno del demone?» ridacchiò alla sua stessa battuta. Lei non rise. Si voltò invece nella sua direzione, storcendo un po’ la bocca. «Una sorta» un’espressione di stupore balenò sul viso del ragazzo.
 
«E questo con il matrimonio?» Elisa inclinò leggermente la testa di lato. «è un processo lento» spiegò lentamente. «Già perdere la verginità non so cosa possa portare. Forse in una maniera o nell’altra ti rende già un po’ più…» non trovò la parola adatta. Ci pensò lui. «Tuo» completò lui con un fischio.
 
«Però» commentò poi con un sorriso ebete. «Non te l’ho detto prima perché pensavo di correre troppo e-» «Va tutto bene» il suo commento non l’aiutò a sentirsi meno in colpa. La ragazza si passò una mano sul volto, per poi spostarsi qualche passo più indietro e appoggiare la testa contro la sua gamba.
 
«Mi dispiace» una mano si intrufolò nei capelli di lei. Elisa reclinò la testa indietro, godendosi il tocco. «Se io sono un po’ più tuo, tu sei un po’ più mia» rabbrividì a quelle parole. «E la cosa mi piace, in qualche modo» Appoggiò la guancia al ginocchio di lui, rimanendo in silenzio.
 
«Mmm credo dovresti vedere una cosa» incontrò lo sguardo del ragazzo. Sembrava nervoso, come se solo in quel momento si fosse ricordato qualcosa di importante. Lentamente Sirius iniziò a togliersi la maglietta. «Cosa diamine-» Elisa scattò in piedi davanti, al ragazzo, per poi sedersi sulle sue ginocchia quando un mancamento rischiò di gettarla a terra.
 
«L’ho notato solo oggi a pranzo, quando sono tornato dal corso» le dita di lei andarono a sfiorare sul petto di lui.
 
Esattamente in corrispondenza del suo sterno la pelle era macchiata da una forma scura come l’inchiostro. Sembrava una runa. Elisa passò i polpastrelli sui contorni definiti del simbolo. «Cosa significa?» il ragazzo scosse le spalle. «Non ne ho la più pallida idea. Penso sia comparsa questa notte» il sorriso nervoso che le lanciò non la calmò affatto.
 
«Devo fare ricerche» «E dove?» «Lily ha studiato rune antiche. Ho un libro a casa, magari può aiutarmi» aggiunse l’attimo seguente con aria assorta, mordendosi il labbro. La serratura della porta li fece voltare.
 
«Oh diamine» la voce di James proruppe dal fondo del corridoio. «Amico non qui!» il Grifondoro raggiunse il salotto a grandi passi, guardando accusatorio i due. Elisa si alzò con uno scatto. Sirius si rimise la maglietta prima che Lily facesse il suo ingresso nella stanza.
 
Non le sfuggì l’occhiata che James lanciò al petto dell’amico. Non disse nulla, però. Gli occhi della rossa parlavano già abbastanza.
 
«Cosa è successo?» Lily le corse incontro, abbracciandola. «è successo un casino, ecco cosa» sbuffò James gettandosi mezzo disteso sul divano. «Babbani antipatici  e ottusi» «I babbani in questione» Lily si staccò dell’altra e fulminò il suo ragazzo. Aveva gli occhi rossi, simbolo che aveva sicuramente pianto. «sono mia sorella e il suo compagno» James non rispose, massaggiandosi la base del naso con due dita.
 
«Mi dispiace, va bene?» si alzò, fronteggiando la ragazza. «Non sapevo fossero così, così-» «Così cosa?» James sbuffò contrariato. «Così contrari alla magia!» «Lily cosa è successo?» Elisa prese l’altra per le spalle, impedendole di rispondere.
 
«Petunia mi ha cacciato» Sirius intanto si era alzato, raggiungendo James in cucina. Sperò che avesse il buon senso di calmarlo e farlo ragionare.
 
«Ha detto che non vuole più vedermi» pestò un piede a terra con violenza. Sperò non si facesse male. «Lily, calmati. Cosa è successo esattamente?» La fece sedere, sperando che un po’ di rabbia se ne fosse andata. La rossa respirò a fondo. «Sai che oggi dovevamo andare a trovare Petunia e il suo fidanzato, no?» lei annuì. «Verso metà pomeriggio il suo compagno, Vernon mi pare si chiami, ha iniziato a vantarsi con James della sua nuova auto» Elisa alzò gli occhi al cielo. Pensava di sapere come il discorso sarebbe finito.
 
«E una persona matura cosa avrebbe fatto? Avrebbe annuito, magari fingendosi interessato» la voce isterica della ragazza in un altro momento l’avrebbe fatta sorridere. «E lui l’ha fatto?!»
 
Elisa storse la bocca. «No?» tirò ad indovinare.
 
«No!» L’urlo la fece sussultare. Lily si alzò e iniziò a camminare per la stanza, infuriata. «Ha iniziato a parlare di Quidditch, di magia!» si bloccò davanti al camino acceso, le mani a coprirle la faccia. Quando le tolse molta rabbia era scomparsa, lasciando spazio ad un profondo senso di stanchezza.
 
«Ho visto mia sorella sbiancare parola dopo parola» ammise poi tornando a sedere al suo fianco. Elisa osservò l’altra con espressione dispiaciuta. «Mi dispiace» le sussurrò poi, lasciando che la mano andasse ad accarezzarle il viso. Un rumore di passi fece voltare entrambi. James teneva le mani in tasca, guardando fisso il pavimento.
 
«Mi dispiace» alzò lo sguardo, sistemandosi meglio gli occhiali. «Mi farò perdonare, te lo prometto» Lily si morse forte il labbro. «Riuscirò a farmi perdonare anche da loro» aggiunse poi annuendo nella sua direzione. Solo allora la rossa si alzò, andando ad abbracciare il giovane.
 
Elisa si alzò a sua volta, sorridendo. Alle spalle della coppia una figura se ne stava appoggiato allo stipite della cucina, un bicchiere di vino rosso in mano.
 
Quando Sirius fece per alzare il bicchiere nella sua direzione nell’imitazione di un brindisi, lei non poté che sorridere.
 
 
***
 
 
«Non ci provare Peter» James rubò al ragazzo la seconda porzione di torta. «Lo sto facendo per te, devi pensare a rimetterti» «Ma se sono passati due mesi-» Elisa portò gli ultimi piatti in cucina, infilandoli nel lavello.
 
Poi, sentendo i ragazzi continuare a bisticciare nell’altra stanza, estrasse la bacchetta. Con un incantesimo non verbale pulì le stoviglie, congratulandosi con sé stessa per l’idea geniale. Avrebbe impiegato intere ore a pulire quel casino. E sinceramente lei, la sera di capodanno,non aveva voglia nemmeno di muovere un dito. Già aveva dovuto cucinare, il che era stato un’impresa. Si appoggiò al tavolo della piccola cucina, mordendosi il labbro.
 
«Sapevo che un po’ di magia la utilizzavi» la voce di Remus alle sue spalle rischiò di mandare in frantumi cinque piatti. Riuscì a riprendere il controllo giusto in tempo. «Tranquilla, non lo dirò agli altri» evitando due piatti diretti verso la dispensa, le venne al fianco con un sorriso gentile, appoggiandosi a sua volta al tavolo.
 
«Come va il lavoro?» Remus storse la bocca, lo sguardo puntato sul lavello. «Controllare una biblioteca babbana non richiede una gran capacità, no?» le chiese retorico voltandosi leggermente verso di lei. «Beh sai…» Elisa non sapeva cos’altro aggiungere. Fu l’altro a rompere il silenzio.
 
«Ho conosciuto una ragazza» la Grifondoro si voltò verso l’amico con uno scatto. «Cosa? Come si chiama? Di dov’è? Ci hai già parlato?» Remus le fece segno di tacere. «Gli altri non lo sanno» le spiegò «e non sono sicuro di volerglielo far sapere subito» annuì, comprensiva.
 
Lei avrebbe fatto lo stesso.
 
Lei aveva fatto lo stesso.
 
«Si chiama Adelle, è una babbana. L’ho conosciuta in libreria. È carina, sai» la mora avrebbe esultato se solo avesse potuto. «Ci hai già parlato?» «è da una settimana che viene abitualmente in libreria per scambiare quattro chiacchiere» «e bravo il nostro Remus. Le hai già chiesto di uscire?» il ragazzo annuì. Poi storse la bocca.
 
«Ed è qui che entri in gioco tu» «Io?» Elisa si voltò stupita. «Lei porterà degli amici e io… io ho pensato di portare te» la osservò con la coda dell’occhio, mordendosi dubbioso il labbro. «Gli altri non sono molto affidabili» spiegò assumendo una buffa espressione.
 
Lei rise. «E va bene. Accompagnerò il piccolo Remus in questa nuova avventura»
 
Non era sicura fosse una scelta giusta. Presentarsi ad una ragazza in compagnia di un’altra non era mai una buona mossa. Ma non si arrischiò a rovinare il buon’umore dell’amico. Anzi, gli diede corda, convinta che tutto in fondo si sarebbe risolto per il meglio.
 
Quell’appuntamento, non sapeva, avrebbe portato più novità di quanto potesse immaginare.
 
 
***
 
 
Prima regola quando si accompagna un amico ad un appuntamento: mai sperare in un buon pomeriggio.
 
Elisa osservò sconsolata il suo caffè macchiato raffreddarsi. Adelle e Remus sembravano divertirsi. Certo, lei la fulminava con lo sguardo ogni volta che lui si voltava, ma la Grifondoro riuscì presto ad estraniarsi dal discorso.
 
«Usciamo a fare una passeggiata?» i due ragazzi si alzarono senza aspettare risposta. Gli altri due non poterono che seguirli. Dopo aver pagato il conto i quattro si catapultarono in strada. Remus e Adelle rimasero davanti, parlando del più e del meno.
 
«Come diamine hanno partorito l’idea di uscire? È gennaio, si gela» l’amico dell’altra le si affiancò con fare complice. Elisa ridacchiò divertita, del tutto concorde con l’altro.
 
«Ciao, io sono Sam» «Elisa» la mano del ragazzo era calda, nonostante le temperature gelide. Sembrava di origini spagnole, a giudicare dall’accento. Le sorrise furbescamente.
 
«Ti va di uscire uno di questi giorni? Sei carina» la ragazza sorrise, vagamente deliziata. «Sono già impegnata, mi dispiace» l’espressione seducente che il ragazzo aveva assunto vacillò un poco, per poi farsi di nuovo sicura. «Non c’è problema, io non sono geloso»
 
Elisa pensò a Sirius e a come lo avrebbe preso a pugni all’istante. Ridacchiò di nuovo, divertita. Come scrollarselo di torno? Non sembrava il tipo da mollare così tanto facilmente.
 
«Non hai capito… sono lesbica» si morse il labbro, cercando di sembrare credibile. La delusione sul viso dell’altro la fece quasi pentire. «Dovreste dirlo prima voi altre» commentò alzando gli occhi al cielo. La mora bisbigliò delle scuse, sistemandosi meglio la camicetta. Aveva il brutto vizio di aprirsi un po’ troppo.
 
«Bel tatuaggio comunque» la ragazza si voltò verso l’altro, confusa. «Io non ho-» «Quello lì» e indicò tra i suoi seni, proprio all’apertura della camicia. «Scusa mi è caduto l’occhio»
 
Elisa aprì velocemente qualche bottone. Un tatuaggio scuro era impresso sulla sua pelle. Subito si richiuse meglio il giubbotto. Un senso di panico le avvolse le viscere.
 
Sirius.
 
Aveva cercato nel libro ma non aveva trovato nulla.
 
«Io devo andare» si era bloccata nel mezzo del marciapiede venendo urtata dagli altri passanti. Londra a volta sapeva essere caotica.
 
«Come devi andare?» Sam guardò qualche metro più in là i due ragazzi scherzare. Remus se la sarebbe cavata anche da solo. «Non puoi lasciarmi qui a reggere il moccolo» Elisa si voltò solo in quel momento verso il ragazzo.
 
«Mi dispiace» sussurrò poi, prima di fare marcia indietro e ripercorrere la strada al contrario. Si infilò nella prima strada secondaria disponibile. Quando fu sicura di non essere vista si smaterializzò con un CRAC. Comparve qualche attimo dopo in una stradina semideserta in un paesino fuori Londra.
 
Suonò velocemente il campanello. «Arrivo!» James aprì la porta con sguardo stupito. «Sirius mi aveva detto che oggi eri fuori» «Lui dov’è?» si infilò in casa di prepotenza, superando l’amico.
 
«Chi è?» la testa di Sirius spuntò dal soggiorno. In mano teneva una vaschetta gelato. Il manico di un cucchiaio spuntava dalla sua bocca. Se lo tolse appena la vide.
 
«Che succede?» «C’è un posto dove possiamo parlare da soli?» il sussurro gettò turbamento sul suo viso. «Nella mia stanza, adesso» le afferrò la mano, dirigendosi verso le scale. «Se mi cercano non ci sono, Ramoso» «Non fate-» il grido fece alzare gli angoli della bocca di lei prima che la porta si chiudesse alle sue spalle.
 
La stanza di Sirius era incredibilmente semplice. Alcune cornici decoravano l’anonima stanza. C’erano foto dei ragazzi, tutti sorridenti e scherzosi.
 
E poi c’era una sua foto. Sembrava scocciata, quasi non volesse essere lì. Ricordava il momento in cui quella foto era stata scattata. Era stata una delle loro ultime giornate ad Hogwarts. Quando la figura di Sirius la raggiunse nella foto, stringendola, un sorriso sincero si aprì sul suo viso. Sembrava felice.
 
«Cosa succede?» il ragazzo aveva posato la vaschetta gelato sul comodino insieme al cucchiaio. Automaticamente lo sguardo di lui si posò sul suo addome, cercando qualche rigonfiamento. Quando lei se ne accorse fece un passo indietro.
 
«No, no no non è come pensi» il sollievo attraversò il suo viso. «Merlino grazie» il mormorio avrebbe anche potuto sembrare divertente. Lei non commentò. La verità era lì, presente nella stanza come un fantasma. Aleggiava sulle loro vite ed Elisa sperò rimanesse in disparte più tempo possibile. Non era ancora pronta a rivelargli tutto.
 
«Guarda» senza tanti complimenti gettò il proprio cappotto sul letto di lui. Poi si aprì la camicetta. «Oh» il commento di lui fu abbastanza da farla specchiare nello specchio alla parete lì di fianco. I contorni nitidi e scuri non lasciavano alcun dubbio.
 
«è uguale» Sirius, al suo fianco, si era già tolto la maglietta. Il simbolo era identico.
 
«Non hai trovato nulla, vero?» si avvicinò al comodino, prendendo la vaschetta di gelato. Poi si sedette sul letto, portandosi il cucchiaio con una generosa porzione di dolce alla bocca.
 
«Che c’è?! Sono stressato» si scusò lui con sguardo superiore. Elisa scosse la testa, sedendosi al suo fianco. «Non ho trovato nulla» Prima che il secondo cucchiaio raggiungesse la bocca del ragazzo, lei glielo rubò.
 
«Ehi!» «Sono stressata» l’occhiataccia che le mandò le scaldò il cuore. «Farò ancora ricerche» Sirius si riprese il cucchiaio con fare stizzito. «E io intanto mangio» «Non ti senti proprio nervoso? Non sappiamo cosa possa essere» il Grifondoro puntò lo sguardo nel suo.
 
Poi sorrise.
 
«Io sto bene. Tu stai bene» prese un’altra dose di gelato. «Perché dovrei essere nervoso?» le sarebbe piaciuto ragionare così. Le sarebbe piaciuto anche a lei strafogarsi di gelato senza pensieri.
 
Invece appoggiò la testa contro la spalla di lui, sperando e pregando, perché quel nuovo tatuaggio non fosse così oscuro come lo era sulla sua pelle.
 
 
***
 
 
«Sei scomparsa» la ragazza osservò l’amico. Le sue labbra erano strette in una linea rigida. «Mi sono ricordata di avere degli affari urgenti» si scusò l’altra grattandosi il capo. Il lupo mannaro le scoccò un’occhiata severa.
 
«Va tutto bene?» «Certamente!» gli occhi di Remus quel giorno la scrutarono attentamente. Cercarono, inutilmente, di comprendere cosa la sua anima stesse urlando. Ma nemmeno lei era a conoscenza di come comprenderla.
 
E così le giornate passarono. E passarono i mesi. Sirius trovava particolarmente divertente osservare il passato e ridere dei loro progressi. Checché lei sorridesse, non poteva nutrire la stessa gioiosa eccitazione.
 
A volte pensava di essere un’ingrata. Non aveva mai imparato ad essere grata per ciò che aveva, prediligendo molto spesso osservare il bicchiere mezzo vuoto. Eppure si era impegnata a far parte di quella quotidianità che le si era creata attorno. Forse non era fatta per lei.
 
Era passato ormai un anno. Un anno fatto di gioia e, talvolta, paura. Le missioni dell’ordine continuavano. E così le loro vite. Più passavano i giorni, più gli scontri aumentavano. Nessun membro era stato più ferito gravemente. Questo non significava che il pericolo fosse passato.
 
Le morti aumentavano, le sparizioni seguivano lo stesso corso. L’ordine faceva quel che poteva. Non era evidentemente abbastanza
 
«Signorina Stevenson, è da parecchio tempo che non la incontravo» la Mcgranitt la raggiunse al suo fianco. Quella sera la sala delle riunioni era particolarmente vuota. Sentiva la mancanza dei suoi compagni, in realtà. Con la coda dell’occhio osservò Remus seduto su una sedia nell’angolo più solitario della stanza. La luna piena era particolarmente difficile, quel mese.
 
«Sta bene?» Elisa annuì lentamente, continuando ad osservare di fronte a sé. «Lei?» con un sorriso tirato prese una sorsata del liquido ambrato tra le sue mani. «Come al solito» la donna assottigliò gli occhi, scrutandola attentamente. «Stai bene?» la testa di Elisa scattò di lato, quasi volesse cacciare un brutto pensiero.
 
«Cosa le fa pensare che le abbia mentito?» l’insegnante assottigliò le labbra per il tono brusco dell’altra. Rimase nel silenzio più assoluto, fino a che la sua fronte si alzò con prepotenza. «Se avrà mai bisogno di parlare con qualcuno, sa dove trovarmi» la donna si allontanò senza aspettare risposta, dirigendosi verso il Grifondoro seduto sulla sedia.
 
Elisa bevve del whisky con riluttanza. Aveva sbagliato. Ancora. Si appoggiò il bicchiere freddo contro la fronte, chiudendo leggermente gli occhi. La situazione le stava sfuggendo di mano.
 
Ripensò alla proposta della donna. Parlare. Ne avrebbe avuto bisogno, davvero. Ma come fare? Era una codarda e una bugiarda. Questo nessuno l’avrebbe mai cambiato. Il suo pensiero si diresse verso Sirius.
 
Come dirglielo? Come mai avrebbe potuto osservare i suoi occhi riempirsi di delusione? Non avrebbe mai potuto sopportarlo. Non se lo meritava.
 
Il cigolio insistente della porta e il respiro spaventato della sua vecchia insegnante la fece voltare. Sulla soglia James Potter teneva per la vita la sua Lily. Elisa sussultò spaventata quando notò che i capelli rossi di lei erano bagnati da qualcosa che somigliava con troppa insistenza a sangue. Remus si alzò di scatto dalla sedia, barcollando.
 
«Cosa è successo?» James trascinò la figura tra le sue braccia verso la sedia appena lasciata libera. «Ne parliamo dopo, okay?» Sulla soglia un’altra figura fece la sua comparsa. «Qualcuno chiami Silente» dietro Marlene la mora intravide una figura slanciata trascinare qualcuno alle sue spalle. Frank spuntò alle spalle della bionda con Peter arpionato al braccio. Sembrava tremare.
 
«Peter dov’è Sirius?» il rantolo che riuscì ad emettere fu abbastanza da richiamare il ragazzo. Nessuna risposta la raggiunse.
 
«Peter, dov’è Sirius?!» con qualche passo si arpionò al maglione dell’altro, iniziando a scuoterlo. La sua voce si era alzata di qualche ottava. Il panico iniziò a stringerle lo stomaco.
 
«Sono qui!» due braccia la circondarono con forza, staccandola dal povero ragazzo. La schiena di Elisa cozzò contro un petto famigliare. «Sono qui» il sussurro a qualche centimetro dal suo orecchio la fece quasi piangere dal sollievo. Appoggiò la testa contro la clavicola di lui, ispirando il suo odore.
 
«Pensavo che-» «Stiamo tutti bene» Sirius le lasciò un bacio contro la tempia. Rimase in quella posizione per qualche secondo, immobile. Una figura argentata richiamò la loro attenzione. Il patronus della Mcgranitt sparì l’attimo seguente.
 
«è stato un attacco di voi-sapete-chi» li informò Alice alle sue spalle. Non si era nemmeno accorta che fosse arrivata. «Quanti saranno stati? Una trentina?» James annuì nella loro direzione.
 
Elisa osservò Lily sorriderle leggermente. Sembrava stare bene, nonostante la ferita alla testa. La mora chiuse gli occhi. Non ascoltò i particolari dell’attacco, né le raccomandazioni che al suo arrivo Silente fece loro. Quasi non notò lo sguardo preoccupato che quando arrivò Dorcas lanciò a Marlene. Ma non le importava molto in quel momento.
 
L’unica cosa che registrò fu il respiro stanco di Sirius e il contatto della sua pelle con la propria. Ascoltò i battito lenti del cuore e pregò che non si fermasse mai.
 
Perché se mai fosse successo non ci sarebbe stato inferno da cui non lo avrebbe riportato indietro.
 
 
 
 
Angolo Autrice
Ed eccomi qui dopo mesi e mesi di assenza. È stato e sarà un periodo molto pieno, quindi non vi assicuro una certa regolarità. Con la speranza che il capitolo vi sia piaciuto
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 53
*** Buio ***


Buio
 
Quando quel pomeriggio Elisa uscì dall’ufficio del preside si stiracchiò pigramente. Era stata una bella chiacchierata. Camminare per i corridoi del castello aveva un qualcosa di magico, qualcosa che non era mai riuscita a percepire prima. Quel luogo permeava magia.
 
Appoggiò la mano ad una parete, passando le dita sulla ruvida roccia. A quel contatto freddo la sua pelle rabbrividì. Aveva quasi raggiunto l’uscita quando osservò la figura di Sirius fare la sua entrata dalle imponenti porte d’uscita. Non appena la individuò il viso del ragazzo si fece teso.
 
«Cosa succede?» «Abbiamo un problema» Sirius si era avvicinato. Si mordeva nervosamente il labbro. Elisa pregò non fosse successo nulla di grave. «Cosa-» «Ieri sera mi sono fermato da te a dormire» iniziò titubante. Elisa annuì con lentezza. Un nuovo pensiero le si insinuò nella mente.
 
E se l’avesse tradita? Si diede subito della stupida, lui non l’avrebbe mai fatto. Giusto?
 
«Abbiamo fatto sesso questa notte, no?» la mora assottigliò lo sguardo. «Sirius, sei venuto qui solo per ricordarmi che abbiamo-» «Hai preso la pozione contraccettiva?» la bocca di lei si dischiuse con lentezza. No, non l’aveva presa. Ma non faceva nessuna differenza, in fondo. Eppure questo Sirius non poteva saperlo.
 
«Ho visto la boccetta sul tavolo adesso quando sono tornato. Dobbiamo…» non concluse la frase. Cosa dovevano fare? «Penso sia meglio portarti al San Mungo» La Grifondoro rimase immobile, indecisa.
 
Se dire la verità avrebbe significato procurargli una delusione, non farlo avrebbe permesso ad una asettica medimaga di farlo. E lei non aveva intenzione di spiegare a Sirius i motivi per il quale gli aveva mentito per così tanto tempo. Non con una medimaga ad ascoltare, almeno.
 
«Vieni» il ragazzo le afferrò la mano, iniziando a trascinarla verso l’uscita qualche metro più in là. «Sirius devo dirti una cosa» «me la dirai dopo, quando arriviamo-» Elisa strattonò con forza la sua mano, liberandola. «No, adesso» il ragazzo si voltò riafferrandole il polso. «Quando sarò sicuro che non ci siano problemi potrai benissimo-» «Problemi?» Sirius sbarrò gli occhi, conscio delle sue parole.
 
«Problemi?!» la sua voce si era alzata. La Grifondoro fece qualche passo indietro. Il ragazzo la lasciò andare.
 
«Non intendevo dire-» «Cosa? Che nostro figlio sarebbe un problema?» «Non voglio che tu stia male» Elisa emise un verso di scherno nella sua direzione. «Veramente una bellissima considerazione, grazie» «Cos’hai?» le sopracciglia del ragazzo si alzarono con prepotenza.
 
«Cosa intendi dire?» «Non faresti questa scenata se non-» «Oh sta’ zitto!» Elisa si portò una mano a coprirsi gli occhi. Quando la tolse, un nuovo sguardo freddo comparve sul suo viso.
 
«Beh, spero almeno tu sia felice di scoprire che non avremo mai alcun problema» Gli occhi di lui si contrassero con forza. «Cosa intendi dire?» la bocca di lei si contorse in un sorriso tirato e senza allegria.
 
«Noi due non avremo mai figli» Sirius aprì la bocca per parlare, poi la richiuse nel silenzio più assoluto. «Io non posso avere figli» scosse le spalle con noncuranza, sperando che quel silenzio fosse presto riempito.
 
Qualcosa nel suo petto si ruppe. Sembrava che il suo cuore si fosse frantumato, perché quando respirò l’attimo seguente quelle che parvero schegge di cristallo le perforarono l’anima.
 
«Immagino tu sia felice, ora. Non avremo mai problemi» Lo superò, diretta verso l’uscita. Non aveva intenzione di rimanere immobile ad osservare il suo animo sgretolarsi. «Sai per caso se James e Lily cenano da noi questa se-» «Non da noi» la ragazza si voltò leggermente confusa.
 
La figura dell’altro sembrava una statua di pietra. Osservava il pavimento, lo sguardo congelato in un’espressione dura. Con il sole del tramonto a delinearne i contorni, i capelli lunghi a coprirgli parzialmente gli occhi, Elisa avrebbe scommesso fosse un angelo. Improvvisamente gli occhi azzurri si piantarono nei suoi. La mora trattenne il respiro, mentre la rabbia in quel ghiaccio freddo la colpiva come uno schiaffo.
 
«Da te» la corresse lui con un sorriso amaro. O almeno gli angoli della bocca provarono ad arricciarsi un poco. «Sempre e solo te» il sussurro le bloccò la gola. Con falsa indifferenza alzò un sopracciglio, sperando che il pizzicore agli occhi diminuisse.
 
Il ragazzo le si avvicinò con lentezza, respirando a fondo. «Quando imparerai ad amare» Elisa trattenne il fiato, improvvisamente congelata. La mano di lui si diresse al suo viso, per poi bloccarsi a metà percorso. Quasi ripensandoci, Sirius lasciò cadere il braccio lungo il fianco. «Non voglio tornare con te» senza aggiungere nulla il ragazzo si allontanò, dirigendosi all’uscita.
 
La sua figura era già da tempo sparita all’orizzonte quando Elisa si voltò nella sua direzione, la mano sulla guancia per una carezza mancata e una lacrima versata.
 
***
 
Non era stata corretta. Assolutamente. Aveva riversato su di lui tutto il suo nervosismo e le sue paure. Un profondo senso di nausea le attanagliò lo stomaco quando appoggiò la mano sulla maniglia. La porta di casa non le era mai sembrata tanto imponente. Deglutì con forza ed entrò.
 
L’appartamento appariva vuoto, con l’eccezione di una luce accesa in cucina. Si avvicinò lentamente, scorgendo la figura che, abile, si muoveva tra i fornelli in una danza frenetica. Si appoggiò allo stipite, osservando. Solo dopo qualche attimo Lily si accorse della sua presenza.
 
«Per Merlino» la pentola tra le sue mani fu appoggiata sul ripiano. «Hai un aspetto orribile» Le si avvicinò con aria spazientita, accompagnandola poi alla sedia più vicina. «E puzzi di alcool» «Nemmeno tu hai un buon odore» Le sopracciglia della rossa si aggrottarono. «Sei ubriaca» «No» Elisa assunse una posa melodrammatica. «Sono infelice» La rossa alzò gli occhi al cielo, esasperata. «Dai infelice, vieni»
 
Elisa si lasciò trasportare nell’altra stanza. Le sue gambe protestarono, facendole perdere equilibrio un paio di volte. Se le braccia dell’amica non l’avessero trattenuta, probabilmente avrebbe passato la notte sul pavimento.
 
Persa nei suoi pensieri quasi non si accorse della decisa spinta che la gettò su una superficie morbida. Con un grugnito mesto si voltò su quello che, intuì presto, era il divano. La luce proveniente dalla cucina era scomparsa, lasciandola nella parziale oscurità. Un tonfo sulla poltrona qualche metro più in là le suggerì la presenza dell’altra. Nel silenzio della stanza Elisa osservò dalla finestra il lampione illuminare la strada. Socchiuse poi gli occhi, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri.
 
«Sono ubriaca?» Lily sospirò stancamente. «No, sei troppo lucida» Elisa osservò nella stradina un gatto stiracchiarsi pigramente. Con una piccola morsa al petto le tornò alla mente la proposta della sua insegnante.
 
«Non potete continuare così» anche nell’oscurità la mora poté scorgere l’occhiata severa dell’amica. «è da voi?» «è a casa con James adesso. Sembrava sconvolto» Elisa deglutì con forza. «Non ti chiederò cosa sia successo. Sono affari vostri» spiegò la rossa nel buio. «ma ti prego, non farlo soffrire»
 
Il gatto sotto il lampione sparì oltre una siepe, evitando agilmente una macchina parcheggiata vicino alo stretto marciapiede.
 
«Non farti soffrire»
 
Nessuna delle due si dilungò ancora in altre inutili parole quella sera. Elisa, in particolare, osservò per molto tempo la strada deserta. Non sapeva da quanto tempo si fosse addormentata quando la figura argentea si catapultò nella stanza. L’aquila bloccò con una violenza genuina la sua discesa, allargando le grandi ali stridendo fiera.
 
Elisa si svegliò sobbalzando. Al suo fianco Lily torreggiava attenta, la bacchetta tesa davanti a sé.
 
«Ehi bambina!» la voce di Dorcas fuoriuscì contrariata e infastidita dal becco del’animale. «Sarebbe carino se tu portassi il tuo adorabile culetto qui a darci una mano» Elisa si alzò dal divano barcollando un po’. La mano di Lily le afferrò la spalla. Quando le due incrociarono i loro sguardi, entrambe annuirono. La mora si passò una mano sul viso, sentendo la stanchezza e l’alcool ancora nelle vene.
 
«Non puoi andare» la presa sulle sue spalle si intensificò. «Devo andare» l’amica si morse il labbro ma non ribatté. Qualche secondo dopo i vestiti di entrambe si trasfigurarono in comodi abiti. «Non ci ha detto dove andare» l’aquila emise un forte acuto. «Toccala e poi smaterializzati» le ordinò lei con un cenno. Lily fece quanto le era stato detto e poi, con uno strattone, avvicinò la mora a sé. «Non ho nessuna intenzione di lasciarti smaterializzare da sola. Ci manca solo che tu ti possa spaccare» Elisa afferrò saldamente l’abito dell’altra. L’ultima cosa che sentì fu la bacchetta strettamente impugnata nel suo palmo.
 
***
 
La stanza in cui ricomparvero sapeva di muffa. L’aquila scomparve con uno stridio. Lily rimase con la mano a mezz’aria, le dita ancora sensibili al morbido piumaggio. La stanza piombò nel buio più totale. «Lumos» dalla bacchetta della rossa una debole luce illuminò le pareti nerastre.
 
«Non avevo mai toccato un patronus» il sussurro fece arricciare gli angoli della bocca dell’altra. «E com’è?» Lily abbassò lentamente la mano, osservandola poi con sguardo perso. «è come toccare la felicità dell’altra persona» «Mmm»
 
Elisa perlustrò la stanza. Il locale era completamente vuoto, eccetto loro. L’ambiente era piccolo, largo qualche metro. Il pavimento era ricoperto da quello che, a prima vista, sembrava fango. La puzza di decomposizione, però, non lasciava molti dubbi. Cercò di non svenire, tappandosi per quanto possibile la bocca. In quella stanza le pareva di essere schiacciata. Sperò fosse solo frutto della stanchezza.
 
«Dici che Dorcas sia felice?» Elisa tornò a guardare l’amica. La bacchetta giaceva nella sua mano lungo il fianco, completamente abbandonata. La ragazza continuava ad osservare la propria mano. Quando spostò lo sguardo su di lei, il viso di Lily le apparve scosso.
 
«Cosa ti fa pensare che non lo sia?» la rossa impiegò qualche attimo a rispondere. «Era una felicità nostalgica, quasi malinconica» La bacchetta della mora si illuminò grazie ad un incantesimo non verbale. «Ognuno ha la sua storia» sussurrò poi dirigendosi verso la soglia.
 
La porta giaceva lungo il corridoio, scardinata e parzialmente rotta. Delle tracce di sangue fecero storcere il naso alla ragazza. Delle scale portavano ad un piano superiore.
 
«Sembra tutto tranquillo» Lily le si affiancò, la mano davanti al naso per il tanfo. «Troppo tranquillo» le sentì sussurrare. Elisa fece qualche passo avanti, incerta. Il fango in terra pareva confuso, in alcune parti completamente assente. Non impiegò molto ad individuare delle impronte.
 
«Al piano di so-» Prima che riuscisse a terminare, un corpo fu lanciato dalla rampa delle scale, atterrando nel fango con uno schizzo. Il corpo rimase a terra immobile, supino. Lily dalle sue spalle si avvicinò rapida. «Mangiamorte schiantato» le due volsero lo sguardo verso il piano superiore.
 
Dopo un breve sguardo, entrambe si catapultarono su per le scale. Durante quei quindici lunghissimi scalini, Elisa sentì il sangue pomparle nel cervello. Ad ogni passo la testa girava, rendendole piuttosto complicata la sua frenetica corsa. Nonostante questo, riuscì a raggiungere il pianerottolo prima dell’amica.
 
Fece appena in tempo a voltarsi, quando un raggio verde le si catapultò davanti agli occhi. «Giù!» L’urlo di Lily la spaventò più dell’anatema.
 
Si sentì afferrare per lo stomaco e tirare indietro. Con un tonfo sordo, le due ragazze cozzarono contro il muro al loro fianco. La mora osservò il fondo delle scale, dove le gambe del mangiamorte giacevano scompostamente. Elisa ringraziò mentalmente l’amica per aver deviato la loro caduta. Quando si voltò, lo sguardo che l’altra le lanciò fu di intensa rabbia. Non avrebbe saputo dire a chi fosse rivolta.
 
Le due si alzarono e si affacciarono al nuovo corridoio con circospezione. Nessun incantesimo rischiò di ucciderle. Una serie di stanze si aprivano alla loro destra. Luci inquietanti e urla provenivano da esse. Un uomo si catapultò nel corridoio. Nell’oscurità Elisa tentò di riconoscere il suo volto. Non appena puntò loro contro la bacchetta, non ebbe molti dubbi sulla sua identità. Prima che il mangiamorte riuscisse a pronunciare l’incantesimo, uno schiantesimo lo buttò a qualche metro di distanza.
 
Elisa puntò la bacchetta contro la nuova figura uscita da una stanza dall’altra parte del corridoio. «Mettila giù bimba» Dorcas avanzò verso di loro nel corridoio. Ombre scure si aprivano sotto i suoi occhi. Anche a quella distanza nell’oscurità Elisa notò la stanchezza sul suo viso.
 
«Si può sapere dove diamine eri?!» Un altro giramento di testa non le permise di rispondere. Ci pensò per lei Lily. «Non è stata una serata facile» Solo allora la donna si accorse dell’altra. Le lanciò quindi un’occhiata più attenta, squadrandola da capo a piedi. «No, decisamente» commentò con tono piatto.
 
«Dove sono gli altri?» Lily scrutò le stanze con attenzione. «Non è abbastanza chiaro?!» Dorcas si catapultò nella stanza più vicina. Le altre due la seguirono.
 
Il caos accolse la loro entrata. Maghi e streghe di ogni età lanciavano incantesimi da una parte all’altra della stanza. Alcuni urlavano, altri silenziosamente continuavano la loro lotta. Alcuni corpi giacevano scomposti per terra. Elisa non si prese la briga di controllare se respirassero ancora. Benché la stanza non fosse troppo ampia, una dozzina di coppie duellavano senza tregua. Tra di essi riconobbe un trafelato Remus combattere con una mangiamorte inferocita. Il cuore le si strinse.
 
«Lui se la sta cavando abbastanza bene» Dorcas ricomparve alle loro spalle. Una figura esile era da lei sostenuta. Con una nausea crescente Elisa riconobbe Marlene. «Starà bene» sussurrò la donna stringendo più a sé la ragazza. «Cosa è successo qui?» prima che potesse rispondere, però, uno scoppio scosse la stanza. Quando Elisa spostò le braccia dal viso, osservò un lungo squarcio lungo la parete.
 
I mattoni erano schizzanti per tutta la stanza colpendo, fortunatamente, molti mangiamorte. Nessuno dei loro pareva ferito. «Bontà divina» Remus le si avvicinò di corsa, scivolando maldestramente su una chiazza di sangue lì a terra.
 
«Ci sono Sirius e James di là!» Lily si catapultò all’esterno della stanza. Prima che potesse seguirla, la mora fu bloccata da un braccio. «Non puoi andare» il ringhio di Dorcas la richiamò. «Sei palesemente incapace di combattere» Se Elisa avesse potuto, in quel momento avrebbe voluto trasformarsi e attaccare la donna. Forse a causa dei suoi pensieri, o forse a causa del suo scarso autocontrollo, un forte ringhio le scosse il petto. Un ringhio non umano. La donna lasciò la presa, stupita. Con il minimo di autocontrollo ancora in suo possesso, Elisa fece quanto avrebbe dovuto fare fin dall’inizio.
 
«Via tutti! Via di qui!» «Non possiamo ritirarci ora, stiamo vincendo» «Stiamo morendo!» il grido di Elisa fece sussultare nuovamente la donna. Con la coda dell’occhio la mora osservò alcuni dei mangiamorte colpiti dai mattoni rialzarsi da terra. Una fitta di panico la investì.
 
«Portali fuori di qui salvi, Dorcas» il suo respiro accelerò. Sirius era nell’altra stanza e lei era lì a discutere. «Portali fuori di qui» Senza aspettare risposta raggiunse il corridoio con uno scatto. La soglia dell’altra stanza appariva lontana, sul fondo del corridoio.
 
Per quanto i giramenti glielo permettessero, iniziò a correre. Nell’oscurità apparvero due figure. Elisa non impiegò molto a riconoscerle. Lily trascinava il ragazzo con forza verso la sua direzione. James, accasciato sulla spalla di lei, perdeva sangue da un braccio. Elisa fece per dire qualcosa, ma l’amica la precedette.
 
«Sta bene» La mora seguì con lo sguardo i due avanzare lungo il corridoio. Vicino alle scale, dopo un’ultima occhiata, intravide Remus smaterializzarsi. Altri membri lo seguirono, seguiti dall’inconfondibile suono. Molti urlarono, chi per angoscia e chi per richiamo. Elisa osservò Lily voltarsi e urlarle delle raccomandazioni.
 
O almeno sperava lo fossero.
 
Con un sonoro CRAC, la rossa portò il suo compagno al sicuro.
 
La mora si rivoltò tornando a marciare tra la polvere e i calcinacci. Un’altra esplosione scosse la casa. Dall’ultima stanza una nube di polvere si riversò nel corridoio. Elisa si portò una mano a coprirsi la bocca, tossendo. Una mano le afferrò la spalla.
 
L’attimo seguente la sua bacchetta fu a qualche centimetro dal viso di Dorcas. La donna la lasciò andare. «Al quartier generale» Elisa annuì. Gli occhi di Dorcas si chiusero per un attimo, pensosa. Quando li riaprì, un’antica determinazione dardeggiò da essi. Solo quando la donna si staccò notò Marlene, semisvenuta al suo fianco. Dorcas si passò meglio il braccio dell’altra sulle spalle. Poi, con un ultimo sguardo nella sua direzione, la donna si voltò, procedendo verso la scala.
 
Elisa non avrebbe mai detto che tanta forza potesse scaturire da quel corpo. Dorcas trascinò la bionda fino alle scale. Mai si fermò a riprendere fiato, né si voltò verso gli altri membri.
 
Elisa non aspettò di vederla smaterializzarsi. Si voltò nella parte opposta, iniziando nuovamente la sua corsa. Inciampò un paio di volte in qualche mattone abbandonato a terra. Solo quando pochi metri la separavano dall’ultima porta, una figura si catapultò all’esterno della stanza, travolgendola.
 
L’impatto fu sufficiente per gettarla a terra. Prima che potesse anche solo imprecare per i continui giramenti di testa e per il dolore, due braccia l’afferrarono con prepotenza. Elisa si ritrovò appoggiata al muro con fermezza.
 
Fece appena in tempo ad intravedere gli occhi di Sirius nella semioscurità. Guardava verso la porta con fare preoccupato, spostando poi ad intermittenza il suo sguardo da lei alla parte opposta del corridoio. «Sirius» ansimò con tutta la forza che aveva in corpo. Un altro giramento le fece serrare gli occhi.
 
Il ragazzo le afferrò con forza la mano, trascinandola verso le scale. Elisa cercò di rimanere lucida. Si concentrò sui suoi passi, veloci e regolari. Tentò di ignorare con tutte le sue forze l’espressione di massima urgenza sul viso dell’altro, ma con scarso successo. Solo quando inciampò e un raggio verde colpì il muro al suo fianco si voltò.
 
Alle sue spalle, una figura snella era appena uscita dalla stanza. I capelli lunghi e arruffati donavano al suo viso spettrale quella stessa bellezza malata che aveva riconosciuto in lei molti anni prima. Il suo cuore ebbe un sussulto quando Bellatrix pronunciò l’incantesimo successivo.
 
Elisa tentò di muoversi. Nella caduta aveva proteso la mano che teneva la bacchetta in avanti, trascinando parte di essa sui calcinacci ruvidi. Ora un bruciore distinto pungeva la parte lesa, richiamando prepotentemente la sua attenzione. La bacchetta era lì, nella sua mano. Avrebbe solo dovuto alzare il braccio. Avrebbe potuto ma non lo aveva fatto.
 
«No!» L’incantesimo si schiantò con prepotenza contro lo scudo di fronte a sé. Elisa fu tirata malamente più indietro mentre il ragazzo si faceva avanti. Solo quando lui le lasciò la mano la mora si accorse che le aveva appena salvato la vita.
 
Elisa si alzò con difficoltà, appoggiandosi alla parete. Le luci degli incantesimi che volteggiavano nella stanza le permisero di osservarsi la mano. Del sangue grumoso colava da essa, imbrattando lentamente la bacchetta. Si staccò dal muro.
 
Sirius combatteva bene. I suoi attacchi risultavano calcolati, quasi strategici. Per quanto riguardava la difesa, era ineccepibile: nessun incantesimo aveva ancora colpito né lui, né lei. La risata fredda di fronte a sé le fece accapponare la pelle. Elisa osservò quei pozzi neri appena prima che la donna lanciasse l’incantesimo.
 
Sirius fece appena in tempo a fare un passo indietro. Poi l’esplosione li raggiunse come uno schiaffo.
 
I due furono lanciati all’indietro. Il corpo di lui cozzò contro il suo, lasciandola stordita. Le braccia di lei si chiusero sul suo corpo in un movimento automatico. E mentre la bacchetta le si sfilava dalla mano, Elisa osservò la nube di fuoco raggiungerli. Con quanto fiato aveva in corpo urlò.
 
E poi il mondo divenne buio.

Ritorna all'indice


Capitolo 54
*** Salvi ***


Salvi
 
Il mondo parve scomparire. Elisa trattenne Sirius con tutte le sue forze. Lo tenne stretto a sé, pregando che stesse bene. E poi rivide la luce. O quasi.
 
La forza con cui furono scagliati all’indietro quando si smaterializzarono fu tale da lasciarla senza fiato. L’impatto non fu da meno. La sua testa cozzò contro una parete spigolosa. La vista le si oscurò completamente per qualche secondo. Il dolore le inondò la mente. Poi tutto divenne nuovamente buio.
 
Quando riuscì a riacquistare la vista qualche tempo dopo un gemito spezzato si levò dal suo petto, riecheggiando in quella che, ne era certa, era una caverna. Le pareti, ruvide e irregolari, erano illuminate da un’apertura sulla parete alla sua sinistra. Sempre dallo stesso spiraglio, dell’acqua faceva il suo ingresso nella caverna, creando un piccolo laghetto in una conca. Elisa osservò l’acqua a qualche metro di distanza e pregò con tutta sé stessa che non si avvicinasse.
 
Un gemito sotto di sé la richiamò. Sirius, ora la nuca nell’incavo del suo collo, aveva appena aperto gli occhi. Cercò di muoversi. «Cosa diami-» il ragazzo urlò con quanta forza aveva in corpo.
 
Elisa sentì il suo cuore lacerarsi. Un senso di nausea le attanagliò la bocca dello stomaco. Un tubo di ferro largo qualche centimetro era conficcato nella coscia destra del ragazzo. L’oggetto, che pareva lungo almeno una spanna, sembrava sprofondare nel muscolo in maniera inquietante. Sirius riprese la calma ansimando profondamente. «Va tutto bene» sussurrò lei spostando il capo nella disperata ricerca della bacchetta di lui. Il panico le invase la mente quando non la scorse da nessuna parte. «Sirius dov’è la tua bacchetta?» il ragazzo rimase immobile per qualche attimo finché, con molta lentezza, scosse la testa. «Hai perso anche la tua?» Elisa non rispose. Si appoggiò invece ai capelli di lui in un silenzioso bacio. Non avrebbe potuto salvarli.
 
«Ci troveranno» il commento senza allegria di lui non bastò a migliorare il suo umore. In un movimento casuale Elisa allungò la gamba. Il ragazzo iniziò ad urlare. «Ti pregherei di non muoverti, se non ti è di troppo disturbo» Sirius ansimò ancora per qualche minuto. Lei, invece, rimase immobile, attendendo.
 
Non potevano muoversi e Sirius era ferito. Non avevano le proprie bacchette. Lei non riusciva quasi a rimanere sveglia. Qualcosa di caldo le colò davanti agli occhi. Con orrore si accorse che era sangue.
 
«Prima non sei riuscita a lanciare un singolo incantesimo» La ragazza non rispose a quel commento. Cercò di concentrarsi sul dolce scorrere dell’acqua e sul senso di pace che le donava. Il dolore alla testa la costrinse a serrare gli occhi. «Puzzi di alcool» non sembrava un’accusa, ma solo una mera constatazione. «E tu puzzi di cane bagnato» il petto dell’altro fu scosso da una breve risata. Poi, complice il dolore, il ragazzo ansimò ancora.
 
«Sei riuscita a portarci in salvo, però» «Non sono stata io» ammise lei osservando le pareti umide. «Non so nemmeno dove siamo» Nonostante la stanchezza, Elisa provò a concentrarsi. Benché non avesse una bacchetta, aveva pur sempre sé stessa. Avrebbe soltanto dovuto far sapere a qualcuno dove si trovava. Avrebbe solo dovuto evocare un patronus, in fondo. Rimase ferma, immobile nel disperato tentativo di concentrarsi su un ricordo felice. Eppure tutti sembravano così effimeri, così pieni di dolore. Lo sconforto iniziò a prendere il sopravvento, facendole desiderare che tutto fosse finito. Desiderò con tutta sé stessa di morire. E si odiò per questo. Perché era un’ingrata e una bugiarda. Una bugiarda che stava per perdere l’uomo che amava per la sua stupidità.
 
«Avrei voluto avere un figlio con te» quelle parole rimbalzarono tra le pareti ruvide della caverna, perdendosi nell’oscurità. «Anzi, per Merlino, ne avrei voluti a migliaia» Elisa rimase immobile ad osservare lo spuntone di ferro, ascoltando attentamente le parole dell’altro. «Però forse tu mi avresti detto che non ero capace di badare nemmeno a me stesso, quindi mi sarei accontentato anche di due» Elisa non rispose. «Il più grandicello sarebbe stato un ragazzo tranquillo e studioso. Tutto il contrario dei genitori, quindi. Però sarebbe stato un bel ragazzo, come il padre, d’altronde. Avrebbe fatto stragi di cuori, ovviamente. Poi, dopo essersi diplomato ad Hogwarts, avrebbe sposato una ragazza che amava e con lei sarebbe andato ad abitare in una casa piccola ma comoda» Elisa sorrise leggermente, sentendo il cuore farsi più pesante. Poteva vedere esattamente tutta la vita di quel figlio che non avrebbero mai avuto. «E poi ci sarebbe stata la piccola di casa, la più viziata. Sì, lei avrebbe ereditato la parte più malandrina della famiglia. Lei sarebbe stata stupenda, come la madre» Elisa arrossì un poco. «E avrebbe fatto strage di cuori anche lei, ovviamente. La vedo già sfrecciare sulla scopa che le abbiamo comprato per il suo compleanno. Non mi piace però il ragazzo con cui si vede: è un gran pallone gonfiato. No, in realtà sono solo geloso marcio, ecco cosa. Perché lei è la mia bambina e io la amo, la amo con tutto me stesso, per Merlino. Così come amo sua madre, quella dannata donna che rende la mia vita un inferno da troppi anni e da cui non riesco a staccarmi» il cuore della ragazza fece un balzò. La sua mente si svuotò.
 
«E benché tutto ciò non potrà mai avverarsi, benché tu non potrai mai donarmi dei figli, sappi che non importa. Perché tu mi basti. Perché sceglierei te, sempre» Una singola lacrima solcò la guancia della ragazza. Poi una luce argentea si allontanò dal suo petto. Elisa sentì un altro giramento rischiare di farla svenire. L’animale argenteo si voltò nella loro direzione. La tigre osservava con occhi socchiusi i due.  Sirius ansimò sommessamente. L’animale spostò lo sguardo nei suoi occhi, attendendo ordini. La ragazza deglutì sonoramente.
 
«Ti prego» il sussurro si perse nel silenzio della caverna. La tigre scomparve con un ringhio basso e gutturale. «Andrà tutto bene» la voce di Sirius non ricevette risposta. Elisa rimase immobile con lo sguardo fisso sul pavimento, gli occhi socchiusi e persi, attendendo. E sperando.
 
***
 
«è lampante, signori» l’uomo strinse le labbra con decisione. «I due ragazzi non ce l’hanno fatta» «Stronzate!» La donna picchiò con decisione una mano sul tavolo al centro della sala. Gli altri membri la guardarono allarmati. «I due sono da qualche parte» «Sono passate ore dalla loro scomparsa. C’è stata un’esplosione e le bacchette sono su questo tavolo in questo istante. Dorcas, sono morti. Non avrebbero potuto fuggire» La donna sbuffò spazientita, tornando poi a passeggiare per la stanza.
 
«Elisa è una strega potente» la voce decisa della rossa al suo fianco si incrinò un poco. Teneva lo sguardo fisso sul pavimento, probabilmente cercando di non piangere. I tre ragazzi al suo fianco facevano lo stesso. «Non è morta» a quella voce la donna sussultò. Marlene si era appena rialzata da terra. Appoggiata al muro, il sangue ormai secco colato sul viso, sembrava una guerriera reduce dalla battaglia. «Quella ragazza non perderebbe mai la vita in maniera così ordinaria» Dorcas sorrise leggermente a quel commento. «Non possono essere sopravvissuti» Il sorriso le morì sulle labbra.
 
La donna si portò le mani a coprirsi il viso. Senza Silente tutto sembrava andare a rotoli. Era stanca, nervosa e terribilmente preoccupata per quella dannata ragazzina. Gli altri membri non sembravano renderle la vita più semplice.
 
«Alastor, devi fidarti di me» il tono calmo con cui pronunciò quelle parole fece voltare la bionda nella sua direzione. «Fiducia?! Hai perso il senno, Dorcas. E tutto, per una stupida ragazzina e il suo fidanzato» «La stupida ragazzina rappresenta la concreta possibilità di vincere la guerra!» l’urlo fece ammutolire tutti i presenti. Il viso dell’uomo si contorse dallo sdegno. «Non intendo affidarmi ad un bambina e ai tuoi vaneggiam-» una figura argentea atterrò con un balzo sul tavolo. Dorcas si ritrovò involontariamente con la bacchetta puntata nella direzione dell’animale. «Per Merlino» La rossa fece qualche passo avanti.
 
La tigre osservò con diffidenza il movimento, scrutandola con i suoi occhi indagatori. Poi spostò il suo sguardo sulla donna. Dorcas si perse ad osservare l’animale. La luce tenue che irradiava pareva inglobare l’intera stanza. Le orecchie del patronus si mossero in degli scatti veloci. La donna si specchiò nelle iridi trasparenti e un profondo senso di soggezione le attanagliò il cuore.
 
«Professore» Dorcas si voltò verso la porta. Silente aveva appena fatto il suo ingresso. Il suo volto, sempre sorridente e calmo, era ora angosciato e scuro. Sembrava che l’uomo fosse diventato vecchio tutto d’un tratto.
 
Il preside si avvicinò, osservando anch’egli l’animale. La tigre indugiò ancora sui presenti, studiandoli con cura. Dorcas si lasciò pervadere dalla speranza. E poi l’animale parlò. E il suo cuore sprofondò. «Ti prego» il sussurro era debole, spezzato. Dorcas non impiegò molto tempo. Fece qualche passo avanti, invitando poi gli altri a fare altrettanto. Silente fu subito al suo fianco. Quando toccò la tigre, un basso ringhio si propagò nel silenzio. Sembrava quasi che la stesse ringraziando.
 
***
 
Quando i primi CRAC ruppero il silenzio, Elisa decise che non avrebbe alzato lo sguardo. Non ce l’avrebbe fatta, a dirla tutta. Ad ogni movimento sentiva sempre meno forze e più tentava di trattenerle, più esse la abbandonavano.
 
Con la coda dell’occhio intravide quelli che, riconobbe, erano membri dell’ordine, inginocchiarsi su Sirius. Il ragazzo li salutò con un sorriso veloce, senza allegria.
 
«Dobbiamo toglierlo» Elisa sentì il ragazzo sussultare. La sua mano vagò sulla nuda roccia, trovando qualche secondo dopo la sua. Lei non osservò la scena, ma prima che le urla di Sirius si alzassero nella stanza capì cosa sarebbe successo. Si arrischiò ad allungare lo sguardo oltre la spalla di lui, dove sulla sua gamba si apriva uno squarcio di qualche centimetro. Il sangue scendeva copioso. Un membro stava richiudendo la ferita con quello che le sembrò Dittamo. Sperò facesse in fretta.
 
«Devi lasciarla» un altro membro si era inginocchiato alla sua destra. Distintamente Elisa sentì le mani dell’uomo cercare di dividere le loro. D’istinto serrò maggiormente la presa. «Sirius devi lasciarla andare!» Solo allora Elisa si accorse che l’uomo al suo fianco era James. Li osservava con preoccupazione crescente, gli occhi che saettavano dalla gamba di lui al viso di lei. Le loro mani furono separate a forza dall’amico. Quando fu libera, Elisa mosse di poco i polpastrelli sulla roccia. Lasciò la mano cadere al suo fianco, inerme. Era troppo stanca.
 
«Aiutatemi a spostarlo» Altre figure maschili si affaccendarono intorno all’altro. Dopo qualche attimo, Sirius fu sollevato da terra e disteso qualche metro più in là. Elisa si voltò nella sua direzione. Due membri dell’ordine si erano inginocchiati al suo fianco, continuando a versare il Dittamo con costanza. Il petto del ragazzo era scosso da tremori e singulti.
 
Qualcuno le si inginocchiò di fronte. Lei non si voltò. Una mano delicata le accarezzò il viso. Aveva sentito quel tocco così poche volte, eppure lo aveva sognato così tanto. Quando si voltò Silente le sorrise gentilmente. Elisa sospirò lentamente.
 
«Ti riporto a casa» Avrebbe voluto dire che non ce ne era bisogno, che voleva rimanere lì. Con la coda dell’occhio osservò Sirius disteso sul pavimento. «Se la caverà» il sussurro le fece chiudere la bocca dello stomaco. «Vieni» l’uomo le passò un braccio dietro al collo. Elisa gettò nuovamente un’occhiata al ragazzo sul pavimento. Poi, con una velocità quasi disarmante, il pavimento iniziò ad allontanarsi. Si voltò di poco al suo fianco, osservando il viso contratto del preside.
 
«Dove mi sta portando?» «Shh va tutto bene» Voleva ribattere ancora. Chiedere maggiori informazioni sulla loro destinazione, sui loro piani. Eppure in quell’istante non le importava molto. Ignorando il dolore alla testa, chiuse gli occhi, sfregando la guancia contro la veste morbida. Prima che potesse accorgersene, la ragazza perse i sensi.
 
***
 
Elisa si svegliò con della luce negli occhi. Strinse automaticamente le palpebre, portando una mano a coprirsi il viso. Si spostò di poco, evitando l’unico raggio spesso qualche centimetro che illuminava l’ambiente. Quando i suoi occhi si adattarono all’oscurità il suo cuore ebbe un sussulto doloroso.
 
La caverna era scura e silenziosa come la ricordava. Serrò gli occhi, imponendosi la calma. Con quanto coraggio aveva in corpo cercò di alzarsi. Sorprendentemente, i muscoli risposero alla perfezione. Solo quando fu in piedi si accorse con vergogna di essere nuda. Si portò le braccia al petto, consapevole in ogni caso della sua unica presenza nella caverna. Era sola.
 
Iniziò a guardarsi attorno con attenzione, notando  nuovi particolari. Lo spazio risultava scuro come se lo ricordava, benché poteva distintamente vedere dove mettesse i piedi. Procedette così con lentezza verso il fondo della caverna, dove l’oscurità si faceva più fitta.
 
La sua vista impiegò qualche attimo ad individuare un nuovo passaggio. Un varco si apriva nella parete, in penombra. Deglutendo la poca saliva che le era rimasta, Elisa procedette. Il pavimento irregolare era illuminato da piccoli raggi provenienti da degli spiragli nel soffitto. La ragazza si bloccò non appena notò il fondo. Completamente chiuso.
 
Una solida lastra di pietra liscia ostruiva il passaggio. Elisa si avvicinò con cautela. Prima che potesse però raggiungerla, una mano le afferrò la spalla. Quando si voltò, trovò di fronte a sé sé stessa. Prima che potesse farlo, la figura di fronte a lei le afferrò il viso con una mano. «Non lo fare»
 
Con un sobbalzo Elisa aprì gli occhi.
 
La stanza in cui si trovava era poco illuminata. Un letto vuoto a qualche metro da lei la fece deglutire. Strinse a sé quelle che riconobbe essere delle lenzuola bianche. Improvvisamente si ricordò del suo sogno. Con uno scatto si mise a sedere, ricadendo sul cuscino l’attimo dopo. Una mano la teneva schiacciata contro il materasso.
 
«Sei insopportabile anche quando sei mezza morta» il commento le fece arricciare gli angoli della bocca. Dorcas le lanciò un sorriso sghembo. «Non puoi alzarti, ordini dall’alto» le spiegò poi con una smorfia. «Posso lasciarti o hai intenzione di farmi rimanere in questa posizione per sempre?» Elisa annuì con un ghigno divertito. La donna allontanò la mano. Poi, dopo essersi guardata svogliatamente nei dintorni, si sedette su una poltrona di fianco al letto. Quest’ultima, di un tenue color azzurrino, stonava completamente con la tenuta elegantemente sobria della donna. Elisa sospettò che qualcun altro avesse vegliato su di lei.
 
«Avanti, cosa vuoi chiedermi?» la ragazza osservò l’altra con curiosità. «Ti do l’impressione di voler chiedere qualcosa?» la bocca le parve rispondere a rallentatore. Le labbra della donna si ridussero ad una fessura. Non vi era traccia di rabbia però nei suoi occhi. «Voi giovani avete sempre qualcosa da chiedere» Elisa ridacchiò a quel commento. Poi spostò lo sguardo verso la porta sul fondo della stanza.
 
«Dove siamo?» «Sicura di non saperlo?» la ragazza puntò i suoi occhi in quelli della donna. Lei sbuffò. «San Mungo, quarto piano» Elisa si passò una mano sul viso. «Da quanto sono qui?» «Da ieri notte… sono le tre del pomeriggio» fu il suo turno di sbuffare. «Stanno tutti bene?» Dorcas alzò gli occhi al cielo. «Certamente, cara. E se te lo stai chiedendo sì, anche il tuo principe» un peso sembrò sparirle dal petto. «Tutti vivi, forse un po’ malconci. Black forse è il più scosso. Da quanto ho capito lo tengono sotto stretta osservazione a casa Lupin» «Remus?» Dorcas scosse le spalle. «Era un posto sicuro» spiegò con noncuranza.
 
«Marlene?» La donna sembrò turbata nel sentire quel nome. La studiò con occhi attenti prima di rispondere, quasi temesse un giudizio. Elisa sorrise incoraggiante. Dorcas sembrò visibilmente più rilassata. «Sta bene, almeno credo. Le ferite che ha ricevuto sono leggere. Penso solo che…» si interruppe per qualche attimo, osservando il pavimento. «Non penso che la guerra faccia per lei» Elisa sollevò un sopracciglio, dubbiosa. «Lei è…» si interruppe nuovamente, incapace di continuare. «Si è rifiutata di uccidere un mangiamorte» «Non puoi biasimarla» «La stava per uccidere» il tono della donna si era alzato leggermente, il busto proteso verso il suo letto. Elisa sospirò lentamente. Dorcas si riappoggiò stancamente alla poltrona, osservando l’altro lato della stanza.
 
«Sai qual è la differenza tra me e tutti voi?» gli occhi della donna furono nuovamente su di lei. Inclinò lievemente la testa di lato, confusa. «Voi avete potuto scegliere» Con lentezza Elisa si portò seduta. La donna avrebbe volentieri protestato se solo lei l’avesse lasciata parlare. «Io non ho avuto questa scelta. E capisco Marlene» gli occhi della donna si erano stretti in una fessura. «Quando attacchi c’è quella frazione di secondo in cui capisci cosa stai facendo. Capisci di poterti fermare» «E tu ti fermi, immagino» commentò acidamente la donna seduta di fronte a sé. «No» la risposta le fece guadagnare un’occhiata stupita e scettica. «Io non sono capace di fermarmi» «Mi stai cercando di dire che tu sei una tipa tosta?» la donna ridacchiò divertita. «No, ti sto spiegando perché ammiro tanto Marlene» La donna sbuffò nuovamente.
 
«Lui come sta?» «Te l’ho già detto, Black è a casa-» «Non intendo lui» Elisa si sfregò nervosamente il braccio. «Il professor Silente mi ha incaricato personalmente di tenerti d’occhio durante la sua assenza» Gli occhi della donna si erano incupiti leggermente. «Anzi, dovrei avvertirlo del tuo risveglio» «Non credo ce ne sia bisogno» Elisa sorrise, incredibilmente sollevata. Silente la osservava sorridendo a sua volta dalla soglia. Dorcas si alzò con adeguata lentezza dalla poltrona. Il preside fu al suo fianco dopo qualche istante. «Ho parlato con il medimago qui fuori. Verrai dimessa tra poco» la informò con voce calma. «Stai bene?» Il preside continuò a rivolgerle quella domanda per tutte le ore a venire, fino a che non fu chiaro ad entrambi quanto la risposta non fosse poi così importante. Avrebbe persino potuto essere in piena forma e il vecchio preside avrebbe persistito nelle sue occhiate sospettose.
 
Solo quando, una mezzoretta più tardi, Dorcas li lasciò per degli impegni Elisa poté nuovamente stendersi comodamente sul materasso. Sprofondò il viso nelle soffici coperte, socchiudendo poi pigramente gli occhi. La stanchezza la travolse inaspettatamente. Con tutta la forza di volontà  di cui era dotata tentò di focalizzare la sua attenzione sulla voce di sottofondo dell’uomo. Ci impiegò qualche attimo a notare il silenzio che si era creato. Si voltò quel tanto da incontrare gli occhi azzurri del preside. L’uomo le sorrise con gentilezza. «Dormi» le sue proteste furono stroncate da una mano del vecchio che, lentamente, andò a posarsi sulla fronte di lei in una carezza delicata. Con un ultimo sguardo Elisa osservò quella mano grande ritrarsi e abbandonarla sempre più in un’oscurità ormai famigliare.
 
***
 
Il ritorno a casa fu strano.
 
Non appena la porta si richiuse alle sue spalle un forte puzzo di alcool le fece pizzicare il naso. Nessuno, a giudicare dall’odore stantio dell’ambiente, sembrava essersi introdotto nell’appartamento; nulla era stato toccato. Elisa si diresse in cucina. Inorridì l’attimo seguente, notando le pentole sporche abbandonate sui fornelli spenti. Con una smorfia di disgusto estrasse la bacchetta, facendo scomparire il contenuto ormai ricoperto da una sospettosa patina bianca. Quel semplice incantesimo le costò più energia di quanto era disposta ad ammettere. Abbandonò le stoviglie ormai pulite e si diresse in soggiorno dove la luce soffusa del crepuscolo illuminava a stento il divano scolorito.
 
Si perse per qualche attimo ad osservare il centro del soggiorno dove, poche sere prima, l’aquila l’aveva squadrata con sospetto. A poco a poco, seguendo il flusso dei suoi pensieri, l’odore pungente dell’alcool divenne insopportabilmente opprimente. Cercando di trattenere il respiro più che poté, si diresse verso la finestra più vicina, spalancandola l’attimo seguente. L’aria fresca le sfiorò la pelle come una carezza materna.
 
Godendosi quella nuova sensazione Elisa si sedette sul davanzale, scrutando senza vero interesse l’asfalto della stradina di periferia. Erano successe così tante cose in così poco tempo… la discussione, l’alcool, lo scontro. La sensazione del sangue caldo sulla pelle la costrinse a strofinare con forza la sua guancia lì dove il liquido vermiglio aveva compiuto il suo percorso. Ripercorse mentalmente le fasi della serata, maledicendosi volta per volta della sua stupidità. Non avrebbe più potuto concedersi errori simili.
 
Dagli angoli della sua coscienza un punzecchiare fastidioso la incuriosì. L’attimo seguente nella sua mente si susseguirono con nitidezza palpabile le immagini della notte precedente. La fredda oscurità della caverna le provocò un brivido lungo la schiena al solo ricordo. Prima che potesse accorgersene, le sue braccia si chiusero su di lei.
 
Lo scatto della serratura della porta di casa la richiamò con insistenza alla realtà. Si voltò giusto in tempo per osservare delle buste sospette fare la loro entrata nella stanza. Sirius le restituì un sorriso sghembo. «Ho pensato potesse interessarti» la ragazza sbuffò divertita, alzandosi l’attimo dopo. «è troppo chiederti di aiutarmi a sistemare prima casa, vero?» il ragazzo sorrise accondiscendente. «Potrei farmi pregare, giusto un po’» in tutta risposta lei lo spintonò delicatamente.
 
Dopo una decina di minuti si ritrovarono seduti sul divano a divorare un delicato spezzatino di pollo. Elisa si era dimenticata di quanto fosse facile essere sé stessa in sua compagnia. E di quanto fosse immensamente complicato. Osservò con la coda dell’occhio il ragazzo dall’altro lato del divano, le gambe incrociate e gli occhi puntati sul prossimo boccone. La giovane indugiò per qualche secondo sulle labbra arricciate dell’altro e sull’accenno di barca che gli contornava la bocca. Si morse forte il labbro quando un ciuffo di capelli ribelli gli coprì parzialmente lo zigomo. Dovette piantarsi le unghie nella carne per evitare che la sua mano decidesse di andare a sistemarglieli.
 
Prima che potesse distogliere lo sguardo, Sirius si voltò verso di lei. «Non lo mangi?» con un cenno indicò i pochi pezzi di pollo che le mancavano. «Oh beh, allora» l’attimo dopo il ragazzo si protese con la propria forchetta. «Non provarci» Elisa allontanò la sua porzione appena in tempo. Il giovane si ritirò con una risata divertita. La risata si spense dopo qualche minuto, eppure Sirius rimase con gli occhi puntati su di lei. La ragazza abbassò lo sguardo, improvvisamente imbarazzata.
 
«Lily ha poi deciso il colore dei fiori per il matrimonio?» l’altro la squadrò con gli occhi socchiusi. «Rossi credo» Elisa annuì con falso interesse. «O forse bianchi» continuò lui con voce volutamente bassa. Lei deglutì a vuoto. Con la coda dell’occhio lo vide ghignare.
 
«Oh smettila» lo riprese con scarsa convinzione. Sirius le restituì un sorriso rilassato. «Tu come li vorresti i fiori?» Era una domanda genuinamente seria e questo la spiazzò. Rimase qualche secondo ad ammirare la creatura seduta nel suo soggiorno. E una confusionaria felicità fu l’unica cosa che le rimase. «Non… non so» farfugliò dubbiosa arricciando il naso. Il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata. «Non mi andare a fuoco, tigre» Elisa non poté fare a meno di sorridere timidamente.
 
«A proposito» il viso del ragazzo si fece serio all’improvviso. «La devi risolvere questa cosa» Prima che lei potesse minimamente chiedere spiegazioni, la mano di Sirius andò a sollevare di poco la maglietta babbana. Elisa sussultò. «Sai, non voglio ricoprirmi di simboli e scritte prima che tu scopra qualcosa» La ragazza si avvicinò a gattoni, osservando poi più da vicino la nuova runa sul ventre dell’altro. Poi riportò gli occhi in quelli di lui.
 
«Ci sta sfuggendo di mano, vero?» «Direi che ci è sfuggita di mano dal principio» Il ragazzo la fece appoggiare su di sé con una leggera pressione. «Non hai memoria della caverna, non sai come siamo finiti in quel posto…» Elisa sfregò la guancia sulla maglietta di lui. «Direi che la faccenda diviene difficile da spiegare agli altri» Lei annuì lentamente.
 
«Beh, vediamo il lato positivo» Al di là di tutto Sirius stava sorridendo. «Anche questa volta non ho dovuto ucciderti»
 
 
Angolo autrice
Innanzitutto vi ringrazio per essere arrivati a leggere fino a qui e mi scuso per l’enorme lasso di tempo che è passato dall’ultimo capitolo. In verità avevo preso seriamente in considerazione la possibilità di interrompere la storia, sia per intraprendere un nuovo progetto sia perché avevo la sensazione che la storia stessa non piacesse. In conclusione, però, devo ammettere che mi sono ritrovata nel tempo a guardare con nostalgia a questo progetto che considero sì infinito e a volte assurdo, ma anche ricco di soddisfazioni. Dunque ho deciso di riprendere le pubblicazioni, benché sarà molto improbabile mantenere una pubblicazione costante. Ringrazio tutti coloro che leggono questa storia, fatemi sapere, se avrete voglia, cosa ne pensate
Un saluto
Eli

Ritorna all'indice


Capitolo 55
*** Novità ***


Novità
 
Una bambina stava giocando a palla. La faceva rotolare sul prato aspettando poi una decina di secondi prima di gettarsi al suo inseguimento.
 
Elisa osservò il piccolo parco giochi apparentemente deserto. Avrebbe dovuto solo rimanere per altri cinque minuti e poi se ne sarebbe andata. Con un po’ di fortuna, Lily avrebbe ritardato abbastanza da permetterle di assistere alla cerimonia.
 
Con una risatina divertita la bambina lanciò nuovamente la palla. Questa volta però, invece di ricadere sul prato, la palla volteggiò in aria per molti secondi, fermandosi poi sospesa. Con un’altra risata compiaciuta, la palla ricadde a terra con un tonfo, rotolando poi via. Elisa sorrise verso la piccola nata-babbana. A volte non poteva capacitarsi di come potesse essere possibile che qualcuno potesse fare del male a delle creature simili.
 
Formulò appena quel pensiero quando intravide ai margini del suo campo visivo l’incantesimo. Bastò un leggero movimento della bacchetta prima che uno scudo invisibile impedisse alla maledizione di colpire il suo bersaglio. La bambina urlò spaventata, cadendo poi a carponi sull’erba.
 
Due uomini incappucciati si fecero avanti tra gli alberi del parchetto. Elisa diede un occhio all’orologio al suo polso, parandosi poi di fronte alla bambina. Qualcosa le diceva che non sarebbe riuscita ad arrivare in tempo.
 
***
 
«Ehi bambina! Si può sapere dov’eri finita?». Dorcas la affiancò all’estremità del piazzale della chiesa con il suo solito sorriso beffardo. Uomini dell’Ordine erano stati appostati tutto intorno, le bacchette alla mano. Elisa sbuffò divertita. «Ti interesserà sapere che una bambina nata-babbana sta bene, a differenza dei suoi aggressori».
 
Le due donne si fermarono sotto il portico, rivolgendosi a vicenda un sorriso nervoso. Elisa estrasse la bacchetta, trasformando il suo cupo mantello in un leggero vestito di raso di un rosa cipria acceso. «Allora?». Con un pigro movimento del polso Dorcas le sistemò i capelli. «Cerca di non uccidere nessuno». Elisa si avviò verso una porta laterale, sorridendo appena. «Ci proverò» sussurrò con un sospirò.
 
La cerimonia era finita. Gruppi di invitati parlottavano concitati tra loro. Elisa intravide molti componenti dell’Ordine, eppure li superò con un cenno del capo, il più delle volte distratto. Quando incontrò lo sguardo di Silente, l’uomo le sorrise con calore. Riconobbe l’uomo con cui era impegnato in una fitta conversazione solo quando li superò. Si trattava del capo degli Auror, uomo che Sirius le aveva descritto così tanto che le risultò quasi familiare. Fu proprio quando individuò il ragazzo che si fermò al fianco di una colonna, sorridendo.
 
Sirius stava ridendo. Nel suo elegante abito gessato aveva le braccia attorno alle spalle di un imbarazzato Peter e un malaticcio Remus. Additava con una risata i due sposi, ora impegnati in un fitto dialogo.
 
Lily era splendida. Il suo abito, di un bianco candido, fasciava il suo corpo alla perfezione, evidenziando tutti quei punti che la rossa aveva sempre definito strategici. La sua apparente delicatezza moriva però nell’atteggiamento: qualunque cosa avesse fatto James, Lily non pareva averla presa bene.
 
«Mi dispiace, va bene? Non ci ho pensato» «è questo il punto» Le narici di Lily fremettero «tu non ci pensi mai!». Solo allora la rossa la intravide. Il suo sguardo si fece subito più raggiante. «Sei riuscita ad arrivare alla fine» «Scusa, ho avuto dei contrattempi». Non c’era nessun bisogno che spiegasse di cosa si era trattato. Lily la avvolse in un lungo abbraccio. Non aveva bisogno di vedere il suo viso per sapere che stava sorridendo.
 
«Prima lite dopo il matrimonio, eh?» domandò staccandosi dall’abbraccio e rivolgendo uno sguardo forzatamente severo all’uomo a qualche metro. «Si può sapere cosa hai combinato, James?». Il diretto interessato, che fino a poco prima sembrava felice di vederla, ora abbassò lo sguardo, improvvisamente dispiaciuto. Per qualche secondo Elisa si preoccupò.
 
«Non ci ho pensato, scusa» si avvicinò poi piano nella sua direzione, il viso contratto in un’espressione contrita. «James cosa-» «Ha mandato via il fotografo, capisci?!» Elisa sobbalzò al ruggito della rossa al suo fianco. Qualcuno aveva sicuramente lanciato un muffliato perché nessuno si era voltato nella loro direzione, benché l’urlo avrebbe dovuto propagarsi in tutta la chiesa. «Mi dispiace-» «Va tutto bene dai, non è poi così grave» commentò lei con un sorriso gentile. «Non è così grave?! E la mia foto con te? Ho già dovuto inventarmi una scusa sul perché la mia damigella d’onore non fosse presente, almeno la foto la volevo!»
 
Elisa si morse nervosamente il labbro. Giusto, la damigella d’onore. Aveva dimenticato quel particolare.
 
«Marlene se l’è cavata bene?» Lily le lanciò un’occhiata di tralice. «è peggio di te» sentenziò con un sospirò rassegnato, voltandosi poi verso uno degli invitati che, timidamente, si era fatto avanti per chiedere qualcosa.
 
«Cosa intendeva-» «Ha fatto tutta la cerimonia ad osservare la folla in cerca di qualcuno» le spiegò James alle sue spalle. «Nemmeno tu avresti avuto una tale costanza nel contemplare Felpato» aggiunse con un risolino divertito. Elisa lo spintonò leggermente, fintamente offesa.
 
«A proposito» James le si avvicinò con fare confidenziale «vestendoti così vuoi proprio farlo capitolare, eh?». Il sussurro la fece arrossire un poco. Si voltò verso l’amico, confusa. «Non ti ha staccato gli occhi da quando sei arrivata» James lanciò uno sguardo alla sua destra, dove un ragazzo fissava i due silenziosamente. «e credo che se rimarrò qui a parlarti così vicino per altri cinque minuti mi pesterà entro questa sera». Si rivolse poi a sua moglie, superandola. «Allora amore, andiamo?» le porse il braccio, che lei afferrò con un’esasperazione divertita.
 
«Sei bellissima». Il commento alla sua destra la fece sobbalzare. Sirius, a qualche centimetro da lei, le sorrise gentilmente. «Ti piace?» Elisa ruotò su sé stessa, facendo ondeggiare il vestito. «Trasfigurato giusto dieci minuti fa» Sirius rise divertito. «Bello, davvero bello» appoggiò le labbra ai suoi capelli in un delicato bacio. «Ma ti avrei preferita un po’ più vestita» Elisa gli tirò un pugno al petto con fare giocoso, quel tanto per allontanarlo di qualche centimetro.
 
«Come è stata?» «La cerimonia intendi?». Elisa salutò Remus e Peter con un bacio sulla guancia. Quando i due si allontanarono, Sirius stava ancora pensando. «Allora?» «Triste» «Cosa?!» I due iniziarono a seguire la folla che lentamente si riversava all’esterno. «Sì insomma, per molti potrebbe essere stata una cerimonia felice, ma per me non lo è stato».
 
Il sole di Agosto colpì la pelle della ragazza con un calore che non ricordava. Nella calca del momento si avvicinò maggiormente a Sirius che, in un movimento automatico, le avvolse le spalle con un braccio. Solo quando si furono allontanati di parecchi metri, posizionandosi vicino ai membri dell’Ordine di guardia, Elisa chiese spiegazioni. Sirius le restituì uno sguardo tetro.
 
«Osservare il proprio primo amore che si sposa non è mai facile» La ragazza osservò l’altro con un’espressione stupefatta. «Mi dispiace cara, io ti amo, ma il mio primo amore rimarrà sempre e solo uno». La risata dei due si perse nel ruggito con cui la folla accolse l’uscita degli sposi.
 
Quando i primi invitati iniziarono a smaterializzarsi, Sirius estrasse la bacchetta. Attirò poi a sé con un braccio la ragazza, stringendosela al petto. «Sai, vero, che potrei smaterializzarci io?» A quella domanda Sirius sorrise beffardo. «E perdere la possibilità di un così intimo abbraccio?». Con quella nota melodrammatica e una risata, i due scomparvero.
 
***
 
Il matrimonio avrebbe potuto essere potenzialmente un disastro. La stretta vicinanza dei Malandrini unita ad un cospicuo gruppo di spettatori aveva più volte fatto presagire il peggio alle due ragazze. Fortunatamente per entrambe, nessun disastro apocalittico si abbatté sul tendone.
 
Avevano scelto un prato come luogo ricevimenti. La calda brezza che accarezzava i campi tutto intorno e il fruscio lento delle foglie sugli alberi aveva fatto capire fin da subito alla mora che dietro a quella scelta vi era principalmente Lily.
 
Il pomeriggio trascorse tranquillo. Pranzarono, chiacchierarono e danzarono a volontà tanto che, a tarda sera, Elisa si ritrovò seduta su una sedia ai margini del tendone ad osservare gli amici scatenarsi ancora sulla pista da ballo. Fu con sollievo che intravide Marlene entrare nel tendone ed avvicinarsi.
 
La sua prima impressione, però, cambiò quando notò il nervosismo con cui la ragazza si guardava alle spalle. Seguendo il suo sguardo, Elisa notò una Dorcas con il capo chino entrare a sua volta, lanciarle un’occhiata ricca di rammarico e prendere la direzione opposta. Marlene di sedette al suo fianco.
 
«Tutto a posto?». L’amica fece un veloce cenno del capo, tenendo ancorato lo sguardo verso un punto imprecisato  del pavimento. Distrattamente i polpastrelli della ragazza andarono a toccarsi le labbra. Elisa osservò confusa il gesto. «Sicura che vada tutto-» «Sto bene, veramente». Marlene le sorrise gentilmente, posando gli occhi finalmente su di lei. Poi si voltò verso la pista da ballo e la sua impressione divenne improvvisamente attenta. «Ma quella non è la bionda con cui condividevi la stanza?». Elisa si voltò incuriosita. E nell’esatto istante in cui lo fece, i suoi occhi si assottigliarono.
 
C’era Sirius su quella dannata pista da ballo. Muoveva i fianchi a tempo, coinvolgendo in una sfrenata danza uno stanchissimo Remus. E giusto dietro il suo ragazzo, una biondina ancheggiava a sua volta i fianchi, provocante. Ci mancò poco che Elisa digrignasse i denti. Carlotta stava per fare la sua mossa.
 
La mora si alzò con uno scatto, pronta all’imminente scontro. «Scusa». Si voltò giusto in tempo verso Marlene con un’espressione determinata. «Devo andare a riprendermi il ragazzo».
 
Ci impiegò poco a percorrere lo spazio che li separava. Fu con quanta malizia aveva in corpo che arrivò alle spalle del moro superando l’altra. Lui non si accorse della sua presenza fino al fatto compiuto.
 
«Ehi!». Sirius si voltò con un’espressione sorpresa e fintamente scandalizzata, la mano a massaggiarsi il fondoschiena. «A cosa dovevo quella pacca?». Elisa si mise sulle punte, raggiungendo le labbra dell’altro. «Scusa, dovevo marcare il territorio». Non seppe mai se Sirius avesse capito o meno, o se volesse solo marcare il territorio a sua volta, ma quando la baciò con un sorriso, il favore fu ricambiato con una lunga e poco consona palpata.
 
La mattina seguente, quando Elisa si risvegliò nel letto di camera sua, non si sorprese di ritrovarci dentro qualcuno, né si sorprese di ricordare ancora perfettamente il momento più appagante della scorsa serata: gli occhi serrati, delle labbra sulle sue e in sottofondo una serenata stonata di un James a dir poco ubriaco.
 
***
 
«Non ci posso ancora credere». Elisa rise ancora, incapace di trattenersi. «Cosa ridi! Ho impiegato venti minuti a farlo scendere da quel palco». Nonostante le sue parole, però, anche Lily stava ridendo. «Spero almeno che tu glielo stia facendo pesare». Sul viso dell’amica si dipinse un sorriso furbo che fece rabbrividire Elisa. «Sono passati quattro mesi ormai» il sorriso di Lily si allargò ancora «non passa giorno senza che glielo rinfacci». Elisa rise ancora, eppure l’altra rimase immobile, osservando la tazza di the che teneva tra le mani.
 
«Lily va tutto bene?» La mora si accoccolò meglio sul divano, osservando da capo a piedi l’amica. Quel giorno era strana. Aveva spesso uno sguardo assente, come se la mente fosse costantemente lontana, e continuava ad osservare l’orologio alla parete. Inizialmente Elisa aveva pensato le mancasse particolarmente James quel pomeriggio, eppure aveva ora la netta sensazione che quel comportamento fosse dovuto completamente al contrario. Lily non voleva che James tornasse. Perché? Aveva adottato lei stessa quel comportamento troppe volte per non saperlo riconoscere.
 
«Di cosa mi devi parlare?». Lily si morse il labbro inferiore, forse indecisa. Poi, dopo un sospiro, volse lo sguardo verso di lei. Il fuoco nel camino ne illuminava parzialmente il volto, facendola sembrare più che mai in procinto di incendiarsi. Elisa, nell’oscurità di quel pomeriggio di Gennaio, le sorrise incoraggiante.
 
«Aspetto un bambino».
 
La tazza che aveva fra le mani rischiò di infrangersi a terra. Riuscì a trattenerla tra le mani per puro miracolo, forse per puro istinto. Elisa rimase immobile, la bocca spalancata e gli occhi puntati in un punto imprecisato tra la tazza e l’amica.
 
Doveva essere felice? Per Merlino, ovvio che sì. Eppure non riusciva a spiegarsi lo sguardo tetro dell’altra, quasi le avesse detto di avere un morbo incurabile. Il suo cervello rimase focalizzato su quei dati e sull’incertezza più totale forse per qualche minuto, perché il silenzio era padrone ormai da un po’ nella stanza. Fu quando Lily abbassò lo sguardo che lei lo alzò, decidendo così definitivamente e debellando l’incertezza.
 
«Complimenti!». Cercò di mostrare il sorriso di felicità più sincero che avesse mai fatto, il che le riuscì. Mantenerlo fu più complicato. Lily le rivolse un’espressione tetra, stanca, di una tristezza profonda. Tutta la gioia che Elisa sentiva in fondo al suo cuore si spense con un singulto. L’unica cose che le rimase fu un profondo senso di desolazione alla bocca dello stomaco.
 
«Perché». Non era neanche una domanda, eppure Lily si voltò nella sua direzione per rispondere. Fu solo quando iniziò a parlare che Elisa realizzò avrebbe preferito non lo avesse fatto.
 
«Io-io non voglio questo bambino». Lily strinse le labbra in una linea severa. «Non sono pronta. Ho solo vent’anni, ho una vita davanti. Non voglio passare la mia vita a badare a un figlio». Più parlava, più qualcosa nel petto di Elisa si apriva. Qualcosa di oscuro, di pericoloso. Incredulità? Rabbia? Invidia? Non lo sapeva. Eppure ciò di cui era sicura è che Lily avrebbe dovuto smetterla di dire quella marea di cazzate. «Vorrei lavorare, finire di combattere questa guerra. Come faccio a crescere un figlio così?». Si era ora presa la testa tra le mani, scuotendo da una parte all’altra i lunghi capelli rossi.
 
«Lui non lo sa». Il commento, rivolto più a sé stessa che ad altri, ricevette un segno di assenso. «Cosa devo fare?» la domanda la lasciò impreparata. E poi si infuriò. Non per un reale motivo, non perché ce ne fosse bisogno. Ma perché diamine, lei ne aveva bisogno.
 
«Cosa farai?». Elisa sorrise freddamente. «Semplice: quando James questa sera tornerà a casa tu lo accoglierai alla porta, dicendogli quanto sei grata al cielo di aver la possibilità di renderlo padre». Si alzò velocemente, appoggiando con un tonfo la tazza sul ripiano del cammino. Lily si alzò a sua volta, basita.
 
«Che diamine stai dicendo?! Nessuno vorrebbe un figlio adesso» «Io vorrei un figlio!» L’urlo fu abbastanza forte da far sobbalzare l’amica. Lily fece un passo indietro, squadrando l’altra con circospezione. «Non vedo il motivo di arrabbiarsi tanto. Vuoi un figlio? Beh, da come ti guarda Sirius basterebbe che tu glielo chieda» La frase colpì la mora come uno schiaffo. Rimase immobile, gli occhi fissi sul pavimento.
 
«Non posso avere figli». Fu un sussurro, eppure parve che un eco rabbioso scuotesse i muri. La bocca di Lily si spalancò stupita, mentre nei suoi occhi Elisa iniziava a leggervi comprensione e, paradossalmente, pietà.
 
«Non sarò io a convincerti a tenere quel bambino, Lily Evans». Elisa deglutì con lentezza, sentendo la gola ormai secca. «Ma sappi che potresti perderti una delle più grandi gioie nella tua vita». Non disse nient’altro. Si limitò a richiamare con un incantesimo non verbale il cappotto e a dirigersi verso la porta di casa. Fu solo quando si richiuse la porta alle spalle che Elisa si smaterializzò, mettendo più distanza possibile tra lei e quella casa.
 
***
 
«Ehi». Sirius aprì la porta della camera leggermente. Elisa, distesa nel letto dalla parte opposta, intravide la sua sagoma contro il muro opposto. «Stai bene?». Lei annuì soltanto. La porta si richiuse con un tonfo. Elisa sospirò piano, stringendosi più a sé le coperte. Solo quando sentì il materasso abbassarsi alle sue spalle comprese che il ragazzo era rimasto.
 
«Dovevamo andare a mangiare da James e Lily… ti aspettavo là». Elisa sentì una stretta allo stomaco nell’udire quei nomi. «Non sto molto bene». Mentì dopo qualche attimo. «Mmm». Elisa si voltò verso l’altro. Sirius le rivolse un sorriso tirato. «è la stessa cosa che ha detto Lily».
 
Una mano ruvida andò a posarsi sulla guancia di lei, accarezzandola delicatamente. Elisa assottigliò le labbra. Sirius sospirò stancamente. Gattonò quel tanto da superarla e si sedette sul letto, attirandosela vicina. La ragazza strofinò la guancia contro la maglietta di lui.
 
«Come è andato il lavoro?». Sirius fece spallucce, sorridendo poi teneramente. «Vuoi parlare eh? Va bene…». Una mano le scompigliò i capelli, facendola protestare. «Allora ti interesserà sapere chi ho visto oggi tornando con Ramoso». Elisa gli rivolse uno sguardo incuriosito. «James in realtà penso non abbia visto nulla, sai come è lui, sempre in aria da non accorgers-» «Sirius, taglia». La ragazza si alzò velocemente, sedendosi a gambe incrociate di fronte a lui.
 
«Siamo curiose, eh? Facciamo così: te lo dico se poi andiamo a mettere qualcosa sotto i denti». Il sorriso furbo di lui fu accolto da un’espressione imbronciata di lei. Alla fine, però, fu costretta a cedere.
 
«In un vicolo ho visto Marlene e Dorcas». Elisa aggrottò la fronte. «Beh, non capisco cosa ci sia di strano» «Aspetta». La interruppe lui con un gesto casuale della mano. «Dovevi vedere come stavano litigando, avevano un’aria abbastanza mortale» «Cosa?». Elisa rimase a bocca aperta. «Non capisco di cosa ci sia da stupirsi». Il ragazzo alzò ambedue le sopracciglia. «Faranno pace, sicuramente. Sono entrambe delle teste calde». Sirius iniziò a ridacchiare, osservandola con fare fintamente interessato.
 
«Smettila! Anche io ho litigato un sacco di volte con Dorcas e-» «Beh, si spera che almeno tu non te la limoni». Elisa si zittì con sguardo attonito. «Cosa-» «Fidati, un limone con i fiocchi». La ragazza si portò una mano a coprirsi la bocca. «Ma intendi che-» «Se vuoi ti faccio vedere cosa intendo». Sirius si allungò nella sua direzione con uno scatto, afferrandola. Elisa scoppiò a ridere, ricadendo poi contro la spalla di lui.
 
«Dobbiamo andare a mangiare, lo sai?». La ragazza mugugnò indispettita. «Su su». Sirius si alzò con così tanto impeto che lei stessa rischiò di essere trascinata. «Ti voglio vedere giù pronta tra cinque minuti». E mentre lo osservava allontanarsi Elisa pensò a quanto fosse fortunata.
 
***
 
Quel sabato pomeriggio quando Sirius uscì di casa per una missione dell’Ordine, Elisa si appisolò sul divano. Si svegliò un’ora dopo, trafelata e con il cuore in gola, un ordine perentorio a riecheggiarle nella mente.
 
«Non lo fare».
 
Brividi freddi le percorsero la schiena mentre, ancora sul divano, cercava di focalizzare lo spazio intorno a sé. Fu con non poca forza di volontà che si alzò per prepararsi il the. Le parole della sé stessa nel sogno riecheggiarono con tanta insistenza nella sua mente che arrivò perfino a decidere di uscire di casa. Ci impiegò poco a finire la sua bevanda e ancor meno a preparasi. Dopo una ventina di minuti, il freddo clima di Londra le accarezzò la pelle.
 
Fu strana quella passeggiata. Non perché vi fosse qualcosa di strano nella città, bensì la sorprese quanta normalità avesse intorno. I babbani che le vorticavano attorno non sembravano degnarla di molta attenzione, cosa che apprezzò molto. Aveva solo bisogno di pensare, semplicemente. E così passeggiò per Londra, evitando accuratamente le zone troppe affollate, vagando a caso. Solo quando vi arrivò, però, capì che il suo vagabondare aveva una meta ben precisa fin dall’inizio.
 
Entrò quasi con timore nella stanza delle riunioni dell’Ordine. La sala era deserta, fatta eccezione per una figura china sul tavolo al centro. Checché avesse cercato di fare meno rumore possibile, la professoressa McGranitt si voltò nella sua direzione non appena mise piede nella stanza.
 
«Sei stata veloce». La donna si passò stancamente una mano sul viso spossato. C’era della preoccupazione e della tensione nella sua voce, cosa che insospettì la ragazza. «Qualcuno mi ha chiamato?» «Non hai ricevuto il messaggio?». Alla domanda Elisa scosse lentamente la testa. Gli occhi dell’insegnante si allargarono dalla sorpresa.
 
«Sono stati attaccati». Elisa boccheggiò, cercando di racimolare dell’aria da inviare ai polmoni. Sirius stava combattendo. «Chi altro c’è?». La donna chiuse gli occhi, cercando di riportare alla memoria i nomi. Il pavimento parve oscillare sotto i piedi della giovane.
 
«Lily e James sono lì?!». Al segno di assenso dell’altra Elisa estrasse la bacchetta. Le bastò buttare un occhio sul tavolo verso il foglio che la McGranitt cercò disperatamente di coprire. L’ultima cosa che vide prima di essere risucchiata nel buio furono le labbra della sua insegnante urlarle un ammonimento.
 
***
 
«Dobbiamo sparire!». L’urlo di Sirius al suo fianco lo fece innervosire. Era inutile ripetere l’ovvio. Schivò una maledizione abbassandosi velocemente. Il mangiamorte di fronte a sé urlò dalla rabbia. Approfittando di quell’attimo di debolezza, fu più facile del previsto disarmarlo e schiantarlo.
 
James osservò intorno a sé la situazione con fare costernato. Sirius al suo fianco si liberò dopo qualche colpo del suo avversario, precipitandosi l’attimo dopo verso l’occhio del ciclone. L’amico lo seguì a ruota. Individuò dopo qualche istante l’uomo contro cui Sirius si avventò con tanta ferocia. Intravide negli occhi di Lily, impegnata fino a poco prima in un duello con quello, un profondo senso di sollievo. Durò poco.
 
Voldemort aveva una tecnica superiore a quella di qualsiasi mago o strega lì dentro. Quando lanciò il primo incantesimo, James sentì l’adrenalina scorrergli nelle vene. L’uomo parò il suo colpo con così tanta facilità da provocargli la nausea. E poi il suo avversario rise. I colpi iniziarono a piovere su di loro con una ferocia rabbiosa. Il suo cuore si strinse quando sentì Lily urlare il suo nome, e ancor di più si strinse il suo stomaco quando la donna ricominciò ad attaccare, distogliendo l’attenzione dell’avversario dai due. Un verso di scherno lasciò la gola dell’uomo.
 
Un anatema sfiorò l’orecchio del ragazzo. James fu costretto a voltarsi ed osservare il mangiamorte alle loro spalle essere colpito da un lampo verde. Il corpo si accasciò a terra, immobile, gli occhi della donna sbarrati e impassibili. Caradoc, alle spalle di lei, esultò con un grido per la sua piccola vittoria, preparandosi l’attimo dopo a fronteggiare il suo prossimo avversario. James deglutì a vuoto, voltandosi verso sua moglie. E un colpo al cuore avrebbe fatto meno male.
 
Lily era in ginocchio. Davanti a lei, Sirius combatteva con tutte le sue forze, uno sguardo determinato sul volto. James iniziò a correre. Lo scudo invisibile di Sirius resistette con un sibilo all’attacco. Un altro anatema fu scagliato. Questa volta l’amico si abbassò per evitarlo, rialzandosi con il fiato grosso.
 
James inciampò su un corpo steso a terra. Non si fermò per controllare chi fosse. Ma prima che potesse rialzarsi, una scia luminosa lo superò a gran velocità. James rimase immobile ad osservarla avvicinarsi ai due ragazzi. Prima che l’anatema li toccasse, la cosa parò l’attacco. Poi, deviando velocemente la sua traiettoria, la luce si diresse contro l’uomo. L’impatto lo fece rotolare a terra. Anche la luce era però scomparsa, ora rimpiazzata da due grandi occhi rossi. James si rialzò tremando, lo sguardo puntato verso la ragazza in piedi al centro della strada.
 
Elisa era strana. Il suo sguardo in battaglia, sempre così serio e determinato, era ora rimpiazzato da un sorriso sprezzante. Crudele. Voldemort era ancora in ginocchio quando il primo raggio verde si schiantò contro lo scudo che si era appena creato. E quando la battaglia iniziò, James non poté fare altro se non indietreggiare, raggiungendo poi i suoi due amici.
 
Lily tremava. Cercò di avvolgerle le braccia intorno al corpo, ma quando tentò il movimento si rese conto che la troppa adrenalina lo aveva reso tremante. Sirius, dal suo canto, osservava la scena orripilato. E quel terrore era un misto di preoccupazione e paura pura. Elisa combatteva con una voglia di uccidere che mai le era appartenuta. La violenza di quegli attacchi rendeva pressoché impossibile che l’ambiente circostante non subisse delle conseguenze.
 
Quando il primo mangiamorte fu colpito da una scheggia di vetro in mezzo al petto, James sentì il vomito premere nel suo stomaco. L’attimo seguente, una tigre di fuoco alta qualche metro rischiò di bruciare vivo lo stesso Caradoc.
 
Fu con sollievo che intravide i primi agenti del Ministero arrivare e un vero senso di liberazione gli avvolse il petto quando Voldemort e gli altri sparirono con un turbinio di mantelli. L’unica figura che rimase nel mezzo della distruzione fu lei. Rimaneva immobile, benché i primi agenti iniziassero già ad avvicinarsi.
 
«Che diamine sta facendo?! Dobbiamo andarcene». Sirius fece un passo avanti. Prima che potesse continuare il suo percorso, la figura al centro della strada sparì con un suono ben conosciuto. I tre rimasero immobili, interdetti.
 
«Dobbiamo andare». James afferrò Sirius per una spalla, spingendolo indietro. Quando si smaterializzarono, James avrebbe giurato di poter ancora sentire nelle sue orecchie gli echi della battaglia.
 
***
 
Quando si materializzò nella stanza, la ragazza trovò una folla ad aspettarla. Rimase immobile per qualche attimo, ponderando con decisione cosa fare.
 
«Eccola!». Caradoc, in un angolino della sala, si alzò dalla sua sedia zoppicando. Lo ignorò. Non poté fare lo stesso con il resto della stanza, benché ci avesse provato. Una mano gentile le toccò la spalla. Silente trasalì quando incontrò il suo sguardo. Probabilmente i suoi occhi non erano ancora tornati del loro colore normale.
 
«Stanno tutti bene». La sua voce risultò piatta, eccessivamente priva di emozioni. Si ritrovò ad ignorare le pacche sulle spalle e dirigersi verso la porta. Non si voltò nemmeno quando sentì altri suoni di materializzazione interrompere le inutili esclamazioni di vittoria. Con la coda dell’occhio intercettò lo sguardo di Dorcas, isolata dal gruppo e appoggiata alla parete. La donna non le sorrise. Si limitò a squadrarla con sospetto, probabilmente impegnata ad indovinare cosa esattamente le frullasse nella testa. Elisa spostò lo sguardo verso il pavimento, continuando il suo percorso.
 
«Ehi!». L’urlo la fece bloccare sul posto. «E quello cos’era?». Si voltò confusa, osservando James puntare uno sguardo di accusa verso di lei. Un sorriso amaro le adornò il volto. «Come, prego?» «Prima, durante la battaglia». Il ragazzo fece qualche passo avanti, tenendo lo sguardo puntato nella sua direzione.
 
Elisa individuò Sirius al centro della folla, dove poco prima anche lei era comparsa. Non era spaventato, né arrabbiato. Sembrava guardingo, gli occhi stretti in cerca di una spiegazione. «Cos’era?» «Temo tu debba essere più preciso». Il sorriso falso che sfoggiò fu abbastanza da farlo imbestialire. «Come hai combattuto… Sembravi tu volessi- volessi-» «Uccidere». Le parole risuonarono cupe nel silenzio che si era creato nella stanza. Era stato Sirius a completare le parole dell’amico. Si era affiancato all’altro, eppure la sua espressione rimase imperscrutabile. «Perché?». La voce era calma, tutto il contrario di quella dell’amico. Elisa sospirò stancamente.
 
«Stavo facendo quello che faccio sempre». Sirius le restituì uno sguardo curioso. «Proteggervi» «E lo stavi facendo distruggendo l’intera strada?! Hai rischiato di bruciare Caradoc!». Elisa ignorò l’amico, voltandosi verso l’uscita. «Invece di difenderci hai tentato di ucciderci!». Elisa si voltò giusto in tempo per osservare Sirius appoggiare la mano sulla spalla dell’altro in un silenzioso ammonimento. Non bastò a fermarla.
 
«Bene! Allora la prossima volta lascerò il lavoro a te. Te la stavi cavando così bene!» James assottigliò gli occhi. «Ragazzi». Il richiamo di Remus la fece pentire. Lo sguardo di Peter vergognare.
 
«Avevo tutta la situazione sotto controllo». Una risata sguaiata le scosse il petto. Aveva tutto sotto controllo. «Certo, per questo il mio ragazzo stava proteggendo con il suo corpo tua moglie». Fu come se uno schiaffo avesse colpito il giovane in pieno viso. Si ritrasse, lo sguardo ferito e furioso al tempo stesso. «Non l’ho difesa perché mi hanno attaccato» «NON SONO DELLE SCUSE!». Elisa urlò con quanta forza aveva in corpo. Una bottiglia di liquore sul tavolo nel fondo della sala esplose. Alcuni membri le lanciarono sguardi spaventati.
 
Sirius la squadrò con sospetto. Il medesimo sentimento si era dipinto sulla faccia dell’altro. Rimase silenzioso per qualche secondo, tanto che Elisa ebbe il tempo di formulare l’idea si andarsene. «Va bene». Il ragazzo con gli occhiali annuì assorto. «Qual è il problema?» «Come scusa?» «Non fare la stupida con me». Gli occhi di James si assottigliarono. «Ti conosco e so che c’è un problema». Elisa sospirò con lentezza. Sentì l’elettricità scoppiettarle tra i polpastrelli.
 
«L’unico problema». Cercò di rimanere calma, ascoltando il suo cuore battere. «è che tu non stavi difendendo tua moglie» «Lily sa benissimo difendersi da-» «Non che non può!». James sbuffò esasperato lanciando uno sguardo alla ragazza dai capelli rossi che lo stava raggiungendo. «Ma dai, perché mai-» «Sono incinta». Lily sussurrò appena quelle parole a qualche centimetro dall’altro.
 
Elisa lo osservò voltarsi verso di lei con uno sguardo stupito, la rabbia nei suoi confronti ora completamente svanita. «Cosa- Sei sicura?». Lily annuì con un sorriso. Bastarono pochi secondi prima che James stringesse in un abbraccio stritolante la sua donna, farfugliando frasi sconnesse e dolci promesse tra le ovazioni generali. Elisa incontrò lo sguardo di Silente l’attimo dopo. Stava sorridendo tristemente. Dall’altra parte della stanza Dorcas sbuffò esasperata nella sua direzione. Presto fu raggiunta da Marlene. Elisa distolse lo sguardo, puntandolo verso la figura che le si era affiancata.
 
«Sai, non so se ti trovo più spaventosa o sexy con quegli occhi». Elisa alzò gli occhi al cielo, esasperata. Eppure poi distolse lo sguardo, evitando quello dell’altro. Un braccio le cinse la vita. Sirius la strinse in un mezzo abbraccio, appoggiando poi la bocca sui suoi capelli.
 
«Puzzi». Il commento fu accolto da un pizzicotto ben assestato sul braccio. «Non ho detto che puzzi più di me!». La rimbeccò allora lui con sguardo offeso. Elisa rise di gusto, sentendo la stretta allo stomaco allentarsi e gli occhi bruciare leggermente. Quando poi spostò di nuovo lo sguardo sul ragazzo, i suoi occhi erano di nuovo color nocciola. «Grazie». Sussurrò quindi nella sua direzione. «Figurati! Almeno anche questa volta non ho dovuto ucciderti». Lo disse con naturalezza, eppure Elisa intuì ci avesse pensato durante il combattimento.
 
«Dopo tutti questi anni lo faresti? Uccidermi intendo». Sirius accolse la domanda con uno sguardo meditabondo. Si morse il labbro pensosamente, rendendo assai difficile per la ragazza concentrarsi nell’attesa della risposta.
 
«No».
 
Le sopracciglia della ragazza si alzarono bruscamente. «Hai fatto una promessa». Gli ricordò lei, più per curiosità che per altro. Sirius sorrise. «Non mi immagino vivere in un mondo in cui non ci sei». La presa della mano contro il suo fianco si intensificò. «Preferisco morire per mano tua che vivere ogni giorno morendo». Elisa non lo ringraziò, né proferì altra parola. Si appoggiò meglio a lui, incastrando la testa nel suo collo.
 
In quel momento avrebbe tanto voluto che il tempo si fermasse. Non tanto perché vedere gli amici così felici rendesse quel momento una bolla di felicità in un mare di morte, né perché si sentiva al sicuro. In quel momento Elisa sentì qualcun altro al suo fianco. Lì, con lei, vi era il ragazzo con cui voleva affrontare il suo futuro, vi era il suo noi.
 
«Tu lo sapevi, vero?». Sirius le fece cenno verso i due futuri genitori, così impegnati in ringraziamenti e sguardi complici. Lei annuì. «Perché prima hai combattuto così? Non poteva essere solo per Lily». Elisa inspirò piano, lasciando che l’aria le entrasse calma nei polmoni.
 
«La famiglia è importante». Il suo sguardo era puntato su Lily. Stava ridendo. Poco più giù, un rigonfiamento sospetto le fece alzare l’angolo della bocca in un piccolo sorriso.
 
«I figli di più».

Ritorna all'indice


Capitolo 56
*** Tra bambini e profezie ***


Tra bambini e profezie

 
 
Quella mattina, quando si svegliò, Elisa ascoltò il silenzio ovattato intorno a sé per una buona oretta prima di alzarsi dal letto. Solo quando fu in piedi la ragazza constatò con uno sbuffo infastidito che la temperatura non era minimamente cambiata dal giorno precedente: il caldo afoso di luglio le strisciò sulla pelle lasciandole un’umida scia a segnarne il tracciato.
 
Fu quasi con esasperata attesa che passò la giornata. Riordinò la casa, pranzò senza avere un benché minimo di fame, passeggiò per il quartiere con scarso interesse. Fu a pomeriggio inoltrato che rimise piede in casa. Goccioline di sudore le inumidirono la fronte, tanto che dovette asciugarsele con un fazzoletto. Si diresse in camera per cambiarsi. Lanciando uno sguardo all’orologio, sbuffò sonoramente, contrariata. Mancavano ancora 3 ore prima che Sirius tornasse a casa.
 
Si sedette dunque sul letto, valutando l’ipotesi di fare un salto al negozio dove lavorava ormai da qualche mese. Probabilmente la signora Smith l’avrebbe accolta a braccia aperte. Non avrebbe resistito però molto nel piccolo negozio di animali, a meno che il condizionatore fosse stato aggiustato, ovviamente. Scartò però a principio questa ipotesi.
 
Un baule nell’angolo della stanza attirò la sua attenzione. Era passato così tanto tempo. Le bastò un veloce gesto della mano e il baule si alzò in volo, vorticando nella stanza. Si appoggiò poi delicatamente ai suoi piedi, così da permetterle di scrutarne il contenuto senza doversi alzare.
 
La serratura scattò con un suono secco. Quando Elisa aprì il coperchio, un sottile strato di polvere e ricordi le sporcò le mani. Il contenuto, per lo più gettato alla rinfusa, la fece sorridere. Impiegò poco tempo ad estrarre i libri di scuola, focalizzandosi maggiormente sui suoi ricordi.
 
Storse il naso quando intravide nelle cianfrusaglie una boccettina che non stentò a riconoscere. La vulnerem recreo nella sua mano rischiò di farla sorridere da sola per troppo tempo. Rimase parecchi minuti ad osservarla tra le sue dita. L’avevano vinta assieme. La loro prima vittoria, forse. La mano libera andò a toccarsi distrattamente la pelle candida sul suo petto. O quella che avrebbe dovuto essere candida ma che in realtà mostrava segni rossi di una notte più impegnativa di altre. Si morse il labbro quando ricordò l’espressione soddisfatta di Sirius quando la mattina dopo l’aveva vista. Ripose la piccola boccettina sul letto al suo fianco, vicino ai molti libri di trasfigurazione e pozioni.
 
Un altro particolare la fece ridere di gusto. Un calzino dalla fantasia decisamente imbarazzante fece la sua comparsa. Elisa pensò con una fitta di nostalgia a quel natale movimentato. Un particolare attirò la sua attenzione. Una sottile catenina d’argento pendeva dal calzino. Quando il contenuto le scivolò sul palmo della mano, la ragazza sentì una fitta al petto pungerle il cuore. Il fischietto antistupro la fece ridacchiare per molti minuti, prima che l’oggetto fosse appeso nuovamente al suo collo. E poi, qualcosa nel baule attirò nuovamente la sua attenzione.
 
Non vedeva da talmente tanto tempo quel libro che rischiò di non riconoscerlo. La copertina blu notte era più logora di quanto si ricordasse. Lo splendore delle intarsiature d’oro, invece, lo ricordava bene. Lo aprì quasi svogliatamente, riconoscendo l’attimo dopo i complicati ghirigori su cui aveva speso ben più di qualche ora, rendendo la sua media scolastica ancora più desolante.
 
Sfogliò con noncuranza le antiche pagine, fermandosi poi di botto quando intravide dei simboli ben conosciuti. L’inchiostro nero solcava la pagina con la stessa facilità con cui era impresso sulla loro pelle. Elisa sfiorò con i polpastrelli la carta ruvida, seguendo i complicati contorni dei simboli. Poi, quasi fosse dotata di volontà propria, la sua mano andò a tracciare i confini di quella macchia scura sul suo petto. Come sempre, la sua mano scivolò sulla sua pelle con una facilità disarmante. Una corta scritta in rune affiancava i molti disegni. Elisa riconobbe diversi simboli sul petto del suo compagno.
 
Respirò lentamente, decidendo sul da farsi. Avrebbe solo dovuto concentrarsi e cercare di capire quei simboli. Si concentrò però un po’ troppo e troppo velocemente: il bruciore agli occhi la fece sbuffare, infastidita. Al di là di quanto si aspettasse, però, concetti e parole iniziarono a fluire nella testa. Elisa boccheggiò, presa alla sprovvista.
 
Iniziò poi la lettura, incredibilmente curiosa e in soggezione allo stesso tempo. Quel pomeriggio si era rivelato più interessante di quanto si aspettasse.
 
Fu solo dopo due ore che un rumore al piano di sotto rischiò di distrarla più del dovuto. Fortunatamente, riuscì a ignorare bellamente il tonfo della porta d’ingresso. Non riuscì a fare altrettanto con l’individuo che spalancò la porta qualche secondo dopo.
 
«Dobbiamo andare». Elisa alzò lo sguardo verso il nuovo arrivato con un sopracciglio alzato, per poi voltarsi verso l’orologio sul comodino. «Manca ancora un’ora, Alice e Franck ci aspettano più tardi» commentò quindi riabbassando lo sguardo sulle rune complicate tracciate sulla carta. «Non è per questo». Sirius le si avvicinò a grandi passi, afferrandole una spalla. Elisa puntò lo sguardo su di lui quasi controvoglia. «James mi ha mandato un patronus, dobbiamo andare» «è successo qualcosa?». Elisa abbandonò di malagrazia il libro sul letto, chiudendolo con un tonfo. I suoi occhi bruciarono lievemente, annunciandole la scomparsa delle iridi rosse.
 
Si alzò con uno scatto, seguendo il ragazzo giù per le scale e poi fuori, nel caldo soffocante di quella sera di fine luglio. «Non lo so, non credo li abbiano attaccati». Un brivido freddo percorse la spina dorsale della ragazza, pensando alla sua amica e al suo pancione. La paura fu presto sostituita dalla rabbia.
 
Afferrò con scarsa delicatezza la mano del suo ragazzo, smaterializzando entrambi. Quando il senso di vomito fu passato, i due si catapultarono verso il vialetto di casa dei Potter. La strada era tranquilla, non sembrava vi fossero segni di colluttazione all’interno. Elisa deglutì piano. Fece segno all’altro di fare silenzio, incamminandosi verso la porta di casa. Con un movimento studiato, estrasse la bacchetta dalla tasca dei suoi jeans. La canottiera leggera con cui era uscita di casa le permetteva una certa libertà di movimento. Si appuntò mentalmente di sfruttare quell’opportunità. Sirius allungò la mano verso il campanello babbano. Fu questione di qualche attimo prima che la mano di lei andasse a bloccare quella dell’altro. Con un incantesimo non verbale la porta si aprì con uno scatto.
 
Fu questione di attimi. Elisa spalancò la porta con un calcio, puntando l’attimo dopo la bacchetta contro la figura un metro più in là.
 
Peter squittì con un sussulto. La torta nel suo piattino di carta fece un salto di qualche centimetro per poi riatterrare scomposta nella sua originaria posizione. Il ragazzo si toccò il cuore, respirando affannosamente. «Sei pazza?!». Elisa si voltò verso il compagno al suo fianco, piegato in due dalle risate. La ragazza abbassò la bacchetta.
 
«Cosa diamine- ragazzi!». James comparve sul fondo del corridoio. Un sorriso raggiante gli adornava il volto. «Siete arrivati!». Sirius la superò con un sorriso ancora divertito, dirigendosi verso l’amico. Elisa si voltò a richiudere la porta, scusandosi l’attimo dopo con un ancora scosso Peter. «Per la barba di Merlino!».
 
Elisa si voltò verso l’esclamazione. Sirius, al centro della sala, osservava qualcosa tenendo una mano davanti alla bocca. Poi, in uno slancio di affetto, si gettò sull’amico, abbracciandolo stretto. Elisa si avvicinò curiosa, bloccandosi all’ingresso della stanza.
 
Capitava spesso che i due visitassero casa Potter, per un caffè o una cena, oppure per una semplice chiacchierata o rimpatriata. Era dunque capitato che, negli ultimi tempi, nuovi mobili e oggetti per bambini avevano fatto la loro comparsa nella casa dei coniugi. Così era capitato per la culla, vista così tante volte da risultare ormai famigliare. Eppure, quella sera, la culla che fino a poco tempo prima era stata vuota, conteneva ora un ammasso bitorzoluto di coperte candide.
 
Elisa si avvicinò cauta.
 
L’esserino al suo interno agitò pigramente le sue manine, a scatti, gli occhi ancora ben chiusi. La ragazza sorrise, voltandosi poi verso gli altri nella stanza. Solo allora notò Remus sulla poltrona qualche metro più in là, intento ad osservarla curiosamente. Elisa si gettò su James, stritolandolo in un caldo abbraccio.
 
Quando si staccò, un braccio le circondò la vita. Sirius la guardava sorridendo. Elisa non poté fare altro che alzarsi sulle punte e baciarlo, un sorriso sulle labbra anch’ella.
 
«La madre come sta?». James le indicò il piano di sopra con un cenno. «Sta riposando».
 
Nessuno le disse di non andare. Sapevano tutti che sarebbe stato inutile. Elisa salì i gradini con velocità quasi surreale, bloccandosi poi davanti alla stanza con indecisione. Non bussò, forse nel timore di svegliare l’altra. Eppure, quando aprì la porta e spiò da uno spiraglio, incontrò due stanchi occhi verdi ad osservarla. Elisa entrò, richiudendosi la porta alle spalle.
 
La stanza era buia e un cielo stellato faceva capolino al di là della finestra. Doveva trattarsi sicuramente di un incantesimo, dato che dovevano essere solo le 18 di sera. Elisa si avvicinò al letto cauta, stendendosi poi l’attimo dopo al fianco dell’altra, osservando il soffitto.
 
La rossa al suo fianco sospirò stancamente. «Sono così stanca». Il sussurro roco la fece sorridere. «Ce l’hai fatta». Lily sospirò ancora, tossendo poi l’attimo dopo. Quando si fu ripresa, l’amica chiuse gli occhi.
 
«Sono così felice». Era stato ancora un sussurro, appena udibile nel silenzio. Elisa però si morse il labbro, una lacrima a solcarle la guancia. Appoggiò la testa a quella dell’altra, serrando a sua volta gli occhi. E rimase ad attendere che l’amica si addormentasse finché, in un limbo tra immaginazione e realtà, si addormentò a sua volta, cullata in quei dolci pensieri.
 
***
 
Erano ormai passate diverse ore prima che la porta si aprì di nuovo. Questa volta, nessun occhio intercettò lo sguardo dei ragazzi sulla soglia.
 
«Da non crederci». James sorrise complice all’amico, contemplando le due ragazze respirare ad un ritmo lento, regolare.
 
«Sai, stavo pensando». James si voltò verso l’amico con uno sguardo interrogativo. «Alla fine noi non possiamo avere figli». Il ragazzo con gli occhiali appoggiò una mano sulla spalla dell’amico, ricordando il giorno in cui era venuto da lui urlando. Sembrava essere passato così tanto tempo.
 
«Eppure questo non dovrebbe limitarci». James si voltò verso l’altro, uno sguardo interrogativo sul viso. «Cosa intendi, Felpato?». Sirius sorrise, l’ombra del vecchio Malandrino che era stato. «Voglio chiederle di sposarmi».
 
Non staccò nemmeno per un attimo gli occhi dalla sua donna che, placida, dormiva tranquillamente sul letto morbido, sognando a sua volta un futuro di culle e bomboniere.
 
***
 
«Sai cosa mi è successo oggi?». Elisa mugolò scompostamente alla domanda. Strofinò pigramente la sua guancia contro la scapola dell’altro, godendosi il calore delle coperte sulla propria pelle. «Ero in ufficio quando ho sentito dal corridoio urlare che nell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche stava succedendo un disastro. Ovviamente sono andato a dare un’occhiata, sai, così per vedere».
 
Sirius le accarezzo la spalla nuda con la punta delle dita. Elisa sorrise sorniona.
 
«E veramente, c’era un gran casino lì dentro. Vasche piene di avvicini urlanti erano tutte in giro. E non intendo di piccole dimensioni. No, no, quelle erano vasche giganti. E non esagero se ti dico che ci saranno stati centinaia di avvicini là dentro». La ragazza sorrise quando lesse dello stupore nelle parole dell’altro. Rimase comunque immobile a sonnecchiare, ascoltando distrattamente.
 
«E non indovinerai mai». La mano di Sirius si era fermata. «Quando sono entrato nella stanza tutti gli avvicini si sono immobilizzati». Elisa corrugò la fronte. Era impossibile quello che stava dicendo. «E quando dico tutti intendo proprio tutti. Si sono immobilizzati, schiacciando il loro viscido muso contro il vetro per osservarmi».
 
Elisa spalancò gli occhi, un sospetto a punzecchiarle i pensieri.
 
«Pensa, il capo dell’Ufficio è venuto a stringermi la mano e a ringraziarmi per averli fatti stare zitti». Sirius ridacchiò divertito. Lei si morse il labbro. «Tutto bene?». Elisa si voltò quel tanto da incontrare lo sguardo dell’altro.
 
«Sai». Iniziò cauta alzandosi un poco. «Silente aveva detto che sarebbe potuto succedere» soffiò piano osservando la reazione del ragazzo. Lui le restituì uno sguardo perplesso. «Sai, ti riconoscono come compagno ufficiale, qualcosa del genere». Elisa chiuse velocemente il discorso rigettandosi contro la sua spalla, richiudendo gli occhi.
 
«Forte». Il sussurro al suo orecchio la fece trasalire mentre Sirius, voltandosi nella sua direzione, la circondava con le braccia. «Ah, ho dimenticato di dirti una cosa». Elisa sentì gli occhi del ragazzo oltrepassarla da parte a parte, sospettosa. Ringraziò fosse sotto le coperte, al riparo da sguardi di troppo. «Ho fatto ricerche». La mano della ragazza andò a sfiorare la macchia scura sul petto dell’altro. Fu il turno di Sirius di trasalire.
 
«Questo». Elisa tracciò i contorni del simbolo al centro del petto dell’altro, sullo sterno. «Indica la fusione» «Ce lo hai anche tu». Elisa arrossì maggiormente.
 
«Questa». Indicò poi scendendo più in basso, verso il successivo. «è una runa antica. Indica fratellanza e collaborazione». Sirius si morse il labbro con fare pensoso. «è comparso durante l’ultimo scontro, quando ho difeso Lily». Lei annuì sovrappensiero.
 
«Questa qui». La mano della ragazza scese giusto un po’ più in alto dell’inguine del ragazzo. Sirius scoppiò in una fragorosa risata notando il suo imbarazzo. «è una runa di distruzione o battute di arresto» «Mi è comparsa dopo la volta della caverna». Elisa annuì. «Indica poi una crescita» spiegò poi inclinando lievemente la testa di lato.
 
«E questa?». Sirius indicò la runa subito al di sopra. Elisa sospirò stancamente, rigettando la testa sui cuscini. Chiuse gli occhi, ricordando a grandi linee le parole del libro. «Indica un legame con uno spirito brutale che non ama necessariamente gli esseri umani» snocciolò deglutendo l’attimo dopo. Sirius rimase silenzioso per qualche minuto.
 
Poi risistemò meglio la coperta, coprendo entrambi. «Tu hai un solo simbolo». Le fece notare con una smorfia curiosa. «Non dovresti riempirti anche tu di ghirigori?». Elisa scosse la testa, senza una risposta.
 
***
 
Il locale Testa di Porco era sudicio come lo ricordava. Ci aveva messo piede poche volte durante i suoi studi ad Hogwarts e anche ora, dopo parecchi anni, il suo ingresso fu accompagnato da una smorfia contrariata.
 
Elisa lanciò un occhio all’orologio. Doveva solo aspettare una decina di minuti e Silente l’avrebbe accompagnata a bere qualcosa di decente ai Tre Manici di Scopa. Le lancette parevano ticchettare troppo lentamente. Elisa si guardò in giro. Folletti dall’aria sinistra parvero scrutarla con sospetto per poi tornare ai loro loschi affari.
 
Stava giusto per allontanarsi dalla porta quando un urlo profondo la fece sobbalzare. Sembrava che il barista, al piano di sopra, stesse urlando con tutto il fiato che aveva in corpo. Una figura incappucciata si lanciò giù dalle strette scale, rischiando di cadere definitivamente a terra. Un silenzio attonito accolse la sua comparsa.
 
«- E NON SI FACCIA Più VEDERE!». Il barista lo inseguì giù dalle scale brandendo la bacchetta. La figura si gettò verso la porta. Lei non fu abbastanza veloce nello scansarsi. La figura le rovinò addosso, schiacciandola contro il muro.
 
Due forti braccia la afferrarono, impedendole di cadere. Quando riaprì gli occhi, uno sguardo spaventato a qualche centimetro dal suo la fece raggelare. Elisa sentì distintamente il respiro dell’altro sulla sua bocca prima che, con uno scatto, il ragazzo si precipitò fuori dal locale.
 
Elisa non rimase a ragionare. Si gettò all’inseguimento, morbosamente curiosa di sapere il motivo dello sguardo spaventato di Severus Piton.
 
***
 
L’inseguimento durò molto meno di quanto si sarebbe mai potuta immaginare. Severus era veloce. Doveva aver messo su molti più muscoli di quanto il mantello in realtà mostrasse, perché non appena si gettò all’esterno del locale, Elisa intravide il suo mantello svolazzare alla fine della via, svoltando l’angolo.
 
Fu un attimo e la ragazza si gettò di corsa verso uno dei vicoli nelle vicinanze. Aveva spesso percorso quelle strette stradine in compagnia dei Malandrini. A meno che la sua memoria non la ingannasse…
 
Lo intravide non appena svoltò l’angolo verso la nuova stradina. Lo osservò da lontano fermarsi, per poi girarsi a controllare di averla seminata. Dal fondo del vicolo lo vide mettere mano nel mantello. Di lì a pochi momenti si sarebbe smaterializzato.
 
Elisa aumentò il ritmo della corsa. In un disperato tentativo, presto la ragazza lasciò spazio ad una tigre. Dentro di sé, Elisa rise. Con qualche poderosa zampata fu al limitare del vicolo in pochi attimi. Severus aveva già alzato la bacchetta, pronto a partire.
 
La tigre si slanciò fuori dal vicolo con un balzo. E prima che il giovane potesse scomparire, con un risucchio una ragazza fu trascinata lontano, la presa saldamente ancorata ai vestiti dell’altro.
 
Non pareva che Severus avesse preso bene l’aggressione. Continuò a dimenarsi selvaggiamente per tutto il viaggio, finché il duro contatto con il terreno non costrinse la ragazza a lasciare la presa, cadendo a carponi. Elisa dovette ricacciare selvaggiamente in gola la nausea che le attanagliava lo stomaco. Si alzò, tremante, mettendo solo a quel punto a fuoco il paesaggio intorno a sé. E il fiato le si smorzò in gola.
 
Sentì il suono ovattato del clacson ancora prima di vedere il pullman cercare di evitarla. Ma non ce l’avrebbe mai fatta. Boccheggiò lei, serrando l’attimo dopo gli occhi,  incapace di muoversi. E poi, per la seconda volta in quella giornata, qualcosa le cozzò addosso.
 
Ma l’impatto non fu poi così tremendo come si sarebbe aspettata. Sentì distintamente qualcosa di duro colpirle la schiena e la testa. Impiegò qualche momento ad aprire gli occhi.
 
Il mondo era sottosopra. Si ritrovò ad osservare il cielo coperto di nubi, la testa che le girava. Poco più in là, un naso adunco sfregò contro la sua guancia quando il ragazzo rotolò via da lei, grugnendo. Elisa rimase immobile sull’asfalto ad osservarlo assorbire l’impatto dell’urto, mentre il suo cervello ragionava sull’accaduto.
 
L’aveva spinta via. L’aveva salvata.
 
Non appena si fu accorto del suo sguardo, il ragazzo si alzò con un altro grugnito, allontanandosi. Elisa cercò di seguirlo ma un giramento di testa rischiò di farla rovinare nuovamente a terra. Afferrò una ringhiera al suo fianco, sorreggendosi. Provò a chiamarlo, più volte. Ma il ragazzo non si girò mai, continuando solitario il suo percorso.
 
***
 
Riuscì a tornare alla Testa di Porco solo un’ora dopo, il tempo necessario per riprendersi e per spiegare ai presenti che no, non aveva certamente bisogno di cure immediate. Si massaggiò lentamente la schiena non appena fece il suo ingresso nel locale.
 
Non ebbe neanche il tempo di chiudere la porta che una voce profonda richiamò la sua attenzione. «Lui non è più qui». Il barista la guardava di sottecchi da dietro il bancone. Poi, con un cenno burbero, le indicò alle sue spalle. «Ti aspetta al castello».
 
Elisa non seppe mai quanto impiegò a percorrere la distanza che la separava dal castello. La schiena le faceva più male che mai, la testa anche. Cercò di riordinare i pensieri, esercitando i più semplici trucchi di Occlumanzia che conosceva. Avrebbe solo dovuto rilassarsi prima di prendere quel fatidico the con il suo vecchio Preside.
 
Quanto si sbagliava.
 
Quando aprì la porta dell’ufficio, un forte brusio si interruppe in tronco. Molti paia di occhi si ritrovarono ad osservarla, in attesa. Elisa chiuse dietro di sé la porta con un brutto presentimento. «Non avevo idea fosse una rimpatriata».
 
Ma nessuno rise, né le restituì un sorriso di benvenuto. Sirius, in particolare, le lanciò un’occhiata funerea facendo cenno di raggiungerlo.
 
«Abbiamo guai» commentò con una smorfia preoccupata. Gli altri annuirono. Elisa osservò stranita i Malandrini. Non era inusuale vederli insieme, ma non nell’ufficio del vecchio Preside. Solo Lily mancava all’appello. Elisa immaginò fosse a casa con il piccolo Harry.
 
«Qual è il problema?» Silente sospirò stancamente, coprendosi gli occhi con una mano. La ragazza aveva visto il vecchio compiere quel gesto ben poche volte e in tutte avrebbe preferito poi non aver sentito.
 
«C’è stata una profezia».
 
***
 
Il vento soffiava impetuoso quella sera. Forti sferzate facevano ululare le strade deserte di Londra, piegando con forza i rami più spessi degli alberi fuori dalla finestra. Elisa rimase immobile ad osservare la tenda gonfiarsi e iniziare ad ondeggiare nella stanza come fosse un mantello.
 
«Sei silenziosa questa sera». Sirius l’aveva raggiunta dalla cucina. Quell’accusa non la colpì minimamente. Neanche lui aveva spiaccicato una sola parola da quando erano tornati.
 
«Posso chiudere?». Il ragazzo non aspettò una risposta. Si diresse sicuro verso la finestra, chiudendola l’attimo dopo. Subito le tende si afflosciarono nel silenzio.
 
«Non sei convinta del piano, vero?». Sirius si lasciò cadere al suo fianco sul divano. Elisa si morse il labbro. Era da quel pomeriggio che ci pensava. E più i suoi pensieri si avvicinavano ad una sicurezza, più il suo cuore le sprofondava nel petto.
 
La notizia di quel pomeriggio l’aveva lasciata svuotata. Non riusciva veramente a capire cosa avrebbe mai potuto fare per salvarli. Si massaggiò le tempie, ripensando allo sguardo di puro coraggio che James aveva ostentato mentre Silente le spiegava.
 
Era lo sguardo di un eroe. E a detta sua, Elisa aveva un’idea specifica su cosa facevano gli eroi. Morivano.
 
Cercò di scacciare nuovamente l’idea nella sua testa. E questa non era stata la parte peggiore. Come se non bastasse, Silente aveva riferito loro quella che, a poco a poco, stava diventando una certezza. Qualcuno dei loro li stava tradendo. Sapere che nell’Ordine ci fosse una spia aveva raggelato il clima nella stanza. Eppure tutto aveva senso.
 
Gli attacchi si erano fatti più mirati, quasi studiati. Il sospetto che tra di loro ci fosse un Giuda l’aveva sfiorata più di una volta.
 
Un altro tarlo continuava, come se non bastasse, a corroderle la mente. Non aveva detto a nessuno di Severus. Se l’era tenuto per sé, forse per la paura che gli altri potessero pensare ciò che fin da subito aveva pensato anche lei. Se avesse anche solo riferito metà di ciò che aveva presumibilmente sentito… Sperò con tutta sé stessa che Severus avesse avuto il buonsenso in quegli anni di allontanarsi dalle sue amicizie giovanili. Ma non osava sperare troppo.
 
«Non ti piace l’idea dell’Incanto Fidelius?». Elisa si voltò verso l’altro sul divano. Scosse le spalle, con noncuranza. «Eppure hai sostenuto l’idea, mi pare. Senza di te non avremmo concluso molto». La ragazza strinse le labbra in una linea dura. Non le piaceva la situazione in cui erano e odiava profondamente la soluzione che avrebbero adottato. Ciononostante, sperò di essersi mossa più rapidamente dell’altro ragazzo.
 
«Non voglio che tu sia il custode». Sirius le lanciò uno sguardo sorpreso. «Avevo capito che tu non avresti voluto farlo».
 
«Fallo tu». James l’aveva guardata con il suo solito sguardo deciso. «Lily vorrebbe che lo facessi tu. E anche io lo voglio» specificò sistemandosi nervosamente gli occhiali. Elisa aveva sbuffato.
 
«Posso dirti che scartare l’ipotesi del professor Silente per avere me è una baggianata assurda?». Lo aveva chiesto con un sorriso beffardo sul volto mentre la sua testa lavorava in fibrillazione. «Non penso sia saggio». Le parole di Silente avevano messo fine alla questione. Tutti sapevano già il motivo.
 
 «Ed è così, infatti». Elisa si voltò quel tanto da lanciargli un’occhiata dispiaciuta. «Ma ho paura che tu possa-». Non completò la frase, preferendo tornare a fissare al di fuori della finestra.
 
«Andrà tutto bene». Sirius le passò una mano protettiva sulla schiena. Non bastò a calmarla. «Tu non assisterai, vero?». Elisa scosse la testa. «Devo lavorare domani» gli ricordò con un sorriso triste.
 
«Chi pensi sia la spia?». La ragazza si voltò talmente veloce verso il ragazzo che rischiò di perdere l’equilibrio. Ponderò una possibile risposta per poi scuotere la testa, senza alcun nome. Sembravano tutti così impossibili… «Ci ho pensato tanto questo pomeriggio» sussurrò Sirius cautamente «- e penso di aver trovato un nome». Pronunciò le parole con voluta lentezza, lanciandole uno sguardo indagatore. Le sopracciglia di lei si alzarono. Lui pronunciò il nome.
 
«Cosa?!» La voce della ragazza si era alzata di qualche ottava. Fissava il giovane sbalordita, la bocca leggermente aperta dalla sorpresa. «Non ha senso» «Certo che ce l’ha» «E spiegami». La voce della ragazza divenne quasi pungente. «perché diamine Remus dovrebbe essere una spia». Sirius alzò gli occhi al cielo, esasperato dalla sua razione. «Non credo tu l’abbia notato, ma nell’ultimo periodo è taciturno» «Lo è sempre stato». Lo interruppe lei con un gesto spazientito della mano. «Ma non ha mai cercato in tutte le maniere di isolarsi così. Quando lo invitiamo ad uscire risponde appena alle domande, o guarda tutti da lontano, come se ci stesse studiando». Elisa si prese la testa tra le mani, scuotendola. «Non sta passando un bel periodo» commentò allora storcendo la bocca.
 
Si appuntò mentalmente di parlarci, ricordando solo in quel momento ciò che Lily gli aveva detto molte settimane prima. Il Lupo Mannaro aveva perso l’ennesimo lavoro. Eppure, nel momento stesso in cui lo fece, un senso di inquietudine la pervase. La verità era che dopo i recenti sviluppi lei non voleva vederlo. Si sentì uno schifo.
 
Sirius al suo fianco sbuffò. «Hai avuto sempre un debole per lui, fin dalla scuola». L’accusa la fece voltare, stranita. Sembrava che sul divano accanto a lei non ci fosse Sirius, ma solo la sua pallida imitazione di cinque anni più giovane. Lo osservò stranita.
 
«Vorrei ricordarti che la spia è il ragazzo per cui tu ora sei un animagus». Non aspettò una risposta. Elisa si alzò il più normalmente che poté, ignorando il dolore alla schiena, e si diresse verso le scale.
 
Quella giornata era durata fin troppo.

Ritorna all'indice


Capitolo 57
*** Bastarda ***


IMPORTANTE – nota autore
In questo capitolo sono trattati temi abbastanza violenti che potrebbero infastidire i più sensibili. Non ho ritenuto però di cambiare il rating della storia solo per un capitolo. Spero vi piaccia
Eli

 
Bastarda
 
 
 Quando quella sera ritornò a casa, Elisa era decisamente di buon’umore. La giornata di lavoro era andata alla grande. Aveva passato il pomeriggio a schizzare da una parte all’altra del negozio in cerca di cose da fare nel disperato tentativo di distogliere gli occhi dal dannatissimo orologio alla parete. Il suo piano aveva funzionato perfettamente.
 
Le chiavi nella toppa girarono producendo il solito scatto. Elisa fu immensamente felice di rimettere piede a casa. E fu solo quando la porta si richiuse alle sue spalle con un tonfo che un’ombra spuntò dalla cucina. Sirius la osservava raggiante, il litigio della sera prima ora completamente dimenticato. Elisa lo raggiunse in poche falcate. «Allora?». Il sorriso sul volto del ragazzo si intensificò ancora prima che le sue mani le afferrassero la testa. La ragazza si ritrovò a rispondere al bacio con gioia. Quando si staccò, Sirius sorrideva ancora. «Tutto fatto. Ora sono al sicuro». Elisa rise con gioia, sentendo il suo petto improvvisamente più leggero.
 
«E indovina un po’?». Sirius le afferrò i fianchi e la alzò di peso, facendole fare un’improvvisa giravolta. Elisa rise osservando l’uomo che amava. «Non sono io il custode segreto».
 
Il sorriso si congelò sul viso della ragazza. Era come se una lastra di ghiaccio le avesse inondato il petto, congelandoglielo. Lì, dove un attimo prima c’era la sua felicità, ora non rimaneva altro che un immobile silenzio assordante di attesa e orrore.
 
«Cosa?» «Sono proprio un genio, devi ammetterlo». Non sembrava che il ragazzo si fosse accorto del cambio repentino di umore alla notizia. Continuò a parlare, ignaro dell’orrore che strisciava nelle viscere della ragazza parola dopo parola. «Ovviamente è stata una mia idea. Ho pensato: tutti penseranno che sia io il custode segreto, sia perché sai, sono praticamente il fratello di James, e sia perché agli altri membri dell’Ordine abbiamo detto così». Elisa iniziò a intravedere una logica dietro a quel vociare confuso. Cercò di rimanere concentrata, frenando la mente che vagava alla ricerca di un punto di arrivo. «E invece il custode è Peter». Sirius si bloccò, forse aspettando un’ovazione e dei complimenti.
 
Elisa rimase pietrificata ad osservarlo. Non sapeva cosa provare. Incredulità? Divertimento? Rabbia? Nel dubbio, una risata isterica le fece indietreggiare. Sirius la osservò perplesso. «E così, tu hai convinto James a cambiare custode segreto?». La vena incredula nella sua domanda era ora stata percepita anche dal ragazzo che le restituì un’occhiata sospettosa. Annuì soltanto. Elisa seppe nel momento stesso in cui lo fece che l’ondata di rabbia che la invase sarebbe stata incontrollabile. Respirò piano, cercando di ignorare lo sfrigolio crescente alle mani.
 
«Cosa diamine» iniziò lentamente, conscia del fatto che urlare non sarebbe servito. «ti è venuto in mente». Sirius la osservò come si osservano i matti. «Avevi detto tu che non volevi che io non facessi il custode segreto». Elisa respirò lentamente, coprendosi gli occhi con una mano. «Ho detto che non avrei voluto che ti succedesse qualcosa, non che tu non dovessi fare il custode segreto». Fu abbastanza palese dallo sguardo confuso dell’altro che, per lui, non vi era differenza.
 
Diversa era la faccenda per lei. Un dubbio viscido le strisciò nella mente. Non appena lo formulò si sentì sporca, sudicia. Squadrò il ragazzo di fronte a sé con un crescente senso di nausea a chiuderle lo stomaco.
 
«Chi è al corrente di questa cosa?». Alla sua richiesta Sirius abbassò lo sguardo. Capitava così poche volte che non impiegò molto a capire di averci preso.
 
«Dimmi che Remus lo sa». Sirius le lanciò uno sguardo ostinato, rimanendo però muto. «Dimmi che non l’hai fatto solo perché pensi sia lui la spia!». Il suo tono si era fatto ora lamentoso. Sirius le lanciò una lunga occhiata. Poi, senza aggiungere nulla, la superò, incamminandosi verso la porta. Si bloccò però con la mano sulla maniglia.
 
«Io sto cercando di proteggere i miei amici». Il volto divenne una maschera fredda. «Tu cosa stai facendo?».
 
***
 
Ritornarono a parlarsi solo dopo una settimana. E non perché uno dei due avesse chiesto scusa. Oh no, non avrebbero ceduto di un passo. Semplicemente le priorità divennero altre.
 
Elisa era al lavoro quando Remus si presentò alla porta del negozio. Non lo vedeva da forse qualche mese, eppure sembrava completamente cambiato. Sembrava più cupo, più selvaggio. Nonostante le apparenze, la signora Smith lo accolse alla porta con un sorriso. Si scambiarono qualche frase prima che la donna indicasse nella sua direzione. Il ragazzo la raggiunse a passi lenti, fermandosi ad un metro di distanza. Lei cercò di sorridere, incoraggiante.
 
«Ehi-» «Regulus è morto». Non aveva aggiunto nient’altro, rimanendo però a fissarla. Lei aveva semplicemente aperto la bocca più e più volte, tentando di formulare qualche parola. Ma la testa sembrava vuota. Aveva sentito il cuore pesante, prima che si portasse entrambe le mani a coprirsi il viso. Due forti braccia l’avevano poco dopo avvolta. Remus sapeva di muschio.
 
«Oh cielo, cara. Torna a casa, ci penso io qui». Era stato Remus a ringraziare la vecchia signora ed era stato sempre lui a smaterializzarli dopo che ebbero raggiunto una stradina deserta. Quando finalmente toccarono terra, il ragazzo si allontanò da lei quel tanto da guardarla in faccia. Elisa tentò di asciugarsi le lacrime con la manica della felpa. Non servì a molto.
 
«Come è successo?». Remus si morse il labbro nel sentire la sua voce così spezzata. Poi scosse le spalle. «Abbiamo trovato la tomba per caso io e Peter l’altra mattina, mentre facevamo un giro per l’Ordine. Non c’è scritto nulla sulla tomba». La ragazza annuì, mantenendo lo sguardo fermamente ancorato al marciapiede davanti a sé. «è morto due anni fa. Almeno, così riporta la lapide». Elisa sentì come se qualcuno le avesse afferrato lo stomaco e lo avesse stretto. «Stai un po’ meglio?». Quella domanda fu abbastanza da farle spostare lo sguardo sul suo interlocutore.
 
Non sapeva perché stava male. Non avrebbe dovuto sentire nulla, neanche il minimo dolore. Eppure perché le pareva che la sua testa si fosse inceppata? Si passò una mano sul viso, accantonando con tutte le sue capacità occlumantiche il viso del ragazzo che le aveva preparato un antidoto e che poi l’aveva ingannata con così tanta maestria. Non servì a molto, ma quanto meno aveva reso la sua mente un po’ più lucida.
 
Annuì distrattamente, iniziando a percorrere quelle stradine che conosceva così bene. Il cimitero accanto a cui passarono era deserto. Con un brivido lungo la schiena, Elisa si chiese se anche lì vi fosse il corpo di qualche dimenticato.
 
Furono a casa dei Potter prima che riuscisse veramente a pensare come avrebbe giustificato i suoi occhi rossi. Quando bussarono, la porta si aprì con uno scatto. James si appoggiò allo stipite con una smorfia, osservando i due. «Un'altra persona invitata al nostro party, eh?».
 
Il party fu abbastanza triste. Trovarono Sirius seduto sul divano, nel disperato tentativo di sorridere e pretendere di stare bene. Quando la vide, il ragazzo rimase impietrito per qualche attimo.
 
«Hai pianto» le aveva sussurrato mentre si sedeva sul divano accanto a lui. Elisa aveva annuito, appoggiando l’attimo dopo la testa contro la sua spalla.
 
Fu solo dopo molte ore che i Malandrini fecero la loro magia migliore. «Sono incredibili, non trovi?». Lily le aveva lanciato uno sguardo caldo quando la vide raggiungerla in cucina. Gli altri ragazzi nell’altra stanza continuarono a ridere, probabilmente per qualche altra stupida battuta. Elisa annuì distrattamente. «Conosco una ragazza che molti anni fa la pensava diversamente» «Siamo tutti così cambiati da allora». Il sussurro dell’amica l’aveva accompagnata per molto tempo.
 
Non aveva mai davvero pensato a quanto fossero cambiati. Ai suoi occhi loro continuavano ad essere sempre sé stessi. Eppure, qualcosa iniziava ad infiltrarsi nelle crepe della sua memoria: il dubbio.
 
A volte stentava a riconoscersi. Era diventata più schietta, schiva, forse silenziosa. I suoi modi erano cambiati. Prima agiva di impulso, trovando nell’azione gran parte delle soluzioni. Ora preferiva aspettare. Forse anche i suoi amici lo avevano notato. In ogni caso, non le avevano mai fatto notare nulla.
 
Fu in quei dubbi che Elisa si crogiolò quel freddo pomeriggio di ottobre. Aveva da poco finito di leggere una lettera che Silente le aveva spedito, chiedendole di raggiungerlo la settimana dopo per un the, che prese il vecchio libro sui demoni dal baule.
 
Sfogliò distrattamente le pagine, cercando un qualche cosa che potesse essere più interessante che inquietante. Aveva da poco abbandonato l’idea di trovare un qualche testo che rispondesse a tali requisiti quando i suoi occhi intravidero tra le polverose pagine uno squarcio di paesaggio ben conosciuto. Fu con un pesante palpitare del cuore che sfogliò nuovamente le pagine, più lentamente, cercando. Quando lo trovò, Elisa deglutì sonoramente.
 
Racchiuso in una cornice dorata, lì al centro della pagina dove avrebbe dovuto trovarsi l’inchiostro, vi era il ritratto di un paesaggio che lei ricordava molto bene. La caverna era buia come lo era nei suoi incubi.
 
Elisa si passò una mano sul viso, tremante. Ritrovarla in quel libro la fece sentire incredibilmente elettrizzata. E impaurita. Deglutì nuovamente, sfiorando con i polpastrelli la cornice sulla carta ruvida, incantata. Perché? Checché stesse tentando, non riusciva a trovare una risposta. Si morse il labbro con forza, costringendosi a ragionare febbrilmente. Quasi sovrappensiero sfiorò con la mano l’oscurità della caverna. Sapeva perfettamente cosa avrebbe potuto trovare.
 
E poi, uno strattone ben conosciuto la fece paralizzare. Con un risucchio, una forza sconosciuta la alzò da terra, gettandola nel buio. Elisa tentò di urlare, più e più volte. Ma nessun suono le raggiunse mai le orecchie.

Fu con non poca violenza che raggiunse il pavimento. L’impatto la fece gemere, tenendola schiacciata contro la superficie ruvida giusto il tempo per farle iniziare a sentire i dolori che l’avrebbero accompagnata per una settimana. Gli occhi della ragazza impiegarono poco tempo ad abituarsi all’oscurità. E impiegò ancora meno a capire dove si trovasse.
 
La caverna era buia e umida come se la ricordava. Prese mano alla bacchetta con foga, facendo luce. Osservò la pietra intorno a sé trattenendo il respiro. Delle macchie di sangue macchiavano ancora il punto in cui, probabilmente, lei e Sirius si erano materializzati. Distolse lo sguardo, decisa per quanto possibile di emarginare quei ricordi dalla sua mente.
 
Fu proprio durante questo tentativo che scorse un luccichio sinistro sul fondo della caverna. Lì, dove l’oscurità pareva così fitta da essere materia, un’apertura stretta solcava la roccia. Elisa si avvicinò furtiva, sentendo la paura premerle nella testa.
 
Non sembrava che quel solco avesse un fondo. Alzò la bacchetta, facendo luce più in là che poté. Un pavimento irregolare di roccia si snodava nel cunicolo attraverso l’oscurità. Elisa respirò con forza.
 
Non le sarebbe costato nulla voltarsi e ritornare a casa. Eppure, un senso di morbosa aspettativa le opprimeva lo stomaco. Forse, se avesse continuato, avrebbe trovato delle risposte.
 
Il suo primo passo fu dettato dalla pura istintività. Il secondo, da una più lucida curiosità. Il terzo, da un’opprimente determinazione. Rischiò più di una volta di sbucciarsi le braccia in quell’abbraccio di pietra. Fortunatamente per i suoi nervi, via via che lo percorreva, il cunicolo iniziava ad allargarsi ed alzarsi. Arrivò sul fondo con il fiatone.

Il soffitto irregolare aveva ormai raggiunto i cinque metri di altezza. Elisa boccheggiò, sgomenta. Non poteva più andare avanti. Una lastra di quello che pareva vetro si alzava fino alla sommità della caverna. Ma era troppo opaco e troppo scuro per esserlo.
 
Elisa si avvicinò con lentezza, alzando la bacchetta. Il fascio di luce chiara si scontrò contro la superficie liscia, lasciandola momentaneamente senza parole. Si avvicinò ancora, guardando meglio. Le pareva di scorgere qualcosa nella lastra, come se qualcosa si stesse muovendo al di là di essa. Si avvicinò ancora, tanto da esserle a qualche centimetro di distanza, per poi trasalire e fare un balzo indietro.
 
La sua immagine era apparsa sulla superficie scura. Il suo riflesso le restituì un’espressione spaventata e sconvolta. Elisa abbassò la bacchetta, respirando a fatica. Doveva darsi una calmata. Si avvicinò ancora, tendendo la bacchetta ancora in avanti. La figura nello specchio fece altrettanto. Probabilmente, se qualcuno l’avesse vista in quel momento, sarebbe sembrata una pazza.
 
In un attimo di impulso la sua mano libera si avvicinò alla lastra. La sua mente la bloccò a metà strada. Non era sicura fosse una buona idea. Molte volte aveva compiuto azioni stupide dettate solo dall’istinto. Non poteva permetterselo in quell’istante, non quando nessuno sapeva della sua scomparsa dalla sua stanza.
 
Dubitava che Sirius fosse già tornato a casa. In ogni caso, avrebbe solo pensato che era andata dal piccolo Harry.
 
Respirò a fondo, sentendo i suoi nervi bruciare. Momentaneamente un’immagine le attraversò gli occhi. Lei stessa che, con un sorriso divertito e un senso di diniego abbassava la testa, per poi voltarsi e smaterializzarsi. Senza pensarci due volte, la ragazza allungò la mano.
 
La pietra era fredda. Se ne accorse nel momento stesso in cui i suoi polpastrelli entrarono in quel delicato contatto con la superficie. Elisa tirò un sospiro di sollievo, sorridendo l’attimo dopo. Con una stretta che si scioglieva a livello dello stomaco osservò il suo riflesso sulla parete fare altrettanto. Si era preoccupata per nulla.
 
Fu questione di un attimo. Il sorriso scomparve in un battito di ciglia dal viso nel riflesso. Elisa fece per togliere la mano dalla lastra. Fu con orrore che si rese conto che non poteva più farlo. Lì, dove fino a poco prima sulla superficie i suoi polpastrelli incontravano quelli del riflesso, ora non vi erano altro che tre dita a incontrare il freddo contatto. Le altre dita del riflesso erano ora chiuse intorno alla sua stessa mano. Elisa spostò nuovamente lo sguardo in quello dell’altra figura. Non stava ridendo, né indossava alcuna maschera.
 
Il volto la guardava, imperscrutabile. E poi, come se qualcuno le avesse spaccato la testa con un’ascia, si ritrovò ad urlare.
 
«Si stanno muovendo». Elisa si voltò verso la voce. L’uomo biondo sulla quarantina che le restituì lo sguardo le rivolse un’espressione ansiosa. Era vestito con antichi abiti vittoriani, realizzò lei l’attimo dopo. Ma tralasciò il particolare, poiché qualcosa di più importante aveva attirato la sua attenzione.
 
«Bene bene». Un’altra voce strascicata l’aveva fatta trasalire. Questa volta Elisa si sentì turbata alla vista dell’uomo che le si avvicinò. Il suo sorriso era di una gentilezza fredda, quasi conturbante. Le passò una mano sulla schiena, attirandola a sé.
 
Elisa avrebbe voluto sentirsi schifata. Ma non fu così. Fu con orrore che si accorse di volere che quei vestiti scomparissero. Cercò di serrare gli occhi ma non ci riuscì. Non riusciva a fare niente, se non rimanere accanto a quell’uomo che, si accorse, amava così disperatamente.
 
La baciò, ed Elisa si ritrovò ad approfondire quel contatto con tale trasporto da credere di poter raggiungere il cielo. L’uomo si staccò con una risatina.
 
«Quando tutto sarà finito, amore». Il sussurro la fece rabbrividire. La lasciò andare ed Elisa si ritrovò riluttante a quel gesto. Nonostante ciò, si voltò con sicurezza.
 
Sapeva cosa fare. O almeno, lo sentiva.
 
Si avviò verso quello che riconobbe un pendio. Il mare, sotto di lei, ruggiva, violento, schiantando le sue grandi onde sulla scogliera. All’orizzonte, grandi navi si stagliavano maestose. Le lasciò avvicinare.
 
Elisa si rese conto che voleva vederle affondare una ad una. Chiuse i pugni, cercando di reprimere quella violenza che pareva incendiarle le vene.
 
Elisa non voleva. Cercò di opporsi, combattere contro un corpo che, riconobbe troppo tardi, non era il suo. Eppure le pareva così maledettamente sua la mano che, di lì a poco, mollemente aperta, si alzò verso le navi.
 
Un corpo si adagiò contro la propria schiena. L’uomo alle sue spalle le baciò il collo, languido, tracciando strisce di morsi delicati fino alla sua spalla. La sua mano si chiuse con forza.
 
Elisa non seppe dire per cosa trasalì. Per il punto in cui l’uomo aveva adagiato la sua mano o per l’esplosione di fuoco che si alzò dal mare.
 
Così com’era iniziata, la scena sparì. Elisa si ritrovò boccheggiante distesa a terra, gli occhi serrati e il fiato ansante. Doveva riprendersi. Qualunque cosa il demone avesse voluto mostrarle, doveva rimanere calma. Era tutto finito. O no?
 
La superficie contro cui era sdraiata non era roccia. Alzò gli occhi giusto in tempo per osservare un uomo ricadere nel letto al suo fianco. Fu con una certa dose di orrore e vergogna che Elisa si rese conto che entrambi erano nudi e che il fiatone e la sensazione di appagamento che sentiva non erano per l’esplosione di poco prima.
 
L’uomo, dai capelli rossi portati leggermente lunghi, le strusciò la mano sul corpo in quella che, intuì, doveva essere una rude carezza. Il letto su cui erano adagiati era morbido. Non riusciva a vedere completamente la stanza da quell’angolazione, eppure si sentì quasi a casa.
 
«Come la mettiamo con Alexander?». Era stata sua la voce affannosa e incredibilmente delicata che aveva appena parlato. Sembrava che la sua stessa frase, a discapito del contenuto, volesse essere un’amorevole carezza.
 
Elisa trasalì quando vide l’uomo ridere e portare una mano a coprirsi il volto. Il lenzuolo che li copriva si era abbassato, rivelando sul petto dell’altro una mappa di cicatrici e simboli. Simboli che aveva già visto sul petto di Sirius molte e molte volte ormai.
 
«Come vuoi che la mettiamo». La voce, incredibilmente vicina, la fece trasalire. «Se ne dimenticheranno presto». L’uomo le lasciò un bacio sui capelli. Ma a Elisa non sfuggì la rabbia che le invase lo stomaco.
 
«Non faremo nulla?!». La donna si era alzata, iniziando a raccattare per la stanza quelli che, Elisa dedusse, erano i suoi vestiti. «Non sono già abbastanza compromessa così, non ti pare?!». Non si voltò a guardarlo, sicura che stesse ghignando felicemente sul letto ad osservarla vagare nuda per la stanza.
 
«Chi mai potrebbe pensare a me dopo che il Lord del castello sarà ritrovato morto-» «Se lo ritroveranno». Il sussurro roco alle sue spalle la fece trasalire.
 
Il petto dell’uomo la bloccò contro la parete, tenendola ferma. Elisa avrebbe potuto spedirlo dall’altra parte della stanza con solo un pensiero. Eppure non lo fece. E la verità fu abbastanza sconcertante quando realizzò che le piaceva troppo sentire quella pelle così martoriata sfregare contro la propria.
 
«Devi fare un’altra cosettina per me, tesorino caro». La donna annuì contro la parete mentre sentiva la mano calda dall’altro strisciare sul suo ventre. «Sai, è difficile trovare un uomo quando per trovarlo dovresti guardare in molti punti differenti». Benché l’uomo avesse iniziato la sua dolce tortura non ci voleva tutta la sua sanità mentale per capire cosa stesse chiedendo.
 
«V-vuoi che lo faccia a pezzi?». La sua voce tremante si infranse sulla ruvida parete contro cui era schiacciata. L’uomo annuì contro la sua guancia. «Non ci vorrà tanto per qualcuno come te». Uno schiaffo riportò Elisa alla realtà. Quell’uomo era un babbano. La ragazza mugugnò qualcosa in risposta, sentendo le dita dell’uomo tracciare cerchi regolari in continuità, per poi scendere, implacabili.
 
«Certo, non sarai troppo compromessa?». E mentre le dita dell’uomo entravano in lei con un sussulto e le sue gambe cedevano, Elisa seppe che avrebbe fatto sempre quanto ordinatole.
 
Le sue urla nella caverna si erano ormai spente. Il volto nella lastra scura rimase a guardarla, sempre impassibile. Parvero rimanere a fissarsi per un tempo infinito. Poi il riflesso aprì leggermente la bocca. Una brezza gelida le scompigliò i capelli.
 
«Non lo fare».
 
Elisa sentì i suoi muscoli raggelarsi. La mano che la teneva ancorata alla parete aprì le dita con uno scatto. Quasi involontariamente Elisa balzò indietro.
 
Un singolo crepitio parve rimbombare nell’aria. Poi, come uno scroscio, la lastra di pietra rovinò a terra. Un urlo scosse l’oscurità. Era stata la sua voce, ma lei non aveva urlato. E poi, come tutto era iniziato, tutto era finito.
 
Un silenzio assordante le ovattò la testa. Elisa rimase immobile ad osservare i cocci sul pavimento, sentendo il panico montarle nelle viscere. Indietreggiò poi sempre più, appoggiando la schiena contro la parete di roccia e lasciandosi ricadere a terra.
 
Le gambe stavano ancora tremando. Il fiato grosso continuava a scuoterle il petto. Chiuse gli occhi, nella testa una nuova, amara e bastarda consapevolezza. Lei doveva sparire.
 
***
 
A volte era strano come la vita potesse essere. A volte dava, a volte negava. Non pensava ci fosse un criterio specifico con il quale potesse valutare le vite e cosa meritassero. Gli egizi avevano una bilancia con la quale misurare l’anima alla morte, ma non pensava che fosse questo il caso. No, perché nessuna piuma sarebbe mai stata abbastanza leggera per la sua anima.
 
Perché quella vita che dava o negava lei la accettava. Ma non avrebbe sopportato che le fosse tolto tutto. Era un furto. E lei questa volta non se lo meritava. Perché credeva ancora in una vita giusta, severa. Quella era solo una vita bastarda.
 
Elisa si accarezzò nuovamente le braccia nude. Era rimasta in quella vasca forse da qualche ora. O forse erano solo passati dieci minuti. Non sembrava importante. L’acqua bollente aveva smesso di bruciare sulla sua pelle già da un po’ quando fu sostituita da un bruciore molto più vivido e profondo.
 
Elisa ricordava perfettamente dove le mani di quegli uomini l’avevano toccata. E ricordava perfettamente con quanto piacere avesse risposto il suo corpo a quelle carezze. Si sentiva sporca. Lurida dentro, come se la sua pelle fosse macchiata da quella colpa putrida. Non le era rimasto che rimanere immobile, la spugna che aveva grattato con tanta determinazione il suo corpo ora gettata in un angolo della vasca.
 
Ripensò alle scene fino a poco prima vissute. Un nuovo senso di nausea le fece storcere lo stomaco.
 
Quanto poteva essere malato l’amore?
 
Con un attimo di lucidità Elisa si chiese se le sue vecchie reincarnazioni comprendessero cosa stavano vivendo. Nuovamente la ragazza si accarezzò la pelle del braccio con lentezza. Certamente non lo sapevano.
 
Il dubbio si insinuò nella sua mente. E se anche la sua storia fosse intrisa di orrore e lei non se ne fosse accorta? E se fosse diventata il mostro solo perché qualcuno glielo avesse chiesto? La voce del demone le inondò ancora la mente. Non lo fare. Elisa rabbrividì.
 
Non poteva più combattere quella guerra. Non poteva più schierarsi. Avrebbe dovuto lasciare andare tutto. Ma come avrebbe fatto? Lei non sarebbe mai rimasta ad osservare gli altri combattere in prima linea.
 
La porta si aprì con un cigolio. Elisa ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo sul nuovo arrivato prima che lui le rivolgesse un’espressione confusa, per poi trasformarsi in una incredula. «Ma che diamine sta succedendo-». Sirius le si avvicinò velocemente.
 
La stanza era avvolta nel vapore, pertanto fu difficile per lei capire cosa stesse osservando. Era capitato molte volte che lui la vedesse nuda, non capiva certo da dove provenisse tutta questa meraviglia. Poi seguì il suo sguardo e la sua bocca si fece arida, come se avesse appena bevuto sabbia.
 
Il suo corpo era martoriato. C’erano porzioni di pelle completamente spellate, altre solo arrossate. L’acqua era diventata rossiccia a tratti.
 
«Vieni, ti porto fuori». Elisa rimase ad osservarlo mentre immergeva entrambe le sue braccia nell’acqua calda per afferrarle i fianchi ed aiutarla ad alzarsi. Non aveva nemmeno arrotolato le maniche della camicia, ormai completamente zuppe. Prima che se ne rendesse davvero conto, la ragazza si ritrovò in camera da letto. Aveva lasciato una piccola zuppa di acqua in terra nel suo percorso dal bagno alla camera.
 
Sirius le si parò davanti con sguardo preoccupato. «Ehi, cosa sta succedendo?». Il sussurro le fece assottigliare lo sguardo. Con uno scatto in avanti spintonò il ragazzo, facendolo cadere sul letto. Senza dargli la possibilità di protestare, si sedette su di lui, osservando l’altro lanciarle uno sguardo confuso. Poi, con una foga che pareva bruciarle le viscere, scese a baciarlo.
 
Fu un bacio lungo che di casto aveva ben poco. Aveva bisogno di sentirlo. Aveva bisogno di sapere che c’era, che ogni cosa che aveva visto quel giorno non era solo violenza e disperazione. Aveva bisogno di sentirsi amata, ora, senza perdite di tempo inutili.
 
«No». Il sussurro sulle sue labbra la fece ritrarre come se si fosse scottata. Il ragazzo si alzò a sedere l’attimo dopo, seguendola. Rimasero a fissarsi, entrambi spaventati. Sirius parve volerla abbracciare ma poi sembrò ripensarci, bloccandosi a metà movimento. Si limitò ad accarezzarle le braccia con le punta delle dita.
 
«No» ripeté lentamente a qualche centimetro del suo viso. «Non so cosa sia successo questa sera ma non avrai da me questo». Elisa fece per ritrarsi. Per la prima volta da molti anni, la ragazza si sentì a disagio. Nuda, esposta, sulle ginocchia di un ragazzo che non la desiderava. La mano dell’altro le bloccò la fuga. «Puoi avermi in qualunque momento tu desideri». Il ragazzo scrutava nei suoi occhi con un’intensità che poche volte aveva visto in quelle iridi. «ma non rischierò di vederti spezzare tra le mie braccia come se fossi vetro». Elisa gemette, ripiegandosi su sé stessa dal dolore. La mano dell’altro era andata a posarsi sulla pelle martoriata.
 
Sirius le rivolse uno sguardo triste. Le fece cenno poi sul letto al suo fianco, dove un pigiama pulito era stata riposto con cura. Lo aveva sicuramente poggiato lì l’attimo prima che lo aggredisse. Elisa scese dalle ginocchia dell’altro, ubbidiente, iniziando a vestirsi. Poté intravedere al suo fianco Sirius iniziare a spogliarsi, prendendo a sua volta il pigiama che ormai da tempo gli aveva visto indossare. Dopo solo qualche minuto, la ragazza si nascose sotto le coperte.
 
Non seppe per quanto rimase lì rannicchiata prima che l’altro, finiti i suoi giri per la casa, la raggiungesse. Quando le luci si spensero, un braccio nell’oscurità cercò di afferrarla. Lei si ritrasse, spaventata.
 
La stanza parve gelare. L’attimo dopo, la luce si riaccese. Sirius la stava guardando, incredibilmente serio, i capelli lunghi a nascondergli parzialmente gli occhi ombrosi. Poco dopo, il ragazzo si lasciò nuovamente ricadere tra le coperte.
 
«Ti aiuterebbe a stare meglio se lasciassi la luce accesa?». Lei annuì lentamente in risposta. Il ragazzo respirò a fondo, forse facendosi coraggio. «Vuoi che non ti tocchi? O che me ne vada?». Elisa ponderò maggiormente la risposta questa volta. Poi, dopo che interi minuti parvero essere passati, la sua testa si piegò in un gesto di diniego. Sirius parve sgonfiarsi come un palloncino, come se avesse trattenuto fino ad allora dell’aria. Si avvicinò con lentezza, forse per paura che lei si allontanasse nuovamente. Quando le sue braccia si chiusero su di lei, Elisa sentì come se qualcuno le avesse portato via l’aria.
 
Fu solo un attimo. Perché il secondo seguente le parve di tornare a respirare di nuovo veramente, senza che nessuno le avesse razionato l’ossigeno. Una mano grande le accarezzò i capelli. Sotto i tanti strati di tessuto che li separavano, Elisa sentì il cuore dell’altro battere.
 
«Puoi pensare quello che vuoi». Il ragazzo continuò le sue dolci carezze, raggiungendo la sua schiena. «Puoi pensare anche che sono un bastardo pericoloso, non mi interessa». Elisa avrebbe voluto ridere. Non era lui quello pericoloso. «ma non dubitare mai, mai che ti amo». Elisa sentì il suo stomaco torcersi in un orrendo sentimento.
 
E mentre tutto il suo mondo avanzava verso il baratro, mentre le immagini di quel pomeriggio si accavallavano nitide nella sua mente e la consapevolezza di dover sparire le corroborava l’anima, la ragazza sussurrò l’unico urlo che ormai da tempo le annebbiava la mente.
 
«Ti amo anche io»
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 58
*** Lenzuoli bianchi e neve ***


Lenzuoli bianchi e neve


“Here lies one whose name was writ in water”*
 
Non c’era vento quella sera. Sembrava che il mondo si fosse bloccato, sospeso in quel limbo di oscurità e stelle. Gli alberi fuori dalla finestra rimanevano immobili, creando ombre inquietanti in procinto di toccare la distesa di puntini luminosi nel cielo.
 
La casa era vuota. Tutto quel silenzio pareva quasi comico, forse, paragonato alla burrasca rumorosa che solitamente James si portava dietro. Un mugolio divertito richiamò la sua attenzione. Harry aveva appena tentato nuovamente di afferrare la piccola figura argentata che, di lì a poco, era ricomparsa a qualche centimetro di distanza dalla manina.
 
Elisa si voltò verso il bambino nella culla, osservando le quattro figure che aveva fatto comparire da almeno un’ora. I quattro animali continuarono a rincorrersi nell’aria, scivolando abili lontano dalle piccole mani agitate nell’aria. Il lupo emise un acuto ululato mentre il cervo gli bloccava il passaggio. Harry rise ancora, incredibilmente divertito. Elisa sbuffò, osservando il cane accorgersi del suo sguardo e iniziare a scodinzolare. Fu solo questione di qualche secondo prima che la disattenzione dell’animale fosse punita. Le manine paffute si richiusero sulla figura con uno scatto. La polverina argentea che ne derivò fece agitare le due piccole gambe nella culla dalla contentezza. Con un flebile pop il cane ricomparve qualche centimetro più in là, gettandosi al folle inseguimento del topo che, silenzioso, sgambettava nell’aria.
 
Elisa si avvicinò con un sorriso gentile. Il bambino distolse lo sguardo dalle figure per puntarlo su di lei. Subito le due manine si allungarono nella sua direzione, chiudendosi a scatti. Con un gesto casuale della mano i quattro animali scomparvero con uno sbuffo. L’attimo dopo, le mani della ragazza si chiusero sul corpicino agitato.
 
Harry si appoggiò sul suo petto con sguardo stralunato. Sembrava osservare il mondo attorno con fare curioso, i due occhi verdi allargati dalla sorpresa. Elisa respirò affranta, cullandolo inutilmente. Aveva già dormito tutto il pomeriggio, dubitava le avrebbe dato pace quella sera. «Non è che potresti dormire ancora per un po’? Sai, fino a quando gli altri non tornano». Il sussurro non ricevette risposta. Elisa fece un giro per la casa, studiando il vialetto di casa dalla finestra. Dubitava che gli altri tornassero prima di qualche ora ancora.
 
Rinunciare di andare alla festa di Natale dell’Ordine era stata al tempo stesso una rinuncia e una vittoria. Se da una parte aveva rinunciato al “divertimento nella tempesta”, come lo aveva definito Silente, per permettere ai Malandrini e a Lily di godersi una serata fuori da casa, dall’altra non poteva che ritenersi felice.
 
Iniziava a sentirsi a disagio. Non solo con i membri dell’Ordine, ma particolarmente in loro compagnia. Sentiva come se li stesse per tradire. Erano passati ormai due mesi, eppure lei continuava a pensare alle parole ascoltate. Elisa respirò lentamente, stringendo con più forza Harry al suo petto. Una manina dispettosa iniziò a tirarle i capelli. Con quanta delicatezza avesse in corpo, la ragazza sciolse quella presa.
 
Improvvisamente si sentì mancare il fiato. Respirò a fondo, cercando di scacciare quella voglia silenziosa di essere rassicurata. Ma non ci riuscì molto. Fu a grandi passi che raggiunse la sala. Impiegò solo un colpo di bacchetta e parecchi minuti prima che le braccina di Harry decidessero di entrare nelle piccole maniche della tutina pesante. Elisa sbuffò divertita. Il bambino la guardava quasi con sguardo d’accusa, imbacuccato com’era negli spessi strati di vestiti che rischiavano di soffocarlo. Elisa si mise il suo mantello pesante, coprendosi meglio che poteva.
 
«Adesso Harry».La ragazza si avvicinò al bambino con fare cospiratorio. «Faremo una cosa altamente pericolosa e inappropriata». La sua voce si era ridotta ad un sussurro. Il bambino agitò le manine per quanto poté. «Ma sei con me». Il bambino fu preso in braccio l’attimo dopo. I due si diressero verso la porta. Quando fu spalancata, Elisa sentì il freddo invernale investirla. Sentì quasi il piccolo Harry stringersi di più tra le sue braccia. «E questa dovrebbe essere una rassicurazione» precisò l’attimo dopo facendo un passo avanti.
 
Sentì quasi l’incanto fidelius spezzarsi. Rimase immobile qualche attimo, aspettando quasi un attacco a qualche passo di distanza. Ma nessun anatema rischiarò la notte. Il bambino iniziò a ridere l’attimo dopo, guardandosi in giro, deliziato. Elisa lo strinse di più a sé. «E questa, piccolo Harry, è la neve». Piccoli fiocchi bianchi avevano iniziato a cadere dal cielo. Elisa osservò le nubi che, lentamente, iniziavano ad avvicinarsi. Ci sarebbe stata una bella nevicata prima dell’alba, quello era sicuro.
 
Elisa iniziò ad incamminarsi lungo il vialetto. Solo quando superò il cancello si fermò ad osservare il bambino tra le sue braccia. Guardava rapito i fiocchi cadere, gli occhioni allargati dalla meraviglia e il viso che si spostava a scatti. Elisa rise appena prima di tornare a concentrarsi nella strada completamente vuota. I suoi occhi bruciarono leggermente. Con un sospiro calcolato, la ragazza si smaterializzò. Apparve qualche attimo dopo in un vicolo silenzioso di Londra. Il bambino rise al suo fianco dalla sorpresa. Elisa alzò gli occhi al cielo, mentre questi ridiventavano color nocciola. Facile divertirsi quando gli altri rendevano il viaggio praticamente privo di scossoni o giramenti di testa. In compenso, era il suo stomaco ad essersi ritorto più e più volte. Tentò di rimanere calma, prendendo lunghi e studiati respiri. Iniziò poi il suo cammino, ben attenta a qualsiasi rumore rompesse il silenzio. Raggiunse la sua meta prima di quanto si aspettasse. Eppure erano bastati pochi minuti prima che Harry si facesse silenzioso, quasi addormentandosi sulla sua spalla.
 
Non stava nevicando a Londra. Nonostante ciò, fu abbastanza sollevata quando mise piede dentro all’edificio, al riparo da sguardi indiscreti. Salì la tromba delle scale il più silenziosamente possibile, appostandosi poi dietro la porta della sala. Uno spiraglio grande abbastanza da consentirle di entrare le permise di sbirciare nella stanza.
 
Tutti i membri dell’Ordine stavano festeggiando. Elisa non riuscì a intravedere un solo membro lasciato solo. Sembravano tutti così felici. Impiegò poco ad individuare Sirius. Era impegnato in una discussione divertita con James e gli altri due ragazzi. Stavano tutti e quattro ridendo. Lily era a solo qualche metro di distanza, eppure non pareva degnare di uno sguardo il marito, troppo impegnata in un’accesa discussione con la McGranitt.
 
Silente richiamò l’attenzione di tutti i presenti, invitandoli ad avvicinarsi. Solo dopo pochi minuti tutti i membri si diressero spediti verso il fondo della sala. Una vecchia macchina fotografica fu fatta avvicinare con la magia. Elisa sorrise leggermente osservando i membri rimanere in posa mentre la foto veniva scattata.
 
Nessuno la notò, benché fossero tutti rivolti nella sua direzione. Il vestito a fiori di Lily le stava un incanto. Le mani dei coniugi Potter erano intrecciate e probabilmente fu proprio questo che Sirius fece notare ai due. Lily scostò lo sguardo, ma James non la lasciò andare. Silente sembrava immerso nei suoi pensieri, mentre poco più in là Alice e Frank si guardarono per un breve attimo, complici. Chissà a chi avevano lasciato il loro bambino.
 
Elisa sorrise quando intravide Marlene e Dorcas lanciarsi uno sguardo quasi spaventato prima che le loro mani si sfiorassero. Solo allora la ragazza si rese conto che non sentiva nulla della stanza. Avevano probabilmente lanciato un incantesimo, decretò osservando Hagrid mettersi in posa. Il grande guardiacaccia sembrava il più fiero nel gruppo. Elisa sospirò stancamente, spostando poi lo sguardo sul corpicino adagiato sulla sua spalla. Poi, dopo un’ultima occhiata al centro della foto, dove un ragazzo dai baffi nuovi e improponibili stava sorridendo, la ragazza si voltò.
 
Aveva già percorso metà del vialetto quando un cigolio alle sue spalle preannunciò la voce che spezzò il silenzio. «Non sono sicura che sia stata una scelta saggia, bambina». Elisa si voltò quel tanto da lanciare un’occhiata truce a Dorcas che, mollemente appoggiata contro lo stipite della porta, la guardava sorridendo. A giudicare dal calice mezzo vuoto stretto tra le sue dita, la donna aveva già sicuramente bevuto. «Harry non aveva mai visto il mondo fuori dalla porta di casa» si scusò lei con un’alzata di spalle. Il bambino strinse maggiormente le manine fasciate in pesanti guanti contro il suo mantello. «E poi, non potrà essere un’idea tanto malvagia finché i suoi genitori non lo verranno a sapere» concluse ancora con un sorriso tirato. Dorcas ridacchiò divertita, avvicinandosi quel tanto da osservare il bambino sulla sua spalla. «Non lo avevo mai visto così da vicino». Il sussurro la fece sorridere. «Il bambino legato tanto al mago più oscuro di tutti i secoli».
 
Elisa osservò la donna gettare in gola il liquido chiaro e berlo tutto d’un fiato. Quando ebbe finito, il suo sguardo si rivolse automaticamente verso la finestra in alto, dove una ragazza bionda poteva essere appena intravista. Marlene non sembrava però averla notata.
 
«La conosco abbastanza da sapere che non vorrebbe vederti bere così». Gli angoli della bocca della donna si sollevarono in evidente derisione. «Mi pare che nemmeno a Black piacerebbe vederti sgattaiolare in giro così, eppure tu lo fai lo stesso». Elisa sorrise amara a quella considerazione, ripensando a pochi mesi prima quando, il giorno successivo a quell’umiliante prova di seduzione da parte sua, Sirius aveva chiesto spiegazioni. Si era solo limitata a raccontare delle visioni, escludendo categoricamente il significato che vi fosse dietro o le parole che ormai da allora le affollavano la testa. Sirius l’aveva abbracciata quando aveva iniziato a piangere. Istericamente, alla fine, aveva iniziato a piangere anche lui. A quel ricordo sorrise.
 
«Sai, non credo che si possa sempre dirgli tutto». Dorcas aveva iniziato nuovamente a parlare. Doveva essere leggermente ubriaca, perché continuò a guardare verso la finestra con lo sguardo perso e sognante. Quando riportò il volto nella sua direzione fu solo per scrutare il bambino che dormiva sulla spalla dell’altra. «Non puoi proteggerli e farglielo sapere allo stesso tempo» «Perché?». La donna puntò gli occhi nei suoi, scrutandola sospettosa. Osservò poi nuovamente il suo bicchiere vuoto con fare concentrato. Quando strizzò gli occhi, Elisa fece un passo indietro, pensando stesse per vomitare. La donna invece si limitò a fissarla. «Perché te lo impedirebbero». Un nuovo sorriso si dipinse sul viso della donna. «L’amore gioca una battaglia fuori dagli schemi. Se vuoi controllarlo» la donna scosse la testa a scatti, quasi riluttante «sei tu il primo a perdere». Non aggiunse altro, voltandosi e ritirandosi da quel discorso così strampalato.
 
Elisa rimase immobile ad osservare la porta ancora per qualche secondo, per poi spostare lo sguardo verso la finestra. Marlene era sparita alla sua vista. Fu con un sospiro stanco che la ragazza si voltò, attraversando poi la strada. Ora aveva un marmocchio da portare a casa.
 
***
 
«Arrivederci, signora». La signora Smith la salutò con un sorriso, facendole un veloce cenno con la mano. Elisa si avviò per la strada con il cappotto a coprirle gran parte del viso. L’aria fredda di quel gennaio pareva gelarle la pelle, rendendole assai difficile ogni spostamento. Con un piccolo balzo superò un cumolo di neve ghiacciato, ormai su quel marciapiede da quasi due settimane. Se le temperature non si fossero alzate a breve, probabilmente avrebbe rischiato di rimanere congelata, un giorno o l’altro.
 
Solo quando imboccò il primo viottolo deserto che trovò poté smaterializzarsi, ricomparendo pochi attimi dopo davanti ad un palazzo ben conosciuto. Salì le scale dell’Ordine con fare svogliato, sentendo la stanchezza iniziare a irrigidirle le spalle. Si massaggiò per quanto poté una spalla, sperando di non soffrire di mal di schiena per una buona settimana.
 
«Sei in ritardo». La voce strascicata di Dorcas la accolse con fare svogliato quando fece il suo ingresso nella stanza. «Non è vero, sono in orario» la corresse lei con un sorriso sghembo dando un occhio all’orologio. La donna non parve farci caso, limitandosi ad assottigliare le labbra in una linea dura e tornare a leggere il libro su cui era china. Elisa salutò con un cenno gli altri tre membri nella stanza.
 
«Era da un po’ che non ci si vedeva, eh?». A differenza degli altri tre uomini, Fabian Prewett le si avvicinò con fare giocoso. Elisa alzò gli occhi al cielo. Fare conversazione con Fabian era qualcosa a cui non era sicura di essere pronta, non in quelle condizioni. «Si tira avanti» tentò di risultare il più affabile possibile. L’uomo le sorrise, forse comprensivo. «Non ti lascerò stare, cara» le sussurrò poi con fare complice. «Sei l’unica n questa stanza che non ho ancora importunato. A parte Dorcas, ma pensò mi affatturerà se provo ad avvicinarmi». Elisa sorrise, improvvisamente divertita. Sospettava anche lei che quella sarebbe stata la sua reazione. Il suo sguardo si posò l’attimo dopo sugli altri due membri.
 
Il primo, Edgar Bones, sembrava troppo occupato a consultare dei documenti per calcolarli. A dire il vero, sembrava troppo occupati a riacciuffarli. Sembrava che i plichi di fogli avessero iniziato a correre da una parte all’altra del tavolo, gettando scompiglio tra le diverse pergamene e cianfrusaglie. Dall’altra parte del tavolo, Un uomo dai capelli quasi bianchi osservava di sottecchi gli inutili tentativi dell’altro. Il libro su cui, fino a poco prima, erano posati i suoi occhi giaceva ora abbandonato sulle sue gambe. «Oh, il vecchio Elphias adesso gliene canterà di santa ragione» le preannunciò l’altro al suo fianco.
 
Con la coda dell’occhio Elisa intravide Dorcas alzare gli occhi dal suo libro, spazientita. Solo dopo alcuni attimi e un colpo di bacchetta, i fogli giacevano inanimati sul tavolo. I due uomini ringraziarono simultaneamente la donna che, dopo un cenno, tornò con lo sguardo al suo libro. «è più scontrosa del solito questa sera» le fece notare l’uomo al suo fianco mentre con gli occhi studiava la donna.
 
«Ma non doveva esserci Marlene questa sera? Dorcas non-» «L’ha sostituita». Le sopracciglia di lei si alzarono in evidente confusione. «Per tutta la settimana, tra l’altro. Sai, i fratelli dovranno tornare ad Hogwarts in questi giorni e Marlene voleva passare più tempo che poteva in famiglia». Elisa annuì sovrappensiero, osservando Dorcas svoltare velocemente una pagina del libro. Tenendo conto della regolarità con cui ognuno di loro montava la guardia, non l’avrebbe sorpresa sapere che Dorcas aveva passato tutta la settimana in quella stanza. «Sai, non penso si possa far-»  Non completò mai la sua frase.
 
Una figura argentata aveva appena fatto irruzione nella stanza. Quando parlò, l’usignolo aveva la voce di Amelia Bones. Il fratello balzò in piedi con uno scatto. «A casa McKinnon, ora». Elisa ebbe appena il tempo di incontrare lo sguardo di Dorcas prima che entrambe si gettassero ad afferrare le loro bacchette. Quando si smaterializzò, Elisa intravide Dorcas passarsi una mano sul viso. Fu nella stessa posizione che ricomparve l’attimo dopo nella strada deserta.
 
Il sobborgo dove la famiglia McKinnon abitava avrebbe anche potuto essere definito delizioso, se solo il viso inespressivo di Amelia Bones non avesse interrotto il paesaggio. «Dove sono?» Edgar si avvicinò con pochi passi alla sorella. La donna scosse il capo, continuando ad osservare il pavimento. «Non c’è nessuno». La sua voce era flebile. Elisa si voltò verso la piccola casetta, immobile nell’oscurità. La porta era divelta, gettata malamente nell’ingresso. Chiunque fosse stato, non aveva avuto tempo per risistemare. Voleva dire solo una cosa: sapevano che sarebbero arrivati presto.
 
Elisa ebbe appena il tempo di puntare i suoi occhi su Dorcas che la donna si era già precipitata verso la soglia di casa. La ragazza riuscì ad agguantarla per un braccio. La donna le restituì uno sguardo selvaggio. «Potrebbe essere una trappola». Il sussurro fece allargare le narici della donna. Poi, con uno strattone, liberò il braccio. «Guarda la mia faccia, bambina» aveva fatto solo un passo avanti, eppure Elisa si sentì quasi minacciata. «e dimmi se mi importa».
 
Si voltò prima che riuscisse a rispondere alcunché. Entrò nella casa l’attimo dopo, alle calcagna gli altri membri dell’Ordine. Elisa stava già per seguirli quando si voltò verso una figura alle sue spalle. Emilia era rimasta immobile dov’era, ad osservarla. «Emilia non-». La donna deglutì alla sua domanda incompleta. Spostò poi lo sguardo verso la porta di casa, assumendo un’espressione spaventata, per poi abbassare gli occhi.
 
Elisa strinse con più forza la presa sulla bacchetta, gettandosi nella casa. Il suo assalto durò giusto pochi passi, prima di raggiungere gli altri nel salotto sul fondo del corridoio. Erano tutti immobili, fermi ad osservare qualcosa nella stanza alla luce della bacchetta. Elisa fece altri passi avanti, superano i suoi compagni, prima che il suo respiro si mozzasse in gola e le sue gambe divenissero molli all’improvviso. 
 
Perché erano stati preparati a tutto. Scontri, battaglie, morte. Ma nessuno li aveva mai preparati a tanta violenza.
 
Cinque corpi giacevano riversi sul pavimento. O almeno, quelli che erano stati corpi. Sembrava che una bestia fosse passata per quella stanza. E ora, l’unica cosa che rimaneva, erano solo gusci vuoti e quasi grotteschi. Elisa osservò i due corpi di quelli che, un tempo, erano stati solo dei ragazzi. Ora i loro corpi giacevano scomposti sulle poltrone. Sembravano seduti, eppure alla ragazza non sfuggirono i profondi tagli inferti nella carne. Le due poltrone erano imbrattate di sangue, così come il pavimento. Erano morti dissanguati. Fu come se qualcuno le avesse ripetutamente preso a pugni lo stomaco quando riconobbe gli occhi vitrei del ragazzo a lei più vicino. Il suo nome era Jack, Serpeverde. Ora, l’unico vanto che gli rimaneva era il libro di trasfigurazione malamente appoggiato sulle ginocchia dai suoi assassini.
 
I corpi dei genitori erano gettati più in là, malamente, in un angolo buio della stanza. La posizione grottesca dei loro corpi aveva probabilmente divertito molto chi aveva perforato loro il petto tutte quelle volte. E poi, alla ragazza non bastò altro che seguire lo sguardo ormai spento della madre per notare quello che, fin da subito, avrebbe dovuto vedere.
 
Giaceva riversa sul pavimento, supina. I capelli erano avvolti in trecce morbide da cui dipartivano ciuffi biondi sparsi sull’immobile petto. Gli occhi, ormai spenti, erano rivolti verso la finestra. Poco più giù, dove un simpatico maglione natalizio avrebbe dovuto farli sorridere, uno squarcio brutale la fece boccheggiare. Elisa cercò di non vomitare mentre osservava le interiora di quella che un tempo era stata una sua amica sparse sul tappeto. Chiunque fosse stato, era sicura si fosse divertito.
 
«Dorcas». Doge aveva puntato il suo sguardo verso la donna qualche metro più in là. Il viso di lei era cinereo. Gli occhi sbarrati rimanevano fissi in un punto sul tappeto a qualche centimetro dal viso della bionda. Elisa non era sicura di capire cosa vi fosse in quello sguardo. «Dorcas» l’uomo la richiamò ancora «Bisogna constatare i decessi».
 
Solo allora la donna spostò lo sguardo, puntandolo in quello del vecchio. Non fece altro, eppure l’uomo indietreggiò, spostando lo sguardo verso il pavimento. Nessuno osò ribattere. La donna gettò un ultimo sguardo alla figura sul pavimento. Poi, nel silenzio più totale, si voltò e la superò, diretta verso l’uscita. Quando il suono della smaterializzazione raggiunse le loro orecchie, l’anziano si passò una mano sul viso.
 
«Marlene McKinnon». I tre uomini si voltarono verso di lei con sguardo stupito. Eppure nessuno contestò la sua presa al comando, nemmeno se la sua voce era così flebile e pronta a spezzarsi. Doge aveva fatto apparire un quadernetto e una penna che, nell’aria, scriveva furiosamente.
 
Elisa respirò a fondo, osservando il corpo sul pavimento. Era stata gelosa dei suoi capelli morbidi e lucenti, quegli stessi capelli che ora erano a terra sporchi di sangue.
 
«Membro dell’Ordine della fenice».
 
L’aveva odiata quando si era presentata a quella schifosa festa con Sirius. Non aveva potuto fare altro, perché ammettere a sé stessa di essere così gelosa di un’amica l’avrebbe fatta sentire spezzata. Proprio come in quel momento, osservando la pelle del corpo sul pavimento divenire sempre più bianca.
 
«Deceduta».
 
***
 
Non seppe quanto impiegò a constatare tutti i decessi, né con quanta forza distese uno ad uno dei lenzuoli su quei corpi ormai freddi, per poi farli scomparire e attendere che la polizia babbana sopraggiungesse. Non avrebbero potuto fare altro, come più volte le ripeté Prewett in un sussurro.
 
Non rimase ad aspettare gli altri membri dell’Ordine per comunicargli la notizia. Non rimase nemmeno per aspettare i suoi amici. Non era sicura di volerli vedere.
 
Elisa richiuse dietro di sé la porta con uno scatto, appoggiandovi poi la fronte l’attimo dopo. Il freddo legno ruvido sembrò solcarle la pelle con mille schegge. Eppure lei era certa niente l’avesse ferita. Le ferite, al momento, le aveva nella testa, rappresentate da cadaveri immobili riversi nella stanza. Deglutì a vuoto, mentre la nausea le attanagliava nuovamente lo stomaco. Ora poteva smettere di fingere, potevano farlo tutti.
 
Si diresse in cucina, buttandosi su una sedia al tavolo e rimanendo immobile a percepire il silenzio intorno a sé. Poteva quasi vedere i poliziotti babbani entrare in quel mattatoio, la mano a coprirsi i loro volti stravolti dall’orrore. Poteva quasi vedere Silente in piedi, nel silenzio generale, impegnato in uno dei suoi soliti discorsi saggi che l’avrebbero lasciata solo con il viso rigato di lacrime e la mente annebbiata di ricordi.
 
Elisa si passò una mano sul viso mentre un’altra figura si affacciava nella sua mente. Anche Marlene era sempre stata brava nei discorsi, sempre così pronta a combattere le sue battaglie a voce ferma, utilizzando quanto di più grande aveva avuto in dono: l’intelligenza. Lei non era mai stata capace di perdere in una di quelle battaglie. Non aveva mai scelto di lasciarsi andare. Lei, che ora giaceva a terra ad osservare il cielo con occhi vitrei.
 
Per un attimo la ragazza si chiese se fra le due fosse stata lei a morire. Probabilmente, la guerra avrebbe avuto molto più bisogno di strateghi che di bombe pronte ad esplodere. Elisa respirò lentamente, sentendo qualcosa schiacciarla da dentro. Non era più pronta a combattere. Non voleva più farlo.
 
Qual’era il senso? Per la giustizia? Non ne esisteva, di giustizia, perché altrimenti una ragazza dalla mente così brillante non sarebbe mai rimasta immobile su un pavimento polveroso. Per la famiglia? Lei non ne aveva più una da tempo. Per amore? Un nuovo viso rimpiazzò quello precedente. Dorcas aveva gli occhi vitrei. Sembrava morta a sua volta, come se dentro a quello squarcio non ci fosse stato solo sangue o brandelli di carne, ma anche un’anima ormai morta e fatta a pezzi su quel tappeto. Elisa chiuse gli occhi, scacciando quella visione.
 
C’erano cose, volte in cui l’amore non era altro se non briciole in un deserto.
 
Lo scattare della serratura attirò la sua attenzione. Non trasalì, né si voltò verso la figura che si era appena affacciata sulla soglia della cucina.
 
«Non eri alla riunione». Sirius fece qualche passo avanti, soppesandola con lo sguardo. Lei scosse le spalle, noncurante. «Facevi parte del gruppo che ha constato il decesso». Il tono di accusa con cui le si rivolse le fece puntare lo sguardo su di lui.
 
Sirius era stravolto. Checché cercasse di essere forte, forse per affrontarla, le sue spalle tremavano e sembrava si stesse trattenendo. «Vai dai Potter e avvertili». La sua voce risultò piatta e asettica. Elisa si alzò dopo aver pronunciato quelle parole, leggendo la confusione negli occhi dell’altro sfumare in qualcosa di più profondo e primitivo.
 
«Cosa-» «James ha bisogno di te». Il ragazzo strabuzzò gli occhi. Lo superò senza toccarlo. «Si può sapere cosa sta succedendo?». La voce di lui aveva iniziato ad alzarsi. «Come, prego?» «Ti stai comportando come se non fosse successo nulla». La ragazza rimase a guardarlo impassibile. «è morta Marlene!» Sirius le afferrò le spalle, iniziando a scuoterla con forza. «Marlene, LA NOSTRA MARLENE». Elisa rimase ancora qualche secondo ad osservare le lacrime che avevano iniziato a cadere lungo le guancie dell’altro. «Avverti James».
 
Fu con assoluta calma che si districò da quella presa, avviandosi verso la porta. Non appena essa si fu richiusa alle sue spalle, le bastò smaterializzarsi prima che sentisse i primi zampilli di magia scuoterle l’anima.
 
 


 
*”Qui giace un uomo il cui nome fu scritto nell’acqua” – Epitaffio sulla tomba di John Keats

Ritorna all'indice


Capitolo 59
*** Epigrafe funeraria ***


Epigrafe funeraria

Raggiunse la radura con un risucchio. Cadde a carponi sulla terra dura, mentre il dolore le annebbiava la mente. La prima barriera occlumantica fu spezzata con una facilità disarmante. Elisa sentì il dolore premerle nella testa mentre anche le due barriere successive diventavano frammenti inutili. La ragazza boccheggiò, concentrandosi il più possibile sulla sua ultima protezione.
 
I sentimenti che lei stessa aveva relegato in un angolo della sua mente iniziarono a premere con forza ai lembi della sua coscienza. Sgomento, dolore e rabbia sembravano volerle corrodere i pensieri, facendole desiderare una qualche azione violenta che potesse minimamente soddisfare il suo bisogno di recare sofferenza.
 
Con un sospiro tremante, Elisa rafforzò la sua ultima barriera. Non avrebbe ceduto ora che le parole di Sirius continuavano a martellarle la mente. Si sedette nel silenzio contro un grosso tronco, aspettando. Era l’unica cosa che avrebbe potuto fare al momento.
 
***
 
Il funerale fu desolante. Elisa raggiunse la cerimonia leggermente in ritardo e preferì rimanere in disparte, lontana, sotto un albero frondoso.
 
I Malandrini erano raccolti intorno alle bare chiuse con gli altri membri in un silenzio doloroso. Solo la voce di Silente si levava tra i singhiozzi, esponendo un inutile elogio su delle vite coraggiose ormai sprecate. Dorcas se ne stava lontana, scrutando quasi con indifferenza una tomba al centro delle altre. Elisa non aveva bisogno di avvicinarsi per leggervi il nome scritto sopra.
 
Respirò a fondo, perdendosi ad osservare il gruppo di persone con occhi cinici. Un uomo in particolare attirò la sua attenzione. Sembrava un babbano a prima vista, eppure gli occhi saettanti e la postura rigida la fecero staccare dal tronco a cui era appoggiata. Nessun parente o amico in lutto avrebbe stretto con così tanta fora un oggetto nella tasca del proprio abito scuro. Né, tanto meno, avrebbe guardato con così tanta insistenza il proprio orologio in un gesto quasi meccanico. Fu con crescente orrore che Elisa osservò l’uomo estrarre una bacchetta pallida dalla propria tasca in un movimento volutamente inosservato e alzare il braccio in direzione dell’anziano preside ancora impegnato nel suo monotono discorso.
 
Il panico sembrò afferrarle in una morsa lo stomaco. Con un ultimo, debole sibilo, l’ultima barriera occlumantica si ruppe. Le parve quasi di sentirne il rumore, prima che la sua mente fosse inghiottita in un mare in tempesta.
 
A posteriori, Elisa pensò sempre di essere stata come un’onda sbattuta ripetutamente sulla ruvida scogliera. Sentiva il dolore, sentiva sé stessa distruggersi e morire momento dopo momento, eppure quella spada nella testa non sembrava portarla ad una fine, se non ad una perpetua morte.
 
La nausea fu il primo sentimento che riuscì a distinguere. Non aveva mai visto tanto sangue in una stanza sola, raggrumato sul pavimento in chiazze scure. Corpi morti, senza vita, gettati con sufficienza in ammassi di carne senza nome.
 
Poi sentì il dolore. La travolse come un fiume in piena, un pugno nello stomaco che la lasciava senza fiato. Era una sua amica quella distesa sul pavimento. Non ci sarebbero più stati i discorsi, le parole, i consigli. Non avrebbe più potuto osservarla da lontano e sentirsi gelosa, né ridere insieme a lei nel ricordare il passato.
 
E poi venne la rabbia. La sentì rombarle nelle orecchie mentre osservava l’uomo voler attaccare. Quell’uomo a cui non sarebbe importato nulla dei suoi pensieri o affetti, mentre con sguardo convinto avrebbe affondato ancora un altro coltello nel petto di un altro suo amico.
 
Con uno schiocco sonoro il primo osso si ruppe. L’urlo che si levò nel silenzio non fu affatto sufficiente per zittire il rombo che le inondava le orecchie. Il braccio ricadde lungo il busto con un’angolatura strana.
 
Il secondo scrocchio fu più soddisfacente. Elisa sentì quella fame vorace che le consumava il petto afferrarle morbosamente lo stomaco e stringerlo. Qualcuno stava gridando. Lo sentiva distintamente, mentre osservava un nuovo osso piegarsi con uno scatto. L’uomo si accasciò a terra urlando, tenendo tra le mani una gamba ormai inutilizzabile.
 
Qualcuno le afferrò il braccio che involontariamente aveva proteso in avanti. Un corpo si gettò su di lei travolgendola. Due braccia la rimisero in piedi con forza, prendendo poi a scuoterla con violenza.
 
«SEI IMPAZZITA?!». Elisa puntò i suoi occhi in quelli grigi di lui ad un palmo dal suo viso. Sirius le stava urlando addosso. Non era mai successo. Fu con amara ironia che notò il particolare, mentre una parte di sé non faceva altro che chiedersi se il ragazzo fosse a conoscenza del fatto che avrebbe fatto lo stesso se fosse capitato a lui qualcosa. Ma non sembrava rendersene conto. Era troppo impegnato ad osservarla con occhi sgomenti, a scuoterla e ad urlarle a qualche centimetro dal viso se fosse impazzita. Lo amava, per questo le fece male.
 
Rimase qualche secondo immobile, lasciata in balia di quelle mani forti che tanto conosceva. Ma era proprio perché lo amava che si chiese perché non fosse lui a capire. Lei, che si era sempre creduta sbagliata, che aveva anteposto l’amore a tutto perché pensava fosse la sua cura e che solo ora aveva veramente compreso come quel sentimento che la avviluppava e la avvolgeva l’aveva resa a conti fatti un mostro. Si staccò da lui con uno strattone, ritraendosi con uno sguardo fulminante.
 
Fece appena in tempo ad intravedere oltre la spalla di lui l’uomo contorcersi sull’erba verde e Silente avvicinarsi con la bacchetta sfoderata prima che un raggio del medesimo colore superò il preside con un sibilo. Elisa trattenne il respiro. L’uomo a terra ebbe appena un ultimo sussulto prima che la vita abbandonasse i suoi occhi. Rimase immobile sul prato, le orbite vitree puntate verso il cielo ad osservare un azzurro ormai invisibile. Le bastò spostare lo sguardo nella direzione in cui Silente si era voltato per sentire il cuore sprofondare ancora più in profondità.
 
Dorcas era immobile. Osservava a sua volta il corpo morto con espressione fredda sul viso, la bacchetta ancora saldamente stretta in mano. Elisa intravide la bocca di Silente contrarsi in una smorfia sofferente. Poi, quando spostò lo sguardo nuovamente verso la figura silenziosa nel prato, trovò due occhi impassibili ad aspettarla. Dorcas contrasse leggermente un angolo della bocca prima di smaterializzarsi. In una strana maniera, forse, era stato il suo modo di scusarsi.
 
***
 
Nessuno l’aveva fermata quando, dopo la scomparsa di Dorcas, la ragazza aveva deciso di smaterializzarsi e scomparire per una serata. Quando era tornata a casa aveva trovato Sirius stravaccato su una sedia in cucina, una bottiglia di rum davanti a sé sul tavolo. Non aveva neanche provato a svegliarlo. La mattina seguente non lo aveva più trovato in casa e nemmeno le mattine successive. Viveva in casa con un fantasma.
 
Anche quella sera aveva deciso di uscire silenziosamente a bere. Era solo alla seconda birra quando una figura le si parò davanti. «Ancora qui, eh?». Il barista babbano la squadrò con occhi curiosi. La ragazza si limitò ad alzare le spalle con noncuranza. «Giornata pesante, eh?» «Non immagini quanto». Elisa si meravigliò di come la sua voce fosse suonata gentile alle sue stesse orecchie. Non pensava di esserne ancora capace.
 
«Problemi sul lavoro?». Rimase ad osservarlo pensierosa prima di scuotere con lentezza la testa. «Se così si può dire». Gracchiò alla fine prima di ingoiare un buon sorso di liquido ambrato. «Potrà sembrarti strano, ma ho sentito che a Marzo un sacco di persone hanno problemi sul lavo-» «Due miei colleghi sono morti» sputò lei tenendo lo sguardo basso. Il ragazzo dall’altra parte del bancone tacque. «Oh» fece infine. «Oh» ripeté lei prima di alzare nuovamente il bicchiere. «Come è successo? Un incidente magari…» «Già». Elisa osservò il bancone scuro con occhi vacui. Sentiva intorno a sé  un vociare indistinto. Qualcuno la urtò al passaggio.
 
«Un incidente sul lavoro». Avrebbe definito in tanti modi ciò che era successo, ma incidente non ricopriva certo i primi posti. Omicidio, invece, sì. Probabilmente sia Fabian che Gideon avrebbero trovato divertente la sua battuta. Ma non importava: nessuno dei due avrebbe più potuto farglielo sapere.
 
«Ai colleghi e agli amici scomparsi, allora». Il barista aveva alzato verso di lei un boccale pieno di birra. Le sopracciglia di lei si alzarono. «Non sarebbe vietato durante il lavoro?». Il ragazzo alzò le spalle rivolgendole un sorriso imbarazzato.
 
Uomini il cui valore verrà ricordato in eterno così aveva detto Silente. E mentre tutti gli altri membri avevano annuito con gli occhi velati di lacrime, lei aveva lanciato uno sguardo a Dorcas. Il suo sguardo di fredda tristezza era bastato per farle capire che no, quello non sarebbe bastato.
 
«Agli amici scomparsi». I bicchieri tintinnarono con un rumore sordo nella confusione di quella sera.
 
 Tornò a casa appena due ore dopo, molto prima del solito, la testa pesante che faceva a pugni con il suo umore sotto le scarpe. Ebbe appena il tempo di richiudersi la porta di casa alle spalle prima che la scia di luce sul pavimento del salotto cogliesse la sua attenzione. Si affacciò sulla soglia della cucina mordendosi il labbro, appoggiandosi l’attimo dopo allo stipite di legno, improvvisamente senza forze.
 
Aveva visto abbastanza volte il suo profilo da poterlo tracciare ad occhi chiusi. Eppure, mentre era seduto al tavolo della sua cucina con una bottiglia di rum davanti a sé, Elisa si rese conto di quanto quel ragazzo non assomigliasse al diciassettenne che le teneva la mano per i corridoi bui di Hogwarts.
 
Aveva bevuto. Poteva notare gli occhi lucidi e lo sguardo perso, forse troppo per l’espressione ferita che indossava. Sembrava, paradossalmente, un cane bastonato e abbandonato in un angolo in attesa di un altro colpo. Le sue mani tremavano, scosse in singulti spasmodici.
 
«Non dovresti bere». Sirius trasalì nel sentire la sua voce. Lei stessa si sorprese. Quelle erano le prime parole che gli rivolgeva forse da due mesi. Fu con una stretta al cuore che si accorse di quanto quel disastro dai capelli un po’ sporchi le fosse mancato.
 
Lo sguardo che il ragazzo le lanciò fu di sorpresa, forse orrore, prima che i suoi occhi si spostarono verso l’orologio. Elisa si morse forte il labbro per non gridare mentre una nuova ipotesi iniziava ad affacciarsi nella sua mente. Che avesse approfittato delle sue assenze per attaccarsi alla bottiglia? Il suo cuore si strinse ancora, con più forza. Non era nemmeno più sicura di avere un organo funzionante lì nella sua cassa toracica. Forse le era rimasto un solo sasso freddo, duro e sostituibile. Non doveva esserle rimasto più nulla.
 
E poi nuove domande iniziarono ad affollarle la testa. Era la prima volta? Da quanto andava avanti? Perché non se ne era accorta? Elisa respirò profondamente, cercando di mantenere la calma, concentrandosi sull’ossigeno che le arrivava ai polmoni. Eppure non riuscì a calmarsi, perché ogni domanda aveva una risposta e tutte portavano ad una sola conclusione.
 
Sembrò che il mondo le girasse improvvisamente intorno, come se fosse stata al centro di un frullatore. Forse si sentiva in pezzi, maciullata dai suoi stessi pensieri. Camminava su una fune instabile, bendata. Poteva sentire l’aria dall’abisso spettinarle i capelli, eppure non poteva ammetterlo, perché ciò avrebbe comportato la sua caduta.
 
Attraversò la cucina a grandi passi, afferrando la bottiglia sul tavolo prima che l’altro potesse fermarla. Il vetro era freddo tra le sue mani. Il liquido riempiva poco meno della metà del recipiente. Con un ultimo sguardo sprezzante, la ragazza tese il braccio verso il lavandino. Le bastò un piccolo movimento del polso prima che un rivolo implacabile si riversasse sulla ceramica chiara.
 
Un ululato violento la fece trasalire. L’attimo dopo un corpo ben conosciuto la schiacciò contro il piano. Rimasero qualche secondo in quella posizione, lottando in un intrigo di braccia e grugniti. Quando il rivolo solitario si fu concluso, il corpo si scostò dal suo con una lentezza disarmante, appoggiandosi poi con entrambe la braccia al piano della cucina al suo fianco. Non poteva vedere il suo viso coperto dalla massa informe di capelli scuri. Fu quasi tentata di scostargliene una ciocca ma si trattenne: non era sicura il suo gesto fosse gradito.
 
«Perché». Elisa inspirò bruscamente. Non lo aveva ancora sentito parlare. La sua voce era roca, profonda, forse come poche volte l’aveva sentita. La ragazza dovette appoggiarsi al lavandino dietro di sé per non cadere.
 
«Perché» «Non puoi andare avanti così». Elisa intravide le nocche dell’altro sbiancare per la presa tanto ferrea sul marmo. «Neanche tu puoi andare avanti così». La sua voce era stata piatta, senza cattiveria né pietà. Elisa chiuse gli occhi, alzando lo sguardo cieco verso il soffitto. Quando lo riabbassò, puntandolo verso l’altro, ritrovò due pozzi grigi ad osservarla.
 
«Cosa intendi dire?». Tentò di rimanere calma, iniziando a sentire il proprio cuore accelerare la sua corsa. La bocca dell’altro si contrasse con forza. «Pensi che non lo veda?». La ragazza pensò a quanto desiderasse allungare la mano e sfiorare quella bocca ora piegata in un’espressione tanto amara. Fece vagare poi lo sguardo verso la clavicola e poi più giù, accarezzando con gli occhi il tessuto chiaro della camicia. Sapeva cosa avrebbe trovato sotto, conosceva ormai a memoria i marchi su quella pelle chiara.
 
«Mi eviti». Quelle parole la sorpresero per quanto fecero male. Abbassò lo sguardo, assottigliando le labbra in una linea dura, cercando di scacciare il dolore che le stava aprendo il petto. «Eviti perfino di guardarmi» «Non è vero» «No?». Elisa si morse il labbro con forza. «Allora guardami». Spostò con cautela gli occhi su di lui, temendo di cogliere un’espressione sprezzante su quel viso che tanto amava. Ma l’unica cosa che vi trovò fu solo tanta amarezza.
 
«Non possiamo andare avanti così». Parlò senza pensare, lasciando che le parole le fluissero dalla bocca come un fiume in piena. Solo dopo che esse fluttuarono nell’aria tra loro si accorse dell’implicazione che quelle comportavano. E avrebbe voluto urlare e piangere, gettarsi a terra e picchiare il pavimento con i suoi stessi pugni quando comprese che entrambi stavano soffrendo e che quella situazione aveva una sola via d’uscita.
 
Vide Sirius passarsi entrambe le mani tra i capelli. «Perché ora mi guardi così?». Il suo viso era gentile, eppure sembrava sconfitto. Elisa si chiese per un attimo quando avessero iniziato quella maratona infinita di sguardi e dolore e quando mai sarebbe finita. Forse mai, dopotutto.
 
«Perché hai paura?». Sirius allungò una mano ad accarezzarle una guancia con delicatezza. Elisa si godette quel tocco appena accennato socchiudendo gli occhi, sentendo le prima lacrime pungerle gli occhi. Prima che la punta dei polpastrelli dell’altro raggiunsero il suo mento, la mano della ragazza si chiuse sull’altra, allontanandola dal suo viso. Elisa intravide confusione nello sguardo del ragazzo che amava mentre, silenziosamente, abbassava il braccio.
 
«Non possiamo più andare avanti così». Ripeté ancora lei mordendosi il labbro con forza. Prima della fine di quella serata avrebbe sentito il sapore del suo sangue in bocca, ne era più che certa. «Se solo tu mi dicessi cosa-» «Non possiamo più andare avanti così». Elisa sentì le prime lacrime solcarle le guancie. Tentò di trattenere almeno i singhiozzi.
 
«No». Sirius aveva iniziato a scuotere la testa con forza, ripetutamente, improvvisamente conscio dell’implicazione di quelle parole. Non sembrava avere più controllo sul mondo, sembrava avesse perso le coordinate geografiche che lo trattenevano alla realtà. «No no no» ripeté con assoluta dedizione quelle parole mentre perdeva l’equilibrio all’indietro e si attaccava al tavolo per non cadere. Si accasciò l’attimo dopo sulla sedia al suo fianco osservando senza vederlo il tavolo al cui bordo le sue mani erano aggrappate. Forse stava tentando di non cadere da quella fune sospesa sul vuoto. Elisa iniziava già a sentire l’aria dal profondo scuoterla con più forza e attirarla verso il basso. Stava perdendo l’equilibrio.
 
«Puoi stare tu qui. Io mi cercherò un altro posto». La sua voce apparve per qualche attimo asettica, come se fosse estranea al petto che ora rimaneva schiacciato da una morsa di puro gelo. Lo sguardo di totale spaesamento che l’altro le rivolse la fece trasalire. Si alzò con uno scatto dalla sedia, afferrandola per le braccia, trattenendola, come se solo questo bastasse a fermarla. «Tu non puoi – non puoi io non so cosa-» i suoi occhi grigi vagavano sul suo viso forse alla ricerca della motivazione per farla restare. Piccole lacrime iniziarono a solcare le guance dell’uomo, mischiandosi con il sottile strato di barba che gli ricopriva la pelle. «Cambierò, posso farlo, io posso-».
 
Elisa non era sicura se fosse l’alcol a parlare o il ragazzo che amava. Si morse l’interno della guancia con forza , osservando il suo riflesso negli occhi di lui. «Non puoi andartene, non puoi, io ti amo-».
 
Sfiorò le sue labbra con le proprie di istinto, forse solo per zittirlo. Ci riuscì. Il bacio fu lieve, delicato, di una castità quasi angelica. Lo baciò con tutta la sua anima, la sua passione e la sua vita. Fu un tocco tanto leggero e tanto breve che le parve il gesto più intimo che mai avessero condiviso. Quando si staccarono, la ragazza osservò a qualche centimetro dai suoi occhi quelli di lui. Stavano entrambi piangendo ed i respiri spezzati si scontravano a metà strada.
 
«Ti amo, Sirius». Paradossalmente, quelle parole lasciarono il ragazzo svuotato. Le sue braccia ricaddero lungo i fianchi, lo sguardo si fissò su di lei mentre dagli occhi sgorgavano lacrime. Elisa spinse quel corpo ormai vuoto verso la sedia alle sue spalle, accompagnandolo verso la discesa. Si scostò di un passo, tenendo le mani saldamente ancorate alle spalle dell’altro. Poi, risentendo le parole appena pronunciate aleggiare nell’aria, epigrafe funeraria del suo amore, Elisa staccò la propria pelle da quella camicia chiara macchiata di lacrime. Arretrò di qualche passo, lanciando un ultimo sguardo a ciò che avevano fatto. Perché amare faceva così soffrire? Perché le sue farfalle nello stomaco si erano ora sostituite a coltelli pungenti?
 
Fu con tutto il rispetto e l’affetto che provava ancora per quel ragazzo che mosse i primi passi verso la soglia. Non si fermò, ne si voltò indietro, perché sapeva che se l’avesse fatto niente le avrebbe impedito di gettarsi a terra e urlare. E adesso nessuno dei due avrebbe avuto la forza di consolare l’altro, né avrebbe affidato al ragazzo quel nuovo fardello.
 
La porta si richiuse alla sue spalle con un colpo secco. Con un risucchio Elisa sentì la terra staccarsi da sotto i suoi piedi. Per qualche attimo sperò con tutta sé stessa che quella sensazione di perenne inconsistenza non la abbandonasse mai. Poi, con un ultimo sobbalzo, raggiunse la sua destinazione.
 
Si attaccò al campanello babbano con eccessiva enfasi. Le luci nella casa si accesero facendola trasalire. Elisa si voltò quel tanto da osservare i bagliori luminosi sul terreno gelato. Nessun rumore proveniva dal bosco alle sue spalle, neanche un minimo fruscio. Setacciò con lo sguardo l’oscurità fitta, tentando di intravedere qualcosa. La porta si aprì con uno scatto.
 
«Che diamine-». Remus era in pigiama. I capelli spettinati erano piegati in una piega buffa che contrastava decisamente con la bacchetta che stava abbassando e dallo sguardo feroce che si faceva via via più sorpreso mentre intravedeva le scie bagnate sulle sue guancie.
 
«Elisa cosa ci fai qui?». La ragazza non riuscì a rispondere. Nuove lacrime le inondarono lo sguardo, rendendo confusa e a macchie la vista dell’altro. Il primo singhiozzo, trattenuto ormai da così tanto da essersene quasi dimenticata, ruppe il silenzio della casa vuota. Due braccia la circondarono, donandole la forza per rimanere in piedi che lei non aveva più.
 
Mentre respirava contro il collo dell’altro si chiese se Sirius fosse solo o se avesse, come diceva il buon senso, raggiunto James e Lily. Si chiese se anche lui stesse soffrendo come lei, se sentisse anche lui il suo cuore lacerato come se un coltello lo avesse trapassato più volte. Poi, mentre il vento gelido di marzo le accarezzava la schiena, si chiese come si potesse abbracciare una persona tanto forte senza romperla.
 
 
 
Angolo autrice
Salve a tutti! Innanzitutto vi ringrazio per essere arrivati fino a questo punto a leggere. Ci stiamo avvicinando alla fine… manca poco ormai! Spero che la storia vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate
Buona Pasqua
Eli
 

Ritorna all'indice


Capitolo 60
*** Traditions and plans ***


Traditions and plans



«Lui come sta.» La ragazza seduta al tavolo di fronte a lei le lanciò uno sguardo triste. «Come vuoi che stia.» Elisa inspirò bruscamente, sentendosi nuovamente sul punto di piangere. Si passò stancamente una mano sul viso, tentando di scacciare quel senso opprimente che minacciava di schiacciarla ancora. «Ehi». Lily le prese la mano delicatamente, appoggiando la guancia contro la tazza nell’altra mano.
 
«Smettila di guardarmi come se provassi pena per me» «Ma io la provo, cara». Non era sicura che quello dovesse farla sentire meglio. La ragazza si limitò semplicemente ad inclinare piano la testa da un lato, sospirando stancamente.
 
«Gli ho mandato una lettera ieri» le comunicò l’altra con una smorfia. Poi il suo viso si illuminò in un sorriso radioso. «Gli ho inviato una foto di Harry sulla scopa che gli ha regalato. Devi vedere che scene» Elisa sorrise con un pizzico di allegria a quel pensiero. Un rumore dalle scale preannunciò l’arrivo della figura che di lì a poco varcò la soglia della cucina.
 
«Ma chi si vede». James si bloccò sulla porta con un sorriso sghembo. Harry, tra le sue braccia, scrutò con avidità la stanza. Poi, allungando le manine in aria, afferrò un ciuffo di capelli del padre e lo tirò. Fu con uno sbuffo divertito che Lily si alzò dalla propria sedia e si avvicinò al bambino. «Fammi indovinare, ha fame?». James le sorrise colpevole prima di lasciare che la moglie prendesse a sua volta il bambino tra le sue braccia. «Scusa». Lily si congedò distrattamente, sparendo al di là della porta.
 
Elisa rimase qualche attimo ad osservare il ragazzo senza sapere cosa dire. Come avrebbe dovuto comportarsi ora? Sarebbe cambiato qualcosa? «Lui è distrutto». James si avvicinò con un sorriso triste. Afferrò la sedia e la spostò, mettendola accanto alla sua. Poi si sedette, afferrandole con forza il ginocchio e stringendoglielo. «Ma anche tu lo sei» «Io sto bene». Il ragazzo sembrò divertito dalla sua risposta. Alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa l’attimo dopo. «Puoi risparmiartela». Il ragazzo spostò la mano alla sua spalla, accarezzandole piano le scapole.
 
«Voglio che tu sappia che tu sei Scricciolo» il braccio del ragazzo l’attirò a sé piano «e che non importa cosa succeda. Io ci sarò sempre, okay?». Elisa annuì contro la camicia dell’altro mentre una nuova stretta allo stomaco le impediva di rispondere.
 
***
 
Quella sera avrebbe piovuto. Nuvoloni neri preannunciavano una tempesta epocale e, per la prima volta da mesi, Lily fu grata che non dovesse uscire. Con un ultimo sguardo osservò la ragazza mora richiudesi il cancelletto cigolante alle spalle e tirarsi su il cappuccio del mantello a coprirsi il viso.
 
Lily sospirò stancamente. Se solo non avesse saputo che Elisa non aveva il potere di controllare il tempo –o almeno non consapevolmente- avrebbe azzardato l’ipotesi che quella distesa minacciosa potesse essere opera dei suoi stessi pensieri.
 
«Non glielo hai detto». La voce alle sue spalle non la fece trasalire, benché non lo avesse sentito arrivare. Si sentì invece in pace, sicura forse per la prima volta dopo che l’amica aveva messo piede in casa. «Neanche tu». Harry, tra le sue braccia, strinse con più forza le manine intorno al suo maglione. «Harry non aveva bisogno di mangiare e lo sappiamo entrambi. Aveva appena finito. Perché l’hai fatto?». Lily osservò la figura fuori dalla finestra lanciare occhiate schive alla stradina prima di scomparire con un risucchio. «Aveva bisogno di te» commentò voltandosi ad affrontare l’altro.
 
Suo marito sembrava incuriosito. Aveva il viso inclinato da un lato e lo conosceva abbastanza da sapere che, in quell’istante, avrebbe preferito mille volte rincorrere nudo Pix il Polgerstein piuttosto che rimanere ad osservare due dei suoi migliori amici soffrire così. Se fosse stato per lui, probabilmente, James sarebbe corso dietro ad entrambi, magari architettando un piano malefico solo per farli rincontrare. «Dici che avesse bisogno di un mio abbraccio? A sentire Lunastorta di abbracci ne ha ricevuti a sufficienza». Lily scoccò un’occhiataccia al marito. «Non è la stessa cosa» «No? Non capisco cosa-» «Remus è Remus. Tu sei tu». James assunse un’espressione confusa che la fece sorridere «Non hai idea di quanto tu significhi per lei».
 
Lily si voltò nuovamente verso la finestra, scrutando la strada deserta. L’attimo dopo il marito le fu alle spalle. Fu quasi con sollievo che la rossa appoggiò la propria schiena contro il petto dell’altro. «Non posso ancora crederci che lui volesse sposarla». Lily assottigliò le labbra a quel commento. Respirò poi piano, cercando di scacciare quel pesante peso che minacciava di bloccarle il respiro. «Dirglielo non avrebbe cambiato nulla». Poté sentire suo marito annuire contro la propria testa eppure, ne era certa, lui non si sarebbe arreso così presto. Aveva probabilmente fantasticato troppo con il suo migliore amico sul loro futuro per lasciare che tutto scorresse via così. No, James Potter non avrebbe lasciato andare così in fretta. E forse, nel profondo, nemmeno lei.
 
***
 
«Sono tornata!». La risposta attutita dell’altro la fece sorridere. Fu quasi con una certa liberazione che Elisa si tolse il mantello e lo gettò su una sedia per poi dirigersi in cucina. Si rimboccò le maniche, cercando qualcosa da cucinare, prima che si accorgesse del pollo che, placido, cuoceva nel forno. Sentì la presenza dell’altro alle sue spalle più per abitudine che per altro.
 
«Hai cucinato tu». Lasciò volutamente che la sorpresa trasparisse dalla sua voce e aleggiasse nell’aria tra loro. «Ahah». Remus alzò le sopracciglia con fare fintamente offeso. «Dovresti moderare il tuo tono sorpreso, sai?». Elisa rise di gusto, sedendosi poi senza tante cerimonie al piccolo tavolo di legno. Il ragazzo la superò con un sorriso, chinandosi poi davanti al forno per osservare il suo operato. Poi, apparentemente soddisfatto, si sedette dall’altra parte del tavolo accarezzandosi lentamente il sottile strato di barba sul mento.
 
«Come è andata la giornata?». Elisa fece spallucce, senza sapere cosa rispondere. Era andata bene? Nella media di quel periodo, immaginava, era andata alla grande. Eppure valevano cinque risate al giorno affinché un giorno fosse andato bene? «James e Lily stanno bene» comunicò lui con un sospiro. Si alzò l’attimo dopo, evitando accuratamente il suo sguardo.
 
Aveva perso ormai il conto di quante notti si era svegliata con Remus al suo fianco, mentre con pazienza cercava di trascinarla fuori dall’ennesimo incubo. Aveva perso il conto di quante volte le aveva asciugato le lacrime e ripetuto che tutto sarebbe andato bene, come se fosse stata un’adolescente alle prime armi.
 
E le cose non andavano bene. Sapeva non avrebbe potuto mai cancellare sei anni con un colpo di spugna, eppure non avrebbe mai immaginato che l’ultimo mese lo avrebbe passato a rimettere insieme i pezzi di sé stessa.
 
«è giusto stare così». Elisa afferrò i bicchieri dalla credenza concentrandosi in particolare sulla sua presa, ignorando l’amico. «Tra qualche anno vedrai che ci rideremo su». Il bicchiere sfuggì quasi alla sua presa. Rimase voltata, socchiudendo forte gli occhi e contando lentamente nella sua testa. Dovette imporsi di stare calma, lasciare che la cortina di panico che le si era insinuata nel cuore trasparisse come sconforto.
 
Tra qualche anno… Elisa non era sicura che tra qualche anno sarebbe rimasta lì. Le parole del demone fluttuavano ancora nella sua testa e ancora lei spendeva ore a pianificare. Ora che la storia con Sirius era finita, rimanevano solo pochi legami a trattenerla. Avrebbe dovuto solo aspettare che la guerra fosse quasi vinta e poi avrebbe potuto scomparire. Si sarebbe assicurata che gli altri non corressero rischi e poi avrebbe lasciato la sua vita. Si morse forte il labbro prima di voltarsi, nascondendo la sua paura e la sua colpa. «Hai ragione». Remus sembrò perfino sollevato dalla sua inutile risposta.
 
***
 
«Sei calma?» «Se continui a ripetermelo Rem vedrò di staccarti la testa dal corpo». Il ragazzo si limitò a sorridere prima di varcare la soglia della casa, tenendole poi aperta la porta per farla passare. Elisa superò l’altro con un cenno del capo prima di immobilizzarsi sul pianerottolo con il cuore in gola.
 
La tromba delle scale era in penombra come sempre. Spessi strati di polvere ricoprivano la carta da parati, facendole assumere un aspetto sudicio che le faceva storcere il naso ogni volta. Sentì distintamente il ragazzo alle sue spalle fare qualche passo nella sua direzione. Si voltò quel tanto da scorgerne il profilo. La squadrava con occhi preoccupati lui che paradossalmente era quello ad avere più bisogno di attenzioni in quel periodo del mese. «Sto bene» sussurrò nel silenzio teso. Il tocco gentile della mano di lui le attraversò la schiena. Poi, forse spinta in avanti da quella carezza leggera, la mora si avviò verso le scale.
 
Non sapeva cosa la preoccupasse di più: se la riunione improvvisa dell’Ordine o la paura di rivederlo. Non sei costretta a parlarci. No, non lo era. E per quanto le parole che l’amico le aveva rivolto alla sua espressione attonita alla scoperta della riunione fossero veritiere, doveva ora ammettere non sapeva cosa la spaventasse di più.
 
Aveva senso non rivolgere la parola a qualcuno a cui sentivi di essere così legato? Aveva senso fingere di aver dimenticato di aver condiviso un cuore quando questo rimaneva ancora così ancorato a quel ricordo?
 
Terminò gli scalini sotto i suoi piedi prima che se ne rendesse conto. La porta che si ritrovò davanti non le era mai sembrata così massiccia. Tentò di calmare il suo cuore e concentrarsi sulle sue emozioni. Per qualche attimo pensò di fare ricorso all’occlumanzia ancora una volta. Poi, mentre Remus la superava, spalancava la porta e la teneva aperta per farla entrare, Elisa scacciò quei pensieri con un gesto del capo e fece il suo ingresso nella stanza: non avrebbe sbagliato ancora.
 
***
 
«è un piano ardito, troppo a mio parere» «Non abbiamo altra scelta. È un’occasione troppo ghiotta per lasciarsela scappare» «Professor Silente mi dica che non sta considerando veramente quest’idea malsana!». L’anziano non rispose, limitandosi unicamente a lanciare uno sguardo ponderato nella sua direzione.
 
Sirius si irrigidì impercettibilmente a quello sguardo, le mani strette dietro la schiena in una morsa di ferro.
 
«Un’idea stupida e suicida, non permetterò mai che dei ragazzi vadano a morire-» «Nessuno morirà questa notte». Il suo commento fece voltare l’insegnante con uno scatto repentino. Il ragazzo non cedette allo sguardo pieno di rimprovero e accusa che la McGranitt gli lanciò, limitandosi a proseguire nell’esposizione del suo piano. «Si tratta solo di presenziare ad uno dei festini più noioso di tutta l’Inghilterra. Ci basterà raccogliere qualche informazione e poi potremmo andarcene» «Se non vi scopriranno prima. E se tua madre comunicasse prima il decesso? Se decidesse di rompere le tradizioni?». Sirius non poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata. «Mia madre?! Sarebbe capace di mettere in pericolo la sua stessa vita pur di non rompere una tradizione di famiglia» «è innegabile: ci sono troppi rischi in questa impresa». La professoressa indicò con una mano aperta l’anziano quando questo aprì bocca. Sirius iniziò a sentire lo sconforto farsi strada nel suo petto. «Ciò nonostante, siamo in una condizione tale che…».
 
Peter, al suo fianco, si irrigidì. Sirius contrasse un muscolo del viso, innervosito. Sapeva che quel piano non piaceva nemmeno al suo amico. Ma non avevano  molte possibilità.
 
«Non se ne parla Albus, è fuori discussione che-» «mentre noi stiamo qui a parlare perdiamo tempo prezioso, dobbiamo muoverci e-». Non terminò mai la frase. Non perché gli fosse andata via la voce, no. In quel momento sentì tutto il suo cervello spegnersi e riavviarsi, come se tutta la giornata e la stanza fossero ora scomparse.
 
Remus le aveva tenuto la porta aperta, facendola passare. Una fitta di gelosia gli strinse lo stomaco, prima che tutta la sua attenzione fosse concentrata su di lei.
 
Sembrava triste, notò subito. Ma non di quella malinconia che tutti avrebbero potuto mostrare. No, lei era assorta, rapita in quei pensieri profondi, ammantata di quella bellezza triste che la rendeva eterea, senza tempo. Più dei suoi occhi rossi, più ancora della potenza che sprigionava, lei era speciale per quell’ombra di eternità che si portava dietro.
 
Sentì distintamente le sue braccia ricadere lungo i fianchi mentre la osservava avvicinarsi e scrutare gli altri membri con occhi attenti. Poi, quando i suoi occhi si posarono su di lui, la ragazza voltò il capo alle sue spalle quasi automaticamente verso il corpo che, lentamente, si era avvicinato. Remus lo salutò con un cenno del capo. Sirius abbassò lo sguardo. Non pensava di poter ignorare così facilmente la morsa che pareva divorargli lo stomaco.
 
«Cosa succede?». Trasalì quando sentì la sua voce rompere il silenzio imbarazzante che si era creato. Non sapeva se sarebbe stato in grado di rivolgerle la parola. «Non succede un bel niente, ecco cosa. Non permetterò che delle vite siano sprecate in una missione suicida» «Oh su, Minerva cara, non ti pare di esagerare?». La voce profonda del preside sembrò calmare la donna. «Cosa-» Remus si era intromesso nel discorso con aria allarmata. Gli altri membri si guardarono senza una risposta. Sembrava che l’indecisione avesse deciso di albergare nella stanza quel pomeriggio.
 
«è stata proposta una missione per questa sera» spiegò Silente con voce calma. Elisa lo osservava guardinga, assottigliando gli occhi. Sirius si chiese se ne fosse consapevole. «La missione prevede di infiltrarsi in una festa in cui partecipano le più antiche famiglie purosangue». La ragazza aggrottò le sopracciglia. «Ma non è possibile, si accorgerebbero subito che-». Remus fu bloccato da una mano alzata dall’amica al suo fianco. Elisa aveva lo sguardo perso sul pavimento e –non capiva come una persona potesse- sembrava al contempo assorta e infastidita . Sirius poteva quasi vedere il suo cervello arrivare alle conclusioni mentre, staccati gli occhi dal pavimento, li puntava sullo sguardo del vecchio.
 
«Chi dovremmo impersonare?» «Orion e Walburga Black». Sentì la sua voce pronunciare quei nomi con disprezzo. Eppure, ragionò poi, era anche stato gentile rispetto a quella dose di odio che solitamente imprimeva nella pronuncia. Elisa si voltò verso di lui. Forse per la sorpresa, oppure per la completa mancanza di senno che quel piano doveva aver assunto ai suoi occhi, la ragazza si dimenticò persino di evitare il suo sguardo. Rimase ad osservarlo per qualche attimo, probabilmente alla ricerca delle parole per esprimere il disordine che doveva avere nella testa.
 
«Non ha senso. E se loro si presentassero mentre noi siamo lì?» «Non si presenteranno» «Non puoi esserne sicuro» «Orion è morto». Lasciò che la sua voce risultasse neutra, eppure lei trasalì lo stesso. Fu come se lo vedesse per la prima volta. Sirius osservò i suoi occhi allargarsi e divenire più lucidi. Poi la barriera che li separava si richiuse e lui poté andare avanti. Questa volta, però, la voce non risultò così neutra. «Mia madre aspetterà che sopraggiunga mezzanotte e che le stelle siano alte nel cielo, così come è tradizione per i Black, prima di dare la notizia». Elisa annuì sovrappensiero, assottigliando l’attimo dopo gli occhi.
 
«Come fai a saperlo? Che Orion è morto intendo». Sirius respirò stancamente. «Mi ha informato il quadro di mio zio Alphard. Qualche mese fa ero tornato a casa dei miei e avevo preso alcune cose. Ho scoperto il quadro e l’ho portato via con me. Fortunatamente c’erano più versioni del quadro a casa dei miei, così Alphard è potuto tornare indietro e raccogliere informazioni».
 
Le sopracciglia della ragazza scattarono verso l’alto. Sirius distolse lo sguardo. Lo avrebbe tempestato di domande, poteva già vedere la sua bocca fremere. Prima tra tutte, si immaginava già, sarebbe stata Perché diamine sei tornato a casa dei tuoi senza dirmi niente? Cosa dovevi prendere? Non avrebbe avuto la forza di rispondere.
 
«Non ha importanza, non permetterò che qualcuno muoia». Sirius osservò la ragazza lanciare uno sguardo perplesso all’insegnante. «Chi dovrebbe andare?». Il ragazzo non rispose, congelato, osservando l’altra. Non aveva ancora dato un giudizio alla missione, eppure chiedeva chi dovesse andare. Sospettò, con un respiro stanco, che vedesse anche lei tutti i rischi che intravedeva anche lui. «Sirius è il fautore del piano. Inoltre conosce suo padre meglio di chiunque in questa stanza. È innegabile la sua partecipazione alla missione». Un mormorio confuso si diffuse nella stanza. Silente aspettò pazientemente che l’effetto delle sue parole si esaurisse.
 
«Un suicidio». Le parole funeree interruppero gli ultimi bisbigli. «Affidare a un ragazzo una missione così delicata» «Non abbiamo alternative, Alastor» «E Walburga?». Elisa interruppe l’anziano con voce piatta. Un silenzio intenso si diffuse nella stanza. Molti sguardi imbarazzati scrutarono i presenti. Sirius inspirò stancamente. Sapevano tutti chi sarebbe dovuto andare.
 
«Secondo te, bambina?». Sirius osservò la ragazza trasalire e voltarsi verso la voce. Elisa sembrò vedere Dorcas per la prima volta quella sera. Effettivamente, così in disparte e silenziosa, anche lui l’aveva notata appena. «Sei sveglia, dovresti arrivarci». La ragazza si era morsa il labbro, indizio che gli fece intuire quanto la risposta fosse in fin dei conti un pro forma. «Hai sangue purosangue nelle tue vene, a quanto pare». Elisa abbassò lo sguardo quasi si vergognasse. Sirius avrebbe voluto urlare a Dorcas di smetterla. James, al suo posto, l’avrebbe sicuramente fatto. «Quindi potrai superare ogni prova a cui potresti essere sottoposta. Inoltre, non meno importante, chi meglio di te può recitare la parte della sposa». La ragazza non commentò, limitandosi ad assottigliare le labbra.
 
«Non se ne parla nemmeno». Persino lei parve trasalire con lui alla voce che si era intromessa nel discorso. Remus fece qualche passo avanti, superando la ragazza. «Lei non può andare» «Come scusa?». Sirius fece un passo avanti, improvvisamente rabbioso. Aveva capito la scelta di lei di rifugiarsi dall’amico. E non la biasimava. Ma non poteva neppure ignorare il perenne senso di gelosia che gli martellava lo stomaco. «Vuoi che te lo ripeta?». Ombre scure si aprivano sotto i suoi occhi. A giudicare dall’esperienza, mancavano pochi giorni alla luna piena. «O preferisci davvero che te lo spieghi?». Aveva fatto un altro passo avanti, tanto che Sirius si ritrovò ad osservare il suo viso contratto a solo un metro. «Non passerò altre notti a rimettere insieme i suoi pezzi».
 
L’intera stanza parve trasalire. Sirius, invece, si limitò a puntare i suoi occhi in quelli di lei, alle spalle dell’amico. «Temo che l’unica cosa che dovrai mettere insieme al nostro ritorno saranno le informazioni che avremo raccolto». Remus assottigliò gli occhi, cercando probabilmente qualcosa da ribattere. Eppure, sospettava, la sua uscita era stata così epica da non poter implicare nessuna replica.
 
«Dorcas, tu cosa ne pensi?». L’intera stanza si voltò ad osservare la ragazza. Non sembrava aver dato molto peso al battibecco tra i due amici, se non che la rigidità delle sue spalle tradiva tutta la sua tensione. «Questo piano presenta più buchi e incognite di qualsiasi altro piano io abbia mai messo in atto». Sirius osservò la donna non sapendo se sentirsi più offeso o confuso. «Ma, devo ammettere, quando si tratta di te bambolina tutte le certezze vengono meno». Il ragazzo intravide l’altra sorridere impercettibilmente. «Quindi, perché non provare?».
 
Elisa sospirò con lentezza, voltandosi poi nella sua direzione. Sirius trattenne il respiro. «Bene. Come procediamo, dunque?». Non poté fare a meno di ammetterlo a sé stesso: il suo cuore aveva perso qualche battito.
 
***
 
«Sei orrenda». Il sussurro rischiò di farla sorridere. Ma Walburga non avrebbe mai sorriso, dovette ripetersi come un mantra. Fu così che solo un angolo della bocca si tirò leggermente prima che il suo stesso gesto si trasformò in un’espressione di disgusto.
 
«Un gusto per gli interni pessimi» «Potresti smetterla di comportarti come se-» «Non fossi nervoso? Lo sei tu per entrambi. Io pareggio solo i conti». Elisa sbuffò esasperata attraversando al fianco dell’altro l’ennesima stanza fredda e asettica. Con la coda dell’occhio la ragazza intravide un elfo domestico inchinarsi profondamente al loro passaggio, il lungo naso leggermente schiacciato sul pavimento. Dovette combattere con tutta sé stessa per non staccarsi dal suo personaggio e far alzare quella creatura. Sentì distintamente il tessuto dell’abito dell’uomo di mezza età al suo fianco sfregare contro il suo braccio nudo. Cercò di sentirsi rincuorata.
 
«Stai calma. Sei andata alla grande fino ad ora. Non ti sei persa d’animo neanche per il cancello». Avrebbe voluto rispondere che sì, si era sentita sul procinto di morire nel momento stesso in cui il cancello attraverso cui avrebbero dovuto passare aveva opposto resistenza. Aveva dovuto fare appello a tutte le nozioni impartitele da piccola e i graffi che ancora aveva sulla schiena per far sì che quel dannato incantesimo le concedesse il passaggio.
 
«Hai le fiale, giusto?». La voce alterata di Walburga fece trasalire l’altro come se l’avessero preso a calci. Sperò solo che quella sensazione di sporco che le invadeva le viscere passasse in fretta. «Andrà tutto bene». Né la voce profonda di Orion né l’intravedere il tocco leggero che aveva dato alla tasca interna della sua giacca la rincuorò mentre l’ultima porta, alta diversi metri, veniva aperta da uno schiocco di dita dell’elfo prostrato ai loro piedi.
 
I due coniugi Black fecero il loro ingresso nella stanza con tale regalità che l’intera stanza parve voltarsi nella loro direzione. O forse fu solo una sua impressione, mentre l’aria nel suo attillato vestito nero iniziava a mancarle. «Dai, poteva andarci-» «I coniugi Black!»
 
***
 
La sentì irrigidirsi al suo fianco. Non aveva bisogno di voltarsi per poter scorgere l’espressione di puro panico che doveva aver assunto. E benché sapeva che avrebbe incontrato solo il viso di terrore della donna che più odiava al mondo, il suo cuore si strinse un po’ quando, con la coda dell’occhio, scorse la paura che, sotto la maschera, la ragazza provava.
 
La grande mano ruvida di Orion si chiuse su quella di Walburga in una presa ferrea. Nessun muscolo in quella piccola mano si mosse. Sirius tentò di assumere il sorriso più cordiale che potesse mai fingere.
 
«Signor Asterion, che piacere».

Ritorna all'indice


Capitolo 61
*** The beginning of the end ***


The beginning of the end



La sentì irrigidirsi al suo fianco. Non aveva bisogno di voltarsi per poter scorgere l’espressione di puro panico che doveva aver assunto. E benché sapeva che avrebbe incontrato solo il viso di terrore della donna che più odiava al mondo, il suo cuore si strinse un po’ quando, con la coda dell’occhio, scorse la paura che, sotto la maschera, la ragazza provava.
 
La grande mano ruvida di Orion si chiuse su quella di Walburga in una presa ferrea. Nessun muscolo in quella piccola mano si mosse. Sirius tentò di assumere il sorriso più cordiale che potesse mai fingere. «Signor Asterion, che piacere».
 
Non lo aveva mai visto. Non dal vivo, almeno. Forse qualche foto qualche anno prima, mostratagli da Dorea Black, probabilmente. Ricordava solamente di aver guardato l’uomo nella foto e aver cercato disperatamente un qualche indizio che potesse ricordargli la ragazza con cui, a quel tempo, si vedeva di nascosto. Non ne aveva trovati e ancora adesso, mentre osservava con fare composto l’uomo davanti a sé, non riusciva a scovarne.
 
Checché provasse a paragonare i due, Elisa non aveva ereditato né gli occhi scuri né i capelli chiari. Ma la compostezza e l’audacia dello sguardo, quello era tutta un’altra storia. Sirius desiderò poter tornare indietro nel tempo e convincere il giovane Black a chiudere quel maledetto giornale e a non sprecare un’ora della sua vita. Perché non avrebbe mai trovato una somiglianza nell’aspetto. L’avrebbe trovata tutta nella lucida intelligenza che traspariva da quegli occhi attenti, o dall’inclinazione delle spalle mentre, a piccoli passi, gli si avvicinava.
 
«Spero stiate bene». Orion inclinò lentamente il capo da un lato, ostentando falsa gratitudine. Sicuramente, pensò Sirius amaramente, suo padre adesso stava bene. Un lampo di genio gli oltrepassò la mente. «Ho saputo di sua moglie. Le mie condoglianze». L’uomo scosse la testa con espressione amara. «Moriamo tutti, prima o poi». La mano minuta stretta nella sua aumentò la presa.
 
Sirius si arrischiò a lanciare uno sguardo allarmato alla donna al suo fianco. Il viso di Walburga era deformato da un’espressione di rigida disapprovazione, un grado talmente esagerato che perfino l’uomo a cui quello sguardo era rivolto parve accorgersene.
 
«Non mi deve fraintendere, signora Black. La morte di mia moglie mi addolora molto più di quanto sembri» «Dal suo tono di voce avrei detto il contrario». Sirius trasalì impercettibilmente. Sembrava che sua madre avesse preso il sopravvento. Il tono, il portamento e l’inclinazione che il mento creava con il collo erano tipici di un’istruzione rigida che lui conosceva bene. Forse era vero che ce l’avevano nel sangue, come se quell’ostentata superiorità fosse ormai parte di loro come un organo piantato nel loro petto.
 
Asterion aveva assottigliato le labbra in una linea dura. «La morte di mia moglie ha, come dire, portato delle funeste notizie, oltre ovviamente al dolore che essa ha comportato». Orion si chinò impercettibilmente in avanti, incuriosito. «Cosa intende dire?». L’uomo sorrise tristemente, come se si aspettasse la domanda. «Avrete certamente saputo dell’onta a cui la mia famiglia è stata sottoposta negli ultimi anni». Sirius annuì senza sapere la risposta. Sicuramente suo padre l’avrebbe saputa. «Come scordarsela». Trasalì quando sentì dal suo fianco le parole taglienti di Walburga. «Quella piccola ingrata… spero che almeno abbia avuto la decenza di scomparire» «Vive a Londra, sapete. Non so bene dove, mi sono solo giunte voci».
 
L’uomo sorrise. Sembrava un sorriso nostalgico, senza allegria. «Mia figlia… chi l’avrebbe mai detto che quella piccola bastarda sarebbe sopravvissuta» «Deve essere stato sicuramente per il vostro sangue». La voce melliflua della donna parve farlo tornare al presente. Le lanciò uno sguardo divertito, poi annuì tra sé. «Probabile, è l’unica ragione».
 
Sirius strinse più forte la mano dell’altra. Fu sollevato quando quelle dita fredde restituirono la sua presa.
 
«Ecco, dicevo, non immaginerete mai cosa abbia fatto» «Non avrà avanzato pretese, spero». La voce amara di Orion si fece più profonda. L’uomo annuì teatralmente. Walburga, al suo fianco, trasalì. «Non ci credo» «Dovrebbe farlo, signora. Quella mocciosa dal sangue marcio ha avanzato delle pretese sull’eredità di mia moglie. Per essere precisi, se ne è mangiata una bella fetta» «Non può averlo fatto!». Sirius si appuntò mentalmente di fare i complimenti all’altra per la recitazione. «Incredibile, vero? Fortunatamente, la situazione si risolverà presto» «Cosa intende?». Asterion sorrise furbescamente a quella domanda. «Conosco gli attacchi giusti al Ministero, naturalmente. È bastato discutere con le persone giuste e questo luglio la sua camera alla Gringott verrà confiscata per degli accertamenti. Un abile gesto e…». L’uomo ruotò la mano in aria con fare divertito. A Sirius ribolliva il sangue nelle vene.
 
«Certo, capisco che anche per voi la situazione non sia tanto migliore. In un certo senso la nostra situazione è simile» «Si sbaglia, temo». La voce di Walburga apparve candida nell’aria. «Almeno lei non ha dovuto sopportare il tradimento così vistoso del proprio sangue» «Ha ragione, devo ammetterlo. Almeno io non ho dovuto sprecare tempo per la sua educazione». Per un attimo Sirius pensò a come sarebbe sembrato strano se Orion Black avesse tirato un pungo in faccia ad un esponente così in vista della casata Asterion. «Per non parlare  della relazione tra i due reietti. A volte si creano degli sprechi di sangue così vistosi».
 
Erano stati quello? Erano stati uno spreco di sangue?
 
«Credo di dover andare a discutere con il signor Malfoy per la nuova donazione. Voi cosa ne pensate?». Sirius deglutì sonoramente. Lanciò uno sguardo disperato al suo fianco, dove una Walburga alquanto pallida squadrava con superiorità l’uomo di fronte a sé. «Una donazione per una buona causa… cosa ne dovremmo mai pensare?». L’ignaro padre sorrise alla figlia con fare compiaciuto. «Non mi aspettavo un’altra possibile risposta da una donna come voi. Vogliate scusarmi». Sirius osservò l’uomo allontanarsi con il cuore che pompava nel cervello. Sovrappensiero, si passò una mano sul viso.
 
«Orion non lo farebbe». Il sussurro alla sua destra gli fece abbassare il braccio. Sorrise impercettibilmente prima di ritornare ad indossare la sua maschera.
 
«Qualcosa da bere?». La donna annuì sovrappensiero. Nessuno dei due avrebbe mai voluto toccare qualcosa da quei vassoi incantati che volteggiavano per la stanza evitando gli invitati. Eppure, come da tradizione, i due si diressero verso quello più vicino. Orion afferrò due calici e porse quello dal contenuto minore alla moglie. Sirius avrebbe voluto nuovamente afferrare la mano dell’altra. Si limitò invece a sorseggiare il contenuto del suo bicchiere con aria assorta, così come suo padre avrebbe fatto. La moglie al suo fianco, invece, si limitò ad assaporare piccoli sorsi per volta, scrutando gli invitati. Le bastarono pochi minuti prima che individuasse il loro prossimo interlocutore. Glielo indicò con un lieve cenno del capo, facendolo sembrare un casuale gesto per scacciare i capelli dal viso.
 
Lucius Malfoy era impeccabile come sempre. Sorseggiava il suo vino con aria distratta, osservando la giovane moglie sistemarsi una ciocca di capelli. Orion ebbe appena il tempo di fare qualche passo avanti prima che una fitta allo stomaco rischiò di farlo piegare su sé stesso. Sirius sentì distintamente Walburga alle sue spalle gemere piano, prima che due mani gli afferrassero il braccio. Si voltò quel tanto per osservare la bocca dell’altra sillabare lentamente la parola bagno a denti stretti. Lottando contro la voglia di vomitare il contenuto del suo bicchiere sul chiaro pavimento di pietra, Orion Black prese sotto braccio la sua consorte e, con schiena dritta e volto impassibile, si diresse verso l’uscita dalla stanza.
 
Non sapeva se il loro comportamento potesse sembrare sospetto. Non che gliene importasse. Fecero appena in tempo a percorrere un’altra stanza prima che la donna lo tirasse con forza verso una porta chiusa contro la parete. La maniglia si piegò facilmente sotto il suo tocco. I due si catapultarono in quello che sembrava un corridoio elegantemente arredato. Sirius sentì il proprio viso iniziare a bruciare mentre osservava l’altra gettarsi in una corsa nel corridoio. Se solo il suo corpo non fosse stato sul procinto di andare a fuoco, probabilmente il ragazzo avrebbe trovato parecchio divertente la visione di sua madre impegnata in degli scatti fulminei.
 
Inseguì la corsa di Walburga lungo tutto il corridoio finché questa non si gettò in una stanza sul fondo. La porta si richiuse dietro di loro con un tonfo. Sirius intravide con la coda dell’occhio la figura di sua madre avventarsi verso l’uscio e girare freneticamente la chiave nella serratura. Solo quando si voltò Sirius si accorse che il vestito ricadeva troppo largo, tanto che la ragazza, che ora aveva preso il posto della donna, doveva trattenerlo al suo posto con un braccio sul seno. Il ragazzo boccheggiò un paio di volte, sentendo improvvisamente il bruciore scomparire dal suo corpo e la giacca ricadere troppo morbida sul suo busto.
 
«Per Merlino». Si trovavano in un bagno. Probabilmente l’unico luogo in cui non sarebbe sembrata strana o indecente la loro permanenza. «Per Merlino» ripeté ancora il ragazzo specchiandosi sul grande specchio alla parete. Se da una parte rivedere il suo viso sembrava la cosa più rassicurante del mondo, un leggero senso di panico prese ad attanagliargli le viscere. «Doveva durare un’ora. Saranno passati solo quaranta minuti». Sirius osservò il suo viso contrarsi in un’espressione di dolorosa consapevolezza. Si staccò quindi dallo specchio, puntando gli occhi verso la figura dall’altra parte della stanza. Estrasse poi la bacchetta dal fodero della sua giacca. «Lumos». Il suo cuore si contrasse quando nessuna luce fu sprigionata dalla bacchetta. «Cosa diamine sta succedendo?».
 
Sirius osservò la ragazza nel vestito troppo largo, cercando le parole adatte. Forse, però, quando capisci di essere in trappola, non ci sono parole giuste da usare.
 
«Il vino che abbiamo bevuto. Doveva contenere qualche pozione che blocca la magia». La bocca della ragazza si contrasse in una smorfia di sorpresa, seguita da una di cupa rassegnazione. Si sedette poi sul bordo della vasca, una mano sul viso. Sirius pensò stesse per piangere. Forse, si disse, ci sarebbero stati dei pezzi da mettere insieme quella notte.
 
***
 
«Scusa». Elisa si sorprese nel sentire quelle parole. Riaprì gli occhi, puntandoli sulla figura che, qualche passo più in là, era appoggiata al lavandino di pietra. «Avrei dovuto immaginarlo». Elisa non rispose, limitandosi ad osservare il gesto della mano con cui aveva descritto la loro situazione.
 
«Anche se lo avessi immaginato non sarebbe cambiato niente. Sai cosa impone la tradizione». Sirius assottigliò le labbra. Evidentemente sapevano entrambi che aveva ragione. «Cosa possiamo fare?» «Finché abbiamo quella brodaglia in circolo nulla, temo. Persino tu credo non possa fare nulla». Elisa scosse la testa tristemente.
 
Si sentiva debole e stanca, come se qualcuno le avesse tolto tutte le energie. La corsa verso quel bagno era stata l’ultima sua impresa. Abbastanza triste, a dire il vero.
 
«Quindi stiamo per morire». Il sussurro la fece voltare verso il ragazzo. Non sembrava averla presa troppo male. Forse avrebbero dovuto prendersi del tempo e soffermarsi sul momento in cui li avrebbero trovati in quel bagno. Ma non aveva senso pensarci adesso. Non aveva più senso pensare a niente.
 
«Non puoi dire che però i Malfoy non abbiamo gusto in fatto di bagni». L’altro sembrò divertito dalla sua constatazione. Si guardò in giro con aria curiosa, individuando l’attimo dopo la vasca su cui era appoggiata. «Quella vasca è enorme! Dovremmo prenderne una così per il bagno-» il ragazzo si bloccò giusto in tempo per rendersi conto di cosa aveva appena detto. «- di casa» completò lei con un sospiro stanco. Era inutile fare finta che anche lei non ci avesse pensato. «è troppo grande, temo. Non ci passerebbe dalla porta». Sirius sorrise un po’, prima che la sua espressione tornasse nuovamente seria.
 
«Stai bene?» «Stiamo per morire e tu mi stai veramente-» «Sai cosa intendo». Elisa sospirò stancamente alla domanda.
 
In quell’ultimo mese si era sentita porre quella domanda così tante volte che la risposta rischiava di lasciarla stordita ogni volta. Certo che sto bene! Non era la verità, ma tutti preferivano ascoltare ciò che volevano e quindi andava bene così. Ma ora? Aveva senso mentire? Probabilmente di lì a qualche ora sarebbe morta. Il pensiero le lasciò una fredda indifferenza addosso, come se improvvisamente non le andasse più di lottare. O di mentire.
 
«Non mi pento di ciò che ho fatto. È stato uno schifo e forse ripensandoci non riuscirei a superarlo di nuovo. Ma lo rifarei». Non lo stava guardando. Se avesse puntato i suoi occhi in quelli dell’altro era sicura avrebbe scorto lo stesso colore che tempestava i suoi incubi . «Perché quando questo pomeriggio sono entrata nella stanza, avrei rivissuto cento volte quella situazione per vederti di nuovo così». Spostò lo sguardo sul suo viso, sorridendo tristemente. Lo sguardo di lui era impassibile e fisso nel suo. «Stai meglio, Sirius, e non ci vuole un genio per notarlo» «Ho smesso di bere». La voce del ragazzo era bassa, un sussurro nel silenzio del bagno. «Anche io» commentò Elisa in risposta.
 
«Remus ti insegna presto a smettere se vuoi vivere sotto il suo tetto» «Ho saputo che ora vivi da lui» «Dove altro potevo andare?». Sirius si morse il labbro, pensieroso. Poi aprì la bocca, quasi fosse sul punto di dire qualcosa, ma la richiuse l’attimo dopo, spostando lo sguardo verso il basso. L’attimo dopo, incontrando i suoi occhi, parve convincersi del tutto. «Cosa intendeva dire Remus quando ha detto che ha passato notti a rimettere insieme i tuoi pezzi?». Elisa quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Le implicazioni che quella domanda comportava la fecero arrossire mentre abbassando il capo, si affrettava a spiegare. «Mi svegliavo piangendo e beh, Remus è rimasto delle notti alzato a sentirmi frignare». Si vergognò lei stessa di quanto patetica dovesse sembrare.
 
Sentì Sirius inspirare profondamente, come se si fosse liberato di un gran peso. Si staccò quindi dal lavandino con impeto, voltandosi a guardarla. «Bene, stiamo per morire giusto? Carpe diem dunque». Elisa riconobbe la citazione latina, ma non commentò. Non era sicura che cogliere l’attimo fosse quello che Orazio nella loro situazione avrebbe fatto. Fu come se qualcuno le avesse colpito con un pugno lo stomaco quando Sirius si inginocchiò davanti a lei.
 
«Io non ho rinunciato a te. Non rinuncerò mai a te. Ho amato la ragazza che eri quando ti ho incontrata e amo la donna che sei diventata. Amo come mi fai disperare ogni giorno e amo come cerchi di farmi apparire migliore di ciò che sono. Mentirei se dicessi che ti capisco sempre e mentirei ancora di più se fossi convinto di riuscirci, con il tempo. Non ci riuscirò e continuerò a sbagliare, ma ne vale la pena se tornando a casa ritroverò il tuo viso, felice o incazzato che sia. Voglio passare con te le giornate quelle spese a far ridere il piccolo Harry, ma anche quelle chiuse in casa mentre ti rotoli così bella tra le lenzuola». Elisa non sentiva più il sangue nel cervello. Forse sarebbe svenuta. Sentiva circa un rombare indistinto nel petto, proprio all’altezza dello stomaco. Non era da escludere che avrebbe vomitato.
 
«E lo so che sarà un casino, che siamo in guerra e che con te ci sono sempre problemi, ma giuro che in questa vita o in un’altra io riuscirò a passarla con te. E so anche che questo discorso ha fatto schifo, ma non pensavo sarebbe finita così e quindi non ho avuto il tempo di impararmene uno a memoria». Il ragazzo si bloccò quel tanto da afferrare nella tasca interna una piccola scatola di velluto consunta. Elisa trasalì.
 
 
«Elisa Mirzam Stevenson Asterion, vuoi sposarmi?».
 
***
 
La vita riservava delle scelte. Ne era stata consapevole fin da piccola, fin dalla notte in cui era scappata di casa. La vita riservava anche gioie. La vita le toglieva. Non era sicura in che grado tutto ciò fosse ripartito e non era sicura neppure sulla differenza tra le due. Gioie e dolori si compenetravano in un gioco continuo molto più spesso di quanto si soleva pensare e lei lo aveva capito. O almeno ne era convinta.
 
Non decise d’impulso, né perché pensava di morire e quindi la sua scelta non avrebbe avuto nessun peso. La risposta, in qualche modo, si era costruita da sola, dopo anni e anni in cui, svegliandosi, la ragazza aveva trovato l’altro accanto nel letto, i capelli scompigliati e l’odore delle lenzuola che sapevano di casa.
 
Non rifletté sulle conseguenze, né si curò di pensare al suo piano di fuga che, lentamente, si sbriciolava nel fuoco che le ardeva dentro. E fu proprio questo il suo errore. Avrebbe dovuto aspettare solo qualche attimo, forse secondo in più, giusto il tempo per pensare a cosa avrebbe fatto, a come avrebbe risolto la situazione mentre le parole del demone la ammonivano alla prudenza.
 
Fu proprio questo che mancò. E mentre le parole le fluivano dalla bocca, il suo stesso destino veniva scritto, un marchio indelebile che, tracciato a forza nella sua anima, bruciava ogni speranza rimasta.
 
***
 
«Sì».
 
Il sussurro scolpì sul volto del ragazzo il più bel sorriso che gli avesse mai visto. Fu con dita tremanti che Sirius prese l’anello e con ancora più difficoltà glielo mise al dito. Elisa avrebbe voluto urlare. Forse stava solo piangendo.
 
Puntò gli occhi in quelli del ragazzo, decisa a dirgli quanto l’amava. Prima che potesse aprir bocca, però, un rumore sordo le fece balzare il cuore in gola. Lanciò uno sguardo allarmato all’altro, intento ad alzarsi e a pararsi davanti a lei.
 
Qualcuno aveva bussato alla porta.
 
***
 
«Sono morti». L’anziano alzò gli occhi al cielo al commento della donna. «Non ti pare di esagerare, Minerva?» «Albus sai anche tu a quali rischi sono andati incontro». L’uomo alzò gli occhi dalla rivista tra le sue mani, osservando il viso preoccupato dell’altra. «Ho addestrato io stesso Elisa ad ogni evenienza. Ho fiducia in quella ragazza». L’altra sbuffò in risposta, appoggiandosi al tavolo alle loro spalle. Silente, dalla sua sedia imbottita, non poté fare altro se non spostare lo sguardo sugli altri membri, raggruppati a piccole crocchie per ingannare l’attesa.
 
«Stevenson ha tutto il diritto di sbagliare. È ancora solo una ragazza». Per la prima volta da molto tempo, l’immagine di una buffa ragazzina gli attraversò la mente. La sua prima trasfigurazione in umana, quando solo a lui si era mostrata per chi era veramente: una ragazza a piedi scalzi vestita con quello che, forse molti anni prima, doveva essere stato un pigiama di ottima fattura. E ancora il ricordo della sua prima magia volontaria, quando la piuma si era librata nella stanza al solo terzo tentativo.
 
Una nuova immagine era ora comparsa nella sua mente: Elisa camminava tranquilla per la scuola, accarezzando quasi con disinvoltura le pareti, come se ne potesse sentire la storia. Non si era accorta della sua presenza fuori dall’ufficio mentre, con pazienza, la stava attendendo per il loro thé. Era stato un attimo. Aveva abbassato il braccio, spostato lo sguardo e lo aveva visto. Silente rammentava abbastanza della sua vita per sapere che non si meritava che gli fosse rivolto un sorriso del genere. Non così felice e sicuro, come se lui rappresentasse la soluzione a tutti i suoi problemi. Lui non avrebbe mai potuto esserlo. Eppure ci avrebbe provato, fino in fondo, a cominciare dalla via di fuga che le avrebbe procurato. «E non c’è giorno che non me lo ripeta».

 
***
 

Le stelle quella sera sembravano più luminose. James si passò una mano sulla spalla, sovrappensiero, scrutando con fare assorto la distesa luminosa al di là della finestra. Chissà se Orion Black fosse consapevole che la sua morte era avvenuta in una giornata con una notte così bella.
 
«Stai ancora pensando a Sirius, vero?». James annuì alla domanda. Non aveva bisogno di voltarsi per sapere che la moglie era ormai alle sue spalle, probabilmente con il piccolo Harry in braccio. «Non ti convince il suo piano». Annuì ancora, sovrappensiero, ricordando l’espressione di insensata euforia che si era dipinta sul suo volto. «Pensi l’abbia fatto solo per rivederla?». Una smorfia gli deformò la bocca. «No. Penso abbia studiato bene il piano, a parte qualche imprecisione» «Ovvero?». James si voltò verso la moglie.
 
Lily pareva bianca nell’oscurità di quella sera. Allungò un braccio, accarezzando con la punta delle dita il profilo della mandibola diafana. «Non credo riesca a rimanere lucido. Se Elisa è lì, lui farà di tutto per far sì che lei rimanga al sicuro» «Dici che abbasserà la guardia?».
 
Il piccolo Harry dormiva in braccio alla madre. Le manine strette a pugno, la testolina ripiegata, nessuno avrebbe detto che fino a poco prima aveva sfrecciato per la casa con la piccola scopa che il suo padrino gli aveva regalato.
 
«Dico che sarà talmente preso dalla sua presenza che potrebbe rischiare di metterli entrambi in pericolo». Lily avrebbe voluto rispondere. Vedeva il dubbio e il disappunto crescere in lei come una diga che si rompe, pronta a rovesciare litri e litri di proteste. Ma un bussare sommesso alla porta troncò ogni cosa in quella stanza. Compresi i loro respiri. Nessuno avrebbe mai potuto bussare a quella porta, nessun conoscente o amico. James puntò per qualche secondo gli occhi in quelli di lei. Poteva vedere il suo stesso panico riflettersi in quelle iridi verdi che conosceva così bene. Prima che facesse il primo passo, entrambi avevano già estratto la bacchetta.
 
James percorse la distanza che lo separava dalla porta d’ingresso con un palpitare crescente nel cuore. Appoggiò una mano alla maniglia, la presa sulla bacchetta tanto ferrea da aver fatto sbiancare le nocche. Fu con uno scatto che aprì la porta e lanciò l’incantesimo. Nella foga del momento, il suo animo esultò nel sentire il tonfo tanto sperato spezzare il silenzio. Poi il suo sangue si congelò.
 
«CHE DIAMINE HAI FATTO?!». L’espressione di completa confusione e rabbia dipinta sul volto di Sirius avrebbe anche potuto essere stata divertente, se solo Sirius non fosse stato così impegnato a soccorrere la figura accasciata a terra che, tra un gemito e l’altro, tentava di rialzarsi.
 
«Oh per Merlino». Lily sopraggiunse da dietro, appoggiando una guancia alla spalla del marito e osservando la ragazza a terra rialzarsi. «Stai bene?» «Se risponderò di sì eviterete di affatturarmi?» «Pensavamo foste altri. Sono le undici di sera, per la miseria. Non vi aspettavamo!» «E dimmi, Ramoso, non hai mai pensato di guardare dalla finestra?». James si morse il labbro mentre, facendosi da parte, permetteva ai due nuovi ospiti di entrare, richiudendo poi la porta alle loro spalle. «Beh, la prossima volta lo farò, okay?»
 

Ritorna all'indice


Capitolo 62
*** Titano ***


Titano



«Mi hai stupito, bambina». La voce di Dorcas parve rincorrerla nel turbinio dei suoi pensieri. Si voltò a fissarla con espressione curiosa, tentando di capire cosa mai avesse potuto convincere la donna a rompere quel muto silenzio dietro cui, ormai, si celava in continuazione. «La tua scelta, intendo. Chissà quanto coraggio ti ci è voluto» «Pensi che la vita da sposa non mi si addica?» Lux al suo fianco ghignò leggermente. «No, penso sia solo strano vedere un lupo scodinzolare». La ragazza si bloccò a quel commento, osservando i due colleghi avanzare nell’oscurità della sala.
 
Le spalle di Dorcas si erano fatte un po’ più ricurve dall’ultima volta che si era veramente fermata ad osservarla, come se, al pari di Atlante, la donna stesse collassando lentamente sotto il peso del cielo. «Ogni randagio ha un luogo in cui ama dormire». Nell’oscurità interrotta solo dal flebile bagliore delle loro bacchette la ragazza intravide il capo della donna muoversi leggermente in un gesto di supponente diniego.
 
«Su su Dorcas, non ti pare di esagerare?» «Grazie Dedalus» Elisa riprese a camminare, raggiungendo ben presto gli altri due maghi. «Bimba, ti dispiacerebbe fare più luce?» il tono secco dell’altra la fece sorridere. «Beh, sinceramente anche io vorrei andarmene da qui presto. E di questo passo…» Dedalus si stiracchiò platealmente, facendola sorridere.
 
Elisa si concentrò sulla bacchetta nella propria mano, aguzzando la vista nell’oscurità. Ma lì dove avrebbe dovuto scorgere gli oggetti grazie alla nuova luce, una coltre di ombre le sbarrò la vista. «Allora? Non abbiamo tutto il giorno» Elisa ignorò il commento dell’altra, fissando confusa la sua bacchetta, dove una flebile luce era tutto ciò che il suo impegno era riuscito a produrre.
 
Si concentrò meglio, cercando di identificare quella magia bruciante che solitamente andava a solleticarle le vene. Ma l’unica cosa che sentì fu solo un gran freddo. Un brivido le percorse la spina dorsale mentre lo sgomento iniziava a mischiarsi alla confusione.
 
Impiegò qualche secondo a percepire lo sguardo che la stava perforando. Gli occhi di Dorcas la stavano studiando, attenti, come se avessero appena intravisto una bestia ringhiante sotto il suo mantello e stessero cercando il modo migliore per comunicarglielo.
 
«Ti voglio più attenta durante le missioni, Stevenson» Una luce più forte si irradiò nella stanza dalla bacchetta della donna. Elisa osservò l’altra alzare la bacchetta e far scorrere lo sguardo nella stanza. «Niente, anche questa villa sembra essere a posto» Dedalus si batté sulla pancia soddisfatto. Elisa strinse più forte la bacchetta. Lì, dove l’anello della casata Black le lasciò il segno sulla pelle, la ragazza poté dire di sentire un pizzico di sollievo e calma. Forse avrebbe solo dovuto concentrarsi di più. No? «Bene, direi che per oggi abbiamo fini-»
 
Elisa percepì l’esplosione ancora prima di sentirne il vuoto. Come a rallentatore, intravide la porta a soli pochi metri da loro essere scardinata e volare nella loro direzione. E sempre alla stessa velocità, l’urto raggiunse anche loro. Per una frazione di un attimo pensò che la porta le avesse sbattuto contro. Invece, si ritrovò lanciata dall’altra parte della stanza, a cozzare contro un pavimento tanto duro da toglierle il fiato all’impatto. «Porca-» l’imprecazione alla sua destra le suggerì che Dorcas si stava già rialzando. Un fischio acuto le frenò i movimenti per alcuni secondi, mentre con lo sguardo la ragazza cercava già l’altro compagno. A pochi metri da lei, Dedalus osservava con la sua stessa espressione di confusione il soffitto lontano.
 
Un intenso calore la fece sussultare, mentre dalla porta delle lingue di fuoco iniziavano ad agglomerarsi e unirsi, strisciando nella stanza e alzandosi fin sopra al soffitto. Elisa si lanciò alla sua sinistra, afferrando il mago e costringendolo a rimettersi in piedi.
 
«VIA» Avrebbe tanto voluto commentare che l’ordine di Dorcas in quel momento era del tutto inutile e che avrebbe fatto meglio a correre e smettere di darsi delle arie. Ma l’unica cosa che riuscì a fare fu gettarsi verso la porta, la mano ancora fermamente ancorata al bavero del mantello dell’altro, impegnata a trascinare sé e il corpo dell’altro lungo i corridoi bui. L’aria, carica di fuliggine e paura, sembrava tagliare ogni pensiero positivo, ogni possibile via di fuga a quel mare di fuoco e morte. Corse e corse ancora quando incontrando lo sguardo di Dorcas vi lesse la stessa paura che poteva scorgere nel proprio cuore.
 
«Giù!» l’urlo bastò a farla obbedire. E mentre si abbassava, trascinando l’altro con sé come un corpo morto, Elisa intravide una lingua di fuoco scontrarsi contro il muro invisibile che Dorcas aveva letteralmente lanciato contro la bestia alle loro spalle. Non avrebbe saputo dire cosa fosse. Forse un serpente, o forse un leone. Nel turbinio di fiamme e scintille avrebbe anche potuto essere il diavolo in persona e la cosa non l’avrebbe stupita.
 
La figura attaccava, silenziosa, il solo rombo della loro paura e il frastuono dello scoppiettio del fuoco a fare da sottofondo. Dorcas urlò, mentre l’ennesimo muro invisibile intercettava l’attacco successivo. Elisa si rialzò tremando, la bacchetta ancora strettamente ancorata nella sua mano. Non si era nemmeno accorta di stare ancora stringendo qualcosa tra le mani. I suoi occhi si posarono ancora sulla bestia mentre il vuoto che aveva sentito solo qualche minuto prima si rimpossessava ancora di lei.
 
Nessuna magia fece da contraccolpo all’attacco successivo. La fiammata andò a scontrarsi contro il soffitto, facendo sì che un calore insopportabile la investisse. Il respiro le si mozzò, strappato da una mano invisibile che le stringeva la gola. Una mano la afferrò per la tunica, spingendola fuori dalla stanza. Dorcas la spintonò lungo l’ennesimo corridoio mentre una risata fredda riempiva la stanza.
 
«Lui è qui!» L’urlo di Dedalus davanti a loro si perse nel boato successivo, quando una trave dal soffitto rischiò di schiacciarli. Il portone di ingresso sembrava lontano chilometri. Tutti e tre sapevano che avrebbero dovuto varcare quella porta per potersi smaterializzare. Eppure, forse ne era consapevole anche la bestia. L’attacco successivo li sorvolò senza nemmeno calcolarli, andando a scontrarsi contro il legno scuro del portone d’entrata.
 
Dedalus dovette scardinare le pesanti porte con un’esplosione. Pezzi di legno e antichità le piombarono addosso, costringendola ad avanzare in una corsa cieca. L’attacco della creatura non tardò a mancare. Un muro di fuoco si erse davanti a loro, bloccando l’unica via di fuga a cui avrebbero mai potuto avere accesso. Si fermarono tanto bruscamente da scivolare sul pavimento ricoperto di polvere e schegge. «Fa’ qualcosa!» la disperazione con cui Dedalus le afferrò il braccio la fece trasalire, ma non quanto lo sguardo di puro terrore che gli vide assumere.
 
Una presa ferrea si posò sulla sua spalla, costringendola a voltarsi. Dorcas la osservava duramente, le dita ancora saldamente affondate nella sua spalla. Elisa tentò di ricercare ancora quel guizzo di magia che non riusciva a trovare. Tentò e tentò ancora, osservando impotente la bacchetta giacere immobile nella sua mano come un ramoscello insignificante. Poi puntò ancora lo sguardo verso la donna e poi ancora più in là, verso la soglia appena varcata, dove un ammasso di fuoco e cenere avanzava, mangiando con la sua morsa cocente gli antichi infissi regali.
 
«Promettimi che li salverai» le parole la fecero trasalire. La presa di Dorcas aumentò ancora, fino a costringerla a ritrarsi dal dolore. «Io non-» «Sei l’ago della bilancia, bimba» La donna sorrise e per un attimo Elisa rivide il sorriso nostalgico che la donna aveva riservato una sola volta a lei e al mondo. La bionda a cui era rivolto non c’era più e, con lei, la ragazza sospettava che anche quel sorriso fosse solo un pallido spettro del passato.
 
«Promettimi che li proteggerai» La bestia alle spalle della donna parve ruggire. Il pavimento tremò a quel muggito di rabbia. Dorcas si voltò quel tanto per lanciare un rapido sguardo alla bestia, rivoltandosi l’attimo dopo. «Promettimelo».
 
Elisa boccheggiò qualche secondo, il calore a bloccarle il respiro e la fuliggine davanti agli occhi a mischiare la realtà. Annuì soltanto, intontita, confusa, perché quelle parole non avevano senso e perché quella situazione non ne aveva. Perché sarebbe bastato solo raggiungere la soglia alle sue spalle, quella stessa soglia da cui solo qualche secondo prima aveva intravisto il cielo notturno. Sarebbe bastato anche solo… Dorcas sorrise ancora, tristemente, come se quella risposta fosse tutto ciò che si era sempre aspettata da lei.
 
«Non c’è mai un lieto fine per noi poeti maledetti» Elisa boccheggiò, intravedendo la bestia alle loro spalle avanzare ancora. Ritornò a puntare gli occhi in quelli dell’altra, mentre le parole appena sussurrate le raggiungevano il cervello. Ma prima che potesse chiedere spiegazioni, gli occhi della donna si spostarono alle sue spalle e la mano che fino a pochi attimi prima la stava così saldamente sostenendo, la spinse bruscamente via. «Vai!»
 
Elisa si ritrovò sbalzata via con forza tale da sbilanciarla indietro, dove un corpo solido assecondò il movimento. Un braccio le cinse la vita, incastrandola contro il busto alle sue spalle. E mentre gli occhi della ragazza erano ancora fissi in quelli della donna, il suo corpo si ritrovò trascinato indietro, verso l’uscita. I suoi piedi si mossero prima di lei, cercando disperatamente di ancorarsi al terreno, mentre ciò che stava succedendo si faceva strada lentamente nelle pieghe della sua coscienza.
 
Combatté, con disperata convinzione, mentre gli ansiti strascicati di Dedalus ricoprivano il rombo del fuoco e delle sue stesse urla. Dorcas la guardò un’ultima volta, sorridendo ancora con quel suo stupido modo di fare, con quella gentilezza celata elegantemente agli occhi del mondo. Poi la ragazza la osservò voltarsi e non seppe se stava ancora sorridendo o meno.
 
Il primo attacco della bestia fu parato con estrema facilità, quasi con annoiata supponenza. E gli attacchi si susseguirono ancora e ancora e ancora. Lei urlò, o forse non stava nemmeno più urlando e l’unica cosa che sentiva era l’ululato del fuoco e del silenzio. Seppe solo che quando la soglia raggiunse i lati del suo campo visivo, Dorcas era piegata su sé stessa, la bacchetta ancora puntata di fronte a sé, lo sguardo fiero rivolto verso l’ultimo colpo che la vita avrebbe voluto infliggerle.
 
Come un martire in ginocchio di fronte a una chiesa che brucia e si spezza, la ragazza osservò la figura a terra farsi grande, pronta a sostenere un’ultima volta il cielo. E poi tutto divenne ombra e il titano scomparve dalla sua vista.
 
***
 
Si svegliò di soprassalto, come aveva sempre fatto dopo un incubo particolarmente spaventoso. La sua mano vagò automaticamente al suo fianco, dove sapeva ci sarebbe stato il corpo del ragazzo che amava ad aspettarla. Ma il suo braccio ricadde goffamente sul materasso, mentre la consapevolezza di non trovarsi nella propria stanza la invadeva. O meglio, quella era stata la sua stanza, solo molto, molto tempo prima, quando ancora la sua vita avrebbe potuto definirsi ordinaria.
 
Si alzò con lentezza, i capelli stranamente lunghi a nasconderle la vista degli eleganti infissi antichi che la sovrastavano. La ragazza scese dal letto a baldacchino e si precipitò verso la porta, aspettandosi di trovarla chiusa, come d’altronde era sempre stata. Ma questa si spalancò senza opporre resistenza, lasciandola affacciata al lungo corridoio dove molte volte suo padre l’aveva picchiata. Fu a tentoni che riuscì ad afferrare la bacchetta nella sua tasca, puntandola poi con fermezza di fronte a sé.
 
Casa sua era uguale a come se la ricordava. Tetra, antica e maledettamente imponente, come se la struttura stessa della villa rispecchiasse i fondamenti della famiglia che la occupava. Raggiunse il salotto con lentezza, dosando ogni passo e osservando dietro ad ogni angolo l’arrivo di qualche Mangiamorte. Fu solo quando ebbe varcato la soglia dell’immenso salone che la bacchetta rischiò di sfuggirle dalle mani.
 
Di fronte al camino una testa china su un vecchio tomo si alzò un poco, rivelando due occhi scuri pronti a squadrarla con curiosità. «Cosa stai facendo tesoro?» Gli angoli della bocca di sua madre si erano alzati con una gentilezza che mai aveva potuto scorgervi in quei lineamenti. Elisa boccheggiò, troppo confusa per parlare.
 
«Sai che tuo padre avrebbe molto da dire sul tuo stato vero?» La donna fece cenno nella sua direzione con aria di rimprovero. «Rincasare ad una tale ora… e in quello stato poi» La donna scosse la testa con disapprovazione, nonostante stesse sorridendo. Elisa fece qualche passo avanti, avvicinandosi al fuoco che fino a poco prima pareva soffocarla. «Cosa sta succedendo?» «Cosa intendi-» «Tu sei morta» Il viso della donna si piegò in un’espressione confusa. «Stai bene, tesoro?» La ragazza la fissò per qualche istante, spostando poi lo sguardo al suo fianco, verso lo specchio sopra al camino. La bacchetta quasi le sfuggì di mano.
 
La sua espressione, di puro sgomento, era incorniciata da lunghi ciuffi sfuggiti ad una treccia che, forse molte ore prima, doveva essere ben fatta. Il suo aspetto era più curato, così come la sua sorpresa, ora tornata dietro ad una fredda maschera purosangue che non riconosceva. Si toccò piano una guancia, sentendo la pelle tirarsi lì dove avrebbe dovuto sentire qualcosa che non era suo.
 
Ma il riflesso non fece lo stesso. La mano nello specchio si limitò a riabbassarsi, mentre la sua stessa espressione diventava una fredda cera impassibile. «Non lo fare».
 
***
 
«Come stai?» La ragazza si limitò ad alzare le spalle. Il Preside le lanciò uno sguardo triste, abbassando poi gli occhi sulle carte così ordinatamente distribuite sulla sua scrivania. «Sai che tenere tutto dentro non ti aiuterà». Elisa sospirò stancamente, alzando gli occhi al cielo. Quando qualche giorno prima aveva ricevuto l’invito dal vecchio insegnante aveva già capito quale sarebbe stato l’obiettivo di quell’incontro. «Sto bene, veramente» aggiunse con un sorriso veloce in direzione dell’altro, per poi rispostare lo sguardo fuori dalla finestra. 
 
Gli occhi dell’uomo indugiarono ancora su di lei. «Mi hanno detto che quando siete comparsi tu eri svenuta e quando ti sei svegliata pensavi fosse colpa tua». Gli angoli della bocca della ragazza si alzarono in un sorriso triste.
 
Aveva impiegato qualche secondo nel rendersi conto che qualcuno la stesse schiaffeggiando, e ancora di più a capire chi fosse quel qualcuno. Remus aveva allontanato la mano dal suo viso con uno scatto, aspettando che lei dicesse qualcosa. E invece lei era rimasta lì a fissarlo per attimi infiniti, mentre tutto ciò che aveva vissuto e visto ritornava al suo posto, come i tasselli di un puzzle a cui lei fino ad ora non aveva stupidamente fatto caso.
 
E poi la terribile conclusione, lo scacco matto di quella partita mal giocata: è stata colpa mia. Aveva sussurrato quelle parole sovrappensiero, rivolte più a sé stessa che ad altri, così come lo erano state le lacrime versate poco dopo, inutili secchiate d’acqua su una coscienza troppo sporca da lavare.
 
«Ora sto bene» Silente si passò una mano davanti agli occhi, forse per cacciare la stanchezza. «Non puoi sempre pretendere di salvare tutti».
 
Era stato ciò che le aveva sussurrato Sirius tra i suoi capelli, mentre con delicatezza le accarezzava la schiena quando le lacrime non volevano sapere di scendere e il male le ristagnava dentro. Questa volta, però, poteva smettere di fingere che andasse tutto bene.
 
«Posso almeno provarci» Elisa si voltò con aria di sfida verso l’altro, aspettandosi quasi una risposta alla sua insolente provocazione. «Hai lasciato il tuo lavoro» la ragazza si morse il labbro con forza e spostò il suo sguardo ancora una volta, puntandolo verso il pavimento. «E lui non lo sa» «Non lo deve venire a sapere». Fu quasi con sollievo che intravide un’espressione stupita negli occhi dell’anziano. «Non puoi mentirgli per sempre». Lei respirò a fondo, ripensando allo sguardo di sollievo che aveva intravisto negli occhi del ragazzo che amava quando quella mattina aveva lasciato casa.
 
Sirius teneva con così tanta costanza al loro futuro da fingere di non intravedere la sua tristezza. La loro vita non era cambiata. Avevano la loro routine, i loro momenti, i loro spazi. Eppure, tutto era diventato un po’ più finto. Entrambi evitavano di parlare dell’Ordine in casa, o di qualsivoglia elemento che potesse riportare alla mente gli eventi di quasi una settimana prima. Sembrava di vivere con un enorme elefante nella stanza, senza che però nessuno dei due volesse ammettere che vi fosse. Elisa rigirò l’anello dei Black intorno al suo dito, sentendo la fredda forza dei secoli impregnati nel metallo.
 
«Andrà tutto bene, okay?» L’uomo annuì piano, per poi alzarsi dalla scrivania e avvicinarsi nella sua direzione. «Sai vero che puoi fidarti di me?» Elisa rimase per un attimo spiazzata a quella domanda. Annuì, ricordando quando molti anni prima le aveva raccomandato di tenere un basso profilo e non farsi notare, o di quando le aveva insegnato a gestire i suoi poteri. Inspiegabilmente, con un’intraprendenza che non le apparteneva, la ragazza appoggiò la guancia contro la spalla dell’uomo, il tessuto morbido contro la sua pelle. Le mancò solo il coraggio di sussurrare le parole che tanto le aleggiavano nella mente: certo papà.
 
***
 
«Sono tornata!». La porta di casa si richiuse alle sue spalle con un tonfo sordo. «Ehi amore!» Elisa si bloccò a quelle parole, lo sguardo puntato nella direzione da cui quella voce proveniva. «Che diamine hai combinato». Il suo cuore si scaldò un poco quando intravide il sorriso furbo con cui il ragazzo le rispose.
 
Era bello, Elisa doveva proprio ammetterlo. Seduto sul divano, con il suo stupido maglione ingrigito dagli anni e il giornale appoggiato distrattamente accanto, sembrava tornato a quell’epoca in cui non vi erano preoccupazioni, se non la vittoria o meno della propria casata ad una partita di Quidditch.
 
«Mi sei solo mancata». Sapevano entrambi che quella era una scusa bella e buona. Eppure, decise di reggergli il gioco. Si avvicinò mesta, gettandosi sul divano accanto a lui, le gambe appoggiate mollemente su quelle del ragazzo. «Allora?» Sirius le accarezzò con dolcezza una gamba, momentaneamente perso nei suoi pensieri.
 
Lei rimase ad osservarlo: non capitava spesso che avessero momenti del genere. Spesso capitava di parlare di lavoro, o politica, o qualsiasi cosa che non li facesse ragionare sulla loro situazione o le paure che da essa prendevano forma. Era raro che restassero in silenzio a condividere un momento. E forse era meglio così. Perché se era vero che la decisione di restare con lui avrebbe decretato la loro fine, lei non era sicura di voler vivere quell’amore con tutto il suo cuore. Quell’amore sapeva di tenerezza, di bene. Ma sapeva anche di morte e di destino.
 
«Voglio uscire con te domani sera». Elisa osservò gli occhi dell’altro puntati nei suoi. Sembravano dubbiosi, come se si aspettasse un rifiuto. Come se lo temesse. «Cosa-» «Voglio portarti fuori a cena. Dopo il lavoro, si intende». Non lo contraddì. Non poteva di certo farlo. «Sirius non ce n’è bisogno-» «E invece sì» Sirius le afferrò una mano.
 
Sapeva di amarlo. Ma in quel momento si ricordò com’era veramente, senza la costante paura di morire o l’assordante rombo di una minaccia all’orizzonte. Per qualche attimo ci furono solo loro due e non poté non sorridere per questo. «Domani sera alle 7 e trenta?» Elisa portò la mano dell’altro alla sua bocca, baciandone il palmo. Sirius sorrise. In quel momento, per lei, tutto fu al suo posto: il suo cuore un po' più caldo con tutto il suo mondo in quella stanza.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2656448