LA RAGAZZA DEI COLTELLI.

di Khaleesi_Hale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LA MIETITURA. ***
Capitolo 2: *** L'Arrivo a Capitol City. ***
Capitolo 3: *** Insicurezze. ***



Capitolo 1
*** LA MIETITURA. ***


Cato. ~~Mancano pochi giorni ormai alla mietitura, ho una forte sensazione di ansia. Sguainare la spada durante l'allenamento e colpire più e più volte il manichino finché non cade a terra in mille pezzi è semplice, ma nell'arena ne sono sicuro è completamente diverso, sei costretto a uccidere una persona in carne e ossa per sopravvivere, e magari riesci pure a vincere ma il dramma viene dopo. Molti vincitori del distretto 2 dicono che anche se vinci i giochi muori lo stesso per i sensi di colpa. Non credo di essere pronto a uccidere qualcuno. Ma io devo farlo, devo tornare a casa,devo tornare per rivedere Clove e la mia famiglia. Non avrei mai pensato che quest'anno sarei stato io il tributo volontario del distretto 2. In realtà sono gli istruttori, quelli che ci addestrano fin da piccoli, che decidono quando uno è pronto per offrirsi volontario per i giochi. E così per questa 74° edizione degli Hunger Games sarò io il tributo maschio del mio distretto. A dire la verità vedendomi esteriormente non sembra che mi preoccupi che tra poco andrò a combattere in un'arena e a uccidere dei ragazzi come me, anzi sempre pronto come se stessi per esplodere, come quegli aerei che sganciano le bombe, e in pochi istanti sono tutti morti. Non lascio vedere a nessuno i miei sentimenti perché qui devi essere forte, e coraggioso senza farti scrupoli per sopravvivere. Ai ragazzi che durante l'addestramento cedono vengono inflitte dure punizioni, è successo anche questa mattina a due ragazzini di appena12 anni, li hanno portati via. Gli abbiamo visti tornare qualche ora dopo pieni di lividi e con lo sguardo vuoto. Di solito dopo l'allenamento io e Clove ci vediamo nel giardino vicino al limite del distretto, ma stamattina quando sono uscito di casa per andare dagli istruttori per migliorare la mia mira nel colpire con la spada , lei mi aspettava sulla porta con aria agitata. Inizialmente non l'avevo notata , così mi chiamò con tono secco: <<-Cato.>> <<-Clove, che ci fai qui?>>-le rispondo stupito. <<- Senti, non ho molto tempo, sono in ritardo per l'allenamento. Oggi invece che incontrarci al giardino vediamoci davanti a casa mia. Devo dirti una cosa importante!>>-mi dice spedita. Non faccio nemmeno in tempo a chiederle di cosa si trattasse che era già andata via. Subito dopo l'allenamento, sono andato a casa sua. Lei era già davanti alla porta ad aspettarmi. <<-Vieni...>> - mi dice quasi sotto voce. La seguo senza fare domande. Apre la porta di casa, non ero mai stato da lei. Ha una casa fantastica molto accogliente e nell'aria c'è un forte profumo di lavanda. Senza preavviso prende la mia mano e mi trascina su per dei gradini fino ad arrivare alla soffitta. << -Questa è la mia stanza,so che sembra strano ma qua in soffitta c'è molta calma è tranquillità e amo la come la luce del sole illumina quella finestra con i vetri colorati.>> Accenna un sorriso,amo quando sorride vorrei che lo facesse sempre. <<-Oggi ti ho chiesto di vederci qui perché dopo che ti dirò ciò che so, volevo passare qui con te per avere un bel ricordo di questa stanza, come il ricordo di noi due che guardiamo il tramonto attraverso i vetri colorati della finestra...>> <<-Oh be è fantastico, ma cosa mi devi dire?->>le chiedo timidamente. <<-Prima voglio che tu sappia che sei la persona migliore che potessi conoscere in questo posto, e che ti voglio bene da morire, e forse morirò proprio perché ti voglio talmente bene che quando saremo in quell'arena farò di tutto per farti tornare a casa.>> In quel momento,capisco che gli istruttori le avevano comunicato che sarebbe stata lei il tributo femmina del distretto 2 per la 74° edizione degli Hunger Games. Non sapevo a cosa pensare ne cosa dire, finché poco dopo, Clove, mi domanda: <<-Non dici niente?- >>mi fa guardandomi con quei suoi occhioni verdi,con qualche sfumatura di grigio. E in quell'istante decido di dire esattamente ciò che penso <<-Siceramente ho paura,tanta paura, ma la cosa che mi fa stare meglio e che ti amo, e che se sarà necessario userò il mio corpo come scudo per proteggerti.>> <<-Così mi fai piangere,non me l'aspettavo un Cato così sdolcinato, e comunque noi ci difenderemo a vicenda.>> Abbiamo passato il resto della serata a parlare e a guardare tramonto. I due giorni seguenti non riuscimmo a vederci perché gli istruttori avevano aumentato le ora di allenamento. Il giorno della mietitura ero nervoso, mia madre piangeva e mio fratello non mi toglieva gli occhi di dosso. Tutto il distretto era unito nel piazzale dove fin dai primi Hunger Games, venivano sorteggiati, per così dire i tributi. L'inviato di Capitol City è davanti al microfono, non accenna nemmeno a estrarre un nome dalla boccia che domanda a tutti i presenti: <<-Qualche ragazza coraggiosa che si offre per rappresentare il distretto ai giochi di quest'anno?>> Mi volto a destra dove ci sono tutte le ragazza, intravedo Clove che fa un passo in avanti molto insicuro, poi sento quelle parole <<-Mi offro volontaria!->> sono le stesse che dovrò pronunciare i fra pochi istanti . Clove viene accompagnata sul palco, e subito dopo l'inviato di Capitol riformula la domanda: -Bene bene, e ora qualche ragazzo forte e intrepido che dimostrerà il duo coraggio offrendosi volontario? Indugio, la frase che dovrei dire mi frulla nella testa, gli istruttori mi lanciano un'occhiataccia facendomi cenno di andare avanti, faccio un respiro profondo e mi decido: <<-Mi offro volontario.>> In un lampo due pacificatori mi prendono per le braccia e mi accompagnano sul palco. <<-Quali sono i vostri nomi?->>ci chiede l'inviato <<-Clove Ketnwell.>> <<-Cato Hadley.>> Rispondiamo entrambi ,gli istruttori ci fanno cenno di sorridere. E così con un sorriso falso sul viso, lasciamo forse per sempre il nostro distretto. Veniamo accompagnati in due stanze separate per salutare i famigliari. <<-Tranquilla mamma andrà tutto bene->>provo a farla calmare ma lei continua a piangere. Faccio appena in tempo ad abbracciare mio fratello, che un pacificatore mi prende con prepotenza e mi scorta via dalla stanza e mi fa salire sul treno per Capitol. Quando salgo sul vagone Clove è già li ad aspettarmi con gli occhi lucidi. Durante tutto il viaggio nessuno ha voglia di parlare, io in realtà vorrei urlare. Tremo e per far si che Clove non se ne accorga nascondo le mani dietro la schiena. Ho il respiro affannato , e ho mille pensieri per la testa. Non riesco ancora a realizzarlo, parteciperò agli Hunger Games , e per di più insieme a Clove. Ad un tratto la mia mente si svuota, il mio unico pensiero è di fare tutto ciò che è necessario per salvarla.

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Capitolo 2
*** L'Arrivo a Capitol City. ***


Cato. ~Il viaggio in treno durò ancora un pò. Sul tavolo vicino ai sedili dove eravamo seduti c'era un piccolo buffet. Avevo notato un vassoio sul lato sinistro della tavola con i miei dolci preferiti. Braunies al cioccolato fondente con ripieno alla menta e polvere di peperoncino. Noto anche che Clove ha gli occhi ancora lucidi, e che qualche lacrima continua a scivolarle sulle guancie. Così timidamente mi alzo mi avvicino al tavolo e prendo due braunies, uno per me e uno per lei, per farla tranquillizzare un pò. E poi si sa che il cioccolato rende felici. Gle lo offro su un fazzoletto. Lei si volta, si asciuga le lacrime, mi sorride e lo addenta senza pensarci due volte. «-Non credo che nell'arena ci siano queste delizie, dobbiamo approfittarne.» Le dico sorridendo. Fa un cenno di approvazione con la testa, e poi si lecca la farcitura alla menta rimastagli sulle dita. Sto per addentare il braunie qando il treno si ferma. «-Siamo arrivati» Dice l'inviato di Capitol entrando nella nostra cabina. Mi sale un groppo alla gola. Sento il fischio del treno poi niente. Nessumo dice nulla, c'é un silenzio talmente assordante che quasi sento il sangue scorrermi nelle vene. Clove é come pietrificata, ha gli occhi sbarrati fissi su di me. "É finita" penso. Non possiamo già essere arrivati a Capitol City. Prendo Clove per io polso e la trascino giù dal treno. Ad attenderci ci sono due pacificatori e un altro uomo. Ha gli occhi verdi, é molto alto e porta una camicia gtrigio-scuro in contrasto con i capelli biondo platino. Si avvicina a noi due e sussura freddamente: «-Sono il vostro mentore, andiamo»- fece un cenno con la testa ai due pacificatori e ci incamminiamo. Alle mie spallevedo scendere dagli altri vagoni quelli che divrebbero essere i trubuti degli altri distretti. I pacificatori ci scortano dentro a quella che sembrerebbe una stazione. Io continuo a fissare il nostro nuovo mentore... HO CAPITO! Che stupido come ho fatto a non riconoscerlo subito. É Langdon Briett il vincitore dei 61° Hunger Games del nostro distretto. É riuscito a guadagnarsi la vittoria in solo due settimane. Seguiva i tributi avversari uno ad uno e gli spiava da in cima gli alberi. E quando era il momento giusto gli scagliava una freccia in mezzo agli occhi. Ne uccise 21 mi pare, il primo fu il suo compagno di distretto. É cambiato molto in questi anni, é sciupato e poco curato ha l'aria di uno che non dorme da mesi. I miei pensieri vengono interroti appena varchimo la soglia dell'uscita della stazione. Un'orda di capitolini é sui bordi della strada che esulta, sorride e fischia. Non ci vedono come ragazzine che tra poco saranno costretti ad uccidersi fra loro ma un passatempo divertente da vedere la sera sul grande schermo. I grattacieli intorno a noi sono immensi, sono talmente alti che si perdono in mezzo alle nuvole e hanno forme stranissime. I capitolini sono anche peggio. Sono tutti vestiti con abiti di colori sgargianti, talmente accesi da essere accecanti. Sono ricoperti di strass e piume e hanno strane forme. Portano strani capelli e sono truccati in modo a dir poco eccessiavo anche gli uomini. La maggior parte di loro ha i capelli colorati. Arriviamo di fronte ad un parcheggio dove ci sono posteggiate 12 macchine grigie. I pacificatori ci fanno salire e con noi sale anche Langdon. Così fanno anche gli altri tributi con i loro mentori. Dopo poco arriviamo davanti a un gigantesco palazzo nero. Scendiamo dall'auto Clove ha lo scguardo rivolto verso il basso. Entriamo dentro il palazzo e Langdom ci informa: «-Forza andiamo all'ascensore noi siamo all'11° piano uno dei più belli dopo il 12 dove stanno i tributi del distretto 1. A scendere i piani sono sempre più orrendi. Siete fortunati.» «Pff..fortunati»-sussurro. Arriviamo al nostro piano. Langdon fa il saluto militare ai due pacificatori e apre la porta della nostra stanza. É immensa. A destra c'é una cucina con un frigorifero a due ante, al centro un enorme salotto con quattro divani enormi e un televisore. A sinistra una tavola da pranzo già apparecchiata, vicino alle vetrate un pianoforte. In un angolo ci sono delle scale color argento che penso portino alle camere da letto. Anche Clove rimane allibita dal lusso di tutto questo. Seduta su uno dei divani c'é una donna vestita completamente di azzuro (anche i suoi capelli lo sono) e il suo lungo vestito e ricoperto di goccioline di stoffa di un blu più scuro. É bella per essere una capitolina. «-Ciao ragazzi! Mi chiamo Loran e sono qui per prendermi cura di voi e darvi una mano prima che andite nell'arena.» Sia io che Clove le facciamo un cenno con la testa per salutarla. «-Forza venite abbiamo alcune cose su cui discutere prima di cenare»- dice freddo Langdon. Cena!? Senza rendermene conto si era già fatto buoi, in effetri non avevo idea di che ore potessero essere. Ci sediamo nel divano che risulta di fronte la televisione. Il silenzio di Clove mi preoccupa. Langdon accende la tv e ci fa vedere le foto di un ragazzo e di una ragazza. «-Marvel e Glimmer. Sono i tributi del distretto 1. Favoriti da Capitol proprio come voi d'altronde. Dovrete farveli alleati quando si é in gruppo si uccidono più avversari!»- riprende fiato- «non hanno un'abilità in particolare, sanno cavarsela sempre e comunque sono bravi combattenti.» Va avanti cosí per mezz'ora dandoci informazioni sui tributi di tutti i distretti che dovremmo affronatre e facendoci vedere le loro foto. «- Lei é la ragzza del 12, quest'anno non siete gli unici volontari.»dice. «-Qualche domanda?» «-Si.»-dice in tono secco Clove-« se dovessimo arrivare alla fine, solo io e Cato, cosa divremmo fare?» «- Come non te lo hanno insegnato?! O lottate fiché uno non uccide l'altro, o uno dei due si fa fuori. La tua domanda é molto stupida!.» Stringo i pugni. Non deve parlarle in modo cosí brusco. Lui nota che sono irritato. «-Che ti prende ragazzino?» «-Niente.» «-Tutto qui?!»-dice scocciata Clove- «-Ci dai due informazioni messe in croce sugli altri tributi e basta?! Tu dovresti essere qui per aiutarci! Darci consigli su come soppravivere, qual'é il posto migliore dove dormire la notte. Queste cose non ce le ha insegnate nessuno! Ci hanno solo addestrati a uccidere a far soffrire gli altri a non avere nessuna pietà!»-riprende fiato e alza il tono della voce-«- Gli addestratori non sono mai stati là dentro, TU SI! SAI COME FUNZIONE COME VA A FINIRE, COSA SI PROVA. PERCHÉ SONO PIENAMENTE SICURA CHE PER QUANTO POSSIAMO ESSERE SPIETATI E BEN ADDESTRATI, ANDARE AVANTI DOPI AVER UCCISO QUALCUNO NON É COSÌ SEMPLICE DEVI DIRCI COME COMPORTARCI SOCA FARE! Ma tu non muovi un dito, é come se non ti interessasse la nostra sopravivenza. SEI INUTILE.» Quello che succede dopo avviene molto rapidamente. Langdon alle parle "sei inutile" scatta in piedi, va verso Clove e le tira uno schiaffo. Lei cade a terra, sta per tirarle un calcio ma io lo tiro via e lo spintono. Siamo frotnte contro fronte,abbiamo entrambi il respiro pesante. «-FERMATEVI! SMETRETELA! NON C'É BISOGNO DI FARE COSÍ!»- Urla Loran mentre aiuta Clove a rialzarsi. Langdon non le da ascolto. Mi scaraventa contro il muro, sta per tirarmi un pugno quando... Si ferma. Sia aggiusta il colletto della camicia, prende la bottiglia di vino che c'é sul tavolo e dice in tono di sfida: «-Non mi importa della vostra sopravivenza, hai ragione. Non mi interrssa darvi consigli su come sopravvivere al meglio o su cosa fare per farvi ottenere aiuti»- si schiriscea voce-«sono qui solo perché mi danno qualcosa in cambio. Per me potete anche morire» -se ne va. Accompagno Clove nella sua stanza, é silenziosa, ha lo sguardo colmo di rabbia. Aspetto con lei finché non prende sonno.

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Capitolo 3
*** Insicurezze. ***


Clove. Sono le 02:41 esatte. Lo so con certezza perché la sveglia poggiata sul comodino accanto al mio letto proietta l'ora sul soffitto. Ed io mi sono persa nel fissarla già da qualche ora. Cato é rimasto con me finché non ho "preso"sonno. In realtà ho solo finto di addormentarmi. Sapevo che non avrei chiuso occhio, e non volevo che lui rimanesse tutta la notte sveglio per causa mia. Non riesco a dormire. Sono stanca, sono stanca del continuo brusio di pensieri nella mia mente. Penso talmente a tante cose contemporaneamente, e ho una tale confusione, che quasi non ricordo il mio nome. Sento il cervello pulsare, é come se fosse una bomba pronta ad esplodere. Ho una gran voglia di gridare senza apparente ragionr. Ho bisogno che la mia mente faccia silenzio. Anche solo per un secondo, il tempo di riprendere fiato. Sono stanca. Faccio qualsiasi cosa pur di smettere di pensare. Provo a concentrermi sul battito del mio cuore. Per qualche minuto funziona,ma poi eccoli, alcuni pensieri freddi oscuri che tornano a galla nella mia testa. Non posso annegare i miei demoni loro sanno nuotare. Le mie paure, le mie insicurezze. Adesso qui é come se fossi una statua di ghiaccio, non lascio trasparire la minima emozione come se non avessi paura di niente. Ma come sarà nell'arena?. Cosa penseranno di me le madri dei tributi che ucciderò. Penso che mi odieranno fino alla morte. Io lo fare al loro posto. Ogni tanto ho delle fitte al cuore. Come se qualcuno trapassasse con la mano il mio petto , lo afferrasse e lo stritolasse. É talmente realecome sensazione, che sembrerebbe quasi un dolore fisico. Tra una cosa e l'altra si fanno le 5:12. Tra circa un'ora dovrei alzarmi. Oggi ci alleniamo e ci confrontiamo con gli altri tributi. In seguito faremo una dimostrazione pratica delle nostre abilità sotto gli occhi degli strateghi. 5:20, decido di alzarmi. Anche se in realtà avrei un'altra mezz'ora e non di più prima di alzarmi, ma l'idea di stare distesa nel letto e annegare nelle mie paure mi spaventa. I pensieri che mi sormontano sono petinati non mi lasciano in pace. Mi sollevo di colpo e sposto dolcemente le lenziola che mi coprono. Scendo le scale del soppalco dove si trovano le nostre stanze da letto. Noto cha Cato é seduto sul divano, già pronto. Indossa una tuta attillata, a maniche corte, nera con le maniche e i bordi rossi e grigi. Vendendomi scendere scale le sue puoille si dilatano, mi guarda come se fossi una dea scesa in terra. É quasi emozionato nel vedermi. E senza spiccare parola, sia io che lui, ci dirigiamo verso il tavolo già imbantito per fare colazione. Mi siedo a capo tavola, mentre Cato si accomoda alla mia destra. Prendo una fetta di pane abrustolita e croccante, come piace a me, mentre Cato Beve un pò di Té. Faccio per tirare un morso, ma Cato mi interrompe: «-Loran mi ha dato questa tuta. Ha detto che dobbiamo indossarla per oggi, la tua é andata a prenderla.-avvicina la sua testa al mio orecchio e ridendo sussurra- mi prude da morire!» Accenno una piccola risata. E mentre sto per addentare il pane, il mio stomaco di colpo si chiude come un guscio e rifiuta ogni tipo di cibo. Così mi congedo da Cato con un ~Torno subito~ anche se so che non sarà così. Mi alzo dalla sedia e mo dirigo verso il bagno per preparami. Chiudo la porta a chiave e mi fiondo sotto la doccia. Finalmente! Le doccie mi rilassano molto. Credo di aver perso la cognizione del tempo perché, mentre per la millesima volta mi strofino i capelli, mi accorgo che la pelle delle mie dita é ragrinzita al massimo. Cosí capisco che é ora di uscire dal quel mio rifugio di acqua calda. Mentre apro le ante della doccia, tutto il vapore si sprigiona nella stanza facendo appannare lo specchio. Già lo specchio. Chissà perché l'idea di guardarmi allo specchio mi terrorizza. Afferro l'accappatoio blu notte con cui avvolgo il mio corpo. Noto che é molto lungo, mi arriva fino ai piedi, forse, é per il fatto che non sono particolarmente alta. E mentre finisco di asciugarmi le gambe, e alzo il capo verso l'alto, arriva l'inevitabile momento in cui non posso fare a meno di guardarmi allo specchio. L'immagine che vedo é sfuocata a causa del vapore, così con la manica dell'accapatoio strofino lo specchio e vedo una ragazza che mi somiglia ma che non sono io. Vedo una ragazza dagli occhi verdi e i capelli corvini, che sul volto ha una chiara espressione spaventata e preoccuoata. Si, sono preoccupata di quello che dovrò affrontare nell'arena. Il pensiero di dover uccidere qualcuno mi sta divorando dall'interno. Ma non dovrebbe essere così. Quando sarò li, nell'arena, non dovrò avere pietà di nessuno. Dovrò essere impavida, feroce, insensibile, quasi contenta del fatto di uccidere qualcuno per salvarmi la pelle, come mi é stato insegnato. Poi, mi viene in mente Cato. Non riesco minimamente ad immaginare cosa potrebbe succedere se dovessimo rimanere solo io e lui alla fine. A questo pensiero una lacrima riga il mio viso. Mi strofino prepotentemente gli occhi. Uno é particolarmente arrossato e mi brucia,forse per colpa dello shampo. Cotinuo a fissare la mia immagine riflessa per qualche minuto, fiché non noto, quasi con stupore una cosa di cui momentaneamente mi ero completamente scordata. Un'ampio ematoma violaceo campeggia sulla mia guancia sinistra. Non ricordavo che lo schiaffo di Langdon fosse stato così sonoro. Ma forse, ripensandoci lo era stato eccome. Ci aveva messo tutta la forza che aveva in corpo per tirarmelo. Tanto da provocare uno schiocco secco, e da buttarmi a terra. Un'espressione furiosa si forma sul mio viso. Odio con tutto il mio cuore quella chiazza viola nettemente visibile, e messa ancora più in risalto dalla mia pelle molto chiara. La odio perché é un segno di debolezza. E io detesto mostrarmi debole agli occhi degli altri. Guardo ancora, con disprezzo, per qualche istante quella macchia e con un'espressione furiosa mi avvolgo i capelli in un asciugamano ed esco dal bagno. Cato non é più seduto a tavola. In realtà non lo vedo da nessuna parte, così penso che magari é rientrato nella sua stanza a rilassarsi un pò, per quanto possa riuscirci, prima di andare. Percorro nuovamente le scale argentate, e mi dirigo verso la mia stanza. Lego i capelli ancora bagnati in una treccia, infilo la binacheria e poi la tuta attilata nera, rossa e grigia, uguale a quella di Cato, che Loran deve aver poggiato sul mio letto mentre ero sotto la doccia. Sono pronta. Mi siedo in un angolo del letto e comincio a pensare a tutte le mie paure e le mie insicurezze. Sembrerà stupido, ma ho una gran fobia dei ragni e degli insetti in generale. Il solo pensiero delle loro zampette sul mio corpo mi fa venire i brividi assurdi. Non sono una brava arrampicatrice. Non ho paura dell'altezza, ma non sono molto agile nell'arrampicarmi. E questo mi crea un grande svantaggio visto che mi é stato insegnato che i posto alti sono i più sicuri. Sono brava negli scontri a distanza. Sopratutto con i coltelli. Sono abilissima con quelli, sono la mia specialità. Una volta ho centrato, con un coltello lama 7', un coniglio distante 50 metri dritto in mezzo agli occhi. Questa é l'unica cosa "positiva" che mi viene in mente. La mia paura più grande é il senso di colpa. Non so come reagirà la mia mente dopo che ucciderò qualcuno. Ho sentito di alcuni tributi, che per il forte rimorso, si sono tolti la vita dentro l'arena. Oppure di altri che per reprimere le emozioni per ciò che avevano fatto erano diventati feroci, assasini spietati che trovavano uccidere facile come respirare. E io? Cosa finirò? A breve la mia vità cambierà in modo radicale, compiró azioni di cui mi pentiró amaramente, di cui dovrò convivere per il resto della mia esistenza, se sopravviveró. Perché dobbiamo sottometterci? Perché dobbiamo accettare gli Hunger Games? Perché nessuno si ribella? «-Ragazzi é ora!»- i miei pensieri vengono interrotti da una voce che proviene da infondo le scale, probabilmente é Loran. Mi alzo dal letto, e con passo felpato mi dirogo verso lo specchio. Vedo il mio riflesso, e sul mio volto compare la mia solita espressione impassibile che intimorisce molti. ~Vedi di non deludermi~ dico a me stessa. Esco dalla mia stanza, e nello stesso istante che varco la soglia della porta, Cato, mi tira per il polso e mi stringe a se: «-Fai vedere chi sei.» - mi sussurra, e posa delicatamente le sue labbra sulla mia fronte. *** Spazio Autrice. Questo capitolo non mi convince per niente. Lo so, non porta avanti la storia. Ma volevo scrivere un capitolo che si basasse sui pensieri e sulle insicurezze dei personaggio(in questo caso solo di Clove) prima di entrare nell'arena. Mi sono pentita amaramente di non aver scritto questa storia in 3° persona. Ma oramai l'ho iniziata e devo portarla al termine. Scusate la citazione di una canzone dei Bring , ma ho pensato che ci stesse bene (anche se in realtà odio quella canzone, ma quella frase é molto bella.) E ninete, siete ancora pochi , ma sono contenta lo stesso che a qualcuno siabpiaciuta. Fatemi sapere con qualche commento se vi piace o no, o un vostro parere in generale. ~Arna

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