Deliver us from evil

di Greeneyes74
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di nuovo solo ***
Capitolo 2: *** Una nuova vita ***
Capitolo 3: *** La verità ***
Capitolo 4: *** Libero ***
Capitolo 5: *** Scelte e conseguenze ***
Capitolo 6: *** Il confronto ***
Capitolo 7: *** Di nuovo angeli ***
Capitolo 8: *** L’ultima speranza ***
Capitolo 9: *** Fuori controllo ***
Capitolo 10: *** Una luce in fondo al tunnel ***
Capitolo 11: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 12: *** La promessa ***
Capitolo 13: *** La trappola ***
Capitolo 14: *** Di nuovo fratelli ***



Capitolo 1
*** Di nuovo solo ***


Quanto tempo era trascorso da quando era sceso nel sotterraneo e aveva eseguito l’incantesimo che avrebbe dovuto far apparire Crowley di fronte a lui, lo stesso fatto da suo fratello il giorno precedente? Sam non ne aveva idea ed era ancora li, inginocchiato sul pavimento di pietra, aspettando qualcuno che, ormai era chiaro, non sarebbe venuto ad aiutarlo. Se solo si fosse sbarazzato del re dell’Inferno quando ne aveva avuto l’occasione. Ma adesso aveva un motivo in più per farlo, ucciderlo era tra le prime voci nella lista delle cose da fare prima di morire. Sarebbe stato così facile dare tutta la colpa a Crowley per quello che era successo a suo fratello, ma dentro di se era consapevole che anche lui aveva le sue responsabilità. Si, Dean aveva sbagliato a ingannarlo e a permettere ad un angelo di possederlo, aveva sbagliato a mentire, per settimane, non solo a lui ma anche a Castiel e Kevin. Si era arrogato il diritto di decidere della sua vita, senza curarsi delle conseguenze ed ora Kevin era morto e lui avrebbe avuto per sempre davanti agli occhi l’immagine delle sue mani che lo uccidevano. Aveva tutto il diritto di essere arrabbiato con Dean, che non si era neanche reso conto di quanto la sua decisione fosse sbagliata. Non si era scusato ma, anzi, era convinto di aver fatto la scelta giusta e aveva detto che l’avrebbe fatta di nuovo se si fosse ritrovato nella stessa situazione. Sam era arrabbiato con suo fratello, ma questo non giustificava le cose orribili che gli aveva detto, solo per ferirlo, per fargli male come gliene aveva fatto lui. Aveva scelto di colpirlo in quello che aveva di più caro, gli aveva detto che non potevano essere più fratelli, che giocava a fare l’eroe ma che in realtà era un egoista che non pensava a tutto il male provocato dalle sue scelte sconsiderate, che essere una famiglia era stata la causa di tutte loro disgrazie e che, nelle stesse circostanze, non l’avrebbe salvato. L’aveva spinto via, senza provare a spiegargli quello che provava, senza neanche tentare di fargli capire che aveva sbagliato a volerlo salvare a tutti i costi, che non poteva più sopportare che altri soffrissero a causa sua, che altri morissero perché lui potesse vivere. La sera in cui si era liberato di Gadreel aveva lasciato andare via Dean, convinto di essere veleno per le persone vicino a lui, ed in quello stato d’animo il fratello aveva preso su di se il marchio di Caino, ancora una volta senza pensare alle conseguenze, convinto di non avere più nulla da perdere. Sam con le sue parole non aveva fatto altro che rafforzare questa convinzione e alla fine il marchio aveva vinto, trasformandolo in qualcosa che Dean non avrebbe mai voluto essere, come lui gli aveva confessato negli ultimi istanti di vita. Ora suo fratello giaceva immobile, senza vita, nel suo letto, nella sua stanza, e Sam non aveva idea di come fare per riportarlo indietro. Mentre pensava tutto questo, con il viso rigato di lacrime, si alzò e si diresse verso la stanza di Dean. Appena arrivato nel corridoio sentì un odore familiare e sgradevole, zolfo. Affrettò il passo e quello che vide una volta arrivato sulla soglia lo lasciò senza parole. Il letto era vuoto e non c’era nessuna traccia di suo fratello. Corse nella biblioteca, andò in cucina e nel garage, chiamando suo fratello, senza ottenere risposta. L’Impala era lì, dove l’aveva lasciata e tutte le cose di Dean erano al loro posto. Sam aveva portato il corpo senza vita di Dean tra le sue braccia e lo aveva deposto sul suo letto. Era morto, per davvero, ed ora era sparito senza lasciare traccia. Sam si sentiva davvero perso, aveva bisogno di aiuto e non poteva che rivolgersi all’unico amico che ancora gli rimaneva, Castiel. Provò a chiamarlo sul cellulare, ma invano. Quindi tentò con l’unica alternativa possibile, la preghiera. “Cas, mi senti? Sono Sam. Amico ho bisogno che tu venga qui, ho bisogno di aiuto. Dean è morto, è stato ucciso da Metatron, ma il suo corpo è sparito e non ho la minima idea di cosa sia successo. Sto impazzendo qui da solo, per favore vieni il prima possibile. Per favore.”. Cas ed Hannah stavano cercando di ottenere qualche informazione da Metatron, ma lo scriba non aveva alcuna intenzione di parlare. “E’ finita Metatron, tutti i tuoi piani di dominio sono andati in fumo, tanto vale che tu ci dica come restituire le ali agli angeli e riaprire le porte del paradiso. In questo modo il tuo lungo soggiorno in questa cella potrà essere meno spiacevole”. Lo scriba guardo Hannah con disprezzo e disse: “Non vi aiuterò, siete un branco di pecore, incapaci di pensare con la vostra testa e bisognosi di qualcuno che vi guidi. Non meritate di tornare in paradiso ne di riavere le vostre ali”. Cas lo guardò con disprezzo, “Il fatto che tu sia qui, rinchiuso in questa cella contraddice quello che hai appena detto. Gli angeli hanno sentito i tuoi vaneggiamenti dopo che la tavoletta era andata in frantumi e hanno deciso che non meritavi di essere la loro guida. Metatron, troverò il modo di disfare quello che hai fatto e di far tornare il paradiso ed essere quello che nostro Padre aveva concepito. Con o senza il tuo aiuto”. “Beh, buona fortuna Castiel. Credo che dovrai fare in fretta, però. Non ti rimane molto tempo prima che la tua grazia rubata ti consumi”, rispose Metatron con un ghigno malvagio. Cas ed Hannah lasciarono la prigione e, nel momento in cui stavano per entrare nell’ufficio di Metraton Cas udì la voce familiare di Sam nella sua testa. Quando Metatron gli aveva detto che Dean era morto non gli aveva creduto, aveva sperato che fosse solo un modo per distrarlo e ferirlo, ma nel profondo sapeva che era vero. Da quando aveva salvato Dean dall’inferno, da quando aveva toccato la sua anima per riportarlo indietro poteva sentirne la presenza, nonostante i sigilli che aveva inciso sulle sue costole e su quelle di Sam per nasconderli agli angeli. Non poteva sapere dove fosse ma poteva avvertire la sua anima. Ora non più, e ascoltare la preghiera di Sam non fece che confermare quello che già sapeva. “Hannah, devo andare.” “Cosa? Non puoi andartene proprio ora. Non puoi lasciarci così”. Castiel la guardò con dolcezza e le disse, “Ascolta, c’è qualcosa che devo fare, ma tornerò. Tu e gli altri cercate tra i libri di Metatron, tra i suoi scritti. Forse nella sua megalomania avrà lasciato qualche indizio, qualche traccia per capire come agire. Magari può aver lasciato scritto l’incantesimo che ha usato per farci cadere e da lì potremmo partire per creare un contro incantesimo. Dobbiamo provare qualsiasi strada e sperare che ci conduca nella giusta direzione”. “Stai andando ad aiutare i tuoi amici umani non è vero?” Cas annuì. “Beh, in fondo era questa la nostra missione. Proteggere ed aiutare gli umani. Se non lo avessimo dimenticato tutto questo non sarebbe successo. Vai, allora. Noi faremo tutto quello che possiamo qui”. “Grazie Hannah. Tornerò il prima possibile”.

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Capitolo 2
*** Una nuova vita ***


Quando Cas entrò nel bunker lo trovò desolato, avvolto in un silenzio inquietante, le luci spente nella sala della biblioteca. Questo era il luogo che Dean considerava la sua casa. Per la prima volta dall’età di quattro anni, da quando aveva perso la madre e la sua vita di cacciatore aveva avuto inizio aveva una casa, una stanza tutta per lui, un luogo in cui sentirsi al sicuro, con suo fratello accanto. Chiamò Sam, ma il ragazzo non rispose, allora andò nella stanza di Dean e trovò Sam seduto sulla sedia accanto al letto di suo fratello, con ancora le lenzuola macchiate del suo sangue. “Sam, sono venuto appena ho potuto. Dimmi cos’è successo”. “E’ tutta colpa mia Cas. Se non lo avessi spinto via, se non gli avessi detto quelle cose…”. “Smettila Sam, Dean è sempre stato avventato, si sentiva in colpa per quello che era successo con Gadreel e Kevin, e ha deciso di prendere su di se il marchio senza pensare alle conseguenze. Non è colpa tua, è stata una sua decisione. La tua reazione dopo aver scoperto la verità era comprensibile. Ora dimmi cosa è accaduto”. “Dopo che ci siamo lasciati sono andato a parlare con la ragazza riportata in vita da Metraton e lei ma ha detto che lui le aveva sussurrato la sua prossima destinazione. Dean è arrivato lì con Crowley e abbiamo deciso di affrontare insieme Metatron, da soli. Una volta arrivati all’accampamento dei senzatetto, dove quel figlio di puttana si era rifugiato Dean mi ha steso con un pugno ed è andato li dentro da solo. Quando sono arrivato era tardi. Metatron aveva pugnalato Dean, pochi istanti prima che la tavoletta fosse distrutta e lui perdesse i suoi super poteri. Ho provato ad ucciderlo ma lui è scomparso. Volevo portare Dean da un dottore, ho provato ad aiutarlo, ma lui è morto tra le mie braccia. Lo sai quali sono state le sue ultime parole? Sono orgoglioso di noi”. Sam guardò Cas, negli occhi ancora rossi per il pianto solo dolore e disperazione. Cas sedette accanto a Sam e gli mise una mano sulla spalla. “Hai detto che il suo corpo è scomparso. Cos’è successo?”. “Non lo so. Ero nel sotterraneo e stavo cercando di evocare Crowley, ma quel bastardo non si è fatto vedere. Così’ sono tornato qui, Dean era sparito e c’era puzza di zolfo. Cas, com’è possibile?”. “Non credo che Crowley abbia portato via il suo corpo. Non avrebbe alcun senso. Dobbiamo trovare più informazioni sul marchio di Caino, Sam. Penso che in qualche modo il marchio sia la causa di tutto questo”. “Cas, ho cercato per settimane di sapere qualcosa di più sul marchio. Ho fatto ricerche su internet e nella biblioteca del bunker, ma non ho trovato nulla”. “Dobbiamo tentare ancora Sam, dobbiamo cercare in tutti i libri, nell’archivio degli uomini di lettere, nei resoconti sui casi che hanno trattato. Deve esserci qualcosa”. Cas stava ripensando ad una storia che uno dei suoi fratelli gli aveva raccontato tanto tempo prima, quando gli uomini vivevano ancora in capanne di legno. Una storia su Caino e Abele secondo la quale i fatti non si erano svolti nel modo in cui erano raccontanti nella bibbia degli uomini. Una storia che fino a quel momento aveva considerato solo una favola. Non poteva parlarne a Sam, non poteva dirgli che se suo fratello era in qualche modo davvero tornato in vita, non era più lo stesso. Non poteva finché non ne avesse avuto la certezza. L’ultima cosa che ricordava era lo sguardo disperato di suo fratello e le sue mani che lo stringevano. Si sentiva stanco, come qualcuno che si è appena svegliato da un lungo sonno, c’erano buio e silenzio intorno a lui, rotto solo da una voce familiare. “…apri gli occhi Dean, vedi quello che vedo, senti quello che sento. Andiamo ad ululare alla luna”. Non aveva la percezione del suo corpo, non sentiva il suo cuore battere, non sentiva il suo respiro, ma si sentiva vivo. Aprì gli occhi e Crowley era li, in piedi, accanto al suo letto. “Ben tornato, Dean. Ora so che i miracoli accadono davvero”. Dean guardò il demone e vide il suo vero volto, una maschera contorta, un riflesso di uno specchio deformante. Perché lo vedeva in quel modo? Solo gli altri demoni, o gli angeli, possono vedere il vero volto di un demone. Poi i ricordi delle ultime ore gli tornarono tutti alla mente. Era morto, ucciso da Metatron e Crowley gli aveva raccontato la versione completa della storia di Caino. La consapevolezza di ciò che era successo, di quello in cui si era trasformato lo colpì come un fulmine. Si alzò, la prima lama stretta nella mano e corse allo specchio. Il suo volto era sempre lo stesso, ma ora vedeva anche quello che gli umani non potevano vedere. Il volto di un mostro, di una delle creature cui aveva dato la caccia per tutta la vita. Le stesse creature che avevano ucciso sua madre e suo padre e avevano rovinato per sempre le loro vite. Il suo peggiore incubo era divenuto realtà eppure lui non provava nulla, se non un senso di libertà. Ora era libero dai sensi di colpa, dai rimpianti e dai rimorsi. Non c’era più nella sua testa la voce di suo padre che gli diceva di proteggere il suo fratellino, non c’erano più giusto e sbagliato, bianco e nero. Per la prima volta si sentiva libero, libero di fare ciò che voleva e andare dove voleva, senza più preoccupazioni, senza più niente che lo trattenesse dallo spiccare il volo. Il mondo era suo e poteva farne ciò che voleva. “Crowley, sei più brutto del solito”. “Grazie. Ma anche tu non scherzi. Se gli umani potessero vedere cosa c’è in realtà dietro quel bel faccino scapperebbero terrorizzati”. “Sai, eri il prossimo sulla mia lista dei mostri da uccidere, ma credo che ormai non sia più valida. Andiamo a divertirci un po’”. Detto questo entrambi scomparvero, lasciando Sam solo nel bunker, in preda alla disperazione.

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Capitolo 3
*** La verità ***


Erano passati dieci giorni da quando aveva perso suo fratello, ma il dolore non accennava a diminuire. Lui e Cas avevano passato ore a frugare trai i documenti del bunker, ma invano. Non c’era nulla sul marchio di Caino che potesse aiutarli, dargli un indizio su quello che poteva essere successo a Dean. Cas aveva anche chiesto a qualche suo fratello più anziano di lui cosa sapeva della vicenda di Caino ed Abele, ma aveva ottenuto soltanto la conferma dei suoi sospetti. Il Dean che conosceva non esisteva più. Ma doveva averne la certezza prima di dirlo a Sam, per cui decise di tentare l’ultima carta a disposizione. Aveva trovato nel bunker un incantesimo di evocazione molto potente, il più potente che avesse mai visto e aveva messo Sam al corrente della sua idea. Dovevano evocare Caino e chiedere a lui stesso cosa aveva fatto il marchio a Dean. Sam era d’accordo, ovviamente. Contrariamente a quello che aveva detto avrebbe fatto qualsiasi cosa per riavere suo fratello accanto. Quando Dean era in purgatorio non l’aveva cercato perché pensava che fosse in paradiso e finalmente in pace. Non l’aveva cercato perché era terrorizzato da quello che avrebbe potuto fare. Aveva imparato la lezione quando aveva liberato Lucifero e scatenato l’apocalisse, come conseguenza della sua ossessione di vendicare Dean, e non avrebbe fatto di nuovo lo stesso errore. Ma ora era diverso. Dean non era in paradiso, non aveva idea di cosa gli fosse successo e non poteva abbandonarlo così. Non senza avergli detto che nonostante tutto quello che era successo, le bugie, l’inganno di Dean e le parole cattive che si erano detti, lui era la persona più importante della sua vita, che sarebbe morto per lui senza pensarci un momento e che sarebbe stato sempre e comunque il suo fratellone. Presero tutto ciò che gli serviva per l’incantesimo e si diressero verso un magazzino abbandonato non lontano. Non sarebbe stato molto prudente evocare il demone più potente mai esistito all’interno del bunker. Disegnarono una trappola del diavolo sul pavimento, e diedero inizio al rito. Dopo qualche minuto sembrava che non succedesse nulla, mai poi sentirono una voce alle loro spalle. “Il minore dei Winchester e un angelo con le batterie quasi scariche. A cosa devo l’onore?”. Si voltarono e videro un uomo sulla cinquantina, vestito in maniera dimessa, con dei penetranti occhi azzurri, gelidi e imperscrutabili. Sam disse, “Sai chi sono, quindi penso che tu sappia perché ti abbiamo evocato”. “Suppongo che sia a causa di tuo fratello, e del marchio che gli ho trasmesso. So che ha portato a termine la sua missione ed ha ucciso Abaddon. Ma non è qui con te, quindi presumo che sia successo qualcos’altro”. “Come se non lo sapessi. Cosa ha fatto il marchio a Dean? Lo stava cambiando e lui non voleva diventare ciò che il marchio voleva che fosse”. “Sai Sam, quando ho incontrato tuo fratello ho sentito subito un’affinità con lui, ho sentito che anche lui era un assassino, come me. Ma lui ha tenuto a precisare che non era come me, che non aveva ucciso suo fratello. Quando gli ho chiesto perché ti aveva salvato mi ha risposto: perché non ci si da per vinti quando si tratta della tua famiglia, mai. Ma tu non eri lì con lui, perché?”. Sam sentì una fitta di rimorso, ma decise di ignorarla. “Questo non ha importanza ora, dimmi cosa è successo a Dean”. “Che tu ci creda o no avevo tentato di metterlo in guardia, ma lui non ha voluto ascoltare. Gli avevo detto che il marchio esigeva un grande prezzo da pagare, ma a lui non interessava, voleva solo uccidere Abaddon”. “Cos’era questo prezzo? Dimmelo”. “La perdita della propria umanità. Il marchio e la prima lama hanno sete di sangue, e se non viene soddisfatta la persona che porta il marchio starà sempre più male, fino a morirne”. “Prima di morire Dean…” “Dean è morto? Ecco perché mi avete evocato. Vuoi sapere che cos’è ora tua fratello”. “Cosa vuoi dire? Lui è morto”. “L’uomo che conoscevi è morto, ma tuo fratello è tornato in vita. Una nuova forma di vita. Il marchio non ti lascia andare, neanche dopo la morte. Tuo fratello ora è ciò che io sono. Un cavaliere dell’inferno”. Sam lo guardò con un’espressione incredula e disperata. “Per quanto possa servire mi dispiace. Quando gli ho trasmesso il marchio non pensavo che sarebbe andata in questo modo”. “No, non può finire così. Ci deve essere un modo per salvarlo”. “Finché avrà il marchio su di se non potrai fare nulla per lui. Il marchio non lo lascerà mai libero”. “Ma tu potresti aiutarlo. Potresti riprenderti il marchio”. “No, non lo farò. Gli ho fatto promettere che quando lo chiamerò dovrà venire da me ed uccidermi con la prima lama. Non posso fare nulla per lui. Ma sento che tu ami veramente tuo fratello, e forse il tuo amore potrà salvarlo. Addio”. “No aspetta…” Ma Caino era già sparito nel nulla, lasciando Cas e Sam in preda allo sconforto. Quindi le storie che avevo sentito erano vere, pensò Cas. “Cas, non può aver detto la verità. Dean non può essere diventato un mostro”. “Mi dispiace Sam, ma purtroppo ciò che ha detto è vero. Ne avevo già il sospetto, ma non potevo dirtelo finché non ne avessi avuto la certezza. Questo è il motivo per cui non posso più sentire la presenza di Dean, la sua anima non c’è più, è corrotta”. “Cas, non possiamo lasciarlo così. Lo salverò. Dovesse essere l’ultima cosa che faccio.” “Sam, farò tutto quello che posso per aiutarti, ma non so quanto tempo mi rimane. Se non troverò un modo per riavere la mia grazia morirò. Devi essere pronto a tutto. Se non riuscirai a salvarlo…” “Lo so. dovrò ucciderlo. So che lui preferirebbe morire piuttosto che essere il mostro che è diventato. Cas, non c’è molto che possiamo fare ora. Torna in paradiso mentre io farò delle ricerche. Devi trovare un modo per riavere la tua grazia, non puoi lasciarmi anche tu. Per poter fare qualcosa per lui dobbiamo prima trovarlo. Penso che sia con Crowley. Quel bastardo la pagherà una volta per tutte”. Tornati al bunker si salutarono con un abbraccio e Cas andò via, diretto verso il paradiso. Sam non si era mai sentito a casa nel bunker, forse perché non aveva nessun ricordo di una vera casa, non sapeva cosa volesse dire averne una. Ma ora che suo fratello non c’era più era così triste e vuoto, senza vita. Pensò che la casa è il luogo in cui risiedono i propri affetti, il luogo dove sta il proprio cuore. Per cui il bunker era la sua casa, quando suo fratello era lì con lui. Non l’aveva capito prima, ma ora giurò a se stesso che sarebbero stati di nuovo insieme. Dean sarebbe tornato a casa e ce l’avrebbe riportato lui.

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Capitolo 4
*** Libero ***


Erano le cinque del mattino e Dean giaceva accanto ad una ragazza che aveva rimorchiato in un bar la sera prima. Era l’alba e lui era rimasto per ore sdraiato accanto a lei, sveglio, perché i demoni non dormono. Ripensò alla sua vita di prima, a tutto quello che lui e suo fratello avevano affrontato, alle tragedie che avevano vissuto ed ai momenti belli che avevano condiviso e non provava nulla. Era come guardare un film, assistere alla vita di qualcun altro, ed in un certo senso era così. L’uomo che aveva vissuto quelle vicende non c’era più. Era morto per mano di un angelo che si credeva Dio, o forse era morto molto tempo prima, quando aveva preso su di se il marchio di Caino. Guardò il braccio destro, sfiorando la cicatrice lasciata dal marchio e pensò che ormai era parte di lui. Non ne sentiva più il potere, non faceva più male. Lo aveva accettato senza più riserve e ora erano una cosa sola e la prima lama un’appendice del suo braccio. La sete di sangue era diventata parte di lui e poteva controllarla senza problemi, dandole libero sfogo quando voleva. Non c’erano più rimorsi, non c’era più la morale a frenarlo, niente lo toccava più, niente e nessuno poteva più ferirlo. Si alzò e iniziò a vestirsi, dando un’occhiata al corpo senza vita della donna con cui aveva fatto sesso e che poi aveva strangolato, guardandola negli occhi mentre la vita la abbandonava e provando piacere nel farlo. Era tornato ai tempi in cui si trovava all’inferno ed era diventato un feroce aguzzino, con la fondamentale differenza che stavolta c’era solo il piacere e non gli insopportabili sensi di colpa che lo avevano accompagnato ogni giorno, per anni. Una volta vestito scomparve per ricomparire nella stanza d’albergo di Crowley, in riunione con i suoi seguaci più fedeli. “Ehi Crowley, sempre impegnato con queste riunioni inutili. Sei il re, dai gli ordini e se qualcuno non li esegue fallo fuori, senza tante chiacchiere”. “Dean, hai veramente un tempismo perfetto. Sto cominciando a pensare che eri meno fastidioso quando andavi in giro per il paese con l’Alce. Certe volte mi ricordi Abaddon. Ok ragazzi, la riunione è finita. Sparite”. “Allora, cosa posso fare per te, Rocky?”. “Ti ho già detto di non chiamarmi così”. “Scusa tanto, siamo un po’ nervosi stamattina? Cos’è, non hai fatto abbastanza vittime ultimamente?”. “Crowley, lo sai, mi chiedo sempre più spesso perché non ti abbia ancora conficcato la prima lama nel cuore”. “Perché sotto sotto mi vuoi bene e siamo una bella coppia di compari. E ti sentiresti solo senza di me”. “Si, va bene. Stavo pensando che dovremmo cominciare a divertirci sul serio”. “Cos’hai in mente, esattamente?”. “Che ne dici di andare a caccia?”. “E cosa vorresti cacciare, se non è chiedere troppo?”. “Cacciatori”. Crowley lo guardò con una punta di curiosità e incredulità. Possibile che non ci fosse più traccia di Dean Winchester nella creatura che aveva davanti? Era un cavaliere dell’inferno ora, e anche se non aveva ancora piena consapevolezza dei suoi poteri, era più potente di lui e Crowley si chiese se potesse diventare una minaccia. Ma ci avrebbe pensato poi, per ora era intenzionato a scoprire cosa avesse in mente. “Sono tutt’orecchi”.

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Capitolo 5
*** Scelte e conseguenze ***


Cas aveva ragione riguardo a Metatron. Nella sua megalomania non aveva potuto resistere alla tentazione di raccontare la sua storia, di raccontare la sua grande impresa, di come aveva cacciato gli angeli dalla loro casa e dei suoi grandi piani per ricostruire il paradiso come lui desiderava e diventare il nuovo dio degli umani. Avevano trovato il plico di fogli, scritto a macchina, in un doppiofondo del cassetto della scrivania dello scriba. C’erano anche l’incantesimo che aveva espulso gli angeli dal paradiso e la trascrizione della tavoletta angelica. L’incantesimo non era irreversibile, come aveva detto Crowley, mentendo. Ora potevano riaprire le porte del cielo, così da permettere a tutte le anime intrappolate nel velo di raggiungere il loro meritato paradiso. Potevano ridare le ali agli angeli e riportali a casa per sempre. Ma c’era un prezzo da pagare, un prezzo che Cas avrebbe scontato in prima persona. Il contro incantesimo prevedeva infatti l’utilizzo della grazia di Cas rimasta. Ridare le ali agli angeli significava che Cas non avrebbe più riavuto le sue e sarebbe morto in poco tempo. Tutto quello che voleva era essere un angelo, ma sembrava che il destino, Dio o il caso avessero deciso diversamente. Se doveva morire almeno sarebbe morto per aiutare i suoi fratelli, pensò. Forse era la giusta espiazione per il male che aveva commesso, quando credendosi Dio aveva ucciso centinaia di angeli e di umani e aveva tradito la fiducia degli unici amici che avesse mai avuto. Doveva però fare un’ultima cosa prima di morire, doveva aiutare Sam a riportare indietro suo fratello. Dal primo momento in cui aveva toccato la sua anima aveva capito di avere di fronte un uomo speciale. Dean gli aveva mostrato un altro modo di essere, gli aveva fatto capire che bisogna pensare con la propria testa e battersi per ciò che è giusto, anche se può costare la vita. Lui aveva seguito il suo esempio, aveva scelto di essere libero e di agire secondo la sua coscienza. Aveva fatto delle scelte, sia giuste che sbagliate, e per quelle sbagliate aveva pagato un prezzo enorme. Ma ne era comunque valsa la pena. Ora l’uomo giusto che aveva salvato dall’inferno era diventato un mostro e lui non avrebbe permesso che rimanesse in quello stato. Avrebbe aiutato Sam a riavere Dean, o ad ucciderlo se fosse stato necessario, ma non l’avrebbe mai lasciato così. “Hannah, preparate tutto quello che serve per l’incantesimo”. “Sei sicuro Castiel? Non potrai più riavere la tua grazia e morirai”. “Non ti preoccupare, troverò un altro modo. Rimettere a posto le cose in paradiso è più importante. E’ il minimo che io possa fare”. “Come vuoi, ma sappi che abbiamo bisogno di te. Non è vero che non sei un leader ed ora ne stai dando un’ulteriore dimostrazione”. Detto questo si separarono e Castiel non poté fare a meno di pensare che proprio ora che cominciava a capire cosa volesse dire provare dei sentimenti, che iniziava a saper gestire le emozioni, a provare empatia verso gli altri, probabilmente sarebbe morto. Ma in fondo era ciò che meritava. Aveva rubato la grazia di un altro angelo, forse il peggiore crimine che si potesse commettere verso uno dei suoi fratelli. Aveva fatto quello che doveva, ed ora ne avrebbe pagato lo scotto. Ogni azione ha delle conseguenze, e lui lo sapeva bene, lui come del resto Sam e Dean.

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Capitolo 6
*** Il confronto ***


Quello che Sam stava scoprendo non gli piaceva affatto. Stava provando a rintracciare Crowley da giorni ormai, pensando che se avesse trovato lui avrebbe trovato anche suo fratello, ma finora non aveva cavato un ragno dal buco. Il figlio di puttana si nascondeva bene. Aveva però trovato una traccia che apparentemente non aveva nulla a che fare con le sue ricerche, ma che il suo istinto gli diceva di seguire. Nelle ultime due settimane erano stati uccisi cinque cacciatori, due dei quali amici di suo padre. Li conosceva tutti e pensò che, ovviamente, anche Dean li conosceva. Era possibile che ci fosse lui dietro a queste morti? Erano stati trovati in un lago di sangue, e chi li aveva uccisi si era preso il suo tempo, torturandoli lentamente. Si ricordò di quello che Dean gli aveva detto dell’inferno, di quando, in lacrime, suo fratello gli aveva confessato che aveva torturato centinaia di anime e fatto loro cose orribili, e che aveva provato piacere nel farlo. Sam si chiese se Dean era diventato di nuovo ciò che era stato all’inferno, senza però ne coscienza ne morale, questa volta. Se era davvero lui il responsabile di quelle morti aveva un motivo in più per trovarlo, per fermarlo. Era terrorizzato al pensiero dell’essere che si sarebbe trovato di fronte. C’era ancora al di là del demone che era diventato il fratello che lo aveva protetto tutta la vita? E lui sarebbe stato in grado di farlo riemergere? Mise da parte questi pensieri, li avrebbe affrontati al momento in cui ce ne sarebbe stato il bisogno. Segnò sulla mappa i luoghi in cui i delitti erano avvenuti e si rese conto che non erano stati scelti in maniera casuale. Chi li aveva commessi stava seguendo un percorso. Un altro cacciatore di sua conoscenza abitava in una città a una cinquantina di chilometri da quella dell’ultimo delitto. Forse si sarebbe rivelato un buco nell’acqua, ma doveva tentare. Decise che sarebbe andato ad appostarsi vicino alla casa della potenziale prossima vittima. Chiamò Castiel. “Cas, credo di avere una traccia. Dei cacciatori sono stati uccisi e ho il presentimento che Dean possa essere coinvolto”. “Sam, ho paura che tu abbia ragione. Ti raggiungo lì il prima possibile. Non fare nulla prima del mio arrivo”. “Non preoccupati Cas, so badare a me stesso”. “Sam non sto scherzando. Se ti troverai davanti Dean non avrai a che fare con tuo fratello, tienilo bene a mente. Per lui sarai solo un altro cacciatore da togliere di mezzo”. Detto questo riagganciarono il telefono. Sam fino a quel momento aveva pensato soltanto a cercare suo fratello. Non l’aveva sfiorato neanche l’idea che, probabilmente, se l’avesse trovato avrebbe avuto solo l’aspetto dell’uomo che era stato per lui non soltanto un fratello, ma anche un padre ed una madre. No, non poteva pensare a questo, ora. Andò a preparare la borsa con le armi e tutto ciò che gli serviva e si diresse nel garage del bunker. Guardò l’Impala con gli occhi colmi di tristezza. Guidarla, da solo, gli riportava alla mente i periodi più bui della sua vita, quando Dean non era con lui. Giurò a se stesso che avrebbe di nuovo viaggiato accanto al fratello, ma senza più vecchi risentimenti, rancori e parole dette con cattiveria a dividerli. Avrebbe avuto indietro suo fratello e gli avrebbe detto che lo perdonava, una volta per tutte, e avrebbe chiesto il suo perdono. Sarebbe stati di nuovo uniti, ma stavolta sullo stesso piano. Non più fratellino da proteggere e guidare e fratello maggiore ossessionato dal bisogno di gestire e difendere ad ogni costo la vita del fratello minore. Accese il motore e partì. Non sapeva cosa l’aspettava, ma l’avrebbe scoperto quella stessa notte. Quando apparve sulla soglia di casa della sua prossima preda era già buio. Si guardò intorno. Dalle case vicine non arrivava nessun suono. Bussò e dopo qualche secondo un uomo sulla cinquantina aprì la porta. Indossava i jeans e una camicia a quadri, la tipica divisa del cacciatore, ed in mano un fucile a canne mozze pronto per essere usato. “Ehi, non è un bel modo di accogliere una vecchia conoscenza”. “Dean Winchester. Una visita inaspettata. Scusa ma ultimamente sembra che si divertano a far fuori noi cacciatori, come sicuramente avrai saputo. Meglio prendere qualche precauzione. Prego accomodati. A cosa devo l’onore?”. “Lo saprai molto presto”. Con un gesto della mano lo fece volare contro il muro, e l’uomo perse i sensi. Quando rinvenne si ritrovò disteso sul tavolo della cucina, mani e piedi legati. Si guardò intorno e vide Dean in piedi vicino a lui. “Che succede? Perché stai facendo questo?” chiese con voce terrorizzata e un’espressione incredula sul volto. “Perché posso, e perché è divertente”. Guardò l’uomo con un sorriso beffardo e, per un attimo, gli mostrò i suoi occhi neri”. “Tu non sei Dean Winchester, sei uno schifoso demone”. “Diciamo che sono entrambi. Ma ora basta parlare”. Estrasse un lungo coltello, di quelli che i cacciatori usano per scuoiare gli animali e iniziò ad affondarlo nel braccio dell’uomo. Quando Sam arrivò la casa del cacciatore era immersa nel buio. Si avvicinò in silenzio, dal retro. Era una notte di luna piena e quindi c’era abbastanza luce da non avere bisogno della torcia. Quando era a pochi metri dalla porta sentì dei gemiti di dolore, che lo misero in allarme. Estrasse la pistola, la preferita da Dean, caricata con proiettili su cui era incisa una trappola del diavolo e accelerò il passo. Non poteva aspettare Castiel, sarebbe stato troppo tardi per salvare quell’uomo. Quando arrivò abbastanza vicino da vedere all’interno gli sembrò che il suo cuore all’improvviso avesse smesso di battere. C’era un uomo disteso sul tavolo, coperto di sangue, con lunghi tagli su tutto il corpo. E accanto a lui suo fratello, o almeno un essere che aveva l’aspetto di suo fratello, con in mano un lungo coltello e un espressione compiaciuta sul volto. “Dean”. Urlò, mentre entrava nella stanza. “Allontanati da lui e posa quel coltello”, disse puntandogli contro la pistola. Dean con un gesto lo scaraventò contro il muro e poi attirò l’arma a se. “No no fratellino, non è carino puntarmi contro una pistola. Grazie per avermela portata comunque”. Sam si rialzò lentamente, ancora stordito dall’urto contro la parte. Guardò l’essere che aveva davanti con un misto di pietà e ribrezzo. “Allora fratello, non vieni ad abbracciarmi? Non sei contento di rivedermi?”. Dean pronunciò queste parole con un sorriso malvagio sul volto. Sam lo guardò negli occhi, ma non vide traccia dell’uomo che conosceva. Fece un passo verso di lui mentre prendeva dalla tasca della giacca il coltello dei demoni. “Dean, lascia stare quell’uomo. Lo so che sei ancora lì, che in fondo sei ancora mio fratello”. “Ti sbagli di grosso, Sam. Quell’uomo pieno di sensi di colpa e di disprezzo di se non esiste più. Dovresti essere contento. Non c’è più il fratellone che si preoccupava sempre per te, che prendeva le decisioni al posto tuo, l’egoista che pur di non rimanere solo avrebbe sacrificato il mondo. Non volevi essere più mio fratello, ora sei accontentato. Sei libero”. “Parleremo di questo un’altra volta. Ora devi venire con me. Non lascerò che tu faccia del male a qualcun altro. Non permetterò che continui a vivere come un mostro”. “Un mostro? Così mi offendi”. Dean cambiò espressione, il viso privo di emozioni, e disse in maniera minacciosa, “Ok. Vediamo se sei in grado di fermarmi”. Sam si lanciò contro di lui, cercando di colpirlo con il coltello in un punto non vitale, ma Dean glielo tolse di mano e lo colpì con violenza sul volto. Sam barcollò all’indietro, con il sangue che colava da una ferita sotto lo zigomo, ma dopo aver raccolto il coltello si lanciò di nuovo contro il fratello, che lo fermò nuovamente e con un calcio lo mandò a sbattere contro la porta. Si avvicinò a Sam e lo tirò su prendendolo alla base del collo, fino a sollevarlo sopra di lui. “Allora, piccolo ingrato bastardo, non sei abbastanza forte per fermarmi, vero? Stavolta sono io ad avere i super poteri. Tu pensi che ora sia un mostro, ma in realtà non mi sono mai sentito così bene. Sono libero e posso fare quello che voglio. Non c’è più nulla che mi trattenga, nemmeno tu”. Mentre gli diceva queste cose stringeva sempre di più. Occhi neri lo fissavano e dal suo viso non traspariva nessuna emozione. “Mi dispiace Dean”, Sam disse con la voce strozzata. “Mi dispiace per quelle cose che ti ho detto, non le pensavo, volevo solo ferirti, come tu avevi ferito me. Fermati, per favore. Non farlo…” . Gli occhi di Dean tornarono del bel verde che li aveva sempre contraddistinti, ma ora erano freddi e privi di qualsiasi emozione, vuoti. “Ti prego Dean”, Sam riuscì a dire, sentendo che ormai stava per perdere conoscenza. Ma per un attimo gli sembrò di vedere un barlume di umanità negli occhi del fratello e Dean allentò leggermente la presa. Per un attimo gli sembrò di scorgere dietro quegli occhi l’uomo che conosceva, ma poi sentì che stringeva di nuovo. “Dean, lascialo andare”, disse Crowley, apparso all’improvviso nella stanza. Dean si girò verso di lui e disse, “Crowley, come mai questa apparizione. Di solito non partecipi alle mie escursioni”. “Molla la presa Dean”. “Cosa te ne importa. Sei sempre stato sulla sua lista delle persone da uccidere. Dovresti essere contento se lo faccio fuori”. “Vedi, mi sono fatto di sangue umano di recente, e sai che ho sempre avuto un debole per l’Alce. Andiamo, troviamo qualcosa di meglio da fare”. Inoltre Sam potrebbe tornarmi utile se dovessi diventare pericoloso. Chi più di lui avrebbe tutte le ragioni per fermarti, pensò Crowley dentro di se. In quel momento arrivò Castiel. “Dean, fermati”, urlò. Dean lascio andare Sam, che cadde a terra, quasi privo di sensi. Cas si precipitò verso di lui, e quando guardò Dean il suo sguardo era un misto di orrore e immensa pietà. “Che c’è. Non ti piaccio più?” . “Mi dispiace Dean”. “E per cosa. Sto alla grande. Sai, pensavo che il tuo vero volto fosse più bello”. “Andiamo Crowley, questi due mi hanno annoiato”. I due demoni scomparvero, lasciando i tre uomini soli, ancora increduli per quello che era successo. “Sam come stai?”. Sopravviverò Cas. Ma credo di avere un braccio rotto”. Cas poggiò due dita sulla sua fronte e lo guarì. Si chiese per quanto ancora sarebbe stato in grado di usare i suoi poteri. “Ti avevo detto di aspettarmi. Ti ha quasi ucciso”. “Si, lo so. Ma Cas, non credo che sarebbe andato fino in fondo. Per un attimo nei suoi occhi ho visto il Dean che conoscevo. Sono sicuro che sia ancora li, da qualche parte. Ora so che possiamo salvarlo”. “Spero con tutto il cuore che tu abbia ragione. Ma la prossima volta non ti permetterò di affrontarlo da solo. Non possiamo consentirgli di fare altro male. Guarda come ha ridotto quell’uomo. Se non fossi arrivato tu l’avrebbe ucciso, come gli altri”. “Cas, devi curare anche lui e cancellargli dalla memoria il ricordo di questa sera. Non possiamo permettere che racconti agli altri cacciatori cosa Dean è diventato”. “Ci penso io. Tu torna al bunker e io ti raggiungerò li”.

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Capitolo 7
*** Di nuovo angeli ***


Dopo aver sistemato le cose con quell’uomo Cas si sentiva sfinito. La sua grazia rubata si stava consumando giorno per giorno e lui con essa, ed era consapevole che non gli rimaneva molto tempo. Prima di andare da Sam decise di tornare in paradiso, per assicurarsi che Hannah avrebbe portato a termine il contro incantesimo e riaperto le porte del paradiso. Trovò lei e molti altri angeli ad attenderlo. “Cosa è successo. C’è qualcosa che non va?”. “Cas siamo pronti per il contro incantesimo,ma prima c’è qualcosa che dobbiamo fare”. Hannah gli porse una fiala che emanava una bellissima luce bianca. “Cos’è?”, le chiese Cas. “Questa fiala contiene un piccola parte della grazia di decine di angeli. E’ per te Cas. Non sappiamo se durerà per sempre, ma per il momento ti salverà la vita”. Castiel la guardò incredulo, senza sapere che cosa fare. “Prendila, per favore, E’ il minimo che possiamo fare. Tu ci hai mostrato la strada giusta da seguire e anche se non vorrai essere il nostro leader tu meriti di vivere”. “Grazie”, disse l’angelo, commosso, non sapendo cos’altro aggiungere. Prese la fiala e la strinse nella mano, frantumandola. La grazia libera dal suo contenitore avvolse Castiel nella sua luce e i suoi occhi si illuminarono di azzurro. Poi con un lampo la luce sparì. Cas si sentiva bene, come non gli succedeva da mesi. Era di nuovo forte, al massimo dei suoi poteri. Hannah gli sorrise con dolcezza e disse, “Bene, ora possiamo portare a termine il contro incantesimo. Misero tutti gli ingredienti in una ciotola e Hannah diede a Cas un foglio con una formula scritta in enochiano. “A te l’onore”. Recitò la formula e versò quello che rimaneva della sua grazia nel contenitore. Gli occhi di tutti gli angeli presenti si accesero di un’accecante luce azzurra e l’ombra delle loro ali, di nuovo intatte e bellissime, apparve dietro ad ognuno di loro. L’incubo era finito, ora erano di nuovo dei veri angeli, e stavolta sapevano cosa dovevano fare. Niente più spargimenti di sangue, niente più lotte fra di loro. Avrebbero ripreso la missione cui Dio li aveva destinati, proteggere ed aiutare gli umani, e il paradiso sarebbe tornato ad essere quello che Dio aveva voluto. Prima di andarsene si assicurò che le anime intrappolate nel velo stessero entrando in paradiso.

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Capitolo 8
*** L’ultima speranza ***


Castiel apparve nella biblioteca del bunker, alle spalle di Sam. “Ciao Sam”. Il ragazzo saltò sulla sedia. “Cas, non farlo più, vuoi farmi venire un infarto? Un momento, hai di nuovo le tue ali? Questo significa che il paradiso è di nuovo aperto”. Si alzò è abbracciò Cas, che ricambiò l’abbraccio con gioia. “Sono contento per te, amico. E per quanto riguarda la tua grazia?”. “Non preoccuparti, ho trovato una soluzione, non so se sia permanente ma per ora sto bene. Sono di nuovo un angelo tutto intero”. Si sedette accanto a Sam e gli disse, “Poi ti racconterò cosa è successo, ma ora dimmi, Sam, ci sono novità per quanto riguarda Dean?”. “No Cas. Non sono stati uccisi altri cacciatori, ma Dio solo sa cosa starà facendo ora. Non faccio che pensare a quegli occhi gelidi, al tono della sua voce, privo di qualsiasi emozione. Se non riuscirò a salvarlo non me lo perdonerò mai”. “Sam non è il momento di farsi prendere dallo sconforto, lo salverai ed io ti aiuterò”. “Grazie Cas. Stavo ripensando a quello che ha detto Caino riguardo al marchio, al fatto che non lascerà mai andare Dean. Se non riusciamo a toglierglielo non potremo mai salvarlo”. “Si, hai ragione. Soltanto una volta che avremo liberato Dean dal marchio potrai usare la cura che hai sperimentato su Crowley su di lui. Anche se…” Cas si interruppe. “Cosa?”, gli chiese Sam. “E’ solo una pensiero che mi è venuto in mente. Crowley sembrava soffrire fisicamente quando gli iniettavi il tuo sangue?” “Forse un po’ all’inizio, con le prime due o tre dosi, poi però la cura ha avuto effetto solo sulla sua anima, se così si può definire il fumo nero di cui è fatto un demone”. “Crowley è un demone che possiede un corpo umano non suo. Dean invece è un demone nel proprio corpo ed ho paura che la cura avrà effetto anche su di esso, non solo su quella che era la sua anima prima di essere corrotta”. Sam lo guardò, perplesso. “Non ti seguo, cosa vuoi dire?” “Voglio dire che il suo corpo è il corpo di un demone, non di un umano posseduto. Ho paura che la cura gli procurerà anche un fortissimo dolore fisico. Non sarà un bello spettacolo. Se il suo corpo una volta completata la cura dovesse cedere sarò li con te per aiutarlo, ma non sarà piacevole vederlo soffrire in quel modo”. “Mi hai dipinto un quadro molto incoraggiante, Grazie Cas. Spero davvero che ti sbagli”. “Anch’io Sam. Anch’io”. “Comunque a questo penseremo quando sarà il momento. Prima dobbiamo trovare un modo per liberarlo dal marchio. Possiamo escludere l’ipotesi che ci rinuncerà spontaneamente. E anche se così fosse dovrebbe passarlo a qualcun altro e non possiamo certo permettere che si crei un altro cavaliere”. “Si, hai ragione. Il problema è che non ho idea di come fare per rimuoverlo”. “Forse Crowley potrebbe saperlo”, disse Sam, “Ma certo non ce lo dirà di sua spontanea volontà”. “E’ vero, almeno per ora sembra molto contento del suo nuovo compagno di merende, ma non so per quanto ancora”. “Cosa intendi dire, Cas?”. “Dean è un cavaliere dell’inferno, quindi più potente di Crowley, e sappiamo bene che non ha mai avuto un carattere mite. Ora sarà più rabbioso e avventato che mai. E’ solo questione di tempo prima che si stanchi del modo di fare di Crowley e cerchi di prendere il sopravvento. Credi davvero che abbia impedito a Dean di ucciderti solo perché ha una cotta per te?” “Ma smettila, non ha una cotta per me”. “In ogni modo, penso che ti abbia protetto perché potresti tornagli utile per fermare Dean nel caso in cui gli si rivoltasse contro”. “Non ci avevo pensato, ma credo che tu abbia ragione. Ok, qual è la prossima mossa?” “Io vedrò se riesco a trovare Crowley. Tu dovresti riposarti un po’ e mangiare qualcosa. Hai un aspetto orribile”. “Grazie, sei molto gentile”. “Voglio solo dire che così non aiuti nessuno e non potrai salvare Dean se non ti reggi in piedi”. “Va bene, hai ragione. Farò come dici”. Appena finito di parlare Cas scomparve davanti ai suoi occhi. Non era più abituato a queste uscite di scena angeliche, ma era contento per il suo amico. Nell’incubo che stava vivendo c’era almeno una nota positiva. Prese la giacca e uscì dal bunker, in cui iniziava a sentirsi oppresso. Voleva fare due passi, schiarirsi un po’ le idee e già che c’era avrebbe preso qualcosa da mangiare prima di rientrare, visto che era quasi ora di cena. Prese la strada più lunga per andare verso il centro abitato e passò davanti ad una chiesetta a cui non aveva mai fatto caso prima. Stava per passare oltre ma sentì il bisogno di fermarsi, e dopo un attimo di esitazione entrò. La chiesa era illuminata solo dalle candele accese di fronte ad un piccolo altare ed era deserta. C’erano una decina di banchi, disposti su due file e l’altare era spoglio, coperto da una tovaglia bianca su cui erano poggiati un vaso con dei fiori e un candelabro a due braccia con le candele spente. Sam sedette nell’ultimo banco e per un po’ stette li seduto, lo sguardo fisso sulla croce appesa al muro dietro l’altare. Non sapeva perché aveva sentito la necessità di entrare in quella chiesa. Si ricordò di quando era solito pregare tutti i giorni. Si sentiva meglio all’epoca, quando lo faceva. Era tutto più semplice. La sua fede gli bastava, perché non sapeva ancora che Dio aveva abbandonato le sue creature e gli angeli erano peggiori dei demoni, salvo rare eccezioni. Dopo tutto quello che aveva visto credere in Dio non era più una questione di fede, perché ormai aveva le prove della sua esistenza. Aveva però smesso di pregare, perché pensava che nessuno l’ascoltasse. Ripensò a quello che gli aveva detto Dean, che non aveva mai avuto fede, tanto tempo prima. Aveva detto che la preghiera era l’ultima speranza per un uomo disperato, e decise di fare un tentativo. Si inginocchiò e disse, “Lo so, è passato tanto tempo dall’ultima volta che ho pregato ma ho veramente bisogno di aiuto. È per Dean, sai cosa è diventato, ed io non ho la minima idea di come fare per salvarlo. So che non è mai stato uno stinco di santo, che ha fatto degli errori e delle scelte sbagliate, come del resto ho fatto io, ma non merita tutto questo. Diventare un demone era il suo peggiore incubo, prima che andasse all’inferno, ed ora si è avverato. Ti prego aiutami a salvarlo. Ci hai già salvato, in passato, quando ci hai messo su quell’aereo dopo che avevo lasciato libero Lucifero. Mi hai liberato dalla dipendenza dal sangue di demone e hai riportato indietro Cas più di una volta, perché potesse aiutarci. Ora ti chiedo di salvare Dean. Ti supplico aiutami a riavere mio fratello e non ti chiederò più nulla”. Chinò la testa e rimase lì, in ginocchio, per diversi minuti. Quando si alzò accese una candela per Dean e la mise tra quelle che ardevano già, di fronte al piccolo altare sormontato da una graziosa icona. Uscì dalla chiesa e si diresse verso la piccola tavola calda dove di tanto in tanto lui e Dean compravano da mangiare. Non sapeva se qualcuno avesse ascoltato la sua preghiera, ma si sentiva un po’ più sollevato, come gli accadeva ogni volta che pregava, tanti anni prima, quando aveva ancora la sua innocenza di ragazzo.

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Capitolo 9
*** Fuori controllo ***


Dean era nella suite accanto a quella di Crowley, a letto con una delle bellissime demoni di cui si circondavano. Non mangiava quasi mai e beveva raramente, e solo whiskey di prima qualità ora, ma la passione per le belle donne sembrava essere rimasta intatta. Crowley entrò senza bussare, provocando la reazione adirata di Dean. Si rivolse alla donna, “Gioia, sparisci, devo fare quattro chiacchiere in privato con il nostro cavaliere”. Il demone esitò, ma lo sguardo che Crowley le lanciò non ammetteva repliche. Avvolse il lenzuolo intorno al corpo e andò nell’altra stanza. Dean si mise i jeans e si alzò. “Spero che tu abbia una buona ragione per avermi interrotto in questo modo, Crowley”. “Cosa ti è saltato in mente di far fuori cinque dei miei demoni più fedeli”. “Ah, è questa la ragione. Gli avevo chiesto di fare un lavoretto per me, ma hanno rifiutato dicendo che dovevano chiedere prima il tuo permesso. Ho cercato di convincerli con le buone maniere ma non hanno voluto collaborare. Mi hanno fatto perdere la pazienza, ed era da un po’ che non usavo la prima lama, così li ho fatti a pezzi”. Crowley lo fissò con uno sguardo carico d’odio. “Brutto psicopatico, non ti azzardare a fare ancora una cosa del genere. Io sono il re e io do gli ordini. Io…”, con un gesto della mano Dean lo zittì, proprio come aveva fatto Caino quando erano andati a casa sua. “Tu cosa Crowley?” Lo prese per la giacca e lo scaraventò contro il muro, il viso contratto dalla rabbia a pochi centimetri dal suo. “Io sono più forte e non hai alcun potere su di me. Sarai re fino a quando io lo vorrò. Quando smetterai di divertirmi assaggerai anche tu la prima lama”. Lo lasciò e gli disse di andarsene. Aprì la porta dell’altra stanza e disse, “Dolcezza, vieni pure. Dove eravamo rimasti?” Crowley lo guardò con rancore e uscì. Questa volta aveva vinto lui, ma non sarebbe finita lì. Pensò che forse aveva fatto un grosso sbaglio a portare Dean con sé, credendo di poterlo controllare e farne un suo alleato. Era convinto che avere dalla sua parte un cavaliere dell’inferno potesse aumentare il suo potere e scoraggiare eventuali ribellioni da parte dei suoi seguaci. Ma ora aveva capito di essersi sbagliato di grosso. Quello era pur sempre un Winchester e dalle sue passate esperienze con loro avrebbe dovuto sapere che non poteva essere controllato. Si, è vero, l’avevo manipolato da quando aveva fatto in modo cha Caino gli trasferisse il marchio, ma ora non c’era più nessuna umanità in lui su cui fare leva. La sua dipendenza dal sangue umano lo rendeva debole e incapace di vedere le cose per quello che erano. Era diventato sentimentale e si sentiva solo. Questa era una delle ragioni che l’aveva spinto verso Dean. Ma tutto ciò doveva finire. Non poteva permettersi di perdere la sua leadership. Proprio ora poi che non aveva rivali, con Abbadon fuori gioco per sempre.

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Capitolo 10
*** Una luce in fondo al tunnel ***


Cas stava facendo tutto quello che poteva per trovare Crowley, e ci era andato molto vicino un paio di volte. Ma era arrivato troppo tardi. In paradiso sembrava filare tutto liscio, per cui poteva dedicarsi a tempo pieno alla sua ricerca. Dopo aver visto Dean la sera in cui avevano salvato la vita al cacciatore non era più riuscito a togliersi dalla mente l’immagine del suo vero volto, una maschera grottesca. Aveva visto centinaia di demoni nel corso della sua lunga esistenza, ma con nessuno di essi condivideva il legame profondo che lo univa a Dean. La sensazione che aveva provato nel vederlo così era un misto di pena, rabbia e dolore. Promise a se stesso che non lo avrebbe lasciato in quello stato. Sapeva che se lui e Sam fossero riusciti a salvarlo, a rendergli la sua umanità, Dean avrebbe dovuto confrontarsi con le cose orribili che stava facendo come demone. I sensi di colpa e il disprezzo di se erano stati parte della personalità di Dean fin da quando era diventato un uomo, ma in qualche modo era riuscito sempre a conviverci. Questa volta però Cas non sapeva se Dean sarebbe riuscito a farlo. In ogni caso, pensò, valeva la pena correre il rischio. Avevano affrontato enormi tragedie e ne erano sempre usciti, malconci ed esausti magari, ma sempre in piedi e pronti ad andare avanti. Sarebbe stato così anche questa volta, doveva essere così. Per quanto la situazione di Dean fosse il risultato dell’ennesima scelta avventata che aveva fatto, prendere su di se il marchio di Caino, non meritava certo di finire così la sua esistenza. Lui e Sam l’avrebbero aiutato ad uscirne tutto intero. Uniti ce l’avrebbero fatta. Erano una decina di giorni che non vedeva il ragazzo, così decise di fare un salto al bunker. Lo trovò chino su alcuni fascicoli, con intorno decine di libri aperti sui tavoli della biblioteca. “Ciao Sam, come stai?” “Ciao amico. Come pensi che stia? Sono giorni che faccio ricerche, ma non ho trovato niente che possa aiutarci a capire come eliminare il marchio. Sto cominciando a pensare che non potrò fare niente per lui, se non ucciderlo. Non sono riuscito a salvarlo dall’inferno, ne tantomeno a riportarlo indietro dal purgatorio ed ora questo. Avrei dovuto capire prima che il marchio lo stava cambiando, avrei dovuto aiutarlo a combatterne l’influenza. Invece gli ho dato la prima lama e l’ho mandato incontro alla sua dannazione. Sono stato proprio un bravo fratello. Cas, se non riuscirò a riportarlo indietro io…” Si sedette, i gomiti poggiati sulle ginocchia e la testa fra le mani, in preda allo sconforto. Castiel sedette accanto a lui. “Sam, guardami”. Il ragazzo alzò la testa, nei suoi occhi solo disperazione. “Non è il momento di darsi per vinto. Riusciremo a salvarlo. Ma per farlo devi essere forte, anche per lui. Ero quasi riuscito a trovare Crowley, sono sicuro che la prossima volta non mi sfuggirà e ci faremo dire tutto quello che sa sul marchio”. “Ammesso che tu riesca a farlo parlare, non sappiamo se potrà aiutarci. Forse non esiste un modo di liberarsi del marchio senza passarlo a qualcun altro. Non lo so Cas, mi sembra di non avere niente a cui aggrapparmi. Siamo in un vicolo cieco”. Cas si alzò e gli mise la mano sulla spalla. “Abbi un po’ di fede Sam. Troveremo un modo. Te lo prometto”. Andò a sedersi al tavolo vicino e disse, “Sam, perché non vai a fare quattro passi? Prendi una boccata d’aria e comprati qualcosa da mangiare. E’ un ordine. Io continuerò con le ricerche”. “Ok, mamma chioccia. Vado”. Gli rispose accennando un sorriso. Quando uscì dal bunker il sole stava tramontando, non c’era neanche una nuvola in cielo e soffiava una piacevole brezza. Sarebbe stata veramente una serata fantastica se non avesse avuto un enorme peso sul cuore. Si avvio per la solita stradina, e passò di nuovo accanto alla chiesetta in cui si era fermato a pregare un paio di settimane prima. Aveva pregato altre volte dopo quella sera, nel bunker, quando si sentiva preda dello sconforto ed ogni volta si era sentito un po’ meglio. Decise di entrare in chiesa anche quella sera. Questa volta le candele erano accese anche sull’altare e la chiesetta era illuminata dalla luce del tramonto che filtrava da un piccolo rosone posto sopra la porta. Era una luce calda e delicata, che le dava un aspetto surreale e rassicurante. Non sapeva perché ma quel luogo gli dava un senso di pace, gli era successo anche la prima volta, e non sapeva darsi una spiegazione. Non era certo stato un assiduo frequentatore di chiese. Anzi, in realtà non le aveva mai frequentate. Si inginocchiò nel primo banco e iniziò a pregare, cercando di scacciare l’immagine degli occhi neri di suo fratello, anzi dell’essere che aveva l’aspetto di suo fratello, dalla sua mente. Rimase così per diversi minuti, talmente assorto nei suoi pensieri da non accorgersi che qualcuno si era seduto accanto a lui finché l’uomo non mise una mano sulla sua spalla e lo chiamò per nome. Sam si riscosse in un lampo e scattò in piedi, la mano che istintivamente si era mossa verso la pistola che portava nella tasca del giubbotto. Guardò il viso dell’uomo seduto accanto a lui e un mare di ricordi lo sommersero. Si ricordò di quando lui e Dean erano morti, uccisi da due cacciatori, per l’ennesima volta, ed erano andati in paradiso. Avevano incontrato Ash, Pamela e soprattutto un angelo di nome Joshua, che parlava con Dio e che gli aveva detto di arrendersi, che Dio non li avrebbe aiutati più e che l’apocalisse scatenata dagli angeli non era un suo problema. Queste affermazioni avevano minato definitivamente la fiducia di Dean nelle loro possibilità, e lui dal quel momento aveva smesso di pregare perché pensava che tanto nessuno l’avrebbe ascoltato. Ora quell’angelo era lì accanto a lui, in quella chiesetta deserta. “Ciao Sam, è passato molto tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati”. Sam lo guardò con aria incredula e gli chiese, “Cosa ci fai qui?”. “Siediti Sam, non ti preoccupare, sono qui per aiutarti”. Il ragazzo si sedette, continuando a guardarlo con un’espressione che era un misto tra incredulità e diffidenza. “Non dovresti essere così stupito. Dio ha ascoltato le tue preghiere e mi ha mandato qui da te. Non è vero che nessuno ascolta le preghiere degli umani. Il problema è che spesso la risposta non è quella che si vorrebbe”. “L’ultima volta che ci siamo incontrati mi hai detto che Dio era sulla terra a fare non so cosa e che la fine del mondo non lo riguardava. Ora mi dici che vuole aiutarmi. Scusami se sono un po’ confuso”. “Allora dimmi, se pensavi che nessuno ti avrebbe ascoltato perché hai pregato per avere aiuto?” “Perché era l’ultima speranza per un uomo disperato?”. “Io credo che ci sia qualcosa di più. Tu hai sempre avuto fede, Sam, e sai che Dio è intervenuto più di una volta per aiutare te e tuo fratello, ed ora lo sta facendo di nuovo”. “Ti ascolto”, disse Sam, che per la prima volta dopo settimane vide riaccendersi un barlume di speranza. “Sai che il marchio viene da Lucifero, e il suo potere può essere annullato solo da Lucifero stesso o da un potere più forte. Ossia dal potere che deriva da Dio”. Sam lo guardò con interesse, anche se non capiva dove volesse arrivare . “Sulla terra ci sono degli oggetti che racchiudono un potere divino, voi li definite reliquie. Attraverso uno di questi oggetti il marchio, che è una sorta di sigillo, può essere spezzato e il potere che esercita sulla persona che lo porta annullato”. “Quindi dovrei trovare una di queste reliquie e usarla per liberare Dean dal marchio”. “Esatto, ma questo sarà solo il primo passo. Dovrai restituirgli la sua umanità e renderlo di nuovo un uomo”. L’angelo fece per alzarsi, ma poi aggiunse, “Un’ultima cosa. Nonostante ciò che Dean è diventato c’è ancora una scintilla di umanità in lui ed è a quella che dovrai fare appello. Non sarà facile ma solo tu puoi riuscirci, se sarai in grado di mettere da parte il risentimento che provi ancora verso di lui e a far prevalere l’amore che c’è tra di voi. Ah, c’è una cosa che ti appartiene che devo darti. Dammi la mano”. Mise qualcosa sulla mano che Sam gli porgeva, gliela chiuse e disse, “Addio Sam Winchester”. Sam stava per rispondergli ma l’angelo era già scomparso. Apri la mano e vide l’amuleto che da bambino aveva regalato a suo fratello e che era il simbolo del loro legame e della fiducia che riponevano l’uno nell’altro. Dean lo aveva gettato via quando erano tornati dal paradiso e lui si era sentito ferito. Era come se avesse gettato via anche una parte del loro rapporto. Si girò verso l’altare è mormorò un grazie dal profondo del cuore. Uscì e si diresse di corsa verso il bunker.

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Capitolo 11
*** Un aiuto inaspettato ***


Trovò Cas ancora alle prese con i libri e gli raccontò del suo incontro. “Allora, per prima cosa dobbiamo procuraci una di queste reliquie”. Sam disse con un sorriso, il primo vero sorriso che Cas gli vedeva sul viso da quando aveva perso suo fratello, “E non credo che dovremo cercare lontano Cas. Mi sono ricordato che lo scorso anno, quando ero nel mezzo delle prove per chiudere i cancelli dell’inferno Dean si era messo a rovistare negli armadi della stanza accanto alla biblioteca e tra le varie cose che aveva trovato, come i primi numeri della sua rivista porno preferita e la chiave di Oz c’era anche la “lancia del destino”. “Ah, la lancia che trafisse il costato di Cristo sulla croce. E’ una reliquia molto potente”, disse Cas. “Andiamo a prenderla. Dovrebbe essere nella stanza di Dean”. Sam esitò un attimo sulla soglia prima di entrare. Da quando aveva cambiato le lenzuola macchiate del sangue di suo fratello e rimesso in ordine la stanza non ci aveva più messo piede. Aprì la cassapanca ai piedi del letto e frugò tra le scatole che erano al suo interno. Ne prese una lunga una trentina di centimetri, con il coperchio trasparente ed al suo interno la punta di una lancia di metallo adagiata su una stoffa di velluto cremisi. “Eccola Cas. Non mi ero sbagliato”. “Bene, ma per poterla usare dobbiamo prima trovare Dean”. Uscirono dalla stanza e si diressero nella biblioteca. Ad attenderli, seduto su una delle poltrone, c’era un ospite inatteso. Sam portò istintivamente una mano sul coltello, mentre Cas tese la sua in avanti, gli occhi di un azzurro scintillante, pronto a colpire il demone. Crowley si alzò, agitando con la mano un fazzoletto bianco. “Ehi ragazzi, calmatevi. Sono qui in pace. Riponete l’artiglieria”. “Cosa fai qui Crowley? Sbrigati a parlare finché ne hai la possibilità”, disse Sam con odio. “ Ok, ok, Alce, stai calmo. Sono qui per aiutarti a riavere il tuo fratellone”. “E dovrei crederti perché?”. “Sai, dopo il nostro tête-à-tête in quella chiesa sono diventato sentimentale. Voglio solo riunire la coppia più bella del mondo”. “Si, vallo a raccontare a qualcun altro. Perché sei qui Crowley?”. Cas fece un passo verso di lui, uno sguardo carico d’odio nei suoi occhi. “Va bene, ma tieni a bada il tuo amico, qui. Pensavo che sarebbe stato grande avere dalla mia un Winchester in modalità Darth Vader, ma mi sbagliavo. La versione demoniaca di Dean è una specie di psicopatico lunatico. Era quasi meglio Abaddon”. “Quindi vuoi sbarazzartene, ma è più potente di te e hai paura di ritrovarti con la prima lama conficcata nel petto”. “Beh, più o meno. Allora vuoi riavere indietro il tuo fratellone o no?” “Cosa avevi in mente?” “E’ molto semplice, dimmi dove vuoi che lo porti e te lo consegnerò. Poi sta a te fare il resto”. Si misero d’accordo sul luogo dove Crowley avrebbe dovuto portare Dean. Non appena Sam sarebbe stato pronto avrebbe contattato il demone. Promise a se stesso che una volta finita questa storia avrebbe fatto pagare a Crowley una volta per tutte il male che aveva fatto.

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Capitolo 12
*** La promessa ***


Dean era seduto su una roccia, sul ciglio dell’immensa gola creata nel corso dei secoli dal fiume Colorado e conosciuta in tutto il mondo come Grand Canyon. Era uno degli spettacoli più belli della natura, ma lui non era lì per ammirare il panorama. Quel luogo gli dava un senso di pace. Si supponeva che un demone non provasse nulla, ma ultimamente aveva iniziato di nuovo a sentire qualcosa dentro di sé, che non sapeva bene come definire. Erano sentimenti? Emozioni? Sensazioni che solo gli umani provavano. Ma lui non lo era più, quindi come poteva avvertirle? La prima volta gli era successo quando aveva visto Sam. Mentre lo strangolava lentamente e il ragazzo lo pregava di smettere l’aveva guardato negli occhi e per un attimo aveva di nuovo sentito l’amore che provava per lui nella sua vita precedente. Si era detto che non era possibile, che si era liberato dello scomodo fardello dei sentimenti nel momento in cui aveva riaperto gli occhi dopo essere stato ucciso. Ma poi gli era successo altre volte di provare delle sensazioni simili ed ora non riusciva più ad ignorarle. Non era un demone nel senso tradizionale del termine. La sua anima non era stata corrotta dopo secoli di permanenza all’inferno, ma si era trasformato in quell’essere in poche ore, all’interno del suo corpo. Forse era per questo che viveva queste sensazioni. Mentre faceva queste riflessioni sentì una voce che lo chiamava e si ritrovò ai margini di un bosco, a pochi metri da lui una lapide, un uomo in piedi accanto ad essa. “Ciao Dean, ti avevo detto che ti avrei chiamato”. “Caino, ci si rivede infine”. “E’ arrivato per me il momento di uscire di scena. E tu sei l’unico che può aiutarmi in questo. Allora Dean, pentito di non aver voluto sapere qual era il prezzo da pagare per portare il marchio?”. Dean prese lentamente la prima lama dalla tasca della sua giacca e rispose “Prima di morire lo ero. Avevo capito di aver fatto l’ennesima cazzata. Ma ora… mi sto godendo tutti i vantaggi della situazione”. “Non sono molto convinto di quello che dici, anche se so cosa intendi. Ti avevo detto che eravamo spiriti affini. Sai, ho avuto l’occasione di fare una chiacchierata con il tuo fratellino”. Dean lo guardò con diffidenza. “Tiene veramente a te. Chissà, magari riuscirà a salvarti dal seguire il mio destino”. Si girò verso la tomba, dando le spalle a Dean, si inginocchiò e baciò la pietra della lapide“. Questo era il posto migliore per morire, pensò. Sulla tomba della donna che aveva amato e che, per un po’ almeno, era riuscita a rendergli parte della sua umanità. “Bene Dean, è giunto il momento di mettere la parola fine alla mia esistenza. Buona fortuna”. Dean gli mise una mano sulla spalla e con l’altra affondò la lama nella sua schiena. Caino si accasciò in un lampo di luce accecante. Dean rimase li per qualche istante, guardando il corpo senza vita del primo assassino della storia e si chiese perché avesse voluto morire. Ma poi guardò la lapide e pensò che in fondo lo sapeva.

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Capitolo 13
*** La trappola ***


Un paio di giorni dopo il suo incontro con Caino Crowley andò a cercarlo. “Ciao Dean, è un po’ che non ci si vede”. “Che vuoi Crowley?”, gli disse Dean in tono brusco. “Così offendi la mia sensibilità, potresti essere un po’ più gentile”. “Si, come vuoi”. Andò verso il tavolino del salotto e si versò un bicchiere di whiskey. “Sono qui per un offerta di pace. Il nostro ultimo incontro non è stato propriamente amichevole”. “E cosa avresti in mente?” “Viene con me e lo vedrai”. “E se non ne avessi voglia?” “Andiamo, non fare il guastafeste. È da un po’ di tempo che sei umorale come una vecchia zitella. Vedrai, sarà una bella sorpresa”. “Non mi piacciono le sorprese”. “Questa ti piacerà”. Con uno schiocco di dita da parte di Crowley scomparvero, per riapparire davanti alla porta di un vecchio fienile. Crowley si avvicinò alla porta e l’apri. “Dopo di te”. Dean era un po’ diffidente, ma entrò. Il fienile era illuminato da una vecchia lampada ad olio, il pavimento di terra battuta coperto di paglia. Fece qualche passo avanti e in fondo vide qualcuno seduto su una panca, con le mani dietro la schiena, come se fossero legate e la testa china. Si avvicinò di qualche passo perché l’uomo era immerso nella penombra e non riusciva a vedere il suo viso. Questi alzò la testa e lo guardò. Era suo fratello. “Ciao Dean”. Dean si girò verso Crowley e lo guardò con aria interrogativa. “Ti avevo detto che sarebbe stata una bella sorpresa”. Detto questo svanì. “Che significa tutto questo? Vuoi che finisca il lavoro che avevo iniziato?”, disse rivolto a Sam. “Puoi provarci”. Dean avanzò di qualche passo verso di lui, ma si trovò di colpo incapace di proseguire. Scansò con il piede la paglia sul pavimento e quello che vide non gli piacque affatto. C’era un trappola del diavolo disegnata sotto la paglia. “Maledetto Crowley. Me la pagherai”, mormorò con rabbia. Poi si rivolse a Sam, che nel frattempo si era avvicinato a lui ed era in piedi, ai bordi della trappola. “Allora fratellino, che cosa hai intenzione di fare? Non puoi uccidermi, con il marchio addosso solo la prima lama può farlo. Tanto vale che mi lasci andare e prometto che non ti farò nulla”. “E chi ha detto che ho intenzione di ucciderti”. “Cosa vuoi dire?” “Lo scoprirai presto”. “Te lo dico un’ultima volta. Lasciami andare”. “Non credo proprio”, rispose Sam. Mentre si girava per prendere qualcosa nella borsa che era a terra alle sue spalle. Dean con uno scatto lo raggiunse e strinse la mano attorno al collo di Sam. “Ti avevo avvertito”. In quel momento sentì una presenza dietro di lui. “Lascialo andare Dean”. Dean si girò e disse “Ecco l’angioletto custode, mi mancavi”. Castiel lo guardò con aria minacciosa, gli occhi illuminati di azzurro e l’ombra delle sue ali che si proiettava sulla parete del fienile. Dean sapeva che il suo potere, per quanto forte, non poteva competere con quello di un angelo, e Cas sembrava ritornato più forte di prima. Lasciò la presa e Sam cadde a terra, massaggiandosi la gola. “Ecco fatto. Ed ora cosa hai intenzione di fare?” Cas toccò Dean sulla spalla e gli fece perdere i sensi. “Sam. Ti avevo detto di fare attenzione. Hai portato le manette?” “Si eccole”. Le prese dalla borsa, le stesse che avevano usato per neutralizzare i poteri di Crowley, e le mise intorno ai polsi del fratello. Non avrebbe mai immaginato di dover fare una cosa del genere. “Sai cosa devi fare Cas, portalo dove abbiamo deciso, io arriverò con la macchina. Ho bisogno di un po’ di tempo per pensare. “Va bene Sam. Ci vediamo lì”. Mise una mano sulla spalla di Dean ed entrambi scomparvero. Sam salì in macchina e partì, pensando che se tutto andava per il verso giusto sarebbe stata l’ultima volta che guidava l’Impala senza suo fratello accanto. La sua rabbia nei confronti di Dean era sparita. Certo, pensava ancora che avesse sbagliato ad ingannarlo per farlo possedere da Gadreel, ma ora capiva cosa l’aveva spinto a farlo. Averlo visto morire fra le sue braccia gli aveva provocato un dolore indicibile, forse ancora più grande della prima volta che era successo perché sapeva già come sarebbe stata la vita senza suo fratello. Ora avrebbe fatto di tutto per salvarlo, tranne privarlo della possibilità di decidere per se. Avrebbe sacrificato la sua vita senza pensarci due volte, ma non avrebbe messo in pericolo quella di altri. Come aveva detto a Cas dopo che si era liberato dell’angelo dentro di lui, la sua vita non valeva quella di qualcun altro, e questo era vero per chiunque, quindi anche per Dean. Per quanto il dolore per la perdita di Dean fosse insopportabile non poteva, non aveva il diritto di mettere in pericolo altri per salvarlo. Prima non aveva voluto spiegarlo a suo fratello, non ci aveva neanche provato, ma quando fosse riuscito a riportalo indietro avrebbe fatto in modo di farglielo capire. E pensare che se invece di ingannarlo suo fratello gli avesse detto chiaramente come stavano le cose forse avrebbe dato il suo consenso a Gadreel. Lo avrebbe fatto per lui, come per lui aveva scelto di non finire le prove per chiudere i cancelli dell’inferno. Sam sapeva cosa volesse dire avere dentro di se qualcosa che non si può controllare, qualcosa di malvagio, e aveva giurato a se stesso, dopo il sangue di demone, dopo Lucifero, che non avrebbe mai più vissuto un’esperienza del genere. Eppure era accaduto di nuovo, per mano della persona di cui si fidava di più, della persona più importante della sua vita. Era questo, oltre alla morte di Kevin, che l’aveva sconvolto. Aveva paura di quello che Dean poteva fare per salvargli la vita. Esisteva un limite che non avrebbe oltrepassato? Sperava che ora, dopo aver vissuto anche lui un’ esperienza simile, con il marchio e la sua trasformazione in un demone, Dean avrebbe compreso finalmente quello che Sam aveva provato, e si sarebbe reso conto del male che gli aveva fatto, seppure in buona fede. Mentre pensava a tutte queste cose arrivò alla chiesetta dove, in un certo senso, le vicende vissute in quest’ultimo anno avevano avuto inizio. Gli era sembrato il posto giusto per mettere la parola fine a questo capitolo della loro vita, in un modo o nell’altro.

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Capitolo 14
*** Di nuovo fratelli ***


Entrò. Il sole era già tramontato e all’interno della chiesa niente era cambiato da quando vi era entrato l’ultima volta. C’era ancora la trappola del diavolo disegnata sul pavimento, la sedia su cui era stato seduto Crowley e su cui ora si trovava suo fratello, ancora privo di conoscenza. Sopra l’altare ancora i resti di un crocifisso, di cui rimanevano soltanto le mani e i piedi e che, a dire il vero, era piuttosto inquietante. Castiel era seduto sulla panca, di fronte a Dean. “Allora Sam, sei pronto?” “C’è un ultima cosa che devo fare, poi potremo iniziare. Entrò nel vecchio confessionale vicino alla porta e si inginocchiò, come aveva fatto un anno prima. Dean in quell’occasione era stato così carino da suggerirgli alcune cose da dire. Questa volta non aveva bisogno di suggerimenti. Chiese perdono anche per la morte di Kevin e per quello che l’angelo aveva fatto quando era nel suo corpo, anche se in realtà non aveva nessuna responsabilità, e chiese perdono, di nuovo, per aver deluso suo fratello. Non poteva fare a meno di pensare che la situazione in cui Dean si trovava era, in parte, anche colpa sua. Dopo qualche minuto usci e Dean, che nel frattempo era rinvenuto gli disse, “Fratellino, sei il solito sentimentale. Di tutti i posti che potevi scegliere proprio questo?” Sam non rispose e si avvicinò a Cas, che aveva in mano la scatola con la prima lancia. “Non capisco lo scopo di tutto ciò. Il marchio vi impedirà di curarmi. Ho paura che ti dovrai abituare ad avere un demone per fratello, Sam”. Dean lo guardò con aria di sfida e con un sorrisetto beffardo sulle labbra. “Se fossi in te non ne sarei così sicuro”. Fece un cenno a Cas, che prese la lancia dal suo involucro e si avvicinò a Dean. “Cosa hai intenzione di fare con quella. Lo sai che l’unica cosa che può uccidermi e la prima lama”. “Non ti preoccupare, Nessuno ha intenzione di ucciderti”. Gli prese il braccio destro e tirò su la manica, fino a scoprire il marchio. Con la lancia fece un incisione trasversale sul marchio, che iniziò ad illuminarsi di rosso, come le vene lungo il braccio fino, al dorso della mano. Dean iniziò ad urlare per il dolore, finché la luce lentamente si spense. Si guardò il braccio. Il marchio era sparito. Al suo posto la ferita sanguinante provocata dalla lancia. “Com’è possibile. Come avete fatto?” Ora Dean iniziava ad avere paura, ma non voleva darlo a vedere. Sam nel frattempo aveva preso una delle siringhe e si era aspirato un po’ di sangue. Si avvicinò al fratello che lo guardava con un’aria di sfida e gli iniettò la prima dose. Li per li sembrò che non succedesse nulla. “Forse il tuo sangue non è puro come dovrebbe fratellino. Sei sicuro di aver confessato tutti i tuoi peccatucci? Se vuoi posso suggerirti anche stavolta…” Dean si interruppe bruscamente, il viso contorto dal dolore, e iniziò ad urlare. “Cosa mi hai fatto? Che c’era in quella siringa?” Cas e Sam si guardarono allarmati. Purtroppo l’angelo aveva avuto ragione quando aveva detto che curare Dean non sarebbe stato un bello spettacolo. Fortunatamente dopo qualche minuto il dolore sembrò calmarsi. Era come se gli avessero iniettato del fuoco nelle vene. Quando era all’inferno aveva sopportato sofferenze atroci, per un tempo equivalente a trent’anni sulla terra, ma mai aveva sperimentato un dolore così intenso. Guardò Sam con odio. “Perché non mi uccidi e la facciamo finita? Ti libererai di me una volta per tutte e potrai vivere felice e contento. O forse preferisci vedermi soffrire”. Sam lo guardò con pietà, e si chiese se sarebbe riuscito ad andare fino in fondo. Cas si era allontanato da loro. Era in piedi vicino alla porta. Sam lo raggiunse e disse, “Cas, non c’è niente che puoi fare per lui? Non credo che sopporterò di vederlo così ancora a lungo“. “Mi dispiace Sam, finché sarà un demone non potrò fare nulla, fatti coraggio”. Passarono la prima ora in silenzio. Dean sembrava aver perso la sua baldanza e stava seduto con la testa china. Il dolore era diventato sopportabile, ma era costante. Giunta l’ora per la seconda dose Sam si avvicinò con la siringa. Dean era immobile, finché Sam non arrivò a pochi centimetri da lui. Con uno scatto repentino gli afferrò la mano che stringeva la siringa, facendogliela cadere. Poi gli diede un pugno e lo fece finire a terra a un paio di metri da lui. “ Non ti permetterò di andare avanti. Stai lontano da me”. Castiel intervenne subito e immobilizzò Dean, mentre Sam, che nel frattempo si era rialzato, prendeva delle catene con dei simboli incisi sulla superficie, creati per annullare i poteri dei demoni, e legava le braccia di Dean intorno ai braccioli della sedia. “Tutto a posto Sam?” “Si Cas, sto bene”. Raccolse la siringa da terra e si avvicinò di nuovo a Dean. “Non farlo, piccolo bastardo, o te la farò pagare”. “Mi dispiace”, disse Sam, mentre affondava di nuovo l’ago nel collo di suo fratello. La stessa scena di un’ora prima si ripeté. Stavolta però Sam usci dalla chiesa, chiudendosi la porta alle spalle per attutire il suono delle urla del fratello. Un paio d’ore dopo Dean aveva cambiato atteggiamento e aveva perso tutta la sua spavalderia. Ora lo stava praticamente supplicando di smettere. Sam pensò che avrebbe preferito che continuasse ad insultarlo. Dovette fare appello a tutta la sua forza e determinazione per andare avanti. Alla quinta dose appariva sfinito, ma almeno non sembrava soffrire più così tanto. Non aveva detto una parola nell’ultima ora ed evitava di guardarli. Dopo la penultima dose Dean alzo la testa e, guardando suo fratello, seduto sulla panca di fronte a lui, gli disse “Mi dispiace, Sammy”. Da quando Dean era morto nessuno lo aveva più chiamato così. Guardò il suo viso stremato, e i suoi occhi. Erano di nuovo quelli dell’uomo che conosceva da tutta la vita, capaci di esprimere emozioni più di mille parole. Vide in essi tristezza, disperazione, stanchezza. Ma c’era, di nuovo, anche amore. “E’ tutto ok, Dean”. “No, non è tutto ok. Quello che ho fatto… quello che ti ho fatto..” si interruppe e chinò la testa. Quando la rialzò aveva il viso bagnato di lacrime. “Tu non hai idea delle cose orribili che ho fatto da quando sono… questo essere. Delle persone che ho ucciso, torturato. Come potrò vivere con questo peso? Dovresti uccidermi. Sarebbe un atto di pietà”. “Smettila di parlare così. Ne uscirai fuori ed io ti aiuterò. Abbiamo fatto tutti delle cose di cui pentirci. Rimedierai facendo tutto il bene che puoi”. “Mi dispiace di averti ingannato, Sammy. Ora so che cosa significa essere dominato da qualcosa che non puoi controllare. Non mi pentirò mai di averti salvato la vita, ma ora capisco che non avrei dovuto farlo in quel modo. Non avrei dovuto mentire a te, a Cas e a Kevin. Spero che un giorno potrai perdonarmi. Ti prometto che non ti priverò più della possibilità di decidere della tua vita, anche se vorrà dire che dovrò lasciarti andare”. Questo era tutto ciò che Sam voleva sentire. “Dean, ti ho già perdonato, ma anche tu devi perdonare me”. “No, io no ho niente da perdonarti”. “Invece si. Tutte quelle cose che ti ho detto sul non essere più fratelli, sul fatto che eri un egoista e che se fossi stato tu in fin di vita non ti avrei salvato. Le ho dette per rabbia, perché volevo ferirti e ti ho spinto via. E’ stata anche colpa mia se ha preso su di te il marchio e sei finito in questa situazione”. “No Sam, non ti azzardare a pensare una cosa del genere. Le scelte che ho fatto sono mie e me ne assumo la piena responsabilità. Tu non hai nessuna colpa. Mettitelo bene in testa”. Cas, che nel frattempo era uscito per lasciargli un po’ di privacy, aveva comunque ascoltato tutta la conversazione. Quello che aveva detto a Sam, quando erano da soli nel bunker, dopo che Dean era andato via si era avverato. Se gli angeli potevano cambiare anche i Winchester potevano farlo. Dopo essere stati l’uno nei panni dell’altro quei due ora riuscivano a capirsi. La barriera che avevano eretto tra loro era finalmente crollata, e anche se li aspettavano dei momenti difficili Castiel era sicuro che insieme li avrebbero superati. Era giunto il momento per l’ultima iniezione e Cas rientrò. Sam aveva già prelevato il suo sangue e si avvicinò a Dean, che ormai era a malapena cosciente. Riuscì però a guardare suo fratello negli occhi e gli sussurrò “Grazie. Comunque vada”. Sam aveva gli occhi lucidi e fece un cenno di assenso con la testa. Gli iniettò l’ultima dose e prese il coltello per tagliarsi il palmo della mano. Recitò la formula dell’esorcismo in latino e posò la mano sulla bocca del fratello. Si sprigionò una forte luce bianca dal volto di Dean, che svanì in pochi secondi. Dean aveva perso conoscenza, Sam chiamò Cas, mentre liberava il fratello dalle catene. L’angelo toccò Dean sulla fronte e disse “Sam non ti preoccupare. Starà bene. Dagli qualche minuto”. Quando riaprì gli occhi Dean non disse nulla, si alzò, andò verso suo fratello e lo abbracciò. Entrambi avevano il viso rigato di lacrime. Rimasero così per qualche istante, dopo di che Dean disse, mentre si asciugava il viso con il dorso della mano “Ok, basta così, lo sai che odio queste sdolcinatezze”. Si girò verso Castiel e abbracciò anche lui. “Grazie. Grazie a tutti e due per non esservi dati per vinti”. Sam rispose con un sorriso, “Non ci si da mai per vinti quando si tratta della propria famiglia”. Uscirono dalla chiesa e Sam diede a Dean le chiavi dell’Impala. “Mi sei mancata, piccola”, disse Dean quando vide l’auto. Castiel li salutò e scomparve. Salirono in macchina e Sam disse, “C’è qualcosa che devo darti, Dean”. Mise la mano nella tasca del giubbotto e prese l’amuleto. Quando Dean lo vide non credeva i suoi occhi. “Ma com’è possibile?” “E’ una lunga storia. Poi te la racconterò”. Sam glielo porse, “Sei sicuro Sammy?” “Mai stato così sicuro in vita mia”. Dean lo prese e lo mise intorno al collo. “Grazie”. Accese il motore e partirono. Aveva davanti giorni non facili, avrebbe dovuto confrontarsi con quello che aveva fatto, ma per il momento era felice. Felice di essere di nuovo umano, di assaporare di nuovo le emozioni, piacevoli e non, di essere di nuovo con la sua famiglia. Ora potevano tornare a casa, di nuovo fratelli, di nuovo insieme, finalmente in grado di capirsi e di relazionarsi alla pari. Per la prima volta dopo anni entrambi si sentivano pieni di speranza. Forse, dopotutto, i miracoli accadono davvero.

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