War and Love

di Jiulia Duchannes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La personificazione dei miei sogni ***
Capitolo 2: *** the city is ours. ***
Capitolo 3: *** il ballo ***
Capitolo 4: *** Inizio di una rivolta ***
Capitolo 5: *** Sognavo ciò che desideravo fosse reale, e vivevo ciò che speravo fosse un incubo ***
Capitolo 6: *** Ero un disastro, totalmente sbagliata ***



Capitolo 1
*** La personificazione dei miei sogni ***


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Da piccola sognavo sempre, sempre un principe, un duca, un nobile giovane coraggioso e bello, che mi sposasse, mi amasse, mi facesse vivere un sogno. Sognavo l’amore, vero. Sognavo i baci al tramonto. Sognavo il cuore battere all’impazzata.  Sognavo l’abito bianco. Sognavo i bambini.
Quei sogni infestavano come demoni le mie notti, i miei desideri mi rendevano folle, facile da ingannare con qualche frase fatta. Avrei creduto ad ogni bugia, pur di essere amata.


Era il 1775, e in America l’odore di un imminente rivolta verso gli inglesi si poteva fiutare ovunque. In quell’anno di rivoluzioni, battaglie e subbugli, la mia vita prese una piega inaspettata, realizzando i miei desideri, da una parte, distruggendoli, dall’altra.
All’ora ero un ingenua 15enne, figlia di un ricco nobile imparentato in qualche contorto modo alla nobiltà inglese.

Mio padre Sr Edward Clark Mitchell, era sempre stato un fedelissimo nei confronti della corona inglese, tanto che quando successivamente scoppiò la guerra non ci pensò due volte e si unì gli inglesi per fermare la rivolta, le battaglie che ormai si erano propagate in tutto il paese.
Era un uomo ottuso, mio padre. Non credeva che l’America potesse essere libera, che l’America avesse il diritto di essere indipendente dagli inglesi.


In quell’anno conobbi James  David Diamond, la personificazione di tutti quei sogni che tanto mi ossessionavano all’epoca. James era quanto di più simile alla perfezione avessi mai potuto ammirare. I suoi lineamenti dolci, il naso diritto, gli occhi di un marrone profondo, ipnotico, il viso ovale, il fisico tonico, i capelli sempre curati costituivano solo la parte più superficiale dell’irreale perfezione che era per me quel giovane. James, con tutti i difetti possedeva, riusciva a farmi bruciare dentro, un tipo di bruciore piacevole, come quello del sole sulla pelle. Riusciva a farmi sorridere tra le  lacrime, a farmi sentire libera anche rinchiusa nella gabbia che era la mia vita. Riusciva a farmi sentire felice nonostante al di là del mondo magico che c’eravamo creati  si stesse combattendo una guerra, che presto sarebbe entrata a far parte della nostra quotidianità come un fulmine nell’azzurro cielo estivo.


Era un giorno estremamente caldo, ed io non riuscivo più a resistere all’interno del mio pomposo vestito da pic-nic, così scomodo ed imbottito. Il corpetto non mi lasciva modo di respirare correttamente, la lunga gonna mi faceva inciampare sui miei stessi piedi.
Come ogni domenica la famiglia Mitchell al completo, con servitù e quant’altro, si dirigeva verso quel ammasso di alberi vicino casa loro, che pretendeva di essere chiamato bosco.

Già, odiavo quel posto, odiavo i nostri pic-nic che a parere di mia madre, Elizabeth Alice Mitchell, non erano altro che un imperdibile occasione di passare del tempo in famiglia immersi nella natura.
Mi sedetti sull’erba, ignorando come sempre i rimproveri di mia madre e gli inviti di mio padre a sedermi con loro, a tavola.
Come se in un pic-nic si dovesse portare un tavolo.

Mio fratello   maggiore Logan se ne stava solo sulla riva del piccolo lago, unico vero paesaggio pittoresco del nostro bosco personale.
A lui mia madre e mio padre non dicevano mai nulla, abituati ai suoi silenzi e il suo comportamento antisociale nei loro confronti.
Quando la sera Logan si ritirava nelle sue stanze i miei genitori si lamentavano di quanto poco parlasse, di quanti pochi amici avesse mio fratello e del fatto che nonostante avesse compiuto 17 anni non avesse ancora deciso di sposarsi, e non avesse interesse per le donzelle che spesso chiedevano di quel bel ragazzo misterioso che era mio fratello.

Logan non era mai stato particolarmente loquace se non con le persone con le quali condivideva le stesse opinioni e gli stessi ideali. Evidentemente i miei genitori non rientravano in questa categoria.

Non sapevano, a differenze mia, che Logan aveva intenzione, non appena sarebbe scoppiata la rivolta che lui aveva sempre previsto, di arruolarsi nelle truppe americane, per aiutare i soldati con la sua conoscenza a dir poco smisurata della medicina. Non osavo immaginare cosa sarebbe accaduto alla mia famiglia. Si sarebbe come divisa in due. Mio padre con gli inglesi da una parte, mio fratello con gli americani dall’altra.

La perdita di uno qualsiasi dei due schieramenti avrebbe portato, in ogni caso, un lutto nella nostra famiglia. Era sicura che dopo il tradimento di  mio padre non avrebbe minimamente provato a salvarlo e, d’altro canto mio padre non sarebbe stato salvato da Logan che per motivi a me sconosciuti provava un rancore nei confronti di nostro padre che andava al di là di ideologie e opinioni contrastanti.

Mi sedetti accanto a lui, passando una mano tra i capelli scuri. Lui mi fissò con curiosità, stupore, attraverso le iridi marroni.
Io gli sorrisi, senza dire nulla, godendomi solo la sensazione delle braccia di mio fratello che avvolgevano il mio corpo, così piccolo e gracile rispetto al suo.

-Sai ho conosciuto un ragazza- Mi sussurrò a bassa voce-Ma non voglio che nostra madre ne tantomeno nostro padre lo sappiano-
-Chi è?- Domandai curiosa
-Si chiama Camille Roberts. E’ la figlia di un mercante, sai lei è molto bella- Mi rispose fissando il vuoto
-Come l’hai conosciuta?- Chiesi desiderosa di sapere ancora
-Amici in comune- Tagliò corto lui
-Mi è possibile sapere chi sono questi amici?- Insistetti.
-Kendall Knight, lo rammenti no? Lui sposerà presto Jo Taylor, lontana cugina di Camille. Due settimane fa Kendall mi ha portato a conoscere questa Jo di cui mi parlava spesso,  e lì ho incontrato la bella Camille- Spiegò Logan sorridendo.
-Ricordo Kendall, come potrei dimenticare i tuoi amici?. Da piccola mi incantavo a fissarvi giocare, mentre io era costretta a stare in casa, da sola. Ora che ci penso non ho nemmeno mai parlato con uno  di loro- Cercai di non far sembrare la mia frase un rimprovero nei confronti di Logan per la mia infanzia solitaria, fallendo pateticamente. In realtà il rancore che da piccola provavo per mio fratello ogni tanto tornava a galla, senza nemmeno che lo volessi.
- Mi dispiace Karen, io non avrei mai voluto lasciarti sola, solo non capivo allora come ti sentissi- Si scusò mi fratello stringendomi più forte a lui
-Non è colpa tua Logie, ma sappi che io sono ancora sola. Non ho amiche, nessuno a cui confidare i miei pensieri, i miei sogni e desideri. Non ho nessuno su cui piangere, nessuno Logan-

Logan si guardò attorno, fissando per qualche secondo nostra madre gustare il suo the e nostro padre sonnecchiare.
-Vieni con me- Disse prendendomi il polso e trascinandomi tra gli alberi.
-Dove mi stai postando Logan?-Chiesi ansimando per la corsa, mentre rallentavamo.
-Ora stai per vedere una cosa Karen, una cosa che non dovrà sapere nessuno chiaro? Farai parte del nostro piccolo segreto, non sarai più sola, ma devi promettermi che non lo rivelerai ad anima viva- Logan mi scrutò, io sorrisi e annuii, curiosa di scoprire quale fosse il segreto e con chi lo condividesse.

Camminando, aiutata da Logan per non inciampare, sentii una voce maschile. Cantava una canzone lenta, strana oserei dire, così diversa dalle liriche che ascoltavamo. Era lenta, melodica, e le parole erano scandite perfettamente così da poterne capire il significato

Oh, when the lights go down in the city
You'll be right there shining bright
You're a star and the sky's the limit
And I'll be right by your side
Oh, you know, you're not invisible to me
Oh, you know, you're not gonna be invisible, cantava la melodiosa voce.


Arrivammo in una radura, scorsi un giovane, alto, biondo, che cantava tenendo dolcemente le mani ad un'altra ragazza, anch’essa bionda, graziosa.
-Kendall- Salutò Logan, interrompendo il dolce momento di Kendall e quella giovane che avevo intuito essere Jo Taylor.
-Logan, quale tempismo. E lei sarebbe?- Chiese Kendall guardandomi curioso.
-Sono Karen, Karen Jane Mitchell, la sorella di Logan- Mi presentai con un piccolo inchino.
-Così tu saresti la sorellina di Logan-
-E voi dovete essere Kendall Knight, uno degli amici di mio fratello- Dissi per poi rivolgermi alla ragazza-E voi dovete essere Jo Taylor, la sposa di
Kendall, sapete Logan mi ha parlato di voi, ma soprattutto di vostra cugina Camille Roberts-
Vidi il viso di Logan tingersi un leggero rosso.
-Non darci del voi, siamo amici- Kendall mi sorrise.
-James, Carlos e Camille?- Domandò Logan.
-Non sono ancora arrivati come puoi ben vedere. James e Carlos sarebbero passati a prendere Camille- Spiegò Jo

Pochi minuti dopo, minuti nei quali Kendall,Logan e Jo mi spiegarono che il segreto dei ragazzi consisteva nella musica, Infatti mio fratello ed i suoi amici avevano un “gruppo” nel quale si dilettavano a scrivere musica “moderna”, come quella che avevo udito intonare a Kendall, James, Carlos e la famigerata Camille arrivarono.

Logan sfoderò un sorriso che raramente gli avevo visto in volto verso una giovane dai lunghi capelli castani ordinatamente legati. Logan aveva ragione a dire che Camille era una bella ragazza.
Posai il mio sguardo sui due accompagnatori della ragazza.

Il primo era Carlos Garcia, un ragazzo d’origini sud americane. Era bassino, dai lineamenti delicati ed il volto che trasmetteva simpatia al primo sguardo.

Dall’altro lato c’era James. Ricordo che non appena lo vidi rimasi incantata pensando che lui fosse sicuramente il principe di tutti i miei sogni.
James mi fissò di riamando per alcuni istanti, poi spostò lo sguardo interrogativo verso Logan, il quale mi presentò agli altri membri.

Quella fu la prima volta che parlai con James David Diamond, in un bosco poco lontano da casa mia, che avevo sempre odiato, circondata da sconosciuti che sarebbero divenuti la mia grande famiglia. Quella fu la prima volta che parlai con James David Diamond, quello fu il giorno in cui i nostri destini s’intrecciarono.

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Capitolo 2
*** the city is ours. ***




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-Cosa c’è mia piccola Karen? Hai per caso paura di me?-  Mi domandò James avvicinandosi a me beffardamente. Io sentivo le guance tingersi di rosso, le mani divenire improvvisamente più sudate e gli occhi abbassarsi automaticamente per evitare lo sguardo del giovane di fronte a me.

-No- Dissi in un sussurro io.
-Sicura?- Insistette continuando ad avvicinarsi
-Si- Affermai con voce sempre più tremante.
-Ed ora?Ora hai paura- Riprovò alzandomi il capo delicatamente così che potessi guardarlo negli occhi.
-Sme..smettila ti prego- Bisbigliai
-Perché  Karen? Hai paura? Di cosa?- Sussurrò il moro avvicinando il suo viso sempre più al mio.
-Non ho paura di te-Continuai ad affermare anche se poco convinta.

In realtà non avevo paura di lui in se, ma di quello che di li a poco sarebbe accaduto. La sola idea mi faceva sentire strana, anche se una parte di me non vedeva l’ora che accadesse.

Quando la sua mano si posò sul mio fianco, un po’ per avvicinarmi, un po’ per non farmi scappare, i brividi mi scossero completamente.
-Stai tremando- Constatò, sorridendo, così vicino alle mie labbra da poter sentire il suo respiro, mentre io trattenevo, troppo presa dall’ansia per ricordarmi di respirare, il mio.
-James- Lo chiamai. Volevo solo che quella situazione finisse, non importava come, volevo solo che finisse.

Lui inclinò il capo e mi posò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Chiuse gli occhi, e lentamente avvicinò le sua labbra alle mie.

Quando sentii le sua labbra morbide contro le mie, muoversi lentamente, non potei più resistere. MI spinse violentemente contro un albero, ma non mi feci male.
Passai una mano tra i capelli lisci di lui, mentre l’altra carezzava il suo collo. Lui strinse di più i miei fianchi, questa volta non per paura che scappassi, semplicemente per sentirmi vicina. La sua mano arrivò fino alla mia schiena. La accarezzò, mentre le  nostre bocche si muovevano assieme, quasi ballassero. Ero a corto di fiato, eppure non avevo la minima intenzione di staccarmi da lui, era come su lui fosse l’ ossigeno di cui necessitavo.
Proprio in quel momento mi sentii osservata. Mi staccai lentamente da un James alquanto confuso.
Fu allora che vidi Logan. Mio fratello mi chiamava-Karen Karen-

Aprii gli occhi per ritrovarmi nel mio letto sovrastata dall’imponente figura di Clarisse, la donna che sin da quando ero piccola si era occupata di me

-E’ ora di alzarsi signorina Karen-Mi disse gentilmente Clarisse. Era una donnona paffuta, dai capelli biondi che mai avevo visto sciolti, e gli occhi color ghiaccio che però trasmettevano un calore inaspettato.

Fissai il vuoto per alcuni istanti conscia che quel  che avevo vissuto con tanta passione non era altro che un sogno. Eppure mi era così difficile crederlo. Il sapore delle labbra di James sembrava così vero. Mi portai un pollice sulle labbra e carezzai il punto in cui avevo immaginato le labbra del giovane Diamond.

-Signorina Karen? Si sente bene?-Domandò la domestica preoccupata dal mio silenzio
-Si..Non si preoccupi Clarisse- Sussurrai.

Era passata una settimana da quando avevo conosciuto gli amici di mio fratello. Una settimana in cui ogni giorno io Logan saltavamo i nostri impegni per avventurarci nel bosco ed incontrarci lì, in quella radura, dove tutto era cominciato.
Avevo scoperto grandi cose su mio fratello, grandi cose sui suoi “fratelli”, come li chiamava lui, una di queste era che erano tutti degli incredibili cantanti, e si divertivano a creare un genere musicale nuovo, che andava contro ogni concetto di musica presente all’epoca.

Carlos era il più allegro del gruppo, i suoi comportamenti mi ricordavano quelli di un bambino, così dolce e iperattivo. Suo padre era il proprietario di una locanda in città, che spesso riforniva la nostra famiglia di vivande. Quando la madre di Carlos, la signora Garcia, veniva a consegnare il cibo portava anche il piccolo Carlitos con se. Così divennero amici lui e Logan. Con il passare degli anni e l’ avvicinarsi dell’entrata di Logan nella società mondana  i  miei genitori avevano ordinato che Logan smettesse di frequentare la famiglia Garcia. Un nobile non poteva certo essere amico di un locandiere.

 Kendall era invece orfano di padre, morto quando lui aveva 11 anni. Sua madre si risposò un anno dopo con un famoso compositore, il quale portò la famiglia ad essere una delle più ricche, attraverso i suoi guadagni a dir poco esagerati e che spesso la mia stessa famiglia pagava per esibirsi nella nostra enorme villa, o castello, o minuscola reggia che dir si voglia. Logan si annoiava da bambino ad ascoltare quella musica incomprensibile per lui, così, ricordo bene, che sgattaiolava via, per giocare con Kendall e Carlos. I nostri genitori avevano sempre adorati Kendall e la sua famiglia.

La sua fidanzata Jo era divenuta una mia grande amica, nonostante fosse più grande di me, allo stesso modo sua cugina Camille per la quale però provavo meno simpatia a causa degli sguardi e dei sorrisi che si scambiavano lei e Logan. La verità era che ero tremendamente gelosa di mio fratello. Sia Camille che Jo erano figlie di due mercanti mediamente ricchi.

Poi c’era James, mi era bastato qualche giorno per inquadrarlo . Lui era il bello del gruppo, il più fisicamente perfetto. Era esageratamente ossessionato dai suoi capelli, che dovevano essere sempre in ordine, aveva persino un pettine fortunato, e il suo aspetto doveva sempre essere impeccabile. Era vanitoso, anche molto direi, ma verso Logan ed i ragazzi era  dolce, gentile, protettivo. Non conoscevo le sue origini, la sua famiglia, a differenza degli altri non ne parlava mai. Sapevo solo che  per qualche motivo, come Kendall e Carlos aveva conosciuto Logan, ed erano divenuti tanto amici da potersi considerare come fratelli

Guardando lui ed i ragazzi vedevo l’amicizia e ciò che realmente significava. Vedevo l’amore nei loro occhi, un amore fraterno, un amore vero come quello che provavo io per Logie.

Mi fermai a fissare la mia figura riflessa allo specchio . I capelli scuri erano liberi sulle spalle, facendo risaltare la mia pelle diafana. Il lungo vestito rosa metteva in risalto i miei fianchi e avvolgeva completamente il mio corpo.

-Karen siamo in ritardo- Mi chiamò Logan

Scesi  frettolosamente le scale, quasi inciampando nel tappeto rosso.

Ci dirigemmo alla radura, e una volta arrivati, ci accorgemmo di essere i primi.
Pochi minuti dopo arrivò anche James.Non appena lo vidi il mio cuore fece il triplo salto mortale. Il sogno, la sensazione delle sue labbra contro le mie, delle sue mani grandi carezzarmi la schiena, dei suoi capelli setosi tra le mie dita, erano qualcosa di troppo bello e troppo vivido nella mia mente per far finta che non fosse accaduto nulla. In realtà non era accaduto assolutamente nulla, ma per me, per me quella mia scena immaginaria era stata qualcosa di vero,di intenso, mai provato prima.

-Salve-Ci salutò Diamond sfoderando uno di quei suoi sorrisi affascinanti che tanto gli venivano spontanei.
-Ciao. Dove sono gli altri?- Chiese Logan che credeva invece di essere in ritardo.
Io non salutai, semplicemente fissai  l’albero su cui mi aveva violentemente  spinta James baciandomi nel mio sogno.
-Cambio di programma. Abbiamo deciso di andare in città, visto che assieme a Karen non vi siamo mai stati pensavamo che sarebbe stato bello mostrarle la città da un'altra angolazione.  La città è nostra per oggi- Spiegò James spostando lo sguardo verso di me, aspettando che dicessi qualche cosa o dessi un cenno di vita. Io non lo feci, mi limitai a continuare a fissare l’albero mentre frammenti del sogno mi rivenivano alla mente, tanto reali che mi venne in mente l’idea di chiedere al giovane Diamond se fosse accaduto.

-Stai bene Karen?-Mi chiese Logan con un cipiglio di preoccupazione.
-Si..io..stavo solo pensando- Risposi sorridendo fintamente.
-Allora che ne pensi della nostra idea?- Domandò James
-Mi piace- Ammisi, il che era vero, andare in città con qualcuno che non fossero le domestiche mi emozionava alquanto.

Quando arrivammo a casa di Camille nel mezzo della città ci ricongiungemmo agli altri ragazzi.
Camminammo per le vie della città abbastanza silenziosamente.

Kendall teneva la mano a Jo, per sottolineare il fatto che fosse sua, e fermare gli sguardi dei giovani paesani che la scrutavano da capo a piedi.

Logan chiacchierava sottovoce con Camille destando spesso le risa di entrambi. Non mi piaceva quella loro vicinanza, sembrava che Logie si fosse totalmente scordato della mia esistenza. Volevo bene a Camille ma non la volevo con Logan. Tutto qui.
Non sapevo di sbagliare a quel tempo, non sapevo che Camille sarebbe stata una delle poche cose a rendere mio fratello veramente felice. Lei sarebbe presto divenuta la sua ancora di salvezza in un mondo di guerra.

Carlos io e James ce ne stavamo ognuno per i fatti propri, lasciando le “coppie”sole, rimanendo noi stessi isolati.
Mi guardai attorno, cercando di concentrare la mia mente su qualcosa che non fosse il sogno, del quale non riuscivo a comprendere il significato.

Il fatto era che prima di allora non avevo mai provato niente per il ragazzo dai capelli perfetti che camminava davanti a me, eppure ora mi sembrava quasi che lui fosse improvvisamente divenuto il centro del mio mondo, qualcosa di essenziale. Ed era così già da prima di quella notte di “passione”, quella era stata forse solo la prova concreta che mi convinse che io provavo un particolare interesse per James David Diamond, un giovane di cui  non sapevo nulla e che conoscevo da una settimana appena.

La gente camminava per la via, ognuno con un espressione diversa in volto. Chi allegro, chi triste, chi rabbioso, chi serio, chi annoiato. Mi domandai che cosa trasmettesse il mio viso o se la gente si fermasse un attimo a domandarsi chi fossi, quali fossero i miei problemi, cosa provavo, cosa stavo facendo. Mi domandai se ero l’unica a cercare di immaginare la vita dei cittadini che sfilavano attorno a me con naturalezza.

Notai un gruppo di giovani della mia età, forse più grandi, avvicinarsi, lanciando sguardi indiscreti a noi ragazze per poi fermarsi al nostro passaggio.
-Mitchell, Knight, Garcia, Diamond vedo che vi siete fatti delle nuove amiche. Non ce le presentate?- Chiese il più grande, sia fisicamente che d’età. Era un ragazzo biondo, dagli occhi scuri, i lineamenti maschili e un sorriso beffardo in volto, rivolto per lo più a Camille.
- Gabriel Griffin, vorrei dirti che è un piacere rivederti, ma non lo è. Gira i tacchi e vattene a casa tua. Loro non sono libere- Rispose Kendall cercando di mantenere la calma.
-Oh andiamo Kendall, ti prometto che ve le riportiamo sane salve e  penso anche molto felici. Le faremo divertire promesso- Insistette il  giovane delle maniere rozze in netto contrasto con l’aspetto gentile.
-Andiamo ragazze- Logan prese Camille per il polso, lo stesso fece Kendall con Jo e  tornarono a camminare, io li imitai, lanciando ogni tanto qualche sguardo al giovane e i suoi compagni, il quale mi  lanciò un bacio.

Mi rigirai disgustata continuando a camminare.

Sentii improvvisamente una mano sui miei fianchi. I brividi mi scossero, quasi più violentemente che nel sogno. Le sue mani erano sui miei fianchi mentre camminavamo l’uno contro l’altra.
-Scusa, ma conviene fingere che tu sia con me, per evitare che anche qualche altro ragazzo provi ad importunarti- Mi spiegò James stringendomi di più.
Le gote andavano a fuoco mentre la sua presa si faceva  sempre più forte. Mi sembrò realmente di essere in paradiso.
-Quel ragazzo Gabriel. Lo conoscete?-Domandai

-Si. Lo conosciamo da anni. Fa parte di una grande famiglia, sono ben 7 fratelli, lui è il maggiore. Non giudicarlo dal primo incontro,  in realtà non è sempre stato così, solo deve farlo..intendo dire comportarsi così. Vedi lui è figlio di un degli uomini più importanti, Arthur Griffin. Suo padre vuole che si comporti così, un po’ da prepotente, un po’ da padrone di tutto e tutti, per far capire in città chi detiene il potere. In realtà quel ragazzo è più buono di un pezzo di pane. Noi sappiamo che in realtà non farebbe male a nessuno, almeno io lo so, i ragazzi non si rendono conto di quanto sia  finto il suo comportamento. Se avesse realmente voluto avervi non ci avrebbe messo molto ad attaccarci. Ma non lo ha fatto. E’ un bravo ragazzo, infondo, un promotore dell’ indipendenza Americana in cui tutti crediamo qui-
Spiegò il giovane accanto a me.
-Non dirlo così, ad alta voce, potrebbero sentirti gli inglesi- Lo sgridai preoccupata che qualcuno avesse udito le sue parole.
-Tranquilla Karen. Siamo tutti dalla stessa parte qui- 

MI accoccolai sul suo petto non appena notai gli sguardi delle ragazze che indicavano James. Allora pensai fosse per il fatto che mi abbracciasse o per la sua bellezza, all’ora non sapevo che James nascondeva dei segreti, segreti pericolosi.
James rise leggermente al mio improvviso avvicinamento.
-Che c’è?-Mi chiese
-E’ meglio far finta che tu sia con me, non verrei che qualche ragazza ti importunasse- Risposi imitando la frase che mi aveva detto precedentemente.
Diamond continuò a ridere.

-James-Una voce femminile chiamò il ragazzo abbracciato a me.
James si girò rimanendo ancora con il braccio attorno alla mia vita.
-Adele- Salutò educatamente il giovane.
-E’ un piacere rivederti-Disse lei sfoderando un sorriso.
Adele era una ragazza perfetta, perfetta come James. Era alta, con lunghi capelli biondi, il naso piccolo, le labbra carnose ed occhi che di più chiari non ne avevo mai visti. Era così diversa da me.
-Già sai come è. Sono stato un po’ impegnato e…-James non finì la frase che delle grida riecheggiarono nell’aria.

Quella fu la prima delle tante lotte a cui avrei assistito.

Chiusi gli occhi e seppellii il volto nel petto di James non appena un soldato inglese sparò ad un ragazzo, più piccolo di me credo, che stava cercando di salvare il fratello maggiore, accusato di istigamento alla rivolta. Ebbi il coraggio di sbirciare quello che accadeva.

Riconobbi il maggiore dei due fratelli, vidi la paura nei suoi occhi  marroni poco prima che lo stesso soldato inglese che aveva sparato al piccolo lo trafiggesse. Le lacrime scesero corpose dai miei occhi. Avevano ucciso Gabriel Griffin, quel giovane di cui poco prima James mi aveva raccontato la vita. Avevano ucciso un giovane, uno con le stesse ideologie di James ed i ragazzi.

Non riuscivo a muovermi. Fissavo i cadaveri dei fratelli Griffin, senza riuscire a rendermi conto che tutt’intorno a noi gli inglesi sparavano contro la folla protestante di uomini che da anni probabilmente conoscevano la famiglia. Che magari quei due giovani li avevano visti crescere.

Logan mi prese il volto tra le mani e mi intimò a fissarlo negli occhi.
-Dobbiamo andare Karen- Mi disse
I ragazzi ci trascinarono via da quell’inferno.

-Karen- Mi chiamò Logie-Stai bene?-Mi domandò

-Io..Lui mi ha guardato prima che lo uccidessero. Ho visto il terrore. E tu! Tu hai detto che in questa città eravate tutti dalla stessa parte ma hanno ucciso un ragazzo James! Oddio oddio oddio. E se ti avesse sentito qualcuno!Oddio no no no-Gridai in preda al panico

-Calma Karen shh shh-Logan provò ad abbracciarmi ma io lo spostai

-Hanno ucciso  anche un ragazzino..gli hanno piantato un pallottola in testa..il sangue oddio..oddio. No!- Continuai a gridare.

-Calma piccola-James mi prese le spalle per tenermi ferma. Le lacrime scendevano dai miei occhi, il mio corpo era scosso dai singhiozzi.
-E se ti avessero sentito?- Sussurrai
- Shh non mi hanno sentito, ok? E’ tutto a posto- Cercò di convincermi James.
Mi abbracciò, io non lo respinsi, anzi lo strinsi più forte che potevo. Ispirai il suo profumo e dalla mia posizione  vidi che non ero l’unica ad essere così fortemente scossa dall’ accaduto.

Camille stringeva Logan esattamente come io stringevo James. Il corpo di lei sussultava per i singhiozzi sconnessi. Logan allontanò lentamente i loro corpi, per poi carezzare con una delicatezza che mai prima d’allora avevo visto in lui il volto della mora, la quale prese tremante la mano di mio fratello e vi posò un bacio delicato  per poi ritornare alla posizione originaria, posando il capo nell’incavo del suo collo.

James si staccò da me, mi sorrise leggermente, chiedendomi se stessi meglio. Annuii, anche se non era affatto vero.

Un mese dopo…

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Capitolo 3
*** il ballo ***




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Fissai con incredulità l’immagine riflessa nello specchio, spalancando la bocca per lo stupore.

Era la sera forse più importante della mia vita, il primo ballo non organizzato dalla mia famiglia al quale avrei partecipato, il che significava essere considerata non più una bambina ma una donna. Significava entrare nella società mondana che da sempre la nobiltà e la mia famiglia avevano frequentato

Per l’occasione mia madre mi aveva fatto preparare un vestito nero, dal corpetto tanto stretto da rendermi praticamente impossibile respirare e la gonna larghissima.

L’abito mi calzava alla perfezione, rendendo il mio corpo quasi attraente. I capelli erano stati legati in un elegante acconciatura da Clarisse.

Per la prima  volta nella mia vita mi vidi bella, mi vidi donna, mi vidi desiderabile. Era incredibile quanto fossi diversa, quanto realmente mi sentissi perfetta, in tutto.
Accennai un sorriso al solo pensiero della faccia che avrebbero fatto i miei amici e Logan vedendomi così.

Era passato ormai un mese dalla nostra disavventura in città. Gli occhi marroni di Gabriel Griffin, il sangue, le urla ed il terrore di quei momenti erano ancora vividi nei miei incubi, li sognavo ogni notte. Alcune volte la mia mente immaginava che al posto di quel giovane a me praticamente sconosciuto vi fosse James.

Era terribile svegliarsi con quel ansia, con quel peso sul cuore e quell’assurdo bisogno di correre da lui per essere sicura che ciò che avevo visto era solo un sogno. Quelle notti erano le peggiori, ai miei occhi le più buie, silenziose, le più terrificanti. Erano le notti in cui non riuscivo più a chiudere occhio, che desideravo passassero in fretta, e che puntualmente sembravano essere eterne.

La mia situazione con il giovane Diamond era ancora alquanto confusa. Che ci fosse qualcosa tra noi era logico, eppure rimaneva ben nascosto nei nostri comportamenti, nei nostri piccoli gesti quotidiani. Che ci fosse qualcosa tra noi l’avevano capito anche i nostri amici, solo che ne noi ne loro riuscivamo a decifrare quale contorto sentimento si celasse dietro i nostri sguardi.

Il nostro non era un rapporto come quello di Camille e Logan, che pur non essendo fidanzati ufficialmente si comportavano come un affiatata coppia, ridendo e passando il tempo insieme, lanciandosi sguardi gelosi, sguardi innamorati. Il loro era un rapporto chiaro quanto l’acqua cristallina del mare, era facile anche incontrandoli per caso lungo la strada, non conoscendoli, capire che quei due provavano forti sentimenti l’uno per l’altra.

Il nostro non era nemmeno un rapporto come quello di Jo e Kendall in cui bastava un sguardo per comprendersi, in cui i sorrisi erano sempre presenti, e il contatto visivo o corporale che fosse non mancava mai.

Il nostro era uno strano rapporto. Da  parte sua c’era un certo interesse, che a volte si rivelava con il suo comportamento possessivo, geloso, nei miei confronti, con i complimenti continui, con gli sguardi che mi lanciava. Ma quell’interesse era facile  da mettere in dubbio, perché gli sguardi li lanciava anche alle altre ragazze, perché provava a corteggiare loro e non me, nonostante ciò che ci legava fosse più profondo, nonostante fossi io quella a cui importava realmente di lui e non quelle ragazze di cui il giorno dopo dimenticava il nome.
Io  per lui rimanevo sempre e non c’ero mai allo stesso tempo.
Mi sentivo così frustrata, triste, scombussolata, eppure felice, felice se ero con lui, felice di conoscerlo, felice d’amarlo.
Era tutto contorto l’amore per me. Era complesso, delicato, l’equilibrio tra la gioia e la disperazione era precario, tutto come un castello di carte che al primo accenno di vento poteva cadere, crollare, e non ricomporsi più.

Scesi le scale con fierezza mentre Logan mi fissò con uno sguardo strano, oserei dire scioccato.
-Karen?- Domandò
-Già- Dissi-Come sto?-Chiesi girando su me stessa.
-Non sembri neanche tu…sei…sei stupenda sorellina- Logie mi sorrise, un sorriso di quelli suoi, quelli belli, ma belli realmente, che ti fanno scaldare il cuore e ti fanno sciogliere totalmente.
Lo abbracciai forte, e lui mi strinse a se con altrettanta potenza.
-Ti amo Logan-Sussurrai a mio fratello con dolcezza di cui io stessa rimasi sorpresa.
-Anche io piccola anche io- Rispose lui posando un delicato bacio sulla mia guancia.
Nostra madre scese le scale interrompendo il momento, così raro e strano, che s’era venuto a creare.

-LA carrozza è pronta-Gridò la donna cercando di non inciampare nel vestito esageratamente lungo che indossava.
Salimmo sulla comoda carrozza che ci scortò fino alla villa della famiglia Wanter, dove si svolgeva il ballo.
Rimasi incantata a fissare la maestosità della villa, grande almeno il doppio della nostra.
Coppie e famiglie con vestiti sfarzosi e complicate acconciature entravano ridendo nel grande salone decorato a festa, pieno zeppo di gente.

Logan si allontanò dai nostra madre a nostro padre per andare a cercare Kendall, Camille, Jo e James che avrebbero come noi partecipato a questo grande evento. Il povero Carlitos non era invece potuto venire, causa della povertà della sua famiglia e del suo lavoro considerato misero.

Io non fui così fortunata ma dovetti rimanere con i miei genitori che dovevano presentarmi a tutta la nobiltà e  l’alta borghesia.

Ci volle più di un ora e ancora non avevo conosciuto tutti.

Riuscii a sfuggire dalle grinfie di mia madre che voleva farmi conoscere le figlie di alcune importanti donne della società mondana.
Cercai ovunque i ragazzi, passando attraverso la folla che chiacchierava a ballava allegramente.
Non prestando attenzione a dove andavo mi scontrai ocn un giovane. Era alto, dagli ipnotici occhi verdi i capelli biondi e il sorriso contagioso.

-Scusatemi- Dissi
-Non vi preoccupate- Mi sorrise ancor più il bel ragazzo
-Non vi ho mai visto ad i nostri balli. Potrei sapere il vostro nome madamigella?- Chiese cortesemente
-Sono Karen Jane Mitchell- Mi presentai inchinandomi leggermente
-Oh è un piacere conoscervi. Dovete sapere che le nostre famiglie sono molto amiche. Io sono Ronald Edward Wanter- Si presentò

Rimasi incantata fissando i suoi occhi caldi e solari, così sereni a differenza di quelli di James che nascondevano sempre un velo di mistero ed inquietudine.
Non sentii una voce chiamarmi troppo presa dal fissare quel giovane che in poco tempo era riuscito a farmi sentire bene anche solo sorridendo.

-Karen-Mi svegliai dalla mia trans per vedere James avvicinarsi a passo veloce verso di me.
-James- Lo salutai imbarazzata dall’avermi trovato a conversare con un altro ragazzo. Non volevo che Diamond pensasse male, non volevo assolutamente, ma una parte di me ci sperava, che capisse male, che credesse di avermi persa, che aprisse gli occhi, che mi dichiarasse il suo amore.
-Em io ero venuto a dirti che..Logan ti cerca. E’ importante- Spiegò James, che ovviamente s'era inventato una scusa,  lanciando un occhiataccia a Ronald.

MI prese per il polso tanto forte che sussultai.
Si fermò in un angolo appartato della sala.

-Cosa facevi?!-Mi domandò a dir poco irato.
-Facevo conoscenza-Spiegai
-Non con lui ok?! Non con lui mi sono spiegato Karen- James continuò a stringere più forte il mio polso, troppo forte per i miei gusti.
-Mi fai male James- Sussurrai
Lui mollò la presa con uno strano sguardo. Avrei potuto definirlo solo arrabbiato, eppure c’era qualcosa dietro quella rabbia, c’era paura, tristezza, c’erano ricordi.
-Perché?-Chiesi- Cosa ti ha fatto Ronald Wanter?-
James spostò lo sguardo altrove  mordendosi il labbro.
-Jamie- Supplicai ora preoccupata avvicinandomi a lui.
-Parlami James ti prego- Gli carezzai il volto cercando di farlo voltare verso di me.
-Niente che ti riguardi- Rispose freddo spingendomi via da lui
-Va bene…se non vuoi dirmelo…solo…ecco io..ci vediamo dopo- Bisbigliai tristemente allontanandomi alla ricerca di Logan o qualcuno.

Non sapevo che fare, avevo bisogno di sapere cosa fosse accaduto a James, era questione di vita o morte per me.

Riuscii ad individuare Logan  che ballava nel bel mezzo della pista con Camille. Scrutai la giovane a cui mio fratello sussurrava dolci parole all’orecchio.
Indossava un vestito rosso  che  le donava particolarmente e le cui spalline erano leggermente calate.

Cercai con lo sguardo Kendall,sperando di trovarlo libero e pronto a spiegarmi senza troppi problemi cosa avesse a che fare James con Rondal Wanter, e cosa realmente fosse accaduto tra i due giovani.
Purtroppo non riuscii a trovare ne il biondo ne la sua fidanzata.

Mi sedetti su uno dei divanetti cercando di concentrarmi su qualsiasi cosa che non fosse James David Diamond.
Fissai la folla di coppie ballare a ritmo di quella musica tanto bella quanto noiosa a confronto di quella di James e dei ragazzi.

-Karen-Mi salutò allegramente una voce a me nota.
Alzai lo sguardo per incontrare un paio di vivaci occhi marroni.
-Carlos?- Domandai non completamente certa che quel ragazzo latino così elegantemente vestito fosse il mio amico, che per quanto ne sapevo io, a quel ballo non sarebbe dovuto venire e che un completo come quello che indossava non se lo sarebbe mai potuto permettere.
-Già. Perché sei sola? Dove sono gli altri? Andiamo a ballare? Mi fai conoscere qualche tua amica? Eh? Eh? Oddio sono così emozionato- Eclamò Carlos freneticamente.
-Calmo Carlos. Allora Logan e Camille stanno ballando  e per quanto riguarda gli altri  non ho la più pallida i dea di dove siano. Se vuoi ballare per me va più che bene, non ti faccio conoscere nessuno perché non conosco nessuna ragazza da presentarti e…Tu cosa ci fai qui?-   Risposi io
-Oh bhe sai come è Logan mi ha prestato un vestito e mi ha fatto entrare, spacciandomi per un aristocratico spagnolo di passaggio- Spiegò Carlos mentre prendeva la mia mano e mi accompagnava a ballare.
Mise la mano libera sulla mia schiena ed io sulla sua e cominciammo ad ondeggiare a ritmo. Quando la musica finì ci fermammo

-Carlitos tu conosci James da tanto vero?-Chiesi
-Certo. Perché?-
-Cosa centra Ronald Wanner con lui?-
-Karen perché mi domandi questo?-
-Oggi ho conosciuto quel tale Wanter e James mi ha ordinato di stargli lontana-
-E non ti ha spiegato il perché giusto?- Intuì il latino
-Si- Confermai
-Allora non posso dirtelo mi dispiace. Sai io te lo direi volentieri ma i ragazzi mi rimproverano sempre di dire troppe cose sulla vita altrui senza il permesso dei diretti interessati e non voglio che Jamie si arrabbi con me. Odio quando i ragazzi ce l’hanno con me sai?- Sospirai fissando  Carlos negli occhi. In quel momento  sembrava così innocente,  sembrava un bambino.
-Carlos…Io sono preoccupata per James io…io ci tengo a lui, voglio solo aiutarlo- Insistetti.
-Karen io…tu di a James quello che senti, diglielo che sei preoccupata vedrai che lui  ti dirà tutto-
-Pensi che non l’abbia fatto? Pensi che non gli abbia detto quanto sia preoccupata?-
-No, lo so che tu glielo hai detto, ma gli hai detto anche che lo ami?- Domandò Carlos

Abbassai lo sguardo. Per la prima volta qualcuno che non fosse la mia coscienza mi sbatteva in faccia il fatto che fossi innamorata di Diamond, con una tale spontaneità e una facilità che mi stupirono. Ma d’altronde cosa mi potevo aspettare da un giovane come Carlos?. Lui era speciale, e che lo fosse lo avevo capito subito, era ingenuo, dolce, sempre attivo, era dolce, leale, spontaneo, era vero. Era vero, non mentiva, non lo sapeva fare, non indossava una maschera, era semplicemente lui, Carlos Garcia e basta.

Stavo per rispondere quando una voce ci interrusse.

-Scusate se vi interrompo ma tra un po’ vi sarà un'altra danza e volevo sapere se mi era concesso un ballo con la signorina Mitchell- Domandò il ragazzo dagli occhi verdi che James mi aveva esplicitamente chiesto d’evitare.

Non sapevo che fare, se accettare o meno. Una parte di me, quella più razionale diceva di non farlo, eppure era così curiosa di sapere cosa legasse Ronald e James che avrei potuto chiederlo allo stesso Wanter ballando.
Carlos mi fissava aspettando che rifiutassi, mentre dall’altra parte Ronald mi scrutava speranzoso, ed io , io ero come divisa in due.
Mi guardai attorno solo per vedere Jo a chiacchierare con Kendall dimenticandosi del mondo circostante.
-Io non posso scusatemi è che sono così stanca ora..magari il prossimo ballo che ne dite?- Risposi alla fine
-Ne sarei lieto- Wanter sfoderò un sorriso rivelando i denti bianchi e mi baciò la mano per poi andarsene.

Mi voltai per vedere in un angolo della stanza James fissarmi con uno sguardo vacuo in volto. Non seppi cosa mi spinse a farlo, se fosse il sorriso compiaciuto che s’era venuto a formare sul volto del giovane Diamond dopo che avevo rifiutato la proposta di Ronald o il fatto che non fosse venuto da me, che non m’avesse detto nulla ma
cambiai  idea e richiamai Wanter.

Ballammo con grazia e sintonia, assieme mentre potevo sentire mia madre compiacersi del fatto che sua figlia appena entrata in società stesse ballando con un ragazzo così importante.

Quando ci fermammo, stanca della confusione e della musica, uscii a prendere una boccata d’aria.

Non sapevo che sarebbe stato un terribile errore, e certo non potevo immaginarlo. Non conoscevo il lato di James che mi si sarebbe venuto a mostrare.

-Perche?! Ti ho detto di stare lontana da lui ma tu no? Dovevi fare la brava bimba e fare felice la mamma vero? Era questo volevi che tua madre fosse fiera di te? Volevi metterti in mostra?- Gridò un giovane uscendo a passo svelto dal palazzo.
-James ti prego calmati io..scusa ma io volevo solo…- Non riuscii a finire la frase,perché non vi era stato un motivo preciso per il quale avevo deciso di accettare quel ballo che tanto aveva fatto infuriare James.

-Pensavo fossi diversa Karen! Che non fossi come tutte quelle giovani che inseguono solo la ricchezza, pensavo che ti importasse di me!- Potevo sentire il dolore attraverso la rabbia nella voce del moro.
-MA a me importa di te! Lo giuro James tu sei importante per me, forse troppo, io..non so perché l’ho fatto, volevo solo sapere perché non dovessi parlare con Ronald- Spiegai a mia volta
-TE lo dico io perché lo hai fatto- James mi spinse violentemente contro il muro –Perché tu Karen Mitchell, preferisci lui, perché tu sei una di quelle sgualdrine che popolano questo povero mondo. Sei un puttana Karen- Soffiò  a pochi centimetri dalle mia labbra.

Le lacrime scivolarono dai miei occhi senza che potessi fare nulla per impedirlo.
-MI dispiace ti prego perdonami James, smettila, ti prego perdonami- Implorai. Non riuscivo a ciapire cosa potesse far infuriare così James, cosa lo spiengesse a dirmi quelle crudeltà. Sapevo solo che qualsiasi cosa gli fosse successa era grave, ed io non avevo fatto altro che risvegliare in lui brutti ricordi.
-Perché dovrei farlo?- Chiese Diamond
-Perché non volevo, non volevo farti male, non volevo che ti arrabbiassi, perche ci tengo a te Jamie-
-Non basta Mitchell, non basta- Il giovane si voltò e se ne andò lasciandomi piangente, accasciata a terra, mentre il vento freddo mi colpiva violentemente ed io non mi muovevo, non tramavo nemmeno, lasciavo solo che le lacrime scorressero

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Capitolo 4
*** Inizio di una rivolta ***


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La mattina seguente mi svegliai completamente stordita.
Non riuscivo a capire come fossi arrivata a casa, ricordavo solo il vento, il freddo, le lacrime, quel senso di vuoto che m’avvolgeva completamente, come nebbia.

Ricordavo James, le sue parole. Sperai ardentemente che fosse stato un sogno, sperai di poter andare alla radura oggi, e vederlo lì, sorridente e perfettamente pettinato come suo solito, e portelo abbracciare, perché non era successo nulla, era stato tutto un sogno. Per qualche secondo mi auto convinsi che la mia ipotesi fosse giusta, eppure il senso della realtà mi crollò adosso non appena notai di avere indosso ancora il vestito della sera precedente.

Gli iniziarono a pizzicare, come se stessi per scoppiare a piangere nuovamente, però mi trattenni. Piangere non sarebbe servito a nulla in quel momento, le lacrime non avrebbero certo aggiustato le cose con James e soprattutto non  mi avrebbero aiutata a scoprire quale legame vi fosse tra Diamond e Wanter. Eppure mi sembrava così difficile alzarmi dal letto, muovermi, respirare, pensare.

Un ‘ora abbondante dopo, con un enorme sforzo mentale, ero riuscita a prepararmi completamente.

Scesi al piano inferiore, alla ricerca disperata di mio fratello.
Lo trovai a leggere un libro di medicina, uno di quelli che tanto gli piacevano.
Alzò lo sguardo verso di me quando lo chiamai.

-Buongiorno Karen- Mi salutò sorridendo. Avrei voluto sorridergli di rimando ma proprio non riuscivo, l’unica cosa che volevo erano spiegazioni, e bhe si, James, volevo lui più d’ogni altra cosa.
-Cosa ha a che fare James con Ronald Wanter- Domandai senza troppi giri di parole.

Logan mi guardò con un espressione evidentemente sorpresa.
-Inanzitutto sono io qui che deve fare delle domande visto come ti ho trovata ieri sera. Quindi spiegami cosa ti è successo-
 -Ti ho fatto una domanda Logan, è inutile che tenti di cambiare discorso. Rispondimi o costringerò Carlos a dirmelo, e sai che sono capace- Lo incalzai sicura che con questa mia piccola minaccia avrebbe accontentato la mia curiosità.
-No, no, no così non va bene signorinella. Ti conviene prima raccontarmi cosa è successo anche perché nostra madre andrebbe su tutte le furie sapendo che hai abbandonato la festa con James Diamond, mentre secondo lei saresti dovuta essere con il rampollo dei Wanter-Mi minacciò a sua volta mio fratello.
-Come fai a sapere che ho lasciato il ballo con James?-
-Oh non ci vuole un genio visto che siete spariti nelle stesso momento. Ora racconta al tuo caro fratellino- Mi esortò Logie

-Ho litigato con James, cioè in realtà è lui che si è infuriato con me, ed aveva ragione. Mi aveva chiesto all’inizio della serata di non conversare con Ronald Wanter, ma quando gli ho chiesto il perché si è come rabbuiato, insomma non saprei spiegarti ora, ho intuito che James nascondesse qualcosa. Così ti ho cercato in giro ma tu eri troppo occupato a ballare con la tua fidanzatina per accorgerti che avevo bisogno di te, e Kendall era sparito. Ho incontrato Carlos ma non mi ha voluto dire nulla. Ronald mi ha chiesto di ballare, io ho rifiutato, solo che non so per quale strano motivo alla fine ho accettato e quando sono uscita James mi ha detto delle cose tremende..ma insomma me le meritavo. Solo che ora sono preoccupata perché voglio capire cosa abbia, non voglio che stia male- Spiegai tutto d’un fiato.
-Oh cavolo è peggio di quanto pensassi- Esclamò Logan
-Ora dimmi cosa sai Logan Mitchell!- Ordinai
-Non posso, mi dispiace ma James ci ha messo molto per dimenticarlo e mettere a tacere le voci, che continuano a girare comunque, sul suo conto. Saperlo non aiuterebbe ne te ne lui Karen, fidati.
-Ma Logan…- Non finii la frase che un grido femminile d’aiuto riecheggiò nel nostro giardino.

Logan si voltò di scatto, per poi correre verso una ragazza dai lunghi capelli biondi, completamente coperta di sangue. Lì per li non la riconobbi, così sporca e in preda al panico, ma non appena alzò il volto verso di me con occhi pieni di lacrime  il cuore perse un colpo. Quella era Jo, e quel sangue non era il suo.

-Jo..Che..Che è successo?-Chiese Logan sorreggendo la ragazza.
-Gli..inglesi. Stanno combattendo in città..hanno ucciso mio padre!-Gridò la giovane scossa dai singhiozzi.
Improvvisamente Logan impallidì, ricordando che quel giorno lui, Kendall, James e Carlos sarebbero dovuti andare in città per finire l’organizzazione del matrimonio di Kendall e Jo.
-Porta Jo in casa, falla cambiare e pulire. Io vado.Tornerò presto- Mi ordinò mio fratello.

Avrei voluto protestare ma lui aveva già cominciato a correre verso la città.
Spostai lo sguardo su Jo che mi fissava impaurita.

-E’..è morto qualcuno dei ragazzi..o Camille?-Chiesi temendo la risposta.
-Quan..do c’ero io Kendall e Camille erano ancora vivi, ma di Ja..mes e Carlitos non so nulla

Quando udii quelle parole non resistetti. La preoccupazione mi stava uccidendo. Lasciai Jo nelle mani di Clarisse e corsi il più velocemente che potevo attraverso il bosco. Arrivai in città dopo una mezz’ora di corsa sfrenata circa.

Il caos era ovunque. I soldati con le classiche giubbe rosse, prendevano  gli uomini dalle case, uccidevano chiunque si mettesse in mezzo o si opponesse. Picchiavano le donne, i bambini, bruciavano case, rubavano ogni tipo d’oggetto.

Rimasi impietrita a fissare lo scenario che mi si presentava davanti agli occhi.
Spostai lo sguardo velocemente dal cadavere di un bambino che non doveva avere più di 5 anni, agli occhi di un uomo a cavallo. Pensai si trattasse di un generale, dagli occhi azzurri, freddi, crudeli, che sembravano godere del tormente di quelli che erano considerati traditori della patria, rivoluzionari. I suoi occhi, il suo sguardo puntato su di me, la sua postura, la sua figura, la spada, la sua giubba impregnata di sangue, ogni cosa di quell’uomo  che sarebbe divenuto la principale causa della rovina della mia vita, mi inquietava.

Il generale mi fissava di rimando, sorridendo leggermente.

Decisi che rimanere immobile non mi avrebbe aiutata a trovare i ragazzi. Mi buttai nella baraonda, con gambe tremanti che a malapena mi tenevano in piedi, il cuore che sembrava voler uscire dalla gabbia toracica, gli occhi che lacrimavano a causa del fumo proveniente da una casa in fiamme , e il cervello che aveva smesso di ragionare lucidamente.

Corsi, in direzione contraria a quella di gente che cercava di fuggire da quell’inferno, verso la casa di Camille, o la locanda di Carlos.
Non riuscii a raggiungerla, un soldato inglese mi bloccò.
-Dove vai? Non scappi? Chi cerchi la mamma?-MI chiese burlandosi di me. Non riuscivo a rispondere, la paura era troppa.
-Che c’è sei muta?!-Gridò questa volta con più rabbia l’uomo che doveva avere circa trent’ anni.
-Lasciami!- Strillai non appena lui provò ad avvicinarsi di più a me. Aveva visto ciò che facevano alle donne, nel migliore dei casi le picchiavano, nel peggiore le violavano, umiliandole, magari davanti ai propri figli, mariti, fratelli o padri.
-Shh shh sh. Zitta o dovrò farti male piccolina-Mi intimò l’uomo.

Non credevo che gli inglesi fossero così, non l’avevo mai pensato, ma in quel momento li odiai tutti, l’intera razza di bevitori di thè, la odiai. Non sapevo che sbagliavo, che era stata la piccola città  ad aver avuto la cattiva sorte di trovarsi attaccata dalle truppe del generale Clayton, il generale degli occhi di ghiaccio.
Io comunque non ascoltai l’uomo, continuando a gridare sempre più forte. Lui mi diede un pugno in pancia. Mi mancò il fiato, le lacrime fuoriuscirono dai miei occhi. Il dolore mi aveva completamente stordita, fatta piegare al suo volere. Mi accasciai solo per essere violentemente tirata su dal soldato.

Mi fissò per qualche istante, poi riprovò ad avvicinarsi a me. Ricominciai a gridare, sapendo che era l’unica mia via d’uscita.

-Logan!Aiuto Logan- Il soldato mi schiaffeggiò.
-Zitta puttana-Mi sgridò nuovamente

Io continuai a gridare, sperando che qualcuno mi sentisse, anche se era praticamente impossibile in quel caos.
Improvvisamente, proprio mentre avevo completamente rinunciato a lottare o gridare, scorsi in lontananza una figura a me conosciuta che correva.

Nonostante la situazione, i capelli scompigliati, il volto coperto di furigine, la camicia mezza aperta e l’espressione di terrore, ancora oggi ripensando a quei momenti, non posso che rendermi conto di quanto fosse perfetto James Diamond ai miei occhi.

-James-
Chiamai con tutto il fiato che avevo in corpo, per poi essere buttata a terra dal soldato che cominciò a prendermi a calci. Misi le mani sullo stomaco ormai a pezzi. La paura che James non mi avesse sentita, o che peggio ancora non fosse venuto perché ancora irato con me, mischiato ad una quantità di dolore mai provata nella mia breve vita mia fecero piangere e singhiozzare.

La voce calda di un giovane bloccò il soldato che s’era avventato con letale violenza contro di me.
-Si fermi- Ordinò il giovane autoritariamente. Una parte di me pur sapendo che non si trattava di Diamond sperò che fosse lui, venuto a salvarmi.
-Signor Wanter- Il soldato era sorpreso dall’interruzione da parte di Ronald.
-La lasci Carter, lei è la figlia di Mitchell, le conviene lasciarla. Mi occuperò io della signorina Karen- Intimò il giovane

Carter se ne andò lanciandomi uno sguardo.

Ronald si chinò su di me aiutandomi ad alzarmi, con un cipiglio preoccupato in volto.

-State bene Keren. Cosa fate qui? Dovete scappare è pericoloso- Mi chiese il biondo trascinandomi in un vicolo chiuso, dove eravamo più riparati.

-Io..Ero venuta a cercare mio fratello- Sussurrai abbracciando lo stomco che mi doleva per i calci subiti.
-Mi dispiace per ciò che vi ha fatto Carter..Spero solo che non vi abbia toccata in altro modo o giuro che..-Non lo feci finire
-non mi ha fatto altro. Io devo trovare mio fratello- Feci per andarmene ma venni bloccata.
-No. Scappate, cercherò io vostro fratello- Mi ordinò Ronald.

-Perché mai dovreste voi, che a quanto pare siete con gli inglesi- Una punta di rabbia s’accese in me non appena notai che Ronald indossava una giubba rossa.

-Anche la vostra famiglia combatte con gli inglesi.Non è così Karen?- Domandò Wanter.

-Già. Ma Logan non sta combattendo, non sapevamo di quest’attacco, nemmeno mio padre ne era al corrente ed ora, se permette, devo andare a cercare mio fratello-

Provai ad andarmene nuovamente, ma Wanter non voleva farmi muovere.

Sapevo che era pericoloso andarmene in giro a cercare mio fratello, i miei amici e un ragazzo, che per qualche motivo non era venuto ad aiutarmi nel momento del bisogno, ma dovevo.

-li cercheremo assieme ok? O assieme o non la lascerò andare-

Accettai sotto costrizione la proposta di Wanter.

Mi prese per il braccio fingendo di trascinarmi da qualche parte per farmi del male, così che nessuno ci fermasse, e camminammo a passo veloce verso la casa di Camille, che trovammo incendiata completamente. I miei occhi si riempirono di lacrime.

-Vedrai che saranno scappati- Mi rassicurò Ronald.

Per trascinarmi verso la locanda della famiglia Garcia.

Quando entrammo, il cuore si fermò per qualche secondo. La visone si offuscò a causa delle lacrime. Sangue, rosso, caldo, troppo, sotto il corpo mortalmente pallido di Carlos Garcia.

Mi lasciai cadere accanto a lui, che mi guardò con occhi vetrei, spenti, così stanchi, così diversi da quelli vispi pieni di vita che mi piacevano tanto.
Con mano tremante gli carezzai il volto e lo rassicurai mentre Ronald applicava pressione sullo squarcio sul petto del mio amico, che intanto sussultava e piangeva per il dolore.

-Shh.Andrà tutto bene Carlitos ok? Devi solo rimanere sveglio. Ti prego- Lo supplicai.
Le labbra del latino si curvarono leggeremente in quello che doveva essere un sorriso ma che a me sembrò una smorfia di  dolore.

-Dobbiamo trovare gli altri tuoi amici. Abbiamo bisogno d’aiuto se dobbiamo salvarlo prima che sia troppo tardi.- Disse Ronald fissandomi con i suoi occhi verdi.

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Capitolo 5
*** Sognavo ciò che desideravo fosse reale, e vivevo ciò che speravo fosse un incubo ***


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Chiusi gli occhi, sperando che non vedendo i volti afflitti dei miei amici,  pregando che quel dolore acuto alla bocca dello stomaco, che faceva venir voglia di rigettare tanta era l’ansia, andasse via. Chiusi gli occhi sperando che almeno quella volta avessi sognato tutto.

I sogni, già, loro erano per me quanto di più inaffidabile, patetico e triste vi fosse al mondo.

Sognavo ciò che desideravo fosse reale, e vivevo ciò che speravo fosse un incubo terribile. Non sapevo, e tutt’ora non sono sicura, che anche gli altri abbiano questo rapporto con il mondo dell’immaginazione e dei sogni. Sapevo solo che chiunque ci fosse nella nostra mente a governare i nostri sogni era un essere crudele e meschino.

I sogni erano per me una malattia, una di quelle alle quali non puoi sfuggire, peggiore di ogni epidemia di peste,  del colera. Peggiore di polmonite e febbre.

Kendall passò un braccio attorno alle mie spalle, tenendomi stretta a se. Potevo chiaramente udire il costante rumore del suo cuore, galoppare velocemente a causa della preoccupazione che affliggeva chiunque in quella stanza. Il biondo mi teneva così vicina a se che in un altro momento mi sarei vergognata a morte, eppure non importava, sapere che non ero sola, sapere che lui era mio amico ed era con me, era ciò che mi serviva. La solitudine avrebbe solo peggiorato le cose

In quel salone eravamo tutti così diversi tra noi, così unici, così opposti eppure pregavamo tutti per la stessa cosa, per la stessa persona.

 C’era Camille rannicchiata in un angolo del piccolo divano, lei così sicura di se, così debole e forte allo stesso tempo, così gioiale eppure così lunatica, carezzava i capelli biondi di sua cugina Jo, ormai addormentata, estenuata dal pianto. Jo non era forte quanto Camille, ma era dolce, buona, affettuosa con chiunque, e sapeva amare, donare il suo cuore a chiunque lo meritasse.

Su un altro divano sedevano,rigorosamente  l’uno distante dall’altro, James e Ronald.

Il moro fissava, assorto nei suoi pensieri, il vuoto. Non c’era un accenno di lacrime nei suoi occhi, eppure potevo leggervi il dolore, dolore vero, e disperazione, tanta, troppa, insopportabile. Mi fece ancor più male vederlo in quello stato, sembrava fragile, come se potesse rompersi da un momento all’altro. James non era uno a cui piaceva mostrare i propri sentimenti, anzi, preferiva tenere tutto dentro, fingere un sorriso e continuare a ribollire di rabbia, o in questo caso a star male, all’interno. Ma per quanto ci provasse non c’era spazio per i sorrisi, e per quanto cercasse di mantenere un espressione neutra, attraverso i suoi occhi nocciola potevo leggere ogni suo tormento. Avrei voluto confortarlo, abbracciarlo, sussurrargli un “ va tutto bene” all’orecchio, scostandogli dolcemente una ciocca di capelli lisci dal volto d’angelo, eppure non potevo. Il motivo non era la litigata, non le sue parole, o la sua razione, semplicemente non potevo mentirgli, non potevo dire che andava tutto bene quando il mondo sembrava esserci crollato addosso. Non potevo confortarlo se io stessa avevo bisogno di conforto.
In un altro momento Diamond, per motivi allora a me sconosciuti, avrebbe cacciato via Ronald, eppure allora il dolore era talmente tanto che non possedeva nemmeno le energie per far ciò.

Ronald dall’altro lato, era invece  meno tranquillo di James.La sua gamba destra  si muoveva freneticamente per la preoccupazione. Pur non conoscendo Carlos, era preoccupato. Allora mi sembrava così assurdo,  falso, non conoscevo il giovane Wanter abbastanza bene per comprenderlo a fondo.
 Vi posso dire che non  conobbi in tutta la mia vita un giovane dal cuore tanto puro, tanto grande.
Lui, lui che Diamond tanto disprezzava, lui che Diamond voleva vietarmi di conoscere, lui che avrebbe combattuto a nostro fianco rischiando la vita,   e sarebbe diventato forse la mia salvezza nel periodo più buio della mia vita, venne trascinato nel mezzo del nostro mondo anche se in modo indiretto, quel maledetto giorno del 1775, che fece prendere alla sua vita una piega tragicamente triste, come alla mia d’altronde.

Quel giorno nessuno che si trovasse in quella stanza se lo dimenticherà mai. Non dimenticheremo il caldo asfissiante, non dimenticheremo il salato delle lacrime,il bruciore negli occhi. Non dimenticheremo il sangue, il pallore di Carlos,  non dimenticheremo i nostri volti distrutti, le parole di conforto che ci sussurravamo tra noi, i singhiozzi, le preghiere, la rabbia. Nulla, nulla di quel giorno che rovinò le nostre vite senza ritorno.

Logan era chiuso nella cucina della famiglia Knight da ore ormai, cercando di salvare, con la sua abilità di medico, la vita del suo migliore amico. Potevo solo minimamente immaginare quanto dovesse essere difficile sapere che la vita di qualcuno che ami come un fratello è appesa ad un filo, sapere che tu potresti salvarla o metterle fine.

Aspettavamo che la porta s’aprisse, che Logan uscisse di li, magari con un espressione di pura felicità in volto, magari dicendoci che era riuscito a salvarlo.

Quando la porta in mogano scricchiolò aprendosi lentamente, la prima cosa che fissai fu lo sguardo di mio fratello, la sua espressione, che però era indecifrabilmente neutra, così neutra che pensai non appartenesse al mio Logan, bensì al medico che sin da piccola credevo vivesse in lui.

Ci fissò uno per uno per interminabili istanti, finchè Kendall pose a Logie la domanda che ci affliggeva tanto, la cui risposta non tardò ad arrivare.
-Sono riuscito a bloccare la perdita di sangue e ricucire la ferita. Penso che se la caverà. La cosa che più mi preoccupa è che la ferita s’infetti, questa probabilità c’è sempre, e in quel caso le probabilità che Carlitos sopravviva sarebbero minime- Spiegò distaccato mio fratello.

Mi spaventai per quella sua innaturale freddezza,  era come se non stesse parlando del suo migliore amico, come se non importasse nulla. Non un sentimento trapelava dai suoi occhi scuri, non un accenno di tristezza, sollievo.  Nulla.

Eravamo arrivati a quella situazione a causa degli inglesi, dell’attacco in città, a causa di un  generale dagli occhi di ghiaccio su un cavallo bianco. Avevamo quasi perso il nostro piccolo Carlos quel giorno e nulla ci assicurava che sarebbe sopravvissuto in seguito. 

Nella locanda dei Garcia ero rimasta sola con Carlos, perché Rondal riteneva che l’unica cosa da fare era cercare aiuto, e lui si sarebbe potuto muovere indisturbato per la città.
Il latino faticava respirare, e il suo pallore diveniva sempre più evidente. Nonostante facessi pressione sulla ferita il sangue continuava a sgorgare velocemente, creando una pozza al di sotto del corpo del mio amico.

Erano passati dei minuti, minuti che mi sembrarono durare un eternità, ero talmente preoccupata, talmente scioccata e disparata che prima, quando il giovane Wanter era ancora lì con me, non mi ero accorta dello spettacolo che si celava dietro un tavolo della locanda. Solo quando spostai lo sguardo, mentre attendevo con ansia il ritorno di Rondal, notai la scia di sangue che proveniva direttamente da una figura, inerte sul pavimento. La riconobbi, da lontano, con il grembiule ormai scarlatto di sangue, i capelli spettinati e gli occhi aperti a fissare il vuoto. Era la signora Garcia.

Carlitos mi fissava, faticando visibilmente a tenere gli occhi aperti,  con paura. Ogni tanto una lacrima fuoriusciva dagli occhi a mandorla semichiusi.
-Cosa c’è dopo?-Domandò tanto flebilmente che feci fatica ad udirlo
-Dopo cosa?-Chiesi a mia volta
-Dopo la morte- Rispose con un enorme sforzo. Quell’affermazione fece formare nuove lacrime nei miei occhi.
-Non morirai- Dissi risoluta io
-Karen- Mi chiamò
-No, sta zitto Carlos, devi risparmiare le energie-
-Non fa nemmeno più male- Sussurrò prima di chiudere gli occhi, perdendo i sensi.
Cominciai a gridare e scuotere il mio amico, ero oramai completamente fuori controllo, senza nemmeno controlla che respirasse ancora. 
Quando Ronald tornò, io agitavo ancora freneticamente il corpo del latino.
-Ti avevo detti di non lasciare che chiudesse gli occhi-Mi sgridò con una punta di agitazione nella voce il biondo.
-Non è il  momento di litigare. Dobbiamo controllare il polso e la respirazione- Ordinò Logan mantenendo un tono relativamente calmo.
Dietro di lui potevo udire i singhiozzi di Camille che si portava le mani alla bocca con un espressioni disperata a dipingerle il volto coperto di furigine.
-James, Kendall, prendete Carlos, cercate di tenerlo il più dritto possibile- Continuò mio fratello-Tu Wanter aprici la strada. Dobbiamo far presto-
Riuscimmo ad arrivare a villa Knight, che non distava altro che pochi minuti di camminata dalla città nel caos, e vi era allo stesso tempo abbastanza lontana.
Ora però Litos, il nostro Litos, era relativamente salvo e continuare a ricordare quei momenti di pure angoscia non sarebbe servito a nulla.

Logan s’allontanò velocemente dalla grande sala per dirigersi verso il giardino.
Non avevo idea di cosa gli fosse preso, del perché della sua fuga improvvisa e del suo comportamento così assurdamente strano, ma volevo assolutamente stargli vicina, consolarlo. Per una volta volevo essere io a stringerlo tra le mie braccia.

Feci per andare da lui quando Camille si mosse con estrema velocità per inseguire mio fratello.
Non so perché ma quel suo semplice, spontaneo gesto mi fece innervosire notevolmente.
Nonostante avessi ormai capito che tra Logan e Camille vi era un rapporto speciale, non volevo che fosse lei a stargli accanto in quel momento così difficile.
Aspettai qualche secondo e poi seguii le orme della giovane Roberts.
Mi nascosi dietro una colonna non appena udii Logan pronunciare con sorpresa il nome di Camille.

-Come stai?-Chiese lei sedendosi con non poche difficoltà sul prato.
-Bene.Credo. Non so come sto Mille, non lo so mi sento così confuso- Confessò Logie con un accenno di disperazione nella voce.
-Perché mai dovresti essere confuso?-Domandò la mora carezzando dolcemente la schiena di mio fratello.

-Perché? Camille mi hai visto prima? Non sembravo nemmeno io a parlare, non..non provavo alcuna emozione mentre parlavo di mio fratello e della sua vita! Non so cosa mi sia preso..solo ho cercato di fingere che non fosse lui il ragazzo che stavo operando..perchè se mi fossi reso conto che quello era il nostro Litos io..non so se sarei riuscito a salvarlo. Però mi sento così in colpa Mille. Mi capisci? Non ho mostrato alcun interesse, nessun emozione ed ora nemmeno riesco a piangere capisci, eppure vorrei..Dio quanto vorrei, ma è come se non riuscissi a liberarmi di quella finta indifferenza di prima. Ho paura Camille, ho paura di non tornare più come prima, di no sapere cosa mi sia successo e…- Camille lo interruppe posando delicatamente un dito sulle sue labbra.
-Shhh Logan. Sfogati, piangi, lo so che puoi farlo, so che non sei indifferente, sei solo scosso. Piangi Logie, qui non devi essere forte per nessuno chiaro? Ci siamo solo io e te, non devi essere forte per nessuno- Lo rassicurò la giovane che accolse tra le sue braccia mio fratello, ormai in preda dei singhiozzi.

Camille carezzò dolcemente i capelli di Logan mentre lui aveva posato la testa nell’incavo del collo di lei.

Quando si staccò Logan aveva un espressione strana, non gliela avevo mai vista prima, mai. Era un misto di gratitudine, ammirazione, con una punta di felicità, probabilmente dovuta alla vicinanza con la ragazza.

MI girai dall’ altra parte non sapendo come reagire quando vidi i volti di mio fratello e quella giovane che dal primo momento avevo capito sarebbe divenuta la sua fidanzata, avvicinarsi sempre più. Sapevo cosa sarebbe successo, lo sapevo benissimo, ed avrei dovuto esserne felice, eppure la gelosia mi faceva odiare quella situazione, così perfetta per Logan e Camille, così improponibile per me.

Era dannatamente gelosa, non solo di mio fratello, ma anche della situazione in se, situazione che io tanto sognavo, situazione che tanto volevo fosse mia e  di James. Ero gelosa dei loro sentimenti, di ciò che provavano, della facilità con cui riuscivano a stare assieme, della facilità con cui s’amavano.
Volevo tutto quello che aveva Camille, lo volevo, più d’ogni altra cosa.

Mi sporsi dalla colonna e mossi un passo, decisa a rovinare quel momento tanto speciale ed irrepetibilmente perfetto, quando qualcuno mi bloccò per il braccio e mi tirò indietro prima che potessi compiere quell’avventato gesto di rabbia. Oramai Logan aveva posato le sua labbra su quelle di Camille e lei aveva delicatamente cominciato ad accarezzare la sua schiena.

-Cosa volevi fare?-Mi chiese Diamond in un sussurro
-Non sono affari tuoi- Risposi freddamente. Ero arrabbiata con lui, nonostante avessi voluto precedentemente confortarlo e stargli vicino ero arrabbiata con lui. No, non di certo per le parole pesanti che m’aveva lanciato la sera precedente, non per avermi bloccata dal commettere il mio errore in quel momento, bensì per non avermi aiutata in città. Una parte di me credeva, sperava, che non mi avesse sentita, ma l’altra ere sicura che l’avesse fatto per ripicca nei miei confronti.
-Si che lo sono visto  che Logan è praticamente mio fratello e Camille è mia amica- Mi tenne testa lui, bloccandomi contro la colonna, mentre io cercavo di scappare alla sua ferrea presa.

Abbassai lo sguardo non appena notai quanto fossimo vicini in quel momento, come solo una volta prima di allora, eppure così mentalmente e sentimentalmente lontani, esattamente come la volta precedente. Tra di noi era palabile l’invisibile muro spesso metri che ci divideva completamente.
-Che c’è, hai perso la voce?- Si burlò di me Diamond vedendo che non rispondevo.
-No. Sai mi sembra che non ti importi nulla di quello che è successo- Lo accusai io, senza specificare cosa in particolare. Erano tante le cose che mi sembravo essergli indifferenti: Carlos, me, la nostra litigata.
-A cosa ti riferisci esattamente?-Chiese scrutandomi con curiosità attraverso gli occhi nocciola.

-A  me Diamond, a me. Sai so che ti ho deluso e sei irato con me per aver ballato con Ronald, ma tu non mi degni di una decente spiegazione per il quale non avrei dovuto farlo. Inoltre ti ho visto oggi, in città, mentre un inglese tentava di violarmi. Sai io…ti ho implorato, ho gridato il tuo nome, ho cercato aiuto in te e per questo sono stata presa a calci, ma tu…tu non sei venuto, non ti sei degnato di aiutarmi per colpa del tuo stupido orgoglio e per la tua rabbia. Ma lo sai chi mi ha salvata? Vuoi saperlo?E’ stato Ronald, si, lui che tanto volevi che evitassi. Ti è chiaro cosa, ora- Gridai, attirando l’attenzione di Logan e Camille che fino a poco prima si stavano baciando appassionatamente.

-Come potevi pensare che ti avrei udita Karen?! Non potevo, lo so che ho tutte le qualità per esserlo, ma non sono un Dio greco o una creatura mitologia, sono umano. Non ti ho sentita e mi dispiace ma comunque c’era il tuo amichetto a salvarti di cosa ti lamenti?Sicuramente lui ti ha aiutato molto di più di come avrei potuto aiutarti io. E per quanto riguarda la mia ira nei tuoi confronti i motivi sono molto personali, così personali che nemmeno il tuo caro rampollo Wanter li conosce- Rispose lui con il mio stesso tono di voce.

-Perché devi sempre confrontarti con gli altri dimmelo!? Non ho  mai fatto un paragone tra te e Ronald, James, mai.  E lo sai che c’è che se sei irato con me ho tutti i diritti di saperne il motivo visto che sono umana anche io, e, a differenza tua io soffro se tengo ad una persona. Ma evidentemente ho sbagliato tutto su di te. Non sei il perfetto, irreale, James che mi illudevo di conoscere, no. Credevo che almeno un po’ ci tenessi a me, ma mi sbagliavo. Sei solo un egocentrico, presuntuoso,egoista, figlio di papà James David Diamond-

Vidi passare una varietà di emozioni sul viso del ragazzo che mi stava di fronte. Prima shock, poi rabbia, poi tristezza e delusione. Mi avrebbe dovuto far male sapere che tutte quelle emozioni erano sul volto di James a causa mia, ma non riuscivo tanto ero arrabbiata con lui, tanto in quel momento sentivo di odiarlo pur continuando a desiderarlo immensamente.

La mia parte più romantica, più irragionevolmente sognatrice, immaginava che il giovane mi prendesse il volto tra lei mani e posasse con dolce violenza le sue labbra sulle mie, le muovesse assieme alle mie, cingendomi la vita, carezzandomi i capelli. In quel caso avrei dimenticato ogni suo inspiegabile comportamento, avrei dimenticato le parole che ci eravamo scambiati, gli sguardi rabbiosi, la delusione e la tristezza.  Avrei dimenticato il mondo circostante, ci saremmo stati solo lui ed io. 

Aspettai qualche secondo in attesa che quel mio desiderio impossibile s’avverasse, quando l’arrivo di Ronald ci fece destare dai nostri pensieri.
-Abbiamo portato Carlos a letto, se volete vederlo ora è possibile- Ci avvisò il biondo scrutandoci.
-Portami da lui- Sussurrai lanciando un occhiata a James, che ebbe il buon senso di non venire anche lui, e a mio fratello e Camille i quali mi fissavano uno sconcertato, l’altra delusa.

Quando arrivai nella stanza dove Ronald e Kendall avevano adagiato Carlos, non potei fare a meno di sorridere e dimenticare per qualche secondo quanto accaduto poco prima, davanti alla più dolce scena che avessi  visto.

Carlos era sdraiato sul letto, coperto da candida stoffa color avorio, le braccia erano scoperte, così che Jo potesse tenere la mano del latino carezzandogli i capelli cortissimi e posando un delicato bacio sulla fronte del ragazzo addormentato di tanto in tanto. Kendall dall’altra parte teneva la mano di suo fratello, sorridendo leggermente all’affetto che pochi immaginavano che Jo avesse nei confronti del latino.

Entrai nella stanza e Kendall mi cedette il suo posto. Carezzai delicatamente la mano morbida ed ancora abbastanza fredda del mio migliore amico, desiderando che aprisse gli occhi, mi sorridesse e mi desse qualcuno di quegli ingenui consigli che tanto mi aiutavano. 

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Capitolo 6
*** Ero un disastro, totalmente sbagliata ***


br type="_moz" /> Ci tanto ad avvertire che quanto leggerete in seguito non è affatto l'inizio di un triangolo amoroso, non fatevi idee sbagliate, e sopratutto continuate a seguirmi anche se questo capitolo potrebbe risultare banale, perchè andando avanti ci saranno molte sorpese.
Grazie.
Inoltre volevo ringraziare tutti coloro che recensiscono, perchè War and Love è entrata nelle storie più popolari per il numero di recensioni, ora però dobbiamo continuare ad aumentare, quindi miraccomando, commentate anche voi lettori silenziosi.
Grazie a tutti vi amo !

~~Capitolo 6
 

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-Smettila di guardarmi così Logan- Gridai, alzandomi furiosa dal divano rosso.
-Non ti guardo in nessun modo Karen- Affermò mio fratello pacatamente.
-Ah no? Sono due giorni che mi fissate tutti come se ogni cosa accaduta sia colpa mia. Sai non è solo James a starci male- Continuai io risoluta a far capire che, in realtà, ero io quella a soffrire e  non certo Diamond. Infondo era solo sua la colpa della nostra ultima lite, due giorni prima. D’allora James non si era più visto in giro, se non quando andava a trovare Carlos a villa Knight, solitamente stava pochi minuti, a chiacchierare con un Carlos addormentato che non gli avrebbe risposto, e poi senza guardare in faccia o salutare nessuno se ne andava.

-Karen, ti voglio bene, ma in questo momento sinceramente tu sei l’ultimo dei miei pensieri- Mi confessò Logan sospirando pesantemente.
-Già scommetto che devi pensare a come è meglio chiedere a Camille di sposarti- Risposi amaramente io. In quei giorni Logan e Camille sembravano essere divenuti un tutt’uno, il che mi fece provare un invidia ed un risentimento sempre maggiore verso la fidanzata di mio fratello. Non sopportavo l’idea che loro riuscissero ad essere felici nonostante il mondo attorno a loro stesse lentamente crollando, schiacciando tutti tranne la coppia felice fino all’asfissia.
-Non corriamo, è presto per chiedere a Camille di sposarmi, ed in questo momento non è nemmeno lei il mio pensiero più urgente.Mentre noi discutiamo, Carlos sta ancora rischiando la vita, James è praticamente a pezzi, Kendall ha intenzione di arruolarsi con gli americani e nostro padre con gli inglesi, inoltre il nostro caro padre vorrebbe che mi arruolassi con lui- Mi ricordò Logan.

Feci una risata piena di rabbia ed ironia. In quel momento mi sembrava di essere l’unica a soffrire, l’unica a star male.Ero convinta che i problemi degli altri non fossero nulla in confronto ai miei, che le loro pene e i loro dolori non potessero nemmeno essere paragonati a ciò che stavo passando io in quei grigi giorni d’estate.

Ero maledettamente egoista, tanto che stentavo a riconoscermi guardandomi allo specchio. Sapevo di avere un atteggiamento sbagliato, cattivo oserei dire, eppure allora mi sembrava il comportamento più giusto quando si è circondati da persone che ti ritengono colpevole della sofferenza di chi, in realtà,  ti sta facendo soffrire te almeno il doppio.

-Logan tu non sai nulla di come sto io! Ti preoccupi di Carlos che si sta rimettendo benissimo a villa Knight, di James che sicuramente starà cercando qualche preda nella città più vicina, di Kendall che sicuramente non si arruolerà per Jo, e di nostro padre di cui non ti è mai importato nulla. E io? Cosa sono io Logan?- Chiesi facendo trapelare tutta la rabbia che provavo. Volevo che capisse, anche se il mio geniale fratello sembrava troppo stupido per farlo in quel momento, volevo che mi comprendesse e mi appoggiasse, almeno lui tra tutti.

-In questo momento Karen, sei solo un egoista- Lo sguardo di Logie, di quel fratello che tanto ultimamente stavo amando, mi  fece più male di un coltello piantato nello stomaco. Mi venne da piangere. Mi sentivo terribilmente in colpa, schiacciata dalla verità alla quale mi ostinavo a non credere delle parole di mio fratello. Non lasciai che una lacrima scendesse lungo le mie guancie, perché in quel momento tutti erano miei nemici e non volevo dar a nessuno la soddisfazione di vedermi dilaniata, lacerata, completamente distrutta all’interno.

-Sono egoista se sto male?! Sono io l’egoista se soffro Logan, se ho bisogno di mio fratello?! Sono forse un egoista per questo?- Domandai quando ormai controllare la rabbia, la frustrazione e la delusione era divenuto impossibile.
-No, sei egoista a non capire che dietro quello che tu vedi c’è sempre, piccola sempre, nascosto qualcosa di più grande. Dietro alla tua sofferenza vedo un orgoglio ferito, dei sogni e delle speranze mai avverate, vedo delusioni, nostalgia dei tempi in cui era tutto più bello, in cui stavi assieme a noi senza troppi problemi e senza litigi. Vedo che ti manca tutto quello, vedo che volevi che quello cambiasse, ma sicuramente non così e fa male. Fa male per un fratello vedere la sua sorellina così, ma fa più male vedere quanto non riesca a capire che questo è un periodo difficile per tutti Karen. Non esisti solo tu piccola, anche gli altri dietro la facciata nascondono qualche cosa-
Spiegò Logan alzandosi per prendermi le mani tra le sue e guardarmi negli occhi con la convinzione di chi voleva portarmi a ragionare, voleva farmi capire  quel  giusto concetto, salvandomi dalle grinfie dell’egoismo a cui avevo ceduto miseramente.

Logie mi fece sedere sul divano assieme a lui, continuando a stringermi le mani mentre io lo fissavo piena di voglia di capire, di conoscere per la prima volta la verità, soprattutto su James.
-Devi sapere che ognuno dei nostri amici nasconde un segreto qualcosa di più profondo e distruttivo di quel che immaginiamo noi- Cominciò a raccontare mio fratello.
-Carlos, per quanto  possa sembrare star meglio, potrebbe contrarre ancora un infezione Karen, e morire, senza che io o tu, o nessuno di noi possa fare nulla per alleviare le sue sofferenze e salvare la sua giovane vita. Kendall, no Kendall non rinuncerà a partire come credi tu, per nulla al mondo, nemmeno per Jo. Lui ama il nostro paese, ama la libertà e i giusti valori, ma soprattutto ama noi come una famiglia e farebbe di tutto per assicurarci un futuro migliore, lontano dagli inglesi, quindi.
Per quanto riguarda nostro padre è un problema da non sottovalutare, per quanto non abbia mai nutrito amore nei suoi confronti è e rimarrà sempre  mio padre e schierarmi contro di lui non sarebbe bello, soprattutto per te e nostra madre- Concluse il moro fissandomi in attesa di una mia reazione.

-Hai saltato James- Gli feci notare senza lasciar trapelare le emozioni che avevo provato ascoltandolo.
-James.. già..Karen lui ci sta male, per quello che è successo, certo, ma soprattutto per quanto hai detto bambina. Lo hai ferito- Logan mi carezzo i capelli abbracciandomi. Le mie parole forse erano state dure, ma le sue? Le sue lo erano state altrettanto. La mia rabbia nei confronti di James non era affatto diminuita, anzi cresceva ogni secondo che passava scandito dal ticchettio dell’orologio a cucù

-Lui anche mi ha ferita, dandomi della donnaccia, eppure nessuno lo incolpa di questo. E so, come mi hai detto tu, che è  perché lui ha una storia dietro, un qualcosa nascosto dietro la facciata di assolutamente più terribile di quello che nascondo io. Solo..io, nonostante tutto ci tengo a lui, più di quanto tu possa immaginare lontanamente, ma la mia ira non se ne andrà senza una spiegazione logica ai problemi assurdamente gravi che abbiamo ultimamente. Ho bisogno di sapere Logie, ogni cosa, e il suo perchè-Lo supplicai.

-E’ un lunga storia Karen, che inizia ben prima della nascita di Jamie e che, come avrai capito riguarda anche il tuo amico Ronald- Mi disse.
-Raccontamela- Lo incitai.
-La signora Diamond era vedova, suo marito era appena morto per una polmonite, e lei era rimasta sola poco dopo il matrimonio quando incontrò il signor Wanter, il quale all’epoca era già sposato con la signora Wanter. La passione tra i due sbocciò subito, si frequentarono in segreto Karen, finchè Diamond non rimase incinta di James. Wanter non  riconobbe ufficialmente James come figlio, per evitare lo scandalo, anche se tutti conoscevano la sua relazione con la madre di Jamie. Lo andava a trovare di tanto in tanto e manteneva lui e sua madre economicamente, finchè, un anno dopo la nascita di Jamie la signora Wanter rimase incinta di Ronald. D’ allora a James di suo padre diminuirono sempre più fino a non vederlo più. Continuò a mantenerli, per evitare che la vicenda venisse fuori, ma James crebbe senza padre, sapendo di averlo, ma che comunque aveva preferito l’altro figlio, il suo fratellastro. Sapendo che aveva preferito Ronald a lui. E’ per questo che James è così ossessionato dal fatto che tu non debba essergli amica, ha paura che anche tu possa preferire Ronald a lui e le vostre liti, il tuo ballo con Wanter, il fatto che lui ti abbia salvata non fanno altro che aumentare e rendere vere le sue parole Karen . E’ per questo che e’ così ossessionato dall’essere perfetto, per mascherare la sua più grande paura, quella di non essere mai abbastanza. Ora capisci Karen?-

Rimasi talmente scioccata che anche solo parlare mi era difficile, così mi limitai ad annuire.

Dopo il racconto di Logan ogni parte di me si pentì di aver ballato quella maledetta sera con Ronald, di aver litigato successivamente con James, e di averci litigato nuovamente due giorni prima. Mi pentii di essere anche stata vicina Ronald in quei due giorni in cui la sua presenza e il suo sorriso contagioso erano divenuti indispensabili, e, nonostante lui non fosse a conoscenza di questa storia e non avesse colpe, lo odiai.

Lui, in quel momento, rappresentava dopo suo padre quanto di più detestabile vi fosse sulla faccia della terra, lui in quel momento era forse il diavolo, un diavolo a cui James non aveva nulla da invidiare e di cui non doveva essere affatto geloso.
Provavo un ingiustificata rabbia nei confronti di Ronald, che il solo ripensarci oggi mi fa vergognare.

Era una rabbia così cieca la mia, verso quel giovane dagli occhi ipnotici e il sorriso capace di rallegrarti la giornata , una rabbia e un odio dettato unicamente dall’amore che provavo per James, il quale aveva sempre sofferto a causa dei Wanter, e soffriva allora per me e Ronald.
Eppure  io non mi odiavo, no, stavo facendo soffrire James esattamente come Ronald ma non riuscivo ad odiare me stessa. Ero così dannatamente sbagliata io, così immatura e piena di cattiveria. Rivedendomi così, ora, certo mi odio.

Mi alzai dal divano, decisa, sapendo che starmene lì seduta non sarebbe servito a nulla, e corsi, ignorando i richiami di Logan, verso villa Knight.
Ancor prima di arrivare sentii le grida di Jo.

-Perché  devi rovinare tutto con i tuoi stupidi eroismi Kendall- Gridava la bionda.
-Io non voglio fare l’eroe Jo, e non rovinerò nulla, anzi, le cose miglioreranno dopo la guerra te lo prometto- Rispose più tranquillamente della sua fidanzata, Kendall.
-Una guerra da cui tu potresti non tornare- Continuò ad urlare Jo.
-Ma tornerò, per te, sempre. Vivremo senza dover dipendere da nessuno Jo, nessun inglese, nessun tentativo fallito di rivolta, niente violenze. Nulla Jo, solo noi e la libertà- Tentò di convincerla Kendall
-Kendall, ragiona, ci dobbiamo sposare, se tu parti, se vai via non ci sposeremo. Kendall se non tornassi come farei io diamine. Io ti amo Knight, non riuscirei a sopravviverti- Sussurrò la bionda
Li vidi baciarsi, mentre io passavo il più silenziosamente possibile, accanto a loro per raggiungere la villa e cercare James.
Jo mi lanciò uno sguardo, ma riposò nuovamente la sua attenzione a Kendall che cercava di convincerla ancora.

Camminai velocemente tra gli ampi corridoi, fino ad arrivare alla camera di Carlos.
La porta era chiusa, ma potevo chiaramente percepire una voce maschile provenire dalla stanza. Non riuscivo ad identificare a chi appartenesse, e al pensiero che fosse James il mio cuore perse un battito.
Ero andata lì per vederlo, certo, ma cosa avrei potuto dirgli?
Abbassai la maniglia della porta, dandomi il tempo di ragionare sul da farsi, e senza arrivare ad una conclusione, aprii la porta.
Un ragazzo dai capelli biondi se ne stava seduto accanto a Carlos.
Rimasi immobile ad ascoltarlo mentre prometteva a Carlos che la sua famiglia gli avrebbe dato un bel lavoro, una casa, e che sicuramente gli avrebbe fatto conoscere una bella ragazza. “Perché ti conosco poco Carlos, lo so, ma so che sei un bravo ragazzo. Te lo meriti” Aveva detto
La voce di Ronald era così dolce che per qualche istante dimenticai persino James e la sua storia, ero come ipnotizzata dalla bontà estrema di quel giovane.

Quando Wanter si accorse della mia presenza, si girò sorridente verso di me e mi salutò. Potevo affermare con certezza che, nonostante ci conoscessimo da poco, mi volesse bene, il che mi suonava strano. Infondo le uniche persone con le quali avevo legato in brave tempo erano James e i ragazzi, e loro erano così diversi da Wanter.
Ronald continuava a sorridere, con quel suo sorriso così perfetto e sereno, che mai avevo visto increspare le labbra di James. I suoi occhi  mi scrutavano  e sembravano più verdi che mai , di quel verde che in piccoli accenni potevo vedere anche negli occhi di James. I suoi lineamenti rilassati mi trasmettevano una tranquilla serenità,  serenità che mai in vita sua James aveva avuto.Sicuramente Ronald aveva avuto una vita  perfetta, vita perfetta che a James era stata negata. Ogni cosa in quel sorriso che Ronald mi aveva sempre rivolto mi fece ricordare di tutta la mia rabbia, e fece aumentare il mio odio a dismisura, eppure Wanter non aveva fatto nulla di male se non essere maledettamente perfetto come suo solito.
 James meritava una vita perfetta molto più di Ronald, senza il quale la sua vita non sarebbe stata così triste.
Già, era il giovane Wanter la causa di tutti i mali di Diamond, o almeno quella era la convinzione che avevo allora.
Non sorrisi di rimando, anzi rimasi seria, il che fece spegnere il sorriso sulle labbra di Ronald lasciando posto ad un espressione curiosa.
-Che c’è Karen?- Chiese il biondo.
-Cercavo James- Affermai freddamente incrociando le braccia al petto.
-Che ha fatto questa volta Diamond?-Domandò lui preoccupato, evidentemente, per il mio stato d’animo. Alzai lo sguardo verso di lui, che mi stava di fronte. Mi soffermai ad osservarlo per alcuni istanti. Vicina come ero potevo notare la bocca carnosa al punto giusto, simmetrica, gli occhi dal taglio preciso, i capelli ramati e il naso delicato.
-Lui nulla Wanter, sai dovresti parlare con tuo padre invece- Dissi io. La mia cattiveria prese il sopravvento. Volevo che sapesse, volevo vederlo soffrire, volevo che la sua perfezione andasse in pezzi, che divenisse vittima del crimine del suo amato padre.
-A cosa ti riferisci Karen?- La confusione sul bel volto del giovane era sempre più evidente.

-A nulla Wanter non si riferisce a nulla- Non potetti aprire bocce perché una voce dannatamente famigliare, che in quei due giorni mi era terribilmente mancata, mi interruppe.
Fissai con sorpresa l’alto ragazzo. Nonostante avesse i capelli perfetti, il sorriso smagliante e  la pelle abbronzata come al solito riconobbi che non se la passava bene, almeno non emotivamente. I suoi occhi non splendevano come il suo sorriso, evidentemente finto, e mi fece malissimo, così male che pensai di piangere da un momento all’altro.
-Vieni con me- mi intimò  James tirandomi per il polso.
-Aspetta- Mi richiamò Ronald
-Non devi sapere Wanter. Non è nulla di importante, fidati- Rispose Diamond portandomi all’esterno della villa, dove Jo e Kendall continuavano imperterriti a litigare.
-Cosa volevi fare?-Chiese Diamond prendendomi per le spalle. Spostai lo sguardo, quella situazione mi ricordava fin troppo quella  due giorni prima.
-Nulla- Risposi guardandolo con dolcezza-Ti cercavo solo che ho incontrato Ronald e…Logan mi ha detto tutto di te Jamie, mi dispiace tanto…per tutto quello che ho fatto..io volevo- James mi interruppe

-Volevi dirgli tutto vero? Karen non voglio che tu ce l’abbia con lui per un mio problema, per quanto faccia dannatamente male lui ti rende felice, a differenza mia. Inoltre non voglio la tua compassione, non voglio che tu mi veda diversamente solo perché bhe si sono il figlio illegittimo di Marcus Wanter-
-Lui non mi rende felice James, sto bene con lui si, ma sto meglio con te. Inoltre non ti guardo con compassione, solo ora mi è tutto più chiaro. James sei tu quello importante per me, e Ronald lui per me non è nulla. Potrebbe arruolarsi con gli inglesi e morire in guerra e  non mi dispiacerebbe più di tanto. Sei tu quello senza cui non posso stare Jamie. Io preferisco te, lo farò sempre- Sussurrai carezzandogli  la guancia.
-Mi sei mancata bambina- Mi confessò con occhi colmi di dolcezza, gratitudine mista a gioia.
-Anche tu. Starò lontana da Ronald, e tu dimenticherai gni dolore Jamie, lo curerò io. Ogni ferita, ogni sofferenza, ci sarò io ad aiutarti. Sempre-Promisi con determinazione.
-Non fai questo a causa della mia storia vero? Non perché insomma si perché mio padre ha preferito Ronald a me. Lo fai solo per me vero?- Domandò Diamond assumendo l’espressione di un cucciolo impaurito.
-No- Lo rassicurai.

Una risata amara, una risata che mi face gelare il sangue nella vene, che mai avrei immaginato di poter udire da quella persona, ci interruppe.
Ron ci fissava sconvolto, gli occhi cominciavano ad inumidirsi, la sguardo afflitto, il sorriso inesistente.
-Era questo che non dovevo sapere?-Chiese, più tranquillamente di quanto mi aspettassi.
Chinai il capo, incapace di sopportare il suo sguardo.
-Non dovevi saperlo così Wanter. Si, è una lunga storia ed è un po’ complicata e…-Tentò di spiegare James
-No Diamond, non è affatto complicata. Vivo in un mondo in cui le persone che amo non fanno altro che mentirmi. Sai mi dispiace per quello che ti ha fatto mio padre- Il tono di Ronald non era furioso come mi sarei aspettata, anzi pacatamente triste, privo di vita.
- Ronald- Lo chiamai , avevo bisogno di dire qualche cosa, ma non avevo idea di cosa.
- No Mitchell, niente Ronald, niente scuse, non voglio sentirti parlare- Mi disse voltandomi le spalle, mentre si avviava lentamente in direzione di villa Wanter.

Chiusi gli occhi, maledicendomi per la mia stupidità. Mi ero resa conto troppo tardi di quanto in realtà contasse per me Ronald, che in realtà non lo odiavo, che non volevo vederlo distrutto, che avevo bisogno del suo sorriso.

James mi mise una mano sulla spalla mi voltai verso di lui.

-Mi dispiace- Si scusò affranto.

-Non è colpa tua Jamie, solo…sono io che questa volta come al solito ho combinato un bel guaio. Comunque questo non cambia le cose tra me e te- Lo rassicurai per la
terza volta in pochi minuti.

James mi abbracciò, tanto forte, che pensai che se mi avesse lasciata andare sarei caduta, instabile come mi sentivo in quel momento.

Ero un disastro, totalmente sbagliata, eppure continuavano tutti a volermi bene. Come potevano? Ora si che mi odiavo.
Perché non potevo avere entrambi. Mi sarebbe bastato averli entrambi come amici, perché la mancanza di uno era l’equivalente della perdita di una metà di me e la mancanza dell’altro, dell’altra metà. Avevo bisogno del mio amico Ronald quanto di James, anche se in modi diversi. Erano parte di me qui ragazzi, mi erano entrati dentro, fino al midollo, tanto che ora la mia stessa felicità dipendeva dalla loro presenza.

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