Se puoi sognarlo.

di SaraHiddleston
(/viewuser.php?uid=235734)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sofia, la ragazza dalla pelle diafana ***
Capitolo 2: *** Alcune strade portano più ad un destino che a una destinazione ***
Capitolo 3: *** Quando hai un dubbio racconta la verità ***
Capitolo 4: *** La stessa faccia della medaglia ***
Capitolo 5: *** New York Calling ***
Capitolo 6: *** La guerra si fa spazio nei nostri cuori ***
Capitolo 7: *** Ogni persona è un abisso, vengono le vertigini a guardarci dentro ***



Capitolo 1
*** Sofia, la ragazza dalla pelle diafana ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.






Bassa quanto basta da guardare la dignità di gente che la contorna ma altrettanto alta da guardare a quattrocchi i suoi sogni più elevati.

Il suo nome è Sofia, letteralmente “saggezza”, e questo aggettivo sentiva che la rispecchiava ogni giorno di più. Era bassa sì, ma non per questo cercava di isolarsi. Aveva i capelli bianchi. Non perché era anziana ma solo perché era nata così, era albina. E per questo sin dalla nascita era stata vista come un evento negativo, come un demonio che aveva scelto di far dimora proprio in Italia.
Per tutta la fanciullezza aveva vissuto gli scherni di coetanei superficiali e non appena entrò nel periodo dell’adolescenza imparò a vivere la sua vita senza contare sull’aiuto di altri. Imparò a non affezionarsi a gente stolta ma non imparò mai a trovare gente profonda. Per questo vaga ancora in giro da sola, completamente da sola. Non ha mai avuto un’amica su cui contare e tanto meno una famiglia a cui confidare i suoi dubbi. I suoi genitori la consideravano pazza solo dopo aver scoperto la sua stranezza e non avevano mai considerato l’eventualità di ascoltarla solo per una volta. Erano molto più comprensivi con il fratello maggiore, quello normale. Quello che assomigliava ad un divo di Hollywood, quello biondo, alto, con gli occhi azzurri e pompato come un canotto pronto per inoltrarsi nelle acque gelide di un mare o di un lago. Si è sempre sentita questa differenza di amore tra i due fratelli e per questo non appena Sofia compì i 18 anni se ne andò a vivere da sola il più lontano possibile.
In un primo istante fu veramente difficile per lei racimolare dei soldi ma poi trovò il lavoro che sognò ogni notte da quando lesse il suo primo libro. Lavorare in una libreria. E lei finalmente poté realizzare uno dei suoi innumerevoli sogni.
Lei viveva di sogni, lei era un sogno.
Molte volte aveva desiderato di poter essere nata come tutti gli altri ma poi, quando si rendeva conto della sua intelligenza non chiedeva nient’altro di meglio. La superbia era il suo peccato se così si può dire, pensava che lei fosse la migliore almeno per quanto riguarda l’anima. Sapeva di non essere perfetta esteriormente, non era la classica ragazza tutta ossa e pelle. Aveva i fianchi bei larghi ma per questo non si abbatteva anzi, si diceva sempre che fossero simbolo di bellezza e di fertilità. Ma aveva anche un seno scarso. Aveva una prima e per questo mai nessuno le aveva avanzato delle avance, per questo si rammaricava un po’ di più ma poi si ricordava che il seno perfetto entra in una coppa di champagne.
Per ogni suo difetto trovava un pregio.
Questo era il suo punto di forza.
Andare avanti, sempre e comunque.
E difatti aveva deciso da poco di intraprendere un weekend rigorosamente da sola per festeggiare il suo 20esimo compleanno a Stoccarda. Non aveva mai oltrepassato il suolo nazionale ma per questa prima volta aveva già la sensazione che qualcosa potesse finire diversamente dalle sue idee.
 
Ehi! Il mio nome è Sara e finalmente mi sono decisa a pubblicare questo primo capitolo.
Questa è la mia primissima FF quindi siate clementi ma lasciate tante recensioni, ne ho bisogno.
Lo so che questo capitolo è un po' troppo corto ma davvero non sapevo cosa fare, così almeno c'è una descrizione del personaggio di Sofia che almeno è un po' diverso dagli altri.  
Alla prossima,
Sara

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Alcune strade portano più ad un destino che a una destinazione ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.






“Questo sarà il mio giorno …” pensò Sofia mentre si precipitò giù dalle scale dell’albergo in cui ospitava.      
Quella notte si era addormentata pensando a come passare il tempo il giorno che sarebbe arrivato e concluse che sarebbe andata a visitare il Kunstmuseum, il famoso museo d’arte moderna della città.
Le era sempre piaciuta l’arte, fin dai tempi della sua solitudine forzata. Era l’unica cosa che la accompagnava durante la sua maturazione. Non esattamente l’unica, la seconda cosa erano i libri. Numerosi libri di ogni genere: da Agatha Christie a Shakespeare, da libri fantasy a libri di fantascienza. Non aveva preferenze, doveva solo leggere e immedesimarsi nei protagonisti. Così avrebbe potuto sognare la sua vita perfetta.
“Eccolo qui. È magnifico …” si mise a sussurrare. Pagò il biglietto e con le pupille dilatate si incamminò al suo interno. Non aveva mai visto una cosa del genere. Quadri e sculture in ogni dove. Il paradiso. Pensò stesse sognando da tanto era contenta, ma anche dopo essersi stropicciata gli occhi la visuale non cambiava. Nessun segno di sogni all’orizzonte.
Dopo aver analizzato ogni pezzo di arte presente nel museo, Sofia decise che era arrivata l’ora di andare a fare uno spuntino da qualche parte visto che era pomeriggio inoltrato.
Così decise di entrare in un pub e ne rimase veramente felice da quegli interni completamente in legno che si ritrovò davanti.
Dopo aver consumato il suo pasto decise che, visto il buio che incombeva sulla città, sarebbe stato opportuno andare a casa ma, quella piazza davanti al pub la incuriosì.
Si avvicinò e scese gli scalini per poi trovarsi in mezzo allo spiazzo.
Questa solitudine le riempì il cuore ma allo stesso tempo la disorientò poiché voleva degli amici di cui fidarsi e magari anche qualcuno che le dicesse che le voleva bene di tanto in tanto. E invece si ritrovava da sola a vagare per una città che l’aveva sempre affascinata.
“Carpe Diem” si disse e si mise a sedere su una panchina giusto sotto un lampione e tirò fuori dalla sua borsa il suo libro in assoluto preferito, “Romeo e Giulietta” per poi mettersi a leggerlo. Lo aveva letto così tante volte che ora quel libricino era quasi distrutto.
Dopo circa 60 pagine fu destata da un’ improvvisa calca di gente che si dirigeva verso di lei scappando dall’edificio che si trovava di fronte. Mise via subito il suo libro e si avvicinò per vedere da più vicino cosa stesse accadendo.
Tutto quello che poté vedere era un uomo che dal suo ordinario smoking, come avvolto da una strana magia, cambiò d’abito ritrovandosi con un’armatura sfavillante di un color oro e con un mantello color verde. Il verde era sempre stato un colore meraviglioso per Sofia, che non appena vide quel personaggio rimase a bocca aperta, pensando che arrivasse da un’altra epoca. O addirittura da un altro mondo.
La macchina della polizia che sopraggiungeva con le sirene a tutto volume venne magicamente rovesciata con l’utilizzo dello scettro di quello strano tipo. E continuava ad avanzare, verso la gente che non smetteva di urlare e verso Sofia, che non riusciva a capire del tutto la situazione.
Le persone smisero di agitarsi solo quando altre tre immagini di quel personaggio vennero proiettate ai vari confini della piazza.
“Inginocchiatevi” disse, “In ginocchio” aggiunse dopo che il suo primo avvertimento non andò a buon fine e sbatté lo scettro a terra, come per dare più enfasi, “ORA” gridò e tutti, dopo un istante, si inginocchiarono.
Cadde il silenzio.
Sofia si inginocchiò e subito si rese conto che si trovava dannatamente vicina a quello strano individuo. Troppo vicina.
Così vicina da poterlo studiare.
Aveva dei lunghi capelli corvini pettinati all’indietro che ricadevano sulle sue spalle, degli zigomi molto pronunciati, che pensò se lo avesse notato in un’altra situazione l’avrebbero eccitata, degli occhi azzurri come il cielo ed infine delle dita lunghe e curate.
“Non vi sembra semplice, non è questo il vostro stato naturale? È la verità taciuta dell’umanità, voi bramate l’asservimento. Il luminoso richiamo della libertà riduce la gioia della vostra vita ad un folle combattimento per il potere, per un’identità. Voi siete nati per essere governati, alla fine vi inginocchierete sempre” dopo queste parole si avvicinò a Sofia.
Troppo vicino.
Così vicino da puntare lo scettro alla parte sinistra del petto di Sofia.
 
“Per quanto tempo ancora?”
“Per quanto tempo ancora cosa?” rispose Sofia.
“Per quanto tempo ancora sarai così asociale e te ne starai nella tua camera, Sofia?”

A quelle parola nel cuore di Sofia sormontò una collera così grande da voler rifilare a quel suo fratello un pugno, un pugno dritto per sfregiargli quel naso curato che aveva.
E lo fece. Giusto in mezzo a quegli occhi cristallini che la stavano fissando con superiorità.
Provò un tuffo al cuore. Una sensazione allo stesso tempo bellissima e rassicurante.
Per la prima volta aveva avuto il coraggio di fargliela pagare per tutte quelle volte che l’aveva sminuita.
Lei, quella che sapeva sempre come prenderlo in giro senza farsi accorgere.
E il bello è che non rimpiangeva neanche una sua azione, non le importava se avesse corso dalla sua mamma a piangere perché gli usciva sangue da naso, l’importante era stato fargliela pagare.

Per tutto.
 
Le venne in mente questo particolare mentre quell’uomo la stava fissando.
I suoi occhi la stavano lentamente stregando e tutto d’un tratto si sentì come in preda ad un turbine.
Un turbine in cui sarebbe stata risucchiata
Un turbine senza fine.



Okay, nuovo capitolo.
Spero che sia un po' meglio del precedente e che non mi tiriate pomodori marci addosso.
Grazie a tutti quelli che seguono questa FF, grazie a chi l'ha recensita, grazie a chi ha messo tra i preferiti questa storia e infine grazie anche ai visitatori fantasmi (recensite però).
Alla prossima,
Sara

Titolo di Jules Verne.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Quando hai un dubbio racconta la verità ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.






Quel turbine senza fine la portò lontana, molto lontana.
A primo impatto Sofia non capì cosa stesse succedendo e non capì di essere finita nella tana del lupo.
Un susseguirsi di persone stavano vagando da una parte all’altra della stanza. Erano tutte molto precise e diligenti. Troppo precise e diligenti. Un brivido di paura si fece largo nella sua schiena e non poté fare altro che osservare.
Era da sola e nessuno sembrava notarla. Questo sembrò rassicurarla ulteriormente e colse l’occasione per studiare meglio quell’ambiente.
Doveva essere un sotterraneo, ne era quasi certa per l’aria che sembrava pesante, e al centro della stanza in cui si trovava c’era una parete di plastica che faceva vedere un eccentrico scienziato intento ad armeggiare con cose che Sofia non sapeva cosa fossero.
Ci doveva essere un’uscita, ne era certa anche se alla vista non riuscì a concludere una possibile pista.
Dalla sua posizione seduta, Sofia, si sentì toccare la spalla.
Silenzio.
Un assordante silenzio in cui si sentiva solo il suo cuore aumentare di battiti.
Lei sapeva chi si celava dietro quel tocco severo e aveva paura. Aveva visto come si era atteggiato in quella piazza e non sapeva come tenerlo a bada. Non era mai stata brava con le parole, preferiva i fatti. Ma ora aveva la sensazione di non avere una via di fuga.
La vista diventò sfocata dalle lacrime che stavano per incombere sulla sua bella pelle diafana, ma lei non doveva piangere. Lei non poteva piangere perché lei  era la ragazza che aveva lottato per tutto questo tempo. Che aveva lottato per la sua vita e che non tollerava di apparire fragile e stupida.
Quella stretta si fece all’improvviso più pesante e incominciò a farla bruscamente girare su se stessa.
I suoi occhi color ghiaccio rivelarono lo stesso personaggio di Stoccarda intento a chinarsi su di lei con due occhi cristallini per scrutarla profondamente.
Così profondamente da sentirsi esposta e nuda.
Le sembrava tutto molto strano e improvvisamente si alzò da terra così da raggiungere la spalla di quell’individuo che non le staccava gli occhi di dosso.
E la mano. Quella mano le afferrò il gomito e strinse, troppo.
Sofia abbassò gli occhi verso la sua mano, non riusciva a capire cosa volesse fare e perché le stesse facendo così tanto male quel piccolo tocco.
“Ahia”
“Sai parlare allora …” rispose l’uomo.
La presa non cessava di intensità ma anzi, aumentava e lui voleva sapere solo una cosa.
“Chi sei?”
Sofia non riusciva a capire la domanda. L’aveva portata via da quella piazza solo per sapere chi era? No, ci doveva essere qualcos’altro.
“Dimmelo!!” ringhiò.
Aveva paura. Aveva paura di lui e di cosa le avrebbe fatto. Sapeva che le avrebbe fatto del male perché sapeva che ne era capace.
“I-io mi chiamo Sofia ma non capisco …” lasciò la frase a metà per osservare quel personaggio che dopo averle lasciato il gomito se ne stava a camminare nervosamente avanti e indietro.
“No … No … NO! Non è possibile!” le gridò addosso “Io sono Loki , legittimo re di Asgard e mai nessuno prima di te era passato immune all’effetto del Tesseract. Vedi tutta questa gente? Eh?” e dicendo questo, Loki, additò le persone circostanti. Quelle con gli occhi azzurri che lavoravano senza sosta. Quelle che Sofia pensò fossero strane. “Tutta quella gente è sotto il mio controllo e TU! Non lo sei!” Queste parole uscirono dalla bocca del dio con disprezzo quasi come se volesse solo lei sotto il suo controllo.
L’eccezione.
Lei che spiccava dalla folla per la sua diversità e che era spaventata ma che fingeva di non esserlo.
Lei che non staccava gli occhi da lui.
Se lui non fosse stato il Dio dell’inganno pensò che non se ne sarebbe accorto di quella mortale così coraggiosa. Doveva nascondere qualcosa e lui doveva scoprire cosa.
Lui doveva scoprire perché era così diversa da tutti.
Prese in mano lo scettro e lo avvicinò al cuore di Sofia.
Sofia aveva paura. Un misto di emozioni le sfiorò la schiena in un lungo e interminabile brivido fino a quando si sentì la punta fredda dello scettro addosso.
Niente.
Non successe niente e l’espressione stupefatta, con il sopracciglio destro alzato, di Loki esprimeva tutto.
“Com’è possibile? Perché?” urlò Loki.
Nessuno dei viandanti sembrava dar retta alle urla del capo e tutti erano ancora intenti a lavorare.
“Deve funzionare con tutti gli esseri con un cuore!! Tu hai un cuore, vero?”
“Sì …” rispose Sofia con gli occhi sgranati e la bocca leggermente aperta.
Certo che aveva un cuore! Che razza di domande le stava facendo?
Non riusciva a capire perché quel Loki l’avesse scelta tra tutta quella gente e perché fosse così arrabbiato con lei perché non si piegava al suo volere.
“Questo non è possibile. Parlami. Dimmi chi sei, la tua storia”
“Non ho una gran storia alle spalle”
“Voglio sapere perché il Tesseract non funziona su di te. L’unica umana dai capelli bianchi” disse con durezza il Dio.
Sofia non sapeva se voleva dire tutto a quel Dio. Non voleva raccontargli tutti i suoi segreti più intimi.
Non li aveva mai raccontati a nessuno e tanto meno lo voleva fare adesso con quel pazzo.
Silenzio.
Gli occhi di lui erano terribilmente intimidatori e non si staccavano dai suoi.
Lui voleva sapere.
Lui doveva sapere.
“Dimmelo! Ti conviene parlare, ora. Sempre se non vuoi che ti si torcano quei capelli preziosi che hai”
Tutta la sua vita sarebbe stata da lì a poco svuotata. Si sarebbe sentita ancora più male nel raccontare tutta la sofferenza che ha vissuto e lei non poteva fare niente se non parlare.
E incominciò a parlare, di tutta la sua vita.
Di come i suoi genitori non le avevano mai voluto bene e invece di come avevano sempre voluto bene al suo fratello maggiore.
Di come era disprezzata per i suoi capelli e di come la gente, quando passava, si fermasse a vederla e additarla.
Di come si sentisse arrabbiata verso tutti.
Di come non si circondasse di gente ma di libri, che non l’avrebbero mai ferita.
Tutto questo sgorgò fuori dalla sua bocca insieme a qualche lacrima versata dagli occhi ormai stanchi.
Non aveva mai parlato così tanto con nessuno, e il primo con cui parlava doveva proprio essere un Dio impazzito che bramava il controllo della Terra.
Si sentiva a disagio dopo tutti questi fatti che gli aveva raccontato e ogni tanto cercava di osservare la sua espressione, anche se rimaneva impassibile.
“Mi vuoi far del male?” chiese con un filo di voce alla fine del suo racconto.
“Perché pensi che io voglia farti del male?”
Quella risposta non se l’aspettava e neanche Loki si aspettava una simile risposta da parte sua.
Era uscita così, senza pensare e senza indugiare.
Sofia non riuscì a rispondere. Lo sapeva e basta. Lo poteva intuire dal suo modo distaccato, autoritario e sgarbato che aveva, dal discorso di Stoccarda e dal suo brutto presentimento.
Come se lo conoscesse da molto tempo.
“Agente Barton, scorti la signorina in una stanza” detto questo Sofia venne condotta in una stanza attigua mentre il Dio rimase da solo con i suoi pensieri.
Stava pensando a tutto. Doveva mettere in chiaro alcune cose di quella strana ragazza.
C’era qualcosa che non quadrava.
Qualcosa che tutto d’un tratto gli venne in mente.
“Ora ho capito tutto” pensò “lei è uguale a me”.



Eccomi finalmente con il terzo capitolo, spero che sia di vostro gradimento.
Grazie mille a tutti quelli che hanno messo questa storia tra le preferite, ricordate e seguite.
Davvero grazie mille a tutti voi che recensite, è merito vostro se continuo.
In attesa di nuove recensioni,
Sara

Titolo di Mark Twain.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La stessa faccia della medaglia ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.






Dopo che Barton la scortò nella sua stanza, Sofia si sdraiò su quel letto che la avrebbe ospitata per molti altri giorni e pensò.
Pensò a tutta quella giornata, e analizzò ogni minimo particolare per cercare di capire qualcosa.
Ma a quanto pare non capì un bel niente.


Eccolo lì un bambino appena nato, era talmente piccolo che i loro genitori quasi lo disprezzavano.
Questo è quello che vedeva Sofia, se allungava un po’ la mano poteva anche stringere quell’esile corpicino.
Ma non lo fece, stette lì a guardare la scena in attesa di un qualcosa di clamoroso.
Nessuno sembrava notarla e questo la mise ancora una volta a suo agio.
I genitori, dei grandi personaggi di colore azzurro, vivevano in mezzo ai ghiacci ma Sofia non sentiva il freddo che doveva scaturire da quello strano posto ed era molto attenta ad ogni azione che compivano quei soggetti.
Dopo un breve scambio di battute tra i due, il fagotto, venne portato in un’altra stanza e abbandonato lì.
Sofia si sentì male, nessuno dovrebbe essere abbandonato in quel modo e presa dalla compassione si avvicinò. La stanza era buia, fatta di ghiaccio e del tutto inospitale. Quel bambino dalla pelle color del cielo continuava a piangere e nessuno si avvicinava per prenderlo in braccio.
Nessuno tranne Sofia. Quel corpicino era freddo e lei voleva tanto poterlo scaldare di più di quello che stava facendo ma non poteva accendere un fuoco o qualcuno se ne sarebbe accorto. I suoi capelli erano di un colore nero corvino che lei continuava ad accarezzare. Se avesse potuto lo avrebbe portato a casa sua subito ma non poteva. Si udì un tonfo secco e poi la battaglia iniziò. I giganti combattevano contro delle persone che sembravano normali equipaggiate con delle armature scintillanti. Neanche il tempo di appoggiare quel bambino per terra che entrò nella stanza un uomo. Non aveva un occhio e dalla sua armatura si poteva capire che era un personaggio importante, uno di quelli che guida tutto un esercito in guerra. Si avvicinò lentamente sorpassando Sofia e prese quel bambino tra le braccia regalandogli un enorme sorriso.
La sua pelle diventò lentamente del colore normale e i suoi occhi, che prima erano rossi, divennero subito verdi, come degli smeraldi.
Tutto incominciò a diventare nero e poi tutto cambiò.
Non c’era più quel bambino abbandonato ma bensì un altro ragazzino che stava correndo per i campi.
Aveva all’incirca una decina di anni e continuava a correre con in mano un libro, uno di quei libri con la copertina enorme e polverosa. Si fermò solo quando fu in mezzo a quello spazio  per sedersi e mettersi a leggere.
Sofia stava guardando questa scena non capendo chi fosse quel bambino e perché non poteva sentirla o vederla. Ma aveva un sospetto che doveva risolvere. Si avvicinò lentamente fino a sedersi di fianco a lui e lo osservò. Osservò quegli occhi, verdi come smeraldi e poi osservò il suo viso.
Era lo stesso bambino che aveva trovato poco prima in quel posto fatto di ghiaccio e ora lui stava alzando una mano mentre pronunciava delle parole in una lingua sconosciuta.
Tutto d’un tratto un fuoco fatuo di colore verde si ergeva dalla sua mano.
Sofia allungò la sua mano per toccare, per sentire cosa si provava. Era a bocca aperta da quella magia.
Aveva sempre ammirato le leggende di maghi e vederne uno dal vivo era una cosa meravigliosa.
Il fuoco incominciò a prendere quota mentre ondeggiava a destra e a sinistra fino a quando scomparì.
La faccia del bambino era felice e piena di autostima, ce l’aveva fatta dopo tante prove. Chiuso il libro  si incamminò verso casa ma sulla via del ritorno altri bambini gli sbarrarono la strada, pronti per dirgli qualcosa.
“Ehi! Dove credi di andare? Dalla tua mamma?” disse uno, quello più grosso dei tre, mentre gli altri due incominciarono a ridergli dietro.
“Lasciatelo in pace!” arrivò subito un ragazzino biondo un po’ più vecchio di tutti quanti che li fece scappare.
“Devi reagire o quelli continueranno così per tutto il tempo” gli disse il biondo.
“Thor, me la sarei cavata anche senza il tuo aiuto”
“Non c’è di che” gli rispose con tono canzonatorio.
E tutti e due si incamminarono, giocando e scherzando, insieme.
Arrivati alla reggia ormai all’imbrunire, Sofia ancora una volta rimase senza fiato davanti a quel sontuoso palazzo che luccicava, che le ricordò l’armatura di quel soldato nella stanza di ghiaccio.
Da esso uscì una donna dalla lunga chioma bionda visibilmente preoccupata che corse incontro ai due bambini abbracciandoli stretti a sé. Poi, prendendo tra le mani il viso del bambino dagli occhi verdi, disse “Loki, lo sai che mi hai fatta preoccupare? Ma chi è la ragazzina che hai portato con te?”
Loki? Cosa? Finalmente una persona riusciva a vederla! Ma come doveva reagire lei? Quella donna era la sola che si fosse accorta di lei “Di chi parli madre?” gli rispose Loki “Non c’è nessuno qui” il suo viso divenne ancora più diafano di quanto potesse essere prima, doveva parlare? A dire la verità prima si sentiva molto più al sicuro con nessuno che la squadrasse come stava facendo adesso la madre dei ragazzini. Le lanciò un lungo sguardo che sembrò osservarla fino all’anima per capire come mai solo lei potesse vederla.
“Madre, dovresti essere molto stanca. Ti accompagno nelle vostre stanze”
Mentre loro due si avviavano all’interno della costruzione, Loki, si girò su se stesso e incominciò a guardarsi intorno.
“C’è nessuno?” gridò a vuoto “Se c’è qualcuno, per favore si mostri” continuò “Sai, prima quando ho fatto quell’incantesimo tra i campi, ho sentito qualcosa che mi sfiorava la mano e non vorrei sembrare pazzo ma con questo fatto che madre ti vede penso davvero che tu sia qui con me. L’unica cosa che mi viene in mente di chiederti è il perché? Perché sei qui con me? Sei come una guardia del corpo? Perché se così fosse allora non stai facendo un gran lavoro. Ti vorrei tanto vedere in questo istante!” Loki continuava a guardarsi in giro ma a quanto pare nessuno era lì con lui. “Ti voglio dire una cosa: prima ero in quella campagna solo perché mi volevo nascondere da tutti. A nessuno va a genio uno che studia e che passa le sue giornate a leggere libri e così mi devo sempre nascondere per non sentire quei bambini che mi prendono in giro. Tutto questo non l’ho mai detto a nessuno e penso di non averlo detto neanche adesso a qualcuno ma comunque ho bisogno di sapere che non sono da solo qui ma che ho qualcuno che mi guardi sempre le spalle. Forse esisti o forse no. Ma io parlerò con te fino a quando non sarà giunto il momento in cui te ti vorrai rivelare a me. Ti capisco in un certo senso, chi vorrebbe me come amico? Un aspirante mago che si diverte a mettere zizzania tra la corte e che è il fratello minore dell’erede al trono. Sarai la mia amica immaginaria per così dire.”
Loki? Quel Loki, lo stesso che voleva far inginocchiare tutta Stoccarda? Quello che la teneva in quella stanza, adesso voleva parlare con lei e confidarsi?
Come aveva fatto quel ragazzino spaventato a diventare quell’uomo senza cuore? Molte domande le stavano girando per la testa e ognuna più senza senso dell’altra. Ma non fece in tempo a vedere il bambino correre a casa tutto felice che la vista cambiò.
E cambiò e cambiò ancora.
Ogni volta era un pezzo di vita di Loki e ogni volta lo vedeva crescere.
Ogni volta lei c’era e ascoltava sempre cosa lui le diceva, le sue confidenze e le sue paure, più tardi tramutate in vendetta e odio.
Quel bambino stava crescendo sotto i suoi occhi e ogni istante lo vedeva cambiare, i suoi occhi color smeraldo acquisivano di ricordo in ricordo una sfumatura di accanimento e i suoi capelli crescevano ma la sua pelle non ricordava il colore d’origine.
Ogni sera prima di dormire si fermava a parlare con la sua compagna d’avventure che ancora non sapeva come si chiamava e si confidava. Su tutto, su un nuovo libro letto, su un nuovo incantesimo sferrato e su tutta la sua giornata. Le raccontava tutto, per filo e per segno.
E intanto gli anni passavano, Loki era ormai un uomo e Sofia poteva osservare come lei fosse la sua unica speranza. Lui non smise mai. Non smise mai di parlarle e mai lo fece.
Come sempre il terreno sotto i suoi piedi cadde in mille pezzi e si ritrovò improvvisamente in un’altra stanza.
Questa era totalmente rivestita d’oro e all’improvviso arrivò un uomo, il bambino biondo di cui Loki continuava a parlare con astio ormai era diventato un uomo fatto e finito. Thor, che scaraventando un bicchiere gridò di averne un altro.
La scena che si parò sotto i suoi occhi era quella di due fratelli che si beffeggiavano l’un l’altro ricordando delle vecchie battaglie che lei aveva sentito da Loki. La battaglia di Nornheim, come dimenticarsi la sua faccia contenta quando tornato nelle sue stanze le raccontò tutto l’accaduto. Era grazie al suo fumo evocato che riuscirono a fuggire senza farsi notare. Ed eccolo lì il Loki che si divertiva a mettere in soggezione le persone. Arrivata una persona che porgeva una coppa di vino, Loki, si divertì a farci uscire da essa dei piccoli serpenti che non appena il vassoio si rovesciò strisciarono in giro ma, con un gesto della mano essi sparirono.
Stette lì ad ascoltare come Loki parlasse bene a suo fratello ma, in cuor suo sapeva che quelle parole non erano del tutto sincere. Ma non ci fece caso e lo seguì al suo fianco mentre entrava nella sala del trono.
Sfiorò la sua mano, voleva così tanto prenderlo per mano.
“Grazie” sussurrò “Per essere sempre con me, ti devo tanto” e finalmente si avviarono insieme mano nella mano verso il trono dove la fine ebbe inizio.
Sofia in tutto quel tempo aveva cercato di evitare Frigga, la madre di Loki, per non farsi vedere.
Ma ora era arrivato il momento in cui non poteva nascondersi.
Lei sembrava non notarla e per questo Sofia la ringraziò, ma all’improvviso scese il buio.
Un altro ricordo.
Questa volta però era nella stanza delle armi, dove era custodito lo scrigno degli antichi inverni e Loki per l’appunto lo stava tenendo fra le mani. Era sconvolto da qualcosa che aveva scoperto e non sapeva più a cosa pensare.
“Fermo!” arrivò Odino.
“Sono maledetto?”chiese Loki.
Sofia se ne stava a guardare, spaventata per la reazione che avrebbe potuto avere lui.
Ecco che la sua pelle stava cambiando colore, al tocco di quello scrigno la sua pelle stava diventando dello stesso colore di quando lo aveva visto per la prima volta.
“No”
“Che cosa sono?” il suo tono di voce faceva trasparire tutta la sua ansia, il suo odio e la sua paura.
“Sei mio figlio”
“E cosa più di questo?” eccolo il Loki che aveva conosciuto Sofia, il piccolo bambino color del cielo aveva finalmente capito. Si avvicinò lentamente alle gradinate dove era Odino e Sofia che aveva già capito tutto da un pezzo non sapeva come fermarlo, perché ormai sapeva chi era lui e come avrebbe reagito.
“Lo scrigno non è stata l’unica cosa che hai portato via da Jotunheim quel giorno, vero?” il suo tono si faceva sempre più irriverente, sempre più pieno di risentimento.
“No. Al termine della battaglia sono andato nel tempio e ho trovato un bambino, troppo minuto per essere figlio di un gigante. Lasciato lì sofferente, solo a morire. Il figlio di Laufey”
“Il figlio di Laufey” era scosso e a terra, si poteva facilmente vedere le lacrime che cercavano di farsi spazio fra le sue guancie ma lui fu più forte.
“Sì”
“Perché? Eri fino alle ginocchia nel sangue degli Jotun, perche mi hai preso?”
“Eri un bambino innocente” esclamò Odino
“No. Mi hai preso per un motivo. Dimmelo!” gridò Loki
“Pensavo che avremo potuto unire i nostri popoli un giorno, costituire un'alleanza, creare una pace durevole, attraverso te.”
“Cosa?” ora una lacrima riuscì a scappare alla sua morsa e il suo odio crebbe.
“Ma quei piani non hanno più importanza”
“Allora io non sono niente più che un'altra reliquia rubata, relegata quassù fino a quando non potrò esserti utile?”
“Perché deformi le mie parole?”
“Avresti potuto dirmi cos'ero fin dal principio, perché non l'hai fatto?” sbottò Loki.
“Tu sei mio figlio, ho cercato di proteggerti dalla verità”
“Perché? Perché i-io sono il mostro da cui i genitori mettono in guardia i propri figli la notte?”
Odino incominciò ad accasciarsi sulle scale mormorando.
“Bene, tutto ha senso ora, perché hai sempre preferito Thor in tutti questi anni, perché nonostante tu affermi di amarmi...”
“Ascoltami”sussurrò Odino allungandogli una mano prima di addormentarsi.
“...non potresti mai accettare un gigante di ghiaccio sul trono di Asgard!”
Il padre degli dei respirava a fatica e Loki sembrava così amareggiato da questa cosa che gli prese una mano, come per rassicurarsi che stesse bene e poi chiamò le guardie.
Buio e poi Sofia si ritrovò a pochi passi dallo stesso campo in cui aveva incontrato quel bambino così contento per la magia ma affrettando il passo non trovò lo stesso bambino, trovò un uomo lacerato dal dolore di non essere abbastanza per il proprio padre.
Si avvicinò lentamente e si mise seduta di fianco a lui, ora capiva tutto. Perché era arrivato fino alla Terra convinto di volerla conquistare e la sua mania di grandezza.
“Sei qui vero? Posso sentirti ora, seduta qui di fianco a me”
Sofia allungò la mano per stringere la sua. Avrebbe tanto voluto abbracciarlo e dirgli che tutto sarebbe andato per il giusto verso ma non voleva mentirgli.
“Mi dispiace” gli sussurrò mentre una lacrima le solcava la guancia.
La faccia di Loki si illuminò e si fece sull’attenti.
“Ti ho sentita! Questa volta sul serio, sento sempre la tua mano che mi sfiora e in questo istante sento la tua mano nella mia, ma ti ho sentita! La tua voce!”
Il cuore di Sofia mancò di un battito.
“Riesci a sentirmi? Ma non a vedermi?”
“Esattamente così, tu non sai quanto darei per poterti vedere. Ma come mai mi segui sin da quando ero bambino?”
“Non lo so. Io ero nella mia stanza e poi mi sono ritrovata beh… Sempre al tuo fianco, sin dall’inizio” come faceva a rispondere a una domanda del genere? Neanche lei sapeva bene dove si trovava e perché.
“Quindi lo sapevi di me” le chiese.
“Sì, lo avevo intuito. Sai ti avevo visto in quel tempio quando eri stato abbandonato e mi spiace che nessuno ti abbia mai detto la verità. Ti capisco molto più di quanto tu creda, che cosa farai adesso?”
“Ho giusto in mente un paio di piani ma non temere, non mi succederà nulla se tutto andrà per il verso giusto” sbuffò.
In quell’esatto momento arrivò una guardia che informò il principe Loki che sua madre voleva vederlo nella sala di guarigione. Cacciata via la guardia continuò a parlare con Sofia.
“Sei di Asgard?”
“Non esattamente, vengo dalla Terra. Non so come tu la chiami ma l’ultima volta ero in quel pianeta e poi tutto è cambiato. Non lo so il perché e non so il perché io sia venuta qui da te” gli disse, cancellando le informazioni di Stoccarda e tutto il suo futuro.
“Midgard, uno dei nove reami. Devo andare, madre vuole la mia presenza ma per favore non abbandonarmi come tutti gli altri. Tu sei l’unica che sei rimasta con me per tutta la mia vita e per questo ti ringrazio” fece per alzarsi ma Sofia lo interruppe.
“Aspetta! Io certe volte sparisco, non sono sempre al tuo fianco ma solo nei momenti in cui mi parli. Quindi potresti non trovarmi al tuo ritorno”
“Non ti preoccupare. Tu compari quando lo voglio io, quando incomincio a parlarti” e detto questo si incamminò.
Sofia sprofondò ancora una volta in quel ricordo, stringendoselo al petto. Per non dimenticarlo, mai.
Questa volta si trovava sul Bifrost, o quello che ne rimaneva. Il ponte era spezzato e vide Odino tenere suo figlio Thor ma dovette sporgersi per vedere Loki che oscillava nel vuoto attaccato solo per una mano alla lancia di Odino.
“Loki!!” gli gridò.
Loki analizzò quel grido e sorrise buttandosi nel vuoto mentre tutti gridavano.
Sofia doveva farlo, che cosa aveva da perdere? Si buttò con lui. Nel vuoto. Mano nella mano.
Finalmente lei aveva trovato qualcuno che la apprezzasse e che non si spaventasse dal suo aspetto.
Finalmente lui aveva trovato qualcuna che lo apprezzasse e che non lo avrebbe abbandonato.
“Seguimi” le sussurrò mentre lei lo teneva per mano “Grazie per tutto” aggiunse.



Si svegliò di scatto mettendosi seduta come dopo un incubo tremendo da cui si voglia scappare.
Era tutto un terribile incubo o era la pura e semplice verità?
Come aveva fatto a seguire Loki sin dall’inizio?
Questo era senz’altro un incubo o un sogno per capire come quell’uomo sia cambiato nel corso degli anni.
Ma no, lei sapeva che quella storia era vera.
Doveva incontrare Loki.
Scesa dal letto incominciò a vestirsi e non appena pronta aprì la porta della sua stanza.
Il corridoio era vuoto ma adesso doveva trovare una persona altamente importante, una persona che le aveva chiesto di seguirla.
Scese le scale si ritrovò davanti lo stesso panorama di quando l’aveva portata lì il suo… Come doveva chiamarlo ora? Amico? Nemico? Rapitore? Aveva così tante domande da fargli che non vedeva l’ora di trovarlo.
Girò a vuoto, senza una meta precisa per tutta quella stanza e alla fine lo trovò.
Era appoggiato a una parete assorto nei suoi pensieri, proprio come lo aveva visto fare nella sua vita su Asgard, ormai un ricordo.
“Sono poche le persone che possono prendermi alle spalle”
“Non volevo prenderti alle spalle” replicò Sofia “Ma volevo dirti che ti ho sognato”
Loki si girò lentamente verso Sofia con stampato in faccia un sorriso beffardo.
“Dovrei esserne lusingato?”
Sofia arrossì, come poteva riuscire a parlare con lui se fraintendeva tutto quanto?
E come poteva parlarci insieme se lei sapeva già tutto di lui?
“Non in quel senso! La mia voce! Non ti ricorda niente?” gli gridò.
Loki che non riusciva a capire alzò un sopracciglio come a chiedere spiegazioni.
“Dopo che Barton mi ha accompagnata nella mia stanza mi sono sdraiata sul letto e ho incominciato a sognare” Loki si mise ad ascoltare mentre la osservava attentamente, in effetti la sua voce non le era nuova ma proprio non riusciva a capire cosa volesse dire.
“A sognare di un neonato dalla pelle azzurra, così gracile da essere stato abbandonato dai suoi genitori, e di un bambino che si rintanava nei campi per non essere preso in giro dagli altri bambini che non capivano quanto un libro sia il migliore amico di un lettore. Poi ho sognato sempre questo bambino crescere e..”
“Basta!” la zittì “Ho capito”
“Ma non hai capito un bel niente!” gli urlò.
Loki era all’estremo della sopportazione, non sapeva da chi avesse avuto quelle informazioni ma non poteva ascoltare una parola di più. La prese per il collo e se avesse applicato un po’ di forza le avrebbe fatto molto male.
“Ascoltami bene mocciosa! Tu non devi dirmi cosa..”
“Ero io! La tua amica immaginaria! Ero io! Ti ricordi quando mi hai ringraziata per essere sempre stata con te? Poco prima dell’incoronazione di Thor! E quando invece mi hai detto di seguirti nel vuoto dopo che mi sono buttata per te?”
“Come…”
“Non lo so” la lasciò andare immediatamente e i suoi occhi si riempirono di amarezza e di lacrime poco prima di scomparire.



Oddio scusatemi veramente tanto per avervi fatto tanto attendere con questo benedetto capitolo.
Spero davvero che vi piaccia come piace a me.
Per il viaggio nei sogni ho preso spunto da Doctor Who "Il nome del dottore" scritto da quel briccone di Steven Moffat.
Spero che il personaggio di Loki non sia troppo OOC {anche se mi piace troppo così}. Fatemi sapere!
Voglio ringraziare tutti quelli che recensiscono la mia FF e che non si stufano mai, grazie per tutto!
Le recensioni sono sempre ben accette.
Alla prossima,
Sara

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** New York Calling ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.






Un tonfo, le sue ginocchia toccarono subito il freddo pavimento di quella stanza che ormai chiamava prigione. Lacrime incominciarono a rigarle quel viso diafano e lei, questa volta, non riuscì a trattenersi. Pianse. Come non aveva mai fatto.
L’unico amico che la avesse mai accettata senza vederla ora era sparito e non sapeva neanche che cosa dovesse fare in quell’istante. Si coprì il viso con le mani per non far vedere a tutta quella gente in movimento che lei stesse piangendo, perché lei era sempre stata quella forte che andava avanti anche se la vita le offriva occasioni su cui accasciarsi. Incominciò a far scorrere tutta la sua vita e pensò a tutte quelle ingiustizie ricevute fin dalla nascita. Ormai le lacrime solcavano la pelle come dei fiumi in piena, tutto il dolore stava sgorgando anche se secondo lei questo non era il modo migliore per esternarlo. Un pugno in faccia a chi le aveva fatto del male sarebbe stato più utile.
Ma non poté pensare ad altro della sua vita che delle braccia possenti la sollevarono di peso per trasportarla via. Sofia trasalì e annaspò sentendo quel tocco.
“Loki?” aprì subito gli occhi e quello che si presentava non era il dio ma il suo aiutante.
“Barton, ti accompagno nella tua stanza” detto questo rinforzò la presa su di lei per non farla cadere e incominciò a camminare. Mentre quell’agente la portava, Sofia, si sentì terribilmente in imbarazzo. Poteva benissimo camminare da sola e non riusciva a capire il perché di quel gesto, mai nessuno dagli occhi azzurri si era preoccupato di lei se non … 
“Siamo arrivati, ti posso portare qualcosa? Un libro?” lasciò la ragazza sul suo letto ma lei non aveva la forza di rispondere, neanche una semplice parola così si limitò ad annuire.
Aveva paura di mettersi a dormire, non voleva più sognare di Asgard e dei suoi abitanti. Non sarebbe neanche riuscita a dormire se continuava a piangere così. Il pianto, ora che era nel suo letto, aveva ricominciato e lei proprio non riusciva a smettere. Forse perché si aspettava che lui capisse tutto e che finalmente potesse avere un amico, ma così non andò e tutto il suo mondo sprofondò sotto i suoi piedi esattamente come nel sogno.
“Ecco qua, le avventure de ‘I tre moschettieri’ vanno bene? Lo stava leggendo Selvig, ho dovuto prendere quello che c’era. Nei due giorni in cui sei qui hai letto quasi tutti i libri che sono riuscito a trovare. Tra poco dovrò andare a prendere i libri direttamente dalla tana del capo.” a quell’ultima battuta, sul viso di Sofia si aprì un debole sorriso. Si ricordava quanto gli piacesse leggere e quanto veniva preso in giro per questo. Esattamente come lei. Barton si avvicinò per porgerle il libro che subito lei prese e poi si avviò verso la porta per lasciare quella ragazza dagli occhi rossi a piangere o a leggere.
“Aspetta.” lo chiamò.
“Sì?” si voltò l’arciere.
“Grazie per il libro, mi faresti un piacere? Se incontri il tuo capo, per favore …” un singhiozzo le strozzò la voce in gola, odiava piangere. “… digli di venire qui.”
“Non penso di riuscire a convincerlo, se verrà sarà solo perché lo vuole lui.” e detto questo scomparì dietro alla porta.
Erano passati due giorni da quando Loki l’aveva rapita a Stoccarda, da quando lei era andata nel museo.
Due giorni di assoluta tristezza, aveva sperato di potersi risollevare l’animo dopo il magico viaggio che aveva intrapreso nei sogni ma a quanto pareva qualcuno l’aveva presa di mira fin dalla nascita.
Le palpebre stavano incominciando a pesare così come le ossa incominciavano a dolere.
Il cuscino la stava chiamando ma lei non poteva cedere … doveva … resistere …

Dovevano essere passate alcune ore da quando si era addormentata e per questo si maledisse anche se fortunatamente non aveva fatto strani incubi.
La porta si aprì cigolando ma Sofia non aveva la forza di aprire gli occhi per guardare chi fosse entrato a disturbarla. Aveva deciso che non le importava più niente, nessuno la amava quando invece lei sapeva che non era così.
Sentì dei passi avvicinarsi al suo letto ma tutto quello che lei fu in grado di fare fu rannicchiarsi in posizione fetale  dalla parte opposta da cui arrivava il rumore di passi.
“Sai dovresti almeno vedere il tuo aggressore in faccia”
Avrebbe riconosciuto quella voce fino alla fine dell’universo. L’avrebbe seguita, solo perché si sentiva tremendamente protetta quando lui era lì di fianco a lei.
Sentì il letto abbassarsi sotto il peso del dio che si sedeva di fianco a lei.
Lui le dava le spalle e lei gli dava le spalle.
“Non mi interessa” rispose lei.
Il silenzio si impadronì della stanza, tutto ciò era molto surreale.
“Dovrebbe” sussurrò “non voglio che qualcuno ti faccia del male.”
Sofia non poté credere a quello che le sue orecchie avevano appena sentito. Mai e poi mai avrebbe giurato di sentire una tale frase uscire dalla bocca di Loki.
Gli occhi all’improvviso si aprirono. Il cervello era intento nell’analizzare quella frase appena sentita e lei si alzò a sedere sul posto così da poter intraprendere una conversazione a quattr’occhi.
Da quando aveva fatto quel sogno sulla vita di Loki si sentiva molto più libera di parlare con lui, dopo tutto lei era stata la sua unica amica per tutta la vita. Il suo viso ora era tremendamente vicino a quello del gigante di ghiaccio e non poté non osservare le sue iridi, di un azzurro intenso. Si ricordava benissimo come durante tutto l’arco della sua vita lui aveva avuto gli occhi verdi, ma ora? Azzurri? Perché?
“Scusa” sussurrò il moro mentre i suoi occhi non lasciavano mai la presa sugli occhi della ragazza.
“Come?!”
“Hai capito bene, non lo ripeterò un’altra volta” esclamò secco il dio “Eri veramente te? Per tutto questo tempo?” continuò, mentre i suoi occhi si stavano velando di amarezza e rimpianto.
Sofia, che non sapeva che cosa rispondere si limitò ad abbassare la testa. Si sentiva in imbarazzo visto che non sapeva neanche lei cosa fosse accaduto. Subito una mano le toccò il mento e le sollevò la testa; era una mano fredda, piena di timore nel far male e nello stesso tempo così gentile. Dal mento si spostò al collo e sulla mascella, dei brividi freddi le stavano facendo rabbrividire tutta la schiena. Ma a lei non dispiaceva tutto questo, anzi, le piaceva come la toccava e sperò che non la smettesse mai.
“Sai, ho sempre desiderato poterti vedere e toccare e ora sei qui, per qualche scherzo del destino.” la stava studiando. Voleva sapere a memoria ogni centimetro di lei, come Sofia del resto sapeva di lui.
“Che cosa ti è successo dopo che ti sei buttato?” chiese mentre lui passava il pollice sulla sua guancia.
“Ci siamo buttati, Sofia.” la corresse subito e ritirò la mano. Arrossì sentendosi finalmente chiamata per nome e con quella voce che la faceva sentire a casa, per la prima volta.
Sembrava ansioso, tutto d’un tratto lo vide irrigidirsi e cambiare colore mentre osservava la stanza. Non un punto preciso, i suoi occhi non si fermavano per un istante e sembrava come se stesse cercando le parole giuste per iniziare un discorso tortuoso.
“Thanos” fu l’unica parola che uscì dalla sua bocca. Immediatamente si alzò dal letto, ignorando la faccia confusa di Sofia che non aveva assistito a quella parte della sua vita, e si diresse verso la porta.
Inutile aprire la porta, Sofia gli afferrò il polso e cercò di fermarlo.
“Per favore non mi lasciare, so che hai in mente qualcosa ma portami con te, non abbandonarmi come tutti gli altri.” gli ritornò in mente quando poteva sentire la sua voce, nel campo dopo aver scoperto la verità sul suo conto. Si girò lentamente verso Sofia la cui gli lasciò andare il polso aspettando che lui parlasse.
“Ho in mente un piano ma non ti posso portare con me, sarebbe troppo pericoloso. Fidati di me, non mi succederà nulla”
“Proprio come l’ultima volta che me lo dicesti?”
Lo sguardo del dio era pieno di rammarico e un’ondata gelida di odio si fece spazio in quegli occhi azzurri che Sofia per un attimo pensò fossero ridiventati verdi, quel verde smeraldo che aveva così tanto amato.
“So badare a me stesso.” rispose secco.
“Sì, lo so. Ma cerca di tornare per favore.”
Erano a pochi centimetri di distanza, Loki guardava verso il basso quella ragazzina forte e determinata che conosceva da tutta la vita e Sofia invece guardava verso l’alto quel forte e possente dio da cui non voleva separarsi. Una scarica di adrenalina attraversò il corpo della ragazza e si maledisse per la cosa che stava per fare.
Tutto il futuro poteva collassare o tutto poteva fiorire da quel gesto ma d’altronde lei non aveva niente da perdere. Si avvicinò con determinazione a Loki,si alzò sulle punte e le sue labbra furono immediatamente su quelle fredde e gelide del moro. Le sue mani stavano giocando con i capelli corvini, così morbidi e seducenti. Lui, preso alla sprovvista, non si tirò indietro ma ebbe un istante di esitazione. Ora la sua amica immaginaria lo stava baciando, doveva essere un sogno. La strinse stretta a sé, toccando quei suoi fianchi che tanto voleva. Ora erano un unico corpo, i cuori pompavano sangue sempre più velocemente e riscaldavano così il vuoto nel petto dell’altro. Le loro lingue stavano danzando insieme in un lungo ballo lento, assaporandosi e amandosi. Era un bacio dolce al contrario di come si aspettasse fosse con Loki, quello era il suo primo bacio.
“Devo andare via” si staccò lui, appoggiando la fronte su quella di Sofia. Lei, per tutta risposta lo abbracciò stretto, un abbraccio che lo fece sentire a casa anche se una casa lui non ce l’aveva.
“Sei stato te a dire a Barton di portarmi nella mia stanza, vero? Lui non farebbe niente senza la tua autorizzazione.” chiese mentre non lasciava andare il dio.
Per tutta risposta il moro sorrise, le schioccò un bacio e uscì da quella porta, pronto a mettere in atto il suo piano.
“Così avrai un motivo per tornare” gli urlò dietro lei, finalmente felice.


Nuovo capitolo, spero veramente che vi sia piaciuto e che non sia uscita una schifezza.
In effetti a confronto con il capitolo IV questo è solo un lontano parente.
Ho paura di aver fatto una stupidata quindi recensite per farmi capire cosa ne pensate {per favore}.
Ringrazio ancora tutti quelli che lasciano una recensione, che aggiungono la mia FF tra le preferite/seguite/ricordate e tutti coloro che mi stanno vicini e che mi spronano ad aggiornare.
Al prossimo capitolo,
Sara

P.S: -Momento pubblicità- per una cara scrittrice che mi fa sempre un casino di complimenti, grazie Sharleen.
Andate a leggere le sue fanfiction http://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=461733 e lasciate una recensione!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** La guerra si fa spazio nei nostri cuori ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.






Il corridoio era buio, molto più buio dei giorni passati.
Loki si stava facendo spazio in quel posto mentre la sua mente stava vagando nei pensieri più remoti della sua testa. Il piano di conquista di Midgard era magicamente passato in secondo piano. Ora la sua prima preoccupazione era quella di tenere Sofia al sicuro, a qualunque costo.
Tutta quella gente che aveva reclutato sapeva benissimo che non poteva difendere lei come lui avrebbe potuto e voluto. Doveva parlare con Barton.
Quel corridoio aveva l’impressione che non sarebbe finito mai, come in un sogno.
Come aveva fatto Sofia a capitare su Asgard? Quando l’aveva vista a Stoccarda lei non aveva la minima idea di chi lui fosse e poi tutto d’un tratto a lei le è venuto un sogno. Uno strano sogno.
Gli passarono davanti agli occhi tutti quei bei momenti passati insieme. E quel momento in cui solo sua madre poteva vedere la ragazza. Perché?
Un turbine di sensazioni lo stava attraversando. Il bacio di una persona che finalmente lo capisse veramente era la causa del suo sorriso.
Chiunque poteva vedere in quel preciso istante come lui fosse felice. Non solo per il sorriso stampato in faccia ma anche per come si muoveva leggero tra i corridoi di quella struttura.
“Barton!” la figura che stava procedendo nella direzione opposta si fermò improvvisamente e tornò sui suoi passi fino ad arrestarsi in prossimità di Loki.
“Ho bisogno del tuo aiuto”

-

“So di cosa è capace, lo devo seguire. Ad ogni costo” pensò Sofia.
Sapeva veramente cosa stesse per fare, finalmente ora lo capiva. Non voleva che lui rimanesse ferito o anche peggio, morto. Rabbrividì al solo pensiero. Aveva appena trovato la sua metà e non avrebbe permesso molto facilmente a chicchessia di portarglielo via dalle sue braccia. Lo aveva toccato troppo poco, doveva ancora una volta stringerlo a sé per sentirsi veramente amata. Si domandò da dove le uscisse tutto questo coraggio, mai e poi mai avrebbe affrontato un viaggio solo per assicurarsi che una persona stesse male. Quel sogno l’ha illuminata per certi versi sull’intera faccenda.
Mentre i minuti passavano lei continuava a pensare. A pensare a tutto quello che era successo.
Al bacio così perfetto che sognava da una vita e alla sua fuga verso l’ignoto.
La maniglia era così invitante e per quello che stava per fare si maledisse più volte. Il corridoio dove uscì era più scuro del solito, stava per accadere qualcosa. Durante tutto il tragitto non incontrò neanche una persona. Le sembrò tutto alquanto strano poiché tutte quelle persone reclutate da Loki erano sempre al lavoro e non si placavano mai, neanche quando il loro capo non era presente.
Una porta che dava sul corridoio la incuriosì più delle altre e aprendola riconobbe subito chi ne era il padrone. Il colore predominante era il verde. Il letto era spazioso, molto più spazioso del suo, e sulla scrivania c’era un mucchio di carte e cartacce. Si avvicinò per poterle sfogliare e osservò come la sua calligrafia fosse elegante, molto probabilmente prodotto dei suoi studi su Asgard.
Una lettera piegata in due colpì la sua attenzione "Per Sofia".
La aprì e si mise subito a leggerne il contenuto.


"Cara Sofia,
non so se sarai così coraggiosa da leggere questa lettera ma so che perlomeno non te ne starai con le mani in mano ad aspettare il mio ritorno.
Mi hai chiesto cosa mi era accaduto dopo la caduta e con questa lettera spero di poterti rispondere. Sono caduto su un pianeta, uno di quelli quasi abbandonati e del tutto sfruttati, e dopo il primo indebolimento causato dalla caduta mi sono ripreso. Pensavo che quel pianeta fosse disabitato e così mi misi a camminare, ho camminato in lungo e in largo fino a trovare un popolo con cui ho stretto un accordo. I Chitauri sono un popolo estremamente arretrato dal punto di vista sociale ma le loro armi e le loro navi sono avanti anni luce da quelle di Midgard.
Volevo la mia vendetta e volevo anche un regno su cui governare, così stipulai con loro un patto.
Io con il loro aiuto mi sarei preso Midgard mentre loro si sarebbero impossessati del Tesseract, magico cubo che gli interessa più della loro stessa vita. Ma i Chitauri sono solo dei portavoci, il vero capo è Thanos. Se lo deludo o se solo penso di ingannarlo allora lui mi farà sperimentare una nuova forma di dolore. Non ti preoccupare, nessuno può intimidire il dio degli inganni.
Ho un piano e per questo tu dovrai stare tranquilla. Lo so che l’ultima volta che te l’ho detto poi le cose hanno preso una brutta piega ma questa volta devi credermi, siamo la stessa faccia della medaglia e per questo devi fidarti di me.
Sai perché lo scettro non ha funzionato su di te? Perché siamo uguali, siamo destinati a questo.
Voglio solo che tu mi prometta una cosa, non perdere mai la speranza.
Durante il mio esilio non ho mai perso la speranza di poterti vedere un giorno e per questo sono davvero felice. Sei la prima persona che dopo un periodo buio ha fatto apparire un sorriso sul mio viso e ti ringrazio per tutto quello che abbiamo passato insieme.
Tuo Loki."


Le lacrime incominciavano a incombere sulle sue guance, Loki l’aveva ritenuta davvero una persona speciale se le aveva scritto del suo passato a lei invisibile. Una lacrima scivolò dal suo controllo e cadde proprio sulle ultime due parole. Ora sapeva che cosa dovesse fare, doveva andare a New York.
Tutte le carte indicavano New York come meta plausibile per il suo piano e lei doveva andarci.
Mise la lettera in tasca e senza neanche pensarci, si asciugò le lacrime con la manica della maglia e incominciò a camminare.
Alla fine di tutto il giro del caseggiato trovò una porta, la sua salvezza e magari anche quella del suo amato.
Ora restava il problema di come raggiungere New York, lei non era assolutamente di quelle parti ma con l’inglese se la cavava abbastanza bene. Aprendo la porta si ritrovò davanti una moto, le moto le erano sempre piaciute ma non sapeva esattamente come guidarle.
“Ora è il momento di un’azione stupida” pensò Sofia mentre si mise a cavalcioni della moto.
-
Loki si trovava ad un’altezza alquanto elevata e mentre camminava avanti e indietro dal balcone dell’appartamento di Stark si ritrovò a pensare a tutto quello che gli era successo.
Gli Avengers tardavano ad arrivare ed il dr. Selvig era pronto per aprire il portale ad un suo minimo gesto.
Sofia era sempre nei suoi pensieri ora che finalmente l’aveva trovata e non poté fare a meno di preoccuparsi per lei.
Fece un cenno allo scienziato il quale azionò il portale per far scendere sopra le loro teste tutti i Chitauri pronti alla guerra.
La guerra era iniziata.


Eccomi finalmente con un nuovissimo capitolo!
Mi scuso innanzitutto per il tremendo ritardo e spero davvero che non abbiate abbandonato questa FF.
Ringrazio tutti quelli che hanno lasciato una recensione nei capitoli precendenti e anche tutti quelli che continuano a seguire la storia.
Con questo vi auguro un Buon Natale e Felice Anno Nuovo!!!
Baci,
Sara

P.S: scusate per il possibile OOC, ditemi pure tutto quello che vi passa per la testa.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ogni persona è un abisso, vengono le vertigini a guardarci dentro ***


Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:
Dona l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni.
Farai felice milioni di scrittori.






Il rombo del motore della moto si faceva spazio tra le strade della periferia di New York mentre tutti i piccioni si alzavano in volo non appena sentivano il rumore. Si trovava più vicina alla città di quanto pensasse e di questo ringraziò il cielo, il casino infernale che produceva quella specie di motocicletta era molto più che fastidioso.
Il cielo si squarciò con un gran tonfo che fece sbandare Sofia, da quella rottura incominciarono a scendere alieni di tutti i tipi. Uno più spaventoso dell’altro e tutti quanti con un unico pensiero: distruggere New York e i suoi abitanti.
Il momento di trovare quel folle di un asgardiano era arrivato. Doveva chiedergli ancora un paio di cose e non avrebbe mai permesso a nessuno di dividerli, lo avrebbe seguito dappertutto.
I grattacieli incominciavano ad essere l’unica cosa da osservare e Sofia capì di essere finalmente arrivata a destinazione, ora bisognava solo trovare una torre con scritto il nome di un qualche megalomane miliardario e sperò di trovarlo in fretta perché quel viaggio incominciava a farla a pezzi.
-
I Chitauri continuavano a scendere attraverso il portale e a distruggere tutto ciò che trovavano senza pietà.
Per tutte le strade echeggiavano urla di paura e di dolore, nessuno veniva risparmiato. Le donne correvano mano nella mano con i propri bambini verso una meta sconosciuta e alcuni uomini più coraggiosi cercavano di difendersi, senza buon fine.
Gli Avengers si davano da fare per combattere contro l’invasione per le vie della città ma gli alieni continuavano ad arrivare e niente sembrava fermarli.
Iron man era finalmente arrivato al portale situato proprio sulla sommità della “Stark tower” e guardando giù verso la città non potè che provare un senso di dolore e di vendetta. Quel cervo doveva pagarla per tutto quanto. Il responsabile di tutto quello stava in piedi sul balcone del piano più basso ad ammirare la sua opera, voleva dominare un pianeta e ce l’avrebbe fatta.
Intanto l’uomo di metallo aleggiava sopra il Dottor Selvig che a sua volta trafficava con il portale, si stavano parlando ma Loki prevedeva già ciò che sarebbe successo. Stark dopo un attimo di esitazione sparò al ponte tra il loro mondo e un altro sconosciuto ma la barriera che lo proteggeva scaraventò tutti quanti a terra.
Finalmente si accorse del dio al piano inferiore e subito scese e mentre camminava per entrare in casa i suoi macchinari ultra tecnologici gli toglievano l’armatura.
Tutti e due si accingevano ad entrare anche se sapevano già come sarebbe andata a finire.
“Ti prego dimmi che farai appello alla mia umanità” disse Loki entrando, con stampato in faccia un ghigno di superiorità. Lo scettro lo teneva ancora ben saldo tra le mani, preparandosi per la giusta occasione.
“Ah in realtà intendo minacciarti” sputò Stark mentre scendeva dalle scale.
“Eheh avresti dovuto indossare l’armatura” lo incalzò puntando lo scettro verso quel povero umano.
“Sì, ha fatto qualche kilometro di troppo e tu, hai la bacchetta del destino. Ti  va un drink?”.
“Eheh prendere tempo non cambierà niente”.
“No no, minaccio! Niente drink, sicuro? Io lo prendo” gli rispose mentre si avvicinava al bancone dove teneva tutti i suoi alcolici.
“I Chitauri sono già arrivati, nulla può cambiare. Cosa dovrei temere?”
“I vendicatori” lo sguardo del dio era sempre più assorto nel dubbio, non capiva “Ci facciamo chiamare così, una specie di squadra. Gli eroi più forti della Terra, roba simile” aggiunse.
“Sì, li ho conosciuti”.
“Già. Ci mettiamo un po’ a riscaldarci questo te lo concedo ma facciamo la conta dei presenti: tuo fratello, il semidio …” a queste parole non poté fare altro che storcere la faccia in un’espressione di odio “un super soldato, una leggenda vivente che vive nella leggenda; un uomo con grossi problemi nel gestire la propria rabbia; un paio di assassini provetti, e tu bell’imbusto sei riuscito a far incazzare tutti quanti” concluse mentre indossò dei bracciali ai polsi, senza farsi vedere.
“Era questo il piano” ammiccò.
“Non era un granché. Quando verranno, e lo faranno, verranno per te” aggiunse mentre con un bicchiere pieno di liquore si accingeva ad avvicinarsi a Loki.
“Ho un esercito” sorrise.
“Noi un Hulk”.
“Il bestione non si era perso?”.
“Ti sfugge il punto, non c’è nessun trono. Non esiste una versione in cui tu ne uscirai trionfante, forse il tuo esercito sarà troppo forte per noi ma ricadrà su di te. Se non riusciremo a proteggere la Terra stai pur certo che la vendicheremo” disse in modo di sfida.
“E come potranno i tuoi amici pensare a me mentre combattono te?” mentre disse ciò si avvicinò drasticamente a Tony, alzò lo scettro e lo puntò al suo petto. Era tutto perfetto per il suo piano, una volta avuto l’uomo di metallo dalla sua parte la vittoria era certa.
Colpì il petto dell’uomo e proprio come con Sofia non successe niente.
Riprovò.
“Di solito funziona” esclamò con faccia stupefatta ora che gli si ripresentava un evento del genere.
“Può capitare di fare cilecca sai, non è così raro … una volta su cinque” esclamò con una nota di sarcasmo.
Ora lo aveva proprio stancato quella razza inferiore, un dio non poteva perdere tempo con gente del genere. Lo prese per il collo e lo scaraventò a terra, vicino alla finestra.
“Jarvis, quando vuoi”
“Vi piegherete tutti al mio cospetto” disse Loki mentre aveva il collo di Stark tra le mani, era così basso che non toccava neanche per terra con le punte dei piedi.
“Avvia, avvia!” gridò al vento.
Loki lo scaraventò fuori dalla finestra insieme a tutti i frammenti di vetro e volò giù velocemente da quell’altezza così elevata. Si girò giusto in tempo per evitare l’armatura dell’uomo che gli volava incontro. Lui infatti non sapeva che i magici bracciali che Tony aveva indossato prima erano dei dispositivi per far attaccare la sua corazza al suo corpo anche in volo.
-
Trovato il palazzo con la scritta “Stark” Sofia non si pose il problema e corsa dentro l’ascensore schiacciò subito il tasto dell’ultimo piano. Solo un pensiero le occupò la mente mentre l’ascensore incominciava la sua lenta e inesorabile salita. Nessuno l’aveva ostacolata e questo le sembrò molto strano, là fuori c’erano centinaia se non migliaia di nemici che annientavano chiunque. Ma non lei. Ad un tratto si sentì molto a disagio in quello spazio estraneo.
La lettera di Loki le dava fastidio nella tasca dei jeans e la riprese tra le mani, la girò e la rigirò fra le fredde mani senza avere il coraggio di aprirla e di leggerla per quella che lei pensava l’ultima volta. Ringraziò il fatto che qualcuno le avesse recuperato dei vestiti nuovi durante quel periodo e rimise lo scritto nella tasca posteriore dei jeans color ghiaccio, molto adeguato pensò.
L’ascensore arrivò a destinazione avvisando con un tintinnio e le porte si aprirono.
L’appartamento era molto spazioso e minimalista, in giro per tutto il salotto c’erano pezzi di vetro provenienti dalle finestre rotte. Un bancone da bar era l’elemento principale del piano.
Da ogni parte in cui il suo sguardo vagava scorgeva solo oggetti rotti o confusione.
In casa non c’era nessuno così ne approfittò per osservare in giro. Sul tavolino c’erano ancora dei magazine con in copertina un uomo in giacca e cravatta, sempre lo stesso. Un bicchiere era stato rovesciato vicino alla finestra e dal suo interno ne era uscito tutto il drink che conteneva.
Osservò fuori dalla finestra e tutto ciò che poté vedere fu il caos e il suo creatore.
Era in piedi fuori sulla terrazza con addosso sempre la stessa divisa. Le volgeva le spalle e per questo ne fu felice. Aveva un brutto presentimento, uno di quelli che ti sale dallo stomaco e ti fa venire i brividi lungo tutta la schiena.
“Oh Loki, cosa hai fatto” disse a bassa voce.
Il dio sembrò non sentire anche se le finestre erano completamente a pezzi ma volse il viso verso l’alto, come se aspettasse qualcuno di molto importante. Il dio del tuono.
Un rombo dal cielo annunciò il suo imminente arrivo. Il caratteristico martello era agitato come un lazo per poter volare e Thor così atterrò davanti al fratellastro. Il cuore di Sofia aumentò il battito. Sapeva quali fossero stati i pensieri più remoti nell’animo tormentato del suo rapitore e per questo dovette sedersi, senza dare nell’occhio, per osservare tutta la scena.
“Loki! Spegni il Tesseract o lo distruggerò” esclamò il biondo puntando il portale con la sua arma.
“Non puoi, non c’è modo di fermarlo. C’è soltanto la guerra” controbatté quello che un tempo era stato suo fratello, alzando lo scettro come per minacciarlo.
“Così sia”.
Il moro si scaraventò addosso al dio con un urlo disumano, tutto il suo odio era concentrato lì dentro.
Tutte le volte in cui lui era solo un’ombra, tutte le volte in cui era oscurato dal principe destinato al trono.
La battaglia aveva avuto inizio, un susseguirsi di colpi si facevano strada nel già caos di New York.
Thor era sempre stato più forte di Loki, un po’ per costituzione e un po’ perche il favorito dal padre che continuava a farlo allenare dai più grandi del regno. Loki, tuttavia, era sempre stato più furbo e scaltro di Thor; aveva compreso l’arte della magia per poter avere anche lui un qualcosa con cui difendersi.
Lo scettro scagliò un raggio contro il martello. Sapeva che avrebbe perso ma lui aveva sempre dalla sua parte la cosa più importante.
Le lettere “Stark” appese sul cornicione venivano fatte a pezzi e scagliate al suolo ogniqualvolta un colpo andava perso.
Intanto Sofia era sempre più spaventata, non riusciva a stare seduta a guardare quei due combattere come se fosse al cinema. Thor ad un certo punto sembrò essersi accorto della sua presenza ma era troppo occupato per badarci. Si decise di andare dietro al bancone perché le sembrò il posto migliore nel caso in cui  le servisse un nascondiglio.
Il fratellastro maggiore aveva preso il sopravvento su quello minore, ora lo teneva vicino a sé esortandolo a guardare la città.
“Guarda bene! Guardati intorno! Pensi che questa follia cesserà con il tuo regno?!” urlò il maggiore.
Gli occhi di Loki scrutavano il paesaggio, ovunque posava gli occhi poteva vedere solo distruzione.
“È troppo tardi, è troppo tardi per fermarlo”.
“No, possiamo farlo insieme” il tono del dio del tuono era pieno di dolcezza, quella di un fratello verso l’altro fratello.
Un sorriso glaciale ruppe tutto ciò che di amorevole c’era in quella scena.
Un coltello estratto al momento opportuno si conficcò nel fianco di Thor rivelando così il piano di Loki.
“Sentimentale” sputò.
Adesso aveva l’occasione di mettere fine alla sua vita ma non lo fece, preferì aspettare e assaggiare la vendetta.
Il coltello, ancora in mano a Loki, affondò di più tra la carne fresca facendosi spazio tra l’armatura e ferendo così in modo grave la vittima.
La ritirata non era esattamente nello stile del biondo ma in questa occasione le forze stavano per venirgli a mancare, sentiva la linfa vitale scorrere via piano piano.
Si lasciò cadere verso il baratro, convinto di poter ancora riuscire ad agitare il martello per volare via da quello che ormai aveva capito non essere più suo fratello ma un vile usurpatore.
Sofia era paralizzata e anche quando Loki si accorse della sua presenza non aveva il coraggio di correre via, sapeva che era molto più veloce di lei e che l’avrebbe trattenuta lo stesso.
Gli occhi del moro fissarono quelli color ghiaccio della ragazza come se volessero scoprire qualcosa di più profondo, le sue emozioni e le sue paure.
La paura incominciava a farsi strada nel cuore di Sofia, quegli occhi non le ricordavano per niente il povero ed innocente ragazzino che aveva conosciuto ma piuttosto quelli di un pazzo.
“Non dovresti essere qui” disse mentre entrato in casa si avvicinò verso la ragazza.
Tutto quello che lei aveva passato con lui sparì all’improvviso, si sentì come se non avesse mai visto quell’uomo in vita sua. Si sentì male, il cuore incominciava ad aumentare ancora di ritmo.
“Durante il tragitto non ti sei mai chiesta perché nessun Chitauro ti avesse attaccata? Perché hai trovato proprio una moto fuori dal nascondiglio? Perché non c’era nessuno a fermarti? O hai per caso creduto alle belle parole che ti ho scritto? Quelle belle parole scritte con così tanto impegno che supplicavano di venirmi a trovare. Quelle che ti hanno spinto fino a qui non sono nient’altro che bugie, tutto il mondo è pieno di bugie e tu cara Sofia pensavo fossi un po’ più scaltra delle persone ordinarie. Ma te invece ti sei proprio innamorata del dio degli inganni e del caos, l’unico di cui dovevi diffidare sin dal principio.” Si fermò all’altezza del divano per poi tornare fuori, ad ammirare il caos.
Non era il momento di piangere, anche se erano lacrime di odio e di nervoso non poteva farsi vedere piangere; non da uno così crudele e meschino. Come aveva fatto a cascarci così? Lei che non si fidava mai di nessuno si era andata a fidare del suo rapitore. Pensò a quel bambino abbandonato in mezzo ai ghiacci, a come piangeva e a come aveva cambiato subito colore in braccio al nuovo padre.
La paura diede spazio all’odio, quello che non ti fa dormire di notte.
Quello per cui provi innumerevoli sensazioni che portano a cose ancora più brutte.
Si incamminò verso quello che una volta era stato il suo amico e si piazzò davanti a lui, si alzò sulle punte dei piedi e gli diede un fragoroso schiaffo, uno di quelli che ti fanno girare la testa e ti fanno portare la mano alla mandibola.
“Questo non lo dovevi fare, Sofia” tuonò.
“Ti odio! Come hai fatto ad essere così superficiale dopo tutto quello che abbiamo passato insieme?” sbottò lei.
“Era questo il piano” sussurrò.
“Non era un gr-” non riuscì a finire la frase che lo scettro l’aveva trapassata da parte a parte.
Quello scettro che prima non funzionava con lei ora era tenuto dall’unica persona in cui aveva davvero confidato nella sua vita.
Il dolore era terrificante, la ferita che si apriva poco sotto il cuore sgorgava sangue all’impazzata e non dava segno di smettere. Gli occhi che un tempo erano color ghiaccio ora stavano perdendo anche quel poco colore che avevano prima, stavano per scoprire cosa c’era dopo la vita.
“Tu …” sussurrò prima di finire le forze e accasciarsi del tutto a terra.
Quella povera creatura aveva cessato di esistere e nessuno si sarebbe ricordato di lei, neppure i suoi familiari.
Estratta l’arma e gettata per terra, Loki prese in braccio il corpo senza vita della sua amica immaginaria e, avvicinatosi alla fine della terrazza, lo gettò nel vuoto.
Con la sua lettera che svolazzava dalla tasca posteriore dei jeans, Sofia precipitò per tutti i piani del palazzo.
“Lo so” pensò lui.



Eccomi finalmente qui e mi scuso veramente molto con tutti voi che state leggendo questo capitolo.
Questi mesi sono stati un inferno, ho abbandonato un po’ tutto quanto e non mi sono resa conto dei mesi che passavano molto velocemente {quanti ne sono passati? 2? Okay scappo}. Mi sono messa a scrivere questo seguito tra preparazioni a interrogazioni, ansia e scuola guida sperando vi sia piaciuto. Lasciatemi pure una recensione con scritto tutto quello che vi passa per la testa {potete anche farmi trovare una lucertola morta nel letto se volete}. Se avete notato l’ordine di sequenza non è propriamente uguale a quello del film, nel film infatti prima c’era il discorso tra Loki e Tony e dopo si apre il portale. Questa è una mia personale scelta, giusto per portare un po’ più di caos e farmi perdonare ancora. Ho cancellato delle parti dal film e cambiato alcuni discorsi e scene solo per il fatto appena raccontato.
Ringrazio infine tutti quelli che hanno recensito in passato e tutte le persone che non si dimenticano di me e aggiungono la FF tra le preferite/seguite/ricordate.
Sara
P.S: Spero di essermi tolta il peso dell’OOC {era il mio piano da molto tempo, scusate MUAHHA}.
P.P.S: Come è andata la scuola? Promossi? Esami? I LOVE YOU.

Titolo tratto dal film "La tigre e la neve".

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1899433