Change. di _Silence (/viewuser.php?uid=196774)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** My Rules. ***
Capitolo 3: *** Dark. ***
Capitolo 4: *** Fall. ***
Capitolo 5: *** Make love. ***
Capitolo 1 *** 1. ***
Change.
Christian Grey ha vent'anni
e tanti sogni per la testa, ma il primo in cima alla lista è
scrivere, anche se adesso si accontenta di scrivere la sua rubrica
sui libri migliori della settimana ed i suoi autori nel giornalino
dell'università .
E' ancora giovane, ma si
crede già un uomo; anche se delle volte è proprio un
bambino e quel sorriso sulle labbra mentre gioca con la sua nipotina,
figlia di suo fratello Elliot, ne è la conferma.
Ama i bambini e non vede
l'ora di trovare la donna giusta, quella che starà per il
resto della sua vita accanto a lui, la stessa donna che gli darà
quattro figli, due maschi e due femmine.
Marco;
Daisy;
Melissa;
Daniel;
Ha sempre sognato Christian
Grey, fin da quando era un bambino di appena cinque anni e diceva
alla mamma di voler fare l'astronauta; solamente al primo anno liceo
ha capito quale fosse la sua vera indole,quando il suo professore di
letteratura diede come primo compito per casa : “ cosa vorrò
essere da grande?” e lui riflettendo e sbuffando, perché
non ne aveva proprio idea, aveva pensato che fosse bravo a scrivere,
scrivere storie di supereroi e ripensò a quella storiella sul
dinosauro Sauro che aveva scritto quando aveva solo nove anni.
Christian ha sempre creduto
nell'amore, gli bastava guardare i suoi genitori per crederci, vedeva
come giorno dopo giorno continuavano ad amarsi senza pause; e
diamine! Poi guardava se stesso e ripensava a tutte le ragazze che
aveva avuto, a tutte quelle che sono state con lui per una notte e
poi pensava a quelle poche ragazze che aveva creduto potessero dargli
qualcosa di più di una nottata di sesso.
Anastasia Steele è
una donna di ventinove anni, cinica, incontentabile e a capo della
casa editrice più rinomata di Vancouver. Per lei esiste solo
la sua casa editrice ed il suo stile un po' particolare di vita.
Non è una di quelle
donne che vuole innamorarsi e trovare l'amore della propria vita, non
vuole figli, lei non merita; così le hanno sempre detto e
forse è anche questo uno dei motivi che l'hanno spinta a fare
carriera in un campo così difficile.
Inizialmente scriveva, le
piaceva così tanto scrivere, era l'unico modo per riuscire ad
evadere dalla monotonia e dalla tristezza che era la sua adolescenza.
Ha sempre preferito la
solitudine alla compagnia, era una di quelle ragazze che non voleva
per niente conformarsi alla massa, era sempre quella diversa, lo è
sempre stata.
Anastasia non ha un bel
rapporto con i suoi anche adesso, che sono quasi otto anni che non
vive più con loro.
Aveva smesso di credere
nell'amore, ormai; aveva smesso quando vide per la prima volta suo
padre picchiare sua madre, ed è lì che capì che
non esiste nulla, che è tutto una nuvola passeggera e che poi,
dopo, arriva l'acquazzone che spazza via tutto.
Aveva diciassette anni
quando incontrò Josie.
Aveva perso la testa per
lei, Josie aveva venticinque anni ed era drogata di eroina.
Josie era bella,aveva i
capelli biondo platino e gli occhi azzurro ghiaccio, aveva uno
sguardo magnetico e quel piercing al labbro inferiore che tanto
faceva impazzire Anastasia.
A loro non importava della
differenza di età, loro si amavano, si amavano in un modo
tutto loro, quello che Anastacia scoprì con Josie e quello che
caratterizzò in seguito tutte le altre sue relazioni a
prescindere che siano maschi o femmine.
Josie voleva smettere quando
si accorse di essere innamorata di Anastacia.
Josie era insalvabile e
questo Anastacia lo sapeva.
Josie morì di
overdose dopo due anni di relazione con Anastacia.
Anastacia cadde nel buio.
Saaaalve.
E' la prima volta che scrivo
in questo fandom, e bo non so che scrivere.
Ho letto la trilogia di 50
sfumature un anno fa, tutta in una settimana e diamine, mi ha colpito
tanto, anche se molti la considerano una storiella scritta male; per
me è altro, perché vado oltre alla semplice catalogare
il libro come erotico.
Ma parliamo di questa roba:
insomma, mi è venuta in mente così, è una cosa
buttata così che durerà pochissimo, tipo cinque
capitoli o anche meno; è stato davvero difficile scriverlo so
che mi sono avventurata in qualcosa di complicato, perché devo
inventare tutto di sana pianta, ma vabbè contenta io. C:
Spero di non avervi
annoiato, ma ditemi... mi scriverete recensioni? Tanto per capire se
ne vale la pena continuaree.
Grazie.
Notte.
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Capitolo 2 *** My Rules. ***
My
rules.
Jane
è un vero maschiaccio e diciamo che Christian asseconda questo
suo lato; Kate ogni volta lo rimprovera perché non vuole che
venga su un ragazzino apposto di una ragazzina.
-Mamma
ieri si è arrabbiata quando ha visto la ferita nel ginocchio.-
è così che sua nipote lo saluta, la palla da calcio
poggiata al fianco e una fasciatura da guerra al ginocchio per un
semplice graffio.
Ieri
erano andati a pattinare , Christian aveva insistito affinché
mettesse le ginocchiere, ma lei non l'ha fatto così alla prima
caduta si è fatta male.
Jane
ha solo dieci anni, ma a Christian sembra ne abbia almeno
quattordici, si ci trova bene con lei, anche se è solo una
bambina, ed ha questo desiderio di stare con lei tutti i pomeriggi,
tanto per staccare dallo studio e dal lavoro.
-Mi
hai difeso?.- le aveva domandato mentre si incamminavano verso la
macchina, Kate era solita dare la colpa di ogni cosa a Christian, che
ancora riteneva fosse immaturo e senza alcuna regola, però
sapeva che non avrebbe mai permesso che la sua bambina si facesse
qualcosa di più di un semplice graffio, anche se per lei un
semplice graffio non era solo un semplice graffio.
-Altroché.-
e gli fece l'occhiolino mentre si arrampicava sul sedile dei
passeggeri del pickup di Christian.
-Ma
Elliot?.- mise le chiavi nel cruscotto e accese la macchina, subito
il rompo si fece sentire, fece marcia indietro e si misero su strada
diretti verso lo Stanley Park.
-Oh,
andiamo Grey, è solamente un graffietto, sai com'è
fatta mia madre.-
-Jane.-
la richiamò per il tono da dura che aveva preso, ma poi si
mise subito a ridere.
-Zio,
penso che mamma sia incinta.-
-Come
fai a saperlo?.-
-Mangia
sempre cioccolato e caramelle e si arrabbia per ogni minima cosa.-
mormorò ricordando, forse, uno degli episodi della settimana
in cui si era seccata solo perché il tappetino del bagno non
era sistemato a dovere.
-Dimmi,
succede tutti i mesi?.-
-Ma
si.- sbuffò sonoramente e Christian non riuscì a
trattenere la risata.
Forse
Jane è ancora piccola, Kate non le ha ancora spiegato cosa
succede alle donne in un certo periodo di vita, ma guardandola bene
gli sembrava che già stesse cambiando; certo però lui
non si sarebbe preso la responsabilità di raccontarle una cosa
del genere.
-Dovresti
parlarne con mamma.- esalò spegnendo l'auto, erano appena
arrivati e anche se la macchina era parcheggiata circa duecento metri
lontana dal parco, potevano già vedere i secolari alberi della
foresta che vi era all'interno.
-Christian,
mi porti sempre qui a giocare a pallone.- dio, quanto si divertiva
con Jane, non era una di quelle bambine viziate, Jane era così,
era naturale e molto schietta e amava sporcarsi e questo la rendeva
la miglior nipote del mondo.
-Grey,
ti fa bene un po' di aria non inquinata.- risposte lui a tono.
Erano
arrivati al solito punto e guardò la solita panchina, lei era
già lì e Christian sorrise pensando che stavolta avesse
un piano per parlarle una prima volta; naturalmente si sarebbe fatto
aiutare da Jane e questo avrebbe reso le cose ancora più
divertenti.
Lei,
portava sempre un paio di occhiali da sole scuri dai vetri rotondi, i
capelli lunghi fino al seno erano sempre sciolti, e ogni volta
portava una di quelle gonne lunghe e larghe con una canottiera di un
colore sempre scuro, in una mano teneva sempre un libro e nell'altra
il guinzaglio del suo cane.
-Zio,
vuoi contemplare quella donna fin quando la mamma non chiamerà
dicendo che è l'ora di andare a cena e che siamo, come al
solito, in ritardo?.- Jane gli aveva lanciato una pallonata nello
stomaco e lui di tutta risposta emise un gemito dolore, cosa che fece
girare la ninfa dei sogni di
Christian, era così bella che quel soprannome le calzava a
pennello.
-Non
c'era bisogno della pallonata.- bofonchiò riprendendo
concentrazione mentre si avvicinava alla sua nipotina.
-Dici?
Si è girata.- e ghignò e a Christian si illuminarono
gli occhi.
Quelle
due ore di gioco erano andate a buon fine, Jane aveva stracciato
Christian riuscendo a rubargli la palla più volte, e lui
doveva ammetterlo: non lo faceva apposta,la sua nipotina era davvero
brava a pallone.
Si
stavano godendo il loro frullato alla fragola, Jane non riusciva a
stare ferma così palleggiava con un solo piede, Christian era
ancora intento a fissare quella donna, seduta ancora alla panchina
con il suo libro in mano.
-Hai
un piano per parlarle?.-
-Si,
ma tu devi aiutarmi.- le disse distrattamente prima di girarsi verso
di lei.
-Adesso
tu andrai da lei.-
-Io?
E che le dico?.- Jane, in un certo senso, era abituata ad aiutare il
suo unico zio ad abbordare le ragazze, ma stavolta era diverso, lo
sapeva. Ci aveva messo più del solito per iniziare la solita
discussione sul come lei stessa poteva aiutarlo e questo non era
certo un buon segno; Christian è sempre stato un ragazzo
abbastanza sicuro del suo fascino, ma stavolta era diverso, lei era
diversa, lo sapeva.
-Hai
visto che ha un cane?.-
-Si,
devo andare lì ed accarezzarlo?.-
-Esattamente.-
Jane fece per alzarsi – ma non adesso.- si affrettò a
dire.
-Quando?.-
-Adesso
io vado a pagare i frullati, quando io sarò alla cassa tu
vai.- era un piano perfetto il suo e sarebbe andato tutto liscio;
avrebbe pagato i frullati e la bottiglietta d'acqua e poi quando si
sarebbe recato di nuovo al tavolo avrebbe fatto finta di essere
spaventato perché Jane non era lì ad aspettarlo.
-Sono
due frullati e una bottiglietta d'acqua.- disse al cassiere, nel
frattempo sbirciava con la coda dell'occhio Jane, stava accarezzando
il cane e la sua ninfa le sorrideva e diamine quanto invidiava la
piccola in quel momento.
-dodici
dollari.- la voce annoiata di quel povero ragazzo condannato alla
cassa lo riporta ai frullati, prese il portafoglio e pagò e
velocemente si diresse al loro tavolino.
-Diamine.-
imprecò con fare teatrale e si rese conto di essere davvero
bravo a recitare.
-Christian.-
si sentì chiamare e subito si girò in quella direzione
visibilmente sorpreso per chi avesse pronunciato il suo nome. Doveva
premiare Jane, doveva darle il mondo, doveva darle … o al
diavolo che doveva darle! La sua ninfa l'aveva appena chiamato per
nome e la sua voce era così leggera e ormai, anche se riteneva
fosse una pazzia solo pensarlo, amava il modo in cui pronunciava il
suo nome.
-Jane.-
sembrava quasi arrabbiato dal modo in cui aveva pronunciato il nome,
fortuna che Jane sapesse tutto, perché allora si sarebbe
davvero preoccupata.
-Zio,
ma guarda che bel cane, non ho saputo resistere!!.- disse mentre
accarezzava il cane, tanto per enfatizzare la cosa, ma ancora
Christian aveva lo sguardo arrabbiato.
-Ti
avevo detto di aspettarmi, però.- sospirò e il suo
sguardo si addolcì; si sentiva in imbarazzo, non sapeva più
che dire e lo sguardo insistente della sua ninfa non fece che
peggiorare le cose.
-Mi
scusi se l'ho chiamata per nome prima, ma la sua nipotina era così
timorosa, così le ho detto di dirmi il suo nome in modo da non
farla allarmare più di tanto.- si intromise la ninfa, tolse
gli occhiali e Christian ammirò per la prima volta i suoi
bellissimi occhi azzurri e al diavolo il mondo! Poteva esistere donna
più bella?
-Non
è un problema solo che, se non la riportassi integra a casa
sua madre mi prenderebbe a sberle.- e sorrise cercando di essere il
più affascinante possibile, con l'indice si grattò un
attimo la fronte fissando un punto indefinito del terreno e
immaginando la scena.
-Mia
madre è una vera e propria palla.- mormorò Jane e
questa, ne era sicuro, era l'unica frase vera di quei minuti di
discussione, oltre a quella sulle sberle, ecco.
-Jane.-
la rimproverò serio, anche se voleva sul serio ridere.
-La
lasci stare.- accennò un sorriso – Jane vuoi andare a
giocare con Josie?.- non aspettò nemmeno che la bambina
rispondesse che subito slaccio la pettorina del suo piccolo animale
di compagnia lasciando che corresse dietro a Jane.
-Non
vorrei distubarla.- mormorò Christian accennando al libro che
teneva in mano socchiuso.
-Non
è un disturbo, Josie è sempre sola a casa ed io non ho
il tempo di farla giocare.-
-Una
donna in carriera.- disse distrattamente mentre giocherellava con il
mazzo di chiavi del suo pickup
-Una
donna troppo vecchia per un ragazzo così giovane.- rispose lei
e Christian alzò il volto seriamente stupito da quello che
aveva appena sentito.
-E
…. chi dice che avrei interessi nei suoi confronti?.-
all'inizio era parso davvero insicuro, ma poi si riprese cercando di
portare a suo vantaggio la situazione.
-Non
darmi del lei, mi fa sentire più vecchia di quanto già
non sia, be su questo hai ragione, ma se non avessi avuto interessi
nei miei riguardi adesso non saremmo qui a parlare e la tua nipotina
non sarebbe a giocare con il mio carlino.- e con questo Anastasia
credette proprio di averlo zittito così fece per alzarsi,
prese la borsa, richiamò Josie e le mise la pettorina, ma
prima di andare si piazzò davanti Christian, le braccia
incrociate al petto, i suoi occhiali sulla punta del naso guardando
con aria di sfida il povero ragazzo ormai sconfitto nella sua
impresa. Doveva ammettere però che quella situazione la
eccitava più del previsto, le piaceva vederlo così
rassegnato e sopratutto era così bella quella posizione: lei
alzata davanti a lui, e lui seduto con il viso verso l'alto, lei era
senz'altro in una posizione di dominio e al solo pensare questa
parola gli occhi azzurri di Anastasia brillarono.
-Anastasia.-
disse solamente e Christian si alzò mentre la guardava andare
via.
-Anastasia,
aspetta.- lei si girò e lui la raggiunse facendo una piccola
corsa, erano viso contro viso e stavolta anche Christian aveva quello
sguardo di sfida.
-Facciamo
così, se dovessimo incontrarci per altre tre volte tu accetti
un mio invito a cena.-
-Ma
io e te in che luogo mai potremmo incontrarci se non qui?.- era
davvero interessata ad ascoltare, la situazione stava risultando
piuttosto divertente.
-Be,
in qualsiasi posto, dal meccanico, in una caffetteria, in
università.- lei di tutta risposta incominciò a
ridere, ma poi cercò di darsi un contennio e smise; ma sul
serio credeva che potessero incontrarsi in posti così? Ma
quanti anni credeva che avesse?
-E
se non fosse così?.-
-Niente.-
sorrise lui, non era un vero e proprio sorriso, lui ci sperava
davvero in quei tre incontri e stavolta era davvero insicuro su
quanto stava facendo .
-Ci
sto.- sorrise lei sornione, sapeva che non si sarebbero incontrati o
meglio lo sperava per lui.
Erano
ormai passati tre giorni da quando Anastasia e Christian avevano
fatto quell'assurdo patto, e non si erano visti nemmeno al parco,
Anastasia era stata parecchio impegnata con il lavoro e non aveva
avuto il tempo di dedicarsi a se stessa e a Josie.
Josie
era un'adorabile carlino di cinque anni, non l'aveva presa subito
dopo la morte della sua Josie, per i primi anni voleva stare da sola,
sentire il silenzio e logorarsi internamente senza che nessuno le
dicesse che stava facendo la cosa sbagliata.
A
volte accompagnava sua madre in clinica per i suoi controlli che, da
quando era morto quel bastardo che lei si ostinava a chiamare amore
della sua vita, si era ammalata di cuore. Odiava suo padre, l'ha
sempre odiato, non capiva come Carla potesse amarlo, invece, la
picchiava diamine!! E tornava sempre ubriaco in casa e addosso aveva
sempre un profumo di donna, segno intangibile del tradimento, ma sua
madre trovava sempre una scusa finché un giorno quel
bastardo era tornato a casa così ubriaco che appena aveva
smesso di picchiare sua madre incominciò anche con lei e fu
quel giorno che qualcosa in Carla si smosse.
-La
salute di sua madre sembra stia migliorando, ha bisogno di lei e ha
bisogno di sentirsi in pace con se stessa, quello che le ripeto
sempre miss Steele.- lo sapeva Ana che sua madre avesse bisogno di
lei, ma delle volte non riusciva proprio ad andare a casa sua perché
la mente le ritrasmetteva i soliti incubi e lei ne aveva abbastanza
di tutto.
-Ha
bisogno di altre cure?.- voleva il meglio per sua madre, era la sua
unica figlia, lei stessa era la sua risorsa, con il piccolo lavoro
che faceva non poteva permettersi di certo tutte le medicine ed i
controlli che le servivano, così provvedeva Ana a lei.
-Solo
del meritato riposo, forse sarebbe meglio se smettesse di lavorare in
caffetteria.- Ana annuì e raggiunse sua madre che era seduta
su di una sedia del corridoio bianco e terribilmente triste del
Vancouver General Ospital.
-Ana,
mi spiace che ogni settimana devi toglierti del tempo per me.- fu la
prima frase che le disse Carla una volta intravista la figlia.
-No,
lo faccio con piacere.- le aveva sorriso lei, ma non era il sorriso
che amava Carla.
-Sei
così cara.-sospirò lei mentre si alzava, diede una
carezza sulla guancia di sua figlia e poi l'abbracciò.
-Mamma,
non faccio niente di così speciale.- non riusciva a capire
perché si comportasse così, che c'era di strano nel suo
comportamento?
-Ana,
portami al cimitero.- aveva sussurrato e Anastasia diventò di
ghiaccio. Come poteva chiederglielo?
-No.-
aveva ringhiato tra i denti mentre si liberava dall'abbraccio ormai
troppo opprimente. Non l'avrebbe mai portata al cimitero da suo
padre, che cada anche la lapide.
Prese
i suoi occhiali dai vetri scuri e gli indossò; erano la sua
barriera dal mondo, erano così scuri quei vetri, così
terribilmente simili alla sua anima.
-Ti
aspetto in macchina.- disse lapidaria mentre affrettava il passo.
-Al
diavolo Christian!! Le hanno dovuto mettere quattro punti sotto il
mento!!.- Jane si era rotta il mento mentre pattinavano sul
ghiaccio, era la sua prima volta e non se l'era cavata così
bene.
-Oh
andiamo, nemmeno ha pianto.- cercava di difendersi lui mentre cercava
di stare dietro a quella furia che era diventata sua cognata. Come
cavolo faceva a sopportarla Elliot?
-Zio,zio
Anastasia.- erano ormai arrivati all'uscita dell'ospedale, Jane era
arrabbiata più con sua madre che per il mento così
cercava di distrarsi guardando in giro, poi notò una donna,
terribilmente uguale ad Anastasia, la conquista mancata del suo
zietto.
-Zio,zio,
Anastasia.- aveva gridato così forte per sovrastare le
polemiche di sua madre che anche l'interessata si girò e a
Christian venne un colpo quando la riconobbe.
Si
fermò, non sapeva che fare esattamente, ma poi Jane lo
risvegliò e lo spinse verso di lei.
-E
quindi ci rivediamo.- aveva incominciato così la discussione,
la mano dietro la nuca e quell'insicurezza che gli montava su ogni
volta che c'era lei nei paraggi.
-Che
ha fatto Jane?.-
-Oh,
l'ho portata a pattinare sul ghiaccio, era la sua prima volta ed è
caduta spracellandosi il mento.- sorrise sinceramente, cercava di
intenerire quella donna dal cuore troppo duro e non dal sorriso
facile, l'aveva già capito che fosse un tipo difficile, ma
nessuno riusciva a resistere a quella sua aria da cucciolo
abbandonato.Nessuno.
-Mi
spiace.- disse solamente per poi voltarsi e infilarsi in macchina.
-Non
mi dici niente?.- era scattato subito lui, si abbassò al
livello del finestrino e cercava di decifrase il suo sguardo, poi
viste una donna di mezza età salire nel lato del passeggero,
pensò fosse sua madre, erano così simili, ma poi
rivolse di nuovo lo sguardo sulla sua ninfa.
-Spero
per te che non ci incontreremo mai più.- non capiva, Ana stava
per infilare la chiave nel cruscotto, ma fu così veloce da
afferrarle il polso.
-Perché?.-
-Perché
quando si gioca lo si fa solo con le mie regole.- disse mentre lo
guardava negli occhi, Christian sciolse la presa e la lasciò
andare.
-A
mai più Christian.- disse poi la ninfa prima di girare la
chiave e premere sull'acceleratore.
Oh,
ragazze, eccomi qui con il capitolo.
Scusate
se vi ho fatto aspettare più di una settimana, ma ho avuto
impegni
che
mi hanno tenuto lontano dal pc, ma nel frattempo mi facevo
un'idea
di quello che dovevo scrivere, così è nato questo
capitolo.
Il
loro primo incontro, che ve ne pare?
Oh,
per non parlare di quella specie di patto stretto.
Si,diciamo
che mi piace molto come capitolo, spero anche a voi.
Anche
se avrei dovuto farlo all'inizio, ma volevo ringrazie chi ha
recensito
lo
scorso capitolo, anche per le belle parole. GRAZIE.
Spero
che anche questo capitolo avrà qualche bella recensione,
non
fatemi pentire di aver iniziato questa FF. c:
A
presto.
Baci
Love
|
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Capitolo 3 *** Dark. ***
Dark.
Oggi
sarebbe stato il ventesimo anniversario dei suoi genitori, se quel
bastardo non fosse morto; e non era un caso che questo stesso
giorno,ogni anno,Anastasia non rispondesse alle chiamate di sua madre
e che de desse malata in ufficio. Certo, però che le aveva
inventante tutte in questi tre anni, da una intossicazione
alimentare fino ad arrivare alla mononucleosi.
In
genere era sempre arrabbiata con il mondo,stava chiusa insieme al suo
sottomesso nella “stanza del giochi”, solo che stavolta
non aveva nessun sottomesso da punire per non essere stato abbastanza
ubbidiente.
Non
conosceva altro modo per liberarsi da quella rabbia che la tormentava
per il matrimonio dei suoi. Avrebbe voluto che non si fossero mai
conosciuti, che non l'avessero mai concepita perché vivere
come aveva fatto lei in quella casa e odiare come aveva fatto lei e
subire come aveva fatto fino all'incontro di Josie, non era vivere,
era far finta di vivere.
Josie
era stata la sua ancora di salvezza, a lei non era importato se fosse
strana, se stesse sempre in silenzio, a lei importava che stesse
bene.
Josie
l'aveva resa la donna di adesso, lei le aveva insegnato ad essere
forte, a non piegarsi davanti a nessuno e prima di iniziare la loro
folle relazione le aveva detto che se l'avesse picchiata l'avrebbe
fatto solo ed esclusivamente per lei; solo che poi Josie morì
e quella oscurità, se possibile, divenne ancora più
oscura.
Il
suo ultimo sottomesso l'aveva mollata appena qualche mese fa, era
stanco e sopratutto sembrava avesse più paura di quanto ne
avesse lei stessa del suo lato oscuro, quello che si risvegliava
all'interno della sua stanza del giochi. Si chiamava Tom e aveva la
stessa età di Christian, si ritrovò a pensare.
Davvero,
quel ragazzo non aveva capito in che guaio stava andando a
cacciarsi.Forse, Anastasia con quelle parole, quella volta
all'ospedale, era suonata un tantino minacciosa, ma doveva servirgli
da avvertimento, doveva capire quanto pericoloso fosse starle vicino
e lo sperava che avesse capito e se non fosse stato così,
doveva essere pronto a cadere nel buio, a lasciarsi trascinare in
quel labirinto senza luce e senza un'apparente uscita.
Stavolta
niente pomeriggio al parco per Christian, stavolta aveva qualcosa di
più urgente di una richiesta d'aiuto di Jane. Al campus
avevano allestito la sala congressi per la presentazione di un libro
della Vancouver Press; in giro si diceva che il libro da presentare
fosse proprio quello del professor Dumas, docente di letteratura
greca e Christian quando si accertò della notizia non fece
altro che congratularsi con il prof che diceva da tempo di voler
pubblicare un libro, ma non aveva avuto mai il coraggio di portare se
sue “scartoffie”, come le aveva chiamate lui, ad una casa
editrice.
Era
uno di quei libri che potevano piacere ai fanatici della letteratura
greca: c'era un professore qualsiasi con la passione dei miti greci e
un gruppo di ragazzi qualunque che, ovviamente, non avevano la
passione dei grandi classici greci; questo libro racconta di come un
professore sia riuscito a svegliare il loro interesse per una cosa
così diversa dai loro soliti interessi e chissà con
quale magia, perché Christian lo ricordava bene quanto fossero
pallose le ore di epica e non è che fosse cambiata molto la
situazione.
Aveva
trent'anni il professor Dumas, un anno in più di Anastasia,
della sua ninfa, ma lui questo non lo sapeva; continuava a torturarsi
l'anima per quella frase e poi si chiedeva di quali regole parlasse
ed infine si chiedeva perché diavolo si fosse fissato così
tanto.
Non
sapeva niente, sapeva solo il suo nome e che lo considerasse troppo
piccolo, ma allora perché aveva accettato?
-Chris!.-
era appena uscito dall'aula adibita al giornalino
universitario,Melissa l'aveva chiamato e si era girato, lei era
davanti alla porta ed aveva quell'aria nervosa che aveva sempre
quando parlavano, si mangiucchiava l'unghia del mignolo e con l'altra
mano martoriava i lembi del suo maglioncino.
-Dimmi.-
stava andando verso la sala congressi, aveva il suo taccuino e la
penna che gli aveva regalato Jane, quella fortunata. Era pronto.
-Ecco,
io … volevo chiederti se dopo la presentazione potessi farmi
compagnia in libreria … sai, mia sorella compie tredici anni e
tu parli sempre quanto ti piaccia stare con i ragazzini, io non sono
così brava. Non so nemmeno se le piacciono i libri.- era
davvero carina Melissa, avevano anche un bel rapporto, ma non erano
mai usciti insieme e forse questa sarebbe stata utile per non
pensare.
-Non
– ma sai che è strano? Dovrei chiederti di uscire io.-
sorrise e la guardò mentre arrossiva e si congratulò
con se stesso perché evidentemente non aveva perso fascino- ma
si, certo che vengo. Dimmi tu puoi, ho tutta la serata libera.- e
sorrise ancora, con quella insolita energia che gli scorreva tra le
vene.
Alexander
Dumas, scrittore dell'ultimo libro che aveva corretto.
Un
libro decente stilisticamente, ma non era il genere di Anastasia ed è
per questo che non l'avrebbe mai pubblicato, ma lei prendeva solo
ordini dal direttore.
Una
delle cose che incominciavano a darle su i nervi.
Dumas
l'aveva invitata alla presentazione del libro, inconsapevole del
fatto che si fosse data malata, ma non andare sarebbe stata una
scortesia così prese una bella dose di coraggio e andò;
era un professore di letteratura greca all'università,Alexander,
e aveva organizzato la presentazione di “Vi racconto una
storia” nella sala congressi della sua università.
Anastasia
era sempre stata eccentrica, lo dimostrava ogni giorno in tutto
quello che faceva,anche nel modo di vestire solo che stavolta non
doveva dare nell'occhio così si era vestita in maniera
anonima, per quanto possibile, ed era così strano che anche
lei stentava a riconoscersi.
Sin
da quando aveva messo il primo piede dentro quell'aula congressi,
troppo grande per un evento così piccolo, aveva un brutto
presentimento, non sapeva dire con esattezza cosa la turbasse;quando
si sedette tra le ultime file, tra quei ragazzi così giovani e
così fortunati ad avere ancora dei sogni, perché lei lo
sapeva che a quell'età ogni cosa è possibile, ogni cosa
è fattibile, ma lei non ne aveva approfittato, fu proprio
quando vagava con lo sguardo per tutta l'aula che si accorse di
Christian, seduto una fila avanti a lei con accanto una ragazza.
In
quell'attimo la sua mente le proiettò la scena del loro
“patto”, era ancora disorientata, non potevano esistere
tutte queste coincidenze: prima l'ospedale e poi l'università
e al diavolo i buoni propositi.
Con
quanta più discrezione possibile si alzò dal suo posto
e andò a sedersi nella stessa fila del ragazzo dagli occhi
magnetici, per un momento si chiese cosa stesse facendo, ma se si
erano incontrati due volte un motivo c'era e se il destino avesse
deciso così, chi era lei per interferire?
Gli
avrebbe mostrato il suo mondo, l'avrebbe fatto entrare in punta di
piedi, premurandosi di non spaventarlo troppo, gli avrebbe insegnato
ad amare quel modo di fare sesso che era tanto diverso dal normale,
l'avrebbe portato in un'altra dimensione e avrebbe ottenuto il suo
consenso per questo, ma se così non fosse stato si sarebbe
messa l'anima in pace e avrebbe continuato a vivere con monotonia la
sua inutile vita.
Non
sapeva spiegare esattamente cosa fosse, ma si sentiva come oppresso
da qualcosa, come se avesse un peso sulla schiena e aveva questo
strano bisogno di guardarsi in giro, era come se qualcuno lo stesso
fissando o qualcosa del genere e poi rimase incantato quando si
accorse di chi avesse alla sua destra. Era tutta imbacuccata,
nonostante si stesse morendo dal caldo, aveva i suoi occhiali scusi e
stavolta i capelli erano raccolti in una treccia.
-Scusami,
sto arrivando.- sussurrò a Melissa si alzò e chiese al
ragazzo accanto ad Anastasia se si potesse sedere qualche minuto al
suo di posto.
-Aspettavo
che ti avvicinassi, sai?.- disse lei quando Christian si sedette, lui
era ancora incantato stava pensando a quanto fosse piccolo il mondo e
che evidentemente era destino che loro si incontrassero.
-Siamo
a due.- sussurrò a sua volta con un sorrisetto beffardo, lei
non disse niente si limitò a prendergli la mano e a lasciare
un pezzetto di carta stropicciata, poi si alzò e
andò
via.
Quella
donna era un continuo mistero, un continuo di volti nascosti, la cosa
lo intrigava, ma era difficile capire chi fosse realmente. Si era
sempre reputato uno di quelli che capisse subito le persone, ma con
lei non era riuscito nell'impresa e sospirò mentre si alzava
di nuovo, stavolta con malavoglia.
Davvero,
era confuso e non sapeva che fare.
In
quel pezzetto di carta c'era l'indirizzo di casa di Anastasia e c'era
anche il suo numero e poi c'era un semplice “ ti spiegherò”,
era inutile cercare di capirla, non ci sarebbe mai riuscito, però
c'era quel pezzetto di carta.
Poteva
chiamarla, ma poi non avrebbe saputo che dire.
Poteva
andare a trovarla, ma con quale scusa?
Cazzo,
perché si era preso una fissa con una così strana? Non
poteva prendersi una fissa per una come Melissa? Rammenda ancora
quanto si siano divertiti quel pomeriggio a cercare un libro per sua
sorella, ricorda anche di come sorrideva e di come non si sentisse in
imbarazzo quando erano andati a cenare al mc.
Erano
insieme e ridevano, ridevano da matti, e parlavano del loro futuro e
delle loro aspettative e delle loro storie d'amore fallite e delle
bevute con amici e poi hanno brindato alla carriera di Melissa come
giornalista ,e a quella di Christian come un possibile scrittore e
poi parlarono del libro del professor Dumas che, se anche sembrasse
carino in realtà era una scusa per far leggere a tutti i miti
greci, quelli che lui tanto ama, ma che i ragazzi tanto trovano
noiosi.
Provare
non costa nulla.
Squillava,
buon segno.
Tanti
squilli e sembrava che suonasse a vuoto.
-Pronto.-
-Anastasia,
s-sono io.- dal nervoso avrebbe voluto mangiarsi la mano, ma dovette
accontentarsi di mangiucchiarsi tutte le unghia e di battere
nervosamente il piede su pavimento.
-Finalmente
mi chiami! Per un attimo ho pensato che avessi perso le speranze,
quando te ne avevo date due.-
-Be,
ecco è stato difficile, anche perché non capisco.-
-Sapevo
già che ti sentissi confuso, ma devo parlarti.-
-Di
cosa?.- la sua tensione era palpabile, non sapeva più che fare
mentre aspettava che si decidesse a parlare. Prese una penna ed
incominciò a sbatterla sul tavolo a ritmo.
-Non
posso essere precisa al telefono, posso dirti le cose essenziali come
ad esempio che, anche se penso che tu sia un ragazzino, sei parecchio
carino e di certo non è una cosa che passa inosservata.-
lo trovavo parecchio carino, oh. Ma c'era sempre quel fattore
ragazzino che gli faceva tanto storcere il naso.
-Quanti
anni hai?.-
gli
sembrava davvero una scortesia chiedere ad una donna l'età, ma
a quel punto era davvero necessario.
-ventinove.-
incominciava
capire, adesso.
-Capisco.-
-Questa
è una delle ultime possibilità che hai di tirarti
indietro.-
gli disse, per un attimo Christian restò sorpreso dalle sue
parole, perché una delle ultime? Che c'era dietro?
-Non
mi tiro indietro, è intrigante.-
-Spero
lo troverai intrigante anche quando ti dirò il resto.-
-Quale
resto?.-
-Facciamo
così, ti invito io a cena, ma a casa mia … .-
-Domani,
domani sono libero.- aveva continuato la frase, quella sera doveva
uscire con Melissa dovevano andare ad un pub con alcuni amici a bere
qualche birra, non poteva mancare.
-Imparerai
che io vengo prima di tutto.-
disse con tono neutro prima di chiudere la chiamata.
Quando
ieri, al telefono, l'aveva palesemente messa in secondo piano si
sentiva bollire dalla rabbia e quella frase che disse prima di
attaccargli il telefono in faccia ne era la conferma.
Le
dava fastidio quando veniva messa da parte, non voleva essere quella
persona che si cerca quando si ha bisogno o per il comodo.
Erano
le diciannove e quarantasei minuti, Christian sarebbe arrivato a casa
sua alle venti e quindici minuti e quindi lei aveva una bella
mezz'ora per decidere che mettere e formulare quel discorso. In quei
giorni si era accorta di quanto volesse quella cosa, di quanto ci
sarebbe rimasta male se avesse rifiutato; non si conoscevano, lo
sapeva, sapevano giusto il nome e l'età dell'altro, sarebbe
stato difficile e sapeva anche questo, sarebbe stato imparare ad un
bambino l'alfabeto, i numeri e per la prima volta in così
tanto tempo non vedeva l'ora di farlo. Poi pensò a lei e a
Josie, anche loro non si conoscevano quando iniziarono eppure andò
tutto a meraviglia, lei e Josie erano necessarie e non c'era bisogno
di altro in quel rapporto.
Stava
giusto per acconciarsi i capelli quando Madalina le disse che il suo
ospite fosse arrivato, Josie, il suo carlino ,che era sdraiato sul
letto a dormire, subito si svegliò e andò a vedere chi
mai fosse stato a svegliarla.
Mise
l'ultimo fermaglio apposto, le scarpe, e andò ad accogliere
Christian.
-Puntuale.-
ruppe quel silenzio entrando in salone, Christian era alla finestra e
guadava il giardino e le piante che faceva curare alla perfezione da
Luke, il suo giardiniere, quel giardino era l'orgoglio di entrambi
per quanto bello fosse.
-Hai
davvero una bella casa.- disse lui taciturno mentre spostava la
visuale sull'enorme libreria che c'era lì accanto. Prese un
libro a caso.
-Delitto
e castigo.- rispose lei, riconoscerebbe quel libro lontana un miglio.
Il
suo libro preferito.
-Bel
libro.- commentò lui prima di girare le pagine vicino al naso
per sentirne l'odore. Gli si avvicinò, gli sfiorò le
dita e poi prese il libro posandolo di nuovo al suo posto,tornò
a guardarlo per poi avvicinarsi sempre di più. Prese le sue
mani e le porto ai suoi fianchi, di tutta risposta lui la strinse di
più a se e le loro bocche erano così vicine tanto da
sentire l'uno il respiro dell'altro.
-Sono
confuso.-
-Lo
so.- disse lei prima di poggiare le labbra sulle sue.
Buongiorno
donzelle, è l'una del mattino,
aggiorno
sempre a questo orario, ne sono consapevole
ma
sappiate che sono senza pc, a casa c'è solo quello di mia
madre
e
tra lei e mio fratello io non riesco mai ad andare al computer.
Non
so quando aggiornerò con il prossimo capitolo, spero
che
questo vi sia piaciuto.
Che
ne pensate?Spero che ne valga la pena di recensire,
anche
se non aggiorno da tanto.
Oh,
ovviamente il nome della casa editrice è inventato.
Bene,
penso che questo capitolo sia abbastanza strano,
le
cose iniziano a capirsi e loro due non sembrano più
così
lontani, o meglio dovevo dare quest'impressione.
Certo,
Christian deve fare ancora i conti con la vera Anastasia,
è
normale che per un ragazzo sia una situazione intrigante.
Oh,
ultima cosa … ovviamente Anastasia non avrà una vera e
propria
stanza
rossa, anche perché è lei la “dominatrice”
e quindi non è che possa
usare
tutto l'arsenale del nostro Grey di 50 sfumature .. mi spiego meglio
la
vedete mica una donna che sculaccia un uomo? Non credo proprio.
Ahaha
Love.
|
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Capitolo 4 *** Fall. ***
Fall
Non
c'era alcun rumore in quella stanza, nessuna parola, tanti silenzi
accompagnati dal rumore delle posate e dei bicchieri e avvolte
qualche sospiro.
-Di
cosa volevi parlarmi?.- aveva accumulato ansia per questa cena, non
aveva la minima idea di cosa potesse essere questa cosa di cui non
potevano parlare al telefono.
All'improvviso
ebbe voglia di bere così prese il vino e lo versò
dentro il suo elegante bicchiere, non sapeva niente di quella donna
eppure c'era qualcosa che lo attirava e adesso sapeva che per lei era
lo stesso.
-Non
cerco una storia d'amore, Christian.- anche lei prese a sorseggiare
il vino, aveva gli occhi piantati su di lui e ai suoi occhi sembrava
tanto una tigre pronta ad attaccare la sua preda.
-Voglio
che tu cada nella mia stessa oscurità.- ma cosa ci sarà
di così oscuro in una donna con quel viso? Si domandava
Christian, che cos'è quest'oscurità di cui parla? In
che cosa stava andando a cacciarsi? Ma era inutile anche
domandarselo, perché lo sapeva che avrebbe accettato di tutto
pur di rivederla ancora.
-Non
ho ben chiaro il concetto di oscurità al momento.- farfugliò,
aveva quell'espressione strana tipica di quando alle superiori
cercava di stare attento alle lezioni di matematica o di fisica,
decisamente non ci stava capendo niente e pensare che le parole erano
state sempre il suo forte, ma era come se davanti quella donna ogni
certezza si annullasse.
-E'
una cosa che voglio con tutta l'anima,Christian e vorrei che prima di
accettare tu ci pensassi.- sospirò e subito dopo prese la
bottiglia di vino versando il liquido rosso nel suo bicchiere, beveva
a piccoli sorsi e quella agitazione nella voce che notò il
ragazzo dagli occhi cerulei sembrava calmarsi.
-Se
non mi dici cosa non posso risponderti.-
-Non
è una cosa da prendere alla leggera! Ho bisogno che tu ti
fidi di me a prescindere da quello che potrei farti.- e ancora
Christian stentava dal capire, aveva troppe domande in testa, era
così dannatamente confuso perché non aveva ancora
capito che cosa realmente volesse questa donna da lui. Che cosa
doveva fare per starle accanto?
-Voglio
una relazione sadomaso, dove io sono la dominatrice e tu il mio
sottomesso.- disse tutto d'un fiato la sua ninfa dal lato nascosto,
quello che lui stesso aveva intuito, ma non avrebbe mai immaginato
fosse così … così oscuro, di nuovo quella
parola.
-Cosa
comporterebbe?.- adesso il suo tono risultava gelido e quasi stanco,
non se lo sarebbe mai aspettato, una donna con quel viso così
angelico che vuole una relazione sadomaso, che lo voleva al fine di
usarlo come schiavo sessuale o meno;era tutto così
dannatamente surreale, ma c'era una parte, una parte che non credeva
di avere, che lo incitava ad accettare sconvolgendolo più di
quanto già non fosse.
-Provo
piacere quando infliggo del male carnale, ma non per forza quello che
immagini tu, in generale mi piace avere il controllo delle cose,
voglio sempre dominare su tutto e non è detto che ti faccia
del male.- lo vedeva che l'aveva messa in difficoltà, spiegare
una tal cosa, doveva immaginarlo, era difficile, ma voleva capire
affondo perché se voleva cadere doveva farlo con tutto ciò
che c'era da sapere.
-Non
è detto.- ripeté e ponderò ancora su quelle
parole; Anastasia era mentalmente instabile e lui per starle accanto
doveva accettare questa folle relazione, non sapeva come agire e
tanto meno che dire. Iniziò a pensare che magari aveva
ragione, che doveva cogliere la palla al balzo,poteva tirarsi
indietro, ma non ne era del tutto convinto.
-Devi
pensarci, non voglio una risposta adesso.- sussurrò e fece per
alzarsi, andò alla finestra opposta al tavolo in cui avevano
cenato, quella che dava sulla vista del parco Stanley e che
le
permetteva di vedere tutta la città e a lei piaceva vedere
quella serie di puntini di luce.
Christian
non aveva poi fatto così tanto caso al vestito che aveva
addosso, arrivava giusto sopra le ginocchia e aveva la schiena
scoperta quasi interamente e si scoprì desideroso di baciare
centimetro per centimetro di quella pelle così diafana.
E
si alzò, desideroso di sentire il suo profumo e di sentirla
tra le sue braccia curandosi poco di quello che magari voleva lei in
quel momento, poteva anche picchiarlo in quel momento e cacciarlo, ma
se ne sarebbe andato lo stesso con il sorriso sopra le labbra per
averla stretta tra le sue braccia.
-Non
avevo notato quanto bella fossi.- le soffiò sul collo, le sue
braccia l'avvolgevano completamente e notò che lei si strinse
di più e automaticamente sorrise.
-Ti
ho spaventato?.- in quel momento gli sembrava così piccola,
così piena di dubbi e si intenerì quando si girò
e con lo sguardo spaventato gli aveva posto quella domanda.
-Si,
ma ci penserò.- ed era una promessa quella, perché
anche se era così strano, lui voleva provarci e vedere fin
dove potesse arrivare.
-Ci
sono delle condizioni,Christian e voglio che tu le rispetti.-
-Sono
uno che rispetta le regole, non preoccuparti di questo.-
-Non
sempre è necessario rispettare le regole, sai?.- disse lei
mormorando e con tono che alle orecchie del ragazzo risultò
parecchio sexy e diamine se avrebbe voluto sbatterla sul quell'enorme
vetrata, ma doveva pur sempre contenersi.
-In
quali occasioni?.-
-Questa,
ad esempio.- sussurrò ancora prima di tirare il colletto della
sua camicia per poterlo baciare ed era così carico di tensione
sessuale, così sensuale, che nemmeno Christian stesso
realizzava di indietreggiare sempre di più con appresso
Anastasia che lo spingeva fino ad arrivare al bordo del tavolo su cui
avevano cenato.
-Resta
qui stanotte.- aveva ansimato congiungendo le loro fronti.
-Io
..-
-Tranquillo,
devi solo fidarti, non ti farò niente.- doveva fidarsi di
lei, solo quello gli chiedeva e lui l'avrebbe fatto.
-Ok.-
disse prima di baciarla ancora.
Si
scoprì così voglioso di baciarla, era smanioso perché
avrebbe voluto farlo sempre, amava sentire il suo sapore e poi quello
del vino ed era tutto un mix che adorava.
-Prima
condizione.- disse con voce ferma prima di spingere Christian sul
letto, lui la guardava come fosse un'apparizione scesa dal cielo per
ringraziarlo di qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa, ma poi
realizzò che lei non era un angelo qualunque, era uno di
quelli con le ali nere.
-Io
sto sempre sopra.- era seduta sopra di lui e con le mani sbottonava
lentamente la camicia, nel frattempo si muoveva con lentezza studiata
sopra il cavallo dei pantaloni di Christian che ogni volta credeva di
impazzire.
-Ma...
-
-Ti
dirò se e quando puoi starmi sopra, capito?.- lo zittì
subito, non gli diede nemmeno il tempo di aggiungere altro.
Doveva
ammettere però che la situazione era davvero intrigante anche
se sapeva che se avesse accettato non sarebbe stato così.
-Ho
la sensazione che non capiterà spesso, sai?.- mormorò
divertito.
Parlavano
come se Christian avesse già accettato, come se entrambi
sapessero come sarebbe andata e forse era come diceva Anastasia, se
il destino gli avevi fatti incontrare nessuno dei due poteva fare
nulla, dovevano solo adeguarsi; magari l'uno all'altra.
Le
mani di lei scendevano sempre di più,non controllava più
con lo sguardo, adesso concentrava la maggior parte delle sue
attenzioni in un punto sulla clavicola dove aveva appoggiato la bocca
per segnarlo, alternava lingua e denti sicura che quel segno non se
ne sarebbe andato per almeno qualche giorno.
Christian
era inerme davanti a tale forza, non che non volesse, ma era curioso
di vedere come si sarebbe comportata e se sopratutto sarebbe stato in
grado di lasciarla fare, perché non poteva non ammettere che
fosse una cosa strana.
Era
come se i ruoli si fossero invertiti.
-Vedo
che capisci al volo.- sorrise maliziosa prima di alzarsi, si slegò
i capelli, si abbassò giusto il necessario per tirare
Christian ancora dalla camicia, voleva che si alzasse e che la
svestisse.
-Mi
piace il tuo fisico.- e Christian sorrise prima di poggiare le mani
sulle spalle di lei e far scivolare lentamente le maniche del vestito
che, al contrario del suo gesto, scese velocemente sul fisico
dell'angelo dalle ali nere.
Ponderò
che quel nome era molto più adatto che ninfa.
Appoggiò
le mani appena sopra il suo fondo schiena e la spinse contro di se,
bramoso di mettere la faccia tra i suoi due seni, si sedette allargò
le gambe e Anastasia si sistemò proprio in mezzo,
permettendogli di fare quanto aveva intuito.
-Tira
il vestito verso il basso.- ansimò inarcando di più la
schiena verso di lui che dopo un tempo indefinito fece quanto le
aveva chiesto. Non poteva volere che in momenti come questi stesse
attento a quanto dicesse, era già tanto che non l'aveva presa
e sbattuta al muro senza badare a quello che voleva lei.
Percorse
una scia di baci fino all'ombelico, voleva scendere ancora, ma fu a
quel punto che le carezze nervose sui suoi capelli si fecero più
violente fino a quando non sentì una presa forte tirargli i
capelli e fu costretto a volgere il viso verso l'alto.
-Togliti
i vestiti.- per un attimo restò a fissarla con la bocca
aperta, doveva ancora connettere e risultava sempre più
difficile;
La
presa di Anastasia cedette, permettendogli di fare quanto gli aveva
appena chiesto, lei si era fatta da parte e aspettava che si
svestisse e si meravigliò quando si rese conto che fosse
davvero ubbidiente e che non facesse tante storie al prendere ordini
da una donna.
In
seguito gli ordinò di coricarsi sul letto, si arrampicò
sopra di lui, si sedette sopra il suo, ormai evidente membro ed
incominciò a fissarlo, cercando di notare ogni più
insignificante particolare che, forse, ad altre persone sarebbero
sfuggiti.
-Non
porti mai i tuoi sottomessi nella tua camera da letto?.- era la prima
domanda che faceva da quando erano entrati lì dentro, non
aveva aperto bocca per quasi tutto il tempo.
-Ho
un'altra stanza.-
-E
come la chiami?.- domandò ancora ancorando le mani sopra i
suoi fianchi incominciando a muovere i pollici affinché
disegnassero dei cerchi immaginari.
-E'
la mia stanza dei giochi.- e sorrise inconsapevole che anche i suoi
occhi l'avevano fatto nello stesso momento.
-Quanti
giochi hai?.- aveva usato il suo stesso tono e questo la fece
sorridere ancora, ma si stavano perdendo in chiacchiere e preferiva
usare quel tempo in qualcosa di più produttivo.
-Il
giusto, se fossi stata maschio ne avrei avuti di più come puoi
immaginare le cose che un uomo può fare su una donna sono
infinite.- parlava lentamente, una lentezza studiata, che le serviva
per distrarlo e farlo pensare a quello di momento.
Infilò
una mano all'interno dei boxer del ragazzo che per qualche secondo
smise di pensare e si concentrò su quello che lei stava
facendo, ed era quella la reazione che voleva Anastasia voleva che
pensasse solo a lei, che tutti i suoi pensieri fossero diretti a lei.
Incominciò
a massaggiarlo stando
attenta alle sue reazioni e piano piano si abbassò, si allungò
per raggiungere quelle labbra che voleva baciare, voleva baciarle
sempre, lo voleva più di qualsiasi cosa in quel momento.
-Mi
piace baciarti.- gli disse tra un bacio e l'altro.
Erano
passati decisamente troppi giorni da quella loro prima volta e lei
non riusciva a concentrarsi più di tanto a lavoro, non c'era
niente che riusciva a farla concentrare a dovere e certo questi
pseudo scrittori incapaci di attirare l'attenzione non facevano che
peggiorare la situazione. Quest'altra palla al piede che le aveva
dato il signor Springer non le piaceva, svolgeva due mansioni, una
delle quali poteva svolgere lui stesso, ma non aveva tempo di badare
alla sua casa editoriale, aveva altri business lui. Un giorno
l'avrebbe comprata quella casa editoriale, l'avrebbe fatta splendere
e finalmente non sarebbe stata sotto ordine di un idiota come il suo
“capo”.
Le
aveva detto che si sarebbe fatto sentire presto, ma non è
stato così.
Forse
era solo lei che stava esagerando, in fin dei conti aveva anche lui
impegni che gli portavano via del tempo, studiava e questo solo
poteva portagli via quasi tutti il suo tempo.
Una
delle caratteristiche di Anastasia era anche che fosse dannatamente
ansiosa, perché voleva avere tutto e subito, odiava dover
aspettare per qualcosa che lei voleva più di qualunque altra
cosa.
Christian
sarebbe stato un ottimo sottomesso se si fosse comportato sempre in
quel modo, obbediva ad ogni sui minimo ordine, ma poi si fermò
a pensare che magari l'aria, in altre situazioni sarebbe stata più
pesante, e che doveva sopportare tutto quello che poteva infliggerli
anche quando aveva un diavolo per capello e non sapeva se fosse in
grado di resistere; però doveva ammettere che quella notte non
le era dispiaciuta così tanto, in fondo, aveva sempre avuto il
controllo della situazione quindi …
Le
sue esigenze erano altre, non erano sempre le stesse, quella sera era
tranquilla e aveva solo quella voglia di avere il controllo, non
voleva che Christian soffrisse per niente e così gli aveva
regalato quella notte d'assaggio.
-Ti
vedo pensierosa Ana.- le avevano detto tutti quella mattina, e chi
non sarebbe stato sapendo che aveva rivelato uno dei suoi più
grandi segreti ad un ragazzo di vent'anni che trovava tutto così
intrigante e che non aveva idea in che cosa si stesse andando a
cacciare?
Quella
notte aveva dimenticato di dirgli che non doveva dire niente a
nessuno, che sarebbe stato solo un piccolo segreto, il loro piccolo
segreto.
Sbuffò,
si alzò e decise di prendersi una pausa, doveva staccare la
spina e concentrarsi su qualcosa che effettivamente poteva
concentrarla, ma cosa?
O
quanto voleva che Josie fosse lì con lei a consigliarle.
Chiamò
la sua assistente, Rose, che subito fu da lei chiedendole che cosa
volesse.
-Fammi
un favore Rose, portami un thè, il solito, twinings english
breakfast e qualcosa da mangiare.- disse svogliatamente mentre
prendeva per l'ennesima volta il cellulare.
-Cosa
da mangiare?.-
-Un
cupcake alla vaniglia, se non mi trovi in ufficio lascia sulla
scrivania.- disse ancora e sbuffò per l'ennesima volta notando
che il cellulare non dava alcun segno di vita.
Decise
di alzarsi e sgranchire le gambe, lasciò il telefono in
ufficio e andò a curiosare in giro, guardò tutti
lavorare e non capiva come il mister Springer non venisse mai a
controllare, si crogiolava sempre del fatto che Anastasia fosse una
perfezionista e che volesse che ogni cosa andasse per il meglio e
forse in fin dei conti sapeva anche che un giorno, chissà
quando, quello stabilimento editoriale sarebbe stato tutto suo.
Salve
ragazze, eccomi qui
stavolta
non vi ho fatto aspettare così tanto
e
spero che mi premiate per questo. C:
Che
ve ne pare del capitolo? E' secondo le vostre
aspettative?
E' qualche riga più corto del solito,
ma
a parer mio non c'era altro che scrivere.
Per
quanto riguarda le scene hot, ditemi voi,
il
raiting impostato è arancione, ma per vostra volontà
potrei
anche decidere di portarlo a rosso, ma sappiate che non
penso
di cavarmela così bene in quelle scene :/
Parliamo
di fatti concreti …
avete
visto il trailer?
Pensavo
che non ci azzeccasse completamente la scelta
di
Jamie …. pensavo …
LOVE.
|
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Capitolo 5 *** Make love. ***
Make
love
Aveva
sempre voglia di una nuotata quando era nervosa.
Ed
era sincera quando diceva che non capiva il motivo del suo nervosismo
e per questo, quella sera, aveva bisogno di Christian per scoprirlo.
Voleva
giocare giusto qualche ora con lui nella sua stanza e poi voleva che
la prendesse lì, mentre aveva i polsi legati con una corda che
lo teneva alzato e contro il muro; ed era divertente scoprirlo così
inerme e così sotto il suo comando, un ragazzo così
giovane che ha così tanta voglia di sottomettersi ad una pazza
come lei; folle gli aveva
detto quando era andato da lei per dirle che avesse accettato e che,
in fondo, non ci aveva pensato più di tanto, era stato incline
a questa relazione fin dal momento in cui avevano fatto sesso per la
prima volta.
-Che
succede?.- le aveva domandato subito, appena arrivato e con il
fiatone, intimorito,forse dal tono che aveva usato al telefono.
-Togliti
la maglietta, le scarpe e va.- aveva sussurrato con apparente calma
mentre sorseggiava il suo tè inglese. Non sapeva esattamente
che cosa fargli, però doveva ammettere che l'idea di
imbavagliarlo e legarlo con la corda al muro la stuzzicava parecchio,
la cosa più importante era che la prendesse perché
aveva in bisogni quasi spasmodico di averlo. Doveva ancora svestirsi,
togliere il costume e mettere quel completino intimo nero e di pizzo
che la faceva sentire tanto sexy, e poi doveva farsi la treccia.
-Sai
che non mi ha mai detto come ti procuri da vivere?.- le aveva detto
appena era entrata, era sdraiato sulle lenzuola di seta rossa e
sorrideva come un bambino stando a sottolineare quanto giovane fosse.
-Tu
parli troppo.- gli aveva detto mentre si arrampicava sopra di lui per
sedersi, poi a cavalcioni; si diedero giusto due o tre baci prima che
Anastasia insinuasse nervosamente le dita tra i capelli di lui,
congiunse le loro fronti e gli diede un altro bacio. Era così
incredibile che già fosse più calma di prima.
-Lavoro
in una casa editrice, capo redattore.- disse prima di dargli un altro
bacio, e poi un altro e ancora un altro; era una continua voglia di
baciarlo ed era così sicura di poterci stare in eterno in quel
modo, l'importante sarebbe stato che lui non avesse mai smesso di
baciarla.
-Voglio
fare lo scrittore io, sai?.- e doveva ammetterlo a se stessa che la
cosa fosse abbastanza interessante, anche per il fatto che anche lei
avrebbe voluto e ricorda ancora di quando un vecchio capo redattore
le avesse detto che non aveva un granché di talento. Ci
sperava con tutto il cuore che a Christian non accadesse, sopratutto
voleva che inseguisse il proprio sogno una volta uscito dal college e
magari l'avrebbe aiutato lei stessa.
-Uhm,
quindi un giorno potrò leggere qualcosa di tuo.- sussurrò
ad occhi chiusi, cullata da quel lieve tocco che esercitavano le mani
del giovane sulle sue cosce nude, ed era come se stesse toccando
qualcosa di estremamente fragile, qualcosa di bello ma fragile. Le
era sempre piaciuto quel tocco leggero sulla pelle, era delicato e
senza alcuna premura ed era così incredibile che riuscisse a
farla rilassare con così poco.
Qualche
bacio, qualche carezza e tutto passava e faceva così paura
ciò.
-Vuoi
leggere le avventure del dinosauro Sauro? No, non credo.- ed era
scoppiato a ridere, e sembrava quasi fosse una conseguenza a quel
suono che il suo cuore incominciava a pompare di più senza
alcun ritegno. Aveva paura, paura perché era una cosa che non
riusciva a controllare, pompava così forte che sembrava che
stesse correndo una maratona e credette, per un attimo, che anche lui
potesse sentire.
-Esistono
anche i libri per bambini.- amava quel genere di libri e credeva che
leggere fosse una delle prime cose che i bambini dovessero imparare,
ancora prima di andare a scuola perché i bambini hanno una
così bella fantasia e deve essere alimentata.
-E
sono tra i tuoi preferiti.- aveva detto lui e chi lo sa come, ma con
un movimento fulmineo si ritrovò sotto di lui, una sua mano a
premere sul fianco e l'altra che le accarezzava l'interno coscia e
non sapeva se fosse arrabbiata perché ci avesse messo così
poco a sottometterla a se, o assuefatta da quelle carezze.
-Mi
hai messo sotto di te.- aveva sussurrato sconvolta, era in uno stato
confusionale del tutto nuovo, non riusciva a capire nonostante il suo
corpo si trovasse così bene in quella posizione.
-Si.-
-Perché?.-
e anche se la sua voce fosse così contrariata, lei era sempre
lì, restava sempre sotto di lui e non accennava alcun
movimento.
-Ana,
lo sento che ti piace, non sono stupido.- congiunse le loro fronti e
la guardava fisso, in attesa di qualcosa, un suo segnale che gli
dicesse che non le piaceva, e che non era vero quanto aveva appena
detto, ma non arrivò così la baciò.
-Io
...- non sapeva che dire e come comportarsi e incominciava a pensare
che non avrebbe dovuto chiamarlo e che non si sarebbero dovuti
incontrare, in quel momento si sentiva così eternamente
sbagliata. Quella posizione l'aveva riportata a quando faceva l'amore
con Josie, quando lei la sottometteva; si sentiva così in
colpa, per cosa poi? Il suo cuore è come se le stesse dicendo
che stava per tradire Josie, e stentava dall'ammetterlo a se stessa,
ma lei era ancora il suo punto debole, dopo così tanti anni e
non riusciva ad andare avanti. Era come se non avesse fatto altro che
girare sempre sullo stesso punto, senza cambiare percorso.
Forse
avrebbe dovuto imparare che non per forza stare sotto qualcuno era
simbolo di sottomissione e forse Christian sarebbe riuscito
nell'impresa.
-Non
sto facendo forza, Ana e se vuoi puoi rimettere le cose come prima.-
e quella voce non aiutava affatto, così sensuale, così
dannatamente eccitante; e poi quelle mani, le sue dita che
l'accarezzavano nel punto più sensibile, se pur sopra le
culottes erano il punto d'inizio, ma anche la fine.
-Non
farei mai qualcosa che non potrebbe piacerti.- le sussurrò
accanto all'orecchio ,nel frattempo le sue dita scavalcarono la
barriera del tessuto, indugiando ancora sul punto di prima.
-Mi
piace.- era stata dura ammetterlo, però sarebbe stata bugiarda
con se stessa e con lui se non l'avesse fatto perché si stava
sentendo così appagata e vogliosa mentre la toccava e la
baciava; per la prima volta non era lei a portar avanti il gioco, non
era lei che bramava la pelle dell'altro e forse poteva anche
abituarsi così, sotto di lui.
-Voglio
...-
-Christian
fai quel che vuoi.- ansimò lei, mise una mano dietro il suo
collo e lo spinse contro di se per baciarlo, per sentirlo e poco le
importava se in quel momento il cuore le batteva a mille e se lui
potesse sentirlo.
E
si sentiva pronta.
Stava
per fare l'amore dopo dieci anni.
-Zio.-
non era poi così concentrato in quella partita alla play,
pensava più al modo in cui lui e Ana avessero fatto l'amore,
perché lo sapeva, quella volta era stato amore e lo sentiva
dal modo che aveva di stringerlo a se e di quel continuo baciarsi e
stare più uniti che mai.
-Jane,
scusa ma ...-
-Ma
qualcuno ti ha mandato in pappa il cervello,Grey.- ci rifletté
su quella frase Christian, anche se potesse sembrare inutile, e
arrivò alla conclusione che il suo cervello non era
semplicemente andato in pappa, ma che era direttamente andato.
-Domani
è il mio compleanno, zio.-
-Lo
so.- mormorò mentre staccava i cavi della play per nasconderli
dentro il suo borsone, Kate non voleva che la sua unica figlia
femmina giocasse alla play, sopratutto con quei giochi così
violenti.
-Ti
vedi ancora con Anastasia? Quella con il cagnolino, quella che non ti
si filava. Non mi hai più detto niente, zietto.- ormai aveva
assunto quel tono che non sopportava, lo stesso di suo Mia quando da
piccola non aveva quello che desiderava, ma la sua era una cosa
persistente anche adesso all'età di diciotto anni.
-Mi
si fila, Jane.-
-Davvero?
Bene, perché io voglio che venga al mio compleanno insieme al
suo cagnolino.- aveva detto risoluta e quello era un guaio, perché
sapeva quanto insistente potesse essere ed era pericolosa, molto.
-Non
so se potrà venire.- e anche se avesse potuto avrebbe fatto
in modo di convincerla, perché sapeva che cosa erano in grado
di fare tutti quanti al vederlo accanto ad una donna. Non voleva che
Ana fosse preda dei suoi genitori, dei suoi nonni, dei suoi fratelli
e di Kate, l'avrebbero fatta uscire pazza ed era sicuro che l'avrebbe
lasciato.
-Tu
insisti, ti prego zio.-
-Ok,Ok.-
Quella
posizione non era proprio il massimo per parlare, oltre al fatto che
gli era impedito dal fazzoletto che stringeva tra i denti.
-Sai
già quanto mi piaccia farlo con te.- quel frustino che teneva
in mano gli faceva un tantino paura, non perché non l'avesse
mai usato, ma perché dopo l'altra volta credeva che si
volesse, in qualche modo, rifare.
-E
adesso ho scoperto anche quello … .- e lì la vide
cedere, quasi abbandonare quel frustino per terra, ma qualcosa nella
sua mente scattò e la vide stringere con più forza il
manico di quell'arnese mentre con un movimento veloce le frange in
cuoio si scontrarono contro la pelle del suo petto; chiuse per un
momento gli occhi, anestetizzando il dolore e strinse la corda
intorno ai suoi polsi e di nuovo era pronto per un nuovo colpo, se
non più potente che in seguito arrivò, seguito da altri
tre.
-Non
voglio essere debole.-
-Oggi
mister Springer, il proprietario della Vancouver Press, ci ha
umiliato tutti, me compresa; e sai perché?.- fece segno di no
con la testa – Sono calate le vendite di un libro, quello che
hanno presentato alla sala congressi del tuo college, sapevo che non
sarebbe andato forte, ma lui insisteva sul fatto che non sia stata
attenta nel correggerlo e nel valutare il potenziale di quella
storia. Per lui è tutta una questione di soldi, lui vuole
solo quelli, Christian.- voleva rassicurarla, voleva dirle che non
doveva sentirsi in quel modo, che non fosse debole, ma non poteva,
era tutto legato e anche imbavagliato.
-C'eri
già tu nei miei pensieri in quel periodo.- mormorò in
un sussurro appena udibile e voleva tanto abbracciarla, le sembrava
così piccola in quel momento e anche vulnerabile.
-Facciamo
l'amore.- aveva detto dopo qualche minuto di riflessione in cui si
era seduta a terra con le mani tra i capelli e la testa sulle
ginocchia nude; salì sul gradino e fece per slegare i polsi di
Christian, sciolse il nodo del fazzoletto che lo teneva imbavagliato
e poi si buttò sopra di lui, circondandogli il bacino con le
gambe.
Aveva
imparato a distinguere i bisogni di Ana, anche se quella sarebbe
stata solamente la seconda volta in cui facevano l'amore;
-Ti
brucia?.- domandò in un ansimo; bruciava, certo che lo faceva,
ma non glielo avrebbe mai detto,come tutte le volte del resto. La
poggiò sulle coperte del letto ancora fatto della stanza dei
giochi, la sovrastò e quella volta non ebbe nessun
ripensamento prima di quell'azione, ormai sapeva che non fosse un
problema.
-Non
importa, Ana.- e a chi fregava in quel momento? Stava giusto per
entrare in lei, quando si ricordò che fosse il compleanno di
Jane e che volesse anche Ana e Josie lì.
-Oggi
è compleanno di Jane e ieri mi ha detto che voleva che tu e
Josie veniste.- si era fermato giusto in tempo, era davvero tardi e
non potevano aspettare certo loro.
-Perché
mi vuole?.-
-Le
hai sempre fatto simpatia, per dirti la verità.- rotolò
dall'altra parte del letto e ,ancora nudo, cercava i suoi boxer in
giro per la stanza.
-In
genere faccio paura ai bambini.- sorrise lei ed era vero, perché
la sua aria tenebrosa non rassicurava nessuno.
-Jane
è speciale.- sorrise stavolta lui, convinto di quanto dicesse.
Si
era sentita lusingata nel sapere che Jane la volesse lì, aveva
una strana energia in corpo e per tutto il tempo in cui si preparò
non fece altro che pensare a che cosa potesse regalarle. Le sembrava
una bambina davvero sveglia e quindi suppose che leggesse, e poi
pensò che in quella fascia d'età i bambini leggono
sempre fantasy e che forse Harry Potter sarebbe andato bene per lei;
per un attimo fu indecisa,voleva darle il suo libro di Alice nel
paese nelle meraviglie, era il suo preferito e sarebbe stata felice
di darglielo, solo che poi ricordò di quanto maschiaccio fosse
e che ,forse quella storia non facesse per lei, nonostante si
trattasse di una tematica interessante.
-Secondo
te le piacerà? Era davvero tardi, sarei uscita a prenderle
qualcos'altro se solo tu me l'avessi detto prima.- aveva del
rammarico, poteva comprarle qualcos'altro, le piaceva fare regali,
anche se non le capitava spesso per dei bambini.
-Devo
essere sincero, ha visto i film con me però non ha mai letto i
libri e sai anche tu che i libri sono sempre meglio.- posteggiò
il pick-up, Ana prese in braccio Josie e diede la busta con il regalo
a Christian .
-Sai
una cosa? Dovresti comprare una macchina.- sentenziò mentre
scendeva, o meglio saltava giù?
-Tutte
così dicono.- sorrise mentre l'aiutava a scendere.
-Tutte
chi?.- strinse in un pugno il colletto della t-shirt di Christian e
l'avvicino a se, anche Josie si era arrabbiata.
-Le
donne della mia famiglia, loro.-
-Christian,
se ti scopi qualcun'altra ed io vengo a saperlo ti taglio l'uccello,
hai capito?.- gli aveva ringhiato contro mollando il colletto per
poi proseguire verso il vialetto. Suonò il campanello e
rabbiosa attese che la raggiungesse.
-Mi
piaci quando fai la gelosa.- sussurrò al suo orecchio prima di
stamparle un bacio sul collo.
-Anastasia.-
gridò Jane una volta aperta la porta per poi abbracciarla,
così tanto forte da farle montare su il sorriso.
-Ciao,
piccolina, auguri.- le scompigliò i capelli e poi lasciò
a terra Josie che subito voleva che Jane giocasse con lei.
-Oddio,
Josie.- prese il guinzaglio dalle mani della sua ospite e portò
con se il cagnolino, non curandosi che ci fosse anche il suo zietto.
-E
quindi tu sei Anastasia, Jane parla sempre di te.- quella piccolina
le voleva tanto bene, e chissà perché poi, non la
conosceva nemmeno.
-Credo
che le piaccia più Josie che io.- era lì, seduta tra la
madre di Christian, sua sorella Mia e Kate, la madre di Jane; la
stavano interrogando e nonostante questo, doveva ammettere di stare
gestendo bene la situazione.
-Oh
no, mia cara! A lei piace l'idea che sia merito suo che tu e
Christian state insieme.- insieme, com'era strana quella parola.
-Insieme?.-
-Perché
non è così? Tu e mio fratello state davvero bene.-
quella ragazza la irritava, ne era sicura, non le piaceva quel tono
di voce alto e anche quel vestito verde acqua.
-Io
.. Noi, ci .. stiamo frequentando, si.- era strano pensare ad un noi,
era sempre stata abituata a pensare ad un io.
-E
magari quella testa calda si mette anche in riga, povera la mia
bambina.-
-Christian
è un bravo zio.- obiettò subito lei, era convinta di
quanto avesse appena detto.
-La
porta sempre al parco a giocare e mi racconta di quanto le piaccia
stare con lei, tanto che delle volte da buca a me.- ed era vero, era
già successo, ma quello non le importava era Jane.
-Ana,
ti stanno mettendo in imbarazzo?.- Christian le aveva guardate per
tutta la serata, in attesa di cogliere uno sguardo di Ana, ma
sembrava tutto tranquillo fino a quando non la viste accigliarsi.
-La
tua ragazza ti stava solo difendendo.- rispose Mia, quel solito tono
alto di voce che tanto odiava, eppure non parlava sempre così,
diamine!
-La
mia ragazza... -e la guardò, nonostante lei non fosse in grado
di reggere lo sguardo, ma che importava? L'aveva definita la sua
ragazza.
Saaalve
fanciulle,
eccomi
con questo capitolo, non tanto atteso, ma eccomi lo stesso
spero
che sia stato di vostro gradimento e che recensirete, così da
farmi sapere
che
cosa ne pensate.
Mi
scuso per il ritardo, ma sono stata impegnata tra allenamenti
e
europei di atletica leggera, non che abbia partecipato (magarii)
ho
guardato la nostra Italia in televisione.
Ho
sentito tre volte l'inno di Mameli e mi sono emozionata, niente di
che.
Al
prossimo capitolooo.
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