Le Cronache dei Caraibi

di Nadie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***



Capitolo 1
*** I ***


 Le Cronache dei Caraibi

I
 

C’è un audace marinaio che attendo dentro al cuore,
non so niente di quell’uomo ma ho bisogno del suo amore.
 
Sentiva un terribile sapore metallico in bocca e la testa gli faceva dannatamente male, il suo corpo ondeggiava nel buio e un’irresistibile voce femminile gli riempiva le orecchie.
 
C’è un audace marinaio che attendo dentro al cuore,
non conosco il suo nome ma ho bisogno del suo amore.
 
Aprì piano gli occhi e una forte luce proveniente da un faro lo accecò.
Si alzò facendo leva sui gomiti e scoprì di trovarsi su una barchetta persa tra acque scure.
 
Voi fanciulle innamorate, venite tutte qua!
L’allegro audace marinaio un giorno arriverà.
 
Qualcosa o qualcuno si avvicinò alla sua barchetta.
Si strofinò gli occhi intontito e mise a fuoco ciò che gli stava attorno.
Splendide fanciulle intorno alla sua barchetta.
Occhi luminosi e ipnotici lo scrutavano in modo così invadente da farlo sentire nudo.
Una delle fanciulle alla sua sinistra si protese verso di lui e ricominciò il suo canto.
 
Solo lui può consolare questo cuore spezzato a metà,
il mio audace marinaio prima o poi arriverà.
 
Non riuscì, non riuscì assolutamente a frenarsi mentre avvicinava il suo volto a quello della fanciulla, il suo odore un po’ salmastro gli dava alla testa.
Lei allungò le mani bagnate sulle sue spalle e, a poco a poco, lo trascinò giù, giù verso l’acqua scura.
 
C’è un audace marinaio che attendo dentro al cuore,
non conosco il suo nome ma ho bisogno del suo amore.
 
 
Fece giusto in tempo a riaprire gli occhi per vedere, da sotto l’acqua scura, lo splendido volto della fanciulla che si tramutava in qualcosa di terribile e disgustoso.
Si divincolò con fatica dalle mani dell’incantevole mostro che premevano ancora sulle sue spalle e balzò celermente in piedi.
Che succede? Dove mi trovo? Cosa mi è accaduto? Cosa sono queste creature?
Un turbinio confuso di domande gli vorticava nella testa.
Poi una terribile certezza andò espandendosi nella sua mente confusa: questo posto non è Narnia.
Non è Narnia.
Non sono più a Narnia.
Non fece in tempo a credere ai suoi stessi pensieri che uno degli incantevoli mostri strisciò sulla sua barchetta.
Non aveva gambe ma una bellissima, grossa e lunga coda splendente.
Sirene.
Erano tutte sirene.
E non sembravano affatto amichevoli come quelle che aveva avuto modo di vedere e conoscere a Narnia.
Una sirena dai capelli biondi stava per scaraventarlo giù dalla sua barchetta, lui sguainò la sua spada dal fodero e la trafisse, ed ecco che un’altra sirena si aggrappava alla sua caviglia e lo trascinava giù.
Sirene, sirene.
Continuavano ad arrivare, continuavano a risalire dagli abissi su, su fino alla sua barchetta.
Si guardò attorno scoraggiato: non sarebbe mai riuscito a fronteggiarle tutte quante.
Ma ad un tratto qualcosa, da sotto l’acqua scura, esplose.
L’acqua esplodeva e le sirene balzavano in aria e ricadevano giù, con violenza.
Piovevano sirene sulla sua barchetta.
Le loro code maestose volavano alte e poi ripiombavano in acqua.
La loro pelle luminosa incontrava la luna e poi tornava a bagnarsi.
Sentì pressione e vento alle sue spalle, si voltò e vide un’enorme nave scura avanzare tra le acque buie.
La nave fece fuoco e la sua barchetta si ribaltò, lui finì tra le sirene, code, c’erano milioni di code attorno a lui.
Nuotò, provò a tornare a galla, a raggiungere la luce, usò tutta la forza che aveva nelle braccia per allontanarsi dalle sirene.
Nuotava, nuotava, nuotava, c’era quasi, era ad un soffio dal riemergere, ma delle braccia sottili gli cinsero la vita e lo trascinarono via.
Lottò in fondo alle acque scure, tentò di divincolarsi da quelle braccia che sembravano troppo belle e delicate per poterlo uccidere, ma qualcosa, dentro lui, smise di funzionare.
Erano forse i polmoni?
Non ne aveva idea, non sapeva nemmeno dove si trovassero, i polmoni.
L’interiorità del suo corpo gli era piuttosto sconosciuta.
Ma c’era un grosso macigno dentro di lui che gli toglieva la forza.
Polmoni, decise.
Erano i polmoni.
Perché lui stava annegando, e annegava, e tutti dicevano che quando una persona annega l’acqua gli entra nei polmoni e gli toglie il respiro, e allora la persona muore, in silenzio.
E proprio mentre pensava a come sarebbe stato morire, le braccia sconosciute allentarono la morsa attorno alla sua vita e lo spinsero in alto, lo fecero riemergere.
Aprì la bocca e rubò tutta l’aria che poté, la ridiede ai suoi polmoni bagnati.
Si guardò intorno, era vicino alla riva, vide degli scogli e uomini con grosse reti e spade che lottavano contro le sirene.
Lui scappò via dall’acqua, salì su uno scoglio piuttosto basso situato proprio sotto al faro, e qualcuno, dietro di lui, lo aiutò.
Si voltò, voleva vedere chi lo aveva portato fin là.
Una bellissima sirena, forse la più bella tra le sirene, lo osservava con i suoi grandi occhi verdi.
«Tu… tu mi hai… perché mi hai…» la sirena accennò un sorriso, poi alzò gli occhi e sembrò spaventarsi.
«Attento!» indicò qualcosa, lui si voltò e vide il faro prendere fuoco e cadere a pezzi.
Si tuffò in fretta in acqua e la sirena lo trascinò su un altro scoglio.
Vide un uomo riemergere dall’acqua e tornare stancamente a riva, aveva capelli lunghi e scuri dai quali pendevano strani fronzoli e quella che, da lontano, sembrava essere una moneta, portava un cappello a tricorno e camminava in modo strano.
«Avete visto bene tutti? Perché col cavolo che lo faccio un’altra volta!» urlò l’uomo, qualcuno ridacchiò.
«Devo andare.» disse la sirena, poi si voltò e fece per immergersi ma una grossa rete la imprigionò, lei tentò di liberarsi ma fu inutile.
«Ne abbiamo presa una! Ne abbiamo presa una!»
Gli uomini si avvicinarono per vedere la scena, lui non sapeva cosa fare o cosa dire.
«Ben fatto, ciurma.» a parlare fu un uomo con una folta barba e un aspetto minaccioso.
Decise di seguire l’istinto e si fece avanti.
«Aspettate! Lasciatela andare, non ha fatto nulla.» l’uomo voltò il capo e, appena il suo sguardo incrociò quello del ragazzo che aveva parlato, boccheggiò.
«E lui da dove salta fuori?» molti lo indicarono con fare poco amichevole.
Poi qualcuno si schiarì la voce.
Era l’uomo con il cappello a tricorno e la camminata strana, si avvicinò e si schiarì nuovamente la voce.
«Figliolo, sono il capitan Jack Sparrow, comprendi?» l’uomo lo guardò speranzoso, lui incurvò le sopracciglia confuso.
«Il tuo volto mi sembra familiare… ti ho minacciato altre volte?»
«Ne dubito, non sono di qua.»
«E allora da dove vieni, straniero, e qual è il tuo nome?»
Abbassò lo sguardo, poi prese un profondo respiro e raddrizzò la schiena.
«Sono Caspian X, Re di Narnia.»
 
 
 
 
 
 

Hola!
E dopo una breve(forse troppo breve) pausa da efp, ritorno ad inquinare un nuovissimo fandom con questo crossover folle.
Ma la domanda è: perché questo crossover folle?
Ebbene è da molto, troppo tempo che shippo Astrid Bergès-Frisbey e Ben Barnes(rispettivamente Syrena e Caspian X) e durante questi giorni di caldo, noia e sconforto è nata questa idea di crossoverare(?) queste due saghe.
Che dire? Sono parecchio devota alla saga dei Pirati dei Caraibi e per questo vi prego, se doveste accorgervi che comincio a scrivere boiate, tiratemi in testa una bottiglia di rum e fermatemi!
Spero comunque di riuscire a scrivere qualcosina di buono,
un grazie già da adesso a chi seguirà questa follia,
a presto,
C.

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Capitolo 2
*** II ***


II


La stanza della nave in cui era stato portato puzzava di alcol e di marcio.
Caspian sedeva ad un vecchio e rotondo tavolo di legno, attorno a lui più di una decina di quelli che, ormai lo aveva capito, erano pirati.
«E così tu saresti un re?» gli chiese un uomo robusto e con il volto sfregiato.
«Esattamente.» risate di scherno gli balzarono addosso.
«Ascolta, figliolo…» Jack Sparrow, seduto accanto a lui, gli mise un braccio attorno alle spalle, in modo amichevole.
«Io, e molti altri come me, tendo sempre a vedere le cose attraverso un buon bicchiere di rum…Oh, be’ questa è una bottiglia…» alzò la mano sinistra che stringeva una bottiglia di vetro dall’aspetto poco invitante.
«Ad ogni modo, mi rendo conto che, a volte… molte volte… il più delle volte… tutte le volte, il troppo rum può, ecco, confonderci le idee. E credo che sia proprio ciò che è accaduto a te: hai alzato un po’ troppo il gomito e adesso credi di essere re di… come hai detto che si chiama? Normia?»
«Narnia. Si chiama Narnia, è una terra magica che sono parecchio convinto non faccia parte di questo mondo.» Jack Sparrow ridacchiò.
«Certo, certo, hai proprio ragione!» gli tirò una gomitata e fece l’occhiolino agli altri pirati, che risero di gusto.
«Ascolti, signor Jack Sparrow…»
«Capitan Jack Sparrow! Capitano! Non te lo dimenticare, figliolo, ci tengo.»
«Capitan Jack Sparrow, ebbene non sono né ubriaco né mentalmente instabile, dico il vero: sono re di un’altra terra e non chiedo altro che farvi ritorno!»
Molti sbuffarono, forse stanchi di quella che a loro pareva un’idiozia bella e buona, Jack si grattò il pizzetto pensieroso.
«Ipotizziamo che ciò che dici sia la verità: in tal caso tu dici, visto ciò che hai detto, che hai detto di essere re di un’altra terra che dici si chiama Narnia e quindi dici di essere straniero e dici, perché lo hai detto, di essere un reale. Inoltre hai anche detto che questa Narnia è lontana da qui, hai detto che non fa parte di questo mondo, allora io dico: se ciò che dici è vero, come sei arrivato fin qua?»
Caspian corrugò la fronte: sembrava confuso ed esasperato.
Si passò una mano tra i folti capelli scuri e si concentrò sulla domanda.
Come sei arrivato fin qua?
Ora che ci pensava, non si era ancora posto quel quesito.
Come era potuto accadere?
Si tuffò tra i suoi ultimi ricordi in cerca di una risposta, ma non la trovò.
Era a Narnia, sopra il suo veliero, davanti a lui l’Isola delle Tenebre, dentro di lui una grande paura e una sensazione sconosciuta.
Lottava, lottava contro qualcosa, ma non aveva idea, non ricordava assolutamente chi o che cosa fosse.
E poi buio.
Occhi chiusi.
E quando li aveva riaperti era già lontano, troppo lontano da casa sua.
Guardò intensamente negli occhi Jack Sparrow.
«Non lo so.»
«Non lo sai?»
Caspian batté le mani sul tavolo e si alzò in piedi.
«No! Ed è proprio questo il punto: come diavolo ci sono arrivato qui, in mezzo a voi ubriaconi! Senza offesa.»
«È un complimento, figliolo.» Jack gli fece l’occhiolino.
«Non riesco a… ricordare… deve essermi successo qualcosa, qualcuno deve avermi fatto qualcosa! Un incantesimo, una maledizione, non lo so, ma qualcosa deve essermi successo!»
La porta si spalancò brutalmente e l’uomo dall’aspetto minaccioso e la folta barba che, molto probabilmente, era il capitano - quello vero - entrò ed osservò e squadrò con disprezzo la sua ciurma e Jack Sparrow.
«Perché, mi chiedo, perché la mia ciurma sta tranquillamente tracannando rum e oziando quando a bordo c’è parecchio da fare? Escogitate un altro ammutinamento? Ci tenete a fare la fine del cuoco?» tutti i pirati si alzarono, visibilmente impauriti.
Invece Jack andò dritto dal Capitano, sempre con la sua camminata ondeggiante.
«Capitan Barbanera, stavamo cercando di capire come questo giovanotto» indicò Caspian «sia giunto fin qui nonostante dica di essere re di una terra assai lontana. Che abbia bevuto troppo rum? Asserisce di non essere un ubriacone e di essere mentalmente stabile, e in effetti mi sembra piuttosto sobrio. Non riesco a venirne a capo.»
Barbanera scansò Jack con una forte spinta e si trascinò dinnanzi a Caspian.
Lo studiò con intensità, lo annusò, esaminò i vestiti che indossava, la pelle piuttosto pulita, e le ferite fresche.
Caspian restò immobile ma il suo sguardo rivelava fastidio ed una certa diffidenza nei confronti di quell’uomo che lo studiava così sfacciatamente.
E ricordò che, prima di essere portato sulla nave dove ora si trovava, aveva visto quell’uomo, quel Barbanera e altri tre uomini che portavano la sirena con gli occhi verdi da qualche parte, lei si dimenava, intrappolata nella rete e loro la trascinavano via rudemente.
«A Sua Altezza dispiace ripetere il suo nome?» chiese Barbanera, in tono palesemente canzonatorio.
«Dove avete portato la sirena?»
«Come prego?»
«Vi ho visti, voi e tre dei vostri uomini: cosa cercate da lei?»
«Nel tuo mondo non ti hanno insegnato che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda?»
«Nel mio mondo creature come le sirene non ricevono un simile trattamento!» soffiò ostile in faccia a Barbanera.
«Ti hanno mai detto che fanno le sirene? Non aspettano altro che qualche sciocco umano come te ceda al loro fascino, e poi lo portano giù negli abissi per cibarsi della sua carne!»
Caspian ripensò alla stretta decisa di quelle braccia sottili attorno alla sua vita, ricordò la sensazione di quelle mani sconosciute che lo spingevano a galla, e ricordò un paio di occhi verdi e spaventati che lo mettevano in guardia da quel faro che stava per cadergli addosso.
No, quella sirena con gli occhi verdi non avrebbe mai potuto fare ciò che quell’uomo gli stava dicendo.
«Non mi sembra lei abbia tentato di uccidere nessuno, anzi! Lasciatela andare!» Barbanera rise di gusto.
«Sparrow!»
Jack si avvicinò titubante ai due uomini.
«Sì, Capitano?»
«Come ha detto di chiamarsi, lo straniero?»
Jack spostò lo sguardo su Caspian, che sembrava furioso e non staccava gli occhi dal suo rivale.
«Capitan Barbanera, forse non dovremmo usare questi toni con il ragazzo, mi sembra già piuttosto confuso e, insomma, è appena stato cacciato via dal suo magico mondo, forse potremmo…»
«Favorite il nome!»
«Caspian. Credo sia Caspian il suo nome.» sussurrò, sentendosi inspiegabilmente in colpa.
«Molto bene. Caspian, dovete sapere che questi oziosi topi di fogna che ho per ciurma hanno recentemente tentato un ammutinamento, e mi sono trovato costretto a prendere a cannonate il nostro cuoco che era di guardia, perciò ci farà molto comodo avere un altro paio di braccia a bordo.»
Barbanera si voltò e, dopo aver incitato i pirati a tornare al lavoro, fece per uscire dalla stanza.
«Lasciate andare la sirena!»
«Ho altri piani per lei.»
«Lasciatela andare vi ho detto: questo è un ordine!»
 Barbanera rise, rise forte poi si girò e rivolse lo sguardo verso Caspian.
«Qui siete piuttosto lontano dalla vostra terra, sire, e la vostra autorità vale meno di niente. Qui gli ordini li do io e voi li eseguite, senza fiatare. Benvenuto a bordo della Queen Anne’s Revenge, spero vi piaccia, credo proprio che il vostro soggiorno durerà a lungo.»
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** III ***


 III


La lercia spazzola che impugnava non faceva di certo risplendere il lurido pavimento della cambusa.
Caspian non represse una smorfia di disgusto e continuò a strofinare quella dannata mattonella che proprio non voleva saperne di ritornare bianca.
«Hey, mozzo, datti una mossa! E spostati che sei d’intralcio!»
Quello che doveva essere il cuoco - il nuovo cuoco - gli passò davanti, quasi calpestandogli una mano, e fece scivolare a terra un po’ della zuppa che portava nel piatto.
«Mozzo…» ripeté Caspian a denti stretti, e riprese a strofinare inutilmente il pavimento.
Sul suo veliero, il Veliero dell’Alba, nessuno, neanche il più vile prigioniero avrebbe mai ricevuto un trattamento simile.
Ed ora lui, il giovane Re di Narnia che aveva guidato eserciti, combattuto guerre, sconfitto nemici e regnato sopra un mondo intero, si ritrovava per terra, in ginocchio, a pulire lo sporchissimo pavimento della cambusa di una nave pirata.
E doveva anche ingoiare a testa bassa gli insulti e il poco rispetto della peggiore delle ciurme.
«Hey, ragazzo!»
Caspian alzò il capo e vide Jack Sparrow, appoggiato ad una parete, che lo guardava felice.
«Sparisci, Jack!»
Caspian si voltò, dandogli le spalle e il capitan Sparrow si avvicinò.
«Mi spiace che ti abbiano messo a pulire le cucine, ma guarda il lato positivo: sei vivo!» gli batté una mano sulla spalla.
«Già, questa è una grossa consolazione, Jack, davvero grazie, grazie mille per avermelo detto, ed ora… hey! La vedi questa cosa invisibile che stai calpestando?» Jack abbassò lo sguardo sul pavimento sporco «È la mia dignità!»
«Be’, se io fossi al tuo posto sentirei di aver preso anche un po’ di virilità. Tanta, tantissima virilità.» Caspian alzò gli occhi su Jack Sparrow, assottigliando le palpebre.
«Va’ al diavolo, Jack!» e riprese a strofinare il pavimento.
Jack, da parte sua, tornò ad appoggiarsi ad una parete ed osservò divertito le spalle larghe di Caspian e le sue braccia forti che si davano da fare per far splendere quel pavimento che mai, neanche in cento o mille anni di pulizia, sarebbe tornato pulito.
Non sapeva bene perché, ma l’arrivo di quel ragazzo lo aveva reso molto contento.
Gli ricordava parecchio Will, Will Turner: anche lui pronto a fare qualunque cosa per salvare una bella fanciulla.
Un po’ gli mancava Will, gli mancava litigare o combattere con lui, gli mancava doverlo aiutare per salvare la sua bella da qualche pericolo mortale.
Ogni tanto si chiedeva cosa Will stesse facendo, se tutto procedeva bene a bordo del suo Olandese Volante, se era felice, se le cose andavano per il verso giusto con Elizabeth, se anche lui, ogni tanto, lo pensava.
Doveva proprio ammetterlo: William Turner gli mancava più di quanto avesse mai immaginato.
E quel Caspian, quel re di una terra lontana, che ora era lì in ginocchio a pulire e pulire quel pavimento lercio, glielo ricordava molto.
«Figliolo, io ho provato a difenderti, ma a Barbanera non piaci e questo è un problema tuo e del tuo pessimo carattere, se me lo concedi.»
Caspian batté rumorosamente la spazzola sporca sul pavimento.
«No, Jack, non te lo concedo. Ed ora, dal momento che la tua persona mi infastidisce in modo viscerale, sarei davvero lieto se tu te ne andassi o, come minimo, tenessi quella tua boccaccia sigillata. Mille grazie.»
«Brontoli come una vecchia zitella, ragazzo, lascia che te lo dica.»
Caspian sbuffò spazientito e strofinò con più vigore.
«Vuoi proprio che me ne vada?»
«Ne sarei immensamente felice.»
Jack sogghignò e fece per andarsene.
«Peccato, ero venuto a darti qualche informazione sulla tua bella donzella con la coda, ma le terrò per me.»
Si voltò, ma Caspian mollò la spazzola, scattò in piedi e lo prese per un braccio.
«Che cosa? Sai.. tu sai qualcosa?»
Jack lo osservò attentamente: l’espressione sul suo volto sembrava sinceramente preoccupata e il tono della sua voce, da infastidito, era completamente cambiato.
«Sei pronto a scusarti?» gli chiese Jack e Caspian mollò la presa sul suo braccio e incurvò le sopracciglia, visibilmente contrariato.
«Assolutamente no!»
«Allora ti scordi il mio aiuto.»
«Aspetta, aspetta!» Caspian inspirò ad occhi chiusi «Mi. Dispiace. Davvero. Molto. Di. Essere. Stato. Scontroso. E. Scorbutico. Con. Te… negli ultimi dieci minuti… Scusa.» disse, a denti stretti.
Jack sorrise.
«Ed ho ragione a dire che hai un pessimo carattere, vero?»
Caspian fissò intensamente il pirata, consapevole che, se voleva quelle informazioni sulla sirena con gli occhi verdi, doveva ingoiare il rospo. Per l’ennesima volta da quando era salito a bordo.
«Ho un carattere così orribile che mi meraviglio del fatto che la gente che mi sta attorno non mi abbia ancora tirato il collo.»
«Figliolo, mi sarei accontentato di un semplice ‘sì’, ma ti sei davvero superato!»
Caspian alzò gli occhi al cielo, poi Jack gli fece segno di seguirlo.
Camminarono al buio in un corridoio angusto, faceva piuttosto caldo e gli unici rumori udibili erano quelli dei loro respiri e delle voci di qualche pirata in lontananza.
Scesero parecchie scale, Caspian pensò che, scendendo più in giù, sarebbero arrivati fino alla chiglia della nave e si chiese dove diavolo Jack lo stesse portando.
Poi il capitan Sparrow svoltò a destra, scesero ancora qualche gradino e si fermarono.
C’erano celle luride e bagnate con dentro prigionieri non troppo in forma.
Volti sfregiati, pelle sporca, gemiti e lamenti, occhi impauriti ed occhi arrabbiati lo studiavano da dietro le sbarre.
Jack proseguì ancora qualche metro e poi si fermò, indicando la cella davanti a lui.
Caspian lo raggiunse con pochi passi, guardò davanti a sé e vide la sirena con gli occhi verdi dentro una lunga teca di vetro colma d’acqua.
Aveva gli occhi chiusi e non sembrava essersi accorta della loro presenza.
Caspian provò a forzare le sbarre.
«Le chiavi! Mi servono le chiavi!»
«Se mi dai il tempo di acchiappare quel dannatissimo cagnaccio, Mister Simpatia…»
Jack fischiettò e raccolse da terra un grosso osso morsicato.
«Cagnolino? Vieni da papà… cagnolino?» ad un tratto comparve un cane con il pelo grigio e l’aria un po’ anziana, che stringeva tra i denti un mazzo di chiavi.
«Bel cagnolino, vieni qui…» il cane gli si avvicinò e lui afferrò le chiavi, ma il rivale a quattro zampe non mollò la presa.
«Non te ne fai proprio niente di un mazzo di chiavi, sgancia!» il cane ringhiò e gli saltò addosso, buttandolo a terra.
Caspian sospirò esasperato, si piegò e sollevò il cane per poi rimetterlo a terra, lontano da Jack.
Si inginocchiò e tese la mano sotto al suo muso.
«Te le ridarò subito, promesso.»
Jack si rialzò in piedi e rise chiassosamente.
«Come se potesse funzionare, ragazzo!»
Il cane lasciò cadere le chiavi sul palmo di Caspian e gli leccò la mano, lui abbandonò una carezza gentile sul suo capo e si rialzò, incrociando lo sguardo stupito di Jack.
«Ma come diavolo… ?!»
«Devi sapere, caro Jack» disse mentre forzava la serratura arrugginita «che circa la metà del mio popolo è composta da animali parlanti. E loro non pensano affatto che io abbia un pessimo carattere, anzi!» riuscì ad aprire ed entrò velocemente dentro.
Jack si mise seduto a terra, vicino al cane.
«Guardalo! L’ho portato fin qui, dalla sua bella sirenetta, e non mi ringrazia neanche!» indicò Caspian, che si era inginocchiato accanto alla teca.
«Nemmeno Will mi ringraziava mai… nessuno mi ha mai ringraziato, eppure ho fatto un sacco di favori ad un sacco di persone.» guardò il cane, che si sdraiò a terra, e sbuffò.
«Certo che al mondo c’è tanta gente ingrata. Davvero tanta. Troppa!»
Caspian mise una mano sott'acqua, posò le sue dita affusolate attorno alla spalla della sirena e la scosse piano.
Lei scattò subito a sedere, spaventata, e lo bagnò un po’.
«Hey, hey tranquilla, sono io, non ti faccio niente.» lei lo guardò con i suoi occhi verdi, sbattendo le palpebre e poi lo spinse, facendogli perdere l’equilibrio.
«Non avrei mai dovuto salvarti la vita! Guarda cosa mi hanno fatto!»
«Hai fatto tutto da sola, non ti ho di certo chiesto io di salvarmi!»
«Oh, ma guarda: sei anche uno schifosissimo ingrato!»
Jack, dal canto suo, sorrise e annuì.
«Lo vedi? Lei sì che mi capisce!» disse, sempre rivolto al cane a fianco a lui, che non sembrava dargli molto ascolto.
Caspian batté una mano sul vetro della teca, visibilmente arrabbiato e la sirena agitò la coda, bagnandolo completamente.
«Ero venuto fin qui solo per aiutarti, e guarda che bel ringraziamento!» si passò una mano tra i capelli bagnati, infastidito dalla brusca reazione di quella dannata sirena.
«Per aiutarmi? Hai fatto poco e niente quando mi hanno catturata ed ora vieni qui per aiutarmi? Stupido umano!»
«Io non conosco questi ubriaconi!» Caspian indicò Jack «Non li ho mai visti prima e non conoscevo le loro intenzioni! Non penserai che io ti abbia voluta catturare? Guardami negli occhi.» le posò una mano sulla guancia e avvicinò il viso al suo «Pensi che avrei mai potuto fare una cosa simile?»
La sirena ansimò e voltò il capo, fissando i suoi occhi verdi su un punto imprecisato nel vuoto.
Caspian chiuse gli occhi, senza allontanarsi o togliere la mano dalla sua guancia.
«Volevo… volevo solo aiutarti, lo giuro.»
Si rialzò in piedi e fece per andarsene, un’espressione inquieta sul volto.
«Aspetta! Davvero mi aiuterai?»
Caspian si voltò e la guardò: gli occhi verdi, le labbra carnose, i lunghi capelli castani che le ricadevano sul seno nudo, la pelle chiara.
Chi mai avrebbe potuto far del male ad una creatura simile?
«Farò tutto ciò che posso per farti uscire da qui.»
«Dovrai aspettare che toccheremo terra.» intervenne Jack, che si era rialzato in piedi ed avvicinato al ragazzo.
«Ora sarebbe impossibile aiutarla, se tentassi di farla fuggire qui a bordo, sicuramente verresti scoperto: una coda del genere non passa di certo inosservata… luccica addirittura.»
«Cosa dovrei fare?»
«Barbanera non può proseguire il suo viaggio in mare, presto si sposterà a terra e lì sarà di gran lunga più facile farla scappare!»
«Ci aiuterai, Jack?»
Il pirata lo guardò, poi sorrise ed annuì.
Caspian si voltò nuovamente verso la sirena.
«Ti prometto che ti tireremo fuori da qui, d’accordo?»
Lei annuì.
«Grazie.» gli disse, prima che lui uscisse e richiudesse la porta della sua cella.
Caspian ridiede le chiavi al cane e, insieme a Jack, tornò velocemente nelle cucine dove, fortunatamente, il cuoco non sembrava aver ancora fatto ritorno.
«Devo proprio ammetterlo, Jack: sei stato di grande aiuto!»
«Ma figurati!»
«Perché lo hai fatto?»
Jack lo guardò perplesso.
«Fatto cosa?»
«Aiutarmi.»
«Be’, tempo fa avevo un amico che ti somigliava un sacco e che faceva sempre di tutto per salvare la ragazza di cui era follemente invaghito da pericoli mortali. L’ho aiutato tante volte, così ho deciso di fare lo stesso con te.»
Caspian scosse la testa, poi si inginocchiò, raccolse la spazzola e tornò a strofinare sul pavimento sporco.
«Grazie, ma comunque io non sono ‘follemente invaghito’ di quella sirena.»
«Oh, certo che no! Quello sguardo languido, ‘farò tutto ciò che posso per farti uscire da qui gnegnegne’» Jack lo scimmiottò.
«Fai così con tutte, immagino.»
«Ascolta, mi ha salvato la vita ed è stata imprigionata per colpa mia, ecco perché voglio aiutarla: le devo un favore.»
«Ma certo… sapessi quanti favori che ho fatto io alle donne, in passato!»
«Sei davvero viscido, Jack.»
Sparrow si grattò il pizzetto senza staccare gli occhi dalla figura di Caspian, china a pulire il lerciume da terra.
«C’è forse un’altra donzella?»
«Può darsi.»
«Potrei sapere il suo nome?»
«Susan. Si chiama Susan.»
«E questa Susan è più bella della sirenetta?»
Caspian batté rumorosamente a terra la spazzola e sospirò spazientito.
«Lo vedi che sei solo un ubriacone, pirata superficiale?! Ti soffermi solo sull’aspetto fisico!»
«Perché invece tu in una donna, umana o metà pesce che sia, guardi subito le virtù interiori, immagino…»
«Di primo acchito ovviamente guardo l’aspetto fisico, ma poi, io, vado oltre!»
«Lui va oltre…» ripeté Jack, con l’evidente intento di prendersi gioco di lui.
«Ascolta, Jack, dovevi fermarti al ‘ma figurati!’ iniziale e poi sparire, ora hai parlato davvero troppo!»
Sparrow alzò le mani, in segno resa.
«Bene, d’accordo, me ne vado, ma prima…»
Si tolse i capelli dal viso e si chinò, abbandonando sul pavimento uno sputo.
Caspian lo fissò incredulo e gli lanciò addosso la spazzola, mancandolo di poco.
«Questo è perché hai davvero un pessimo carattere!»
E Capitan Jack Sparrow tolse il disturbo.

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Capitolo 4
*** IV ***


IV


I giorni trascorsi sulla Queen Anne’s Revenge furono umilianti più di quanto Caspian avesse mai potuto immaginare.
Dopo essere stato costretto a pulire la cambusa e a sopportare gli insulti del nuovo cuoco, gli venne ordinato di lucidare a fondo, insieme ad altri mozzi, il ponte della nave, tanto da farlo risplendere.
Un’impresa impossibile, naturalmente, ma Caspian aveva capito che a Barbanera poco importava che la sua nave fosse pulita, tutto ciò che desiderava era vedere il re di Narnia deriso e umiliato.
Una secchiata d’acqua lo svegliò in piena notte, venne letteralmente scaraventato sul ponte e, dopo avergli affidato una spazzola lercia e un secchio d’acqua e sapone, degli strani uomini indistruttibili si dileguarono, lasciandolo solo con altri pirati che non osavano nemmeno alzare il capo.
«Quelli sono zombie.» bisbigliò il pirata di fronte a lui, un uomo sui quaranta che odorava di marcio.
«Zombie?»
«Sì, giovanotto! Tutti gli ufficiali sono zombie! Uomini zombieficati da Barbanera appositamente per spaventarci e controllarci, è un metodo per risparmiare, sai, non sono mica come noi! Sono forti il doppio e non si lamentano mai!»
«Beati loro.» farfugliò in risposta.
Caspian strofinò a lungo, quella notte, si fece venire i crampi alle mani, ma non vide risplendere neanche un millimetro di quel pavimento sporco e rovinato dal tempo, muoveva la spazzola in verticale e ripeteva quel gesto meccanico almeno una decina di volte, e intanto pensava a cosa potesse essere accaduto ai suoi uomini, ad Edmund, Lucy e Eustace, alla piccola Gael e suo padre, pensò a cosa era andato storto, cosa lo aveva fatto finire in quel postaccio pieno di pirati ubriaconi, ma sembrava non esistere una spiegazione plausibile.
E pensò alla sua Narnia che si era persa il suo re.
Passarono i minuti, sentiva il tempo che scorreva veloce, lo raggiungeva e poi lo superava di corsa, dovevano essere passate più di quattro ore quando, sfinito, crollò a terra e sognò il buio.
Sognò il buio e il suo mantello scuro che pendeva sulla sua testa e sulla testa dei suoi uomini e sull’albero maestro del suo veliero, ma il suo veliero ne aveva viste di cotte e di crude, aveva resistito alla forza del vento e dell’acqua, aveva addirittura affrontato un enorme e spaventoso serpente marino… cosa poteva fargli il buio?
Eppure il buio lasciò cadere il suo mantello e il veliero sparì insieme a tutta la gente a bordo.
Una luce filtrò da un angolo remoto della sua mente e si fece strada sgomitando tra i suoi sogni agitati, Caspian aprì improvvisamente gli occhi e si trovò davanti Jack Sparrow che stringeva tra le mani un secchio vuoto.
«Buongiorno!»
Caspian lo ignorò e restò sdraiato, con gli occhi chiusi, il pirata lo osservò sogghignando divertito.
Il giovane re di quella terra lontana di cui, francamente, non ricordava il nome, era conciato davvero male: i suoi vestiti erano ridotti ad un ammasso di stracci umidi, sporchi e scuciti, due grosse occhiaie si erano fatte spazio sotto ai suoi occhi scuri e sembravano stare comode e non volersene andare più via, e un’espressione accigliata abitava il suo volto già da qualche giorno.
«È così che si usa pulire nel tuo mondo? Dormendo tutto il tempo?»
Il giovane cacciò fuori un sospiro di fastidio.
«Vattene via.»
«Vorrei proprio, ma prima mi trovo costretto a doverti far sapere una cosa…»
«Si tratta della sirena?»
«No.»
«Hai trovato cibo commestibile a bordo?»
«No.»
«Sai come farmi tornare a casa?»
«No! Si tratta di me!»
«Allora non mi interessa.» soffiò Caspian e si alzò in piedi, intorpidito e con la schiena dolorante a causa della posizione scomoda in cui si era addormentato.
«L’altro giorno hai detto che non posso farmi chiamare ‘capitano’ perché, dal momento che non ho una nave, non sono un capitano…» spiegò Jack, ma Caspian fece finta di non sentirlo e si chinò a raccogliere da terra spazzola e secchio usati per pulire.
«Ebbene, voglio mostrarti la mia nave, figliolo!» il giovane re lo guardò scettico e, con estrema calma, andò ad affacciarsi al lato di tribordo, ma non riuscì a scorgere alcuna nave, nemmeno in lontananza, tutto ciò che riuscì a vedere era l’infinita distesa del mare scuro attorno alla Queen Anne’s Revenge e una sottile nebbia che abitava l’aria da giorni e non sembrava volersene andare.
«Io non vedo nessuna nave, Jack.» replicò e il pirata gli si avvicinò.
«Certo, perché non è qui!»
«E allora potresti dirmi dove si trova, di grazia?»
«Ecco, è chiusa in una bottiglia che sta dentro l’armadio che si trova nella cabina del capitano.»
Caspian fissò Jack con un’espressione perplessa sul viso, e poi si lasciò sfuggire una risata sardonica.
«Una nave chiusa in una bottiglia, ma certo!»
«Ehi! Quando tu ti sei presentato come Caspian X Re di Normia, io ti ho creduto, ragazzo, potresti ricambiare il favore, che ne dici?» sibilò Jack e Caspian sospirò esasperato.
«Molto bene, ipotizziamo che io ci creda: come facciamo ad entrare nella cabina del capitano se Barbanera non si allontana mai e non abbiamo neanche le chiavi?» il pirata lo guardò con uno strano luccichio negli occhi.
«Ed è qui che viene il bello: sono riuscito a… a prendere le chiavi, e Barbanera ora si trova nella Sala Nautica, se non fai troppe storie e ci sbrighiamo ce la possiamo fare, ragazzo.»
E nonostante i milioni di buoni motivi per non andare che Caspian elencò più e più volte a Jack, non ci fu modo di fermarlo e, dopo aver evitato almeno quattro zombie ed essere stati attenti ad essere discreti e non dare troppo nell’occhio, si ritrovarono sottocoperta, davanti alla cabina di Barbanera.
«Adesso mi dici dove le hai prese.» disse Caspian, indicando con l’indice il mazzo di chiavi che Jack aveva appena tirato fuori da uno stivale.
«Okay, se proprio ti interessa…» incominciò il pirata mentre infilava le chiavi nella serratura «La Prima Ufficiale della nave, non che la figlia di Barbanera, è una delle tante donne a cui ho fatto un po’ di favori in passato… se sai cosa intendo, figliolo.» ammiccò, tirandogli una gomitata amichevole.
«La figlia di Barbanera? La figlia di Barbanera?!»
«Almeno non ha una grossa coda e non si ciba di carne umana.»
«Già, in compenso ha un padre che prende a cannonate le persone.»
Jack sbuffò e, dopo aver girato di nuovo le chiavi nella serratura, si sentì un leggero pack e la porta si schiuse.
«Sai qual è il tuo problema, ragazzo? Dai troppa importanza ai dettagli.» sentenziò entrando nella cabina.
«E chiamalo dettaglio!» bisbigliò Caspian seguendo il pirata.
La cabina di Barbanera era un luogo cupo quanto l’anima di chi lo abitava: era completamente buio e disordinato, delle finestrelle sporche si affacciavano sul mare scuro, vicino alla parete sinistra c’era un tavolo di legno coperto da candele spente, cartine e da quelle che, al buio, sembravano buffe bamboline di pezza, ed un grosso armadio nero si trovava in fondo alla stanza, quasi nascosto.
Jack si avvicinò all’armadio e lo aprì con le chiavi, Caspian lo raggiunse e ciò che vide lo lasciò di stucco: disposte in modo ordinato su ogni ripiano dell’armadio, stavano delle navi in miniatura chiuse in bottiglie di vetro.
Jack allungò le braccia e prese in mano una delle bottiglie, Caspian osservò la nave all’interno: riusciva a vederne il lato di babordo nero come la pece e tre alberi e delle vele scure spiegate che ancora si muovevano agitate dal vento, e sul fondo della bottiglia una grossa onda che faceva oscillare la nave.
«La Perla Nera.» sussurrò Jack «Ben trentadue cannoni, la nave più veloce dei Caraibi, l’unica nave in grado di rivaleggiare contro il terribile Olandese Volante, e figliolo fidati quando ti dico che è molto meglio di una donna.»
«Come mai è finita qui, e come mai tutte queste navi sono chiuse in bottiglie?»
«Quando Barbanera incontra una nave sulla sua rotta, non chiedermi come, ma la cattura e la chiude in una bottiglia e poi la mette qui, in questo armadio, insieme alla altre. Sono dei trofei che lui colleziona. Sì, è un passatempo piuttosto discutibile, in effetti.» spiegò Jack, senza staccare gli occhi dalla sua Perla.
«Quindi tu hai combattuto contro di lui e lui ti ha preso la Perla?»
«No. Devi sapere che uno sporco, sporchissimo pirata di nome Barbossa mi prese la Perla, per la seconda volta perché già in passato mi si era ammutinato contro, e poi, naturalmente, incontrò Barbanera e guarda che bel risultato! La mia Perla ridotta ad una miniatura imbottigliata!» Jack sospirò e guardò la sua nave accigliato.
«Ma come si fa a farsi prendere una nave? Insomma… è una nave! Dovresti accorgertene se qualcuno cercasse di prenderla, no?»
«Ovviamente non ero a bordo quando è successo, mi ero concesso una pausa a Tortuga e quello sporco infame ha sfruttato l’occasione! Ma ormai non importa… me la riprenderò, ragazzo, vedrai.»
Jack lanciò un’ultima occhiata alla sua Perla e poi la rimise al suo posto, fece per chiudere l’armadio ma Caspian lo fermò perché una bottiglia sul ripiano in alto aveva catturato la sua attenzione, allungò il braccio e la prese in mano.
Dentro la bottiglia c’era una nave con la prua dorata a forma di testa di drago, un solo, grande albero con una grande vela color porpora e il lato di babordo verde e dorato, la nave sembrava ancora muoversi tra le onde intrappolate nella bottiglia.
«Che c’è?» domandò Jack, preoccupato per l’espressione incredula di Caspian.
Il giovane scosse la testa e poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi del pirata.
«Questo è il mio veliero!»
 
 
 
 
Chiedo venia per l'imperdonabile ritardo ma tra brevi vacanze, studio, vecchie storie che tornano a tormentarmi e tanta confusione, è servito più tempo del previsto per scrivere questo capitolo.
Mi rendo conto che, per il momento, il legame tra Casp e Syrena sia un po' debole e che le loro scene siano un po' pochine(qui non ce n'è manco mezza, per fare un esempio), ma per il momento direi che è importante concentrarci un po' su Casp e su come accidenti sia finito ai Caraibi, ma non temete, tra un po' anche i due sciuri avranno lo spazio che meritano!
E poi, scusate, ma ho una cotta per Capitan Sparrow da quando ero una marmocchia perciò ho dovuto concentrami un po' su di lui, ma credo non dispiaccia a nessunno... insomma, chi è che non ama Jack? Nessuno, appunto.
E adesso ringrazio Clairy e Joy che sono ormai abituate ai miei ritardi che durano intere ere geologiche ma che mi sopportano comunque non so nemmeno io come, e ringrazio tutti i lettori silenziosi!
Ed ora me ne vado, giuro,
C.

 
 
 

 
 
 

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Capitolo 5
*** V ***


V



Il suo grande, maestoso veliero era così piccolo, così piccolo ed intrappolato dentro una bottiglia.
Ma come poteva essere?
Com’era possibile?
Portò la bottiglia più vicino agli occhi perché non ci credeva, non poteva e non doveva credere che qualcosa di simile potesse essere accaduto.
«Il tuo veliero?» domandò Jack Sparrow, ma Caspian non riuscì a rispondergli, cercava di capire, mettere insieme i pezzi: lui piovuto in quel mondo senza sapere o ricordare come ed ora il suo veliero ben custodito dentro un armadio scuro.
Barbanera sapeva qualcosa, non poteva essere altrimenti, perché c’erano troppe coincidenze che non potevano assolutamente essere casuali.
Serrò le mani attorno alla bottiglia e scattò verso la porta.
«Dove stai andando, figliolo?»
«Da Barbanera!»
Le mani del pirata si strinsero agilmente attorno al braccio di Caspian e lo fermano appena prima che riuscisse a varcare la soglia ed uscire.
«Non credo di trovarmi d’accordo con questa tua missione suicida, giovanotto!»
«Infatti ci vado da solo, tu non sei incluso.»
«È ovvio che non sono incluso, figurati se vengo con te da Barbanera!»
«Allora sei pregato di lasciarmi andare, cuor di leone!»
Il giovane re si divincolò dalla stretta del pirata e marciò deciso fuori dalla cabina del capitano.
«Allora d’accordo! Fai come vuoi! Permettimi però di predirti ciò che accadrà: tu chiederai informazioni- informazioni che non otterrai mai - a Barbanera e userai i tuoi soliti modi garbatissimi, e lui prenderà la sua sputafuoco e mirerà alla tua testa vuota e a quel punto potrai proprio scordarti di ritornare nella tua bella Normia! Senza contare che poi mirerà anche alla mia, di testa, dato che ti ho portato io nella sua cabina… tu mi vuoi far uccidere!»
Caspian si arrestò all’improvviso e si voltò verso Jack, brandendo la bottiglia di vetro contenente il suo veliero.
«Tu invece vuoi che me ne stia zitto quando è evidente che quel sudicio, lurido pirata sa sicuramente perché sono qui e magari anche come farmi tornare indietro, corretto?»
«Se la metti così suona un pochino male, ecco prova in quest’altro modo: ‘tu vuoi che io non firmi la mia condanna a morte andando a spifferare a Barbanera che so della sua collezione di navi, anche perché non scoprirei un fico secco e ti farei anche uccidere, ed io non voglio che tu muoia, Jack, perché sei il miglior pirata di tutti i tempi!’ non è molto meglio?»
Caspian sbuffò e scosse la testa.
Posò di nuovo lo sguardo sul suo piccolo- ancora non ci credeva! - veliero e sentì che c’era di più sotto, che qualcosa di grande era accaduto, che lui non si trovava lì per caso ma, qualunque fosse il motivo della sua scomparsa da Narnia, non era stato Aslan e questo non era un buon segno.
«Tanto non risolverai un bel niente!»
«Tentar non nuoce.»
«Forse nella tua magica Normia, ma qui, tentar con Barbanera, nuoce eccome!»
Jack gli si avvicinò e gli batté goffamente tre colpetti su una spalla.
«Faremo così: ora mi dai la bottiglia con il veliero - un adorabile veliero, tra l’altro, adorabile! - e la rimetterò dov'era, poi andremo a fare una visitina alla sirenetta, magari lei riesce a calmare i tuoi bollenti spiriti, e proseguiremo con il nostro piano di liberarla e, dopo che tornerà a sguazzare libera, ci occuperemo di come rispedirti a Normia perché, credimi, non vedo l’ora che tu ci ritorni!»
Caspian allontanò bruscamente la mano del pirata dalla sua spalla.
«Jack, guarda che non sto scherzando!»
«Nemmeno io: sei insopportabile, giovanotto!»
E nonostante Caspian avesse voluto andare dritto da Barbanera e capire cosa diavolo gli fosse successo, capì che Jack aveva ragione: in quel modo non avrebbe ottenuto nessun risultato, se non quello di farsi uccidere.
Dopo aver riposto con cura maniacale la bottiglia al suo posto, il giovane re ed il pirata uscirono dalla cabina, richiudendola a chiave e si avviarono verso la cambusa, dove Jack cercò di rimediare del pesce per la sirena.
Ripose tutto ciò che trovò in un ampio fazzoletto e lo consegnò a Caspian, facendogli cenno di andare.
Il giovane nascose il fazzoletto sotto la camicia e si diresse verso le segrete.
La strada ormai la conosceva bene, sarebbe stato capace di arrivarci anche bendato, dopo gli ultimi gradini svoltò a destra e, come sempre, prigionieri malridotti, sporchi e maleodoranti puntarono i loro occhi su di lui.
Camminò dritto fino alla cella della sirena, tentando di ignorare quegli sguardi opprimenti che gli scivolavano addosso come a voler dire: ‘ma perché, perché non aiuti anche noi? Guarda come siam ridotti!’, scrollò le spalle e finse di scrollarsi di dosso anche le loro voci immaginarie che gli cadevano sopra, che lo investivano inevitabilmente.
Non è colpa mia, sto già rischiando grosso.
Ripeté mentalmente, per calmarsi.
Il cane con le chiavi sedava davanti alla cella della sirena, sembrava starlo aspettando.
Lasciò cadere le chiavi sulla mano tesa di Caspian e si guadagnò una carezza gentile.
La sirena, immersa fino alle spalle nell’acqua, ormai sporca, all’interno dell teca, studiava meticolosamente ogni centimetro della sua prigione, e i suoi occhi verdi correvano impazziti da un punto all’altro senza fermarsi, o forse riuscire a fermarsi.
Caspian forzò la serratura ed entrò, avvicinandosi cauto, lei non sembrava essersi affatto accorta della sua presenza, per questo, quando lui le posò delicato una mano sulla spalla, si spaventò molto.
«Calma, calma… va tutto bene, sono io.  Cibo?» le chiese, mostrandole il fazzoletto.
Lei glielo strappò quasi di mano e cominciò a mangiare voracemente, non mangiava da due giorni perché né Caspian né Jack erano riusciti a portarle qualcosa da mettere sotto i denti, né a visitarla.
«Se mangi così in fretta ti sentirai male.»
«Sempre meglio che morir di fame!» farfugliò e lui si rialzò in piedi, andandosi a sedere con la schiena contro il muro freddo della cella, le pietre dure che gli si conficcavano tra le scapole.
Lui su una barchetta persa tra acqua scure.
Il suo veliero dentro una bottiglia.
Nessun ricordo.
Memoria interrotta.
Nessuna spiegazione.
Barbanera sapeva qualcosa, se lo sentiva, non poteva che essere così, e lui aveva il disperato bisogno di capire cosa fosse accaduto, come tornare indietro… se solo avesse potuto contattare Aslan!
Ma non sapeva, non aveva idea di come poter entrare in contatto con il Grande Leone.
Sospirò accigliato, e nascose il volto tra le mani.
Aslan, cosa diavolo è successo? Perché non sei intervenuto? Se è una punizione per qualcosa che ho fatto allora, ti prego, lasciami almeno tornare indietro perché son stanco da morire e non voglio più restare.
«Che è successo?» domandò la sirena, addentando l’ultimo boccone.
«Niente.» rispose lui, scoprendosi il viso e sospirando.
«Scommetto che i Caraibi non ti piacciono per niente.»
«Caraibi? Sono questi i Caraibi?» indicò intorno a lui con un gesto vago.
«Sì.»
«Bello schifo!»
La sirena accennò un sorriso, leccandosi le dita.
«Non sono mai piaciuti nemmeno a me… non che abbia visto molto, a parte i fondali di Whitecap Bay.»
«È quel postaccio in cui le tue amichette con la coda hanno cercato di sbranarmi?»
«Già.»
«Un’altra bella schifezza di posto!»
«Sei stato tu ad invadere il nostro territorio, comunque.»
Caspian si alzò in piedi e le si avvicinò.
«Invadere il vostro territorio? Bé, senza offesa, sirenetta, ma io non ci tenevo affatto ad invaderlo, non ne ho mai avuto la minima intenzione, perché avrei dovuto? C’è pieno di nebbia, è lugubre e voi non siete granché simpatiche!»
La sirena gli lanciò addosso il fazzoletto sporco e sbatté la coda, bagnandolo un poco.
«Dovevo lasciarti sbranare, anzi: sbranarti io stessa! Sarebbe stato molto meglio!»
«Figurati se lo avresti fatto! Senza offesa, ma non incuti molto timore, sirenetta! Ma già che stiamo affrontando l’argomento: in effetti, perché mi hai salvato la vita?»
Ma la risposta, qualunque essa fosse, Caspian non riuscì a sentirla, perché all’improvviso qualcuno lo colpì violentemente alle spalle, lo fece cadere in ginocchio e gli coprì il viso con un sacco, per poi trascinarlo via, e per quanto tentò di divincolarsi non ci riuscì, chiunque lo stesse trascinando aveva una forza sovrumana.
Zombie, pensò, prima di perdere completamente i sensi in seguito ad un pugno.
 
                                       



Orcaloca!
So che questo ritardo è improponibile, inconcepibile ed inaccettabile, ma tra blocchi, confusione varia ed una vecchia storiaccia che mi fa ancora tribulare, non ho avuto né tempo né parole da scrivere, e senza le parole me sà proprio che non si combina nulla, no?
Però oggi mi è partito lo schiribizzo(mi piace dire 'schiribizzo', non so perché) e perciò ecco cosa ne è uscito fuori!
Che dire? L'autrice spera che non sia nulla di troppo vomitatevole(?) e che non le tirerete dietro una bottiglia di rum!(ma perché parlo in terza persona?)
Ciancio alle bande, smammo e ringrazio come sempre tutti i lettori, silenziosi e non!
C.






 

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Capitolo 6
*** VI ***


VI


Mani, mani e tante mani.
Con il buio calato sulla sua testa e davanti ai suoi occhi, riusciva a sentire solo delle mani.
Molte mani o poche mani, non riusciva a capirlo.
Mani strette a pugno che affondavano decise nella sua carne e tra le ossa, e mani che lo facevano voltare, destra-sinistra, in ginocchio o faccia a terra, e mani dure sulla sua pelle e clap! e un sapore metallico e nauseante in bocca.
E le costole, le costole cominciavano a fargli così male, se le coprì con le braccia e arrivarono anche dei piedi che andarono a sbattere contro il suo stomaco e il sapore metallico si fece sempre più forte e qualcosa di liquido colò dalle sue labbra serrate.
Shh, porta la mente altrove, e nocche dure nella schiena, non sei qui, non sei davvero qui, sei più lontano, palmi freddi sulle sua guance, sei in un posto pieno di luce, dove non c’è sangue che cola dalle tue labbra, mani a pugno sul suo stomaco, dove le tue costole stanno bene e non fa male, niente fa male, mani a pugno anche sulle sue gambe, dove non esistono mani e se esistono servono solo per fare carezze.
Le mani si fermarono e lui restò a terra, il respiro che correva veloce nel suo petto che si alzava e si abbassava frenetico, e il buio leggero sopra la sua testa.
Dei passi pesanti si avvicinarono, poi altre mani lo costrinsero a mettersi in ginocchio e gli tolsero il sacco dalla testa e tornò la luce.
E nella luce vide Barbanera, il volto austero e le labbra contorte in un ghigno malcelato, e zombie alti anche più di due metri con occhi vuoti e minacciosi puntati su di lui e con mani pronte a colpirlo e colpirlo e colpirlo ancora.
Barbanera si chinò su di lui e sembrò divertito.
«Ci avrei scommesso che l’avresti aiutata.» il tono della voce era calmo, piatto, ovvio e metteva i brividi, Caspian sentiva brividi correre sulla sua pelle bianca che si sarebbe presto coperta di lividi.
«Stai aiutando la persona sbagliata, ragazzo.»
Il giovane re chinò il capo e non rispose.
«Pensavi non lo sapessi? Pensavi non mi fossi accorto del tuo sgattaiolare nelle prigioni? O del cibo che scompariva magicamente dalle cucine? Non credi di avermi sottovalutato eccessivamente?»
Ancora niente risposte.
Barbanera afferrò Caspian per i capelli e lo costrinse a guardarlo in viso.
«Guardami negli occhi quando ti parlo e schiena dritta! Sei un re, giusto? Comportati come tale!»
«Voi cosa siete, invece, che cosa siete? Solo uno sporco, vile pirata!»
Ed un’altra mano - stavolta quella di Barbanera - colpì decisa il suo volto e lui incassò il colpo in silenzio.
«Se non avessi altri piani per te ti avrei già ucciso e dato in pasto ai pesci!»
«Altri piani? Avete già aggiunto il mio veliero alla vostra collezione di navi in bottiglia, qual è la prossima mossa del vostro piano?»
Barbanera restò per un attimo interdetto, quasi incredulo a quell’uscita del ragazzo, poi il suo volto tornò impassibile e si lasciò sfuggire una risata sardonica.
«Pensi di aver già capito tutto? Tu non hai la minima idea di nulla e lo prova il fatto che continui ad aiutare quella maledetta sirena.»
«Non mettetela in mezzo: lei non c’entra niente.»
«C’entra eccome, ragazzo! Non ti sei chiesto perché ti ha salvato? Pensi sia stato un gesto magnanimo? Sei così sciocco da pensare che quelle sirene, tutte quelle sirene, siano venute da te per puro caso?»
Caspian lo guardò fisso negli occhi e tentò di scavare dentro a quelle parole.
Che cosa stava cercando di dirgli?
Barbanera ghignò soddisfatto.
«Povero illuso!»
«E allora perché? Perché?!» gridò Caspian e tentò di alzarsi in piedi ma uno degli zombie fu più rapido di lui e lo gettò a terra, infliggendogli altri calci che aumentarono le fitte alle costole.
Barbanera alzò una mano e lo zombie si fermò, facendosi da parte.
Il pirata avanzò verso Caspian e si mise seduto sui talloni.
«Perché l’ho deciso io. Avevamo un patto.»
«Perché mai le sirene avrebbero dovuto scendere a patti con te?» chiese, mentre il sangue gli impastava la bocca.
«Perché io potevo farti arrivare fin qui, e loro avevano bisogno di te.»
«Per quale… per quale ragione?!»
«Per ritornare dall’esilio. Loro non appartengono a questo mondo, venivano da dove vieni tu, si dice che una di loro, una della famiglia, avesse ucciso un umano e Aslan, per punizione, esiliò lei e tutte le sue sorelle qui. Tu eri la chiave per poter scendere a patti con Aslan, loro avevano bisogno di te per ritornare a Narnia.»
Le costole bruciavano, il respiro cominciava a mancargli, si chiese se dentro di lui, sotto la pelle, andasse tutto bene.
Era preoccupato, per quelle costole, e per i fianchi e lo stomaco e la sua bocca, dentro la sua bocca c’era un sapore tremendo.
E quelle parole lo colpirono come un altro pugno, ma c’era ancora qualcosa che non andava in quella spiegazione, qualche pezzo che mancava.
«Se è vero ciò che dici perché adesso io sono qui e perché hai rapito la sirena?»
«Perché sono un pirata! I pirati non rispettano i patti! E poi anche io ho bisogno di te, sei il miglior tramite per contattare Aslan ed ho bisogno di parlargli.»
«Hai fatto male i tuoi conti: io non riesco e non posso contattarlo, perciò non riuscirai a parlargli.»
«Ma lui verrà sicuramente a cercarti ed io non aspetto altro.»
Barbanera si alzò in piedi e fece cenno ai suoi zombie di portare via Caspian.
Loro furono veloci e lo afferrano da sotto le ascelle, pronti a trascinarlo nelle segrete.
«Aspetta!» gridò.
Barbanera si voltò sorridente e gli si avvicinò di nuovo.
«C’è altro?»
«La sirena. A che ti serve la sirena? Perché rapirla?»
«Devo fare una cosa molto importante, e per farla ho bisogno delle lacrime di una sirena. Ma non preoccuparti, non appena non mi sarà più utile me ne sbarazzerò. Non dovresti dispiacertene, in fondo voleva solo usarti… ti sto facendo un favore.»
Caspian non rispose e gli zombie lo trascinarono via, sentiva il pavimento graffiargli la schiena e tentò di divincolarsi, guadagnandosi l’ennesimo calcio che oltrepassò la sua soglia del dolore e lo lasciò inerme, un burattino trascinato da mani troppo forti, costretto in una morsa salda e senza scappatoia.
Lo scaraventarono in una cella e se ne andarono.
Lui restò riverso sul pavimento, senza muoversi troppo per evitare di sentire dolore e pregò Aslan che tutto finisse, che le sue costole tornassero a funzionare per bene, che le fitte dentro lui sparissero, che il dolore cessasse di battergli dentro così forte e che nessun’altra mano lo toccasse.
Smise di pregarlo solo quando il buio gli entrò in testa e gli mangiò ogni pensiero e i suoi occhi si chiusero inevitabilmente.




Buonsalve ciurma!
Casp ne ha prese un po', eh?
Comunque, comunque, comunque so che adesso Syrena non sembra più tanto simpatica, ma sistemerò presto le cose, abbiate fede!
Per il resto ci si vede al prossimo capitolo!
Grazie come sempre a tutti i lettori, silenziosi e non!
A presto,
C.

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Capitolo 7
*** VII ***


VII




Le costole gli si ruppero.
Quando lo capì sorrise, pensò fosse tremendamente buffo che qualcosa di così interno e così vitale potesse rompersi come un vaso o una bottiglia di vetro, frantumarsi, scollegarsi, ma era così fragile dentro al suo corpo? Bastava così poco per spezzarlo?
Con grande sforzo si mise in posizione supina e fissò il soffitto con gli occhi socchiusi, quasi serrati per il dolore.
Il saporaccio nella sua bocca non se n’era ancora andato e il braccio destro gli tremava e non riusciva, non sapeva come fermarlo, sembrava non fosse più sotto il suo controllo, un braccio impazzito che non rispettava i comandi giusti.
Si sentiva come un grosso, enorme livido, una botta, un bernoccolo, un contenitore del dolore.
Così tanto dolore dentro lui, fitte insopportabili, insostenibili che lo laceravano internamente.
E pregò, pregò che tutto finisse presto ma passavano i giorni e mani, mani e mani gli facevano costantemente visita.
Un giorno quasi si spezzò, provò a rischiare, a perdere lucidità, ad abbandonarsi all’ignoto, a cosa l’avrebbe potuto condurre quel dolore, ma lo stesso dolore lo costringeva a restare sveglio, vigile, non addormentarti, non chiudere più gli occhi perché non puoi essere sicuro di riuscire poi a riaprirli, resta sveglio e aggrappati a qualcosa!
A cosa? A cosa poteva aggrapparsi se dentro quella cella non c’era niente, nessuna anima, nessun colore, nessuna parola ma solo lui, lui solo con troppo dolore?
All’inizio si aggrappò ai suoni: i pianti dei prigionieri nelle celle accanto, i passi pesanti degli zombie, i suoi stessi lamenti, la sua pancia vuota, ciò che stava ai piani superiori della nave dove decine e decine di piedi camminavano liberi, liberi e vivi.
Quando non c’erano abbastanza rumori o quando un silenzio fastidioso gli piombava addosso, batteva con le unghie sul pavimento.
Clic clic clic.
Rumore, rumore, rumore.
Restò sveglio grazie al suo rumore, si riempì le orecchie con il suo rumore.
Ma dopo l’ennesimo pestaggio anche muovere le dita o ascoltare rumori diventò troppo doloroso, ma cercò, ispezionò in lungo e in largo, a cosa mi aggrappo? A cosa mi aggrappo?
Non c’era niente fuori da lui, niente a cui potersi aggrappare e allora si mise a cercare dentro se stesso, nella sua testa, nel suo corpo e trovò i suoi ricordi, ciò che gli restava e ci si aggrappò saldamente.
Si fece esplodere dentro la testa ricordi che non sapeva neppure di possedere.
E quando era un bambino suo padre lo portava a cavalcare con lui e che buon profumo che aveva la sua Narnia, un bambino che respirava erba, prati pieni di fiori, e a volte c’era anche della pioggia e sua madre gli diceva: «non uscire o ti ammalerai, Caspian. Caspian. Tesoro. Mio tesoro.»
Mio tesoro, tesoro prezioso.
E poi nessuno lo portò più a cavalcare e nessuno lo chiamò più tesoro.
Mio tesoro, tesoro prezioso.
La voce di sua madre gli riempiva la testa, ma dov’era sua madre? Poteva salvarlo?
Resta sveglio! Non chiudere gli occhi! Aggrappati! Sveglio, sveglio, mio tesoro, tesoro prezioso!
E si aggrappò ad un altro ricordo e vide un uomo inginocchiato di fronte a lui, il capo chino, un uomo che non conosceva le parole ‘scusa’ o ‘amore’ e che gli aveva tolto cavalcate e tesori, e lui avrebbe voluto e potuto punirlo, ma non lo fece, Vattene! gli disse, ma non lo uccise, Non ti uccido perché non sono niente ma sono migliore di te, e non ti ucciderò, non ti ucciderò.
Il ricordo cominciò a sbiadire.
Trovane un altro, trovalo, mio tesoro, tesoro prezioso!
E vide un immenso leone con una voce profonda che gli diceva «Tu sei un re. Tu sei un buon re.»
Aggrappati alle parole, mio tesoro, tesoro prezioso.
Io sono un re. Io sono un buon re. Resterò sveglio e lucido e combatterò contro al dolore.
Io sono un re. Io sono un buon te. E non mi spezzerò, e non mi piegherò e le mie costole torneranno a posto, perché sono le costole di un re, di un buon re.
A volte si chiedeva perché cercasse di resistere così tanto e così a lungo, perché si aggrappasse così saldamente a suoni e ricordi, sarebbe stato più facile chiudere gli occhi.
Ci provava ogni giorno, quando il suo pestaggio arrivava puntale e delle mani troppo forti gli spaccavano la pelle, provava a chiudere gli occhi e abbandonarsi a quelle mani, ma la voce di sua madre urlava nella sua testa.
Sveglio! Resta sveglio e resta vivo, in fondo sono solo mani. Sveglio e vivo, mio tesoro, tesoro prezioso.
E appena sentiva quella voce si aggrappava a tutto, ad ogni rumore e ad ogni ricordo, perché finché riusciva a sentire il mondo intorno a lui era vivo, finché aveva ancora i suoi ricordi era vivo.
Sveglio, vivo e salvo.
Sveglio, vivo e salvo.
Ma perché restare sveglio, vivo e salvo? Ne valeva la pena?
Forse no, ma lui non poté farci nulla, era radicato dentro lui un istinto di sopravvivenza che lo costringeva a restare sveglio, vivo e salvo.
E cercava di tenere ferme ed immobili le parti più dolorose del suo corpo, di non compiere movimenti bruschi, non chiudere gli occhi, di mangiare fino all’ultima goccia di quella zuppa che sapeva quasi di veleno, Ma mi tiene in vita e devo berla per forza, non ho scelta.
E restò sveglio, vivo e salvo.
 
 
 
 
 
 
Il tredicesimo giorno a bordo della Queen Anne’s Revenge accadde qualcosa di strano.
Barbanera ordinò che la sirena fosse portata al più presto nella sua cabina, i suoi fedeli zombie si diressero celeri nelle prigioni ed entrarono bruschi nella cella della creatura – che sembrava piuttosto deperita e ormai incapace di difendersi –  la afferrarono per le braccia e per la coda e la sollevarono dalla teca posandola a terra, con l’intenzione di trascinarla via, ma una volta fuori dall’acqua alla sirena scomparve misteriosamente la coda, lasciando il posto ad un paio di gambe.
Una volta informato dello strano evento, Barbanera si precipitò nelle prigioni, seguito dalla figlia Angelica e da un giovane missionario di nome Philip, e ciò che vide lo lasciò di stucco.
La sirena sedeva a terra nuda con – incredibile ma vero – un paio di gambe strette al petto.
Philip fu svelto e la coprì con la sua camicia e lei se la strinse addosso.
«Com’è possibile?» domandò incredula Angelica.
«Non importa. Anzi, è molto meglio così: almeno, una volta a terra, potrà camminare da sola.» le rispose il padre, senza distogliere lo sguardo dalla creatura che si stringeva nella camicia bianca e ormai umida e non osava alzare gli occhi.
«Dovreste lasciarla andare. La terra non è il suo posto, in questo modo la ucciderete!» Philip cercò di far ragionare Barbanera ma, come accadeva sempre, venne deriso ed ignorato.
«Credete mi importi della sua vita, buon missionario?»
«Alla vostra anima dovrebbe.»
«La mia anima è perduta.»
Philip non rispose e chinò lo sguardo sul pavimento.
Barbanera si avvicinò alla sirena, le mise una mano sotto il mento e la costrinse ad alzare il capo.
«Sai perché sei ancora viva? Perché disgraziatamente ho bisogno di te.»
Lei non rispose, ma lo guardò dritto negli occhi con uno sguardo fiero, come a volergli dire che non si sarebbe chinata dinanzi a lui, nemmeno a costo della vita.
«Mi servono le tue lacrime.» proseguì il pirata, senza ricevere alcuna risposta «Oltre alla coda hai perso anche la lingua?»
La sirena proseguì nel suo silenzio e Barbanera, perdendo la pazienza, la schiaffeggiò con veemenza.
«Ebbene, se non lo farai di tua volontà, stai certa che troverò un altro modo. Legatele mani e piedi e lasciatela senza acqua e cibo.» ordinò, e gli zombie obbedirono veloci.
Le immobilizzarono mani e piedi legandoli stretti, così stretti da tagliarle la pelle, e la lasciarono a completo digiuno, ma non servì a molto.
Non versò nemmeno una lacrima.
 
 
 
 

Buonsalve ciurma!
Casp e Syrena se la passano male... dite che son troppo sadica?
Non posso anticipare nulla(te credo, sto ancora scrivendo gli altri capitoli!), ma posso già ringraziare tutti i lettori, silenziosi e non.
Grazie!
A presto,
C.

 
 
 
 

 

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