La pace non durerà mai

di Jeremy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova minaccia ***
Capitolo 2: *** Entriamo? ***



Capitolo 1
*** Una nuova minaccia ***


Nuova pagina 1

Rikku si dondolò sulla sedia, annoiata.
I piedi immersi nella sabbia si muovevano lentamente seguendo il dondolio della sedia.
I granellini, bianchi e finissimi, si sparsero anche sui piedi logorati del legno.
I gabbiani volavano armoniosamente portando con loro tanti ricordi.
I gabbiani, lei, Yuna, Paine... Tidus… loro cacciasfere... Vegnagun!
Era passato un anno da tutto quello, dalle sfide che avevano affrontato, dal combattimento contro Vegnagun, dal Celsius, dalle sfere che cercavano e trovavano.
Era estate: il mare ondeggiava tranquillamente e all'orizzonte una solitaria barca si allontanava. Sospirò.
Erano passati tre anni da tutto.
Da quando aveva incontrato per la prima volta Tidus a bordo della sua nave, quel ragazzo che diceva di venire da Zanarkand, la città santa ormai distrutta; da quando era diventata guardiana di sua cugina Yuna, da quando aveva conosciuto Lulu,Wakka, Auron, Khimari...
Da quando avevano sconfitto Sin, da quando Tidus era scomparso, lasciando in lacrime Yuna e lei con un "Ci rivedremo, vero?"... e poi era comparso in quella stessa spiaggia.
- Rikku? - Paine le mise un mano sopra la spalla e lei gli e ne fu grata; in quei ultimi tempi si sentiva un pò sola. Yuna e Tidus, logicamente, non avevano tempo per lei, stavano sempre insieme,Wakka e Lulu erano impegnati col bambino, Khimari come capo della tribù Ronso... e Paine… Paine forse era l'unica che si ricordava di lei.
- Si?- Rikku si alzò dalla sedia, era stanca di stare seduta, voleva fare qualcosa.
Odiava se stessa per non godere di quella pace che regnava da anni.
Voleva che ci fosse un mostro fortissimo come Sin da sconfiggere, delle sfere da ritrovare a ogni costo, anche della vita, un robot gigante da disintegrare, un mistero da svelare. Odiava quella calma. Odiava se stessa per questo. Voleva che il gruppo fosse di nuovo unito come una volta, per un unico obbiettivo.
Non poteva scordarsi mai tutte le emozioni che aveva provato quando si erano uniti per uccidere definitivamente Sin o della missione segreta di lei e Tidus per trovare un modo di non fare sacrificare Yuna. E si odiava per desiderare che tutto ciò ritornasse.
Odiava pensare al suo egoismo. Non si ricordava del dolore estenuante di Tidus quando aveva saputo della fine che doveva fare Yunie? O forse quell'inquietudine pressante,interminabile,che era sempre dentro di lei perché sapeva che il destino era quello?E l'impotenza?Se l'era forse scordata?
Ricordò, ancora una volta, il momento indelebile della sua vita.
Non poteva dimenticare mai il turbinio di emozioni che aveva provato nel sentire tutta Spira cantare l' Inno dell' Intercessore, di sentire quella gente cantare con la luce della speranza.
- Vieni, c'è una cosa che devi vedere,Wakka e Lulu sono preoccupati - Paine s'incamminò verso il villaggio di Besaid. Aveva una strana voce, era quasi preoccupata. L'indifferente, fredda, implacabile Paine preoccupata?
La seguì senza fiatare,senza dire una parola. Voleva sapere cosa era successo, dov'erano Tidus e Yuna, perché erano tanto preoccupati... ma non disse niente.
Il villaggio era sempre lo stesso, accogliente, semplice... da"Casa".
Già. Quella parola che non aveva mai affibbiato a nessun luogo. Aveva sempre viaggiato nelle aeronavi, abitato nel deserto, nella base degli Albhed... ma quella era casa. Forse perché vi abitava da anni o forse, cosa più probabile, perché lì vi erano legati i ricordi migliori del passato.
Il tempio. Anche da lontano si poteva scorgere. Imponente,autoritario... suscitava timore anche a guardarlo. Ma a lei non più. Aveva avuto sempre paura dei tempi quando erano ancora in funzione. Una paura che non era eguagliata solo da quella dei lampi.
La paura di cosa potesse esserci dentro, la paura che Yuna non uscisse, la paura di quel luogo mistico. Ma ora non più. Chiuso. Questa parola la sollevava.
Al centro del villaggio c'erano Lulu e Wakka insieme a tutta la gente di Besaid. Cos'era successo?
Li raggiunse frettolosamente, quando Lulu la notò.
- Rikku,c'è una cosa che dovresti vedere - Lulu le indicò il tempio e lei provò un tuffo al cuore. Era paralizzata, pronta a tutto ma non a quello. Lentamente si avvicinò e lo vide.
Si fermò di botto cadendo a terra, gli occhi sgranati, offuscati dalle lacrime.
Non sentiva neanche più il mormorio delle persone, i brusì della gente incuriosita e preoccupata.
- Rikku- il suo nome ripetuto più volte dai suoi amici. Non li sentiva neanche più.
- Yuna... avete avvisato Yuna…? - mormorò solo quello nei singhiozzi.
- E Tidus... avvisate Tidus… e Khimari..- non riusciva a dire che frasi sconnesse ma Lulu ugualmente capì e fece come le era stato detto.
Il tempio. Il tempio era di nuovo in funzione. Il sigillo era stato rimosso. Il tempio di Valefor era aperto. L'eone stava aspettando la sua invocatrice. Ma per cosa?Sin era morto.
Una nuova minaccia incombeva su Spira.

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Capitolo 2
*** Entriamo? ***


Una creatura apparentemente invincibile aveva distrutto Spira per secoli lasciando al suo passaggio solo morte e distruzione.

Una creatura mostruosa era stata l’incubo di mille notti, una continua paura di sopravvivere fino all’indomani.

Una creatura mostruosa che scorrazzava libera per i cieli e i mari con i suoi infiniti poteri, non temendo niente e nessuno perché aveva la certezza di essere la più forte

Questa creatura veniva chiamata Sin.

Sin, una pena per scontare i peccati.

Sin, l’angoscia di ogni persona, senza distinzione.

Sin, la causa di una spirale di morte eterna.

Per anni, l’unica speranza era stata una persona speciale capace di invocare mistiche creature e di affrontare Sin con l’Invocazione Suprema.

Avrebbe portato la pace, seppur momentaneamente, in un mondo annientato dalle sconfitte e privo di sogni e di futuro: una missione nobile quanto difficile.

L’attesa interminabile del Bonacciale, un piccolo periodo in cui si poteva dormire tranquillamente senza paure e timori…

“Non dire che è inutile! Anche se per poco tempo, poter vivere in pace senza doversi nascondere e dormire sonni tranquilli e sereni, è la cosa più preziosa...”

Gli Invocatori, persone diverse dalle altre  che si incaricavano di portare a termine questo doveroso compito.

“ Io sconfiggerò Sin. Devo sconfiggerlo”

Gli Eoni, spiriti eterni che combattevano a fianco dell’ Invocatore fino alla fine, fedeli.

“Gli Eoni sono miei amici”

I Tempi, luoghi sacri ove la gente pregava in un futuro migliore, pregava per la scomparsa di Sin. Per sempre.

Una triade indissolubile che teneva accesa nei cuori la luce della speranza.

Una situazione eterna, senza soluzione.

Poi Yuna, la figlia del leggendario Braska, accompagnata da una schiera di guardiani pronti a tutto per difenderla e aiutarla.

“ I guardiani sono coloro a cui puoi affidare tutto. Persino la vita”

Una strega nera, un blitzer, un Ronso, una ragazza Albhed, il leggendario guardiano di Braska e lui.

Lui, un ragazzo del passato, l’As degli Zanarkand Abes, che era piombato a Besaid un giorno di sole, senza preavviso.

Tidus, che aveva sconvolto un mondo senza possibilità di cambiamenti; Tidus  che aveva insegnato a combattere, a non arrendersi mai, a trasgredire anche.

Lui che insieme a Yuna, aveva fermato per sempre Sin portando il Bonacciale Eterno.

Lui che era scomparso in una nebbia dorata perché era solo un sogno…degli Intercessori.

Yuna che parlava con il cuore alla gente a cui aveva dato tutto, dopo la fine di Sin: un discorso che aveva spinto a migliorare, a ricredere di nuovo in un futuro.

“Il viaggio sarà duro ma avremo tempo. Insieme ricostruiremo Spira, la strada ci aspetta. Iniziamo a percorrerla da oggi…L’ultima cosa: i compagni persi, i sogni svaniti…non dimentichiamoli Mai”

Lacrime di dolore e felicità per una nuova era macchiata a fuoco da secoli di caos e regresso.

… E poi Vegnagun, una macchina indistruttibile, arma letale, nascosta dal Clero.

Il Clero.

Rabbia, tanta rabbia.

Il clero, una stupida dottrina che insegnava a non usare le macchine perché causa principale della venuta di Sin.

Il clero, uomini bigotti e corrotti che acquistavano la fiducia del popolo per poi venderla per fama e soldi.

Il clero, religione senza ideali che comandava un circolo vizioso chiamato morte.

Uomini come altri che si portavano una spanna sopra tutti, ai quali non importava nulla del dolore e della sofferenza di Spira ed erano pronti a mentire ancora, senza sosta, pur di difendersi e continuare ancora il loro gioco senza scrupoli.

Uomini che avevano disprezzato razze come la sua, destinate a relegarsi e vivere in un deserto, da soli, senza contatti con la civiltà solo per il fatto di essersi opposti.

Gli Albhed, un popolo inconfondibile obbligato a girare per le strade con maschere solo per il gusto di non arrendersi. Mai.

Pensieri che annebbiavano le mente di molti in quei momenti di  angoscioso silenzio, ricordi nitidi delle persone che avevano salvato Spira, i famosi guardiani, la cugina della grande Invocatrice.

Rikku, seduta in quel terreno così familiare di Besaid, pensava non avendo la forza di alzarsi.

Il vecchio commerciante di tele era andato a cercare sua cugina e Tidus per informarli dell’accaduto mentre i bambini del villaggio si radunavano curiosi non ricordandosi più ( o non conoscendone) il significato di quell’episodio che aveva ottenuto grande scalpore.

Le ginocchia sporche, i suoi abiti dai colori allegri e vivaci infangati di terra: Rikku osservava il tempio dal basso all’alto, provando un timore dimenticato da tempo.

- Riku?- la ragazza Albhed alzò la testa bionda guardando con tenerezza un bambino dai capelli rossi e la carnagione abbronzata. Adorava quel bimbetto, infondo Wakka era diventato uno dei suoi migliori amici, era una persona stupenda e infinitamente buona anche se si chiedeva ancora come lui e Lulu andassero d’accordo.

- Vidinu! – Rikku abbozzò un sorriso, alzandosi da terra come recuperate tutte le forze alla vista di quel marmocchio pel di carota.

- Riku… che sucede? – il bambino teneva una graziosa palla da blitzball in mano e sembrava molto confuso da tutta quella gente radunata vicino al tempio che lui non aveva mai visto aperto e non ne conosceva l’utilità.

- Niente- sorrise un’altra volta, più allegramente – Perché non andiamo da Lulu, eh? –

Vidinu scosse la testa.

- No, mami è andata con signore e papà da zia Yunie -

Rikku lo guardò un attimo senza fiatare per poi annuire distrattamente, pensierosa.

- Riku… pecchè  c’è tutta la gente qui? – chiese innocentemente alzando il viso paffuto verso la ragazza bionda che era come una zia ma che gli aveva proibito di chiamarla tale.

“ No! Zia no!”aveva ridacchiato spensieratamente prendendolo in braccio “ chiamami solo Rikku”

- Oh, è una storia lunga…- la curvatura dolce delle sue labbra si distorse in una piega dura mentre scrutava il tempio con sguardo aspro. Odiava i tempi. In particolare quello di Djose ma quella era un’altra storia.

- Guada Riku! C’è zia Yunie! – il bambino le scappò velocemente correndo in direzione dei genitori e della famosa invocatrice che camminava a passo lento e sicuro a fianco di Tidus, entrambi con un’ espressione di preoccupazione e amarezza. 

Avanzavano così autoritari e tranquilli che a  Rikku sembrò che un’aura li avvolgesse proteggendoli e lei si sentì del tutto insignificante e debole al loro incedere.

 - Rikku – la voce determinata di Yuna. Da quanto tempo non la udiva?

Negli ultimi anni aveva assunto varie sfumature: dolce, tenera, arrabbiata o triste ma mai così sicura come quando affermava di volersi sacrificare per Spira.

In quel tono vibrante le sembrò che si nascondesse un messaggio: Yuna era sempre pronta per combattere e sacrificarsi.

Non era mai cambiata, era sempre la solita buona, impavida Yunie.

La cugina annuì irrigidendosi, tesa.

Le apparve di rivivere quel giorno in cui diventò sua guardiana.

- Mi hanno avvisato della situazione. Posso vedere? -

Tidus era silente, le braccia poggiate dietro la nuca e una gamba sovrapposta all’altra in una posa di riflessione.

Lulu, le braccia incrociate, austera, era a fianco di Wakka che sorrideva a Vidinu tranquillizzandolo della situazione a lui estranea.

Rikku le fece chiaro segno di seguirla e con passo incerto e tremolante li condusse all’entrata del tempio dell’Eone Valefor.

Yuna fissò immobile quell’edificio e il simbolo vivo dell’entrata.

Nei suoi occhi  Rikku poteva scorgere tutti i ricordi legati al suo primo Eone e anche se lei non era stata presente in quel periodo, poteva benissimo immaginare.

Valefor li aveva più volte aiutati durante scontri difficili quando erano stati soprannominati “traditori” e il legame con la sua invocatrice era il più solido di tutti gli altri.

- Entriamo? – più che richiesta sembrava un’ affermazione e la voce bassa e scossa confermò alla ragazza Albhed quanto a  sua cugina costava fare una simile azione, riscoprire il passato.

Lulu si fece avanti, sorpassando Yuna.

Gli altri guardiani rimasero in religioso silenzio per alcuni minuti.

- Vogliamo entrare? – Lulu raggiunse il grande e massiccio portone fermandosi un attimo prima di aprirlo – No Vidinu, tu no – aggiunse in una dolce irritazione.

Il bambino provò a ribattere ma uno sguardo eloquente dal padre lo fece desistere.

- Perché non vai da Kalì? Eh? -

Vidinu annuì tristemente al padre andandosene via a testa china, sconfitto.

Yuna osservò il bimbo entrare in una tenda poi prese il coraggio che la caratterizzava e aprì il portone entrando nel tempio, seguita come sempre dai suoi guardiani.

 

 

Koda, ex miliziano, beveva tranquillamente un the alle erbe seduto nella sua tenda.

Fuori c’era molto movimento per via del Sigillo rimosso, lui odiava la confusione quindi preferiva starsene in pace a casa sua, senza essere disturbato da gente insulsa per le ultime novità.

Ma che gli importava di quello stupido villaggio da quattro guil!

Andasse pure a fuoco, quell’insieme di baracche.

Voleva andarsene, magari andare a vivere a Luka e guadagnare frotte di guil!

Da quando la milizia era stata sciolta definitivamente, Koda era rimasto su quell’isoletta sperduta solo per comodità, cercava un lavoro in un grande centro e finora non l’aveva trovato; si accontentava di lavorare dal fabbro del paese, un ometto sciocco e stupido come gran parte delle persone di Besaid.

Udì la tenda alle sue spalle muoversi leggermente e si mise in guardia, posando la tazza di ceramica vuota nel tavolo e cercando velocemente con lo sguardo la sua spada.

- Ehi sono io! Ti porto notizie – una ragazza con un lungo spadone si era accomodata vicino a lui, un sorriso malizioso le increspava le labbra sottili.

- Sai che me ne importa – rispose il ragazzo portandosi i capelli lunghi e neri dietro le spalle, in un gesto di non curanza.

- L’Invocatrice è entrata nel Tempio –

Koda tacque, scrutando la ragazza, ex guardia di Bevelle, che sorrideva compiaciuta di aver catturato finalmente il suo interesse.

Era abbastanza carina: occhi celesti come le acque cristalline di Besaid, capelli corti castani e un corpo snello e formoso. Si, era carina ma maledettamente scorbutica e insopportabile.

Non ricordava con precisione quando si erano conosciuti per la prima volta, forse un anno prima o poco più: erano entrambi obbligati a restare su un’ isola che detestavano ed entrambi sapevano maneggiare con perfetta abilità le armi, meglio lui, logicamente.

Odiava il suo carattere ficcanaso, indiscreto, freddo e pomposo.

Però era l’unica persona con cui parlava e l’unica che lo capiva.

- Davvero? – ribatté sarcastico Koda dopo un attimo di silenzio.

La ragazza  ridacchiò scioccamente.

- Si! Con tutti i guardiani. Fra poco vado a rubare altre notizie – esclamò sorridendo sempre in modo fastidioso.

Koda sbuffò, non voleva sentire altro.

Anche se la Grande Invocatrice Yuna moriva, lui restava indifferente.

Non si era mai interessato del popolo di Besaid e la ragazza che aveva salvato Spira non faceva eccezione anche se non era nata nel luogo ed era figlia del grande Braska.

- Come sei odioso – sbottò la ragazza alzandosi e compiendo alcuni passi verso l’uscita  - Oggi non ti si può proprio parlare.- continuò bisbetica rivolgendogli un’occhiata arcigna.

L’ex miliziano non la degnò di uno sguardo e si sgranchì imperturbabile.

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