The Bad Boy (IN REVISIONE)

di Rosalie97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Revenge? ***
Capitolo 2: *** A friend's advice ***
Capitolo 3: *** He's a killer ***
Capitolo 4: *** He's her worst enemy ***
Capitolo 5: *** The suspect ***
Capitolo 6: *** Is this a fraternal love? ***
Capitolo 7: *** You're not 'the others' ***
Capitolo 8: *** Don't be afraid ***
Capitolo 9: *** 'Someone like you' ***
Capitolo 10: *** What should not be done ***
Capitolo 11: *** Is this a matter of karma? ***
Capitolo 12: *** This is what she dream ***
Capitolo 13: *** Difficulty of trust ***
Capitolo 14: *** By your side is where I have to be ***
Capitolo 15: *** Are you afraid of me? ***
Capitolo 16: *** He's mine. Have you understand? ***
Capitolo 17: *** Guardian ***
Capitolo 18: *** It will be a sweet revenge ***
Capitolo 19: *** The firing of the death ***
Capitolo 20: *** The good in me ***
Capitolo 21: *** He's worse than a child ***
Capitolo 22: *** The glimmer of light ***
Capitolo 23: *** The turning point ***
Capitolo 24: *** No, it's not your fault ***
Capitolo 25: *** The hurricane ***
Capitolo 26: *** The worst storm ***
Capitolo 27: *** Oh, you're always worried ***
Capitolo 28: *** A friendly voice ***
Capitolo 29: *** Ready for the apocalypse ***
Capitolo 30: *** It's apocalypse now ***
Capitolo 31: *** Oh no, why are you so crazy? ***
Capitolo 32: *** The storm (and the recall) ***
Capitolo 33: *** A princess of Namibia ***
Capitolo 34: *** My princess of Namibia ***
Capitolo 35: *** The horrible creatures and the reborn loves ***
Capitolo 36: *** The broken man ***
Capitolo 37: *** My role is to protect you ***
Capitolo 38: *** Mad without you (The fear) ***
Capitolo 39: *** We will stay togheter ***
Capitolo 40: *** Changing team ***
Capitolo 41: *** Alone ***
Capitolo 42: *** I promise I will avenge you ***
Capitolo 43: *** Sister ***
Capitolo 44: *** Infernal forest ***
Capitolo 45: *** A soundless snowfall ***



Capitolo 1
*** Revenge? ***


Zoey saltò dal muretto di cemento bianco e rimase lì immobile, a pochi centimetri da lui, a fissarlo.
«Cos’hai da guardare?» la voce era quella di Mike, ma chiaramente tutta quella cattiveria non veniva che da Mal.
«Non ti stanchi mai di essere così odioso?»
«No» lui sorrise in modo malvagio, un ciuffo di capelli neri a coprirgli mezzo volto. «A me diverte tantissimo essere “così odioso”» si chinò verso di lei, guardandola malignamente. «Inoltre, Mike era una mia personalità, questo corpo è mio» si allontanò per fare gesti teatrali.
«Sei un essere crudele» la voce di Zoey era piena di odio. «Mike era di gran lunga meglio di te, e tu l’hai… l’hai…»
«Ucciso?» Mal finì la frase per lei, dato che la ragazza non riusciva a pronunciare quella fatidica parola che finalmente avrebbe messo un punto di stop a tutto. «Sì, e la sai una cosa? Mi sono divertito un mondo.»
Lo schiocco di uno schiaffo risuonò nella notte silenziosa, appena un attimo prima che un treno passasse rumorosamente nelle vicinanze. Zoey voleva piangere, ed era sul punto di farlo, proprio lì, davanti a lui. Eppure, nonostante fosse così difficile, si trattenne. Non voleva dargli questa soddisfazione.
Si voltò, allontanandosi in silenzio, mentre Mal se la rideva. Si strinse nella giacca bianca, verde e blu che un tempo era appartenuta a Mike, prima che Mal lo eliminasse prendendo definitivamente il controllo del corpo. I suoi pantaloni beige erano sottili, così come il top nero… il freddo pareva esserle entrato nell’anima.
«Ehi, Zoey, te ne vai via così?» urlò Mal. «Non vuoi sapere cosa ha urlato Mike nell’esatto istante in cui se n’è andato?» Zoey avrebbe voluto accasciarsi a terra e piangere come una bambina, lasciarsi trascinare dall’acqua inquinata del grande fiume lì accanto. «Ha detto un’unica parola» lei sapeva cosa stava per dire Mal, e lo temeva. «Ha detto “Zoey”.» Il ragazzo scoppiò a ridere, quasi soffocandosi nella sua stessa risata.
Per Zoey era troppo. La goccia era caduta e il vaso era inevitabilmente traboccato. Ma quello che uscì non furono lacrime, fu rabbia, una rabbia violenta che si scatenò su Mal.
Si voltò di scatto, allargando le narici. Tolse il giubbotto e lo appoggiò piano al muretto, per poi scalciare via le ballerine nere che portava ai piedi. Prese la rincorsa e arrivò da Mal prima ancora che lui avesse finito di ridere. Gli assestò un pugno all’altezza dello stomaco, un destro al naso e, infine, un calcio che lo mandò gambe all’aria. Il ragazzo non si reso conto di ciò che stava succedendo fino a quando non si trovò a terra, con del sangue a colargli dal naso, probabilmente rotto.
Si passò la mano sinistra sopra le labbra e la guardò ridendo. «Brava, sei molto brava, lo devo ammettere…» la guardò, «Ma hai fatto un grosso errore.»
«Ho fatto un errore, dici?» Zoey non sapeva se ridere o semplicemente limitarsi a guardarlo. Optò per una risata, «E cosa mi farai? Ucciderai anche me? Beh, prego, tanto non ho più niente da perdere. Ho perso il milione che avevo vinto perché non riesco a tornare a casa, dove ho lasciato tutte le mie cose, tutti i miei soldi. Tu non mi lasci in pace, mi segui dappertutto… e inoltre» rise ancora, mentre una lacrima amara le scendeva su una guancia, bianca come un cencio, «Mike se n’è andato per sempre, solo per colpa tua
«Dovrei sentirmi in colpa?» replicò Mal senza emozione, ancora steso a terra. «Io sono fatto così, Zoey, sono cattivo. Tu non mi credi, ma questo corpo è davvero mio. Questo corpo è nato come il corpo di Mal, Mike è arrivato dopo, quando i sensi di colpa si presentavano per via di ciò che facevo… era un modo per sfuggire al dolore. Mi sono diviso in tanti me stesso, ma Mike era la personalità più forte ed è riuscito a chiudermi nei recessi della mia stessa mente. Nel tempo che sono rimasto imprigionato, però, ho potuto allenarmi.» Sorrise in modo inquietante, facendo gelare il sangue nelle vene a Zoey. «Non provo più sensi di colpa, non ora che mi sono vendicato su Mike. Tu non puoi capire, stupida ragazzina, non capisci che la mia è stata una giusta vendetta. Per sei anni sono rimasto intrappolato lì dentro, al buio, sofferente.» La voce di Mal era sprezzante, ma lei fu in grado di vedere qualcosa negli occhi di lui. Che fosse… dolore? Ne era sicura, quello che stava osservando era dolore, la forma più pura e semplice… e per questo, qualcosa in lei scattò, come un interruttore.
«Mal» disse con voce atona, mentre lui sollevava il viso per guardarla. Un treno passò proprio in quel momento, ed il vento crebbe attorno a loro, «Non devi essere così.»
«Cosa?» rispose lui alzandosi, furioso. Come si permetteva, quella stupida ragazzina, di dirgli che era sbagliato essere ciò che era? Lui poteva essere quel che più gli aggradava, erano il suo corpo e la sua mente che Mike aveva preso. Era giusto che si fosse vendicato! «Tu, stupida ragazzina…»
«Smettila di chiamarmi “stupida ragazzina”. Punto primo perché non sono stupida, e punto secondo perché ho diciotto anni come te.»
«Zitta» urlò lui, scattando con rabbia. Le puntò contro un indice, «Non provare mai più a interrompermi. Comunque, stavo dicendo…» sorrise, quasi con gentilezza, per poi gridare: «come osi tu, stupida ragazzina, dirmi che è sbagliato ciò che sono?! Mike era un problema che andava risolto, mi intralciava la strada. Aveva preso il mio corpo, e io questo non lo accettavo prima e non lo accetto ora.» Fece una pausa, «Che mai più possa ritornare...» rise piano, avvicinandosi a lei, «oh, ma giusto, non accadrà.» La guardò intensamente negli occhi, con un sorriso cattivo, il più cattivo del suo repertorio. Eppure, Zoey si scoprì a trovarlo… bello. Come poteva trovarlo bello? Poteva esserci un’unica ragione: era letteralmente impazzita. «È. Morto.»
Credeva che sarebbe scoppiata a piangere, che gli avrebbe urlato contro, mentre con le unghie gli graffiava il viso, come a cercare – sotto quegli strati di malvagità – Mike. Ma non successe ciò che immaginava. Semplicemente alzò la mano destra a pugno e fece per colpirlo. Lui però la bloccò, scuotendo piano la testa e avvicinando il viso a quello di lei, fino a che non si trovarono a pochi millimetri di distanza. «Cosa credi di fare?» Zoey fu sul punto di rispondergli quando l’altra mano di Mal le coprì le labbra, «Sai che potrei uccidere anche te, vero? Non avrei rimorsi nel farlo, non proverei niente, se non soddisfazione. Mi toglierei un peso dalle spalle, uccidendoti… Sei come una mosca: fastidiosa, finché non la si elimina senza pietà.»
Tutto ciò che lei poteva fare era guardarlo male, le palpebre socchiuse mentre gli riservava occhiate d’odio. In realtà avrebbe voluto fare altro, e nemmeno lei capiva perché, ma sentiva l’impulso di lasciarsi andare, proprio come era solita fare con Mike. Con lui era stata felice, l'aveva fatta ridere… ma con Mal era tutta un’altra storia. Sentiva di… potersi lasciar andare come avesse trovato la ragione per cui si trovava al mondo.
Smise, senza nemmeno rendersene conto, di guardarlo male, e cominciò a osservarlo veramente. I capelli scuri gli coprivano metà del viso, un sorriso cattivo mostrava i denti bianchissimi e l’unico occhio che si vedeva – dato che l’altro era nascosto dal ciuffo – era attorniato da un bordo nero. Mal si accorse di questo cambiamento e ne rimase spiazzato. Perché aveva smesso di guardarlo male? Cos’era successo?
Le liberò le labbra dalla mano, ma continuò a trattenerla per il pugno, «Perché adesso hai quella faccia?»
Zoey non rispose, troppo occupata a osservarlo, mentre in lei qualcosa cambiava irreparabilmente. «Mal, perché sei così?»
«Ancora? Ti ho detto che…»
«Non sto dicendo che è sbagliato… ti sto chiedendo perché sei così.»
«Io…» Mal non sapeva cosa rispondere. «Io… ci sono nato, così.» Era la verità, non ricordava un singolo momento della sua esistenza in cui non fosse stato malvagio. La gente o lo odiava o lo temeva, nessuno lo aveva mai amato, ed era forse questo il motivo che lo aveva reso ancor più malvagio.
Zoey non disse niente, si limitò ad allungare la mano sinistra per carezzargli una guancia.
«Cosa… cosa stai facendo?» Mal era spaventato. Era una… una dimostrazione di affetto? Nessuno provava né dimostrava affetto nei suoi confronti, se non sua madre quando era stato ancora un infante.
«Ti senti solo, non è vero?» domandò lei dolcemente.
Mal, negli occhi di lei, vide amore, e pensò che probabilmente lo stava prendendo in giro. Lei amava Mike. E quel pensiero gli fece… male, cosa che lo stupì non poco.
«Tu… cosa…»
«So cosa vuol dire, sentirsi soli… Lo sono sempre stata, fino a che non ho partecipato a “Total Drama: La Vendetta dell’Isola”. Lì ho conosciuto quelli che ora sono miei amici… lì ho trovato Mike.»
In Mal cominciarono a farsi sentire sentimenti contrastanti: rabbia per ciò che lei provava per Mike, e senso di colpa per ciò che le aveva fatto strappandoglielo per sempre.
Il senso di colpa… era tornato. Quindi Mike… no, Mike non poteva più tornare, se n’era andato per sempre.
Con rabbia allontanò la mano di Zoey, «Aaaah, smettila!» urlò furioso, «Non fare finta di avere compassione, a me non serve la tua compassione, quindi vattene!» Avrebbe voluto urlare al mondo la sua frustrazione, «Vattene!»
Zoey allora fece come detto: si voltò, pronta ad allontanarsi, ma, prima di afferrare il maglione che era appartenuto a Mike, ci ripensò. Guardò il tessuto colorato e ricordò il sorriso del suo ex ragazzo, come lui era solito farla ridere, cosa sentiva per lui… e decise.
Si voltò si nuovo, guardando Mal allontanarsi. Le sue vecchie compagne di scuola lo avrebbero definito “una figura buia circondata da mistero”. Quelle ragazze amavano i cattivi ragazzi, cercavano il bad boy, mentre Zoey cercava il buono tra il cattivo. Era per questo che aveva scelto Mike, perché lui era stato buono. Eppure, i pensieri che ora le assillavano la mente non erano per nulla coerenti al suo modo di essere.
Sospirò, doveva farlo ora.
Si voltò di nuovo per afferrare la giacca, ma quando ritornò a guardare nella direzione in cui Mal si stava allontanando, non vide altro che buio. Un treno, intanto, passava sulle rotaie con un suono raschiante. Nell’attimo in cui aveva smesso di osservarlo, Mal era scomparso proprio come fosse stato un sogno.
Restò lì ancora per qualche minuto, in silenzio, per poi voltarsi ed andarsene, con un vuoto nel cuore. Quella che aveva perso, ora, era lei.

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Capitolo 2
*** A friend's advice ***


Zoey stava camminando nel buio della notte, diretta verso quella specie di orribile catapecchia in cui era costretta a vivere. Dopo aver ucciso Mike, Mal cominciò a cercarla, e lei non voleva avere niente a che fare con lui. Si era ritrovata a scappare lontano, senza le sue cose, rimaste a casa. Era riuscita a prendere solo qualche vestito ed il telefono. I soldi del milione che aveva portato con sé li aveva ormai finiti.
Ed ora eccola lì, al verde, a vivere in un condominio fatiscente, dovendo pagare più di ciò che aveva e con un lavoro al fast-food della città, da cui a malapena ricavava ciò che le serviva per vivere. Era tutta colpa di Mal, lo sapeva, ma ora non riusciva più ad odiarlo, era come se qualcosa di fondamentale, dentro di lei, fosse cambiato per sempre.
<< Hai qualche spicciolo? >> Chiese il vecchio barbone che viveva fuori del condominio, in un mucchio di stracci ed un scatolone di carta.
<< Io.. >> Si sentiva in colpa, a dirgli di no, ma cosa poteva fare? Non aveva niente con sé, in quel momento. << No, mi dispiace.. >> Si affrettò ad entrare nella hall del condominio e a salire velocemente le scale.
Quando entrò nel suo appartamento, andò dritta dritta a distendersi sul divano, dove prese a guardare la tv. Voleva distrarsi completamente.
Prese il telefono e compose il suo numero. Sperò che rispondesse, e le sue preghiere, per una volta, furono ascoltate.
<< Zoey! >> La voce di Heather squillò dall’altra parte della cornetta, era felice di sentirla.
<< Heather, ciao >> quella di Zoey invece era mogia mogia.
<< Cosa è successo? Ancora Mal? >>
<< Si.. Ma stavolta è successa una cosa.. Strana.. >>
<< Cioè? >> Heather sembrava veramente preoccupata. Lei e Zoey erano diventate amiche alla fine di Total Drama: All Stars, e si sentivano molto spesso.
<< Io.. >> Zoey sospirò, << Oggi ero vicino alle rotaie, dove c’è quel fiume grandissimo che sembra un mare >> lei stava spiegando, ma sapeva che l’amica non avrebbe capito, non aveva mai visto quella città. E per che mai avrebbe dovuto? Lei non era stata costretta a fuggire per colpa di un maniaco assassino. << Ed io.. Ho provato pena per lui.. Mal ha sofferto e.. >>
<< Oh no Zoey, non farlo, non pensarci nemmeno. Non puoi sempre salvare tutti, non puoi essere gentile con chiunque conosci. Zoey >> Heather era preoccupata al massimo, non poteva credere che l’amica fosse caduta nella trappola dopo aver passato tutto quel che aveva passato, << devi imparare che spesso la gente non è buona. Guarda me, io sono odiosa con tutti, con te sono gentile solo perché siamo amiche.. >>
<< E se lui fosse.. Gentile con me? Io potrei aiutarlo.. >>
<< Okay, no, forse ho sbagliato esempio. Allora.. Pensa ad Alejandro, lui non sarà gentile mai con nessuno, è un calcolatore, è cattivo fino al midollo. E Mal è pure peggio di lui. Non puoi credere alle sue menzogne, Zoey, ricorda che ha ucciso Mike. >>
A Zoey si frantumò il cuore. Non poteva credere di esserselo dimenticato così, in uno schiocco di dita. Era davvero una brutta persona, Mal la stava trasformando in una sua facsimile, e più tempo restava vicino a lui e più tempo lo pensava, a lungo termine sarebbe finita male. Ma non riusciva a non pensare a lui, a quei capelli castano scuro, a quegli occhi magnetici ed al suo sorriso cattivo. Tutto in Mal la faceva sentire strana, non spaventata, forse solo un pochino, più.. Propensa ad accettare il fatto che spesso la via dei buoni non è la più allettante. Aveva paura, ma allo stesso tempo sentiva di aver trovato quello giusto.
<< Zoey? Zoey, ci sei? >> Chiese Heather.
<< Si, scusami.. Hai detto qualcosa? >>
<< Si, ho detto che devi riuscire a tenerlo lontano da te, da quanto ho capito sta sera più o meno l’hai cercato tu, ma non devi rifarlo, stagli lontana e non appena hai finito con il lavoro torna e barricati in casa. Quel ragazzo è un male, persino il suo nome dice tutto. Avrà l’aspetto di Mike e saprà mentire bene, ma dentro, il suo cuore è marcio. Non sa amare, non cadere nella trappola, Zoey, capito? >>
Heather era triste, come se si aspettasse che Zoey non seguisse i suoi consigli ma ciò che il cuore le diceva. Si dice così, no? “Fai ciò che dice il cuore”, ma non sempre è la via giusta, ed in questo caso, era più che sbagliata, era la via per la tomba.
<< Va bene, Heather, lo farò. Ora >> Zoey fece una pausa, guardandosi intorno << vado a dormire perché sono stanca ed è tardi.. ‘Notte, Heather, ti voglio bene.. Ah e, saluta Gwen e Courtney da parte mia. >>
<< Certo, lo farò. >> Dalla fine dell’ultima stagione di Total Drama, le quattro erano diventate amiche, Gwen e Courtney erano come sorelle, sempre insieme, condividevano tutto, come Zoey ed Heather.
La ragazza spense il cellulare e lo posò sopra il piccolo tavolino accanto al divano, per poi spegnere la tv. Avrebbe voluto tenerla accesa, per sentire le voci ed immaginare di non essere sola in tutto quel casino, come quando delle volte andava a dormire dalle sue amiche, ma non aveva soldi per pagare, e quindi ci rinunciò. Almeno aveva l’mp3 e le cuffie. Andò in camera, aprì piano la finestra e sentì odore di scarico di auto. Sospirando la richiuse e, dopo aver preso le sue cose andò a farsi una doccia.
Lì, appena prima di aprire l’acqua, quasi ci ripensò. Era stata così vicina a Mal, da avere sui vestiti il suo profumo. Sapeva di aria di primavera, le ricordava una giornata che aveva passato in un boschetto nei pressi della grande casa dei suoi nonni, qualche anno prima. Si chiedeva perché non fosse scappata lì, invece di fermarsi in una città che sembrava fatta degli scarti delle esalazioni delle fabbriche newyorkesi.  Ricordò la grande casa dei suoi nonni, una villa immensa, completa di giardini e di boschi tutt’attorno; di giorno sentivi aria di primavera e di notte i versi degli abitanti dei boschi, era bellissimo per Zoey, un paradiso.
Quando arrivava l’inverno tutto si colorava di bianco, e la neve era talmente pura da sembrare provenire da uno dei racconti dei libri che leggeva nella grande biblioteca, luccicava ai raggi del sole. E lei e sua nonna passavano le mattine a lavorare in casa, per poi prendersi delle cioccolate e parlare per ore.
D’autunno invece, la mattina presto, la nebbia saliva è rendeva tutto più mistico e misterioso. Zoey si svegliava alle sei di mattina, e dopo aver preso tutto ciò che le serviva, partiva e si avventurava per i boschi. Aveva un grande orientamento, e per questo riusciva sempre a tornare a casa, era come se fosse nata per quei luoghi. Ma ora sapeva per che cosa era nata.
Zoey riportò alla mente il presente, l’acqua ancora aperta, che scendeva dal soffione della doccia, ormai bollente. Ricordò cosa doveva fare, ma ricordò anche di aver addosso l’odore di Mal. Era un dilemma senza soluzione, come poteva rinunciare alla traccia, alla certezza di aver avuto Mal così vicino? Ma doveva fare una doccia, era sudata e pure i vestiti erano sporchi. Non c’era altro da fare.
Entrò e chiuse le porte trasparenti che le permettevano di vedersi al grande specchio posto direttamente davanti alla doccia. Portò l’acqua ad un livello sopportabile per un essere umano, non voleva bollire viva. E si perse nei suoi pensieri; mentre alzava il viso i suoi capelli rossi le ricaddero sulle spalle, non più legati in codini. L’acqua aveva un effetto ristoratore per la sua anima contusa. Sentiva dolore al cuore, ed odiava provare sofferenza, ne aveva già provata troppa in passato per poterne sopportare ancora.
Quando uscì dalla doccia si avvolse il corpo nell’asciugamano color crema ricamato che si era portata da casa ed i capelli in quello lilla. Guardandosi allo specchio si accorse di non essere cambiata molto, seppur si sentisse una persona completamente diversa, dentro. Cosa le era accaduto? Come poteva trovare talmente attraente quel ragazzo? Mal era odioso, cattivo, senza cuore, ed aveva ucciso il suo ragazzo. In un certo senso, si rese conto che Mike e Mal erano fratelli, dopotutto anche Mike le aveva raccontato che lui e le altre personalità chiamavano Mal “il fratello cattivo”. << Quindi, ragionando su questa linea, io mi sto.. Innamorando del gemello cattivo di Mike.. Oddio >> Zoey poggiò il viso tra le mani, cosa stava facendo? Era completamente impazzita? Già stava cominciando a provare qualcosa per l’assassino di Mike, ed in più, l’assassino era il fratello del ragazzo che prima amava. Già “prima” perché ora non sapeva se amava ancora Mike.
Dopo qualche minuto, in cui restò li a piangere, con le lacrime che cadevano sul marmo del lavandino scheggiato, si riprese. Si asciugò i capelli, fece una treccia e si mise il pigiama verde di flanella. Aprì di un poco la finestra del bagno: cominciava a far caldo, lì dentro, e lei preferiva il freddo, da sempre.
Quando posò la testa sul cuscino bianco, le lacrime ricominciarono a scendere. Perché sbagliava in tutto ciò che faceva? Perché era così stupida da volere Mal?  Si voltò su un fianco, le braccia sotto il capo, mentre ancora piangeva
 
Zoey, il mattino dopo, si svegliò di malavoglia. Si vestì in fretta e si pettinò; doveva andare al lavoro. Raggiunse la cucina e fece colazione, in silenzio, nella più completa tristezza, finché non lo notò. Il cellulare era sopra il banco da lavoro della stanza. Com’era possibile? La sera prima l’aveva lasciato sul tavolino accanto al divano, com’era possibile che adesso fosse in cucina? I telefoni non si muovono da soli.
Tremante lo prese. Sul display era aperto un messaggio nella sezione bozze; la ragazza lo lesse in silenzio, lentamente:
 
Ciao mio bel fiorellino. Sai, hai una casa bellissima, certo, forse un po’ mal ridotta, ma è sempre una casa, no? Soprattutto ora, che hai dovuto lasciare la tua di fretta e furia.. Bè, succede, non trovi?
 
A Zoey cominciò a mancare l’aria. Com’era entrato in casa sua? Si alzò di corsa ed andò in bagno, dove trovò ancora la finestra aperta; ma non era possibile che Mal fosse entrato da lì, era impensabile. Chi poteva arrampicarsi fino al settimo piano ed entrare da una finestra a malapena aperta? Forse, dopotutto, aveva ragione Heather, doveva tenerlo lontano. Se riusciva ad entrare in casa sua in quel modo, poteva fare qualsiasi cosa. E se avesse tentato di farle del male mentre dormiva? Rabbrividendo, e non per il freddo, Zoey prese la borsa ed il telefono, senza cancellare il messaggio. Sentì il cellulare suonare per l’arrivo di un messaggio.

 
Non provare ad andare dalla polizia, mio dolce fiorellino.
 
Il numero era sconosciuto, ma sapeva che era Mal. Con un brivido di paura, uscì dall’appartamento, scese le scale e corse fuori, sotto la luce del giorno, diretta al fast-food, mentre, dietro di lei, Mal la guardava senza battere ciglio, con un sorriso inquietante sul volto.

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Capitolo 3
*** He's a killer ***


Zoey camminava a passo veloce, diretta verso il fast-food dove lavorava, si guardava intorno, spaventata di essere seguita, ma dato che non vedeva nessuno, credette di essere in salvo. In realtà era tutt’altro che al sicuro. Mal la seguiva, con discrezione, ma la seguiva comunque. Indossava pantaloni, felpa e scarpe nere, il cappuccio alzato sulla testa. I suoi occhi marroni la guardavano malevoli, cattivi come il sorriso inquietante che aveva sul volto.
<< Ehi, ciao >> la voce di una ragazza lo chiamò, e si sentì afferrare per un braccio. Come diavolo osava? Se la ritrovò davanti. Poteva dire che fosse carina: aveva capelli castani lunghi fino alle spalle minute, una bocca piccola e rosa, occhi grandi e profondi, di un bel colore castano, simili a quelli di Zoey, ma mai belli come quelli di Zoey.
<< Chi sei? >> Disse, con la sua voce cattiva e malevola, che fece sorridere la ragazza.
<< Io mi chiamo Micaela, piacere >> gli sorrise, provocante, e lui tenne a stento un conato di vomito, anche se sarebbe stato divertente vederla correre via piangente. Adorava spezzare il cuore alla gente; bè, oltre che le ossa, era chiaro.
<< Il piacere è tutto tuo, ma ora scusami, devo andare >> si scansò, e tornò indietro in tempo per vedere Zoey attraversare la strada. Sorrise, era troppo facile, non si divertiva nemmeno più a giocare con lei come gatto e topo.
<< Ehi, dove te ne vai? >> La ragazza ricomparve e gli si accostò, stringendogli un braccio.
<< Non sono fatti tuoi >> la voce di Mal era talmente cattiva che avrebbe spaventato chiunque, così come i suoi occhi che mandavano fiamme di rabbia.
<< Oh andiamo >> Micaela rise come un’oca giuliva, stringendo ancora di più il suo braccio. Lo stava trattenendo, lui doveva seguire la sua preda, osservare con attenzione tutti i suoi movimenti, non aveva tempo da perdere con quella stupida ragazza. << Io ho fame >> lo guardò negli occhi << ti va di andare a mangiare qualcosa? >>
Un’idea si illuminò, simile ad una lampadina che irradia di luce una stanza buia, come lo era ora la sua mente, senza la presenza ed i continui sussurri delle altre personalità. Le aveva fatte fuori tutte, ma si era divertito di più con Mike. Svetlana pianse solo, cosa che lo annoiava, Vito aveva cercato di fare il duro, ma anche lui era stato schiacciato come una mosca fastidiosa, Chester non s’era nemmeno reso conto di cosa stava succedendo, talmente era occupato a parlare tra sé come sempre. Manitoba aveva cercato di scappare, ma non poteva niente contro la grandezza di Mal, lui era più forte di tutti loro, ed alla fine era riuscito a sbarazzarsi della loro presenza.
<< Certo, dove vuoi andare? >>
<< Conosco un fast-food dove ci si può anche fermare a mangiare.. Ordiniamo un tavolo per due? >> Micaela ricordava di aver visto il ragazzo seguire la ragazza dai capelli rossi che lavorava al fast-food. Probabilmente c’era qualcosa tra di loro, perché vedeva come era impaziente Mal di seguirla, e siccome a lei piaceva molto, non avrebbe permesso a quella stupida ragazza di portarglielo via. Lei era molto più bella.
<< Ma certo >> Mal le sorrise, ed insieme a lei si avviò verso il fast-food. Dopotutto, forse, poteva usarla prima di sbarazzarsi di lei.
 
Zoey stava scrivendo sul block-notes le ordinazioni della donna davanti a lei, una cinquantenne sovrappeso dai capelli rossi e riccioluti, che stonavano incredibilmente con il viso. Aveva non tre menti, ma ben quattro, e la bocca era larga e scura. Quella donna incuteva timore, sembrava la strega di Hansel e Gretel, pronta a divorarsi, oltre che agli hamburger e le patatine fritte, anche Zoey.
<< Certo signora, arrivano subito >> disse Zoey mentre, dopo aver fatto un cenno del capo, la donna si allontanava. La ragazza si voltò e consegnò il foglietto a Shai, una ragazza bassa e magrissima dai capelli biondi che passava proprio in quel momento. Quando si voltò di nuovo, si ritrovò davanti una ragazza di media altezza dai capelli castani e dagli occhi marroni, che teneva stretto accanto a sé un ragazzo incappucciato.
<< Ciao! Cosa volete ordinare? >> Le toccava sempre fare la parte della dolce e gentile ragazza del fast-food che ordina il cibo dei clienti.
<< Hamburger ed una bibita.. Preferibilmente Coca-cola, grazie >> rispose la ragazza. La sua voce aveva qualcosa di fastidioso, come quando si ha un prurito sottocutaneo e non si riesce a farlo passare. << E tu, amore? >> Disse rivolgendosi al ragazzo avvolto nella felpa nera.
<< Io.. Prendo lo stesso che prende lei >> rispose una voce che Zoey conosceva bene e che le fece gelare il sangue nelle vene. Dalla sera prima erano cambiate molte cose. Certo, in parte lo trovava ancora attraente, ma adesso si rendeva conto che lui non era buono. Questo era il punto fondamentale che lei aveva dimenticato. Mal. Non. Era. Buono. Lo sapeva, ma non riusciva ad imprimerlo a fuoco nella mente perché quando ci provava, a tagliare via i ponti con i strani sentimenti che sentiva per lui quando lo pensava, sentiva una stretta al cuore e ricordava il lampo di dolore che aveva visto nei suoi occhi. Anche Mal era umano, seppur fosse uno tra i peggiori, un criminale, provava sentimenti. Provava dolore, aveva provato dolore, e Zoey non poteva dimenticarlo. Anche lei aveva sofferto in passato.
<< Cosa.. >> Balbettò, mentre Mal abbassava il cappuccio e scuoteva piano la testa, sorridendo cattivo come al solito.
<< Avanti, non servi i clienti? Devo chiamare il tuo superiore? >> Disse Micaela, ma Zoey non la sentiva, era troppo occupata a perdere lo sguardo negli occhi malvagi di Mal. Era talmente bello che le si stringeva il cuore, Mike non sarebbe mai stato così attraente come Mal. E Zoey sapeva benissimo perché. A rendere Mal così incredibilmente affascinante c’era l’aura di mistero e malvagità che lo circondava. Se Mike sembrava un dolce ragazzino, buono e gentile, Mal sembrava uscito da un film thriller, il classico assassino, che ti immagini lì davanti a te in una buia notte, armato di coltello e di un abbagliante e cattivo sorriso.
Micaela vedeva come la ragazza guardava Mal, e non poteva fare a meno di guardarla in malo modo, come si permetteva? Ora lui era lì con lei, avrebbe dovuto rinunciarci, lasciarlo alle spalle, qualsiasi cosa ci fosse stata tra loro due.
Ma Zoey non si accorgeva di nulla, era troppo occupata a guardare Mal alternando disgusto e odio a piacevole sorpresa.
<< Ehi, allora? Questa ordinazione? >> Micaela era stanca di quella ragazza. Lo aveva adocchiato lei Mal, non poteva comportarsi così. E poi, chi era lei? Una semplice cameriera in un fast-food, non avrebbe mai raggiunto il suo livello.
<< Si, scusatemi >> Zoey si riscosse, distogliendo gli occhi da quelli di Mal, per quanto erano rimasti a fissarsi? Lei non sapeva dirlo, ma per più di un minuto per certo. Scrisse le ordinazioni sul block-notes e le consegnò a Beck, un ragazzo alto e dagli scuri capelli neri con cui passava le pause pranzo.
<< Ecco, grazie di.. >>
<< Si, si, poche storie >> replicò Micaela, fredda ed arrabbiata.
<< Grazie >> disse la voce di Mal mentre i due si allontanavano per andare a prendere posto.
A Zoey pareva di essere in incubo.
 
<< Cavolo, quel ragazzo la sta ancora seguendo? >> La voce di Courtney era preoccupata al massimo, mentre la ragazza si posava una mano davanti alle labbra, spaventata.
<< Si, e lei è talmente stupida da cadere nella sua trappola. Dio, a volte giuro che prenderei Zoey a schiaffi, se solo potessi. >> Heather era furiosa, non poteva credere che Zoey fosse così sciocca. Come poteva credere anche solo ad una singola cosa di ciò che diceva Mal? Era forse impazzita? Lei credeva proprio di si.
<< Ma perché non va dalla polizia? >> Chiese Gwen con le mani tra i capelli verdi e neri.
<< Per lo stesso motivo per cui non ci è andata finora. Sappiamo tutti com’è Mal, cattivo fino al midollo. Se lo fermano e lo chiudono al fresco e poi riesce a scappare cosa credi che farà come prima cosa? La cercherà e la eliminerà. >>
<< Ma non può vivere così per il resto dei suoi giorni! È una cosa impensabile! >> Gwen era praticamente spaventata a morte.
<< Già, Gwen ha ragione, non può vivere così. Dobbiamo fare qualcosa. >>
<< Mi vuoi spiegare, Courtney, cosa possiamo fare noi? >> Replicò Heather in modo odioso. << Quello ucciderà anche noi! >>
<< E allora lasciamo che elimini solo lei? >>
<< No, certo che no! Zoey è la mia migliore amica. E poi >> Heather guardò Courtney, << pensaci, finora è riuscita a restare viva. Io credo che Mal non voglia ucciderla, altrimenti l’avrebbe già fatto. >>
<< E allora cosa sta facendo? Cosa vuole? >> Gwen era poggiata con le braccia al pianale di legno che divideva a metà la cucina, esasperata.
<< Sta giocando con lei, non ha intenzione di ucciderla, almeno per ora. Lui >> Heather parlava con completo disprezzo nella voce << si sta divertendo. >>
<< Ma non possiamo lasciarglielo fare! >>
<< Lo so, ma non possiamo fare niente se non sperare che lui continui a divertirsi. >>
Le tre ragazze si guardarono, in silenzio, più preoccupate che mai.
 
Nel frattempo Zoey stava tornando a casa, mentre il sole ormai si avviava a tramontare.
<< Ehi, Zoey >> esordì la voce di Beck.
Si voltò e se lo trovò davanti, sorridente. << Beck.. >>
<< Ti dispiace se ti accompagno a casa? >>
<< Ehm.. No.. >> Zoey sorrise, anche se non avrebbe dovuto accettare.
Si avviarono fianco a fianco. Ogni tanto Zoey gli lanciava occhiate: Beck aveva capelli neri legati in una lunga treccia, pelle olivastra ed occhi profondi ed azzurri; per metà era cherokee.
<< Conoscevi quel ragazzo? >>
<< Quale ragazzo? >> Zoey deglutì a fatica, non poteva parlargli di Mal, lo stava già mettendo in pericolo permettendogli di accompagnarla, ma poiché voleva almeno l’illusione di essere al sicuro, aveva accettato, comportandosi da egoista.
Nel frattempo, Mal li seguiva, osservando bene ogni loro mossa. Si sentiva strano, sentiva il bisogno di allontanare quel ragazzo da Zoey, e quasi andò da loro. Riuscì a trattenersi, ma in quell’esatto istante Zoey si voltò: erano arrivati davanti al suo condominio. Di fretta andò a nascondersi. Nemmeno lui sapeva come era riuscito a sbarazzarsi di Micaela, l’importante era che ora non gli dava più fastidio. Purtroppo non era riuscito ad ucciderla, ma faceva niente.
Zoey salutò di fretta il ragazzo e corse dentro al condominio.
Mal, dopo un’attenta occhiata a Zoey, decise di seguirlo.

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Capitolo 4
*** He's her worst enemy ***


Mal seguiva il ragazzo, Beck, con grande attenzione. Osservava ogni singola mossa che faceva, come un cacciatore con la sua preda, inconsapevole di essere seguita. Rise piano, non aveva idea di cosa gli sarebbe successo, nessuno poteva toccare la sua Zoey.
Beck aprì la porta ed entrò in casa, senza chiuderla a chiave. Oh, grosso errore.
Mal gli avrebbe fatto vedere cosa vuol dire mettersi conto di lui. Pensava che fosse un gioco? Pensava veramente di poter piacere a Zoey? Mal rise piano, provava quasi pietà per quello stupido ragazzo.. Non sapeva che quel giorno sarebbe stato l’ultimo che avrebbe vissuto sulla Terra.
Piano, lentamente, nel più completo silenzio quasi come fosse stato un fantasma, Mal si diresse verso la porta e girò la piccola maniglia rotonda arrugginita dal tempo ed entrò in casa. Ciò che lo colpì come prima cosa fu il buio della stanza, non vedeva ad un palmo di naso, ma a lui non faceva differenza, era capace di orientarsi alla perfezione nell’oscurità, come un gatto. Era questo che lo rendeva più pericoloso di qualsiasi altro semplice assassino. Lui non era come gli altri, e perché mai avrebbe dovuto esserlo? Era superiore. La seconda cosa che lo colpì fu l’odore, di scarico di auto e benzina; probabilmente si trovava nel garage o in qualche stanza adibita. Usando la sua perfetta vista, Mal si diresse alle scale, salì i gradini ed aprì la porta, che piano cigolò. Fortunatamente anche la cucina era buia e vuota, e per questo riuscì a non farsi sentire. Con un sorriso cattivo entrò nella stanza, e guardandosi piano intorno, stando attento a non cadere, raggiunse un’altra scala, molto più lunga, che portava ai piani superiori. Così era fin troppo facile, sembrava che il ragazzo volesse farsi uccidere. Mal scoppiò piano a ridere, Beck avrebbe imparato una volta per tutte; i suoi genitori non gli avevano insegnato che non si toccano i giochi degli altri?
Quando arrivò al piano di sopra, si trovò in un corridoio illuminato solo dalla luce della luna che proveniva dalla finestra dietro di lui dal vetro sfaccettato. Alle pareti incolore erano appesi dei quadri rappresentanti vasi di fiori o paesaggi. Ne contò in tutto quattro. Come pavimento era sistemata una moquette color beige, ruvida al tatto, che gli permise di non fare il minimo rumore. Era forse il giorno del suo compleanno?
Piano, si guardò intorno. C’era una porta a destra ed una a sinistra, entrambe alla fine del corridoio. Dove poteva essere Beck? Optò per quella di sinistra e si avviò. Il legno era bianco e la porta era decorata, la maniglia color oro e fredda al tatto. Mal aprì piano, molto lentamente, cercando di non fare baccano, la porta ed entrò. Ci volle qualche secondo ai suoi occhi per abituarsi. Sulla parete opposta da dove si trovava lui c’era una finestra non molto grande, da cui entrava la luce della luna ormai alta nel cielo. Appena sotto c’era un piccolo scaffale pieno di prodotti per il corpo; alla sua sinistra c’era un lavandino ed un mobile pieno di asciugamani colorati. A quanto pare aveva sbagliato stanza: era il bagno.
Uscì ed attraversando il corridoio, si diresse all’altra stanza, con un sorriso da far gelare il sangue nelle vene sul viso.
 
Beck stava disteso sul suo letto, tra le calde coperte, e pensava a Zoey. Quella ragazza era strana, molto strana, ma aveva un fascino tutto suo, e lui non poteva negare che avesse anche un ascendente su di lui. Avrebbe voluto sapere chi era quel ragazzo che quella mattina era venuto al fast-food; aveva visto in che modo si erano guardati lui e Zoey, e non gli era piaciuto per niente. Quel ragazzo aveva qualcosa che non andava, il suo sorriso era inquietante, i suoi occhi bordati di nero incutevano timore, e quando ti guardava sembrava scavarti dentro, fino a raggiungerti l’anima, e sapeva che se lui fosse stato capace di farlo veramente, nessuno sarebbe stato più al sicuro. Non sembrava una persona affidabile e normale, anzi, quasi non pareva una persona! Beck era riuscito a vedere un’ombra strana nei suoi occhi marroni, come se nei retrocessi delle sue iridi ci fosse stato un fuoco acceso e vivo che lui alimentava con la violenza. Chiunque avrebbe capito che non era sicuro per se stessi stargli vicino, eppure quella ragazza castana gli stava appiccicata, come volesse fondersi con il suo braccio, ed aveva visto l’espressione di Zoey. Lei provava qualcosa per quel ragazzo, eppure era strano, perché pareva contenta di vederlo, eppure al tempo stesso così spaventata. Aveva notato anche una traccia d’odio negli occhi marroni di lei.
Piano strusciò la guancia contro il cuscino bianco. Zoey non aveva voluto spiegargli chi fosse quel ragazzo, ma a lui pareva di aver sentito dire alla ragazza che lo accompagnava che si chiamava Mal. Che razza di nome era Mal? Sembrava quasi.. No, anzi, era completamente giusto per lui. Un nome strano per un ragazzo strano, un nome malvagio per un ragazzo malvagio.
Sospirò piano, e quasi prese un infarto quando sentì la voce parlare.
<< Nessuno ti ha insegnato che non si toccano i giochi degli altri? Eh? Mamma e papà dovrebbero vergognarsi. >>
Beck si voltò di scatto, verso la porta, da dove credeva provenisse la voce, ma proprio quando i suoi occhi si adattarono e videro che non c’era nessuno, un mano gli prese il colletto della maglietta bianca e lo buttò a terra.
<< Quale parte del messaggio non hai capito? Non hai visto come mi guardava? Lei è off-limits per te, non provarci nemmeno! Cosa credi di fare? Di essere alla mia altezza? >> Mal si divertiva come non mai, sentiva l’odore della paura e quel profumo gli inebriava la mente, rendendo tutto ancora di divertente.
<< Chi sei? >> Beck sentiva in bocca il sapore del sangue, probabilmente si era morso quando lo sconosciuto l’aveva buttato a terra.
<< Il tuo peggior incubo >> rispose l’altro, << ma comunemente mi chiamano Mal. >>
<< Mal? >> Beck trasalì, allora aveva avuto ragione a pensare che quel ragazzo fosse un criminale! Aveva indovinato, ma in quel momento, più che in qualsiasi altro, avrebbe voluto sbagliarsi.
<< Si, bel nome, vero? >> Scoppiò a ridere. << Mentre il tuo.. Beck.. Bè.. Non possiamo dire che sia dei migliori.. Come la tua faccia.. Od il tuo cadavere, quando avrò finito con te >> grugnì, lo afferrò per la maglia e lo scaraventò contro la porta. Beck sentì un dolore acuto alla spalla, e quando tentò di muovere il braccio, acute fitte di dolore gli corsero giù fino alle punta delle dita. Aveva le mani sudate, non riusciva a deglutire, e tutto ciò a cui riusciva a pensare era di essere in un grande, in un enorme casino. Quel pazzo voleva ucciderlo! E solo perché aveva parlato con Zoey!
<< No, fermo! Io.. Io ho solo parlato con lei, non ho fatto niente, non l’ho toccata.. Io.. >> Beck balbettava, mentre guardava negli occhi Mal. La figura nera si avvicinava a lui, con passo lento, cadenzato; Beck era convinto che lo facesse apposta, non voleva solo ucciderlo, voleva prima divertirsi.
<< Oh, ma lo so >> rispose Mal con un ghigno, << il problema è che non avresti dovuto fare nemmeno quello. >>
<< Io.. >>
<< Hai sbagliato, ed ora ne pagherai le conseguenze. Di prima persona >> la voce di Mal era limpida, bella. Beck ad un tratto si accorse cosa stava facendo: dalla manica del maglione nero, Mal estrasse una lama che luccicò ai raggi della luna che entravano dalla finestra chiusa. Non c’era nessuno che potesse aiutarlo.
<< Non c’è nessuno che può aiutarti, è inutile che guardi fuori dalla finestra. >> Fece eco Mal ai suoi pensieri, come se gli avesse letto nella mente.
<< Io.. Per favore, non mi avvicinerò più a lei, non lo farò. Starò lontano da Zoey. Lascerò la città se vuoi, ma non.. >>
<< Oh, sono convinto che lo farai >> Mal sorrise, e dopodiché si avventò contro Beck, con il coltello affilato nella mano sinistra. Affondò la lama più volte nel petto di Beck, e stette lì a guardare, mentre il ragazzo rantolava, nei suoi ultimi momenti di vita. Il pavimento cominciava a sporcarsi di sangue, mentre una grande chiazza rossa si espandeva sotto il cadavere.
Mal sorrise, << Oh ma che peccato, la moquette s’è sporcata >> scavalcò il corpo ormai senza vita di Beck ed uscì dalla casa, nella più totale tranquillità. Stava fischiettando.
 
Zoey si svegliò di soprassalto, sudata, con i capelli rossi appiccicati al volto. Al collo portava ancora la sua collana preferita, quella che sua madre le aveva regalato per il suo sedicesimo compleanno. Si passò le mani tra i capelli, e quando le guardò notò che tremavano violentemente. Sudava freddo e sentiva l’incombente bisogno di alzarsi e correre fuori, lontano da quel luogo maledetto. Non importava che fosse in pigiama e che fuori facesse freddo, lei doveva avere anche solo la minima parvenza di essere al sicuro, che tutto quell’incubo fosse esattamente soltanto un incubo creato dalla sua mente iperattiva. Ma sapeva di non poterlo fare, non c’era un posto sicuro dove scappare, perché dovunque fosse andata Mal l’avrebbe trovata. E se fosse andata dalla polizia sarebbe stata ancor più in pericolo di prima, non aveva chance di salvarsi. Poteva solo sopportare ed aspettare.
La cosa strana era che tutto sommato, si sentiva meno.. Rabbiosa, vendicativa, spaventata di prima. Certo, provava un grande timore nei confronti di Mal, ma sentiva anche dei nuovi sentimenti. Lui aveva sofferto, esattamente come lei, e non poteva scordarlo. Zoey tentava di salvare sempre tutti, non poteva abbandonare nessuno che fosse in difficoltà. Era fatta così, e per quel motivo Mike si era innamorato di lei. Sentì una stretta al cuore. Da quando provava quei nuovi sentimenti per Mal pensava spesso a Mike, e si sentiva in colpa. Cosa avrebbe detto se l’avesse vista? Zoey era sicura che l’avrebbe odiata e disprezzata, e l’avrebbe guardata con delusione. Gli avrebbe spezzato il cuore. Ma ora Mike non c’era più, non aveva un cuore che potesse essere spezzato, e a lei non restava che un’unica persona. Il suo peggior nemico.

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Capitolo 5
*** The suspect ***


Il giorno dopo Zoey si svegliò di malumore, era triste, aveva pianto tutta la notte pensando a Mike ed a Mal, e chiamò Heather per trovare un po’ di conforto.
<< Pronto? >> Rispose la voce di Gwen.
<< Gwen, ciao >> Zoey tirò su col naso e si asciugò con la manica del pigiama. Faceva altamente ribrezzo, ma era troppo sconvolta per alzarsi, sapeva che se si fosse messa in piedi sarebbe caduta.
<< Ehi, che hai? >> La ragazza mise in vivavoce e le voci di Heather e Courtney si fecero sentire.
<< Io.. Ciao, ragazze.. >> Disse Zoey mentre si posava una mano sugli occhi. La pelle era fredda e diede sollievo ai suoi occhi gonfi per qualche secondo.
<< Zoey, cosa è successo? Mal ha fatto qualcosa? >> Heather era visibilmente arrabbiata, sembrava pronta alla lotta. Zoey se la immaginò prendere a pugni Mal e sorrise.
<< No, non è colpa sua questa volta. >>
<< E allora che è successo? >>
<< Io.. Mi sento in colpa.. >>
<< Cosa? >> Era Courtney, visibilmente confusa. << In che senso? Nei confronti di chi? >>
<< Io.. Provo qualcosa per Mal. >>
<< Cosa?! >> Urlarono tutte e tre. << Ti avevo detto di stare attenta e di non cadere nella sua trappola, e tu cosa hai fatto? Ti ci sei buttata a capofitto. Diamine, a volte non ti capisco proprio! >>
<< Non ho fatto nulla.. È.. Un sentimento naturale.. L’ho visto sofferente.. >>
Heather sospirò, era inutile discutere con lei, quando Zoey si metteva in testa una cosa era impossibile farle cambiare idea. Peggio di Courtney.
<< E cosa c’entra il senso di colpa? >>
<< Nei confronti di Mike. Io mi sto innamorando del suo assassino.. Se mi potesse vedere sarebbe schifato da me.. >>
<< No, non dire così >> era Gwen. Gwendoline tra le sue tre amiche era la più gentile, lasciava l’acidità e la l’odiosità a Courtney ed Heather.
<< Ma è vero, io mi sto innamorando del suo aguzzino, del mio.. E del suo peggior nemico. >>
<< Capita a tutti di fare errori >> Heather ora sembrava triste.
<< Ma non grandi come questo >> replicò scorbutica Zoey nell’esatto istante in cui il campanello alla porta suonò. << Scusate, devo andare, ho ospiti >> le quattro si salutarono, Zoey posò il cellulare sul comodino di legno scuro e dopo essersi messa una vestaglia andò alla porta. Ciò che si trovò davanti, la scioccò al massimo.
<< È lei la signorina Zoey Davids? >> Chiese l’uomo in divisa.
<< Si? >> Come mai quegli uomini erano lì da lei? Non aveva fatto nulla.. Neppure nel suo giorno libero poteva stare tranquilla..
<< Deve venire con noi in centrale >> rispose l’altro, più basso e tarchiato.
<< Perché? Cosa è successo? >> Zoey era spaventata a morte, che c’entrasse Mal? Era possibile, anzi, anche molto più che probabile.
<< Venga con noi >> i due poliziotti la afferrarono per le braccia e la trascinarono verso di loro, finché non si ritrovò fuori dall’appartamento.
<< Ehi, che diavolo! >> Urlò lei. << Certo, vengo con voi, Dio! Lasciatemi almeno prendere la borsa ed il telefono! >> Mentre tornava in casa, sentiva i loro occhi piccoli e sicuri fissi sulla sua schiena. Erano inquietanti come poliziotti, ma cosa poteva aspettarsi da quell’orribile città che sembrava la fusione tra tutti i prodotti di scarto dell’umanità? Persino la gente sembrava uno scarto. Finora non aveva trovato nessuno di simpatico oltre a Shai e Beck. Prese il telefono e nell’esatto momento in cui stava per scrivere un messaggio a Heather, per dirle cosa stava succedendo, la voce del poliziotto alto la chiamò.
<< Allora, quanto ci mette?! >> Era visibilmente irritato.
<< Si, scusate >> rinunciò, mise il telefono dentro la borsa appesa alla sedia vicino all’armadio e velocemente si vestì. Quando tornò da loro, i due la fulminarono con un’occhiataccia, per poi condurla all’auto della polizia.
Intanto, Mal se ne stava appollaiato come un uccellaccio del malaugurio, sempre vestito di nero e con un’evidente espressione di disapprovazione in volto. Come osavano portare via Zoey? Bè, era naturale, lei era l’ultima ad aver visto Beck. Forse Mal aveva sbagliato a chiamare in anonimo da una cabina telefonica dicendo di aver visto una figura introdursi in casa di Beck ed uscirne sporca di sangue. Ma voleva che il mondo vedesse la sua opera, la sua opera d’arte.
Continuò ad osservarli finché la macchina non scomparì nel traffico, allontanandosi. Si sistemò bene sul grande ramo dell’albero ed aspettò.
 
<< Lei conosce questo ragazzo? >> Chiese la voce del detective assunto dalla polizia. Sul tavolo, davanti agli occhi di Zoey, c’era la foto di Beck.
<< Si, lo conosco, è Beck >> disse guardando l’uomo negli occhi. << Perché? Come mai sono qui? Perché nessuno vuole dirmi cosa sta succedendo? >>
<< Questa mattina presto è stato trovato il corpo senza vita di questo ragazzo >> il detective indicò la foto, ed a Zoey mancò l’aria. Beck era morto? Osservò bene l’uomo: aveva folte sopracciglia grigie, radi capelli castani punteggiati di ciuffi bianchi e la pelle del viso era macchiata, sulla guancia destra, da una voglia a forma di ellisse. Non sembrava stesse minimamente scherzando.
<< Cosa? No, Beck è morto? >> Non poteva crederci, Beck era veramente morto! Sapeva che era stata colpa sua, e sapeva anche il colpevole del suo assassinio.
<< Si, è stato trovato in queste condizioni >> l’uomo mostrò a Zoey una foto del corpo, accasciato contro lo stipite di una porta, con gli occhi aperti ed i capelli neri sciolti. Indossava una maglia bianca a maniche corte sporca di rosso scuro sul torace. Si potevano distinguere i punti in cui l’arma lo aveva colpito.
<< Sapete chi è stato? Con cosa l’hanno ucciso? >>
Il detective sospirò, << No, non sappiamo chi è stato, ma sappiamo che lei è l’ultima ad averlo visto, e vogliamo sapere cosa è successo. >>
<< Io.. Niente.. Beck si è offerto di accompagnarmi fino a casa ed io ho accettato. Poi, quando siamo arrivati io l’ho salutato e sono subito corsa nel condominio. >>
<< E perché così di fretta? >>
Zoey non ci pensò nemmeno su, non poteva dire loro di Mal, anche se così avrebbe svelato chi era l’assassino; in parte non voleva che lui fosse chiuso in una cella, senza poter essere libero, è dall’altra aveva paura che lui potesse fuggire e trovarla. Era anche vero, però, che finché Mal restava libero poteva uccidere chiunque. Niente fermava la sua malvagità, la sua anima era nera. Ma il nero era il colore preferito di Zoey.
<< Io ero stanca, al lavoro era stato molto impegnativo. >>
<< Come mai? >> Il detective insisteva a farle domande, gliene faceva una nuova ogni volta che lei finiva di parlare.
<< C’erano stati molti clienti. >>
<< Dove lavora, signorina? >> Prese la penna e la guardò, pronto a scrivere sulla cartella che teneva davanti a sé, sopra il freddo banco di metallo.
<< Al fast-food in centro.. Sa.. >>
<< Si, lo conosco. E.. Come mai lavora lì? >>
<< Sono arrivata in città un mese fa, e questo è il primo ed unico lavoro che ho trovato, perciò mi sono accontentata. >>
<< Da dove viene? >>
<< Vivevo a Seattle. >>
<< E come mai si è trasferita qui? Cosa l’ha condotta proprio in questa città? >>
<< Avevo bisogno di tranquillità >> mentì. Per Zoey non era un problema, mentire, se era in una situazione che richiedeva questa capacità, lei usava tutto ciò che aveva imparato durante gli anni trascorsi a studiare per i corsi di teatro. Era molto brava.
<< E come mai proprio qui? >> Insistette il detective, a quanto pare non credeva ad una singola parola di quel che lei diceva.
<< È il primo luogo che ho trovato dopo aver finito i soldi che avevo con me. Mi serviva un posto dove stare per guadagnare ciò che mi serviva per tornare a casa mia. >>
<< Ed è riuscita a trovare i soldi? >>
<< No, purtroppo ancora no. >>
<< Bene.. Un’ultima domanda, signorina, dov’era ieri sera alle ore 21:30? >>
<< A casa mia, a dormire. >>
<< C’è qualcuno che possa provarlo? >>
<< Ehm.. No, non credo.. >> Zoey si rese conto di essere immersa nei casino fino alle orecchie. Se avessero sospettato di lei, più di quanto non facessero già, l’avrebbero chiusa in prigione, e lei non ci teneva. Era vero però, anche, che così sarebbe stata libera dalla paura per la costante presenza di Mal nella sua vita.
<< Bene >> il detective sospirò e si alzò, allungò una mano dalla pelle ruvida e Zoey, dopo essersi alzata a sua volta, la strinse. << La chiameremo dopo che avremo trovato nuovi indizi. >>
<< Va bene.. >> Un poliziotto arrivò e la condusse fuori, ma prima di essere uscita si voltò e chiese: << Con cosa è stato ucciso Beck? >>
<< Con un coltello. >> Rispose la voce impassibile del detective, come ormai ci fosse stato abituato, e probabilmente era così, in quella città. Zoey si allontanò in silenzio, scortata da un uomo alto e magrolino, mentre pensava a Mal ed al suo coltello preferito. Lo nascondeva nelle maniche delle felpe, così da poterlo estrarre in caso di bisogno.
 
Mentre camminava si perse nei suoi pensieri, finché non sentì il cellulare suonare. Quando guardò il display e notò il numero si accigliò. Come mai la chiamava? Non si sentivano da moltissimo tempo!
<< Pronto? >>
<< Ciao, Zoey! >> Disse la sua voce, sempre felice.
<< Cameron! Come stai? È molto che non ci sentiamo >> fece finta che tutto andasse bene anche se non avrebbe voluto mentire a Cameron.
<< Tutto bene qui, Zoey.. Senti, devo chiederti una cosa.. >>
<< Si? >>
<< Tu stai ancora con Mike? >> Si ricordò che nessuno gli aveva detto che Mike non c’era più.
<< Ehm.. Cameron.. C’è una cosa molto importante che devo dirti. >> Si sedette su una panchina accanto ad un grande albero al centro del grande marciapiede, davanti al negozio di ferramenta.
<< Si? >>
<< Mike.. Mal.. Lui ha.. >>
<< Mal è tornato? >> Ora la sua voce era visibilmente preoccupata.
<< In un certo senso.. >>
<< E Mike ogni tanto torna in sé? >>
<< Cameron.. >> Era difficile dirglielo, ecco perché nessuno l’aveva avvertito, lui e Mike erano molto amici, e lei si sentiva male al solo pensiero di far soffrire quel povero ragazzo.  << Mike.. Mike non c’è. >>
<< In che senso non c’è? >>
<< Mal ha cancellato tutte le altre personalità. >>
<< Ma Mike non è una personalità, era Mal.. >>
<< No, il corpo è di Mal.. Mike era una personalità nata dai sensi di colpa che lui provava. >>
<< Cosa? Ma.. >>
<< Cameron, Mike non c’è più.. >> Zoey si sentiva mortificata.
<< Io.. Quanto tempo fa è successo? >> Chiese, improvvisamente arrabbiato.
Dopo un momento di silenzio Zoey rispose: << Tre mesi fa. >>
<< E nessuno si è preoccupato di dirmelo? Di avvisarmi che il mio migliore amico era morto?! Chi altro lo sapeva? >>
<< Solo Heather, Gwen e Courtney. >> Zoey aspettò la risposta di Cameron, ma non sentendo parole ma solo silenzio dall’altra parte della cornetta si preoccupò. << Cameron? >>
<< No, Zoey. Non me l’aspettavo da te. >> E detto questo chiuse la chiamata. Perfetto, meglio di così non poteva andare, era costretta a scappare da Mal, la polizia la credeva colpevole di un assassinio ed ora Cameron la odiava. Sbuffò, si alzò e si diresse a casa, con un grande peso sul cuore.
 
Quando aprì la porta notò che tutto era buio, strano, perché non aveva tirato le tende davanti alle finestre quando se n’era andata.
<< Ciao >> disse la sua voce, mentre la piccola lampada sul tavolino accanto al divano si accendeva con un click.
<< Mal! >> Zoey si appiattì contro la porta d’entrata del suo appartamento. << Come diavolo sei entrato? >>
<< Mai sottovalutare le mie capacità >> replicò lui, con un tono molto diverso dal solito. Si stava annoiando.
<< Cosa vuoi? Perché sei qui? >> Urlò, e poi si ricordò di Beck, della foto del suo cadavere. << Hai ucciso Beck! L’hai ucciso! >> Lanciò la borsa lontano e si avventò su di lui, che in una singola mossa la fermò, la buttò a terra e la bloccò lì. Gli occhi di Zoey erano agganciati a quelli di Mike, e non poteva distoglierli.
<< Zoey >> le disse, i loro volti erano a pochi centimetri uno dall’altro, ed alla ragazza cominciava a mancare l’aria ed a battere forte il cuore, e non per la paura.
<< Cosa? >> Sentiva la sua voce flebile, mentre non riusciva a deglutire; si sentiva la gola secca, mentre gli occhi marroni di Mal la guardavano e le sue labbra si muovevano. Si rese conto che sorrideva, si era accorto del modo in cui lo guardava. Zoey sapeva di avere le guance tutte rosse.
<< Dobbiamo andarcene >> disse.
<< Cosa? >> Ripeté lei, ora scioccata. << Perché? >>
<< La polizia crede che sia tu la colpevole, non è così? >>
<< Si, ma.. Come fai a saperlo? >>
<< Naturale >> Mal scosse le spalle, mentre era ancora lì, a pochi centimetri da lei.
<< E.. Ma.. Perché “dobbiamo andarcene”? >>
<< Quelli ti credono colpevole, non c’è nessun’altro indiziato. E se mai scoprissero che tu non sei l’assassina, ti darebbero la colpa comunque solo per chiudere il caso, fidati, so come funziona. >>
<< Ed allora, se non vuoi che incolpino me consegnati e dì la verità, dì che sei stato tu. >>
<< Scherzi, vero? >> Mal scoppiò a ridere, e Zoey trovò la sua risata estremamente bella. << Io non lo farò. >>
<< Ma.. Così.. >>
<< No, non ti chiuderanno in galera, non lo permetterò. Tu vieni con me. >>
<< Dove? >> Zoey alzò piano la testa, così che lo spazio tra i loro volti fosse ancora di meno.
<< Lontano. >>

 

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Capitolo 6
*** Is this a fraternal love? ***


<< Lontano? >> Chiese Zoey mentre apriva le ante dell’armadio. Mal era seduto sul suo letto, ed ad un tratto, altamente incurante che non fosse la sua stanza, si distese, con le braccia sotto alla testa. Zoey gli lanciò un’occhiataccia e a malapena riuscì a trattenersi dal sorridere. Era così bello!
Si voltò verso l’armadio, e cominciò ad estrarre ogni vestito per poi sistemarli sul letto in pile, mentre Mal la guardava. Anche lei ai suoi occhi era così bella..
Piano, lui si tirò su e si sedette a gambe incrociate, dopo aver tolto le scarpe. Cominciò ad aiutarla a ripiegare i vestiti. Lei gli lanciò un’altra occhiata.
<< Come mai mi aiuti? >>
<< Sei lenta >> replicò lui.
<< Grazie >> lei si posò le mani sui fianchi, mentre lo guardava malamente.
<< Che c’è? >> Lei scosse la testa, con un sorriso, quel ragazzo era incredibile.
 
<< Quando partiamo? >> Gli chiese Zoey mentre sedeva al tavolo.
<< Stanotte >> rispose lui sicuro mentre posava i gomiti sul tavolo ed il viso tra le mani. << Non dobbiamo farci vedere.. Probabilmente ti starano tenendo d’occhio. >>
<< Ma come facciamo a scappare se tengono d’occhio il condominio? >>
<< Tu sottovaluti le mie capacità, Zoey >> rispose lui con un sorriso, e lei si sentì le guance andare in fiamme. Ringraziò mentalmente Dio per il fatto che la stanza fosse poco illuminata così che Mal non potesse accorgersi del rossore.
<< Ma anche se riusciamo a scappare.. Dove andiamo? >> Zoey era preoccupata al massimo, dopotutto era lei a rimetterci se fallivano, no? Era convinta che Mal se la sarebbe data a gambe levate, lasciandola da sola nei casini. Lo sapeva, perché Mal era fatto così, lui non si preoccupava dei problemi altrui, non aiutava a risolverli, anzi, faceva di tutto per ingigantirli, e rimaneva li a guardare, divertito, mentre il tuo mondo andava in pezzi. Erano così diversi.. E Zoey odiava la gente come Mal.. Eppure, quando lo guardava, quando sentiva la sua voce, quando pensava a lui, il suo cuore cominciava a battere a mille, impazzito.
<< Prenderemo un treno >> rispose solo lui, per poi perdersi a guardarsi le mani fin troppo curate per appartenere ad un ragazzo ed ad un assassino come lui.
<< Hai i soldi per i biglietti? >> Mal la guardò inarcando un sopracciglio, come per chiederle se stesse scherzando.
<< Ovviamente no >> rispose per poi poggiarsi allo schienale della sedia di legno, sembrava annoiato. Ed anche lei lo era, dato che avrebbero dovuto aspettare la sera per scappare da quell’appartamento circondato da poliziotti che la tenevano d’occhio per arrivare alla stazione, dove sarebbero dovuti salire su un treno senza nemmeno avere dei soldi per il biglietto o idea della destinazione. Bè, forse finché ne aveva l’occasione se lo poteva permettere d’essere annoiata.
<< Ed allora come facciamo a salire in treno, geniaccio? >> Replicò lei acida come Heather, e lui sorrise. Solitamente chiunque si fosse comportato così con nei suoi confronti sarebbe morto, ucciso da lui grazie al suo amato coltello, che portava sempre con sé. Ma c’era qualcosa in quella ragazza che Mal non riusciva a spiegarsi, le permetteva di.. Affrontarlo. Glielo lasciava fare, anzi, era pure contento quando lo faceva, perché si sentiva più umano, più normale, cosa che lui mai e poi mai avrebbe potuto essere. I motivi per cui l’aveva seguita in tutto erano tre. In primo luogo, non voleva lasciarla andare, lasciarla libera di dire ciò che sapeva che lui aveva fatto, ergo uccidere Mike. In secondo luogo, lui provava qualcosa per lei, non sapeva dire quando fosse giunta quella novità, e non sapeva dire nemmeno che tipo di sentimenti fossero.. Poteva trattarsi di affetto fraterno oppure di semplice affetto, o magari vero e proprio amore. Mal non lo capiva, non era mai stato un asso nel campo dei sentimenti, anzi, il suo talento si limitava ai campi dell’uccidere, dello squartare e a volte anche del rapire.. L’aveva fatto una volta, e poi aveva ucciso la ragazzina. La polizia ancora cercava il colpevole. Sorrise tra sé. In terzo luogo, lei l’affascinava, era diversa. Se lui l’avesse messa a confronto con una qualsiasi altra ragazza, avrebbe visto che niente, ma proprio nulla avrebbe potuto essere, nemmeno in minima parte, comparato a Zoey. Lei era speciale, e Mal apprezzava la diversità.
<< Semplice. Noi non saliremo su un treno passeggeri, ma su un treno merci >> cominciò a sfiorare i ricami della piccola tovaglia posta al centro del tavolo rotondo della cucina.
<< Cosa?! >> Zoey era scioccata. << E precisamente come hai intenzione di salire sul treno merci? Ti aspetti che lascino i vagoni aperti solo per te?! >>
Lui la fulminò con lo sguardo. << Ovviamente sono già andato a controllare, geniaccio. Ho visto che i treni merci qui passano ad ogni ora, soprattutto di notte, e che lasciano alcuni vagoni, verso il fondo, aperti. >>
<< E precisamente, >> Zoey si chinò verso il tavolo, e lo fece anche Mal, così che i loro volti fossero vicini, << mi spieghi quando diavolo sei andato a vedere?! >>
Lui ritornò ad appoggiarsi allo schienale in legno della sedia, << A volte mi annoio di notte.. E poi immaginavo che ti avrebbero indiziato. >>
Lei abbassò di colpo le spalle, << Ma allora, se sapevi che mi avrebbero indiziato, perché diavolo l’hai ucciso?! Dio, Mal, a volte sembri più stupido di Scott! >>
Mike la guardò con un’espressione che diceva chiaramente “quando hai finito avvertimi” mentre aveva le braccia incrociate al petto magro ma muscoloso. Indossava una maglia azzurra, come Mike, ora Zoey poteva vederlo perché si era tolto la felpa nera. Aveva due pezzi bianchi dello stesso tessuto alla fine delle maniche, che erano corte. Era uguale alla maglia che Mike indossava quando lei l’aveva conosciuto. Sussultò, aspettandosi di provare un tuffo al cuore, ma stranamente sentì solo una sorda fitta.
Mal la guardò inarcando un sopracciglio, per poi dire: << Se stai bene non lo so e non te lo chiedo, >> fece una pausa << dato che sussulti così senza un minimo e valido motivo, ma dì ancora che somiglio a Scott e ti chiudo nell’armadio. >>
<< Ma è vero che sembravi Scott >> replicò lei tranquilla, e lui, come aveva promesso scattò in piedi e l’afferrò per un polso senza nemmeno che lei s’accorgesse. In pochi secondi si ritrovò davanti all’armadio in camera sua, lui l’aprì e ce la chiuse dentro, per poi poggiare la schiena contro le ante.
Zoey era talmente scioccata che nemmeno riusciva a parlare. Poi prese a tirare pugni contro la parete di legno che si frapponeva tra lei e Mal.
<< Mal! Fammi uscire di qui! >>
<< Ti avevo detto di non dire più che assomigliavo a Scott >> replicò lui tranquillo, mentre se ne stava poggiato con la schiena all’armadio.
<< Fammi uscire! >>
<< Solo se mi chiedi scusa >> la sua voce non ammetteva repliche, ma non sembrava arrabbiato.
<< No, non ti chiedo scusa! >> Replicò Zoey per tutta risposta.
<< Ed allora mettiti comoda lì dentro, perché non esci finché non arriva ora di andarsene. >>          
 
Ormai Zoey era seduta lì dentro, poggiata alla parete interna dell’armadio, da parecchio tempo. Mal non aveva più parlato, e lei, pensando se ne fosse andato aveva cercato di aprire le ante. Sfortunatamente lui era ancora lì, e le disse: << Solo perché non parlo non vuol dire che non ci sia. Sai, potresti imparare qualcosa dal silenzio. >>
Lei aveva subito replicato: << Io non parlo troppo. >>
<< Non ho mai detto questo. >>
<< Ma l’hai pensato >> lo fulminò lei, e dopodiché, con le braccia incrociate al petto rimase lì, silenziosa.
Mal, dopo qualche tempo, aprì le ante e la guardò in un modo che Zoey non riconobbe. Sembrava provare disprezzo ed allo stesso tempo dire “vedi che se non parli è meglio?”.
<< Vedi che se non parli è meglio? >> Le disse lui come a dar voce ai suoi pensieri.
 Lei gli lanciò un’occhiataccia, si sedette con le gambe penzoloni e le braccia incrociate. << Sei antipatico. >>
Lui lasciò andare le ante dell’armadio dalla sua stretta, ma restarono lì dov’erano, << Dimmi una volta in cui io mi sia preoccupato di essere simpatico con qualcuno al di fuori di me. >> Zoey stava per parlare ma lui la bloccò. << Quella volta non è compresa. Andiamo, volevo solo farvi credere di essere Mike per.. >>
<< “Farci cadere tutti, uno alla volta?”. >> Zoey lo stava palesemente prendendo in giro, ma a lui non importava, si preoccupava solo di risponderle a tono, << Per fortuna che quella volta mi hai salvata dai piragna, sai, non sarebbe stato il massimo essere fatta a pezzettini. >>
Senza rendersi conto di cosa faceva, Mal si avvicinò a lei e le cinse i fianchi con le mani, << No, non sarebbe stato il massimo.. >> I loro volti erano a pochi centimetri l’uno dall’altro, e Zoey cominciava a sentir caldo, oltre che mancanza d’aria.
<< No.. >> Rispose lei, mentre si guardavano negli occhi, profondamente. I loro sguardi erano agganciati reciprocamente, e nessuno dei due riusciva a distoglierlo, finché Mal non si riscosse e si allontanò. Zoey fece il broncio ed incrociò le braccia, mentre lui usciva. Si sorprese quando tornò indietro e le disse: << Allora, vuoi muoverti o hai intenzione di rimanere qui? Dimmi sai, perché a me fa lo stesso. >>
<< Cosa? >> Zoey scattò in piedi e gli corse dietro, << A te farebbe lo stesso lasciarmi qui!? >>
Mal, per tutta risposta, si limitò a fissarla nel buio del corridoio.
<< Bene, allora vai >> Zoey alzò il mento, in alto, per intimarlo ad andarsene. Ma lui fece qualcosa che lei non si sarebbe aspettata. Velocemente, senza che la ragazza quasi se ne accorgesse, Mal le posò le mani sulle guance, la avvicinò a se e le loro labbra si toccarono. All’inizio Zoey rimase sorpresa, mentre aveva gli occhi spalancati, ma poi si lasciò andare, e quel bacio superficiale si trasformò in un vero e proprio bacio. Lei sentiva la testa girare ed il cuore battere a mille. Non aveva mai provato questi sentimenti quando baciava Mike.
Quando si scostarono l’uno dall’altra avevano il fiatone. Mal non poteva credere a quel che aveva fatto, non si era nemmeno posto il problema se fosse stata la cosa giusta da fare, la fece e basta, ed a quanto pare era stata una buona mossa. Scoprì che Zoey provava qualcosa per lui, ma non si preoccupò del fatto che avrebbe potuto sfruttare quella situazione.
<< Avanti >> disse frettoloso, mentre si voltava e si dirigeva alla cucina, dove avevano lasciato lo zaino di Zoey con tutte le sue cose, come se non fosse successo niente di speciale. La ragazza lo seguì.
In realtà per lui era stato molto più che “niente”, ma non lo diede a vedere, dopotutto era sempre lui, no?
Ma di una cosa Mal si rese subito conto: ciò che provava per Zoey non era affatto affetto fraterno.

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Capitolo 7
*** You're not 'the others' ***


Mal e Zoey raggiunsero la cucina, mentre lei lanciava occhiate alla sua schiena. Lui non si voltava per guardarla, e lei si chiedeva cosa c’era che non andava. Aveva forse sbagliato qualcosa?
Mal scostò piano la tenda a quadri della finestra della cucina e vide un’auto della polizia passare in strada. Si voltò verso Zoey e prima di parlare la guardò, non si era mai accorto che fosse così bella.
<< Allora.. Ho appena visto un’auto della polizia passare.. Da qui non possiamo andarcene perché  è troppo alto e nemmeno io ce la farei, ma ho un’altra idea. >>
<< Cioè? >>
<< Conosci qualcuno, ai piani più bassi, che di solito a quest’ora non c’è? Che sia fuori dall’appartamento? Lo ucciderei pure, ma non voglio metterti ancor più nei casini. >>
Lei lo squadrò bene, mettendo i pugni ai fianchi, << Tu non vuoi che io mi trovi ancor più nei casini? Da quand’è che ti preoccupi degli altri? >>
<< Io >> disse lui avvicinandosi a lei, con voce ferma e cattiva, << non mi preoccupo degli altri. Chi credi che sia? Non sono buono, non mi importa niente di nessuno. >>
<< Eppure sei, qui, con me, e ti offri di portarmi lontano perché vuoi rifarti dell’errore che hai commesso. >> Il viso di Zoey era raggiante, mentre sorrideva.
<< Io.. >> Mal distolse lo sguardo, voltando la testa di lato, per poi riprendere a guardarla. << Io non aiuto gli altri. >>
<< Ma sei qui, stai aiutando me. >>
<< Zoey >> replicò lui con un sorriso a metà tra dolce e cattivo, << tu non sei esattamente gli altri. Te lo dico nel caso tu non te ne sia accorta. >> Teneva stretto nella mano sinistra il coltello dalla lama lucente e dall’impugnatura nera.
Lei non sapeva che dire, e così si limitò ad abbracciarlo. Mal non ci poteva credere, un attimo prima stavano parlando e quello dopo lei gli stringeva le braccia attorno al petto e ci posava la testa. Lui era più alto di lei, e per questo Zoey sembrava quasi una ragazzina a confronto.
<< Ehi, ehi >> lui se la scrollò di dosso, << adesso non credere che io mi lasci andare a queste smancerie. Ci siamo baciati, punto, stop. Fine della storia. >>
Zoey non diede a vedere la fitta al cuore che le provocò che quel che le disse, fece finta di niente. No, non gliel’avrebbe data questa soddisfazione. Doveva pur ricordarsi che era sempre Mal, non era cambiato affatto, era ancora cattivo. Ma, dopotutto, probabilmente era proprio questo il motivo per cui Zoey si sentiva attratta da lui. Nella sua vita aveva sempre pensato fuori degli schemi. Vedeva le sue coetanee “morire dietro” a coloro che chiamavano “il ragazzo cattivo”, quello misterioso e taciturno, ma lei non ci faceva caso. Si distingueva, a lei piacevano i ragazzi gentili e dolci, i ragazzi uguali a Mike. Questo finché non aveva conosciuto Mal, che era l’esatto stereotipo del “ragazzo cattivo”: bello, tenebroso, taciturno e misterioso. L’unica cosa in cui si distingueva dagli altri era che Mal era per davvero cattivo, lui uccideva senza pietà e godeva nel farlo. Non era buono, proprio per niente. Zoey avrebbe dovuto odiarlo per un milione di motivi, soprattutto perché aveva ucciso Mike e Beck, perché l’aveva costretta a fuggire di casa, a continuare a scappare ed ora la metteva nei casini con la polizia. Non avrebbe dovuto cominciare a provare quei sentimenti per lui, e tantomeno baciarlo, perché in questo modo gli aveva permesso di vincere.
<< Jasmine >> disse freddamente, << lavora la sera in un.. >> Zoey lo guardò, mentre Mal inarcava un sopracciglio perfetto, i capelli castani scurissimi, quasi neri, gli cadevano sul volto, la sua pelle sempre abbronzata sembrava più scura alla luce fioca ed aranciata della lampada della cucina, ed un sorriso malizioso gli stava stampato sul volto.
<< Dove? >> Disse ridendosela come non mai.
<< In.. Un posto.. >> Replicò brusca Zoey. << Allora, quando ce ne andiamo? >>
<> rispose Mal mentre ancora rideva. Afferrò lo zaino sopra il tavolo e se lo mise in spalla.
<< Ehi, ma quello è il mio zaino. >>
<< Si, ma lo porto io, perché per quello che dobbiamo fare, uguale calarci da una finestra, tu devi avere le mani libere, altrimenti so già che ti uccidi. >>
<< E a te dispiacerebbe, no? >>
<< Ovviamente. >>
<< Perché devi farlo tu, no? >>
<< Ovviamente >> ripeté lui, per poi sorridere da sbruffone. << Avanti, andiamo >> le poso una mano sulla schiena e la spinse verso la porta, lei sospirò ma fece come diceva. Però, proprio quando stava aprendo la porta, Mal, improvvisamente, la fermo e la bloccò contro la porta. Erano a pochissimi centimetri di distanza l’uno dall’altra.
<< Cosa. Stai. Facendo? >> Disse lei acida, mentre lui le fece segno di stare zitta. << Cos.. A me non dici di stare zitta! >>
<< Vuoi chiudere quella bocca?! >> Urlò in un sussurro.
<< Perché sussurri? >>
<< Shh. >>
<< Okay, perché sussurri? >> ripeté lei a bassa voce.
<< Mi sono dimenticato di una cosa importante.. >>
<< Cioè? >>
<< Probabilmente avranno messo una telecamera fuori dal tuo appartamento per controllarti. >>
<< Cosa?! Ma non possono farlo! >>
<< Shh, >> le posò una mano sulle labbra, << si che possono farlo se non lo viene a sapere nessuno. E poi, quale parte del “ti stanno spiando e se urli sentono tutto” non hai capito? >> Lei gli lanciò un’occhiataccia, e dopo un po’ lui disse: << Ora, se tolgo la mano tu non urli, vero? >>
Lei scosse la testa, alzò gli occhi al cielo e scostò la sua mano. << Perché dovrei urlare? >>
<< Che ne so, nei film dicono così. >> Mal scosse le spalle, e Zoey gli lanciò un’occhiata che significava esplicitamente “ma parli sul serio?”.
<< Tu sei proooprio strano. Si può sapere cosa c’entrano i film adesso? >> Sospirò. << E allora cosa facciamo? Io non voglio andare in prigione. >>
<< C’è un’altra uscita da qui? >>
<< Solo le finestre. >>
<< Ma siamo al settimo piano, cioè.. Io forse potrei anche farcela, ma.. >>
<< Vicino alla finestra della mia camera, fuori, sul muro, c’è la scala d’emergenza. >>
<< Cos.. E perché non melo hai detto? >>
<< Che ne so, forse perché mi hai chiuso in un armadio ed io non pensavo tanto alla finestra? O magari perché tanto qui sei tu che decidi tutto, non mi lasci decidere niente. >> Incrociò le braccia e gli voltò le spalle.
Lui sospirò forte, << Zoey, seriamente, chi è qui l’esperto? Io o tu? >> Lei non gli rispose, e lui le si avvicinò, e le sussurrò all’orecchio, << Avanti, sbrigati prima che sia troppo tardi. Devo portarti in salvo o no? Decidi tu. >>
Zoey si voltò di scatto e quasi le loro labbra si toccarono da quanto erano vicini, << Cos’è, adesso ti metti a fare la parte del principe che salva la donzella nella torre? Se ti stanca tanto, prego, vattene, quella è la porta. >>
<< C’è la telecamera. >>
<< E allora la finestra! >> Urlò lei esasperata  furiosa. In silenzio, con i pugni stretti, si diresse verso la sua camera, mentre Mal la seguiva appresso, vicinissimo, talmente vicino che poteva sentire il suo profumo, che non lo abbandonava mai. Quando si ritrovò vicino alla finestra, la aprì ed una folata fredda di brezza notturna la colpì e le alzò i corti capelli color rosso fuoco. Si sporse oltre il davanzale, e guardando a destra vide la scala antincendio: non era né troppo vicina né troppo lontana, e senza l’aiuto di qualcuno probabilmente se avesse provato a raggiungerla sarebbe caduta.
<< Faccio io >> disse la voce di Mal, più vicina che mai, e lei sentì un brivido correrle giù per la schiena. Prese il lenzuolo del letto e lo arrotolò , per poi sedersi sul cornicione della finestra; lanciò il rotolo di stoffa sulla scala e fece centro, dopodiché si alzò in piedi, tenendosi sul muro di mattoni e fece un salto. Chissà come riuscì ad atterrare illeso sulla scala. Si sporse dalla ringhiera, ci legò una parte del lenzuolo e l’altra la lanciò a Zoey che l’afferrò al volo.
<< E con questa che cosa devo farci? >> Disse lei con voce interrogativa.
<< Siediti sul cornicione della finestra tenendo stretto il lenzuolo e buttai giù, poi arrampicati e sali fin qui. >>
<< Coosa?! >> Urlò lei scioccata. << Ma hai visto che caduta è da qui fino a terra? Mi sfracello al suolo se perdo la presa! >>
<< Non eri bravissima in arrampicata? >>
<< Io.. Si.. Ma come.. >>
Mal rise piano, << Mi ricordo le cose >> fece l’occhiolino, << Avanti, so che ce la puoi fare. >> Lei lo guardò e si rese conto che diceva sul serio, così prese un profondo respiro e si buttò, mentre teneva così strettamente il lenzuolo da avere le nocche delle dita delle mani color avorio. Quando si trovò penzoloni nel nulla, invece di rivolgere gli occhi giù, sotto di lei, li rivolse in su, verso Mal, e li agganciò ai suoi. Questo le diede la forza di arrampicarsi per raggiungerlo.
Quando fu abbastanza vicina, lui l’afferrò per le braccia e la tirò verso di sé: caddero entrambi all’indietro. Quando Zoey aprì gli occhi si ritrovò quelli e di Mal a pochi centimetri di distanza e capì di essere distesa sopra di lui.
<< Oddio, scusa! >> Urlò lei alzandosi subito in piedi, mentre lui faceva lo stesso.
<< A me sinceramente non dispiaceva >> scherzò lui mentre rideva. Zoey lo colpì alla spalla con un pugno, e lui rise ancora più forte, mentre la ragazza sorrideva tra sé. << Allora, >> disse quando si calmò, << andiamo? >> Offrì la mano alla ragazza, che l’afferrò con grazia.
<< Ma certo >> rispose, ed insieme scesero di corsa le scale.

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Capitolo 8
*** Don't be afraid ***


Stavano scendendo le scale di corsa quando una macchina della polizia passò in strada, ma per fortuna nessuno dei passeggeri li notò: si erano vestiti di nero apposta per non farsi distinguere, ma Zoey pensava che Mal si fosse vestito così anche perché amava quel colore. Cioè, dai, andiamo, ogni volta che si incontravano era sempre, s-e-m-p-r-e vestito di nero.
<< Ma perché ti vesti sempre di nero? >> Gli sussurrò mentre saltavano giù dalla scala e correvano a rifugiarsi dietro un grande cassonetto sporco.
Lui la guardò, << No, allora.. Dimmi la verità >> poggiò le mani congiunte davanti alle labbra, << stiamo fuggendo dalla polizia e tentiamo di non farci vedere, tu ti sei salvata dal fare una caduta rovinosa e mi chiedi perché mi vesto di nero?! >>
Lei trattenne il respiro, << Hai detto che credevi in me! >>
<< Non potevo mica dire che ti saresti sfracellata al suolo, perché altrimenti ti saresti veramente sfracellata al suolo! A volte le menzogne, anche piccole, servono sul serio, sai? >>
<< Ah che stronzo! >> Gli tirò un pugno sulla spalla e lui scoppiò a ridere di nuovo. Ma in quel momento la macchina della polizia passò di nuovo, e sta volta si fermò.
Mal afferrò Zoey e tenendola vicina a sé si inginocchiò a terra, dietro al grande cassonetto dell’immondizia. Il poliziotto era alto ed in divisa, e puntò la pila esattamente dove si trovavano loro pochi secondi prima. Mal e Zoey erano immobili, mentre lui posava una mano sulla spalla di lei e lei stringeva forte il tessuto della manica della sua felpa nera. Il poliziotto puntò la pila di qua e di là, poi in su, verso la scala antincendio. Chissà come non si accorse della finestra spalancata, forse, da lì non si notava molto. Dopo qualche minuto se ne andò, ma siccome Mal non si fidava, i due stettero lì ancora per un po’.
Quando la macchina della polizia passò di nuovo, loro scattarono in piedi e si diressero verso la fine del vicolo, dove c’era una rete di metallo non molto alta ed arrugginita in qualche punto. Per prima la scavalcò Zoey, arrampicandosi con le sue ottime abilità che più volte aveva utilizzato durante le sfide di Total Drama, e Mal la seguì subito dopo. Quando si trovarono dall’altra parte si osservarono attorno. Il posto in cui si trovavano era ancora più sporco del precedente, ma tanto cosa importava? Ora potevano andarsene, potevano raggiungere la stazione e salire sul treno merci che li avrebbe portati lontani: tutto ciò che Zoey e Mal volevano. Lei non vedeva l’ora di scappare di lì, dalla polizia, ma in un certo senso era felice che fosse Mal ad accompagnarla, e lui principalmente era felice di fuggire con lei, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Non davanti a lei, non era fatto per le smancerie. Non era Mike.
<< Sei sicuro che se attraversiamo la zona industriale abbandonata riusciamo ad arrivare dritti dritti al punto dove dobbiamo salire? >>
<< Si, sono sicuro, ho fatto questa strada molte volte. >>
<< Okay.. Se lo dici tu.. Chi è che di notte non attraversa la zona delle fabbriche abbandonate, cupa e spaventosa, per andare a guardare i treni merce? >> Disse lei incamminandosi. Teneva un coltello che aveva nascosto nello stivale, sotto consiglio di Mal, per difendersi in caso d’evenienza. Dopotutto, non poteva fare tutto Mal, no?
<< Ehi, se io non perdessi sonno per fare quel che faccio, a quest’ora saresti fregata! Perciò, >> la guardò con un sorriso, << ringraziami. >> E la superò, camminando veloce. Zoey doveva ammettere che ultimamente, da quando si “frequentavano”, lui si comportava più da ragazzo normale. Il che era incredibile.
Zoey si guardò intorno e si scoprì a provare inquietudine, non importava che ora, se si trovava al fianco di Mal si sentisse al sicuro (già, strano a dirlo ma vero), quel posto le metteva un grande timore. Si affrettò dietro a Mal, e si accostò a lui, che quando se ne accorse, sorrise.
<< Ehi, tutto ok? >>
Zoey lo fulminò con lo sguardo. << Si. >> Replicò in modo acido.
<< No sai, te lo chiedo perché.. Sei praticamente appiccicata a me.. >> Lei si scostò dal suo braccio, alzò il mento con fare dignitoso e lo superò, camminando tra gli edifici abbandonati ammassati gli uni sugli altri, mentre Mal rideva. Qua e là c’erano montagne di ferro arrugginito ammassate insieme a grandi massi di cemento mezzi sbriciolati in sassolini e polvere di cemento che con le folate di vento volava via.
<< Bleah >> commentò, ma ignorò tutto. Il silenzio che c’era in quel luogo era qualcosa di assai più inquietante.. Era anormale tutto quel silenzio, come se non fossero rimasti che loro due e tutti gli altri fossero scomparsi, dissolti nel nulla. << Questo posto mette i brividi. >> Sussurrò.
<< Bè >> Mal era vicinissimo a lei, e parlò con il viso accostato al suo orecchio, << allora è una fortuna per te avermi qui. >> Sorrise, ed insieme si diressero verso la fine della zona industriale.
 
Dopo molto che camminavano, si ritrovarono davanti ad un’altra rete di metallo, più arrugginita della precedente, e rotta in alcuni punti. Zoey era esausta, ma Mal non pareva dare segni di stanchezza. Sul serio, quel ragazzo non era per niente normale.
<< Come facciamo adesso? >> Disse lei. << Se cerchiamo di scavalcarla ci feriremo.. Ed io non voglio prendermi il tetano. Scusa tanto. >>
<< Tranquilla, ci penso io >> rispose Mal, e fece comparire un coltellino dalla tasca dei pantaloni, con cui si mise a tagliare piano la rete. << Ho già notato che qui c’era un buco nella rete che si può usare per passare.. >> disse mentre sfregava la lama contro il metallo. << Qui è anche più debole, e basta tagliare per poter.. >> Non finì la frase che il pezzo della rete si staccò dal resto.  << Ecco. >> Con la manica della felpa si coprì la mano sinistra, e tenne da un lato il metallo del pezzo della rete, ancora legato alle altre dalla parte opposta a dove Mal aveva tagliato. << Prego >> le fece segno di andare con la mano libera, sorridendo, e lei, dopo aver sbuffato, prese lo zaino e lo fece passare dal buco, per poi attraversarlo lei stessa. Pochi secondi dopo, Mal era al suo fianco.
<< Allora, >> disse sorridente, << pronta a prendere il treno? >>
<< Sarà complicato come il salto dalla finestra? >> Sospirò e lo guardò alzando gli occhi verso di lui.
<< Oh no, molto di più >> replicò lui sorridendo cattivo, come sempre. A volte Zoey si chiedeva se non soffrisse di qualcosa di strano, o, semplicemente, se non fosse lunatico. Ma rinunciava a trovare una risposta, perché di sicuro non si sognava di chiederglielo.
 
Zoey e Mal erano in piedi vicino alle rotaie, mentre aspettavano che un treno merci passasse, ma sembrava che la fortuna li avesse abbandonati.
<< Come mai non passa più nessun treno? >> Chiese Zoey disperata ed acida.
<< Non lo so, okay? Non lo so. Dovrebbero passare, secondo i miei conti! >> Mal lasciò cadere a terra lo zaino, girò su se stesso lentamente, guardandosi intorno, e mettendosi le mani sul capo in modo disperato.
<< Ehi, il mio zaino! >>
<< Ah, chi se ne frega del tuo.. >> Mentre stava parlando, si sentì il fischio di un treno, ed entrambi si voltarono verso destra, da dove pensavano provenisse il suono. In lontananza si intravedeva la sagoma di un treno, tra le foglie appese ai rami che si sporgevano dagli alberi ai lati delle ferrovie. Sotto i loro piedi, i sassolini tremavano piano.
<< Okay.. Okay >> Mal afferrò lo zaino e se lo assicurò in spalla. << Sei pronta? >> La guardò negli occhi, mentre le posava una mano sul viso.
<< No >> rispose lei, mentre lanciava un’occhiata al treno sempre più vicino.
<< Zoey, senti, ce la puoi fare, e non sei da sola. Ci sono io con te, perciò non aver paura. >>
<< Con te vicino non dovrei avere paura? Sarebbe più sicuro salire su un treno in corsa! >> Mal scoppiò a ridere, mentre lei lo guardava. << Mi menti come prima? Credi veramente che ce la possa fare? >>
<< Se ascolti ciò che ti dico che la farai. >>
<< Okay.. Allora >> il treno fischiò ancora, e lei non finì la frase perché lui l’afferrò per la vita con un braccio, mentre guardava intensamente il treno che ormai passava davanti ai loro occhi.
I loro capelli vennero mossi nell’aria fredda della notte dallo spostamento d’aria provocato dal passaggio del treno. Mal cominciò a contare. Uno.. Due.. Tre.. Quando arrivò a dieci guardò Zoey.
<< Quando dico “ora” tu salta. >> Erano vicinissimi alle rotaie, tanto che rischiavano di essere travolti dalla mole del treno.
<< Okay.. >> Zoey era spaventata a morte.
<< Tre… >> Mal guardava il vagone, dalla porta aperta, dal colore rosso. Chissà come ma gli ultimi erano sempre aperti.. Sembravano lo facessero apposta. << Due… >> Allungò il braccio in tempo per afferrare la maniglia che sporgeva. << Salta! >>
I due saltarono, caddero di schianto nel vagone e rimasero fermi lì per molto tempo. Zoey abbracciava strettamente Mal, mentre era scossa da brividi. Si immaginava ancora cadere ed essere travolta dal treno, anche se si rendeva conto di essere in salvo. La paura era troppa.
Mal la scostò piano, e le alzò il viso, così che si potessero guardare negli occhi. Ora il treno stava correndo sulle rotaie sopra il grande canale che divideva la parte est di quella città da tutto il resto del territorio.
<< Zoey? >> Chiamò la voce di Mal, ma lei teneva gli occhi chiusi, in preda al panico. << Zoey, guardami, sono qui. Siamo salvi. >> Piano, aprì gli occhi, e si ritrovò quelli di Mal a pochi centimetri di distanza dai suoi. Le sorrise.
<< Siamo.. Siamo salvi? >> Si guardò intorno, sconcertata, per poi riprendere a guardarlo.
<< Si >> l’abbracciò, << siamo in salvo. Sei stata brava. >>

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Capitolo 9
*** 'Someone like you' ***


Mal la stava abbracciando, e lei si aggrappava stretta a lui, mentre il vento fischiava, fuori del vagone aperto. Zoey temeva di cadere, seppur fossero riparati.
<< Ehi >> le disse la sua voce quando ebbe il coraggio di alzare la testa.
Lui la guardava intensamente, con un sorriso gentile sul volto, cosa incredibile, conoscendolo. Zoey non sapeva cosa provare riguardo al repentino cambiamento di Mal: era protettivo e gentile, ma perché? Forse teneva a lei più di quanto lasciasse vedere..
<< Tutto bene? >> Le chiese mentre lei si scostava e si sedeva, stringendo le braccia attorno alle gambe, poggiate al petto.
<< Si.. >>
<< Hai avuto un attacco di panico.. >>
<< Grazie di avermelo detto, non me n’ero accorta, sai? >> Non sapeva esattamente perché avesse replicato in quel modo, così acidamente. Lui era stato gentile con lei, l’aveva protetta e rassicurata. L’aveva portata in salvo dalla polizia! Però era anche vero che tutto ciò che le era successo negli ultimi mesi era stato solo colpa sua. Ma in un certo senso, Zoey era felice che fosse andata così, era felice di avere Mal lì con lei; provava questi diversi sentimenti, per lui, ora.. E non sapeva se esserne spaventata. Dopotutto era un assassino, e continuando così avrebbe rischiato di dimenticare questo particolare molto importante.
Mal ignorò il suo attacco d’acidità stile Heather e le sorrise, questa volta meno gentile, era stata colpa sua per caso? Zoey era convinta di si.
<< E.. Tu.. Come.. >>
<< Io sto bene, non è la prima volta che salgo su un treno in corsa. >>
Zoey scoppiò a ridere e scosse la testa, << Tu sei veramente strano, te lo dico Mal. Non ho mai conosciuto qualcuno come te. >>
<< Ed è un bene o un male? >>
I due si guardarono, e Zoey vide tutto ciò che Mal teneva nascosto in quegli occhi così scuri e belli, ma non fu in grado comprendere, non era mai in grado di comprendere. Non se si trattava di Mal. Pure Dawn avrebbe avuto difficoltà con lui; Mal non era esattamente “un libro aperto”, anzi, era talmente chiuso da sembrare una porta murata, chiusa da cinquanta lucchetti. Nessuno a parte lui sapeva cosa pensava. Mal non raccontava ciò che provava, non esprimeva i suoi sentimenti, per lui era come contro natura essere normale, uguale gli altri, e per questo, Zoey lo stimava.
<< Io.. Credo che sia.. Metà e metà. >>
<< Metà e metà? >> A Mal luccicarono gli occhi nel buio, ferini, come quelli di un gatto. Si notava chiaramente in quel momento che si stava divertendo.
<< Si >> Zoey rise piano, mentre poggiava lentamente la testa sul metallo del vagone dietro al capo. Rivolse gli occhi fuori, sul paesaggio buio che scorreva veloce davanti ai loro occhi. Erano le nove di sera, e lei era già stanca, tutta quell’adrenalina, il pericolo, la paura.. Sarebbero stati pure perfetti per Mal, ma non facevano affatto per lei. Zoey era una ragazza tranquilla, gentile, l’esatto opposto di Mal, ed in un certo senso si completavano a vicenda.
<< Sei stanca? >> Le chiese lui quando sbadigliò, coprendosi le labbra con una mano,
<< Si.. >> Batté piano gli occhi, ma a malapena riusciva a tenerli aperti, anche sforzandosi. Aveva usato tutta la sua energia per la fuga, ed adesso era sfinita, si sentiva prosciugata.
<< Allora dormi, starò io attento a te >> disse lui mentre stava poggiato con i gomiti alle ginocchia raccolte contro il petto.
<< Grazie >> disse Zoey, e senza nemmeno rendersi conto di ciò che faceva, gli si accostò ed appoggiò la testa contro la spalla di lui. Mal era rimasto sorpreso da quel gesto così immediato, non previsto, ma non disse niente, e la lasciò addormentarsi accanto a lui, perché dopotutto, non gli dispiaceva affatto.
 
Quando si svegliò, Zoey notò che intorno a lei c’era buio e che la luna, fuori del vagone era ancora alta in cielo e brillava forte, incontrastata in tutto il suo splendore. Qualcosa si mosse, vicino a lei, con un fruscio, e dopo un secondo si ritrovò sbattuta a terra ed immobilizzata. La polizia li aveva trovati? Oh no, e dov’era Mal?
Sentì qualcosa di freddo all’altezza della gola, mentre una mano le teneva stretta la spalla. In qualche modo, chissà come, riuscì a capire chi era.
<< Mal, che diavolo stai facendo?! >> Urlò, << Perché diavolo mi punto un coltello alla gola?! >>
Lui, con un’imprecazione si scostò e l’aiutò a sedersi.
<< Scusa >> disse solo, per poi sedersi con la schiena contro la parete del vagone, con la luce della luna che colpiva in pieno il suo viso.
<< “Scusa?” Mi hai puntato un coltello alla gola! Se non ti avessi fermato mi avresti ucciso! >>
<< Oh andiamo, non fare la drammatica. Non era niente di che. >>
<< Niente di.. >>
Mal la interruppe, << Il fatto è che mi sono addormentato e momentaneamente mi sono scordato che eravamo scappati e che tu eri qui con me.. Perciò quando ho sentito un rumore accanto a me sono saltato all’azione.. >> Zoey gli lanciò un’occhiataccia fulminante e fu sicura che lui la notò, dato quel che disse poi, << Scusami, se mi fossi ricordato che eri tu.. >>
<< Non mi avresti puntato al collo il tuo coltello? >>
Lui sospirò e la guardò, << No.. O almeno non ti avrei ucciso. Ma è colpa mia che me ne sono dimenticato, scusami, a volte mi capita. >>
<< Okay.. >> Zoey sospirò, dopodiché prese il telefono dallo zaino.
<< Cosa fai? >>
<< Bè, dato che probabilmente non riuscirò più a dormire per almeno una settimana per lo spavento che mi hai fatto prendere, ascolto un po’ di musica così mi calmo. >>
<< Cosa ascolti? >> Le chiese lui, e parve seriamente interessato, cosa che stupì Zoey non poco. Gli passò una cuffia nera, e lui cercò di sistemarla all’orecchio, impacciato.
Zoey scoppiò a ridere e si coprì le labbra, << Sei un pericoloso assassino, esperto di fughe con grandi capacità come fare salti incredibili senza sfracellarsi al suolo e come saltare su un treno in corsa e non sai mettere una cuffia ad un orecchio? >> Scosse la testa, << Da qua, faccio io. >> La ragazza gli prese la cuffia dalla mano, che tremava un pochino, e la sistemò al suo orecchio destro. Dopodiché gli si sedette accanto. << Come è mai possibile? >>
Mal era senza parole. << Bè.. Io.. >> Abbassò lo sguardo. << Mi tremava la mano >> disse con fare dignitoso per poi voltarsi a guardare il paesaggio che scorreva veloce, si trovavano di nuovo su un lungo ponte, e lui non aveva idea di dove portasse quel treno.
Zoey scosse piano la testa e, scorrendo piano la lista delle canzoni ne scelse una a caso. Poi si rannicchiò, con la schiena contro la parete, le gambe contro il petto e le mani incrociate, poggiate sulle ginocchia. Erano talmente vicini..
Merely the sound of your voice made me believe that, that you were her. Just like the river disturbs... My inner peace. Once I believed I could find just a trace of her beloved soul, once I believed she was all, then she smothered my beliefs.
Zoey alzò piano il capo, per fissare lo sguardo verso la parte opposta del vagone, completamente nera. Si aspettava quasi che qualcosa potesse comparire dal nulla ed attaccarli; ma insieme a Mal, lei non aveva paura di niente (anche se probabilmente sarebbe stato proprio lui quello di cui aver paura, avrebbero detto molti).
One cold winter's night I may follow her voice to the river. Leave me for now and forever, leave while you can.
Qualcosa le fece stringere il cuore e sentì fare a Mal un piccolo sussulto. Quella frase.. Le faceva paura.. Come se.. Come se fosse una tacita promessa. E se avesse dovuto lasciare Mal?
Intanto lui guardava fuori, gli occhi fissi sul paesaggio che cominciava a scorrere veloce, e gli occhi iniziavano a piangergli e a far male, ma lui non li distolse. Sapeva che ciò che aveva fatto era sbagliato. Aveva costretto Zoey a lasciare ciò che amava di più per scappare da lui, ed ora era costretta a stargli accanto, per fuggire dal pericolo in cui lui stesso l’aveva messa. Avrebbe dovuto dirle di andarsene lontano da lui..
Somewhere in time I will find you and haunt you again, like the wind sweeps the earth.
Zoey cantò piano le parole, seguendo le note della voce del cantante. Ed a Mal si strinse il cuore, era proprio ciò che aveva fatto, e lei lo sapeva, ma stava seduta così vicina a lui..
Somewhere in time when no virtues are left to defend, you fall in deep. I was a liar in every debate, I rule the forces that fueled your hate. When the cold in my heart leaves it comes to an end, and quietly I'll go to sleep.
Lui conosceva quella canzone, e questo gli premise di cantare piano quelle parole, mentre delle lacrime gli scendevano lentamente giù sulle guance. Era tutta colpa sua, solo sua, ora si rendeva conto di ciò che aveva fatto. Capiva che aveva sbagliato, sbagliato tutto.
How could that first time recur when memories linger on and on. What made me think you were her? Helena is dead to all, dead to all.
Mal pensò a Mike.
Nothing can bring her to life, don't pretend that I'll be loving you.
Ed anche Zoey pensò a Mike, mentre il ragazzo al suo fianco sentiva il suo cuore rompersi in mille pezzi. “Don’t pretend that I’ll be loving you”, quelle parole riecheggiavano nella sua mente. Era proprio ciò che aveva fatto: aveva ucciso Mike ed ora voleva che Zoey l’amasse. Lui era innamorato di lei, sentiva un affetto talmente grande.. Che non aveva provato per nessuno.. Era vero, non poteva pretendere che lei l’amasse, e probabilmente lei non lo faceva.. Solo che.. Si erano baciati, e lei si affidava a lui..
Zoey respirò piano, non aveva il coraggio di rivolgere gli occhi verso Mal, talmente sconcertata che era. Ma perché proprio quella canzone?
Once I believed she was gone I'm corrupted from within.
Mal pensò che magari era per quello.. Magari lei pensava che gli fosse rimasto solo lui, così simile a Mike per l’aspetto.. Quel pensiero gli fece ancor più male al cuore, ma non aveva intenzione di lasciarlo vedere.
Leave me for now and forever, leave while you can. Somewhere in time I will find you and haunt you again, like the wind sweeps the earth. Somewhere in time when no virtues are left to defend you fall in deep.
Provò un’altra fitta, mentre Zoey invece voleva sorridere. Com’è che il fatto che lui l’avesse perseguitata adesso la faceva sorridere? Soffriva di sindrome di Stoccolma o cosa? Non era normale.. Ma, dopotutto, niente di ciò che le era capitato negli ultimi mesi lo era.
I was a liar in every debate, I rule the forces that fueled your hate. When the cold in my heart leaves it comes to an end, and quietly I'll go to sleep.
“È solo colpa mia. Lei mi odiava, e sono convinto che sotto sotto mi odi ancora” pensava Mal, ma con sua grande sorpresa, Zoey gli prese la mano e la strinse forte.
Follow me into the light, (like ice on a lake of tears, I'll take you through). Leave me tonight, I've gone too far to begin all anew (life fades in anew),with someone like you, (with someone like you).
Zoey alzò di scatto la testa, e lo stesso fece Mal, poi si voltarono a guardarsi reciprocamente, in modo profondo. Lui soffriva, già, era andato troppo oltre.. Ma Zoey gli sorrise ed annuì, e lui ne rimase sconcertato. << Non sei andato troppo oltre >> disse, e lui, in un impeto, alzò la mano e l’appoggiò al viso di lei, per poi chinarsi e baciarla. Lacrime salate scendevano dagli occhi di entrambi, e si mescolavano, dato che erano così vicini. Parevano non sentire più niente, né il fischio né i rumori del treno sulle rotaie. Udivano solo la canzone, nelle loro orecchie, e sentivano l’amore reciproco.
Somewhere in time I will find you and love you again like the wind sweeps the earth, somewhere in time when no virtues are left to defend you fall in deep.
Si strinsero ancora più forte l’una all’altro, mentre tutto il resto si cancellava.
I was a liar in every debate, I rule the forces that fueled your hate. When the cold in my heart leaves it comes to an end and quietly I'll go to sleep.
La luna, fuori del vagone, alta nel cielo, brillava forte, e sembrava sorridere ai due ragazzi.
 

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Capitolo 10
*** What should not be done ***


Quando la canzone, The Haunting (Somewhere in time), finì, i due si guardarono, staccandosi lentamente e di poco. Stettero lì qualche minuto, mentre lui poggiava le sue mani sulle guance di lei, e lei poggiava le sue sulle forti spalle di Mal. Le loro labbra erano a pochi centimetri le une dalle altre ed entrambi avevano smesso di piangere, ma respiravano piano, quasi sorridendo. Cosa era successo? Possibile che bastasse una canzone per far sciogliere Mal?
<< Ti è bastata una canzone per diventare.. >> Zoey non finì la frase.
<< Cosa? Normale? >> Rise Mal, più simile al suo solito. << No, mi sei bastata tu. >>
Lei non poté fare a meno di sorridere, mentre una nuova canzone partiva, da sé.
Don’t give me love, don’t give me faith, wisdom nor pride, give innocence instead. Don’t give me love, I’ve had my share. Beauty nor rest, give me truth instead.
I due si guardarono, e Mal le sorrise piano.
<< Innocenza? >> Disse lei.
A crow flew to me, kept its distance, such a proud creation. I saw its soul, envied its pride, but needed nothing it had.
<< Innocenza >> replicò Mal, mentre sorrideva piano.
An owl came to me, old and wise, pierced right through my youth. I learned its ways, envied its sense, but needed nothing it had.
I due rimasero lì vicini, ad ascoltare la canzone in silenzio, mentre il treno correva veloce, e fischiava.
Don’t give me love, don’t give me faith, wisdom nor pride, give innocence instead. Don’t give me love, I’ve had my share. Beauty nor rest, give me truth instead.
<< Ha ragione, la bellezza non resta >> disse piano Mal, << ma sono sicuro che tu resterai sempre perfetta. >>
Zoey era scioccata, stava succedendo tutto davvero? Non poteva crederci, Mal che diceva quelle cose gentili e dolci.. Forse sotto c’era un trucco, un banale trucco per fregarla, avrebbe dovuto sospettarlo, conoscendo Mal. E le venne in mente di pensarlo, ma lasciò perdere, ormai era andata troppo oltre per fermarsi a pensare a ciò che era intelligente fare.
A dove came to me, had no fear, it rested on my arm. I touched its calm, envied its love, but needed nothing it had.
<< Nemmeno tu hai paura >> notò Mal.
<< L’avevo, e molta.. Ma.. >> Zoey non finì la frase, lasciando tutto in sospeso, per sorridere e scuotere la testa.
A swan of white, she came to me, the lake mirrored her beauty sweet. I kissed her neck, adored her grace, but needed nothing she could give.
<< Cigno bianco.. >> Sussurrò Mal guardandola profondamente.
<< Ti sembro un cigno bianco? >> Scoppiò a ridere Zoey.
<< Solo per la tua grazia >> replicò, e si baciarono, mentre le parole finali della canzone risuonavano. In un qualche strano modo, nella testa di Zoey si formarono tre immagini: un corvo che prese la forma di Mal, un gufo bianco che diventò, lentamente, Mike, e l’ultima, una colomba, che pian piano prese l’aspetto di Zoey.
 
 Zoey stava guardando fuori del vagone aperto, mentre si teneva con una stretta sicura per non cadere. Stavano passando sopra un altro ponte, e l’acqua del canale sotto di loro era blu scuro, alla luce della alta luna che regnava nel cielo. In lontananza vedeva anche un boschetto pieno di alberi sempreverdi dalla folta chioma scura.
<< Ehi >> Mal le si sedette accanto, mettendo via il telefono e le cuffie. Mentre lei se ne stava ad osservare tutto ciò che sfrecciava fuori del treno, lui era rimasto in un angolino buio, perso nella musica che lei ascoltava. Zoey lo vedeva perfetto, nel buio, perché quello era il mondo a cui lui apparteneva, in cui era a casa: il buio della notte.
<< Ehi >> rispose lei mentre lo guardava.
<< Cosa guardi? >>
<< Il paesaggio >> disse lei con un piccolo sospiro, mentre rivolgeva di nuovo gli occhi al mondo fuori del vagone; adesso si trovavano su un prato estesissimo, in cui in lontananza si sormontavano colline piene d’erba ora scura per la luce della notte.
<< Perché tutti fissano sempre lo sguardo fuori? >>
<< Cosa? >> Zoey non capiva di cosa stava parlando Mal, e lui sorrise piano, mentre si teneva talmente tanto forte da avere le nocche bianchissime, simili a scheletri, ad una prima occhiata, notò Zoey. Eppure era impossibile, perché Mal era forte, così diverso dal più magrolino Mike..
<< Tutto.. La gente, quando fa lunghi viaggi, o semplicemente si trova su un treno, un’auto o altro.. Guarda il paesaggio. C’è chi osserva il cielo con sguardo sognante, immaginando di volare come una rondine, o chi punta lo sguardo sui prati, sui campi.. Immaginando di correre libero.. Perché? >> Si voltò a guardarla, e lei non seppe cosa dire. Cioè, sul serio, che avrebbe dovuto dire? Lei non era Dawn, non capiva la gente come fosse un “libro aperto” come diceva sempre..
<< Io.. Non so.. Credo perché è bello immaginare.. Ciò che non si può avere.. >>
Mal sospirò, << Tu mi chiedevi come mai io la notte non dormissi e invece girassi per la città senza meta o andavo ad uccidere.. Era un modo per.. Passare il tempo. >>
<< Un modo per passare il tempo? >> Lei era confusa.
<< Io non riuscivo mai a dormire, perché mi immaginavo sempre te al mio fianco, cosa che mi ha sempre stupito non poco. Anche quando tu mi odiavi come mai io sognavo te. Non riuscivo a dormire perché ti vedevo al mio fianco e sapevo che non potevo averti. >>
Zoey non seppe che dire, non aveva idea che Mal provasse quelle cose. << Stai scherzando, non è così? >>
<< Non sono mai stato così serio in vita mia. >> Disse con voce ferma e sicura, e con occhi altrettanto fermi, fissi nei suoi, mentre il paesaggio scorreva alla velocità della luce.
<< Ma prima hai dormito.. Io.. >>
<< C’eri tu al mio fianco, poggiata alla mia spalla. Se mi fossi svegliato ti avrei trovata ancora lì, non saresti scomparsa insieme alla luce del giorno. Era questo che mi impediva di dormire, la paura di non trovarti.. Di non vederti.. Uno dei motivi per cui ti ho seguito è anche questo.. >> Abbassò piano la testa, distogliendo lo sguardo, per poi ripuntarlo su quello di lei.
<< Ma.. Perché non me lo hai mai detto? >>
<< Perché tu mi odiavi. >>
<< Ma perché eri odioso e ti vantavi delle cose orribili che facevi >> e la cosa incredibile è che è proprio per questo che io sono innamorata di te, ora. Avrebbe voluto aggiungere Zoey, ma lo tenne per sé. << Se tu ti fossi mostrato più gentile io ti avrei anche accettato.. >>
<< Ma ho ucciso Mike. >> Mal era disperato.
<< Ripeto, se ti fossi comportato più umanamente, io.. >>
<< Cosa? >>
<< Io ti avrei accettato! >> Disse lei sorridendo, << Io ti ho accettato! >>
Mal non sapeva che dire, sentiva un sentimento strano, mai provato prima di aver incontrato Zoey. Ciò che provava era felicità.
 
Nel frattempo, Heather si trovava nella sua stanza, distesa nel letto e più sveglia che mai: non riusciva a dormire, talmente era preoccupata per Zoey. Avrebbe voluto chiamarla, ma era tardi, e non era sicura di poter sopportare una discussione con lei. Si sentiva scoppiare la testa.
Fissò gli occhi sul soffitto bianco, rischiarato d’arancione dalla lampada che aveva sul comodino di legno vicino al letto. I capelli neri la circondavano, in contrasto con la maglia bianca che fungeva da pigiama.
Scosse la testa e si passò la mano sul viso stanco. Si alzò dal letto, diretta alla cucina, dove prese un bicchiere di vetro e lo riempì d’acqua freschissima. Afferrò il telefono. Sentire tutto quell’amore nell’aria.. Courtney e Scott, e Zoey che sentiva qualcosa per Mal anche se non avrebbe dovuto.. Le fece venire un senso di malinconia. Digitò il numero di qualcuno che non avrebbe dovuto per niente chiamare.
La sua voce suonò chiara.
<< Ciao, Heather, non mi aspettavo una tua chiamata ora.. Ti mancavo, non è vero? >> Si sentiva che si stava divertendo come non mai.
<< Ciao, Alejandro. >>

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Capitolo 11
*** Is this a matter of karma? ***


<< Come mai questa sorpresa? >> La sua voce suonava talmente divertita da far venire il voltastomaco ad Heather. Non sapeva nemmeno perché l’avesse chiamato, non si meritava un tale regalo; non avrebbe dovuto rinunciare al suo orgoglio per uno come lui.
Lei sorrise acida, pronta a ribattere per tutta risposta, << Mi capitava di pensare ad un idiota e bè.. Mi sei tornato alla mente tu. >>
<< Oh ma che gentile, sei sempre così educata.. >> Lui rise, con quella voce che Heather adorava, ma non l’avrebbe mai ammesso. Avrebbe preferito essere murata viva piuttosto che dargli questa soddisfazione.
<< Lo so, lo so. >>
<< Allora, come va la vita? Vivi ancora dai tuoi? >>
<< Non so come questo possa importarti, ma no, vivo con Gwen e Courtney. >>
<< Oh.. Courtney.. Salutamela >> dall’altra parte della cornetta, Heather sentì Alejandro sorridere, ed immaginò il suo volto, bellissimo come sempre.
<< Non ci contare, ti odia. >>
<< E tu? Mi odi pure tu? >>
<< Mi pare ovvia la cosa, no? Non potrei fare altrimenti >> mentì spudoratamente lei. In un certo senso non lo poteva sopportare, era sempre così orgoglioso, fiero di sé.. Da darle il voltastomaco, ma allo stesso tempo, Heather non poteva fare a meno che pensare a lui e sentire il cuore battere forte. Era stato difficile per lei durante le stagioni in cui lui era presente, lo vedeva e sentiva la sua voce.. E quando lo osservava provarci con le altre, anche se sapeva che era tutto una messinscena per riuscire a vincere.. Lei si sentiva il cuore andare in mille pezzi. Non le era mai capitato con nessuno, ed ora che le cose erano cambiate era spaventata.
<< E come mai mi hai chiamato? >> Alejandro si stava divertendo come non mai, e lei avrebbe voluto poter attraversare la cornetta per poter strangolarlo, ma ovviamente doveva sopportare. Dopotutto era lei ad averlo chiamato, no?
<< Io.. >> Non sapeva cosa rispondere. Il problema con Alejandro era proprio questo: spesso le mancavano le parole e questo la induceva, irrimediabilmente, a fare figuracce. E lei odiava fare figuracce, soprattutto davanti a qualcuno che era esattamente come lei. L’avrebbe presa in giro, pensò.
<< Ti mancavo, eh? >> Scoppiò a ridere.
<< No, non è vero! >> Urlò, arrabbiata, poggiata contro la porta della sua camera. Prima, mentre parlava, era ritornata nella sua stanza, per non rischiare di svegliare le altre e dover dare una spiegazione.
<< E allora perché mi hai chiamato? Oh, andiamo, lo sappiamo tutti e due che sono irresistibile, è inutile che menti a te stessa. >>
Lei rise, << Ceerto. Io mento a me stessa su quanto ti trovi bello allo stesso modo in cui tu menti a te stesso credendolo. >>
Lui per un po’ non rispose, poi Heather sentì la sua voce scoppiare in una sonora risata. << Questo è ciò che direbbe qualcuno quando non sa quale menzogna sparare. Andiamo, ammettilo, e saremo tutti più felici. >>
<< Non vedo in chi modo potrei essere felice ammettendo qualcosa che non è altro che una menzogna. >>
<< Heather.. >>
<< Sei odioso >> scandì bene le parole. La sua voce era graffiante come sempre, e questo fece ridere Alejandro.
<< Lo so, sei pazza di me. >>
<< Nei tuoi sogni, idiota. Ti odio. >>
Heather chiuse la chiamata e spense il telefono. Dio, quanto era antipatico, non lo sopportava nemmeno un po’. Tutte le brutte qualità ce le aveva lui: era doppiogiochista, freddo, calcolatore, odioso, insopportabile, egocentrico, egoista e cattivo. E proprio per questo Heather era pazza di lui. Non avrebbe dovuto provare quei sentimenti per Alejandro.
La ragazza alzò lo sguardo verso il lampadario sopra il letto, ora spento. Ora capiva tutto. Ora comprendeva ciò che provava Zoey. Heather provava talmente tanto odio per Al, ed allo stesso tempo lo amava alla follia. Era la stessa cosa che la sua amica sentiva nei confronti di Mal. Se ad Heather avessero tolto la possibilità di parlare con Al sarebbe impazzita, sarebbe diventata depressa, e la stessa cosa sarebbe successa a Zoey se le avessero tolto Mal! Sapeva cosa doveva fare: doveva aiutarla in ogni modo possibile. Doveva aiutarla a restare al fianco del suo peggior nemico, al fianco di Mal.
 
Intanto, dall’altra parte della parete, Courtney e Gwen cercavano di ascoltare.
<< Non sta più parlando >> disse la prima guardando l’amica.
<< Tu perché credi che abbia chiamato Alejandro? Non si parlavano da tantissimo tempo! Ed ora eccola che lei lo chiama.. >>
<< Secondo me c’è qualcosa di strano.. >> Iniziò a dire Courtney, per poi rispostare l’orecchio alla parete, cercando di ascoltare. Heather stava borbottando qualcosa, ma siccome il muro era abbastanza spesso non riusciva che cogliere solo alcune parole: << Uffa… Io.. Quel ragaz.. Talmente.. So! >>
<< Che sta dicendo? >> Chiese Gwen sottovoce. Se loro potevano sentirla parlare, anche Heather poteva udire loro, e come avrebbero spiegato il fatto che stavano origliando, se lei le avesse scoperte?
<< Non lo so.. Ma credo stia parlando di Alejandro.. Credo >> Courtney riportò di nuovo l’orecchio alla parete e la sentì ancora borbottare, << che stia dicendo che lo odia e qualcosa del genere, e.. Che.. Però non può fare a meno di pensare.. Ah, diavolo, non capisco.. Non la sento più parlare. >>
<< Magari sta pensando che lo odia ma non può rinunciare a lui, altrimenti perché lo avrebbe chiamato? >>
<< Ah.. Non lo so.. >> Courtney scosse la testa, Heather che parlava con Alejandro e ammetteva che provava qualcosa, Zoey che si innamorava di Mal.. Tutto le faceva ricordare Scott.. Al fatto che avesse mentito alle amiche dicendo loro che parlavano ancora per non dare spiegazioni.. Forse, avrebbe dovuto parlargli, chiamarlo. Sospirò, mentre Gwen tornava al suo letto: le due condividevano la camera.  Courtney scivolò sotto le coperte calde, proprio mentre le luci si spengevano. Fissò gli occhi sul soffitto.
<< Buonanotte, Court >> disse Gwen.
<< Notte, Gwen >> replicò lei.
Teneva le braccia incrociate, e la sua mente divagava su pensieri che da tempo cercava d’ignorare. E ad un tratto decise, si, avrebbe parlato con Scott.
 
Zoey era poggiata contro la spalla di Mal, con gli occhi chiusi, mentre pian piano il sonno la circondava. Teneva la mano stretta in quella di lui, che con il braccio le circondava le spalle. Era incredibile: Mal provava sentimenti veri, amore, dolore, felicità.. E tutto per merito suo, solo suo. Questo le riempì il cuore di gioia. Sorrise mentre sprofondava nel sonno, era convinta che avrebbe sognato qualcosa di bello, finalmente, non i soliti incubi che doveva sopportare la notte per colpa di Mal. Adesso c’era qualcuno a proteggerla da quelle visioni orribili, lo stesso che le aveva fatte iniziare. Chissà, magari le avrebbe permesso anche di mettere loro un segnale di stop. Zoey ne era convinta.
 
Nel frattempo, Heather fissava il soffitto, la luce sul comodino ancora accesa. Non riusciva a dormire, e per questo aveva messo le cuffie alle orecchie: se non poteva perdersi nei campi dei sogni, si sarebbe persa nella sua musica.
I stare at the girl in the mirror, t-shirt, torn up jeans, no beauty queen. But the way that you see me, you get underneath me and all my defenses just fall away, fall away.
Avrebbe voluto piangere, piangere finché i suoi occhi non fossero stati più in grado di versare una singola lacrima.
I am beautiful with you, even in the darkest part of me. I am beautiful with you, make it feel the way it's supposed to be. You're here with me, just show me this and I'll believe. I am beautiful with you.
Perché era successo a lei? Era forse una questione di karma? Bè, ecco, il fato poteva essere gioioso ora, l’aveva trovata e presa, e lei non aveva più via di scampo.
I stand naked before you now, no walls to hide behind, so here am I. You see all of my scars, still here you are. I bare my soul and I'm not afraid, not afraid.
E invece era spaventata a morte. Cosa avrebbe dovuto fare, ora? Alejandro era talmente.. Cattivo, talmente freddo e calcolatore, uguale a lei, e se avesse saputo per certo ciò che lei provava l’avrebbe usata per i suoi scopi, o riso di lei.
Cercò d’ignorare il ritornello, non poteva sentirlo, era troppo doloroso.
I've been the strong one for so long, but I was wrong.
E ad un tratto un’idea si illuminò nella sua mente. Ripeté quelle parole ad alta voce, piano. Era vero, lei era stata la ragazza forte, la leader, per un sacco di tempo, forse troppo. Era convinta che quello fosse il suo ruolo, lei era nata per comandare, e non permetteva a nessuno di avvicinarsi troppo a lei, così che potesse provare sentimenti. Ma.. Se si fosse sbagliata?
Doesn't make you weak cause you needed someone, I'm not holding back and I know what I want.
Si, sapeva cosa voleva, lo sapeva da tanto, tanto tempo, sin da quando lo aveva conosciuto.
You want me for myself, look at me at no one else. I am beautiful with you (With you).
Si, sapeva tutto sin dal principio, ed ora l’avrebbe preteso. Se lui avesse preferito qualcun’altra a lei, Heather gliel’avrebbe fatta pagare. Lei non era uno scarto, era la migliore.
Capiva Zoey, ora, completamente. E decise di fare qualcosa di incredibile. Scattò in piedi, con ancora le cuffie alle orecchie, e cominciò a preparare una valigia con la roba che le sarebbe servita. Prima sarebbe andata da Alejandro ed avrebbe messo le cose in chiaro, e poi avrebbe cercato Zoey.
 
 

 

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Capitolo 12
*** This is what she dream ***


Era mattino presto quando Heather uscì di casa. Non voleva dire ciò che aveva in mente di fare né a Gwen né a Courtney, e perciò lasciò un biglietto sopra il tavolo della cucina, dove scrisse che le dispiaceva ma c’erano cose importanti che doveva fare e che sarebbe tornata al più presto. Ovviamente non aggiunse alcun tipo di smanceria come un “vi voglio bene” perché di sicuro le due sarebbero corse dalla polizia a dire che era stata rapita o cose del genere. Pensandoci, Heather scoppiò a ridere.
Seduta in sala d’attesa si guardò intorno, circondata da gente mezza assonnata con bicchieroni pieni di caffè stretti in mano. Incredibilmente, si sentiva a disagio, e questo le dava un immenso fastidio, come un prurito sottocutaneo. Non faceva altro che pensare ad Alejandro, cosa che la mandava sui nervi, anche se aveva deciso di andare da lui e dirgli ciò che provava se solo pensava a ciò che doveva fare le veniva la nausea e si sentiva pronta a buttare fuori la colazione su quello splendido pavimento grigio dell’aeroporto.
Una voce metallica risuonò, dicendo che l’aereo era pronto al decollo. Heather, con la sua valigia si affrettò a raggiungerlo, mentre un sacco di gente la seguiva allo stesso posto, pronta a salire e a decollare. Doveva ammettere che aveva paura potesse succedere qualcosa, ma se lo tenne per sé, ovviamente, e cercò di non pensarci. Con tutta la fortuna che aveva probabilmente si sarebbero schiantati. Bè, le avrebbero anche fatto un favore.
Prese posto vicino ad una donna sui sessant’anni, aveva capelli biondi, corti e riccioluti, la pelle chiara ma in alcuni punti grinzosa. Dimostrava la sua età, ma guardandola negli occhi, Heather si accorse che sembrava giovane dentro, anche se si vedeva che aveva sofferto. Le sorrise, ed Heather fu presa alla sprovvista.
<< Qualcosa non va, cara? >> le chiese con voce preoccupata.
<< Io.. No.. Ehm.. >> Heather stava sudando freddo. Perché la chiamava “cara”? Non si conoscevano nemmeno, e poi, la gente la prendeva in antipatia solo guardandola, come mai questa donna era gentile?
<< Hai paura di volare? È la prima volta che sali in aereo? >>
Heather si poggiò allo schienale, cercando di calmarsi. << No, non è la prima volta. Ho volato in aereo molte volte, ed anche in diretta nazionale >> scoppiò a ridere, meno nervosa.
<< Bè, allora non dovrai avere paura. >> Le sorrise. << In diretta nazionale hai detto? >>
<< Si, ho partecipato a Total Drama, il reality show condotto da Chris Mc’Lean. >> Guardò il viso della donna, ma lei non sembrò dar chiari segni d’aver capito.
<< Mi spiace, ma non guardo queste cose >> le sorrise, e poi riportò lo sguardo fuori del finestrino. Heather era in ansia, le mancava quasi il respiro. Cosa stava facendo? Perché andava da Alejandro? << Come mai su questo aereo? >> Chiese la voce della donna dopo un po’.
<< Sto.. Sto andando a trovare un amico >> la ragazza abbassò lo sguardo, a disagio.
<< Un amico? >>
<< Okay, forse non proprio un amico. Ci odiamo, ma in realtà ci piacciamo a vicenda. Io sto andando a dirglielo, così che la finisca di fare l’idiota ogni volta che parliamo. Ma non sono pronta ad andare a dirglielo, ed è per questo che sono in ansia e sto per avere un attacco di panico! >> Heather disse quelle parole talmente velocemente che quando finì cominciò a respirare frenetica. Si mise le mani tra i capelli raccolti nella coda. Non sapeva nemmeno perché avesse raccontato tutto ciò a quella donna.
Ma la signora le posò una mano sulla spalla, gentilmente, e la guardò con occhi gentili. << Come ti chiami? >>
<< Io? Heather >> tirò su col naso, non sapeva nemmeno come avesse fatto a scoppiare a piangere. Stava dando spettacolo, pensò, ma quando alzò lo sguardo si rese conto che invece nessuno tra i passeggeri si preoccupava di lei. << E.. Lei? >>
<< Oh, dammi pure del tu, cara. Io sono Lisa, molto piacere. >> Le sorrise, ed Heather vide tanta bontà in lei.
<< Molto piacere, Lisa.. >> Annuì piano, mentre la donna le sorrideva. Si strinsero la mano, ed in quel momento una ragazza dell’età di Heather si sedette accanto a lei. Aveva lunghi capelli biondi, occhi azzurri e vestiti firmati. Ad Heather ricordò Lindsay, ma qualcosa le faceva provare odio profondo nei suoi confronti.
<< Ciao >> replicò. << Io mi chiamo Rachel, e tu.. Sei? >> La guardò dall’alto al basso, con fare superiore. Inutile dire che Heather avrebbe voluto poterle strappare i capelli a ciocche, per lasciarla pelata, cosa che lei già aveva dovuto sopportare.
<< Io sono Heather >> disse con voce cattiva, stringendo gli occhi.
<< Oh suvvia, con più gentilezza. >> Disse Lisa. << Piacere, cara, io sono Lisa. >>
Rachel la guardò nello stesso modo con cui aveva guardato Heather. << Ho per caso chiesto il tuo di nome, vecchia? Non mi rivolgere la parola >> sembrava disgustata, cosa che fece infuriare Heather. Cosa le aveva fatto quella signora? Era sono una donna anziana che si era presentata e l’aveva anche difesa!
<< A cosa dobbiamo il dispiacere della tua presenza? >>
Rachel rivolse gli occhi verso di lei. << Sto prendendo l’aereo. Vado a trovare il mio futuro ragazzo >> replicò con voce chiara, mentre incrociava le braccia al petto, ed Heather avrebbe voluto staccarle la testa.
<< Complimenti >> disse Heather mentre si poggiava allo schienale della poltroncina dove stava seduta. Prese il cellulare e le cuffie, ma prima di poter scegliere una canzone in cui rifugiarsi per scampare da Rachel Lisa le disse, << Quindi, vai da questo ragazzo per dirgli che provi qualcosa per lui >> le sorrise.
<< Si... Ma non sono nemmeno convinta di quel che sto facendo >> scosse la testa, ridendo. << Ed ho paura, un sentimento che non provo mai. >>
<< Come mai hai paura? >>
<< Perché due sono le opzioni: o lui mi dice che prova la stessa cosa oppure mi scoppia a ridere in faccia e mi prende in giro per tutta la vita. >>
<< Secondo me >> disse avvicinandosi ad Heather e sorridendole, << gli piaci. Sei molto bella, e, devo dirtelo, hai dei capelli stupendi! >> Vicino a lei, Rachel sbuffò, ma né Heather né Lisa le prestarono attenzione. La ragazza si passò una mano tra i capelli neri, che aveva slegato quando era arrivata Rachel.
Sorrise a Lisa, << Grazie >> chinò piano il capo. Incredibile, con quella donna poteva essere gentile!
<< Ti piace molto, vero? >> Negli occhi di Lisa c’era una luce birichina.
Lei sorrise, << Si. >>
<< Come si chiama? >>
Heather si trattenne per qualche secondo prima di dire il suo nome, poi esordì con un: << Alejandro, Alejandro Burromuerto. >>
 
Quando scese dall’aereo, Heather era già nervosa, figurarsi ora che si trovava proprio davanti alla sua casa. Con un sospiro prese coraggio, ed andò a bussare alla porta. Non poteva crederci, lo stava facendo sul serio! Cosa le passava per la mente?
La porta di colore bianco si aprì e comparve Alejandro sulla soglia. Indossava come sempre jeans verde scuro, ed una camicia blu; i suoi capelli castani erano sciolti e venivano sollevati piano dalla brezza. I suoi occhi verdi si puntarono su quelli scuri di Heather.
<< Heather, ma quale piacevole sorpresa >> disse ridendo tra sé. Lisa, in aereo, le aveva detto, dopo che lei le aveva raccontato del solito comportamento di Alejandro, di far valere la sua autorità. Di non permettergli di trattarla come una ragazzina, nel modo in cui trattava tutte quelle che prendeva in giro. << Come mai qui? >>
<< Senti >> disse cattiva, puntandogli un indice contro, e lui arretrò, colto alla sprovvista, << antipatico, odioso, egocentrico idiota. >> Lo guardò dritto negli occhi, mentre camminava verso di lui, che ad un certo punto si trovò con le spalle al muro. << La devi smettere di ridere di me. Sono qui per un motivo serio! >>
Non sapeva esattamente il motivo che l’aveva indotta a quello scatto di rabbia, ma a quanto pare aveva funzionato alla perfezione: adesso lui l’ascoltava, deglutendo a fatica.
<< Certo, ma sta calma! >> Alzò le mani davanti a sé in segno di resa.
<< Bene. >> Heather si distanziò un pochino, per poi sospirare piano. << Io sono qui per dirti.. Una cosa. >> Non riusciva a pronunciare quelle parole, era come se qualcosa la bloccasse. Ma non si poteva tirare indietro proprio adesso.
<< Si? >> Lui sorrise, ritornando il solito di sempre.
<< Io.. >>
<< Heather >> la chiamò la sua voce, adesso seria, e lei alzò lo sguardo verso di lui, << dillo e basta. Sono tre stagioni che aspetto. >>
Heather trasalì, ma allora lo sapeva.. E cosa voleva dire che “aspettava”? Bè, poco importava, doveva giocarsi il tutto per tutto.
<< Alejandro >> disse, << io provo qualcosa per te. >>
<< E cosa provi? >> Si vedeva chiaramente che lui non aspettava altro che lei pronunciasse quelle due semplici parole. Era il motivo però a non essere chiaro.
<< Io.. Ti amo >> ad Heather mancò la voce e sarebbe caduta a terra se Alejandro non l’avesse afferrata al volo. Ci volle qualche secondo prima che lei si accorgesse che cosa stava accadendo. Quando capì spalancò gli occhi, ma non si mosse, dopotutto era quello che voleva, no? Alejandro la stava baciando.
 
Il treno cominciò a rallentare, e Mal si sporse oltre il bordo, cercando di evitare i rami dei pini che sporgevano ai lati della ferrovia. Quando tornò da Zoey, che cercava di restare in piedi, poggiata contro una parete del vagone aveva un’espressione preoccupata.
<< Che c’è? >> Disse lei, mentre la luce del giorno entrava dalla “porta” aperta del vagone/container.
<< C’è gente, più avanti. Sono lì sulla piattaforma che aspettano che il treno arrivi. Dobbiamo scendere prima di essere troppo vicini. Se ci vedono siamo fregati. >>
<< Oddio, ma come facciamo? Non possiamo buttarci da un treno in corsa! >>
<< Ma siamo riusciti a salire, no? Ed andava anche molto più veloce.. Fidati, ce la possiamo fare. >>
<< Da quando sei così ottimista? >> Replicò lei con un sorriso.
<< Credo nelle mie capacità >> disse lui con un sorriso sbruffone, mentre alzava piano una spalla. << Avanti, >> disse voltandosi << è ora. >> Le afferrò la mano, dopodiché la strinse forte a sé, mentre stavano in piedi sul bordo del vagone.
<< Sei sicuro? >> Urlò lei.
<< Si, ce la possiamo fare! Al mio tre salta! Okay? >>
<< Okay! >>
<< Uno… Due… Tre! >> I due saltarono, mentre Zoey stringeva forte il suo zaino. Chissà come riuscirono a non essere travolti dal treno, e caddero a terra, tra i sassolini e la sabbia.
<< Dio.. >> Zoey batté la testa piano, sul terreno, e guardò il cielo, mentre Mal si alzava.
<< Tutto bene? >> disse l’altro deglutendo e respirando a fatica mentre le porgeva la mano.
<< Diciamo che sono stata meglio.. Sono tutta ammaccata. >> Si alzò e lo guardò. << Non salterò mai più da un treno in corsa. Mai. Più. Piuttosto preferisco la galera. Chi lo sa, magari incontro Duncan. >>
Mal scoppiò a ridere, mentre si dirigevano dentro il bosco.
<< E adesso come facciamo? Dove siamo? Hai idea? >>
<< No, ma di una cosa sono convinto. Non possiamo usare carte di credito, e tu devi spegnere il telefono così che la polizia non ti rintracci. Conosco un trucchetto che mi ha già aiutato in passato. >>
<< Wow, non credevo che l’avrei mai detto ma, sai Mal, sono contenta che tu sia stato in prigione. >>
<< Riformatorio >> la corresse lui.
<< È uguale >> Zoey fece un vago gesto con la mano, ed insieme entrarono tra il folto del bosco.

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Capitolo 13
*** Difficulty of trust ***


Zoey camminava lentamente, mentre si teneva stretta a Mal. Nella caduta si era fatta male ad una gamba, ed ora era convinta al centro per cento che se avesse guardato avrebbe visto un livido viola e grande quanto il palo della sua mano. Se lo sentiva.
<< Giuro che non scappo più con te >> disse, e lui fece un verso strozzato: quando lei lo guardò, vide che era scioccato.
<< Io ti salvo la vita ed è così che tu mi ripaghi? Dicendomi che non scappi più con me? Stai per caso mettendo in dubbio le mie grandi capacità? >>
<< Ma no, certo che no.. >> Replicò ironica. << Il problema è che ho rischiato di morire, per ben tre volte! Il tutto in poche ore! Figurati a lungo andare! >>
<< Basta >> disse Mal lasciandola andare, e lei cadde a terra. Zoey alzò lo sguardo verso di lui, sbuffò per spostare una ciocca di capelli rossi dal volto e lo guardò come per dire “dimmi-che-scherzi”. << La prossima volta ti arrangi >> alzò in mento con fare dignitoso e si allontanò.
<< Ehi! Ma dove vai! >> Urlò Zoey scattando in piedi per seguirlo. << Aspettami! >> E si affrettò a stargli dietro.
 
Camminavano lentamente, attenti a non sprofondare nel fango provocato da una pioggia recente. Non avevano idea di dove si trovavano, e non avevano idea di cosa fare. Sarebbero rimasti lì a dormire? Dove? Di sicuro non poteva distendersi in mezzo a foglie cadute e secche, su un terreno talmente fangoso. Fortuna che si era messa gli stivali, pensò Zoey.
Intanto Mal pensava a quanto si sentisse diverso, ora che stava accanto a Zoey invece che cacciarla come una preda. Si sentiva strano, più normale, cosa che gli procurava confusione. Per lui era stato normale per troppo tempo essere cattivo, ed ora, si domandava se non avesse sbagliato.
<< Fermiamoci qui >> disse piano, sedendosi su una pietra che spuntava dal terreno. Miriadi di piccoli massi erano sparsi qua e là, come funghi che crescono dalla terra. Non erano affatto scivolosi, questo voleva dire che lì aveva piovuto, si, ma non troppo recentemente.
<< Dio, sono stanchissima. >> Disse Zoey con un sospiro, e si lasciò cadere su una pietra talmente piatta da far sembrare di essere stata tagliata a metà.
<< Tu hai deciso di scappare. Non ti ho costretta >> Mal scosse le spalle, e lei gli lanciò un’occhiata infuocata.
<< In un certo senso invece si. Hai ucciso Beck, se tu non l’avessi fatto, a quest’ora non saremmo qui, pieni di fango fino alle cosce e.. >>
<< Bla bla bla >> Mal fece il gesto con le mani, mentre ruotava gli occhi al cielo. Zoey non poteva crederci.
<< Tu, tu non osare fare così a me! >> Mal si alzò, prendendo lo zaino e buttandoselo in spalla. << Ehi, dove vai?! Torna qui, non ho finito! >> Lui si allontanò, e lei, dopo aver imprecato piano, cosa che stupì non poco Mal, lo seguì. << Ehi, guarda che parlo con te! >>
<< Si, l’avevo capito, dato che qui siamo gli unici due esseri umani, e a meno che tu non parli con le pietre come una pazza da manicomio.. >>
<< Antipatico >> ringhiò lei. << Com’è che ti comporti da odioso, ora? >> Si mise le mani ai fianchi, e si fermò, guardandolo. Mal si voltò e la guardò.
Sorrise, << Tanto per fare qualcosa, mi annoio. Ed è divertente vedere te che perdi le staffe >> scoppiò a ridere.
<< Ah si? >> Sorrise lei, gli tirò un pugno sulla spalla. << Odioso >> disse, e dopodiché si allontanò in fretta, mentre Mal si apprestava a seguirla. << Hai idea di cosa faremo? >>
<< In che senso? >>
<< Bè, di certo non possiamo restare qui per sempre, per quanto mi piacciano i boschi, preferirei vivere in una città civile. >>
<< L’ultimo posto in cui vivevi non mi pareva civile. >>
<< Ha-ha-ha. Non sei spiritoso. >>
Lui rise piano, << Intanto aspettiamo un po’, domattina presto prenderemo la via verso la città. >>
<< Ed hai idea di dove sia? >>
<< No, ma magari stanotte vado a vedere un po’ in giro. >>
Lei si fermò e lo guardò scioccata, << Ed hai intenzione di lasciarmi da sola in un bosco? Di notte?! >>
<< Perché, qual è il problema? >> Zoey spalancò gli occhi, e lui scosse la testa.  << Se ci tieni tanto puoi venire con me. >>
<< O magari tu puoi non andartene. >>
<< Zoey, lo so che ci tieni tanto a starmi vicino, ma l’hai detto anche tu, non possiamo passare il resto della nostra vita in questo bosco, ed io non ho idea di dove sia la città, perciò devo andare a cercare. >>
<< E se ti perdi e non mi ritrovi più? O magari c’è qualcuno che si aggira nel bosco? Hai veramente intenzione di lasciarmi da sola?! >>
<< Hai così paura? >> La guardò, inarcando un sopracciglio, e Zoey fece un verso come per dire “ma-sei-impazzito-?”.
<< Ci troviamo in un bosco, dove dovrò passare la notte, probabilmente da sola perché sei un idiota >> lui fece per parlare ma lei lo bloccò, << con il rischio che un qualche psicopatico mi attacchi e tu mi chiedi se ho “così paura”. >> Lo guardò, scosse la testa e si incamminò, mentre lui la seguiva, ridendo a crepapelle.
 
Nel frattempo, Courtney si trovava in un negozio d’abbigliamento. Aveva lasciato Gwen a casa, e non faceva altro che chiedersi dove fosse Scott in quel momento. Non lo aveva ancora chiamato, non riusciva più a ritrovare il coraggio che aveva avuto la sera prima. Quella mattina aveva letto il biglietto di Heather, ma non ci aveva fatto minimamente caso. Non le era successo niente, non aveva scritto cose strane tipo “vi voglio bene” o “siete grandi amiche” eccetera, quindi era solo andata da qualche parte a farsi i fatti suoi, e a Courtney non gliene importava poi molto.
Prese una maglia a fiori, ma subito la rimise giù, schifata, sembrava qualcosa che avrebbe indossato Sierra. Vide una maglia grigia e dei pantaloni neri attillati, e dopo averli afferrati decise di andare a provarli, ma quando lo vide si bloccò. Cosa diavolo stava facendo?
Scott si trovava vicino al bancone, insieme ad una ragazza, che stava ridendo come una stupida. Un moto di rabbia si accese in lei. Camminò velocemente fino a loro, che si voltarono a guardarla.
<< Posso aiutarti in qualche modo, cara? >> Disse la ragazza con voce da svampita, ancora ridendo.
<< Certo. Per iniziare, non chiamarmi “cara” o giuro che ti spezzo una gamba. Secondo, cosa diavolo ci fai qui, tu, Scott? >> Si voltò verso il ragazzo, impassibile.
<< Parlo >> replicò lui, per poi mettersi ad esaminarsi le unghie.
<< Con questa stupida oca? >> Era furente come non mai.
<< Ehi, guarda che ti faccio buttare fuori dal negozio. >>
<< Oh, ti prego, stai zitta, che con tutte le violazioni che ho visto qui potrei farvi chiudere nel tempo che ci metterei a schioccare le dita. >> Rivolse di nuovo gli occhi a Scott. << Dimmi, cosa ci fai qui? >>
<< E a te che importa? >>
<< Perché non mi parli più? >>
<< Sei tu che volevi eliminarmi da Total Drama, te lo ricordi? >> Socchiuse gli occhi a fessura, guardandola male. << La colpa è soltanto tua se non ti parlo. >>
Lei gli lanciò un’occhiataccia, e poi riportò gli occhi alla ragazza dai corti ma riccioluti capelli biondo ossigenato, e dalle labbra talmente gonfie da sembrare il didietro di uno scimpanzé.
<< Metti questi abiti sul conto di mio padre, dovresti sapere chi sono. >>
<< No, chi sei? >> Replicò l’altra.
<< Io chi.. Io chi sono? Io sono Courtney Barlow. >>
<< B-Barlow? Sei la figlia di.. >>
<< Si, di James Barlow, perciò è meglio che ti sbrighi, o ti farò licenziare sul colpo! >>
<< S-scusa >> la ragazza si affrettò a fare ciò che Courtney le aveva detto, dopodiché lei se né andò impettita. Quando si trovò fuori del centro commerciale, sentì una voce alle sue spalle, una voce che conosceva molto bene.
<< Courtney >> la chiamò.
<< Che vuoi? >> Esclamò voltandosi, furiosa come mai.
Lui scoppiò a ridere, << Sei arrabbiata con me? Cosa dovrei fare? Spiegamelo perché io non capisco. Tu hai tradito la mia fiducia. >>
<< Cosa molto ironica detta da parte tua, dato che tu non ti faresti scrupoli a tradire gli altri. >>
Lui non le rispose, e lei pensò d’aver commesso un errore, ma poi si disse: “Bè, che diavolo, è vero. Sto solo dicendo la verità.”
<< In passato sono stato tradito dalle persone che amavo. Pure.. Dawn lo sa. Cavolo, quella ragazza mi inquieta. >>
<< Cosa diavolo c’entra Dawn? >>
<< Io ho un passato molto triste, e forse è proprio questo il motivo per cui sono così. Non tendo a fidarmi della gente perché già una volta l’ho fatto e sono stato io ad averci rimesso. >>
<< Cavolo, non ti facevo così intelligente >> disse lei con un sorrisetto cattivo. Lui sembrò ferito. << Scusa >> disse subito lei, e Scott abbassò il capo. << Non volevo. >>
<< Bè >> Scott alzò la testa, ed i suoi capelli rossi, ora più lunghi, si mossero alla brezza, << ti va di andare a mangiare qualcosa? Io ho fame >> sorrise, e Courtney restò confusa, per qualche secondo, ma ritornando in sé disse: << Ma certo >> ed a braccetto si allontanarono.
<< Courtney? >> La chiamò dopo un po’ lui.
<< Si? >>
<< Davvero sei ricca? >>
<< Oh si, ed anche molto. Come credi che mi sia pagata tutti i corsi di giurisprudenza e gli avvocati per far causa a Chris, finora? >>
Scott scoppiò a ridere, scosse la testa e poi disse, << Questa è una cosa molto interessante. >>

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Capitolo 14
*** By your side is where I have to be ***


Mal si fermò d’un tratto, vicino ad un alto albero dal largo tronco marrone. All’altezza degli occhi di Zoey c’erano scaglie di legno macchiate di nero in alcuni punti e tratti imperlati di qualcosa di color giallo miele. Il ragazzo notò ciò che lei osservava, e disse: << Resina. >> Per poi posare a terra lo zaino.
<< Perché ci fermiamo? >> Chiese lei preoccupata.
<< Perché tra non molto tramonterà, e questo posto è il migliore che ho trovato finora. >>
<< Ma.. È un albero.. >>
<< Già, brava Zoey, è un albero! >> La prese in giro lui.
Lei lo fulminò con lo sguardo. << Questo non mi sembra un posto molto sicuro. >>
<< Bè, meglio di niente, no? >> Replicò lui acidamente.
<< Sai che quando fai così sembri una vecchietta settantenne acida? >> Zoey prese dallo zaino un grande lenzuolo bianco e lo posò per terra. Così almeno non si sarebbe sporcata di fango i vestiti, non sarebbe stato il massimo raggiungere la città in tali condizioni.
<< Ma grazie maritino >> replicò lui facendo un gesto con la mano ed alzando gli occhi al cielo per poi riportarli su di lei, il tutto mentre se ne stava con un fianco in fuori e la mano destra appoggiataci. Zoey scoppiò a ridere, e lui sorrise. Era bello vederla felice, le sue giornate ora erano illuminate dalla sua presenza, mentre prima, quando era costretto, forse anche per scelta, a starle “lontano”, parevano giorni grigi e senza vita, monotoni. Prima non capiva cosa fosse la felicità, non sorrideva veramente, se non per fare ghigni malvagi davanti alle sue vittime. Si ricordò di una frase scritta nel secondo libro della Torah ebraica, Esodo: “Vattene via da me! Attento a te e a non vedere più il mio viso! Perché il giorno che vedrai il mio volto tu morirai!” Ci pensò su e si rese conto che tutto sommato quella frase lo rispecchiava. Quasi nessuno a parte Zoey vedeva il suo volto senza uscirne indenne, e la maggior parte delle volte veniva ritrovato solo il cadavere, ed altre volte nemmeno quello. Ma questo valeva solo per Mal: ora che era nel suo corpo, senza Mike a procurargli fastidi, quasi nessuno che dopo averlo incontrato restasse in vita vedeva il suo volto. Ma dipendeva anche dal fatto che girava incappucciato, vestito di nero come fosse la Morte stessa.
Zoey gli aveva ridato una vita, anzi, gli aveva permesso di averne una! Ma non era del tutto sicuro che avrebbe rinunciato a mietere vittime.
Alzò gli occhi verso le cime degli alberi, quasi del tutto spoglie, mentre l’autunno pian piano si trasformava in inverno. Mal era convinto che sarebbe stato un gelido inverno, quello di quell’anno, e pensò che lui e Zoey avrebbero dovuto trovare un luogo in cui vivere. Non potevano di certo continuare a scappare in eterno!
La luce del sole stava svanendo, e la luna era già alta nel cielo.
<< Sei sicuro che sia sicuro passare la notte qui? >>
<< Metti in dubbio le mie capacità di proteggerti? >> Replicò lui avvicinandosi a lei, con un sorriso in volto. << Non permetterei a nessuno di farti del male, mia dolce Zoey >> la strinse forte a sé, mentre lei arrossiva. Adorava vederla quando era in imbarazzo, quando le sue guance dalla pelle chiara diventavano rosse quasi quanto i suoi capelli e lei nascondeva il viso tra le mani.
<< Ehm.. Mal.. >> Disse lei dopo un po’, << puoi anche lasciarmi, ora >> rise piano, mentre lui si scostava. Alla cintura portava un coltello per autodifesa, anche se c’era sempre il rischio che potesse ricadere nelle vecchie abitudini ed usarlo per uccidere di spontanea volontà. Ma non avrebbe fatto del male a Zoey, aveva già commesso quell’errore, e non l’avrebbe ripetuto. Ora Zoey andava protetta, in parte da un pericolo in cui lui stesso l’aveva cacciata, e Mal non si sarebbe tirato indietro. Avrebbe seguito le sue responsabilità. Dopotutto, lo doveva anche a Mike, pensò.
Zoey si alzò in punta di piedi, gli posò una mano sulla spalla e gli diede un bacio sulla guancia. Mal restò sorpreso da quel gesto inaspettato.
<< E questo perché? >>
Lei scosse le spalle, con un sorriso, << Per ringraziarti. >>
<< Di cosa? >>
<< Di essere qui con me. >>
 
Nel frattempo Courtney se ne stava seduta ad un tavolo, fuori da un bar, insieme a Scott. Indossava una maglia grigia che le stava d’incanto, ricamata e all’apparenza molto costosa, e dei jeans blu attillati. Ai piedi portava un paio di stivaletti neri molto chic. I capelli, del solito bellissimo castano, erano sciolti e si muovevano piano alla brezza.
<< Allora.. >> Cominciò lei. << Come mai ci stavi provando con quella stupida oca? >>
<< Salti subito al punto, eh? >>
<< Già già, parla, avanti. >>
<< Bè, allora, dato che tu sei stata moolto stronza con me, in questi ultimi tempi mi godo la vita. Sono entrato in quel negozio perché l’ho vista e volevo parlare con lei. Era carina. >>
<< Carina? Chi quella? >> Courtney era scioccata. << Accidenti, deve essere stato proprio un brutto colpo per te! Ti si deve essere fuso il cervello per poter trovare quella “carina”. Dai, sembrava più finta dei manichini all’entrata. E poi, era vestita di un giallo talmente tanto acceso da sembrare un gommone. >>
Scott scoppiò a ridere, e quando si fu ripreso, con un sorriso sulle labbra disse: << Però trovo te molto più che carina, e per pensarlo non si deve avere il cervello fuso. >> Rise ancora.
Lei poggiò i gomiti sul tavolino e si sporse verso di lui, << Dici così solo perché sai che sono ricca, vero? >>
<< Anche >> ammise lui. << Non mi avevi detto di esserlo. >>
Courtney pensò se aveva fatto bene a dirgli di essere ricca. Adesso Scott era interessato a lei solo per i suoi soldi, ma pensandoci, si rese conto che anche durante la quinta stagione di Total Drama, alla quale avevano partecipato entrambi, lui era innamorato di lei. E allora non sapeva che lei fosse ricca.
<< No, è vero. >>
<< Che lavoro fa tuo padre? >>
<< Mio padre è a capo di una grande azienda che controlla la maggior parte del mercato commerciale qui in America. >>
<< Ma tu non sei canadese? >>
<< Mio padre è canadese da parte di madre, ma ha la cittadinanza americana, e mia madre è ispanica. >>
<< Oh, capito. >>
<< Ma comunque, ne controlla alcuni anche in Canada. >> Courtney scosse piano le spalle, come fosse stata una cosa normale ciò di cui stavano parlando.
<< Bene >> sorrise Scott. << Io.. Mi è passata la fame, paghiamo il conto e ce ne andiamo da qualche parte? >>
<< Certo >> rispose lei, e si alzarono per entrare nel bar.
<< Paghi tu il conto, vero? >> Le sussurrò lui all’orecchio.
<< Ma sei tu l’uomo >> rise lei, alzando il mento con fare dignitoso.
 
Ormai il sole era già tramontato, e Mal e Zoey se ne stavano poggiati al grande tronco dell’alto albero. I due erano nel più completo silenzio, mentre cominciavano a sentire i rumori della vita del bosco.
<< Non ci sono lupi o cose del genere, secondo te, vero? >> Disse lei, e pure nel buio, Zoey riuscì a vedere l’espressione di Mal che diceva espressamente “ma-stai-scherzando-?”. Con un sospiro, prese il telefono, ormai senza scheda né quasi batteria. Mal aveva reso il cellulare inutilizzabile, e non appena sarebbero arrivati in città lei avrebbe dovuto comprare un usa e getta. Dalla tasca dei pantaloni neri prese l’mp3 e le cuffie. Per fortuna che aveva l’mp3, perché senza musica non sarebbe arrivata tanto lontano, sarebbe letteralmente impazzita, lo sapeva.
<< Cosa ascolti? >> Chiese lui, interessato.
<< Non lo so, scelgo a caso >> rispose lei alzando le spalle, come se fosse normale trovarsi in un bosco alle sette e mezzo di sera con il ragazzo che ha ucciso il tuo ex, il tutto per scappare dalla polizia che credeva colpevole lei per qualcosa che aveva commesso lui. La situazione aveva dell’incredibile, e se Zoey non fosse stata troppo occupata a divagare con la mente sarebbe scoppiata a ridere per una crisi nevrotica.
<< Non è incredibile che abbiamo gli stessi gusti? >>
<< Specifichiamo che stiamo parlando di musica, perché di certo io non impazzisco per l’uccidere a sangue freddo, rapire e inseguire come farebbe un lupo con la cena la gente. >>
Lui scoppiò a ridere, << Ma certo. >> Lei gli passò una cuffia, mentre sorrideva, e lui la sistemò all’orecchio sinistro. La spalla sinistra di lui e quella destra di lei si sfioravano, mentre stavano poggiati al grande e probabilmente molto vecchio albero.
La canzone partì e sulle note di Faster, dei Within Temptation, i due si persero nel loro mondo, circondati dalla natura.
I can't see, cause it's burning deep inside. Like gasoline, a fire running wild.  No more fear, cause I'm getting closer now. So unreal, but I like it anyhow.
Zoey puntò gli occhi sul tronco di un albero lontano, mentre muoveva piano i piedi, circondati dagli stivali neri, a ritmo con la canzone. No, non aveva paura ora che lui era lì.
I go faster and faster and faster and faster and faster and faster and faster. I can't live in a fairy tale of lies, and I can't hide from the feeling 'cause it's right.
Mal pensò a quando cercava di cancellare ogni minima traccia di un qualunque sentimento nel suo cuore, e poi sorrise, ricordando la realtà. Quanto era stato stupido! Vicino a Zoey poteva essere tutto ciò che voleva. Strinse la sua mano, e rivolse gli occhi al cielo, attraversato qua e là da rami quasi del tutto spogli.
And I go faster and faster and faster and faster for life.
Zoey riportò la mente all’immagine del detective.
I can't live in a fairy tale of lies.
I can feel that you mesmerize my heart. I feel so free, I'm alive, I'm breaking out. I won't give in 'cause I'm proud of all my scars, and I can see I've been wasting too much time.
Era vero, era vivo, poteva sentirsi vivo veramente, ora che era con lei.
La ragazza pensò a come probabilmente l’avrebbero cercata; avrebbe attraversato monti e mari, quel detective, per trovarla? Avrebbe dovuto sentire paura, essere terrorizzata, ma in qualche modo era calma. Era con Mal, ed il suo cuore le diceva che era giusto così, che era lì che doveva stare.
I go faster and faster and faster and faster and faster and faster and faster. And I can't live in a fairy tale of lies, and I can't hide from the feeling 'cause it's right. And I go faster and faster and faster and faster for life, I can't live in a fairy tale of lies.
Zoey sorrise piano, mentre stringeva forte la mano di Mal. Era al suo fianco che voleva stare.
And I can't live in a fairy tale of lies, and I can't hide from the feeling 'cause it's right. And I go faster and faster and faster and faster for life. And I can't live in a fairy tale of lies.
Mal sorrise a sua volta, era con Zoey che avrebbe voluto passare il resto dei suoi giorni, perché solo lei gli permetteva di essere ciò che per troppo tempo aveva cercato di cancellare.
A fairy tale of lies.
Oh no, quella non era per niente una favola costruita su bugie, quella era la realtà. La loro realtà. Ciò che loro volevano vivere.

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Capitolo 15
*** Are you afraid of me? ***


Zoey si sentiva piano piano trasportare dal sonno, ed i suoi occhi si chiudevano piano. Ma qualcosa di scatto la svegliò, un rumore, secco. Click. Come di un ramo calpestato. Quando si voltò, non trovò Mal vicino a lei, e la cosa la spaventò. Cominciò a guardarsi velocemente intorno, a destra e a sinistra, voltando la testa di scatto e respirando affannosamente: era in iperventilazione e cominciava già a vedere sfocato. Ma una voce la chiamò, e quando guardò alla sua destra vide Mal in piedi, ad osservarla.
<< Ehi, Zoey, stai bene? >>
Parlava tranquillamente, come se niente fosse successo, ma la sua espressione tradiva preoccupazione.
<< Dove diavolo eri?! >> Urlò lei risvegliandosi. Scattò in piedi e gli si avvicinò, per cominciare a tirargli pugni su spalle e petto. << Ti avevo detto di non lasciarmi da sola! >>
<< Ehi, ehi >> lui la fermò, bloccandole le braccia ed avvicinandosi a lei. I loro volti erano vicinissimi, ora, e Mal puntò i suoi occhi scuri in quelli marroni di lei, per cercare di calmarla. Il suo sguardo era fisso e sicuro, calmo, un’ancora che poteva riportare alla realtà Zoey. << Sono stato via solo per cinque minuti. Ho sentito un rumore e sono andato a controllare. >>
Zoey cominciò a respirare piano, inspirando dal naso, per calmarsi. << E.. Cosa è successo? C’era qualcuno? >>
<< No, più avanti c’è un albero sulla via della morte, ed un ramo tra i più alti è caduto. >>
<< Ah.. Okay.. Ma non dovevi comunque lasciarmi sola! E se in quei cinque minuti qualcuno mi avesse aggredito? >>
<< Però non è successo >> replicò lui con un sorriso, e lei lo fulminò con lo sguardo.
<< Che ore sono? >> Chiese tornando all’albero e sedendosi a terra, sopra il lenzuolo bianco.
<< Le nove e trentadue minuti. >> Rispose lui, sicuro delle sue parole.
<< Okay >> Zoey batté piano la testa contro il legno del tronco dell’albero, puntando gli occhi lontano, mentre Mal le si sedeva accanto.
<< Ehi, sei arrabbiata per caso? >>
<< No >> scosse piano la testa, ma non c’era gentilezza nella sua voce.
<< Zoey >> la chiamò lui, e lei si voltò a guardarlo, << se avessi pensato seriamente che tu fossi in pericolo non ti avrei lasciata qui da sola. Lo sai. E poi, stai mettendo in dubbio le mie capacità! Così ferisci i miei sentimenti, donna di poca fede. >> Le strinse la mano.
Zoey scoppiò a ridere, << Tu non ti sei mai preoccupato dei sentimenti altrui. >>
<< Dei tuoi si. >>
<< Ma se mi hai cacciata per tutto il Paese! >>
<< Si, ma questo prima di rendermi conto di.. >>
<< Di cosa? >> Chiese lei, vedendo che lui non rispondeva.
<< Shh >> disse facendole segno di non parlare.
Lei trasalì, << Cosa c’è? >> Sussurrò.
<< Ho sentito qualcosa. >>
<< Cos’hai, i superpoteri? Io non ho sentito niente.. >>  Ma nel momento stesso in cui lo disse, si sentì un rumore di foglie frusciare, e Zoey trasalì di nuovo. << Okay, questo l’ho sentito. >>
Mal scattò in piedi, seguito subito da Zoey. Mollò la presa sulla sua mano e si mise in posizione. A Zoey sembrava pronto per la battaglia, un eroe vendicativo pronto ad uccidere chiunque cercasse di farle del male.
Tre ragazzi comparvero dal fogliame, stavano ridendo ed erano tutti vestiti di nero, incappucciati, come Mal e Zoey. Quello al centro si fermò, e con la mano destra batté piano sul petto dell’amico. I tre guardarono Mal e Zoey, sorridendo. Si poteva vedere da miglia di distanza che avevano brutte intenzioni.
<< Ehi, cosa abbiamo qui? >> Disse quello al centro, apparentemente il leader del gruppetto.
<< Una bel fiorellino ed uno sfigato che si atteggia >> replicò quello di sinistra, sporgendosi e facendo un saluto con le dita della mano a Zoey, che restò immobile, con gli occhi sgranati e spalancati. Cosa volevano quei tre ragazzi da loro?
Mal sorrise, << Andatevene e non vi sarà fatto alcun male. >>
Il leader scoppiò a ridere e fece segni agli altri due: << Ohh, avete sentito? Non ci farà male se ce ne andiamo! >> Rise di gusto, << Anche se non fossimo tre contro uno, tu non riusciresti a batterci. >>
Mal sorrise di nuovo, ancora più cupamente, << Scommettiamo? >>
Il leader accennò con la testa, e gli altri due cominciarono ad avvicinarsi a Mal, che fece spuntare dalla manica sinistra della felpa nera un coltello dalla lama molto affilata. Quando i raggi della luna che riuscivano ad attraversare i rami degli alberi la colpivano, raggi lucenti venivano riflessi.
Mal si difese abilmente, lanciando fendenti ad entrambi i ragazzi che lo stavano aggredendo. Però era troppo occupato a combattere per poter stare attento a Zoey, e così il leader la raggiunse indisturbato.
<< Ciao, mio bel fiorellino >> disse, e lei gli lanciò un’occhiata fulminante.
<< Non sono né tua né un bel fiorellino, okay, stupido idiota? >>
Lui sorrise, << Una ragazza dolce come te non dovrebbe dire queste cose.. >>
<< Ti faccio vedere io chi è dolce! >> Zoey scattò e colpì il ragazzo al naso che con un urlo, cadde a terra, tenendosi il naso.
<< Come hai osato! Ti farò vedere.. >> Ma non finì la frase perché il calcio di Zoey lo colpì in pieno viso e lui cadde a terra disteso. Incredibile che fosse stato così facile.
<< Bel fiorellino la chiami tua madre >> disse lei chinandosi su di lui, mentre Mal si liberava dei due. La raggiunse e le offrì una mano, che lei afferrò.
<< Stai bene? >>
Zoey annuì piano, << Non gli ho nemmeno lasciato il tempo di sfiorarmi >> sorrise al sorriso di soddisfazione che comparì sul viso di Mal. << Quei due >> fece un cenno del capo verso i due ragazzi che lo avevano attaccato, ora distesi a terra, << li hai uccisi? >>
<< No >> disse voltandosi piano, << sono solo svenuti.. >> Quando riportò gli occhi su di lei disse, con un sorriso: << Mi stai facendo rammollire. >> Rise tra sé.
<< Stai semplicemente diventando più buono >> disse lei.
Mal portò lo sguardo al ragazzo svenuto ai loro piedi, << E tu più cattiva >> le sorrise. << Che cosa interessante, non trovi? >>
 
<< Che ne facciamo di loro? >> Chiese Zoey.
<< A me starebbe anche bene ucciderli >> rispose Mal in un tono sincero, come se fosse normale, << ma magari c’è gente che li cerca.. >>
I tre erano legati all’albero, che li guardavano con gli occhi spalancati.
<< Li lasciamo vivi? >> Zoey aveva un tono speranzoso, non amava per niente uccidere gente, lei, non era come Mal che nemmeno si poneva la questione. Lei rispettava le vite altrui, e la cosa più strana era proprio il fatto che era innamorata di un serial killer.
<< Si.. A patto.. Che questi tre tengano la bocca chiusa. >> Li guardò in un modo strano, molto cupo ed ostile, che fece paura pure a Zoey, anche se lei sapeva che non doveva temere nulla da Mal. Non le avrebbe torto un capello, non l’avrebbe nemmeno guardata se lei non avesse voluto.
<< C-c-certo.. >> Balbettarono i tre.
<< Bene, allora vi liberiamo, e voi ve ne andrete senza fare stronzate, intesi? >>
<< S-si. >> Annuirono, e Mal li liberò. I tre corsero via, spaventati a morte.
<< Cavolo >> disse Zoey ridendo, << ma fai così paura? >>
<< Non lo so >> scherzò l’altro alzando le spalle, << a te faccio paura? >>
<< No, non più >> disse con un sorriso e gli si avvicinò. Lui la circondò con le braccia e si chinò verso di lei, posando le sue labbra su quelle di Zoey.
 
Nel frattempo, Heather si trovava a casa di Alejandro, chiusa in bagno mentre lui dormiva. Si stava guardando allo specchio, e non poteva credere a tutto ciò che era successo.. Lei e Al.. Abbassò di colpo lo sguardo, respirando piano. Dove aveva trovato il coraggio ancora non lo sapeva.
Allo specchio si vedeva diversa, in modo irreparabile. Forse non avrebbe dovuto, lei e Alejandro non avrebbero dovuto stare insieme. Erano troppo uguali, e male più male non porta a nulla di buono. Rise piano, per l’ironia della sorte.
Sospirò ed alzò di nuovo lo sguardo. Aveva fatto quel passo, ed ora non si poteva tornare più indietro; ma in un certo senso ne era felice. Adesso non avrebbe più dovuto inventarsi scuse, crearsi complessi perché voleva Alejandro. Ora era suo. Punto.
Heather sorrise al suo riflesso nello specchio, mentre la sua mente correva ad una canzone che aveva sentito qualche tempo prima. Non ne capiva le parole, perché erano in una lingua diversa, italiano, ma aveva cercato la traduzione. Sembrava rispecchiare alla perfezione la sua situazione, sua e di Alejandro.
Erano pezzi di vetro sparsi sul nostro cammino. Le nostre difese lasciate sospese.
Fluida acqua che scorre, i nodi miei già si sciolgono, come neve d'estate. Ma ti guardo tornare su letti di spine. Le nostre parole lontane dal cuore, le nostre paure immotivate, congelate.
Pensò ad Al, a quanto fosse bello, egoista, doppiogiochista, cattivo, esattamente come lo era lei.
L'amore con te è come camminare in punta di piedi senza potersi fermare.
Ed era vero, dannatamente vero.
Ma sento il tuo calore forte negli angoli bui delle mie stanze gelate, appesa al tuo respiro mi vedo cadere, per poi ritornare a sentirmi felice.
Già, quando si sentiva triste le bastava pensare ad Alejandro e le ritornava il buonumore, oltre che insulti, alla mente. Ora che aveva compiuto quel passo poteva dirsi felice, definitivamente felice.
Ma la tensione che sento verso il tuo respiro mi distoglie dal pensiero di tutto ciò che abbiamo perso. E credo a volte di volere riparare, di poter ricostruire, tutto nuovo e un po' diverso.
Ma sento il tuo calore forte negli angoli bui delle mie stanze gelate, appesa al tuo respiro mi vedo cadere, per poi ritornare a sentirmi felice.
Uscì dal bagno e puntò gli occhi su Alejandro che se ne stava disteso, tranquillo, a dormire, tra le coperte.
Mi fermo di fronte al tuo viso, tu che dormi disteso e non sai di poterti affidare, di poterti fidare di me.
Si, lui si poteva fidare di lei. Avrebbe tradito chiunque, tranne che quattro persone, a cui sarebbe stata fedele ed avrebbe mostrato il suo appoggio, sempre a modo suo, però: Zoey, Courtney, Gwen ed ora, anche Alejandro.

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Capitolo 16
*** He's mine. Have you understand? ***


Gwen se ne stava da sola, nel silenzio della stanza. Court non era ancora tornata, e lei non aveva nulla da fare se non girarsi i pollici fissando il soffitto. Spesso la sua mente vagava, anche quando parlava con le altre, e si perdeva pezzi di conversazione: pensava a Duncan, a come lei avesse rischiato tutto e perso tutto e la loro storia fosse finita così presto, solo perché lui era un idiota. Ma era proprio quello che l’aveva attratta: il fatto che fosse sempre così antipatico ed idiota. Era dolce però, a modo suo.
Puntò gli occhi sul soffitto, mentre se ne stava distesa sul letto. Aveva acceso la radio, su una stazione diversa dal solito, dove trasmettevano canzoni internazionali. Ora risuonava una canzone italiana, che già aveva sentito quando con Heather aveva fatto delle ricerche.
Si chiamava.. “Vivo sospesa” e la cantava una ragazza di nome Nathalie. Che bel nome Nathalie.. pensò.
Vivo sospesa tra sogno e quotidianità. Io mi ero persa per strade sconosciute già cambiate prima di arrivare.
Ed era vero, si sentiva persa, ogni giorno era sempre lo stesso, non cambiava mai.
Nel mio percorso, speranze e possibilità, nei nuovi giorni la vita si trasformerà cambiando colore, rendendo il dolore un punto di forza in una tempesta di vento, fragile forma consumata dal tempo.
Ma lì era lei a sentirsi persa, una fragile foglia colorata che cade da un albero in autunno, per colpa di una folata di vento troppo forte.
Vivo sospesa, e un giorno io ti rivedrò.
Oh, quanto avrebbe voluto fosse vero, ora, ma sapeva che non c’era più speranza. Lei aveva rotto definitivamente con Duncan, e lui ora non le parlava più.. Bè, lo accettava, tutto sommato, anche se sentiva un sordo dolore nel cuore.
A ogni respiro la vita io trasformerò, cambiando i miei giorni, rendendo i miei sogni punti di forza in tempeste di vento, fragili forme consumate dal tempo. Trasformerò le ferite profonde e le parole in sospiri di amanti.
Oh come avrebbe voluto poter dimenticare tutto. L’aveva ferita, Duncan, quando durante l’ultima stagione si era mostrato ancora interessato a Courtney. Lei aveva rischiato tutto ed aveva perso tutto. Però era anche vero che se non fosse successo, ora non sarebbe stata lì, in quella casa che condivideva con Court e Heather.
Proteggerò i miei sogni più puri, si sveleranno al calore del giorno.
Gwen si voltò su un fianco, bè, dopotutto, aveva qualcosa da ringraziare, a Duncan. Le aveva permesso di stringere delle amicizie che sapeva non si sarebbero più dissolte. Lei, Court, Heather e Zoey sarebbero rimaste pe sempre l’una accanto all’altra. Il loro era un legame fraterno, indissolubile.
 
Zoey e Mal erano poggiati contro un albero, diverso dal precedente. Per un po’ avevano camminato nella direzione da cui erano venuti i tre ragazzi, ma poiché erano ancora presto, si erano fermati. Mal disse che andava bene che si riposassero, così sarebbero stati pronti per ogni evenienza.
<< Zoey? >> La chiamò lui, mentre la guardava con occhi lucenti ai raggi di luna.
<< Si? >>
<< Tu.. Sai che dovremo trovare un luogo adatto in cui passare.. Tutto questo, vero? A meno che tu non voglia consegnarti alla polizia. >>
<< Consegnati tu alla polizia, tu hai ucciso Beck. >> Replicò lei immediatamente fredda.
<< Ehi >> si voltò e trovò il volto di Mal a pochi centimetri dal suo. << Io ho visto come ti guardava! Lui.. >>
<< E come mi guardava? >> Replicò lei.
<< Con.. Possessività, in un modo che non mi piaceva per niente. >> Rispose. << Ma questo ora non c’entra, ti ho detto che dobbiamo trovare un posto dove stabilirci. >>
<< E non possiamo restare qui? >> Chiese lei, << Questa città non può andar bene? >>
<< La polizia ti cercherà, dobbiamo trovare un posto nascosto.. Dove.. >>
<< La casa dei miei nonni! >>
<< Cosa? >>
<< La casa dei miei nonni. >> Ripeté lei, << Ti spiego, allora, i miei nonni avevano una specie di grande villa, in una grande proprietà privata, circondata da un bosco. Ora i miei nonni non abitano più lì, perché si trovano in una casa di riposo, e la villa è passata di mano ai miei, che però non vanno lì da.. Anni.. Quindi se andiamo lì non ci scoprono. E non c’è nemmeno il problema della pulizia, perché viene pagata un’equipe di domestici per pulirla ogni tre mesi. Se ci sbrighiamo potremmo arrivarci quando se ne saranno già andati! >>
<< Geniale! Ma non c’è il rischio che la polizia sospetti e cerchi lì a casa dei tuoi nonni? >>
<< Fidati di me, conosco un segreto. >> Rispose lei guardandolo in modo significativo.
 
<< Quindi ci sono delle specie di stanze nascoste che.. >>
<< Che se non sai dove cercare non puoi trovare >> Zoey concluse la frase per Mal.
<< Geniale! Sul serio, perché non ci abbiamo pensato prima? >>
Stavano camminando, mentre intorno a loro il bosco si diradava sempre di più. Erano quasi le nove del mattino, e loro avevano deciso di andare a comprare qualcosa da mangiare al supermercato, per poi partire subito. Avrebbero usato soltanto i contanti avanzati di Zoey e quelli che Mal teneva da parte; dopo sarebbero tornati sui loro passi, si sarebbero accampati ed avrebbero preso di nuovo il treno, se fosse passato, quella sera. Non sapevano dov’erano, e perciò avrebbero cercato di capire dove si trovassero quando sarebbero arrivati in città.
Ci arrivarono molto prima di quanto avessero pensato, e si confusero tra la folla. Era una piccola cittadina, non una vera e propria città, sembrava più un villaggio medievale, si bè, senza castelli, mura di pietra altissime, draghi, cavalieri e dame.
Si diressero al primo supermercato che trovarono, cercando di passare inosservati, ma senza troppi risultati.
<< Ehi >> disse una donna dalla voce squillante. Quando Zoey e Mal si voltarono si trovarono davanti una donna di media altezza, dai capelli biondi legati in una treccia che le ricadeva sulla spalla sinistra. Indossava una maglia azzurra e dei jeans chiari, al braccio portava un cesto per la spesa. Sopra il labbro, sul lato sinistro aveva due nei, molto vicini tra loro, che la facevano distinguere, insieme ai suoi occhi azzurri lucenti e gentili. << Non vi ho mia visti, non siete di queste parti, vero? >> Aveva un accento strano, notò Zoey.
Mal le rispose con lo stesso accento, cosa che stupì molto la ragazza, << No, veramente io vivo qui, ma me ne sto sempre per conto mio, sa.. >> Rise piano, << Mia nonna dice che sono asociale, ma a me piace solo starmene da solo. Questa è mia cugina, è appena arrivata in città e la sto accompagnando a comprare da mangiare >> finì tutto con un bel sorriso, e la donna, che sembrava avere non più di ventitré anni, lo guardò con sguardo significativo.
<< Bè, dovresti uscire di casa più spesso, allora. >> Allungo la mano, e Mal la strinse con impeto. << Piacere, io sono Magda, ma probabilmente saprai già chi sono, qui ci conosciamo tutti. >> Sorrise. << Sei il figlio della signora Watts? Sei Jason, per caso? >>
<< Si! Indovinato, piacere mio. >> Disse lui.
<< Bè, allora auguri, anche se sono in ritardo, so che hai compiuto gli anni l’altro ieri. Io non ho avuto il tempo per partecipare alla festa. >>
<< Oh, tranquilla, fa niente, tanto nemmeno io volevo starci, lì. >> Rispose.
<< Bè, buoni diciotto anni, allora, Jason >> gli sorrise, e quel sorriso, il modo in cui lei lo guardò, fece arrabbiare Zoey. Come si permetteva quella donna di guardare così Mal? Il suo Mal?
<< Ehm, M.. Cioè, Jason, ti dispiace se ci sbrighiamo? Vorrei tornare a casa, ho molto da fare. >>
<< Come mai sei in visita qui? >>
Zoey, in quei tre secondi in cui Magda finì di parlare, usò tutte le sue capacità. Mentì spudoratamente, e lo fece anche bene: << Frequento il college, e sto facendo una tesina su come è vivere fuori città, sa, l’aria, il luogo, la gente e l’atmosfera in generale. >>
<< Oh, interessante >> sorrise. << E come mai hai scelto proprio.. >>
<< Bè, ci abitano mio cugino e mia nonna, e quindi ho deciso di approfittarne per scappare un po’ dalla vita del college. >>
<< Oh, certo! >> Magda sorrise.
<< Jason, allora, ci sbrighiamo? >>
<< Certo >> replicò lui, << mi scusi, ma.. Devo andare, è stato un piacere >> e detto questo i due si voltarono e cominciarono a sistemare nel carrello tutto ciò che poteva servir loro da mangiare e da bere.
<< Tua. Cugina. >> Replicò Zoey in un sussurro infuriato, mentre lo guardava male. << Non ti è venuto in mente niente.. Di meglio?! >>
Mal scoppiò a ridere, mentre lei sembrava quasi stesse per cominciare a ringhiare e come un cane feroce si preparasse ad azzannare il suo collo.
<< Avanti >> disse Mal ancora ridendo, << sbrighiamoci. >>
 
Alejandro aprì gli occhi, lentamente, e trovò vicino a sé Heather.
<< Ciao >> sussurrò con un sorriso, apparentemente felice.
<< Ciao >> ripeté lei con lo stesso tono, più gentile del solito. Lui si sforzava di sembrare buono con tutti, per poi colpirli alle spalle, mentre lei saltava quella parte e attaccava subito, sembrando la solita stronza, per questo Al aprì gli occhi di scatto.
<< Tutto bene? >>
<< Certo, perché non dovrebbe andare bene? >>
<< Hai un tono.. Diverso dal solito, non fai battutine acide. Anzi, sei gentile. >>
<< Forse perché finalmente mi sento bene sul serio. >>
<< In che senso? >>
<< Sono felice, Alejandro, sono felice >> replicò lei, posando le mani sul viso di lui, delicatamente. Al sorrise e si baciarono, mentre il cuore di Heather batteva all’impazzata. Oh si, aveva fatto la scelta giusta.

 

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Capitolo 17
*** Guardian ***


Uscirono con molta calma dal supermercato, e tornarono, lentamente, da dove erano venuti. Per fortuna nessuno li notò o li seguì, e loro, non appena si trovarono nel folto del bosco, poterono tirare un sospiro di sollievo.
<< Ma sul serio? Tua. Cugina? >> Zoey guardava Mal, che sorrise di nuovo.
<< Cos’avrei dovuto dire? >> Disse lui ancora ridendo.
<< Non lo so.. Una scusa migliore? Hai visto come ti guardava quella? >> Era furiosa, ma tentava di non darlo a vedere. Purtroppo per lei, Mal riuscì ad accorgersene e sorrise, mentre le si avvicinava.
<< Zoey >> disse, << ho detto che eri mia cugina perché altrimenti, se avessi detto che eri di qui, avremmo avuto dei problemi. Non avresti saputo pronunciare quell’accento. >> Le sorrise, << Credi davvero che quella potesse interessarmi? L’avrei eliminata se avessi potuto. >> Un sorriso malvagio gli si affiorò sulle labbra, e la ragazza sorrise, con il cuore più leggero.
<< Ma tu come hai saputo pronunciarlo? >> Chiese lei, e ripresero a camminare, diretti verso le ferrovie.
<< È una specie di dote >> rispose semplicemente lui, alzando le spalle. << Avanti, sbrighiamoci. >>
 
Courtney aprì la porta lentamente, cercando di non farsi sentire, ma Gwen era seduta in cucina, con le braccia incrociate davanti al petto, che la stava aspettando.
<< Oh oh.. >> Disse lei ridendo.
<< Si può sapere. Dove diamine. Eri finita?! >> Urlò Gwen.
<< Ehm.. Sono andata a una festa di alcuni amici di Scott, e dato che era tardi.. Poi lui mi ha ospitato a casa sua e.. >>
<< Court.. >> La ragazza le lanciò un’occhiata esplicita.
<< Che c’è? Non è successo niente se temi questo, Gwen. Sono andata a dormire, da sola, e quando mi sono svegliata sono venuta qui. >>
<< Giuri? >>
<< Si, giuro >> rise lei, per poi dirigersi verso l’amica ed abbracciarla. << Hai già fatto colazione? >> Gwen fece segno di no con la testa e Courtney le sorrise. << Allora aspettami qui, usciamo a fare colazione, ho molto da raccontarti. >>
 
Mal e Zoey camminavano lentamente nel bosco, lui le faceva strada e lei lo seguiva senza fiatare, ma ogni tanto lanciava occhiate alle sue spalle, e pensava a quanto fosse cambiato.. Tutto. Prima, quando lui aveva ucciso Mike, era andato a cercarla e l’aveva perseguitata. Ovunque lei scappasse lui la trovava e Zoey era costretta a ricominciare tutto da capo. Lo odiava, all’inizio, l’aveva costretta a lasciare la sua casa, le sue amiche, la sua vita; ma ora non si sarebbe potuta immaginare un giorno senza la presenza di lui al suo fianco.
Arrivarono finalmente al punto stabilito, e guardarono alla loro destra: in lontananza si poteva vedere il punto in cui i treni si fermavano, lo spalto di legno e due uomini in piedi che si stavano voltando e..
<< Giù >> disse Mal buttando a terra Zoey.
<< Ma cos.. Mal! >>
<< Shh, ci sono due uomini e.. >> il ragazzo aguzzò la vista << Magda. >>
<< Cosa? Magda? Che ci fa lì Magda? >>
<< Non lo so, sembra.. Stiano parlando. >>
<< E di cosa? >>
Lui la guardò con un sopracciglio inarcato, << Ti sembro superman? >>
<< No, non hai una tutina attillata e colorata >> replicò lei.
<< Ha-ha >> stavano distesi a terra, l’uno avvinghiato all’altra, trai cespugli, per non farsi vedere dai due uomini e da Magda.
<< Sai, ti sto immaginando vestito come superman.. No, non fai tanta bella figura. >>
<< Ti diverti? >> Replicò lui fulminandola con lo sguardo, ma Zoey scoppiò a ridere.
<< Non hai idea quanto! >>
<< Shh >> Mal le posò una mano sulle labbra.
<< Ehi, ma che fai? Basta dirlo se ti do fastidio >> disse lei acidamente.
<< No, non hai capito, non dobbiamo né farci sentire né farci vedere, o quei tre verranno qui, ci chiederanno il motivo della nostra presenza e noi due saremo fregati! >>
<< E serve fare l’odioso? >>
<< Non sto facendo l’odioso >> disse lui, confuso.
<< Si invece, fai il so-tutto-io, peggio di Hermione, almeno lei saprebbe che fare adesso. >>
<< Tipo lanciare un Avada Kedavra e liberarci del problema? >> Mal sorrise a trentadue denti, e Zoey ruotò gli occhi al cielo, per poi sbuffare.
Magda se né andò, ed i due uomini ripresero a parlare tra loro.
Nel frattempo Heather stava facendo la valigia, con fretta, mentre Alejandro, poggiato allo stipite della porta e con le braccia incrociate la guardava.
<< Devi proprio andartene? >> Chiese, e nella sua voce c’era un tono dispiaciuto, che si affrettò a nascondere.
<< Si, devo trovare Zoey. >> Replicò lei.
<< Ma almeno sai dov’è? >>
Heather si fermò di colpo, ed alzò lo sguardo, per incontrare quello di Alejandro.
<< No, non ne ho la minima idea.. >>
<< E come pensi di trovarla? Avanti, illuminami con il tuo geniale piano. >> Lei lo fulminò con lo sguardo ed Alejandro scoppiò a ridere, << Non hai la minima idea di cosa fare, vero? >>
<< Ma non posso non andare a cercarla! >> Si sedette sul bordo del letto, visibilmente preoccupata, ed Al, dopo aver afferrato la sedia che stava vicino alla scrivania di legno chiaro, si sedette davanti a lei, con le braccia sullo schienale ed il viso poggiato sugli avanbracci.
<< Non c’è un modo che ti può permettere di trovarla? >>
<< Bè.. Potrei provare a chiamarla >> disse lei. << Ma di solito è Zoey a chiamare me.. Sono poche le volte che la chiamo, e spesso non risponde. Sai, troppo occupata a scappare da Mal. >>
<< Ma tu stessa hai detto che adesso a lei Mal piace, cosa molto strana.. >>
<< Dato che è cattivo >> concluse Heather per lui.
<< Ma a te piaccio, e sono cattivo. >>
<< Si, ma non dimentichiamoci che Zoey non è me, che è il punto fondamentale, lei è dolce e gentile, sempre se non la fai arrabbiare. >>Heather si rese conto di cosa disse, aveva appena ammesso che le piaceva Al, ma lui non sembrò nemmeno farci caso, mentre aveva un’aria pensierosa.
<< Giusto.. Ma prova comunque a chiamarla, non si sa mai, magari risponde. >>
<< Okay >> Heather digitò il numero sul cellulare, ma una voce metallica le disse che il numero non era raggiungibile, ed il cuore della ragazza saltò un battito. Perché non riusciva a trovare Zoey?
<< Ehi, come mai quella faccia? >>
<< Dice che il numero non è raggiungibile.. >> I due si guardarono, lei spaventata, lui preoccupato.
<< Magari non.. >>
<< Al, e se Mal le ha fatto qualcosa?! >> Heather scoppiò a piangere, e nascose il viso tra le mani, era disperata come non mai. Dov’era la sua migliore amica? Alejandro si sedette accanto a lei e la circondò con le braccia, mentre Heather si lasciava andare, si mostrava in preda alle lacrime ed al panico come non mai.
 
<< Sei pronta? >> Chiese Mal, mentre si sporgevano appena oltre le rotaie per osservare il treno che si avvicinava. Si erano allontanati dal punto dove c’erano i due uomini, così che non li vedessero salire sul treno, ma dei rumori e delle luci provenivano dal bosco. Dovevano sbrigarsi o li avrebbero trovati.
<< Okay, ci siamo.. >> Mal posò bene i piedi a terra, tra i sassolini, e si tirò indietro, nello stesso momento in cui lo fece Zoey, mentre il treno passava. Aspettò qualche momento, poi disse: << Al mio tre. >> Inspirò forte, << Uno.. Due.. Tre >> questa volta non gridò, per non farsi sentire. Allungò il braccio, afferrò la piccola maniglia appena fuori del vagone aperto ed i due saltarono. Zoey era stretta al fianco di Mal.
Atterrarono con un tonfo dentro al vagone, sani e salvi, appena in tempo prima che gli uomini con le pile uscissero dal fogliame scuro e raggiungessero il punto in cui Zoey e Mal stavano prima.
Il ragazzo scoppiò a ridere, e Zoey sbuffò, << Togliti di dosso, mi stai spiaccicando a  terra, tra un po’ divento un tutt’uno con il vagone! >> Scansò da sé Mal, che ancora stava ridendo. Lei gli lanciò occhiata, << Cos’hai che non va? >>
Lui balzò in piedi, ma subito dopo ricadde a terra in ginocchio, << È stato divertentissimo! >>
<< Certo, se lo dici tu >> Zoey gattonò fino alla parete opposta alla porta, che aperta dava sul paesaggio che scorreva fuori del vagone, rosso come il precedente, ma color alluminio all’interno. Prese l’mp3 dal suo zaino. Mal aveva l’altro che avevano comprato in città e che aveva riempito con cibo e bevande comprate al supermercato.
Mal le si accostò, la guardò con un sorriso e un’espressione da cucciolo, e lei, con un sospiro, gli passò una cuffia.
<< Però devi ammettere che sono bravo in ciò che faccio >> disse.
<< Già, anche se rischiamo di crepare ogni volta >> rise lei.
<< Giusto, ma non è ancora successo. >> Le diede una spallata, delicatamente, e scoppiarono a ridere; Zoey poggiò la testa sulla sua spalla e Mal la circondò con il braccio.
You, you who has smiled when you’re in pain. You who has soldiered through the profane, they were distracted and shut down. So why, why would you talk to me at, all such words were dishonorable and in vain, their promise as solid as a fog.
Con la coda dell’occhio, Zoey guardò Mal, e sorrise piano. Sapeva che lui aveva sofferto, lo aveva visto nei suoi occhi, ed ora vedeva come era felice, con lei al suo fianco. Non poteva sentirsi più contenta di così. Pensò a come nessuno a parte lei gli volesse bene, e si sentì stringere il cuore. Si strinse ancora più forte a lui.
And where was your watchman then? I’ll be your keeper for life as your guardian, I’ll be your warrior of care your first warden. I’ll be your angel on call, I’ll be on demand. The greatest honor of all, as your guardian.
Mal strinse Zoey a sé, così da averla ancora più vicina. Lui era il suo protettore, l’avrebbe salvata da qualsiasi pericolo, sempre.
You, you in the chaos feigning sane, you who has pushed beyond what’s humane, them as the ghostly tumbleweed. And where was your watchman then? I’ll be your keeper for life as your guardian, I’ll be your warrior of care your first warden. I’ll be your angel on call, I’ll be on demand, the greatest honor of all, as your guardian.
Zoey alzò piano il viso verso di lui, e pensò a Heather, Gwen e Court, che credevano lui fosse malvagio, cattivo, dall’anima nera come il catrame. Non sapevano quanto sbagliavano, lui, sotto sotto, era buono, in una parte si sé.
Now no more smiling mid crestfall, no more managing unmanageables. No more holding still in the hailstorm. Now enter your watchwoman? I’ll be your keeper for life as your guardian, I’ll be your warrior of care your first warden. I’ll be your angel on call, I’ll be on demand. The greatest honor of all, as your guardian.
Lui le sorrise, mentre la cingeva stretta con il braccio destro. “Dio, quanto è bella” pensò, e senza accorgersi di cosa stava facendo, Mal baciò Zoey sulle labbra. Lei rispose al bacio, e, per la seconda volta, fuori del vagone, alta nel cielo, la luna li guardava e brillava forte.

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Capitolo 18
*** It will be a sweet revenge ***


<< Sai, è un onore essere qui, al tuo fianco >> disse Mal. << Con te è dove vorrei stare >> aggiunse, con un sorriso, mentre baciava piano la fronte di Zoey.
Lei sorrise a sua volta, << Bè, ed io sono contenta che ci sia tu al mio fianco >> ed era vero, era felice che ci fosse lui, sembrava così lontano il tempo quando lo odiava  morte, quando avrebbe voluto buttarlo da un ponte e sotto un treno in corsa..
Riposò di nuovo, piano, la testa sulla sua spalla, e si addormentò.
 
Il detective urlò, furioso, mentre i tre poliziotti stavano impassibili a guardarlo.
<< Ragazzi, dobbiamo ritrovarli! Immediatamente! >>
<< E come pensi di farlo, Dickson? >> Chiese uno di loro, poggiato contro la parete.
<< Non lo so, ma dobbiamo trovarli. Cercate qualsiasi informazione, tutto, nel database, ogni cosa. Cercate tutto riguardo a quella ragazza, devo trovarla. >> Dickson si voltò piano, non riusciva a stare fermo e calmo, era furioso. La rabbia gli scorreva veloce nelle vene come fiele. << Se troveremo Zoey troveremo Mal. >>
<< E cosa farai una volta che lo avrai trovato? >>
<< Semplice, >> Dickson si voltò a guardare i compagni, << lo ucciderò per vendicarmi del torto che mi ha fatto. Lo ucciderò per vendicare mia figlia. >>
 
Zoey aveva gli occhi chiusi, dormiva, pacifica come un bambino, ed era talmente felice che avrebbe potuto pure sorridere nel sonno. Ad un tratto, nel buio senza sogni, tutto diventò bianco, e Zoey si ritrovò a camminare per un sentiero di pietra. Cosa stava succedendo? Si sentiva cosciente, ricordava che l’ultima cosa successa era lei che si addormentava tra le braccia di Mal. Doveva essere un sogno, non c’era altra ipotesi.
Cominciò a camminare, e si accorse di indossare un vestitino rosa che le stava alla perfezione, le ricordava il colore del fiore che portava al lato del capo. Ai piedi aveva delle zeppe color crema, che provocavano un suono sordo sul sentiero fatto interamente di pietre grigie di ogni dimensione. All’improvviso, in alto, davanti a sé, vide un’immagine, che si formò dal nulla. Era il viso di Mike, che sorrideva e rideva, mentre parlava con la Zoey dell’immagine, che comparì al suo fianco.
Le si strinse il cuore.
Presto i loro volti scomparvero, e comparve il viso di Mal, con un sorriso cattivo, gli occhi scuri e promettenti guai, circondati da un alone nero. Disse solo una frase, una semplice frase: “Cadranno tutti, uno alla volta”, e Zoey capì istintivamente di chi stava parlando, prima ancora che le immagini di Chester, Svetlana, Vito, Manitoba Smith e Mike passassero davanti al suo sguardo. Capiva che avrebbe dovuto piangere, pensare a Mal come a un mostro, ma non ci riusciva.
“Perché non lo vedi per ciò che è?” Disse la voce di Mal, no, era di Mike, era piena di gentilezza.
Zoey sapeva che era solo frutto della sua mente, stavolta Mike se n’era andato per sempre. “Lui è diverso.”
“Oh no invece, è cattivo, dovresti odiarlo, dovresti..”
“C’è solo una cosa che farò e che voglio fare” Zoey si voltò e tornò indietro, “ed è amarlo.”
Dopo che ebbe pronunciato le parole, si svegliò di colpo, e la luce del sole le colpì gli occhi. Accidenti, quanto era stata lì nel sogno? Ore, probabilmente.
<< Ehi, ciao, sei sveglia >> Mal le sorrise, felice, e sembrò talmente tanto Mike che le si strinse il cuore.
<< Ciao, si.. Che ore sono? >>
<< Credo le.. Otto e mezzo, non ne sono sicuro >> commentò lui, e Zoey si tirò su a sedere, con un sospiro.
<< Hai fame? >>
<< Si >> annuì lei, e Mal le passò una barretta energetica al gusto cioccolato. La ragazza la divorò i pochi secondi. << Allora, dormito bene? >> Gli chiese con un sorriso.
<< Si >> replicò lui, << alla perfezione. Sembri avere un effetto calmante su di me, è tutto migliore da quando sei al mio fianco. >>
Zoey si posò una mano sul cuore e gli sorrise, felice e lusingata.  Senza dire una parola gli si avvicinò e gli buttò le braccia al collo, lo strinse forte e lui ricambiò l’abbraccio.
<< Ehi, come mai quest’impeto d’affetto? >> Rise.
<< Bè, perché.. Perché sei tu >> replicò lei alzando le spalle, ed a Mal, come risposta, bastò.
 
Heather si era addormentata ed Alejandro l’aveva sistemata sul suo letto. La coprì con le lenzuola ed uscì dalla stanza, dopo aver tirato bene le tende, così che la luce del giorno non entrasse. Incredibile quanto fosse disperata, la situazione doveva essere grave se Heather era scoppiata a piangere. Avrebbe voluto poter fare qualcosa, ma cosa?
 
Il giorno dopo...
 
Zoey e Mal si sporsero oltre il bordo del vagone, mentre lui contava con la voce sicura di sempre, << Uno.. Due.. >> Stinse forte la ragazza al suo fianco, mentre lei teneva stretti in mano gli zaini. Con la destra si teneva stretto, per non cadere, e stringeva talmente forte da avere le nocche delle mani color avorio, << Tre! >> Saltarono, buttandosi fuori dal vagone. Le rotaie erano rialzate, sopra una specie di ponte, e quando toccarono terra, un immenso prato verde potato, batterono forte. Mal  cadde sulla schiena, e sopra di lui c’era Zoey, che lanciò un urlo nell’esatto istante in cui si vide cadere. La ragazza si scostò, finendo a terra con un << Ouch >>, e poi porto gli occhi in su.
Il cielo era di un bel azzurro, striato di nuvole soffici e bianche, e le punte degli alberi, alte e verdi, sembravano chinarsi su di loro, come a proteggerli. Le foglie si muovevano piano nella dolce brezza.
<< Tutto okay? >>
<< Se con “tutto okay” intendi dire la schiena dolorante e i polmoni che sembrano spiccicati contro la gabbia toracica.. Bè, si, tutto okay. >> Replicò lei respirando forte. Mal scoppiò a ridere, per poi mettersi a sedere e lentamente tirarsi su. Offrì la mano a Zoey, che l’afferrò al volo.
<< Ahio >> disse.
Il ragazzo scoppiò a ridere di nuovo, << Non è strano il fatto che sia stato io a cadere di schiena, ammortizzando la tua caduta, ma che tu ti sia fatta male? >> Sorrise.
<< Ma tu non ti fai mai male. >> Replicò lei, << Potresti cadere da un condominio di dieci piani e restare integro e perfetto. >>
Mal rise di nuovo, << Avanti, sai quanto.. >>
<< Ho già visto questo posto.. >> Lo interruppe lei, << La casa dei miei nonni non è molto lontana.. Forse un giorno o due di viaggio. >>
<< Perfetto.. Allora >> le offrì l’avanbraccio, << in marcia donzella! >>
 
<< Capo! >> Urlò la voce di Santiago.
<< Si? >> Dickson alzò il capo di colpo dai documenti che stava leggendo. Parlavano di quel ragazzo, Mal, che il detective avrebbe tanto voluto vedere morto.
<< Abbiamo trovato una traccia, signore. >>
Dickson doveva lavorare di nascosto dalla polizia, avevano scagionato quella ragazza, Zoey, nell’esatto istante in cui era scomparsa. Le avevano mandato un messaggio sulla segreteria telefonica, e non si erano più preoccupati di cercarla. Se il distretto avesse scoperto cosa stava facendo, che Dickson cercava tutte le informazioni possibili su quella ragazza, lo avrebbero arrestato. Non poteva, dato che come pensavano loro, era innocente. Anche Dickson sospettava che non fosse stata lei ad uccidere il ragazzo, Beck, c’era troppa brutalità, per lui era stato quel Mal, che aveva rapito Zoey. Oppure lei era andata con lui di sua spontanea volontà. Dickson non sapeva cosa sperare di più.
<< Cosa? >>
<< La famiglia della ragazza ha una casa. >>
<< E allora? Tutti hanno una casa.. >>
<< Proprietà privata, persa in un boschetto anch’esso di proprietà privata. Non ci va mai nessuno se non i domestici, che la puliscono.. >> Santiago abbassò gli occhi  sui fogli della cartella che aveva in mano, << Ogni tre mesi. >>
Dickson batté i palmi sul tavolo. Scattò in piedi e cominciò a ridere. << Santiago, va a chiamare Blake e Ramirez, andiamo a scovarli. >> Sorrise e prese al volo la giacca. Al fianco aveva la sua pistola.
 

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Capitolo 19
*** The firing of the death ***


Zoey e Mal stavano camminando, uno accanto all’altra, mancava poco e sarebbero arrivati alla casa dei nonni di lei.
Ad un certo punto, spuntarono oltre una grande siepe, e si ritrovarono davanti la costruzione.
<< Wow >> commentò Mal.
<< Già >> rise Zoey, e si incamminarono, ma in quel momento, una voce li richiamò.
<< Benvenuti >> era sarcastica, cattiva e lasciava intendere il pericolo che si portava appresso. Zoey e Mal trasalirono, voltandosi di scatto. Davanti a loro c’era Dickson, vestito come un poliziotto degli anni ’80, con la camicia bianca, le bretelle scure, la pistola al fianco ed i pantaloni beige. Insieme a lui c’erano tre poliziotti.
<< Lei.. >> Iniziò Zoey, ma Mal la bloccò, quando si frappose tra lei ed il detective, che sorrideva cattivo.
<< Stia lontano da Zoey! >>
<< Finalmente ci incontriamo >> rise Dickson, e scrocchiò le dita, si vedevano da lontano un miglio le sue vere intenzioni. << Devo ammettere che ho dovuto fare i salti mortali per riuscire a trovarvi senza mettere in allarme la polizia. Ti ringrazio, Zoey >> le disse, poggiandosi le mani sul cuore, << per essere stata così prevedibile. Mi hai fatto un grande regalo. >>
<< Cosa intende dire?! >> Urlò lei.
<< La polizia ti ha scagionato, ma io ho cercato tutto su di te, ed alla fine sono riuscito a trovarti. Nessun’altro oltre a noi sa che siete qui >> rise lui, << e finalmente la mia vendetta potrà essere attuata. >>
<< Vendetta? >> Zoey era confusa, ma di cosa diavolo stava parlando quell’uomo? Era forse impazzito?
<< Si, la vendetta contro.. Il tuo ragazzo >> sputò a terra, schifato.
<< Cosa? >> Stavolta era Mal a essere stupefatto. Chiuse gli occhi a fessura e guardò male Dickson.
<< Si, hai capito bene. Vendetta. Ti sei divertito a rapire mia figlia e ad ucciderla? Si chiamava Emily, questo almeno lo sapevi? Aveva appena compiuto quattordici anni! E tu l’hai uccisa! >> Dickson scoppiò a piangere, e Zoey vide la disperazione di un padre a cui avevano tolto la figlia, nei suoi occhi. Provò pena per lui. << Ma ovviamente >> continuò poi, riprendendosi, << a te non importa nulla. Era solo una vittima, come tutte le altre. No? >>
Mal non sapeva cosa dire, non provava rimorso, certo, ora era più buono, grazie a Zoey, ma non provava orrore per ciò che aveva fatto in passato, no, nemmeno un po’. Si era crogiolato nel vedere il dolore e la paura negli occhi delle sue vittime un attimo prima della loro morte, ed ancora adesso se ci pensava provava divertimento. Era giusto, per lui.
<< Dovrei provare rimorso? >> Disse Mal, con voce fredda e per niente gentile. Zoey restò scioccata, era così diverso ora..
<< E lo chiedi?! Hai ucciso mia figlia! Se tu le hai.. >>
<< Non le ho fatto nulla. L’ho solo rapita ed uccisa, mi annoiavo >> il ragazzo disse quelle parole con un tono normale, come se non fosse stato orribile ciò che aveva fatto.
<< La pagherai >> disse Dickson.
<< Avanti, avanti! >> Urlò lui, ed il detective prese la pistola al volo, mentre Mal buttava a terra Zoey. Le disse: << Va via! >> Ma lei non poteva muoversi, era paralizzata.
Tutto successe velocemente.
 
Heather si svegliò di colpo, con un sussulto, si era addormentata, erano due giorni, (o forse tre?) ormai che non si muoveva da lì. Scattò in piedi ed aprì la porta, andò a cercare Alejandro.
Lo trovò seduto in cucina, con una ragazza, dai lunghi capelli biondo cenere e due grandi occhi azzurri. Cosa diavolo ci faceva quella ragazza lì? Era seduta vicinissima ad Alejandro, ed aveva una mano poggiata sul suo ginocchio. Heather la fulminò con lo sguardo.
<< Chi sei? >> Disse, con voce fredda e cattiva. Poteva anche essere distrutta, spaventata, disperata per Zoey, ma nessuno, nessuna oltre a lei, avrebbe potuto avvicinarsi così al suo Alejandro. La sua voce era un sibilo crudele.
<< Io.. Io sono Angela >> disse la bionda poggiando i gomiti sul tavolo di marmo e voltandosi a guardarla.
<< E mi spieghi, Angela >> Heather pronunciò il suo nome come fosse un insulto << cosa diamine ci fai qui? >>
<< Sto con Alejandro >> rispose lanciando un’occhiata al ragazzo, occhiata che ad Heather non piacque per niente. Come diavolo si permetteva quella sgualdrina? << Da quanto tempo è che non ci vediamo, eh, tesoro? >>
<< Punto uno, >> Heather era furiosa, e non le importava nulla se avvolta nel pigiama, troppo grande per lei, di Alejandro sembrava altamente ridicola, << “tesoro” tu non lo chiami. Punto due, vorrei poter stare qui e strapparti tutti i capelli, uno a uno, per poi appenderti alla grondaia, ma non ne ho proprio il tempo. E, punto tre >> si voltò verso Al, che rideva sotto i baffi, << ho una brutta, bruttissima sensazione. >>
Lui scattò in piedi, << In che senso? Riguardo a Zoey? >>
<< Si, mi sono svegliata di colpo.. Ho.. Una brutta sensazione, e non posso ignorarla. Sta accadendo qualcosa di brutto, ne sono sicura. >>
<< Allora dobbiamo trovarli. >>
<< Ma chi è Zoey? >> Replicò Angela.
<< Stupida oca, Zoey è la mia migliore amica, e tu ora te ne vai, non abbiamo tempo per ascoltare te! >> Urlò Heather, furiosa. Angela stava per replicare, ma non fece in tempo. Heather la prese per i capelli, la tirò con sé fino alla porta d’entrata e la buttò fuori. << A mai più rivederci >> disse, e le chiuse la porta in faccia, per poi tornare da Alejandro.
<< Ehm.. >>
<< Non c’è tempo, preparati, dobbiamo trovarli. >>
<< Ma.. >>
<< Credo di sapere >> si voltò, mentre entrava in camera, << dove siano. >>
 
Dickson si preparò a sparare, mentre anche i poliziotti prendevano le armi.
<< No! >> Urlò lui, << Mi occupo io di lui. >>
<< Ma, capo, sei sicuro? >>
<< Si, Santiago, sono sicuro! >> Urlò di nuovo, ma nessuno gli rispose, e quando Zoey guardò, vide che Santiago ed un altro dei tre poliziotti erano a terra. Due uomini erano comparsi dal fogliame, ed avevano strette in mano delle pistole. Dickson ignorò tutto, mentre Mal lo colpiva. Il ragazzo era riuscito a fargli cadere di mano la pistola, ed ora il detective si poteva difendere solo attaccandolo.
Zoey vide che il terzo poliziotto era scomparso.
<< Arrenditi >> disse Dickson, ma Mal lo colpì e lui finì al tappeto, sembrava svenuto. Intanto, Santiago si era rialzato, e stava combattendo con uno dei due uomini di prima. L’altro era a terra, morto.
Mal si diresse da lei, nell’esatto istante in cui due spari risuonarono. L’uomo sconosciuto e Santiago caddero a terra e non si mossero più.
<< Ehi, stai bene? >> le chiese Mal carezzandole la guancia, con un sorriso mentre la aiutava ad alzarsi.
<< Mi.. Mi gira la testa, io.. >> Zoey non fece in tempo a finire perché Dickson si alzò da terra, con un rivolo di sangue sul viso, tutto contuso, aveva in mano la pistola. La ragazza non si rese nemmeno conto di ciò che stava accadendo, finché lo sparo non risuonò nell’aria, e Mal cadde a terra.
Il detective scoppiò a ridere, pazzo, e cominciò ad urlare un: << Ce l’ho fatta! Ce l’ho.. >> Ma un altro sparo si sentì, e la voce di Dickson smise di parlare. Zoey non lo guardò nemmeno quando cadde a terra con un tonfo sordo per poi non muoversi più, era troppo occupata a stare accanto a Mal. Gli era inginocchiata affianco, mentre una macchia rosso sangue si diffondeva, sporcando la maglia azzurra.
<< Mal! >> Urlo disperata, ma lui le strinse una mano, cercò di sorridere.
<< Zoey >> disse solo.
<< Mal.. Non.. >>
<< Sei così bella >> le sorrise ancora, mentre deglutiva a fatica. << Sai, ancora.. ancora non mi pento.. di.. di ciò che ho fatto.. io.. sono così, e sono felice di esserlo.. perché.. ché tu mi ami.. >> le sorrise, e poi chiuse gli occhi di colpo. Zoey cominciò a gridare, mentre gli poggiava le mani sulle spalle, disperata.
<< No, Mal! >>
Sentì qualcosa muoversi alle sue spalle, ma non se ne preoccupò, finché una figura non si inginocchiò vicino a lei.
<< Zoey, Zoey! >> Urlò, e la ragazza, con grande sforzo ed immensa forza di volontà riuscì a voltarsi. Sentiva tutti i rumori ovattati. << Devi lasciarlo. >>
<< No.. Lui.. No.. >>
<< Zoey, devi lasciarlo! >>
<< Io.. No! >> Zoey scoppiò a piangere, ma la donna le posò una mano sulla spalla.
<< Fidati di me, fa come ti dico. >> Le sorrise, e poi aggiunse, quando Mal tremò piano, << Va ad aprire la porta. >>
<< Ma, io non posso lasciarlo solo, lui >> le lacrime bruciavano il viso di Zoey come tracce infuocate.
<< Zoey, fidati di me, vai. >>
La ragazza la guardò negli occhi, e qualcosa, non seppe mai dirsi cosa, la convinse a fidarsi. Scattò in piedi e corse. Davanti alla porta si inginocchiò, prese la chiave da sotto uno scomparto segreto dello scalino e la aprì.
Tornò indietro e disse: << Fatto >> mentre la donna prendeva tra le braccia Mal, come fosse un bambino.
<< Bene, vedrai, andrà tutto bene. >>
<< Ma.. >>
<< Fidati di me >> concluse lei, e Zoey annuì, per poi aiutare Magda a portare dentro in casa un Mal esanime e coperto di sangue.

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Capitolo 20
*** The good in me ***


<< Zoey! >> Urlò Magda alla ragazza, mentre posava Mal sul letto, di corsa.
<< Cosa? >> La ragazza era trafelata, le mancava il respiro, respirava affannosamente, mentre si passava una mano sulla fronte spostando i capelli rossi.
<< Va in cucina, portami una ciotola, due coltelli, un cucchiaino, dell’acqua e del ghiaccio. >>
<< Subito >> Zoey scattò, ma Magda la fermò prima che potesse andarsene.
<< E porta anche delle bende e degli asciugamani, oltre che dei cerotti.. >>
<< Ho quello che fa al caso nostro, mi sbrigo. >> E scattò.
La donna guardò il ragazzo, mentre gli carezzava piano la guancia accaldata per la febbre salita di colpo. Fuori casa, c’erano ancora i corpi dei morti, e lei non li avrebbe seppelliti finché non avesse curato Mal.
Zoey tornò di fretta e furia, ed insieme si misero a fare tutto ciò che era in loro potere per poter mantenere in vita il ragazzo.
 
 
Mal non seppe bene cosa successe, subito dopo essere crollato a terra si ritrovò in uno stato.. Simile al coma. Sentiva tutto, sentiva le urla di Zoey e la voce di Magda, ma non riusciva a capire cosa stava succedendo, come un bambino che non comprende ciò che gli capita attorno. Solo quando sentì l’ago svenne.
<< Si riprenderà? >> Zoey scattò in piedi, lasciando un Mal mezzo svenuto sul letto. Magda era riuscita ad operarlo, mantenendolo dalla parte della sponda della vita, ma lui non era ancora del tutto fuori pericolo.
<< Credo di si >> in cucina, Magda si lavò le mani, e le asciugò con un canovaccio trovato nel cassetto delle tovaglie.  << E per fortuna che c’era un letto al piano terra, perché in quelle condizioni non ce l’avrebbe mai fatta a salire le scale. >>
Zoey annuì, e poi si sedette ad una sedia al tavolo, mentre si guardava le mani.
<< Ho avuto paura, sai? Tanta. Tanta paura di perderlo. >>
<< Lo so, è successo anche a me, ma il tuo ragazzo si è salvato. >> Magda si sedette ad una sedia, accanto a Zoey, e le prese le mani. Il tavolo rettangolare di legno della cucina era freddo al tatto, ma incredibilmente lucente.  << Tutto okay? >>
<< Si.. >> Zoey scosse piano la testa, << Tutto grazie a te.. Come.. >>
<< Come mai ero qui? >>
<< Esatto. >>
<< Devi sapere, Zoey, che io, sin da quando sono nata, ho avuto un grande intuito. Vi ho visti,l’altro giorno, e c’era qualcosa che non andava, l’ho notato. E così ho deciso di seguirvi, insieme ai miei colleghi, ed ho fatto bene. >>
<< Colleghi? >>
<< Si, colleghi. Cercavamo quell’uomo da tempo, era sempre riuscito ad eludere i nostri sforzi, ma alla fine, grazie a voi ce l’abbiamo fatta. >> Le sorrise.
<< Ehm.. Ma.. Io non capisco.. Voi.. >>
<< Facciamo parte di una divisione dei servizi segreti, di cui non posso parlarti. >>
<< Ma.. Come mai cercavate Dickson? >>
<< È.. Top-secret anche questo. Non sono autorizzata a parlare del mio lavoro. >>
<< Oh, okay.. >>
Per qualche minuto restarono in silenzio, poi Zoey guardò Magda e si fece coraggio.
<< Hai detto che è successo anche a te, >> quando la donna la guardò confusa aggiunse: << che qualcuno sparasse a chi vuoi bene. >>
Magda sospirò, come se stesse pensando a che cosa dire, poi alla fine parlò, molto lentamente. << Si, mi è successo. >>
<< Me.. Me ne vuoi parlare? >>
<< Due anni fa stavo con un uomo, si chiamava Johnatan, e dovevamo sposarci. >>
<< Sposarvi? Ma se non avrai più di.. >>
<< Ho trent’anni. >>
<< Ma.. L’altro giorno hai guardato Mal in modo.. >>
<< L’ho fatto apposta, vedevo che c’era qualcosa, volevo spingervi ad andarvene per seguirvi. >>
<< Io.. >>
<< Ed ho fatto bene. >>
<< Già.. >> Zoey abbassò il capo, per poi riprendere a parlare. << E quindi, cosa è successo a questo Johnatan? >>
<< Gli hanno sparato. Eravamo in squadra assieme, seguivamo un noto criminale che da tempo i servizi segreti cercavano.. >>
<< E..? >>
<< La gang, per difendere il capo, ha sparato a Johnatan, l’hanno colpito in piena fronte. Io mi sono salvata per miracolo. >>
<< Oh, oddio, mi dispiace! >> Disse Zoey coprendosi le labbra, scioccata.
Magda sorrise triste, << Lo so, ma succede quando fai il mio lavoro.. Coraggio, vai da Mal, non dovrebbe restare solo. >> La donna poggiò una mano sulla spalla destra di Zoey, che seppur riluttante si alzò e si allontanò.
 
Mal sbatté piano gli occhi, era notte fonda ormai, e Magda era andata a dormire, consapevole che il pericolo era passato.
<< Ehi >> disse con voce pastosa il ragazzo, e Zoey si scosse piano dal sonno che pian piano la portava al dormiveglia.
<< Ehi >> si stiracchiò e gli sorrise. << Come stai? >>
<< Sono stato meglio >> Mal rise piano, ma la risata presto si trasformò in una tosse ed in un gemito di dolore.
<< Ehi, calmo, tutto okay. >> La ragazza risistemò i cuscini sotto il capo di lui, che la guardò.
<< Cos’è successo? >>
<< Dickson ti ha sparato, il proiettile ti ha passato, è uscito, ma ha colpito di striscio un polmone. Ti sei salvato per miracolo. >>
<< Io sono immortale >> scherzò Mal, e Zoey scosse la testa, ridendo.
<< Oh eccolo, ha fatto la battuta. >> Si chinò su di lui e gli baciò piano la fronte.
<< Andiamo, lo so che hai preso un colpo quando mi ha sparato. >>
<< Vorrei vedere >> replicò lei.
<< Ti sentivo gridare disperata >> Mal se la rise e lei mise il broncio, le braccia incrociate al petto. Poi, lui, di colpo si fece serio. << Mi dispiace. >>
<< Ti dispiace? >>
<< Si, non avrei dovuto fare così.. Ti ho messa in percolo. >>
<< Ma cos.. >>
<< Hai visto come l’ho affrontato? >>
<< Si.. >>
<< L’ho fatto di proposito, volevo che mi sparasse, solo poi ho pensato, quando stavo per perderti, a che cosa avevo fatto. >>
<< Io non capisco. >>
<< Mi sono ricordato di quando uccidevo la prima persona che mi capitava a tiro solo per noia, mi sono accorto di come sono cambiato, e non volevo più vivere. >>
<< Ma perché? >>
<< Perché comincio a somigliare a Mike! >> Urlò Mal, e Zoey restò scioccata.
<< Io.. >>
<< Tu mi stai facendo diventare buono, come Mike e.. >>
<< Tu potrai anche diventare buono >> disse Zoey in modo gentile, << ma non sarai mai come lui. >> Se avesse usato un tono diverso sarebbe stato un insulto, ma lei aveva una voce dolce, comprensiva, mentre aveva la mano posata sulla sua spalla. << Mike era Mike, ed anche se tu diventerai buono non sarai mai lui, perché sarai sempre Mal. >>
Il ragazzo non seppe che dire, così rimasero a guardarsi, finché non si fece coraggio e disse: << Zoey? >>
<< Si? >>
<< Ho sonno. >>
<< Va bene, allora vado.. >>
<< No >> la interruppe lui, << rimani al mio fianco. >>
Con un sorriso, lei si distese al suo fianco, mentre lui si voltava sul fianco sinistro, quello sano, e la circondava con le braccia. Chiusero gli occhi ed insieme si addormentarono.
 
Heather stava guidando, per la strada quasi del tutto deserta, mentre al suo fianco Alejandro le diceva: << Vai piano! >>
<< Ooh, smettila, è un’ora che lo ripeti! >>
<< Ma vai piano! >>
Heather sbuffò e lo ignorò. Poi disse: << Dobbiamo raggiungerli. >>
<< Ma sei sicura di ciò che fai? >>
<< Si. >>
<< Credi che si trovino a.. >>
<< Si >> ripeté lei interrompendolo, << sono sicura. >>
<< Va bene.. Quanto manca a ‘sta casa? >>
<< Se vado piano tanto >> lo fulminò lei, e lui, dopo aver alzato le braccia, la guardò preoccupato, per poi scuotere la testa e ridere.
<< Si, ma stai calma. >> Heather fece un verso furioso e continuò a guidare, mentre Al rideva a crepapelle.

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Capitolo 21
*** He's worse than a child ***


Quando Zoey si svegliò, la luce del giorno, grigia, entrava dalla finestra quadrata e molto grande sulla parete sul lato destro del letto. Era abbracciata a Mal, e lui dormiva ancora, russando piano. Guardandolo, Zoey si rese conto di quanto sembrasse innocente, innocuo, dolce.. Quando dormiva. Sembrava una angelo, mentre lui, ne era convinta, si riteneva un demonio. Non capiva che non stava diventando buono perché Mike era ancora presente in lui, ma perché in lui il buono c’era. Lei credeva fermamente, lo sapeva, che Mike fosse nato dal fatto che Mal ripudiasse quella parte buona di sé. La bontà in lui c’era sempre stata, gli bastava solo la persona giusta, al suo fianco, che l’aiutasse a tirarla fuori dal cassetto della sua mente e del suo cuore in cui lui l’aveva riposta. E Zoey era quella persona.
Con un sorriso si scostò piano, spostando le lenzuola bianche tentando di non svegliarlo, per lasciarlo riposare. Dopotutto, gli avevano sparato, e doveva recuperare le forze, anche se Zoey temeva avrebbe ignorato i consigli suoi e di Magda ed avrebbe fatto di testa sua, peggiorando tutto. Rise piano, Mal non cambiava mai, e proprio questo a lei piaceva di lui.
Piano, lentamente, posando i piedi a terra con attenzione, Zoey raggiunse la cucina. Magda non era ancora sveglia, a quanto sembrava, e lei si mise a cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Lo stomaco le brontolava come fosse stato un tosaerba, non smetteva di torcersi per la fame, e lei apriva ante a caso cercando qualsiasi cosa. Non mangiava dalla mattina del giorno prima.
Ad un tratto, dopo aver aperto l’anta sinistra della mensola di legno sopra lo scolapiatti, trovò una scatola di cereali, appena comprata, insieme a scatole di snack vari. I domestici dovevano aver portato lì qualcosa da mangiare, pensò lei, e per fortuna. Magari i suoi avevano avvertito che sarebbero passati di lì, altrimenti lei non si sarebbe spiegata la presenza di tutto quel cibo.
<< L’ho comprato io >> disse ad un tratto la voce di Magda.
Zoey si voltò di scatto, spaventata a morte. Si poggiò una mano sul petto, sopra al cuore, mentre se ne stava poggiata contro il mobile dal ripiano di cemento bianco e freddo, respirando veloce.
<< Non farlo mai più! >>
<< Scusa >> tranquilla, ma con un sorriso, Magda si sedette su una sedia al tavolo, guardando la ragazza.
<< Ma.. Come.. Quando.. >>
<< Quando mi avete visto al supermercato, stavo comprando qualcosa da mangiare per me, ma siccome ho dovuto seguirvi, ho messo tutto nel mio zaino >> Magda indicò una piccola credenza della cucina dove sopra ci stava uno zainetto color verde militare << e siccome siamo qui e non possiamo muoverci finché quello >> indicò dietro di sé << non guarisce, ho pensato di dividere con voi ciò che avevo. Ad ogni modo, ho aggiunto anche ciò che avete comprato voi. >>
<< Vero! >> Zoey si batté il palmo della mano sulla fronte, << me n’ero dimenticata. >> Magda inarcò un sopracciglio, << Bè, sai, con tutto quello che è successo.. L’imboscata, Mal sparato.. >>
<< Ohh, giusto, capisco >> replicò la donna con un sorriso.
Zoey annuì piano, poi prese la scatola di cereali ai frutti rossi, e guardò Magda per il consenso.
<< Prego >> disse, << puoi prendere quello che vuoi, questa è casa tua, dopotutto. >>
<< Oh andiamo, se non ci fossi stata tu a quest’ora lui sarebbe morto, e probabilmente anche io. >>
<< Chi sarebbe morto? >> Disse la voce di Mal, ad un tratto.
<< Mal! >> Scattò in piedi Zoey, << Cosa ci fai in piedi?! Dovresti restare a letto! >>
<< Ma io mi sento bene.. >> Borbottò lui.
<< Niente discussioni. >>
<< Ma almeno posso mangiare? >> Replicò, quasi ridendo sotto i baffi. Zoey sbuffò, ma gli prese una tazza e la poggiò vicino alla sua sopra il tavolo. Il the si stava scaldando, sul fuoco. << Che gusto è? >>
<< Veleno >> lo fulminò Zoey, con un’occhiataccia con la coda dell’occhio.
<< Ma che le prende? >> Sussurrò Mal a Magda, e lei alzò le spalle e gli disse:
<< Non è niente, è solo nervosa. >>
<< Perché sei nervosa? >> Mal si voltò, sulla sedia, e poggiò il braccio destro sullo schienale, mentre guardava Zoey.
<< Bravo, falla innervosire ancora di più! >> Disse la donna, ma lui scoppiò a ridere.
<< Dai, >> disse poi, << a che gusto è il the? >>
<< È così importante? >>
<< Bè, sai, vorrei sapere ciò che sto bevendo. Sono quasi allergico al the alla ciliegia e vaniglia, mi fa venire la nausea. >>
<< Bè, allora vomiterai. >>
<< Ma cos’ha? Sul serio, è preoccupante >> Mal si voltò verso Magda.
<< Credo sia preoccupata per te. >>
<< Preoccupata? Preoccupata?! Sei quasi morto, diamine, solo perché sei un’idiota! Se non ci fosse stata Magda a quest’ora saresti morto ed io sarei sola. Chissà cosa avrebbe potuto farmi quel detective! Perché, non so se ti sei reso conto, ma non è tanto normale! >>
<< Era >> la corresse lui.
<< È lo stesso! >> Ringhiò Zoey, e lui, ridendo si alzò in piedi, andò da lei e l’abbracciò, stringendola forte.
Magda tossì piano, e loro si scostarono. Sul volto di Mal era stampato un sorriso, e Zoey si sentì in colpa. Stava per chiedergli scusa, o qualsiasi altra cosa l’avrebbe fatta stare meglio, quando suonò il campanello.
 
Heather era in piedi, e si muoveva piano ma in modo nervoso, non riusciva ad aspettare.
<< La vuoi fare finita? >> Disse Alejandro nello stesso istante in cui la porta si aprì, e lei si limitò a fulminarlo con un’occhiataccia.
<< Heather?! >> Urlò la voce dell’amica, e la ragazza le buttò le braccia al collo.
<< Ti ho trovata! >> Urlò.
<< Ma come.. >>
<< Ha dovuto usare tutto il suo intelletto ed adesso si trova le risorse scarse >> borbottò Alejandro mentre se ne stava in piedi, con le braccia conserte al petto e lo sguardo perso per il bosco che circondava la casa.
<< Una parola: odioso. >> Replicò acidamente Heather.
<< E lui che ci fa qui? >> Replicò l’altro ragazzo, tutto fasciato da bende bianche.
<< Potrei farti la stessa domanda, non ti pare? >> Cominciò Al, ma quando lo vide strabuzzò gli occhi, << Ma che diavolo ti è successo? >>
<< Mi hanno sparato >> rispose Mal alzando le spalle, come fosse qualcosa di normale.
<< Tu >> disse Heather facendosi avanti e puntando un dito contro il viso di Mal, << se hai fatto qualcosa alla mia Zoey io.. >>
<< Ehi, Heather, va tutto bene. >> Disse Zoey frapponendosi tra loro, << Sono giorni che mi salva la vita. >>
La ragazza annuì.
<< Bene, siamo felici di sentire che state bene, ma ora ci volete spiegare perché diamine hanno sparato a Mal? Cioè, potrei capirlo, ma voglio sapere tutta la storia. >>
Zoey sbuffò piano, in contemporanea con Mal. << Avanti, entrate >> cominciò la ragazza, scostandosi dalla soglia della porta di legno bianca.
<< È una storia lunga >> concluse per lei Mal.
 
<< Oh mio Dio, ma quell’uomo era pazzo! >> Esclamò Heather.
<< Non dico che avesse ragione, ha infranto molte leggi, ma è comprensibile dopo la tragica perdita che ha subito per colpa del nostro giovanotto qui. >> Disse Magda.
<< Si, ma.. Cavolo! E ora stai bene? >>
<< Sono stato meglio >> rispose con un sorriso Mal.
<< Forse staresti meglio se andassi un po’ a riposare! >> Urlò Zoey, e lui, con uno sbuffo ed una risata, si alzò.
<< Okay, mammina >> si allontanò, mentre Zoey scuoteva la testa.
<< È peggio di un bambino. >>
Heather a stento si tratteneva dalle risate.
 
Gwen se ne stava seduta sul letto, con le braccia sotto la testa e gli occhi rivolti alla tv, quando Courtney, camminando a passo veloce entrò nella stanza dalla porta aperta. Era chiaramente sconvolta.
<< Ehi che.. >>
<< Tu non sai cosa è successo. >> La interruppe lei.
<< Cosa? >>
<< Mi ha chiamato! >>
<< Chi? >> Gwen era visibilmente confusa.
<< Duncan! >> Quel nome fu come un pugno all’altezza dello stomaco per Gwen, che si sentì salire la nausea.
<< Coosa? E perché ti ha chiamato? >>
<< Vuole vederci >> disse.
<< Vederci? >>
<< Si. >>
<< E quando? >>
<< Domani sera, a cena >> rispose l’altra, mentre respirava veloce e guardava l’amica. Sembrava a metà tra lo spaventato, il confuso e l’arrabbiato, e Gwen la capì, perché si sentiva allo stesso modo.

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Capitolo 22
*** The glimmer of light ***


Heather si sedette di colpo sulla sedia, sospirando, per tutto il giorno aveva dovuto aiutare Zoey con Mal, che non la finiva di lamentarsi di questo e di quello, dicendole che sbagliava ciò che faceva ogni due secondi, e lei sospettava lo facesse di proposito, solo per vederla arrabbiata, con il viso rosso di furia. Non diceva niente per amor della sua migliore amica, e Mal era uno stronzo.
<< Mal è uno stronzo >> disse all’amica mentre si lavava le mani.
Zoey si voltò a guardarla. << Perché lo dici? >>
<< È tutto il giorno che mi tratta come fossi una sguattera. Ha capito che non dicevo niente solo per essere gentile, dato che tu ami quella specie di incubo ambulante, ed ha sfruttato la situazione. >>
<< Lo so >> rispose lei.
<< E non hai intenzione di fare nulla? Io mi sto stancando, se non la pianta andrà a finire che non morirà per colpa dello sparo ma per mano mia. Lo soffocherò con il cuscino mentre dorme! >> Heather era stanca.
Fuori della finestra il buio stava calando, mentre la luna ascendeva nel cielo ed il sole si nascondeva tra le punte degli alberi e le montagne lontane. Si sentivano i versi degli animali del bosco, dalla finestra della cucina aperta. Alejandro e Magda erano andati a comprare da mangiare alla città più vicina, e non erano ancora tornati.
<< Dove credi che siano? Che sia successo loro qualcosa? >> Heather stava cominciando ad avere un attacco d’ansia.
<< Heather, >> Zoey si inginocchiò al suo fianco, << è con Magda, saranno solo in ritardo. >> E nel momento stesso in cui lo disse, i due entrarono dalla porta principale, con sacchetti pieni di cibo. <> disse Zoey, e la donna le rispose con un sorriso.
<< Ho comprato qualcosa da mangiare per cena. >>
<< Quanto credi che resteremo qui? >> Scattò la ragazza dai capelli neri.
<< Finché Mal non si riprenderà, poi vi riporterò a casa vostra. >>
<< Bene, non vedo l’ora. Sono due giorni che ho su gli stessi vestiti >> disse Heather schifata, per poi scomparire nell’altra stanza. Alejandro rise e la seguì. Incredibile quanto i due si somigliassero.
 
<< Sei pronta? >> Chiese Courtney a Gwen, mentre stavano davanti alla porta di casa, aspettando l’arrivo di Duncan.
<< No.. Sto bene vestita così? >>
<< Perfezione in persona. >>
Gwen indossava un abito lungo fino alle ginocchia, nero e con le spalline ed aveva una cintura stretta attorno alla vita che la faceva sembrare ancora più magra di quanto già non fosse. I capelli neri e verdi erano tutti arruffati, e lei cominciò a sistemarseli, anche se non ne aveva bisogno, era bellissima già così, con il suo rossetto nero e la pelle bianchissima. Sopra il corpetto aveva una maglia a rete, che le stava stretta e le donava moltissimo. Sotto la gonna aveva dei pantaloni di pelle nera, e tutto l’insieme era coronato da un bel paio di anfibi neri.
Courtney invece indossava una maglia grigia, che le cadeva giù lasciandole le spalle dalla pelle abbronzata scoperte. Sotto aveva una canotta bianca. I pantaloni erano verde militare, e le stavano d’incanto, parevano fatti su misura per lei. Ai piedi aveva delle ballerine, ed i capelli castani erano lucidi e ben spazzolati.
<< Sono in ansia >> mugugnò Gwen nell’esatto istante in cui il campanello suonò.
Le due ragazze si scambiarono un’occhiata, e dopo circa trenta o quaranta secondi aprirono la porta. Dopotutto, dovevano farsi desiderare, no? Non potevano aprire la porta subito, sarebbe sembrato come se lo stessero aspettando.
<< Ciao, ragazze! >> Lui entrò in casa, pronto ad abbracciarle entrambe, ma loro si scansarono, lasciandoli lo spazio per passare e raggiungere la cucina, dove avrebbero mangiato una deliziosa cena preparata da Courtney. Quella ragazza, in cucina, era un fenomeno.
<< Allora >> cominciò Gwen quando tutti e tre si trovarono seduti con i piatti pieni di cibo, << cosa vuoi? >>
<< Salti subito al punto, eh? Nemmeno mi vuoi lasciare il tempo di mangiare? >> Rise lui, con la sua solita risata. Lei una volta l’aveva amato tanto, amava la sua risata, ma poi Duncan si era dimostrato per l’idiota che era, e lei l’aveva mollato.
<< Parla >> lo interruppe Courtney, e lui, con un sospiro, poggiò la forchetta contro il bordo del piatto e congiunse le mani davanti al viso i gomiti poggiati sul tavolo.
<< Bene, ragazze, se volete che io dica subito il motivo per cui sono qui.. Va bene. Volevo chiedervi scusa, lo so che ho sbagliato, prima con te, Courtney, e poi con te, Gwen. Ho tradito la fiducia di entrambe, lo so. >>
<< Già, lo hai fatto >> il tono di voce di Courtney era piatto.
<< Ma voi sapevate come sono, lo avete saputo dall’inizio. Non date la colpa di tutto solo a me. >>
Le due si guardarono, non aveva tutti i torti, dopotutto, ma non l’avrebbero ammesso. Courtney si comportava in quel modo freddo, senza cordialità, per supporto all’amica. A lei piaceva Scott, era sicura fosse quello giusto, anche se in parte, ora la voleva al suo fianco soprattutto per i suoi soldi. Ma aveva ammesso di amarla anche durante il reality, era stata lei a lasciarlo, non lui. Non aveva nulla contro Duncan, per quanto ne pensava lei, avrebbero anche potuto essere amici, ma non se Gwen non fosse stata d’accordo. Tutto girava attorno a lei, e la ragazza lo sapeva. Sapeva anche cosa ne pensava Court.
I due guardarono la dark, che sembrava ora nel panico.
<< E, Gwen, sono qui, anche per parlare con te, soprattutto. >>
<< Con me? Di.. Cosa? >>
<< Courtney? >> Voltò piano la testa verso l’altra ragazza, che annuì in modo quasi impercettibile, ma a Duncan bastò. << Gwen, tu mi hai lasciato durante l’ultima stagione di Total Drama, perché volevo farmi vedere da Courtney, volevo che mi notasse perché odiavo non essere al centro dell’attenzione >> rise. << Dio, sembro Heather >> scosse la testa e sorrise, per poi riportare lo sguardo su Gwen. Era bello come sempre, nel suo modo unico. Lo si vedeva da lontano che era un delinquente, uno di cui non ti puoi fidare, ma quando lo conoscevi, capivi che in realtà, dentro, era buono e dolce. << Gwen, io ti chiedo di darmi un’altra possibilità, per riparare tutto. >>
<< Io.. >> La ragazza si voltò verso l’amica. << Tu lo sapevi? Sapevi tutto? >>
Courtney sospirò, << Me lo ha detto al telefono. >>
<< E tu non me l’hai raccontato? >> Era letteralmente scioccata.
<< Mi ha fatto promettere! >>
<< Sono la tua migliore amica! >>
Courtney abbassò il capo, ma disse con fierezza, << L’ho fatto per il tuo bene, non dire ciò che ti ostini a far vedere. Io ho Scott, sono felice così, Heather ha Alejandro, Zoey ha Mal.. Tu resti sola, proprio quando vedo che non vuoi. Credi che non ti sento di notte quando scappi a nasconderti in bagno e piangi? >> La guardò con sguardo triste. << Gwen, io lo so che cosa provi in realtà, e mi sta bene, davvero. Voglio che tu sia felice. >> Le sorrise di nuovo.
Gwen portò lo sguardo a Duncan, che le sorrideva, mentre le offriva la mano. Lei non avrebbe voluto cedere, non avrebbe dovuto, se l’era promesso. Ma ora tutto stava andando in fumo. Ma cosa poi andava in fumo? Quella fiaba di bugie che si ostinava a credere per vera? Lei lo voleva al suo fianco, ma l’orgoglio non le permetteva di scappare dal quel vortice.
Ma lo spiraglio di nuove possibilità ora era arrivato, ed illuminava le tenebre, avrebbe potuto condurla verso una nuova via. Lei lo desiderava, uscire da quel circolo infinito. Gwen, con un coraggio che mai prima d’ora aveva creduto di possedere, allungò la mano pallida ed afferrò quella forte di Duncan.

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Capitolo 23
*** The turning point ***


Gwen camminava lentamente, mano nella mano con Duncan, nella notte buia, mentre una dolce brezza soffiava sui loro volti.
<< Non hai freddo? >> Le chiese lui, e Gwen sorrise, con lei era stato sempre premuroso, ma le aveva fatto promettere di non dirlo mai a nessuno, ci teneva a mantenere la sua immagine di ragazzo cattivo.
<< No >> ripeté lei per circa la quindicesima volta, con un sorriso sulle labbra. Era bello, camminare alla luce della luna con il suo Duncan al fianco, le ricordava il passato. Bè, prima che lei lo mollasse per la sua cotta per Courtney. << Ti ricordi >> aggiunse, alzando il capo e fissando gli occhi nel buio davanti a sé, << di quando ci siamo conosciuti? >>
<< All’isola! >> rise lui, << si, me lo ricordo bene. >>
<< Passeggiavamo sotto la luna, nel bosco, e tu mi raccontavi di Courtney. >>
<< Avresti mai immaginato che saremmo finiti qui? >>
Gwen ci pensò su, e si rese conto di una cosa a cui non aveva mai, proprio mai fatto caso, in tutti quegli anni: a lei Duncan piaceva già a quel tempo.
<< A me piacevi già >> affermò con coraggio, e Duncan sorrise.
<< Davvero? Cioè, so di avere un fascino irresistibilmente irresistibile, ma non lo immaginavo.. >>
<< Sei sempre così modesto >> rise lei, e lui strinse la presa sulla sua mano. Gwen si sentì battere forte il cuore, era tutto reale, era reale per davvero.
<< Mi dispiace per ciò che ti è successo. >>
<< Cosa intendi dire? >>
La ragazza si voltò a guardarlo, e lui ricambiò lo sguardo. << Del fatto che ti hanno chiamato la seconda Heather. >>
<< Oh, quello >> Gwen annuì piano. << Bè, è passato, e se è successo è successo, non rimpiangiamo ciò che non si può cambiare. >>
Duncan la guardò: << Da quando è che sei diventata così “saggia”? >>
<< Bè, dovevo pur far qualcosa mentre aspettavo che tu crescessi e diventassi maturo. >> Affermò lei, e lui rispose con un:
<< Ha-ha, simpaticona >> entrambi scoppiarono a ridere e continuarono a camminare nella notte.
 
Zoey se ne stava distesa al fianco di Mal, in quella notte scura, e vedeva la luna alta, fuori del vetro della finestra. Gli alberi secchi del bosco sembrano figure deformi pronte a portarla via, streghe di un tempo lontano, spettri di ciò che una volta erano state persone.. Ma lei si sentiva al sicuro, vicina al suo Mal, e quando riportava gli occhi al bosco non vedeva altro che semplici arbusti spogli e neri.
Pensò a Total Drama, a quando nella quarta stagione aveva pensato che Mike la stesse tradendo con Ann Marie. Rise piano, al tempo non sapeva che delle sue doppie personalità, ed aveva quasi rischiato di perdere Mike. Curioso come ora avesse scoperto che il suo ex-ragazzo (si poteva definire così, no? Ora lei stava con “il fratello cattivo”) fosse solo una tra le diverse personalità di Mal.
Il ragazzo si mosse nel sonno, e lei ritornò, con la mente, alla realtà. Il silenzio che regnava nella casa dei suoi nonni era tombale, le faceva venire i brividi, che le correvano giù per la schiena, mandando fitte di gelo nelle sue vene. Le sue mani cominciarono a sudare freddo, e si ricordò quando da piccola si nascondeva sotto le coperte per la paura o restava a fissare la porta tutta la notte, senza riuscire a chiudere occhio. Già, c’erano anche lati negativi nel vivere in una grande casa persa nel bosco..
Mal si mosse ancora nel sonno, e Zoey, con un sorriso, scostò le coperte e si alzò in piedi. Li poggiò piano  a terra, per non fare rumore e non svegliarlo, già era stato un miracolo il fatto che avesse accettato di andare a dormire. Non importava il perché, ma qualunque cosa lei dicesse, lui faceva esattamente il contrario, pretendeva di fare il contrario, come per dimostrarle di essere superiore ai limiti umani, di essere migliore di ciò che era. Il problema, pensò Zoey mentre lo guardava con un sorriso, era che non si rendeva conto che già così era perfetto, non gli serviva altro che essere se stesso.
Andò in cucina, si preparò una tazza di the caldo e sedette sulla sedia al tavolo, a bere, avvolta nel grande maglione grigio di lana e dai pantaloncini bianchi e corti, seminascosti. Era scalza, ma ora la casa era molto più calda, dopo che Magda si era occupata del riscaldamento. Cavolo, ma c’era qualcosa che quella donna non sapesse fare? Zoey credeva di no.
Sospirò piano e ritornò a letto, sistemò le cuffie alle orecchie mentre si riparava sotto alle calde coperte, al fianco di Mal, e si addormentò sulle note di una delle sue canzoni preferite.
 
Heather intanto stava distesa al fianco di Alejandro, che russava piano. Lo guardò, voltando la testa, e sorrise, era incredibile come tutto fosse cambiato. Ora non si preoccupava minimamente di non mostrargli i suoi sentimenti, anzi, cercava di dimostrarli ogni volta che poteva, ed Alejandro rimaneva sempre sorpreso dalle sue manifestazioni d’affetto. Non ci si abituava mai.
La ragazza sospirò felice e riportò gli occhi al soffitto, nulla poteva andare meglio di così.

Intanto, nella stanza accanto, Magda fissava con gli occhi spalancati il soffitto bianco della camera da letto. Non riusciva a dormire, gli incubi assalivano il suo sonno. Vedeva tutto quell’amore.. Quell’affetto così sincero tra i ragazzi.. E.. Sentiva male al cuore. Le mancava Johnatan, molto, e quando la notte pensava a lui e si voltava nel letto senza trovare la sua sagoma e sentire il suo calore, scoppiava a piangere. Cercava sempre di sembrare sicura di sé, pronta ad ogni evenienza, pericolosa.. Ma si sentiva soltanto molto sola. Non aveva più una famiglia, suo padre l’aveva cacciata quando lei aveva deciso di lasciare le imprese di famiglia per diventare un’agente, l’aveva dimenticata e così aveva fatto anche la sua famiglia. Non aveva figli, Johnatan era morto prima ancora che loro potessero sposarsi.. Ed ora era tardi, sarebbe sempre rimasta sola, eppure, se guardava Zoey, sentiva il suo istinto innato di madre farsi attivo. Voleva proteggerla, assicurarsi che stesse bene.. Voleva assolutamente che nulla di male le capitasse, che fosse sempre felice. Le avrebbe assicurato ogni bene che avrebbe assicurato anche a sua figlia, se solo ne avesse avuta una.
Sospirò e si voltò sul fianco, sola nella stanza. Quando sarebbe arrivato il momento di partire, quando Mal sarebbe tornato sano, lei sapeva che avrebbe dovuto dire addio a Zoey. Temeva quel momento, non avrebbe voluto lasciarla, le voleva bene, un bene nato così dal nulla. Magari, pensò Magda, si sarebbero tenute in contatto, cosa le impediva di farlo?
Con un sorriso sulle labbra, la donna chiuse gli occhi e si addormentò. Magari, la svolta che avrebbe cambiato lo svolgersi della sua vita era arrivata.

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Capitolo 24
*** No, it's not your fault ***


Cameron sospirò piano, mentre se ne stava seduto a leggere su quella poltrona che ormai da mesi sembrava essere diventata la sua dimora. Passava più tempo seduto in biblioteca che in qualsiasi altro posto. Leggeva libri da mattina a sera, era l’unica cosa che gli permetteva di non impazzire per il dolore. Aveva scoperto, per telefono (per telefono!) che il suo migliore amico era morto e che il loro peggior nemico aveva preso il controllo del corpo.
<< Cameron! >> Disse la voce gentile della cameriera che lavorava lì, una ragazza bassa e dai capelli lunghi e biondi.
<< Ciao, Blaisy >> rispose lui, tranquillo.
<< Tutto bene? >> Gli sorrise.
<< Si, ma ora devo andare, scusami >> si alzò e se ne andò. Una volta non sarebbe mai nemmeno uscito di casa, ma grazie a Mike aveva trovato il coraggio nascosto dentro di se stesso. E Mal gli aveva portato via il suo migliore amico, l’unica persona che importasse veramente. L’unico che l’avesse salvato dalla paura.
Decise di fare qualcosa che si era ripromesso di non fare: chiamare Zoey. Era arrabbiato con lei, ma ormai il tempo era arrivato, voleva spiegazioni.
Prese il telefono dalla tasca e digitò il numero della ragazza. La voce che rispose invece lo paralizzò.
<< Pronto? >>
Era la voce di Mike, aveva la stessa intonazione e la stessa gentilezza!
<< Mike! >>
<< Ehm.. No.. >> Disse la voce del ragazzo.
A Cameron si frantumò il cuore, << Mal? >>
<< Si, sono io. Senti, Cameron, prima di mettere giù il telefono e chiudere per sempre la chiamata, ascolta un attimo quello che ho da dire. >>
Il ragazzo dalla pelle scura e dai grandi occhiali tondi stava per premere il tasto di fine chiamata ma si bloccò. Dopotutto, lui era gentile, era diverso da Mal, dava una possibilità alla gente, anche se non sempre se la meritavano.
<< Parla >> il suo tono era piatto.
<< Lo so, mi odi. E ti capisco, ho rubato il corpo a Mike, secondo te, ma.. Cameron.. >> Mal sospirò, << Il corpo è sempre stato mio. >>
<< Io non ti credo. >>
<< È vero, invece. Mike è nato come senso di colpa per ciò che facevo. >>
Cameron non rispose, e dopo qualche minuto di silenzio, Mal aggiunse:
<< Tu credi che io sia cattivo, odioso.. ma non sai che ora, grazie a Zoey, io sono diverso. >>
<< Grazie a Zoey? Cosa vuol dire? >>
<< Lei è al mio fianco, mi aiuta ad essere migliore. >>
<< Tu non potrai mai essere migliore. Addio, Mal. >> Cameron era furioso, e spense il telefono proprio mentre il ragazzo rispondeva:
<< Ciao, amico mio. >>
 
<< Chi era? >> Chiese Zoey a Mal, che se ne stava poggiato con il capo alla parete a cui lo schienale del letto era accostato. Stava guarendo, e si vedeva visibilmente: il viso era meno pallido, la febbre sembrava ormai scomparsa e stava ritornando forte come prima.
<< Cameron. >>
<< Cameron? >> La ragazza si sedette accanto a lui, sul letto dalle lenzuola bianche appena cambiate.
<< Si. >>
<< E che cosa voleva? >>
<< Mi ha detto che non potrò mai essere migliore e mi ha fatto intendere che mi odia. >> Zoey non seppe che dire. << Ma lo capisco, è comprensibile. Ho ucciso il suo migliore amico, prendendo il corpo, anche se già prima apparteneva a me e non a lui >> sorrise triste, ed a Zoey si strinse il cuore. Mal non era cattivo come voleva far credere, lo sapeva. E Cameron era stato odioso a dirgli quelle cose, anche se, già, era comprensibile. << Aveva un tono cattivo >> aggiunse. << Ed è colpa mia. >>
<< No, non è colpa tua >> la ragazza si chinò verso di lui, con un sorriso gentile.
<< Si invece. Non crederà mai che io possa essere migliore di quanto è convinto io sia. >>
<< Si sbaglia >> Zoey si chinò ancora verso Mal, che avvicinò il viso al suo. Le loro labbra si toccarono, ed i due si baciarono con passione.
<< Credi davvero che si sbagli? Gli ho detto che sono migliore, grazie a te. >>
Lei sorrise, << Si >> rispose, e poi lo baciò di nuovo.
 
Heather se ne stava distesa sul letto, era stanca, non era riuscita a chiudere occhio quella notte. Doveva essersi presa una specie di virus influenzale, perché era dovuta correre avanti e indietro dal bagno per un senso di nausea che non finiva mai.
<< Ha-ha, ma guardati come sei ridotta >> rise Alejandro.
<< Odioso >> lo fulminò lei furiosa, cosa che lo fece ridere ancora di più. Al si divertiva a prendere in giro Heather e a vederla arrabbiarsi, era come un gioco per lui, al quale Heather stava.
<< Basta che non mi attacchi niente. >> Alzò le mani in alto.
<< E allora perché sei qui? >> Sospirò lei esasperata. Se non l’avesse smessa gli avrebbe lanciato contro non solo un cuscino, ma l’intero comodino di legno.
<< Per deriderti, mia cara, ovvio. >>
<< Cadi dalla finestra >> si limitò a rispondere lei, e lui scoppiò a ridere, mentre se ne stava poggiato contro la parete color crema con le braccia incrociate. Indossava una canotta bianca che risaltava le sue forme. Sembrava un modello, con quei bellissimi capelli castani e quelle braccia muscolose. Il viso perfetto contratto in una risata senza freni.
<< Ah, l’amour. >>
<< A volte ti odio proprio tanto, sai? >> Rispose Heather fulminandolo e lui la guardò sorridendo.
<< Anche io ti amo tanto, Heather. >>
Lei sorrise, soddisfatta come non mai.
 
Courtney uscì di casa con tranquillità, ma fece un salto quando davanti a lei si ritrovò Scott, poggiato contro il muro.
<< Fallo ancora e vedi >> lo minacciò lei, e lui scoppiò a ridere.
<< Ciao anche a te, Courtney >> le sorrise, e lei lo fulminò con lo sguardo, guardandolo male.
<< Ciao, Scott. >>
<< Come stai? >>
Lei nemmeno gli rispose e con uno sbuffo indispettito si allontanò.
<< Ehi! >> Urlò lui correndole dietro.
<< Cosa vuoi? >>
<< Dove stai andando? >>
<< Devo andare a trovare mio padre. Si trova in città >> rispose lei mentre in borsa cercava le chiavi dell’auto.
<< Posso venire con te? >>
<< Cosa? Da mio padre?! >> Urlò lei.
<< Bè, si, perché no? >> Alzò lui le spalle, confuso.
Courtney lo guardò dall’alto in basso. << Di sicuro non vestito così, che diamine. >> Scott indossava la solita canotta bianca, che gli lasciava scoperte le spalle piene di lentiggini aranciate ed i jeans strappati sulle ginocchia.
<< E come dovrei vestirmi allora? >> Replicò lui confuso.
Lei fece un verso esasperato. << Andiamo, vieni con me. >>

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Capitolo 25
*** The hurricane ***


<< Ma devo sul serio mettermi questa.. cosa? >> Disse Scott scioccato, mentre guardava in malo modo Courtney che se ne stava poggiata contro la parete accanto allo specchio, con le braccia incrociate ed un’espressione pericolosa in viso.
<< Si, devi farlo. >>
<< Ma perché? >> Esclamò il ragazzo.
<< Perché devi incontrare mio padre, e non puoi andare in giro come fai sempre, conciato come uno zoticone. >>
<< Sei sempre così gentile, Courtney. >> La fulminò lui con un’occhiataccia.
<< Senti da che pulpito >> sbuffò lei, e lo rimandò nel camerino del negozio. << È vero che ti vesti come uno zoticone. Da quanto non la lavi quella canotta? >>
La risposta tardò ad arrivare, poi, alla fine, la voce di Scott disse: << Mica è tanto due settimane >> il tono era a metà tra una domanda ed un’affermazione. Courtney decise di rispondere, anche solo per dire la sua e fargli capire che stava sbagliando:
<< Si. È tanto “due settimane”. Dio, Scott, sei proprio.. >>
Il ragazzo uscì dal camerino. Stavolta indossava un completo blu ed una camicia bianca, che nella mente di Courtney stavano d’incanto. Il ragazzo non sembrava nemmeno lo stesso, uno zoticone, un ragazzo di famiglia povera che a malapena conosceva le buone maniere.
<< ..perfetto.. >> Concluse lei con un sospiro, mentre lo guardava ad occhi spalancati.
<< Dici? >> Chiese lui non tanto convinto.
<< Si, sono sicura >> Courtney scattò in piedi e batté le mani, per poi aggiungere: << Avanti, va a cambiarti che andiamo a pagare e poi da mio padre, che mi sta aspettando. >> Si voltò e si allontanò, ignorando il ragazzo, che scosse la testa e rise piano.
 
<< Quindi.. Tuo padre è un uomo d’affari molto importante e rispettato.. >> Disse Scott a Courtney mentre scendevano di fretta dall’auto, davanti ad un complesso residenziale/aziendale molto famoso ed in cui soggiornavano persone molto importanti.
<< Si, perciò, >> lo guardò con la coda dell’occhio, << quando siamo davanti a lui, non. Parlare. Mai. Di qualsiasi cosa. Non devi nemmeno sognarti di aprire bocca, capito? >> Lo guardò male.
<< Perché? >> Alzò lui le spalle, confuso. Una ragazza dai lunghi capelli biondo castano passò loro accanto e sorrise a Scott, che la seguì con lo sguardo. Courtney le riservo una di quelle occhiatacce speciali che durante le stagioni di Total Drama aveva riservato alla sua acerrima nemica Heather, ora coinquilina scomparsa nel nulla. Immaginò che dovesse chiamarla, per chiederle come stava, e magari cercare anche di capire dove Zoey si trovasse, ma al momento non erano le sue priorità. Lo sapeva di essere un’amica orribile.
<< Perché mi farai fare una figuraccia. >>
<< Solo perché tuo padre è ricco ed ha frequentato le migliore scuole allora io.. >>
<< Si >> disse Courtney fulminandolo. << E poi, tu hai voluto venire con me a fargli visita. >> Lo guardò, << Ed ancora non ne capisco il motivo. >>
Scott la osservò con la coda dell’occhio, per poi portare lo sguardo su un altro punto non ben definito davanti a lui, senza risponderle.
L’aria cominciava a soffiare fredda, ed ad ogni folata, i capelli castani di Courtney si alzavano e lei era costretta a socchiudere gli occhi dalle pupille di un nero scurissimo perché il vento non li facesse lacrimare. Il cielo cominciava a riempirsi di nuvole grigiastre, ed il sole era nascosto, oscurato, mentre tutto cominciava ad assumere una sfumatura sinistra che a Scott piaceva molto.
Intorno a loro le persone cominciarono a correre, ora di fretta, per riuscire a raggiungere la loro meta prima che il temporale scoppiasse.
<< Diavolo, non ho preso l’ombrello >> imprecò Courtney e Scott la guardò.
<< Magari facciamo in tempo, o al massimo restiamo all’azienda. >>
<< Secondo te mio padre ci farebbe restare? >> Disse lei mentre spingeva una porta girevole. Due uomini vestiti in divisa da poliziotto la guardarono, e quando si apprestarono a cercare di fermarla lei disse:
<< Sono Courtney Barlow, provate a fermarmi e più nessun datore di lavoro vorrà assumervi. Lui è con me. >> Aggiunse, ed insieme a Scott si diresse imperterrita al primo ascensore in tempo perché le porte non si chiudessero.
Dentro non c’era nessuno, e quando cominciarono a salire, piano per piano, lei gli disse:
<< Dicevo, tu non conosci mio padre, non ci farà restare qui solo per un temporale. >> Sbuffò, << Figuriamoci. Se ci fosse un tornado e lui avesse un posto sicuro, non mi porterebbe con sé se non avesse la possibilità si ricavarne qualcosa. >>
<< Ma che razza di padre è? >> Scott era visibilmente furioso, e questo fece saltare un battito al cuore di Courtney. Non l’aveva mai visto così arrabbiato, e nei suoi occhi c’era puro odio.
<< Bè, ci sono abituata, non gli è ma importato molto di me. Eppure, posso sempre sfruttare il mio ruolo di figlia e ricavarne quello che mi interessa. >>
<< Siete molto simili, sai >> Scott le lanciò un’occhiata preoccupata e lei scoppiò a ridere.
<< Lo so, ma con la differenza che io non lascerei mia figlia in balia di un tornado, se ne avessi una. >> Abbassò gli occhi al pavimento, ancora sorridendo. << E non lascerei nemmeno te in balia di un tornado >> scherzò, e lui rise.
<< Per questo ti ringrazio >> fece un gesto da galantuomo, cosa che fece ridere Courtney ancora di più.
Quando le porte dell’ascensore si aprirono, loro uscirono, facendosi strada tra la piccola folla che si era creata. Lei cercò la mano di lui e gli afferrò il polso. Scott si fece guidare senza dire nulla.
Dopo circa due minuti si fermarono davanti ad una grande scrivania di legno lucido, dove una donna dall’apparente età di quarant’anni e dai capelli neri come la pece li guardò con i suoi occhietti vispi e scuri, nascosti dietro le lenti dalla forma rettangolare degli occhiali. La montatura era color oro ed a tratti la texture era maculata come il manto di un leopardo.
<< Prego? >> Le sue labbra erano piccole e strette in un’espressione severa, coperte da un rossetto rosa scuro che dava loro una sfumatura malsana.
<< Ho un appuntamento >> disse Courtney poggiandosi contro la superficie fredda della scrivania che le arrivava all’altezza del petto.
<< Il signore è occupato >> affermò la donna, e così chiuse la conversazione.
Courtney sbuffò, in un suono a metà tra un sospiro esasperato e la risata di chi la sa lunga.
<< Sono la figlia >> disse, e con questo afferrò di nuovo il polso di Scott e superò la donna seduta sulla sedia di pelle nera che puzzava di composti chimici, per poi spalancare la porta ed entrare nell’ufficio del signor Barlow.
<< Courtney >> l’uomo alzò il capo e la guardò con occhi preoccupati. Indossava un completo grigio ed una camicia bianca, oltre che una cravatta nera ed un orologio color oro dall’aria molto costosa. I suoi capelli erano castani e la sua testa era stempiata. Al centro, in cima al capo mancava un ciuffo di capelli che lasciava un buco circolare di pelle abbronzata.
<< Papà >> disse lei. << Mi avevi convocato? >>
<< Si.. ma.. potrei sapere chi è costui? >>
Lei sospirò, << Papà, non parlare con un vecchio filosofo greco, ti prego. Questo è Scott, è.. >> stava per dire “ragazzo”, ma loro due non stavano ufficialmente insieme, quindi optò per: << amico. >>
<< E che ci fa qui questo tuo “amico”? >>
<< So io perché è qui, vuoi dirmi perché mi hai convocato? Per quel che mi importa posso anche tornarmene a casa. >> La voce di Courtney era fredda e lo sguardo con cui guardava il padre era cattivo come non mai. A Scott pareva di vedere uno scontro tra due titani. Courtney la rappresentazione del fuoco: piena d’odio e circondata da fiamme di rabbia. Mentre il padre di lei, il signor Barlow, pareva essere scolpito nel ghiaccio.
<< Tua madre mi ha detto di dirti che ogni tanto dovresti chiamare >> rispose lui con il mento alto e con il fare orgoglioso di chi crede d’aver ragione.
<< E non poteva dirmelo lei? >>
<< Lo sai che tua madre è impegnata a.. >>
<< Partecipare a cocktail party con le sue amiche piene di botox? >> Ringhiò lei, e con un’ultima occhiataccia rivolta al padre, prese di nuovo Scott per il polso, per poi uscire dall’ufficio ed in seguito dall’edificio.
<< Non sei stata molto educata >> le disse lui guardandola preoccupato.
<< Con una famiglia così come potrei essere educata? Sono veramente.. >> finì la frase con un ultimo ringhio, e venne interrotta dal rumore del tuono che riempì l’aria. Circa cinque secondi dopo, la pioggia cadeva forte.
<< Ah, diavolo! >> Imprecarono contemporaneamente, e poi si misero a correre, tenendosi strettamente per mano, verso l’auto.
Salirono con tutta fretta e Courtney guidò verso casa, dove si rifugiarono.
I due poggiarono il capo di colpo contro la porta, e respirarono affannosamente.
<< Al diavolo >> disse lui, << sono fradicio e non ho nemmeno qualcosa con cui vestirmi. >>
<< Tranquillo >> disse lei, << ci sono i pigiami di Gwen. >>
<< Dovrei mettere il pigiama di Gwen!? >> Lui la guardò con l’espressione più scioccata che lei avesse mai visto sul suo volto, cosa che la fece scoppiare a ridere.
<< Tranquillo, non è come te, li lava i vestiti. >> Si diresse verso il tavolo della cucina e Scott, ancora vicino alla porta, sentì un tonfo.
<< Tutto bene? >> Chiese.
<< Si.. >> Courtney tornò da lui, << Gwen.. E Duncan. >>
<< Cosa? >>
La ragazza era spaesata, sembrava senza parole, cosa molto strana dato che si trattava di Courtney.
<< Gwen e Duncan sono partiti >> replicò. << Sono andati alle Hawaii! >> Aveva gli occhi spalancati.
<< Alle.. Hawaii? >>
<< Si! E non mi hanno portato con loro! Oh, quando torna vede.. >> promise lei furiosa, e si allontanò borbottando.
Scott sorrise e la seguì.
 
Courtney e Scott erano seduti sul divano color crema, lei poggiata a lui mentre il ragazzo le circondava le spalle con le braccia ed aveva le labbra posate sui suoi capelli castani che profumavano di rose.
Ad un tratto, improvvisamente, il film romantico che stavano guardando fu interrotto dalla voce di un uomo, ed il suo viso comparve sullo schermo della tv. In rosso ed in grande c’era scritto: Allarme ciclone.
<< Cosa? >> Scattò Courtney. Fuori, la tempesta ancora imperversava, ed ormai erano almeno due ore che andava avanti, tra lampi, tuoni e la pioggia che batteva contro i vetri. Si trovavano al secondo piano, ed il vento soffiava forte contro le finestre. Ogni tanto sentivano tremolii ed tonfi non molto rassicuranti.
Strinse tra le mani il telecomando nero e pieno di pulsanti. Alzò il volume e la voce dell’uomo disse:
<< Ripetiamo la notizia: è stato dato l’allarme. Si crede che questo non sia un semplice temporale ma bensì potrebbe essere un ciclone. Raccomandiamo ai cittadini di restare chiusi in casa, seppur l’allarme non sia grave.
Ripeto, non uscite di casa. Barricate le finestre meglio che potete e trovate un posto sicuro. Il temporale potrebbe peggiorare fino anche a diventare un ciclone. Restate chiusi in casa. >>
Lo spot scomparve e Courtney guardò Scott con gli occhi spalancati, preoccupata al massimo.
<< Hai sentito? >>
<< Mi chiedi se ho sentito? Dobbiamo andarcene! >>
<< No, non serve. Dobbiamo solo barricarci in casa. Vedrai, non capiterà nulla, dobbiamo solo seguire le indicazioni.. >>
Si alzò in piedi e si diresse verso l’altra stanza.
<< Seguire le indicazioni.. >>
Scott la guardò preoccupato.
<< Seguire le indicazioni.. >>
Forse avrebbe dovuto restare zitta.

 

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Capitolo 26
*** The worst storm ***


Zoey se ne stava seduta sul divano morbido e comodo, con al fianco Mal ed Heather, oltre che Alejandro e Magda. Fuori imperversava un temporale con i fiocchi, con tanto di fulmini e tuoni, oltre che ad una scrosciante pioggia che batteva forte contro i vetri, e che sembrava non finire mai.
Se ne stavano lì accoccolati in una coperta calda a guardare un film, quando la scena del bacio appassionato tra i due protagonisti si interruppe - con insulti ed urla arrabbiate da parte di Heather ed Alejandro - e sullo schermo apparì la figura di un uomo. In rosso ed in grande c’era scritto: Allarme ciclone.
<< Che cosa? >> scattarono in contemporanea Mal e Zoey, mentre la voce dell’uomo dalla capigliatura pomposa ed impomatata diceva:
<< Ripetiamo la notizia: è stato dato l’allarme. Si crede che questo non sia un semplice temporale ma bensì potrebbe essere un ciclone. Raccomandiamo ai cittadini di restare chiusi in casa, seppur l’allarme non sia grave.
<< Ripeto, non uscite di casa. Barricate le finestre meglio che potete e trovate un posto sicuro. Il temporale potrebbe peggiorare fino anche a diventare un ciclone. Restate chiusi in casa. >>
La ragazza dai capelli color rosso sangue scattò in piedi, scioccata.
<< Questo no va del todo bien >> disse Alejandro con un’ espressione preoccupata.
<< Cosa facciamo?! >> Urlò Heather molto più spaventata di quanto mai si fosse mostrata davanti ad altre persone.
<< Basta >> la voce di Magda risuonò sicura, secca, un ordine che non poteva non essere assecondato ed eseguito. << Zoey >> guardò la ragazza dai capelli rossi, che ricambiò la sua occhiata con gli occhi spalancati ed un’espressione preoccupata come non mai sul volto, << c’è un posto dove possiamo nasconderci qui? Come una cantina.. o.. >>
<< No, non c’è nulla >> scosse la testa Zoey.
<< Allora >> disse Magda, serissima, << dobbiamo sbarrare le finestre e tutto ciò che può creare problemi rompendosi. >> Scattò in piedi ed aggiunse:
<< Heather, Alejandro, voi andate a trovare delle assi, dietro casa c’è la stalla, lì c’è qualcosa che possiamo usare. Prendete il carretto per la paglia. >>
I due ragazzi annuirono e scattarono veloci, diretti all’appendiabiti.
<< Zoey, Mal >> disse poi, << aiutatemi a radunare le cose importanti come il cibo e le bevande. >>
<< Perché? >>
<< Hai mai costruito un fortino? >> Rise lei.                    
 
Fuori, sotto la pioggia battente e la tempesta, Heather ed Alejandro correvano e cercavano di bagnarsi d’acqua il meno possibile.
<< Diavolo >> ringhiò Heather.
<< Chica, cos’hai? >>
<< Cos’ho?! >> Urlò lei, << Non sei dotato di occhi?! >> Entrarono nella stalla, e cominciarono a guardare in giro, cercando assi di legno e qualsiasi altra cosa fossero in grado di trovare.
Dopo qualche minuto ritornarono al centro della stalla, entrambi spingendo un carretto pieno di assi di legno.
<< Dici che così basta? >> Disse Alejandro ironico, ed Heather sbuffò, alzando gli occhi al cielo, o meglio al soffitto della stalla, per poi uscire insieme a lui dall’edificio e dirigersi alla casa.
Zoey teneva la porta aperta per loro, e dopo circa due minuti di sforzi riuscirono a far passare i carretti.
<< Sbrigatevi >> disse Magda, ed insieme, i quattro cominciarono a sistemare le assi contro le finestre, dotati di martelli e da chiodi comparsi da chissà dove.
<< Dov’è Mal? >> Chiese Heather a Zoey, preoccupata.
<< Si sta riposando >> le rispose, e ricominciarono a lavorare, mentre fuori imperversava la tempesta peggiore che le due avessero mai visto.
 
<< Sei sicura che non dovremmo andarcene? >> Chiese Scott a Courtney, raggiungendola.
<< Si, sono sicura. A quest’ora ci sarà già un traffico incredibile, sia per le autostrade sia per le strade secondarie. La gente è stupida e non ascolta i saggi consigli, si lasciano prendere dalla paura. >>
<< Ma non possiamo restare qui! Non abbiamo nulla per sbarrare le finestre.. e.. >>
<< C’è una specie di cantina in questo condominio. >> Courtney annuì tra sé come a rispondere ad una domanda silenziosa.
<< E quindi? >> Inarcò lui un sopracciglio. Era avvolto in un largo maglione bianco di lana che apparteneva a Courtney, oltre al fatto che indossava il pigiama nero di Gwen, e le condizioni in cui appariva avrebbero fatto ridere la ragazza, se la situazione non fosse stata tanto grave.
Sospirò esasperata. << Smettila di comportarti come una femminuccia, prendi uno zaino e riempilo con più cibo ed acqua puoi, non sappiamo quanto durerà, e di sicuro non ho intenzione di tornare qui con un ciclone in corso! >> Dopo aver finito di parlare, Courtney scattò verso il telefono bianco.
Chiamò il numero dell’amica, che rispose al primo squillo.
<< Courtney? >> Disse con voce concitata.
<< Zoey! Oddio, stai bene?! >>
<< Si, anche se.. >> Un tuono la interruppe, << Hai sentito? >>
<< Si, c’è l’allarme ciclone.. Gwen se n’è andata alle Hawaii con Duncan e.. >>
<< Che cosa? >> Zoey parlò con un tono normale, ma confuso e scioccato.
<< Storia lunga te la spiegherò prima o poi.. Cavolo, non so nemmeno dove sia Heather! >>
<< Heather? È qui con me.. >>
Dall’altra parte della cornetta si sentì la voce della ragazza dire: << Molla qua. >>
<< Heather? >> Chiamò Courtney.
<< Courtney >> replicò l’altra. << Va via di lì, porta Gwen con te e mettetevi in salvo. Io sono qui con Mal, Zoey e Alejandro. >>
<< Cosa.. Mal.. >>
<< Lascia perdere, mettetevi in salvo! >>
<< Gwen se n’è andata con Duncan.. >>
<< Cosa? >> Heather era scioccata.
<< Oddio! >> Sospirò quasi ringhiando la ragazza dai capelli castani e dal caratteraccio, << Vi spiegherò prima o poi. Sono qui con Scott, stiamo prendendo quante più cose possibili. Ci rifugiamo nel sotterraneo-cantina del condominio. >>
<< Si, ma sbrigatevi, perché se l’idea è venuta anche ad altri.. >> la voce di Heather venne interrotta, << vi chiuderanno.. >> un tuono rimbombò, e Courtney si voltò di scatto, spaventata. Era più forte degli altri.
<< Heather? >> chiamò, ma l’unica risposta che ricevette fu:
<< .. via.. noi... casa.. >> e poi più niente.
<< Ah, accudenti! >> Urlò Courtney.
<< Cosa? >> Scott la raggiunse con in spalla lo zaino.
<< È saltata la linea >> disse per poi afferrarlo per il braccio. << Andiamo! >>
 
<< Accidenti! >> Urlò Heather.
<< Cosa? >> Zoey al suo fianco era preoccupatissima, e la guardava con i due grandi occhioni spalancati.
<< È saltata la linea. Spero siano in salvo. >>
<< Chi? >>
<< Courtney e Scott. >>
<< Courtney è con Scott? >> La voce di Zoey era scettica.
<< Si, lo so.. E Gwen è fuggita da qualche parte con Duncan. Mi sa che sono successe molte cose mentre noi eravamo via.. >>
Zoey annuì, ed un altro tuono, fortissimo, ululò nel cielo come un lupo ulula alla luna piena.
<< Coraggio, sbrighiamoci. >> Disse l’asiatica, e ripresero a lavorare.
 
Courtney e Scott correvano veloci, scendendo le scale del condominio.
<< Coraggio, di qua! >> Urlò la ragazza, ed insieme raggiunsero le scale che portavano alla stanza sotterranea che fungeva da rifugio in caso di necessità.
Arrivarono proprio nel momento in cui la porta stava per chiudersi, e Courtney scattò, mettendo il piede tra la porta e la soglia, e la voce di una donna le urlò:
<< Vattene! >>
<< No, apri questa porta o giuro che ti ammazzo stanotte! >> Urlò in modo alquanto inquietante, da pazza, e la vecchietta fece come detto. La ragazza la fulminò con un’occhiataccia ed entrò nella stanza seguita da Scott.
Dentro, c’era molta più gente di quanto Courtney avesse pensato. C’era una madre con i figli, ragazze e ragazzi della sua età, oltre che due uomini sui trent’anni e tre donne. Verso il fondo della stanza c’erano anche due anziani.
La ragazza, ignorando tutti, poggiò la borsa strappata dalle mani si Scott a terra e si sedette, a mento alto e con fare orgoglioso, con al fianco il ragazzo dai capelli aranciati, che pareva essere contrastato. Probabilmente stava pensando se dire o meno che era con lei per caso, pensò Courtney.
<< Sei strana >> le disse un ragazzo, e lei lo ignorò.
<< Io ti ho già visto.. >> Disse la voce di una ragazza, e quando si avvicinò a loro, Scott spalancò gli occhi, non poteva crederci, era davvero lei!
<< Dawn! >> Urlò, e Courtney si voltò a guardarla.
<< Courtney! >> Dawn si sedette al suo fianco.
<< Ma quant’è piccolo il mondo >> rise sarcastica.

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Capitolo 27
*** Oh, you're always worried ***


Dakota stava correndo veloce sull’asfalto grigio, con le ballerine rosa che le facevano male ai piedi.
<< Coraggio Sam! >> Urlò, ed il ragazzo le corse dietro, dondolando di qua e di là sulle gambe tozze ed instabili.
<< Scusami! >> Urlò lui. La pioggia batteva forte, e Dakota aveva deciso di fare a meno dell’ombrello. Tempo addietro, mai avrebbe compiuto tale passo, tutto solo per l’acconciatura. Ma ora che era tornata normale, dopo molte operazioni costosissime ed una totale depurazione dai rifiuti, costata milioni al suo caro papino, aveva abbandonato le fissazioni che prima l’assillavano. Un po’ di pioggia sui capelli? Non importa. Dimenticato il trucco? Non è qualcosa d’indispensabile.
La vita era troppo corta per preoccuparsi di cose futili come queste.
Pareva anche che avesse cominciato a mettere la testa a posto. Non era più svampita come in precedenza, ora usava la testa almeno un quarto delle volte in cui la situazione lo richiedeva.
<< Sam! >> Urlò di nuovo. << C’è un ciclone sopra le nostre teste, sbrigati, dobbiamo raggiungere un posto sicuro! >>
La città attorno a loro pareva deserta, non c’erano persone, non c’erano auto, c’erano solo pioggia, lampi, tuoni e la tempesta peggiore che Dakota avesse mai visto in tutta la sua vita di diciottenne.
<< Ma se non sappiamo nemmeno dove andare! >>
Si trovavano in una periferia di una cittadina di cui Dakota non ricordava il nome, e non c’era nessuno che potesse aiutarli. Le porte delle case erano spalancate, ma loro non se la sentivano di entrare. Non c’era anima viva e quella cittadina sembrava una città fantasma, piena di ricordi di anime ormai defunte da tempo.
La ragazza alzò gli occhi verdi e vide il confine della periferia oltre alle rotaie dei treni. Tutto sembrava abbandonato da tempo.
<< Avanti >> con un ultimo sprint, afferrò il polso di Sam, ed insieme corsero più veloce che poterono.
<< No! Dakota, ripensandoci forse era meglio chiudersi in una casa! >> Un tuono potentissimo interruppe il ragazzo, che trasalì guardandosi intorno. Si trovavano nel bosco adesso, e la terra era fangosa. Dakota ci sprofondava, con le ballerine, ma non gliene importava, doveva portare in salvo Sam e se stessa.
<< No, avanti >> disse, e continuò a correre.
Emersero dal fogliame, e si ritrovarono davanti agli occhi una grande casa.
Un lampo illuminò il buio provocato dalla furiosa tempesta, dalle nuvole nere che occludevano la luce del pomeriggio e dalla pioggia d’argento che cadeva fortissima. E poco dopo un tuono risuonò selvaggio e troppo vicino.
<< Sam, guarda! >> Urlò, ed insieme si diressero verso la casa. Non c’erano cancelli, per fortuna, e così riuscirono a raggiungere la porta di legno bianca. Due vasi di terracotta con dei fiori secchi pendevano dal soffitto del porticato, fatto di legno lucido.
Ebbero un’altra dose di fortuna. Le assi erano talmente compatte che l’acqua non riusciva a trovare spazi liberi, e quindi per almeno qualche secondo riuscirono a fermarsi e a riprendere fiato.
Guardarono la porta chiusa, e Dakota si chinò verso di essa, poggiando l’orecchio contro il legno. Sentì un sordo battere.
<< C’è qualcuno? >> Chiese il ragazzo, e lei lo guardò.
<< Credo di si.. ho sentito dei rumori.. >> Alzò il pugno e batté piano contro il legno bianco.           
 
<< Avete sentito? >> Heather voltò di scatto la testa, e gli altri la guardarono.
<< Cosa? >>
Il rumore si ripeté, e lei lanciò occhiate preoccupate ai suoi “compagni d’avventura”.
<< Può essere qualcuno che ha bisogno d’aiuto.. Si saranno trovati fuori con questa tempesta.. >> Ipotizzò Zoey, e la ragazza dai tratti asiatici e dai capelli d’ebano scattò agilmente in piedi per dirigersi alla porta, seguita da Alejandro.
L’aprì piano e quel che si ritrovò davanti la scioccò.
<< Sam? >> Disse socchiudendo gli occhi.
<< Sam.. Dakota.. che ci fate qui? >> Disse la voce di Alejandro alle sue spalle, ed i due ragazzi sospirarono di sollievo.
La ragazza dai lunghi capelli biondi buttò le braccia al collo ad Heather e la strinse forte.
<< Non sapete come siamo sollevati di vedervi! >>
<< Chi è? >> Zoey raggiunse i due amici e sgranò gli occhi color mandorla quando vide Dakota e Sam. << Dakota! >> Urlò, e l’altra, dopo aver lanciato un urletto da ragazzina le corse incontro e l’abbracciò.
<< Non ci posso credere! >>
<< Ehi.. >> La voce di Mal interruppe tutto, e Sam si fece strada oltre la soglia, scostando Heather e Alejandro che osservavano la scena con un’espressione scioccata in viso.
<< Tu! >> Urlò il ragazzo dai capelli ricci e castani, completamente inzuppati di pioggia, così come i suoi vestiti. La sua pelle bianca era pallida e non faceva che risaltare l’acne che gli tempestava il viso.
<< Si, io, cosa vuoi Joystupid? >> L’espressione, così come il tono di voce, di Mal era inespressiva ed indifferente, quasi annoiata.
<< Ehi, quella è la mia battuta! >> Urlò Alejandro, ed Heather lo colpì al braccio.
Sam si voltò verso Zoey. << È Mal, vero? >>
<< Non si era capito? >> Replicò il latino americano, con voce piatta, mentre inarcava un sopracciglio curato alla perfezione così come tutto di lui.
<< Perché è qui? >>
<< Non sono minimamente fatti tuoi >> replicò il ragazzo alto e dai capelli scuri. Mal indossava solo dei jeans blu che gli donavano molto, dei calzini grigi ed aveva il petto nudo circondato da bende bianche.
<< Che ti è successo? >> Replicò Dakota preoccupata.
<< Mi hanno sparato >> l’altro alzò le spalle, e proprio quando Sam stava per rispondere con una battutaccia di pessimo gusto, la ragazza dai capelli biondi lo interruppe:
<< No, Sam, non aprire bocca. Smettila. Ti ha solo rotto un joystick! >>
<< Ma è cattivo! >>
<< Ora non lo è più molto.. >> disse Zoey guardandolo, con un sorriso complice e dolce sul viso.
Mal le rispose allo stesso modo, e lei scattò in avanti, allontanando tutti, per prenderlo al polso e trascinarlo via. Si fermò nel corridoio che portava al bagno, completamente buio per colpa delle assi di legno fissate alle finestre.
<< Ehi.. >> Disse lui, ma lei lo ignorò.
<< Stai bene? >> Era seriamente preoccupata che lo sforzo fosse stato troppo e che la ferita si fosse riaperta, anche se le bende, di un colore bianco candido, mostravano che non c’era nessun problema con la ferita inferta dalla pallottola.
<< Si, sto bene. Anzi, è proprio divertente riposarsi mentre tutti gli altri sgobbano >> scoppiò a ridere cattivo, e Zoey gli colpì il braccio con un pugno.
<< Idiota, ero preoccupata. >>
<< Tu sei sempre preoccupata. >>
<< Ti. Hanno. Sparato! Non dovrei essere preoccupata, eh? >> Lo guardò con un sopracciglio inarcato, anche se nel buio lui non poteva vederla. Erano a pochi centimetri di distanza uno dall’altra.
<< Sto bene >> insistette lui, e le poggiò le mani sulle spalle. << Credimi, non è facile mettermi KO. >>
<< Non eri lì.. >> replicò lei.
<< Ma sì che ero lì, era a me che hanno sparato! >> Scherzò lui interrompendola, sorridendo, e lei lo colpì di nuovo, facendolo scoppiare a ridere, cosa che indusse Zoey a continuare a colpirlo, finché Mal non cercò di farla smettere. << Okay, ehi, basta! >> Scoppiò ancora a ridere, e lei avvicinò il viso al suo.
<< Ho avuto paura in questi giorni, Mal. Ed ora, come se non bastasse, dobbiamo anche sopportare questo ciclone. >>
Lui non le rispose, si limitò ad allungare le braccia e a circondarla. La tenne stretta a sé per qualche minuto: sentiva il cuore di lei battere mentre stava poggiata contro il suo petto e la udì sospirare di sollievo, come se avesse aspettato quel momento da un tempo immane.
Senza dire una parola, la ragazza alzò il viso verso di lui, e le loro labbra si toccarono, proprio mentre un lampo illuminava il corridoio ed un tuono risuonava fortissimo e vicinissimo.


 
 
 
*Angolo autrice*
Ciao a tutti! Lo so che di solito non scrivo mai l’angolo autrice, ma stavolta mi serviva davvero, perché vorrei chiedervi, a tutti voi che leggete la mia fan-fiction, un consiglio. So che siete in molti che la seguite e la leggete, e questo mi rende veramente felice. Quando ho pubblicato il primo capitolo, una sera di sabato, non avrei mai immaginato che alla fine sarebbe piaciuta a così tanti di voi, ed è fantastico.
Quindi, dato che ognuno di voi probabilmente ha un’idea o spera che la storia finisca in un certo modo, devo porvi questa domanda riguardo il finale. Io mi sono immaginata una fine alternativa a ciò che fin dall’inizio avevo in mente.
Se usassi questo ciclone come primo spiraglio di un’immane apocalisse? Non so cosa potrebbe succedere poi, cosa l’apocalisse può portare, magari zombie, magari creature mutanti assassine, magari veleni che uccidono.. Ma so che i protagonisti sarebbero i nostri personaggi, cioè Scott, Courtney, Mal, Zoey, Dawn, Alejandro, Sam, Dakota, Cameron, Heather, Magda, Gwen e Duncan e magari altri che voi suggerite.
Non so se quest’idea sia buona o un’emerita stupidata, perciò lo chiedo a voi. Se volete dirmi cosa ne pensate, recensite, oppure scrivetemi un messaggio, come volete, ed in base a ciò che la maggioranza vuole, io scriverò il finale :)
Un bacio a tutti <3

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Capitolo 28
*** A friendly voice ***


Gwen se ne stava seduta sul letto nella sua stanza d’albergo, alle Hawaii, insieme a Duncan. Inutile dire che fosse realmente schizzata, a malapena riusciva a stare ferma, erano scampati alla morte per un soffio!
<< Oddio, e pensa se l’aereo avesse ritardato! >> Urlò.
<< Oh, finiscila. Abbiamo preso l’aereo stamattina, il temporale è scoppiato solo questo pomeriggio >> commentò lui sbuffando.
<< Non è un semplice temporale, è un ciclone! >> Avevano sentito la notizia per tv, e da allora Gwen sembrava una pazza isterica. << E poi, ma se è scoppiato a Seattle, come è possibile che sia anche qui alle Hawaii? Non è normale, te lo dico io! >>
<< Magari, per uno scherzo del caso, si sono creati due cicloni, uno qui e uno lì, semplice, normale >> il tono di voce di Duncan era pratico, ma lei non si fidava.
<< Dobbiamo tornare indietro >> scattò in piedi. Indossava una maglia a maniche corte nera e sotto il costume nero anch’esso.
<< E vuoi spiegarmi come facciamo? >> Replicò lui.
Lei si limitò a scuotere la testa, mentre si mordeva l’unghia del pollice destro. Era un tic che assumeva quando il nervosismo andava alle stelle.
Si affacciò alla grande finestra che dava sulla piscina, sulle sedie a sdraio. La zona relax del resort era praticamente deserta, ed un vento forte soffiava; le foglie delle palme disseminate qui e lì si spostavano in alto ad ogni raffica d’aria. Il cielo era nero come non mai, e solo una linea aranciata, all’orizzonte, faceva capire che fosse pomeriggio.
La pioggia cadeva a momenti, cominciava e smetteva, poi ricominciava e smetteva di nuovo, in un ciclo infinito. Ogni tanto, qualche lampo illuminava la massa informe di nuvole nere che coprivano la luce del sole, e qualche secondo dopo, tuoni fortissimi risuonavano come schiocchi secchi.
<< Non mi piace questa situazione >> si voltò verso Duncan, che la guardava. Indossava i soliti jeans blu ed una maglia a maniche corte con un grande teschio rosso stampata al centro del petto. La cresta verde questa volta non era impomatata di gel, e perciò il ciuffo colorato si fondeva con il nero dei capelli.
Aveva le braccia spalancate, << E cosa puoi fare? Non puoi fare nulla, Gwen, nulla. Possiamo solo aspettare. >>
La ragazza, dopo un momento di indecisione, annuì.
<< Okay, ma prima chiamo Heather e Courtney. >>
<< Se ci tieni >> commentò lui. << Io vado in bagno. >>
Gwen gli fece un versaccio, << Grazie dell’informazione, non so come avrei fatto a vivere senza saperlo! >>
<< Se se, ciao >> e si chiuse la porta del bagno alle spalle.
La ragazza afferrò il telefono e digitò il numero di Courtney. Stette lì parecchi minuti, ma la ragazza non rispose, cosa che fece preoccupare Gwen.
Con mani tremanti digitò il numero di Heather, che rispose invece al primo squillo.
<< Pronto, Gwen? >> Chiese.
<< Oddio, Heather! Allora sei viva! >>
<< Certo >> ora il tono era meno sollevato, << perché, non dovrei esserlo? >>
<< No, scusa, non intendevo.. Cioè.. è un po’ che non ti sento.. >>
L’altra rise, << Lo so cosa intendevi. Stai bene? Duncan è lì con te? Siete alle Hawaii? >>
<< Si, si, e ancora si. E c’è un cavolo di ciclone pure qui. >>
<< Cosa? Ma non è possibile, c’è anche qui! >>
<< Cosa c’è anche qui? >> Disse la voce di una ragazza, e Gwen fece un’espressione confusa.
<< Chi c’è con te? >>
<< Sono alla casa dei nonni di Zoey. Ci sono anche Alejandro, Sam, Dakota, Mal e Zoey, oltre che una donna di nome Magda. >>
<< E Courtney? Oddio, non mi ha risposto al telefono! >>
<< L’ho sentita prima, solo che la linea si è interrotta a causa del temporale. È con Scott, si è rifugiata.. sai quella stanza nel condominio dove ci si può nascondere per situazioni simili a questa? >>
<< Si.. >>
<< Ecco, è lì. O almeno ci si stava dirigendo l’ultima volta che l’ho sentita. >>
<< E non hai riprovato a richiamarla? >>
<< Si, ma non rispondeva, immagino che la tempesta lì sia peggiore e che la linea sia caduta. O magari è solo il posto in cui si trovano.. >>
<< Okay.. >> rispose la ragazza vestita di nero, e poi il silenzio cadde come un velo di disagio. << Hai.. hai detto che lì c’è.. Mal? >>
<< Si, è una storia lunga, adesso sta con Zoey.. >>
<< Non è vero! >> Urlò una voce, e subito dopo si sentì una risata.
<< Ah no? >> Era una voce maschile.
<< Dio, smettetela >> brontolò Heather. << Piccioncini >> sospirò disgustata, e la risata di Alejandro risuonò nel silenzio dall’altra parte della cornetta.
<< Allora è da Alejandro che sei andata quando sei scappata via, non è così? >> Disse Gwen con un sorriso malizioso.
L’altra sbuffò, << Si, e allora? >> Il tono di voce era cattivo.
<< Niente >> se la rise Gwen. << Quindi.. ricapitolando.. Io sono qui con Duncan, tu sei con Zoey, Sam, Dakota, Alejandro, Mal e una certa Magda. Courtney non sappiamo precisamente dove sia ed è insieme a Scott.. >>
<< Si. >>
<< Allora adesso chiamo Cameron per sapere dov’è. Speriamo che questo casino finisca al più presto. >>
<< Già >> concordò Heather, dopodiché si salutarono e la ragazza dai capelli verdi e neri si sedette sul letto.
Non ricordava bene il numero di Cameron, perciò accedette alla rubrica. Lo trovò nella sezione “Amici”, che conteneva veramente pochi nomi, e cliccò il tasto chiamata.
 
Cameron stava correndo, veloce. Era zuppo d’acqua, e sentiva il peso dei vestiti sulla corporatura minuta e quasi scheletrica, che però, grazie agli allenamenti che ultimamente faceva, stava migliorando.
Quasi fece un salto quando il suo telefono, nella tasca, squillò. Non seppe perché, ma si fermò, rifugiandosi sotto il portico di un edificio.
<< Pronto? >> Gli mancava il fiato per la corsa forsennata.
<< Cameron? Stai bene? >> Era la voce di Gwen.
<< Gwen! >> mai in vita sua era stato così felice di sentire una voce amica, << Si.. Anche se sto correndo sotto la pioggia.. Mi sono ritrovato fuori con questo temporale.. E.. >> Un ragazzo che poco prima era seduto nel bar dal quale erano stati cacciati gli corse davanti, ed una ragazza lo seguì. << Gwen, scusa, devo andare, ti richiamo. >> Chiuse la chiamata e si affrettò a seguirli. << Ehi! >> Urlò, ed i due si voltarono.
<< Cosa? >>
<< Posso venire con voi? >>
Il ragazzo disse alla ragazza di continuare a correre e tornò indietro da Cameron. Lo afferrò per un braccio e lo tirò avanti con sé.
<< Come ti chiami? >> Gli chiese. Aveva una zazzera di capelli castani e ricci ora tutti inzuppati d’acqua.
<< Cameron! >> Urlò per sovrastare il rumore della tempesta. Il ragazzo era molto più alto di lui, e per questo dovette alzare gli occhi, che furono colpiti dall’acqua che cadeva forte. << E tu? >>
<< Io sono Mattew! >> Urlò, e raggiunsero la ragazza, che correva veloce. Aveva una lunga cascata di capelli biondi che gli ricordarono Dakota. << È stato uno stronzo, quell’uomo, a buttarci fuori. Non c’eri anche tu, nel bar? >> Un tuono rimbombò.
<< Si.. Avete idea di dove andare? >>
<< No, ma immagino troveremo un posto! >> Urlò, e la discussione finì.
 
Duncan uscì dal bagno e trovò Gwen a fissare il telefono con un’espressione da scema sul viso.
<< Se non chiudi quella bocca ti ci entrano le mosche >> disse.
<< Vorrei chiedertelo cosa ci hai fatto in bagno per tutto sto tempo, ma ci rinuncio, non credo che la risposta mi piacerebbe >> replicò lei.
<< Se vuoi rispondermi a tono devi inventarti di meglio >> rise lui. Tra le mani teneva un asciugamano bianco.
<< Non so se Courtney stia bene >> disse lei mogia. << So che è con Scott ma non so dove sia.. >>
<< Vedrai che sta bene, è troppo in gamba. >> Sorrise, e lei gli rispose allo stesso modo, ma con un sorriso triste, gli occhi vuoti. << Ehi, tu non hai fame? >> Le disse.
Gwen alzò gli occhi verso di lui, senza rispondere.
<< Ma sì che hai fame >> le sorrise e le offrì la mano.
 

 


*Angolo autrice*
Ciao a tutti! Ed ecco che per la seconda volta metto l’angolo autrice ^^
Ieri vi ho chiesto di dirmi che finale volevate che mettessi, oggi invece la mia domanda riguarda i personaggi. Sapete già che i protagonisti con ogni probabilità saranno Cameron, Gwen, Duncan, Courtney, Scott, Alejandro, Heather, Zoey, Mal, Magda, Dakota, Sam e Dawn. Volete per caso che ne aggiunga altri alla storia? Perché probabilmente, dato che avete scelto l’apocalisse, quelli che sono qui saranno coloro che si salvano (alcuni probabilmente crepano, ma questo non c’entra lol *momento cattiveria* u.u), e se ne volete altri in particolare dite quali e li aggiungo. Ascolterò le vostre scelte, se ce ne saranno, e cercherò di farceli entrare nella storia :)
Ora vi saluto e mi vado a mangiare una ciotola di cereali alla frutta u.u Ho una specie di fissazione con i cereali alla frutta u.u
Ciao! <3

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Capitolo 29
*** Ready for the apocalypse ***


Gwen era seduta al tavolo, davanti a sé aveva un grande bicchiere pieno di palline colorate di gelato. C’era il gusto fragola, il gusto cioccolata, nocciola, crema e vaniglia.
<< Non credi che sia troppo? Diventerò una balena! >> Urlò a Duncan, per poi abbassare la voce di colpo.
<< Mangia. E. Basta. Per una volta che pago io.. >> il ragazzo parlò con la bocca piena. Stava ingurgitando ad una velocità impressionante la pasta che aveva nel piatto.
<< Sei già alla terza porzione, ti toccherà andare in palestra per un anno per smaltire tutto >> replicò lei.
<< Mangia. E. Basta. Non fare ‘ste polemiche, sei peggio di Courtney >> Duncan si bloccò di colpo e spalancò gli occhi.
<< No, non farlo >> scattò lei. << Siamo in un ristorante anche abbastanza di lusso, non ci provare nemmeno a fare quello che sto pensando tu voglia fare. >>
Il ragazzo mimò che non era colpa sua, ma Gwen lo inquadrò con un’occhiataccia.
<< Non ci provare, o ti butto fuori con il ciclone in corso >> portò le braccia al petto.
<< Non lo faresti >> replicò lui.
<< Scommettiamo? >> disse lei.
Lui pareva felice e scioccato al tempo stesso, rise: << Malvagia! >> E riprese a magiare.
Gwen alzò gli occhi al cielo e sbuffò esasperata. Duncan non sarebbe mai cambiato.
 
A casa dei nonni di Zoey era in corso una vera e propria guerra.
Avevano finito di sistemare le assi di legno alle finestre e bloccato la porta, quindi, sotto consiglio di Sam, Heather, Alejandro, Magda, Dakota e lo stesso Sam alias Joystupid, avevano dato il via ad una partita a monopoli molto fuori dal normale.
La ragazza d’origini asiatiche era impegnata a litigare con il bel latino americano, Magda urlava per farli finire di litigare, Dakota si tappava le orecchie, scuoteva la testa e gridava, il tutto mentre Sam guardava a terra mogio.
Zoey e Mal se ne stavano in piedi, a fissare i compagni cimentarsi in quel ridicolo teatrino.
<< Che gente.. Non posso credere sul serio che siano amici nostri >> Mal aveva le braccia incrociate al petto, poggiato contro lo stipite della porta.
Zoey si limitò a guardarlo, per poi riportare gli occhi alla scena altamente comica e ridicola che si stava svolgendo.
Fuori, i lampi e la pioggia sembravano impazziti, ed i tuoni che si sentivano parevano vicinissimi. A volte delle scosse di provenienza apparentemente ignota facevano tremare le pentole ed il lampadario spento, e tutti loro si guardavano attorno spaventati.
<< A proposito >> disse Mal voltandosi verso la ragazza dai capelli rosso fuoco, che ricambiò l’occhiata.
<< Si? >>
<< Tu non pensi che stiamo insieme? >>
La domanda bloccò Zoey. Non si sarebbe aspettata che Mal tirasse fuori quel discorso di nuovo.
<< Ehm.. Io.. >>
<< Perché non lo pensi? >>
<< Bè.. Noi non stiamo insieme >> replicò a disagio, alzando una spalla per far sembrare che fosse tutto normale.
<< Perché no? >>
<< Bè.. Tu.. non mi hai chiesto nulla.. >>
<< Cosa? >> Replicò lui scioccato. << Io dovrei chiederti di essere la mia ragazza? Chiedimelo tu piuttosto! >>
<< Io? No, sono i ragazzi che lo chiedono.. >> non finì la frase perché venne interrotta da un tuono fortissimo e da una scossa che fece tremare fortemente le pentole, il lampadario e anche la mobilia. Mal e Zoey si tennero stretti contro il muro.
<< Cos’è stato? >> Scattò Heather, andando verso di loro, quando tutto fu finito.
<< Non lo so, ma è preoccupante.. >> disse Zoey lanciando occhiate spaventate ai due.
Heather si voltò verso il gruppo raccolto al centro della stanza e sospirò quando vide Dakota nel pieno di una crisi di nervi. Si diresse da lei, e Mal usò quel momento per voltarsi verso Zoey e dirle:
<< Tu non vuoi dirlo, io non voglio dirlo e ci troviamo in mezzo ad un ciclone devastante, che si fa? >>
Il ragazzo scoppiò a ridere e lei lo colpì al braccio.
<< Idiota >> replicò alzando gli occhi al cielo, per poi allontanarsi in direzione del gruppo.
 
Owen tentava di correre quanto più veloce potesse, anche se la sua corporatura tozza e grassoccia gli rendeva difficili anche i più semplici movimenti. Ogni due minuti era costretto a fermarsi per riprendere fiato, mentre sopra la sua testa era in corso la peggiore tempesta lui avesse mai visto nei suoi diciotto anni di vita. Ed il bello era proprio il fatto che non fosse solo una semplice tempesta, ma un vero e proprio ciclone, lo avevano detto alla tv. In quel momento Owen si trovava in un ristorante, ad ingozzarsi come sempre, ed il titolare li aveva fatti uscire tutti, nessuno escluso. Non voleva essere costretto a tenerli lì con lui durante la tempesta.
Aveva anche sentito che altri due cicloni erano in atto alle Hawaii e a Seattle. Perché aveva deciso di tornare ad Ottawa proprio quel giorno?
Dovette fermarsi di nuovo per riprendere fiato, mentre la pioggia cadeva forte e lo colpiva; in lontananza, davanti a sé, vide un lampo illuminare il buio creato dalle nuvole nere come la pece che occupavano il cielo e dalla pioggia battente.
Un furgoncino bianco passò accanto a lui, ed Owen fece segni con le braccia di fermarsi. Non ce l’avrebbe fatta ancora per molto.
Il mezzo si fermò, tornò indietro ed una ragazza scese, diretta verso di lui.
<< Stai bene? >> Gli chiese.
Aveva i capelli rossi completamente bagnati d’acqua ed era vestita con una tuta aderente e nera. Il ragazzo si chiese chi mai fosse, ma non le pose la domanda, non era il momento più adatto.
<< Si, ma non riesco.. più.. a correre! >> Parlava a tratti, respirando forte.
<< Non serve, ci siamo noi. >> Lo aiutò a raggiungere il furgoncino e lo fece salire.
<< Chi è? >> Chiese una voce, e quando Owen aprì gli occhi si ritrovò davanti un gruppo di ragazzi della sua età.
<< Non lo so >> rispose colei che l’aveva salvato. << Come ti chiami? >> Gli lanciò un’occhiata preoccupata, ed Owen, dopo aver tirato un altro respiro, rispose:
<< Sono Owen. >>
La ragazza sorrise, << Ciao Owen. Io sono Brooke. Loro sono Martin >> indicò un ragazzo alto seduto accanto a lei. Aveva i capelli corti e neri come la pece, occhi che sembravano due schegge capaci di leggerti l’anima e la pelle abbronzata.
<< Ciao >> era la voce di prima, ed Owen rispose con un cenno del capo.
<< Lei invece è Luana >> Brooke indicò una ragazza dalla capigliatura afro. Aveva la pelle scurissima ed era vestita con un abitino a fiori.
<< Ciao >> la sua voce era più gentile di quella di Martin, ma comunque sospettosa.
Owen rispose allo stesso modo anche a Luana.
<< Lui è Dean >> indicò un altro ragazzo. Aveva la pelle molto chiara, pallida, e capelli castani e corti. Assomigliava a Cody, notò Owen, ma aveva un atteggiamento diverso da quello dell’amico. Dean sembrava molto più sicuro di sé. << E quello al volante è Luke. >>
<< Ciao >> una voce tuonante e bonaria risuonò dall’abitacolo del guidatore.
<< È vecchio, ma non dirglielo >> sussurrò Brooke, per poi sorridergli.
<< Chi siete? >> Le chiese Owen quando la gola smise di bruciargli ed il respiro affannato per la corsa di calmò.
<< Noi? >> Si guardò intorno, << Un gruppo di amici che si prepara per l’apocalisse. >>
 
Cameron si lasciò cadere a terra, esausto dalla corsa.
Si trovavano in una banca. Si, esatto, in una banca. Avevano trovato la porta aperta ed erano entrati per rifugiarsi.
<< Mattew? >>
<< Si? >> Rispose il ragazzo.
<< Grazie. >>
<< Figurati >> rise l’altro.
<< Se c’è qualcuno da aiutare lo aiutiamo >> rispose la ragazza con un dolce sorriso sul volto.
<< E tu chi sei? >>
<< Io mi chiamo Elisabeth, ma chiamami pure Beth o Elisa, come vuoi. >> Gli sorrise di nuovo, << Tu ti chiami Cameron, giusto? >>
<< Si. >>
<< Bel nome >> annuì come a rispondere ad una domanda silenziosa che solo lei aveva potuto udire.  
 

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Capitolo 30
*** It's apocalypse now ***


<< In che senso “vi preparate per l’apocalisse”? >> Owen era scioccato, non sapeva cosa pensare. Era finito in mezzo ad un gruppo di pazzi?
<< Ecco, vedi Brooke? Adesso pensa che siamo pazzi >> borbottò Martin, e la ragazza sbuffò.
<< Credimi, non siamo dei pazzi, c’è una spiegazione logica a quello che ha detto Brooke >> gli spiegò Luana.
<< E cioè? >>
Brooke si alzò in piedi, per quello che poteva, dato che il tetto del furgoncino era abbastanza basso. Si diresse verso un telo beige sotto cui era nascosto qualcosa. Lo scostò e davanti agli occhi di Owen comparì una specie di radio piena di manopole e fili.
<< Ma è.. >>
<< Si, una radio. L’ha costruita Dean utilizzando le sue incredibili capacità di ingegnere. >>
<< Ma.. a cosa serve? >> Replicò il ragazzo biondo, sorpreso.
<< Ci permette di ascoltare le conversazioni private del governo. >>
<< Cosa? >> Owen era sconvolto.
<< Ci permette di captare le conversazioni radiofoniche >> gli spiegò Luana.
<< Ma è.. >>
<< Illegale? >> Replicò Martin. << Si, lo è, ma quello che abbiamo scoperto cambierà per sempre il mondo. >>
<< Cosa avete scoperto? >> I ragazzi si lanciarono un’occhiata, e Martin chiese a Brooke:
<< Possiamo dirglielo? >>
Era chiaro che lì il capo fosse la ragazza, che annuì e cominciò a spiegare. << Ieri la radio ha captato un segnale, e quando ci siamo messi in ascolto abbiamo sentito una conversazione molto privata. Due voci maschili parlavano.. >>
<< ..di una missione fallita. Il governo ha eseguito esprimenti sull’atmosfera. >> Interruppe Luana.
<< Che cosa?! >> replicò Owen scioccato.
<< Ti spiego >> continuò la ragazza dalla pelle scura. << Hanno creato una piattaforma, un.. razzo.. non abbiamo ben capito, ma ciò che è certo è che avrebbero mandato questa.. cosa.. nello spazio. Avrebbe aiutato contro i cicloni, le brutte tempeste.. tipo questa.. >>
<< ..ma qualcosa è andato storto, e ciò che avrebbe dovuto salvarci ci ha invece condannato. Gli uragani sono solo l’inizio. Nella piattaforma era contenuto un gas velenoso creato appositamente, che disperso nell’atmosfera, in piccole dosi, avrebbe permesso di controllare il tempo atmosferico. >> Concluse Martin.
<< Per noi quel gas è velenoso, così come per la terra e per l’aria. Si è sprigionato tutto dai contenitori della piattaforma, e si è disperso nell’atmosfera, creando uragani >> spiegò Brooke.
<< Ma come detto prima, gli uragani sono solo l’inizio. Non si conoscono gli effetti a lungo termine del gas, ma una volta che i cicloni saranno finiti, molta gente morirà per le radiazioni e le inalazioni. Ciò che è rigoglioso diventerà morto e la terra appassirà >> la voce di Luana era grave.
<< Ma ci sono solo.. due uragani.. qui e a Seattle >> intervenne il ragazzo  biondo.
<< No >> replicò Dean, che fino a quel momento era rimasto in assoluto silenzio, come una statua di pietra mentre contempla il passare degli anni davanti agli occhi freddi e senza vita.
<< In che senso? >>
<< Ce n’è uno alle Hawaii, uno a Seattle, uno qui ad Ottawa, uno a New York, altri due talmente grandi da oscurare tutto il Giappone e l’India, uno sopra Roma, in Italia, due mini-uragani che si stanno fondendo sopra Parigi.. >> Lo sguardo era vuoto.
<< ..oltre che uno sulla Danimarca, che ne copre quasi la metà del territorio, uno in Brasile, a Rio de Janeiro, un altro tra l’Inghilterra e l’Irlanda ed uno in Germania, sopra Berlino. >> Aggiunse Brooke.
<< Oltre che in altri luoghi che ora  non staremo qui ad elencarti. Tutto il mondo è coperto da uragani >> Martin aveva una voce piatta, ma al tempo stesso sembrava scombussolato.
<< Gli unici due luoghi che paiono essersi salvati sono il polo Nord e l’Islanda. Non sappiamo perché, e dobbiamo scoprirlo. >>                                 Concluse Brooke.
<< E.. come farete? >>
<< Intanto resteremo al riparo, abbiamo le nostre scorte di cibo, le nostre armi.. >>
<< Armi?! >> Il ragazzo restò scioccato.
<< Si, armi. >> Rispose Luana, << Quelli del governo pensano che potrebbe.. >>
<< Cosa? >> Chiese Owen quando la ragazza si bloccò, per lanciare occhiate agli altri, soprattutto a Brooke.
<< Potrebbero nascere.. creature strane.. >> Martin sembrava schifato.
<< Gli scheletri delle persone tornare in vita >> aggiunse Brooke.
<< Zombie? >> La voce di Owen grondava paura e sconforto, oltre ad essere di buon grado scioccata, altamente sconvolta dalle novità. I quattro potevano essere dei pazzi, lui lo sapeva, ma qualcosa, in loro, nel modo in cui parlavano, nella loro sicurezza.. li rendeva affidabili, almeno così a prima vista.
Mentre Brooke si accingeva a rispondere, la radio emise uno strano suono, simile ad un grugnito, e poi in sottofondo si sentì una voce. La ragazza dai capelli rossi schizzò verso l’aggeggio, e cominciò ad ormeggiare con le manopole, finché la voce dell’uomo non divenne chiara come fosse stato lì con loro sul furgoncino.
<< Che dice? >>
<< Zitto Luke! >>
<< Scusa >> replicò il vecchio, e continuò a guidare.
Sappiamo.. gli uragani sono molto pericolosi. Dovremmo… la popolazione?
<< Perché si sente così male? >> Chiese Owen, e Martin gli fece segno di tacere, infastidito.
Brooke gli sussurrò: << A volte succede, è colpa del tempo, crediamo. >>
Un’altra voce disse in risposta: “No, creeremmo solo caos. Meglio che non sappiano.. manterremo.. Abbiamo già detto di.. in casa.. chiusi e non.. uscire.
La telecomunicazione s’interruppe, ed i cinque ragazzi si lanciarono un’occhiata.
<< Che figli.. >>
<< Martin! >> Urlò Brooke, ed il ragazzo abbassò gli occhi.
<< Non è moralmente giusto >> disse Luana, e Dean l’appoggiò.
<< Vero, ma non possiamo far altro che attenerci al piano, ragazzi. Scopriremo cosa è successo. Andremo in Islanda e capiremo perché lì non è successo nulla. >>
 
Heather se ne stava distesa sul suo letto, una volta appartenuto ai nonni di Zoey.
<< Lo sai che Magda non vuole che gironzoliamo per casa, vero? >>
<< Si, ma, primo, le finestre sono bloccate e siamo al sicuro. Secondo, non voglio dormire con loro come fossi una barbona e terzo >> lo guardò, << non voglio essere costretta a sopportare quell’oca di Dakota. Non la smette di urlare! Secondo me l’ha colpita un fulmine in testa mente veniva qui >> riportò gli occhi al soffitto, ed il ragazzo scoppiò a ridere.
<< Ti diverti a sparlare degli altri alle spalle? >> Si sedette sul letto e poi si distese al suo fianco, a fissare il soffitto anche lui.
<< Non hai idea quanto >> replicò lei sarcastica.
<< Cosa ci trovi nel fissare il soffitto? >> aggiunse lui ignorando la risposta della ragazza.
<< Mi calma >> disse lei con un sospiro tranquillo.
<< Ti.. calma? Chica, è un soffitto >> le lanciò un’occhiata preoccupata.
<< E allora? >> Lo fulminò lei cattiva, cosa che lo fece ridere.
<< Sei sempre così.. >>
<< Cosa? >> Il tono di voce di Heather avrebbe fatto correre brividi di paura giù per la spina dorsale a chiunque, ma non ad Alejandro.
<< ..propensa all’educazione e alla gentilezza >> la guardò con un sorriso cattivo stampato sul volto, uno dei suoi soliti sorrisetti, che ad Heather piacevano alla follia, anche se non l’avrebbe mai ammesso, la morte piuttosto che concedergli tale soddisfazione.
<< Senti da che pulpito, Burromuerto >> replicò, e lui scoppiò a ridere.
Dopodiché ritornarono a guardare il soffitto, in silenzio.
<< Hai idea di cosa farai dopo.. questo? >>
<< “Questo” cosa? >>
<< Dopo il ciclone.. Tornerai alla tua casa, alla tua vecchia vita.. >>
<< Non lo so >> ammise lei. << Secondo te cosa dovrei fare? >>
<< Trasferirti >> disse solo.
<< Dove? >> Voltò di scatto la testa verso di lui che fissava il soffitto. Le guance di Alejandro erano un po’ rosse, nella luce fioca della stanza, rischiarata solo dalla luce di una candela.
<< A.. casa mia >> concluse. Ora il suo viso, notò Heather, cominciava a diventare ancora più rosso. Non sapeva se fosse effetto della luce della candela, ma la cosa, ciò che disse, la situazione, le fecero battere più forte il cuore.
In quel momento, un tuonò risuonò cupo e minaccioso.
<< Dici che dovrei? >> Respirava affannosamente, ora, e le sue guance cominciarono ad andarle a fuoco.
<< Si >> si voltò a guardarla, e la ragazza sorrise.
Avvicinarono i volti e si baciarono, proprio mentre un tuono risuonava ancora più cupo del precedente e la piccola fiamma gialla della candela si spegneva.
 
Courtney fissava Dawn con un’espressione malevola, non le piaceva come parlava con Scott, il suo Scott, ma la bionda non pareva accorgersene, o magari lo ignorava di proposito. Si erano conosciute dopo la fine di All Stars, ed all’ispanica, la pallida biondina non era mai piaciuta. Troppo strana, troppo inquietante.
<< Courtney? >> Si diresse da lei, che se ne stava poggiata contro la parete fredda a braccia incrociate. Lasciò Scott dov’era, e le sedette accanto.
<< Che vuoi? >>
<< Avverto la tua distanza. C’è qualcosa che non va? >> Le chiese.
“Oh no, stai solo tentando di fregarmi il ragazzo” pensò.
<< Non voglio fregarti nessuno, Courtney. È solo che tra noi.. Tra me e Scott c’è sempre stato un legame.. strano. All’inizio ci odiavamo, ma abbiamo parlato.. e.. mi trova ancora inquietante, ma simpatica. >>
<< Smettila di fare la strana con me, Raggio di Luna >> imitò il tono di voce con lui Leshawna parlava alle altre quando era arrabbiata, e la bionda la guardò confusa.
<< Non voglio rubartelo >> concluse.
<< Lasciami sola >> replicò Courtney, e l’altra si alzò, ma prima di andarsene le disse:
<< Pensa a quello che ti ho appena detto. Possiamo essere amiche. >>
Courtney si limitò a squadrarla, e Dawn si allontanò.
<< Te lo puoi sognare >> concluse quando fu sola.
 

 

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Capitolo 31
*** Oh no, why are you so crazy? ***


Zoey se ne stava seduta per conto suo nella sua vecchia camera. Il buio era opprimente, ma mai come in quel momento avrebbe desiderato un po’ di silenzio. Poco importava se tutto avrebbe assunto una sfumatura sinistra, con quel temporale era peggio. I tuoni risuonavano forti, la pioggia contro i vetri delle finestre bloccate con le assi di legno era assordante, ed i lampi che illuminavano a tratti il cielo, sembravano crepe nel nero di quella notte.
Ricordava ancora di quando, da piccola, aveva paura di restare sola in quella stanza, e correva dai suoi nonni. Ora però la loro camera era occupata da Alejandro ed Heather, e nemmeno se l’avessero pagata avrebbe aperto la porta di quella stanza. Chissà che stavano facendo..
La ragazza dai capelli rossi e mossi rabbrividì, ed emise un verso schifato. Forse per quello la voce di lui le disse:
<< Tutto okay? >>
Zoey fece un salto, spaventata. Se lui non avesse parlato non si sarebbe mai resa conto della sua presenza, lì, sulla soglia della stanza buia. Non riusciva ad abituarsi al modo silenzioso in cui lui scivolava nelle tenebre. Al tempo, prima che loro due instaurassero quel legame, quando ancora lui si divertiva ad uccidere persone innocenti, usava quella capacità innata, e nessuno riusciva a salvarsi. Probabilmente lei era l’unica nella sua lista di vittime ad aver visto il suo volto e ad essere ancora in vita. Ma dopotutto, grazie a lei, ora Mal non uccideva più nessuno.
<< Si.. pensavo solo.. >> si bloccò, e lui la guardò con un sopracciglio inarcato, << a che staranno facendo Heather ed Alejandro nella stanza dei miei nonni >> fece un altro verso schifato.
Lui rise, << Sinceramente.. non lo voglio sapere >> replicò sedendosi al suo fianco, sulle lenzuola bianche del letto che una volta era appartenuto a lei.
La ragazza annuì piano, mostrandosi d’accordo, e dopodiché puntò gli occhi a terra, perdendosi nei pensieri che le ronzavano per la testa.
Lui cominciò a guardarla.
Osservò le labbra, le ciglia, i capelli rossi che le ricadevano a ciocche davanti il viso, illuminati a tratti dalla luce dei fulmini che entrava dai punti in cui le assi di legno non coprivano il vetro.
Lei non si accorse di nulla, nemmeno del sorriso felice che gli si stampò sul volto. Per tanto tempo lui aveva desiderato di essere felice, di poter vivere in tranquillità, senza il costante bisogno della violenza, senza dover uccidere nessuno. Non lo diceva, non lo aveva raccontato nemmeno a Zoey, ma uccidere gli provocava si grande divertimento, ma anche molto dolore. Ce l’aveva una coscienza, solo che in tutto quel tempo aveva tentato di nasconderla, di farla annegare nel silenzio della sua mente, nel buio in cui l’aveva rinchiusa come lui era stato rinchiuso nella mente di Mike.
<< Sono stanca >> disse ad un tratto la ragazza.
<< Dakota e Sam si sono presi il mio letto >> replicò lui con un tono asciutto ed un’espressione tutt’altro che felice sul volto.
Zoey rise, << E Magda? >>
<< Magda s’é creata un letto lì a terra con qualche coperta e qualche cuscino >> rispose il ragazzo. << Ci aveva detto di restare tutti uniti, ma a quanto pare, nessuno di noi se non Dakota e Sam è disposto ad ascoltarla. >>
<< Già, poverina >> rise lei, ed il ragazzo sorrise, annuendo. << Bè, io sono molto stanca.. >> disse, << perciò dormo. >> Il tono era tranquillo, normale, asciutto. Si distese sul letto e poggiò il capo sul cuscino bianco ed azzurro; i capelli color rosso fuoco le circondavano la testa come una grande macchia di sangue.
Mal si distese al suo fianco, il capo vicino a quello di lei, tanto da sfiorarsi.
<< Ti dispiace se sto qui con te? >> Le chiese con fare gentile, e ciò le strappò un sorriso di sorpresa.
<< No, certo che no. Anzi, dormire qui mi ha sempre fatto paura. Te l’avrei chiesto io >> risero piano, per poi puntare gli occhi sul soffitto bianco ora oscurato dal buio. Lui le strinse la mano, e così si addormentarono, vicini, una stretta all’altro, come avrebbe dovuto essere.
 
<< Quindi.. >> Il silenzio regnava da un po’ nel furgoncino, ed Owen si sentiva molto in imbarazzo, in presenza di quei ragazzi che non conosceva.
<< Si? >> Luana gli sorrise, tra loro era la più gentile, secondo lui, ed era anche molto carina, notò.
<< Dicevate di questi.. esseri.. >> guardò Brooke, che lo fissava con i suoi occhi sicuri, scaglie di un azzurro glaciale. << Zombie.. >>
<< Non sarebbero esattamente zombie >> sospirò Martin, per poi passarsi una mano sulla fronte sudata. Lì dentro faceva molto caldo, ed il ragazzo urlò: << Luke! >>
<< Subito! >> rispose l’altro, senza bisogno di spiegazioni. In poco tempo l’aria cominciò a diventare più fresca.
<< E allora cosa sarebbero? >>
<< Partiamo dall’inizio >> cominciò Brooke. << La gente per colpa di quel gas morirebbe. I polmoni si ostruiscono, la gola si gonfia ed il soffocamento giungerebbe rapido, ed in poco tempo gli organi, i muscoli, pelle.. tutto ciò che non è fatto d’osso, scomparirebbe. >>
<< Ma è orribile! >>
<< Già >> commentò freddo Martin.
<< Gli scheletri poi ricomincerebbero ad alzarsi in piedi, a vagare come zombie in cerca di persone. >>
<< Per.. mangiarle? >> Owen cominciava a sentirsi male. Se ciò che quei ragazzi gli stavano raccontando fosse successo, quegli esseri avrebbero fatto un bello spuntino con lui, ironia della sorte.
<< No, le ucciderebbero per trasformarle. Dovresti stare attento ai graffi ed ai morsi. >> Brooke non sembrava spaventata, ma Owen cominciava veramente a provare paura, che lo colpiva con fitte allo stomaco.
<< Ma è un mondo orribile in cui vivere! >>
<< Proprio per questo dobbiamo raggiungere al più presto l’Islanda e scoprire come rimettere tutto apposto. >>
 
Izzy e Noah stavano correndo, senza una precisa meta. La ragazza dai capelli rossi, ora completamente fradici per mano della pioggia, rideva.
<< Si può sapere. Perché. Stai. Ridendo?! >> Noah faceva fatica a sopportarla, non sapeva nemmeno perché non l’avesse lasciata lì dove l’aveva trovata.
<< È bella la pioggia! >> Urlò lei facendo una giravolta, per poi riprendere a correre.
<< Non è pioggia, è un ciclone! Dio, Iz, sei incredibile >> si trovavano a Seattle, in un posto non ben precisato. La pioggia ed il buio coprivano tutto, non sapevano nemmeno che ora fosse.
<< Lo so! >>
<< Ma non positivamente! >> Urlò lui, e quando la ragazza si mise a ridere e si fermò, lui l’afferrò per il polso, portandola con sé. << Smettila Iz! Dobbiamo trovare un posto sicuro, dove ripararci. >>
<< Ma la pioggia.. >>
<< No! >> La interruppe lui.
Correvano veloci sul marciapiede, non preoccupandosi della pioggia forte che feriva il viso o del pericolo di cadere. Mettevano un piede davanti all’altro, senza fermarsi.
<< Izzy! >> Urlò Noah ad un certo punto, e la ragazza guardò verso dove lui indicava.
Entrarono veloci nell’edificio, spalancando la porta. Cominciarono a respirare accelerato per colpa della corsa, e quando si ripresero, videro davanti a loro i volti di una ragazza e di due ragazzi. Tutti e tre erano sconcertati.
<< E voi chi siete? >> Chiese il ragazzo più alto, dai capelli castani tutti inzuppati d’acqua. Probabilmente anche loro avevano corso sotto la pioggia.
<< Noah, Izzy! >> Disse una voce che Noah ben conosceva.
<< Cameron! >> Corse verso l’amico e gli strinse la mano, << Non sai quanto sono felice di vederti! >>
<< Potrei dire lo stesso, ma preferirei trovarmi in un luogo diverso da Seattle, ora. >>
<< Già, ma non possiamo far niente se non aspettare che questo ciclone.. >> si voltò verso la porta, ed esclamò: << Oh, Iz! >>

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Capitolo 32
*** The storm (and the recall) ***


<< Iz! Ma che fai?! >> Gridò alla ragazza, correndole dietro. Quest’ultima aveva aperto di nuovo la porta d’entrata della banca ed era uscita sotto alla pioggia. Il ragazzo le corse dietro e l’afferrò per il braccio prima che lei potesse correre via ridendo come una vera pazza.
<< Izzy! >> Urlò Cameron raggiungendo i due insieme a Mattew ed Elisabeth.
<< Iz, devi smetterla >> le urlò contro Noah, mentre la teneva vicina a sé, in una morsa d’acciaio per non lasciarla andare.
<< Ma la pioggia.. >> sembrava triste, ora che il ragazzo la guardava male, arrabbiato.
<< No, Iz, non puoi andare fuori a ridere ed a saltare con un ciclone in corso, smettila di fare la pazza! >>
Lei lo guardò negli occhi, e si sentì in colpa. Non aveva mai visto Noah così arrabbiato e preoccupato al tempo stesso, e non sopportava l’idea che fosse tutta colpa sua. Non voleva farlo soffrire.
Quando lui la lasciò andare, lei gli buttò le braccia al collo e lo strinse forte; anche se era una pazzoide era dotata di cervello, solo che preferiva spegnerlo e rischiare tutto, perché se non rischi nella vita, che senso hai? I sentimenti che provava per Noah erano strani, non li aveva mai provati per nessuno, la spingevano ad essere normale, a smettere con tutte quelle pazzie, ma per Izzy era difficile, non poteva semplicemente rinunciare all’ideale di vita con cui aveva vissuto per diciotto anni.
<< Iz, ma che fai? >> Noah se la scrollò di dosso e la guardò con un sopracciglio inarcato. << Che ti ha colpito un fulmine? >>
<< Ma no sciocchino >> rise lei, per poi entrare saltellando nella banca.
Noah, Cameron e Mattew si scambiarono un’occhiata perplessa, mentre Elisabeth rideva.
 
Heather se ne stava distesa a guardare il soffitto, mentre Alejandro dormiva come un sasso. Incredibile.. quel ragazzo era… impossibile. Scostò piano le coperte, si alzò e mise il pigiama, per poi uscire. La porta della stanza accanto a dove dormivano lei ed Al, era aperta, e nel buio illuminato a tratti dai lampi, Heather intravide le sagome di due ragazzi distesi sul letto. Erano Mal e Zoey.
Sorrise piano, coprendosi le labbra, e lentamente, cercando di non fare rumore, scese al piano di sotto. Seduta in cucina trovò Magda, che la guardò avvicinarsi. Una fioca luce illuminava la stanza. La donna aveva i capelli biondi tutti scarmigliati, le borse sotto agli occhi tutti arrossati ed un’aria stanca.
<< Tutto okay? >> Le chiese. Si diresse verso la dispensa, ed aiutandosi con la torcia elettrica poggiata sopra il lavello illuminò l’interno del mobile. Prese tre barrette alla cioccolata da una scatola e si sedette al tavolo con Magda.
<< No >> le rispose con voce stanca.
<< Come mai? >> Inarcò un sopracciglio, mentre addentava una delle barrette.
<< Dakota >> disse, quell’unica parola bastò a far capire la gravità della situazione ad Heather, che annuì e piano diede dei colpetti alla spalla di Magda.
<< E tu? Ho sentito dei rumori di sopra, tutto bene? >>
Heather diventò completamente rossa, e ringraziò il cielo che fosse buio e la donna non potesse vederla.
<< Ehm, no..  tutto.. tutto bene >> annuì, e Magda le lanciò un’occhiata sospetta, ma finì lì, perché la voce di Dakota risuonò nel silenzio della casa interrotto solo dal rumore dei tuoni e della pioggia fortissima.
Heather scattò in piedi e si diresse alla velocità della luce verso le scale, prima avendo però afferrato la scatola di barrette. Dakota l’intravide ma la lasciò perdere, era Magda che cercava.
L’asiatica, arrivata in cima alle scale, si poggiò contro la parete e sospirò di sollievo.
<< Ma che ci fai con tutte quelle barrette di cioccolata? >> La voce di Alejandro interruppe la linea dei suoi pensieri, e lei gli lanciò un’occhiata furiosa.
<< Le mangio >> replicò arrabbiata.
<< Diventerai una balena >> replicò ridendo cattivo, e la ragazza trasalì.
<< Parla per te, >> rispose però ignorando il senso di vuoto allo stomaco che la colpì come un pugno, << chico. >>
<< Non si dice esattamente così, si dice niño >> commentò lui con fare intelligente.
La ragazza sbuffò e lo superò, diretta alla stanza che divideva con lui.
<< Ehi, dove vai? >>
<< A mangiare in santa pace >> e detto questo si chiuse in camera.
 
Owen scese dal furgoncino, seguito da Martin, Luana e Dean. Seguiva Brooke, diretta verso l’entrata dell’edificio buio e il ragazzo non seppe dirsi se quell’aria sinistra fosse per via del buio causato dal ciclone o dal luogo in cui si trovavano.
Luana lo affiancò e gli sorrise. I suoi capelli afro erano gonfi e completamente inzuppati d’acqua, più neri del nero, e la sua pelle scura luccicava alla luce dei lampi che circa ogni dieci secondi illuminavano il buio delle nubi nel cielo tempestoso. Le sue iridi sembravano schegge color ebano, mentre il bianco dei denti e degli occhi era quasi accecante.
Gli offrì la mano, e lui la strinse con enfasi, mentre un sorriso gli si stampava sul volto. Doveva ammettere che fosse proprio bella, di una bellezza diversa da quella di Izzy, la sua ex-ragazza.
<< Ti direi “benvenuto nel gruppo”, ma tocca a Brooke >> gli sorrise, ed Owen si sentì strano. Quella ragazza era così… diversa… non trovava nessun’altro aggettivo per descriverla. Sembrava una principessa di un luogo e di un tempo antico, che regnava sulla sua terra con coraggio e regalità.
<< Non fa niente, sono comunque contento che voi mi abbiate aiutato. Grazie >> la guardò, e Luana sorrise, abbassando lo sguardo a terra.
<< Figurati, ma non dovresti ringraziare me, ma Brooke. >>
<< Tu mi stai parlando, sei gentile con me, anche se non mi conosci. Perciò, >> fece una pausa in cui la guardò, << ringrazio te. >>
La ragazza rise piano ed insieme entrarono nell’edificio.
 
Gwen se ne stava seduta sul letto, a guardare fuori della grande parete, costituita per la maggior parte da vetro, che dava sulla zona relax. Il vento era cresciuto di furia, la pioggia batteva forte, ora, ed i lampi ed i tuoni riempivano il cielo buio. Le nuvole parevano nebbia viva e nera, pronta ad attaccarli. Si immaginò mani di tenebra scendere dal ciclone per afferrare persone incoscienti del pericolo.
<< Smettila di guardare fuori con quell’espressione, o prima o poi ti usciranno gli occhi >> disse Duncan buttandosi sul letto.
I loro letti erano divisi, singoli, ma a Gwen non importava, era troppo occupata a preoccuparsi.
<< Bleah, ma che schifo! >> replicò schifata voltandosi verso di lui, che scoppiò a ridere.
<< Ma almeno sono riuscito a farti distogliere lo sguardo da quel vetro >> portò le braccia sotto alla testa, fissando il soffitto, e Gwen si distese sul suo letto, imitandolo.
Un tuono risuonò forte, e la ragazza voltò piano il capo verso il vetro.
<< Sei preoccupata eh? >>
<< E spaventata >> replicò.
<< Vedrai che andrà tutto bene >> la rassicurò lui, per poi voltarsi ed addormentarsi in meno di un minuto.
Gwen scosse la testa, ridendo. Quel ragazzo era incredibile.
Prese il telefono e le cuffie poggiati sopra il comodino di legno beige e liscio, e le sistemò alle orecchie. Mise la scelta casuale, e rise quando si accorse dello scherzo del destino. Le note di “Storm” dei Blackmore’s Night, risuonavano ai suoi orecchi.
A timeless and forgotten place,  the moon and sun in endless chase, each in quiet surrender, as the other reigns the sky? The midnight hour begins to laugh, a summer evening's epitaph. The winds are getting crazy, as the storm begins to rise?
Puntò gli occhi al vetro della grande finestra, con una punta di tristezza e paura nel nero delle sue iridi.
Wild were the winds that came in the thunder and the rain. Nothing ever could contain the rising of the storm?
E se la tempesta  avesse provocato danni irreparabili? E se le persone che lei amava fossero state ferite?
In the wings of ebony, darkened waves fill the trees. Wild winds of warning , echo through the air? Follow the storm I've got to get out of here, follow the storm as you take to the sky? Follow the storm now it's all so crystal clear, follow the storm as the storm begins to rise?
Il cielo d’ebano le trasmetteva paura, quel ciclone la rendeva inquieta, la chiamava, e Gwen era spaventata. Avrebbe potuto uscire sotto alla pioggia per colpa di quel richiamo.
She seems to come from everywhere, welcome to the dragons lair. Fingers running through your hair, she asks you out to play?
In all of nature's sorcery, the most bewitching entity. Hell can have no fury like the rising of the storm?
Sembrava essere dappertutto, e chiedere a Gwen di uscire a giocare, proprio come nella canzone. L’inferno non avrebbe mai potuto avere una tale furia, la ragazza lo sapeva.
Follow the storm I've got to get out of here, follow the storm as you take to the sky? Follow the storm now it's all so crystal clear, follow the storm as the storm begins to rise?
Avrebbe veramente potuto seguirla, cedere. Voltò la testa sul cuscino, poggiandosi sul lato sinistro, volgendo la schiena al vetro.
Ed intanto, fuori, la tempesta continuava imperterrita per la sua strada.
 

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Capitolo 33
*** A princess of Namibia ***


Owen se ne stava seduto al buio, nella parte disabitata dell’edificio. Il “silenzio” lo circondava, non c’erano rumori di voci umane, solo pioggia e tuoni riempivano i suoi orecchi, oltre che il battere forte del suo cuore. Si trovava in una brutta situazione, come avrebbe fatto? Se ciò che quei ragazzi dicevano era vero, ed Owen ne era convinto, lui si sarebbe trovato in difficoltà. Se avesse dovuto correre, la sua stazza sarebbe stata un ostacolo a dir poco insormontabile. Nel tempo che sarebbe rimasto lì con loro avrebbe dovuto usufruire degli attrezzi che riempivano la loro palestra.
Sospirò ed alzò gli occhi verso la piccola finestrella posta in alto, appena sotto al soffitto. Il vetro sfaccettato non lasciava intravedere il cielo nero e pieno di scure nubi tempestose, illuminato parzialmente dalla luce dei lampioni posti appena fuori del grande edificio dall’aspetto fatiscente, nel cortile. La grande porta dal colore rossastro, fatta di metallo ormai arrugginito, torreggiava su di lui, alta e fredda. Sembrava osservarlo, anche se in quel buio non si poteva vedere poi molto, o almeno questo valeva per gli occhi del ragazzo.
Owen sentì un rumore provenire da dietro di lui, ed al suo fianco comparve Brooke. La ragazza indossava come sempre abiti neri, ma stavolta si trattava di una canotta nera coperta da una maglia simile ad uno scialle e da dei pantaloni stretti e ugualmente neri. Ai piedi portava dei calzini dello stesso colore. Lui potette notare tutti questi dettagli grazie alla luce fioca ed aranciata della lanterna che la ragazza aveva portato con sé.
Brooke gli sorrideva, piano, il volto dalla bella pelle e dai bei delicati ma sicuri lineamenti circondato dalle ciocche dei capelli rossi color del rame.
<< Come mai qui? >> gli chiese con un sorriso, quasi ridendo felice.
<< Potrei farti la stessa domanda. >>
<< Vero >> ammiccò lei, per poi voltare il capo verso la porta d’entrata.
<< Posso farti una domanda? >> Owen non sapeva dove trovasse tutto quel coraggio, si comportava così stranamente… se ne rendeva conto. Non faceva battute in continuazione, né assumeva comportamenti infantili come quando partecipava a Total Drama…
<< Si? >> era curiosa, le lunghe ciglia nere donavano qualcosa in più al suo sguardo.
<< Tu e Martin.. >> non riuscì a finire la frase.
<< “Io e Martin” cosa? >> rise lei.
Owen aveva notato il legame presente tra i due, ed era una cosa che gli faceva male, doveva ammetterlo.
<< C’è qualcosa.. tra.. voi? >>
<< Cosa? >> la ragazza scoppiò a ridere. << No! Martin è mio fratello! >>
Nel momento stesso in cui le parole vennero pronunciate dalla voce di Brooke, un peso enorme si sollevò e liberò il cuore di lui dalla stretta morsa ferrea in cui lo teneva prigioniero.
<< Cosa.. Fratelli? Davvero? >>
<< Si, siamo fratelli, anche se non ci somigliamo molto, lo so. >>
Owen cominciò a sentirsi più tranquillo, ma ora che un peso era scomparso ne era comparso un altro.
E Luana?
No, non doveva pensarci. Cosa c’entrava ora Luana?
<< Perché? >> Gli chiese Brooke con un sorriso malizioso, il sorriso di chi ha già capito tutto.
 
Owen entrò affiancato da Brooke nella stanza che doveva essere la cucina. Era un luogo stretto, i fornelli erano sistemati contro una parete insieme a miriadi di cassetti, dispense di legno e superfici dove poggiare il cibo, poco distanti dal tavolo a cui erano seduti Luana e Martin. Le sedie erano alte e la stanza in generale aveva uno stile molto moderno, forse anche futuristico.
<< Ehi >> disse Martin con un sorriso, e Luana sorrise guardando Owen. Il biondo dovette ammettere, per quale.. la terza volta?, che fosse davvero molto bella.
<< Ma tu da dove vieni, Luana? >> Le chiese.
<< Sono originaria della Namibia >> gli sorrise. << Ma sono cresciuta qui in Canada, anche se ho viaggiato molto per il mondo. Ho vissuto per tre anni in Francia, quando ero molto piccola, altri due poi in Danimarca, un anno e cinque mesi in Norvegia, due in Italia e altri due a Los Angeles. Poi sono tornata qui. >>
<< E non sei mai tornata in Namibia? >>
La ragazza si prese qualche secondo prima di rispondere. << Sinceramente.. No.. I miei genitori hanno fatto di tutto per portarmi via di lì, un paese povero, la popolazione è poca.. Non ho mai sentito la Namibia come una vera casa.. >>
<< Raccontagli dei tuoi genitori, forse non sta capendo molto >> intervenne Brooke.
<< Mio padre lasciò la Namibia quando era un ragazzo, e si trasferì in America, la terra delle possibilità e dei sogni. Riuscì a realizzare ciò che desiderava, divenne un importante uomo d’affari, con i soldi.. E quando tornò in Namibia per una visita alla sua famiglia, incontrò mia madre. Si innamorarono già da subito, ed ebbero me. Fecero di tutto per portarmi via di lì e darmi una possibilità.
<< Ora viaggiano molto per lavoro, ed io sono sempre stata sballottata di qua e di là in collegi o istituti creati apposta per coloro che si trovano nella mia situazione. Chissà.. dove sono ora.. >> Alzò lo sguardo, il viso voltato verso una direzione imprecisata, gli occhi sognanti e sofferenti al tempo stesso.
<< Mi dispiace >> disse Owen.
<< E di che? >> rise lei riprendendosi, ispirando forte. << Ho viaggiato, visitato luoghi.. posso ringraziarli, anche se non hanno passato molto tempo con me. >>
Il ragazzo biondo le sorrise, e la cosa finì lì.
 
Tutti dormivano nel seminterrato. Il buio era insopprimibile, aveva spento le luci, e Scott si era sdraiato a terra lontano da lei. Dawn era tra le sue braccia, mentre Courtney se ne stava poggiata contro la parete fredda di cemento. A terra il parquet beige le permetteva di non ghiacciarsi il didietro, e quando ci passava sopra le mani sentiva i fili ruvidi grattarle il palmo dalla pelle abbronzata.
Se ne stava con le braccia incrociate al petto ed un’espressione di pura sofferenza e rabbia in volto, ma nessuno poteva vederla.
I respiri calmi della gente che la circondava le davano il tormento, si sentiva oppressa dalle loro presenze, ed il puzzo di sudore era incredibile. Dio, quanto avrebbe voluto poter spalancare la porta ed uscire fuori, sotto alla pioggia, e respirare forte, respirare, respirare..
Inspirò veloce, ma se ne pentì subito. Si tappò le narici con le mani e si acquattò nel suo angolino.
Si chiedeva dove potessero essere i suoi, suo padre, sua madre.. Stavano bene? Probabilmente lui se ne stava a sorseggiare una buona tazza di caffè caldo e raffinato in un buon rifugio anti-ciclone, a non pensare minimamente a sua figlia, con le gambe coperte da una copertina calda, avvolto nel suo pigiama di flanella nera molto costoso..
Ah!, urlò mentalmente, mentre si copriva il capo con le braccia e si metteva le mani tra i capelli castani. Lo odiava, lo odiava con tutto il cuore, ma ancora in qualche modo sperava che stesse bene. Dopotutto era suo padre, no?
Puntò gli occhi, scaglie nere come pece e come la notte più nera, in un punto imprecisato, cercando Scott tra le tenebre. Da quanto si trovavano lì? Forse ore, o magari era già passato un giorno intero.. non sapeva dirlo con certezza.. Il suo telefono era quasi scarico, e non osava guardare il display per paura di esaurire la batteria, ma tanto, a cosa le serviva? Da lì non poteva telefonare, non c’era campo.
Ma il suo IPod funzionava alla perfezione, batteria carica e le sue canzoni ad aspettarla. Prese le cuffie e le sistemò alle orecchie. Si avvicinò alla porta e sulle note di una delle sue canzoni preferite, uscì dalla stanza, cercando di fare meno rumore possibile. Non avrebbe voluto essere chiusa fuori.
Si diresse verso le scale e si diresse alla hall. Lì poteva respirare, non c’era l’odoraccio di persone ammassate e sudate che puzzavano come mufloni in un giorno assolato d’estate.
Guardò fuori dalla porta dai vetri trasparenti. La tempesta imperversava, e lei sentì l’istinto di conservazione e sopravvivenza dirle di tornare al sicuro, perciò fece come detto.
Quando tornò nella stanza, dovette tapparsi il naso, ma resistendo, raggiunse il suo posto. Poggiò la schiena contro la parete e tentò di dormire, mentre la musica ancora risuonava alle sue orecchie.

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Capitolo 34
*** My princess of Namibia ***


Owen poggiò i piedi a terra, nel buio che lo circondava. Il pavimento era freddo contro la pelle dei suoi piedi nudi, ed il silenzio era incredibile. Ricordava di essere andato a dormire la sera prima, dopo aver fatto tardi parlando con Martin, Brooke e Luana. Avevano divorato tutti insieme metà dispensa, ma non c’era alcun problema, quel gruppo sembrava essersi preparato all’apocalisse da almeno un anno prima.
Nel loro rifugio avevano a disposizione cibo per due anni interi.
Sospirò, guardandosi intorno. Quella stanza era tutta per lui, lo spazio di certo non mancava alla loro sede, ma ad Owen non andava a genio. Tutto quel buio, tutto quel silenzio.. Chi aveva costruito quell’edificio non si era limitato a costruire i piani superiori, aveva scavato nella terra e costruito altri piani al di sotto del livello del terreno. Era lì che tutti loro dormivano, lì non c’era luce se non quella artificiale delle lampadine che avevano installato per i corridoi e nelle loro camere e non si sentivano né tuoni né la pioggia battere. Ogni cosa aveva un aspetto altamente futuristico ed ad Owen pareva di trovarsi su un’astronave diretta verso un altro pianeta, tanto era il buio quando le luci si spegnevano.
Qua e la c’erano delle piccole piante, poste in vasi di ceramica bianchi e rettangolari. Coltivavano anche un orto non molto grande grazie ad apparecchi super tecnologici. Owen si domandava dove li avesse trovati, ma, poiché non c’era apparente risposta, lasciava perdere e pensava ad altro. C’erano molte cose da fare, come sistemare tutto il cibo ancora ammassato, aiutare Luke a sistemare le tubature, l’auto.. Oppure aiutare Luana con l’orto o Dean con i suoi progetti.. Insomma, non c’era tempo d’annoiarsi lì, ognuno poteva rendersi utile.
Si infilò la maglia dalla testa, si passò la mano tra i capelli e si alzò. Erano passati quattro giorni dallo scoppio della tempesta, ed Owen si era impegnato quanto più poteva in palestra. Voleva dimagrire, voleva riuscirci veramente, era fondamentale che arrivasse fino alla fine.
A tentoni uscì dalla stanza, non volendo accendere inutilmente le luci e sprecando energia preziosa, si chiuse la porta alle spalle e cominciò a camminare lungo il corridoio illuminato.
Trovò Luana poggiata contro la parete, con lo sguardo assente.
<< Tutto okay? >> Le chiese e la ragazza dalla pelle scura e dai capelli “pazzi” alzò lo sguardo e gli sorrise, sia con gli occhi che con le labbra.
<< Si, aspettavo te. Non volevo svegliarti quindi sono rimasta qui. >>
<< Avresti potuto svegliarmi, da quanto aspetti? >>
<< Una decina di minuti >> rispose alzando le spalle. << Ma è stato meglio per me, ho potuto avere qualche momento per pensare >> ammise affiancandolo e cominciando a camminare, le mani incrociate dietro la schiena.
<< Pensare a cosa? >>
<< Questo è un segreto >> replicò Luana ridendo piano.
<< Oh avanti, non puoi dirmelo? >>
<< No >> replicò, << non ancora almeno. >>
<< Ma perché? >> Domandò Owen, curioso come non mai. Non era giusto che prima lo facesse incuriosire così e che poi si tirasse indietro, lasciando la sua mente correre libera immaginando ogni cosa possibile. Il biondo canadese dovette ammettere, tra sé, che l’idea che stesse pensando a lui gli si stampò in testa. Ma era inutile pensarci, no? A Luana lui non sarebbe mai potuto piacere, e lui trovava attraente Brooke, o almeno così credeva..
<< Perché non è il momento giusto, ed io devo pensarci ancora su. >>
<< Non puoi dirmi nemmeno un piccolo indizio? >> insistette lui, con un sorriso sul volto ora incredibilmente già più magro.
Improvvisamente Owen fu colpito dal senso di colpa. Aveva impiegato quattro giorni per perdere due chili, e la sera prima si era strafogato di cibo come non ci fosse stato un domani.. Aveva sbagliato, ma fino a quel momento non se ne era reso conto, come se la sua mente avesse cercato di nascondere quel dettaglio. L’unica cosa che gli aveva permesso di capire era stata la presenza di Luana, il pensiero di Luana, l’amore che cominciava a provare per Luana.
Si, perché questo era. Owen voleva a tutti i costi negare l’evidenza che fosse la ragazza della Namibia a piacergli e non Brooke, anche se, non ne afferrava del tutto il motivo.
<< Mm, vediamo.. >> Luana alzò gli occhi al soffitto con aria pensosa, per poi portarli di nuovo verso di lui. Erano così neri, di un colore scuro profondissimo, che sembrava contenere tutti i segreti del mondo. Quegli occhi potevano stregare, o almeno questo era stato l’effetto che avevano provocato in Owen. << Si, posso dirti un indizio. >>
<< E.. allora? >> Il cuore del ragazzo batteva fortissimo, rimbombava nelle sue orecchie e sentiva il sangue scorrere nelle vene. Era cosciente di ogni cosa, in un modo anche troppo vivido.
Se Luana avesse detto o fatto qualcosa che avesse fatto intendere che lei non provava nulla per lui, Owen era sicuro avrebbe anche potuto morire lì sul posto, al diavolo la fine del mondo.
<< Pensavo ad una persona >> si limitò a dire la ragazza, e lui si bloccò.
<< Tutto qui? >> chiese raggiungendola e lei sorrise annuendo.
<< Si, questo è tutto ciò che posso dirti. Se ti dicessi altri indizi, tu capiresti subito di chi sto parlando, ed io non voglio che nessuno sappia nulla finché non sarò riuscita a mettere ordine ai miei pensieri. >>
<< Perché credi che io andrei a spifferare tutto agli altri? >> Owen aveva capito che ciò che Luana aveva detto non era un insulto diretto a lui, ma parole pronunciate dalla sua bellissima voce avevano comunque colpito il suo cuore come fossero state schegge di vetro taglienti. Poteva vedere il sangue gocciolare giù.
<< No! Assolutamente no! >> Luana si fermò, così come Owen. Rimasero lì a guardarsi seri e la ragazza afferrò la sua mano. << Non intendevo questo, assolutamente no. Intendevo che prima di dire a qualcuno ciò.. che sento.. devo prima fare chiarezza dentro me stessa. Sono sempre stata così, Owen, non è colpa tua. Anzi. >>
Un moto di speranza e di felicità riaccese il cuore di lui.
<< Ma perché non puoi dirlo neanche a me? So che ci conosciamo da poco, ma  di me ti puoi fidare. Io mi sono fidato di voi. >>
<< Lo so, ma.. devi capire senza fare altre domande. Non posso dirtelo, soprattutto a te.. >>
<< Perché soprattutto a me? >> Inarcò un sopracciglio. Che avesse avuto ragione nel pensare che Luana stesse pensando a lui?
<< Perché.. >> la ragazza parve riflettere bene alle parole da pronunciare e dopo aver scosso piano le spalle gli disse: << Perché tu c’entri, ed anche molto. Sappilo, ma non posso dirti altro. >>
<< Va bene >> annuì lui, ora improvvisamente felice. << Ma prometti che quando avrai fatto chiarezza nei tuoi pensieri verrai a dirmi tutto? >>
<< Certo, sarai il primo, stanne certo >> replicò.
Dopodiché si avviarono verso l’orto, l’uno di fianco all’altra, con le spalle che si toccavano.
 
<< Cosa devo fare? >> Chiese Owen a Luke, che stava innaffiando delle piantine nell’orto.
Le luci erano accecanti, distribuite tutte sopra di loro, la luce giallastra che faceva male agli occhi quando questi ultimi le incontravano. Pendevano tutte dal soffitto tramite un cavo di acciaio flessibile.
<< Owen, Luana >> li salutò l’uomo.
Luke aveva all’incirca settant’anni, la barba grigiastra ed a tratti bianca ispida e lunga che gli ricopriva mezzo volto. Avrebbe potuto somigliare a Babbo Natale, pensò Owen, ridendo tra sé, senza però dirlo.
Il vecchio indossava una canotta bianca cui sopra stava sistemata una camicia celeste dalla stampa hawaiana. I pantaloni beige si intonavano perfettamente con il cappello da contadino che gli stava sistemato in testa.
Le sue sopracciglia erano talmente folte da far sembrare i due occhi scuri due piccoli spilli neri astuti e furbi.
<< Tu e Luana occupatevi dell’orto, così io posso andare a riparare un tubo che si è rotto. Accidenti a questo posto >> si allontanò borbottando qualcosa ed il ragazzo guardò l’amica confuso.
<< Lascialo perdere, è fatto così. Immagino che sia come tutti i vecchietti, scorbutico e che si lamenta sempre, anche se è un ottimo meccanico. Insieme a Dean è colui che ci aiuta a sistemare i problemi con l’illuminazione, le docce, i frigoriferi.. Insomma, è una parte indispensabile del gruppo, soprattutto perché Dean se ne sta sempre per conto suo a lavorare ai suoi progetti >> Luana si voltò e si diresse verso la parte nord dell’orto, che finiva con una porta marrone. Quando si accorse che Owen non la seguiva, si voltò e gli disse:
<< Allora, hai intenzione di aiutarmi o devo fare tutto io? >>
 
Zoey se ne stava seduta sul divano beige a righe posto al centro della stanza. Dakota e Sam erano scomparsi da qualche parte, ed a lei sinceramente non interessava minimamente cosa stessero facendo, Magda stava cucinando qualcosa, probabilmente muffin, lo si poteva sentire dal profumo, e Mal era seduto al suo fianco.
Heather ed Alejandro invece.. bè, loro stavano litigando rumorosamente e furiosamente. Solita routine insomma.
<< Sarebbe fantastico avere dei pop-corn da sgranocchiare >> commentò Zoey, guardando il ragazzo con la coda dell’occhio.
<< Già.. Magari anche per lanciarglieli contro >> replicò con tono malvagio Mal, ridendo nello stesso modo.
<< Vero >> disse in risposta lei ed il ragazzo dai capelli scurissimi la guardò spalancando gli occhi.
<< Non dirmi che è opera mia tutta questa tua malvagità? Negli ultimi giorni sembri diversa >> le lanciò un’occhiata scettica, allontanando di un poco il capo.
<< Mi comporto come fossi malvagia? >> replicò Zoey. << Non me ne ero resa conto >> il tono di voce faceva intendere chiaramente che lei stesse ovviamente scherzando, ma l’espressione che fece fu la più innocente che le riuscì. Il tutto fece ridere Mal.
<< Sei un povero idiota >> urlò la voce di Heather.
<< E tu cosa sei, chica? >> urlò Alejandro in risposta.
<< Io sono fantastica >> l’asiatica si passò la mano tra i capelli neri sciolti ed il latino-americano alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
<< Io mi sono stancata. Che ne dici di andarcene per i fatti nostri? >> Chiese Zoey voltandosi verso Mal.
<< Dico che è un’idea fantastica >> il sorriso del ragazzo fece intendere chiaramente cosa si stava formando nella sua mente.

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Capitolo 35
*** The horrible creatures and the reborn loves ***


Circa due settimane dopo…
 
La pioggia aveva smesso di cadere già da qualche tempo. Fuori il cielo plumbeo era rischiarato a tratti dai fulmini più lucenti che gli occhi di Owen avessero mai visto, ed i tuoni risuonavano cupi e lugubri, promesse di un futuro pericoloso che probabilmente già aveva cominciato a manifestarsi.
Quando fulmini e tuoni rombanti non si mostravano nel cielo a giorni plumbeo e a giorni nero, il silenzio che regnava era inquietante. Non si sentiva nulla, non pareva esserci più vita all’esterno del complesso edificio in cui il gruppo di Brooke viveva. All’infuori di loro, non pareva più essere altra persona viva, e la cosa tormentava il cuore di Owen come fosse stata una vera e propria sofferenza fisica. Faceva così fatica a sopportare quella situazione… ma almeno, accanto a lui c’erano i suoi amici, e Luana.
Da circa quattro giorni, la ragazza della Namibia lo aveva avvertito di un cambiamento. Aveva pensato molto alla questione, ci aveva rimuginato su per intere settimane, ed alla fine era giunta alla conclusione di poter dare un indizio in più al biondo giovane canadese che in tutto quel tempo era dimagrito già di altri due chili. Nessuno sapeva cosa potesse essergli successo, come mai si allenava con tanta determinazione, come mai tentava di diventare sempre più magro, ma nella mente di Luana e Brooke si era già formata un’idea. Entrambe pensavano c’entrasse una ragazza, ed effettivamente era così, e poiché lì loro erano le uniche ragazze, la questione cominciava ad essere interessante. Le due passavano ore a discuterne tra loro, bisbigliando e ridendo.
Ma Luana era convinta di essere lei colei che aveva spinto Owen a quel cambiamento.
Gli aveva detto: << Owen, ho pensato su alla questione ed ho fatto più chiarezza nella mia mente >> il suo tono di voce era stato molto serio, quasi formale, cosa che aveva messo in imbarazzo il ragazzo.
<< E… Cosa…? >>
<< Ho deciso che posso darti un altro indizio >> aveva annuito quasi tra sé, come a rispondere ad una domanda silenziosa che solo lei aveva potuto udire.
<< Cioè? >> Owen ne era rimasto deluso, aveva sperato che finalmente la questione sarebbe stata chiara, che lei si fosse oramai decisa a dirgli tutto, ma a quanto pareva, non era esattamente così.
<< Sto pensando ad un ragazzo, un ragazzo che mi sono resa conto essere diverso da qualsiasi altro. Lui… lui è speciale, ed io ne sono affascinata >> ovviamente Luana era convintissima che lui, dopo quella sua ultima affermazione, avesse capito di chi lei stava parlando. Sennò perché avrebbe dovuto tenerlo sulle spine così a lungo? E perché lui avrebbe dovuto essere il primo a saperlo?
La ragazza non sapeva nemmeno il motivo che l’aveva spinta ad essere attratta da lui. Forse per la sua simpatia, o magari per la compassione poi trasformata in amore. Owen le era sembrato così dolce e tutto quello che stava accadendo, la fine del mondo, quel pericolo di morte imminente… lo aveva trasformato in un ragazzo più duro, pronto a mettersi in gioco. All’inizio sembrava sempre scherzoso, innocente e più simile ad un bambino di quanto non avrebbe dovuto, ma ora… ora sembrava pronto per tutto il casino che fuori di lì li stava aspettando.
Luana sospirò, seduta sulla poltroncina rossa nella zona relax. Incredibile quanto fossero riusciti a rendere quelle zone sotterranee talmente all’avanguardia, sembrava qualcosa d’impossibile, fantascienza pura, eppure, grazie all’intervento magico di Luke, tutto era diverso ora. Quell’uomo doveva essere un genio, la ragazza ne era convintissima. Nessuno tra loro, se non forse Dean, sarebbe riuscito a fare una cosa del genere. Diavolo, sembrava di trovarsi su una nave all’avanguardia! Sembrava l’Enterprise!
Rise tra sé, dimenticando in parte e per qualche secondo lo stress. Non era pronta a quell’apocalisse, ad affrontare quel disastro inevitabile ed imminente. Da qualche tempo avevano sentito dei rumori alla porta principale, qualcuno che batteva contro il metallo, insistentemente, e da qualche tempo lei non riusciva a dormire bene. Si sentiva sola, si chiedeva dove fossero i suoi genitori perché, tutto sommato, anche se non le erano stati vicini, le avevano voluto bene. Era stata dura con loro, a giudicarli così in fretta. Era vero che avevano il loro lavoro da sbrigare, e pensare che per la sua ostinazione loro avrebbero potuto essere stati ridotti come quegli esseri che battevano al portone d’ingresso la faceva sentire male. Le faceva tremare il cuore dal terrore e le riempiva la mente con il senso di colpa, come fosse stato una nebbiolina verde piena di veleno.
Avrebbe guardato la tv se avesse potuto, ma la rete elettrica non funzionava e loro potevano usare l’elettricità nel loro quartier generale perché erano attrezzati di generatori propri, oltre che agli impianti che sfruttavano la potenza del vento della tempesta comprati grazie agli innumerevoli milioni di Luana e montati grazie alle indubbie capacità di Dean e Luke.
D’un tratto, nel silenzio che aveva ricoperto tutto come un velo di morte, il rumore della campana d’avviso risuonò forte. Brooke aveva indetto una riunione e siccome lei era il capo ed ognuno di loro faceva parte del gruppo, nessuno poteva mancare, soprattutto Luana. Lei si intendeva di geografia e tattica, insieme all’amica. Martin invece era lo specialista in armi, e stava istruendo Owen.
Si alzò con un sospiro soffocato di stanchezza e si avviò per il corridoio. Indossava i suoi jeans preferiti, azzurri e pieni di brillantini, oltre che di parti sfilacciate che davano all’indumento un aspetto vissuto, anche se erano stati fatti di proposito. La canotta nera che indossava la faceva chissà come sembrare ancora più in perfetta forma.
Stava camminando decisa e diretta alla cucina quando dal corridoio laterale spuntò fuori Martin, che le si affiancò. Come al solito indossava una t-shirt nera e dei jeans militari, che mettevano in risalto il suo fisico mozzafiato.
<< Ehi, Luana >> la salutò con la sua voce stupenda.
<< Ciao, Martin. Tua sorella sta rompendo seriamente con queste riunioni, devi parlargliene. >>
<< Ehi, io sono solo suo fratello, sei tu la sua migliore amica. Parlagliene te. >>
<< Ma lo sai che è impossibile discutere con Brooke! >> protestò lei, affranta.
<< Ed è proprio per questo che lascerò fare tutto a te >> il ragazzo sorrise, con il suo fare malizioso e sbruffone, e la ragazza sentì un tuffo al cuore.
Quando arrivarono in cucina, trovarono già pronti ad aspettarli Brooke e Dean, mentre Owen e Luke si unirono al gruppo subito dopo.
<< Bene, ora che siamo tutti >> cominciò la leader con sguardo e voce decisa, mentre dispiegava sul tavolo bianco una grande mappa geografica piena di segni rossi, << cominciamo a parlare del nostro piano per salvare il culo a questo pianeta. >>
 
In quella casa pareva di trovarsi in una prigione, soprattutto per Zoey ed Heather, che passavano intere giornate chiuse nelle loro camere, sedute sui loro letti a stringere cuscini morbidi che riempivano di lacrime. Alejandro ne era rimasto scioccato, non aveva mai visto la sua ragazza comportarsi così, sembrava fuori di sé, ed a volte la prendeva in giro, anche se il suo vero scopo era quello di farla ritornare alla realtà.
Ciò che avevano visto in quelle due settimane le aveva scioccate a tal punto che non avevano più nemmeno parlato. Cosa erano quegli esseri? Quelle creature scheletriche dall’aspetto orribile e talmente poco umano da sembrare essere usciti fuori da un incubo?
Dakota stringeva ogni giorno a sé Sam, per ore, e gli diceva di amarlo. Aveva paura di perderlo, che potesse loro capitar qualcosa se quelle creature che avevano visto dalle fessure tra le assi alle finestre fossero riuscite a mettere le mani su di loro.
Magda sembrava l’unica capace di pensare razionalmente. Si occupava di tutti loro come una madre con i figli e sia Alejandro che Mal, incredibilmente, le erano riconoscenti. I due ragazzi non facevano altro che passare il tempo insieme alle loro ragazze, per consolarle e tentare di riportare in loro la sanità mentale.
Possibile che Heather sia rimasta così scioccata? Lei non ha mai paura di niente!” Alejandro non faceva altro che porsi questo tipo di domande, sempre, ogni giorno. Ma nessuna risposta arrivava.
Sembrava essere giunta la fine del mondo, erano vivi per miracolo, per aver avuto la fortuna di trovare quella casa, ed il latino-americano si poneva il quesito più importante di tutta la sua vita da ormai ben due settimane, da quando aveva cominciato a manifestarsi quel disastro: cosa succederà se non riuscirò a proteggerla?
 
No, era impossibile vivere in quella stanza. Voleva andarsene, non voleva passare altro tempo con quelle stupide persone che in quelle due settimane si era vista costretta a conoscere. Le odiava ognuna a modo diverso, ma tutte allo stesso livello: quasi oltre il limite possibile.
Scott pareva essere tornato in sé, sano mentalmente. Andava da lei, la baciava e le diceva di amarla, che era una cosa strana, ma pur sempre più normale del vederlo parlare allegramente con Dawn. Lo sentiva ridere felice come mai lo aveva udito, ed i suoi sorrisi parevano pieni di pura gioia, come quelli di un bambino a cui hanno appena detto che avrebbe visitato Disneyland. Non si era mai comportato così e Courtney temeva che il tempo passato con quella pazza sociopatica di Dawn l’avesse trasformato in un hippy altrettanto fuori di testa.
C’era un ragazzo, nel seminterrato, che aveva cominciato a parlarle sempre più spesso, a passare del tempo con lei. Courtney lo odiava, le ricordava un caos ammassato tra le personalità di Duncan, Scott ed Alejandro, che a detta sua non era per niente il massimo.
Si chiedeva dove fosse Gwen, l’amica le mancava da pazzi, lei l’avrebbe capita, l’avrebbe appoggiata contro Dawn. Court sapeva che non era mai stata intenzione di Gwen rubarle Duncan, la conosceva e la gotica non era cattiva, anzi, era gentile e dolce come un cucciolo. Ed ormai sembrava una cosa normale che i due stessero assieme, forse perché lei si era innamorata di Scott, completamente e profondamente. Perciò sarebbe stato strano passare del tempo con quel ragazzo, oltre al fatto che le ricordava troppo Alejandro, ragazzo che a lei non piaceva per niente. Era subdolo come Heather, e già faceva fatica a sopportare lei…
Chissà come stava ora l’asiatica. Lei, Al, Zoey e Mal erano ancora in salvo? Tutti insieme? Sperava di si, pregava il cielo per la loro salvezza e si, anche per quella del nuovo ragazzo della rossa.
<< Hey, Court >> disse la voce di Toby e la ragazza alzò gli occhi al cielo, sbuffando seccata. Perché doveva sempre romperle? Non poteva andare dalle altre ragazze? O da Dawn?
<< Cosa vuoi? >> lo fulminò lei, velocemente e freddamente.
<< Parlare con te, principessa >> sorrise nello stesso modo malizioso e da sbruffone di Duncan, cosa che fece infuriare Courtney, ancor più del fatto che l’avesse chiamata “principessa”.
<< Va al diavolo, Toby >> lo freddò lei, allontanandosi in modo veloce ed impettito.
 
Si trovavano chiusi nel cavò della banca che chissà come si era aperto. Si erano rifugiati là dentro, chiudendo la porta manualmente alle proprie spalle quando quelle strane creature erano comparse. Avevano il cibo che serviva loro per sopravvivere grazie alle prime “missioni” che avevano svolto. Erano andati a cercare del cibo nelle case lasciate incustodite alla prima comparsa di quegli esseri.
<< Cosa sono secondo voi? >> disse d’un tratto la voce di Noah, interrompendo il silenzio con il suo tono stanco. Nessuno tra di loro aveva osato porre quella domanda, tutti tranne lui, in quel momento.
Aveva la mano destra poggiata sulla fronte e si vedeva chiaramente dalla posizione che aveva, dall’espressione, dai comportamenti e dalla voce che era stanco, così come ognuno di loro.
<< Non lo so >> rispose la voce di Mattews, sincera. Lui sembrava più stanco tra tutti loro, oltre che preoccupato e scioccato per tutto ciò che i suoi occhi avevano visto.
<< Sono mostri! >> Urlò Izzy per poi scoppiare a ridere come sempre.
<< Iz, ci sarà una volta in cui ti comporterai come una normale persona sana mentalmente? >>
<< No! >> scoppiò a ridere lei, scherzando, ed il ragazzo scosse la testa, con un sorriso.
<< Io ho paura >> disse Cameron, stringendosi le gambe scheletriche al petto, in un abbraccio stretto.
<< Oh Cameron >> intervenne Elisabeth. Lo abbracciò stretto a sé, ed Izzy, imitando la giovane amica si avvicinò a Noah. Il ragazzo la guardò prima con occhi annoiati, ma quando lei gli si accostò, quando poggiò la testa sulla sua spalla, lui li spalancò scioccato.
<< Ma che fai? >> le chiese, stupito.
<< Ti dimostro amore >> replicò lei ridendo, per poi chiudere gli occhi ed addormentarsi come una bambina.
 
Gwen e Duncan stavano correndo sotto la pioggia, ormai non più così battente ma sempre fredda, che quando toccava la loro pelle ghiacciava loro il sangue nelle vene. I tuoni avevano smesso di rombare nel cielo, che però era rimasto nero e viola, pieno di nubi che non promettevano niente di buono.
Si erano visti costretti a scappare dalla spa in fretta e furia. Erano riusciti a prendere qualche razione di cibo che avevano riposto negli zaini che tenevano sulle spalle, ma erano scarse e le stavano già finendo. Le persone intrappolate lì con loro avevano cominciato a morire, una dopo l’altra, e poi a rialzarsi da terra con l’aspetto di mostruose creature scheletriche che volevano soltanto sfamarsi di loro.
Gwen avrebbe voluto accasciarsi a terra, mettersi le mani tra i capelli neri e verdi e piangere, piangere e piangere, come mai aveva fatto in vita sua, ma Duncan non glielo aveva permesso. Aveva trovato degli oggetti occasionali che potevano usare come armi, ed aveva anche scoperto che se colpivi quelle creature o al centro del petto o alla testa, gli esseri morivano definitivamente.
<< Sembra una diavolo di apocalisse zombie! >> urlò Gwen mentre correvano, stringendosi la mano. Stavano cercando un rifugio dove potersi fermare, dove poter dormire senza la costante paura di essere sorpresi da quelle creature e rischiare la vita.
Ma almeno erano insieme.
<< Lo so! Per cosa credi che io sia così bravo sennò? >> rise Duncan con fare poco serio.
<< Oh andiamo, stiamo correndo sotto questo stupido ciclone, in pericolo di vita, senza una meta, con le scorte di cibo quasi esaurite e tu ti metti a ridere?! >> Gwen pareva una pazza isterica, cosa che fece ridere ancora di più Duncan.
<< Si, e la sai una cosa? >>
<< Cosa? >> replicò lei scocciata.
<< Non mi importa >> spiegò, << basta che tu sia con me, e in salvo. >>

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Capitolo 36
*** The broken man ***


Gwen e Duncan riuscirono a trovare, con un po’ di fortuna, un rifugio dove passare la notte che ormai era alle porte. Il vento freddo non smetteva di soffiare, anzi, si faceva sempre più forte, rendeva loro difficile continuare a camminare, facevano un’immensa fatica a poggiare un piede dopo l’altro per non far finire lì, ad un passo dalla “vittoria”, la loro fuga. Fu per questo che quella casa fu per loro come una manna dal cielo.
La porta era chiusa a chiave, l’intonaco bianco cominciava a staccarsi dalle pareti e le finestre erano opache. Sembravano passati anni ed anni dall’inizio della tempesta, sembrava che ogni traccia di civiltà fosse scomparsa, morta per sempre, sembrava appartenere ad un mondo lontano, ad un ricordo che mai più avrebbe potuto vivere.
Corsero verso la loro meta, ancora stringendosi per mano. Gwen, avvolta nel giubbotto di Duncan cercava di coprire alla meglio il viso, gli occhiali di fortuna che avevano trovato posti a cavallo del naso per proteggere gli occhi feriti dalle sferzate di vento. Le sue mani erano fredde, congelate, tanto da sembrare quelle di un cadavere.
Duncan aveva freddo, molto freddo. Indossava solo una maglia a maniche corte, dei jeans neri quasi tutti strappati ed aveva il volto coperto con un foulard da donna a quadri rosso e nero.
Con la spranga che aveva trovato grazie ad un colpo di fortuna cominciò a colpire la maniglia. Tentò in tutti i modi, con crescente fretta. Non era sicuro per loro trovarsi lì fuori a quell’ora, anche se dopotutto, non era sicuro trovarsi fuori da un rifugio e basta. Stavano correndo un grande pericolo, se quegli scheletri mostruosi li avessero attaccati, loro si sarebbero trovati nei guai fino alla punta delle orecchie, o, nel suo caso, alla punta della sua cresta verde.
Dopo l’ennesimo tentativo, la maniglia finalmente si ruppe e la porta si aprì.
Dentro, la casa era buia ed immobile, come se non ci fosse stata nessuna tempesta, non ci fossero stati gli scheletri o il passare del tempo non esistesse. Il silenzio regnava incontrastato e Gwen dovette ammettere, tra sé, che la cosa era altamente inquietante.
<< Coraggio >> disse Duncan con voce ferma e sicura. Lui di coraggio non ne provava nemmeno un po’, in quel momento, avrebbe voluto trovarsi a casa sua e non a correre in giro per le strade deserte di Honolulu sotto ad un ciclone con i fiocchi, in un’apocalisse senza precedenti e con al fianco Gwen. Ma doveva essere forte per lei, doveva dimostrarle di credere, di essere convinto con tutto se stesso, che loro due avrebbero potuto farcela, insieme.
Indicò un grande armadio posto contro la parete a lato della porta d’ingresso.
<< Aiutami a spostarlo >> disse, e Gwen fece come detto, in silenzio. Dal momento in cui si erano visti costretti a scappare dal resort lei non aveva più parlato molto, non interrompeva il silenzio per dire le sue idee e contrastare quelle di Duncan. Semplicemente stava zitta e metteva in pratica gli ordini di lui.
Il ragazzo doveva ammetterlo, gli mancava la bellissima voce di lei, il tempo che passavano a “litigare” sui loro pensieri contrastanti o a discutere di film dell’orrore.
Sistemarono il mobile davanti alla porta, ma Duncan non era convinto bastasse, gli scheletri avrebbero potuto buttarlo giù, e poiché la porta ora non si poteva più richiudere a chiave, aveva paura potessero avere problemi. Così spostò il divano, facendo un gran baccano: le rotelle del mobile strisciarono contro il pavimento di mattonelle. Il risultato fu un rumore inquietante che si disperse nel silenzio della casa.
Si guardarono attorno con terrore, ma poiché non successe niente distolsero l’attenzione.
<< Ora… >> cominciò a parlare, ma subito fu interrotto da un rumore di passi. Il ragazzo non attese un millisecondo, scattò pronto. Si pose davanti a Gwen, la spranga stretta nelle mani. Osservava le scale dall’altra parte della stanza, in ombra, con i suoi occhi azzurri e profondi. Scrutava nel buio con un’espressione pericolosa. Era pronto a tutto, a nessuno avrebbe permesso di far del male alla sua Gwen.
Quando la figura comparve Duncan alzò la spranga ancora di più, per poi fermarsi di colpo quando la luce illuminò il viso di ciò, o meglio di chi, era in piedi davanti a loro.
<< Ma cosa… >> cominciò il giovane, per poi bloccarsi di colpo.
<< Non ci credo! E tu come ci sei arrivato qui? >> intervenne Gwen. La voce della ragazza fu un suono celestiale per le orecchie di Duncan, che in quei giorni aveva sentito solo il rumore dei tuoni, l’avvicinarsi del pericolo ed i versi di quelle creature demoniache.
<< Voi piuttosto che ci fate qui!? >> intervenne invece l’altro, con voce piena d’incredulità ed un pizzico di rabbia. << Questo è il mio rifugio, l’ho trovato prima io, voi non potete stare qui! >>
<< Ceerto, come no >> replicò la voce sarcastica di Duncan. << E sarai tu ad impedircelo? Io ho una spranga se non te ne sei accorto, non avrei problemi a colpirti, considerando tutto ciò che ci hai fatto. Perciò, a meno che tu non abbia un fucile a canne mozze o una mitragliatrice, io non credo minimamente tu possa costringerci a lasciare questa casa. >>
L’uomo li guardò storto per qualche secondo, per poi sospirare rumorosamente. << In realtà ho un fucile di precisione, ma ho quasi finito le munizioni, e non credo lo userò per spararvi. Ci sono problemi più importanti che vengono prima di voi. >>
Duncan inarcò un sopracciglio e l’altro spalancò le braccia esasperato.
<< Al diavolo, fate come volete! >> Urlò per poi voltarsi e dirigersi verso le scale.
<< Ehi, c’è cibo qui? >> intervenne poi Gwen allungando il collo per vedere oltre Duncan.
<< Si, ma lo tengo di sopra, dove sono più al sicuro. >>
<< Possiamo averne un po’? Sono giorni che non mettiamo niente sotto i denti, se continuiamo per molto così non credo potremo farcela. >>
L’uomo sbuffò, guardandoli. Stava chiaramente ponderando la richiesta, i due ragazzi potevano udire, nel silenzio di quella casa, gli ingranaggi del suo cervello girare.
Li guardò con occhi impassibili, di un nero intenso simile a pece. << Si >> sospirò, << basta che non mi divorate l’intera scorta. Mi deve durare per almeno una settimana, cercate di darvi un contegno. >>
<< Ma certo! >> replicò subito Gwen correndo verso di lui. Si voltò verso Duncan, ancora immobile. << Ehi, che hai? >> gli chiese la ragazza, << Tu non vieni? >>
Lui si sentì stringere il cuore nell’udire la sua voce, nel guardare negli occhi di lei. Sembrava una bambina impaurita, tanto che temeva scoppiasse a piangere da un momento all’altro.
Scosse la testa. Si chiedeva come potesse mai fidarsi di quell’uomo dopo tutto ciò che avevano dovuto sopportare, creato dalla sua perversa e sadica mente, ma non le pose quella domanda. Si limitò ad annuire e a raggiungerla.
Salirono le scale uno dopo l’altro, e raggiunsero un terrazzo. Dava su una collina verde ed immensa.
<< Ma cos’è questo posto? >> esclamò Duncan.
<< Una specie di club, credo di golf ma non ne sono sicuro. L’ho trovato una decina di giorni fa, e da allora vivo qui. >>
Si sedettero a terra, in un angolo erano ammonticchiate delle borse bianche strapiene.
<< Volete un po’? >> l’uomo estrasse dalle borse delle barrette energetiche al cioccolato e riso soffiato e le offrì ai due giovani.
<< Si, grazie >> rispose subito Gwen afferrandone due. Guardò Duncan, che ancora non si fidava. Aveva un’espressione da cane bastonato dipinta sul volto, ma dopo che lei gli diede una debole spallata e gli sorrise, afferrò le due barrette rimanenti dalle mani dell’uomo.
Chris sorrise triste, abbassando lo sguardo a terra.
<< Chris? >> disse Gwen con voce gentile, e lui alzò gli occhi neri verso quelli di lei, neri anch’essi.
<< Si? >> sussurrò con voce flebile.
<< Cosa è successo? >> inclinò la testa di lato, guardandolo con un misto di compassione, tristezza e dolcezza.
Aveva capito. << Come lo hai capito? >> abbassò di nuovo il capo, fissando gli occhi a terra.
Lei non rispose, si limitò a dire, << Chris, cosa è successo a Chef? >>
L’uomo sospirò, alzando di colpo la testa e poggiandola all’indietro, sulle spalle. Agganciò le schegge d’ebano ch’aveva per occhi al cielo viola e livido e sospirò di nuovo, per l’ennesima volta.
Si lanciò nella descrizione di ciò che era successo a lui ed al suo amico in quelle ultime settimane.
Non ci poteva ancora credere.
<< Ci trovavamo in una villa, insieme a molti amici. Eravamo in vacanza, cioè, potevamo permettercelo… quando accadde… tutto questo. Inizialmente non capimmo cosa stava succedendo, lasciammo le finestre aperte, saltammo sotto alla pioggia… >> fece una pausa, voltando di lato il capo, mentre gli occhi diventavano luci e cominciavano a bruciargli. Il suo aspetto non era dei migliori, lo sapeva, eppure, per la prima volta non se ne preoccupava. La barba nera ed incolta poteva crescere quanto voleva, i suoi capelli potevano diventare lunghi… nulla più era importante. I soldi e la bellezza esteriore non avevano salvato il suo migliore amico. << Quando si fece pericoloso allora decidemmo di chiuderci in casa… ma… successe qualcosa di strano, di estremamente spaventoso. >> La sua voce era spezzata, balbettava, faceva fatica a trovare le parole. << Tutti i nostri amici, falsi amici, cominciarono a morire uno dopo l’altro e poi a risvegliarsi e cominciare a cacciarci. Io e Chef facemmo in tempo a scappare. Prendemmo quante più scorte di cibo potemmo e ci rifugiammo nella prima casa che trovammo. Ma non bastò. >>
Smise d’un tratto di parlare, e toccò a Gwen esortarlo.
<< E poi? >>
<< E poi lui si ammalò. La febbre cominciò a salire e a salire, il sangue pompava nelle vene e le gonfiava… I suoi reni smisero di funzionare, poi anche i polmoni… finché non fu troppo ed il suo corpo non resse più. L’ho seppellito, l’ho colpito in modo che non si trasformasse in uno di quegli esseri e… me ne sono andato. >> Abbassò il capo, << Dio solo sa quanto è stato difficile >> tirò su col naso e guardò Gwen, per poi portare gli occhi sulla distesa verde. Erano rossi e Chris sembrava pronto a scoppiare a piangere.
<< E voi? Come mai siete qui? >> chiese dopo un po’.
<< Eravamo in vacanza… Heather è insieme a Zoey, Mal, Dakota, Sam e Alejandro nella casa dei nonni di Zoey. Mentre Courtney è con Scott a casa nostra… >> abbassò il capo. << Spero stiano bene… Cameron è anche lui a Seattle, ma non so cosa sia successo loro. >>
<< Vedrai… vedrai che staranno bene >> annuì Chris, e Duncan cambiò idea su di lui. Il vecchio Chris non avrebbe mai pianto così davanti a qualcuno, se non ne avesse ricavato un profitto, e cosa mai potevano portargli loro due? Quello era un nuovo Chris, ed il ragazzo decise che poteva aiutarlo e fidarsi.
<< Staremo qui con te >> disse poi, e l’uomo lo guardò. << Ti aiuteremo, non sarai più solo >> e detto questo, la questione si chiuse.
 
Zoey aprì piano gli occhi, sbattendo le palpebre a fatica. Quanto tempo era passato? Quanto tempo aveva passato lì distesa su quel letto a non fare niente se non a disperarsi e a provare paura?
Mal le era stato sempre accanto, l’aveva aiutata, e lei lo amava. Solo che non glielo aveva ancora detto.
Nel buio sentì un respiro accanto a sé, un corpo disteso accanto a lei, e quando si mosse, la voce di lui interruppe il silenzio.
<< Sono io, tranquilla. >>
Zoey si tranquillizzò, << Ehi. >>
<< Ehi. >>
<< Quanto tempo… >>
<< Quanto tempo è passato da quando sei sclerata completamente e ti sei chiusa qui in camera? Almeno quattro giorni… >> sospirò. << Ma anche Heather è nelle tue stesse condizioni. >>
<< Heather? >> Domandò la ragazza con voce incredula. Come era possibile? Ora che era lucida poteva pensare, poteva eliminare la paura dal suo cuore, anche se non era facile dopo ciò che aveva visto.
<< Si >> rise piano il ragazzo. << Dovresti vederla, quasi è messa peggio di te, e che ce ne vuole eh… >> Fu interrotto dallo schiaffo con cui Zoey lo colpì alla spalla. Scoppiò a ridere e la ragazza lo guardò male, con gli occhi spalancati.
<< Odioso >> disse imbronciata.
<< Lo so >> rise ancora più forte.
Era quello il momento, lo sapeva. Così lo disse, senza tanti problemi, anche se il suo cuore batteva talmente forte che sarebbe potuto scoppiarle o uscirle dal petto. << Ti amo, Mal. >>
Il silenzio calò nella stanza quando lui interruppe di colpo la sua risata.
<< Zoey… >> disse piano.
<< Si? >>
<< Lo dici sul serio? >>
<< Perché mai dovrei mentire? >>
<< Non ne hai motivo >> rispose allora lui, per poi rimanere in silenzio. La ragazza cominciò a chiedersi se aveva commesso un errore, ma la linea dei suoi pensieri fu interrotta dalle parole di Mal. Erano piene di dolcezza, << Ti amo anche io, Zoey, e non mi sarò mai scusato abbastanza per ciò che ti ho costretta a sopportare dopo la morte di Mike. >>
Lei allora sorrise, << Tranquillo >> annuì piano tra sé. << Io ti amo per ciò che sei ed il passato è passato, soprattutto con tutto ciò che sta succedendo ultimamente a questo mondo. >>
<< Allora mi perdoni? >> la voce di Mal era piena d’insicurezza.
Lei sorrise di nuovo, << Ma Mal, io ti ho perdonato ormai da molto tempo. >>

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Capitolo 37
*** My role is to protect you ***


Heather socchiuse molto piano gli occhi. Le palpebre erano talmente pesanti da farle male, e non appena guardò la luce soffusa della piccola candela posta sul comodino di legno accanto al letto, cominciarono a farle male. Bruciavano, come se fossero rimasti chiusi per settimane, come se non avesse visto altro che buio per un tempo immane. E, pensandoci, si rese conto che effettivamente era così.
Il silenzio che regnava nella casa era inquietante. Non si sentivano suoni di nessun genere, niente voci, niente passi, niente pianti, nessun tuono… nulla. Il vuoto di quel nuovo mondo era terribile, la terrorizzava. Le immagini di quei mostri avevano inquietato i suoi sogni da quando aveva poggiato la testa su quel cuscino e non l’aveva più mossa.
Si tirò su a sedere, guardandosi attorno. Man mano che gli occhi si abituarono colse sempre più ciò che la circondava. La finestra era ancora bloccata dalle assi di legno, l’unica luce proveniva dalla candela sul comodino, che dava alla stanza un aspetto sinistro quanto accogliente. Immaginò che la paura che provava nel profondo del suo cuore dipendesse ancora dallo spavento che si era presa nel vedere quelle creature.
Rise tra sé, amaramente. La grande Heather, colei che non aveva timore di nulla, che anziché lo incuteva il timore, aveva provato per la prima volta il terrore vero. Ricordava di aver delirato per giorni, mentre dormiva, e ricordava di aver sentito la voce ci Alejandro dire:
<< Ha la febbre, sta male. >>
La voce di lui era preoccupata, la poteva ancora sentire nella sua mente. Mal aveva replicato con un grugnito ed aveva detto al latino-americano di essere spaventato.
<< Pure Zoey sta male >> aveva detto, sospirando. Ma ciò era tutto quello che Heather ricordava del tempo che aveva trascorso dormiente e malata su quel letto.
Scostò le coperte e notò, alla luce aranciata della fiamma viva della candela, che i suoi vestiti non erano quelli con cui si era rifugiata in quel letto. “Sarà stato Alejandro” pensò tra sé, poggiando a terra i piedi. Non le importava, anzi, il ragazzo si era preoccupato per lei, si era occupato di lei. “Cosa molto strana conoscendolo” pensò tra sé con un sorriso. Si, era alquanto strano, eppure non poteva che sentirsi orgogliosa e piena d’amore nei suoi confronti. Lui non era così cattivo come voleva far vedere, così come non lo era lei. La loro era soltanto una corazza in cui si erano avvolti, che permetteva loro di proteggersi dal dolore che già avevano provato e non volevano riaffrontare.
Si alzò in piedi, instabile sulle gambe. Era passato talmente tanto tempo dall’ultima volta che aveva camminato, in cui semplicemente aveva fatto qualcosa, che temeva di essersi dimenticata le basilari conoscenze di vita. Dovette poggiare la mano destra al materasso, piegandosi. Sentì i muscoli tirare, per troppo tempo rimasti immobili ed un’espressione piena di dolore distorse il suo viso.
Piano piano, lentamente, riprese a camminare, fino ad arrivare alla porta, a cui si poggiò. Il legno liscio e lucido era freddo contro la pelle chiara della sua fronte, i capelli neri che le circondavano il capo, lunghissimi, invece le facevano caldo. Le ciocche sfioravano le sue spalle nude, non coperte dalle spalline della canotta marrone, e le facevano il solletico. Ma Heather ignorò tutto. Con una forza incredibile, scattò, aprì la porta ed uscì fuori della stanza. Il corridoio era talmente buio che i suoi occhi neri ci misero qualche secondo ad abituarsi. Continuò a camminare imperterrita fino a raggiungere le scale.
La casa era silenziosa come non mai, sembrava essere completamente sola. Dove erano finiti tutti? Si voltò ed invece di scendere gli scalini raggiunse la porta della stanza di Zoey e Mal, la aprì ed il suo cuore saltò un battito quando dentro non vide nessuno, aguzzando la vista. Facendosi forza la richiuse e cominciò a scendere le scale, stringendo la mano sinistra sul corrimano di legno.
Continuò senza fermarsi finché non giunse in cucina, dove tirò un sospiro di sollievo, trovando tutti i suoi amici. Erano seduti a tavola, gli occhi bassi ed i volti vuoti, senza espressioni. Sembrava stessero aspettando qualcuno, o qualcosa.
<< Heather! Chica! >> Scattò in piedi Alejandro e correndo da lei, che sorrise nel vedere i suoi occhi verdi di nuovo espressivi e pieni di felicità. << Scusa se non mi hai trovato con te quando ti sei svegliata, ma… >>
<< Ho voluto che tutti ci riunissimo qui >> lo interruppe Magda freddamente. La donna teneva le mani una stretta nell’altra, davanti al viso, i gomiti poggiati sulla superficie del tavolo. Indossava una maglia di lana blu che le donava molto, i capelli biondi sciolti intorno al viso.
<< Per cosa? >> Domandò guardandola negli occhi, mentre Alejandro le passava un braccio attorno al fianco a la stringeva a sé sorridendo.
<< Non possiamo più rimanere qui, siamo in pericolo. >>
<< Pericolo? >> Scattò lei, allarmata. << Cosa è successo? >>
Fu Zoey a risponderle, << Quelle creature… >> aveva la voce rotta dal pianto, << Stanno diventando più forti. Ne stanno arrivando troppe, tra un po’ saremo sommersi. >>
<< No! >> trasalì, ed Al la portò al tavolo. Si sedette sulla sedia e la strinse a sé, mentre lei si poggiava sulle sue gambe forti.
<< Stavamo decidendo il da farsi, o meglio, volevamo deciderlo. >> Intervenne Dakota. << Ma pensare a… tutto quello che sta accadendo… >>
<< È terribile >> disse Sam, sorridendo triste e stringendo a sé la ragazza.
<< Cosa avete intenzione di fare? >>
<< Beh, non possiamo più rimanere qui, rischiamo troppo. >>
<< E cosa facciamo? >> ripeté lei ostinata. Non poteva essere tutto finito, non aveva intenzione di farsi prendere da quelle cose, no, mai. La sua vita non sarebbe finita in quel modo.
<< Sono rimasta per giorni appostata, ad osservare quelle creature, a capire il loro comportamento >> le rispose Magda, guardandola negli occhi. Il suo spirito da guerriera si faceva vedere, ora Heather capiva come mai la donna era stata una grande agente seppur fosse stata così giovane.
<< E? >>
<< Ho scoperto che nelle prime ore dell’alba, quando il sole si alza, sono meno forti. Anche se i raggi non possono attraversare lo spesso strato di nubi del ciclone, quei mostri si indeboliscono. >>
Heather annuì silenziosa, poi disse: << Quando partiamo? >>
Magda la guardò, << L’alba ci sarà tra sei ore >> disse lanciando un’occhiata all’orologio che portava al polso, l’unico ancora funzionante.
<< Partiremo >> replicò con voce sicura la ragazza.
<< Ma chica, ti sei appena svegliata, non hai le forze per… >> cominciò Alejandro, ma lei lo bloccò.
<< Al, se resteremo qui per un’altra giornata, può darsi che non ce la faremo a sopravvivere. >>
<< Ha ragione, Alejandro. Stanno diventando sempre più, convergono verso di noi. >>
Il ragazzo parve pensarci su, << Sei sicura di potercela fare? >>
<< Si >> assicurò lei, << sono solo un po’ instabile sulle gambe, ma ho sei ore per allenarmi. >>
<< Giusto >> Magda le sorrise come avrebbe fatto una madre, orgogliosa della figlia, << ma prima di tutto, devi mettere qualcosa sotto i denti. >>
 
<< Spero sul serio che vada tutto bene >> sospirò preoccupata.
<< Vedrai, andrà tutto bene >> la rassicurò lui, sorridendole mentre afferrava una maglia da sopra il letto per piegarla.
<< Come fai ad essere così positivo? Proprio tu poi >> sbuffò la rossa.
<< Non lo sono affatto, ma lo dico così che tu non scleri completamente, perché Zoey, sul serio, non ci serve un’altra pazza. >>
<< Un’altra pazza? >> lo squadrò con un’occhiataccia, poggiandosi i pugni chiusi ai fianchi stretti.
<< Si, ci basta Heather >> Mal scoppiò a ridere e lei scosse la testa. A volte era proprio stupido.
Dopodiché continuarono in silenzio a piegare e far entrare negli zaini quante più cose potevano. Sistemarono sul fondo i vestiti, alcune maglie a maniche lunghe e calde ed alcuni pantaloni che Magda era riuscita a trovare in alcuni scatoloni. I nonni di Zoey, da giovani, avevano posseduto un negozio di vestiario, e gli indumenti che non avevano venduto li avevano tenuti in casa come ricordo di quel passato lontano.
<< Questi vestiti fanno schifo, ma almeno sono della nostra taglia >> disse Mal. Negli scatoloni avevano trovato anche qualche indumento moderno, ma erano pochi e se li erano dovuti spartire tra loro.
<< Si, ma almeno ce ne sono di decenti, no? >> rise la ragazza.
<< Tu stai zitta, che a te sta bene ogni cosa, soprattutto quelle specie di cose anni cinquanta piene di fiori. >>
<< Ehi, i fiori sono belli! >>
<< Si, ma a tutto c’è un limite >> replicò lui e la rossa mise il broncio, cosa che lo fece scoppiare a ridere. << Va bene… e se ti dicessi che tu sei molto carina con anche uno qualsiasi di quegli abiti? Mi perdoneresti? >>
<< Sono carina? >> chiese lei, guardandolo con gli occhi marroni spalancati.
Mal scoppiò a ridere di gusto, << Si, lo sei >> non fece nemmeno in tempo a finire la frase che si ritrovò Zoey tra le braccia.
<< Vedi che se vuoi sei gentile? >>
<< Si, ed è solo merito tuo. >>
 
<< Chica >> la chiamò Alejandro, ed Heather voltò il capo per guardarlo, con un sorriso. La sua voce era calda e gentile, lei sapeva che in quel momento lui era felice di vederla sveglia ed in perfetta salute. << Mi hai fatto spaventare. Non farlo mai più, ci siamo intesi? >>
Si avvicinò a lei con un sorriso stampato sul viso e la circondò con le sue braccia forti.
<< Scusami, Al >> disse lei, stringendolo forte a sé, le labbra poggiate contro la spalla di lui.
<< Ehi >> il ragazzo si scostò, << tu che chiedi scusa? >> Inarcò un sopracciglio. << Si, è proprio la fine del mondo. >>
<< Stupido >> disse lei colpendolo alla spalla, cosa che lo fece scoppiare a ridere. Heather scosse la testa, alzando gli occhi al cielo.
Per il resto del tempo rimasero in silenzio, sistemando le loro cose negli zaini, prima i vestiti e sopra quante più bottiglie d’acqua o bevande potevano e quanto più cibo riuscirono.
<< Al >> lo chiamò poi, e si guardarono.
<< Si? >> ora era serio, forse per il modo in cui lei aveva parlato.
<< Mi sei mancato nel tempo che sono rimasta svenuta, febbricitante. Sognavo di quelle creature, che ci prendevano e ti perdevo… >> abbassò lo sguardo. << È stato orribile. >>
<< Ehi >> disse lui raggiungendola e posandole un dito sotto il mento. Le alzò il viso, in modo che i loro occhi potessero incontrarsi, verdi e neri. << Non succederà. Quei mostri non prenderanno nessuno dei due, perché io non ho intenzione di lasciarti, chica. >> Fece una pausa, << E se mai dovessimo perderci, dividerci, sappi che io muoverò mari e monti per trovarti, perché io ti amo, Heather, e niente mi fermerà o mi impedirà di svolgere il mio ruolo e proteggerti. >>

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Capitolo 38
*** Mad without you (The fear) ***


Si trovavano fuori, la terra veniva colpita a tratti da gocce fredde di pioggia. Il temporale pareva essersi calmato ormai da almeno due settimane e da allora il vero problema non era più stato il ciclone, bensì quelle strane creature che avevano cominciato a comparire dappertutto, parendo comparire dal nulla. Li avevano costretti ad abbandonare il loro rifugio, il cavò della banca ed a farsi strada tra quei corpi scheletrici. I denti acuminati e taglienti, bianchissimi, di quegli esseri avevano tentato di mordere la loro carne, di affondare il loro terribile volto nel loro sangue, ma non ci erano riusciti, o almeno questo valeva per Izzy, Noah, Mattew e Cameron. Per Elisabeth non c’era stato scampo. La rossa poteva ancora vedere la scena, quando chiudeva gli occhi e tentava di addormentarsi.
Faceva freddo, molto freddo, e lei si stava stringendo contro Noah, che la teneva tra le braccia e le sussurrava parole dolci per tranquillizzarla. D’un tratto le porte del cavò si aprirono e quelle creature entrarono dentro a gruppi di quattro, andando dritte da loro. Mattew aveva capitanato ognuno di loro, facendosi avanti e colpendo gli scheletri a destra e a manca con il grande coltello da macellaio che aveva trovato in una macelleria abbandonata a se stessa. Affondava la lama nel petto e nella testa di quegli esseri con una forza tale da tagliare in due le ossa con uno schiocco secco. Voleva proteggere tutti loro, soprattutto Elisabeth, la ragazza che conosceva da tutta la vita e di cui chiaramente era innamorato. Poco importava che lei avesse scelto Cameron, che non si interessasse minimamente a lui, Mattew voleva proteggerla, ad ogni costo. Ma anche con tutti i suoi sforzi, non riuscì a salvarla. La abbandonarono lì, mentre tutti quegli scheletri convergevano verso di lei e si chinavano sul suo corpo colto da spasmi.
Izzy rabbrividì. Erano ormai giorni che camminavano, avevano trovato due tende da camping in un negozio, e da allora si erano diretti verso i confini di Seattle. In quel momento si trovavano in una grande foresta. Non avevano idea di come ci fossero arrivati, nelle mappe non c’era alcun accenno a quel luogo, ed immaginarono c’entrassero qualcosa quegli strani eventi che ultimamente avevano sconvolto ogni cosa.
<< Ehi, Iz, tutto bene? >> Le chiese Noah sedendole accanto. Erano seduti fuori, le schiene poggiate contro i tronchi rotondi sistemati a terra in cerchio.
La rossa prese a sfiorare con le dita la manica del maglione di lana bianco che indossava. Faceva freddo come non mai, sembrava inverno pieno, e la luce che circondava quel mondo era marrone dalle sfumature dorate, come se il sole  del tramonto si nascondesse eternamente dietro spesse nuvole color fango. Quando giungeva la notte, tutto diventava buio, nero, e quelle creature comparivano da ogni parte. Solo in quella foresta, in quel preciso spiazzo, pareva non esserci nessuno di quegli scheletri assassini.
Lei lo guardò, gli occhi ora profondi e pieni di dolore. Non sarebbe più stata la ragazza pazza, quella che faceva le cose più stupide e pericolose solo per divertimento. No, quei tempi erano finiti, ora era nata in lei una nuova Iz, più intelligente, più seria e meno irresponsabile. Dal suo comportamento ora poteva dipendere la vita di Noah, e lei non avrebbe potuto sopportare di vederlo ridotto come Elisabeth.
<< Ho paura >> disse annuendo piano tra sé, << e sto pensando. >>
<< A cosa? >> Chiese la voce distante di Mattew. Era seduto anche lui davanti al piccolo fuoco che li stava scaldando ed illuminava il bel volto di Izzy. “Sembra così diversa”, pensò Noah.
Il ragazzo dalla zazzera castana stava sbucciando una mela con un piccolo coltellino.
<< Cosa credete abbia provocato questa catastrofe? >> mosse in tondo l’indice della mano sinistra, alzato in aria. Puntò lo sguardo sulle alte cime degli alberi.
<< Intendi questa specie di apocalisse? >> Intervenne Cameron con voce intelligente. Non aveva perso il suo spirito intellettuale, nemmeno con tutto ciò che era successo loro, nemmeno dopo la perdita di Elisabeth.
<< Si. Cosa credete l’abbia causata? E perché l’esercito o il governo non fanno niente? >>
<< Si saranno rintanati in un bel bunker sotterraneo a bere caffè e mangiare biscottini >> replicò acidamente Mattew, senza traccia di vita nella voce. Iz poteva udire solo odio nelle sue parole.
<< Io penso sia stato causato dalle stesse persone che non intervengono, in questo casino >> disse Noah, stringendo la mano di Izzy nella sua.
<< Dici che è stato il governo? >> Chiese Cameron.
<< Oh, andiamo, teoria del complotto? Si, sono stati i ministri e tutto il governo, con a capo il presidente a creare tutto questo caos, Noah. >>
<< Ehi, tu hai chiesto cosa ne pensiamo noi ed io ti ho risposto >> il ragazzo alzò le spalle con fare indifferente. << Questo è ciò che penso. >>
Poi, calò il silenzio.
<< Credete… >> intervenne di nuovo lei dopo qualche minuto. << Credete che quelle cose prima fossero persone come noi? >>
<< Secondo me si >> disse Cameron, con voce grave. << Sembra un fac-simile di un’apocalisse zombie, solo che qui, invece di cadaveri ambulanti che mangiano cervelli abbiamo scheletri ambulanti che ti mordono finché non ti dissangui e muori tra atroci sofferenze. >>
Izzy rabbrividì, << È orribile. >>
<< Già, lo è >> annuì il ragazzo minuto, mentre teneva strette contro il petto le gambe ossute. << Lo è. >>
 
Izzy e Noah erano distesi uno di fianco all’altra nella loro tenda, la mano di lui poggiata sul fianco di lei, le labbra di entrambi a pochi centimetri di distanza le une dalle altre. Lei poteva sentire il suo respiro calmo e regolare, poteva udire il battito del cuore di lui nel silenzio di quella foresta, al ritmo con il proprio.
<< Noah? >> lo chiamò sottovoce, come se avesse paura che qualcuno o qualcosa potesse sentirla ma dovesse per forza udire la voce di lui da rischiare il tutto per tutto.
<< Che c’è, Iz? >> chiese lui con voce assonnata.
<< Dormivi? >>
<< Quasi >> sbadigliò e Izzy sorrise. Anche in quella tenebra così profonda poteva vedere il suo viso così bello. Il cuore di lei saltò un battito, Noah le sembrava diverso dagli altri, anche se non ne capiva il motivo preciso, e lei ne era perdutamente innamorata.
<< Ti dispiace se ti ho quasi-svegliato? >>
<< No, tranquilla >> la rassicurò lui, << dovevi dirmi qualcosa? >>
<< No… >> sussurrò di risposta, per poi chinarsi in avanti e posare le labbra su quelle del ragazzo, che rispose immediatamente.
<< Sai, Iz, sono contento di essere qui con te, sei l’unica cosa che mi evita di impazzire >> disse poi posando la mano sinistra sulla guancia di lei, carezzandola piano. << Non so cosa potrebbe accadermi se mai ti perdessi. >>
 
Aspettavano. In silenzio. Non si udivano rumori, solo il fruscio delle foglie degli alberi spostate dal vento gelido di quella notte solitaria. Le creature non si vedevano, ed il gruppo attendeva con impazienza l’arrivo dell’alba, il momento della svolta che avrebbe determinato se la fine delle loro vite era arrivata.
Zoey e Mal si lanciavano occhiate piene di significato, parevano parlare con la mente, come fossero stati legati da un filo, invisibile agli occhi dei compagni, ma che però li univa in un legame indissolubile. Lei aveva paura, era ansiosa, e lui tentava di tranquillizzarla per quanto poteva, anche se provava le stesse emozioni. Si stringevano la mano per darsi forza a vicenda, così come Heather ed Alejandro. La ragazza era seduta sulle gambe del ragazzo, che la stringeva forte, con gli occhi chiusi. Voleva imprimere quel momento per sempre nella sua memoria, così anche quando si sarebbero trovati impantanati nella disperazione e la speranza fosse scomparsa, nel suo cuore ci sarebbe stato un posto felice in cui rifugiarsi.
Dakota e Sam invece… beh, loro non facevano altro che “mangiarsi” il viso a vicenda, o almeno, questo era ciò che sembrava a Zoey, che ogni tanto lanciava loro delle occhiate piene di disgusto. “Ma che si diano un contegno!”
Magda era silenziosa come non mai, pareva una statua, perfetta, bellissima e fredda come marmo. Con sé aveva un vero e proprio arsenale di armi: coltelli di ogni dimensione e dalla lama più diversa erano legati a cintole nere elasticizzate che circondavano tutto il suo corpo.
Anche i ragazzi tenevano in mano dei coltelli, affilati e pericolosi. Dovevano essere pronti a tutto. La loro vita dipendeva da ciò che sarebbe successo nelle ore seguenti, dipendeva dalle loro abilità e dalla loro intelligenza. Dovevano essere prudenti ed attenti, dovevano incanalare la paura ed usarla come una spinta verso la vittoria.
Oh, ma non sapevano che sarebbe stato un disastro, la fine di tutto, per almeno una tra di loro.

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Capitolo 39
*** We will stay togheter ***


Fuori faceva freddo. Questo era tutto ciò che Dakota riusciva a pensare, avvolta nel maglione di lana bianco, che seppur fosse pesante non impediva al vento gelido di colpirla e di farle gelare il sangue nelle vene. Il suo viso veniva sfiorato dalle congelanti raffiche simili a baci, che le alzavano i capelli nell’aria.
Si stavano muovendo lentamente, tutti insieme. Magda era in testa, li guidava con il suo istinto, pronta ad ogni evenienza, pronta a difenderli. Seguiva Mal, che teneva per mano Zoey, poi c’era Sam e subito dopo lei. Dietro Dakota avanzavano piano anche Heather ed Alejandro, in quest’ordine.
Il latino-americano e l’asiatica si lanciavano occhiate piene di significato, sembravano volersi dire con gli occhi: << Io sono qui, non aver paura >> oppure << Ti sono vicino >> o ancora, << Ti amo >>.
Heather aveva paura, sentiva lo stomaco torcersi e ritorcersi, come a formare un labirinto. Sentiva la gola stretta in una morsa, mentre il cuore le batteva forte, e si preparava a rigettare la colazione da un momento all’altro. Temeva che tutto potesse andare storto, perché ciò le diceva l’istinto. Aveva paura di rischiare di perdere Alejandro, anche con la dolcissima promessa che lui le aveva fatto: avrebbe attraversato mari e monti per trovarla di nuovo, non si sarebbe arreso, mai.
Diede una forte stretta alla mano di lui, che rispose di rimando allo stesso modo. Sorrisero entrambi, sapevano di essere vicini l’uno all’altra, che nemmeno il destino avrebbe potuto dividerli, quando si udì un rumore.
<< Cos’è stato? >> Scattò la voce di Zoey. Sussurrò con un tono pieno di paura, mentre il suo capo andava veloce a destra e a sinistra, spaventata come non mai. Cosa era successo al mondo? Da quando quella fatidica notte, lei aveva cominciato a provare pietà per Mal, tutto aveva cominciato ad andare in pezzi. Beh, tutto a parte il loro amore.
<< Non… >> cominciò Magda, ma fu interrotta da un altro rumore simile al precedente. Sembravano rami secchi che venivano spezzati, come se qualcuno li avesse calpestati. La donna stava cominciando a temere di aver commesso un grave errore ad averli portati fuori di lì, ma sicuramente non avrebbero potuto restare in quella casa molto a lungo, quelle creature stavano convergendo verso di loro, e lei non poteva permettere che i suoi protetti morissero. Avrebbe voluto voltarsi e tornare indietro, ma la casa ormai era lontana, camminavano da un po’, e tutta quella fitta boscaglia comparsa dal nulla non li stava aiutando di certo.
Il rumore si ripeté per la terza volta, e tutto il gruppo capì che non era una coincidenza.
Poi, il suono cominciò a ripetersi e a ripetersi e a ripetersi come in un loop temporale.
<< Oh no >> disse Heather stringendosi contro Alejandro, alla ricerca di conforto, mentre le lacrime cominciavano a scenderle dagli occhi, giù sulle guance e lungo il collo. Le gocce bruciavano sulla pelle come fuoco vivo.
<< Dio, no >> commentò Zoey.
<< Siamo… >> Magda era senza parole.
<< Brava, ci hai portati in una trappola! >> disse Dakota, la voce piena di rabbia.
Erano circondati.
Dal folto delle foglie della foresta comparvero quelle creature orribili, scheletriche, alle cui ossa, spugnose e dal colore tendente al marroncino, piene di puntini, erano attaccati ancora pezzi marciti di carne. Pendevano ed alcuni sanguinavano, come se fossero morti da poco.
<< Smettila, Dakota, pensi che l’abbia forse fatto di proposito?! >> replicò Magda furiosa, mentre si avvicinavano gli uni agli altri, le schiene poggiate le une contro le altre, le armi pronte e strette nelle mani sudate per l’ansia e la paura.
Dakota non le rispose, si limitò a voltarsi alla sua sinistra e a baciare Sam sulle labbra, senza dargli una spiegazione. Magda aveva commesso quel grande errore, ma lei non si sarebbe arresa, avrebbe combattuto, avrebbe protetto Sam in ogni modo possibile.
<< State pronti! >> Urlò la donna dalla cascata di capelli biondi e dagli occhi blu come il mare tempestoso. Tutti seguirono il suo comando, anche Dakota, che in quel momento era furiosa con le più che mai.
Le creature cominciarono ad avanzare verso di loro, sempre più vicine ogni secondo che passava, e senza farselo dire una seconda volta, tutti scattarono all’unisono in avanti, affondando i coltelli a destra e a manca nei petti, dove la piccola chiazza di pelle restava intatta, ed alle teste di quegli esseri scheletrici.
Presto cominciarono ad affluirne su di loro sempre più, finché non ne furono sommersi.
Heather era intenta ad estrarre il coltello rimasto incastrato nel petto di uno scheletro morto, quando un altro le comparve alle spalle, e se non fosse stato per Alejandro, comparso dal nulla, non si sarebbe salvata. Con un colpo secco gli staccò la testa, il corpo cadde a terra ed il cranio continuò a muoversi al terreno, come colto da spasmi incontrollabili.
I due, nella calca di quella guerra incredibile, si guardarono. D’un tratto, i suoni scomparvero, esistevano solo loro due e nessun’altro.
<< Ti avevo perso di vista >> commentò lei, con il fiatone, colpendo ed uccidendo sul colpo uno scheletro senza nemmeno voltarsi.
<< Oh no, chica, non ti liberi così facilmente di me. Se vogliono portarti lontano, devono fare di meglio >> scoppiò a ridere, euforico, quando si poggiarono schiena contro schiena e diventarono una vera e propria macchina da combattimento.
Per Zoey e Mal invece, la situazione non era delle migliori. Vedevano affluire sempre più scheletri, e se fossero rimasti lì, tra non molto li avrebbero sopraffatti. Mal non avrebbe permesso che quelle creature facessero del male alla sua Zoey.
<< Magda! >> Urlò, e la donna gli lanciò un’occhiata. << Ne stanno comparendo sempre di più! Dobbiamo allontanarci! >>
<< Va bene! Heather, Al, andiamocene! Facciamoci strada tra la calca! >> i due annuirono ed insieme alla donna avanzarono verso i due amici.
Dakota e Sam invece, erano accerchiati da tutte le parti. Poggiati schiena contro schiena, facevano deboli affondi ed ogni volta rischiavano di perdere i coltelli affilati che tenevano in mano. La ragazza non si accorse nemmeno di ciò che accadde, era tutto così surreale, tutto così precipitoso.
<< Dakota! >> Urlò Zoey, ed i ragazzi si voltarono. I loro compagni fecero loro segno di seguirli, mentre combattevano con quelle creature scheletriche e mostruose. Dakota afferrò Sam ed insieme si fecero strada.
Stava correndo quando inciampò e perse l’equilibro, cadendo a terra. Perse la presa su Sam, che fu afferrato da uno scheletro e tirato indietro tra la calca. Quando Dakota si alzò, cominciò a tirare fendenti a destra e a manca, ma per il suo ragazzo ormai era troppo tardi. Quando riuscì ad aprirsi uno spiraglio tra gli scheletri, vide che il giovane era a terra disteso, pieno di morsi, mentre altre creature si chinavano verso di lui. Il collo, la maglia e la pelle del viso erano imbrattate di sangue, del suo sangue, e Dakota lanciò un urlo.
Magda scattò verso di lei, l’afferrò e la portò indietro con sé, mentre Heather, Al, Zoey e Mal li aspettavano, già con un passo dentro la foresta. Tutti gli scheletri venivano attirati verso il corpo di Sam dall’inebriante profumo del suo sangue.
<< No! >> urlò la ragazza dai lunghi capelli biondi, ma Magda non l’ascoltò, portandola con sé. << Nooo! Lasciami andare! >> continuò a scalciare, cercando di liberarsi e correre verso il corpo di Sam.
<< Smettila, Dakota >> replicò l’altra, senza lasciare la presa.
<< Nooo! Saaam! >> le lacrime cominciarono a scenderle calde sulle guance dalla pelle abbronzata che in quel momento stavano cominciando a diventare cineree.
Quando raggiunsero i membri del gruppo, Al e Mal la afferrarono e la portarono con sé, tra i suoi urli ed il suo scalciare. Non la lasciarono un secondo, nemmeno quando si trovarono a diversi metri di distanza, avvolti dalla foresta, al sicuro dal morso fatale di quelle creature demoniache.
 
Izzy fu la prima a sentirne il rumore. Scattò in piedi, e subito dopo di lei, i suoi compagni, preoccupati per il suono di quei passi tra il folto del bosco, di rami spezzati e di passi.
<< Dici che sono quegli scheletri? >> le sussurrò Noah, preoccupato, e lei si limitò a lanciargli un’occhiata. Faceva molta fatica a trattenersi, a non comportarsi d’avventata e saltare tra le foglie per fermare coloro che si stavano dirigendo verso l’accampamento. Era preoccupata, avevano trovato finalmente un posto sicuro in cui passare la notte, magari qualche tempo in più, ed ora, ecco che comparivano quei dannati scheletri.
<< Tenetevi pronti >> replicò Mattew, mettendosi in posizione, un coltello da cucina affilato stretto nella mano destra ed un luccichio spiritato negli occhi. In risposta, tutti annuirono, restando a guardare le grandi foglie che nascondevano loro la visuale sul nemico. Da quella direzione proveniva un gran rumore di passi, alcuni strascicati, e poi, si cominciò a udire una voce, proprio quando i sette sbucarono scostando le foglie. Il gruppo sarebbe saltato loro addosso se Cameron non avesse urlato: << Zoey! >> e Izzy e Noah non si fossero lanciati in urla di esultanza:
<< Alejandro! >> urlò Izzy felice.
<< Heather! >> le fece eco il ragazzo, per poi guardare la compagna e strabuzzare gli occhi. << No, aspetta, perché sono felice? È Heather, diamine! >>
La rossa scoppiò a ridere, per poi scattare verso l’asiatica e travolgerla in un abbraccio, alla quale l’altra non si sottrasse, anzi, la strinse forte ed affondò il viso nei ricci della giovane.
<< Non ci posso credere, Izzy, Noah! >> urlò quando si scostò, felice, per poi subito essere interrotta dall’urlo di Dakota.
<< Lasciatemi, lasciatemi andare! >>
<< No, non puoi tornare indietro, lo sai >> affermò freddo Mal, sicuro di sé.
<< M…Mike? >> Domandò Cameron, ma l’altro scosse la testa.
<< Sono Mal, Mike non tornerà >> replicò, e quando vide l’occhiata cattiva che il ragazzo basso gli lanciò aggiunse: << Ma ora non è importante. Siamo stati attaccati da uno stormo di scheletri. Non ci hanno seguiti per fortuna, ma non credo che resteremo a lungo al sicuro se rimaniamo qui, tanto per avvertirvi. >>
Zoey intervenne: << Siete le prime persone che vediamo da un sacco di tempo. >>
<< Come mai urlava? >> domandò Mattew indicando Dakota, che si dimenava come una pazza nella stretta di Alejandro e Mal.
<< Saaaam! >> Il grido era disperato e straziante, così come lo era il cuore di lei, infranto in mille pezzi nello stesso istante in cui i suoi occhi ebbero intercettato l’orribile vista del corpo di Sam, pieno di sangue.
<< Sam >> replicò semplicemente Mal, con aria grave.
<< Cosa è successo a Sam? >> Domandò Cameron, preoccupato.
<< Nooo! >>
<< Gli scheletri >> cominciò il ragazzo, tra un grido e l’altro di Dakota, << lo hanno preso. >>
<< Anche a noi è successo >> commentò Mattew.
<< Vi hanno morso? >> Indagò Magda, che i quattro guardarono con occhi confusi.
<< Chi è lei? >> chiese Cameron.
<< Una nostra amica, non importa, rispondete >> replicò Heather, stringendo un pezzetto di tessuto dei pantaloni di Alejandro per farsi forza in quell’orribile situazione.
<< No, non ci hanno morso, ma hanno divorato la mia… >>
<< La sua migliore amica >> finì Izzy per lui, guardando il giovane mentre teneva il capo abbassato, i lunghi capelli castani a incorniciargli il viso.
<< Mi dispiace >> disse Mal nel momento stesso in cui Dakota sgusciò via dalla presa sua e di Al. I due tentarono di afferrarla, pensando che volesse tornare indietro, nella direzione da cui erano giunti, ma stupendosi quando la bionda corse tra le braccia di Mattew, che la guardò sconvolto, per poi sospirare e stringere le braccia attorno a lei, in un segno di solidarietà. Entrambi avevano perso qualcuno a loro molto caro, e potevano capirsi a vicenda. Era la peggior morte che si potesse augurare a qualcuno, o almeno, la pensavano tutti e due, in quel nuovo modo.
<< Sentite, siamo felici di vedervi, ma sul serio, dobbiamo andarcene >> intervenne nuovamente Zoey e gli altri tre annuirono.
Iz, Noah, Cameron e Mattew, liberatosi di Dakota, che corse tra le braccia di Zoey, cominciarono a sistemare le loro cose nelle borse, a spegnere il fuoco e a chiudere le tende. Tutti e dieci insieme, si avviarono per un sentiero parallelo a quello da cui il gruppo di Magda era arrivato. Volevano allontanarsi, non volevano rischiare di perdere altre vite.
 
Gwen cercava inutilmente di chiudere occhio. Tentava con ogni forza di addormentarsi, di abbandonarsi al regno dei sogni e di lasciarsi trasportare in un universo privo di incubi che camminano e di dolore. Voleva dimenticare ciò che le era successo nelle ultime settimane, avrebbe dato tutto per trovarsi ancora nella sua stanza, che condivideva con Courtney, per svegliarsi e scoprire che era stato tutto un incubo, ma sapeva che in realtà ogni cosa che stava vivendo era vera.
Sospirò, rigirandosi nel sonno, distesa su quello scomodo divanetto tutto pieno di pezze cucite malamente e rovinate, sfilacciate e ruvide contro la pelle.
<< Ehi, tesoro, qualcosa non va? >> Chiese la voce di Duncan, e lei sorrise. Almeno, in quel mondo pieno di incubi vaganti, c’era qualcosa di cui non pentiva, o meglio, qualcuno. Duncan era al suo fianco e l’amava, e questo le bastava per rendere la sua vita un tantino migliore.
<< Non riesco a dormire >> commentò, la voce soffocata dal tessuto nero della maglia che le aveva dato Chris. Le aveva detto di averla trovata nell’armadio di una camera da letto di quella casa, probabilmente appartenuta ad un ragazzo con gusti simili a quelli di lei. La stoffa scura era profumata, sapeva di muschio e di pulito, le ricordava casa, la sua vera casa, e la madre. << Duncan? >>
<< Si? >>
<< Dici che sta bene mia madre? >>
<< Ehi, tua madre e tuo fratello sono due grandi, vedrai che saranno in salvo >> la rassicurò il ragazzo, e Gwen, sbirciandolo, sorrise. Era disteso a terra, sopra un grande lenzuolo bianco, il braccio sinistro piegato e poggiato dietro il capo. Era senza cuscino, Chris non ne aveva trovati, stranamente, ed a lei dispiaceva gli toccasse per forza dormire per terra.
<< Lo pensi sul serio? >>
<< Si >> rispose lui, portando gli occhi azzurri in quelli neri di lei, che gli sorrise per la seconda volta.
La dark si alzò dal divanetto per distendersi al fianco del giovane, che si voltò verso di lei e le poggiò una mano sul fianco destro. I loro volti erano l’uno a poca distanza dall’altro, ed i due si guardavano dritti negli occhi.
<< Ho paura, Gwen >> disse la voce di lui, rompendo il silenzio. La stanza era buia, la luce era soffusa e pallida, cosa che rendeva tutto ancor più sinistro, in quel mondo ostile ed estraneo.
Per la prima volta, Duncan Wilson aveva ammesso di provare paura.
<< Oh, il grande re dal cuore di pietra ha ammesso di provare un’emozione così semplice e naturale come la paura! >> Gwen fece finta di essere colpita, e lui fece un sorrisetto sghembo e sbruffone, per poi ritornare serio.
<< Sul serio, Gwendoline, ho paura. Paura di perderti e di non riuscire a proteggerti. >>
<< Non succederà >> ora toccava a lei rassicurare lui. Cominciò a sfiorare i suoi capelli neri e verdi, per poi avvicinare le labbra alle sue, un sorriso dolce le illuminava il viso. << Vedrai. >>
<< Dici? >> distorse il viso in un’espressione preoccupata, per poi scoppiare a ridere.
<< Dico >> replicò ridendo lei, per poi allungarsi verso il ragazzo e posare le labbra rosa su quelle di lui.
 
Courtney, Dawn e Scott correvano sotto la pioggia. Cadeva lentamente e quando toccava la loro pelle, brividi congelati correvano loro nelle vene. Si erano visti costretti a correre via da quel seminterrato, quando una dopo l’altra le persone che si trovavano lì con loro avevano cominciato a morire e a risvegliarsi sotto forma di strane creature.
<< Di la! >> Urlò Courtney, mentre stringeva la mano destra del ragazzo, che a sua volta stringeva quella destra di Dawn.
<< Sei sicura? >> chiese la bionda, e l’ispanica si sporse per guardarla.
<< Si, ne sono sicura >> era convinta, annuì, e l’altra fece un cenno d’assenso.
<< Andiamo di la allora! >>
A Courtney non importava più nulla della rivalità che nelle settimane passate l’aveva animata, della forte gelosia che aveva provato nei confronti di Dawn, soprattutto perché Scott, non appena l’inferno era cominciato, era andato a cercare lei. Lei, non la bionda svampita. E poi, in quel mondo non c’era posto per sentimenti come la gelosia, la rabbia o l’odio. Quelle cose andavano combattute, e non c’era tempo da perdere con guerre intestine.
I tre si avviarono verso la direzione indicata da Courtney, correndo, allontanandosi sempre di più dal condominio ormai abbandonato a se stesso. Correvano verso la salvezza, alla quale, l’ispanica era convinta, sarebbero giunti tutti e tre, insieme.

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Capitolo 40
*** Changing team ***


I due gruppi, ora uniti in uno solo, continuarono la loro fuga. Dopo la trappola in cui erano caduti Magda e gli altri, nessuno di loro incontrò più quelle orribili creature: parevano scomparse nel nulla, ma ciò non li rassicurava affatto. La paura che tutto potesse ripetersi era viva in loro e bruciava i loro animi, faceva battere veloci i loro cuori ed attorcigliare i loro stomaci vuoti. Camminavano da un po’ quando decisero di fermarsi.
Seppur ora i dieci fossero tutti insieme, Magda manteneva il suo ruolo di capo, insieme ad Izzy, che si era imposta come leader. Non conosceva minimamente quella donna, ed anche se i suoi amici si fidavano, lei non se la sentiva di buttarsi a braccia aperte. Non le avrebbe permesso di gestire il suo gruppo. Poteva comandare a bacchetta Zoey, Mal, Heather, Alejandro e Dakota, ma Noah, Cameron e Mattew sarebbero dipesi da lei.
Fermi in un altro spiazzo, Izzy si sedette da parte, cominciando a sbucciare una mela che avevano trovato su un albero lungo il percorso. Era strano che un melo fosse cresciuto su quel territorio, ma a lei non importava, le bastava fosse cibo commestibile da mettere sotto i denti.
<< Iz >> la chiamò la voce di una ragazza, e quando alzò la testa vide Dakota. Era in piedi, le braccia strette al petto ed i lunghi capelli biondi sciolti ed alzati dal vento gelido.
<< Si? >>
<< Devo… chiederti una cosa >> si sedette davanti a lei, con le gambe incrociate. La rossa poteva vedere chiaramente negli occhi dell’altra la sofferenza bruciante causata dalla morte di Sam.
<< Parla pure >> abbassò di nuovo gli occhi e cominciò a sbucciare la mela con il suo coltello, quello che usavano per il cibo e non per uccidere gli scheletri. Si sarebbe ammalata, sarebbe morta e si sarebbe risvegliata come una di quelle creature se avesse mangiato quel sangue marcio.
<< Sai che in questo mondo nulla è sicuro, vero? Io l’ho imparato a mie spese, mentre Sam lo ha imparato al momento della sua morte… >>
Dato che Dakota si bloccò, Izzy la intimò a continuare: << Si, lo so. >>
<< Se succederà, per caso, che i nostri gruppi si divideranno >> alzò gli occhi ed incrociò quelli della rossa, che se ne stava poggiata con la schiena alla dura corteccia di un albero, << voglio poter venire con voi. >>
<< Con noi? Intendi con me, Mattew, Cameron e Noah? >>
<< Si >> annuì l’altra, decisa.
<< Perché? >> indagò Iz, socchiudendo gli occhi sospettosa.
<< Perché è soprattutto colpa di Magda se Sam è morto, ed io non voglio più trovarmi costretta a seguire i suoi ordini. Si è messa in testa così dal nulla che è il nostro capo, che io devo seguire i suoi ordini e non permettermi di contrastarla. Ed a me questo non va per niente bene. Non voglio più far parte del suo gruppo, tu sei un capo migliore, permettimi di salvarmi. >>
Le parole di Dakota colpirono Izzy nel profondo del cuore. Non sapeva che avrebbe fatto se Noah fosse morto nell’orribile modo in cui se ne era andato Sam.
<< Va bene >> assentì. << Non devi pregarmi, bastava me lo dicessi. Se vuoi far parte del mio gruppo, sei la benvenuta, Dakota. >>
<< Oh, e un’altra cosa >> si alzò e guardò dall’alto la giovane compagna.
<< Cosa? >> Izzy non solo non alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Dakota, ma cominciò ad addentare uno spicchio della mela.
<< Mi dispiacerebbe per Zoey. >>
<< Zoey? >> si informò Iz. << Cosa c’entra? >>
<< Zoey è mia amica, e vorrei potesse rimanere con me, invece che in quel gruppo guidato da una pazza assassina. >>
<< Qual è la tua idea? >> chiese allora la rossa con un sospiro.
<< Se capiterà che ci dovremo dividere per un imminente pericolo, se ci attaccheranno e dovremo scappare, se lei non ce la farà ad andarsene con loro, voglio che venga con noi. >>
 
Camminò e si sedette accanto al ragazzo, che se ne stava poggiato con la schiena contro una roccia. Poggiava i gomiti sulle ginocchia e nella mano destra stringeva un lungo machete dalla lama pericolosa ma priva di schizzi di sangue: passava molto tempo a curarsi di quell’arma, e l’aveva sempre con sé, come se fosse stata un’estensione del suo corpo.
<< Mattew >> lo chiamò piano, ma lui nemmeno si voltò, continuando a fissare davanti a sé la coppia che si scambiava baci e si abbracciava. Erano Zoey e Mal, e si poteva vedere chiaramente, dagli occhi vuoti e dall’espressione indifferente, oltre che dal modo in cui stringeva il machete, che Mattew provava odio nei loro confronti.
<< Cosa c’è? >> il modo con cui parlò era sbrigativo, irritato.
<< Novità? Hai fatto quel che ti ho detto? >>
<< Si, ho svolto il lavoro che mi hai detto di fare >> si voltò di scatto ed i loro occhi si incrociarono.
<< E allora? Qualche novità? >> intervenne quando si accorse che Mattew non aveva intenzione di continuare a parlare.
<< Si >> ritornò a guardare Zoey e Mal.
<< Che cosa hai scoperto? >> chiese sospirando, cavolo, quel ragazzo era impossibile!
<< Zoey e Mal dovrebbero prendersi una camera, Magda sembra una pazza fuori di testa, altamente pericolosa, Heather ed Alejandro invece se ne stanno sempre per conto loro. Dakota >> si voltò, << vuole cambiare squadra. >>
<< Lo so. >>
<< Lo sai? >>
<< Si. Altre novità? >>
<< Beh, Cameron guarda la coppietta-paradiso come se volesse fulminarli sul posto e Noah è sempre per i fatti suoi, sembra vivere in un mondo estraneo al nostro. In quanto a me, sono depresso come quando è morta la mia migliore amica e ragazza che amavo e tu… stai diventando un vero capo. >>
<< Grazie, ma questo non c’entra niente. Io ti avevo chiesto di stare attento a loro, non a noi. >>
<< Non costa niente stare attenti, Iz. E poi, io mi preoccuperei per Cameron, ho paura possa fare delle cazzate. È molto arrabbiato, anche se >> fece una pausa in cui scoppiò a ridere, << dato che è mingherlino e gracile quanto un paperotto io non penso potrebbe fare molti danni. Se ci attaccassero gli scheletri penso che nemmeno lo guarderebbero da quanto è ossuto e magro, sai che banchetto scadente? >> scoppiò a ridere cattivo, ed Iz si alzò e se ne andò, lasciandolo alla sua malignità da solo.
Quel che Izzy non sapeva era che Mattew assumeva di proposito quel comportamento, e che odiava a morte Cameron. Prima che Elisabeth morisse, la ragazza si era attaccata molto al giovane, ed aveva cominciato a provare qualcosa per lui, senza preoccuparsi dei sentimenti del suo migliore amico, anche se Mattew stesso dubitava del fatto che lei si fosse accorta di ciò che lui provava. Non avrebbero mai dovuto unirsi a quel gruppo, avrebbero dovuto lasciarli soli per la loro strada, avevano sbagliato.
<< Non do la colpa a loro >> mormorò tra sé e sé Mattew. “La colpa è soltanto mia, sono io il responsabile della morte di Elisabeth, e per questo non mi perdonerò mai.”
Voltò la testa alla sua sinistra, per perderlo tra gli alberi della foresta, e si sorprese quando vide Dakota andare a sedersi per conto suo su una grande pietra. Dietro di sé aveva solamente il buio della foresta, e se qualcuno di quegli esseri fosse spuntato, l’avrebbe azzannata senza tanti problemi, ma la giovane non pareva preoccuparsene. Gli ricordava molto Elisabeth, bionda, sicura di sé, alta,  incurante e per certi versi molto emotiva, ma c’erano degli aspetti in cui le due erano completamente diverse: Dakota non rideva, non sorrideva e non scherzava, pareva priva di emozioni quali la felicità o la gioia, e Mattew credeva anche di sapere il perché. Quei pensieri lo spinsero verso la ragazza sola, che non si accorse di lui finché non se lo trovò seduto accanto.
<< Cosa fai? >> Le chiese, e lei alzò piano gli occhi davanti a sé, senza guardarlo. Ricordava quando l’aveva abbracciato, e si chiedeva perché ora lui le parlasse. Che Izzy gli avesse raccontato dei suoi piani?
<< Sto pulendo, o meglio, cerco di pulire il mio coltello. >> Lo alzò davanti a sé stringendolo malamente nella mano destra, e quasi non le cadde a terra. << Ma… la lama non ne vuole sapere di pulirsi. >>
<< Perché non conosci il modo per pulirla bene >> rise piano lui. Si sconvolse, non credeva di riuscire più a ridere, la morte di Elisabeth lo aveva segnato nel profondo e per sempre, gli aveva inciso una profondissima ferita proprio al centro del cuore.
<< Beh, a parte che sinceramente >> Dakota scosse la testa, << non sono nemmeno capace di uccidere gli scheletri. Mi cade sempre il coltello e non riesco mai a fare centro. Forse… è per questo che Sam è morto. Certo, è colpa di Magda che ci ha fatti cadere in quella trappola, ma se io avessi saputo difendermi, difenderci, ora Sam sarebbe ancora vivo. >>
Mattew ne rimase impressionato, lei era come lui. << Non è colpa tua, è stata una serie sfortunata di eventi che ci hanno condotto qui >> le disse con un sorriso, ed il peso che gravava sul suo stesso cuore si sollevò di un tantino, lasciandoli tirare un sospiro. Certo, un sospiro amaro e pieno di sofferenza, ma pur sempre un sospiro.
<< Grazie, e… mi dispiace per Elisabeth, la tua amica. >>
Mattew era già in piedi e si stava allontanando quando Dakota parlò. Si voltò a guardarla, e lei gli sorrise piano. << Grazie, ed a me dispiace per Sam, è sempre brutto quando si perde qualcuno di importante per noi. >>
La ragazza, per tutta risposta, annuì, e lui le sorrise.
<< Ehi, Mattew? >> intervenne poi, quando lui stava per allontanarsi di nuovo.
<< Cosa? >>
<< Tu sai come si usa questa cosa? >> Alzò il coltello accanto a sé tenendolo per la punta del manico e guardandolo come se fosse qualcosa di estremamente schifoso. Mattew notò l’espressione di Dakota e scoppiò a ridere, per poi esordire in un:
<< Avanti, vieni con me. >>
 
<< Seguitemi >> sussurrò Courtney tentando di non fare troppo rumore. Mentre avanzava, teneva per mano Dawn, alla sua sinistra, e Scott, alla sua destra, per colpa del buio che era calato con l’arrivo della notte, anche se in quel nuovo mondo c’era una perenne e pesantissima tenebra. Copriva ogni cosa con il suo velo oscuro e tutto sembrava più sinistro di come era in realtà.
<< Attenta >> le disse Dawn, per poi spingerla sulla destra.
<< Ma cosa fai? >> Replicò l’altra, guardandola male, anche se in quel buio non si riusciva a vedere ad un palmo dal proprio naso. Pensandoci, se si fossero imbattuti in quelle strane e pericolose creature, sarebbe stato più sicuro per loro tenere strette in mano le proprie armi, ma appunto per colpa di quell’oscurità, rischiavano di farsi male l’un l’altro, cosa che Courtney cercava di evitare.
<< C’era un masso che è caduto… Ti saresti fatta male se non ti avessi spinto >> la voce di Dawn sprizzava innocenza e sincerità da tutte le parti, e per questo Court si poggiò la mano destra sulla fronte, lasciando quella di Scott.
Sospirò. << E come facevi a saperlo? >>
<< Io vedo. >> Rispose l’altra, e non sentendo più nessun commento da parte di Courtney aggiunse: << Grazie ai miei poteri. Posso vedere anche se c’è buio. >>
<< E allora perché non guidi tu invece di far fare la fatica a me? >>
<< Perché io ho paura >> la voce di lei sembrava quella di una bambina, e Court quasi cominciò a prendersi a manate sulla fronte.
<< E va bene, tranquilla >> disse circondandola quando la ragazza cominciò a singhiozzare piano. << Tutto okay. >>
<< Uhm… Ehi, ragazze? >> Intervenne Scott.
<< Che c’è? >> Lo fulminò l’ispanica con un’occhiataccia.
<< Magari invece di restare impalati qui come tre scemi a fare l’esca fresca per gli scheletri neanche fossimo tre coscioni di maiale appesi e sanguinanti, non ci possiamo muovere? >>
<< Oh, ma che schifo! >> Dissero le ragazze, contemporaneamente.
<< Fai schifo sul serio, Scott >> aggiunse Court.
<< Si, però magari sbrighiamoci, scusate se tengo alla mia pelle >> il ragazzo cominciò ad avanzare, seguito a ruota dalle compagne, con cui formava quel piccolo gruppo di sopravvissuti. L’ispanica teneva Dawn stretta contro il fianco destro, il braccio attorno alle sue spalle, mentre con le labbra le sfiorava i chiarissimi capelli biondi sul capo e le sussurrava parole gentili. Ormai, a Court sembrava come di essere la responsabile del gruppo, doveva proteggere i suoi compagni, e l’avrebbe fatto. La rabbia e l’odio verso Dawn non albergavano più nel suo cuore, ora per lei era come una sorella minore, e l’avrebbe protetta, l’avrebbe salvata se la situazione fosse diventata critica, non l’avrebbe mai lasciata tra le fauci di quei mostri.

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Capitolo 41
*** Alone ***


Owen si svegliò di soprassalto, avvolto da quel caldo buio a cui si era ormai abituato. Circondato da quell’oscurità, sentiva accanto a sé i respiri calmi e regolari dei suoi compagni ed amici; Luana era poggiata contro la sua spalla, mentre lui se ne stava disteso su un morbido materasso. Si erano abituati a dormire nel retro del loro furgoncino, insieme alla radio, agli zaini pieni di scorte e tutti accalcati. Ma almeno c’era un lato positivo in tutto ciò: lì dentro erano al sicuro dagli scheletri e faceva caldo, non come fuori, che si moriva di freddo ed ogni due secondi si rischiava la vita.
Avevano scoperto che quando avanzavano con il furgoncino, sbarrati lì dentro e con i finestrini oscurati, gli scheletri non li guardavano nemmeno. A volte capitava che per sbaglio Luke ne investisse uno o due, e le altre creature si voltavano per guardarli, per poi andarsene, ignorandoli completamente. Brooke aveva ipotizzato tutto c’entrasse con il senso della vista. << Se non ci vedono per loro non esistiamo >> aveva detto.
Luana invece era intervenuta con un: << Secondo me c’entra anche l’odore. Noi siamo chiusi qui dentro, il nostro odore non esce dalle pareti del furgoncino, e loro non sentono altro che odore di gas di scarico. Ci girano alla larga e nemmeno ci guardano. >>
Owen aveva ringraziato il cielo di aver incontrato quel gruppo, che quella volta Brooke avesse fatto fermare la compagnia per andare ad aiutarlo. Se loro non lo avessero accettato, se lo avessero lasciato solo con se stesso in quel nuovo e pericoloso mondo, lui non si sarebbe salvato, lo sapeva. Fortunatamente però, il fato era stato dalla sua parte, ed ora aveva trovato le persone a cui teneva di più al mondo.
Scostò piano Luana, in modo di non svegliarla, e si tirò su a sedere. Poggiò il palmo sudato delle mani sul materasso. Vestito con la sua tuta da combattimento, gli sembrava di stare per sciogliersi. Il caldo che faceva era quasi insopportabile, ma, in confronto ai pericoli che si celavano fuori da quelle pareti, per Owen quel calore somigliava molto ad un paradiso.
Ad ogni respiro, le sue narici si riempivano dell’odore acre del sudore, misto a quello della benzina raccolta nelle taniche. Verso il fondo del furgoncino, ce n’erano a decine. Tutte piene fino all’orlo. Luke aveva fatto rifornimento, si erano preparati tutto per il viaggio, ed ogni volta che sulla loro strada incrociavano un distributore automatico, Brooke e gli altri, se ce n’era il bisogno, si occupavano degli zombie, mentre il vecchio, fischiettando riempiva le taniche vuote. Owen doveva ammettere che quell’uomo era veramente strano, quasi esilarante, nei suoi modi di fare. Chi mai, davanti ad una battaglia contro esseri sovrannaturali che tempo addietro erano stati umani si metterebbe a fischiettare tranquillamente?
Sorrise piano, scuotendo il capo, per poi alzarsi e raggiungere la piccola porticina che divideva la postazione del guidatore dalla parte posteriore del veicolo, dove lui ed i suoi amici dormivano. Luke restava sempre seduto al suo posto, sul sedile, una mascherina nera sul volto ed un giornale piegato sulle gambe. Gli altri ridevano sempre quando lo vedevano dormire, e con loro anche Owen.
Erano fermi sul ciglio di una strada, il vecchio aveva guidato per ventiquattr’ore senza mai chiudere occhio, e per questo, dato che l’uomo insisteva nessuno a parte lui guidasse il furgoncino, Brooke aveva deciso di fermarsi per dormire.
Afferrò la maniglia ed aprì lentamente la porticina, per poi mettere la testa dentro al piccolo abitacolo. C’era molto buio, e se non fosse stato per la luce azzurrognola delle lampadine poste sopra la loro testa, Owen non avrebbe visto ad un palmo di naso.
<< Luke? >> chiamò, per constatare se l’uomo fosse sveglio.
<< Si, sono qui >> rispose la voce profonda dell’altro, e Owen annuì, andando a sedersi al posto del passeggero.
<< Come mai sveglio? >>
<< Potrei farti la stessa domanda >> l’uomo portò gli occhi al ragazzo, che ricambiò l’occhiata.
<< Giusto. Mi sono appena svegliato e non riesco più ad addormentarmi >> rispose allora. << E tu? >>
<< Mi sono svegliato pure io. >> La voce dell’uomo tentava di essere indifferente, ma Owen notò che c’era sotto qualcosa.
<< Tutto okay, Luke? >>
<< Si… No… Ho avuto un incubo >> la voce gli tremò.
<< Un… incubo? >> Owen strabuzzò gli occhi. Un uomo come Luke che aveva paura degli incubi? Questa si che era nuova! << Tu, un incubo, paura… >> disse il biondo guardando l’amico con gli occhi spalancati e pieni di ciò che somigliava molto a completo sconvolgimento.
<< Non ho mai detto di avere paura. >> Il tono di voce del vecchio era beffardo e distante al tempo stesso. Owen lo osservò: i capelli grigiastri striati di bianco erano tirati elegantemente all’indietro, i piccoli occhi scuri erano stretti, le rughe d’espressione sul viso dalla pelle abbronzata lo facevano sembrare ancor più vecchio di quanto era in realtà e le labbra erano strette l’una contro l’altra.
<< Ma è così… >>
<< Non esattamente… >> Luke sospirò, abbassando il capo e mettendo fine a quella farsa. << Tu non conosci la mia storia. >> Non voleva essere un commento cattivo, ed Owen lo capì subito. Guardò davanti a sé puntando gli occhi nel buio sferzato dal vento gelido a cui loro erano celati grazie alle pareti del furgoncino.
<< Hai ragione, non conosco la tua storia >> disse annuendo.
<< Avevo una moglie >> replicò allora l’altro. Per un po’ non disse niente, ma quando Owen si stava apprestando a parlare, Luke aggiunse: << Ed una figlia. >>
<< Cosa… Cosa è successo? >>
<< Mi hanno lasciato >> Luke tirò su col naso, ed una lacrima gli scese lungo la guancia dalla pelle segnata da rughe. Ad Owen mancava il respiro, si capiva chiaramente che aveva sofferto e stava soffrendo anche in quello stesso momento.
<< Sono… Sono… >> il biondo non riusciva a parlare, sentiva un nodo in gola.
<< Morte. Non molto tempo fa… >>
<< Quanto? >> Non voleva fare quelle domande, si sentiva male se pensava che stava rivangando qualcosa che procurava sofferenza al suo amico Luke.
<< Due anni fa >> rispose il vecchio. << Mia moglie aveva cinquantatré anni, e mia figlia ventidue… Siamo stati coinvolti in un incidente stradale, era una nebbiosa mattina di novembre… Un camion… >> la voce gli si spezzò, e l’uomo scoppiò in lacrime, il volto distorto in un’espressione di puro dolore. Owen, senza dire una sola parola, si chinò verso di lui e lo abbracciò stretto.
<< Mi dispiace >> gli sussurrò.
<< Ed io… >> continuò l’altro, tra le lacrime, << le ho viste in piedi nel buio, e gli scheletri le circondavano… e… Melody…. >> non riuscì a finire la frase perché i singhiozzi ed il pianto ebbero la meglio, così rimasero lì per qualche tempo, mentre fuori dal furgoncino, quelle orribili creature si riversavano per le strade in cerca di cibo.
 
Heather aprì gli occhi, sbattendoli più volte e tentando di mettere a fuoco ciò che vedeva. Era distesa accanto ad Alejandro su delle coperte poste a terra, sull’erba, e sotto al capo aveva un morbido cuscino poggiato sopra ad un pezzo di un ramo caduto. Le lenzuola che la coprivano fino al collo non erano abbastanza pesanti e, seppur indossasse più strati di vestiti, il freddo che pareva aver preso controllo di quel mondo la faceva rabbrividire.
I suoi capelli neri erano raccolti in una coda alta, ma alcune ciocche erano scivolate fuori, e le ricadevano ai lati del volto. Il vento le alzava, e le singole ciocche le facevano solletico alle guance. Con la mano sinistra le scostò dietro alle orecchie, mentre puntava gli occhi neri sul paesaggio che li circondava.
Gli alberi erano alti, pieni di edere rampicanti e foglie grandi quando la sua testa, verdi e lucenti. Fortunatamente aveva smesso di piovigginare, e per questo, l’asiatica ringraziava il cielo.
<< Odio quella dannatissima pioggia congelata >> borbottò tra sé e sé, mettendosi a sedere.
Al centro dello spiazzo in cui si erano fermati, ardeva un fuocherello, circondato da sassi grigiastri grandi quanto la sua mano, e tra le fiamme ardevano legnetti che Izzy aveva trovato di qua e di là. Spesso l’asiatica pensava che la rossa somigliasse più a un animale che a un essere umano vero e proprio. Si arrampicava sugli alberi, salvata da un ramo all’altro come una scimmia oppure usava le liane, neanche fosse stata la reincarnazione di Tarzan.
Heather fece un verso disgustato, e sentì Alejandro scostarsi tra le coperte accanto a lei.
Intorno al fuoco erano radunati entrambi i gruppi, momentaneamente riuniti in un unico ammasso di caos. Avevano non uno, ma ben due capi, e, mentre Mattew e Cameron ascoltavano ed eseguivano ogni ordine di Izzy, Magda non veniva ascoltata da nessuno. Pareva una pazza, dava ordini a destra e a manca e si aspettava che tutti eseguissero senza fiatare.
<< Non mi sono fatta mettere i piedi in testa da Chris e nemmeno da Al, cosa le fa pensare che mi farò comandare a bacchetta da una pazza con il complesso della primadonna? >>
Puntò i suoi occhi neri su Zoey, che dormiva accoccolata a Mal sotto ad una coperta azzurra. Anche se era abbastanza lontana, Heather riuscì a scorgere il debole e dolce sorriso dipinto sul volto dell’amica. Invidiava Zoey, quella ragazza riusciva a trovare il lato positivo delle cose e ad essere felice anche durante un’apocalisse, nella quale, circa ogni dieci secondi rischiavano di morire mangiati vivi.
Accanto alla coppia, non molto distante, c’era una Magda solitaria. Se ne stava distesa sul fianco sinistro, aveva gli occhi chiusi e l’espressione pericolosa. Heather scosse la testa ed indirizzò gli occhi a Izzy. La ragazza era seduta, poggiata alla corteccia di un albero, gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta. Poteva sentirne il fievole russare, cosa che le dava leggermente sui nervi.
Cameron e Noah invece, erano raggomitolati schiena contro schiena, ed entrambi avevano il pollice tra le labbra.
<< Disgustosi, neanche fossero dei bambini >> commentò l’asiatica con un verso pieno di puro disgusto. Guardò Dakota e Mattew, poi, che se ne stavano entrambi distesi a pancia in su, la mano sinistra poggiata sull’addome e gli occhi chiusi rivolti al cielo scuro che a malapena riuscivano a vedere. Ogni tanto, quando camminavano, Heather alzava lo sguardo verso la distesa oscura che li dominava, ed a volte, scorgendo tra le grandi foglie degli alti alberi, riusciva a trovare dei punti in cui le nubi o erano d’uno strato più sottile o mancavano del tutto. Ciò poteva significare che l’uragano dell’apocalisse stava finendo, e magari con esso sarebbero giunti alla loro fine anche quegli scheletri orripilanti. Quando riusciva a vedere quegli spiragli, poteva notare, a volte e di notte, le stelle, disseminate per la grande distesa nera che veniva celata dalle nubi grigiastre.
Sospirò, guardandosi attorno. << Quanto vorrei che tutto questo finisse >> disse, per poi portare gli occhi alla sua destra. Quasi scattò in piedi dalla paura, e riuscì a trattenersi dal lanciare un urlo spaventato solo grazie al suo grande autocontrollo.
Alejandro la stava fissando, con quei suoi occhi color giada e quel suo sorrisetto, che stavolta aveva qualcosa di diverso: sembrava felice, ed Heather non ne capì il motivo. Si trovavano al centro di una dannatissima apocalisse, diamine, come faceva ad essere felice della situazione che stavano vivendo?
<< Sei bella quando pensi >> disse mentre lei deglutiva, facendola quasi strozzare.
<< Come mai tutto questo romanticismo, Burromuerto? >> Domandò lei guardandolo con un sopracciglio inarcato e distanziandosi un pochino da lui.
<< Non c’è un motivo preciso >> l’altro alzò le spalle, << mi andava solamente di dirtelo. >>
<< Volevi farmi prendere un infarto, vero? So quali erano i tuoi loschi piani >> commentò l’altra alzando il mento dignitosamente.
<< Quanto ego in una sola persona… >> replicò lui, facendo finta di essere disgustato. La loro relazione era così, andava da un estremo all’altro. O passavano il tempo a litigare come due bambini o si dicevano cose talmente smielate che neppure Zoey e Mal avrebbero potuto far loro concorrenza.
<< Parla Mister-Modestia >> replicò Heather scostando il lenzuolo bianco disseminato di piccoli disegnini di unicorni di ogni colore e si alzò in piedi. Si chiedeva chi mai avrebbe comprato un lenzuolo simile a quello, ma quando guardava Zoey, si rendeva conto che tali pazzi esistevano. Solo, non le andava giù il fatto fosse toccato a lei usarlo per dormirci.
<< Dove hai intenzione di andare? >> Alejandro scattò in piedi e guardò Heather negli occhi, dicendole mentalmente di non fare qualcosa di altamente stupido.
<< A fare una passeggiata >> replicò Heather allora, alzando le spalle, come se fosse normale aggirarsi di notte in una foresta comparsa dal nulla, al centro di un’apocalisse e tallonati da creature assassine simili a scheletri che volevano divorarli vivi.
<< A fa… A fare una passeggiata?! >> Urlò l’altro, e la ragazza scattò verso di lui.
<< Tieni bassa quella voce, idiota, non vorrai svegliare gli altri! >>
<< Se in questo modo posso evitarti di fare il più grande errore della tua vita, si, ho intenzione di svegliarli. >> Al si stava apprestando ad urlare quando lei scattò in avanti e posò le labbra su quelle di lui. Il latino americano non poté far altro che rispondere al bacio, ed una volta che l’asiatica si fu scostata, le sorrise, per guardarla subito dopo in modo sospettoso. << Mi hai baciato solo per farmi tacere, vero? >> Replicò allora con un sorriso, vergognandosi del fatto di essere caduto della trappola della sua peggior nemica e ragazza che amava.
<< Si >> rispose allora lei alzando il mento e ridendo. << Avanti, di cosa hai paura? Non mi allontano, voglio solo prendere una boccata d’aria. >>
<< Di aria ce n’è già a sufficienza >> rispose l’altro, portando gli occhi al fuocherello rosso che ardeva al centro del loro accampamento. Era circondato completamente di pietre, in modo che il vento freddo non lo facesse spegnere. Sapevano che era un rischio lasciarlo acceso, ma faceva troppo freddo per rinunciarci. << E Zoey e Mal si sono anche addormentati. Che razza di guardie sono?! >> protestò. << Se quelle creature ci avessero attaccati saremmo tutti morti a quest’ora. >> La sua voce era aspra, piena di ira. Se solo pensava al fatto che Heather, la sua Heather, aveva rischiato la vita per colpa di quei due cretini che non riuscivano nemmeno a stare svegli qualche ora di guardia, la rabbia prendeva possesso del suo corpo e del suo cuore.
<< Lasciali stare, non è successo niente >> replicò l’asiatica, per poi afferrare il grande coltello dalla lama ricurva e molto pericolosa che usava come arma contro gli scheletri ed avviarsi verso gli alberi.
<< Heather, smettila, non andare lì, sii saggia per una volta >> Alejandro afferrò a sua volta il suo coltello e si apprestò a seguirla.
<< No >> disse solamente lei, continuando a camminare scostando le grandi foglie. Il coltello appeso al suo fianco sinistro dondolava e sbatteva contro la sua gamba ad ogni suo passo ed ogni volta che scavalcava un masso posto a terra. In lontananza, nella foresta, la nebbia saliva da terra, e tutto aveva una sfumatura bluastra. << Mi ricorda un dipinto di mia cugina, questa foresta. Manca solo il cervo e la luce della luna che filtra tra gli alberi >> disse ad Alejandro con un tono di voce molto tranquillo, come se la situazione fosse stata normale. << Chissà dove sono ora, se stanno bene… >>
<< Ti interessa di loro? >> replicò acidamente Al, e lei girò di scatto la testa verso di lui. Si erano già allontanati di un po’ dallo spiazzo in cui si erano accampati, e per questo la luce rossastra delle fiamme del falò sembrava distante, illuminava la via come una promessa per la salvezza.
<< Si, ovvio che mi interessa di loro. Sono la mia famiglia, Al, smettila di fare il cretino. Sono sempre stata molto legata a mia madre, e tu non ti azzardare mai più a dire una cosa del genere! >> Il suo tono di voce era pieno di odio, ed Alejandro capì di aver fatto un errore, un grave errore.
<< Scusami, non volevo dire… >> la guardò, e si sentì in colpa, << non volevo insinuare che… Io… Scusami. Spero che la tua famiglia stia bene, anzi, sono sicuro che stiano bene. >>
Lei lo guardò ancora per qualche secondo, e dopodiché, senza dire una parola, scattò verso di lui. Gli poggiò le braccia sulle spalle ampie e gli si avvicinò, poggiandosi contro il suo petto. Posò delicatamente le labbra su quelle di lui, che rispose al bacio ed a sua volta la strinse a sé. Anche in quel disastro, in quell’orribile e spaventosa situazione, loro stavano bene, perché avevano l’un l’altro.
<< Secondo te dovremmo tornare all’accampamento? >> disse scostandosi da lei, ansimando per via del bacio lungo ed appassionato che si erano scambiati.
<< Si, dovremmo, ma non sarà quello che faremo >> rispose lei, sorridendo e bloccando Al contro la corteccia del grande albero lì accanto.
 
<< No! Chris! >> Urlò Gwen, mentre lei e Duncan si tenevano strettamente per mano. Si trovavano fuori, nel bel mezzo di una tempesta di sabbia con i fiocchi. La “loro” casa era stata presa dagli scheletri, ed erano riusciti a scappare per miracolo.
<< Gwen, lascia stare, è perduto! >> urlò Duncan.
Chris era stato inghiottito dalla tempesta, l’avevano perso di vista, e tenere gli occhi aperti in quel caos era impossibile. I foulard che avevano avvolti attorno al capo non servivano a molto, ma permettevano loro di riparare il viso dalla furia della tempesta di sabbia che aveva attaccato le isole Hawaii.
<< No, non possiamo lasciarlo al suo destino! >> Urlò nuovamente lei, guardando Duncan, anche se non riusciva quasi a vederlo con tutta quella terra terra che veniva alzata dal vento ora non più gelido ma caldissimo. Pareva di trovarsi in un deserto invece che nel centro di Honolulu. Le case parevano scomparse, e dal nulla era apparsa quella sabbia, che aveva formato dune su dune. Come era possibile? Cosa stava succedendo? Chris aveva formato una teoria, quella che il clima del mondo stesse radicalmente cambiando, e la cosa, se rispecchiava ciò che stava accadendo in realtà, non era per niente positiva.
<< Gwen >> disse allora il ragazzo, afferrandola per le braccia ed avvicinando il viso avvolto nel foulard a quello di lei, << non c’è speranza. Dobbiamo andare, gli scheletri ci stanno alle calcagna, ed io ho paura che qui si formi un tornado. Dobbiamo trovare un rifugio. >>
<< Ma Chris… >>
<< Mi dispiace tanto per Chris, ma non possiamo rischiare. Ho promesso che ti avrei salvato, che ti avrei mantenuta in vita, e così farò. >> Dopo aver parlato, afferrò di nuovo il polso della ragazza e cominciò a trascinarla con sé verso la salvezza, mentre lei, singhiozzando piano, si guardava alle spalle in cerca dell’uomo che aveva loro permesso di salvarsi la vita. Non le pareva giusto abbandonarlo, ma Duncan aveva ragione. Quella non era una sfida del reality, non era un gioco, era la vita reale, ed era una questione di vita o di morte. Se avessero tentato di salvare Chris, sarebbero inutilmente morti anche loro.
 
Quando si svegliarono, era già mattino, avevano dormito per ben più di tre ore.
Heather aprì lentamente gli occhi, sbattendo piano le palpebre. Un sorriso era dipinto sul suo volto, e sospirò piano, avvolta dalle forti braccia di Alejandro. La notte prima era sicura sarebbe stata indimenticabile, non l’avrebbe mai scordata, e non vedeva l’ora di raccontare i dettagli alla sua migliore amica, Zoey. Perché si, anche se la rossa era sdolcinata ed una inguaribile romantica, Heather le voleva bene come ad una sorella.
<< Al >> toccò la spalla del ragazzo, che lentamente e con un sonoro sbadiglio si svegliò.
<< Ciao, chica. Dormito bene? >>
Lei ridacchiò, << Si, dormito bene. Ma forse ora è meglio che ti svegli, è meglio raggiungere… >> prima di finire la frase, Heather si bloccò. Si guardò attorno facendo andare la testa a destra e a sinistra, velocemente, e scattò immediatamente a sedere. Cosa diavolo era successo?
<< Al! >> Urlò, spaventata, e lui scattò in avanti, scostandosi dalla corteccia dell’albero a cui era poggiato.
<< Cosa… Ma… >>
<< C’è la luce! È mattino! >>
Attorno a loro non c’era più il solito buio di sempre, anzi, tutto aveva assunto una sfumatura azzurrognola, il tipico colore delle prime ore del mattino.
Heather fece scattare verso l’alto la testa, e tra le foglie, stavolta di gran lunga diminuite, degli alberi altissimi si poteva vedere il cielo. Era bluastro, mentre si avviava a schiarirsi.
<< Cosa… diavolo… è successo?! >> Esclamò voltandosi di colpo verso il ragazzo. Entrambi scoppiarono a ridere e scattarono in piedi. Si presero per mano e corsero verso l’accampamento, non vedendo l’ora di vedere i volti dei loro compagni, ma quando giunsero allo spiazzo, i loro cuori si fermarono. Heather quasi cadde a terra, si strinse il petto all’altezza del cuore con la mano sinistra, mentre l’organo batteva forte e le mandava fitte di dolore per tutto il corpo.
<< Cosa è successo?... >> sussurrò disperato Alejandro. Il loro accampamento era vuoto, il fuoco era stato spento velocemente, a terra c’erano ancora le lenzuola, mentre alcuni zaini erano spariti. Non c’era minima traccia dei loro compagni, erano soli.
<< Ci hanno… Ci hanno abbandonato? >>
<< No, non l’avrebbero mai fatto, lo sai questo, Heather. Qui è successo qualcosa >> disse Al, << qualcosa di veramente brutto. >>
<< Ma… >>
<< Guarda com’è questo posto, alcuni zaini sono ancora lì, le coperte e i cuscini buttati per aria… Se ne sono andati di fretta e furia. Io… Io penso li abbiano attaccati. >>
Heather trasalì, sentendo le parole di Alejandro. << Sono… Sono stati attaccati, e noi non eravamo con loro! Se ne sono andati e noi siamo soli! >> Si coprì le labbra con la mano destra, liberandola dalla presa del ragazzo, e scoppiando in singhiozzi. In una situazione normale, lei non avrebbe mai pianto, ma quella non era affatto una situazione da definirsi normale, e quindi, era convinta di potersi permettere di scoppiare in lacrime come una bambina.
<< Al… >> piagnucolò, ed il ragazzo la prese tra le braccia, circondandola e tenendola stretta a sé.
<< Shh, Heaty, va tutto bene >> le disse, usando un nomignolo che non le aveva mai affibbiato. Questo non era come “chica”, non era un affettuoso modo di prenderla in giro, era un vero nomignolo pieno di amore.  << Andrà tutto bene >> le passò la mano destra sulla schiena, mentre con il braccio sinistro le circondava la vita. << Vedrai, ogni cosa andrà bene. Ci sono io, non importa che gli altri ci abbiano lasciati, non importa >> le disse in modo molto affettuoso. << Siamo noi due, stiamo bene, è questo che conta. >>
Lei per tutta risposta continuò a singhiozzare, finché il ragazzo non si scostò e le afferrò il mento, per guardarla negli occhi.
<< Heather >> la chiamò, e lei lo guardò, trattenendo le lacrime. Non sapeva nemmeno più perché stava piangendo, se per Zoey, o per il mondo in cui era costretta a vivere, per aver perso i suoi familiari, per se stessa o solamente per sfogarsi, fatto stava che non riusciva più a smettere. << Guardami negli occhi, le disse >> e lei agganciò il suo sguardo a quello di lui. << Gli altri ci hanno lasciati, ma io non lascerò mai te, sappilo, questa è una promessa. Io ti salverò a qualsiasi costo, perciò smettila di piangere, perché non ne hai motivo. Ci sono io al tuo fianco, e sarà così per sempre. >>
Restarono per qualche secondo a guardarsi, finché Heather non esordì con un:
<< Andiamo a cercare la mia famiglia? >> Due lacrime scesero una dopo l’altra sulla sua guancia, per poi unirsi in una sola, che scese fino al collo.
<< A… A Toronto? >>
<< Si, andiamo a cercarli >> il modo in cui disse la frase sembrò tanto una supplica, e l’aspetto con cui appariva Heather era quasi penoso, e per questo, guardandola, Al non poté che alzare gli occhi al cielo, sospirando.
<< Hai idea di quanto sia distante da qui Toronto? Non abbiamo neanche una mappa! >> Heather per tutta risposta indicò uno zaino.
<< Quello è lo zaino di Zoey, lì dentro c’è una mappa dettagliata. >>
Lui si voltò di scatto, per poi riportare gli occhi sulla ragazza, che ora non stava più piangendo ma che lo guardava in attesa di una risposta.
<< Toronto eh? >>
<< Si. >>
Passò qualche secondo. << E va bene… Prendiamo ciò che gli altri hanno lasciato e cerchiamo un’autostrada ed un’auto. >>

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Capitolo 42
*** I promise I will avenge you ***


Zoey sbatté piano le palpebre, destandosi lentamente dal sonno che l’aveva avvolta come una coperta. Accanto a lei, Mal dormiva sereno, e nel guardarlo, la ragazza dai capelli rossi sorrise, strofinando un dito sull’occhio destro. Le pizzicava. Si stiracchiò, svegliandosi sempre più man mano, e poggiò piano la schiena contro il tronco del grande albero alle sue spalle. Indossava una camicia rosa di flanella a pois ed un maglione di lana nero, che le tenevano discretamente caldo. Il colletto della camicia le stringeva un po’ il collo, sotto al foulard blu e nero con disegni di foglie che cadevano, ma era sopportabile, sempre meglio del freddo che impregnava quel mondo.
Alzò piano gli occhi. Sentiva lo sfrigolare della legna sul fuoco, posta al centro del loro accampamento. Il piccolo fuocherello era circondato completamente da grandi pietre, che impedivano al forte vento congelante di spegnere le fiamme.
Fece scorrere lo sguardo sui suoi compagni, guardandoli uno ad uno. Partì da Dakota e Mattew, che se ne stavano distesi a pancia in su, estremamente vicini e che si tenevano per mano. “Oh, che teneri”, pensò sorridendo, per poi far andare lo sguardo in senso antiorario. Più avanti, Izzy se ne stava poggiata contro un tronco, la testa ciondolante ed un lieve russare. Poco distante da lei, Cameron e Noah erano raggomitolati schiena contro schiena, ed il ragazzo della giovane leader si teneva un pollice tra le labbra.
Voltò di colpo la testa alla sua sinistra, e vide Magda dormire a terra, poco distante, gli occhi chiusi ed il volto privo di emozioni. Quando puntò gli occhi sul letto provvisorio di Heather e Alejandro, restò inizialmente confusa. Spalancò gli occhi. I due non c’erano, erano scomparsi, e lei scattò in piedi preoccupata. Cosa era successo mentre dormivano? Se ne erano andati di loro spontanea volontà o erano stati portati via da qualcuno?
<< No, >> sussurrò tra sé e sé,  << non è possibile se ne siano andati, le loro cose sono ancora qui. >>
Si inginocchiò a terra, pronta a svegliare Mal, quando un rumore improvviso la costrinse ad alzare di colpo il capo. Quel che vide la lasciò sconvolta. Tra le foglie, le sembrò di scorgere qualcosa. Il suo cuore cominciò a battere forte, e lei scosse per un braccio Mal quando udì di nuovo quel suono basso e pericoloso: il ringhio di un animale.
<< Che c’è? Lasciami dormire altri cinque minuti >> biascicò Mal, muovendo la mano del braccio destro, ancora bloccato nella stretta ferrea di Zoey.
<< Mal, qualcosa non va. >> Disse, e fu come se gli avesse tirato un secchio d’acqua gelata, perché il ragazzo scattò a sedere immediatamente.
<< Cosa? >>
Zoey lo guardò, inizialmente preoccupata. Il suo ragazzo non era affatto da definirsi “normale”, lo sapeva, e se pensava che se l’era pure scelto lei, le veniva da colpirsi in piena fronte con una manata. Sbuffò, per poi indicare la foresta che li circondava con un cenno del capo.
Mal, senza attendere oltre, si svincolò dalla sua stretta e con un piede sfiorò Magda, che di colpo scattò in piedi. La rossa alzò mentalmente gli occhi al cielo, chiedendosi quale strana capacità da supereroe avessero la donna ed il giovane.
<< Cosa? >> disse la bionda, assomigliando in un modo inquietante a Mal.
<< C’è qualcosa nel bosco >> rispose la ragazza nello steso istante in cui si sentì un frusciare di foglie. Zoey tese l’orecchio e sentì un rumore lontano di voci, e mentre cercava di capire se fosse reale o meno, venne interrotta da Magda.
<< Prendi >> le disse lanciandole lo zaino, mentre Mal lanciava un sassolino a Mattew, che presto si svegliò e guardandolo con un’occhiataccia svegliò anche Dakota. Il lieve rumore dei loro movimenti e delle loro parole sussurrate svegliò Izzy, che vedendoli prepararsi scosse Cameron e Noah, senza nemmeno chiedere cosa stesse succedendo.
Mentre Magda stava per domandare dove diavolo fossero finiti Heather ed Alejandro, il suono simile ad un ringhio animale si ripeté, stavolta più forte, e ne seguirono altri. Nessuno di loro fece in tempo a voltarsi o a chiedere cosa stesse accadendo che dal fogliame comparì un branco di cani lupo. Erano tutti di grande stazza. Ce n’erano tre con il pelo folto e marrone con una macchia nera sul dorso, un altro di un marroncino più chiaro, sempre con quella grande macchia nera, ed un altro, il quinto, che era completamente bianco. Zoey notò che somigliava molto ad un lupo, ma gli atteggiamenti non erano gli stessi. Probabilmente era un cane lupo albino o qualcosa del genere.
<< Ehm… ragazzi? >> chiamò Izzy, e gli altri annuirono piano, senza distogliere gli occhi dal branco. << Ho una domanda ed un consiglio. >>
<< Si? >> intervenne Dakota con un tono molto preoccupato.
<< La domanda è: dove diamine sono finiti Heather e Alejandro? >>
<< Non ne ho idea >> rispose Zoey, continuando a guardare i cani, che come minimo le arrivavano a metà gamba. Una delle belve ringhiò in un modo molto animalesco, dischiudendo piano la mascella e mostrando i denti. Se uno di loro mi salta addosso e mi morde, pensò la rossa rimanendo completamente immobile, potrebbe staccarmi una mano intera, forse anche il braccio.
<< Okay… E qual è il consiglio? >> Domandò Mattew scuotendo piano il capo in direzione della sua leader, la giovane dai capelli ricci color carota.
<< Scandirò bene la parola, in modo che capiate alla perfezione >> cominciò, ma non finì perché i cani cominciarono ad avanzare verso di loro. Tutti si voltarono e cominciarono a correre. << Correte! >> concluse Izzy, e tutti seguirono il suo consiglio, disperdendosi nella foresta, tra gli alberi e le grandi foglie verdastre.
<< Ma… Heather e Alejandro?! >> Urlò Zoey mentre si allontanavano di corsa, tallonati dal branco di cani.
<< Chi se ne frega di quei due idioti! Se li saranno già mangiati! >> replicò Mal urlando.
<< Dobbiamo dividerci! >> gridò Dakota, comparendo all’improvviso al fianco di Zoey. La afferrò per un polso e se la trascinò dietro, allontanandosi da Magda e Mal ed avvicinandosi a Izzy e Mattew, che correvano vicini. Cameron e Noah erano più indietro, ed i cani li stavano raggiungendo.
<< Oh no, dannazione >> imprecò piano Iz, per poi voltarsi e tornare indietro.
<< Ma dove vai?! >> urlò Mattew voltando il capo per guardarla.
<< Attenzione! >> urlò Dakota tirando il giovane verso di sé. Se non l’avesse fatto, Mattew si sarebbe schiantato a grande velocità contro un albero.
Izzy si fermò di colpo, aspettando Noah e Cameron. Vide che il ragazzo basso e magrolino stava per crollare e si preparò a riprendere a correre, ma Noah comparì al suo fianco e l’afferrò per il polso, trascinandola con sé.
<< No! Fermo! Dobbiamo aiutare Cameron! >> urlò, ma l’altro non si fermò, continuò a correre e a trascinarla con sé. Izzy si voltò appena in tempo per vedere l’amico cadere a terra e venire sopraffatto da tre dei cani lupo. Si voltò di nuovo, nascondendo il viso tra i capelli per qualche secondo.
Zoey intanto veniva trascinata da Dakota, e mentre era intenta a correre e a cercare di non inciampare, dato che avrebbe fatto cadere anche l’amica e Mattew, che la bionda teneva per mano, cercava con gli occhi Mal. Non riusciva a vederlo, era scomparso, ma non vedeva nemmeno Izzy, Cameron, Noah e Magda. Ed intanto, con la mente, si chiedeva dove fossero la sua migliore amica e Alejandro. Che fosse vero che i cani li avessero già sbranati?
<< Ehi, Dakota, ferma! >> esclamò la rossa, facendo fermare l’amica e Mattew. Erano soli, non si sentivano più i ringhi e lo scalpiccio delle scarpe e delle zampe sul terreno fangoso.
<< Cosa? Dobbiamo andare! >> L’altra intanto pensava a come scappare da quella foresta, con solo uno zaino e una borsa piena di altre poche provviste.
<< Ehi, psst >> chiamò una voce, ed all’unisono, Zoey, Dakota e Mattew inclinarono la testa all’indietro, guardando verso il cielo. Ciò che videro fece scoppiare a ridere la rossa.
<< Come diavolo ci siete arrivati lì? >> domandò, e Mal la guardò sorridendo.
<< Trucchi del mestiere che ho imparato. >> Il ragazzo fece un cenno a Magda che cominciò a scendere dall’albero, finché non atterrò accanto a loro e fece un piccolo salto.
<< Mestiere? >> Dakota inarcò un sopracciglio. << Quale mestiere? Quello dell’assassino o dello stalker? >>
<< Ha-ha-ha >> replicò l’altro chinandosi verso di loro dall’alto ramo.
<< Avanti, datemi lo zaino e la borsa e cominciate a salire sull’albero. Lì saremo tutti al sicuro. >> Intervenne Magda. << Per primo Mattew, mostra loro come fare. Poggia il piede tra i due tronchi divisi di questo albero e comincia a scalare, appoggiandoti man mano a ogni ramo. >>
Mattew consegnò la borsa alla donna e cominciò a eseguire tutti i passaggi, finché in meno di un minuto non si trovò su uno dei grandi rami più alti dell’albero, appena sotto Mal.
Subito dopo seguì Dakota, che fulminò Magda con un’occhiataccia quando la donna le poggiò una mano sui fianchi per aiutarla.
<< Tutto okay? >> Domandò Mattew alla bionda quando gli si sedette al suo fianco, e lei annuì. << Avanti, Zoey… >> cominciò il giovane, ma fu interrotto dal rumore di cani che abbaiavano. In lontananza comparvero due di quelle belve, quello albino e uno dei tre dal pelo marrone e nero. I due animali cominciarono a correre verso di loro, e Magda lanciò la borsa a Dakota, che l’afferrò, per poi mettersi lo zaino in spalla.
<< Avanti, Zoey, sbrigati >> disse, ma la ragazza già stava salendo sull’albero, con non poca fatica. Come mai ora non riusciva più ad arrampicarsi? Non aveva mai avuto grandi difficoltà nello salire sugli alberi, ma in quel momento ecco che le sue doti le venivano meno, quando ne aveva più bisogno.
<< Aiuto! >> disse quando scivolò rischiando di cadere, rimanendo attaccata solamente per le braccia ad un grande ramo.
<< Dakota! >> Urlò Magda, e la ragazza, che già si stava sporgendo dal ramo, abbassò gli occhi verso la donna, che le lanciò uno zaino che lei afferrò al volo. Dopodiché, Magda poggiò un piede sul tronco diviso a metà dell’albero lì accanto e si diede una spinta, in modo da poter arrivare al ramo che le serviva come appoggio. Da lì, alzò il piede destro e lo poggiò su un altro ennesimo ramo. Zoey era vicinissima.
Da sopra l’albero, Mal cominciò a scendere. Si fermò sul ramo dal quale Zoey pendeva. Tutto stava accadendo rapidamente, mentre i cani si avvicinavano.
<< Ehi, sbrigatevi! Sono vicini! >> esclamò Dakota, e con l’aiuto di Magda, poggiata su due rami contemporaneamente, Mal tirò su Zoey, che si sedette a cavalcioni sul grande ramo e abbracciò il ragazzo.
Magda era pericolosamente vicina ai cani. D’un tratto, dalle mani di Dakota, lo zaino scivolò e cadde a terra, ai piedi del grande albero.
<< Oh, no, lo zaino! >> urlò la ragazza, e Magda, senza dire niente, alzò prima lo sguardo verso i cani ormai vicinissimi, e poi scese giù con un fluido e veloce movimento. Afferrò lo zaino e si voltò a guardare i due animali che abbaiando feroci le correvano incontro, ormai a meno di due metri da lei. Non ce l’avrebbe fatta a salvarsi, lo sapeva.
<< Mal! >> Urlò, e senza aggiungere altro lanciò lo zaino al ragazzo, che lo afferrò nell’esatto istante in cui i cani lupo si abbatterono sulla donna. Sia Zoey che Dakota si tapparono le orecchie e nascosero il volto nell’incavo del collo dei rispettivi ragazzi al loro fianco.
Magda, a terra, estrasse il coltello dallo stivale e cercò di eliminare uno dei due cani, quello albino, ma non ci riuscì, perché l’altro le azzannò la gola, tagliandogliela in due con i denti innaturalmente affilati e pericolosi. Le due creature si sfamarono della sua carne ed affondarono i musi nel suo sangue, sporcandosi il pelo per tutta la notte, mentre sull’albero, Zoey, Mal, Dakota e Mattew cercavano di non ascoltare i suoni delle ossa che si spezzavano.

 
Heather camminava al fianco di Al ormai da ben quattro ore. Solamente il giorno prima avevano perso di vista il gruppo, i loro amici erano scomparsi nel nulla, ed avevano deciso di uscire da quella foresta per giungere all’autostrada. Dovevano trovare un’auto con cui sarebbero andati a Toronto, per cercare la famiglia di lei.
<< Anche i tuoi sono di Toronto? >> Chiese d’un tratto interrompendo il silenzio che era calato ormai da molto tempo. Erano riusciti ad uscire da quel bosco il pomeriggio prima, ed avevano passato la notte raggomitolati dietro un’auto che era andata a fuoco e che ancora puzzava di copertoni bruciati. Doveva essere stata colpita da un fulmine quando il ciclone era nel pieno delle forze, ma ora, il temporale era svanito, ed il cielo era azzurro. Cosa era accaduto? Le nuvole ora erano cumulonembi bianchi e parevano batuffoli di cotone. Il sole a volte compariva nel cielo e rischiarava quel mondo in rovina. Per tutto il tragitto non avevano incontrato nessuno, ed Heather si stupì di quanto fossero stati vicini alla fine della foresta, senza nemmeno saperlo. Che fine avevano fatto i loro amici?
Erano lontani da Seattle, dove Heather viveva con le sue amiche, camminavano attraverso una cittadina completamente deserta, dove le case ed i negozi erano mezzi distrutti, i mattoni rossi a terra sembravano voler imitare le macchie di sangue che si vedevano qua e là.
<< Si >> rispose Alejandro, senza aggiungere altro.
Avrebbero camminato fino a che non avrebbero trovato un’auto, ed Heather sperava l’avrebbero trovata presto, perché da quella città, Lockport o come diavolo si chiamava, arrivare a Toronto a piedi non sarebbe stato per niente facile.
Alejandro imprecò piano tutto d’un tratto, ed Heather si voltò a guardarlo.
<< Cos’hai adesso? >>
<< Adesso? Ma se non ho mai aperto bocca finora! >>
<< Mica ti ho detto io di restare zitto, potevi parlare se volevi, idiota >> replicò Heather acidamente.
<< Si, certo, zitella acidella. Ora ascoltami >> replicò l’altro poi facendosi serio, e l’asiatica lo guardò inarcando un sopracciglio, curiosa, ignorando il “zitella acidella”.
<< Cosa? >>
<< E se c’è la dogana? Il Canada non fa parte degli Stati Uniti. >>
<< Noi siamo sia cittadini canadesi che americani. Beh... poi c’è il fatto che io sono anche asiatica >> aggiunse poi lei con fare superiore.
Alejandro sospirò, quasi disgustato, per poi aggiungere: << Si, ma non abbiamo i documenti. Io non mi sono preoccupato di prendere il passaporto e la patente e… >> Heather, guardandolo con un’espressione che pareva dire “sei-un-povero-idiota”, cominciò ad aprire alcune tasche dello zaino che Al portava in spalla. << Ehi, ma che fai?! >> cercò di voltarsi, ma lei rispose con un:
<< Sta. Fermo. >> ed estrasse da una tasca due passaporti e un portafoglio che conteneva altri documenti. Glieli mostrò, ed il ragazzo strabuzzò gli occhi.
<< Ma… Come… >>
<< Ma è semplice, mio caro. È perché io sono più intelligente di te >> replicò lei con un ghigno, e lui indeciso, rise abbassando il capo, per poi dire un:
<< Questo lo dici tu. Io sono più bravo in altre cose. >>
<< In cosa? >> domandò lei allora.
<< Hehe, lo sai, chica >> le fece l’occhiolino, ed Heather scoppiò a ridere. Dopodiché ripresero il cammino, finché non si fermarono nuovamente davanti ad un supermercato che apparentemente sembrava ancora intatto. << Qui ci sarà del cibo che possiamo prendere >> disse Alejandro estraendo la pistola che avevano trovato per caso in un’auto, non funzionante come tutte le altre, lungo il tragitto.
Heather annuì ed estrasse il coltello dalla cintura che portava alla vita. Era piccolo, l’impugnatura stava tutta nel suo palmo, ma la lama era affilata, ed in mano sua era letale.
La ragazza diede una spinta alla porta, che stranamente era aperta, ed Al entrò. Heather restava appiccicata al suo ragazzo, erano schiena contro schiena, pronti ad ogni attacco nemico. Fortunatamente non c’era nessuna di quelle mostruose creature ad aspettarli, quindi rimisero a posto le armi e dai rispettivi zaini estrassero entrambi una borsa in cui cominciarono a buttare dentro tutto quello che trovavano, a patto che non fosse scaduto.
<< Ti sei mai chiesto come faremo ad arrivare in Canada se… >>
<< Al Queenston Lewiston Bridge >> rispose immediatamente Alejandro, ed Heather annuì tra sé.
<< Siamo molto lontani dal ponte, ci metteremo tantissimo tempo, mesi, se non troviamo un’auto. Magari un furgone, sarebbe ancora più sicuro. >>
<< Un camper. >>
<< Camper? >>
<< Si, ci potremmo portare dietro un’altra auto, o magari un camion, potremmo mettercela dentro e saremmo chiusi dentro e ancora più lontani dal pericolo di quelle cose >> disse Alejandro, che incrociò gli occhi di Heather quando spostò un barattolo di pesche e comparve dall’altra parte dello scaffale.
<< Sarebbe una buona idea >> si trovò d’accordo Heather, che rise piano tra sé quando si allontanarono uno dall’altra. Lei? Trovarsi d’accordo con Al? Ultimamente stava succedendo sempre più spesso, e la cosa le pareva sempre e comunque molto strana.
Quando le due borse furono piene di roba da mangiare, i due misero alcune bottiglie da un litro di bevande negli zaini, ed Al prese qualche “arma di difesa”, ovvero delle cesoie, due set di coltelli e dei cacciaviti.
<< Non si è mai troppo prudenti >> commentò quando Heather lo guardò inarcando un sopracciglio.
Giunsero alle casse, che Al forzò. Prese tutti i soldi contenuti nei registratori e ne mise un po’ nel portafoglio e gli altri li divise, sistemandone un po’ in una tasca interna del proprio zaino e gli altri in una tasca interna in quello di Heather.
<< Si può sapere perché ora fai il vandalo e rubi? A cosa ti servono i soldi?! >> esclamò lei.
<< Questo si che è strano >> commentò il ragazzo. << Tu, Heather White, che mi chiedi quale utilità abbia avere un sacco di soldi con sé? Sei sicura di star bene? O sei una di quelle creature sotto false spoglie? >> il ragazzo assunse un’espressione corrucciata e serissima, e si chinò verso la ragazza, che scoppiò a ridere colpendolo con un debole pugno alla spalla sinistra. Rise anche lui, per poi aggiungere:
<< Avanti, andiamo. >>
Si diressero alla porta sul retro dopo aver visto una di quelle creature scheletriche camminare a qualche metro dalla porta d’entrata del supermercato. Era pomeriggio, ed il sole era appena spuntato da dietro le nuvole bianche. << Fa più caldo >> notò Heather non appena furono fuori, ed Al per tutta risposta annuì sovrappensiero.
Cominciarono a percorrere il vicolo fino a che non si bloccarono di colpo. << Heather, guarda! >> esclamò Al, indicando un furgoncino bianco parcheggiato accanto al muro color arancione tendente al crema del magazzino del supermercato. Non pareva essere stato colpito da nessun fulmine, e senza pensare scattarono verso il veicolo. Già pregustavano lo stare seduti ai sedili, riposando le gambe. Avrebbero guidato fino a Toronto!
La portiera di fianco si aprì, ed Heather e Al si bloccarono di colpo. Lui prese la pistola e lei il coltello lungo che portava alla cintura. Davanti a loro comparve una ragazza dell’apparente età di diciotto anni. Indossava una tuta nera ed aderente, aveva la pelle scurissima ed i capelli neri legati dietro il capo in uno chignon. Aveva il capo chino, e quando alzò la testa, il sorriso che aveva dipinto sul volto scomparve nel nulla. Spalancò gli occhi ed alzò le mani, spaventata.
<< Chi sei? >> chiese Alejandro socchiudendo gli occhi.
<< Io… Io… Brooke! >> Urlò, ed Heather e Al si scambiarono un’occhiata. Perché urlare il suo nome? Ma in fretta capirono che la giovane non si chiamava Brooke, Brooke era la ragazza che comparve dal nulla da dietro il furgoncino. Indossava anche lei una tuta nera ed aderente, ed in mano teneva un coltello. Aveva una cascata di folti capelli color rosso sangue, la pelle chiarissima, le labbra carnose, rosa e lucide, come fossero state ricoperte di lucidalabbra. Aveva il mascara alle ciglia, ed i suoi occhi, ora stretti in un’espressione di puro odio, erano verdi come smeraldi. Era bella, ed Heather la odiò.
<< Chi siete? >> replicò con una voce bellissima, fredda e pericolosa.
Dal nulla, accanto alle due comparvero due ragazzi. Uno era alto ed aveva corti capelli neri. Indossava la stessa tuta nera, e si potevano vedere chiaramente i pettorali scolpiti. Le braccia erano muscolose e forti, ed aveva due occhi che parevano due smeraldi, come quelli di Brooke. L’altro ragazzo invece era più basso, non era esattamente magro, era un po’ fuori forma, indossava lo stesso outfit dei compagni ed aveva folti capelli biondi. Entrambi tenevano strette in mano delle armi.
<< Noi… >> cominciò Al, ma Heather lo interruppe. Puntò i suoi occhi sul ragazzo biondo, li strinse e capendo chi aveva davanti urlò:
<< Owen! >>
Il biondo strabuzzò gli occhi. << Heather, Alejandro! >> Scostò Brooke e corse da loro. Li abbracciò stretti, e quando li lasciò andare i due erano intontiti. << Ragazzi, vi presento Heather ed Alejandro >> in quel momento erano comparsi anche un vecchio ed un altro ragazzo.
Il viso della rossa si addolcì, sorrise ad Heather. Allungò il braccio, tendendo la mano all’asiatica. << A quanto mi pare d’aver capito, voi siete amici di Owen. Piacere, io sono Brooke. >>
Heather le strinse la mano, facendo buon viso a cattivo gioco. << Piacere >> disse, ma nella sua mente la stava già strangolando.
<< Lei è Luana, quello qui dietro è mio fratello Martin, il ragazzo basso è Dean e il nonnino… >> fu interrotta dal vecchio, che esclamò << Ehi! >> Sorrise e concluse con: << Luke. >>
<< Piacere di conoscervi. >> Intervenne Alejandro.
<< Cosa ci fate qui? >> Disse Owen, sorridendo e dando una pacca sulla schiena al latino-americano.
<< Stiamo cercando un’auto >> disse Heather criptica, ma quando guardò negli occhi di Martin, per caso, sentì le labbra muoversi e la propria voce dire: << Per andare a Toronto, è lì che siamo diretti. >>
Al le lanciò un’occhiata del tipo “ma-cosa-vai-a-dire” ma lei lo ignorò.
<< E voi invece? >>
Fu Owen a risponderle: << Noi cerchiamo un aeroporto. >>
<< Ce n’è uno più avanti secondo la nostra mappa. Luke sa guidare elicotteri ed aeroplani, era il suo lavoro quando era più giovane. Siamo diretti in Islanda >> intervenne Martin, che fu fulminato da un’occhiataccia di Brooke.
<< Islanda? >> domandò Alejandro curioso e confuso.
<< Si. Tutto questo >> cominciò Owen alzando gli indici e facendoli girare, << è opera del governo. Hanno creato un apparecchio per controllare il tempo, ma hanno fatto un casino ed adesso i climi sono completamente sballati >> spiegò.
<< E perché andate in Islanda? >>
<< Perché non è stata colpita da nessun strano fenomeno atmosferico, e dicono che il tempo non è cambiato. Sappiamo inoltre che lì c’e una base, una di quelle che hanno utilizzato per questo progetto, quindi è una tappa obbligatoria >> disse Luana.
<< Dicono? >> indagò Heather inarcando un sopracciglio.
<< Abbiamo una radio >> spiegò Brooke.
<< Costruita da me >> alzò l’indice Dean, << con l’aiuto del nonnino. >> Luke lo fulminò con un’occhiataccia.
<< E possiamo sentire le trasmissioni del governo. >>
<< Sapete allora perché il tempo è completamente cambiato da un giorno all’altro? Perché non c’è più il ciclone? E poi, ma tu non eri in Canada? >> Domandò Heather ad Owen.
<< L’effetto di quella strana macchina è scomparso >> spiegò Luana. << Prima o poi doveva finire. >>
<< Questa, è una storia lunga. È tutto un piano di Brooke >> Owen indicò con il pollice l’amica, che sorrise leggermente con l’angolo della bocca. << Siamo dovuti venire qui a Lockport da molto, molto lontano, solo perché voleva… >>
<< Tornare a casa >> completò la frase la rossa, con un sorriso di scuse. << Volevo vedere se i miei stavano bene. >>
<< E? Stanno bene? >> Azzardò Heather.
<< Sono morti >> replicò l’altra freddamente.
<< Oh, condoglianze. >> Sussurrò l’asiatica.
<< Allora, venite con noi? >> Domandò Owen, e Brooke lo guardò male. << Che c’è? Hanno bisogno di un passaggio fino a Toronto, potremmo aiutarli. C’è un aeroporto anche a Toronto, e lì saremmo più vicini che non qui alla nostra destinazione! >>
<< Non ha tutti i torti >> commentò Luana. I tre si guardarono, ed infine la rossa cedette.
<< E va bene >> sospirò. << Hai finito tu, Luke? >>
<< Si. >>
<< Bene allora, avanti. Tutti sul furgoncino! >> Disse alzando le braccia e indicando il veicolo con gli indici.
Heather e Alejandro si scambiarono un’occhiata, ed annuirono piano. Non si fidavano molto, ma Owen era sempre stato un ingenuo. Se lui aveva passato tutto quel tempo con quel gruppo ed era ancora vivo, loro, potevano passare sonni tranquilli.

 
Courtney aveva la schiena schiacciata contro il muro, mentre cercava di stringere a sé Dawn più che poteva. Accanto a loro, Scott era svenuto, ed al di là delle sbarre della piccola cella, quattro di quelle creature tentavano di prendere la giovane biondina.
<< No, aiuto! >> quella piangeva e piangeva, mentre teneva stretta a sé Courtney, tentando di non farsi prendere da quei mostri. No, non era stata una buona idea entrare in quel posto. Si erano chiusi lì in quella cella quando erano stati attaccati di sorpresa, quando ovviamente Scott aveva battuto la testa ed era svenuto. Come si fossero salvati tutti e tre era un segreto, o magari un vero e proprio miracolo. Anche se ora Dawn rischiava di essere presa da quegli esseri. Si trovavano in quelle condizioni da almeno sei minuti.
<< Aiuto >> piagnucolò Dawn, mentre gli scheletri stringevano il tessuto del suo maglione verde.
Anche Courtney stava piangendo. Ricordava quanto aveva odiato Dawn, ma ora non voleva lasciarla andare, ora non voleva che quei mostruosi esseri la prendessero!
<< Non ti lascerò andare >> le sussurrò all’orecchio, ma nello stesso istante, la bionda fu tirata indietro violentemente, verso le sbarre, dove gli scheletri l’afferrarono e cominciarono a mordere il suo collo dalla pelle bianchissima. I capelli chiari, tanto da sembrar quasi bianchi, si macchiarono subito di sangue.
<< Nooo! >> Urlò, prima di accasciarsi su se stessa.
<< No! >> Courtney scattò in piedi e piangente urlò, disperata. Il suo volto era distorto dal dolore, gli occhi umidi e le guance bagnate completamente dalle lacrime, che scendevano fino al collo e bagnavano anche alcune ciocche dei suoi capelli castani.
Gli scheletri lasciarono andare il corpo di Dawn, che si accasciò a terra molle, con un suono simile a “flop”. Dopodiché, senza nemmeno degnare di uno sguardo né Courtney né Scott svenuto a terra, cominciarono ad allontanarsi.
<< No… >> biascicò sussurrando Courtney, scattando verso il corpo dell’amica. Strinse le mani attorno all’esile collo pieno di morsi, cercando di far fermare le emorragie, ma tutto ciò che riuscì a fare fu sporcarsi con il sangue dell’altra. Sapeva che era pericoloso. Se fosse stata ferita o se si fosse toccata le labbra e avesse ingurgitato quel sangue si sarebbe ammalata e sarebbe diventata anche lei una di quelle cose. << Bastardi! >> urlò, e gli scheletri si voltarono di poco a guardarla. Vennero scossi da qualcosa, e con i suoni che emisero, a Courtney sembrava stessero ridendo. << Bastardi… >> ripeté, digrignando i denti e tirando su col naso, mentre le lacrime pian piano smettevano di scendere dai suoi occhi.
<< Court… >> sussurrò la voce di Dawn, e l’ispanica abbassò gli occhi sull’amica.
<< Ehi, sono qui, va tutto bene. >>
<< Court… >> ripeté l’altra. << Ho paura… >>
<< Tranquilla, non devi >> le lacrime ricominciarono a sgorgare.
<< Allora perché stai piangendo? La tua anima è nera, sei piena di odio, ma vedo anche dell’azzurro… vuole dire che sei triste… >> le parole di Dawn e la sua voce erano deboli, mentre se ne stava lentamente andando.
<< Odio quelli che ti hanno fatto questo >> disse, e sentì di nuovo quel suono, quella specie di risata crudele.
<< Tranquilla >> disse l’altra. Dopodiché guardò davanti a sé, verso il soffitto, e spalancò gli occhi. << Oh… Ma quelli sono… angeli?... >> Court si voltò, guardò il soffitto, ma subito dopo riportò lo sguardo su Dawn.
<< Ehi… Amica mia… >>
<< Sono bellissimi… >> sussurrò la bionda. << Court? >>
<< Si? >>
<< Prima che gli angeli mi portino via devo chiederti una cosa. >>
<< Cosa? >>
<< Consideralo un ultimo desiderio. >> Spostò gli occhi azzurri in quelli neri di Courtney. << Abbracciami. >> Disse soltanto, e l’ispanica si chinò su di lei, la strinse forte.
<< Non voglio lasciarti andare, Dawn, non puoi andartene. >>
<< Si invece, devo… >> disse, deglutendo e facendo un suono orribile. << Ehi >> alzò debolmente il braccio sinistro e posò la mano dalla pelle ancor più bianca di prima sulla guancia di Courtney. << Va tutto bene, tranquilla >> la rassicurò. << Ti voglio bene, amica mia. >>
<< Ti… voglio bene anche io >> disse Courtney tra i singhiozzi. E subito dopo, il corpo di Dawn fu scosso da un fremito, e la giovane tirò un ultimo respiro, stretta tra le braccia dell’ispanica, che dentro di sé giurava che avrebbe avuto vendetta.

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Capitolo 43
*** Sister ***


<< Qui fa un caldo infernale >> disse Heather sbuffando scocciata e tirandosi su a sedere. Erano tutti ammassati nel retro di quel diavolo di furgoncino, e sarebbero stati avvolti dall’oscurità più completa se non fosse stato per le luci al neon azzurrognole montate appena sotto al tetto del veicolo.
<< O qui o fuori, sorella >> rispose Brooke mentre tagliava una mela a spicchi. Nella mano destra la rossa teneva un coltellino dalla lama molto affilata, mentre nella sinistra premeva le dita talmente forte contro il frutto che l’asiatica si sarebbe aspettata di vederlo andare in mille pezzi da un momento all’altro. Brooke se ne stava chinata in avanti, le braccia poggiate sulle gambe, in una posa molto poco femminile. << E sicuro come l’inferno, se esci fuori io dentro non ti ci riporto. Non vengo a riprenderti. >>
La rossa alzò piano il capo e puntò gli occhi verde smeraldo in quelli neri di Heather, che la fulminò con lo sguardo sul colpo. Come si permetteva quell’insulsa ragazzetta di parlarle così?
Heather cominciò a digrignare i denti furiosamente, e disse: << Tu, brutta sgua… >> ma fortuna Alejandro la fermò prima che potesse commettere un danno irreparabile. Non era saggio mettersi ad insultare così la ragazza che a quanto pareva era il leader di quel gruppetto. Se le fosse girato, poteva buttarli fuori da quel furgoncino e mollarli lì.
Brooke per tutta risposta sorrise in modo cattivo, si alzò e raggiunse la cabina del guidatore, in cui scomparve. Heather nel frattempo non fece altro che guardarla male, con un odio negli occhi che non aveva mai riservato a nessuno.
Passò qualche ora, nella quale Heather non chiuse minimamente occhio. Luke si era rassegnato e sotto consiglio di Brooke li aveva raggiunti. In quel momento se ne stava disteso su un materasso accanto a Dean.
L’asiatica dopo un po’ si era alzata e senza svegliare nessuno si era andata a sedere al sedile del guidatore. Ora stava osservando la strada. Erano fermi in un ennesimo vicolo, e quei mostri scheletrici andavano avanti e indietro, con quel loro andamento cadenzato, come zombie in cerca del loro cibo. Poteva udire i loro versi, smorzati dalle pareti del furgoncino, quei suoni inquietanti che le mandavano brividi di paura giù per la spina dorsale.
Fuori tutto era buio, a parte per i brevi momenti in cui le nuvole si spostavano e la luna compariva nel cielo nero. Ogni tanto apparivano anche rade stelle di qua e di là, piccoli puntini luminosi e lontani che parevano schernire chi li osservava, parevano ridere del destino della Terra, causato dagli stessi figli del pianeta.
<< Ti dispiace se mi siedo qui? >> chiese una voce, ed Heather si volse di scatto. Davanti a lei, c’era la ragazza dalla pelle scura e dai capelli afro di cui non ricordava il nome.
<< Oh, sei tu >> disse facendo finta di sapere come l’altra si chiamasse. << Prego >> risistemò il coltello dalla lama affilatissima nel fodero che le pendeva dal fianco.
La giovane sorrise e si sedette alla destra di Heather. Entrambi i sedili erano strani per essere quelli di un furgoncino, e l’asiatica sospettava fosse per mano di Luke, il vecchio doveva aver apportato delle modifiche al mezzo.
I sedili erano molto grandi, entrambi foderati di un tessuto grigio e ruvido, simile alla lana, e decorato da piccole linee di colore in alcuni punti. I braccioli ai lati erano il doppio della larghezza delle braccia di Heather, ed il poggiatesta era posto molto più alto.
<< Ti ricordi come mi chiamo? >> Chiese la giovane, ed Heather la guardò senza dir nulla. L’altra sorrise, << Io sono Luana. >>
<< Piacere, io sono Heather. >>
<< Lo so. Non… abbiamo mai avuto modo di parlare. So che sei un’amica di Owen. >>
Heather riportò gli occhi davanti a sé, verso la strada, mentre decine di quegli esseri mostruosi camminavano accanto a loro e si strusciavano contro il furgoncino. A volte, alcuni di quegli scheletri si voltavano verso la cabina del guidatore e puntavano le loro orbite vuote verso i finestrini spessi ed oscurati all’esterno, in cerca di qualcosa di cui sfamarsi. Ma puntualmente, non trovavano nulla e non sentivano alcun odore che potesse ricordar loro anche solo vagamente un essere vivente.
<< Amica è una parola grossa. >> Ammise l’asiatica. << Diciamo che abbiamo fatto parte dello stesso reality. >>
<< È lì che hai conosciuto lo spagnolo? >> Chiese Luana.
<< Latino-americano >> la corresse l’altra, e la giovane dai capelli afro annuì in segno d’aver capito. << Comunque si, è lì che l’ho conosciuto. E per molto tempo l’ho odiato con tutto il mio cuore. >>
Seguì una pausa, nella quale nessuna delle due disse niente.
<< Oppure l’ho sempre amato e mi rifiutavo di accettarlo >> fece spallucce e ritornò ad osservare il paesaggio post-apocalittico.
<< Io sto insieme ad Owen >> disse con un sorriso Luana, senza aggiungere altro.
<< Buon per voi >> replicò Heather. << A me non è mai stato troppo simpatico. Troppo rumoroso e troppo volgare per i miei gusti, ma vedo che stando con voi è migliorato. >>
<< Tu non sopporti Brooke, non è vero? >> chiese Luana senza mezzi termini e cambiando discorso repentinamente.
Heather la guardò per qualche istante, tentando di capire dove volesse andare a parare. Alla fine, facendo nuovamente spallucce, l’asiatica disse: << Già, la odio. >>
<< Ho sentito la storia che Alejandro ha raccontato riguardo cosa vi è successo e a come siete arrivati qui. Mi dispiace, spero che i tuoi amici stiano bene, Heather. >>
L’asiatica portò nuovamente gli occhi neri in quelli, incredibilmente ancor più scuri, di Luana. << Grazie >> rispose soltanto, e l’africana le sorrise.
<< Tu sei di Toronto allora. >>
<< Si, e tu? >>
<< I miei sono originari della Namibia, ma per tutta la vita sono stata sballottata di qua e di là per il mondo >> Luana scosse le spalle e il capo, con fare noncurante. << Capita. Almeno, posso dire di aver viaggiato >> scoppiò a ridere ed Heather non capì cosa ci fosse di così divertente, ma sorrise comunque. Non sapeva, che quello era il primo passo che le avrebbe condotte ad una grande amicizia.
 
<< Oddio >> mugugnò quando abbassò lo sguardo. Distolse subito gli occhi, non poteva guardare quello scempio. Si coprì il viso con le dita affusolate delle mani dalla pelle abbronzata. Anche se l’aveva odiata, guardare il suo corpo divorato da quei cani lupo era troppo per lei.
<< Shh, tranquilla >> la rassicurò il ragazzo accanto a lei, cingendola con le sue braccia forti. Dakota alzò lo sguardo verso Mattew, che le sorrise con una luce negli occhi che mai prima d’ora aveva visto nello sguardo di qualcuno. Certo, molti ragazzi, ed anche alcune ragazze, erano stati innamorati di lei, avevano tentato in ogni modo di compiacerla e di farsi notare, ma nessuno di loro, se non forse Sam era riuscito a colpirla così tanto da smuovere qualcosa nel suo freddo cuore. Ed ora, Mattew la guardava con tale amore nello sguardo che la bionda si sentiva la testa girare.
I cani lupo se ne erano andati, sazi della carne di Magda. Avevano alzato lo sguardo verso di loro ed avevano ringhiato, il pelo sul muso sporco di sangue ancora caldo.
<< Cosa facciamo ora? >> Chiese la flebile voce di Zoey, mentre la ragazza veniva scossa piano da singhiozzi.
<< Di sicuro non possiamo restarcene qui su questo albero >> rispose Mattew in modo brusco.
<< Ma non possiamo scendere! Se i cani lupo tornano ci sbranano vivi! >> Urlò lei in riposta, abbassando subito la voce.
<< Shh >> li fece tacere di colpo Mal. I due si voltarono verso il ragazzo, che alzò il mento verso il cielo  e cominciò ad annusare l’aria, tendendo le orecchie. Sembrava più animale che umano, e Zoey non si sarebbe stupita se si fosse messo ad ululare alla notte.
<< Ma che diavolo stai facendo? >> disse Mattew, ma Mal continuò a guardare verso l’alto, in ascolto di qualcosa che gli altri tre non potevano udire.
<< Tutto tranquillo >> rispose infine abbassando il capo e voltando lo sguardo verso i compagni.
<< “Tutto tranquillo”? >> Domandò Dakota preoccupata.
<< Si, tutto tranquillo. I cani se ne sono andati. >>
<< Ma come diavolo… >> cominciò Mattew, ma l’altro lo bloccò con un gesto della mano. Dopodiché iniziò a scendere dall’albero, ed atterrò accanto al corpo martoriato e mezzo divorato di Magda. Dopo di lui seguì Zoey, che invece di saltare fino a terra saltò tra le braccia di lui, che la afferrò al volo. I due, mentre Dakota e Mattew imitavano le loro azioni, si avvicinarono allo scempio commesso da quelle due belve feroci.
Mal si inginocchiò e puntò gli occhi sul cranio mezzo spolpato che giaceva lì a terra. Alcune ciocche di capelli biondi erano sparse qua e là, strappate via dai cani lupo tra gli urli terrorizzati ed agonizzanti di Magda qualche ora prima. Alzò una mano e la mise a qualche centimetro di distanza dal teschio, abbassò le palpebre e soffiò piano dal naso. Era il suo modo di dirle addio. Mentalmente stava dicendo parole gentili che non avrebbe mai pronunciato ad alta voce. Magda gli somigliava molto, ma la bionda era stata anche al tempo stesso completamente diversa da lui, era stata buona, e per ciò che lei aveva fatto sia per lui, che per Zoey che per il gruppo, la rispettava.
Sperava si trovasse in un luogo migliore.
<< Oddio >> ripeté Dakota voltandosi e non volendo guardare quell’orrore.
Zoey evitava di intercettare con la vista ciò che restava del cadavere, faceva andare gli occhi di qua e di là, tentava il possibile per evitare di incrociare lo sguardo con il corpo della donna che le era stata amica, che l’aveva aiutata a salvare la vita del suo Mal.
<< Se ti fa così schifo non guardare >> commentò cattivo Mal scattando in piedi e guardando Dakota in modo freddo. La bionda socchiuse gli occhi pieni di astio.
<< Ora che facciamo? >> intervenne Zoey, ma fu ignorata.
<< È uno scempio. La odiavo, è vero, ma vedere questa scena mi fa venire la nausea. >> Disse Dakota con un tono di voce stracolmo di odio.
<< Adesso ti dispiace per lei?! >> Disse Mal furioso, non tollerava più il comportamento di Dakota. Era stupida, impulsiva, e probabilmente anche molto, molto falsa.
<< E allora? Sono umana, non un mostro come te! >> Urlò la bionda.
<< Tu >> sussurrò l’altro. << Non ti azzardare mai più a darmi del mostro o ti farò vedere di cosa sono capace. >> Scandì bene ogni minima parola per essere sicuro che la ragazza capisse bene.
<< Okay, basta >> intervenne Mattew tentando di riportare la ragione nel gruppetto. << Basta >> ripeté. << Magda se ne è andata, punto, è successo. >>
Mal si voltò a guardarlo. Lì solamente a lui e a Zoey pareva importare veramente della donna che si era sacrificata per loro più volte di quelle che le loro giovani menti potevano ricordare. Se non fosse stato per Magda, probabilmente né Dakota, né Zoey e nemmeno lui si sarebbero trovati lì.
<< Non pronunciare il suo nome >> disse semplicemente irrigidendo la mascella. Nella mano sinistra teneva stretto per il manico un lungo machete dall’aspetto assai pericoloso.
<< Oh, adesso fai il sentimentale? Quella si è lasciata morire, si è lasciata mangiare da quelle belve >> replicò Mattew, e all’occhiata che Zoey e Mal si scambiarono sorrise cattivo. << Avanti, lo sapete anche voi. >>
<< Piantala >> intervenne Mal voltandosi verso Zoey e prendendole dalle mani lo zaino. Se lo sistemò in spalla e si girò nuovamente verso Dakota e Mattew. << Zoey? >>
<< Si? >> La ragazza dai capelli rossi lo guardò negli occhi, e ciò che ci vide la spaventò. Sembrava diverso dal Mal di qualche ora prima. Sembrava tornato quello di un tempo, cattivo, senza scrupoli e molto, molto pericoloso.
<< Ti importa di questi due? >> Alzò il machete che ora stringeva nella mano destra e indicò i due compagni.
<< In… In che senso? >> Domandò la rossa confusa.
<< Dobbiamo andarcene di qui. A questi due non importa nulla di Magda, e ci rallenterebbero, oltre al fatto che insieme a loro finiremmo le scorte prima del previsto. >>
<< Cosa… Cosa hai intenzione di fare?! >> Scattò lei quando lui cominciò ad allontanarsi con lo zaino in spalla.
<< Me ne vado, li mollo. Ora il gruppo è diviso, siamo dispersi in questo immenso bosco. Dietro di noi ci sono quelle belve. Heather e Alejandro probabilmente saranno già stati sbranati come spuntino, Magda è morta, Izzy e Noah non ho idea di dove sanno. Ed inoltre ho sentito Iz urlare il nome di Cameron quindi penso sia morto anche lui. >> Il giovane scosse le spalle con fare incurante. << Siamo divisi, e sicuro come l’inferno io non torno indietro. Voglio arrivare alla fine di questo dannato bosco, trovare una casa e dormire su un letto, e si, eliminare qualche scheletro per sfogare la rabbia. >> Puntò i suoi occhi neri come la notte su Dakota e Mattew. La pila posta sulla spallina dello zaino gli permetteva di vedere ciò che c’era attorno a lui. << Il momento della scelta è arrivato, non penso che il mondo tornerà più come prima. Zoey >> la guardò, << devi scegliere. O me, >> riportò di nuovo lo sguardo su Dakota e Mattew, << o loro. >>
<< Ma… Mal! >> Urlò la rossa sconvolta. << Mi stai chiedendo di abbandonarli? >>
<< A noi non serve lui >> replicò Mattew lanciando un’occhiata di sfida a Mal.
Dakota si trovò d’accordo e disse: << Zoey, noi siamo amiche, l’amicizia è più importante di un ragazzo. Resta con me, con noi >> le sue parole erano piene di ansia. << Mal è pericoloso! Non stare con lui, noi ti proteggeremo! >>
La rossa cominciò a far andare lo sguardo da Mal a Dakota. Cosa doveva fare? Non potevano costringerla a scegliere! Dakota era sua amica, una sua grande amica, avevano passato quel disastro tutti insieme! Ma Mal era il ragazzo che amava, sapeva che non sarebbe mai riuscita a lasciarlo andare, sarebbe morta nel pensare ogni giorno a tutte le mille cose orribili che potevano essergli successe. Anche se sapeva che lui avrebbe potuto difendersi o uscire vivo da qualsiasi cosa, l’amore la rendeva cieca davanti ai fatti.
Abbassò il capo con fare colpevole, e sentì Dakota sospirare.
<< Dannazione, hai realmente intenzione di andartene con quello?! Ha ucciso Mike, Zoey, Mike! >>
La rossa non rispose e si limitò a scavalcare ciò che rimaneva del corpo di Magda e ad accostarsi a Mal, che le sorrise e la cinse con un braccio.
<< Chi ti ha detto che puoi prendere tu lo zaino? >> Disse Mattew facendo fermare i due che già avevano cominciato ad allontanarsi uno di fianco all’altra.
<< Il fatto che fosse di Magda e che io e la mia ragazza facciamo entrambi parte del gruppo della donna che vedi lì a terra mezza divorata per colpa di quella >> alzò il suo indice accusatorio verso Dakota. << Mentre tu e la tua ragazza come leader avete Izzy. Niente di personale >> sorrise cattivo e si voltò per riprendere ad allontanarsi, il braccio destro posto attorno alle spalle di Zoey.
<< Non puoi mollarci così! Con solo una borsa mezza vuota a disposizione! >> Urlò la bionda in modo furioso.
Né Zoey né Mal, per tutta risposta, dissero nulla.
 
<< Oh mio Dio! >> Urlò il ragazzo sconvolto. << Ma che diavolo è successo?! >> Scattò all’indietro, schiacciandosi contro il muro freddo e di pietra della cella per allontanarsi dalla scena che vedeva davanti ai suoi occhi.
Courtney se ne stava seduta nello stesso punto di sempre, mentre guardava fisso a terra ma non vedeva nulla in particolare. La sua mente stava correndo indietro nel tempo e scorreva ad una lentezza quasi micidiale ogni minimo istante sin dal momento in cui erano giunti in quel magazzino. Alla destra di lei, a terra, in un lago di sangue c’era il corpo di Dawn, immobile e rigido. Da quanto tempo si trovavano in quella situazione? Per l’ispanica era difficile a dirsi, potevano essere passate ore. Ciò che era successo l’aveva scioccata. In quel poco tempo che aveva passato assieme ai due compagni, tra lei e la pallida ragazza bionda si era instaurato un forte legame simile a quello fraterno.
Erano state come sorelle per quel breve lasso di tempo.
Prima dell’arrivo di quei mostri.
La pelle di Dawn, dove non era macchiata di sangue, era pallidissima, quasi trasparente, ed in alcuni punti si potevano vedere le vene dove il sangue non scorreva più.
<< Cosa diavolo è successo? >> Urlò Scott, e Court rispose con un:
<< È morta. >>
<< Questo lo vedo anche io! >> Replicò l’altro. << Ma come? Cosa è successo? >>
<< Tu, come un povero idiota, sei svenuto >> si voltò verso di lui e lo guardò duramente. << Degli scheletri ci hanno attaccati, io e Dawn abbiamo fatto di tutto per portarti in salvo ma non è stato abbastanza. Non appena ci siamo chiuse qui dentro con te, gli scheletri sono comparsi ed hanno afferrato Dawn per il maglione prima che lei potesse allontanarsi dalle sbarre. Erano troppo forti. L’hanno morsa, e dopo se ne sono andati. >> Courtney inspirò con il naso e riportò lo sguardo verso le sbarre di metallo freddo. << Ed io ho dovuto ucciderla per non farla poi ritornare come uno di quegli esseri. >>
<< Capisco… >> Scott annuì piano, per poi voltare la testa ed affondare il viso nell’incavo del braccio. << Dio che puzza… >> sussurrò.
<< Lo so. Stavo aspettando che tu ti svegliassi. Ce la fai ad alzarti? Dobbiamo andarcene di qui. >> Nella voce di Courtney non c’era traccia di alcuna emozione.
<< Si, ce la faccio >> Scott si alzò in piedi, barcollando piano. Poggiò i palmi delle mani contro le pareti di pietra grezza e chiuse piano gli occhi, per poi aprirli di nuovo ed ergersi completamente in tutta la sua statura. << Ce la faccio >> ripeté, convinto, e Courtney saltò in piedi anche lei. Si mise lo zaino in spalla e aspettò che Scott facesse lo stesso con l’altro zaino beige da montagna.
<< Sei sicuro? >> chiese di nuovo, non voleva rischiare svenisse di nuovo.
<< Si, è stato solo un mancamento. Probabilmente devo solamente mangiare qualcosa. >> Courtney per tutta risposta scostò il proprio zaino dalle spalle e lo aprì, prendendo un panino da uno dei sacchetti che conteneva. Il pane era un po’ raffermo, ma era meglio di niente.
<< Tieni, mangia. Possiamo aspettare prima di andare se vuoi. >>
Scott lanciò una rapida occhiata al corpo di Dawn, la sua amica, morta. << No >> scosse il capo. << Posso mangiare mentre camminiamo. Non voglio… >> fece una breve pausa, << Non voglio restare qui, con lei, lì… Così… >> Faticava a parlare.
<< Ti capisco. Cosa ne facciamo? La seppelliamo? >> Domandò Courtney, ed entrambi si voltarono verso il cadavere. In volto, Dawn aveva dipinto un sereno sorriso. L’ultima cosa che aveva visto era il volto di Courtney accanto a lei, e gli angeli che scendevano dal cielo per venire a prenderla.
<< No, sarebbe uno spreco di tempo e rischieremmo molto con tutta la storia degli scheletri. >>
<< Già, hai ragione >> constatò l’ispanica. << Ma lasciarla così… non possiamo, dobbiamo renderle onore. >>
Scott sospirò piano. << Anche tu hai ragione. >> Alzò lo sguardo e puntò gli occhi oltre le sbarre di metallo della cella dentro cui erano chiusi e scorse una grande cassa cilindrica di legno levigato che avrebbe potuto fare al caso loro.
<< Avanti >> disse, spingendo piano le sbarre della cella.
Courtney sbuffò e dalla tasca estrasse una chiave color argento, che accostò alla serratura e inserì. Una volta che ebbe aperto la cella, quasi rompendosi una mano, spinse via le sbarre e lanciò un’occhiata a Scott che pareva dire chiaramente “sei-un-idiota”. Insieme si avviarono verso la cassa che aveva visto il giovane, guardandosi attorno e aspettandosi di veder comparire dal nulla gli scheletri che li avevano attaccati. Fortunatamente erano soli, e Courtney sapeva che erano quelle creature ad essere fortunate, perché se le avesse avute per le mani, le avrebbe eliminate una dopo l’altra, facendo una strage. Con non poca fatica portarono la cassa nella cella e dopo averci sistemato dei morbidi cuscini che avevano trovato in giro per il magazzino, ci misero dentro il corpo di Dawn.
Rimasero lì per qualche tempo, dicendo mentalmente delle preghiere per lo spirito della ragazza. Dopodiché, richiusero la grande cassa e vi posarono sopra delle rose bianche di stoffa ruvida. Uscirono dalla cella e la chiusero a chiave, per poi voltarsi e cominciare ad allontanarsi.
Mentre Scott mangiava il panino raffermo in silenzio, Courtney estrasse una catenina d’argento dalla tasca dei pantaloni verde militare che le stavano aderenti fino alla fine delle gambe. Ai piedi portava degli anfibi neri.
Puntò i suoi occhi color ossidiana sulla catenina e senza dir nulla la aprì e accanto al delfino d’argento sistemò la chiave. Quel ciondolo era stato di sua nonna, con la quale aveva avuto davvero un bel rapporto. Quella collana era il modo di averla sempre vicina, poteva vedere il suo volto nella sua mente, il suo sorriso. Ed ora, accanto a quello dell’anziana ispanica, c’era anche il viso di una giovane ragazza dai lunghi capelli biondi, dalla pelle bianchissima e dai grandi occhi azzurri che le sorrideva e le sussurrava: “Sorella”.

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Capitolo 44
*** Infernal forest ***


<< Diamine, potevamo salvarlo >> disse interrompendo il silenzio.
L’altro non si voltò nemmeno a guardarla ma continuò a camminare lungo la costa. Più avanti c’era un molo, alla cui fine erano attraccate delle barche che avrebbero potuto fare perfettamente al caso loro.
<< Vai ancora avanti? >> replicò poi infine, rompendo il silenzio che per l’ennesima volta era calato. << Sono passati giorni, ed ancora mi rompi per qualcosa che anche tu sai era l’azione giusta da compiere. >>
<< Si, lo so, ma questo non vuol dire che non mi dispiaccia. >>
<< Avanti, era un sadico bastardo che ha tentato di ammazzarci un’infinità di volte. >>
<< Ma era cambiato! >> Insistette la ragazza, ed il giovane alzò gli occhi al cielo.
<< Smettila di farti tanti problemi. Succede, okay? Hai visto abbastanza film horror e di apocalissi zombie per capire che non sempre qualcuno si salva. >>
Quando ebbe finito di parlare si voltò di nuovo e riprese a camminare. Lei si affrettò a seguirlo. << Secondo te è morto? >>
Duncan sorrise piano, << Chi? Quel vecchio bastardo? Ah, non penso, ha la scorza dura quello >> annuì tra sé, tirando su col naso. << Ma pensare che sia morto mi da uno sfizio in più >> ammise facendo spallucce.
Gwen scoppiò a ridere. << Ad ogni modo, sei sicuro che sia più sicuro prendere una barca che non un aereo? >>
<< Non so pilotare un aereo, Gwen. >>
<< Magari un elicottero >> tentò nuovamente.
<< Nemmeno quello. La barca è più facile, e più sicura secondo me. >> Disse lui alzando lo sguardo verso il cielo. Ora che si erano allontanati dal centro dell’isola, la sabbia che aveva ricoperto tutto di dune si era diradata. Ed anche quegli scheletri comparivano più raramente.
<< Ma… >>
<< Fidati. Di me. >> Replicò lui quando arrivarono al molo e cominciarono a percorrerlo.
Gwen era vestita come al suo solito di nero. Indossava una canotta nera aderente e dei jeans dello stesso colore attillati che la facevano sembrare ancora più magra di quanto fosse in realtà. Ai piedi portava delle scarpe da ginnastica grigie un po’ rovinate per colpa della sabbia. A tracolla aveva la borsa in jeans abbastanza decolorata con i suoi vestiti di ricambio, delle scorte di cibo e di bevande e con ciò che le serviva come fazzoletti, uno o due libri da leggere per passare il tempo, il suo cellulare, l’IPod con le cuffie, i carica batterie e molto altro ancora. Quella borsa prima o poi sarebbe esplosa. Ma il lato positivo era che avrebbe potuto lanciarla agli scheletri in versione granata.
<< Mi fido di te, ma la sai guidare una barca? >> Replicò e Duncan alzò gli occhi al cielo per l’ennesima volta.
<< Una o due volte ne ho guidata una >> ammise.
<< Avevi una barca? >> replicò l’altra scioccata.
<< Uhm… Veramente no. Ad dire il vero le avevo rubate. >>
<< Ah, ecco, ora si spiega tutto >> disse lei, e Duncan la fulminò con un’occhiataccia.
Giunsero alla fine del molo e senza dire niente, il ragazzo fece un salto e atterrò su una degli yatch attraccati.
<< Aspettami qui. >>
<< Dove vai? >>
<< Tu fidati di me >> rispose semplicemente lui, ripetendo per l’ennesima volta la stessa frase che da giorni le diceva.
Quando ricomparve, le sorrise. Con sé aveva un’altra borsa piena di qualcosa che tintinnava.
<< Avrai mica rubato qualcosa? >>
<< Ehi, che ci vuoi fare? Sono fatto così >> scherzò lui. << Avanti, cerchiamoci una barca che vada bene per noi. >>
Quando la trovarono partirono subito. Era un piccolo panfilo di modeste dimensioni, dotato sia di vela che di motore.
<< Dove siamo diretti? >> Chiese Gwen sedendosi e sorridendo con il volto rivolto al cielo. Finalmente poteva godersi un po’ di vento fresco contro la pelle, si era stancata di quel caldo afoso e simile al clima di un deserto che aveva invaso le isole Hawaii.
<< Credo andremo o in Canada oppure negli Stati Uniti. Non penso che qualcuno tenterà di fermarci. Credo che la gente abbia altri problemi. Piuttosto, non ti chiedi come mai l’esercito non sia intervenuto? >>
<< Magari sono intervenuti, ma non qui >> azzardò Gwen.
<< Non lo so… >> ammise l’altro, per poi bloccarsi di colpo. << L’hai sentito? >>
<< Sentito cosa? >> Chiese Gwen, ma poco dopo, la ragazza scattò in piedi ed urlò: << Si! Cos’è? >>
<< Io penso sia… >>
Dal nulla comparve un elicottero. Era nero e molto piccolo. Si teneva alto, ma non abbastanza da non smuovere le acque del mare su cui si trovavano Gwen e Duncan. Il rumore era molto forte ed assordava i loro timpani.
<< Un elicottero! >> esclamò Gwen finendo la frase al posto del ragazzo. << C’è qualcun altro! Ehi! >> Urlò, facendo segni con le braccia e saltando, ma l’elicottero li superò e si allontanò in fretta nel cielo azzurro e pieno di nuvole. << Uffa, non si è fermato >> borbottò lei.
<< Beh, non c’era un punto d’atterraggio, e poi non so se sia una grande idea tentare di fermare degli sconosciuti. >> Disse Duncan.
<< E se fosse stato Chris? >>
<< Beh, in quel caso >> rise il punk voltandosi di poco verso di lei, << avrei avuto ragione. Quell’uomo ha la scorza dura >> sorrise e riprese a comandare il panfilo.
 
<< Siamo vicini al confine >> disse Brooke tornando nel retro del furgone ed avvisando tutti. << Tra poco ci fermiamo, c’è una stazione di rifornimento. >>
Tutti si lanciarono in esclamazioni come: << Si! >> o << Evviva! >> mentre la rossa si sedeva al suo solito posto e cominciava a tagliarsi una mela.
Heather non ne poteva più di stare lì dentro, e non sopportava più di dover vedere Brooke. Gli unici che le stavano un minimo simpatici erano Luana e Martin, il fratello della rossa antipatica. E poi c’era Alejandro, accanto al quale passava ogni notte. E quando non riusciva a dormire, lui l’abbracciava e l’attirava stretta sé. Forse era un po’ troppo sdolcinato per una come lei, per i suoi gusti, ma in un mondo come quello, in una situazione come quella che stava vivendo ora, si sentiva pienamente giustificata.
Quando si fermarono, scesero subito, ed ognuno di loro si sgranchì un po’. Dopo giorni e giorni chiusi in quel diavolo di trabiccolo, un po’ d’aria fresca faceva bene.
<< Heather >> intervenne Luke, e l’asiatica si voltò a guardarlo.
<< Si? >>
<< Più avanti c’è un piccolo supermercato secondo la mappa, ti dispiace portare qualcuno con te e andare a controllare se c’è qualcosa che possiamo portar via? Nel frattempo noi facciamo rifornimento qui e poi  vi raggiungiamo. >>
<< Certo, va bene. Ma come mai non lo chiedi a Brooke? >>             
<< Lei è il nostro capo, deve restare qui. >>
<< Giusto >> disse lei, infastidita. << E va bene. >> Tornò nel furgoncino, prese uno degli zaini vuoti e se lo mise in spalla. Uscì e cominciò ad incamminarsi. << Alejandro! >> Urlò, ed il latino-americano, che stava parlando con Luana, che aveva un’espressione molto seria in viso si voltò di scatto.
<< Cosa c’è, chica? >>
<< Devo andare a fare ispezioni, vieni con me? >>
Lui per tutta risposta annuì, afferrò una delle borse nel furgoncino e si affrettò a raggiungerla, dato che lei già si era incamminata.
<< E smettila di chiamarmi chica >> gli disse.
<< Scusami, chica >> la prese in giro lui scoppiando a ridere, e lei lo colpì al petto con il dorso della mano sinistra, per poi alzare gli occhi al cielo. Aveva scelto lui perché erano un’ottima squadra, e in questo modo avrebbero potuto starsene soli senza gli altri per un po’, il tempo che fosse servito perché il gruppo facesse rifornimento.
<< Come mai hai scelto me? >> Chiese lui, guardandola con un sorriso sornione dipinto in volto, e lei scosse la testa alzando nuovamente gli occhi al cielo. Avrebbe potuto mentirgli, ma quando lo guardò negli occhi, in quei bellissimi occhi color verde smeraldo, non poté che sorridere e dire:
<< Perché siamo un’ottima squadra di ammazza scheletri. Come gli spacchiamo il didietro noi non lo fa nessuno. >>
 
La ragazza piangeva piano, scossa da piccoli singhiozzi e tremolii che la facevano sembrare una piccola bambina indifesa. Il giovane dai capelli castani le era accanto, la abbracciava e le sussurrava parole dolci.
Cosa era successo? Perché stava accadendo tutto quel disastro?
<< Cosa sta succedendo? >> disse tra un singhiozzo e l’altro. << Perché… Perché succedono queste cose? >>
<< Shh, stai calma Iz. >> Le diceva lui sfiorandole i capelli. << Non lo so perché succedono, perché forse il mondo è fatto così. Accadono cose brutte alle persone che non se lo meritano. >>
Lei si era detta di essere forte, si era ripromessa che sarebbe stata una ragazza forte e che avrebbe protetto il suo Noah, ma in quel momento, dopo aver visto Cameron venire divorato da un branco di cani lupo affamati e aver perso di vista il gruppo, i suoi amici, era crollata. Chi voleva prendere in giro? Non era una leader, non come Magda.
<< Ho paura, Noah. Cosa succederà? Come potremo sopravvivere a tutto questo disastro? >>
<< Ce la faremo, vedrai, lo supereremo. Ti fidi di me? >>
<< Si, certo che mi fido di te >> lei alzò gli occhi verso il ragazzo, mentre lungo le guance le scorrevano lacrime calde come lingue di fuoco.
<< E allora smettila di piangere, non ce n’è motivo. Alzati in piedi e fatti valere, sii quella che sei veramente. Sei una leader, ci tirerai fuori da questo casino. E in ogni caso non sei sola, ci sono io al tuo fianco. >>
Lei continuò a guardarlo negli occhi.
<< Supereremo tutto, insieme. >>
<< Insieme >> ripeté lei stringendo le labbra una contro l’altra. Annuì piano.
<< Bene >> Noah sorrise, accarezzando il viso di Izzy. << Ed ora, credi di riuscire a stare in piedi e a guidarmi fuori da questa diavolo di foresta? >> Scoppiò piano a ridere. << Dopotutto sei tu la pazza fuggitiva che viveva nei boschi. >>
Iz scoppiò a ridere a sua volta e si liberò dalla stretta delle braccia del ragazzo. << Avanti >> disse facendo un sorriso, riprendendosi con una velocità incredibile ed asciugandosi le guance con il dorso della mano destra. << Usciamo da questo diamine di bosco infernale. >>



*Angolo autrice*
Ciao a tutti ed eccoci qui con il penultimo capitolo di The Bad Boy! Lo so, lo so, lacrime e tristezza a non finire perché oramai è finita ma prima o poi doveva succedere u.u *mode autoconvincimento che alla gente dispiace: on*
Ad ogni modo, questo è il penultimo capitolo, ma non disperate lettori, perchéé *mode Chris*, ci sarà un sequel! In contemporanea con l'ultimo capitolo di The Bad Boy pubblicherò anche il primo della nuova ff a capitoli che narrerà le vicende che accadranno ai partecipanti, quelli vivi, di Total Drama. Sarà ambientata qualche anno dopo alla comparsa del ciclone e degli scheletri, e le cose saranno un tantino diverse. La fan fiction si chiamerà The Bad Girl (lo so, la mia fantasia supera ogni limite u.u) e la principale protagonista sarà Dakota, ma non disperatevi (se la odiate) perchè sarà un tantino diversa da come la conosciamo, e ci saranno anche comparse della Zoal, di Courtney, racconterò cosa è successo ad Heather ed Alejandro e se hanno raggiunto Toronto ecc. 
Mi auguro di fare un buon lavoro e non una specie di scarto di fan fiction e che la leggiate in molti, tutti voi che seguite The Bad Boy. (Giustamente vorrete sapere cosa accade ai nostri cari personaggi, no? Hehe)
Ora vi saluto, 
vi ringrazio per esservi interessati alla prima ff che ho pubblicato qui sul fandom e per il fatto che vi sia piaciuta (ricordo quanto fossi scioccata quando le recensioni continuavano ad arrivare una dopo l'altra e tutte positive haha).
Un abbraccio a tutti,
ciao <3

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Capitolo 45
*** A soundless snowfall ***


Si fermarono per riposare, troppo stanchi per riuscire continuare a camminare ancora per molto. In poche ore, tutto era cambiato radicalmente. Cosa era successo al mondo? Ora quelle nubi nere, che avevano riempito il cielo ed occluso la luce delle stelle e del sole per molto tempo, erano scomparse, ed i raggi flebili giungevano fino a loro.
<< Finalmente non c’è più tutto quel freddo >> disse Zoey stiracchiandosi e puntando i suoi occhi color nocciola sulla distesa chiara che stava sopra la sua testa.
<< Lo hai detto almeno un centinaio di volte, Zoey, sono giorni che lo ripeti, me ne sono accorto anche io che non c’è più freddo eh >> le rispose Mal sorridendole.
Il ragazzo, dalla morte di Magda era cambiato. Se in precedenza aveva imparato ad essere gentile, con grande sforzo di volontà, e comprensivo, ora era tornato quello che era in principio: pericoloso, pazzo e senza scrupoli. L’unica differenza tra il Mal stalker e il Mal di ora, era il modo in cui si relazionava con la rossa. Ora stavano insieme, e lui non si sentiva più minacciato dal fantasma del ricordo di Mike.
<< Mal? >> lo chiamò lei dopo qualche istante, e qualcosa nella sua voce doveva essere sembrata strana, perché il ragazzo alzò di colpo la testa dalla scatola di latta che stava tentando in ogni modo di aprire ma che sembrava sigillata.
<< Cosa? >> la guardò preoccupato, che si stesse sentendo male? Accidenti, sarebbe stato un dramma, perché lui con sé non aveva un buon kit di pronto soccorso, solo qualche aspirina, qualche dolorifico, garze e altre scatole piene di pillole di cui lui nemmeno conosceva l’utilizzo. << Stai male? >>
<< Cosa? >> replicò lei, << No, macché. >>
<< E allora cosa c’è? >> Dentro di sé, Mal tirò un sospiro di sollievo, anche se era un tantino scocciato dal fatto che lei lo avesse fatto preoccupare per nulla.
<< Io continuo a chiedermi… Che fine avranno fatto Heather e Alejandro? >>
<< Te l’ho detto, li avranno divorati vivi >> replicò lui alzando le spalle con fare noncurante.
<< Wow, è incredibile quanto il livello di noncuranza sia alto in te >> lo canzonò Zoey con un sorrisetto sornione.
Lui per tutta risposta le fece il verso, e lei scoppiò a ridere, mentre se ne stava distesa a terra sopra una soffice coperta rosa a fissare il cielo. Dopotutto, forse, ciò che era successo a quel mondo non era poi così negativo. Certo, ora era pieno zeppo di quegli esseri schifosi che addentandoti ti trasformavano in una specie di zombie vampiro alla ricerca di sangue, e per molto tempo il freddo aveva avvolto tutto come una coperta, ed inoltre molti morivano, ma in confronto a prima, Zoey non sapeva dire se quello che stava vivendo fosse un vero incubo. Ora era insieme a Mal, e lui non sognava più di strangolarla mentre dormiva, o almeno lei lo sperava, dato il cambiamento radicale che in poche ore l’aveva reso così diverso. Le mancavano però i suoi genitori e le sue migliori amiche, Heather, Courtney e Gwen. Che fine avevano fatto? Zoey odiava non sapere cosa fosse loro successo.
<< Già >> commentò Mal riprendendo a tentare d’aprire il barattolo.
<< E sei così cinico poi… >> disse disgustata, ma non appena lui alzò lo sguardo e la guardò con un’espressione persa e sconvolta, lei non si trattenne e scoppiò a ridere. << Dovresti vedere la tua faccia! >> Si voltò su un fianco, non riuscendo a smettere di ridere.
<< Ha-ha-ha simpaticona >> le disse lui, riprendendo a cercare di aprire il barattolo.
<< Ce la farai prima o poi ad aprire quel barattolo? >> lo prese in giro la rossa, e lui le fece il verso. Lei scosse la testa e sbuffò. << Ma sul serio pensi se li siano mangiati? >>
<< Non ho idea di che fine abbiano fatto, ma pensaci. Sono scomparsi nel nulla, completamente. Forse sono vivi, non lo so. >>
<< Ma perché non erano lì con noi? >> Zoey spalancò gli occhi, stendendosi a pancia in giù, mentre la sua mente elaborava i pensieri che non riusciva ad afferrare.
<< Magari si sono allontanati per far chissà che cosa e hanno avuto la fortuna di non trovarsi lì quando il fuoco ha attirato quelle belve. >>
<< Spero siano ancora vivi >> sussurrò Zoey fissando il terreno per poi alzare lo sguardo verso il cielo. Tutto quello che stava accadendo loro era incredibile, quasi impossibile da credersi, ma ogni singola cosa era vera. “Spero di non essere mai costretta a lasciare anche Mal” pensò, per poi lanciare un’occhiata al ragazzo ancora indaffarato. Sorrise tra sé, un po’ tristemente, “Non saprei che fare altrimenti.” Guardò nuovamente il cielo, “Prego qualsiasi dio o dea ci sia lassù, non permettete a questo mondo di portarmi via anche l’ultima persona che mi è rimasta, l’unica senza la quale quest’esistenza non avrebbe senso per me.”
 
Stavano camminando da almeno tre minuti, e del supermercato del quale aveva parlato Luke non c’era ancora la minima traccia.
<< Siamo sicuri che sia la strada giusta? >> chiese Alejandro, ed Heather gli lanciò un’occhiataccia delle sue che pareva dirgli chiaramente “dimmi-che-scherzi”.
<< È ovvio che è la strada giusta >> replicò lei acidamente e quasi urlando. Lo squadrò con un’occhiata, preoccupata. << Era l’unica strada che potevamo seguire, come fa ad essere la strada sbagliata? >>
<< Che ne so >> rispose lui infastidito.
Lei spalancò la bocca: << Hai qualcosa che non va? Sembri una vecchietta in menopausa, continui a farti aria col ventaglio e ti lamenti di ogni cosa! >>
<< Sono solamente stanco. >>
<< Stanco? Ma se abbiamo passato qualcosa tipo un’intera settimana chiusi in quel diavolo di furgone! >>
<< Già >> replicò lui guardandola male, << ed ora il mio corpo, il mio tempio, fa fatica a camminare. >>
<< E se ci attaccano gli scheletri che fai? Gli chiedi un time-out per andare a rifornirti? >> lo prese in giro lei.
Il cielo sopra di loro era incolore, pieno di nuvole inconsistenti che cambiavano forma ogni venti secondi. Il vento andava e veniva, a momenti freddo ed a momenti caldo. Quel clima era insolito, ma Heather negli ultimi tempi, di cose strane ne aveva viste parecchie, non era così facile impressionarla.
<< Ha-ha, antipatica >> disse lui, e lei scoppiò a ridere.
Continuavano a camminare e a camminare, ma non riuscivano a trovare nulla, a scorgere nulla. Passarono altri minuti, che parevano ore, ed il furgoncino non compariva. Dove erano gli altri? Avrebbero dovuto finire da un pezzo.
<< Ehi >> chiamò lei, ed Alejandro le lanciò un’occhiata della serie “che vuoi?”, ma lei la ignorò. << Non pensi sia strano non ci abbiano ancora raggiunto? >>
Entrambi fecero scattare in alto il capo e si guardarono negli occhi. << Pensi sia successo qualcosa? >>
<< Probabile >> rispose l’asiatica, e dopo essersi guardati di nuovo, si voltarono di colpo, e quasi Heather cacciò un urlo. Davanti a lei c’era Luana, comparsa dal nulla. << Luana! Ma che diavolo fai?! >> Cominciò ad urlare furiosa. Il cuore le batteva fortissimo, così l’asiatica si poggiò una mano sul petto. << Ti pare il modo di comparire?! >>
<< Scusami >> disse la ragazza con tono serio, << ma è successa una cosa. >>
<< Cosa? >> chiese Alejandro mentre Heather lanciava un’occhiataccia all’amica.
<< Non c’è nessun supermercato qui vicino, dista due kilometri. Non appena ve ne siete andati, Brooke ha deciso di cambiare strada, io sono scesa in tempo e ho preso questi >> alzò le mani, nelle quali teneva stretti due zaini, oltre a quello che aveva in spalla.
<< No, aspetta, cosa? >> l’asiatica era scioccata. << Brooke ci ha mollati qui? >>
<< Si. Non sei solo tu ad odiarla, il sentimento è reciproco >> rispose Luana, ed Heather sentì un tuffo al cuore. Li avevano abbandonati, anche Owen.
<< E Owen? >>
<< Quando li ho fatti fermare, capendo che non stavamo venendo da voi, e mi sono messa ad urlare contro Brooke, Owen si è trovato d’accordo con me, ma Brooke è testarda, ed ha fatto un discorso lunghissimo sulla fiducia e robe varie. Io non l’ho ascoltata, ho preso le nostre cose e mi sono preparata a scendere da quel diavolo di furgoncino. >>
<< Ma perché Owen non ti ha seguita? >>
<< Prima di tutto perché Brooke è riuscita ad intaccare la sua fiducia in voi. Io non ho detto niente, sarebbe stato inutile e mi avrebbero cacciato a calci, mentre così si renderanno conto che lo sbaglio è loro. E secondo, Owen deve di più a Brooke che a me, e per lui, la lealtà è importante. >>
Luana lanciò un’occhiata piena di scuse ad Heather, che abbassò lo sguardo e sospirò. << Tranquilla, non è colpa tua, anzi, hai fatto ciò che dovevi fare. Ma c’è una cosa che non capisco, come faceva Luke a sapere che con me avrei portato Alejandro? >>
<< Lo avrebbero immaginato tutti, tu ti fidi solamente di lui. >>
<< Oh, >> sbuffò l’asiatica, << non dirlo che si monta la testa. >>
<< Ti fidi solo di me? Interessante >> Alejandro sorrise cattivo, e l’altra fece roteare gli occhi, alzandoli verso il cielo.
<< Vi avrebbero mollati così senza scorte, non capisco proprio il comportamento di Brooke, non si era mai comportata così prima… >>
<< Perché è gelosa di lei >> disse una voce, e Luana si voltò di scatto. Davanti a loro, in piedi, c’era Martin.
<< Martin?! >> esclamò l’africana, e lui sorrise:
<< Già. Li ho mollati anche io, ma immagina un po’? Mia sorella non ha cambiato minimamente idea. Mi ha detto “Va pure se preferisci loro alla nostra missione, come quella traditrice di Luana”. >>
<< Oh, che stronza! >> La ragazza digrignò i denti, furiosa. Non solo la rossa l’aveva costretta, con i suoi sotterfugi, ad andarsene, ma ora anche l’insultava alle spalle dandole della traditrice! Erano state amiche per lungo tempo, e mai, mai in tutti quegli anni Luana avrebbe potuto pensare Brooke potesse avere un lato così freddo e cattivo.
<< Già. Sarà anche mia sorella, ma io mi sono stancato di lei, e poi, non sopportavo più di restare chiuso settimane lì dentro >> sorrise, ed entrambe le ragazze sentirono un colpo al cuore, mentre Alejandro sbuffava infastidito.
<< Piantala, vecchietta con la menopausa >> lo riprese l’asiatica. << Ed ora? Cosa facciamo? >>
<< Abbiamo tutte le nostre cose >> disse Martin indicando lo zaino che portava in spalla più quelli che teneva Luana e i due vuoti di Heather ed Alejandro. << E più avanti c’è un supermercato dove riempire anche quegli zaini >> fece un cenno alzando il mento. << Siamo molto ben attrezzati, arriveremo prima al confine, non molto distante da qui, e poi a Toronto perfettamente integri, vedrete. E troveremo un mezzo di trasporto, statene certi. >>
<< A volte, il tuo ottimismo mi da pure sui nervi >> replicò Luana con un sorriso, << ma in questa situazione ti bacerei. >>
L’altro scoppiò a ridere, << Non ti ferma nessuno! >>
<< Si, okay, piccioncini, vi metterete a succhiarvi la faccia a vicenda in un altro momento. Ora è meglio se ci incamminiamo, voglio mettere più strada possibile tra me e quella brutta befana dai capelli rossi. Se la vedo potrei saltarle addosso ed ucciderla sul colpo. >>
Luana, Martin e Alejandro scoppiarono a ridere, e tutti insieme ripresero a camminare, scambiandosi gli zaini in modo che l’africana non facesse troppa fatica.
E così, il loro viaggio iniziò, diretti verso Toronto, dove Heather e Alejandro avrebbero finalmente scoperto se i loro genitori erano ancora vivi. Quel che non sapevano però, era che la strada che avevano intrapreso li avrebbe legati gli uni agli altri sempre più.
 
<< Sei sicura che sia saggio uscire? >> le disse il ragazzo, afferrandola per un polso, e lei lo guardò.
<< No che non è saggio uscire, è notte e ci sono quei diavolo di scheletri, ma non mi importa nulla, mi sono stancata di starmene chiusa qui dentro, mi serve una boccata d’aria. >>
<< Courtney >> disse lui facendosi serio. << Non uscire. Non voglio rischiare che finisca male. >>
<< Finisca male? >> chiese lei.
<< Si, come con Dawn. Non voglio essere costretto a chiudere il tuo cadavere dentro ad una cassa e portarmi dietro la chiave. E non voglio nemmeno doverti uccidere. Che diavolo, piantala e resta qui. >>
<< No >> replicò la ragazza incrociando le braccia al petto e poggiandosi contro la porta della piccola casetta in cui erano sistemati tutti gli attrezzi da giardino, posta sul retro di una grande casa. Lo guardò negli occhi, determinata, ma Scott non si fece mettere i piedi in testa.
<< Siediti >> replicò lui allora scattando in piedi ed avvicinandosi a lei. Pochi secondi dopo, i due erano a cinque centimetri l’uno dall’altra.
<< Non mi dirai quel che devo fare. >>
Courtney era decisa, voleva uscire, voleva respirare dell’aria fresca e guardare le stelle splendere nel cielo notturno. Voleva sentire il vento contro la sua pelle accaldata. Voleva sentirsi viva, perché in quelle condizioni, costretta sempre a nascondersi, le pareva di essere quasi morta. Prima o poi sarebbe sicuramente impazzita. Quel tipo d’esistenza non era per lei, ma l’ispanica ce la stava mettendo tutta per resistere, per Dawn, perché aveva promesso al suo spirito, mentre era in piedi a contemplare il corpo sistemato nella cassa, che avrebbe combattuto per lei.
<< Ascoltami bene. Io. Non. Ti. Permetterò. Di. Uscire. Di qui. >> Batté il pugno contro la porta di legno, digrignando i denti. << Ho già dovuto dire addio a Dawn, non ero lì con lei quando è morta, ed ora non voglio dover essere costretto a dire addio anche a te. Smettila di fare la viziata, Courtney. >> La guardò negli occhi, e lei ricambiò lo sguardo. Sperava lui l’avrebbe fermata, perché voleva veramente uscire, sentirsi viva, ma quello era stato anche un trucco per mettere alla prova Scott.
<< Non uscirò >> disse fissandogli le labbra.
<< Bene >> lui fece per scostarsi ma lei lo bloccò, mettendogli le mani sulle spalle.
<< A patto che… >> non finì la frase, lasciandola in sospeso, ed il ragazzo la guardò.
<< “A patto che” cosa? >>
<< A patto che… Tu mi dia un bacio. >>
<< Tutto qui? >> lui sorrise cattivo, per poi scattare improvvisamente in avanti e posare le labbra su quelle di Courtney. Il bacio fu lungo ed appassionato, e quando finì entrambi avevano il fiato corto. << Ora, prometti che non uscirai di qui fino a domattina, quando dovremo ripartire. >>
<< Per andare dove? >> replicò lei con un sorriso. << Non c’è un luogo preciso verso il quale ci stiamo dirigendo, girovaghiamo a vuoto sfuggendo a quelle creature. >>
<< Allora troviamo un luogo da raggiungere >> disse Scott con un sorrisetto.
<< Che ne dici di Toronto? >>
<< Toronto? Come mai Toronto? >>
<< I miei lì hanno o… avevano >> abbassò il capo, sussurrando, << una villa, e mia madre ci ha sempre passato la maggior parte del suo tempo. Magari è ancora lì, è un posto ben difeso, alte mura a circondare una casa immensa ed un cancello a prova di scheletri >> gli sorrise. << Non sarà tanto vicino, ma potrebbe fare al caso nostro, che ne dici? Potremmo vivere lì. >>
Scott alzò gli occhi verso il soffitto, pensando, per poi riportarli sulla ragazza. << Dico… che è un’ottima idea. >>
<< Bene, che Toronto sia allora! >> e sigillarono il loro patto con un altro bacio.
Intanto, fuori, nel cielo, le nuvole continuavano a condensarsi, e cominciava a fare sempre più freddo, finché, nel più totale silenzio, privo di luci elettriche o dei rumori della vita umana che fino a qualche tempo prima avevano riempito quel luogo, un solitario fiocco di neve cadeva lentamente, fino a toccare terra. Si posò sul prato, silenzioso, per poi essere seguito da miriadi di altri fiocchi. L’indomani, quando chiunque fosse stato ancora vivo avrebbe aperto gli occhi, avrebbe trovato un mondo completamente diverso da quello che aveva salutato la notte precedente e completamente bianco.
Bianco come l’innocenza che oramai, da molto tempo, aveva abbandonato quel pianeta.

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