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IMPORTANTE: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
1.
Giuly’s
POV.
Quando quella sera rientrai in casa mi
diressi nella camera da letto per togliermi finalmente i vestiti con cui ero
andata a lavorare quel giorno. La mia divisa prevedeva tailleur e tacchi
abbastanza alti, quindi dopo ore e ore di lavoro, non vedevo l’ora di liberarmi
da quel castigo infernale che dovevo sopportare ogni santo giorno.
Mi vestii con una comodissima felpa di pile,
rigorosamente celeste (uno dei miei colori preferiti), panta
jazz neri e infine raccolsi i miei capelli, ormai troppo lunghi, in una coda
alta.
Dopo di che mi struccai.
Era davvero rilassante tornare a casa
dopo una giornata di lavoro e curare un po’ se stessi.
Osservai la mia figura allo specchio e
notai che sembravo una bambina. Dalla coda spuntavano mille ciuffetti ribelli,
proprio come quando ero piccola.
Sorrisi rassegnata.
Anche se ormai erano passati dieci anni
da quando mi ero trasferita a Londra, i miei capelli non si erano mai abituati
a quel clima così variabile, che due minuti prima era sereno e due minuti dopo
pioveva.
Ormai ci avevo rinunciato.
Piegai il tailleur che avrei dovuto
usare il giorno dopo di nuovo a lavoro e lo riposi nell’armadio.
Dopo che avevo finito il Liceo, avevo
preso la Laurea in Economia, con
specialistica in Marketing e ricerca del
mercato ed ero entrata nella ditta pubblicitaria a Londra dove lavorava
anche mia madre.
Lei da cinque anni era diventata il Capo
della ditta e aveva assunto il comando della baracca al completo. Quell’anno fu
speciale per lei perché si era anche risposata.
Il suo “nuovo” marito, Robert, era veramente un tipo in gamba.
Già dalla prima volta che lo incontrai
rimasi molto affascinata dal suo carisma, perché sapeva intrattenere le persone
per ore, senza annoiarle neanche un secondo. Così, pochi anni dopo a quel primo
incontro, mi ritrovai a fare da testimone a mia madre il giorno del suo secondo
matrimonio e fu veramente una giornata splendida.
Comunque.. quando presentai il mio
curriculum nella sua ditta, lei mi accettò con più entusiasmo di quello che mi
sarei mai aspettata.
Ovviamente avevo presentato la domanda
di lavoro come tanti altri ragazzi, ma non mancarono voci maligne che dicevano
che mi aveva assunta solamente perché ero sua figlia.
Ma a me di tutto questo poco mi
importava.
Erano ormai tre anni che lavoravo in
quella ditta, ed ogni giorno i miei colleghi mi facevano i complimenti per come
avevo svolto un lavoro o perché avevo sfornato delle buone nuove idee.
Il suono del campanello mi riscosse dai
miei pensieri.
Guardai l’ora e sulla mia faccia si
allargò un sorriso.
‹‹Arrivo!›› urlai.
Sicuramente anche lui era tornato da lavoro.
Andai ad aprire la porta principale e
davanti a me, come avevo previsto, trovai Dougie.
Stavamo insieme da quasi dieci anni e mancavano
solo pochi mesi all’inizio del nuovo anno, il che significava l’arrivo del
nostro prossimo anniversario, poiché ci eravamo dichiarati il nostro amore la
sera di capodanno, pochi mesi dopo che io ero arrivata a Londra.
Lui era ogni giorno più bello. I suoi
dolci occhi azzurri erano il motivo per cui io mi svegliavo ogni mattina. Lo
amavo veramente molto.
Qualche anno prima (solo dopo poco tempo
che stavamo assieme) avevo avuto dei brutti pensieri riguardo a quel legame che
avevo con lui. Avevo paura che mi sarei potuta stancare di lui un giorno o un
altro, ma il tempo mi fece capire che lui era sempre più adatto a me e che a
lui ci tenevo tantissimo.
‹‹Bentornato a casa!›› dissi dopo avergli dato un leggero bacio sulla guancia e
avergli scompigliato un po’ i capelli.
Erano troppo in ordine per i miei gusti.
Lo osservai.
Mi stupiva come quel ragazzo fosse
cambiato così tanto in quegli ultimi anni, diventando un uomo.
In effetti eravamo cresciuti tutti, ma
lui aveva fatto un cambiamento repentino, ed era cambiato davanti ai miei
occhi.
I suoi capelli non erano più biondi come
quando lo avevo conosciuto, ma si erano scuriti e li teneva molto più corti
rispetto ai primi tempi. Ed era alzato molto, tanto che adesso, pure quando
portavo i tacchi, mi sentivo una nanerottola in confronto a lui.
E
pensare che prima eravamo quasi allo stesso livello.
Mi sentivo inutile a confronto della sua
bellezza.
‹‹Ciao a te›› mi disse lui sorridendo e guardandomi con quegli occhi
azzurro cielo.
Sospirai.
Non mi sarei mai e poi mai abituata alla
bellezza del suo sguardo.
Mi bastava osservarli un secondo e
partivo per il mondo di Poynterland.
Era sempre stato così e durante quegli
anni non avevo nemmeno perso quell’abitudine.
Anche adesso, che portava gli occhiali
da vista quando era a lavoro, i suoi occhi rimanevano comunque la cosa che
forse amavo più in lui.
Mi facevano andare il cuore in un brodo
di giuggiole ogni volta che li incontravo.
Io e Doug ci eravamo trasferiti in
quella casa quando mia madre e Robert si erano risposati. È vero che la casa
dove abitavo con mia madre era grande, ma io mi sentivo di troppo e con Doug
era da un po’ che parlavamo di andare a vivere insieme.
‹‹Come è andata oggi a
scuola?›› chiesi curiosa.
‹‹Come al solito›› sorrise lui ‹‹Quei
piccoli mocciosetti mi fanno dannare ogni singolo giorno›› anche se diceva così sapevo quanto ci teneva a
loro ‹‹E poi sono dovuto restare un po’ di più, per via
di un collegio dei docenti.››
‹‹Novità da parte di
Danny?››
Dougie occupava da due
anni e mezzo la cattedra di maestro di Teoria musicale nella scuola elementare
del nostro quartiere.
Per lui era stata una buona occasione
dopo tutte le cose brutte che erano successe e l’aveva subito colta al volo.
Stessa cosa aveva fatto Danny, che
invece occupava la cattedra di maestro di Chitarra, sempre nella stessa scuola
dove insegnava Doug.
Ogni tanto, quando avevo qualche pausa
dal lavoro, andavo a trovarli a scuola e ogni volta che li vedevo in quelle
vesti, non facevo altro che sogghignare.
‹‹Non molte a dire la
verità›› mi rispose lui ‹‹Sempre
la solita vita››.
Mi sorrise, ma poi quel sorriso si trasformò
in un sorriso malizioso.
Conoscevo quello sguardo.
‹‹Com’è che ti sei
cambiata senza aspettare me?›› Chiese in tono
lamentoso.
Sorrisi in risposta al suo sguardo.
Sapevo dove voleva arrivare, ormai lo
conoscevo troppo bene.
‹‹Adesso oltre ai miei
panni, dovremo pensare anche ai tuoi, per la seconda volta..››
mi fece l’occhiolino ‹‹Invece se mi avessi aspettato,
avremmo dovuto pensarci una volta soltanto!››
Mi diede un piccolo bacio sulla bocca e
poi aggiunge più malizioso di prima:
‹‹Ma in fondo non è
un problema! Mi diverto molto quando si tratta di spogliarti!››
Arrossii non poco appena lui ebbe finito
di formulare quella frase.
È vero che eravamo soli in casa e che era
tanto che stavamo assieme, ma mi imbarazzavo ugualmente, qualsiasi cosa avesse
detto.
Poi mi prese tra le sue braccia, come i
cavalieri quando prendono le loro principesse e io automaticamente gli misi le
mie attorno al suo collo.
Iniziò a correre.
‹‹Dougieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee›› urlai.
A volte ci comportavamo ancora come
bambini.
Bambini
un po’ cattivelli però.
Entrato nella nostra camera da letto, mi
posò sul letto e poi si sdraiò sopra di me, iniziando a baciarmi sul collo.
Sapeva come farmi contenta.
A volte mi chiedevo come faceva dopo una
giornata intensa di lavoro ad avere ancora le forze per fare dell’altro.
Continuava a darmi piccoli e rapidi baci
sul collo e poi, si spostò sulla mia bocca, prima con leggeri baci, poi,
approfondendo il nostro contatto e iniziando a togliermi la felpa.
Un brivido percorse la mia schiena,
mentre lo guardai negli occhi e notai che erano pieni di passione.
Ma purtroppo per lui, quella sera la sua
rovente passione dovette raffreddarsi, perché lo squillare del telefono, che si
trovava sul comodino vicino al nostro letto, ci intimò a troncarla lì.
‹‹Nonascoltarlo›› mi disse lui categorico.
Ma dopo che il telefono aveva ripreso a
suonare senza sosta, quindi lo scansai da me e allungai il braccio verso la
cornetta, rispondendo:
‹‹Sì?››
Vidi Dougie
sussurrare un “si?” per farmi il verso, come un bambino piccolo e poi mi fece
la linguaccia.
Così gli accarezzai una guancia con
l’altra mano come per dire “dopo sono tutta tua”, quando mi bloccai, sentendo
chi c’era dall’altro lato della cornetta.
‹‹Giuly sono io!››
La voce di Giovanna mi sembrò eccitata,
ma allo stesso tempo nascondeva un velo di paura.
‹‹Gìdimmi›› dissi io in apprensione.
‹‹Ti ricordi che
oggi avevo quell’appuntamento importan..››
‹‹Si che mi ricordo perfettamente›› la interruppi.
Sapevo esattamente di cosa stava
parlando.
‹‹Beh, credo che sia
andato tutto a buon fine!››
Volevo sapere i minimi dettagli.
‹‹Raccontamitutto››
Doug e la sua passione, avrebbero dovuto
attendere un altro po’ di tempo…
***
Per
chi non lo sapesse questo è il sequel di New Life, storia che potete trovare
nella mia pagina.
Eccomi
di nuovo qua. È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ho messo la shot, quindi ho deciso di iniziare a postare il sequel.
Premetto
che i primi capitoli servono a introdurre la storia. Di per sé la trama non è elaboratissima, anche se accadono moltissimi fatti. Sono passati
dieci anni dalla prima storia e i personaggi sono cresciuti.. E anche la
struttura della storia è cambiata. Il punto di vista dei personaggi non sarà
uno soltanto..
Io
sono veramente affezionata a questa storia e ai suoi personaggi e spero che
anche voi la apprezzerete quanto me.
^-^
Non
mi resta che ringraziare chi mi ha commentato precedenti storie:
Kiki91:
eccoci qua! Grazie mille per essere sempre presente *-* Mi fanno sempre piacere
i tuoi commenti. Speriamo che Dougie qua si comporti
un po’ meglio…xD baci
Anaa94_17:
ciao! Eccomi qua! Sono arrivata con il sequel! Spero che ti piacerà!
Saracanfly:
grazie mille dei due commenti che mi hai lasciato nelle storie precedenti..
spero che anche questa ti piacerà!!!
Keloryn:
Carissima *-* sei sempre così gentile quando mi lasci i commenti.. non è che
sei un po’ di parte?? xD mi sono decisa a postare il
sequel hai visto?? Spero che ti piacerà *-*
Rubychubb:
Silvia! Devo ammettere che sono rimasta piacevolmente sorpresa, quando una sera
tornando da lavoro mi sono trovata le tue due immense recensioni. Le ho lette
con molto piacere e sono stata molto contenta di quello che mi hai scritto. Spero
che ti piacerà anche il sequel, sempre se vorrai seguirmi. Grazie infinite,
davvero!!! <3
x_blossom_x:
eccula lei *-* Forse non lo leggerai mai questo
ringraziamento o forse si.. io comunque non ti dico che lo scrivo xD Grazie mille per il commento alla shot.
Tu afferri sempre tutto quello che c’è da afferrare, conosci i miei personaggi
e le mie storie quasi quanto me e questo non può fare altro che farmi piacere. Che
dire, so già come la pensi sul sequel, quindi mi dileguo con un semplice grazie.
Per
le persone che leggono solamente e che hanno intenzione di seguire anche il
sequel, dico grazie anche a loro, anche se avere qualche commento in più nel
sequel mi farebbe piacere…
IMPORTANTE: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
2.
Giovanna’sPov.
Ancora non realizzavo che finalmente ce l’avevo
fatta.
Era passato del tempo da quando il mio manager
mi aveva contattata l’ultima volta ed erano successe tante cose in quegli
ultimi anni.
Nel mondo del teatro e della recitazione,
fermarsi anche pochi anni significava finire la propria carriera ed essere
dimenticato da tutti.
Ci volevano dedizione e prove, tantissime prove
per migliorare ogni giorno.
Ma io non avevo più avuto tempo per pensare a
recitare, mi ero ritrovata davanti a un bivio e davanti a quello avevo scelto
la mia famiglia, le persone che mi amavano.
Ma quando quindici giorni prima, il mio manager
mi aveva chiamata offrendomi un provino per una nuova serie che sarebbe andata
in onda in prima serata sulla BBC, ero rimasta di stucco, ma allo stesso tempo anche
piacevolmente sorpresa.
Non mi sarei più aspettata di ricevere chiamate
dal mio manager, ma lui mi spiegò che l’avevano chiamato per ingaggiare
un’attrice per una parte di una madre indaffarata all’interno di una famiglia
di matti e che aveva pensato subito a me, perché si ricordava del mio carisma e
dell’amore che ci mettevo nel recitare.
Mi chiese se ero sempre in forma e se qualche
volta avevo recitato per qualcuno.
Sorrisi tra me e me, perché ogni giorno in casa
mia c’erano molte più persone di quante avrebbero dovute esserci, e tra canti e
scenette, non avevo certo perso la mia capacità di fare l’attrice.
Non che recitassi anche con le persone che mi
amavano, ma semplicemente mi piaceva far stare bene le persone e intrattenerle
nel modo migliore.
Lui mi disse che mi avrebbe dato quindici
giorni per prepararmi un po’ un piccolo pezzo che avrei poi dovuto recitare al
provino e io gli dissi che gli avrei fatto sapere, appena Tom mi avrebbe dato
il suo parere sulla cosa.
Così quella sera a cena ne parlai con Tom,
spiegandogli cosa mi aveva detto James a proposito di quel lavoro e poi gli
chiesi che cosa ne pensava.
Lui mi disse che era tanto, secondo lui, che
aspettavo una possibilità del genere.
Mi disse che secondo lui dovevo almeno provare,
perché altrimenti poi me ne sarei potuta pentire.
Credevo che lui avesse ragione e sentivo dentro
di me quell’adrenalina che da tanto tempo avevo dimenticato, così presi la
cornetta del telefono e telefonai a James per la conferma.
E quel pomeriggio, avevo finalmente affrontato
il mio provino.
Dopo tre anni che ero uscita dalle platee dei
palcoscenici di Londra, mi ritrovavo in uno studio cinematografico, in
Leicester Place, per affrontare un provino.
Mi ero aspettata di trovare là tante ragazze,
in una lunghissima fila che aspettavano il loro turno, ma quando mi accorsi di
essere sola, il mio manager mi fece l’occhiolino e capii che lui aveva chiamato
solo me per quella parte.
Mi stava dando degli ottimi consigli su come
pormi e su come essere convincente con il regista e con il produttore della
serie tv, quando sentii il mio nome provenire da una stanza.
I tali signori mi fecero accomodare nel loro
studio, dove al centro c’era una grande scrivania e davanti a quella, c’era un
microfono.
James mi disse di stare tranquilla e che tutto
sarebbe andato bene.
Così mi misi al centro della stanza e
incominciai a recitare il mio pezzo. Era una specie di monologo di una madre
che ogni giorno lavora lavora e non riceve mai un
grazie dai suoi familiari. Mi fecero fare il pezzo con drammaticità, poi come
se fosse una cosa bella, piangendo e saltando per la stanza.
A volte gli esercizi di recitazione erano
veramente strani.
Comunque a fine prova, entrambi mi dissero con
il sorriso sulle labbra che dovevo solamente firmare il contratto e che la
parte sarebbe stata mia.
Tornata a casa non stavo più nella pelle,
dovevo dirlo a qualcuno.
La macchina di Tom era parcheggiata nel garage,
ciò implicava che era a casa. Ma il silenzio che regnava li dentro mi fece
capire che era nel suo studio, probabilmente a completare una canzone o forse a
scriverne una nuova.
Decisi che non era il caso di disturbarlo.
Sapevo che gli serviva concentrazione mentre
lavorava e la mia gioia non si sarebbe certo affievolita. Sicuramente dopo
pochi minuti sarebbe arrivato da me.
Così afferrai la cornetta del telefono e feci
il numero della mia migliore amica, per informarla della mia nuova notizia.
La prima volta che provai non trovai nessuno,
ma da lavoro doveva essere tornata da un pezzetto (sapevo a memoria i suoi
orari lavorativi), quindi provai nuovamente e questa volta dopo tre squilli mi
rispose.
Capii solo in quel momento che forse se non mi
aveva risposto un motivo c’era, ma ormai avevo sentito la sua voce e la mia
felicità mista alla frenesia erano alquanto incontrollabili.
‹‹Giuly sono io!››
dissi alla mia amica.
‹‹Gi dimmi!››
rispose lei con il suo solito tono brioso.
Adoravo quella ragazza, era sempre li per me
nel momento in cui avevo bisogno.
‹‹Ti ricordi che oggi avevo
quell’appuntamento importan..››
‹‹Si che mi ricordo perfettamente›› mi interruppe lei con un tono saccente.
Dal suo tono capii che non stava nella pelle
neppure lei
‹‹Beh, credo proprio che sia
andato tutto a buon fine!›› dissi felice io.
‹‹Raccontamitutto››
‹‹Ok! Allora.. oggi sono andata
con James la a LeiceterPlace
e indovina un po’? Ho scoperto che il provino era solamente per me! Non c’erano
altre ragazze che dovevano farlo! Al che mi sono un pochino agitata, perché ho
pensato che forse non sarei stata in grado di affrontarlo..››
‹‹Non fare la sciocchina››
mi disse lei.
Sorrisi.
‹‹Non si può mai sapere. Comunque,
mi hanno chiamata e io sono entrata nel loro studio! Avresti dovuto vedere come era bello!
Tutto elegante e lussuoso! Allora mi chiedono di recitare il mio pezzo e me lo
fanno provare in più modalità: allegramente, piangendo e così via! È stato
bellissimo Giuly! Non puoi immaginare quanto sia
stato bello!››
‹‹Ti mancava tanto recitare, è Gi?›› disse lei con un tono un pochino malinconico.
‹‹In realtà si, ma non dirlo a
nessuno. Sono felice di come ho vissuto fino ad adesso la mia vita, e non
voglio che nessuno si senta in colpa perché io non ho recitato in questi ultimi
anni.››
‹‹Lo so, non preoccuparti…
la tua famiglia ti ama tanto, e noi amici pure! Quindi adesso goditela più che
puoi! E fammi sapere appena ci saranno delle novità! Che bello!›› esclamò lei ‹‹Tra poco tempo
ti potrò vedere in televisione! Aw, non vedo l’ora!››
‹‹Ah ah! Ne passerà di tempo sai,
prima che tu mi possa vedere!!››
‹‹Ma io aspetterò!››
‹‹GrazieGiuly,
davvero, per tutto quanto.››
‹‹Figurati, che ci sto a fare qui
altrimenti?››
‹‹Oh! Sento che Tom sta scendendo
le scale, vado a dargli la buona notizia!››
‹‹Ok! Vedrai che ne sarà felice
anche lui! Noi ci sentiamo presto! Stammi bene!››
‹‹Ok e grazie ancora!Ciao Giu!›› e riagganciai.
Appena Tom fu vicino a me, mi cinse con le
braccia i fianchi e mi diede un leggero bacio sulle labbra, uno di quelli che
mi facevano stare terribilmente bene.
Poi mi sorrise, e sulle guance si formarono
quelle sue bellissime fossette che aveva ogni volta che sorrideva.
Mi chiese dolcemente.
‹‹Allora… Come è andato il provino?
Sono stato in ansia tutto il tempo, sai?››
‹‹Oh Tom! Tu sapessi come è stato
bello!››
Lui mi sorrise.
‹‹Voglio che tu mi racconti tutto! I
tuoi occhi brillano da quanto sei felice, lo vedo! Mi sa che deve essere andato
particolarmente bene!››
Mi conosceva meglio di chiunque altro.
‹‹Si è stato meraviglioso! In
pratica sono arrivata li e…››
Gli raccontai ciò che avevo affrontato quel
pomeriggio e lui in tutta risposta mi disse:
‹‹Sono veramente fiero di te! Anche
dopo questi anni, ti hanno trovata in grande forma!››
‹‹Io non me lo sarei mai
aspettata, te lo giuro! Tornare a recitare, è stato fantastico!››
‹‹Lo so, era parte della tua vita
e per questo lo sai, mi rammarico ogni giorno, che non abbia potuto continuare
a farlo, ma adesso è giunta la tua occasione e fai vedere a tutti che cosa sei
capace di fare.››
Avevo le lacrime agli occhi.
Tom era sempre troppo gentile con me.
‹‹Sono veramente felice Gi ›› continuò lui ‹‹Te lo meriti,
dopo tutto quello che fai per noi.››
Mi prese la mano sinistra con la sua mano
sinistra.
Abbassai lo sguardo.
Le nostre fedi d’oro erano veramente vicine,
con le dita concatenate tra di loro, e si sfioravano.
‹‹Ma io vi amo, lo sai! Voi siete la mia vita e non potrei mai vivere
senza!››
Mi sorrise.
‹‹Lei dove è?››
chiesi curiosa.
‹‹Sta dormendo! Oggi ha chiesto
per tutto il tempo di te! Poi ad un certo punto, esausta, si è addormentata
come un angioletto!››
‹‹Mi dispiace che ti abbia fatto stancare››
‹‹Ma scherzi? È la nostra vita
quella piccoletta, ogni volta che dice anche una sola sillaba io sono felice.››
Lo capivo benissimo.
Era la stessa cosa che provavo io.
Mi avviai nella sua cameretta e quando la aprii,
trovai la mia piccola bambina che dormiva beatamente nel suo lettino.
HollyAnn Fletcher aveva due anni e
mezzo ormai e Tom aveva ragione.
Quella piccola era il nostro piccolo
angioletto.
Lunghi boccoli biondi e grandi occhi color
nocciola. Era un perfetto incontro tra me e Tom.
Le accarezzai i capelli e lei nel sonno sussurrò:
‹‹Awwmamy..
Io bene…mamy..››
Sorrisi.
Non
avrei mai potuto vivere senza di lei.
***
Eccomi qua.
Spero che il capitolo sia stato di
vostro gradimento…
La storia deve entrare nel suo vivo,
quindi i primi capitoli saranno un po’ così, diciamo annoccanti.. xD Ma spero che continuiate a seguirmi.
Anna94_17: Che bello ritrovarti.. Sono
felice che il capitolo ti sia piaciuto.. Capito cosa è successo a Gi? xDDD Un bacio
RubyChubb: Sono felice
che tu abbia trovato il capitolo più scorrevole degli altri precedenti.. Ti
dirò (come ho già detto prima) che questi sono un po’ pallosi e mi piacciono poco… Magari perché ci vedo sempre degli sbagli visto che
non li rileggo da un po’.. Ma mi ha fatto comunque un immenso piacere leggere
quello che mi hai scritto. Grazie <3
IMPORTANTE: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo 3.
Dougie’s POV.
Sottili raggi di sole mattutini si stavano
infiltrando nella nostra camera da letto.
Sentii le labbra leggere di Giuly
posarsi sopra le mie e la ringraziai mentalmente, perché non poteva esserci
risveglio migliore di quello.
Aprii lentamente gli occhi, ma la troppa luce
me li fece richiudere all’istante.
‹‹Ancora cinque minutini, ti prego!
Solo cinque minutini piccoli piccoli!›› dissi
lamentandomi come un bambino piccolo.
Non poteva già essere l’ora, avevo dormito troppo poco.
‹‹Dougie sono già le sette e tu alle
otto devi essere a scuola! Ogni mattina è la stessa storia! Come se fosse colpa
mia poi, che ti sveglio…››
‹‹Con questo che vuoi dire?›› dissi biascicando le parole, ancora in pieno stato di
sonnolenza acuta.
‹‹Che non è colpa mia se abbiamo
fatto le ore piccole perché sei lussurioso!››
Sbadigliai.
Beh,ma
non era stata neanche colpa mia se Giovanna l’aveva chiamata proprio mentre
stavamo per farlo.. Io le avevo detto di non rispondere, ma lei come sempre non
mi aveva ascoltato e aveva risposto lo stesso.
Lei mi guardò dallo specchio dell’armadio e mi
sorrise dolcemente, mentre si stava mettendo una camicetta di raso rosa.
Mi stropicciai gli occhi e poi sorrisi
sornione.
‹‹Non è che per caso vuoi ripetere
l’esperienza baby?››
La vidi arrossire e girarsi verso di me.
Si affacciò sul letto e mi diede un leggero
bacio sulle labbra.
‹‹Mipiacerebbe…
Sai quanto mi piacerebbe replicare nuovamente›› disse
seducente.
Iniziò a baciarmi.. Sentivo le sue mani
delicate muoversi decise tra i miei capelli, il suo seno contro al mio petto.
Così, restituii il bacio con trasporto,
carezzandole la schiena sotto la camicia.
Lei si staccò per un secondo da me e disse:
‹‹Ma… Dobbiamo andare tutti e due
al lavoro, quindi non mi pare proprio il caso.››
E io che
ci avevo creduto.
La odiavo quando faceva in quel modo.
Le feci una linguaccia e lei di rimando mi
disse:
‹‹Se oggi fai il bravo a lavoro,
stasera ti darò una ricompensa››
Ecco.
Adesso andava già meglio.
‹‹Allora farò sicuramente il bravo››
La sentii ridere mentre scendeva le scale.
Come faceva a metterci sempre così poco tempo
per vestirsi?
Mi vestii di fretta, optando per un paio di
jeans, camicia bianca e una giacca gessata, che poi in aula mi sarei tolto.
Scesi in cucina e trovai già la tavola
apparecchiata per la colazione.
‹‹Mai una volta che arrivi
puntuale per poterti dare una mano, chiedo perdono.››
Lei mi sorrise.
‹‹Non perdiamo tempo in
chiacchiere, che dobbiamo andare a lavoro.››
Così facemmo colazione con il solito caffèlatte
e poi dopo aver salutato Giuly con un bacio, mi
diressi a lavoro in macchina.
Quella mattina avevo in programma di fare un
piccolo test ai bambini, poiché ne avevamo discusso il giorno prima io e Danny.
Volevamo vedere a che punto erano i nostri ragazzi. Così la sera prima, mentre
la mia adorabile ragazza parlava con la sua migliore amica, mi ero buttato giù
un po’ di domande semplici, per vedere se i piccoli mi seguivano abbastanza
durante le lezioni.
Arrivato in Sala Insegnati trovai Danny che si
stava sorseggiando uno dei caffè di Starbucks.
‹‹Come mai il caffè qua? Niente
colazione a casa tua stamani?››
‹‹Guarda, meglio di no!›› disse lui sospirando.
‹‹Come mai?››
chiesi io curioso.
‹‹In questi giorni non va molto
bene a casa..››
‹‹Aria di tempesta con Candy?››
‹‹E chi altre sennò? Non ho
tremila donne che mi rincorrono dietro, sai?››
Danny e Candy stavamo da molto tempo ormai..
Si erano “ritrovati” la stessa sera in cui io e
Giuly ci dichiarammo il nostro amore.
Fu una serata eccezionale per tutti!
Il loro rapporto durante i primi mesi era
mutato da una semplice amicizia a qualcosa di più. E durante quegli anni, erano
diventati una cosa sola.
Ovviamente avevano avuto dei momenti no, ma
alla fine tornavano sempre a cercarsi.
Una cosa normale, comunque, come poteva
capitare molto, molto raramente tra me e Giuly.
Dopo che Candy si era comportata in quel modo
con me, con Danny si dimostrò completamente un’altra persona…
O meglio, era tornata la Candy di quando
stavamo assieme, quella acqua e sapone, quella gentile e generosa con tutti e
Danny, si accorse prima di noi altri che era tornata la ragazza che era sempre
stata.
‹‹Temo che siamo ad un brutto
punto, veramente brutto…››
Mi distolse Danny dai miei pensieri.
Lo guardai mezzo shockato per quello che mi
aveva appena detto.
‹‹Ma come Dan?Non è possibile…››
‹‹Ma che ne so Doug! Io le donne
non le ho mai capite e mai le capirò… è da un po’ di
giorni che è acida.››
‹‹Boh›› sbottai io ‹‹Io non mi fascerei troppo la testa fossi in te. Magari ha
solo le sue cose ed è alterata per i fatti suoi…››
‹‹No, magari fosse quello. Me ne
sarei già accorto›› rise lui ‹‹E
poi quelle le ha avute la settimana scorsa, a quanto diceva lei!››
Allora si, c’era proprio qualcosa che non andava…
‹‹Parlando di altro..›› mi disse lui sviando l’argomento ‹‹Hai
preparato le domande per i ragazzi?››
‹‹Si›› risposi io con un sorriso
ovvio ‹‹Sono poche domandine semplici…Ehi,
non resto mica indietro sai? Li svolgo tutti i miei compiti!››
‹‹Uhuuuu!
Il nostro piccolo Dougie allora è cresciuto!››
‹‹Cretino!››
gli dissi, tirandogli uno scapellotto.
Ero felice di avere ottenuto la cattedra in
quella scuola.
Dopo quello che era successo, per me e gli
altri ragazzi fu un po’ difficile tirarsi di nuovo su.
E quando, grazie a conoscenze di mia madre,
venni a sapere che due dei vecchi insegnanti di quella scuola avevano lasciato
posto libero, io e Danny ci presentammo dalla Preside.
Fu un colloquio molto gradevole, e sebbene
prima di allora avessi solamente suonato in un gruppo, lei mi ritenne idoneo
per poter svolgere quel lavoro.
E la stessa cosa valse per Danny.
Il primo periodo rimasi un po’ traumatizzato
dalla vivacità che avevano quei bambini. Non ero mai stato abituato ad averne
intorno, non si fermavano mai!
Un po’ simili alle nostre vecchie fans..
Ma piano piano ci
presi abitudine e di conseguenza mi affezionai a loro.
‹‹Bene, è ora di andare in classe..›› mi disse Danny.
‹‹Già, è proprio ora›› dissi guardando l’orologio.
‹‹Ci vediamo a fine lezioni!›› lo salutai.
‹‹Ok›› fece lui cenno con la mano.
E detto questo mi allontanai.
Quando entrai in classe, un coro di voci di
bambini mi accolse:
‹‹Buongiorno Maestro Dougie!››
‹‹Buongiorno a voi bambini! Bene
sedetevi!›› li osservai.
Presi il registro e iniziai con l’appello.
Poi partii con la lezione.
‹‹Oggi ho intenzione di vedere a
che punto siete con la mia materia, quindi, ho preparato due domandine.››
Un coro di “noooooo”
che avevo previsto accolse il mio udito.
‹‹Suvvia ragazzi, non è niente di
difficile. Prendete il quaderno e ricopiate le domande che io adesso scriverò
sulla lavagna. A fine lezione, quando avrete finito, mi lascerete i quaderni
sulla cattedra e io li correggerò. Ciò implica…
Niente compiti per casa!›› dissi complice, facendo
loro l’occhiolino.
Sentii diversi bambini sussurrare un “yeah” o un “evvai”, mentre
iniziavo a scrivere le domande.
La prima era semplice prevedeva di scrivere il
nome delle sette note avanti e indietro e poi una si e una no, sempre avanti e
indietro con la scala.
La seconda era forse più divertente. Per ogni
nota avevo associato un colore, in una piccola legenda, e poi sotto avevo fatto
una combinazione di colori e note. I bambini dovevano completare la
combinazione, consultandosi con la legenda. Dove c’era la nota dovevano mettere
il colore e dove c’era il colore dovevano mettere la nota.
Era un buon modo per far ricordare loro le note
musicali.
In fondo erano bambini delle elementari.
E a me era andata bene.
Danny se la vedeva peggio di me…
Insegnare a suonare uno strumento a dei
piccoli, non era affatto facile.
Ma lui aveva tanta pazienza e gli era sempre
piaciuto stare a contatto con quei marmocchietti.
Li lasciai fare il loro dovere in silenzio per
tutta l’ora, poi al suono della campanella si alzarono uno per uno e mi
portarono i quaderni. Io dopo aver preso tutti i quaderno, li riposi nel mio
armadietto e poi andai a dare un occhio nella classe successiva, dandomi il
cambio con l’insegnate che avrebbero avuto dopo.
Guardai l’orologio.
Si
riparte.
Un’altra classe mi stava aspettando.
***
Eccomi di nuovo qua.
Ho deciso di postare prima questa
volta, perché:
1)Il capitolo è
veramente corto e insignificante. Chiedo venia per questo, ma ripeto che prima
li devo presentare tutti i personaggi e c’è calma piatta. Dopo ce ne saranno
anche troppe poi..
2)Domani me ne
vado e torno tra una quindicina di giorni, quindi mi sembrava giusto lasciare qual
cosina prima di andarmene.
Detto ciò:
RubyChubb: Ho modificato
subito l’errore appena tu me lo hai detto. >.< E sai.. che quello è
toscano. Uff.. ed è pure italiano errato. Vabbeh.. ora è ri-corretto ecco. xD
Hai indovinato sul fatto che i protagonisti non sono solo Giuly
e Dougie.. Anzi, devo ammettere che ogni tanto mi
accorgo che li tralascio un po’ troppo.. Ma non posso fare altrimenti.. Come
del resto per l’assestamento storia.. Hai ragione tu. 10 anni sono tanti.. e c’è
addirittura chi mi ha chiesto di fare una New Life 3 con i 10 anni di mezzo xD Però piano piano si spiega
tutto. Anche perché questa sarà un pochino più lunga dell’altra, quindi avrò
modo di spiegare ancora con più calma xDD E comunque
sono felice che ti piaccia Holly. Io la vedo così aww.
*-* Non perché è una mia invenzione sia chiaro.. ma tutti i bimbi mi fanno aw.. una mini Fletcher poi (*è
segretamente innamorata di Flecther*). Sono sempre
logorroica, perdonami. Grazie per il tuo commento sempre presente. Spero che
questo pezzettino di Doug ti sia piaciuto. xDD
Anna94_17: Eccoci qui
per ancora.. anche se è veramente corto >.< mia culpa. Però spero ti sia
piaciuto.
Saracanfly:Ehh per entrare nella vera trama dovranno passare ancora un
po’ di capitoli… mi dispiace per questa cosa, però
spero che apprezzerai ugualmente i capitoli fino ad allora. *-* Grazie per il
commento carissima!!
Vamosrafa:Hey! Mi fa
piacere trovarti qui!! È stata davvero una bella sorpresa *-* Diciamo che si,
sono come quelli del forum i capitoli, ma li ri-ri-correggo,
quindi spero che ci saranno ancora meno errori.. xD
Comunque grazie mille per avermi lasciato un commentino e per le tue parole *-*
Grazie mille!!!!
IMPORTANTE: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo 4.
Tom’s
POV.
Era ormai troppo tempo che fissavo quel
pentagramma bianco.
Il silenzio aleggiava intorno a me,
nella mansarda della casa in cui abitavo con mia moglie e mia figlia.
Giovanna era uscita per andare a firmare
il contratto che aveva ottenuto la sera prima grazie ad un provino e il mio
piccolo angioletto dormiva beatamente nella sua cameretta.
In quelle due ore, che io avevo passato
a cercare di concentrarmi al massimo, il mio lapis non aveva mai toccato il foglio, neanche per
sfiorarlo di sbaglio.
Così non andava.
Non mi capitava quasi mai di stare ben
due ore sopra un pentagramma senza scrivere nemmeno una nota.
Sapevo benissimo quale era la questione
che non riusciva a farmi stare calmo, ma anche in momenti come quelli, non
dovevo mettere da parte il mio lavoro, non potevo mettere da parte lei, di nuovo.
All’età di sei anni, Babbo Natale mi
portò la prima vera chitarra (all’epoca credevo a quel vecchio panciuto vestito
di bianco e rosso). Da quel giorno scoprii che dietro a quelle canzoni che mi
piaceva tanto ascoltare, c’erano tanta dedizione e tanto lavoro per riuscire a
suonare uno strumento o per riuscire ad intonare una melodia musicale.
Ero così emozionato di aver ricevuto la
mia prima chitarra, tanto che non riuscivo nemmeno a sfiorare le corde del mio
nuovo gioiellino.
Mio padre mi esortò più volte a provare
a suonare qualcosa, ma per molto tempo rimasi paralizzato davanti a
quell’oggetto tanto speciale, che faceva emozionare tantissime persone, me in
primo luogo.
Poi lui mi aiutò e posizionare le dita
sulla tastiera e per la prima volta sentii un DO provenire da una chitarra che
io stesso stavo suonando.
Ero meravigliato.
Iniziai a suonare assiduamente, e ogni
giorno scoprivo sempre cose nuove, continuavo ad imparare a suonare e cantare.
E non mi stancavo.
La musica era inesauribile, non finiva
mai.
Una volta, mentre ero al College, lessi
una frase che aveva scritto Nietzsche a proposito della vita e della musica: “La vita senza musica non è vita.” E pensai
che non avrebbe potuto scrivere una cosa più vera, perché io non mi sarei mai
potuto immaginare una vita senza di lei.
La musica era ormai parte di me e io ne
avevo veramente bisogno.
E quando tre anni prima, i McFly si erano sciolti, mi era caduto addosso tutto.
Io ero nato per suonare e per cantare, e
non riuscivo a credere che il mio sogno, che avevo coltivato durante tutti quegli
anni, si fosse infranto così da un giorno a un altro.
Avevo dato tutto me stesso per creare
quel gruppo. Avevo fatto tanti sacrifici e mi ero dedicato alle nostre canzoni
in ogni momento della giornata.
Non smettevo mai di suonare, tanto che
qualche volta Giovanna si arrabbiava con me, perché pensavo più alla musica che
a lei.
Giovanna…
La mia dolce metà, la mia Gi.
Era proprio per lei che quel pomeriggio
non avevo ancora scritto una nota, che la mia vena da musicista era andata a
farsi fottere.
E tutto per una piccola paura.
Sapevo perfettamente che cosa mi stava
tormentando: la paura che la mia quotidianità mi venisse strappata via per la
seconda volta, nel giro di pochi anni.
Avevo già passato un periodo buio, privato
della mia normale quotidianità, proprio quando da un giorno a un altro i McFly cessarono di esistere.
Fino a quel momento io ero sempre stato abituato
a stare con i ragazzi, lavorare con loro, fare concerti, suonare, cantare..
Tutto ciò che avevo sempre fatto mi era
stato tolto in un secondo.
Mi ritrovai a dover pensare su cosa fare
del mio futuro, perché da quel momento in poi niente sarebbe stato come prima.
In quel periodo mi allontanai
violentemente da tutto ciò che riguardava la musica.
Non riuscivo a suonare, non riuscivo a
comporre e non riuscivo a cantare.
Mi sentivo tradito dalla musica stessa.
Sono stato per mesi senza toccare la mia
chitarra e il mio pianoforte.
In quel periodo ero scontroso anche
verso Giovanna, che non c’entrava niente con il perché i Mcfly
non c’erano più, ma io non sapevo con chi altri sfogare la mia rabbia, la mia
disperazione.
Parte della mia vita non c’era più.
Lei però mi aveva capito e non aveva mai
dato contro per quello che le dicevo.
In quel periodo mi è rimasta sempre
vicina, sorridente, sempre pronta a coccolarmi quando ne avevo più bisogno.
E in quei momenti, capii che lei era la
persona che non mi avrebbe mai abbandonato nel resto della mia vita e che io
l’amavo più di me stesso.
Poco tempo dopo, arrivò da me con il
sorriso sulle labbra e con una notizia bellissima.
Aspettava un bambino.
Anzi, per essere più precisi, aspettava
la nostra bambina, HollyAnn.
E fu la notizia più bella che avrebbe
potuto mai darmi.
Ma lei non sapeva che io avevo già
pensato da un po’ di tempo di chiederle la mano, così mi inginocchiai davanti a
lei e le feci la mia proposta.
Così alla mia fatidica domanda, lei
rispose con un “sì” gioioso e quattro mesi dopo ci sposammo.
Ricorderò per sempre i giorni e i mesi
che ne seguirono.. fino a quando arrivò il giorno in cui nacque la piccola.
La vita da quel momento, non avrebbe
potuto essere stata più bella.
Io e Gi vivevamo solamente per la nostra
piccolina. Giovanna aveva smesso di recitare e per questo era un po’ triste, ma
ogni sorriso di Holly, ogni sua nuova piccola impresa quotidiana, ci rendeva
orgogliosi, perché sapevamo che quella piccola creatura era il frutto del nostro
amore.
Una sera HollyAnn,
quando ancora aveva pochissimi mesi, non ne voleva sapere di smetterla di piangere.
Io e Giovanna avevamo cercato tutti i modi per calmarla, ma erano risultati tutti
vani.
Stavo iniziando a preoccuparmi e a
sentirmi un padre non degno di mia figlia, ma poi ebbi un’idea.
Sulle prime non pensai che sarebbe
servito a qualcosa, ed ero un po’ riluttante per quello che stavo per fare, ma
quando arrivai da lei con la chitarra in mano e iniziai a suonarla, intonando
una dolce ninna nanna, lei sorprendendomi, piano piano
si calmò.
Fu in quel momento che mi riavvicinai
alla musica, proprio grazie a mia figlia.
Iniziai a comporre delle piccole melodie
esclusivamente per lei, per farla ridere, per farla addormentare..
Giovanna fu felice del mio nuovo
approccio con la musica.
Mi rivelò che aveva avuto paura che non
sarei più stato in grado di riprendere a suonare e a comporre, ma che la
piccola era un piccolo angioletto, perché ci faceva vedere le cose in una
prospettiva diversa.
Dopo un po’ che avevo ripreso a comporre
canzoni, decisi di portarne qualcuna ai miei vecchi produttori e loro furono
contenti di vedermi di nuovo attivo, così ripresi a lavorare per loro.
Ma comunque mi vedevano poco, solamente
quando dovevo consegnare un pezzo, perché preferivo di gran lunga “lavorare” in
casa, piuttosto che stare lontano da Giovanna e da Holly.
La vita aveva iniziato a girare
nuovamente dalla parte giusta e così era stato fino alla sera prima, quando
Giovanna mi aveva detto di essere stata accettata per quel ruolo nel telefilm.
Non che non ne fossi stato felice,
anzi.. mi aveva colpito quanto Giovanna ci tenesse a tornare a recitare.
Era da tanto che non vedevo brillarle
gli occhi in quella maniera per la recitazione. In fondo lei aveva smesso di
fare ciò che aveva sempre amato non proprio di sua spontanea volontà, ma aveva
per il momento messo da parte il suo sogno, per badare a me e alla piccola.
Ed io ero felice se lei era felice, quindi
questo nuovo lavoro non poteva che rendermi orgoglioso di lei.
Ma quella sensazione, quella paura che
la mia quotidianità venisse distrutta nuovamente era sempre li, non mi mollava.
Eravamo sempre stati abituati a vivere tutti e tre, assieme.
Cosa sarebbe successo?
La piccola avrebbe sentito la mancanza
della mamma mentre lei era al lavoro?
La televisione non era come il teatro,
poiché prevedeva ore lavorative più lunghe... Giovanna avrebbe potuto lavorare
dalla mattina alla sera senza interruzioni, senza tornare mai a casa durante la
giornata e questa cosa non mi faceva stare tranquillo.
La sera prima ero stato felice per lei e
le avevo detto che andava bene per me, ma quella paura adesso diventata sempre
più forte.
Scossi leggermente la testa, come per
mandare via i cattivi pensieri, quando sentii che la piccola aveva bisogno di
me.
Mi precipitai nella sua cameretta con un
sorriso.
‹‹Pà…shete!›› disse lei sorridendo.
‹‹Uh! La mia
piccolina ha sete! Andiamo a bene un po’ di acqua allora!››
La presi tra le mie braccia e mi diressi
insieme a lei nella cucina. Poi la poggiai sul tavolo, assicurandomi che non
potesse cadere e le preparai il biberon con dell’acqua.
‹‹Ecco qua!›› dissi porgendole il biberon.
Lei lo prese convinta e iniziò a bere.
‹‹Ehi!›› risi scompigliandole i boccoli biondi ‹‹avevi proprio una gran sete è?››
‹‹Shì!!!›› mi rispose prontamente lei.
Quella bambina era veramente intelligente.
Poi la vidi che si osservava intorno,
come stesse cercando qualcosa, o meglio, qualcuno.
Si girò verso di me e chiese:
‹‹Mamy…?››
Sospirai.
‹‹Mamma è andata fuori
per lavoro! Ma torna presto!››
‹‹Lavoio?››chiese lei dubbiosa.
‹‹Si a lavoro!›› le sorrisi ‹‹Reciterà in
televisione! Non sei felice?››
I suoi occhietti si illuminarono:
‹‹AwwMamyteegione!››
sorrise felice battendo le manine.
Le sorrisi di rimando.
Forse tutto sarebbe andato per il verso
giusto, forse dovevo smetterla con quei pensieri.
‹‹Allora angioletto mio… che cosa ti va di fare? Disegniamo un po’? Guardiamo
un cartone? Dimmi tu!››
‹‹Gno!›› disse lei convinta. Poi mi fece un sorrisone grandissimo
e con la sua solita faccetta furba mi disse ‹‹Cancioneeee?››
Scoppiai in una risata.
Quella bambina era così solare, che mi contagiava
sempre con il suo sorriso.
Sapevo che cosa mi aveva appena chiesto,
così la presi di nuovo in braccio e la poggiai sul divano della sala, poi andai
in mansarda, presi la mia chitarra e quando tornai giù lei iniziò una serie di
gridolini:
‹‹Aww! Ccìcancione!!!››
Passai il resto del pomeriggio a suonare
la chitarra e cantare per lei, che mi ascoltava felice e ogni tanto cercava di
venirmi dietro mentre cantavo.
Era veramente appagante stare con lei.
Non mi faceva mai sentire triste.
In quel momento, sperai solo che sua
mamma sarebbe tornata presto a casa e tutto sarebbe stato perfetto.
***
Eccomi di nuovo qua.
Inizio a temere che questa storia
faccia più schifo dell’altra xD
Ma io non mi arrendo.
Continuerò a postare i miei capitoli e
a sperare, visto che la speranza è l’ultima a morire.
Allora. Primo pov
di Tom. Non avevo mai scritto dal suo punto di vista e devo ammettere che al
tempo trovai tutto ciò mooolto difficile. Tom mi ha
sempre causato molto blocchi, è un personaggio a cui sono molto affezionata che
non voglio “sciupare” in nessun modo.
Quindi spero vivamente di non aver
deluso nessuno…
RubyChubb: Leggere il
tuo commento mi ha dato la forza di postare questo xD
E sono felice che questo inizio di storia ti piaccia. Ne manca solo uno per
presentare tutti i punti di vista, ma ci vorranno ancora un po’ di capitoli per
vederlo (penso 2 non mi ricordo) e poi potremmo ufficialmente dichiarare l’entrata
nella storia. Però cosino la, come l’hai chiamato tu xD
Non dire che ci godi se lui sta male xDDD me lo
verrai a ridire tra una decina di capitoli xD e io
non ho detto niente :ninja: . Per il resto grazie mille del commento.. e avevo
postato perché ero su a Pisa a dare due esami… Non è
che mi sia divertita molto ad essere sincera, ma sono andati bene, quindi non
mi lamento. Grazie ancora <3
Anna94_17: Ecco l’altra mia lettrice. Grazie
per il commento, mi fa sempre piacere se ti piacciono o no i capitoli. Spero che
tu non l’abbia trovato troppo soporifero questo xD
Però non dirmi che non ti fidi di Candy ç_çGosh.. spero che ti ricrederai man mano xD
un bacio
Commentini vari?? Si accettano
critiche e qualsiasi altro tipo di recensione *-*
IMPORTANTE: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo 5.
Giuly’s
POV.
A lavoro quel giorno ero di turno a coppia
con Derek.
Derek era un ragazzo della mia età,
capelli biondissimi ed occhi scuri come la pece, simpatico, divertente, solare
e alla mano.
Era un vero piacere quando ero di turno
con lui in sala di montaggio.
Ehm… che cosa ci
faceva una sala di montaggio all’interno di una ditta pubblicitaria?
Beh. È vero che solitamente nelle ditte
pubblicitarie vengono discusse le basi primarie del prodotto e viene studiata
l’idea per una pubblicità, che poi viene mandata a una casa di montaggio e
prodotta, ma nel caso della ormai ditta di mia madre c’era stato un piccolo
cambiamento.
Fin da quando frequentavo al Liceo in
Italia, avevo sviluppato una grande passione verso il Cinema in generale. Mi
piaceva vedere i film, soprattutto quelli di vecchia data che erano dimenticati
da tutti, mi piaceva scrivere delle piccole sceneggiature per cortometraggi
(non avevo mai provato a scriverne una per un film), ma soprattutto mi aveva
colpita l’arte del montaggio.
Posizionare i piccoli spezzoni di video
nel punto giusto, mi faceva tirare fuori tutta la fantasia che avevo. C’era da
stare attenti ad accostare scene diverse e di vario tipo per non annoiare mai e
cercare di dare una logicità a quello a cui si stava lavorando. Era una cosa
che in là con gli anni avevo sviluppato grazie anche a dei corsi di
approfondimento che avevo fatto di pari passo agli studi Universitari. Alla
fine di quegli stage mi ritrovai pure in mano un attestato che mi avrebbe
permesso un futuro domani di avere una sala di montaggio tutta per me.
Quando entrai nella ditta di mia madre, svolgevo
il mio lavoro, senza più pensare a quel foglio che mi avevano lasciato. Ma un
giorno, lei mi portò nella parte nuova della ditta che era appena stata
costruita e mi mostrò la mia sala di montaggio, dove avrei montato le
pubblicità e avrei diretto i miei colleghi.
Alla prima vista non riuscii a credere
ai miei occhi. Lei aveva fatto tutto quello per me.
In realtà tutto ciò si rivelò molto più
produttivo per la ditta, poiché non dovevamo pagare qualcuno per fare quel
lavoro al posto nostro. E da quel giorno oltre al mio lavoro di sempre, iniziai
ad intraprendere anche la realizzazione delle pubblicità.
Quando non era possibile realizzarle con
immagini che già avevamo, giravamo dei piccoli pezzetti di filmato lì nello
studio, magari con “attori improvvisati” e poi montavamo i vari pezzi e
aggiungevamo effetti speciali, scritte e tutto il necessario per rendere la
pubblicità creativa ma semplice, affinché arrivasse bene il messaggio al
pubblico che guardava la tv.
Quel giorno mi trovavo di turno con
Derek, e ci stavamo consultando per come montare al meglio dei pezzi per una
pubblicità. Solitamente ad un certo punto del lavoro lo guardavamo velocizzato,
per vedere se dava una certa armonia nel fluire delle immagini. Volevo vedere a
che punto eravamo della nostra opera, quando lui cliccò il bottone sbagliato e il
piccolo pezzo che avevamo montato partì al contrario, facendo si che i due
ragazzi che parlavano di una cioccolata con poche calorie, iniziassero a
parlare come due marziani e muoversi come due pazzi invasati.
Sorprendendo me stessa, nel vedere
quelle immagini, invece di restare seria e continuare il mio lavoro, scoppiai
in una fragorosa risata, che dopo pochi secondi, contagiò anche lui.
Dopo un minuto buono cercai di
riprendermi.
Sorrisi allo schermo e lui fermò il
video.
‹‹Com’è che oggi sei
così spensierata e rilassata?››
Lo guardai curiosa, ridendo tra me e me.
‹‹Di solito sei sempre
seria e ligia al tuo lavoro…››
‹‹Loso›› sorrisi ‹‹Ma ogni tanto un
po’ di relax interiore serve, non ti pare?››
‹‹Certo che si!››
Pensai un po’ tra me e me.
È vero, quel giorno ero rilassata.
In parte perché con quel ragazzo allegro
ci lavoravo da Dio, mi faceva stare bene, e con lui non pensavo assolutamente
di essere a capo di quella piccola sala. Solitamente dovevo essere perfetta,
non dovevo ridere mai e dovevo essere sempre seria verso quello che facevo, perchè sapevo che gli altri dipendenti mi osservavano e
controllavano ogni mio minimo spostamento, come ad aspettare un mio errore o
qualcosa di simile. Alcune volte ero così nervosa, che riuscivo a dire
solamente “bene” o “sfrutta questa sequenza” o “cancella quella”, senza la
minima espressione.
Ma quel giorno, mi sentivo bene anche
per un’altra cosa. Sarei uscita dal lavoro e quella mattina, mi ero prefissata
di fare una cosa, alla quale non avrei assolutamente potuto fare a meno.
Sorrisi tra me e me, pensando che poche
ore dopo sarei stata felice e senza pensieri…
Nel mio HakunaMatata ecco, tanto per intenderci.
‹‹Tu nascondi
qualcosa mi sa…››
Disse improvvisamente Derek,
disturbandomi dai miei meravigliosi programmi.
Lo guardai negli occhi.
Erano talmente neri che mi sembravano
profondi come un pozzo.
Mi parve di vedere uno strano bagliore.
‹‹Mmm e se anche
fosse?›› risposi io non curante della sua
affermazione.
Non potevo avere i miei segreti anche io?
Ero una ragazza come tutte le altre
dopotutto, no?
Sorrisi nuovamente, al pensiero della faccia
che avrebbe fatto lui vedendomi.
‹‹Oh›› disse Derek
improvvisamente, mettendosi una mano sulla bocca, e disturbando nuovamente i
miei pensieri.
‹‹Cosa?›› chiesi io sbuffando perché mi aveva disturbata di nuovo,
ma comunque curiosa di sentire che cosa mi stava dicendo.
‹‹Sitratta…. di un ragazzo…›› Alzai
di scatto gli occhi verso di lui ‹‹ Giusto?›› disse mezzo shockato.
‹‹E anche se fosse?›› chiesi nuovamente mentre sorridevo istericamente.
‹‹Non lo so… Ma oggi hai un non so ché di strano oggi negli occhi..
Non so.. come se tu avessi in mente un’idea libertina!››
…
Mmm. Dovevo sviare
il discorso.
‹‹Macchè dici.. sono
sempre la solita, non dire assurdità!››
‹‹No.. Giuro che ai miei occhi oggi sei diversa.››
Ai suoi occhi?
Ah ah! Questa mi era piaciuta.
‹‹ Ti..ti posso
fare una domanda privata?››
Chiese lui esitante un secondo dopo.
Ebbi un po’ paura di quella frase…
‹‹Spara›› dissi incerta
su quello che mi avrebbe chiesto.
‹‹Ma tu ti devi
vedere con questo ragazzo in
questione?››
Quale ragazzo?
‹‹Ehm… Derek, ma che
vai vaneggiando? Guarda che io sono impegnata!››
‹‹Questo lo so… Ma oggi sei comunque strana, su di giri.››
Disse mostrandomi tutti i trentasei suoi
denti.
‹‹E voglio scoprire
il perché››
Lo guardai paralizzata.
Ma che voleva da me?
Forse era un sesto senso maschile, o
qualcosa del genere…
‹‹Io ti dico di no,
guarda, è tutto normale››
‹‹E io continuo con
la mia intuizione che oggi devi fare qualcosa…››
‹‹Vabene›› dissi io silenziosamente ‹‹Ma
adesso continuiamo a lavorare››
Stette zitto per un secondo e poi
riprese.
‹‹Sai..›› cominciò incerto ‹‹Credo che
il tuo ragazzo dovrebbe stare attento a te››
Lo guardai con gli occhi strabuzzati.
‹‹E perché mai?›› chiesi quasi istericamente.
‹‹Perché sei proprio un
bel bocconcino… e tu potresti stufarti di lui un
giorno o un altro, e allora passare a giocare in altri modi…››
‹‹Ma che stai
vaneggiando?››
Mi era sempre sembrato un bravo ragazzo
simpatico, un tipo alla mano, ma quel pomeriggio pareva avere dei problemi al
cervello, non c’erano dubbi.
Visto che io non accennavo a
rispondergli in alcun modo, lui mi disse.
‹‹E quando mai ti
sarai stancata, se già sotto sotto non lo sei, un giorno io sarò qui a…››
‹‹A fare che?›› Lo interruppi, anche se non sapevo che non volevo sapere
che cosa mi stava per dire.
La piega che stava prendendo quella
conversazione non mi piaceva affatto.
‹‹Beh, lo scoprirai presto››
Ero allibita.
Che cosa avrei scoperto presto?
‹‹Oh! Sono già le
tre. Oggi avevamo il turno dimezzato, non è vero?››
annuii con la testa, mentre nel mio cervello c’erano ancora le parole di lui che
aveva detto un minuto prima.
‹‹Io devo scappare,
ci vediamo domani così finiamo il lavoro!››
Prese la giacca e dopo un secondo era
sparito dietro la porta della sala di montaggio.
Mi lasciò lì da sola, con quei due ragazzi
bloccati sullo schermo, e con mille pensieri per la testa.
Che diavolo gli era preso così
d’improvviso?
Derek non si era mai comportato in quel
modo con me.
Va bene, ogni tanto ci era capitato di
scherzare, ma lui era l’unico della mia età.. e da una parte trovato un po’
scontato che io e lui fossimo così in sintonia.
O almeno quello, era quello che avevo
sempre pensato io.
Con le mie mille domande per la testa,
non mi accorsi neanche che il mio turno per quel giorno era finito, come aveva
detto lui.
Quando guardai l’orologio, notai che
erano già le tre e mezzo. Fermai il video e spensi tutti gli apparecchi.
Dopo che fui sicura di aver messo tutto
al proprio posto per il giorno seguente, mi precipitai fuori e a grandi passi
mi diressi verso il mio obiettivo.
Derek aveva ragione.
Il sesto senso maschile, o quello che
era non aveva fallito.
Quel giorno ero felice perché mi attendeva
una specie di appuntamento.
E si…
c’entrava un ragazzo.
***
Rieccomi!
Ho
deciso di postare perché è piccolino e presto metterò anche quello dopo (che mi
piace decisamente di più). È meglio se non dico niente di questo capitolo, perché
mi uscirebbero solo cose negative.
RubyChubb: Guarda, non preoccuparti di essere in ritardo. Sei rimasta
solo tu xD Quindi fai con tutta la calma che vuoi!
Sono rimasta felice che il capitolo di Tom ti sia piaciuto *-* Veramente, non
sai il piacere che mi ha fatto.. Beh hai ragione su quello che hai di HollyAnn.. Ma.. Uff. Beh Vedrai! ^-^ Spero mi comprenderai
per questo schifo, ma era necessario… il tipico
capitolo dove non succede nulla di eclatante, ma almeno sappiamo un po’ di più
su quello che fa Giuly. Il prossimo mi piace molto di
più *-* Beh grazie mille di essere qui ogni volta! <3
x_Blossom_x : Quale piacere e onore vederti qua *-* No giuro, mi ha
fatto piacere vedere un tuo commento. So cosa pensi della storia (anche se tu
sai quello che penso di quello che pensi _occh) però
le cose che hai scritto mi hanno fatto veramente piacere *-* Anche perché tu
sai cosa sta succedendo e sapere che rileggere i capitoli precedenti fa pensare
mi ha fatto piacere. E poi mi ha fatto piacere il gesto ecco. *-* Quindi
grazie, sul serio. <3
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
6.
Dougie’s
POV.
Finalmente, anche per quel giorno, era
suonata l’ultima campanella.
Erano le quattro e quando arrivai in
Sala Insegnati, trovai Danny che si stava vestendo per tornare a casa. Mentre
attraversavamo i corridoi per arrivare all’uscita, una marea di bambini ci
corsero davanti, dietro e di lato, felici che un altro giorno di tortura era
per loro finito.
‹‹Ehi bambini fate
piano! Non correte! Tanto a casa ci andate comunque››
sospirai ‹‹No?›› chiesi a
Danny.
‹‹Già›› annuì lui
preoccupato ‹‹Quando corrono in quel modo mi fanno
una tale paura!››
‹‹Vero›› ero pienamente
d’accordo con lui ‹‹ho sempre paura che possano farsi
del male›› dissi mentre stavo varcando la soglia
dell’uscita.
‹‹Ho sempre paura che
possano farsi del male›› mi imitò alle spalle una
voce che conoscevo benissimo ‹‹E meno male che a casa ti lamenti sempre di loro e dici
che sono dei mostriciattoli!››
Mi voltai e trovai Giuly
appoggiata al muro vicina all’entrata che mi stava sorridendo.
Un’improvvisa ondata di felicità mi
pervase.
‹‹Oddio!›› esclamai non riuscendo a trattenere la mia felicità ‹‹Che cosa ci fai qui? Già mi ero aspettato un pomeriggio
di solitudine a casa…››
‹‹Ti ho fatto una
sorpresa no?›› disse lei, sempre sorridendo.
‹‹E non avrei avuto
il piacere di vederti così sorpreso e felice, se stamani ti avessi detto che
oggi sarei uscita prima da lavoro e che passavo a prenderti!››
‹‹Ha pienamente
ragione sai?›› concordò Danny con Giuly.
‹‹Aww!›› Le andai incontro e la baciai.
Le sue labbra sapevano di dolce, di
fragola.
‹‹Hai mangiato una
caramella alla fragola mentre venivi da me, vero?››
le sussurrai all’orecchio.
Lei silenziosamente annuì, mentre sentii
alle mie spalle..
‹‹Ehm ehm, ci sono
anche io qua! Non fatemi fare il terzo incomodo! I bacini ve li date dopo a
casa, va bene?››
Danny fece scoppiare sia me che Giuly in una risata.
‹‹CiaoDanny›› disse Giuly mentre andava
verso di lui e lo salutava con un bacino sulla guancia.
‹‹Bleee›› disse lui ‹‹Non mi baciare dopo che hai baciato Poynter!!!
Che schifo.››
‹‹Si, come no… Adesso dici così, ma quando eravamo nei ripostigli
della scuola, non mi dicevi che ti faceva tanto schifo››
Vidi Giuly che
mi stava guardando con un’espressione completamente shockata.
Danny le poggiò una mano sulla spalla.
‹‹È vero. Tanto
vale ammetterlo›› disse Danny serio, dopo aver
cercato il mio consenso per parlare.
Poi continuò.
Già ridevo dentro di me al pensiero
della cavolata che avrebbe sparato.
‹‹Io e Dougie abbiamo una storia alle tue spalle da qualche mese.
Però ti vogliamo tutti e due bene, quindi… tanto
valeva dirtelo.››
Giuly guardò shockata
Danny e poi si voltò verso di me, sempre con la stessa espressione.
A quel punto non resistetti più e
scoppiai a ridere più forte che potevo.
‹‹Ma io dico…›› incominciò Giuly con il
dito puntato verso di me.
‹‹Posso capire Danny, ma anche tu…››
Ma Danny non la fece finire di
pronunciare la frase, che l’aveva già abbracciata in una morsa stretta e
infernale, che non la faceva nemmeno respirare.
‹‹Lo sai che mi
piace giocare con te Giuly!! Sei l’unica che me lo
permetti. E poi non ti potrei mai rubare Dougie,
quando lui ti ha portata via da me!››
Disse lui con fare da cane bastonato.
‹‹Ma quella roba è
vecchia!›› disse Giuly
ridendo.
‹‹Piuttosto..›› gli chiese lei ‹‹come vanno le
cose con Candy?››
‹‹Oh no! Anche tu?›› guardò prima me e poi lei ‹‹ma
che vi siete messi d’accordo oggi?››
Giuly era visibilmente
preoccupata per la sua affermazione.
‹‹È successo
qualcosa?›› chiese lei seria.
Danny abbassò la testa.
‹‹Stamani abbiamo
litigato e mi sa che questa volta la faccenda è davvero grave››
Lei sorrise.
‹‹Vedrai che se le parli
con calma quando torni a casa, troverete una soluzione. Danny siete fatti l’uno
per l’altra, non potrete mai stare
separati per tanto tempo! Fidati di me..››
Danny le sorrise.
‹‹GrazieGiuls, sei una vera amica, lo sai vero?››
Lei sorrise.
‹‹Bene›› dissi io ‹‹Non vorrei fare il guastafeste, ma non vedo l’ora di
andarmene via con lei. Non sei mica geloso vero Jones, se stasera sto con lei
invece che con te?››
‹‹Scemo che sei›› mi disse Giuly, dandomi uno
scappellotto.
‹‹Tranquillo›› mi sorrise
Danny ‹‹Spupazzatela bene!››
Giuly lo guardò male ‹‹MaDannyyy! Non gli dare spago
ti prego!››
Ma non gli diedi tempo di risponderle,
che le presi la mano, trascinandomela dietro.
Giuly salutò Danny
con la mano libera che gli rimaneva, mentre ci stavamo avviando verso casa a
piedi.
Poi lei mi disse:
‹‹Doug… Danny ha
qualcosa che non va, te ne sei accorto?››
‹‹SiGiuly, me ne sono accorto. Ma vedrai che è solo una delle
solite litigate con Candy, non preoccuparti››
‹‹Secondo me invece no›› disse lei.
‹‹Secondo me questa
volta, c’è qualcosa di più serio dietro, anche se non so di che cosa si
tratta..››
‹‹Che è.. intuito
femminile?›› chiesi scherzando.
‹‹Chiamalo come vuoi›› disse lei pensierosa ‹‹..ma
io la penso così..››
‹‹Su su, non
fasciarti la testa adesso. Se ci sarà da aiutarlo, lo aiuteremo come abbiamo
sempre fatto››
Lei si voltò verso di me e mi baciò.
‹‹Tu sei sempre così
buono con tutti››
‹‹No, tu lo sei›› dissi io guardandola.
Era splendente e negli occhi aveva una
luce particolare.
‹‹Che cosa hai oggi?
Hai una luce particolare negli occhi!››
Lei si girò con gli occhi strabuzzati.
‹‹Anche tu con questa
cosa della luce negli occhi?››
Poi rise tra sé.
‹‹Perché chi altri te l’ha
detto?››
‹‹Derek››
“Derek” pensai tra me. Odiavo quel
ragazzo solamente a sentirlo nominare.
Non era giusto che lui, potesse lavorare
con la mia ragazza quasi tutti i giorni, mentre io ero costretto a stare nello
stesso edificio con Jones. Chi aveva dettato le regole, non era stato molto
gentile con me.
Sentii lei che mi scuoteva, così la
guardai.
Sogghignò stringendosi al mio braccio.
‹‹Pensa che da come
parlava, ho capito che pensava che sarei andata a trovare il mio amante››
‹‹Amante?›› dissi io con un tono di voce più alto del mio solito
naturale.
‹‹Siamante›› disse lei ridendo.
‹‹Scusa che ci trovi da
ridere?››
‹‹Come che ci trovo da
ridere?›› disse lei
‹‹Dougie›› riprese seria ‹‹probabilmente lui ha pensato questa cosa perché è vero!››
‹‹Vero cosa? Che hai
un amante?››
‹‹Si›› disse lei
sorridendo.
Mi aveva tradito e me lo stava dicendo
in quel modo?
‹‹Non guardarmi con
quell’aria… Sei tu il mio amante, sciocchino che non
sei altro. Tu sei mio amico, sei il mio ragazzo, sei il mio amante, sei il mio
pensiero da quando la mattina mi sveglio fino a quando non mi addormento alla
sera. Tu sei una costante per me! Quindi è logico che sia si!››
Io amavo veramente troppo quella
ragazza!
Lei si voltò verso di me sorridendo e io
non potei far altro che baciarla.
Uno di quei baci pieni di amore, che lei
contraccambiò con tutta se stessa.
‹‹Ti amo Giuly, lo sai??››
‹‹Si Doug, perché lo
sento! Io vivo del tuo amore. E… ti amo anche io!››
‹‹Lo so! E un’altra cosa›› continuai io ‹‹Grazie per
essere venuta a scuola oggi! Mi hai fatto una sorpresa bellissima››
‹‹Nonringraziarmi›› sorrise ‹‹purtroppo
non mi capita spesso di finire prima da lavoro e poter passare da scuola,
quindi oggi non vedevo l’ora di venire da te! È per questo che sono felice più
del solito! Abbiamo più tempo da passare insieme, ed è la cosa che mi fa stare
meglio in assoluto… stare con te!››
‹‹Anche a me sai›› dissi ‹‹mi manchi quando
torno a casa e tu non ci sei ancora, oppure quando io resto di più a scuola e a
casa ci sei tu, sola. Non riesco a stare senza di te per più di poche ore›› dissi stringendola a me.
Lei mi guardò e mi disse:
‹‹Oggi siamo
zuccherosi!Aw!››
‹‹E a me va un
gelato, tanto per restare in tema di zuccheri››
Casualmente ci trovavamo davanti a una
gelateria a noi molto importante e così la trascinai dentro e ci mettemmo a
sedere ad un tavolo, per ordinare una coppa di gelato.
Quando ci portarono le ordinazioni vidi
che lei si stava guardando intorno.
Poi realizzò.
‹‹Oddio! Sono secoli
che non entravo qua dentro! Aw! Non è cambiato per
niente!››
‹‹Già… Quando ho visto
che eravamo qua fuori ho pensato di portatrici, per vedere se ricordavi ancora››
‹‹Doug›› mi guardò seria
‹‹come potrei dimenticare il primo giorno che abbiamo
fatto un discorso come si doveva?››
‹‹Ah, vero, non
potresti! Altrimenti me la prenderei a male››
Sorrise.
‹‹Quel giorno stavo
veramente da cani, ma tu.. tu mi aiutasti tantissimo. Ti bevesti la storia del
gattino che se n’era andato, pur sapendo già quello che mi stava accadendo. E parlammo
tanto, e mi facesti stare bene››
‹‹Già! È stato come
il nostro primo appuntamento!››
‹‹Non è vero! Il
nostro primo appuntamento è stato un altro!›› si
arrabbiò lei, facendomi una linguaccia.
‹‹Uff, lo so bene che
il nostro primo appuntamento è stato un altro, allora diciamo che quella è
stata la prima nostra semi-uscita… in fondo eravamo
da soli, no?››
‹‹Si›› si mise a
ridere lei ‹‹e marinammo anche la scuola››
Quando arrivò la cameriera, ordinammo
gli stessi gelati che avevamo ordinato anni prima: coppa stracciatella e
nocciola per lei e vaniglia e cioccolato per me.
Dopo esserci gustati quel buonissimo
gelato ci dirigemmo verso casa.
Arrivati, la guardai sornione.
Lei capì immediatamente.
La baciai e lei si mise a correre verso
la camera da letto, ma prima che potesse entrare la bloccai.
‹‹Presa›› dissi,
cingendola tra le mie braccia.
‹‹E come potrei mai
scappare da te? Che sei così…così…buono››
disse con una voce sexy, per poi baciarmi sul collo, e iniziò a farmi
annebbiare la vista da altre sensazioni.
‹‹Wow›› sospirai ‹‹Giuls sembra che mi vuoi mangiare!››
‹‹È proprio quello
che intendevo fare›› disse lei mentre si era
abbassata e stava sganciando la mia cintola, per poi passare ai bottoni dei
miei jeans.
‹‹OhGiuly..››
‹‹SiDougie?›› chiese lei alzando la
testa.
‹‹Nientecontinua›› dissi, mordendomi la lingua perché l’avevo
interrotta.
Ma proprio nel momento in cui lei
sbottonò l’ultimo bottone e stava per tirarmi giù i pantaloni, il telefono
squillò.
Ci guardammo negli occhi.
Mai una volta che potevamo fare le
nostre cose in pace.
La
prossima volta lo stacco quel telefono, pensai.
Giuly mi lanciò uno
sguardo rassegnato, poi si avviò a rispondere, lasciando a me il compito di riabbottonrami i jeans.
‹‹Pronto?›› la sentii rispondere.
‹‹Si te lo passo››
La vidi appoggiare la mano sulla
cornetta per poi dirmi:
‹‹È Tom che ti
vuole parlare! Almeno stavolta non è colpa mia!››
Io le feci una linguaccia per poi
prenderle di mano la cornetta.
Un giorno avrei spiegato ai Flecther che dopo una certa ora non avrebbero dovuto più
chiamarci.
‹‹Tom dimmi!››
‹‹Doug scusa se ti
disturbo, ma abbiamo un problema››
La sua voce dall’altro lato della
cornetta era molto preoccupata.
‹‹Che è successo?››
‹‹Si tratta di
Danny, te lo spiego a casa, vieni al più presto qua con Giuly››
‹‹Va bene, a tra poco››
Attaccai la cornetta e trascinai Giuly con me al piano di sotto, prendendola per il lembo
della felpa che indossava.
‹‹Rimettiti la giaccia Giuly››
‹‹Perché dove andiamo? È
successo qualcosa?››
Chiese lei preoccupata.
‹‹Andiamo da Tom. Danny
ha bisogno di noi. È successo qualcosa››.
***
Mi
scuso, ma non ho moltissimo tempo, quindi ringrazio saracanfly di aver commentato.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
7.
Danny’s
POV.
Salutai con la mano Giuly,
fino ad osservare le figure di lei e Dougie
allontanarsi lungo la strada, felicemente abbracciati.
Pensando ai miei amici mi venne da
pensare che io ero l’unico che aveva dei problemi di cuore in quel periodo.
Dougie e Giuly erano felicemente fidanzati da quasi dieci anni e non
avevano mai avuto un nessun tipo di problemi; Harry, che problemi di donne non
ne aveva mai avuti, in quel momento si trovava in crociera con la sua ragazza.
Mi aveva rivelato di averle comprato un anello di fidanzamento, per chiederle
di sposarlo mentre erano ai Caraibi, ed io, che ero l’unico a saperlo, non
avevo potuto far altro che complimentarmi con lui. Anche se in realtà, dentro
provavo un po’ di invidia nei suoi confronti.
E poi c’erano Tom e Giovanna. Beh, loro
avevano coronato il loro sogno con il matrimonio e poi con quella splendida
bambina, che ogni giorno regalava loro tanta felicità.
Il giorno del loro matrimonio fu
assolutamente perfetto. Ricordo ancora il sorriso stupefatto di Tom, quando
vide Giovanna entrare in Chiesa accompagnata da suo padre.
Lei era splendente: il vestito bianco
che indossava, le calzava a pennello, e lasciava trasparire solo un poco la
piccola pancia che le stava pian piano crescendo (era al suo quarto mese di gravidanza).
La cerimonia fu meravigliosa e il pranzo ancora di più.
Eravamo tutti felici e contenti,
compresi io e Candy.
Quel giorno ridemmo e scherzammo
spensieratamente come dei ragazzini.
Conobbi Candy nel periodo delle scuole superiori.
Un giorno come gli altri, Doug arrivò da
noi con una ragazza per la mano e ce la
presentò e come sua nuova ragazza.
A quel tempo io ero nella fase “mi piace
fare tante conoscenze per non sprecare il tempo inutilmente” e ogni giorno
cambiavo ragazza, senza veramente pensare ad un rapporto serio.
Non avevo mai fatto tanto caso a lei, anche
perché quei due erano veramente cotti l’uno dell’altra e quando erano nei
paraggi, pareva che tanti cuoricini volassero sulle loro teste.
Poi un giorno Dougie
venne da me con il cuore distrutto come non lo avevo mai visto, e mi disse che
Candy lo aveva mollato per Bourne.
Io e Bourne
eravamo due tipi differenti. A me piaceva conoscere le ragazze, ma non
prenderle in giro. Loro sapevano già come ero fatto, quindi sfruttavano la loro
occasione al meglio che potevano, ma poi sapevano che sarebbe finita lì.
Bourne invece, era il
tipico ragazzo “siccome sono figo e lo so, mi
permetto di prendere in giro chi voglio” e caso volle che Candy finisse tra le
sue braccia.
L’aveva adescata a una festa di
compleanno, una sera che Dougie era a casa con la
febbre, e l’aveva convinta a farsi riportare a casa da lui. Una cosa tirò
l’altra e Candy si ritrovò “sotto l’effetto Bourne”,
incapace di intendere e di volere.
Da quel momento cambiò radicalmente,
caratterialmente e d’aspetto, iniziò a vestirsi come una ragazza poco seria e
di conseguenza iniziarono a girare voci maligne su di lei.
Non era più la ragazza che stava con
Doug.
Fortunatamente per lei, Bourne dopo un po’ si stufò e la mollò come una cosa di
poco valore.
E la sera della festa dell’ultimo
dell’anno, a casa di Tom, la ritrovai nuovamente e ci sedemmo su un divano a
parlare.
Io avevo appena avuto il rifiuto da Giuly, che forse sarebbe stata la prima ragazza che non
avrei più trattato come le altre, mentre Candy, che si era accorta dell’errore
che aveva fatto, mi disse che era tornata da Doug, per cercare di farsi
perdonare, ma lui le disse che era innamorato di Giuly.
Mi raccontò che agli occhi di lui aveva
fatto la parte della gatta morta perché voleva provare in tutti i modi a
riaverlo, perché per lei era stato una persona molto importante, e che le
dispiaceva di essere finita nella tela di Bourneperdendolo.
Ai miei occhi non si rivelò affatto la
ragazza che era diventata negli ultimi mesi, anzi, mi parse una ragazza normalissima,
con i suoi problemi, e le sue scelte.
Lei si accorse che le scelte sbagliate
le avevano fatto perdere la persona che veramente amava, ma decise che da quel
momento sarebbe cambiata, cercando di pensare bene a cosa fare prima di
compiere un’azione e che sarebbe andata con i piedi di piombo nella storia che
le sarebbe capitata dopo quell’esperienza.
Mi affascinò il fatto di come potesse
essere cambiata in una sera.
Semplicemente era la Candy che noi tutti
conoscevamo, quella che era stata con Doug, quella che veniva con noialtri a
fare i picnic e che ci faceva ridere, alle volte.
Io le raccontai di cosa mi era capitato
con Giuly e lei con mia sorpresa mi disse che si era accorta
già da tempo che lei e Doug si amavano. Mi disse che quando era in classe
vedeva Giuly parlare con Giovanna di Dougie, e che aveva origliato le conversazioni anche se non
avrebbe dovuto.
E poi mi disse che quando Giuly guardava Dougie, vedeva i
suoi occhi brillavano e la stessa cosa capitava a lui con lei.
Mi sorrise, dicendomi che non poteva far
altro che accettare l’amore dei due e che lei aveva perso e mi disse che anche
io avrei trovato una persona giusta per me, che mi avrebbe dato l’amore di cui
avevo bisogno.
Nel giro di poco tempo, eravamo
diventati ottimi amici. Lei si era unita al nostro gruppo e con mia grande
sorpresa lei e Doug erano tornati buoni amici, e soprattutto, cosa che non mi
sarei mai immaginato, tra lei e Giuly scorreva buon
sangue, ed erano diventate amiche pure loro.
Inoltre, per me e gli altri quello fu un
periodo meraviglioso, perché ci aveva ingaggiato una casa discografica di
Londra e avevamo appena inciso il nostro primo cd.
Io e lei iniziammo a vederci
separatamente dai ragazzi, e un giorno, dopo essere stati al cinema, a vedere
un film, le confessai di essermi innamorato di lei.
Lei inizialmente rimase in silenzio,
facendomi temere che per lei non era la stessa cosa, ma pochi secondi dopo vidi
una lacrima scivolare sul suo viso e sentire lei dire:
‹‹Avevo paura di essere
la sola a provare questi sentimenti, ma anche io mi sono innamorata di te››
E quel giorno, la baciai per la prima
volta.
In seguito un’ondata di impegni travolse
me e i ragazzi.
Con gli esami dell’ultimo anno la scuola
era finita e almeno lo studio lo avremmo messo da parte per un po’ di tempo.
La notizia del nostro primo tour ci
arrivò un giorno dal nulla e noi rimanemmo completamente esaltati da quella
notizia.
Iniziammo a provare sempre di più negli
studi della casa discografica, e le ragazze quando erano libere dai loro impegni,
venivano a sentirci e a dare una mano con il backstage.
Poi ci fu il primo Tour, un’esperienza
davvero magnifica e provai delle emozioni mai provate prima su quei palchi, a
cantare le canzoni assieme agli altri.
Il nostro sogno si era realizzato.
Stavamo sfondando e al tempo stesso,
facevamo quello che ci piaceva più fare.
Le ragazze venivano alle tappe a cui
potevano partecipare e poi dopo il Tour, mentre noi avevamo ingaggi con vari
reti televisive e radio, loro avevano ripreso con i loro impegni.
Giovanna in una scuola di teatro, per
diventare attrice; Giuly si era iscritta
all’Università, mentre Candy aveva preso a lavorare nel negozio di suo padre.
La vita scorreva tranquilla, io e Candy
ci vedevamo quando era possibile e a volte passava un po’ di tempo prima di
vedersi di nuovo, ma eravamo entrambi presi dalle nostre cose, quindi ogni
nostro incontro era sempre più magico.
Ci furono il secondo, il terzo, il
quarto e il quinto Tour.
Le fans erano
diventate tantissime durante quegli anni, e noi eravamo diventati delle star.
Le nostre facce erano un giorno si e
l’altro pure sulle prime pagine dei giornali più importanti e venivamo invitati
a ogni nuova premiere che si presentava.
Le ragazze cercavano di vivere al meglio
il fatto che avevamo così tante fans. Era un bene per
noi essere così seguiti, ma molte volte sui giornali venivano scritte delle
fesserie, come ad esempio che avevamo un gruppo di groupie
che ci seguivano in ogni stanza d’albergo, che Dougie
aveva tradito Giuly con una di loro, che io ero stato
trovato in rapporti intimi insieme ad Harry… Dopo un
po’ che scrivevano tutte quelle cose avevano perso la fantasia e non sapevano
proprio cos’altro scrivere.
Comunque la nostra carriera stava
continuando per la sua strada e noi eravamo ormai arrivati alla soglia dei 25
anni e arrivò un giorno, in cui il nostro Manager ci disse che non eravamo più
adatti per portare avanti la nostra musica, che le vendite erano troppo calate
e che nuove band di adolescenti stavano ingranando in quel campo.
Ci ritrovammo improvvisamente divisi e
senza lavoro.
Io fortunatamente, grazie a Dougie mi ritrovai a insegnare chitarra a dei bambini delle
scuole elementari, e quella professione mi piaceva molto.
Ma in casa la situazione non andava
molto bene.
In quegli anni con Candy, anche se
eravamo sempre stati molto affiatati, non avevo avuto un rapporto stabilissimo
tra Tour e impegni di entrambi, e quando mi ritrovai a vivere nella stessa casa
con lei vennero a crearsi le prime incomprensioni, una cosa alquanto nuova per
me.
Non era mai stato niente di grave,
perché entrambi sapevamo di amarci molto, ma lei non aveva un carattere facile
per quello che ero io.
Quando si presentava un problema, lei
temendo di peggiorare ancora di più le cose si chiudeva in se stessa e la smetteva
di parlare con me.
Io da parte mia cercavo sempre di
spronarla a parlarmi e a spiegarmi i suoi problemi, finché lei non si sfogava
in un pianto liberatorio e facevamo pace.
Anche se ci amavamo tantissimo non
avevamo mai parlato di fare bambini, o di sposarci, perché forse era troppo
presto..
Però dentro di me, avrei tanto voluto
avere un miniJones tra le mani da poter coccolare,
come facevano Tom e Gi con la loro HollyAnn.
Ma avevo sempre avuto paura di parlarne
con lei, perché aveva sempre eluso le mie domande a riguardo di questo
argomento.
Così ero sempre stato zitto per paura di
inclinare il nostro rapporto, o per paura di dire qualcosa di sbagliato.
Fino a quel momento le cose tra di noi
erano andate più o meno bene,ma da
ormai un mesetto tra me e lei le cose non andavano esattamente come sarebbero
dovute andare.
Candy era sempre scontrosa nei miei
riguardi e spesso pernottava a casa dei suoi, per via del lavoro.
O almeno questo era quello che diceva a
me.
Iniziai a pensare che avesse una storia
con un altro uomo e che fosse troppo codarda per dirmelo, ma ogni volta che ci
pensavo, allontanavo da me quel pensiero, perché sapevo che lei mi amava.
Scrollando la testa, e allontanando da
me quei cattivi pensieri, mi avviai verso casa, sperando che quel pomeriggio
sarei stato un po’ con lei, magari per capire cosa era realmente successo
quella mattina.
Avevamo avuto una discussione per una
cosa molto futile, ma stressato anche per la scuola e altri motivi, le avevo
risposto male e me n’ero andato sbattendo la porta di casa.
Quando girai le chiavi nella serratura e
aprii la porta, quello che vidi non mi annunciò niente di buono.
Due valigie rosse erano pronte per
essere portate via, proprio davanti alla porta di casa.
Quelle erano le valigie che Candy
utilizzava quando doveva fare dei viaggi…
Perché
erano lì pronte?
Un brutto presentimento mi balenò nella
testa e mentre cercavo di scacciarlo, iniziai a chiamare la mia ragazza a gran
voce:
‹‹Candy!! Candy dove
sei?››
Nessuna risposta.
Riprovai.
‹‹Candy ci sei?››
Dalla porta della cucina apparve lei,
con il viso rigato dalle lacrime e un fazzoletto in mano.
Mi avvicinai subito, con il cuore che mi
batteva all’impazzata.
‹‹Hey amore! Oddio,
che sta succedendo?›› chiesi preoccupato.
‹‹Sc-scusa›› singhiozzò lei.
‹‹Scusa per cosa?›› chiesi io più dolcemente che potevo mentre le
accarezzavo una guancia.
La guardai nei suoi occhi verdi.
‹‹I-io›› disse lei
mentre singhiozzava ‹‹Midispiace››
riuscì a dire solamente.
Le mie orecchie erano tappate, come a
non voler sentire quello che lei mi stava dicendo.
‹‹Candy, non capisco›› dissi quasi in un sussurro, mentre la testa aveva
preso a girarmi ‹‹perché mi stai chiedendo scusa?...
per cosa ti dispiace?››
Quando lei finalmente parlò, realizzai
che cosa stava per succedere.
***
E salve!
Si è quasi un mese che non ci sono.. ho un po’ troppi impegni con l’Università…
Ma eccomi
qua. Allora diciamo che da adesso in poi le cose andranno sempre peggio. E beh..
i commenti li lascio a voi.
RubyChubb: Beh.. diciamo che abbiamo capito chi sono i personaggi questa
volta. Tutto ruoterà da questo momento. Ho sempre cercato di farli bilanciare
abbastanza.. vediamo cosa ne è venuto fuori xD lascio
a te il commento.. anche se ancora non ci siamo molto xD
però prima o poi i casini verranno!! Grazie mille per il commento *-*
Saracanfly: ecco cosa è successo a Danny xD
tranquilla.. tra poco lo smieloso ti mancherà!
x_blossom_x : Grazie <3 davvero. Ma tanto non ti avvertirò mai, perché
sai che non mi piace farlo. xD quindi mi odierai, ma
tanto lo so che mi odi, e a me va bene così.
IMPORTANTE: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare
rappresentazione veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
8.
Tom’s
POV.
Quel pomeriggio era filato tutto
tranquillo, avevo composto un po’ di musica e poi mi ero rilassato un po’.
Era ormai tarda serata e stavo giocando
assieme a mia figlia, quando improvvisamente il telefono squillò.
Carezzai la piccola HollyAnn
sulla testa e lei mi sorrise, come per dirmi che andava tutto bene e che potevo
andare a rispondere.
Quando alzai la cornetta dall’altra
parte trovai Danny, in lacrime.
Non mi era capitato molte volte di
sentirlo piangere, quindi quando risposi e mi accorsi del suo stato, mi
preoccupai subito.
‹‹Ehy Danny, che ti
prende?››
‹‹Tom..T.. Cazzo!›› sentii un singhiozzo.
‹‹Tu…T-lei..›› provava a parlare, ma le sue parole risultavano
solamente dei suoni sconnessi alle mie orecchie.
‹‹Chi lei?››
‹‹Non ce la faccio›› disse solamente.
Silenzio.
Cercai di fare un respiro, più per
calmare me stesso che lui, perché la mia agitazione iniziava a salire sempre di
più.
‹‹Per favore Danny,
fai un respiro e cerca di calmarti››
Sentii un altro singhiozzo, un po’ più
flebile.
‹‹Non ce la faccio
Tom.. Non così!››
‹‹Danny, ascoltami›› dissi categorico per non far sentire la mia
preoccupazione anche a lui ‹‹Prendi le tue chiappe e
mettile sul sedile della tua macchina e vieni qui, per favore. Io dovrei
preparare la piccola, perché Giovanna non è in casa e ci metterei troppo tempo
a venire da te. Ce la fai a venire qui?››
Sentii solo un ‹‹GrazieTom›› e poi agganciò.
Alzai gli occhi al cielo pensieroso e
scossi la testa.
‹‹Pap..?››
Una voce mi destò da quel silenzio.
Gli occhioni
color nocciola di HollyAnn mi stavano osservando
curiosi, mentre lei era accoccolata sul divano, chiedendosi che cosa stava
succedendo al suo papà.
‹‹Aww amorino mio!›› mi ripresi dirigendomi verso di lei e prendendola tra le
mie braccia.
‹‹Tra pochino abbiamo
visite sai? Viene lo Zio Danny a trovarci!››
‹‹Shiiii! CioAnny!››
mi seguì a ruota sorridente.
‹‹Meno male che ci sei
tu che sei sempre felice›› dissi strofinando il mio
naso con il suo, facendola ridere ancora di più.
‹‹Awpapy!››
‹‹Mentre aspettiamo Zio
Danny, che ne dici se chiamo anche Zia Giuly e Zio Dougie?››
Gli occhi della mia piccoletta si
illuminarono ancora di più.
‹‹Shiishii!!!››
La feci sedere nuovamente sul divano e
le misi su “La Sirenetta” della Walt Disney, poi mi avviai verso il telefono.
Mi rispose Giuly
e le chiesi di passarmi Doug.
Dalla voce mi parve un pochino alterata,
ma non ci feci caso.
Quando lui mi rispose, lo informai che
Danny mi aveva chiamato e che aveva bisogno di noi.
Mi disse che andava bene e che quindi mi
avrebbe raggiunto a casa.
Aspettando gli altri mi sedetti sul
divano insieme alla piccolina, che stava guardando tutta felice Sebastian che
cantava “In fondo al mar” e si muoveva a tempo di musica battendo le manine.
Sorrisi mentre la guardavo.
Giovanna quel pomeriggio era nuovamente
a lavoro.
La sera prima era tornata molto tardi e
io ero andato a dormire da poco tempo quando lei era rincasata.
Mi disse che si era stancata tantissimo
quel giorno, perché avevano iniziato subito con le riprese, ma che ne era valsa
la pena, perché era tornata a fare una delle cose che più le era sempre
piaciuto fare.
Io le dissi che piccola Holly si era
comportata come un angioletto e che era andato tutto bene.
In realtà, anche se avevo avuto i miei
pensieri, era andata così.
Avevo deciso di mettere da parte le mie
paure e concentrarmi sul mio lavoro e sull’amore che provavo per mia moglie e
mia figlia. Quando Giovanna sarebbe stata a lavoro, io sarei stato in compagnia
della piccola, che con la sua felicità mi avrebbe sicuramente distratto dal
pensare che l’altra metà di me non era lì.
Il suono del campanello mi distolse dai
miei pensieri.
Presi tra le mie braccia la piccola e
quando aprii la porta principale trovai un Danny con gli occhi più arrossati
che mai. Con quegli occhi azzurrissimi che si ritrovava, il rossore si notava
ancora di più, tanto che la piccolina tra le mie braccia disse tristemente:
‹‹Pecchèpangiccìo?››
Danny si strofinò il lembo della camicia
sugli occhi, come a voler negare alla piccola che non stava bene e poi con un
lieve sorriso disse:
‹‹Non è niente
piccolina mia! Su vieni dallo zio!››
Lei allungò le sue braccine
verso di lui e io la lasciai andare tra le sue braccia.
Holly riusciva a far sorridere chiunque.
Entrammo in casa e Danny si mise a
sedere sul divano con la piccola sulle ginocchia e aveva ripreso a guardare “La
Sirenetta”, ignara di quello che stava realmente accadendo allo zio.
Quando neanche cinque minuti dopo il
campanello suonò nuovamente, Danny mi guardò allarmato.
‹‹Chi stai
aspettando?›› chiese ansioso.
Io lo guardai un po’ colpevole e dissi:
‹‹Ho chiamato Doug ,
perché mi ero veramente preoccupato per te e sinceramente non sapevo se sarei
riuscito ad aiutarti da solo..››
Lui mi guardò e poi comprensivo disse:
‹‹In realtà hai
fatto bene. Ho veramente bisogno di sfogarmi con qualcuno e più pareri avrò e
meglio riuscirò a risolvere la situazione››
Così mi alzai ed andai ad aprire la
porta, trovandomi davanti Doug e dietro di lui Giuly.
‹‹Ehy ragazzi
entrate!›› dissi ‹‹Grazie
per essere venuti! Credo che Danny abbia veramente bisogno di noi››
Giuly mi sorrise e
poi disse:
‹‹Non ringraziare
neanche per scherzo.. gli amici servono nel momento del bisogno, quindi eccoci
qua!››
Doug sospirò sognante:
‹‹È la mia donna
sai?›› disse rivolto a me, per poi beccarsi uno scapellotto da Giuly, seguito da
un “cretino”.
Quando arrivammo in salotto trovai Danny
che stava mettendo Holly dentro al lettino della sala, poi quando si accorse
che noi eravamo li, mi disse:
‹‹Si è addormentata
mentre guardava il film, allora ho pensato di…››
‹‹Hai fatto benissimo›› lo rassicurai ‹‹Adesso
andiamo in cucina, così non le daremo fastidio e tu potrai raccontarci tutto››
Lui annuì.
Un minuto dopo eravamo tutti e quattro
seduti attorno al tavolo della cucina, preoccupati e curiosi di sentire quello
che Danny aveva dirci.
Non volendo lo guardammo tutti e tre con
aria inquisitoria e lui prendendo un bel respiro disse:
‹‹Candy se n’è andata
di casa››
Personalmente per capire con esattezza
quelle parole mi ci vollero molti secondi.
E subito un brutto pensiero mi percosse.
E
se Giovanna mi avesse abbandonato?
Osservai Giuly
e Dougie e anche loro sembravano shockati della
notizia quanto me.
‹‹Ma…ma perché?››
Era stata Giuly
a parlare.
Vidi gli occhi di Danny arrossarsi
nuovamente all’inverosimile.
Probabilmente stava cercando con tutto
se stesso di non piangere davanti a noi.
‹‹Io.. io non l’ho
ben capito›› batté un pugno sul tavolo, poi rivolto a
me disse ‹‹Scusa, per un secondo non ho pensato alla piccola››
‹‹Tranquillo›› lo rassicurai
per la seconda volta ‹‹Lei non si sveglia molto
facilmente. Dai Danny, prova con calma a raccontarci che cosa ti ha detto››
Lui ci guardò tutti e tre, con quelle lacrime
agli occhi che cercava di frenare.
‹‹Mi dispiace fare
la figura del cretino davanti a voi, ma proprio non riesco a trattenermi…›› disse lui con le lacrime, che ormai lo
avevano vinto e che stavano scivolando lungo le sue guance.
Vidi Giuly,
fortemente provata anche lei, posare una mano sul braccio di Danny.
‹‹Non sei affatto
cretino Dan. Sei veramente innamorato e queste lacrime ti fanno onore. Quindi
non avere paura di sfogarti con noi. Quando te la senti di dirci come sono
andate le cose noi ti ascolteremo, fino a quel momento sfogati quanto vuoi››
Le parole di Giuly
mi fecero sorridere. Eravamo un gruppo di matti, ma ci volevamo un bene
dell’anima e quando c’era bisogno eravamo sempre lì, l’uno per l’altra.
Seguirono due minuti silenziosi,
interrotti solamente dai singhiozzi di Danny.
Poi parve calmarsi e iniziò a parlare.
‹‹Sta-stamani io e Candy
abbiamo avuto una discussione, una di quelle che ci capitava di avere
ultimamente, di quelle futili per delle cavolate››
fece un mezzo sorriso ‹‹Si è arrabbiata con me perché
avevo lasciato sulla terrazza le scarpe nuove e siccome ieri notte ha piovuto
si sono bagnate tutte. È una cavolata no? Ecco, lei va avanti così da più di un
mese a questa parte. Io ho sempre cercato di non dare peso a queste cose, ma
lei continuava e continuava. E stamani le ho risposto male, perché non sono
riuscito a trattenermi e sono uscito di casa sbattendo la porta.››
Fece un respiro e continuò.
‹‹Inoltre, sempre in
questo ultimo periodo, ogni tanto restava a dormire “dai suoi”, dicendo che
faceva tardi con il lavoro e che casa nostra è molto più lontana rispetto a
casa loro. Ma a me questa cosa non ha mai convinto molto. Lei era strana,
sapevo che mi stesse nascondendo qualcosa, e oggi quando se n’è andata temo di
aver capito di che cosa si tratta.››
Vidi che Dougie
lo guardava con gli occhi stralunati.
‹‹Non starai pensando
che Candy ti…››
‹‹Che mi abbia
tradito e che adesso ha un altro uomo? Si Dougie,
penso proprio questo. Oggi quando sono rientrato, l’ho trovata in lacrime, con
i bagagli pronti sulla porta e mi ha detto che le dispiaceva. Che le dispiaceva
per quello che aveva fatto e che non se la sentiva più stare con me, perché non
aveva più il coraggio di guardarmi negli occhi.››
Alzò gli occhi verso di noi.
‹‹Che altro dovrei
pensare ragazzi?››
Noi lo guardammo silenziosamente, poi io
dissi:
‹‹Danny vedila così. Tu
e lei vi siete sempre amati, in tutti questi anni. Io non voglio credere che ti
abbia tradito. Probabilmente c’è dell’altro dietro a questa cosa…››
‹‹Ma cosa?›› mi chiese lui disperato.
‹‹Non lo so Danny,
non lo so›› dissi tristemente.
‹‹Io credo che noi
donne siamo molto particolari›› disse Giuly‹‹Cambiamo umore da un
secondo all’altro e molte volte senza un valido motivo. Hai detto che è da un
po’ che le cose tra voi non vanno benissimo, giusto?››
Vidi Danny annuire con la testa, attento
a quello che Giuly stava dicendo.
‹‹Beh, allora
probabilmente lei era stanca di tutto questo e prima di imbattersi con te in
una discussione più grande di quelle che stavate già avendo in questi giorni,
ha deciso di andare un po’ dai suoi a riflettere… Ma
forse non è così grave come pensi tu. Solo che lei oggi non è riuscita a
trattenersi davanti a te.››
Lui fece un sospiro.
‹‹Grazie, questo mi tira
un pochino più su di morale… Lei è sempre così, si
chiude in se stessa quando ci sono dei problemi e non mi parla. Ma questa volta
se n’è proprio andata..››
‹‹Quindi ogni tanto voi
non parlate di alcune cose e le lasciate in sospeso?››
Chiese Giuly.
‹‹Già›› disse lui
evasivo.
‹‹Ci sono degli
argomenti che ho paura a trattare con lei, perché credo di sapere cosa ne pensa››
‹‹Capisco›› disse Giuly
‹‹Beh, secondo me
allora, dovresti affrontare quegli argomenti con lei››
gli dissi io ‹‹Sforzati di parlare di tutto con lei,
anche se sai che sono cose che non accetterebbe o che non approverebbe. In una
coppia ci sono sempre i pro e i contro, e bisogna mettersi a confronto ogni
giorno. Non è tutto rose e fiori. Purtroppo non lo è mai…››
Danny sorrise.
‹‹Avete ragione voi… Proverò a parlarle..››
‹‹Magari aspetta qualche
giorno›› disse Giuly‹‹Se veramente è andata dai suoi perché vuole riflettere un
po’ e la opprimi adesso, è probabile che invece di fare qualcosa di buono tu
faccia qualcosa che non dovresti fare››
‹‹Hairagione›› annuì lui, prendendo il bicchiere di acqua che si
trovava li davanti e bevendone un lungo sorso.
‹‹Però ci sarebbe un
favore che vorrei chiederti Tom..››
‹‹Spara›› dissi un po’
più rilassato, vedendolo un po’ più tranquillo di prima.
‹‹In questo momento
quella casa mi sembrerebbe troppo vuota senza di lei, quindi mi chiedevo se…››
‹‹Se?›› lo invitai a continuare.
‹‹Beh, se posso
rimanere qui per cena››
Sorrisi tra me e me.
‹‹È solo questo che
mi volevi chiedere? Sicuro che puoi rimanere.. Anzi mi faresti compagnia tu,
visto che Giovanna rincaserà tardi anche questa sera. Se volete rimanere anche voi›› dissi riferendomi a Giuly e
Dougie‹‹Ordiniamo la pizza
e la mangiamo tutti assieme! Che ne dite?››
Giuly e Dougie annuirono, ed io andai ad ordinare la pizza per
tutti.
Quando tornai in sala, trovai la piccola
Holly sveglia, tra le braccia di Giuly che sorrideva
ai suoi zii che erano andati a farle visita.
Sorrisi.
Quella sera non mi sarei sentito per
niente solo.
I miei amici erano con me.
***
Ed eccomi di nuovo qua. Ultimamente
non sono presente su EFP per questioni scolastiche. Me ne scuso con le persone
che scrivono quelle fiction sui McFly che mi
piacciono tanto, ma prometto che in questi due giorni mi salvo tutto e cerco di
mettermi in pari.
Detto questo…
Tom mi ha sempre dato dei problemi nei
suoi capitoli, perché sono molto affezionata a lui, non solo come mio
personaggio, ma sono proprio affezionata a Tom Fletcher, quello vero. Quindi ho
sempre avuto il timore di sciupare o cambiare troppo il suo essere, il che mi
ha creato spesso grandi e profondi blocchi dello scrittore (quello che
attualmente mi sta succedendo con Dougie alee).
Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Adesso.
Ho notato con particolare piacere che
alcune delle persone che leggevano NL 1 hanno messo il sequel tra i preferiti.
Per questo non posso fare altro che dirvi Grazie.
Spero solamente che la storia vi stia piacendo.
RubyChubb: Cara. Quello
che ho scritto sopra vale soprattutto per te. Adesso mi salvo i tuoi capitoli,
me li leggo con calma e poi ti scrivo un commento come si deve. Mi dispiace non
essere sempre presente. -.- Ma sai come sono impelagata. Beh. Per quello che mi
hai scritto tu, ti dico con sincerità che non mi ricordo se ho approfondito
quell’argomento, perché comunque la fine dei Mcfly è
si una cosa grave che è successa nella loro vita… ma
diciamo che non è proprio il problema principale di questo sequel…
quindi, ammetto, non mi ricordo assolutamente se ho approfondito l’argomento. Mea Culpa. Per il resto il giudizio lo lascio a te, che mi
fa sempre piacere.
Keloryn: Ma ciao! *-*
non sai che piacere mi faccia sapere che hai ripreso la storia *-* Grazie millissime *-* Ehm.. per quanto riguarda Danny. Beh hai
capito in che situazione si trova no? xD Povero, lo
tratto sempre male. Spero che il capitolo ti sia piaciuto.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
9.
Giovanna’s
POV.
Era già passata una settimana da quando
ero tornata a casa quella sera, trovando mio marito e i nostri amici in cucina,
intenti a mangiare pizza e divertirsi.
La piccolina stava già dormendo nel suo
lettino, mentre loro stavano ancora parlavano animatamente quando li salutai.
Su due piedi, rimasi un po’ stupita che
avessero organizzato una cena senza di me, anche perché era un po’ di tempo che
non cenavamo tutti assieme a casa di qualcuno.
Con il passare dei mesi e degli anni, le
cene e le serate assieme si erano ristrette sempre di più. Un po’ perché avevo
intuito che da quando io e Tom ci eravamo sposati, gli altri non volevano
disturbare il nostro nido d’amore, un po’ perché gli impegni erano sempre
differenti ed erano rare le occasioni in cui eravamo tutti presenti.
Mi sedetti a tavola con loro per parlare
un po’ e rilassarmi, dopo una dura giornata lavorativa. Non riuscivo ancora a
comprendere perché fossero tutti li, ma quando poi i ragazzi tornarono a casa a
dormire, Tom mi spiegò il vero motivo della loro presenza quella sera e cosa
era successo a Danny quel pomeriggio.
Quello che mi disse mi diede da pensare
molto, anche perché non mi immaginavo minimamente che cosa avesse potuto fare
Candy, da esserne così dispiaciuta e da farle decidere addirittura di andarsene
da Danny. Sperai per lui che trovasse presto una soluzione a quel problema, ma
per quel che ne sapevo io, dopo una settimana dall’accaduto, ancora Danny non
aveva trovato il modo di parlare con lei, per cercare di chiarire quella
situazione. Lui era quasi sempre impegnato con la scuola e quando non lo era
provava a chiamarla, invano.
A quanto capivo, non era un periodo
molto buono per alcuni di noi.
Harry era tornato da due giorni dalla
sua crociera con Eve, la sua non più ragazza, con una
brutta notizia.
Ci raccontò che un pomeriggio, mentre
erano sulla nave, era andato a prendere dello champagne, ed aveva messo una
scatolina con dentro un anello di fidanzamento in mezzo a un mazzo di rose, per
chiederle di sposarlo. Ma quando era tornato nella cabina, l’aveva trovata a
fare sesso con il comandante della nave, un attraente uomo di 35 anni.
Non si sarebbe mai aspettato una cosa
del genere da parte di lei, e quando ci riferì l’accaduto, noi altri restammo
shockati, soprattutto perché Harry era completamente con il cuore a pezzi.
Lui e Eve
erano sempre stati una coppia affiatata, da quando erano usciti assieme la
prima volta all’ultima volta che li avevo visti, ed Harry non si dava pace per
quello che era successo.
Cercammo di rassicurarlo in tutti i
modi, dicendogli che avrebbe presto trovato un’altra fiamma da conquistare, ma
lui ci disse che se avesse mai trovato una nuova ragazza, ci sarebbe andato con
i piedi di piombo.
Per quanto mi riguardava, durante quei
giorni ero stata presa sempre di più dal mio nuovo lavoro.
Era eccitante tornare di nuovo a fare
quello per cui avevo studiato con tanta dedizione durante gli anni passati.
Amavo quello che facevo, anche se recitare davanti a una telecamera, non era
esattamente la stessa cosa che recitare in un teatro davanti a un pubblico.
Convinsi me stessa che invece della
telecamera ci fossero i miei parenti o i miei amici a guardarmi, e mi decisi a
dare il meglio di me.
E in una settimana avevo speso quasi
tutte le energie che avevo in riserva nel mio corpo.
Non ero abituata a quegli orari ferrei
che prevedevano le riprese.
In quella settimana di lavoro ero
tornata a casa solamente per dormire, e mi dispiaceva di tutto questo.
Mi ero resa conto che da un giorno
all’altro avevo lasciato da solo Tom con la piccola.
Avevo rotto quell’equilibrio che avevamo
costruito durante quegli anni, quando eravamo sempre a casa, tutti e tre
assieme, in allegria.
E loro due mi mancavano molto. Mi
mancavano i sorrisi della mia bambina quando giocavamo nella sala, mi mancava
andare a fare la spesa tutti assieme, mi mancavano i baci e gli abbracci di
Tom, i suoi sorrisi, le sue dolci parole.
Quando tornavo a casa, il più delle
volte lo trovavo che già dormiva, probabilmente distrutto dall’intera giornata
passata a comporre musica e guardare la piccina.
Era una strana situazione in cui non mi
ero mai trovata prima.
Io amavo recitare e amavo anche Tom.
In passato questa situazione non mi si
era mai proposta seriamente, perché quando io ero impegnata a recitare in
teatro o a fare piccole Tournee nei teatri della provincia, Tom era impegnato a
fare Tour con i McFly. Ci sentivamo ogni giorno, per sapere i responsi
reciproci della giornata, ma con i nostri impegni colmavamo quella
impossibilità di vederci.
Poi, quando i McFly si sciolsero decisi
di rimanergli vicina e allora dimezzai i miei impegni teatrali. E quando
scoprii di essere incinta decisi di parlare con il mio Manager e dirgli che per
un po’ di tempo avrei smesso di recitare.
In quel momento una parte del mio cuore
andò in frantumi. Da quando andavo alle elementari avevo preso parte a corsi di
recitazione ed era la cosa che più avevo amato fare. Decidere di non recitare
più era come abbandonare una parte di me stessa al nulla.
Quando nacque la piccola HollyAnn, però, quella piccola ferita fu risanata e decisi
di dedicarmi completamente alla mia famiglia.
E proprio quando tutto mi sembrava ovvio
e così perfetto, ero stata nuovamente tentata, e la tentazione fu così forte,
che adesso mi trovavo in quegli studi televisivi.
Tom mi aveva dato la sua parola che era
felice per me, ma mi torturava il pensiero che non riuscivo più a parlarci come
prima e non potevo più stare con mia figlia.
Da una parte avrei voluto mandare tutto
a monte e tornare a casa da loro, dall’altra però c’era qualcosa che mi frenava.
‹‹Giovanna che ci fai li
impalata?››
La voce di Alex, il regista, mi riscosse
dai miei pensieri.
‹‹Dobbiamo girare
nuovamente la scena tre, forza!››
‹‹Siarrivo›› dissi.
Mi avviai sul set e ripresi a recitare
la terza scena.
Con gli altri attori mi trovavo molto
bene, erano tutti molto simpatici e il che era molto importante, perché non
andare d’accordo con gli altri membri del cast, poteva significare avere grandi
grattacapi.
Girammo tutto il pomeriggio e poi,
stranamente, alle sei Alex ci disse che ci saremmo fermati lì.
Sorrisi al pensiero che quella sera
avrei cenato con Tom e Holly e che sarei stata un po’ con loro, accoccolata
accanto a Tom e con la bambina in collo a vedere la tv.
Arrivai nel camerino e quando guardai il
cellulare vidi che Giuly mi aveva chiamata tre volte.
Così mi cambiai velocemente dagli abiti
di scena e quando uscì, la richiamai subito.
‹‹Gi? Pronto!›› la voce di lei era allegra come sempre.
‹‹Giuly! Mi avevi
chiamata prima?››
‹‹Si, ti avevo
chiamata per chiederti una cosa, ma siccome non ti avevo trovata ho chiamato
Tom, ma tanto vale che lo dica anche a te, visto che la casa è di tutti e due e
quindi mi serve il permesso di entrambi!››
‹‹Dimmi›› ero curiosa di
sapere che mi avrebbe chiesto.
‹‹Beh vedi, Sabato
prossimo è il compleanno di Doug e vorrei fargli una festa a sorpresa…››
‹‹Uh si, che bella
idea!!!››
‹‹Solo che pensavo che
farglielo a casa nostra sarebbe troppo scontato, perché se lo immaginerebbe
subito che tramo qualcosa…››
‹‹Quindi avevi pensato
di farlo da noi, giusto?››
‹‹Si, avevo pensato
proprio questo›› disse lei mentre rideva.
‹‹Ma sempre se per
te non è un problema! Lo so che ultimamente sei tanto impegnata e non ti vorrei
dare un pensiero in più a quelli che già avrai!››
E
lei come faceva a sapere?
‹‹No, non
preoccuparti! Trovo che sia una bella idea! Anzi siccome oggi sono uscita
prima, quando arrivo a casa ne parlo subito con Tom!››
‹‹Si, lui mi aveva
detto che se per te non era un problema non lo era nemmeno per lui››
‹‹Si si tranquilla!!››
‹‹A proposito, come
va il lavoro?›› mi chiese lei.
‹‹Benissimo›› dissi io, con
una nota di velata tristezza.
‹‹Ehi›› iniziò
cautamente ‹‹non era tristezza quella che ho sentito
nel tono della tua voce vero?››
Sospirai.
‹‹In realtà si..››
‹‹Gi, c’è qualcosa
che non va?›› dalla sua voce sentivo che c’era della
preoccupazione nella sua domanda.
‹‹No, nulla di che,
non preoccuparti.. È che con gli orari che abbiamo per le riprese, è più di una
settimana che non riesco a vedere Tom e Holly.. Tutto qui, mi mancano un po’››
‹‹Uh capisco.. Mi dispiace››
‹‹Ma oggi sono
uscita prima, quindi adesso mi fiondo subito da loro››
‹‹Ah ok, allora ti
lascio, tanto ho sentito che Doug è appena rientrato a casa››
‹‹Ok, ci sentiamo
presto! Stai bene››
‹‹Si anche tu! Un
bacio ciao!››
Chiusi il telefono e mi avviai felice
verso casa.
Quando suonai al campanello e Tom aprì
la porta, rimase sorpreso di vedermi lì:
‹‹E tu che ci fai
qui?›› mi chiese con una espressione alquanto
stranita.
‹‹Secondo te che ci
faccio?›› dissi con un sorriso. Stavo per aggiungere
che ero uscita prima di lavoro e che ero felice di essere li, ma Tom mi
precedette.
‹‹Beh non sei mai
tornata a quest’ora, quindi mi ha fatto strano vederti qui…››
disse in tono neutro alzando le spalle.
Rimasi un po’ male della reazione che
aveva avuto. Invece di essere felice che fossi tornata a casa prima, era
rimasto li fermo immobile e non mi aveva fatto neanche mezzo sorriso.
‹‹Speravo che ti avrebbe
fatto piacere vedermi a quest’ora, e in fondo ci abito anche io in questa casa›› dissi tristemente.
‹‹Gi non fare quella
faccia triste. Non ho mica detto che non mi fa piacere vederti. Non ti ho detto
niente di tutto questo. È solo che in questa ultima settimana non ci sei stata
mai e mi ha fatto strano vederti, tutto qui››
‹‹Tu non sei felice
che io sia qui›› dissi mentre scansandolo entrai in
casa.
‹‹Non ho – detto –
questo!››
Mi voltai.
Aveva scandito bene quelle parole, con
un tono di voce alquanto alterato.
Stava urlando contro di me.
‹‹Tom, ma che ti prende?›› chiesi sinceramente shockata da quella sua reazione. Mi stava
facendo pentire di essere tornata prima, quella sera.
Lui di tutta risposta sbuffò.
‹‹Niente, me ne vado di sopra›› tuonò.
Si diresse verso il piano superiore e
arrivato a destinazione sbatté la porta del suo studio.
Sentii che la bambina aveva preso a
piangere.
Era nel lettino della sala. Posai
velocemente cappotto e borsa sul divano e mi precipitai da lei.
Quando la presi tra le mie braccia
iniziai a sussurrarle frasi dolci all’orecchio, cullandola.
‹‹Ehi ehi piccola
mia! Va tutto bene! Shh! Mamma è qui adesso››
Per un po’ il suo pianto continuò, come
a voler far capire che aveva intuito quello che era successo tra me e il suo
papà.
‹‹Mamma è qui non
piangere più!››
Le diedi un bacio sulla guancia e lei
strinse le braccia attorno a mio collo, e mi abbracciò con trasporto.
‹‹Casha!!›› disse con gli occhi arrossati, ma con un sorriso sulle
labbra.
‹‹Si, mamma è a casa
adesso! Vieni, prepariamo la cena››
Andai in cucina e iniziai a preparare la
cena per noi tre.
Il comportamento di Tom mi aveva
lasciata triste e senza parole.
Ero così felice di aver finito prima le
riprese quel giorno.
Tornare a casa da lui era quello che più
desideravo e invece avevo trovato un muro gelido d’indifferenza ad accogliermi.
Cercando di ricacciare in dentro le
lacrime, mi diressi verso le scale, quando la cena fu pronta.
‹‹Tom è pronta la
cena!››
Non ottenni nessuna risposta, così lo
chiamai nuovamente.
‹‹Tom!! Ho detto che
è pronta la cena!››
In tutta risposta mi arrivò un:
‹‹Non ho fame, e devo
finire di lavorare! Mangia tu, io non scendo!››
Sospirai e rassegnata, tornai in cucina.
Diedi da mangiare alla piccola e poi mi
accoccolai con lei sul divano.
Dopo poco lei si addormentò, mentre io
rimasi sveglia tutta la notte a ripensare a quello che era successo tra me e
Tom.
***
Della serie…
Come
stravolgere un capitolo! xD In realtà non era proprio
così. Diciamo che ho cercato di migliorarlo, perché la prima parte mi piaceva
assai poco. Non che sia riuscita a fare qualcosa di buono, ma meglio di niente… diciamo che c’ho messo la buona volontà!
Allora,
sono arrivata prima questa settimana, perché il capitolo è corto e poco succoso
e poi perché mi andava. (Strano ma vero).
Iniziamo
a entrare nel vivo della storia. Ormai lo si è capito che questi citti hanno dei problemi. Sono cattiva.
Mi fa
piacere che ci sono persone che leggono, ma spero che mi lascerete un
commentino, anche negativo negativo, per farmi sapere
che ci siete.
x_blossom_x : Non darti pena per il capitolo di Danny. Lo sai che ce ne
saranno altri. E poi quello su Tom in pratica era su Danny xD
Ogni tanto baro con questi capitoli -.- Mi fa piacere che mi segui anche qui
*-* e mi fa piacere che tu mi dica che mi piace *-* lo sai. Ecco si. Grazie
<3
RubyChubb: C’è una cosa che hai scritto, che mi ha fatto estremamente
piacere. Ma mi avvalgo della facoltà di non dirti quale è. Hai centrato in
pieno tutto comunque. E questo mi fa piacere di nuovo. Perché forse vuol dire
che qual cosina di piccino piccino arriva *-*
premetto che i capitoli di Giovanna sono quelli che scrivo con più difficoltà, perché
è un personaggio che non sento moltissimo, ma spero comunque che ti sia
piaciuto.
Grazie di
esserci sempre a farmi sapere il tuo parere. <3
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
10.
Dougie’s
POV.
Il tempo stava svolgendo il suo corso ed
anche per quell’anno era arrivata la fine di Novembre, ed in meno di un giorno sarebbe
stato il mio compleanno, per la precisione, il ventottesimo.
Quel Venerdì pomeriggio il sole tramontò
molto presto e alla fine delle lezioni, fuori era già buio.
Andai in sala insegnanti a prendere le
mie cose per tornare a casa e come avevo già immaginato, non trovai Danny ad
aspettarmi, così mi avviai fuori.
Quella stessa mattina, come tutte le
altre mattine che avevano preceduto quella in una lunga settimana, Dan aveva
eluso le mie domande, salutandomi con la mano, o scappando in classe perché
altrimenti “avrebbe fatto tardi”.
Mi decisi che quel pomeriggio, che lo avesse
voluto o meno, io e lui avremmo parlato.
Erano già passate due settimane da quando
Candy se n’era andata di casa, e da una settimana Dan era diventato un’altra
persona. Non parlavamo più, non si fermava con me per le chiacchiere della
mattina, era cambiato dal giorno alla notte. Se ne andava in giro per i
corridoi senza meta e sempre silenzioso, simile a uno zombie. Non era più il
Danny che io conoscevo, quello divertente che faceva ridere tutti, l’amico che
mi aveva sempre aiutato a vedere il lato positivo nelle cose che non andavano e
che c’era sempre stato nel momento in cui avevo avuto bisogno.
Semplicemente
non era più lui.
E io, dal mio canto, avevo seriamente
bisogno di parlargli.
Uscii dalla scuola, guardandomi intorno
per cercarlo nei paraggi, ma non lo vidi.
Mi accorsi solo dopo pochi secondi che
era seduto su una panchina, fuori dal cancello della scuola.
Mi avviai verso di lui, e man mano che
mi avvicinavo, mi accorsi che teneva in mano una sigaretta, completamente
immerso nei suoi pensieri.
Portò lentamente la mano alla bocca e un
attimo dopo ne uscì una nuvola di fumo.
‹‹Da quando hai
iniziato a fumare?›› Chiesi.
Lui, che evidentemente non mi aveva
sentito arrivare, perché perso in chissà quale mondo, sobbalzò.
‹‹Ah sei tu Doug!›› disse atono, per poi voltarsi nuovamente dall’altra
parte ‹‹Non ti avevo sentito arrivare››
‹‹Honotato›› risposi ironico, per poi aggiungere ‹‹Negli ultimi tempi non vedi niente di quello che ti
capita attorno›› sbuffai ‹‹E
non va bene che tu continui così, sai? Non è la giusta soluzione. E poi è un
mucchio di tempo che io e te non abbiamo una conversazione sensata››
Lui, al contrario di quello che mi sarei
aspettato, aspirò nuovamente la sua amata sigaretta, non curante di quello che
gli avevo appena detto.
‹‹E non fare finta
di niente›› Replicai.
Lui non si mosse di un millimetro e io
sospirai.
‹‹Dan, te lo chiedo
per favore›› chiesi silenziosamente.
Lui alzò lo sguardo verso di me. Gli
occhi persi nel vuoto di qualche momento prima si erano trasformati in occhi
colmi di rabbia, rabbia color ghiaccio, quel ghiaccio che trafigge e che non
lascia nemmeno respirare.
‹‹E che cosa ti
dovrei dire, sentiamo?›› disse più pungente di quello
che mi sarei mai aspettato. Stavo per replicare dicendogli che ero lì per
cercare di aiutarlo, per parlare un po’ con lui, ma non me ne diede la possibilità,
perché continuò dicendomi ‹‹Ti devo dire che sono
quindici giorni che cerco di chiamare la mia ragazza, sempre che lei si ritenga ancora tale, e che
ogni volta non mi risponde? O dovrei dirti che ogni sera provo a passare a casa
dei suoi per vedere se lei c’è e per farle sapere che sono preoccupato da morire
e invece sentirmi propinare ogni volte una scusa diversa con la quale mi
mandano via? O che ogni tanto Candy passa di casa “nostra” per prendere delle
sue cose quando sa che io non sono in casa così non può trovarmi? O che la
sera, quando torno a casa dal lavoro, in quella casa mi sento solo come una
merda? È? Che vuoi sentirti dire Doug? Dimmelo un po’! E poi…
Chi sei tu per volere sapere queste cose?››
Aspirò nuovamente la sua sigaretta,
voltandosi dall’altra parte.
Sapevo che le sue parole erano uno sfogo
e che quindi forse non le aveva pensate sul serio, ma mi ferirono ugualmente,
come tante lame nel petto. Non credevo che sarebbe potuto arrivare a tanto.
Ebbi solamente il coraggio di
sussurrare:
‹‹Credevo di essere un amico per te…››
Lui sussultò e poi lentamente si girò
verso di me, e mi guardò.
Dalla sua occhiata, capii all’istante
che non avrebbe voluto dirmi quelle cose. Nei suoi occhi erano riflessi tristezza,
amarezza e rassegnazione.
Buttò a terra la sigaretta ancora accesa
e dopo averci pensato un secondo disse:
‹‹Scusami, sono un coglione››
‹‹Si, sei un coglione›› replicai ‹‹E anche
bello grande, sai? Ti prenderei a pugni adesso››
Lui mi guardò stranito.
‹‹Ti ho chiesto scusa››ribattè lui.
‹‹Ma non è per
quello che mi hai detto›› sbottai ‹‹Imbecille››
Mi sedetti vicino a lui sulla panchina e
risposi al suo monologo.
‹‹Tu sei imbecille e
sai anche il perché, e sai anche perché penso che tu lo sia. Ti conosco da
quando siamo dei nanerottoli, e tu, TU, a ME, hai sempre detto che fa male
tenersi le cose dentro, perché poi va a finire che la soluzione ai problemi non
la trovi, vedi tutto negativo e che va a finire che ti estranei con il resto
del mondo. E bada caso… è proprio quello che stai
facendo in questi giorni. Quindi adesso che tu voglia rivelarmi i tuoi cazzi
oppure no, mi dici quello che ti sta succedendo per filo e per segno, perché
altrimenti puoi mettere anche la parola fine
sulla nostra amicizia.››
Lui mi guardò shockato per un secondo:
‹‹Lo sai Doug… ogni tanto mi fai paura tu››
Alzai gli occhi al cielo.
‹‹Certo che sei proprio
scemo›› sbuffai.
Poi lo guardai serio.
‹‹Beh hai deciso?››
Lui disse in tono annoiato:
‹‹Se proprio non
puoi fare a meno di farti i cazzi miei››
‹‹Danny la pianti?››
‹‹Ok ok scusa,
adesso ti racconto. Dammi solo un minuto per riassettare le mie idee. Un
momento fa non sapevo nemmeno come fare a uscire da “Depressolandia”
e adesso arrivi tu che vuoi sapere tutto››
Quindi attesi silenziosamente che
riassettasse le sue idee.
‹‹Allora›› disse quando fu
pronto ‹‹per prima cosa ti devo dire grazie per avermi fatto uscire da questo
stato di depressione in cui ero entrato, e scusa
per le cose che ti ho detto, ma credo che tu sappia che non te le avrei mai
dette intenzionalmente. Il Danny depresso aveva preso il sopravvento››
Mi strappò un sorriso, ma non dissi
niente.
‹‹Comunque›› continuò lui ‹‹non sto affatto bene sai? Mi sento solo, mi sento
abbandonato e mi sento anche tradito in un certo qual modo. Quando torno a casa
mi assale sempre un senso di solitudine e non so più che fare. Vedo le mie foto
con Candy appese al muro e le cornici sui comodini.. e vedo i nostri baci, i
nostri abbracci, le nostre risate insieme. E non capisco come tutto questo
possa essere veramente accaduto a me, che amo Candy da impazzire…››
‹‹Midispiace›› sospirai ‹‹Non sai
quanto. Ma questo purtroppo non lo capisco nemmeno io, e non credo di poter
capire nemmeno te fino in fondo.››
‹‹Beh›› disse lui ‹‹Mettiti nei miei panni e al posto di Candy metti Giuly ed
il gioco è fatto››
Scossi la testa per non pensarci.
Il solo pensiero mi dava fastidio.
‹‹Credo proprio che tu
abbia reso perfettamente l’idea›› mi affrettai a dire
‹‹E non sai quanto mi dispiace di vedere te che stai
male così,ma non riesco proprio a
capire perché Candy stia facendo una cosa del genere. È sempre stata dolce e
gentile, e il vostro amore non passava inosservato agli occhi degli altri. Tu
eri tutto per lei, anzi… secondo me lo sei sempre››
‹‹Ma allora perché
non mi risponde, perché non mi vuole parlare? Che ho fatto di male per
meritarmi tutto questo?››
‹‹Non lo so Dan.
Però.. Hai detto che i suoi si inventano le scuse più varie per mandarti via..
Che loro sappiano?››
‹‹Non so se loro sanno
cosa sta facendo Candy, però so che lei è veramente da loro, perché la sua
macchina è fissa lì. Sai..›› disse sorridendo ‹‹Ogni tanto di notte passo di li davanti, per vedere se la
macchina c’è oppure no, e ogni tanto vedo una lucina accesa, quella lucina del
comodino di camera sua… e mi viene da pensare, ogni
volta, che lei ha paura di dormire da sola, e allora accende una piccola luce…›› sembrò pensarci su e poi continuò:
‹‹Però ho notato che
sua madre non è arrabbiata con me… mi sembra più
rassegnata e triste…››
‹‹E questa cosa ti
ha fatto arrivare da qualche parte?››
‹‹Beh non proprio.
Però mi viene solo da pensare che si sia cacciata in qualche brutto guaio. Io
non vorrei che avesse conosciuto una persona che l’ha portata in un brutto
giro. Ma non so, questa teoria non mi convince molto.. Sua madre è veramente
tanto preoccupata. Sono arrivato anche a pensare che forse al posto dell’amante
ha qualche malattia grave e che non vuole dirmelo per non farmi star male››
Si mise le mani tra i capelli,
massaggiandosi la testa.
‹‹Non pensarla
neanche per scherzo questa ultima possibilità››
‹‹Doug, pensi che io
vorrei pensarlo? Il problema è che non so più come fare. È veramente una maga a
nascondersi, e purtroppo durante gli orari di scuola non posso andare là, e
sono proprio quelli in cui lei esce di casa… Non
riesco a pensare ad altro che a lei››
‹‹Beh fossi in te
farei esattamente la stessa cosa›› dissi dandogli
qualche pacca amichevole sulla spalla ‹‹Però se posso
dirti una cosa, io ti consiglio di non mollare. Non smettere di provare a
cercarla.. Sono convinto che lei piano piano cederà e
ti spiegherà come vanno realmente le cose.. e magari ti spiegherà perché ha preferito
andarsene così piuttosto che affrontare la cosa così, scappando da te.››
Dan si voltò verso di me. I suoi occhi
erano sempre velati di tristezza, ma sorrise.
‹‹Grazie Doug, davvero.
Probabilmente se tu non fossi venuto da me, a quest’ora ero congelato sulla
panchina a farmi venire il cancro fumando. E grazie anche per essermi amico..›› poi aggiunse ‹‹e non esitare
mai a rompermi le palle, mai!!››
Risi.
‹‹Stai sicuro che non
esiterò. Mi spiace solo di non essere utile come vorrei.››
‹‹Fidati›› disse lui ‹‹Hai fatto di più di quello che tu pensi››
Guardò l’orologio e poi guardò me.
Poi guardò nuovamente il suo orologio.
‹‹Ma… Erro o domani
diventiamo più grandi?››
‹‹Essì, domani ti
raggiungo caro mio››
‹‹E dimmi, dimmi!
Che fai di bello? Cenetta intima con Giuly?››
‹‹Sinceramente non ne ho la
più pallida idea. Non ne abbiamo mai parlato in questi giorni, forse si sarà
dimenticata..››
‹‹Non potrebbe mai farlo›› mi disse lui.
‹‹Sarà, ma ogni anno
inizia ad assillarmi un mese prima per sapere che cosa voglio fare, invece
quest’anno non mi ha ancora detto niente.. è sempre così presa dalle sue cose
che le sarà passato di mente, ecco.. bah, vedremo››
dissi con un sorriso.
Lui mi diede una pacca sulla spalla e
disse:
‹‹Bene, adesso sarà
meglio che vada, devo prepararmi la cena e tu sai che impresa sia per me cucinare… E grazie ancora per quello che mi hai detto››
‹‹Non preoccuparti! E
poi anche io devo andare, tanto tra poco tornerà anche Giuly da lavoro››
‹‹Ok allora ci
vediamo domani mattina››
‹‹Ok a domani›› risposi io ‹‹E stai su!!››
‹‹Ci proverò papà!›› scherzò lui.
Alzai gli occhi al cielo e poi lo
salutai con la mano.
‹‹Adomani››
‹‹Adomani›› dissi avviandomi dalla parte opposta a quella che
aveva preso lui.
Mi incamminai verso il parcheggio, dove
quella mattina avevo lasciato la macchina.
Proprio mentre stavo per aprire la
portiera della macchina, una voce alle mie spalle attirò la mia attenzione.
‹‹Scusi, lei è Dougie Poynter?››
Mi voltai curioso di sapere a chi apparteneva
quella voce, e vidi che dietro di me c’erano due uomini, ben vestiti, con tanto
di giacca e cravatta e con l’aria di quelle persone con cui avevo avuto a che
fare per molto tempo in passato.
‹‹Si, sono io›› risposi poco dopo ‹‹Perché?
Cosa vi serve da me?›› Aggiunsi.
‹‹Avremmo bisogno di
parlarle. Se ha dieci minuti di tempo che ne dice di andare a prendere un
caffè?››
‹‹Certo non è un problema›› risposi.
Mi incamminai con loro, curioso di sapere
quello che avrebbero voluto da me.
***
Essì. Chi non muore si
rivede. E io non sono morta. O almeno apparentemente.
Comunque.
Danny DannyDanny. Lui mi
sta creando tuttora dei problemi (visto e considerato che sono ferma al suo
capitolo cruciale, nonché suo ultimo capitolo) e non so come continuare. Anzi mi
sta venendo il dubbio che posterò troppo in fretta e resterò senza capitoli. Ma
farò in modo che questo non accada, o almeno ci proverò.
Veniamo a
noi, ovvero alle uniche due che continuano a sopportarmi!
RubyChubb: Si lo ammetto, ero in mezzo alla bolgia. Eh eh! Probabilmente stavo insultando la pubblicità del dvd Camp Rock *mi scuso con chiunque
adori i JonasBrother, ma
io non li sopporto*. Comunque, veniamo a noi. Ci acchiappi
sempre tutto. E quindi ho poco da dire a quello che hai detto. Anche se ammetto
che mi piacerebbe sapere da quale parte pendi di più. Questa è una fiction
allegra xD me l’ha ispirata Sil,
quindi qualunque cosa non ti andrà bene, dovrai rifartela con lei. Spero che il
capitolo ti sia piaciuto un pochino. Grazie di seguirmi pazientemente.
x_blossom_x:Mmm. Ci conosciamo noi? No, perché
mi ha chiesto se mi ricordo di lei… e io non so, ma
temo di avere un vuoto di memoria.. Ih ihih, che burlona che sono *-* grazie per lo stronza eh
*sisi* questa me la lego al dito xD Ma se sono
stronza qui, poi dopo che succede? :nin facciamo
finta di non aver detto niente. Ma con te non vale. Tu già sai xDD però grazie. Mi fa piacere che tu legga sempre *-*. E …
è una parola a dire *breathe*. Mica ci riesco tanto.. ma ci provo. E pure tu. Ricorda:
‹‹Ok a domani›› risposi io ‹‹E stai su!!››
‹‹Ci proverò papà!›› scherzò lui.
Mi autocito perché sono egocentrica, ma loro hanno detto
tutto, anche per noi.
<3
Se qualcuno
mi vuol fare sapere la sua io ci sono eh!!
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
11.
Giuly’s
POV.
Il mio cellulare vibrò come ogni mattina
e io, che avevo sempre avuto il sonno leggero, mi svegliai e velocemente spensi
la mia sveglia personale.
Avevo iniziato a utilizzare la
vibrazione come sveglia molto tempo prima, per due motivi: innanzitutto perché
odiavo il suono terrificante delle comuni sveglie e in secondo luogo, perché in
quella maniera avevo la possibilità di osservare il mio ragazzo mentre era
sempre perso nel mondo dei sogni.
E anche quella mattina, come tutte le
altre del resto, Dougie non aveva neanche accennato ad un minimo movimento da
quando avevo spento la sveglia. Ogni mattina per svegliarlo ci dovevo fare le
lotte, peggio che dei bambini piccoli.
Mi voltai e mi misi su di un fianco, con
la mano sul mento e mi dilettai ad osservarlo.
Doug aveva sempre un’aria così angelica
quando dormiva che quasi mi faceva rabbia per quanto sembrava calmo e senza
pensieri. I contorni del suo viso ormai erano diventati quelli di un uomo, ma
avevano trattenuto quella dolcezza di quando lo avevo conosciuto.
La sera prima me ne ero andata a letto
presto con la scusa che la mattina seguente sarei dovuta andare a lavorare
prima e che quindi avrei voluto riposarmi un po’ (anche se in realtà Tom mi
aspettava a casa sua per iniziare a preparare la festa per quella sera) e lui
non aveva obiettato.
In realtà da quando era rientrato in
casa, molto più tardi del solito, avevo notato in lui un’aria molto
corrucciata, come se avesse avuto un pensiero fisso che lo tormentava.
Ma pensai che probabilmente era
preoccupato perché ancora non gli avevo detto niente a proposito del suo
compleanno.
E vederlo in quel letto, perso nel mondo
dei sogni, mi fece sorridere.
Mi sporsi un po’ verso di lui, e dopo
aver scansato delicatamente con una mano i capelli dalla sua fronte, gli diedi
un bacio, sussurrando un “Buon Compleanno amore mio”.
Poi mi alzai dal letto, cercando di fare
il meno rumore possibile. Presi i vestiti già preparati sulla sedia la sera
precedente e mi diressi verso il bagno, per fare una bella doccia rilassante
per cominciare bene la giornata.
Prevedendo che quel dormiglione non si
sarebbe svegliato neanche a pregarlo, la sera prima avevo caricato a tradimento
tre sveglie.
Ero sicura che quella sera mi avrebbe
uccisa.
Quando ebbi finito di prepararmi,
scrissi accuratamente un biglietto per lui.
Mi immaginavo già la sua faccia inebetita… Dopo le tre sveglie pure un biglietto da
leggere.
Non era proprio il modo migliore per
cominciare la giornata del proprio compleanno, ma stavo facendo tutto quello
per lui.
Dopo aver lasciato il biglietto con
scritto
“Scusami se non sono con te quando ti
svegli,
ma devo correre a lavoro.
Ci vediamo stasera
Tua Giuly”
sopra al mio cuscino, mi diressi verso Starbucks per comprare colazione per me e per la famiglia
Fletcher. Optai per dei muffin al cioccolato, perché sapevano che tutti e tre
ne andavano matti, poi presi un caffè per me e Giovanna e un PeppermintMochaFrappuccino per Tom. Non avevo mai capito come potesse bere
una roba simile di prima mattina, ma lui diceva sempre che senza di quello non
riusciva a carburare…
Arrivata davanti a casa Fletcher
parcheggiai la macchina. Stavo prendendo borsa e colazioni varie, quando vidi
Giovanna uscire di casa e dirigersi verso la sua macchina. Stavo per chiamarla
per salutarla, quando mi accorsi che c’era qualcosa che non andava.
Aveva gli occhi rossissimi e delle
occhiaie ben visibili sotto agli occhi.
Non avevo mai visto Giovanna in quello
stato e rimasi shockata per qualche secondo, tanto che quando mi riscorsi dal
mio trance, lei se n’era già andata.
Mi avviai a grandi passi verso casa di
Tom, e quando aprì il portone, notai che anche lui non aveva una bella cera.
Mi feci spazio entrando in casa sua e
poggiai sul tavolo della cucina la colazione, trovando HollyAnn
seduta sul seggiolone che aspettava la pappa.
Giovanna non usciva mai di casa, senza aver
prima dato colazione a sua figlia.
C’era proprio qualcosa che non andava.
La piccola Holly mi guardò spaesata.
Probabilmente si stava chiedendo che cosa ci facessi lì a quell’ora, di prima
mattina.
‹‹Ccia?›› chiese perplessa guardandomi con i suoi grandi occhioni color nocciola.
Mi avvicinai verso di lei e la presi tra
le mie braccia, coccolandola.
‹‹Stamani Zia Giuly è
venuta da papà perché dobbiamo preparare il compleanno a Zio Dougie! Tu ci
aiuterai vero?››
‹‹Shii›› esclamò lei con
le braccine in aria.
Notai che i suoi occhietti erano
arrossati, come quelli della sua mamma, che avevo visto poco prima.
Mentre cullavo Holly tra le mie braccia
mi avvicinai verso Tom, chiedendogli:
‹‹Sbaglio o è successo
qualcosa?››
Tom abbassò subito lo sguardo.
‹‹Ho visto Giovanna
uscire di casa e non l’avevo mai vista triste in quel modo.. Aveva l’aria di
aver passato una brutta nottata.. E anche tu e la piccola Holly mi date questa idea. Non voglio darvi
fastidio, quindi se non è il caso di fare la festa porterò semplicemente Doug
fuori a cena…››
‹‹No, non
preoccuparti. L’idea della festa è ottima. Magari ci farà staccare un po’ a
tutti la spina..››
‹‹Beh..›› cominciai incerta ‹‹.. ma che
è successo tra te e Gi?››
‹‹È meglio se
mentre te lo spiego mangiamo, altrimenti potrei cadere in terra dalla fame..
Ieri sera non ho cenato, e anche la piccoletta qui ha fame››
disse prendendola tra le sue braccia e rimettendola a sedere nel seggiolone.
‹‹Ok, non sapendolo
ho preso un po’ di muffin.. Erano anche per Gi, e poi ho due caffè e un
bicchierone di quella schifosa robaccia per te››
dissi disgustata mentre gli porgevo il suo frappuccino
e lui si sedeva.
‹‹E questo è per te›› dissi a Holly porgendole un muffin alla cioccolata.
‹‹Ciocciolataaww! Gnam!››
Guardai Tom e mi sorrise.
Quella bambina era un vero toccasana per
i momenti no.
Poi gli chiesi:
‹‹Allora?››
Tom si assicurò che la piccola fosse
tutta presa a mangiare il suo adorato muffin e poi mi disse:
‹‹Beh, diciamo che mi
sono comportato da.. ›› abbassò la voce ‹‹.. mmhcoglione.››
‹‹E che hai
combinato Tom?›› chiesi alzando gli occhi al cielo.
‹‹Beh ieri sera
Giovanna è tornata a casa prima e io non me lo aspettavo››
‹‹Aw bene! Sarai
stato felice di questo!››
Affermai, pensando a quello che mi aveva
detto la sera prima Giovanna.
‹‹Ecco. È quello che
si aspettava anche Giovanna. Invece non so spiegarti che cosa mi è preso e
invece di dirle che ero felice che era a casa così presto, le ho risposto male.
E non è tutto..›› disse guardandomi tristemente ‹‹… stamani abbiamo litigato come non avevamo mai fatto.››
Lo guardai con gli occhi sbarrati.
‹‹E per quale
motivo?››
Lui sospirò.
‹‹Vedi Giuly.. Io e
Giovanna, siamo sempre stati insieme da quando il gruppo si è sciolto. Non c’è
mai stato un giorno in cui io e lei ci siamo separati o siamo stati senza il
nostro angioletto. E invece… da due settimane a
questa parte la mia vita è completamente cambiata››
A quel punto credetti di aver capito
quale era il problema.
‹‹Il lavoro di Gi…›› sussurrai.
‹‹Già›› disse lui
sospirando.
‹‹Non capire male›› continuò ‹‹non voglio fare
la parte del possessivo che la vuole sempre a casa e che non vuole che lei
lavori, ma.. è successo tutto troppo in fretta. Ha fatto il provino e ha subito
iniziato a lavorare, senza dare a me e soprattutto
ad Holly la possibilità di ambientarci, prima che lei mancasse così tanto da
casa. Sai.. ho quasi smesso di scrivere›› mi
confessò.
Rimasi un secondo smarrita da quella
affermazione.
Non volevo credere a quelle parole.
‹‹Tom.. tu non puoi
smettere di scrivere.. Scrivere è il tuo lavoro, è la tua passione.››
‹‹Loso›› disse lui annuendo ‹‹ma
ultimamente ho sempre la testa dove non dovrebbe essere e poi Holly sente
tantissimo la mancanza di Giovanna›› disse guardando
la piccola ‹‹Non sai quante volte l’ho sorpresa a
piangere mentre dormiva e che la stava chiamando. Io ho provato a spiegarle che
lei è a lavorare e a fare una cosa che le piace tanto.. e anche che poi la
vedrà in tv, ma è comunque una bambina, quindi è logico che ne senta la mancanza.
Sinceramente quando Gi mi aveva parlato di questo lavoro ero rimasto felice per
lei, ma adesso non sono più tanto convinto che sia stata la scelta giusta.››
Sospirai.
‹‹Purtroppo Tom ormai lei
c’è dentro e non credo che possa tirarsi indietro adesso››
‹‹Loso›› disse lui annuendo ‹‹infatti
ti assicuro che faccio il possibile per andare avanti, per guardare la bambina,
per pulire casa, per prepararmi ogni giorno pranzo e cena, ma sono da solo. Mi
sembra che sia passata un’infinità di tempo da quando lei ha cominciato a
lavorare, invece sono passati solo quindici giorni…
L’unica fortuna è che almeno il giorno di Natale e quello dopo è libera. Però
poi riprendono a girare.››
Lo guardai con gli occhi sbarrati.
‹‹Ma nemmeno il
Sabato e la Domenica è in casa?››
Lui fece segno di no con la testa.
Non potevo crederci.
Non avrei mai pensato che era così tanto
fuori da lavoro.
‹‹Mi stai dicendo
che non fanno mai festa?››
‹‹Già è così…›› scosse la testa ‹‹Perché
il regista ha detto che hanno fatto fatica a trovare la parte di Giovanna,
perché solo in un secondo momento ha contattato il suo regista e che adesso
vuole a tutti i costi riprendere il tempo perso.››
‹‹Ma in questo modo
non ha un momento di libertà per stare un po’ con voi!››
esclamai quasi indignata.
‹‹Già infatti anche
questa sera tornerà un po’ tardi, ma ne avevamo già parlato la scorsa settimana››
‹‹Poverinaperò›› sospirai ‹‹Forse nemmeno
lei si aspettava una ripresa così faticosa e dura››
‹‹Già›› annuì lui ‹‹Infatti non sono felice che abbiamo litigato. Non fa bene
né a me né a lei, né tanto meno a Holly. Giuro che non volevo farlo apposta, ma
una parola ha tirato l’altra e siamo finiti a discutere che lei non è mai in
casa e le ho detto che ci ha letteralmente abbandonati.. Lei è rimasta in
silenzio ad ascoltare i miei sfoghie
poi con gli occhi tutti rossi ha preso la giacca ed è uscita. Fortunatamente
prima che Holly comprendesse bene quello che era successo sei arrivata tu,
altrimenti non avrei saputo come calmarla››
Osservai la piccola, che aveva quasi
finito il suo muffin.
‹‹Tom sai non credo
che sia proprio una buona idea fare la festa stasera, quando tu e Gì avete litigato. Non è mai capitata una cosa del genere
tra di voi, e non voglio creare più scompiglio di quello che già è si è creato…››
Lui mi sorrise.
‹‹Non preoccuparti,
davvero. E poi hai già invitato tutti. Sarebbe inutile stare a richiamarli per
disdire.. e magari hanno già comprato il regalo per il festeggiato››
rise.
‹‹Già, però Danny
ancora non si è fatto vivo… sto iniziando a preoccuparmi››
Proprio in quel momento il mio telefono
squillò e trovai un messaggio, proprio da parte di Danny.
“Scusa ho visto solo adesso i tuoi otto
messaggi vocali e i cinque messaggi che mi hai lasciato sul telefono. Non sono
stato bene in questi giorni, ma devi ringraziare Doug se adesso sto un po’
meglio. Contaci che stasera vengo da Tom! Ciao!”
‹‹Oh! Mi ha appena
mandato un messaggio››
‹‹Chi?››
‹‹Danny. Dice che
stasera viene e che è grazie a Doug che sta un po’ meglio. Mmm
ieri sera non mi ha raccontato niente di Danny. Effettivamente non mi ha detto
molto in generale… è stato zitto per lo più quasi
tutto il tempo, chissà che avrà avuto..››
‹‹Forse era preoccupato
perché non gli avevi ancora detto nientea riguardo del compleanno››
Sorrisi.
‹‹È quello che ho
pensato anche io››
Dopo aver finito di fare colazione
aiutai Tom a cambiare la piccola e poi iniziammo ad addobbare la stanza. Alla
fine il risultato fu ottimo. La sala era adornata con tantissime decorazioni
colorate, striscioni e palloncini. Gli striscioni continuavano per la cucina e
le decorazioni le avevamo messe anche lungo la scala che portava al piano di
sopra.
Avevo mandato un messaggio a Danny in
cui gli ordinavo di trattenere Doug fino alle sei davanti alla scuola.
Io sarei passata di lì, li avrei
salutati e avrei rapito Doug da Danny.
E poi Tom mi avrebbe chiamata con una
scusa e io sarei andata a casa sua e Doug avrebbe avuto la sua festa a
sorpresa.
Era un piano perfetto.
Così, quando mancava poco alle sei mi
avviai verso la scuola e trovai Doug e Danny li fuori, intenti a parlare di non
so cosa.
‹‹Ehy!›› esclamai quando fui abbastanza vicina.
‹‹E tu che ci fai
qui?›› chiese sorpreso Doug.
‹‹Beh sapevo che
probabilmente eri sempre qui, io ero nei paraggi e avevo bisogno di uno strappo
per andare a casa…››
‹‹Ahcapisco›› disse con tono deluso.
Non avrei detto niente del suo
compleanno, me lo sarei tenuta per me fino all’ultimo.
‹‹Beh allora andiamo?›› dissi impaziente.
‹‹Starei parlando con
Dan in realtà››
Sbuffai.
‹‹Ci parli Lunedì
dai. Devo andare a casa su!!››
Lui guardò prima me e poi Dan.
Dan disse:
‹‹Vai su, che
aspetti?Ci vediamo Lunedì›› disse facendomi
l’occhiolino.
Poi si avviò per la sua strada.
Io invece andai con Doug fino alla
macchina e poi partimmo verso casa.
Durante il tragitto lui non disse una
parola.
Era veramente strano che lui stesse in
silenzio in quella maniera. Solitamente era più logorroico e giocherellone di
me.
Ad un certo punto, mentre stava
parcheggiando la macchina davanti casa, gli chiesi:
‹‹Ehi ma che hai? Sei
veramente serio oggi! È successo qualcosa a scuola?››
‹‹No, non c’è niente›› disse lui in tono piatto.
Odiavo quando mi dava quelle risposte
secche, perché mi confermavano che qualcosa non andava.
Spense il motore e uscì dalla macchina.
‹‹Sei a casa adesso››
Non era arrabbiato perché ancora non gli
avevo fatto gli auguri vero?
Non poteva essere permaloso fino a
questo punto..
‹‹Doug per favore
dimmi che è successo… l’ho capito chiaramente che c’è
qualcosa che non va››
Lo bloccai con un mano quando anche io scesi
dalla macchina.
‹‹Non c’è niente ti dico›› ripeté lui.
‹‹Dougie per l’amor del
cielo, ti conosco da tanto tempo ormai. Mi stai nascondendo qualcosa. È da ieri
sera che sei strano a dire la verità››
Lui distolse lo sguardo.
‹‹Doug›› sussurrai
iniziando a pensare alle cose più brutte che potevano essergli capitate il giorno
prima.
‹‹Beh›› cominciò ‹‹in realtà è successa una cosa ieri. E visto che insisti
tanto, tanto vale che te la dica››
Lo guardai, esortandolo a continuare.
‹‹Stavo per tornare a
casa ed ero al parcheggio fuori della scuola, quando due uomini mi hanno fermato
e mi hanno detto che mi dovevano parlare di una cosa, così li ho seguiti e ho
scoperto che erano due manager di un nuovo gruppo musicale che si sta formando
in questo momento››
‹‹E tu che centri
scusa?›› chiesi un po’ perplessa.
‹‹Mi hanno chiesto se
voglio fare parte di questa nuova band››
Quella frase mi fece rimanere di stucco.
Dougie chiamato a fare parte in un
gruppo che non erano i McFly.
Dougie chiamato a suonare con altre
persona che non erano Dan, Tom ed Harry.
No, non poteva essere assolutamente
così.
Doug avrebbe voluto suonare solamente
con i McFly.
‹‹Ovviamente hai detto di no›› sbottai con tono ovvio.
Lui si fece serio.
‹‹In verità ci sto pensando››
‹‹A dirgli di no?›› chiesi io stupita che non avesse già rifiutato.
‹‹No›› affermò lui ‹‹A dirgli che accetto››
Non potevo crederci.
Doug dopo 3 anni voleva riprendere a
suonare in un gruppo che non erano i McFly.
Non riuscivo a credere alle sue parole.
‹‹Non ho ancora deciso›› continuò ‹‹però mi hanno
incuriosito molto››
Poi aggiunse immediatamente.
‹‹Ah per favore! Non
farne assolutamente parola con gli altri! Non voglio che sappiano che potrei
entrare a fare parte di un’altra band. Non voglio dirglielo, o almeno per il momento››
Io non capivo più cosa stava succedendo.
Doug che stava pensando di entrare a far
parte di un’altra band, così, da un giorno ad un altro.
Una band che non erano i McFly…
E se avesse accettato quando avrebbe
fatto le prove?
Avrebbe fatto un Tour?
E il suo attuale lavoro che fine avrebbe
fatto?
Avrebbe abbandonato tutti quei
meravigliosi bambini che lui adorava?
Gli altri lo avrebbero sicuramente
scoperto prima o poi, e ci sarei andata di mezzo anche io.
Il mio cuore stava andando lentamente in
frantumi, ad ogni parola che avevo appena sentito. Non solo non riuscivo a
capire che cosa gli stesse passando per la testa, ma mi aveva detto pure di
tenere il segreto con gli altri.
In quel momento squillò il mio telefono.
Risposi, e come prestabilito dai piani
era Tom.
‹‹Chi era?›› chiese lui
‹‹Tom›› risposi io
secca.
‹‹E che voleva?›› chiese lui quasi scocciato che mi avesse chiamata.
Sentivo che un vomito di parole stava
per salirmi alla gola. Sentivo che avevo bisogno di parlare o altrimenti avrei
pianto davanti a lui.
Sapevo benissimo che cosa mi stava
succedendo.
Ero
rimasta delusa dal suo comportamento.
‹‹Si da il caso che
io e uno dei tuoi migliori amici, in questo caso Tom, stamani ci siamo fatti il
culo per prepararti una festa a sorpresa per il tuo compleanno. Ma a quanto
pare i tuoi amici non sono poi così tanto amici se inizi anche a tenergli
nascoste le cose. Quindi io adesso vado là. Se tu vuoi degnarci della tua
presenza ci faresti un enorme piacere››
Salii in macchina e aspettai che lui
partisse per andare da Tom.
‹‹Ah! Quasi
dimenticavo.. Buon Compleanno. ››
Quella festa, non sarebbe andata
esattamente come me l’ero immaginata.
***
Sono di
nuovo qua, prima del previsto.. ma siccome poi non so quando posso tornare ne
approfitto.
RubyChubb: Io ho la bocca cucita, sorry.
Comunque una delle questioni si è già mezza capita in questo capitolo, quindi
di più non potevo fare. Ho riso come una scema al tuo commento. E per il fatto
che me la prendo con Danny.. ripeto. Lui non ci doveva essere in questa
storia.. e poi parlai con Sil. E poi il resto è
venuto da sé. È tutta colpa sua xDDDanny mi ha sempre ispirato cose tristi..
povero lui..
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
12.
Tom’s
POV.
Nell’ultimo periodo le cose non andavano
affatto bene. Non solo tra me e Giovanna, ma anche tra Danny e Candy, Harry che
era stato mollato, e adesso a quanto io sapevo, anche le cose tra Giuly e Doug
si erano messe male.
La sera del compleanno di Dougie, poco
dopo che io avevo chiamato Giuly come d’accordo, arrivarono da noialtri, e poco
dopo il loro arrivo, mi accorsi che Giuly aveva qualcosa che non andava,
infatti non fiatò per quasi tutta la serata. Quando era andata a prendere Doug,
era tutta felice per la festa e io mi sentivo sollevato per aver parlato con
lei di quello che mi stava accadendo con Giovanna, ma quando era tornata, il
suo sorriso si era spento, e quando gli invitati le facevano delle domande lei
annuiva solamente, scherzando molto poco con i nostri amici.
Era completamente assorta nei suoi
pensieri.
Danny invece, che non vedevo dalla sera
che era stato “abbandonato”, mi raccontò come stava proseguendo la sua
situazione con Candy e quello che faceva adesso che lei non era a casa con lui.
Mentre mi parlava sentivo una morsa al
cuore. Anche se era meschino da provare nei suoi confronti, sentivo che non
avrei mai voluto trovarmi nella sua stessa situazione, perché sapevo che non
sarei mai riuscito a sopportare ciò che stava sopportando lui in quel momento.
Mentre parlavo con Danny si avvicinò a
noi Giuly, per sentire le nostre chiacchiere. Ad un certo punto disse a Danny
che aveva provato a chiamare Candy per invitarla alla festa. Disse che avrebbe
voluto dirglielo prima, ma che lui non aveva mai risposto alle sue chiamate in
quei giorni. Candy le aveva detto che avrebbe preferito non partecipare alla
festa, ma che comunque faceva tanti auguri a Doug. Giuly disse che aveva
provato a convincerla, ma che non c’era stato niente da fare. Vedere la faccia
di Danny alle sue parole, mi fece comprendere quanto lui dovesse stare male in
quel momento. Il suo viso si era rattristito improvvisamente e si era chiuso in
un suo silenzio personale. Probabilmente non riusciva a capacitarsi del perché Candy
avesse risposto a Giuly e non alle sue chiamate. Dopotutto lui era il suo
ragazzo, ed era lui al quale avrebbe dovuto spiegare il perché della sua fuga
da casa.
Ma dentro di me, sapevo perché Candy
avesse risposto alla telefonata di Giuly.
Sapevo che l’amicizia che si era creata
tra le due ragazze era una vera amicizia.
Una di quelle amicizie nate nel periodo
del nostro debutto, proprio quando la nostra vita stava cambiando drasticamente.
Candy iniziò ad uscire con noi, e le ragazze si erano ritrovate a condividere
insieme i pettegolezzi sulla band, gli spostamenti per i tour, le prove negli
studi.. E stavano sempre assieme, a supportarci e sopportarci.
Nonostante ciò, cercai Giuly con lo
sguardo per capire se Candy avesse potuto dirle qualcosa in più che noialtri
non sapevamo, ma sfortunatamente non trovai risposte.
Quando Giuly si allontanò da noi, provai
a esporre a Danny la mia nuova teoria. Se Candy aveva parlato con lei,
probabilmente di lì a poco avrebbe ceduto e avrebbe parlato con qualcuno del
perché se n’era andata.
Dan mi sorrise tristemente e io
sospirai.
Quella festa non stava esattamente
andando come io e Giuly l’avevamo progettata quella mattina.
Ma anche se lei non mi aveva convinto
con il suo silenzio e Danny era distrutto da quello che stava succedendo, durante
la serata la persona che mi preoccupò maggiormente fu Doug.
Silenzioso come non mai e con lo sguardo
leggermente irritato.
Sicuramente
era successo qualcosa tra lui e Giuly.
Era veramente tanto che non passavamo
tutti una serata assieme (anche con Harry, che non si vedeva quasi mai in giro,
tutto indaffarato perché di lì a pochi giorni avrebbe aperto il suo tanto
desiderato negozio di dischi; e altri amici che non vedevano da tanto tempo e
che Giuly aveva chiamato per l’occasione) e invece di essere tutti felici
perché di nuovo insieme, passammo una serata silenziosa, a guardarci negli
occhi, gli uni con gli altri, addirittura quasi imbarazzati perché non sapevamo
che cosa dirci.
E Doug continuava ad essere pensieroso e
sfuggente alle mie domande.
Pareva avere più pensieri di Dan, che se
la passava peggio di tutti noi.
Ma ad essere sincero, anche io misi la
mia parte in quel silenzio. Non ero proprio dell’umore adatto per una festa e
Giuly quella mattina me lo aveva fatto notare, ma io avevo sperato che assieme
a loro il mio umore sarebbe migliorato. Ma non mi rallegrai per niente.
Per di più quella notte Giovanna tornò a
casa ancora più tardi del solito, tanto che pensai che lo avesse fatto apposta
per non trovarmi e non dovermi parlare.
E mi chiesi se veramente fosse stata a
lavorare fino a quell’orario, oppure se se n’era andata fuori a cena con
qualcuno dopo il lavoro, magari con un altro uomo.
Ero rammaricato per quello che era
successo tra di noi quella mattina, ma dalla mia parte non sapevo che altro
fare. Io sentivo di starla perdendo in qualche modo e lei sembrava non capirlo
abbastanza.
E forse per paura di sapere dove
veramente era stata quella notte, quando lei entrò in camera, io feci finta di
dormire e non parlammo.
Ma sfortunatamente o fortunatamente, non
trovammo il modo di parlare neanche il giorno dopo e quello dopo ancora.
Forse la verità era che nessuno dei due
aveva il coraggio di affrontare realmente il problema.
Stavo vivendo in una situazione
surreale.
La vita normale che avevo sempre vissuto
con Giovanna si era volatilizzata e al suo posto si erano create delle maschere
sui nostri volti. Le poche volte che incrociavamo i nostri sguardi, c’erano
solo dei falsi sorrisi e delle parole non dette.
E giorno dopo giorno il tempo passava, e
con esso il freddo iniziava a farsi
sentire.
Ma non era il freddo di metà Dicembre
che si stava impossessando di me. Era un freddo anomalo, che non avevo mai
provato prima. E non avevo mai provato quella strana sensazione di non voler
vedere Giovanna, o di non voler parlare con lei e tutto ciò mi preoccupava. Avevo
paura di quello che sarebbe successo.
Senza accorgermene stavo creando una
barriera per proteggermi da quel freddo che mi arrivava dritto nel più profondo
dell’anima. Cercavo di proteggermi, ma probabilmente non capivo che in quella
maniera, le cose sarebbero andate inevitabilmente verso il senso sbagliato. E
non sarebbero dovute andare così.
Sbuffai e alzai gli occhi da quel foglio
pentagrammato, ancora intatto.
Avevo perso il conto di quanti giorni ero
stato senza scrivere neanche una singola nota musicale.
E non me ne capacitavo, perché non
potevo vivere senza la musica.
Ma sapevo che cosa mi stava succedendo.
Io vivevo della musica e di Giovanna. E
quando le cose non andavano con una delle due, non andava neanche con l’altra.
Era già successo in passato e avrei
dovuto capirlo.
Ma anche se provavo e riprovavo a capire
che cosa realmente stava succedendo, non riuscivo a capacitarmi di come le cose
tra me e lei fossero arrivate a quel punto..
Avevamo praticamente smesso di parlarci.
E forse era colpa mia, che non riuscivo a capirla fino in fondo, ma lei ci aveva abbandonati e questo non lo
potevo sopportare.
Scossi la testa, cercando di mandare via
i cattivi pensieri che mi affollavano la mente.
Mi alzai e mi diressi verso la finestra
per guardare fuori.
La strada davanti casa era ricoperta da
una sottile strato di morbida neve e lo spettacolo che si presentava davanti ai
miei occhi era semplicemente bellissimo.
Sapevo quanto Holly adorasse la neve,
proprio come la sua mamma.. così mi decisi ad andare a svegliarla e portarla un
pochino a divertirsi.
Quando arrivai nella sua cameretta, la
trovai che dormiva beatamente nel suo lettino.
Rimasi ad osservarla per qualche minuto.
Era meravigliosa. I suoi boccoli d’oro mi ricordavano quelli di Giovanna, così
dannatamente perfetti e ben definiti. E i lineamenti così morbidi e rotondi..
sarei stato tutto il giorno a mordicchiarla, se non fosse stato per lei, che dopo
poco avrebbe iniziato a ridere e urlicchiare per
farmi smettere.
Sorrisi al pensiero di quanto adorassi
quella bambina. Non riuscivo a immaginarmi una vita senza di lei vicina a me,
soprattutto in un periodo come quello.
‹‹Heystellina…›› sussurrai dandole un bacio sulla fronte.
Lei si mosse un po’, ma pareva che non
volesse essere svegliata.
‹‹Holly?›› riprovai io nuovamente.
Questa volta aprì gli occhi lentamente,
e poi se li stropicciò con una manina.
‹‹Pah?››
Durante il suo sonnellino non la
disturbavo mai, ed era più che normale che in quel momento fosse confusa.
‹‹Si stella sono io.
Ascoltami.. Fuori c’è la neve e ho pensato che potremmo divertirci un po’
insieme! Ti va o preferisci dormire ancora un po’?››
I suoi occhi iniziarono a brillare,
anche se era ancora molto addormentata.
‹‹Shi la nejeee!›› disse ridendo.
La sua felicità mi fece capire che ne
era valsa la pena disturbarla dal suo sonnellino privato. La presi in braccio e
la misi in piedi sul lettino, cercando di svegliarla piano piano.
Quando mi sembrò abbastanza sveglia
andai a prendere i suoi vestiti e iniziai a vestirla.
Poco dopo mi chiese:
‹‹Mamy?››
Io sospirai.
Odiavo quando mi chiedeva di Giovanna,
perché non mi andava di vederla triste e farle sapere che la mamma non era a
casa, che non era li con lei.
Così sorrisi.
‹‹Sai… mamma è al
lavoro, ma vedrai che tornerà presto››
I suoi occhini diventarono lucidi, ma mi
disse sorridendo:
‹‹Pupaccio di neje?››
Adoravo quando faceva così.
Posai i vestiti sul suo lettino e la
presi tra le mie braccia, stretta stretta a me.
‹‹Ti voglio tanto
bene lo sai?››
Mi stritolò il collo con le sue braccine.
‹‹Awwpapy. Ti vojo bene anche io.
Pupaccio?››
Risi. Quando si fissava su una cosa,
quella dovevamo fare.
‹‹Si si adesso ci
vestiamo e andiamo a giocare un po’››
E dopo averla vestita con tanto di papalina
e guantini, uscimmo fuori.
Quell’aria dicembrina mi fece arrossare
le guance e il naso, e osservai che la stessa cosa stava capitando alla
piccolina.
Ci mettemmo nella parte del giardino
dove c’era più neve e iniziammo a fare un bel pupazzo.
Per fare il naso prendemmo la carota più
grande che avevamo in cucina, poi con due bottoni grandi presi dal set di
cucito di Giovanna facemmo gli occhi e con altri più piccoli facemmo la bocca,
rossi. Infine misi sulla testa una papala che Danny
mi aveva regalato l’anno prima a Natale.
Poi lo guardammo.
Sapevo che mancava qualcosa, ma non mi
veniva in mente che cosa.
Guardai la piccola, che tutta
preoccupata mi disse:
‹‹Hafeddocoshì!?!››
Prese la sua sciarpina
e la mise attorno al collo del pupazzo.
‹‹Ma brava la mia
piccolina! Mancava la sciarpa! Gentile che sei!››
Lei mi guardò sorridente, poi prese un
po’ di neve con una mano, modellandola in una piccola palla di neve e me la
tirò addosso.
Sentii la neve finirmi sulla papala e vidi Holly ridere di gusto.
Adoravo vederla ridere felice. La sua felicità
era anche la mia.
La presi in collo e iniziai a correre,
facendola volteggiare in aria. Non era più leggera come una volta, ma adoravo
sentire il suono della sua risata, che mi scaldava il cuore.
Ci divertimmo ancora un po’, poi quando
iniziai a vedere che la piccola iniziava ad essere stanca, la portai in casa e
le feci un bel bagnetto caldo. Poi le diedi la pappa e la misi a dormire.
Tutto sommato ero stato bene con lei
quel pomeriggio. Holly era il mio piccolo angelo personale, il mio toccasana.
Semplicemente l’adoravo e non avrei mai
potuto passare un giorno senza di lei.
Poco dopo che avevo finito di cenare, di
aver rigovernato tutti i piatti ed essermi fatto la doccia, mi preparai per
andare a dormire. Sentii la macchina di Giovanna sotto casa, così spensi la
luce del comodino (che era l’unica accesa) e scostai un poco la tenda, per
osservarla.
Anche se c’era l’ombra della sera, mi
ero accorto che il suo viso pareva provato, probabilmente dal lavoro e dalla situazione
che c’era in quel periodo tra di noi.
Un improvviso dolore al cuore mi fece
capire che stavo male non ce la facevo più a sopportare quella situazione. Avrei
dovuto fare qualcosa.
La vidi entrare nel vialetto e fermarsi
ad osservare il pupazzo di neve che avevo fatto quel pomeriggio con Holly. E fu
in quel momento che il mio cuore di disgelò completamente. Giovanna si era
inginocchiata a terra davanti al pupazzo di neve e poco dopo si era coperta il
viso con le mani, cercando di coprire quelle lacrime amare che le stavano
scendendo sul viso, ma che ormai avevo visto.
Sentivo il cuore battere in modo anomalo
e i miei occhi inumidirsi.
Era
arrivato per me il momento di cambiare le carte in tavola.
***
Eccomi di nuovo qua. Ci ho messo un po’
di più stavolta! Però sono tornata!
Lo so. Il capitolo fa veramente schifo.
Almeno la prima parte su per giù non si può leggere.
Era molto peggio di come è adesso. Ho
fatto del mio meglio per sistemarlo un po’, per cercare di migliorarlo. Spero di
esserci riuscita almeno un pochino.
Tom è un personaggio che mi sta
particolarmente a cuore.. e credo che nei capitoli che verranno capirete da che
parte sto.
Comunque lascio perdere i discorsi
inutili e ringrazio le tre gentilissime ragazze che mi hanno fatta felice con i
loro commentini:
RubyChubb: Credo che adesso si
sia capito quanto a Tom manchi Giovanna. Semplicemente ha paura di fare
qualsiasi cosa, perché pensa che una sua scelta potrebbe essere quella
sbagliata.. e non vuole perdere la persona che ama. Quindi fino ad adesso non
ha fatto niente, facendo sempre peggio alla sua situazione, ma speriamo che d’ora
in avanti si smuova un pochino. Credo che lui non si stia facendo scudo con la
piccola HollyAnn, ma che cerchi di starle più vicino
possibile per non farle mancare l’affetto di Giovanna, e che allo stesso tempo
se la stia tenendo stretta, perché è l’unico affetto che lo sta mandando avanti
in questo momento. Però vediamo come andrà.. Per quanto invece riguarda Giuly
spero che si capirà andando avanti. Una cosa è certa. Lei non vuole il male di
Doug. Alla prossima!!
Tsumika83:
Ma ciao Tsutomu + Mikako!!!
xD No scusami, ma tu mi hai aperto un nuovo mondo
spiegandomi il tuo nickxD
Allora. Quando ho visto che c’era una seconda recensione, pensavo che fosse Sil. Ho aperto e ho visto il tuo nick
e sono rimasta profondamente shockata. Comunque ti ringrazio tantissimo, perché
so quanto ci voglia alla tua manina a portare il mouse alla scrittina
“Vuoi lasciare una recensione?” quindi apprezzo ancora di più il tuo commento. Noi
abbiamo il problema che ci spoileriamo le storie nei
commenti xD ma si può?!? xD
però lo devo ammettere. Si, un pochino voglio farti soffrire _occh grazie!
x_blossom_x:
Shhh non parlare del fatidico giornoooo,
è un segreto di stampa. xD Comunque tu mi hai fatta
morire con questo commento *ahahahahah* tra angeli e santa non so chi è più
rincoglionito *ahaha* poi ci credo che i miei personaggi ne risentono personalmente…_occh e comunque
carissima la mia Sil.. si, tu lo sai che ciò che
succede a Danny è non colpa tua, ma *mmm* dato da te ecco! Me lo hai ispirato *sisi*
E dopo questa mi dileguo che tanto so che mi picchierai xD
Allora. Il prossimo capitolo molto
probabilmente lo posto la mattina di Natale. E so che una di voi mi odierà con
tutto il cuore. Ma non posso farci niente. Voglio essere cattiva fino in fondo.
Vi ringrazio dal profondo del mio
cuoricino che siete così buone a seguirmi sempre.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
13.
Giovanna’s
POV.
Quella mattina mi svegliai al suono
della mia fedele sveglia e finalmente dopo tanti, forse troppi giorni, una
lieve sensazione di apparente felicità mi colpì. Mentre stavo scendendo in
cucina per prepararmi un po’ di colazione, passai davanti la camera di Holly.
Aprii un poco la porta per osservare la piccola e vidi Tom, seduto per terra
con la testa appoggiata sul letto, dormire, con la sua mano intrecciata a
quella della piccola.
Sorrisi debolmente.
Poi richiusi la porta e mi diressi verso
la cucina.
Scesi le scale e arrivata nella sala mi
fermai ad osservare il grande albero di Natale che regnava lì dentro. Era
semplicemente perfetto, esattamente come quello che io e Tom facevamo tutti gli
anni, con tante decorazioni diverse le une dalle altre, dai mini bicchierini di
Starbucks a decorazioni rosse ed oro e tante palline
colorate.
L’unica amarezza era che quell’anno io non avevo partecipato alla
decorazione dell’albero.
Anche se le cose tra me e Tom non erano
ancora tornate al proprio posto, in quegli ultimi giorni, forse per via
dell’aria natalizia, Tom si era comportato diversamente con me.
Pochi giorni prima lo avevo trovato ancora
in piedi, mezzo sonnolente, ad aspettarmi, per parlare con me. Mi chiese come
era andata a lavoro e mi disse che lui quel giorno aveva portato la piccola
fuori a divertirsi con la neve. In realtà non parlammo così tanto, ma da quel
momento tra di noi c’erano stati (le rare voltein cui eravamo assieme), dei piccoli sorrisi, dei momenti felici, come
la sera precedente, la Vigilia di Natale, che avevamo guardato tutti e tre la
televisione come non facevamo da tanto tempo.
Mi riscossi dai miei pensieri e andai in
cucina.
Era la mattina di Natale e quel giorno a
pranzo sarebbero venuti i ragazzi a mangiare da noi, quindi per quell’ora,
tutto sarebbe dovuto essere perfetto. Presi la mia solita tazza di caffèlatte e
mangiai qualche biscotto pensando a quello che mi mancava da preparare.
Gli antipasti erano pronti e anche il
pudding, mentre le lasagne e il tacchino dovevano cuocere in forno. Giuly
avrebbe portato il dolce. Pensai che in fondo non mi mancava moltissimo a
finire ciò che mi ero riproposta di fare.
Da più di un mese a quella parte ero
quasi sempre stata assente alle faccende di casa, e non solo. Ero stata anche
lontana dai miei amici. La sera del compleanno di Doug feci così tardi, che
quando tornai a casa, Tom era già andato a letto e la casa risplendeva da
quanto era stata pulita. Al contrario di quello che probabilmente era arrivato
a pensare Tom, quella sera avrei voluto esserci, soprattutto dopo che quella
mattina io e lui avevamo litigato a quel modo. Ma io dentro di me sentivo di
non star bene e non riuscivo neanche a recitare. Alex non aveva fatto altro che
riprendermi e dirmi che se ero lì dovevo concentrarmi al 100% per riuscire in
quello che stavo facendo. E quel giorno le riprese, per colpa mia, finirono più
tardi del solito.
Quando un mese prima mi avevano offerto
quel lavoro, non avrei mai pensato che la mia vita sarebbe cambiata a tal punto… era stato come un imbroglio da parte loro.
Ma in quel momento non mi andava di
pensare al lavoro, perché avrei avuto due giorni tutti per me da passare con
Tom ed Holly, e forse qualcosa in quei due giorni si sarebbe aggiustato. E
avevo deciso di invitare i ragazzi quella mattina da noi, per ritrovare un po’
quella serenità che in nell’ultimo periodo era sparita.
Guardai fuori dalla finestra e sorrisi
al cielo. Dei piccoli fiocchi di neve si stavano posando sul suolo ormai
bianco.
Un
bianco Natale,
non avrei potuto sperare di meglio.
Iniziai a preparare gli ingredienti che
mi sarebbero serviti quella mattina e sul tavolo, posai il necessario per
apparecchiare la tavola in sala.
Saremmo stati in otto. Oltre a noi tre
avevo invitato Giuly e Doug, Harry, Danny e forse sarebbe venuta Candy.
Si, Candy.
Non mi aveva dato un ok definitivo, ma
quando l’avevo incontrata il giorno prima, mi aveva dato qualche speranza di
pensare al meglio…
Appena
uscita dagli studi, il freddo aveva preso a congelarmi le mani e le guance,
così decisi di entrare in un bar, per prendere un caffè e rilassarmi un po’.
Quando
entrai mi guardai un po’ intorno, ma riconobbi subito quella figura longilinea,
bionda, con splendidi occhi azzurri color cielo che stava seduta ad un
tavolino, poco distante da una finestra.
Era
Candy.
Non
potevo credere ai miei occhi. Da quanto sapevo io, Danny in tutto quel periodo
non aveva trovato il modo per parlarle, e si era ormai quasi rassegnato,
credendo di averla persa definitivamente.
Mi
avvicinaia lei, cercando di essere il
più silenziosa possibile. Il suo sguardo, perso nel vuoto, era triste e
rassegnato.
‹‹Candy?›› provai in un sussurro.
Lei
alzò lo sguardo dalla tazza bollente di tè che teneva tra le mani e quando mi
vide notai una lieve sensazione di panico nei suoi occhi.
‹‹Hey
tranquilla, stavo uscendo da lavoro e ho deciso di prendere qualcosa di caldo.
Quando sono entrata ti ho vista, ed eccomi qua. Non mi manda nessuno››
‹‹CiaoGi›› disse lei con un lieve sorriso, qualche secondo dopo.
‹‹Posso
sedermi?›› chiesi indicando la sedia.
‹‹Certo››
rispose lei gentilmente.
Mi
sedetti e ordinai un caffè al cameriere.
Seguirono
due minuti di silenzio, fino a quando il mio caffè non arrivò e io iniziai a
girare il cucchiaino nella tazzina.
‹‹Allora..›› iniziai con un po’ di timore ‹‹come
stai Candy? È veramente tanto che io e te non ci vediamo››
Lei
sorrise, ma nei suoi occhi quella tristezza persisteva.
‹‹Vorrei
poterti dire che sto bene Giovanna, ma non è affatto così. La mia vita va
avanti solo per un motivo, ma per tutto il resto non trovo il coraggio di
andare avanti.›› Mi guardò seria negli occhi ‹‹Come sta Danny?››
Sospirai,
sapevo che le mie parole l’avrebbero ferita, ma non potevo mentire a quella
domanda.
‹‹Non
sta affatto bene. So che non ne sarai contenta, ma lui è veramente a pezzi. Ne
ho parlato con Tom e mi ha detto che era entrato in depressione, ma che Doug
l’ha aiutato nel momento del bisogno. Si stava chiudendo in se stesso e non
parlava più con nessuno. Manchi tanto a Danny, lo sai?››
Dissi
a testa bassa.
‹‹Non
si capacita del perché te ne sei andata..››
Alzai
lo sguardo e vidi che i suoi occhi erano pieni di lacrime.
‹‹..E
nemmeno riesco a comprenderlo, visto che tu lo ami ancora.››
Lei
iniziò a singhiozzare e io le presi una mano.
‹‹Candy
sfogati se vuoi, se… se vuoi parlare io sono qui.
Terrò la bocca chiusa con gli altri. Non è che voglio sapere che cosa ti sta
succedendo, ma tu hai veramente bisogno di sfogarti con qualcuno, credo.›› Poi aggiunsi ‹‹Tu lo ami
sempre non è vero?››
Lei
annuì con la testa.
‹‹Lo
sapevo che rivedere qualcuno di voi mi avrebbe fatto questo effetto. Mi mancate
tutti tantissimo.. Tu, Tom,la piaccolina, Giuly,
Harry e soprattutto Danny›› disse fra le lacrime.
‹‹E allora perché?›› chiesi silenziosamente.
‹‹Vedi
Gi..›› prese un respiro profondo prima di iniziare il
suo discorso ‹‹Mi è successa una cosa. Ma.. Ma prima
che io mi accorgessi di quanto questa cosa fosse seria, era ormai troppo tardi
e io mi ero già legata a quella nuova sensazione di amore, che non me la sono
sentita di abbandonarla. Così sono andata via da Danny.››
Non
riuscivo a capire. Cos’era quella nuova sensazione di amore? Si era forse
innamorata di qualcun altro?
‹‹Hai
avuto una relazione con un altro uomo?›› chiesi non
credendo minimamente che lei avrebbe potuto fare una cosa simile.
‹‹No no!›› disse lei scuotendo la testa ‹‹Non
potrei mai farlo.. Lo amo troppo, veramente. Ma so che se lui sapesse quello
che mi sta succedendo, lui non capirebbe e non mi vorrebbe più con se. Quindi
prima di venire abbandonata da lui, ho preferito andarmene io, anche se so che
lo amo ancora.››
Probabilmente
vide che non riuscivo ancora a comprendere che cosa realmente le stava
succedendo, lei continuò.
‹‹Forse
tu, sei la persona che maggiormente può capirmi…››
‹‹Perché?›› chiesi con un sorriso, incoraggiandola a parlare.
‹‹Gi…
Sono appena entrata nella decima settimana di gravidanza. Aspetto un bambino›› disse con le lacrime agli occhi che stavano
scendendo sulle sue guance.
Quando
aveva pronunciato quelle parole i suoi occhi si erano illuminati di luce
propria.
Certo
che potevo capirla.
Quando
ero rimasta incinta di Holly, avevo provato una forte emozione, rendendomi
conto che lei era il frutto del mio amore con Tom.
‹‹Candy..
È una notizia meravigliosa! Oddio..›› sentivo che i
miei occhi si stavano inumidendo.
‹‹Una
notizia più bella non avresti potuto darmela. Ma non capisco, perché non l’hai
ancora detto a Danny? Che aspetti? È forse questo il motivo per cui te ne sei
andata di casa?››
Lei
abbassò la testa, lo sguardo di nuovo triste.
‹‹È
proprio qui il problema. Gi, Danny non vuole avere bambini.››
La
guardai con un’aria shockata.
‹‹Non è
possibile›› sussurrai, pensando a tutte quelle volte
che aveva giocato con Holly, e io avevo sorriso, perché ce lo avrei visto
perfettamente a fare il padre.
Ma
lei continuò.
‹‹Ne
parlammo una volta sola, mentre eravamo fuori un giorno. Vedemmo dei bambini
piccoli che giocavano in un parco e io sorrisi al pensiero di quanto mi sarebbe
piaciuto avere un figlio da lui, così entrai nel discorso, ma lui disse che non
era il caso, che non era una buona idea,ed allora io capii che lui non avrebbe mai voluto avere dei bambini. O
che almeno non da me›› cercai di ribattere alle
parole che aveva appena detto, ma lei non me ne diede il tempo ‹‹E quando più di due mesi fa mi sono accorta di essere
rimasta incinta, prima di ogni cosa sono entrata nel panico, perché avevo
capito subito che non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo, che sapevo
esattamentecome l’avrebbe presa. Per un
solo secondo ho avuto il pensiero di abortire, ma poi mi sono vergognata subito
di me stessa, perché oramai sentivo che c’era qualcosa dentro di me che stava
crescendo, qualcosa di mio, del mio amore che provavo, e che provo, per Danny›› Si toccò
la pancia ‹‹E ogni giorno di più questa piccola
creatura mi aiuta ad andare avanti›› si asciugò una
lacrima che le stava scivolando lungo la guancia e poi guardò l’orologio ‹‹Oddio, ma è tardissimo! Mamma si preoccuperà se non torno
a casa›› Mi guardò e poi disse ‹‹Ti
prego Giovanna, non dire niente a nessuno, soprattutto a Danny, non voglio che
lui sappia. Spero di rivederti presto, passa un Buon Natale, ok?››
Feci
in tempo a bloccarla, prima che se ne fosse già andata.
‹‹Candy,
io non dirò niente a nessuno, però una cosa… Domani è
Natale e sono tutti quanti a casa da noi a pranzo. Ti prego, vieni anche tu.
Non sai quanto sarebbe felice Danny di rivederti. E anche tutti gli altr lo sarebberoi. E poi è un
giorno di festa, un giorno felice, non puoi perdertelo. Ti prego, pensaci. È
all’una, ok?››
Lei
sussurrò un lieve:
‹‹Cipenserò›› e poi uscì dal bar.
Rimasi
un po’ li a riflettere su tutto quello che mi aveva detto, non riuscendo a
capire come Danny non avrebbe voluto avere bambini da lei. Poi, quando fu
l’ora, andai verso casa.
Mi riscossi dal pensiero della sera
prima, quando Tom apparve dal nulla.
‹‹Sei pensierosa?›› chiese Tom appoggiato alla porta di cucina.
Sorrisi.
‹‹Un po’, ma credo
sia normale…›› dissi tristemente.
Lui si avvicinò a me.
Mi circondò la vita con le braccia e mi
diede un lieve bacio sulle labbra.
Poi mi sussurrò all’orecchio:
‹‹BuonNatale››
Poi aggiunse.
‹‹Vado a fare la
doccia, che non vorrei puzzare con degli ospiti a pranzo.››
Già se n’era andato e io ancora non
avevo capito che cosa era successo.
Dopo giorni, settimane intere che io e
lui non avevamo avuto un solo contatto, mi aveva baciata.
Un lieve bacio, niente di serio, ma il
cuore mi batteva all’impazzata e sentivo ancora quel suo tocco caldo sulla mia
schiena ele labbra pulsare.
Mi sentivo come se avessi baciato Tom
per la prima volta.
Forse in quel giorno veramente magico,
sarebbero successe delle cose meravigliose.
Appena finito di mettere le ultime cose
nel forno e aver apparecchiato la tavola con tanto di decorazioni natalizie,
svegliai la piccola Holly, che quella mattina, proprio come me, aveva ritrovato
il suo vero sorriso. Le luccicavano gli occhi come non mai e si vedeva da
lontano quanto era felice. Molto probabilmente non vedeva l’ora di scartare i
regali che Babbo Natale aveva portato per lei.
Quando fu pronta, con il suo vestitino
rosso di velluto, scendemmo assieme nella sala. Tom giocò un po’ con lei,
mentre io stavo finendo di preparare le ultimissime cose, quando il campanello
suonò.
‹‹Vado io!›› disse Tom.
Io rimasi in cucina a finire le mie
faccende.
Poco dopo una voce familiare invase la
cucina.
‹‹Ma Buon Natale Gi!›› disse Giuly.
Mi voltai e vidi che indossava un abito
simile a quello di Holly, tutto rosso e la stava tenendo tra le sue braccia
coccolandola. Inoltre tutte e due indossavano un cappello rosso natalizio come
quelli di Babbo Natale.
Sorrisi quando le vidi. Erano veramente
deliziose.
‹‹Buon Natale a te!
Doug?›› chiesi.
‹‹È di là che parla
con Tom›› disse lei con un tono di voce non
particolarmente felice.
Non capivo perché si fosse rabbuiata in
quel modo quando le avevo chiesto di Doug.
In fondo anche di quello che stava succedendo
a lei in quel periodo non ne sapevo niente, anche se tra lei e Doug non poteva
essere successo niente di negativo. Così azzardai:
‹‹Tutto bene vero?››
Lei sospirò.
‹‹Beh se devo essere
del tutto sincera, non va molto bene… Sono successe
delle cose che purtroppo ora come ora non posso stare a raccontarti››
guardò la piccola negli occhi e sorrise ‹‹Ma adesso
non è il momento di parlare di queste cose, no? È Natale e dobbiamo stare tutti
bene!››
‹‹Giusto›› dissi io,
cercando di non pensare a tutto quello che era successo in quell’ultimo
periodo.
Andammo in sala, dove i nostri uomini
stavano animatamente parlando tra di loro.
Dopo nemmeno cinque minuti suonò
nuovamente il campanello e quando andai ad aprire trovai Danny ed Harry,
entrambi con dei regali per la piccola. Li misero assieme a quello che avevano
portato Giuly e Doug e poi ci salutarono.
A quel punto pensai che ormai Candy non
sarebbe venuta, altrimenti sarebbe già stata lì, ma proprio quando stavo per
togliere il suo coperto, Danny mi chiese:
‹‹Ehy Gi, perché
avevi messo un posto in più?››
A quel punto rimasi senza parole.
Non sapevo proprio che cosa avrei dovuto
dire.
Ma proprio mentre stavo per inventarmi
una scusa poco plausibile, il campanello suonò.
‹‹Chi può essere mai
a quest’ora?›› disse Tom.
‹‹Non preoccuparti,
vado io›› dissi rimettendo i piatti al loro posto.
Mi avviai alla porta e quando aprii, mi
trovai davanti la Candy più splendente che avessi mai visto.
‹‹Hey alla fine
allora sei venuta!›› dissi con un sorriso.
‹‹Si mi sono decisa
alla fine›› disse lei abbracciandomi. Poi aggiunse:
‹‹BuonNatale… e questo è per la piccolina››
porgendomi un piccolo orsacchiotto peluche vestito da Babbo Natale.
‹‹Grazie non dovevi›› dissi ‹‹E Buon Natale
anche a te! Dai su entra››
Le feci spazio per entrare, e quando
arrivò nella sala, tutti gli altri si voltarono a vedere chi fosse arrivato.
Quando capirono, rimasero tutti di
stucco.
Dopo pochi secondi di silenzio vidi
Holly andare verso Candy:
‹‹Ccia?›› chiese dubbiosa.
Candy le sorrise, allora lei allargò le braccine verso di lei e poi urlicchiò:
‹‹AwwCciaaa!!››
Candy la prese tra le sue braccia,
dandole un bacio sulla guancia, dopo di che anche Giuly si avvicinò a lei per
salutarla e lo stesso fecero Doug, Tom e Harry.
Guardai verso Danny, che non si era
ancora mosso dalla sua posizione e notai la sua espressione nel volto, tra lo
shockato e il meravigliato.
Aveva quasi le lacrime agli occhi.
Notai che Candy guardò verso di lui, e
lui, che forse non sapeva che cosa fare in quel momento, abbassò la testa.
Potevo ben immaginare che cosa potesse
passare nella sua testa in quel momento…“Che cosa ci faceva lì Candy? Perché non lo
aveva mai chiamato? Avrebbe voluto parlargli se lui avesse provato a farlo?”
Per quanto pensavo io, Candy era
riuscita a fare il primo passo.. e forse durante il resto della giornata, quei
due avrebbero trovato il modo di parlarsi.
***
Buon Natale a tuttiiiiiiiiiiiii!!!!
Oh si. Ecco perché Candy se n’era
andata. Ma credo che tutte ci eravate già arrivate.
Spero che stiate passando una buona
giornata!
RubyChubb:
avevi proprio ragione. Candy è incinta! Però non potevo dirti che avevi
indovinato no? Altrimenti non c’era più il gusto di leggere.. per quanto
riguarda Tom.. Sono dispiaciuta di non essere riuscita a far capire bene che
cosa provasse veramente. Lui non voleva farsi da scudo con la piccola, ma
proteggerla dalla mancanza della madre.. e allo stesso tempo, farsi cercava di
farsi forza tramite lei, per non sentire neanche lui quel vuoto dato dalla
mancanza di Giovanna. Spero che adesso abbia reso un po’ più l’idea che dovevo
rendere due capitoli fa.. eheh. Spero che comunque il
capitolo di sia piaciuto!! E auguroni ancora!
x_blossom_x:
Alla fine abbiamo sbagliato capitolo! Che grandi! Il sermone era perfetto *.* e
hanno pure un po’ parlato, visto? E dai su, che piano piano
si risolve tutto _occh. Grazie mille cara! E tanti auguroni!!!!
Tsumika83:
ma io mi shocko quanto voglio! Eheheh! Ancora di più
perché fai la brava lettrice e recensisci ahahah! Ora
mi picchia, me lo sento _occh momento così delicato? Tsumikaaaaa (mantiene l’anonimato) non si spoileraaaa!! Ahahah! Haroldo! Oh hai visto? È anche qui!! Ahah.
Ok me ne vado. Auguroni e buon viaggio *.*
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
14.
Danny’s
POV.
Ancora non riuscivo a realizzare che
cosa stesse veramente accadendo.
Candy si trovava sulla soglia della sala
di casa Fletcher, più bella che mai, che sorrideva a tutti noi che eravamo
nella stanza.
Che
cosa ci faceva lì? Perché nessuno mi aveva avvertito della sua presenza?
Avevo passato quei giorni prima delle
vacanze di Natale nell’attesa di una sua telefonata, che non era mai arrivata,
ed avevo praticamente perso quella speranza che era sempre stata mia amica.
Mi ero quasi rassegnato ad averla persa
del tutto, e proprio quando me ne stavo per fare una ragione, lei era ricomparsa
di fronte a me, davanti ai miei occhi.
Per un momento, guardandola
silenziosamente, pensai che forse quello che stavo vedendo era solamente una
mia allucinazione, ma quando la piccolina la chiamò “zia”, capii che non era
affatto frutto della mia immaginazione, ma Che Candy si trovava veramente dove
la stavo vedendo.
Perché
non mi aveva fatto avere nessuna notizia e poi dal nulla mi era riapparsa
davanti?
Non riuscivo a rispondermi a quelle
domande, quando lei si voltò verso di me.
Nei suoi dolci occhi verdi riuscii a
scorgere tristezza e rassegnazione.
Che
fosse venuta per spiegarmi il motivo per cui mi aveva lasciato?
Scossi debolmente la testa, cercando di
non pensare a quella opzione. Anche se volevo
sapere il perché di quel suo abbandono, mi sentivo male al solo pensiero di
dover sentire di nuovo che lei non voleva più stare con me. Così abbassai la
testa, indifferente, guardandomi le scarpe e facendo finta che lei non fosse
stata lì.
Ci sedemmo tutti quanti a tavola, ed io
mi misi il più lontano possibile da lei, combattuto dal desiderio di voler e
non voler parlare con lei, ma almeno, seduto distante da lei, avrei potuto
osservarla indisturbato e ritardare così quel momento di verità che mi avrebbe,
forse, atteso di lì a poco.
Ad un certo punto vidi Tom guardarmi
interrogativo, come per chiedermi se ne sapevo qualcosa della visita a sorpresa
di Candy, ma scossi la testa in senso negativo, e lui rimase ancor più
perplesso.
Vidi Giuly dall’altra parte del tavolo
abbracciare Candy e poi sedersi l’una accanto all’altra continuando a parlare.
Candy era semplicemente meravigliosa.
Credevo di avere il cuore in una morsa da quanto mi faceva male, perché sapevo
di averla lì davanti ai miei occhi senza la speranza di poter far qualsiasi
cosa per convincerla a tornare da me.
Ormai sapevo che lei mi aveva lasciato e
avrei dovuto farmene una ragione.
Guardai la tavolata e mi resi conto che
quelli che erano i miei amici, erano anche i suoi.
E perché avrebbe dovuto privarsi degli
amici in un giorno di festa?
Osservavo tutti i suoi movimenti: da
quando si era portata un ciuffo di capelli dietro all’orecchio, a quando aveva
sorriso per una battuta di Dougie, a quando per un secondo si era sfiorata la
pancia. Quell’ultimo gesto mi lasciò perplesso per qualche secondo. Sulla sua
faccia avevo notato un’espressione molto preoccupata.
Che
non stesse bene?
Nel periodo che lei non c’era stata mi
ero posto così tante domande, che in quel momento mi ritrovavo nella paranoia
più profonda. Sentivo i miei amici parlare vicino a me, mentre Giovanna portava
i primi vassoi con gli antipasti, ma io ero in un altro mondo, attorniato da
quei pensieri che non volevano lasciarmi. E non potevo non osservare Candy. Era
così tanto che non la vedevo, che sprecare anche un solo momento per non
osservarla, mi sembrava da pazzi. Avevo bisogno di vedere, di sapere che stava
bene.
Cercavo di scacciare via i brutti
pensieri che mi affollavano la mente e cercavo di concentrarmi sulla sua
bellezza.
Dio quanto mi era mancata!
Quel giorno indossava un maglione nero
di lana, che le avevo comprato per il Natale precedente... chissà perché lo
aveva indossato? Magari non ricordava che era un mio regalo.
Non riuscivo a sperare di poter avere
ancora una speranza con lei.
Ormai sapevo che l’avevo persa.
‹‹Ehi mangia qualcosa
su›› sussurrò Doug vicino a me, distogliendomi dai
miei pensieri.
‹‹Sisi›› dissi io distrattamente.
Guardai i vassoi e poi dissi:
‹‹In realtà non è
che ho molta fame››
Tom mi guardò e poi disse comprensivo:
‹‹Beh capisco perché
tu non possa avere molta fame, ma dai, prendi almeno qual cosina, altrimenti Gi
ci rimarrà male...››
Mi venne da pensare a tutto il lavoro
che aveva fatto Giovanna per metterci a tavola quel giorno, nonostante tutti i
suoi impegni lavorativi, così presi un paio di crostini e iniziai a
mangiucchiare.
Tom e Harry stavano parlando del negozio
di dischi di quest’ultimo, che aveva aperto da poco, mentre Doug si voltò verso
di me e mi disse non facendosi sentire dagli altri:
‹‹Allora come stai? Che
effetto ti fa vederla lì?››
Sospirai.
‹‹Non me lo aspettavo›› dissi
‹‹Quello nemmeno io… Ma mi sa che nessuno lo sapesse tranne Giovanna. Mi ha
dato questa impressione, perché anche la faccia di Giuly mi è sembrata alquanto
sorpresa››
‹‹Già lo penso anche io›› sospirai.
‹‹Pensi che dopo le
parlerai?›› chiese lui con un leggero sorriso.
Lo guardai e poi risposi:
‹‹Non lo so. Sono
preoccupato e allo stesso tempo impaurito. Non so che cosa mi possa aspettare e
non me lo immagino neanche. Ma vederla qui mi fa sentire un po’ meglio, almeno
so che sta bene!››
Lui annuì con la testa, senza aggiungere
altro.
Ed io me tornai indisturbato tra i miei
pensieri.
‹‹Scusatemi un attimo, devo
assentarmi cinque minuti. Non mi sento tanto bene.››
Quella voce mi riportò al pranzo.
La sua voce.
Giovanna aveva già portato in tavola i
secondi, proprio quando Candy aveva pronunciato quelle parole.
Lasciò i vassoi in tavola e accompagnò
Candy al piano superiore, mentre dentro di me quel moto di preoccupazione che
sentivo, iniziava ad aumentare sempre di più.
‹‹Che avrà?›› chiesi angosciato diretto a Giuly. Lei era stata vicina
a Candy tutto il pranzo, probabilmente le aveva parlato.
‹‹Non lo so›› mi disse dispiaciuta scuotendo la testa ‹‹Spero solo che non sia niente di grave››
‹‹Questo lo spero tanto
anche io›› dissi.
Dopo cinque minuti Giovanna tornò e
Candy aveva indossato il cappotto.
‹‹Ragazzi, Candy non si
sente molto bene e preferisce tornare a casa, l’accompagno un secondo qua fuori
e poi torno ok?››
Tutti quanti guardarono Candy tristi,
salutandola con la mano.
Giovanna si era avviata alla porta
assieme a lei e Doug mi guardò:
‹‹Se fossi in te la seguirei›› disse.
E aveva ragione.
Dovevo sapere cosa le stava succedendo.
Così mi avviai fuori e notai che
Giovanna stava già rientrando in casa.
‹‹Vai a parlarle?›› mi chiese. Nei suoi occhi c’era un velo di tristezza.
‹‹Si›› affermai ‹‹Devo capire che cosa sta succedendo››
Lei mi sorrise debolmente.
‹‹Cerca solo di
capirla, ok?››
Che cosa mi stava dicendo?
‹‹Tu sai...?››
Lei abbassò lo sguardo:
‹‹Si, ma deve essere
lei a spiegarti... Beh, tu cerca solo di capirla e vedrai che andrà tutto bene››
Annuii e poi uscii dalla porta di casa.
Appena fuori dal vialetto vidi Candy che
stava percorrendo la strada lungo il marciapiede, non molti metri lontano da
lì. Corsi fino a che non le arrivai abbastanza vicino. Lei stava per
attraversare la strada, sulle strisce pedonali, ma le afferrai un braccio,
delicatamente, e dopo averla fatta voltare dissi in un sussurro:
‹‹Candy...››
L’ultima volta che ci avevo parlato era
stata la sera che lei se n’era andata.
‹‹Da..Danny››
Il mio cuore batteva all’impazzata.
Che cosa sarebbe successo?
Sentivo che mille emozioni diverse si
stavano facendo largo in me... E sentivo che le lacrime mi stavano salendo agli
occhi.
La guardai negli occhi e mi accorsi che
anche i suoi erano velati di lacrime quanto i miei.
Non ce la facevo a vederla triste in
quella maniera.
Lei avrebbe dovuto essere triste, mai.
In un moto di impulso l’abbracciai a me
più stretta che potevo.
E sentire il suo corpo a contatto con il
mio, sentire il suo cuore battere in sintonia con il mio, mi diede la forza per
chiederle:
‹‹Ti prego Candy,
dimmi che cosa ti sta succedendo. Stai bene? Non mi importa se te ne sei andata
senza dirmi perché, non mi importa se hai un altro uomo, se non mi ami più...›› Sospirai faticosamente ‹‹...
mi basta sapere che stai bene, altrimenti avrò la certezza di non poter andare avanti››
Una lacrima scese sul suo volto.
‹‹Candy..›› sussurrai.
‹‹Dan.. io non ho un
altro uomo..›› disse lei, le lacrime che ormai le
rigavano il viso ‹‹e non amo nessun altro… se non te››
Quelle parole furono come un colpo al
cuore.
Se
lei amava me perché se n’era andata di casa?
‹‹Ma.. ma se mi ami,
perché te ne sei andata? Che è successo? Questi sono stati i giorni più brutti
della mia vita. Senza di te mi sono sentito perso. Tu sei parte della mia vita
e io non riesco a capire dove ho sbagliato..››
‹‹Tu non hai
sbagliato niente›› sussurrò lei
‹‹E allora cosa?›› chiesi preoccupato ‹‹Non stai
bene? È questo il pensiero che più mi fa star male.. Ti prego dimmi che stai
bene! Perché se non stai bene tu, non posso stare bene nemmeno io››
Lei mi guardò e poi portò una mano sulla
mia guancia, accarezzandola.
‹‹Dan.. io me ne sono
andata perché è successa una cosa che non doveva succedere, ma ormai è troppo
tardi. E io non voglio fare niente per cambiare questa situazione. Quindi
le cose tra noi non possono più andare››
Non riuscivo più a starle dietro.
Stava
bene o no?
Perché
non aveva ancora risposto alla mia domanda?
Questo pensiero mi stava distruggendo in
mille pezzi.
‹‹Ti prego, dimmi
che cosa sta succendo. Devo sapere se stai bene o no››
Lei si allontanò da me.
‹‹Non posso dirtelo›› disse in un sussurro.
‹‹Candy›› riprovai,
sentendo una lacrima che mi stava scivolando sulla guancia ‹‹ti prego...››
Cercai di avvicinarmi a lei, ma lei si
allontanò ancora di più.
‹‹Io… non posso
Danny, ti prego non insistere.››
‹‹Perché?!›› chiesi in tono esasperato, e forse con un tono di voce
troppo alto.
Lei mi guardò negli occhi, e questa
volta i suoi occhi erano tristi.
‹‹Lo vuoi proprio
sapere è?!›› disse cercando di sovrastare il mio tono
di voce.
‹‹Sono incinta Danny.
Di dieci settimane. E il bambino è tuo. Sei contento adesso? Che ti cambia?
Niente. Tanto tu i bambini non li vuoi.››
Mi guardò, mentre io stavo ancora
cercando di capire che cosa mi avesse detto.
Incinta?
Candy
incinta?
‹‹Beh vedo che non
dici niente›› disse pochi secondi dopo al mio
silenzio. Iniziò a piangere e le sue lacrime non si fermavano più ‹‹Lo sapevo che non avresti approvato. È per questo motivo
che io me ne sono andata di casa. Ne avevamo parlato quel giorno al parco, ti
ricordi? M-ma tu mi dicesti che non era una buona
idea, che non era il caso e che non sarebbe stato più come prima. Da quel
giorno mi sono rassegnata ad avere bambini con te››
continuò in tono disperato ‹‹Ma poi è successo. Ed io
ho iniziato ad amare questa creatura che cresce dentro di me, che dopotutto è
frutto del nostro amore, perché almeno io ti amo. Ma non posso non tenerlo Dan,
lui è mio e sta crescendo in me. Tu non puoi capire che cosa mi sta succedendo.››
Effettivamente non riuscivo a capire cosa
stava succedendo.
Io avevo sempre desiderato avere un bambino con lei, ma avevo sempre creduto
che lei non ne volesse avere. Ne aveva sempre parlato come mostriciattoli che
creano solamente fastidio dove non c’è.
La guardai cercando di farmi capire.
‹‹Non..non capisco.
Sei, sei sempre stata tu quella che diceva di non voler bambini››
‹‹Beh dopo che mi
avevi fatto benissimo intendere come la pensavi su di loro, che altro potevo
fare se non assecondarti?››
La guardai shockato.
Cercai di ricollegare quando mai io le
avevo detto delle cose simili.
Tornai indietro con i miei ricordi, fino
a quando non mi venne in mente un giorno in cui avevo litigato con Doug a
scuola, per via di un nostro collega che aveva deciso di tradire la moglie. Io
ero rimasto profondamente shockato da quella cosa, tanto che ripetevo le frasi
che avevo detto a Doug poco prima. E ovviamente Candy aveva inteso male quelle
frasi.
‹‹Candy io..›› iniziai a parlare ma lei mi interruppe.
‹‹Non dire niente, so
già come la pensi, e non ho bisogno che tu mi faccia sentire più male di come
sto adesso››
Lei non capiva che vederla star male in
quel modo, faceva star male anche a me.
‹‹Candy io ti devo
spiegare, ti prego››
‹‹Non voglio starti a
sentire Dan, non voglio!!››
Stava per attraversare la strada, quando
la fermai.
‹‹Candy non è vero che
io non voglio bambini›› urlai disperato.
‹‹È stato un
equivoco.. Quel giorno io parlavo di altre cose e forse tu hai travisato tutto.
Non è vero che non voglio bambini. E soprattutto con te..››
Lei mi scostò da me e continuò ad
attraversare le strisce.
Quando era quasi arrivata dall’altra
parte della strada provai di nuovo.
Non potevo mollare.
‹‹Candy torna indietro
ti prego, io ti amo e voglio crescere con te il nostrobambino›› urlai a pieni polmoni.
Per un momento lei si fermò e poi si
voltò con le lacrime agli occhi e sussurrò in un lieve sorriso:
‹‹Davvero vuoi crescere
il nostro bambino assieme?››
Io le sorrisi.
‹‹Certo che si, ti amo
Candy! E amo già anche lui!››
Mi sorrise e guardandomi negli occhi e
fece marcia indietro, attraversando la strada per tornare da me.
Ma proprio quando era quasi arrivata da
me e io le stavo andando incontro, sentii il clacson di una macchina suonare
all’impazzata.
Il mio occhio si voltò verso il semaforo
dei pedoni: rosso.
Mi voltai verso di lei urlando:
‹‹Candynooo!›› ma era troppo tardi. A
pochi metri da me, davanti ai miei occhi, quella macchina che stava andando ad
una velocità fuori controllo, colpì Candy e la scaraventò dall’altra parte
della strada. Poco dopo si sentì un grande fracasso. La macchina che l’aveva
travolta si schiantò contro una staccionata di una villetta li vicino, mentre
il corpo di Candy era inerme, a terra.
Corsi verso di lei e quando fui
abbastanza vicino mi accorsi che era cosciente.
Del sangue le usciva da una ferita alla
testa e aveva dei graffi che sanguinavano sul viso.
‹‹Oddio Candy! Candy come stai?
Oddio
mi dispiace! È tutta colpa mia››
Delle lacrime scendevano dai suoi occhi.
‹‹Dan..Danny… il bambino!›› disse lei
sfiorandosi con una mano la pancia.
‹‹Candy..››
A vederla in quello stato, temetti per
la sua salute e per quella della piccola creatura.
‹‹Danny!!›› sentii urlare dietro di me.
Mi voltai e vidi Doug corrermi incontro.
Dietro di lui c’erano gli altri.
‹‹Cazzo Dan! Che è
successo?››
‹‹Doug l’hanno
investita! Ti prego chiama subito un’ambulanza!››
Vidi Giuly prendere il cellulare e
chiamare prontamente un aiuto.
‹‹Giuly c’è anche un
uomo in questa macchina! Dì che ci sono due feriti››
urlò Giovanna.
Guardai Candy, la quale piangeva dal
dolore, toccandosi la pancia.
‹‹Dan non ce la
faccio, mi fa troppo male››
‹‹Candy resisti ti
prego! Vedrai che vi salverete tutti e due!››
Mi voltai verso Giuly.
‹‹Ehi di loro che la
donna ferita è incinta!››
Doug mi guardò sconvolto.
Io guardai nuovamente Candy.
‹‹Non temere, andrà
tutto bene››
Pochi minuti dopo due ambulanze erano li
vicino a noi. In una caricarono l’uomo che era nella macchina, mentre io salii
assieme a Candy nell’altra. Durante il tragitto le strinsi la mano più che
potevo, cercando di sorriderle e dirle parole dolci.
Desideravo con tutto me stesso quel
bambino.
‹‹Siete forti entrambi›› dissi ‹‹Vedrai che ve
la caverete››
Le diedi un bacio sulla fronte e lei
annuì.
Arrivati all’ospedale la portarono nel
reparto d’urgenza e io la seguii, ma quando entrò nella stanza, un’ infermiera
mi disse che avrei dovuto attendere fuori e che non sarei potuto entrare
assieme a lei. Mi guardai intorno e proprio fuori dalla stanza notai una
finestrella. Mi appostai lì, cercando di capire che cosa le stavano facendo,
che cosa stava succedendo.
In quei momenti che parevano durare
un’eternità entravano e uscivano infermieri e dottori di tutti i tipi.
Mi appoggiai al muro, per cercare
sostegno,quando vidi arrivare Doug e Giuly, seguiti da Harry e Tom.
‹‹Come sta?›› mi chiese Doug.
‹‹Non lo so›› dissi preoccupato ‹‹Non mi
hanno fatto entrare e mi hanno detto di aspettare qui fuori››
‹‹Vedrai che ce la farà›› mi disse Giuly con un sorriso.
‹‹Devefarcela›› mormorai con le lacrime agli occhi.
Doug mi attirò a sé, stringendomi in un
abbraccio, e io mi sfogai il mio dolore in un pianto.
Sentivo la mano delicata di Giuly sulla
mia spalla.
‹‹L’avevo appena ritrovata›› singhiozzai ‹‹Non me
la possono portare via proprio adesso››
‹‹Oh Dan, devi
essere positivo! Sono sicura che ce la farà›› sorrise
Giuly.
‹‹È incinta di
dieci settimane, lo sapevate?›› dissi con un filo di
voce ‹‹E credeva che io non volessi quel bambino da
lei.. per questo motivo se n’è andata di casa››
‹‹Ma tu adori i
bambini! Lo vedo da come ti comporti con Holly..››
disse Tom.
‹‹Infatti›› sospirai io ‹‹Ma lei credeva di no, per via di un equivoco che c’era
stato tra di noi.. Ed è andata via, ed ha affrontato tutto questo da sola. E
proprio quando ci siamo ritrovati lei…››
Mi coprii il viso con le mani, cercando
di asciugare le lacrime.
Dopo più di un’ora che eravamo lì ad
aspettare qualche notizia, da quella stanza uscì un dottore.
‹‹Chi è qui per Doleman Candy?››
Mi voltai e andai verso di lui.
‹‹Se mi vuole seguire›› disse.
Entrato nella stanza vidi Candy stesa sul
letto. Aveva la testa fasciata, al suo polso c’era un ago che conduceva ad una
flebo, dei piccoli tubicini attaccati al naso e accanto a lei c’era il monitor
che segnava il ritmo del suo cuore.
‹‹Come sta dottore?›› chiesi preoccupato.
‹‹Se la caverà. Avrà
solamente bisogno di molto riposo e di tante attenzioni››
disse lui.
Un improvviso sollievo mi colpì.
Lui mi guardò serio.
‹‹Ma c’è una cosa
che devo dirle››
‹‹Di cosa si tratta?›› chiesi timoroso, con la paura di sapere che cosa avesse
dovuto dirmi.
‹‹Quando la ragazza è
stata scaraventata a terra, durante il colpo, ha battuto troppo forte il grembo
e purtroppo ha perso il bambino››
Quelle parole mi risuonarono in testa
come un tuono.
Il nostro bambino.
Il bambino di cui avevo appena saputo
l’esistenza non c’era più.
Nel momento stesso in cui il dottore
disse quelle parole, i monitor a cui era attaccata Candy impazzirono.
‹‹Che cosa succede?›› urlai.
Il dottore corse verso il letto di
Candy.
‹‹Lei non può stare
qui. Mary portalo fuori!››
Un’infermiera venne verso di me.
‹‹Adesso lei deve uscire››
Cercai di opporre resistenza.
‹‹No! Voglio sapere
che cosa sta succedendo! Che cos’ha Candy?››
‹‹Mi dispiace, ma
deve uscire! Ci faccia svolgere il nostro lavoro!››
In pochi secondi mi ritrovai fuori.
‹‹Che diavolo è
successo?›› urlò Doug verso di me ‹‹Abbiamo
sentito del casino››
‹‹Non lo so›› mormorai io ‹‹So solo che il
nostro bambino non c’è più.››
Calò il silenzio.
‹‹E adesso non so
che cosa sta succedendo a Candy, mi hanno fatto uscire››
Giuly mi abbracciò.
‹‹Dan noi siamo con
te! Non arrenderti, ok?››
Le sorrisi debolmente.
Un unico pensiero si faceva insistente
nella mia mente.
Che
avrei fatto se anche Candy mi avesse abbandonato?
***
Eccomi qua.
Sono molto curiosa dei vostri pensieri adesso. Sono stata cattiva, lo so. Con
Danny sono stata molto cattiva in questa storia. Ma mi sono affezionata a lui,
mi sono affezionata alla sua vita all’interno di questa fiction, Non gli voglio
male, dico sul serio.
Al tempo
scrivere questo capitolo fu abbastanza snervante. E adesso, dopo qualche mese,
ha avuto bisogno di una bella limatura. Ma spero che il risultato che ne è
venuto fuori vi sia almeno piaciuto un po’, per quanto triste possa essere
stato questo capitolo.
x_blossom_x : Grazie. Ti dico solo questo. <3
Tsumika83 : dopo Lost ti shocko pure io. Ahah. Ma sapevi già che cosa succedeva. Tra poco arriva la
parte nuova anche per te *.* Non vedo l’ora. Grazie mille per il commentino e
spero che anche questo ti sia piaciuto
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
15.
Giuly’s
POV.
La mia testa era affollata da mille pensieri
confusi.
Da quando c’era stata la festa di Dougie
le cose per me erano molto cambiate, e non in meglio.
Quella novità della nuova band mi aveva
completamente distrutta. I giorni passavano e lui aveva iniziato a fare delle
piccole riunioni con gli altri componenti della band, ma io non riuscivo ancora
a comprendere perché mai lo stesse facendo.
Doug era parte dei McFly e i McFly erano
parte di Doug. Per me la storia finiva lì.
Ma molto probabilmente per lui non era
così.. O almeno era quello che mi stava dimostrando.
Dopo aver cenato, si recava dai nuovi
compagni per delle riunioni, ma di lì a pochi giorni, lo vidi uscire con il
basso e a quel punto capii che con quella band iniziava proprio a fare sul
serio.
Aveva preso ad uscire tutte le sere,
lasciandomi a casa sola come una scema davanti alla TV a pensare a lui. Avevo
anche iniziato a chiedermi se andasse veramente a fare le prove con quella
stupida band oppure se mi tradisse con una ragazzina più giovane e più bella di
me.
Quelle sere solitarie mi avevano spinto
a pensare alla situazione di Tom e Giovanna. Probabilmente stavo iniziando a
capire come dovesse sentirsi Tom quando Giovanna non era in casa.
Per me la sera con Doug era il momento
più bello della giornata, quando io e lui ci coccolavamo sul divano, dedicando
del tempo completamente a noi stessi.
Ma da un po’ di tempo quella sintonia
tra di noi non c’era più, ma solo perché lui
non era più con me.
E io mi sentivo sola.
Invece Doug dal canto suo, probabilmente
non sentiva affatto la mia mancanza, tutto preso com’era dalla sua nuova
attività.
L’unica cosa che mi faceva distrarre da
quella strana situazione che si era creata in casa con lui, era il lavoro. Mi
concentravo talmente tanto quando ero in azienda, che nelle ultime settimane
avevo portato il lavoro così avanti che se non mi avessero dato altro da fare
sarei rimasta a secco per due o tre settimane. E i miei colleghi se n’erano
accorti e si erano compiaciuti con me, che mi vedevano così indaffarata nel
lavoro.
Derek, con il quale avevo quasi sempre i
turni, continuava a comportarsi in modo strano nei miei confronti. Era sempre
più gentile degli altri e appena aveva un minuto di pausa veniva a scambiare
due chiacchiere con me. Era come se volesse prestarmi più attenzione del
dovuto.
Ma sinceramente non avevo né tempo né
voglia per cercare di capire che cosa pensasse di fare.
Anche se il lavoro mi aiutava a
dimenticare la mia brutta situazione con Dougie, decisi di prendermi due
settimane di ferie in previsione delle vacanze natalizie, per cercare di
dedicare un po’ di tempo a me stessa.
Un pomeriggio, pochi giorni prima di
natale, mi chiamò Giovanna dicendomi che avrebbe voluto invitare me e Doug da
lei per il pranzo di Natale, così saremo stati tutti assieme come ai vecchi
tempi almeno per quel giorno.
Accettai con piacere, anche perché
probabilmente se fossi rimasta in casa da sola con Doug avrei finito per
litigare con lui e rovinarmi anche quei giorni di festa.
E fui felice quella mattina di trovare
un’aria di piacevole serenità in casa Fletcher. Probabilmente Tom aveva trovato
il modo di parlare con Giovanna e quella novità mi rese particolarmente felice.
Dopo aver dato il cappellino natalizio
ad Holly andai a salutare Giovanna, fermandomi a parlare con lei.
Poco dopo arrivarono anche gli altri e
tutto pareva essere nella norma, fino a quando non vidi Candy sulla soglia
della sala, proprio davanti a me.
Non capivo come potesse essere riapparsa
dal nulla e scambiandomi una veloce occhiata con Gi, capii che lei sapeva che
cosa era successo, ma che forse per questioni private Candy non me ne aveva
parlato.
Durante il pranzo mi era sembrata la
Candy di sempre, fino a quando non si alzò e lasciò la sala. Avevo capito che
se ne stava andando perché non si sentiva bene e un attimo dopo che era uscita
dalla casa, Danny la seguì.
Noi restammo in silenzio, probabilmente
chiedendoci come sarebbe andata tra loro due, ma dopo 5 minuti sentimmo un
fortissimo schianto e ci precipitammo fuori, per vedere che era successo.
Trovammo una macchina sfasciata ad una staccionata e Candy stesa a terra
dall’altra parte della strada, con Danny accanto a lei.
Da quel momento i fatti si susseguirono
molto in fretta.
Chiamammo le ambulanze e poi ci
dirigemmo verso l’ospedale. Giovanna rimase a casa con la piccola, mentre Tom
andò in macchina assieme a Harry. Ero impaziente di sapere come stava Candy e
volevo stare vicina a Dan.
Le ore, ma anche i semplici minuti,
parevano interminabili in quel corridoio attorniato da pareti bianche. C’era un
odore di farmaci fortissimo, il tipico odore dolciastro degli ospedali, che mi
aveva sempre stordita un po’. Erano passate più di due ore da quando io, Doug e
gli altri eravamo arrivati lì per capire cosa fosse accaduto a Candy. Poco dopo
che noi eravamo arrivati un dottore aveva chiamato Danny, dandogli una notizia
bruttissima. Candy durante l’incidente aveva perso il bambino che stava
crescendo dentro di lei da poco più di due mesi. E proprio in quel momento i
monitor a cui era attaccata Candy erano improvvisamente impazziti e i dottori
avevamo mandato Danny fuori ad aspettare.
E come aveva detto lui eravamo li, ad
aspettare, sperando in una notizia positiva da parte dei medici.
Dentro la mia testa si facevano spazio
tanti pensieri, tante domande.
Perché
Candy non mi aveva detto che stava aspettando un bambino?
Eravamo molto amiche e lei lo sapeva
bene.. forse in qualche modo avrei potuto aiutarla o consigliarla sul da farsi,
starle vicina.
Ma lei no. Aveva sempre avuto il
problema di non voler “disturbare” le persone con i suoi problemi. Aveva sempre
preferito chiudersi in se stessa, piuttosto che chiedere un consiglio per paura
dare fastidio.
Io le avevo ripetuto più volte che
quando aveva un problema doveva parlarmene, ma non lo aveva mai capito.
Danny l’amava veramente tanto e mi
pareva ingiusto che in quel momento lei fosse in un letto di ospedale
rischiando di andarsene e vederevicino
a me Danny soffrire in quel modo, con il cuore distrutto, invece di essere
felici assieme a crescere loro figlio.
Perché
le cose dovevano sempre andare male?
Perché
le persone a me vicine dovevano sempre soffrire?
La voce di Danny mi distolse dai miei
pensieri.
‹‹La prego mi dica
qualcosa!›› lo vidi andare incontro ad un dottore
appena uscito dalla stanza dove si trovava Candy.
Il dottore lo portò un po’ più lontano
da noi e cominciarono a parlare, ma man mano che parlava, gli occhi di Danny si
riempirono di lacrime, facendo segno di no con la testa.
A quel punto temetti il peggio.
In quel momento sentii il bisogno di
avere Doug vicino, così mi avvinai a lui prendendogli la mano e lui mi
abbracciò a sé.
In quel momento avrei voluto urlargli
che l’amavo e che non lo avrei mai lasciato per niente al mondo..
Avevo paura e mi rendevo conto che
quella era una situazione troppo pesante.
Pochi minuti dopo il dottore lasciò
Danny e lui tornò da noi.
Con le lacrime agli occhi ci disse:
‹‹Il.. il dottore mi
ha appena detto c-che Candy è entrata in uno stato coma..››
Il mio cuore si gelò.
Le sue poche parole mi avevano
pietrificata.
L’unico gesto che riuscii a compiere fu
quello di portare una mano alla bocca.
Non
era possibile.
Qualche ora prima Candy era seduta
vicino a me, a mangiare e chiacchierare per il pranzo di Natale, e adesso si
trovava in un letto di ospedale in stato di coma.
Danny continuò.
‹‹Il dottore ha
detto che è successa una cosa molto strana..›› la sua
voce tremava e le lacrime scendevano copiosamente ‹‹..
ha detto che è come se Candy avesse smesso di reagire ai farmaci e che si fosse
indotta quello stato da sola. H-ha detto che non
resta che aspettare››
A quel punto andai incontro a Danny e lo
abbracciai.
Non riuscivo a credere che tutto quello
stesse succedendo veramente a lui, a tutti noi. In quel giorno le cose
avrebbero dovuto rimettersi a posto, non sarebbero dovute peggiorare.
Poco dopo un’infermiera ci disse che se
volevamo, potevamo entrare un po’ nella stanza.
Così entrammo, in silenzio.
Ma quando la vidi, stesa su quel letto
con il volto pallidissimo e le ferite dell’impatto dell’incidente, non ce la
feci a trattenere le lacrime.
Candy era attaccata a tantissimi monitor
che contavano i battiti del suo cuore, aveva degli aghi ai polsi e una flebo
vicino al suo letto.
Avevo le mani sul volto per coprirmi le
lacrime, quando a un certo punto sentì due braccia avvolgermi.
Stavo per sussurrare il nome di Doug,
quando voltandomi trovai Tom a sostenermi, con un piccolissimo sorriso sulle
labbra. Un sorriso amaro, adatto a quella situazione.
Ma anche se ringraziai mentalmente Tom
per il sostegno, le mie lacrime continuavano a scendere.
Mi voltai per cercare Dougie con lo
sguardo e lo vidi in fondo alla stanza, vicino a Danny, che apparentemente
guardava verso Candy, ma il suo sguardo era perso nel vuoto.
Chissà
a che cosa stava pensando in quel momento…
Restammo in silenzio per qualche minuto,
poi mi avvicinai al letto e in un impulso diedi un piccolo bacio sul una
guancia a Candy, sussurrandole:
‹‹Torna presto da noi
ti prego. Abbiamo tutti bisogno di te. Soprattutto Danny.››
Poi mi allontanai.
Osservai Doug che era ancora immerso nei
suoi pensieri e mi voltai di nuovo verso Candy. Dopo di che uscii dalla stanza.
Non ce la facevo a vederla li distesa.
Mi sentivo stare male e avevo bisogno di rinfrescarmi, avevo bisogno si un po’
d’aria.
Andai nel bagno dell’ospedale e mi
rinfrescai il viso con dell’acqua ghiacciata.
Pochi minuti dopo ero di nuovo in quel
corridoio, seduta su una sedia, poco distante dalla camera di Candy.
Anche se provavo a pensare, non riuscivo
a capacitarmi di quello che stava succedendo.
Quella mattina a pranzo avevo sperato il
meglio per loro… e invece mi ritrovavo lì.
‹‹Hey come ti senti?››
La voce di Doug mi riscosse.
‹‹Bene..›› sussurrai.
Dietro di lui c’erano anche Tom e Harry.
‹‹Danny ha detto che
vuole stare un po’ solo con lei.. e non vuole che noi stiamo altro tempo qui,
teme che sia un peso per noi›› disse Tom amaramente.
‹‹Perché non vai a
salutarlo?›› mi sussurrò Doug.
Io annuii.
Bussai alla porta ed entrai.
Danny era alla finestra della camera e
stava osservando fuori, con il volto rigato dalle lacrime.
‹‹Hey››sussurai.
Lui si voltò e fece di tutto per
sforzarsi di sorridermi.
Lo raggiunsi e lo abbracciai,
sussurrando:
‹‹Ti prego cerca di
non abbatterti.. Lei è forte e tornerà sicuramente da noi, da te. Lo sai che ti
ama! E io sarò qui ogni volta che avrai bisogno, ok?››
Mi scostai un po’, per sapere la sua
risposta.
Sentivo che anche il mio viso era
nuovamente rigato dalle lacrime e ciò non aiutava in quella situazione.
‹‹Grazie›› sussurrò
solamente.
Ma mi bastò.
Lui sapeva che io sarei stata lì se lui
avrebbe avuto bisogno.
Gli diedi due baci sulle guance e lo
lasciai da solo con i suoi pensieri.
In realtà mi sentivo il cuore in una
morsa perché avrei voluto tenergli compagnia, ma forse lui preferiva stare un
po’ da solo in quel momento.
Tornai dagli altri e silenziosamente ci
avviammo alle macchine, nel parcheggio.
Era già scesa la sera e il cielo si
stava completamente rabbuiando.
Nessuno osava dire niente, eravamo tutti
troppo shockati per quello che era successo.
Quando arrivammo alla macchina ci
salutammo e poi io e Doug andammo verso casa.
Durante il tragitto ero troppo immersa
nei miei pensieri per dire qualcosa, ma ad un certo punto la voce di Doug mi
riportò alla realtà.
‹‹Ehm.. Lo so che forse
non è il momento adatto, ma… Domani avrei delle prove
importanti con la band e non posso proprio mancare.››
Sbarrai gli occhi.
Come
osava parlarmi della sua band da quattro soldi in un momento come quello?
Cercai di restare calma.
‹‹Già. Hai ragione tu.
Non è il momento adatto›› gli lanciai un’occhiata
piena di odio. Volevo che sapesse che quella situazione non mi andava giù.
Avrebbe dovuto capirlo subito, il giorno del suo compleanno, ma lui aveva fatto
la sua scelta, fregandosene di me e dei suoi migliori amici.
E io mi stavo comportando da vigliacca,
perché fino a quel momento lo avevo sempre coperto.
Ma non sapevo quanto avrei retto ancora.
Lui mi guardò un secondo, con una
espressione vuota, e poi si voltò dall’altra parte.
Per il resto del viaggio non volò una
mosca.
Candy, una delle mie amiche più care era
entrata in coma dopo aver perso un bambino e lui veniva a parlarmi della sua
nuova band.
Come se potesse importarmene qualcosa.
Ma
come poteva pensare ai suoi impegni in un momento del genere?
Che poi non era il suo lavoro.
Lui era un insegnante.
E aveva dei bambini meravigliosi che gli
volevano bene.
E la sua band erano i McFly.
Erano.
E io invece ero ancora la sua ragazza.
E in quel momento mi stava trascurando,
non c’erano dubbi.
Dopo tutto quello che era capitato quel
giorno, avevo sperato che sarebbe stato un po’ con me quella sera, che mi
avrebbe coccolata un po’, visto che era ormai troppo tempo che non stavamo più
insieme.
Ma probabilmente avrebbe preferito
pensare ai ragazzi della band, piuttosto che a me.
Cercai di non pensarci.
Quando scesi dalla macchina e entrai nel
vialetto di casa, vidi che c’era un uomo abbastanza alto che stava bussando
alla porta di casa nostra.
Anche se non avrei voluto guardai
furtiva Dougie, che mi ricambiò con un’occhiata stranita.
Mi avvicinai piano con lui verso la
porta e quando fui a poca distanza mi accorsi che i capelli dell’uomo erano
rossi.
Il mio cuore cesso di battere per un
momento.
Non
era possibile…
Lui
non poteva essere lì.
Dopo la giornata che avevo appena
passato, poteva essere stata benissimo una allucinazione dovuta dalla
stanchezza.
‹‹Mi scusi sta
cercando qualcuno?›› chiese Doug.
‹‹Eh?›› la
figura si voltò. Guardò Dougie con noncuranza, ma quando vide me i suoi occhi
si illuminarono ed esclamò:
‹‹Giulia!
Finalmente!››
Parlava in italiano e sentii il respiro
mancarmi.
Daniele era davanti ai miei occhi, dopo
dieci anni che non lo vedevo.
E i suoi occhi verdi erano sempre i
soliti.
Quegli occhi color smeraldo che mi
avevano fatta innamorare di lui, tanto tempo indietro.
Era alzato ancora ed era effettivamente
diventato un uomo.
A malincuore dovetti ammettere a me
stessa che era diventato un bell’uomo.
Che
diavolo ci faceva li?
Doug mi guardò di traverso:
‹‹Hey lo conosci
questo qui?››
Io annuì solamente, troppo shockata per
poter dire qualcosa.
‹‹Pensavo di non riuscire più a trovarti! È tutto il giorno
che ti cerchiamo!››
Chi
altro c’era con lui?
Nel frattempo Doug stava diventando
sempre più impaziente.
‹‹Chi è questo Giuly?
Me lo vuoi dire?››
Lo guardai e sussurrai.
‹‹Da-Daniele… Si lui è Daniele››
Dissi a Doug indicandoglielo.
Doug sbarrò gli occhi.
Probabilmente aveva intuito di quale
Daniele stavo parlando.
‹‹E
lui è Dougie›› dissi rivolta a
Daniele.
‹‹Il suo attuale ragazzo›› precisò lui acido.
Tsk. Era il mio
ragazzo solo quando pareva a lui.
Daniele non lo considerò minimamente e
iniziò a tempestarmi di domande.
‹‹Allora
come stai? Spero che tu stia bene! È così tanto che non ci sentiamo…
figuriamoci che non ci vediamo! Sono dieci anni! E tu sei cambiata un bel po’!
Lavori? Che fai nella vita? Ti trovo in gran forma sai?››
In quel momento nella mia testa c’era
veramente tanta confusione.
Che
ci faceva lui lì?
Chi
c’era con lui?
Perché
mi era piombato davanti proprio quella sera?
Non ero proprio in vena di ricevere
visite in un momento come quello.
‹‹Digli di smetterla di
parlare in italiano. Siamo in Inghilterra no? Beh, dovrebbe parlare in inglese.››
Guardai Doug esterrefatta.
Che
diavolo voleva adesso pure lui?
Stavo per ribattere, quando un vociare
di persone mi interruppe.
Doug imprecò:
‹‹E adesso che caz..››
Ma la voce di Daniele lo bloccò:
‹‹Iris!
Vane! L’ho trovata!È qui!››
Un attimo dopo vidi le facce sorridenti
di Iris, Vanessa e di Walter venirmi incontro.
Non credevo ai miei occhi.
I miei vecchi amici erano li davanti a
me.
Ero troppo distrutta da quello che mi
era successo, per poter essere felice in quel momento.
‹‹Ragazzi!›› sussurrai
soltanto.
Andai incontro alle ragazze e le
abbracciai.
‹‹Fatevi
vedere, vi trovo proprio bene. Ma quanto tempo è passato dall’ultima volta?
Troppo, troppo tempo››
Iris e Vane mi sorrisero e poi salutai
anche Walter.
‹‹E
lui chi è?›› chiese curiosa Iris.
Mi voltai e vidi Doug completamente
shockato.
Probabilmente era rimasto qualche passo
indietro.
Mi avvicinai a lui.
‹‹Lui è
Dougie››
‹‹Il suo ragazzo›› aggiunse nuovamente.
Lo guardai male, poi dissi:
‹‹E loro sono Iris,
Vanessa e Walter››
‹‹Che
ci fate qui?›› chiesi poi.
Parlò Iris.
‹‹Abbiamo deciso di fare un viaggetto e non sapevamo dove
andare. Poi Daniele se ne è venuto fuori con la storia che saremmo potuti
venire qui e vedere di trovarti. Siamo arrivati ieri. E caso ha voluto che oggi
pomeriggio abbiamo incontrato tua madre in centro. A proposito››
sorrise ‹‹Il suo nuovo marito non è niente male!››
Sorrisi alle sue parole.
‹‹E
quindi le abbiamo chiesto dove abitavi! E adesso siamo qui, fino al 2 Gennaio.
E pensa che Vanessa e Walter hanno lasciato i loro due pargoletti per venire da
te!››
Guardai shockata Vanessa.
‹‹Hai
due figli?››
Lei annuì sorridendo.
‹‹Dobbiamo raccontarti un bel po’ di cose…››
‹‹Beh
non ci resta che andare dentro, non vi pare?››
Mi voltai e mi accorsi che Daniele non
aveva mollato gli occhi su di me per un attimo.
Mi sentii un po’ a disagio.
Doug aprì il portone e poi mi disse:
‹‹Io me ne vado in
camera, tanto non ci capisco niente di italiano.››
‹‹Doug›› sussurrai
afferrando il lembo del suo giacchetto.
Non volevo stare peggio di come già
stavo.
‹‹Non preoccuparti. È
tanto che non li vedi no? E poi io domani devo andare dai ragazzi per provare..››
Ah già. Lui doveva pensare alla band…
‹‹Beh.. Buona notte›› disse dileguandosi sulle scale che portavano al
piano superiore.
‹‹Qualcosa non va?›› chiese Daniele
preoccupato.
‹‹No,
non preoccuparti›› dissi ‹‹Domani deve svegliarsi presto!››
‹‹Ma
domani è San Stefano! Non può lasciarti sola››
Io mi limitai ad alzare le spalle.
Lui non lo sapeva, ma in quell’ultimo
periodo mi ero abituata a starmene da sola.
Anche se era una situazione che odiavo.
Li feci accomodare in cucina e nel
mentre preparai un po’ di the.
Non ero proprio in condizioni di stare a
chiacchiera con loro, ma mi pareva scortese mandarli via. Così mi feci
coraggio.
‹‹Beh,
raccontatemi tutto›› dissi con un
leggero sorriso.
Quel
giorno non sarebbe mai arrivato al suo termine…
***
Eccomi
di nuovo qua. Ho dovuto aggiustarlo un po’ qui un po’ lì perché era mezzo monco
questo capitolo. Non che il risultato adesso sia ottimale, ma spero che almeno
buono lo sai diventato.
Lascio a
voi i commenti!
Tsumika83 : grazie per avermi ricordato che dovevo postare, mi ha
fatto molto piacere. E lo so.. sono stata un po’ cattivella con Danny.. ma
speriamo che si risolva tutto.. non subito oc3 però piano piano..
Grazie Elsi <3
RubyChubb : Ehm.. questo è il massimo che gli farò accadere.. beh l’avevo
detto che non era proprio l’allegria questa storia.. diciamo che se non ci
metto di mezzo i problemi non mi piace moltissimo.. cioè, più che altro se non
ho di mezzo dei problemi non mi riesce scrivere.. sono fatta male lo so.. per
le tue domande, a suo tempo ci sarà una risposta. Arrivata a questo punto non è
facile gestire tutti i miei personaggi, anche perché poi ognuno di loro ha dei
problemi personali, ma cercherò di fare il più possibile per far capire che
cosa provano tutti in questo momento. Grazie mille del commento, mi fa sempre
molto piacere avere un tuo parere! <3
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
16.
Tom’s
POV.
Erano passati appena cinque giorni da Natale
e tutto mi sembrava inverosimile.
Quando la mia mente aveva appena
sfiorato l’idea che le cose sarebbero potute migliorare, quelle erano già sprofondate
nel baratro più profondo.
Tra me e Giovanna le cose parevano andare un po’ meglio, ma non ci
eravamo ancora parlati apertamente come avremo forse dovuto fare già molto
tempo prima e lei in quei giorni era tornata nuovamente al lavoro, perché le
riprese erano ormai ad un buon punto e non aveva potuto dire di no quando era
stata richiamata.
Ed io mi ero trovato di nuovo solo, con
quel senso di solitudine che avevo un po’ dimenticato nei giorni precedenti.
Per quanto riguardava gli altri non se
la cavavano meglio di me.
Harry aveva aperto il suo nuovo negozio,
ma era sempre molto afflitto per quello che era successo con Emily. Non
riusciva a trovare una svolta alla sua vita e non lo avevo visto molto felice
pochi giorni prima.
In Doug invece c’era qualcosa che non mi
convinceva. Già il giorno del suo compleanno avevo avuto un brutto presentimento,
ma il giorno di Natale avevo notato che tra lui e Giuly c’era qualcosa che
decisamente non andava. E lei non era più sorridente come invece lo era sempre
stata negli ultimi mesi.
Speravo solamente che se la passassero
un po’ meglio di me e Giovanna.
Ma i nostri mali erano i minori.
Anzi.. in confronto a quello che stava
succedendo a Danny non erano niente.
Non riuscivo ancora a comprendere quello
che era realmente successo pochi giorni prima.
Delle immagini si facevano spazio
confuse nella mia testa, in ogni momento della giornata, ma non riuscivo a
capacitarmi di come si fosse creata quella situazione.
Candy era incinta e Danny non aveva
neanche fatto in tempo a sapere la notizia, che lei si era ritrovata in coma in
un letto di ospedale.
Aveva perso suo figlio, il figlio che
era stato frutto del suo amore con Candy.
Mi sforzavo di capire come potesse
essere accaduta una cosa del genere, ma ogni volta che ci provavo non venivo a
capo di niente.
Avevano perso una piccolissima creatura,
il simbolo del loro amore.
E pensavo a Danny, che probabilmente in
quei giorni si era ritrovato in pensieri più grandi di lui, più grandi di tutti
noi messi assieme.
Provare a mettersi nei suoi panni
sarebbe stata una cosa impossibile.
Ricordo che quando Giovanna mi diede la
notizia della piccola Holly, il mio cuore si era riempito di una gioia infinita
e aveva smesso di palpitare per qualche attimo. Una piccola creaturina
stava crescendo nel grembo della persona per la quale avrei dato la vita.
Non potevo cercare di capire come si
potesse sentire Danny in quel momento.
Sapevo solamente che mi dispiaceva per
lui, perché proprio lui tra tutti noi non si era meritato affatto tutto quello
che gli stava succedendo.
Ero conscio del fatto che non avrei
potuto fare niente per aiutarlo, perché non avrei potuto ridargli indietro suo
figlio, ma proprio per quel motivo continuavo a sentirmi inutile.
Due giorni prima ero andato a trovarlo e
avevo lasciato la piccola con i nonni, che erano venuti a trovarci, ma poi loro
erano tornati a casa e così quel pomeriggio mi ritrovai solo con mia figlia.
Vedere Danny in quello stato mi aveva addolorato
tantissimo e sapevo che l’unica cosa che potevo fare era tenergli compagnia,
cercare di farlo distrarre da quello che gli stava succedendo attorno.
Mi diressi verso la camera di Holly e
quando aprii la porta, invece di trovarla a dormire come credevo, la trovai in
terra a colorare su un foglio due strane figure.
‹‹Hey›› sussurrai
dolcemente camminando verso di lei.
Holly alzò subito la testa di scatto e
sorrise:
‹‹Pàààà››urlicchiò.
Lei allungò le braccine
verso di me e io la presi tra le mie. Poi presi il foglio che stava colorando.
‹‹Stavi disegnando
vero?››
‹‹Shì›› disse lei tutta
felice.
‹‹E dimmi un po’›› chiesi curioso ‹‹che cosa
stavi disegnando?››
‹‹Awww›› disse lei.
Prima indicò una delle due figure e
disse:
‹‹Mamyy›› e poi indicando
l’altra disse ‹‹Papy››
Solo in quel momento capii che le due
figure rosa, una con capelli marroni e l’altra con capelli gialli, si stavano
tenendo per la mano.
Così la guardai e le sorrisi:
‹‹E si tengono per
mano perché si vogliono tanto bene, vero?››
‹‹Shì›› annui lei
seria.
‹‹Beh hai proprio ragione›› sussurrai dandole un bacino sulla testa ‹‹Voglio proprio tanto bene a tua mamma››
Sospirai.
Holly era un piccolo angelo. Nel suo non
sapere, incoscientemente mi aiutava tantissimo. Ogni suo sorriso, ogni sua
parola mi rendeva orgoglioso di essere suo padre.
Mi soffermai a riflettere.
Quel pomeriggio avevo in programma di
andare a trovare Danny ed avrei voluto portare con me la bambina, ma allo
stesso tempo mi rendevo conto che non potevo portare con me in un ospedale
Holly, che non aveva ancora tre anni. Come avrebbe reagito a vedere Candy?
E come avrebbe reagito Danny a vedere
Holly?
Non sapevo se le mie fossero solamente
paranoie, ma forse Danny non avrebbe avuto piacere a vedere la piccola..
O forse si?
Sospirai, non sapendo davvero che cosa
fare, ma dopo poco convinsi me stesso che la cosa più importante era aiutare
Danny in quel momento.
Holly era sempre stata una bambina
intelligente, ed ero sicuro che anche in quel caso mi avrebbe capito.
Mi diressi verso il lettino di Holly e
ce l’accoccolai sopra. Lei istintivamente prese Pisolo, il peluche del suo nano
preferito e se lo abbracciò con trasporto, sorridendo felice.
In ogni suo gesto era semplicemente
perfetta.
‹‹Allora principessina..
Che ne dici di andare dallo zio Danny oggi?›› le
chiesi dolcemente.
I suoi occhioni
vispi guardarono subito i miei e lei disse solamente:
‹‹Shì››
‹‹Sai›› partì incerto ‹‹lo zio è un po’ triste ultimamente, quindi noi dobbiamo
essere allegri con lui e farlo sorridere, va bene?››
Lei annuì decisa con la testa e poi mi
disse:
‹‹Shì!››
Mentre stavo prendendo dal cassetto dei
panni per vestirla per uscire, mi accorsi che lei voleva scendere dal letto.
Così tornai indietro e la poggiai in terra e lei zompettò
non poco lontano da lì, tornando alla sua postazione precedente, quella dove
poco prima l’avevo trovata intenta a disegnare.
Quando fui sicuro di aver preso tutti
tra biancheria, maglietta, maglione, pantaloni e vari accessori per fuori, che
era sempre innevato, mi voltai e la ritrovai intenta a disegnare.
Mi avvicinai e vidi che stava disegnando
una figura simile alla precedente, solo che questa volta aveva fatto due grandi
occhi celesti alla figura non ben definita e dei grandi boccoli marroni.
Inoltre, aveva tentato di fare una forma simile a un cuore vicino alla figura.
Lei si voltò verso di me e sussurrò con
un sorriso:
‹‹Ccìo!››
‹‹La mia piccina ha
fatto un disegno dello zio?››
‹‹Shishi!!›› si alzò e iniziò a
saltellare con il disegno in mano.
‹‹Che ne dici di
scriverci sopra che è da parte tua?››
‹‹Shi››urlicchiò.
Così mi sedetti sul pavimento e lei si
accoccolò attaccata a me. Holly prese un pennarello da terra e poi fece per
darmelo, ma la bloccai.
‹‹Scriviamoloassieme››
Così presi la sua piccola mano nella mia
e mentre la sentivo ridere felice, iniziai a muovere la mano, facendo scrivere
a Holly sul foglio:
“Per Zio Danny da Holly”.
Quando finii di scrivere le chiesi:
‹‹Allora che te ne pare?››
‹‹’Ello›› rispose lei.
La riportai verso il lettino e la vestii
di tutto punto, per andare a trovare Danny.
Appena finito uscimmo e dopo aver preso
la macchina ci dirigemmo verso l’ospedale.
Arrivati là parcheggiai e mi diressi con
Holly tra le braccia verso il reparto in cui si trovava Candy.
Quando fui abbastanza vicino alla stanza
chiesi ad un’infermiera se poteva tenermi per pochi minuti la piccola, per
andare a chiamare Danny.
Non volevo che lei vedesse Candy.
Mi ero convinto che non sarebbe stata
una bella visuale per lei ed ero arrivato alla conclusione che avrei potuto
aiutare Danny anche senza entrare nella stanza con la piccina.
Così la lasciai li fuori mentre
sorrideva all’infermiera, facendogli vedere il disegno che aveva fatto poco
prima per lo zio.
Quando entrai trovai Danny a sedere su
una sedia.
Il corpo accasciato su quello di Candy,
le sue mani intrecciate con quelle di lei.
Mi avvicinai silenziosamente e lo
osservai.
Il suo respiro era lento e gli occhi
erano chiusi, molto rossi.
Sospirai, la pensiero delle pene che
stava passando in quel momento.
Mi dispiaceva quasi essere andato li a
disturbarlo.
Chissà da quanto non dormiva per via dei
suoi pensieri?
Tornai sui miei passi verso la porta,
indeciso sul da farsi e per chiedere all’infermiera se poteva rimanere altri
cinque minuti con mia figlia.
Ma quando avevo ormai raggiunto la
soglia sentì dietro di me dei mormorii.
Mi voltai e vidi Dan bisbigliare
qualcosa e quando mi avvicinai mi accorsi che aveva le lacrime agli occhi.
Mi avvicinai lentamente a lui e poi
dandogli delle piccole pacche sulla spalla sussurrai:
‹‹Hey Dan! Dan
svegliati!››
Lui in un primo momento non reagì in
nessun modo, ma dopo avergli dato altre due leggere pacche, aprì lentamente gli
occhi, vedendomi vicino a lui.
Si tirò su a sedere e con un gesto
automatico passò una mano sugli occhi, come per negare che quelle lacrime fossero
veramente esistite.
‹‹Ehi›› sussurrò ‹‹che ci fai qui?››
Sorrisi.
‹‹Sono passato a
vedere come andava››
Lui sospirò voltandosi verso Candy. La
guardò intensamente, come se stesse comunicandogli qualcosa solamente tramite
lo sguardo e poi si voltò verso di me e scosse la testa.
‹‹I dottori dicono
che non ci sono né miglioramenti né peggioramenti. È stabile››
Tornò ad osservarla.
Non sapevo come potevo rendermi utile.
Dovevo fare in modo che lui si dimenticasse di quella brutta situazione almeno
per qualche minuto, ma prima che io potessi dire qualunque cosa, lui mi disse:
‹‹E tu? Come va? In
questi giorni non ti ho chiesto molto.. Sono un po’ fuori dal mondo e non so
neanche come se la passano i miei amici. Pensate tutti ai miei problemi››
Scossi la testa.
Come
poteva pensare a delle cose del genere in un momento come quello?
‹‹Dan non dirlo
neanche per scherzo. È logico che siamo tutti preoccupati per te in un momento
come questo.. e non preoccuparti per me. Va tutto bene››
sforzai di sorridere, ma un po’ per la situazione, un po’ per la morsa al cuore
che sentivo in quel momento, lui si accorse che qualcosa non andava.
‹‹Tom lo so che non
me la racconti giusta. Non c’è bisogno che tu faccia finta di niente con me. Ti
conosco troppo bene per capire che qualcosa non va››
Fece una piccola pausa e aggiunse ‹‹Me ne vuoi
parlare?››
Sorrisi.
Un sorriso sincero.
Danny era semplicemente disarmante.
Ero in una stanza di ospedale, dove la
sua ragazza era in un letto in coma e lui si preoccupava di sapere che cosa
c’era che non andava nella mia vita.
‹‹Dan›› iniziai incerto
‹‹non mi sembra il caso.. In una situazione come
questa di stare ad assillarti con i miei problemi. Che poi veri problemi non sono›› sussurrai più a me stesso che a lui.
‹‹Adesso sei tu che fai
lo sciocco Fletcher. Anche tu sei un mio amico sai? E se hai un problema perché
non parlarmene? Potrei consigliarti o comunque cercare di capire dove sta il
problema e parlarne con te›› si voltò nuovamente
verso Candy e poi si voltò nuovamente verso di me‹‹Anzi, sarei molto
felice di aiutarti››
Non riuscivo a parlare. Come poteva
dirmi delle cose del genere.
‹‹Come ci riesci?›› chiesi solamente.
‹‹A fare cosa?›› chiese lui.
‹‹Ad essere così. A
darmi il tuo aiuto in un momento come questo. Io..io..››non so se ce la farei, pensai tra me
e me.
Come se lui mi avesse letto nel pensiero
mi disse:
‹‹Lo faresti anche
tu Tom, ne sono certo. Come a te sta cuore lei››
disse alzando una mano di Candy che era intrecciata con la sua ‹‹a me stanno a cuore i tuoi problemi. Quindi se non sono
troppo invadente.. quale è il problema?››
Non sapevo da dove cominciare a parlare,
ma cercai di farmi forza, ringraziando mentalmente Danny. Era veramente un
amico affidabile.
‹‹Vedi.. Ultimamente
tra me e Giovanna non c’è molto dialogo..›› lui mi
guardò come per spronarmi a continuare a parlare ‹‹..e
questo va avanti da quando lei ha iniziato il nuovo lavoro››
Sospirai.
‹‹Non è mai a casa e
quelle poche volte che è presente non parliamo moltissimo, perché forse abbiamo
perso quella abitudine che avevamo prima a vivere in stretto contatto. Non
essendo mai a casa devo fare tutto da solo, ma quello non mi pesa molto. Il
fatto è che è lontana dalla piccola e lei ne sente tanto la mancanza. Io in
questa situazione non riesco più a scrivere e comporre. Non so più come fare,
perché so quanto Giovanna ami recitare e so anche che adesso è veramente troppo
tardi per troncare con il lavoro, ma la piccolina ha bisogno di lei.. Io non
posso fare da madre e padre assieme. E poi lei mi manca da morire››
Abbassai gli occhi guardandomi le
scarpe.
Come
potevo dirgli delle cose del genere quando la ragazza a cui era legato lui
stava in bilico tra la vita e la morte?
Sentì le parole di Danny scorrere
tranquille:
‹‹Ma a tutto c’è una
soluzione››
Io alzai la testa per guardarlo e lui
sorrise:
‹‹Sai, dopo quanto
sta succedendo a Candy ho riflettuto molto su quello che è capitato in
precedenza. Non voglio sviare dai tuoi problemi ai miei, ma è per farti capire››
Non potei far altro che annuire e lui
continuò.
‹‹Da quando lei si
trova qui, non posso fare a meno di pensare che sia solo colpa mia se tutto
questo è successo.››
‹‹Dan non dirai sul
serio?›› dissi sconvolto ‹‹Non
pensarlo minimame-››
Ma lui mi interruppe.
‹‹No Tom,
tranquillo. Non c’è bisogno che tu mi dica questo. Io ne ho la certezza che la
colpa è mia e adesso ti spiego il perché. Quando Candy se n’è andata di casa io
mi sono ritrovato da solo e con i pensieri offuscati. Non sapevo cosa fare,
come comportarmi. Ho cercato di parlare con lei, ma non mi sono impegnato
abbastanza. Se solo io e lei avessimo parlato con calma.. se solo io avessi
cercato con tutto me stesso di entrare in casa dei suoi e parlargli a
quattr’occhi, tutto questo non sarebbe mai successo e probabilmente adesso
sarei stato a casa con lei a fare progetti sul nome che avremo potuto scegliere
per nostro figlio..››
Avevo un groppo alla gola.
‹‹Mi dispiace, non
sai quanto›› riuscì a dire solamente.
‹‹Anche a me›› mormorò lui ‹‹Ma non ti ho
detto queste cose perché tu provi compassione per me. Ti ho detto queste cose
perché mi sono reso conto solo quando era troppo tardi quanto fosse importante
il dialogo tra me e lei. Ed è questo che io ti invito a fare Tom. Parla con
Giovanna, parlale di tutto quello che non sta andando in questo momento della
tua vita. Dille che non riesci più a scrivere, dille che ti manca, dille che la
piccola ha bisogno di lei e che anche tu hai bisogno che lei ti sia vicino›› fece una piccola pausa e mi guardò ‹‹Ma ti prego. Fallo. Non fare come me, per favore›› disse in un sussurro.
Ero disarmato dalle sue parole.
Lui aveva ragione e io lo sapevo.
Dovevo spiegare a Giovanna che cosa mi
stava succedendo, lei doveva sapere.
E forse le cose si sarebbero finalmente
aggiustate tra di noi.
‹‹Grazie››sussurai soltanto.
‹‹Sei un vero amico›› aggiunsi dopo qualche secondo.
‹‹E mi dispiace che
mi hai dovuto ascoltare quando ero venuto per farti un po’ di compagnia e non
farti pensare a nessun genere di problema››
‹‹Fletch da quando hai
iniziato a scusarti per ogni cosa che fai?››
Scossi la testa.
‹‹Graziecomunque››
Era passato un po’ di tempo da quando
ero entrato nella stanza e dissi incerto:
‹‹Dan... io avevo
portato con me la piccola, ma non so se è il caso.. Non so se tu vuoi vederla››
‹‹Perché mai non dovrei?›› disse con un sorriso ‹‹I
bambini sono così belli, così gioiosi.. E poi Holly è un piccolo angelo, perché
mai non dovrei voler vederla?››
‹‹Beh››
Non sapevo che cosa dire.
‹‹Non essere sciocco›› mi disse lui.
Fece per alzarsi, ma prima di uscire
assieme a me, diede un piccolo bacio sulla fronte di Candy e le sussurrò:
‹‹Torno subito amore››
Non potei fare a meno di sorridere
amaramente.
Quando aprii la porta della stanza la
piccola Holly che era poco distante, a sedere su delle sedie assieme
all’infermiera che stavano giocando, mi vide e urlicchiò:
‹‹Pààà››
Ma quando si accorse che dietro di me
c’era Danny scese da sola dalla sedia e zompettò da
suo zio con il foglio in mano:
‹‹Ccìoccìo!! Uaddauadda!››
Ringraziai l’infermiera per aver tenuto
compagnia alla piccola e mi disse che non era stato un problema per lei, poi mi
voltai e vidi Danny prendere tra le sue braccia la piccolina, dicendo:
‹‹È per me?››
‹‹Shiii›› disse lei
sorridendo.
Lui prese il disegno e lesse:
‹‹“Per Zio Danny
da Holly”. Uhh! Sono io questo?››
domandò alla piccina.
‹‹Shiiii! ‘elloccìo!››
Vidi Danny sorridere alle parole di
Holly, mentre stava passeggiando in su e in giù con lei per il corridoio.
‹‹Grazie Holly! È
davvero bello! Lo terrò con cura››
‹‹Aww›› lei mise le braccine attorno al suo collo e lo strinse.
Danny si voltò verso di me e mi sussurrò
un grazie, che io ricambiai con un
sorriso.
Dopo pochi minuti che stavamo parlando e
Danny faceva giocare la piccola, mi accorsi che si era fermato proprio davanti
alla finestra della camera di Candy. Vidi la piccolina scorgersi per guardare
dentro e poi la vidi voltarmi verso di me:
‹‹Papy?››
Danny la guardò e lei sussurrò:
‹‹Ccìa?››
Si voltò di nuovo non riuscendo a capire
e poi tornò a guardare nella stanza e con una manina indicò dentro chiedendo:
‹‹Ccìa? Cciadomme?››
Andai verso di loro e nel mentre Danny
guardò Holly e poi le diede un bacio, facendola distrarre da quella domanda
innocente che gli aveva posto pochi secondi prima.
Quando arrivai da lui la presi tra le
mie braccia.
Lei mi abbracciò dandomi un bacino sulla
guancia, non sapendo minimamente nella sua innocenza quello che stava accadendo
alla sua zia.
Danny guardò nuovamente il piccolo
foglio che lei le aveva regalato e quando si voltò per tornare verso la stanza di
Candy vidi una lacrima solitaria cadere sul suo viso e una frase sussurrata
nell’aria.
‹‹Ti
prego, torna presto da me››
***
Non volevo
farvi aspettare molto, così ho postato un nuovo capitolo, anche se ci sei solo
tu Tsumiihih. Ti ringrazio per aver letto e commentato il
precedente capitolo, lo sai che mi fa piacere!!
E poi
volevo ringraziare una new entry che lascio in
anonimato che ha messo questa e New Life tra i preferiti! Mi fa molto piacere,
quindi grazie!!
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
17.
Dougie’s
POV.
Dopo quasi dieci anni che stavo con lei,
davanti ai miei occhi, da pochi giorni a quella parte, mi ero ritrovato davanti
una Giuly che non avevo mai conosciuto.
Già la mattina del 26 Dicembre mi ero
reso conto che avevo perso qualcosa per la strada. Quando la sera prima avevamo
trovato davanti casa nostra Daniele, il suo ex ragazzo italiano, non credevo
che lei sarebbe potuta cambiare così tanto in poco tempo.
Inizialmente mi era sembrata scocciata
del fatto che lui e gli altri fossero arrivati da lei dopo una giornata pesante
come quella che avevamo trascorso, ma quando la mattina dopo li avevo alle 9 di
mattina davanti al portone di casa, mi dovetti ricredere su quello che avevo
pensato.
La felicità e la spensieratezza con la
quale li accolse, mi fece capire che era veramente felice di rivederli.
Per un breve momento fui felice di
vederla sorridere in quella maniera, ma quando poi mi accorsi, osservandola,
come guardava Daniele quando le parlava, non potei far a meno di dimenticarmi
la felicità che avevo provato per lei e iniziai a provare gelosia per come
trattava Daniele.
E così quel giorno, quello dopo e quello
dopo ancora, loro si erano sempre presentati davanti casa nostra al mattino,
per farsi portare da Giuly nei luoghi più conosciuti di Londra. Lei aveva preso
le ferie, non sapendo che loro sarebbero arrivati proprio in quei giorni,
mentre io ero quasi sempre indaffarato con le prove della band. Quando non le
avevo seguivo loro per osservarli e cercare di tenere Giuly più stretta a me
che potevo.
Non riuscivo a capire se lo stesse
facendo apposta nei miei confronti, oppure se le venisse naturale di guardare
con quegli occhi sognanti quelli di Daniele. Un paio di volte, mentre eravamo
fuori a visitare Londra, l’avevo ritrovata a osservarlo silenziosa. Quando poi
lui si voltava e la vedeva, lei sorrideva, come se niente fosse accaduto. E mi
veniva da pensare che quegli stessi sguardi così sognanti erano stati rivolti a
me fino a poco tempo prima.
In quell’ultimo periodo le cose tra me e
lei non erano state molto rosee e tutto per via della mia nuova band.
Ma lei non capiva quanto questa
opportunità fosse importante per me. Io tenevo a quei ragazzi, tenevo a quella
musica e lei pareva non capirlo.
E quando la sera uscivo di casa per
andare a suonare, lei pareva indifferente a tutto ciò, come se io non ci fossi
stato e come se non le avessi detto niente.
Dopo un po’ avevo perso la speranza di
parlarle della mia nuova attività, visto che non provava nessun tipo di
curiosità nei sui riguardi. Ma mi dispiaceva al tempo stesso, che si stesse
così allontanando da me e che si stesse nuovamente avvicinando a lui.
E
che lo stesse facendo sotto ai miei occhi.
Mi preoccupai ancora di più, quando una
mattina di quelle parlando con Walter, l’unico dei quattro che aveva un po’ più
di praticità con l’inglese, mi disse che tra Iris e Daniele non scorreva molto
buon sangue. Mi disse che da un po’ di tempo litigavano spesso, per motivi a
lui estranei e che avevano deciso di fare quella vacanza, proprio per cercare
di mettere fine a quella loro brutta situazione e cercare di rimediare il loro
rapporto.
Ma più che a rimediare il loro rapporto,
mi pareva che l’intenzione di Daniele fosse quella di rimediare qualcosa da
Giuly.
Era arrivata la mattina dell’ultimo
dell’anno, la vigilia del nostro decimo anniversario e quando la mattina mi
svegliai, i miei propositi erano più buoni di quelli che avrei mai sperato. Il
giorno precedente dopo essere andato da Danny a fargli la mia visita
giornaliera, mi ero diretto in gioielleria e avevo comprato una piccola collana
d’argento d’oro bianco con piccolo pendaglio a forma di cuore per Giuly.
Sapevo quanto adorava l’oro bianco ed
ero sicuro che quando avrebbe visto il mio regalo, mi avrebbe donato uno di
quei meravigliosi sorrisi che io amavo tanto.
Ma quando scesi in cucina, trovai un
biglietto per me:
“Ciao Doug, sono andata al Madame Tussaud con i ragazzi perchè loro
non ci sono mai andati. Non ti ho svegliato, tanto so quanto ti annoi nei posti
in cui sei già stato. Magari ci vediamo in giornata, oppure ci vediamo
direttamente stasera per andare da Danny.”
Già.. quella sera avevamo deciso di
trascorrerla con Danny e Candy. Dopo tutto quello che gli stava succedendo,
eravamo sicuri che un po’ di compagnia gli avrebbe fatto piacere.
Lessi nuovamente il biglietto, cercando
qualche parola affettuosa rivolta nei miei confronti, ma non ne trovai traccia.
Quella mattina avrei avuto una riunione con la band, ma ero così triste e
dispiaciuto per quello che stava succedendo, che preferì mandare un messaggio
al chitarrista della band e dirgli che non sarei potuto andare.
Mi si prospettava davanti una bella
giornata di solitudine.
Decisi che sarei andato a cercare Giuly
e dopo aver preso la macchina ed essermi diretto in centro, in quell’inferno
stradale, arrivai al Madame Tussauds. Odiavo guidare
nel centro di Londra, ma la situazione non era delle migliori, quindi per una
buona volta misi da parte l’odio che avevo per il traffico del centro. Arrivato
a destinazione parcheggiai poco distante dal museo.
Solo quando scesi e mi ritrovai lì
davanti, mi venne in mente che quello era il posto dove io e Giuly eravamo
andati per il nostro primo appuntamento.
E proprio in quel momento la mia mente
partì verso il mondo dei ricordi..
Arrivato
davanti al portone della sua casa, suonai e dopo un minuto lei si affacciò
sulla porta salutandomi con il sorriso sulle labbra.
‹‹Ciao››
‹‹Ciao››
dissi a mia volta dandole un piccolo bacio a fior di labbra.
Lei
si chiuse la porta alle spalle e poi mi prese per mano.
‹‹Allora
dove mi porti oggi?›› mi chiese curiosa.
‹‹Ahah›› scossi la testa ‹‹niente da
fare. Vedrai quando siamo arrivati là››
Sbuffò,
ma allo stesso tempo vidi che era divertita da quel mistero.
Prendemmo
la metro, ma invece di scendere alla fermata di Baker Street, scendemmo alla
precedente: Regent’s Park.
Quando
Giuly vide che presi quella strada mi disse tutta entusiasta:
‹‹Aww!
Hai organizzato un pomeriggio romantico al parco?››
Io
sorrisi tra me e me e le risposi solamente:
‹‹Aspetta e
vedrai››
Le
presi nuovamente la mano e la trascinai dietro a me. Ne approfittai per farle
fare un bel giro per il parco, per farla distrarre dalle mie vere intenzioni.
Lei si osservava attorno tutta eccitata e felice di essere in quel posto.
Procedemmo lungo le due strade circolari concentriche del parco ottocentesco e
poi cercai una buona uscita che ci avrebbe condotto verso Marylebone
Road.
Lungo
il tragitto sentivo la mano di Giuly stretta saldamente alla mia. Mi voltai ad
osservarla e proprio in mezzo al marciapiede mi fermai e la baciai.
Sentii
dietro di me dei brusii dei passanti, ma poco mi importava.
Amavo
quella ragazza.
Giuly
mi guardò interrogativa, per poi chiedermi con un sorriso:
‹‹A
cosa devo tutto questo impeto?››
‹‹Niente››
risposi io ‹‹Volevo darti un bacio, tutto qui››
Lei
si alzò un pochino sui talloni e mi diede un piccolo bacio innocente.
‹‹Grazie››
disse solamente.
Il
mio intento di distrarla era riuscito magistralmente, perché eravamo arrivati
in Marylebone Road e lei non si era accorta di
niente.
Proprio
quando passammo davanti all’entrata del museo io le sussurrai all’orecchio:
‹‹E
grazie di che? È il nostro primo appuntamento e deve essere perfetto. Infatti
non è neanche cominciato››
Aprii
il portone del Museo e vi entrai dentro, con Giuly che mi seguiva stupita.
‹‹Che
fai?›› chiese con un filo di voce.
‹‹Adesso
inizia il bello›› le dissi con un sorriso.
Lei
mi guardò con gli occhi che brillavano e sussurrò nuovamente un “grazie” tra le
labbra.
Andammo
a fare i biglietti e poi seguimmo il percorso che portava ad un ascensore.
Salimmo assieme ad altri due ragazzi e quando la porta si aprì, mille scatti di
fotografi ci colpirono in pieno volto. In realtà non si trattava di fotografi
in carne ed ossa, bensì di alcune sagome di paparazzi attaccate al muro, dalle
cui macchine fotografiche provenivano dei flash.
Giuly
rimase un secondo immobile vicino a me, ad osservare incantata quei mille
flash, ma poi si riscosse e fece due passi verso quei flash, intenta a farsi
“fotografare” nelle varie pose da tappeto rosso.
‹‹Non
sei a una premiere sai?›› dissi andandole in contro.
‹‹Oh
ma sto facendo le prove caro!›› disse lei molto
sofisticata.
‹‹E
per cosa?›› chiesi curioso.
‹‹Beh..
Per quando sarai famoso no?››
Non
potei fare a meno di ridere e di portarla via da quei flash, per entrare nella
prima stanza con le statue di cera.
Appena
entrammo Giuly si fermò nuovamente, immobilizzata ad osservare il salone in cui
eravamo appena entrati. Davanti a noi c’era una piccola fontanella e tanti pilastri
bianchi. Le varie statue posavano immobili tutte attorno a noi.
‹‹Guarda
Doug guarda!›› iniziò a urlicchiare
lei quando si riscosse dal suo stato di momentaneo shock. ‹‹Guarda!!
C’è Julia!! Julia Roberts! E Kate Moss! E Brad Pitt! E Tom Cruise!!››
Saltellava
da destra a sinistra senza fermarsi un attimo.
‹‹Ehi
se ti calmi un attimo possiamo fare delle foto, che ne dici?››
Lei
mi guardò come se avessi detto la cosa più intelligente del mondo.
‹‹Lefotooooo! Non ci avevo pensato! Doug ma sei un genio!!!›› mi abbracciò con trasporto e poi mi sorrise, come se
avesse avuto quattro anni.
‹‹Da
dove iniziamo?››
‹‹Beh
da dove vuoi tu››
Lei
mi prese per la mano e decise che fare le foto in senso orario sarebbe stata la
soluzione migliore. Ci scambiavamo di posto e ad ogni star facevamo una faccia
diversa. Fui geloso di come venne bene la foto di lei in procinto di baciare
Johnny Depp su una guancia.
Ero
geloso di lui.
Quando
finimmo la prima sala entrammo nella seconda e continuammo a farci mille foto
con le tante star del cinema; poi fu la volta della sala degli sportivi e della
famiglia reale. In fondo alla sala, seduti su un divanetto, c’erano le quattro
statue dei Beatles e poco distante da li altri famosi cantanti. Seguiva poi la
sala dei politici e delle figure religiose più importanti. Finita anche quella
sala una guida ci fece strada e ci disse che se volevamo potevamo scegliere il
percorso che prevedeva la visita alla “Chamber Live”
oppure proseguire per andare direttamente alla Camera degli orrori. Io guardai
Giuly e lei con un sorriso disse:
‹‹Chamber Live vero?››
Io
annuii poco convinto e assieme a lei mi diressi all’entrata.
Il
giro prevedeva l’entrata in una prigione completamente buia, dove c’erano
figure umane che vagavano qua e la con catenacci, spaventando noi visitatori.
Sentivo Giuly sussultare ad ogni passo e stringermi così tanto la mano, quasi
da stritolarla, così le passai un braccio sulle spalle e quando quei pochi
minuti di buio,rumori e urla furono finiti, mi guardò riconoscente:
‹‹Forse
era meglio non entrare›› disse impaurita.
Ma
non era finita lì. Continuando c’era la sala delle torture con statue molto
tetre che ci attendevano in un corridoio cupo, dove l’aria pesante e sgradevole
aiutava a sentire quella “tremenda atmosfera di morte”. Vedevo Giuly osservarle
silenziosamente, come se al nostro primo rumore quelle avessero potuto andarle
incontro per farle del male. Sorrisi al pensiero di come più di una volta quel
giorno mi era sembrata una bambina.
Finita
la sala delle torture entrammo in una sala dove veniva mostrato il processo
della lavorazione delle cere, con esempi di progettazione e realizzazione di
vari modelli. Arrivati a quel punto, altre guide ci indirizzarono verso alla
penultima attrazione del museo: la sezione “Spiritof London”, un giro su un vecchio blackcab tipico di Londra che seguiva un percorso su
rotaie e offriva la migliore visuale di oltre 400 anni di storia londinese.
Anche in questo percorso erano moltissime le statue e le illuminazioni
utilizzate. Seduti nel nostro taxi, osservavamo la vecchia Londra che scorreva
accanto a noi, tra le salite e le discese del percorso. Finito il percorso
seguimmo la strada conduceva verso una stanza a forma di cupola, dove
proiettarono “AardmanPresents: The Wonderful World ofStarsfor Madame Tussauds” un cartone animato con la trama di alcuni alieni
che arrivano sulla terra che fanno incontro con le star nel museo.
Finito il piccolo filmato, proseguimmo verso il punto shopping, dove poco
distante dalla cassa vidi una foto mia e di Giuly, scattata a tradimento
durante il piccolo tragitto nel black cab.
Quando
lei vide le nostre facce preferì tenersi le tante foto che ci eravamo scattate
da soli e dopo aver dato una veloce occhiata dal negozio uscimmo in strada.
I
suoi occhi risplendevano di luce propria e il suo sorriso era radioso.
‹‹Doug..
Io non so come hai fatto! È stata un’esperienza fantastica!! Tutto quanto!
Anche la Camera degli orrori! Io.. Grazie, non so che altri dirti! Davvero
grazie! È il miglior primo appuntamento che avessi potuto sperare››
La
guardai sorridendo:
‹‹Sono
felice che la mia idea ti sia piaciuta! Non volevo fare una cosa banale e
questo era qualcosa di diverso rispetto al cinema o a una passeggiata nel parco››
‹‹Già››
annuì lei ‹‹hai proprio fatto centro››
‹‹Ma
se vuoi possiamo prolungarlo ancora di più questo appuntamento..››
Lei
mi invitò a continuare ‹‹Beh che ne dici di una
cenetta italiana? Per farmi scoprire un po’ le tue tradizioni?››
Vidi
che lei mi guardò scettica.
‹‹E
credi che qui a Londra ci sia un posto adatto e all’altezza per mangiare del
buon cibo italiano?›› chiese.
‹‹Beh››
avevo già pensato anche a quello ‹‹Gi e le sue
origini italiane, mi avrebbero consigliato un ristorantino nella Queensway, non molto lontano dalla stazione metropolitana
di Bayswater.. Che ne dici? Te la senti di provare?››
Lei
ebbe un attimo di esitazione, ma poi accettò.
E
fece bene, perché la cena a base di pasta alla bolognese, delle fettine di
carne rossa con patate arrosto e una fetta di crostata con marmellata alla
pesca, fu un toccasana dopo il pomeriggio passato a scorrazzare per le vie di
Londra. Finita la cena, chiesi a Giuly se le andava di fare un piccolo giro a Kensington Garden, così andammo a trovare Peter Pan.
Poi
un po’ distrutti per la giornata prendemmo la metro e la accompagnaifin sotto al portone della sua casa.
‹‹Proprio
come un vero gentiluomo›› scherzò su Giuly.
Io
mi avvicinai a lei e la baciai.
‹‹Solo
perché sei tu.. e perché ti amo››
Lei
sorrise.
‹‹Ti
amo anche io Doug! Grazie per tutto! Sei stato perfetto!››
Le
diedi un altro piccolo bacio e poi la lasciai andare. Lei sparì dietro la porta
e io mi avviai a casa. Dopo due minuti che stavo camminando il mio cellulare
vibrò.
Era
Giuly e il suo messaggio diceva:
“Già
mi manchi”.
Il clacson di un camion che proveniva
non molto lontano dalla mia posizione, mi riscosse da quel tunnel di ricordi in
cui ero finito.
Scossi la testa.
Che
cosa stava succedendo? Dove era finito quel bellissimo rapporto di serenità che
io avevo sempre avuto con Giuly? Ma soprattutto.. Che credevo di fare? Credevo forse che andando là avrei ritrovato Giuly
e che dopo avrei potuto riportarla a casa come una bambina di dieci anni che ha
disubbidito al padre?
Mi meravigliai di me stesso. Giuly era
una donna autonoma e poteva fare ciò che voleva.
Mi aveva palesemente allontanato da lei
quella mattina, probabilmente sperando di rimanere un po’ sola con Daniele.
A quel pensiero, una morsa allo stomaco
si fece sentire.
Stavo perdendo Giuly. E solo perché lei
non capiva quanto fossero importanti per me quella nuova band e quei ragazzi
che avevo conosciuto da un po’ di tempo a quella parte.
Perché io dovevo mettere da parte le mie
ragioni per stare a sentire le sue, se poi lei mi piantava in asso così per
stare con un altro?
Presi il cellulare e vidi che non
c’erano punte chiamate, così mandai un messaggio a Clive,
il chitarrista leader della band, per chiedere come era andata la riunione.
Mi rispose dicendomi che era stata
spostata nel primo pomeriggio.
Io feci marcia indietro e dopo essere
passato di casa a mangiare un boccone, mi diressi negli studi e mi ritrovai con
loro.
Mi piaceva stare in loro compagnia,
pianificare, comporre, creare, suonare… Erano delle
belle sensazioni quelle che provavo con loro e mi facevano stare bene.
Finita la riunione, mi diressi verso
casa e quando arrivai Giuly non era ancora tornata dalla sua gita mattutina.
Andai in camera e scelsi i vestiti per la sera, quando ad un certo punto,
mentre mi stavo preparando, il mio cellulare squillò.
Quando lo presi trovai un messaggio di
Giuly:
“Doug io farò un po’ tardi, quindi
avviati pure da Danny! Ci vediamo là. A dopo”
Solitamente quando mi mandava i messaggi
c’era sempre qualche parola dolce per me, ma questa volta non fu così.
Finii di prepararmi, poi presi la
macchina e andai a prendere un po’ di champagne, dopo di che mi diressi verso
l’ospedale.
Arrivato trovai già Harry assieme a
Danny, fuori dalla stanza di Candy che stavano parlando.
Danny non aveva una cera migliore
rispetto ai giorni precedenti: quelle profonde occhiaie persistevano sotto ai
suoi occhi chiari, ma vidi comunque che stava cercando di sorridere alle parole
che gli stava dicendo Harry.
Quando mi videro li salutai e subito
Danny mi chiese:
‹‹E Giuly dov’è?››
Cercai di sorridere, come se nulla fosse
accaduto e poi dissi:
‹‹Arriverà tra poco,
doveva finire di fare una cosa››
‹‹Tutto bene comunque?›› mi chiese Harry.
‹‹Sisi››
Perché
continuavano a chiedermelo?
Poi mi rivolsi verso Danny e chiesi a
lui:
‹‹E te come va? La
situazione è un po’ migliorata?››
Lui mi fece un triste sorriso e poi
sussurrò:
‹‹Come sempre. Non ci
sono cambiamenti››
Sospirai.
Danny sviò la conversazione su Harry
chiedendogli come procedeva il lavoro al negozio.
Probabilmente voleva svagarsi un po’ con
noi, cercando di non pensare alla sua brutta situazione almeno per poco
tempo..
Parlammo tra di noi fino a quando non
arrivarono Tom assieme alla piccola Holly e Giovanna. Anche loro erano vestiti
di tutto punto, sorridenti e felici.
Li salutammo e dopo che la piccola Holly
finì il suo giro di baci agli zii, Giovanna mi chiese perché Giuly non era lì
con me.
Io guardai l’orologio e notai che
iniziava a essere tardi, ma le dissi ugualmente che sarebbe stata li in pochi
minuti perché doveva finire di fare una cosa.
Dal suo sguardo capii che lei non se
l’era bevuta, ma non le diedi peso.
Presi il cellulare e feci per chiamare
Giuly, ma appena iniziò a squillare, sentii che non c’era il bisogno di sapere
dove si trovasse.
‹‹Buonasera a tutti›› disse con la sua splendida voce.
Quando mi voltai rimasi senza fiato.
Era semplicemente perfetta.
Il vestito nero che indossava quella
sera, le ricadeva perfetto sulle sue forme delicate.
Proseguì fino ad arrivare verso di me,
si fermò e poi mi diede un piccolo bacio a fior di labbra, ma senza guardarmi
negli occhi.
Perché
mi stava facendo tutto quello?
Senza neanche una parola, senza un
sorriso, si diresse verso gli altri ragazzi per salutarli.
Si fermò da Dan e scambiò alcune parole
con lui e dopo averlo abbracciato, andò da Giovanna e si fermò a parlare con
lei.
Cercavo di capire che cosa le stesse
dicendo, ma afferravo solo poche parole, anche se ero a poca distanza da lei. E
non volevo dare nell’occhio agli altri ragazzi, non volevo che si accorgessero
che in un certo senso la stavo spiando.
Giuly sembrava entusiasta di quello che
diceva a Giovanna e aveva uno strano sorriso sulle labbra.
Non era il suo vero sorriso, ma sembrava
piuttosto un sorriso che non avevo mai conosciuto, che non aveva mai sfoggiato
in mia presenza.
C’era qualcosa che non mi tornava.
‹‹Si e poi ci siamo
fatti tante foto.. Non puoi capire, è stato meraviglioso! Era troppo tempo che
non mi divertivo così››
Avvertii nuovamente una morsa allo
stomaco.
Quella mattina lei si era divertita come
non le succedeva da tempo, nel luogo dove eravamo stati per il nostro primo
appuntamento, un luogo che era stato nostro e solamente nostro.. e lei c’era
andata con i suoi vecchi amici, quegli amici che non avevano esitato a tradirla
alle sue spalle quando si era trasferita in Inghilterra.
Non potei fare a meno di sentirmi
triste.
Triste perché sentivo che lei si stava
allontanando da me, triste perché non sapevo come comportarmi, per la prima
volta dopo tanti anni che la conoscevo.
Sentivo di avere paura.
Paura matta che lei potesse allontanarsi
da me, paura di non poter più vedere il suo bel sorriso, soltanto per me, di
non poterla di abbracciare, paura di non sentirla più mia.
Che
quel Daniele le avesse fatto nuovamente battere il cuore per lui?
Avevo afferrato fin troppo bene che quel
sorriso non era rivolto a me quella sera, ma non mi meritavo tutto quello.
Non per ciò che stavo facendo.
Perché
lei non riusciva a capirmi?
La mia mente era dispersa tra mille
pensieri, mentre il tempo, nella piccola stanza che ci avevano ceduto per
quella sera, passava indisturbato. Ogni tanto vedevo Danny uscire,
probabilmente per fare qualche piccola visita a Candy.
Ci ringraziò più di una volta quella
sera, per essere andati là da lui ad aspettare lo scadere della mezzanotte. Lo
avevo visto sorridere più degli ultimi giorni e questa cosa mi rincuorò un
pochino.
Avevamo fatto la scelta giusta, decidendo
di andare lì.
E poi c’era la presenza di Holly, che
intratteneva tutti noi con le sue dolci parole e i suoi abbracci.
Se non fosse stato per i miei problemi,
probabilmente sarei stato più loquace e avrei parlato di più con gli altri.
Ma proprio non ce la facevo ad
abbandonare quei miei pensieri.
Nella tasca della mia giacca era
nascosta la piccola scatolina che conteneva la collana che avevo comprato per
Giuly la mattina precedente. Ogni tanto la tastavo, per sentire se era sempre
lì con me.
Che
avrebbe detto quando avrebbe aperto il pensiero che le avevo comprato?
Ero curioso di scoprirlo.
Mancava veramente poco allo scoccare
della mezzanotte, così tutti noi preparammo lo champagne e i bicchieri per
brindare al nuovo anno.
Poi iniziò l’immancabile conto alla
rovescia:
‹‹10, 9, 8, 7..››
Tutti noi scandivamo i secondi che
restavano, mentre Holly ci guardava sorridente:
‹‹6,5,4,3,2,1››
E poi esplosero alcune grida:
‹‹Auguriiiiiiiii››
Dopo una serie di “auguri” generale, vidi
Danny uscire dalla stanza, mentre io mi focalizzai su una persona.
La raggiunsi fino a che non fui proprio
dietro a lei.
Con un braccio le sfiorai un fianco e
lei si voltò verso di me.
‹‹Hey›› sussurrai.
‹‹Hey›› mi fece eco.
Da
quanto non parlavo con lei?
Ormai erano più di 24 ore.
Sorrisi, ma lei non ricambiò il mio
sorriso.
Ero incerto su cosa dirle:
‹‹Io..Io volevo
farti gli auguri e..›› stavo per prendere la
scatolina dalla tasca, quando le parole di lei mi bloccarono:
‹‹Ahgià›› disse con una voce neutra, come se si fosse appena
ricordata che proprio in quel momento, io e lei festeggiavamo dieci dei nostri
anni assieme ‹‹Auguri anche a te››
Poi si voltò dall’altra parte, per
andare a parlare con gli altri.
Sospirai.
Probabilmente,
quel suo sorriso che tanto attendevo alla vista del regalo, non si sarebbe mai
fatto più vedere.
***
Oh. Questo
è forse uno dei pochissimi capitoli di questa storia che mi piace. E ci tengo
particolarmente, ecco. Spero che sia piaciuto anche a voi!!! *.*
Un grazie
particolare a Tsumika
che mi lascia sempre un commento e mi fa felice. ^-^
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei McFly (e degli altri
personaggi della mia storia), nè
offenderli in alcun modo.
Capitolo 18.
Gi’s POV.
Da pochi giorni il mio cuore si era
delicatamente posato sopra ad una nuvola e se ne stavaleggero e sospeso in aria come su un cuscino
sofficissimo. Credevo che sarei potuta scoppiare per la felicità che provavo in
quegli ultimi giorni; non solo perché il mio manager quella mattina mi aveva
comunicato che di li a due settimane le riprese sarebbero finalmente terminate,
ma perché quando tornai a casa dal lavoro tre sere prima, avevo finalmente
parlato con Tom di tutto quello che era successo tra di noi in quell’ultimo periodo
buio.
‹‹Giovanna
sei tu?››
Sentii
la sua voce chiamarmi appena richiuso il portone di casa.
‹‹Si››
La mia voce era flebile, tanto che riuscii a mala pena a sentirla io.
Perché
mi aveva aspettato in piedi fino a quell’ora?.
Mi
diressi verso la sala e poi diedi uno sguardo in cucina.
Lui
era lì, seduto ad una sedia del tavolo, che mi stava aspettando.
Che
cosa aveva da dirmi?
Posai
il giaccone e la borsa sul divano e poi mi affacciai alla porta della cucina.
Non
avevo il coraggio di guardarlo, avevo paura di quello che avrebbe potuto fare o
dire, ma lui sussurrò:
‹‹Vieni
qua a sederti››
Mi
avvicinai e mi sedetti davanti a lui.
Sentivo
i suoi occhi su di me, ma io non riuscivo ad alzare lo sguardo.
La
paura di vedere i suoi occhi tristi era troppo forte.
In
quei giorni sembrava che le cose fossero un po’ migliorate tra di noi, ma non
avevamo mai parlato seriamente e la cosa mi spaventava.
Mentre
ero immersa nei miei pensieri, sentii le sue mani prendere le mie.
In
un secondo le mie dita erano intrecciate nelle sue e le nostre fedi
risplendevano, intrecciate tra di loro.
‹‹Hey
Gi guardami››
Così
feci. Alzai lo sguardo, ma al posto dei suoi occhi tristi, trovai due occhi che
mi sorridevano.
Non
potei fare a meno di notare la bellezza del suo sorriso, e di quelle due
fossette simpatiche che io avevo sempre amato.
Sorrisi
di rimando.
‹‹Mi
dispiace rubarti del tempo proprio adesso, sarai stanca.. Ma oggi mentre ero
con la bambina, ho pensato che andare avanti così non aveva più senso.. che io
dovevo parlarti e spiegarti cosa penso di questa nostra situazione. Non
possiamo fare più finta di non sapere cosa ci sta capitando..››
Annuii
silenziosamente.
‹‹Forse
avrei dovuto dirtelo subito, ma da quando hai iniziato di nuovo a lavorare, per
me è stato tutto diverso. Non perché mi pesasse fare le cose da solo, ma perché
mi mancavi, mi mancava la tua presenza a casa, fuori a fare la spesa, la sera
davanti alla televisione.. in ogni singolo momento della giornata. Le giornate
che scorrevano lente, il nervosismo saliva, io non sapevo più come comportarmi,
non riuscivo più a scrivere, a pensare. E la cosa peggiore è che da quando non
ci sei, Holly sente tantissimo la tua mancanza. Io ho provato a spiegarle che è
il tuo nuovo lavoro, che poi potrà vederti in tv, ma troppe volte l’ho trovata
a piangere nel sonno o a chiamarti mentre non c’eri. E non sai quanto mi fa
male dirtelo, perché so quanto deve essere dura per te.. Ma io non potevo più
tenermi tutto dentro. Non voglio andare oltre a quello che siamo già andati.
Non voglio che ci siano più incomprensioni tra di noi. Io voglio che siamo sereni››
‹‹Sai
quando mi hanno proposto questo lavoro io non mi sarei mai aspettata una cosa
del genere›› la mia voce tremava, ma dovevo spiegargli
come vedevo io le cose ‹‹Mi sono ritrovata da un
giorno ad un altro in un mondo del tutto nuovo rispetto alle mie esperienze
lavorative precedenti. Un mondo dove non puoi farti prendere dagli avvenimenti
esterni, un mondo in cui devi rimanere concentrato in quello che fai per 24 ore
su 24. Non puoi permetterti di sbagliare, perché se lo fai, rallenti il lavoro
di tutti gli altri›› presi un respiro, mentre lui non
staccava gli occhi da me, curioso di sapere dove volessi arrivare ‹‹Io per prima mi sono accorta di aver commesso un grande
errore. Io per prima so che in questo caso non sono stata una brava madre per
mia figlia, ed una buona moglie per te. Mi sono lasciata prendere dall’euforia,
non sapendo realmente quello che mi avrebbe attesa. Era troppo tempo che volevo
recitare di nuovo, e facendolo ne ho pagato le conseguenze››
Guardai Tom negli occhi e continuai ‹‹Pochi giorni
prima di Natale, quando già io sapevo che la scelta che avevo fatta non era
stata quella giusta, ho trovato un pupazzo di neve nel cortile. Quella sera mi sono
immaginata te e la piccola mentre stavate facendo quel pupazzo, tra sorrisi e
scherzi con la neve. E poi ho realizzato che io mi ero persa quello splendido
pomeriggio con voi, che mi stavo perdendo tante giornate con le due persone che
io amo di più. Lo so Tom, ho sbagliato. Ma quando avevo cominciato era ormai
troppo tardi. Non posso più tornare indietro. Sono stata risucchiata in un
vortice dal quale non ho trovato via d’uscita. Ma sono sicura di una cosa.
Potessi tornare indietro questo lavoro non lo accetterei per niente al mondo.
Non sai quanto avrei preferito stare con voi in tutti questi giorni. E mi
dispiace, non immagini quanto››
Forse
per il nervosismo accumulato, forse per la nostra conversazione, sentì scendere
sulla mia guancia una piccola lacrima solitaria.
Abbassai
lo sguardo, come per non farla vedere a Tom, ma lui asciugò quella lacrima con
un dito.
‹‹Perché
non ci siamo parlati subito?››
‹‹Perché
non ci siamo detti come stavano le cose, come io stavo male senza di te e come
per te fosse la stessa cosa, e invece abbiamo preferito nasconderci dietro a
due maschere? Perché?››
‹‹Non
lo so Tom›› sentii che sulle mie labbra si stava
formando un sorriso amaro ‹‹Non lo so.. Forse perché
non volevamo ammettere a noi stessi i nostri sentimenti.. oppure perché siamo
stati due stupidi››
‹‹Hai
ragione tu›› disse lui annuendo ‹‹Siamo
stati proprio due stupidi››
Si
avvicinò a me e mi diede un delicato bacio sulle labbra, che ricambiai con
dolcezza.
Sorrisi
e poi mi alzai per prendere un bicchiere d’acqua.
Tutto
quel parlare mi aveva messo sete. Sorridevo al vuoto davanti a me.. finalmente
mi ero chiarita con Tom.. ed il mio cuore si era improvvisamente alleggerito.
Non
feci in tempo ad arrivare alla credenza per prendere un bicchiere, che sentii
le braccia di Tom avvolgermi la vita.
Un
sussurro all’orecchio mi fece sorridere:
‹‹Ti
amo Gi››
‹‹Anche
io ti amo››
Non
potei fare a meno di voltarmi verso di lui e trovarmi a pochi centimetri dal
suo corpo.
Da
quanto tempo non mi ritrovavo in una situazione simile?
I
suoi occhi brillavano. Non lo vedevo così sinceramente felice da ormai troppo
tempo. Due anime gemelle come noi non erano fatte per stare lontano troppo
tempo, non potevano vivere l’una senza l’altra.
Sorrisi,
felice di trovarmi nuovamente tra le sue braccia, al sicuro e al riparo da
tutto quello che mi circondava. Poi sentii la terra mancarmi sotto ai piedi.
Solo quando per istinto accavallai le gambe alla sua vita, capii che mi aveva
presa in collo. Sorrisi maliziosamente e ringraziai la mia altezza. A volte non
essere tanto alte aveva i suoi vantaggi. In quel nuovo contatto eravamo ancora
più vicini e non fu difficile per me cancellare quella piccola distanza tra le
nostre labbra. Un bacio tenero, un bacio dolce, un bacio lento, come una
melodia musicale che ti invade il corpo e la mente. E poi piano piano, sentivo quella melodia dolce divenire qualcosa di
diverso, qualcosa di coinvolgente, di appassionante. I nostri baci diventavano
a mano a mano più famelici e presto non furono più sufficienti. Sentii Tom
muoversi e pochi secondi dopo mi ritrovai seduta sul tavolo della cucina.
Per
un millesimo di secondo, in quel vortice di emozioni in cui ci eravamo
catapultati, chiesi flebilmente a Tom:
‹‹Sei
sicuro?››
Lui
annui.
‹‹Ma
la piccola..››
‹‹Tranquilla››
disse lui tra un bacio e l’altro ‹‹Si è addormentata
poco prima che tu arrivassi. Adesso sarà nel mondo dei sogni››
Annuii
mentalmente alla sua affermazione e tornai a concentrarmi sui suoi baci. Dolci,
delicati. Sentivo le sua labbra morbide sulle mie, per poi abbandonarle e
tracciare una piccola scia, fino ad arrivare all’orecchio e poi sul collo.
Sentii
le sue mani cercare il sotto del maglione e piano piano
alzarlo, finché io non portai le braccia in alto e lui poté togliermelo
definitivamente. Tornò a concentrarsi sul mio collo.
Sapeva
come farmi felice, conosceva tutti i miei punti deboli.
‹‹Tom..›› un impercettibile sussurro di piacere, per fargli sapere
che le sue delicate labbra sapevano quello che stavano facendo.
Mentre
ero presa da quel turbine di piacere, iniziai a sganciare i bottoni della sua
camicia, mentre lui pensò alla mia maglietta. Al tocco delicato delle sue mani
sulla mia pelle, un brivido di freddo mi percosse e Tom mi abbracciò ancora più
stretta a lui.
Sentivo
il bisogno di amarlo, di sentirlo mio. Non mi importava dove ci trovavamo,
dovevo sentire quanto lui mi amasse e avevo bisogno di fargli sapere quanto lo
amassi io. Cercai la cintola dei suoi jeans, per poi slacciarla, lasciandola cadere in un punto non
ben precisato per la cucina e poi passai ai bottoni dei jeans. Cercai di
abbassargli i pantaloni con una certa difficoltà, così mi aggrappai ai suoi
fianchi, per essere ancora più a contatto con la sua pelle. Inevitabilmente,
non potei fare a meno di sentire la sua eccitazione premere contro il mio
desiderio e questo mi fece stare ancora meglio. Sentii che con un gesto fluido
mi aveva slacciato il reggiseno, lasciandomi i seni scoperti, per poi passare a
concentrarsi sui miei pantaloni. Con baci a fior di pelle e piccoli morsi, lo
stavo invitando a spogliarmi del tutto. Lui allontanatosi un po’ da me, mi
sfilò via i pantaloni. Il desiderio ci stava prendendo sempre di più, sempre
più forte era l’eccitazione che provavo. Avevo il bisogno di sentirlo dentro di
me. Lasciai per un attimo la sua pelle delicata per aiutarlo a liberarmi del
mio ultimo indumento rimasto e poi fu la volta del suo. Eravamo completamente
nudi, rivestiti solamente delle nostre anime. Con le sue forti braccia mi
appoggiò al bordo del tavolo, baciandomi, con le sue morbide labbra. Allargai
le cosce, come a volerlo invitare tra di esse e poco dopo sentii Tom scivolare
dentro di me, voglioso di quel contatto che avevamo mancato per troppo tempo.
Ripiegai una gamba sulla vita, per lasciare che i movimenti lenti, diventassero
sempre più fluidi, come una danza, che da lenta divenne sempre più ritmata. Le
sue mani scorrevano lungo la mia schiena, ed ogni tocco mi trasmetteva un
brivido diverso. Le mie mani erano perse nei suoi capelli, aggrappate ai suoi
fianchi, cercando di diminuire sempre di più quella minima distanza che ci
separava, ad ogni veloce spinta.
‹‹Gi..›› un sussurro di piacere, tutto ciò che avrei voluto
sentire in quel momento. Tutto era magico. I nostri corpi uniti in quella
veloce danza, le nostre labbra concatenate le une con la altre, come le nostre
anime e i battiti dei nostri cuori. E poi, quando il desiderio arrivò al
culmine, toccammo il massimo del piacere, ed un brivido completamente diverso
da quelli precedenti si liberò dentro di me. Sentii Tom sussurrare il mio nome
e in quello stesso momento dare la sua ultima forte spinta, per poi lasciarsi
debolmente contro di me, con le mie braccia salde attorno alla sua vita.
‹‹È
stato perfetto›› sussurrai vicino al suo orecchio,
felice di quello che eravamo stati.
‹‹Tiamo›› mi rispose lui di rimando.
Io
annuii silenziosamente alle sue parole.
Restammo
in quella posizione per qualche minuto, poi quando riacquistammo quella poca
forza che ci serviva, ci dirigemmo nella camera da letto.
Poco
dopo esserci sdraiati, abbracciati l’uno con l’altra, il sonno ci mostrò la sua
via.
Mi riscossi dai miei pensieri,
sorridendo felice al pensiero di come avrebbe reagito Tom alla notizia della
fine delle riprese. Guardai l’orologio e mi diressi verso l’ospedale per fare
visita a Danny; Candy non si era ancora risvegliata e volevo fare il possibile
per fargli sapere che io gli ero vicina. Erano stati giorni strani e sempre
molto impegnativi e con questo lavoro stavo portando via del tempo prezioso
anche alle mie amicizie.
Arrivata davanti alla stanza di Candy, esitai
un attimo e preferii affacciarmi alla piccola finestrella che era poco distante
dalla porta per controllare la situazione. Tra le piccole fessure, scorsi Dan che
stava seduto su una sedia accanto al letto, bevendo silenziosamente un caffè.
Il suo sguardo era triste e i suoi occhi erano puntati su Candy. Provare a
immaginarmi come poteva sentirsi non rientrava nelle mie potenzialità. Io ero
stata male senza Tom durante quei mesi, quando avevo comunque avevo la
possibilità di vederlo, quindi non potevo proprio riuscire ad immaginare quanto
solo potesse sentirsi lui.
Mi feci coraggio e bussai alla porta.
Quando poi dall’altro lato sentii un flebile “Avanti” schiusi un po’ la porta e
feci capolino con la testa, sorridendo.
Fa
vedere lui che sei felice e contagialo con il tuo sorriso.
‹‹Hey›› sussurrai,
cercando di mostrare il mio sorriso migliore ‹‹È
permesso?››
Lui annui con i suoi occhi celesti e io
mi feci strada nella stanza.
Dopo essere arrivata da lui lo salutai
con abbraccio, cercando di non abbandonare quel sorriso che dovevo riuscire a
mantenere sempre presente.
‹‹Spero che vada un
pochino meglio›› dissi incerta.
Non ero sicura di saper trovare le
parole adatte a quella situazione.
Lo guardai negli occhi e lui con un
piccolo sorriso triste mi rispose:
‹‹Non proprio. Ringrazio
Dio che Candy non è peggiorata in questi giorni, però.. lei dovrebbe
svegliarsi. Così si che andrebbe meglio››
Come
non dargli ragione?
Era quello che speravo anche io.
‹‹Dan lei è forte. E sono
certa che sta lottando in questo momento, che sta lottando per tornare da te. Tu
devi starle vicino ed essere forte assieme a lei. Non lasciarti scoraggiare,
per favore. So che ce la potete fare.››
Vidi Dan regalarmi un sorriso sincero,
un sorriso vero.
‹‹Grazie. Senza di te,
senza gli altri, credo che non sarei arrivato fino ad oggi. Soprattutto adesso
che sono ricominciate le lezioni a scuola non è facile. Non mi piace
allontanarmi da lei, ma non posso mancare da lavoro. Quindi sapere che voi mi
siete vicini mi da un forte sostegno››
Le sue parole erano piene di gratitudine.
‹‹Ed è così Dan. Noi
siamo qui per te, sempre, quando ne avrai bisogno››
‹‹E a te come va?
Hai risolto con Tom?››
Quella sua domanda mi spiazzò.
‹‹Tu sapevi..?››
‹‹Si›› annuì lui ‹‹Ma non avercela con lui. Aveva bisogno di un consiglio e
un po’ di tempo fa avevamo parlato della vostra situazione››
Io sorrisi.
‹‹Fortunatamente alcuni giorni
fa abbiamo risolto. Finalmente dopo tanto tempo mi sento con il cuore in pace.
E poi oggi a lavoro mi hanno detto che tra due settimane le riprese saranno
finite e quindi sarò libera›› Sorrisi ‹‹Non vedo l’ora di dirlo a Tom, quando lo rivedrò stasera.
Uff, sarà in viaggio adesso››
‹‹In viaggio?›› mi chiese lui.
‹‹Uh si. Ieri dopo
pranzo Tom è andato a casa dei suoi, ad Harrow,
perché l’aveva chiamato Deb. Ma io per via del lavoro
non potevo andare, così è andato da solo. Ieri sera mi ha chiamata dicendomi
che sarebbe rimasto lì a dormire. È tanto che non andiamo la a trovarli..
probabilmente gli mancano molto. Dovrebbe fare ritorno stasera comunque››
‹‹E Holly?››
‹‹È da Harry›› sorrisi ‹‹Quando stamani
l’ho portata da lui, lei era tutta felice. Non lo vede molto spesso, quindi
ogni secondo passato con lui per lei è oro. Tra poco vado a riprenderla, così
starò un po’ assieme a lei››
Effettivamente non vedevo l’ora di
stringerla di nuovo tra le sue braccia e stare assieme a lei e a Tom per il
resto della serata.
Parlai un altro po’ con Danny e poi lo
salutai. Si era fatta veramente l’ora di andare a riprendere Holly. Lo salutai
e gli dissi di stare su. Lui mi ringraziò per la visita e poi mi avviai verso
casa di Harry.
Ero quasi arrivata a casa sua, quando
vidi un’edicola e mi decisi a comprare il giornale. Non diedi molto peso alle
due signore che bisbigliavano tra di loro dietro di me, mentre io mi stavo
allontanando. Durante tutti quegli anni avevo imparato a non ascoltare la gente
che mi stava intorno.
Stavo sfogliando il giornale camminando
sul marciapiede, ma quando arrivai alla pagina della cultura e del gossip mi
bloccai.
Il titolo dell’articolo attirò il mio
sguardo.
“HARROW,
Comfort hotel. Tom Fletcher, ex membro dei Mcfly,
assieme ad una nuova fiamma?”
Due grandi immagini ritraevano Tom che
stava camminando assieme ad una ragazza con un mini top ed una mini mini gonna. Era praticamente svestita. Nella prima stavano
entrando nell’hotel e Tom teneva un braccio attorno la vita della ragazza,
mentre nella seconda, la foto faceva capire benissimo che i due stavano uscendo
all’alba di quella mattina dall’hotel. E Tom continuava ad abbracciarla. Il
viso di lei era censurato.
Maledetta privacy.
Il sangue che scorreva nelle mie vene si
stava completamente gelando.
Ecco perché quelle due signore
bisbigliavano. Avevano letto e sapevano chi ero io.
L’articolo raccontava dettagliatamente
di come i due erano stati avvistati la sera prima, poco prima di cena, entrare nell’hotel
e uscirne quella stessa mattina, poco dopo l’alba, come a non voler farsi
notare, sempre stretti tra di loro, come una nuova coppia appena formata.
Man mano che i miei occhi scorrevano
sull’articolo, sentivo la terra mancare sotto ai miei piedi.
Non poteva essere vero. Tom non avrebbe
mai potuto fare una cosa del genere a me e ad Holly, proprio quando avevamo
fatto pace, proprio quando ci eravamo chiariti i nostri dubbi e lui aveva detto
di amarmi.
Sentivo che le mie certezze, che da
pochi giorni si erano ristabilite, stavano svanendo di nuovo nel nulla,
lasciandomi completamente senza difese.
In preda al panico presi il cellulare e
chiamai Giuly.
Quei secondi interminabili e quel ritmo
monotono dello squillo del telefono aumentavano il mio stato di angoscia.
Provai ancora e ancora, ma lei non rispose.
Così iniziai a correre e in meno di due
minuti mi ritrovai davanti a casa di Harry.
Quando suonai e lui aprì il portone mi
abbracciò, sussurrandomi:
‹‹Nonpiangere››
Non mi ero accorta che le lacrime
avevano iniziato a scorrere lente sulle mie guance.
‹‹Hai..hai letto
anche tu?›› chiesi silenziosamente.
Lui annuì.
‹‹Gi.. è meglio se entriamo››
‹‹La piccola?›› chiesi mentre asciugavo con il lembo della giaccia i
miei occhi.
‹‹Sta dormendo non preoccuparti››
Entrammo in casa e Harry dopo avermi
dato una tazza di caffè, mentre io mi sistemai sul divano, mi guardò e mi
disse:
‹‹Gi.. quello non è
l’unico articolo che hanno scritto..››
Il mio cuore mancò di un battito.
‹‹C-come non è l’unico?››
Lui si alzò e prese due riviste, uscite
quella mattina.
‹‹Si sono dati da
fare i giornalisti eh?›› dissi ironicamente.
Sfogliai le riviste e le foto che vidi
erano simili alle altre due: Tom abbracciato a quella ragazza, così stretto stretto, proprio come lo eravamo stati noi, poche sere
prima. E gli articoli raccontavano la stessa cosa che avevo letto nel giornale.
Il mio Tom, che abbracciava un’altra
donna.
Come potevo negare l’evidenza.
Lui
mi aveva tradita e io non avrei potuto fare più niente.
Alzai lo sguardo, incrociando quello di
Harry.
Non mi curavo delle lacrime che mi scendevano
sul viso.
‹‹Posso chiederti un
favore?››
‹‹Dimmi›› disse solamente
lui.
‹‹Posso restare qui nei
prossimi giorni assieme alla bambina?››
Sentivo di non poter tornare a casa in
un momento come quello. Non ce l’avrei fatta a guardarlo negli occhi, dopo
quello che avevo letto, dopo quello che avevo visto.
Tom mi aveva tradita.
Perché?
‹‹E me lo chiedi
anche?›› mi sussurrò Harry.
Esitai prima di guardarlo di nuovo negli
occhi. Poi gli chiesi:
‹‹Tu cosa pensi?››
Lui mi guardò e dopo una breve pausa
cominciò incerto:
‹‹Io sinceramente
non so cosa pensare. È successo qualcosa tra di voi? Avete avuto una
discussione o qualcosa di simile?››
‹‹Abbiamo avuto un brutto
periodo. Io ero e sono tuttora sempre impegnata con il lavoro, mentre lui era a
casa con la piccola. Non ci siamo parlati per tanti giorni, abbiamo fatto finta
che non stesse accadendo niente, quando invece sia io che lui stavamo malissimo››
‹‹Ma avete risolto
poi?››
‹‹Io credevo di si›› dissi silenziosamente ‹‹Poche
sere fa abbiamo parlato e ci siamo chiariti. Tom mi ha detto che mi ama, che
gli ero mancata e a me sembrava che le cose fossero ormai risolte. Ma adesso mi
viene fuori questa cosa.. Io non ho neanche il coraggio di chiedere a Deb se è veramente andato da lei, capisci?? E se Tom avesse
iniziato a vedersi con quella se si può definire ragazza, da prima di tutto
questo? Se si fosse rifatto una vita mentre io mancavo da casa? Non so più che pensare››
Harry si alzò e si sedette vicino a me e
mi abbracciò.
‹‹Io spero solo che
le cose tra voi si rimettano in fretta››
‹‹Lo spero anche io››
Improvvisamente il mio cellulare iniziò
a squillare.
Andai a vedere chi era che chiamava e
vidi che sul display lampeggiava la scritta “Tom”.
Guardavo il cellulare senza la forza di
rispondere, fino a quando il suono cessò.
Pochi secondi dopo riprese a squillare e
dal piano superiore sentii provenire il pianto agitato di Holly.
Lasciai cadere il cellulare sul divano e
mi diressi al piano di sopra.
Quando entrai, trovai Holly con il viso
rigato dalle lacrime.
Mi precipitai da lei e la presi tra le
mie braccia.
‹‹Shh non piangere››
La stavo cullando, quando sentii Harry
urlare al telefono, probabilmente con Tom.
‹‹Va tutto bene
Holly, ci sono io adesso›› Cercavo di sussurrarle
frasi dolci, per sovrastare la voce infuriata di Harry.
‹‹Mamma è qui con te
adesso, non piangere››
Ma le sue lacrime non accennavano a
smettere di scendere e le sue grida diventavano sempre più forti.
‹‹Hollyshh, sono qui››
‹‹Gno!›› disse lei. E poi cercò di mandarmi via, come se non
volesse stare tra le mie braccia.
‹‹Gno! Via!››
‹‹Holly che cosa hai?››
Non capivo che cosa le stava succedendo,
non sapevo come calmarla.
Il panico stava prendendo sopravvento su
di me.
‹‹Mamma è qui adesso,
qui con te››
Lei mi guardò triste e con le lacrime
che le scendevano sul viso mi disse:
‹‹Gno. Papypapy! Io vojopapy!››
E riprese a piangere più forte di prima.
A quel punto capii e il mio cuore andò
ulteriormente in frantumi.
Che
cosa ne avevo fatto della mia vita?
***
Questo capitolo era un po’ lunghino per la mia media.. >.<
E quando le cose sembrano andare bene..
la piccola Giuly le fa ricadere nel baratro. _occh
Questa storia non è proprio una storia felice… ma se non era così, non era una mia storia.
Al tempo impiegai molto per scrivere
questo capitolo, anche perché c’è la mia prima scena d’amore che io abbia mai
scritto. Continuo a pensare che non sia una gran cosa, ma ho cercato di rendere
il tutto il più naturale possibile…
Comunque, spero che il capitolo vi sia
piaciuto!
Per quanto riguarda la mia Tsumi..
Cara.. Tu mi fai morire con i tuoi
commenti ahahah mi fa ridere come ti sei accanita su
Giuly ahahah. Ma vedrai.. così cattiva non lo sono..
diciamo che mi piace fare gli scherzetti *ihih* spero che il capitolo ti sia
piaciuto! E grazie per i commentino che mi lasci! <3
Obv,
se qualcuno mi vuole lasciare un commentino, non mi fa altro che piacere! ^.^
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
19.
Danny’s
POV.
Bibipbibipbibip..
Un lieve suono mi svegliò completamente
dal mio stato di torpore. Era già qualche ora che non stavo più dormendo, ma
quello era il segno che era veramente giunta l’ora di svegliarsi del tutto. Quando
socchiusi le palpebre il muro bianco che mi stava attorno mi dette il
buongiorno. Spensi subito la sveglia, perché alle volte quel suono che
emetteva, sapeva essere veramente irritante. Mi alzai e andai verso il piccolo
tavolo poco distante da me, presi la bacinella piena d’acqua e mi sciacquai un
po’ il viso.
L’acqua ghiacciata di prima mattina mi
aveva sempre aiutato a rimettere a posto le idee, ma ormai da un po’ di tempo non
funzionava più.
Tornai indietro, verso la sedia che era poco
distante dal letto e mi cambiai per andare a scuola.
Era l’undici Gennaio e già da quattro
giorni avevo ripreso il mio ruolo di insegnante nella scuola elementare, dove
ormai ero presente da quasi tre anni. Non era stato facile per me ricominciare
con quel lavoro, ma piano piano mi stavo riadattando.
Io dovevo trovare il coraggio di andare avanti, per aiutare lei a tornare da me.
Abbottonai l’ultimo bottone della
camicia e diedi una piccola rassettata con le mani a quei riccioli ribelli che
non avrebbero mai trovato una giusta posizione.
Poi mi voltai e non potei fare a meno di
sorridere tristemente.
Ogni volta che la vedevo, il mio cuore
veniva attanagliato da mille morse, ed ogni volta il dolore che provavo era
sempre più forte.
Candy era distesa su quel piccolo letto
proprio come l’avevo lasciata poche ore prima, quando mi ero addormentato.
Mi avvicinai verso di lei portando
dietro di me la sedia e mi sedetti.
Con una mano carezzai lievemente i suoi
capelli biondi.
‹‹Adesso devo andare a
scuola. Ma stai tranquilla, appena ho finito torno subito qua da te. E poi ieri
tua madre mi ha detto che sarebbe passata in mattinata, quindi non sei sola. Ok?››
Come se lei avesse appena annuito alle
parole che avevo detto, continuai.
‹‹E io sono sempre
con te, anche quando non sono qui. Capito? Io sono sempre con te e non ti
abbandonerò mai. Io non vorrei andare, ma devo, non posso fare altrimenti.. Ma
sarò di ritorno appena possibile››
Mi alzai e le diedi un piccolo bacio
sulle labbra.
Ormai avevo perso il conto delle volte
in cui avevo sperato in una sua reazione ad uno di quei miei piccoli gesti, ma
non c’era stato nessun miglioramento da quel maledetto giorno di Natale. Lei se
ne stava lì immobile in quel letto nel suo sonno profondo e non aveva mai
accennato a svegliarsi.
La guardai per un’ultima volta e con una
mano sfiorai delicatamente la sua guancia.
Quando uscii dalla stanza, trovai
l’infermiera che seguiva il caso di Candy e le diedi il buongiorno. Speravo che
almeno per lei lo sarebbe stato. Era stata proprio lei a chiedere al capo
reparto se avrebbero potuto mettere un letto in più nella stanza di Candy, per
me. Aveva notato che mi spostavo veramente poco da quella stanza e che forse in
quel modo avrei potuto trarre un po’ di comfort. Non che me ne importasse molto
del mio confort, ma in effetti la sua si era rivelata un’idea più che buona. In
quel modo avevo la possibilità di rimanere sempre con Candy, eccetto le volte
che dovevo andare a scuola o a casa, per prendere i cambi di vestiti.
Arrivato al parcheggio salii in macchina
e mi diressi verso la scuola.
Quando arrivai presi i miei libri, senza
fare troppo caso a chi mi stava intorno e poi mi diressi verso la classe. Molto
probabilmente gli altri docenti avevano saputo quello che mi stava succedendo,
ma fortunatamente, avevano deciso di non invadere la mia privacy e di lasciarmi
stare, limitandosi a dei piccoli cenni con il capo o rivolgendomi degli sguardi
preoccupati.
Ma a me andava bene così.
Appena entrai in classe i bambini si
sedettero tutti ai loro posti. Da cinque giorni il mio pensiero era sempre lo
stesso, ed ero sicuro che anche nei giorni seguenti non sarebbe cambiato.
Di
li a qualche anno, tra quei bambini avrebbe dovuto esserci stato mio figlio.
Era un’immagine che non riuscivo a
togliermi dalla testa.
Mio
figlio…
‹‹Buongiorno Maestro!››
Le loro voci, così allegre e vivaci, mi
riscossero dai miei pensieri tristi, ed osservandoli, non potei fare a meno di
sorridere debolmente.
‹‹Buongiorno! Allora avete
fatto i compiti per casa? Vi siete esercitati?››
‹‹Siii›› risposero tutti
in coro.
Mi feci forza e per il resto della
mattina, ora dopo ora, classe dopo classe, cercai di sorridere, di non far
vedere che in realtà non era lì che io stavo veramente con la testa.
Ero attanagliato da un persistente senso
di inquietudine.
E
se Candy si fosse svegliata proprio quando io non ero li con lei? Che cosa
avrebbe pensato di me e dei miei sentimenti per lei?
Avrei dovuto essere all’ospedale in quel
momento, non a scuola.
Sospirai e quando sentii il suono
dell’ultima campanella per quel giorno, un lieve senso di liberazione mi colpì.
Finalmente era finita.
Salutai gli alunni e mi diressi
velocemente in Sala Insegnati. Posai i miei libri e mentre stavo uscendo dal
portone della scuola, mi scontrai con una persona.
‹‹Miscusi›› dissi senza guardare.
Non feci in tempo a continuare per la
mia strada, che una voce mi fermò.
‹‹Dan››
Mi voltai e vidi Doug li davanti a me.
Insicuro se continuare per la mia via
oppure fermarmi, dissi debolmente:
‹‹Hey››
‹‹Come va? Ci sono
delle novità?›› mi chiese lui preoccupato.
Scossi la testa.
‹‹Stamani quando me se
sono andato da là di novità non ce n’erano. È tutto uguale, come sempre. Stavo
giusto tornando da lei››
Lui mi sorrise.
‹‹Allora ti lascio
andare. Verrò presto a trovarvi››
Fece per andarsene, ma poi si voltò
nuovamente.
‹‹Dan spero che si
rimetta al più presto››
Mi faceva andare avanti sapere che avevo
degli amici che tenevano a me e alla salute di Candy. Non mi sentivo solo in
quel modo. Erano uno dei motivi per cui trovavo la forza di andare avanti.
Ma dall’espressione del suo volto capii
che c’era qualcosa che non andava.
Non era il Doug di sempre. I suoi occhi
erano velati dalla tristezza.
Stava per andarsene quando lo chiamai.
‹‹Doug›› lui si voltò e
mi guardò con aria interrogativa.
‹‹Tutto bene tu?››
Lui scosse la testa.
Sorrise lievemente e poi rispose:
‹‹Non preoccuparti,
va tutto bene››
Sembrava voler convincere se stesso
piuttosto che dire la verità a me.
Sembrò come pensarci su e poi come per
sviare il discorso mi chiese:
‹‹Per caso tu sai
niente di Tom?››
‹‹Tom?››
Lo guardai perplesso.
Che
stava succedendo?
‹‹Oh no niente
scusa, non volevo dire Tom.. Non farci caso..Stammi bene Dan››
Mi salutò con la mano e prese la sua
strada.
Sospirai mentre tornavo alla mia
macchina. Mi scusai mentalmente con lui, perché avrei voluto sapere di più di
cosa gli stava succedendo, perché aveva nominato Tom dal nulla; sapevo che
qualcosa non andava, ma il mio cuore mi portava altrove.
Oltrepassata la porta dell’ospedale
quell’odore dolciastro ormai familiare dei farmaci mi invase le narici.
Salii con l’ascensore fino al terzo
piano, poi mi diressi alla macchinetta del caffè.
Non mi era mai piaciuto molto quel
miscuglio scuro, ma dovevo ammettere a me stesso che mi aiutava a restare
sveglio per più tempo.
Quando entrai nella camera, la scena che
trovai fu quella che avevo lasciato quella stessa mattina.
Candy era sempre distesa sul suo letto,
silenziosa ed immobile.
C’era solo un vaso con dei fiori, che
quella mattina non c’era.. probabilmente li aveva portati sua madre.
Presi una sedia e mi sedetti vicino al
suo letto, per osservarla meglio.
Era così pallida, così fragile ai miei
occhi.
Non potevo fare a meno di osservarla,
per sentirla vicina a me. Non volevo perdere quel contatto con lei.
Sorseggiavo lentamente il mio caffè,
osservandola, quando ad un certo punto sentii che qualcuno aveva bussato alla
porta.
Chi
avrebbe potuto essere a quell’ora di pomeriggio?
‹‹Avanti››
Attesi che la porta si aprisse e pochi
secondi dopo scorsi il tenero sorriso di Gi spuntare da dietro di essa.
‹‹Hey! È permesso?››
Io annuii silenzioso, facendola
accomodare nella stanza. Lei mi abbracciò dolcemente e poi le porsi una sedia
per farla sedere vicino a me.
Il mio cuore si era lievemente
alleggerito.
Ogni volta che incontravo uno dei miei
amici, quando vedevo uno dei loro sorrisi per me, sentivo di non essere solo in
quella battaglia così dura.
Sapevo che loro ci sarebbero sempre
stati, per qualunque cosa, al di là dei loro problemi.
E come potevo restare indifferente alla
gentilezza di Giovanna? Era così premurosa con me, così attenta.
Sapevo che per lei non era un periodo
tutto rose e fiori, quindi apprezzavo ancora di più il fatto che lei fosse lì da
me in quel momento.
Scambiammo due parole sulla salute di
Candy e poi mi venne spontaneo chiederle come stavano andando le cose con Tom.
Lui un po’ di giorni prima mi aveva
confessato che le cose tra di loro non andavano come sarebbero dovute andare..
Io gli avevo detto di parlare con lei, così avrebbero risolto.
E molto probabilmente Tom aveva seguito
il mio consiglio, perché quando feci quella domanda a Gi, lei sulle prime
rimase sorpresa dal fatto che io sapessi già della sua situazione, ma poi con
il sorriso sulle labbra mi disse che tra di loro adesso le cose andavano bene.
Avevano finalmente chiarito e non c’erano
più problemi.
Osservandola mentre parlava di Tom, non
potei fare a meno che essere felice per lei. Quel sorriso che aveva sulle
labbra non l’aveva abbandonata neanche per un secondo da quando era entrata
nella stanza e mi ero accorto che stava bene. Le poche volte che l’avevo vista
in quell’ultimo periodo, mi era sembrata sempre molto triste e attanagliata da
mille pensieri. Ma quel pomeriggio, dopo tanto tempo, stavo di nuovo parlando
con la Gi che conoscevo da quando eravamo dei bambini.
Finalmente, forse, uno spiraglio di luce
si stava facendo spazio in quel periodo così oscuro.
Parlai ancora un po’ con Giovanna, fino
a quando non fu l’ora per lei di andare a prendere la piccola Holly a casa di
Harry.
‹‹Salutamelo›› le dissi ‹‹È un po’ che non lo vedo. È sempre impegnato con il
negozio, vero?››
‹‹Già›› sorrise lei ‹‹Poi mi ci metto pure io a chiedergli di guardarmi la
bambina. Come se non avesse niente da fare..››
sorrise tra se e poi mi abbracciò.
‹‹Cerca di star bene
Danny e stai su››
‹‹Ciproverò››
‹‹E comunque per
qualsiasi cosa, sai dove trovarmi. Io arriverò subito, ok?››
‹‹Grazie Gi, lo apprezzo
molto››
Le diedi un bacio sulla guancia e poi la
salutai.
‹‹Stai bene anche tu e
salutami Tom››
‹‹Lo farò senz’altro›› disse lei con un sorriso ‹‹Apresto››
Non appena la porta si richiuse, il
silenzio tornò ad essere l’assoluto protagonista all’interno di quella stanza.
Tornai a sedermi vicino a Candy. Durante
tutti quei giorni non mi ero mai stancato di staccare gli occhi da lei, per
cercare di scovare un piccolo cambiamento nella sua espressione, anche solo uno
piccolissimo.
La speranza non doveva abbandonarmi, io
sapevo che lei mi sentiva se io le parlavo, sapevo che lei era con me. E io non
dovevo fare altro che parlarle, che starle vicino
Presi a raccontarle di come era andata
la mattinata a scuola e di quando avevo visto Dougie. Non riuscivo ancora a capire
che cosa avesse. La sera dell’ultimo dell’anno mi ero accorto che lui e Giuly
non erano stati molto assieme, ma sperai che forse, quello era stato solamente
frutto della mia immaginazione.
Tornai poi ad osservare Candy.
Così immobile, così perfetta.
Con una mano, da sopra le coperte,
sfiorai lievemente il suo ventre piatto, sospirando.
Sorrisi amaramente.
C’era sempre quel pensiero fisso nella
mia mente, quel pensiero che non mi abbandonava mai, neanche un secondo in
tutta la giornata.
‹‹SaiCandy…›› Non era facile per me parlarne, ma lei doveva
sapere che l’amavo, lei doveva sapere che.. ‹‹..io lo
avrei voluto veramente quel bambino›› scossi la testa.
‹‹Te lo immagini? Un
pargoletto tutto nostro, proprio come la piccola Holly. Te la ricordi quando
era appena nata? Era un piccolo batuffolino, tutta
sorrisi e buffe espressioni››
Sospirai.
‹‹Non capisco perché
siamo stati così stupidi a non parlarne prima. Mi odio per questo››
sentivo che la rabbia stava prendendo sopravvento su di me ‹‹Se
io avessi provato con tutto me stesso a parlarti, prima di quel maledetto
Natale, se io avessi provato ad entrare in casa tua, facendomi odiare dai tuoi,
magari non saresti qui adesso. Mi odio perché tu non dovresti essere qui,
perché tu dovresti essere a casa felice, a progettare il futuro con me e nostro
figlio. E mi odio perché non stai lottando. E io so che è colpa mia››
Mi alzai e andai vicino alla finestra.
Guardai fuori e mi accorsi che piccoli
batuffoli di neve si stavano attaccando alla strada, rendendo tutto bianco.
Stava nevicando.
Mi voltai verso di lei e le sussurrai ‹‹Vorrei tanto che tu fossi qui con me, per vedere la neve
che c’è fuori. So benissimo che ami la neve, sai?››
Sorrisi e inevitabilmente uno dei
ricordi più belli che avevo mi riaffiorò alla mente, portandomi indietro nel
tempo..
“Svegliati
dormigliona e guarda subito fuori dalla finestra..”
Quella
mattina mi ero svegliato con il sorriso sulle labbra e quando mi ero alzato per
guardare fuori dalla finestra, il mio sorriso era diventato ancora più grande.
Avevo
mandato quel messaggio alla persona che mi stava facendo vivere il periodo più
dolce e romantico della mia vita..
Bi
bip.
Presi
il mio cellulare e lessi il messaggio che avevo appena ricevuto.
“Awwwwh ma non ci credo! Sta nevicandooo.
Allora allora.. andiamo a fare una battaglia a palle
di neve con gli altri? Ps: non sono una dormigliona e
ti scuso solamente perché il motivo era valido per svegliarmi, ma la prossima
volta..”
Sapevo
come sarebbe andata a finire se avessi risposto a quel messaggio. Dopo ce ne
sarebbe stato un altro suo, poi di nuovo uno mio e di nuovo uno suo.. così
composi il suo numero e la chiamai.
‹‹Pronto?›› la sua voce era completamente assonnata.
‹‹Ah
ah ah lo sapevo che stavi ancora dormendo››
‹‹Io
non sono dormigliona Dan, non prendermi in giro››
Sogghignai
tra me e me.
‹‹Guarda
che ti ho sentito che te la ridi. Ma scusa.. sono le 6 e mezza del mattino, che
ci fai in piedi? Non è ancora ora di andare a scuola››
Rimasi
un po’ sorpreso dalla sua frase, ma forse era ancora troppo addormentata per
ricordarsi di che giorno si trattava.
‹‹Mi
sono svegliato perché dovevo andare in bagno..››
Non
potevo dirle che mi ero svegliato prima perché ero eccitato per quella giornata…
‹‹Ah
capito.. Comunque visto che fuori è così bianco dopo tanti giorni che non
nevicava, che ne dici di chiamare gli altri e andare fuori a divertirci con la
neve, piuttosto che andare a scuola? Io chiamo Giuly e Giovanna e tu chiami i
ragazzi!! Che ne dici? Che ne dici?››
‹‹Candy..
sono appena le sei e mezza, aspetta almeno le sette.. E poi non so se loro
vorranno saltare la scuola solamente perché è nevicato..››
Sentii
che sbuffava dall’altra parte del ricevitore.
‹‹Uff
forse hai ragione tu. Allora manderò un messaggio alle ragazze. Magari ci
troviamo fuori dalla scuola e poi decidiamo››
‹‹O
magari se gli altri non vogliono venire, possiamo andare solamente noi due..››
Il
silenzio che seguì alla mia frase mi fece capire che era rimasta sorpresa da
quello che le avevo detto.
‹‹Non
ci avevo pensato›› sussurrò lei.
‹‹Dai
dopo vediamo.. Vado a farmi la doccia e a prepararmi. Ci vediamo dopo››
‹‹Ok a
dopo››
‹‹HeyCandy››
‹‹Mmmh?››
‹‹Scusa
se ti ho svegliata››
‹‹Non
scusarti Dan. Non potevo avere risveglio migliore, che sentire la tua voce di
prima mattina››
Sorrisi
tra me e me.
‹‹Ci
vediamo dopo››
‹‹Ok››
Con
il sorriso sulle labbra mi diressi in bagno, per fare la doccia.
Era
Marzo, ed era poco meno di un mese che io e Candy stavamo assieme.
Da
quel giorno dell’ultimo dell’anno tante cose erano cambiate, ed io e lei
eravamo prima diventati molto amici e poi quell’amicizia si era trasformata in
qualcosa di più.
Avevo
riscoperto in Candy una persona completamente diversa da quella che avevo
sempre pensato. Lei mi faceva stare bene, mi faceva divertire e quando ero
assieme a lei, il sorriso non mi abbandonava neanche un secondo.
Quei
suoi occhi di color verde brillante erano sempre vispi e attenti a quello che
succedeva attorno a lei e mi piaceva osservarli, così dannatamente perfetti.
Non
riuscivo ancora a spiegarmi come le cose potessero essere cambiate in così poco
tempo, ma io e lei avevamo trovato quella sintonia che io non avevo mai trovato
con nessun altra.
Solo
allora riuscivo a capire che quello che avevo provato per Giuly era qualcosa di
simile a un bene fraterno, ma con Candy era tutto diverso. Era il mio pensiero
fisso, la mia costante. Il suo sorriso era la mia felicità e non avrei potuto
chiedere di meglio in quel periodo della mia vita.
Lei
era mia ed io ero suo. Fine della storia.
Sorrisi
a me stesso e dopo essere uscito dalla doccia mi asciugai e mi vestii. Poi
pensai ai capelli. Tutte le mattine passavo una quindicina di minuti per
stendermi quei dannati capelli riccioli.
E
poi Candy mi chiedeva che cosa ci facevo sveglio a quell’ora..
“Chi
bello vuole apparire..” pensai tra me e me.
Dopo
aver fatto colazione ed aver preparato lo zaino, mi diressi verso scuola.
‹‹Hey
Dan!››
Mi
voltai e vidi che Doug e Giuly, mano nella mano, mi stavano raggiungendo.
‹‹Candy
mi ha mandato un messaggio, ma io devo fuggire in classe perché alla prima ora
ho l’interrogazione di storia›› mi disse Giuly.
‹‹E
io non posso abbandonarla in un momento del genere.. Altrimenti poi la senti tu
a fine mattinata››
Giuly
tirò uno scappellotto a Doug e poi gli disse inviperita: ‹‹Se
vuoi andare vai eh..››
Lui
scosse la testa sconsolato verso di me e mi disse: ‹‹Tra
un po’ passerai anche tu in questa fase››
Io
me la risi e poi li lasciai andare in classe, anche se mi sembrò molto strano
che i due non avevano accennato ad altri discorsi.
Ad
un certo punto sentii le mani delicate di qualcuno posarsi sopra ai miei occhi
e tapparmi la visuale.
‹‹Indovina
chi sono?››
Presi
le sue mani nelle mie e mi voltai verso di lei.
‹‹Sei
la ragazza più dormigliona del pianeta›› dissi
ridendo.
‹‹Danny!!›› mi rimproverò.
‹‹Scusami,
ma non ho potuto farne a meno. Sei così carina quando ti arrabbi››
Lei
arrossì di botto.
‹‹E
lo sei ancora di più quando arrossisci››
Mi
avvicinai a lei e le diedi un bacio su una guancia.
Lei
mi sorrise.
‹‹Ho
incontrato Gi e Tom per la strada, ma mi hanno detto che non possono mancare
oggi a scuola perché Tom ha un compito e Gi deve suggerire a Giuly per una
interrogazione. E poi Tom mi ha detto che Harry è a casa malato..››
‹‹E
Dougie è andato a fare supporto morale a Giuly.. Quindi siamo rimasti solo io e
te›› conclusi io.
‹‹Se
anche tu vuoi andare non ci sono problemi›› disse
rabbuiandosi.
‹‹E
perdermi una splendida mattinata solo con te a divertirmi con la neve? Mica
sono scemo››
Lei
mi sorrise e mi abbracciò felice.
‹‹Allora
dove andiamo?››
‹‹Che
ne dici di Kensington Garden?››
‹‹Ti
adoro, lo sai?››
La
presi per mano e ci incamminammo verso la metro.
Quando
arrivammo alla meta, gli occhi di Candy si illuminarono come quelli di una
bambina.
‹‹È
proprio tutto bianco.. Guarda che bello Dan››
Non
potevo darle torto.
Il
paesaggio che avevamo davanti era bellissimo.
Passeggiammo
lungo il percorso del parco, poi ci sedemmo su una panchina.
Candy
mi abbracciò e poi sussurrò
‹‹GrazieDan››
Io
le sorrisi.
Erano
i momenti come quello, che mi facevano capire che nella mia vita non mancava
niente.
Restammo
seduti e abbracciati per un po’, fino a quando Candy non si alzò e si
rannicchiò in terra.
Mi
preoccupai subito, così le chiesi:
‹‹Hey
c’è qualcosa che non va?››
Lei
si voltò con una faccia triste, facendomi preoccupare ulteriormente, ma poi
sogghignò e mi lanciò una palla di neve dritta in viso.
La
neve era finita anche sui capelli, che inevitabilmente si bagnarono subito.
‹‹Ma
io se ti prendo di uccidoooo››
Aveva
perfettamente capito le mie intenzioni perché stava scappando da me più veloce
della luce.
‹‹Tanto
non mi scappi›› le cantilenai io.
La
vidi nascondersi dietro ad un albero con una palla di neve in mano. Si
osservava furtiva intorno, ma io la raggiunsi dall’altra parte e la cinsi tra
le mie braccia.
‹‹Ah!››urlicchiò.
Non
potei fare a meno di ridere.
‹‹Guarda
che mi hai fatto paura, che ci trovi di così divertente?››
‹‹Dovevi
vedere la tua faccia!››
Lei
mi guardò facendo la finta arrabbiata, poi mi guardò shockata.
‹‹Che
c’è?›› le chiesi istintivamente.
‹‹Dan..
i.. i tuoi capelli..››
‹‹Si?››
‹‹I
tuoi capelli sono tutti ricciolosi..››
Dannazione.
Con la neve si erano bagnati ed erano tornati al loro stato naturale.
‹‹Si
lo so.. li odio››
‹‹Come
li odi?›› mi chiese lei perplessa.
‹‹Sono
bellissimi, ti stanno divinamente. Sembri più grande Dan. Io credevo che i tuoi
capelli fossero lisci, ma.. sembri veramente un Dio..››
Le
sue parole mi lasciarono qualche secondo senza parole.
‹‹Grazie››
sussurrai.
‹‹Promettimi
che d’ora in avanti li porterai sempre così..›› mi
chiese lei tutta felice, con i suoi teneri occhi verdi che brillavano di
felicità.
‹‹Vabene›› cedetti.
‹‹Aww
grazie! Saranno tutte invidiose di me, perché tu sei perfetto!››
‹‹Nonesagerare››
‹‹Io
dico sempre la verità… e poi..››
Si
avvicinò pericolosamente alle mie labbra.
‹‹C’è
una cosa che devo dirti…››
‹‹Ovvero?›› chiesi curioso.
‹‹Questo!››
Mi
spalmò in testa quella neve che aveva tra le mani, da quando si era nascosta
dietro l’albero.
Le
lanciai un’occhiataccia.
‹‹Ma
allora vuoi la guerra?››
‹‹No..›› sussurrò lei ‹‹Non voglio
farti arrabbiare proprio oggi››
‹‹E
perché non proprio oggi?››
‹‹Oh
al diavolo! Dovevo starmene zitta fino a stasera, ma io non ci riesco››
‹‹A
fare cosa?›› chiesi curioso.
Perché
non parlava?
Si
avvicinò a me e mi diede un piccolo bacio a fior di labbra.
‹‹Buon
compleanno Dan!››
La
guardai e le sorrisi.
‹‹Credevo
che non te ne saresti ricordata..››
‹‹E
come avrei potuto dimenticarlo? Avrei dovuto stare zitta,gli altri mi
uccideranno.. ma non ci sono riuscita..››
Mi
guardò negli occhi e mi sorrise:
‹‹Ti
amo Danny››
La
baciai e poi la attirai a me in un abbraccio.
‹‹Anche
io Candy››
Non mi ero accorto che una lacrima
solitaria stava scendendo sul mio viso.
L’asciugai con il lembo della camicia e
poi, avvicinatomi di nuovo a Candy, le sussurrai:
‹‹Ti vorrei tanto
qui con me››
Cercai di farmi forza e di continuare il
mio discorso.
‹‹Ti prego Candy non
mi lasciare. Io farei di tutto per riaverti qui, ma anche tu devi lottare, devi
lottare insieme a me››
Quella lacrima, prima solitaria, era
stata rimpiazzata da altre sue amiche silenziose, che scendevano senza sosta
dai miei occhi.
‹‹Io ho bisogno di
te. Ho bisogno di quella ragazza serena, spensierata che mi ha fatto innamorare
come nessuna mai. Ho bisogno dei tuoi sorrisi, dei tuoi abbracci, dei tuoi
baci, delle tue battute acide quando eri arrabbiata con me, delle tue sberle
quando ti dicevo qualcosa che non avrei dovuto dire.. ho semplicemente bisogno
di sentirti vicina››
Un respiro, per cercare di placare le
mie lacrime.
‹‹Non mi abbandonare,
ti prego››
Una lieve carezza sulla sua guancia.
‹‹Io ti amo››
***
Ehm. È un po’ depresso questo capitolo.
Però il flashback è felicioso.
Ruby :
per quanto riguarda Tom lo potrai scoprire nel prossimo capitolo.. Chi lo sa
che cosa è successo veramente.. per quanto riguarda Dougie e Giuly, posso dirti
che mi sono bloccata al penultimo capitolo e in questo momento è successo l’irrecuperabile..
quando mai lo finirò non lo so. Danny è messo così come lo abbiamo visto adesso
e Harold.. Beh diciamo che Harold lo si vedrà di sguincio e basta. Che non è
proprio nelle mie preferenze si vede eh? xD Comunque
ti ringrazio tanto del commento *.* mi ha fatto molto piacere leggerlo. Ti dico
inoltre che ora mi salvo tutti i capitoli nuovi che hai messo e che nei
prossimi giorni vedrò di leggerli. Il mio morale non è molto alto ultimamente..
e se leggo senza impeto non mi piace, anche perché non ne afferro tutto il
gusto.. Quindi spero presto di poter tornare a commentarti! Nel frattempo ti
ringrazio di nuovo!!
Inoltre ringrazio LisaTheJonesy per aver letto e
commentato NL. Grazie mille *.*
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
20.
Tom’s
POV.
Aprii il portone di casa che erano le
sette e mezza di sera passate. Mi chiedevo se Giovanna fosse già tornata dal
lavoro, visto che sapevo che quel giorno sarebbe dovuta rientrare prima, così
appena richiusi il portone alle mie spalle, chiamai:
‹‹Gi ci sei?››
Ma nessuno rispose alla mia domanda.
Nella casa regnava il silenzio e capii
che non c’era neanche la bambina.
Forse Giovanna l’aveva portata da qualcuno…
Mi sistemai un po’, stanco dal viaggio
che avevo fatto e dalla serata precedente e poi guardai nuovamente l’orologio.
Dopo una doccia rilassante e risanante,
guardai nuovamente l’orologio: Giovanna non era ancora tornata, così decisi di
chiamarla per capire che cosa stesse succedendo.
Gli squilli del telefono continuavano a
scorrere monotoni e lenti, e dopo una lunga cantilena io non ottenni risposta.
Chiamai nuovamente, ma di nuovo nessuno mi rispose.
Solitamente non mi preoccupavo molto se
lei non mi rispondeva al telefono, ma quella sera avvertivo una strana
sensazione. Sentivo che stava succedendo qualcosa.
Presi nuovamente il telefono in mano e
composi il numero di Giuly.
Probabilmente lei sapeva qualcosa.
‹‹Pronto?››
‹‹Hey Giuly! Senti
per caso non è che hai sentito Giovanna durante la giornata e sai dove è
adesso?››
‹‹Mi dispiace Tom›› disse lei ‹‹Ma ho appena
trovato una sua chiamata. Ho provato a richiamarla, ma il cellulare non era raggiungibile››
‹‹Capisco..››
‹‹È successo
qualcosa Tom?››
‹‹No, non
preoccuparti. Grazie di tutto, ci sentiamo presto››
Agganciai il telefono e composi il
numero di Danny.
‹‹Pronto?›› sentii la sua voce sorpresa.
‹‹Ciao Danny! Scusami
se ti disturbo.. ma vorrei chiederti una cosa. Però prima dimmi, va tutto bene?››
‹‹Sono qua Tom, le
cose non sono cambiate in questi ultimi giorni.. ma comunque dimmi››
‹‹Beh mi chiedevo se
avevi visto Giovanna oggi.. ho provato a chiamarla, ma non mi risponde al telefono››
‹‹Si! È passata
quasi un’oretta fa. Mi ha fatto un po’ di compagnia, poi mi ha detto che doveva
andare da Harry per riprendere la piccolina. Ha detto che non vedeva l’ora di
tornare a casa. Aveva una buona notizia per te››
Sentii il mio cuore alleggerirsi.
‹‹Grazie Dan. Davvero.
Adesso capisco perché non è ancora tornata casa. Magari chiamo Harry e me la
faccio passare. Cerca di star su, mi raccomando. In questi giorni passo da te››
‹‹Grazie. Ci vediamo allora››
Riattaccai e mentre presi la giacca per
uscire, composi il numero di Harry. Magari sarei potuto andare incontro a
Giovanna, per stare con lei e la piccola, e magari fare due chiacchiere anche
con Harry.
Quando uscii di casa e mi ritrovai fuori
dal portone, incrociai lo sguardo con una signora che passava di li. Sorrisi
per cortesia, ma questa di rimando mi guardò male e mi lanciò un’occhiataccia.
Mi guardai addosso, per vedere che cosa c’era che non andava, quando i miei
occhi caddero su un foglio di giornale li in terra.
In quel momento Harry mi rispose al
telefono.
‹‹Che cazzo vuoi Tom?
Come ti permetti di chiamarmi?››
Capii subito perché mi rispose in quel
modo.
Sbarrai gli occhi e vidi che su quella
pagina del giornale, c’erano due mie foto, della sera precedente trascorsa ad Harrow.
‹‹Accidenti›› imprecai
contro la macchina ‹‹Proprio adesso doveva finire la
benzina?››
Stavo
andando da mia madre per farle una visita, visto che era tanto tempo che non ci
vedevamo. Per telefono le avevo raccontato che avevo avuto dei problemi con
Giovanna, ma che le cose si erano finalmente messe a posto e che ci amavamo più
di prima. Lei mi disse di andare a trovarla, perché aveva ritrovato una cosa
che avrei dovuto avere, così in quel momento mi trovavo sulla strada per Harrow.
Mentalmente
ringraziai Giovanna, perché mi diceva sempre ti tenere una piccola riserva di
benzina in una tanica nel bagagliaio. E mi ricordai che pochi giorni prima ce
l’avevo messa, in caso di una qualsiasi evenienza.
Cercai
con gli occhi un posto dove potermi fermare, quando notai un piccolo spiazzo a
ridosso della strada.
Entrai
nello spiazzo, parcheggiai la macchina e scesi. Aprii il bagagliaio, presi la
tanica e poi versai il contenuto nell’apposito spazio.
Tornai
in macchina e proprio quando stavo per accendere il motore, notai che
nell’angolo dello spiazzetto, proprio davanti a me,
c’era una esile figura rannicchiata in terra.
Scesi
subito dalla macchina e mi avvicinai, per vedere se era qualcuno che aveva
bisogno di aiuto.
Quando
arrivai li vicino, vidi che si trattava di una ragazza, vestita con abiti molto
succinti.
Capii
immediatamente di che tipo di donna doveva essere. Decisi di fare retro front, ma proprio mentre stravo per tornare indietro,
focalizzai meglio la figura e vidi che delle lacrime nere, date dal trucco
pesantissimo che aveva negli occhi, stavano scendendo sul suo viso.
Pensai
che forse aveva veramente bisogno di aiuto.
Mi
avvicinai lentamente e quando fui a poca distanza da lei chiesi:
‹‹Hey
scusa..›› ma prima di poter finire la mia frase lei
mi implorò:
‹‹La
prego. Non mi chieda di seguirla. Non mi chieda di venire a letto con lei. La
prego.››
Restai
per un secondo spiazzato da tono di voce disperato della ragazza, così cercai
di essere il più possibile gentile con lei.
‹‹Tranquilla.
Non sono quel tipo di uomo. Volevo solamente sapere se avevi bisogno di aiuto››
La
ragazza alzò lentamente lo sguardo e solo dopo che incrociò il mio sguardo,
sussurrò:
‹‹Tom..››
‹‹Si..›› risposi stranito. Sapeva il mio nome.
Pensai
che forse era stata una fan dei McFly, a suo tempo.
Ma
quando la guardai meglio, mi accorsi che c’era qualcosa di familiare in quella
ragazza.
Si
asciugò con le mani gli occhi pieni di lacrime e poi probabilmente capì cosa
stavo pensando perché mi disse:
‹‹Tom
sono Rebecca Green.. ti ricordi di me?››
Nell’esatto
momento in cui lei mi disse il suo nome, mi venne in mente quella deliziosa
bambina che abitava accanto a casa mia, quando ancora non facevo parte dei Mcfly e abitavo con i miei.
Che
cosa le era successo? Per quale assurdo motivo si era ritrovata in quelle
condizioni?
‹‹Certo
che mi ricordo di te Rebecca, come non potrei››
Lei
mi guardò negli occhi e poi mi disse implorante:
‹‹Aiutami
Tom, ti prego››
Non
potei fare a meno di notare quanto tremasse dal freddo. A Gennaio, svestita in
quel modo. Mi rimproverai per aver pensato di andarmene senza vedere che cosa
stava succedendo, solo perché avevo pensato che fosse una di “quelle” donne, e
l’aiutai ad alzarsi.
‹‹Nonpreoccuparti›› le dissi solamente.
La
accompagnai fino alla macchina e la feci salire a bordo. Poi ripartii verso Harrow.
In
macchina c’era silenzio e solo la sua voce, ad un certo punto, lo interruppe:
‹‹Per
favore, non portarmi dai miei››
La
guardai e le sorrisi.
Entrati
ad Harrow mi diressi verso il Comfort Hotel. Sapevo
che li nessuno ci avrebbe dato fastidio.
Dopo
aver parcheggiato la macchina, la aiutai a scendere e lei istintivamente si
aggrappò a me, allora io la abbracciai, per farla sentire più al sicuro.
Non
osavo pensare a cosa aveva passato nelle ore, o magari nei giorni e mesi precedenti.
Arrivati
all’Hotel chiesi due stanze singole, ma lei scosse la testa e mi sussurrò di
prendere una doppia, e così feci.
Saliti
nella stanza lei si sedette sul letto, ancora infreddolita, così le dissi di
fare un bagno caldo e che io nel frattempo avrei pensato a trovare qualcosa di
più comodo per lei.
Lei
mi ringraziò e io mi diressi in un negozio di abiti che distava a pochi metri
dall’albergo in cui ci trovavamo.
Decisi
di chiamare mia madre, per dirle che sarei passato da lei la mattina dopo, perché
avevo avuto un imprevisto, e poi chiamai Giovanna. Per non farla preoccupare,
le dissi che sarei rimasto a dormire dai miei, visto che era un po’ che non li
vedevo e che gli ero mancato molto.
Mi
dispiaceva dirle una bugia, ma non era il caso di stare a raccontare che avevo
trovato la mia ex vicina di casa, che avrà avuto appena vent’anni, in mezzo
alla strada e che mi aveva chiesto aiuto.
Probabilmente
sarebbe stato peggio.
Dopo
aver finito la chiamata entrai nel negozio lì vicino e comprai un pigiama di
pile per lei.
Quando
tornai in albergo lei mi ringraziò e si mise il pigiama che le avevo comprato.
Avevamo
diviso i due letti che erano nella stanza e quando fu pronta, lei si mise a
sedere sul letto.
Mentre
io stavo per entrare nel mio lei mi disse:
‹‹Sai
una settimana fa sono scappata di casa››
Le
sorrisi.
‹‹Rebecca,
non c’è problema. Se non vuoi, non mi devi delle spiegazioni››
‹‹No
Tom, ho bisogno di raccontartelo, ho bisogno di sfogarmi con qualcuno››
Le
feci cenno con la testa che poteva continuare il suo racconto.
‹‹Ho
litigato con i miei perché loro non volevano che io mi vedessi più con Mark, il
mio ragazzo. Mio padre ha avuto una brutta discussione con lui, una sera,
perché diceva che mi stava portando sulla cattiva strada, anche se non era vero,
te lo assicuro... Dopo quella sera Mark mi ha mandata al diavolo, dicendomi che
se mio padre la pensava in quel modo su di lui, noi non avremmo mai potuto
stare assieme. Io mi sentivo distrutta. L’unica persona che amavo più della mia
vita mi aveva abbandonata e in casa era diventato un inferno. Non potevo più
vivere a contatto con i miei.. così una settimana fa decisi di andarmene. Ho
lasciato a casa il cellulare così non avrebbero potuto contattarmi e dopo aver
preso lo stretto indispensabile mi sono avviata per la strada. Ma non avevo
soldi e non sapevo dove andare›› sospirò e poi
riprese il suo discorso ‹‹Mi sono ritrovata in mezzo
alla strada e la paura stava prendendo il sopravvento su di me, ma proprio in
quel momento ho incontrato un ragazzo, che mi portato a casa sua. È stato molto
gentile con me, ed io non riuscivo a credere di avere trovato una persona così
buona, che mi aveva subito aiutata. Ho trascorso cinque giorni nella sua casa.
Lui continuava a dirmi che sono una ragazza fantastica, proprio il suo tipo e
continuava a coccolarmi, ed io ho creduto che fosse vero. Ma poi ieri mi ha
trascinata dove mi hai trovata tu e mi ha costretta a fare…››
Delle
lacrime scendevano sul suo viso e io non sapevo che cosa dirle.
‹‹Mi
ha sfruttata per fare soldi, ha usato il mio corpo per andare a bere in un bar›› continuò lei ‹‹È stata la
notte più brutta della mia vita. Dopo che mi ha regalata a quegli uomini
schifosi mi ha riportata a casa, ed ha abusato di me. Poi mi ha lasciata da
sola, come se non fosse accaduto niente. E stamani mi ha portato di nuovo la,
in quel posto infernale. Io ho provato a dimenarmi, a dirgli che non volevo
farlo, che non ero quel tipo di ragazza, ma lui mi ha fatto questo..››
Alzò
leggermente la parte superiore del pigiama e notai un grande livido
nell’addome.
‹‹Rebecca..
tu hai bisogno di farti visitare da un dottore..››
‹‹No
Tom, ti prego. Non adesso, temo che non potrei farcela.››
‹‹Sei
sicura?›› chiesi incerto. Non credevo che quella
fosse la soluzione migliore per lei.
‹‹Si,
davvero. Ma grazie.››
Sorrise
lievemente.
‹‹Grazie
per quello che stai facendo. Io non so cosa ne sarebbe stato di me se adesso
io..›› si coprì la testa con le mani, per poi
lasciarsi andare in un pianto doloroso.
Mi
alzai dal letto e la abbracciai.
Sentii
il suo corpo irrigidirsi al tocco delle mie mani sulla mia schiena, ma io
sapevo che aveva bisogno di vero calore umano, così la strinsi ancora di più a
me, e lei dopo poco ricambiò il mio abbraccio, lasciando scivolare via tutte
quelle lacrime amare.
Avevo
visto crescere quella ragazza e non potevo credere che nel mondo ci fossero
delle persone così meschine e violente, pronte a vendere il corpo di una donna
solo per bere ad un bar.
Poco
dopo il suo pianto si fece più silenzioso, fino a quando lei si addormentò tra
le mie braccia. Così feci attenzione a posare la sua testa sul cuscino e poi la
lasciai dormire.
La
mattina dopo le dissi che la soluzione migliore sarebbe stata quella di tornare
dai suoi e poi che avrebbe dovuto farsi vedere da un medico. Capivo che lei non
voleva affrontarli, così io l’accompagnai e quando i suoi la videro le corsero
incontro. Le lacrime di sua madre mi fecero capire quanto le voleva bene.
Sapevo
che da quel momento Rebecca sarebbe stata al sicuro.
I
suoi mi ringraziarono infinitamente per quello che avevo fatto, ma io sapevo
solamente che avevo fatto la cosa giusta.
Così
dopo poco li salutai e poi mi diressi verso la mia vecchia casa.
Era
strano tornare là dopo tanto tempo. Il lavoro e la mia famiglia mi tenevano
molto occupato, quindi per me era raro avere un giorno libero per andare a
trovare i miei.
Quando
arrivai da loro, raccontai che cosa mi era successo e mia madre rimase molto scossa per quello che
era accaduto alla piccola Rebecca.
Poi
parlammo un po’ di noi e mi dissero che erano felici di rivedermi. Quando salii
nella mia stanza non fui sorpreso di trovarla come la lasciavo sempre. i miei
vecchissimi poster, le mie foto con Gi e gli altri ragazzi, i tempi delle
scuole superiori, le foto pre concerto e nel
backstage. La mia vita era appesa a quelle pareti. Mi soffermai su una foto in
particolare.. una foto del mio matrimonio con Giovanna. Eravamo sorridenti e
felici, e lei era bella come non mai.
Sorrisi
e poi posai la cornice sopra al comodino, dove l’avevo trovata.
Scesi
di sotto, quando mia madre mi chiamò ed io andai da lei.
Mi
porse una scatolina.
‹‹L’ho
ritrovata pochi giorni fa. È anche per questo che ti ho detto di venire a
trovarmi.››
Aprii
la scatoletta e quando vidi il contenuto ne rimasi molto colpito.
‹‹Non
posso crederci.. e dove l’hai..?››
‹‹Era
nella soffitta, non ho idea di come possa essere finita li, ma l’importante è
che io l’abbia ritrovata no?››
‹‹Già..›› le sorrisi ‹‹Grazie mamma, sei
fantastica.››
Pranzai
con loro e poi rimasi un altro po’, finché non arrivò il momento di ripartire.
Non
vedevo l’ora di tornare a casa da Giovanna per farle vedere che cosa aveva
ritrovato mia madre…
‹‹Ti hanno tagliato
la lingua Fletcher?››
La voce di Harry mi riportò al presente.
‹‹Ti ho chiesto che
cazzo vuoi..››
Non potevo credere che stava succedendo
davvero.
‹‹Ha-Harry.. Giovanna è li
da te vero?››
‹‹E se anche fosse?
Non ti permetterei mai di vederla adesso.››
‹‹Harry non è come
pensi. C’è stato un malinteso, lascia che ti spieghi..››
‹‹Tom hai distrutto
il cuore di Giovanna, come puoi chiedermi di lasciarti spiegare?››
“Hai
distrutto il cuore di Giovanna”..
No, non era così che doveva andare.
Io la amavo e lei lo sapeva, non poteva
pensare neanche lontanamente una cosa simile.
‹‹Giovanna è mia moglie,
ed io ho il diritto di parlare con lei.››
‹‹Fa come ti pare
Fletcher, se vuoi perdere il tuo tempo perdilo pure, tanto in questa casa non
ci metti piede.››
Mi attaccò il telefono in faccia,
lasciandomi confuso e con un senso di vuoto dentro.
Giovanna pensava veramente che l’avessi
tradita la sera precedente..
E per di più con una ragazza che poteva
sembrare una di quelle che stanno sulla strada.
Ma non era così..
Io lo sapevo, e lo avrebbe saputo anche
lei.
Presi la macchina e mi diressi verso
casa di Harry, poi parcheggiai e mi fermai sotto il suo portone di casa.
Suonai il campanello, ma nessuno pareva
essere in casa. Così provai di nuovo e poi ancora.
Dopo poco, Harry si presentò sulla
soglia di casa.
‹‹Fletchervattene››
Non avevo mai visto Harry essere così
freddo in tutta la sua vita.
‹‹Non voglio che
Giovanna ti veda, lurido schifoso che non sei altro. Non puoi nemmeno
immaginare come l’hai ridotta. Sta male, sta veramente male. Sarai contento adesso,
no?››
Il suo vomito di parole pareva non avere
una fine.
‹‹Che cosa c’entrava
andare con una prostituta? Eh Tom? Volevi far vedere a tutti che tu ti puoi
permettere di fare quello che vuoi? Eh? Non ci pensi a tua moglie? Non ci pensi
a tua figlia? Mi fai solo schifo.››
Cercai di mantenere i miei nervi più
saldi possibile.
‹‹E io non credo
che tu pensi veramente quello che hai appena detto.››
‹‹Oh! Non metterti a
fare il santarellino con me adesso, per favore. Quelle foto parlano chiaro e
non c’è solo un giornale che ha quelle foto sai? E non venire ad inventare
inutili scuse. Hai fatto una cazzata. E adesso ne devi pagare le conseguenze,
stronzo che non sei altro.››
Sospirai e poi lo guardai negli occhi.
‹‹Smettila, non sai quello
che stai dicendo.››
‹‹Invece lo so eccome.
Sei un lurido bastardo ecco cosa sei.››
‹‹Levati di mezzo Harry,
adesso mi hai stufato. Voglio parlare con mia moglie.››
‹‹No Tom. Tu non ci
metti piede in questa casa. Lei non vuole parlare con te, è distrutta. Non
potevi fare cosa peggiore di questa.››
Mi avvicinai a lui e poi lo spinsi,
cercando di entrare in casa, ma lui mi bloccò.
Cercai di spingere più forte, ma l’unica
cosa che riuscii a vedere, sulle scale che portavano al piano di sopra, fu
Giovanna, con il viso completamente rigato dalle lacrime.
In quel momento ebbi la certezza che
Giovanna aveva creduto a quello che avevano scritto i giornali.
‹‹Gi›› sussurrai ‹‹Non è come pensi. Io non ti ho tradita.››
Lei mi guardò dritta negli occhi e
l’unica cosa che sussurrò fu:
‹‹Vattene, non ti voglio
vedere.››
‹‹No Giovanna, mi
devi lasciare spiegare..››
‹‹No Fletcher, te lo
avevo detto che non ti voleva vedere›› mi disse
Harry.
‹‹Giovanna.. per favore..››
‹‹Vattene!›› urlò lei.
In quel momento la piccola HollyAnn si affacciò alle scale e mi chiamò:
‹‹Papyyy››
‹‹Holly››
Dissi in un sussurro.
Aveva gli occhi completamente arrossati.
Stava per scendere le scale, per venire
da me, ma Giovanna la prese tra le sue braccia e mi poi guardò un’ultima volta
e fece per andarsene.
Capii quali erano le sue intenzioni.
‹‹Gi non puoi farmi
una cosa del genere.. Lo sai quanto lei tiene a me.. e quanto io tengo a lei. Io
non ho fatto niente, devi credermi.. Ti prego lasciami spiegare. Io vi
amo,lo sai..››
Ma le uniche parole che mi tornarono
indietro furono:
‹‹Mi fai schifo››
Dopo di che sparì dalla mia visuale e
Harry mi spinse indietro, facendomi perdere l’equilibrio.
Mi guardò e disse solamente:
‹‹Flecther vedi di
andartene e di non tornare. Non sei più il benvenuto qui.››
Chiuse la porta alle sue spalle e io
rimasi da solo, davanti quella casa.
‹‹Non riuscirai a
tenermi lontano da mia moglie e mia figlia››
Urlai quelle parole con tutto il fiato
che avevo in gola.
Poi rimasi lì, in attesa di una risposta
che però non arrivò.
Dopo interminabili minuti passati
davanti a quella porta, decisi di tornare a casa, per cercare a come fare per
rimediare da quella brutta situazione.
Non riuscivo a togliermi dalla testa il
pensiero che Giovanna avesse creduto veramente a quello che i giornali avevano
scritto.
Ne avevamo passate così tante assieme,
perché credere a una sciocchezza del genere proprio in quel momento?
Proprio quando eravamo usciti a
quell’ultimo periodo di inferno…
Perché?
Arrivai a casa con mille pensieri che mi
affollavano la mente.
Dovevo fare qualcosa. Non potevo stare
con le mani in mano in un momento come quello. Giovanna era mia moglie, HollyAnn mia figlia, ed io le amavo entrambe.
Io avrei fatto in modo di far cambiare
idea a Gi, ma mi serviva l’aiuto di qualcuno.
Presi il telefono e composi un numero.
Appena al primo squillo sentii subito una
voce preoccupata dall’altra parte della cornetta.
‹‹Tom! Dimmi che cosa
sta succedendo, per favore..››
‹‹Hai letto anche tu?››
‹‹Proprio in questo
momento. Ma non credo ad una singola parola di tutto quello che c’è scritto sui
giornali. Tu non saresti mai capace di fare una cosa del genere.. Ma quelle
foto sono così veritiere.. Ti prego Tom, spiegami tutto.››
Sospirai.
‹‹Sono felice che
almeno tu non creda a quello che hanno scritto. Giovanna invece pare proprio
crederci e si è rifugiata a casa di Harry. Non vuole vedermi e non vuole
parlarmi. Ho provato a spiegare loro, ma Harry non ha fatto altro che darmi
contro tutto il tempo. Non lo avevo mai visto così arrabbiato. Ma non capisco
perché non mi abbiano lasciato spiegare..››
‹‹Io ti credo Tom.
Però.. se tu mi spiegassi forse sarebbe meglio. Magari posso aiutarti in
qualche modo..››
‹‹In realtà ti ho
chiamata proprio perché mi serviva il tuo aiuto. Non so cosa fare da solo..››
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo 21.
Giuly’s POV.
Da un po’ di tempo non mi sentivo più la
persona che ero stata negli ultimi anni, quelli che avevo vissuto con il mio
ragazzo nella città dei miei sogni. Dentro di me si era fatta viva la nostalgia
degli anni che avevo ormai dimenticato, quegli anni che in realtà erano sempre stati
dentro di me, soltanto un po’ nascosti.
Ritrovarli non mi aiutò a migliorare la
mia situazione.
L’arrivo così improvviso dei miei amici
italiani mi aveva lasciata sorpresa in un momento così drammatico, che non mi
aveva neanche dato modo di razionalizzare l’avvenuto.
Non riuscivo a capacitarmi che loro
fossero venuti proprio là, dopo così tanti anni.
Li avevo trovati cambiati nella forma,
ma non nel contenuto.
Soprattutto Daniele.
Era sempre lo stesso di dieci anni
prima, quel ragazzo così gentile e divertente di cui ero innamorata prima di
intraprendere il vero viaggio della
mia vita.
Quella solitudine che provavo per
l’assenza di Dougie era stata scaraventata via, come una folata di aria fresca.
Certo, non potevo dimenticarmi di quello
che stava passando Danny, ma mi rendevo conto che forse loro mi erano stati
mandati per dimenticarmi di quella mia solitudine e per vivere quei giorni di
vacanza fino all’ultimo.
Mi ero ritrovata a scherzare con loro come
non mi succedeva da molto tempo e finalmente mi sentivo di nuovo me stessa.
O meglio, la vecchia Giuly si era re
impossessata della nuova Giuly, quella che aveva preso vita quando aveva
conosciuto Dougie.
Strano come ben due ragazzi avessero
potere su di me e mi facessero sentire due persone completamente diverse.
Ma forse tutto ciò era dato dal fatto
che in quell’ultimo periodo con Dougie non c’era più quel feeling che ci aveva
sempre legati.
Lui
preferiva la sua nuova band a me?
Beh,
io preferivo i miei vecchi amici e il mio ex a lui.
Probabilmente era una ripicca nei suoi
confronti, ma io non volevo più stare da sola, così avevo deciso di stare con
loro durante quei giorni di vacanza.
Sapevo che Dougie avrebbe sicuramente
avuto le prove con la sua amata band ed io non ci pensai due volte. Non avevo
proprio voglia di passare altre serate ad aspettarlo al suo ritorno, dopo aver
pensato per interminabili ore a lui e al perché preferisse passare del tempo
con loro, piuttosto che con me.
Quel pensiero mi aveva tormentata per
troppo tempo.
Così mi dedicai ai miei vecchi amici. Passeggiare
con loro per le strade di Londra, visitare i Musei e i parchi, mi aveva
riportata a tanti anni prima, a quando ci divertivamo tutti assieme e andavamo
in giro a fare baldoria. Riscoprii che mi erano mancate molto sia Iris che
Vanessa; parlare con loro mi rilassava, come mi divertita scherzare con Walter
e Daniele.
Tenni per me il desiderio di sapere come
procedevano le cose tra Iris e Daniele, quando capii che ero un po’ gelosa di
lei. Una sensazione nuova, che non avevo mai provato nei confronti di Daniele.
Ma mi ero accorta che qualcosa tra di
loro non andava. Avevo l’impressione che lui mi recasse troppe attenzioni, o
forse era quello che volevo pensare, ma mi era parso di vedere irritazione sul
volto di Iris, anche se in quelle giornate di divertimento non c’era il tempo
per essere arrabbiati. Solo dei piccoli gesti, come aiutarmi a salire sulla
London Eye, o i suoi sguardi diretti a me, mi avevano
fatto riscoprire l’imbarazzo, quel timido imbarazzo che avevo provato da
adolescente, quando non avevo coraggio di guardare in faccia il ragazzo che mi
piaceva.
Ma io sapevo di conoscere Daniele e
avevo già un ragazzo.
Perché
mai avrebbe dovuto farmi quell’effetto?
A qualche uscita aveva partecipato anche
Dougie, che aveva stretto un buon rapporto con Walter, ma io sentivo che non
avrei voluto averlo lì con noi. Avrei preferito essere sola con loro, libera di
osservare silenziosamente Daniele e la sfumatura verde dei suoi occhi che mai
avrei dimenticato.
La sera dell’ultimo dell’anno li lasciai
festeggiare nel centro di Londra, da soli, mentre io andai con gli altri da
Danny a festeggiare lì.
Vederlo così triste mi faceva pensare a
quanto doveva stare male in quei giorni. Ero stata a trovarlo qualche volta,
quando gli altri si prendevano una pausa per andare in albergo e lavarsi. Lo
avevo sempre trovato così, con quel suo sorriso riconoscente sulle labbra, quando
sapevo che dentro il suo cuore era distrutto in mille pezzi.
Probabilmente pensava di essere lui la
causa di tutto quello che stava succedendo, ma sapevo che non era così.
Danny non era stato la causa di tutto
quello, ma lo era stato il destino.
Un crudeledestino…
Trascorrere la fine e l’inizio dell’anno
con loro mi riportò per qualche ora alla vita degli ultimi anni. Parlare
l’inglese, stare con Giovanna e gli altri ragazzi..
Capii che mi ci sentivo stretta e non
potei fare a meno di essere fredda con Dougie quando lui mi fece gli auguri, quando
solo in quel momento mi ricordai che erano esattamente dieci anni che stavamo
assieme.
Che
cosa mi era successo?
La solitudine mi aveva portata ad essere
così fredda con lui e il ritorno di Daniele mi stava facendo venire i dubbi sui
sentimenti che provavo per Dougie.
Ma sapevo bene che non potevo andare
avanti così.
Proprio in quel momento, esattamente a
dieci anni di distanza dal giorno in cui io e Dougie ci eravamo dichiarati il
nostro amore, ebbi il pensiero di chiedergli una pausa.
Una pausa per riflettere, per capire che
cosa volevo veramente dalla nostra relazione.
Sapevo che il problema di fondo era la
band, ma sapevo anche che a lui era mancato molto suonare..ma non per questo
avrebbe dovuto mettere me da parte.
Nei due giorni seguenti, gli ultimi che
i ragazzi passarono a Londra, cercai di essere il più tranquilla possibile, ma
dentro di me era presente un turbine di sentimenti strani verso Daniele,
mischiati alla tristezza per la loro imminente partenza.
Erano arrivati da poco e già se ne
stavano andando via.
E io non volevo che se ne andassero.
Non volevo che se ne andasse lui.
O
almeno era questo che io credevo di pensare.
Sentivo il desiderio di parlare ancora
con Daniele, di guardare i suoi occhi, di contare silenziosamente le sue
lentiggini, di stare vicina a lui per godere delle sue attenzioni, forse troppo
evidenti, nei miei confronti.
Volevo aggrapparmi a lui come per sentire
tutto il suo affetto, quell’affetto che Dougie era ormai troppo tempo che non
mi dimostrava più.
Avevo combattuto con quei miei
sentimenti contrastanti, ma alla fine era arrivata la loro partenza, ed io ero
rimasta di nuovo sola, riprendendo la mia vita solitaria. Spesso me ne uscivo
per fare delle passeggiate, per cercare di distrarmi un po’, ma quei pensieri
riaffioravano sempre.
Sentivo la mancanza di Doug quando
tornavo a casa, ma anche lui trovava spesso delle scuse per non farsi vedere.
Mi ero ritrovata anche a sfogliare
quegli album di fotografie che mi ero portata via dall’Italia dieci anni prima,
che ritraevano me e Daniele assieme agli altri. Mille foto con mille ricordi,
uno più bello dell’altro.
Malinconia.
Ecco che cosa provavo: malinconia e tristezza.
Infine avevo ripreso il lavoro.
Lavorare mi dava tranquillità, pensare a
qualcos’altro mi distraeva da quei pensieri tristi. Durante le ore lavorative
cercavo di impegnarmi al massimo con le pubblicità, i rapporti e quant’altro.
Non volevo pensare a niente, solamente a svolgere bene il mio lavoro.
Ma quando tornavo a casa, tutto tornava
come prima.
E poi, poche sere dopo che avevo ripreso
il lavoro, proprio quando Doug rientrò dalle prove, venne verso di me con un
sorriso stampato sulle labbra.
Si sedette al divano vicino a me e dopo
avermi salutata, più allegro che mai mi disse:
‹‹Ho una notizia
meravigliosa da darti!››
Io lo guardai stranita.
E poi subito pensai alla cosa più bella
che sarebbe potuta accadere.
Se Doug era felice in quel modo, doveva
essere per forza...
‹‹Dan ti ha chiamato
dicendoti che Candy si è risvegliata?›› chiesi
speranzosa.
Lui si rabbuiò.
‹‹No, in realtà non
si tratta di questo, anzi.. Candy non accenna a migliorare››
Sentii un tuffo al cuore, perché durante
quegli ultimi giorni non avevo trovato il coraggio di andare da Danny. Non me l’ero
sentita di andare a trovarlo quando io per prima stavo male e non capivo i miei
sentimenti. Avrei finito per farlo stare peggio e non sarei riuscita a dargli
il giusto appoggio che a lui serviva.
‹‹E allora che
cosa..?›› chiesi flebilmente.
Lui mi guardò radioso.
Sospirai, cercando di essere felice per
lui, dopotutto se era così raggiante doveva essere qualcosa di veramente
bello..
Magari una promozione al lavoro o..
‹‹Ancora non è sicuro al
cento per cento, ma forse siamo in ballo per un Tour inglese con la band.››
Tour
inglese con la band..
Le uniche parole che mi uscirono dalla
bocca in un sussurro furono:
‹‹La band..››
‹‹Io.. mi
raccomando, non diciamo niente agli altri. Penso che non capirebbero, ma..››
‹‹Non capirebbero?››
Non riuscivo a credere a quello che mi
stava dicendo.
‹‹Dougie ma che stai..?››
Aveva inteso dove volevo arrivare.
Il suo sguardo cambiò in un secondo.
‹‹Tu non sei felice
per me. Non ti importa niente di me. Niente››
Quelle parole, semplici e concise, mi
ferirono.
Non erano vere.
E lui lo sapeva.
Il suo volto si era fatto teso.
Pochissime volte lo avevo visto
arrabbiato così e ancora meno ero stata io la causa.
‹‹Tu non mi capisci
Doug. Io.. non è vero che non..››
‹‹Cosa?›› tuonò lui alzandosi.
Mi rannicchiai ancora di più sul divano,
come per proteggermi dalla sua rabbia.
‹‹Hai preferito
passare le vacanze con quel Daniele piuttosto che con me. Cos’è non ti vado più
bene adesso? È così che ti comporti di solito? Appena arriva qualcuno lasci tutto e tutti come
se non fossero mai esistiti?››
‹‹Non è vero, non è
così!››
Non credevo che sarebbe potuto succedere,
ma la rabbia che provavo nei suoi confronti, si era trasformata in lacrime amare, che avevano iniziato a
scendere sul mio viso.
‹‹Non sono io.. Sei
tu..›› provai a parlare, ma mi rimaneva difficile.
Lui mi guardò con gli occhi ridotti a
due fessure.
‹‹Sarei
io?
Sarei io a fare che cosa?››
‹‹Non ci sei mai..››
Io tenevo a lui, lo amavo.
Me ne ero resa conto, nuovamente, in
quel momento.
Lui era tutto per me, era la mia vita.
Ma
a che costo?
Mentire ai suoi - e miei - amici per una stupida band, che ci aveva
portati a quel punto.
Non si era mai comportato in quel modo
con me, non si era mai permesso di trattarmi male.
‹‹E tu dov’eri per
dirmi che non ci sono mai?››
‹‹Dougie, questa storia
va avanti da prima delle vacanze di Natale.››
Cercavo di sembrare più ferma possibile
in quello che dicevo, ma le mie lacrime mi tradivano.
‹‹Non cercare scuse
per non sembrare dalla parte del torto.›› mi disse
lui freddo.
‹‹Se ne avessi avuta
l’occasione credo che non ti saresti fermata dal tradirmi con Daniele››
Sentire uscire quelle parole dalla sua
bocca fu come ricevere una secchiata di acqua gelida.
‹‹Come puoi pensare
questo?›› sussurrai.
‹‹È il pensiero che
ho avuto vedendoti in sua compagnia.›› disse
sprezzante. Poi riprese:
‹‹Comunque mi fa piacere
che tu sia felice per me. È una vera fortuna avere una ragazza che mi sostiene
in quello che faccio››
Non riuscivo a rispondere a quelle
parole così dure che mi stava rivolgendo.
‹‹Con il tuo permesso
adesso me ne vado a farmi una doccia e a riposarmi, visto che sono stanco››
Si allontanò da me e se ne andò di
sopra, sbattendo la porta della camera.
Non potei fare a meno di piangere tutte quelle
stupide lacrime che mi chiedevano insistentemente di uscire.
Lui non aveva capito niente di me.
È vero: riconoscevo che rivedere Daniele
mi aveva fatto uno strano effetto, ma sapevo anche che gran parte di quello che
avevo provato era stato provocato da ciò che stava succedendo con Dougie. Solo
due mesi prima tra noi c’erano solo rose e fiori. Non c’era mai stato un
problema.
Tutto era cominciato con quella nuova
band, che si era messa tra me e lui.
Io lo amavo, ma non sapevo quanto avrei
resistito ancora.
Mi addormentai sul divano, con le
lacrime agli occhi e la mattina dopo mi risvegliai con mille dolori.
Intontita dal sonno e dalla strana
posizione, impiegai un paio di minuti per capire perché mi trovassi li e perché
non fossi nel mio letto, vicino al mio ragazzo.
Quando ricordai che cosa era veramente
successo la sera precedente, mi sentii mancare per un istante e poggiai la
testa al divano.
Non
era possibile..
Cercai di tirarmi su e silenziosamente
mi avviai verso la camera, per prendere le mie cose per andare a lavorare.
Fortunatamente vidi Dougie dormire, così
presi i miei vestiti e poi andai in bagno.
Impiegai più delle altre mattine con il
trucco, perché avevo degli occhi molto rossi e delle occhiaie che facevano
intendere che non avevo passato proprio la migliore delle notti.
Al lavoro cercai di essere quella di
sempre, attenta e precisa, ma avevo capito che i miei colleghi avevano notato
qualcosa di strano in me.
Mi ritrovai in un vortice di pensieri,
il cui punto di arrivo era sempre Dougie che mi aveva lasciata da sola sul divano
dopo quelle sue parole..
‹‹… e credo che
questo possa rivelarsi utile.››
Le parole di qualcuno dietro di me mi
riportarono alla ditta.
‹‹Giuly mi hai sentito?
Hai capito quello che ho detto?››
Derek era dietro di me che mi guardava
stranito.
‹‹Eh?›› lo guardai ‹‹Scusami Derek. N-non ti stavo seguendo››
Lui mi guardò malizioso.
‹‹Passato la notte in
bianco?››
‹‹Non sto bene, ed è
una cosa seria. Non scherzare per favore››
‹‹Scusami›› disse
risentito.
‹‹Hai bisogno di
parlarne?›› chiese poi.
Lo guardai, tentata.
‹‹No, grazie›› Non potevo di certo parlare con lui dei miei
problemi sentimentali.
‹‹Magari vuoi prendere
un caffè, svagarti un po’?››
‹‹Magari una cioccolata›› dissi con un mezzo sorriso.
Così davanti alle macchinette della
ditta, io con la mia cioccolata calda, lui con il suo caffè, ci riprovò.
‹‹Sei sicura che non
vuoi parlarne? Non hai una bella cera. Magari ti farebbe bene sfogarti con qualcuno››
Sapevo che aveva ragione.
Avevo bisogno di vuotare il sacco per
cercare di capire meglio quella situazione, e anche se mi rendevo conto che lui
non era la persona più adatta…
‹‹Ieri sera ho avuto
una brutta discussione con il mio ragazzo. Le cose tra noi non vanno bene da un
po’ di tempo ormai..››
Sospirai.
‹‹E io non so più
che devo fare. Lui non è mai a casa, non mi parla più come una volta.. anzi. Mi
ha detto addirittura che se ne avessi avuta l’occasione avrei avuto anche il
coraggio di tradirlo››
Derek mi guardava un po’ spaesato, non
recependo al 100% i miei discorsi, ma mi invitò a continuare.
‹‹E questo non è
vero. Cioè ho pensato di provare delle cose per un altro ragazzo, ma mi sono
resa conto che non potrei mai pensare ad un altro, se non a lui. Ma a quale
scopo? Lui non è mai a casa, la sera.. e io sono sempre sola, sempre. E mi manca.››
‹‹E glielo hai
detto?››
‹‹Non me ne ha dato
modo.›› dissi tristemente ‹‹Ieri
era così arrabbiato che io non sono riuscita a dirgli nulla. Né che mi manca,
né che sta commettendo un grave sbaglio. Lui non vuole capirlo, ma quello che
sta facendo.. non è la cosa giusta.››
‹‹Lo sai vero che
l’unico modo per risolvere è parlarne?››
‹‹Si lo so. Ma dopo
ieri sera non penso che mi riuscirà tanto facile. Io non capisco che cosa sta
veramente succedendo. E non capisco perché si ostina così a fare quello che
vuole lui, a non dire niente ai suoi amici. Ferisce anche me con questo suo
comportamento. E io mi sono stufata di stare male, di essere sempre sola. Credo
di avere bisogno di staccare un po’ la spina. Ma se questa non fosse la scelta
giusta da prendere?››
Lui mi guardò e poi disse.
‹‹Beh, credo che
questo possa saperlo solo tu›› e poi aggiunse ‹‹Ma se vuoi uscire con me nel frattempo io sono
disponibile.››
Lo guardai male.
‹‹Non mi
fraintendere. Intendevo una cena tra colleghi, tra amici.››
Ascoltando le sue parole pensai che non
avesse tutti i torti.
‹‹E se invitassi te
e i nostri colleghi per una cena Sabato sera a casa mia?››
‹‹Non credi che il
tuo ragazzo potrebbe arrabbiarsi un po’? In fondo è Sabato sera.››
‹‹Quando dicevo che la
sera lui non è mai a casa intendevo tutte
le sere. Sabato compreso.››
‹‹Allora credo che sia
un’ottima idea.››
Tornammo nel nostro studio e chiesi agli
altri cinque colleghi se sarebbero stati liberi quel Sabato per una cena e tre
di loro mi dissero di essere disponibili.
Riprendemmo a lavorare finché non arrivò
l’ora di staccare.
Mentre ci stavamo preparando per uscire,
ringraziai Derek per l’aiuto che mi aveva dato. Aveva ragione lui: parlare con
qualcuno mi aveva fatto “bene”.
Lui mi salutò con un occhiolino e io mi
avviai a casa.
Il pensiero di trovare Dougie dopo la
sera prima mi spaventava e quando varcai la soglia di casa restai in silenzio,
per capire se qualcuno era rientrato oppure no.
Trovai un giornale sul tavolo della
cucina, così capii che Dougie era rientrato prima di me, ma che era già andato
via.
Guardai sul cellulare per vedere l’ora e
mi accorsi che Giovanna mi aveva chiamata.
Erano un po’ di giorni che non la
sentivo.
Forse chiamarla mi avrebbe fatto bene.
Ma quando provai, il cellulare non le
prendeva.
Posai il cellulare sul tavolo e proprio
quando stavo per prendere in mano il giornale, sentii il telefono squillare.
Guardai sul display e vidi che era Tom.
Risposi e mi chiese se avevo sentito
Giovanna. Io dissi che avevo trovato la chiamata, ma che non era raggiungibile.
La sua voce era molto strana, così chiesi se qualcosa non andava, ma lui mi
disse di no e si congedò.
Posai nuovamente il cellulare e poi
presi il giornale.
Stavo sfogliando le pagine, quando le
parole Fletcher e McFly catturarono la mia attenzione.
Eccome se c’era qualcosa che non andava.
Doug aveva lasciato li quel giornale per
far si che io vedessi quell’articolo?
Che stava succedendo? Com’era possibile
che Tom avesse tradito Giovanna con una di quelle
ragazze?
Più i miei occhi scorrevano, leggendo
l’articolo, più la mia testa involontariamente faceva segno di no.
Tom non avrebbe mai potuto fare una cosa
del genere a Giovanna.
Io non la sentivo da un po’, ma..
No, non la credevo una cosa possibile.
Mi sedetti sul divano, cercando di
capire come fosse possibile una cosa del genere. E rilessi quell’articolo, due,
tre volte…
Fino a che il mio cellulare non squillò
nuovamente.
Non diedi tempo al telefono di suonare
che io già avevo risposto:
‹‹Tom! Dimmi che cosa
sta succedendo, per favore..››
Sentii la sua voce all’altro capo del
telefono.
‹‹Hai letto anche tu?››
Annuii.
‹‹Proprio in questo
momento. Ma non credo ad una singola parola di tutto quello che c’è scritto sui
giornali. Tu non saresti mai capace di fare una cosa del genere.. Ma quelle
foto sono così veritiere.. Ti prego Tom, spiegami tutto.››
Sentii un sospiro.
‹‹Sono felice che
almeno tu non creda a quello che hanno scritto. Giovanna invece pare proprio
crederci e si è rifugiata a casa di Harry. Non vuole vedermi e non vuole
parlarmi. Ho provato a spiegare loro, ma Harry non ha fatto altro che darmi
contro tutto il tempo. Non lo avevo mai visto così arrabbiato. Ma non capisco
perché non mi abbiano lasciato spiegare..››
Non credevo alle mie orecchie.
Giovanna credeva ai media piuttosto che
credere a suo marito?
Che cosa stava succedendo?
‹‹Io ti credo Tom.
Però.. se tu mi spiegassi forse sarebbe meglio. Magari posso aiutarti in
qualche modo.››
Credevo di sapere come potesse sentirsi
in quel momento.
Sentii la sua voce riprendere:
‹‹In realtà ti ho
chiamata proprio perché mi serviva il tuo aiuto. Non so cosa fare da solo.››
Sapevo che cosa avrei dovuto fare.
‹‹Non preoccuparti,
arrivo subito››
Attaccai il telefono e mi diressi verso
casa di Tom.
Non mi preoccupai di lasciare un
biglietto per Doug.
Sicuramente lui non si sarebbe
preoccupato di non vedermi a casa al suo ritorno dalle prove della band.
Mentre ero per la strada un solo
pensiero affiorò la mia mente.
Aiutare
Tom a risolvere.
Lui era un mio amico e io non avrei mai
cercato un modo per allontanarmi da lui.. e dagli altri.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo 22.
Dougie’s
POV.
Perché
mi sentivo nella parte del torto quando sapevo di essere nel giusto?
Sapevo che la vita “non è mai come uno
se l’aspetta”, ma in quegli ultimi giorni lo stavo vivendo sulla mia stessa
pelle.
Avevo vuotato il sacco su quello che
veramente pensavo, eppure c’era qualcosa che continuava a non andare.
Avevo provato a dire a Giuly come mi
sentivo, ma il risultato era stato solo silenzio.
Silenzio da parte sua, che incondizionatamente
si era riflesso in un mio silenzio verso di lei.
Sapevo che non era il giusto modo di
reagire, ma lei non si era comportata bene con me e sapevo di essere nel giusto
almeno su un fronte.
Poche settimane prima mi aveva
praticamente abbandonato per guardare con occhi dolci il suo ex e non si era
neanche resa conto di quanto mi avesse ferito con quel suo atteggiamento.
Probabilmente non le era passato per la
mente che io provassi dei sentimenti profondi per lei e che quindi mi avrebbe
ferito. Sapevo che non mi avrebbe mai tradito con lui, o almeno era quello che
in fondo in fondo speravo, ma sentivo che qualcosa in lei era cambiato. Da
quando aveva visto Daniele la prima sera avevo capito che non sarebbe stato più
lo stesso.
Ma non avrei mai pensato di arrivare
fino a quel punto, quando anche sfogarsi con lei non era servito a niente. Era
diventata una maschera di cera, immobile, che non lasciava neanche un messaggio
quando usciva di casa.
Sapevo solamente che mi stava
trascurando e questo mi bastava per capire che non andava più bene.
Perlomeno a me.
Benché quella situazione fosse il mio
pensiero fisso dalla mattina alla sera, sentivo che quel giorno sarebbe stato
diverso.
Era Sabato, finalmente.
Il Sabato era forse il mio giorno
preferito della settimana. Avevo finito con la scuola, il che implicava un po’
di semi-riposo. Non avrei dovuto più pensare ai miei alunni per un giorno e
mezzo e non avrei dovuto impartire loro lezioni di vita.
Finalmente avevo un po’ di tempo per me,
e sapevo bene che cosa mi aspettava quel pomeriggio: le prove con la band.
Da quando era venuto in visita l’ex di
Giuly, la band era diventata per me una valvola di sfogo, un piccolo momento
tutto mio da ritagliare durante la giornata, per pensare solo a quello che
avevo sempre più amato fare nella mia vita: suonare.
Non avevo mai smesso di sperare che un
giorno avrei ripreso a suonare il basso, ed infatti quella grande occasione mi
si era presentata davanti.
Avevo deciso una buona volta di pensare
a me stesso, credendo di fare la cosa migliore. Dopo quasi tre anni la vita
iniziava a sorridere di nuovo, finalmente quella piccola speranza che portavo
sempre con me, si era aperta nuovamente, chiedendomi di non fare sbagli.
E avevo accettato.
Ero entrato subito in sintonia con gli
altri componenti della band, soprattutto con Clive,
il nostro leader. Lo stile musicale era molto diverso a quello a cui ero stato abituato,
ma poco mi importava: l’unica cosa che io volevo fare era suonare.
Quando suonavo lasciavo da parte ogni
pensiero, mi concentravo a far scorrere le mie dita sulle corde del basso e
lasciavo che la melodia mi contagiasse, facendomi lasciare tutti i pensieri e i
miei problemi alle spalle.
Quel pomeriggio, quando arrivai alla
sala prove, notai che i ragazzi erano tutti molto eccitati. Sorrisi al vuoto,
felice di essere finalmente in quel mondo magico che mi faceva veramente vivere
e chiesi loro per quale motivo fossero così su di giri. In un primo momento
loro si passarono la parola a vicenda, con una serie di “diglielo tu” o “no
dai, fallo tu”, fino a che Clive si decise ad aprire
bocca:
‹‹Hanno dato l’ok Doug!
Il Tour si farà!››
Lo guardai totalmente shockato, non
credendo alle parole che aveva appena detto.
‹‹Giurami che non stai
scherzando Cli!››
‹‹Come potrei
scherzare su una cosa tanto seria?›› mi guardò quasi
offeso.
Gli lanciai un’occhiata di scusa.
‹‹Beh.. è una notizia
così bella, che non mi piacerebbe venire poi a sapere che era uno scherzo. Era
quello che speravo! Finalmente abbiamo un Tour tutto nostro! E dove? Quante
date? Quando si parte?››
Clive mi guardò
sogghignando.
‹‹Eccitato?››
Gli sorrisi.
‹‹Puoi dirlo forte!››
Non stavo più nella pelle.
‹‹Insomma, mi dici
qualcosa in più per favore?››
Lui annuì.
‹‹Si si tranquillo!
Stavo per l’appunto informando anche gli altri!››
Guardai Mark e Steve, seconda chitarra e
batterista, anche loro esaltati al mio stesso modo.
‹‹Sono ben quindici date›› annunciò Clive.
Quella notizia mi colse impreparato.
Quindici
date?
Non avrei mai pensato che fossero state
così tante.
‹‹Evvai a bomba!›› esclamò Mark.
‹‹Ci sarà da divertirsi›› aggiunse Steve.
‹‹Cavolo..›› sussurrai ‹‹Quindici date sono
tantine. Non me lo aspettavo..››
‹‹Beh, una volta che
facciamo una cosa vogliamo farla bene, no?››
Annuii.
‹‹E quando partiamo?›› chiesi.
‹‹Tra una settimana››
Così
presto..
‹‹Che spettacolo!››
Steve aveva espresso la sua gioia
saltando in collo a Mark, e l’altro a sua volta lo aveva accolto tra le sue
braccia.
Mi venne da ridere a quella scena, ne
avevo vissute così tante simili in passato..
‹‹Beh sei felice
Doug?››
‹‹Certo che lo sono..››
Gli sorrisi complice, sapendo che cosa
mi stava aspettando.
Erano passati degli anni, ma sicuramente
non mi sarei mai dimenticato che cosa volesse dire suonare su un palco davanti
a mille e mille persone che cantavano a squarciagola canzoni in cui avevi messo
l’anima per farle riuscire. Ma…
‹‹Sei convinto al
100%? Sento un non so che di strano nella tua voce.››
‹‹Che dici? Non
avresti potuto darmi notizia migliore›› dissi
convinto.
‹‹Avremo un pulmino
tutto per noi?›› chiese Steve.
‹‹Certo che lo avremo
caro! Che ti credi, mica siamo un gruppo da due soldi!››
Quante immagini che mi stavano tornando
in mente in quel momento..
‹‹Beh adesso si prova
ragazzi! E dobbiamo dare il meglio di noi, ok?››
Annuii alle sue parole.
Musica, solo musica.
Quando iniziammo a suonare i miei
pensieri svanirono nel nulla. E allora lasciai che la musica mi catturasse e mi
facesse vivere.
Finite le prove mi diressi al
parcheggio, cercando di entrare il prima possibile nella macchina, perché fuori
persisteva il freddo invernale.
Entrato in macchina poggiai la testa
allo schienale e sospirai.
Quindici date erano tante.
Ne valeva veramente la pena?
Giuly che cosa ne avrebbe pensato?
Quella era una mia decisione, una
decisione che sarebbe spettata solo a me, ma era anche veroche da dieci anni condividevo la mia vita con
una persona che amavo con tutto me stesso e che per la quale avrei dato anche
la mia stessa vita.
E allora cosa fare, se lei non avesse
capito quanto importante fosse per me quel gruppo?
Non volevo perderla, ma allo stesso
tempo sapevo quanto fosse importante per me la musica, quanto mi aiutasse a
vivere.
Le avrei parlato e le avrei spiegato
come la vedevo, cosa significava per me.
E
lei avrebbe capito.
Girai la chiave nel quadro e mi avviai
verso casa. Ormai si era fatto buio da un pezzo e mi ritrovai a chiedermi se
avrei trovato Giuly sveglia al mio ritorno.
O forse era già andata a dormire…
Parcheggiai la macchina proprio dietro
casa e poi mi avviai verso l’entrata. Dall’esterno notai che le luci erano
sempre accese, quindi mi immaginai che Giuly fosse ancora sveglia.
Sorrisi tra me e me, propenso a
spiegarle nel migliore dei modi quella situazione, quando sentii delle voci
provenire dal vialetto di casa nostra.
Alcune persone erano appena uscite dal
cancello e mi fecero un cenno di saluto con la mano.
Ricambiai, cercando di capire che cosa
stesse accadendo, quando vidi sul portone di casa Giuly assieme ad un ragazzo
alto e biondo.
Feci qualche passo in più, per cercare
di capire meglio, quando mi accorsi che si trattava di Derek.
Avanzai lentamente, mentre vedevo Derek
baciare la mano a Giuly e lei sorridere di rimando, mentre lui gli sussurrava
qualcosa all’orecchio.
Quel gesto mi fece saltare i nervi.
Quando Derek si accorse della mia
presenza, si allontanò da Giuly e la salutò con la mano. Poi si avvicinò a me e
sussurrò in modo che Giuly non lo sentisse:
‹‹Caro mio, la gelosia
non è vero amore. Non ti porterà da nessuna parte. Io me la terrei stretta
fossi in te›› e dopo che ebbe finito l’ultima frase
si voltò un’ultima volta verso Giuly, per poi andarsene.
Ma come si era permesso?
Guardai Giuly e lei di rimando mi
chiese:
‹‹Che ti ha detto
Derek?››
Bentornato
a casa Dougie.
‹‹Niente di importante›› risposi noncurante.
‹‹Che ci facevano
tutte quelle persone qui?››
Entrando in casa notai la cucina ancora
tutta in disordine e la tavola della sala apparecchiata, con i rimasugli della
cena che probabilmente Giuly aveva organizzato quella sera in mia assenza.
‹‹Ho solo invitato
qualche collega a casa..››
‹‹Tra cui Derek..››
‹‹Tra cui Derek›› rispose lei un poco stizzita.
‹‹Anche lui è un mio
collega di lavoro Dougie. Tu non c’erie
allora ho deciso di invitare qualcuno a cena. Ho fatto forse qualcosa di male?››
I
topi ballano quando il gatto non c’è.
‹‹Derek non ti stava
guardando come si guarda una collega di lavoro. Quello aveva uno sguardo
sornione!››
‹‹Beh almeno qualcuno
ce l’ha››
‹‹Che cosa vuoi dire
con questo?››
‹‹Arrivaci da solo Dougie›› mi fissò negli occhi e poi riprese ‹‹Non metterti a fare il geloso solo quando fa comodo a te
Doug, tanto non ci credo. Non sei credibile.››
‹‹Io no..››
‹‹Come no? E allora
perché te la prendi così tanto? Era solo una cena con dei normali colleghi. Poi
se non ci vuoi credere non sono problemi miei. Solo perché tu non ci sei mai,
io non devo rimanere a fare la mummia in casa, sai?››
‹‹Non. è. vero. che.
non. ci. sono. mai.›› scandii bene quelle parole.
‹‹Ma come non è vero
che non ci sei mai? Dougie non negare l’evidenza. Non sono scema.›› mi disse lei, sul punto di piangere.
‹‹Nonpiangere›› le dissi in tono neutro.
‹‹Non piango no,
tanto anche se lo facessi sono sicura che non ti interesserebbe neanche››
‹‹Non è vero››
‹‹Si che è vero
Dougie! Ho ragione, per l’amor del cielo. Tu non ci sei mai e quando ci sei non
mi consideri neanche. Non mi parlavi da cinque giorni. Non ho sentito uscire
dalla tua bocca una parola verso di me per cinque giorni interi. Eppure viviamo
sotto lo stesso tetto. Come la spieghi questa cosa?››
‹‹Se è per questo anche
tu non mi parli da cinque giorni. Anzi, esci pure di casa senza lasciarmi un
biglietto o che so io, un messaggio..››
‹‹Quando ci sono delle
emergenze non mi metto certo a scriverti i bigliettini per dirti dove sono
andata.››
‹‹Emergenze? È successo
qualcosa Giuly?››
‹‹Niente che possa
interessarti.››
Sospirai.
‹‹Giuly se è successo
qualcosa per favore dimmelo››
‹‹Li hai letti i
giornali qualche giorno fa?››
Annuii. Forse avevo capito a cosa si
riferiva.
‹‹Tom..›› sussurrai con lei all’unisono.
‹‹Già›› disse poi ‹‹Ha dei problemi con Giovanna e sto cercando di aiutarlo.››
Tom..
Tom aveva dei problemi e non mi aveva
chiamato. Chissà perché..
Eppure lui era un mio amico e sapeva
benissimo che avrebbe potuto contare su di me nel momento del bisogno.
Lo avrei sicuramente chiamato, per
sapere come stavano andando le cose.
‹‹Ecco dove vado
quando non sono a casa.›› Riprese Giuly ‹‹Che vuoi che faccia? Che mi dia alla pazza gioia quando
non ci sei? Non sono te.››
‹‹Giuly io non vado a
donne, se è questo che intendi.››
‹‹Sono arrivata a
pensare anche questo sai? In tutte quelle sere di solitudine che ho passato.
Chi li ha mai visti i tuoi amiconi della band? Chi me lo dice che tu vai
veramente la e non a donne, come dici tu?››
‹‹Non credo che pensi
queste cose.››
‹‹Anche se mi fa male,
le ho pensate Doug. Capisci che cosa mi succede a rimanere tanto da sola?››
‹‹Però dovresti
guardare anche al rovescio della medaglia. Non guardare solo per te, ma cercare
di capire anche quello che provo io..››
Notai dal suo sguardo che quelle parole
la sorpresero e poi la vidi rabbuiarsi.
‹‹Credo che non ti
piacerebbe sentire quello che penso veramente Doug. Ci ho provato a dirtele, ma
tanto sarebbe completamente inutile.. tu e quella band ormai..››
‹‹Cosa?›› la interruppi ‹‹Non posso
essere felice almeno una volta nella mia vita? eppure tu lo sai quanto sono
stato male quando i McFly si sono sciolti. Ogni giorno ripenso a quei giorni,
ripenso a quelle emozioni.. Tu eri con me. Lo dovresti sapere cosa erano per me
loro.››
‹‹Proprio per questo
motivo non voglio che tu..››
‹‹Che io cosa? Sono
finalmente felice e a te questo non va bene e non riesco a capirne il motivo.
Proprio oggi che mi hanno dato un bella notizia..››
Giuly mi guardò silenziosa, poi mi
chiese:
‹‹Cosa è successo?››
‹‹Clive ci ha dato la
conferma che il Tour si farà. Quindici date tutte per noi, per farci conoscere
alle persone, per dare il meglio di noi. Ecco perché io vorrei che tu fossi
felice assieme a me. Finalmente ho l’opportunità di fare quello che sempre ho
amato fare. Perché non sei felice?››
La vidi respirare profondamente e poi
prendere parola.
‹‹Dougie non è questione
di essere felice o no per te. Mi fa piacere che sia una cosa che aspettavi da
tanto tempo, ma apri gli occhi, questa non è la realtà! Io lo dico per il tuo
bene. Non ci pensi ai tuoi amici? Quelli veri dico, non quelli della tua nuova band… Ma quelli che hanno vissuto le tue stesse emozioni.
Come pensi di comportarti con loro adesso?››
Scossi la testa.
Non era quello il momento di pensare a
cosa dire a Danny, Tom e Harry. Avevano tutti i loro problemi e di certo non
avrebbero capito che cosa stessi provando in quel momento, dopo la possibilità
che mi avevano dato.
Giuly era rimasta in silenzio mentre io
stavo pensando, ma ad un ceto punto una flebile frase interruppe quel silenzio.
‹‹Tieni più a questo
Tour o a me Dougie?››
Non riuscivo a credere che mi avesse
fatto una simile domanda.
Se almeno mi amava quanto io amavo lei,
avrebbe dovuto capire quanto questo Tour fosse importante per me.
‹‹Non puoi farmi..››
‹‹Si Doug. È una
domanda semplice, come lo è la sua risposta.››
Rimasi in silenzio, con il vortico di
pensieri che avevo a farmi compagnia.
Andare in Tour e probabilmente perdere
Giuly o tenermi stretta la mia ragazza e rinunciare al mio sogno?
Non sarei mai voluto arrivare a quella situazione.
Passarono minuti in cui io e Giuly ci
guardammo silenziosi.
Poi vidi una lacrima scivolarle sulla
guancia e sentii una morsa allo stomaco.
Non era così che doveva andare.
‹‹Il tuo silenzio
vale più di mille parole. Mi hai appena fatto capire che cosa conta di più per
te. Spero che il Tour vada bene e che tu ritrovi te stesso con questa nuova
band. Buona fortuna.››
La vidi andare al piano superiore, con
il volto coperto di lacrime. Perché doveva rendere tutto così difficile?
Iniziai a sgombrare la tavola dai
rimasugli della cena e poi mi misi in cucina a lavare tutti i piatti che
avevano utilizzato Giuly e dei suoi colleghi.
Fare qualcosa mi aiutava a non pensare.
Ma quando ebbi finito con le stoviglie
mi avviai al piano di sopra e quando arrivai nella camera da letto mi accorsi
che Lei non c’era.
Mi avvicinai allora alla porta dello
studio, accostando un poco l’orecchio e fu solo allora che sentii dei
singhiozzi provenire dalla stanza.
‹‹Midispiace››
Sussurrai quella frase alla porta,
sperando che potesse sentirla.
Poi andai nella camera da letto e mi
preparai per dormire.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo 23.
Danny’s POV.
26 giorni, 17 ore e qualche minuto.
Freddo.
Solo freddo intorno e dentro di me.
Avevo provato in tutti i modi a non
pensare negativamente, ma giorno dopo giorno, ora dopo ora, quella che tutti
chiamano speranza mi stava abbandonando
silenziosamente.
Non che non sperassi più nel risveglio
di Candy, non avrei mai potuto pensare una cosa del genere, ma solamente perché
sapevo che non ero stato giusto nei suoi confronti, perché sapevo che se lei
era lì e che se mio figlio non c’era più, era solamente a causa mia. Lei
semplicemente aveva deciso di non tornare da me.
Come
biasimarla..?!
Ed io mi ritrovavo da solo, in quella
stanza, da quasi un mese ormai.
Quelle quattro pareti bianche mi
conoscevano meglio di quanto io conoscessi me stesso: così silenziose, così
monotone, avevano imparato a osservare ogni mio movimento, ad ascoltare ogni
mia parola. Mi ero rinchiuso in quelle quattro mura con l’anima a pezzi,
sperando di riportare da me quella dolce metà che non voleva più tornare
indietro.
Ma non avevo ancora trovato il modo.
L’avevo pregata, l’avevo osservata,
l’avevo sostenuta, l’avevo semplicemente avuta sempre nei miei pensieri, in
ogni momento della giornata, ma lei non era ancora tornata da me.
Ed io non sapevo più che cosa pensare,
cosa fare.
Era Domenica e anche se dentro di me sapevo
che quella mattina non sarei dovuto andare a lavorare, mi ero svegliato
comunque alla solita ora, forse per via dell’abitudine. Mi ero lavato e
cambiato, avevo preso il solito caffè alla solita macchinetta e poi mi ero
seduto vicino a Candy, come ero solito fare.
Da qualche giorno non avevo avuto
notizia da parte di nessuno dei miei amici, nessuna visita.
Mi aveva sfiorato il pensiero che forse
c’era qualcosa che non andava in loro, che forse erano sorti dei problemi, ma
non avevo mai pensato a loro troppo seriamente. Non ci riuscivo.
Il mio unico pensiero era Candy.
La sera prima passando da casa per
prendere il cambio dei panni, avevo deciso di portare con me anche la chitarra,
così quella mattina, quando mi sedetti accanto al suo letto, presi ad intonare
qualche accordo per riscaldarmi le dita.
Quella chitarra mi aveva fatto compagnia
in molte occasioni della mia vita, era sempre stata una fedele amica, sempre
pronta ad aiutarmi nel momento del bisogno.
Lasciare scivolare le dita su quelle
corde, mi dava una leggera sensazione di felicità apparente, di libertà.
Inconsapevolmente iniziai ad intonare
degli accordi a me molto familiari e a intonare una melodia..
Sitting and watching the world going by
Is it true when we die we go up to the sky? Woah, woah
So many things that I don't understand
Put my feet in the sand when I'm walking in the sun Woah
Walking in the sun…
Mi frenai, quando capii che cosa avevo
appena cantato.
Non erano delle semplici frasi, non
erano parole messe in fila senza un motivo.
Quello che avevo scritto molto tempo dietro,
mi si riproponeva davanti con un significato completamente nuovo. Quelle
domande che io mi ero sempre fatto e che avevano continuato a vivere dentro di
me silenziosamente, quasi a non voler farsi sentire, erano riaffiorate cariche
di significato.
Che
cosa succedeva dopo?
Dove
andavano le persone?
Dove
si trovava lui in quel momento?
Avrei voluto saperlo.
Ma non tutte le domande hanno delle
risposte e quelle domande che mi ero sempre posto, non avevano mai trovato la
loro giusta risposta.
Dove
era Candy?
Perché
non era ancora tornata da me?
Proprio in quel momento, mi tornarono a
mente delle frasi che avevano fatto parte della nostra vita, della vita che io
e Candy ci eravamo ritrovati a condividere, delle frasi che ci avevano aiutati
nei momenti bui.
Le dita sulle corde scorrevano autonome
e la voce seguiva la melodia, assecondandola.
If you wanna fight,
I'll stand right beside you,
The day that you fall,
I'll be right behind you,
To pick up the pieces,
If you don't believe me,
Then just look into my eyes,
Cause the heart never lies…
Non era cambiato niente.
Sapevo che i miei sentimenti verso di
lei erano rimasti immutati. Anzi.. l’amore che provavo nei suoi confronti non avrebbe
potuto far altro, se non crescere, ma di certo non avrebbe potuto affievolirsi.
L’avrei aiutata a combattere, l’avrei
aiutata a rialzarsi..
Ma lei avrebbe dovuto darmene la
possibilità.
Guardarsi negli occhi era stato il
nostro modo di aiutarci per tanto tempo. Quando le cose non andavano nel verso
giusto, quando credevamo che qualcosa avrebbe potuto prendere una brutta piega,
quando le forze venivano meno, bastava uno sguardo, un solo sguardo intenso,
per capire che niente avrebbe mai potuto cambiare quello che eravamo.
Ma poi lei se n’era andata di casa e io
non l’avevo fermata…
E la stavo perdendo, irrimediabilmente.
Avrei voluto vedere di nuovo quegli
occhi verdi, per farle capire solo con uno sguardo quanto l’amavo e che per
niente al mondo mi sarei allontanato di nuovo da lei.
Lasciai che le mie dita si sfogassero
ancora un po’, libere sulla tastiera della chitarra, e poi decisi di riporla
nella sua custodia e di tornare vicino a Candy.
Il silenzio regnava di nuovo intorno a
me, ma quelle frasi che poco prima avevo intonato, risuonavano nella mia testa.
Presi una mano di Candy e la strinsi nella
mia.
Iniziai a carezzarla con il pollice per
sentirne la morbidezza.
Poggiai lentamente la testa sul letto e
poco dopo, sempre con la mano intrecciata alla sua, sentii Morfeo prendermi tra
le sue braccia.
Solo quando mi parve di aver sentito
qualcosa riaprii gli occhi.
Mi ero appisolato per quanto?
Minuti, ore?
Non lo sapevo, non riuscivo a
comprenderlo, ma la mia mano si era mossa da sola, o almeno era quella la
sensazione che io avevo avuto.
Alzai lentamente la testa, per guardare
cosa era stato.
Tutto era nella normalità. Candy
sembrava che stesse dormendo, come sempre, e tutto intorno a me era fermo e
immobile.
Tornai a poggiare la testa sulle mie
braccia incrociate, mentre una delle mie mani era sempre intrecciata a quella
di Candy e chiusi nuovamente gli occhi.
Proprio mentre i miei pensieri mi
stavano nuovamente abbandonando, sentii qualcosa muoversi nella mia mano, una
seconda volta.
Alzai lo sguardo, me era tutto come
pochi minuti prima.
O almeno così pensavo.
Sentii nuovamente qualcosa accarezzarmi,
così spostai il mio sguardo e vidi il piccolo pollice di Candy muoversi
lentamente sulla mia mano.
Non riuscivo a credere a quello che
vedevo.
Dovetti aspettare qualche lungo e
interminabile secondo, prima di capire quello che stava succedendo.
Con timore e paura di avere una visione,
mi voltai verso di Candy.
E incontrai i suoi occhi.
Non poteva essere vero.
Sicuramente si trattava di un sogno dal
quale non riuscivo a svegliarmi.
‹‹Q-quando avremo un
bambino nostro..›› provò a parlare ‹‹o una bambina...››
Mi sorrise.
‹‹..vorrei tanto
che fosse un Dio della musica, proprio come lo sei tu.››
Non riuscivo a parlare.
‹‹La tua.. La tua
splendida voce mi ha riportata qui Dan..››
Mi guardava.
I suoi splendidi occhi verdi erano lì,
che guardavano me e mi trasmettevano tutto l’amore che lei provava nei miei
confronti.
Forse era solo una mia allucinazione,
forse non era la realtà.
Avevo sperato così tanto in quel
risveglio, che forse ero arrivato a sognarmi anche le sue dolci parole.
Stropicciai un po’ gli occhi, sentendomi
un bambino piccolo, e poi li riaprii, lentamente.
Lei era lì, che mi guardava divertita,
ed era tutto vero.
Non stavo sognando.
Sentii un’improvvisa ondata di calore
invadermi.
Candy si era veramente svegliata.
Candy era tornata da me.
‹‹Scusami›› solo un
sussurro.
Non potevo credere alla parola che aveva
appena pronunciato.
Lei
si era scusata con me?
‹‹Non dirlo Candy,
non dirlo mai. Non è colpa tua, anzi.. è colpa mia. Scusami tu. Se solo io
avessi insistito per parlare con te..››
La sua mano si mosse e un dito si posò
delicatamente sulla mia bocca.
‹‹Shh. Non dire
queste cose.››
La guardai e lei sorrise.
Il sorriso più bello che avrebbe potuto
regalarmi, quel sorriso che tanto mi era mancato, quel sorriso che non avevo
visto per tanto, troppo tempo.
‹‹I tuoi occhi sono
ancora più belli di quel che mi ricordavo. Sai Dan..››
disse cercando di alzare un po’ la schiena per sentire più comfort ‹‹..non so ben spiegarti dove sono ‘stata’, cosa provavo.
So solamente che la tua voce parlava al mio cuore. Mi ha pregata in tutto
questo tempo di tornare da te.››
Io la guardavo mentre cercava di
spiegarmi, con qualche difficoltà, quello che aveva provato durante la sua
assenza.
‹‹La tua
meravigliosa voce non mi ha mai abbandonata. Ed io non mi sentivo sola, anche
se non mi sentivo pronta..››
Si rabbuiò improvvisamente e poi una
lacrima scivolò via dai suoi occhi.
‹‹Candy..››
In pochi secondi i suoi occhi si erano
completamente arrossati e sentivo che anche i miei stavano facendo altrettanto.
‹‹Candy non fare così..
Non ti fa bene agitarti, ti sei appena risvegliata.››
Lei annuì, ma le lacrime continuavano a
scendere.
‹‹Lo so.. ma quel
pensiero non mi abbandona mai. N-non mi ha mai abbandonata››
‹‹Neanche a me›› sussurrai. E poi ripresi.
‹‹Ma dobbiamo
cercare di andare avanti. Tu adesso sei tornata da me e siamo insieme. E niente
ci dividerà, mai più! Per nessuna ragione al mondo. Anche se so che non sarà
facile dimenticare. Ma Candy..›› le accarezzai
lievemente la testa. I suoi capelli erano sofficissimi ‹‹..
ti prego, promettimi che non mi lascerai di nuovo..››
‹‹Mai››
Mi abbracciò.
Sentivo che le sue forze erano minime,
ma quel semplice contatto mi fece capire quanto in realtà mi amasse.
Ed io provavo la medesima cosa per lei.
‹‹Dan io ti amo. Tu
sei tutto per me. Ho sbagliato a non parlare. E ne ho pagate le conseguenze.
Cercheremo di andare avanti.. Ma so che nella mia vita ci sarà sempre una
costante. E quella sarai tu..››
Un’ultima lacrima scivolò sulla sua
guancia.
‹‹Ti amo anche io Candy››
‹‹Ossignore santissimo!››
Mi voltai sussultando e alle mie spalle
trovai l’infermiera, appena entrata nella stanza.
‹‹Signor Jones.. Ma io
dico! La Signorina Coleman si è svegliata e non mi avverti?››
Per un secondo non risposi e poi vidi
Candy guardare interrogativa la donna che aveva esclamato quella frase.
‹‹È la tua
infermiera personale›› le sussurrai.
Lei sorrise alla donna e poi cercò
nuovamente di parlare.
‹‹Mi scusi. È colpa
mia. L’ho trattenuto io..››
‹‹Oh! Su su! Ho capito. Non sforzarti a parlare piccola. Ti devi
rimettere in sesto adesso che sei tornata tra noi››
Non potei fare a meno di sorridere a
quelle parole.
‹‹Sai cara..›› riprese la donna ‹‹questogiovinotto qui è stato sempre vicino a te. Non ti ha mai
lasciata un attimo, se non per andare a lavorare››
Candy sorrise, come a voler far capire
alla sua infermiera, che sapeva benissimo che le ero stato sempre vicino.
Lei le sorrise di rimando e poi osservò
me.
‹‹Si vede proprio
che lei è la tua vita. Finalmente hai ripreso a sorridere, signor Jones››
Sorrisi.
Le sue parole non avrebbero potuto
essere più vere.
Lei era la mia vita. Dopo tutto quello
che avevamo passato, dopo tutto quello che era successo, non avrei potuto
immaginare una vita senza di lei.
‹‹Dobbiamo fare qualche accertamento
adesso, signorina Coleman. Vado a chiamare il dottore, così possiamo procedere››
Lei annuì e io seguii con gli occhi
l’infermiera che stava lasciando la stanza.
‹‹Che signora
simpatica che è!›› sussurrò Candy.
Sorrisi. Non potevo fare a meno di
sorridere ogni volta che i miei occhi si posavano su di lei, o la sentivo
nuovamente parlare.
‹‹Già. Mi è stata
vicina in questi giorni. Sapevo che non eri mai sola, perché quando la mattina
dovevo andare a lavoro ti affidavo a lei.. Anche se non avrei mai voluto
lasciarti neanche un momento..››
Mi rabbuiai per un attimo e allora
sentii Candy dire:
‹‹È solo grazie a
te se io sono qui adesso. Non voglio vederti con quel faccino triste, intesi?››
Annuii alle sue parole.
‹‹Non mi sembra vero
che sei di nuovo qui da me››
Lei mi sorrise di rimando.
‹‹Ma ci sono. E non
ti lascerò più››
Mi avvicinai a lei e poi posai
delicatamente le mie labbra sulle sue.
In quel momento l’infermiera aprì
nuovamente la porta e poi entrò nella stanza, seguita a ruota dal dottore di
turno.
Mi allontanai un pochino da Candy e poi
il dottore mi disse:
‹‹La prego di uscire
un attimo signor Jones. Non ci vorrà molto, ma è necessario che lei esca dalla
stanza per poter effettuare al meglio gli accertamenti di cui la signorina ha bisogno››
Io annuii alle sue parole e poi mi
rivolsi a Candy.
‹‹Sono qui fuori e ne
approfitto per chiamare la tua famiglia e gli altri per dare loro la bella
notizia, ok?››
Lei mi sorrise e io le diedi un piccolo
bacio sulla fronte.
Poi mi alzai e mi diressi verso la
porta, ma prima di uscire, guardai ancora una volta dietro di me, per essere
veramente certo che Candy si fosse veramente svegliata, per tornare da me.
Mi sorrise da lontano, non lasciando un
attimo gli occhi dalla mia figura, e solo allora, felice di quello che avevo
visto, uscii dalla stanza e presi in mano il cellulare.
La prima persona che chiamai fu la madre
di Candy. Cercai le parole più giuste e più tranquillizzanti, per non farla
preoccupare o per non shockarla con quella bella notizia. Come avevo previsto,
mi disse che non credeva a quello che aveva sentito, ma dopo averla rassicurata
che quella era la pura verità, mi disse che sarebbe arrivata di lì a cinque
minuti.
Mi ringraziò per tutto quello che avevo
fatto e io le risposi che era il minimo per me, visto l’amore che provavo nei
confronti di sua figlia.
Quando attaccai, sentii che un peso
molto grosso si era sciolto dal mio cuore.
Finalmente Candy era tornata dalla sua
famiglia e loro, come me, avrebbero potuto abbracciarla nuovamente, come per
tutto quell’ultimo periodo avevano tanto sperato.
Passai poi a chiamare Tom, Dougie,
Giuly, Harry e Giovanna.
Loro erano le persone alle quali tenevo
di più, dopo Candy.
Quando Tom rispose alla mia chiamata,
sentii che qualcosa non andava. La sua voce era spenta, monotona, ma non appena
sentì che io avevo qualcosa di importante da dirgli, si fece tutto orecchie.
Mi disse che si sarebbe precipitato il
prima possibile e che era felicissimo per me e per la notizia che gli avevo
appena dato. Mi chiese se avrebbe dovuto avvertire qualcuno e io gli dissi che
magari avrebbe potuto avvertire Giovanna, ma lui con uno strano tono, mi disse
di mandarle un messaggio, perché le avrebbe sicuramente fatto piacere avere la
notizia da parte mia.
Agganciai e poi fu il turno di Dougie.
Appena mi rispose sentii un suono strano
provenire dall’altra parte della cornetta e poi una serie di brusii da parte di
qualche ragazzo.
‹‹Disturbo?›› chiesi.
‹‹No, tu non
disturbi mai Jones. Come stai? È un po’ che non ti sento e mi dispiace per
questo. Sono un vero schifo di amico››
‹‹Ah non dire così.
Sono sicuro che hai le tue buone ragioni, se non hai avuto tempo per passare di
qua. Anche perché la mattina a scuola non ti davo molte occasioni per
parlarmi..Comunque›› ripresi ‹‹Candy
si è svegliata, proprio pochi minuti fa››
Sentii improvviso silenzio dall’altra
parte della cornetta e poi Dougie esclamare:
‹‹Sul serio? Si è
svegliata veramente?››
‹‹Si Doug. Non puoi
sapere quanto ne sia felice. Ancora non ci credo del tutto. Mi sembra di vivere
in un sogno››
‹‹Oddio Dan! Sono
veramente felice per te!! Lo hai già detto a Giuly?››
‹‹No, in realtà ho
chiamato solamente te e Tom al momento! Le puoi mandare un messaggio tu??››
‹‹Ok..››
Non mi parse molto convinto, ma dovevo
chiamare ancora Harry e mandare un messaggio a Giovanna.
‹‹Passerò a trovarti più
tardi! Così saluto Candy!››
‹‹Ok›› gli dissi ‹‹A dopo. E grazie di tutto Doug››
‹‹Non dirlo neanche
per scherzo Dan. A dopo!››
Sorrisi alle sue ultime parole e poi
chiamai Harry.
Anche lui quando capì il motivo della
chiamata, mi rispose felice che sarebbe passato a salutare me e Candy. Lo
ringraziai e poi mandai un messaggio a Giovanna, come Tom mi aveva detto di
fare.
C’era qualcosa che non mi era quadrato
nel suo tono di voce, ma mi ero ripromesso che ci avrei parlato, quando sarebbe
passato a trovare Candy.
Giovanna mi rispose poco dopo, dicendomi
che era felice della bella notizia e che sarebbe passata il prima possibile
dall’ospedale, ma non quel pomeriggio, poiché doveva guardare la piccola e non
poteva muoversi da dove si trovava.
Ma
allora se Giovanna era con la piccola, perché Tom non si trovava con lei e mi
aveva detto di mandarle un messaggio?
Decisamente c’era qualcosa di cui Tom mi
doveva parlare.
Non appena finii di chiamare i miei
amici, vidi la madre e il padre di Candy arrivare nella mia direzione.
Li salutai con un abbraccio e non potei
fare a meno di emozionarmi quando vidi gli occhi di loro colmi dalle lacrime
per quel magico momento che era finalmente arrivato.
Aspettammo il dottore, per avere la
conferma di quella meravigliosa notizia.
Dopo pochi minuti infatti, lui uscì
dalla stanza di Candy e venne da noi con un sorriso.
‹‹La signorina
Coleman si è stabilizzata alla perfezione. Ci vorrà qualche giorno affinché si possa
riprendere completamente, ma adesso è fuori da ogni pericolo››
‹‹Possiamo entrare a
salutarla?›› chiese gentilmente la madre di Candy.
‹‹Certo, basta che la
ragazza non si affatichi troppo››
La madre di Candy annuì alle parole del
dottore e poi entrò nella stanza assieme al marito.
Io rimasi lì fuori e mi rivolsi al
dottore:
‹‹La ringrazio per
tutto quello che avete fatto per Candy. Davvero, grazie di tutto››
Lui mi guardò e facendomi un occhiolino
mi disse:
‹‹Abbia cura di lei
signor Jones››
‹‹Ci può contare››
Mi strinse la mano e poi si congedò.
Stavo per rientrare nella stanza, quando
sentii Tom chiamarmi:
‹‹Dan!››
Mi voltai e vidi Tom e Giuly venire
nella mia direzione.
Appena furono vicini a me, mi
abbracciarono con trasporto e poi mi chiesero come stavo.
Li ringraziai per essersi precipitati
così velocemente e Giuly disse:
‹‹Figurati. Io ero a casa
di Tom, quindi siamo venuti assieme appena hai chiamato››
‹‹Ma non c’era anche
Giovanna a casa con la bambina?››
Tom non rispose alla mia domanda e non
ebbi tempo di formularne un’altra, perché la porta della stanza di Candy si
aprì e ne uscirono i suoi genitori.
‹‹Danny, Candy chiedeva
dove eri.. credo che voglia stare un po’ con te. Noi andiamo a prendere un
caffè, perché non vai un po’ da lei?››
Annuii alle sue parole e mi diressi
nella stanza, seguito da Tom e Giuly.
Quando entrammo Giuly si diresse
velocemente verso Candy e poi l’abbracciò stretta stretta.
‹‹Come sono felice di rivederti››
‹‹Ancheio›› sussurrò lei.
Poi salutò Tom con la mano e lui le
diededue baci sulle guance.
‹‹Che bello vedervi
qui. Mi dispiace avervi disturbati proprio di Domenica››
Vidi Giuly alzare gli occhi al cielo.
‹‹Disturbare chi? Noi? Candy
è la notizia più bella che Danny avrebbe potuto darci. Davvero. Sono così
felice di vederti sorridere di nuovo. Quindi non dire queste sciocchezze››
‹‹E la stessa cosa
vale per me›› aggiunse Tom alle parole di Giuly.
‹‹Hai chiamato anche
gli altri?››
‹‹Si›› risposi ‹‹Dovrebbero passare anche loro, tranne Giovanna, che è a
casa con la bambina. Ma questo tu lo sai no?›› dissi
con un mezzo sorriso a Tom.
Lui abbassò la testa e rispose con un
flebile ‹‹si..››.
La porta si aprì nuovamente un secondo
dopo e apparve Harry.
Venne verso di me e mi abbracciò, poi
andò verso Candy e dopo averla salutata le chiese come si sentiva.
Parlò un pochino con lei, poi si voltò
verso Giuly e Tom e li salutò con un cenno del capo, senza dire una parola.
Notai che il suo sguardo si soffermò per
qualche secondo su Tom, guardandolo con astio.
‹‹Che cosa sta
succedendo?›› chiesi, come se fosse la più normale
delle risposte.
‹‹Mi dispiace essere
così maleducato, ma per oggi sono passato solamente a fare un salutino veloce.
Passerò nei prossimi giorni a salutarvi meglio. Ci vediamo››
Harry non rispose alla mia domanda e
neanche mi aveva dato il tempo di salutarlo che già se n’era andato.
Mi avvicinai a Candy e mi sedetti in una
sedia li vicino, prendendole la mano, per sentirla vicina a me. Non volevo
lasciarla neanche per un secondo.
Mi rivolsi nuovamente a Tom, sperando di
trovare una risposta da lui.
‹‹È successo
qualcosa di cui io sono all’oscuro?››
Tom mi guardò tristemente e poi mi
disse:
‹‹Dan.. Non è il caso
oggi di parlare di questa cosa. Oggi siamo qui a trovare Candy che si è
svegliata. Ci saranno altri momenti per parlare di questa cosa››
‹‹Ma..›› provai a ribattere.
‹‹No Dan, dico sul
serio. Non c’è niente di cui preoccuparsi›› disse con
un sorriso.
Così Giuly eluse le mie domande e iniziò
a parlare di altro.
Parlammo per un po’, mentre Candy se ne
stava per lo più silenziosa ad ascoltarci e a sorridere delle nostre battute,
fino a quando qualcuno bussò alla porta.
Dopo pochi secondi si aprì e apparve
Dougie.
‹‹Hey!›› lo salutai con la mano.
‹‹Heyciao›› disse lui.
Si avvicinò a me e a Candy e ci saluto,
chiedendo poi come andava.
Candy gli sorrise e lui disse di essere
felice di rivederla.
Mentre lui parlava, notai che Giuly
aveva gli occhi arrossati, completamente velati dalle lacrime.
La guardai e lei scosse il capo,
invitandomi a non chiedere niente, poi abbassò il capo e uscì dalla stanza.
Candy che si era accorta di tutto ciò,
mi strinse la mano, cercando una risposta a quello che era appena successo.
Vidi Dougie guardare fuori dalla porta e
poi dire:
‹‹Scusate, vado un attimo
a parlare con lei››
Guardai Tom e lui alzò le spalle,
rammaricato.
‹‹Di quante cose non
sono al corrente?››
Da fuori della stanza provenivano le
voci alterate di Giuly e Dougie.
Non riuscivo a cogliere tutto quello che
si stavano dicendo, ma capii il perché del loro litigio.
‹‹Dove eri?››
La voce di Giuly era rotta dal pianto.
‹‹Ti ho detto non ades-››
‹‹E quando Doug?
Tanto non ci sei più ormai. E poi te ne andrai in Tour con quella band del
cavolo. Quando hai intenzione di farlo sapere anche ai tuoi amici, eh?››
Seguii un lungo silenzio a quelle parole.
Nel momento esatto in cui Giuly le aveva
pronunciate, Candy mi aveva stretto fortemente la mano.
Dougie andava in Tour con una band?
Da quando aveva ripreso a suonare?
Mi voltai verso Tom, che aveva gli occhi
sbarrati tanto quanto i miei.
Mi guardò come dire che anche lui non ne
sapeva niente di quella storia e io mi voltai verso di Candy.
Mi passò una mano sulla guancia e mi
guardò con un triste sorriso.
Sapevo che Tom in quel momento stava
provando le mie stesse sensazioni: un velo di rabbia, misto all’incomprensione
verso Dougie e al come avesse potuto fare alle nostre spalle una cosa del
genere. Ma soprattutto ero sicuro che anche nella testa di Tom, aleggiava la
stessa domanda che non andava via dalla mia.
Perché
Dougie non ci aveva detto niente?
Chissà da quanto andava avanti quella
storia.
La porta si riaprì improvvisamente.
Giuly era in lacrime e dopo aver ripreso
il suo cappotto, mi guardò e sussurrò:
‹‹Midispiace››
Poi se ne andò.
Fuori dalla porta, Dougie era rimasto
inerme alle parole di lei, come trafitto da mille lame e con lo sguardo perso
nel vuoto.
Si voltò verso di me e poi verso di Tom.
Fece un piccolo gesto con la testa e poi sparì, nello stesso punto in cui Giuly
se n’era andata pochi secondi prima.
‹‹Mi sa che è meglio
se anche io torno a casa›› disse Tom tristemente.
‹‹Pare che non si
possa mai stare tranquilli›› continuò ‹‹Mi fa piacere che tu stia bene Candy. Almeno hai
riportato il sorriso sulle labbra di Dan. Statemi bene tutti e due›› disse con un sorriso ‹‹Tornerò
a trovarvi appena mi sarà possibile››
Salutai Tom, dopo di che, se ne andò,
chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi nuovamente solo con Candy.
Sentii la sua mano stretta alla mia.
Alzai lo sguardo per incontrare i suoi occhi e mi sorrise.
Benché io le sorrisi di rimando, lei
aveva capito perfettamente che cosa c’era che non andava in quel momento.
‹‹Tutto ciò deve avere
una spiegazione Dan. Forse Dougie si trova in un periodo no. Magari ha avuto le
sue motivazioni per fare la scelta che ha fatto. Chi lo sa..››
La guardai negli occhi e solo come lei
aveva sempre saputo fare, con un solo sorriso mi risollevò l’umore.
‹‹Ma tu non
prendertela Dan. Non arrabbiarti con lui. Quando avrai la possibilità gli
parlerai e cercherete di risolvere questa faccenda. Non tutto è come sembra››
Non potei fare a meno di separare la
distanza che c’era tra di noi con un bacio.
Un bacio per farle capire quanto le sue
parole mi avessero fatto capire che aveva ragione.
Un bacio per farle capire quanto ero
felice di essere la sua metà.
Un bacio perché l’amavo.
‹‹Grazie››
Solo una piccola e banale parola, ma la
più vera.
Finalmente Candy si era svegliata ed era
tornata da me.
Dopo tutto quello che era successo
avevamo imparato dai nostri errori e in un futuro non ne avremo mai più
commessi di simili.
Ma soprattutto io sapevo che senza di
lei non avrei mai potuto vivere e quel giorno capii che anche lei non avrebbe
mai potuto vivere senza di me.
Da quel tutto giorno tutto sarebbe
cambiato e niente e nessuno ci avrebbe mai più divisi.
Ne ero assolutamente certo.
***
Mancano
4 capitoli alla fine più un epilogo (che è l’unica cosa che mi è rimasta da
scrivere).
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo 24.
Giovanna’s
POV.
‹‹No! Non puoi
uscire fuori. Prima devi finire di fare i compiti. Ti conosco troppo bene. Poi
la sera dopo cena non li fai mai perché vuoi vedere la televisione››
‹‹Su Margaret non
essere così puntigliosa! Fallo uscire un po’ a giocare con gli amici..››
‹‹Sii mamma daii!››
‹‹Nonmettertici anche tu John, lo sai che poi le maestre mi
chiamano a casa. E come sempre devo andare io a..››
‹‹No.. No! Stop››
Alex si voltò verso la troupe.
‹‹Ragazzi cinque minuti
di pausa per tutti!››
Lo vidi incamminarsi nella mia direzione.
‹‹Giovanna..›› sospirò quando mi fu davanti ‹‹non
ci siamo. Non poni abbastanza attenzione alle battute. Non devi essere così
pignola nel tono della voce, è una sitcom non un dramma.. Lo capisci vero?››
Abbassai lievemente la testa in segno di
assenso.
‹‹Alex mi dispiace..
io..››
‹‹Giovanna. Mancano
pochissimi giorni alla fine delle riprese. Sono sicuro che anche tu non
vorresti prolungare il lavoro più del dovuto, non è vero?››
Scossi leggermente la testa in senso di
negazione.
‹‹Ecco. Quindi, per
favore, cerca di concentrarti, va bene?››
Sorrisi leggermente e mormorai un
flebile “si”.
Lui mi guardò nuovamente, sospirando.
‹‹Lo so che non te
la stai passando bene..››
Lo guardai interrogativa, anche se sapevo
esattamente di che cosa stesse parlando.
‹‹Ho letto di tuo
marito e..››
‹‹Ho capito. I miei
problemi personali li devo tenere fuori dal lavoro››
lo guardai e senza dargli il tempo di finire, ripresi ‹‹Messaggioricevuto››
Lui scosse per un secondo la testa, poi
sospirò.
‹‹Va bene. Rimetti
in ordine le tue idee per due minuti, poi riprendiamo››
Annuii e andai a bere un sorso d’acqua.
Avrei voluto gridare con tutta la voce
che avevo dentro.
No. Lui non poteva sapere neanche
lontanamente come me la stessi passando in quei giorni.
Sospirai e mi guardai nello specchio.
Le profonde occhiaie che contornavano i
miei occhi erano perfettamente coperte dal trucco di scena. Sembrava che fosse
un giorno come gli altri, un giorno qualunque.
Ero un’attrice, ecco cos’ero.
E avrei dovuto continuare ad esserlo per
altre tre ore, impegnandomi.
Poi, anche per quel giorno sarebbe
finita.
Respirai a fondo e poi mi diressi
nuovamente verso il set.
Ce l’avrei fatta sicuramente.
Dopo poco più di tre ore uscii dagli
studi e mi diressi verso casa di Harry.
Era stato veramente dolce con me in quei
giorni: mi aveva fatto compagnia e mi aveva sostenuta nei momenti di bisogno,
aveva trascurato il suo lavoro per restare a casa con Holly e giocare con lei
per non farla sentire sola, mi aveva semplicemente aiutata.
Le domande che continuavano a
volteggiare nella mia testa erano infinite e a nessuna di quelle riuscivo a
trovare una valida risposta.
Perché
lo aveva fatto? Da quando aveva smesso di amarmi? Aveva finto di fare l’amore
con me solo per farmi credere che lui mi era sempre vicino e invece poi non era
così?
Da una parte non avrei voluto credere a
quel maledetto articolo, ma dall’altra sapevo che era solamente un modo per
credere che Tom mi amasse ancora.
Presi il telefono per vedere l’ora e
notai che una piccola busta bianca lampeggiava in alto a sinistra nel display.
Aprii il messaggio e vidi il mittente: Tom.
Lo lessi.
Quando
mi darai una possibilità per parlarti e cercare di spiegare come stanno
veramente le cose? Ti prego, non ignorare le mie chiamate e i miei messaggi. Ti
amo, Tom.
Mi soffermai per un attimo su quelle
parole e poi passai al messaggio precedente, che era di Danny.
Candy
si è svegliata, finalmente. Ancora non riesco a crederci! Volevo darti al più
presto la buona notizia e Tom mi ha detto di mandarti un messaggio, perché ti
avrebbe fatto piacere riceverlo direttamente da me. Spero di vederti presto.
Dan
In quel momento mi resi conto che erano
due giorni che Candy si era svegliata e che io non ero ancora passata a
trovarla.L’orario delle visite era
terminato da un po’, ma sperai che le infermiere avrebbero chiuso un occhio per
una amica.
Mi diressi verso l’ospedale, cercando di
scacciare quelle inutili e insistenti domande che non mi lasciavano libera di
pensare neanche per un attimo.
Arrivata nell’atrio dell’ospedale,
trovai un’infermiera e chiesi cortesemente di poter far visita a Candy. La
donna mi guardò bonariamente e poi sorrise:
‹‹Se mi promette che
non la farà affaticare tanto e che la farà solamente sorridere le darò il
permesso. Ha così tanti amici quella cara ragazza! Sono contenta che veniate a
trovarla! E poi il signor Jones se n’è andato da una decina di minuti, quindi
mi fa piacere che ci sia qualcuno con lei a farle compagnia, in sua assenza.››
‹‹La ringrazio molto
e le prometto che la tratterò con i guanti››
Si congedò e io mi diressi verso la
stanza di Candy, poi bussai.
‹‹Avanti››
Sorrisi al suono della sua voce.
L’ultima volta che l’avevo sentita parlare era stata la mattina di Natale.
Aprii la porta ed entrai lentamente
nella stanza.
Candy si trovava stesa sul letto, con i
suoi occhi verdi attenti a quello che stava succedendo, il volto un po’
pallido, ma più colorito dall’ultima volta che l’avevo vista.
Quando mi vide sul suo volto si accese un
sorriso.
‹‹Oddio Gi, sei proprio
tu! Pensavo fosse l’infermiera per il checkup serale››
Arrivai vicino a lei e poi l’abbracciai.
‹‹No sono proprio io›› le dissi felice, mentre lacrime di felicità scendevano
sulle mie guance.
‹‹Guarda che se fai così
fai piangere anche me›› disse lei non appena ci
liberammo dall’abbraccio.
‹‹No scusami, la
smetto subito›› dissi asciugando le mie lacrime con
il lembo della giacca.
‹‹Come stai?›› le chiesi poi.
‹‹Abbastanzabene›› mi disse con mezzo sorriso ‹‹A
volte mi capita di pensare a cose non molto belle, ma Danny è sempre vicino a
me e non mi fa mai sentire sola››
‹‹Ti ama tanto›› le dissi.
‹‹Anche Tom ti ama Gi››
Le sue parole mi colpirono molto, lasciandomi
senza parole.
La guardai come per chiederle una
spiegazione, ma lei non mi diede tempo di chiedere, che cominciò a parlare.
‹‹Avevo immaginato che c’era qualcosa che non andava con Tom.››
‹‹Come hai fatto a..?››
‹‹La sera del mio
risveglio quando Giuly e gli altri sono passati a trovarmi, Harry ha rivolto
uno sguardo molto strano a Tom e poi se n’è andato, scusandosi della breve
visita. Tom ha detto a Danny che non era il caso di parlare di alcune cose, ma
la tua assenza mi ha fatto pensare che forse c’era qualcosa che non andava.››
Abbassai lievemente la testa, ricordando
che Candy era sempre stata un’attenta osservatrice, ed una persona molto intuitiva.
‹‹Gi, lo so che
forse non posso essere un valido aiuto, visto che sono in convalescenza, ma se
hai bisogno per qualsiasi cosa, anche per sfogarti, io sono qui. In fondo anche
tu mi sei stata vicina tante volte e sei stata la mia ancora nel momento del
bisogno. Probabilmente se non ti avessi incontrata quel giorno, poco di prima
di Natale, non avrei mai fatto pace con Danny.. anche se forse il mio piccolo
ci sarebbe sempre..››
‹‹Mi dispiace tanto Candy››
Dissi, sentendomi insensibile nei suoi
confronti.
Aveva perso un figlio e io non avevo
avuto il giusto tatto nei suoi confronti. Non stavo mantenendo la promessa che
avevo fatto all’infermiera.
‹‹Non prendertela con
te stessa Gi. Non è colpa tua se il mio bambino non c’è più. Anzi, ti ringrazio
per tutto quello che hai fatto per me.››
‹‹Io..›› provai a parlare, ma le parole mi morirono in bocca.
‹‹Prendi una sedia Gi, e
siediti vicino a me››
Eseguii il suo desiderio, prendendo una
sedia e sedendomi vicino a lei.
‹‹Adesso se vuoi›› mi disse con un sorriso ‹‹parlami
dei tuoi problemi, dimmi che cosa è successo. Per essere serena, ho bisogno che
anche gli altri lo siano. Vederti triste mi fa stare male più di quanto tu non
possa pensare. Quindi, aiutami a capire.››
Presi un respiro e poi cominciai.
‹‹È-è uscito un
articolo, su un giornale.. dieci giorni fa.››
‹‹E di cosa parlava
questo articolo?›› mi incitò lei.
‹‹Di Tom. E della
sua nuova fiamma che si è portata a letto in un hotel ad Harrow.››
‹‹Non è possibile›› disse lei in un sussurro, portandosi una mano
alla bocca. Poi si voltò verso di me.
‹‹Non è vero! Lui non
ti ha tradita, giusto?››
Distolsi gli occhi per evitare il suo
sguardo interrogatore.
‹‹Io.. non lo so.
Avevamo appena fatto pace, dopo un periodo bruttissimo, ma poi d’un tratto è
uscito quell’articolo. Che cosa dovrei pensare? Tom ha solamente finto con me.
Con il mio lavoro ho distrutto tutto. E adesso lui se la fa con le donne di
strada solo per ripicca, per farmi capire che non mi ama più.››
‹‹Hai sentito dire
queste parole da lui? Cioè.. lui ti ha detto che non ti ama più? Che non sei
più la donna della sua vita?››
‹‹No›› risposi
solamente.
Lei mi guardò, non riuscendo a capire la
mia risposta.
‹‹Non.. non ne hai
parlato con lui, è così vero?››
‹‹Io..›› cercavo di trovare le parole giuste da utilizzare, ma
non riuscivo a trovarle ‹‹Io non lo so che cosa ho
Candy. Non riesco a guardarlo, non riesco a parlare con lui. Io lo sento che
lui non mi ama più. E quell’articolo era così reale che..››
‹‹Tu non ti accorgi
di quanto sei fortunata››
Mi voltai verso di lei a quelle parole e
vidi che il suo sguardo era diventato tutto un tratto severo.
‹‹C-come?››
‹‹Non ti accorgi di
quanto sei fortunata, Giovanna›› ripeté lei.
‹‹Hai una bellissima
bambina di tre anni, che ti vuole un bene dell’anima. Hai un marito che ti ama
più di se stesso. Tom non ti tradirebbe mai, per niente al mondo. Sono sicura
che sia tutta una montatura, questa storia dell’articolo. Giovanna, Tom darebbe
la vita per te, cerca di vedere le cose come stanno veramente››
riprese un attimo fiato e poi continuò. ‹‹Tu non gli
hai dato modo di parlare con te. Lo so che in questo momento hai paura Gi. Lo
so che forse pensi che la persona che ami di più ti stia abbandonando, ma non è
così. I media sono sempre stati alle calcagna dei ragazzi. non ti ricordi
quanti articoli scrivevano ai tempi del gruppo? È normale che siano ancora
sotto l’occhio del mirino. Erano i McFly. Ma tu non puoi mandare a monte il tuo
matrimonio, la tua famiglia, solo per uno stupido articolo.. Tu devi rimediare.
Devi dare la possibilità a Tom di spiegarti come stanno davvero le cose. Sono
sicura che lui ha la risposta che ti serve››
Prima di poter avere il tempo di
rispondere la porta si aprì.
Era Danny.
‹‹Candy ho fatto più
veloce che.. oh! Ciao Gi, come stai?››
Ero senza parole. Senza parole dal
discorso che Candy mi aveva appena fatto. Tutte quelle domande che avevo nella
testa, adesso erano confuse, tra le parole che lei mi aveva appena rivolto.
E se avesse avuto ragione?
Danny mi guardò turbato, chiedendomi ‹‹Gi va tutto bene?››
Alzai lo sguardo verso di lui ed annuii
con la testa.
Mi alzai dalla sedia e mi misi la
giacca.
‹‹Candy, scusami se ti
ho disturbata.. avrei dovuto solamente farti un saluto invece..››
‹‹Giovanna non dire così›› disse lei dispiaciuta.
Li guardai entrambi e sussurrai ‹‹Midispiace›› poi uscii da
quella stanza, cercando di capire che cosa mi stesse succedendo.
Quando suonai al portone, Harry mi venne
ad aprire e subito sentii che c’era qualcosa che non andava.
‹‹Meno male che sei
qui Gi. Holly non la smette di piangere oggi››
Mi allarmai subito e chiesi
‹‹Che cos’ha?››
Lui si rabbuiò per un secondo.
‹‹Harry non è questo il
momento di indugiare. Si sente male?››
‹‹No›› mi disse lui
scuotendo il capo ‹‹CercaTom››
Annuii tristemente alle sue parole, poi
entrai in casa e mi diressi nella camera degli ospiti che Harry ci aveva
gentilmente concesso in quei giorni.
Appena entrai Holly cessò il suo pianto
per un attimo, poi ricominciò.
‹‹Hollyshh›› le dissi prendendola tra le mie braccia ‹‹La mamma è qui adesso. Shh››
Mi guardò con i suoi occhioni
marroni e mi chiese triste:
‹‹Papy?››
Le carezzai una guancia, cercando di
asciugare le sue guance tutte bagnate e poi le dissi:
‹‹Mamma e papà hanno
avuto una discussione, ma vedrai che le cose si rimetteranno e..››
‹‹Gno! Mamy io vojopapy››
mi disse lei piangendo ‹‹Ora›› aggiunse in un soffio.
‹‹Holly non fare così.
La mamma diventerà triste se tu fai così››
‹‹Iovojopapy››
‹‹Vedrai che le cose si
rimetteranno presto›› dissi fra me e me cullandola.
La cullai fino a quando, sfinita, non
crollò in un sonno profondo.
La misi nel letto, per farla dormire
meglio. Mi stesi vicino a lei, per osservarla.
Ma guardarla mi faceva male. Era la mini
copia di Tom quando dormiva. Con la sola differenza dei suoi bei boccoli
dorati.
Le diedi un bacio sulla fronte e poi
scesi nella cucina, dove trovai Harry.
‹‹Come sta?›› mi chiese.
‹‹Male›› risposi
sinceramente ‹‹Ha bisogno di suo padre. E per una
paura mia, la sto privando del bene che le vuole. Ma non ce la faccio a vedere
Tom..››
‹‹Devo andare un
attimo a casa a prendere delle cose di cui Holly ha bisogno.. per esempio la
sua preferita. Forse con quella riuscirà a stare un po’ più tranquilla. Le
piaceva così tanto..››
‹‹Vuoi che vada io?››
‹‹No, ma ti
ringrazio. Sono piuttosto sicura che non troverò Tom in casa.. e comunque
controllerò prima se la sua macchina nei paraggi. Altrimenti ci tornerò
un’altra volta..››
‹‹Sei sicura di non
essere stanca dopo il lavoro?››
‹‹Si, davvero Harry.
Ma grazie comunque››
Mi sorrise e io tornai a prendere la giacca
e le chiavi della macchina e poi mi avviai, un po’ incerta su quello che stavo
facendo.
Arrivata a destinazione, controllai bene
che la macchina di Tom non fosse parcheggiata nei paraggi, e quando fui sicura
di non averla vista, parcheggiai la mia e mi avviai al portone.
Quando lo aprii mi accorsi che il
silenzio regnava nella casa. Piano piano mi
intrufolai all’interno, sentendomi come una ladra, cercando di fare meno rumore
possibile. Salii in camera di Holly e presi la sua bambola preferita, Dolly, e
qualche vestito pulito, che misi in una borsa che trovai lì. Poi andai in
camera mia e presi alcuni indumenti anche per me.
Tornai al piano di sotto e osservai un
po’ la casa.
Mi mancava tanto.
Mi mancavano le giornate passate con Tom
e con la piccola, le serate davanti alla Tv, ad osservare mio marito e mia
figlia invece dei programmi che passavano, mi mancava la mia vita.
Stavo per andarmene, quando notai che
sul tavolino di sala c’era un oggetto che non avevo mai visto.
Mi avvicinai e presi in mano la custodia
nera di un dvd .
La aprii e all’interno, sul dvd c’era
scritto: “Ti prego, non ignorare anche me”.
Mi guardai intorno, come a voler essere
sicura di essere sola all’interno della stanza.
Poi accesi la televisione e inserii il
dvd all’interno del lettore. Poi mi sedetti sul divano e attesi il video. Dopo
qualche secondo il monitor era sempre nero, nessuna immagine era ancora
apparsa.
Non capivo che cosa stesse succedendo,
quando una scritta bianca mi apparve davanti agli occhi.
Se
stai guardando questo video, vuol dire che ancora un po’ ci tieni a me.
Lo schermo tornò di nuovo nero, poi un’altra
scritta.
Questo
video è per farti capire che cosa siamo per me. Ti amo, Tom.
Il mio cuore cessò di battere per un
secondo, quando davanti ai miei occhi apparve Tom, ai tempi dei McFly, la sera
del loro primo concerto.
‹‹Hey
Tom! Saluta il pubblico che ci guarda da casa!››
Era la mia voce che aveva parlato.
‹‹Salve a
tutti! Oggi è il grande giorno, ed ancora non ci credo! È il nostro primo vero
concerto! E che resti tra di noi, me la sto facendo sotto..››
‹‹Hey
dalla a me la videocamera››
Aveva detto Giuly. E in quel momento
vidi l’inquadratura di me e Tom insieme.
Io che bisbigliavo qualcosa
nell’orecchio a Tom.
Ricordavo esattamente le parole che gli
rivolsi.
‹‹Sono
sicura che il vostro primo concerto sarà un trionfo e tutti domani parleranno
di voi, come un gruppo pieno di grinta! Io sono con te, lo sai››
E poi lui che si voltava, per sussurrare
un ‹‹Grazie››
e per poi baciarmi.
L’immagine si dissolse, lasciando spazio
a varie immagini di me e di Tom in Italia, ad Orlando con il resto dei nostri
amici, a delle immagini di alcune cene passate tra di noi, i nostri baci e i
nostri abbracci. La musica che accompagnava quelle immagini non mi aiutava
molto, tanto che presto dai miei occhi iniziarono a scendere copiose lacrime.
Di nuovo uno stacco e mi apparvero
davanti le immagini del nostro matrimonio e della festa che facemmo dopo.
E poi il video del giorno della nascita
di Holly e i successivi giorni passati con lei, con me che l’abbracciavo e le
facevo salutare la videocamera aiutandola con la mia mano, e le immagini di me,
lei e Tom assieme.
Alla fine di nuovo una scritta.
Per
me tu ed Holly siete questo e molto di più. Ti prego di darmi il modo di
spiegare.
Ti
amo.
Mi alzai ed andai a togliere il dvd dal
lettore, per poi riporlo nella sua custodia.
Mi sedetti nuovamente sul divano,
cercando di capire che cosa avessi appena visto, che cosa stessi provando in
quel momento.
Tom mi aveva colpita al cuore. Molte di
quelle immagini mi avevano riportato alla mente dei ricordi molto preziosi. La
felicità nel mio volto e in quello di Tom era così chiaro e evidente, che non
ce la facevo a fermare quelle dannate lacrime.
Eravamo finiti in quella situazione
perché io avevo ripreso a lavorare e Tom aveva trovato un’altra, perché non mi
amava più.
Eppure eravamo stati così felici assieme…
‹‹Ti prego, non
piangere più..››
Mi voltai di scatto quando sentii quella
voce.
Mi alzai velocemente e mi diressi verso
la porta, ma Tom mi aveva già raggiunta.
Mi prese per un braccio, delicatamente,
e disse sottovoce:
‹‹Non te ne andare,
dammi l’occasione di spiegarti che cosa è successo davvero››
Alzai lo sguardo e incrociai i suoi
occhi: erano velati di lacrime.
“Devi
dare la possibilità a Tom di spiegarti come stanno davvero le cose.”
Mi tornarono in mente le parole che
Candy mi aveva rivolto quel pomeriggio.
Annuii silenziosamente e restai in
attesa di una sua spiegazione.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
25.
Tom’sPov.
Guardarla negli occhi mi faceva stare
male e bene allo stesso tempo. Avevo sempre odiato vederla piangere e sapere
che in quel momento ero io la causa del suo pianto, mi faceva stare ancora
peggio.
Ma era davanti a me, finalmente, dopo
dieci interminabili giorni.
Avevo provato a chiamarla, a mandarle
messaggi, ad andare a casa di Harry, ma senza risultati. Non l’avevo mai
trovata a casa da lui.
Probabilmente in quei giorni il lavoro
l’aveva impegnata ancora di più, ma non riuscivo a capire perché avesse preferito lasciare la piccola alle cure di Harry
piuttosto che alle mie. Io ero suo padre.
In quei dieci giorni il mio unico
pensiero erano state Giovanna ed Holly. Avevo deciso che me le sarei riprese e
niente avrebbe potuto distogliermi da quella decisione. Harry avrebbe dovuto
farsi da parte e lasciare risolvere la situazione tra me e Giovanna. Non mi era
ben chiaro il motivo per cui si era preso così tanto a cuore la situazione.
Sapevo che teneva molto a Giovanna e alla piccola, ma la sua reazione mi era
parsa esagerata.
Al tempo della band molte volte i
giornali avevano scritto fesserie anche su di lui e nessuno aveva mai reagito
come invece aveva fatto lui con me..
Ma non era comunque il momento di
cercare di capire che cosa fosse successo a Harry. Gli avrei chiesto
spiegazioni una volta risolto il mio problema con mia moglie.
Avevo chiesto aiuto a Giuly e lei era
stata così gentile da ascoltarmi durante quei giorni, in tutte le mie confessioni,
ed a cercare di trovare con me, una soluzione che potesse aiutarmi a risolvere
il mio problema.
Avevamo pensato a molte opzioni, ma alla
fine, l’idea di Giuly di fare un video mi era sembrata quella migliore. Aveva
passato molto tempo con me, quando usciva da lavoro ci trovavamo assieme, e
aveva sempre cercato di rassicurarmi che tutto sarebbe andato per il meglio,
celando sempre i suoi problemi. Avevo provato a parlare con lei al riguardo, ma
aveva sempre eluso le mie domande. Poi negli ultimi due giorni la situazione
era precipitata. Quella Domenica all’ospedale capii il perché lei era sempre
così triste e quando il giorno prima passò a portarmi il dvd pronto, cercai di
distogliere dalla mia mente per un secondo Giovanna e la mia piccola, per
concentrarmi sul problema di Giuly.
Stava
per andarsene velocemente, quando la bloccai e la guardai negli occhi. Avevo
notato che erano tristi e molto arrossati. Probabilmente aveva passato la notte
in bianco e finalmente riuscivo a capire il perché.
Abbassò
lo sguardo e poi sussurrò solamente:
‹‹Mi
dispiace Tom››
Sorrisi
amaramente, ma lei non mi vide.
‹‹Non
penserai che io sia arrabbiato con te vero?››
Lei
mi guardò tristemente.
‹‹Dopo
tutto quello che stai facendo per me? Giuly.. sei forse l’unica che crede in me.
Come potresti mai pensare che io che l’abbia con te per quello che ha fatto
Doug?››
Vidi
un lacrima scivolarle sul volto.
‹‹Giuly
non devi piangere per questo. Se vuoi sfogarti un po’ va bene, ma non devi
piangere per paura di avermi ferito. Tu non c’entri niente››
‹‹Io
potevo parlartene›› iniziò ‹‹Ma
non ho avuto il coraggio e per questo mi sento una vigliacca. Quando Dougie mi
ha dato la notizia della nuova band, si aspettava da me gioia e felicità, ma
non è stato così. Mi dispiace per lui, ma non riesco a pensare a Dougie in una
band che non siano i McFly. Sarò cocciuta, sarò testarda, ma io la penso così.
E quando mi ha detto che non avrei dovuto parlare della novità con nessuno, mi
si è gelato il sangue nelle vene. Mi dispiace così tanto.. Io non sapevo che
cosa fare..››
Cercai
di essere più razionale possibile, nel cercare le parole da utilizzare.
‹‹Non
ti nego di essere rimasto ferito da lui, Giuly. Dougie mi ha deluso tantissimo.
Non voglio sapere da te come e perché è successo, ma voglio spiegarti come la
vedo. Non ce l’ho con lui perché se n’è andato a suonare con un’altra band. Ce
l’ho con lui perché non mi ha detto niente, perché non ha detto niente né a me
né agli altri. Perché si è nascosto? Aveva paura di un nostro divieto da parte
sua?››
‹‹Non lo
so›› gemette lei tristemente.
‹‹Non
lo sto chiedendo a te Giuly›› Scossi la testa
lentamente ‹‹Sono domande che mi sono posto quando ho
capito che cosa stava succedendo. E non ce l’ho affatto con te. Anzi.. non
posso neanche immaginare quanto sarai stata male per questa situazione. Lo so
che non riesci a tenerti dentro cose di questo tipo, quindi credimi, non ce
l’ho affatto con te. E spero di risolvere presto i miei problemi, così che mi
occuperò di Dougie, parlandogli apertamente. Credo che anche Danny vorrà delle
spiegazioni da lui››
Lei
annuii.
‹‹E
grazie, per tutto quello che hai fatto per me››
‹‹Spero
solo che funzioni›› disse lei con un sorriso.
‹‹Non
sai quanto mi sono emozionata a rivedere tutti quei filmati.. mi ha fatto bene
fare questo video. Ho riscoperto cosa eravamo e che spero torneremo ad essere››
Sorrisi
e poi le dissi:
‹‹Lo
spero anche io Giuly. E cerca di star su ok?››
‹‹Ciproverò›› disse.
La
salutai e la lasciai andare.
Da quel momento avevo lasciato da parte
tutti i pensieri per concentrarmi di nuovo su Giovanna.
Come
avrei fatto a darle il dvd?
Mandarlo per posta a casa di Harry non
mi era sembrata la soluzione migliore, probabilmente avrebbe aperto il pacco e
gettato via il dvd.. Decisi che avrei provato ad aspettare un giorno o due, per
vedere che cosa sarebbe successo.
Quel pomeriggio ero andato a portare la
macchina dal meccanico, perché qualche simpaticone aveva deciso di rigarmi la
fiancata della macchina con un oggetto non ben identificato e avevo imprecato
silenziosamente quando mi aveva annunciato il preventivo del lavoro; poi ero
tornato a casa con la metro.
Dopo aver passato il resto della serata
a cercare di comporre qualcosa, decisi di iniziare a prepararmi la cena, quando
sentii il portone di casa aprirsi.
Istintivamente mi nascosi nell’angolo
della cucina, con il cuore a mille, cercando di capire se fosse Giovanna o
meno.
E il mio cuore non mi avrebbe mai
tradito: era lei.
Ascoltai silenziosamente i suoi passi
dirigersi al piano superiore, per poi tornare in sala.
Forse era il momento di andare a
parlarle.
Stavo per entrare nella sala, quando la
vidi voltarsi per tornare indietro e prendere in mano il dvd che avevo lasciato
sul piccolo tavolo della sala.
Restai silenziosamente ad osservare le
sue reazioni al video e in quel momento ringraziai mentalmente Giuly per aver
fatto un ottimo lavoro. Sorrisi io stesso a rivedere quelle immagini, che mi
sembravano così lontane, ma così parte di me, di noi.
La osservai tornare a sedersi dopo aver
rimesso il dvd al suo posto e poi restare ferma, sfogandosi.
Non riuscivo a starmene fermo a vederla
piangere e la mia voce parlò da sola.
‹‹Ti prego, non
piangere più..››
La vidi voltarsi di scatto al suono
della mia voce e alzarsi velocemente, come per scappare.
Ma quella era la mia occasione e non me
la sarei lasciata scappare.
Giuly mi aveva aiutata con il video, ma
adesso stava a me. Ero io che dovevo rimediare a quella situazione.
‹‹Non te ne andare,
dammi l’occasione di spiegarti che cosa è successo davvero››
Dovevo provare il tutto per tutto.
Sentivo che la tensione era alta e che
anche io stavo per cedere, ma avrei dovuto tentare.
Dopo qualche secondo di indecisione, la
vidi annuire alle mie parole.
Le carezzai le guance, cercando di
mandare via le lacrime che scendevano dai suoi occhi, poi le presi una mano e
la accompagnai sul divano.
Lei mi seguì silenziosamente.
Dopo esserci seduti, presi un respiro e
cominciai.
‹‹Mi dispiace Giovanna››
La guardai negli occhi.
‹‹Ho sempre odiato i
paparazzi, ma mai quanto questa volta. Non avrebbero mai dovuto fare una cosa
simile. Interferire nella mia vita, senza una valida ragione, ostacolando la
mia relazione con te. Ti amo Giovanna e non farei mai niente per farti stare
male. Mi dispiace che in questi giorni tu non mi abbia dato modo di spiegarti›› Sospirai ‹‹Sapere che
tu hai creduto a quell’articolo mi ha fatto andare il cuore in pezzi. Come puoi
pensare che sarei in grado di fare una cosa del genere proprio a te?››
Se ne stava con gli occhi abbassati,
silenziosa, ascoltando le mie parole.
Era arrivato il momento di spiegarle chi
fosse la ragazza della foto.
‹‹Ti ricordi di
Rebecca Green?››
Lei si voltò verso di me, con una
espressione stranita.
‹‹Si›› sussurrò poi ‹‹È la figlia dei vicini di casa dei tuoi no?››
Annuii.
‹‹Il pomeriggio che
sono andato a trovare mia madre ad Harrow, per la
strada mi sono accorto di essere rimasto a secco di benzina. Fortuna che tu
pochi giorni prima mi avevi detto di tenere sempre una piccola riserva, così
sarei stato sempre sicuro. Mi sono fermato in uno spiazzo e ho messo la benzina
che mi serviva, quando mi sono accorto che c’era una ragazza accovacciata al
ciglio della strada..››
Giovanna mi stava guardando
disorientata.
‹‹E cosa c’entra
Rebecca Green con tutto questo?›› disse debolmente.
‹‹È lei che io ho
trovato in quello spiazzo. È lei la ragazza della foto››
‹‹Stai scherzando?›› chiese.
‹‹No Gi. Un ragazzo
l’ha costretta a farlo. Era scappata di casa, perché la situazione lì non era
più sostenibile per lei, ma si è affidata nelle mani dell’uomo sbagliato, che
l’ha costretta a prostituirsi. Quando l’ho trovata stava piangendo e mi ha
pregato di non farle del male››
Notai che il suo volto si era fatto
triste, con lo sguardo fisso nel vuoto.
‹‹Non sapevo che cosa
fare. Ho pensato che avesse bisogno di riposarsi un po’, ma mi ha pregato di
non riportarla a casa e così ho pensato che portala in una stanza di albergo
sarebbe stata la soluzione migliore. Non credevo che avrei scatenato tutto
questo putiferio. Se l’avessi saputo l’avrei riportata subito a casa.. Mi dispiace››
‹‹No, sono stata io
la sciocca›› disse lei.
‹‹Devo essere sincero
Giovanna.. mi dispiace che tu abbia dubitato di me. Che cosa ti ha indotto a
pensare ad una cosa del genere? È bastato solamente quello stupido articolo?››
Lei mi guardò afflitta.
‹‹Non lo so Tom...
Quando ho letto quell’articolo non ci ho capito più niente, mi sembrava tutto
così ingiusto. Avevamo appena fatto pace, ma la situazione tra noi era sempre
molto precaria. Ho pensato che probabilmente ti eri stancato di me, perché non
ero più a casa per via del mio lavoro e che avevi deciso di divertirti con
un’altra donna. Sono stata proprio una sciocca››
Un piccolo sorriso comparve sulle sue
labbra.
‹‹Midispiace›› disse.
‹‹Ma adesso Rebecca
come sta?›› chiese poi.
‹‹Molto meglio di
prima. Quando l’ho portata a casa, i suoi mi hanno ringraziato molto. Penso che
d’ora in avanti starà molto attenta alle sue scelte e che la sua famiglia le
starà sempre vicina.››
Le passai un braccio sulle spalle e
l’attirai verso di me.
Lei circondò la mia vita con le sue
braccia, stringendomi in un abbraccio.
‹‹In futuro non ti
nasconderò niente, mai più. Ho pensato che se ti avessi raccontato tutto, ti
saresti preoccupata ulteriormente, e sapevo quanto eri impegnata con il lavoro.
Per questo avevo deciso di non dirti cosa mi era successo. Ma alla fine ho
fatto peggio.››
‹‹Ed io sono stata
una sciocca a pensare che avresti potuto farmi una cosa del genere. Mi dispiace
Tom, davvero.Non ne posso più di queste
parole non dette. Appena avevamo ritrovato la nostra serenità, leggere
quell’articolo mi ha resa cieca e non riuscivo a trovare una soluzione valida.
Ma avevo paura di parlare con te. Avevo paura di sentirti dire che non mi amavi
più, che non ero più la donna della tua vita.››
‹‹Fidati›› le assicurai ‹‹Non potrei mai e poi mai pensare una cosa simile››
Alzò il suo sguardo per incontrare il
mio.
‹‹Mi dispiace di
averti tenuta lontano Holly››
‹‹Anche a me dispiace.
Lei è tua figlia, ma è anche mia
figlia. Sono stato malissimo senza di lei in questi giorni. Mi ero abituato ad
occuparmi di lei in ogni singola ora della giornata e tu me l’hai portata via,
da un giorno a un altro. Promettimi che non lo farai mai più››
‹‹Te lo giuro Tom›› disse solennemente.
‹‹Ti ha cercato in
ogni momento della giornata, anche quando c’ero io al suo fianco. Mi sono
accorta che con questo lavoro, ho compromesso il rapporto che avevo con lei, ed
è stato terribile prenderne atto››
‹‹Non dire così
Giovanna, lo sai anche tu che Holly ti vuole bene››
‹‹Mi respingeva Tom
e non l’aveva mai fatto. Poche volte nella mia vita sono stata così male››
L’abbracciai ancora più forte a me.
‹‹Ha solamente
bisogno di riabituarsi alla tua presenza. È stata dura per lei in questo
periodo, capire perché non c’eri li per lei e perché non eri mai a casa. Anche
se ho provato a spiegarglielo è pur sempre una bambina. Sono sicuro che appena
sarai di nuovo a casa, tornerà tutto come prima e non ci saranno più problemi››
‹‹Spero tanto che sarà
come dici tu››
‹‹Te lo prometto›› le sussurrai all’orecchio.
Poi le chiesi:
‹‹Quando credi che
termineranno le riprese?››
Vidi i suoi occhi illuminarsi un poco.
‹‹Tra pochi giorni,
al massimo alla fine della settimana. Ma poi sarà finita e non avrò tempo che
per voi due, per te ed Holly››
‹‹Mi fa piacere
sentirtelo dire›› ammisi.
‹‹Abbiamo fatto male a
non parlarci chiaramente da subito. In futuro sarò totalmente sincero con te e
tu dovrai fare lo stesso con me. Se qualcosa non mi starà bene te lo dirò senza
esitare, e senza rancori››
La sentii annuire tra le mie braccia.
‹‹Mi dispiace così
tanto Tom. Non avrei mai pensato che per colpa di un lavoro io e te ci saremo
ritrovati in una situazione come questa. Sono stata così male, che la metà
basta ad insegnarmi che non ci saranno più situazioni simili a questa. Io ti
amo e mi dispiace per tutto quello che è successo. Spero che potrai perdonarmi››
Le diedi un tenero bacio sulla fronte
per poi ricambiare.
‹‹Non ti scusare più.
Abbiamo sbagliato entrambi, ma adesso abbiamo capito. Ti amo anche io e sarà
per sempre, lo sai››
Mi sciolsi dall’abbraccio e ci
scambiammo un lungo bacio di riconciliazione carico di amore.
‹‹Domani andrò a trovare
Candy, per darle la buona notizia. E per ringraziarla..››
la sentii dire. Poi mi guardò:
‹‹È stata lei
stessa a dirmi che avrei dovuto darti modo di parlare, perché lei era convinta
che tu mi amassi ancora e che non avresti mai potuto fare una cosa del genere e
che io ero l’unica donna della tua vita››
Rimase per un attimo in silenzio e poi
riprese.
‹‹Lei ha capito tutto
quello che io dovevo capire da sola, invece mi sono chiusa in un silenzio sordo
e…››
‹‹Basta Gi, ci siamo
già chiariti. Però mi fa piacere che tu sia andata a trovare Candy. Come stava?››
‹‹Secondo me soffre molto
per la perdita del bambino, ed anzi, dovrò scusarmi con lei perché non ho avuto
molto tatto quando sono andata a trovarla, ma spero che d’ora in avanti andrà
sempre meglio per lei e Danny››
‹‹Già›› annuii ‹‹se lo meritano entrambi. Spero di ricevere presto la
notizia di un mini Jones in arrivo››
Giovanna sorrise.
‹‹Sarebbe veramente una
notizia fantastica. Ma credo che tutto avrà un suo tempo››
Acconsentii. Poi ci pensai un po’ su.
‹‹Domani chiamerò Giuly
per dirle grazie. È stata lei l’artefice del video sai?››
‹‹Me lo ero immaginata›› disse ‹‹È veramente
perfetto, incantevole, meraviglioso. Rivedere quelle immagini mi ha aperto gli
occhi. Eravamo così spensierati e innamorati e tutti quei ricordi mi hanno
fatta sorridere››
‹‹Credo che le farebbe
piacere sentirti sai? A Giuly dico. Le cose tra lei e Doug non vanno molto
bene. Lui ha preso a suonare in una band all’insaputa di tutti e lei non ha
avuto il coraggio di rivelarcelo e adesso teme che noialtri possiamo avercela
con lei perché non ci ha riferito la novità››
Gi rimase sorpresa dalle mie parole.
‹‹Non ne sapevo
niente. In questo periodo ho trascurato tutti: mio marito, mia figlia, i miei
amici.. Ma non sarà più così››
‹‹Non crucciarti
troppo. Anche gli altri hanno avuto i loro problemi, ma credo comunque che
vorrò parlare con Dougie al riguardo, perché non fa bene tenersi dentro le
cose. Almeno una volta abbiamo imparato dai nostri errori, no?››
‹‹Lospero›› disse lei ‹‹La chiamerò
sicuramente. Forse avrà bisogno di sfogarsi un po’ con me e spero che piano piano le cose si rimetteranno per tutti››
Le sorrisi e poi le chiesi:
‹‹Che ne dici di
andare a prendere la piccola a casa di Harry, di ringraziarlo per quello che ha
fatto, dirgli che non ci serve più il suo aiuto perché facciamo benissimo da
soli e dopo cena ce ne stiamo tutti e tre insieme sul divano a vederci un bel
film della Walt Disney?››
‹‹Dico che secondo me
è una splendida idea, anche se non posso fare tardissimo perché domani mattina
devo tornare a lavoro. Ma solo per altri due o tre giorni.››
Le sorrisi.
‹‹Ok, allora
andiamo.››
Prendemmo la sua macchina e ci dirigemmo
verso casa di Harry.
Dopo aver parcheggiato la macchina
suonai al campanello e quando aprii lo trovai con Holly in braccio.
‹‹Che ci fai qui?›› mi chiese interrogatorio.
‹‹Sono venuto a
riprendere mia figlia Harold, se non ti dispiace.››
Quando Holly mi vide urlò subito ‹‹Papyyyyy››
Mi avvicinai a lui e presi HollyAnn tra
le mie braccia, che era già intenta a struciarsi al
mio collo con il suo visino morbido e le sue soffici manine intorno al mio
collo.
‹‹Awwwpapyy! Papymioo!››
Harry guardò Holly con un sorriso, poi
si rivolse serio verso di me:
‹‹Giovanna lo sa che sei
qui?››
Rispose mia moglie al mio posto.
‹‹Si, lo so che è qui››
Harry si sporse fuori dalla porta e fu
sorpreso di trovare Giovanna con me.
‹‹L’ho trovato a casa
e abbiamo avuto modo di chiarire la situazione. Non è andata come pensavamo noi
Harry, ed abbiamo sbagliato a pensare male di lui. È il padre di mia figlia, ed
è mio marito.››
‹‹Ah›› rimase
spiazzato dalle parole di Giovanna ‹‹Beh, sono felice
allora che le cose si siano risolte››
‹‹Ti dispiace se
entro un attimo a prendere le mie cose e quelle di Holly? Io e Tom abbiamo
deciso di passare la serata davanti alla tv a vedere film della Walt Disney..››
‹‹No, fai pure tranquillamente›› disse lui.
Io lo guardai.
‹‹Uno di questi
giorni facciamo due chiacchiere, ok Harry?››
Lui annuì.
‹‹E grazie per aver
badato a mia figlia.››
Lui fece un mezzo sorriso.
‹‹Non preoccuparti,
lo sai quanto tengo a lei e Giovanna. Ho solamente fatto quello che credevo.. E
scusa per aver dubitato di te..››
‹‹Rimandiamo questo discorso
ad un’altra volta››
‹‹Ok›› annuì lui.
In quel momento Giovanna tornò da noi.
‹‹Ok ho fatto.››
Poi si rivolse ad Harry.
‹‹Harry grazie mille,
per tutto quello che hai fatto per Holly e me, davvero. Sei stato veramente
gentile e sono in debito con te.››
‹‹Non preoccuparti
Gi, ho fatto solo quello che credevo più giusto fare. Beh, ci vediamo presto
allora.. e passate una buona serata.››
Holly salutò lo zio con una manina, per
poi tornare a stritolarmi il collo con i suoi abbracci.
Mentre eravamo in macchina sussurrai
all’orecchio di Holly:
‹‹Mamy tra qualche
giorno avrà finito con il lavoro e tornerà a casa con noi, quindi sii buona con
lei. È stata molto triste in questi giorni, perché tu la mandavi via. Io ora
sono qui con te, ma tu vuoi bene anche a lei, non è vero?››
‹‹Shi›› annuì seria.
Poi si voltò verso Giovanna e le disse:
‹‹Ccusamamy, non volevo mandatti via. Vojo bene a mamyio››
‹‹Tranquilla tesoro, anche
la mamma ti vuole bene››
Holly si voltò verso di me e mi sorrise
soddisfatta.
Per il resto del tragitto non fece altro
che tenermi la faccia con le sue morbide manine e darmi teneri baci sul naso.
Arrivati a casa Giovanna sistemò le cose
che aveva portato da Harry, mentre io preparai la cena.
Dopo aver mangiato, ci sedemmo sul
divano e io misi su il dvd di Aladdin.
Era uno dei nostri cartoni preferiti.
Per tutta la sera non facemmo altro che
coccolarci e divertirci con il film.
La famiglia Fletcher si era ritrovata ed
era unita come non mai.
Amavo Giovanna e lei amava me.
Holly era il frutto del nostro amore e
ci voleva un bene dell’anima.
Non ci sarebbero più state bugie o segreti
tra di noi.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
26.
Giuly’sPov.
Seduta alla mia scrivania personale
davanti al computer della ditta, osservavo il monitor, ma il mio sguardo era in
realtà perso nel vuoto.
Pochi giorni prima avevo ricevuto una
chiamata di Tom, che mi aveva ringraziata per il video che gli avevo fatto e
raccontandomi come tra lui e Giovanna le cose si fossero risolte. Mi disse che
Gi mi avrebbe presto chiamata per fare due chiacchiere con me, ma fino a quel
momento non avevo ricevuto nessuna telefonata.
Chissà, forse Tom le aveva parlato di
cosa aveva fatto Dougie - e di conseguenza io - e non aveva più avuto voglia di
chiamarmi.
In fondo avrei potuto capirla. Temermi
dentro tutto era stata la scelta peggiore, ma in fondo sapevo di averlo fatto
per Dougie, gli avrei procurato solamente dolore.. Quel dolore che gli avevo
provocato ugualmente, spifferando tutto davanti ai nostri amici quel giorno in
ospedale.
Ma un cuore malato difficilmente è
razionale, ed il mio era malato già da un po’. Non ce l’avevo fatta a tenermi
tutto dentro, ed avevo parlato troppo, non ricordandomi di essere assieme agli
altri.
Ed ero stata ancora peggio, appena avevo
realizzato di aver fatto del male anche a Danny e Tom.
Non avevo più avuto il coraggio di
andare in ospedale a trovare Candy, anche se ormai si era svegliata da sei
giorni.
Chissà
se l’avevano dimessa dall’ospedale..
Ma avevo paura che avrei potuto trovare
Danny e non me l’ero più sentita.
Una morsa mi chiuse lo stomaco.
Stavo perdendo i miei amici, lentamente.
Non avevo avuto il coraggio di guardare
Dougie negli occhi quando eravamo rientrati a casa quella sera e lui ne aveva
approfittato subito per uscire e andare chissà dove, lasciandomi sola tutta la
notte.
Di nuovo da sola, con i soliti pensieri.
Il suo Tour sarebbe partito di lì a
pochi giorni, non avevo idea di quando mi avrebbe completamente abbandonata,
non mi aveva più parlato della band.
Non mi aveva più parlato di niente.
‹‹Ancora problemi con il
tuo ragazzo?››
‹‹Eh?››
Un mugolio strano uscì dalla mia bocca.
Derek aveva trascinato una sedia vicino
alla mia, sedendosi accanto a me.
Lo guardai, in cerca di una spiegazione.
‹‹Stai fissando il
computer da più di quindici minuti, senza aver letto una riga di quell’articolo
sul monitor››
‹‹Si›› dissi in un
soffio ‹‹Ho problemi con il mio ragazzo. Sei felice
adesso?››
‹‹No›› rispose lui.
‹‹È solo che mi
dispiace vederti così triste e vorrei provare ad aiutarti››
‹‹Non capisco perché
lo fai›› dissi sinceramente.
‹‹Siamo colleghi da
qualche anno ormai e..oh al diavolo!›› imprecò tra sé
e sé.
‹‹Tu sei una bella
ragazza Giuly. E mi piaci, mi piaci molto›› sospirò.
Rimasi un attimo sorpresa dalle sue
parole, ma cercai subito di controllare le mie espressioni facciali.
‹‹Ma io ti sono indifferente›› continuò lui.
‹‹Derek io..›› tentai di iniziare un discorso, ma lui mi interruppe.
‹‹E tu sei
innamorata del tuo ragazzo››
‹‹Già›› sussurrai.
‹‹Anche se con lui le
cose non vanno bene e ti fa stare male››
Io annuii lievemente.
‹‹Che cosa strana
l’amore. Non va mai come uno si aspetterebbe››
‹‹Dillo a me›› dissi.
‹‹Mi dispiace
vederti così triste. Posso fare qualcosa per te? Lo so di non avere nessuna
opportunità se ti chiedo di uscire con me.. Sei troppo innamorata di lui, ma se
posso fare comunque qualcosa mi piacerebbe che tu me lo facessi sapere.››
‹‹Grazie›› dissi con un
mezzo sorriso ‹‹Le tue parole mi hanno fatto molto
piacere. È bello sapere che c’è qualcuno che si preoccupa per me, anche se non
è la persona che dovrebbe. Ma grazie, davvero.››
‹‹Se vuoi però
possiamo andare a cena assieme, così lo facciamo ingelosire un po’.. Che ne
dici?›› disse sornione.
‹‹Derek..››
‹‹Okok›› disse lui con le mani in alto in senso di resa.
‹‹Me ne torno a
lavorare, non preoccuparti. E sorridi, mi raccomando.››
Annuii e lo vidi sparire dietro la porta
dell’ufficio.
Avendo il pomeriggio libero quel giorno,
tornai a casa all’ora di pranzo.
Mi preparai velocemente qualcosa da
mangiare, un piatto di pasta con l’olio e poi mi sdraiai sul letto, per
riposare un po’.
Chissà quando sarebbe rincasato Dougie..
Chissà se a me ci teneva ancora un po’.
Con quei pensieri entrai in un leggero
dormiveglia, dopo di che mi addormentai.
Fui svegliata da alcuni rumori nella
stanza.
Qualcuno stava rovistando nei cassetti
della camera ed il mio sangue si gelò all’istante.
Mi voltai lentamente, cercando di non
far rumore e quello che vidi mi fece rimanere senza parole.
Dougie stava preparando una valigia
bella grande e stava accuratamente mettendoci dentro tutte le camice, i
pantaloni e le felpe che riusciva a farci entrare.
Ancora un po’ stordita dal sonno chiesi:
‹‹Che cosa stai
facendo Doug?››
Lui si voltò di scatto verso di me.
Non si era accorto che mi ero svegliata.
Restò in silenzio, guardandomi negli
occhi, ma non mi rispose.
Improvvisamente capii.
‹‹Te ne vai››
Era stato un sussurro, niente di più.
Dougie finì di mettere un maglione
dentro la valigia, poi la chiuse e uscì dalla stanza.
Restai ad osservare il punto in cui era
sparito per qualche minuto, sentendolo trafficare al piano inferiore con
qualche oggetto non ben definito.
Poi mi riscossi dal mio stato si shock e
lo seguii al piano di sotto, cercando di non prestare attenzione al senso di
svenimento che mi attanagliava la testa.
‹‹Quando avevi
intenzione di dirmelo Dougie?››
Lui continuò a trafficare con la
custodia del suo basso, non ascoltandomi.
‹‹Mi volevi lasciare
così, senza una parola?››
‹‹Ti sarebbe
interessato sapere che oggi me ne vado perché domani inizia il Tour?››
..perché
domani inizia il Tour..
Un vuoto improvviso mi riempì la testa.
‹‹Vedi? Non sono
l’unico che non parla quando l’altro fa una domanda.››
‹‹Perché lo stai facendo
Dougie?››
Scossi la testa.
‹‹Te ne saresti
veramente andato senza dirmi niente, fermamente convinto che quel Tour sia più
importante di me?››
Lui mi guardò ma non mi rispose.
‹‹Per colpa tua ho
perso tutti i miei amici.››
‹‹Per colpa mia?›› chiesi quasi istericamente.
‹‹Situa›› ripeté lui.
‹‹Non sei riuscita a
tenere la bocca chiusa, no! Lei doveva spifferare a tutti i cavoli miei.››
‹‹Non sai quello che
stai dicendo. Sei arrabbiato con me perché credi che la colpa sia mia, ma non è
così. Tu non pensi veramente queste cose. Tu non puoi tenere di più a quella
band che a me e ai nostri amici.››
‹‹Li ho persi Giuly.
Tutti. Non ho più niente da perdere adesso.››
Lo guardai freddamente.
‹‹Anche io se è per
questo li ho persi. E fammi capire.. quando dici che non hai più niente da
perdere, intendi dire che io sono inclusa nel niente, vero?››
Lo guardai scuotendo leggermente la
testa.
‹‹Sai che cosa c’è
Dougie? Hai vinto. Io mi arrendo con te. Non ho idea di quanto durerà il tuo Tour›› mi avviai a prendere il giaccone che avevo
dimenticato sul divano e le chiavi di casa che si trovavano su un piccolo
comodino poco dopo l’ingresso principale ‹‹..ma sappi
che al tuo ritorno probabilmente non mi troverai più in questa casa. Mi va
bene. Spassatela con i tuoi nuovi amici, pensa che sia colpa mia se hai perso
quelli veri, fai quello che ti pare. Con me hai chiuso.››
Mi guardò silenzioso, aspettandosi il gran
finale.
‹‹E non disturbarti
a cercarmi sul cellulare, tanto non ti risponderò.››
Mi avviai verso la porta e l’aprii.
‹‹Va a farti fottere
Doug!››
Detto questo spinsi con tutta la potenza
che avevo il portone, facendolo risuonare dietro di me.
Presi a camminare senza meta,
assecondata solo dai miei pensieri.
Lui aveva chiuso con me.
‹‹Promettimelo.
Io e te non ci lasceremo mai, succeda quello che succeda.››
Guardai
gli occhi celesti di Dougie.
Di
certo io non lo avrei mai lasciato.
Sorrisi.
‹‹Te
lo prometto.››
Poi
mi abbracciò a sé, facendomi sentire più amata che mai.
Era
il terzo San Valentino che passavamo assieme, quello.
Il
più magico dei tre che fino a quel momento avevamo passato assieme.
Stretta
al suo corpo, sotto le lenzuola, respiravo il suo odore, dopo aver fatto
l’amore con lui.
Una
serata meravigliosa.
Non
perché fosse la serata di San Valentino, le feste “comandate” come quella non
mi avevamo mai soddisfatta fino in fondo, ma proprio perché Dougie quella sera
aveva deciso di farmi una sorpresa, preparandomi una cena a casa sua e
facendomi restare con lui per tutta la notte.
Sua
madre era uscita con il suo nuovo fidanzato, affermando che non sarebbe
rientrata se non la mattina dopo, mentre sua sorella era andata fuori con delle
amiche e avrebbe pernottato da loro.
Per
me e Dougie era difficile trovare una sera tutta per noi, da passare insieme
senza ostacoli. Tra le prove della band, i concerti e i miei corsi
universitari, non trovavamo molto spesso serate libere come quella.
Vedersi
alle prove era una cosa, ma passare del tempo accoccolati o a fare l’amore era
decisamente preferibile.
Sorrisi
tra me e me.
Lui
probabilmente sentì il mio sorriso, impercettibile, e chiese:
‹‹Che
hai da sorridere?››
Mi
voltai verso di lui, tanto quanto bastava per guardarlo negli occhi.
‹‹Devo
avere per forza un motivo per farlo? E poi.. sono in tua compagnia.››
Mi
voltai su di un lato, appoggiando una mano sotto il mento, mentre con l’altra
tenevo il lenzuolo.
‹‹Essere
felice è la prima cosa che mi viene in mente. Finalmente un po’ di tempo
completamente sola con te. Non immagini neanche quanto siano preziosi per me
questi momenti.. e non sai quanto io ne sia avida. Li adoro.››
Lo
vidi sorridere.
‹‹Vedi?
Sorridi pure tu.››
‹‹Perché
hai ragione›› replicò lui alle mie parole. ‹‹Sono stato sciocco a farti una domanda simile.››
Rimase
in silenzio qualche secondi, per poi chiedermi:
‹‹La
senti anche tu?››
‹‹Cosa?››
‹‹Quella
sensazione di pace e tranquillità, come se nessuno o niente potesse portartela
via, perché lei c’è è basta. E tu ti senti leggero e felice.››
Non
potei fare a meno di sorridere di nuovo.
‹‹Credo
sia quella cosa che tutti chiamano amore, Doug››
‹‹Già››
acconsentì lui.
‹‹Ed è
perfetto.›› aggiunsi.
Mi
stesi di fianco a lui, abbracciandolo e rimanemmo silenziosi per un po’,
probabilmente entrambi persi nei nostri pensieri.
Lui
aveva ragione. Io mi sentivo come sollevata da qualcosa, non tenevo i miei
piedi a terra..o almeno quella era la sensazione che provavo.
Tutto
era soffice, e i baci e gli abbracci rendevano il tutto ancora più bello e
completo.
Pensavo
a tutti i giorni e i momenti trascorsi con lui fino a quel momento.
Erano
cambiate così tante cose, ed il nostro amore si stava rafforzando ogni giorno
di più.
Da
un’amicizia un po’ complicata era nato qualcosa di unico e di speciale, che
piano piano si era trasformato e si era
concretizzato, divenendo qualcosa di importante.
Solo
in quel momento mi venne in mente che quella sera era il secondo anniversario
della prima volta che avevamo fatto l’amore. Non troppo presto, e nemmeno
troppo tardi. Era successo nel momento giusto e nel modo giusto.
Una
unione di corpi che aveva dato via a quel legame che non ci avrebbe più divisi.
‹‹Se
continui a rimanere silenziosa per un altro po’ inizierò a temere che ti sei
addormentata e che io sono noioso.››
‹‹Tu
non sei normale›› dissi prendendolo in giro, quasi
disturbata che mi avesse riscosso dai miei pensieri. ‹‹Ma
no che non sei noioso.. È solo che stavo pensando a che sera è questa..››
‹‹Aaah,
allora anche tu ricordi››
Mi
avvicinai a lui e lo baciai delicatamente.
‹‹Certo
che ricordo, ed ogni giorno mi regala qualcosa di nuovo.››
Mi
restituì il bacio.
‹‹E
non mi importa se spesso non possiamo vederci››
ripresi. ‹‹Perché io so che tu mi tieni qui›› con un dito sfiorai il suo petto, sentendo battere il
suo cuore. ‹‹E anche tu ci sei sempre per me. E poi
ovviamente vivo per i momenti come questi, quando so che ci sarai solo e
soltanto per me, quando non devo dividerti con nessuno.››
Lui
mi guardò stranito.
‹‹Ma
tu non mi dividi già adesso con nessuno!››
‹‹Beh,
tecnicamente no..›› iniziai. ‹‹Ma
vuoi mettere tutte le fans che avete? Sicuramente
almeno un buon 80 per cento sono tue adepte, considerando che sei il più bello
del gruppo..››
‹‹Dici
così solamente perché sei di parte..››
‹‹Oh
no, assolutamente.. che cosa te lo fa pensare?››
chiesi maliziosamente, baciandolo con trasporto.
‹‹Uhmniente›› disse lui alla fine del bacio. ‹‹Era
soltanto una supposizione.››
‹‹E
comunque la tua voce è la più dolce di tutte. Non me ne vogliano Tom e Dan, ma
mi ricordo esattamente la prima volta che ti ho sentito cantare.››
‹‹Si?›› chiese lui curioso. ‹‹Vediamo
se lo ricordi bene quanto me.›› Sorrise, mettendomi
alla prova.
‹‹Non
potrei mai deluderti Doug. Era passata poco più di una settimana dal tuo
diciottesimo compleanno e Gi mi disse che ero invitata ad una delle vostre cene
a casa di Tom. Ricordo che io e Giovanna andammo a fare la spesa in un
supermarket e dopo arrivammo da Tom, ma nessuno era in casa. Giovanna suppose
che probabilmente stavate provando in garage, così facemmo il giro della casa e
voi eravate proprio lì. E tu stavi cantando Silenceis a scary sound.. in quel
momento pensai che avevi una bella voce, ma ero troppo shockata al pensiero che
tu cantassi, oltre che a suonare il basso. Rimasi ammaliata.››
‹‹Avevi
poca fiducia nei miei confronti eh?››
‹‹Noaffatto›› sorrisi. ‹‹Già a quel
tempo sapevo che saresti stato la risposta a tutti i miei quesiti. Solo che
avevo bisogno di un po’ di fiducia.››
‹‹Che
poi fortunatamente è piovuta dal cielo.››
‹‹Già››
continuai. ‹‹Non dimenticherò mai quel periodo. Il
mio cuore iniziava a martellare appena ti vedevo. Era una cosa che non riuscivo
a tenere a bada e non sapevo come frenarmi in tua presenza.››
‹‹Ed
io ero un timido incapace.››
‹‹Non è
vero che eri incapace›› lo contraddissi ‹‹Eri un tenero timidoneperò››
‹‹Ma
alla fine ti ho conquistata babe.››
Scoppiai
a ridere.
‹‹Se
ti fa piacere sentirlo dire, mi avevi già rubato il cuore nella classe di
Biologia, la prima volta che ti ho visto.››
‹‹Certo
che mi fa piacere sentirmelo dire›› sorrise sornione.
‹‹È la parte che più preferisco quella dove ti rendi
conto che io sono più bello e più dolce del tuo ex stronzo››
‹‹Stare
con me nuoce gravemente alla tua salute Doug›› dissi
ridendo.
Era
incomprensibile come ogni volta riuscisse a farmi stare bene, con le sue
battute idiote.
‹‹Stare
senza di te nuocerebbe alla mia salute, Giuly››
In
un secondo, con un movimento fluido, fu sopra di me. Poi mi accarezzò una
guancia con una mano.
‹‹È
questa l’unica verità. Senza di te non potrei mai stare. Ed io e te non ci
lasceremo mai, succeda quello che succeda.››
Ma
a chi volevo mentire?
I ricordi scorrevano chiari nella mia
mente e mai e poi mai avrei potuto cancellarli.
Dougie non avrebbe mai chiuso con me. Io
lo amavo e niente o nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.
Passeggiando, persa tra i miei pensieri,
mi ero seduta su una panchina di un parco, non molto lontano dalla casa che
avevo condiviso fino a pochissimo tempo prima con il mio non più ragazzo.
Lo
avevo lasciato seriamente?
Non riuscivo a credere a quello che
avevo fatto.
Non era mai stata una mia intenzione
litigare in quel modo con lui, ma le circostanze avevano vinto e me lo avevano
portato via.
E adesso lui era partito per quel tour e
non avevo neanche idea in quale città si sarebbe fermato o le persone che
avrebbe incontrato.
Forse avevo sbagliato tutto, ed era la
prima volta che me ne rendevo conto.
Forse Doug era davvero rinato con quella
band, forse era quello che gli serviva..
Eppure quei miei pensieri non mi
convincevano fino in fondo.
Rimaneva il fatto che io me ne ero
andata di casa, lasciando Dougie in procinto di partire per chissà dove e non
avevo idea di quando lo avrei rivisto.
Una sensazione di rimorso mi premeva al
petto.
Presi il cellulare e provai a chiamarlo.
Era passata poco più di mezz’ora da
quando ero uscita di casa, probabilmente avrei fatto in tempo a fermarlo.
Ma il cellulare di Doug era spento, ed
ogni mio tentativo di non lasciarlo partire era vano.
‹‹Giuly?››
Alle mie spalle sentii una voce
familiare.
Mi voltai.
‹‹CiaoDerek›› ricambiai poco convinta.
Appena mi vide si sedette vicino a me,
visibilmente preoccupato.
Mi resi conto solo in quel momento che
ero vestita da casa, con tanto di felpona di pile
sotto il giacchetto, pantajazz e scarpe da
ginnastica. Non avevo neanche rassettato i capelli prima di uscire, presa come
ero dall’arrabbiatura interiore.
‹‹Che cosa è
successo?›› chiese apprensivo.
Per lui dovevo essere uno spettacolo
nuovo.
Alla sua domanda sospirai.
‹‹Credo di aver
distrutto il mio rapporto con Dougie››
Pesai bene ogni parola di quella frase,
e sentirla pronunciare mi fece comprendere a pieno il significato che aveva e
provai un profondo senso di vuoto.
‹‹In che senso credi
di aver distrutto il tuo rapporto con lui? Che è successo?››
‹‹Ero arrabbiata
perché lui mi aveva nascosto una cosa e gli ho urlato che non volevo più vederlo›› dissi a bassa voce.
‹‹Ma non è così››
‹‹Già››
‹‹E lui adesso è
andato via?››
Scrollai le spalle.
‹‹Non ho idea di dove
sia adesso. Ho provato a chiamarlo per raggiungerlo, per parlargli, ma ha il
telefono staccato. Probabilmente ha colto le mie parole al balzo e ha deciso di
troncare tutti i rapporti con me.››
Il mio sguardo si perse nel vuoto.
‹‹Hey non mi piace
vederti così triste.›› mormorò lui.
‹‹Midispiace›› dissi. ‹‹Ma non posso
farci niente, è più forte di me. Non sapere dove è adesso mi tormenta. Vorrei
tanto dirgli che sono stata una scema e che.. che lo amo. Io ho fatto tutto
quello che ho fatto solamente per il suo bene. Io non voglio che soffra.››
‹‹Sono sicuro che
dovunque lui si trovi in questo momento, sa alla perfezione che cosa provi per
lui.››
‹‹Vorrei tanto che fosse
come dici tu, sai?››
‹‹Qualcosa mi dice che è
sicuramente così›› disse, facendomi l’occhiolino. ‹‹Se si lascia scappare un bocconcino come te allora è
proprio scemo.››
Quell’affermazione mi fece sorridere.
Ringraziai mentalmente Derek per essere
capitato nel posto giusto al momento giusto.
Anche se a volte era un po’ ambiguo, quel
ragazzo mi faceva sempre sorridere.
Mi piaceva stare in sua compagnia.
‹‹Grazie›› sussurrai
sinceramente.
‹‹Figurati. È che mi
dispiace vederti triste così››
‹‹E così malvestita›› scherzai.
‹‹Non è vero che sei
malvestita.›› rise lui. ‹‹Solo
che non ti avevo mai visto in versione “Giuly donna di casa”. E comunque sei
carina anche così.››
‹‹Non perdi tempo per
fare il marpione eh?.››
‹‹Però almeno ti ho
fatta ridere››
‹‹Giusto.›› annuii ‹‹Ma il problema non se ne va comunque. Ogni lasciata è
persa, ed io oggi l’ho persa veramente.››
‹‹Tu sei troppo
pessimista nei tuoi confronti. E adesso sei troppo triste per poter pensare.
Quindi ho deciso che ce ne andiamo da Starbucks e ti
offro una cioccolata calda.››
‹‹Con la panna?›› chiesi speranzosa.
‹‹Aggiudicato.››
Così ci avviammo per la strada.
Probabilmente aveva ragione lui. Un po’
di cioccolato mi avrebbe distratta momentaneamente dai miei pensieri e forse
dopo sarei stata in grado di pensare più razionalmente al da farsi.
Non mi sarei tenuta tutto dentro questa
volta, e se avessi avuto bisogno dei miei amici, non avrei esitato a chiedere
loro aiuto.Anche se non ero sicura che
loro ne lo avrebbero dato, avrei provato comunque a bussare alle loro porte.
‹‹Era esattamente
quello che ti serviva›› scherzò Derek, vedendomi
tutta presa dalla mia cioccolata con panna. ‹‹Ti sono
venuti i baffi bianchi›› disse indicando con un dito
il labbro superiore.
Io passai la lingua sopra il labbro e
assaporai il gusto della panna.
‹‹Non riesco a
resistere, è troppo buona. Lo so che sembro una bambina di cinque anni quando
ho a che fare con i dolci, ma è più forte di me.››
Lui rise.
‹‹Quanti lati di te ci
sono che non conosco. Sei veramente uno spasso.››
‹‹Non so se devo
prenderla come un’offesa o come un complimento.››
Risi io.
‹‹Non ti rispondo
neanche.›› Asserì lui.
‹‹Che ne dici di
andare a fare una passeggiata fuori, ti va?›› chiese
poi.
‹‹Perchè no? Questo
freddo mi congelerà il cervello, così eviterò di pensare a qualsiasi cosa.›› affermai. Ma poi continuai ‹‹Almeno
per un po’..››
Durante il tragitto per arrivare a Starbucks avevo provato a richiamare Dougie, ma il telefono
era sempre spento. Valeva tentare una terza volta.
Tirai fuori il cellulare dalla borsa e
Derek mi chiese che cosa stessi facendo.
‹‹Non posso farne a meno›› sussurrai.
Ma niente. Anche questa volta il
telefono era spento.
Camminammo e parlammo per il resto del
pomeriggio. Di tanto in tanto provavo a chiamare Dougie, ma neanche una volta
trovai il cellulare attaccato.
Dopo poco salutai Derek e lo ringraziai
del tempo che aveva passato con me. Mi aveva aiutata a non pensare troppo, ma
era giunto il momento per me di guardare in faccia alla realtà.
Avrei dovuto fare i conti con Dougie,
anche se non avevo idea di dove si trovasse.
Non riuscivo a trovare spiegazione al
fatto che avevamo litigato, o forse, avevo troppa paura di pensarci seriamente.
Magari Giovanna avrebbe potuto darmi
qualche suggerimento, un piccolo aiuto.
Arrivata davanti casa, mentre stavo per
aprire il portone, composi il suo numero e mentre il telefono iniziò a
squillare, io entrai in casa.
‹‹Pronto?›› chiese curiosamente la sua voce dall’altra parte del
telefono.
‹‹Ciao Gi, come va?››
Avevo appena varcato la soglia di casa,
quando sentii una melodia che attrasse la mia attenzione.
Allontanai un attimo il telefono
dall’orecchio per concentrarmi meglio sulle note che emanava lo stereo,
lasciando Giovanna a parlare al vuoto.
Appena compresia quale canzone appartenevano quelle note,
portai la cornetta all’orecchio.
‹‹Gi scusami, devo
attaccare. Ti richiamo io››
Senza darle il tempo di rispondere
attaccai la chiamata e posai il telefono sul tavolo della sala, mentre le belle
parole di quella canzone italiana, che sentivo per la prima volta dopo anni,
presero ad invadere il vano in cui mi trovavo.
Non ti voglio vedere neanche
nell'abbraccio di uno sguardo
Sai che penserei forse che qualcuno stia
cercando
Di fare di te un suo pensiero e..
E non sopporto neanche l'idea che lui ci
provi perché
Perché tu sei solo mia..
Sentire le parole di quella canzone,
dopo così tanto tempo mi fece uno strano effetto.
Perché lo stereo stava mandando questa
canzone?
Non ricordavo di averlo lasciato acceso,
quando ero uscita quel pomeriggio.
Penso a quelli che dicon
che
Il geloso non sa amare
Gli risponderei che per te per noi
potrei morire
Loro non sanno che vorrei guarire ma
Come una farfalla ormai dovrò morire
cosi
Finché ci sarai tu..
Le parole della canzone scorrevano lente
e melodiche, e ascoltando il testo della canzone, mi parse di rivedere Dougie.
Ma non potevo sperare che avrei avuto
nuovamente una sola speranza con lui .
Mi sedetti sul divano, mentre il
ritornello risuonava nelle mie orecchie.
Sentivo quella canzone, in quel momento,
molto vicina.
Che fino a quando sarai con me
Da ogni cosa ti proteggerò
E non permetterò mai a niente e nessuno
Di portarti lontano da me
Quindi se vorrai starmi vicino
Dovrai accettarmi per quello che sono
Se non ne hai voglia cammina lontano
Potrei impazzire a vederti mano per mano
Con uno che non sono io
E la tua bocca che sorride per
Dei discorsi non miei
So che non potrei mai rassegnarmi
A vederti con lui
Ma dentro me sento che tu mi vuoi
Che il nostro amore non finirà mai
Ti prego stringi più forte che puoi
Dimmi geloso va bene
Restiamo insieme
Sorrisi al vuoto, nel sentire quelle
parole così dolci.
Mia era il titolo
di quella canzone dei Modà, un gruppo italiano che
seguivo quando vivevo in Italia molti anni prima.
Mi alzai e spensi lo stereo, rendendomi
conto che la canzone era in modalità repeat, e mi concentrai
sulle parole che avevo appena sentito.
Ma dentro me sento che tu mi vuoi, che
il nostro amore non finirà mai, era proprio quello che pensavo io.
Avrei tanto voluto parlare con Doug in
quel momento, ma non sapevo neanche in che parte del mondo si trovasse.
E quel restiamo insieme della
canzone, continuava a riecheggiare nella mia testa.
Perché
diavolo gli avevo urlato contro che non volevo più vederlo?
Non era vero e io lo sapevo fin troppo
bene.
Avrei voluto avere una macchina del tempo,
per poter tornare a poche ore prima, per cercare di rimettere a posto quello
che forse non avrei più avuto.
Mi voltai verso lo stereo e estrassi il
cd dal lettore.
Era un cd bianco.
Provai ad inserirlo di nuovo, per vedere
quante tracce conteneva, ma quella era la sola presente.
Da
dove era sbucato quel cd?
In quel momento sentii la porta
principale aprirsi, così mi diressi verso l’entrata.
Dougie, vestito di tutto punto, con
tanto di giacca e cravatta, mi stava guardando con un’aria alquanto sorpresa,
mentre teneva tra le mani un grande mazzo di rose rosse.
Sentii solo una frase, flebile, uscire
dalla sua bocca.
‹‹Sei a casa..››
Incapace di emettere un qualsiasi suono,
annuii solamente con la testa, cercando di capire il perché lui fosse vestito
in quel modo, cercando di capire il perché di quelle rose rosse che aveva in
mano, cercando di capire qualsiasi cosa.
Restammo qualche secondo in silenzio a
fissarci, secondi che a me parvero anni, neanche minuti.
Lui vestito di tutto punto, nella sua perfezione;
io malvestita e imperfetta.
Incerto fece un passo verso di me, poi
mi chiese:
‹‹E la canzone..
l’hai sentita?››
‹‹L-L’hai fatto tu
quel cd?›› chiesi perplessa.
Mi sembrava di vivere in un modo
parallelo, era tutto così surreale.
‹‹Si.. Credevo che
quella canzone fosse perfetta per noi.››
Aveva posto bene l’accento sulla parola
noi.
Noi.
Che bello sentirglielo dire.
Restai in silenzio, cercando di
rimettere in ordine i miei pensieri.
Lui fece un altro passo avanti e poi un
altro, fino a che mi superò e andò in sala, per posare le rose sul divano.
Avrei voluto solamente abbracciarlo
stretto a me, chiedergli scusa, dirgli che ero pentita di quelle cose che gli
avevo detto e che mi ero sentita sola senza di lui, perché in fondo era lui che
faceva parte della mia vita, nel bene e nel male, ma non riuscivo a muovermi
dalla mia posizione.
Quando Dougie si voltò verso di me, mi
sorrise, come non lo aveva più fatto da molto tempo.
Che
cosa stava succedendo?
Avevo la sensazione di essermi persa
qualche passaggio.
Lentamente, lo vidi venire verso di me,
fino a che non mi fu vicino.
Sentii le sue braccia cingermi in un
abbraccio - un vero abbraccio-, uno di quelli abbracci che non mi lasciavano il
fiato per respirare, ma che mi facevano capire quanto la persona che mi stava
regalando quel gesto mi amasse.
‹‹ScusamiGiuly››
Un sussurro, niente di più.
In quell’esatto momento sentii delle
calde lacrime scendermi sulle guance.
Non mi importava più di niente.
Speravo solamente che quell’abbraccio
non sarebbe mai finito.
***
Spenderò
due parole per questo capitolo, perché è proprio dalla canzone che ho messo in
questo capitolo che è nata tutta la storia (intendo il sequel).
[Ovviamente
non ho utilizzato le frasi per scopo di lucro e Mia è una canzone dei Modà, quindi non mi appartiene.]
Credo
che Giuly sia cambiata tantissimo rispetto all’inizio della storia. Personalmente
la trovo maturata e devo ammettere che non è stato facile scrivere questo
capitolo, anche perché con l’avvicinarsi della fine della storia, mi faceva
sempre più dispiacere finire gli ultimi capitoli.
Spero
vivamente che vi sia piaciuto e ancora una volta ringrazio le persone che
leggono questa storia.
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly
(e degli altri personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun modo.
Capitolo
27.
Dougie’s
POV.
Sentivo Giuly piangere silenziosamente
tra le mie braccia. Stava cercando di essere impercettibile, di non farmi
sentire quel suo sfogo, così cercai di stringerla a me ancora più forte.
Volevo farle sapere che c’ero e che non l’avrei
mai lasciata, per niente al mondo.
‹‹Ragazzi
io non posso venire con voi. Mi dispiace.››
Avevamo
iniziato a provare da circa mezz’ora quando dalla mia bocca uscì quella frase.
Clive
mi guardò come se fossi impazzito di punto in bianco.
‹‹Che
cazzo dici Doug? Non scherzare su queste cose, per favore.››
Scosse
la testa e poi riprese.
‹‹Ripartiamo
dal secondo ritornello e-››
‹‹NoClive. Non sto scherzando.››
dissi troncando a metà la sua frase.
Staccai
il cavo dal mio basso e mi avviai a posarlo nella custodia.
‹‹Dougie
cazzo! Che ti prende?››
Questa
volta era stato Mark a parlare.
Steve,
da dietro la sua batteria, aveva un’espressione shockata.
Come
avrei potuto spiegarglielo, senza risultare meno stronzo di quello che già ero
ai loro occhi?
‹‹È
un grosso sbaglio per me partire. E non posso permettermi di perdere tutto per
voi. Mi dispiace.››
‹‹Ti
dispiace un corno! Ritorna dove eri, che dobbiamo provare!››
Chiusi
la custodia del basso e me lo misi in spalla.
‹‹Mi
dispiace, davvero. Io ci ho creduto fino in fondo, ma mi stavo solo illudendo.
Voi non siete loro e neanche tra
quattro o cinque o dieci anni sarete in grado di darmi quello che loro mi davano, quello che eravamo.››
Mi
guardavano tutti e tre cercando di capire a cosa mi stessi riferendo.
‹‹Siete
dei bravi ragazzi›› continuai ‹‹Se
continuerete di questo passo farete molta strada. E io me lo auguro veramente
per voi. Ma io non c’entro niente, non posso rimanere qui un secondo di più.››
‹‹Brutto
stronzo che cosa credi di fare?››
Clive
stava, giustamente, perdendo tutte le staffe.
‹‹Darò a
Maxuel qualche nome di alcuni fidati bassisti che
conosco. Sono sicuro che apprezzeranno la vostra offerta e vi seguiranno in
Tour.››
Detto
questo mi allontanai dalla sala prove, sentendo dietro di me offese di ogni
tipo volare nella stanza.
Sapevo
che mi stavo comportando come uno stronzo con loro, ma meglio con tre ragazzi
che avevo conosciuto pochi mesi prima, che con i miei veri amici e la mia
ragazza, con la quale avrei voluto passare il resto della mia vita.
Mentre
stavo suonando con loro, nei momenti prima al mio rinsavimento, sentivo che
c’era qualcosa che non andava in quello che stavo facendo.
Il
modo in cui Giuly mi aveva mandato a farmi fottere, mi aveva lasciato un senso
di vuoto dentro che mi aveva fatto capire quanto mi fossi distaccato da lei in
quell’ultimo periodo, mi aveva fatto capire che suonare con questa band non era
quello che avevo sempre desiderato.
Avevo
cercato invano di ritrovare quel mondo che mi era stato portato via tre anni
prima, in un giorno come un altro. Suonare con Clive,
Steve e Mark, mi era sembrata un’idea meravigliosa, mi aveva fatto di nuovo
provare quelle emozioni che avevo provato tempo prima con Dan, Tom ed Harry.
La
sensazione di sentire le dita scorrere veloci sulle corde del basso, cercando
di tirare fuori il miglior suono possibile, il lasciarsi tutto alle spalle
concentrandosi solamente sulla musica, lasciarsi catturare da essa.
Ma
era tutto un’illusione.
Io
cercavo di ricreare un mondo che non avrebbe mai più avuto modo di esistere.
E
avevo allontanato tutti da me, con le mie sole mani.
Avevo
capito solo in quel momento di aver lasciato Giuly in balia di se stessa, di
non essermi più preso cura di lei, cercando solamente di ritrovare quel mondo
perfetto che prima mi apparteneva.
Non
era stata lei a trascurare me, ma ero stato io a trascurare lei.
Aveva
sempre avuto ragione.
E
io non avevo fatto altro che criticarla per il suo modo di pensare, non avevo
fatto altro che darle contro, perché a parer mio quello che diceva erano solo
fesserie.. e non le avevo dato modo di spiegare come si sentisse realmente.
E
alla fine aveva ceduto, lasciandomi andare.
Per
non darmi contro ancora una volta, aveva preferito lasciarmi andare, ma adesso
sapevo, che lo aveva fatto solamente per il mio bene.
E
proprio quando aveva cercato di lasciarmi il mio spazio, avevo capito quanto
per me fosse importante la sua presenza.
Lei,
che era sempre stata presente nella mia vita, in tutti quei momenti per me così
importanti, che mi aveva sostenuto, che aveva lottato con me, sempre.
Le
sue parole riecheggiavano nella mia testa come un martello pneumatico.
Sai che cosa c’è Dougie? Hai vinto. Io
mi arrendo con te… non disturbarti a cercarmi sul
cellulare, tanto non ti risponderò.. Va a farti fottere Doug
E
io l’avevo lasciata andare, cieco come pochi, davanti al suo amore.
Appena
salito sulla macchina, mi diressi a casa di Tom.
Lui
mi avrebbe capito, o almeno era quello che speravo.
Avevo
bisogno del suo aiuto, avevo bisogno dell’aiuto dei miei amici.
Dei
miei veri amici.
Dopo
aver suonato il campanello, perseguitato dai miei pensieri, vidi la piccola
HollyAnn sbucare da dietro la porta
‹‹Ccio
Doug!››
Mi
abbassai per salutarla e lei mi si buttò al collo, tutta felice, così la presi
tra le mie braccia e le diedi un piccolo bacio sulla testa.
Poco
dietro di lei vidi Giovanna.
Il
suo sguardo era serio, ma mi rivolse comunque un sorriso di cortesia.
‹‹EntraDoug›› mi disse poi, senza fare domande.
La
seguii con la piccola in collo fino alla sala, dove trovai Tom seduto sul
divano che stava parlando con Danny e Candy. Anche Harry era con loro.
Sembrava
proprio una riunione tra amici.
Mancavo
solo io.
Appena
entrato nella stanza, calò il silenzio.
Tom,
Danny e Harry mi guardarono seri, senza dire una parola.
La
piccola Holly stava giocando con una ciocca dei miei capelli, silenziosa.
Posai
il mio sguardo su Candy. Era pallida e visivamente debilitata, ma mi sorrise
comunque, alzandosi dal divano per venire a salutarmi.
Danny
le prese una mano per aiutarla e il suo sguardo era interrogatorio. Lei lo
guardò a sua volta, rassicurandolo, per fargli capire che andava tutto bene.
Giovanna
venne verso di me e prese la piccola tra le sue braccia e io mi diressi verso
Candy, e poi l’abbracciai.
‹‹Mi
fa piacere vedere che stai bene Candy, non sai quanto.››
Le
sorrisi e lei ricambiò.
‹‹Anche
io sono felice di vederti qui Doug.››
‹‹Quando
ti hanno dimessa?››
‹‹Ieri
mattina. Il dottore ha detto che sono in buone mani e che quindi presto tornerò
come nuova.››
‹‹Sono
sicuro che sarà così›› dissi.
Tornò
poi a sedersi vicino a Danny, mentre Giovanna con la piccola prese posto vicino
a Tom.
Mi
ritrovai a guardarli tutti e loro stavano aspettando che dicessi qualcosa,
qualunque cosa.
‹‹Midispiace›› dissi dopo qualche minuto.
‹‹Sono
stato un cretino di prim’ordine, mi sono comportato come un bambino delle
elementari, non ci sono scusanti per quello che ho fatto.››
Iniziai a parlare senza prendere fiato ‹‹Quando mi è
stato proposto da Clive di entrare a far parte della
sua band, mi era sembrata una buona idea e così ho accettato e mi sono
ritrovato in un vortice di situazioni che non ho saputo controllare. Ed ho
ferito tutti, tutti voi. Avrei dovuto parlarvene, chiedere la vostra opinione..››
‹‹Non è
la nostra opinione che avresti dovuto chiedere›› era
stato Tom a prendere parola ‹‹Ma avresti
semplicemente dovuto dircelo. È una tua scelta, e quella non la possiamo
cambiare. Ma perché tenere nascosta una cosa così importante per te proprio a
noi? Siamo tuoi amici da sempre, credevo che lo sapessi questo. E non capisco
come hai potuto permettere che Giuly non ne facesse neanche una parola con noi,
lasciandola da sola con questo tuo segreto da custodire..››
‹‹Ho
agito d’istinto Tom›› dissi guardandolo negli occhi ‹‹Ed ho sbagliato. Mi dispiace tanto. Adesso ne pagherò le
conseguenze.››
‹‹Noi
non abbiamo mica intenzione di tagliarti fuori dalla nostra vita.›› disse Dan ‹‹Tu sei un nostro
amico Doug. Non potremmo mai allontanarti da noi solo perché hai preso una tua
scelta. Solo..›› mi guardò titubante ‹‹La prossima volta evita di fare tutto di nascosto e vieni
a parlare con i tuoi amici.››
‹‹Non
ci sarà una prossima volta›› sussurrai.
‹‹Ho
imparato dal mio errore. Stavo cercando di rivivere qualcosa che mi mancava, ma
non è lo stesso senza di voi.››
Sospirai.
‹‹E
d’ora in avanti non lo sarà più senza di Giuly.››
Giovanna
mi guardò preoccupato.
‹‹Che
cosa vuol dire senza Giuly?››
Mi
passai una mano nei capelli, cercando di apparire meno turbato di quanto fossi.
‹‹Sono
venuto qui perché ho bisogno di voi. Mi sono accorto di avere fatto una
stronzata, di aver sbagliato e non commetterò mai più un errore simile in futuro.
Vi voglio bene e voi siete i miei amici da sempre. e credo che un uomo debba
sapere quando mettere da parte l’orgoglio e chiedere aiuto ai suoi amici, anche
quando sa che si è comportato male con loro e che loro dovrebbero sbattergli la
porta in faccia, invece di aiutarlo.››
Mi
guardarono preoccupati, così continuai.
‹‹Prima
di andare alle prove con la band, per dire loro che non avevo intenzione di
seguirli con il Tour, ho avuto una discussione con Giuly, una discussione
seria. E lei mi ha fatto capire chiaramente che non ne poteva più del mio
comportamento e se n’è andata di casa.››
‹‹In
che senso se n’è andata di casa?›› mi chiese Tom.
‹‹Mi
ha lasciato››
Ci
fu un momento di silenzio in cui nessuno parlò.
‹‹Non
potrebbe mai farlo›› disse Giovanna.
‹‹Non
l’ho mai vista così arrabbiata Gi. E il problema è che lei ha ragione. L’ho
trascurata in tutto questo tempo. L’ho messa da parte lasciando spazio solo al
mio ridicolo sogno ad occhi aperti..››
‹‹Non
era ridicolo, se era quello che pensavi fosse giusto per te››
mi rimproverò Danny. ‹‹Non essere così duro con te
stesso.››
‹‹Come
puoi essere così gentile con me dopo quello che ho fatto?››
‹‹Errare è
umano Doug, l’ho provato sulla mia stessa pelle. E so come ti senti. Quindi
adesso cerchiamo solo un modo per risolvere questo tuo problema, e non pensare
al resto.››
Gli
sussurrai un grazie.
‹‹Sorprendila›› disse Giovanna.
La
invitai a proseguire.
‹‹Ma
si.. cerca di fare qualcosa di romantico, qualcosa che riguardi solo te e lei.
Sono sicura che non se n’è andata da casa vostra. Da quanto tempo se n’è
andata?››
‹‹Massimo
due ore›› risposi ‹‹Ha
preso il suo giacchetto, le chiavi di casa ed è uscita.››
‹‹Sarà
andata a fare una passeggiata li vicino, a schiarirsi le idee. Anche lei
probabilmente sarà scossa almeno quanto te.››
‹‹Non
ha chiamato nessuno di voi?›› chiesi.
Loro
fecero cenno di no con la testa.
‹‹Io
adoro le rose rosse›› sussurrò Candy.
Vidi
Danny sorriderle e lei abbassò la testa, arrossendo.
‹‹Già››
l’assecondò Giovanna. ‹‹E le canzoni romantiche,
quelle che ti aiutano a capire quanto ami una persona.››
Sembrò
pensarci su.
‹‹Pensa
ad una canzone che ti aiuti a farle capire quanto è importante per te.››
‹‹Non
mi perdonerà mai.. Neanche con mille rose o con le più belle canzoni d’amore..››
‹‹Mai
dire mai›› disse Harry.
‹‹E
poi Giuly ti ama, non dimenticarlo››
Sospirai,
cercando di convincermi che avesse ragione.
‹‹Scusatemi
ragazzi, sono stato davvero uno stronzo.››
‹‹Basta
Doug, non devi più scusarti. Hai capito di aver sbagliato, ed è questo quello
che conta. Adesso torna a casa e vedi di riconquistare la donna che ami.››
Guardai
Tom, riconoscente per quelle parole che mi aveva appena detto e annuii.
‹‹Lofarò.››
‹‹Doug..›› sentirle pronunciare il mio nome, equivaleva a toccare
il cielo con un dito.
Il suo profumo era così inebriante, che
sarei voluto rimanere in quella posizione per sempre.
Ma mi scostai un po’, giusto lo spazio
per poterla guardare negli occhi.
Era di nuovo in lacrime, a causa mia.
Ma questa volta non l’avrei lasciata
andare.
‹‹Scusa›› sussurrai di
nuovo.
Sentii le sue braccia stringermi ancora
di più, come se quel gesto valesse mille parole.
Ed infatti era così.
Non la sentivo più distante, ma la
sentivo viva, la sentivo mia.
Sentivo ogni battito del suo cuore, ogni
suo respiro, e piano piano il suo piantò cessò,
lasciando spazio a respiri regolari.
Ma nessuno dei due aveva intenzione di
lasciare quella posizione, così presi coraggio e iniziai a sussurrarle
nell’orecchio:
‹‹Sono stato un
emerito cretino. Avevi ragione.››
La sentii muoversi, come a voler dirmi
qualcosa, ma non la liberai dal mio abbraccio e continuai.
‹‹Avevi ragione. Mi ero
creato una bolla di sapone in cui stare, cercando di ricordare i vecchi tempi,
cercando di tornare ai tempi in cui i McFly erano la mia vita, quando la musica
mi aiutava a superare tutto, quando la musica era la mia vita. Ma questa volta
mi sono sbagliato e tu hai provato a dirmelo, ma io non ti ho ascoltata, ed ho
sbagliato tutto. Mi dispiace per averti lasciata sola, per non averti dato modo
di dirmi che cosa provavi, per non esserci stato per te in questi ultimi tempi.
E mi dispiace per averti accusata, per aver pensato che avresti potuto tradirmi
con Daniele.››
Sospirai.
‹‹Quando lui era qui,
vedevo come lo guardavi, ed ho capito che ero geloso marcio di lui. Per ripicca
me ne andavo alle prove della band, senza dirti niente, sicuro che quella bolla
di sapone mi avrebbe protetto da tutto. E poi ho visto quel tuo collega di
lavoro.. come ti guardava, le cose che mi ha detto. Aveva ragione anche lui. La
gelosia non mi avrebbe portato da nessuna parte. Infatti tu te ne sei andata. Ma
se sono geloso è perché ti amo e non voglio perderti. Scusami, mi dispiace.››
Alle mie parole seguì uno strano
silenzio.
Avrei voluto dirle tante altre cose, ma
c’era qualcosa che mi diceva che dovevo lasciarle tempo per comprendere tutto
quello che le avevo detto, e così feci.
Dopo qualche minuto sentii la voce di
Giuly.
‹‹Ti amo Dougie.›› disse.
‹‹Ti amo e niente
cambierà questo mio sentimento. E voglio restare con te, proprio come nella
canzone.››
Dal tono della sua voce compresi che
stava sorridendo.
‹‹Dove l’hai trovata?›› chiese poi.
‹‹Alcuni uccellini mi
hanno suggerito di cercare qualcosa che mi avrebbe aiutato a farti capire come
la pensavo su di noi. Ho fatto delle piccole ricerche su internet ed ho trovato
questa canzone. Credo che sia perfetta per noi.››
‹‹È italiana Doug.
E in tutti questi anni che siamo stati insieme non ti ho mai sentito pronunciare
una parola in italiano.››
‹‹È parte di te›› dissi ‹‹E poi è perfetta.. è
proprio vero. Voglio che tu sia solo mia.››
Cercai di scandire al meglio quelle
parole. Non mi ero mai cimentato nella lingua italiana e lo trovavo alquanto difficile.
Ma Giuly apprezzò il mio sforzo.
Lasciò un poco il mio abbracciò e mi
guardò negli occhi.
‹‹Ripeti quello che hai
detto.››
‹‹Ho detto che voglio che tu sia solo mia.›› dissi con un sorriso.
‹‹Tiamo›› sussurrò.
‹‹Mi dispiace per
non aver capito quanto fosse importante per te quella band.››
disse poi. Un velo di tristezza apparve nei suoi occhi.
‹‹Non voglio vederti triste›› dissi ‹‹E poi mi ero
creato un’illusione, non era veramente ciò che volevo. Io vorrei i McFly,
vorrei rivivere quei bei tempi che ci hanno accompagnato per molti anni del
nostro rapporto..››
‹‹Lo vorrei anche io
per te..›› disse lei.
‹‹Ma sono conscio
che non potrò riavere quei giorni, che devo vivere la mia vita superando questo
trauma. Tu mi sei rimasta vicina e hai cercato di assecondare ogni mia
decisione.. e quando non hai approvato la mia scelta di fare questa nuova
avventura, ho creduto che tu non volessi il mio bene. E invece stavi solamente provando
a farmi capire che stavo cercando qualcosa che non c’era e che mai avrebbe
potuto esserci.››
‹‹Promettimi che non mi
metterai più da parte come un oggetto di poco conto.. e che non dovrò tenere
più segreti con gli altri..››
‹‹Loprometto›› dissi, scostandole un ciuffo di capelli dagli
occhi.
Lei mi sorrise.
‹‹Scusami›› sussurrai di
nuovo.
‹‹Anche tu.››
Sorrisi.
Dopodiché separai quella poca distanza
che c’erano tra le nostre labbra e la baciai.
Sentirla stretta tra le mie braccia, le
mie labbra nelle sue, era tutto quello che avrei potuto desiderare.
Fui io ad interrompere il bacio per mancanza
di aria.
Lei mi guardò e con un sorriso mi
chiese:
‹‹Come mai sei così
elegante? Mi fai sembrare inutile. Io sono vestita così “da casa”…››
‹‹In qualche modo
dovevo pur cercare di riconquistarti.. e le rose sono per te! Spero che siano
di tuo gradimento!››
‹‹Si, sono perfette.››
‹‹Me le ha
consigliate Candy..››
Alzò gli occhi verso di me.
‹‹Quando hai visto
Candy?››
‹‹Questo pomeriggio a
casa di Tom. Non si è ancora ripresa del tutto, ma ha Danny vicino a lei e sono
sicuro che in poco tempo tornerà la Candy di una volta.››
Sorrisi.
‹‹Abbiamo degli amici
fantastici Giuly. Mi hanno perdonato e come se non bastasse, mi hanno aiutato,
cercando di stimolarmi a risolvere le cose con te, a trovare un buon motivo per
non farti andare via.››
‹‹Non sarei andata
via comunque›› mi disse ‹‹Appena
uscita di casa ho capito che avevo fatto male ad andarmene così e che se tu te
ne fossi andato davvero.. ››
‹‹Shh non dire queste
cose. Sono qui e tu pure. È questo che conta.››
Lei annuì.
‹‹Adesso che ne dici di
andare a fare una bella doccia rilassante, per poi vestirti e uscire a cena con
me?››
Sentendo quella domanda i suoi occhi si
illuminarono.
‹‹Certo che si!››
Mi diede un leggero bacio a fior di
labbra, mi guardò, e poi mi baciò nuovamente.
‹‹Non te ne vai vero?›› chiese flebilmente.
Feci segno di no con la testa.
‹‹Me ne starò qui,
buono buono ad aspettarti.››
La vidi poi sparire sulle scale per il
piano superiore.
Quasi due ore dopo, ci trovavamo seduti
in un tavolino per due, in un angolo del locale a noi riservato, di un
ristorante italiano sulla Queensway.
Dopo aver mangiato gli antipasti e i
primi, i camerieri ci avevano appena servito il secondo.
‹‹Ancora non ci credo
che mi hai portato qui!›› sussurrò Giuly.
‹‹Era per vedere se
avevi buona memoria..›› dissi io.
‹‹Non potrei mai
dimenticare il nostro primo vero appuntamento›› mi
disse lei, lanciandomi un’occhiata di rimprovero. ‹‹In
realtà avrei voluto cucinare io per te..›› iniziai ‹‹ma non ho avuto tempo per fare tutto. Mi dispiace.››
‹‹È perfetto anche
così, non immagini quanto. Mi sento bene, finalmente. Siamo a cena io e te,
insieme. È tutto così romantico e.. perfetto.››
‹‹Sono felice di
vederti sorridere di nuovo.››
Lei sorrise e poi si dedico al suo
piatto.
‹‹Posso portarvi
qualcos’altro?›› chiese il cameriere dopo che anche
il secondo fu consumato.
‹‹Io sono a posto così›› disse Giuly.
‹‹Potrebbe portarmi una
porzione di crema al mascarpone con due cucchiaini?››
‹‹Certosignore››
‹‹Grazie.››
Giuly mi guardò sconsolata.
‹‹Non puoi farmi
questo Doug.››
‹‹Se ne prendi un
cucchiaino dalla mia porzione non potrai sentirti in colpa.››
Sapevo quanto le piacesse quel dolce, e
al tempo stesso tenesse alla sua linea.
‹‹Ma lo sai che un
cucchiaino tira l’altro..››
Non potei fare a meno di ridere.
‹‹Sei bella così come
sei.›› dissi quando mi fui ripreso.
‹‹Grazie›› disse lei
abbassando il capo.
‹‹È bello vederti
arrossire di nuovo..››
Era veramente bella quando arrossiva.
‹‹È bello sentirsi
amata di nuovo.››
Il cameriere tornò con la nostra
porzione di crema e io diedi un cucchiaino a Giuly.
‹‹Prego›› dissi
porgendole la tazzina con la crema.
Lei ne prese un po’ e la mangiò.
‹‹Cavolo..›› disse poi ‹‹è squisita Doug,
assaggiala.››
Seguii il suo consiglio ed aveva proprio
ragione. Quella crema era ottima.
Decisi di lasciarle la mia porzione di
dolce.
Vederla felice gustando il suo dolce
preferito era una gioia per i miei occhi.
Quando ebbe finito il suo dolce, capii
che era arrivato il mio momento.
Non avevo fatto in tempo a preparare una
cena coi i fiocchi per lei, perché avevo impiegato il tempo a cercare una
cosa.. L’avevo poi trovata, ed era giunto il momento di dargliela.
‹‹Giuly..›› iniziai incerto.
‹‹Si Doug?››
‹‹Io..››
‹‹Tu?››
Cavolo! Non era il
momento di mettersi a tentennare.
Misi una mano nella tasca destra della
giacca ed estrassi una piccola scatolina verde smeraldo.
Con un gesto, aprii la scatolina,
cercando di tenerla ferma tra le mie mani, che avevano preso incoerentemente a
tremare.
In quel momento lei capì le mie
intenzioni.
‹‹Giuly io ti amo e
sono pronto a dimostrartelo ogni giorno che passerò con te, per il resto della
mia vita. Sei la mia metà, sei la mia gioia e mi odio quando vedo che stai male
per qualcosa che ti ho fatto, ma posso migliorarmi. Posso cercare di trovare un
modo per non farti più soffrire, mai più, e per renderti felice, in ogni
momento della tua vita.››
IMPORTANTE: Con questo mio scritto,
pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione
veritiera del carattere dei Mcfly (e degli altri
personaggi della mia storia), nè offenderli in alcun
modo.
Epilogo.
Giuly’s POV.
‹‹Giuly..
mi vuoi sposare?››
Ero
pronta a tutto quella sera, tranne che a quella domanda.
Guardai
Dougie in silenzio, per poi spostare lo sguardo su quella piccola scatolina
verde smeraldo che conteneva l’anello più semplice e bello che avessi mai
visto, per poi tornare a guardare Dougie senza essere capace di aprire bocca
per proferire parola.
L’avevo
sognato così tante volte, che non riuscivo a credere che me lo avesse chiesto
veramente.
Era
tutto così surreale.
Lo
guardavo solamente, non comprendendo che lui stesse aspettando una risposta da
me.
‹‹Giuly?››
Il tono
insicuro della sua voce mi riportò nel ristorante.
‹‹D-Dovresti
darmi una risposta.. sai..›› disse impacciato.
Mi
riscossi un attimo, cercando di fare chiarezza fra le mie idee.
Stava
accadendo realmente, a me.
‹‹Scusa››
dissi.
Lo vidi
incupirsi, per poi osservarmi con un’espressione quasi triste.
‹‹È solo
che mi hai colta completamente di sorpresa..›› continuai ‹‹Dopo tutto quello
che è successo non immaginavo che tu mi avresti chiesto una cosa simile››
‹‹Ti amo››
disse solamente.
‹‹Lo so››
dissi sorridendo ‹‹Per questo la mia risposta è sì››
Le
parole mi erano uscite da sole, e in quello stesso momento sentii il mio cuore
riempirsi di gioia.
Vidi
Dougie alzarsi dal tavolo per raggiungermi.
Mi alzai
davanti a lui e lui mi fece indossare quel pegno d’amore all’anulare sinistro.
Poi mi
baciò.
Osservavo la mia immagine riflessa nello
specchio, mentre un turbine di emozioni diverse mi stava invadendo ovunque.
Non riuscivo a credere di essere veramente io.
Giovanna aveva fatto un lavoro con i fiocchi,
soprattutto con la pettinatura.
Avevo uno chignon adornato da piccole perline
bianche, con una piccola cascata di boccoli che scendevano da esso sulla mia
spalla destra.
Il trucco era semplice, ma risultava perfetto
abbinato al resto.
Da dietro il tulle della gonna del mio vestito
bianco, spuntò una testolina dai lunghi boccoli d’oro, con un grande sorriso
sulle labbra.
‹‹Shei bellisshima ccia!››
Sorrisi ad HollyAnn.
Sembrava un piccolo angelo nel suo vestitino
bianco.
Il cerchietto, dello stesso colore del vestito,
risaltava tra i bei boccoli biondi che ogni giorno somigliavano – per fattezza
- sempre più a quelli di sua mamma.
Mi abbracciò le gambe, affondando nella massa di
tulle che aveva il mio vestito.
‹‹Holly sta attenta a non sporcare il vestito
della zia!››
Mi voltai e scossi la testa.
‹‹Gi lasciala stare. Mi piace vederla così
felice››
Mi sorrise.
‹‹Devo ammettere però che ha proprio ragione..
Sei proprio bellissima Giuly››
‹‹È merito tuo›› sorrisi ‹‹Sono così curiosa di
vedere la faccia che farà Dougie!››
‹‹Ti stai veramente per sposare. Oddio! Sono
così emozionata per te! Mi sento più agitata adesso, di quando mi sono trovata
io nella tua situazione..››
‹‹Non dire sciocchezze.. Tu eri a dir poco
isterica quel giorno!›› risi di gusto.
‹‹Infatti non capisco come fai ad essere così
tranquilla›› disse sospetta.
‹‹In realtà sono molto, ma molto agitata. È che..
mi sembra tutto così surreale! Lo so che sono sei mesi che siamo dietro ai
preparativi per questo giorno, ma..››
‹‹È più che normale. Sono felicissima per te e
per Dougie. Ve lo meritate proprio››
Andai verso Gi e l’abbracciai stretta, cercando
di ricacciare dentro quelle lacrime d’emozione che avrebbero voluto fare la
loro uscita.
Poi bussarono alla porta.
Cercai di nascondermi meglio che potevo dietro
a Giovanna, mentre lei chiedeva:
‹‹Chi è?››
Da dietro la porta sentimmo la voce di Candy
rispondere:
‹‹Una consegna per la sposa››
Gi andò ad aprire e Candy entrò nella stanza
con una scatola tra le mani.
‹‹Ecco i sandali per la sposa! Dove credevi di
andare senza?››
Passò la scatola a Giovanna per poi venire ad
abbracciarmi.
‹‹Sei veramente bellissima!›› disse poi.
‹‹È proprio quello che le stavo dicendo io!››
Sorrisi.
Guardando Candy non potei non notare quanto
anche lei fosse bella quel giorno.
‹‹Anche tu non sei niente male! Su chi devi
fare colpo oggi?›› scherzai.
Lei sorrise.
‹‹Non è vero che non sono male›› sbuffò
‹‹Anzi.. Questa pancia sta iniziando davvero a diventare grande adesso. E non
oso immaginare come sarò tra cinque mesi››
Quattro mesi prima, da un giorno ad un altro,
all’improvviso e senza programmazioni, Candy aveva scoperto di aspettare un
bambino da Danny.
Quando mi diede la notizia non potei fare a
meno di essere felice per loro due.
Disse di essere rimasta particolarmente
sorpresa della cosa, poiché era da poco uscita dalla convalescenza, e anche i
dottori le avevano affermato di quanto fosse stata miracolata.
Ma la gravidanza procedeva per il meglio e le
cose tra Danny e Candy erano tornate alla normalità e si amavano come non mai.
Dall’ecografia avevamo saputo pochi giorni prima che sarebbe stato un
maschietto.
Danny aveva fatto salti di gioia e i due non
stavano più nella pelle. Non vedevano l’ora di vedere il piccolo nascere. Nel
mentre aveva pensato bene di chiederle la mano e qualche mese dopo la nascita
del piccolo si sarebbero sposati.
‹‹Ma non posso fare a meno di pensare quanto
sia bella questa pancia, anche se presto diventerà troppo ingombrante. Starei
tutto il giorno a carezzarla e a parlare con lui›› sorrise Candy, mentre con
una mano carezzava il suo addome rigonfio.
Io e Giovanna non potemmo fare a meno di
sorridere con lei, felici.
‹‹Adesso mettiti i sandali su›› disse poi ‹‹Non
vorrai arrivare scalza da Dougie!››
Così le due mi aiutarono ad indossare quei
deliziosi sandali bianchi Giovanna aveva tanto insistito per farmi comprare.
In realtà, anche io li avevo trovati perfetti.
Nel mentre HollyAnn saltellava tutta felice per
la stanza, osservandoci in tutte le nostre mosse.
Fu solamente quando la porta si spalancò senza
preavviso, che tutte e quattro, compresa la piccolina, ci bloccammo sul posto.
Poi Giovanna urlò.
‹‹Dougie che diavolo ci fai tu qui?! Non puoi
vedere la sposa prima del matrimonio!Lo
sai che porta male››
Vidi Dougie avanzare verso di me, per poi
restare ad osservarmi in silenzio.
‹‹Cavolo.. Danny aveva veramente ragione! Sei
bellissima, sei splendida..›› mi guardò negli occhi ‹‹Sei perfetta!››
‹‹Dougie..›› riuscii solamente a soffiare.
‹‹Lo so.. lo so. Non dovrei vedere la sposa
fino al matrimonio.. Ma non mi importa niente!›› mi prese le mani tra le sue
‹‹Io ti amo e tu ami me! Niente cambierà questa cosa. E poi ero così curioso!››
disse con fare innocente.
Poi si voltò, sorridendo.
‹‹Adesso è meglio che vada a prepararmi!
Altrimenti sarà la sposa ad aspettare e non il contrario››
Si fermò allo stipite della porta per voltarsi.
‹‹Ci vediamo dopo›› sussurrò. Poi sparì
chiudendosi la porta alle spalle.
Io e le altre eravamo senza parole.
Mi guardavano in silenzio, in attesa di una mia
affermazione.
‹‹È inutile che mi guardiate in quel modo
ragazze, non so che cosa dirvi. Lo sapete anche voi come è fatto. È un po’
matto, ma io lo adoro proprio perché è così››
Sorrisi al vuoto, cercando di immaginare come
sarebbero state le ore successive.
La Chiesa ci aveva messo a disposizione due
stanze per poterci cambiare e stare così divisi, ma a quanto pareva, Dougie non
aveva ben afferrato il concetto. Ma non mi importava. Non ero mai stata superstiziosa
e non avrei cominciato ad esserlo proprio quel giorno.
Giovanna finì di truccarmi, poi quando fui
vestita restammo in attesa di essere chiamate.
Lei e Candy avevano due vestiti color d’oro,
fasciati in vita, che ricadevano perfetti sui loro corpi.
Sarebbero state poco davanti a me, precedute
dalla piccola HollyAnn durante la camminata nella navata della Chiesa.
Il mio cuore iniziava a giocare qualche brutto
scherzo, quando qualcuno bussò nuovamente alla porta.
Era mia madre.
Era emozionata almeno quanto me.
Quel giorno avevo deciso che non sarebbe stato
Robert ad accompagnarmi all’altare. Anche se mia madre sapeva benissimo che gli
volevo bene, non avevo creduto che fosse la persona più adatta per quel ruolo.
Lei aveva capito perfettamente, ed era stata
comunque felice di poter osservare tranquilla sua figlia fare la camminata
lungo la navata, restando abbracciata all’uomo che amava.
Dopo pochi minuti Sam, l’organizzatore della
cerimonia, venne da noi, per darci l’ok ed andare.
Sentivo il cuore scoppiarmi nel petto
dall’emozione.
Arrivai alla porta della navata e vidi la
persona che mi avrebbe accompagnata fino all’altare.
‹‹Sei splendente›› sussurrò. Poi mi porse il
suo braccio.
Io lo afferrai.
‹‹Grazie Tom››
Lo guardai, riconoscente.
La musica nella Chiesa partì e tutti gli
invitati si alzarono in piedi.
Vidi la piccola Holly iniziare a camminare
felice, tenendo stretto il cuscino con le fedi, sorridendo a chiunque avesse
davanti.
Poi fu il turno di Giovanna e Candy.
Perfette come delle modelle, presero a
camminare lungo la navata.
Guardai Tom, che mi sorrise.
‹‹Andiamo›› sussurrò poi.
Facemmo così il primo passo.
Strinsi la mia mano attorno il suo braccio,
cercando la forza per andare avanti, ma quando vidi Dougie, in fondo alla
navata, dovetti pensare a come frenarmi.
Era perfetto. La giaccia del vestito nero era
appena sbottonata e lasciava intravedere il gilet dello stesso colore e una
cravatta blu oltremare, che risaltava moltissimo il colore dei suoi occhi.
Vicino a lui, c’erano Danny e Harry, sorridenti
come non mai, nei loro abiti da cerimonia.
Sapevo di aver privato Tom dal ruolo di
testimone, ma sapevo di avere fatto la scelta giusta.
Mi stava accompagnando in uno dei momenti più
importanti della mia vita.
Poco dopo la musica terminò, ed io mi trovai al
fianco di Dougie.
Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso,
era come un magnete.
Il prete iniziò la funzione, mentre io
sorridevo a Dougie.
Proprio in quel momento mi tornarono alla mente
tutti i bei momenti che avevo condiviso con lui, le risate, gli scherzi, ma
anche i momenti tristi.
Era sempre stato presente nella mia vita.
Di tanto in tanto lo vedevo voltarsi verso di
me per sorridermi e poi tornare ad ascoltare la funzione.
Arrivò poi il momento dello scambio delle fedi.
Cercai dentro di me tutto il coraggio
necessario per pronunciare la mia promessa e poi fu il turno di Dougie.
Eravamo diventati marito e moglie.
Quando il prete dichiarò ‹‹Lo sposo può baciare
la sposa›› Dougie si chinò verso di me e mi diede il bacio più dolce della mia
vita.
Il primo di una lunga serie.
Cinque
anni dopo.
‹‹Emily vieni qua! E chiama anche Holly!››
chiamai.
‹‹Si mamma arriviamoo!››
Una squillante vocina mi rispose dalla stanza
parallela e poco dopo due bambine, mano nella mano, trotterellarono da me.
‹‹È arrivato il momento di aprire i regali
mamy?››
‹‹Non ancora, ma guarda un po’ chi c’è?››
Mia figlia, Emily Poynter, guardò nella
direzione che avevo indicato, per poi urlare:
‹‹Dylan!››
Si avvicinò correndo al primogenito dei Jones,
per abbracciarlo:
‹‹Sei arrivato!››
Gli diede un piccolo bacio sulla guancia.
‹‹Bleah, che schifo Em!››
Un coro di risa si levò nella stanza.
‹‹I tuoi amichetti sarebbero gelosi di te››
disse HollyAnn.
‹‹Ah ah›› disse Dylan con fare noncurante.
‹‹Allora apriamo i regali mamma??›› si lamentò
il piccolo, tirando la gonna della mamma.
‹‹Se tutti siamo pronti..››
Candy mi guardò con un sorriso.
Mi guardai intorno per una ricognizione.
Le famiglie Poynter, Jones e Fletcher erano
presenti al completo nella sala della mia casa, per festeggiare un nuovo
Natale, come da tradizione.
Quell’anno mancava solamente Harry, che si
trovava in luna di miele con la sua - da poco - mogliettina.
‹‹Va bene ragazzi, potete aprire i regali!››
Un coro di grida eccitate si levò nella stanza,
e i tre bambini corsero sotto l’albero, per cercare i regali che Babbo Natale
aveva portato loro quell’anno.
Non potei fare a meno di sorridere.
Il tempo stava passando velocemente.
Rivedevo la mia vita scorrermi velocemente
davanti.
Il mio matrimonio con Doug, la luna di miele in
giro per l’America, la nascita di Dylan e il matrimonio di Danny e Candy, la
scoperta di aspettare una bambina.
Erano stati mesi intensissimi quelli della
gravidanza, ma anche mesi indimenticabili, sicuramente tra i più belli della
mia vita.
E poi la sua nascita e le nuove emozioni che
aveva portato con sé.
Io e Dougie la amavamo a tal punto da non
riuscire a togliere lo sguardo da lei neanche per un secondo.
Lo stesso colore degli occhi di Dougie, celesti
come il cielo e i capelli color nocciola.
Doug non aveva ancora smesso di vantarsi con le
persone per la bellezza di sua figlia.
Oltre a decantarla tanto, ne era anche
gelosissimo, ed io ogni volta mi facevo delle sane risate, al pensiero di come
si sarebbe comportato di lì a qualche anno, quando anche nostra figlia avrebbe
conosciuto l’amore.
La piccola HollyAnn si era affezionata alla mia
Emily dal primo giorno che l’aveva vista in ospedale, e giorno dopo giorno
erano cresciute assieme, come due sorelle. Le separavano tre anni di età, ma a
loro andava bene così.
Holly si prendeva cura di Emily come se fosse
la cosa più preziosa della sua vita.
E poi c’era Dylan.
Quel piccolo mascalzone dagli occhi verdi,
presi tutti dalla madre, e i capelli ribelli e riccioli del padre.
Un anno più grande di Emily, era stato da
subito il suo idolo.
Mi faceva tenerezza quando in casa da sola con
lei, dal nulla se ne usciva con un:
‹‹Diiaan doèè?›› come se non ne potesse fare a
meno.
Dougie era geloso anche del piccolo Jones, ed
ogni volta rimproverava Danny, dicendogli che doveva tenere suo figlio lontano
da nostra figlia.
Danny lo liquidava sempre con un:
‹‹È il fascino di noi Jones.. Non ci puoi fare
niente››
E Dougie veniva poi sempre da me a lamentarsi.
Si era creata una sintonia perfetta tra le
nostre famiglie.
A poco a poco si era aggiunto anche Harry, che
aveva finalmente trovato l’amore della sua vita, Eve.
E ogni anno festeggiavamo il Natale insieme,
come eravamo sempre stati abituati a fare.
Una scusa come un’altra per stare insieme,
anche se a noi le occasioni non mancavano mai.
‹‹Awww! La Barbie Gran galà, che bella!››
sentii mia figlia urlare.
‹‹Visto mam? Sono stata buona e Babbo Natale mi
ha premiata››
‹‹Tu sei sempre buona›› vidi Doug andare verso
di lei e prenderla tra le sue braccia.
‹‹La più buona che c’è›› per poi iniziare a
morderle le guance.
‹‹Dai papààà›› rideva lei
Adoravo vederli assieme.
Erano la realizzazione di quel sogno che avevo
sempre avuto.
Una famiglia da amare e da cui essere amata, e
degli amici magnifici, sempre pronti ad aiutarmi nel momento del bisogno.
Vederli lì, vicino a me, mi dava la forza e la
voglia di vivere giorno per giorno.
Sapevo che i problemi non sarebbero finiti e
che le sorprese non sarebbero mai mancate, ma nonostante tutto la vita andava avanti.
***
Eccoci
qua.
Life goes on è arrivata al suo termine e il ciclo di New Life si è totalmente concluso.
Non
avrà un continuo e non penso che ci saranno neanche i Missing Moment (che avevo
pensato di scrivere in un primo momento).
Vorrei
ringraziare chiunque ha letto questa storia e spero che vi sia piaciuta almeno
un po’.
Ogni
volta che ci torno su ci trovo degli errori e la correggo, la modifico.
È
stato un lavorone grande per me. È la mia storia più lunga e ammetto che ne
sono più o meno fiera.