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Lista capitoli: Capitolo 1: *** .: Dal profondo del cuore, una lacrima e un sorriso :. *** Capitolo 2: *** .: Al buio, due gemme spente :. ***
Capitolo 1 *** .: Dal profondo del cuore, una lacrima e un sorriso :. ***
Titolo: Arigatou
Sottotitolo: Dal profondo del cuore, una lacrima e un sorriso
Autrice: _E n s e i_ Fandom: InazumaEleven
Protagonisti: Sun Garden
Stato: Flashfic -501, fatemela passare vi prego. Non posso togliere la parola
finale ç.ç-
Note: l’erinite è una gemma color verde chiarissimo,
e il colore degli occhi di Hiroto, secondo me, è
quello. E poi nulla. Sentivo il bisogno di scrivere, cosa meglio di una flashfic? Spero vi piacerà, fatemelo sapere ♥
Ah, sui telefoni il testo risulterà non-formattato, dato che sto usando dei
font che sull’editor di EFP non ci sono.
Arigatou
˜Dal profondo del cuore, una lacrima e un sorriso™
Voci. Risate cristalline, grida, rimproveri, che
si mescolavano armoniosamente con il frusciare del vento tra le fronde brillanti
degli alberi. Sulle foglie nasceva il riverbero dorato della luce al tramonto,
e socchiudendo le palpebre si poteva godere appieno il brillare aranciato della
natura, il calore della brezza estiva, il suono argentino di un ruscelletto
quasi in secca.
I raggi del sole accarezzavano delicatamente i piccoli frutti appesi ai rami,
le corolle variopinte di papaveri e tulipani, le chiome sbarazzine dei bambini.
Le figure, adorabilmente minute, si beavano degli ultimi istanti della giornata
che venivano loro concessi per sfogarsi all’aria aperta, per dimenticare le
piccole difficoltà e i grandi dolori che ognuno, nonostante la tenera età,
affrontava.
In quel frangente, che sapeva di pesche e fiori profumati, ogni animo si
quietava, persino il più ribelle riusciva a cogliere l’armonia creatasi fra
tutti. Si rimaneva in silenzio, in ascolto l’uno del battito altrui, in serena
contemplazione del sole che, placidamente, si abbandonava dietro le colline in
lontananza. Sulla piatta superficie del lago andava a riflettersi non più il
suo bagliore energico e accecante, bensì quello più delicato e malinconico
della Luna e delle stelle pulsanti.
E ognuno si sentiva legato inscindibilmente con il proprio amico, così che Haruya e Fuus’ke avevano lasciato
da parte i litigi e, le gote vagamente arrossate, si tenevano la mano; sedute,
Maki, Reina e Fumiko si
stringevano con delicatezza, passandosi le dita fra i capelli con fare assorto.
Al fianco di Osamu, silenziosamente, era comparso Hiromu che, dopo qualche istante, aveva ricambiato l’occhiata
incuriosita dell’altro e gli aveva elargito un sorriso gentile.
In disparte, l’unico che non sembrava partecipare all’empatia comune era un
bambino dai brillanti capelli color rosso cupo, che gli incorniciavano il viso
pallido e contrastavano stupendamente con le eriniti incastonate
in esso, che scrutavano addolorate il meraviglioso spettacolo che il suo cuore
non percepiva. Rimaneva, immobile, nel punto più in ombra, lontano dagli
sguardi altrui, incapace di assaporare la calma lenitiva che lo abbracciava.
Non sentì i passi leggeri che lo raggiungevano, non ebbe il tempo di muoversi o
mandare via l’intruso che, senza il suo permesso, aveva infranto le sue riflessioni
in un battito di ciglia. Semplicemente, venne colto alla sprovvista da un
calore improvviso e inaspettato che, timidamente, accolse e racchiuse le sue
dita abbandonate lungo il fianco. Voltandosi un poco, il tanto che bastava per
capire chi l’avesse disturbato, si ritrovò il tiepido sorriso di Ryuuji davanti a sé, e in un attimo si perse dentro quelle
grandi iridi dalla consistenza del petrolio che l’avevano sempre affascinato. Negli
occhi scuri, in netto contrasto con le pozze limpide dell’altro, baluginava il
riflesso degli ultimi raggi di sole che salutavano le figure incantate dei
bambini, come per infondergli ancora più calore.
Ammaliato, non protestò quando Midorikawa lo trascinò
vicino agli altri, facendogli provare per la prima volta un dolce calore all’interno
del petto, scaturito direttamente dal cuore. E dal profondo di esso, una
lacrima e un sorriso comparvero sul viso latteo di Hiroto.
Capitolo 2 *** .: Al buio, due gemme spente :. ***
Titolo: Arigatou
Sottotitolo: Al buio, due gemme spente
Autrice: _E n s e i_ Fandom: InazumaEleven
Protagonisti: Sun Garden
Stato: OneShot – NON CE
L’HO FATTA T-T, 650 PAROLE TT-TT -
Note: allora, mi divertisco (?) a usare, come
tonalità per gli occhi, gemme mai viste né sentite. Opali, questa volta, ma non
normali: opali del Pacifico –non credo sia la giusta traduzione, vi conviene
cercare Pacificopal- e
opali bianchi, scelte derivanti da diverse fanart
dove, da bambino, Suzuno ha gli occhi più tendenti
all’aqua ((NON STO SBAGLIANDO, solo che “verde acqua”
non mi piaceva, e nei pastelli Giotto la tonalità, in inglese, viene scritta
così)). Ah, e pubblico ora, nonostante mi infastidisca pubblicare ogni giorno, perché mi è venuta l’ispirazione e ho deciso di
rendere quella Flashfic una raccolta di Flashfics/OneShots. Spero sia di vostro gradimento~
Arigatou
˜Al buio, due gemme spente™
Il bambino sollevò le palpebre con lentezza,
cercando di proteggere le iridi color opale del Pacifico dalle frecce di luce
che filtravano debolmente attraverso le persiane socchiuse. Era il suo ultimo
giorno di scuola, e aveva la mamma aveva impostato la sveglia per le sette, in
modo da avere tutto il tempo di prepararsi. Eppure nell’aria non vibrava alcuno
squillo, soltanto tuonavano voci agitate che si mescolavano nella sua mente.
Fece per muoversi un poco, per stropicciarsi gli occhi ed eliminare una piccola
lacrima di sonno che aveva preso a inumidirgli la gota destra, quando un grido
più distinto e comprensibile degli altri lo strappò dal torpore del sonno
appena interrotto.
«Stronza! “Con chi hai scopato?” mi chiedi? Sei
solo una stronza!»
Otō-san?
Il bambino attese ancora, mentre la confusione e
lo stupore appannavano i suoi occhi spalancati. L’aria sembrò acquisire
improvvisa pesantezza, opprimendolo e impedendogli di riempire i polmoni sino
in fondo, togliendogli il respiro. Per un istante, l’idea di non voler essere
visto vivo dal mondo che lo aveva generato gli attraversò la mente, gelandolo
sin nelle ossa. Sentì il cuore accelerare con i propri battiti, il fiato farsi
più corto, non si mosse; tese le orecchie, costringendosi a fissare un punto
buio della stanza per non distrarsi.
«Bastarda! Non stai parlando con uno preso dalla
strada, puttana! Mi chiedo cosa mi abbia spinto a sposarti, quel giorno!»
Fu come una lama che trapassava il cuore, i
polmoni, lo stomaco. Il dolore, prima smorzato dall’incomprensione, si
addensava nel corpo come fosse fisico, tramutandosi ora in scariche elettriche,
ora in fitte atroci alle tempie. Da una crepa impercettibile che gli squarciava
il petto, dettata dalla paura, si era estesa sino a raggiungere le dimensioni
di una voragine nera che inghiottiva tutto.
Okaa-san?
Non voleva più ascoltare, non voleva più stare a
sentire tutte quelle grida; anche senza conoscerne il significato, aveva capito
che qualcosa non andasse bene, che l’atmosfera tranquilla della casa al mattino
era stata distrutta brutalmente da rabbia e incomprensioni che non si sarebbero
disciolte nella tolleranza.
La gola serrata dal terrore di vedere tutto finire, come nei film, dove il
bambino rimaneva senza mamma e papà per colpa di un litigio. Fuus’ke smise di ascoltare, lasciò che un flusso di
pensieri misti e incomprensibili gli si riversassero in testa, colmassero il
vuoto lasciato dal sonno, dall’inconsapevolezza. In trance portò le dita
davanti al viso, riuscendo a distinguere il leggerissimo bagliore riflettuto
dalla propria pelle, come per avere la certezza di non stare vivendo un incubo.
Tornò a fissare il soffitto, immerso nel nero, in cerca di una spiegazione per
quello che aveva sentito, senza trovarla. La sfumatura smeraldina scomparve,
per la prima volta, da quelle iridi opalescenti, lasciando che assumessero la
imperturbabile tonalità del bianco niveo. Tutto sembrò gelarsi, nel buio della
stanza; il silenzio che aleggiava, pesante, nell’aria venne spezzato dallo
stridio delle gomme sull’asfalto, lasciando intendere al bambino che il padre
se n’era andato. Sentì i passi familiari della madre nel corridoio, ma non si
mosse; semplicemente si limitò a nascondere gli occhi dietro le palpebre,
bloccando le lacrime bollenti che, altrimenti, avrebbero invaso le gote ceree,
infiammandole di un fuoco che si sarebbe spento troppo difficilmente.
Calore, un’improvvisa carezza alla mano sinistra,
sfiorata dalle dita di Haruya, lo riportarono
indietro. Le immagini di quel mattino ormai lontano si dissolsero nella sua
mente, lasciando posto a quella nitida e brillante del tramonto. Il riverbero
dorato sullo specchio d’acqua che fronteggiava tutti loro non feriva lo
sguardo, ma lo soddisfaceva con dolcezza, donando bagliori di ogni sfumatura
rossa e aranciata. Fuus’ke voltò il viso verso il
compagno, che aveva allontanato la mano con fare imbarazzato: probabilmente non
era sua intenzione disturbarlo, ma era un bene che l’avesse distratto.
Con un filo di riluttanza, seppur tutta apparente, l’albino intrecciò le
proprie fredde con quelle tiepide del rosso, puntando le iridi nuovamente color
aqua davanti a sé.