Living in the moment

di blackfury
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If this life is one act ***
Capitolo 2: *** Why do we lay all these traps ***
Capitolo 3: *** We put them right in our path ***
Capitolo 4: *** When we just wanna be free ***



Capitolo 1
*** If this life is one act ***


Caldo. Afa. Sudore.

La strada è deserta, anzi, tutte le strade lo sono, desolate. 
Non c'è anima viva, nonostante siano le 15:00 in punto.
Kyungsoo non è affatto abituato a quel silenzio, lui, che proviene dalla caotica ed affollata Seul, non ha ancora capito esattamente se quello sia il posto giusto o meno, sa solo che in quel momento sta vagando su di un marciapiede ormai eroso come una collina esposta al vento.
Farebbe meglio a camminare sull'asfalto per non far rumore con la valigia che si trascina dietro, le rotelle inciampano e trovano ostacoli, tra ciottoli e qualche vecchio rifiuto lasciato ai lati della via, quel rumore sembra rimbombare per l'intero paese e la eco arriva alle orecchie piccole e delicate, così come lo sono i lineamenti del viso, di Kyungsoo.
Ventun'anni suonati ma nessuno ci crederebbe neanche se vedesse la sua carta d'identità.
Occhi grandi, riempiti da iridi scure come la notte, degli occhi profondi e bellissimi che spiccano sulla sua pelle nivea e levigata. Il tutto è coronato dalle sue labbra a bocciolo di rosa, piene e rosee, un nasino perfettamente liscio e dritto, fronte non troppo ampia, sulla quale ricade pigramente un ciuffo di capelli lisci e corvini. 
Un bambino, uno splendido bambino. Non supera il metro e settantacinque, forse solo grazie alle suole delle scarpe da ginnastica. 
Corporatura alquanto esile ma ben definita; unica pecca sono le spalle.
Tutti lo prendevano in giro per via di quel suo piccolo difetto, che però poteva anche essere un vezzo. Dopotutto su Kyungsoo quelle spallucce stavano bene.

In mano ha un foglietto con l'indirizzo scritto frettolosamente a penna e, ogni tanto, si concede di dare un'occhiata all'orologio che ha al polso.
I minuti scorrono inesorabili, così come le gocce di sudore rotolano lungo la sua fronte, fino alla guancia, per poi finire sul collo e sparire infine nel colletto della sua maglia.
Fa davvero troppo caldo, è quasi insopportabile ma ricorda bene che da piccolo soffriva spesso il caldo quando andava a trovare i suoi nonni, in quel paese sperduto chissà dove. 

Probabilmente non compariva neppure sulla cartina geografica.
Nonostante questo, nei ricordi sbiaditi di Kyungsoo campeggiava il mare, odore di salsedine che si infiltrava lentamente nelle sue narici, odore di iodio e memorie di serate passate davanti al fuoco, in spiaggia, con dei nonni un po' più giovani ed amichetti e parenti che ormai non vedeva da una vita.

Era passato davvero troppo tempo dall'ultima visita di Kyungsoo ai nonni, una pausa ci voleva. Una pausa dalla quotidianità.
E' così strano quel luogo, sembra di trovarsi in uno di quei film sul far west, in cui il protagonista è un cow-boy che entra nella locanda più vicina mentre fuori ci sono le balle di fieno che rotolano a causa del vento.
Quella è l'impressione che Kyungsoo ha di quel paesino.
Attraversa le stradine, ormai sempre più fitte ed irradiate dalla luce giallastra del pomeriggio; poggia una mano sul muro dell'edificio all'angolo della via, al termine della quale c'è la casa dei nonni. Cammina lentamente, affaticato e stanco di portarsi dietro quella enorme valigia colma di tutti quei vestiti che - ne è sicuro - non userà mai. Infatti d'estate, quando andava al mare, portava con sé uno zainetto, nel quale impilava pochi indumenti e giusto un paio di magliette e pantaloncini comodi e un po' più eleganti, da usare in occasioni speciali, come ad esempio la festa del paese.
Riecheggiano per la viottola rumori lontani, come di automobili che passano ma non si fermano in quel luogo dimenticato da Dio, come televisioni sintonizzate su programmi che Kyungsoo definirebbe 'per vecchi', in cui si propinavano alla gente oggetti scadenti a prezzi da urlo.

Ed eccola, riesce a vedere quella casa e adesso gli sembra tutto più familiare. Non è cambiato molto dopotutto, c'è solo una veranda in meno ed un piano in più, con l'accesso dove prima c'era il cancello.
Prima di bussare al grande portone, però, si volta e cerca di ricordare se la dimora di fronte a quella dei nonni fosse sempre stata così: un muro alto che celava un Paese delle Meraviglie, sin da bambino si era chiesto che cosa si nascondesse dietro, ma quel poco che poteva vedere dal giallo cancello ormai arrugginito, anche se sempre in buono stato, era un giardino ed un orticello pieno di verdura ed il terriccio soffice sul quale ogni tanto vedeva passare un gatto.
Solleva quei suoi occhi scuri, come buchi neri, capaci di risucchiarti anche l'anima se sostieni quello sguardo per più tempo del dovuto, perché gli occhi di Kyungsoo sono due pozzi, affascinanti ma, allo stesso tempo, trasmettono incertezza, come se scavassero nel profondo dell'anima di una persona.
Potrebbero riuscire a leggere ciò che dice ogni cuore ma non si potrebbe fare il contrario, questo rende Kyungsoo assolutamente interessante.

Si decide a bussare sul portone vetrato ma, non ricevendo risposta, decide di posare la mano sulla maniglia nera ed abbassarla, così da entrare direttamente, irrompendo con un delicato 'C'è nessuno?'. Ed avanza, oltre il garage, oltre la cucina e la sala e, proprio lì, trova aperta la porta del giardino su cui si affaccia, affondando il capo nella tenda svolazzante usata anche come zanzariera, perché le zanzare erano davvero insopportabili. E troppe. Non finivano mai.

'Kyungsoo!'

'Nonna! Nonno!'

'Sei davvero tu? Omo, come sei cresciuto, fatti guardare meglio!'

'Sono davvero io, sì. In carne ed ossa.'

'Ti trovo bene, da quanto tempo che non ti vediamo, piccolo mio.'

'Sì, avete perfettamente ragione, nonnini. E' passato decisamente troppo tempo'.

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Il tempo vola letteralmente, non si ferma un attimo ma, anzi, sembra accelerare il suo scorrere inesorabile.
Kyungsoo non ricorda come sia finito a parlare dei vecchi ricordi e si sia messo a ridere ripensando a quella volta in cui, da piccolo, aveva buttato il gatto dal terrazzo 'Per vedere se fosse caduto sulle quattro zampe', questa era la spiegazione che diede quando la nonna lo colse in flagrante.
Aveva spiegato il perché si trovasse nuovamente in quel posto, dopo tanti anni.

'Ho deciso di tornare qui per riposare un po'. Non riesco a stare tranquillo a Seoul, mi sento oppresso in questo periodo, è come se fossi soffocato dagli impegni.
In questo momento sto lavorando come apprendista in una delle migliori pasticcerie della città e il capo dice che sono anche alquanto bravo in cucina.
L'altro giorno mi ha anche lasciato fare una composizione di cupcakes che ha esposto in vetrina.'

E quando parla della sua passione, che vorrebbe diventasse anche il suo lavoro, gli si illuminano gli occhi, quei buchi neri si trasformano in stelle scintillanti e tutti se ne rendono conto.
I nonni per primi. Perché i nonni lo conoscono bene, sanno com'è fatto; probabilmente agli occhi di chiunque lo avesse visto da piccolo, Kyungsoo doveva sembrare un'altra persona, qualcuno di completamente diverso, anche nei modi di fare, non solo fisicamente. Ma no, non era così.

'Sei sempre il nostro bambino, non sei cambiato di una virgola, per fortuna.'

I nonni sapevano di cosa stessero parlando, non parlano mai a sproposito. Il loro Kyungsoo era rimasto lo stesso, puro, genuino, innocente, solo con più esperienza e maturità.
Ormai stava diventando un uomo.

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Si ritrova finalmente davanti alla porta di casa, in cima alle scale.
I suoi genitori avevano deciso, con l'assenso dei nonni, di costruire un secondo piano, con due appartamenti adiacenti 'per il futuro', dicevano, ma erano sempre così impegnati che l'appartamento era rimasto quasi vuoto, con un arredamento povero, anche se costoso.
Abbassa la maniglia e si ritrova in sala, illuminata fiocamente dai pochi raggi di sole, al tramonto, che trapassavano le serrande verdi, sporche ed impolverate.
Lascia cadere la valigia per terra e porta entrambe le mani sui fianchi, gonfiando appena le guance morbide.

'Aigoo--. C'è davvero tanto da fare qui.. Fighting, Kyungie!'

Passa le successive due ore a rassettare e pulire alla meglio la casa, in modo da renderla almeno vivibile al più presto.
Da quella sera in poi avrebbe dovuto, se non passarci la maggior parte del tempo, trascorrerci la notte e quel breve arco della mattinata impiegata per lavarsi e mettersi in ordine.

Le terrazze erano due, una gigantesca, in comune con l'altro appartamento, e l'altra più ristretta, che si affaccia  sul lato della stradina di ingresso.
Ed è proprio lì che Kyungsoo decide di andare per prendere una boccata d'aria.
La frangia nera è completamente attaccata alla fronte, per via del sudore e della fatica che opprimeva anche i polmoni, strizzati come spugne nella morsa dell'umidità. Ma cosa ci si poteva aspettare da un posto di mare come quello? 
Infatti il paesino si trovava a pochi chilometri dal mare, quella distesa salata ed immensa che si apriva sull'orizzonte. Si poteva anche vedere benissimo dall'altra terrazza, quella un tempo piena di fiori rigogliosi e di piante giganti, capaci di fare tanta ombra da sembrare delle vere e proprie palme, ma di cui ormai non rimaneva altro che la carcassa rinsecchita, rametti frastagliati, sparsi qua e là sul pavimento esterno.
'E' triste che mamma e papà abbiano investito così tanto denaro in questo progetto ma che non usufruiscano di tutto ciò' dice Kyungsoo, guardandosi intorno, prima di tornare a posare il mento su di un braccio, a sua volta appoggiato pigramente sulla ringhiera del terrazzino.

Chiude gli occhi, abbassando le palpebre come fossero delle tendine su di un palco; una leggera brezza investe il suo viso e gli scompiglia quei ciuffetti di capelli ribelli. 
E' davvero piacevole, forse uno dei momenti migliori di quella giornata estremamente stancante.
Ormai affaticato, sia per il viaggio, sia per le poche ore di sonno che aveva accumulato durante quelle ultime settimane, sia per quelle ultime energie impiegate a pulire, entra in uno stato di dormiveglia ed inizia a sentire una dolce melodia, accompagnare quel suo strano sogno.
Una melodia dolce, mai sentita prima d'ora. 'E allora perché la sto sognando? Non la conosco..'
Poi Kyungsoo apre gli occhi e capisce che non è un sogno.
La musica proviene dalla casa di fronte, una porta-finestra è aperta ma cela una figura che si intravede attraverso la tenda rigorosamente bianca ma, che alla luce della sera, diventa trasparente; aguzza la vista, assottigliando quei suoi occhioni, mentre le labbra si schiudono leggermente per far passare un respiro sognante. E' tutto teso a captare quella splendida melodia suonata al piano, mani esperte che si muovono lungo i tasti d'avorio di un pianoforte e Kyungsoo decide di chiudere gli occhi, lasciandosi andare, beandosi di quello splendido suono.

Passano così i minuti, passano velocemente questa volta e, quando la musica termina, apre gli occhi e si raddrizza con la schiena, iniziando a battere le mani e ad annuire con il capo, come a dire 'Good job, chiunque tu sia.'
I battiti delle mani risuonano per tutta la stradina. Difficilmente il compositore di quella melodia non avrebbe potuto avvertire la presenza inaspettata del suo pubblico.
E Kyungsoo si immobilizza quando vede affacciarsi sul terrazzo, dopo aver scostato con delicatezza la tenda, un ragazzo, più o meno della sua stessa età, anno in più anno in meno.
Ha dei capelli neri, lucidi e liscissimi, una frangia che gli ricade dolcemente sulla fronte, un viso perfettamente ovale e degli occhi altrettanto scuri, che riescono ad esprimere tutto lo stupore del momento; le labbra simili a boccioli di rosa, piene e carnose, rosee, in contrasto con quello splendido incarnato ed un nasino leggermente 'a patatina', che rende quella visione ancora più piacevole. Sembra essere il viso di un bambino, se non fosse per quella corporatura tonica e muscolosa, scolpita da chissà quale artista. 
'Un David. Michelangelo, sei stato tu a scolpirlo? Un ragazzo abbronzato' - pensa Kyungsoo - 'Chi vuoi che non lo sia qui? Ma cosa sto pensando.. Oh god.'

'Perdonami, non volevo disturbarti. E' solo che ho sentito quella musica e.. Sei stato davvero bravissimo. Complimenti!'

'Ti ringrazio..'

Quel ragazzo sorride timidamente e se ne va, lasciando Kyungsoo ad osservare quella tenda muoversi al vento, così, come un ebete.
'Ah okay. Deve avergli dato fastidio. Bravo Kyungsoo, bravo. Davvero bravo.' Non fa in tempo a maledirsi mentalmente, che il moro fa nuovamente capolino da quella porta e Kyungsoo cerca di darsi un contegno, cercando di non sembrare stupido o strano o non sa nemmeno più che pensare.
I loro sguardi si incrociano, gli occhi spalancati di Kyungsoo e quelli assottigliati e stanchi dell'altro, prima che quest'ultimo possa aprir bocca.

'Mi chiamo Jongin.'

'..Ah, Jongin.'

'E tu sei..?'

'Kyungsoo, mi chiamo Kyungsoo, ma per gli amici Kyungie. Insomma.. Sì. A meno che non siano più piccoli allor--.'

'Sono nato nel 1994.'

'..Ah.. Allora sei un mio 'saeng.'

'Capisco. Allora alla prossima.. Hyung.'

'Alla prossima, Jongin-ah.'

E questa volta, mentre rientra in casa, sulle labbra di Jongin si forma un sorriso divertito, forse causato da quella buffa espressione che ha Kyungsoo in faccia.
'Sono un idiota.' Fa dietro-front il più grande, chiudendosi la persiana alle spalle ed avviandosi verso le scale, per andare a cenare dai nonni.
C'era giusto un profumino invitante.
E mentre scende le scale velocemente, un sorriso affiora sui suoi canotti.
'Allora in questo paese non ci sono solo vecchi...'

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Non ho nulla da dire per ora, ho solo tanto sonno. Ah, spero vi piaccia.
Love ya so much. (ノ◕ヮ◕)ノ♡

 

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Capitolo 2
*** Why do we lay all these traps ***


Kyungsoo sta cantando una canzone ma sa di non averla mai sentita, e allora come fa a sapere tutte le parole? Si trova davanti ad una giuria composta da due file ben ordinate di persone, sedute comodamente sulle poltroncine del teatro. 
Il palcoscenico è tutto suo.
Forse deve convincere il pubblico? 
Allora continua a cantare, le parole rotolano fuori dalla sua bocca senza accorgersene, così come segue alla perfezione la melodia, suonata da qualcuno al pianoforte; solo verso la fine della canzone si rende conto che quello strumento musicale così imponente padroneggia la scena insieme a lui e, seduto sul seggiolino di cuoio lucido e rosso, c'è qualcuno che conosce ma i tratti del suo viso sono offuscati. E' impossibile capire di chi si tratti.
Poi una voce in lontananza lo fa voltare.
Sua nonna in un angolino remoto del teatro si sta sbracciando per attirare l'attenzione del nipote.
Allora Kyungsoo corre verso quella figura, che a un tratto scompare; si guarda intorno e si trova da solo in quel teatro pieno di tendoni cupi e luci spente. 
Come se fosse scesa la notte e il silenzio si fosse impadronito di tutta l'atmosfera.


“Kyungsoo, sono qui!”

Ed il ragazzo si decide ad aprire finalmente gli occhi, anzi, li spalanca, come due fari in un porto.
Trova davanti a sé gli occhietti ancora vispi e curiosi dell'anziana nonna, lo stanno squadrando, probabilmente perché deve avere una faccia ridicolamente divertente da osservare.
Così si mette seduto sul letto, stropicciando maggiormente quelle lenzuola sottili e candide – che nonostante si morisse dal caldo durante la giornata, la notte non si disdegnavano affatto.
Si arruffa i capelli corvini con una mano, come a ravvivarli in qualche modo, cercando di dar loro una piega decente e si passa l'altra mano su un occhio, strofinandolo con i polpastrelli magri e bianchi ancor più delle lenzuola.

“Nonna, stavo sognando ma-- non ricordo cosa, in realtà. Ma sono sicuro tu ci fossi. Insomma-- Aspetta che cerco di ricordare per bene.
Ah si. In pratica c'eri tu in un teatro, cioè, no.. C'ero prima io che cantavo una cosa, come si chiama, una canzone, e praticamente stavo in piedi di fronte ad un pubblico, poi sono corso da te e puff, tutti erano spariti, compresa tu. E sono rimasto-- Solo? Sì. Ero solo. Forever alone.”

La nonna era seduta ai piedi del letto, con le braccia conserte ed un sorriso divertito sulle labbra, che erano incurvate verso l'alto, osservava il ragazzo con curiosità, le sembrava di rivederlo da piccolo, quando si rintanava nel lettone dopo aver fatto chissà quale strano incubo, popolato da mostri e fantasmi, magari visti il pomeriggio, in televisione.

“ Su su, era solo un sogno, mh? Ora vestiti.. E' pronta la colazione. ”

E dopo aver pronunciato queste parole, l'anziana signora si alza dal letto e scende le scale dell'appartamento, tornando nella propria dimora, sottostante, e lasciando Kyungsoo da solo nel letto, in quella stanza illuminata dai raggi solari che filtravano dalla lunga tenda.
Il suo sguardo vaga da una parte all'altra della cameretta, rimane a fissare il vuoto per qualche minuto, in silenzio e ancora mezzo addormentato, prima di decidere di sollevarsi dal materasso morbido e dare una breve occhiata alla finestra – e soprattutto a quello che si vedeva all'esterno.

“ Jongin. Che ci fai nel mio sogno? ”



Quando Kyungsoo entra in cucina, sente l'odore del pane appena sfornato, di confetture varie e qualcosa di dolce, che però non riusciva bene ad identificare. 
Forse nonna aveva preparato una crostata di mele, la sua preferita e di certo non avrebbe disdegnato provarne una bella fetta.
Quando era in vacanza, si lasciava sempre andare e, al suo ritorno in città, tirava fuori la sua amata – ma anche no – bilancia e si pesava, stringendo forte gli occhi e i pugni per non affrontare la triste realtà. In due settimane di vacanza riusciva a prendere anche quattro o cinque chili. E sua nonna continuava a dirgli di mangiare, che lo vedeva sciupato e tutte quelle cose che le nonne dicono ai propri nipoti.
Tutti quei pensieri si fanno strada nella mente di Kyungsoo, nostalgico, e si sente felice, come se avesse ritrovato una parte di sé che aveva dimenticato di aver nascosto o che aveva messo da parte per far spazio ad un sé nuovo e razionale, sicuro e responsabile.
In quell'ambiente poteva tornare davvero bambino.

“ Kyungie, cosa vuoi mangiare? Ti ho preparato qualcosa per cui venderesti anche un braccio.”

“ Omo, nonna, non dirmi che.. Torta di mele? ”

E con un sorriso smagliante gli mostra quella vera e propria opera d'arte.
Kyungsoo, dopo averne addentata una fetta, avrebbe detto di avere letteralmente 'un'orgia in bocca' ma si dovette trattenere, per pudore, altrimenti sarebbe diventato rosso come un pomodoro.

“ Yah, Kyungie, mi accompagneresti al mercato stamattina? A nonno servono un paio di mutandoni nuovi, ma lui si vergogna. ”

Aggiunge a bassa voce la nonna, per non urtare la sensibilità del marito, seduto nella stanza accanto; stava parlando da solo, avrebbe detto chiunque lo avesse visto per la prima volta, in realtà stava parlando con la televisione e si stava infervorando per chissà quale ingiustizia raccontata dai giornalisti al telegiornale. Ormai era da quando era nato che Kyungsoo vedeva suo nonno inalberarsi in quel modo ed urlare contro programmi e immoralità che facevano vedere in tv.
Un sorriso gli si dipinge in volto e gli occhi si sollevano per incontrare lo sguardo dell'anziana, e tenta un occhiolino come per annuire alla sua proposta.

“ Certo che sì. ”



Il mercato non era il luogo caotico che ricordava nelle sue memorie da bambino.
Ormai le baracche erano poche, anche se i tizi che vendevano le varie merci erano sempre gli stessi, certo, con qualche anno e qualche chilo in più.
Si teneva sempre nello stesso luogo, ormai da anni, la piazza, unico posto davvero significativo per il paese e per i pochi paesani che erano rimasti; eppure Kyungsoo ricordava i pomeriggi passati a giocare con ragazzini della sua età, fuori per strada, all'aria aperta, magari con un pallone, le gare con le biciclette, che fine avevano fatto? Dove erano andati a finire?
Gli occhioni scuri si muovevano intanto tra i vari tipi di intimo da uomo della bancarella presso cui si era fermata sua nonna e prende in mano vari boxer, alcuni semplicemente orrendi, altri con potenziale, se solo avessi avuto un bel fisico, perfettamente scolpito e la vita piccola come quella di un'ape. 
E mentre è intento a cercare qualcosa di anche solo lontanamente indossabile, sente una voce improvvisa, vicinissima al proprio orecchio.
Sì, quella voce l'aveva già sentita in precedenza. 

“ Kyungsoo, Kyungsoo.. Non pensavo avessi gusti pessimi in quanto intimo.
E non sarai un po' troppo ottimista con la taglia? ”

Probabilmente, se avesse potuto portare una mano agli occhi e scomparire in una nuvola di fumo, l'avrebbe fatto in meno di un secondo ma non era mai stato ferrato in materia di trucchi magici.
Era rosso, rosso come un peperone e sulla camicia a mezze maniche bianca risaltava ancora di più, per non farsi mancare nulla. Non riesce nemmeno a voltarsi e guardare l'artefice di quel colorito imbarazzante.

“ YAH! Jongin, và via. Tornatene a rintanarti in casa tua.”

Appena ha il coraggio di voltarsi, dopo aver organizzato nella propria mente quello che Kyungsoo si ostinava a chiamare 'un bel discorsetto', Jongin era scomparso, come un fantasma, una presenza inconsistente. 
O forse ci aveva messo troppo a pensare ad una risposta efficace con cui ripagare l'insolenza del più piccolo; di certo avrebbe potuto dire che quei mutandoni color topo e taglia XXL non erano per sé ma per qualcun altro. Magari Jongin non ci avrebbe creduto ma almeno avrebbe detto la verità.

Il resto della mattinata Kyungsoo la passa tra una bancarella e l'altra, tutte uguali, identiche l'una all'altra, ad eccezione di quella della frutta secca, davanti alla quale mette radici. Di certo ingrassa  solo guardando, anche senza comprar nulla.
Quando finalmente sua nonna termina tutte le commissioni, tornano entrambi, a braccetto, a casa.
Nonno era seduto al tavolo, giocando al solitario con le sue solite carte, che lascia solo quando sua nonna gli mostra i mutandoni, e sì, anche quelli grigio topo.

Un'altra giornata passa velocemente, come la sabbia tra le dita, e ancora Kyungsoo non ha visto il mare, ma di certo ci sarebbe andato l'indomani. Doveva preparare tutto, gonfiare le ruote della vecchia bicicletta, controllarne i freni ed il sellino. 
Di certo non era chissà quanto allettante dover andare da solo in spiaggia, ma la compagnia non era mai stata un problema per lui, era una persona taciturna e abbastanza solitaria. Si sarebbe divertito comunque.



Solleva lo sguardo verso l'orologio da muro appeso in camera.

23:00

“ Forse dovrei dormire. Domani devo svegliarmi presto.”

Così Kyungsoo arresta la sessione ed abbassa lo schermo del suo portatile, sbadigliando e stiracchiandosi, si allunga sul lettone ed accende la lucina della lampada da comodino, alzandosi poi per posare il pc sulla specchiera e spegnere la luce del lampadario.
Proprio in quel momento, il silenzio viene interrotto dalla melodia della sera prima.
Kyungsoo vorrebbe dormire, vorrebbe chiudere la porta finestra ed addormentarsi sulle dolci note di quella musica così intensa e trascinante, dovrebbe riposare ma non lo fa.
Si siede sullo scalino del terrazzo e porta lo sguardo sulla porta finestra di fronte, da cui può osservare nitidamente la figura di Jongin seduto sul seggiolino, mentre muove le dita in maniera celere ed impeccabile sui tasti del pianoforte.
Sembra quasi un momento magico, davvero unico, e Kyungsoo chiude gli occhi, decide di lasciarsi andare e farsi inondare da una mistura di emozioni e sensazioni infinitamente piacevoli, provocati da quelle note.
Ed è così preso da quel suono che non si accorge quando la musica termina e Jongin esce in terrazza, osservandolo con un sorriso tra il beffardo e l'intenerito.

“ Ti è piaciuta, hyung? ”

Kyungsoo apre gli occhi e lo fissa, rimanendo in silenzio per qualche secondo.

“ Ah, adesso sono hyung? ”

L'aria è tagliata a metà dalla risata cristallina e sinceramente divertita del più piccolo.

“ Non pensavo te la saresti presa, per così poco. ”

“ Taci. E comunque quei mutandoni non erano per me.. Sappilo. ”

“ Lo so bene, hyung. ”

“ Cos-- Come fai a saperlo? ”

“ Perché tua nonna questo pomeriggio ha steso i panni in veranda e ho visto le tue mutande. Hyung, non pensavo ti piacessero ancora i supereroi. ”

“ YAH! JONGI- ”

“ Ssssh. La gente dorme a quest'ora, lo sai? Visto che qui sono tutti vecchi, vanno a letto alle dieci e mezza. ”

“ Siccome sono vecchi non sentono niente. ”

Ed ancora la risata del minore, e stavolta Kyungsoo non può evitare di sorridere.

“ Sciocco. Non ridere. Ora vado a letto, domani devo andare a mare. Ho bisogno di riposare. ”

“ Ne, ho capito. Buonanotte, hyung. ”

“ Buonanotte, 'saeng.. ”

Kyungsoo, probabilmente, non riesce a dormire subito, pensa e ripensa a quella breve conversazione, alla risata e alla melodia di Jongin e quella vacanza sembra aver preso una piega interessante.

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Capitolo 3
*** We put them right in our path ***


In bagno, allo specchio, di fronte alla debole luce che filtrava dalla finestra, Kyungsoo sembrava essere sicuro di sé.
Pancia in dentro, petto in fuori e testa alta.

Tutto quello che doveva fare per sembrare un vero uomo e non semplicemente un 'ometto', anche se, in realtà, Kyungsoo era un adulto in un corpo da adolescente.

Pelle candida e spalle strette – fin troppo strette, forse. Spesso aveva bisogno di giacche imbottite che ampliassero la propria apertura di spalle, per non sembrare un bambino in smoking, nelle grandi occasioni, quali matrimoni, comunioni, lauree di amici o cene importanti. Non che le occasioni, a dire il vero, fossero molte.

Si avvicina al proprio riflesso, passandosi la mano sul proprio mento e sulla mascella, come per setacciare quel lembo di pelle in cerca di un qualche pelo, rimasto dalla precedente rasatura.
Anche la barba non cresceva molto e di peli, sul petto, non ne aveva; era davvero glabro ma, dopotutto, non era certo quello il problema che più lo affliggeva.

Infatti, benché fosse magro e gracile, aveva l'incubo della pancetta.
Quel filo di grasso sotto cute che creava un lieve strato che lui si ostinava a chiamare 'flaccidume'.
Agli occhi di chiunque sarebbe passato inosservato, ma a Kyungsoo, altamente autocritico, questo non sfuggiva e la cosa peggiore era che non sapeva come mandarla via; anzi, lo sapeva, ma non ne aveva voglia, dato la sua pigrizia in fatto di esercizi ginnici.

 

Solo dopo una decina di minuti si decide ad indossare la prima maglietta oversize, che lo copre fino a metà coscia, proprio dove terminavano i suoi shorts, rendendolo davvero un bimbo.

Afferra lo zainetto a righe bianche e blu, con un telo mare celeste, la crema protettiva ( quella per i bambini,, dato che la pelle di Kyungsoo è super-sensibile ) e l'immancabile i-pod, insieme al cellulare e al portafogli.
 

Finalmente esce di casa, scendendo dalla scala del retro quella che sbucava nel giardino interno per salutare in tutta fretta i nonni, intenti a giocare a carte e a cucinare il pranzo.

 

“Kyungie, torna per l'ora di pranzo, mi raccomando.
A mezzogiorno e mezzo, nonno vuole mangiare, mh mh.”

“Non preoccuparti, nonna. Sarò di ritorno per quell'ora.”

“Abbronzati!”

“Nonno-- al massimo divento un gamberetto.”

 

“Su, corri, o perderai il pullman. Ne passa uno all'ora..”

“Ne, ne, a dopo, nonnini!”

 

 

 

Tutto si sarebbe aspettato, tutto tranne quello.
Jongin era proprio di fronte a sé, con le labbra incurvate verso l'alto con gli angoli, gli occhi puntati sulla figura pallida di Kyungsoo, come a squadrarlo dalla testa ai piedi.
Ed infatti si sente osservato, sotto lo sguardo attento e vigile del più piccolo, quella sensazione di calore presente nella proprie testa, man mano si espande all'esterno, invadendo le gote del più grande, fino a far accaldare anche le orecchiette, piccole e delicate come dei petali di rosa.

 

“Yah, hyung, che coincidenza, che ci fai qui?”

“Non dire 'che coincidenza' perché non ci credo affatto. Ieri te l'ho detto che sarei andato al mare, quindi non fare il finto sorpreso, grazie.”

 

Ed una risata, limpida e cristallina, scivola fuori dalle labbra di Jongin e raggiunge Kyungsoo, che si volta verso di lui, con gli occhi completamente spalancati ed un'espressione mista tra lo sbalordito ed il confuso. E subito inizia il flusso di pensieri perenne e continuo del più grande tra i due.


Sta ridendo di me? No, dico, sta per caso ridendo di me? Ma come si permette.. Ora gliene dico quattro, mah. Davvero. Ora glielo dico. Ora glielo di—che belle labbra che ha. Kyungsoo, a cosa stai pensando? NO. No. ENNE O. NO. Ma cosa ti passa per la test- Oh, ecco il pullman, grazie. Per fortuna. Spero non si sieda vicino a me-- No, vicino a me no. NO. JONGIN, NON VICINO A.. Ecco. Vabè. Come non detto. Ma che ho fatto di male? PERCHE'? Cosa ho fatto per meritare tutto questo? Kyungsoo, calmo, calmo. Sei su un pullman. Se anche solo ti sfiora, ci saranno tante di quelle persone che potranno testimoniare contro di lui. Ma cosa vado a pensare? Kyungsoo. Rilassati. Rilassatiiii. Ecco. Bravo.

E per tutto il viaggio, Kyungsoo e Jongin iniziano a conoscersi, si danno piccole informazioni, buttate lì a caso – apparentemente – ma che servono a costruire il profilo di uno agli occhi dell'altro, e viceversa.

Il maggiore sembra essere più rilassato delle volte precedenti, forse sarà per il fatto che si trovano in un pullman completamente vuoto, che li sta portando al mare in una soleggiata mattinata estiva; Jongin, invece sembra trovarsi sempre a suo agio, in qualsiasi circostanza, è sicuro di sé, con la battuta pronta, spiritoso e divertente, sebbene non sia troppo espansivo e timido, ma in un modo insolito. Ed è proprio questo che intriga Kyungsoo.
 

 

 

Il mare era incredibilmente limpido, uno specchio d'acqua completamente trasparente, in grado di riflettere qualsiasi cosa perfettamente. Era possibile vedere tutto quello su cui si posavano i piedi.

Kyungsoo è il primo ad affondare le gambe in quell'acqua fresca.

Sembra un bambino , solo un po' più cresciuto, con un cappellino con visiera, la magliettona ancora addosso e quintali di crema in viso, tanto che sembra aver appena fatto una maschera di bellezza.

E Jongin ride, osservando il più grande in quella circostanza aveva pensato fosse strano, ma non fino a quel punto. Insomma.. Farsi il bagno con la maglietta, in spiaggia, con quaranta gradi all'ombra, in più c'erano pochissime persone e gli ombrelloni aperti e infilati nella sabbia si contavano sulla punta delle dita. No, decisamente c'era qualcosa di sbagliato.

Si avvicina a Kyungsoo e si ferma al suo fianco, portando le mani sui fianchi e socchiudendo un occhio, a causa della luce solare che feriva le iridi scure.

 

“Hyung, dovresti togliere quella maglietta. Rischi di abbronzatura da muratore.”

 

“Jongin, ho la pelle bianca come il latte. Al massimo, prima divento rosso fuoco e poi, man mano, forse, e dico fooooorse, mi abbronzo quel poco che mi permette di non sembrare un fantasma.
Non sono tutti fortunati come te, che prendi subito questo colorito.”

“A dire il vero, questa è la prima volta che vengo al mare, quest'anno. La mia carnagione è così, scura.”

Il sopracciglio di Kyungsoo si solleva, appena volta il capo e lo sguardo, per ammirare la figura del ragazzo accanto a sé e, subito, sente il sangue correre alle guance ed inondarle, insieme ad un certo calore, che lo portano a chinare lo sguardo affinché nascondesse il volto paonazzo sotto la visiera.

Jongin, fortunatamente, non sembrava essersi accorto di nulla ma, ciò che fece poco dopo, mandò lo stomaco di Kyungsoo sottosopra ed il cuore in gola.

Le dita scure e vellutate del ragazzo avevano afferrato i lembi della maglia dell'altro, sollevandoli lentamente, scoprendo così il petto, fino a sfilare completamente l'indumento, lasciando il più grande a petto nudo e senza cappellino, che Jongin aveva preso al volo, per non farlo cadere nell'acqua salata.
Era scoppiato a ridere, non per ridere dell'altro, non avrebbe mai pensato di fare una cosa simile e non ne aveva neppure la minima intenzione, anzi, trovava il maggiore davvero carino.

Corre sulla battigia, veloce come un razzo, per poter posare maglia e cappello sul telo mare, per poi tornare immediatamente in quella distesa azzurra e cristallina.

Kyungsoo era rimasto senza parole, avrebbe voluto dire qualcosa di intelligente, avrebbe voluto ammonire il più giovane per la sua impudenza, sbraitargli contro, magari anche tirargli qualche sberla, ma non era stato capace di far nulla di tutto questo.

Era rimasto a fissarlo, incantato dalla sua bellezza, perché Jongin era oggettivamente bello.

Nessuno avrebbe potuto dire nulla, nessuno avrebbe trovato un difetto, era davvero qualcosa che rasentava la perfezione.

E Kyungsoo si era sorpreso di quei pensieri, di quella strana sensazione che covava interiormente e che, ogni tanto, quando lui si trovava nei paraggi, lo portava a comportarsi come un vero e proprio imbranato, come se non avesse alcuna difesa.

Ma, se il cuore stava battendo all'impazzata, in quel momento, figuriamoci cosa accadde al suo povero petto quando Jongin gli aveva preso la mano, non prima di avergli rivolto un sorriso dolcissimo, capace di far sciogliere chiunque, senza eccezione.

 

“Vieni hyung, andiamo!”

Le parole si erano bloccate in gola e i muscoli erano tutti tesi, ma obbedirono ai movimenti del più piccolo, emulandoli in modo tale da iniziare a correre, con l'acqua alle caviglie, e seguire ogni suo singolo gesto.

Senza un motivo apparente, Kyungsoo inizia a ridere, ridere di gusto, come se tutte quelle maledizioni che avrebbe voluto mandare a Jongin si fossero trasformate in risate, che continuavano ad uscire dalle proprie labbra, andandosi a perdere nella eco delle onde del mare che andavano scemando contro la sabbia.

Per la prima volta, dopo tanto tempo, Kyungsoo si stava divertendo, era tornato bambino, grazie ad una persona che aveva appena conosciuto, ma che era riuscito a dargli qualcosa che, magari, amici di vecchia data non erano stati capaci di dare.

Entrambi passano ore e ore in acqua, tra schizzi, tuffi, nuotate, parlano del più e del meno, continuano a scoprire piccole cose dell'uno e dell'altro; insieme si divertono.

 

 

 

“Hai tutte le guanciotte rosse, hyung. Ahaha”

“Chissà di chi sarà la colpa..”

“Ah, non guardare me. Avresti potuto benissimo tornare sulla battigia e prendere maglia e cappello. Quindi, non incolparmi.”

“Tch, non avevo voglia..”

“Sei carino con quelle guance. Sembri Heidi. Cioè, non sembri una ragazza, solo che Heidi aveva le guance rosse.. No? O mi sto confondendo..”

“Jongin, mi hai dato della donna..”

“No, no, ti sbagli--”

“Jongin. Mi. Hai. Dato. Della. Donna.”

“Non intendevo quell-”

“Mi hai paragonato ad Heidi..”

Lo sguardo minaccioso di Kyungsoo puntato sul viso di Jongin.

Dritto nei suoi occhi, ma Jongin non sembra esserne turbato veramente. E proprio per questo, si avvicina al maggiore e gli afferra il viso tra le mani sollevandoglielo leggermente, dato che era una specie di hobbit, rispetto a lui, e preme le labbra su una sua guancia, scoppiando a ridere e correndo via, subito dopo.

 

“Hyuuuuuung, corri se non vuoi perdere il pullman!”

Inutile dire la reazione di Kyungsoo a quello che era appena successo.

Le gote si erano imporporate sempre di più, il rossore si era espanso fin sopra le orecchie e su tutto il viso, tanto che sembrava un vero e proprio pomodorino, con la frangia corvina legata con un elastico, in testa, a mo' di picciolo.

Si fa aria con le mani, proprio come una donnetta, cercando di ritrovare il normale colorito, e respira a fondo, molto profondamente, cercando di scacciare dalla mente tutti i pensieri che si stavano man mano infiltrando in quella testolina. Si limita, così, ad afferrare il proprio zainetto, dopo essersi infilato nuovamente la magliettona extra-large, e seguire il minore.

Salgono sul pullman e tornano a casa, tornando a parlare normalmente, come se niente fosse successo. Continuano a conversare anche fino alla porta di casa di Kyungsoo, dove Jongin si ferma, per augurare al maggiore un buon pranzo e scomparire, con un sorriso lieve, dopo l'inferriata del cancello di casa.

 

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Capitolo 4
*** When we just wanna be free ***


Dopo aver aiutato nonna a pulire la cucina ed averla mandata fuori in cortile a riposare, insieme a nonno, Kyungsoo sorrise, pensando a quanto fosse rilassante trovarsi in quel posto, senza alcun pensiero in testa e dedicarsi solamente all'ozio.

Si avvicinò alla piccola credenza di legno e su quel ripiano erano posati centrini - cuciti all'uncinetto da nonna, qualche anno prima, quando aveva una vista migliore e quando le sue mani erano in grado di svolgere lavori precisi e minuziosi come quello – e sui centrini vi erano strani oggetti, soprammobili improbabili, antichi e preziosi, forse, ma a cui erano accostati dei pupazzetti ed alcuni oggetti che ricordavano vagamente l'infanzia di un Kyungsoo più piccolo e più spensierato.

Si fermò un attimo ad osservarli, come se fosse la prima volta che li vede, e subito tornò alla realtà, aprendo lo sportello al di sotto della superficie d'appoggio, estraendone una brocca e due bottiglie di vetro, piene fino all'orlo di sciroppo alla menta e latte di mandorla.

 

“A nonno piace la menta, a nonna anche.. Uhm, io preferisco il latte di mandorla, sì.

Sarà meglio aggiungerci del ghiaccio--.”

 

Non era strano che parlasse da solo, lo faceva in continuazione, sempre, costantemente, per lo più nella mente ma, quando non era particolarmente sovrappensiero, le parole uscivano dalla bocca facilmente, come un fiume che straripa fuori dall'argine ma senza creare disguidi o danni.

Kyungsoo faceva tutto con semplicità, quando portò i bicchieri freddi ai nonni, seduti fuori, che ringraziarono il loro amato nipote e gli sorrisero, come nemmeno i propri genitori facevano quando lo vedevano.

E questo faceva sentire Kyungsoo a casa, felice, nel posto giusto, nonostante la sconsolatezza del luogo in cui si trovava.


“Che mi sapete dire sul proprietario di questa casa?”

Chiese ai due anziani davanti a sé, mentre sorseggiava da una cannuccia verde smeraldo il latte di mandorla ghiacciato; si sedette per terra, su un gradino prima dell'entrata e con il capo ed il mento indicò il grande edificio in cui abitava Jongin. Fece scorrere lo sguardo da un volto all'altro, in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.

 

“Non sappiamo molto, sai? In effetti, tu dirai, siete quattro anime in questo paese, dovreste sapere tutto di tutti, ma non è così.
La persona che abita qui, esce raramente; è una donna di mezza età, davvero una bella signora, con lunghi capelli neri, sempre legati in una coda bassa; indossa vestiti eleganti e lavora tutti i giorni, da quel che so. Ha una bella macchina, una di quelle costose, non saprei dirti la marca, non me ne intendo, lo sai..

Comunque, qualche anno fa, arrivò un ragazzino e da quel momento visse con lei, qui.
Anche lui mi sembra una persona alquanto schiva, non si fa vedere molto in giro, esce poco, non parla con nessuno, non so nemmeno se abbia amici.. Secondo me ha qualche problema a socializzare.

Magari è muto, non saprei. Non l'ho mai sentito parlare, però è educato, saluta con un inchino ogni volta che lo vedo. Ed è anche un bellissimo ragazzo, devo dire..”

 

E a quelle parole le guance di Kyungsoo acquistarono il colore di due ciliegie mature, gli occhioni scuri si abbassarono, cercavano di eludere lo sguardo della nonna, mentre il nonno continuava a bere la sua menta, in silenzio, osservando il cielo stellato sopra di loro.


E proprio quando l'anziana signora stava per chiedere al nipote se si sentisse bene, una voce sconosciuta a lei chiamò il ragazzo di fronte a sé. Uno 'Hyung', pronunciato a bassa voce, ma abbastanza alta da essere sentita, che fece sollevare lo sguardo di Kyungsoo e lo fece incrociare con quello di Jongin, a pochi metri da quel quadretto di famiglia che si trovava a conversare là fuori.

Sembrava davvero un angelo quella sera: pantaloni color crema fino al ginocchio, converse bianche e una camicia a mezze maniche, candida, che faceva contrasto con la sua pelle ambrata e perfettamente liscia. I suoi capelli erano scuri, sul castano erano portati all'indietro e tenuti fermi da una piccola coda, lasciando così scoperti la sua fronte e i lineamenti dolci e delicati del viso.

E il più grande si maledisse per il fatto di aver indossato una canottiera blu, sbiadita, e dei semplici pantaloncini dello stesso colore, accompagnati da infradito multi-color.

Di certo non era il massimo dell'eleganza, anzi..

 

“Hyung, ti va di fare un giro qui vicino?”

Il suo sorriso era qualcosa di stupendo, quando gli angoli della bocca si sollevarono, gli occhi formarono piccole mezzelune e dalle labbra spuntarono i denti bianchi e perfetti che completavano quella visione assolutamente splendida.

Kyungsoo annuì, non fece altro per due o tre volte, alzandosi da terra e posando il bicchiere vuoto sul muretto che costeggiava la veranda. Si avvicinò a lui, come intimorito e rivolse un 'A dopo' ai nonni, con un sorriso emozionato sulle labbra e gli occhi spalancati.
Jongin si inchinò e sorrise, incorniciando il tutto con un 'buona serata'.

 

 

Entrambi passeggiavano, fianco a fianco, sorridevano e si guardavano di tanto in tanto, e ogni volta che Jongin cambiava strada, afferrava il polso del suo hyung, trascinandolo con sé tra i viottoli bui e deserti, abitati solo da piccole luci blu provenienti dalle finestre, illuminate dalle televisioni tenute a basso volume, o dai neon dei piccoli negozi che si incontravano lungo la via.

 

Finalmente arrivarono in piazza, desolata, anche quella, forse un po' per l'orario ( dato che erano le dieci di sera ) un po' perché a quell'ora la maggior parte degli anziani era già a letto e non aveva certo voglia o la forza di farsi un giretto per il paese.
Si sedettero su una panchina, sotto un grande albero che di mattina avrebbe fatto di certo un'ombra enorme, e rimasero un po' in silenzio finché il primo a parlare non fu che Kyungsoo, con lo sguardo rivolto in avanti. Infatti non osava neppure guardare Jongin in volto.

 

“Come mai ti sei vestito così elegante stasera?”

“Dici che sono troppo elegante? In realtà non penso, ho vestiti molto più 'da gran signore' nel mio armadio..”

“Come se li utilizzassi, qui..”

“Di certo lo smoking che ho comprato l'anno scorso, lo userò molto presto. Questo fine settimana.”

“E come mai?”

“Per la festa del patrono. E' una festa importante, no? Invitano musicisti alquanto importanti, solo che c'era un buco di mezz'ora tra un'esibizione e l'altra e cercavano qualcuno che potesse esibirsi. E mi sono offerto io.. Suonerò il piano. Mi vieni a vedere?”

“..Forse sì.”

“Hyung, guardami.”

“No.”

“Hyung, perché non mi guardi?”

“Non rompere, Jongin.”
 

E Jongin non volle saperne più, si alzò in piedi, per poi andare ad accovacciarsi di fronte al suo hyung, per poterlo guardare in viso.

Kyungsoo rimase in silenzio, le guance rosse ed accaldate, e gli occhi puntati sui ciottoli che facevano parte della pavimentazione della piazza e a Jongin sembrò l'immagine più tenera del mondo e si sentì fortunato a poterla osservare da quella distanza così ravvicinata.

Così, con gentilezza, prese tra le proprie mani quelle del maggiore, costringendolo quasi ad intrecciare le dita con le sue, e con un mezzo sorriso sulle labbra, le schiuse, per poter finalmente parlare a bassa voce.

 

“Hyung, lo sai che non ho mai provato interesse per nessuno?

Ma proprio mai. Mi ricordo una volta, alle materne, c'era una bambina, di cui non ricordo il nome, che mi veniva dietro. In realtà, un po' tutte mi venivano dietro..”

“Come dare loro torto..”

 

Lo interruppe Kyungsoo, lasciandosi sfuggire quel barlume di interesse, per poi tornare in silenzio ma sollevare lo sguardo sul suo, costringendosi a guardarlo.

Jongin si limitò a sollevare un angolo delle labbra e fece finta di niente, tornando infine a parlare.
 

“Dicevo.. Insomma, stessa storia anche alle elementari, per non parlare alle medie e alle superiori.. Avevo un gran numero di pretendenti. Molti si erano palesati, alcuni non avevano avuto il coraggio di confessarsi e avevano mandato in avanscoperta loro amici, per scoprire se nutrissi un qualche interesse per loro, ma niente.. Non ho mai dato uno spiraglio di speranza a nessuno, nonostante capissi perfettamente quando qualcuno aveva una cotta per me.

E sono ancora in grado di capirlo..”

 

A quelle parole il cuore di Kyungsoo si fermò per un attimo, prima di riprendere a battere. E di nuovo i due occhi scuri fecero per abbassarsi, insieme al capo, ma, prima che questo accadesse, due dita di Jongin afferrarono il mento del più grande per far sì che i due visi potessero ritrovarsi a pochi centimetri di distanza.

 

“..Ma tu mi piaci. Davvero tanto. E credo che anche tu pensi lo stesso, non per presunzione, ma perché ho un sesto senso per queste cose..”

 

E senza attendere una risposta, le labbra soffici di Jongin si andarono a posare su quelle altrettanto morbide di Kyungsoo, provocando in quest'ultimo una scarica di brividi che si espandeva dalla spina dorsale in tutto il corpo, senza eccezioni; lo faceva sudare freddo e lo immobilizzava, lì, su quella panchina, con gli occhi spalancati ed il respiro affannato, che si infrangeva contro il volto del più piccolo.

Senza accorgersene, si lasciò andare, concedendo a Jongin maggior libertà, dopo che dischiuse le labbra e permise alla lingua del minore di esplorare la propria cavità orale. Le braccia andarono ad avvolgersi attorno al suo collo, mentre quelle dell'altro si strinsero attorno ai fianchi del maggiore, che, oramai, stava perdendo lucidità e aveva voglia solamente di godersi le attenzioni di quel ragazzo.

Ancora non ci credeva, non poteva immaginare nemmeno lontanamente che quell'essere così perfetto provasse qualcosa per lui, un semplice aspirante chef di Seoul, catapultato in un paesino di campagna. E ancora più improbabile era quella situazione che si era venuta a creare, che lasciava credere a Kyungsoo che niente accadesse per caso, ma che il destino aveva in serbo per lui delle splendide sorprese.


Passò un'ora prima che tornassero a casa, mano nella mano per tutto il tragitto, incuranti del fatto che qualcuno potesse vederli, dato che non avevano incontrato nemmeno un'anima.

Avevano continuato a baciarsi per minuti interi, si erano sussurrati dolci parole all'orecchio e si erano ripromessi di mantenere segreta quella relazione, giusto per non dare adito alle malelingue di sparlare di loro, di certo non per altro.

E quando fu tempo di separarsi, si scambiarono un altro bacio, più lungo ed appassionato, sulla soglia dell'appartamento di Kyungsoo. Non si volevano staccare l'uno dall'altro, non ne avevano la minima intenzione, ma la zia di Jongin si sarebbe accorta di sicuro della sua assenza, quindi, dopo quel bacio della buonanotte, ognuno prese la propria strada, con il sorriso sulle labbra e gli occhi inumiditi dalla gioia.


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*(ง ͠° ͟ل͜ ͡°)ง 

 
Perdonatemi se ho pubblicato in mega ritardo ma ho avuto tanto da fare.
Cercherò di pubblicare il prossimo capitolo il prima possibile.
Love you all.
~

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