Dove finisco io cominci tu

di silverhind
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio ***
Capitolo 2: *** Una visita inattesa ***
Capitolo 3: *** Decisione sbagliata? ***
Capitolo 4: *** Il dubbio irrisolto ***
Capitolo 5: *** Tempo scaduto ***
Capitolo 6: *** Una buffa coincidenza ***
Capitolo 7: *** In volo verso casa ***
Capitolo 8: *** Le lezioni di Pozioni ***
Capitolo 9: *** La ragazza che aveva tre padri ***
Capitolo 10: *** Duello di sangue ***
Capitolo 11: *** Il vero inizio ***
Capitolo 12: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 13: *** Emozioni a c(at)ena ***
Capitolo 14: *** Cicatrici e timori ***
Capitolo 15: *** Scontri e gelosia ***
Capitolo 16: *** La pozione proibita ***
Capitolo 17: *** La studentessa di Serpeverde ***
Capitolo 18: *** Un amore dimenticato ***
Capitolo 19: *** La resa dei conti ***
Capitolo 20: *** Un po' di meritato riposo? ***
Capitolo 21: *** Una buona intesa ***
Capitolo 22: *** Sospetti fondati? ***
Capitolo 23: *** La sua storia ***
Capitolo 24: *** Buon compleanno ***
Capitolo 25: *** Una fine, una riscoperta e...un inizio? ***
Capitolo 26: *** Il quadro di Corvax Swire ***
Capitolo 27: *** L'ultimo scontro ***
Capitolo 28: *** Amor vincit omnia ***
Capitolo 29: *** Freddo come il ghiaccio ***



Capitolo 1
*** L'inizio ***


Una delle tante notti prima della II guerra magica. Il clima tra professori e studenti era acceso, carico di tensione ma corollato da misteriosi silenzi, i corridoi erano bui, e percorsi da passi veloci, decisi, tanti piedi che provenivano da parti diverse del castello ma che correvano tutti verso un unico punto. Lo studio della preside era illuminato di una luce fioca, che di certo non alleggeriva l’aria, ma permetteva di vedere i tappeti e i cuscini che lo addobbavano e i quadri alla parete che erano abitati dai vecchi presidi di Hogwarts. La McGranitt era in piedi, vicino alla sua grande e ordinata scrivania, di fronte al quadro con l’immagine di un suo predecessore, uno dei più grandi maghi della storia, Albus Silente.
<< E’ una cosa da pazzi Albus, come puoi pretendere che una studentessa fugga dal castello senza dare nell’occhio, scortata da un manipolo di uomini e resti nascosta in una casa di babbani, il tutto senza essere scoperta dai Mangiamorte che ormai tengono sotto controllo tutti i confini di Hogwarts? >> diceva la McGranitt.
<< Minerva, calmati, vedrai che andrà tutto bene. In qualche modo la ragazza è coinvolta, e noi abbiamo il dovere di proteggerla. Ormai non c’è più modo di tenerla al sicuro qui >> rispondeva la figura del quadro, con voce austera, autorevole ma pur sempre gentile. Silente aveva sempre avuto questo tono con la McGranitt, talvolta anche dolce e tenero, quasi amorevole. Era stato un duro colpo per la professoressa la morte del famoso preside di Hogwarts, un grande mago, un grande amico, e… I suoi pensieri si bloccavano sempre a questo punto, come se non sapesse come continuarli, quasi avesse paura di osare, di immaginarsi con lui… E anche ora che di lui rimaneva solo la figura appesa in un quadro, i suoi sentimenti non si erano placati, ma i suoi pensieri si bloccavano sempre.
Per non continuare a discutere, la McGranitt si allontanò dal quadro e prese a camminare per la stanza, guardandosi in giro come se volesse catturare ogni particolare non ancora colto. In realtà cercava di sembrare assorta nei suoi pensieri per non dover incrociare lo sguardo di alcuna figura appesa alle pareti. E i suoi occhi si posarono su un quadro vuoto, che presentava solo una cornice di legno scuro, freddo, pronta ad accogliere un altro preside di quella scuola. Dopo Silente per volere di Voldemort era divenuto preside Severus Piton, il professore di Pozioni di Hogwarts, fedelissimo del Signore Oscuro, considerato da tutti una persona insensibile, arrogante, viscida, incapace di provare veri sentimenti come tutti gli altri. E il suo abbigliamento rifletteva esattamente il suo carattere: vestiva sempre con abiti scuri, giacche lunghe chiuse da tanti bottoni, maniche lunghe oltre il polso, pantaloni e scarpe rigorosamente neri, capelli e occhi scuri, naso grande, sguardo sempre severo. Nessuno dei suoi studenti aveva mai trovato in lui qualcosa di divertente o di buono. Severus Piton era il tipico insegnante insoddisfatto (per non essere riuscito ad avere la cattedra di insegnante di Difesa contro le Arti Oscure), duro con tutti quelli che si imbattevano in lui, per nulla socievole, sempre infastidito da tutto e da tutti. Un uomo in cui era meglio non imbattersi per i corridoi.  Eppure quella notte anche lui si stava dirigendo a passo veloce verso lo studio della McGranitt, con lo sguardo ovviamente severo, come se di lì a poco dovesse fare qualcosa di cui non abbia la minima voglia, magari per uno studente, uno di quelli strafottenti e insolenti che non sanno stare al proprio posto. Il passo e il modo di fare però tradivano una certa sicurezza e decisione: doveva fare ciò che andava fatto.
La McGranitt aveva sempre pensato che Piton in fondo non fosse una cattiva persona, se Silente lo aveva scelto come insegnante di Hogwarts o conosceva un lato buono di Piton che a tutti era invece celato, oppure aveva riposto la massima fiducia nella persona più falsa di tutto il mondo della magia ed era rimasto illuso e fregato. Per come si stavano però evolvendo le cose quella notte la neo preside di Hogwarts iniziava a capire perché quel giorno Piton si era dimesso da preside della scuola, e perché Silente continuasse a insistere perché fosse lui a proteggere la ragazza. Lui, Piton, l’insegnante più schivo, asociale e arrogante, forse neppure fedele a Silente e alla scuola stessa, era stato scelto dall’ex-preside che lui stesso aveva ucciso per proteggere una studentessa. La McGranitt decise di liberare la mente da questi pensieri e di dedicarsi solamente a non incrociare lo sguardo di Silente, e di attendere l’arrivo di tutti sistemando qua e là le cose che trovava fuori posto, ordinando meticolosamente ogni oggetto presente nella stanza.
 
Arrivarono tutti insieme davanti alle scale che portavano allo studio della McGranitt: Piton, Lupin, Hagrid (per lui era stato complicato entrare e muoversi senza far troppo rumore, essendo un omone alto e grosso, con la barba lunga e la pancia prominente), Kingsley e Vitious. Pochi erano quelli chiamati all’appello dalla McGranitt perché la faccenda era molto seria e da mantenere segreta, a costo della vita.
<< Finalmente siete arrivati. È tempo di spiegazioni e decisioni >> disse la McGranitt rivolgendosi con evidente nervosismo agli uomini che, dopo aver salito le scale marmoree a chiocciola che portavano allo studio, si erano disposti a semicerchio davanti alla sua scrivania, con il quadro di Silente ben visibile.
<< Come ben sapete una nostra studentessa corre un pericolo ogni giorno maggiore fino a che rimane qui ad Hogwarts. È necessario prendere provvedimenti drastici e seri >>. Gli uomini si guardavano con aria decisa, convinti che quella che stavano per prendere fosse la decisione migliore per tutti. << Ovviamente dovremo tutti collaborare perché l’operazione si svolga al meglio. La ragazza è diventata un pericolo per Voldemort, che a quanto pare ha intenzione di combattere una vera e propria guerra contro chiunque intralci il suo cammino. Il Signore Oscuro è convinto che la sua magia possa fermarlo se ben coltivata e soprattutto scatenata, e sta cercando in tutti i modi di mandare suoi infiltrati qui ad Hogwarts per eliminarla. Quello che il professor Silente ritiene sia la cosa migliore è di trasferirla in una casa in mezzo a tante di babbani, e di lasciare lì uno di voi tutto il tempo, per proteggerla da eventuali attacchi. In quanto professori è giusto che difendiamo Hogwarts e i suoi studenti, soprattutto se sono i Mangiamorte a minacciarla >>.
Tutti annuirono e il loro sguardo si posò sul quadro di Silente che iniziò a parlare. << Io direi che sarebbe il caso di chiamare qui la ragazza e dirle tutto. Anche chi la accompagnerà in questa avventura>>.
 
Un’ora prima dell’alba tre manici di scopa guidati da altrettante figure incappucciate si alzarono in volo e oltrepassarono i confini di Hogwarts, muovendosi velocemente e cercando di nascondersi il più possibile. I Mangiamorte iniziarono a seguire le strane figure, pensando di smascherare un tentativo di fuga da parte di qualche studente insonne o magari di messaggeri che celano un segreto. Il piano per sviare i servitori di Voldemort aveva sortito l’effetto desiderato, perché non avevano fatto minimamente caso alle stanze illuminate e ai movimenti al loro interno, insoliti per quell’orario.
Intanto nel castello, alla luce che scaturiva da un caminetto acceso, Piton era avvolto nel suo mantello da viaggio (ovviamente nero), visibilmente infastidito dalla presenza della McGranitt e della ragazza che avrebbe dovuto controllare durante la missione. Era nauseato dal fatto che la studentessa fosse una ragazza di Grifondoro, e che fosse stato scelto lui come vittima da immolare per un compito del genere. È vero, andava fatto, ma restava infastidito comunque!
Quando la ragazza fu pronta e la McGranitt terminò la lista di raccomandazioni fu un attimo: in un lampo la ragazza vide tutto cambiare attorno a sé, le mancò letteralmente la terra sotto i piedi, e per la paura si aggrappò con crescente forza al braccio di Piton. Era la prima volta che si smaterializzava, e l’effetto fu quello di provare un forte senso di nausea e giramenti di testa. Una volta ripresasi dallo shock si guardò attentamente attorno: si trovava in una casa come se ne vedono spesso tra i babbani, la cucina vicino all’entrata, entrambe direttamente collegate a un salotto costituito da una tv incastrata in un insieme di mensole di legno e cassetti in vetro, due divani e una poltrona di color viola scuro quasi nero e in centro un tappeto con un tavolino molto basso di vetro, con sopra un centrino, un vaso di fiori, una sveglia e una rivista di moda. “ Accogliente il piano terra ” pensò la ragazza. “ ….” Pensò invece Piton, sempre visibilmente scocciato da qualsiasi espressione facesse lei. Di fianco alla cucina cominciava una rampa di scale che portava al piano superiore, dove si trovavano due camere da letto e il bagno.
Piton si ritirò nella sua stanza, non curandosi minimamente di come stesse la ragazza o di cosa facesse. Lei invece osservò ogni angolo di quella nuova casa con attenzione, poi si sedette sul grande divano viola scuro e si rannicchiò, conscia di essere praticamente sola, lontana da tutto, dai suoi amici, da Hogwarts.
 
Fu così che iniziò l’avventura del professor Severus Piton, schivo e scorbutico, e della studentessa, scoraggiata dall’idea di dover passare un certo periodo della sua vita sola con il professore meno ricercato e meno amato di Hogwarts. Entrambi erano totalmente ignari di ciò che li aspettava, delle tempeste che avrebbero dovuto attraversare, delle piccole cose di cui avrebbero gioito, del rapporto che avrebbero instaurato.
 

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Capitolo 2
*** Una visita inattesa ***


Quando la ragazza si aprì gli occhi vide che la sveglia sul tavolo indicava che era quasi ora di pranzo. “Ma dove diavolo….” pensò, non riuscendo a ricordare dove si trovasse. Poi le venne in mente tutto, la preside che la chiamava nel bel mezzo della notte, il camino acceso, la smaterializzazione, Piton che le metteva sempre più soggezione… Piton! Se lo era appena trovato di fronte, sguardo fisso su di lei come se fosse una minaccia; poi inarcò un sopracciglio e la guardò come per dire “Mi fai pena povera inutile studentessa”. Girò sui tacchi e si diresse verso la cucina.
<< Mangiamo qualcosa? >> chiese la ragazza. Non ottenne risposta. << Pronto?? Si mangia? Ha fame? Io si. Mi preparerò qualcosa, lei mangia? >>. La risposta non giunse nemmeno questa volta. La ragazza, spazientita, si alzò dal divano di scatto volendo andare a chiederglielo in faccia, ma sentì una forte fitta di dolore alla schiena e fu costretta a bloccarsi. “Accidenti a me che mi addormento nelle posizioni peggiori! Sì sì sto comoda, finalmente un divano comodo, altro che quelli della sala comune di Hogwarts… Brava stupida! Bè basta parlare con te stessa… quest’uomo deve imparare che è maleducazione non rispondere alle persone!”. Con un andamento non certo diritto e perfetto arrivò così in cucina e si piazzò proprio dietro a Piton che era davanti a una credenza intento a cercare qualcosa. << Guardi che è maleducazione non rispondere alle persone. E anche è stato estremamente scortese da parte sua scendere e guardarmi male senza neppure salutare. Capisco che a lei possa non importare nulla dei suoi studenti, che lei vive nel suo mondo nero, cupo e scuro, da solo, ma qui in questa casa dovremo convivere per un po’, e spero il meno possibile sinceramente, quindi per favore vorrebbe voltarsi e dirmi cosa cazzo ha intenzione di mangiare o devo farle un bel Legilimens?! >>. La ragazza , soddisfatta delle sue parole e del tono con cui era riuscita a imporsi, attendeva con le mani sui fianchi che l’uomo che le stava dando le spalle le concedesse l’onore di diventare suo interlocutore per una brevissima conversazione sul pranzo. Quando Piton iniziò con movimenti lenti a voltarsi verso di lei le si stampò un ghigno soddisfatto in faccia, e porse l’orecchio destro in avanti per sentire bene quello che l’uomo aveva da dirle. Piton parlò come al solito scandendo bene le parole, con tono calmo e piatto: << Ho sistemato nella credenza il materiale per le mie pozioni. Ti invito caldamente a non toccare e/o spostare e/o usare alcuno di questi ingredienti perché in ogni caso io lo verrò a sapere. Poiché come lei signorina ha ben detto dovremo condividere questi spazi, le suggerisco di non occupare queste mensole, di non interferire con le mie pozioni, e di non assillare il sottoscritto con domande sciocche e senza senso, altrimenti potrei accidentalmente farle accadere qualcosa di sgradevole, proprio con questi ingredienti >>. Il ghigno soddisfatto sulla faccia della ragazza era sparito. In compenso comparve sulla faccia di Piton, che alzò il mantello, si girò e andò nella sua stanza. Lei rimase impietrita a guardare il punto dove pochi secondi prima si trovava l’odioso professore, e sentì rabbia e nervoso crescerle dentro. Non le era mai capitato di essere snobbata in questo modo. Aprì il frigo, cercò del pane e mangiò quel poco che trovò in giro, tanto lo stomaco le si era chiuso.
 
I giorni trascorrevano così, tra una battuta acida di Piton e una domanda sciocca della ragazza che scatenava le rivendicazioni verbali del professore. Pian piano la povera e inutile studentessa però stava iniziando a prendere più coscienza di se stessa, a rispondere al professore con altrettante battute acide e fini, e in fondo quella convivenza forzata iniziò a sembrarle meno dura e noiosa, visto che occupava il tempo anche pensando a nuove frecciatine per punzecchiare l’arrogante ma non stupido professore di Pozioni.
 
Un giorno, mentre la ragazza sistemava il salotto e Piton era solo al piano superiore (come sempre del resto), si sentì bussare alla porta. Le indicazioni della McGranitt erano state chiare (come quelle delle mamme apprensive): << Mi raccomando, non aprire a nessuno, controlla sempre chi c’è alla porta, non uscire di casa, non farti vedere alle finestre >> e dulcis in fundo << e poi, cara, non accettare caramelle dagli sconosciuti! >>. Ogni volta che la ragazza ripensava alle raccomandazioni di “zia Minerva” le veniva da ridere, e ora pensava che sarebbe stato il colmo se si fosse presentato alla porta un uomo che la intimava ad uscire in costume per il caldo per prendere un sacchetto di caramelle inviatole per posta da degli sconosciuti! Sì, una fantasticheria davvero poco simpatica e ancor meno possibile!
Quando aprì la porta, bacchetta alla mano, non credette ai suoi occhi: Lupin e Sirius erano lì, con un mazzetto di fiori in mano e una scatola di cioccolatini! “Finalmente del cibo decente!” pensò la ragazza che spalancò la porta senza esitazione. Le parole degli ospiti però furono abbastanza dure: << Non dovevi aprirci la porta! Ma non ti ha spiegato niente la McGranitt? E se fossimo stati due Mangiamorte trasformati dalla pozione polisucco? >> << Saresti già stata catturata e forse uccisa. E dov’è quell’arrogante di Piton che dovrebbe stare qui a proteggerti invece che giocare con le sue provettine da chimico? >>. Fu solo uno sfogo temporaneo perché subito dopo la ragazza fu stretta in un lungo e caldo abbraccio dai due suoi fedeli amici. << Scusate, non lo farò più. Adesso però entrate e sedetevi! Ho una grandissima voglia di chiacchierare un po’ con qualcuno che non sia la televisione… >>.
I tre si misero nel tavolo in cucina e cominciarono a parlare di come andava ad Hogwarts, di cosa combinavano i Mangiamorte per spaventare studenti e professori, e di come se la passava lei reclusa segretamente in quella casa. Lupin parlava con tono comprensivo e amichevole, sapeva che era comunque in mani sicure, e le dava tutto il sostegno morale che poteva. Sirius invece quando parlava usava parole dure, cattive e un tono di disprezzo, perché i suoi discorsi vertevano quasi esclusivamente sul fatto che a suo avviso Piton fosse la persona meno adatta per svolgere questo compito. Una volta Lupin le aveva spiegato perché Sirius ce l’aveva tanto con Piton: “Vedi, Sirius non è mai riuscito a perdonare Severus per aver ucciso Silente, l’uomo che era riuscito a farlo scampare alla morte. Quando Bellatrix lo aveva colpito con l’anatema che uccide in qualche modo Silente era riuscito a proteggerlo tramite un incantesimo che funzionava anche a molta distanza, e un talismano che gli aveva dato quando ancora era uno studente, poiché sapeva che anche da ragazzo Sirius tendeva a cacciarsi nei guai o fare cose in cui poteva non uscire propriamente illeso. La notizia della morte di Silente ha sconvolto tutti, ma lui si è sentito profondamente colpito, come se Piton lo avesse fatto apposta per togliergli un amico prezioso. Ovviamente nessuno più dell’Ordine si è fidato di Severus, e forse nessuno mai lo farà più”.
La ragazza sapeva che era stato Piton ad uccidere Silente, lo dicevano tutti, ma non capiva perché. Anche a lei Piton sembrava arrogante, presuntuoso, e tutte quelle cose che si dicevano su di lui, ma era convinta che in fondo anche lui avesse un’anima, e anche lui fosse stato a suo modo fedele a Silente. Ne aveva parlato con Lupin, che era il suo professore preferito, sia per la materia che aveva ripreso a insegnare (Difesa contro le Arti Oscure), sia per il modo che aveva di porsi con le persone, e lui aveva sempre detto di essere sinceramente perplesso per quanto riguardava Severus, ma se Silente lo aveva accolto per tutto quel tempo ad Hogwarts un motivo c’era di sicuro. Per Sirius queste erano solo cazzate, lui credeva a ciò che vedeva, e niente gli avrebbe fatto cambiare idea, tanto che continuava a inveire contro Piton e offenderlo.
Questo atteggiamento non andava a genio alla ragazza, che si sentiva invece profondamente infastidita, perché aveva capito che Sirius detestava Piton, ma non serviva che ribadisse così tante volte il concetto, cadendo sempre in una volgarità eccessiva. Era talmente stanca di questi discorsi che sbottò: << Non puoi comportarti così! Basta basta basta con tutte queste offese! Sono stanca di sentirti parlar male di Piton, cosa credi che non lo strangolerei anch’io quando mi dice che non mangia facendo un discorso di mezzora facendomi solo intuire che non toccherà cibo preparato da me, o che non si fa mai vedere e non parla facendomi impazzire? Sì, è difficile stare con lui, ma non è neanche da trattare in questo modo. Io non penso che dovresti prendertela così tanto, dovresti provare a metterti nei suoi panni… >>. Ora lei stava urlando, e per il rumore non si era accorta che Piton aveva sceso le scale, incuriosito da tutte quelle parole e voglioso di offendere a sua volta uno dei suoi nemici d’infanzia e di età adulta, si era posizionato ai piedi della scala, nascosto da una parte di muro, e stava in silenzio ad ascoltare cosa diceva la ragazza. << E’ solo, è sempre stato da solo, non ha la minima idea di cosa voglia dire socializzare o avere un amico. È maleducato, certo, è anche pungente e arrogante, ma non puoi offenderlo come hai fatto fino ad adesso, non puoi dire che è uno sfigato fallito, non puoi accusarlo di aver rovinato e vanificato tutto ciò che ha fatto l’Ordine. Lui ha ucciso Silente, e Silente si fidava di lui… forse non l’ha fatto perché voleva fare anche del male a te ma per qualche strano motivo che non conosco e che magari è riconducibile alla volontà stessa di Silente! Cosa ne sai te? Come ti permetti di rovinare ulteriormente la reputazione già distrutta di un uomo? Forse prima dovresti un attimo guardare te stesso, conoscere Piton, e fare qualcosa che riporti ordine ad Hogwarts e nel mondo della magia tanto stravolto da Voldemort. Prima di parlare bisogna essere i migliori. Prima di giudicare bisogna conoscere e sapere. >> Detto ciò fece una pausa, guardando negli occhi il suo interlocutore e cercando lo sguardo di Lupin che però era rivolto, come incantato, al pavimento. << Bene, spero di non dover più tornare sull’argomento e di non dover sentire più strane cose o offese sul conto di nessuno. Sono stata sufficientemente chiara? Perfetto >>.
Fu a quel punto che sbucò fuori Piton da dietro il muro che separava le scale dalla cucina. Sirius si alzò di scatto ma fu trattenuto per la mano da Lupin, che guardò Piton con lo sguardo più cordiale che gli riuscisse in quella situazione. La ragazza si irrigidì e divenne tutta rossa, sicura che Piton avesse sentito tutto. “Sono una stupida” continuava a ripetersi, “devo smetterla di parlare e dire la mia idea, perché ogni volta faccio queste figure del cavolo!”.
<< Vi ho visti arrivare, non mi siete sembrati una minaccia. O meglio, ritengo che se dei Mangiamorte si fossero trasformati in voi con una pozione avrebbero seriamente rischiato di essere riconosciuti, perché è impossibile essere più sfacciati, impudenti e scocciatori di voi >> disse Piton con il suo solito tono calmo e le parole ben scandite. << In ogni caso, sono sceso per darti la pozione che ti serve, Lupin, e per vedere che come al solito Sirius vorresti prendere a pugni la gente anche nella propria abitazione >>. A questa provocazione Sirius avrebbe risposto volentieri, se non coi pugni con la magia, ma Lupin lo controllava. La ragazza invece avrebbe voluto nascondersi per la vergogna, sia verso Piton, perché in fondo lo aveva difeso, sia verso gli ospiti perché Piton si era rivelato provocatore e arrogante, come suo solito.
Per fortuna Lupin era calmo e gentile, prese la sua pozione, strappò via dalla cucina Sirius e si diresse verso l’uscita. << Passerò altre volte per vedere se hai bisogno di qualcosa, o se va tutto bene. Non so se porterò ancora Sirius però. A presto! >>.
 
Erano spariti, tutti e tre. Lupin e Sirius smaterializzati, Piton non era più al piano terra. E lei era rimasta sola, di nuovo, seduta sul divano con i cioccolatini che le avevano portato i suoi ospiti, e mentre li mangiava con una certa voracità pensava a quanto Lupin fosse un vero amico, a quanto Sirius fosse sanguigno e a suo avviso quasi cattivo, a quanto Piton si rivelasse sempre il solito ma allo stesso tempo sempre più avvolto da un alone di mistero, e a quanto mal di schiena avrebbe patito l’indomani se si fosse addormentata nuovamente in quella posizione su quel divano viola scuro quasi nero tanto comodo quanto infido.

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Capitolo 3
*** Decisione sbagliata? ***


Il giorno dopo la ragazza vagava per casa come uno zombie, sia per il fastidioso mal di schiena procuratoselo dormendo nuovamente sul divano, sia per i pensieri della serata precedente che ancora le ronzavano in testa. Non sapeva più come comportarsi. Come far capire a Sirius che non poteva andare in giro a offendere e deridere la gente? Come contenere l’acidità di Piton, e soprattutto, cosa fare quando quel giorno in casa avrebbe incrociato il professore? Eh sì perché dopo la figura di ieri sera non aveva più il coraggio di farsi vedere! È vero, lei lo aveva difeso ed era una cosa buona, ma Severus Piton restava pur sempre un suo professore, un uomo arrogante, acido, solitario e asociale, e non sapeva come avesse preso quel suo discorso; per quel che sapeva di lui poteva benissimo essersi infuriato, perché si sa com’è l’orgoglio maschile, e magari ieri era più preso dal provocare Sirius che rispondere a una povera e inutile studentessa. Magari quel giorno le avrebbe fatto una sfuriata.
Era quasi l’ora di pranzo quando Piton scese in cucina, non certo per proporre di mangiare in compagnia, ma perché gli scadeva l’orario di incubazione di alcuni ingredienti per una pozione che stava preparando da un po’ di tempo. Qualche giorno prima la ragazza, in un raptus di follia, aveva azzardato a chiedergli, con gentilezza e curiosità, che tipo di pozione fosse, a cosa servisse e perché ci volesse così tanto per prepararla. La risposta era stata ovviamente un po’ scortese, però rispetto ad altre volte conteneva più informazioni. “Facciamo passi avanti allora!” aveva pensato. Da quel che aveva capito quella era una pozione molto difficile da preparare, perché anche un insegnante esperto come lui doveva ancora perfezionarla e farla propria, aveva un potere molto grande (ovviamente non le aveva minimante accennato che tipo di potere fosse) e servivano giorni per prepararla, perché alcune erbe ( il cui nome non aveva ovviamente detto) dovevano fare dei cicli di bollitura e raffreddamento in ghiaccio che portavano via molto tempo. “Sembrerebbe quasi una pozione curativa, ma mi sembra strano che voglia prepararsi qualcosa per curare ferite che nessuno ha” era il pensiero della ragazza che comunque aveva lasciato cadere il discorso. Dunque il giorno dopo la terribile figura che aveva fatto eccolo in cucina, ad armeggiare presine, contenitori di ghiaccio, bollitori, mestoli e calderoni.
“E se io adesso avessi voluto prepararmi una pasta?! Non fare la stupida, non è il momento di scherzare con lui (se è per questo non è mai il momento). E se gli chiedessi qualcosa? Giusto per vedere come reagisce… magari poi mi ringrazia per le parole di ieri e poi iniziamo a parlare e diventiamo amici! Ma no, sei diventata completamente scema? In un altro mondo forse, parli come una bambina!”. La ragazza pensava queste cose e intanto stava nel bel mezzo del salotto, con i capelli tutti arruffati, e lo sguardo perso ma fisso all’uomo che le stava occupando la cucina, indecisa se farsi avanti e dire qualcosa oppure tacere e ritornare a farsi gli affari propri come se niente fosse. Fece la scelta sbagliata. Decise di muoversi verso Piton e iniziare una conversazione che, chissà perché, si aspettava già che sarebbe finita male.
<< Buongiorno professore! Ancora dietro a quella strana pozione? >>.
Nessuna risposta. Nessuno sguardo.
<< Bè volevo dirle che mi piacerebbe saperne di più su tutte queste pozioni che prepara, potrebbero essere interessanti, e poi magari potrei aiutarla, anche perché è davvero noioso stare tutto il giorno reclusa in questa casa. Cosa ne dice? E poi magari se sposta un po’ di cose potremmo metter su due spaghetti, fare due chiacchiere in comp…>>. Non fece in tempo a finire la frase perché due occhi neri, profondi e glaciali si erano posati su di lei, si sentiva terribilmente in soggezione, avrebbe voluto sprofondare, gettarsi addosso il calderone pieno di acqua bollente, schiantarsi da sola.
<< Evidentemente non mi sono spiegato il primo giorno, o meglio, io ho detto le cose chiaramente ma lei non è in grado di capirle. Mi domando come sia riuscita ad arrivare all’ultimo anno di studio ad Hogwarts, e ancora di più mi chiedo come possa l’Oscuro Signore essere preoccupato della sua esistenza… forse è a conoscenza del fatto che come lei ben pochi saranno rompere le balle in tal maniera. Ammirevole davvero questa sua capacità >>. Ora la ragazza avrebbe voluto anche farsi un auto-Avada Kedavra. << Per quanto riguarda la pozione non-sono-affari-che-la-riguardano. Non sono tenuto a informala su tutto ciò che faccio, il mio compito è solo quello di proteggerla da eventuali attacchi di persone che vorrebbero liberarmi da questo enorme peso che è lei, e solo Merlino sa quanto li vorrei lasciar fare >>. Detto questo le lanciò un ultimo sguardo truce e la superò, dirigendosi verso le scale.
<< …E un ultima cosa: non creda che io non sappia difendermi da solo, soprattutto dagli attacchi di quel lurido cane bavoso di Black. Non mi serve qualcuno che parli per me >>. Le parole che seguirono furono dure, dette con tono di vero disprezzo, scandite bene, come se la ragazza avesse commesso il crimine più orribile che avesse potuto mai fare contro di lui. << Non osare mai più a dire ciò che hai detto ieri sera >>, e se ne andò nella sua stanza.
La ragazza rimase sola, nuovamente, in piedi in cucina dove Piton l’aveva lasciata, incapace di muoversi, di pensare, di capire perché le persone non sappiano apprezzare i piccoli gesti.
Sentì un bisogno che le era molto familiare da quando aveva lasciato Hogwarts. Voleva piangere. Se non lo aveva ancora fatto era stato per orgoglio, per la voglia di combattere, ma ora non sapeva più che fare o come comportarsi con l’uomo che l’aveva appena distrutta moralmente e psicologicamente. E quindi pianse, molto, inconsolabilmente. Pianse e pensò a tutto, Hogwarts, la sua vita, Voldemort, Sirius, Lupin… non capiva perché Piton fosse così cattivo con lei, era la prima a sentirsi a disagio per quel che aveva detto il giorno prima ma comunque non giustificava il comportamento e la cattiveria ingiusta che Piton aveva messo nelle sue frasi. E intanto continuava a piangere e pensare.
 
Correva la ragazza, correva per la strada, tra la gente, guardava le persone che incontrava e provava solo malinconia, avrebbe voluto fermarsi e parlare con qualcuno, avere amici da trovare nei bar, o genitori che la aspettassero a casa. Dopo aver pianto a lungo quella sera aveva lasciato la casa, non sapeva esattamente cosa fare o dove andare, voleva solo correre, scappare via, allontanarsi da Piton e dai problemi che quella convivenza le stava dando, ma non capiva che i problemi se li portava dentro, nel cuore.
Continuava a muoversi nei paesini che trovava, sola. Erano passate ormai più di due ore da quando era partita, non sapeva più nemmeno dove si trovasse, e non aveva ancora neppure immaginato di tornare sui suoi passi, di ritornare al sicuro.
A un certo punto però, mentre camminava in una via deserta e poco illuminata, sentì un rumore di passi che la seguiva. Lei girava in vicoli ancora più scuri e i passi la seguivano. Ritornava nella strada grande e deserta, e qualcuno le stava sempre dietro. Quando decise di voltarsi e vedere chi fosse si ritrovò di fronte due tipi alti, ben messi, con orecchini, piercing e tatuaggi che ricoprivano gran parte del loro corpo, e un ghigno stampato in faccia che non dava neppure un minimo di rassicurazione. Senza neppure pensarci iniziò a correre dalla parte opposta ma fu bloccata da un altro tizio, simile agli altri due, con la sigaretta in bocca, i tatuaggi anche sulla testa rasata e il solito ghigno. La ragazza spaventata cercò di scappare da questi tizi, ma prima che riuscisse a fare cinque passi era già stata bloccata.
<< Lasciatemi stare! Che fate! Siete gli scagnozzi di Voldemort? Vi ha mandato a fare il lavoro sporco? Perché non si sporca lui le mani! >>. Gli uomini si misero a ridere sguaiatamente.
<< Non conosciamo questo Voldemort, ma non ti preoccupare, ci pensiamo noi a te adesso. Noi non facciamo il lavoro sporco, facciamo il lavoro… porco!… >> e scoppiarono in risate ancora più grasse, che fecero tremare la ragazza, che ora era sbattuta di qua e di là, buttata per terra e fatta rialzare a forza. Si accorse di aver perso la bacchetta, ma doveva esser lì vicino, per terra, da qualche parte. Quei tizi non avevano nulla a che fare con il Signore Oscuro, sapeva che l’avrebbero maltrattata, malmenata e chissà cos’altro. Aveva talmente tanta paura che non riusciva neppure a piangere.
La portarono in un vicolo scuro, lontano dalla grande strada, al riparo di alti muri di cemento con balconi di legno vecchi che non venivano aperti da almeno trent’anni. Per terra chiazze di sangue rinsecchito, vecchio di mesi, odore di vino e vomito. La ragazza pensò che presto sarebbe morta, e nessuno l’avrebbe mai ritrovata. Morire così, non per mano di uno dei maghi più potenti e cattivi del mondo ma a causa di alcuni balordi malviventi babbani, che se non avesse perso la bacchetta forse li avrebbe sistemati tutti con un incantesimo.
A un tratto sentì ho uno schiocco strano e un forte bruciore alla guancia sinistra. Uno dei tizi aveva bevuto un gran sorso di vino con avidità e poi aveva iniziato il suo divertimento tirando un forte schiaffo alla ragazza. Le lacrime ora le scendevano copiose sulle guance, quasi a voler lenire il suo dolore. Non aveva la forza né il coraggio di parlare, ma dentro urlava. Si stava rendendo conto che era la fine.
 
Fu un attimo. Aprì gli occhi proprio quando un lampo di luce illuminava il vicolo in cui si trovavano lei e i suoi aggressori. Una nuova figura era comparsa dalla luce: alto, mantello sulle spalle, vestiti lunghi scuri. Non disse niente, semplicemente agitò la bacchetta e uno a uno i tizi che prima stavano divertendosi con la ragazza si ritrovarono a volare e sbattere contro i vecchi muri che delimitavano il vicolo. La figura intimò alla ragazza di scappare, di togliersi da quel luogo, e lei non ci pensò due volte, si alzò e scappò via. Arrivata nella grande strada poco illuminata si mise a cercare la sua bacchetta, unico modo che aveva per poter difendersi. Perlustrò tutta la strada, e alla fine la trovò su un marciapiede, nel punto in cui era stata colpita la prima volta. Si nascose dietro un muretto e tese l’orecchio per capire cosa stava succedendo nel vicolo. Sentiva solo le voci dei tipi che prima erano spaventati, e si chiedevano chi fosse quell’uomo e in che modo riuscisse a fare quelle magie, ma poi le voci divennero sempre meno tremanti e sempre più sicure, con tono canzonatorio.
“E’ successo qualcosa all’uomo che mi ha salvata” pensò la ragazza. Vide gli uomini che l’avevano aggredita uscire dal vicolo, ma non erano più tre, erano cinque, e l’ultimo aveva nella mano qualcosa di metallico, una specie di coltellino. “Avranno chiamato i rinforzi, stronzi”. Aspettò che si fossero allontanati, uscì dal suo nascondiglio e corse al vicolo, curiosa di sapere cosa ne fosse stato della persona che l’aveva salvata. “Stai tranquilla” si diceva “non ti può far niente, hai la tua bacchetta, sei brava nei duelli, te la cavi più che bene. Tira fuori la scopa così sei pronta per scappare”. Mise le mani nella borsetta che si era portata, piccola ma magica. Gliela aveva regalata una certa Hermione, anch’essa studentessa ad Hogwarts. Estrasse la scopa e se la portò fino all’imbocco del vicolo. Proseguì con calma ed estrema attenzione, facendosi luce con la bacchetta.
Man mano che avanzava si definiva una figura, l’uomo che l’aveva salvata, steso a terra, ansimante, coperto dal suo mantello. Il passo della ragazza era incerto, lento e prudente. Urtò con il piede una bottiglia di vino, che si riversò per terra facendo rumore e rilasciando il suo contenuto alcolico che si stava ora spandendo in ogni direzione. L’uomo si accorse della presenza di qualcuno e tentò di alzarsi, ma non ce la fece e scivolò nuovamente a terra, scoprendosi. Dopo un iniziale spavento per i movimenti della figura, la ragazza ebbe un sussulto e con occhi pieni di tenerezza e al contempo di stupore si avvicinò a Piton, dolorante, con una gamba e il labbro sanguinanti, e una ferita sul fianco. Lei prese un fazzoletto e provò ad asciugargli il sangue che aveva in volto, ma lui dimenò la testa, infastidito. La ragazza avrebbe potuto prendersela per il suo solito atteggiamento, ma l’unica cosa che fece fu di alzarsi, correre a prendere la scopa e, con tutta la forza che aveva cercò di caricare Piton a cavalcioni della scopa. Il professore oppose dapprima una certa resistenza, poi stremato si lasciò sistemare dalla ragazza che, facendo attenzione a non esser vista da nessun babbano, sfrecciò in cielo per ritornare a casa.
 
Fu dura salire le scale con Piton sulle spalle che non voleva collaborare e che ogni tanto diceva qualche parola che non era certo dolce o gentile verso la ragazza, che però non se ne curava. Non ci poteva credere che la persona più insensibile, presuntuosa e arrogante che avesse mai conosciuto, colui che con le sue parole l’aveva fatta scappare da quella casa che sembrava una prigione, quella stessa sera le aveva salvato la vita, trovandola e facendola scappare da quei tizi malintenzionati, rischiando la sua stessa di vita.  
Lo portò nella sua stanza e gli tolse il mantello. Scese in cucina per prendere un catino con dell’acqua e poi delle bende e degli asciugamani. Tornò su, si sedette sul letto, accanto a lui, e gli passò gli asciugamani e l’acqua sulle ferite. Piton si lamentava, sia per il dolore sia per il fastidio che gli dava la presenza della ragazza (e forse anche si stava pentendo di averle salvato la vita nel vicolo).
<< Grazie >> fu il sussurro dal tono tenero e grato, la voce femminile che fece voltare l’uomo ferito, il quale, osservando la ragazza prendersi cura di lui, sfinito, si addormentò.

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Capitolo 4
*** Il dubbio irrisolto ***


I giorni passavano e il professore cominciava a riprendersi sempre meglio dalla nottataccia in cui aveva salvato la vita a una delle persone a suo avviso più irritanti del mondo magico (poiché quello babbano non lo conosceva). E insieme alla ripresa fisica c’era anche il ritorno alla solita prorompente acidità.
La ragazza aveva ripreso la consuetudine di rispondere con altrettanto sarcasmo alle battutine, e a fregarsene se ogni tanto la cattiveria nelle parole dell’uomo era troppo spinta.
Aveva imparato diverse cose da quella notte nel vicolo, e non le avrebbe più dimenticate. I problemi non si devono evitare, le discussioni per quanto male possano fare si devono concludere, i litigi servono e vanno risolti, non certo scappando e piangendo. Aveva capito che il suo era stato un comportamento stupido, che aveva rischiato molto quella notte, senza alcun motivo. Sì, era moralmente distrutta, ma la persona che più l’aveva fatta star male era stata la stessa che l’aveva salvata. Ora sapeva che di Piton si poteva fidare, che per quanto fosse duro e insensibile era comunque fedele e ligio al suo dovere. Gli era stato chiesto di proteggerla, anche a costo della vita, e lui l’aveva fatto, sebbene fosse stata la ragazza stessa a mettersi nei guai da sola. E lei gliene era immensamente grata.
 
Qualche volta capitava che suonassero alla porta, e, sempre bacchetta alla mano, la ragazza si fiondava a vedere chi fosse. Puntualmente appena apriva la porta si ritrovava tra le braccia del suo professore e caro amico Remus Lupin, che, come promesso, la andava a trovare per informarla sulle novità dal mondo e per sapere come stava e se le servisse qualcosa. Non aveva più portato Sirius dopo quella volta in cui era intervenuta la ragazza in difesa del professore di pozioni, e sia la ragazza che il fegato di Piton lo ringraziavano per questo.
A Hogwarts la McGranitt e il ritratto di Silente, come i professori facenti parte dell’Ordine, erano venuti a sapere della piccola fuga della ragazza, del rischio che aveva corso e del provvidenziale intervento di Piton. << Devi stare attenta ragazza mia >> le diceva Lupin, << il mondo babbano non è meno pericoloso del nostro, e tu lo sai bene visto che ci hai vissuto per molto tempo, anche se distante dalla nostra Inghilterra. Era una storia che si sarebbe conclusa in tragedia se non ci fosse stato Severus. Ero certo che non ti avrebbe mai persa di vista >>. La ragazza aveva alzato gli occhi al cielo, come per dire che questa ramanzina l’aveva già sentita, sia da Piton che da una lettera della McGranitt, breve ma altamente significativa:
 
A Hogwarts non tolleriamo questi comportamenti, e men che meno li possiamo tollerare da te nella posizione in cui ti trovi. Spero vivamente che non accada mai più e che questa sia l’ultima lettera che devo inviarti vista la gravità della situazione che tu ben conosci.
Distinti saluti
M. McGranitt
 
Lei aveva capito, non le serviva sentirselo ripetere da ogni persona che incontrava! Ma Lupin continuò lo stesso il suo discorso, facendosi sempre più serio e parlando con voce sempre più bassa: << Se Silente si è sempre fidato mi devo fidare anche io, ma non tutti sono di larghe vedute come me. Ci sono uomini che son difficili da convincere della bontà di una persona quando questa si è sempre rivelata falsa, fredda e schierata dall’altra parte. Ci sono professori che odiano Severus Piton, ci sono uomini che lo vorrebbero veder morire come lui ha ucciso Silente, se non peggio. Devi capire che la scelta di lasciarti in questa casa con lui all’inizio non era appoggiata da nessuno. Pure la McGranitt era scettica alla proposta di Silente, che al contrario sembrava più che convinto che Piton fosse l’unico in grado di svolgere questo compito. E con la tua scappatella nel mondo babbano i fatti hanno dato ragione all’ex-preside, Piton ti ha salvata, ma son sempre di più quelli che credono che lo abbia fatto solo per calmare le acque, e per fare in modo che sia l’Oscuro Signore a prenderti e nessun altro. Devi fare attenzione. Io mi voglio fidare, ma solo perché in tutti questi anni mi sono abituato a fidarmi a mia volta, sia di Silente per le sue scelte sia di Piton per le sue pozioni che mi prepara quando “ho la luna”… ma la gente cambia come il vento, non sai mai quello che uno pensa veramente, qual è il suo scopo >>.
Ora la ragazza sembrava quasi spaventata, come se si fosse appena resa conto di avere in casa un serial killer. Scacciò subito dalla testa il pensiero di Piton come un mostro sanguinario che prima si ingrazia la vittima e poi le riserva un destino più che crudele. Lei era convinta di potersi fidare del suo professore/guardiano, ma le parole di Lupin avevano fatto un po’ vacillare questa sua convinzione.
<< Tornerò presto a trovarti e a controllare la situazione… Arrivederci >> e Lupin se ne andò, lasciando la ragazza di fronte alla porta con una sensazione di freddo come il tono della voce del suo amico.
 
La ragazza passava ogni momento a pensare ai tanti Severus Piton che aveva conosciuto in quel periodo di convivenza forzata: quello acido, quello cattivo, quello duro e insensibile, quello incazzato, quello eroe, quello sofferente, quello fedele al suo dovere… o no? Non riusciva a smettere di scervellarsi. “Perché nessuno si fida di lui? Io cosa dovrei fare? Mi ha salvata eppure ancora tutti lo credono un mostro, devoto solo a Voldemort… chi è in realtà Severus Piton?” …
Lupin le aveva insinuato questi dubbi nella mente. Il dubbio è una gran brutta bestia perché ti prende e non ti molla, ti fa scaturire una sete di curiosità e una voglia di dare risposte a tante domande che porta le persone a fare insinuazioni, a calunniare altra gente magari prima rispettata e stimata. Il dubbio rovina prima chi lo ha in mente, lo divora, lo rende un’altra persona; poi è la volta del “dubitato”, cui la reputazione e la vita stessa possono essere totalmente scombinate, rovinate o, occasionalmente, migliorate. Qual era il caso di Severus Piton? Lei non lo sapeva. Ma lo voleva scoprire.
Il tempo passava e lei era sempre più incerta su come comportarsi. Convivere con quest’uomo si stava rivelando ogni giorno più difficile perché non sapeva mai come relazionarsi con lui. Decise quindi per il momento di fregarsene, e aspettare le nuove notizie che sarebbero state portate da Lupin. Intanto si sarebbe comportata come al solito, con le sue risposte provocatorie alle battutine acide del professore, con le discussioni animate in qualche scatto di cattiveria, con la dolcezza che solo una donna può avere nel momento in cui doveva curare le ferite, ormai quasi rimarginate totalmente, dell’uomo che per il momento, fino a prova contraria, le aveva salvato la vita.
 
Passato qualche giorno la ragazza avvertiva una certa complicità nell’aria, non sapeva bene cosa fosse, ma la faceva sentire tranquilla, sicura, a casa. Certo, non mancavano le litigate con annesse urla e lacrime. Quando si impegnava Piton faceva quasi paura, ed era in grado di deprimere e demolire l’animo della ragazza in maniera indicibile. Neppure lei si capacitava di ciò, ma si rendeva benissimo conto che ogni bastonata che prendeva, ogni silenzio che pesava, ogni lacrima che versava, erano tutte cose che la rendevano più forte, sicura di sé, pronta ad affrontare le avversità del mondo e della vita.
Non mancavano neppure i momenti di risate, ovviamente solo da parte della ragazza. Non aveva ancora mai visto Piton sorridere. A volte si chiedeva se non fosse affetto da una qualche strana malattia. In ogni caso, talvolta, nello scambio di battute e frecciatine o in momenti seri capitava che uno dei due facesse o dicesse qualcosa di divertente o in maniera goffa tanto da far scoppiare in risate la ragazza. E Piton la lasciava fare, il che faceva aumentare nella ragazza le speranze di una sua conversione al lato buono del mondo.
Ed infine c’erano quei momenti in cui lui sembrava esprimere un sentimento di gratitudine, ma lo celava bene, o forse era solo una male interpretazione della ragazza. Una volta, per una fitta causata da una ferita, mentre erano in cucina Piton cadde, le ginocchia e le mani posate a terra, incapace di rialzarsi. Lei si avvicinò e appena sfiorandolo lo aiutò a riprendere le cose che gli erano cadute e a rialzarsi, facendogli intendere che era stato lui da solo a trovare la forza per rimettersi in piedi, senza l’aiuto di una povera inutile studentessa. Una volta in piedi, uno di fronte all’altra, si guardarono per una frazione di secondo negli occhi. Lo sguardo della ragazza era caldo, solidale e comprensivo, come al solito. “Stupido orgoglio maschile” aveva pensato sorridendo tra sé, “ma non accetteresti mai altre forme di aiuto”. Lo sguardo di Piton invece era freddo e fisso su di lei, come al solito. “Grazie” aveva pensato lui, inaspettatamente.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Tempo scaduto ***


<< Severus tieni gli occhi bene aperti. Abbiamo avuto una soffiata da un elfo domestico di uno dei Mangiamorte, uno che doveva ricambiare un favore a un certo Dobby. A quanto pare i Mangiamorte e i loro scagnozzi si sono mossi molto in quest’ultimo periodo, come immaginavamo. Il problema è che ora sanno, ogni cosa, e non ci metteranno molto a rintracciarvi >> disse Lupin, seduto al tavolo della cucina, accanto alla ragazza e guardando negli occhi Piton. Era stata una visita strana quella di Lupin quel giorno, sin dall’inizio. Non aveva bussato alla porta come di consueto, ma era piombato in casa all’insaputa di tutti, materializzandosi davanti agli inquilini che, alla vista dell’uomo, avevano mostrato un certo stupore (diciamo che più di tutti era la ragazza a mostrare emozione, Piton manteneva sempre il suo contegno e la sua apparente immobilità d’animo). Le parole dell’amico Remus erano state per la ragazza una pugnalata; era seduta sulla sedia perfettamente dritta, le mani ferme poggiate sul tavolo, la bocca contratta, occhi aperti e sguardo ben fisso, talvolta sulle labbra di Lupin talvolta sull’altro lato del tavolo vuoto. Pronta a reagire al minimo accenno di pericolo. Reattiva. Terribilmente impaurita.
<< Quello che da Hogwarts suggeriscono di fare è di non muovervi assolutamente da questa casa. Silente ha detto che sai quello che devi fare >> disse rivolto a Piton, che annuì senza aggiungere una parola, poi l’ospite si rivolse alla ragazza. << Tu invece fai esattamente quello che ti viene detto, non prendere alcuna iniziativa. Non aprire più a nessuno, non parlare con nessuno, non azzardarti a mettere il naso fuori di casa. Stiamo facendo il possibile con l’Ordine per rintracciare i Mangiamorte e per fermare quelli che da loro vengono mandati a fare scorrerie o reperire informazioni su di te. Per il momento qui sei ancora al sicuro, dobbiamo sfruttare questo tempo per rafforzarci e cercare di bloccare i seguaci dell’Oscuro Signore. Silente ha reclutato tutti i suoi fidati per scoprire cosa sanno i Mangiamorte su di te e sul tuo nascondiglio: elfi, quadri, fantasmi, creature magiche e maghi di ogni angolo della terra, anche quelli infiltrati nel mondo babbano. Tra poco saremo pronti a combattere e ad affrontare Voldemort e chiunque minacci il nostro mondo >>.
Negli occhi della ragazza si leggeva visibilmente la paura. Aveva sempre pensato durante la reclusione in quella casa che prima o poi avrebbe ricevuto notizie del genere, e credeva anche di essersi preparata a reagire, come quando studiava e il giorno dopo all’interrogazione sapeva cosa dire e come muoversi. Ma qui era diverso. La calma, la logica, il controllo… tutte cazzate.
Piton si alzò, guardò Lupin che annuì ed uscì di casa, veloce, sbattendo la porta. “Discreto” pensò la ragazza, ma poi si soffermò sul fatto che i due professori si erano capiti con lo sguardo, senza bisogno di parole. Qualche operazione era iniziata.
<< Non appena Severus sarà rientrato io me ne andrò, non mi fido a lasciarti qui sola intanto. Non tornerò più qui, a meno che non succeda qualcosa; in tal caso ti prometto che sarò il primo ad accorrere >> disse poggiando la sua mano su quella della ragazza. Anche per lui la studentessa era divenuta ormai un’amica, una buona e cara amica, e faticava non poco a trattarla come una dei suoi tanti studenti, ma per restare a Hogwarts era una difficoltà che doveva assolutamente superare. << Non ti devi preoccupare, il professor Piton non è solo un grande chimico, sa anche ben difendersi, e sarà in grado di proteggere anche te, in fondo l’ha già fatto. Silente ha ribadito che dobbiamo fidarci di lui, perciò stai tranquilla. Tutto si sistemerà. Gli Auror e il Ministero comunque stanno portando avanti delle indagini sul conto di Piton, prima o poi tutta la verità salterà fuori. Chissà, magari alla fine di tutta la storia diventeremo ottimi amici e lui sarà di nuovo stimato come uomo e come insegnante >>. Le parole di Lupin sembravano forzate. La ragazza sapeva che Remus le diceva di fidarsi di Piton solo per farla stare più tranquilla, e in fondo un po’ c’era riuscito, ma ora si chiedeva come mai si fossero messi in mezzo pure il Ministero e gli Auror. Il Ministero sembrava fatto apposta per rovinare le persone, frequentato solo da gente bramosa di potere, ricchezza e con un ego gigantesco (eccezion fatta per il padre di Ron Weasley e pochissime altre persone).
<< Non sono sicura di voler restare qui. Forse mi sentirei più protetta a Hogwarts, con voi, tra i miei amici. La McGranitt non ha preso in considerazione questa possibilità? Silente non ha proposto una cosa semplice per una volta? >> disse la ragazza tra l’impaurito e lo spazientito. Comunque visibilmente agitata.
<< Non è tutto così semplice. Probabilmente noi di Hogwarts siamo tutti pedinati. Non sono pochi i seguaci di Voldemort, lo vuoi capire? Ormai fare qualsiasi mossa è pericoloso, figurati riportare te in un luogo più che presidiato. Adesso cerca di calmarti, e non ti preoccupare. Non sei sola, mai >>.
In quel momento rientrò Piton, o almeno sperarono che fosse lui, dal momento che non aveva un briciolo di pelle scoperta, i vestiti seppur scuri non sembravano i suoi e un lungo mantello con i bordi infangati lo copriva da capo a piedi. Non appena si tolse un lungo cappuccio dalla fronte i due seduti al tavolo tirarono un sospiro di sollievo. Lupin si alzò e si diresse verso il salotto.
<< Siamo tutti con voi. Buona fortuna >> furono le sue ultime parole prima di sparire, smaterializzato così come era apparso quasi un’ora prima.
Piton si tolse il mantello sporco dalle spalle e fece per salire le scale che portavano alla sua stanza. Guardò la ragazza, abbastanza scossa dalle notizie apprese da non far caso alla scia di fango che aveva lasciato il coinquilino sul pavimento di casa (cosa per cui appena un’ora prima si sarebbe preso un sacco di parole, visto il regime di ordine e pulizia cui aveva accondisceso di esser sottoposto), e l’unica cosa che seppe dirle fu: << Vado sopra. Cerca di non fare cazzate >>.
Nonostante il momento, la paura e lo sporco per terra, la ragazza trovò l’infimo lato positivo presente nelle parole del professore: “Almeno mi ha parlato, mi ha detto qualcosa” e sorrise alle spalle dell’uomo che ormai aveva solo l’ultimo gradino da fare in cima alle scale.
 
Seduta sul divano viola scuro quasi nero del salotto, la schiena diritta e le mani sulle gambe, la ragazza non si annoiava per niente. Piuttosto era tesa come la corda di un violino, con le orecchie pronte a captare qualsiasi suono proveniente dall’esterno, con l’occhio vigile di chi è convinto che nel bel mezzo della notte, nel buio della sua stanza ci siano dei ladri.
Il suo atteggiamento da sentinella fu interrotto improvvisamente da un rumore forte di metallo che cade per terra, un trambusto di vetri che si rompono, altro metallo che sbatte su qualcosa tipo una pentola, una sedia che cade per terra e un urlo di persona infuriata, come un professore di pozioni facilmente irritabile cui sia caduta e andata persa la pozione che stava seguendo da settimane. << No cazzooo! >> fu ciò che udì la ragazza. Dentro di lei tante, troppe emozioni. Aveva preso una paura allucinante per i rumori ma, avendo capito di che si trattava, voleva scoppiare a ridere per la scena che si immaginava. Era sollevata perché dai rumori che continuava a sentire non era successo nulla di preoccupante, ma un po’ era dispiaciuta per il lungo lavoro del professore andato in fumo. Per una volta fece la scelta giusta: decise di non ridere in faccia a Piton, di non fare alcun accenno ad alcuna pozione e di non andare a vedere cosa fosse successo, il tutto almeno per qualche giorno.
La tentazione però fu troppo grande, e quando Piton scese a prendere della carta assorbente, stracci e altre erbe la domanda della ragazza fu formulata con naturalezza, finta ingenuità e un pizzico di stronzaggine: << Tutto bene lassù professore? È successo qualcosa? Le serve forse una mano? >>. Per lo meno trattenne le risate. Piton, già visibilmente infuriato per l’accaduto, si limitò ad additarla con fare minaccioso, a sventolare gli stracci e a risalire le scale con furia, borbottando qualcosa tra sé (di sicuro non stava facendo pensieri buoni verso nessuno). La ragazza la prese come una piccola vittoria personale. Fiera, si rimise sul divano, dapprima seduta comodamente, poi tornò ritta sulla schiena e attenta. Dopo il piccolo momento di svago erano tornate l’ansia e la paura.
 
Anche Piton sembrava agitato. Non era da lui urtare goffamente un calderone pieno di una pozione importante e difficile da preparare, neppure rovesciare tutte le boccette di vetro con gli ingredienti, e neanche metterci così tanto a risistemare. In più si erano aggiunte le domande canzonatorie della povera inutile studentessa. Le parole di Lupin erano state pesanti anche per lui. Finalmente in quella casa si era stabilito un certo equilibrio; lui poteva dedicarsi alla sua ricerca di pozioni in tranquillità, lontano dagli altri stupidi e spocchiosi studentelli di Hogwarts, e soprattutto lontano da ficcanaso e scocciatori come i professori della scuola o i visitatori come quel maledetto Black.
Piton era stato un Mangiamorte, sapeva quanto velocemente fossero in grado di ottenere ciò che volevano, sapeva cosa succedeva a chi non collaborava o anche a chi lo faceva se loro avevano voglia di divertirsi. Sapeva cosa facevano a chi li intralciava, a chi li tradiva. Sapeva a cosa sarebbe presto andato incontro.
“E’ questo ciò che mi ha chiesto Silente” pensava Piton, finendo di asciugare la pozione curativa che con tanta diligenza aveva per lungo tempo preparato e che con altrettanta sbadataggine aveva perduto. Il professore era preoccupato, non tanto della fine che lo attendeva, ma della buona riuscita della sua missione. Lui doveva proteggere la ragazza, per quanto odiosa, impertinente, stupida che fosse, e il tutto per non tradire la promessa fatta a Silente, l’uomo che più di tutti lo aveva aiutato nella sua vita, l’uomo che a suo avviso più fedelmente aveva servito, l’uomo che prima di morire gli aveva chiesto un enorme favore, che pesava ancora nella sua coscienza più di qualsiasi altro gesto avesse mai fatto.
 
Passarono due giorni senza che neppure una foglia si muovesse fuori e dentro la casa. “La calma prima della tempesta” continuava a pensare la ragazza. Non sorrideva dall’ultima volta che aveva sentito un rumore, cioè quando Piton aveva rovesciato il suo calderone. Non c’era più motivo per sorridere: ogni momento trascorso poteva essere l’ultimo. I suoi erano pensieri agghiaccianti, tristi, nostalgici, si sentiva come se fosse già morta. E un po’ le dispiaceva per Piton, scelto tra tanti per condividere con lei questo triste cammino. “Almeno lui ha un suo quadro nella stanza della preside, non sarà stato certo tra i migliori ma almeno un posto di diritto ce l’ha. Io invece sono solo una povera inutile studentessa…”. Le dava fastidio piangersi addosso, per Merlino, non era ancora successo niente, magari si sarebbe risolto tutto, Lupin poteva benissimo star combattendo con gli altri e sconfiggendo tutti i Mangiamorte.
La ragazza alternava momenti di depressione a momenti di autoconvinzione e coraggio, escogitando piani e pensando ai giusti modi di comportarsi in determinate occasioni per poi distruggere tutte le sue idee e tornare a piangersi addosso.
Poi ogni tanto pensava che erano circa due giorni che non vedeva Piton se non di sfuggita, e la cosa iniziava a sembrarle strana. Pensava che lui non volesse mostrarsi turbato, perdere quella maschera di duro, insensibile e arrogante uomo, per mostrarsi vulnerabile. “Stupido orgoglio maschile? Certo che sì!”. E aveva ragione. Ciò che non sapeva era che in fondo Piton lo faceva per lei. Cosa avrebbe pensato se l’unica persona che poteva salvarla si fosse mostrata preoccupata? Doveva restare distaccato e freddo, cosa che gli riusciva bene, ogni giorno.
 
Poco prima di mezzanotte un campanello d’allarme risuonò nella mente di Piton: l’incantesimo aveva fatto effetto. Non aveva molto tempo.
Corse al piano di sotto, in salotto, dove, sul divano in una posizione alquanto scomoda, si trovava la ragazza, addormentata, col volto stanco di chi non dorme da giorni, la mano destra che ancora chiudeva la bacchetta. La visione gli suscitò un po’ di compassione per il destino di quella studentessa, ma subito pensò che non era il momento per stupidi pensieri sdolcinati, e soprattutto pensò che quella convivenza forzata gli avesse fatto male, che lo stesse rammollendo. “Maledetta ipersensibilità femminile”, e con l’aria infastidita si diresse verso il divano.
Appena toccò la ragazza sulla spalla questa scattò in piedi, guardandosi attorno freneticamente, per poi ricadere seduta sul divano riconoscendo chi l’aveva svegliata.
Piton fu quasi sorpreso da questa reazione, poi cominciò a parlarle con tono serio e deciso.
<< Ascoltami bene. Non abbiamo più tempo. Quando è venuto Lupin e sono uscito ho delimitato la zona attorno alla casa, poco più di un miglio, un incantesimo di protezione più altri per rallentare qualunque mago decida di oltrepassare il confine. L’incantesimo stesso mi ha avvisato che è stato rotto, qualcuno ha infranto la barriera >>. La ragazza aveva già capito dove il professore volesse arrivare. << Presto qualcuno sarà qui. Non so quanti, non so chi, ma certamente vorranno te. Ora, vorrei avere il tempo di elencarti tutti i motivi per cui io li lascerei fare, vista la tua solita insolenza, ma il tempo stringe e ho fatto una promessa a una persona, e non posso non mantenerla. Quando arriveranno tu sarai nella mia stanza al piano di sopra, e non dovrai parlare o uscire per alcun motivo, sono stato chiaro? Qualunque cosa succeda, qualsiasi cosa tu senta o veda non devi uscire da quella camera fino a quando te lo dico io o quando vedrai il segnale, lo riconoscerai senz’altro perché sarai libera, anche da me, finalmente. Ho già allertato l’Ordine e Hogwarts, dovrebbero arrivare anche i rinforzi prima o poi. Intanto vai su, e non uscirne più, siamo intesi? >>. Lo sguardo del professore era quasi minaccioso, ma lei annuì e si avviò di corsa in camera, chiedendosi come potesse esser protetta in tal modo, e cosa avrebbe invece fatto lui. << Fai sempre ciò che ti dico e tutto andrà bene >>. Il tono di Piton era strano, forse quasi gentile. No non poteva essere, sarà stato uno scherzo della mente, aveva pensato la ragazza.
Arrivata nella camera di Piton si guardò attorno, ispezionò la sua roba, osservò la macchia scura sul pavimento causata dal calderone rovesciato pochi giorni prima. Si sedette sul letto e, guardandosi nello specchio che aveva di fronte, non poté non pensare ai giorni trascorsi in quella casa, in particolare gli ultimi, carichi di tensione e di angoscia. Ora era arrivato il fatidico momento. Aveva con sé la borsa magica che aveva anche nel vicolo, piena di oggetti e cose strane che sarebbero impossibili da trovare nella borsetta di una ragazza. Dalla camera del professore prese qualche pozione, degli ingredienti, coperte e in più forse una tenda magica tascabile (era un pacchettino con disegnata una piccola tenda da campeggio) e uno strano mantello colorato, e ficcò tutto in borsa.
Sentì un botto spaventoso provenire da basso: qualcuno era entrato in casa facendo sbattere forte la porta, forse facendola esplodere. Poi un rumore di magia, un incantesimo lanciato e la porta della camera che si chiudeva di scatto. “E’ stato Piton” pensò la ragazza che corse verso la porta per aprirla, ma le fu impossibile. “Mi ha chiuso a chiave in una stanza? Non si rende conto che con un semplice incantesimo qui può saltare tutto?”.
 
I Mangiamorte erano nel salotto, di fronte a Piton.
<< Severus, era da un po’ che non ci si vedeva. Come vanno i tuoi giorni da traditore? Non senti un peso sulla coscienza? L’Oscuro Signore continua a dire che eri una spia eccezionale ad Hogwarts ma non capisce come mai tu non ti sia fatto rintracciare qui, chiuso in questa casa solo con la ragazza. La stai forse proteggendo, Severus? >>.
Piton non rispondeva. Il suo sguardo correva lungo la riga di uomini che avevano fatto irruzione nella casa, e che ora si stavano chiudendo sempre più verso di lui.
<< La ragazza non può essere fuggita, cercate dappertutto. E quando l’avrete trovata non torcetele un capello. Appartiene al Signore Oscuro >> aveva detto l’unico Mangiamorte che avesse parlato fino a quel momento. A questo ordine Piton si oppose, lanciando un incantesimo che bloccò per un attimo quelli che si stavano per avvicinare alle scale.
<< Non riuscirete ad avere la ragazza, cosa credete, che nessuno la protegga? >>.
<< Povero illuso, sappiamo che sei tu che la proteggi, ma tu non sai che quello che vogliamo ce lo prendiamo, sempre. E se per farlo dobbiamo passare su di te, Severus, non vedo assolutamente dove sia il problema >> disse calmo il Mangiamorte che sembrava il capo degli altri. << Occupatevi voi di lui, e alcuni cerchino la ragazza. E mi raccomando: è giusto che soffra chi non serve fedelmente l’Oscuro Signore, in particolare se è un lurido mezzosangue >>.
Iniziò una vera e propria battaglia. Volavano incantesimi, urla, incitamenti e minacce. Per il momento Piton aveva avuto la meglio. Distratto però da tre Mangiamorte che salivano le scale che portavano alla sua camera, per bloccarli Piton venne colpito in pieno petto e scaraventato contro la parete della cucina, lanciando un grido di dolore.
Dalla camera la ragazza sentiva e immaginava tutto. Era nel panico, voleva fuggire. Provò ad aprire la finestra per volare via sulla sua scopa, ma era come bloccata, e quando riuscì ad aprirla qualcosa le impediva di uscire. Era come una barriera invisibile, che le permetteva di vedere fuori ma non di uscire. Lanciò incantesimi contro quel muro ma nulla da fare, si aprì solo un buco troppo piccolo per attraversarlo, ma si richiuse immediatamente.
Sentì un rumore di passi che salivano le scale e pensò che se proprio qualcuno doveva trovarla avrebbe giocato l’effetto sorpresa, aprendo la porta di colpo e lanciando incantesimi a raffica per farsi largo. Ma anche stavolta, dopo aver aperto con fatica la porta con un Bombarda, si trovò davanti una barriera invisibile e insuperabile. Si vide di fronte due Mangiamorte, spaventosi nei loro mantelli e cappucci, ma loro evidentemente non la vedevano e non riuscivano ad entrare nella stanza. Fu come trovarsi di fronte alla morte stessa, non sapeva che fare, piena di paura, ma ebbe il tempo di pensare che Piton fosse stato un genio, un fottutissimo genio ad escogitare un incantesimo di protezione del genere.
Dal salotto provenivano ancora grida, talvolta di Piton, talvolta di Mangiamorte. La ragazza non vedeva l’ora che le si svelasse il segnale per cui avrebbe potuto uscire da quella stanza, e non si immaginava neppure quale potesse essere. Le urla si facevano sempre più agghiaccianti, perché ogni volta che riconosceva la voce del suo insegnante le si contraevano tutti i muscoli e la pervadeva un senso di vertigine. Le succedeva sempre quando accadeva qualcosa a gente che conosceva e a cui voleva bene. Di certo non poteva voler bene come ad un amico a Severus Piton, ma lui le aveva già salvato la vita una volta, aveva vissuto recluso in casa con lei ed era un suo professore, di certo le dispiaceva che stesse soffrendo.
La testa le scoppiava, vedeva i due Mangiamorte provare incantesimi che si infrangevano sul muro invisibile, le sembrava che la stanza fosse un luogo troppo aperto e non sicuro, voleva andare nel salotto a vedere come stava Piton, voleva combattere per difendere la sua vita e al tempo stesso se la faceva addosso per la paura.
A smuovere la situazione fu un momento, lo stesso attimo in cui la ragazza con tutta la forza che aveva scagliava un Bombarda Maxima contro la barriera e la barriera stessa che prima dell’impatto con la magia dell’incantesimo si stava già per sgretolare. La magia della ragazza oltre che frantumare il muro magico investì i due Mangiamorte che volarono letteralmente al piano di sotto, coperti di sangue. Si precipitò giù dalle scale per soccorrere il suo compagno di battaglia e con suo stupore lo trovò in ginocchio, con la bacchetta alzata in segno che non voleva arrendersi, circondato da Mangiamorte e Dissennatori, che erano pronti per vederlo soffrire per l’ultima volta. In un attimo le venne in mente perché Piton aveva detto che il segnale l’avrebbe liberata anche da lui: lui stesso teneva in vita la barriera. Dopo la sua morte lei avrebbe avuto il tempo necessario per fuggire dalla finestra, allargando il buco della barriera. Se la barriera aveva ceduto era perché anche lui stava per cedere, era quasi la fine. Non era però tempo di commuoversi.
I Mangiamorte si erano ovviamente accorti della sua presenza e si stavano già dirigendo da lei. L’adrenalina della ragazza le permetteva di mantenere un certo sangue freddo e lo sguardo cercava un appiglio, una via di fuga. Decise di mettere in atto il suo piano iniziale: lanciare incantesimi all’impazzata per distrarre il nemico. Non si rivelò una scelta stupida, dal momento che così facendo tutti pensarono solo a ripararsi da quella pazza, anche Piton, che all’improvviso si sentì afferrare e tirare per un braccio.
<< Si smaterializzi, presto! >> disse la ragazza, e lui obbedì. In una frazione di secondo si fece il vuoto attorno a loro, e furono entrambi investiti da un turbinio di colori, odori e visioni.

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Capitolo 6
*** Una buffa coincidenza ***


I colori iniziavano ad assumere delle forme non ancora nitide, gli odori si facevano sempre più pungenti, i rumori sempre più strani. La mente della ragazza era persa ad immaginare dove potesse mai trovarsi, non riuscendo a mettere a fuoco nulla si lasciava trasportare dalla fantasia, si sentiva quasi rilassata. Pian piano la vista non fu più annebbiata e vide distintamente terra marrone e fili d’erba verde di varie dimensioni. Provò ad alzarsi con fatica perché le gambe non la reggevano, erano ancora indolenzite, ferme sul terreno freddo e umido. Voleva parlare ma qualcosa glielo impediva. Ed ecco puntuale l’ultimo senso, il gusto: aveva la bocca piena di terra, e forse di qualche ragnetto o insettino che viveva nell’humus. Sputò fuori tutto, schifata, e si guardò intorno, per quel che poteva: un bosco, si trovava in una foresta. Vedeva solo alberi, erba, terra, radici che minacciavano di far inciampare chiunque.
Piton era a pochi metri di distanza che coglieva qualcosa da terra, forse nuovi ingredienti per le sue pozioni. Ovviamente lui era abituato a smaterializzarsi e aveva imparato a trasporsi senza avere come effetti collaterali nausea e vertigini.
<< Ehilà professore! Ma dove cavolo siamo finiti? Dove mi ha portata? >> urlò la ragazza per farsi sentire, anche se con la desolazione che c’era avrebbe potuto benissimo bisbigliare e farsi sentire ugualmente bene.
La risposta arrivò prontamente, con tono freddo come quella notte e acido come la terra che aveva assaporato fino a qualche momento prima: << Ma parli così forte perché vuoi proprio farti trovare dai Mangiamorte? Non sei contenta di averli già incontrati? E osi chiedermi pure dove siamo… mah, alberi, terra, erba, legno e pietre… di sicuro ci troviamo in una fabbrica di ampolle di vetro per pozioni di ordine superiore >>. La ragazza non seppe cosa rispondere, non credeva che dopo quello che avevano passato quell’uomo potesse essere ancora così arrogante. Imbronciata si accovacciò ai piedi di un grande albero e rimase a guardare il professore, intento nei suoi affari.
<< Passeremo qui la notte, >> disse lui, << perciò cercati un posto un po’ riparato e restaci, hai già combinato troppi guai per oggi >>.
La ragazza non capiva perché quell’atteggiamento, quelle parole, quel tono così cattivo. Dopo quell’incontro coi Mangiamorte avrebbe tanto voluto essere a Hogwarts, in mezzo a gente che le volesse bene e che le stesse accanto. Invece si ritrovava in una foresta in cui non c’era l’ombra neppure di creature magiche, sola con quell’essere insensibile che era arrabbiato con lei per chissà quale motivo. Non resistette, si infuriò dentro, e tirò fuori la voce.
<< Mi vorrebbe cortesemente spiegare cosa cazzo ho fatto di male stanotte? Mi pare di averle ubbidito anche troppo. Dopo quello che è successo dovrebbe ritenersi fortunato ad essere ancora vivo, dovremmo spalleggiarci invece che insultarci a vicenda. Sono rimasta chiusa nella stanza, non le è bastato? Quei Mangiamorte, nel caso non l’avesse notato, ci volevano uccidere >>.
<< Tu non hai fatto quello che ti ho detto! >> urlò Piton, gettando a terra furiosamente le erbe appena raccolte e dirigendosi verso la ragazza fino ad averla a un metro di distanza. << Perché hai infranto la barriera, perché hai spezzato quell’incantesimo? E come, soprattutto? >>.
<< La barriera si stava infrangendo, ho dato solo il tocco finale… >>.
<< Cazzate! Ho inventato io quell’incantesimo, saprò come farlo svanire. Credevo che nessuno potesse romperlo, evidentemente se ci sei riuscita tu o sei veramente quella grande maga che tutti credono oppure ho fallito io clamorosamente. Avevo calcolato tutto, dovevi restare in quella camera, e fuggire al segnale; era difficile? >>.
<< Ma non sapevo neppure quale fosse il segnale, se lei parla criptico io cosa ci posso fare? Crede che sia facile fidarsi ciecamente di lei? >>.
Entrambi stavano urlando, ma dopo quest’ultima frase ci fu un attimo di silenzio, un lungo momento imbarazzante. Poi la ragazza riprese: << Come potevo restare in quella stanza e fregarmene di ciò che accadeva nel resto della casa? >>.
<< Potevi farlo restandotene ferma e non immischiandoti. Dovevi lasciarmi là senza rischiare di farti uccidere o catturare. Cosa sarebbe successo se ti avessero presa e io fossi sopravvissuto? Sei la solita insolente ragazzina che crede di poter salvare il mondo, sei arrogante come tutti i Grifondoro, non sei poi tanto diversa da Potter o dal suo padrino bavoso Black. Pensi che io sia felice di avere questo incarico? Pensi che il mio desiderio più grande sia quello di accudire una stupida studentessa eroina del mondo magico? Dovrei essere fiero della mia missione? Svegliati signorina, io sto solo mantenendo una promessa.
Hai solo complicato le cose con il tuo atteggiamento da salvatrice del mondo… io non avevo bisogno di essere salvato. Perché lo hai fatto? >>. Queste parole risuonarono nella mente della ragazza come urla agghiaccianti. Stava per rispondere ma Piton non gliene lasciò il tempo. << Non mi interessa che razza di motivazioni vuoi addurre. Mi sono stancato di vedere sempre tutti i miei sforzi vanificati con te. Adesso, se non ti dispiace, vado a delimitare la zona con un incantesimo di protezione. Vorrei chiederti per favore di non muoverti da qui, di non osare mandare all’aria anche questo semplice piano: dormire e partire domani appena ci sarà luce. È facile, credi di farcela a non ficcarti nei guai pure stavolta? >>.
I due si guardarono negli occhi, due sguardi completamente diversi: quello di lui duro e distaccato, quello di lei ferito, tradito. La ragazza aveva subito un colpo durissimo con quelle parole, era incredula, delusa e terribilmente triste. Guardò la figura del professore allontanarsi agitando la bacchetta, i contorni sfumati e distorti dalle lacrime che le riempivano gli occhi e le rigavano il volto. Indugiando estrasse dalla borsa il pacchettino con raffigurata la tenda magica e lo aprì. In un attimo si ritrovò di fronte una piccola tenda, come quelle dei babbani per il campeggio.  
 
Intanto nella casa abbandonata restavano i segni dello scontro. Regnava il disordine, la gran parte dei mobili era andata rovinata, nell’aria odore di magia nera. Lo scenario che si trovavano di fronte Lupin, Sirius e altri dell’Ordine era inquietante. Non trovarono alcuna traccia né della ragazza, né di Piton, né dei Mangiamorte.
<< Di sicuro avranno catturato la ragazza e a quest’ora potrebbe essere già morta per mano di Voldemort. Son sicuro che quel viscido bastardo di Mocciosus è scappato prima che arrivassero i suoi amichetti Mangiamorte, o peggio l’avrà consegnata lui a loro. Razza di f… >>. Lupin lo interruppe: << Smettila Sirius. Son convinto che stanno entrambi bene. Siamo solo arrivati troppo tardi, saranno fuggiti altrove. Ci son dei segni sul pavimento, come se una decina di incantesimi si fossero schiantati in un unico punto. O hanno polverizzato qualcuno oppure entrambi si sono smaterializzati in tempo per schivare l’attacco. Spero vivamente la seconda opzione >>. Il tono di Lupin sembrava fermo e deciso. Era convinto che Piton avesse nuovamente salvato la ragazza, in fondo lo aveva promesso.
<< Non ci resta che aspettare, vedere come si evolvono le cose e sperare di ricevere notizie da loro. Altro non possiamo fare >>.
 
Doveva essere durato poco lo scontro con Mangiamorte e Dissennatori, visto che ormai era da un’ora che la ragazza si guardava attorno, e nel cielo non si vedevano minimamente i primi bagliori del mattino. Dopo lo scambio acceso di parole non aveva più visto Piton. “Poco importa, se devo farmi sempre trattar male è meglio non vederlo affatto”.
L’adrenalina per l’avventura di quella notte ormai le stava calando ma non sentiva il minimo accenno di sonno, perciò decise di fare una passeggiata. Non sapeva fino a che distanza potesse spingersi, che limite avesse l’incantesimo di protezione fatto da Piton, ma non le importava. “Ho voglia di camminare, devo rilassarmi, e poi chi vuoi che ci trovi qui in mezzo a questo bosco? Mi porto la bacchetta, la borsa e sono a posto. Così impara a trattarmi male”.
Mentre camminava ripensava alla serata appena trascorsa, al fatto che fosse un suo dovere salvare Piton, non poteva assolutamente far finta di niente. Ripensò alla discussione avuta nella foresta e si infuriò con lui perché si era dimostrato il solito uomo crudele e meschino, e anche con se stessa perché non aveva avuto la prontezza di rispondere a tutte le sue frecciatine. Ma chi si credeva di essere lui per dare tutti quei giudizi, per dirle che voleva fare a tutti i costi l’eroina. Se avesse potuto, di certo non avrebbe scelto un destino così tanto pericoloso. Avrebbe fatto volentieri a meno di chiudersi con lui in casa segretamente, e di vivere al di fuori del mondo, ogni momento in pericolo. Poi si rese conto che stava facendo esattamente come la notte in cui era scappata dalla casa, in cui era furibonda e alla fine si era messa nei guai, ma il suo insegnante/carceriere l’aveva soccorsa. “Bè, per fortuna è un uomo che mantiene le promesse, se no a quest’ora non sarei qua a lamentarmi di lui!”. E si calmò.
Continuava a saltare da una radice all’altra, facendo attenzione a non inciampare o scivolare sulle pietre per nulla salde nel terreno. Il suo sguardo era sempre rivolto a terra, tanto era concentrata. Quando lo alzò per capire dove si trovasse vide una specie di grande stagno, e sull’acqua un riflesso blu-argenteo, che si muoveva. Incuriosita, nascondendosi tra gli alberi, si avvicinò, e con sua estrema sorpresa vide la figura di una cerva, blu-argentea, che faceva su e giù tra l’acqua e un albero, ai piedi del quale era seduta una figura scura. Non le ci volle molto per capire che si trattava di Piton e del suo Patronus.
“Non ci credo che Piton ha un pensiero abbastanza felice per evocare un Patronus! E poi, diciamocelo: la cerva? Un animale così nobile per un uomo così…” e non le venivano le parole per definire quell’uomo che, con una dolcezza mai vista, accarezzava la testa della sua cerva, la quale ricambiava la tenerezza leccandogli il braccio.
Come ogni ragazza, anche lei a quella visione si stava sciogliendo. Ma più di tutto si chiedeva come potesse essere che quel professore insensibile riuscisse a guardare con tenerezza e amore quel Patronus, e come lo accarezzasse senza la minima sfumatura di odio. Il suo sguardo era…caldo.
L’immagine che le si stagliava di fronte non le si sarebbe più cancellata dalla memoria. Il momento più dolce che avesse mai visto, neppure in un film, e il protagonista era l’uomo che riteneva il meno adatto, il più arrogante, presuntuoso, freddo e insensibile.
Non credeva ai suoi occhi. Cercò di avvicinarsi ulteriormente ma posando il piede a terra schiacciò un rametto secco, provocando il tipico rumore di legno spezzato che destò immediatamente l’attenzione di Piton. Ormai scoperta, si fece forza e avanzò verso il quadretto ai piedi dell’albero.
La faccia di Piton era quella tipica dell’infastidito, probabilmente sarebbe scattato in piedi all’istante e avrebbe brontolato per ore se il suo animo non fosse rimasto tranquillo grazie alla cerva che gli rimaneva accanto.
<< Non pensavo che il suo Patronus fosse una cerva >> disse gentilmente la ragazza, passandogli una coperta ben ripiegata appena tirata fuori dalla borsetta.
<< Certamente questi non sono affari tuoi, comunque stai attenta, di solito non gradisce la presenza di estranei >>.
<< A me non sembra proprio >> replicò la ragazza, vedendo che il Patronus di Piton le si era avvicinato e le si strusciava sulle gambe in cerca di qualche carezza. << E’ davvero bella… >>.
Piton non faceva che guardare la sua creatura. Dimostrava tutta la sua nobiltà, e gli faceva riaffiorare ricordi tristi, di tempi passati.
<< Che parte di lei rappresenta la cerva? >>.
<< Una parte perduta per sempre >> rispose l’uomo, il volto velato di tristezza. << E’ l’unico ricordo felice che mi resta, legato a una persona che ho tanto amato e che non è mai stata mia. E purtroppo non lo potrà mai essere >>.
La ragazza colse quel racconto di Piton e ne fece tesoro. Per la prima volta da quando lo conosceva il suo arrogante professore si era aperto e confidato con lei, sebbene in maniera criptica. Volle sollevargli un po’ il morale, cosa che cercava sempre di fare con tutti, era il suo modo per essere utile al mondo.
<< Sa, è una buffa coincidenza che io e lei siamo stati costretti a vivere insieme >>. Il volto di Piton ora mostrava un’espressione alquanto curiosa. << Sì, insomma, è simpatico il destino a volte. Guardi. Expecto Patronum >>. Dalla bacchetta della ragazza uscirono lampi di luce blu-argentea, una scia che brillava nella notte e si rifletteva sull’acqua dello stagno. Di fronte a loro si stagliò la figura imponente e gentile, nonché nobile e sicura, di un cervo.
Piton sgranò gli occhi. Non ci credeva. Era davvero una strana coincidenza che il Patronus di entrambi fosse in fondo lo stesso animale. E cervo e cerva si cercarono, si avvicinarono, e si distesero insieme, come se realmente esistessero, come se si conoscessero da tempo, e si amassero.
<< Non so perché il mio Patronus sia un cervo, non ho mai avuto a che fare con niente di simile. Ma io credo che il caso non esista. Son convinta che un giorno scoprirò perché proprio questo animale, e magari quel giorno saprò qualcosa di più di me >>.
La coppia di creature magiche si avvicinò ai due umani, e li illuminò più delle stelle e della luna, di una luce argentata, brillante, magica. Fu in quel momento che la ragazza si accorse che dove prima la cerva leccava il braccio di Piton ora usciva del sangue. Non sembrava nulla di grave, ma non poteva trascurare quella piccola ferita. Senza dire niente estrasse un fazzoletto dalla borsa e fece per legarlo al braccio del professore, che ovviamente si ribellò alle cure della ragazza.
<< Stia fermo, se no mi ci vuole una vita! >> disse lei, con voce alta ma che tradiva comunque una certa gentilezza. Lui si arrese subito e la lasciò fare. In fondo era stanco pure lui, era notte fonda e la serata non era stata proprio tanto tranquilla.
<< L’ho fatto perché in fondo credo di essermi affezionata >> disse la ragazza con dolcezza, mentre ancora armeggiava con il fazzoletto, interrompendo il silenzio.
<< Fatto cosa? >>.
<< Salvarla… prima mentre si discuteva animatamente mi ha detto che non voleva essere salvato e mi ha chiesto perché l’avessi fatto. La risposta è che l’ho fatto perché forse un pochino a lei mi sono affezionata >>. Alzò gli occhi per vedere la faccia di Piton a quelle parole. Lo sguardo dell’uomo era perso, la fissava con gli occhi aperti, l’espressione di stupore non era celata, come neppure la confusione che si stagliava nella sua mente. Credeva di non aver capito bene. Nessuno gli aveva mai detto nulla del genere, se non forse Lily, quando erano piccoli, quando erano ancora amici.
<< Spero di non averla turbata con questa risposta >>.
Evidentemente sì, perché Piton non rispose, rimase immobile, attonito. L’unico gesto che fu in grado di fare fu quello di aprire la coperta ripiegata, mettersela sulle spalle e offrirne una parte alla ragazza per proteggersi dal freddo, facendola quindi sedere accanto a lui.
Restarono così, l’uno accanto dell’altra, in silenzio, a guardare le loro due creature rincorrersi sul pelo dell’acqua, cercarsi, avvicinarsi a loro, farsi coccolare, finchè entrambi non si addormentarono, stremati da quella lunga notte che ormai volgeva al termine.
 

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Capitolo 7
*** In volo verso casa ***


I primi raggi di sole che riuscirono a penetrare tra le fitte foglie della foresta illuminarono la ragazza che ancora dormiva, rannicchiata ai piedi dello stesso albero che, fino a poco tempo prima, aveva ospitato anche il professore. Colpita dalla luce la ragazza si svegliò, disorientata, alla ricerca di qualche punto di riferimento. Alla fin fine aveva dormito solo poche ore, e la stanchezza accumulata nei giorni precedenti non l’aveva ancora abbandonata. Si alzò e si diresse verso la tenda che aveva estratto dalla borsa non appena arrivata nella foresta. In piedi a borbottare incantesimi c’era Piton, avvolto nel suo mantello nero da viaggio.
<< Dobbiamo muoverci, da fermi siamo più facilmente rintracciabili >> disse.
La ragazza ancora intontita provò a sistemare la tenda, in modo da farla rientrare nel pacchetto. Non riuscendoci decise di ricorrere alla magia, per facilitarsi le cose.
<< Allora, dove ci smaterializziamo stavolta? >> chiese lei, così da potersi preparare per evitare di finire nuovamente con la faccia per terra.
<< Da nessuna parte >> fu la risposta. << Non possiamo rischiare di comparire in un luogo con persone dagli occhi indiscreti, o peggio ancora di fronte a un Mangiamorte. Proseguiremo a piedi >>.
A queste parole la ragazza si mise a ridere, destando il disappunto di Piton, che con uno sguardo fulminante la fece smettere immediatamente. Lei allora si mise a frugare nella borsa ed estrasse la scopa che vi aveva messo dentro la notte precedente. Lo sguardo del professore passò dal fulminante, al curioso, all’allucinato. Il suo atteggiamento finale era quello tipico di chi dice “Assolutamente no! Questa cosa non la faccio”.
La ragazza però sembrava insistente, perché montò in groppa alla scopa e lo invitò a fare altrettanto, rimanendo lì di fronte a lui, a mezz’aria, porgendogli la mano.
<< Suvvia, salga! È un mezzo sicuro, economico e veloce! Non vorrà mica camminare per giorni e giorni. Siamo già abbastanza stanchi mi pare. Se ha paura non si preoccupi: qualora dovesse cadere la prenderò! >>.
Piton non si sentiva minimamente rassicurato. Sapeva che due persone su una scopa volante erano più visibili che due a piedi, ma se ci fosse stata necessità di scappare la scopa avrebbe fatto comodo. Ma a lui non piaceva viaggiare in quel modo. Non si era mai trovato a suo agio senza terra sotto i piedi, soprattutto quando Black, Potter e compagnia annessa lo facevano stare appeso a testa in giù fino a che non ritenessero di essersi divertiti a sufficienza. Ora la situazione era diversa, e anche la compagnia a quanto pareva. Montò sulla scopa dietro alla ragazza, aggrappandosi a lei, e dandole indicazioni qualora servissero.
 
Il viaggio a bordo della scopa durò un bel po’, intervallato da qualche pausa a terra per sgranchire le gambe. Entrambi ebbero tempo e modo di pensare molto, sia alla fortunata fuga da casa, sia allo scambio di confidenze che avevano avuto nella foresta.
Piton, tra una vertigine e un’indicazione, pensò che in fondo la povera inutile studentessa non era proprio come le altre. Certo, non gli andava sempre a genio, però in quei pochi momenti di sintonia che avevano lui si sentiva davvero bene, gli veniva voglia di parlarle, di aprirsi… come aveva fatto quella notte. Non sapeva cosa gli stesse succedendo, forse stava diventando vecchio e rammollito, oppure anche lui si stava affezionando… no, impossibile: quasi non sapeva cosa volesse dire quella parola!
La ragazza pensò alla stessa situazione, ma vista con gli occhi innocenti di una persona che non vuole male a nessuno che non se lo meriti, che cerca comunque di vedere il buono nella gente, e che è rimasta colpita dalla profondità dei gesti e delle parole del professore in quella notte. Avrebbe tanto voluto sapere qualcosa di più su di lui, un uomo così misterioso e triste probabilmente aveva un passato che voleva nascondere a tutti, anche a se stesso. Lei sentiva che quella notte Piton si era confidato, facendo un grande sforzo, e che ben presto anche lui avrebbe voluto sapere qualcosa di più su di lei.
Il cielo aveva cominciato a coprirsi di nuvole che minacciavano di rilasciare pioggia entro pochissimo tempo.
<< Se ha freddo ho portato un altro mantello. L’ho trovato nella sua stanza, è un po’ tanto colorato ma ho pensato potesse tornare utile >>.
<< Tu cos’hai fatto? Chi ti ha dato il permesso? E poi, io non ho mantelli da viaggio colorati. Aspetta… vuoi dirmi che tu hai preso l’unico mantello colorato nella mia stanza, cioè quello che ho “confiscato” a Potter, il mantello dell’invisibilità, e me lo dici solo ora? >>.
La ragazza si strinse nelle spalle come per dire che se l’era scordato, anche perché non aveva bene idea di cosa fosse, o meglio, si chiedeva perché il suo professore così dedito ai colori scuri avesse un arcobaleno di colori tutti in un unico mantello nella sua stanza.
Piton avvertì qualche goccia cadergli sulla fronte e sulle mani, e suggerì, anzi, ordinò alla ragazza di fermarsi al primo posto riparato che avesse trovato. La scelta ricadde su una casa, probabilmente abbandonata, in mezzo alla natura. Era bianca, vecchia, con un grande porticato, finestre dai vetri rotti e porte imbarcate.
Sentì Piton trattenere il respiro.                                                                                                            
<< Chissà se c’è ancora qualcosa dentro o se è deserta e disabitata >> disse la ragazza, avviandosi agli scalini che portavano al porticato.
Piton non parlava. Non respirava, quasi. Lo sguardo era incredulo.
La ragazza avanzava, curiosa, senza curarsi della reazione del professore. Vide sotto il portico un vecchio sdivano a dondolo, delle assi di legno accatastate in un angolo e ragnatele un po’ ovunque.
Piton avanzò a passi piccoli e lenti verso i tre scalini che si dovevano salire per accedere al grande porticato. Non li percorse tutti, ma si fermò ad osservare la casa, con lo stesso sguardo incredulo e allucinato che aveva avuto prima di muoversi. La ragazza notò che era strano, si avvicinò a lui, lo prese per un braccio e lo invitò a sedersi sull’ultimo scalino, dando le spalle alla casa e guardando la foresta che diventava sempre più folta. Per un attimo credette che stesse per svenire.
<< Cosa c’è che non va professore? Lei conosce questa casa? Conosce anche questa foresta? >>.
Piton annuì. << Questa è… casa mia. Questa notte, per fuggire, il primo posto che mi è venuto in mente è stato la foresta che circondava casa mia, il luogo in cui, a qualsiasi ora, con qualsiasi tempo, in ogni modo, andavo, se in casa le cose non andavano bene >>.
La ragazza lo guardava con sguardo comprensivo. << Quanto tempo è che non viene qui? >>.
<< Ormai ho perso il conto degli anni. L’ultima volta che ho visto queste mura mio padre stava male e mia madre piangeva. E io mi ero ripromesso di non mettervi più piede >>.
L’uomo parlava senza il suo solito tono; esattamente senza un tono vero e proprio. Lo sguardo fisso alla foresta, gli occhi aperti, le mani giunte sulle ginocchia, non eseguiva il minimo movimento, se non quello delle labbra per parlare.
<< Non so più che fine abbiano fatto mio padre e mia madre. Non ho mai aperto nessuna delle lettere che lei mi mandava. Ora non mi arriva più niente. Non so neanche se mi interessa >>.
<< Che dice se entrassimo e lo scoprissimo? >>.
Il professore girò la testa guardandola allucinato, come se avesse appena proposto qualcosa di impensabile, a cui lui stesso non aveva ancora pensato.
<< Se non lo fa lei lo faccio io! >>, disse la ragazza, e alzandosi di scatto corse verso quella che doveva essere la porta d’entrata, facendo forza per aprirla. Fu subito raggiunta da Piton che dapprima la ostacolò, poi si ritrovò con il pomello in mano e la porta che si era aperta con il tipico cigolio delle vecchie ante inutilizzate.
L’interno era esattamente come se lo ricordava: il grande tavolo sulla sinistra, le polverose credenze sulla destra, la poltrona di suo padre dietro la porta. Il lampadario che da piccolo gli sembrava enorme ora era ridotto a una semplice lampadina. Un arco sulla sinistra immetteva nel freddo salotto, un tempo adorno di quadri, con un grande mobile a tutta parete, un divano e qualche sedia; ora era vuoto, polveroso e pieno di ragnatele. Tutti i mobili erano bucherellati dagli insetti che vivono nel legno, e tutto sembrava sul punto di crollare da un momento all’altro. In fondo alla stanza si trovavano delle scale che portavano al piano di sopra. Le salì. Tutto era rimasto uguale alle immagini che aveva stampate nella sua memoria. La disposizione dei mobili, i colori, la polvere quasi ovunque gli facevano pensare che la vita in quella casa si fosse interrotta il suo ultimo giorno di permanenza nella stessa.
Mentre Piton si perdeva tra foto, ricordi, una vecchia sedia a dondolo cigolante e lettere trovate qua e là per il piano di sopra, la ragazza dava un’occhiata al piano di sotto, sempre più incuriosita dalle rivelazioni del professore e dagli strani oggetti che trovava nelle stanze e che le ricordavano quelli dei suoi nonni babbani.
Entrambi, in quella casa, si erano persi… persi nei propri ricordi, per l’uno tristi, per l’altra gradevoli.
Un lampo di luce entrò dalla finestra della cucina. “Sta per mettersi a piovere, per fortuna siamo al riparo” fu il pensiero della ragazza.
Piton neppure se ne accorse, tanto era preso dal suo rovistare tra le cose di sua madre. Il suo fare però era indaginoso, macchinoso, insospettito. “Che strano… sono le stesse lettere che sono arrivate a me, stessa intestazione… e perché non c’era polvere sulla poltrona al piano di sotto? La lampadina giù non mi sembra logorata dal tempo come il resto delle cose qui dentro. Che sia… “ e non fece in tempo a terminare il pensiero che una voce dal piano di sotto lo chiamava: << Professore, presto! La casa va a fuoco! Dobbiamo uscire!!! >> sbraitava la ragazza, nel panico sia per il fuoco che divampava da tutte le stanze, come nato dal nulla, sia per l’ombra che aveva appena visto passare davanti alla porta d’entrata.
<< E’ una trappola! Ci hanno trovati! >> aveva risposto Piton.
 
I Mangiamorte erano fuori dall’edificio in fiamme. Erano tre ma non sembravano preoccupati. Gli altri erano in arrivo. Le loro prede avevano ben poche speranze di uscire vive da quell’inferno, figuriamoci di scappare. Li avrebbero attesi fuori dalla casa, con le bacchette puntate e le intenzioni tra le peggiori che avessero mai avuto.
 
Lasciate cadere tutte le cose che aveva in mano, la ragazza cercò di raggiungere le scale, per salire dal professore e smaterializzarsi con lui al sicuro. Il fuoco però stava divorando ogni cosa, chiudendo qualsiasi via di uscita, e ben presto bloccò anche le scale. Entrambi erano in trappola. Piton continuava a gridare per sovrastare le urla di spavento della ragazza, calmarla e farla ragionare, ma lui in primis non sapeva che cosa fare per uscire da quella situazione.
L’idea geniale e pazzoide per salvare la pelle folgorò la mente di tutti e due: la soluzione era la scopa. La ragazza frugò nella borsa ma non la trovò, e si ricordò di averla lasciata sotto il porticato, appoggiata al muro della casa. Era rimasto un unico modo per prenderla, ovvero uscire dalla finestra della cucina, unico tratto di casa non ancora raggiunto dalle fiamme. Il pericolo maggiore sarebbe stato una volta fuori.
Piton pensò che fosse l’idea più stupida che gli fosse mai venuta in mente, ma in quel caso era l’unica attuabile. La ragazza avrebbe rischiato non poco uscendo a cavallo di una scopa, ma lui avrebbe fatto altrettanto lanciandosi dalla finestra del piano di sopra. Probabilmente avrebbe avuto lui la peggio, ma al massimo si sarebbe smaterializzato e poi avrebbe pensato a qualche modo per rimediare alle conseguenze. Cercò di spiegare alla ragazza di uscire, ma non ottenne alcuna risposta. “E’ morta o svenuta? Che l’abbiano catturata?” pensò. Provò ad avvicinarsi alle scale ma il fumo gli annebbiava la vista e toglieva il respiro, mentre il fuoco lo stava facendo sudare e minacciava di inghiottirlo presto. Non sapeva chi avesse appiccato l’incendio ma gli sembrava che dietro a tutto ci fosse pura magia oscura.
Decise che non c’era più tempo da perdere. Sarebbe saltato dalla finestra, e se fosse rimasto integro avrebbe pensato a come aiutare la studentessa che forse era già spacciata. Con un calcio frantumò il vetro già bucherellato della finestra e si affacciò per dare un’occhiata. Sarebbe finito su un arbusto, fantastico.
Stava per prendere lo slancio quando una folata di vento improvvisa gli fece quasi perdere l’equilibrio. Una voce lo invitava a saltare e a muoversi.
La ragazza in groppa alla sua scopa gli era passata davanti, come un fulmine, e ora stava tornando. Dietro di lei macchie di fumo nero la inseguivano: Dissennatori.
Piton esitò, ma il pensiero della ragazza in pericolo gli diede la spinta per saltare nel vuoto. Credette di spiaccicarsi al suolo, invece atterrò a cavalcioni su un ramo di legno lungo e duro: la ragazza lo aveva preso e ora sfrecciavano nel cielo per sfuggire agli inseguitori.
<< Presto faccia qualcosa! Lanci qualche incantesimo! >> gridò lei.
<< Lo sto facendo ma loro sono troppi e noi troppo visibili! >> rispose lui, indaffarato a lanciare attacchi e maledizioni contro Dissennatori e Mangiamorte, che continuavano ad apparire accanto a loro, nonostante gli sforzi di entrambi.
<< Nella borsa… il mantello!!! >> fu il suggerimento che diede la ragazza.
Piton, uomo molto intelligente, capì al volo l’idea della studentessa, che in fondo non aveva pensato a un bel piano. Recuperato il mantello dell’invisibilità dalla sua borsetta lo mise attorno alla sua schiena, prendendo sotto la sua protezione anche la ragazza, la quale agilmente si spostò più vicina a lui, e tentando di nascondere il più possibile la scopa.
Il loro piano aveva funzionato. Grazie al mantello, agli incantesimi di Piton e alla destrezza della ragazza nel manovrare la scopa erano riusciti a disorientare i loro inseguitori, facendo perdere le proprie tracce.
Mentre si allontanavano sulla scopa Piton si voltò a guardare la sua vecchia casa ancora fumante e illuminata dalle fiamme. Probabilmente era solo un’imitazione di quella vera, ma per qualche minuto gli era sembrata veramente la sua, aveva creduto fortemente di ritrovarvi se stesso. Il professore non riusciva a piangere, non lo faceva da moltissimo tempo, ma se lo si guardava bene i suoi occhi avevano qualche venatura rossa, il naso e le gote erano di un rosa quasi acceso, e la bocca era corrucciata, come se dentro stesse veramente piangendo.
 
Decisero che sarebbero tornati a Hogwarts. In fondo ormai non avevano più un posto dove andare, anche nella foresta i Mangiamorte erano riusciti a trovarli, tanto valeva tornare da chi li avrebbe aiutati, anche se per farlo avrebbero dovuto evitare di essere scoperti da tutti coloro che presidiavano i confini della scuola di magia. Erano convinti di potercela fare, con il mantello e la velocità del volo sarebbero giunti al castello entro la sera stessa.
Ogni tanto i due viaggiatori si fermavano per riposare e mangiare qualcosa, in silenzio. Le parole se le scambiavano in volo, forse perché così nessuno doveva guardarsi negli occhi, e lei poteva parlare guardando i maestosi, meravigliosi e suggestivi paesaggi che le si stagliavano di fronte, lui osservando, ammirando e accarezzando col pensiero i capelli e le spalle della ragazza, catturandone ogni singolo particolare.

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Capitolo 8
*** Le lezioni di Pozioni ***


Grazie al mantello dell’invisibilità la ragazza e il professore giunsero ai confini di Hogwarts indisturbati. Il tempo non era dei migliori, anche se l’inverno stava per finire, le giornate si allungavano e i fiori cominciavano a rivelarsi. Quel giorno in particolare c’era un forte vento, il cielo era nuvoloso e minacciava di piovere.
I due volavano molto alto, per evitare di farsi notare dalle persone appostate a terra. Fu più facile del previsto avvicinarsi alle mura della scuola, e riuscirono addirittura a trovare un posto ben nascosto dove atterrare senza essere visti. Tra la torre di astronomia e un’altra torre mai utilizzata da nessuno , infatti, si stagliavano due torrette con i tetti sproporzionati rispetto alle basi. La ragazza non le aveva mai notate appunto perché coperte dalle due torri più grandi, ma pensò che fossero proprio azzeccate in quella posizione per il loro scopo. Una volta aggirata con cautela la torretta, si diressero verso la torre che non era mai utilizzata, e vi accedettero tramite una porta di legno cigolante che dovettero forzare. Il professore faceva strada, la ragazza gli stava subito dietro, attaccata, intimorita da quel posto sconosciuto. Nell’aria si avvertiva una forte umidità e odore di chiuso. Con la bacchetta che fungeva da torcia Piton illuminò la strada, spostando la luce a destra e sinistra per vedere cosa vi fosse attorno a loro. Ovunque ragnatele, sgabelli vecchi e banchi impilati, armadi ammuffiti e piante rampicanti che vi crescevano sopra .
<< Questa torre è utilizzata come magazzino. Questi oggetti sono molto vecchi, saranno anni che nessuno ci mette più piede. È stato il primo ripostiglio di Hogwarts dopo che Tom Riddle uscì da questa scuola >> disse Piton.
<< Tom Riddle? >> chiese la ragazza perplessa.
<< Sì, Voldemort utilizzava questa torre per i suoi “esperimenti”. Diciamo che se è diventato un grande mago è anche perché gli è stata data qui la possibilità di esercitarsi. Ovviamente nessuno sapeva che cosa sarebbe diventato, ma era uno studente brillante come pochi, quindi era giusto assecondare la sua sempre maggior voglia di imparare. Tutti i professori erano d’accordo. All’inizio. >>.
Proseguirono facendosi largo tra le pile di cose che ostruivano il passaggio, fino ad arrivare a un’altra porta di legno cigolante, che li fece entrare in un lungo e scuro corridoio.
<< Da qui si arriva alle scale principali, quelle che amano cambiare >> disse Piton indicando a destra e  alzando gli occhi al cielo, evidentemente infastidito da quel comportamento delle scale che faceva perdere la bussola a matricole inesperte e a studenti veterani. << Useremo delle altre scale, non dobbiamo farci vedere subito. Le voci corrono molto velocemente >>.
Andarono quindi nella direzione opposta, verso l’oscurità, facendosi di nuovo luce con la bacchetta. Giunsero a delle scale di legno, ovviamente cigolanti, che davano un grande senso di instabilità. Piton senza esitazione prese a scenderle, la ragazza invece si fermò. << Lumus! >> disse, e seguì il professore. Alle pareti erano appesi dei quadri, che raffiguravano scene raccapriccianti, i personaggi non si muovevano e l’atmosfera era resa più lugubre da ragnatele e scarafaggi che entravano e uscivano dai muri. La ragazza non vedeva l’ora di arrivare in una stanza conosciuta e pulita.
Finalmente arrivarono in fondo alla scalinata, dove si trovava una porta, stavolta di pietra, ben mimetizzata nel muro. Piton batté tre volte la bacchetta contro il muro, borbottò qualcosa di incomprensibile e la porta si aprì. La stanza in cui entrarono era ricca di tappeti, cuscini e quadri con personaggi che si muovevano e guardavano i due nuovi arrivati chi con stupore chi con gioia chi con sguardi duri. In piedi a lato della scrivania, che guardava i due con un sorriso stampato in volto e gli occhi pieni di stupore, vi era la McGranitt. Dietro di lei si intravedevano Lupin e Lumacorno. Evidentemente stavano parlando e non si aspettavano minimamente di essere interrotti da rumori provenienti da dietro la scrivania.
Dopo un attimo di incredulità la McGranitt si precipitò verso la ragazza, tastandola e abbracciandola.
<< Sono così felice di vedervi sani e salvi! Non avevamo più avuto notizie, credevamo che foste… bè l’importante è che ora siete qui! >>.
<< Se permette preside, io sapevo per certo che sarebbero tornati presto o tardi! >> disse Lupin avanzando verso i due. << E poi con una guardia come Severus Piton si può stare tranquilli >> aggiunse, facendo l’occhiolino a Piton, che per risposta si voltò dall’altra parte.
Lumacorno restava in disparte, più incredulo e spaventato che felice.
<< Oh oh oh benvenuti! >> disse un quadro. La voce proveniva dall’immagine di Albus Silente. << Deve essere stata una lunga avventura, e tutti non vediamo l’ora di sentirla, ma per sapere il finale dovremo aspettare. Temo che non sia ancora la fine. Sebbene siate riusciti a scampare a tutti gli attacchi dei Mangiamorte non è detto che essi desistano. Voldemort è più che mai deciso a trovarti ragazza mia, e il tempo gioca sempre a suo favore purtroppo >>.
<< Ma perché mi vuole? Cos’ho io che gli altri non hanno? È per via dei miei genitori? È colpa mia? Ma ora che siamo ad Hogwarts siamo al sicuro no? Nessuno può entrare qui, c’è un sacco di gente, non si azzarderebbero ad attacc… >>. Fu interrotta dalla voce fredda di Piton.
<< Sciocca. Credi che i Mangiamorte abbiano paura di quattro studentelli che non sanno armeggiare neanche un rametto di legno? Credi che l’Oscuro Signore si fermerà davanti alle mura della scuola o a qualche professore? Evidentemente non hai ancora capito da chi stai scappando… >>.
<< Ma se Voldemort vuole qualcosa da me perché non posso darglielo e pace all’anima? Così alla fine si potrebbero risparmiare botte e incantesimi >>.
Piton guardava altrove, stanco della cocciutaggine della ragazza.
<< Vedi cara, Voldemort non vuole un oggetto che è in tuo possesso… >> disse la McGranitt con tono tenero, come di chi cerca di spiegare qualcosa di brutto a un bambino. << Dentro di te si trova quello che Voldemort cerca, e non può averlo senza… >>.
<< Ragazza mia, ci sono molte cose che devi sapere, sia sul tuo passato che sul tuo presente, per poter vedere più chiaramente il tuo futuro. A tempo debito verrai messa al corrente di tutto. Ora credo che sia meglio che tu e il professor Piton vi riposiate, da domani tornerete alle vostre consuete mansioni. Hai attraversato un periodo difficile credo, è bene che ora ti prenda un attimo di pausa. Torna dai tuoi amici e alla vita normale, perché il mondo è pieno di insidie e problemi da cui ogni tanto è giusto allontanarsi per poterli affrontare meglio >> disse con il solito tono saggio Silente. << Le voci corrono in fretta ad Hogwarts. Forse sarebbe meglio se tu uscissi il meno possibile, e sempre accompagnata da un professore. Ovviamente non ti vogliamo togliere l’aria aperta, ma presta molta attenzione. Non si sa mai chi possa fare o sentire cosa >>.
Detto ciò l’immagine sparì. La McGranitt congedò la ragazza e parlò ai tre professori che erano rimasti.
<< Il tempo è davvero poco. Presto, molto presto, verranno a sapere che la ragazza è nuovamente qui. Verranno a cercarla e dovremo essere pronti. Si potrebbe scatenare una nuova guerra, potrebbe essere necessario impugnare le bacchette e difendere la scuola e i suoi studenti. E potrebbe anche essere necessario far combattere proprio loro, per lo meno chi se la sente. Non è solo per la ragazza che si combatterà: sarà anche per difendere l’intero mondo magico. Horace, a lezione cerca insegnare ai ragazzi qualche trucchetto per svanire, trasformarsi o schivare attacchi. Remus, tu invece cerca di prepararli a combattere, attaccare, incantesimi semplici ma efficaci, in modo che sappiano difendersi, anche i più piccoli che sono i più inesperti e vulnerabili. E tu Severus, da domani tornerai a insegnare pozioni, perciò cerca di far loro preparare pozioni che possano tornare utili >>. I tre professori annuirono, lo sguardo deciso e fisso negli occhi della preside. << Dobbiamo collaborare tutti per riuscire a cavarcela >>, e detto questo tornò a sedersi dietro la scrivania, mentre i professori uscivano dallo studio.
 
La ragazza fu accolta nel dormitorio dei Grifondoro da tutti i suoi amici, che le chiesero dove fosse stata e se le fosse mai successo qualcosa. Inizialmente lei rispose in maniera vaga, poi con l’amica più cara che aveva, Linda, si confidò. Le raccontò tutte le sue disavventure, i litigi col professore, i suoi momenti di tenere confessioni e le disse tutto ciò che pensava su di lui. L’amica la guardava allucinata, sia perché era scampata ai Mangiamorte più volte sia perché non pensava potesse dire cose così gentili sul professore più arrogante e antipatico della storia di Hogwarts.
<< Tu non capisci, in realtà la sua è una maschera. Secondo me ha un brutto passato alle spalle e ha dovuto farsi credere duro e cattivo per essere lasciato in pace e per affrontare il mondo. E poi mi ha detto che una volta è stato innamorato. Ci credi che sa cosa vuol dire “amare”? >>.
<< Faccio moooolta fatica a crederci, ma se è vero tutto quello che mi hai detto forse potrei fare uno sforzo, uno sforzo moooolto grande però. Ma…non è che per caso ti sei affezionata un po’ troppo al professore? >> chiese l’amica con aria maliziosa.
La ragazza divenne rossa, e con risate che coprivano la timidezza rispose: << Ma no, dai, scemotta! Ma figurati, come si può amare una persona così? Mi avesse trattata bene almeno. Non passava giorno che non mi facesse una frecciatina o che non litigassimo. Persino prima mi ha trattata con estremo distacco. Io non lo capisco, di solito le persone più passano tempo insieme più si conoscono e si legano. Qui invece mi sono resa conto che tra noi c’è un abisso. O meglio, tra lui e il resto del mondo! >>. Risero entrambe, ma la nostra ragazza si stava già rimangiando tutto quello che aveva appena detto.
 
Il giorno seguente ripresero le attività scolastiche. Già dalla colazione in sala grande tutti sapevano che la ragazza era tornata a Hogwarts e che il professor Piton avrebbe ripreso l’insegnamento di Pozioni come prima che divenisse preside.
Fu strano per la ragazza seguire le lezioni, non più abituata ormai a ritmi serrati, insegnamenti da seguire e persone intorno con cui interagire. Fu per lei impegnativa la lezione di trasfigurazione, perché riteneva più semplice scappare su una scopa che trasformarsi in una poltrona. La lezione più bella e facile fu quella di Lupin, Difesa contro le Arti Oscure, perché era la sua materia preferita, il professore era bravo sia a spiegare che a coinvolgere gli studenti, e quel giorno fecero degli incantesimi più dinamici e complessi, che a lei riuscivano molto bene, e che aveva usato anche contro i Mangiamorte. Generalmente non venivano insegnati se non a corsi avanzati, il che fece pensare la ragazza, la quale arrivò alla conclusione che Lupin stava preparando i suoi studenti ad affrontare un nemico vero. Sapeva a cosa sarebbero tutti andati incontro, anche se non ne capiva il perché. Decise di non curarsi per il momento del suo destino come aveva detto Silente, e si impegnò a fondo nella lezione di Lupin e in quelle successive.
Seguire con attenzione Rune antiche 2 fu alquanto difficile, dal momento che era una materia interessante ma noiosa da studiare seduti in classe guardando la professoressa che parlava senza far vedere immagini. Per fortuna c’era Linda accanto a lei che ogni tanto le dava una pacca per destarla o faceva disegni animati sulla pergamena degli appunti.
Arrivò infine l’ora di Pozioni. Sinceramente la ragazza non sapeva se era entusiasta o no di riavere Piton come professore dopo quello che avevano passato insieme, e non sapeva neppure come comportarsi. L’ora passò velocemente, perché lei e Linda si cimentarono in una pozione lunga e impegnativa che non diede loro il tempo di pensare ad altro. Ovviamente non l’avevano scelta loro, era stata affidata a ogni gruppo una pozione diversa direttamente dal professore, che a quanto pareva aveva dato la più complicata a loro. “Che sia una sorta di vendetta? Gentile e sleale da parte sua…” aveva subito pensato la ragazza.
<< Attenzione prego, dirò le cose una volta sola, poi vi dovrete arrangiare, perché non intendo perdere tempo con degli studenti che non hanno la decenza di ascoltare ciò che dice loro un insegnante >> disse a inizio lezione Piton, che sembrava sempre rivolto alla ragazza, con il tipico tono aspro. << Primo. Lasciate una boccetta con dentro la pozione che avete preparato sul tavolo. Passerò io personalmente ad accertarmi che l’abbiate eseguita correttamente. Chi non ha seguito la ricetta e non è riuscito a preparare la pozione in maniera corretta domani lo saprà e sconterà una punizione. Secondo. Alla fine dell’ora troverete scritti alla lavagna alcuni degli ingredienti che serviranno per la pozione di domani. In base a questi dovrete “indovinare” quali mancano e portarli con voi domani. Non è un gioco, semplicemente pretendo che conosciate le pozioni e che domani arriviate con le cose pronte. Appena arriverete potrete iniziare a preparare ciò che credete sia la pozione che ho in mente. Non serve che vi dica che chi sbaglia farà perdere punti alla casa oltre che diminuire drasticamente la propria media dei voti. Ricordo che questo per voi è l’ultimo anno, dopo di che potrete andare a rovinare il mondo magico con le vostre cazzate fuori da questa scuola. Quello che cerchiamo di fare noi insegnanti è ridurre i danni che farete una volta usciti di qua >>. Il suo modo di parlare, con le parole e le sillabe ben scandite, aumentò il timore degli studenti di Grifondoro, eccitò invece i Serpeverde.
Lasciata la boccetta sul tavolo, i ragazzi uscirono di corsa dalla stanza, lasciando il professore a controllare le pozioni. Neanche a dirlo, riservò quella della ragazza per ultima. La analizzò con cura, per vedere se vi fossero trucchi o errori. “Corretta. Sarà di certo un colpo di fortuna. È sempre più interessata a Lupin e alla sua materia che alla sottile arte delle pozioni… “.
 
Nella sala comune dei Grifondoro erano tutti riuniti per cercare gli ingredienti mancanti della misteriosa pozione.
<< Non ce la faremo mai! >>.
<< Troppi pochi indizi, questi ingredienti manco si trovano nei libri associati così! >>.
<< Ci toglierà tutti i punti… ci annullerà le medie dei voti. Ci bocceranno agli esami! Come lo dirò a mia madre? >>.
Tutti erano molto preoccupati. Anche la ragazza non sapeva dove sbattere la testa. Come gli altri, neppure lei sapeva che forma avessero quegli ingredienti, e non sapeva dove cercarli. Rimase in piedi fino a notte inoltrata, mentre gli altri già dormivano lei era con la testa immersa nei libri di pozioni. Non voleva assolutamente darla vinta a quell’uomo che si era tanto comportato male con lei. Era stato anche tenero, le era sembrato triste e solo, ma ciò non toglieva che con lei avesse un comportamento duro e ingiustificato.
A un certo punto non ce la fece più, crollò, con la testa che dal librò si reclinò all’indietro, i piedi alti sul divano.
 
Era la seconda notte che passava a Hogwarts dopo molto e ancora non si era abituata all’idea di essere di nuovo tra i suoi coetanei, nella sua scuola, al sicuro, almeno per un po’. Nel sonno le vennero in mente molti dei momenti passati lontano dalle mura che ora la riparavano, in una casa estranea, con Piton e le sue pozioni. Ripensò alle litigate, alle frecciatine, ai pianti e anche alle risate che si era fatta quando gli era caduto il calderone con la pozione curativa che stava preparando da giorni. “Che ridere quella volta! E pensare che gli ingredienti erano così strani… avevo riconosciuto che la pozione era curativa solo per i cicli di bollitura e raffreddamento, altrimenti non avrei saputo che pesci pigliare con quegli ingredienti, che tra l’altro son gli stessi del compito che ci ha dato oggi…”. Passò un istante di silenzio e vuoto, poi si svegliò di colpo e il volto le si illuminò. Controllò gli appunti per vedere che non fosse tutto frutto della sua fantasia, che effettivamente erano quelli gli elementi dati per il compito. Era troppo felice per riaddormentarsi, la stanchezza la fece restare stesa sul divano, ma la scoperta le diede le forze necessarie per cercare l’intera ricetta per la pozione.
Neanche a dirlo, quando l’indomani tutti scesero per la colazione, la ragazza sprizzava sicurezza da tutti i pori e disse a Linda di fidarsi. Prima della lezione le raccontò tutto, il sogno, ciò che accadde alla pozione di Piton, le risate che si era fatta e che continuava a fare ripensandoci.
<< Ma se lui ci ha messo giorni per farla, come possiamo noi cavarcela in qualche ora? >> chiese Linda.
<< Me lo sono chiesta anch’io, perciò stanotte ho cercato una scappatoia e l’ho trovata. La soluzione ce l’ha fornita proprio lui, scrivendo un ingrediente che serve per accelerare le reazioni, ma non si trova ovunque. Si estrae da una pianta rampicante che cresce sul legno in posti umidi. Se non ce lo fornisce so dove trovare la pianta! >>.
<< Sono contenta di avere per amica un genio! >>.
E si avviarono entrambe saltellanti alla lezione di pozioni, che avrebbe occupato tutta la mattina.
 
Vista la difficoltà della pozione non furono le prime a finire, anzi, le penultime. Dopo di loro terminarono Neville e Simous, due menti che insieme potevano far esplodere Hogwarts intera. Harry, Ron ed Hermione furono tra i primi a finire, sempre i migliori, ma non sapevano di aver sbagliato totalmente pozione questa volta. Ridacchiando, la ragazza guardava chi si atteggiava a secchione e si vantava di aver azzeccato la pozione, come quell’infido di Malfoy, un ragazzo che davvero la irritava molto, forse più di Piton.
Alla fine delle ore disponibili l’aula rimase vuota, e Piton girò tra i banchi in cerca del calderone cui dare la giusta ricompensa e quello invece cui dare la meritata punizione. Anche stavolta il bancone della ragazza fu l’ultimo ad essere esaminato. Finora solo il calderone della signorina Granger conteneva una pozioni che si avvicinava a quella curativa di cui aveva occultato alcuni ingredienti.
Il calderone della ragazza era ancora fumante, e accanto a esso si trovava un recipiente con dell’acqua e qualche cubetto di ghiaccio in via di scioglimento. “Qualcosa lo deve aver azzeccato. Almeno il ghiaccio” pensò il professore. Esaminò i resti degli ingredienti utilizzati. C’erano tutti, anche quelli che aveva occultato. “Ammirevole. Ha indovinato la pozione, forse non è solo fortuna la sua”. Si chinò sul pentolone per annusare e guardare bene la pozione preparata (anche il colore e l’odore possono essere indicativi per la buona riuscita di un intruglio magico). Erano perfetti. Sporgendosi vide un biglietto dall’altro lato del calderone, visibile solo se ci si metteva sopra come aveva fatto lui. Lo prese e senza esitazione lo lesse:
 
“La povera inutile studentessa ha imparato dal maestro. Stia tranquillo, l’allieva non l’ha ancora superato, ma è bene non sfidarla! Questa pozione rievoca ricordi assai… divertenti! Ah ah ah!”
 
La prima emozione che il professore provò nel leggere il biglietto fu di ira per l’insolenza con cui la ragazza gli aveva scritto. Poi però non poté fare a meno di leggere e rileggere quelle parole, indirizzate direttamente a lui, quel tono scherzoso che pochi avevano avuto con lui e quella scena rievocata che era comica per lei, tragica per lui.
Erano trascorsi appena due giorni dalla ripresa della vita di sempre e forse gli mancava la vita di reclusione con quella povera inutile insolente cara studentessa.      

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Capitolo 9
*** La ragazza che aveva tre padri ***


La vita sembrava quasi tornata alla normalità, fatta eccezione per le tante persone estranee alla scuola che si davano il turno per vigilare sugli studenti. Erano tutti Auror o persone fidate, frequentanti dell’Ordine, amici dei professori, sì insomma, gente che aveva a cuore non solo Hogwarts ma l’intero mondo magico. E tutti, compresi gli studenti, sapevano che presto sarebbe giunto il momento di difendere ciò in cui credevano, e che tutto sarebbe potuto finire da un momento all’altro se nessuno avesse avuto il coraggio di opporsi.
Le lezioni dei professori divennero sempre più pratiche: quelle di trasfigurazione sempre più intriganti, quelle di difesa contro le arti oscure sempre più affascinanti e ricche di duelli, quelle di pozioni sempre più complicate. Piton in particolare richiedeva che ogni ragazzo possedesse un set di pozioni da utilizzare in caso di necessità, preparate direttamente dallo studente stesso. Fatti suoi se la pozione era sbagliata.
La ragazza si ritrovò presto con un ottimo bagaglio di incantesimi per difendersi dalla magia nera e con una discreta capacità di preparare pozioni e intrugli. Ovviamente Piton non faceva complimenti se non ai Serpeverde, ma il fatto che non avesse ancora accennato nulla sui bigliettini che gli lasciava le fece pensare che forse pure lui si era accorto che in fondo era una buona promessa della chimica magica. Intanto comunque continuava a rispondere a modo alle frecciatine indirette che il professore le mandava, facendogli trovare messaggi dalle parole pungenti, di un’ironia che divertiva chiunque li leggesse.
 
Un giorno, quando ormai sembrava essersi ristabilita un po’ di calma, la preside concesse a un gruppo di studenti di andare ad Hogsmeade. In realtà aveva concesso a tutti di fare quella gitarella, ma un gruppo di studenti alla volta, pochi, una decina, sorvegliati da un professore. Non ci si potevano permettere troppe distrazioni, ma un po’ di aria diversa avrebbe fatto bene agli studenti. Quel giorno toccò alla ragazza, accompagnata dall’amica Linda, alcune altre Grifondoro e Lupin. Il mezzo di trasporto, per la gioia della ragazza, fu la scopa, nonostante il freddo fosse pungente.
Giunte nella cittadina le studentesse si diedero all’attività preferita dalle adolescenti e dalle donne in generale: lo shopping! Lupin stava diventando matto, non riusciva più a seguirle ovunque, e si era anche stancato di andare per negozi, voleva bersi una burrobirra e farla finita.
<< Su con la vita, c’è di peggio al mondo, come per esempio essere reclusa per un periodo di tempo indeterminato con Piton in una casa lontana da tutto e da tutti! >> aveva detto la ragazza al professore, seduto su una panchina, le gambe distese e gli occhi stralunati.
<< Ah guarda, non ho mai amato andare in giro per negozi. Infatti il mio guardaroba è abbastanza povero e monotono! Avrei dovuto accompagnare un gruppo di giovani studenti maschi ma Lumacorno mi ha chiesto di fare cambio con voi perché doveva provare una nuova trasfigurazione, per farvela poi vedere a lezione e non fare brutta figura! Allucinante! >>.
La ragazza rise, pensando a quanto impegno il professor Lumacorno stesse mettendo nell’insegnamento in quel periodo, e per un momento si rattristò all’idea che, in fondo, loro non si meritavano di doversi preparare a uno scontro, nessuno se lo meritava. E lei si sentiva quasi in colpa.
All’improvviso si sentirono delle grida e poi delle persone che parlavano a gran voce, additando il cielo in direzione della scuola. Esattamente sopra al castello, tra dei nuvoloni neri che prima non c’erano, era comparso il marchio nero, simbolo dei Mangiamorte…e di Voldemort. Doveva essere successo qualcosa.
Le voci dicevano che si era sentito un gran botto, uno stormo di fumo e nuvole nere si era mosso a tutta velocità verso Hogwarts e ora si potevano vedere scintille provenire da tutte le direzioni.
Lo scontro era cominciato.
Lupin radunò tutte le ragazze del gruppo, che erano terribilmente spaventate,  e disse loro di stare unite, nascondersi dove lui avesse loro indicato e di non muoversi fino a nuovo ordine.
La ragazza però non aveva la minima intenzione di perdersi quel momento, Voldemort voleva lei, e lei sarebbe andata da lui. Non aveva senso versare neppure una goccia di sangue per lei.
Volarono tutti uniti in direzione della scuola, poi a metà strada Lupin ordinò al gruppo di nascondersi vicino a una casa di legno, abbastanza protetta e sicura. Tutte fecero come disse il professore tranne la ragazza, che sgusciò via e proseguì verso la battaglia. Ormai Lupin aveva lanciato l’incantesimo di protezione e non poteva perdere altro tempo. La inseguì e le stette accanto, scortandola. Era l’unica cosa che potesse fare.
 
La scena al castello era raccapricciante. Studenti che duellavano con Mangiamorte, professori che tenevano a bada Dissennatori, creature magiche che difendevano la scuola dagli invasori. Molti studenti si erano riuniti nelle sale comuni, altri si erano trasformati in oggetti, altri ancora combattevano come aveva insegnato loro Lupin, infine alcuni si davano da fare con pozioni contro i nemici o curative per i feriti.
La ragazza e Lupin si muovevano vicini, lanciando schiantesimi e altri attacchi per difendersi dall’esercito di uomini, e non solo, che Voldemort aveva richiamato.
Il primo pensiero di Lupin fu quello di aiutare chi era in difficoltà, trovare la McGranitt e organizzare una difesa efficacie, tenendo sotto controllo la ragazza, vero bersaglio della battaglia.
La ragazza invece aveva due soli pensieri: trovare Piton ed eliminare Voldemort.
 
Il professore di Pozioni si trovava nelle sue stanze quando era iniziata la battaglia. Aveva da poco terminato una conversazione con Silente a dir poco combattuta.
“Severus, devi dire la verità alla ragazza, deve sapere che cosa vuole Voldemort”.
“Ma Albus come posso io dirglielo? Non mi ascolterà mai. E poi dopo quello che mi hai costretto a fare l’anno scorso crederanno che sarò io a chiamare i Mangiamorte per prendere la ragazza e impadronirsi del mondo magico. Diglielo tu Albus cazzo!”.
“Se non sarai tu a farlo, lo verrà a sapere comunque stanotte. In un modo o nell’altro. E non da me”.
Ovviamente discutere con Silente era inutile. Vinceva sempre lui.
Rintanatosi nelle sue stanze stava borbottando qualcosa contro un’ampolla piena di uno strado liquido blu; evidentemente quella pozione necessitava di un incantesimo.
Non appena udì il botto che fecero gli incantesimi dei Mangiamorte che si schiantavano contro Hogwarts corse fuori, e tramite corridoi e passaggi interni si accertò che tutti i professori dell’Ordine fossero operativi nella difesa della scuola. Era preparato a questo momento, sapeva cosa doveva fare: proteggere la ragazza ed eliminare Voldemort.
Non fu semplice trovare Voldemort, men che meno la ragazza, poiché non sapeva che era andata ad Hogsmeade. Stanco di cercarla in ogni luogo del castello, decise che era tempo di eliminare alla radice il male che affliggeva il mondo magico.
Piton non voleva fare l’eroe, semplicemente ci teneva a quel mondo che lo aveva accolto e cresciuto, non voleva veder distrutto il luogo che chiamava “vera casa”, non voleva che la ragazza andasse incontro al suo terribile e ingiusto destino.
Mentre vagava nel mezzo della battaglia si sentiva chiamare, offendere, etichettare come “traditore” sia da parte dei Mangiamorte che dei professori di Hogwarts. La sua risposta era l’indifferenza, non aveva tempo da perdere con nessuno. I nemici venivano attaccati con schiantesimi, gli alleati che lo chiamavano traditore erano invece ignorati, rimandando la vendetta a data da destinarsi.
All’improvviso sentì una voce che lo chiamava. << Severus… >> . Era l’oscuro Signore. Lo stava guidando verso di lui. Senza esitazione Piton si mise a seguire la voce, e ben presto si ritrovò in una stanza con un grande specchio e nulla tutto intorno se non un’altra porta dalla parte opposta. Dall’angolo più buio intravide una figura i cui contorni si facevano più nitidi man mano che avanzava verso di lui. Anche il professore si fece avanti, e in pochi passi si trovò faccia a faccia con Voldemort.
 
La  ragazza affiancata da Lupin correva dall’atrio ai corridoi, alla sala grande, al giardino. Ovunque c’era gente che duellava, le creature magiche combattevano tra loro in maniera selvaggia, gli incanti Patronus respingevano i Dissennatori, colorando l’aria intorno di riflessi blu-argentei. E lei in mezzo a quella confusione sgranava gli occhi per trovare Piton o Voldemort, e risolvere al più presto la faccenda.
“Speriamo non gli sia successo niente”.
 
<< Finalmente ci si rivede, Severus >>.
<< Mio signore >> rispose il professore, chinando la testa.
<< I miei uomini mi hanno detto che non ti sei comportato in maniera leale, Severus. Mi hanno riferito che sei sempre stato una spia al servizio di Silente, eppure nessuno di loro sa dirmi per quale motivo lo avresti ucciso >>.
<< Spesso il motivo di qualcosa è semplice e talmente visibile che nessuno lo considera, oppure volutamente lo si ignora, mio signore >>.
<< E allora spiegamelo tu Severus, perché io non riesco a vederlo >>.
 
La ragazza e Lupin continuavano a correre, incrociando molti volti conosciuti, ma non cercati in quel momento. Perlustrarono stanze mai viste, corridoi percorsi raramente, aprirono la stanza delle necessità ma non vi era anima viva. Poi finalmente dei rumori, diversi dal solito, dietro una porta. Erano voci, due uomini che parlavano, con tono calmo, con cautela.
“ Una è senza dubbio la voce di Piton, l’altra non saprei… “ pensò la ragazza. Puntata la bacchetta contro la serratura stava per farla saltare e irrompere nella stanza, ma Lupin la bloccò, e quasi sussurrando disse: << No, aspetta. Non sappiamo cosa stia succedendo lì dentro >>.
<< Ma c’è Piton! >> replicò la ragazza.
<< Lo so, ma è meglio restare vigili in ascolto >>.
Posato l’orecchio sulla porta si misero ad origliare la conversazione che stava avvenendo nella stanza, pronti ad intervenire appena fosse stato necessario.
 
<< Avanti Severus, dimmi la tua versione. Illustrami perché hai ucciso Silente, dammi prova della tua fedeltà e avrai salva la vita >> disse Voldemort.
Il professore dapprima non rispose. Guardava il suo interlocutore dritto negli occhi, con il solito sguardo fisso e duro, ma stavolta non si leggeva ironia nei suoi occhi. Era deciso e pronto a tutto.
<< Mio signore >> iniziò Piton, con un tono più divertito che serio. Anzi, stava proprio ridacchiando.
<< Cos’è che ti fa tanto ridere Severus? >> chiese Voldemort irritato.
<< Mio signore, sono riuscito a ingannare uno dei più grandi maghi della storia della magia >>.
Voldemort fece un sorrisetto, tra il sollevato perché credeva che Piton si riferisse a Silente e l’incuriosito perché il dubbio rimaneva.
<< Mio signore, io sono stato leale. Sempre. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per le promesse che avevo l’obbligo di mantenere >>.
A queste parole la ragazza rimase a bocca aperta, incredula. Lupin stringeva in mano la bacchetta, sentendosi tradito. Piton aveva preso in giro tutti, pure Silente. Era sempre stato fedele a Voldemort, e lui in qualche occasione lo aveva appoggiato. Gli avevano affidato in custodia la ragazza. Che stupidi.
Iniziava ad arrivare gente. Prima di tutti Linda, che li aveva di nascosto seguiti invece che nascondersi. Poi arrivarono altri studenti e la McGranitt. A tutti, tranne due che facevano da sentinelle all’imbocco del corridoio,  fu detto di stare in silenzio e pronti ad irrompere nella stanza.
<< La mia lealtà l’ho sempre dimostrata verso colui che mi ha salvato da un destino più crudele della morte. Dopo che hai ucciso i Potter, dopo che mi hai portato via la mia amata Lily, sono andato da Silente. Gli avevo chiesto di salvarla, ma non era stato possibile. L’unica cosa che mi rimaneva di lei, a parte il vivido ricordo, erano gli occhi di suo figlio, identici ai suoi. Ciò che mi ha chiesto Silente da quel giorno è stato di sorvegliare il ragazzo, di proteggerlo da te. E l’ho fatto. Ho mantenuto fede alla mia parola. Ho boicottato i tentativi dei tuoi servi di fargli del male, gli ho dato indizi, gli ho insegnato trucchi e incantesimi, ed è servito, anche se è rimasto insolente, arrogante e presuntuoso come suo padre. Quando poi Silente ha toccato l’anello che fungeva da Horcrux e la maledizione gli ha fatto perdere una mano, egli stesso mi ha fatto promettere tre cose: di aiutare Harry ma più di tutti la ragazza che era intanto divenuta il tuo nuovo bersaglio, e di ucciderlo quando fosse stato il momento, piuttosto che un semplice ragazzo si macchiasse di quel crimine da te commissionato. Non lo avrei mai voluto fare, ma avevo promesso, e solo così sarei rimasto fedele. Silente mi ha sempre aiutato. Mi ha dato la possibilità di coltivare la mia passione per gli incantesimi e le pozioni. Mi ha accolto quando ero un Mangiamorte, salvandomi da un orrendo destino di morte, dolore, e solitudine. Certo, non ho più avuto l’amore, ma meglio che essere servi una persona come te che l’amore non l’ha davvero mai conosciuto. Ho fatto la spia per tutti questi anni, e ho ingannato uno dei maghi più potenti della storia: te. Ed ora che siamo qui, porterò a termine la promessa fatta a Silente: per proteggere la ragazza e il mondo magico devo eliminarti, mio signore >>.
Dietro la porta chiunque avesse ascoltato la confessione di Severus Piton aveva le lacrime agli occhi. Piton era in fondo una brava persona, forse il miglior professore di Hogwarts sotto tutti i punti di vista.
<< Davvero commovente >> disse Voldemort. << Chi l’avrebbe detto che un uomo come te potesse essere così fedele a Silente? Poco importa, ti avrei ucciso comunque, ora ho un motivo in più >>. Detto questo lanciò un incantesimo su Piton che però prontamente lo schivò e ne lanciò un altro in risposta. Il duello ebbe inizio, ma dopo poco dalla porta alle spalle di Voldemort entrò una decina di Mangiamorte, incappucciati e mascherati, che presto accerchiarono i due. Ora non si combatteva più ad armi pari.
Bastarono pochi schiantesimi per mandare a terra Piton, ansante, che comunque non desisteva e continuava a lanciare maledizioni e incantesimi. E dai semplici schiantesimi i Mangiamorte passarono alla maledizione Cruciatus. Il dolore era tanto, intenso e devastante, Piton urlava e si dimenava in preda a spasmi che lo facevano contorcere. Nei pochi sprazzi di lucidità che poteva avere si rendeva conto che ormai era giunta la fine.  
La ragazza, sentendo quelle urla, non potè reprimere la rabbia che aveva dentro e di scatto fece saltare la serratura della porta ed entrò nella stanza gridando << Bombarda Maxima >>. L’effetto fu di allontanare gli uomini dal corpo del professore, che rimase a terra, immobile. Dietro di lei anche gli altri entrarono nella stanza, e si disposero in riga per fronteggiare i nemici.
La ragazza corse da Piton, si inginocchiò accanto a lui e gli sollevò la testa. Piton la guardò, gli occhi neri fissi su quelli azzurro-verdi della ragazza, e provò a dirle qualcosa, ma fu interrotto. << Ssshh, non dica niente. Non serve. Non si preoccupi, vedrà che starà meglio, glielo prometto >> . Il tono della ragazza era dolce, senza più neppure un briciolo di quella rabbia che aveva utilizzato per sfondare la porta o che avrebbe poi rivolto ai suoi nemici. Piton non disse nulla, ma allungò la mano verso il viso di lei, accarezzandoglielo. Lei lo lasciò fare, avvicinò il volto, lo posò sul suo palmo, e con la mano che le restava libera prese quella del professore. Non dissero nulla, ma gli sguardi che si scambiarono parlavano più di mille parole.
Ad un certo punto la ragazza si girò verso Linda, chiedendole di pensare a Piton, poi si alzò. Voltatasi verso la schiera di Mangiamorte, avanzando a passi lenti ma decisi sollevò la bacchetta e si preparò a combattere.
<< Ma bene, finalmente ci incontriamo Georgy >> disse Voldemort avanzando verso la ragazza. << Non sei contenta di vedermi? Io non vedevo l’ora di incontrarti, di conoscerti e assaporarti >>.
<< Io non sono affatto contenta di vederti sinceramente. Dimmi cosa vuoi da me e potremmo anche arrivare a un compromesso, senza spargere altro sangue o causare ancora dolore >>.
<< Ah, ah, ah sentitela, vuole salvare il mondo! Ehi ragazzina, chi comanda qui sono io. Cosa voglio da te? Nessuno te lo ha mai detto? Non ci credo >> disse Voldemort divertito. << E’ una serata di rivelazioni allora questa. Vedi, quello che voglio è il tuo sangue. Ciò che scorre nelle tue vene è un puro ed efficacie elisir di vita eterna. Ovviamente tu sei mortale, ma chi lo beve potrà vivere in eterno >>.
La ragazza era divertita: << Sì certo dai, ora dimmi il vero motivo per cui sei qui, dimmi cos’è che io ho e che ti interessa >>.
Contrariato Voldemort ribadì il concetto: << Ehi ragazzina, io non sto scherzando. Il tuo è come il sangue di unicorno, ma molto più potente. Ti chiederai come mai proprio te e io te lo dico, visto che saranno le ultime cose che sentirai prima di morire. Almeno muori conoscendo il perché del tuo destino, sei fortunata, e io sono magnanimo, vedi? Comunque, secondo un’antica leggenda che in realtà è una profezia di un antico oracolo, il primo del mondo magico, ogni trecento anni da una coppia di figli babbani nasce una figlia femmina che porta in sé questo elisir, e non necessariamente deve essere in possesso di poteri magici sin dalla nascita, perché li acquisisce nel tempo. Non è lecito sapere di preciso chi sia, infatti molte fanciulle nell’antichità venivano sacrificate per trovare quella giusta. Solo a una persona è dato di sapere chi sia la prescelta, una sorta di protettore, ed è la famiglia di questa persona a mantenere il segreto, e tramandarlo solo all’interno della famiglia stessa. Si dà il caso che questa persona, ai nostri giorni, sia la professoressa Minerva McGranitt >>.
Tutti si girarono verso la professoressa, che abbassò la testa.
<< Evidentemente non ha saputo tenere la bocca chiusa e avrà di certo spifferato tutto al suo amato Albus, non è vero Minerva? Che sciocchi, credevano di poterti salvare da me! >>.
<< Si bella storia, ma non quadra. I miei genitori non sono babbani >>.
<< Oh è vero, papà Jerry e papà Alan sono maghi a tutti gli effetti, ma i tuoi genitori naturali lo erano. Tanto tempo fa credevo che dopo aver ucciso Potter e te sarei stato il padrone del mondo magico. Eppure entrambi mi avete dato problemi. Di Potter la storia si sa, ma la tua credo di no visto le facce sconvolte dei tuoi amichetti al sentire i nomi dei tuoi due padri. Hai detto qualche bugia in questi anni Georgy? Allora anche tu non sei proprio una buona persona. I tuoi genitori naturali babbani sono morti non per causa mia. Incidente stradale. Il fato ha voluto aiutarmi, almeno in questo. Peccato che la tua preside qui avesse il compito di proteggerti, e appena saputo dei Potter e dei miei progetti ti ha affidato alle cure dei due gay che ora ti fanno da padri. Buffo no? La ragazza con tre padri! E nessuno ora potrà proteggerti. A me serve il tuo sangue, lo capisci? È per una buona causa, solo io posso e devo vivere per sempre! >>.
La ragazza era sconvolta. Tutti in quella stanza erano scossi dalle rivelazioni dell’oscuro signore.    
<< Ma… ma… perché? Perché devo essere proprio io quella che credete prescelta? >>.
Georgy non voleva crederci. Non poteva essere lei. Anche se nessuno le aveva mai spiegato in tal modo perché avesse dei genitori adottivi, non riusciva a capire chi potesse dire che lei fosse la prescelta.
<< il tuo sangue è comunque magico >> intervenne pacatamente la McGranitt, << Jerry, tuo padre adottivo, è in realtà fratello della tua madre naturale, Manuelle. Non te lo hanno mai detto perché credevano non fosse giusto farti star male o impensierire. Quando erano giovani e in età per venire qui a Hogwarts, solo Jerry ricevette la lettera di ammissione, perché aveva ereditato la magia da tuo nonno Cedric. Tua madre non ci restò male, accettò la cosa e basta. Voleva molto bene a Jerry e tra i due c’era un legame particolare, tipico tra fratelli gemelli. Una volta con il consenso di Silente l’ha pure portata a visitare la scuola. Che cara ragazza! Era buona, gentile, simpatica, di buone maniere, e tu le assomigli molto. La profezia dice che la prescelta, sempre donna e sempre figlia di babbani, ha comunque in sé il seme della magia, ma non spiega come. Tu lo hai, Georgy, geneticamente! >>.
La ragazza sapeva di averlo, cavolo, era stata ammessa ad Hogwarts!
La McGranitt le se avvicinò, le prese le spalle, la guardò dritto negli occhi e le disse scandendo bene le parole: << Georgy, tu ce la puoi fare, puoi sconfiggere per sempre Voldemort! La prescelta possiede poteri e forza sufficienti, non ha nulla da temere! E comunque noi siamo qui, se tu non ce la fai nessun altro di noi ha la possibilità di uscire salvo da questa battaglia >>.
La ragazza si sentiva sulle spalle una grossa responsabilità. “Cazzo, qui tutti credono che io sia dotata di chissà quali poteri. Semplicemente studio le materie, imparo e son brava di natura negli incant…aspetta: da dove vengono queste doti? E se fossi realmente la prescelta? In fondo lo credono tutti. E adesso cosa mi cambia fronteggiare Voldemort e rischiare di morire oppure nascondermi e morire poco più tardi, visto che comunque quello che vuole è il mio sangue? E scommetto che non gliene basta un goccino… Bè, fanculo, io credo in questo mondo, credo nel fatto che i miei padri mi hanno sempre insegnato di combattere per ciò che voglio e ciò che sono, di difendere ciò che amo, credo che molte persone hanno dato tanto per me, si sono sacrificate solo per me. Lo devo a tutti loro”.
Nei suoi occhi sia accese una fiamma. Guardò tutti coloro che le erano rimasti accanto nell’ultimo periodo. Vide Lupin appoggiato a una colonna, sfinito, Sirius ancora trasformato in cane che ringhiava in continuazione, la McGranitt che molto aveva dato e nonostante l’età molto voleva ancora dare alla scuola, Linda, la più cara amica, Piton. Piton: lui sì che si era sacrificato in molti modi per lei, e ora si trovava in fin di vita, a pochi passi, sempre accanto a lei. Una nuova carica di energia la pervase.
La ragazza si voltò, avanzò verso Voldemort e tese la bacchetta: voleva duellare.
<< Vuoi il mio sangue? Bene, vienitelo a prendere. Ti sfido a duello, solo io e te, nessun altro deve interferire. Sempre che tu non sia un codardo buono a niente che si nasconde dietro i suoi sicari >>.
<< Ragazzina, per sfidarmi e parlarmi così vuol dire che non hai ancora capito chi sono oppure hai un gran bel coraggio. Poco importa, ora scopriremo di cosa è capace la prescelta. Che duello sia >>.  

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Capitolo 10
*** Duello di sangue ***


La calma prima della tempesta. I due sfidanti si trovavano uno di fronte all’altro, separati solo da pochi metri, le bacchette rivolte una contro l’altra, gli occhi fissi sull’avversario. Nessuno parlava, né si muoveva. Sembrava che anche la battaglia fuori dalle mura della stanza si fosse quietata, come se tutti stessero seguendo con attenzione ciò che stava succedendo tra Voldemort e la ragazza.
Quasi annoiato dal fatto che il suo elisir gli stesse facendo perdere così tanto tempo, Voldemort attaccò per primo. La ragazza, ben pronta e all’erta, parò il colpo, facendo rimbalzare le scintille verde smeraldo contro il muro. Iniziarono così a scambiarsi una serie di colpi, come se fosse una gara di scherma, dove però non erano le bacchette o le spade a toccarsi ma i loro prolungamenti, gli incantesimi che si lanciavano. Nessuno riuscì a prevalere sull’altro.
<< Non sei male, per essere una ragazzina >> sentenziò Voldemort.
<< Cosa credi, sono una povera e inutile ma diligente studentessa >> rispose Georgy, cui venne da sorridere pensando a quell’epiteto affibbiatole da Piton più e più volte durante la reclusione nella casa. Forse in quel momento avrebbe voluto essere là, ad annoiarsi, a giocare con le pozioni, a fare le pulizie, a prendersi mal di schiena allucinanti per le brutte posizioni sul divano, con Piton al piano di sopra che ogni tanto la offendeva, ogni tanto ci litigava, ogni tanto la ignorava completamente, ma che quando serviva la salvava.
Un improvviso attacco di Voldemort la fece sbalzare contro le persone che aveva alle spalle, finendo sopra a Sirius che, ancora trasformato in cane, iniziò a guaire.
<< Georgy stai bene? Riesci a rialzarti? >> le chiedevano tutti.
La ragazza ce la faceva benissimo, era solo stata presa un po’ alla sprovvista. Rassicurati gli animi tornò dal suo nemico numero uno, e si riposizionò, pronta a combattere.
Lui non si scompose, voleva farla finita subito, e le lanciò un potente attacco. L’unica cosa che venne in mente alla ragazza per difendersi fu un “Expelli armus”. L’effetto si può ben immaginare: la ragazza era finita contro il muro alle sue spalle, oltre le persone che la sostenevano, mentre Voldemort aveva solo sentito vibrare un po’ la bacchetta. Lievemente stordita si rimise in piedi, di nuovo pronta a fronteggiarlo.
“ Cazzo, se non mi sveglio qui finisce male. Dove sono i famosi poteri della prescelta? Mi hanno gabbata tutti quanti? Magari rimango uccisa, Voldemort beve il mio sangue e alla fine si scopre che hanno sbagliato ragazza, sai che divertimento…” pensava la ragazza finché si riprendeva dal colpo subito. La sicurezza che le aveva dato la forza di replicare a Voldemort stava seriamente vacillando. “E adesso cosa faccio? Posso tirarmi indietro?” e mentre pensava ciò si guardava intorno, e schivava qualche altro attacco lanciato ogni tanto dal nemico che rideva di fronte alla ragazza spaesata e impaurita. Lei, d’altro canto, vedeva accanto a sé persone che non avrebbero esitato a dare la vita per un ideale, per la persona amata, per il loro mondo. “ Cazzarola, qui c’è in gioco il mondo magico, Hogwarts, la vita dei miei amici… e la mia di vita! Dai Georgy su, ci sono ostacoli che fanno paura ma bisogna superarli comunque, a testa alta, con fatica e sacrificio. Questo magari sarà l’ultimo, e se non dovessi farcela saresti ricordata come una persona forte e coraggiosa, ma se tu ce la facessi riavresti la tua vita, libera e felice!”. L’adrenalina che le diedero questi pensieri la spinse a lanciare un “Bombarda maxima” contro Voldemort, che non se lo aspettava così dal nulla, e venne scaraventato contro i Mangiamorte alle sue spalle.
<< Ehi ma forse qualche potere ce l’ho veramente! Non mi era mai riuscito un colpo del genere! >> esclamò la ragazza.
<< Devi solo crederci, pensare che tutto sia possibile, perché hai le carte giuste da poterti giocare >> disse la McGranitt, con un sorriso incoraggiante stampato in volto.
 
Lo scontro cambiò radicalmente. La paura e l’indecisione erano scomparsi dal volto della ragazza, mentre su quello di Voldemort non si vedeva più il solito sorrisetto, ma si era fatto più serio e concentrato. Fu una battaglia nella battaglia, senza esclusione di colpi. Il grande specchio nella stanza era andato in frantumi, pezzi di muro erano crollati, e i due si stavano spostando, sempre a suon di voli e colpi, verso altri luoghi. Nel corridoio che portava alle scale grandi marmoree che amavano spostarsi vi fu un inseguimento epico: la ragazza dopo un colpo magistrale, un Expelli armus eseguito alla perfezione, si era lanciata lungo il corridoio per prendere la bacchetta di Voldemort, volata via con l’incantesimo. Ovviamente Voldemort le era corso dietro, ma la bacchetta era stata già recuperata dai Mangiamorte, che dunque si erano intromessi nello scontro e tentavano di bloccare la ragazza. La battaglia si allargò quindi a entrambi gli schieramenti, perché anche professori, studenti e chiunque fosse presente delle due fazioni si lanciò nella mischia.
La ragazza però aveva sempre un unico obiettivo: eliminare Voldemort. La loro battaglia proseguì nella sala grande, stranamente vuota, con solo i tavoli e le sedie disposti ai lati. L’incantesimo che proiettava il cielo sopra le loro teste era svanito, e ora si poteva benissimo vedere un soffitto di archi e travi, tutto di pietra, con delle incisioni difficili da decifrare e interpretare.
<< Siamo rimasti soli finalmente. Ora nessuno ti può aiutare o sostenere >> disse Voldemort.
<< E nessuno ti può recuperare la bacchetta, vero Voldy?! >> rispose con ironica insolenza la ragazza, divertita dalla sua stessa battuta e dalla prontezza con cui l’aveva detta. Per tutta risposta l’oscuro signore increspò le labbra e tornò all’attacco, scagliandosi letteralmente contro la ragazza. La prese per il collo della maglia e la scaraventò contro i tavoli, poi la riprese e la lanciò contro il tavolò dei professori. Al terzo attaccò la ragazza si scansò all’ultimo lanciandogli un incantesimo nuovo e mai provato a distanza molto ravvicinata : << Sectum Sempra! >>.
Voldemort accusò il colpo, e restò a terra qualche momento, permettendo alla ragazza di allontanarsi un poco. Non aveva mai visto cosa faceva quell’incantesimo, semplicemente aveva sentito che era stato usato una volta da Potter contro Malfoy, ma non sapeva altro. Ora ne poteva vedere gli effetti su Voldemort. Le vesti lacere, il volto segnato e gli arti sanguinanti, il signore oscuro si rialzò in piedi, gli occhi carichi di ira. La ragazza ne fu colpita, non credeva fosse possibile comunicare tutto quell’odio con un solo sguardo.
Lo scontro si fece più duro. I colpi erano sempre più pesanti, la forza di Voldemort si stava mostrando in tutte le sue forme, le vie di fuga sembravano sempre più lontane. Ora la sfida era diventata molto fisica, oltre che magica, in quanto ciò che cercava di fare Voldemort era annientare la ragazza in qualsiasi modo.
Volavano incantesimi da tutte le parti, e finirono per ferire al braccio sinistro la ragazza. Dolorante per tutti i colpi subiti Georgy stava diminuendo le difese, ma non demordeva, era decisa a combattere fino alla fine. Se Voldemort voleva il suo sangue doveva guadagnarlo a caro prezzo, non gli sarebbe stato facile divenire immortale.
In un secondo la ragazza si ritrovò stesa a terra, con la mano destra che teneva il braccio ferito, lo sguardo fisso sulle volte del soffitto. Ancora una volta in un lampo di distrazione si chiese cosa mai raffigurassero tutte le incisioni che stava osservando. Il momento di riflessione però durò molto poco perché il suo nemico, nonostante la stanchezza, stava tornando all’attacco. La ragazza schizzò in piedi (per quanto le forze che le restavano glielo permettessero) e mosse la bacchetta in modo da creare una sorta di scudo contro gli attacchi del nemico.
Voldemort per tutta risposta, creando una perfetta illusione, si sdoppiò e triplicò, facendo credere alla ragazza di essere circondata da dieci persone tutte uguali e confondendola. L’incantesimo raggiunse il suo scopo e ben presto la ragazza si sentì afferrare per il collo e lanciare verso il soffitto, dove rimase a svolazzare tra le braccia del Signore Oscuro. La scena che seguì fu raccapricciante. La ragazza sapeva che presto o tardi sarebbe stata lasciata e si sarebbe ritrovata spiaccicata sul pavimento della sala grande con un gran botto, perciò chiuse gli occhi e impugnò saldamente la bacchetta. All’improvviso avvertì uno strano calore sulla pelle, come se qualcosa di umido le stesse accarezzando il braccio sinistro, fermandosi proprio a livello della ferita. Aprì gli occhi per accertarsi di star sognando, ma vide ciò che non avrebbe mai immaginato: Voldemort stava leccando con grande gusto la ferita, assaporando l’eternità, pregustando la sua immortalità.
Georgy ne fu schifata. Iniziò a dimenarsi come una pazza, poco le importava se sarebbe caduta per metri e metri. Riuscì a togliere il suo braccio dal volto di Voldemort ma l’aveva portata talmente in alto che con il braccio ferito la ragazza toccò il soffitto con le strane incisioni, che le sembrò si fossero mosse dopo il suo passaggio. Anche Voldemort aveva avvertito qualcosa, e tutti e sue si bloccarono sentendo un rumore alquanto strano, come di ingranaggi che si muovevano.
Le incisioni avevano iniziato a muoversi freneticamente da una parte all’altra delle arcate, come impazzite, cambiavano posto come le grandi scale marmoree che portavano ai dormitori. Dai movimenti che sembravano casuali scaturì un’immagine che invece pareva avere un certo ordine, bastava solo decifrarla correttamente.
Entrambi i duellanti rimasero colpiti da questa magia: Voldemort mollò la presa sulla ragazza, lei riuscì ad arrestare un momento la caduta e attutirla. Il rumore di ingranaggi si era fermato e un grosso boato aveva riecheggiato in tutta Hogwarts. Tutti coloro che combattevano la battaglia all’esterno della sala grande si erano fermati e, richiamati dal rumore, avevano iniziato a muoversi verso la fonte del boato. Non sapevano perché si stesserò dirigendo lì, erano solo decisi a farlo, perché era necessario.
La ragazza alzò gli occhi e guardò sbigottita il soffitto che ora aveva una sua logica, una sua chiave di lettura. Le incisioni, riorganizzatesi, mostravano delle scene in cui la ragazza si riconobbe. Prima una scena confusa con tanta gente che si azzuffava, poi due persone una di fronte all’altra con le bacchette alzate a indicare uno scontro in corso, infine l’ultima scena ritraeva sempre i due personaggi uno di fronte all’altra, le cui bacchette stavolta lanciavano incantesimi che si incrociavano, ma uno dei due era attorniato da tante persone con le bacchette rivoltegli contro, e sotto questa scena era incisa una scritta: “Unum”.
Georgy, stesa sul pavimento, non riusciva a capire come il soffitto avesse potuto “intuire” quella situazione e i veri fatti che erano accaduti, e si chiedeva se chi l’aveva progettato avesse visto nel futuro. Guardò Voldemort e anch’egli era assai stupito da ciò che era successo.
 
La porta della sala grande si aprì e vi irruppero molte persone, che si misero a semicerchio attorno alla ragazza, mentre Voldemort atterrava poco lontano. I primi ad arrivare furono la McGranitt, Lupin, Linda, Harry Potter e Neville Paciock, e la reazione di tutti fu di guardare in alto il soffitto e capire perché i due lo guardassero con aria stupita.
<< Ma che cosa hai fatto? Spiegati! >> urlò il Signore Oscuro alla ragazza.
<< Non ho fatto niente io! Non so perché il soffitto sia cambiato, non so come sia potuto succedere! Conosco il mio destino da meno di un’ora, che ne posso sapere di tutte queste cose! >>.
<< Perché non ce lo dice la tua cara preside allora? Mi sembra davvero impaziente di parlare, o la renderò impaziente io… >>.
La McGranitt fece un passo avanti e cominciò a parlare, con calma e decisione: << E’ un incantesimo antico, legato alla profezia. Il sangue della ragazza lo ha attivato. Poiché il suo sangue è sacro e importante non ne deve essere versata neppure una goccia, deve essere usato per gli scopi più puri e virtuosi. Tu non meriti di poter vivere per sempre, non dopo quello che hai fatto, non dopo che hai ucciso tante, troppe persone >>.
<< Bla, bla, bla… inizi a fare discorsi odiosi e già sentiti, proprio come tuo figlio >> disse in tono provocatorio Voldemort, mentre tutti si voltavano a guardare increduli la preside, << dovevi vederlo come parlava bene quella notte, come cercava di fare il valoroso, il coraggioso, l’eroe. Non ha neppure urlato quando gli ho lanciato la maledizione Cruciatus, altro che quei due babbei dei Paciock >>. Il volto della McGranitt fu rigato da una lacrima, ma non voleva dare a quel bastardo la soddisfazione di vederla star male. Neville si era irrigidito, avrebbe voluto vendicare i suoi genitori, ma sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta da solo.
Georgy, all’udire queste parole, si alzò in piedi e si pose esattamente di fronte a Voldemort.
<< Tu non hai mai avuto il diritto di rovinare così tante vite. Non saprò cos’è successo a molte persone, ma posso vedere le ferite che hai provocato a distanza di anni. So che nel mondo non c’è giustizia, e mi rendo conto che eliminarti non riporterà in vita nessuno dei cari che hai ucciso di tua mano, ma sarà pur sempre un modo per evitare che queste atrocità si ripetano, e per salvare una volta per tutte il mondo magico dalla tua minaccia >>. Detto ciò la ragazza alzò la bacchetta e, pensando a tutte le persone per cui valeva la pena lottare, a quelle che l’avevano sempre aiutata, a chi l’aveva salvata, lanciò l’incantesimo più potente che avesse mai potuto fare. Ovviamente Voldemort replicò, e i due incantesimi, le due diverse magie, si incontrarono a metà strada. I raggi verdi che scaturivano dalla bacchetta del Signore Oscuro bloccavano l’avanzata dei raggi blu-argentei della ragazza, lasciando la situazione in un momento di parità.
Quando la ragazza iniziò a sentire segni di cedimento della sua forza arretrò, facendo spuntare un sorriso compiaciuto sul volto di Voldemort, che pregustava già la vittoria.
Fu in quel momento che si compì la terza scena raffigurata nel soffitto. La McGranitt alzò la bacchetta e disse: << Lei è la prescelta che può fermare Voldemort. Io ci credo. E credo che non possa farlo da sola. Un uomo che non ha mai conosciuto l’amore solo con l’amore può essere sconfitto, e dall’amicizia, e da tutte le cose positive che lui stesso minaccia di distruggere. Per tutti coloro che hanno sofferto, per Silente, per mio figlio… “Ad unum” >>, e dalla sua bacchetta uscì una scia di luce dorata che colpì la ragazza, e attraverso di lei passò nella bacchetta e nel fascio di magia rivolta contro Voldemort.
Harry Potter fece un passo avanti e disse: << Anche i miei genitori sono stati uccisi da Voldemort, e anche io ho molto sofferto per la loro perdita. Se c’è qualcuno che può fermarlo e non far patire questo dolore a nessun altro, e lei è la prescelta, allora dico “Ad unum” >>, e anche dalla sua bacchetta uscì il raggio di luce dorata.
Poi fu la volta di Neville, ragazzo timido e impacciato che dopo qualche balbettio riuscì a dire “Ad unum” e dare il suo contributo. Anche Lupin e Linda fecero lo stesso, insieme ad altri che unirono il loro pensiero e la loro magia.
La ragazza girò un attimo la testa, per vedere tutti coloro che la stavano aiutando, grata per il loro contributo, e guardato il fascio di magia ormai tutta blu e dorata che scaturiva dalla sua bacchetta, prese nuovo vigore e la potente luce inglobò Voldemort. Videro fumo nero che usciva dal suo corpo che si stava velocemente disfacendo davanti ai loro occhi, si stava polverizzando e dissolvendo come sabbia in una tormenta di vento. Una volta svanito l’incantesimo di lui non vi fu più traccia. Per sempre.
 
La gioia di tutti fu immensa. Dopo un attimo di silenzio iniziò il momento dei baci, degli abbracci, delle lacrime e dei sorrisi. Lupin si avvicinò a Georgy e le mise una mano sulla spalla, non servivano parole. La McGranitt si fece largo e la abbracciò, dicendole che lo sapeva che ce l’avrebbe fatta, ne era certa. In mezzo a quella confusione però la ragazza sentiva che le mancava qualcosa, ma cosa? Voldemort era morto, tutti la stavano festeggiando, certo il castello era un po’ ridotto male ma si poteva sistemare. I suoi amici più cari si erano stretti tutti attorno a lei, Lupin, la preside, Sirius, Linda, il vecchio gruppo era presente.
<< Piton! >> urlò all’improvviso la ragazza. In preda all’ansia prese Linda per le spalle e le chiese dove fosse il professore, se l’avesse portato in infermeria, se fosse ancora vivo.
<< Non lo so, io sono uscita a dare una mano agli altri, c’era una battaglia fuori se non l’hai notato! >> disse l’amica, cercando di far sorridere Georgy, ma non fu così.
La ragazza partì di corsa, lasciando tutti nella sala grande, schivando le persone che le si paravano davanti, diretta alla stanza dove lo aveva visto l’ultima volta. Immerso in un profondo silenzio, disteso in un angolo della grande stanza vuota e cosparsa di macerie, si trovava il corpo di Piton. Avvicinatasi lo guardò, cercando dei segnali che fosse vivo.
<< Professore! Professore! >> lo chiamò, ma non ottenne risposta.
<< Professore! Per favore, mi risponda! >> ripetè, e una lacrima le scese dagli occhi. Stava per asciugarsela quando Piton girò la testa verso di lei e aprì gli occhi per qualche secondo, guardandola intensamente, poi li richiuse e rigirò i volto. Era vivo.
 
Non fu facile convincere Madama Chips a dare le sue cure al professore, in quanto era fermamente convinta fosse un vile traditore. Gli occhi dolci e supplicanti della ragazza e le minacce della preside, però, le fecero cambiare idea. Gli fu riservato l’ultimo letto, il più in disparte. Il professore non aveva ancora ripreso conoscenza dall’ultima volta che Georgy l’aveva visto.
<< Ha riportato delle brutte contusioni, danni a livello sensoriale e grossi traumi. Gli ho dato una pozione che lo manterrà sedato per un po’, ma non potrà muoversi. Per avere effetto le cure non dovrà fare alcuno sforzo e/o movimento per diversi giorni, quindi quando avrà bisogno dovrà esserci qualcuno qui per lui, e sinceramente io non ho tempo per questa canaglia >> disse la maga infermiera.
<< Nessun problema, resto io >> disse la ragazza, e presa una sedia si posizionò accanto al letto.
<< Contenta te… devi avere davvero un gran cuore per fare una cosa del genere. Adesso vieni qua che ti sistemo quella ferita che hai sul braccio, non voglio mica che si infetti e che poi diano la colpa a me! Anche sul soffitto dovevi strusciarla! >>.
 
La ragazza rimase accanto al professore per due giorni, dormendo nel lettino vicino, leggendo libri durante il giorno, osservandolo guarire. Non aveva ancora aperto gli occhi, non aveva ancora detto nulla, solo si lamentava quando gli serviva qualcosa. Era dura di notte svegliarsi per dargli da bere, o sistemarlo durante il giorno perché non gli venissero le piaghe, ma glielo doveva per tutto quello che aveva fatto per lei… e perché gli si era affezionata veramente.
Un giorno la McGranitt entrò nell’infermeria e trovò la ragazza seduta sulla sedia ma con braccia e testa posati sul letto del professore, addormentata. Si svegliò di colpo, si rizzò e vedendo che era la preside scattò in piedi. Era visibilmente provata, sia dalla battaglia che dal ricovero del professore. Per seguirlo non si era ancora fatta una doccia, né aveva più dormito nel suo letto, né si era riposata seriamente.
<< Senti Georgy, è inutile che tu stia qua tutto il tempo. È giusto che anche tu ti riposi, hai fatto davvero molto per tutti. Vai a farti una doccia e riposati, poi tornerai qui, e se vorrai potremo scambiare due parole. Resterò io qui intanto >> disse la McGranitt.
La ragazza era stanca, una doccia e qualche ora di sonno le avrebbero fatto bene, e poi aveva un sacco di domande da fare alla preside, su di lei, sul soffitto, sul suo destino.
 
La doccia diede alla ragazza veramente nuove energie, quelle che le bastarono per rivestirsi e stendersi nel suo comodo letto. Appena posò la testa sul cuscino cadde in un sonno profondo. Sognò la battaglia, Voldemort, i suoi amici. Alla fine sognò anche Piton che le stringeva la mano e gliela baciava. Quando si svegliò qualche ora dopo aveva il sorriso stampato in faccia, e una voglia pazzesca che quel sogno fosse realtà.
 
Tornata in infermeria trovò la McGranitt che chiacchierava con madama Chips, spettegolando di alcune studentesse che erano state viste a braccetto con dei ragazzi più grandi. Quando Georgy arrivò la preside si alzò e la accompagnò fuori fino al suo studio.
<< Dormito bene? Hai fatto bei sogni? >> chiese la preside con tono innocente, provocando l’arrossamento del volto della ragazza.
<< Si si tutto bene. È stata una notte che sarà difficile da dimenticare, e probabilmente la sognerò ogni notte per molto tempo >> rispose la ragazza.
<< E’ vero. E’ stata una notte incredibile, e tutto si è risolto per il meglio. Ora più nessuno ci minaccia, possiamo tornare tutti a vivere normalmente, ti sei ripresa il tuo destino. Adesso potrai tornare a pensare ai tuoi esami, a cosa fare dopo Hogwarts. Resterai sempre la prescelta, ma potrai condurre una vita come tutti. Probabilmente ora vorrai sapere del soffitto, ti ho vista molto stupita l’altra notte. Quel soffitto è stato costruito e reso magico dai quattro storici fondatori di Hogwarts. Ovviamente loro sapevano dell’esistenza di una ragazza prescelta, e nonostante non conoscessero né il suo nome né la sua nazionalità decisero che, se ci fosse stato bisogno, ad Hogwarts avrebbe trovato il modo di scoprire il suo potere nascosto e trovato riparo, oltre che un aiuto per sconfiggere chi la minacciava. Il meccanismo è molto semplice: le incisioni che si possono sempre vedere non indicano nulla, ma l’incantesimo si attiva solo quando il soffitto viene a contatto con il prezioso sangue della fanciulla prescelta: non deve andarne sprecata neppure una goccia. L’ultima scena raffigurata, quella con la scritta Unum, è la più importante perché svela il modo di sconfiggere il nemico, in questo caso Voldemort. Tutti noi dovevamo dare parte della nostra magia a te per aiutarti e sostenerti, “Ad Unum” appunto, perché in quel momento tu rappresentavi noi tutti. Ed ha funzionato benissimo >>.
<< Non ci posso credere, quindi il mio unico potere è quello di essere in grado di prendere la vostra magia? >> chiese la ragazza.
<< Ma no, il potere della prescelta è quello dell’amore. Tu hai affrontato Voldemort per amore dei tuoi amici, del tuo mondo, della tua vita. E noi ti abbiamo dato il nostro, sollecitati dal ricordo dei nostri cari che hanno sofferto. Io ho perso mio figlio, sai? Era giovane, forte, bello, e Voldemort me lo ha portato via. Faceva parte dell’Ordine, è stato ucciso per nulla, da persone malvage. Si è sacrificato per un ideale, la libertà del nostro mondo. E finalmente tu l’hai vendicato. Certo questo non lo riporterà in vita, ma almeno so che nessun altro passerà ciò che ho passato io a causa di Voldemort. Grazie Georgy, mi hai liberato da un grande peso >>. Detto questo la McGranitt congedò la ragazza, dicendo di vedere che era bramosa di tornare dal professore. La ragazza intuì che era una scusa. Quando richiuse la porta dello studio alle sue spalle, sentì singhiozzare da dentro, la preside persa tra le lacrime, e una voce calda e saggia che la consolava.
 
Tornò nella deserta e silenziosa infermeria, colpita dalle parole della preside, triste per il suo dolore. Non sapeva avesse avuto un figlio, probabilmente in pochi lo sapevano. Ebbe modo di pensare a quanto dolore avesse sparso Voldemort, a quante vite avesse spezzato, a quanti sogni infranti. Forse ora molta gente poteva tornare a sorridere, e a cercare di vivere.
Ormai era quasi sera, il pomeriggio era volato tra la dormita e la chiacchierata con la McGranitt. La ragazza, ancora stanca, tornò nella sua consueta posizione, con le braccia e la testa sul letto del professore, all’altezza circa della sua mano. Si era quasi riaddormentata, era nello stadio di dormi-veglia. Stava immaginando di nuovo la battaglia, in particolare la fine, e tutte le persone che la abbracciavano. Le pareva di sentire proprio il calore delle loro mani, qualcuno che le accarezzava la testa, qualcun altro le braccia. Una sensazione così viva non l’aveva mai provata in quello stato. Aprì gli occhi di colpo, come illuminata da una rivelazione, e vide lo sguardo di Piton puntato su di lei e una mano che teneva la sua. Sul volto un sorriso.
I due iniziarono a parlare, lei gli chiese come si sentisse, se stesse meglio, lui rispondeva a volte cordialmente, altre con la tipica acidità che però stavolta faceva sorridere la ragazza. Lei gli raccontò della battaglia, di come era stato sconfitto Voldemort e di quello che le aveva detto la McGranitt. Furono interrotti da madama Chips, la quale oltre a dovergli somministrare una pozione curativa, aveva anche l’obbligo di accertarsi delle sue condizioni; intanto disse al professore che era fortunato, perché non tutti i malati che passavano giorni in quell’infermeria avevano un’assistente a tutte le ore del giorno e della notte. Fece l’occhiolino alla ragazza e se ne andò.  
<< Sei stata qui tutto questo tempo? >> chiese Piton.
<< …Sì… >> rispose timidamente la ragazza.
Calò il silenzio, la ragazza guardava sempre verso il basso, mentre Piton teneva lo sguardo fisso su di lei. Allungò una mano verso il suo braccio, e non appena la ragazza ebbe alzato lo sguardo le disse: << Grazie, di tutto. Per esserci stata, per essere rimasta qui, per avermi salvato la vita >>.
La ragazza non se lo aspettava. Non sapeva se fosse più incredula o più felice. Prese le mani del professore tra le sue e gli sorrise. Restarono così, senza dire nulla, semplicemente a parlarsi con lo sguardo per molto tempo. Ma poi in fondo, il tempo neppure lo percepivano, perché erano persi l’uno nell’altra, e neanche lo sapevano.

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Capitolo 11
*** Il vero inizio ***


Severus Piton camminava inquieto per lo studio della McGranitt, il volto pensieroso, le mani dietro la schiena. Alle pareti i quadri appesi erano privi delle immagini dei precedenti presidi di Hogwarts, tutti impegnati in una riunione per la ricostruzione della scuola e sulla gestione delle notizie che la stampa e il ministero richiedevano.
<< Ti ripeto, secondo me glielo dovresti dire >> disse al professore la McGranitt, che si era presto liberata dalla riunione per gestire meglio le cose direttamente dalla scuola.
<< Ma cosa? E come? >> rispose Piton.
<< Come lo stai dicendo a me adesso! Severus, sei un uomo adulto, e queste situazioni le devi affrontare come tale >>.
<< Ma non ci riesco, Minerva >> replicò il professore, scandendo bene le parole con il tipico tono infastidito.
<< Senti Severus, sai benissimo quello a cui vai incontro. Io non posso che dirti come “amica” che dovresti dirglielo di persona, al più presto, ma come preside ti devo avvertire che ciò avrà delle conseguenze. Insomma, non capita mica tutti i giorni. Ma se è così incontenibile, se è un desiderio così grande, se poi durerà, allora non posso che farti i miei migliori auguri, ma ti metto già in guardia che ciò comporta delle responsabilità >>.
<< Lo sai che sono pronto a tutto, non sono le conseguenze che mi spaventano, qualsiasi sia la risposta >>.
<< E allora cos’è che ti turba? Cosa ti spaventa? >>.
<< Dirglielo! >>.
<< Ma Severus, se quella ragazza ti piace davvero lascia che per una volta sia solo il tuo cuore a parlare! >>.
 
I giorni che seguirono la battaglia furono un lento ritorno alla normalità. Dopo che si era risolta la faccenda Voldemort, Georgy aveva molte cose a cui pensare: gli esami, la ricostruzione, come comportarsi con Piton. La chiacchierata in infermeria, i gesti di entrambi, le erano sembrati sinceri, ma da quando si era rimesso il professore era tornato ad essere schivo, anche se meno indifferente a lei. Si era accorta che ogni tanto durante i pasti o le lezioni lui la guardava per qualche istante prima di distogliere lo guardo, ma se capitava qualche occasione in cui potevano scambiare qualche parola lui si ammutoliva e trovava sempre un modo per allontanarsi, anche con sgarbo. “ Ma chi li capisce gli uomini… o sono una cretina io che credo di poter piacere alle persone, oppure qualcuno mi ha preso in giro per bene! Mah…” pensava la ragazza.
Un gran vociferare proveniva dai corridoi, tanto che anche pensare era diventato difficile. Persone che urlavano, ragazzine che si comportavano da galline, maschi che facevano i galletti. “Eh sì, è giunto anche il momento del ballo!”, si spiegava la ragazza. Il ballo di inizio primavera si teneva intorno alla fine di marzo, ed era un semplice ballo della scuola, organizzato dagli studenti stessi, con tema principale i fiori e l’amore che sboccia. Ogni anno si vedevano nascere coppiette che poi duravano per qualche giorno, se non qualche ora, ma era un bel momento se passato con la giusta compagnia. Georgy non era mai stata accompagnata da un ragazzo se non il secondo anno. Tutte le altre feste le aveva trascorse con Linda e altri amici, sempre con un bel bicchiere di burrobirra in mano e tantissime risate. Nonostante lei preferisse il ballo di fine scuola (che sembrava quasi un concerto rock), sapeva che si sarebbe ugualmente divertita, senza ballare né dover dire frasi sdolcinate a ragazzetti immaturi che pretendevano di essere romantici in quell’occasione.
Quest’anno il ballo si sarebbe però tenuto a inizio aprile, per permettere di organizzarlo al meglio. Le ragazze incaricate degli addobbi sbraitavano e si arrabbiavano di continuo per scegliere il colore dominante e quanti fiori posizionare dove, mentre i ragazzi del primo anno erano usati come schiavetti per spostare sedie e tavoli, ovviamente agli ordini delle ragazze più grandi.
Mancava poco alla data del ballo e Georgy si rese conto di non aver nulla da mettere. Avrebbe dovuto darsi allo shopping ad Hogsmeade, chi sa se Linda l’avrebbe accompagnata. Decise di domandarglielo immediatamente, in modo da potersi organizzare. Nel suo andare dall’amica però fu interrotta da una mano che le prese il braccio e la fece voltare di scatto. Era Gazza, il custode-guardiano-bidello, che le riferiva un messaggio della preside, la quale la voleva vedere nel suo studio. La ragazza non poté rifiutare l’invito, perciò si diresse dalla McGranitt.
<< Voleva vedermi? >>, chiese, dopo aver varcato la soglia dello studio.
<< Si cara, accomodati! >> la accolse la McGranitt. << Allora, come stai? Tutto bene? Nessuna notizia sconvolgente? >>.
<< Sto benissimo, grazie, nessuna notizia di alcun tipo >> rispose la ragazza un po’ perplessa.
<< Ah ecco, sì, bene bene >>. “ Non glielo ha ancora detto allora…”.
<< Mi ha fatto chiamare per questo? >>.
<< No certo che no! Cioè, non esattamente! Sai, quello che ti è successo non capita tutti i giorni, hai passato dei mesi alquanto difficili, e adesso tornare alla normalità potrebbe essere stato complicato. Gente che ti ferma per i corridoi, chi ti abbraccia, chi chiede l’autografo, lo stress, la confusione che c’è in questi giorni per il ballo… volevo assicurarmi che fosse tutto ok >>.
<< Non si preoccupi, sto bene. Sì, il ritorno alla normalità è stato un po’ traumatizzante, ma sopravvivo di sicuro. Piuttosto vorrei chiederle se sono ancora previste scappatine a Hogsmeade perché ho un bisogno disperato di un vestito! >> .
<< Si può fare, certo. Ormai il pericolo è finito! Che bello preoccuparsi per il ballo! Mi ricordo quando io ero studentessa e ogni anno cercavo di essere tra le più carine, curavo ogni minimo dettaglio. E poi tutti quei ragazzi che mi guardavano! Non era mica come adesso sai? Una volta non si poteva ballare insieme, maschi e femmine dico, se prima non erano state fatte le presentazioni ufficiali e non c’era la sorveglianza di qualcuno. Ora invece fate quello che volete, ma forse è giusto così! Mi ricordo che l’ultimo anno di scuola mi ero invaghita di una persona, e ho sempre sognato di poter ballare con lui in un’occasione del genere, ma non è mai successo… e mai succederà… >> disse la McGranitt con tono nostalgico.
<< Perché dice così? Non è mai detto! >>.
<< Oh sì invece. Non si può vivere di sogni, e non si possono resuscitare i morti… >>.
La ragazza rimase con il dubbio tutto il giorno: chi sarà mai stato l’uomo di cui parlava la McGranitt? Lei un’idea ce l’aveva, e poiché le dispiaceva molto vedere la preside così triste nel rimembrare tempi passati, decise che avrebbe fatto qualcosa presto o tardi, per concederle quel tanto sognato ballo.
 
Tra una lezione e l’altra, un po’ di shopping e di studio, e un incantesimo fatto di nascosto violando molte regole, ma per una buona causa, era arrivato il giorno del ballo, anzi, la sera. Tutte le ragazze avevano mangiato in fretta e furia per potersi preparare, mentre i ragazzi, indifferenti come al solito, erano rimasti a trangugiare anche ciò che avevano avanzato le ragazze.
Georgy, Linda e altre amiche però non erano altrettanto fanatiche della moda, perciò avevano deciso di dedicare ai preparativi per la festa il tempo che dedicavano di solito al trucco per il fine settimana, ovvero al massimo mezzora.
Quella sera sarebbe stata come tante altre per la ragazza, come uno dei tanti balli che aveva già fatto in passato, una sorta di solito sabato sera però in vestito elegante. Per quell’occasione Georgy si era comprata un bellissimo vestito colorato, sul rosa e bianco, molto scollato e con le spalline cadenti, che le donava molto, e faceva risaltare i piccoli occhi azzurro-verdi. Il trucco quella sera le venne facile e d’incanto, con tonalità che richiamavano il vestito, e che le davano un’aria elegante, intrigante e anche sexy. I capelli mossi davano il movimento, e qualche boccolo qua e là la rendeva ancora più elegante e raffinata. Il tocco finale furono i tacchi, abbinati al vestito, che la slanciavano e la rendevano più alta di diversi centimetri. Era davvero bellissima.
I suoi amici la guardavano stupiti ogni anno, abituati a vederla sempre in versione sportiva, ma questa volta si era davvero superata.
<< Per chi ti sei fatta bella? Vuoi conquistare tutta Hogwarts? >> le chiedevano.
<< Macchè! Per una volta che posso vestirmi e truccarmi seriamente, non mi faccio scappare l’occasione! >> rispondeva lei, apprezzando i tanti complimenti che le venivano rivolti.
Giunsero insieme nella sala grande, luogo deputato al ballo. Quella sera gli studenti era stati autorizzati a restare fuori dai loro dormitori fino all’una di notte, e avrebbero potuto spingersi anche un po’ fuori, nel giardino. Era da molto tempo che ciò non era permesso, e molti ne approfittarono presto per appartarsi in intimità, o per fuggire da quell’evento sdolcinato.
La musica dapprima sopportabile divenne via via più melodica e smielata, costringendo la ragazza, Linda e compagnia a mettersi in un angolo dove il suono era meno forte. Non facevano gli asociali, assolutamente, anzi tenevano banco e davano spettacolo con le loro battute esilaranti: erano un punto di riferimento per chi non riuscisse in alcun modo a integrarsi nella festa.
Guardando ogni tanto chi si lanciava a ballare, Georgy notò che molti professori non passavano inosservati. Lumacorno chiedeva gentilmente a tutte le ragazze se gli concedevano un ballo, o almeno metà. Lupin invece veniva invitato dalle ragazze, più per gioco che per sentimento, ma declinava gli inviti, preferendo controllare la situazione, anche fuori dalla sala. Piton se ne stava sempre in disparte, scambiando qualche parola con qualche insegnante ogni tanto, e continuando a guardare la ragazza. Lei se ne accorse e decise di non guardarlo più per non arrossire o sentirsi a disagio. Piton stava parlando con la McGranitt e discutendo se fosse stato giusto o meno lasciare così tanta libertà agli studenti, quando le porte della sala grande si aprirono ed entrò la figura di un uomo illuminata da una luce strana. Tutti lo guardavano come se fosse un fantasma, e gli facevano largo. Lui salutava tutti, sorrideva e si stava dirigendo proprio verso i due che parlavano, i quali smisero di discutere e fissarono la figura, increduli. Piton aveva la faccia di chi aveva capito tutto ma non voleva svelare niente, la McGranitt invece aveva il volto coperto di lacrime. Albus Silente allungò la mano verso la preside e le chiese di ballare. Avrebbero passato tutta la sera così, danzando, abbracciati, come lei aveva sempre sognato.
 
Il movimento, le tante persone, la burrobirra avevano scaldato l’ambiente, e Georgy a un certo punto decise di uscire a prendere una boccata d’aria. La temperatura era mite, si stava bene, il cielo era limpido e si potevano vedere molto bene le costellazioni. La ragazza appoggiò i gomiti sul muretto che delimitava un terrazzino con delle scale, e si mise a guardare l’orizzonte, che era un tutt’uno con il cielo. Era talmente assorta nei suoi pensieri e nella sua contemplazione della meravigliosa natura che non si accorse che dietro di lei era comparso un uomo, avvolto nel suo solito mantello nero.  
Dopo qualche istante di esitazione e timidezza, impacciato e rosso in volto, l’uomo esordì dicendo: << Molto antico l’incantesimo per far rivivere le immagini dei quadri, e molto ben riuscito. Non so dove tu l’abbia trovato ma te la sei cavata bene >>.
La ragazza prese uno spavento e si girò di scatto, poiché era convinta di essere sola. Quando vide che era Piton non si rasserenò per niente, ma decise di rispondere con calma e comportarsi con indifferenza, anzi, di essere se stessa, come quando era nella casa reclusa con lui. << Grazie, ho passato il pomeriggio in biblioteca ma alla fine l’ho trovato. Mi dispiace solo che non duri a lungo, ma solamente per questa notte >>.
<< Bè, credo che basti per far felice la McGranitt, non se lo aspettava, e non lo avrebbe mai fatto di persona visto che infrangerebbe molte regole >>.
<< Spero tanto che lei non voglia fare la spia! Comunque l’ho fatto per una buona causa. Non sapevo che avessero una storia Silente e la McGranitt >>.
<< Infatti non ce l’hanno, ufficialmente. Poi quello che succede nel privato a nessuno è dato a sapere. Ti andrebbe di fare due passi, lontano da questa sdolcinata, snervante, assordante e terribilmente orribile musica? >>.
La ragazza, che dentro avrebbe voluto urlare “Sì che vengo, son giorni che aspetto un invito!”, rispose con un semplice << Certamente >>, e si incamminò accanto a lui attraverso il giardino.
Parlarono molto, soprattutto del fatto che la McGranitt sin da studentessa era molto attratta da Silente, ma che poi si era sposata con un altro uomo, morto in un incidente pochi anni dopo il matrimonio, da cui aveva avuto un figlio, Percival, che era stato ucciso da Voldemort all’età di vent’anni. Era un bravo ragazzo, cresciuto solo con la madre, ma che aveva sempre avuto il sostegno e l’ammirazione di molti, soprattutto di Silente. Il vecchio preside lo aveva sempre considerato come un figlio, e la McGranitt gliene era sempre stata molto grata. Piton non sapeva in che rapporti fossero rimasti i due, sicuramente buoni, ma nessuno sapeva se ci fosse stato effettivamente del tenero.
La conversazione passò poi sulla ragazza, che iniziò col parlare dei propri genitori adottivi. << I miei papà stanno insieme da molti anni, e non mi hanno mai fatto mancare nulla in termini di amore o considerazione. Ora che son cresciuta hanno iniziato a lasciarmi più libera, e loro a adesso chissà dove saranno: hanno deciso di visitare pian piano tutto il mondo. L’ultimo gufo che mi hanno mandato aveva incluso un regalo, una statuetta raffigurante il Partenone. Quest’estate voglio viaggiare anche io, voglio vedere il mondo e le persone, voglio assaporare cibi tipici e fare il bagno in mari mai toccati. Lei è mai stato da qualche parte? >>.
<< No >> fu la risposta secca del professore, che lasciava trasparire un velo di amarezza.
Avevano camminato molto ed erano finiti sul ponte che portava ai confini della foresta proibita. La stanchezza iniziava a farsi sentire, e le risposte monosillabiche di Piton facevano cadere praticamente tutte le conversazioni.
<< Sei stanca? Vorrei farti vedere un posto, se non ti dispiace >>.
La ragazza alzò le spalle e acconsentì a scoprire questo nuovo luogo ad Hogwarts.
Stavano camminando sotto un porticato quando Piton fece cenno di svoltare a destra, verso un giardinetto delimitato da siepi, con al centro una colonna che si ergeva su tre scalini, tutti marmorei.
<< Wow, non lo avevo mai visto! >> disse la ragazza, entusiasta della nuova scoperta.
<< Questo piccolo giardino è sconosciuto a quasi tutti gli studenti. Anche quando ero io studente era così, perciò lo utilizzavo quando volevo stare solo, per riflettere o per nascondermi. Non ero il tipico bulletto, piuttosto il secchione da deridere, soprattutto se come capobranco della compagnia di decerebrati che si atteggia a grandi uomini c’è quel maiale di James Potter >> spiegò il professore.
Piton guardò la ragazza, si sedette sugli scalini dietro la colonna, in modo che nessuno che venisse dal corridoio potesse vederlo, e le disse di fare altrettanto.
<< Vedi, da qui si può osservare uno scorcio di cielo fantastico. In ogni periodo dell’anno c’è sempre una costellazione. Mi tranquillizzava. Mi rasserena >>.
La ragazza guardava un po’ il cielo e un po’ l’uomo che aveva accanto, non capendo dove volesse andare a parare, né perché un uomo che in quei frangenti si dimostrava anche affascinante e sensibile, si mostrasse  sempre in pubblico come burbero e arrogante.
Calò il silenzio.
Gli occhi della ragazza ora guardavano solo il cielo, quelli di Piton erano persi nella notte.
Ad un certo punto Piton si mosse, destando l’attenzione della giovane studentessa. Il professore voltò la testa verso di lei, con una mano prese quelle della ragazza, con l’altra le accarezzò il volto. Il cuore della ragazza batteva tanto forte che si poteva sentire anche in quella notte in cui le cicale cantavano.
Severus Piton, con un tono insolitamente caldo, dolce e sexy disse: << Georgy, io non faccio altro che pensare a te. Quando sei vicina ti devo assolutamente guardare per quietare il mio cuore, se non ci sei mi domando dove tu sia e cosa tu stia facendo. Mi hai stregato, non so come, ma ho capito che non voglio stare senza di te. Se potessi tornerei ai giorni passati nella casa e mi comporterei in maniera diversa, sono stato uno stupido, ho sprecato momenti preziosi con te. Georgy, mi sono affezionato a te. Non sai quanto mi costi dirti queste cose, espormi così tanto, ma lo devo fare altrimenti esplodo. Non posso andare avanti nell’indifferenza, non durerei a lungo. Georgy, io ti amo >>. E detto questo la baciò.
La ragazza rimase immobile, troppo sorpresa e confusa per avere il tempo di reagire a quel bacio. Piton avvertì questa sua opposizione, e come rinsavito si distaccò immediatamente alzandosi e borbottando offese contro se stesso.
<< Lo sapevo, cazzo, lo sapevo. Tu sei una studentessa, io un professore, non si può, e tu non vuoi di certo uno come. Sono stato davvero uno stupido, io non volevo, dovevo pensarci di più prima di fare tutto… >>.
La ragazza lo guardava, immobile, seduta sui gradini marmorei, ancora scombussolata da quel gesto, da quelle dolcissime parole. Vide il professore continuare a maledire se stesso e il suo comportamento, e scendere gli scalini per andarsene.
Piton si vergognava, si odiava, si sentiva ridicolo. Aveva ascoltato il consiglio della McGranitt e aveva sbagliato, ora voleva solo nascondersi. Dopo aver educatamente chiesto scusa per il gesto si girò e fece per andarsene, ma una mano lo afferrò per il braccio. La ragazza era scattata in piedi, e ora gli era di fronte.
<< No! …no… non deve offendersi, o nascondersi. Non deve nemmeno chiedere scusa. È stato un bel gesto da parte sua aprirsi così, e ha detto delle cose dolcissime. Apprezzo davvero molto. Non deve maledirsi o biasimarsi per quello che prova, se ciò che ha detto è vero >>.
<< Ciò che ho detto è la verità, per questo fa male. Ho rovinato tutto, lasciami andare >>.
<< No! Se è davvero la verità lei non ha rovinato niente. Non ha motivo di fare tutta questa scena. Ha fatto una cosa bellissima, ogni ragazza vorrebbe essere trattata così dagli uomini >>.
<< Tu sei troppo buona con me, dopo quello che ti ho fatto passare… >>.
<< No… sono troppo affezionata >> e detto questo lo baciò. Stavolta era il professore ad essere sorpreso del gesto, ma l’esitazione durò solo un attimo, poi tutto lasciò spazio alla passione.
 
I due si guardarono negli occhi, sorridendo e premendo la fronte dell’una su quella dell’altro. Sembrava che si conoscessero bene, che stessero insieme da una vita. Ripresero il corridoio per tornare al ballo, davvero felici, dopo molto tempo. Incrociarono la McGranitt che non disse nulla, forse neanche li vide, presa com’era dal suo Albus.
Giunti in prossimità della sala grande il professore e la ragazza presero strade diverse, per non destare sospetti. Uno tornò alla solitudine della sua camera, ma con la felicità nel cuore, l’altra tornò tra i suoi amici, bombardata di domande su dove fosse stata e con chi, ma mantenne il segreto, un po’ per la strana situazione, un po’ per l’immensa gioia che aveva dentro e che voleva continuare a vivere nel suo silenzio, per non lasciarsene fuggire neppure un istante. Nessuno dei due dormì quella notte, il pensiero dell’altro li teneva svegli, attivi, felici.
Quello era l’ultimo ballo cui la ragazza avrebbe partecipato, almeno da studentessa, ma fu il primo in cui riuscì a vivere a pieno il tema: l’amore che sboccia, come un fiore, ma che nato durante una tempesta è anche il fiore più forte. E questo lei lo sapeva, se lo sentiva. Ora restava solo da capire come comportarsi il giorno dopo. Non poteva ancora tonare a vivere nella normalità…per fortuna!

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Capitolo 12
*** Capitolo secondo ***


La mattina dopo il ballo la ragazza saltò giù dal letto di buon ora, e nonostante non avesse chiuso occhio tutta la notte si sentiva più che attiva e piena di vita. La prima cosa che fece fu svegliare l’amica Linda con un vigore che mai prima aveva avuto. Linda era abituata alle alzate all’alba dell’amica, generalmente si svegliava con il rumore dell’acqua del bagno che scorreva, quella mattina invece due braccia la stavano scuotendo con forza, e le stavano facendo la cosa più malvagia che si potesse fare a una persona che dorme: togliere le coperte e lasciare la malcapitata rannicchiata sul materasso, infreddolita e tremante.
<< E va bene, mi alzo, ma smettila di rompere! Ma che hai questa mattina? Ti pare il modo di trattare le persone? E insomma, abbiamo fatto tardissimo ieri notte, come puoi essere così sveglia?! >>.
<< Alzati Linda, che questa è una giornata stupenda, mi sento benissimo! >> rispose Georgy scostando le tende dalle finestre e facendo entrare nella stanza la luce del sole.
<< Ou ma che fai? Pure la luce? Georgy perché mi fai così tanto del male? >> chiese l’amica ributtandosi a letto e proteggendosi la faccia con il cuscino.
La ragazza si avvicinò a Linda, si sedette sul suo letto e le sussurrò all’orecchio: << Sono convinta che se ti dicessi cosa mi è successo ieri sera quando son sparita dalla festa saresti ben lieta di alzarti da letto! >>. Un occhio di Linda fece capolino dal cuscino, scrutò lo sguardo dell’amica che parve sincero e decise di alzarsi e prepararsi. << Se quello che mi racconti non vale la pena di essermi alzata… non ti parlo più! >>.
 
La faccia di Linda aveva cambiato decine di espressioni finché l’amica le raccontava nel dettaglio cosa era successo la notte precedente. Georgy si stava emozionando al solo raccontare la sua fantastica vicenda, mentre il volto dell’amica si faceva sempre più pensieroso.
<< Non so, insomma, non è normale che un professore si prenda una cotta per una studentessa… e soprattutto quel professore… >> commentò l’amica.
<< Lo so, ma dopo tutto quello che abbiamo passato insieme ho avuto modo di conoscerlo meglio, e in alcuni momenti ha saputo essere davvero dolce, e tenero, e sensibile! E poi… c’è da considerare anche quello che provo io no? >>.
<< Certo… e tu? Sei cotta o semplicemente “affezionata”? >>.
Georgy divenne rossa, abbassò lo sguardo e riuscì solo a sussurrare << Mi piace un pochettino >>.
“ E’ persa “ pensò l’amica. Linda sapeva che quella che stava per iniziare era una storia difficile, e la cosa che più le premeva era l’amica: voleva che Georgy stesse bene, che non soffrisse, che fosse in pace con se stessa, perché in fondo è questo che vogliono le amiche, il bene l’una dell’altra.
<< E adesso cosa pensi di fare? >> chiese Linda.
<< Non lo so. Uffa, non so assolutamente come comportarmi. Si deve far sentire lui? O io? E se lo incrocio per i corridoi? Lo devo salutare o faccio l’indifferente? Che palle questa situazione… forse dovrei chiudermi in camera >> rispose la ragazza.
<< Ma no, sarebbe la cosa peggiore! Dai su che aspettiamo, tagliamo la testa al toro: andiamo a trovare il tuo cavaliere! >>.
 
Le due ragazze passeggiavano per i corridoi di Hogwarts, parlando del più e del meno. Finalmente Linda era riuscita a togliere Piton dalla testa dell’amica. Fu uno sforzo però totalmente vano, perché una volta svoltato l’angolo e imboccata la strada che portava alle aule, lo sguardo delle due ragazze si posò sulla stessa persona, un uomo alto, in abito nero, sguardo serio e passo deciso. Georgy si bloccò in mezzo al corridoio, fissando l’uomo che avanzava con indifferenza. Linda la prese per la manica e la spostò a lato, vicino alle colonne che davano sul giardino. Quando Piton le passò accanto girò la testa e la guardò senza cambiare la sua espressione, senza fermarsi o rallentare, per poi continuare come se nulla fosse accaduto.
Georgy si sentì sprofondare. “ Neanche un sorriso, non una parola… ho frainteso tutto? Ma come è possibile?”. Non riusciva a trovare una spiegazione. Linda provò a consolarla, ma riuscì solo ad allontanare da sé l’amica, che volle restare da sola, continuando la sua passeggiata in compagnia dei suoi pensieri, quasi con le lacrime agli occhi per la delusione. Era stata presa in giro la notte precedente?
“ Che stupida, dovrei saperlo ormai che le favole non esistono, che le storie non hanno mai il lieto fine nella realtà… Sono proprio una pover” e i suoi pensieri furono interrotti dallo stesso uomo che l’aveva turbata poco tempo prima, ricomparso di fronte a lei, lo stesso passo deciso e lo sguardo duro. Questa volta la notò eccome, tanto che si fermò a un passò da lei e le parlò, anzi, urlò: << Signorina, devo recapitare un messaggio. Non lo faccio sempre, e non è che la cosa mi piaccia molto visto che io sono un insegnante e non un postino. La preside ti vuole vedere immediatamente. Seguimi >>.
La ragazza ubbidì, seriamente intimorita. “Quindi la McGranitt lo sa? E magari si è pure infuriata? E Piton come la prenderà? Che situazione…”, e mentre pensava ciò non si era resa conto che invece di imboccare il corridoio che portava allo studio della preside, il professore l’aveva condotta in un piccolo antro buio e riparato che fungeva da magazzino, cui si accedeva tramite una porta generalmente sempre aperta. La ragazza non aveva fatto in tempo a capire dove si trovasse che Piton l’aveva già messa con le spalle al muro, un braccio allungato sopra la sua spalla così da impedirle di fuggire e da coprirla con gli orli del mantello. Georgy non capiva cosa volesse fare il professore, finché il suo sguardo serio non divenne un sorriso tenero.
<< Credo che dovremmo decidere come comportarci, non vorrei sorgessero degli equivoci… >>.
<< Si sarebbe meglio. Prima in corridoio mi ha fatto proprio paura >>.
<< Intanto direi che potresti anche darmi del tu, a me non dispiacerebbe >> e la baciò. La ragazza si sentì veramente sollevata, come se tutta l’angoscia fosse passata. Era davvero cotta di lui.
<< E con la McGranitt e gli altri come si fa? >>.
<< Penso che dovrebbero scoprirlo gradualmente… non è molto contemplata questa cosa nel regolamento di Hogwarts. Ne accetterò tutte le conseguenze, tu non ti devi preoccupare, non hai alcuna colpa >>.
Georgy non era abituata a tutte quelle sdolcinatezze, ma le piacevano davvero molto. Una mano le stava accarezzando il volto e i capelli, le sue labbra incontravano di continuo quelle del professore, gli sguardi che si lanciavano era complici e affettuosi.
<< Credo che ora dovremmo tornare alle nostre mansioni, >> disse Piton d’un tratto, << io devo insegnare a degli svogliati studenti la fine e incompresa arte delle pozioni, tu invece devi imparare e studiare, gli esami son vicini e i nemici sempre in agguato >>.
<< Ehi, ho già sconfitto Voldemort, chi può esserci ancora? >> chiese la ragazza.
<< Non si sa mai, non si può essere certi di niente quando c’è di mezzo gente così malvagia >>.
Le parole del professore turbarono un po’ la ragazza che però venne immediatamente tranquillizzata da un bacio, profondo, caldo e desiderato.
 
La ragazza seguiva le lezioni, si impegnava e studiava, ma la sua mente spesso era rivolta altrove. Pensava a Piton, a quello che le aveva detto quella mattina, a quello che sarebbe successo se tutti avessero saputo della loro storia. A lei non importava molto di cosa avrebbero pensato gli altri, nel mondo babbano se ne sentivano tante di storie alunna-professore, e non d’amore, semplicemente per convenienza, ma se lui avesse passato dei guai allora sì che le sarebbe importato. Aggiornò Linda su ciò che era accaduto, la quale cercò di far riflettere la ragazza sulle parole del professore che riguardavano il fatto che i nemici, come gli esami, non finiscono mai.
<< Avrà voluto mettermi paura, voleva dirmi di studiare non solo perché devo fare gli esami, ma anche perché in futuro potrebbero servirmi gli incantesimi. Sì insomma, un modo per farmi sopportare lo studio! >>.
<< Ne sei sicura? Perché forse potrebbe sapere qualcosa di cui ancora nessuno ti ha messo al corrente… >>.
<< E cosa? >>.
<< Ah non lo so io! Però forse faresti bene a chiedere spiegazioni! Se poi è come dici tu, tanto meglio! >>.
 
Quella sera, subito dopo cena, Georgy cercò Piton in giro per i corridoi, nella sala grande, nell’aula di pozioni. Convenne che si doveva trovare per forza nella sua stanza, e decise che lo avrebbe cercato anche lì, dopo di che se ne sarebbe andata a dormire.
La stanza in cui viveva Piton si trovava nel bel mezzo di un lungo corridoio, in fondo al quale (e si parla di circa 50 metri di distanza) vi erano altre stanze di alcuni professori. La porta era grande, di legno massiccio, con una grossa maniglia nera. La ragazza bussò e una voce fredda e distaccata che sillabava le parole disse << Avanti >>. Quando entrò il professore non alzò neanche la testa, convinto che fosse sicuramente qualche studente impertinente o un collega con qualche problema insulso. La ragazza ebbe modo di guardarsi attorno. La stanza era quadrata, con un grande bancone di fronte a lei su cui era chino Piton, intento a scrivere qualcosa su una pergamena; ovunque, sul bancone, sugli scaffali dietro, su quelli a sinistra, su sgabelli e comodini si trovavano ampolle, ampolline e grandi beute con dentro pozioni colorate e/o fumanti. Sulla destra vi era un camino, spento e sporco, con accanto un divano, semplice e stilizzato. “Uno stile essenziale insomma”. Vicino al divano vi era una porta, chiusa.
Quando Piton alzò gli occhi per vedere chi fosse l’irritante visitatore esibì un’espressione stupita e incredula. La ragazza sorrise, scese i due scalini che portavano al bancone e gli si parò davanti.
<< … Ciao … Severus >> disse lei, esitante.
<< Ciao >> disse con tono dolce il professore, alzandosi e facendo il giro del bancone.
<< Cosa stai facendo? >>.
<< L’inventario di pozioni e ingredienti. Un compito noioso e ingrato. Credevo che a bussare fosse stato qualcuno di impertinente che fosse venuto a rompere, invece son contento che sia tu >>.
I volti dei due si incontrarono e le labbra dell’una si dischiusero al contatto con quelle dell’altro. Un bacio inebriante.
<< Oggi ho incrociato Madama Chips in giardino >> disse la ragazza, << e mi ha detto di passare da te per “fare l’infermierina amorevole come quelle notti di dolore”. Che cosa diamine vuol dire? >>.
<< Credo intendesse dire che stasera Madama Chips non mi cambierà le bende sulle ferite perché ha incaricato te. Il che devo dire mi rasserena molto, visto che i suoi modi verso di me si sono rivelati alquanto burberi >>.
<< Cavoli, vede lontano quella donna. Frecciatine così le lanciava anche in quelle “notti di dolore”, cioè tuo dolore. Il mio dolore era ascoltarla di continuo. Non sembra, ma quando si mette ha una parlantina allucinante. E poi sa tutto di tutti, non so come faccia, forse è veggente >>.
Piton sorrise e la baciò di nuovo. Georgy sapeva che presto tutti quei baci l’avrebbero totalmente confusa perciò decise di chiedergli subito delucidazioni su quali nemici ci fossero ancora da affrontare, sperando di far la figura della stupida a fare quella domanda e che Linda si sbagliasse.
<< Severus, scusa, ma oggi hai detto che devo studiare perché i nemici sono sempre in agguato. C’è forse qualcosa che dovrei sapere? >>.
Piton si fece dapprima pensieroso, poi con il volto rasserenato, avvolgendola nel mantello in un lungo abbraccio, le disse: << Ma no, certo che no. Ora Hogwarts è di nuovo un posto sicuro, non ti dovrai preoccupare di niente >> ma queste parole risuonarono nella mente della ragazza come un campanello d’allarme. Georgy non voleva però andare contro a ciò che diceva Piton, perciò lasciò cadere il discorso, fingendo di non essere per nulla preoccupata.
<< Mi piace quando mi tieni così tra le tue braccia, avvolti nel mantello >> disse lei.
<< Mi piace quando sei con me >> rispose lui.
Passarono la serata distesi sul divano, abbracciati, a scambiarsi baci e dolci carezze, a dirsi parole tenere e scherzose, offese amorevoli, finti litigi, e frecciatine acide. Si erano dimenticati del resto, del fatto che se fossero stati scoperti avrebbero passato dei guai, dell’inventario di pozioni e ingredienti, dei nemici da scoprire, degli esami, delle bende da cambiare. Si addormentarono così, l’uno accanto all’altra, avvolti nello stesso mantello nero, che profumava di avventura, di pace, di casa, di voli sulla scopa, di foresta, in quella che era la seconda notte dal loro vero inizio, il secondo capitolo della vita di entrambi.
 
La mattina seguente Georgy si svegliò molto presto, di soprassalto, non ricordandosi più dove fosse. Come se non bastasse, alzandosi di colpo, diede una forte testata contro qualcosa di duro che poi si lamentò per il dolore. Aperti bene gli occhi e riconosciuta la stanza, si rese conto di aver colpito alla testa Piton, che ora si lamentava del dolore rigirandosi nel divano. Il professore capì che fare il romantico e guardare la sua dolce metà dormire non aveva senso se lei doveva reagire e svegliarsi così.
<< Oddio, è tardi, tardissimo! Devo andare a lezione, devo essere in camera prima che Linda si svegli! Oh cazzo, e se mi vedono? Merda merda merda! >> urlava la ragazza, agitatissima, mentre cercava di infilarsi le scarpe per fuggire via.
<< Vorrei dirti che la tua ansia sarebbe più che giustificata se fossero le 8 del mattino, ma poiché son le 5 e generalmente tutti a quest’ora stanno ancora dormendo non posso che credere che tu sia una pazza >>.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo, poi, lievemente imbarazzata per la figura appena fatta, si ridistese sul letto. I due si guardarono e scoppiarono in una fragorosa e incessante risata.
<< Sono veramente una cretina, un fenomeno da baraccone. Se dovessero scrivere un libro sulle mie figure di merda farebbero un sacco di soldi, perché oltre ad essere essenzialmente stupide, non finiscono mai >>.
Continuarono a ridere, e ogni tanto lei raccontava cose divertenti che le erano successe. Passata circa un’ora la ragazza decise di andare nel suo dormitorio, sperando che nessuno si fosse già svegliato.
Salutato il professore con un bacio, l’ennesimo dalla sera precedente, uscì dalla stanza e imboccò il lungo corridoio alla volta delle scale.
<< Siamo mattinieri, signorina? >> chiese una voce di donna alle sue spalle. La riconobbe: era la McGranitt.
<< Ehm… veramente, ecco sì, a volte mi sveglio presto e vado a camminare, dicono faccia bene >> cercò di giustificarsi la ragazza.
<< Ahn sì? E va a camminare proprio nel corridoio dove ci sono le camere dei professori? Vedendola potrei pensare che voglia rubare qualcosa, o incontrare di nascosto qualcuno >> insinuò la preside. << Spero per lei che non vengano fuori storie e che non la debba più riprendere in tali situazioni >> continuò la McGranitt, proseguendo per la sua strada, e dando le spalle alla ragazza. Georgy non la poteva vedere, ma la preside aveva un certo sorrisetto stampato sul volto, tra il complice e il contento, tipico di chi sa già tutto.
“Ecco lo sapevo che dovevo rientrare prima. Maledizione a me, rovinerò la mia carriera scolastica per questo incontro”.
 
<< Severus, questa storia non può restare nascosta a lungo. Prima o poi lo verranno a sapere tutti >>. La McGranitt stava urlando nel suo ufficio contro Piton, ma erano presenti anche Lupin, un cane nero in un angolo e l’immagine nel quadro di Silente. << Sai quali possono essere le conseguenze, non sei stupido. Mai un attimo di pace. È appena finito il problema di Voldemort e adesso c’è questo >>.
<< Ma non abbiamo prove sufficienti >> disse Lupin. << Non possiamo dire con certezza se si incontrano e cosa facciano. Fanno tutto di nascosto, ovviamente >>.
Piton stava in silenzio, ascoltava e pensava a una soluzione.
<< Converrete tutti che non appena si spargerà la voce ci sarà un gran vociferare per i corridoi di Hogwarts. Io non vorrei che poi qualcuno venisse additato come colpevole, o mal visto, o che fosse calunniato ingiustamente >> sentenziò Silente. << Severus, sai a cosa vai incontro, vero? >>.
Piton guardò l’immagine del vecchio preside, e con voce decisa e ferma rispose: << Sì Albus, me ne rendo conto. Risolverò questa faccenda, non voglio un’altra guerra. A me basta che la ragazza non venga toccata, o che non debba soffrirne >>.
<< Non posso darti la mia parola Severus, ma faremo tutti il possibile. Il ritorno dei Mangiamorte è una cosa molto seria. Il loro capo, Voldemort, è morto, si sentono liberi di vendicarlo, senza nessuno che li guidi sono ancora più subdoli e pericolosi, e poi vedono te come il più grande traditore della storia del mondo magico. Tu e la ragazza sarete i loro bersagli, poco ma sicuro, e Hogwarts ha il dovere di proteggervi, visto che avete salvato la scuola da una fine imminente e terribile >>. Il tono di Silente era serio, autorevole. Poi, probabilmente per sdrammatizzare, si fece sereno e scherzoso: << Dobbiamo reperire informazioni e tenerci aggiornati, poi decideremo come comportarci di conseguenza. È tutto ciò che possiamo fare per ora. Ma cambiamo argomento… Allora con la ragazza come va? Minerva mi ha detto che l’ha trovata per i corridoi qualche mattina fa, curiosa la sua scusa, ingegnosa! >>.
<< Cosa mi sono perso? Quale ragazza? >> chiese Lupin, confuso.
<< Come non lo sai? >> sbottò Sirius, uscito da un angolo nell’oscurità. << Il nostro caro professore di chimica ha conquistato la povera ingenua Georgy… povera ragazza, cos’ha fatto per meritarsi una condanna del genere? >>.
Piton non gli badò, non rispose a nessuno. << Se la riunione è finita io tornerei alle mie “provettine da chimico”, tanto derise ma che hanno salvato tutti i presenti almeno una volta nella vita >> disse Piton con sdegno verso quel “cane pulcioso”.
<< Si si vai Mocciosus che nessuno ti vuole qui. A dir la verità nessuno ti vorrebbe neppure in tutta la scuola, ma dai, non essere nella stessa mia stanza mi può bastare per ora >>. Piton si diresse verso la porta.
<< E se proprio devo dirla tutta, son convinto che presto non ti vorrà più neanche Georgy… sul serio, non appena ti avrà conosciuto meglio capirà l’enorme errore che ha fatto dandoti fiducia. Ah ah ah! >>. In un attimo Sirius si ritrovò appeso al muro, il collo legato da corde invisibili, che quasi lo stritolavano. Piton, con gli occhi pieni di odio, lo controllava con la bacchetta dalla porta dello studio. << Faresti meglio a imparare a difenderti, oppure le tue stupide parole potrebbero farti fare una brutta fine. A qualcuno accidentalmente potrebbe scivolare l’incantesimo di mano, per-der-ne-il-con-trol-lo >> sillabò Piton, come sempre quando era arrabbiato.
Uscì sbattendo la porta. Era furioso per ciò che aveva detto quel lurido cagnaccio, insolente come sempre. Prima o poi gliela avrebbe fatta pagare molto cara, e si sarebbe fatto una bella pelliccia con il suo pelo, da appendere sopra il camino. O forse no, non era neppure degno di essere usato come pezza per pulire le sue ampolle.  
Intanto nello studio Lupin era rimasto sconvolto dalla novità, più del fatto che i Mangiamorte minacciassero nuovamente la tranquillità di Hogwarts. << Ma da quando? E chi lo sapeva? Ma davvero? >>.
<< Sì Remus, va avanti da poco comunque. Severus credo sia veramente innamorato, non l’ho mai visto così! >> spiegava la McGranitt. << Certo, con gli altri è sempre burbero e arrogante, ma quando è con lei cambia radicalmente. Forse è stata proprio lei durante la reclusione fuori da Hogwarts a cambiarlo, e in meglio intendo >>.
<< Ok, ma è permessa una relazione del genere? E quando tutti lo verranno a sapere? >>.
<< L’amore non può e non deve essere fermato >> sentenziò saggiamente Silente. << Se due persone sono destinate a stare insieme, anche se divise prima o dopo si ritroveranno. Il fiore nato nella tempesta è quello più bello e duraturo. Vedremo come si evolveranno le cose, in fondo non c’è niente di male nel volersi bene! >>, e facendo l’occhiolino alla McGranitt la sua immagine sparì.

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Capitolo 13
*** Emozioni a c(at)ena ***


I giorni passavano veloci per il professore e la studentessa, impegnati ad insegnare, imparare, studiare, sopportare gli altri, pensare l’uno all’altra, cercarsi, trovarsi, amarsi. Il loro volersi bene non era solo carnale, non avevano ancora consumato il loro amore, si accontentavano per il momento di stringersi l’una all’altro, di passare le notti a guardarsi negli occhi, sfiorarsi, accarezzare le labbra dell’altro con le proprie. Il loro era un amore puro, senza pressioni, senza troppe aspettative. Vivevano il momento, correvano il rischio di cercarsi in mezzo a tanti occhi a volte indiscreti, mantenevano la relazione segreta il più possibile, per non destare scalpore, per mantenere l’intimità. Ogni sera la ragazza si presentava alla porta del professore, come un appuntamento, e lui la attendeva, in ansia se per caso ritardava, sorpreso e felice se giungeva in anticipo. Ogni sera, una volta rotto il ghiaccio, si stendevano su quel divano semplice e stilizzato e passavano la notte in silenzio, a scrutarsi, come se fosse ogni volta l’ultima volta, come se temessero di non riconoscere il viso dell’altro in mezzo a tanti. Ogni sera la ragazza si prendeva cura del suo uomo, lo coccolava, consolava, lo abbracciava e lo faceva sentire diverso, nuovo, come mai prima. E ogni sera, come un rito che non stanca mai, lui le ripeteva << Ti amo >>, e la ricopriva di attenzioni e di baci.
 
Oramai Linda non si lamentava più dell’assenza notturna dell’amica. Le prime volte che Georgy era stata assente dal dormitorio le due amiche avevano litigato di brutto, ognuna con le sue ragioni. Georgy era acciecata dal sentimento verso Piton, Linda era spinta del bene che voleva all’amica, si preoccupava per quello che poteva accaderle.
Alla fine le cose si erano sistemate, Linda addirittura copriva l’amica quando le altre chiedevano che fine avesse fatto. Ogni tanto litigavano, ma ci stava, bisogna sempre confrontarsi con le persone cui si è maggiormente affezionati per volersi poi ancora più bene. Così era con Linda: un litigio e una carezza, ma grandi amiche, sempre!
A Linda non andava a genio Piton, né come insegnante né come persona, ma era l’oggetto del desiderio della sua migliore amica, perciò sopportava tutti i racconti su di lui, e tutti i pensieri su di lui, e tutte le paranoie e gli aneddoti su di lui. Ormai lo conosceva come se lo avesse frequentato da una vita, ma non per questo le stava più simpatico. Il tutto fino a quando un giorno, nel tardo pomeriggio, lo stesso Severus Piton dei racconti di Georgy le si fece accanto e le chiese di poterle parlare. Linda, incuriosita, accettò e stette ad ascoltare quanto il professore avesse da dirle.
Un piano, geniale, simpatico, romantico. Linda ascoltò interessata, un po’ turbata perché di Piton ancora non si fidava totalmente, ma era catturata dalla passione che coglieva nella voce del professore (abituata a sentire solo parole fredde e dure). Tutto quello che doveva fare era dirgli i gusti preferiti dell’amica, cosa si aspettava da lui, cosa le avrebbe fatto piacere, e cercare di non dirle nulla della serata che il professore le avrebbe fatto trascorrere. “Forse quest’uomo non è poi così tanto male” pensò Linda, rincuorata dalla premurosità di Piton verso l’amica.
 
<< Bè, cos’è che vuoi dirmi da tutta la sera? Capisco che c’è tutta una notte di tempo ma io son curiosa! >> disse la ragazza al professore, una sera, abbracciati sul divano.
<< Va bene, basta che poi non rompi più! Vorrei portarti fuori a cena. Domani. >> rispose il professore quasi seccato. La ragazza era rimasta a bocca aperta.
<< Tu cosa? Veramente? Cioè… si può?? >>.
Piton alzò le spalle, come per dire che non c’era nulla di male. << Suppongo di sì, ovviamente se nessuno lo viene a sapere >>.
<< Non posso dirlo neanche a Linda? >>.
<< Se ti fidi di lei, che terrà la bocca chiusa, sì >>. E sogghignò al pensiero che l’amica di Georgy sapeva tutto.
La ragazza era felicissima dell’invito del professore, come se fosse un suo pegno d’amore, una vera dimostrazione che ci teneva a lei, nonché una ufficializzazione sebbene ancora segreta della loro relazione.
<< Sev, posso chiamarti Sev, vero? Ah ah Sev vero, ah ah ah che battuta! E mi è venuta così, per caso! (N.d.A) Comunque Sev, non vedo l’ora di venire a cena con te! Dove mi porti? Devo vestirmi in qualche maniera particolare? >>.
<< Se ti dico tutto poi non c’è più sorpresa! Puoi vestirti come vuoi, tu per me sei sempre bella! >>.
<< Si certo, e tu sei sempre carino e coccoloso con tutti i tuoi studenti… >> replicò la ragazza, con un sorrisetto furbo stampato in faccia.
<< Mi stai forse prendendo in giro? >>.
<< Chi? Io? Assolutamente no! Dico solo che magari al mattino appena sveglia ecco, forse, non sono proprio al top della forma e della bellezza, sai com’è, non siamo mica in un film dove tutti si svegliano radiosi e affascinanti! >>.
<< Allora non lo vuoi capire che a me piaci così come sei? Comunque per domani sera vestiti come tu ti senti bella, io mi adeguerò! >>.
La ragazza pensava ormai solo alla serata che la aspettava l’indomani. Era curiosa, impaziente e indecisa su cosa mettersi. E ci volle tutta l’abilità del professore per distrarla e farla tornare con la testa con lui sul divano, abbracciati, a continuare a prendersi in giro amorevolmente a vicenda.
 
Intanto quella notte a Diagon Alley, in una loca oscura, sinistra e semideserta, quattro uomini erano seduti a un tavolo, illuminati dalla luce fioca di una candela, incappucciati, che si guardavano intorno, alla ricerca di orecchie e spie indiscrete. Una volta accertatisi della sicurezza del luogo si tolsero i cappucci. Erano Reptilius, Cosimus, Gregor e Lucius, i quattro Mangiamorte di grado superiore, una volta gli unici veri confidenti di Voldemort, insieme a un quinto, quello che sembrava il più legato al Signore Oscuro e che poi si era rivelato il più grande traditore.
<< Il Signore Oscuro è morto, e questa volta non tornerà. Qui si vedrà chi veramente gli è fedele. La sua morte merita vendetta. La sua fiducia tradita merita vendetta. E noi, sconfitti durante la battaglia, meritiamo vendetta >> disse Malfoy con tono autorevole.
<< Sì  Lucius ha ragione >> convenne Reptilius, << dovremmo fare come dice lui. Vendichiamoci. E vendichiamo il grande Signore Oscuro >>.
<< Ma come facciamo Lucius? La ragazzina ha già sconfitto Voldemort una volta, quando era molto più potente di noi. Cosa possiamo fare per fermarla? >> chiese Cosimus.
<< Abbi fede Cosimus, credo che il nostro Lucius abbia già qualcosa in mente. Noi dobbiamo solo ascoltare e prendere atto della cosa >>.
<< Grazie Gregor >> rispose Malfoy con un sorrisino. << Sono consapevole del fatto che i poteri della ragazza siano superiori ai nostri, ma dobbiamo tener conto dell’effetto sorpresa. Nessuno si aspetta che noi torneremo all’attacco. E inoltre, voci amiche interne a Hogwarts mi hanno riferito che parrebbe esserci del tenero tra il traditore e la ragazza. Sarà più facile colpirla dopo aver eliminato Piton >>.
<< E come ci avviciniamo a quel vile traditore? >>.
<< A tempo debito giungerà l’occasione giusta. Intanto credo che gli farò una visitina, tranquilla, innocente. Dopo tutto, mio figlio è ancora in quella scuola >>.
 
<< Dai Linda muoviti col bagno che serve a me! >>.
<< Georgy, porca vacca, ce ne sono un sacco in questa enorme scuola, proprio qui devi venire a rompere? >>.
<< Linda dai cazzo! Devo prepararmi, non posso andare in giro, o mi scopriranno! Lo vuoi capire o no che questa cosa non la deve sapere nessuno? >>.
<< E allora perché a me l’hai detta? >>.
<< Perché sei mia amica no?! E poi perché se non ti dicessi niente ti incazzeresti >>.
<< Oh! Che insolente! Va bene ti lascio il bagno, ho finito. Antipatica >> disse Linda uscendo dal bagno della loro camera.
Georgy era in piedi davanti alla porta che le urlava di muoversi, già in accappatoio, con i capelli sciolti e l’occorrente per lavarsi in mano.
<< Oddio! Ma che è? Ti è caduto l’armadio sul letto?? >> chiese Linda, vedendo una montagna di vestiti sul letto dell’amica.
<< Stavo decidendo cosa mettere, ma sono un pochino indecisa… >> rispose Georgy chiudendosi la porta alle spalle e ficcandosi sotto la doccia.
La ragazza era eccitatissima per la serata che la aspettava: un incontro galante e romantico con il suo professore (o almeno era quello che sperava!). Che sensazione magnifica! Finalmente si sentiva bene, in pace con se stessa e con gli altri, anche se ovviamente in agitazione per l’evento. Voleva che andasse tutto per il meglio, cosa che si augurava anche il professore.
Finita la doccia uscì dal bagno, avvolta nel suo lungo accappatoio azzurro, con un asciugamano che le avvolgeva i capelli e con delle ciabatte rosa acceso alquanto ridicole, con un fiorellone bianco a livello dell’infradito e tanti piccoli fiorellini disegnati ovunque.
<< Carine quelle, te le porti anche stasera? >> chiese l’amica scoppiando a ridere.
<< Ah ah ah… erano le ultime che rimaste della mia misura, cosa dovevo fare? Tanto mi servono per fare la doccia o girare qui. Pensavo che almeno la mia migliore amica avrebbe avuto un po’ di comprensione. O bastava un minimo di indifferenza >>.
<< Dai su, che stai diventando acida come Piton! Allora, cosa pensavi di metterti stasera? >>.
<< Non so, ci son tante cose qui… però devo decidere in fretta perché poi mi devo truccare in base al vestito! Pensavo a quello del ballo di primavera che gli era piaciuto, oppure vado sul casual con camicia e maglioncino, oppure completo camicia e giacca che è sempre elegante, se no ho un vestitino blu scuro corto e mezzo trasparente, oppure la tuta… >>.
<< La tuta? >>.
<< Si questa >>, e alzò un top nero cui erano cuciti insieme i pantaloni. Non sembrava male.
<< Allora, secondo me il vestitino blu no, troppo sexy per la prima cena fuori, e camicia e maglioncino no perché è troppo normale. Il vestito del ballo eviterei, l’ha già visto, sembra che hai solo quello se no. Camicia e giacca son molto eleganti e tu stai molto bene, la tuta non te l’ho mai vista addosso. Provatela! E mettiti già i tacchi così facciamo prima >>.
La ragazza si infilò quell’unico pezzo di cui era composto il vestito. Linda rimase senza parole. Il top che le copriva il petto fino alla cintura era nero con qualche brillante nella parte più alta, dove era anche più stretto, per sostenere e far risaltare il bel seno della ragazza. Le spalle erano scoperte, terribilmente sexy. I pantaloni erano larghi ma dritti, morbidi, che scivolavano sulle curve della ragazza, facendola sembrare anche più magra. In vita una cintura con qualche brillantino dava un tocco di luce. I sandali neri, aperti, con delle fasce di tessuto che tenevano fermo il piede avevano un tacco vertiginoso, ma il plateau e il tessuto morbido interno rendevano la calzatura più gradevole da portare, e la figura della ragazza ne risultava vistosamente slanciata.
Anche senza trucco e coi capelli bagnati e disordinati Georgy sembrava già molto bella.
<< Vatti a sistemare, tigre! >> le disse Linda.
Scesa dai tacchi, Georgy si diresse felicissima al bagno, per finire di prepararsi. Il tempo passò velocemente e in men che non si dica si fecero le 8 passate.
<< Ma per che ora hai appuntamento? >>.
<< Devo essere alle 8 alla torre di astronomia. Posso andare con calma o devo correre? >>.
<< Vedi te, 10 minuti fa dovevi essere dall’altra parte del castello >>.
 
Georgy non aveva neppure sentito l’amica che le gridava in bocca al lupo e le diceva che era ancora più carina di prima, stava già correndo come una pazza per i corridoi della scuola (sembrava una pazza non solo perché parlava da sola e si ripeteva “ Cazzo cazzo cazzo!” ma anche perché non sapeva camminare bene sui tacchi, figuriamoci correre!).
“E’ stato un genio Severus a scegliere l’orario in cui tutti sono a cena, peccato che io sia così distratta da non tener conto del tempo che passa! Maledizione! Penserà che non lo rispetto se arrivo in ritardo! Cazzo cazzo cazzo!”.
In un tempo record, senza che nessuno la vedesse, arrivò a metà della torre di astronomia, sbucando da una porta che dava sulle scale per arrivare in cima. Si diede una sistemata, riprese fiato, e si accinse a salire le scale. Fece qualche gradino, poi sentì distintamente la voce della McGranitt e quella di Piton che stavano parlando. Arrivata in cima alla torre, i due si voltarono a guardarla.
La preside le si avvicinò, sorridente, le disse << Mia cara, sei bellissima >> e la baciò tre volte. La ragazza, incredula, riuscì a dire a mezza voce << Grazie >>.
<< Che bell’abito, ti dona davvero molto, vero Severus?  Mi raccomando, siate prudenti. E divertitevi >> e detto questo sparì giù per le scale.
La ragazza, sempre più sconcertata dal comportamento della McGranitt che credeva fosse ostile alla loro relazione, si voltò verso il professore e avanzò lenta verso di lui. Piton indossava il suo solito mantello nero da viaggio, e sotto si poteva intravedere qualcosa di simile a una giacca, sempre nera. Il suo volto era sconvolto, in positivo si intende. Non aveva mai visto una creatura così bella. Le scostò i capelli dalla fronte, la guardò negli occhi azzurro-verdi che sembravano più grandi e più luminosi del solito, la prese tra le braccia e restò in silenzio ad ammirarla.
<< Sei stupenda >> le bisbigliò all’orecchio, e la abbracciò, avvolgendola nel mantello. La ragazza si stupì nel vedere che non indossava la solita veste nera con tanti bottoni, ma una giacca scura con sotto una camicia bianca e una cravatta nera.
<< Wow Sev! Sei… diverso! Stai benissimo! Sembri quasi una persona per bene >> rise la ragazza, apprezzando il fatto che il professore per quella sera fosse vestito come una persona normale.
<< Ti conviene ricordarti bene questo vestito perché non lo rivedrai molto spesso >>.
<< Allora, dove mi porti? >>.
Il professore le offrì il braccio. Lei lo afferrò e si lasciò smaterializzare con lui.
Quando appoggiò i piedi a terra si rese conto di essere stordita come al solito, ma ancora in grado di camminare. Piton l’aveva sorretta durante tutto il viaggio. Si erano ritrovati in una bellissima stradina, come di campagna, delimitata lungo tutto il percorso da sassi bianchi di varie dimensioni e da ritagli di prato che assumevano forme spiraliformi, e si intrecciavano con fiori e piante strane per dar luogo a figure e simboli suggestivi e affascinanti. Georgy era catturata completamente da quel posto. Il viottolo portava a un ristorante, moderno e ben arredato, con tante candele appese ai muri e che scendevano dal soffitto, oltre che essere presenti sui tavoli. Alcune candele producevano la luce chiara cui la ragazza era abituata, altre creavano gradazioni di colore dal blu al verde, dal giallo al rosa, generando un’atmosfera romantica e perfetta per quella sera. Il professore e la ragazza si sedettero al loro tavolo, vicino a una finestra che dava sul giardino, che, con lo scuro della sera, si popolò di mille lucciole danzanti. Passarono tutta la cena a chiacchierare, come loro solito, ma nell’aria c’era qualcosa di più, di diverso: nessuno poteva togliere gli occhi dall’altro, entrambi erano avvolti in un’aura che li isolava dal resto, e vi si trovavano benissimo.
Una volta ultimata la cena uscirono per una passeggiata lungo il viottolo con i sassi bianchi che portava a una città abbastanza vicina molto illuminata. Uno a braccetto dell’altra continuavano a scambiarsi opinioni, parole acide, risatine, offese sempre amorevoli, e ogni tanto qualche bacio, per riportare tra loro quell’intimità che tanto li faceva stare bene.
Poco prima della città vi era, a lato della strada, un albero, sembrava quasi il platano picchiatore, ma era più piccolo e immobile. Si fermarono un momento per guardarlo. Piton prese alle spalle la ragazza, la abbracciò da dietro e la portò a lato dell’albero, dove le foglie non potevano coprire il cielo. Le stelle brillavano come la notte in cui lui le aveva dichiarato il proprio amore, e come quella nella foresta in cui per la prima volta si erano sentiti veramente vicini.
<< Ti amo >> le sussurrò all’orecchio. Lei girò la testa e lo baciò, poi tornò a guardare le stelle.
<< E’ una serata fantastica Severus. Mi sto divertendo molto. Sto davvero bene con te. Grazie >> disse la ragazza. Piton affondò la testa nel suo collo, glielo accarezzò con il naso, assaporò ogni goccia del suo profumo.
<< Ti amo tanto Georgy, tu non sai quanto. Non ho mai amato nessuno così prima >>.
<< E la ragazza di cui mi avevi parlato tempo fa? >>.
<< Lily? Oh sì, l’ho amata. Ma mai quanto te. Georgy, sei la prima vera persona che mi abbia saputo capire e apprezzare veramente, quando sono con te è come se mi levassi una maschera, posso essere un altro me stesso, non falso, solo un po’ diverso. Ti amo Georgy, e come amo te non potrei amare nessun’altra >>.
Georgy non era per nulla gelosa. Sapeva che le parole del professore venivano dal cuore e che non le avrebbe mai mentito, non l’aveva mai fatto. Si girò, anche con il corpo, e lo baciò, appassionatamente, profondamente. Lui si scostò un attimo, disse << Expecto Patronum >> e dalla sua bacchetta uscì un flusso di luce blu-argentea che divenne una bellissima cerva. La ragazza fece altrettanto e il suo cervo andò incontro all’altra creatura. Sembravano la proiezione della ragazza e del professore, che ora erano stretti in un lungo e caldo abbraccio, contornato da baci e carezze. Stettero immobili, uniti, ad ammirare lo spettacolo che natura e magia offrivano: il cielo dalle migliaia di stelle brillanti, le due creature che si cercavano nella notte, e l’albero che era ricoperto di fiori blu-argentei, frutti della magia del patronus del professore. Tutto era perfetto.
Incamminatisi nuovamente, giunsero alla città. Hogsmeade di sera si tramutava se la si sapeva cogliere nei luoghi e momenti migliori. I negozi mostravano vetrine illuminate e suggestive, le fontane si riempivano di colore, dalle locande uscivano voci e risate che scaldavano il cuore dei passanti. Nulla avrebbe potuto rovinare quel magico momento.
<< Sai Sev, io non ero mai uscita così con un ragazzo… per me è tutto nuovo e sorprendentemente magico >>.
<< Neppure io Georgy, neppure io >> e se la abbracciò.
<< Hai freddo? >> chiese premurosamente il professore, e la ragazza annuì. << Copriti con questa >> e le porse la giacca. << Se vuoi possiamo rientrare a Hogwarts >>.
<< Mi dispiacerebbe lasciare quest’atmosfera così bella. È stata davvero una serata fantastica Sev. E ho davvero molto apprezzato il tuo vestito! >>.
<< E chi ti dice che ad Hogwarts non ci sia più l’atmosfera? Sul vestito ti ho già detto che è solo per questa sera… solo per te! >>.
<< Bè se lo fai per me allora lo dovrai mettere molte volte, perché non ho intenzione di lasciarti andare via da me tanto presto >>.
<< Lo spero proprio, perché neppure io voglio mai lasciarti >>.
Detto questo si gettarono l’una nella braccia dell’altro.
 
<< Avevo detto a Severus di non fare troppo tardi. Accidenti, mi toccherà stare in pensiero tutta la notte >>.
<< Vuoi calmarti Minerva?! Severus è un uomo adulto e saggio, di sicuro starà facendo passare una serata fantastica alla ragazza, e presumo sarà una magnifica serata anche per lui. Dai su, sono giovani, lasciali tranquilli. Secondo me stanno davvero bene insieme >>.
<< Albus, ti prego, cerca di vedere la situazione con occhi oggettivi. Non sappiano cosa progettano i Mangiamorte e loro se ne vanno in giro tutta la notte. Ho acconsentito perché mi aveva promesso che sarebbero rientrati presto >>.
<< Magari sono già nelle loro camere e tu non te ne sei accorta. Stai tranquilla, e anzi, vai a dormire che è tardi. Comunque vorrei ribadire che mi piacciono molto quei due, e vorrei anche ricordare che qui dentro sono stato io a premere perché fosse Severus a proteggere la ragazza da Voldemort >>.
<< Vorresti dirmi che tu lo sapevi mesi fa che sarebbe andata a finire così tra loro due? >>.
<< Bè, non sono un veggente, ma per i lieti fine ho un certo naso >>.
 
Il professore e la ragazza erano pronti per tornare a casa. Georgy allungò il braccio per prendere quello di Piton, ma lui non le offrì il suo come all’andata. Estrasse la bacchetta e con un semplice e veloce incantesimo richiamò una scopa da un luogo vicino. << Ti aggrada questo mezzo? >>.
La ragazza era felicissima. Adorava volare, ogni volta era un’esperienza bellissima che la caricava e la rasserenava. Piton aveva pensato a tutto, e posizionato la scopa di Georgy in un punto strategico. Tutto era funzionato al meglio.
Montarono sulla scopa, lei davanti e lui dietro, come qualche tempo prima, ma in una situazione completamente diversa. Lui le cinse i fianchi e appoggiò la testa sul suo collo. Lei, esitante per il brivido sulla schiena, si appoggiò al suo petto e partì, alla volta del cielo, alla volta di Hogwarts. Accanto a loro, lungo il tragitto, le lucciole danzanti nell’aria eseguivano spettacolari coreografie, in un connubio con le stelle a dir poco spettacolare. I due cervi argentati li precedevano, come cavalli che trainassero una carrozza principesca, colorando l’atmosfera già dorata di blu e argento. Sembrava una favola.
<< Ti giuro che questo non l’avevo programmato >> disse Piton. Poco importava, era stupendo lo stesso.     
La ragazza non sapeva come esprimere la sua gratitudine e la sua felicità. Si stava rendendo conto che quell’uomo continuava a fare molto per lei, che l’amava veramente più di ogni altra cosa, e che lei dentro stava cambiando. Era davvero felice, sapeva che non le mancava nulla. Non sentiva più solo affetto per quel professore, non era più solo voglia di stare con lui, non era un semplice volergli bene. Quello che provava era vero amore.
La ragazza si voltò quasi di scatto, guardò il suo Severus negli occhi: voleva dirgli tutto, voleva abbracciarlo, voleva amarlo. Ma non ci riuscì. Non trovava le parole, non sapeva come esprimere tutto ciò che aveva dentro. Lo baciò, con trepidazione, il suo cuore scalpitava, batteva sempre più forte, ma voleva qualcosa di più. E Piton lo avvertì. La strinse a sé, la coccolò, la tranquillizzò.
Giunti ad Hogwarts, scesi dalla torre di astronomia e imboccati di corsa vari corridoi, entrarono nella stanza di Piton. La ragazza si tolse la giacca e rimase immobile, tra il divano e il bancone. Piton le passò accanto e, continuando a guardarla negli occhi per scrutare ogni reazione, aprì la porta accanto al divano che era sempre rimasta chiusa. Si avvicinò a lei e la baciò, con foga e passione. Lei non seppe né volle resistere. Si lasciò andare tra le sue braccia, assaporò ogni contatto delle proprie labbra con le sue, accarezzò quel volto segnato, quei capelli neri così sexy, quel naso adunco e inebriante. La condusse oltre la porta, sempre tenendola stretta. Nella camera si trovava un letto matrimoniale, con la testiera in legno massiccio e scuro, le lenzuola e i cuscini di un bianco candido, in contrasto con le coperte nere.
Piton la sollevò lievemente e la fece sedere sul letto. Le labbra dei due, già dischiuse, non accennavano a fermarsi. La ragazza non si curava della nuova stanza, lo accarezzava, lo desiderava. Lui era perso negli occhi azzurro-verdi, li desiderava.
<< Io… io… ti amo Georgy… ti amo… ma non voglio forzarti >> diceva, distaccando occasionalmente le labbra da quelle della ragazza.
<< Severus, io… >> e non riusciva a terminare la frase, sembrava che la sua bocca non volesse esprimere ciò che il suo cuore invece urlava forte dentro di lei.
<< Georgy, per me possiamo restare qui come tutte le altre notti, immobili, io ti amo e voglio amarti senza forzature. Mi sento già in colpa per averti portata qui… >> disse Piton, scusandosi, e fece per allontanarsi da lei. La ragazza tempestivamente lo fermò, gli prese il volto tra le mani, e fissandolo dritto nei piccoli occhi neri gli disse, con voce ferma e calda: << Severus Piton, io non mi sento forzata. Questa sera sono stata la donna più felice del mondo, mi sono sentita amata e coccolata, e desiderata. Severus, io non so come dirtelo, non riesco a trovare le parole, forse perché è la prima volta. Severus io ti amo. Follemente. E voglio amarti ora, qui, in questa serata fantastica >>.
Il volto di Piton si avvicinò a quello della ragazza fino a che la sua bocca le baciò le labbra, il suo naso scivolò su quel viso radioso e perfetto, le accarezzò il collo, il seno, i fianchi. I suoi gesti avevano una tenerezza che mai Georgy aveva visto in alcun essere umano. Sembrava avesse paura di farle male. Le fece scivolare via il top e i pantaloni, e iniziò a baciarle con delicatezza la pancia risalendo fino al petto. La ragazza gli tolse la cravatta e gli sbottonò la camicia, un bottone alla volta.
Il professore era disteso sul letto, la ragazza sopra di lui, che lo ricopriva di baci con la dolcezza tipica di una ragazza innamorata. Ma quando gli tolse la camicia, per un attimo, si fermò, e il suo sguardo si posò sulle terribili cicatrici che ricoprivano interamente il petto del professore. Erano tante, di forme e dimensioni diverse, alcune sembravano taglietti leggeri, altre profondi e dolorosi squarci. Il suo sguardò interrogativo incrociò quello mortificato di Piton.
<< Mi dispiace che tu mi veda così… io… >>
<< Cosa sono? Chi ti ha fatto questo? >> chiese Georgy.
<< Mio padre per la maggior parte. Quando ero piccolo e lui tornava a casa ubriaco, l’unica cosa che voleva fare era picchiare me e mia madre, troppo indifesi, troppo diversi da lui e dagli altri. Dovevamo essere puniti >> rispose Piton, con un tono triste che avrebbe volentieri lasciato spazio alle lacrime. << Scusa se non sono l’uomo perfetto che ti meriteresti… >>.
<< Ssshhh… >> lo zittì la ragazza, << ho detto che ti amo Severus, amo ogni parte di te, ogni aspetto, ogni cosa >>, e iniziò a baciare, dalla cintura in su, tutte le cicatrici del professore, arrivando fino alla sua bocca, dove si soffermò più a lungo. Un caldo, lungo, appassionato bacio prima di concedersi totalmente e perdutamente a lui.
I due corpi si muovevano con delicatezza e tenerezza, l’uno sull’altro, come esibissero rispetto e gentilezza. Le mani erano in grado di accarezzare ogni singolo centimetro dell’altro, portando amore e tranquillità. Le bocche dei due erano un tutt’uno, le distaccavano solo per un << Ti amo >> o per un veloce sguardo di complicità. Il professore, per la prima volta nella sua vita, si era sentito veramente amato.  La ragazza, per la prima volta nella sua vita, si era sentita veramente felice e follemente innamorata.
Si amarono così, tutta la notte.
Alla fine caddero in un sonno profondo, allietato da sogni felici e dalle ultime parole che si erano sussurrati: << Buonanotte Sev, ti amo >>, << Buonanotte amore, prometti di non lasciarmi mai >>, << Mai >>.

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Capitolo 14
*** Cicatrici e timori ***


Che serata magnifica, che notte fantastica avevano passato! Si sentivano entrambi completi, l’uno una parte dell’altra, e al contempo l’una l’inizio e la fine dell’altro.
La ragazza si svegliò il mattino seguente nuda, avvolta nelle coperte, accanto al suo uomo, ancora addormentato. Si voltò a guardarlo: non era il tipico uomo bello e perfetto, non aveva un carattere sempre amabile, e neppure una storia felice. Severus Piton era un uomo diverso, strano sotto tanti aspetti, in contrasto con se stesso a volte, e sempre in contrasto con il mondo. Tuttavia, egli era la persona più speciale agli occhi della ragazza: affascinante, coraggioso, fedele, misterioso; un uomo da tenere a bada quando si arrabbiava, da ribattere quando si inacidiva, da coccolare e amare soprattutto quando era più fragile.  
Georgy si mosse piano verso il corpo del professore, per scrutarlo da vicino, per sentirne il profumo; quando gli fu a distanza ravvicinata si accoccolò vicino al suo petto, rannicchiò le gambe e rimase in attesa, protetta. Sentì un braccio cingerle le spalle e una mano accarezzarle la schiena. Alzò gli occhi e incontrò quelli di Piton. Non servì dire nulla, bastò un semplice bacio sulla sua testa per riaccendere la passione tra i due, lievemente sopita durante il riposo.
<< Buongiorno >> disse lui, continuando ad accarezzarla e baciarla.
<< Ciao >> rispose lei, lasciandosi toccare, e facendo lo stesso.
Si comportavano come se non fossero mai certi di aver del tutto dimostrato il loro amore.
<< Grazie >>.
<< Per cosa? >> chiese la ragazza.
<< Per essere qui. Per ieri. Per stanotte. Per le tue parole. Per il fatto che mi rendi diverso, migliore, almeno quando sono con te. Per darmi un valido motivo per andare avanti >>.
<< Sev non devi ringraziarmi per questo. E poi mi fai commuovere così! >> rise la ragazza. << Sai, mi sembra di conoscerti da una vita, come se il passo di questa notte fosse stato naturale, destinato da tempo. Mi piace pensare che in fondo noi ci eravamo già incontrati e conosciuti, nei nostri cuori, inconsapevolmente, e che ora ci siamo ritrovati >>.
Lui la baciò, leggero, delicato. << Mi piace pensare che siamo così uniti, così un unico spirito, che dove finisco io cominci tu. I nostri contorni sono sfumati, e solo con te io posso vedere nitidamente in me >>.
Una lacrima segnò il volto della ragazza. Il professore le prese il mento con la mano, le asciugò la lacrima con un bacio e la strinse forte a sé.
Rimasero a letto a lungo quella mattina, almeno finché non convennero che il grosso ritardo di un professore e una studentessa non sarebbe passato molto inosservato.
 
Remus Lupin stava passeggiando lungo il ponte che collegava la foresta proibita al castello, in direzione di Hogwarts. Era totalmente assorto nei suoi pensieri, si domandava se i Mangiamorte rimasti dopo la caduta di Voldemort prima o poi si sarebbero mossi, che cosa sarebbe successo, o se la vita sarebbe tornata alla consueta normalità. Si chiedeva come stesse Georgy. D’un tratto eccola sbucare dal porticato che dava sul ponte, sola, con i quaderni delle lezioni sotto braccio, il passo svelto e lo sguardo a terra.
<< Ehilà, Georgy! Dove vai così di fretta? >>.
La ragazza si fermò per vedere chi l’avesse salutata. << Ah ciao Remus! Anzi, salve professor Lupin! >>.
<< Puoi chiamarmi pure Remus quando non c’è nessuno nei paraggi! >> le bisbigliò all’orecchio il professore.
<< Ok! Comunque ho appena finito le lezioni della mattina. Stavo facendo una passeggiata, ma ogni volta che posso camminare tranquilla il mio passo si fa alquanto veloce >>.
<< Strano… bè vuoi fare due passi tranquilli con me? È da un po’ che non facciamo due chiacchiere… >>.
La ragazza acconsentì, e implicitamente si offrì all’interrogatorio che Lupin aveva in serbo per lei.
<< Allora… come va? >>
<< Bene bene, come al solito >> rispose la ragazza mordendosi il labbro.
<< E…ehm… con Piton? >>
<< Benissimo grazie. Ma… lo sai anche te? >>
<< Sì, l’ho saputo quando ci siamo riuniti per discutere della questione Mangiamorte… >>
<< Quale questione? >> chiese la ragazza, allucinata.
 “ Nessuno l’ha ancora avvertita! Cavolo! Non posso certo dirle io tutto, magari non lo deve sapere… “.
<< Bah niente di importante, tranquilla, è che alcuni hanno chiesto… di… ehm… essere risparmiati da qualche condanna pesante… sì insomma ne stavamo solo parlando come si parla di politica o sport, nulla di che! >>.
Questa risposta non convinse molto la ragazza, ma non replicò nulla. Era ancora troppo contenta per la sua stupenda storia con Piton e non sapeva se esporsi con l’amico Lupin oppure non raccontargli niente. Già aveva fatto il resoconto dettagliato a Linda, la quale era parsa veramente stupita in positivo del comportamento del suo amato professore. Fu comunque Lupin a cavarle fuori le parole di bocca.
<< Georgy ma con Piotn, cioè, fate sul serio? È una relazione seria la vostra? Ci avete riflettuto? >>.
<< Sì Remus, entrambi siamo perfettamente consci di ciò a cui andiamo incontro. Ma io lo amo davvero e non mi interessa delle conseguenze, e per lui è lo stesso >>.
<< E quando tutti lo sapranno? >>
<< Lo scopriranno in maniera graduale. Intanto non ci esponiamo. Ieri sera mi ha portata fuori a cena. È stato fantastico! >> e iniziò a raccontare tutta la serata, arrivando anche a parlare di tutte le emozioni che lei stessa aveva provato. Si fidava di Lupin, sapeva che non li avrebbe traditi.
<< Dovete stare attenti, Georgy. Non si sa mai che pericoli si possono celare dietro l’angolo >>.
<< Cosa vorresti dire? Che pericoli? Parli come Severus, sei criptico. Non è che c’è qualcosa sotto che mi volete nascondere? Perché qua tutti alludono a pericoli ma nessuno mi dà maggiori informazioni >>.
<< Georgy, io non voglio allarmarti, perché per ora non c’è nulla di cui aver paura. Ma un giorno la normalità in cui siamo tornati a vivere potrebbe finire di nuovo, non so se mi capisci >>.
<< Remus, Voldemort è morto, l’hai visto, lo abbiamo eliminato. Chi vuoi che ci possa rompere adesso? I Mangiamorte che non sono riusciti a prendermi neppure quando ero sola con Piton? >>.
Il professore non replicò, lasciando intendere che proprio loro potevano minacciare la tranquillità del mondo magico.
<< Impossibile. Dai, cazzarola, non ha senso! Non c’è più nessuno che li guidi, cosa possono volere da Hogwarts ancora? >>.
Lupin continuava a non rispondere. Aveva detto anche troppo.
I due continuavano a camminare, in silenzio, l’una pensierosa e allibita, l’altro turbato dall’aver appena rivelato importanti informazioni. Finalmente uno dei due ruppe il silenzio, e ricominciarono a chiacchierare, parlando delle lezioni, degli esami e della vita solitaria di Lupin. La direzione dei loro passi era un corridoio molto lungo, in particolare una porta di legno massiccio che racchiudeva una stanza riempita di pozioni e in cui si trovava un uomo che da un po’ tempo riempiva il cuore e la mente della ragazza.
 
Severu Piton quella mattina aveva svolto il suo dovere di insegnante in maniera egregia, come suo solito, aveva insultato qualche studente insolente, come suo solito, aveva tolto punti a Grifondoro, come suo solito, aveva passato ogni momento libero e non a pensare alla ragazza, come suo solito.
Terminate le lezioni si era ritirato nella sua stanza, doveva continuare con l’inventario delle sue pozioni e dei suoi ingredienti, che puntualmente sparivano. “Quel maledetto Potter, coi suoi amichetti idioti, sempre a frugare tra le mie cose. Non bastava suo padre all’epoca a tormentarmi, a fregarmi le pozioni, a rovinarmi gli ingredienti, ora anche lui deve toccare le mie riserve. Ma prima o poi lo beccherò”, pensava il professore. L’unico modo per calmarsi era pensare alla sua Georgy, che sarebbe giunta verso l’ora di pranzo, per un saluto veloce.
Inaspettatamente qualcuno bussò alla porta. Il professore da dietro il suo bancone disse << Avanti >> aspettandosi di veder comparire Georgy, o al massimo uno studente scocciatore, ma più probabilmente la prima ipotesi era la più fattibile. La persona che invece si trovò davanti non era né la ragazza né un qualsiasi studente. L’uomo che varcò la soglia e si chiuse la porta alle spalle era alto, con portamento elegante, spalle larghe, occhi chiari, capelli lunghi e biondi e teneva in mano un bastone da passeggio.
<< Buongiorno Severus, anzi, professor Piton >>.
<< Lucius Malfoy >> disse Piton guardando il nuovo entrato con sguardo duro. << Come mai qui? >>
<< Come, non posso? Mio figlio è ancora un Serpeverde, e io mi preoccupo della sua formazione di mago >>.
Lo sguardo di Lucius Malfoy era strafottente, e di sfida, che celava perfettamente l’odio profondo che provava verso l’uomo che aveva tradito la fiducia del suo signore, e la sua. Lo sguardo di Piton non nascondeva affatto il rancore verso quel viscido servo del mago che gli aveva portato via il primo amore e che lo aveva fatto vivere da emarginato.
<< Professor Piton è da maleducati non ricevere cortesemente gli ospiti >> disse Malfoy in tono canzonatorio.
<< Sai com’è Lucius, non accetto molto gli ospiti indesiderati. Ma già che sei qua potresti anche dirmi cosa avete in mente tu e i tuoi amichetti purosangue, lo so che vi riunite, e so anche che volete scatenare di nuovo casini. Cosa volete fare stavolta? >>.
In quel preciso momento si sentì bussare alla porta, e senza che nessuno desse il permesso di entrare la ragazza fece irruzione nella stanza, con un sorriso in volto che ben presto si trasformò in un’espressione di agitazione. Malfoy non si fece scappare l’occasione, anzi, la distrazione, e lanciò un incantesimo dritto contro il petto di Piton, che fu scaraventato addosso al bancone, facendo rovesciare molte delle pozioni presenti nella stanza. La ragazza corse subito da professore, e si accovacciò accanto a lui per accertarsi delle sue condizioni.
<< Questo vogliamo fare, Severus >> disse Malfoy guardando ora sì con odio il professore.
<< Che aspetti allora? Mi hai colpito solo perché ero distratto >>.
<< Oh, non così in fretta. A tempo debito avrai anche tu quello che ti meriti. Goditi la tua ragazzina finché puoi. Buona giornata, professore >> disse l’uomo, e se ne andò con passo rapido.
Lupin aveva assistito alla scena senza poter intervenire, ma i suoi dubbi si erano dissolti: ora sapeva che i Mangiamorte erano un nuovo pericolo. La ragazza invece si guardava intorno spaventata e con mille domande nella testa.
<< Severus perché? Cosa voleva? Cos’è che vogliono fare? E chi? >>.
Piton con l’aiuto della ragazza si rialzò, e le spiegò cosa gli aveva detto Malfoy, e tutto quello che nei giorni precedenti avevano pensato sarebbe potuto succedere. Il motivo per cui i Mangiamorte ce l’avevano con lui era che ai loro occhi egli era un traditore, e meritava di morire, e ora che sapevano che aveva un legame speciale con la ragazza non avrebbero esitato a colpire anche lei. La pace appena iniziata era già finita.
 
<< Faremo delle ronde, creeremo delle scorte, non girerete mai da soli! >> diceva la McGranitt andando avanti e indietro per il suo studio. Davanti a lei Piton, la ragazza, Lupin, Sirius e pochi altri assistevano alla scena. << Il castello è e deve restare un posto sicuro. Triplicheremo le guardie. Insomma, siamo maghi, ci sarà qualche incantesimo per difenderci! >>.
<< Se mi permette, preside, vorrei dirle che… >> iniziò Piton, con la voce strascicata e le parole quasi sillabate, come suo solito quando la sua opinione è contraria a quella di tutti. Non riuscì però a terminare la frase che la McGranitt lo interruppe per urlare contro a tutti e spronarli a tirare fuori idee per uscire illesi da quella situazione. << Malfoy si è esposto molto oggi, vuol dire che sono decisi e già organizzati. Non c’è tempo! >> continuava disperata.
Piton riprovò a parlare: << Preside, io non credo che serva tutto ciò, non penso che ci si debba preoccupare così tanto >>.
<< Ma che dici Severus? Cosa dovremmo fare allora? Pensi di risolvere tutto con una pozione? >> lo schernì la preside.
<< No, dico solo che non serviranno scorte o guardie. I Mangiamorte ritengono che io sia l’elemento da eliminare. Se vogliono me, io andrò da loro. >>
<< Ma sei scemo? >> urlò la ragazza. << Ma che cazzo ti passa per la testa? Non puoi farlo! Diteglielo! >>
Tutti nella stanza cercarono di dissuadere Piton dal fare gesti azzardati, tutti, tranne Sirius Black. Il suo odio nei confronti del professore era paragonabile solo a quello che il professore stesso nutriva verso di lui.
<< Ma sì, lasciate che faccia, che si vada a far ammazzare. Il mondo non ha bisogno di gente come lui >>. Fu questa a scintilla che fece accendere gli animi dei presenti, i quali cominciarono a gridarsi dietro, offendersi e minacciare di lanciare incantesimi molto pericolosi. Fu un miracolo se nessuno alzò le mani contro qualcun altro. Nello studio regnava il caos.
Una voce possente e autorevole stoppò la disputa tutti-contro-tutti che era in atto. Dal suo quadro l’immagine di Silente guardava negli occhi ciascuno dei presenti, ammonendoli e biasimandoli. << Signori, per piacere, mostrate un po’ di contegno. È questo che i Mangiamorte vogliono, è questo il nostro punto debole. Mettete da parte i dissidi personali e riflettete. Severus, il tuo gesto sarebbe certamente generoso ed eroico, ma non possiamo rischiare di perdere un ottimo insegnante, un saggio mago e un fedelissimo dell’Ordine. D’altra parte non possiamo neppure arruolare un esercito per proteggere il castello e chi lo abita come se fossimo già sotto assedio. E Sirius, non serve fare tutti quegli attacchi verso gli altri, quindi non fomentare la divisione di questo gruppo, perché è l’ultima cosa che deve preoccuparci. Se resteremo uniti riusciremo ad affrontare anche questa insidia. È solo restando insieme che si vincono le vere battaglie, è nel gruppo che si trova la forza. Meditate su queste parole. Intanto vorrei proporre di tenere gli occhi ben aperti, perché siamo bersagli esposti in ogni momento >>.
 
Le parole di Silente avevano ridato a tutti fiducia nel prossimo. La ragazza era però seriamente turbata: finalmente aveva trovato un suo equilibrio e qualcuno glielo stava già rovinando. Il suo amato Piton era il bersaglio della furia di qualche Mangiamorte in vena di vendetta, e lei stessa, per il fatto di avere una relazione con il professore, era esposta agli stessi suoi pericoli.
Quella notte la ragazza e il professore erano distesi sul letto, abbracciati, ma con la mente altrove, totalmente assorti nei loro pensieri. Piton era infuriato contro tutti, Black, Lupin, Malfoy, per il loro modo di comportarsi, ma non poteva non fare ciò che aveva detto Silente. In più aveva paura di perdere il più bel fiore che avesse potuto mai trovare nella sua vita: se avessero fatto del male alla ragazza, se l’avessero presa e forse uccisa non si sarebbe dato pace. E mentre pensava queste cose, intimorito dal fatto di poterla perdere, la stringeva a sé con più forza. La ragazza era molto impaurita all’idea di dover di nuovo combattere per la pace, che idea folle: come si può portare pace con la guerra? Perché le persone godono nel farsi così del male? Perché vendicarsi di qualcosa di buono fatto da qualcuno? Georgy si lasciava stringere dal professore, per sentirsi più protetta.
<< Sev, questa situazione non mi piace proprio per niente. Ho paura per te, per me, per noi, per Hogwarts. Sai, quando ero piccola e spaventata, che so, da un temporale o da qualche mostro sotto il letto, correvo nella camera dei miei due papà e mi stendevo a letto tra loro. A quel punto andavamo tutti sotto le coperte che diventavano tipo una tenda, e per magia il rifugio si illuminava, e passavamo il tempo a ridere, mi raccontavano storie o si giocava, finché non mi addormentavo. Vorrei tornare bambina anche per questo. E tu? Non lo vorresti? >>
Piton, destato dai suoi pensieri, faticò a parlare della sua infanzia e della sua famiglia. << Io? Non credo vorrò mai tornare indietro. Ora ho te e sono l’uomo più felice del mondo >>
<< Dai Sev me lo dici sempre! Perché non vorresti tornare indietro? >> chiedeva la ragazza, ma subito se ne pentì, ricordandosi le innumerevoli cicatrici sul corpo del professore.
Ci fu un lunghissimo attimo di silenzio, prima che Piton iniziasse a parlare, con calma, e tristezza.
<< Mia madre era una donna di poche parole, ma sempre dolci verso di me e verso mio padre. Era tanto buona e tanto innamorata di lui da perdonarlo sempre per ogni sgarro che faceva, per ogni parola offensiva che le diceva, e per ogni sberla che le dava. Nonostante fosse lei una purosangue, e mio padre un babbano, mia madre non alzò mai la bacchetta contro di lui.
Quando ero piccolo io cercavo sempre di scappare da casa, star fuori più che potevo, per non sentirli urlare, per non dover fare lo schiavo di mio padre; a volte cercavo di portar fuori mia madre, ma aveva sempre molte faccende da sbrigare. Non avevo amici, non li ho mai avuti. Troppo povero, strano, con una famiglia disastrata per poter essere accettato dagli altri bambini. L’unica che mi si avvicinava era Lily, cara e dolce bambina, me ne innamorai subito, inutilmente. Iniziai a capire cosa fosse l’amore, il fatto di dedicarsi anima e corpo a una persona, anche se la vedevo ancora con gli occhi di un bambino, innocenti e che già avevano visto troppo dolore.
Mio padre è sempre stato scorbutico, arrogante e cattivo con tutti. Sarebbe stato un Mangiamorte perfetto, mi sono sempre chiesto se sarebbe stato lui il più fedele seguace di Voldemort se avesse avuto poteri magici. Lavorava poco, e guadagnava ancora meno. Quel poco che mia madre riusciva a risparmiare lui lo sperperava in alcol per lo più; e quando era ubriaco diventava un uomo terribile. Picchiava mia madre, e quando fui un po’ più grande cominciò anche con me. “Devi diventare un uomo” diceva, “non un maghetto frocetto. Tu e la tua magia del cazzo siete la rovina del mondo, ma te li tolgo io i poteri, a suon di sberle. A te e a quella cagna di tua madre”. Io provavo a ribellarmi, ma ero ancora piccolo, inesperto e indifeso, l’alito fetido di quell’uomo mi confondeva e i colpi con la cintura facevano male.
 Quando andai ad Hogwarts i miei poterono tirare un sospiro di sollievo perché c’era una bocca in meno da sfamare, e mia madre sapeva che lontano da casa ero più al sicuro. Quando tornavo per l’estate non ero il bene accetto. Mia madre, prima premurosa, gentile, una donna davvero amabile, si stava trasformando nella donna che voleva mio padre: silenziosa, acida, mal tenuta, menefreghista, dedita solo a lui e nient’altro. Probabilmente non la picchiava più, la vecchiaia iniziava a farsi sentire, ma ogni anno sentivo che la mia presenza in quella casa non era più gradita, da nessuno, neppure da me. Decisi di prender casa qui vicino, chiesi aiuto a Silente, mi diede un lavoro, capì le mie condizioni e mi restò accanto, anche quando passai per un po’ dalla parte di Voldemort. Poi la storia la conosci già…>>
La ragazza aveva gli occhi colmi di tristezza. Non avrebbe mai voluto fargli quella domanda. Lo strinse a sé e cercò di coccolarlo, di fargli capire che ora era diverso, lei lo avrebbe reso diverso.
<< E che ne è stato dei tuoi genitori? >>
<< Non ne ho idea. Saranno morti credo. Non sono più tornato in quella casa, non mi hanno mai scritto né io li ho mai più cercati. E sinceramente credo che continuerò a non farlo.>>
<< E non sei curioso? E se sono ancora vivi e son cambiati? >>
<< Georgy, sei davvero ingenua. La gente non cambia. E anche se fossero vivi cosa potrei fare? Si saranno di sicuro dimenticati di me. >>
<< Parlare con loro sarebbe già qualcosa. Penso che una madre non si possa scordare di un figlio, è innaturale e impossibile. Credo che dovresti fare questo passo. Ti accompagno io se vuoi, non mi tiro indietro. Ti starò accanto, come sempre. Non si può vivere arrabbiati con la propria mamma >>.
<< Lo so >> rispose Piton, << lo so >>, e così dicendo voltò la testa verso il muro, gli occhi bene aperti e fissi per far asciugare una piccola lacrima nata da quei tristi pensieri.

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Capitolo 15
*** Scontri e gelosia ***


Diagon Alley. Locanda oscura, sinistra e semideserta. Quattro uomini nuovamente seduti a un tavolo, i volti debolmente illuminati dalla luce fioca di una candela quasi consumata.
<< Il traditore è stato avvisato. Si aspettano che faremo qualcosa a breve. >>
<< E allora Lucius dovremmo aspettare, per sorprenderli quando meno se lo aspettano? >>
<< No Cosimus, attacheremo il prima possibile. Non dobbiamo dar loro il tempo di organizzarsi. >>
<< Lucius, il tuo umile e devoto amico Raptilius ti sostiene. >>
<< Grazie amico, ma non essere troppo viscido.>>
<< Anche io ci sto. Il prima possibile. >>
<< Perfetto Gregor. >>
<< Non ne sono convinto Lucius. Sento che così ci andrà male. >>
<< Pensala come vuoi Cosimus, ma dobbiamo colpirli. Piton deve morire. >>
 
La mattina seguente Georgy si svegliò presto, e trovò Piton con gli occhi già aperti, che la fissava.
<< Uh che spettacolo deve essere vedermi sbavare sul cuscino! >>
<< Lo sai che sei bellissima anche quando dormi >> rispose lui, e la baciò. Nonostante la solita tenerezza mattutina, il suo sguardo parlava di preoccupazione. La ragazza se ne accorse subito, non era tipico del professore essere agitato o preoccupato, al massimo lo aveva visto infastidito e irritabile.
<< Cosa c’è Sev? Perché mi guardi così? >>
<< Georgy, questa dei Mangiamorte è una faccenda seria. Io non voglio che ti accada alcuna cosa brutta, non me lo perdonerei mai. >>
<< Non mi può succedere niente se resto qui, se ci sei tu. Non mi preoccupo più di tanto perché non sono come Voldemort, siamo scappati ai Mangiamorte più volte, non mi fanno più paura come prima. >>
<< E sbagli a parlare così! Non devi mai sottovalutare chi sta dalla loro parte. Non hanno pietà, non conoscono sentimenti, non si daranno pace se prima non avranno avuto la loro vendetta. >> sbottò Piton. Ora oltre che preoccupato era anche irritato dal menefreghismo della ragazza. Come poteva non capire il rischio che correva ogni minuto che passava con lui e anche senza lui? << Non puoi pretendere di essere lasciata sola, non puoi pensare che riuscirai sempre a cavartela! >>.
<< E quindi? Dovrei avere la scorta per tutta la vita? >>. Ora stavano letteralmente urlando uno contro l’altro, ai due opposti lati del grande letto con la testiera di legno scuro e massiccio. << Pensi che sia impedita? Che non sia in grado di difendermi? >>
<< Sono tanti loro Goergy! E non si fermeranno perché una ragazzina li pregherà in lacrime di risparmiarla! Non esiteranno a farti fuori! E questo atteggiamento spavaldo e insulso che hai non ti aiuterà mai. Tu-non-sei-invincibile! >>
<< Ma cosa c’entra ora questo? Ma ti senti? Parla quello che voleva fare l’eroe e offrirsi in sacrificio, senza pensare a nessun altro se non a se stesso. Sei un egoista, credevo che fossi diverso da come ti vedevo da dietro i banchi di scuola, ma evidentemente mi sono sbagliata. >>
<< Non capisci che volevo solo proteggere voi tutti da una fine imminente? Non mi sembra proprio egoismo il fatto di non voler far soffrire nessuno. >>
 << Ma se sai benissimo che da solo non ce la faresti. E se mi dici che i Mangiamorte non si fermano davanti a niente credi che dopo averti fatto fuori non verrebbero comunque a cercare anche noi? E adesso vorresti che io restassi chiusa, isolata, reclusa magari nel castello, in una delle sue stanze, come la reclusione forzata nella casa con te? Ti rendi conto di che sacrificio mi chiedi? >>
<< Penso che non sia tanto terribile come sacrificio, visto che saresti sempre qui. O forse ti dispiacerebbe non poter vedere il tuo “caro amico” Lupin? O quel cane di Black? >>
<< Ah sei pure geloso ora? Bene, fantastico, tu tiri su tutta questa storia per un semplice caso di gelosia? Usi la scusa dei Mangiamorte? Sappi Severus che così mi sento davvero offesa >> disse la ragazza, iniziando a raccogliere le sue cose e dirigendosi verso il bagno adiacente alla camera, per farsi una doccia e scappare da quella conversazione asfissiante.
<< Non ho mai detto questo, sei tu che travisi ciò che ti dico, che rigiri le frasi come ti pare e piace. Non me ne frega se ti senti offesa, sei solo una stupida infantile ragazzina se pensi quelle cose! >> Rispose Piton urlando contro la ragazza che, bloccatasi sulla soglia della porta del bagno, si girò verso il professore e gli disse, con voce fredda e tremolante: << Penso che tu abbia detto troppo. Stammi distante. Non ti voglio vedere >>.
Georgy entrò nel bagno, aprì l’acqua della doccia, si spogliò e si guardò allo specchio. Una stupida, povera inutile studentessa, nel bagno del professore che credeva essere il suo uomo nuovo, cambiato. Perché si doveva comportare così? Perché la loro non poteva essere una normale storia come ce ne sono tante in giro per il mondo? Si sentiva sola, non capita, presa in giro. Entrò in doccia e con l’acqua che le scendeva lungo i fianchi, le batteva sulle spalle e la bagnava tutta, e iniziò a piangere. Fu un pianto liberatorio che sapeva di tanta amarezza e rimorso per alcune cose dette, e le sembrava di poter lavar via con l’acqua corrente tutti questi pensieri. Si sentiva davvero una stupida per continuare ad amare quell’uomo così tanto. Restò lì più del solito, lasciando che il calore dell’acqua le accarezzasse la pelle e le desse conforto.
Piton camminava furiosamente per la stanza, avanti e indietro, instancabilmente. Avrebbe voluto prendere a pugni la porta del bagno, sfondarla, entrare e continuare la discussione, offendere la ragazza, e forse sarebbe arrivato anche a tirarle una bella sberla. “Stupida, insolente, irritante ragazzina. Cazzo.” Non capiva perché fosse andato tutto storto, perché lei l’avesse presa male. Continuava a camminare e pensare e ripensare. Si fermò davanti allo specchio della camera e si guardò attentamente. Non vedeva altro che un uomo, misero e solo, arrabbiato certo, ma vuoto. Si avvicinò, come per scrutare meglio, per trovare un piccolo particolare altrimenti invisibile, ma non vide niente, nulla più della sua pallida e oscura figura. L’intera superficie riflettente era occupata dalla sua immagine, scura, imbronciata. L’unico angolo alle sue spalle che riusciva a vedere riflesso era una parte dei piedi del letto, su cui era rimasta la felpa della ragazza. Bastò quella cosa per fargli capire quanto insignificante e solo fosse lui stesso senza di lei. Prese la felpa, si sedette all’angolo del letto e affondò il naso adunco nell’indumento, aspirandone il prezioso profumo. Riconobbe la mistura di essenze racchiuse nel profumo di ogni giorno della ragazza, e gli affiorarono alla mente alcuni momenti delle notti precedenti, quando il suo naso era immerso nella sua carne, quando la sua bocca poteva accarezzarne ogni centimetro di corpo, quando le sue mani non potevano che posarsi dolcemente su di lei. Come aveva potuto fare certe insinuazioni? Obbligarla a chiudersi nuovamente in una stanza, sola? Come aveva potuto chiamarla stupida? Forse lo era solo per il fatto di essersi innamorata di lui. Si sentì sprofondare nella vergogna, nel rimpianto. Non poteva lasciarla andare via quella mattina, non in quel modo, non con quei sentimenti.
Il professore si alzò, si diresse verso il bagno. Aprì piano la porta e fu immediatamente avvolto dal calore e dal vapore che inondavano tutta la piccola stanza. L’acqua nella doccia aveva appena finito di scorrere, e la ragazza stava uscendo, avvolta nel suo grande asciugamano. Non si era accorta della presenza del professore. Lui si avvicinò, senza dir nulla. Lei alzò gli occhi e lo vide, di fronte a lei, lo sguardo fisso e gli occhi lucidi. Dentro di lei fu sorpresa, ma non mostrò quest’emozione all’esterno.
Piton era a pochi centimetri dalla ragazza. Le scostò i capelli bagnati dalla spalla e vi appoggiò le labbra, baciandola. Lei, dapprima contratta, si rilassò. Le prese l’asciugamano e lo mise da parte. La abbracciò forte, bagnando i suoi vestiti, imprimendosi l’impronta della ragazza sul proprio petto. Si baciarono, eccome. E si parlarono, si chiarirono, si amarono in un altro modo.
<< Scusami, scusami, sono io lo stupido, non so cosa mi è preso. >>
<< Sì, ma io dovrei pensare di più a ciò che dico. Mi dispiace Sev. Io ti amo, e non è vero che non ti voglio più vedere. >>
<< Mi sono reso conto di esser davvero perso senza di te. E… con i capelli bagnati sei ancora più bella >>.
La passione li colse, forte, improvvisa, desiderata. Si ritrovarono ben presto nudi, vicini, col fisico e con il cuore, l’acqua che scorreva su di loro, che lavava via i litigi della mattina, e faceva spazio nelle loro menti solo al pensiero di voler rendere quel momento eterno, di volersi amare sempre con tanta passione, perché entrambi avevano bisogno l’uno dell’altra per sentirsi veramente completi.
 
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<< O con noi o contro di noi. Diamogli l’ultima possibilità. Se perde anche questo treno, pagherà con la vita. >>
 
Quel pomeriggio Georgy stava parlando in cortile con l’amica fidata Linda di ciò che era accaduto durante la mattina, quando fu raggiunta dal custode Gazza, ansante e con l’alito fetido che investiva le ragazze.
<< La signorina Huge è desiderata nello studio della preside. Ragazzina, non so cosa combini, ma non è normale che una studentessa venga richiamata così tante volte, dalla preside in persona poi! Finirai molto male se non ti comporterai meglio… >> e se ne andò, continuando a borbottare offese e maledizioni contro studenti e insegnanti, tutti ugualmente scocciatori e vandali.
Le due ragazze si guardarono: entrambe sapevano che Georgy era stata invitata nello studio della preside per il problema dei Mangiamorte. Forse era già successo qualcosa, oppure avrebbero discusso sulle precauzioni da prendere. Georgy si precipitò nello studio, entrandovi vistosamente ansante per la corsa e la salita delle scale marmoree.
Nella stanza erano riuniti la McGranitt, Piton, Lupin, Sirius, Lumacorno e Kingsley, un uomo alto e di colore, infiltrato nel ministero, amico di Lupin e di Silente.
<< Benvenuta Georgy >> disse il quadro di Silente, << ora che ci siamo tutti direi che la riunione può cominciare >>.
Il primo a parlare fu Kingsley. << Ho saputo al ministero che stanotte potrebbe esserci un certo movimento. Come ben sapete diversi Mangiamorte frequentano abitualmente il ministero, e ho potuto sentire una conversazione tra un certo Raptilius e altri, di cui non ho né visto la faccia né sentito i nomi. Da quel che ho potuto capire stasera si riuniranno poco fuori i confini di Hogwarts. È probabile che se si troveranno vorranno anche attaccare. >>
<< Circa l’ora e il luogo esatto non sai nulla? >> chiese Lupin.
<< No Remus, non hanno detto niente o forse non l’ho potuto cogliere io. Però è meglio che non sapere proprio nulla >>.
<< Hai ragione >> intervenne la McGranitt. << Siamo troppo pochi per presidiare tutti i confini. Propongo di restare uniti ma pronti. Al minimo allarme andremo subito incontro ai nemici, in modo che gli studenti e Hogwarts non vengano toccati. >>
<< Ma così sarà un massacro >> disse la ragazza.
<< Non credo Georgy, dopo la caduta del signore oscuro e la batosta che si son presi, molti dei Mangiamorte si son ritirati, non saranno molti. Non sarà difficile tener loro testa >> rispose Sirius, e le fece l’occhiolino.
Georgy si voltò a guardare Piton, evidentemente infastidito non solo dal fatto che fosse stato Sirius Black a parlare, ma anche per le parole che aveva detto, le quali erano costate una sonora litigata con la ragazza quella mattina.
<< E’ vero, probabilmente il numero di Mangiamorte non sarà elevato, ma è meglio non correre rischi ed essere sicuri di avere rinforzi se necessario. Kingsley, te ne puoi occupare tu? >> chiese la preside. L’uomo annuì. << Quanto a noi, propongo che Sirius, Kingsley e Lumacorno si tengano pronti. Io starò con voi e in caso di attacco saremo i primi che i Mangiamorte dovranno incontrare. A noi si aggiungerà Hagrid, che sarà anche quello che darà l’allarme. Sono richieste tutte le abilità di ciascuno di noi >>. La McGranitt parlava come un generale, sicura di ciò che diceva, convinta che con la collaborazione di tutti e il sacrificio avrebbero fronteggiato anche questa minaccia. << Severus, tu sei il loro bersaglio principale, perciò resterai qui, nella scuola, con Lupin >>.
A queste parole le facce di entrambi i professori erano sbigottite allo stesso modo.
<< Cosa? Io voglio combattere, non lascerò che a causa mia dobbiate soffrire voi >> diceva Piton per evitare la “punizione”.
<< Capisco le motivazioni, per me non c’è alcun problema. Però esigo di essere avvisato se le cose iniziano ad andare male. Non vi voglio lasciare lì senza possibilità di partecipare >>.
<< Va bene, ma spero che non succederà >> rispose la McGranitt, ignorando le proteste di Piton.
<< E io? >> intervenne la ragazza.
Piton la fulminò con lo sguardo, Sirius e Lupin scossero la testa, la McGranitt guardò il ritratto di Silente.
<< Io penso che tu dovresti rimanere nel tuo dormitorio, o al massimo con Severus e Remus >> rispose la preside.
<< Ma io… veramente… >> cominciò la ragazza, ma fu interrotta dalla voce di Silente. << Io credo che dovresti fare ciò che ti senti. Bisogna riconoscere che la ragazza ha tenuto testa a Voldemort, è portata per gli incantesimi, ha spirito di iniziativa ed è astuta. Dovreste portarla con voi se è quello che vuole. >>
La ragazza fece capire che lei intendeva combattere, che non avrebbe lasciato che dei vili Mangiamorte le portassero via tutto ciò che di più prezioso aveva.
Nessuno voleva contrastare Silente. Egli era l’uomo più saggio che il mondo magico avesse mai conosciuto, tutti lo sapevano, e se lui diceva di lasciare libera Georgy probabilmente un motivo c’era.
 
<< Hai fatto tutto? >>
<< Certamente Lucius, come mi hai ordinato. >>
<< Non voglio andarci di mezzo, mi basta già di espormi alla guida dei Mangiamorte stasera, non voglio essere responsabile della morte di Cosimus. >>
<< Non ti preoccupare, ho sistemato tutto, sembrerà un incidente. E comunque, se mi è permesso, se lo meritava. Stamattina al ministero mi aveva minacciato di dire tutto a qualcuno che lavora per Silente, se non avessimo aspettato avrebbe trovato il modo di avvisare tutta Hogwarts del nostro attacco. L’ho zittito in tempo. >>    
<< Procediamo allora Raptilius. >>
 
A cena la ragazza si comportò normalmente, senza dare il minimo cenno di agitazione. Guardava spesso il tavolo dei professori, come per avere notizie su ciò che accadeva all’esterno tramite i loro comportamenti. Dentro di lei sapeva che in caso di attacco avrebbe dovuto combattere contro gente esperta e non alle prime armi, ma era anche convinta di ciò che faceva, e non temeva di farsi avanti. In più, sotto suggerimento di Silente, avrebbe combattuto senza farsi vedere, nascondendosi nella foresta e con il mantello dell’invisibilità. Un’idea geniale questa di Silente, degna di un uomo saggio e furbo. Fu proprio questa proposta a rasserenare molto Piton, furioso per il fatto che la sua ragazza sarebbe scesa nella mischia quella notte mentre lui non l’avrebbe potuta proteggere, dovendo restare chiuso nella scuola con Lupin.
Dopo cena, come d’accordo, si riunirono nello studio della preside, tutti tranne Lupin e Piton, già insieme nella stanza del secondo.
<< Aspetteremo il segnale di Hagrid in caso di attacco. Ha istruito una creatura magica perché corra ad avvisarci appena noterà qualcosa di sospetto. Ai confini di Hogwarts Horace ha fatto incantesimi di difesa, così da farci guadagnare del tempo >> spiegava la McGranitt, sempre come un generale, anche se si poteva percepire una certa ansia nella sua voce.
Georgy stava seduta in un angolo dello studio, vestita comoda e con la borsetta a tracolla. In quel magico contenitore aveva riposto, prima di uscire dal suo dormitorio, il mantello, la scopa, delle ampolle, la tenda di Piton, dei libri di incantesimi. Doveva essere pronta a tutto, ogni cosa poteva tornare utile.
Sirius si avvicinò a lei, e iniziò a parlarle in tono amichevole.
<< Sei agitata? >>
<< No, affatto. >>
<< E’ la tua seconda battaglia, dovresti esserlo almeno un pochino! Stai tranquilla, ti proteggerò io, visto che il tuo professorino non può uscire dalla sua stanza. >>
<< Grazie per l’offerta, ma credo riuscirò benissimo a cavarmela. E poi ho anche il mantello dell’invisibilità, non riusciresti a vedermi neppure tu! >>
<< Ma potrei sentirti. I cani hanno un olfatto finissimo. Sappi che ti terrò d’occhio. Allora, visto che abbiamo tempo perché non parliamo un po’? E’ da tanto che io e te non facciamo quattro chiacchiere… >>
<< Eh già, è passato un po’ dall’ultima volta, ma poi sei stato tu a comportarti male. >>
<< Ma non ho fatto niente a te… ho solo un pochino riso del tuo amichetto Piton, niente di più! >>
<< Ecco Sirius, a me dà enormemente fastidio questa cosa. Non so perché non andavate d’accordo in passato, ma ora non potreste lasciare perdere tutto ciò che è successo e non dico diventare amici ma cercare di sopportarvi? Poi io ci sto male se lo offendete, o se lui si vendica… >>
<< Ma non ci penso minimamente! Non condivido il fatto che tu ci stia insieme, figurati se devo provare ad andarci d’accordo. Stai attenta con quell’uomo, non c’è da fidarsi di un Mangiamorte. >>
<< Sirius, ma cosa dici? Non è un Mangiamorte! Mi ha salvato la vita, è sempre stato fedele a Silente! Mi ama! >> replicò la ragazza, con un tono tra l’arrabbiato e l’incredulo.
<< Sì sì certo. Vedrai che alla prima occasione scoprirai chi è il vero Severus Piton. >>
La ragazza rimase sola, nell’angolo dello studio, a ripensare a quello che le aveva detto Sirius. Non era possibile che Piton fosse diverso, che la prendesse solo in giro. Quella mattina era sembrato davvero dispiaciuto dopo la litigata, le sue parole sembravano vere, sul serio. Era convinta che l’amico si sbagliasse, e sperava in cuor suo di non dover mai scoprire il contrario.
Un forte picchiettare alla grande finestra dello studio fece sobbalzare tutti i presenti. Un grosso uccello grigio scuro stava cercando di entrare. La McGranitt corse ad aprire la finestra e la creatura iniziò a volare in tondo nella stanza, guardando tutti, urlando un verso strano e stridulo e facendo cadere un biglietto sulla scrivania della preside. Una volta eseguita la consegna volò via, veloce, come era venuto.
Il biglietto era di Hagrid e, come tutti si aspettavano, diceva che qualcosa di losco stava accadendo ai confini della foresta proibita. Georgy, Sirius, Lumacorno, Kingsley e la McGranitt uscirono di corsa dallo studio della preside e si diressero alla capanna di Hagrid e, aggiuntolo al gruppo, si addentrarono nella foresta proibita, camminando verso i lampi di luce arancioni che indicavano che qualcuno stava cercando di abbattere l’incantesimo di difesa preparato da Lumacorno.
 
Lupin e Piton erano soli nella stanza, rigorosamente in silenzio. Nessuno dei due era in vena di parlare, infastidito dalla presenza dell’altro. Piton sistemava le sue pozioni, Lupin si guardava intorno, annoiato, fissando di tanto in tanto l’altro professore al lavoro.
<< Devi proprio fissarmi? Non hai mai visto una persona lavorare? Ne hai mai sperimentato l’ebbrezza? >> chiedeva sarcastico Piton.
<< Oh sono così affascinato e interessato Severus, sono così felice di passare la notte qui con te, abbiamo così tante cose da dirci che credo sarà veramente una delle nottate in bianco più belle della mia vita >> rispose ironico Lupin.
<< Non ti ho chiesto io di restare qui a controllarmi. Va a finire che se qualcuno ci attacca dovrò essere io stesso a difendere te. >>
<< Ho acconsentito solo per far contenta la McGranitt e… per tranquillizzare Georgy. >>
<< Ti ha raccontato tutto? >>
<< Ogni tanto parliamo, sì. Sai, non è che ora che state insieme sia solo ed esclusivamente tua. >>
<< Certo. A me basta che ognuno rispetti il proprio ruolo, e il proprio posto. >>
<< Certamente, ma stai attento perché talvolta i posti e i ruoli cambiano, Severus. >>
 
I due gruppi avanzavano nella foresta, tra radici e terreno umido. Da una parte una decina di Mangiamorte, incappucciati, silenziosi, parevano quasi volare come Dissennatori, sembravano un’unica nube di fumo nero che con cautela avanzava in direzione di Hogwarts. Dall’altra parte la McGranitt, Hagrid, Kingsley e Lumacorno procedevano cauti, affiancati da un grande cane nero, attenti a ogni singolo rumore proveniente dalla foresta. Georgy si era già messa il mantello dell’invisibilità e si muoveva in mezzo al gruppo, per non confondere i rumori.
Ben presto ciascun gruppo si rese conto di non essere il solo nel raggio di poche decine di metri. Dalla profondità della foresta di fronte a loro, improvvisamente, arrivò un fascio di luce blu che sfiorò di poco la testa di Lumacorno e finì contro un albero, incenerendolo. La risposta di Kingsley fu pronta: una potente luce rossa uscì dalla sua bacchetta, illuminando la vegetazione tutta attorno a loro. Finalmente poterono vedere e individuare i propri nemici. Lo scontro aveva inizio.
 
Nonostante fossero in numero maggiore, i Mangiamorte avevano qualche difficoltà a tener testa al gruppo di professori e non di Hogwarts, anche e soprattutto grazie a incantesimi lanciati da qualcuno ben nascosto. La ragazza stava dando il meglio di sé, era scatenata. Voleva che la situazione si risolvesse il prima possibile, ovviamente in meglio, non vedeva l’ora di potersi gettare tra le braccia di Piton. Ora sì che era agitata, ma sapeva che con la convinzione e la grinta giuste avrebbe potuto cavarsela. I suoi compagni di battaglia erano in grado di gestire egregiamente anche più di un avversario, perciò lei doveva solo colpire chi era distratto e spostarsi continuamente per evitare di essere intercettata.
Lucius Malfoy osservava la scena da lontano. Aveva capito che c’era qualcuno che si muoveva di nascosto, ma non riusciva ad intercettarlo. Si era anche accorto che Piton non aveva preso parte allo scontro, perciò decise di andarselo a cercare. Attraversò la mischia velocemente, quasi smaterializzato, mostrandosi come nebbia nera che in poco tempo sarebbe stata lontana dagli incantesimi e avrebbe potuto dirigersi verso la scuola. Il suo piano però non riuscì perché Sirius lo bloccò abilmente.
<< Dove credi di scappare Malfoy? >>
<< Sirius Black. Lo sapevo che quel lurido cane potevi essere solo tu. >>
<< Sempre gentile come una volta vero? Sappi che non sarò buono e docile come qualche anno fa, l’ultima volta che ci siamo scontrati a viso aperto. >>
<< Non ho tempo da perdere con te, Black. E mi stupisce il fatto che tu sia qui a difendere un uomo che odi. >>
<< Sono stupito pure io dal mio comportamento, non credere che lo faccia perché mi sono rammollito. >>
I due iniziarono a duellare, ognuno deciso ad annullare l’altro, come se fosse l’epilogo di una vecchia disputa. La ragazza osservava tutta la scena, protetta dietro un albero. Sirius per fortuna stava avendo la meglio su Malfoy, quando improvvisamente fu scaraventato a terra dall’incantesimo di un terzo mago.
<< Grazie Raptilius, mi stavo stancando di questo cane pulcioso. >>
<< Non ti preoccupare Lucius, ci penso io ora >> rispose il Mangiamorte, che dava sempre più l’impressione di essere un viscido lecchino e schiavetto di Malfoy più che un uomo libero.
Con Black impegnato a combattere contro Raptilius, Lucius avrebbe potuto dirigersi al castello in cerca di Piton, ma un altro ostacolo si mise davanti al suo cammino. Minerva McGranitt, con i capelli arruffati e il fiato corto per lo sforzo, liberatasi da un Mangiamorte, si era parata davanti a Malfoy, la bacchetta levata e lo sguardo deciso.
<< Non credere che sarà facile avvicinarti al mio castello >> disse la preside.
<< Si tolga di mezzo, non voglio sporcarmi le mani con una vecchietta. >>
<< Come osi? >> e gli lanciò contro un Reducto tanto potente da far completamente saltare l’albero che si trovava alle spalle di Malfoy, il quale era riuscito a spostarsi appena in tempo per non essere investito.
<< Allora dovrò fare sul serio >> replicò, e comiciò a lanciare magie a raffica contro la McGranitt, la quale riusciva sia a difendersi che a rispondere a dovere agli attacchi.
Georgy si trovava sempre nascosta dietro l’albero e non sapeva in che modo aiutare la preside. Si rendeva conto che non avrebbe potuto tenergli testa a lungo, in fondo aveva già combattuto contro altri.
Ad un tratto, per un incantesimo non visto, la McGranitt si ritrovò schiena a terra, il vestito impigliato in una radice, gli occhiali semi rotti e la bacchetta di Malfoy puntata contro a poco più di un metro di distanza.
<< Credo che qualcuno dovrebbe iniziare a salutare i suoi amici >> disse Malfoy.
La preside, impaurita ma con un sangue freddo incredibile, provò ad alzarsi, ma non riuscendovi si limitò ad alzare la bacchetta al cielo. Georgy non capiva cosa volesse fare. Dalla bacchetta uscì una luce rosa che attraversò le fronde degli alberi e si disperse nel cielo, continuando a brillare.
<< Corri Malfoy, ti conviene, o sarai accerchiato da un esercito di auror. Potrebbe non piacerti Azkaban, forse >> disse la preside, con un sorrisetto.
Lucius Malfoy fu colto da rabbia e sorpresa. Non poteva andarsene ora, non senza aver combinato nulla. E se quella degli auror fosse stata solo una scusa? Forse, ma non sarebbero stati così stupidi da presentarsi in quattro contro un numero ben maggiore di nemici.
<< Per questa volta è andata bene a Piton >> disse Malfoy, ma la sua bacchetta era ancora puntata contro la McGranitt. Con un Expelli armus fece volare via la bacchetta dalle mani della preside, e si avvicinò minacciosamente. << Non me ne vado se prima non l’avrò fatta fuori. Sa, l’insolenza va pagata con il sangue. In fondo, le risparmio il dolore di vedere tutti i suoi amici e colleghi uccisi uno alla volta la prossima volta. Poi non potrete dire che noi Mangiamorte siamo senza cuore >>. Detto ciò fece per pronunciare le fatidiche parole: Avada kedavra.
Prima che il suono potesse uscire dalle labbra del Mangiamorte un lampo di luce blu-argentea scaturì dalla bacchetta della ragazza, e un grande cervo argentato si frappose tra Malfoy e la McGranitt. L’incantesimo verde lanciato da Malfoy colpì il patronus della ragazza, fu completamente assorbito dalla creatura, e la McGranitt fu totalmente protetta. Tutti i presenti rimasero sbigottiti per la grande luce bianca che si irradiò da quell’incontro di magie.
 
La mente di Severus Piton improvvisamente fu attraversata da un fulmineo pensiero, una sensazione di ansia e paura, quasi di dolore, ma non fisico, non suo. Non capiva cosa gli succedesse, ma il suo stomaco sembrava ribaltato, la sua mente vuota, la gola fredda e le gambe iniziarono a tremargli.
<< Severus, che succede? >> gli chiese Lupin, colpito dallo strano atteggiamento del professore, che aveva lasciato le provette e le pozioni per appoggiarsi con le mani al bancone da lavoro.
<< Non lo so >> fu la risposta di Piton. << Non lo capisco. >>
 
Lucius Malfoy richiamò i suoi Mangiamorte e scapparono, come erano venuti, sotto forma di un’imponente nube nera che si muoveva a gran velocità e che ben presto fu fuori dai confini della scuola.
La preside con l’aiuto di Kingsley si alzò e, ancora frastornata dallo strano susseguirsi di eventi, chiamò a gran voce la ragazza, ma non ottenne alcuna risposta. Hagrid, Kingsley e Sirius si misero a cercarla, mentre Lumacorno sorreggeva la  McGranitt, molto provata dallo scontro. Sirius si trasformò in cane e iniziò a cercare qualche pista, una scia di odore, ma la ragazza sembrava scomparsa.
<< Forse è tornata al castello >> disse Hagrid, agitato.
<< Non credo, ce lo avrebbe detto. Il patronus era il suo, ne sono convinta >> rispose la McGranitt.
<< Speriamo si sia veramente incamminata verso Hogwarts… >> diceva invece Kingsley.
Le loro ipotesi furono spezzate dall’abbaiare di Sirius. Il verso proveniva da dietro un grande albero, da cui, notò Kingsley, si poteva benissimo vedere il luogo della battaglia e in particolare il posto dove Malfoy aveva lanciato l’Avada Kedavra. Quando giunsero ai piedi dell’albero videro solo una mano sporgere dal nulla. Sirius morse qualcosa, un lembo del mantello che era mimetizzato con l’erba, e pian piano scoprì la ragazza. Era stesa per terra, una mano allo stomaco, l’altra col palmo rivolto verso l’alto più lontana dal corpo, la testa inclinata di lato, gli occhi chiusi, il volto rilassato e la bocca socchiusa. Sembrava addormentata ma non un segno di vita si poteva cogliere in lei.
La McGranitt si lasciò sfuggire un gridolino e si voltò, iniziando a piangere, sempre sorretta da Lumacorno. Hagrid prese la ragazza in braccio e, scortato dagli altri, la riportò ad Hogwarts.
Nessuno parlò durante il tragitto, nessuno voleva gioire e festeggiare per aver scacciato i nemici. Ognuno era solo con i propri tristi pensieri.

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Capitolo 16
*** La pozione proibita ***


Immobile, fredda, pallida, la ragazza giaceva su un letto in infermeria. Madama Chips aveva allontanato tutti e continuava a girare intorno a Georgy per scoprire cosa le fosse successo, fare una diagnosi, e trovare un’efficace cura. Fuori, di fronte alle porte chiuse dell’infermeria, la McGranitt non si dava pace.
<< E’ stata colpa mia, non dovrei essere qui io, povera ragazza. Doveva lasciare che Malfoy mi colpisse. >>
<< Non prendertela con te stessa Minerva, vedrai che ce la farà >> tentava di rincuorarla Lumacorno, ma sia il suo tono che il suo sguardo sembravano senza speranze. Tutti avevano abbastanza esperienza di magia per sapere che quando le cause di un malore non si riscontarvano facilmente le probabilità di trovare una cura erano molto basse.
Si sentì il rumore di porte che sbattevano, passi nervosi e veloci che si avvicinavano. In poco tempo arrivò alle porte dell’infermeria Severus Piton, ansante, lo sguardo perso, incredulo, i modi agitati, le parole confuse.
<< Dov’è? Posso, devo, dov’è? Vederla, voglio vederla! >>
<< Severus >> gli disse la preside avvicinandosi a lui e prendendogli il collo della giacca scura con le mani, << Georgy è di là con Madama Chips che la sta visitando. Non si muove, non sappiamo cosa le sia successo. Non può entrare nessuno finché non ce lo dirà Madama Chips. >>
<< Non mi interessa, io la voglio vedere >> replicò Piton, e cercò di aprire le porte ma Hagrid lo fermò.
<< Professore, mi dispiace molto, ma l’unica cosa che possiamo fare ora è attendere, e sperare. >>
Dopo averlo fulminato con lo sguardo Piton si voltò e si rivolse alla McGranitt. << Raccontami cos’è successo >>. La McGranitt gli disse tutto ciò che era successo nella foresta, dall’inizio alla fine. Neppure Piton aveva idea di cosa potesse esserle successo, l’unica ipotesi che poteva fare era che il Patronus e lei fossero in qualche modo collegati.
<< Lo sapevo che le era successo qualcosa. Mentre ero nella stanza con Lupin a un certo punto mi sono sentito male, un dolore strano, come se non appartenesse a me ma che comunque sentivo anche come mio. Poco dopo è arrivato di corsa Kingsley a dirmi che dovevo correre il prima possibile in infermeria, che era successo qualcosa >>. Gli occhi di Piton mostravano un uomo distrutto dal dolore e dalla tristezza, era goffo, impacciato, non gli fregava niente di sbattere contro una porta o dare calci a un muro, stare lì seduto davanti a una porta chiusa o buttarsi dalla torre di astronomia sarebbe stato lo stesso.
<< Severus, mi dispiace tanto >> disse la McGranitt con le lacrime che le rigavano il volto. << Se non fosse stato per me lei starebbe bene. Mi sento davvero in colpa, povera ragazza. Non si meritava questo. >>
Piton alzò gli occhi per guardarla. Per la prima volta si mostrò in pubblico con gli occhi lucidi, e, sempre per la prima volta, parlò in maniera gentile alla preside: << Non è colpa tua Minerva. Lei probabilmente voleva proteggerti, non… non è colpa di nessuno >>.
Le porte dell’infermeria si aprirono e uscì Madama Chips. Tutti si alzarono in piedi, in attesa di qualche parola positiva. Madama Chips però scosse la testa, abbassò lo sguardo e disse, con voce bassa e rotta da singhiozzi: << Mi dispiace. Temo che non sarà facile trovare una cura in tempo. I segni, la sua risposta, tutto sembra ricollegato all’incantesimo lanciato da Malfoy, anche se è stato colpito il Patronus della ragazza. Purtroppo è come se lo avesse ricevuto lei >>. Molti nella saletta d’attesa trattennero il fiato. Madama Chips si prese un attimo per asciugare qualche lacrima, la preside si portò il fazzoletto alla bocca e pianse sommessamente. << Non è ancora… non risponde, non credo neppure capisca. Soffre, ma non si lamenta. Io non credo che potrà… sopravvivere a lungo >>.
A queste parole Piton non si trattenne più e, fatti da parte i presenti con la forza, corse al letto della ragazza. Trovò Georgy distesa in una posizione naturale, sembrava dormisse, rilassata e in pace. Si sedette accanto al letto, le prese una mano e gliela baciò. Restò in silenzio a guardarla, come aveva fatto anche quella mattina, mentre dormiva nel suo letto, prima di quella litigata in cui lui la ammoniva di prestare attenzione, e lei lo rassicurava di non preoccuparsi. Ed era vero purtroppo, era andato tutto bene. Il suo dolore derivava solo dall’aver soccorso un’altra persona.
Il professore vedeva che il respiro della ragazza era molto lento, faticoso eppure impercettibile. Sembrava boccheggiasse, ma a intervalli molto prolungati.
<< Quanto le resta? >> chiese a Madama Chips.
<< Non mi è dato saperlo. Potrebbe essere ore come giorni >> rispose la donna, poggiando una mano sulla spalla dell’uomo.
<< Ci deve essere qualcosa che si possa fare, non la possiamo lasciare così >>.
<< Per ora posso darle solo dei sedativi, per non sentire il dolore. Ha subito un duro colpo a livello dello stomaco, presumo che l’unica cosa che riesca a sentire sia solo dolore. >>
<< Siamo dei maghi cazzo, ci sarà qualche pozione o incantesimo che permettano di mantenerla in vita! >>
 
Piton era rimasto tutta la notte e tutta la mattina accanto alla ragazza, a inumidirle di tanto in tanto le labbra, rigirarla, sistemarla. In cuor suo sapeva che lo poteva sentire, che nonostante tutto erano ancora legati da un filo invisibile, e perciò le parlava, le raccontava i suoi pensieri, le ripeteva che la amava, e che non l’avrebbe abbandonata.
Nel pomeriggio arrivò Linda, unica studentessa avvertita dell’accaduto. Finché l’amica era con Georgy, Piton si recò da Silente, solo perché costretto da un suo ordine, altrimenti sarebbe rimasto nell’infermeria.
Nello studio della preside Piton fronteggiava l’immagine di Silente, lo sguardo fisso nell’angolo dove l’ultima volta si trovava Georgy, vuoto.
<< Severus, sappi che ti siamo tutti vicini. Georgy è una ragazza fantastica, un fiore prezioso, e sarebbe un vero peccato perderla così. >>
<< Secondo Madama Chips l’abbiamo già persa, Albus! >> gridò disperato Piton.
<< E secondo te? >>
Lo sguardo di Piton si posò su quello interrogativo e complice dell’immagine di Silente.
<< Io spero che si riprenda. Vorrei poter fare qualcosa per lei, trovare una cura, ma dove posso cercare se non si sa neppure cosa le sia successo di preciso… >>
<< Vediamo un po’. Da quello che mi hanno riferito è stato visto il suo Patronus porsi tra Minerva e Lucius, proprio mentre lui lanciava un Avada Kedavra. Dopo di che la ragazza è stata ritrovata a terra priva di coscienza. >>
<< E lo è tutt’ora… >> disse amaramente Piton.
<< E il suo Patronus? Che fine ha fatto? Nessuno mi ha detto niente, deve essere svanito quasi subito. Parlavano di una forte luce bianca sprigionata dall’incontro della creatura con l’incantesimo, ma nient’altro. >>
<< Non vedo come questo potrebbe interessarmi in un momento tale Albus >> disse seccato Piton.
<< Severus, tu sei un uomo saggio, di sicuro ora a parlare sono la stanchezza e il cuore ferito per la ragazza. L’unico motivo per cui lei sta male è che lei e la sua creatura sono evidentemente molto legate. Forse succederebbe lo stesso a te, perché il tuo Patronus ti ricorda Lily, o, meglio ancora, Georgy, visto che mi pare vada molto d’accordo con il suo. Severus, pensa a quale magia potrebbe collegare ciascuno di noi al proprio Patronus. >>
Lo sguardo del professore, come fulminato da un’intuizione, si accese. Piton si ricordò di un libro che aveva letto quando ancora era studente, precisamente quando al terzo anno doveva riuscire nell’incanto Patronus e scoprire quale fosse la sua creatura. Poiché non riusciva dapprima ad avere ricordi felici, iniziò a documentarsi e informarsi il più possibile circa questo incantesimo, così da aggirare la magia tramite la conoscenza della tecnica. Nel libro in questione lesse che il Patronus era una sorta di espressione del vero essere della persona che lo evocava, e che tra la persona e la creatura poteva instaurarsi un vero, stabile e duraturo rapporto, come un’amicizia silenziosa e complice. Il libro diceva anche che la creatura era in grado di proteggere la persona che la evocava, in più modi, e che, se il legame tra le due fosse stato abbastanza forte, avrebbero potuto anche provare insieme alcune sensazioni.
Ora Piton sapeva perché sebbene il colpo lo avesse ricevuto il cervo, anche la ragazza fosse stata coinvolta.
<< Sai cosa devi fare Severus >> disse Silente compiaciuto, e lo guardò allontanarsi a passi veloci, con la determinazione di uomo disposto a tutto pur di salvare il suo unico e vero amore.
 
<< Maledizione! Maledetta vecchiaccia! Maledetta bestia magica! Avremmo potuto avere la nostra vendetta questa notte, e invece siamo stati fermati da quattro maghi vecchi e malconci >> urlava Lucius Malfoy contro i Mangiamorte che avevano preso parte all’attacco durante la notte.
<< Dai Lucius, avremo altre occasioni, in fondo non abbiamo perso nessuno, a parte Cosimus. >>
<< Taci Gregor! Credi che ora sarà semplice riuscire ad attaccarli nuovamente? Si staranno organizzando, ci verranno a cercare. Maledizione! >> rispose con cattiveria Malfoy, rovesciando il tavolo che aveva di fronte, furibondo.
<< Se mi è concesso parlare Lucius, penso che forse dovremmo cambiare modo di agire, lasciare passare del tempo, inviare qualcuno ad Hogwarts >> disse con voce mielosa Raptilius. Malfoy gli disse di non parlargliene in quel momento, ma che avrebbe ascoltato volentieri le proposte nel loro solito luogo di incontro, lontani da orecchie e occhi indiscreti.
 
Accanto al letto della ragazza vi era ancora l’amica Linda quando entrò nell’infermeria Piton, lo sguardo acceso e determinato. Linda non disse nulla, si limitò a spostarsi e guardarlo fare.
Il professore prese la mano della ragazza, fredda come quando l’aveva lasciata, la baciò e si rivolse all’amica: << Mi serve la sua bacchetta, subito >>. Casualmente quel giorno la bacchetta di Georgy era stata consegnata all’amica da Hagrid, che l’aveva raccolta nel bosco, poiché sapeva quanto la ragazza ci tenesse alle sue cose. Linda l’aveva portata nell’infermeria e l’aveva posata sul comodino accanto al letto di Georgy, segno che quel suo strumento tanto caro era lì con lei, come il cuore e il pensiero di tutti. In fondo è proprio la bacchetta che distingue i maghi, e la sua era fatta di un materiale speciale, che la rendeva unica, o quasi.
Piton prese la bacchetta e la mise nella mano della ragazza. La puntò dritta, verso il muro, e pronunciò la formula di un incantesimo.
<< Expecto Patronum >> disse, ma non ottenne risultati.
Provò con un incantesimo per confondere la bacchetta, farle credere che fosse realmente la ragazza ad utilizzarla, ma non ebbe successo neppure in quel modo.
<< Severus, cosa stai facendo? >> chiese la McGranitt, incuriosita dalle voci che provenivano dall’infermeria. Lei e Madama Chips stavano bevendo un tè nella sala accanto, in attesa che Linda avesse terminato la sua visita.
<< Ma è pazzo? >> chiese Madama Chips.
<< Voglio vedere il suo Patronus. È lui la chiave, l’unico modo che abbiamo per salvarla. >>
Gli sguardi di tutti erano interrogativi, curiosi e un po’ spiazzati. Come poteva essere?
Piton non si dava pace, cercava in tutti i modi di evocare il patronus di Georgy, ma a quanto pareva non era possibile senza di lei.
“ Perché non ci riesco? Perché è così difficile? Io ti voglio salvare, non ti posso perdere!”. Stava piombando lo sconforto in lui e in tutti i presenti. Il professore vedeva sfumate tutte le possibilità di poter riprendere in tempo la ragazza, la sua amata studentessa.
Linda gli si fece accanto, e con un gesto di profonda ammirazione e comprensione gli posò una mano sulla spalla.
<< So che con lei Georgy stava bene, e so che lei ha fatto molto per farla sentire speciale e amata. Georgy mi raccontava tutto, ogni singolo particolare con una passione inaudita, ormai è come se pure io la conoscessi bene. Sono contenta che in questo ultimo periodo Georgy fosse felice perché stava con lei, non l’ho mai vista così, innamorata e persa per qualcuno. Io credo che comunque vadano le cose, se lei non ce la dovesse fare, e spero tanto di sbagliarmi di brutto… >> diceva Linda, la voce interrotta dai singhiozzi e il volto inondato di pianto, le labbra salate dalle lacrime, << …io credo che lo spirito di Georgy oltre che nei nostri cuori rivivrà anche nel suo Patronus, sì, nella sua cerva >>. Piton alzò gli occhi lucidi, guardando quelli della studentessa in piedi accanto a lui. << Georgy mi parlava di quanto fosse legata a lei ma anche di quanto le vostre due creature fossero in sintonia. Secondo me non è una coincidenza il fatto che siano un cervo e una cerva, e il fatto che voi due vi siate incontrati. Era destino che le vostre due anime si toccassero così profondamente, e che nei rispettivi incanti rimanesse la traccia indelebile l’uno dell’altra >>.
Piton abbozzò un sorriso che uscì però come una smorfia.
<< Grazie >> disse a Linda, la voce tremante, l’anima distrutta. Nessuno aveva mai sentito quella sfumatura nella sua voce, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che Severus Piton si sarebbe mai legato così a una persona. E invece eccolo lì, con il cuore stracciato, accanto a ciò che ormai era quasi solo corpo della ragazza che amava, come se la storia si ripetesse, tragica e inesorabile. Un uomo che era stato in grado di cambiare, e che si stava rivelando come una persona degna di rispetto e di comprensione, un uomo da amare per quello che era diventato e per i sacrifici che aveva compiuto e che doveva continuare a sopportare.
Rimase solo nella stanza, accovacciato accanto a lei, coprendola con il mantello, come le piaceva. La abbracciava e la baciava, come se stesse dormendo nel suo letto, tra le sue braccia, dopo una notte d’amore. E intanto ripensava alle belle parole che gli aveva detto Linda, quella piccola studentessa antipatica ma che aveva saputo accettare la loro storia in nome dell’amicizia con Georgy, e che aveva capito il suo dolore. Ripensava a ciò che aveva detto circa i loro Patronus, al fatto che effettivamente fossero due creature destinate per natura a stare insieme, come lui e la ragazza. Lei stessa lo aveva detto di sentire che fosse come se le loro anime si fossero sempre conosciute, come se ci fosse stato qualcosa di predestinato negli avvenimenti che avevano portato al loro incontro.
Incuriosito dal fatto che un Patronus molto legato alla persona che lo aveva evocato potesse provare anche le stesse sensazioni, Piton sfoderò la bacchetta e la puntò dritto davanti a sé.
<< Expecto Patronus >>.
Dalla bacchetta del professore fuoriuscì la consueta scia blu-argentea e una cerva argentata si materializzò davanti ai suoi occhi. La creatura si guardò attorno e con timidezza si avvicinò al letto della ragazza, fermandosi accanto a lei, dall’altra parte rispetto a Piton. Il muso della cerbiatta era a pochi centimetri da quello della ragazza. Le leccò con dolcezza le guance, una mano, e poi accoccolò la testa sul braccio di Georgy. Una goccia blu-argentea nata dagli occhi della cerva cadde sulla pelle della ragazza, brillando quando illuminata dalla luce del sole.
Allora era vero: anche la creatura poteva provare quello che provava il professore che l’ aveva evocata.
Mentre pensava queste cose, Piton si accorse che la bacchetta nella mano della ragazza tremava, eppure Georgy non si era risvegliata, né la mano di per sé sembrava muoversi. Chiuse il palmo della mano della ragazza avvolgendo la bacchetta, e le parole gli uscirono da sole dalla bocca, come un bisbiglio sorpreso per l’immagine che già si prospettava davanti. E l’aspettativa fu premiata perché, pronunciato l’Expecto Patronus, di fronte a lui si materializzò l’argenteo cervo. La creatura non era grande, bella e imponente come al solito, anzi; appena fuoriuscito dalla bacchetta si accovacciò a terra, dolorante, malato. La cerva, lasciato il capezzale della ragazza, si mosse verso l’altra creatura, prestandogli cure e attenzioni.
Fu in quel momento che Piton capì: per curare la ragazza avrebbe dovuto curare anche il Patronus.
 
L’infermeria era deserta, eccezion fatta per la ragazza ancora incosciente nell’ultimo letto in fondo alla stanza. Delle voci di donne ridenti provenivano dalla stanzetta attigua. Madama Chips e Minerva McGranitt stavano chiacchierando per allontanare i brutti pensieri mentre prendevano l’ennesimo tè. Piton si era allontanato dalla ragazza dopo molte ore di veglia e aveva lasciato con lei la preside. Lui si era rintanato in biblioteca, vi aveva passato tutto il resto del pomeriggio, tutta la sera e si apprestava a passarvi anche la notte. Talvolta usciva per cercare qualcosa nella sua stanza o nel suo magazzino, e puntualmente ritornava nella biblioteca borbottando offese e maledizioni.
<< Ah ah ah Minerva, non mi dire!  Poi cosa le ha detto? >>
<< Niente, è rimasta in silenzio per la figuraccia che aveva fatto! >>
<< Queste studentesse! Così giovani e che già pensano di provare pene d’amore! >>
<< Forse non sanno neppure cosa sia… >> e il pensiero della McGranitt andò alla ragazza che si trovava in infermeria. << Povera Georgy, anche lei così giovane e già costretta ad affrontare situazioni dure della vita. Di lei non direi che non si tratti di vero amore >>.
<< Già, l’ho notato anche io. Addirittura me ne ero accorta quando era Piton ad essere disteso su quel letto in infermeria, quando ancora nessuno dei due sapeva i sentimenti dell’altro. Non ho capito quello che sta cercando Piton in biblioteca ma è da ore chiuso lì dentro, ed è sempre stato qui con la ragazza prima. Deve essere veramente innamorato. >>
<< Severus? È perso! E devo dire che si è trovato una ragazza splendida. Le sarò grata per tutta la vita, mi ha salvata con un’idea geniale, ed ora è lei a soffrire per me. Ha un grande cuore, e forse ha visto in Severus Piton qualcosa che nessuno di noi ha mai visto. >>
<< Si è fatto tardi Minerva, sarai stanca. Non ti preoccupare, qui sistemo io. Adesso vado di là a fare un po’ di compagnia a Georgy. Non vado molto a genio a Piton ma mi ha chiesto di parlarle e trattarla bene finché non avrà trovato una pozione. E ovviamente di chiamarlo se succede qualcosa. Spero di non dover recapitare notizie brutte, l’ho già fatto troppo in questi giorni. >>
 
Il giorno seguente una studentessa del secondo anno camminava tranquilla e ignara di tutto per i corridoi della scuola. Aveva un libro sotto braccio, una mela in mano ormai mangiata fino al torsolo, gli occhiali un po’ storti sul naso e l’aria della ragazzina saputella che vive di libri e studio. Entrata in biblioteca sistemò le sue cose su tavolo e si inoltrò tra gli scaffali in cerca di qualche prezioso libro. Non si accorse che, tra una ricerca e l’altra, era finita al limite della biblioteca aperta agli studenti, e aveva già fatto un passo nella parte proibita. Stupita di aver trovato il cancelletto aperto, non vedendo nessuno nei paraggi, decise di entrare a dare un’occhiata a quegli invitanti libri proibiti. Nascosta tra gli scaffali la studentessa continuava a guardarsi intorno, leggendo titoli di libri improbabili e affascinanti. Svoltò l’angolo per cambiare scaffale e trovò uno spazio ampio al centro del quale si trovava un tavolo sommerso letteralmente di libri. Si avvicinò e… << AAAAHHHHHHHH!!!! >> gridò spaventatissima la studentessa alla vista di un uomo, avvolto nel mantello scuro, piegato sui libri, le braccia penzolanti ai lati del tavolo.
Il professor Piton si era addormentato e svegliato più volte durante la notte. La ricerca della pozione che avrebbe salvato la vita alla ragazza aveva dato scarsi risultati fino a quel momento. L’urlo della studentessa lo aveva fatto sobbalzare, facendolo anche scattare in piedi, bacchetta alla mano, convinto di essere nel mezzo di una dura battaglia. Quando si rese conto di essere stato svegliato da una studentessa alquanto impicciona si irritò notevolmente e la mandò fuori dall’area proibita e probabilmente dalla biblioteca stessa. Scrollatosi di dosso il sonno residuo, pulitosi gli occhi e stirate le braccia, Piton si mise a raccogliere i libri che aveva fatto cadere balzando in piedi per lo spavento. Ironia della sorte volle che uno dei libri caduti si fosse aperto in una pagina in cui si parlava proprio dell’incanto Patronus e della filosofia che stava dietro il legame tra Patronus e persona che lo evoca. “Filosofia applicata del Patronus” lesse il professore. Quella notte non si era accorto di aver preso un libro del genere, forse per la stanchezza. Sfogliò le pagine e finalmente trovò ciò che tanto cercava: “Pozione curativa per Patronus “, e in particolare “NB: questa pozione potrebbe avere effetti curativi o tossici sulla persona che evoca l’incanto”.
Effetti tossici? Avrebbe dovuto correre il rischio. Non guardò neppure la procedura per prepararla, gli bastò per il momento concentrarsi sugli ingredienti per riuscire a reperirli tutti. Corse via dalla biblioteca, diretto al magazzino, alla serra della professoressa Sprite, alla stanza di Lumacorno, alla capanna di Hagrid e infine si rintanò nella sua stanza, dietro il bancone. Aveva tutto ciò che gli serviva, eccetto una lacrima di Patronus. Si precipitò in infermeria e non trovò più le due creature magiche, erano svanite. Si avvicinò alla ragazza e le guardò il braccio: per fortuna c’era ancora la lacrima argentata della sua cerva sulla pelle pallida e fredda della ragazza. Il professore la raccolse in un’ampolla, baciò le labbra fredde di Georgy e se ne andò.
Giunto nuovamente nella sua stanza iniziò a preparare gli ingredienti. Avrebbe lavorato tutto il giorno e tutta la notte se necessario per riuscire a preparare quella pozione. Una volta terminata la preparazione, pronto per miscelare gli ingredienti, lesse attentamente tutto il procedimento. Il suo sguardo si fissò su una piccola nota a piè pagina che precedentemente non aveva notato. Gli venne un colpo al cuore.
“ Attenzione! Perché questa pozione abbia l’effetto desiderato deve riposare almeno 5 giorni, e poi bollire per altri 3!”. Era un’infinità! Non aveva tutto quel tempo.
Decise di iniziare a prepararla lo stesso, avrebbe pensato poi a un metodo per velocizzare il processo.
Una volta impastate delle erbe con acqua e tritato l’involucro di un insetto di cui non aveva mai sentito il nome mise tutto a riposare. Si diresse poi in biblioteca per cercare altre pozioni o metodi per velocizzare quella maledetta procedura.
 
Il tempo passava e le condizioni della ragazza, già critiche, peggioravano. La temperatura continuava a scenderle, i respiri erano sempre meno frequenti, i battiti sempre più deboli. Piton passava meno tempo con lei, preso dalla ricerca della pozione, e se ne rammaricava molto, ma pensava che fosse forse meglio così. Vederla peggiorare gli avrebbe fatto smettere di cercare e di pensare, e forse anche di vivere.
Tutti quelli che erano a conoscenza dei fatti si turnavano per stare con lei, e per aiutare il più possibile sia il professore che Madama Chips. Intanto Kingsley dal ministero premeva perché i Mangiamorte che avevano partecipato all’attacco fossero intercettati e puniti, ma i suoi sforzi non ebbero buoni risultati.
Piton decise di provare a preparare la pozione di cui già aveva la ricetta senza aspettare i 5 giorni di riposo né i 3 di bollitura. Si rilesse più volte tutti i libri in suo possesso su cui aveva basato i suoi accurati studi di Pozioni per riuscire ad aggirare il problema dell’attesa. Modificò la ricetta, sperimentò nuovi metodi, spolverò antiche tecniche e inventò nuovi protocolli.
Il professore non dormiva ormai da due notti, era instancabile, e anche se avesse provato a stendersi non sarebbe riuscito a dormire con il fardello che si portava sulle spalle. La vita di Georgy ora dipendeva solo da lui.
Dopo due giorni di intensa concentrazione finalmente ottenne una pozione diversa da quella della ricetta originale, ma che avrebbe potuto essere quella giusta per far riprendere la ragazza. riaprì il libro da cui aveva trovato la ricetta e lesse che la pozione doveva essere somministrata più volte, fino alla completa guarigione, al Patronus.
Era ormai pomeriggio inoltrato e per i corridoi c’erano molti ragazzi che avevano appena terminato le lezioni. Molti studenti si chiedevano perché non si facesse più vedere Piton, e perché i professori sembrassero agitati e assorti in chissà quali pensieri. Vedere Severus Piton che correva per i corridoi con una grande ampolla in mano piena di un liquido blu fumante fece pensare a tutti che il professore di pozioni fosse impazzito, e che fosse lui il vero cruccio degli altri insegnanti. Non sapevano che in realtà quel professore stava per giocarsi l’ultima possibilità di rivedere la donna che amava viva.
Giunto alle porte dell’infermeria incontrò la McGranitt che stava entrando per assistere la ragazza e dare il cambio a Lupin. Piton aveva una strana espressione in volto, come una sorta di sorriso forzato, per costringersi a essere positivo e mantenere quel piccolo spiraglio di speranza che la pozione che aveva in mano gli dava. L’espressione cambiò radicalmente quando vide Lupin seduto accanto alla ragazza tenerle la mano, il volto nascosto tra le braccia, e il capo chino. In lui si scatenarono sentimenti come la rabbia e la gelosia per l’uomo che toccava la sua donna, ma anche si insinuò il dubbio che il cuore della ragazza avesse smesso di battere.
Si precipitò da lei e senza dire nulla poggiò la pozione sul mobiletto e scansò con forza e violenza Lupin. Prese entrambe le mani della ragazza, le accarezzò il volto. Gli occhi gli si inumidirono e la coprì con il mantello, come se sentisse che provava freddo, e per proteggerla da chi volesse toccarla. Il suo atteggiamento ricordava a Lupin quello di un animale che protegge i propri cuccioli e, sebbene fosse stato trattato in maniera a dir poco maleducata, non si intromise in quel piccolo momento di intimità tra i due.
Piton sapeva che la pozione rappresentava davvero l’ultima spiaggia. Se questa sua “invenzione” non fosse riuscita a ridestare e curare la giovane studentessa null’altro avrebbe potuto salvarla.
Messale la bacchetta nella mano provò in tutti i modi a evocare il suo Patronus, anche evocando prima la sua cerva, ma nessun fascio blu-argenteo, nessuna scintilla proruppe dalla bacchetta di Georgy.
<< E’ troppo debole Severus >> disse la McGranitt, << ho visto come hai fatto l’ultima volta e da quel giorno la ragazza è peggiorata nelle sue condizioni. Non puoi evocare il suo Patronus. >>
Il professore guardò con gli occhi pieni di rammarico il corpo fermo della ragazza e decise in un istante di somministrare la pozione a lei. Sapeva che aveva cambiato la ricetta e forse avrebbe potuto funzionare. Era davvero l’ultima cosa che avrebbe potuto fare.
Prese l’ampolla e, aperta la bocca della ragazza, le versò un po’ della pozione, la giusta dose per vedere un iniziale effetto. Il libro diceva che per vedere un primo miglioramento si sarebbe dovuta aspettare qualche ora, ma Piton sperava che, avendo accelerato tutto il processo di preparazione, l’effetto si sarebbe visto in pochi minuti.
Furono attimi di silenzio interminabili. Ognuno stava a fissare la ragazza, nessuno si muoveva, tutti trattenevano il fiato. Qualcuno pregava, qualcun altro aveva già le lacrime agli occhi. Piton sedeva accanto al letto, le braccia sulle gambe e la testa sollevata. Passarono diversi minuti e nulla accadde.
Il professore reclinò la testa, e se la prese tra le mani. Era visibilmente stanco e provato, e il non vedere risultati nella possibile cura che lui aveva trovato lo stavano gettando nello sconforto.
Una mano si posò sulla sua testa. La McGranitt gli si era avvicinata e con il volto rigato dalle lacrime voleva confortarlo. << Severus, hai fatto molto, non devi deprimerti. La ragazza non è ancora morta, potrebbe farcela, i risultati arriveranno. Non devi abbatterti, magari anche se hai modificato un po’ la pozione gli effetti arriveranno comunque tra qualche ora… >>
<< Minerva tu non capisci! >> replicò Piton. << L’arte delle Pozioni è una scienza esatta, non esiste il pressappoco. Se non ha funzionato adesso non funzionerà mai. >>
<< Ma non possiamo saperlo Severus, dai su. Parli così perché sei stanco, da quanto tempo è che non dormi? Dovresti riposarti finché la pozione non fa effetto, poi ti avviseremmo noi. >>
<< No Minerva non posso! Io voglio restare qui! >> urlò con tono cattivo e duro Piton.
La McGranitt si allontanò di qualche passo, scoppiando in un pianto sconsolato. Piton era stato duro con lei, ma lei era anche stata la causa del suo dolore. Non si sarebbe data pace per molto tempo.
Ripiombò il silenzio nella stanza. Nessuno voleva allontanarsi dalla ragazza perché tutti speravano in un suo risveglio, e andare via sarebbe stato come gettare la spugna. Erano tutti disposti ad accamparsi in quell’infermeria se necessario.
Piton era ritornato nella sua straziante posizione, la testa reclinata in avanti tra le mani. Sentiva che la sua Georgy se ne stava andando, era un pensiero insopportabile e terribilmente vicino. Iniziò a piangere.
Sentì nuovamente una mano posarsi sulla sua testa e lui la mandò via, sgarbatamente.
<< Basta Minerva, ho già sentito abbastanza! Lasciami solo! >>.
Ma la mano, instancabile e determinata, tornò a posarsi su di lui.
<< Sev… >>.

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Capitolo 17
*** La studentessa di Serpeverde ***


<< Sev… >> disse una voce debole e strascicata.
Piton alzò gli occhi, già lucidi per lo sconforto, e la vista appannata dalle lacrime gli mostrò un volto dai contorni deformi con al centro due sfere non perfette bianche. Si asciugò gli occhi e davanti a lui c’era la ragazza, fredda e pallida, che gli tendeva la mano e lo guardava con i suoi occhi verde-azzurri.
Il professore scoppiò in un pianto liberatorio. La baciò sulla bocca, le accarezzò il volto che pian piano vedeva riprendere colore e le sorrise. Lei ricambiò, visibilmente provata, facendo un sorriso carico di dolore. Tutti i presenti, commossi dalla scena e felici per il risveglio della ragazza le si strinsero attorno.
La McGranitt la guardò, per quello che le lacrime di gioia le consentirono, e ben presto corse via, il fazzoletto sul volto, per riferire l’accaduto a Silente.
Lupin sorrise alla ragazza, lei gli fece un cenno e lui si congedò, lieto che si fosse ridestata, un po’ meno per non poter restare lì accanto a lei.
Sirius invece si avvicinò all’orecchio della ragazza e, con tono felice sereno e ironico, le disse: << Forse non ti avrò tenuto d’occhio ma ti ho fiutato bene! >>, le fece l’occhiolino, estinse il sorrisetto guardando Piton e se andò anche lui.
Madama Chips era troppo eccitata, talmente felice che saltellava e batteva le mani di continuo. Provò a dire qualcosa ma si inceppò con il discorso, perciò si congedò dicendo: << Vi lascio soli, piccioncini! Georgy non ti preoccupare per le cure, con il professor Piton sei in ottime mani! >>.
La ragazza sorrise alla frase della donna. Dentro di lei sapeva di poter ricevere dal professore amore e cure, ed era terribilmente felice di poterlo rivedere, anche se non riusciva a muoversi o parlare o esprimersi. Si sentiva bloccata in tutto.
<< Sev… non riesc… a parl… >> provò a dire.
<< Ssshhh >> disse lui. << La pozione farà effetto lentamente. Non sforzarti. Le forze verranno da sole. >>
Le pose la mano sul volto e lei cercò di toccargliela, ma non riuscendovi rispose al suo gesto con lo sguardo e reclinando la testa verso la mano.
<< Ho creduto veramente di perderti. Mi sentivo già vuoto, inutile, solo. Pensavo seriamente che non avresti mantenuto la promessa… >>
<< Qual..? >>
<< Di non lasciarmi mai. >>
 
I giorni passavano e la ragazza riacquisiva forze, vitalità, colore e calore. Piton ovviamente era sempre accanto a lei, giorno e notte, per somministrarle la pozione e tenerle compagnia. Si allontanava da lei solo per riposare qualche ora o preparare nuova pozione. Silente lo aveva raccomandato di non abusare con quell’intruglio, e di non lasciarlo in giro, perché se la ricetta si trovava nella sezione proibita della biblioteca vi era un motivo ben preciso. Il professore eseguiva gli ordini ma non gli importava molto, dal momento che lui era totalmente assorbito dalle cure da prestare alla ragazza.
Quando Georgy sembrò stare meglio e poter camminare e affrontare lo stress delle giornate da studentessa, tornò a seguire le lezioni. Linda le stava sempre accanto, come le aveva raccomandato (o minacciato) Piton, in modo che non le succedesse nulla e non si stancasse troppo. Georgy era felice di poter tornare in mezzo ai suoi amici, di poter riprendere la sua vita normale, anche se sapeva che prima o poi sarebbe sorto qualche altro problema.
Non sapeva cosa fosse successo quella notte nella foresta dopo che aveva perso i sensi, in fin di vita, se i Mangiamorte fossero stati catturati o no, e nessuno pareva volerglielo dire. Probabilmente non volevano allarmarla così presto, in fondo aveva accusato un duro colpo alla sua salute, era giusto che si riprendesse con calma senza altri shock.
Intanto alcune voci circa la relazione tra la ragazza e il professore avevano iniziato a girare per la scuola, e già qualcuno si schierava a favore della storia, qualcun altro invece era dalla parte dei contro. In generale però non sembrava essere stata presa come una questione di stato, era solo oggetto dei soliti pettegolezzi sulle coppie che nascono in un ambiente chiuso. Non passò molto perché fossero sulla bocca di tutti, ma non importava ai due amanti finché erano solo chiacchiere “innocenti”.
 
Georgy adorava seguire le lezioni in quel periodo dell’anno. Ormai era quasi fine aprile, la primavera iniziava a mostrarsi in tutte le sue forme: gli alberi fiorivano e i fiori sbocciavano, gli animali si risvegliavano e i loro versi riempivano di dolci suoni il giardino di Hogwarts. Tutta la scuola diventava un posto più suggestivo e affascinante, e la possibilità di fare passeggiate e studiare all’aria aperta rendeva tutti più sereni. Il momento più bello della giornata, però, rimaneva la sera, quando, puntualmente, la ragazza attraversava il lungo corridoio e si fermava davanti alla porta di legno massiccio, bussava, e si gettava tra le braccia del suo professore, amandolo ogni notte sempre di più. La timidezza dei primi momenti si perdeva poi nei gesti dolci e teneri che entrambi si rivolgevano, gli sguardi passionali infiammavano i cuori, le carni entravano in contatto facendo vivere i due come in un bellissimo sogno. I timori svanivano, le paure si dissipavano, la tristezza non trovava spazio tra loro. La sera, la parte più bella della giornata, diventava perfetta, il sogno che diventava realtà.
Tutto questo finché un giorno, una mattina per l’esattezza, Georgy si svegliò.
<< Smettila di guardarmi mentre dormo! >> disse, ma non ottenne risposta, e aperti gli occhi non trovò Piton né nel letto, né in bagno, né nella camera. Alzatasi e indossata la felpa, la ragazza, vide il professore nel suo studio, dietro il bancone, sommerso da provette, pozioni, libri ed erbette varie.
<< Sev che stai facendo? Lavori già di prima mattina? >> chiese la ragazza appoggiandosi al bancone.
<< Sì, scusa, devo preparare una pozione strana per una studentessa di Serpeverde. Son due giorni che a lezione me la chiede, gliela do oggi così poi non rompe più. >>
<< Ma devi prepararla ora? Cioè non potevi farlo prima o risponderle male come tuo solito? >>
<< C’è stato qualche problema di tempistica, comunque entro oggi risolvo tutto. Ma perché ti infastidisce? Ti serve qualcosa? >>
<< No è che pensavo fossi di là con me, a guardarmi dormire… >>
<< Oh Georgy mi dispiace ma stamattina sono impegnato. Mi farò perdonare. >> rispose il professore, sporgendosi dal bancone e baciando la ragazza.
Come ogni mattina la ragazza si preparò e uscì dalla stanza di Severus Piton, il professore di Pozioni, il suo uomo. Attraversò il corridoio percorso la sera precedente, e in poco tempo entrò nella sala grande per fare colazione. Nonostante fosse immersa in numerose conversazioni con i suoi compagni di casa, Georgy si rese conto che Piton non si era presentato per la colazione, e non lo ritrovò neppure nella sua stanza subito dopo.
“Ma che fine ha fatto?” si chiese la ragazza. Non poteva perdere altro tempo per cercarlo poichè aveva lezione. Di corsa attraversò altri corridoi, prese le scale marmoree che amavano cambiare e si diresse verso l’aula di Trasfigurazioni. Mentre correva per non fare tardi però non si accorse che da una porta laterale si stava immettendo nel corridoio un’altra studentessa, anche lei di corsa. Lo scontro fu impossibile da mancare. Finirono entrambe a terra, i libri che portavano erano caduti dalle mani e avevano rilasciato in giro carte e appunti di lezione.
<< Ahi che male! Di fretta anche tu eh? >> esclamò Georgy.
<< Ma che vuoi, stai attenta porca miseria! Non vedi cos’hai combinato? Dove hai la testa? >> urlò la studentessa, infuriata.
<< Ehi calmati, guarda che mica l’ho fatto apposta! E mi pare che stessi correndo pure tu! >>
<< Uffa guarda il mio libro… possibile che esistano ancora persone così al mondo? Impara a comportarti in maniera civile! >> e se ne andò, veloce, giù per le scale.
“ Che persona veramente antipatica” pensò Georgy, che ora era alterata da questo incontro spiacevole. Arrivò tardi a lezione e Lumacorno, proprio quel giorno, aveva deciso di punire chiunque fosse arrivato in ritardo per vendicarsi di tutti coloro che lo facevano volontariamente per mettere alla prova la sua pazienza. E la sonora punizione d’esempio toccò proprio alla povera Georgy, la quale alle 8.40 del mattino aveva già l’umore sotto terra.
Finalmente arrivò l’ora di Difesa contro le Arti Oscure, la sua materia preferita. La lezione del giorno sarebbe stata tutta pratica, in preparazione agli esami di giugno; prevedeva che gli studenti si affrontassero, con tecniche semplici e sicure, per fare pratica. Georgy non vedeva l’ora di cominciare, sapeva di essere ben ferrata nelle tecniche, e tutti erano consci del fatto che lei era riuscita a tenere testa a Voldemort in persona. Lupin ordinò di mettersi a coppie. Di solito la ragazza stava in coppia con Linda, erano inseparabili, e si aiutavano a vicenda in tutte le materie. Stavolta però Linda aveva chiesto a Georgy la licenza di potersi mettere con Henry, un Grifondoro alto, ben piazzato che le faceva il filo e che lei stava tenendo sulle spine da molto tempo. Georgy fu contenta di accettare la cosa visto che così avrebbe fatto felice la sua amica. La sua allegria però si spense quando le fu affibbiata un’altra ragazza per fare esercizio. Alta, capelli scuri e lunghi, magra, occhiali grandi da nerd davanti a due piccoli occhi neri e il fare antipatico: era la studentessa con cui si era scontrata poche ore prima.
<< Fantastico, di nuovo tu >> disse la studentessa di Serpeverde.
<< Potresti anche trattarmi un po’ meglio visto che dobbiamo passare insieme la prossima ora e mezza >> rispose Georgy.
<< Potresti anche imparare a non essere maleducata e spocchiosa, ma qualcosa mi dice che non ci riuscirai, stupida Grifondoro. >>
Georgy non capiva perché quella ragazza fosse così arrogante e soprattutto si chiedeva perché ce l’avesse con lei. Iniziarono a duellare come richiesto da Lupin, ma gli incantesimi che iniziarono a lanciarsi le due ragazze andarono ben oltre quelli concessi per la prova. Avevano preso davvero sul serio il loro scontro. Fu proprio il professore a dovere intervenire per fermarle e dividerle, altrimenti avrebbero potuto farsi del male, oltre che distruggere l’intera aula di lezione.
A pranzo e per tutto il pomeriggio Georgy non fece altro che lamentarsi di quella studentessa di Serpeverde, di cui non sapeva neppure il nome, ma che odiava già.
 
Tre uomini erano riuniti in una locanda oscura e deserta di Diagon Alley, seduti a un tavolo, i volti debolmente illuminati dalla luce fioca di una candela ormai quasi del tutto consumata.
<< Allora Raptilius, cosa volevi dirmi? >>
<< Lucius, signore, io avrei pensato a un modo per rendere più facile un nostro attacco alla scuola. >>
<< Ma non possiamo attaccare ancora, Raptilius! Se lo aspettano di sicuro, lo sanno che il ministero non ha ancora mosso un dito contro di noi! >>
<< Taci Gregor, lascialo parlare. Sentiamo dove vuole arrivare. >>
<< Grazie signore. Io pensavo che se avessimo un contatto all’interno di Hogwarts potremmo avere la strada spianata per qualsiasi attacco futuro >> disse Raptilius ammiccando a Lucius.
<< Mio figlio Draco è fuori discussione. È cambiato molto dalla guerra in cui il Signore Oscuro è stato sconfitto, e non voglio metterlo in mezzo ancora. >>
<< Ma io non intendevo tuo figlio. Pensavo a una persona che non dia nell’occhio, non conosciuta, che non interessa a nessuno. Pensavo a una vera e propria spia. >>
<< Interessante Raptilius, davvero molto interessante >> convenne Malfoy. << E come pensi di provvedere? Alla spia intendo, e che sia fedele anche… >>
<< Vorrai dire, come ho già provveduto… >> rispose Raptilius, il cui volto fu illuminato da un sorrisetto furbo e diabolico.
 
Quella sera il professore di Pozioni non si era fatto vedere neppure a cena, ma aveva lasciato un messaggio alla ragazza, recapitato da un elfo, il quale diceva che si scusava per non essere stato rintracciabile, che era stato impegnato con il lavoro, ma che si sarebbe fatto perdonare il prima possibile. La ragazza sorrise all’idea che Piton potesse prepararle un’altra sorpresa romantica, come quella volta che la portò fuori a cena, e pensò che forse fare l’offesa ogni tanto potesse portarle qualche vantaggio!
Subito dopo cena, salutata Linda, si incamminò per incontrare finalmente il suo uomo nella sua stanza, come al solito. Prima avrebbe fatto l’offesa, facendosi pregare di fare anche solo un sorriso, ma lei lo avrebbe tenuto sulle spine e solo alla fine si sarebbe concessa a lui. Un piano spietato e divertente per vendicarsi delle poche attenzioni che aveva ricevuto quel giorno!
Bussò alla porta scura, entrò e si bloccò sulla soglia. Di fronte a lei il professore, chino sulle sue pozioni stava parlando con una ragazza alta, magra, capelli scuri, divisa da Serpeverde.
<< Oh Georgy, sei già qui? >>
La ragazza non riusciva a parlare. Era immobile, attonita, ferma davanti ai due, con lo sguardo fisso sull’intrusa.
<< Conosci già Annie? È una studentessa di Serpeverde, dovrebbe frequentare qualche corso con te. >>
<< Sì, ho avuto il piacere di incontrarla. >>
<< Per me non è stato affatto un piacere, ragazzina >> disse acidamente la studentessa.
Georgy rimase interdetta, non si aspettava una reazione del genere.
<< Va bene, ecco qui la tua pozione >> disse Piton porgendo ad Annie un’ampolla con dentro un liquido rosa. << Mi raccomando usala con parsimonia, ho dovuto usare le mie ultime Erbe del GiroSasso per prepararla! >>
<< Grazie mille professor Piton >> rispose la studentessa con tono dolce, mieloso e quasi troppo adulatorio. << Se non ci fosse lei questa scuola cadrebbe in mano a degli incompetenti, probabilmente dei Grifondoro. Per fortuna c’è lei. >>
<< Sì me ne rendo conto >> disse Piton con il tipico tono di colui che sa che il mondo sarebbe migliore se lo ascoltassero. La studentessa si avviò alla porta, girò la testa dall’altra parte quando passò accanto a Georgy e sculettando uscì dalla stanza.
Georgy era sconvolta. Non solo quella ragazza le aveva rovinato la giornata, ma ora anche la serata.
<< Ma perché diavolo sei stato così carino con quella smorfiosetta antipatica saccente e sbruffona? >>
<< Sono stato normale >> rispose Piton.
<< Normale? E la storia che i Grifondoro non saprebbero gestire questa scuola? Silente e la McGranitt secondo te da che casata vengono? >>
<< Ma dai, lo sai che dico sempre così, e che ne sono convinto! Mi hai mai sentito esaltare le altre casate, specialmente i Grifondoro? >> disse Piton avvicinandosi lentamente alla ragazza.
<< No… >> rispose lei, e fu avvolta da un divertito Piton, che la abbracciò forte.
<< Non sopporto nessun Grifondoro, e mai lo farò… però ne amo una, la conosci? È testarda, simpatica, buffa e bellissima! >>
Anche questa volta il professore era riuscito a calmare la ragazza, a farle dimenticare l’arroganza e la strafottenza della studentessa che le aveva scombussolato la giornata, ed era anche riuscito a rendere quella notte di ordinaria perfezione.
 
I giorni successivi per la ragazza furono da impazzire. Le lezioni diventavano sempre più improntate su prove pratiche, gli esami si avvicinavano, lo studio si intensificava e il tempo per vedere il professore era sempre meno. Come se non bastasse, ad ogni angolo, in ogni corridoio, ad ogni lezione Georgy si ritrovava faccia a faccia con Annie, e le parole che si scambiavano non erano assolutamente piacevoli. Era diventata un incubo, un’ossessione, una mania.
<< Quanto la odio, la odio! Annie di qua, Annie di là! Uffa ma perché la trovo ovunque? E cosa le ho fatto? >>
<< Dai Georgy lasciala perdere, se ti provoca non rispondere. Si diverte così evidentemente >> cercava di calmarla Linda.
<< Ma perché proprio con me deve comportarsi così? E poi… hai visto come guarda Severus? Hai notato che a pranzo e cena lo fissa di continuo? >>
<< Ma dai Georgy adesso diventi anche paranoica! >>
<< Ti dico che lo fissa! E questa storia della pozione non mi piace per niente… perché gliela chiede di continuo? A cosa le serve? Perché proprio dal mio Severus?! >>
<< Secondo me sono solo tue paranoie… dai non può voler qualcos’altro da Piton, cioè chi potrebbe a parte te? E lui è troppo cotto di te per dar retta ad altre… te lo garantisco! >>
<< Speriamo… >>.
 
Il problema era che più la ragazza si convinceva che l’atteggiamento di Annie fosse semplicemente volto a infastidirla e basta, più la incontrava ovunque e si innervosiva, perdendo le staffe in molte occasioni. Sempre più spesso la trovava nello studio di Piton o che ne usciva, le gonne sempre più corte, le maglie sempre più scollate, l’atteggiamento sempre più da gatta morta.
<< Severus ti sei reso conto che quella ci prova con te? >> chiese una sera Georgy a Piton, dopo che per l’ennesima volta Annie era uscita dal suo studio.
<< Ma cosa dici Georgy, non puoi farne una mania… >>
<< E vorresti dirmi che non hai notato la scollatura e le cosce in mostra? >>
<< No te lo giuro. Bè al massimo una sbirciatina, ma nulla di che. Se posso dire, io preferisco le tue! >>
Una sera la ragazza incrociò Annie per il corridoio, la quale evidentemente era appena stata da Piton perché aveva un’ampolla in mano piena della solita pozione rosa.
Georgy non resistette e l’attaccò verbalmente per prima.
<< Ehi tu, mi vuoi cortesemente spiegare perché vai sempre da Piton, praticamente ogni sera? >>
<< Potrei farti la stessa domanda, ragazzina impicciona. Sono affari che non ti riguardano. >>
<< E invece sì! >>
<< E perché? >> chiese Annie, col tono di chi sa già la risposta e vuole solo sentirsela dire.
<< Perché Severus Piton sta con me! >>
<< Ah allora le voci che circolano sono vere. Accidenti. Ora sono proprio mortificata. E io che credevo che fosse serio e sincero quando mi ha detto di ripassare quando voglio perché lui è sempre a mia disposizione, non so se hai capito cosa intendo >> rispose la studentessa con aria maliziosa, leccandosi il labbro e facendo l’occhiolino a Georgy.
<< Non è vero! Non è possibile che ti abbia detto una cosa del genere! >>
<< E perché no? Credi che un uomo affascinante come il professor Piton non possa desiderare qualcosa di più che una stupida ragazzina? >>
<< E allora dovrebbe volere te, che hai la mia età? Cosa ti fa credere di essere migliore? >>
<< Intanto io sono una Serpeverde. Sono più bella di te e soprattutto più determinata. E poi, diciamocelo, tu hai ancora quel fare da bambina, sei innocente, carina, gnegnegne… svegliati bella, il mondo non è fatto di rose e fiori! Ti do una lezione sulla vita vera: per avere qualcosa bisogna prenderselo. >>
<< E tu cosa vuoi? >>
<< Carina, non importa quello che voglio. Importa quello che mi prendo. >>
Georgy vide la studentessa allontanarsi velocemente, ondeggiando il sedere e muovendo i lunghi capelli fluenti. Era scioccata da ciò che le aveva detto su Piton, non poteva essere vero. Decise di domandarlo direttamente a lui. Se si fosse dimostrato colpevole probabilmente lo avrebbe mollato. Era furiosa.
<< Severus, è vero quello che mi ha detto Annie? Che ti sei dimostrato molto…disponibile nei suoi confronti? >>
<< Le ho dettoc he quando finisce la pozione gliene faccio un’altra! >>
<< Non mentirmi Severus. Le hai detto di ripassare quando vuole, magari con sguardo ammiccante e provocatorio? >>
<< Ma che è, un’inquisizione? Le ho detto di ripassare quando vuole se finisce la pozione. Non credo di essere in grado di fare uno sguardo ammiccante, e se l’ho fatto forse era una smorfia. Ma cos’hai in questi giorni? Sembri.. bo strana… >>
<< Severus, quella Annie non mi piace, la odio, e si comporta in modo strano. >>
<< Sei gelosa? >> chiese il professore, la curiosità che si leggeva nel suo sguardo.
La ragazza non rispose, abbassò lo sguardo intimidita. Poi alzò la testa e con voce ferma disse: << Lei per me è una minaccia. >>
Piton si mise a ridere e andò per abbracciare la ragazza che però si scansò agilmente.
<< Severus, non sto scherzando. La odio? Sì. Sono gelosa? Sì. Scoprirò cos’ha in mente? Sì. >>
Il professore provò a prenderla nuovamente, e dovette impegnarsi, ma quando riuscì ad avvolgerla nel suo mantello e trattenerla lì per qualche secondo sentì che i suoi muscoli si rilassavano e che si stava appoggiando totalmente a lui.
<< Sei sempre la solita, ti arrabbi per niente >> le bisbigliò all’orecchio, e, ondeggiando sulle gambe, la cullò dolcemente.
 
La mattina seguente Georgy si svegliò con la paura di non avere accanto a sé il suo professore. Per fortuna fu solo un’impressione. Quando la ragazza aprì gli occhi Severus Piton era lì, steso accanto a lei, il gomito poggiato sul cuscino, la testa sollevata, gli occhi fissi su di lei.
<< Ora sì che si ragiona >> disse sorridendo Georgy. << Ti amo Sev. Ti amo tanto e non voglio perderti. Non ti dimenticare mai di me. >>
<< Non l’ho mai fatto e mai lo farò, te lo giuro. Ti amo troppo per lasciarti andare. >>
 
<< E’ tutto pronto Lucius. Questa è la notte buona. >>
<< Lo spero per te Raptilius. Sei sicuro che non sia una trappola? >>
<< Non ti preoccupare Lucius, la mia spia sa con chi ha a che fare, non ci tradirà. >>
 
Per farsi perdonare per i malintesi che si erano susseguiti nei giorni precedenti, il professore si liberò da lezioni e preparazioni di intrugli per quel pomeriggio e diede appuntamento a Georgy nel luogo in cui si erano dati il primo bacio.
Il piccolo giardino, isolato e riparato dalle siepi, si aprì davanti agli occhi della ragazza, e dietro la colonna che si ergeva sugli scalini marmorei trovò il suo professore. Piton era vestitio come al solito, giacca scura e mantello nero, Georgy invece si era messa un bel maglioncino lungo con cintura in vista con un sollo vertiginoso, e una camicetta sotto che lasciava intravedere qualcosa del seno. Non era volgare, ma all’uomo risultò molto sexy.
<< E vestita così dove pensi di andare? >> le chiese Piton, sorridendo.
<< Dal mio uomo, per riuscire a tenermelo stretto. >> rispose Georgy, anch’essa sorridente.
<< Bè se ti vede così di certo non può andare lontano. Dici che al tuo uomo dispiacerebbe se adesso mi avvicinassi a te e per esempio mettessi le mie mani sui tuoi fianchi? >>
<< Mmm credo di si. >>
Il professore le si avvicinò e le cinse i fianchi.
<< E se le mie braccia adesso ti stringessero un po’ più forte? >>
<< Oh di sicuro si arrabbierebbe! >>
Il professore la strinse forte a sé, così che la ragazza potesse appoggiare la testa sul suo petto.
<< E se tu mi guardassi e io ti dessi un bacio? >>
<< Hai indovinato il bacio più bello che il mio uomo mi sappia dare >>.
Il professore baciò la ragazza con ardore e passione, come se fosse da tanto che non si baciassero, come se fosse per l’ultima volta.
<< Credo di poter dire che il tuo uomo sia contento di come ti sto trattando. >>
<< Ma allora conosci il mio uomo? Se lo vedi digli che mi manca la sua complicità e il fatto di averlo tutto per me! >>
<< Il tuo uomo dice che lui c’è e ci sarà sempre per te, solo che il periodo è un po’ incasinato… >>
<< E cosa dice il mio uomo di Annie? >>
<< Dice che è solo una studentessa come tante altre, che necessita di una pozione, come tante altre, ma che devo aiutarla perché questa non se la può fare da sola. Stop. Georgy, io amo te, anche se lei mi si presentasse senza vestiti, anche se mi offrisse tutti i beni di questa terra, io sceglierei sempre e solo te. Non mi interessano le altre, neanche le guardo, non le ho mai guardate. >>
<< Va bene, io mi fido, anche perché il mio cuore è terribilmente perso per te, mio uomo! >>
Passarono il pomeriggio in quel luogo seminascosto, abbracciati a rimirare il cielo e la natura, a comprendere se stessi e ad amarsi. Fu proprio un bel pomeriggio per entrambi, soprattutto per la ragazza, che uscì da quel piccolo giardino con maggiori convinzioni e affrontando meglio il fatto che anche quella sera Annie si sarebbe presentata dal suo Piton. Sarebbe andata a trovarlo più tardi, in modo da non avere la minima possibilità di incontrarla né per i corridoi né nello studio del professore. Si fidava di Piton, sapeva che non l’avrebbe mai tradita. Lo amava, più di ogni altra cosa.
 
Quella sera a cena la ragazza, più sollevata degli altri giorni, non badò al suo uomo, né alla studentessa smorfiosa di Serpeverde. Rimase tranquilla a godersi la cena in compagnia dei suoi amici di sempre, sorpresi di averla ritrovata così allegra. Le porsero qualche domanda sulla sua relazione con Piton, cosa che ormai era sulla bocca di tutti. Lei spiegò le sue motivazioni e tutti furono contenti di sapere alcuni dettagli che sarebbero rimasti confinati a quel gruppo di amici, i quali erano tutti felici di sapere che finalmente Georgy avesse conosciuto un uomo con cui stesse davvero bene.
Terminata la cena la ragazza non aveva idea di cosa fare per passare il tempo. Aveva proposto di fare una passeggiata, ma nessuno degli amici era libero, neppure Linda, impegnata con Henry. La proposta fu invece accettata da Lupin, che passava tra i tavoli per caso, e a loro si aggiunse Sirius, che ormai risiedeva stabilmente a Hogwarts.
Il trio si incamminò per i corridoi e poi fuori, all’aria aperta. La serata era fresca, l’aria calda rinfrescata dal vento fresco di aprile rendeva il clima accettabile e ideale per camminare. Parlarono molto e toccarono diversi argomenti, anche se, ovviamente, il tema principale era la relazione Piton-Georgy. Lupin faceva domande sul futuro, si chiedeva come avrebbe fatto con gli esami, che prospettive aveva dopo la scuola dal momento che Piton era un insegnante stabile. Sirius invece faceva domande anche cattive sul conto del professore, e Georgy prontamente lo zittiva, stanca delle solite frecciatine che l’amico continuava a lanciare per infamare il suo professore.
I tre stavano camminando sul lungo ponte sospeso tra Hogwarts e la foresta proibita, ridendo, scherzando e zittendo Sirius su ogni cosa.
<< Remus, sarebbe il caso che ti trovassi una ragazza no? Insomma l’età avanza… >>
<< Ma senti questo, mi pare che tu sia messo come me o no? Perché non ti trovi una bella cagnolina da accudire? Ho un’amica che ha una barboncina, magari se le fai la corte con un po’ di gentilezza si innamora di te! >> rispose Lupin all’amico, scoppiando a ridere.
Georgy era abituata a sentire i due prendersi in giro, ma non era invece solita vedere poi Lupin rabbuiarsi. Effettivamente a Lupin mancava una donna, da sempre forse, e non l’aveva saputa trovare non perché non fosse bello o simpatico, ma perché ogni notte di luna piena lui cambiava. Chi avrebbe mai potuto innamorarsi di un mostro?
<< Lupin… Remus, vedrai che troverai una ragazza, non ti devi buttar giù. Sei una bella persona, è bello stare e parlare con te, devi fregartene del tuo problema! Non sei un mostro, anzi. >>
<< Grazie Georgy >> rispose Lupin, con un sorriso che pareva più forzato che altro.
Così, per sviare l’attenzione dal problema e sdrammatizzare, Sirius riprese con le frecciatine verso Piton, e la ragazza tornò a difenderlo.
<< Hai visto quanto si incontra con Annie? Non gli dici niente? >>
<< Ci siamo già chiariti, e io mi fido di lui, ciecamente. Non c’è niente che mi turbi ora! >>
<< Davvero? Neanche vedere Piton con la studentessa fuori dal castello, lui che le raccoglie fiori e lei che lo tocca? >>
La ragazza stupita e incuriosita dalle strane parole dell’amico si affacciò al parapetto del ponte e guardò in direzione di Hogwarts. La scena era esattamente quella descritta da Sirius.
“Non è possibile, ci deve essere una spiegazione… no… “ pensava dentro di sé la ragazza, che quasi si sentiva mancare.
Georgy cominciò a gridare il nome di Piton, che però pareva non sentirla.
<< Forse lo fa apposta >> insinuò Sirius.
<< Stai zitto Sirius >> intimò Lupin.
Mentre la ragazza ancora guardava sconvolta la scena un lampo di luce illuminò il cielo. Si sentì un fragoroso tuono e in un attimo una cascata di incantesimi rossi e blu si scagliava spietata proprio verso il professore e la studentessa. Dall’oscurità una decina di uomini, i volti incappucciati, le bacchette levate, si dirigeva verso il castello.
<< Cazzo Sirius i Mangiamorte! Corri ad avvisare gli altri, io prendo tempo! >> disse Lupin. L’amico, trasformatosi in un grosso cane nero, corse verso la scuola, e Lupin, dopo aver detto alla ragazza di nascondersi e non muoversi, fece lo stesso, imboccando l’unica via che potesse portarlo velocemente sul luogo dello scontro.
Georgy non ce la faceva a nascondersi, voleva vedere cosa succedeva, voleva aiutare Severus.
Piton intanto armeggiava con bacchetta, incantesimi e maledizioni, il tutto per proteggere se stesso e Annie da una fine certa. I Mangiamorte comunque sembravano indirizzare i loro incantesimi solamente verso di lui, fregandosene della studentessa. Il professore riuscì a tener loro testa, ma stava iniziando a dare segni di cedimento. L’intervento di Lupin fu provvidenziale.
La ragazza non riusciva a starsene lì, ferma, non poteva sopportare una scena del genere. Il suo uomo e il suo amico stavano subendo gli attacchi dei nemici e lei era lì sul ponte senza poter fare niente. << Accio scopa! >> disse, e rimase in attesa che una qualsiasi scopa magica le permettesse di unirsi alla mischia.
<< Ma bravo Severus, vedo che nonostante tutto, le lezioni, gli altri scontri, l’amore, non ti sei dl tutto rammollito! >>
<< Smettila Lucius e vattene da qui. >>
<< E perché mai dovrei farlo? Con tutta la fatica impiegata! Siamo qui per te Severus, non dovresti trattarci così. >>
<< Se mi consegno a voi lascerete stare la ragazza e la scuola? >>
<< Severus ma cosa stai dicendo? Ne abbiamo già discusso, non puoi farlo >> intervenne Lupin.
<< Non prenderò ordini da te Lupin, né dal tuo amichetto cane Black. >>
<< Non lo dico per me, lo dico per Georgy. Maledizione non riesci a pensare un po’ meno a te stesso e non dico di più agli altri ma almeno a lei? >>
Piton rimase immobile a fissare gli occhi marroni di Lupin. Aveva forse ragione?
<< Che quadretto commovente… posso rovinarlo? >> chiese Malfoy, e alzò la bacchetta per riprendere lo scontro, ma un lampo di luce blu gliela fece volare a terra.
<< Chi è stato? >>
<< Sono arrivati i rinforzi caro mio >> disse Lupin, sorridendo all’idea che il loro manipolo di Mangiamorte non potesse nulla contro l’Ordine intero. Il sorrisetto però svanì quando scoprirono che a disarmare e bloccare le fila nemiche non erano auror o professori, bensì un’unica combattiva ragazza a cavallo di una scopa, che, dopo essersi fatta largo, si posizionò accanto a Piton, dando le spalle a Annie e facendo l’occhiolino a Lupin.
<< Perché sei qui? Vai a metterti al riparo! >> le urlò Piton.
<< Non ci riesco Severus, non posso vedervi qui e non fare niente. Io resto qui. >> e nei suoi occhi si potevano leggere la convinzione, la determinazione e l’amore verso quell’uomo che in quel momento proprio per il sentimento che provava avrebbe dato la vita pur di saperla al sicuro.
<< Bene, allora possiamo eliminare non solo il traditore ma anche colei che ci ha portato via il Signore Oscuro! Meglio di così! >> disse Malfoy, e lo scontro riprese. Ora in tre riuscivano meglio a tener testa ai nemici, e quando si unirono gli altri componenti dell’Ordine sembrò che ce la potessero fare realmente.
Georgy si stava quasi per godere il momento della vittoria quando un incantesimo lanciato contro Gregor  fu deviato verso Annie. Da qui la scena per la ragazza fu al rallentatore. Nessuno si era accorto della magia, ed Annie fu presa alla sprovvista. Sirius, il più reattivo di tutti si lanciò per proteggerla e con la bacchetta respinse il colpo. Piton, che stava affrontando Lucius, si rese conto all’ultimo momento che il colpo stava arrivando a lui, e per fortuna riuscì a schivarlo. Il suo sguardo incrociò quello di Georgy per un attimo, lui col sorrisetto strafottente e arrogante, lei felice perché era riuscito nell’impresa. Un attimo. Un attimo di sguardi, un attimo di sorrisi, un attimo di distrazione. Raptilius, per difendere Lucius e avere la gloria di chiudere i conti, scagliò un forte e violento incantesimo contro Piton, che lo colpì in pieno petto e lo fece volare contro le solide mura del castello. Piton cadde a terra, immobile.
Georgy rimase incredula, si girò contro Raptilius e con un Sectum Sempra allo stomaco lo fece rotolare per terra, dolorante e sanguinante. Corse da Piton, ancora fermo, il corpo rivolto a terra. Lo rigirò e gli tenne la testa sollevata. Perdeva del sangue dal labbro, il corpo era come un peso morto. Tutti le si fecero attorno per proteggerla da eventuali attacchi, e inglobarono anche Annie, che era rimasta ferma accanto a Sirius dopo che le aveva salvato la vita.
I Mangiamorte ormai, come la volta precedente, non potevano fare nulla. Vedendo Piton privo di sensi poterono accontentarsi, e si diedero alla ritirata. L’attenzione ora era tutta rivolta al professore, tenuto tra le braccia della ragazza.
<< Svegliati Sev… ti prego! >> disse, con voce bassa e supplicante.
Convennero che sarebbe stato meglio portarlo in infermeria, dove avrebbero potuto dargli le giuste cure. Georgy rimase accanto a lui, pregando perché aprisse presto gli occhi.
<< Ha solo preso una botta, si riprenderà! >> disse Madama Chips.
 
La mattina seguente Georgy si alzò presto dal letto del suo dormitorio, si vestì rapidamente e corse in infermeria. La notte precedente si era addormentata con la testa poggiata sul letto del professore e qualcuno l’aveva convinta ad andare nella sua stanza e tornare il giorno seguente, più riposata.
Giunta alle porte dell’infermeria sentì uno strano vociare, e si chiese se Piton non si fosse già ripreso. Entrò e quando tutti la videro calò uno strano silenzio. Attorno al letto del professore vi erano la McGranitt, Lupin, Sirius, Lumacorno, Annie. Annie? Che cosa ci faceva lei in quella stanza?
<< Georgy cara >> iniziò la McGranitt, << come stai? >>
<< Io sto benissimo, piuttosto come sta Severus? E perché lei è qui? >> disse indicando Annie.
<< Annie è qui perché ieri notte era presente e voleva accertarsi delle condizioni del professore. Severus sta bene… si è svegliato >> disse cautamente la preside. A quelle parole Georgy, pervasa da un’improvvisa e devastante felicità, si dimenticò della studentessa Serpeverde e si precipitò accanto al suo professore.
<< Severus, come stai? Come ti senti? >> chiese all’uomo che la guardava con gli occhi stralunati, interrogativi, ma che non dava alcuna risposta.
<< Son così contenta che tu ti sia ripreso, che spavento mi hai fatto prendere. >>
Ora lo sguardo del professore era stravolto. Nessuno nella stanza diceva nulla.
<< Severus? Perché non mi rispondi? Perché non mi risponde? >> chiese prima al professore, poi ai presenti. Nessuno diede una risposta.
Finalmente la voce di Piton si fece sentire, chiara e cordiale.
<< Io sto bene, ma … tu chi sei? >>.

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Capitolo 18
*** Un amore dimenticato ***


<< Io sto bene, ma … tu chi sei? >>.
La ragazza era sconvolta dalla domanda.
<< Come chi sono? Stai scherzando? >>
<< No te lo giuro, non ti conosco! >> rispose Piton.
Georgy scoppiò a ridere, convinta che quello fosse uno scherzo in cui tutti si fossero messi d’accordo e in cui ognuno stesse recitando al meglio la propria parte.
<< Georgy, qui nessuno scherza >> disse Lupin con tono mesto.
Il volto della ragazza si spense. Guardò con occhi vuoti i presenti e il professore, si soffermò a scrutarne ogni dettaglio, a osservare quei piccoli occhi neri che non esprimevano il solito amore, quelle labbra che non sentivano il bisogno di baciarla, quelle mani che non la volevano toccare.
<< Non ci posso credere. >>
 
Inconsolabile. Solamente, perdutamente, tristemente inconsolabile. A nulla servivano i gesti degli amici, a nulla le parole di conforto e speranzose della McGranitt, la ragazza era a terra. Passava ogni singolo momento a farsi calpestare il cuore dall’innocente professor Piton, inconsapevole di ciò che insieme avevano vissuto prima di quella notte.
Georgy provava a fargli tornare la memoria, gli raccontava delle loro avventure, di come erano fuggiti più volte ai Mangiamorte, del loro primo bacio, della loro travagliata storia, ma lui scuoteva la testa.
<< Mi dispiace ma non ricordo tutte queste cose. Mi dispiace davvero se soffri, non piangere ma non so proprio niente di tutte queste avventure. >>
La McGranitt le aveva parlato più volte, le aveva detto che l’unica cosa che Piton si ricordasse era l’insegnamento, che era un professore di Pozioni e nulla più. Non sapeva dove fosse la sua aula, chi fossero i suoi studenti, chi i suoi colleghi. Addirittura aveva dovuto accompagnarlo nella sua stanza, e davanti al suo bancone e alle sue pozioni si era chiesto chi fosse stato il vandalo che avesse fatto tutto quel disordine. L’unica persona di cui aveva un vago ricordo era Albus Silente.
<< Lo schiantesimo e la botta contro il muro gli hanno causato un forte trauma, non credo sia stato un incantesimo di perdita di memoria… >> spiegava Madama Chips. << Poteva anche riportare danni ben più gravi, in fondo è ancora vivo, sta bene di salute… >>
<< Ma non è più mio! >> rispondeva Georgy. << Non mi riconosce più, non mi vuole più, non mi parla più! E se provo ad avvicinarmi lo infastidisco e basta. È peggio di quando mi trattava male nella casa… >>.
Era una situazione davvero insostenibile per la povera ragazza. Lei si sforzava ogni giorno, in ogni momento, di stargli accanto nonostante tutto, di sopportare il fatto che lui la considerasse un’estranea, ma di notte, lontana dagli occhi di tutti, piangeva lacrime amare.
 
Un giorno, terminate alcune lezioni, si diresse verso la stanza del professore, un po’ per abitudine, un po’ per dar voce alla piccola speranza che aveva dentro di ritrovarlo rinsavito. Non osò neppure aprire la porta. Da fuori si potevano sentire distintamente due voci: quella di Piton e quella di Annie. Ridevano.
Fu un duro colpo per Georgy, che però rimase in ascolto, curiosa e un po’ masochista. La studentessa rideva quasi per forza, sguaiatamente, a tutto quello che diceva il professore, gli parlava con tono troppo sdolcinato, con voce mielosa e maliziosa. E il professore le rispondeva teneramente, ingenuamente, cordialmente.
Non poteva sopportare oltre. Georgy se ne andò, furiosa, depressa, triste.
Quel giorno riaffiorarono in lei le paranoie che aveva prima dell’incidente, quando era veramente gelosa di Annie. Riprese a non parlare più a tavola ma a fissare continuamente i due che si lanciavano sguardi complici e colpevoli. Quando incrociava Annie per strada veniva guardata con occhi vittoriosi, tanto che lei, dopo un po’, era costretta ad abbassare lo sguardo, silenziosamente umiliata.
Georgy continuava a vedere Piton, di tanto in tanto gli chiedeva se ricordasse qualcosa, ma le risposte erano sempre negative. Quel giorno gli chiese di Annie.
<< Professore, prepara ancora la pozione a Annie? >>
<< Certamente >> disse Piton arrossendo. << Ma tu come lo sai? >>
<< La preparava anche prima dell’incidente. Avevamo litigato per questo. >>
<< Davvero? Mi dispiace… e come mai avevamo litigato? >>
<< Per Annie >>
<< Per lei? E’ una così brava ragazza, che male ha fatto? >>
<< Severus >> disse la ragazza, arrabbiata, << io sono convinta che Annie stia tramando qualcosa! Hai visto come ti guarda, come ti parla? E tu le dai corda! Perché dici di non ricordarti niente? Come puoi? E con che faccia tosta lei si è messa tra noi? Devi smetterla di ascoltarla, sono sicura che vuole farci del male! >>
<< Adesso basta! >> urlò Piton, alzandosi in piedi. << Intanto, io sono un professore, e in quanto tale non devi chiamarmi per nome e rivolgerti così a me. Porta rispetto ragazzina. Io sono terribilmente dispiaciuto per te, se prima dell’incidente provavi qualcosa nei miei confronti e magari io ti davo corda. Non ricordo nulla, e non ricordo te. Credi sia facile svegliarsi un giorno ed essere circondato da volti nuovi? Io non sono il Severus Piton che conoscevi te, perciò lasciami vivere la mia vita, lasciami fare le mie scelte. Perché continui a girarmi attorno? Perché continui a spalare merda su quella povera studentessa? Esci dalla mia vita! >>
La ragazza in lacrime e con un filo di voce rispose: << Perché ti amo… perché quello che c’era tra noi per me era importante… perché avevi giurato di non dimenticarti mai di me… avevi promesso di restarmi sempre accanto. >>
Piton era veramente dispiaciuto per recare così tanto dolore alla ragazza, ma non poteva e non voleva darle false speranze di poter far nascere una storia con lui.
Georgy uscì dalla stanza, singhiozzante. Percorse il lungo corridoio e poi il grande atrio, uscì nel giardino e si rintanò sotto un albero, rannicchiata e in disparte, di modo che nessuno la potesse vedere piangere. Passarono diverse ore, gli occhi le bruciavano, ma non voleva smettere di guardare il cielo, il paesaggio, di restare collegata con la mente visto che non aveva altro modo per farlo, con il suo professore.
Un rumore di passi dietro di lei la destò dai suoi pensieri e la fece voltare. Lupin l’aveva vista e raggiunta, sulla collina, sotto l’albero.
<< Dicono che le persone non siano belle quando piangono >> disse il professore.
<< Non mi importa. Per chi dovrò essere bella adesso? Severus non mi guarda più, non mi vuole più. >>
<< Vedrai che le cose si sistemeranno. >>
<< No Remus, lo sai che non è vero. Ho provato a raccontargli di noi, a fargli tornare la memoria, ma niente. L’ho perso per sempre. Ho perso una parte di me. >>
<< Non farla così tragica, sei giovane. >>
<< Ma io lo amo Remus! E lui mi amava! Come… come può finire così una storia tra due persone? >> e ricominciò a piangere, sconsolata. Lupin allargò un braccio e la avvolse, avvicinandosela alla spalla.
<< E allora piangi Georgy, sfogati, liberati. È vero, non possiamo fare niente, ma tu hai ancora la vita, hai i tuoi amici, gli esami, hai me, hai Sirius e Minerva… non è tutto finito, c’è chi ti vuole bene davvero. >>
<< Grazie Remus >> disse lei, accoccolandosi sul suo petto. << Posso usare la tua spalla per piangere qualche volta? >>
<< Certo, tutte le volte che vorrai io ci sarò >> e così dicendo poggiò le labbra sulla fronte della ragazza, dandole un bacio che sembrò eterno, carico di affetto, comprensione, e…
 
Vivere ad Hogwarts non era più lo stesso per la ragazza. Almeno prima di conoscere chi era veramente Severus Piton non le importava niente di lui, era solo l’arrogante presuntuoso acido professore di Pozioni, poteva rispondergli a testa alta, poteva fregarsene di tutto. Ora ogni angolo, ogni stanza, ogni quadro, ogni volto che incontrava era un ricordo di lui. E se per caso incrociava proprio l’insegnante il suo cuore batteva forte, i suoi occhi lo fissavano, le sue labbra si bloccavano, ancora innamorata di quell’uomo che però non la ricambiava.
Un giorno vide uscire da una stanza Piton ed Annie, che ridevano e si rincorrevano con distacco per non destare sospetti. Nessuno aveva notato quanto fossero vicini tranne lei. Un’altra volta invece li vide nel giardino, nascosti dietro un albero, scambiarsi un bacio. Fu straziante. Georgy sentì il proprio cuore andare in frantumi, il cervello scollegarsi, le braccia diventarle pesanti. Era sul punto di svenire. Passò il resto della giornata a letto, con la febbre alta. Madama Chips chiese a Linda se fosse stressata, ma poteva già intuire la risposta. Quando si seppe quello che aveva visto il pensiero di tutti fu uno solo, cioè un moto di compassione verso quella povera ragazza.
Le cose non migliorarono con il tempo, perché puntualmente Annie faceva di tutto per rendere pubblica la sua relazione, e per mostrarsi davanti a Georgy con la sua nuova conquista.
<< Te lo avevo detto carina: non importa ciò che voglio o non voglio. Importa ciò che mi prendo. E ora ho lui >> e voltandosi corse incontro a Piton, lo abbracciò e lo baciò, davanti a tutti, davanti a Georgy.
 
La McGranitt era sconvolta dall’atteggiamento dei due.
<< Non ci posso credere che un professore non abbia il minimo ritegno a farsi vedere in giro con quella… quella… sgualdrinella! >>
<< Minerva, suvvia, non esagerare con questi termini! >>
<< Albus, ma ti rendi conto? Prima la storia della pozione, poi Severus che perde la memoria e adesso lei che sta con lui! E Georgy costretta a guardare! Povera creatura, sono tanto dispiaciuta per lei… non se lo merita… >>
<< Eh già, povera ragazza. Se avessi saputo che sarebbe andata a finire così non avrei incoraggiato il loro amore. >>
<< E chi lo poteva prevedere? E poi è stata una storia bella, appassionante. Quei due si amavano davvero. Credo di aver visto poche altre coppie così. E la loro discrezione… solo a pensarci mi vien da piangere, povera, povera Georgy. >>
<< Minerva, so che non è proprio da regolamento, ma… non c’è davvero nulla che si possa fare? Insomma, la ragazza mi piaceva, e Severus era cotto di lei, vorrei rivederli insieme… >>
<< Albus no! Non ti azzardare! Non tirare fuori incantesimi o giratempo o pozioni o che so io… non possiamo interferire con il destino, non possiamo mettere mano nei loro affari. Potremmo peggiorare le cose. >>
<< Peggio di così, per Georgy, cosa può esserci? >>
 
L’unica consolazione per la ragazza era che Piton, non ricordandosi nulla della sua storia passata, non aveva mai portato Annie nel suo piccolo luogo segreto: il giardinetto delimitato da siepi con gli scalini e la centrale colonna marmorea. Ora era lei che si rifugiava spesso lì, in particolare quando incrociava la nuova coppietta o quando si sentiva particolarmente triste e sola. Vedere lo squarcio di cielo tra le siepi le dava più serenità, anche se il suo animo continuava ad essere tormentato non appena con la testa tornava al mondo reale, usciva dal piccolo giardino e affrontava la vita vera.
Mai avrebbe creduto che la sua storia d’amore potesse finire in questa maniera. La tristezza, pian piano, aveva lasciato il posto alla rassegnazione. Piton non sarebbe più tornato tra le sue braccia, non l’avrebbe più cercata per baciarla, non l’avrebbe più amata, in alcun modo.
Effettivamente la situazione per Georgy era veramente straziante, non vi pare? In fondo è un amore terminato non per sua volontà, non per una malattia particolare. Insomma, quando due si lasciano spesso è perché entrambi convengono che non hanno più nulla in comune, che ormai non ha senso frequentarsi e far finta di amarsi ancora; certo ci si sta male ma è una scelta che si fa e di cui ci si assume le proprie responsabilità. Lei invece ha perso l’uomo della sua vita e nessuno lo ha scelto! Così, da un giorno all’altro, tutto il suo mondo è crollato. Tutti i progetti, i sentimenti, tutto crollato, nel giro di pochissimo. E allora ci si chiede perché amare, perché affezionarsi alle persone se poi queste se ne devono andare? Per Georgy è come se Piton fosse morto, e non so se sia fortunata o sfortunata a poterlo vedere in giro per i corridoi o a lezione. Dentro di lei, nel suo cuore, c’è un enorme squarcio, e questa ferita è destinata a non rimarginarsi mai più totalmente. Potrà anche trovare un altro, o restare sola, ma ogni volta che vedrà il professore con Annie o con un’altra ci starà male, perché una volta lui era suo. E la cosa forse più brutta è che lui non possiede gli stessi ricordi della ragazza. lei si rifugia in essi per scappare da un’amara realtà, ma non riesce neppure a spiegarsi quando parla con lui perché con Piton non condivide più momenti passati insieme, attimi di felicità, amore, paura, sentimento, passione, arrabbiatura. Praticamente per lui Georgy non esiste più, anzi, non è mai esistita. Se le dicesse “Sì mi ricordo che siamo stati bene insieme, che abbiamo fatto queste cose, ma ora basta” penso che sarebbe diverso per lei, perché penserebbe che di sicuro a lui ogni tanto riaffiorerebbe il ricordo di lei, e sarebbe una magrissima ma pur sempre esistente consolazione.
 
Ora Georgy aveva due possibilità: continuare a vivere nella nostalgia, chiudendosi nel suo mondo di ricordi, o voltare pagina totalmente, prendendo coscienza della reale situazione e affrontandola come se non fosse solo un oscuro tunnel senza fine ma come se ora le si aprisse un nuovo e felice mondo.
Georgy sapeva che avrebbe dovuto riprendersi e ricominciare a vivere come prima, ma mettere da parte i sentimenti e chiudere in un armadio i ricordi era impossibile.
Parlava spesso con Lupin, si confidava con lui e anche con la McGranitt, tirava avanti anche grazie a Linda e piano piano iniziava a mostrarsi più tollerante di fronte alla nuova coppia formatasi per i corridoi di Hogwarts. Era arrivata al punto di riuscire a non pensare a Piton durante i momenti liberi come i pranzi e le cene, e con Lupin aveva stipulato l’accordo di non parlare del professore a meno che non fosse strettamente necessario, e solamente in presenza di abbondante cioccolata per riprendersi. Lupin era davvero gentile a prestare la sua spalla ogni qual volta la ragazza lo chiedesse, e lei lo apprezzava molto. In queste settimane si erano molto legati, avevano stretto un maggiore rapporto di amicizia, e… forse qualcosa di più.
Passato quasi un mese dall’incidente la vita sembrava aver trovato il suo giusto ritmo. La coppietta girava sempre felice, Linda si adoperava per proteggere Georgy da visioni sconcertanti, Lupin la consolava amorevolmente, la McGranitt con Silente cercavano un rimedio efficace. Georgy si mostrava forte e tranquilla in pubblico, ma dentro non aveva ancora accettato la situazione. Riusciva a sorridere falsamente, ma non poteva mentire a se stessa. E anche se ormai era consuetudine vedere Piton e Annie scambiarsi effusioni d’affetto per Georgy non era ancora normale, non ci si poteva abituare perché non ci si abitua al male, né fisico né mentale, figuriamoci al dolore del cuore.
Ciò che più rattristava la ragazza era che le aveva provate tutte per far tornare la memoria al professore, racconti, luoghi, volti… nulla aveva smosso quel grosso macigno dalla sua mente che gli impediva di vedere le cose con gli occhi del Severus Piton di prima. Niente era riuscito a riportarlo in sé. Possibile che non ci fosse qualcos’altro che la ragazza non avesse provato e che potesse riportarle il suo uomo?
 
Tre uomini si incontrarono per l’ultima volta in un’oscura locanda in Diagon Alley, seduti attorno a un tavolo appartato, i volti in ombra per la rada e fioca luce emanata da una candela consumata.
<< Questa è l’ultima possibilità >> disse Malfoy. << La nostra spia è ancora nella scuola e sta lavorando egregiamente per noi. Sarà facile eliminare lo smemorato Piton. Sarà divertente vedere come il cuore della ragazza si infrangerà definitivamente. >>
<< Sei sicuro che la ragazza starà dalla nostra parte? È affidabile? Io non so se voglio andare fino in fondo. Me lo sento, andrà male pure stavolta. Lucius, dovremmo fermarci qui.>>
<< Non preoccuparti Gregor >> rispose Raptilius, << suo padre era un Mangiamorte, è rimasto ucciso nell’ultima guerra, la vendetta è l’unica cosa che aspetta e farà di tutto per averla. Non puoi tirarti indietro ora. >>
<< Sono troppo forti, ci hanno sempre tenuto testa. Dobbiamo ritirarci finchè siamo in tempo! Io non voglio finire ad Azkaban! >>
<< Gregor, siamo adulti e sappiamo prenderci le nostre responsabilità >> intervenne Malfoy con aria pacata. << Se vuoi toglierti nessuno ti fermerà. Ci dispiace, ma se è quello che desideri, sei libero di andartene. Confidiamo nel tuo silenzio. >>
<< Ma.. ma! >> balbettò Raptilius, ma lo sguardo di Malfoy lo zittì.
<< Certo Lucius. Farò la cosa giusta >> disse Gregor, e se ne andò.
Malfoy e Raptilius guardarono il Mangiamorte allontanarsi e quando fu uscito la frase di Lucius, fredda e distaccata, fece tremolare l’esile fiamma della candela: << Seguilo, controllalo, e… uccidilo. Come per Cosimus, dovrà sembrare un incidente. Non mi fido di lui. Non può voler fare quello che vuole. Liberiamocene definitivamente >>.
 
Una mattina di fine maggio che sembrava dovesse cominciare come ogni altra mattina fu invece segnata da un’importante e felice sorpresa. Dopo il suono della sveglia (sempre troppo presto per il bisogno di sonno della ragazza), dopo la colazione (il caffè magico era una vera e propria pozione per rimanere svegli e pimpanti tutto il giorno), tra una lezione e l’altra, Georgy camminava tranquillamente per i corridoi. Fu raggiunta all’improvviso da una trafelata e ansante Linda che recava in mano una busta.
<< Georgy q…hhh… questa… l’ho trovata nella nostra… sala comune! Era…sul tavolo… mamma che corsa… è per te, cioè non so chi l’abbia messa. Amber ha detto di aver visto una ragazzina del primo anno poggiarla lì sul tavolo, gliela aveva data qualcuno ma non si sa niente di più… che sia di Piton? >>
<< Ma no è impossibile. Sarà dei miei genitori, magari il gufo ha sbagliato, l’ha lasciata in giro e qualcuno gentilmente me l’ha restituita… >>
<< Ma oggi non è giorno di posta… >>
<< L’avrà persa l’altro giorno allora! Dai vediamo chi è… >>
La ragazza aprì la busta e, vogliosa di smentire l’amica, lesse subito il mittente nella firma a piè di pagina. Rimase a fissare la lettera con la bocca aperta, incredula e tremolante. Era veramente una lettera di Severus Piton. La doveva leggere subito, ma voleva un po’ di tranquillità e privacy, perciò congedò velocemente e rozzamente l’amica e si diresse nell’unico posto dove sapeva che nessuno l’avrebbe raggiunta: il piccolo giardino delimitato da siepi, il loro piccolo angolo di paradiso nella grande ed affollata Hogwarts.
Giunta nel giardinetto si nascose dietro la colonna, seduta sugli scalini, il caldo sole primaverile che le illuminava il volto. Si stava proprio bene all’aria aperta quella mattina, peccato non avesse molto tempo per star fuori. L’atmosfera era quella giusta.
Aprì il biglietto e fatto un respiro profondo cominciò a leggerlo.
 
Cara Georgy,
so di essere stato cattivo e distaccato nei tuoi confronti, e mi dispiace. Ho ferito i tuoi sentimenti, non ti ho capita, non ti ho neppure voluto ascoltare. Ti scrivo questa breve lettera per chiederti di perdonarmi perché ho sbagliato, in tutto. Mi sento molto in colpa per quello che ho fatto, per il comportamento che ho adottato. Tra me ed Annie è finita, e ora l’unica cosa che voglio è poter chiarire con te come stanno le cose, e magari riavvicinarci, perché ho capito che tu sei una parte importante della mia vita.
Ti chiedo quindi di poterci vedere stasera verso le 11 e mezza, nell’ala ovest della scuola, nella stanza con la pianta rampicante sulla porta, in modo che nessuno ci possa vedere né disturbare, così da poter essere solo io e te.
Confidando nell’incontro di stasera ti porgo i miei più sinceri saluti.
Con affetto
Severus Piton
 
Georgy non poteva crederci. Avrebbe voluto saltare per la gioia, correre per i corridoi e gridare la sua felicità, prendere le persone e scuoterle, obbligare tutti i fiori a sbocciare, eliminare i volti tristi e bui che incontrava per strada. Non le passò minimamente per la testa che potesse essere uno scherzo di pessimo gusto o che il biglietto fosse falso. Era convinta che il professore si fosse finalmente ricordato della loro storia. Nessuno quel giorno avrebbe potuto rattristarla o farle pensare ad altro se non all’appuntamento che avrebbe avuto quella notte.
Linda disse che le sembrava strano ma che era comunque felice per lei.
<< Non farti troppe illusioni, il biglietto non dice se ha ritrovato la memoria o se vuole tornare con te. Non farti già castelli in aria. Ma sii felice per il fatto che almeno da ora sembra aver capito che in qualche modo sei importante per lui. >>
Le sagge parole dell’amica fecero restare Georgy con i piedi per terra solo per qualche minuto. Comprensibilmente, ogni pensiero, ogni singola parola, ogni sguardo era rivolto a Piton.
 
<< Vediamoci stasera dove ti ho detto >> disse Annie a Piton in tono quasi minaccioso.
<< Ma non posso stasera, sono impegnato, mi dispiace >> rispose il professore tristemente.
<< Non mi importa, ci incontreremo lì e basta. Non mi interessa cos’hai da fare, o chi devi incontrare, stasera sul tardi ci vediamo. >>
<< Ma perché proprio lì? >>
<< Lo sai Severus. La McGranitt non approva la nostra relazione e dice che siamo indecenti, che ci facciamo vedere troppo in giro che ci sbaciucchiamo e bla bla bla. La odio quella vecchiaccia, ma presto le cose cambieranno. >>
<< Annie ma che dici? >>
<< Niente lascia stare. Ci vediamo stasera. Tardi. Guai a te se non ti presenti. >>
 
La McGranitt camminava nel suo studio scambiando di tanto in tanto qualche parola con l’immagine di Silente mentre aspettava che Lupin, Sirius, Lumacorno, Hagrid e Kingsley la raggiungessero.
Quando tutti furono riuniti la preside fece loro un lungo discorso. Nominò un certo Gregor, i Mangiamorte e ritornò il problema fondamentale dell’ultimo periodo: proteggere Piton da un eventuale attacco.
<< Qualche giorno fa è stato ritrovato un certo Gregor Faithly, ucciso barbaramente, forse qualche lupo o un qualche incantesimo terribile. Gregor era un Mangiamorte e un impiegato nel ministero. E sempre lo stesso Gregor, il giorno prima di morire, mi aveva parlato. Non è stato facile e non so se fidarmi o meno, ma ha detto che potrebbe esserci a breve un attacco da parte degli altri Mangiamorte guidati da Lucius Malfoy. Molto probabilmente potrebbe essere stanotte. Mi ha detto che c’è una spia ad Hogwarts, una persona insospettabile, una ragazza. Non ho idea di chi sia poiché neppure lui sapeva il suo nome, ma ciò che mi preoccupa sono Severus e Georgy. Non possiamo allarmare Severus perché potremmo causargli un forte shock, e non sappiamo neanche in che modo potrebbe reagire alla notizia. Non crede ancora che ha perso la memoria per colpa dei Mangiamorte, crede di essere semplicemente caduto per le scale. E Georgy, povera ragazza, penso sia meglio lasciarla fuori. Cercheremo di proteggere entrambi a distanza, stanotte faremo la ronda e i turni di guardia, staremo loro vicini e in caso di attacco li difenderemo. È ora di chiudere questa storia una volta per tutte. >>
Il tono autorevole della preside non ammetteva repliche. Solo qualche domanda fu sollevata circa il modo di operare e per avere qualche informazione in più su questo Gregor che, probabilmente, era stato ucciso per aver dato quella soffiata. Quella sera, se vi fosse stato l’attacco, sarebbe stato vendicato.
Si divisero in gruppi e cercarono Piton e Georgy. Sarebbero state delle guardie invisibili, e avrebbero tutti pregato, come ogni giorno facevano, di veder di nuovo sorridere la ragazza, anche se questo voleva dire sperare che lei e l’odioso professore di Pozioni tornassero ad amarsi.

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Capitolo 19
*** La resa dei conti ***


Quella sera, come stabilito, Georgy si diresse verso l’ala ovest di Hogwarts. Dovette percorrere numerosi corridoi poco illuminati, scansare ragnatele, e vedere quadri raccapriccianti. Pochissime volte aveva fatto quella strada, per lo più per andare nel vecchio magazzino per conto di qualche professore.
“Chissà se Sev ci sarà veramente. Ma perché ha scelto una stanza così lontana? Forse per l’enorme finestra che dà sul retro del castello, magari si vedono le stelle… che romantico!” pensava la ragazza, camminando sempre più velocemente verso il luogo dell’incontro.
A metà del corridoio, nascosta da una pianta rampicante dalle splendide sfumature verdi, si trovava una porta di color marrone chiaro, con una maniglia appena visibile d’ottone. La pianta sembrava un po’ spezzata, come se qualcuno l’avesse scostata. “Piton è già qui” pensò la ragazza. il cuore le iniziò a battere più forte, divenne rossa in volto e le gambe iniziarono a tremarle. Appoggiò la mano sulla maniglia e tirò verso il basso. La porta si aprì cigolando. La ragazza vide stagliarsi di fronte a lei una stanza grande e quadrata, con un finestrone sulla destra da cui si vedeva il cielo stellato proprio come si era immaginata, e accanto a esso una figura scura e inquietante che le dava le spalle. Il cuore continuava a batterle sempre più vigoroso nel petto.
L’uomo avvolto nello scuro mantello si voltò, lo sguardo annoiato e infastidito si tramutò in un’espressione di pura sorpresa. Rimase senza parole, perciò fu la ragazza a rompere il ghiaccio dopo qualche istante di silenzio.
<< Ciao Severus. Ho ricevuto la tua lettera e… bè eccomi qui. Sono pronta a chiarire. E sappi, prima di dire qualsiasi cosa, che sono in ogni caso contenta che tu mi abbia voluto parlare. >>
Lo sguardo del professore si faceva sempre più interrogativo. Non un accenno di sorriso né segni di ira o di timidezza. Solo stupore e incredulità misti a curiosità.
<< Perché… che ci fai tu qui? >> chiese Piton avanzando verso la ragazza.
<< La tua lettera, ho ricevuto il tuo biglietto. Mi hai dato appuntamento qui. >>
<< No. No no. Io non ti ho detto né scritto niente. Ti sbagli. >> replicò Piton con tono freddo e duro.
<< Cosa? Mi prendi per pazza? C’era anche Linda con me, l’ha visto pure lei. Qui alle 11 e mezza per chiarire. Hai usato delle parole bellissime, io capisco che magari non vuoi tornare con me, ma per ora mi posso accontentare di essere solo amici. Anche tu sei ancora importante per me. O ti stai già rimangiando quello che hai scritto? >>
<< Ma cosa stai dicendo? Non mi rimangio nulla perché non ho detto nulla! Io stasera non sono qui per te. Io dovevo passare la serata nel mio magazzino a cercare gli ingredienti per una nuova pozione ma Annie mi ha detto di vederci qui, alle 11 e mezza. Io non so chi abbia scritto la lettera, ma di certo non sono stato io. Ti hanno fatto un bello scherzo e a quanto pare ci sei cascata in pieno. >>
Georgy sentì come mancarle il pavimento sotto i piedi. Di nuovo si ritrovava in una situazione imbarazzante con Piton. Di nuovo Annie l’aveva imbrogliata e umiliata.
<< A quanto pare “la tua Annie” non si fa scrupoli a calpestare me e i miei sentimenti… >>
<< Non ricominciare a offenderla, non ne hai il diritto. >>
<< Che cosa? >> urlò Georgy. << Ma possibile che tu non veda che ti sta solo usando per essere più popolare? Che ti ha detto di venire qui facendoti incontrare me solo per farmi soffrire? >>
<< Basta! >> sbottò il professore e fece per andarsene, ma il pianto della ragazza lo fermò. Si voltò e la guardò. L’aveva già vista in lacrime, ma quella sera gli parve che fosse un pianto diverso, più amaro e nostalgico, un pianto che lo toccava.
<< Severus… professore, io la imploro, si sforzi di ricordare… >> disse Georgy tra i singhiozzi. << Mi ha abbandonato, così, da un giorno all’altro. Io non riesco più a vivere come prima, non riesco più a comportarmi normalmente… non posso andare avanti e far finta che tra me e lei non ci sia stato niente… la prego, la scongiuro, cerchi di ricordarsi di noi… >>
Il professore sentì dentro un moto di compassione verso quella ragazza che nonostante i litigi, le offese e le mazzate sui denti da lui inferte continuava a combattere per ciò che voleva, per l’amore che tanto cercava. Voleva dirle che gli dispiaceva molto, che ammirava la sua perseveranza, rispettava le sue lacrime, ma che oltre alla compassione non provava null’altro per lei. Gli dispiaceva veramente causarle tutto quel dolore ma purtroppo non poteva farci niente: Severus Piton non poteva illudere quella ragazza e dire falsamente di amarla solo per farla contenta.
Si avvicinò alla ragazza che si stava coprendo il volto con le mani e le mise una mano amichevole sulla spalla.
<< Mi dispiace davvero molto, ma non posso aiutarti. Non ricordo e non sento nulla per te. Ti voglio però ringraziare perché ci tieni così tanto a me, ma non posso garantirti che d’ora in avanti le cose andranno meglio. >>
Detto questo l’uomo lasciò la ragazza con la sua tristezza, posò la mano sulla maniglia della porta, e prima di aprirla e uscire si voltò un attimo per guardare nuovamente Georgy, forse per dirle qualcosa, ma, non trovate altre parole, uscì.
Non passarono molti secondi che il professore rientrò nella grande stanza di pietra, spinto da Annie. Georgy guardava stupita la scena, non capiva cosa volesse fare la studentessa, se offenderla nuovamente o spingere Piton tra le sue braccia. Fantasia inutile, di certo non voleva sprecare l’occasione di umiliarla.
<< Ma che fai Annie, io ti ho aspettato, non sapevo che ci fosse anche lei… ma che ti prende? >> chiese Piton, visibilmente infastidito dal comportamento della Serpeverde.
Annie non si curava delle lamentele di Piton, lo teneva fermo per il braccio e guardava il cielo dalla grande finestra, in attesa.
Un forte bagliore illuminò la notte e il volto dei tre occupanti della stanza. Un rumore di vetri che si rompono, urla che gelano l’anima, uomini che ridacchiano e mani che ti stringono.
<< Buonasera a tutti >> disse ridendo Lucius Malfoy.
Georgy si sentì afferrare forte da un Mangiamorte, non riusciva a liberarsene seppur si dimenasse con tutta la forza che aveva. Piton provò a proteggere la studentessa che gli stava dietro, ma presto anche lui fu immobilizzato prima con un incantesimo e poi, più mansueto, con le possenti braccia del Mangiamorte più alto e ben messo.
<< Ancora qui, Malfoy? Come hai fatto ad arrivare senza farti vedere? E come sapevi che eravamo qui? >> chiese Georgy in preda al panico.
Piton non ricordava nulla e non capiva come mai quelle persone li stessero tenendo come prigionieri.
<< Vorrei dire che è merito totalmente del mio fine ingegno, ma non posso non sottolineare il merito di una persona che è stata davvero importante per questa nostra visita, che sarà anche l’ultima >> rispose Malfoy, sogghignando e guardando tutti i presenti. << Suvvia, fai un passo avanti e mostrati, tu che ci hai aiutati in questa missione! >>
Georgy lo sapeva, dal principio. Piton, al contrario, rimase sconcertato. Annie aveva fatto un passo avanti e un inchino, e si era avvicinata a Malfoy e gli altri Mangiamorte.
<< Grazie per l’opportunità che mi hai dato >> disse la studentessa al capo dei Mangiamorte.
<< Grazie per il tuo importante contributo, sei stata una spia eccellente. >>
<< Annie… ma… che cosa significa? >> chiese Piton allucinato e ferito.
<< Caro Severus, forse meriti alcune spiegazioni. Vedi, Annie è la figlia di Origus, uno dei Mangiamorte che voi e il vostro branco di maghetti inesperti avete gravemente ferito durante la scorsa guerra. Quella notte, mentre voi festeggiavate per la fine di Voldemort, Annie piangeva la scomparsa del suo amato padre. E poi saremmo noi quelli senza cuore? Poiché il primo tentativo di vendicarci del tuo tradimento non è andato a buon fine abbiamo deciso di introdurre una spia ad Hogwarts in modo da conoscere i vostri movimenti e condurvi nel luogo più esposto per il nostro secondo attacco. Diciamo che quella notte non è del tutto fallito, poiché tu Severus hai perso la memoria, come un allocco ti sei ritrovato tra le braccia della nostra amica e hai ripudiato l’unica ragazza che avrebbe mai potuto amarti in vita tua, cioè Georgy. Quale situazione migliore per noi? È stata lei a farvi venire entrambi qui stanotte, ed ora, soli, avremo la nostra vendetta. >>
Il sorriso compiaciuto di Manlfoy ed Annie si contrapponeva allo stupore negli occhi di Piton e di Georgy. La ragazza aveva sempre pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato nel comportamento di Annie, qualcosa di losco e sinistro, e ora ne aveva avuto la diretta conferma. L’unico problema era che questa volta sembrava veramente la fine, lei che non poteva muoversi, Piton bloccato dal Mangiamorte e dai suoi sentimenti e nessun’altro di amico nei paraggi. Provò a dimenarsi con più vigore ma la morsa del Mangiamorte era salda e non le permetteva neppure di arrivare alla bacchetta.
 
La porta della stanza, rimasta socchiusa iniziò a cigolare. Il legno si mosse, lentamente, lasciando intravedere una scura figura dietro. La penombra lasciava il mistero sulla sagoma che ritta in mezzo alla porta si muoveva lentamente, bacchetta alla mano. Solo gli occhi contrastavano l’oscurità e brillavano.
<< Dire che siete soli mi pare un pochino troppo >> disse Sirius avanzando e venendo illuminato dalla luce.
<< Sirius Black, qual buon vento? >> chiese Malfoy, e poi, rivolgendosi a Annie con tono gelido: << Non dovevi essere sola? >>. La studentessa allargò le braccia non sapendo della presenza di Black.
<< Credi che l’Ordine lascerebbe girare questo bel fiore di ragazza da sola per i corridoi del castello senza alcuna protezione? >> replicò Sirius facendo il solito occhiolino a Georgy, la quale era sollevata dalla presenza dell’amico, ma un poco rattristita per il fatto che generalmente il suo professore diventava geloso per quel gesto di Sirius.
<< Come al solito non menzioni il tuo compagno di sventura che deve proteggere Piton vero? Che tutto il merito sia sempre e solo tuo! >> ridacchiò Lupin entrando nella stanza. Il volto di Georgy si illuminò, mentre quello di Malfoy, al contrario, si fece cupo e serio.
<< Sono determinato a portare a termine la mia missione, non voglio scocciatori di mezzo. Questa notte ci sarà la resa dei conti. >>
<< Con piacere >> disse Sirius, e con un balzo liberò Georgy dall’uomo che la teneva ferma e si posizionò di fronte a Malfoy. << Siamo pronti a darvi di nuovo una lezione Lucius! >>
E la nuova ultima battaglia ebbe così iniziò.
 
L’Ordine era stato avvertito e ben presto nella grande stanza arrivarono anche la McGranitt, Hagrid, Lumacorno, Kingsley e qualche auror. Ognuno era impegnato a combattere, tutti si davano da fare. Piton, in un angolo, protetto da Lupin, non sapeva che fare. Sembrava un bambino impaurito, fermo immobile a guardare con attenzione gli altri, incerto sul da farsi. Non servirono a niente gli incoraggiamenti degli altri, lui non si poteva schiodare da quel suo blocco mentale.
Georgy duellava con foga, stava sfogando tutta la sua rabbia, tutto il suo risentimento nei confronti di Annie e dei Mangiamorte che le avevano portato via una delle cose più preziose che avesse mai avuto. Voleva arrivare ad Annie, voleva battersi con lei. E finalmente arrivò il suo turno.
<< Non sai quanto ho aspettato questo momento >> disse la ragazza.
<< Ti umilierò come ho sempre fatto >> rispose Annie. E lo scontro ebbe inizio.
Combattevano alla pari, sembrava che nessuna delle due potesse prevalere. La situazione si sbloccò quando a Georgy venne la brillante idea di lanciare un incantesimo confondente su Annie. Il risultato fu che tutti i suoi incantesimi da quel momento furono rivolti contro degli altri Mangiamorte. Annie non riusciva a capire, la sua bacchetta sembrava come impazzita.
Malfoy si era accorto del comportamento della studentessa e l’aveva ammonita di riprendere il controllo della bacchetta se non voleva ammazzarli tutti. Annie, infastidita dal rimprovero, rispose con tono arrogante che non era colpa sua e che Lucius avrebbe dovuto portare più rispetto per la ragazza che li aveva condotti fino a lì, consegnando loro per ben due volte Piton su un piatto d’argento.
In un attimo un lampo verde accecante illuminò la stanza. Una scia di magia oscura si mosse tra i presenti e colpì in pieno Annie, che cadde a terra. Fu il silenzio e più nessuno si mosse. Lucius Malfoy aveva lanciato un Avada Kedavra contro la studentessa che ora giaceva morta di fronte a Georgy.
<< O con noi o contro di noi >> disse Malfoy piano. Tutti gli occhi erano puntati su di lui. Tutti erano allibiti per il suo orribile gesto. Lo scontro riprese, più crudo e cattivo di prima.
Georgy, scossa, restò ritta accanto al corpo esanime della studentessa di Serpeverde che nell’ultimo periodo le aveva causato tanti dispiaceri. Non riusciva a pensare a cattiverie su di lei, non poteva infierire sul suo corpo senza vita, non le riusciva di insultarla, di rinfacciarle che le stava bene. Era una ragazza della sua età, con i suoi sogni e le sue idee, le sue convinzioni e i suoi dubbi, e anche se le intenzioni non erano delle migliori aveva comunque lottato per qualcosa, ma si era schierata dalla parte sbagliata. Non riuscì a provare altro che pietà. I suoi pensieri furono interrotti da Piton che corse verso Annie e accovacciatosi accanto a lei le teneva la testa fra le mani. Il professore non riusciva a piangere. Gli dispiaceva molto per la perdita, provava rabbia e odio verso Malfoy, decise che l’avrebbe vendicata. Guardò Georgy negli occhi, e lei quasi intimorita indietreggiò. Piton distese il suo mantello sul corpo di Annie coprendola, mantenendo una certa intimità. All’improvviso nella sua mente scattò qualcosa. “Ma cosa sto facendo?” si domandava. Era come se si sentisse forzato a compiere quel gesto, come se non fosse solito coprire così quella povera ragazza. C’era una qualche forza misteriosa che gli impediva di piegarsi su di lei e baciarla, ma non capiva né cosa né perché. Si voltò di scatto verso Georgy, la guardò intensamente, ancora senza capire perché.
 
Georgy non poteva sopportare oltre. I suoi amici erano impegnati nella lotta, qualcuno era ferito, qualcun altro quasi si divertiva a far fuori i Mangiamorte, si aiutavano e sostenevano a vicenda, e contemporaneamente proteggevano sia lei che Piton. Georgy ora non provava che rabbia e rancore per Lucius Malfoy, per quello che aveva fatto a una giovane studentessa, per quello che stava causando a lei stessa, per la minaccia che incarnava.
Fece un respiro profondo, strinse la bacchetta nel pugno e avanzò decisa verso l’uomo con i biondi capelli lunghi che la fissava con aria di sfida. Lo guardava con uno sguardo che ricordava quello di Piton quando infuriato e fuori di sé la insultava nella casa, quando la riempiva di offese, quando la prendeva in giro, quello sguardo che avrebbe incenerito chiunque e di cui la ragazza aveva imparato a fare tesoro.
<< Farai la stessa fine della tua amichetta… >> tentò di dire Lucius.
<< Non era mia amica, e non mi ha mai trattata come tale, ma non si meritava una morte del genere. Sei un maledetto bastardo. Odio le persone come te, non meriti di vivere, ma neanche di morire, sarebbe una liberazione dai tuoi mali… voglio che tu soffra, che tu sia rinchiuso ad Azkaban, che tutti ti deridano, che tu sia lasciato solo… per sempre… >> disse Georgy, gli occhi iniettati di vero odio, l’animo combattivo e il cuore spezzato che però ancora batteva per quell’uomo che dietro di lei si era voltato per vedere la scena.
<< Le parole che dici sono più grandi e pesanti di te ragazzina… >>
<< Non ti preoccupare Lucius, le so gestire per tua sfortuna >> rispose Georgy.
Georgy poteva intuire solo una parte della paura che Malfoy provava. L’uomo sapeva che la ragazza era molto forte, pronta e motivata, e che non sarebbe stato per nulla facile avere la meglio su di lei, a meno di non usare trucchetti o barare, ma per il panico e la fretta non gli veniva in mente niente. Georgy era attenta ad ogni mossa del suo avversario, parava i suoi colpi e rispondeva a modo, con il doppio della forza che poteva mettere lui nei suoi attacchi. Lo avrebbe battuto di certo. Lo doveva fermare ad ogni costo.
Tutti erano impegnati in un duello. Lucius si ritrovava spesso senza bacchetta o con il sedere a terra, e Georgy gli lasciava il tempo di risistemarsi per poi riattaccarlo. Voleva che si rendesse conto che per lei era solo una piccola e fastidiosa pulce da schiacciare, che non aveva la minima intenzione di mollarlo, che gli avrebbe fatto pagare tutto.
Con le spalle al muro, in ginocchio, Malfoy non si arrendeva, anzi, subdolamente prendeva tempo in cerca di qualche illuminazione, che gli venne quando vide Piton sempre vicino al corpo di Annie, guardare la scena con aria distaccata e quasi assente.
<< Georgy, cara ragazza, non pensi che dovremmo seppellire le bacchette e ricominciare da capo? >> chiese Lucius speranzoso.
<< Oh non ci penso per niente. Perché dovrei? E perché dovrei fidarmi di te che non hai esitato a uccidere Annie? >>
<< Ma dai, lei era una spia, avrebbe potuto ingannare anche me. E poi io conosco un modo per far tornare la memoria a Severus! >>
<< Tu menti, Silente ha detto che non c’è verso di fargliela tornare con la magia… >>
<< Silente ti ha mentito! Non voleva creare un precedente ma l’incantesimo c’è, io lo conosco… >>
<< Non ti credo, trova qualcosa di meglio da dire o non aprir bocca affatto! >> disse la ragazza minacciando l’uomo con la bacchetta.
<< Guardalo come è perso >> disse Lucius con aria mesta indicando Piton, << non vedi come sembra vuoto? Io posso far tornare le cose come prima… e guarda come resta accanto alla ragazza che gli piaceva, o che amava forse? >>
In quel momento gli occhi della ragazza si fecero lucidi e si voltò a guardare Piton, facendo esattamente ciò che Malfoy si aspettava. Inforcata la bacchetta lanciò uno schiantesimo contro Piton che volò contro il muro alle sue spalle non aspettandosi il colpo. La ragazza non fece in tempo a voltarsi che già si stava schiantando contro lo stesso muro. I due si ritrovarono a terra, vicini, le mani che si toccavano.
Piton aprì gli occhi per primo e vide la ragazza accanto a lui. Sentì il calore della sua mano, apprezzò il suo profumo. Capì che quella ragazza per lui doveva valere molto, che anche se lo aveva assillato coi suoi ricordi e le sue fantasie in fondo avrebbe potuto volerle bene, non trovandone tuttavia un perché.
Anche la ragazza si ridestò, e dopo l’iniziale confusione mise a fuoco tutta la scena. Ora era lei a terra con Lucius che la minacciava, la bacchetta protesa contro di lei.
<< Non la toccherai >> disse Piton.
<< Severus? >> chiese scioccata Georgy.
<< Questa ragazza ha fatto molto per me, ha provato a farmi tornare la memoria, mi ha aiutato a riprendermi, e mi aveva anche avvertito che Annie aveva un comportamento sospetto. Ora è tempo di sdebitarmi. In guardia Lucius >>.
Le parole di Piton avevano dato una falsa speranza a Georgy che però era sollevata per il fatto che i suoi sforzi fossero stati comunque apprezzati. Da quel momento sarebbero stati in due a combattere contro Malfoy. Forse per l’istinto di sopravvivenza o per la voglia di vendetta verso entrambi, Lucius pareva essere in grado di tener testa a tutti e due, avendo ritrovato nuove forze. Ma quando uno dei due finiva a terra subito l’altro gli si faceva accanto per proteggerlo, e Lucius non poteva infierire sull’uno senza dover oltrepassare la protezione dell’altra.
Piton e Georgy sembravano tornati ad essere una coppia, anche se il desiderio dell’una non era ricambiato dall’amore dell’altro.
La stanchezza però si faceva sentire, e Georgy sembrava la più provata. Aveva speso molto all’inizio, e il fatto di non essere ricambiata in termini affettivi e il vedere Piton chino sul corpo di Annie l’avevano segnata. Ora si trovava a terra sotto il grande finestrone, sulla pietra dura e fredda, un labbro sanguinante e un braccio ferito lievemente. Guardava Piton continuare il duello con Lucius. Entrambi portavano delle ferite ma continuavano come leoni per prevalere uno sull’altro. Nel resto della stanza Lupin, Sirius e gli altri stavano avendo la meglio contro i Mangiamorte rimasti. Le luci degli incantesimi coloravano l’aria, anche se molti sapevano di magia oscura. A volte per far prevalere il bene occorre macchiarsi un po’ di male. Uno scintillio rosso proveniente dalla bacchetta di Raptilius si infranse contro il petto di Sirius, ma questo ripresosi subito atterrò con uno schiantesimo l’avversario, che senza farsi notare tra la confusione, si spostò dalla visuale di Black. Alzati gli occhi Raptilius vide il suo “padrone” lottare tenacemente contro il professore, che si sapeva ben difendere. Non ci pensò due volte, e per far vincere Lucius, fece esplodere dalla bacchetta un colpo che si tradusse in una forte magia blu che colpì direttamente Piton. Il professore cadde a terra, confuso. Lucius si voltò e ringraziò, poi allungò la bacchetta.
Piton seduto a terra indietreggiò fino a che le sue spalle non toccarono le fredde pietre del muro. Non aveva scampo. La sua bacchetta era volata poco distante, ma un solo movimento avrebbe potuto essergli fatale.
<< E’ arrivata anche per te la fine, Severus. Questa è la resa dei conti. >> disse Lucius.
A Georgy sembrò di aver già visto quella scena. Voleva salvare il professore, non voleva perderlo anche fisicamente. In un attimo le venne in mente l’unico incantesimo che avrebbe potuto salvare Piton e forse anche lei, l’unico di cui si fidava.
<< Expecto patronum! >> disse lanciandosi contro Piton, la bacchetta tenuta all’altezza dello stomaco.
In quell’istante, mentre guardava Piton negli occhi, sentì Lucius Malfoy gridare << Avada Kedavra >>. La luce verde incontrò la magia blu-argentea. Tutta la stanza fu illuminata dal chiarore degli incantesimi e tutti si fermarono, assorbiti dalla scena che si svolgeva davanti alla grande finestra.
Non appena ritornò il buio tutti poterono vedere la ragazza, semi-incosciente, distesa sul petto di Piton, e un cervo malconcio accanto a loro. Piton aveva gli occhi colmi di lacrime, le mani che tenevano quelle della ragazza, le labbra che non facevano che baciarla.
<< Georgy… mi dispiace… perché lo hai fatto? >>
<< Sev? >> chiese debolmente la ragazza.
<< Il cervo, io… io ricordo tutto… te, la cerva, la casa, noi! Georgy è stato il tuo patronus a farmi tornare la memoria! Io.. io… mi dispiace tanto per tutto il male che ti ho fatto, Georgy, non lo sapevo, non volevo! Ti prego, ti scongiuro perdonami! Io non ricordavo, non lo sapevo, io non amavo Annie, mi intrigava e basta, mi aveva sedotto… Georgy ti prego rispondimi, Georgy! >> urlò Piton.
La ragazza lo guardava, una lacrima le rigò il viso, e con una mano provò ad accarezzare quel volto che tanto le era mancato.
Con il filo di voce e di forze che le rimanevano disse: << Lo so, lo so… Sev… adesso, dimmelo… ti prego… >>
Il professore la guardò, gli occhi pieni d’amore, le prese la testa tra le mani e le sussurrò: << Ti amo Georgy >> prima di baciarla delicatamente sulle labbra.
Georgy perse i sensi, letteralmente, e non ci è dato di sapere se per la magia ricevuta allo stomaco o per la passione del bacio. Intervennero Lupin, Sirius e gli altri che, fatti da parte tutti i Mangiamorte si schierarono vicino ai due.
<< Hagrid, prendi Georgy e portala di corsa in infermeria. Qui ci pensiamo noi. >>
Il possente omone sollevò la ragazza come se fosse un fuscello e Lumacorno lo scortò per i corridoi. La McGranitt li seguì per stare accanto a Georgy.
Lucius intanto era rimasto pietrificato, sconvolto dal fatto che per la seconda volta quella ragazzina fosse riuscita a bloccare un attacco così potente con quella semplice bestiaccia. Era accerchiato, i suoi Mangiamorte attorno a lui tremavano come foglie, i loro avversari erano convinti a chiudere la partita.
Piton si alzò in piedi, scostò Lupin e si rivolse a Lucius: << Questa è la vera resa dei conti >> e senza indugiare, leggendo il panico negli occhi dell’uomo lanciò un incantesimo che lo colpì in pieno petto, facendolo riversare a terra, coperto di sangue. Il Sectumsempra era un incantesimo da lui stesso ideato, spietato ed oscuro. Forse questo a Georgy non sarebbe piaciuto.
Gli auror del ministero sotto indicazioni di Kinglsley catturarono i Mangiamorte e li portarono ad Azkaban. Grazie alle conoscenze di Silente avevano già ottenuto una condanna in contumacia per i terribili crimini commessi con o senza Voldemort, e le loro celle nella prigione erano già state preparate.
Gli uomini rimasti nella stanza si guardarono, quasi in imbarazzo. Nessuno aveva il coraggio di parlare per primo, nessuno sapeva esattamente cosa dire.
<< Grazie per averci aiutati >> cominciò Piton.
<< Dovere >> rispose Lupin.
<< Mica l’abbiamo fatto per te. Io mi sono mosso solo per Georgy, sai, quella ragazza a cui hai spezzato il cuore >> rispose invece Sirius, con quella sua tipica punta di cattiveria.
<< Mi dispiace davvero molto per Georgy, io non volevo farla stare così male, credetemi. Non ricordavo nulla, solo con il suo Patronus in un attimo mi sono ritornati in mente i momenti trascorsi assieme e tutta la mia vita prima dell’incidente. Non so se riuscirò mai a perdonarmelo. >>
<< Sì, probabilmente non l’hai fatto apposta, ma ora per rimediare dovrai stare con lei e amarla più di prima. Se non lo farai io non te lo perdonerò un’altra volta. E non resterò fermo ad aspettare. Georgy è cara a tutti, e non sei il solo a provare qualcosa per lei >> disse Lupin, che dopo aver pronunciato queste parole restò fermo a guardare Piton con occhi decisi.
Non una parola fu più proferita. Piton lasciò la stanza di corsa, dirigendosi spedito all’infermeria. Sirius prese sotto braccio l’amico e insieme si incamminarono per i corridoi. L’ennesima avventura era passata, nuove ferite si erano aperte, chissà cosa avrebbe riservato loro il futuro.
 
Georgy si trovava in infermeria, circondata da tutte le persone a lei care. Nessuno la voleva lasciare sola. Piton preparò la solita pozione, vegliò su di lei giorno e notte, attese con impazienza il suo risveglio. La cosa bella per Georgy fu aprire gli occhi e vedere attorno al suo letto tutti coloro che avevano saputo rendere la sua vita speciale. Linda, gli amici, la McGranitt, Lupin, Sirius, altri membri dell’Ordine, Piton. Uno a uno le porsero saluti, baci e abbracci. Madama Chips, che sapeva intuire tutto di affari di cuore, spinse fuori quasi con la forza tutti i presenti, dicendo che la ragazza doveva riposare. Ovviamente spedì fuori tutti tranne Severus Piton, che ringraziò la donna con tono estremamente gentile e si dedicò solo ed esclusivamente a Georgy.
<< Ti devo chiedere scusa >> le disse piano. << Sono stato una persona orribile, sono il peggiore uomo che una ragazza possa avere, mi dispiace molto di averti fatto soffrire. Se mi perdoni ti giuro che non accadrà più! >>
<< Non è colpa tua Sev, in fondo non potevi farci niente. Mi hai detto che hai apprezzato il fatto che continuassi a provare a farti tornare la memoria. Era un inizio. >>
<< E ti saresti accontentata? >>
<< Certo che no! Sono buona ma non cogliona! >> rispose Georgy facendogli l’occhiolino. << Mi sei mancato tanto. Mi mancavano i tuoi baci, le tue carezze, la tua pelle, il tuo profumo, il tuo mantello, le tue battute, la tua amorevole acidità, il tuo letto, tu che mi dici che mi ami. Voglio stare con te adesso. Per sempre. >>
<< Anch’io Georgy. Ti amo più della mia stessa vita, ti amo più delle mie pozioni! >> scherzò Piton.
<< Portami via Sev. non voglio restare qui. Voglio stare con te. >>
<< Ma sono già qui, e poi non stai ancora bene, devi riposare. >>
<< Non riuscirei a dormire, penserei solo a te. >>
<< E dove vorresti andare? >>
<< Voglio fare l’amore con te Severus. >>
Il professore attese un attimo, poi si alzò, la prese sulle braccia e la baciò con ardore e passione. Senza far rumore, senza dire una parola, continuando a guardarla e baciarla, la portò via. La ragazza, tra le braccia del suo uomo, si sentiva protetta e forte, seppur debole e provata. Avvinghiata al collo del professore vide Madama Chips dietro di loro con uno sguardo interrogativo, ponta a fermarli, ma la bloccò intimandole di non dire niente a nessuno posandosi l’indice alla bocca. La donna capì immediatamente e fatto l’occhiolino risistemò il letto appena lasciato vuoto, e si ritirò nella sua stanza.
Quel giorno, quella notte, in quei momenti passati con il professore, Georgy rinacque. Amò il professore come mai prima, la lontananza aveva rafforzato l’amore di entrambi ora che si erano ritrovati.
Il professore apprezzò le curve della ragazza, le baciò gli occhi stupendi, le labbra poco carnose, i seni importanti e candidi. La ragazza lenì le ferite interiori del suo uomo, gli baciò ogni singola cicatrice, gli accarezzò i capelli scuri e si lasciò toccare dalla sua delicatezza.
Fecero l’amore più e più volte, insaziabili, come a voler recuperare il tempo perduto. Non si sarebbero mai lasciati, mai più uno dei due avrebbe dovuto soffrire così. Ora che le minacce erano finite, sembrava potesse regnare la pace dentro e fuori di loro.   

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Capitolo 20
*** Un po' di meritato riposo? ***


Riassunto delle puntate precedenti. Il professore smemorato e la ragazza innamorata si ritrovano nella stessa stanza, invitati da Annie, la quale si dimostra una spia dei Mangiamorte. Dopo una dura battaglia, per salvare il professore minacciato da un Avda Kedavra di Malfoy, Georgy si getta con il suo Patronus incontro alla magia oscura del Mangiamorte. Alla vista della magica creatura Piton riacquista la memoria e sistema una volta per tutte Malfoy. Il professore e la ragazza tornano finalmente insieme, per la gioia di tutti (o quasi).
 
Il tempo passava velocemente. Dopo l’ultimo scontro coi Mangiamorte non c’erano stati più attacchi o problemi, le settimane si susseguivano ininterrottamente, i giorni correvano via veloci tra incantesimi, libri e serate romantiche. Georgy aveva dovuto prepararsi bene per gli esami, e non facilitava il fatto che ad esaminarla sarebbero stati dei maghi con cui non aveva mai avuto a che fare, per evitare polemiche poichè il professore di Pozioni era anche l’uomo della sua vita, la preside quasi sua madre e i professori suoi amici. La ragazza aveva vissuto un sacco di avventure durate l’anno, affrontato nemici forti e pericolosi, ora questa sfida, dura e impegnativa, l’avrebbe superata come suo solito con la dedizione e il sorriso.
In fondo la nostra Georgy era una brava ragazza, studiosa (la maggior parte delle volte), con la voglia di far bene, gli esami (com’era da aspettarselo) li passò brillantemente, e…
…e venne il momento delle vacanze!
<< Sev non sarebbe carino passare un po’ di tempo insieme quest’estate? >>
<< E me lo chiedi? Passerò con te ogni singolo momento! Tu dovrai solo pensare alle mete, ai luoghi da visitare, a cosa vorresti fare… al resto ci penserò io! >>
<< Dai Sev, veramente... Voglio fare un bel viaggetto, vedere posti nuovi, fare un sacco di video e foto da mostrare ai miei nipoti quando sarò vecchia…le solite cose insomma! Dai Sev, non dirmi che hai qualcos altro da fare! >>
<< Guarda che non sto scherzando. Voglio veramente portarti ovunque! Siamo maghi per qualcosa no?! >> rispose Piton con un sorrisetto complice che Georgy colse come uno stupendo invito per liberare la sua fantasia.
E così, mentre la maggior parte degli studenti e degli insegnanti di Hogwarts se ne stava nelle case del mondo magico o babbane, con la famiglia, ad affrontare la calura estiva guardando il mondo alla tv distesi sul divano magari con il condizionatore acceso, la ragazza e il professore giravano il mondo.
Bastava che Georgy proponesse una meta e subito Piton, con diligenza e un pizzico di magia, organizzava la vacanza. E così la ragazza poté fare video e foto per i nipoti, fece shopping per le vie di New York, visitò le antiche rovine greche e le turistiche isolette della costa, camminò tra i ghiacchi dell’Islanda e bevve ottima birra tra i cantautori d’Irlanda, indossò kimono giapponesi, attraversò il grande deserto africano, fece escursioni tra le fantastiche Dolomiti italiane, gustandosi poi la magnificenza di Roma, delle sue chiese e del colosseo. E la coppia ovviamente non poté non far tappa a Venezia, la città degli innamorati. Non si sa se per il forte caldo, la torrida afa, i caffè troppo costosi, l’odore forte di mare o l’enorme numero di ponti, scalini e piccioni, ma questa città a Georgy non piacque molto, anzi, proprio per niente, ma ciò non rovinò un’estate a dir poco fantastica.
Ogni due settimane circa la ragazza e il professore facevano tappa dai genitori di lei. Avevano preso abbastanza bene la relazione della loro figliola con il professore di Pozioni della sua scuola, tanto da approvare il fatto che oramai Georgy avrebbe vissuto accanto al suo Severus, sia fuori che dentro la scuola. Erano una coppia dalla mente molto aperta i genitori di Georgy, probabilmente per il fatto che la loro omosessualità era spesso vista come un problema, e sapevano cosa voleva dire sentirsi osteggiati nel poter manifestare al mondo i propri sentimenti e desideri. Piton era convinto che fossero due brave persone, estroverse e stravaganti, e non si stupiva che Georgy avesse ereditato da loro la sua bellezza (interiore, visto che non erano loro i genitori biologici). Chissà quanto poteva esser stato difficile per lei essere allevata da due uomini, quante lotte, quanti ostacoli anche da parte della società. Ed ecco spiegato perché la ragazza non aveva mai perso la speranza di riconquistarlo dopo che aveva perso la memoria. Era in momenti del genere che Piton si fermava, rifletteva e si innamorava sempre più di quella ragazza che gli aveva stregato il cuore, e si rendeva conto che non sarebbe in grado di sopravvivere neppure un solo giorno senza saperla con lui, al sicuro, nel suo cuore.
<< Sev, tutto bene? >> gli chiedeva Georgy.
<< Sev ti sei imbambolato? Severus?? >>
Lo sguardo del professore era fisso al fondo della stanza, e quando chiamato lo volgeva alla ragazza, senza dire una parola, fissandola, sorridendo. Si destava e la seguiva. Momenti di trans in cui si sapeva perfettamente dove fosse. Stava attraversando il periodo più bello della sua vita, accanto alla persona che amava e che lo faceva sentire magnificamente bene.
 
Le vacanze procedevano, entrambi erano felici. Era metà agosto quando si trovavano nuovamente a New York, troppo bella quella città per vederla una sola volta. Piton aveva trovato un appartamento al terzultimo piano di un immenso grattacielo, ben arredato e con le finestre tutt’attorno che ne delimitavano il perimetro. New York era una città fantastica soprattutto di notte, illuminata da mille luci, animata da suoni, musica e profumi.
Una mattina la ragazza si svegliò, e come al solito trovò Piton con la testa posata sul braccio che la guardava dormire e aprire gli occhi, scaldandola con baci e sorrisi.
<< Buongiorno dormigliona >>
<< Avrò il diritto di dormire in vacanza no?! >>
<< Le vacanze non dureranno per sempre… tra un po’ si ricomincia con il ritmo scolastico! Dovremmo goderci a pieno queste giornate… >>
<< Per te forse, io non ho la minima idea di cosa potrei fare. Ora che sono una maga a tutti gli effetti dovrò trovare un lavoro. Niente più scuola per la sottoscritta! >> disse Georgy con un filo di rammarico nella voce.
<< Non so… magari qualcuno la pensa diversamente… >>
<< Stai cercando di dirmi qualcosa Sev? >> chiese la ragazza curiosa, sedendosi sul letto e guardando interessata l’uomo.
<< E’ arrivata una lettera da Hogwarts prima, dalla McGranitt ovviamente. Dice che tra poco più di una settimana ci sarà una riunione ad Hogwarts per definire il nuovo anno: organizzazione, insegnanti, ecc. Siamo ovviamente caldamente invitati a partecipare, professori e assistenti, quindi anche io e te. >>
Momento di pausa. Silenzio prolungato. Georgy rielabora il discorso di Piton. Lo guarda incredula, la bocca spalancata.
<< Aaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!! Non ci posso credere!! Io sarei un’assistente??? Davvero? E di chi? Sei stato tu? >> era troppo eccitata per trattenere la gioia e le grida, tanto da saltare addosso al professore e riempirlo di baci nervosi.
<< Non sono stato propriamente io… l’idea è partita dalla preside in persona, ed è stata supportata da tutti. Anzi, se non l’avesse proposto lei l’avrebbe fatto di sicuro qualcun altro >>.
<< Wow sono felicissima! Ma perché proprio io? Cioè non è che magari nascono polemiche? >>
<< Impossibile. Quasi ogni anno si scelgono degli assistenti per alcuni professori, e per agevolare i più meritevoli studenti si sceglie tra quelli che hanno passato gli esami più brillantemente e che hanno dimostrato negli anni buone capacità in qualche ambito particolare. Tu hai sconfitto il Signore Oscuro, hai grandi doti nel combattimento, e te la cavi abbastanza bene nelle pozioni. Non è stata difficile quest’anno la scelta. All’incontro cui parteciperemo si parlerà anche di questo e di eventuali nuovi assistenti da assumere, e a chi affidarli. >>
La ragazza non ci credeva ancora. Era felicissima di poter restare ad Hogwarts, accanto al suo professore. Chissà se anche i suoi amici avevano avuto la sua stessa fortuna o se magari erano riusciti a sistemarsi in un’altra maniera. In ogni caso era convinta che finalmente la sua vita stava cambiando in meglio. Finalmente le sue giornate sarebbero state tranquille e nessuno più avrebbe ostacolato la sua felicità e quella del professore.
 
Il giorno della riunione ad Hogwarts era ormai prossimo. Georgy già assaporava il profumo di pietra dei corridoi, sentiva il rumore delle scale, i fantasmi che chiamavano, gustava già i deliziosi manicaretti che la cucina della scuola offriva. Respirava già aria di casa.
Prima di partire alla volta di Hogwarts, Piton propose di salutare i genitori della ragazza. Probabilmente non li avrebbe rivisti per un po’ di tempo se si fossero intrattenuti nella scuola fino all’inizio delle lezioni (previsto per i primi giorni di settembre).
Non ci furono pianti, musi lunghi o abbracci interminabili e strazianti. Georgy sapeva di tornare a casa e i suoi genitori condividevano questo suo sentimento, anche se dispiaceva loro non vedere per un altro pugno di mesi la loro piccola ragazza ormai diventata una donna autonoma.
<< In bocca al lupo per tutto, ad entrambi >>
<< Godetevi la vostra vita ragazzi, non fatevi intimorire dalle difficoltà e restate insieme. Siete bellissimi. Ci mancherete. Tornate presto a trovarci! >>
E infilato il braccio sotto quello di Piton, la ragazza e il professore si smaterializzarono per poi ricomparire a Diagon Alley.
<< Ecco una delle cose che odio di più: lo shopping per il periodo scolastico. E guarda tutti questi insulsi pseudo-maghetti. La maggior parte di loro non apprezzerà mai la sottile arte delle pozioni, sono tutti spropositatamente persi per Difesa contro le Arti Oscure. Pazzesco.. >>
<< Hai finito di lamentarti Sev? Io adoro lo shopping, e son tutte cose che ci servono! Oh guarda che bello quel libro, rilegato così bene, sembra antico! E guarda quel calderone, ci son dei fiori incisi… e quel gufetto? Che carino!!! Me lo compri? >>.
<< Credevo che in vacanza facessi così per mimetizzarti coi babbani… è incredibile come tu trovi tutte queste energie per comprare cianfrusaglie! Sarai la rovina della mia camera blindata… >>
 
Era il 28 Agosto, il clima era mite, non troppo caldo o afoso. La ragazza e il professore giunsero davanti ai cancelli di Hogwarts, si incamminarono per sentieri ben noti e si fermarono di fronte al grande portone della scuola. La felicità della ragazza era pari alla sua ansia per la nuova avventura che le stavano per offrire. Prese la mano di Piton, fece un bel respiro e varcò la soglia della scuola, conscia del fatto che una nuova vita stava per avere inizio.
All’entrata si trovava la preside, Minerva McGranitt, che attendeva i suoi ospiti con eleganza e portamento. Alla vista della coppia fece un grande sorriso, abbracciò forte Georgy, le diede diversi baci, salutò educatamente Piton e li guardò. “Una coppia stupenda, quanto amore, quanta passione” erano i suoi pensieri.
<< Georgy! >> urlò qualcuno dalla sala grande, agitando in aria la mano e iniziando a camminare a gran passi verso la ragazza. << Georgy, tutto bene? Non ti sei più fatta sentire quest’estate. È andato tutto bene? >> chiese Lupin con simpatico interesse.
<< Benissimo grazie, io e Sev abbiamo girato mezzo mondo e visto un sacco di posti fantastici! Ci siamo divertiti molto! E tu? >>
<< Io… si ho trascorso delle belle e tranquille vacanze, ma non ti voglio annoiare. Severus, buongiorno >>
<< Salve Remus >> rispose forse con troppa freddezza Piton.
Quando tutti i professori furono arrivati si riunirono in una stanza rettangolare con un grande tavolo, sempre rettangolare, al centro. Alle pareti vi erano i quadri dei precedenti presidi di Hogwarts e di qualche importante personaggio che, nonostante la dipartita, come i presidi, avrebbe potuto dare un valido contributo ad Hogwarts e alle decisioni da prendere. La prima riunione durò circa un’ora e mezza, Georgy era rimasta fuori dalla stanza perchè non era quella la riunione a cui avrebbe dovuto partecipare. Colse dunque l’occasione per fare un bel giro della scuola deserta, e tornare con la mente ai ricordi che le suscitavano tutti i posti che vedeva. Ad Hogwarts aveva trovato amicizie, legami, amore. Era i suo habitat ideale, l’unico luogo che poteva darle sicurezza e conforto. Ogni cosa, ogni siepe, ogni mattone, ogni odore di magia la facevano stare bene.
Finalmente era tornata a casa e vi sarebbe rimasta per molto tempo.

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Capitolo 21
*** Una buona intesa ***


<< Aaaaaaaaahhhhhhhhhh! Sono un’assistenteeeee! >> gridava Georgy correndo nel grande giardino di fronte alla scuola. << Non ci posso credere! Vabbè che non è ancora nulla di certo, insomma, nulla di ufficiale, però anche solo l’illusione mi dà una gioia immensa! >>.
Si aggirava sola per Hogwarts da circa un’ora, ma non si sentiva affatto abbandonata. Era contenta di poter passare qualche momento tranquillo con i luoghi che più le erano cari.
<< Ehi, streghetta-neo-diplomata-amante-di-un-fastidiosissimo-Mocciosus-e-amica-di-un-più-che-affascinante-animagus, che ci fai tutta sola qui? >> disse una voce proveniente da dietro la ragazza.
Georgy si voltò con un sorrisetto sulle labbra e vide di fronte a sé il vecchio amico Sirius.
<< Gironzolo per il castello in cerca di lupi che mi vogliano importunare con battutine acide sulla persona che amo! Ciao Sirius! >> disse la ragazza, abbracciandolo.
<< Remus mi ha detto che hai passato delle belle vacanze, sempre in giro con Piton… >>
<< Sì sono state fantastiche! Tu cos’hai fatto invece? >>
<< Bah niente di particolare, ho evitato qualche dissennatore, ho fatto scherzetti all’Ordine, ho provato a sistemare casa ma è stato un disastro. Per fortuna esiste Molly Weasley che mi ha accolto sotto la sua ala protettiva! Sai come è fatta, non le va giù che io e Remus siamo, come dire, “selvatici”, così ci ha imposto di farle spesso visita. E poi ho provato a trovare una ragazza a Remus, ma è stato difficilissimo oltre che impossibile. Non vorrei dire una cavolata ma secondo me il suo cuore è già impegnato ma non si può sapere chi ci sia nei suoi pensieri… >>
<< Povero, mi dispiace tanto per lui, magari è una ragazza che non lo ascolta, non si rende conto di ciò che prova… Sirius dobbiamo aiutarlo! >>
<< Ma come? Non mi ha detto niente in questi due mesi, non verrà mica a sbandierarmelo ora! >>
<< Dai su uniamo le forze, dobbiamo scoprire chi interessa a Remus e aiutarlo a farsi avanti! >>
<< Ci sto! E poi farete lo stesso con me, vero? >>
<< Con te?! Scusa ma credevo fossi autonomo da questo punto di vista! >>
<< Georgy, Georgy, Georgy… lo sai che le donne non resistono al mio indiscutibile fascino, ma non capisco perché anche non resistano con me più di una settimana… >>
<< Forse perché le cerchi nei posti sbagliati Sirius? >>
<< Ma i vicoli malfamati pullulano di indifese donzelle dall’animo forte e rude che aspettano solo me! >>
<< Ah… non dirò come definisco quel genere di pros…cioè di donne, cambiamo discorso che è meglio. Perché tu non sei alla riunione? >>
Sirius respirò profondamente, preparandosi ad affrontare un discorso che riteneva lungo e noioso rispetto al gossip appena concluso. << Io non sono propriamente un insegnante, neppure un assistente. Mi definirei piuttosto un supplente, un aiutante, un collega, un tappabuchi. La McGranitt conosce il mio animo un po’ sovversivo, teme che da solo potrei inculcare nella testa degli studenti strane idee, ma non so se finalmente quest’anno le cose cambieranno. Insomma, non farei mai cose troppo folli o contro Hogwarts. Ora probabilmente staranno discutendo dei nostri destini e poi ci riferiranno. Remus mi aveva accennato a un possibile ruolo di supplente di trasfigurazione oppure come aiutante di Hagrid, ma le creature magiche non mi interessano gran che. Ho fatto richiesta per Difesa contro le Arti Oscure, almeno lì mi saprei destreggiare meglio. Vedremo. Il problema principale però rimane il fatto che la gente non approva il fatto che io insegni ad Hogwarts. >>
<< E perché mai scusa? E questa gente chi sarebbe? >>
<< Genitori di figli viziati, persone con potere e di rilievo al Ministero. Georgy, io sono stato ad Azkaban, sono stato un ricercato, c’era una taglia sulla mia testa. Ora si son calmati ma non durerà a lungo la pace. La gente è spaventata da quest’uomo orribile e malvagio a quanto pare. Per fortuna la preside non la pensa così. Ma temo che il problema, come ogni anno, sarà anche quello di Remus, per via del suo…bè sai no quando c’è la luna piena… >>
<< Sì sì capisco… mi dispiace… per te perché non sei pericoloso e per Lupin perché non è colpa sua… speriamo che la McGranitt riesca a fare qualcosa… >>
La ragazza era davvero dispiaciuta per il problema che avevano i suoi amici. In fondo non era neanche un problema per lei e per molti altri, erano le persone malfidenti, bigotte e infide che non capivano quanto potessero dare questi due insegnanti ai loro studenti. A Georgy dispiaceva soprattutto per Lupin, che era sempre stato il suo professore preferito. Le aveva insegnato molte cose, non solo magie o incantesimi, le aveva anche dato molto sul piano umano. Se lo avessero cacciato da Hogwarts Lupin ne avrebbe sofferto moltissimo, anche perché era solo. Sirius se la sapeva cavare in ogni situazione, ma per Lupin la faccenda era diversa.
<< Sirius vieni qui! >> gridava una voce lontana, sotto i portici del castello. << Muoviti che tra poco si inizia >>. Era Lupin che richiamava il suo amico per la riunione. Ovviamente anche Georgy doveva parteciparvi e seguì Sirius fino al castello, parlando del più e del meno.
Giunti all’entrata si trovarono di fronte Lupin e Piton ai lati opposti del grande portone.
<< Oh guarda, un Mocciosus! >> disse Sirius, e si beccò diretto una gomitata al fianco dalla ragazza. << Ciao piccolo chimico, non hai fatto esplodere niente in questi due mesi? >>. Altra gomitata. << Perché quel muso lungo? Ti turba che abbia parlato con la tua amichetta? >> disse Sirius canzonandolo.
<< Vedo che il tuo sciocco e stupido umorismo da cane pulcioso non ti è ancora costato la lingua o la libertà Black >> rispose Piton.
<< Severus! >> lo interruppe Georgy con tono serio.
Piton alzò gli occhi al cielo, porse il braccio a Georgy e la invitò ad entrare per iniziare la riunione.
 
Ci volle più di un’ora per arrivare a un compromesso e perché più o meno tutti fossero accontentati. D’altronde non si può essere sempre d’accordo, ma non si può neppure iniziare l’anno con litigi e facce contrariate. Dopo il trambusto accaduto in sala riunioni l’unica che sembrava al settimo cielo era Georgy. Certo anche gli altri tutto sommato erano contenti, e certo lei avrebbe accettato anche di far l’aiutante di Gazza se fosse stato necessario, ma ciò che fu deciso in quella mattinata le avrebbe sicuramente cambiato la vita in meglio, o almeno così pensava.
<< Io ti aspetto fuori >> disse Piton sbuffando e uscendo dalla sala mentre tutti erano in piedi a congratularsi o semplicemente discutere. << Non ci posso credere… >>
<< Non l’ha presa bene Mocciosus. Vero? >> intervenne Sirius pungente.
<< Non fare lo scemo. Gli passerà, deve solo mandare giù. Si accorgerà presto che non è successo niente di male >> rispose Georgy un po’ preoccupata. << Piuttosto tu? Mi sembri più contento di prima quando ti hanno dato la notizia >>.
<< Cosa vuoi, non mi piace l’idea di fare il tappabuchi e di iniziare con la botanica insieme alla Sprite, ma conto di fare carriera! E poi sapere che Piton è infuriato mi fa sentire meglio! >>
<< Non dovresti parlare così, non di fronte a Georgy per lo meno… >> disse Lupin arrivando alle spalle di Sirius e facendosi spazio. << Georgy sono davvero contento che tu sia la mia assistente in Difesa contro le Arti Oscure, credo che ci troveremo bene insieme. Bada però che sono sempre il tuo professore, quindi non adagiarti sugli allori… >>
<< Oh Remus son felicissima anch’io! Mi piace molto come materia, e farò tutto quello che mi dirai, umilmente e servilmente! Ma…ti dovrò dare del “lei”?>>
<< No tranquilla, solo davanti agli studenti, sai, per prassi. Severus non l’ha presa bene, voleva averti a Pozioni presumo >>.
<< Eh sì lui ci contava, anche se lo sa che me la cavo meglio con gli incantesimi che con le pozioni. Non capisco perché abbia votato per mandarmi in tutte le altre materie che in Difesa contro le Arti Oscure…forse ha paura che ci prenda la mano e mi faccia del male. Glielo chiederò >> concluse Georgy.
Lo sguardo di Lupin non confuso o interrogativo. Si immaginava benissimo cosa fosse passato per la mente di Piton ma non disse nulla, per non turbare la ragazza e non scatenare un polverone. Non era il momento. Si limitò ad alzare le spalle e un sopracciglio.
<< Sirius, non è che ce l’hai con me per il posto che volevi come assistente di Lupin? >>
<< No tranquilla, al massimo me la prenderò con chi poteva votare, non con te che non c’entri nulla. Non potrei mai avercela con te >> disse allusivo strizzando l’occhiolino alla ragazza. Tutti sapevano che questi atteggiamenti infastidivano non poco Piton, che però in quel momento non li poteva vedere essendo fuori dalla stanza, perciò Sirius ne approfittava.
<< Calmati tigre, che Severus potrebbe entrare da un momento all’altro >> disse Lupin. << Non istigare le persone a volerti male, basta già il loro naturale odio! >>.
Si misero tutti e tre a ridere e si incamminarono verso l’uscita dove Piton attendeva con ansia e agitazione la ragazza.
<< Allora ne riparliamo per preparare tutto e imparare qualcosina prima che arrivino gli studenti. Magari domani? >> chiese Lupin a Georgy.
<< Sì certo, non vedo l’ora! A domani! Anzi, magari ci si becca in giro più tardi! >> rispose la ragazza, congedando gli amici e incamminandosi lungo i corridoi esterni con Piton.
<< Domani cosa? >> le chiese l’uomo curioso.
<< Niente, ci troviamo per preparare il necessario per le lezioni. Deve anche insegnarmi qualcosa, sia di didattico che di magico. E mi dirà cosa dovrò fare in aula o fuori >>.
<< Ah >> fu l’unica risposta del professore, che rimase in silenzio per un bel po’ di tempo.
La ragazza si sentiva un po’ in imbarazzo, sembrava che qualcosa stridesse nel loro rapporto, così decise di rompere il silenzio e iniziare a parlare per vedere se la seccatura di Piton era solo passeggera, come spesso accadeva.
<< Sai Sev, son davvero contenta di essere qui, ad Hogwarts, come assistente, e con te. Quest’estate ogni tanto mi capitava di pensare al mio futuro, di chiedermi cosa ne sarebbe stato di me in termini lavorativi e di noi come coppia, se avendo lavori diversi ci saremmo dovuti separare a lungo, e cose del genere. Ora il mio futuro mi sembra così chiaro, così vicino e palpabile, quasi concreto. Sono assistente, posso vederti ogni giorno, ogni sera, possiamo vivere la nostra vita in questo magnifico posto che per entrambi è sinonimo di casa. Se non ti avessi conosciuto per quel che sei, se non mi avessi fatto innamorare di te io ora non sarei qui. Grazie Sev per tutto quello che hai fatto per me. >>
Queste parole spiazzarono il professore, che rallentò il passo fino a fermarsi. Prese le mani della ragazza, le fissò a lungo per poi volgere lo sguardo più in su, posandolo sul volto perfetto della donna che amava e con la quale avrebbe voluto trascorrere tutta la vita. La abbracciò e la baciò, intensamente. Restarono a guardarsi e perdersi uno negli occhi dell’altro per poi riprendere a passeggiare.
<< Perché sei uscito dalla riunione così arrabbiato? Volevi che avessero deciso di affidarmi a te? >>
<< No non è per quello. Non…non è niente, forse sono troppo stupido io, sono facilmente irritabile. Io ti amo, per te voglio il meglio e ti voglio proteggere >>.
<< Ma sarò sempre qui, non succederà niente. E poi ci sarà Lupin con me! >>
A queste parole Piton alzò gli occhi al cielo e sospirò.
<< Ti da fastidio Lupin? Capisco che tu possa odiarlo come Sirius ma lo sai che con loro comunque sono al sicuro, che non mi farebbero mai del male >>
Piton non disse niente, sospirò più profondamente e proseguì a camminare.
<< Severus… te lo garantisco io che non mi farebbero del male, sono miei amici! Entrambi! >>
<< Lo so, Georgy, appunto. Non ti farebbero mai del male. Lo so, anche troppo bene >>.
 
La ragazza e il professore non tornarono più sull’argomento per quel giorno. Georgy non riusciva ancora a capire che cosa non tollerasse Piton, mentre il professore non sapeva se confessare i suoi pensieri alla ragazza o tenersi tutto dentro per non scatenare un putiferio.
<< Tra poco si cena, meglio che mi vada a fare una doccia. Secondo te i bagagli sono già arrivati? Dovrei chiedere alla McGranitt in che camera mi ha messo, non credo di poter stare nel dormitorio femminile come gli altri anni >> disse Georgy.
<< I bagagli sono già arrivati in camera nostra >> disse Piton scandendosi la voce con una lieve tosse.
La ragazza rimase perplessa. << Nostra? Cioè mia e tua? >>
<< Sì >>
<< E perché? >>
<< Bè, perché… perché di sì! Te lo devo spiegare? >>
<< No, cioè, sì, insomma… non credevo fosse possibile! L’anno scorso… >>
<< L’anno scorso tu eri una studentessa e lui un professore >> puntualizzò la McGranitt comparendo accanto a loro. << C’è forse qualche problema? Vuoi una camera tutta tua? E io che credevo di farti contenta! >>
<< No no va benissimo, è che son rimasta un po’ sorpresa, tutto qui! La ringrazio davvero molto, per tutto, anche per il posto come assistente! >>
<< Come ho detto prima alla riunione la decisione è stata unanime, siamo tutti onorati di poter accogliere ancora ad Hogwarts la persona che ha salvato la scuola e l’intero mondo magico. E io son particolarmente felice di sapervi entrambi qui al sicuro >>.
<< Grazie preside >> disse Piton.
<< Severus ti dovrei parlare un momento se non ti dispiace. Georgy permetti? >>
<< Certo, intanto mi andrò a fare una doccia, ne ho bisogno! Immagino che la stanza sia sempre la stessa, sfido qualcuno a spostare tutto il casino di pozioni e ampolle varie, per non parlare di erbette, fascette, contenitori e bauli! >>
<< Come osi? Guarda che ti caccio! >> minacciò Piton, ma la ragazza ormai si era incamminata saltellando verso il lungo corridoio che portava alla stanza del professore. << Spero che non ci metta le mani, son cose importanti… mi farà impazzire… >>
<< Credo che l’abbia già fatto. Siete pazzi l’uno per l’altra! Comunque volevo chiederti un piccolo favore. Vieni nel mio studio>>.
<< So che può sembrare meschino e invadente ma devo essere messa al corrente di tutto. Ho bisogno che tu mi riferisca ciò che di sicuro Georgy ti dirà su Lupin, e ovviamente che tu le dica le informazioni che ti passerò >>.
<< Preside, perché dovrei fare la spia? Ancora? È un vizio di voi presidi chiedere queste cose? Anche il suo amichetto là in fondo mi ha chiesto di farlo e siamo finiti con lui morto e con Hogwarts in fiamme >>.
<< Guarda che ti sento Severus >> disse l’immagine di Albus Silente. << Ti ho chiesto molte volte scusa, e te lo chiedo ancora. Ma stavolta è diverso… >>
<< Si Severus, nessun mago oscuro minaccia il mondo magico. Lupin ha quel problema con la luna piena, e qualche genitore ha fatto storie, ha rivangato vecchi episodi. Sappiamo che è una brava persona e un ottimo insegnante, non vogliamo che gli succeda qualcosa >>.
<< Ma così dovrei sfruttare Georgy e manipolarla… è meschino da chiedere all’uomo che la ama! >>
<< Severus ti capiamo, ma sei l’unico di cui ci si possa fidare. E comunque non serve che ogni giorno tu le faccia un interrogatorio. Dobbiamo solo esser certi che Lupin stia bene e che non faccia pazzie >>.
<< E credete che Georgy mi dirà queste cose, o che Lupin le dirà a lei? >>
<< Ci sembra che tra loro due ci sia una buona amicizia… una buona intesa… >>
<< Sì… >> disse Piton a mezza voce. << Una buonissima intesa… >>.
 
La cena fu servita nella sala grande, di fronte al tavolo dove di consueto mangiano i professori. Erano stati allestite tre grandi tavole rotonde, ben preparate ed ornate da fiori e candele. Quando tutti ebbero preso posto iniziarono le abbondanti portate. La serata trascorse serena per tutti tranne che per il professor Piton, perso nei suoi pensieri. Più volte la ragazza gli aveva fatto notare la sua assenza mentale a tavola, ma sempre lui ritornava a pensare a ciò che gli aveva detto la McGranitt e alla “buona intesa” che c’era tra la ragazza e Lupin. Non riusciva a credere che a tutti stesse bene che lei e Lupin lavorassero assieme, gli sembrava più giusto lasciare lui stesso e la ragazza insieme, no? “Severus basta, non ti preoccupare, sono solo paranoie” cercava di convincersi. A tavola era seduto alla destra di Georgy, mentre alla sinistra della sua ragazza sedevano in ordine Hagrid, Sirius, Lupin e la McGranitt. Spesso lo sguardo di Piton cadeva sul professore che le aveva rubato l’assistente e l’unica cosa che riusciva a pensare era che probabilmente presto gli avrebbe rubato anche l’amore della sua vita. Lo disprezzava per il suo comportamento subdolo. Lo avrebbe schiantato con la bacchetta in un secondo se avesse potuto, ma poi in qualche sprazzo di lucidità pensava che Georgy era accanto a lui, e che gli era sempre stata accanto, e che sempre lo sarebbe stata.
Nonostante ciò per tutta la cena fu come in trans, perso, lontano. Non rispondeva neppure alle battute acide di Sirius, il che stupì i commensali.
Finita la cena la McGranitt e Piton rimasero in disparte per terminare il discorso iniziato quel pomeriggio, e ovviamente, Piton non cambiò atteggiamento rispetto a quello tenuto durante la cena.
Intanto Lupin aveva accompagnato fuori Georgy e si stavano intrattenendo in giardino con altri professori. Senza l’imbronciato Piton la ragazza era più serena e si stava iniziando a divertire finalmente in quella serata. Tutti notarono il suo cambiamento e furono sollevati dal fatto che non fosse successo niente, e che fosse solo Piton ad avere qualche misterioso problema quella sera.
<< Stasera ne parleremo perché lui non se ne rende conto ma potrei arrabbiarmi molto per questo comportamento. Spero che non sia nulla di serio però… >>
<< Stai tranquilla, sarà una cosa passeggera come suo solito! >> la rassicurò Lupin avvolgendola con un braccio.
<< Speriamo >>.
Le ore passarono velocemente tra burrobirre e risate, e piano piano i professori andarono nelle proprie stanze, fino a che rimasero solo Lupin e Georgy.
<< Andiamo a dormire, che ne dici? Domani non ti voglio vedere sbadigliare! >> disse Lupin sorridendo.
<< Oh si vado appena torna Severus, gli ho detto che uscivamo e che lo avrei aspettato. Spero abbia capito. Starà ancora parlando con la McGranitt >>.
<< Allora dai ti faccio compagnia, non è bene lasciare da sola di notte una gentil donzella! >>
<< Professor Lupin, sono grande, vaccinata e ho sconfitto l’Oscuro Signore, penso di essere in grado di cavarmela lo stesso! >>
<< Se lo dici te! Almeno accompagnami sotto i portici, qui inizia a fare freschetto >> rispose Lupin, e si incamminarono verso il posto più riparato.
Intanto Piton aveva finito di parlare con la preside e, non ricordandosi dove fosse andata la ragazza, camminava a gran passi verso l’uscita. Quando fu sulla soglia del portone che dava all’esterno vide Lupin e Georgy seduti vicini sul muretto del portico a ridere e scherzare.
<< Georgy! >> urlò il professore di Pozioni. << Cosa fai qui? Tutto bene? >>
<< Tranquillo Sev, stavamo rientrando! >>
<< Vedo…>> rispose ironico. << Vieni dai che è tardi >>, e appena la ragazza fu di fronte a lui la baciò nervosamente. Lupin si voltò dall’altra parte e si incamminò verso la sua stanza. Piton lo guardò andarsene.
<< Severus cosa succede? Cos’hai avuto per tutta la sera e che ti è preso adesso? Stavamo parlando, non mi ha fatto nulla! Perché sei così strano? >>
<< Io sarei strano? E lui che si intrattiene con te? >>
<< E’ mio amico e mi ha visto preoccupata per te… e poi prima c’erano anche gli altri, non credevo che Lumacorno fosse così gran bevitore di burrobirra! >>
<< Eri preoccupata…per me? >>
<< Sì cavolo, sei stato assente per tutta la sera, non hai detto nulla alle offese di Sirius e hai sempre guardato male Lupin… cosa c’è che non va, Sev? >>
Piton capì in quel momento che quella ragazza lo amava, ancora e follemente. Si era preoccupato per lui tutta la sera e lui invece era acciecato dalla gelosia per quell’uomo mezzo lupo. Che scemo che era stato. Rischiava di boicottare da solo il suo rapporto con la splendida Georgy.
<< Niente, Georgy, non c’è nulla. Scusami io ero… sono uno sciocco. Andiamo a dormire >> disse dolcemente prima di baciarla con tenerezza.
<< E così hai scoperto la grande dote di Lumacorno eh? Penso che sia il maggior bevitore di burrobirra della storia, almeno di Hogwarts! >>. I due camminavano ridendo per i lunghi e suri corridoi, tenendosi abbracciati, come se in quella serata nessun brutto pensiero avesse mai attraversato la loro mente.

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Capitolo 22
*** Sospetti fondati? ***


“Ma dove sarà finita quella stupida e inutile ragazzina… se stare con lei vuol dire diventare scemo per trovarla, controllarla, seguirla meglio che la lasci perdere! No Severus non dirlo neanche per scherzo… è la cosa più bella che ti sia mai capitata, già una volta involontariamente te ne sei allontanato, non tentare nuovamente la sorte! Eh già la amo troppo. Ma dove si è ficcata? Sto girando tutta Hogwarts e non la trovo, anzi, non incrocio nessuno, pare che stiano ancora tutti dormendo. Effettivamente sarà mattina presto, i primi raggi solari devono ancora far capolino. Ma dov’è? Mi chiedo perché si sia alzata. Brr freschetto qui a scuola, questi corridoi scuri e freddi potrebbero quasi far paura. A me no di certo, piuttosto sono io che incuto timore agli altri. Ma lì cosa c’è? Una luce dietro l’angolo! Meglio che mi avvicini piano, come al solito, mi piace vedere il terrore negli occhi delle persone, capitare all’improvviso e spaventare soprattutto quei piccoli studenti alle prime armi che non sanno nulla della vita vera e si atteggiano a vecchi saccenti uomini vissuti. Di certo non son studenti, la scuola non è ancora cominciata. Sarà Georgy. Direi che se adesso la becco prima le dico un bel po’ di parole e poi me la stringo forte e le dico quanto mi faccia soffrire ogni volta che non è con me. Sentila, ridacchia. È lei son sicuro. Ed ora, voltiamo l’angolo e… NOoooooo!
<< Cosa stai facendo? Lupin, lurido essere spregevole, lasciala subito andare! Hai capito? Georgy vieni immediatamente qui! >>
<< Severus lascia che ti spieghi, non ti arrabbiare… >>
<< No no tu non mi spieghi niente cagnaccio, quel che ho visto mi basta. Georgy stai bene? Ti ha costretta con l’inganno? Georgy rispondimi! >>
<< Severus lasciala stare, così le fai male… >>
<< Io la dovrei lasciare stare? Io le faccio male? Togli le tue luride braccia! >>
<< Sev… Sev no, lasciami qui >>
<< Co…come? >>
<< Sì Severus… lei vuole restare qui, con me >>
<< Ma che dici? Georgy…Georgy, è vero? >>
<< Sì Sev… noi ci amiamo! >>
No… No… Nooooooooo! “
Piton si mise a sedere sul letto. Si era svegliato di soprassalto, grondante di sudore, gli occhi che fissavano la parete di mattoni di fronte a lui, colmi di terrore. Si voltò di scatto e trovò la sua Georgy che dormiva profondamente accanto a lui, le mani tese che probabilmente prima tenevano le sue.
“ Oh Merlino, è stato un incubo… ma sembrava così reale…”
Baciò la fronte della ragazza e si distese nuovamente accanto a lei.
La osservò per tutto il tempo che rimaneva fino al suono della sveglia.
Quella mattina Georgy notò che Piton era estremamente protettivo. La seguiva ovunque, la accarezzava e baciava più spesso del solito, le chiedeva se avesse bisogno di qualcosa.
<< Dimmi se ti rendo felice. Migliorerò >> le aveva detto ad un tratto mentre camminavano verso la sala riunioni. La ragazza si fermò e lo guardò negli occhi con uno sguardo scrutatore.
<< Sev mi dici che cosa è successo? Ti comporti in maniera strana stamattina. Non che ieri sera fossi normale, ma oggi sei cambiato di nuovo. Cos’è che ti turba? >>
<< Niente, niente è che… vorrei solo renderti felice, più di ogni altra cosa. E voglio stare sempre con te. Non voglio che tu mi abbandoni >>.
<< Ma che idee ti vengono? >> chiese Georgy stralunata. << Ho forse fatto qualcosa che potrebbe far pensare che non ti voglia più? Perché se è successo mi dispiace, ma non è così. Voglio tormentarti per sempre! >> puntualizzò, e gli baciò il naso adunco.
Piton sorrise e mano nella mano si incamminarono verso la sala.
 
La McGranitt aspettò che tutti fossero arrivati. L’ultimo fu Lumacorno, provato dall’eccessivo numero di burrobirre ingurgitate la sera precedente.
<< Come ogni anno Horace… >> sentenziò la preside.
<< Spero sempre di ringiovanire e di poter dire che reggo ancora come una volta, ma purtroppo ogni anno è sempre peggio, ma prometto che ci lavorerò! >> rispose soddisfatto il professore.
La McGranitt aveva voluto riunire tutti i docenti e gli assistenti/aiutanti per dare le ultime direttive prima di lasciare carta bianca ad ogni insegnante. Mancavano pochi giorni all’inizio della scuola e bisognava che tutto fosse pronto per l’arrivo dei ragazzi.
Quando la riunione fu terminata Lupin si avvicinò a Georgy per decidere il da farsi e come procedere per preparare l’occorrente della prima lezione dell’anno di Difesa contro le Arti Oscure.
<< Direi che potremmo andare subito in aula, vedere cosa c’è e recuperare ciò che manca. Ogni anno rimane il disastro e di solito devo farmi aiutare da Gazza per sistemare… per fortuna quest’anno ho un’assistente! >> diceva Lupin alla ragazza e Piton, sempre attaccato a Georgy e pronto a guardar male chiunque lanciasse occhiate alla ragazza.
<< Vorrei esserci anch’io >> intervenne Piton.
<< Dove scusa? >> chiese la ragazza.
<< Dove sarete voi. >>
<< Ma dobbiamo lavorare >> spiegò Lupin.
<< Darò una mano allora… >> disse Piton un po’ incerto.
<< Severus da quando tu aiuti la gente? >> disse Sirius sbucando alle spalle di Lupin.
<< Taci Black, non ho né voglia né tempo di starti a sentire. >>
<< Severus >> intervenne Lupin, << è un modo per chiedere aiuto per sistemare le tue pozioni? se è così basta solo che lo chiedi esplicitamente >>
“ Cavoli sa sempre essere cordiale Lupin, lo ammiro un sacco” pensò Georgy.
“ Non dire di sì Severus che poi ti metteranno tutto in disordine di sicuro. Ma non dire neppure che non vuoi lasciare da sola con lui la tua ragazza, potrebbero prenderla male tutti. Quanto li odio” pensò invece Piton, che decise di lasciare perdere e rifugiarsi da solo nella sua aula di lezione e poi nel suo studio.
 
Che fatica! Georgy non pensava di dover spostare casse di libri, armadi con Mollicci, sistemare tavoli e tutto senza la magia. La scusa di Lupin era stata che se qualche incantesimo fosse accidentalmente rimasto nell’aria avrebbe potuto interferire con altri. Suo malgrado la ragazza aveva dovuto accettare senza fare troppe storie, in fondo lei era una semplice assistente, che tradotto voleva dire servetta sottopagata senza possibilità di parola. Per fortuna dopo il duro lavoro Lupin le concesse una pausa.
Si sedettero sugli scalini che portavano all’ufficio del professore, Lupin le offrì una barretta di cioccolata (ottimo rimedio per qualsiasi cosa) e si misero a parlare.
<< Georgy… come va con Piton? >>
La ragazza guardò il professore con aria curiosa. << Cosa intendi, scusa? >>
<< No niente, cioè mi è sembrato strano ultimamente >> rispose impacciato. “Salvato in corner”.
<< Ah in quel senso non so. Ieri era con la testa altrove, stamattina mi seguiva ovunque. Non so cosa gli passi per la mente. >>
<< Perché anche la richiesta di aiutare a sistemare l’aula mi è suonata alquanto strana… >>
<< Sì in effetti non me la aspettavo. Non so proprio che dire, comunque entro stasera saprò cosa gli sta succedendo perché un uomo così altalenante non lo voglio! >> ridacchiò la ragazza.
<< Per fortuna allora che non stai con me, io cambio addirittura aspetto periodicamente! >> sorrise amaramente Lupin.
<< Ma è diverso, forse lo sopporterei. In fondo non è colpa tua Remus, e capisco i problemi che comporta la tua trasformazione… >>
<< No non credo tu li possa capire, nessuno li può capire se non si trova nella mia situazione. Sai, non è facile stare attenti alle amicizie, pianificare le uscite, mantenere il segreto, e farsi accettare da chi lo scopre. I più mi ritengono un mostro, nient’altro. E forse hanno ragione. >>
<< Dai su non dire queste cose. Lascia che la gente dica. Tu puoi contare sul fatto che tutti qui ad Hogwarts ti riteniamo una bravissima persona, un ottimo insegnante e un caro amico. Nessuno si cura del tuo problema perché non è visto come tale, in senso buono intendo. Ti siamo tutti vicini, e tutti pronti ad aiutarti. Anche Severus, il che può suonare strano, ma ne sono convinta. Anzi, ti serve ancora la pozione? >>
<< Sì mi sarebbe utile ora che non posso fuggire e nascondermi come in questi due mesi… >>
<< Lo dirò a Severus. Tu non ti demoralizzare. Su… che non posso mandare avanti io da sola le lezioni! >> scherzò Georgy, mettendo un braccio sulla spalla di Lupin e portandolo a sé.
 
Per fortuna il pranzo non fu noioso e imbarazzante come la sera precedente. Piton sembrava più tranquillo anche se non ancora sereno, Sirius fece poche battute e a dir la verità anche bruttine, tanto che fu zittito non dal solito professore bersaglio delle frecciatine ma da Hagrid e Lumacorno. La ragazza conversò amabilmente con la McGranitt, sempre pronta a dispensare consigli utili e ad informarsi sulla vita di Georgy, soprattutto sulle sue vacanze con il professore. Lupin era silenzioso, stranamente assorto nei suoi pensieri. Solo alla fine del pranzo si ridestò, tornando ad essere la solita persona gentile, a modo e discreta.
<< Hai voglia di finire di sistemare le cose per la lezione oggi pomeriggio? >> chiese Lupin a Georgy mentre uscivano dalla sala grande, lei accanto a Piton e lui dietro fiancheggiato dalla McGranitt. << Se no possiamo fare domani… >> continuò titubante.
<< Suvvia professore Lupin, cosa ci sarà mai da fare? Prendetevi il pomeriggio di pausa! >> intervenne la preside con tono scherzoso.
Georgy guardò Piton, scrutò il suo sguardo tra il rassegnato e il minaccioso, e rispose: << Io preferirei domani, ma se c’è molto da fare ci possiamo vedere anche oggi. Insomma, è lei il professore, può decidere! >>
<< Non importa, faremo domani allora. Con permesso, vado a sistemare la mia stanza, che è un disastro. Buon pomeriggio dunque. >>
Lupin, dopo un sorriso che nessuno intese come forzato quando invece lo era, eccome se lo era, si allontanò. Anche Piton e la ragazza si allontanarono dal gruppo per stare un po’ da soli. Nonostante fossero gli ultimi giorni di agosto non c’era caldo afoso, si stava bene all’ombra, e passeggiare sotto i portici aperti della scuola con le correnti d’aria che rinfrescavano  i viandanti era davvero bello e rilassante.
<< Cosa hai pensato quando Lupin ti ha fatto quella domanda? >> chiese il professore alla ragazza.
<< Che mi sarebbe piaciuto passare il pomeriggio con te ma che essendo lui il mio “capo” devo fare ciò che mi dice. Credi che la mia risposta sia stata inadatta? >>
<< No no hai ragione. >>
Il professore non disse più nulla. Continuarono a camminare, mano nella mano, lei guardandosi attorno, lui fissando le piastrelle di pietra del pavimento. Arrivati a un bivio decisero di proseguire sull’erba, per andare a sedersi sotto un grande albero del giardino, in disparte rispetto al resto della scuola. Il tronco del maestoso albero era grosso e possente, la chioma folta e di un verde acceso, che dava vita a un’ombra fresca e invitante. I due si sedettero ai piedi del grande albero, lui le cinse le spalle con un braccio e lei appoggiò la testa sul suo petto.
<< Che bene che si sta qui, non trovi? >> chiese la ragazza.
Piton annuì.
<< Potrei addormentarmi >>.
Il professore annuì nuovamente.
<< Se mi addormento poi a una certa ora mi svegli? >>
<< Ok >>.
<< Sono entrata nel tuo studio e ho fatto cadere tutte le ampolle dalla tua scrivania >>
<< Ok >> rispose Piton con lo stesso tono assente che aveva avuto per le altre risposte. Ci volle un po’ perché si rendesse conto di ciò che la ragazza aveva detto. La guardò stupefatto. << Cosa…cos’hai fatto? >>
<< Tranquillo, non ho fatto un bel niente. L’ho detto solo perché ho notato che non mi stavi minimamente ascoltando! Severus cosa c’è che non va? Dimmelo ti prego, sto iniziando a preoccuparmi. >>
<< Non c’è niente Georgy, non ti devi preoccupare per me. >>
<< Severus Piton >> disse la ragazza sollevandosi dal suo petto e guardandolo dritto negli occhi, lo sguardo serio e determinato, << ieri sera sembravi in un altro mondo, poi sei tornato qui con noi per fortuna, stamattina mi son svegliata e come al solito mi guardavi, ma in più mi tenevi forte le mani, e mi hai seguita ovunque. Volevi addirittura dare una mano a Lupin e me a sistemare l’aula. Severus, seriamente, non ti riconosco più, ma credo di conoscerti abbastanza per intuire che nella tua testolina c’è qualche pensiero che non ti lascia essere il solito uomo acido pungente amabile che mi piace tanto. >>
<< Ti sbagli io… >>
<< Non mi interrompere. Ho appena deciso che nessuno si muoverà se prima non mi avrai detto cosa c’è. >>
<< Questa cosa è ridicola, non c’è nulla, come te lo devo dire? >> rispose Piton con il tono di chi inizia a spazientirsi.
<< Io sono serissima Severus. >>
Piton le lanciò un’occhiataccia e fece per alzarsi ma la ragazza lo trattenne e lo spinse a sedere sotto l’albero.
<< Ma che… ? >>
<< Stai qui e parlami! >>
<< No. Io me ne vado. Non ho tempo da perdere per i tuoi giochetti >> replicò Piton alzandosi di scatto, ma ancora una volta la ragazza trattenendolo gli fece perdere l’equilibrio e lui si ritrovò nuovamente seduto accanto a lei.
<< Smet-ti-la! >> urlò Piton arrabbiato. Si alzò e stavolta la ragazza non si allungò per fermarlo. Estrasse la bacchetta e lo atterrò con un piccolo innocuo incantesimo.
<< Cosa fai stupida ragazzina? >>
<< Faccio quello che ti ho detto prima. Non ci muoviamo di qua se prima non abbiamo chiarito. >>
Al minimo movimento del professore la ragazza lanciava una magia. Sempre più infuriato con la ragazza, Piton estrasse la sua bacchetta e rispose a modo agli attacchi di Georgy.
<< Guarda che va a finire male. Smettila. >>
<< Vieni qui e dimmi perché sei scontroso con Lupin, dimmi perché stamattina eri così odiosamente mieloso con me. E dimmi perché ti stai tanto arrabbiando. >>
<< Sei tu che mi fai arrabbiare così. >>
A quelle parole la ragazza si infuriò. Lei cercava di aiutarlo, di farlo parlare per risolvere insieme il problema e lui si arrabbiava? Dagli innocui incantesimi si passò a una magia più pesante.
<< Sei uno stronzo egoista! >>
<< Oh oh parla quella che non si fa mai i cazzi propri e che civetta con tutti. Guarda che l’amicizia è una cosa diversa. >>
<< Come osi? >> La ragazza non ci vedeva più per il nervoso. Le si appannò la mente, la sua mano e i suoi pensieri furono guidati solo dall’ondata di rabbia che l’aveva colta. << Sectumsempra! >> gridò contro Piton.
Un lampo rosso fuoco schizzò a gran velocità verso il professore, per poi deviare alla sua destra, esaurendosi nello spazio aperto. Piton era riuscito a proteggersi perché per sua fortuna era lui stesso l’inventore di quell’incantesimo, ma ciò non lo fece desistere dal voler mettere a tacere quella stupida ragazzina. << Cosa vuoi fare? Dimostrare al mondo che hanno ragione a darti il ruolo di assistente? Credi di poter essere alla mia altezza? >>
La ragazza non fece in tempo a rispondere perché Piton aveva già caricato il colpo e con uno schiantesimo veramente potente l’aveva colpita in pieno petto e fatta volare contro il grande albero. Il colpo fu tale che dalla chioma dell’albero si staccarono diverse foglie, di quel verde acceso che tanto piaceva alla ragazza.
Georgy non si mosse. Rimase a terra, ai piedi dell’albero. Piton provò a punzecchiarla con qualche cattiveria, ma niente. Resosi conto del male che poteva averle fatto corse verso di lei, le si inginocchiò accanto e la prese tra le sue braccia, scuotendola.
<< Georgy! Georgy! >> la chiamava. La ragazza non rispondeva. Un rigoletto di sangue le scendeva dalla fronte, lasciando una scia sul volto. La testa reclinata indietro, le labbra dischiuse, nessuna parola.
<< Oddio che ho fatto, sono un mostro! Georgy io non volevo, te lo giuro, mi sono arrabbiato per niente, in fondo volevi solo aiutarmi, sentire come stavo. Scusami…per favore… >>.
Se Piton avesse potuto guardare il volto della ragazza avrebbe potuto vedere un ghigno di soddisfazione e vittoria. Di scatto la ragazza si divincolò dall’amorevole abbraccio di Piton e si mise a sedere di fronte a lui.
<< Perfetto, allora adesso parliamo? >> chiese, con un sorrisone stampato sul volto.
Piton quasi fece un colpo per lo spavento. Inizialmente l’avrebbe voluta baciare e abbracciare ma poi si rese conto di essere stato preso per bene in giro, e decise quindi di fare l’offeso.
<< Mi hai fatto spaventare! >>
<< Bè, tu lo fai ogni giorno con me comportandoti in maniera strana! >>
Non aveva tutti i torti. In fondo lei si era sempre preoccupata per lui perciò non avrebbe dovuto stupirlo che si fosse impuntata sul suo recente e strano comportamento.
<< Allora… >> cominciò la ragazza dolcemente, << vuoi parlarmi di qualcosa? >>
Il professore prese le mani della giovane donna che era di fronte a lui, sempre più bella e sempre più amata. << Ecco, forse ti sembrerà una cosa stupida, o infondata, ma… io non volevo che tu fossi l’assistente di Lupin perché… lo vedo come ti guarda, e vedo come tu ti rapporti con lui. Lui è tutto ciò che io non sono, è gentile, una persona per bene, sempre cordiale, adorato e rispettato da tutti, almeno qui ad Hogwarts. Ieri sera ero preso da altri pensieri, ma ciò non ti riguarda, son cose che mi ha detto la preside. Ma vederti sorridere a ogni sua parola, trovarvi fuori da soli mi ha… fatto male. Stanotte mi son svegliato di colpo a causa di un terribile incubo: io che camminavo in cerca di te per i corridoi della scuola e poi ti trovavo tra le sue braccia, e non volevi più tornar da me. Per questo stamattina non ti volevo lasciar sola un attimo. Io ho una terribile paura di perderti Georgy, tu non sai quanto ti amo, e quanta voglia ho di star con te e di passar con te ogni momento della mia vita. Saperti in compagnia di un altro mi dilania, poi se è quel professor Lupin… >>
<< Severus mi stai dicendo che… sei geloso di Remus? >>
Piton non rispose ma abbassò lo sguardo. La ragazza sorrise, e con una mano gli accarezzò il volto.
<< Sev, guardami. Per quanto possa essere mio amico, o una persona gentile, simpatica, buona, io non potrei mai amarlo come amo te. È vero, con lui sto bene, ma gli voglio bene come se ne vuole a un caro amico, sono pronta ad aiutarlo, ad ascoltarlo, a fargli da assistente, ma la persona che amo veramente e intensamente è un’altra. Ed ora reggiti forte per ciò che sto per dirti: io ti amo come Lumacorno ama la burrobirra! >>
Dopo un attimo di silenzio riflessivo scoppiarono entrambi a ridere, e le loro labbra si incontrarono in un’estasi di piacere e d’amore.
<< Secondo te sono uno stupido a comportarmi così? >>
<< No, assolutamente. Lo sarai se continuerai così anche dopo che ci siamo chiariti. È legittimo avere dei dubbi o essere gelosi, vuol dire che si tiene molto all’altro. Però la prossima volta che ti sembra che i miei atteggiamenti siano equivoci ti prego di dirmelo subito, che non debba duellare e farti vedere nuovamente la mia potenza! >>
<< La tua cosa? Se non sbaglio chi è finita contro un albero sei tu. Aspetta che ti ripulisco dal sangue. Potevi farti veramente male. Scusami. >>
<< Figurati, contavo di eliminarti con il Sectusempra accidenti… dovrò pensare a qualche altro modo! >>
<< Ti conviene restare sulla magia perché i veleni li so riconoscere. A parte che mi uccidi ogni volta che litighiamo… >>
<< Lo terrò a mente! A proposito di pozioni… puoi fare quella speciale per Lupin? Forse non è il miglior momento per chiedertelo ma poi se no mi dimentico… >>
<< Si va bene. Sarò… ehm, come si dice in questi casi? Sarò lieto di preparargliela. >>
<< Stai bene Sev? Non serve che tu diventi troppo magnanimo adesso! >>
<< Davvero? Miglioravo per te! >>
<< Se vuoi saperlo a me piace il professor Piton acido e arrogante che però in realtà è un tenerone… >>
<< Ok. La pozione sarebbe ora che imparasse a farsela >> e sussurrando aggiunse: << ma gliela farò lo stesso >>.
I due passarono il resto della giornata felici di essere uno tra le braccia dell’altro. Quella sera piton tornò ad essere acido con tutti, nessuno escluso, e non smise di lanciare occhiatacce a Lupin. Anche se aveva chiarito quasi tutto con Georgy non si poteva fidare del professore. D'altronde era stato proprio Lupin a dire che al minimo segno di rottura tra loro due ne avrebbe approfittato, e Piton era convinto che non avrebbe aspettato alcuna rottura avendo la ghiotta occasione di vederla tutti i giorni prima dopo e durante le lezioni. Piton avrebbe vigilato, lo avrebbe tenuto d’occhio, spiato se necessario, anche per riportare delle notizie alla McGranitt come gli era stato richiesto, e purtroppo per farlo doveva permettere che la ragazza e il professore in questione si frequentassero. La ragazza sarebbe stata croce e delizia, poiché oggetto del desiderio di Lupin ma informatrice necessaria a Piton. Ma questo Georgy non lo avrebbe mai dovuto sapere…

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Capitolo 23
*** La sua storia ***


I giorni passavano, finalmente iniziarono le lezioni, e la ragazza era perennemente al settimo cielo. Si vedeva che era entusiasta della sua occupazione e che ci teneva davvero a ciò che faceva, mettendoci passione, impegno e determinazione. Anche pulire il vomito di uno studente del primo anno incappato nell’incantesimo di un bulletto della classe risultava meno brutto (non che lo facesse con piacere, ma era meno pesante!). il suo ruolo durante la lezione era marginale, Lupin sapeva gestire gli studenti egregiamente, ma non le importava, sapeva cosa voleva dire mantenere il proprio ruolo.
La ragazza stava vivendo veramente un periodo fantastico! Gli studenti la accettarono subito, le chiedevano consigli, la facevano divertire (soprattutto i più grandi che già la conoscevano); i più piccoli le si avvicinavano timidamente per chiederle aiuto non solo con gli incantesimi ma anche con le pozioni che per Georgy erano abbastanza elementari. Alcuni la guardavano stupiti ed esterrefatti quando venivano a sapere che aveva una relazione stabile con il professor Piton, altri più estrosi continuavano a proporle strane bevande contro l’incantesimo che poteva averle fatto l’oscuro acido e malefico professore. Georgy stava al gioco, aiutava tutti e tutti le volevano bene, anche i professori.
Le cose andavano un po’ peggio per Sirius che invece era costretto a far lavori che proprio non gli si addicevano, come prendersi cura di piantine e animali. Tuttavia questo era l’unico modo per restare ad Hogwarts, e non poteva certo lamentarsi. Piton si rallegrava ogni volta che lo ritrovava impacciato o imbronciato, ma continuava ad aggrottare la fronte ogni volta che Lupin si rivolgeva a Georgy. Proprio non lo sopportava, non lo poteva vedere accanto alla ragazza. Era una vera minaccia, e sapeva che prima o poi si sarebbe fatto avanti, ne era certo.
Purtroppo, per il suo duplice compito di partner e di spia, doveva sentire l’esaltata Georgy che ogni sera gli raccontava la sua entusiasmante giornata. Diventava però un compito meno pensante sapendo che la propria ragazza stava bene con se stessa e con gli altri, e che fare da assistente la rendeva davvero felice. Perciò il professore ascoltava tutte le sue parole, registrava ciò che riguardava Lupin e che avrebbe riferito alla McGranitt, cercava di dimenticare le attenzioni che Lupin le rivolgeva e tratteneva nel proprio cuore le espressioni e l’entusiasmo di Georgy.
<< Quando sei così felice rendi felice anche me >> le diceva ogni sera, e ogni sera lei se lo abbracciava e baciava rinnovandogli il suo amore.
 
Le giornate iniziavano ad accorciarsi, il clima diveniva sempre più freddo e anche il compleanno di Georgy si avvicinava. Gli altri anni, quando era studentessa, aspettava il 16 ottobre per stare con i suoi amici fino a notte fonda, quando si ritrovavano in dormitorio a scartare i regali, mangiare una torta e raccontarsi di tutto e di più a voce bassissima e senza far rumore per non svegliare tutti. Era una tradizione che tra i Grifondoro era sempre rispettata, e tutti erano tenuti a mantenere il segreto, per evitare punizioni inflitte da professori troppo severi. Quest’anno invece non ci sarebbe stato alcun amico a tenerla sveglia tutta la notte, non aveva più sentito nessuno, neppure Linda, la sua migliore amica. Tra una cosa e l’altra si erano tutti persi di vista. “Chissà come è andata a finire poi con Henry…” si chiedeva Georgy. Tuttavia quest’anno avrebbe passato un compleanno diverso, e la compagnia non erano comunque brutta! Magari dopo cena si sarebbe intrattenuta con i suoi amici professori, e poi sarebbe sempre rimasta accanto al “suo” professore, Piton.
Giunta all’aula di lezione trovò Lupin seduto alla cattedra intento a sfogliare con attenzione le pagine di un grosso libro dalle pagine gialle e in contorni grigi di polvere. Nessuno studente occupava i banchi.
<< Che cosa succede? Non c’è più lezione? >>
<< Oh Georgy, no tranquilla! Sirius mi ha detto che avrebbe portato con la professoressa Sprite i ragazzi in un punto particolare al limite della foresta proibita per piantare dei semi speciali per non so cosa… Sirius non mi sembrava molto entusiasta, comunque per qualche giorno gli studenti tarderanno. Ma siediti intanto, ti faccio vedere questo libro… >>
<< Sembra vecchietto… >>
<< Eh sì, era già vecchio ai miei tempi. In questo libro sono racchiusi alcuni degli incantesimi più strani e divertenti che io conosca. Hai presente la mappa del malandrino? Ecco qui come è stata creata! E come si fa il mantello dell’invisibilità? Non lo so neanche io, devo trovare la pagina! >>
<< Wow non ci credo! Ma… come è possibile? Che figata! Possiamo fare quello che vogliamo! Dove l’hai trovato? >>
<< Questo non te lo posso dire, me lo ha detto Silente tempo fa e lo dovrò riporre al sicuro prima che qualcuno lo veda… qui dentro ci sono incantesimi che nelle mani sbagliate potrebbero divenire pericolosi! >>
<< Ma perché lo hai preso? A cosa ti serve? >>
<< Niente, niente, cercavo così qualcosa… se potesse servire… niente in particolare… >>
Georgy non era molto convinta della risposta di Lupin ma lasciò cadere il discorso.
<< Quindi io potri fare una nuova mappa? Oppure un mantello dell’invisibilità? >>
<< Non è così semplice… intanto bisogna essere dei maghi davvero molto bravi, avere pazienza, trovare ciò che serve e… un po’ di fortuna! >>
<< Ma la mappa… >>
<< Quella era facile da fare, e in 4 bravi maghetti siamo riusciti a farla venir fuori, anche se avrebbe potuto avere molte altre potenzialità! I ragazzi arriveranno a momenti, meglio prepararsi! Oggi ci sono i Mollicci!>>
In aula iniziarono ad entrare gli studenti del terzo anno, ormai abituati alle lezioni di Lupin, e già eccitati prima di cominciare. Qualcuno era impaurito, qualcun altro derideva i colleghi fifoni, altri ancora sembravano totalmente apatici.
Georgy dal canto suo era un po’ preoccupata. Sapeva benissimo che i Mollicci non sono avversari temibili, ma non si sa mai come la gente si ponga di fronte alla cosa che più li spaventa.
Gli studenti erano in fila, Lupin accanto al primo gli stava dando le ultime indicazioni
<< Pronto? Si comincia! >> disse il professore, liberando il Molliccio che si manifestò come un orribile e grande troll. << Forza signor O’Brian, lo affronti! Anche se mi chiedo dove mai potrebbe trovare una creatura brutta come questa! >>
Il ragazzo trovò le forze e il coraggio per dire << Riddiculus! >> e il troll si ritrovò vestito da ballerina classica, con tutù e scarpette toppo piccole per lui. Nessuno poté trattenere le risate.
Uno alla volta tutti provarono l’ebrezza di affrontare la propria più grande paura, ma il desiderio di ogni studente era quello di vedere la paura del professore! Alla richiesta Georgy rimase di stucco, non se lo aspettava, e un po’ era preoccupata, ma Lupin acconsentì senza fare storie.
I ragazzi esplosero in un applauso che poi si ammutolì di colpo vedendo il professore che si metteva di fronte al Molliccio e che con fare da film western si preparava a rimandarlo da dove era venuto. La trasformazione del Molliccio fu la solita: una luna piena che si stagliava nel cielo. Lupin stava per dire la parola che lo avrebbe salvato dalla terribile minaccia quando, sotto la luna, si materializzarono due nuove figure: un uomo distinto con cilindro nero in testa e bastone e un grosso lupo che si reggeva su due zampe, come un umano e che si stava per scagliare contro i presenti. Gli studenti fecero un salto per lo spavento e si appiattirono tutti contro la parete della stanza. Lupin era fermo, impietrito, di fronte alla sua visione. Georgy, preoccupata sin dall’inizio, aveva sempre tenuto a portata di mano la bacchetta. Con prontezza di riflessi e di pensiero urlò << Riddiculus! >> facendo scoppiare la luna che riversò sulle due figure una viscosa bianca colla. Con un altro gesto della bacchetta rinchiuse il Molliccio nel suo baule e gli studenti, tirato un sospiro di sollievo, le andarono incontro applaudendola. Lei lanciò un’occhiata curiosa e incredula a Lupin e poi, per stare al gioco e non spaventare i ragazzi, soffiò sulla punta della bacchetta come si fa con le pistole fumanti e la rimise nel fodero/tasca dei pantaloni.
<< Ti ho salvato smilzo. Come compenso ora lascia andare i ragazzini >> disse rivolta a Lupin.
<< D’accordo straniero, per questa volta ti è andata bene. Ragazzini siete liberi, ci vediamo domani. E siate puntuali o la mia furia si scatenerà su questa città! >> rispose a modo il professore.
I ragazzi uscirono felici e soddisfatti dalla stanza, mentre Lupin e Georgy rimasero a risistemare.
<< Remus, chi erano le due figure? >>
<< Eh? Chi? >> fece finta di non aver capito. Lo sguardo inquisitorio di Georgy però bastò per far ravvedere il professore che si andò a sedere sugli scalini di marmo che portavano al suo ufficio, le braccia sulle ginocchia, le mani tra i capelli a coprire anche il volto. Georgy gli si sedette accanto e attese in silenzio. Intuiva che il suo amico stesse soffrendo e non avrebbe calcato la mano.
<< Non ce la faccio più, non ne posso più. Una vita passata nell’ombra, lontano da tutti, sempre in fuga… basta basta basta >>. Lupin piangeva.
La ragazza lo abbracciò.
<< Quell’uomo è una persona malvagia, ma l’altro… sono un mostro >>. Lupin era disperato.
La ragazza intuì che il lupo dalle sembianze umane fosse proprio lo stesso Lupin e che la sua trasformazione gli facesse così paura, come la luna e quell’uomo misterioso. Chissà cosa gli aveva fatto per ridurlo così. E perché prima non era mai stata assunta come sembianza dal Molliccio?
<< Remus non devi avere paura di te stesso. Mi rendo conto che sia difficile da accettare ma di certo non ne devi avere paura. Non sei un mostro, non saresti capace di esserlo, ti conosco >>
<< No Georgy, tu non sai niente. Ho fatto cose terribili, quell’uomo lo sa. Questa cosa in cui mi trasformo mi ha rovinato la vita! >>
<< Remus, tu sei una persona normali con dei problemi come tutti! >>
<< Io non sono normale! Quella cosa non è normale! Ho una normale famiglia? No. Ho almeno una normale ragazza? No, neppure l’ombra. Troverò mai qualcuna che mi voglia? No perché non è normale che una persona diventi un lupo mannaro con la luna piena! Tu non sai cosa ho fatto in passato Georgy, non lo immagini nemmeno >>.
<< Ok ma ti voglio aiutare. Remus io sono qui, tutti siamo qui per te e per aiutarti, lo devi capire questo. Chi è quell’uomo? Cosa ti ha fatto? >>
<< Lui è un cacciatore del Ministero. È stato lui che mi ha preso. >>
<< Quando? Perché? Che è successo? >> chiedeva ansiosa e preoccupata la ragazza.
<< Tanti anni fa, dopo il diploma. Mi ha messo in prigione, insieme ad altri, come me. >>
Georgy restò ammutolita. Lo guardò con occhi pieni di compassione ma anche di ingenua curiosità. Cosa poteva mai aver fatto per essere messo in prigione? Rubato, spaventato, usato la magia con babbani? Non riusciva a immaginarsi un Lupin cattivo da galera.
 
Per il resto della giornata non si fece che parlare della lezione sui Mollicci e del pietrificato professore. Alcuni sostenevano di averlo visto chiedere pietosamente aiuto all’assistente, altri erano sicuri di averlo visto muoversi per lanciare un incantesimo ma che l’assistente lo aveva preceduto, come da copione. In ogni caso Lupin ne soffriva e questo rattristava Georgy, e di conseguenza Piton. L’unica cosa che il professore poté fare per rendere meno triste la ragazza fu di lasciarla parlare, nonostante la compassione che mostrava per Lupin gli desse fastidio. Ma avrebbe sopportato.
L’indomani fu il giorno scelto dal destino per rincarare la dose. Quando a colazione i gufi portarono la posta e i giornali l’attenzione degli studenti fu tutta rivolta al tavolo dei professori.
Sulla Gazzetta del Profeta un articolo dal titolo in grassetto e altisonante parlava delle nuove norme da seguire per il trattamento delle creature magiche all’interno di edifici pubblici e privati. Detta così sembrava una nota interessante solo per Hagrid, ma bastarono poche righe per rendere chiaro a tutti il fulcro della discussione: il Ministero voleva aprire un dibattito prima di rendere la norma una vera e propria legge sulla possibilità o meno dei lupi mannari di poter girare indisturbati per le città, avere relazioni coi cittadini, o lavorare con le persone normali. La foto di un ministro nella pagina dell’articolo sbraitava che non ci si può più fidare delle persone che ogni luna piena si trasformano in orribili esseri ripugnanti e pericolosi. Si chiedeva perciò ai cittadini maghi diplomati di dare un giudizio da far pervenire al Ministero per una rapida e pronta decisione sul da farsi.
La faccia della McGranitt era sconvolta. Piton impassibile sedeva accanto a una Georgy affranta per la crudeltà delle persone e delle parole di quel terribile articolo. Non fece in tempo a impedire a Lupin di guardare il giornale che lui se ne era già andato, lasciando la colazione nel piatto, sotto gli occhi degli studenti. Pochi tra i più grandi conoscevano il segreto di Lupin, i più giovani si chiedevano perché il professore avesse reagito così.
Le voci però, si sa, girano molto in fretta, e presto anche i genitori degli studenti seppero ciò che era successo con il Molliccio, e non ci misero molto a collegare il fatto della luna piena con le figure e l’atteggiamento del professore. In poche mattine le classi si decimarono nelle ore di Difesa contro le Arti Oscure. Molti genitori infatti avevano proibito ai figli di avere rapporti con quel professore.
<< Remus non ti preoccupare, vedrai che alla fine il Ministero si rimangerà tutti. Ormai ci sono diverse persone nella tua condizione che lavorano nelle città del mondo magico e non solo, non possono vietare a tutti di vivere! >>
<< Sì che possono Georgy, non vedi? Ci vogliono rinchiudere tutti in quella terribile prigione…di nuovo… >>
<< Remus non succederà! Io non voglio e nessuno dei professori qui a Hogwarts è d’accordo! La McGranitt è come Silente, astuta e con conoscenze, sistemeremo le cose. >>
<< Tu mi parli così perché credi che sia tutto facile, un malinteso- non mi consoci Georgy, non sai cosa mi è successo, non sai chi sono. E io non so se mi vorrai anche solo come amico una volta che lo avrai scoperto. >>
La ragazza lo guardò dolcemente, gli mise una mano sulla spalla e gli disse: << Tu però non sai come potrei reagire io. Senti, io non voglio obbligarti, sono tua amica e farò il possibile per aiutarti, come anche son convinta faranno Sirius, la preside, Severus e tutti gli altri. Sì anche Severus, casomai lo obbligo io! Io farò ciò che tu mi dirai. Se vuoi che parli io parlo, se vuoi qualcuno che ti ascolti eccomi qua, se vuoi che me ne vada lo farò… ma dimmi qualcosa, dimmi come posso aiutarti, ti prego. Sto male nel vederti così >>.
Lupin probabilmente in un’altra situazione le avrebbe chiesto un bacio, ma non sarebbe stato opportuno in quel momento. << Grazie Georgy, sei davvero una bella persona >>
<< Anche tu lo sei Remus… >>
Lupin guardò a terra e fece un sorrisetto, un ghigno nostalgico e triste. << Non ne sarai così sicura dopo aver ascoltato la mia storia… >>
<< Non sono d’accordo >> rispose la ragazza.
 
<< Dimmi tutto Severus >>.
<< Credo che lui sappia che lo stanno cercando. Ne ha parlato a Georgy. >>
<< Che cosa? >> chiese incredula la McGranitt. << Cosa sa la ragazza? >>
<< Per ora sa solo che l’uomo in cui si è trasformato il Molliccio lo sta cercando, e che già in passato si erano incontrati. Da come me lo ha descritto e da come mi ha parlato di Lupin credo che sappia anche che è stato catturato e imprigionato. >>
La faccia della McGranitt era sconvolta. Sapeva bene che presto anche la ragazza avrebbe saputo tutta la verità, anzi, forse Lupin gliela stava raccontando in quel preciso istante. Sapeva che presto l’uomo dell’apparizione si sarebbe fatto vivo, e il fatto che Georgy conoscesse la storia avrebbe potuto rivelarsi un problema. Sapeva che Lupin era destinato a soffrire ancora per uscire da questa storia.
<< Albus >> disse la preside rivolgendosi all’immagine di Silente, << Albus cosa possiamo fare adesso? Non si può tollerare che gli alunni non frequentino delle lezioni, e non possiamo permettere che il nome di un professore venga infangato così. Come possiamo agire? >>
<< Non lo so Minerva, è una situazione difficile… di sicuro, per qualsiasi decisione prenderemo, che sia il povero Remus o la scuola intera, qualcuno ne soffrirà. Immaginavo che prima o poi il suo passato sarebbe riemerso… >>
<< Sì ma non è giusto che una persona innocente e buona come lui subisca tutta questa… diffamazione! >> intervenne la McGranitt.
<< Dobbiamo fare luce maggiormente su ciò che è accaduto quella notte e indagare…forse neppure lui si è reso conto di come è andata veramente. >>
Piton seguiva i discorsi dei due presidi senza capire molto. Cosa poteva aver mai fatto Lupin? Cos’era successo quella notte? Chi è l’uomo che lo cerca e perché lo vuole diffamare?
<< Albus, preside, io continuerò a riportarvi ciò che Georgy mi dirà anche se non lo trovo molto corretto nei suoi c… >>aveva iniziato a dire, ma subito Silente lo interruppe.
<< Hai ragione Severus, hai diritto di sapere. Vedi, dopo la fine degli studi Remus non ha avuto vita facile. I suoi genitori son morti poco tempo dopo e lui ha dovuto cavarsela da solo. Ha fatto qualche lavoretto qua e là, ha mantenuto qualche amicizia (con Sirius per esempio) ma nulla più. Aveva paura di relazionarsi con le persone, non era più in un ambiente protetto come Hogwarts, là fuori le persone non si fanno scrupoli a giudicare. E così lui non voleva e non poteva mostrare la sua vera natura, si doveva nascondere, non si poteva far conoscere. Sfortunatamente è stato proprio in quel periodo che la caccia ai lupi mannari si è fatta più incalzante. Corvax Becerus Swire è il nome dell’uomo che più di tutti si è battuto per catturare le creature come i lupi mannari e anche le persone che in essi si trasformano ogni notte di luna piena. Ma a Remus credo sia toccata una sorte peggiore… una notte, con la luna piena, come sempre Remus si è nascosto in una foresta per evitare di incontrare persone e fare loro del male, quando è trasformato non ha più coscienza di sé. Purtroppo quella notte qualcosa è andato storto, qualcuno ha fatto la spia, e ha chiamato Corvax Swire. Remus è stato raggiunto nel pieno della notte, lo hanno inseguito, ferito, cercato. Alla fine lo hanno trovato nuovamente umano, imbrattato di sangue. Nella stessa foresta fu ritrovato il corpo dilaniato, sbranato e quasi irriconoscibile di un bambino scomparso proprio quella sera. >>
Il volto di Piton era fermo ma lasciava trasparire una vena di emozione. Compassione? Ribrezzo? Menefreghismo?
<< Per Corvax Swire è stata una conquista. Con la cattura di Remus è riuscito a dimostrare che anche le persone morse e quindi lupi mannari ad ogni luna piena son pericolose, e che sono una minaccia per tutto il mondo magico e non solo. Da quel momento per diversi anni c’è stato un vero e proprio terrorismo nei confronti delle persone come Remus, prima risparmiate dalla persecuzione. >>
<< E’ una storia terribile >> disse la McGranitt. << Povero, povero Remus, non è facile essere lui… >>
Piton non la pensava esattamente così. Effettivamente era rimasto colpito dalla storia, impressionato dal passato di Lupin che non gli era del tutto noto, e diciamo che in un certo senso lo ammirava per il suo coraggio di affrontare la vita e le persone. Era convinto però che non fosse stato l’unico ad avere un passato difficile. Anche lui stesso era stato perseguitato, aveva dovuto fare il doppio gioco con Voldemort, aveva attirato su di sé l’ira e le malelingue di tutti. Compassione per Lupin? No. Al massimo comprensione. Avrebbe continuato a riportare ciò che gli raccontava Georgy? Si. Lo avrebbe aiutato? Forse, ma non certo per la tristezza della sua storia. 
 
<< E poi? Come è andata a finire? >>
<< Ho passato in prigione quasi tre anni, senza vedere mai nessuno. Sirius ad Azkaban, James e Lily uccisi da Voldemort, non avevo nessuno >> rispose Lupin alla ragazza. << Un giorno è arrivato da me un ragazzo, il volto sfigurato da graffi e ferite, che mi portò un messaggio. >>
<< E cosa diceva? >>
<< “Se vuoi essere libero dovrai lavorare per me”, firmato Mr Swire. Non ci pensai due volte, tutto, pur di uscire da quell’inferno. Così dopo qualche giorno lo stesso ragazzo sfigurato mi venne a prelevare e mi portò da questo Swire il quale mi disse che l’unico modo per rimanere libero sarebbe stato quello di fargli da spia, per scovare quelli come me e farli imprigionare. Sapevo che era una cosa spregevole, servire colui che mi aveva condannato, ma non ne potevo più di rimanere rinchiuso, come un… cane. Tuttavia ben presto mi ricordai com’era scappare per non essere preso, e quando scoprii con che metodi subdoli e vigliacchi la gente veniva accusata mi ribellai. Denunciai il fatto al Ministero e solo Silente mi credette. Riuscimmo a trovare dei testimoni e delle prove, ma evidentemente il Ministero preferiva togliersi di mezzo quelli come me in qualsiasi modo piuttosto che sentirsi minacciato, perciò il massimo che riuscimmo ad ottenere fu la fine della caccia al lupo >>.
<< Oh Remus, ma è terribile >>.
<< Non mi pento di aver assecondato il temibile Corax Swire, non mi angoscia il fatto di poter perdere questo lavoro. Essere solo è una consolazione, seppur magra. L’unica cosa per cui sono veramente distrutto, la vera ragione del mio silenzio verso il passato, è che ho ucciso un bambino, un innocente bambino. Non mi do pace. Non doveva succedere >>.
<< Remus, tu non potevi sapere che quel bambino fosse lì, non è colpa tua… >>
Gli occhi del professore si fecero piccoli ma colmi di rabbia. Replicò urlando: << Cosa? Non è colpa mia? Ti rendi conto di ciò che stai dicendo? Mi hanno trovato vicino al suo corpo dilaniato e io coperto di sangue. Chissà quanto avrà sofferto, e i suoi genitori cosa avranno passato. Forse non mi meritavo quell’occasione concessami da Swire >>. Il tono di Lupin si fece poi più calmo, la disperazione per le azioni commesse restava però palpabile nelle sue parole. << Non passa giorno che non pensi a lui. E ogni volta che mi devo trasformare me lo vedo d’avanti, già imbrattato di sangue, che mi guarda triste come a dire “Non lo fare più, ho paura”. Sono un animale Georgy, mi sono comportato come…come… una bestia… Mi merito che i miei alunni non si presentino a lezione, mi merito che i miei colleghi mi guardino torvi, mi merito di essere sbattuto in strada, lasciato a me stesso e ai giudizi giustamente cattivi della gente. Non dire che non è vero. Non stavolta >>.
Georgy rimase in silenzio. Gli pose una mano sulla spalla, lo accarezzò, lo guardò con aria comprensiva. Gli faceva molta tenerezza, ma sapeva che Lupin non aveva bisogno di pietà, no. Ciò di cui aveva bisogno era sapere di essere al sicuro e di avere una nuova possibilità, di poter ricominciare da zero. Gli avrebbe dato questa sicurezza, gliela doveva.
<< Non è vero Remus. Ecco, l’ho detto. Non è vero. E presto o tardi lo capirai. Farò di tutto per fartelo capire. >>
I loro occhi si incrociarono per un lungo istante. Quelli di lei carichi di fierezza e decisione, quelli di lui stanchi ma per una volta, per un momento, fiduciosi.

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Capitolo 24
*** Buon compleanno ***


<< Ecco, lo sapevo. Possibile che tu non capisca? Siamo già al 5 di ottobre, la scuola è iniziata da un mese, noi due condividiamo la stessa stanza da molto più tempo, e tu continui a comportarti così? >>
Georgy era infuriata. Arrabbiata, scontrosa, infastidita, esterrefatta ma pur sempre innamorata del suo Severus, tanto che terminò le sue offese mattutine scoppiando a ridere. << Puoi farti entrare in quella testolina che quando mi sveglio il bagno lo vorrei libero per me? Ah ah ah ah! >>. Appunto, un’esplosione di risa, anche perché Piton non la lasciò finir di parlare (o ridere) che la prese e la gettò nuovamente sul letto.
<< Credo che per ricordarlo meglio dovresti chiedermelo con più gentilezza, magari con un “per favore” alla fine della frase, e, perché no, corredato da un lungo e intenso bacio, proprio come questo >>, disse il professore, posando le sue labbra su quelle ancora ridenti della ragazza.
<< Va bene, la prossima volta cercherò di farmi capire meglio. Ora, se vuoi scusarmi, è tempo che mi dedichi un pochettino a me stessa, questo bel faccino necessita di un po’ di fondotinta coprente per non essere presa per uno zombie! >>
<< Forse se tu andassi a letto prima la sera quelle enormi occhiaie non ci sarebbero! >>
<< Come osi?! Sei tu che mi tieni sveglia ogni sera! >>
<< No tesoro, sei tu che mi vuoi raccontare sempre la tua giornata! >>
<< Razza di… bue muschiato! >> urlò la ragazza chiudendosi in bagno.
<< Accidenti, dopo questa offesa mi sento veramente ferito nel profondo. Credo che per consolarmi da questo insulto mi mangerò questo bel cioccolatino al latte con ripieno di gianduia che avevo promesso di regalarti, ma non so se te lo meriti… >>.
Non c’era tempo per assecondare Severus e il suo tono scherzoso. Quel cioccolatino andava salvato. Georgy con una prontezza ed agilità che solo queste situazioni sanno dare uscì di corsa dal bagno, saltò sul letto, rimbalzò oltre il professore che si stava allungando verso il comodino su cui si trovava l’oggetto del desiderio e vi piombò davanti. Guardò il professore, sogghignò, afferrò il suo premio e lo alzò come un trofeo.
<< E tu avresti rischiato di ammazzarti per un cioccolatino?! >> chiese stupito Piton.
<< Non per un cioccolatino, ma per il cioccolatino. È mio, e tu non lo avrai mai! Al massimo potrai avere me, se mi vorrò concedere! >>
<< Oh sì che lo farai! >> disse Piton sorridendo e lanciandosi verso la ragazza, la quale velocemente fece il giro del letto e si rintanò in bagno.
<< Ed ora lasciami sistemare! Non voglio mica fare tardi al lavoro, io! >>
La amava. Severus Piton, il professore più antipatico, l’uomo più scorbutico e acido, era follemente, inesorabilmente, esageratamente innamorato di quella ragazza. Non aveva mai amato nessuna così prima d’ora, neppure quella Lily Evans che gli era stata tanto cara. E nessun’altro avrebbe mai amato in tal modo. Georgy era l’unica cosa che avesse, praticamente era la sua famiglia, e l’avrebbe sempre difesa, in ogni modo. Era convinto che anche la ragazza lo amasse, che ricambiasse a pieno i suoi sentimenti, e si rendeva perfettamente conto che insieme erano una coppia fantastica. Non c’era proprio motivo di discussione: quei due erano la coppia d’eccellenza di Hogwarts! Oramai nessuno studente si faceva meraviglia di beccarli appartati scambiarsi parole o piccoli gesti d’affetto. Nessuno durante gli orari scolastici li aveva mai visti scambiarsi effusioni d’amore troppo intime, nessuno poteva dire di averli sorpresi in atti poco consoni a due insegnanti. Erano la coppia perfetta, complementari, insieme diventavano un’anima sola, e non sapevano più dove finiva uno e cominciava l’altro. Tutto andava per il meglio.
E la storia di Lupin? Bè Georgy era rimasta abbastanza colpita dal passato del professore, e si stava dando da fare sia per mantenere il suo morale a livelli accettabili, sia per fare ulteriori ricerche su ciò che stava accadendo o che era già accaduto. Non le andava giù quel Corvax Swire, non capiva perché tutto quell’odio verso delle povere persone innocenti come Lupin, e non capiva perché accanirsi così proprio con Lupin. Avrebbe tanto voluto fare un discorsetto con il signor Swire, e prima o poi ne avrebbe avuto l’occasione, o se la sarebbe creata. Piton ormai ci aveva quasi fatto l’abitudine, sentire ciò che aveva detto Lupin a Georgy durante tutto il giorno, permettere che si vedessero anche fuori dall’orario delle lezioni, riportare tutto alla McGranitt quando ne aveva tempo. Nonostante ciò aveva cercato in tutti i modi di raggiungere un equilibrio, mentale, di pazienza, e fisico, e pareva gli stesse riuscendo. Sapeva di potersi fidare della ragazza, perciò la lasciava libera di fare ciò che voleva. Poi erano i momenti come quell’inizio di giornata a riempirgli il cuore d’amore. Non c’era nulla di meglio che vedere la propria ragazza innamorata correre dentro e fuori dal bagno, fare la finta arrabbiata, lottare per un cioccolatino, scherzare su di loro e sul loro amore, proporre di andare a trovare sua madre, e…
Un momento.
<< Cosa? >> chiese Piton con gli occhi fuori dalle orbite.
<< Sì hai capito bene. Stavo pensando che ormai stiamo insieme da un po’ e potremmo anche andare a trovare i tuoi genitori >>.
<< Non capisco perché dovremmo fare una cosa del genere. >>
<< Perché si fa, è giusto. Tu li hai conosciuti i miei! >>
<< Georgy, ma è diverso! Non so nemmeno dove stiano, come stiano… non so neppure se mio padre sia morto o no… >>
<< Motivo in più per andare… >>
<< Non penso proprio >>
<< E invece sì. Io vado altrimenti faccio tardi, tu pensaci se vuoi, se no fai pure a meno, ma sappi che andremo lo stesso. Ciao ciao! >> disse la ragazza sorridendo e uscendo dalla stanza.
“ Ci mancava solo questa…” pensò il professore rimasto solo, sbalordito, seduto ai piedi del letto. Quella giornata sarebbe stata molto lunga.
 
In tarda mattinata nell’ufficio della preside arrivò una busta, una lettera per la precisione. Appoggiata sulla scrivania, era al centro di grandi cerchi immaginari percorsi a grandi e pensierosi passi dalla McGranitt, visibilmente agitata. Il quadro di Silente era vuoto, nessuna voce era udibile nel corridoio, tutti erano occupati in lezioni.
“Albus ti prego, torna con buone notizie!” pensava Minerva McGranitt, non fermandosi, continuando a camminare attorno alla scrivania, sempre più presa da pensieri cupi e tristi.
<< E’ definitivo >> disse l’immagine rientrata nel quadro, << riprenderà l’inquisizione, a breve si riapriranno i vecchi fascicoli, il tribunale pullulerà nuovamente di innocenti ingiustamente condannati. Corvax Swire apre nuovamente la caccia. Il nostro Remus ha le ore contate. >>
Panico, tristezza, ansia, inquitudine. La McGranitt vedeva quasi come propri figli e nipoti coloro che lavoravano ad Hogwarts e gli studenti stessi, in particolare quelli meritevoli, gentili, ben educati e bisognosi di un luogo da chiamare casa. Lupin era sempre stato un ragazzo e un uomo così, semplice e umile, gentile e cortese, toccato da un destino crudele che ora non gli lasciava scampo. Sarebbe finito in prigione, la stessa dove già era stato rinchiuso, ma questa volta nessuno più avrebbe potuto salvarlo se non un miracolo.
 
Sirius era una persona difficile da gestire. Con quell’animo selvaggio tipico dei lupi e quel caratteraccio tipico degli uomini poteva sembrare veramente una persona orribile da tenere lontana dalla portata di chiunque. Forse Georgy avrebbe dovuto conoscerlo da giovane per poterlo apprezzare di più. il problema era che Sirius si era sempre comportato male con Piton, e continuava a farlo nonostante entrambi fossero cresciuti e (forse) maturati. A Sirius non importava nulla di Piton, le sue azioni si svolgevano indipendentemente dalla sua presenza. Urtavano l’animo del professore? Pace, se ne sarebbe fatto una ragione. Piton non vuole? Che me lo dica in faccia, io lo faccio lo stesso.
E così Sirius, fregandosene come ogni volta dei moniti degli altri e dei pensieri molto chiari di Piton, si mise all’opera.
 
Il 16 ottobre si avvicinava, e Georgy iniziava a pensare a come avrebbe potuto festeggiare il suo compleanno. Non era il primo che avrebbe passato ad Hogwarts, ma era di certo il primo da aiuto-professore, il che forse le avrebbe concesso più libertà rispetto agli anni precedenti. Pensava che forse anche Severus le avrebbe organizzato qualcosa, ma non era certa, visto che il suo uomo sapeva quanto lei fosse precisa e molto organizzativa. Se Georgy aveva già in mente qualcosa era difficile farle accettare altre idee soprattutto se diverse dalla sua. Era così, testarda e organizzata per certe cose.
I giorni che precedettero il suo compleanno però furono densi e carichi di impegni. Le sue giornate diventavano sempre più dure, doveva gestire numerose classi, preparare molte lezioni, talvolta imparare cose nuove per trasmetterle agli alunni. Non credeva potesse essere così difficile insegnare ma le piaceva, amava la materia soprattutto e questo la spingeva a dare sempre il meglio. Notava però che Lupin diveniva sempre più triste e cupo man mano che passavano i giorni, e questo non la faceva stare certo tranquilla e serena. Ogni tanto Lupin si confidava con lei, tanto ormai sapeva tutta la storia, e la ragazza riferiva tutto a Piton, per parlarne, discuterne e trovare una soluzione. Ancora non sapeva che Piton a sua volta riferiva tutto alla McGranitt, e neppure se lo immaginava. Piton però in cuor suo sapeva che prima o poi lei lo sarebbe venuto a sapere e che lei non ne sarebbe stata per nulla contenta. Forse glielo avrebbe detto lui stesso, ma solo quando la storia si fosse risolta per il meglio.
Georgy comunque si sbagliava. Piton non voleva che lei si crucciasse per la sua festa di compleanno, la vedeva sempre indaffarata e di corsa. Le avrebbe organizzato una bella seratina romantica, come aveva fatto quasi un anno prima, quando appena riscoperti l’un l’altra avevano passato la più bella notte della loro vita insieme. Mancava pochissimo ormai, ma aveva curato ogni dettaglio. Biglietti, rose, ristorante. Si era addirittura comprato un vestito come quelli babbani che aveva visto durante l’estate in giro per il mondo. L’avrebbe portata tra i babbani con cui era cresciuta, per poi tornare nel mondo magico per farle toccare con mano le stelle. E se Georgy avesse già pensato a qualcosa l’avrebbe bloccata subito, non ammetteva reclami. Quel giorno sarebbe stata coccolata in tutto.
E un po’ di coccole Georgy se le meritava visto che non aveva più avuto un attimo di riposo da quando era ricominciata la scuola. Non vedeva l’ora arrivassero i week-end per fermarsi giusto mezza giornata, concedersi qualche burrobirra e un po’ di meritato relax. Anche il giorno prima del suo compleanno non faceva che pensare al week-end. Si era completamente scordata che fosse il 15, e non aveva ancora minimamente pensato a come festeggiare il giorno dopo. Il che era un punto positivo a favore di Piton.
 
Il 16 ottobre alle ore 7.30 suonò la sveglia. Gerogy scattò in piedi e si fiondò in bagno. Aveva imparato a sue spese che perdere tempo a letto significava perdere tempo per la colazione e quindi per la preparazione dell’aula per la lezione, il che si traduceva in parole da parte di Lupin e disorganizzazione che le creava il panico.
Si chiuse in bagno e si fissò allo specchio. << Uffa, guarda che capelli! È inutile che io usi un sacco di prodotti, mi restano sempre crespi. Non posso neanche tenerli lunghi che mi diventano peggio di quelli della professoressa Cooman >> si lamentava come suo solito. Fu alzando gli occhi per offendere i suoi lunghi capelli che si accorse che nell’angolo in alto a destra dello specchio era comparsa una rosa rossa, con qualche gocciolina di brina posata sui petali e un profumo che inebriava l’aria. Georgy sorrise, e si dimenticò per un attimo i suoi capelli.
Ultimamente Piton non la attendeva più a letto. Si alzava prima di lei per lasciarle libere le camere e la attendeva alla sua scrivania, ottimizzando il tempo. A Georgy non dispiaceva perché sapeva che quando giungeva il fine settimana la storia cambiava, e poteva così apprezzare di più il fatto che lui la fissasse sempre mentre dormiva o che la svegliasse con baci e carezze.
Uscita dal bagno, lavata e vestita, uscì dalla camera da letto per salutare il suo uomo, ma nello studio non trovò anima viva. Nell’aria andava una musica nuova, una voce bassa e strana riempiva il silenzio di parole, un’altra rosa rossa comparsa su un tavolino fermava insieme ad alcuni petali sparsi un foglio bianco scritto a penna.
 
“Voglio portare via con me ogni tuo sorriso, ogni tuo gesto, ogni tua parola, ogni tuo anno ogni volta che mi allontano.”
 
Georgy sarebbe potuta scoppiare a piangere all’istante. Di sottofondo ancora quella musica, ancora quelle splendide parole che riusciva a percepire. Si voltò verso la fonte del suono e trovò nuovamente una rosa e qualche petalo a coprire un altro foglio che recava questa scritta: “Tom Waits – Take it with me. Buon compleanno. A stasera”.Georgy riascoltò la canzone più e più volte, innamorandosi sempre più di quelle parole, che seppure non di Piton la rimandavano a lui. Non aveva mai sentito una canzone più romantica.
Uscì dallo studio assai felice, gongolante. Sperava di trovare il suo uomo a fare colazione ma le dissero di averlo mancato per un soffio. Non ci badò e andò comunque a lezione, sicura che lo avrebbe incrociato prima o dopo. Tutti le facevano gli auguri, la baciavano e la abbracciavano. In fondo era quasi una leggenda per molti, colei che aveva sconfitto quasi da sola Voldemort, che aveva ottenuto giovanissima un posto ad Hogwarts, che aveva fatto innamorare il professore più scorbutico, antipatico e freddo dell’intero mondo magico.
La lezione di Lupin iniziò con un canto d’auguri e con i ragazzi che si erano riuniti in classe prima del dovuto per scatenare un tripudio di magie e colori al suo ingresso. La ragazza non si aspettava tutta quella partecipazione, in fondo era un semplice compleanno.
<< Grazie ragazzi, e grazie professore, non dovevate, son felicissima! >>
<< Te lo meriti Georgy! >> disse qualche ragazzino.
<< Sì, è vero, ci aiuti sempre! >> disse uno tra i più giovani.
“Ah i Grifondoro, son sempre così simpatici!” pensava la ragazza.
Per tutta la lezione non aveva in mente che la canzone di Tom Waits, e non vedeva l’ora di poter vedere il suo Piton.
Finalmente prima di pranzo lo vide lungo il corridoio affollato di studenti, accompagnato da alcuni Serpeverde che si lamentavano come al solito dei Grifondoro. Lui li stava ad ascoltare e condivideva con loro molte idee (l’odio per i Grifondoro di certo non poteva estinguersi solo per amore di una di loro!), ma non appena vide Georgy li congedò velocemente e li mandò in sala grande con il loro disappunto. Si voltò verso Georgy e rimase fermo a guardarla. Il timido sole autunnale e l’atmosfera fredda di quel giorno di sole la rendevano bellissima, i suoi capelli castani riflettevano i colori delle foglie, i suoi occhi chiari per contrasto risaltavano, vivi e vibranti. Lei con passo calmo e tranquillo gli si avvicinò, gli sorrise e gli parlò all’orecchio piano, così che nessuno potesse sentirla: << Io voglio donarti ogni mio sorriso, ogni mio gesto, ogni mio anno, ma non voglio che tu ti allontani. Ti amo >>. Gli sorrise nuovamente e se ne andò saltellando, voltandosi per vedere la sua reazione. Sapevano entrambi che in pubblico non potevano saltarsi addosso e baciarsi senza ritegno e pudore, ma se avessero potuto l’avrebbero fatto all’istante.
Quindi per quella sera la ragazza avrebbe avuto un appuntamento. Non poté non pensare a quello di quasi un anno prima, il volo sulla scopa, la cena, la passeggiata, la notte trascorsa insieme. Era stato davvero magico. E probabilmente si sarebbe dovuta aspettare una serata altrettanto magica.
Quel pomeriggio, dopo la lezione, la ragazza incontrò Sirius, tutto sporco di terra per la sua lezione appena terminata. << Ciao Georgy, come ti va la giornata? Scusa se non ti bacio e abbraccio ma come vedi non sono molto presentabile, i ragazzini del primo anno hanno voluto vedere un lupo all’azione ma mi hanno circondato e siamo un po’ tutti ridotti così. Maledette pozzanghere fangose. I pargoli si divertono, ma io ho una certa età miserciaccia. Comunque volevo chiederti se per caso stasera saresti libera per…ecco, una burrobirra e un dolce in compagnia? >>
<< Oh grazie Sirius per l’offerta ma credo di avere già un appuntamento con Severus… >>
<< Credi? >>
<< Sì mi ha scritto “a stasera” credo voglia farmi una sorpresa! >>
<< Bè almeno potresti fare un salto nell’aula di Trasfigurazione, la sistemiamo un attimo, ti diamo il regalo e poi vai dove vuoi, che dici? Oh no, non dovevo dirti del regalo, che scemo! Era una sorpresa… >>
<< Non ti preoccupare, posso fingere stupore! >>
<< Sì ecco grazie mi faresti un grande favore. Saremo in tanti, non solo io, quindi puoi stare tranquilla, ci si diverte ecco. Allora, ti unisci? Poi quando vuoi te ne puoi andare! Facciamo per le 19.30. >>
<< Mmm va bene dai, resterò un po’. A dopo allora e grazie! >>
<< Ehi io non ti ho detto niente, solo di trovarti in aula a quell’ora ok?! >>
<< Si va bene! >> rispose la ragazza, e si incamminò verso la sua stanza.
Entrò nello studio di Piton e non lo trovò. La musica di Tom Waits ancora risuonava, e lei, che se l’era quasi dimenticata, ritornò ad assaporare ogni sua nota. Entrata nella camera adiacente allo studio trovò sul letto un pacco regalo e una rosa rossa sul cuscino, molti petali sparsi e un biglietto.
“Alle 20.00 alla torre di astronomia. Puntuale.”
“Wow per fortuna faccio in tempo a passare prima da Sirius!” pensò la ragazza. non sapeva cosa potesse contenere il pacco ma se era lì probabilmente doveva aprirlo. Decise prima di farsi una bella doccia calda, per rilassarsi.
La curiosità la stava dilaniando. L’acqua che scorreva sul suo corpo nudo aveva lavato via i suoi pensieri, ora si doveva solo godere il resto della giornata, alle brutte cose avrebbe pensato l’indomani. Uscita dal caldo bagno in accappatoio e asciugamano in testa si sedette sul letto e aprì il suo pacco regalo. Appoggiato al fondo della scatola vi era un abito nero, lungo, bellissimo. Si alzò, lo prese in mano e lo ammirò: spalline non troppo strette disegnavano uno scollo vertiginoso che avrebbe di sicuro messo in risalto il suo seno, dei brillantini argentati segnavano alcuni punti luce del vestito, la gonna arrivava fino a terra, coprendole i piedi. Lo girò e notò che lasciava per buona parte scoperta la schiena. “Severus è un pazzo, quanto freddo farà con questo coso!”. Guardò nuovamente nella scatola e vi trovò anche un completo intimo. “Mmm buongustaio…scommetto che questo non vede l’ora di togliermelo!” e se lo mise addosso. All’improvviso, non appena ebbe allacciato lo strano reggiseno incredibilmente sexy il vestito prese vita, il suo intero armadio prese vita, e tutto iniziò a girarle intorno. Il vestito praticamente la costrinse a farsi indossare, una fila di scarpe con il tacco era pronta per essere provata, i cappotti iniziarono da soli ad accostarsi all’abbigliamento per decidere il migliore abbinamento.
Se non fosse stata un’ aiuto-insegnante di Difesa contro le Arti Oscure avrebbe sicuramente fatto un infarto, invece sapeva benissimo che quella era una magia fatta da un esperto mago per aiutarla nella decisione più ardua di quella giornata: come vestirsi.
Georgy si guardò allo specchio e notò che il vestito non era poi così scollato come appariva da non indossato. Certo le faceva risaltare il suo bel seno, ma la schiena non era poi così tanto scoperta, e le cadeva morbido addosso, facendola sembrare più magra di quel che realmente era. Le stava davvero a pennello. Provò qualche scarpa, ma alla fine optò per dei sandali neri dal tacco vertiginoso, e come soprabito uno corto e nero. Non dovette pettinarsi o truccarsi perché fecero tutto parrucchieri e truccatori invisibili. I capelli un po’ mossi le cadevano sul petto e le coprivano la schiena, un trucco sfumato dal nero all’argentato rendeva glaciali i suoi occhi azzurri, orecchini lunghi brillanti e labbra rosse le mettevano in risalto il sorriso.
Era pronta per una bellissima serata. Alle 19.30 entrò nell’aula di Trasfigurazione e come promesso da Sirius vi trovò tutti i professori di Hogwarts pronti a festeggiarla. La ragazza come promesso all’amico finse stupore per ogni cosa, assaggiò della torta buonissima, bevette della burrobirra e fu presa nella mischi di persone che volevano farle passare una serata divertente.
Le si avvicinò la McGranitt, al settimo cielo per la festa: << Ti stai divertendo? Sirius e Lupin si sono tanto impegnati per questa festa, direi soprattutto Sirius, forse vuole farsi perdonare qualcosa… >>
<< Non saprei, comunque sono grata a tutti voi, non pensavo avreste fatto una cosa del genere! >>
<< Ma tu te la meriti Georgy questa festa, vedi, noi tutti lo facciamo volentieri perché tu hai fatto molto per noi, e a tuo modo sei importante per ciascuno di noi >>.
<< Grazie preside, son parole bellissime. >>
<< Non sono solo parole, è la verità! Però adesso dovresti spassartela un po’, vai a ballare! >>
<< Sì ma devo stare attenta all’orologio, alle 20.00 devo uscire con il professor Piton! >>
<< Ah è vero, mi aveva accennato qualcosa! Sì per avere il permesso di uscire, in fondo non è ancora il week-end… ecco perché sei vestita così bene! Sei bellissima! >>
<< Grazie mille! Resterò giusto cinque minuti… >>
<< Georgy! >> si sentì chiamare dal mezzo dell’improvvisata pista da ballo, << Georgy vieni qui dai! >>.
La ragazza inizialmente indecisa prese coraggio e si buttò nella mischia, ben conscia del fatto che il suo modo di ballare non fosse tra i più belli, anzi, sinceramente, era una ragazza abbastanza goffa e maldestra. Sirius la seppe intrattenere bene, e per farle perdere le inibizioni iniziali le fece bere altra burrobirra. Lumacorno diede il meglio di sé, facendo ridere anche senza dire o fare nulla. Una festa riuscitissima. La ragazza era riuscita a dimenticarsi di tutti i suoi problemi. Dalle finestre entrava il buio della sera, e un raggio di luce derivante dalla luna, piena e splendente…
Fu un attimo. Nel mentre in cui Georgy si era resa conto che il tempo era volato e che ormai erano le 21 passate, Lupin aveva guardato in faccia la cosa che temeva di più, aveva lanciato un’occhiata complice a Sirius e una di scuse ai presenti ed era fuggito, nel suo solito nascondiglio da luna piena, tra lo stupoore dei presenti e le urla di chi lo vedeva iniziare a trasformarsi. Sirius e Hagrid lo seguirono, pronti ad intervenire per qualsiasi evenienza. La festa era sicuramente finita, ma per Georgy stava iniziando una tragedia.
Corse fuori dall’aula e trovò dei petali di rosa rossa davanti alla porta. Una lunga scia rossa la portò alla torre di astronomia, dove un intero mazzo di quei bellissimi e profumati fiori era stato gettato a terra e calpestato, insieme a una cravatta grigia. La ragazza tornò sui suoi passi affranta. Piton l’aveva aspettata per un sacco di tempo e poi si era stufato e se ne era andato. Povero. Chissà cosa le avrebbe detto. L’avrebbe ascoltata? Probabilmente no. Aveva rovinato tutto. Che stupida. Ma forse avrebbe potuto rimediare se gli avesse spiegato. Ma dove poteva essere? Forse in quella serata romantica l’unico posto dove avrebbe potuto essere era il piccolo angolo di giardino nascosto da tutto e da tutti dove si erano scambiati il primo bacio. Corse verso quel luogo con la speranza nel cuore. Gli avrebbe spiegato tutto, avrebbe chiesto scusa e avrebbe ro ricominciato. Sì. Ma in quel posto non c’era nessuno. Neppure un petalo rosso. Non un biglietto. Nulla. Non era stato lì.
Sconsolata rientrò nel castello e si diresse verso la sua stanza. Se non era neppure lì voleva dire che era andato via per conto suo. Aprì la porta dello studio. Fu pervasa da un silenzio agghiacciante. Nessuna musica riempiva l’aria. Ogni accenno di rose e romanticismo era sparito. La porta della camera era aperta, la luce accesa. Piton era a letto, con delle pergamene in mano e una piuma che scriveva all’impazzata. Stava correggendo i compiti di alcuni poveri studenti Tassorosso che lo avevano beccato in una serata poco felice.
<< Ciao Sev >> disse la ragazza piano sulla soglia della porta.
Piton alzò gli occhi e li riabbassò subito. << Ciao >> disse con tono freddo.
<< Io ti posso spiegare >> cercò di dire la ragazza, ma l’uomo sembrava non essere affatto interessato alle sue parole. Continuava a leggere le pergamene e segnare errori su errori.
<< Io non volevo Sev, avevano organizzato una festa a sorpresa, avrei fatto in tempo, è che il tempo proprio è volato e non mi sono accorta che si era fatto tardi… Sev mi dispiace, io volevo tanto uscire con te… Sei tanto arrabbiato? >>
Ancora il professore non rispose. Georgy si guardò attorno, in cerca di parole che potessero farla uscire da quella situazione orribile. Vide su una sedia in un angolo un vestito da uomo, come quello dei babbani, scuro, una camicia bianca e la scatola che doveva contenere una cravatta grigia, di marca. La ragazza si sentì pervadere da un terribile e pesante senso di colpa. Piton si era vestito come mai più avrebbe fatto solo per lei e lei aveva praticamente calpestato i suoi sentimenti.
<< Sev mi dispiace tanto… ti prego dimmi qualcosa… non l’ho fatto apposta, ero eccitata dall’idea di uscire con te, mi sono persa via alla festa, ho accettato perché Sirius aveva detto che ci sarebbe stata tanta gente e non potevo far dar buca a tutti… Sev ti prego dimmi qualcosa! >>
Il professore la guardò, mise per terra le pergamene e la piuma da correzione, si strofinò gli occhi e le disse: << Ora sono stanco, voglio dormire. Quando hai finito spegni tutto. >>
La ragazza rimase immobile sulla soglia della porta. I suoi occhi si annebbiarono di lacrime. Non ci poteva credere. Non aveva mai passato un compleanno così strano, ma in fondo era il suo, lui avrebbe dovuto star zitto e aspettarla. Mandò giù il magone e riprese a parlare al professore, con tono quasi arrabbiato: << Sev ti prego parliamone. Non ho fatto nulla di così grave. Sono andata alla festa di Sirius ma tu potevi benissimo venirmi a prendere. Perché devi fare così l’offeso adesso? Sirius e Lupin hanno organizzato questa cosa, cos’è sei geloso? Si son dati tanto da fare, dovevo ignorarli come tu ora fai con me? Siurius non avrebbe reagito così se… >> ma non fece in tempo a finire la frase. Piton era scattato in piedi, arrabbiato e fuori di sé.
<< Sirius cosa? Non me ne frega niente di quel cane bavoso! Non paragonarmi a lui! Io ti ho dato tutto, ho organizzato tutto, e tu hai preferito stare a quella festa. Ti ho vista che ti divertivi, che ridevi, che ballavi, che tutti ti davano attenzioni, giustamente. Io ti ho aspettata, per ore, sono venuto a cercarti, e ti ho trovata lì, in mezzo a tutti, a far finta che io non esistessi. >>
<< Sev non ho guardato l’ora, non mi sono accorta che fosse tardi… >>
<< Non mentirmi Georgy, avresti potuto benissimo venire alla torre e dirmi di venire con te a quella festa. Ti avrei seguita mio malgrado, ma essendo il tuo compleanno avresti deciso te, tutto quanto. E invece mi ritrovo ad essere il terzo incomodo, anzi il quarto, quinto, sesto, bo… Forse è solo la rabbia del momento, lo spero, ma per ora non ne voglio parlare, non ti voglio parlare. Io dormo di là, tu prenditi pure il letto. >>
La ragazza non si mosse finché Piton le passava accanto. Era attonita. Non riusciva a muoversi, né a parlare, né a pensare. Piton fece per chiudere la porta della camera, ma prima le disse: << Comunque, per quello che può valere, sei bellissima stasera. Ci credo che tutti ti guardavano. Anche io ti avrei fissata tutta la sera, e forse avrei insultato il pazzo che non l’avesse fatto. >>
Una volta chiusa la porta non si sentì nessun rumore. La ragazza era sola, nella sua camera, bellissima, e tristissima.
“Buon compleanno Georgy” pensò, stendendosi nel suo grande letto e iniziando a piangere, sommessamente.
Piton nello studio la poteva sentire singhiozzare. Gli faceva molto male, troppo. Sapeva di averla ferita, si rendeva conto di aver usato parole pesanti, ma era necessario.
 
<< Eccoti qui, finalmente ci rivediamo. È passato molto tempo, ma ora è giunto il momento di rimettere le cose al loro posto. I tuoi amichetti non possono fare niente, guardali, storditi dormono placidamente uno sull’altro. Potrei farli sbranare e dare la colpa a te ma non vogliamo che poi si parli di strane coincidenze, vero? >>.
Un agghiacciante ululato ruppe le parole pronunciate piano dall’uomo che finalmente sembrava aver raggiunto lo scopo di una vita.
<< Romulus, prendilo! >>.

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Capitolo 25
*** Una fine, una riscoperta e...un inizio? ***


<< Sirius! Hagrid! Svegliatevi per la miseria! >> gridava la McGranitt in preda al panico.
I due aprirono gli occhi insieme, e si guardarono intorno stupiti e intontiti.
<< Ma che diamine è successo? >> chiese Sirius strofinandosi gli occhi. << Mi ricordo solo di Remus che si è trasformato e mi sembrava pure sdoppiato… e tu Hagrid che farfugliavi qualcosa, ma che cazzo dicevi? Ti sei scolato troppi alcolici ieri sera, eh? >>
<< Ma che dici, non ho toccato neppure una burrobirra! E io non ho farfugliato nulla, piuttosto tu hai iniziato a dire cose tipo “Finalmente ci rivediamo”… ho pensato che tu fossi diventato scemo tutto ad un tratto! >>
<< Bada a come parli gigante barbuto, o ti spezzo in due! >>
<< Si si certo, pulce. Ma piuttosto perché ci siamo addormentati qui? >>
<< Ve lo dico io perché >> intervenne la preside. << Lupin è scappato. Probabilmente avete combattuto e vi ha messo al tappeto. Complimenti. >>
<< Ma è impossibile, non ce l’ha mai fatta a scappare così facilmente. Romulus non è così aggressivo e veloce… >>
Gli occhi di tutti guardavano stupiti Sirius. << Come l’hai chiamato? >> chiese la McGranitt.
<< Chi? >>
<< Hai appena nominato un certo Romulus… chi è? >>
<< Non lo so, io… aspetti, l’ho sentito ieri sera! Hagrid, ti ricordi? >>
<< Sì sì mi ricordo che qualcuno ha ordinato a questo Romulus di attaccare, ma non ho idea di chi possa essere, e di chi possa aver parlato. Ma quindi è stato lui a metterci ko? >>
La preside pensierosa congedò i due e chiese ai presenti il massimo riserbo. Nessuno doveva sapere che Lupin era scappato, men che meno gli studenti e i loro genitori. Avrebbe dovuto parlare con Georgy per organizzare le lezioni, e discutere con Silente sul da farsi. Chi era questo Romulus? E chi altro c’era nella stanza con Lupin?
 
Il risveglio per Georgy non fu certo dei migliori la mattina dopo il suo compleanno. Si era addormentata con il vestito ancora addosso che oramai si era sgualcito. Il pianto aveva fatto colare il trucco perfetto della sera precedente e le gocce di mascara scuro disegnavano lacrime profonde sulle sue guance. Si alzò, e guardò la parte di letto dove avrebbe dovuto dormire Piton: era vuota. Non era passato neppure a prendersi le pergamene e la piuma. Probabilmente gli studenti di quella mattina avrebbero avuto modo di saggiare forse per la prima volta la sua irascibilità.
La ragazza si sedette sul letto, nuovamente in lacrime. Aspettava che il professore entrasse dalla porta di fronte a lei, la abbracciasse e le dicesse che potevano ricominciare da capo, come se non fosse successo nulla, perché entrambi quella sera avevano sbagliato. Attese per diversi minuti, poi, vedendo che ora si era fatta, decise di prepararsi e di affrontare la giornata.
Quando Georgy uscì dalla camera trovò lo studio vuoto, né un biglietto né un segno del suo passaggio. E pensare che 24 ore prima l’aria era inebriata di musica e profumo di rose, e tutto faceva presagire che sarebbe stata una giornata indimenticabile. E sotto un certo punto di vista lo era stata davvero, purtroppo.
Nella sala grande studenti e professori stavano facendo colazione. Piton come al solito sedeva al tavolo dei professori vicino alla McGranitt, ma quel giorno stavano parlando più intensamente e i suoi occhi sembravano attenti a tutto ciò che la preside gli riferiva. Quando si accorse che la ragazza era entrata nella sala e si avvicinava al tavolo dei professori si alzò e uscì in fretta da una porta laterale. Georgy si bloccò un attimo, per poi prendere posto all’altro capo della tavola, sola e triste.
La McGranitt le si avvicinò e percepì che qualcosa non andava.
<< Georgy ti posso parlare? >>
Nella mente della ragazza subito si insinuarono strani pensieri. “Che Severus le abbia raccontato tutto? Forse mi dirà che la nostra storia deve finire? O che è già finita? E se peggio ancora potessi essere espulsa? Calma Georgy, ascolta cosa ti dice e poi casomai trova una soluzione al problema”.
<< Sì mi dica preside >>
<< C’è stato un problema questa notte con Lupin. Dovrei parlartene un attimo, ma è meglio un luogo più in disparte. >>
Le due si alzarono e uscirono nel corridoio deserto che portava alle aule di lezione. Generalmente gli studenti stavano distanti da quel corridoio quando potevano!
<< Vedi Georgy, il professor Lupin è…scappato. Sai che quando si trasforma non riesce a controllare la sua indole, e probabilmente è scappato, dopo aver stordito Sirius e Hagrid. Ti dovrei chiedere di non farne parola con nessuno, l’ultima cosa che vogliamo è che i genitori degli studenti sappiano che non possiamo controllare Lupin. Ti chiedo anche di svolgere tu da sola le lezioni, magari senza magia, o facendo fare cose non pericolose finchè la situazione non si risolve. So che sei brava, te la cavi molto bene sia con gli incantesimi che con i ragazzi, quindi mi fido di te. Ti prometto che presto tutto si risolverà. >>
Georgy era lievemente spaesata. Una serie di lezioni da fare da sola? Per lei era un grande onore, anche se non avrebbe mai voluto avere questo piacere in una situazione del genere. Era preoccupata più per il suo amico Lupin che per le lezioni, e sinceramente avrebbe preferito mettersi a cercarlo sospendendo le lezioni piuttosto che perdere tempo a far fare semplici giochini ai ragazzi.
Che situazione orribile. È proprio vero che quando una cosa va male, anche tutto il resto inizia a girare altrettanto male. Come si suol dire, le disgrazie non vengono mai da sole. Prima Lupin ricercato, poi scappa, in più lei che litiga con Piton. Non sapeva se sarebbe riuscita a reggere a lungo. Le serviva una valvola di sfogo. Ci avrebbe comunque pensato più tardi perché aveva una lezione da preparare e tante cose da organizzare.
 
Per l’intera giornata Piton e la ragazza non si parlarono. A dire il vero neppure si incrociarono poiché appena uno vedeva l’altra cambiava strada, si voltava, ignorando la presenza dell’altro. Piton si immaginava che Georgy soffrisse, ma doveva farle capire quanto c’era rimasto male, e soprattutto era necessario per attutire una brutta notizia. Gerogy non sapeva che Piton soffriva terribilmente per la sua scelta, non capiva come potesse tenerle così il muso, e riteneva che non fosse per niente giustificato il suo comportamento. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di cedere, sarebbe rimasta fredda come lui era con lei.
Quando fu ora di andare nella propria stanza a dormire la ragazza trovò Piton nel suo studio, intento a scrivere qualche pergamena sulla superficie liscia e ingombra di ampolle della scrivania. Era la prima volta che si trovavano nella stessa stanza in quella giornata e lui non l’aveva degnata di uno sguardo. Continuava a scrivere.
<< Pensi di venire a letto a una qualche ora? >> chiese Georgy con freddezza.
Lì per lì Piton non rispose. Passò qualche istante prima che le parole uscissero dalla sua bocca.
<< Quando avrò finito. >>
<< Bene, ti lascio la luce accesa allora. >>
Ancora qualche istante di silenzio.
<< Dormirò sul divano >> disse il professore sempre senza staccare gli occhi e la mano scrivente dalle pergamene.
Gli occhi della ragazza iniziarono ad annebbiarsi ma non avrebbe versato lacrime davanti a lui.
<< Hai dormito anche ieri notte sul divano dello studio. >>
<< Lo so. >>
Silenzio.
<< Perché non possiamo chiarire questa situazione? >>
Pausa.
<< Quale situazione? >>
La ragazza alzò notevolmente la voce. << Potresti almeno guardarmi in faccia quando ti parlo, cazzo? >>
Il professore continuò a scrivere, e finita la frase alzò lo sguardo. Di fronte a lui, ritta davanti alla porta, a debita distanza dalla sua scrivania, si trovava la ragazza. I suoi occhi chiedevano spiegazioni, le sue labbra erano ferme, le mani chiuse in pugni. “Scusami” pensava il professore. Si era ripetuto nella mente la stessa parola per tutto il giorno. Forse chi soffriva di più era proprio lui. Non disse altro e tornò sulle sue pergamene con l’aria di chi ha appena vinto una discussione e sa che l’interlocutore non può più replicare.
Infatti la ragazza, con gli occhi sempre più lucidi, attraversò la stanza e si chiuse in camera.
Si rannicchiò sul letto avvolta dalle fredde coperte. Più che sola si sentiva abbandonata. Le sembrò di essere ritornata indietro nel tempo, quando stava nascosta nella casa con Piton, quando nei primi giorni di convivenza forzata i due si odiavano, e lei passava le notti su uno scuro divano viola, sentendosi allo stesso modo di ora sola e senza amici.
 
Il giorno seguente non fu molto diverso dal precedente. Georgy non vide Piton nello studio al suo risveglio, né potè parlargli a colazione, e neppure lo incrociò mai per i corridoi.
In un attimo di pausa, tra una lezione e l’altra, momento in cui restava da sola a riordinare aula e pensieri, si rese conto di star passando dalla sensazione di solitudine a quella di ira, se non di odio, verso il comportamento della persona più importante della sua vita. Com’era possibile? Quanto avrebbe voluto potersi confidare con qualcuno. Lupin per esempio, o la sua cara amica Linda, di cui aveva perso le tracce dopo il diploma.
 
<< E’ più grave di quanto pensassi Albus >> disse Minerva McGranitt al ritratto del vecchio preside di Hogwarts.
<< Te lo avevo detto che dovevamo aspettarci il peggio. Sapevamo che prima o poi sarebbe accaduto, è che non credevamo così presto, ci ha colti alla sprovvista. >>
I due presidi si crucciavano sulla situazione presente. Lupin scomparso e una lettera indirizzata alla scuola che spiegava l’accaduto, e apriva spiragli negativi sul futuro.
<< In fondo non potevamo fare nulla per evitarlo >> si intromise nella conversazione Severus Piton, terzo partecipante di quella piccola riunione. << Se questo Corvax ha anche l’appoggio del Ministero sarà difficile scagionare Lupin. E se posso dire la mia eviterei di far adirare sia Corvax che il Ministero. Entrambi possono rivelarsi pericolosi per Hogwarts. >>
<< Se permetti, Severus, penso io a ciò che può giovare o meno alla scuola >> disse con tono austero la McGranitt.
<< Suvvia Minerva, Severus non ha tutti i torti. In fondo Hogwarts è una scuola di magia, non può essere continuamente colpita da scandali e duelli, è necessario lasciare la scuola fuori dagli interessi personali. Noi siamo tutti legati a Lupin e possiamo provare ad aiutarlo come singoli maghi, non come docenti della scuola. >>
Piton accennò un sorrisetto d’assenso e chinò lievemente il capo come per ringraziare Silente dell’appoggio. La McGranitt si sentì pervadere la mente dal ricordo di Piton come Mangiamorte; un’orribile immagine che aveva saputo cancellare per lungo tempo e che ora, con quel comportamento quasi meschino verso un povero uomo in pericolo, riaffiorava viva e pulsante. La preside scrutò Piton e continuò a fissarlo a lungo, osservando e giudicando dentro di sé ogni suo gesto.
Ad un tratto l’attenzione di tutti fu rivolta al rumore di nocche della mano che battevano contro la grande porta dell’ufficio. Qualcuno chiedeva udienza.
<< Avanti >> disse la McGranitt distogliendo finalmente lo sguardo dallo strano Piton.
La testa di Georgy fece capolino nell’ufficio. Un iniziale sorriso lasciò il posto ad un volto corrucciato e duro alla vista del professore.
<< Voleva vedermi preside? >>
<< Sì certo, vieni avanti e chiudi la porta. Sei sola? >>
<< Sì, perché? >> chiese la ragazza, avvicinandosi alla scrivania e al ritratto di Silente. Alla fine si ritrovò accanto a Piton. Era agitata per quella vicinanza. Il professore, dal canto suo, sembrava tranquillo, quasi beffardo nel suo modo di agire.
<< Vedi Georgy, quello di cui parleremo ora è molto importante, ed è di vitale importanza che tu non ne faccia parola con nessuno. >>
<< C’entra il professore Lupin? >> chiese la ragazza preoccupata.
<< Siamo sentimentali per l’amichetto perduto? >>. Era la prima volta dopo due giorni che Piton le rivolgeva la parola. Georgy voltò di scatto la testa, lo guardò nei piccoli occhi neri, e in quello sguardo non lesse altro che una presa in giro. Non gli rispose e continuò a parlare con la preside.
La McGranitt e Silente, ignari dei problemi tra i due, si scambiarono delle occhiate incredule.
<< Vedi Georgy, ieri sera Lupin è scomparso, mentre Sirius e Hagrid sono stati tramortiti, presumibilmente da un altro lupo mannaro controllato da un certo Corvax. Oggi ci è arrivata questa lettera che ci avvisa che Lupin è stato imprigionato con l’accusa di essere un lupo mannaro, e che subirà un processo per tutto ciò che ha compiuto in tale veste. >>
La ragazza non capiva. Sapeva che già in passato Lupin era stato messo in prigione, e sapeva anche che questo Corvax era ritornato per vendicarsi, perciò non capiva come mai tutto quel segreto e quella paura.
La preside, dopo essersi soffiata rumorosamente il naso, disse: << Georgy cara, sapevamo che prima o poi tutto questo sarebbe successo. >>
<< Come? Perché? >>
<< La storia si ripete sempre, e gli uomini non sanno imparare dai propri errori >> intervenne il saggio Silente. << Il Ministero sta ricadendo nello stesso errore di tanti anni fa: sa che Corvax è una palla al piede e ha deciso di assecondarlo, purtroppo. >>
<< Sì ma cosa c’entriamo noi? >> chiese Georgy chiaramente alludendo a lei e Piton.
La McGranitt e Silente si guardarono, scambiando poi un cenno di assenso con Piton.
<< Il professore Piton >> iniziò la McGranitt, << ci ha raccontato tutto. Ci ha tenuti aggiornati su quello che pensava Lupin, su ciò che faceva, sulle sue relazioni. >>
<< Come quando seguivi Voldemort, vero? >> chiese la ragazza rivolta a Piton. Lui sorrise come se gli avesse appena fatto un complimento. << Ma come facevi a sapere tutto? Come poteva essere al corrente dei pensieri di Lupin se non gli era mai vicino, anzi lo evitava? Al massimo… o no! O no no no! Come hai osato? >>
La ragazza era furibonda. Si era voltata verso Piton, il suo sguardo era incredulo, la sua voce acuta, il tono alto. Come si era permesso di fare quel gioco con lei? Come aveva potuto far leva sulla sua amicizia verso Lupin per estorcerle tutti i segreti dell’amico e spifferarli ai quattro venti?
Piton restava in silenzio. Sul suo volto rimaneva fisso quel sorrisetto beffardo che sin dall’inizio della conversazione non lo aveva mai abbandonato.
Georgy non ci credeva. Non poteva essere vero. Presa in giro dall’uomo che amava, per mesi lei gli aveva detto tutto e per mesi lui aveva riportato tutto alla preside perché fossero al corrente di come le cose si stessero mettendo male per Lupin. E nonostante tutto non avevano saputo evitare che fosse portato via! Ma con che coraggio le si rivolgevano in questo momento? E con che coraggio lei avrebbe più guardato in faccia Lupin? Questa situazione era imbarazzante, allucinante, pazzesca.
<< No no no, non potete aver fatto una cosa del genere. Perché non avete fatto niente per impedire che venisse catturato? Eh? >> urlava Georgy contro tutti.
L’unica che ogni tanto provava a risponderle tra un singhiozzo ed un sospiro era la McGranitt.
<< Perché cazzo nessuno ha mosso un dito per salvarlo? >>
<< Non è così facile Geo…>>
<< Io vi davo le informazioni, tramite il qui presente bugiardo e ingannatore, estorsore ed abile uomo a prendere in giro le persone, Severus Piton, e voi come le usavate? Per riempirvi la bocca di lamentele verso il Ministero e gli occhi di lacrime per il professor Lupin condannato a un’esistenza travagliata, e basta? >>
<< Non essere così ingiusta… >> continuava a intervenire la preside.
<< Ma non vi vergognate? Neppure un poco? E tu >> disse rivolta a Piton, << tu, perché non mi hai mai detto niente? Perché hai fatto tutto di nascosto come quando ti fingevi al servizio di Voldemort, eh? Pensavi che tutto si sarebbe risolto per il meglio e che in fondo ti avrei perdonato perché hai fatto di nuovo l’eroe, o colui che è indispensabile per sapere le mosse degli altri? >>. Il sorriso beffardo sul volto di Piton si accentuò, e questo fece irritare ancora di più Georgy che alzò ulteriormente il tono di voce. << Mi hai ingannata, mi hai usata! E poi osi lamentarti perché mi presento in ritardo a un tuo appuntamento? Se tu fossi rimasto con me alla festa invece di fare la vittima e l’offeso forse tutto questo non sarebbe successo. O forse accecato dall’invidia non hai neppure preparato la medicina per Remus… >> insinuò la ragazza. evidentemente però la sua affermazione rispecchiava la realtà, perché il sorrisetto sul volto del professore scomparve, per lasciare spazio a un volto dapprima stupito, poi imbronciato e infine neutro, vuoto. Nonostante ciò Piton rimase in silenzio.
Anche la ragazza, capito che la reazione dimostrava la verità della sua insinuazione, rimase immobile e muta, basita. La McGranitt si portò una mano alla bocca.
La tensione nell’aria diveniva sempre più fitta.
<< Severus, tu… veramente? >> chiese la ragazza con voce tremante.
Piton si voltò a guardarlo, lo sguardo si fece duro, le parole fredde. << Non sono tenuto a badare anche ai professori della scuola. >>
Georgy voleva replicare ma Silente intervenne prima che ogni altra persona presente potesse proferir nuove parole. << Signori, non è tempo per i litigi. Questa è una riunione importante. Ora che tutti sappiamo la verità dobbiamo pensare a come risolvere la situazione. Minerva, più tardi dovrai avvertire anche gli altri membri dell’Ordine, che stiano pronti. Il Ministero non può permettersi di ricadere nello stesso errore della volta precedente. Fai loro leggere la lettera se necessario. >>
<< Che lettera? >> chiese la ragazza.
La preside le indicò un punto della scrivania in cui era posata una lettera aperta su una busta marchiata con il simbolo del Ministero della Magia. La lettera proveniva dal nuovo dipartimento di Caccia e Prevenzione contro le creature pericolose. Gerogy la lesse velocemente. Era terribile. Le parole usate da chi aveva composto quella lettera erano dure, crudeli, ingiustificate. Quel pezzo di carta trasudava odio contro le creature magiche, contro i lupi mannari, contro Remus Lupin. La firma di chi aveva dettato la lettera era di Corvax Swire, ma il nome che maggiormente la colpì fu quello della segretaria che si occupava della posta, ricezione invio e prima lettura, e delle relazioni del signor Swire con il pubblico: Linda Norton. Arrivata a leggere questo nome Georgy sussultò.
<< E’ per questo che mi avete chiamata? Per farmi vedere per chi lavora la mia amica? >>
<< Tu sei un membro dell’Ordine Georgy, sei amica di Lupin e di Linda. Non era giusto tenerti ancora allo scuro di tutto. Ora anche tu conosci ogni dettaglio di questa vicenda. Ti devo chiedere pertanto di farti da parte e lasciare che siano altri ad occuparsi della liberazione del professor Lupin da questo spiacevole inconveniente >> disse Silente con tono amichevole, quasi paterno, come a volerla proteggere da qualcosa di brutto.
<< Come può chiedermi una cosa del genere? Non posso stare ferma. No. >>
<< Come temevo. Georgy, ragazza mia, ti consiglierei caldamente di non muoverti da Hogwarts. Per favore, è per il tuo bene. Non costringere la preside a prendere provvedimenti. >>
Georgy sapeva che Silente non gliela avrebbe mai data vinta. Era inutile discutere con lui, avrebbe sempre avuto l’ultima parola. Decise quindi di rispondere con un << Ok >> che rasserenò la McGranitt e, almeno di facciata, anche Silente.
<< Bene, direi che possiamo tutti tornare alle nostre consuete occupazioni >> riprese l’ex preside, << e badate che ogni consiglio su come agire sarà sempre bene accetto. >>
Piton fu il più rapido a congedarsi, uscì velocemente dalla porta dello studio e si fiondò giù per le scale, diretto alle sue stanze. La ragazza guardò negli occhi i due interlocutori rimasti, cercando di mostrarsi affranta per la restrizione impostale, ma dentro di sé convinta che non l’avrebbe rispettata. Salutò e uscì di corsa per cercare di raggiungere Piton. Questa volta avrebbero chiarito tutto.
<< Ho paura che non resterà chiusa ad Hogwarts a guardare ciò che farà l’Ordine, Albus >> disse sospirando la McGranitt.
<< Lo so, Minerva, lo so. E per fortuna, oserei dire. >>
 
La ragazza inseguì Piton per i corridoi, anche se il professore sembrava essere molto veloce, quasi si smaterializzasse per far prima. Alla fine riuscì a raggiungerlo quando si trovava davanti alla porta del suo studio, la mano alla maniglia, lo sguardo fisso davanti a sé.
Georgy provò a destare la sua attenzione chiamandolo ma lui non rispose, neppure si voltò a guardarla. Fece per entrare nella stanza, ma si bloccò quando una voce debole e triste lo supplicò: << Severus, ti prego, aspetta… >>
Il professore, fermo sulla soglia della porta, la mano che ancora girava la maniglia, continuava a guardare fisso davanti a sé il pavimento, gelido come il suo sguardo quando si voltò verso la ragazza, intimandole di entrare. Georgy non se lo fece ripetere, lo precedette e avanzò sino alla scrivania ingombra di ampolle, pozioni e pergamene. Guardava il professore entrare nella stanza, chiudere la porta e muoversi verso di lei, fermandosi a pochi passi. Una distanza tra i due che ben presto sembrò incolmabile.
<< Perché… perché non mi hai mai… detto niente? >> chiese Georgy singhiozzante.
Il professore sbuffò, visibilmente irritato. << Cosa sarebbe cambiato? Mi avresti detto tutto? Saresti stata contenta? No, e allora… >>
<< Mi hai mentito Severus… per tutto questo tempo con me hai fatto il doppiogioco! >>
<< L’ho fatto per tutta la vita se è per quello… ma è davvero questo il problema? Sei in lacrime per questo? >> chiese Piton, insistente. Sembrava volesse far riflettere la ragazza, come se ci fosse qualcosa sotto, se il fulcro della conversazione dovesse essere un altro.
<< Io non… >>
<< Sei triste per Lupin? Perché ora diverse persone conoscono il suo segreto? Ti sei arrabbiata perché non gli ho dato la pozione… ti importa così tanto di lui? >>
<< Severus non ricominciare con la gelosia, è inutile e… >>
<< Dov’eri quando Lupin è stato preso? Eri forse con me? >>
<< No ma… >>
<< Perché piangi? Perché piangi? >> domandò Piton urlando.
La ragazza non seppe più trattenere il dolore che provava. Scoppiò in un pianto esasperato, ansioso, nervoso. Aveva capito ciò che Piton intendeva. Lei non stava piangendo perché era stata presa in giro. Non piangeva perché era follemente innamorata di Lupin. A lei semplicemente importava più di Lupin che di Piton, le importava più della sua propria felicità che di quella di lei e Piton come coppia. Ragionava come se ci fosse solo lei. E mentre piangeva rifletteva su ciò, e mentre rifletteva un pensiero le occupava la testa: è finita. La storia più importante e seria della sua vita stava terminando in quel modo assurdo.
<< Severus, è… >>
<< Finita >> disse Piton, gelido.
La ragazza lo guardò, gli occhi ricolmi di lacrime, i singhiozzi che le impedivano di dire altro. Di corsa attraversò lo studio, passò accanto all’uomo che credeva di amare e uscì velocemente da quella stanza, come se fuggendo il dolore potesse attenuarsi. Correva, disperata, in cerca di un luogo appartato, lontano da occhi indiscreti, per poter piangere tutto il suo dolore per quella perdita. E ben presto al dolore subentrò la rabbia. Come aveva potuto trattarla così, dirglielo in quel modo? Perché lei non se ne era accorta? Veramente non lo amava più? Era diventato abitudinario, un passatempo? E quella continua freddezza…perché doveva essere così stronzo? Non sapeva quanto stesse soffrendo?
Sì che lo sapeva. Piton sapeva benissimo come si sarebbe sentita Georgy qualora lui le avesse aperto gli occhi. il problema era che lei non avrebbe mai saputo come si sentisse lui. Nessuno lo avrebbe mai saputo. Rimasto solo nel suo studio chiuse la porta a chiave, vi appoggiò la schiena, scivolò a terra e ripensò a tutto ciò che aveva appena detto alla ragazza. “L’hai fatto Severus, hai allontanato definitivamente l’unica persona di questa terra che ti abbia mai amato”. Il professore soffriva, per ciò che aveva detto e fatto, per ciò che aveva pensato, per il suo piano. Andava fatto, ma cavolo quanto faceva male. Passò ore devastanti, alternò momenti di sconforto totale ad attimi di folle ira, si biasimava per il modo in cui aveva trattato la ragazza in quei giorni, e per come avrebbe dovuto comportarsi poi, e non riusciva a capire perché l’amore dovesse fare così male. Urlò, ruppe le proprie pozioni ferendosi una mano, pianse. Pianse molto quella notte. Entrambi lo fecero, entrambi per lo stesso identico motivo: non volevano credere che fosse finita.
 
Il giorno seguente tutto sembrava nella norma. Lupin assente, Piton acido, Georgy gentile, Hagrid goffo, Sirius tutto tranne che serio. Nessuno sapeva della discussione tra Georgy e Piton, nessuno immaginava nulla. Se le persone avessero potuto guardare dentro il professore e la ragazza avrebbero visto la grande tempesta di emozioni e dolore che era ben celata da un volto cordiale e gentile, o acido e freddo, come al solito. Gli unici che parvero accorgersi di qualcosa furono Silente e la McGranitt, anche perché la preside aveva dovuto trovare una nuova camera per Georgy.
<< Albus non possiamo lasciarli così, a loro stessi. La ragazza ne sta soffrendo, lo vedo. Sorride, ma non come prima. >>
<< Non dobbiamo fare niente invece Minerva. Lasciamo che gli eventi seguano il loro corso senza intrometterci. Anche Severus è logorato da questa perdita, ma sono convinto che sia stata la scelta giusta. >>
<< Ma che dici Albus? Credi che sia una cosa saggia che entrambi soffrano così? Forse se stanno così male dovrebbero tornare insieme, no? O parlarsi, per lo meno! >>
<< Questo, Minerva, è forse un atto di grande amore. Lasciare libero l’altro per salvarlo. >>
 
Senza più un uomo da amare, Georgy decise di dedicare anima e corpo al tentativo di salvare Lupin. Aveva programmato per il fine settimana una visita all’ufficio di Corvax Swire, ma non per parlare col malefico essere che aveva catturato il suo amico, bensì per trovare la sua cara vecchia amica Linda, che non sentiva da un bel pezzo. Ebbene, una mattina priva di lezioni, senza dire dove andava ma solo che usciva per non contraddire gli ordini di Silente, la ragazza si diresse all’ufficio di Corvax, che da qualche tempo si trovava al secondo piano del Ministero della Magia. Forse il Ministero aveva ceduto all’insistenza di Corvax ed ora si era “alleato” con lui, lo aveva accontentato per avere meno grane, visto che Corvax, a detta di molti, era un uomo molto influente sulla scena politica ed economica del mondo della magia.
Arrivata al ministero salutò con un cenno del capo il signor Weasley, padre di Ron e vecchio membro dell’Ordine, strizzò l’occhio a Kingsley e prese uno strano ascensore affollato di persone e di lettere volanti. Il secondo piano del Ministero era praticamente tutto dedicato a Corvax. Dall’atrio si poteva accedere a due corridoi, quello a destra, illuminato, moderno e ben arredato, portava agli uffici, quello a sinistra, più in penombra, portava alle celle dei detenuti. Dopo un attimo di esitazione la ragazza voltò a destra e cercò l’ufficio della segretaria di Corvax, chiedendo a qualche passante dove fosse. Non credeva che quel posto potesse essere così grande. Vi era una stanza immensa con tantissime scrivanie, con persone intente a scrivere pergamene e parlare con apparentemente il nulla, in realtà era una specie di magico call-center in cui venivano raccolte testimonianze e soffiate riguardanti le creature magiche pericolose.
La porta successiva recava una targhetta con scritto: “Linda Norton, segretaria personale di Corvax B. Swire”. Era arrivata. Bussò alla porta e una voce la invitò ad entrare.
<< Avanti >>. Era certamente Linda.
Quando Gerogy entrò vide la sua amica seduta a una scrivania, intenta a scrivere, rispondere a un telefono immaginario (ovviamente con la magia era in contatto con qualcuno, come se fosse stata al telefono per i babbani), cercare scartoffie da far firmare al capo. Portava degli occhiali piccoli e stretti che raramente le aveva visto addosso prima, i capelli biondo scuro raccolti, una camicia bianca abbastanza scollata e sopra una giacca nera sfiancata. Inizialmente la giovane non alzò neppure lo sguardo per vedere chi fosse l’ospite, tanto era indaffarata, ma poi non appena ebbe dato un’occhiata a Georgy la riconobbe subito.
<< Georgy! Georgy cara! Che ci fai qui? Come stai? Come vanno le cose a casa? E ad Hogwarts? E con Severus? Ah da quanto tempo! >>
Georgy sorrise forzatamente quando l’amica le chiese di Piton, ma lasciò perdere subito i brutti pensieri e si accomodò su un divano in pelle accanto all’amica, e iniziarono a parlare di loro, dei loro nuovi lavori, delle nuove conoscenze.
<< Mi hanno offerto di restare ad Hogwarts come aiuto-professore e ho accettato subito, non capita tutti i giorni! >>
<< Hai fatto più che bene! Io ho accettato questo lavoro quest’estate, il signor Corvax mi ha contattata di persona una volta ricevuta la mia domanda, ed è stato gentilissimo. Potrebbe anche sembrare una brava persona! >>. Georgy non era molto convinta di questa affermazione. << Ma perché sei venuta qui? C’è qualcosa che non va? >>
<< Vedi Linda, ho scoperto che lavori qui perché è arrivata una lettera alla McGranitt . Riguarda Lupin. >>
<< Sì, immaginavo >> rispose l’amica, abbassando la testa.
<< Cosa sai, Linda? Ti prego, dobbiamo aiutarlo, è nostro amico! >> la supplicò Georgy.
<< Georgy, ti prego, non chiedermi di fare o dire qualcosa che potrebbe costarmi il posto. >>
<< Non mi dirai che ti piace stare qui a lavorare per una persona malvagia che magari ti sfrutta e basta? >>
<< Non è poi così male ti dico. E questo lavoro mi serve. Ora che vivo da sola, lontana da casa, non posso permettermi di non lavorare. >>
<< E con Henry, scusa? Non state più insieme? >>
<< No, è finita la nostra storia, la mia illusione. Quello stronzo, si è divertito e basta, poi tre mesi fa ho scoperto che se la faceva con un’altra, ovviamente più bella e più ricca di me. L’ho mollato subito. >>
<< Oh Linda, mi dispiace. Davvero. >>
<< Non ti preoccupare >> rispose l’amica asciugandosi gli occhi. << Ormai è passata, sono cambiata, ora mi dedico al lavoro e se capiterà di incontrare qualcun altro giusto per me sarò lieta di ricominciare una storia, se no non ha senso illudermi come ho fatto con Henry. Bè parliamo di cose felici, te e Severus? Oh scusa, il professor Piton? >> disse sorridendo.
<< Vedi, è… finita anche per noi. Qualche giorno fa. Forse io che non gli ho rivolto la giusta attenzione, forse lui troppo geloso e possessivo, non so. Di certo abbiamo entrambi una buona dose di colpa. Forse non eravamo la gran coppia che tutti vedevano. >>
Linda prese le mani dell’amica e provò a consolarla. Non poteva immaginare che anche la sua storia fosse finita, e capiva benissimo come si potesse sentire. << Devi essere forte Georgy. Forse tra un po’ ricomincerete a parlarvi, forse tornerete amici. Per come vi vedevo io eravate davvero molto innamorati, non so se la fiamma che brillava nei vostri occhi si sia spenta in quest’ultimo periodo, ma son convinta che se c’è stato amore questo non potrà mai essere cancellato. Non sono mai stata una grande simpatizzante di Piton, ma credo che sia una persona molto matura, e anche responsabile. Lui ti amava, ne sono certa quanto è vero che tu amavi lui. E non ti prenderà mai in giro per quell’emozione, non dovrai mai rimpiangere questo tuo sentimento. >>
A Georgy mancavano molto queste chiacchierate con l’amica di sempre, soprattutto in questi giorni per lei così difficili. Voleva che tornasse ad Hogwarts, con lei, voleva ritornare agli anni precedenti, quando era una semplice ed inutile studentessa, senza troppi pensieri complicati per la testa.
<< Linda, ti prego, aiutami a liberare Lupin. Corvax è un uomo malvagio, e Remus richia la sua vita ogni giorno che passa qui in cella. >>
<< Georgy io non posso fare nulla, sono una semplice segretaria. >>
<< Fammi parlare con Corvax. >>
<< Non è così facile… >>
<< Fammi vedere Remus! >>
<< No Georgy, non posso. >>
<< In nome della nostra amicizia, ti prego >>
<< No. È categorico. Non posso. E adesso, se non ti dispiace, devo tornare al mio lavoro. Se Corvax mi scopre qui a non far niente mi licenzia. Grazie per la visita, mi ha fatto davvero molto piacere. >>
Il freddo saluto dell’amica fece credere a Georgy che un po’ della personalità di Corvax doveva essere penetrata nell’amica. Forse una sorta di influenza maligna, un virus contagioso. Salutò Linda sforzandosi di sorridere e uscì dall’ufficio, diretta verso l’atrio. Vedeva nuovamente i due corridoi contrapposti di fronte a lei. Doveva prendere l’ascensore, nessuno doveva sapere che era stata lì, per lo meno in quel piano. Ma il corridoio in penombra con le celle sembrava attirarla, come se contenesse qualcosa che andava trovato.
“Forse…potrebbe esserci Remus. Ma se mi scoprono? Cosa mi invento? Che mi sono persa? Impossibile, qui la segnaletica è a prova di scemo. Ma io devo vedere se è qui. Devo sapere come sta. Devo…” e subito un pensiero occupò totalmente la sua mente, bloccandola a metà strada tra l’ascensore e il corridoio: stava pensando solo ed esclusivamente a Lupin. Il suo unico motivo per cui era lì era vedere Lupin, sapere se stava bene. Non le importava più di Piton. Era vero allora.
Imboccò il corridoio poco illuminato e iniziò a guardare dentro ogni cella, nella speranza di trovare al più presto Lupin. Non vi erano solo lupi mannari, o persone che vi si trasformavano, ma anche altre creature magiche giudicate pericolose dal Ministero e in attesa di un verdetto.
<< Remus! Remus! >> bisbigliava la ragazza, sperando che qualcuno le rispondesse.
Finalmente lo trovò. Il suo caro amico era in una delle ultime celle del corridoio, seduto sulla sua branda che leggeva. Quando vide Georgy il suo volto parve illuminarsi. Corse alle sbarre e mostrò alla luce fioca delle lampade il suo volto tagliato e ferito, gli occhi stanchi e le occhiaie pesanti.
<< Georgy, che cose ci fai qui? >>
<< Sono venuta a trovarti ovviamente! Non mi hai neanche fatto gli auguri di compleanno! >>
<< Come no?! Forse eri troppo brilla per ricordare! >>
Risero entrambi, ma smisero subito.
<< Ero molto preoccupata per te, non sapevo dove fossi… >>
<< Non ti devi preoccupare per me, in qualche modo me la caverò, come sempre! >>
<< L’Ordine sta cercando prove e indizi per liberarti, ma intanto dovrai restare qui… io voglio parlare con Corvax ma pare che tutti in un modo o nell’altro me lo vogliano impedire… >>
<< E fanno bene, devi starne fuori, hai capito? Lui è molto pericoloso, e non sembra ma è anche un mago molto potente. >>
<< Non mi interessa, io non resto ferma a… >> Un rumore di passi interruppe le parole di Georgy. Qualcuno arrivava a passi svelti, di sicuro l’aveva vista, e non vi erano posti per nascondersi. Sfoderò la bacchetta e si preparò al peggio.
La sagoma della persona misteriosa si avvicinava sempre di più. Aveva un mantello addosso, ma dal rumore dei passi Georgy avrebbe giurato trattarsi di una donna.
<< Lo sapevo che saresti venuta qui, ti conosco troppo bene. Almeno così non dovrò dire che ti ci ho portata io! >>
Era la voce di Linda. In mano teneva della chiavi, il volto accoglieva un sorriso smagliante.
<< Ehi Remus, oggi hai visite eh? >>
<< Bè mi ero anche stancato di vedere solo te! >>
Georgy non ci capiva più niente. Come mai Linda ora faceva l’amicona del professore? Perché prima l’aveva mandata via con freddezza? Perché mettersi un mantello?
Linda con le chiavi che recava in mano aprì la porta della cella di Lupin e, assicurandosi che nessuno le vedesse, entrò con l’amica nella cella. Georgy era sempre più basita.
<< Prima in ufficio non potevo parlare liberamente >> iniziò subito Linda. << Il capo potrebbe saltar fuori da un momento all’altro, potrebbe ascoltare tutto. Meglio sembrare sottomessa e devota, piuttosto che ribelle. Vengo spesso a trovare Remus, ormai ci diamo anche del tu. Sapevo che lo avrebbero portato qui, e so per certo che è una brava persona, perciò non mi sembrava giusto lasciarlo totalmente solo. >>
<< Ogni tanto mi porta anche del cibo, certo non cucina benissimo, ma è meglio della sbobba che ci spacciano per cibo qui dentro. Ho un trattamento di favore in quanto professore di Hogwarts! >>
<< Sì certo certo… ringrazia che ti ho potuto apprezzare anche come membro dell’Ordine e quindi posso essere sicura che non faresti mai del male a nessuno, se no ti starei lontana! >>
<< Non è bello da dire, Linda… >>
<< Oh insomma volete finirla di scherzare? Il momento è serissimo, se ci scoprissero ci ammazzerebbero qui >> li interruppe Georgy.
<< Hai ragione, anzi, forse è meglio andare, o qualcuno si accorgerà della mia assenza. Vuoi seguirmi Georgy? >>
La ragazza annuì col capo, salutò Lupin promettendogli che sarebbe tornata a trovarlo e seguì Linda lungo il corridoio.
<< E perché il mantello scusa? >> le chiese una volta in atrio, al sicuro.
<< Così non mi vedono in faccia, posso dire di aver controllato qualcosa, non mi sporco il vestito, do meno nell’occhio. Non potrei avvicinarmi neppure io ai detenuti, sai? >>
<< Quindi… tu sai rimasta fedele all’Ordine? >>
Linda annuì col capo. << A distanza, ma faccio quel che posso. In incognito. Spero di rivederti presto Georgy, e se hai problemi di qualsiasi tipo fammi sapere. Io per te ci sono sempre! >>
<< Grazie Linda. Sei una vera amica! Credevo ti fossi dimenticata di me, e invece… grazie di tutto, anche di quello che fai per Lupin! A proposito… scherzate sempre così voi due? >>
<< Sì… perché? >>
<< No, niente! A presto! >> disse Georgy, ed entrò nell’ascensore.
Sulla via di ritorno ad Hogwarts a bordo della sua amata scopa volante ebbe modo di ripensare a quello strano incontro e a come i suoi due amici interagissero tra loro. Era felice di aver scoperto che Lupin stava bene, ed era ancora più contenta di sapere che Linda non solo era ancora sua grande amica, ma anche riusciva a dare un po’ di conforto a Lupin. “Chissà se tra quei due potrà mai… no dai Georgy, hai già abbastanza cose cui pensare, te lo avrebbe detto se le fosse piaciuto qualcuno... mah, sarà da indagare anche questo, ma più avanti!”

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Capitolo 26
*** Il quadro di Corvax Swire ***


I giorni passavano piacevolmente, la mente sempre occupata da mille impegni e preoccupazioni. Era la notte il vero problema. Restare soli coi propri pensieri portava un profondo senso di malinconia, nostalgia, solitudine. La ragazza non si era mai sentita così sola in vita sua; il suo più grande amore nello stesso edificio ma lontano dal cuore, la sua migliore amica impegnata in altre cose e un suo caro amico in prigione per non aver fatto nulla se non essere se stesso. Nessuno che potesse farle davvero compagnia, starle accanto, consolarla.
D’altra parte neppure Piton si era mai sentito così solo. Il pensiero di aver perso l’unica persona che lo avesse mai amato e l’unica che avrebbe voluto amare per sempre lo rendeva un’anima in pena. Il ricordo della sua Georgy lo teneva sveglio tutte le notti fino a tardi, il profumo dei suoi capelli lo ritrovava in ogni cosa, il suo sorriso lo custodiva gelosamente nel cuore.
La ragazza, una volta sola nella sua stanza, si rannicchiava nel suo nuovo letto e rimaneva in ascolto della notte, fissava il buio, piangeva. Talvolta riascoltava quella canzone che tanto l’aveva fatta sentire felice ed amata il giorno del suo compleanno, quella canzone che aveva canticchiato tutto il giorno, quella canzone che diceva “voglio portare tutto con me quando me ne andrò”. Ed era vero. Lei non poteva dimenticare i bellissimi momenti passati con il professore, l’iniziale convivenza forzata, l’avvicinamento, le vacanze, tutto. L’aveva resa davvero felice, era riuscito a farla sentire amata, voluta, protetta, sicura. E lei si portava tutto nel cuore, anche le ferite, la memoria persa, la gelosia per Annie, l’ultimo tragico giorno in cui si erano parlati. “Chissà se anche Severus pensa questo di me…” pensava la ragazza, gli occhi carichi di lacrime.
E il professore pensava esattamente lo stesso. Lui aveva scelto quella canzone, che mai fu più appropriata per un amore come il suo. “Spero che un giorno capirai, Georgy, che ti ho tanto amata, e che ti amo ancora, e per sempre. e che per sempre porterò con me tutti i momenti trascorsi con te, tutte le tue parole, i tuoi gesti, le tue espressioni. Spero che un giorno capirai, e mi perdonerai…” era sempre l’ultimo pensiero di Piton, prima di cadere in un sonno breve e sconsolato.
 
Georgy era tornata altre due volte a far visita a Lupin, ed entrambe le volte aveva trovato Linda ad attenderla nella cella dell’amico. Ormai erano rimasti gran pochi detenuti nelle celle di quel corridoio. Alcune creature avevano subito un processo veloce ed erano poi state rilasciate per mancanza di prove, ma erano davvero poche. I più furono ingiustamente accusati ed eliminati. Una vera e propria pena di morte, con tanto di processo finto e di persone che potevano assistere all’esecuzione. I più fortunati se la cavavano con un “veloce e indolore” Avada Kedavra, i più sfortunati invece venivano torturati e solo dopo lunghe sofferenze uccisi. E il Ministero, ovviamente, fingeva di essere allo scuro di tutto.
<< Il Ministero teme Corvax quasi quanto Voldemort. E Corvax così tiene a bada il Ministero, con la paura. Ma non possiamo agire sconsideratamente, è un bravo mago, è potente ed influente e possiede un vero e proprio esercito di lupi mannari e non solo, che gli sono fedelissimi. >> diceva Linda a Georgy.
<< Ma qualcosa dovremo pur fare, non possiamo stare qui a braccia conserte senza muovere un dito. Ci sono molte persone nella situazione di Remus, non possiamo abbandonarli. >>
<< Cosa sa Silente di questa storia? Dei nostri incontri, intendo >> intervenne Lupin.
<< Bè veramente… Silente mi ha espressamente detto di non poter incontrare né te né Corvax, ma di restare fuori da questa situazione per il momento… >> rispose Georgy un po’ intimidita.
<< Forse Silente ha ragione, dovresti restarne fuori. È pericoloso Georgy, tu non ti rendi conto dei ciò che può fare Corvax. E di certo non avrà pietà o timore di una ragazza, quello è capace di tutto. >>
Georgy sapeva che Lupin era molto fedele a Silente, che faceva qualsiasi cosa gli dicesse, ma non credeva che lo avrebbe mai fatto in un momento come questo. Guardava Linda in cerca di approvazione ma non la trovava neppure in lei, che anzi aveva abbassato lo sguardo e aveva cominciato a roteare un piede per terra.
<< Georgy non ti devi preoccupare per me, tutto sommato sono in buone mani qui >> disse Lupin strizzando l’occhio a Linda, che arrossì. << Silente avrà sicuramente un piano. Vai ora, è tardi e qualcuno potrebbe accorgersi della tua assenza a Hogwarts >> disse Lupin ammiccante, intendendo ovviamente Piton. per tutta risposta Linda lo bloccò con una gomitata sul braccio e gli lanciò un’occhiataccia. Più tardi gli avrebbe spiegato il problema maggiore che in quel momento affliggeva la sua amica.
Linda accompagnò Georgy all’atrio dove c’erano gli ascensori e, prima che la vedesse scomparire, le disse: << Mi dispiace per l’ultima frase di Remus, lui non sa ancora niente. E mi dispiace molto per quello che stai passando. Io c’ho messo un po’ a superare il mio di colpo, anche se spesso non l’ho dato a vedere. Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, io sono qui. >>
<< Grazie Linda, sei un’amica >> rispose Georgy, avviandosi verso il fondo dell’ascensore.
<< Ah Georgy >> disse Linda all’ultimo momento, slanciandosi verso di lei, << se ti interessa lui è libero tra due giorni, alle 11.00 del mattino. >>
Georgy ringraziò con un cenno del capo e sparì giù con l’ascensore. Arrivata al piano terra si diresse all’auscita del Ministero, inforcò la sua scopa riposta per tutto il tempo nella borsetta, e sfrecciò alla volta di Hogwarts, ripensando a tutto ciò che era stato detto in  quell’incontro.
La ragazza era decisa ad incontrare Corvax, a farsi dare delle risposte, e la sua amica le aveva praticamente fissato un appuntamento per due giorni dopo. Non avrebbe detto nulla alla preside, e neppure a Silente, anzi, sarebbe andata nel loro ufficio per chiedere aggiornamenti, giusto per non insospettirli. Al massimo poteva dire di aver rivisto la sua amica per strada, nulla più. A proposito, tra lei e Lupin c’era davvero una bella intesa. Vuoi vedere che forse i due avrebbero potuto finire per innamorarsi? Lupin si sarebbe meritato una ragazza, e Linda era bella e brava. E lei si sarebbe meritata un uomo fedele, gentile, educato ed affettuoso. Che belli sarebbero stati insieme! E mentre pensava a queste cose non provava sentimenti come la gelosia o l’invidia, non era protettiva nei confronti di Lupin, non vedeva Linda come una minaccia. Forse Severus si sbagliava, anzi di sicuro. Evidentemente lei non era innamorata di Lupin, voleva solo il meglio per lui, come una brava amica, non c’era né ci sarebbe mai potuto essere nulla più di un’amicizia tra loro.
Gli occhi di Georgy si illuminarono. Forse c’era una speranza di poter ricominciare con Piton, se non una relazione come prima almeno un dialogo. Gli avrebbe parlato. Subito.
 
Toc toc. Qualcuno di inatteso bussava alla porta dello studio della preside.
<< Avanti >> disse una voce femminile dall’interno.
Georgy entrò nell’ufficio, i modi da studentessa timida e imbarazzata. Avrebbe dovuto sfoggiare faccia tosta e nervi saldi, nonché un buon repertorio di piccole, innocenti ma giustificate bugie.
<< Oh ciao Georgy, cara ragazza, come stai? >> chiese la McGranitt, andandole incontro. Sapeva della sua rottura con Piton, ma non le avrebbe chiesto di parlarne, avrebbe aspettato che fosse stata per prima la ragazza ad aprirsi.
<< Bene grazie. Sono venuta qui per sapere se…ecco…se ci sono notizie su Lupin, o su qualche novità dal Ministero. >>
<< Oh ragazza mia, non dovresti preoccuparti di queste cose. >>
<< Lo so, me lo avete detto, ma sono comunque in pensiero, e volevo sapere quando il professor Lupin potrà tornare ad insegnare… >>
<< Hai qualche problema nel gestire le classi? Guarda che te la stai cavando egregiamente, non ho ancora sentito alcuna lamentela, e vedrai che presto troveremo una soluzione! >>
Silente non parlava. La sua immagine appesa al muro scrutava la ragazza.
<< Allora, avete notizie di Lupin? >>
<< Sì >> disse finalmente Silente. << Sono stato informato che il professor Lupin per il momento sta bene, dietro le sbarre, ma vivo e vegeto. E ho anche saputo che tu hai ritrovato una vecchia amica in queste tue uscite, vero? >> chiese Silente fissando Georgy con un sorrisetto.
<< Sì bè ecco, non so a chi si riferisca di preciso... >>
<< Alla signorina Linda Norton >>
<< Ah, sì, Linda… >> disse la ragazza, paonazza in volto, lo sguardo fisso in basso e i piedi che disegnavano grandi cerchi immaginari sul pavimento di pietra.
<< La signorina Norton mi ha detto che vi siete incontrate per caso, mentre lei andava a lavorare al Ministero e tu uscivi da un negozio di libri lì vicino. Non è così? >>
<< Libri? Ah sì… >> continuò Georgy impacciata. << Sì è vero, la prima volta sì. Mi servivano dei libri sulle Arti Oscure, cioè non per me, non per impararle, ma per le lezioni. >>
<< Sì immagino. Che bella coincidenza però, eh? Strana… guarda te a volte il caso cosa ci fa accadere. >>
<< Eh già, proprio una bella coincidenza. Era da molto che non la vedevo. >>
<< Comunque se in futuro ti serviranno libri potresti consultare anche la nostra biblioteca, o magari chiedere al professor Piton, che di sicuro sa molte cose e può essere molto utile per entrambi >>.
<< Sì preside, mi consulterò con lui. Anzi, gli parlerò subito, ora lo cerco >> disse Georgy riprendendosi dall’imbarazzo, pronta ad affrontare un nuovo problema: trovare il coraggio di parlare con Piton.
<< E’ inutile che lo cerchi >> rispose Silente con la solita voce calda. << Severus, cioè, il professor Piton è partito. >>
<< Cosa? >>. A Georgy si fermò il cuore per un istante. “No” pensava, “non può essere…proprio adesso?”
<< Deve fare rifornimento di erbe magiche, pozioni, e quant’altro serva a Hogwarts. Ogni tanto decide di ritirarsi e fare i suoi giretti, era da un po’ che non li faceva, evidentemente qualcosa lo turba e ha bisogno di restare da solo. >> Silente fingeva di non sapere niente di ciò che era successo tra la ragazza e il professore, ma non gli riusciva tanto bene, o meglio, non sembrava plausibile visto che la maggior parte del tempo la passava a parlare con la McGranitt che sapeva tutto. << Ora che ci penso, non mi ricordo più se gli ho detto di prendere un Giratempo… >> disse Silente lasciando in sospeso la frase, come se si aspettasse che qualcuno gli domandasse perché. Non ottenendo ciò che desiderava ripetè la frase a voce alta, così da avere nuovamente l’attenzione della ragazza.
<< Ma… non erano finite tutte le scorte di Giratempi? >>
<< Sì, ma uno è rimasto, e se il suo proprietario non ha mutato modo d’essere, scommetto che sarà integro e perfettamente funzionante, ben riposto e mantenuto. >>
A Georgy non interessava nulla del Giratempo. Non le importava neppure di aver mentito al grande Albus Silente e alla preside di Hogwarts. Piton era lontano, chissà a fare cosa, e lei non poteva neppure dirgli ciò che aveva maturato in quei giorni.
La ragazza salutò educatamente e uscì dall’ufficio, muovendosi di corsa verso la sua stanza, dove si abbandonò ad un pianto sconsolato.
<< Questa ragazza non è mica in grado di mentire, vero Albus? >>
<< No Minerva, però si sta muovendo nel modo giusto. La signorina Norton mi ha detto che le ha procurato un appuntamento con Corvax, vedremo cosa riuscirà a scoprire. >>
<< Ma non sei arrabbiato? >>
<< Per cosa mia cara? >>
<< Ma per il fatto che non rispetta i tuoi ordini Albus! >>
<< E chi sono io per impedirle di fare qualcosa? Non è più una studentessa, non dobbiamo più recluderla. E poi incontrando Lupin e l’amica Linda credo abbia scoperto qualcosa di se stessa che credeva di aver perso, qualcosa che varie situazioni avevano soffocato. >>
<< Ti riferisci a Piton? >>
<< Esattamente. La ragazza ha fatto chiarezza sui propri sentimenti. Ora speriamo che anche Severus faccia altrettanto. >>
<< Ma perché hai lasciato che partisse? Se fosse rimasto qui ora avrebbe parlato con Georgy >>.
<< Perché ci si accorge di tenere davvero a una persona anche e soprattutto quando la si perde. Con la rottura, i litigi e la lontananza Severus crede di poterla perdere, e forse dimenticare, nel senso di non pensare più compulsivamente a lei. Ma spero che si renderà presto conto di non potere fare altro che pensare a lei per sopravvivere. >>
 
Il giorno seguente Georgy era stanca, non sorrideva, non parlava. A lezione aveva lasciato che gli studenti se la sbrigassero da soli con gli incantesimi, per i corridoi non salutava e neppure degnava di uno sguardo quelli che invece calorosamente le rivolgevano saluti e parole. Aveva passato la notte a pensare e ripensare. Ovviamente il fulcro dei suoi pensieri era Piton. Si era posta mille domande sul perché fosse partito, se lei c’entrasse qualcosa, se forse lui l’avrebbe amata ancora, se, al suo ritorno, avrebbe avuto il coraggio di parlargli. Interrogativi cui non aveva trovato risposta.
Quel pomeriggio fu convocata nello studio della preside per discutere di alcuni piccoli incidenti avvenuti nelle sue ore di lezione. Niente di che, qualche piccola botta e un po’ di vermiciattoli che spuntavano dal naso di un ragazzo distratto.
<< Georgy, ragazza mia >> diceva la McGranitt con tono quasi da nonna premurosa, << so quello che stai passando, sono vecchia e ne ho di esperienza sulle spalle. Non voglio dispensare consigli che possono sembrarti inutili o intromettermi nei tuoi affari, ma se c’è qualcosa che posso fare, ti prego, dimmelo. Se vuoi parlare io sono qui, ti ascolto. >>
<< Grazie preside, è molto gentile, ma non credo di volerne parlare ora >> aveva cordialmente risposto la ragazza. Poi, con un sorriso sincero, come per buttarsi tutto alle spalle, disse: << Sono qui per parlare delle mie lezioni, è giusto dare la priorità a questo. In fondo, non si può mica fermare il mondo perché qualcuno ha qualche problema! Mi dispiace per gli studenti coinvolti, prometto che farò più attenzione la prossima volta. Non ricapiterà. >>
La McGranitt la guardava con un’espressione triste, comprensiva ed amichevole. Capiva benissimo come si sentiva Georgy, e sapeva che quello era il suo modo di reagire. Georgy non voleva che altri ci rimettessero per i suoi problemi, si preoccupava degli studenti, lavorava duramente, sia per tenersi occupata sia per non far pesare a nessuno il suo stato.
D’un tratto nel camino dello studio divampò una fiamma più alta e rossa del normale. Nel quadro appeso al muro comparve l’immagine di Silente, e fissava proprio il camino. Le fiamme ora si erano fatte di un giallo acceso, e sembravano sfumarsi in arancione come a delineare i contorni di un volto umano. Georgy avrebbe giurato di aver intravisto il volto di Piton.
<< Preside? Silente? Mi sentite? >> disse una voce inconfondibile proveniente dal camino.
<< Sì Severus, ti sentiamo benissimo >> rispose Silente.
Piton stava comunicando con il preside tramite il camino, un modo alquanto bizzarro ma veloce ed efficace. Non si era accorto che nella stanza erano presenti altre due persone.
<< Dimmi Severus, hai novità? >> chiese Silente.
<< Sì Albus, altrimenti non mi sarei messo in contatto >> rispose con la tipica acidità il professore. << Sono andato a parlare con alcuni rappresentanti dei branchi e mi hanno detto di essere a conoscenza della situazione, ma non sono mercenari. Non si uniranno a nessuno. >>
<< Evidentemente non hanno ricevuto offerte convenienti… >>
<< Ho trovato il luogo dove reperire le erbe che mi servono per la pozione, domani mi recherò lì e poi cercherò di rintracciare la signorina Granger… >>
Georgy non ci capiva niente. Branchi? Erbe? La signorina Granger?
<< Cerca di parlare anche con altri rappresentanti, le notizie che arrivano dalla signorina Norton non sono molto incoraggianti >>.
E Linda adesso cosa c’entrava?
<< No, scusate, ma… cosa c’entra Linda, chi è la signorina Granger, e i branchi di cosa? >> sbottò Georgy senza pensarci troppo, stanca di tutti questi enigmi. Le fiamme nel camino cambiarono l’espressione sul volto del professore, che mostrava stupore per la presenza di una voce femminile che di certo aveva subito riconosciuto. Non rispose alla ragazza ma a Silente.
<< Cercherò Albus, ma lo sai anche te che non è facile, ed è anche… pericoloso >>
<< Lo so Severus, e ti ringrazio per il lavoro che svolgi, ma so che sei l’unico che possa farlo egregiamente >>.
<< Cosa deve fare? Mi volete spiegare? >> chiese Georgy visibilmente agitata.
Nessuno disse nulla. La McGranitt guardava la ragazza con occhi lucidi, comprendeva la sua ansia, avrebbe voluto dirle tutto, ma Silente stesso le aveva raccomandato di non dire una parola a riguardo della missione di Piton. Già ciò che stava udendo avrebbe potuto metterla nei guai.
<< Se non c’è altro preside, io tornerei ai miei doveri >> disse Piton freddo.
<< Certo Severus, grazie, e sii prudente. >>
L’immagine di fuoco del professore scomparì dopo aver dato un’occhiata in giro, come a voler guardare in volto la ragazza, cercandola nella stanza. Lei non seppe trattenere uno << Stai attento >> mentre scompariva, la voce interrotta dalle lacrime.
La ragazza si voltò verso Silente, guardò la McGranitt supllicante spiegazioni, ma non ottenendole se ne andò. Era preoccupata per Piton, non si sarebbe mai perdonata di non avergli potuto parlare nel caso gli fosse successo qualcosa. Dopo aver parlato con Corvax sarebbe partita a cercarlo. Al diavolo le lezioni. Al diavolo gli studenti. Al diavolo la sua sicurezza, per la quale stava perdendo tutte le persone più care che aveva.
 
Il Ministero sembrava sempre più lugubre e sinistro quando Georgy vi si recava per qualcosa di importante. Questa volta avrebbe dovuto parlare con il potente Corvax Swire, e tutto attorno le sembrava nero, misterioso, nemico. Gli sguardi che incrociava lungo la strada sembravano torvi, la scrutavano come un cacciatore osserva la preda prima di attaccarla. Si sentiva estremamente a disagio. Per fortuna in breve tempo arrivò al piano di Corvax e si fiondò nell’ufficio di Linda, in cerca di un volto amico. La trovò china sulla scrivania, come al solito, ben vestita, ma con dei graffi sul volto mal celati dalla tonnellata di terra e fondotinta che si era messa.
<< Oh Georgy, sei arrivata! Entra pure, il signor Corvax ti attende. >>
<< Cosa ti sei fatta? >>
<< Dove? >>
<< In faccia, hai dei graffi, come di gatto… >>
<< Ah questi, niente, sono… sono proprio di gatto, sì, quello che ho cercato di… quello che… l’ho trovato per strada ieri tornando a casa e mi faceva pena, volevo portarlo a casa ma mi ha graffiato… povero, era impaurito… >>
“ Balle “ pensò Georgy, convinta che invece che un gatto avesse incontrato Henry, il suo ex, e che l’incontro fosse stato tutt’altro che piacevole. “Se lo becco io gli faccio rimpiangere di non avere studiato bene le tecniche di difesa come tutte le altre materie… “
<< Dai, non ti preoccupare, il fondotinta fa miracoli, vai dal capo, ti aspetta! E poi, ovviamente, mi racconterai tutto! >>
Linda sembrava contenta di ciò che Georgy stava per fare, ma la ragazza non ne capiva il motivo. “Perché deve essere così eccitata? Io son terrorizzata” pensava.
Attraversò una parte di corridoio e bussò a una grande porta con delle grosse maniglie e dei ghirigori disegnati in oro. “Però, si tratta bene a vedere la porta. Questo non è semplice colore, è oro puro! Mi ci posso specchiare!” pensava la ragazza. ora non era intimorita solo dalla persona di Corvax, ma anche da tutto quello che lo circondava. Doveva essere davvero ricco e potente come dicevano. La porta si aprì da sola e davanti alla ragazza si stagliò una sala enorme, il pavimento quasi totalmente ricoperto da tappeti, il colore rosso spiccava sugli altri, prepotentemente. Il soffitto era altissimo, le pareti lunghe adornate con lo stesso tema dei ghirigori dorati della porta, mettevano n mostra una serie di quadri strani e inquietanti in cui le immagini non si capivano bene, e i colori principali erano scuri. In fondo alla stanza una grande scrivania di legno ordinata ed elegante era sovrastata da un enorme affresco alla parete, raffigurante una sanguinosa battuta di caccia. “Sarà anche arte ma io, in una stanza così, con quell’affresco lì, non ci starei mai. Non mi stupirebbe se venisse fuori che qui è stato ucciso qualcuno” pensava Georgy.
<< Prego, venga avanti signorina >> disse l’uomo seduto alla scrivania. << Non sia intimorita, non la mangio mica >> continuò, facendo scintillare i denti in un sorriso smagliante, e mettendo in mostra il dente d’oro piantato nella parte destra della dentatura.
<< Buongiorno signor Swire, io sono… >>
<< Oh non serve che si presenti, lei è Georgy Huges, la nuova assistente-professore di Hogwarts, anzi, direi professoressa a tutti gli effetti visto che chi deteneva la cattedra ora si trova…bè, qui! >> disse Corvax in maniera gentile e simpatica.
Georgy per tutta risposta esibì una faccia stupita.
<< Non si preoccupi, non sono andato a spulciare i fascicoli del Ministero anche se, vista la mia posizione, avrei anche potuto! Linda, la mia segretaria, mi ha parlato di te, e molto bene devo dire. Tranquilla, non mi ha rivelato i vostri segreti, le ho semplicemente chiesto qualcosa di lei signorina Huges. >>
Georgy era completamente spaesata, continuava a guardarsi attorno, non riusciva ad ambientarsi, e si era quasi dimenticata il motivo per cui era andata lì. Corvax continuava a parlare di sé, chiedendo ogni tanto alla ragazza piccole cosucce cui avrebbe dovuto rispondere solo sì o no, non permettendole quindi di instaurare un discorso in cui fosse lei a fare le domande.
Ad un certo punto entrò Linda, lo sguardo basso e inizialmente triste, portando due tazze di tè.
<< Oh grazie Linda, gentilissima come al solito >> disse Corvax con un gran sorriso rivolto alla sua segretaria. Quando uscì continuò: << E’ una brava ragazza, lavora sodo e si impegna, ma sa che non deve sgarrare o fare di testa sua, perché so essere molto… bè diciamo che voglio ordine, rigore e disciplina, e chi non rispetta il mio volere viene punito. A mio avviso tutto deve essere così, la vita deve essere governata da ordine e disciplina, altrimenti regnerebbe il caos, e quando il caos la fa da padrone qualcuno finisce per rimetterci >>. La voce di Corvax si era fatta più pesante, come se in qualche modo avesse voluto giustificare il suo modo di agire.
Georgy colse al volo l’occasione per entrare nell’argomento che tanto le stava a cuore.
<< Scusi signor Swire, ma perché sembra tanto una persona per bene, gentile e anche simpatica, e invece nella realtà lei cerca di far del male a persone e creature innocenti? Perché ce l’ha tanto coi lupi mannari? >>. Georgy pensava che a queste parole che potevano suonare come un attacco (e in effetti l’intenzione era quella) Corvax si sarebbe arrabbiato e forse l’avrebbe addirittura mandata via chiamando la sicurezza. L’uomo tuttavia esibì un sorriso che sembrava un ghigno e, sempre gentilmente, rispose: << Lei è preoccupata per il suo amico, il professor Lupin, vero? Lei è venuta qui per chiedermi di smettere di dare la caccia agli esseri come lui, vero? Voglio chiederle io una cosa: se non ci fosse stato di mezzo il suo amico, sarebbe venuta lo stesso qui a perorare la causa? Oppure se ne sarebbe rimasta a Hogwarts, al riparo da qualsiasi minaccia, tranquilla, a vedere come si sarebbe evoluta la faccenda? >>.
La ragazza era rimasta in silenzio. Non si aspettava una reazione così tranquilla e allo stesso momento sconcertante. Ora pareva lei la cattiva. Corvax Swire era riuscito a farla dubitare delle sue intenzioni.
<< Come immaginavo, l’ho spiazzata. Stia tranquilla, non mi aspetto una risposta, e neppure mi interessa sentirla. In fondo la storia non si fa con i “se” e con i “ma”, lei è venuta qui ora, ed è questo che conta. Cos’ho contro queste creature? Bè, legga qualsiasi articolo o mia biografia, vedrà che sono sempre rimasto colpito dal fatto che nessuno abbia mai voluto contenere la pericolosità di questi esseri. La sua visita potrà fermarmi? Non penso proprio signorina. >>
Georgy era sempre più spiazzata. Quest’uomo era capace di parlare da solo per ore, e lei lo stava ad ascoltare. Era contraria a ciò che egli diceva ma non poteva rispondere perché ne era infatuata. D’altronde alcune persone hanno questo immenso dono, quello di permettere alla gente di ascoltarle, il dono della parola, dell’eloquio. C’è chi sa cantare, chi scrivere, chi ascoltare, e chi sa parlare. Corvax Swire era un eccellente oratore, sapeva catturare l’attenzione, coglieva le domande della gente prima che gli fossero poste, rigirava i discorsi a suo piacimento. Georgy avrebbe quasi potuto ammirarlo da questo punto di vista, se non fosse stato per il piccolo difetto che l’uomo stava giustificando il suo voler ammazzare Lupin.
<< Vede signorina, non sono incoerente, neanche un po’. Glielo dico perché molti mi hanno mosso questa accusa. Sarò duro, testardo, talvolta crudele, ma incoerente proprio no. Ho visto prima, quando è entrata, che osservava i quadri alle pareti. Se volesse darci un’altra occhiata per me non ci sarebbe alcun problema, potrei anche spiegarglieli ad uno ad uno. Non serve che le dica, mi sembra una ragazza intelligente, che sono tutte scene di caccia o che riguardano i lupi mannari. >>
A questo invito Georgy non poté rifiutare per non sembrare scortese, si alzò e guardò i quadri appesi alle pareti. Alcuni potevano anche avere qualche tratto carino, ma altri erano davvero raccapriccianti e inquietanti, tali che sarebbero parsi belli solamente a dei cultori dell’orrido. Lo sguardo della ragazza però si posò in particolare su un dipinto che non colpiva per i colori, che erano tetri, sul blu e il marrone scuro, ma per le immagini raffigurate. Un uomo, dalla sagoma snella e slanciata, e una creatura grande e pelosa accanto.
<< Quel quadro è il mio preferito. Mi ricorda i vecchi tempi. Siamo io e… >>
<< Un lupo mannaro? >>
Corvax annuì. Georgy lo aveva capito subito. Era la stessa immagine che tempo addietro era apparsa nell’aula di lezione quando Lupin aveva affrontato il molliccio per gli studenti.
<< Ma quindi questo è… Lupin? >>
Corvax annuì. << Sì è Lupin. Romulus Lupin. >>
La ragazza rimase in silenzio a contemplare il quadro. Un’immagine così del professor Lupin non l’aveva mai potuta apprezzare con calma. E poi era stato bravo Remus a ricordarsi la scena come se fosse stato lui stesso un terzo spettatore… un momento…
<< Ha detto Romulus? >>
<< Sì signorina. Non capisco perché la sorprenda tanto. >>
<< Io... io credevo che il nome del professor Lupin fosse Remus… >>
<< E infatti lo è. Evidentemente lei non sa che il professore ha un fratello gemello. >>
Il cuore della ragazza smise per un attimo di battere. Un gemello? Di Remus? Perché non gliene aveva mai parlato?
<< Nella mia lunga carriera ho avuto modo di conoscere entrambi, e anche loro si sono conosciuti ma non credo si siano mai ri-conosciuti. Romulus era con me la notte che Remus a compiuto la grave atrocità di cui è stato principalmente accusato. È stato poi Romulus a tirarlo fuori di prigione, con il mio aiuto ovviamente. Temo però che Remus non sappia neppure che esiste Romulus. Eppure…gli deve tutto. >>
<< E perché non glielo ha mai detto? >>
Corvax rise. << Cara mia, gli affari sono affari, non posso permettermi passi falsi in questo lavoro. >> Poi tutto a un tratto il suo volto si rabbuiò. << Credi che un impero si costruisca da solo? Pensi forse che con bontà e gentilezza si vada ovunque? Ma fammi un piacere, stupida e ingenua ragazzina, non ti impicciare di queste cose, torna a scuola a giocare con incantesimi e pozioni. potresti farti male qui. >>
Ora Georgy aveva conosciuto il vero volto, crudele e meschino di Corvax Swire. Se prima era a un passo dall’ammirare la sua parlata, ora era ad un passo dal lanciargli uno Schiantesimo.
<< Non mi fa paura, non mi spaventa il doverla affrontare! >> rispose a tono la ragazza sfoderando la bacchetta. << E non creda che nessuno farà niente dopo che Lupin e gli altri avranno saputo questa storia. >>
<< Oh oh oh la piccola maghetta non sa cosa sia l’educazione a quanto pare. Non si minacciano le persone quando si sta discutendo gentilmente. E poi, ammesso che questo tuo modo di comportarti possa essere sorvolato solo per l’istintività della giovane età, a chi è che vorresti raccontare questa storia? Ai tuoi amici di Hogwarts? Interessante. Utile. Pietoso. A Lupin? A Remus Lupin? Cara mia, se credi di trovarlo in fondo al corridoio con le celle dove lo vedevi di solito ti sbagli di grosso. Mi credi uno sprovveduto? È in un posto dove nessuno potrà mai arrivare senza il mio permesso. Nel mio regno, nel mio impero, nelle mie mani >> diceva Corvax ridendo malignamente.
<< Non è possibile >> continuava a ripetersi Georgy. La ragazza corse fuori dall’ufficio, percorse il lungo corridoio buio e giunse alla cella dove fino a poco tempo prima era rinchiuso Lupin. Come detto da Corvax la cella era vuota. Tornò indietro con estremo disappunto, entrò nell’ufficio dell’amica Linda e le chiese spiegazioni. Linda non seppe che rispondere, ma era visibilmente triste e spaventata dall’uomo che continuava a chiamare capo.
<< Tu qui non ci puoi più stare >> disse Georgy e, presa l’amica per il polso, la trascinò via, fino agli ascensori.
<< Che fai adesso? Mi rubi la segretaria? >> urlò Corvax dalla porta del suo ufficio.
Georgy con la bacchetta eresse un muro magico davanti a lui, per fargli perdere tempo e impedirgli di seguirle. L’incantesimo però durò davvero poco, in breve tempo Corvax riuscì a romperlo, e con facilità.
<< Bè tienitela, non mi serve una così, vigliacca e che perde la testa per un essere inferiore come un lupo mannaro! >>
Le ragazze entrarono nell’ascensore e in un lasso di tempo che sembrò interminabile arrivarono al piano terra, all’atrio del Ministero. Avevano entrambe il fiatone, non tanto per la corsa, quanto per lo spavento.
Percorsero l’atrio e uscirono dal Ministero. Come al solito Georgy estrasse dalla borsetta la sua scopa e insieme partirono alla volta di Hogwarts, un rifugio sicuro.
<< Tu lo sapevi? Per questo eri triste? E la ferita sulla guancia c’entra con questa storia vero? >> chiese Georgy impaziente.
<< Sì… >> rispose sommessa Linda. << Lo hanno trasferito questa mattina presto. Io ero lì a fargli…compagnia. Corvax mi ha vista. Remus ha reagito e per sbaglio mi ha… ho cercato di dirgli di non sentirsi in colpa, ma alla fine si è consegnato. Dobbiamo fare qualcosa Georgy, ti prego! >>
Georgy lesse negli occhi dell’amica uno sguardo supplichevole che le ricordava tanto il suo quando le parlava di Piton, quando le chiedeva consigli, quando soffriva perché lontano, quando aveva perso la memoria. Quello sguardo… innamorato.
<< Lo troveremo Linda. Voglio che almeno la tua storia abbia un lieto fine. >>
Linda ringraziò l’amica, le mise una mano sulla spalla e con l’altra la abbracciò. << Vedrai che anche per te si sistemerà tutto. Piton è tornato! >>
<< E tu come lo sai che era partito? >>
 
<< Suvvia non c’è alcun bisogno di scaldarsi così. In fondo abbiamo solo omesso di dirti che Linda era in contatto con noi da qualche mese. >>
<< Ah bè, e farmi fare la figura dell’allocca che racconta balle allora? >>
Georgy era furiosa, al punto che stava riempiendo di parole Silente e la McGranitt. Silente non diceva nulla, sorrideva quasi, mentre la McGranitt cercava di dare spiegazioni.
<< Te lo avevo detto Albus che non l’avrebbe presa bene! Come con Severus! >>
<< A proposito, è tornato e non me lo avete detto? Dopo che io vi avevo esplicitamente spiegato che gli volevo parlare? >>
<< Vedi è… era… sì insomma, per il bene tuo e di tutti… >>
<< Non me ne frega un cazzo del mio bene, o della mia sicurezza, lo volete capire? E se gli fosse successo qualcosa? Cosa faceva da Lupin? Lo voleva ammazzare? Ne sarebbe stato capace… >>
<< Sì non ne ho dubbi! >> intervenne Silente, ma fu fulminato all’istante dalla ragazza.
<< Georgy cara, Severus era andato a cercare delle erbe per… >>
<< Non mi interessa, preside, cosa stesse cercando il professor Piton, non mi interessa neppure se ha trovato quel che cercava, io voglio solo… >>
<< Sì che lo ha trovato >> disse Linda, zittendo tutti. Prima rintanata in un angolo dello studio della preside, ora avanzava alla luce, parlando a testa alta rivolta all’amica. << Ieri notte ha portato a Lupin la pozione per la trasformazione con la luna piena. Era andato a cercare le erbe per farla. E le ha trovate. Solo che l’effetto è svanito prima del previsto, ed è intervenuto Corvax e una serie di sfortunati eventi… ma Piton ha fatto una cosa buona. >>
<< Mi stupisce, davvero… >> disse Goergy quasi con timidezza. << L’ha fatto per… Lupin. Forse finalmente ha capito… >>
<< No >> disse Linda con voce ferma. << Ha detto che non lo faceva certo per Remus. Georgy, nessuno gli ha detto di recuperare a tutti i costi quelle erbe. Silente gli aveva detto di non correre troppi pericoli, Lupin in cella non poteva nuocere a nessuno da trasformato. >>
<< Quindi… sapeva di te e Lupin? Cioè che lo andavi a trovare spesso? >>
<< No Georgy. Sa che tieni a Remus come amico, e che non vuoi che soffra, come chiunque attorno a te. Lui l’ha fatto per te! Solo ed esclusivamente per te! >>
Georgy sbarrò gli occhi. Dunque il professore non l’aveva dimenticata. Forse non sarebbe servito neanche parlargli. O era un estremo gesto d’amore prima del definitivo addio, oppure era un gesto per riappianare i rapporti. Non importava. Piton aveva mosso il suo passo. Che fosse stato di nuovo amore o solo amicizia ora non importava. Ciò che davvero contava per Georgy era che Piton dava segni di riavvicinamento.
Di una nuova speranza cominciarono a brillare da quel momento gli occhi della ragazza.  
 

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Capitolo 27
*** L'ultimo scontro ***


Erano ormai passati diversi giorni dall’incontro tra Georgy e Corvax, il professor Piton doveva ancora rientrare ad Hogwarts e di Lupin non si era più saputo niente. Linda non era più andata in ufficio, aveva abbandonato il lavoro nel momento stesso in cui si era lasciata trascinare via da Georgy che scappava da Corvax. Non sarebbe più tornata da quell’uomo, non gli avrebbe più dedicato alcuna attenzione.
Entrambe le ragazze erano felici di poter trascorrere nuovamente dei momenti insieme, ad Hogwarts, come ai vecchi tempi. La McGranitt aveva permesso a Linda di dormire con Georgy e di seguire alcune lezioni di Erbologia e Trasfigurazione, le preferite di Linda. A dir la verità non le sarebbe dispiaciuto restare come aiutante-professore, in fondo se la cavava bene con alcune materie, e non era del tutto arrugginita.
Georgy invece continuava a fare lezioni di Difesa contro le Arti Oscure, e per fortuna che distrarsi con queste. Ogni momento libero che aveva lo passava pensando a Piton. Ogni suo gesto, anche il più semplice, era rivolto a un suo possibile ritorno. Aspettava tanto di vedere il suo Piton nuovamente seduto al tavolo dei professori che talvolta si dimenticava della minaccia di Corvax e del suo amico Lupin nei guai. Gli stessi pensieri, ma rivolti a Lupin, li faceva Linda. Erano due anime cui mancavano le rispettive gemelle, e la cosa forse peggiore era che sapevano, entrambe, di essere in un certo qual modo ricambiate.
<< Dobbiamo trovare Remus, ogni momento che passiamo qui a non far niente per lui potrebbe essere fatale >> sosteneva Linda a colloquio con la preside, Silente e l’Ordine al gran completo.
<< Non possiamo agire senza prudenza, dobbiamo almeno prima sapere qualcosa sul luogo in cui si trova Lupin e sull’esercito che Corvax dice di avere. >>
<< Ma chi se ne frega, non possiamo lasciarlo lì così. >>
Tutti avevano capito i sentimenti di Linda per Lupin, ma nessuno ne parlò mai, né glielo rinfacciò mai.  
<< Qual è il regno di Corvax? Cosa intende per “impero”? Di certo non può possedere tante terre con sudditi al suo servizio… >> chiedeva Georgy.
<< Ce lo siamo chiesti pure noi al ministero >> intervenne Kingsley, fino a quel momento rimasto in silenzio, pensieroso. << Abbiamo fatto delle indagini, interrogato uomini e licantropi, e alla fine siamo riusciti a scoprire qualcosa di davvero inquietante se fosse vero. Corvax è davvero un mago molto potente, e se non ha la forza di Voldemort ha di certo maggiore astuzia. Abbiamo notato che dopo un certo periodo di detenzione nelle sue celle, molti lupi mannari scomparivano nel nulla; talvolta veniva rilasciata la notizia della loro esecuzione, comparivano anche le carte, ma non si ritrovavano mai i corpi né le prove dell’omicidio. Le carte venivano firmate da Corvax in persona, Linda potrà confermarlo. Dove finivano tutte quelle creature? Erano davvero morte? Abbiamo indagato e tutto ciò che abbiamo scoperto è che sono scomparse >>.
<< Non mi sembra una grande scoperta, amico >> disse Sirius, beffardo.
Kingsley aggrottò la fronte e riprese a parlare. << Scomparse da questa terra, da questa dimensione. Conosciamo il potenziale di Corvax e abbiamo modo di credere che… sia riuscito a sviluppare una dimensione parallela, un suo “regno” dove radunare un esercito di lupi mannari che sta reclutando da anni, un impero dove lui comanda e i licantropi eseguono. Non sappiamo cosa succeda in quel posto, o come vi si arrivi. Non sappiamo se esista e cosa vorrebbe farne di questo esercito. Linda mi diceva che più di una volta nei suoi discorsi si chiedeva cosa sarebbe del mondo se fosse lui a comandare, o di come girerebbero le cose se lui potesse imporre ordine e disciplina. >>
Alcuni rimasero in silenzio, altri cominciarono a borbottare e a lamentarsi della fantasia del Ministero.
Silente prese la parola. << Signori, prego, ascoltatemi. Io credo che Kingsley abbia ragione, e che per una volta i sospetti del Ministero siano fondati. Propongo di cercare, controllare, muoversi con discrezione per avere più informazioni possibili. Anche ora c’è chi lavora per noi in incognito, rischiando la propria vita giorno dopo giorno. Non vi chiedo di sacrificare la vostra, non potrei mai farlo. Fate ciò che vi sentite. >>
La riunione fu sciolta. Molti se ne andarono con la faccia stupita, basiti per quell’insieme di fantasie e allucinazioni. Alla fine nell’ufficio della preside rimasero in quattro insieme alla McGranitt.
<< Non mi interessa cosa pensa il resto dell’Ordine o quanto pericoloso possa essere. Io dico che dobbiamo muoverci subito per liberare Lupin e porre fine a questa storia. >>
<< La ragazza ha ragione >> convenne Sirius. << Mi fa un po’ ridere l’idea di un mondo parallelo, ma se è vero che Corvax sta reclutando lupi mannari per minacciare il nostro mondo, bè mi vedo costretto a fermarlo. E poi un mio caro amico è di nuovo nelle sue mani… >>
<< Non ti facevo così sentimentale >> disse Kingsley con lo stesso tono di beffa che precedentemente aveva avuto Sirius nei suoi confronti.
<< Come facciamo ad accedere al suo “regno”? >> chiese Georgy, già proiettata con la mente allo scontro.
<< La foresta dove hanno trovato Lupin quando lo hanno accusato anni fa. La stessa foresta dove molti lupi mannari sono stati avvistati per l’ultima volta. Il passaggio deve essere lì da qualche parte. Domani sera, subito dopo il tramonto >> disse Kingsley. Tutti annuirono.
<< Bisognerà avvisare gli altri dell’Ordine? >>
<< Non credo saranno d’aiuto. Chi partecipa deve esserne convinto >> disse Silente con tono austero.
<< Siate prudenti >> concluse la McGranitt.
 
Linda e Georgy quella notte fecero fatica ad addormentarsi. Pensavano alle persone a cui maggiormente tenevano, ai rischi che correvano, a ciò che sarebbe toccato loro in sorte il giorno dopo. Parlavano, l’ansia viva nelle loro parole. Cercavano di scherzare come loro solito, tentando di scacciare brutti fantasmi. Il giorno dopo sarebbe andato tutto bene, si dicevano, nulla li avrebbe fermati, avrebbero liberato Lupin e posto fine all’egemonia di Corvax Swire.
<< Georgy, ti devo ringraziare >> disse ad un tratto Linda. << Sei stata davvero un’amica, sempre. Non avrei mai potuto trovare di meglio. Grazie. >>
<< Linda dai, lo sai che anche tu per me sei una grandissima amica, ma non parlare così, sembra che stiamo andando a morire! >>
<< Non capisci la grande potenza di Corvax, vero? Domani non sarà facile, nulla è mai facile con lui. Se dovesse succedervi qualcosa non me lo perdonerei. >>
<< Ma cosa dici Linda? Andiamo solo ad aiutare un amico, se sarà necessario useremo la forza. Dopo tutto abbiamo già sconfitto Voldemort, credo siamo pronti per un presuntuoso adulatore di lupi mannari! >>
<< Sì, ma se non avessi premuto o dato informazioni voi non sareste in questa situazione. Potrei fare tutto da sola… >>
<< No Linda, non ce la faresti. E noi lo facciamo volentieri. Hai visto chi saremo, solo gente fidata, esperta e convinta che ciò che si sta facendo sia giusto. >>
<< Ti voglio bene Georgy. >>
<< Anche io Linda. >>
 
Il giorno seguente passò molto velocemente. La solita routine aveva qualcosa di diverso, sapeva di nostalgia e di qualcosa destinato ad esaurirsi. Georgy si divertì molto coi suoi studenti, quasi le dispiaceva terminare le lezioni quel giorno, ma confidava nella ripresa il giorno seguente. In fondo si era affezionata a quella vita praticamente da professore, vista l’assenza di Lupin. Certo, lo avrebbe liberato volentieri e gli avrebbe riceduto la cattedra, ma le sarebbe mancato forse quel diretto contatto con gli studenti, il potere di ammaliarli coi suoi discorsi, il fatto che soprattutto quelli del primo anno pendessero dalle sue labbra e potesse dir loro qualsiasi cosa rendendola magica solo se accompagnata da uno sventolio di bacchetta. Insegnare ad Hogwarts, chi lo avrebbe mai detto. E tutto grazie a Piton. lui l’aveva prima conquistata e poi portata nel suo mondo, dalla sua parte, a suo modo, e l’aveva inserita in quel fantastico ambiente. Chissà dov’era adesso Piton, perché non si mostrava a scuola, quando lo avrebbe rivisto.
Quel pomeriggio la ragazza era introvabile. Linda la cercò in ogni angolo di Hogwarts dopo aver letto il biglietto che le aveva lasciato con scritto “Vado a cercare me e lui. Ci vediamo al tramonto alla torre”. Spaventata aveva chiesto aiuto anche a Sirius e alla McGranitt, ma quest’ultima aveva intuito che la ragazza cercava solo del tempo per pensare a se stessa, concentrarsi, riflettere. La preside capiva cosa mancasse a Georgy: il fatto di sapere che l’uomo che amava era da qualche parte ma non poterlo vedere o toccare o sapere al sicuro la terrorizzava. Lo stesso aveva provato lei aspettando che il suo amato si facesse avanti e la portasse al sicuro tra le sue braccia. Ora lo poteva vedere tutti i giorni nel suo ufficio, ma non era lo stesso che abbracciarlo e sussurrargli il suo affetto.
Georgy non era introvabile in realtà. Semplicemente si era rifugiata nell’unico vero posto che le ricordasse positivamente Piton: il giardinetto, la colonna, gli scalini, la siepe. Nessuno riusciva a vederla. Solo una persona avrebbe potuto trovarla, ma quella persona, tanto attesa e tanto amata, non sarebbe mai arrivata.
La ragazza passò l’intero pomeriggio accoccolata su stessa sotto la colonna, un timido sole che bastava solo a farle sentire meno freddo, le mancavano un caldo abbraccio e un tenero bacio. Forse dopo questa storia potrò rivederlo, pensava. Se gli avesse dimostrato che Lupin amava Linda e che lei non era minimamente interessata a Lupin una volta in salvo, forse, forse, Piton sarebbe tornato.
I pensieri si susseguivano veloci nella sua mente, le possibili soluzioni si arrampicavano in turbinii confusionari e talvolta troppo irreali. Quando si stancava di questi viaggi si riposava un attimo nel ricordo, nella dolce e ricercata rimembranza dei bei momenti passati assieme, dei viaggi, della scoperta l’uno dell’altra, dei litigi amorevoli e dei primi tempi di odio quasi profondo. Alla fine è vero che la nostra storia è fatta di ciò che ci siamo lasciati alle spalle, dei momenti vissuti e che non torneranno, perché è passato, la storia è passato, il futuro potrà solo essere influenzato dal passato ma non è ancora storia. La sua storia. La loro storia.
Georgy piangeva, singhiozzava, taceva. Rideva da sola, ma piano, per non essere scoperta. Si addormentava per qualche minuto. In dormiveglia incontrava Severus e gli chiedeva di restare, di non partire più. Georgy sognava, e non distingueva più la realtà vera da quella falsa creata dalla sua testa.
Il sole volgeva al tramonto. Gli occhi azzurro-verdi della ragazza brillavano del debole rosso di quel tramonto, il rosso della passione, del sangue, dell’ira. Portava dentro di sé l’amore, il dolore, la convinzione. Era pronta.
 
Tramonto. Torre di astronomia. Quattro figure legate per mano. Sguardo sicuro, fermo, determinato. Un attimo e le figure non c’erano più. Sparite nel nulla.
 
Foresta. Alberi, radici, erbacce, fiori selvatici. Odore di terra, umidità, resina appiccicosa. Rumori. Un attimo e quattro figure si materializzano all’improvviso sul manto dissestato al centro della foresta.
<< Fa freddissimo qui >> disse Linda.
<< Temo che presto il clima si infiammerà e rimpiangerete il fresco della foresta calma >> rispose Kingsley guardando fisso un punto nel fitto intricarsi di alberi. Aveva sentito u rumore diverso da quelli tipici di una foresta desolata, un rumore di rami calpestati, petti ansanti, uno strano ringhiare.
Una risata che sembrava provenire da tutto intorno a loro li destò dai loro pensieri.
Come un cerchio che si chiude, una cintura di nere figura si stava sempre più avvicinando ai quattro maghi. Non ci volle molto per capire che le figure, ansanti e ringhianti erano lupi mannari. E tra loro si faceva strada un uomo ben vestito, con cappello e bastone, elegante e trionfante: Corvax.
<< Ah ah ah! Buonasera! E’ possibile sapere per quale motivo voi vi trovate in questa foresta a quest’ora? Una passeggiata… al chiaro di luna? >>
<< Dov’è Lupin? Che ne hai fatto di lui? >> irruppe Georgy.
<< Lupin? Mmm… credo che sia qui, accanto a me! >> rispose con un ghigno Corvax, e accato a lui si stagliarono due enormi e possenti lupi, uno a destra e uno a sinistra, identici per fattezze e colore del pelo. Persino le chiazze più chiare combaciavano per forma e dimensione.
I quattro maghi restarono sbigottiti.
<< Remus… >> disse Linda con un filo di voce.
<< Cosa vuol dire, Corvax? Qual è il mio amico? >> ringhiò Sirius.
<< Mi avete chiesto Lupin, bene, eccoli. Rivolete il vostro Remus con voi? Mi dispiace ma credo che sarà impossibile. Piuttosto potreste unirvi voi al mio esercito. Vedete come e quanto so essere generoso? >>
Kingsley e Sirius erano sbalorditi. Un intero esercito di lupi mannari era lì davanti ai loro occhi. Il loro amic Remus pure era di fronte a loro, nella sua seconda natura, incapace di riconoscerli.
Linda aveva il volto rigato dalle lacrime. Mosse qualche passo verso i lupi, ma Georgy di scatto la fermò, prendendola per un braccio.
<< Cosa fai? Sei impazzita? >>
<< Lasciami Georgy! Devo andare da Remus… lui non mi farà del male… >>
La ragazza mollò la presa dell’amica, colpita dalla sua determinazione, fiduciosa che fosse nel vero. In fondo, aveva pensato che se fosse stata al posto suo avrebbe lottato anche contro i suoi amici per avvicinarsi a Piton. Quanto avrebbe voluto fosse lì con lei a darle forza per l’imminente battaglia.
Linda si avvicinò ai lupi, una mano tesa in avanti. Scrutò i due lupi e ne scelse uno, quello alla sinistra di Corvax. Il mago elegante la guardò con aria di sfida ma non mosso un dito. “Questa sciocca ragazza non sarà un pericolo per me. La lezione gliela darà il suo Remus stesso!”.
<< Remus… >> continuava a sussurrare la ragazza, singhiozzante.
Il lupo cui si stava avvicinando continuava a respirare profondamente, per il freddo e l’umidità si poteva vedere il fumo uscire dalla sua bocca, i denti brillavano quando colpiti dai deboli raggi di luna che entravano dagli spazi lasciati dalle fronde degli alberi. Linda non riuscì ad avvicinare la mano al muso del lupo mannaro perché questo con un ringhio la allontanò e fece per saltarle addosso, ma uno scintillio rosso proveniente dalla bacchetta di Sirius lo scaraventò contro un albero.
<< Scusa amico… >> disse il mago.
Georgy aiutò l’amica a rialzarsi. << Visto? Non ti riconosce più… cerca di non fare altre cazzate del genere per favore, e fai in modo di restare viva in futuro… >> disse la ragazza.
Corvax sghignazzava. << Non capite? Loro sono miei. Unitevi al mio esercito e conquisteremo l’intero mondo magico. Oppure preparatevi a morire. >>
<< Non ci uniremo mai a te, Corvax. E non avrai mai questo mondo, né nessun altro uomo diventerà tuo servo. Noi combatteremo >> rispose in tono deciso la ragazza. Gli altri maghi a queste parole annuirono e si prepararono, le bacchette levate, a combattere. Era finito il tempo dei preamboli. Con questo scontro si sarebbero decise le sorti delle loro vite, e forse il destino del mondo magico, nuovamente minacciato.
<< Fate come volete, volete suicidarvi? Bene, i miei amici qui saranno ben contenti di aiutarvi >>
<< Noi non vogliamo loro, Corvax. Vogliamo te! >> rispose Sirius.
<< Come temevo. È dura essere famosi, tutti ti desiderano. Bè, carissimi, temo non sarà possibile, soprattutto se prima di arrivare a me dovete affrontare un intero esercito di lupi mannari. Ah ah ah… in bocca al lupo! Ah ah ah >> replicò Corvax, svanendo tra le fila di lupi che si avvicinavano minacciosi ai quattro maghi.
<< Fermo, maledetto! >> gridò Kingsley, ma fu troppo tardi. I lupi si erano lanciati su di loro, erano iniziati a volare i primi incantesimi. Lo scontro finale era cominciato.
 
Linda si era ripresa, combatteva bene, spalla a spalla con Sirius, ma con un occhio sempre fisso sul lupo che credeva essere Lupin. Kingsley invece combatteva accanto a Georgy. Se la stavano cavando tutti bene, quando ad un tratto i due lupi identici presentati prima da Corvax e che erano rimasti fermi tutto il tempo dello scontro si mossero, e iniziarono a correre verso le due coppie di maghi che si stavano dando da fare per avere la meglio su un branco di lupi affamati. Comparvero improvvisamente, sopra agli altri, come attratti all’improvviso da qualcosa, gli occhi assetati di sangue. Sirius vide in tempo quello che si era diretto contro lui e Linda e con abile maestria riuscì a colpirlo con un incantesimo che aveva lanciato anche ad un altro lupo. Entrambi furono sospesi a mezzaria, e ricaddero a terra lontano dalla coppia di combattenti, con un tonfo pesante.
L’altro lupo si era invece diretto contro Georgy e Kingsley, i quali però non si erano accorti della sua minaccia in quanto impegnati in un acceso duello. Si accorsero della sua presenza quando ormai era troppo tardi: sbarazzatisi degli altri lupi avevano alzato gli occhi al cielo coperto di alberi e avevano visto una grossa figura cadere dall’alto. Non c’era tempo per formulare un incantesimo. Kingsley ebbe la prontezza di accovacciarsi su Georgy, per proteggerla ed accusare lui stesso il colpo. Georgy si lasciò proteggere, implorando per un miracolo. Sirius e Linda si accorsero di ciò che stava succedendo ai due amici, e videro tutta la scena, colti alla sprovvista.
Kingsley urlò di dolore quando il lupo si fece su di lui, e venne scaraventato lontano con una seconda zampata dell’animale. Sanguinante e dolorante non si mosse da terra. In un attimo il lupo fu su Georgy che era rimasta a terra e ora guardava il feroce lupo negli occhi, come fosse paralizzata. L’animale si preparò a colpire nuovamente, e l’ultima cosa che vide la ragazza prima di chiudere gli occhi fu un guizzo di luce. Non sentì dolore, né avvertì ferite o un tocco di alcun genere. Riaprì gli occhi e il lupo di fronte a lei non c’era più. Si guardò attorno per capire cosa fosse successo. Dagli sguardi attoniti di Linda e Sirius capì che loro non potevano aver mosso la bacchetta. Fissavano un punto alle sue spalle, proprio da dove sentì provenire un rumore di rametti calpestati. Georgy atterrita dalla minaccia che poteva prospettarsi alle sue spalle si voltò, con lentezza e cautela, per poter vedere il pericolo in faccia. Poteva essere un altro lupo mannaro, o Corvax che la teneva in scacco. Al vedere la figura che l’aveva salvata dal lupo mannaro sbiancò i faccia. Le gambe iniziarono a tremarle, la gola le si seccò, gli occhi si riempirono di lacrime. Alle sue spalle, vicinissimo a lei, avvolto nel suo mantello nero, gli occhi piccoli e neri, lo sguardo deciso e fermo, la bacchetta ancora levata: Severus Piton.
<< …S… S-S… Sev… >> singhiozzò la ragazza, incapace di muoversi per l’emozione e il pianto.
L’uomo si avvicinò alla ragazza, si mise di fronte a lei, si accovacciò e la guardò dritta negli occhi.
Lei ricambiò lo sguardo, per quello che le lacrime potevano concederle, e lo baciò, con forze e passione.
Sorrisero.
La ragazza si stacco leggermente dal volto dell’uomo che amava, alzò la mano destra e… tirò uno schiaffo forte e deciso sulla guancia del professore.
<< Hai ragione >> disse Piton, il volto basso. << Hai perfettamente ragione, ti ho fatta star male, e mi dispiace. Ma ora sono qui, e qualunque cosa tu decida io ti starò accanto. Per sempre. >>
La ragazza scoppiò nuovamente in lacrime e lo abbracciò forte. Finalmente il suo Severus era tornato.
 
Passato il momento romantico di riavvicinamento il gruppo di maghi si fece stretto attorno a Kingsley, ridotto in fin di vita.
<< Dobbiamo portarlo subito a Hogwarts >> disse Linda.
<< E chi è che abbandona il campo? Siamo troppo pochi, non mi fido a lasciarvi qui soli a combattere >> rispose Sirius.
<< Non…non vi preoccupate per me… >> intervenne con un filo di voce Kingsley. << Lasciatemi qui, voi combattete. Abbiamo una missione. A me non resta molto… >> terminò la frase tossendo e girando la testa a guardare un punto lontano, in direzione di Hogwarts. << Per me è stato un onore combattere con voi, e sarà un onore morire sul campo di battaglia, mentre faccio ciò in cui credo, mentre combatto per il mio mondo. Andate voi, e state attenti. Per favore. Io sarò comunque con voi. >>
Georgy non sentì più altre parole provenire dalla sua bocca. I quattro maghi si fecero forza e continuarono a combattere. Kingsley era stato un buon amico, fedele all’Ordine e a Silente, era un ottimo combattente e credeva negli ideali per cui anche loro stavano combattendo. Tutti sapevano che sarebbe stato giusto cercare di aiutarlo, le ferite però erano davvero profonde, probabilmente non ce l’avrebbe fatta comunque. Sapevano che la loro missione per quella notte era trovare Corvax e fermare il suo terribile piano una volta per tutte. Dovevano continuare a lottare, e l’avrebbero fatto anche per Kingsley.
Una cosa strana però avvenne non appena l’amico ebbe esalato l’ultimo respiro: una piccola luce bianca si levò dal suo petto e si andò a posare sulla bacchetta di Georgy, scomparendo dentro di essa. Questo fatto spiazzò la ragazza e gli altri componenti del gruppo.
<< Ti ha dato una parte di sé Georgy >> spiegò Piton. << Kingsley ha voluto restare accanto a te e una parte della sua magia è passata alla tua bacchetta. E’ il suo modo per continuare a proteggerti. >>
La ragazza cacciò indietro le lacrime che stavano per inondarle nuovamente gli occhi e si voltò verso i lupi che minacciosi si facevano sempre più vicini. Lo scontro poteva riprendere.

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Capitolo 28
*** Amor vincit omnia ***


La battaglia si faceva via via più violenta. I maghi continuavano a spendere energie, impegnandosi, spendendosi e sacrificandosi per gli altri e per Hogwarts. I lupi mannari sembravano invece instancabili, ringhianti attaccavano continuamente, talvolta sembrava che i colpi di bacchetta non avessero effetto su di loro. Solo gli incantesimi lanciati da Georgy riuscivano quasi sempre a mettere ko i lupi, probabilmente non solo per la sua bravura ma anche per il dono fattole da Kingsley.
L’unica che sembrava più impacciata e meno propensa a combattere era Linda. Era bloccata, come intimorita, ma non dagli animali. Temeva che potesse succedere qualcosa a Lupin, al suo Remus, che qualcuno potesse inavvertitamente ucciderlo nella foga del combattimento. Linda in questo momento era l’anello più debole del gruppo, la persona che andava maggiormente protetta.
<< Remus! Remus! >> continuava a gridare. << Remus fermati! Torna in te! >>.
Ma le sue parole non sortivano alcun effetto.
<< Sirius attento! Dietro di te! >> gridò Georgy.
<< Stupeficium! >> replicò Piton.
<< Linda sta giù! >> urlò Georgy verso l’amica,  lanciandosi verso di lei.
<< Tutto bene? >> chiese Sirius accorso a coprire le spalle delle due ragazze.
<< Sì Sirius, grazie… Linda ma che ti prende? Vuoi farci veramente ammazzare? >>
Linda non rispose. I suoi pensieri, le sue azioni, le sue parole erano finalizzate solo alla cura di Lupin. Non lo attaccava, non si difendeva, anzi, lo difendeva, lo controllava. E mentre gli altri, sfiniti, cercavano di districarsi dal folto manipolo di lupi che li minacciava, Linda sembrava persa, con la testa totalmente altrove, in maniera anche un po’ egoistica forse. Sembrava che quasi non le importasse che i suoi amici si stessero sacrificando anche per lei. E lo scontro si stava facendo sempre più duro. Georgy era stremata, Piton stava perdendo la sua solita lucidità, Sirius accusava una certa stanchezza che gli faceva perdere la sua consueta agilità. Pochi erano i lupi rimasti a combattere. Alcuni erano stati abbattuti, altri storditi, altri ancora erano fuggiti e forse li avrebbero ritrovati più avanti nel loro cammino, semmai fossero riusciti a superare l’ultimo ostacolo per ora posto davanti a loro.
I due lupi mannari perfettamente identici che poco prima avevano attaccato i quattro maghi partiti da Hogwarts stavano eretti sulle due zampe posteriori davanti a Piton, Sirius e Georgy che si erano disposti a protezione della fragile Linda. I maghi alzarono le bacchette e si prepararono ad attaccare.
<< No! Non fatelo, vi prego! >> supplicò Linda.
<< Non dire sciocchezze, preferisci essere sbranata? >> replicò Sirius.
<< Ma è tuo amico, come puoi attaccarlo? >>.
I lupi mannari si lanciarono all’attacco. Tre incantesimi partirono dalle tre bacchette. Il più potente fu quello di Piton che fece volare via il lupo a lui più vicino, scaraventandolo contro un albero. Sirius e Georgy riuscirono in qualche modo a bloccare l’avanzata dell’altro animale, che si accucciò a terra, visibilmente dolorante ma non ancora pronto alla resa, infatti ben presto fu in grado di occupare tutti e tre i maghi nello scontro.
Accortasi del lupo accasciato vicino all’albero Linda si mise ad osservarlo. “E’ Remus, ne sono sicura…” pensò, e senza farsi vedere dai suoi amici si avvicinò all’animale ferito nel combattimento.
<< Remus! Remus, sono io Linda! Mi riconosci? >> chiese avvicinandosi al lupo mannaro, il quale però rispose ringhiandole addosso, tentando di alzarsi. Sirius, accortosi dei movimenti del lupo, gli lanciò contro un altro incantesimo, stordendo nuovamente la creatura.
<< No Sirius, lascialo stare! >> urlò Linda, accorrendo in aiuto del suo Lupin.
<< Non ti avvicinare, sciocca ragazza! Non ti può riconoscere, e potrebbe anche non essere Remus quello! >>
<< Impossibile! No, non è vero! Remus! Remus, mi riconosci? Remus, sono Linda! >> lo implorava.
La creatura continuava a ringhiare contro la ragazza e ad ogni suo movimento uno degli altri maghi lo metteva a sedere con un incantesimo. Linda era disperata, cercava a tutti i costi di avvicinarsi al lupo, era convinta che fosse Remus Lupin, ne era assolutamente certa. Addirittura cercava di proteggerlo dagli attacchi di Sirius e Piton, che oltre a proteggere se stessi tentavano di salvare quella ragazza suicida.
Linda, tuttavia, non avrebbe smesso di provarci, avrebbe continuato fino alla fine. Non poteva neppure immaginare una vita senza Lupin, non le sarebbe più stato possibile vivere se non l’avesse salvato, piuttosto sarebbe morta con lui.
Ora la creatura era ferma, accasciata ai piedi dell’albero, lievemente stordita dagli incantesimi. Linda stava in piedi di fronte al lupo, pronta a parare qualsiasi attacco potesse provenire da uno dei suoi amici. Il lupo la fissava, quasi incredulo. Avrebbe voluto alzarsi e combattere, il suo istinto era certamente quello, ma rimase fermo, immobile, quieto. Georgy si staccò dal combattimento e osservò la scena che le si parò davanti. La sua amica stava facendo da scudo agli attacchi scagliati contro l’amore della sua vita, anche se tutti le erano contro, anche se tutti dicevano fosse la cosa sbagliata da fare, anche se nessuno capiva quanto ci tenesse. Georgy rivide in quei gesti la sua stessa storia, quando lei cercava di proteggere Piton, lo accudiva da malato, lo curava e gli dedicava attenzioni, e lo proteggeva da chi invece lo giudicava come traditore, falso e nemico di Hogwarts. La ragazza capiva le intenzioni di Linda, capiva le sue motivazioni, capiva da dove trovasse la forza per opporsi ai suoi amici. Decise di aiutarla, non si meritava di soffrire così tanto. Le avrebbe dato un’opportunità.
Georgy si avvicinò all’amica, la quale istintivamente la respinse.
<< Calmati Linda, voglio aiutarti! Metti giù la bacchetta! >>
<< Aiutarmi? E come? >>
<< Se vuoi… se proprio ci tieni… se senti che sia la cosa giusta da fare… io ti copro. Fai quello che vuoi, nessun incantesimo ti disturberà, a tuo rischio e pericolo. Ma sappi che se il lupo… Remus… ti colpirà pesantemente io dovrò intervenire >> disse Georgy.
Il volto dell’amica si illuminò. Linda capiva benissimo il rischio che correva e la preoccupazione di Georgy, ma sapeva che era la sua ultima possibilità per liberare il suo uomo dalla sua terribile condizione.
Si avvicinò con calma alla creatura, la quale fissava in particolare la bacchetta che Linda teneva tra le mani. La poggiò a terra e si avvicinò ancora. I suoi occhi erano fissi sul lupo, i loro sguardi si incrociarono. Lupin ringhiò e mostrò i terribili denti aguzzi.
<< Remus… >> bisbigliò Linda, avvicinandosi sempre più.
Il lupo non smetteva di ringhiare e iniziò a fare qualche accenno di movimento.
<< Remus… >> disse nuovamente Linda sottovoce. Allungò un braccio, con estrema calma e cautela. Distese la mano. Era talmente vicina al muso della creatura che poteva sentirne il calore del respiro.
<< Remus, sono Linda… Remus… >>
Lupin ora fissava la mano della ragazza che gli si stava avvicinando. Guardò per un attimo Georgy, la quale aveva appena respinto qualche incantesimo lanciato dall’attonito Piton, convinto che Georgy fosse al sicuro dietro di lui, non a due passi da un lupo mannaro. Georgy guardò a sua volta l’amico trasformato in lupo mannaro. Il suo sguardo non era quello combattivo di quando li aveva attaccati. Era piuttosto confuso, quasi stupito. Probabilmente la creatura si chiedeva come mai queste due ragazze si stessero preoccupando per lui. La ragazza notò che i suoi occhi stavano nuovamente cambiando.
Il lupo fissò Linda negli occhi, mentre la giovane continuava a tendere il braccio verso di lui. La sua mano oramai sfiorava il volto del lupo, la voce era dolce nel dire << Remus Lupin… tu sei Remus Lupin… e io ti amo >>. Gli occhi di Linda si riempirono di lacrime nel pronunciare quelle parole, quelli del lupo brillarono.
<< Remus… ti amo >> ripeteva Linda, ormai accarezzando la creatura.
Georgy era pronta a intervenire, tremava per la struggente scena cui stava assistendo, e dentro di lei si augurava (e forse sapeva) di non dover intervenire. Forse l’amica avrebbe preferito essere sbranata piuttosto che continuare a vivere senza il suo Lupin. Per amore era disposta a rischiare. Il lupo era immobile, i piccoli occhi scuri fissi in quelli di Linda. I due stavano così, fermi, come se il tempo con loro si forse fermato. Forse nella mente di Lupin era scattato qualcosa, forse effettivamente poteva ricordare chi fosse. Forse mancava poco…
 
<< Uahahaha! Ah ah ah! >>.
Una risata sguaiata squarciò il quadro appena formatosi, e tutti rimasero bloccati ad ascoltare la voce di Corvax Swire, orribile e fastidiosa al tempo stesso.
<< E così insomma pensi di poter far ritornare umano un lupo mannaro? Ah ah ah! Stupida! Lui è di mia proprietà! Vai Remus! Attacca quella ragazza! >> urlò la voce.
Il lupo sembrò ridestarsi e iniziò a ringhiare. La ragazza lo guardò, lo sguardo stupito e supplichevole. Credeva di esserci riuscita, forse il suo tentativo era risultato vano?
La creatura la guardava, continuando a ringhiare.
<< Attacca ho detto! >>
Il lupo si alzò in piedi e iniziò a barcollare verso Linda.
<< ATTACCA! >> continuava a risuonare la voce di Corvax, ma il lupo non sembrava intenzionato a far del male alla ragazza che di fronte a lui, vicina fisicamente e col cuore, cercava di farlo tornare umano.
<< Remus non ascoltarlo! Tu non sei cattivo, sei un professore di Hogwarts rispettabile e stimato, non sei un lupo mannaro! Remus, torna da me! >>.
Il lupo fece un passo verso Linda, le mani portate alla testa, il volto che esprimeva un dolore straziante, le grida sempre più forti, sempre più… umane.
<< Remus! Remus! >> continuava Linda, accortasi che la creatura stava cambiando. Lupin barcollava, avanti e indietro, la testa gli scoppiava, era confuso, qualcosa nella mente gli pulsava, riconosceva i suoi amici, vedeva Sirius, Georgy… vedeva Linda.
<< L-Lin… Linda! >> sillabò Lupin che piano piano stava revertendo la sua trasformazione.
<< Remus! >> urlò Linda, il cuore colmo di gioia.
Piton e Sirius erano increduli, Lupin era nuovamente tra loro.
<< No! Non è possibile! Remus, come osi contraddire un mio ordine! Remus! Torna in te o sarò costretto… ad ucciderti! >> gridava Corvax Swire inutilmente. Lupin stava tornando totalmente in sé.
<< Non mi lasci altra scelta allora… >>.
Una pioggia di scintille rosse investì il gruppo di maghi, diretti quasi tutti contro Lupin che, impreparato, crollò a terra.
<< Remus! Noooo! >> urlò Linda gettandosi su di lui.
<< Spostati Linda! >> gridò Georgy tirando l’amica a sé e proteggendola da un altro attacco.
Nessuno vedeva da dove provenissero i colpi, nessuno sapeva come contrattaccare.
<< Ah ah ah! Poveri stupidi! Per fortuna non tutti i miei lupi sono come te… non tutti quelli della tua famiglia sono marci come te… >> continuò a gridare la voce di Corvax.
I maghi si fecero tutti attorno al corpo di Lupin straziato dai colpi. In tutti i modi tentarono di proteggere l’amico.
Romulus, l’altro lupo mannaro, aveva assistito alla scena, impassibile. Aveva visto suo fratello cambiare, fermarsi e tornare umano. Aveva visto gli amici di Lupin farglisi attorno e proteggerlo. Aveva visto cosa poteva fare l’amore di una ragazza. Non voleva che tutto finisse. Non voleva creare altri problemi, non dopo quello che era successo in passato. Anche nella sua mente qualcosa stava cambiando. Anche i suoi occhi ora brillavano come quelli di Lupin quando la ragazza lo accarezzava.
<< Ed ora dì addio per sempre a questo mondo Lupin… >>
In un attimo il lupo prese la decisione più importante della sua vita: si lanciò contro il gruppo di maghi, e quando fu di fronte a Sirius balzò alto in cielo per ricadere su Lupin. Si alzò un grande polverone e calò il silenzio nella foresta.
 
Quando la nebbia si dileguò tutti si voltarono a guardare in direzione di Lupin. Sopra di lui un uomo, del tutto simile a Lupin, sanguinante e mortalmente ferito, tentava di dire qualche parola con le ultime forze che gli restavano.
Lupin riconobbe il suo gemello, lo distese a terra e gli prese la testa tra le braccia, raccogliedo le ultime parole del fratello.
<< Remus… io… io ti ch… chiedo s… scusa… >>
<< Romulus… che dici? >>
<< Io… sono stato io… anni fa… in q… questa foresta… il bambino… scusami… non… non volevo… >>
Gli occhi di Lupin, spalancati, ripercorsero in un attimo i suoi ricordi confusi. Quella notte, quando lui fu trovato vicino al corpo di un bambino straziato nella foresta, la sua reclusione, l’enorme fatica per tornare a vivere normalmente… era stato Romulus. Vari sentimenti si affollarono nella mente e nel cuore di Lupin: rabbia, ira, sgomento, fastidio. Tuttavia gli bastò dare uno sguardo agli occhi supplicanti pietà di suo fratello per capire che non aveva senso adirarsi ora per il passato. Non con Romulus in punto di morte, ferito nel corpo e nell’anima.
<< Non importa Romulus, ti perdono. Ma perché mi hai salvato? Perché sei stato così pazzo? >>
<< Ho visto cosa ti è successo, ho visto i tuoi occhi come son cambiati, ho… ho visto l’amore di questa ragazza per te. Remus, tu hai… hai una vita, amici ch.. che ti vogliono bene, una ragazza… >> e guardò per un attimo Linda, in lacrime. << Io non potrei più vivere nel mondo umano, come lei non potrebbe stare senza te. Siate felici Remus. Anche per me… >>
<< Romulus, io… ti ringrazio. E ti prometto che il tuo sacrificio non sarà vano. Avrai la tua vendetta. >>
Romulus sorrise a Lupin e fissando i suoi piccoli occhi lasciò che la sua anima volasse via per sempre da quella foresta che aveva reso troppe vite infelici.
 
<< Venite, per di qua >> diceva Lupin agli altri, che lo seguivano e aiutavano.
Non aveva voluto dare troppe spiegazioni sulle parole di Romulus. Lupin si era preoccupato dei suoi amici e di Linda, stupendosi della sua determinazione e del suo coraggio.
<< Remus, io ti amo, veramente. So che non è il momento migliore per dirtelo, ma sento che non posso non esprimere quel che provo… >>
<< Anche io ti amo Linda, veramente. E dopo questa notte non posso che amarti ancora di più >> aveva risposto Lupin.
I due si erano scambiati un bacio furtivo e qualche fuggevole carezza, dopo di che si era deciso sul da farsi.
Lupin stava guidando il gruppo verso una passaporta, punto fondamentale per accedere al regno di Corvax, trovarlo e porre fine al suo potere.
La foresta si faceva sempre più intricata, il freddo iniziava ad essere pungente e la stanchezza era palpabile, ma nessuno voleva demordere. Avevano fatto molta fatica fino a quel momento, sapevano che era solo l’inizio, i sacrifici non sarebbero mancati, e nonostante tutto ognuno sapeva che quella era la cosa giusta da fare. E in cuor loro sapevano che, in un modo o nell’altro, ce l’avrebbero fatta.

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Capitolo 29
*** Freddo come il ghiaccio ***


Arrivarono a una roccia rivestita di muschio scuro, posta ai piedi di due bastoncini disposti a forma di croce.
<< Ecco, questa è la passaporta >> disse Lupin. << La croce fatta con i legnetti è un simbolo non molto felice di quello che aspetta chi osa accedere al regno di Corvax. Spesso neppure i lupi mannari sono i benvenuti. Io non ci sono mai stato nel suo regno, non so cosa dovremo aspettarci. Di certo sarà meglio stare in guardia >>.
Le parole di Lupin erano suonate pesanti, dense di presagi oscuri. In fondo, però, tutti sapevano che la missione sarebbe costata molto sacrificio, e che ciò comprendeva anche la possibilità di perdere la propria vita.
A Georgy non importava morire. Non si sentiva preoccupata per la propria incolumità, bensì per quella degli altri. Sapeva benissimo infatti che sopravvivere ai suoi amici sarebbe stato più duro che morire. Pensava a Linda e Lupin, amici di una vita, Sirius l’inaffidabile burlone rompiscatole, Severus Piton. Ecco, Piton. Certamente una vita senza di lui non l’avrebbe potuta neppure pensare. E ora che si erano nuovamente riuniti non aveva certo intenzione di lasciarselo portare via.
I cinque si fecero coraggio con il solo sguardo, e insieme toccarono la passaporta. In un attimo si ritrovarono in un vortice giallo sospeso sul nero nulla, si rincorrevano nell’aria, mossi da chissà quale forza, storditi dal frastuono che si insinuava nelle loro menti, probabilmente inesistente, probabilmente un’altra prova di Corvax per indebolire i propri nemici. La sensazione di turbinio non durò molto, e il gruppo si ritrovò ben presto con le facce a terra, Linda accanto a Georgy, Sirius sopra a Piton, Lupin più distaccato. La sensazione di nausea pervase tutti, indistintamente, non appena riaprirono gli occhi.
<< Oddio, a contatto con Mocciosus, che schifo! >> urlò Sirius, sputando per terra e alzandosi con gesti come se volesse allontanare da sé qualcosa di sporco e fastisioso.
<< Levati, cane >> replicò Piton con il tono freddo e colmo di disprezzo.
<< Smettetela, non mi sembra assolutamente il momento di scherzare >> disse Linda alzandosi e guardando dritto di fronte a lei. Georgy si era alzata e si era mossa nella direzione di Lupin, visibilmente attonita.
<< Remus… che… che posto… >>
<< Ebbene sì Georgy, questo è il regno di Corvax. Come il suo cuore è freddo e solo, così nella sua dimora regnano il gelo e la desolazione… Ma non credere che non troveremo nulla lungo il nostro cammino. >>
Le parole di Lupin e lo scenario che si stagliava all’orizzonte raggelarono tutti. Bianco. Un’immensa distesa di bianco. E freddo. Freddo fino a congelare le ossa, pungente. Vento. Vento che soffiava e alzava piccole favette di neve. A pochi passi dai maghi iniziava un deserto di neve, senza montagne, senza interruzioni.
<< Questo posto mette i brividi >> disse Sirius.
<< Ti spaventa un po’ di neve? Di solito ai cani piace >> rispose Piton, beffardo.
<< Taci tu. Se non ti sistema Corvax ci penserò io, stanne certo >>.
<< E basta! >> intervenne Georgy. << State zitti e attenti, non sappiamo cosa aspettarci, non perdetevi in cazzate. Lupin cosa dici? >>
<< Andiamo, ma non separiamoci. Cerchiamo di stare uniti e molto, molto attenti. Qui non si scherza più >>. La voce del professore suonò stanca alle orecchie di Georgy, e probabilmente anche a quelle di Linda perché subito gli si mise accanto, con un braccio dietro la sua schiena e l’altro teso in avanti, bacchetta alla mano. Lupin aveva speso molto in battaglia, era provato fisicamente e mentalmente, e Georgy lo sapeva. In cuor suo sperò di sbagliarsi, ma come un flash nella sua mente visualizzò l’immagine dell’amico finito, in balia della morte. Allontanò l’immagine e continuò il suo viaggio.
 
Il gruppo procedeva con cautela, tutti si guardavano bene attorno, ignari di ciò che li attendeva.
<< Mi sembra strano che non ci sia nulla, niente di niente… che razza di posto è? >> chiese Georgy piano all’orecchio di Piton, dopo essersi avvicinata e messa al suo fianco nella camminata.
<< Non lo so, ma non mi piace tutta questa calma >>.
<< Neanche a me in effetti. C’è troppa calma. Continuo a immaginarmi attacchi a sorpresa di strani esseri, gente ferita… sto impazzendo. >>
<< La mente gioca brutti scherzi in condizioni di forte stress… come ti senti? >> le chiese, posandole una mano sulla fronte e facendola scendere poi sulla guancia, delicatamente.
<< Io sto bene, anche se sono molto preoccupata… e tu? >>
<< Starei meglio se ti sapessi al sicuro a Hogwarts! >>
<< Al sicuro ma in pena per te, vorrai dire… >> rispose Georgy con un sorriso. Avrebbe voluto baciare quell’uomo che camminava accanto a lei e che la faceva sentire così bene, ma sapeva che non era il momento. D’altra parte c’erano anche un sacco di cose il professore avrebbe voluto fare con la sua amata studentessa, e certamente tra queste non figurava una camminata sulla neve ghiacciata in cerca di un pazzo psicopatico con l’ossessione dei lupi mannari e, ovviamente, voglioso di conquistare il mondo.
Il momento di piccola felicità in realtà fu molto breve. Una scossa di terremoto bloccò l’avanzata dei cinque maghi, che si fermarono, sorpresi e impauriti. La terra sotto di loro iniziò a tremare. Una grossa e lunga crepa serpeggiò sulla lastra di ghiaccio che si intravedeva sotto lo sottile strato di neve ai piedi dei maghi.
<< Indietro!!! >> gridò Lupin, balzando all’indietro e portando con sé Linda. Anche gli altri indietreggiarono.
Il rumore sordo del terremoto si faceva sempre più forte, e videro spuntare dal ghiaccio prima una piccola punta, poi una specie di piramide sempre più larga, azzurra e lucente. Una specie di iceberg nella neve si stava facendo spazio tra i ghiacci. Dovettero nuovamente indietreggiare per non farsi travolgere dall’enorme massa ghiacciata che stava nascendo da sottoterra.
Era uno spettacolo che lasciò senza fiato tutti gli spettatori. Una vera e propria montagna si era generata sotto i loro occhi, a pochi passi da loro, anzi, per poco non ne entravano a far parte.
<< Ma che diamine è? E proprio qui doveva comparire? >> sbottò Sirius, abbastanza scazzato, quando il rumore cessò e la montagna smise di crescere.
<< Che strano… >> commentò Georgy.
Linda osservava la montagna di ghiaccio meravigliata. Se non fosse stato per la situzione di pericolo costante sarebbe rimasta ad osserverla per ore, affascinata. Si avvicinò a quelli che sembravano dei cristalli incastrati nella montagna e sporgenti. Allungò la mano per toccarli, curiosa di sentire di che materiale potessero essere composti, e quanto fragili o possenti potessero essere.
Non fece in tempo a rendersi conto di cosa stava toccando. Non appena la sua mano fu a pochi millimetri dal ghiaccio si sentì pervadere da una scossa elettrica e cadde a terra.
<< No! Linda! >> urlò Lupin, correndole accanto. Anche gli altri fecero lo stesso per accertarsi delle codizioni della ragazza.
Fortunatamente la mano della giovane aveva solo sfiorato il ghiaccio carico di energia, perciò a parte lo scossone Linda non aveva riportato alcun danno.
<< Sto bene, sto bene… >> disse Linda.
<< Forse è il caso di non avvicinarci ulteriormente alla montagna ma di girarle attorno >> disse Sirius.
<< Sì ma perché è sorta qui? Se deve essere una protezione per Corvax non mi sembra un gran che… >> replicò Georgy.
<< Forse non è una difesa poi tanto stupida… >> rispose Piton, la voce lontana.
Il professore si era staccato dal gruppo e ora stava camminando attorno alla roccia di ghiaccio, cercando di oltrepassarla. La terrà cominciò nuovamente a tremare e una nuova montagna si materializzò davanti ai loro occhi, stavolta nella posizione in cui si trovava Piton.
Georgy si alzò e corse oltre il professore, ben più distante dal gruppo di quanto lui si fosse spinto.
<< Fermati! Sei pazza? >> le urlarono.
<< Dobbiamo restare uniti! >>.
<< Voglio vedere una cosa! >> replicò la ragazza. Avanzò stavolta perpendicolarmente al gruppo, e dopo poco, in linea con le altre, sorse una nuova montagna di ghiaccio, la terza, che ora quasi si connetteva con le altre più vicine al gruppo di maghi. Sirius provò a lanciarsi di corsa tra i due blocchi di ghiaccio, ma il risultato fu che dovette indietreggiare perché le montagne stavano diventando un'unica lunga barriera di ghiaccio.
Un bagliore di luce rossa scaturì dalla bacchetta di Georgy, diretto contro il muro di colore azzurro chiaro di fronte a lei.
La ragazza tornò nel gruppo. La preoccupazione si leggeva chiaramente nel suo volto.
<< Non sono riuscita neppure ad aprirmi un varco… >>
<< Forse non hai usato abbastanza potenza, proviamo insieme >> propose Sirius. Nulla da fare. Si aggiunse anche Piton, e successivamente Linda diede il suo contributo, ma no, la barriera nemmeno si scalfiva.
Lupin, invece, era rimasto in disparte, pensieroso.
<< Ehi amico, tutto bene? >> gli disse Sirius.
<< No. No. Non va affatto bene Sirius. Smettetela di perdere forze inutilmente, quella montagna di ghiaccio non si sposterà, né si scalfirà, né crollerà. E non possiamo neppure cercare di correre all’infinito per trovare un punto in cui ci farà passare o dove non crescerà, perché quel punto non esiste. Corvax non è uno sprovveduto >>.
Rimasero tutti in silenzio. Nessuno guardava Lupin negli occhi, lo scoraggiamento stampato in faccia.
<< Non possiamo tornare indietro, solo Corvax decide chi può tornare sulla terra, chi può uscire dal suo regno. E non possiamo neppure avanzare… no, un modo ci deve essere >>. Lupin avanzò, pensoso, avvicinandosi sempre più alla barriera.
<< Eppure ci deve essere un modo… >>
Georgy non riusciva più a pensare. Non sapeva che fare, che dire, come comportarsi. Vedeva Sirius che continuava a muoversi, avanti e indietro, ora umano ora animale, correva e cercava varchi nella muraglia che sempre più si allungava quando superava un determinato invisibile confine. Linda era seduta, immobile, intenta a fissare Lupin, ancora sotto shock per la scossa. Piton stava in piedi, osservava la scena e in particolare Georgy. La vedeva in difficoltà, soprattutto nel gestire lo stress che una situazione del genere causava. Voleva vederla felice, voleva renderla una donna fiera del suo uomo, voleva che non avesse preoccupazioni di alcuna sorte. Spesso le aveva promesso una vita migliore, che insieme avrebbero superato tutti gli ostacoli che la vita avrebbe posto loro dinanzi. Tuttavia, in quel momento, si sentiva un verme, perchè non stava dando a Georgy ciò che si meritava. Dal canto suo Georgy, invece, stanca e provata, aveva distolto per un momento la mente dalla situazione terribile in cui si erano cacciati e aveva volto lo sguardo verso Piton. Il suo uomo stava in piedi, talvolta la guardava, baluardo di sicurezza, ancora di salvataggio, vero amore della sua vita. Si accorse di avere un forte bisogno di abbracci, di quelli che ti fanno dimenticare tutto il resto, quelli che può crollare il mondo ma tu sei in un luogo magico, al sicuro.
La ragazza si alzò e andò verso Severus Piton.
<< Cosa c’è? >> le chiese lui, un po’ preoccupato.
<< Niente, volevo solo starti accanto >> rispose Georgy, dolcemente.
Piton la abbracciò.
<< Hai freddo? >>
<< Poco >> rispose la ragazza, e subito venne avvolta dal mantello del professore nell’abbraccio che in assoluto preferiva. << Anche in questa situazione riesco a sentirmi felice accanto a te… sarà un segno? >>
<< Segno di cosa? >>
<< Mah, che magari riusciremo a cavarcela! >>
<< O che finiremo a stare insieme per sempre, senza mai lasciarci, senza più problemi? Che riuscirò a renderti una donna veramente felice? >>
<< Lo sono già, Sev… lo sono già… >> disse Georgy affondando il suo viso nel petto dell’uomo, che la strinse acora più forte a sé.
<< Ti posso rivelare un segreto, Sev? Ti amo! >>
<< Ah, è un segreto? Allora l’hai serbato un pochino male, perché lo sap… aspetta! >> si bloccò Piton.
<< Cos… cosa c’è? >> chiese Georgy allarmata.
<< Rivelare! >>
La ragazza non capiva. Piton si mosse verso la montagna ghiacciata, le andò così vicino da poter sentire le scariche elettrostatiche prendere timido contatto con le sue vesti. Alzò la bacchetta e con voce ferma e scandita disse: << Rivela-i tuoi-segreti >>.
Nel punto in cui la sua bacchetta aveva sfiorato il muro azzurro un piccolo vortice blu comparì all’interno del ghiaccio. Tutti si avvicinarono per vedere cosa stesse succedendo. Un’invisibile scalpello stava incidendo delle lettere disposte a caso sul ghiaccio, ma non sulla superficie, all’interno! Nuovamente comparì il vortice blu, e le lettere all’improvviso cambiarono posizione. E poi ancora, e ancora. Finchè non arrivarono a formare delle parole, e le parole divennero una frase, e la frase si colorò di blu, e turbinò lungo tutta la barriera ghiacciata.
Ora tutti potevano leggere il messaggio della montagna, o meglio, l’astuto diversivo ideato da Corvax.
Caldo per scaldare, rosso per passare”.
 
Silenzio. Forte, chiaro, denso silenzio. Nessuno fiatava. Solo il vento di tanto in tanto si mostrava con fischi sordi. Tutti avevano letto. Tutti avevano capito.
<< Ci deve pur essere un modo per aggirare il sortilegio >> continuava a ripetere Georgy.
Nessuno le dava retta. Tutti speravano di poter avere quell’illuminazione che avrebbe permesso a tutto il gruppo di cavarsela, di superare l’ostacolo e riprendere il cammino. Oramai il freddo aveva raggelato le ossa dei cinque maghi, la mente e il cuore erano infestati da un unico terribile pensiero: la morte. Che fosse di uno o di tutti non importava. Era vicina, tangibile, come la tensione negli occhi di Lupin.
Il professore si era avvicinato alla montagna, in silenzio, la guardava, la osservava. Leggeva la frase, distoglieva lo sguardo, si soffrmava ad ammirare i cristalli sporgenti dal muro di ghiaccio, quasi volesse accarezzarli.
<< No >> disse piano.
Silenzio.
<< No! >> ripetè più forte.
<< No cosa? >> chiese Sirius.
<< No… non esiste un altro modo. Non si può attraversare altrimenti questa muraglia maledetta. Serve un sacrificio. Corvax vuole il sangue di uno di noi, vuole che ci indeboliamo, ci teme, sa che insieme possiamo sconfiggerlo a occhi chiusi >> disse Lupin, sconsolato.
<< Bene >> incalzò Georgy, << se è così gli darò un po’ del mio di sangue! Non saranno certo due gocce in meno a rendermi debole! >>
<< Non essere sciocca >> la interruppe Lupin. << Non basteranno “due gocce”. E poi il tuo sangue è troppo prezioso, sei l’unica che possa sconfiggere Corvax in duello >>.
<< Ma no, se siamo insieme ce la facciamo, io non posso… >>
<< Non-dire-cazzate! Georgy, tu hai sconfitto Voldemort, te ne rendi conto? Tu eri la prescelta, hai eliminato il mago più potente del mondo magico, là dove molti prima di te avevano fallito! E adesso vorresti indebolirti e sperare di riuscire comunque a sconfiggere Corvax? Io non te lo permetterò… >> ribattè Lupin, infuriato.
<< Ma… ma… quindi? Come facciamo? >> chiese timidamente Georgy.
<< Resterò io qui. Questa montagna di ghiaccio vuole me, sento che mi chiama. Avrà il mio sangue >> disse Lupin in tono quasi solenne e fiero.
<< No! >> fu l’urlo di tutti.
<< No Remus! >> continuò Linda. << No, non tu! >>
<< E chi allora? Gli altri hanno ancora energie, io invece sono solo un peso, sono stanco e non molto lucido purtroppo. Voi andrete avanti, vi aprirò il varco e poi vi raggiungerò in qualche modo >>.
<< Remus, amico, io resterò con te >> intervenne Sirius.
<< No, tu devi stare con loro. Tu devi… proteggere Linda e gli altri. Te lo chiedo come favore personale, Sirius >> rispose Lupin, gli occhi lucidi e la voce tremante.
<< Remus… no! >> urlò Linda, saltando al collo di Lupin, abbracciandolo e baciandolo, in un bagno di lacrime e singhiozzi. << Remus, ti prego… non puoi abbandonarmi! >>.
<< Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Starai un po’ con loro, poi ci riuniremo. Non ti succederà niente, Sirius e gli altri avranno cura di te, ne sono sicuro >>.
<< Non mi interessa Remus, io voglio te! >>.
La disperazione si era impadronita di Linda. Urlava, si dimenava, non voleva lasciare il suo amato. Aveva così tanto combattuto per farlo tornare normale, per poterlo nuovamente abbracciare, per potergli dire che lo amava e che non voleva passare altro tempo senza di lui. E ora, come un fulmine a ciel sereno, questa terribile decisione. Non voleva accettarlo, non poteva.
<< Georgy, mi raccomando, stai attenta e dai il massimo. Sei forte, molto più forte di Corvax, perché porti nel cuore esperienze e sentimenti che lui neanche si immagina, hai il carattere migliore e la forza di tanti amici con te. Vendica Kingsley, Romulus, e tutti quelli che hanno dato la vita per il nostro mondo magico. Ti ho voluto sempre molto bene, e sempre te ne vorrò. Scusa se ho messo a rischio il rapporto tra te e Severus, sono stato uno sciocco, spero che entrambi un giorno possiate perdonarmi, è stato un errore terribile da parte mia, ascoltavo l’invidia più che il cuore. Sì Severus, ammetto che forse ero un po’ geloso di te, del fatto che tu avessi trovato l’amore in Georgy, questa splendida ragazza che son convinto morirebbe per te >>.
<< Sei già stato perdonato… davvero >> rispose Piton.
<< Spero che insieme possiate essere per sempre felici. Trattala sempre da regina, non farle mancare l’amore, e proteggila fino alla fine… E tu, Sirius, amico mio… >>
<< Ehi guarda che non stai mica per morire, devi solo aprirci un varco e raggiungerci! >> tentò di sdrammatizzare Sirius, ma già una lacrima gli scendeva sul volto rigato dalle cicatrici di una vita.
<< Sirius, mai serio, nemmeno ora! Grazie… grazie per essere stato un fedele amico durante tutta la vita, soprattutto ai bei tempi in cui Hogwarts era la nostra vera casa, quando eravamo spensierati e pronti a spaccare il mondo. Resta accanto a Linda, ti prego, proteggila… >>.
Georgy singhiozzava.
<< Linda… io ti amo, ti amo come non ho mai amato nessuna in vita mia. Abbi cura di te, promettimi di prendere decisioni che ti rendano felice, sempre… >>
<< Remus… >> disse Linda, in lacrime, << anch’io ti amo, e resterò per sempre con te… >>.
Abbracciarono lupin, uno alla volta, intensamente. Piansero. Tutti. Anche solo poche lacrime, ma la commozione era molta. Sapevano che le possibilità di rivedere l’amico sarebbero state poche, anche se una piccola speranza restava debolmente accesa nei loro cuori.
<< E’ ora, forza! >> incoraggiò Lupin.
Decisero sul da farsi, come agire, dove andare. Avevano una sola possibilità e non potevano sprecarla. Fu difficile, ma alla fine tutti collaborarono, cercando di non pensare al fatto che un caro amico si stesse sacrificando totalmente per far continuare il loro estenuante viaggio.
<< Quando siete pronti… >>
<< Quando vuoi tu, Remus… >>.
Si scambiarono sguardi di assenso.
Lupin estrasse la bacchetta, e da quel momento cominciò il suo di viaggio, in solitaria, per gli altri.
Si ferì il palmo di una mano e con il sangue che lentamente usciva avvicinò il braccio alla parete di cristallo di fronte a lui. Cominciò a urlare a contatto con le scariche elettriche, ma non ritrasse la mano. La terra ricominciò a tremare, e un nuovo squarcio si creò sul ghiaccio sotto i piedi dei maghi. Il rumore del terremoto era forte, e le urla del mago si confondevano col suono della montagna che piano piano lasciava intravedere un varco.
Il dolore era lancinante, in tutto il corpo. Lupin capì che non bastava. Avrebbe dovuto fare di più per i propri amici, o tutto sarebbe stato vano. Alzò la bacchetta e con la magia si fece largo all’interno del ghiaccio, diventando un tutt’uno con i cristalli. Le scariche elettriche imperversavano ovunque, le urlà si fecero più fitte, il suono della montagna che si spostava riusciva a coprire in parte il rumore di quel terribile spettacolo di morte. Linda si tappò le orecchie e voltò lo sguardo altrove, incapace di seguire quella scena.
Il sacrificio di Lupin diede i suoi frutti, e presto tra due massi di ghiaccio si aprì una fessura, tanto larga da permettere il passaggio dei quattro maghi, che in fretta oltrepassarono la muraglia.
Quando furono dall’altra parte dell’ostacolo si voltarono per cercare Lupin, e magari toglierlo da quella trappola infernale. Voltatsisi, però, non videro nulla se non il piccolo varco che si stava richiudendo, come se si trovassero in un’altra dimensione, in un luogo del tutto separato dal precendente. Nessuna montagna, nessun ammasso di ghiaccio. Solo un’immensa distesa bianca. Potevano solo sentire le urla di dolore provenire dal punto da cui erano appena fuggiti, Lupin stava ancora lottando contro la magia di Corvax e loro non potevano fare niente per aiutarlo.
Linda non poteva sostenere questa situazione. Amava troppo Lupin per restare al sicuro a guardare lui che moriva.
<< Resterò per sempre con te… >> disse piano.
<< Come? >> chiese Georgy, distratta.
<< Addio amica mia. Non dimenticarmi, ti prego, e vivi anche per me! >> disse Linda con un sorriso.
Georgy non capì bene cosa stesse dicendo, o meglio, non trovava il nesso, non sapeva cosa stesse succedendo.
Linda cominciò a correre verso il varco oramai quasi chiuso. Le urla di dolore del professore la guidavano. Arrivò al punto da cui erano da poco passati i maghi, lanciò un incantesimo e si lanciò nel varco. Ora anche Linda era sparita, ma si potevano chiaramente udire le sue urla di dolore.
<< Lindaaaa!!! >> urlò Georgy, correndo anche lei verso il punto ormai invisibile da cui proveniva lo strazio.
<< Ferma Georgy! >> disse Piton, prendendola per un braccio. << Ormai non c’è nulla da fare… >>.
<< No! …no… >> singhiozzò Georgy.
 
Intanto, dentro la terribile trappola preparata da Corvax, Lupin e Linda si erano ricongiunti.
<< Che…ci fai… qui? Vattene! >> aveva urlato il professore.
<< No Remus, resterò con te… per sempre! >> aveva risposto Linda, facendosi forza, nonostante il dolore. << Io ti amo… e questo mi ha sempre dato il coraggio di seguirti… >>.
<< Ti amo… Linda… >>.
I due finirono i loro giorni così, uniti, nel dolore e nell’amore, come era sempre stata la loro vita, travagliata e difficile, ma ora erano insieme… per sempre.
 
Dall’altra parte non si udivano più rumori, né urla. Tutto taceva.
All’improvviso due piccole luci scintillanti uscirono dal punto in cui tutto aveva avuto inizio e fine, quel varco maledetto, quel confine invisibile tra vita e morte. Per un attimo Georgy, Sirius e Piton pensarono di vedere un’esplosione, un incantesimo, qualsiasi cosa usata dai loro amici per tornare da loro, magari un po’ acciaccati, ma salvi.
Ciò che videro, invece, furono solo due piccole scintille blu-argentee, dirette verso di loro, che si andarono a posare sulla punta della bacchetta di Georgy. Era finita. Anche per Lupin e Linda, come prima per Kingsley, era davvero finita.
La commozione era tanta, la disperazione della ragazza pure. In un sol colpo aveva perso un caro amico e una carissima amica, della sua età, giovane e con una immensa voglia di vivere, e la loro morte era stata straziante e dolorosa. Non se lo meritavano.
<< Non è giusto… >> disse tra le lacrime.
Piton la abbracciò forte e la lasciò piangere e sfogarsi.
Sirius si fece accanto a loro. Non disse nulla, non fece nulla. Guardò Piton negli occhi e, forse, per la prima volta nella loro vita, entrambi non avevano parole di odio da rivolgere l’uno all’altro. Non avevano cattiverie da scambiarsi. Non avevano nulla da comunicarsi, se non il sostegno reciproco di fronte a una tragedia come quella che si era appena consumata.
Non c’era fretta di proseguire. Bisognava digerire il momento appena passato. Dovevano ritrovare la forza per reagire.
 
Fu dura rimettersi in cammino. Fu difficile trovare la forza anche solo di pensare di riprendere. La voglia di mollare era tanta: perché rischiare di perdere anche quel poco che era rimasto? Perché altra sofferenza? Perché erano arrivati a tanto?
Georgy era sconvolta di fronte alla cattiveria dell’uomo, un perfido mago aveva deciso della vita e della morte di due suoi cari amici, come fossero pedine di un pervertito gioco, come se non avessero un’anima e degli affetti. “Non può esserci così tanta cattiveria in una persona, non si può vivere senza un briciolo di coscienza…” pensava la ragazza.
<< Dobbiamo ripartire >> aveva detto Piton quando sembrava che i due compagni non avessero più lacrime da poter piangere.
<< Perché? >> domandò Georgy, il volto abbassato, lo sguardo spento.
<< Come perché? >>
<< Perché continuare? Non ti è bastato tutto questo? >>
<< Georgy… >> disse Piton, la voce intenerita dal dolore della ragazza. << Appunto perché due nostri amici si sono sacrificati per noi abbiamo il dovere di proseguire. Costi quel che costi. Non possiamo non vendicarli… >>
<< Vendicarli dici? Uccidere Corvax non li riporterà in vita… >>
<< Georgy, Severus ha ragione >> intervenne Sirius. << Dobbiamo fermare Corvax, lo dobbiamo a Lupin e Linda, che hanno dato la vita perché noi potessimo proseguire nel nostro intento. E lo dobbiamo fare per il nostro mondo, per la magia vera e buona, perché non ci siano più odio né dolore. Non vogliamo che altri soffrano come noi per la perdita di persone care… >>.
La ragazza alzò lo sguardo. Sirius e Piton per la prima volta in vita loro si erano supportati in un discorso, e concordavano sul da farsi. E avevano ragione. Avevano iniziato quella terribile avventura per un motivo e ora dovevano portare a termine la missione. Per tutti quelli che credevano in loro.
<< Georgy >> disse Piton, comprensivo, << è normale avere cedimenti, tutti di fronte a ostacoli e tragedie hanno paura, ed è normale che la voglia di tornare indietro sia molta, ma bisogna avere il coraggio di andare avanti, di affrontare di petto le situazioni che la vita ci offre, e sfruttarle per crescere e per diventare più forti. Queste perdite ti segneranno per sempre, però porterai nel cuore chi hai amato, e questo è l’importante: farai rivivere chi hai perso, li farai rivivere nei tuoi gesti, nelle tue parole, nei tuoi pensieri. E adesso potrai sentirti sola, abbandonata da figure importanti della tua vita, ma vedrai che nei momenti difficili ti sapranno stare accanto. Vedrai che ti aiuteranno, anche ora, perché sconfiggere il male era anche una loro priorità, altrimenti non avrebbero accettato di combattere Voldemort, di intraprendere questo viaggio, di amarsi >>.
Georgy aveva gli occhi lucidi. Le parole del professore erano state davvero belle e toccanti. Ora la ragazza aveva la forza necessaria per riprendere il cammino. Ora sapeva per chi andare avanti. E sperava in cuor suo di poter rivedere presto i suoi amici, magari in un sogno, o in una poesia, o, certamente, nei suoi più bei ricordi.
 
<< Ma porca miseriaccia, dove siamo? Stiamo girando in tondo? Mocc… Severus! Dì qualcosa! >> sbraitava Sirius, visibilmente scocciato dal fatto che stessero camminando da ore senza incontrare anima viva.
<< Dico che forse sei tu che dovresti guidarci, visto che i cani hanno un olfatto eccezionale… >> rispose il professore di pozioni, seccato.
<< Sev, e dai, sii carino! Ti ha pure chiamato per nome! Sforzati! >> intervenne Georgy.
<< Allora dico che adesso potremmo seguire Sirius e vedere dove ci porta, se può renderlo meno inquieto >> rispose Piton, ancora più seccato.
<< Bene… seguitemi e cercate di non rallentarmi! >> disse in tono fiero il mago che in un attimo si ritrovò a quattro zampe, trasformato in un grosso cane nero.
<< Ma sentilo! >> sbottò Piton, infastidito.
<< Ssshhh! >> lo stuzzicò Georgy, divertita dalla scenetta. Per una volta i due si erano punzecchiati senza arrivare alla magia, o alle offese forti. Era un bel passo avanti. “Chissà, magari potrebbe nascere una bella amic...”.
Il pensiero della ragazza fu interrotto da un forte schiocco, una specie di sparo, una luce improvvisa e accecante, un fascio di calore intenso pervase l’aria, una figura scura e canina si stagliò di fronte a lei e un forte vento fece volare tutti i presenti all’indietro. Rotolarono per qualche metro nella neve, fermandosi poi distesi sulla soffice coltre che ormai da ore avevano davanti agli occhi e sotto i piedi.
Quando la ragazza riaprì gli occhi, da distesa si alzò sui gomiti per vedere cosa fosse stato a causare quell’ esplosione, e cosa o chi fosse la figura che la voleva attaccare proprio mentre la luce la investiva.
Vide Piton, poco distante da lei, un po’ stordito e con qualche ferita, ma subito pronto con la bacchetta in mano. E vide una massa di pelo scuro poco avanti a lei, il corpo fumante, la voce rotta da guaiti di dolore, il respiro affannoso, gli occhi spalancati.
Georgy corse verso Sirius, gli mise un braccio dietro al collo e lo vide riprendere le proprie sembianze umane. Il volto era tumefatto, il corpo solcato da ferite sanguinanti provocate dall’esplosione. Non era stato un lupo ad attaccarla, non era un nemico quella figura che aveva pensato volesse attaccarla poco tempo prima. Era Sirius che, intuito il pericolo, si era lanciato verso i suoi compagni di avventura per far loro scudo con il suo corpo. E ora era disteso a terra in fin di vita. Un altro. Un’altra volta. Ancora un sacrificio per questa stupida guerra.
<< Sirius… >> lo chiamò Georgy, il volto solcato dalle lacrime.
<< G… Georgy… >> biascicò l’amico, << C… continua… t… tu… el… elimina quest… questo bastardo… fallo per me >>. E con il solito sorriso beffardo, che sempre lo aveva distinto, se ne andò, lasciando solo Georgy e Piton a combattere la loro battaglia.
Dal petto dell’uomo si levò una scintilla blu-argentea che come un soffio di vita si andò a posare sulla punta della bacchetta della ragazza, che cominciò a brillare più forte di prima. Un’altra anima. Un’altra volta. La ragazza abbassò la testa sul corpo dell’amico e rimase immobile, in raccolta, piangendo silenziose lacrime.
<< Georgy >> la chiamò Piton, posandole una mano sulla spalla.
La ragazza alzò lo sguardo. Una figura alta e magra avanzava verso di loro.
Non c’era più tempo per compiangere l’amico appena perduto. Era tempo di combattere. E questa volta sarebbe stata l’ultima, quella decisiva. Questa storia durava ormai da troppo, troppo tempo.
 
<< Oh oh oh! E così siete arrivati finalmente! La ragazza prodigio, la paladina della giustizia, colei che già ha salvato il mondo dal temibile Lord Voldemort, e il suo amichetto, pardon, il suo compagno, il temutissimo professore di chimica! Ah ah ah! >>. Se la rideva Corvax, mentre Georgy e Piton restavano in silenzio, gli occhi fissi su di lui e la bacchetta tenuta saldamente tra i pugni.
<< Bè? Non ridete? Ho detto qualcosa che non va? >>
Ancora silenzio. I due non dicevano nulla, né si guardavano. Erano concentrati sul loro obiettivo.
<< Siete un po’ scortesi, in fondo vi ho invitati nel mio regno, vi ho aperto le porte della mia dimora, dovreste mostrare un po’ di gratitudine, no? >>
<< Tu non meriti proprio niente >> intervenne Georgy, la voce colma di odio.
<< Come prego? >>
<< Ho detto che tu non meriti nulla. Hai fatto del male a troppe persone, e ora pagherai per tutto >>.
<< Sono veramente, terribilmente spaventato. Oh sì. Eh sì. Non riesco a muovermi dalla paura >> scherzò Corvax, forse divertito dalle minacce della ragazza. L’uomo non sembrava voler combattere, anzi, da come si comportava pareva volesse seriamente instaurare un dialogo. Georgy pensava che li avrebbe di sicuro irretiti con la sua diplomazia e la sua bella parlantina, ma ciò non le avrebbe impedito di portare a termine la sua missione.
<< Insomma, se non dite niente, dovrò prendere io l’iniziativa… per esempio… >> disse Corvax, e non finì la frase che subito lanciò un incantesimo rivolto contro la ragazza.
Georgy era pronta a scansarlo ma Piton fu più veloce di lei, e con un colpo di bacchetta deviò l’attacco, che andò a sciogliere della neve a poca distanza da loro.
<< Non ti permetterò di toccarla >> disse Piton in tono di sfida, fermo e deciso.
<< Ah, fai il cavaliere quindi! Abbiamo un professore coraggioso tra noi! >> lo canzonò Corvax, che non appena ebbe finito di pronunciare queste parole venne quasi travolto da un attacco di Piton. Dico quasi perché, per sfortuna del professore, il colpo non era molto forte e Corvax non troppo sprovveduto da abbassare la guardia.
<< Cos’è, pensi di cogliermi di sorpresa? Pensi di avere possibilità con me? >>
<< Stai zitto e combatti, Corvax! >> replicò Piton.
<< Non mi interessi tu, stupido! Non mi fai paura e non ti ritengo un problema, quindi ti offrirò uno scambio: io ti lascerò vivere, ti permetterò di tornare nel mondo normale, a Hogwarts o dove preferisci, potrai tornare alle tue normali mansioni… in cambio, però, voglio la ragazza. Che ne dici? >>
<< Combatti, ho detto >>.
<< Ti do un’ultima possibilità. Pensaci bene. In fondo, di ragazzine giovani e carine ne puoi trovare quante ne vuoi, penso che molte studentesse farebbero di tutto per stare con un professore che è uscito vivo da una “missione” come la vostra. Fregatene di questa ragazza, ti darà solo dolore, pensa a salvare te stesso. Io lo farei se fossi in te… e forse anche lei lo farebbe se ne avesse la possibilità… >> incalzò l’uomo.
<< No. Non mi interessa. Combattiamo. Ora >>.
<< Severus, lascia che… >> tentò di parlare Georgy, ma Piton la bloccò. Il professore sapeva cosa la ragazza avrebbe voluto dire, voleva che lui si mettesse al sicuro avendone la possibilità, ma lui non le avrebbe mai permesso di affrontare da sola Corvax. Piuttosto avrebbe combattuto prima lui, anche solo per indebolirlo.
<< Bene allora. Hai fatto la tua scelta. Sbagliata, a mio avviso, però non posso più farci niente. Preparati ragazzina, tra poco toccherà a te >>.
<< Non ne sarei molto sicuro >> disse Piton, iniziando il duello.
I due combattevano come forsennati, anche se Corvax risultava sempre meno affannato di Piton, già provato dagli scontri precedenti. I colpi partivano da ogni dove, qua e là si vedevano scintille colorate, si potevano udire i fischi degli incantesimi che volavano nell’aria, si poteva toccare con mano la fatica dei duellanti. Ogni tanto si fermavano per rifiatare, ed era in quei momenti che Georgy poteva cogliere tutta la tensione che il professore provava, la sua paura che lei venisse toccata, il timore di perderla, di doverla abbandonare. Stava mettendo tutto se stesso nel combattimento, non lo aveva mai visto così preso. Sapeva che era imposrtante, che poteva costare molto. Talvolta Corvax cercava di colpire la ragazza nel bel mezzo del duello con Piton, ma il professore riusciva sempre a tenere testa all’avversario e anche a deviare i colpi lontani da Georgy, nonostante lei fosse comunque sempre vigile e attenta.
<< Non pensavo che fossi così forte >> disse Corvax rivolto a Piton. << Sarà la forza della disperazione! Ma ovviamente non riuscirai mai neppure a sfiorarmi coi tuoi colpetti da chimico! >>
<< Non mi interessa ferirti, punto a molto di più >> rispose Piton con un sorrisetto beffardo, non curandosi dei piccoli rigoli di sangue che gli uscivano da leggere ferite sulle braccia.
La battaglia riprese immediatamente, e stavolta sembrò che fosse Piton ad avere la meglio. Riuscì a beffare Corvax e con uno schiantesimo lo sbattè a terra, la bacchetta troppo distante, gli occhi spalancati dallo stupore.
Piton avanzò verso Corvax che, seduto sulla neve, provava a indietreggiare ma era troppo lento. Il professore gli fu a pochi passi prima che l’uomo potesse effettivamente rendersi conto di essere in trappola. Piton gli puntò contro la bacchetta e uno sguardo freddo e cattivo.
Corvax cominciò a tremare, non tanto per il freddo quanto per il timore che fosse davvero finita.
<< Ehi ehi amico, bravo, complimenti! Sei riuscito a fermarmi, non è da tutti! Ora, per favore, abbassa quella bacchetta >> lo supplicò Corvax. Piton, per tutta risposta, non si mosse di un centimetro.
Georgy osservava la scena da dietro le spalle del professore, a qualche metro di distanza. Presto gli occhi di Corvax, neri e supplicanti, si posarono su di lei. L’uomo la guardava intensamente ma allo stesso tempo con distacco, come se fosse… incantato.
<< Non mi ucciderai, Severus Piton >> diceva con voce quasi assente il perfido mago seduto sulla neve.
<< Come puoi esserne così sicuro? Ho già ucciso in passato, e sono pronto a farlo ancora… e smettila di fissarla! >> ribattè Piton, minacciandolo con la bacchetta.
Georgy continuava a guardare Corvax che, nonostante fosse disarmato di fronte a un uomo che gli puntava contro una bacchetta e che non si sarebbe fatto scrupoli a eliminarlo, ebbene lui, Corvax Swire, fissava un punto all’altezza della spalla destra della ragazza, e lei non ne capiva assolutamente il perché.
“C’è qualcosa di strano in lui” pensava Georgy, “è troppo calmo… ancora troppo sicuro di sé… che abbia in mente qualcosa?”
E mentre Piton e la ragazza erano concentrati sul loro obiettivo, al momento disarmato e indifeso, non si erano accorti che in realtà il punto che continuamente fissava Corvax non era Georgy, ma stava dietro di lei, qualche metro oltre la sua spalla, in mezzo alla neve. Un piccolo fascio di ghiaccio, una specie di cilindro trasparente, un cristallo appuntito che si era minacciosamente sollevato da terra.
Non appena era stato scaraventato a terra, Corvax, per diretto contatto visivo, aveva lanciato questo incantesimo, ricavando da un’immaginaria montagna di ghiaccio questa lastra cilindrica che ora poteva perfettamente controllare con il pensiero.
Piton, professore esperto e uomo intelligente, vedendo Corvax molto concentrato su una cosa che non fosse la sua vita in pericolo, si era insospettito. Come anche Georgy, del resto. I due si guardarono per un momento che sembrò loro eterno. Uno scambio di sguardi che era un intero discorso, un insieme di parole invisibili e inudibili, possibile solo tra due persone fortemente e profondamente legate.
In quel preciso momento, quando le loro menti si incrociarono, capirono tutto. Era una trappola. Qualcosa alle loro spalle li avrebbe presto divisi. Qualcosa di veramente brutto stava per accadere.
Mentre pensavano queste cose, mentre gli occhi dell’uno fissavano con amore e compassione quelli dell’altra, mentre l’attimo durava in eterno, il pezzo di ghiaccio si mosse a gran velocità e sfrecciò nell’aria fredda di quel regno gelido come il cuore di chi aveva scagliato l’incantesimo.
L’arma acuminata lanciò nell’aria un fischio come di frusta, un fastisioso quanto terrificante rumore di un oggetto pericoloso che non si sa dove andrà a colpire.
Il pezzo di ghiaccio, duro e freddo, lacerò la carne calda, coprendosi di sangue rosso e di forte dolore.
Corvax Swire sogghignò compiaciuto.

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